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@Scribis @Italiano. Descrivi un celebre dipinto.
### Titolo: Nascita di Venere. ### Introduzione: La Nascita di Venere è un dipinto a tempera su tela di lino (172,5 cm × 278,5 cm) di Sandro Botticelli. Realizzata per la villa medicea di Castello, l'opera è attualmente conservata nella Galleria degli Uffizi a Firenze. Opera iconica del Rinascimento italiano, spesso assunta come simbolo della stessa Firenze e della sua arte, faceva forse anticamente collegamento con l'altrettanto celebre Primavera sempre di Botticelli, con cui condivide la provenienza storica, il formato e alcuni riferimenti filosofici. Rappresenta una delle creazioni più elevate dell'estetica del pittore fiorentino, oltre che un ideale universale di bellezza femminile. La Nascita di Venere è da sempre considerata l'idea perfetta di bellezza femminile nell'arte, così come il David è considerato il canone di bellezza maschile. Poiché entrambe le opere sono conservate a Firenze, i fiorentini si vantano di possedere i canoni delle bellezze artistiche all'interno delle mura cittadine. ### Descrizione. La fonte del mito fu quasi sicuramente una delle Stanze del Poliziano, a sua volta ispirata a Ovidio, alla Teogonia di Esiodo, al De rerum natura di Lucrezio e a un inno omerico. Contrariamente al titolo con cui l'opera è nota, essa non raffigura la nascita della dea, ma il suo approdo sull'isola di Cipro. Venere avanza leggera fluttuando su una conchiglia lungo la superficie del mare increspata dalle onde, in tutta la sua grazia e ineguagliabile bellezza, nuda e distante come una splendida statua antica. Viene sospinta e riscaldata dal soffio di Zefiro, il vento fecondatore, abbracciato a un personaggio femminile con cui simboleggia la fisicità dell'atto d'amore, che muove Venere col vento della passione. Forse la figura femminile è la ninfa Clori, forse il vento Aura o Bora. Sulla riva una fanciulla, una delle Ore che presiede al mutare delle stagioni, in particolare la Primavera, porge alla dea un magnifico manto rosa ricamato di fiori per proteggerla (mirti, primule e rose). Essa rappresenta la casta ancella di Venere ed ha un vestito setoso riccamente decorato con fiori e ghirlande di rose e fiordalisi, i fiori che la dea Flora trovò vicino al corpo dell'amato Cyanus. La posa della dea, con l'equilibrato bilanciamento del 'contrapposto', deriva dal modello classico della Venus pudica (cioè che si copre con le braccia il seno e il basso ventre) e Anadiomene (cioè 'emergente' o nascente dalla spuma marina), di cui i Medici possedevano una statua classica fin dal 1375 citata da Benvenuto Rambaldi (non si tratta però della celebre Venere de' Medici, giunta in città solo nel 1677). Il volto pare che si ispirasse alle fattezze di Simonetta Vespucci, la donna dalla breve esistenza (morì a soli 23 anni) e dalla bellezza 'senza paragoni' cantata da artisti e da poeti fiorentini mentre lo sfondo sembrerebbe ispirarsi al Golfo dei Poeti dove il pittore avrebbe conosciuto la sua musa ispiratrice. ### Stile. Nell'opera sono leggibili alcune caratteristiche stilistiche tipiche dell'arte di Botticelli, come ad esempio la ricerca di una bellezza e d'un'armonia ideale che porta ad una rappresentazione inesatta dell'anatomia della Venere; un esempio evidente n'è il suo lungo collo. Sacrificare anatomia in cambio di bellezza ed armonia sarà, infatti, un concetto basilare dell'Umanesimo.
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### Titolo: Donna che si pettina. ### Introduzione: Donna che si pettina (Femme se coiffant) è un pastello su carta grigia applicata a cartone di Edgar Degas, di 82x57 cm, conservato nel Musée d'Orsay di Parigi, e dipinto tra il 1887 ed il 1890. ### Descrizione. Quest'opera è un capolavoro per l'invenzione del taglio e la resa coloristica. Il quadro ritrae una donna mentre si pettina: la prospettiva è dal basso verso l'alto, ed il corpo femminile è in parte nascosto dalla lunga chioma rossiccia e dall'asciugamano attorno alla vita. La donna è rappresentata in un curioso atteggiamento, che la fa assomigliare ad un violinista: il pettine nella mano destra sembra l'archetto di un violino, e la mano sinistra sembra tesa ad ascoltare meglio le note suonate. Capigliatura e gesto occupano il primo piano e caratterizzano la composizione, mentre l'artista cancella il viso della donna, girato e confuso nell'ombra. La figura è resa in modo sintetico: la linea, elemento fondamentale nella pittura di Degas, si spande per far sì che il colore varchi i suoi limiti senza che l'immagine perda consistenza, mentre la luce, che proviene da destra, colpisce il braccio piegato in alto e si condensa nel drappo bianco girato intorno ai fianchi.
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### Titolo: Affresco. ### Introduzione: L'affresco è una tecnica di pittura murale eseguita sull'intonaco fresco di una parete: il colore ne è chimicamente incorporato e conservato per un tempo illimitato. ### Descrizione. L'affresco è un'antichissima tecnica pittorica che si realizza dipingendo con pigmenti generalmente di origine minerale stemperati in acqua su intonaco fresco: in questo modo, una volta che nell'intonaco si sia completato il processo di carbonatazione, il colore ne sarà completamente inglobato, acquistando così particolare resistenza all'acqua e al tempo. Si compone di tre elementi: supporto, intonaco, colore. Il supporto, di pietra o di mattoni, deve essere secco e senza dislivelli. Prima della stesura dell'intonaco, viene preparato con l'arriccio, una malta composta da calce spenta o grassello, sabbia grossolana di fiume o, in qualche caso, pozzolana e, se necessario, acqua, steso in uno spessore di 1 cm circa, al fine di rendere il muro più uniforme. L'intonaco (o 'tonachino') è l'elemento più importante dell'intero affresco. È composto di un impasto fatto con sabbia di fiume fine, polvere di marmo, o pozzolana setacciata, calce ed acqua. Il colore, che deve essere necessariamente steso sull'intonaco ancora umido (da qui il nome, 'a fresco'), deve appartenere alla categoria degli ossidi, poiché non deve interagire con la reazione di carbonatazione della calce.La principale difficoltà di questa tecnica è il fatto che non permette ripensamenti: una volta lasciato un segno di colore, questo verrà immediatamente assorbito dall'intonaco; inoltre la carbonatazione, che avviene entro tre ore dalla stesura di esso, ridurrà il tempo disponibile per realizzare l’opera. Per ovviare a questo problema, l'artista realizzerà piccole porzioni dell'affresco (giornate). Eventuali correzioni sono comunque possibili a secco, ovvero mediante tempere applicate sull'intonaco asciutto: sono però più facilmente degradabili. Un'altra difficoltà consiste nel capire quale sarà la tonalità effettiva del colore: l'intonaco bagnato, infatti, rende le tinte più scure, mentre la calce tende a sbiancare i colori. Per risolvere il problema, è possibile eseguire delle prove su una pietra pomice o su un foglio di carta fatto asciugare con aria o vento di scirocco ossia aria calda.
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### Titolo: Corpus Hypercubus. ### Introduzione: Corpus Hypercubus è un dipinto a olio su tela di 58,4 × 73,7 cm realizzato nel 1954 dal pittore Salvador Dalí. ### Descrizione dell'opera. Il quadro raffigura una Crocifissione ed è conservato nel Metropolitan Museum of Art di New York. Il titolo della tela fa riferimento al fatto che la figura di Cristo non è inchiodata all'usuale croce, ma è magicamente sospesa nell'aria, accostata ad una struttura fatta da otto cubi che simulano la forma della croce, ma che in realtà esprimono la rappresentazione dello sviluppo, nello spazio tridimensionale, di un solido che si studia nella geometria della 'quarta dimensione': il tesseratto, ossia un ipercubo quadridimensionale. Si tratta di un solido (avente come 'facce' otto cubi) che non è possibile vedere, essendoci preclusa la quarta dimensione, ma solo intuire. L'analogia con lo sviluppo delle facce di cubo su di un piano, può aiutare a comprendere la raffigurazione. Si tratta di una delle diverse opere in cui l'artista catalano si accosta ai temi dell'arte sacra e, contemporaneamente, si avvale della fascinazione enigmatica di strutture geometriche. Il linguaggio pittorico surreale si esprime attraverso la figura della Madonna che ci appare in primo piano con un'acconciatura moderna dei capelli (e non importa se riconosciamo o meno in lei il volto di Gala), con lussuosi mantelli dalle tinte metalliche, mentre sullo sfondo di uno sterminato pavimento a scacchiera si intravede un cupo paesaggio notturno; tutto questo porta ad un modo inconsueto e suggestivo di rappresentare lo straordinario evento della morte di Cristo, evento che subito ci appare, nello stesso tempo, umano e metafisico. La croce, data dalla dispiegazione tridimensionale di un ipercubo, si staglia in alto nel buio del cielo, proiettando la sua ombra sopra la fredda geometria del pavimento, quasi a sottolineare, assieme alla irriducibilità delle diverse dimensioni spaziali, la inintelligibile distanza tra il naturale ed il soprannaturale.
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### Titolo: Susanna e i vecchioni (Artemisia Gentileschi Pommersfelden). ### Introduzione: Susanna e i vecchioni è un dipinto a olio su tela (170x119 cm) realizzato nel 1610 dalla pittrice italiana Artemisia Gentileschi. Fa parte della Collezione Graf von Schönborn, che si trova a Pommersfelden in Germania. ### Descrizione e stile. Il soggetto di Susanna e i vecchioni è, tra gli episodi dell'Antico Testamento, uno dei più frequentemente rappresentati, specialmente nel XVI e XVII secolo. L'episodio al quale si riferisce l'opera è narrato nel Libro di Daniele: la casta Susanna, sorpresa al bagno da due anziani signori che frequentavano la casa del marito, è sottoposta a ricatto sessuale: o acconsentirà di sottostare ai loro appetiti o i due diranno al marito di averla sorpresa con un giovane amante. Susanna accetta l'umiliazione di una ingiusta accusa; sarà Daniele a smascherare la menzogna dei due laidi anziani. La rappresentazione di Susanna sorpresa ignuda dai vecchioni ha apparentemente intenti moralistici, ma è spesso un pretesto per soddisfare la 'pruderie' di committenti che si compiacciono di soggetti di nudo femminile. Ora la critica pare aver superato i tanti dubbi attributivi e considera il quadro (anche quando siano presenti modesti aiuti del padre) non solo una dimostrazione del livello eccelso delle precoci capacità pittoriche di Artemisia, ma anche della ricerca di una sua autonomia rispetto ad Orazio. Pur rimanendo nella scia del realismo caravaggesco, Artemisia sembra qui guardare anche alle novità portate a Roma da Annibale Carracci. Pare che la pittrice abbia scelto di ritrarre la protagonista in una posa alquanto avvitata per mostrare il proprio virtuosismo. Il corpo di Susanna risulta realistico anche in particolari come il ventre e il seno, solitamente idealizzati da artisti a lei contemporanei. Tale effetto è stato ottenuto grazie alla sottile ombreggiatura operata sul nudo. Colpisce sul piano stilistico l'essenzialità del quadro. Rispetto ad altri di soggetto analogo, non vi sono ancelle attorno a Susanna, né vasche o ruscelli per le abluzioni, né fronde che nascondono i due guardoni. La scena è tenuta dai soli tre protagonisti disposti in modo marcatamente piramidale. I due anziani sono appoggiati ad una balaustra e confabulano tra loro, sorpresi nel momento esatto in cui formulano la proposta lasciva. Nel dipinto appaiono come un'unica massa scura che grava esattamente sopra la testa della giovane donna, che risulta oppressa. La sensazione di intrappolamento viene aumentata grazie al muro compatto alle sue spalle. Artemisia descrive in questo modo il disagio psicologico di Susanna, che, sopraffatta dall'evento, non cerca neppure di nascondere le forti e generose forme del suo corpo (inconfondibilmente dipinte da Artemisia), ma tende le mani quasi a voler allontanare da sé la molestia dei due.
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### Titolo: Madonna col Bambino (Artemisia Gentileschi). ### Introduzione: La Madonna col Bambino è un dipinto a olio su tela (116,5x86,5 cm) realizzato nel 1610-11 dalla pittrice italiana Artemisia Gentileschi. È conservato nella Galleria Spada di Roma. ### Descrizione e stile. La tela è conservata nella Galleria Spada assieme ad un'altra opera del periodo giovanile di Artemisia Gentileschi, la Santa Cecilia in veste di Suonatrice di Liuto. Il soggetto devozionale della Madonna col Bambino è interpretato nel quadro attraverso la sottolineatura dell'intimo colloquio, fatto di sguardi e di tenere emozioni, tra la madre ed il bambino. La Madonna è colta nel momento in cui la poppata ha avuto termine, un istante prima che il seno sia riposto nel veste, mentre il Bambino le rivolge uno sguardo amorevole ed accenna ad una carezza al viso. Artemisia mostra in questa tela di aver appreso la lezione del padre Orazio nell'uso della luce intensa che fa emergere le due figure dall'ombra, in quello dei caldi colori e degli ampi drappeggi della veste; ma la tenerezza del colloquio madre-bambino rivela una poetica tutta femminile. Una tale poetica, assieme alla cura con cui sono dipinti i due volti (da notare il particolare dei bei capelli biondi del Bambino, che reggono il confronto con il migliore Orazio), fanno perdonare alla giovane artista le incertezze mostrate nell'esecuzione del disegno, con la postura un po' goffa della Madonna, il braccio sinistro in posizione incongrua e le dita della mano alquanto tozze.
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### Titolo: Giaele e Sisara. ### Introduzione: Giaele e Sisara è un dipinto a olio su tela (86x125 cm) realizzato nel 1620 dalla pittrice italiana Artemisia Gentileschi. È conservato al Szépművészeti Múzeum di Budapest. ### Descrizione e stile. In questa tela, ancora una volta, Artemisia Gentileschi raffigura una delle terribili eroine dell'Antico Testamento: si tratta di Giaele, la cui storia è narrata nel Libro dei Giudici. Dopo aver attirato nella propria tenda Sisara, il generale cananeo sconfitto dal popolo d'Israele, lo uccide nel sonno conficcandogli un picchetto della tenda nel cranio. La scena dipinta da Artemisia non riproduce i toni tragici del racconto biblico; al contrario, essa è pervasa da un'atmosfera calma, che potrebbe, alla prima impressione, sembrare quasi idilliaca, quando si guardi il guerriero che giace sdraiato in un sonno ristoratore e par quasi che appoggi il capo sul grembo di una deliziosa fanciulla, vestita con un elegante abito di seta gialla e con i capelli ramati raccolti in una ricercata acconciatura. Solo guardando le braccia scoperte e le mani della fanciulla ci si accorge che - armata di picchetto e martello - sta per colpire l'inconsapevole generale, che aveva creduto nella sua ospitalità. Il viso di Giaele è calmo, come di chi si accinge a un'azione consueta, né si coglie nella leggerezza dei gesti lo sforzo necessario ad assestare un colpo di eccezionale violenza. Manzoni (in Marzo 1821) tratteggia la scena con due soli ben più drammatici versi: «Quel [Dio] che in pugno alla maschia Giaele / Pose il maglio ed il colpo guidò.». Nulla vi è nella scena che assomigli alla tragedia della Giuditta che decapita Oloferne degli Uffizi, pur essendo le due tele pressoché contemporanee, cosa che ridimensiona il giudizio sulla pittrice ansiosa di sublimare sulle tele l'oltraggio della violenza carnale subita. Sisara è immaginato da Artemisia come un uomo giovane ma fisicamente poco attraente, al contrario di altri pittori, come Mattia Preti, Jacopo Vignali o Gregorio Lazzarini, che nel rappresentare l'episodio biblico dotano il personaggio di belle fattezze.La lezione caravaggesca si manifesta nei marcati effetti chiaroscurali e nella impaginazione essenziale della scena: dall'ombra dello sfondo emergono solo le due figure, l'elegante impugnatura della spada di Sisara (si noti la precisione con cui Artemisia ne dipinge i particolari) e un plinto, sul quale appare scolpita la firma dell'autrice insieme alla data del quadro: 'ARTEMITIA.LOMI / FACIBAT/ M.D.CXX'. Il dipinto è stato restaurato nel 1978 da Veronika Ember.
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### Titolo: Ester e Assuero. ### Introduzione: Ester e Assuero è un dipinto a olio su tela (208x273 cm) realizzato tra il 1628 e il 1635 dalla pittrice italiana Artemisia Gentileschi. È conservato nel Metropolitan Museum of Art di New York. ### Descrizione e stile. Si ritiene che la tela sia stata iniziata da Artemisia Gentileschi, a Venezia verso il 1628 e sia rimasta poi con la pittrice sino al suo arrivo a Napoli. Artemisia dimostra infatti, in questo quadro, di essere entrata in sintonia con la lezione dei grandi pittori veneziani ai quali erano care le ambientazioni sfarzose e scenografiche delle scene bibliche. Il tema dell'incontro tra Ester, eroina ebraica, ed Assuero, potentissimo re di Persia era già stata dipinta da Tintoretto e dalla bottega di Veronese. Proprio quest'ultimo quadro, forse, fu visto dalla Gentileschi a Venezia, stanti i rimandi che si possono cogliere in questa sua versione dello stesso soggetto. La vicenda di Ester che, al termine di un digiuno di tre giorni, si reca dal re Assuero per pregarlo di offrire un banchetto nel quale lei possa smascherare il complotto che il primo ministro del regno ha ordito per eliminare il popolo di Israele, è ben nota; ad essa si richiama infatti la festa ebraica del purim. La versione del testo sacro alla quale si ispira Artemisia Gentileschi (come già avevano fatto Veronese e Tintoretto ed in Genova Fiasella, pittore quest'ultimo vicino ad Orazio Gentileschi), rappresenta una integrazione al testo del Libro di Ester, nell'Antico Testamento, approvata dal Concilio di Trento, versione che – oltre a descrivere con dovizia di dettagli l'abito sfarzoso indossato da Ester – aggiunge come, indebolita dal digiuno, giunta alla presenza del re, la giovane e bellissima donna abbia un mancamento. La scena descritta nel testo proposto dal Concilio di Trento è fedelmente ritratta da Artemisia. Ester, con il pallore del volto di chi sta svenendo, è sorretta dalle due ancelle, mentre un Assuero – in eleganti abiti seicenteschi, con tanto di cappello piumato – si stacca preoccupato dal trono per andare in suo soccorso. Il quadro si lascia ammirare proprio per la rappresentazione teatrale dell'episodio biblico e per la capacità di cogliere il momento topico del racconto.
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### Titolo: Ragazzo con pipa. ### Introduzione: Ragazzo con pipa (in francese: Garçon à la pipe) è un dipinto realizzato nel 1905 dal pittore spagnolo Pablo Picasso, subito dopo essersi sistemato nella sua residenza parigina di Montmartre ed appartiene al cosiddetto periodo rosa dell'artista. Fa parte di una collezione privata. ### Descrizione. La tela ritrae un ragazzino, conosciuto come Petit Louis, che si aggirava nell'atelier del pittore spagnolo. I toni grigi della pelle emaciata fanno sembrare il ragazzo cagionevole e contribuiscono a creare un'atmosfera decadente. Il rosso vivido della corona di rose contrasta fortemente con i colori smorzati del resto. Sullo sfondo è presente una parete adornata con dei fiori.
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### Titolo: Dinamismo di un cane al guinzaglio. ### Introduzione: Dinamismo di un cane al guinzaglio, anche noto come «Cane dalle Mille Marce», è un dipinto a olio su tela (90,8x110 cm) realizzato nel 1912 da Giacomo Balla. È conservato nella Albright-Knox Art Gallery di Buffalo. ### Descrizione. Il quadro fa parte della riflessione sul tema del movimento propria dell'autore. Qui viene rappresentato come se si trattasse di una ripresa fotografica (a cui si riferisce anche il taglio della composizione): simultaneamente sono presenti le diverse immagini delle zampe e della coda del cane nella successione determinata dal moto, e lo stesso per le gambe della padrona e per l'oscillazione del guinzaglio. Attraverso il movimento, come attraverso la luce, si dissolve la materialità dei corpi, nonostante essi siano rappresentati realisticamente. Le figure sono in monocromo, con linee di contorno 'tratteggiate', su un fondo piatto. Altri dipinti in cui viene trattata in modo simile la tematica del movimento, degli stessi anni, sono Ragazza che corre sul balcone e La mano del violinista.
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### Titolo: Polittico della Misericordia. ### Introduzione: Il Polittico della Misericordia è un'opera, tecnica mista (olio, tempera e fondo oro su tavola) su tavola (273x330 cm), di Piero della Francesca, realizzata tra il 1445 e il 1462, e conservata nel Museo civico di Sansepolcro. ### Descrizione. Sansepolcro era un piccolo centro dove la riflessione artistica non era certo d'avanguardia, per cui la commissione al pittore fu di tipo tradizionale, con un'impaginazione a più scomparti indicati dagli archetti della cornice e con un uso massiccio di colori preziosi, come l'oro sullo sfondo. Nonostante queste limitazioni Piero riuscì a creare un'opera di forte modernità, tramite alcuni espedienti quali la fusione spaziale in un unico pannello principale della Madonna della Misericordia e dei quattro santi, ai piedi dei quali corre un unico gradino marmoreo e con dettagli, quali le vesti dei fedeli inginocchiati, che sporgono negli attigui scomparti. Forse nell'impaginazione Piero imitò da vicino quella del Polittico di Pisa di Masaccio. È stato osservato come le figure fanno riferimento alla 'solidità' delle opere di Masaccio, immerse nel colore insegnato da Domenico Veneziano e fanno tutte da contorno al gesto della Madonna, 'scolpito' dalla prospettiva appresa dagli studi di Filippo Brunelleschi. Il polittico si compone di 23 tavole (cinque maggiori, cinque della cimasa, cinque della predella e quattro scomparti su ciascun pilastrino, di cui quello inferiore occupato semplicemente dallo stemma della confraternita), in parte di mano di assistenti.
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### Titolo: Conferimento della regola del Carmelo. ### Introduzione: Il Conferimento della regola del Carmelo o Episodio di vita eremitica (Tebaide), è un'opera di Filippo Lippi. Si tratta di un affresco staccato e lacunoso (386x480 cm, più un'appendice di cm 95x137), eseguito prima del gennaio 1431 e conservato nel Convento del Carmine a Firenze, in una sala adiacente al chiostro. ### Descrizione e stile. La parte superstite dell'opera mostra una serie di monaci, carmelitani (riconoscibili dai mantelli bianchi con bande marroni) e non, che abitano alcuni romitori in montagna e sono dediti a varie attività. Alcuni vi hanno letto una rappresentazione delle origini dell'ordine Carmelitano, suffragati anche dalla citazione vasariana. Il frammento di destra potrebbe rappresentare la scena del conferimento della Regola da parte del patriarca di Gerusalemme, avvenuta nel 1204-1206. L'affresco si rifà agli affreschi della Cappella Brancacci di Masaccio (volume solido e massiccio delle figure dilatate, senso del chiaroscuro, uso essenziale degli elementi decorativi), ma anche alla monumentalità Giottesca.
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### Titolo: Madonna di palazzo Medici-Riccardi. ### Introduzione: La Madonna di palazzo Medici-Riccardi è un'opera, tempera su tavola (115x71 cm), di Filippo Lippi, databile all'ultima fase artistica del pittore, cioè al 1466-1469 circa, ed è conservata, appunto, a palazzo Medici-Riccardi a Firenze. Sul retro della tavola si trovano lo schizzo di una testa maschile (San Girolamo?) e studi più piccoli di un tabernacolo e occhi. ### Descrizione e stile. Iconograficamente la Madonna di palazzo Medici-Riccardi si rifà a modelli già ampiamente sperimentati nella carriera dal Lippi (già almeno dal 1436), con la Madonna a mezzo busto entro una nicchia con semicupoletta a valva di conchiglia, mentre tiene il Bambino in braccio, in questo caso in piedi su una balaustra marmorea antistante. Lo stile però rimanda ad opere tarde, vicine agli affreschi del Duomo di Spoleto, per questo viene in genere identificata come una delle ultime opere su tavola di mano del pittore. Le dimensioni ne fanno la più grande Madonna del Lippi dipinta a mezzo busto. La preziosità degli effetti di luce, l'eleganza delle linee di contorno e la bellezza formale dei soggetti ne fecero un'opera molto ammirata e copiata in passato, in particolare riguardo alla composizione del Bambino in piedi su una balaustra e dei volti teneramente accostati della madre e il figlio.
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### Titolo: Affreschi di Castelseprio. ### Introduzione: Gli affreschi di Castelseprio sono un ciclo di pitture, variamente datate tra il VI e il X secolo, presenti nella chiesa di Santa Maria Foris Portas a Castelseprio, opera di un pittore anonimo indicato come Maestro di Castelseprio, un artista probabilmente bizantino, che lavorò per una committenza greca, longobarda, carolingia oppure milanese. Il ciclo rappresenta scene dell'infanzia di Cristo ispirate, sembrerebbe, soprattutto ai Vangeli apocrifi. Fa parte del sito seriale 'Longobardi in Italia: i luoghi del potere', comprendente sette luoghi densi di testimonianze architettoniche, pittoriche e scultoree dell'arte longobarda, iscritto alla Lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO nel giugno 2011. ### Descrizione e stile. Il ciclo di affreschi, su due ordini, presenta l'iconografia delle Scene dell'Infanzia di Cristo: gli episodi rappresentati si susseguono l'uno dopo l'altro senza alcuna cornice divisoria. Nell'ordine, in alto:. Annunciazione e Visitazione (due differenti episodi inseriti nella stessa scena). Prova delle Acque amare (episodio raramente raffigurato, in cui si dà prova della verginità di Maria). Apparizione dell'Angelo a Giuseppe. Viaggio a Betlemme.Tra scena e scena, al di sopra delle finestre, sono dipinti dei medaglioni, dei quali si è conservato solo quello centrale, con il Cristo Pantocratore la cui fisionomia richiama lo stile presente nella chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli. Un secondo ordine inferiore, intervallato dalle finestre, presenta:. Adorazione dei Magi (situata sul risvolto dell'arco). Natività (che racchiude vari episodi: la Natività vera e propria, la Lavanda del Bimbo e l'Annuncio ai Pastori). Presentazione di Gesù al Tempio. Una scena perduta, di cui restano solo alcune tracce.Gli affreschi di questa fascia sono più rovinati poiché la superficie è stata martellata nel XVI secolo per far meglio aderire lo strato di intonaco per il nuovo ciclo di affreschi realizzato in quell'epoca. Nella parte retrostante dell'arco trionfale si trovano due Angeli in volo con lo scettro e il globo, al di sopra dell'arco, che guardano al medaglione centrale dell'etimasia (il trono vuoto di Cristo), al quale portano simbolicamente i doni. Come già detto, il registro inferiore è occupato, a sinistra, dalla scena dell'Adorazione dei Magi, mentre la scena di destra è andata perduta. Infine, nella parte più bassa, restano le tracce di una fascia decorata con ghirlande e finte nicchie chiuse da tendaggi ('velari') dai quali spuntano alcuni uccellini e la simbologia del Trono con il Libro chiuso. La scelta delle scene è tutta focalizzata intorno al dogma dell'Incarnazione, tesa cioè a ribadire la consustanzialità di Cristo, ovvero la perfetta unione tra natura umana, implicita nei soggetti della vita di Cristo incarnato, e quella divina come nella rappresentazione del Cristo Pantocrator; il ciclo quindi appare studiato come risposta all'arianesimo, attraverso il ricorso a episodi narrati nei vangeli apocrifi, quali il Protovangelo di Giacomo e il Vangelo dello pseudo-Matteo. Dal punto di vista dei contenuti simbolici il ciclo esprime quindi una visione della religione perfettamente congruente con l'ultima fase del regno longobardo; eliminata - almeno nominalmente - la concezione di Cristo ariana, quella messa in luce dagli affreschi di Castelseprio è specificamente cattolica. Interessante è la tecnica compositiva, che lascia emergere una sorta di schema prospettico di diretta ascendenza classica, oltre a un chiaro realismo nella rappresentazione di ambienti, figure umane e animali. Il ciclo di affreschi testimonia così la permanenza, in tarda età longobarda, di elementi artistici classici sopravvissuti all'innesto della concezione germanica dell'arte, priva di attenzione ai risvolti prospettici e naturalistici e più concentrata sul significato simbolico delle rappresentazioni. Seguono le descrizioni delle scene che non sono andate perdute.
@Scribis @Italiano. Descrivi un famoso dipinto.
### Titolo: Battaglia di Anghiari (Leonardo). ### Introduzione: La Battaglia di Anghiari era una pittura murale di Leonardo da Vinci, databile al 1503-1504 e già commissionata per il Salone dei Cinquecento (allora detto 'Sala del Gran Consiglio') di Palazzo Vecchio a Firenze. A causa dell'inadeguatezza della tecnica, il dipinto subì danni e non è certo che i suoi resti fossero stati lasciati in loco, incompiuti e mutili; circa sessant'anni dopo, la decorazione del salone venne rifatta da Giorgio Vasari; non si conosce se all'epoca fossero ancora presenti i frammenti leonardiani o se l'architetto aretino li abbia distrutti. Alcuni sostengono che li abbia nascosti sotto un nuovo intonaco o una nuova parete: ricerche e 'saggi' finora condotti non hanno sciolto il mistero. Nel mese di ottobre 2020, dopo anni di ricerche, viene reso noto che probabilmente Leonardo si fermò alla delicata fase preparatoria del muro, non portata a termine per motivi tecnici, senza mai iniziare la pittura vera e propria. ### Descrizione e stile. A differenza delle precedenti rappresentazioni di battaglie, Leonardo compose i personaggi come un turbine vorticoso, che ricordava le rappresentazioni delle nubi in tempesta. L'affresco rappresentava cavalieri e cavalli animati in una zuffa serrata, contorti in torsioni ed eccitati da espressioni forti e drammatiche, tese a rappresentare lo sconvolgimento della 'pazzia bestialissima' della guerra, come la chiamava l'artista. I personaggi della scena, infatti, lottano instancabilmente per ottenere il gonfalone, simbolo della città di Firenze. Quattro cavalieri si stanno contendendo la massiccia asta: quello in primo piano la prende di schiena torcendosi animatamente, quelli centrali si scontrano direttamente sguainando le spade, mentre i loro cavalli sbattono il muso l'uno con l'altro; un ultimo si scorge appena in secondo piano, col cavallo che spalanca il morso come a strappare l'estremità dell'asta. Tre fanti si trovano in terra, atterrati e colpiti dagli zoccoli dei cavalli: due al centro, uno sopra all'altro, e uno in primo piano, che cerca di coprirsi con uno scudo. La scena riflette il pensiero dell'artista fondato su una visione pessimistica dell'uomo, che deve lottare per vincere le proprie paure. Shearman parla di 'un livello mai sognato di energia e violenza' per la pittura storica.
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### Titolo: La toilette (Toulouse-Lautrec). ### Introduzione: La toilette, olio su cartone di 67x54 cm, realizzato nel 1889 dal pittore Henri de Toulouse-Lautrec. È un dipinto realizzato dal vero, proprio in una di quelle case d'appuntamento nelle quali l'artista passava molte ore della sua giornata. Il dipinto è attualmente conservato nel Musée d'Orsay. ### Descrizione. Il taglio è fotografico, con evidente accentuazione del punto di vista dall'alto verso il basso. Il soggetto e i miseri arredi dell'ambientazione rimandano a Degas, del quale Lautrec si considerava ideale prosecutore. I colori sono utilizzati con parsimonia, in alcuni punti affiora persino il colore del cartone che funge da sfondo esso stesso. Le intuizioni impressioniste sono raccolte e superate, grazie anche a suggestioni realistiche vicine a Van Gogh. La donna viene vista di spalle presentandosi in un aspetto di fragilità quasi commovente. Le spalle hanno una linea molto armoniosa. Su di esse la testa ha una postura molto diritta e serena. I capelli sono di un rosso molto delicato, raccolti in modo seducente. Le braccia e le gambe sono magre e delicate. Tutto ciò crea un contrasto evidente con l'attività della donna la quale, proprio per questa sua bellezza che non scompare, conserva una sua purezza virginale. La simpatia del pittore è tutta per lei. La donna ha appena finito di lavarsi in una vasca che si intravede accanto alla sua testa. Si sta ripulendo seduta a terra su alcuni asciugamani. Il fatto che sia appena uscita dall'acqua ne accentua simbolicamente l'avvenuta purificazione. La stanza si presenta povera e spoglia. Il pavimento è un normale parquet a listoni paralleli su cui sono posati pochi oggetti: la poltroncina e il divanetto di vimini, la tinozza per il bagno. La tecnica pittorica risulta molto sapiente e sicura. Toulouse-Lautrec stende i colori secondo linee veloci e marcate. L'immagine prende mirabilmente forma con tratti che si intessono senza perdere la loro evidenza lineare. I colori sono molto delicati e definiscono dei riflessi che danno alle cose una sensazione di grande verità. La pittura di Toulouse-Lautrec ha anch'essa decisamente superato l'impressionismo. Benché egli si consideri il continuatore di Degas, di cui conserva il tipo di inquadratura evidente anche in questo quadro, la sua pittura è oramai alla ricerca di significati e di contenuti che non sono più quelli superficiali e festosi della pittura impressionista.
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### Titolo: L'urlo. ### Introduzione: L'urlo (Skrik) è il nome assegnato a una serie di famosi dipinti del pittore norvegese Edvard Munch. ### Descrizione. L'urlo rappresenta un sentiero in salita sulla collina di Ekberg sopra la città di Oslo, spesso confuso con un ponte, a causa del parapetto che taglia diagonalmente la composizione; su questo sentiero si sta consumando un urlo lancinante, acuto, che in quest'opera acquisisce un carattere indefinito e universale, elevando la scena a simbolo del dramma collettivo dell'angoscia, del dolore e della paura. Il soggetto urlante è la figura in primo piano, terrorizzata, che per emettere il grido (e non per proteggersene) si comprime la testa con le mani, perdendo ogni forma e diventando preda del suo stesso sentimento: più che un uomo, infatti, ricorda un ectoplasma, con il suo corpo serpentiforme, quasi senza scheletro, privo di capelli, deforme. Si perde insieme alla sua voce straziata e alla sua forma umana tra le lingue di fuoco del cielo; le sue narici sono dilatate e gli occhi sbarrati, testimoni di un abominio immondo. Ma il vero centro dell'opera è costituito dalla bocca che, aprendosi in un innaturale spasmo, emette un grido che distorce l'intero paesaggio, che in questo modo restituisce una sensazione di disarmonia, squilibrio. Questo sentimento di malessere non è esclusivo né dello sfondo, né dell'animo di Munch: è infatti distintivo del pessimismo fin de siècle diffuso in quel periodo, che cominciò a mettere in dubbio le certezze dell'essere umano, proprio mentre Sigmund Freud indagava gli abissi dell'inconscio. A rimanere immutati e dritti sono esclusivamente il parapetto e i due personaggi sulla sinistra della composizione. Queste due figure umane sono sorde sia al grido sia allo sconvolgimento emozionale espresso dal pittore: non a caso, sono collocate ai margini della composizione, quasi volessero uscire dal quadro. È in questo modo che Munch ci restituisce in modo molto crudo e lucido una metafora della falsità dei rapporti umani. Sulla destra, invece, è collocato il paesaggio, innaturale e poco accogliente, quasi fosse un'appendice dell'inquietudine dell'artista: il mare è una massa nera ed oleosa, mentre il cielo è solcato da lingue di fuoco, con le nuvole ondulate che sembrano cariche di sangue. ### Stile. L'urlo presenta un forte effetto espressivo, ottenuto mediante un'associazione di colori complementari (rosso-verde, azzurro-arancio) in modo da mettere in risalto il cromatismo del dipinto. Le tonalità calde le troviamo nella parte alta del quadro, così da conferire maggior peso alla composizione, controbilanciando l'addensamento degli elementi compositivi in basso. Analogamente, i colori chiari sono collocati intorno al volto del personaggio, che in questo modo viene esaltato agli occhi dell'osservatore.Vi è un netto contrasto anche tra le linee: quelle dello sfondo sono infatti curvilinee, quasi magmatiche, e vengono interrotte dalla geometricità delle diagonali che vanno a costituire il parapetto del sentiero. Interessante notare che l'andamento del personaggio in primo piano viene ripetuto, in una sorta di pendant simmetrico, dalle linee curve dello sfondo, mentre la verticalità delle due figure che percorrono il sentiero fa eco al parapetto del sentiero: ne consegue che, mentre l'ambiente sembra quasi voler partecipare al dramma psichico che sta lacerando la figura in primo piano, le due persone viste di spalle sono saldamente ancorate alla dimensione concreta della realtà, insensibili ai drammi della vita. Si crea così uno stato di forte tensione emotiva, messo ulteriormente in rilievo con un sapiente gioco delle linee di forza: quelle del sentiero convergono presso i due personaggi sulla sinistra, mentre quelle appartenenti alla figura in primo piano, muovendo dal basso, tendono verso le sue mani.Altri importanti elementi del dipinto sono il sentiero e il suo parapetto, senza i quali la figura principale quasi si fonderebbe con lo sfondo: la funzione di quest'ultimo, pertanto, è quella di staccarla dal paesaggio e di enfatizzare la sua individualità. Figura e sfondo, insomma, appartengono dal punto di vista compositivo a due livelli differenti.
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### Titolo: La zattera della Medusa. ### Introduzione: La zattera della Medusa (Le Radeau de la Méduse) è un dipinto a olio su tela (491x716 cm) di Théodore Géricault. Questo dipinto è stato realizzato nel 1818-19 e conservato nel Museo del Louvre di Parigi. Completato quando l'artista aveva soltanto 29 anni, il dipinto rappresenta un momento degli avvenimenti successivi al naufragio della fregata francese Méduse, avvenuto il 2 luglio 1816 davanti alle coste dell'attuale Mauritania, a causa di negligenze e decisioni affrettate da parte del comandante Hugues Duroy de Chaumareys che, oltre a non navigare da circa venticinque anni, non aveva una buona conoscenza di quelle acque, cosa che portò la fregata ad incagliarsi sul fondale sabbioso. Oltre 250 persone si salvarono grazie alle scialuppe, le rimanenti 150, la ciurma, dovettero essere imbarcate su una zattera di fortuna, lunga 20 metri e larga 7, e di queste soltanto 15 fecero ritorno a casa.Géricault scelse accuratamente il soggetto del suo primo grande lavoro, una tragedia che stava avendo risonanza internazionale, per alimentare l'interesse di un pubblico quanto più vasto possibile e per lanciare la sua carriera. Scrupoloso e attento ai dettagli, l'artista si sottopose ad un intenso periodo di studio sul corpo umano e sulla luce, producendo moltissimi disegni preparatori, intervistando due dei sopravvissuti e costruendo un modellino del naufragio. Come aveva previsto, il dipinto una volta esposto al Salon di Parigi del 1819 generò diverse controversie, attirando in misura uguale commenti positivi e feroci condanne. Solo in seguito venne rivalutato dalla critica, che lo riconobbe come uno dei lavori destinati ad incidere di più sulle tendenze romantiche all'interno della pittura francese.A proposito di questo capolavoro della pittura francese, è stato scritto, incomprensibili rimarrebbero le critiche che ne accompagnarono l'esordio al foyer del Teatro italiano dove in quell'anno si teneva il Salon, se non fossero state direttamente o indirettamente interessate. D'altra parte accade sovente che la posterità si renda appena conto di certe cecità contemporanee, ha commentato Théophile Gautier descrivendo il quadro citando Michelangelo.Acquistata dal Louvre subito dopo la prematura morte dell'autore a trentatré anni, La zattera della Medusa, nelle sue scelte formali (la teatralità e l'intensa emotività della scena) e di contenuto (l'episodio vicino ai contemporanei dell'autore) rappresenta uno spartiacque e un punto di rottura con l'allora preponderante scuola neoclassica, tesa al perseguimento dell'ideale di emotività contenuta e catalizzata dall'arte greca, e un'icona del Romanticismo, arrivando a influenzare i lavori di artisti come Eugène Delacroix, William Turner, Gustave Courbet e Édouard Manet. ### Descrizione e stile. L'opera, interamente originale, è in buono stato di conservazione. Tuttavia, a causa della sperimentazione dell'autore con il bitume, una sostanza che decade rapidamente diventando una melassa nera e creando una superficie lucida e grinzosa che non può essere rinnovata o restaurata, i dettagli nelle aree più grandi dell'opera sono difficilmente individuabili e sono andati persi nel tempo. La zattera della Medusa rappresenta il momento in cui, dopo tredici giorni alla deriva, i quindici sopravvissuti scorgono una nave, la Argus, giungere dall'orizzonte. Secondo una recensione dell'epoca, l'opera coglie «Il momento in cui la rovina della zattera può dirsi completa». Le dimensioni del dipinto, 491 x 716 cm, furono scelte in modo che la maggior parte delle figure fossero in scala reale, mentre quelle in primissimo piano fossero il doppio della loro grandezza naturale, dando quindi il senso di spinta verso l'esterno e verso lo spettatore, che viene trascinato di peso direttamente nell'azione. La didascalia sulla cornice recita: «L'unico eroe in questa toccante storia è l'umanità». La zattera è popolata dai sopravvissuti al tragico incidente. Un vecchio in primo piano regge sulle ginocchia le spoglie del figlio deceduto, un altro irrompe in lacrime di frustrazione e sgomento. Un ammasso di corpi occupa la parte inferiore del dipinto, in attesa di essere trasportati via dalla corrente. Gli uomini al centro, invece, hanno appena scorto la Argus e uno di loro, l'africano Jean Charles, si erge su una botte vuota, sventolando freneticamente il suo fazzoletto nel tentativo di attirare l'attenzione della nave.La composizione pittorica del quadro è costruita su due strutture piramidali. Il perimetro della prima e più larga piramide, a sinistra, è costituito dalla base stessa della zattera, mentre la seconda, di misura minore, si sviluppa dal gruppo di sagome morte in primo piano, che formano anche la base da cui emergono i sopravvissuti, intenti a stagliarsi il più alto possibile per richiamare la nave, convogliano verso il picco emotivo costituito dalla figura centrale che sventola il panno. L'attenzione dell'osservatore è dapprima catturata dal centro della tela, per poi seguire il flusso dei corpi dei sopravvissuti, inquadrati di schiena e tendenti verso destra. Come ebbe a dire lo storico dell'arte Justin Wintle: «Un ritmo lineare ci conduce dai morti nell'angolo sinistro del quadro ai vivi del vertice destro». Altre due linee diagonali furono usate per aumentare la tensione drammatica. Una, infatti, segue l'albero maestro e i tiranti, spostando l'attenzione dell'osservatore verso le minacciose onde della tempesta, l'altra, composta dai corpi dei naufraghi ancora vivi, si protrae verso la silhouette della Argus.La tavolozza di Géricault, composta da toni pallidi per i corpi dei naufraghi, colori fangosi e scuri per i loro vestiti, il mare e il cielo, comprende vermiglione, bianco, giallo Napoli, quattro diversi tipi di ocra, due sfumature di terra di Siena, carminio, blu di Prussia, pesca-arancio, terra di Cassel e bitume. Nel complesso, il dipinto è dominato da una tonalità scura e tetra, affidata all'uso di pigmenti tendenti al marrone, che secondo l'autore erano efficaci nel suggerire il sentimento di dolore e tragedia. All'orizzonte la Argus, la nave che trarrà in salvo i superstiti, è illuminata da una luce più chiara e questo fornisce all'intera scena una luminosità che rinvigorisce e accende l'occhio dello spettatore, altrimenti offuscato dai vari toni del marrone. A questo contribuisce anche il mare, realizzato in un verde intenso, invece del tradizionale blu scuro, che avrebbe sminuito il contrasto con la zattera e i suoi passeggeri.
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### Titolo: Guidoriccio da Fogliano all'assedio di Montemassi. ### Introduzione: Il Guidoriccio da Fogliano all'assedio di Montemassi (detto anche solamente Guidoriccio da Fogliano) è un grande affresco (968x340 cm) collocato nella Sala del Mappamondo del Palazzo Pubblico di Siena. È attribuito per tradizione a Simone Martini, che l'avrebbe dipinto nel 1330, ma una lunga controversia, iniziatasi nel 1977, e il recente ritrovamento di disegni preparatori farebbero pensare a un rifacimento del Quattrocento. ### Descrizione. L'opera mostra il comandante delle truppe senesi, Guido Ricci o Guidoriccio da Fogliano di Reggio Emilia, a cavallo, di profilo, mentre va all'assalto del Castello di Montemassi in Maremma, nel 1328. Sullo sfondo, un paesaggio piuttosto realistico con montagne, un accampamento e le località teatro dei fatti. Il dipinto mostra segni di ripetuti interventi, ridipinture e rifacimenti, messi ancor più in evidenza dal restauro conservativo effettuato da Giuseppe Gavazzi nel 1980. In basso, all'interno di una cornice decorativa dipinta, si legge A(N)NO D(OMI)NI M.CCC.XXVIII.
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### Titolo: Tre filosofi. ### Introduzione: I Tre filosofi è un dipinto a olio su tela (123,5x144,5 cm) di Giorgione, databile tra il 1506 e il 1508. ### Descrizione e stile. La composizione del dipinto è relativamente semplice, con tre personaggi, due in piedi e uno seduto, raggruppati nella metà destra del dipinto, mentre a sinistra prevale un'oscura rupe, di atmosfera leonardesca. Al centro invece, tra la quinta rocciosa e quella vegetale dietro ai 'filosofi', si apre un lontano paesaggio, con un villaggio immerso nel verde, dove il sole è appena tramontato tra le colline che si perdono in lontananza, dai toni azzurrini per effetto della foschia. Il contrasto tra zone di luci e zona d'ombra amplifica la profondità spaziale e facilita la lettura tramite l'individuazione di linee di forza che attraversano la composizione: ne è un esempio la diagonale che parte dall'ombra della rupe e risale lungo la figura del giovane. I colori sono molto vivaci, ma sapientemente armonizzati nella luce atmosferica, una delle caratteristiche del tonalismo veneto di cui Giorgione fu l'iniziatore e uno dei più importanti rappresentanti. I tre personaggi, che oltre alla descrizione del Michiel, sono stati identificati nelle fonti antiche anche come astronomi o matematici, e in seguito, nella critica moderna, come possibile rappresentazione dei re Magi, o piuttosto di figure allegoriche. Essi rappresentano le tre età dell'uomo (giovinezza, maturità e vecchiaia), hanno vesti dai colori differenti, forse simbolici (bianco/verde per il giovane seduto, viola/rosso per quello col turbante e giallo/marrone per il vecchio barbuto) e inoltre sono effigiati in tre pose diverse: di profilo, frontale e di tre quarti. Il personaggio anziano mostra un foglio pieno di calcoli astronomici, sovrastati dalla scritta celus, e tiene nella sinistra un compasso: l'astronomia era uno degli interessi del Contarini, che spesso consultava i testi del lascito Bessarione alla biblioteca Marciana. Il personaggio giovane invece regge in mano un foglio, un compasso nella mano destra e una squadra in quella sinistra, per il calcolo geometrico, fissando la caverna vuota davanti a lui. Questi elementi avvalorano l'ipotesi secondo cui il soggetto sarebbe quello di tre antichi sapienti, le cui conoscenze erano riunite nella figura ideale del committente. Altre ipotesi legano le tre figure ai tre stadi del pensiero umano: l'umanesimo rinascimentale (il giovane), la filosofia araba (l'uomo col turbante) e il pensiero medievale (il vecchio). Per lo storico della filosofia Giuseppe Faggin i tre personaggi rappresentano gli scienziati Claudio Tolomeo (l'uomo vecchio), Niccolò Copernico (l'uomo giovane) e l'astronomo e matematico arabo Muḥammad ibn Jābir al-Ḥarrānī al-Battānī (l'uomo dal turbante).
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### Titolo: Lampada ad arco (Balla). ### Introduzione: Lampada ad arco è un dipinto a olio su tela (174,7×114,7 cm) realizzato tra il 1909 e il 1911 dal pittore italiano Giacomo Balla. È conservato nel Museum of Modern Art di New York. ### Descrizione. Opera di grande interesse storico, sia per la tecnica che per il soggetto. Esso rappresenta un lampione elettrico che illumina la notte con i suoi fiotti di luce, sopraffacendo persino lo spicchio di luna. La particolarità del quadro è legata al fatto che il soggetto (un banale lampione elettrico) possa trasmettere emozioni paragonabili a quelle del chiaro di luna. Infatti nessuno a quell'epoca (1909) poteva immaginare un simile soggetto. La tela riporta in alto a sinistra l'anno 1909, anche se una parte della critica ritiene opportuno supporre che il reale anno di esecuzione sia il 1911, e che lo stesso Balla nel 1928 esponendo il dipinto ne abbia cambiato la cronologia. Il quadro compare per la prima volta nel catalogo della galleria Bernheim-Jeune nel 1912, ma scompare poi nei cataloghi delle successive mostre europee. Forse l'opera venne rifiutata perché ritenuta inadeguata rispetto alle altre. Nel 1954 il dipinto fu acquistato dal MoMA di New York. Alla notizia Balla inviò la seguente lettera a Alfred Barr:.
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### Titolo: La città che sale. ### Introduzione: La città che sale è un dipinto a olio su tela (199,3×301 cm) realizzato negli spazi della Società Umanitaria di Milano tra il 1910 ed il 1911 dal pittore italiano futurista Umberto Boccioni. Nel 1912 il quadro fu acquistato dal musicista Ferruccio Busoni nel corso della mostra d'opere futuriste itinerante in Europa. È oggi esposto al Museum of Modern Art di New York. Il bozzetto preparatorio è esposto nella collezione della Pinacoteca di Brera a Milano. ### Descrizione. Boccioni prese spunto dalla vista di Milano che si vedeva dal balcone della casa dove abitava. Il titolo originale era IL LAVORO così come apparve alla Mostra d'arte libera di Milano del 1911. Nonostante la presenza di elementi realistici come il cantiere o la costruzione, ed ancora la resa dello spazio in maniera prospettica, il dipinto viene considerato la prima opera veramente futurista del pittore reggino, pur non discostandosi molto dai quadri analoghi degli anni precedenti, nei quali le periferie urbane erano il soggetto principale. In questo dipinto viene parzialmente abbandonata la visione naturalistica dei quadri precedenti, per lasciare il posto ad una visione più movimentata e dinamica. Si coglie la visione di palazzi in costruzione in una periferia urbana, mentre compaiono ciminiere e impalcature solo nella parte superiore. Gran parte dello spazio è invece occupato da uomini e da cavalli, fusi esasperatamente insieme in uno sforzo dinamico. In tal modo Boccioni mette in risalto alcuni tra gli elementi più tipici del futurismo, quali l'esaltazione del lavoro dell'uomo e l'importanza della città moderna plasmata sulle esigenze del nuovo concetto di uomo del futuro. Ciò che mette il quadro perfettamente in linea con lo spirito futurista è però l'esaltazione visiva della forza e del movimento, della quale sono protagonisti uomini e cavalli e non macchine. Questo è ritenuto un particolare che attesta come Boccioni si muova ancora nel simbolismo, rendendo visibile il mito attraverso l'immagine. Ed è proprio il 'mito' ciò che l'artista modifica, dunque non più arcaico legato all'esplorazione del mondo psicologico dell'uomo, ma mito dell'uomo moderno, artefice di un nuovo mondo. In parole povere l'intento dell'artista è di dipingere il frutto del nostro tempo industriale. Il soggetto dunque, da raffigurazione di un normale momento di lavoro in un qualunque cantiere, si trasforma nella celebrazione dell'idea del progresso industriale con la sua inarrestabile avanzata. Sintesi di ciò ne è il cavallo inutilmente trattenuto dagli uomini attaccati alle sue briglie.
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### Titolo: Viandante sul mare di nebbia. ### Introduzione: Il Viandante sul mare di nebbia (in tedesco Der Wanderer über dem Nebelmeer) è un dipinto a olio su tela del pittore romantico tedesco Caspar David Friedrich, realizzato nel 1818 e conservato alla Hamburger Kunsthalle di Amburgo. È una delle opere più rappresentative della pittura romantica ottocentesca. ### Descrizione del quadro. Al centro della composizione, in primo piano, un viandante solitario si staglia in controluce su un precipizio roccioso, dando la schiena all'osservatore: ha i capelli rossi e scompigliati al vento, è avvolto in un soprabito verde scuro e nella mano destra, appoggiata al fianco, impugna un bastone da passeggio. È lui il vero centro focale e spirituale del dipinto (è al centro dell'opera): ciò malgrado, ben poco si sa su quest'uomo, a parte la sua natura errabonda. Secondo alcune testimonianze, sotto le vesti del pellegrino vi sarebbe il colonnello della fanteria sassone Friedrich Gotthard von den Brinken, defunto amico di Friedrich che con questa tela ne volle conservare vivo il ricordo.Il viandante è proteso sull'orlo di uno sperone roccioso freddo e inospitale, lontano da ogni vegetazione, ma collocato in una posizione rialzata, che gli consente di contemplare il panorama che gli si apre davanti. Si tratta di una valle arcaica dal fascino primordiale, avvolta dalla foschia, come se fosse mare (da cui il titolo dell'opera): dal «mare di nebbia» sporgono audaci diverse cime, sulle quali si può notare la presenza di alberi e vegetazione. In lontananza, a sinistra si ergono sbiadite montagne che digradano verso destra. Oltre, la nebbia si espande in modo indefinito arrivando a mescolarsi con l'orizzonte e a diventare indistinguibile dal cielo nuvoloso. Il Viandante sul mare di nebbia, sebbene dipinto in studio, riproduce il paesaggio montano realmente esistente dell'Elbsandsteingebirge, in Boemia. Sullo sfondo, a destra, è presente lo Zirkelstein, del quale si intravede la caratteristica forma cilindrica, mentre a sinistra si profila il Rosenberg; le rocce sopra le quali si erge il viaggiatore, invece, fanno parte di un gruppo della Kaiserkrone.
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### Titolo: Cristo con Marta e Maria. ### Introduzione: Il Cristo con Marta e Maria è un dipinto a olio su tavola (60 × 101,5 cm) realizzato nel 1552 dal pittore olandese Pieter Aertsen. È conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. ### Descrizione e stile. Il primo piano del quadro si presenta quasi totalmente occupato da una grande natura morta composta da vivande, tra cui spicca un grande coscio d'agnello, da stoviglie e utensili da cucina e da lenzuola piegate. Gli oggetti sono rappresentati a grandezza naturale per creare un effetto illusionistico di trompe-l'œil, cioè di rottura del confine spaziale da parte dell'immagine che entra nella realtà dello spettatore; sul fondo vi è narrato l'episodio biblico che Aertsen rende esplicito ricorrendo anche alla scrittura: nell'angolo in basso a sinistra, sulla terza mattonella, vi è la scritta 'LUCA 10', e sopra i personaggi, sul fregio del camino, spicca un'altra iscrizione: 'Maria si è scelta la parte buona'. La scena è dunque tratta dal Vangelo e narra di quando Gesù, durante il viaggio, si fermò nella casa di Marta. Ella aveva una sorella di nome Maria la quale si prostrò ai piedi di Gesù per ascoltare la sua parola; Marta, distratta dalle faccende di casa, si lamentò con il Signore della sorella che la lasciava sola a lavorare. Questi allora rispose: 'Marta, Marta, tu ti inquieti e ti preoccupi di troppe cose, mentre poche ne servono e una soltanto è necessaria. Maria invece si è scelta la parte buona, che non le sarà certo tolta'. Le due immagini rappresentano le due sfere del sacro e del profano e sono strettamente legate tra loro: quella in primo piano si sviluppa infatti come allegoria di quella di fondo. Nel quadro possiamo quindi individuare due piani spaziali comunicanti: lo spazio occupato dalla scena biblica, solo apparentemente isolato, è in rapporto di continuità tramite la pavimentazione con il primo piano della natura morta, che a sua volta, attraverso il tavolo, irrompe in un terzo spazio, quello dello spettatore. La grande natura morta svolge un ruolo ambivalente: di appendice, vale a dire di aggiunta e proseguimento della scena biblica, ma anche di antitesi con essa. Si può individuare il contrasto presente tra le due immagini: la rappresentazione sacra italianeggiante della scena di fondo è infatti in palese contrapposizione con la rappresentazione profana di stampo nordico del primo piano. Il primo piano del dipinto compie un ruolo di transizione tra la realtà e la scena divina; esso, avvalendosi della rappresentazione allegorica del cibo, conduce lo sguardo dello spettatore dallo spazio reale-volgare verso la parola di Cristo. La grande rivoluzione compiuta da Aertsen sta nell'includere nel campo visivo del quadro la parte che normalmente ne veniva esclusa, il 'fuor d'opera', creando così un nuovo elemento pittorico di grande interesse che sarà importante fonte di spunto per i pittori successivi.
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### Titolo: Conseguenze della guerra. ### Introduzione: Le Conseguenze della guerra è un dipinto a olio su tela (206x305 cm) di Pieter Paul Rubens, databile al 1637-1638 e conservato a Palazzo Pitti a Firenze. Si tratta di un soggetto mitologico-allegorico, legato a riflessioni maturate dall'autore durante le sue missioni diplomatiche nella Guerra dei Trent'anni, in cui maturò la consapevolezza dell'inutilità della guerra e lanciò un messaggio pacifista ante litteram. ### Descrizione. L'autore colloca alcuni personaggi in una scena concitata. Rubens visse durante anni di terribili guerre per l'Europa (Guerra dei trent'anni, Guerra civile inglese), viaggiando di corte in corte come diplomatico, e volle dipingere questo quadro allegorico come monito contro gli effetti distruttivi della guerra. La forma allegorica era infatti efficace ed immediata, ma nello stesso tempo priva di qualsiasi riferimento agli eserciti realmente in campo in quel periodo. La scelta di dei dell'Olimpo greco è dunque motivata da un preciso richiamo simbolico. ### Stile. Capolavoro tardo del maestro Fiammingo, le Conseguenze della guerra spicca per lo straordinario dinamismo, la complessità delle pose delle figure e la fluidità della pennellata, in cui si leggono chiari omaggi alla pittura italiana del Rinascimento, a partire da Tiziano. Illuminante è il giudizio estetico di Charles-Nicolas Cochin, del 1796: «il dipinto è molto poetico nella composizione e pieno di bella vivacità. Il colore è ammirevole, così come la pennellata, la testa della donna è di grande bellezza e così le luci e l'effetto d'insieme è molto vivace per il contrasto di luci e di ombre. È un dipinto fondamentale che presenta soltanto qualche scorrettezza di disegno soprattutto nelle gambe della donna che sembrano troppo attorcigliate».
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### Titolo: Melencolia I. ### Introduzione: Melencolia I o Melancholia I è un'incisione a bulino (23,9x28,9 cm) di Albrecht Dürer, siglata e datata al 1514 e conservata, tra le migliori copie esistenti, nella Staatliche Kunsthalle di Karlsruhe. L'opera, densa di riferimenti esoterici, tra cui il quadrato magico, è una delle incisioni più famose in assoluto. ### Descrizione e stile. L'incisione fa parte del trittico detto Meisterstiche, con il San Girolamo nella cella e Il cavaliere, la morte e il diavolo, realizzato tra il 1513 e il 1514. Sebbene non legate dal punto di vista compositivo, le tre incisioni rappresentano tre esempi diversi di vita, legati rispettivamente alle virtù morali, teologiche e intellettuali. Ritrae una figura alata seduta con aria pensosa davanti a una costruzione di pietra circondata da strani oggetti, simboli appartenenti al mondo dell'alchimia: una bilancia, un cane scheletrico, attrezzi da falegname, una clessidra, un solido geometrico (un 'troncato romboedrico' o 'poliedro Dürer'), un putto, una campana, un coltello, una scala a pioli. L'opera simbolicamente rappresenta, in termini alchemici, le difficoltà che si incontrano nel tentativo di tramutare il piombo (anime delle tenebre) in oro (anime che risplendono). Secondo la tradizione astrologica l'ambito alchemico era dominato dal pianeta Saturno, ed era legato al sentimento della malinconia, quindi al temperamento melanconico. Altri elementi che suscitano tale emozione sono l'arcobaleno e la cometa. Le chiavi rappresentano la conoscenza, in grado di liberare l'uomo dal suo stato melanconico. Altro simbolo di speranza è il pipistrello, che viene rischiarato dalla luce che spazza le tenebre. Si tratta quindi di un vero e proprio compendio del pensiero dell'artista sull'arte e sull'animo umano. Esiste un raro primo stato della stampa in cui la cifra '9' del quadrato magico risulta disegnata a rovescio.
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### Titolo: Fuga in Egitto (Elsheimer). ### Introduzione: La fuga in Egitto è un dipinto di Adam Elsheimer. L'opera, considerata una delle più rappresentative del pittore, fu composta nel 1609 ed è conservata all'Alte Pinakothek di Monaco. ### Descrizione. Nel dipinto sono evidenti le innovative aperture al paesaggio e le possibilità esplorative dei contenuti nell'arte sacra. Qui le fonti luminose giocano fortemente sulla suggestività attirando l'attenzione dell'osservatore verso il contrasto ottenuto sullo sfondo tenebroso e riescono a suscitare il senso di inquietudine e di paura dei santi riprodotti. Contemporaneamente, l'opera esprime una pacata sicurezza e tranquillità attraverso le stelle, la Luna e l'atmosfera di penombra. A sinistra la luce di un falò esalta una scena rurale tra la tetra vegetazione, da dove s'innalza una colonna di faville fin sopra le chiome degli alberi soprastanti; al centro, una fiaccola sorretta da Giuseppe illumina tenuemente Maria con Gesù tra le braccia, al quale Giuseppe rivolge un gesto affettuoso; a destra, la Luna piena, facendo capolino tra le nuvole, si specchia nel lago e rischiara il cielo circostante.
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### Titolo: Altro mondo II. ### Introduzione: Altro mondo II è un'opera di Maurits Cornelis Escher del 1947 in cui si approfondisce lo studio della prospettiva geometrica. ### Descrizione. Egli raffigura l'interno di un edificio a forma di parallelepipedo dove le aperture laterali delle pareti consentono la visione di tre scene differenti, a ciascuna delle quali corrisponde un diverso angolo prospettico. Di fronte viene visualizzata la superficie lunare e davanti ad essa la statua di un uccello e un corno appeso alla volta. La medesima rappresentazione anteriore muta di prospettiva nelle altre aperture dove si denota la visione di altre parti dell'ambiente esterno, come la superficie lunare dall'alto e la visione del cielo. Nel cielo è inoltre possibile riscontrare la presenza del pianeta Giove con i quattro satelliti galileiani, una cometa, Saturno, una galassia a spirale ed altri corpi celesti.
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### Titolo: Studiolo di Francesco I. ### Introduzione: Lo Studiolo di Francesco I è uno degli ambienti più famosi di Palazzo Vecchio a Firenze. Lo Studiolo è una delle creazioni più alte ed originali del manierismo fiorentino, frutto della collaborazione tra l'intellettuale Vincenzo Borghini e un team di artisti capeggiati da Giorgio Vasari. ### Descrizione. La stanza rettangolare è coperta da una volta a botte, affrescata dal Poppi e da Jacopo Zucchi. Al centro del soffitto l'affresco con Prometeo e la simmetria delle specie, che da Pandora riceve il proiettile simboleggiandone la corruzione, era il punto di partenza per tutto il ciclo decorativo; attorno vi sono le personificazioni dei Quattro elementi (Aria, Acqua, Terra e Fuoco), che determinano il tema per il lato corrispondente. Nei riquadri accanto agli Elementi sono affrescate coppie di fanciulli abbracciati, che simboleggiano le qualità risultanti dalle fusioni a due a due dei vari Elementi. Sull'asse centrale, ai lati, l'impresa di Francesco I de' Medici (Donnola) e l'Allegoria dei legami tra i quattro elementi. Nei quattro riquadri angolari, infine, sono rappresentati i quattro elementi umani:. La Flemma, fredda e umida come l'acqua. Il Sangue, caldo e umido come l'aria. La Malinconia, fredda e secca come la terra. La Collera, calda e secca come il fuocoSulle due lunette alle estremità sono collocati i ritratti dei genitori di Francesco: Cosimo I e Eleonora di Toledo di Alessandro Allori, tra raffigurazioni delle stagioni e dei segni zodiacali a esse associati. Le pareti sono decorate da due registri di pannelli dipinti, tre per fila per ciascun lato minore e otto sul lato maggiore; in quello superiore presso agli angoli sono presenti nicchie con statue in bronzo, che rappresentano figure mitologiche correlate agli Elementi. In totale quindi sono presenti otto nicchie per le statue e 36 dipinti, meno due dispersi (in uno è stata collocata la porta sul salone dei Cinquecento, aperta nel 1920, in un altro è stata lasciata la cornice vuota). Nel registro inferiore delle quattro pareti, i dipinti ovali fungono da sportelli di armadi situati nello spessore della muratura. Tali dipinti, con soggetti mitologici e pagani, dovevano suggerire i vari materiali conservati in ciascuno sportello, che erano ordinati secondo l'elemento ritenuto di appartenenza, secondo il progetto del Borghini che vedeva dedicato ogni lato dello Studiolo ad un elemento.Tra i pannelli più interessanti ci sono le Sorelle di Fetonte di Santi di Tito, il Lanificio di Mirabello Cavalori, la Pesca delle perle di Alessandro Allori, le Miniere di diamanti di Maso da San Friano, le Terme di Pozzuoli di Girolamo Macchietti, ecc. Particolarmente interessante è il pannello della Fucina o Laboratorio d'alchimia, dipinto da Giovanni Stradano, dove Francesco si fece ritrarre a sinistra nelle vesti di un artigiano, impegnato nel lavoro della fonderia: un chiaro segno della personalità inquieta di Francesco, che preferiva le sue attività scientifiche alla politica ed al cerimoniale di corte. Non è da escludere che Jacopo Zucchi eseguisse per lo Studiolo mediceo delle meraviglie i pittoreschi bozzetti su rame, due dei quali a Roma nella Galleria Borghese con Il profeta Daniele e la manna (Allegoria della creazione) e la Pesca delle perle e del corallo (Scoperta dell'America), che illustra la fauna delle Isole Canarie e l'origine dei fossili, la storia naturale nel genere della natura morta, completando la serie agli Uffizi delle Età dell'uomo.
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### Titolo: Zingara addormentata. ### Introduzione: La Zingara addormentata è un dipinto a olio su tela, realizzato nel 1897 da Henri Rousseau. Il dipinto è oggi esposto a New York al Museum of Modern Art; è considerato uno dei dipinti più significativi del suo autore è anche un esempio della suggestione mistica che circonda la figura della zingara. ### Descrizione. In primo piano viene raffigurata la figura di una zingara dalla pelle scurissima, vestita con un abito lungo e colorato, che dorme serena in una terra desertica impugnando un bastone. Accanto a lei si trovano il suo strumento musicale, il mandolino, e un vaso di terracotta, mentre dietro la sua figura si scorge un leone che sembra stia vegliando su di lei. La scena è immersa nella luce misteriosa di una luna piena.L'ambientazione è surreale; il leone non aggredisce la zingara e il chiaro della luna rende il contesto magico e onirico. Sullo sfondo si trovano un deserto completamente arido e un cielo blu intenso. La luce della luna illumina la criniera del leone e mette in risalto anche il vestito colorato della zingara che dorme tranquilla. La dimensione surreale è accentuata dall'assenza di ombre e di decise fonti luminose, dai colori nitidi stesi uniformemente sul piano, dai contorni delineati con esattezza, dal cielo notturno dai colori brillanti. Le forme sono bloccate dentro un paesaggio immobile e sono associate senza una relazione logica: l'immagine è di difficile interpretazione. Il tono che assume è irreale per via dell'assenza di valori volumetrici e spaziali e le sue figure così estraniate dalle coordinate spazio-temporali assumono una sorta di alone mitico.La firma dell'autore si trova in basso a destra del dipinto.
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### Titolo: Dama con l'ermellino. ### Introduzione: La Dama con l'ermellino è un dipinto a olio su tavola (54,8×40,3 cm) di Leonardo da Vinci, databile al 1488-1490. La donna ritratta va quasi sicuramente identificata con Cecilia Gallerani.Nel dicembre 2016 l'opera, insieme all'intera collezione Czartoryski, è stata ceduta al governo di Varsavia per circa 100 milioni di euro, creando non poche polemiche, poiché il valore complessivo della sola opera sarebbe di 250 milioni di euro, mentre l'intera collezione varrebbe 2 miliardi. Conservato per anni nel Museo Czartoryski di Cracovia, dal maggio del 2012 al 7 maggio 2017 il quadro è stato esposto al castello del Wawel, sempre a Cracovia. Il 19 maggio 2017 l'opera viene temporaneamente spostata al Museo nazionale di Cracovia fino al 20 dicembre 2019 per poi tornare esposta al Museo Czartoryski. ### Descrizione e stile. In quest'opera lo schema del ritratto quattrocentesco, a mezzo busto e di tre quarti, venne superato da Leonardo, che concepì una duplice rotazione, con il busto rivolto a sinistra e la testa a destra. Vi è corrispondenza tra il punto di vista di Cecilia e dell'ermellino; l'animale infatti sembra identificarsi con la fanciulla, per una sottile comunanza di tratti, per gli sguardi dei due, che sono intensi e allo stesso tempo candidi. La figura slanciata di Cecilia trova riscontro armonico nell'animale. La dama sembra volgersi come se stesse osservando qualcuno che sopraggiunge nella stanza, al tempo stesso ha l'imperturbabilità solenne di un'antica statua. Un impercettibile sorriso aleggia sulle sue labbra: per esprimere un sentimento Leonardo preferiva accennare alle emozioni piuttosto che renderle esplicite. Grande risalto è dato alla mano, investita dalla luce, con le dita lunghe e affusolate che accarezzano l'animale, testimoniando la sua delicatezza e la sua grazia. L'abbigliamento della donna è curatissimo, ma non eccessivamente sfarzoso, per l'assenza di gioielli, a parte la lunga collana di granati, che sono simbolo di amore fedele (la collana era probabilmente un dono di Ludovico il Moro) e nel contempo fanno un bel contrasto con la bella carnagione chiara della giovane. Come tipico nei vestiti dell'epoca, le maniche sono le parti più elaborate, in questo caso di due colori diversi, adornate da nastri che, all'occorrenza, potevano essere sciolti per sostituirle. Un laccio nero sulla fronte tiene fermo un velo dello stesso colore dei capelli, raccolti in un coazzone. Lo sfondo è scuro (ma lo era molto meno prima di un restauro operato nel XIX secolo); inoltre, dall'analisi ai raggi X emerge che dietro la spalla sinistra della dama era originariamente dipinta una finestra.
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### Titolo: Danae (Artemisia Gentileschi). ### Introduzione: Danae è un dipinto attribuito ad Artemisia Gentileschi; eseguito a olio su rame nel 1612 ca, misura 40,5x52,5 cm ed è conservato nel Saint Louis Art Museum, a St. Louis (Missouri). ### Descrizione e stile. Il dipinto che raffigura una sensuale ed impudica Danae è stato oggetto di lunghe vicende attributive, nell'incertezza se debba considerarsi opera di Artemisia o di suo padre Orazio Gentileschi. Ha militato in favore dell'inserimento del quadro nel catalogo di Orazio il fatto che la figura di Danae rappresenti una copia fedele, in scala ridotta, della Cleopatra appartenente alla collezione Amedeo Morandotti a Milano, già ritenuta opera di Orazio. Oggi però anche l'attribuzione della Cleopatra è controversa, palleggiata tra padre e figlia. Diverse (anche se forse non decisive) ragioni attributive hanno portato numerosi critici a schierarsi a favore della mano di Artemisia, collocandone l'esecuzione a ridosso del 1612, periodo in cui, lavorando nella bottega paterna, il suo stile cerca di rincorrere quello del padre. Del tutto simile – nell'utilizzo dei pigmenti e nella stesura di successive velature di colore - è il modo di rendere vivi e fruscianti le pieghe del lino e del velluto, e di dar luce alla rotondità del corpo ed alle diverse tonalità della pelle. Il soggetto mitologico del dipinto, con Zeus che si tramuta in pioggia d'oro per coniugarsi con Danae rinchiusa dal padre in una stanza di bronzo, era già stato ampiamente raffigurato nel Cinquecento da artisti come Correggio e Tiziano. La carica sensuale di Danae assume in Artemisia forti accenti che non sono erotici volti a compiacere le pruderie dei committenti. La impaginazione del quadro mette in primo piano la completa nudità di un corpo dalle esuberanti rotondità e sottolinea la voluttà di uno sguardo che – assieme alla scoperta simbologia delle monete che si vanno raccogliendo nella sua zona pubica – indica l'approssimarsi dell'acme del piacere sessuale. Nel buio della stanza, dietro il letto in cui Danae consuma il suo simbolico congiungimento con Zeus, è raffigurata l'ancella che si disinteressa completamente a quanto accade alla sua padrona, intenta com'è ad approfittare - è lo stesso atteggiamento che troviamo nel quadro di Tiziano al Kunsthistorisches Museum di Vienna - della pioggia di monete d'oro, raccogliendone quanta più possibile nei lembi rialzati della sua veste.
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### Titolo: Le tre età della donna. ### Introduzione: Le tre età della donna è un dipinto a olio su tela (180x180 cm) realizzato nel 1905 dal pittore austriaco Gustav Klimt. L'opera è conservata alla Galleria nazionale d'arte moderna e contemporanea di Roma. ### Descrizione. Si tratta di un'opera della maturità di Klimt: le figure sono asciutte, sintetiche ed il decorativismo geometrico si materializza in forme che ricordano oro, sete raffinate e pietre preziose. Il tema è una rivisitazione, in chiave simbolica, delle tre fasi della vita femminile: l'infanzia, la maternità e l'inevitabile declino della vecchiaia. La donna anziana si nasconde il viso con una mano mentre i capelli ricci e grigi le pendono dal volto. La pelle fa credere che sia debole e che ha passato tanto tempo al lavoro, il ventre dà segno di maternità mentre la schiena dà segno del tanto lavoro svolto durante la sua esistenza. La giovane invece ha dei lunghi capelli arancioni incoronati da dei fiori, la pelle bianca e liscia è uguale a quella della bambina che tiene in braccio, in una posizione simile ad un abbraccio. La bambina dalle rose guance dorme appoggiata al petto della giovane e il viso non viene coperto dai corti capelli marroni. La donna anziana sembra fare da sfondo alla giovane e alla bambina e questo fa pensare che essa se ne stia andando e lascia la scena (vita) alle altre due. Munch fa un dipinto molto simile, La danza della vita, con uno stile più scarno e drammatico.
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### Titolo: Madonna-reliquiario di Santa Maria Maggiore. ### Introduzione: La Madonna col Bambino è un dipinto-reliquiario conservato nella chiesa di Santa Maria Maggiore di Firenze. ### Descrizione. Si tratta di una grande pittura su tavola con parti a rilievo in stucco (bassorilievo per i corpi, altorilievo per le teste della Madonna e del Bambino). Attorno alla Madonna sono dipinti sulla cornice gli apostoli (a figura intera lungo i lati verticali, a busto in quelli orizzontali), mentre la parte più in basso presenta due scene dipinte: un'Annunciazione e la Visita delle donne al sepolcro vuoto, che rappresentano tradizionalmente l'inizio e la fine delle storie mariane. La presenza di pittura e rilievo è piuttosto arcaizzante (e non documentato nella tradizione fiorentina), così come la posa frontale o alcune decorazioni come le borchie sporgenti lungo la cornice. Gli apostoli che compaiono sono (in senso orario): San Mattia e San Taddeo a mezzo busto in alto; Sant'Andrea, San Giacomo Maggiore, San Tommaso e San Bartolomeo nella cornice destra; San Simone e San Matteo in basso; San Filippo, San Giacomo Minore, San Giovanni e San Pietro a sinistra.
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### Titolo: Ritratto dell'infanta Margherita in azzurro. ### Introduzione: L'infanta Margherita in azzurro è un dipinto a olio su tela di 127x107 cm realizzato nel 1659 dal pittore Diego Velázquez. ### Descrizione. Conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna, il dipinto ritrae l'infanta Margherita Teresa di Spagna (1651-1673) all'età di otto anni. Si tratta di uno dei molteplici ritratti dell'infanta, che venivano inviati a Vienna per mostrarne la maturazione, di anno in anno, allo zio Leopoldo I d'Asburgo, a cui era stata promessa in sposa. Il quadro ritrae, su uno sfondo appena abbozzato, l'infanta Margherita in un ampio abito azzurro cupo decorato in oro, la cui luminosità cangiante viene resa tramite brevi pennellate di colore puro.
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### Titolo: Tempesta (Giorgione). ### Introduzione: La Tempesta è un dipinto a tempera a uovo e olio di noce (82x73 cm) di Giorgione, databile intorno al 1503-1504 e comunque anteriore al 1505, conservato nelle Gallerie dell'Accademia a Venezia. Celeberrimo capolavoro, si tratta di un appassionato omaggio alla magia della natura, oggetto di innumerevoli, e ancora non definitive, ipotesi interpretative e letture. ### Descrizione e stile. L'opera è stata definita come il primo paesaggio della storia dell'arte occidentale, anche se tale affermazione non tiene conto di disegni (come il Paesaggio con fiume di Leonardo, 1473) o acquerelli (come quelli di Dürer, databili fin dagli anni novanta del Quattrocento). Non è nemmeno detto che il paesaggio sia realmente il soggetto del dipinto, poiché vi compaiono tre figure in primo piano, che probabilmente alludono ad un significato allegorico o filosofico che è il reale soggetto della tela e che non è ancora stato convincentemente spiegato dagli studiosi. Il dipinto potrebbe racchiudere delle immagini 'senza soggetto', nate dalla fantasia dell'autore senza suggerimenti esterni, quali espressioni dello stato d'animo. In primo piano, sulla destra, una donna seminuda che allatta un bambino (la 'cingana' o 'zingana' cioè la gitana o zingara), mentre a sinistra un uomo in piedi li guarda, appoggiato a un'asta (il 'soldato'); tra le due figure sono rappresentate alcune rovine. I personaggi sono assorti, non c'è dialogo fra loro e sono divisi da un ruscelletto. Sullo sfondo, invece, si nota un fiume che costeggia una città passando sotto un ponte, che sta per essere investito da un temporale: un fulmine, infatti, balena da una delle dense nubi che occupano il cielo. Da un punto di vista stilistico, in quest'opera Giorgione rinunciò alla minuzia descrittiva dei primi dipinti (come la Prova di Mosè e il Giudizio di Salomone agli Uffizi), per arrivare a un impasto cromatico più ricco e sfumato, memore della prospettiva aerea leonardiana (verosimilmente mutuata dalle opere dei leonardeschi a Venezia), ma anche delle suggestioni nordiche, della scuola danubiana. La straordinaria tessitura luminosa è leggibile, ad esempio, nella paziente tessitura del fogliame degli alberi e del loro contrasto con lo sfondo scuro delle nubi. Giulio Carlo Argan evidenzia l'aspetto filosofico sotteso a quest'opera e scrive: 'Appunto questa relazione profonda, vitale, irrazionale tra natura e humanitas costituisce la poesia di Giorgione: una poesia che ha anch'essa la sua determinazione storica nel panteismo naturalistico di Lucrezio'.
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### Titolo: La Dama Bianca (dipinto rupestre). ### Introduzione: La Dama Bianca (in inglese The White Lady, in tedesco Weisse Dame) è un celebre dipinto rupestre situato in Namibia, sui monti Brandberg, nella zona del Damaraland. L'archeologia moderna attribuisce in genere il dipinto ai boscimani (San), ma altri dettagli della sua origine non sono noti. In passato, la Dama Bianca ha suscitato molte controversie e sono state formulate numerose teorie contrastanti per spiegare la sua presenza nel Brandberg. ### Descrizione. Il dipinto si trova nel cuore del Massiccio Brandberg, grosso modo sulla strada fra Khorixas e Henties Bay, nei pressi della cittadina di Uis. Il sito è raggiungibile solo a piedi, al termine di un percorso di circa 40 minuti che segue una stretta valle nota come Gola di Tsisab (Tsisab Gorge). Nel Brandberg si contano circa un migliaio di pareti rocciose dipinte, per un totale di oltre 45000 figure, soprattutto di uomini e animali. Il complesso pittorico della Dama Bianca si trova in una grotta chiamata 'Maack Shelter' ('rifugio di Maack') dal nome del cartografo che per primo trovò il dipinto in epoca coloniale tedesca. Il complesso pittorico della Dama Bianca comprende numerosi soggetti, sia umani che animali (probabilmente orici) e misura approssimativamente 5,5 x 1,5 m. La 'Dama Bianca' è la figura umana meglio delineata; misura 39,5 x 29 cm. Si ritiene che il gruppo della Dama Bianca rappresenti complessivamente una danza rituale, e che la figura predominante - la 'Dama' - sia in realtà uno sciamano. Lo sciamano indossa coperture decorative alle braccia, ai gomiti, alle ginocchia, al bacino e al petto, e forse anche un indumento decorativo al pene. In una mano regge un arco, e nell'altra quello che potrebbe essere un sonaglio o una specie di calice. Tutte le altre figure umane indossano qualche tipo di calzatura, e uno degli orici è stato rappresentato con gambe evidentemente umane. Un'altra interpretazione è che la Dama sia un giovane col corpo cosparso d'argilla bianca secondo una procedura rituale, forse connessa alla circoncisione. I materiali usati per realizzare il dipinto sono probabilmente quelli tipici della pittura boscimane, ovvero principalmente polveri di pietra ferrosa ed ematite, ocra, carbone, manganese, e carbonato di calcio, miscelati con bianco d'uovo e altri liquidi di origine organica come aggreganti. Tutto il complesso pittorico ha subito un notevole deterioramento dai tempi del suo ritrovamento. In passato, i turisti talvolta bagnavano la roccia per far risaltare meglio i colori nelle fotografie, e l'immagine si è rapidamente sbiadita. Oggi l'intero sito è un'area protetta, con lo status di 'patrimonio nazionale' della Namibia, e può essere visitato solo insieme a guide autorizzate.
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### Titolo: Morte di Socrate. ### Introduzione: La Morte di Socrate (La Mort de Socrate) è un dipinto a olio su tela (129,5 × 196,2 cm) del pittore francese Jacques-Louis David, realizzato nel 1787 e conservato al Metropolitan Museum of Art di New York. ### Descrizione. Come suggerito dal titolo, il dipinto raffigura gli ultimi attimi di vita del filosofo greco Socrate. Dal punto di vista giuridico, Socrate fu condannato sotto due capi d'accusa: empietà, in quanto rinnegava gli dei patri, e corruzione dei giovani con le sue idee e la sua filosofia. Per questo motivo, al filosofo venne comminata dall'Areopago la condanna a morte, da esplicarsi mediante la bevuta di un infuso velenoso di cicuta: il dipinto rappresenta proprio l'attimo nel quale Socrate si appresta a consumare la bevanda letale. Nel dipinto Socrate, con serena imperturbabilità, non bada né alla coppa di cicuta né alla sua fine imminente, trasformando gli ultimi attimi della sua vita in una vera e propria lezione per i suoi allievi. Il filosofo è raffigurato vegliardo, con un corpo muscoloso e scattante, vestito con una veste bianca gettata sulla spalla sinistra e seduto con portamento eretto su un letto al centro della composizione. La mano destra è allungata verso la coppa di cicuta che gli viene porta, ma non l'ha ancora raggiunta: questo gesto sottolinea l'indifferenza alla morte di Socrate, che impegnato in un'esortazione alla virtus, alla libertà e all'autodominio non bada affatto alla coppa di veleno. La mano sinistra, invece, è sollevata verso l'alto additando il cielo, in un gesto che ricorda molto da vicino quello compiuto da Platone nella Scuola di Atene di Raffaello. Si tratta, in realtà, di una somiglianza solo formale: se le figure di Raffaello sono prive di energia, il Socrate davidiano con il suo movimento ascendente si carica di una grandissima dinamicità corporea.Socrate è inoltre circondato da dodici persone, tra gli allievi e il guardiano: si tratta questo di un dettaglio intessuto di reminiscenze cristiane, in quanto rinvia al numero di apostoli, stabilendo così un indissolubile nesso tra il filosofo e Gesù Cristo. I discepoli di Socrate, sebbene di età differenti (sono presenti sia giovani che uomini più vegliardi), sono tutti sopraffatti dall'afflizione, terrorizzati dal fato che incombe sul maestro. L'uomo che gli porge la coppa di cicuta volge lo sguardo per non guardare; il resto degli allievi o si copre lo sguardo, o guarda il maestro esalare gli ultimi respiri. Nella scena è incluso anche Platone, seduto di spalle al maestro all'estremità sinistra del letto, e immerso silenziosamente in una cogitabonda riflessione.
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### Titolo: Crocifissione di Cristo (Zenone Lavagna). ### Introduzione: La Crocifissione di Cristo, detta a' Tila, è un dipinto del pittore Zenone Lavagna del 1896. Di grandi dimensioni (15 m per 10 m), è conservata nella chiesa di Santa Maria Immacolata di Belpasso, nella città metropolitana di Catania, dove viene esposta durante la settimana che precede la Pasqua. ### Descrizione. Raffigura nella parte destra Cristo sulla Croce, già esanime, con ai piedi Maria Maddalena, mentre nella parte sinistra si trovano la Madonna e un'altra donna. Sullo sfondo, con colori cupi blu-verdastri, sono raffigurate le mura di Gerusalemme e un corteo funebre di sei figure, due delle quali sono identificabili come soldati romani. La composizione del quadro si articola secondo diagonali (la cresta del monte a sinistra, terminante ai piedi della Maddalena, e le braccia tese della Madonna a destra) che fanno convergere lo sguardo nella parte centrale. La scena rappresenta l'atto già compiuto, Cristo esanime è abbandonato a se stesso, il capo reclinato e rivolto verso la terra, accentuato per di più dalle due ciocche di capelli che inquadrano il viso. Ai piedi della croce la Maddalena è quasi avvinghiata alla base della stessa, il suo corpo è possente, quasi pesante, avvolto da un manto blu, le uniche parti scoperte sono la spalla e il braccio sinistro stretto ai piedi del Cristo, come a ricordare il suo passato di donna peccatrice e redenta attraverso la lavanda dei piedi di Gesù. La Vergine è nell'atto della disperazione, è quasi inginocchiata perché sorretta da una donna, le mani sono protese verso il Cristo quasi a volerlo accarezzare e sostenere per l'ultima volta. Un bagliore, o un tramonto in lontananza ci dice che la scena si è svolta nelle ore serali. La tela, come testimonia l'epigrafe, scritta dal nipote, Giuseppe Lavagna, è rimasta incompiuta, con lacune di colore, colpi di pennello veloci e parti non finite o appena abbozzate. == Note ==.
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### Titolo: Congiura di Giulio Civile. ### Introduzione: Congiura di Giulio Civile, noto anche come Giuramento dei Batavi, è un dipinto a olio su tela (196x309 cm) realizzato tra il 1661 ed 1662 dal pittore Rembrandt Harmenszoon Van Rijn. È conservato nel Nationalmuseum di Stoccolma. ### Descrizione e stile. Eseguito su commissione, il dipinto raffigura il giuramento di Gaio Giulio Civile, principe della tribù dei Batavi che si rivoltò contro l'Impero romano durante l'Anno dei quattro imperatori, capeggiando la rivolta batava che mise in estrema difficoltà il dominio romano. In origine il dipinto misurava 5 metri per 5: rimosso dal Municipio di Amsterdam per il quale era stato eseguito, venne ridimensionato probabilmente dallo stesso Rembrandt per venderlo più facilmente.
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### Titolo: Giovane donna al bagno in un ruscello. ### Introduzione: Giovane donna al bagno in un ruscello è un dipinto a olio su tavola (61,8x47 cm) realizzato nel 1654 dal pittore Rembrandt Harmenszoon Van Rijn. È conservato nella National Gallery di Londra. L'opera è firmata e datata 'REMBRANDT F 1654'. ### Descrizione. La donna, dopo aver posato i suoi vestiti su un masso che si può vedere alle sue spalle, si trova con le gambe in parte immerse nel fiume, indossando solo una camiciola. La posa non è statica e rappresenta un gesto molto limpido. Il quadro è caratterizzato da straordinari effetti cromatici e l'angolo visivo è molto ristretto.
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### Titolo: Lo Chahut. ### Introduzione: Lo Chahut è un olio su tela realizzato tra il 1889 ed il 1890 dal pittore francese Georges-Pierre Seurat. Il dipinto è conservato nel Museo Kröller-Müller di Otterlo. ### Descrizione e storia. Lo Chahut era un ballo, simile al can-can, molto di moda sul finire dell'Ottocento nei locali parigini. Il dipinto trae ispirazione da una poesia di Jean Ajalbert (Lo Chahut - 1890) secondo cui il ballo in questione suscita voluttà nei consumatori. La composizione comprende, oltre ai ballerini, un suonatore di contrabbasso posto in primo piano, a destra uno spettatore con un sorriso lascivo ammaliato dal ballo e a sinistra un accenno di orchestra. Nel dipinto è evidente l'assunzione della teoria delle linee di derivazione supervilliana: le gambe del corpo di ballo, inibitorie perché disegnano una linea discendente dall'alto a sinistra verso il basso a destra, contrastano con le linee dinamogene della pedana a 'V' e con quelle dei fiocchi allacciati sulle spalle delle ballerine. Risulta evidente un altro elemento che Seurat desume dallo scrittore e artista olandese David Pièrre Giottino Humbert de Superville: la teoria dei punti estetici che si caratterizza come ripresa del linguaggio classico (in particolare ellenistico) secondo cui gli occhi e le bocche arcuate verso l'alto conferiscono dinamicità all'opera. La spazialità viene condotta dall'artista tramite piani paralleli diversamente illuminati: nella parte alta e destra del dipinto, alcune lampade a gas esaltano il ballo lasciando in ombra il suonatore di contrabbasso ed il pubblico. Il pittore realizza l'opera tenendo conto della proporzione aurea.
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### Titolo: La vita (Picasso). ### Introduzione: La vita (titolo originale: La vie) è un dipinto del pittore spagnolo Pablo Picasso, realizzato a Barcellona nel maggio del 1903 e conservato al Museum of Art di Cleveland. ### Descrizione. La coppia abbracciata che occupa la sinistra del quadro rappresenta uno dei temi ricorrenti della pittura di Picasso: è un soggetto ripreso in diverse opere in cui gli amanti si stringono in una profonda confidenza. A questo gruppo, che sembrerebbe simbolizzare l’amore carnale, è contrapposta sulla destra del quadro la donna coperta da un mantello e con in braccio un bambino. Ispirata a immagini sacre e dipinta a grandi linee rispetto agli altri elementi del quadro, la donna coperta personifica la maternità. Per il simbolismo che contiene l’opera è avvicinabile a Evocazione e ogni singolo elemento riflette una tonalità di blu. Al centro del dipinto sono raffigurati due quadri, che fanno pensare a un’ambientazione nell’atelier dell’artista e che richiamano anche il tema dell’ 'art dans la vie', l’arte come presenza necessaria all’interno della vita. Nel quadro che occupa la parte inferiore dell’opera è rappresentata una donna ripiegata su sé stessa, in atteggiamento di sconforto, mentre il quadro che si trova più in alto è occupato da una coppia di amanti che si consolano a vicenda. I due quadri alludono al tema della disperazione e del tormento della vita, che può essere affrontato da soli, oppure in coppia e rappresentano una prima sperimentazione da parte di Picasso della tecnica del collage, che in seguito affinerà, introducendo oggetti veri all’interno di un dipinto, al fine di raffigurarvi diversi tipi di realtà. Il movimento circolare dei nudi che occupano i quadri al centro della tela si contrappone alla rigidezza statuaria e alla ieraticità delle figure stanti, i cui sguardi sono orientati verso direzioni opposte, come a sottolineare il tema dell’incompatibilità del linguaggio. I personaggi appaiono mortificati e isolati e conducono a. Inoltre la mano di Casagemas ricorda il gesto dell’angelo annunciante.
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### Titolo: La Celestina (Picasso). ### Introduzione: La Celestina è un'opera realizzata nel 1904 dal pittore spagnolo Pablo Picasso: si tratta di un olio su tela che misura cm 81x60. Appartiene al periodo blu dell'artista ed è conservata a Parigi nel Musée National Picasso. L'opera fu eseguita dal pittore a Barcellona, nel marzo 1904, poco prima di partire per Parigi. ### Descrizione. Il soggetto è una mezzana, o protettrice, cieca da un occhio, divenuta simbolo, per il pittore, della Spagna licenziosa. In molti paesi spagnoli, le vecchie erano associate alla morte, poiché toccava loro annunziare i decessi recenti. La donna ritratta ha un'inquietante somiglianza con la zia di Picasso, Pepa, tuttavia la modella fu Carlotta Valdivia, che abitava a pochi passi dalla casa del pittore. Il personaggio del romanzo tornerà anche in altre opere di Picasso, fino alle rielaborazioni del 1967, che la vedranno nelle vesti di sarta, strega o imbellettatrice.
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### Titolo: Ragazzo che conduce un cavallo. ### Introduzione: Ragazzo che conduce un cavallo è un'opera realizzata tra il 1905 e il 1906 dal pittore spagnolo Pablo Picasso. È realizzata a olio su tela e misura cm 220,3x130,6. È conservata al Museum of Modern Art di New York. ### Descrizione e analisi. Alfred Barr scrisse riguardo a quest'opera, che si inserisce nel primo periodo classico di Picasso: '...una semplicità semplice e naturale di ordine e di atteggiamento, che fa apparire grossolani e sbiaditi i custodi ufficiali della tradizione greca come Ingres e Puvis de Chavannes'. Non troviamo in questa tela nessuna volontà narrativa, nessun dettaglio né animazione sullo sfondo. Allo scopo di evocare la semplicità e la purezza. Picasso sceglie l'immagine archetipo di un uomo in armonia con l'animale, entrambi inseriti in un paesaggio scarno e primitivo: un non luogo dove tempo e stagioni non esistono. I colori terracotta e grigio, lontani da quelli proposti dai Fauves, esposti nello stesso anno al Salon des Indépendants, sono un esplicito rifiuto ai nuovi pigmenti brillanti. Picasso preferisce ancora la monocromia alla policromia. Appartiene al cosiddetto periodo rosa dell'artista.
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### Titolo: Ritratto di Ambroise Vollard (Picasso). ### Introduzione: Il Ritratto di Ambroise Vollard è un dipinto a olio su tela realizzato nel 1909-1910 da Pablo Picasso. È conservato presso il Museo Puškin di Mosca. ### Descrizione. È il quadro più esemplificativo del cubismo analitico. Esso rappresenta appunto Ambroise Vollard, un famoso gallerista, amico di numerosi artisti e poeti, raffigurato seduto ad una scrivania con un libro aperto in mano. L'immagine dell'uomo emerge a fatica dal reticolo di piani e linee che si intrecciano sulla superficie pittorica e subisce traslitterazioni e trasferimenti. I colori sono ridotti a poche tonalità spente (grigio, ocra) e utilizza la tecnica divisionista. Suggerisce la profondità spaziale attraverso linee diagonali che convergono in un punto che si sviluppa alle spalle del gallerista, mentre le linee curve suggeriscono il volume (es. testa). Il colore fuoriesce dai margini, creando ancora più confusione. Il personaggio e lo sfondo sono messi sullo stesso piano, all'interno di una composizione frastagliata. Osservando attentamente il dipinto si può notare come l'artista abbia voluto mettere in risalto solo le caratteristiche più significative del soggetto, per consentire all'osservatore di scavare nella psicologia del modello; infatti Picasso mira più al contenuto che all'apparenza. Si possono notare anche alcuni particolari, che non emergono immediatamente: una bottiglia in alto a sinistra, un libro in alto a destra, un bottone, il fazzoletto nel taschino e al centro il giornale aperto.
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### Titolo: La Grenouillère. ### Introduzione: La Grenouillère è un dipinto del pittore francese Pierre-Auguste Renoir, realizzato nel 1869 e conservato al National museum di Stoccolma. ### Descrizione. Il dipinto risale alla fine degli anni 1860, quando il sodalizio artistico tra Renoir e l'amico Claude Monet è quasi simbiotico e di grande fecondità. Una prova di quest'intesa fervida e vitale ci è data proprio dalla serie di dipinti dedicati alla Grenouillère. Si tratta di un celebre stabilimento balneare collocato sull'isolotto di Croissy, una piccola emergenza insulare che, collocata nel bel mezzo della Senna, ne divide il corso in due rami. Il complesso della Grenouillère era frequentato dalla crème della borghesia francese, che qui trascorreva pomeriggi felici e spensierati, nuotando, remando sulla barca o godendosi la leggera freschezza dell'aria. Lo stesso toponimo «Grenouillère», che letteralmente significa «stagno delle rane», riflette scherzosamente la mondanità di questo tempio dell'amusement moderno, tanto che nel francese parlato allude a un rendez vous di ragazze desiderose di divertirsi. Ebbene, Renoir e Monet nel 1869 si recarono a Bougival, dinanzi allo stabilimento, collocarono i propri cavalletti l'uno di fronte all'altro e, in poche ore, ciascuno portò a termine la propria versione de La Grenouillère, in maniera squisitamente en plein air.Con questo dipinto Renoir dimostra la propria devozione alle prescrizioni del poeta Baudelaire, il quale nel 1846 scrisse che: «L'eroismo della vita moderna ci circonda e ci avvolge [...] Modernità è tutto quanto è transitorio, fugace, contingente; una metà dell'arte, l'altra metà è l'eterno, l'immutabile», aggiungendo che «un artista, un vero artista sarà quello che riuscirà a strappare alla vita moderna il suo lato epico, e ci farà vedere e sentire quanto siamo grandi e poetici nelle nostre cravatte e nelle nostre scarpe lucide». Pittore magistrale della via moderne, Renoir avrebbe dedicato alla modernità un consistente numero di tele, fra le quali spiccano senz'ombra di dubbio i celeberrimi Bal au moulin de la Galette, Ballo in città e Ballo in campagna. Come abbiamo già accennato, il soggetto dell'opera è la Grenouillère: in primo piano, infatti, vi troviamo delle imbarcazioni che galleggiano placidamente sul fiume, mentre al centro della composizione è raffigurato un isolotto artificiale affollato da vari parigini in vacanza. Renoir restituisce quest'impressione della Grenouillère con un'immediatezza quasi fotografica. Dal punto di vista tecnico, il trattamento della materia pittorica è molto vario: se in primo piano le pennellate sono nette e decise, nello sfondo si fanno più leggere e filamentose, in modo da suggerire l'andamento prospettico della tela (è importante notare come la costruzione della prospettiva del dipinto venga affidata anche all'albero sull'isolotto, che con la sua sagoma scura stacca prepotentemente il primo dal secondo piano). Renoir, inoltre, dà particolare risalto ai riverberi prodotti dalla luce solare che, penetrando tra le fronde palpitanti degli alberi, si rifrange sulle acque scure della Senna. Questi fugaci riflessi vengono catturati con una frammentazione delle pennellate in tocchi tremolanti di colore, che rendono perfettamente l'instabilità e la mobilità delle acque fluviali. L'atmosfera che si respira in questo dipinto, insomma, è squillante e vacanziera, in pieno accordo con la poetica renoiriana della joie de vivre (per maggiori informazioni si consulti il paragrafo Pierre Auguste Renoir § Il pittore della joie de vivre). Risulta utile, in tal senso, confrontare il dipinto di Renoir con l'interpretazione che Monet diede della Grenouillère, così da mettere a fuoco i loro diversi modi di essere impressionisti. Renoir, pur essendo animato dalla volontà di descrivere accuratamente la percezione visiva della luce, dà infatti molta rilevanza alle figure dei parigini assiepati sotto all'albero, i quali nonostante la loro vaporosa indeterminatezza sono meglio tratteggiati che nel dipinto di Monet, che al contrario impiega una fattura decisamente più sintetica. Mentre inoltre il dipinto di Renoir preferisce cogliere la vivacità della scena, Monet dà vita a una composizione forse poco appariscente, ma decisamente più strutturata e rigorosa sotto il profilo analitico: eppure, come già abbiamo accennato, il punto di vista dei due dipinti è il medesimo.
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### Titolo: Fabbrica di mattoni a Tortosa. ### Introduzione: Fabbrica di mattoni a Tortosa, conosciuto anche come Fabbrica a Horta de Ebro, è un dipinto a olio su tela realizzato nel 1909 da Pablo Picasso. È conservato presso il Museo dell'Ermitage di San Pietroburgo. ### Descrizione. In questo dipinto Picasso riprende i paesaggi provenzali di Cézanne, in particolare la tavolozza essenziale (ridotta ai toni degli azzurri, dei verdi e degli ocra) e lo schema con piccoli cubi, solidificandolo e facendolo ruotare come prismi disordinati. L'artista, partendo dai volumi geometrici puri di Cézanne, adotta un linguaggio dalle estreme conseguenze espressive. In tal modo, le costruzioni e gli alberi si compenetrano tramite l'incastro di piani spigolosi e taglienti, come se fossero metallici.
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### Titolo: I tre musici. ### Introduzione: I tre musici è un dipinto a olio su tela realizzato nel 1921 dal pittore spagnolo Pablo Picasso. È conservato nel Museum of Modern Art di New York. ### Descrizione. Quest'opera tratta un soggetto musicale ed è considerata il capolavoro del Cubismo sintetico. L'immagine viene scomposta in zone geometriche, differenziate soprattutto dal diverso uso del colore, e successivamente viene ricomposta sinteticamente, formando dunque un'immagine inedita. Il celebre quadro raffigura tre personaggi mascherati: al centro c'è Arlecchino con una chitarra, a sinistra Pulcinella, che suona un clarinetto, e a destra probabilmente Pantalone che canta mostrando lo spartito. La figura sulla destra dà però sfogo a diverse interpretazioni, infatti, in alcuni libri è identificato come un monaco invece che con Pantalone. È rappresentato inoltre un cane che siede placido sulla sinistra sotto il tavolo. Ben noto è il legame di Picasso con l'Italia e con la cultura italiana, commedia dell'arte compresa. Il suo viaggio a Roma, Napoli e Pompei del 1917 fu un'occasione per assimilare la figura di Pulcinella ed iniziò la sua fase artistica nota come 'periodo neoclassico'. La visione per quanto riguarda i tre musici è frontale e bidimensionale, ma cambia per quanto riguarda la stanza in quanto si recupera il senso di tridimensionalità e profondità. La concezione dello spazio è tuttavia contraddittoria in quanto la parete di sinistra appare innaturalmente più lunga rispetto a quella di destra, infatti le due linee rette che dovrebbero unirsi per chiudere il pavimento sono palesemente sghembe. I colori utilizzati sono piatti e distesi su ampie porzioni del dipinto. Da notare la differenza di colore tra i dipinti del Cubismo analitico (terrosi, neutri, tendenti alla monocromia) e i dipinti del Cubismo sintetico (brillanti).
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### Titolo: Il bacio (Picasso). ### Introduzione: Il bacio è un dipinto a olio su tela (130,5x97,7 cm) realizzato nel 1925 dal pittore spagnolo Pablo Picasso. È conservato nel Musée National Picasso di Parigi. ### Descrizione. La tela rappresenta due amanti che si baciano, stretti in un abbraccio così appassionato, che a stento si riescono a distinguere, nella scompostezza dei corpi e nella complessità delle forme, l'uomo (a sinistra) dalla donna; le due figure sembrano fondersi l'una con l'altra. L'uomo solleva da terra la donna che piega la testa all'indietro, la stringe, quasi annullandola. Il quadro ha un senso visibilmente sessuale, il naso rimanda al sesso maschile, mentre la bocca a quello femminile. In quest'opera si avvertono, come nel Busto di donna con autoritratto del 1929, nell'Arlecchino del 1929 e nella Donna nuda su una poltrona rossa del 1932, una violenza e un dinamismo nella composizione e negli accostamenti cromatici, un desiderio di rottura rispetto ai tabù e ai tradizionali canoni pittorici, lo stesso spirito che lo aveva portato Picasso a realizzare Les demoiselles d'Avignon.
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### Titolo: Dora Maar seduta. ### Introduzione: Ritratto di Dora Maar o Dora Maar seduta è un dipinto a olio su tela (92×65 cm) realizzato nel 1937 dal pittore spagnolo Pablo Picasso. È conservato nel Museo Picasso di Parigi. Nel 1936 Picasso, stabilitosi nei pressi di Cannes, conobbe la giovane fotografa Dora Maar e ne divenne l'amante. In questo periodo dipinse una serie di ritratti alternativamente di Dora e Marie-Térèse. ### Descrizione. La giovane è ritratta assisa con una blusa nera e una gonna rossa a quadri. Le forme spigolose e l'abbigliamento elaborato mettono in risalto la forte personalità della donna.
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### Titolo: Donne di Algeri. ### Introduzione: Donne di Algeri (Le femmes d'Alger), versione 'O', è un dipinto a olio su tela (114x146 cm) realizzato nel 1955 dal pittore spagnolo Pablo Picasso. Appartiene alla Ganz Collection di New York. ### Descrizione. Il quadro rappresenta un harem, nel quale si vedono distintamente due personaggi femminili. Realizzato tra il 13 dicembre 1954 e il 14 febbraio 1955, fa parte di una serie di quindici dipinti, numerosi schizzi e diverse litografie ispirati alle Donne di Algeri di Delacroix. L'artista sposta i personaggi presenti nel quadro originale e ne aggiunge di nuovi, come il nudo in primo piano, preso da Il bagno turco di Ingres. La donna sulla sinistra ha il volto di Jacqueline Rocque, ultima compagna di Picasso. La sera dell'11 maggio 2015, presso la casa aste Christie's, il quadro è stato venduto per 179,4 milioni di dollari, il prezzo più alto mai pagato all'asta per un quadro fino a quel momento. Il record di quadro più costoso mai venduto al mondo è rimasto fino al 16 novembre 2017, quando la stessa casa d'asta ha battuto per 450,3 milioni di dollari il Salvator Mundi di Leonardo da Vinci. L'acquirente sarebbe l'ex primo ministro del Qatar, Hamad bin Jassim bin Jaber al Thani. == Note ==.
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### Titolo: La passeggiata (Chagall). ### Introduzione: La passeggiata è un dipinto a olio su tela (170x163,2 cm) realizzato tra il 1917 ed il 1918 dal pittore Marc Chagall. È conservato nel Museo di Stato Russo di San Pietroburgo. ### Descrizione dell'opera. Il dipinto ha al centro della scena il pittore che tiene per mano la moglie Bella mentre vola tranquillamente per aria, questa rappresenta un ballo tipico russo. Nell'altra mano ha un uccellino che simboleggia il loro accordo con la natura. Alle loro spalle c'è la città dove i due sono nati e dove vivevano all'epoca (siamo nel 1917): Vicebsk. In terra ai piedi del pittore c'è la classica tovaglia da picnic con una bottiglia di vino e un bicchiere. Essa, decorata con fiori, ha un colore rosso vivo che spicca ancora di più essendo complementare al verde del prato e del paesaggio tutto intorno. L'artista guarda verso di noi con un largo sorriso che esprime tutta la sua felicità: è una splendida giornata, sta facendo un picnic con la sua amata moglie, alle loro spalle c'è la loro città, il luogo dove sono nati. La loro felicità è perfetta: Bella si alza in volo e Chagall la trattiene con la mano, ma a sua volta sembra sollevato da terra grazie all'amore che lo lega alla donna. È un po' come se i due si muovessero su piani diversi, lui cammina sulla terra, lei è una specie di angelo e si libera nell'aria. Il senso di questa immagine è che l'amore che lega profondamente due persone, va oltre i limiti imposti dalla natura, ha qualcosa di trascendente. Il volo di Bella significa che l'amore, sentimento reciproco, va in una dimensione quasi irrazionale, un amore che si libra in un volo e che simboleggia che il loro amore sia al di sopra di qualsiasi altra cosa trascendente. Lo stile del dipinto risente delle scomposizioni tipiche della scuola cubista con cui Chagall entrò in contatto a Parigi e tutto sommato questo rafforza l'atmosfera surreale e fiabesca di questo paesaggio placido e tranquillo, come sottolinea il cavallo che pascola indisturbato sullo sfondo. L'unica nota diversa è la sagoma della sinagoga, che ha una tonalità rosata, molto più delicata rispetto al verde delle case: la sua struttura evanescente ci mostra che ha una funzione diversa, spirituale, rispetto a quella molto più concreta degli altri edifici della città.
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### Titolo: La fanciulla malata. ### Introduzione: La fanciulla malata, anche noto come Bambina malata (Det syke barn), è il nome dato ad una serie di dipinti a olio su tela realizzati dal pittore norvegese Edvard Munch tra il 1885 e il 1927 circa. ### Descrizione. La fanciulla malata è il dipinto che apre la fase matura della produzione di Edvard Munch, che proprio a tal proposito scrisse: «in quest'opera si possono trovare numerosi elementi sui quali in seguito ho fondato la mia arte».Il dipinto raffigura Sophie vista di profilo, stesa su un letto e con le spalle appoggiate a un enorme cuscino bianco; la giovane fanciulla ha la testa coronata di capelli rossi, il corpo protetto da una coperta verde e lo sguardo vacuo rivolto al panneggio verde alla sua destra. Accanto a Sophie, inginocchiata, vi è una figura femminile che - sopraffatta dal dolore - congiunge le proprie mani con quelle della bambina, in un gesto di saluto estremo; quest'intreccio di mani, che non è descritto analiticamente bensì appena accennato (come se fosse un'evocazione), costituisce il vero e proprio centro geometrico dell'opera. La testa china della donna cerca di penetrare nella chiusura del cuscino, che inquadra la nipote, ma il suo sguardo trascende quello della zia Karen e si perde nell'infinito. Col capo sospeso al centro del cuscino, la fanciulla è al di là dell'attrazione della gravità, senza peso, immateriale. Per contrasto, il capo della zia si piega sotto l'intero peso del dolore terreno, ancora assoggettato alla legge della vita che controlla la scura stanza dell'inferma. La stanza è stretta e brulicante di oggetti: vi sono, infatti, un comodino, un panneggio verde che pende a sinistra, un bicchiere d'acqua nell'angolo. Comprimendo in questo modo le dimensioni della camera, Munch intende far partecipare l'osservatore all'agonia della sorella, facendogli sentire «l'odore della malattia, il senso di chiuso, gli aromi acuti delle medicine». In questo modo, la malattia non tormenta solo la fanciulla, bensì coinvolge anche le qualità stilistiche, cromatiche e luministiche del dipinto; la materia pittorica della Fanciulla malata è infatti corrosa, graffiata, sofferente essa stessa, e sembra disfarsi sotto gli stessi occhi dell'osservatore. L'apparato luminoso invece regge su toni scuri, colori freddi e strane luci, provenienti dal cuscino e dal volto pallido della ragazza; questi ultimi, tuttavia, più che riflettere sembrano emanare autonomamente una propria luminosità spettrale.Questa ineluttabile putrefazione della materia coinvolge anche le due figure umane, ovvero Sophie e la donna alla sua destra. Munch non intende descrivere i corpi delle figure, bensì i loro spiriti, resi magistralmente con abbozzi di colore; in questo modo «la loro presenza viene fatta sentire come grumi fatti di sentimenti, di passioni, talmente intensi da diventare concreti». Quest'audacia compositiva, tuttavia, venne accolta poco calorosamente dalla critica e dal pubblico; la mancanza di un disegno, del chiaroscuro, furono intesi infatti come una sciattezza pittorica, e non come il frutto di una scelta compositiva ben precisa e interiorizzata. Le critiche dovute a questo sostanziale fraintendimento non risparmiarono neanche le mani intrecciate delle due figure, che vennero comparate alla «purea di aragosta».
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### Titolo: Sera sul viale Karl Johan. ### Introduzione: Sera sul viale Karl Johan (Aften på Karl Johan) è un dipinto a olio su tela del pittore norvegese Edvard Munch, realizzato nel 1892 e conservato al museo d'arte di Bergen. ### Descrizione. Il dipinto raffigura la passeggiata serale dei cittadini di Christiania (il nome muterà in Oslo nel 1925) nel viale Karl Johan, centro pulsante della vita cittadina. Munch aveva già affrontato in altre opere il tema della passeggiata; se quest'ultime, tuttavia, presentano dei debiti alla lezione impressionista di Pissarro e Monet, e sono immerse in un'atmosfera allegra e piacevole, la Sera sul viale Karl Johan costituisce per Munch un'occasione per tradurre in pittura il proprio pensiero sulla borghesia e alle sue vuote ritualità. Le persone che affollano viale Karl Johan, infatti, sono borghesi, e sono raffigurati nel loro aspetto più terribile: i loro occhi sono spalancati, l'espressione del viso è fissa, il colore dell'incarnato è giallastro. Più che a uomini, infatti, i componenti di questo corteo funebre fanno pensare a zombie, ovvero a creature spiritualmente vuote che sembrano procedere avanti ineluttabilmente, come automi telecomandati, dando vita a una sensazione di soffocamento; Munch, in particolare, enfatizza questo senso di oppressione tagliando tutte le figure all'altezza del petto, in modo che avanzando sembrano travolgere lo spettatore insieme a loro. Di umano, a questi personaggi, è rimasto solamente l'abbigliamento, che si compone di eleganti cilindri neri per gli uomini e gli eccentrici cappellini à la page per le signore.Anticipando il tema dei morti viventi, e mostrandosi sensibile ai pièce di Ibsen e Strindberg, Munch tramuta il piacevole rito del passeggio in un'accusa all'alienazione e allo spaesamento dell'umanità nella società moderna. Munch rivolge questa feroce critica non solo ai singoli personaggi (ormai ridotti a un'unica, compatta falange), bensì anche alle istituzioni: sullo sfondo si erge con fare intimidatorio il municipio, illuminato da una luce inizialmente gialla, che tramuta le finestre in occhi luminescenti che sembrano controllare che tutto vada secondo gli schemi previsti dalle convenzioni borghesi. A destra del municipio si eleva minacciosamente un'escrescenza nerastra (secondo alcuni un cipresso), mentre a sinistra è presente una schiera di abitazioni, del tutto simile a quelle «case mostruose / dalle cento e cento occhiaie» cantate da Gabriele D'Annunzio.Alla vacuità dei borghesi - che sembrano partecipare a un funerale, più che passeggiare - si contrappone la figura che si incammina sulla destra in direzione opposta. Non possiamo dire quale sia il volto di quest'esile ombra, ma nonostante questo sappiamo con certezza che è più umano delle figure cadaveriche e svuotate che passeggiano sul marciapiede. Quest'uomo rema controcorrente e non si cura della massa, dalla quale non viene compreso; probabilmente è lo stesso Munch che si ritrae nell'atto di allontanarsi dai borghesi, continuando tuttavia a rimanere nel campo visivo dell'opera, come se fosse suo malgrado imprigionato in quel mondo che tanto lo spaventa. == Note ==.
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### Titolo: Susanna e i vecchioni (Tintoretto). ### Introduzione: Susanna e i vecchioni è un dipinto a olio su tela (147x194 cm) realizzato nel 1557 circa dal pittore italiano Tintoretto. È conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. ### Descrizione. L'opera raffigura Susanna, la cui storia è narrata nella versione greca del Libro di Daniele. Susanna è nel giardino di suo marito e si sta preparando per un bagno. Si siede completamente nuda a destra nel dipinto su una pietra sotto un albero e si guarda allo specchio, che è appoggiato a una siepe di rose in fiore tra due alberi. Il tronco dell'albero anteriore si estende come una linea su tutta l'altezza dell'immagine e la divide in due sezioni: una a sinistra, che copre solo il 20 percento dell'area dell'immagine, e una a destra molto più grande, che occupa circa 80 percento. La luce del sole cade su parti del viso e del corpo di Susanna, che Tintoretto ha sviluppato come un effetto chiaroscuro. La giovane si sporge leggermente in avanti, tirando la gamba destra verso la parte superiore del corpo con le braccia. Nella mano destra tiene un panno bianco chiaro, foderato di pizzo e frange dorate, che gioca attorno alla sua gamba destra. Il piede sinistro di Susanna è immerso nell'acqua fino al polpaccio. I suoi capelli biondi sono intrecciati in modo elaborato, un anello con una perla bianca pende sull'orecchio sinistro e indossa un braccialetto su ogni polso. Accanto allo specchio sono i gioielli che ha tolto, due anelli d'oro, la collana di perle, la forcina, il pettine e un barattolo per l'unzione bianco. Dietro Susanna si può vedere il suo prezioso abito rosso ricamato, che crea un contrasto di colore con gli elementi bianchi. Due vecchi emergono - non notati da Susanna - come guardoni da entrambi i lati del muro di rose. Uno degli uomini si guarda intorno alla siepe di rose sullo sfondo. Il secondo, un uomo calvo con la barba bianca, vestito con una veste rosso salmone, striscia da dietro la griglia. Le sue guance sono accese di rosso, tiene saldamente lo sguardo lussurioso sulla superficie dell'acqua, in cui probabilmente si riflette la parte inferiore del corpo di Susanna. Una gazza è seduta su un ramo a destra sopra Susanna, dietro di essa si può vedere un arbusto di sambucus. Una famiglia di anatre nuota nel fiume a destra dietro uno dei vecchi. Lo stretto giardino con piscina è delimitato da una staccionata in legno oltre alla siepe di rose. I pali nella zona d'ingresso sono progettati come cariatide. Attraverso l'ingresso, la vista si apre su un ampio giardino con un fiume, prati e boschi. Sulla sponda del fiume sullo sfondo su può vedere un cervo e una cerva. Uno sguardo più ravvicinato rivela in alto a sinistra il profilo di una città circondata dall'acqua, che è probabilmente la città lagunare di Venezia - la patria di Tintoretto. Le tre figure sono integrate in una composizione triangolare, la cui punta si è spostata leggermente a destra dall'asse centrale dell'immagine.
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### Titolo: Il vecchio chitarrista cieco. ### Introduzione: Il vecchio chitarrista cieco è un dipinto a olio su tela realizzato nel 1903 dal pittore spagnolo Pablo Picasso appartenente alle opere del periodo blu. È conservato nel The Art Institute di Chicago. ### Descrizione. Picasso raffigura in questo quadro un vecchio mendicante cieco, su di un marciapiede, intento a suonare una grossa chitarra, che nel dipinto occupa molto più spazio di lui e si contrappone nella sua rotondità alla magrezza del vecchio. La figura dell'anziano signore ha una forma allungata ed è descritta mediante una linea di contorno. Il colore è innaturale ed annulla quasi i piani spaziali, rendendo l'immagine come isolata nello spazio. L'artista tramite il blu nelle sue diverse gradazioni, vuole rappresentare la condizione di tristezza in cui vivono i personaggi emarginati dalla società. La chitarra e gli altri strumenti affini, come il mandolino, diventeranno uno dei soggetti più ricorrenti di Picasso. Si noti alla destra del chitarrista un volto che richiama quello di una donna: probabilmente Picasso non poteva permettersi di acquistare nuove tavole, motivo per cui riutilizzava quelle vecchie.
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### Titolo: Leda col cigno (Galleria Borghese). ### Introduzione: Leda col cigno è un dipinto a tempera grassa su tavola (112×86 cm) di un pittore leonardesco, probabilmente Cesare da Sesto, databile al 1510-1520 circa e conservato nella Galleria Borghese a Roma. Si tratta di una copia della Leda di Leonardo da Vinci. ### Descrizione e stile. La raffigurazione presenta una sensuale Leda abbracciata ad un cigno, metamorfosi dell'amante Giove. L'interesse per i miti antichi è tipico degli umanisti del Rinascimento italiano. Ai piedi della donna, le due uova da cui sarebbero nati, secondo alcune versioni del mito, le sorelle Elena e Clitennestra e i Dioscuri gemelli Castore e Polluce. Lo sfondo, ricco di paesaggi e di architetture (tra le quali, in basso a sinistra, delle rovine antiche a riprova del fascino verso l'antico) è sfumato con la prospettiva aerea.
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### Titolo: Disputa del Sacramento. ### Introduzione: La Disputa del Sacramento è un affresco (770x500 cm circa) di Raffaello Sanzio, databile al 1509 e situato nella Stanza della Segnatura, una delle quattro Stanze Vaticane. ### Descrizione. Il titolo tradizionale dell'affresco deriva da un'erronea interpretazione settecentesca di un passo vasariano; 'disputa', cioè 'discussione', presupporrebbe una divergenza o contrasto tra coloro che discutono, seppure dalle espressioni e dalle movenze dei personaggi Raffaello volle far trasparire un interesse vivo e un trasporto nel discutere circa il grande mistero cristiano dell'eucaristia. Più appropriato sarebbe quello di Trionfo dell'eucaristia o Trionfo della Chiesa. Su due registri sono infatti raffigurate la Chiesa militante, nella parte inferiore, e la Chiesa trionfante, in quella superiore. Il dipinto è dedicato quindi alla teologia, disciplina attraverso la quale l'anima può arrivare alla verità nel campo della fede. ### Stile. Raffaello trasformò la parata di teologi da una semplice galleria di ritratti, come avevano fatto prima di lui ad esempio Perugino e Pinturicchio, a un vero e proprio consesso, in cui i personaggi sono colti in un'azione generale. Lo studio dei numerosi disegni preparatori permette infatti di osservare una progressiva accentuazione della gestualità e del calore emozionale dei personaggi, coordinati comunque da un punto focale, che è rappresentato dall'ostia consacrata sopra l'altare, verso cui convergono tutte le linee prospettiche. Il mistero dell'eucaristia è infatti il miracolo per eccellenza, che lega cielo e terra. Il tema viene così ad essere rappresentato tramite azioni, in maniera del tutto naturale e diretta. Al posto delle rappresentazioni ermetiche dei suoi predecessori, Raffaello creò scene che dovevano apparire concrete ed eloquenti, familiari grazie alla straordinaria padronanza del mezzo pittorico. La struttura è semplice e armonica, a cui Raffaello arrivò dopo numerosi studi, con riflessioni ed esitazioni, come testimoniano gli studi. Nel dipinto domina la circolarità: dalla particola e nell'ostensorio, che è punto di fuga prospettico, oggetto della disputa e fulcro del mistero eucaristico, si spande una serie di cerchi concentrici che ordina la disposizione dei due gruppi. Il cerchio, forma divina per eccellenza, appare inoltre lungo l'asse centrale del dipinto, quella dove si allinea la Trinità e l'ostia: si vede nel nimbo della colomba, nel trono su cui siede Cristo e nell'aura attorno a Dio Padre. La metà superiore è più tranquilla e serena, impostata a quella solennità di forme grandiose e possenti, quasi immote, già usate dall'artista nell'affresco della cappella di San Severo a Perugia e a loro volta derivate probabilmente da Fra Bartolomeo e l'esempio del suo Giudizio Universale, ripreso però con maggiore monumentalità. Più animata è la parte inferiore. È chiaro che santi e apostoli, che sono saliti in cielo e stanno alla presenza di Dio, siano illuminati e rasserenati dalla sua presenza, a differenza di coloro che, ancora in vita, seppure vivano da buoni cristiani, hanno ancora viva sete di conoscenza e quella inquietudo che è di ogni essere umano non ricongiuntosi a Dio. A tale proposito Raffaello riprese idee già proprie della filosofia platonica ma soprattutto neoplatonica (Sant'Agostino e Plotino); spesso il pittore si era confrontato con il pensiero di queste scuole filosofiche durante la sua formazione giovanile, soprattutto a Firenze. Echi leonardeschi sono ravvisabili in più figure, sia come atteggiamenti che come tipi fisici, come il presunto Francesco Maria della Rovere (che Arslan attribuiva al Sodoma) o il motivo ornamentale a nodi del paliotto dell'altare, che ricorda gli intrecci vegetali della Sala delle Asse a Milano. Le singole figure sono rigorosamente subordinate all'insieme, sia per rispettare il bilanciamento simmetrico dei gruppi, sia per rappresentare l'universo gerarchicamente ordinato della Chiesa e la coralità dello slancio verso l'adorazione. L'affresco diventa così la rappresentazione palpitante della Civitas Dei, alla presenza dei fondatori divini e umani della Chiesa.
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### Titolo: Messa di Bolsena. ### Introduzione: La Messa di Bolsena è un affresco (circa 500x660 cm) di Raffaello e aiuti, databile al 1512 e situato nella Stanza di Eliodoro, una delle Stanze Vaticane. Raffigura il miracolo eucaristico di Bolsena. ### Descrizione e stile. La frattura asimmetrica della finestra (larga 295 cm) che si apre nella parete costrinse Raffaello ad organizzare la scena su un piano rialzato al centro e due gruppi di figure in basso ai lati. Il miracolo eucaristico di Bolsena avvenne nel 1263, quando un sacerdote boemo, dubitante della transustanziazione, vide sgorgare gocce di sangue vivo da un'ostia durante la celebrazione eucaristica, che macchiarono anche il corporale, reliquia da allora custodita nel Duomo di Orvieto, nella cui diocesi ricade anche Bolsena. Vulgata vuole che l'avvenimento fosse stato riconosciuto da Urbano IV, il quale nel 1264 istituì la festa del Corpus Domini con bolla Transiturus dalla sede apostolica in Orvieto. La scena celebrava il culto personale del papa, omaggiando al tempo stesso suo zio Sisto IV, che aveva promosso il culto del Corpus Domini, nonché il trionfo della Chiesa nel concilio Lateranense aperto nel maggio 1512. La scena è impostata in masse equilibrate, ma con una simmetria piuttosto libera, di estrema naturalezza, variando la successione dei gradini che portano alla zona superiore dell'altare e disponendo in maniera diversa le masse ai lati. La tensione appare contenuta, come interiorizzata dagli astanti. Sullo sfondo di una basilica classicheggiante aperta sul cielo (proprio come nella Scuola di Atene), l'artista isolò l'altare attraverso la massa scura di un'esedra lignea, una specie di coro rovesciato, cinquecentesco, da cui si sporgono due curiosi. Al centro si vede il blocco dell'altare, coperto da un telo a righe dorate e con una misurata natura morta di oggetti liturgici sopra, dove il sacerdote boemo sta celebrando la messa, seguito da numerosi chierici inginocchiati con ceri processionali in mano. Davanti a lui è inginocchiato Giulio II, in tutta la pompa della sua posizione, con i gomiti appoggiati su un voluminoso cuscino con nappe agli angoli, retto da un faldistorio con intagli leonini. Ha alle spalle un gruppo di cardinali e più in basso alcuni sediari pontifici attendono seduti. Tra i prelati sono stati riconosciuti i cardinali Gabriele de' Gabrielli di Gubbio, con le braccia incrociate al petto, e Raffaele Riario (o forse il cardinale Sangiorgio), con le mani giunte. Più che un miracolo che accade, è un miracolo che si ripete davanti al papa testimone. A sinistra si trova un gruppo di astanti sorpresi, in piedi o seduti in terra, che ripetono come se fossero attori i loro gesti ammirativi o dimostrativi. Se la ricostruzione storica è ancora una proiezione immaginaria del passato, la ripetizione rituale del fatto si colloca nel presente: l'architettura all'antica, che indica un tempo remoto, è solo uno sfondo.
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### Titolo: Medusa (Rubens). ### Introduzione: La Medusa (in ceco: Hlava Medúsy; in tedesco: Haupt der Medusa) è un dipinto a olio su tavola (68x119 cm) realizzato nel 1618 circa dal pittore fiammingo Pieter Paul Rubens.Esistono due versioni dell'opera: la prima si trova nella galleria della Moravia di Brno, in Cechia, mentre la seconda è conservata nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. ### Descrizione. Il dipinto raffigura la testa mozzata della Medusa, un mostro della mitologia greca ucciso da Perseo. Il capo pallido e sanguinante di Medusa si trova su una sporgenza pietrosa quasi priva di vegetazione, mentre il paesaggio al suo intorno è cupo e buio. I serpenti che si divincolano sono stati attribuiti al pittore Frans Snyders.
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### Titolo: Allegoria della Pittura (Vermeer). ### Introduzione: L'Allegoria della Pittura (L'atelier) è un dipinto a olio su tela (120x100cm) di Jan Vermeer, databile al 1666 circa e conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. È firmato sulla carta geografica a destra della ragazza 'I[oannes] Ver. Meer'. ### Descrizione e stile. L'opera è variamente chiamata con titoli convenzionali, come anche il Pittore e la sua musa o l'Atelier. Rappresenta un pittore rivolto di spalle, forse lo stesso Vermeer mentre sta dipingendo una fanciulla all'interno di una stanza illuminata da sinistra da una finestra nascosta da un drappo scostato in primo piano. La ragazza tiene in mano un libro (simbolo della Storia) e una tromba (simbolo della Gloria) e ha in testa un serto di alloro: forse rappresenta la musa Clio. Il pittore sta seduto davanti al quadro sul cavalletto, dove si può vedere già lo schizzo della corona. È vestito con un elegante abito nero con tagli sulle maniche e sulla schiena che fa intravedere la camicia sottostante. Ha corte braghe a sbuffo e calze arancio, un capo costoso e di moda che si ritrova anche in altre opere dell'epoca, come in un noto autoritratto di Rubens. Non rivela il proprio volto, ma idealmente l'artista si mette nello stesso punto di vista dello spettatore. La stanza è descritta come al solito con estrema cura. La tenda scostata, istoriata come si trova in altri dipinti dell'artista (l'Allegoria della Fede cattolica o la Lettera d'amore) rivela un ambiente scorciato in prospettiva con piena padronanza spaziale, come dimostrano il pavimento piastrellato o le travi del soffitto. A sinistra si vedono un baule borchiato in penombra e il tavolo presso il quale sta la fanciulla, sul quale si trovano dei drappi, fogli e altri oggetti che alcuni hanno messo in relazione ai simboli delle Arti liberali, con riferimento alle illustrazioni dell'Iconologia di Cesare Ripa, tradotta in olandese nel 1644. Sulla parete di fondo sta una grande cartina geografica delle Diciassette Province (prima della separazione del 1581) a forma di 'Leo Belgicus', che appartenne alla casa dello stesso Jan Vermeer. Notevole è la rappresentazione della luce su di essa, mossa da lievi increspature. Poco sotto una sedia ricoperta di velluto. Ciascun oggetto riflette o assorbe in maniera diversa la luce, ottenendo la più accurata resa degli effetti materici. Ne è un esempio lo straordinario lampadario metallico appeso in alto, in cui si legge tutta l'eredità dei primitivi fiamminghi come Jan van Eyck: non è dissimile infatti da quello nel celebre Ritratto dei coniugi Arnolfini.
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### Titolo: Hélène Fourment esce dal bagno. ### Introduzione: Hélène Fourment esce dal bagno, anche noto come La piccola pelliccia (in olandese: Het pelsken; in tedesco: Das Pelzchen), è un dipinto a olio su tavola (176x83 cm) realizzato nel 1638 circa dal pittore Pieter Paul Rubens. È conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna.Si tratta di un ritratto di Hélène Fourment, la seconda moglie del pittore, che copre il proprio corpo con una pelliccia. Con una certa influenza tizianesca, si nota un forte contrasto tra il colore rosato del corpo di Hélène e il colore scuro della pelliccia e dello sfondo del quadro. Quest'opera dimostra più di ogni altra i valori di tonalità che Rubens raggiunse alla fine della sua vita. ### Descrizione. L'effigiata è una donna bionda con i capelli crespi, la fronte morbida, le guance carnose e rosee, le labbra rosse e la pelle bianca. La sua posa richiama molto la Venere pudica, una statua greco-romana, nonché la Ragazza con la pelliccia di Tiziano, nota al Rubens. Hélène indossa quella che sembra essere una veste maschile leggermente esotica, con un bordo dorato stravagante nella parte inferiore delle maniche, trasformata in una sorta di vestaglia improvvisata. Questo aspetto è inteso, fino a un certo punto, come una versione fantastica del vestito all'antica che si utilizzava in alcuni tipi di pittura storica di Rubens. Si può apprezzare il contrasto tattile delineato minuziosamente tra la pelle bianca della giovane e la pelliccia scura del mantello. La moda olandese dell'epoca si riconosce nei capelli biondi e ricci lunghi fino alle spalle, in una frangia corta tipica del diciassettesimo secolo e in una striscia di stoffa legata intorno alla testa così da assomigliare alle acconciature delle donne della pittura della prima età moderna. Nella parte sinistra del quadro, il corpo è rappresentato con una grande curvatura che è enfatizzata dal contrasto tra le tonalità, tanto per la pelle pallida e del tessuto bianco che la incornicia, quanto per la pelliccia scura e lo sfondo dello stesso colore.
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### Titolo: Deposizione (Rubens Anversa). ### Introduzione: La Deposizione è il pannello centrale del trittico dipinto, ad olio su tavola, tra il 1611 e il 1614 da Pieter Paul Rubens. È tuttora conservato nella sua collocazione originaria, ovvero la Cattedrale di Nostra Signora di Anversa. Il dipinto, considerato uno dei maggiori capolavori di Rubens, raffigura il momento in cui il corpo di Gesù viene deposto dalla croce per essere posto nel sepolcro. ### Descrizione. ### Versioni dell'opera. Oltre all'opera conservata ad Anversa, Rubens ha dipinto almeno altre tre versioni aventi lo stesso soggetto della deposizione: si è trattato, difatti, di uno dei temi su cui l'artista è tornato più volte nel corso della sua carriera.
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### Titolo: Fantesca che porge una lettera alla signora. ### Introduzione: La Fantesca che porge una lettera è un dipinto a olio su tela (90,2x78,7 cm) di Jan Vermeer, databile al 1667 circa e conservato nella Frick Collection di New York. ### Descrizione. Una cameriera si avvicina alla padrona per porgerle una lettera e questa, seduta a un tavolino, interrompe la scrittura e ha un gesto di sorpresa, posando la penna, guardando la domestica e portando una mano al mento. Come in molti dipinti di Vermeer, il soggetto è ricorrente e in un ambiente chiuso: ragazze o dame che suonano musica, scrivono o leggono lettere, compiono piccole azioni banali e quotidiane come versare dell'acqua da una brocca. In questo caso, il semplice fatto di ricevere della posta viene fermato in un momento di complicità: la domestica sembra conscia dell'importanza della lettera e la accompagna con qualche parola che sembra interessare molto alla signora. La figura della donna è ispirata forse a quella della moglie di Vermeer, presente anche in altri dipinti: porta un elaborato chignon a treccia, riccioli cadenti sulle tempie, perle agli orecchi e al collo e una casacca di raso giallo bordata di ermellino che davvero appartenne alla signora Vermeer, come dimostra un inventario pervenutoci. La luce fredda che le illumina il volto è analoga a quella della Ragazza con velo. Sul tavolo, coperto da un drappo azzurro, stanno gli strumenti per scrivere e il cofanetto che deve contenerli: foglio, penna e, su un vassoio, boccetta di inchiostro e calamaio, questi ultimi accesi da riflessi luminosi che ne rivelano la lucidità del materiale, forse peltro e vetro. Lo sfondo praticamente uniforme e buio e la mancanza delle rifiniture e dei particolari tanto cari a questo artista nel corpo e sulla testa della dama ci fanno capire che questo lavoro, eseguito a pochi anni dalla morte, è stato lasciato incompiuto dallo stesso pittore. Nonostante l'incompiutezza dell'opera, pienamente sviluppati sono i sottili giochi ed effetti di luce: luccichii dai gioielli di perle, scintillio sugli oggetti, increspature vivide dei tessuti.
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### Titolo: Santa Prassede (Vermeer). ### Introduzione: Santa Prassede è un dipinto a olio su tela (101,6 x 82,6 cm), attribuito a Jan Vermeer, copia da Felice Ficherelli, databile al 1655 circa. L'opera è firmata in basso a sinistra 'Meer 1655' e in basso a destra 'Meer N R[...] o [...]o', ma trattandosi di un'opera insolita nel catalogo dell'artista, per stile e tema, è accettata come lavoro giovanile solo da una parte della critica. Già appartenente alla Barbara Piasecka Johnson Collection di Princeton, è stato messo all'asta a Londra e acquistato l'8 luglio 2014 da un collezionista sconosciuto per la somma di 6.200.000 sterline, di poco sopra la stima di sei milioni. È stato poi rivelato che l'acquirente è giapponese, ed ha concesso il dipinto in esposizione al National Museum of Western Art di Tokyo. ### Descrizione e stile. Santa Prassede, secondo la sua agiografia, nascose nel suo titulus molti cristiani che vennero però scovati, arrestati e condannati a morte dall'imperatore Antonino Pio. La santa è quindi rappresentata solitamente mentre raccoglie il sangue dei martiri, magari assieme alla sorella Pudenziana. In questo caso la figura di Prassede occupa la gran parte del dipinto. È inginocchiata e sta spremendo una spugna intrisa del sangue di un martire appena decapitato, nello sfondo. Il sangue è raccolto in un bel vaso sbalzato, ormai quasi pieno. Ai lati fanno da quinta due edifici lontani, con quello di destra in cui si vede una donna sotto un'arcata, forse la stessa Pudenziana. Sebbene l'opera offra valori cromatici di eccezionale splendore, soprattutto nell'abbondante panneggio rosso della veste inondata di luce, lo stile della pennellata, ruvido e corposo, si sposa solo in parte con quello delle opere certe di Vermeer, fatto di velature ora mosse, ora lisce, e caratterizzate da una luce soffusa e ferma. Il cielo azzurro e piatto sullo sfondo è oggi più che mai un caso isolato nel catalogo dell'artista, dopo che Diana e le ninfe, altra opera attribuita al periodo giovanile, si è rivelata a sfondo scuro, con un cielo spurio del XVIII secolo.
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### Titolo: Sorpresa!. ### Introduzione: Sorpresa! (o Tigre in una tempesta tropicale) è un dipinto a olio su tela (128x161,9 cm) di Henri Rousseau, firmato, datato 1891 e conservato nella National Gallery di Londra. ### Descrizione e stile. La scena mostra una tigre che, durante una tempesta tropicale nella giungla, sta per balzare addosso a una preda. Non si sa se il titolo intenda riferirsi all'apparizione della tigre nell'erba alta oppure al fulmine che (a destra) solca il cielo. Non è dato sapere neanche cosa fissi la tigre e su cosa sembra essa stia per balzare, se un animale o magari uno sventurato cacciatore. Pare che comunque l'intento del pittore fosse mostrare il pericoloso animale indomito, in un inquietante ambiente naturale. L'intera superficie del dipinto è solcata da striscioline di vernice semitrasparente grigio-bianca, che rappresentano la pioggia. Per realizzare il suo dipinto l'artista, che per sua stessa ammissione non aveva mai viaggiato oltre il Jardin des Plantes di Parigi, si ispirò ad animali imbalsamati nei musei, a stampe, a illustrazioni scientifiche, e a visite nei giardini botanici. Per la sua tigre in particolare utilizzò come modello la riproduzione di un disegno a pastello di Eugène Delacroix e un gatto domestico, poi riprodusse il suo disegno e lo traspose sulla tela, quando aveva già disegnato la giungla, aiutandosi con un pantografo: per questo la tigre appare sospesa sopra la vegetazione con un effetto antirealistico, che però, nell'insieme della pittura naif, dà un effetto particolarmente magico e misterioso. Le piante della giungla invece furono realizzate prendendo come spunto esemplari visti in vaso: ad esempio si riconosce, al centro, un albero della gomma. Gli effetti decorativi dei motivi vegetali ripetuti, tramite l'intenso fogliame ondeggiante al vento, poteva essere ispirato ai motivi bidimensionali degli arazzi medievali o delle miniature persiane.
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### Titolo: Fuga in Egitto (Tintoretto). ### Introduzione: La Fuga in Egitto è un dipinto a olio su tela (422x579 cm) di Tintoretto, realizzato tra il 1583 e il 1587 e conservato nella Scuola Grande di San Rocco a Venezia. ### Descrizione. Il paesaggio rigoglioso, ricco di piante ombrose e attraversato da un fiume, non assomiglia minimamente all'arida regione che deve attraversare chi dalla Palestina va in Egitto. L'alto palmizio sulla destra è un vago accenno che la strada conduce proprio verso quel lontano paese. San Giuseppe tira un asino recalcitrante e stanco che porta sulla groppa Maria, avvolta in un mantello color della notte e che tiene in braccio il Bambinello. Sullo sfondo due pescatori vuotano l'acqua dal fondo di una barca inclinata, mentre un altro uomo esce da una casa rurale. In primo piano sono poggiati in terra un bastone da pellegrino, una bisaccia, una coperta e una botticellaː sono simboli del viaggio, quello della Sacra Famiglia, ma anche quello della nostra esistenza. Alla serenità del lavoro quotidiano, rappresentato dalle piccole figure operose sullo sfondo, si contrappone la fatica e la drammaticità del viaggio-fuga in primo piano. Le tinte sono fredde, quasi plumbee e il cielo è attraversato da nuvole che sembrano muoversi minacciose.
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### Titolo: Gli ombrelli. ### Introduzione: Gli ombrelli (Les Parapluies) è un dipinto del pittore francese Pierre-Auguste Renoir, realizzato nel 1881-86 e conservato alla National Gallery di Londra. ### Descrizione. In quest'opera Renoir, memore delle teorie estetiche di Charles Baudelaire, sceglie di raffigurare la poesia e la meraviglia della vita moderna cogliendo un frammento di vita contemporanea della società moderna parigina. Il soggetto della tela, infatti, è la commedia umana della folla che, dopo un improvviso temporale, cerca di ripararsi dalla pioggia con gli ombrelli. A destra troviamo una madre elegantemente vestita con gli occhi rivolti alle sue due bambine, che si stanno divertendo sotto la pioggia. Dietro di lei una donna, con fare interrogativo, alza gli occhi al cielo per vedere se sta piovendo: questo dettaglio, apparentemente insignificante, ci fa comprendere che il temporale è appena iniziato. A sinistra, invece, si erge statuaria una midinette con il volto stanco per la giornata lavorativa appena trascorsa: con le mani alza la sua veste per proteggerla dal fango depositato sulla strada, esposta com'è alla furia del temporale. Non ha né un ombrello, né un impermeabile, né un cappello per coprirsi dalla pioggia: dietro di lei, tuttavia, incede un gentiluomo dalla barba raffinatemente mascolina che è pronto a offrirle un riparo. La gestazione di questa tela fu di durata quinquennale: Renoir, infatti, la iniziò nel 1881, poco prima del viaggio in Italia, per poi completarla cinque anni dopo, nel 1886. Questa datazione è avallata sia dalla scarsa uniformità dei vestiti, sia dalla differenza di tecnica utilizzata tra il lato destro e quello sinistro del quadro. Il lato destro si può attribuire ad un primo Renoir, più rivoluzionario e impressionista, come si può vedere nello splendido volto della bambina che regge il cerchio. Il lato sinistro è di un Renoir che si ravvede delle proprie scelte stilistiche e sul finire della sua carriera ritorna ad una pittura più accademica, come si può notare nel volto della signora e negli ombrelli a destra, modellata sull'esempio di quell'arte classica e rinascimentale che aveva potuto ammirare durante il viaggio in Italia. Si può quindi dedurre che la parte sinistra del quadro sia stata dipinta successivamente alla destra. Mirabile è anche l'apparato cromatico del dipinto, strutturato su un'avvolgente armonia di vari toni di colore, perlopiù grigi e azzurri. L'opera, in ogni caso, fu venduta dal mercante d'arte Paul Durand-Ruel al collezionista sir Hugh Lane: dopo la morte di quest'ultimo l'opera pervenne nelle collezioni della Tate Gallery nel 1917 e della National Gallery nel 1937, dove oggi è esposta.
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### Titolo: Les Alyscamps. ### Introduzione: Les Alyscamps è un dipinto a olio su tela (73x92 cm) realizzato nel 1888 da Vincent van Gogh. È conservato nel Museo Kröller-Müller di Otterlo.Gli Alyscamps sono una necropoli di Arles, città del sud della Francia in cui Vincent van Gogh si recò spesso a dipingere nell'autunno del 1888, in compagnia dell'amico Paul Gauguin che lo aveva raggiunto con il proposito di creare un circolo di artisti. ### Descrizione. Il quadro è parte di una serie di dipinti del pittore sullo stesso soggetto: il viale, in questa, viene ripreso da un'inquadratura angolare che mette in risalto lo spazio prospettico che converge verso il punto in alto a destra della tela. Il viale alberato e la collina sulla sinistra, oltre al contrasto cromatico tra il viale ed il circostante giardino, accentuano la sensazione dimensionale che permea lo spazio pittorico dipinto da Van Gogh, contenente alberi, panchine e persone anziane.
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### Titolo: Nastagio degli Onesti, primo episodio. ### Introduzione: Nastagio degli Onesti, primo episodio è un dipinto a tempera su tavola (83x138 cm) di Sandro Botticelli, databile al 1483 e conservato nel Museo del Prado di Madrid. ### Descrizione e stile. La vicenda di Nastagio degli Onesti si trova nel Decameron di Giovanni Boccaccio (giornata quinta, novella ottava) e venne scelta per il contenuto a lieto fine di una vicenda d'amore, in cui una donna, figlia di Paolo Traversari, che rifiutava la corte di Nastagio si ricrede assistendo alla punizione infernale di un'altra donna macchiata del suo stesso peccato di irriconoscenza verso l'amante. Il primo episodio in particolare è ambientato nella pineta attorno a Ravenna, città dove ha sede la vicenda, e mostra Nastagio che, dopo aver abbandonato la città deluso dalla sua passione non corrisposta, vaga solo e addolorato finché non si imbatte nell'apparizione improvvisa di una donna inseguita da un cavaliere e dai suoi cani che la azzannano nonostante i suoi tentativi per difenderla. Si scoprirà poi che questi personaggi sono fantasmi e che quello del cavaliere appartiene all'avo di Nastagio, Guido. Da sinistra si vedono alcune tende in cui si vede Nastagio (dai pantaloni rossi) consigliato da alcuni amici di andarsene per un po' dalla città, poi si vede in primo piano Nastagio che vaga per la foresta, riapparendo poco dopo mentre tenta di scacciare con un bastone i cani che cercano di azzannare una donna seminuda, inseguita da un impetuoso cavaliere armato di spada e corazza dorata. La scena ha una spiccata vena narrativa, con la rappresentazione di due scene contemporanee che richiese lo sdoppiamento addirittura in tre figure del personaggio di Nastagio. Se la concezione delle quattro scene è dovuta al maestro, l'esecuzione venne in parte delegata agli assistenti di bottega, in particolare Bartolomeo di Giovanni (prime tre scene) e Jacopo del Sellaio (ultima scena). L'armonica ambientazione delle tavole è tra gli effetti più gradevoli, con effetti di unità spaziale. I colori sono tersi e l'ambientazione naturale è misuratamente controllata. In questa scena gli alberi dagli alti fusti verticali creano una sorta di griglia con il paesaggio marittimo a svolgimento orizzontale sullo sfondo, con un notevole sfondamento in profondità. La drammaticità convive con l'eleganza formale delle slanciate figurine, con movenze aggraziate di persone e animali, in una magica sospensione tra favola e realtà.
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### Titolo: Perseo libera Andromeda (Rubens). ### Introduzione: Perseo libera Andromeda è un dipinto a olio su tavola (100x138,5 cm) realizzato nel 1620 circa dal pittore fiammingo Pieter Paul Rubens e conservato nella Gemäldegalerie di Berlino. ### Descrizione. La scena è molto simile a quella di un altro dipinto realizzato da Rubens circa due anni dopo, Perseo e Andromeda, conservato nel Museo dell'Ermitage. Il dipinto raffigura Perseo nell'atto di liberare Andromeda, dopo aver sconfitto il mostro marino che la teneva prigioniera. L'eroe, con indosso l'elmo, la corazza e il mantello, è attorniato da due putti, uno dei quali lo aiuta a sciogliere le corde che legano Andromeda alla roccia. Sulla sinistra altri tre putti stanno intorno a Pegaso, il cavallo alato di Perseo.
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### Titolo: Concerto a tre. ### Introduzione: Il Concerto a tre è un dipinto a olio su tela (72,5x64,7 cm) di Jan Vermeer, databile al 1666-1667 e già conservato nell'Isabella Stewart Gardner Museum di Boston. Fu rubato nel marzo 1990 ed è considerato il dipinto più prezioso tra quelli attualmente dispersi (settembre 2010), con un valore stimato superiore ai 200 milioni di dollari. ### Descrizione e stile. Ambientato nel consueto interno domestico illuminato da sinistra, il Concerto ha una composizione simile alla Lezione di musica, ma qui sviluppata in maniera più complessa. Non si vede infatti la finestra, ma la si percepisce dal taglio di luce, e i personaggi coinvolti sono tre: una donna di profilo seduta al clavicembalo, un uomo di spalle giovane e di corporatura robusta seduto su una sedia in tralice, e una donna in piedi che sembra cantare reggendo in mano un foglio di spartito. La luce si posa innanzitutto sui protagonisti, rivelandone l'agiatezza grazie all'abbigliamento elegante e ricercato, per poi soffermarsi sugli altri elementi in penombra: il pavimento a scacchi, la viola da gamba appoggiata a terra, il tavolo in primo piano col tappeto che lo copre in parte e uno strumento ad arco ivi appoggiato (verosimilmente una viola d'amore), il paesaggio dipinto sul lato interno del coperchio del clavicembalo e i due dipinti alla parete. Si tratta di un paesaggio boscoso nello stile di Jacob van Ruysdael e della Mezzana di Dirck van Baburen, quest'ultima riprodotta anche nella Donna seduta alla spinetta. Il secondo dipinto era in casa di Vermeer, come ricorda l'inventario stilato alla sua morte, e non è inverosimile che anche il primo dipinto appartenesse a lui o a un personaggio della sua cerchia. Nonostante ciò sono state tentate anche delle letture allegoriche del 'quadro nel quadro', che però non hanno trovato apparentemente una valida interpretazione coerente con l'atmosfera intima e concentrata della scena. Forse una spiegazione plausibile è quella che legge l'armonia musicale dei tre come una via intermedia tra l'atmosfera pura e naturale dei paesaggi naturali e la lascivia del dipinto sulla ruffiana. I tipi fisici delle due donne si ritrovano in altre opere dell'artista, e sono probabilmente entrambi ritratti della moglie Catharina, variati nella posa, nell'acconciatura e nell'abbigliamento.
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### Titolo: Corsia dell'ospedale di Arles. ### Introduzione: Corsia dell'ospedale di Arles è un dipinto a olio su tela (74x92 cm) realizzato nell'aprile del 1889 dal pittore Vincent van Gogh. Fa parte della collezione Oskar Reinhart di Winterthur. L'artista rappresenta il dormitorio dell'Hotel-Dieu, l'antico ospedale di Arles, dove era ricoverato a forza tra il dicembre 1888 al maggio 1889 dopo il taglio dell'orecchio. Dalle lettere sappiamo che il quadro, cominciato in loco ad aprile, fu terminato in ottobre a Saint-Rémy, nel cui manicomio Van Gogh si era volontariamente trasferito. ### Descrizione. Due file di letti riparati da tendine, corrono tristi lungo le pareti, chiuse in fondo da una porticina e un grande Crocifisso (che funge da punto di raccordo delle linee prospettiche). Mentre alcune suore addette all'assistenza percorrono la corsia, i malati si raccolgono attorno alla stufa al centro del corridoio, chi per scaldarsi, chi per fumare o leggere il giornale. Solo una sedia a sinistra (peraltro simile a quella protagonista di un altro celebre dipinto di Van Gogh) è vuota: il pittore sembra quasi volerci così suggerire la sua presenza-assenza, come se si fosse alzato un attimo per dipingere il quadro, o come se volesse testimoniare il suo internamento forzato e il conseguente autoisolamento dagli altri pazienti. Non bisogna dimenticarsi infatti che, accettando il mestiere di pazzo, da questo momento fino alla morte il pittore vivrà in una solitudine in parte volontaria, in parte forzata.
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### Titolo: Contadina seduta in un prato. ### Introduzione: Contadina seduta in un prato (Paysanne assise dans l'herbe) è un dipinto a olio su tela (38,1 x 46,2 cm) realizzato nel 1883 dal pittore Georges-Pierre Seurat. È conservato nel Solomon R. Guggenheim Museum di New York. ### Descrizione. Il soggetto è una contadina vestita di blu, seduta a capo chino in mezzo ad un prato con il sole alle spalle. Il forte contrasto cromatico tra i toni scuri del soggetto e quelli chiari e solari del prato, che tendono al giallo, fanno risaltare la figura assorta.
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### Titolo: Barca in costruzione. ### Introduzione: La Barca in costruzione è un dipinto a olio su tela (50,8x61,6 cm) di John Constable, databile al 1815 e conservato nel Victoria and Albert Museum di Londra. Il dipinto fu esposto alla Royal Academy nel 1815. La darsena ritratta era di proprietà del padre del pittore. ### Descrizione dell'opera. La scena rappresenta un rudimentale cantiere navale che si trova nei pressi del mulino di Flatford. La grande barca in costruzione è orientata secondo la diagonale del dipinto e rappresenta l'elemento centrale dell'intera rappresentazione. In primo piano, insieme alla barca sono sparsi attrezzi e utensili vari(due zappe, due caldari, in uno dei quali bolle la pece). Quasi tutto il dipinto è stato ritratto direttamente sul posto, dando il via alla famosa tecnica del 'en plein air' che caratterizzerà la successiva produzione impressionista. Infine, il fiume che scorre in lontananza e gli alberi in secondo piano sono visti da John Constable come i veri soggetti principali del dipinto.
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### Titolo: Nastagio degli Onesti, terzo episodio. ### Introduzione: Nastagio degli Onesti, terzo episodio è un dipinto a tempera su tavola (82x142 cm) di Sandro Botticelli, databile al 1483 e conservato nel Museo del Prado di Madrid. ### Descrizione e stile. La vicenda di Nastagio degli Onesti si trova nel Decameron di Giovanni Boccaccio (giornata quinta, novella ottava) e venne scelta per il contenuto a lieto fine di una vicenda d'amore, in cui una donna, figlia di Paolo Traversari, che rifiutava la corte di Nastagio, si ricrede assistendo alla punizione infernale di un'altra donna macchiata del suo stesso peccato di irriconoscenza verso l'amante. Il terzo episodio in particolare è di nuovo ambientato nella pineta attorno a Ravenna, città dove ha sede la vicenda, dove Nastagio ha organizzato un banchetto per mostrare ai suoi parenti e ai Traversari, famiglia della donna che non corrisponde il suo amore, la punizione ciclica delle due anime dell'inferno. Nello stesso punto rappresentato nelle altre due tavole, con alcuni alberi tagliati per far spazio alla tavolata, ha sede il banchetto, sullo sfondo di un incannicciato adorno sul bordo superiore da un festone di frutta e foglie su cui si trovano, da sinistra, gli stemmi Pucci, Medici e Pucci-Bini. All'improvviso irrompe la fanciulla sbranata dai cani inseguita dal cavaliere con la spada e la corazza dorata, che gettano nel panico i commensali che tentano di fuggire. Le donne sulla sinistra in particolare scattano in piedi così improvvisamente da rovesciare il tavolo con tutte le vivande davanti a loro, nonostante Nastagio, girato di spalle in primo piano, stia cercando di rassicurare gli astanti. Un musico fa per tirare i tamburi addosso ai cani, mentre un altro ha abbandonato il proprio liuto sulla tavola. In seguito il cavaliere, ovvero il fantasma dell'avo di Nastagio, Guido, spiegherà la sua triste vicenda, causata dal suo suicidio per amore e dal mancato pentimento della donna che non corrispose i suoi sentimenti, la quale ogni venerdì è uccisa col cuore dato in pasto ai cani, per poi riapparire e ripetere la disperata fuga. A quelle parole la donna amata da Nastagio si pente e, ammirando i suoi modi, decide di sposarlo, come è raffigurato a destra, dove presso alcune tende si vede la riconciliazione tra Nastagio e la donna. Amorosa è la cura dei dettagli, con un particolare interesse storico nella rappresentazione del mobilio e delle stoviglie. La scena ha una spiccata vena narrativa, con la rappresentazione di due scene contemporanee che richiese lo sdoppiamento del personaggio di Nastagio. Se la concezione delle quattro scene è dovuta al maestro, l'esecuzione venne in parte delegata agli assistenti di bottega, in particolare Bartolomeo di Giovanni (prime tre scene) e Jacopo del Sellaio (ultima scena). L'armonica ambientazione delle tavole è tra gli effetti più gradevoli, con effetti di unità spaziale. I colori sono tersi e l'ambientazione naturale è misuratamente controllata. In questa scena gli alberi dagli alti fusti verticali creano una sorta di griglia con il paesaggio marittimo a svolgimento orizzontale sullo sfondo, con un notevole sfondamento in profondità. La drammaticità convive con l'eleganza formale delle slanciate figurine, con movenze aggraziate di persone e animali, in una magica sospensione tra favola e realtà.
@Scribis @Italiano. Il tuo compito è descrivere un dipinto.
### Titolo: Nastagio degli Onesti, quarto episodio. ### Introduzione: Nastagio degli Onesti, quarto episodio è un dipinto a olio su tavola (83x142 cm) di Sandro Botticelli, databile al 1483 e conservato nella collezione privata a palazzo Pucci a Firenze. ### Descrizione e stile. La vicenda di Nastagio degli Onesti si trova nel Decameron di Giovanni Boccaccio (giornata quinta, novella ottava) e venne scelta per il contenuto a lieto fine di una vicenda d'amore, in cui una donna, figlia di Paolo Traversari, che rifiutava la corte di Nastagio si ricrede assistendo alla punizione infernale di un'altra donna macchiata del suo stesso peccato di irriconoscenza verso l'amante. L'ultimo episodio è maestosamente ambientato sotto una serie di archi di trionfo, dove ha sede il banchetto di nozze tra Nastagio e la figlia di Paolo Traversari. Più che la vena narrativa, in questo episodio preme all'autore di rappresentare con sfarzo la celebrazione della ricca borghesia fiorentina, ponendo l'accento sulle preziose stoviglie da parata poste sul tavolino al centro, sull'abbondanza delle vivande portate da eleganti servitori, sull'eleganza delle vesti, sullo sfarzo dell'architettura. Lo sfondo mostra infatti una sorta di loggia aperta sul paesaggio, con pilastri di pietra scura dai capitelli dorati su cui si impostano gli archi. Al centro dei pilastri, nei portafiaccola, sono stati inseriti rami di mirto, simbolo dell'amore, mentre più in alto campeggiano, da sinistra, gli stemmi Pucci, Medici e Pucci-Bini. Più arretrato si trova un vero e proprio arco di trionfo all'antica con triplo fornice e bassorilievi sull'attico, ispirato a quelli visti a Roma da Botticelli nel suo recente viaggio per affrescare alcune scene della Cappella Sistina. Se la concezione delle quattro scene è dovuta al maestro, l'esecuzione venne in parte delegata agli assistenti di bottega, in particolare Bartolomeo di Giovanni (prime tre scene) e Jacopo del Sellaio (ultima scena).
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### Titolo: Nastagio degli Onesti, secondo episodio. ### Introduzione: Nastagio degli Onesti, secondo episodio è un dipinto a tempera su tavola (82x138 cm) di Sandro Botticelli, databile al 1483 e conservato nel Museo del Prado di Madrid. ### Descrizione e stile. La vicenda di Nastagio degli Onesti si trova nel Decameron di Giovanni Boccaccio (giornata quinta, novella ottava) e venne scelta per il contenuto a lieto fine di una vicenda d'amore, in cui una donna, figlia di Paolo Traversari, che rifiutava la corte di Nastagio si ricrede assistendo alla punizione infernale di un'altra donna macchiata del suo stesso peccato di irriconoscenza verso l'amante. Il secondo episodio in particolare è di nuovo ambientato nella pineta attorno a Ravenna, città dove ha sede la vicenda, e mostra Nastagio che, dopo aver assistito all'apparizione di una donna sbranata da cani e inseguita da un cavaliere armato, fugge inorridito. Mentre il cavaliere termina il suo assassinio aprendo la donna sulla schiena per strapparle il cuore che dà poi in pasto ai cani (sulla destra), sullo sfondo la vicenda sta ricominciando nuovamente. Come verrà spiegato poi nel corso della novella si tratta di un'apparizione di anime dell'Inferno. Il cavaliere suo avo Guido degli Anastagi, come ha modo di spiegare al protagonista, si era infatti suicidato dopo essere stato respinto dalla donna che amava, e per questo è stato condannato, con la sua amata morta impenitente della sofferenza procuratagli, a riapparire ogni venerdì nello stesso luogo per tanti anni quanti erano stati i mesi in cui la donna ne aveva deriso il sentimento, uccidendola e poi riprendendo il supplizio appena essa risorgeva. Da sinistra si vedono alcuni cervi che si abbeverano a una fonte, poi Nastagio che si volta con le braccia alzate dallo spavento, mentre al centro avviene il supplizio, con sullo sfondo il riavvio dell'inseguimento; a destra sta il cavallo in attesa, mentre all'estremità, dove si vede anche un cervo nello sfondo, stanno i due cani da caccia che azzannano con bramosia il cuore della donna. La scena ha una spiccata vena narrativa, con la rappresentazione di due scene contemporanee che richiese lo sdoppiamento del personaggio di Nastagio. Se la concezione delle quattro scene è dovuta al maestro, l'esecuzione venne in parte delegata agli assistenti di bottega, in particolare Bartolomeo di Giovanni (prime tre scene) e Jacopo del Sellaio (ultima scena). L'armonica ambientazione delle tavole è tra gli effetti più gradevoli, con effetti di unità spaziale. I colori sono tersi e l'ambientazione naturale è misuratamente controllata. In questa scena gli alberi dagli alti fusti verticali creano una sorta di griglia con il paesaggio marittimo a svolgimento orizzontale sullo sfondo, con un notevole sfondamento in profondità. La drammaticità convive con l'eleganza formale delle slanciate figurine, con movenze aggraziate di persone e animali, in una magica sospensione tra favola e realtà.
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### Titolo: Il campo di grano. ### Introduzione: Il campo di grano (The Cornfield), a volte chiamato anche Sentiero di campagna, , è un dipinto a olio su tela di 143x122 centimetri realizzato nel 1826 dal pittore John Constable. L'opera, esposta per la prima volta alla Royal Academy, è conservata attualmente alla National Gallery di Londra. ### Descrizione. Il quadro raffigura un viottolo di campagna percorso da un gregge di pecore. A sinistra della composizione, il pastorello si abbevera ad un torrente, vicino ad un asino. La cornice degli alberi sui due lati della tela si apre e lascia intravedere dei contadini al lavoro in un campo di grano, che dà il titolo al quadro. Constable si riferisce al dipinto come 'The Drinking Boy' e si pensa che mostri un sentiero che da East Bergholt porta verso Dedham.
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### Titolo: Crocifissione Gavari. ### Introduzione: La Crocifissione Mond o Gavari è un dipinto a olio su tavola (279x166 cm) di Raffaello Sanzio, databile al 1502-1503 e conservata nella National Gallery di Londra, con due scomparti di predella al Museo nazionale d'arte antica a Lisbona e in collezione privata. L'opera è firmata alla base della croce: «RAPHAEL URBINAS P.[inxit]». ### Descrizione e stile. Cristo è sulla croce, tra le rappresentazioni del sole e della luna, tra due angeli in volo che, con vasi, ne raccolgono il sangue che cola dalle ferite nelle mani e nel costato. Ai piedi della scena si vedono quattro santi, da sinistra Maria, san Girolamo, la Maddalena e Giovanni apostolo. Particolare rilievo ha Girolamo, a cui sono anche dedicate le storie della predella, poiché era il santo a cui era dedicato l'altare di destinazione dell'opera. Sullo sfondo si intravede una città, forse Firenze (Ciardi Dupré). Sole e luna sovrastanti, rimandano alla tradizione iconografica medievale e alludono all'alfa e l'omega, ovvero l'inizio e la fine legata all'Incarnazione divina. Sono presenti nonostante il Concilio di Costantinopoli III (680) avesse proibito tale simbologia per i suoi richiami ad altre religioni.Vasari stesso ricordò che se non ci fosse stato il nome dell'autore inciso 'nessuno la crederebbe di Raffaello, ma sì bene di Pietro [Perugino]'. In effetti a una prima analisi spiccano con forza i motivi perugineschi, come la composizione organizzata su due registri, le figure in una posa dolcemente contemplativa, l'apertura paesistica con dolci colline punteggiate da alberelli, la presenza degli angeli simmetrici con motivi ornamentali nei nastri al vento. Rispetto al maestro però appare ben più saldo il legame tra figure e paesaggio, grazie alla scelta di disporre i santi alla base del Crocifisso in due gruppi 'a cuneo', che evidenziano la scansione dello spazio in profondità. Inoltre è inedito il particolare della gambe di Cristo scorciate per una veduta ottimale da sinistra, coerentemente con la destinazione finale dell'opera lungo la navata della chiesa: si tratta di una raffinatezza ottica che appartiene al bagaglio urbinate del pittore, piuttosto che alla scuola umbra. I leganti utilizzati da Raffaello per i colori furono diversi: olio di noce per il cielo e olio di lino per i colori scuri; mentre il primo ingiallisce col tempo, il secondo tende a scurirsi.
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### Titolo: Ritratto di Achille Emperaire. ### Introduzione: Il Ritratto di Achille Emperaire (Portrait d'Achille Emperaire) è un dipinto a olio su tela (200x120 cm) realizzato tra il 1867 ed il 1868 dal pittore Paul Cézanne. È conservato nel Museo d'Orsay di Parigi.Achille Emperaire era un pittore, amico di Cézanne, affetto da nanismo. ### Descrizione. Achille Emperaire è rappresentato in uno stile che mette in risalto il lato malaticcio del soggetto, seduto su una sedia dallo schienale alto e coperta da una copertura fiorita che la fa sembrare un trono, visto di faccia, con un abito domestico e con i piedi poggiati su uno scaldapiedi. L'iscrizione in alto, che recita ACHILLE EMPERAIRE PEINTRE ('Achille Emperaire pittore') richiama il ritratto di Napoleone I sul trono imperiale realizzato da Dominique Ingres agli inizi del secolo, giocando anche sulla somiglianza del termine empereur ('imperatore' in francese) con Emperaire.
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### Titolo: Édouard Manet e la moglie. ### Introduzione: Édouard Manet e la moglie è un dipinto del pittore francese Edgar Degas, realizzato nel 1868-69 e conservato al Municipal Museum of Art di Kitakyushu, in Giappone. ### Descrizione. L'opera fu causa di notevoli attriti tra Degas e Manet. Tra i due era subito nata una grande amicizia, cementata da una decisa comunione d'intenti, nel segno di un'aderenza pittorica ai temi generosamente offerti dalla vita contemporanea: all'interno del gruppo impressionista, tra l'altro, erano gli unici a dedicarsi con passione allo studio delle figure umane e a non disdegnare le opportunità del disegno. In segno di gratitudine Degas decise di omaggiare l'amico con il presente dipinto, dove Manet - colto mentre si adagia lascivamente su un divano bianco - è in compagnia della moglie, Suzanne Leenhoff, una giovane insegnante di pianoforte con un gusto contagioso per i compositori tedeschi. A notare le affinità tra Manet e Degas vi fu una pittrice impressionista, Berthe Morisot, che ricorda i suoi due colleghi in questo modo:. Manet, dopo aver ricevuto il dipinto in dono, reagì con orrore alla vista del volto della moglie, a suo giudizio dipinto con una scarsissima resa qualitativa, e - in preda a una rabbia violentissima - distrusse la parte destra del dipinto, proprio quella in cui ella era effigiata. Ne sorse un'aspra disputa, che fu composta dopo poco tempo, nonostante Degas, oltraggiato dalla sproporzionalità del gesto, restituì seduta stante a Manet la sua natura morte con prugne. == Note ==.
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### Titolo: Cristo di San Juan de la Cruz. ### Introduzione: Il Cristo di San Giovanni della Croce è un dipinto surrealista a olio su tela di 205×116 cm, realizzato nel 1951 dal pittore spagnolo Salvador Dalí. Esso rappresenta la Crocifissione di Gesù. È conservato nel Kelvingrove Art Gallery and Museum di Glasgow. ### Descrizione. Sullo sfondo si vede la spiaggia di Port Lligat, il paese dove il pittore viveva. La crocifissione è vista dall'alto, mostrando la nuca e le spalle di Gesù inchiodato alla croce e quasi inchinato verso il basso. Un Gesù Salvatore che dunque sembra volersi mostrare quasi come non veramente inchiodato alla Croce, ma piuttosto giustapposto, come soltanto sospeso ad essa. Un Cristo di una impressionante bellezza metafisica inserito in un immenso cielo scuro, portatore di un messaggio certamente suggestivo, ma anche stridente rispetto alla profondità di quello del Santo suo compatriota vissuto quattro secoli prima di lui: un Cristo, quello di Salvador Dalí, deprivato di ogni reale riferimento all'esperienza fisica e spirituale della Passione di Gesù.
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### Titolo: Morbida costruzione con fagioli bolliti: premonizione di guerra civile. ### Introduzione: Morbida costruzione con fagioli bolliti: premonizione di guerra civile è un dipinto a olio su tela di 100×99 cm realizzato nel 1936 dal pittore spagnolo Salvador Dalí. È conservato nel Philadelphia Museum of Art. ### Descrizione. Morbida costruzione con fagioli bolliti: premonizione di guerra civile è stato dipinto da Dalí nel 1936, anche se sono stati trovati alcuni studi del quadro che risalgono al 1935. Si tratta della rappresentazione di una creatura, composta di membra umane, che si sovrappone ad un'altra simile; entrambe le due figure sembrano essere parti di un tutto. Il mostro, sorretto da un piede fossilizzato e da una cassettiera di legno, sovrasta alcuni fagioli e delle ossa. Sullo sfondo si stagliano la baia di Port Lligat e un cielo nuvoloso. La composizione simboleggia la distruzione e l'orrore che la guerra comporta. La struttura del dipinto segue un preciso ordine geometrico.Riferendosi al dipinto, il pittore dichiarò:.
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### Titolo: Calunnia (Botticelli). ### Introduzione: La Calunnia è un dipinto a tempera su tavola (62x91 cm) di Sandro Botticelli, databile tra il 1491 e il 1495 e conservato nella Galleria degli Uffizi di Firenze. ### Descrizione. La complessa iconografia riprende fedelmente l'episodio originale, inserendolo all'interno di una grandiosa aula, riccamente decorata di marmi e rilievi dorati e affollata di personaggi. Il quadro va letto da destra verso sinistra: re Mida (riconoscibile dalle orecchie d'asino), nelle vesti del cattivo giudice, è seduto sul trono, consigliato da Ignoranza e Sospetto; davanti a lui sta il Livore (cioè il 'rancore'), l'uomo con il cappuccio marrone, coperto di stracci che tiene per il braccio la Calunnia, donna molto bella, che si fa acconciare i capelli da Insidia e Frode, mentre trascina a terra il Calunniato impotente e con l'altra mano impugna una fiaccola che non fa luce, simbolo della falsa conoscenza; la vecchia sulla sinistra è la Penitenza o il Rimorso e l'ultima figura di donna sempre a sinistra è la Nuda Veritas, con lo sguardo rivolto al cielo, come a indicare l'unica vera fonte di giustizia. L'architettura, che anticipa i modi cinquecenteschi, mostra un ampio loggiato composto da pilastri con nicchie e archi a tutto sesto con lacunari; fregi dorati corrono sui plinti, nei lacunari, sulle basi delle nicchie e sopra di esse, con varie scene mitologiche; dentro le nicchie si trovano statue a tutto tondo di figure bibliche e dell'antichità classica: si riconoscono una Giuditta con la testa decapitata di Oloferne dietro il trono di Mida e un cavaliere, forse Re Davide, nella nicchia centrale. Questa sintesi tra mondo classico e mondo cristiano rimanda alle meditazioni umanistiche dell'Accademia neoplatonica. Oltre gli archi si vede solo un cielo lontano e cristallino. ### Stile. Nel rigore architettonico il dinamismo delle figure appare più che mai evidenziato, sembrando come percorse da un vento impetuoso che si placa solo nell'immagine statuaria della Verità. Il tema strettamente concettuale si riversa nella scelta di figurazioni ormai sciolte dall'aderenza a un fedele realismo, che sembra anticipare la maggiore libertà nel disporre le figure di matrice cinquecentesca. Tema stilistico dominante è il fluire della linea, oltre al colore vibrante e l'intonazione drammatica.
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### Titolo: Storie di Lucrezia. ### Introduzione: Le Storie di Lucrezia sono un dipinto a tempera su tavola (80x130 cm) di Sandro Botticelli, databile al 1498 circa e conservato nell'Isabella Stewart Gardner Museum di Boston. La tavola fa coppia con le Storie di Virginia nell'Accademia Carrara di Bergamo. ### Descrizione e stile. La scena ha come tema fondamentale l'onore violato, ispirato al racconto di Tito Livio: Lucrezia, moglie di Collatino, dopo aver subito le violenze sessuali del figlio di Tarquinio il Superbo, Sesto, si suicidò, provocando così la rivolta che portò all'abbattimento della monarchia a Roma. Si tratta di un tema di solito destinato a ambienti privati ad uso femminile, come le camere da letto. La scena è ambientata in una grandiosa architettura, riccamente decorata come nella Calunnia (altra opera della fase tarda) con una grande arco di trionfo ispirato agli archi del Foro Romano, decorato da bassorilievi e statue dorate (si riconoscono le colonne come nell'arco di Settimio Severo e i Prigionieri Daci come in quello di Costantino), e con una colonna onoraria al centro con la statua di un'altra eroina, Giuditta. Probabilmente il dipinto adombra anche il tema politico della liceità della rivolta contro la dittatura, come suggeriscono i rilievi e la statua di Giuditta, legato alla situazione fiorentina di quegli anni, con la cacciata di Piero il Fatuo e l'instaurarsi della Repubblica savonaroliana.
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### Titolo: Trinità adorata dalla famiglia Gonzaga. ### Introduzione: La Trinità adorata dalla famiglia Gonzaga (o anche La famiglia Gonzaga in adorazione della Trinità) è un dipinto di Pieter Paul Rubens, realizzato dal maestro fiammingo durante il periodo in cui operò come pittore di corte del duca di Mantova Vincenzo Gonzaga. ### Descrizione e stile. La scena è ambientata en plein air su un loggiato definito, sui lati, da due file di colonne tortili riccamente istoriate e da una balaustra di prospetto. Al centro del loggiato vi sono a sinistra Vincenzo Gonzaga e dietro di lui suo padre Guglielmo Gonzaga; a destra, in primo piano, c'è la moglie di Vincenzo Eleonora de' Medici e dietro costei la madre dello stesso duca regnante Eleonora d'Austria. Tanto Guglielmo Gonzaga che sua moglie Eleonora d'Asburgo erano già morti al momento di esecuzione del dipinto. Come è possibile cogliere dall'ipotesi ricostruttiva della composizione, sui lati erano raffigurati (quasi sotto il colonnato) i figli della coppia ducale: a sinistra i maschi e a destra le femmine. A sinistra quindi vi erano i ritratti di Francesco Gonzaga, di Ferdinando Gonzaga e di Vincenzo II Gonzaga, mentre a destra erano raffigurate Margherita ed Eleonora Gonzaga. Sempre sui lati del quadro erano effigiati anche alcuni alabardieri - delle guardie svizzere - nel viso di uno dei quali Rubens aveva raffigurato un proprio autoritratto. Come rilevato, le sezioni laterali furono asportate e fatte a pezzi essenzialmente allo scopo di ricavare dai ritratti dei figli dei duchi Gonzaga degli autonomi quadretti. Questi ritrattini sono stati tutti individuati (si trovano in varie sedi differenti) ad eccezione di quello di Eleonora Gonzaga. L'unico frammento del quadro riferibile alla futura imperatrice è quello del cagnetto che (come testimoniano alcune antiche descrizioni del quadro) la bambina stava accarezzando. Tra gli altri frammenti identificati vi è anche uno degli alabardieri di guardia (non si tratta dell’autoritratto di Rubens). L'intero gruppo familiare è inginocchiato in preghiera mentre nel registro alto vi è l'apparizione ultraterrena. Sul piano compositivo è stata colta una forte assonanza della famiglia ducale con i gruppi scultorei di Leone e Pompeo Leoni raffiguranti i gruppi familiari di Carlo V e di Filippo II di Spagna situati all'interno dell’Escorial. Gruppi che con ogni probabilità Rubens aveva avuto modo di osservare durante il viaggio diplomatico in Spagna compiuto nel 1603 per conto di Vincenzo Gonzaga. La scelta di questo modello verosimilmente non è casuale ma è un esplicito omaggio alla corona spagnola teso a ribadire la fedeltà dei Gonzaga alla monarchia asburgica. Anche gli abiti di foggia spagnola indossati dalla famiglia ducale, il collare del Toson d'oro portato dal duca Vincenzo - cioè la più importante onorificenza conferita dagli Asburgo in quanto eredi dei duchi di Borgogna - e la presenza della guardie svizzere sono ulteriori riferimenti alla netta scelta di campo filo-asburgica dei Gonzaga. Sul piano stilistico invece Rubens si rifà ad esempi della grande tradizione cinquecentesca veneziana: poco prima di mettere mano al ciclo per la chiesa dei gesuiti infatti il pittore fiammingo aveva compiuto un soggiorno di studio a Venezia. La sua composizione richiama in particolare i tanti ritratti di gruppo di famiglie aristocratiche veneziane in preghiera di cui un buon esempio è dato da quello della famiglia Vendramin di Tiziano. Nel dipinto di Rubens si colgono inoltre influenze del Veronese e del Tintoretto. Le gamme cromatiche, gli effetti di luce, l'ambientazione all'aperto e i tipi fisionomici rimandano a questi illustri precedenti. Non manca tuttavia un riferimento alla grande pittura romana: anche Roma infatti fu un'altra delle fondamentali tappe dei soggiorni formativi italiani del giovane Rubens. Le colonne tortili del loggiato sono invero chiaramente esemplate su quelle del cartone raffaellesco raffigurante la Guarigione dello storpio, tipo di colonna che a sua volta rimanda a quelle leggendarie del tempio di Salomone che secondo un'antica credenza erano state portate a Roma e qui poi utilizzate nell'edificazione della basilica di San Pietro. Forse la riproduzione nel quadro mantovano di questa tipologia di colonne ha un significato allegorico alludendo all'avvento di Cristo quale perfezionamento ed inveramento dell'Antico Testamento (per l'appunto simboleggiato dalle colonne salomoniche). Nel registro alto della tela un gruppo angelico srotola un arazzo dal fondo d'oro su cui si staglia la raffigurazione della Santa Trinità. Anche questa singolare scelta compositiva ha sua precisa ragion d'essere: è una mediazione con i severi dettami tridentini in tema di pittura religiosa, alla luce dei quali una diretta apparizione divina a dei laici (peraltro quasi tutti viventi) sarebbe apparsa poco opportuna. Cionondimeno il Cristo dell'arazzo indica al Padre con un gesto della mano il duca Vincenzo che ha chiaramente un moto di reazione di fronte a tale accadimento: si disvela così l'intento auto-celebrativo del committente dell'opera che afferma la legittimazione divina del suo ruolo di sovrano. Un altro dettaglio iconografico è degno di attenzione: appena oltre la balaustra si vede un ramo d'edera che va quasi a toccare Eleonora d'Austria. Si tratta di un omaggio alla madre del duca, così legata al luogo di destinazione del dipinto: l'edera infatti compariva nell'impresa dell'arciduchessa d'Asburgo come simbolo di devozione coniugale (questa pianta infatti non può vivere se separata dall'albero su cui è attecchita). All'omaggio verso la defunta duchessa madre si aggiunge forse l'auspicio che le sue alte virtù muliebri siano d'esempio a tutte le donne della famiglia Gonzaga riunite in adorazione.
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### Titolo: San Matteo e l'angelo (Caravaggio Roma). ### Introduzione: San Matteo è un dipinto realizzato nel 1602 dal pittore italiano Caravaggio. È conservato a Roma nella cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi. La prima versione del dipinto, acquistata da Vincenzo Giustiniani, passò ai Musei di Berlino nel 1815 e fu distrutta verso la fine della seconda guerra mondiale nell'incendio della Flakturm Friedrichshain. ### Descrizione e stile. La composizione imprime alla raffigurazione un contrasto di chiaroscuri illuminato dall'alto, un carattere plastico, che fingeva in modo straordinario la scultura, probabilmente richiamandosi, con una certa ironia, al precedente gruppo scultoreo del Coba fiammingo che era stato, questo sì, sdegnosamente rifiutato dal rettore Francesco Contarelli. Il Caravaggio, nel realizzare il suo primo San Matteo e l'angelo, aveva voluto, anche con una certa ingenuità d'intenti, dare all'insieme un carattere non severo, ma che esprimesse una certa ingenuità e comicità. A questo proposito aveva scritto Roberto Longhi che l'angelo, ben diverso dall'essere celeste «maggiore che il naturale», come voleva il programma, mostrava di essere un «ragazzaccio insolente, panneggiato in un lenzuolo a strascico come in una rappresentazione sacra da teatrino parrocchiale». Insomma la figurazione evidenziava un aspetto del tutto particolare, con il vecchio impacciato contadino che viene guidato da un messo celeste molto umano, dagli svolazzanti panneggi trasparenti, che poco si addiceva alla rappresentazione sacra, ma che era più confacente ad un tizianesco 'idillio veneto'. Questi aspetti, di tipo estetico, erano più comprensibili nell'ambito di una collezione privata, e Vincenzo Giustiniani, collezionista e protettore di giovani artisti, acquistando il quadro, non poteva non apprezzarli; mentre gli aspetti dottrinari, forse, nel contesto del dipinto presentavano delle difficoltà di comprensione: come osserva Irving Lavin, l'ispirazione del messo celeste guida la mano del rozzo analfabeta che, come Socrate, sa di non sapere. Nella seconda versione, più dimensionata come pala d'altare, più severa, rigorosa, e allineata ai canoni controriformistici, soprattutto il Leonardo ha l'aspetto più chiaro e definito del saggio, dell'intellettuale che, pur sbalordito, sviluppa «un procedimento di analisi e spiegazione strettamente razionale di origine celeste». Qui, come è nella concezione cattolica, l'uomo collabora con Dio: l'angelo computa con le dita l'inizio del Vangelo riassumendo la stirpe divina di Cristo che discende da Davide; in questo modo il messaggio risulta più chiaro e allineato alle concezioni sull'ispirazione divina dettate dal Concilio di Trento del 1546.
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### Titolo: Satana punisce Giobbe con piaghe infuocate. ### Introduzione: Satana punisce Giobbe con piaghe infuocate è un dipinto a tempera (32,6x43,2 cm) realizzato nel 1826 dal pittore William Blake. È conservato nella Tate Britain di Londra. ### Descrizione. Il quadro raffigura Satana che versa su Giobbe un liquido che gli ricopre la pelle di piaghe dalla pianta dei piedi fino alla punta dei capelli. Il corpo muscoloso di Satana ricorda gli ignudi michelangioleschi.
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### Titolo: La barca durante l'inondazione a Port-Marly. ### Introduzione: La barca durante l'inondazione a Port-Marly (La barque pendant l'inondation, Port-Marly) è un dipinto del pittore inglese Alfred Sisley, realizzato nel 1876 e conservato presso il museo d'Orsay di Parigi. ### Descrizione. Nel 1874 Sisley si ritirò a Marly-le-Roi, pittoresco villaggio sulle rive della Senna dove visse una delle fasi più intense della sua vicenda pittorica. Nella primavera del 1874 proprio Marly fu falcidiata da un devastante nubifragio, a causa del quale i flutti della Senna ruppero gli argini e inghiottirono l'intero villaggio. Sisley, pittore vivamente interessato al plein air, non se lo fece ripetere due volte e subito fissò il ricordo di questa calamità naturale in sei dipinti: notevoli le versioni oggi esposte al museo di Belle Arti di Rouen e al museo d'Orsay di Parigi. Questa seconda è più famosa rispetto alla prima e perciò di essa tratteremo: d'altra parte le due opere differiscono solo per pochi,. ininfluenti particolari.Sisley, seguendo la lezione di Daubigny e di Corot, in quest'opera incentra il suo interesse sul trattamento atmosferico del cielo e degli specchi d’acqua. Il vero protagonista de L'inondazione a Port-Marly, infatti, è proprio l'acqua, che non più contenuta dagli argini della Senna ora occupa le strade: si tratta di uno scenario senza dubbio inconsueto, e dove prima passeggiavano gli abitanti di Marly ora sono ormeggiate alcune barche. Sopra di esse vi sono alcuni uomini che, dopo lo scampato pericolo, cercano di tornare lentamente alla vita e alle normali abitudini. La presenza di queste esili figure nere sulle imbarcazioni rammentano all'osservatore di stare davanti a uno scenario di vita quotidiana scosso da «un'invasione devastatrice e l'irresistibile sostituzione temporanea di un'espressione nuova, imprevista, enigmatica, inquietante, all'aspetto conosciuto, consueto, familiare, delle cose» (Paul Jamot).Ma torniamo a parlare dello specchio d'acqua: se notoriamente le acque esondate dai fiumi sono fangose e mezze imputridite, Sisley le fa invece vibrare da una fantasmagoria di riflessi colorati. Si perde dunque ogni contingenza con il reale: il pittore non vive la catastrofe naturale in tutta la sua potente drammaticità, bensì la considera alla stregua di un mero pretesto pittorico. Un artista romantico, ad esempio, avrebbe rappresentato l'inondazione a Port-Marly nella sua fenomenologia più ruggente e soverchiatrice: Sisley, invece, preferisce rimandare a un ideale di tranquillità e di calma sospesa. Questa poetica pacatezza viene accentuata dalla compenetrazione tra l'elemento celeste e quello acquatico, che sembrano fondersi in un precario equilibrio tra la realtà e l'immaginazione. L'abbondante massa d'acqua, inoltre, è leggermente increspata dal vento ed è solcata da mutevoli iridescenze azzurre, rosa e gialle. «C'era nella sua pittura più fascino che energia» avrebbe scritto Mirbeau di Sisley nel 1892 «una grazia innata, qualcosa di riservato, attraente, non esibito, la cui finezza era viva, dava all'inespresso una poesia talora squisita».L'edificio a sinistra, rappresentante la casa di un mercante di vino, è stato dipinto in un angolo per lasciare spazio al cielo che viene dipinto con il celeste e il bianco per rappresentare la presenza delle nuvole. infine, troviamo una cortina di alberi, la quale agisce come elemento di raccordo tra l'acqua in primo piano e il fondale atmosferico, ingombro di vaporosi stratocumuli bianchi (che, nel caso della versione di Rouen, diventano rabbiose nuvolaglie gravide di tempesta). Dal punto di vista tecnico, invece, Sisley orchestra un'armoniosa sinfonia di grigi, azzurri, rosa, gialli e pallidi bruni: talvolta egli non esita a diluire questi colori, così da esaltare la trasparenza dell'acqua e da inondare l'intera composizione di una luminosità diffusa, nonostante il tempo tutt'altro che soleggiato. Alla massiccia mole dell'edificio di sinistra, inoltre, Sisley contrappone la fluida libertà dell'acqua, elemento fluttuante e in continuo divenire. Il colore, infine, viene depositato sulla tela con pennellate a tocchi brevi e orizzontali.
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### Titolo: Autoritratto con amici a Mantova. ### Introduzione: Autoritratto con amici a Mantova è un dipinto a olio su tela (77,5x161 cm) realizzato tra il 1602 ed il 1606 dal pittore Pieter Paul Rubens. È conservato nel Wallraf-Richartz Museum di Colonia. Questo quadro è il primo autoritratto conosciuto di Rubens. Si tratta di un ritratto di amicizia che raffigura un incontro informale di amici, un genere popolare nel XVI e XVII secolo. In particolare è un ritratto di una cerchia di compagni o amici stoici. ### Descrizione. Il dipinto raffigura sei uomini di profilo o semi-profilo davanti a un paesaggio marino immerso in una luce innaturale. Sul lago si intravede una chiatta o una gondola. Da destra a sinistra, mostra il filosofo fiammingo Justus Lipsius, Rubens stesso, suo fratello Filippo Rubens, lo scienziato italiano Galileo Galilei, Juan Batiste Perez de Baron (o Nicolaas Rockox) e Guillaume Richardot (tutti e tre allievi di Lipsius);. Il legame comune tra tutti questi personaggi è che erano tutti legati alla filosofia neo-stoica di Lipsius.

Collection of painting descriptions from Italian Wikipedia (April 2024)

Raccolta di descrizioni di dipinti da Wikipedia italiana (aprile 2024)

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