text
stringlengths
301
4.76M
Biografia Fratello del pittore Paul Dougherty (1877-1947), Walter Hampden fece il suo apprendistato come attore teatrale in Inghilterra per sei anni, rientrando quindi negli Stati Uniti nei primi anni del Novecento, diventando uno dei più acclamati attori di Broadway. Eccellente interprete del repertorio shakespeariano, Hampden ne portò ripetutamente sulle scene i personaggi più noti, da Amleto, a Otello ed Enrico V, ma ottenne il suo maggior trionfo sul palcoscenico grazie al ruolo di Cyrano de Bergerac, nato dalla penna di Edmond Rostand, personaggio che interpretò in innumerevoli allestimenti teatrali in un arco di tempo compreso tra il 1923 e il 1936. Nominato direttore del Colonial Theatre di Broadway nel 1925, Hampden aveva già interpretato alcuni film muti ma la sua carriera sul grande schermo non ebbe inizio che nel 1939, quando, già sessantenne, gli venne offerto il ruolo dell'Arcivescovo di Parigi (fratello del giudice Frollo) nella versione cinematografica di Notre Dame (1939) di William Dieterle, accanto a Charles Laughton. Pur continuando a rimanere un protagonista assoluto delle scene teatrali americane, l'attore ottenne successivamente altri ruoli cinematografici da caratterista in film come Paradiso proibito (1940) di Anatole Litvak, Giubbe rosse (1940) di Cecil B. DeMille, La storia del generale Custer (1942) di Michael Curtiz, Vento selvaggio (1942), ancora diretto da DeMille, e Il pilota del Mississippi (1944), in cui interpretò il ruolo di Jervis Langdon. Nel 1950 apparve in un ruolo minore ma significativo nel film Eva contro Eva (1950) di Joseph L. Mankiewicz, nelle vesti del veterano attore di teatro che, nell'incipit della pellicola, consegna il premio Sarah Siddons a Eve Harrington (Anne Baxter), dando il via alla trama del film. Successivamente prese parte al film di spionaggio Operazione Cicero (1952), nel ruolo di Sir Frederic Taylor accanto a James Mason, e alla celebre commedia Sabrina (1954) di Billy Wilder, nei panni dell'anziano e autorevole Oliver Larrabee, padre dei protagonisti Linus (Humphrey Bogart) e David (William Holden), entrambi impegnati a contendersi l'amore di Sabrina Fairchild (Audrey Hepburn). Hampden diede un'interpretazione vivace e gustosa del vecchio milionario impertinente, che fuma il sigaro di nascosto dalla moglie e tenta di bere un Martini eludendo la sorveglianza dell'inflessibile consorte. Nello stesso anno interpretò il personaggio di Giuseppe d'Arimatea nel kolossal Il calice d'argento (1954), film d'esordio sugli schermi di Paul Newman. Senza mai abbandonare la propria prestigiosa carriera teatrale, Hampden ebbe modo di prestare il suo talento anche alla radio, ove riprese il ruolo di Cyrano de Bergerac nell'adattamento radiofonico Great Scenes from Great Plays, trasmesso nella stagione 1948-1949, e interpretò inoltre la serie The Adventures of Leonidas Whiterhall. Per il piccolo schermo, l'attore si produsse in numerosi drammi televisivi, debuttando nel 1949 e interpretando per la prima volta nella sua carriera il ruolo di Macbeth, all'età di 69 anni. L'ultima apparizione di Hampden sui palcoscenici di Broadway risale al 1953, quando interpretò il ruolo del governatore Danforth ne Il crogiuolo, celebre dramma teatrale di Arthur Miller, mentre per il grande schermo si calò ancora una volta nei panni di un severo e autorevole personaggio, quello di re Luigi XI di Francia ne Il re vagabondo (1956), omonimo adattamento dell'operetta di Rudolf Friml, che viene considerata una delle sue migliori interpretazioni. Il film uscì sugli schermi solo dopo la morte di Hampden, avvenuta a Los Angeles l'11 giugno 1955, all'età di 75 anni. Sposato dal 1905 con Mabel Moore, dalla quale ebbe due figli, per ventisette anni Walter Hampden fu presidente del Player's Club, prestigioso circolo newyorkese di artisti e intellettuali, la cui biblioteca è stata intitolata a suo nome. Filmografia The Dragon's Claw, regia di Stanner E.V. Taylor (1915) The Warfare of the Flesh, regia di Edward Warren (1917) Notre Dame (The Hunchback of Notre Dame), regia di William Dieterle (1939) Paradiso proibito (All This, and Heaven Too), regia di Anatole Litvak (1940) Giubbe rosse (North West Mounted Police), regia di Cecil B. DeMille (1940) La storia del generale Custer (They Died with Their Boots On), regia di Raoul Walsh (1941) Vento selvaggio (Reap the Wild Wind), regia di Cecil B. DeMille (1942) Il pilota del Mississippi (The Adventures of Mark Twain), regia di Irving Rapper (1944) Eva contro Eva (All About Eve), regia di Joseph L. Mankiewicz (1950) La prima legione (The First Legion), regia di Douglas Sirk (1951) Operazione Cicero (5 Fingers), regia di Joseph L. Mankiewicz (1952) Nostra Signora di Fatima (The Miracle of Our Lady of Fatima), regia di John Brahm (1952) (voce, non accreditato, non confermato) Il tesoro dei condor (Treasure of the Golden Condor), regia di Delmer Daves (1953) Sombrero, regia di Norman Foster (1953) Sabrina, regia di Billy Wilder (1954) Il calice d'argento (The Silver Chalice), regia di Victor Saville (1954) La straniera (Strange Lady in Town), regia di Mervyn LeRoy (1955) Il figliuol prodigo (The Prodigal), regia di Richard Thorpe (1955) Il re vagabondo (The Vagabond King), regia di Michael Curtiz (1956) Doppiatori italiani Nelle versioni in italiano dei suoi film, Walter Hampden è stato doppiato da: Amilcare Pettinelli in Eva contro Eva, Operazione Cicero, Il re vagabondo, Il calice d'argento Lauro Gazzolo in La storia del generale Custer, Sombrero, Sabrina Gaetano Verna in Giubbe rosse Vinicio Sofia in Notre Dame Note Altri progetti Collegamenti esterni
Il governatorato di Reval (Ревельская губерния, Revel'skaja gubernija) fu un governatorato dell'Impero russo. Chiamato come la città di Reval, oggi conosciuta come Tallinn, fu creato nel 1719 nei territori conquistati all'Impero svedese nella grande guerra del Nord. L'ex dominion dell'Estonia svedese fu formalmente ceduto alla Russia con il trattato di Nystad nel 1721. Mentre il dominio dei re di Svezia era stato liberale, con grande autonomia concessa alle classi più basse, il regime fu reso più autoritario con gli zar russi, e la servitù della gleba non fu abolita fino al 1819. Il governatorato consisteva della parte settentrionale dell'attuale Estonia, all'incirca corrispondente alle contee di Harjumaa inclusa la città di Tallinn, Lääne-Virumaa, Ida-Virumaa, Raplamaa, Järvamaa, Läänemaa e Hiiumaa. Nelle successive riorganizzazioni amministrative, il governatorato fu chiamato nel 1796 governatorato dell'Estonia (Эстляндская губерния o Ėstljandskaja gubernija). Il 12 aprile 1917 fu espanso per includere la Livonia settentrionale, per arrivare a corrispondere all'incirca all'attuale Estonia indipendente. Il governatorato di Reval e il successivo governatorato dell'Estonia fu una delle tre Province baltiche, insieme alla Livonia e alla Curlandia, nell'Impero russo. Dopo la Rivoluzione russa del 1917, la capitale Tallinn rimase sotto controllo sovietico fino al 24 febbraio 1918, quando fu dichiarata l'indipendenza dell'Estonia. Voci correlate Governatorato dell'Estonia Governatorati baltici Governatorato autonomo dell'Estonia Maapäev Reval Storia dell'Estonia
La battaglia di Ane (in olandese: Slag bij Ane) si combatté il 28 luglio 1227, nei pressi della piccola località olandese di Ane, fra le truppe del vescovo-principe di Utrecht Otto II di Lippe e quelle guidate da Rudolf II di Coevorden rafforzate dagli abitanti della Drenthe. Le truppe di Utrecht erano costituite da aristocratici bene armati; quelle della Drenthe erano costituite in gran parte da contadini equipaggiati con i soli arnesi da lavoro. Vinsero inaspettatamente questi ultimi, soprattutto a causa della migliore conoscenza del territorio. Antefatto In età medievale la città di Utrecht (Paesi Bassi) fu capitale di un potente principato ecclesiastico. Fin dall'VIII secolo i vescovi di Utrecht esercitarono il potere temporale nella città di Utrecht e nei suoi dintorni: un territorio, detto «Sticht», corrispondente all'attuale provincia di Utrecht. Tra il 1024 e il 1046 i vescovi di Utrecht ottennero dagli imperatori Corrado II ed Enrico III, come feudi anche le contee di Drenthe, Salland e Twente e le città di Groninga e Deventer. I nuovi territori non erano in continuità con quelli dello Sticht, perché vi si interponevano i territori della Ducato di Gheldria (attuale provincia della Gheldria, in lingua olandese Gelderland); furono chiamati «Oversticht» e corrispondono grosso modo alle attuali province di Drenthe e di Overijssel. Il potere dei principi-vescovi di Utrecht sullOversticht, tuttavia, rimase generalmente soltanto nominale, sia per la resistenza degli abitanti a riconoscere l'autorità vescovile, sia per una serie di vescovi deboli che si era succeduta nella diocesi Utrecht. Per esempio, uno di costoro, Hardbert, vescovo di Utrecht dal 1139 al 1150, aveva nominato i suoi fratelli Ludolf e Leffard burgravi rispettivamente di Groninga e Coevorden, dando così origine in loco a due dinastie autonome da Utrecht e rivali fra di loro. Nel 1215 venne nominato vescovo di Utrecht Otto II. Nato in una famiglia aristocratica della Vestfalia da cui erano usciti guerrieri ed ecclesiastici, già prevosto del duomo di Utrecht, Otto II era tuttavia anche un militare di grande esperienza: dal 1217 al 1222 fu a fianco di Andrea II d'Ungheria alla Quinta crociata nel corso della quale partecipò fra l'altro all'assedio e alla presa di Damietta in Egitto (1218-1219). Ritornato in patria nel 1223, Otto II si impegnò a ripristinare anche con la forza l'autorità di Utrecht sui territori della diocesi. Pertanto, con una serie di azioni militari, dapprima sottomise i territori del Veluwe e del Salland che si erano resi autonomi dalla diocesi, combatté poi contro i potenti conti di Holland e di Gelre (con i quali firmerà nel 1226 un trattato di pace favorevole anche grazie all'appoggio del legato pontificio Corrado di Urach), e infine decise di sottomettere i ribelli dellOversticht restii a riconoscere l'autorità di Utrecht, preparando una spedizione contro il castellano di Coevorden Rudolf II. Nell'estate del 1227 Otto II decise di conquistare il castello di Coevorden, approfittando della lontananza del castellano Rudolf, impegnato nell'assedio di Groninga retta dal prefetto Egbert parente peraltro dello stesso Rudolf perché discendente anch'egli dal vescovo Hardbert. Con la promessa di indulgenze e di un ricco bottino, il vescovo di Utrecht radunò nei pressi della cittadina di Ommen un esercito in cui militavano numerosi uomini d'arme, tra i quali i conti d'Olanda, di Gheldria, di Bentheim e il duca di Kleve, con l'obiettivo di distruggere Coevorden. Militavano nel campo del vescovo, inoltre, i nemici di Rudolf: Egbert, il prefetto di Groninga, e i Frisoni, che temevano soprattutto la concorrenza commerciale di Coevorden. Rudolf poteva contare soltanto sul suo piccolo esercito, sull'appoggio dei Gelkinge, un'importante famiglia di commercianti di Groninga avversaria di Egbert, e sul sostegno dei contadini della Drenthe, i quali temevano il ritorno del dominio dei principi-vescovi di Utrecht per ragioni non chiare, probabilmente perché temevano il ripristino delle decime. Sulla carta lo scontro sembrava impari: l'esercito del vescovo di Utrecht era molto numeroso, composto da guerrieri di professione bene armati, forte soprattutto di circa 500 esperti cavalieri; l'esercito del castellano di Coevorden era costituito da pochi soldati professionisti, soprattutto arcieri, da qualche cittadino di Groninga appartenente alla famiglia Gelkinge, e da contadini della Drenthe, di ambo i sessi, armati degli attrezzi da lavoro (zappe, falci, roncole, asce). Svolgimento Conosciamo l'andamento della guerra attraverso Quedam narracio de Groninghe, una cronaca scritta probabilmente da uno dei partecipanti allo scontro dalla parte del vescovo. Avvisato della marcia dell'esercito di Otto II verso il castello di Coevorden, Rudolf interruppe l'assedio di Groninga e, con una marcia a tappe forzate, guidò i suoi uomini verso sud. Strada facendo, le file del piccolo esercito di Rudolf si infoltirono con gli abitanti dei villaggi della Drenthe. Le truppe della Drenthe intercettarono infine quelle di Utrecht nei pressi di Ane. Non è nota con certezza la sede dello scontro. Alcuni ritengono sia avvenuto un po' più a nord di Ane, laddove qualche anno dopo venne eretto il monastero cistiercense di Mariënkamp. Secondo la Narracio, Rudolf riuscì ad attirare i suoi avversari in una «zona paludosa di oltre mezzo miglio di larghezza, senza alberi o cespugli»; in base a queste indicazioni, la sede fu identificata con una località paludosa, a nord-est di Ane, chiamata Mommenryte. Lo scontro avvenne in ogni modo in una località che le truppe del vescovo non conoscevano, nella quale invece contadini della Drenthe si muovevano agevolmente. Descrive la Narracio: Nelle file dei militari di Utrecht fu una strage. Circa 400 cavalieri furono uccisi e numerosi altri, fra cui il conte di Gheldria, fatti prigionieri. Lo stesso vescovo di Utrecht fu ucciso dopo essere stato mutilato orribilmente: i contadini, «immaginando essi che il suo sagro carattere fosse attaccato alla tonsura, gliela strapparono colla cute, per non essere riputati sacrileghi nel dargli la morte». Conseguenze La sconfitta dei guerrieri di professione da parte di contadini male armati suscitò grande impressione in tutta Europa. Papa Gregorio IX bandì una specie di crociata contro gli abitanti della Drenthe promettendo l'indulgenza plenaria a chiunque vi avesse partecipato; nominò poi vescovo di Utrecht il vescovo di Paderborn Vilbrando di Oldenburg, anch'egli esperto militare per aver partecipato alla Quinta crociata. Il nuovo vescovo intraprese alcune spedizioni militari nell'Oversticht con l'aiuto dei Frisoni, ma con scarsi risultati; riuscì a vendicare la morte del suo predecessore mettendo a morte Rudolf II di Coevorden, dopo averlo catturato a tradimento e averlo fatto torturare. Dopo la morte di Vilbrando (1233) il successivo vescovo di Utrecht, Otto di Holland, trovò una soluzione pacifica: diede autonomia agli abitanti della Drenthe in cambio dell'edificazione di un convento cisterciense ad Ane a ricordo di Otto II: il convento Mariënkamp (Santa Maria in Campo). Il luogo si rivelò tuttavia poco adatto, per cui nel 1258 il convento fu trasferito da Ane in una nuova località, attorno alla quale nei secoli successivi si sviluppò Assen, l'attuale capoluogo di provincia della Drenthe. A ricordo della battaglia, nel 1967 ad Ane fu eretto un monumento sul quale è scritto in Drents, il dialetto della Drenthe: "Slag bi'j Aone, 28 juli 1227, zie vocht'n ok veur oenze vri'jheid" ("Battaglia di Ane, 28 luglio 1227, Essi combatterono anche per la nostra libertà") Note Bibliografia Altri progetti Collegamenti esterni Guerra nel 1227 Ane Hardenberg
Biografia Ebrea aschenazita, Biermann nacque l'8 marzo 1898 a Goch, una città della Renania Settentrionale, da una famiglia aschenazita benestante; suo padre Alfons possedeva una fabbrica di pellame ereditata dal padre Wolfgang, sua madre era Julie Geck. Nel 1920 Aenne sposò Herbert Joseph Biermann, un facoltoso mercante tessile di Goch. La coppia ebbe due figli: nel 1921 una figlia di nome Helga e nel 1923 un figlio di nome Gershon. Aenne morì di una patologia epatica nel 1933 a Gera. Carriera Biermann fu una fotografa autodidatta. I suoi primi soggetti furono i suoi figli Helga e Gershon. La maggioranza dei suoi lavori fu scattata tra il 1925 e il 1933. Appassionata mineralogista dilettante, fu attraverso la sua collezione di rocce che nel 1926 incontrò il geologo Rudolf Hundt, che le commissionò nel 1927 un servizio fotografico dei propri esemplari. Le fotografie di minerali di Aenne Biermann l'hanno portata a diventare una delle maggiori esponenti della Nuova oggettività, importante movimento artistico della Repubblica di Weimar. Le sue opere ricevettero notorietà internazionale alla fine degli anni '20, un periodo in cui figuravano in ogni importante mostra fotografica della Germania. Tra le più importanti, il Munich Kunstkabinett, il Deutscher Werkbund e la mostra al Folkwang Museum nel 1929. Altre esibizioni significative comprendono Das Lichtbild tenuta a Monaco nel 1930 e la mostra al Palazzo delle Belle Arti di Bruxelles nel 1931. Riconoscimenti Dal 1992 il Museo di Gera organizza un concorso annuale, il Aenee Biermann Prize for Contemporary German Photography, considerato uno dei più importanti eventi nel campo in Germania. Note Altri progetti Collegamenti esterni Ebrei tedeschi
Il Komlói Bányász Sport Klub è una società calcistica ungherese della città di Komló, fondata nel 1922. Milita nella Nemzeti Bajnokság III, la terza divisione del calcio ungherese. Vanta come miglior risultato in campionato un quarto posto ottenuto in massima serie nel 1963. Ha disputato due finali di Coppa d'Ungheria, nel 1970 e nel 1973-74, perdendo in entrambe le occasioni - 3-2 contro l'Újpesti Dózsa la prima volta, 3-1 contro il Ferencvárosi TC quattro anni dopo. Nonostante le mancate vittorie all'ultimo atto della manifestazione, ha partecipato alla Coppa delle Coppe 1971-1972 occupando il posto dell'Újpesti Dózsa, impegnato come campione nazionale in Coppa dei Campioni. Nei sedicesimi di finale del torneo europeo ha incontrato gli jugoslavi della Stella Rossa, che hanno avuto la meglio nel doppio confronto con un 4-8 totale (2-7 in Ungheria, vittoria ungherese per 2-1 in Jugoslavia). In grassetto le partite casalinghe Palmarès Competizioni nazionali 1957, 1960-1961 Altri piazzamenti Finalista: 1970, 1973-1974 Semifinalista: 1979-1980 Secondo posto: 1978-1979 Terzo posto: 1973-1974 Collegamenti esterni Società calcistiche ungheresi
Il Teatro Comunale ex Accademia dei Georgofili Accalorati è un teatro situato a San Casciano dei Bagni. Descrizione In questo importante e attivo centro della Valdichiana già sul finire del '700 era attiva l'Accademia dei Georgofili Accalorati che aveva realizzato un teatro prima del 1785. A quella data infatti risale una supplica dell'Accademia al Granduca Pietro Leopoldo per poter conservare il proprio teatro che, in base a disposizioni emanate dal governo lorenese, doveva essere chiuso. Il teatro subì profonde trasformazioni fra il 1936-37 quando venne adattato a sede della locale Casa del Fascio. In quell'occasione, su progetto dell'architetto Alfredo Corradini, la sua disposizione venne capovolta e fu creata una nuova galleria sul lato opposto a quella originaria. Dopo la guerra, al piano superiore, ha ospitato le sedi di partiti politici e dell'"Artigianato senese". Prima della sua chiusura per inagibilità, il teatro è stato utilizzato come cinematografo (fino al 1979) e come sala prove per la locale Filarmonica (fino al 1983). Dopo un opportuno e consistente restauro, su progetto dell'architetto Giampiero Chiucini, il teatro ha ripreso la sua attività nel 1999 proponendosi come uno spazio ideale per piccoli spettacoli e iniziative pubbliche. Voci correlate San Casciano dei Bagni Teatri della Toscana Altri progetti Collegamenti esterni San Casciano dei Bagni Comunale ex Accademia dei Georgofili Accalorati
Biografia Nacque vicino a Cremona in una famiglia di negozianti e frequentò il ginnasio al collegio Marco Gerolamo Vida. A tredici anni entrò in seminario a Cremona compiendo gli studi liceali e teologici. Venne ordinato sacerdote il 21 maggio 1910 dal vescovo Geremia Bonomelli e fu inviato come vicario cooperatore nella parrocchia di Corte de' Cortesi con Cignone. Allo scoppio della prima guerra mondiale fu chiamato alle armi come cappellano militare, inviato a Nervi e successivamente a Creta. Al termine del conflitto tornò in diocesi a Cremona come vicario nella parrocchia di San Michele Arcangelo a Castelverde e insegnante di lettere in seminario. Nel 1919 nominato assistente diocesano della Gioventù maschile di azione cattolica e nel 1921 segretario dell'Ufficio missionario diocesano oltre che assistente diocesano della Gioventù femminile. Nel 1922 si laureò in Scienze sociali e nel 1924 il vescovo Giovanni Cazzani lo nominò assistente diocesano della Unione donne di A.C.I. (UDACI). Nel 1928 fondò l'Istituto secolare delle Oblate di Nostra Signora del Sacro Cuore. Nel 1930 fu nominato a Roma da papa Pio XI, assistente centrale dell'Unione donne di A.C.I., in sostituzione di monsignor Giuseppe Nogara eletto arcivescovo di Udine e nel 1932 prelato domestico del pontefice. Il 10 marzo 1947 papa Pio XII lo elesse vescovo titolare di Memfi e vescovo ausiliare della diocesi di Cremona. Venne consacrato nel duomo di Cremona il 25 maggio 1947 dall'arcivescovo Giovanni Cazzani. Il 27 dicembre 1952 il pontefice lo nominò vescovo di Fidenza dove fece l'ingresso solenne il 29 marzo 1953 partendo da Cremona e facendo tappa nella parrocchia di Croce Santo Spirito, nel comune di Castelvetro Piacentino, prima parrocchia fidentina sul confine tra le due vicine diocesi. Episcopato a Fidenza Devoto a Maria, per il proprio episcopato scelse come motto «Ipsam sequens non devias» tratto dalla preghiera a Maria di San Bernardo di Chiaravalle, che significa Seguendo Lei non sbagli strada. Nel suo stemma episcopale una stella d'oro rappresenta la Madonna, stella del mare, una ruota in campo verde fa riferimento al proprio cognome, Rota, ed è anche la ruota del comando con cui il pilota governa la propria nave. Durante il suo breve episcopato completò una prima visita pastorale della diocesi, iniziata il 7 novembre 1953 alla parrocchia della Cattedrale, terminandola il 15 marzo 1956 con la parrocchia di Bersano. Celebrò solennemente il primo centenario della terza invenzione delle ossa del corpo del patrono San Donnino, trasportandole dalla cripta alla navata centrale della Cattedrale di Fidenza dal 29 settembre 1953 al 9 ottobre, giorno in cui si celebra la ricorrenza del santo protettore della città e della diocesi. Durante la solennità di Cristo Re del 1955 indisse il Sinodo diocesano che si celebrò dall'11 al 13 settembre 1956 e fece tenere una Missione dalla Pro Civitate Christiana dal 19 al 30 settembre dello stesso anno. Nel decimo anniversario della sua consacrazione episcopale fu annoverato dal pontefice tra i vescovi assistenti al Soglio Pontificio. Iniziò una seconda visita pastorale il 20 aprile 1959 che però non portò a termine. Nell'anno del suo 50º anniversario dell'ordinazione volle svolgere il VII Congresso eucaristico diocesano che ebbe luogo dal 1º all'8 maggio 1960. Proprio al termine del congresso ebbe i primi segnali della malattia che nonostante un intervento chirurgico subito il 17 ottobre all'Istituto Piccole figlie di Parma ne causò la morte. Spirò alle 10.57 del 31 dicembre 1960. Le esequie solenni si svolsero il 3 gennaio 1961 nella Cattedrale di Fidenza e le spoglie furono traslate nel Duomo di Cremona dove fu sepolto nella cripta. Nel periodo in cui resse la diocesi di Fidenza ne affrontò anche i problemi economici, ereditati dal dopoguerra, e si preoccupò di completare l'edificazione del seminario che era in fase di costruzione dopo la distruzione causata dagli eventi bellici. Volle che il periodico diocesano Il Risveglio tornasse ad una cadenza settimanale. Eresse due nuove parrocchie: Santa Maria Assunta il 3 settembre 1954 e Santa Maria Ausiliatrice al Poggio il 22 maggio 1959, entrambe nel territorio di Salsomaggiore Terme, città che dal dopoguerra stava subendo una notevole espansione urbanistica. Ricostruì inoltre le parrocchie di San Vittore e Bersano avviando anche un restauro della chiesa Cattedrale. Non mancò di redigere ogni anno una lettera pastorale. Dopo la prima inviata "al clero e al popolo" il 7 marzo 1953, quando ancora si trovava a Cremona prima dell'ingresso solenne nella sua diocesi, proseguì con la lettera titolata L'uomo immagine viva di Dio (1954), a cui seguirono: Voi in me e io in voi (1955); Di parrocchia in parrocchia (1956); Dio vuol amare col cuore degli uomini (1957); La vittoria sul mondo è la nostra fede (1958); La famiglia di Gesù e le nostre famiglie (1959); La Messa e la Comunione (1960). Genealogia episcopale e successione apostolica La genealogia episcopale è: Cardinale Scipione Rebiba Cardinale Giulio Antonio Santori Cardinale Girolamo Bernerio, O.P. Arcivescovo Galeazzo Sanvitale Cardinale Ludovico Ludovisi Cardinale Luigi Caetani Cardinale Ulderico Carpegna Cardinale Paluzzo Paluzzi Altieri degli Albertoni Papa Benedetto XIII Papa Benedetto XIV Papa Clemente XIII Cardinale Marcantonio Colonna Cardinale Giacinto Sigismondo Gerdil, B. Cardinale Giulio Maria della Somaglia Cardinale Carlo Odescalchi, S.I. Cardinale Costantino Patrizi Naro Cardinale Lucido Maria Parocchi Cardinale Agostino Gaetano Riboldi Vescovo Francesco Ciceri Arcivescovo Giovanni Cazzani Vescovo Paolo Rota La successione apostolica è: Vescovo Ferdinando Guercilena, P.I.M.E. (1950) Bibliografia Collegamenti esterni Vescovi di Fidenza
Carriera Los Angeles Rams Rozeboom firmò con i Los Angeles Rams dopo non essere stato scelto nel Draft NFL 2020. Fu svincolato il 5 settembre 2020 e rifirmò il giorno successivo con la squadra di allenamento. Il 18 gennaio 2021 firmò un nuovo contratto con i Rams. Fu svincolato il 31 agosto 2021 alla fine del training camp. Kansas City Chiefs Rozeboom firmò con la squadra di allenamento dei Kansas City Chiefs il 1º settembre 2021. Fu promosso nel roster attivo il 24 ottobre 2021, per la gara della settimana 7 contro i Tennessee Titans e fece il suo debutto nella NFL giocando principalmente negli special team. Nella partita fece registrare un tackle. Los Angeles Rams Il 2 novembre 2021, Rozeboom rifirmò con i Los Angeles Rams. Concluse la stagione regolare con 10 presenze, una con i Chiefs e nove con i Rams. Il 13 febbraio 2022 scese in campo da subentrato nel Super Bowl LVI dove i Rams batterono i Cincinnati Bengals 23-20. Palmarès Los Angeles Rams: LVI National Football Conference Championship: 1 Los Angeles Rams: 2021 Note Collegamenti esterni Statistiche su NFL.com
La Lincoln MKC è un'autovettura crossover mid-size di lusso prodotta dalla Lincoln dal 2014 al 2019. Descrizione La vettura è stata anticipata dalla concept car al Salone di Los Angeles del 2013, con il modello di produzione che è stato messo in vendita a partire da giugno 2014. La MKC è costruita sulla piattaforma Ford Global C, condivisa con la Ford Escape e Kuga. Viene assemblata nello stabilimento di Louisville. Lo schema tecnico segue la filosofia tuttoavanti, con motore traversale e trazione anteriore con al possibilità di avere la trazione integrale. Nel 2016, Lincoln ha sostituito il precedente sistema di infotainment chiamato MyLincoln Touch con il sistema Ford SYNC 3. Nel 2017, al sistema multimediale sono stati aggiunti la compatibilità con Apple CarPlay e Android Auto e sono stati resi di serie su tutte le versioni il portellone elettrico e il freno di stazionamento automatico. Nel 2018, Lincoln ha aggiunto l'accesso ad internet per il sistema di infotaiment. A metà dello stesso anno, la MKC ha ricevuto un più corposo aggiornamento, con l'introduzione della nuova griglia frontale rettangolare come sulle altre vetture contemporanee del costruttore in luogo della precedente che adottava una griglia divisa in due parti con al centro il logo della Lincoln. Motori I motore disponibili, entrambi a benzina, sono due EcoBoost a 4 cilindri: un 2,0 litri che eroga 245 CV e 373 Nm di coppia e un 2,3 litri che eroga 285 CV 414 Nm. La trasmissione è affidata a un cambio automatico a 6 velocità. Note Altri progetti Collegamenti esterni MKC
Il SIAT 223 Flamingo, successivamente MBB 223 Flamingo, era un monomotore da addestramento ad ala bassa progettato ed inizialmente commercializzato dall'azienda tedesca Siebel Flugzeugwerke-ATG (SIAT) dalla fine degli anni sessanta, poi, una volta acquisita negli anni settanta, dalla Messerschmitt-Bölkow-Blohm GmbH (MBB) che lo produsse fino al 1986. Destinato al mercato delle scuole d'addestramento civile venne impiegato anche in ambito militare nelle unità di addestramento dell'aeronautica militare siriana e turca. Il Flamingo, oltre ad essere prodotto nel territorio nazionale in 29 esemplari venne realizzato anche all'estero su licenza, in Spagna dal 1972 al 1976 negli stabilimenti della Construcciones Aeronáuticas S.A. (CASA) con la designazione CASA C-223 Flamingo in 50 esemplari destinati al mercato interno, ed in Svizzera dalla Farner Werke AG, che lo realizzò in 19 esemplari. Storia Sviluppo Nei primi anni sessanta, nell'allora Germania Ovest, venne emessa dal Bundesministerium für Wirtschaft (Ministero Federale dell'Economia) una specifica per la fornitura di un nuovo velivolo da destinare alle scuole di volo civili. Tra le altre aziende partecipò anche la SIAT, nata dalla fusione della Siebel Flugzeugwerke con la ATG Maschinen GmbH (ex Allgemeine Transport Anlagen GmbH), ritornate entrambe alla produzione aeronautica dopo le limitazioni imposte dalla sconfitta della Germania nazista alla fine della seconda guerra mondiale. Come in altre simili realtà la rinascita della produzione nazionale era affidata alla rielaborazione in chiave della disposizione di nuove tecnologie applicate a progetti realizzati in periodo bellico. In questo caso il progenitore fu il Siebel Si 202 Hummel del 1938 che, attraverso il Siebel Si 222 Super Hummel della metà degli anni cinquanta, diventato poi per le rielaborazioni societarie SIAT 222, che venne presentato per partecipare al concorso. Un ulteriore sviluppo del velivolo sfociò nel SIAT 223, presentato nel 1966 all'Air Show di Hannover come mockup ed il cui prototipo venne portato in volo per la prima volta il 1º marzo 1967. I successivi 4 esemplari di preserie furono destinati alle compagnie aeree svizzera Swissair e tedesca Lufthansa per il collaudo in condizioni operative con l'opzione per poter stipulare un contratto di fornitura mentre continuava la promozione dell'azienda nelle varie mostre e manifestazioni aeree nazionali ed internazionali. Alla fine del periodo di valutazione solo la compagnia svizzera stipulò un contratto mentre la Lufthansa preferì orientarsi su altri prodotti. Impiego operativo Civile Oltre che alle scuole di volo degli Aeroclub tedeschi 10 esemplari vennero acquistati dalla compagnia aerea svizzera Swissair sia per l'addestramento dei propri piloti a questo tipo di velivolo che per gli spostamenti di servizio. Militare Vi fu anche un interessamento militare da parte dei governi siriano e turco per l'acquisizione di esemplari da destinare alle scuole di volo per l'addestramento basico dei futuri piloti. La prima stipulò un contratto per la fornitura di 40 esemplari destinati alla Al-Quwwat al-Jawwiyya al-'Arabiyya al-Suriyya , alcuni dei quali risultano ancora operativi con i 3 e 4 FTS (squadroni di addestramento al volo) presso le basi aeree di Rasin El Aboud (3 FTS) e Minakh (4 FTS) . I 15 esemplari acquistati dalla Turchia e destinati alla Türk Hava Kuvvetleri risultano attualmente radiati o non in condizioni di volo. Descrizione tecnica Il Flamingo è un velivolo di impostazione classica per il suo ruolo, monoplano monomotore ad ala bassa e carrello triciclo fisso. La fusoliera presentava un abitacolo chiuso che, a seconda delle versioni, poteva contenere da uno a quattro persone, pilota compreso, sotto un tettuccio a bolla apribile a scorrimento che consentiva un'ampia visibilità. Posteriormente terminava in un impennaggio classico monoderiva con piani orizzontali montati a sbalzo. L'ala, a pianta rettangolare, era montata bassa ed a sbalzo e conteneva le gambe di forza degli elementi posteriori del carrello d'atterraggio, un triciclo anteriore fisso, il cui terzo elemento era posto sotto il cofano motore. La propulsione era affidata al motore di produzione statunitense Lycoming IO-360, versione evoluta dell'originale O-360, capace di erogare una potenza pari a 200 hp (149 kW). L'IO-360 manteneva la configurazione a 4 cilindri contrapposti, raffreddati ad aria ma acquisendo un impianto di iniezione elettronica. In seguito venne adottata anche la sua variante turbocompressa TO-360. Benché alcune versioni avessero in seguito adottato altre motorizzazioni, normalmente i propulsori erano abbinati ad un'elica bipala a passo variabile con l'eccezione del 223-M4, motorizzato Porsche, che ne adottava una tripala. Varianti 223A-1 Flamingo Trainer A1 versione base biposto o quadriposto da addestramento, equipaggiata con un Avco Lycoming IO-360 da 200 hp (149 kW). 223K-1 Flamingo Trainer K1 versione acrobatica monoposto, equipaggiata con un Avco Lycoming IO-360 da 200 hp (149 kW). 223T-1 Flamingo Trainer T1 versione equipaggiata con un Avco Lycoming TO-360-C1A6D, versione sovralimentata tramite turbocompressore dell'originario IO-360 capace di erogare 210 hp (157 kW), realizzata in un solo esemplare. 223-M4 223T-1 Flamingo Trainer T1 equipaggiato successivamente con un motore Porsche PFM 3200, conversione triposto realizzata dall'azienda svizzera Farner Werke AG nel 1979 e realizzato in un solo esemplare. Utilizzatori Civili Swissair Militari Al-Quwwat al-Jawwiyya al-'Arabiyya al-Suriyya opera con 35 esemplari prodotti dalla MBB nelle proprie scuole di volo. Türk Hava Kuvvetleri operarò con un numero imprecisato di esemplari prodotti dalla MBB nelle proprie scuole di volo. Esemplari attualmente esistenti Al 2009 risultano essere ancora oltre una decina gli esemplari in condizioni di volo, otto in Germania, uno in Svizzera ed alcuni in Siria. Una curiosità è rappresentata dall'unico 223-M4 equipaggiato con motore Porsche PFM 3200 esposto presso il Deutsches Museum di Monaco di Baviera, in Germania. Note Bibliografia Kyrill von Gersdorff. Bölkow Sportflugzeuge, Leuchtturmverlag. ISBN 3-88064-062-9 Kyrill von Gersdorff. Ludwig Bölkow und sein Werk-Ottobrunner Innovationen. Bernard & Graefe Verlag. ISBN 3-7637-5292-7 Michael J. H. Taylor. Jane's Encyclopedia of Aviation. London: Studio Editions (1989). pp. 238, 638. Altri progetti Collegamenti esterni Aerei civili tedeschi
Biografia Dopo la laurea e la specializzazione in filosofia alla Università degli Studi di Roma "La Sapienza", si è dedicata soprattutto ad approfondire la fenomenologia di Husserl, studiando anche altri autori della scuola fenomenologica, in particolare quelli tedeschi. In tale ambito ha analizzato il pensiero delle donne filosofe che si sono formate all'interno del cosiddetto Circolo di Gottinga, tra cui Edith Stein, di cui Ales Bello è una delle più importanti specialiste, e Hedwig Conrad-Martius. Ales Bello cura l'edizione integrale per Città Nuova Editrice delle opere di Edith Stein in italiano. Ha pubblicato saggi e articoli specialistici sul pensiero fenomenologico. Già professoressa ordinaria di storia della filosofia contemporanea presso la Pontificia Università Lateranense a Roma, ha insegnato fenomenologia dell'esperienza religiosa nella Facoltà di filosofia della quale è stata decana fino al 2002; è stata professoressa invitata presso l'Università di San Paolo. È presidentessa del centro italiano di ricerche fenomenologiche, da lei fondato nel 1974 e che è associato all'istituto mondiale di fenomenologia. È membro del comitato scientifico del "centro studi femininum ingenium" (Csfi), un'associazione di promozione sociale, con sede a Pomezia che intende promuovere la valorizzazione del femminile. Riconoscimenti 2007 - Premio Empedocle, per la sezione: Filosofia e Religione nella Cultura Cristiana. 2010 - Premio alla carriera della Repubblica Islamica del Pakistan. 2012 - Premio Santa Barbara. Opere Edmund Husserl e la storia, Parma, Studium Parmense, 1971. Husserl e le scienze, Roma, La goliardica, 1980. L'oggettività come pregiudizio. Analisi di inediti husserliani sulla scienza, Roma, La goliardica, 1982. Husserl. Sul problema di Dio, Roma, Studium, 1985. ISBN 88-382-3518-X. Per una antropologia fenomenologica. Ragioni e metodo (con Domenico A. Conci), in AA. VV., Ethos e cultura. Studi in onore di Ezio Riondato, Padova, Editrice Antenore, 1991, vol. 1º, pp. 573–598. "Phenomenology as the semiotics of archaic or 'different' life experiences. Toward an analysis of the Sacred" (con Domenico A. Conci, in Phenomenology Inquiry, vol. 15, 1991, pp. 106–128. Fenomenologia dell'essere umano. Lineamenti di una filosofia al femminile, Roma, Città Nuova, 1992. Fenomenologia dei segni del sacro, in Archivio di Filosofia, n. 60, 1992, pp. 185–193. Sacro e religioso nella fenomenologia della religione, in Per la filosofia, n. 29, 1993. Fenomenologia e antropologia culturale. Il Mondo-della-vita dei primitivi, in Il Contributo, gennaio-marzo 1993, pp. 3–9. Archeologia fenomenologica del logos occidentale, in Il Contributo, luglio-settembre 1993, pp. 3–12. Culture e religioni. Una lettura fenomenologica, Roma, Città Nuova, 1997. Hyle, Body, Life: Phenomenological Archeology of the Sacre, in Analecta Husserliana, n. 57, 1998. La Potenza e il male. Archeologia fenomenologica del sacro e del religioso, in Dialegesthai. Rivista telematica di filosofia [in linea], 1999, [43 KB], ISSN 1128-5478. Teologia filosofica e hyletica fenomenologica: intersoggettività e impersonalità, in Archivio di Filosofia, n. 1-3, 2001. L'universo nella coscienza. Introduzione alla fenomenologia di Edmund Husserl, Edith Stein, Hedwig Conrad-Martius, Pisa, ETS, 2003. ISBN 88-467-0769-9. Edmund Husserl. Pensare Dio, credere in Dio, Padova, Messaggero, 2005. ISBN 88-250-1390-6. The Divine in Husserl and other explorations, Dordrecht, Springer, 2009. ISBN 978-1-4020-8910-7. Edith Stein o dell'armonia, Studium, 2009, ISBN 8838240620 Formazione e sviluppo dell'individualità di Edith Stein, Città Nuova, 2017. ISBN 978-8831196345 Note Voci correlate Fenomenologia Collegamenti esterni Centro italiano di ricerche fenomenologiche Home page
Dolanzi, già Bregnizza (in sloveno Dolanci, già Gorenja Branica) è un paese nel Carso triestino della Slovenia, frazione del comune di Comeno. La località, che si trova a 166,4 metri s.l.m., a 15,3 kilometri ad est del capoluogo comunale e a 19,4 kilometri dal confine italiano, è situata su delle colline (Vrhe) che sovrastano la sponda destra dell'alta valle del torrente Branizza, in sloveno Gornja Branica, poco più a nord dove tale torrente confluisce col torrente Rassa. Storia Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, e la parentesi del Regno ostrogoto, a seguito della Guerra gotica promossa dall'imperatore Giustiniano I il suo territorio entrò a far parte dei domini bizantini. Dopo la calata, nel 568, attraverso la Valle del Vipacco nell'Italia settentrionale dei Longobardi, seguiti poi da popolazioni slave, rimase sotto dominio bizantino (il confine tra l'Istria bizantina e il Regno longobardo era fissato su una linea poco più a nord che da Sistiana passava per Sella del Bivio). Dopo una parentesi di dominazione longobarda dal 751 ad opera del loro re Astolfo, questa parte del Carso assieme all'Istria tornò in mano bizantine dal 774. Annientati i Longobardi, Carlo Magno, re dei Franchi, nel 788 occupò anche l'Istria bizantina inglobandola nel Regnum Italiae affidato da Carlo al figlio Pipino; nell'803 venne istituita la Marchia Austriae et Italiae che comprendeva il Friuli, la Carinzia, la Carniola e l'Istria. Alla morte di Pipino nell'810, il territorio passò in mano al figlio Bernardo. Con la morte di Carlo Magno nell'814, la carica imperiale passò a Ludovico I che affidò il Regno d'Italia al suo primogenito Lotario, il quale già nell'828 (dopo aver deposto Baldrico per non aver saputo difendere le frontiere orientali dagli Slavi) divise la parte orientale del Regno, ossia la Marca Orientale (o del Friuli), in quattro contee: Verona, Friuli, Carniola e Istria (comprendente il Carso e parte della Carniola interna). Da allora le contee del Friuli e dell'Istria vennero conglobate nella nuova “marca d'Aquileia”, come parte del Regno d'Italia. In seguito al Trattato di Verdun, nell'843, il suo territorio entrò a far parte della Lotaringia in mano a Lotario I e più specificatamente dall'846 della Marca del Friuli, in mano al marchese Eberardo a cui succedettero prima il figlio Urnico e poi l'altro figlio Berengario. Cessato il dominio franco con la deposizione di Carlo il Grosso, Berengario, divenuto re d'Italia, passò il marchesato aquileiese al suo vassallo Vilfredo che venne poi nell'895 da lui nominato marchese del Friuli e dell'Istria. Nel 951 passò alla Marca di Verona e Aquileia; dopo un'iniziale sottomissione al Ducato di Baviera dal 952, nel 976 passò al Ducato di Carinzia appena costituito dall'imperatore Ottone II. Dal 1027 il suo territorio fece parte del Patriarcato di Aquileia, che da quell'anno venne proclamato da Corrado II, nella dieta di Verona, “feudo immediato dell'impero” , venendo così tolto dalla dipendenza dei duchi di Carinzia; nel 1077 il Patriarcato venne innalzato (e costituito dall'imperatore Enrico IV) a Principato ecclesiastico di Aquileia, che ebbe influenza, mediante apposito diploma emesso lo stesso anno dall'imperatore, anche sulla marca di Carniola e sulla contea dell'Istria (quest'ultima già dal 1040 avente lo status di Marchia et Comitatus Histriae, e dal 1070 ceduta dall'imperatore a Marquardo III di Eppenstein; Marquardo III, aveva sposato Edvige o Haldemud, figlia di Wilpurga e Variento, duca del Friuli e signore di Gorizia, dal quale ereditò le signorie isontine). Nel 1077 il territorio passò al Principato ecclesiastico di Aquileia e poi ai Conti di Gorizia, in quanto advocati del patriarca, che acquisirono gradualmente una larga parte di tali territori, frazionati in feudi minori fra i loro ministeriali, i veri e propri strumenti di governo comitale sul Carso e la vicina Istria. Nel 1500 passò alla Casa d’Asburgo, mentre nel 1512 entrò insieme alla Contea di Gorizia nel Circolo austriaco del Sacro Romano Impero, per poi far parte, dal 1754, della Contea di Gorizia e Gradisca. Con il trattato di Schönbrunn (1809) entrò a far parte delle Province Illiriche. Col Congresso di Vienna nel 1815 rientrò in mano austriaca nel Regno d'Illiria come frazione del comune di Gabria; passò in seguito sotto il profilo amministrativo al Litorale austriaco nel 1849 sempre come frazione del comune di Gabria al confine con la Carniola. Dopo la prima guerra mondiale fu annesso al Regno d’Italia e venne congiunto alla provincia di Gorizia. In seguito all'abolizione della stessa Provincia nel 1923, passò alla provincia del Friuli nel Circondario di Gorizia. Nel 1927 passò alla ricostituita provincia di Gorizia. Fu soggetto alla Zona d'operazioni del Litorale adriatico (OZAK) tra il settembre 1943 e il maggio 1945, e tra il giugno 1945 e il 1947, trovandosi a est della Linea Morgan, fece parte della Zona B della Venezia Giulia sotto il controllo dell'armata jugoslava ma a poca distanza dalla zona A sotto il controllo Britannico-Americano del Governo Militare Alleato (AMG); passò poi alla Jugoslavia,cioè alla Slovenia. Alture principali Goli breg, 251 m. Corsi d'acqua Torrente Branizza (Branica); Geršak Note Altri progetti Insediamenti di Comeno
28 Andromedae, indicata anche GN Andromedae nella nomenclatura delle stelle variabili, è una stella gigante bianca di magnitudine 5,22 situata nella costellazione di Andromeda. Dista 185 anni luce dal sistema solare. Osservazione Si tratta di una stella situata nell'emisfero celeste boreale; grazie alla sua posizione non fortemente boreale, può essere osservata dalla gran parte delle regioni della Terra, sebbene gli osservatori dell'emisfero nord siano più avvantaggiati. Nei pressi del circolo polare artico appare circumpolare, mentre resta sempre invisibile solo in prossimità dell'Antartide. La sua magnitudine pari a 5,2 fa sì che possa essere scorta solo con un cielo sufficientemente libero dagli effetti dell'inquinamento luminoso. Il periodo migliore per la sua osservazione nel cielo serale ricade nei mesi compresi fra settembre e febbraio; nell'emisfero nord è visibile anche per un periodo maggiore, grazie alla declinazione boreale della stella, mentre nell'emisfero sud può essere osservata solo durante i mesi della tarda primavera e inizio estate australi. Caratteristiche fisiche La stella è una gigante bianca; possiede una magnitudine assoluta di 1,45 e la sua velocità radiale negativa indica che la stella si sta avvicinando al sistema solare. Voci correlate Stelle principali della costellazione di Andromeda Collegamenti esterni Stelle di classe spettrale A Stelle di classe spettrale A7III Giganti bianche
Biografia Frankenheimer nacque nel Queens, New York, figlio di Helen Mary (Sheedy da nubile) e Walter Martin Frankenheimer, agente di cambio. Frankenheimer sostenne di avere un legame parentale con l'attrice Ally Sheedy. Il padre ebbe origini tedesche di religione ebraica, la madre era di origine irlandese cattolica, e Frankenheimer fu educato così. John Frankenheimer crebbe frequentando una scuola militare a Oakdale, La Salle Military Academy, diplomandosi nel 1947. Frequentò in seguito Inglese al Williams College, a Williamstown, Massachusetts, laureandosi nel 1951. Si avvicinò alla regia durante il servizio di leva nella United States Air Force, dove girò diversi documentari. Nel 1953 venne assunto dal network televisivo CBS, nel ruolo di assistente alla regia, per poi passare rapidamente al ruolo principale di primo regista per alcune serie televisive. Nel 1957 debuttò nel cinema dirigendo Colpevole innocente, a cui seguì un grande successo con L'uomo di Alcatraz (1962), film che ottenne quattro candidature al Premio Oscar. In Sette giorni a maggio (1964), Frankenheimer descrisse un colpo di Stato militare organizzato dal Capo di Stato maggiore statunitense (impersonato da Burt Lancaster) per impedire la firma del Presidente degli Stati Uniti di un protocollo per il disarmo nucleare, sventato grazie alla lealtà di un ufficiale (impersonato da Kirk Douglas) e al coraggio del Presidente (interpretato da Fredric March). Durante la campagna elettorale per le presidenziali statunitensi del 1968, diresse la propaganda cinematografica di Robert Kennedy. Di orientamento dichiaratamente progressista, fu militante dell'American Civil Liberties Union. Nel 1999 apparve per la prima ed unica volta nel ruolo di attore, nel film La figlia del generale, diretto da Simon West. Morì a causa di un ictus in seguito a un intervento alla colonna vertebrale. Filmografia Regista Cinema Colpevole innocente (The Young Stranger) (1957) Il giardino della violenza (The Young Savages) (1961) E il vento disperse la nebbia (All Fall Down) (1962) L'uomo di Alcatraz (Birdman of Alcatraz) (1962) Va' e uccidi (The Manchurian Candidate) (1962) Sette giorni a maggio (Seven Days in May) (1964) Il treno (The Train) (1964) Operazione diabolica (Seconds) (1966) Grand Prix (1966) L'uomo di Kiev (The Fixer) (1968) Il capitano di lungo... sorso (The Extraordinary Seaman) (1969) I temerari (The Gypsy Moths) (1969) Un uomo senza scampo (I Walk the Line) (1970) Cavalieri selvaggi (The Horsemen) (1971) Questo impossibile oggetto (Story of a Love Story) (1973) Attento sicario: Crown è in caccia (99 and 44/100% Dead) (1974) Il braccio violento della legge n. 2 (French Connection II) (1975) Black Sunday (1977) Profezia (Prophecy) (1979) L'ultima sfida (The Challenge) (1982) Il ritorno delle aquile (The Holcroft Covenant) (1985) 52 - Gioca o muori (52 Pick-Up) (1986) Dead Bang - A colpo sicuro (Dead Bang) (1989) La quarta guerra (The Fourth War) (1990) L'anno del terrore (Year of the Gun) (1991) L'isola perduta (The Island of Dr. Moreau) (1996) Ronin (1998) Trappola criminale (Reindeer Games) (2000) Televisione You Are There - serie TV, ep. 3x14 (1954) Danger - serie TV, 7 episodi (1954-1955) Climax! - serie TV, 26 episodi (1955-1956) Playhouse 90 - serie TV, 27 episodi (1956-1960) The Ninth Day - film TV (1956) Studio One - serie TV, ep. 10x41 (1958) The DuPont Show of the Month - serie TV, ep. 2x8 (1959) Startime - serie TV, ep. 1x3 (1959) Sunday Showcase - serie TV, ep. 1x1-1x28 (1959-1960) The Fifth Column - film TV (1960) The Snows of Kilimanjaro - film TV (1960) Buick-Electra Playhouse - serie TV, ep. 1x2, 1x3 (1960) The Rainmaker - film TV (1982) Riviera - film TV, accreditato come Alan Smithee (1987) I racconti della cripta (Tales from the Crypt) - serie TV, ep. 4x10 (1992) The Prison (Against the Wall) - film TV (1994) Il fuoco della resistenza - La vera storia di Chico Mendes (The Burning Season: The Chico Mendes Story) – film TV (1994) Andersonville - miniserie TV (1996) George Wallace - miniserie TV (1997) Path to War - L'altro Vietnam - film TV (2002) Attore La figlia del generale (The General's Daughter) di Simon West (1999) Note Altri progetti Collegamenti esterni Germano-statunitensi Irlando-americani Primetime Emmy alla miglior regia per una miniserie o film TV Registi cinematografici statunitensi Registi televisivi statunitensi
Il deposito locomotive di Catania è un'infrastruttura di servizio ferroviario per la sosta, la manutenzione ed il rifornimento delle locomotive ed automotrici, facente parte dei depositi locomotive delle Ferrovie dello Stato italiane; oggi è officina per il materiale rotabile di RFI. Storia Con la previsione dell'apertura al traffico della tratta tra Messina e Catania e poco tempo dopo della prima parte della Ferrovia Palermo-Catania si delineò la necessità di avere un impianto ferroviario in grado di fornire quanto occorreva per l'esercizio a vapore delle importanti direttrici di traffico commerciale inaugurate. La società concessionaria per la costruzione delle dette linee, la Società Vittorio Emanuele il 27 agosto 1863 aveva affidato la costruzione delle nuove linee ferroviarie a una società formata dai signori Parent, Schaken e C. e Salamanca subconcessa un mese dopo a un'ulteriore società in accomandita, formata dai signori Vitali, Picard, Charles e C., costituitasi l'anno prima a Parigi i cui soci accomandanti erano Parent, Schaken e C. e gli accomandatari Vitali, Picard, Charles ed Oscar Stevens. Quest'ultima società sub-appaltò ulteriormente la costruzione dei tronchi ferroviari Alcantara-Catania, Catania-Siracusa, ed i lavori della Stazione di Catania Centrale all'impresa Beltrami Gallone e C. Nel 1866 non riuscendo a portare a termine i lavori per motivi finanziari, la Società Vittorio Emanuele pose in liquidazione la Società Vitali, Picard, Charles e C. Il 29 novembre stipulava una nuova convenzione con l'Impresa Generale per la costruzione delle strade ferrate calabro-sicule per continuare i lavori relativi tra cui la costruzione di un impianto di rimessa attiguo alla stazione. Dopo il fallimento della Vittorio Emanuele l'impianto (piuttosto dimesso e di piccole dimensioni) venne preso in carico dalla Società Italiana per le strade ferrate meridionali. Fu proprio a partire dalla fine degli anni settanta del XIX secolo che, sotto l'impulso del nuovo traffico determinato dall'arrivo a Catania per ferrovia degli zolfi dell'ennese e del nisseno per la lavorazione nelle locali industrie e per la spedizione via mare dal Porto di Catania che si delineò l'importanza strategica dell'impianto che forniva le locomotive per la Ferrovia Palermo-Catania (di fatto la linea dello zolfo). Nel 1885 a seguito delle Convenzioni alla "Meridionale" subentrò la Società per le Strade Ferrate della Sicilia; mentre nel 1870 giungeva a Catania solo il 12% della produzione isolana di zolfo nel 1885, per ferrovia, ne giungevano ben 133.000 tonnellate (circa il 43% dell'intera produzione siciliana). Proprio in conseguenza dell'importanza di tale traffico merci il deposito di Catania venne potenziato e ampliato e gli furono assegnate numerose locomotive a vapore. In seguito al passaggio alle Ferrovie dello Stato Italiane gli furono assegnate numerose tra le più potenti dell'intero parco FS come le Gr.480 e le Gr.746. Le sorti del deposito di Catania hanno seguito quelle dell'economia della Sicilia orientale: la crisi dell'industria estrattiva e dello zolfo prima e quella più recente del mercato agrumario e ortofrutticolo unita a una certa politica di abbandono del trasporto merci e viaggiatori isolano da parte delle FS. Dagli anni duemila è in corso un fortissimo ridimensionamento con la prospettiva di trasferimento degli impianti dalla sede di piazza Europa, a Catania, a quella, da realizzare di Bicocca prossima alla Zona industriale di Catania e attigua al costruendo Interporto di Catania Bicocca. Sono state via via chiuse le rimesse circolari, le officine motori Diesel e automotrici lasciando attiva solo la piccola manutenzione. Strutture e impianti L'area occupata dal deposito locomotive è posta interamente sulle scogliere rocciose a nord della Stazione di Catania Centrale occupando sostanzialmente l'area costiera posta tra la piazza Galatea e la piazza Europa della città di Catania. Il suo limite ovest è costituito dalla linea ferroviaria per Messina e quello est dal mare Jonio. L'ingresso e l'uscita dei rotabili avvengono dal lato sud per mezzo del collegamento dell'ultimo deviatoio di punta del deposito ai binari di stazione. Il deposito, inizialmente per trazione a vapore, ha esteso la sua dotazione di rotabili alle automotrici intorno alla metà degli anni trenta divenendo quindi anche per trazione diesel. Nei primi anni sessanta in conseguenza dell'elettrificazione della linea Messina-Catania è divenuto anche un deposito per trazione elettrica. L'officina del deposito di Catania era particolarmente attrezzata per la manutenzione e la riparazione delle locomotive a vapore; con l'arrivo delle automotrici vennero approntati i reparti specializzati per la revisione e riparazione dei motori termici Diesel. In particolare nel secondo dopoguerra venne approntata la linea di revisione e riparazione del motore Fiat tipo 700, a carter secco, che equipaggiava le prime automotrici con motore sottocassa (RALn 60) e i locomotori da manovra 218. L'infrastruttura è costituita essenzialmente da alcune grandi strutture: al centro un grande fabbricato-officina a sette binari coperti con relative fosse di ispezione e lavoro e attrezzature e ponti per il sollevamento dei mezzi di trazione elettrici. Dal lato sud vi arrivano, all'esterno, 9 binari tronchi (tra cui i 7 che si prolungano all'interno). Dal lato del mare i binari si prolungano fino alla grande Piattaforma girevole ferroviaria da 21 m che permette l'accesso alla grande rimessa circolare concentrica da 36 sezioni coperte per rotabili a cui sono attigue le officine meccaniche diesel e a vapore. Dal lato interno, ad ovest, un piccolo fascio di binari tronchi di sosta termina contro un grande fabbricati per dormitorio e alloggi del personale d'impianto in servizio, oltre ai servizi. Ortogonale ad esse sul lato nord la palazzina degli uffici direzionali e del personale. Numerose altre costruzioni sparse soprattutto sul lato del mare servono per le scorte di combustibili e lubrificanti e per magazzini vari. Al centro dell'impianto, a lato della rimessa, fino alla fine degli anni sessanta esisteva un grande impianto di caricamento del carbone per le locomotive a vapore e le fosse da visita e per lo scarico delle scorie. Di queste non rimane più traccia dopo la cessazione della trazione a vapore. Le vecchie torri dell'acqua intorno ai primi anni ottanta sono state sostituite da un alto serbatoio in acciaio di forma a fungo. Il deposito, molto trafficato e importante, con un organico complessivo di personale assegnato di oltre 700 unità cominciò a perdere importanza in seguito alla riforma delle ferrovie iniziata alla fine degli anni ottanta: la chiusura delle linee dell'Alcantara e della Valle del Salso, la successiva riduzione progressiva dei servizi offerti sulle linee della Sicilia sud-orientale (con la rinuncia al traffico merci relativo alle aree del ragusano e del vittoriese), l'elettrificazione della Ferrovia Palermo-Catania e infine il trasferimento alla Regione Siciliana, (al 2015 ancora inadempiente riguardo all'attuazione di un piano ferroviario regionale), delle competenze relative al trasporto ferroviario locale hanno progressivamente ridotto a termini minimi l'occorrenza di locomotive diesel, di automotrici e di mezzi elettrici nonché di personale di macchina e di officina. Le officine che prima procedevano anche alle riparazioni importanti delle locomotive e delle automotrici sono state ridotte alla sola effettuazione delle piccole operazioni di manutenzione con riduzione del personale a poche decine di unità. Il programma di ristrutturazione degli impianti ferroviari, con interramento dell'intero tracciato ferroviario costiero, prevede il trasferimento proprietario tra le parti (FS e Comune di Catania) per la dismissione totale dell'impianto e il trasferimento di alcune strutture essenziali in un'area a sud della città di Catania. Al termine delle operazioni previste lo storico impianto scomparirà del tutto. Locomotive in dotazione L'impianto catanese ha, nel tempo conosciuto l'assegnazione di un grande numero e varietà di locomotive: Locomotive a vapore Locomotiva FS 410 Locomotiva FS 471 Locomotiva FS 480 Locomotiva FS 625 Locomotiva FS 685 Locomotiva FS 736 Locomotiva FS 740 Locomotiva FS 741. Locomotiva FS 744 Locomotiva FS 746. Locomotiva FS 835 Locomotiva FS 851 Locomotiva FS 896 Locomotiva FS 940 Locomotive diesel da manovra Locomotiva 214 Locomotiva 218 Locomotiva 225 Locomotiva 245 Locomotiva FS D.143 da treno Locomotiva FS D.343 Locomotiva FS D.443 Per un certo periodo sono state assegnate Locomotiva FS D.341 e Locomotiva FS D.345 Automotrici Automotrice ALn 56 Automotrice ALn 556 ALn 668.1500, 1600, 1000, 3000,,, Locomotive elettriche Locomotiva FS E.636 Altri rotabili L'impianto di Catania venne dotato a partire dalla scomparsa della trazione a vapore nei treni viaggiatori, (intorno alla fine degli anni sessanta), di carri riscaldo a vapore per fornire il riscaldamento nel periodo invernale alle carrozze viaggiatori di tipo più antico e perciò prive del REC (riscaldamento elettrico carrozze). All'inizio degli anni ottanta questi vennero sostituiti dai nuovi furgoni motogeneratori (Vrecz) essendosi verificato il problema opposto; essendo ormai tutte le carrozze provviste di REC, i locomotori D.343 e D.443, non erano in grado di alimentarle. Il deposito di Catania è stato inoltre sede di Carro soccorso di 1ª categoria per tutte le operazioni di soccorso in linea e pronto intervento tecnico per guasti o incidenti che riguardavano il settore trazione e i rotabili relativi. Note Bibliografia Salvatore Amoroso e Ettore Caliri, La linea di Vallelunga. La tormentata genesi del collegamento ferroviario tra Palermo e Catania, Palermo, Aracne, 1985. Attilio Di Iorio, Nei depositi si cambia!, in I Treni, 19 (1998), n. 190, pp. 20–25. Attilio Di Iorio, Dalla Sicilia all'Italia centrale, in I Treni 7/8 (1998), n. 195, pp. 12–17, ETR, Salò, 1998. Iacometto Iacometti, Il nuovo deposito locomotive di catania, in Rivista tecnica delle ferrovie italiane, a. 11, 22 (1922), n. 1, pp. 1-4 e tavv. 1-2. Camillo Lacchè, Le prime strade ferrate calabro-sicule, in La tecnica professionale, Lavori e costruzioni. Impianti elettrici, 39 (1974), n. 2, pp. 21–24. Aldo Lo Monte, Giuseppe Sergi, Città e binari: Catania, in I Treni Oggi, 4 (1983), n. 27, pp.  21–29. Angelo Nascimbene, Gianfranco Berto, Depositi locomotive. Dal grande vapore all'Alta Velocità, in Tutto treno tema, (1997), n. 11, pp. 1–83. Aldo Riccardi, Le eclettiche Gruppo 851, in Tuttotreno, 3 (2008), n.217, pp. 26–39. Francesco Virgillito, Catania. I treni e il servizio, in Tutto treno, 12 (1999), n. 120, pp. 20–23. Voci correlate Stazione di Catania Centrale Ferrovia Messina-Siracusa Ferrovia Palermo-Catania Ferrovia Catania-Caltagirone-Gela Ferrovia Catania-Motta-Regalbuto Ferrovia Taormina-Alcantara-Randazzo Rete ferroviaria della Sicilia Altri progetti Collegamenti esterni Catania Catania
La Federazione autonoma bancari italiani, in acronimo FABI, è un'organizzazione sindacale italiana, sorta nel novembre 1948, e costituita ufficialmente a Milano il 19 dicembre dello stesso anno, a seguito della rottura intervenuta in seno alla Libera CGIL. Organizzazione LA FABI è presente in tutte le regioni e province italiane nonché in varie località non capoluogo di provincia. In tutto, le Strutture territoriali della FABI sono 92. Sono inoltre costituite una sede centrale e 31 sedi territoriali per la gestione - in forma associazionistica - delle attività di servizio (centri servizi FABI). Infine, sono operative 76 ULA (unità locali amministrative) del CAAF per lo svolgimento delle attività di assistenza fiscale, ex Legge 413/92. La FABI è presente nella quasi totalità delle fabbriche italiane, esattorie, società di intermediazione mobiliare, società di servizi del credito, nonché in Banca d'Italia. Contrattazione La FABI trattò e stipulò da sola nel 1949 il primo contratto collettivo nazionale di lavoro con l'Assidebito. Contratto unitario al quale successivamente aderirono tutte le altre organizzazioni di categoria nate più tardi come la FIBA e la UILCA. L'attività di contrattazione della FABI si svolge in ambito sia nazionale sia periferico (locale ed aziendale). La FABI ha sempre ricercato l'unità con gli altri sindacati, tuttavia, quando lo ha richiesto l'interesse dei lavoratori, si è mossa anche da sola. Affiliazioni Nazionali A livello nazionale, la FABI non aderisce a nessuna confederazione di sindacati. Tuttavia, nel consiglio nazionale del gennaio 2006, è stato approvato un patto d'azione con la CISL che potrebbe preludere a legami più stretti con questa confederazione sindacale in cui esiste però già un sindacato per il settore bancario-assicurativo: la FIBA. Nel congresso straordinario dello stesso anno, il patto è stato approvato in seno alla FABI, pur fra molte critiche. Da allora la FABI ha modificato la sua posizione, assumendo una linea più aderente alle sue origini (Congresso nazionale 2010). Con la Fiba/CISL, così come con gli altri sindacati del settore Credito, prosegue la linea unitaria che ha segnato i passi più significativi del movimento e delle conquiste sindacali nelle banche. Internazionali Dal 1987 la FABI è affiliata alla FIET (Fédération internationale des employés, techniciens et cadres), unitamente ai sindacati del settore credito facenti capo a CGIL/CISL/UIL. Nel 1999 la FIET è confluita nella UNI Global Union. La UNI Global Union è una federazione di settore della Confederazione europea dei sindacati (CES). Tramite la CES la FABI è accreditata presso l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIT/ILO) di Ginevra. Iscritti Alla FABI sono iscritti quasi 100.000 lavoratori appartenenti al settore bancario ed inquadrati nelle diverse qualifiche della categoria (dirigenti, quadri direttivi (QD), impiegati, commessi, personale ausiliario, personale subalterno e operai). Altri enti Rappresentanze Su nomina del governo la FABI è presente con gli altri sindacati anche in alcuni enti, tra i quali il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL). Enti collegati In seno alla FABI nel 2004 si è costituito il Sindacato nazionale autonomo promotori finanziari (SNAPROFIN), tramite cui la FABI ha iniziato a rappresentare gli operatori del settore finanziario con rapporto di lavoro parasubordinato o autonomo. Segretario Generale SNAPROFIN è stato nominato Arrigo Nano. La FABI aveva costituito anche l'associazione Dipendenti azionisti bancari e assicuratori (DABA) che aggrega i lavoratori del credito e delle assicurazioni che sono azionisti delle rispettive aziende. Forte dell'esperienza SNAPROFIN la FABI ha dato seguito creando in suo luogo ASSONOVA, che è stata costituita con atto pubblico nel 2013, e che dal 2019 è socia dell'albo unico dei Consulenti Finanziari (ACF). Presidenti di Assonova sono stati Arrigo Nano sino al 2014, l'Avv. Alessio Amadori (2014-2017) e Giuliano Xausa (dal 2017 ad oggi). Organo ufficiale La FABI fin dalla sua fondazione, pubblica un periodico mensile, La Voce dei Bancari. Molte delle 17 strutture territoriali dell'organizzazione diffondono inoltre propri periodici locali, destinati agli iscritti delle rispettive giurisdizioni. Altre attività Dall'aprile 2011 la FABI pubblica My Generation, un bimestrale web interamente scritto da giovani under 35. La FABI cura anche la pubblicazione periodica di una Collana Studi FABI su temi del lavoro d'interesse più generale. La FABI ha dato vita al Centro studi sociali Pietro Desiderato che ha riunito esperti nelle varie discipline che supportano l'attività del sindacato con studi e ricerche. L'attuale presidente del centro studi è Gianfranco Amato un ex segretario nazionale della FABI. Da giugno 2012 la FABI ha attivato una web TV (www.fabitv.it) che propone notiziari, rubriche, approfondimenti, servizi speciali su temi d'interesse sindacale e bancario. Il nuovo canale di comunicazione riscuote un notevole successo fra i lavoratori bancari. Il Direttore Responsabile è Lando Maria Sileoni, mentre il Responsabile operativo della web television è Lodovico Antonini. Note Voci correlate CISL UILCA UNI Global Union Unità sindacale Falcri Silcea Collegamenti esterni Sindacati italiani
La Clemenceau avrebbe dovuto essere una nave da battaglia della Marine nationale, terza unità della classe Richelieu da 38.000 tonnellate, e così chiamata in onore del primo ministro francese Georges Clemenceau. Catturata dai tedeschi nel bacino di costruzione all'atto della firma del armistizio di Compiègne, il 22 giugno 1940, fu denominata dalla Kriegsmarine Schlachtschiff R e varata incompleta nel dicembre 1941 fu poi utilizzata come nave caserma, venendo affondata per bombardamento aereo il 27 agosto 1944 a Landévennec. Storia Il programma navale di potenziamento della Regia Marina del 1937-1938, e il piano supplementare del 1938, rappresentarono il massimo sforzo compiuto nella sua storia dal Regno d'Italia per potenziare la propria flotta. Esso prevedeva la ricostruzione e costruzione di 4+4 navi da battaglia, e generò viva apprensione negli alti comandi della Marine nationale francese. Il 19 gennaio 1938 il Capo di stato maggiore della Marine nationale, ammiraglio François Darlan, intervenne presso il presidente del Consiglio dei ministri Paul Reynaud allo scopo di ottenere una integrazione alla tranche di nuove costruzioni del 1938 che era stata approvata dal Parlamento qualche settimana prima, ma che incontrava ancora difficoltà politiche. Egli dichiarò che per effetto dei programmi in atto, la flotta francese fino al 1939 sarebbe stata superiore a ciascuna delle flotte italiana e tedesca; dalla metà del 1939 alla fine del 1941 essa sarebbe stata equivalente a quella italiana e superiore a quella tedesca; a partire dal 1942 sarebbe stata nettamente inferiore alla Regia Marina e, più o meno, al livello della Kriegsmarine. A partire dalla metà del 1939 e arrivando alla fine del 1941 la flotta francese sarebbe stata equivalente a quella italiana e superiore a quella tedesca, mentre a partire dal 1942 sarebbe stata nettamente inferiore alla flotta italiana e, all'incirca, a livello della Kriegsmarine. In questo scenario, fino al 1939 la Francia avrebbe potuto contrastare efficacemente sul mare con i propri mezzi o all'una o all'altra delle potenze continentali; dal 1939 al 1942 essa avrebbe potuto agire efficacemente solo con l'aiuto di una potenza alleata, e dopo il 1942 la debolezza della marina francese avrebbe costituito un onere per un eventuale alleato, e da sola la Marine nationale sarebbe stata sconfitta in partenza su tutti i teatri marittimi, mettendo i possedimenti francesi d'oltremare alla mercé del nemico. Nel febbraio 1938 la costruzione delle due prime navi da battaglia della classe Richelieu, Richelieu e Jean Bart, aveva già un ritardo rispettivamente di 11 e 13 mesi sul previsto, il che faceva prevedere l'entrata in linea della prima unità per l'inverno del 1940, o all'inizio del 1941, quando le due prime unità della classe Littorio sarebbero già state in servizio dal giugno dello stesso anno. In risposta alle due successive unità unità italiane, Impero e Roma, il 2 maggio 1938 il Consiglio dei Ministri approvò la realizzazione, con la legge bis della tranche 1938, di due nuove navi da battaglia denominate Clemenceau e Gascogne, il cui finanziamento avrebbe dovuto essere autorizzato già l'anno precedente se non si fosse opposto lo stesso Reynaud. Già nel dicembre dello stesso Darlan dovette difendere la costruzione delle due unità dallo stesso Reynaud, che voleva utilizzare i fondi destinati alla Gascogne per l'acquisto di 1.000 aerei dagli Stati Uniti d'America. Inoltre preoccupavano il Capo di stato maggiore della Marine nationale le carenze tecniche rilevate nell'industria cantieristica francese, le quali, a suo giudizio, costituivano uno dei principali fattori di ritardo nell'approntamento delle nuove navi, unite al fatto che nei cantieri privati e negli arsenali della Marina si adottava l'orario di lavoro su 40 ore settimanali. Le due nuove navi da battaglia differivano profondamente tra di loro, la Clemenceau apparteneva al modello A2 derivato direttamente dalle Richelieu, mentre la Gascogne al modello B 3ter, e poteva considerarsi una unità del tutto a sé stante. Il modello A2 aveva un armamento previsto su 8 cannoni da 380 mm in impianti quadrupli a prora, e 12 cannoni da 152 mm in impianti tripli sistemati due a poppa in posizione assiale, il che permetteva a tutti i pezzi di sparare simultaneamente in entrambi i lati in un'unica bordata, e due sulla fiancata, uno per lato. Il risparmio di peso causato dall'eliminazione della terza torretta da 152 mm a poppa, ovvero 300 tonnellate, permise di aggiungere sei impianti binati antiaerei da 100 mm, due posizionati nella parte anteriore della sovrastruttura, e due per lato, all'altezza del fumaiolo e della torretta superiore posteriore da 152 mm. La Clemenceau fu impostata il 17 gennaio 1939 nel bacino di costruzione n. 4 dell'Arsenale della Marina di Brest, e solo dopo che questo fu lasciato libero dalla Richelieu. Il varo della nave secondo i piani di costruzione era previsto per il 1941 e la sua entrata in servizio entro la fine del 1943. Il 28 settembre 1939 i lavori di costruzione vennero sospesi per lo scoppio della seconda guerra mondiale, con la conseguente mobilitazione generale che interessò molte delle maestranze dell'industria e degli stessi arsenali militari e della Marina. Venne data la massima priorità all'allestimento della Richelieu e della Jean Bart, mentre i lavori sulla Clemenceau ripresero con lentezza il 6 dicembre quando gli operai rientrarono al lavoro in seguito alla stasi sul fronte franco-tedesco. Con l'inizio della battaglia di Francia, il 10 maggio 1940, vennero arrestati quando la sua costruzione aveva raggiunto il 10%. Quando i tedeschi occuparono il cantiere navale di Brest trovarono il bacino di costruzione allagato, e che era stata costruita una sezione dello scafo lunga 130 m. Dichiarata preda bellica dai tedeschi, la Kriegsmarine le assegnò la designazione di Schlachtschiff R e considerò brevemente di poterla completare, ma la carenza di materiali e degli operai del cantiere resero il progetto irrealizzabile. Nel dicembre 1941 venne varata completa al 10% e rimorchiata fuori dal bacino di costruzione al fine di liberarlo per poterlo utilizzare per altri scopi. Secondo gli storici John Jordan e Robert Dumas la Schlachtschiff R fu ormeggiata vicino alla base dei sommergibili e utilizzata come nave caserma, mentre secondo Henri Le Masson fu trasferita a Landévennec, nella rada di Brest, e utilizzata per il medesimo scopo. Fu affondata il 27 agosto 1944 durante un attacco aereo alleato che precedette la liberazione della città. Dopo la fine della guerra la marina mise in vendita il relitto il 23 febbraio 1948, ma non vi furono acquirenti. Riportata a galla dalla marina per ripulire i fondali del porto, mentre veniva rimorchiata si spezzò a metà e affondò nuovamente. Alla fine una ditta di salvataggi marittimi il 1º agosto 1951 acquistò il relitto che fu successivamente demolito sul posto. Note Annotazioni Fonti Bibliografia Periodici Collegamenti esterni Video Naviglio militare della seconda guerra mondiale Navi da battaglia della Marine nationale
Di seguito una lista di asteroidi dal numero 145001 al 146000 con data di scoperta e scopritore. 145001-145100 |- | 145001 - || || 11 marzo 2005 || Spacewatch |- | 145002 - || || 11 marzo 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145003 - || || 13 marzo 2005 || CSS |- | 145004 - || || 13 marzo 2005 || CSS |- | 145005 - || || 4 marzo 2005 || CSS |- | 145006 - || || 7 marzo 2005 || Siding Spring Survey |- | 145007 - || || 10 marzo 2005 || LONEOS |- | 145008 - || || 11 marzo 2005 || CSS |- | 145009 - || || 12 marzo 2005 || Spacewatch |- | 145010 - || || 4 marzo 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145011 - || || 10 marzo 2005 || LONEOS |- | 145012 - || || 10 marzo 2005 || LONEOS |- | 145013 - || || 11 marzo 2005 || Spacewatch |- | 145014 - || || 11 marzo 2005 || Spacewatch |- | 145015 - || || 11 marzo 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145016 - || || 11 marzo 2005 || CSS |- | 145017 - || || 12 marzo 2005 || Spacewatch |- | 145018 - || || 12 marzo 2005 || Spacewatch |- | 145019 - || || 14 marzo 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145020 - || || 10 marzo 2005 || LONEOS |- | 145021 - || || 11 marzo 2005 || LONEOS |- | 145022 - || || 11 marzo 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145023 - || || 11 marzo 2005 || Spacewatch |- | 145024 - || || 12 marzo 2005 || Spacewatch |- | 145025 - || || 13 marzo 2005 || Spacewatch |- | 145026 - || || 13 marzo 2005 || Spacewatch |- | 145027 - || || 13 marzo 2005 || Spacewatch |- | 145028 - || || 14 marzo 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145029 - || || 15 marzo 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145030 - || || 13 marzo 2005 || LONEOS |- | 145031 - || || 11 marzo 2005 || Spacewatch |- | 145032 - || || 3 marzo 2005 || Spacewatch |- | 145033 - || || 8 marzo 2005 || Spacewatch |- | 145034 - || || 9 marzo 2005 || LONEOS |- | 145035 - || || 10 marzo 2005 || LONEOS |- | 145036 - || || 10 marzo 2005 || Spacewatch |- | 145037 - || || 10 marzo 2005 || CSS |- | 145038 - || || 12 marzo 2005 || LINEAR |- | 145039 - || || 10 marzo 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145040 - || || 18 marzo 2005 || Lowe, A. |- | 145041 - || || 31 marzo 2005 || Junk Bond |- | 145042 - || || 30 marzo 2005 || CSS |- | 145043 - || || 31 marzo 2005 || LONEOS |- | 145044 - || || 31 marzo 2005 || Spacewatch |- | 145045 - || || 30 marzo 2005 || CSS |- | 145046 - || || 1 aprile 2005 || CSS |- | 145047 - || || 1 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145048 - || || 1 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145049 - || || 1 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145050 - || || 1 aprile 2005 || LONEOS |- | 145051 - || || 1 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145052 - || || 1 aprile 2005 || LONEOS |- | 145053 - || || 1 aprile 2005 || LONEOS |- | 145054 - || || 1 aprile 2005 || LONEOS |- | 145055 - || || 1 aprile 2005 || LONEOS |- | 145056 - || || 1 aprile 2005 || LONEOS |- | 145057 - || || 1 aprile 2005 || LONEOS |- | 145058 - || || 2 aprile 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145059 - || || 2 aprile 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145060 - || || 2 aprile 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145061 - || || 3 aprile 2005 || NEAT |- | 145062 Hashikami || || 4 aprile 2005 || Endate, K. |- | 145063 - || || 1 aprile 2005 || LONEOS |- | 145064 - || || 1 aprile 2005 || LONEOS |- | 145065 - || || 2 aprile 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145066 - || || 2 aprile 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145067 - || || 3 aprile 2005 || NEAT |- | 145068 - || || 4 aprile 2005 || CSS |- | 145069 - || || 4 aprile 2005 || CSS |- | 145070 - || || 4 aprile 2005 || LINEAR |- | 145071 - || || 4 aprile 2005 || LINEAR |- | 145072 - || || 4 aprile 2005 || LINEAR |- | 145073 - || || 4 aprile 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145074 - || || 5 aprile 2005 || LONEOS |- | 145075 Zipernowsky || || 6 aprile 2005 || Piszkesteto |- | 145076 - || || 2 aprile 2005 || LONEOS |- | 145077 - || || 3 aprile 2005 || Siding Spring Survey |- | 145078 Katherinejohnson || || 4 aprile 2005 || CSS |- | 145079 - || || 5 aprile 2005 || LONEOS |- | 145080 - || || 5 aprile 2005 || NEAT |- | 145081 - || || 5 aprile 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145082 - || || 5 aprile 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145083 - || || 2 aprile 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145084 - || || 2 aprile 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145085 - || || 4 aprile 2005 || LINEAR |- | 145086 - || || 4 aprile 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145087 - || || 5 aprile 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145088 - || || 5 aprile 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145089 - || || 5 aprile 2005 || CSS |- | 145090 - || || 9 aprile 2005 || Siding Spring Survey |- | 145091 - || || 2 aprile 2005 || CSS |- | 145092 - || || 2 aprile 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145093 - || || 4 aprile 2005 || CSS |- | 145094 - || || 4 aprile 2005 || CSS |- | 145095 - || || 4 aprile 2005 || CSS |- | 145096 - || || 5 aprile 2005 || LONEOS |- | 145097 - || || 5 aprile 2005 || LINEAR |- | 145098 - || || 4 aprile 2005 || CSS |- | 145099 - || || 5 aprile 2005 || LONEOS |- | 145100 - || || 5 aprile 2005 || Mount Lemmon Survey |} 145101-145200 |- | 145101 - || || 5 aprile 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145102 - || || 6 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145103 - || || 6 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145104 - || || 9 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145105 - || || 9 aprile 2005 || LINEAR |- | 145106 - || || 10 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145107 - || || 10 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145108 - || || 6 aprile 2005 || CSS |- | 145109 - || || 9 aprile 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145110 - || || 11 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145111 - || || 9 aprile 2005 || Siding Spring Survey |- | 145112 - || || 5 aprile 2005 || CSS |- | 145113 - || || 6 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145114 - || || 6 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145115 - || || 9 aprile 2005 || CSS |- | 145116 - || || 11 aprile 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145117 - || || 7 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145118 - || || 7 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145119 - || || 10 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145120 - || || 10 aprile 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145121 - || || 10 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145122 - || || 10 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145123 - || || 12 aprile 2005 || LINEAR |- | 145124 - || || 12 aprile 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145125 - || || 9 aprile 2005 || LINEAR |- | 145126 - || || 11 aprile 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145127 - || || 11 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145128 - || || 11 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145129 - || || 11 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145130 - || || 13 aprile 2005 || LONEOS |- | 145131 - || || 13 aprile 2005 || CSS |- | 145132 - || || 12 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145133 - || || 12 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145134 - || || 12 aprile 2005 || Siding Spring Survey |- | 145135 - || || 13 aprile 2005 || CSS |- | 145136 - || || 14 aprile 2005 || CSS |- | 145137 - || || 13 aprile 2005 || CSS |- | 145138 - || || 4 aprile 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145139 - || || 11 aprile 2005 || LONEOS |- | 145140 - || || 11 aprile 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145141 - || || 11 aprile 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145142 - || || 12 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145143 - || || 12 aprile 2005 || LINEAR |- | 145144 - || || 12 aprile 2005 || Siding Spring Survey |- | 145145 - || || 13 aprile 2005 || LONEOS |- | 145146 - || || 14 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145147 - || || 14 aprile 2005 || CSS |- | 145148 - || || 14 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145149 - || || 15 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145150 - || || 15 aprile 2005 || Siding Spring Survey |- | 145151 - || || 13 aprile 2005 || CSS |- | 145152 - || || 12 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145153 - || || 15 aprile 2005 || LONEOS |- | 145154 - || || 4 aprile 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145155 - || 2005 HD || 16 aprile 2005 || Cordell-Lorenz |- | 145156 - || 2005 HO || 16 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145157 - || || 16 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145158 - || || 28 aprile 2005 || Lowe, A. |- | 145159 - || || 27 aprile 2005 || CINEOS |- | 145160 - || || 30 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145161 - || || 30 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145162 - || || 30 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145163 - || || 28 aprile 2005 || Siding Spring Survey |- | 145164 - || || 30 aprile 2005 || Siding Spring Survey |- | 145165 - || || 30 aprile 2005 || Spacewatch |- | 145166 Leojematt || 2005 JL || 3 maggio 2005 || Young, J. W. |- | 145167 - || || 3 maggio 2005 || LINEAR |- | 145168 - || || 3 maggio 2005 || CSS |- | 145169 - || || 3 maggio 2005 || CSS |- | 145170 - || || 5 maggio 2005 || NEAT |- | 145171 - || || 2 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145172 - || || 2 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145173 - || || 4 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145174 Irenejoliotcurie || || 4 maggio 2005 || CSS |- | 145175 - || || 4 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145176 - || || 2 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145177 - || || 1 maggio 2005 || NEAT |- | 145178 - || || 1 maggio 2005 || NEAT |- | 145179 - || || 3 maggio 2005 || LINEAR |- | 145180 - || || 4 maggio 2005 || CSS |- | 145181 - || || 4 maggio 2005 || CSS |- | 145182 - || || 4 maggio 2005 || CSS |- | 145183 - || || 4 maggio 2005 || CSS |- | 145184 - || || 4 maggio 2005 || Siding Spring Survey |- | 145185 - || || 4 maggio 2005 || Siding Spring Survey |- | 145186 - || || 4 maggio 2005 || Siding Spring Survey |- | 145187 - || || 1 maggio 2005 || Siding Spring Survey |- | 145188 - || || 3 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145189 - || || 3 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145190 - || || 3 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145191 - || || 3 maggio 2005 || LINEAR |- | 145192 - || || 3 maggio 2005 || LINEAR |- | 145193 - || || 3 maggio 2005 || CSS |- | 145194 - || || 3 maggio 2005 || CSS |- | 145195 - || || 4 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145196 - || || 4 maggio 2005 || LONEOS |- | 145197 - || || 4 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145198 - || || 4 maggio 2005 || LINEAR |- | 145199 - || || 4 maggio 2005 || LINEAR |- | 145200 - || || 4 maggio 2005 || LINEAR |} 145201-145300 |- | 145201 - || || 4 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145202 - || || 4 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145203 - || || 4 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145204 - || || 4 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145205 - || || 4 maggio 2005 || NEAT |- | 145206 - || || 4 maggio 2005 || NEAT |- | 145207 - || || 4 maggio 2005 || NEAT |- | 145208 - || || 6 maggio 2005 || NEAT |- | 145209 - || || 7 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145210 - || || 7 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145211 - || || 7 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145212 - || || 4 maggio 2005 || LINEAR |- | 145213 - || || 4 maggio 2005 || LINEAR |- | 145214 - || || 4 maggio 2005 || NEAT |- | 145215 - || || 3 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145216 - || || 3 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145217 - || || 3 maggio 2005 || LINEAR |- | 145218 - || || 4 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145219 - || || 4 maggio 2005 || CSS |- | 145220 - || || 6 maggio 2005 || LINEAR |- | 145221 - || || 7 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145222 - || || 8 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145223 - || || 8 maggio 2005 || Siding Spring Survey |- | 145224 - || || 10 maggio 2005 || CSS |- | 145225 - || || 4 maggio 2005 || NEAT |- | 145226 - || || 4 maggio 2005 || CSS |- | 145227 - || || 4 maggio 2005 || CSS |- | 145228 - || || 6 maggio 2005 || LINEAR |- | 145229 - || || 7 maggio 2005 || CSS |- | 145230 - || || 9 maggio 2005 || CSS |- | 145231 - || || 10 maggio 2005 || LONEOS |- | 145232 - || || 10 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145233 - || || 10 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145234 - || || 10 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145235 - || || 8 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145236 - || || 8 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145237 - || || 8 maggio 2005 || LINEAR |- | 145238 - || || 9 maggio 2005 || LONEOS |- | 145239 - || || 11 maggio 2005 || NEAT |- | 145240 - || || 8 maggio 2005 || Siding Spring Survey |- | 145241 - || || 10 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145242 - || || 11 maggio 2005 || NEAT |- | 145243 - || || 8 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145244 - || || 8 maggio 2005 || LONEOS |- | 145245 - || || 9 maggio 2005 || CSS |- | 145246 - || || 10 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145247 - || || 11 maggio 2005 || CSS |- | 145248 - || || 11 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145249 - || || 3 maggio 2005 || Broughton, J. |- | 145250 - || || 9 maggio 2005 || CSS |- | 145251 - || || 9 maggio 2005 || LINEAR |- | 145252 - || || 10 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145253 - || || 10 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145254 - || || 10 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145255 - || || 10 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145256 - || || 11 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145257 - || || 12 maggio 2005 || LINEAR |- | 145258 - || || 12 maggio 2005 || LINEAR |- | 145259 - || || 12 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145260 - || || 12 maggio 2005 || LINEAR |- | 145261 - || || 13 maggio 2005 || LINEAR |- | 145262 - || || 13 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145263 - || || 14 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145264 - || || 14 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145265 - || || 14 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145266 - || || 14 maggio 2005 || LINEAR |- | 145267 - || || 14 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145268 - || || 12 maggio 2005 || CSS |- | 145269 - || || 13 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145270 - || || 13 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145271 - || || 13 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145272 - || || 13 maggio 2005 || CSS |- | 145273 - || || 13 maggio 2005 || Siding Spring Survey |- | 145274 - || || 14 maggio 2005 || LINEAR |- | 145275 - || || 14 maggio 2005 || CSS |- | 145276 - || || 15 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145277 - || || 13 maggio 2005 || CSS |- | 145278 - || || 14 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145279 - || || 15 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145280 - || || 13 maggio 2005 || CSS |- | 145281 - || || 4 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145282 - || || 7 maggio 2005 || Spacewatch |- | 145283 - || || 8 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145284 - || || 11 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145285 - || || 12 maggio 2005 || LINEAR |- | 145286 - || || 12 maggio 2005 || NEAT |- | 145287 - || || 2 maggio 2005 || CSS |- | 145288 - || || 7 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145289 - || || 8 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145290 - || || 8 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145291 - || || 11 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145292 - || || 14 maggio 2005 || NEAT |- | 145293 - || 2005 KE || 16 maggio 2005 || Broughton, J. |- | 145294 - || || 16 maggio 2005 || NEAT |- | 145295 - || || 18 maggio 2005 || NEAT |- | 145296 - || || 19 maggio 2005 || Siding Spring Survey |- | 145297 - || || 19 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145298 - || || 20 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145299 - || || 20 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145300 - || || 21 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |} 145301-145400 |- | 145301 - || || 20 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145302 - || || 16 maggio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145303 - || || 28 maggio 2005 || Broughton, J. |- | 145304 - || || 30 maggio 2005 || Broughton, J. |- | 145305 - || || 31 maggio 2005 || LONEOS |- | 145306 - || || 28 maggio 2005 || CINEOS |- | 145307 - || || 31 maggio 2005 || LONEOS |- | 145308 - || || 1 giugno 2005 || Broughton, J. |- | 145309 - || || 1 giugno 2005 || Broughton, J. |- | 145310 - || || 1 giugno 2005 || Broughton, J. |- | 145311 - || || 3 giugno 2005 || Broughton, J. |- | 145312 - || || 3 giugno 2005 || Siding Spring Survey |- | 145313 - || || 3 giugno 2005 || CSS |- | 145314 - || || 1 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145315 - || || 2 giugno 2005 || Siding Spring Survey |- | 145316 - || || 3 giugno 2005 || CSS |- | 145317 - || || 3 giugno 2005 || Siding Spring Survey |- | 145318 - || || 4 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145319 - || || 4 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145320 - || || 5 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145321 - || || 8 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145322 - || || 8 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145323 - || || 8 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145324 - || || 8 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145325 - || || 9 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145326 - || || 10 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145327 - || || 12 giugno 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145328 - || || 13 giugno 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145329 - || || 11 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145330 - || || 11 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145331 - || || 11 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145332 - || || 13 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145333 - || || 10 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145334 - || || 11 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145335 - || || 13 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145336 - || || 2 giugno 2005 || CSS |- | 145337 - || || 17 giugno 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145338 - || || 17 giugno 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145339 - || || 21 giugno 2005 || NEAT |- | 145340 - || || 16 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145341 - || || 27 giugno 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145342 - || || 28 giugno 2005 || NEAT |- | 145343 - || || 23 giugno 2005 || NEAT |- | 145344 - || || 27 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145345 - || || 28 giugno 2005 || NEAT |- | 145346 - || || 29 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145347 - || || 29 giugno 2005 || NEAT |- | 145348 - || || 29 giugno 2005 || NEAT |- | 145349 - || || 27 giugno 2005 || Healy, D. |- | 145350 - || || 28 giugno 2005 || NEAT |- | 145351 - || || 29 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145352 - || || 30 giugno 2005 || NEAT |- | 145353 - || || 30 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145354 - || || 30 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145355 - || || 30 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145356 - || || 26 giugno 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145357 - || || 27 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145358 - || || 27 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145359 - || || 28 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145360 - || || 29 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145361 - || || 29 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145362 - || || 29 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145363 - || || 30 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145364 - || || 30 giugno 2005 || NEAT |- | 145365 - || || 30 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145366 - || || 29 giugno 2005 || NEAT |- | 145367 - || || 30 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145368 - || || 30 giugno 2005 || NEAT |- | 145369 - || || 24 giugno 2005 || NEAT |- | 145370 - || || 27 giugno 2005 || NEAT |- | 145371 - || || 27 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145372 - || || 27 giugno 2005 || NEAT |- | 145373 - || || 30 giugno 2005 || Spacewatch |- | 145374 - || || 30 giugno 2005 || LONEOS |- | 145375 - || || 2 luglio 2005 || Spacewatch |- | 145376 - || || 4 luglio 2005 || CSS |- | 145377 - || || 4 luglio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145378 - || || 1 luglio 2005 || Spacewatch |- | 145379 - || || 1 luglio 2005 || Spacewatch |- | 145380 - || || 3 luglio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145381 - || || 4 luglio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145382 - || || 4 luglio 2005 || NEAT |- | 145383 - || || 5 luglio 2005 || Spacewatch |- | 145384 - || || 2 luglio 2005 || Spacewatch |- | 145385 - || || 2 luglio 2005 || Spacewatch |- | 145386 - || || 2 luglio 2005 || Spacewatch |- | 145387 - || || 4 luglio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145388 - || || 4 luglio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145389 - || || 4 luglio 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145390 - || || 5 luglio 2005 || Spacewatch |- | 145391 - || || 2 luglio 2005 || Broughton, J. |- | 145392 - || || 7 luglio 2005 || Broughton, J. |- | 145393 - || || 5 luglio 2005 || NEAT |- | 145394 - || || 6 luglio 2005 || Spacewatch |- | 145395 - || || 6 luglio 2005 || Spacewatch |- | 145396 - || || 10 luglio 2005 || Spacewatch |- | 145397 - || || 10 luglio 2005 || Spacewatch |- | 145398 - || || 10 luglio 2005 || Spacewatch |- | 145399 - || || 5 luglio 2005 || NEAT |- | 145400 - || || 1 luglio 2005 || Spacewatch |} 145401-145500 |- | 145401 - || || 4 luglio 2005 || NEAT |- | 145402 - || || 7 luglio 2005 || Spacewatch |- | 145403 - || || 8 luglio 2005 || Spacewatch |- | 145404 - || || 10 luglio 2005 || Broughton, J. |- | 145405 - || || 13 luglio 2005 || Broughton, J. |- | 145406 - || || 1 luglio 2005 || Spacewatch |- | 145407 - || || 1 luglio 2005 || Spacewatch |- | 145408 - || || 2 luglio 2005 || Spacewatch |- | 145409 - || || 3 luglio 2005 || NEAT |- | 145410 - || || 4 luglio 2005 || LINEAR |- | 145411 - || || 10 luglio 2005 || Spacewatch |- | 145412 - || 2005 OO || 16 luglio 2005 || Spacewatch |- | 145413 - || || 26 luglio 2005 || NEAT |- | 145414 - || || 29 luglio 2005 || NEAT |- | 145415 - || || 27 luglio 2005 || Broughton, J. |- | 145416 - || || 30 luglio 2005 || NEAT |- | 145417 - || || 2 agosto 2005 || LINEAR |- | 145418 - || || 4 agosto 2005 || NEAT |- | 145419 - || || 4 agosto 2005 || NEAT |- | 145420 - || || 6 agosto 2005 || Siding Spring Survey |- | 145421 - || || 2 agosto 2005 || LINEAR |- | 145422 - || || 7 agosto 2005 || NEAT |- | 145423 - || || 24 agosto 2005 || NEAT |- | 145424 - || || 25 agosto 2005 || NEAT |- | 145425 - || || 26 agosto 2005 || NEAT |- | 145426 - || || 26 agosto 2005 || NEAT |- | 145427 - || || 27 agosto 2005 || LONEOS |- | 145428 - || || 26 agosto 2005 || NEAT |- | 145429 - || || 27 agosto 2005 || LONEOS |- | 145430 - || || 29 agosto 2005 || LONEOS |- | 145431 - || || 25 agosto 2005 || NEAT |- | 145432 - || || 25 agosto 2005 || NEAT |- | 145433 - || || 27 agosto 2005 || LONEOS |- | 145434 - || || 30 agosto 2005 || LINEAR |- | 145435 - || || 27 agosto 2005 || Bickel, W. |- | 145436 - || || 25 agosto 2005 || NEAT |- | 145437 - || || 26 agosto 2005 || NEAT |- | 145438 - || || 27 agosto 2005 || NEAT |- | 145439 - || || 27 agosto 2005 || NEAT |- | 145440 - || || 26 agosto 2005 || CINEOS |- | 145441 - || || 26 agosto 2005 || NEAT |- | 145442 - || || 28 agosto 2005 || LONEOS |- | 145443 - || || 31 agosto 2005 || NEAT |- | 145444 - || || 31 agosto 2005 || Spacewatch |- | 145445 Le Floch|| 2005 RS || 2 settembre 2005 || St. Veran |- | 145446 - || || 8 settembre 2005 || LINEAR |- | 145447 - || || 1 settembre 2005 || Spacewatch |- | 145448 - || || 6 settembre 2005 || LINEAR |- | 145449 - || || 10 settembre 2005 || LONEOS |- | 145450 - || || 13 settembre 2005 || Crni Vrh |- | 145451 - || || 9 settembre 2005 || Becker, A. C., Puckett, A. W., Kubica, J. |- | 145452 - || || 10 settembre 2005 || Becker, A. C., Puckett, A. W., Kubica, J. |- | 145453 - || || 9 settembre 2005 || Becker, A. C., Puckett, A. W., Kubica, J. |- | 145454 - || || 23 settembre 2005 || Spacewatch |- | 145455 - || || 23 settembre 2005 || Spacewatch |- | 145456 - || || 24 settembre 2005 || Ory, M. |- | 145457 - || || 23 settembre 2005 || LONEOS |- | 145458 - || || 23 settembre 2005 || Spacewatch |- | 145459 - || || 25 settembre 2005 || CSS |- | 145460 - || || 23 settembre 2005 || Spacewatch |- | 145461 - || || 27 settembre 2005 || Spacewatch |- | 145462 - || || 27 settembre 2005 || LINEAR |- | 145463 - || || 26 settembre 2005 || NEAT |- | 145464 - || || 27 settembre 2005 || LINEAR |- | 145465 - || || 25 settembre 2005 || Spacewatch |- | 145466 - || || 28 settembre 2005 || NEAT |- | 145467 - || || 28 settembre 2005 || NEAT |- | 145468 - || || 29 settembre 2005 || Spacewatch |- | 145469 - || || 27 settembre 2005 || NEAT |- | 145470 - || || 27 settembre 2005 || NEAT |- | 145471 - || || 29 settembre 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145472 - || || 22 settembre 2005 || NEAT |- | 145473 - || || 23 settembre 2005 || NEAT |- | 145474 - || || 27 settembre 2005 || Becker, A. C., Puckett, A. W., Kubica, J. |- | 145475 Rehoboth || || 12 ottobre 2005 || Molnar, L. A. |- | 145476 - || || 2 ottobre 2005 || NEAT |- | 145477 - || || 5 ottobre 2005 || CSS |- | 145478 - || || 3 ottobre 2005 || NEAT |- | 145479 - || || 7 ottobre 2005 || Spacewatch |- | 145480 - || || 11 ottobre 2005 || Becker, A. C., Puckett, A. W., Kubica, J. |- | 145481 - || || 23 ottobre 2005 || CSS |- | 145482 - || || 24 ottobre 2005 || NEAT |- | 145483 - || || 25 ottobre 2005 || CSS |- | 145484 - || || 23 ottobre 2005 || NEAT |- | 145485 - || || 31 ottobre 2005 || LONEOS |- | 145486 - || || 28 ottobre 2005 || Spacewatch |- | 145487 - || || 29 ottobre 2005 || CSS |- | 145488 Kaczendre || || 4 novembre 2005 || Sárneczky, K. |- | 145489 - || || 4 novembre 2005 || CSS |- | 145490 - || || 1 novembre 2005 || LONEOS |- | 145491 - || || 6 novembre 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 145492 - || || 21 novembre 2005 || LONEOS |- | 145493 - || || 21 novembre 2005 || CSS |- | 145494 - || || 22 novembre 2005 || Spacewatch |- | 145495 - || || 22 novembre 2005 || Spacewatch |- | 145496 - || || 27 novembre 2005 || LINEAR |- | 145497 - || || 5 dicembre 2005 || Spacewatch |- | 145498 - || || 30 dicembre 2005 || Spacewatch |- | 145499 - || || 21 gennaio 2006 || Spacewatch |- | 145500 - || || 24 gennaio 2006 || LINEAR |} 145501-145600 |- | 145501 - || || 23 gennaio 2006 || CSS |- | 145502 - || || 28 gennaio 2006 || Spacewatch |- | 145503 - || || 24 gennaio 2006 || LONEOS |- | 145504 - || || 31 gennaio 2006 || Spacewatch |- | 145505 - || || 31 gennaio 2006 || Spacewatch |- | 145506 - || || 21 febbraio 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 145507 - || || 22 febbraio 2006 || LONEOS |- | 145508 - || || 22 febbraio 2006 || CSS |- | 145509 - || || 21 febbraio 2006 || LONEOS |- | 145510 - || || 24 febbraio 2006 || Spacewatch |- | 145511 - || || 24 febbraio 2006 || Spacewatch |- | 145512 - || || 24 febbraio 2006 || Spacewatch |- | 145513 - || || 24 febbraio 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 145514 - || || 20 febbraio 2006 || LINEAR |- | 145515 - || || 22 febbraio 2006 || CSS |- | 145516 - || || 25 febbraio 2006 || Spacewatch |- | 145517 - || || 25 febbraio 2006 || Spacewatch |- | 145518 - || || 23 febbraio 2006 || LONEOS |- | 145519 - || || 25 febbraio 2006 || Spacewatch |- | 145520 - || || 2 marzo 2006 || Spacewatch |- | 145521 - || || 3 marzo 2006 || LINEAR |- | 145522 - || || 4 marzo 2006 || CSS |- | 145523 Lulin || || 7 marzo 2006 || Lin, H.-C., Ye, Q.-z. |- | 145524 - || 2006 FS || 22 marzo 2006 || CSS |- | 145525 - || || 23 marzo 2006 || Spacewatch |- | 145526 - || || 23 marzo 2006 || Spacewatch |- | 145527 - || || 23 marzo 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 145528 - || || 24 marzo 2006 || CSS |- | 145529 - || || 25 marzo 2006 || Spacewatch |- | 145530 - || || 25 marzo 2006 || Spacewatch |- | 145531 - || || 25 marzo 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 145532 - || || 26 marzo 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 145533 - || || 24 marzo 2006 || CSS |- | 145534 Jhongda || 2006 GJ || 1 aprile 2006 || Yang, T.-C., Ye, Q.-z. |- | 145535 - || || 8 aprile 2006 || Birtwhistle, P. |- | 145536 - || || 2 aprile 2006 || Spacewatch |- | 145537 - || || 2 aprile 2006 || Spacewatch |- | 145538 - || || 2 aprile 2006 || Spacewatch |- | 145539 - || || 7 aprile 2006 || CSS |- | 145540 - || || 9 aprile 2006 || Spacewatch |- | 145541 - || || 20 aprile 2006 || Spacewatch |- | 145542 - || || 26 aprile 2006 || Spacewatch |- | 145543 - || || 6 maggio 2006 || Spacewatch |- | 145544 - || || 7 maggio 2006 || Spacewatch |- | 145545 Wensayling || || 22 maggio 2006 || Ye, Q.-z., Yang, T.-C. |- | 145546 Suiqizhong || || 25 maggio 2006 || Ye, Q.-z., Lin, H.-C. |- | 145547 - || || 27 maggio 2006 || Siding Spring Survey |- | 145548 - || || 26 maggio 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 145549 - || || 23 maggio 2006 || Siding Spring Survey |- | 145550 - || || 29 maggio 2006 || Siding Spring Survey |- | 145551 - || || 10 giugno 2006 || NEAT |- | 145552 - || || 11 giugno 2006 || NEAT |- | 145553 - || || 3 giugno 2006 || CSS |- | 145554 - || || 19 giugno 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 145555 - || || 19 giugno 2006 || CSS |- | 145556 - || || 17 giugno 2006 || Siding Spring Survey |- | 145557 - || || 22 giugno 2006 || LONEOS |- | 145558 Raiatea || 2006 OR || 17 luglio 2006 || Hönig, S. F. |- | 145559 Didiermüller || || 18 luglio 2006 || Ory, M. |- | 145560 - || || 18 luglio 2006 || LINEAR |- | 145561 - || || 18 luglio 2006 || Siding Spring Survey |- | 145562 Zurbriggen || || 24 luglio 2006 || Kocher, P. |- | 145563 - || || 18 luglio 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 145564 - || || 20 luglio 2006 || NEAT |- | 145565 - || || 24 luglio 2006 || Ory, M. |- | 145566 Andreasphilipp || || 25 luglio 2006 || Rinner, C. |- | 145567 - || || 19 luglio 2006 || NEAT |- | 145568 - || || 20 luglio 2006 || NEAT |- | 145569 - || || 20 luglio 2006 || NEAT |- | 145570 - || || 20 luglio 2006 || NEAT |- | 145571 - || || 21 luglio 2006 || CSS |- | 145572 - || || 21 luglio 2006 || NEAT |- | 145573 - || || 20 luglio 2006 || Siding Spring Survey |- | 145574 - || || 21 luglio 2006 || LINEAR |- | 145575 - || || 20 luglio 2006 || NEAT |- | 145576 - || 2006 PE || 3 agosto 2006 || Cordell-Lorenz |- | 145577 - || || 8 agosto 2006 || Siding Spring Survey |- | 145578 - || || 15 agosto 2006 || Broughton, J. |- | 145579 - || || 12 agosto 2006 || NEAT |- | 145580 - || || 13 agosto 2006 || NEAT |- | 145581 - || || 13 agosto 2006 || NEAT |- | 145582 - || || 13 agosto 2006 || NEAT |- | 145583 - || || 14 agosto 2006 || Siding Spring Survey |- | 145584 - || || 15 agosto 2006 || NEAT |- | 145585 - || || 15 agosto 2006 || NEAT |- | 145586 - || || 15 agosto 2006 || NEAT |- | 145587 - || || 15 agosto 2006 || NEAT |- | 145588 Sudongpo || || 15 agosto 2006 || Ye, Q.-z. |- | 145589 - || || 15 agosto 2006 || NEAT |- | 145590 - || || 13 agosto 2006 || NEAT |- | 145591 - || || 13 agosto 2006 || NEAT |- | 145592 - || || 13 agosto 2006 || NEAT |- | 145593 Xántus || || 18 agosto 2006 || Sárneczky, K. |- | 145594 - || || 17 agosto 2006 || NEAT |- | 145595 - || || 17 agosto 2006 || NEAT |- | 145596 - || || 18 agosto 2006 || LINEAR |- | 145597 - || || 17 agosto 2006 || NEAT |- | 145598 - || || 17 agosto 2006 || NEAT |- | 145599 - || || 19 agosto 2006 || Spacewatch |- | 145600 - || || 16 agosto 2006 || Siding Spring Survey |} 145601-145700 |- | 145601 - || || 18 agosto 2006 || LINEAR |- | 145602 - || || 18 agosto 2006 || LONEOS |- | 145603 - || || 17 agosto 2006 || NEAT |- | 145604 - || || 18 agosto 2006 || LINEAR |- | 145605 - || || 19 agosto 2006 || Spacewatch |- | 145606 - || || 22 agosto 2006 || Siding Spring Survey |- | 145607 - || || 20 agosto 2006 || NEAT |- | 145608 - || || 17 agosto 2006 || NEAT |- | 145609 - || || 17 agosto 2006 || NEAT |- | 145610 - || || 16 agosto 2006 || Siding Spring Survey |- | 145611 - || || 17 agosto 2006 || NEAT |- | 145612 - || || 19 agosto 2006 || NEAT |- | 145613 - || || 20 agosto 2006 || Spacewatch |- | 145614 - || || 21 agosto 2006 || Spacewatch |- | 145615 - || || 17 agosto 2006 || NEAT |- | 145616 - || || 18 agosto 2006 || LONEOS |- | 145617 - || || 20 agosto 2006 || NEAT |- | 145618 - || || 23 agosto 2006 || LINEAR |- | 145619 - || || 24 agosto 2006 || LINEAR |- | 145620 - || || 16 agosto 2006 || NEAT |- | 145621 - || || 16 agosto 2006 || NEAT |- | 145622 - || || 16 agosto 2006 || NEAT |- | 145623 - || || 24 agosto 2006 || NEAT |- | 145624 - || || 27 agosto 2006 || Spacewatch |- | 145625 - || || 28 agosto 2006 || LINEAR |- | 145626 - || || 28 agosto 2006 || LONEOS |- | 145627 - || || 14 settembre 2006 || NEAT |- | 145628 - || 2135 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145629 - || 2188 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145630 - || 2214 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145631 - || 2215 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145632 - || 2216 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145633 - || 2227 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145634 - || 2516 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145635 - || 2585 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145636 - || 2597 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145637 - || 2671 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145638 - || 2715 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145639 - || 2847 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145640 - || 3008 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145641 - || 3562 P-L || 17 ottobre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145642 - || 4058 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145643 - || 4064 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145644 - || 4107 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145645 - || 4125 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145646 - || 4170 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145647 - || 4193 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145648 - || 4223 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145649 - || 4233 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145650 - || 4242 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145651 - || 4264 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145652 - || 4278 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145653 - || 4333 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145654 - || 4728 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145655 - || 4740 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145656 - || 4788 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145657 - || 6218 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145658 - || 6596 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145659 - || 6697 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145660 - || 6701 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145661 - || 6714 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145662 - || 6737 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145663 - || 6805 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145664 - || 6848 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145665 - || 6859 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145666 - || 6882 P-L || 24 settembre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145667 - || 9537 P-L || 17 ottobre 1960 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145668 - || 1071 T-1 || 25 marzo 1971 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145669 - || 2244 T-1 || 25 marzo 1971 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145670 - || 4241 T-1 || 26 marzo 1971 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145671 - || 1073 T-2 || 29 settembre 1973 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145672 - || 1321 T-2 || 29 settembre 1973 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145673 - || 1333 T-2 || 29 settembre 1973 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145674 - || 1524 T-2 || 29 settembre 1973 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145675 - || 2002 T-2 || 29 settembre 1973 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145676 - || 2093 T-2 || 29 settembre 1973 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145677 - || 2172 T-2 || 29 settembre 1973 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145678 - || 2251 T-2 || 29 settembre 1973 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145679 - || 2402 T-2 || 24 settembre 1973 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145680 - || 3002 T-2 || 30 settembre 1973 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145681 - || 3018 T-2 || 30 settembre 1973 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145682 - || 3131 T-2 || 30 settembre 1973 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145683 - || 3275 T-2 || 30 settembre 1973 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145684 - || 3279 T-2 || 30 settembre 1973 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145685 - || 4075 T-2 || 29 settembre 1973 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145686 - || 4077 T-2 || 29 settembre 1973 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145687 - || 1072 T-3 || 16 ottobre 1977 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145688 - || 2159 T-3 || 16 ottobre 1977 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145689 - || 2219 T-3 || 16 ottobre 1977 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145690 - || 2280 T-3 || 16 ottobre 1977 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145691 - || 2319 T-3 || 16 ottobre 1977 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145692 - || 2625 T-3 || 16 ottobre 1977 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145693 - || 3112 T-3 || 16 ottobre 1977 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145694 - || 3198 T-3 || 16 ottobre 1977 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145695 - || 3290 T-3 || 16 ottobre 1977 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145696 - || 3361 T-3 || 16 ottobre 1977 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145697 - || 3394 T-3 || 16 ottobre 1977 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145698 - || 3471 T-3 || 16 ottobre 1977 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145699 - || 3499 T-3 || 16 ottobre 1977 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145700 - || 4139 T-3 || 16 ottobre 1977 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |} 145701-145800 |- | 145701 - || 4269 T-3 || 16 ottobre 1977 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145702 - || 4274 T-3 || 16 ottobre 1977 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145703 - || 4389 T-3 || 16 ottobre 1977 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145704 - || 4537 T-3 || 16 ottobre 1977 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145705 - || 5149 T-3 || 16 ottobre 1977 || van Houten, C. J., van Houten-Groeneveld, I., Gehrels, T. |- | 145706 - || || 7 marzo 1981 || Bus, S. J. |- | 145707 - || || 1 marzo 1981 || Bus, S. J. |- | 145708 - || || 6 marzo 1981 || Bus, S. J. |- | 145709 Rocknowar || || 28 settembre 1981 || Colombini, E. |- | 145710 - || || 26 settembre 1989 || Elst, E. W. |- | 145711 - || || 7 ottobre 1989 || Elst, E. W. |- | 145712 - || || 18 gennaio 1991 || Elst, E. W. |- | 145713 - || || 6 ottobre 1991 || Lowe, A. |- | 145714 - || || 29 febbraio 1992 || UESAC |- | 145715 - || || 29 febbraio 1992 || UESAC |- | 145716 - || || 21 marzo 1993 || UESAC |- | 145717 - || || 19 marzo 1993 || UESAC |- | 145718 - || || 19 marzo 1993 || UESAC |- | 145719 - || || 18 marzo 1993 || UESAC |- | 145720 - || || 20 luglio 1993 || Elst, E. W. |- | 145721 - || 1993 PG || 13 agosto 1993 || Spacewatch |- | 145722 - || || 11 ottobre 1993 || Elst, E. W. |- | 145723 - || 1993 YT || 21 dicembre 1993 || Kobayashi, T. |- | 145724 - || || 8 gennaio 1994 || Spacewatch |- | 145725 - || || 11 febbraio 1994 || Spacewatch |- | 145726 - || || 3 aprile 1994 || Spacewatch |- | 145727 - || || 12 agosto 1994 || Elst, E. W. |- | 145728 - || 1994 RO || 7 settembre 1994 || Stroncone |- | 145729 - || || 5 settembre 1994 || Spacewatch |- | 145730 - || || 28 ottobre 1994 || Spacewatch |- | 145731 - || 1995 AU || 5 gennaio 1995 || Kobayashi, T. |- | 145732 Kanmon || || 21 febbraio 1995 || Nakamura, A. |- | 145733 - || || 22 febbraio 1995 || Spacewatch |- | 145734 - || || 25 aprile 1995 || Spacewatch |- | 145735 - || || 25 luglio 1995 || Spacewatch |- | 145736 - || || 17 settembre 1995 || Spacewatch |- | 145737 - || || 18 settembre 1995 || Spacewatch |- | 145738 - || || 19 settembre 1995 || Spacewatch |- | 145739 - || || 19 settembre 1995 || Spacewatch |- | 145740 - || || 27 settembre 1995 || Spacewatch |- | 145741 - || || 29 settembre 1995 || Spacewatch |- | 145742 - || || 19 settembre 1995 || Spacewatch |- | 145743 - || || 30 settembre 1995 || Spacewatch |- | 145744 - || || 17 ottobre 1995 || Spacewatch |- | 145745 - || || 17 ottobre 1995 || Spacewatch |- | 145746 - || || 18 ottobre 1995 || Spacewatch |- | 145747 - || || 22 ottobre 1995 || Spacewatch |- | 145748 - || || 17 ottobre 1995 || Spacewatch |- | 145749 - || || 23 ottobre 1995 || Spacewatch |- | 145750 - || || 15 novembre 1995 || Spacewatch |- | 145751 - || || 16 dicembre 1995 || Spacewatch |- | 145752 - || || 18 dicembre 1995 || Spacewatch |- | 145753 - || || 12 gennaio 1996 || Spacewatch |- | 145754 - || || 20 aprile 1996 || Elst, E. W. |- | 145755 - || || 12 ottobre 1996 || Spacewatch |- | 145756 - || || 8 ottobre 1996 || Elst, E. W. |- | 145757 - || || 6 novembre 1996 || Spacewatch |- | 145758 - || || 1 febbraio 1997 || Spacewatch |- | 145759 - || || 6 febbraio 1997 || Spacewatch |- | 145760 - || || 2 marzo 1997 || Spacewatch |- | 145761 - || || 5 marzo 1997 || Spacewatch |- | 145762 - || || 3 aprile 1997 || LINEAR |- | 145763 - || || 3 aprile 1997 || LINEAR |- | 145764 - || || 12 aprile 1997 || Spacewatch |- | 145765 - || || 29 aprile 1997 || Spacewatch |- | 145766 - || 1997 MX || 26 giugno 1997 || Beijing Schmidt CCD Asteroid Program |- | 145767 - || 1997 PW || 3 agosto 1997 || ODAS |- | 145768 Petiška || || 12 agosto 1997 || Tichý, M., Moravec, Z. |- | 145769 - || || 28 settembre 1997 || Spacewatch |- | 145770 - || || 13 ottobre 1997 || Galád, A., Pravda, A. |- | 145771 - || || 1 novembre 1997 || Kobayashi, T. |- | 145772 - || || 20 novembre 1997 || Spacewatch |- | 145773 - || || 20 novembre 1997 || Spacewatch |- | 145774 - || || 22 gennaio 1998 || Spacewatch |- | 145775 - || || 22 gennaio 1998 || Spacewatch |- | 145776 - || || 22 gennaio 1998 || Spacewatch |- | 145777 - || || 22 gennaio 1998 || Spacewatch |- | 145778 - || || 26 gennaio 1998 || Spacewatch |- | 145779 - || 1998 CC || 1 febbraio 1998 || Kolény, P., Kornoš, L. |- | 145780 - || || 21 febbraio 1998 || Beijing Schmidt CCD Asteroid Program |- | 145781 - || || 20 marzo 1998 || LINEAR |- | 145782 - || || 29 marzo 1998 || Colombini, E. |- | 145783 - || 1998 KF || 16 maggio 1998 || Spacewatch |- | 145784 - || || 22 maggio 1998 || LONEOS |- | 145785 - || || 24 giugno 1998 || LINEAR |- | 145786 - || || 26 luglio 1998 || Elst, E. W. |- | 145787 - || || 18 agosto 1998 || Broughton, J. |- | 145788 - || || 17 agosto 1998 || LINEAR |- | 145789 - || || 17 agosto 1998 || LINEAR |- | 145790 - || || 17 agosto 1998 || LINEAR |- | 145791 - || || 24 agosto 1998 || LINEAR |- | 145792 - || || 24 agosto 1998 || LINEAR |- | 145793 - || || 19 agosto 1998 || LINEAR |- | 145794 - || || 17 agosto 1998 || LINEAR |- | 145795 - || || 14 settembre 1998 || Beijing Schmidt CCD Asteroid Program |- | 145796 - || || 14 settembre 1998 || LINEAR |- | 145797 - || || 14 settembre 1998 || LINEAR |- | 145798 - || || 14 settembre 1998 || LINEAR |- | 145799 - || || 14 settembre 1998 || LINEAR |- | 145800 - || || 14 settembre 1998 || LINEAR |} 145801-145900 |- | 145801 - || || 14 settembre 1998 || LINEAR |- | 145802 - || || 20 settembre 1998 || Spacewatch |- | 145803 - || || 23 settembre 1998 || CSS |- | 145804 - || || 26 settembre 1998 || Spacewatch |- | 145805 - || || 26 settembre 1998 || Spacewatch |- | 145806 - || || 26 settembre 1998 || LINEAR |- | 145807 - || || 26 settembre 1998 || LINEAR |- | 145808 - || || 26 settembre 1998 || LINEAR |- | 145809 - || || 26 settembre 1998 || LINEAR |- | 145810 - || || 26 settembre 1998 || LINEAR |- | 145811 - || || 26 settembre 1998 || LINEAR |- | 145812 - || || 26 settembre 1998 || LINEAR |- | 145813 - || || 26 settembre 1998 || LINEAR |- | 145814 - || || 26 settembre 1998 || LINEAR |- | 145815 - || || 26 settembre 1998 || LINEAR |- | 145816 - || || 26 settembre 1998 || LINEAR |- | 145817 - || || 26 settembre 1998 || LINEAR |- | 145818 - || || 19 settembre 1998 || LONEOS |- | 145819 - || || 12 ottobre 1998 || ODAS |- | 145820 Valeromeo || || 15 ottobre 1998 || Masi, G. |- | 145821 - || || 13 ottobre 1998 || Spacewatch |- | 145822 - || || 14 ottobre 1998 || Beijing Schmidt CCD Asteroid Program |- | 145823 - || || 19 ottobre 1998 || CSS |- | 145824 - || || 28 ottobre 1998 || LINEAR |- | 145825 - || || 28 ottobre 1998 || LINEAR |- | 145826 - || || 23 ottobre 1998 || Beijing Schmidt CCD Asteroid Program |- | 145827 - || || 10 novembre 1998 || LINEAR |- | 145828 - || || 10 novembre 1998 || LINEAR |- | 145829 - || || 15 novembre 1998 || Spacewatch |- | 145830 - || || 15 novembre 1998 || Spacewatch |- | 145831 - || || 14 novembre 1998 || LINEAR |- | 145832 - || || 19 novembre 1998 || CSS |- | 145833 - || || 21 novembre 1998 || Spacewatch |- | 145834 - || || 21 novembre 1998 || Spacewatch |- | 145835 - || || 11 dicembre 1998 || Spacewatch |- | 145836 - || || 14 dicembre 1998 || LINEAR |- | 145837 - || || 16 dicembre 1998 || Kawasato, N. |- | 145838 - || || 18 dicembre 1998 || ODAS |- | 145839 - || || 23 dicembre 1998 || Tucker, R. A. |- | 145840 - || || 25 dicembre 1998 || Spacewatch |- | 145841 - || || 25 dicembre 1998 || Spacewatch |- | 145842 - || || 15 gennaio 1999 || Spacewatch |- | 145843 - || || 13 gennaio 1999 || Korlević, K. |- | 145844 - || || 9 gennaio 1999 || Kawasato, N. |- | 145845 - || || 16 gennaio 1999 || Spacewatch |- | 145846 - || || 14 febbraio 1999 || ODAS |- | 145847 - || || 14 febbraio 1999 || ODAS |- | 145848 - || || 10 febbraio 1999 || LINEAR |- | 145849 - || || 10 febbraio 1999 || LINEAR |- | 145850 - || || 12 febbraio 1999 || LINEAR |- | 145851 - || || 12 febbraio 1999 || LINEAR |- | 145852 - || || 10 febbraio 1999 || LINEAR |- | 145853 - || || 10 febbraio 1999 || LINEAR |- | 145854 - || || 10 febbraio 1999 || LINEAR |- | 145855 - || || 12 febbraio 1999 || LINEAR |- | 145856 - || || 12 febbraio 1999 || LINEAR |- | 145857 - || || 10 marzo 1999 || LINEAR |- | 145858 - || || 14 marzo 1999 || Spacewatch |- | 145859 - || || 12 maggio 1999 || LINEAR |- | 145860 - || || 17 maggio 1999 || Spacewatch |- | 145861 - || || 7 giugno 1999 || LINEAR |- | 145862 - || || 22 giugno 1999 || CSS |- | 145863 - || || 14 luglio 1999 || LINEAR |- | 145864 - || || 14 luglio 1999 || LINEAR |- | 145865 - || || 4 settembre 1999 || CSS |- | 145866 - || || 7 settembre 1999 || LINEAR |- | 145867 - || || 9 settembre 1999 || LINEAR |- | 145868 - || || 9 settembre 1999 || LINEAR |- | 145869 - || || 9 settembre 1999 || LINEAR |- | 145870 - || || 9 settembre 1999 || LINEAR |- | 145871 - || || 9 settembre 1999 || LINEAR |- | 145872 - || || 13 settembre 1999 || Spacewatch |- | 145873 - || || 5 settembre 1999 || LONEOS |- | 145874 - || || 8 settembre 1999 || CSS |- | 145875 - || || 6 settembre 1999 || Spacewatch |- | 145876 - || || 4 settembre 1999 || LONEOS |- | 145877 - || || 30 settembre 1999 || CSS |- | 145878 - || || 29 settembre 1999 || CSS |- | 145879 - || || 18 settembre 1999 || Spacewatch |- | 145880 - || 1999 TE || 1 ottobre 1999 || Chesney, D. K. |- | 145881 - || || 4 ottobre 1999 || LINEAR |- | 145882 - || || 4 ottobre 1999 || LINEAR |- | 145883 - || || 4 ottobre 1999 || Spacewatch |- | 145884 - || || 13 ottobre 1999 || Spacewatch |- | 145885 - || || 15 ottobre 1999 || Spacewatch |- | 145886 - || || 2 ottobre 1999 || LINEAR |- | 145887 - || || 2 ottobre 1999 || LINEAR |- | 145888 - || || 3 ottobre 1999 || LINEAR |- | 145889 - || || 4 ottobre 1999 || LINEAR |- | 145890 - || || 6 ottobre 1999 || LINEAR |- | 145891 - || || 7 ottobre 1999 || LINEAR |- | 145892 - || || 15 ottobre 1999 || LINEAR |- | 145893 - || || 10 ottobre 1999 || LINEAR |- | 145894 - || || 10 ottobre 1999 || LINEAR |- | 145895 - || || 10 ottobre 1999 || LINEAR |- | 145896 - || || 12 ottobre 1999 || LINEAR |- | 145897 - || || 12 ottobre 1999 || LINEAR |- | 145898 - || || 12 ottobre 1999 || LINEAR |- | 145899 - || || 12 ottobre 1999 || LINEAR |- | 145900 - || || 1 ottobre 1999 || CSS |} 145901-146000 |- | 145901 - || || 4 ottobre 1999 || Spacewatch |- | 145902 - || || 4 ottobre 1999 || CSS |- | 145903 - || || 8 ottobre 1999 || CSS |- | 145904 - || || 9 ottobre 1999 || CSS |- | 145905 - || || 3 ottobre 1999 || LINEAR |- | 145906 - || || 3 ottobre 1999 || LINEAR |- | 145907 - || || 3 ottobre 1999 || LINEAR |- | 145908 - || || 2 ottobre 1999 || Spacewatch |- | 145909 - || || 10 ottobre 1999 || LINEAR |- | 145910 - || 1999 UB || 16 ottobre 1999 || Kušnirák, P., Pravec, P. |- | 145911 - || || 31 ottobre 1999 || LINEAR |- | 145912 - || || 31 ottobre 1999 || Spacewatch |- | 145913 - || || 28 ottobre 1999 || CSS |- | 145914 - || || 28 ottobre 1999 || CSS |- | 145915 - || || 29 ottobre 1999 || LONEOS |- | 145916 - || || 29 ottobre 1999 || Spacewatch |- | 145917 - || || 3 novembre 1999 || LINEAR |- | 145918 - || || 5 novembre 1999 || Spacewatch |- | 145919 - || || 9 novembre 1999 || LINEAR |- | 145920 - || || 11 novembre 1999 || Spacewatch |- | 145921 - || || 12 novembre 1999 || LINEAR |- | 145922 - || || 9 novembre 1999 || Spacewatch |- | 145923 - || || 14 novembre 1999 || LINEAR |- | 145924 - || || 15 novembre 1999 || LINEAR |- | 145925 - || || 3 novembre 1999 || LINEAR |- | 145926 - || || 4 novembre 1999 || LINEAR |- | 145927 - || || 3 novembre 1999 || LINEAR |- | 145928 - || || 28 novembre 1999 || Spacewatch |- | 145929 - || || 28 novembre 1999 || Spacewatch |- | 145930 - || || 28 novembre 1999 || Spacewatch |- | 145931 - || || 4 dicembre 1999 || CSS |- | 145932 - || || 7 dicembre 1999 || LINEAR |- | 145933 - || || 7 dicembre 1999 || LINEAR |- | 145934 - || || 7 dicembre 1999 || LINEAR |- | 145935 - || || 7 dicembre 1999 || LINEAR |- | 145936 - || || 7 dicembre 1999 || LINEAR |- | 145937 - || || 7 dicembre 1999 || LINEAR |- | 145938 - || || 7 dicembre 1999 || LINEAR |- | 145939 - || || 7 dicembre 1999 || LINEAR |- | 145940 - || || 7 dicembre 1999 || LINEAR |- | 145941 - || || 7 dicembre 1999 || LINEAR |- | 145942 - || || 7 dicembre 1999 || LINEAR |- | 145943 - || || 7 dicembre 1999 || LINEAR |- | 145944 - || || 7 dicembre 1999 || CSS |- | 145945 - || || 9 dicembre 1999 || Juels, C. W. |- | 145946 - || || 7 dicembre 1999 || Spacewatch |- | 145947 - || || 10 dicembre 1999 || LINEAR |- | 145948 - || || 12 dicembre 1999 || LINEAR |- | 145949 - || || 12 dicembre 1999 || LINEAR |- | 145950 - || || 12 dicembre 1999 || LINEAR |- | 145951 - || || 12 dicembre 1999 || LINEAR |- | 145952 - || || 12 dicembre 1999 || LINEAR |- | 145953 - || || 13 dicembre 1999 || Spacewatch |- | 145954 - || || 13 dicembre 1999 || Spacewatch |- | 145955 - || || 15 dicembre 1999 || Spacewatch |- | 145956 - || || 4 dicembre 1999 || LONEOS |- | 145957 - || || 5 dicembre 1999 || LINEAR |- | 145958 - || || 6 dicembre 1999 || LINEAR |- | 145959 - || || 6 dicembre 1999 || LINEAR |- | 145960 - || || 5 dicembre 1999 || Spacewatch |- | 145961 - || || 9 dicembre 1999 || Spacewatch |- | 145962 Lacchini || || 29 dicembre 1999 || Casulli, V. S. |- | 145963 - || || 30 dicembre 1999 || LINEAR |- | 145964 - || || 27 dicembre 1999 || Spacewatch |- | 145965 - || || 27 dicembre 1999 || Spacewatch |- | 145966 - || || 30 dicembre 1999 || Tombelli, M., Boattini, A. |- | 145967 - || || 3 gennaio 2000 || LINEAR |- | 145968 - || || 3 gennaio 2000 || LINEAR |- | 145969 - || || 3 gennaio 2000 || LINEAR |- | 145970 - || || 3 gennaio 2000 || LINEAR |- | 145971 - || || 3 gennaio 2000 || LINEAR |- | 145972 - || || 3 gennaio 2000 || LINEAR |- | 145973 - || || 2 gennaio 2000 || Spacewatch |- | 145974 - || || 4 gennaio 2000 || LINEAR |- | 145975 - || || 4 gennaio 2000 || LINEAR |- | 145976 - || || 4 gennaio 2000 || LINEAR |- | 145977 - || || 5 gennaio 2000 || LINEAR |- | 145978 - || || 2 gennaio 2000 || LINEAR |- | 145979 - || || 5 gennaio 2000 || LINEAR |- | 145980 - || || 8 gennaio 2000 || LINEAR |- | 145981 - || || 3 gennaio 2000 || LINEAR |- | 145982 - || || 3 gennaio 2000 || LINEAR |- | 145983 - || || 4 gennaio 2000 || LINEAR |- | 145984 - || || 6 gennaio 2000 || Spacewatch |- | 145985 - || || 7 gennaio 2000 || Spacewatch |- | 145986 - || || 11 gennaio 2000 || Spacewatch |- | 145987 - || || 13 gennaio 2000 || Spacewatch |- | 145988 - || || 26 gennaio 2000 || Sposetti, S. |- | 145989 - || || 30 gennaio 2000 || Zoltowski, F. B. |- | 145990 - || || 29 gennaio 2000 || Spacewatch |- | 145991 - || || 30 gennaio 2000 || CSS |- | 145992 - || || 2 febbraio 2000 || LINEAR |- | 145993 - || || 2 febbraio 2000 || LINEAR |- | 145994 - || || 2 febbraio 2000 || LINEAR |- | 145995 - || || 2 febbraio 2000 || LINEAR |- | 145996 - || || 2 febbraio 2000 || LINEAR |- | 145997 - || || 2 febbraio 2000 || LINEAR |- | 145998 - || || 2 febbraio 2000 || LINEAR |- | 145999 - || || 2 febbraio 2000 || LINEAR |- | 146000 - || || 2 febbraio 2000 || LINEAR |} Collegamenti esterni 0145001
I Macabre sono un gruppo grindcore statunitense originario di Chicago. Storia Si formarono nel 1984 a Chicago, Illinois, e da allora non hanno avuto alcun cambio di formazione. Il loro stile è un misto di più generi musicali, principalmente grindcore, death metal e thrash metal, che vanno a formare il loro peculiare sound, da loro stessi definito "murder metal". Nei loro testi hanno sempre avuto una forte tendenza a parlare di serial killer e assassini (ad esempio Jeffrey Dahmer, al quale è dedicato il terzo album, Dahmer). I Macabre hanno anche un progetto parallelo chiamato Macabre Minstrels, che propone esclusivamente brani acustici; questa seconda formazione ha debuttato nel 2002 con l'EP Macabre Minstrels: Morbid Campfire Songs. Formazione Corporate Death (Lance Lencioni) – voce, chitarra (1984 - presente) Nefarious (Charles Lescewicz) – basso, cori (1984 - presente) Dennis the Menace (Dennis Ritchie) – batteria (1984 - presente) Discografia Album in studio 1989 – Gloom 1993 – Sinister Slaughter 2000 – Dahmer 2003 – Murder Metal 2011 – Grim Scary Tales 2020 – Carnival of Killers EP 1987 – Grim Reality 1994 – Behind the Wall of Sleep 1999 – Unabomber 2009 – Human Monsters Raccolte 2004 – Macabre Electric & Acoustic Two CD Set Split 1993 – Nuclear Blast 4 Way Split (con Mortification, Benediction e Gorefest) 2001 – Capitalist Casualties / Macabre (con Capitalist Casualties) Singoli 1988 – Shitlist 1993 – Nightstalker 2002 – Drill Bit Lobotomy Videografia 2006 - True Tales of Slaughter and Slaying Bibliografia Collegamenti esterni
A Panda piace fare i fumetti degli altri (e viceversa) è un albo a fumetti di Giacomo Bevilacqua della serie umoristica di A Panda piace. L'albo è frutto di una collaborazione con vari autori del panorama fumettistico italiano ed è stato pubblicato da Panini Comics il 6 novembre 2014. Trama Struttura Il volume speciale è composto da più storie realizzate da Bevilacqua o da altri autori, che sono unite tra loro da un sottile filo portato avanti da Panda e i suoi amici. L'albo racconta del rapporto di Panda con gli altri fumetti e con l'accettare di essere egli stesso un personaggio dei fumetti. Distribuite lungo l'albo ci sono anche illustrazioni di un'unica pagina realizzate da Gipi, Roberto Recchioni, Ale Giorgini e Silver – in quest'ultima è presente il personaggio di Enrico La Talpa. All'inizio del volume è presente una introduzione di Leo Ortolani. Storie Training Day (8 pagine), scritta e disegnata da Giacomo Bevilacqua, racconta dell'incontro tra Panda e Rat-Man nella Città Senza Nome. Nella storia sono presenti anche altri personaggi della serie di Leo Ortolani, come Cinzia Otherside e Tadeus Brakko. Peter Panda (3 pagine), scritta da Bevilacqua e disegnata da Stefano Caselli, rilegge la storia di Spider-Man raccontando di come il giovane studente Peter Parkour si sia trasformato in un essere abietto dopo essere stato morso da un panda radioattivo. A Spider Panda piace (2 pagine), A Spider Hulk piace (1 pagina), A Iron Panda piace (1 pagina): sono quattro strisce del formato storico di A Panda piace dove il protagonista impersona i supereroi Marvel di Spider-Man, Hulk e Iron Man. Panda and Ansia (3 pagine), parodia di Calvin & Hobbes di Bill Watterson, è scritta e disegnata da Bevilacqua. Una vita di scarti (2 pagine), scritta da Bevilacqua, è stata disegnata da Donald Soffritti in stile disneyano. Nella storia vengono presentati gli "errori", o versioni alternative, dei personaggi di Walt Disney: Topolano, Prüto, Pippi, Pprn, Que, Que e Que, Migni, Peperina, Pietro Legnodigamba, Papa Perone e il commissario Baffettini. La storia scritta e disegnata da Sio è senza titolo e qui Panda si ritrova immerso negli intrecci surreali e demenziali della serie di Scottecs (3 pagine). A Panda piace... la scienza! (1 pagina), scritta e disegnata da Federico Rossi Edrighi, racconta in chiave umoristica la storia "scientifica" dei panda. Se Zerocalcare avesse scelto un panda anziché un armadillo? (4 pagine), scritta e disegnata da Zerocalcare, racconta di come sarebbe andata se l'autore avesse scelto come "animale guida" un panda piuttosto che un armadillo. Bat-Panda (8 pagine), scritta e disegnata da Bevilacqua, è la parodia di Batman. Panda interpreta il supereroe, Godfrey è Robin (Godfreyboy), Crocco Drillo è il commissario Gordon (Croccon), Dr. Scimmia è Joker (Dr. Joker) e Flora è Batgirl (Bat-Flora). A Panda piace... Dr. Scimmia (2 pagine), scritta da Emiliano Pagani e disegnata da Daniele Caluri, racconta dei tentativi di Dr. Scimmia per aprire Panda al sesso, finendo per innamorarsene e formare una coppia omosessuale. Prima della conclusione del volume sono inserite tre pagine di strisce scritte e disegnate da Bevilacqua come parodia dei Peanuts di Charles M. Schulz. Produzione Il progetto di uno speciale a fumetti di A Panda piace che coinvolgesse altri autori importanti e noti al grande pubblico è, citando le parole di Bevilacqua, «nato per caso». L'autore, che in quel periodo stava portando avanti con Panini Comics la prima serie a fumetti dedicata al personaggio di Panda delle sue strisce, A Panda piace l'avventura, propose al direttore della casa editrice Marco Marcello Lupoi e all'editor Diego Malara la propria idea circa la possibilità di realizzare un volume speciale dedicato a Panda. L'idea di Bevilacqua era quella di far vestire al protagonista i panni di svariati personaggi di altri fumetti, tutti quei fumetti che egli considerava importanti nella sua formazione o che lo avevano da sempre appassionato. L'idea fu subito apprezzata e lentamente diventò qualcosa di più grande: un albo che contenesse storie e illustrazioni non solo di Bevilacqua, ma anche di altri autori, più o meno celebri. Bevilacqua ha così iniziato a contattare amici e colleghi per proporre una collaborazione al volume speciale. L'autore ha dichiarato di aver proposto al noto fumettista Leo Ortolani di scrivere e disegnare una storia di poche pagine circa un ipotetico incontra tra Panda e il suo personaggio Rat-Man. Ortolani, al momento impegnato nella scrittura dell'arco narrativo conclusivo della serie sul supereroe mascherato, ha dovuto rifiutare, offrendosi di scrivere l'introduzione al volume e lasciando carta bianca a Bevilacqua sull'utilizzo dei personaggi di Rat-Man. L'autore ha dichiarato anche di come sia stato preso dall'ansia circa la possibilità di confrontarsi con un maestro, e di essere stato preoccupato del giudizio di Ortolani tanto da farla prima leggere ad Andrea Plazzi, storico editor della serie Rat-Man. Ortolani stesso ha rifiutato di leggere la storia prima della pubblicazione dicendo di voler «comprare l'albo "da lettore" e scoprirlo piano piano, pagina dopo pagina.» Sin da subito sono stati coinvolti anche Zerocalcare e Roberto Recchioni, amici dell'autore e con i quali aveva già collaborato in passato. Si sono poi aggiunti sempre più nomi, andando a formare un insieme eterogeneo di autori importanti del fumetto italiano: dal fumetto d'autore di Gipi alla stile disneyano di Donald Soffritti, dal maestro della striscia Silver alla comicità irriverente di Emiliano Pagani e Daniele Caluri, noti per i fumetti di Il Vernacoliere. Si sono poi aggiunti Stefano Caselli, Ale Giorgini, Federico Rossi Edrighi e Sio, noto per i suoi fumetti demenziali pubblicati principalmente sul web. La colorazione del volume – la prima metà esatta – è stata affidata al colorista Nicola Righi, noto per aver collaborato con Recchioni e Licia Troisi per l'adattamento a fumetti dei romanzi Cronache del Mondo Emerso. Il volume speciale è stato annunciato al Romics il 5 ottobre 2014 ed è stato presentato in anteprima al Lucca Comics & Games 2014. Per l'occasione si è tenuta il 30 ottobre presso lo stand della Panini Comics una sessione di autografi con gli autori che avevano partecipato al volume. Note Voci correlate A Panda piace A Panda piace l'avventura Albi speciali a fumetti
Il Museo di Giovio a Borgovico sul lago di Como era una delle residenze di Paolo Giovio, nella quale lo storico cinquecentesco si proponeva di raccogliere i ritratti di uomini illustri da lui descritti ed altri reperti. Sorgeva ove oggi si trova la Villa Gallia. Il museo «Un uomo incomincia a collezionare ritratti di uomini illustri, e subito la sua mente sogna un museo in cui la sua collezione formi una sinossi universale degli uomini che hanno fatto la storia». La villa-museo di Giovio può, a piena ragione, essere definita il primo esempio di spazio museale ante litteram conosciuto, non di mero collezionismo d'arte, così come lo intendiamo noi contemporanei (pur essendo eredi della rivisitazione concettuale del fenomeno avvenuta nell'Ottocento e nel Novecento), ossia il sogno di poter far "con-vivere", in uno spazio dato e al di là del tempo, l'intera storia della cultura umana. Sostiene Price Zimmermann: «L'idea di Giovio di fondare un museo di ritratti sul lago fu il suo contributo più originale alla civiltà europea.» «La prima testimonianza di un'elaborazione concettuale della villa, con caratteri in parte destinati a confluire nel Museo, precede a sua volta (1504) di più di quindici anni l'avvio della collezione» che ci propone un'interpretazione delle finalità della villa-museo che va oltre la semplice necessità di collocarvi la propria raccolta. Una "precoce volontà di villa" testimoniata da una serie di lettere. La prima, in latino, è quella indirizzata a Giano Rasca fin dal 1504, un'altra quella inviata a Francesco II Sforza, duca di Milano (Roma, primo marzo 1531), in cui lo si informa dell'acquisto di « [...] un bellissimo loco, qual è vicino un miglio a Como, qual costa mille e duecento scudi». Pur non essendovi accenni nell'epistolario, certe sono, sulla base di numerose documentazioni, le date di inizio (autunno 1537) e fine dei lavori (primavera 1543), mentre non ci sono indicazioni sul nome dell'architetto: un silenzio che è un'orgogliosa rivendicazione di responsabilità da parte di Giovio sulla impegnativa impresa edificatoria. Successivamente alla morte di Giovio, la villa fu acquistata nel 1607 dal ricchissimo comasco Marco Gallio, nipote dal cardinale Tolomeo Gallio. L'intenzione era quella di ristrutturarla, ma venne invece fatta abbattere, a causa dello stato di estremo degrado in cui versava, dovuto all'abbandono e alle numerose successive inondazioni subite. La scelta del nome Musaeum, luogo consacrato alle Muse e allo studio In antichità il termine Mousêion (luogo sacro alle Muse), in relazione a un edificio, viene adottato per indicare il palazzo in Alessandria d'Egitto, fatto costruire dal re Tolomeo Filadelfo per ospitare la celebre Biblioteca. Al riguardo scrive Franco Minonzio: « [...] il termine Musaeum, nell'accezione di luogo consacrato alle Muse e allo studio ha, nella civiltà latina (per nulla dire degli antefatti greci, classici ed ellenistici) una storia lunga che rimonta a Varrone (De re rustica, III, 5.9) e a Plinio il Giovane (Epistulae I, 9.6).; (...) Sulla scelta del termine musaeum in età rinascimentale, occorre ammettere che era nell'aria, tant'è che, (...) un amico di Bembo, l'antiquario padovano Alessandro Maggi, aveva in quello stesso torno di tempo, utilizzato questo termine classicheggiante in riferimento al proprio palazzo e alla collezione che vi era contenuta. Certo, l'accezione nella quale Giovio se ne avvale ("un luogo dedicato alle muse, nel quale trattenersi con gli amici in colta conversazione tra opere d'arte antiche e moderne") (...) è un autentico punto di svolta.» Erasmo da Rotterdam, negli anni 1523/1524, adopera il termine greco Museion per designare un piccolo studio adibito alla lettura dei codici (Convivium religiosum): l'influenza pregnante delle idee dello studioso olandese su Giovio, anche attraverso il fratello Benedetto che di Erasmo fu corrispondente, sembrerebbe la fonte più probabile nella scelta, da parte del comense, del termine "Museo" per identificare il luogo dove conservare la sua collezione. Già nel 1532, infatti, in una lettera redatta dal medesimo Benedetto, quest'ultimo usa il vocabolo museion a proposito del palazzo di famiglia, in cui ospitare la raccolta. Tuttavia, « [...] nella realizzazione del musaeum Paolo Giovio va oltre Erasmo, come va oltre Benedetto: il significato nuovo che riempie il termine antico è quello di un luogo di studio cui si unisce una collezione di ritratti di uomini illustri, della storia passata e della contemporanea, senza preclusioni d'ordine etnico o religioso, non più legati alla vicenda individuale del proprietario, e ciascuno dei quali è integrato da un testo biografico, che in molti casi al ritratto esplicitamente rimanda». Il luogo secondo Giovio Una delle descrizioni più antiche e suggestive della residenza, dove Giovio allestisce il suo "Museo", che sorgeva sull'area dell'attuale Villa Gallia, nei pressi del capoluogo lariano, la fornisce lo stesso proprietario: «La villa è di fronte alla città e sporge come una penisola sulla superficie sottostante del lago di Como che si espande tutto intorno; si protende verso nord con la sua fronte quadrata e verso l'altro lago con i suoi fianchi dritti, su una costa sabbiosa e incontaminata, e perciò estremamente salubre, costruita proprio sulle rovine della villa di Plinio (...) Giù nelle acque profonde, quando il lago, distendendo dolcemente la superficie vitrea, è calmo e trasparente, si vedono marmi squadrati, tronchi enormi di colonne, piramidi consunte che prima decoravano l'ingresso del molo falcato, davanti al porto.». Ugualmente compiaciuta è la descrizione delle piccole distrazioni concesse a chi vive in campagna, soprattutto la pesca: «Sulla facciata ( [...] ) si protende sulle onde del lago una terrazza (...) da questo luogo è divertente pescare i pesci dopo averli attirati con l'esca che si è gettata loro. Osservarne i branchi numerosi dà un piacere particolare: il lago stesso (...) sorride a chi l'osserva»; poco oltre scrive: «Un vero piacere, particolarmente appagante, lo provo navigando incontro ai pescatori che stanno per tirare su le reti. È divertente mercanteggiare il bottino incerto di una rete che sta per essere tirata: per il desiderio di prendere parte alla pesca mi succede di avere le mani e gli occhi in tensione» L'animo dell'uomo di corte è sempre presente: sottile adulazione personale, contenuto orgoglio per l'opera realizzata, frammista a un costante riferimento alle proprie modeste condizioni accompagnano la descrizione. «Qualcun altro, più ricco e più ingegnoso, avrebbe tranquillamente potuto costruire, molto più lussuosamente, stanze più interne, portici, sale da pranzo, camere da letto estive e invernali. Avrebbe potuto decorarle più dignitosamente con splendidi dipinti. Io, assecondando la natura del luogo con ardente desiderio ma dubbia speranza di portare l'opera a compimento, ho costruito una parte dopo l'altra, tanto che spesso, pentendomi in ritardo, ho smesso di sperare nella generosità della sorte». Subito dopo continua: «Chi non ha mai visto lo splendore delle ville costruite dagli uomini di ceto signorile e principesco, e perciò al di sopra del patrimonio che tocca a un comune cittadino; o chi, con un giudizio più benevolo, antepone l'eleganza di un'opera non banale a spese poco misurate, è facile che ammiri il primo portico ( [...] ) quello che chiamo portico "mascherato"(...) le maschere dorate sembrano dispensare consigli, di laconica brevità, per una vita più elegante». Insieme ai numerosi richiami pliniani e vitruviani svariati anche quelli classici, come si addice a un colto, raffinato letterato di corte. «Nascosta nel lato opposto dell'isola vive quella vergine immortale, Eco, detta anche Dorica"; e ancora:(...)" questi attracchi, a sinistra e a destra, sono uniti da un istmo che si estende fra di essi (...) Sfruttando una somiglianza con Corinto dai due mari, un attracco lo chiamo, per scherzo, Cencreo, come il porto sull'Egeo; l'altro Lecheo, come quello sullo Ionio.». Ugualmente, quando Giovio descrive l'atrio dipinto dell'ingresso "estivo", in cui ha posto una fontana: «Di qui si aprono da una parte e dall'altra dei battenti. Questi conducono ai giardini e ai boschi sui monti attraverso delle viti giuliane, costruite a volta, un capolavoro di arte topiaria ( [...] ) Dai boschi sui monti. attraverso piccoli tubi di terracotta, ho fatto scendere fino al portico dorico una fonte perenne e limpidissima di acqua zampillante. Ma la fatica è stata grande, poiché spesso c'era una ninfa a rendere il compito difficile (...) come una delle Oreadi dei boschi, gelosa del suo ritiro all'ombra e al silenzio, evitava molto timidamente queste case frequentate nonché il via vai di persone. Adesso, divenuta più mite, sale attraverso la statua della dea Natura e zampilla dalle sue poppe, per poi riversarsi in una vasca di marmo». È comunque nella breve, ma particolareggiata descrizione degli interni e delle funzioni di quest'ultima che Giovio fa appello a piene mani alla sua cultura classica. «Apollo, suonatore di cetra e le muse fanno festa, con i loro strumenti, a chi cena. Poi Minerva invita tutti quelli che vogliono cambiare posto nella sua stanza, lì accanto, dove si vedono le effigi degli antichi comaschi: anzitutto quelle dei due Plini, poi quelle dei poeti Caninio Rufo e Cecilio (...) e ancora, quelle del grammatico Attilio e di Fabato(...) Alla stanza di Minerva è attigua la biblioteca, piccola, ma piena di libri molto selezionati, dedicata a Mercurio (c'è la sua immagine dipinta). Da qui si passa alle Sirene (... ) dedicata alle ore di nobile svago. Dopo viene l'armeria, vicino all'ingresso, a buon diritto protetta dalle sacre imprese dell'imperatore Carlo. (...) A quella stanza più grande che è il Museo, è congiunta la nobile sala da pranzo, a buon diritto consacrata alle tre Grazie.» L'umanista continua elogiando le stanze ai piani superiori, soleggiate a piene di luce in ogni epoca dell'anno, dove si ammirano iscrizioni incentrare sui temi della virtù e dell'onore. La parte più interna della villa, « [...] come vogliono le Muse ispiratrici - Giovo la rappresenta come - priva di rumore (..) splendida e pulita (...) - che - invita allo studio appartato anche chi si dedica ai giochi più divertenti (...) la separa un istmo che la rende quasi una casa più piccola, tenendo del tutto lontano le scuderie collegate all'ippodromo, le dispense, il rumore della cucina e di tutta la servitù.» Un luogo di svago raffinato e di studio, dove banchettare e ammirare opere d'arte in giusta compagnia che « [...] dona davvero una tranquillità dorata, e, come un porto tranquillo e salubre, concede quella libertà che è più facile desiderare che ottenere.» La villa, secondo una ricostruzione La costruzione, prospiciente il Lario, doveva presentarsi all'incirca come un rettangolo su due piani, con una stanza e un portico annesso aggettanti sul lago. Dalla parte di terra si accedeva al primo piano del fabbricato attraverso un cortile d'ingresso, a sinistra del quale stavano i locali di servizio. Il cortile d'entrata immetteva a sua volta in un Vestibolo (Vestibulum) e, da questo, si accedeva a un piccolo Atrio pressoché quadrato. Dirimpetto all'Atrio, e per tutta la larghezza del corpo dell'edificio centrale, si snodava un Portico (prima porticus o Porticus Personata) (lato di una sorta di deambulatorio), che portava alla Sala del Museo, sporgente sul lago e dotata di un piccolo terrazzo coperto (podium). A destra della Porticus Personata, un ampio Impluvio o Cavaedium (attorno al quale, dalla parte del Lario, si trovava il Portico delle Grazie (Coenatio) adiacente al Museo e con esso comunicante (secondo lato del deambulatorio); sul fronte opposto, vi era il Portico del Parnaso (Dorica porticus) (terzo lato del deambulatorio) in cui era collocata la statua della Dea Natura dai cui seni zampillava acqua che immetteva a delle camere e alle scale per salire al piano superiore. Da queste stanze si tornava nell'Atrio. A sinistra di quest'ultimo altre camere; dalla prima si aveva accesso all'Armeria, dove altre scale portavano al secondo piano. Nel vano di queste si trovava la Sala delle Sirene, a cui si aveva accesso dall'Armeria attraverso uno stretto corridoio. Proseguendo per quest'ultimo, che correva lungo la parete di separazione del Portico Personata, si giungeva ad altre camere (cubicula): la prima, in sequenza, la Sala di Mercurio e successivamente la Sala di Minerva. L'ultima stanza a cui si aveva accesso era, di nuovo, quella del Museo. Al secondo piano. Sopra le stanze e l'armeria con essa confinanti, stava la Sala dell'Onore Attraverso un corridoio, speculare a quello sottostante si entrava, a sinistra, nella Camera del Moro, sovrastante la Sala di Mercurio, e quindi nella Camera del Diamante, dove Giovio dormiva e studiava, posta sopra la Sala di Minerva; a destra, sopra il Portico Personata, si aveva accesso alla Sala della Virtù. La Sala delle Sirene non aveva una sua corrispondente, se non il vano scale, così come la Sala del Museo e il Portico delle Grazie. Sopra al Portico del Parnaso si trovavano invece la Sala degli Arazzi (Camera del Paragone), con una piccola sala adiacente, posta nell'angolo verso terra e sporgente dal rettangolo dell'edificio, che proseguiva lungo l'Impluvio, fino alla più contenuta Camera Sforzesca. Da quest'ultima ci si riportava nel vano scale da cui si scendeva al piano inferiore. I Ritratti degli uomini illustri Giovio inizia a collezionare ritratti di famosi letterati, poeti e filosofi già negli anni venti del Cinquecento, mentre si trovava a Firenze al seguito di Giulio de' Medici. Ai letterati si aggiunsero condottieri, uomini d'Arme, regnanti, Papi e potenti del suo tempo e dell'antichità, da Alessandro Magno e Romolo a Carlo V e Francesco I, comprendento anche sultani ottomani e principi orientali. Giovio stesso nella dedica a Cosimo I del libro VII degli Elogia virorum bellica virtute illustrium, pubblicati nel 1551, scrive: «nel procurarmi questa raccolta di tanti ritratti, per più di trent’anni, acceso da un’instinguibile curiosità, non ho limitato né zelo né spesa». Nella lettera a Mario Equicola «Ex Florentia, 28 Augusti 1521», dichiara anche la funzione di tale raccolta: «tramite l’emulazione del loro esempio gli onesti tra i mortali possano essere infiammati dalla ambizione di gloria». Per Giovio era importante che fossero per quanto possibile eseguiti dal vero, per cui li richiedeva spesso direttamente alle famiglie nel caso dei contemporanei, mentre per gli antichi richiedeva ai pittori che copiassero da monete e statue autentiche. A seguito della sua morte nel 1552, la vastissima collezione fu dispersa tra numerosi eredi. Si ritiene che gli esemplari fossero oltre quattrocento. È stato possibile in seguito ricostruire la galleria in quanto, divenuta celebre tra i contemporanei alla metà del Cinquecento, ne furono commissionate numerose copie. La più celebre e ampia opera di copia fu commissionata nel 1552, da parte del duca di Firenze Cosimo I de' Medici, al pittore Cristofano dell'Altissimo che si trasferì a Como per eseguire le repliche. Il pittore eseguì oltre 240 dipinti, che andarono a formare la cosiddetta Serie gioviana, oggi ospitata nei corridoi monumentali della Galleria degli Uffizi di Firenze. Oltre alle stampe ricavate dalla serie dei ritratti, altre copie furono richieste da Ippolita Gonzaga al pittore Bernardino Campi, e nel 1619 dal cardinale Federico Borromeo per la Biblioteca ambrosiana. Poiché l'interesse di Giovio era sostanzialmente nel soggetto, e non nello stile pittorico, un notevole numero di ritratti che figuravano nella collezione del Museo era costituita da copie di originali o comunque eseguite da pittori di modesta qualità artistica, ma non mancavano le eccezioni. Fra i molti esemplari, vi erano: le copie che Raffaello aveva fatto eseguire dai suoi allievi degli affreschi eseguiti dal Bramantino nella Stanza di Eliodoro, prima che venissero cancellati la riproduzione della serie di undici ritratti di sultani ottomani, venduta a Marsiglia dal corsaro Khayr al-Din, detto il Barbarossa, ammiraglio della flotta ottomana una eccezionale collezione di ritratti eseguiti da Tiziano: il Ritratto di Ippolito de' Medici, Francesco Maria della Rovere duca di Urbino, Daniele Barbaro, il doge Andrea Gritti, Vincenzo Cappello e l’Aretino. di mano del Bronzino, il Ritratto di Cosimo I de’ Medici e il Ritratto di Andrea Doria nelle vesti di Nettuno. Alla fine del Cinquecento gli eredi di Paolo Giovio trasferirono i ritratti degli uomini illustri nel palazzo di città, attuale sede del Museo Civico Archeologico, dividendoli in diversi lotti. A seguito della dispersione della galleria, oggi un significativo nucleo dei ritratti è custodito nella Pinacoteca Civica di palazzo Volpi a Como. Gli Elogia Gli Elogia, prima ancora di essere dati alle stampe come raccolta a sé stante, sono concepiti per essere collocati sotto le vere effigie degli uomini illustri che si trovavano, all'epoca, nel Museo Gioviano di Borgovico. Si tratta di profili biografici redatti su pergamena e realmente appesi sotto il ritratto relativo a ciascun personaggio della collezione. Per quanto attiene invece alla prima raccolta, rivisitata per l'edizione tipografica in latino (1546) Elogia veris virorum clarorum apposita... (Elogi dei letterati illustri, noto in latino anche con il titolo Elogia doctorum virorum), dedicata a Ottavio Farnese, prefetto di Roma, essa contiene gli elogi dei seguenti letterati, per un totale di 146: Alberto Magno, Tommaso d'Aquino, Giovanni Scoto, Dante, Francesco Petrarca, Boccaccio, Bartolo, Baldo, Leonardo Aretino, Poggio, Ambrogio Monaco, Antonio Panormita, Lorenzo Valla, Flavio Biondo, Pier Candido Decembrio, Donato Acciaiuoli, Filelfo, Niccolò Perotti, Platina, Iacopo cardinale di Pavia, Domizio Calderino, Antonio Campano, Emanuele Crisolora, Bessarione, Giorgio Trapezunzio, Teodoro Gaza, Argiropulo, Marullo Tarcaniota, Demetrio Calcondila, Marco Musuro, Giovanni Lascaris, Rodolfo Agricola, Leon Battista Alberti, Lorenzo de' Medici, Pietro Leoni, , Giorgio Merula, Poliziano, Mirandola, Pomponio Leto, Callimaco, Girolamo Savonarola, Marsilio Ficino, Galeotto Marzio, Elisio Calenzio, Pandolfo Collenuccio, Gioviano Pontano, Marcantonio Coccio Sabellico, Lorenzo Lorenziani, Antioco Tiberti, Filippo Beroaldo, Ercole Strozzi, Bartolomeo Cocles, Giovanni Cotta, Pietro Crinito, Girolamo Donato, Alessandro Achillini, Bernardino Corio, Marco Antonio della Torre di Verona, Lancino Curti, Battista Mantovano Carmelita, Francesco Maria Grapaldi, Thomas Linacre, Antonio di Nebrija, Bernardo Bibbiena, Giason del Maino, Cristoforo Longolio, Aurelio Augurelli, Guido Postumo Silvestri, Niccolò Leoniceno, Pietro Pomponazzi, Andrea Marone, Andrea Matteo Acquaviva, Pietro Gravina, Pomponio Gaurico, Marco Antonio Casanova, Baldassarre Castiglione, Andrea Navagero, Giovanni Maria Cattaneo, Jacopo Sannazaro, Giovanni Mainardi, Camillo Querno Arcipoeta, Alberto Pio di Carpi, Ludovico Ariosto, Il cardinale Egidio, Giovan Francesco Pico della Mirandola, Niccolò Machiavelli, Filippo Decio, Tommaso Moro, cardinale di Rochester, Leonico Tomeo, Agostino Nifo, Jean Ruel, Antonio Tebaldeo, Erasmo da Rotterdam, Rutilio, Guillaume Budé, Girolamo Aleandro, Lampridio, cardinale Gaspare Contarini, Heinrich Cornelius Agrippa, Battista Pio, Francesco Arsilli, Molza, Albert Pigghe, Benedetto Giovio di Como, Maffeo Vegio di Lodi, Giovanni Tortelli, Bartolomeo Facio, Guarino Veronese, Pietro Paolo Vergerio, il ligure Iacopo Bracelli, Giorgio Valla di Piacenza, Giovanni Simonetta, Bernardo Giustinian di Venezia, Cristoforo Persona di Roma, Gregorio Tifernate, Raffaele Volterrano, Antonio Galateo, Lodovico Celio Rodigino, Jacques Lefèvre d'Étaples, Antonio Tilesio di Cosenza, Pietro Alcionio, Pietro Martire d'Anghiera, Gabriele Altilio, Marcello Virgilio Adriani di Firenze, Giano Parrasio, Georg Sauermann tedesco, Celio Calcagnini di Ferrara, Agostino Giustiniani di Genova, Roberto Valturio, Matteo Palmieri di Firenze, Iacopo Angeli di Firenze, Hector Boethius, Polidoro Virgilio, Gaguin francese, Marino Becichemo da Scutari, Jacob Ziegler, Paolo Emili, Germain de Brie, Niccolò Tegrimi, Camillo Ghilini di Milano, Johann Reuchlin tedesco, Johann Müller Regiomontanus tedesco, Ludovico Vives di Valencia, Cosimo Pazzi. Gli Elogia virorum bellica virtute illustrium veris imaginibus supposita (1551), (Elogi degli uomini d'arme illustri), divisi in sette libri, ciascuno "dedicato al Duca di Firenze Cosimo I de' Medici", contengono, invece, gli scritti sui seguenti personaggi, riferiti a un totale di 134 opere e 142 figure ritratte: Libro I: Elogio sotto il ritratto di Romolo, sotto il ritratto di Numa Pompilio, sotto il ritratto di Artaserse, sotto il ritratto di Alessandro Magno, sotto il ritratto di Pirro, re dell'Epiro, sotto il ritratto di Annibale, sotto il ritratto dell'Africano Maggiore, sotto il ritratto di Attila, re degli Unni, sotto il ritratto di Totila, re dei Goti, sotto il ritratto dell'eunuco Narsete, sotto il ritratto di Carlo Magno, sotto il ritratto di Goffredo di Buglione, sotto il ritratto di Saladino, sultano d'Egitto e Siria, sotto il ritratto dell'imperatore Federico I, sotto il ritratto di Farinata degli Uberti, sotto il ritratto di Ezzelino, sotto il ritratto di Martino della Torre, sotto il ritratto di Sciarra Colonna, sotto il ritratto di Uguccione della Faggiola, sotto il ritratto di Castruccio Castracani, sotto il ritratto di Cangrande della Scala; (21/21) Libro II: sotto il ritratto di Roberto, re di Napoli, sotto il ritratto dell'arcivescovo Ottone, sotto il ritratto di Matteo Magno, sotto il ritratto di Galeazzo I, sotto il ritratto di Azzo, sotto il ritratto di Luchino, sotto il ritratto di Giovanni, l'arcivescovo, sotto il ritratto di Galeazzo II, sotto il ritratto di Bernabò, sotto il ritratto di Gian Galeazzo, sotto il ritratto di Giovanni Maria, sotto il ritratto di Filippo, sotto il ritratto di Giovanni Vitelleschi di Tarquinia, patriarca e cardinale, sotto il ritratto del cardinale Giuliano Cesarini, sotto il ritratto di Tamerlano, imperatore dei Tartari, sotto il ritratto di Bayazid I, re dei Turchi, sotto il ritratto di Celebino, imperatore dei Turchi, sotto l'effigie dell'inglese John Hawkwood, sotto il ritratto di Alberico da Barbiano, sotto i ritratti nella stessa tavola di Sforza e di Braccio da Montone, sotto il ritratto di Carmagnola, sotto il ritratto di Gattamelata, sotto il ritratto di Niccolò Piccinino; (23/24) Libro III: sotto il ritratto di Cosimo de' Medici, sotto il ritratto di Alfonso, re di Napoli, sotto il ritratto di Francesco Sforza, sotto il ritratto di Murad II, imperatore dei Turchi, sotto il ritratto di Giorgio Castriota Scanderbeg, principe d'Albania, sotto il ritratto di Bartolomeo Colleoni, sotto il ritratto di Galeazzo Sforza, sotto il ritratto di Carlo, duca di Borgogna, sotto il ritratto di Giuliano de' Medici, sotto il ritratto di Mehmet II, imperatore turco, sotto il ritratto di Federico da Montefeltro, duca di Urbino, sotto il ritratto del grande Kaitbey, sultano di Menfi, sotto il ritratto di Mattia Corvino, re di Ungheria; (13/13) Libro IV: sotto il ritratto di Carlo VIII, re di Francia, sotto il ritratto dei fratelli Vitelli, sotto il ritratto di Piero de' Medici, sotto il ritratto di Cristoforo Colombo, sotto il ritratto di Ascanio Sforza, sotto il ritratto di Ludovico Sforza, principe di Milano, sotto il ritratto di Cesare Borgia, sotto il ritratto di Niccolò Orsini, conte di Pitigliano, sotto il ritratto di Francesco Alidosi, cardinale di Pavia, sotto il ritratto di Bayazid II, imperatore turco, sotto il ritratto di Gaston de Foix, sotto il ritratto di Luigi XII, re di Francia, sotto il ritratto di Ferdinando Consalvo, grande condottiero, sotto il ritratto di Bartolomeo d'Alviano, sotto il ritratto di Kansuweh el-Ghuri, sultano d'Egitto e di Siria, sotto il ritratto di Tuman-bey, ultimo sultano d'Egitto e Siria, sotto il ritratto di Giacomo Trivulzio, sotto il ritratto di Tristão da Cunha, portoghese; (18/21) Libro V: sotto il ritratto di Francesco Gonzaga, principe di Mantova, sotto il ritratto dell'imperatore Massimiliano, sotto il ritratto di tre comandanti della famiglia Baglioni, raffigurati su una tavola sola, sotto il ritratto di Selim, imperatore dei Turchi, sotto il ritratto di Marcantonio Colonna, sotto il ritratto di Matteo, cardinale di Sion in Svizzera, sotto il ritratto di Prospero Colonna, sotto il ritratto di Hisma'il Safawi, re dei Persiani, sotto il ritratto di Antonio Grimani, doge di Venezia, sotto il ritratto di Francesco Ferdinando di Pescara, sotto il ritratto di Giovanni Bentivoglio, tiranno di Bologna, sotto il ritratto di Pandolfo Petrucci, tiranno di Siena, sotto il ritratto di Pier Soderini, gonfaloniere di Firenze, sotto il ritratto di Isabella d'Aragona, sotto il ritratto di Luigi, re di Ungheria e di Boemia; (15/17) Libro VI: sotto il ritratto di Giovanni de' Medici, fortissimo comandante, sotto il ritratto di Carlo di Borbone, sotto il ritratto di Georg von Frundsberg, sotto il ritratto di Odet de Foix Lautrec, sotto il ritratto di Ugo di Moncada, sotto il ritratto di Pedro Navarro, sotto il ritratto di Massimiliano Sforza, principe di Milano, sotto il ritratto di Filiberto, principe d'Orange, sotto il ritratto del cardinale Pompeo Colonna, sotto il ritratto di Alvise Gritti, sotto il ritratto di Alfonso d'Este, principe di Ferrara, sotto il ritratto di Ippolito de' Medici, cardinale, sotto il ritratto di Francesco II Sforza, principe di Milano, sotto il ritratto di Basilio, principe di Moscovia, sotto il ritratto di Antonio di Leyva, sotto il ritratto di Alessandro de' Medici principe di Firenze, sotto il ritratto di Francesco Maria da Montefeltro, principe di Urbino, sotto il ritratto di Andrea Gritti, principe veneto, sotto il ritratto di Giacomo V, re di Scozia, sotto il ritratto di Vincenzo Cappello, ammiraglio della flotta veneziana, sotto il ritratto di Francesco Borbone d'Enghien, comandante dei francesi, sotto il ritratto di Carlo d'Orléans, figlio di re Francesco, sotto il ritratto di Alfonso d'Avalos di Vasto, sotto il ritratto di Enrico VIII, re d'Inghilterra, sotto il ritratto di tre corsari turchi di fama illustre (Khayr al-Din Barbarossa, Urug, Sinan Giudeo), sotto il ritratto di Francesco I re di Francia, sotto il ritratto di Hernán Cortés, sotto il ritratto di Sigismondo, re di Polonia, sotto il ritratto di David, il più grande re degli Abissini d'Etiopia, sotto il ritratto di Mulay Hassan, re di Tunisi, sotto il ritratto di Pirro Stipiciano; (31/33) Libro VII: sotto il ritratto dell'imperatore Carlo V, sotto il ritratto di Ferdinando, re dei Romani, sotto il ritratto di Enrico, re di Francia, sotto il ritratto di Cristiano, re di Danimarca, sotto il ritratto di Solimano, imperatore turco, sotto il ritratto di Andrea Doria, ammiraglio, sotto il ritratto di Tahmasp Sufi, re di Persia, sotto il ritratto di Thomas Howard duca di Norfolk, sotto il ritratto di Ferdinando di Toledo, duca d'Alba, sotto il ritratto di Mulay Ahmed detto Sceriffo, gran re del Marocco, sotto il ritratto di Ferdinando Gonzaga, sotto il ritratto di Giovanni Tarnowski, conte polacco, sotto il ritratto di Cosimo de' Medici, duca di Firenze; (13/13) Paolo Giovio e Giorgio Vasari Nel 1546, durante una cena nel palazzo romano del cardinale Alessandro Farnese il giovane che era solito circondarsi di letterati, artisti e uomini raffinati, si incontrano, tra gli altri, Giorgio Vasari e Paolo Giovio. Nella seconda edizione (1568) delle sue Vite de' più eccellenti pittori, scultori e architetti italiani, da Cimabue insino à tempi nostri, Vasari nella propria autobiografia, aggiunta in chiusura dell'opera, accenna a quella serata e le varie discussioni che seguirono il banchetto. «Passando d'una cosa in altra, come si fa ragionando», l'autore aretino ricorda che si arriva a discorrere del Museo che Giovio sta allestendo a Como. Quest'ultimo informa della sua intenzione di dedicare una sezione del Museo e degli Elogia che da tempo sta componendo, ai grandi artisti « [...] da Cimabue, insino ai tempi nostri». Il cardinale chiede a Vasari se questa non sia "... una bell'opera e faticà", Vasari risponde che, certo, l'opera sarebbe bella e tuttavia nota come a Giovio sia sufficiente "fare gran fascio" delle opere d'arte, scambiando « [...] i nomi, i cognomi, le patrie e l'opere» e nello stesso tempo aggiunge che « [...] Paolo non dicea le cose come stanno appunto, ma così alla grossà». Il cardinale, insieme agli altri galantuomini, chiede a Vasari di occuparsi in prima persona di stendere "un sunto et una ordinaria notizia degli artisti e delle opere loro secondo i tempi". Il Vasari si conforma alla richiesta e sottopone i suoi appunti a Giovio che li approva. Tuttavia, nel commentare l'episodio, l'autore delle Vite non può esimersi dal sottolineare che lui potrebbe scrivere molto meglio di Giovio quella storia, posto che « [...] non conoscendo (Giovio) le maniere, né sapendo molti particolari...» noti all'artista, quest'ultimo sarebbe in grado di fare « [...] il più un trattamento simile a quello di Plinio...». Gli avvenimenti successivi appartengono alla storia: quello stesso anno l'umanista pubblica in latino i suoi primi Elogia; nel 1550 Vasari darà alle stampe, in volgare, (il tipografo è lo stesso, Torrentino), la prima stesura delle Vite. Note Bibliografia Franco Minonzio in Elogi degli uomini illustri, Einaudi, op. cit. Michele Mari, Un museo degli orrori in Paolo Giovio. Elogi degli uomini illustri, Einaudi, Torino, p. VII T.C. Price Zimmermann, Paolo Giovio. The Historian and the Crisis of the Sixsteenth-Century in Italy, Princeton University Press, 1995 Gianfranco Miglio (a cura di), tomo I, Dalle origini alla fine del Seicento, Alfieri, Milano 1959, pp. 129–131 Luca Bianco, Nota alle illustrazioni in Giovio, Elogi degli uomini illustri, Einaudi, Torino, 2006 Voci correlate Serie gioviana Altri progetti Museo Museo Musei della provincia di Como
Il fricandò di vitello (in francese fricandeau) è un secondo piatto diffuso in Svizzera, Spagna e Italia, ove è tipico della Lombardia, del Piemonte e della Valle d'Aosta. Etimologia La parola fricandeau deriva forse dall'occitano frica, che proviene a sua volta dal latino frigere, ovvero "friggere". Ciò è dovuto al fatto che la carne usata per preparare il piatto viene fritta nell'olio, nel burro, o in una miscela composta da entrambi gli ingredienti. Caratteristiche Il fricandò è un pezzo di noce di vitello lardellato, fatto stufare, e cotto nel sugo. Esso non va confuso con l'omonima ricetta scozzese composta da una gamba di vitello insaporita con la pancetta, la torta di campagna francese tipica dell'Aveyron, e il fricandò di verdure, un piatto simile alla ratatuia. Preparazione Tagliare la carne di maiale a dadi. Battere con una lama riscaldata il lardo, il rosmarino e le foglie di salvia, e soffriggere queste ultimi ingredienti in una pentola con del burro. Versare quindi la carne nel soffritto con della cipolla tagliata e dell'alloro. Salare e pepare la carne. Insaporire il piatto con del vino, versare della farina, e il brodo in cui è stata fatta sciogliere della salsa di pomodoro. Aggiungere in un secondo momento del sedano e delle carote, e far cuocere incoperchiato il fricandò per due ore e mezza o tre. Alimenti simili La fricassea è una pietanza simile a base di pollo. In Catalogna viene cucinata una variante del fricandò con vitello e funghi prugnoli. Nella provincia di Zamora viene preparato il fricandor, una ratatuia con carne o baccalà in umido. In Piemonte, il fricandò viene accompagnato dalle patate. Il sugo usato per preparare tale piatto è ideale per condire le tagliatelle all'uovo. Note Voci correlate Fricassea Spezzatino Altri progetti Collegamenti esterni Piatti a base di maiale Piatti a base di manzo
13-XX è la sigla della sezione primaria dello schema di classificazione MSC dedicata agli anelli commutativi e alle algebre commutative Questa pagina presenta la struttura ad albero delle sue sottosezioni secondarie e terziarie. 13-XX anelli commutativi ed algebre commutative 13-00 opere di riferimento generale (manuali, dizionari, bibliografie ecc.) 13-01 esposizione didattica (libri di testo, articoli tutoriali ecc.) 13-02 presentazione di ricerche (monografie, articoli di rassegna) 13-03 opere storiche {!va assegnato almeno un altro numero di classificazione della sezione 01-XX} 13-04 calcolo automatico esplicito e programmi (non teoria della computazione o della programmazione) 13-06 atti, conferenze, collezioni ecc. 13Axx teoria generale degli anelli commutativi 13A02 anelli graduati [vedi anche 16W50] 13A05 divisibilità 13A15 ideali; teoria moltiplicativa degli ideali 13A18 valutazioni e loro generalizzazioni [vedi anche 12J20] 13A30 anelli graduati di ideali associati (anello di Rees, anello della forma?), diffusione?spread analitica ed argomenti collegati 13A35 metodi in caratteristica p (endomorfismo di Frobenius) e riduzione alla caratteristica p; chiusura tight?stretta [vedi anche 13B22] 13A50 azioni dei gruppi sugli anelli commutativi; teoria degli invarianti [vedi anche 14L25] 13A99 argomenti diversi dai precedenti, ma in questa sezione 13Bxx estensioni di anelli ed argomenti collegati 13B02 teoria dell'estensione 13B05 teoria di Galois (per gli anelli commutativi) 13B10 morfismi 13B21 dipendenza integra 13B22 chiusura integra di anelli e di ideali; anelli integralmente chiusi, anelli collegati (giapponesi ecc.) 13B25 polinomi sopra anelli commutativi [vedi anche 11C08, 13F20, 13M10] 13B30 quozienti e localizzazione 13B35 completamento [vedi anche 13J10] 13B40 estensioni étale e piata; henselizzazione; approssimazione di Artin [vedi anche 13J15, 14B12, 14B25] 13B99 argomenti diversi dai precedenti, ma in questa sezione 13Cxx teoria dei moduli e degli ideali 13C05 struttura, teoremi di classificazione 13C10 moduli ed ideali proiettivi e liberi [vedi anche 19A13] 13C11 moduli ed ideali iniettivi e piatti 13C12 moduli ed ideali di torsione 13C13 altri tipi speciali 13C14 moduli di Cohen-Macaulay [vedi anche 13H10] 13C15 teoria della dimensione, profondità, anelli collegati (anelli catenari? ecc.) 13C20 gruppi di classe [vedi anche 11R29] 13C40 collegamento?linkage, intersezione completa ed ideali determinantali [vedi anche 14M12] 13C99 argomenti diversi dai precedenti, ma in questa sezione 13Dxx metodi omologici {per gli anelli non commutativi, vedi 16Exx; per le categorie generali, vedi 18Gxx} 13D02 sizigie e risoluzioni 13D03 omologia e coomologia di anelli e di algebre commutative (e.g., di Hochschild, di André-Quillen, ciclica, diedrale ecc.) 13D05 dimensione omologica 13D07 funtori omologici sui moduli (Tor, Ext ecc.) 13D10 deformazioni e metodi infinitesimali [vedi anche 14B10, 14B12, 14D15, 32Gxx] 13D15 gruppi di Grothendieck, K-teoria [vedi anche 14C35, 18F30, 19Axx, 19D50] 13D22 congetture omologiche (teoremi di intersezione) 13D30 teoria della torsione [vedi anche 13C12, 18E40] 13D40 funzioni di Hilbert-Samuel e di Hilbert-Kunz; serie di Poincaré 13D45 coomologia locale [vedi anche 14B15] 13D99 argomenti diversi dai precedenti, ma in questa sezione 13Exx condizioni catenarie, condizioni di finitezza 13E05 anelli e moduli noetheriani 13E10 anelli e moduli artiniani, algebre di dimensione finita 13E15 anelli e moduli finitamente generati o finitamente presentati 13E99 argomenti diversi dai precedenti, ma in questa sezione 13Fxx anelli aritmetici ed altri anelli speciali 13F05 anelli di Dedekind, di Krull e di Prüfer e loro generalizzazioni 13F07 anelli euclidei e loro generalizzazioni 13F10 anelli ad ideali principali 13F15 anelli fattoriali, domini a fattorizzazione unica [vedi anche 14M05] 13F20 anelli ed ideali di polinomi; anelli di polinomi a valori interi [vedi anche 11C08, 13B25] 13F25 anelli di serie di potenze formali [vedi anche 13J05] 13F30 anelli di valutazione [vedi anche 13A18] 13F35 vettori di Witt e anelli collegati 13F40 anelli eccellenti 13F45 anelli seminormali 13F50 anelli con leggi di raddrizzamento, algebre di Hodge 13F55 anelli di Face e di Stanley-Resner; complessi simpliciali [vedi anche 55U10] 13F60 algebre cluster 13F99 argomenti diversi dai precedenti, ma in questa sezione 13Gxx domini di integrità 13G05 domini di integrità 13G99 argomenti diversi dal precedente, ma in questa sezione 13Hxx anelli locali ed anelli semilocali 13H05 anelli locali regolari 13H10 tipi speciali (di Cohen-Macaulay, di Gorenstein, di Buchsbaum ecc.) [vedi anche 14M05] 13H15 teoria della molteplicità ed argomenti collegati [vedi anche 14C17] 13H99 argomenti diversi dai precedenti, ma in questa sezione 13Jxx anelli e moduli topologici [vedi anche 16W60, 16W80] 13J05 anelli di serie di potenze [vedi anche 13F25] 13J07 algebre analitiche ed anelli analitici [vedi anche 32B05] 13J10 anelli completi, completamento [vedi anche 13B35] 13J15 anelli henseliani [vedi anche 13B40] 13J20 anelli topologici globali 13J25 anelli ordinati [vedi anche 06F25] 13J30 algebra dei reali [vedi anche 12Dxx, 14Pxx] 13J99 argomenti diversi dai precedenti, ma in questa sezione 13Lxx applicazioni della logica all'algebra commutativa [vedi anche 03Cxx, 03Hxx] 13L05 applicazioni della logica all'algebra commutativa [vedi anche 03Cxx, 03Hxx] 13L99 argomenti diversi dai precedenti, ma in questa sezione 13Mxx anelli commutativi finiti {per aspetti di teoria dei numeri, vedi 11Txx} 13M05 struttura 13M10 polinomi (anelli commutativi) 13M99 argomenti diversi dai precedenti, ma in questa sezione 13Nxx algebra differenziale [vedi anche 12H05, 14F10] 13N05 moduli di differenziali [vedi anche 16S32] 13N10 anelli di operatori differenziali e loro moduli [vedi anche 16S32, 32C38] 13N15 derivazioni 13N99 argomenti diversi dai precedenti, ma in questa sezione 13Pxx aspetti computazionali dell'algebra commutativa [vedi anche 68W30] 13P05 polinomi, fattorizzazione [vedi anche 12Y05] 13P10 ideali di polinomi, basi di Gröbner 13F20 13P15 soluzione di sistemi polinomali; risultanti 13P20 algebra omologica computazionale [vedi anche #13Dxx] 13P25 applicazioni dell'algebra commutativa (ad es., a statistica, teoria del controllo, ottimizzazione ecc.) 13P99 argomenti diversi dai precedenti, ma in questa sezione Voci correlate Anello commutativo Algebra commutativa Schema di classificazione MSC
A New Career in a New Town è un brano musicale strumentale composto e registrato dal cantautore britannico David Bowie e facente parte del suo album Low del 1977. Il pezzo venne pubblicato su singolo come B-side del 45 giri Sound and Vision nel febbraio 1977. Il brano Il brano, come molti altri presenti sull'album, è autobiografico. Il titolo, in italiano traducibile letteralmente come "una nuova carriera in una nuova città", riflette la decisione presa da Bowie di trasferirsi dagli Stati Uniti all'Europa. Nonostante il tono dimesso e distante, l'andamento ritmico del pezzo rappresenta una sorta di ottimismo in vista del futuro e della possibilità di ricominciare un'altra volta una nuova vita. Il brano risente pesantemente dell'impiego dei sintetizzatori e delle tecniche di registrazione di Brian Eno. È inoltre presente un assolo all'armonica a bocca da parte di Bowie, che fa da bizzarro contraltare alle atmosfere "sintetiche" e "futuribili" del pezzo. La parte di armonica in A New Career in a New Town è stata campionata in I Can't Give Everything Away, traccia finale dell'ultimo album di Bowie prima del decesso, Blackstar, pubblicato nel gennaio 2016. Formazione David Bowie: Armonica a bocca, pianoforte, Chamberlin Brian Eno: Sintetizzatori, pianoforte Ricky Gardiner: Chitarra solista Carlos Alomar: Chitarra ritmica George Murray: Basso Dennis Davis: Batteria Cover Don't Analyze - Loving the Alien: Athens Georgia Salutes David Bowie (1998) Joakim & the Disco - Life Beyond Mars: Bowie Covered (2008) Note Collegamenti esterni
Biografia Di nobile famiglia fiamminga, fu educato nel monastero di Turnhout. Ricevette la tonsura e l'abito ecclesiastico per volere del vescovo Anscario, che lo scelse come compagno di missione e lo portò con sé in Svezia. Secondo il desiderio espresso da Anscario sul letto di morte, il popolo e il clero di Brema lo elessero vescovo nonostante fosse ancora solo diacono. L'elezione fu confermata dal re Ludovico: Remberto fu consacrato da Liutberto, arcivescovo di Magonza, e ricevette il pallio da papa Niccolò I. Risiedette prevalentemente a Brema, dove condusse vita comune insieme al clero nel monastero del duomo. Remberto potenziò, senza successo, le missioni in Svezia e Danimarca e papa Adriano II lo nominò nunzio apostolico presso i nordici. Durante le scorrerie dei normanni soccorse la popolazione e si dedicò al riscatto dei prigionieri, impegnando allo scopo anche i preziosi arredi sacri; organizzò poi un esercito per respingere i normanni che invadevano la Frisia. Fu presente al sinodo di Worms dell'868 e nell'873 alla dieta imperiale di Francoforte; mediante un suo rappresentante, partecipò al sinodo di Colonia dell'887. È autore di una Vita Ansgarii, storicamente attendibile e stilisticamente elegante; delle sue numerose epistole (era in regolare corrispondenza con l'abate Ratramno di Corbie) si è conservata solo una sua lettera a una nipote del vescovo di Paderborn, monaca a Neuenheerse. Fece erigere una chiesa e un monastero a Bücken e ottenne da Arnolfo alcuni privilegi commerciali e la facoltà di coniare moneta per Brema. Sofferente di artrite reumatoide, nell'875 scelse il chierico Adalgario come coadiutore. Morì nell'888 e fu sepolto accanto a san Villeado, presso la parete esterna orientale del duomo di Brema. Culto A Brema era commemorato il 4 febbraio, anniversario della sua elezione a vescovo e dell'elevazione delle reliquie. Altrove (Amburgo, Ratzeburg) se ne celebrava la festa l'11 giugno, anniversario della morte. Il suo elogio si legge nel Martirologio romano all'11 giugno. In arte, è solitamente raffigurato in abiti episcopali, con la croce doppia, mentre distribuisce arredi sacri ai poveri o prega per l'esercito su una collina. È patrono della Frisia. Note Bibliografia Filippo Caraffa e Giuseppe Morelli (curr.), Bibliotheca Sanctorum (BSS), 12 voll., Istituto Giovanni XXIII nella Pontificia Università Lateranense, Roma 1961-1969. Il martirologio romano. Riformato a norma dei decreti del Concilio ecumenico Vaticano II e promulgato da papa Giovanni Paolo II, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2004. Altri progetti Collegamenti esterni Santi per nome Santi benedettini Vescovi e arcivescovi di Brema
Di seguito è riportata l'evoluzione del collegio cardinalizio durante il pontificato di Pio XII (2 marzo 1939-9 ottobre 1958) e la successiva sede vacante (9 ottobre 1958-28 ottobre 1958). Evoluzione in sintesi Dopo l'elezione del cardinale Eugenio Pacelli il collegio dei cardinali era costituito da 61 cardinali. Pio XII ha creato 56 cardinali in 2 concistori. Durante il suo pontificato sono deceduti 62 cardinali; 2 cardinali sono deceduti durante la sede vacante. Composizione per paese d'origine Fra il conclave del 1939 e il conclave del 1958, la composizione del collegio per paese d'origine dei cardinali è fortemente mutata: gli italiani sono scesi a meno di un terzo, poco più di un terzo sono europei (altri) e un terzo i non europei. Composizione per concistoro Nonostante la quasi uguale durata dei pontificati di Pio XI e di Pio XII, avendo questi creato relativamente pochi cardinali, nei conclavi successivi alla loro morte, i cardinali creati dai precedenti pontefici, che erano il 15% nel 1939, sono diventati quasi un quarto nel 1958. Elenco degli avvenimenti Note Voci correlate Collegio cardinalizio Concistori di papa Pio XII Evoluzione del collegio cardinalizio durante il pontificato di Pio XI Evoluzione del collegio cardinalizio durante il pontificato di Giovanni XXIII Papa Pio XII Collegamenti esterni Evoluzione 1939 Papa Pio XII
Era solito usare una macchina fotografica Leica M3 con un obiettivo da . È ricordato principalmente per la sua foto dei festeggiamenti in Times Square il giorno della vittoria contro il Giappone (15 agosto 1945). Biografia Gli inizi Alfred Eisenstaedt nacque da Joseph, negoziante di successo e Regina Schön; figlio maggiore di una famiglia israelita di Dirschau (oggi Tczew) nella Prussia Occidentale della Germania imperiale (attuale voivodato della Pomerania, Polonia) si trasferirono a Berlino nel 1906, dove Alfred frequentò lo Hohenzollern-Gymnasium nel quartiere di Schöneberg, iniziando a scattare fotografie all’età di 14 anni con una macchina Eastman Kodak Faltkamera Nr. 3. Durante la prima guerra mondiale Eisenstadt, nel 1916, ancora diciassettenne, fu chiamato alle armi nell’Esercito tedesco con la sua classe di leva di “Kindersoldaten” e, dopo sei mesi di addestramento, fu inviato a combattere nelle Fiandre sul Fronte occidentale come artigliere nel 55º Reggimento di artiglieria da campagna (2. Thüringisches Feld-Artillerie-Regiment Nr. 55), prendendo parte alla battaglia di Arras e a quella di Passchendaele. Raggiunse il grado di Gefreiter (caporale) e rimase gravemente ferito alle gambe e alle ginocchia da una granata di shrapnel sparata dai britannici sulla sua batteria il 12 aprile 1918, durante la battaglia del Lys, nei pressi di Nieppe, unico superstite, ottenne la Croce di Ferro. Terminata la guerra, mentre lavorava come venditore di cinture e bottoni nel 1920, Eisenstaedt iniziò a scattare fotografie come fotocronista indipendente per il Berliner Tageblatt. Fotografo professionista Eisenstaedt ebbe abbastanza successo da diventare un fotografo a tempo pieno nel 1929. Dopo 4 anni fotografò un incontro fra Adolf Hitler e Benito Mussolini in Italia. Altre famose fotografie di Eisenstaedt agli inizi della sua carriera comprendono un cameriere che fa pattinaggio su ghiaccio a St. Moritz nel 1932 e Joseph Goebbels alla Società delle Nazioni a Ginevra nel 1933. Quest'ultima foto è citata per la sua capacità di cogliere l'attimo dello scatto che rivela la ferocia del Ministro della Propaganda nascosta sotto l'apparenza delle buone maniere. A causa dell'oppressione tedesca contro gli ebrei, durante la Germania nazista di Hitler, Eisenstaedt emigrò negli Stati Uniti nel 1935 e visse a Jackson Heights nel Queens (New York), per il resto della sua vita. Lavorò come fotografo per la rivista Life dal 1936 al 1972. Nell’arco della sua carriera Eisenstadt ha ricevuto numerosi riconoscimenti e onorificenze, tra cui la Medaglia nazionale per le arti e l'Infinity Master of Photography Award, assegnato dal Centro internazionale di fotografia. Nel 1951 fu nominato "Fotografo dell'anno" dall'Enciclopedia Britannica e dalla Scuola di giornalismo della Università del Missouri. Le sue foto di eventi di cronaca e celebrità, come quella che ritraeva Sophia Loren ed Ernest Hemingway, e quelle che ritraevano Marilyn Monroe, apparvero in oltre 86 copertine della rivista. Martha's Vineyard Eisenstaedt, conosciuto come "Eisie" dai suoi amici, ha trascorso le sue vacanze estive durante il mese di agosto nell'isola di Martha's Vineyard per 50 anni. Durante un breve lavoro nelle Isole Galapagos, Eisenstaedt lasciò le Galapagos prima che il suo lavoro fosse finito in modo da arrivare in tempo per le sue vacanze estive nell'isola. È proprio durante le sue vacanze estive a Vineyard che conduesse esperimenti fotografici. "Lavorando con varie lenti, filtri e prismi, ma sempre con luce naturale. Eisenstaedt era affascinato dai fari (nautici) dell'isola di Martha's Vineyard's, e fu il fulcro della raccolta fondi per il "Vineyard Environmental Research Institute (VERI)" (Istituto di ricerca per l'ambiente di Vineyard). Una delle raccolte di fondi è stata intitolata "Eisenstaedt Day" ed è stato un evento internazionale. L'ultima raccolta fondi è stata tenuto nel 1995, ad agosto, nel mese della sua morte nell'isola di Martha's Vineyard. L'ultima fotografia scattata da Eisenstaedt ritraeva il Presidente Bill Clinton con sua moglie, Hillary, e la figlia, Chelsea, nell'agosto del 1993, alla Granary Gallery nel West Tisbury dell'isola di Martha's Vineyard. Questa foto storica "privata", insieme ad altre, fu scattata in una zona protetta dai servizi segreti americani per oltre un'ora, ed è stata documentata da William E. Marks. Marks, che scattò centinaia di fotografie di Eisenstaedt in ogni possibile situazione e per oltre 10 anni, fotografò anche Eisenstaedt durante la sua famosa fotografia del giorno V-J. Eisenstaedt morì nel suo letto a mezzanotte, nel "Menemsha Inn cottage" conosciuto anche come "Pilot House". La sua morte fu scoperta dalla sua sorellastra, Lucille (Lulu) Kaye, e il suo caro amico, nonché editore e autore, William E. Marks. È sepolto nel Cimitero ebraico di Mount Hebron. Fotografia V–J day a Times Square La fotografia più famosa di Eisenstaedt (nota anche come V-J day in Times Square, V–Day, etc.) rappresenta un marinaio americano che bacia una giovane donna, il 14 agosto 1945, a Times Square. Poiché Eisenstaedt scattò numerose fotografie durante le celebrazioni del V-J Day, non ebbe la possibilità di dare un nome e di fornire dettagli su questa foto, il che ha portato a una serie di voci incompatibili. Inoltre, siccome in questa foto non si riesce a capire con esattezza chi siano i due personaggi che si baciano dato che hanno il viso parzialmente coperto, per molto tempo coppie di persone si sono presentate alla redazione del Life rivendicando di essere loro i protagonisti del bacio. Almeno tre uomini e due donne divennero famosi nel corso della storia come i protagonisti del bacio, ma nel 2012, dopo molte bufale, studi più o meno campati in aria e controlli sulle altre foto scattate, pare che finalmente si sappia in definitiva chi fossero i due nella foto: tali George Mendonça e Greta Zimmer Friedman, in realtà nemmeno un'infermiera, ma un'igienista dentale. Eyes of Hate Un altro celebre scatto di Eisenstaedt fu una foto di Joseph Goebbels (ministro della propaganda del Terzo Reich) nel Carlton Hotel di Ginevra. Il fotografo stava documentando la Conferenza per il Disarmo della Società delle Nazioni (1932-1934) quando vide Goebbels seduto ad un tavolino pieghevole nel giardino dell'hotel. Eisenstaedt scattò tre foto, una da lontano, e due da vicino. Tuttavia, prima dell'ultima foto Goebbels venne a sapere della sua origine ebrea, permettendo al fotografo di catturare gli "occhi dell'odio" del ministro nazista. A partire dal 1999 è stato istituito il premio fotografico "Alfred Eisenstaedt Awards for Magazine Photography" è stato amministrato dalla facoltà di giornalismo della Columbia University. Onorificenze Note Altri progetti Collegamenti esterni Eisie's summers on Martha's Vineyard, by William E. Marks Militari tedeschi della prima guerra mondiale Emigranti dalla Germania nazista
L'S-box è utilizzata nell'algoritmo crittografico Rijndael (alias AES). L'S-box L'S-box è generata determinando l'inverso moltiplicativo di un numero appartenente al campo finito del Rijndael (lo zero, che non ha inversi, è impostato a zero). L'inverso moltiplicativo è poi trasformato usando la seguente trasformazione affine: dove [x0, ..., x7] è l'inverso moltiplicativo espresso come vettore. La moltiplicazione di matrici può essere calcolata con il seguente algoritmo: immagazzinare l'inverso moltiplicativo del numero di ingresso in 2 variabili temporanee ad 8 bit senza segno s e x; ruotare s di 1 bit a sinistra; se il valore di s aveva il bit più alto (l'ottavo da destra) impostato a "1", impostare il bit più basso di s ad "1", altrimenti a "0"; OR esclusivo fra x ed s, immagazzinando il risultato in x; per 3 iterazioni: ripetere i punti 2. e 3. (i punti 2. e 3. saranno eseguiti 4 volte in totale); x conterrà adesso il risultato della moltiplicazione Le colonne sono determinate dal nibble meno significativo, le righe sono determinate dal nibble più significativo. Ad esempio, il valore 0x9a è convertito in 0xb8. Da notare che l'inverso moltiplicativo di 0x00 è definito come sé stesso. S-box invertita L'S-box invertita è semplicemente l'S-box eseguita alla rovescia: ad esempio, l'S-box invertita di 0xdb è 0x9f. Viene calcolata computando prima la trasformazione affine inversa del valore di ingresso e poi l'inverso moltiplicativo. La trasformata affine inversa è definita come segue: Specifiche progettuali L'S-box del Rijndael è stata progettata specificatamente per risultare resistente alla crittoanalisi differenziale e lineare: ciò si è ottenuto minimizzando la correlazione tra le trasposizioni lineari di bit di input/output ed al tempo stesso minimizzando la probabilità di far propagare una differenza. Inoltre, per irrobustire dell'S-box contro gli attacchi algebrici è stata aggiunta la trasformazione affine. Nel caso si sospetti la presenza di una trap door all'interno del cifrario, l'S-box corrente può essere sostituita da un'altra. Gli autori affermano che la struttura del cifrario Rijndael dovrebbe offrire abbastanza resistenza alla crittoanalisi lineare e differenziale da resistere a questi tipi di attacco anche se venisse utilizzata una S-box che presentasse o una correlazione "media" o la propagazione di differenze. Una equazione alternativa per la Trasformazione Affine Una equazione alternativa per la trasformazione affine è: dove b', b e c sono matrici ad 8 bit e c è "01100011". Implementazioni Quella che segue è un'implementazione in Java del precedente algoritmo: public static boolean[] affineX (boolean[] bprime, boolean[] b, boolean[] c) { for (int j=0; j<8; j++) { bprime[ j ] = b[ j ] ^ b[ (j+4)%8 ]; bprime[ j ] ^= b[ (j+5)%8 ]; bprime[ j ] ^= b[ (j+6)%8 ]; bprime[ j ] ^= b[ (j+7)%8 ]; bprime[ j ] ^= c [ j ]; } return bprime; } Note Voci correlate AES Collegamenti esterni Cifrari a blocchi
. Varianti Femminili: Flaviana Varianti in altre lingue Basco: Palben Catalano: Flavià Francese: Flavien Greco moderno: Φλαβιανός (Flavianos) Inglese: Flavian Latino: Flavianus Femminili: Flaviana Polacco: Flawian Portoghese: Flaviano Russo: Флавиан (Flavian) Serbo: Флавијан (Flavijan) Spagnolo: Flaviano Origine e diffusione Deriva dal gentilizio latino Flavianus, patronimico di Flavius, e significa quindi "appartenente a Flavio", "figlio di Flavio". Onomastico L'onomastico si può festeggiare in memoria di più santi, alle date seguenti: 14 febbraio, san Flaviano, diacono e martire con i santi Modestino e Fiorentino a Mercogliano 17 febbraio, san Flaviano, patriarca di Costantinopoli, martire in Lidia 23 agosto, san Flaviano (o Flavio), vescovo di Autun 15 novembre, san Flaviano, vescovo di Vercelli 5 ottobre, santa Flaviana, religiosa e martire ad Auxerre 19 ottobre, san Flaviano, monaco e martire con altri compagni a Oulx 24 novembre, san Flaviano, vescovo di Helvia Recina 22 dicembre, san Flaviano di Montefiascone, marito di santa Dafrosa, martire sotto Flavio Claudio Giuliano Persone Flaviano di Costantinopoli, patriarca di Costantinopoli e santo Flaviano di Ricina, vescovo e santo romano Flaviano Labò, tenore italiano Flaviano Magrassi, medico e virologo italiano Flaviano Michele Melki, vescovo cattolico turco Flaviano Vicentini, ciclista su strada italiano Flaviano Zandoli, calciatore e allenatore di calcio italiano Variante Flavien Flavien Conne, hockeista su ghiaccio svizzero Flavien Belson, calciatore francese Flavien Ranaivo, poeta e scrittore malgascio Variante femminile Flaviana Flaviana Matata, modella tanzaniana Note Bibliografia Altri progetti Prenomi di origine latina
Duel Masters 1.5 (in originale Duel Masters Sacred Lands) è stato trasmesso in America dal 26 marzo 2005 al 17 giugno 2006 su Cartoon Network per un totale di 39 episodi, mentre in Italia è andato in onda dall'ottobre 2005 al 15 febbraio 2006 sull'edizione italiana di Cartoon Network con i titoli Duel Masters 1.5 per i primi 26 episodi e Duel Masters 2.0 per i successivi. Questa stagione non è mai stata pubblicata in Giappone ma solo in America ed in Europa. Inoltre nessuno degli eventi di questa serie viene mai menzionato durante Duel Masters Charge o nelle serie successive, perciò non è da ritenersi canonica fino all'episodio 26 in quanto le precedenti puntate fungono da filler. Gli episodi che vanno dal numero 27 al 39 invece presentano la trama dei primi 26 episodi di Charge che sono stati adattati unendo ogni due episodi in uno univoco portando così il numero a 13. Sia nella versione statunitense che in quelle europee, compresa quella italiana, è stata mantenuta la sigla Duel Masters, già utilizzata nella precedente stagione ma con immagini differenti. Shobu trova il vecchio diario che apparteneva a suo padre e comincia un viaggio per seguire le sue orme, in modo da recuperare il suo "mojo" ed anche per diventare un migliore duellante Kaijudo. Nel suo cammino si farà nuovi amici ed affronterà i P.L.O.O.P., un gruppo di malvagi con il potere di controllare potenti creature grazie ad un amuleto oscuro, che vogliono utilizzare per conquistare sia il mondo dei mostri che quello degli umani. Shobu ed i suoi amici partono per quest'avventura per fermarli e per sigillare i portali che conducono alla dimensione parallela. Lista episodi Note Collegamenti esterni Duel Masters 1.5
La ghiandaia della Caienna (Cyanocorax cayanus ()) è un uccello passeriforme della famiglia dei corvidi. Etimologia Il nome scientifico della specie, cayanus, deriva dal latino e significa "della Caienna", in riferimento all'areale occupato da questi uccelli: il loro nome comune altro non è che la traduzione di quello scientifico. Descrizione Dimensioni Misura 33 cm di lunghezza, per 147-230 g di peso. Aspetto Si tratta di uccelli dall'aspetto tozzo e robusto, con grossa testa ovale e allungata con cresta frontale di piume erettili molto corta, becco forte e conico non molto lungo (impressione accentuata dalla presenza di penne attorno alle narici) dall'estremità lievemente adunca, grandi occhi, lunghe ali digitate, coda piuttosto allungata e forti zampe artigliate. Nel complesso, l'aspetto di questi uccelli ricorda molto quello delle ghiandaie eurasiatiche. Il piumaggio è nero su testa, gola e parte superiore del petto: ai lati del becco è presente un evidente mustacchio di colore bianco. Bianchi sono anche la nuca, le spalle, il petto, i fianchi, il ventre e il sottocoda, mentre dorso, ali e penne centrali della coda sono di colore blu scuro: quest'ultima presenta punta e penne laterali di colore bianco, mentre la sua superficie inferiore è di colore nero. Il becco e le zampe sono di colore nero: gli occhi sono invece di colore azzurro chiaro. Biologia Si tratta di uccelli dai costumi di vita diurni, che vivono in piccoli gruppi familiari, formati generalmente da una coppia riproduttrice e dai giovani di una o più covate precedenti: essi passano la maggior parte della giornata nella canopia o fra i rami di alberi e cespugli, dedicandosi in massima parte alla ricerca del cibo ed involandosi raramente. COme molti corvidi, anche la ghiandaia della Caienna è un uccello molto vocale: questi uccelli si tengono in contatto fra loro mediante una varietà di richiami, fra cui il più comune è un gracchio nasale discendente di varia intensità a seconda della situazione. Alimentazione La ghiandaia della Caienna è un uccello onnivoro, la cui dieta è costituita in parti grossomodo uguali di insetti, invertebrati e larve, nonché da bacche, frutta e semi, e solo marginalmente da piccoli vertebrati. Riproduzione La stagione riproduttiva va da dicembre a marzo: si tratta di uccelli monogami, nei quali le coppie collaborano nella costruzione del nido (a coppa, costruito fra gli alberi intrecciando rametti e foderando l'interno con fibre vegetali) e nell'allevamento della prole, attività questa alla quale collaborano anche gli altri membri del gruppo familiare, mentre la cova delle uova è un'attività portata avanti dalla sola femmina, col maschio che si occupa di reperire il cibo per la compagna intenta nell'incubazione e (sempre coadiuvato dagli altri membri dello stormo) tiene a bada i dintorni del nido. Distribuzione e habitat A dispetto del nome, la ghiandaia della Caienna non è endemica della Cayenna, ma oltre che in Guyana francese è diffusa un po' in tutta la Guiana, dal Venezuela sud-orientale (Bolívar settentrionale e centro-orientale, Delta Amacuro meridionale) all'Amapá settentrionale, attraverso Guyana, Suriname e nord del Brasile (Roraima, a sud fino all'area di Manaus). Questi animali popolano una certa varietà di ambienti alberati, dalla foresta pluviale secondaria alla savana alberata, alle aree sabbiose a copertura sabbiosa. Note Altri progetti Corvidae Fauna sudamericana Taxa classificati da Linneo
X-41 Common Aero Vehicle è la designazione di uno spazioplano militare statunitense ancora classificato. Fotografie e specifiche tecniche non sono ancora state diffuse al pubblico; dunque non si sa ancora molto riguardo ai suoi obiettivi.È stato descritto come velivolo sperimentale per la manovra di rientro nell'atmosfera capace di trasportare un carico utile di 1 000 libbre in voli suborbitali a velocità ipersonica e rilasciando il carico nell'atmosfera terrestre. Nell'ambito del programma CAV era stata originariamente prevista per una dimostrazione di volo nel corso del 2003, ma le intenzioni attuali (2003) sono sconosciute. È probabile che il programma sia stato annullato. Il programma era quello di dimostrare una elevata precisione nel rientro a terra con manovrabilità elevata in una soluzione a basso costo a velivolo sacrificabile. Questo velivolo è ora parte del programma FALCON (Force Application and Launch from Continental United States) di DARPA e NASA. Note Bibliografia Voci correlate DARPA Falcon Project DARPA Collegamenti esterni Pentagon Has Far-Reaching Defense Spacecraft in Works , Washington Post, 16 marzo 2005 X-41
Il Football Club Avenir Beggen, o più semplicemente Avenir Beggen, è una società calcistica lussemburghese con sede a Beggen, una frazione della capitale Lussemburgo. Palmarès Competizioni nazionali 1968-69, 1981-82, 1983-84, 1985-86, 1992-93, 1993-94 1982-83, 1983-84, 1986-87, 1991-92, 1992-93, 1993-94, 2001-02 Altri piazzamenti Secondo posto: 1974-75, 1982-83, 1986-87, 1989-90, 1991-92 Finalista: 1973-74, 1987-88, 1988-89, 1997-98 1994-1995 Statistiche Statistiche nelle competizioni UEFA L'Avenir si è qualificato a competizioni ufficiali UEFA 16 volte. UEFA Champions League Turno di qualificazione (2): 1993-94, 1994-95 Primo turno (4): 1969-70, 1982-83, 1984-85, 1986-87 Coppa UEFA Turno di qualificazione (1): 2002-03 Primo turno (4): 1975-76, 1985-86, 1990-91, 1995-96 Coppa delle Coppe Primo turno (4): 1983-84, 1987-88, 1988-89, 1992-93 Secondo turno (1): 1974-75 In tutta la sua storia la squadra ha vinto tre eliminatorie europee, fra Champions League, Coppa UEFA e Coppa delle Coppe (ma soltanto una sul campo). Nel 1969 l'Avenir Beggen vince il primo scudetto nel campionato lussemburghese di calcio, con una vittoria storica seguita da 10.000 spettatori, di 3-1 contro la Jeunesse d'Esch. Inoltre, grazie a questa vittoria, l'Avenir Beggen si qualifica per la prima volta per la Champions League dove affronterà l' (0-5 a Milano e 0-3 a Lussemburgo città). A parte il successo, il club avanza fino alle semi finali di Coppa. Un altro successo del club arriva giusto giusto al 60º anniversario del club, il 1º settembre il 1975; l'Avenir Beggen gioca la sua prima Coppa UEFA (oggi Europa League ) contro il (0-7 a Porto e 0-3 a Lussemburgo città). Nel 1974-75 i loro avversari al primo turno di Coppa delle Coppe, i ciprioti dell'Enosis Paralimni, si ritirarono dalla competizione a causa della profonda crisi che stava attraversando Cipro. Nella medesima competizione della stagione 1992-93 l'Avenir eliminò i faroesi del B36 Tórshavn nel turno di qualificazione, salvo poi cadere a sua volta nel turno successivo per mano dello . Nella Coppa UEFA 1995-96 l'Avenir venne eliminato dall' solo grazie alla regola dei gol fuori casa, ma successivamente i lussemburghesi ottennero la vittoria a tavolino per 3-0 dopo che fu accertato che gli svedesi avevano mandato in campo un calciatore che non poteva essere schierato per quella partita. L'unica altra vittoria in un match europeo dell'Avenir si è verificata nella Coppa UEFA 1990-91, quando sconfissero gli slovacchi dell'Inter Bratislava 2-1 in casa, salvo poi venire sconfitti 5-0 a Bratislava e venire quindi eliminati. Tabella aggiornata alla fine della stagione 2018-2019. Altri progetti Collegamenti esterni Avenir Beggen
Kudi Chin o Kadi Chin () è un quartiere storico di Bangkok, che si trova nel distretto di Thon Buri, sulla riva occidentale del fiume Chao Phraya. Storia Il quartiere risale al periodo del regno di Ayutthaya e racchiude comunità di fedi diverse che vivono nelle immediate vicinanze. È inoltre noto per la storica comunità portoghese, il cui insediamento risale al 1767 quando arrivarono da Ayutthaya. Il simbolo della comunità portoghese è il gallo che deriva dal gallo di Barcelos, che è l'emblema nazionale del Portogallo. Il nome del quartiere Kudi Chin significa "abitazione del monaco cinese" e si riferisce alla chiesa di Santa Croce fatta costruire dalla comunità portoghese nel 1769. Tuttavia potrebbe anche riferirsi al tempio cinese che sorgeva sul Chao Phraya e che in seguito è stato ricostruito come il santuario di Kuan An Keng. Dal 2008 si sono fatti notevoli sforzi per la conservazione e rivitalizzazione del quartiere che l'hanno reso una destinazione turistica culturale. Note Altri progetti Bangkok
La chiesa dei Santi Gervasio e Protasio è la parrocchiale di Ossimo Superiore, frazione-capoluogo del comune sparso di Ossimo, in provincia e diocesi di Brescia; fa parte della zona pastorale della Media Val Camonica. Storia L'originaria cappella dei Santi Gervasio e Protasio sorse sui ruderi di un antico castello; è attestata come parrocchiale già nel 1532 e fu consacrata il 20 gennaio 1562. Nel 1580 l'arcivescovo di Milano Carlo Borromeo, compiendo la sua visita pastorale, ordinò che le pitture, essendo ex vetustate corrosae, fossero restaurate. La chiesa venne ricostruita all'inizio del XVII secolo; dalla relazione della visita pastorale del vescovo Marco Dolfin del 1702 s'apprende che servizio della cura d'anime v'erano il parroco, due altri sacerdoti e due chierici, che il numero dei fedeli era pari a 706 e che erano erette le scuole del Santissimo Sacramento, del Santissimo Rosario e della Santissima Concezione. Il 14 aprile 1989, come stabilito dal Direttorio diocesano per le zone pastorali, la parrocchia entrò a far parte della neo-costituita zona pastorale della Media Valle Camonica e, nei primi anni 2000, si provvide a realizzare il nuovo altare postconciliare rivolto verso l'assemblea e l'ambone. Descrizione Facciata La facciata a capanna della chiesa, rivolta a nordovest e suddivisa da una cornice marcapiano abbellita da metope e triglifi in due registri, entrambi tripartiti da quattro lesene, presenta in quello inferiore il portale d'ingresso e due nicchie ospitanti altrettante statue e in quello superiore, coronato dal timpano triangolare affiancato da due piccole volute, una finestra centrale e due nicchie laterali. Annesso alla parrocchiale è il campanile a base quadrata, la cui cella presenta su ogni lato una monofora ed è coronata dalla cupoletta poggiante sul tamburo. Interno L'interno dell'edificio si compone di un'unica navata, su cui si affacciano le cappelle laterali, ospitanti gli altari minori, e le pareti della quale sono scandite da lesene sorreggenti il cornicione aggettante, sopra cui si imposta la volta; al termine dell'aula si sviluppa il presbiterio, sopraelevato di alcuni gradini e chiuso dall'abside poligonale. Qui sono conservate diverse opere di pregio, tra le quali i medaglioni raffiguranti scene della vita di Gesù, risalenti al XIX secolo, la pala ritraente i Santi Gervasio e Protasio e la Pietà, eseguita nel 1843 da Antonio Guadagnini, e la seicentesca tela che rappresenta la Madonna con il Bambino assieme alle Anime purganti e a dei Santi. Note Voci correlate Diocesi di Brescia Parrocchie della diocesi di Brescia Ossimo Regione ecclesiastica Lombardia Collegamenti esterni Ossimo Gervasio e Protasio Gervasio e Protasio
Il penetrometro è un apparecchio utilizzato per valutare la consistenza di materiali particolarmente viscosi, come bitume o grasso lubrificante. Il principio di funzionamento si basa sulla misurazione dell'affondamento di un cono, in un campione della sostanza da analizzare. Tale affondamento è influenzato, oltre che dalle caratteristiche del materiale, anche dalla temperatura e dalla forza esercitata sul cono. Grazie ad apposite tabelle, la misura dell'affondamento, letta su un quadrante, permette di risalire alla viscosità del materiale. Bibliografia norma NOM 38-02 : Determinazione della consistenza mediante penetrazione con cono, sta in Norme per il controllo degli Oli Minerali e derivati, edite dalla Commissione tecnica per le industrie degli oli vegetali, grassi vegetali ed animali, delle proteine vegetali, degli oli minerali, dei colori e vernici, dei detergenti e tensioattivi, dei prodotti cosmetici e di igiene personale - Milano, 1972, Voci correlate Grado di penetrazione Apparecchiature chimiche da laboratorio Testing dei materiali
Love scrive e progetta visual novel da quando frequentava l'università, periodo durante il quale fece alcuni piccoli videogiochi, visual novel e narrativa prima di acquisire notorietà con la pubblicazione di Digital: A Love Story nel 2010. Successivamente ha lavorato al programma di simulazione di appuntamenti del game designer Riva Celso Love and Order e al visual novel Don't take it personally, babe, it just ain't your story, entrambi pubblicati nel 2011. Il primo progetto commerciale di cui è stata la principale sviluppatrice è Analogue: A Hate Story, pubblicato nel febbraio 2012. Love ha lasciato i suoi studi universitari in letteratura inglese mentre lo stava sviluppando e al momento si sostiene economicamente con i guadagni della sua attività di autrice di visual novel. Nel 2013 ha pubblicato un'espansione del gioco, intitolata Hate Plus. Il suo ultimo progetto, Ladykiller in a Bind, è stato pubblicato nell'ottobre 2016 e ha vinto l'Excellence in Narrative Award all'Independent Game Festival. Biografia Christine Love ha cominciato a creare visual novel mentre studiava alla Trent University. Nel gennaio 2010 aveva già realizzato alcuni piccoli videogiochi, scritto un romanzo e alcuni racconti che provò a vendere con poco successo, per sua stessa ammissione. Per tre anni consecutivi realizzò una visual novel nel mese di marzo, in occasione del National Ren'ai Game Writing Month (NaNoRenO), un concorso lungo un mese ispirato al National Novel Writing Month (NaNoWriMo), in cui gli autori di videogiochi cercano di creare un visual novel in trentun giorni. Nel febbraio 2010 ha cominciato un quarto visual novel, Digital: A Love Story, il suo primo videogioco a ricevere attenzione e critiche positive. Digital: A Love Story è ambientato «cinque minuti nel futuro del 1988» e al centro della storia c'è la relazione online tra il giocatore e una ragazza di nome *Emilia. Nella trama c'è anche un mistero sugli "omicidi" di numerosi programmi di intelligenza artificiale. Il gioco è presentato attraverso l'interfaccia di un computer degli anni Ottanta con un sistema di notifiche e messaggi dagli altri personaggi. I messaggi del giocatore sono impliciti, ma non sono mostrati. Love si aspettava che il visual novel avrebbe raggiunto circa lo stesso numero di persone dei suoi lavori precedenti, quindi «circa una dozzina di persone». Invece il videogioco, distribuito gratuitamente, fu notato dalle riviste e dai siti di settore come PC Gamer e Gamasutra, e ha ricevuto molta più attenzione, diventato ciò che Love ha definito «un punto di svolta nella [sua] carriera di autrice». Molto elogiato dai critici, Digital: A Love Story si è guadagnato una menzione d'onore nella lista dei migliori videogiochi indipendenti del 2017 del sito Gamasutra. Secondo Love il successo di Digital l'ha fatta passare dall'essere una scrittrice a essere una sviluppatrice di videogiochi indipendenti. Dopo Digital: A Love Story, Love ha lavorato sul suo primo progetto commerciale, Love and Order, un programma di simulazione di appuntamenti del game designer Riva Celso. Per questo videogioco, pubblicato nel febbraio 2011, Love ha fatto da autrice e da game designer. Ha descritto il gioco come «non il migliore dei miei lavori», dato che le simulazioni di appuntamenti non sono la sua specialità. Tuttavia i guadagni dovuti a Love and Order le hanno permesso di mantenersi per un certo periodo e di diventare un'autrice di videogiochi a tempo pieno. Nel 2011 ha passato il mese di marzo lavorando su un altro visual novel: don't take it personally, babe, it just ain't your story, che è stato distribuito gratuitamente a partire dal 4 aprile 2011. Il gioco è in un certo senso un sequel di Digital: A Love Story. È ambientato nel 2027; il protagonista si chiama John Rook ed è un insegnante di lettere in una scuola privata. La storia si sviluppa nel corso di un semestre scolastico. Il giocatore può leggere i messaggi privati degli studenti nel social network della scuola. I temi di Don't take it personally sono la privacy online e il modo in cui si evolveranno le relazioni tra le persone nel futuro. Il videogioco ha ricevuto molte critiche positive il Daily Telegraph gli ha assegnato il premio per la miglior sceneggiatura tra i suoi premi dedicati ai videogiochi nel 2011. L'estate successiva Love ha cominciato a lavorare su un più grande videogioco commerciale, Analogue: A Hate Story, pubblicato nel febbraio 2012. Durante l'anno di programmazione del gioco Love ha lasciato i suoi studi universitari. Analogue: A Hate Story è ambientato alcuni secoli dopo Digital: A Love Story; la storia del gioco riguarda un investigatore senza nome impegnato a indagare sulla scomparsa di una nave interstellare, riapparsa 600 anni dopo essere sparita dai radar. I temi del gioco sono l'interazione tra esseri umani e computer, le relazioni interpersonali e le questioni che riguardano la comunità LGBT; nelle parole di Love le cose più importanti del gioco sono «il transumanesimo, il matrimonio tradizionale, la solitudine il cosplay». Anche se Analogue è una specie di sequel di Digital, la distanza temporale nelle trame dei due giochi fa sì che ciò che li leghi siano soprattutto gli intenti di Love; allo stesso modo in cui Digital è legato a Don't take it personally. Analogue ha venduto più di copie da febbraio ad agosto 2012. La colonna sonora del gioco, composta da Isaac Schankler, è stata pubblicata su Bandcamp. Nel 2013 poi è stata pubblicata un'espansione del gioco, intitolata Hate Plus, in cui viene sviluppata la storia della nave interstellare. Nel 2016 Love ha pubblicato un nuovo visual novel, My Twin Brother Made Me Crossdress As Him And Now I Have To Deal With A Geeky Stalker And A Domme Beauty Who Want Me In A Bind!!, abbreviato in Ladykiller in a Bind. Ha descritto il gioco come «un visual novel erotico sulla manipolazione sociale e sui legami tra ragazze». Stile e tematiche Christine Love si descrive come «prima un'autrice e poi una game designer», dato che la scrittura era il suo primo obiettivo, e dice che i suoi giochi parlano «della nostra relazione con la tecnologia, dei rapporti umani in generale e di come si possono guardare le cose da una prospettiva diversa». Vuole che le sue storie siano vere e sincere, ma non necessariamente realistiche. Love è anche interessata a mostrare questioni di genere e di sessualità nei suoi giochi; in Digital e in Analogue ha evitato di imporre il genere del protagonista nei cui panni viene a trovarsi il giocatore, nonostante i personaggi che possono rappresentare i suoi interessi amorosi sono femminili. Nella sua visione personale del gioco il protagonista è femmina, dato che nelle sue intenzioni i suoi visual novel devono essere facilmente apprezzabili da persone queer come lei. Opere Digital: A Love Story (2010) Love and Order (2011) Don't take it personally, babe, it just ain't your story (2011) Analogue: A Hate Story (2012) Hate Plus (19 agosto 2013) Interstellar Selfie Station (2014) My Twin Brother Made Me Crossdress as Him and Now I Have to Deal with a Geeky Stalker and a Domme Beauty Who Want Me in a Bind!!, anche noto come Ladykiller in a Bind (2016) Note Altri progetti Collegamenti esterni Sito ufficiale
Gracias por la Música è un album degli ABBA pubblicato nel 1980. L'album prende il titolo dalla versione in lingua spagnola di Thank You for the Music e fu inciso in seguito all'inaspettato successo del gruppo in America Latina, soprattutto in Messico e in Argentina, grazie ai brani Estoy soñando (I Have a Dream) e Chiquitita, entrambi eseguiti in spagnolo. Gli ABBA pertanto decisero di registrare altre otto canzoni in spagnolo e di destinare un album appositamente al mercato latino-americano. Buddy e Mary McCluskey, che lavoravano per la RCA Records in Argentina, furono invitati a tradurre i successi degli ABBA dall'inglese allo spagnolo. Le sessioni di registrazione iniziarono nel gennaio 1980 con le sole Agnetha Fältskog e Anni-Frid Lyngstad, mentre Benny Andersson e Björn Ulvaeus si trovavano ancora in viaggio alle Barbados. I quattro del gruppo non conoscevano la lingua e, per la pronuncia, si fecero aiutare dalla giornalista svedese/spagnola Ana Martínez. Il tecnico del suono Michael B. Tretow registrò tutte le incisioni vocali in spagnolo nello studio di casa sua. Nell'adattamento dall'inglese allo spagnolo, i brani dovettero subire dei cambiamenti, sia nella partitura vocale che nei testi. La minore presenza di Benny Andersson e Björn Ulvaeus nelle versioni spagnole sono uno di questi cambiamenti; ad esempio, la voce di Ulvaeus nel discorso di apertura della canzone Al andar (versione spagnola di Move On) è stata sostituita dalla voce di Agnetha. L'album attualmente non è più disponibile: in molti paesi fu tolto dal commercio dopo l'uscita nel 1992 del CD ABBA Oro: Grandes Éxitos che conteneva tutti i dieci brani in spagnolo che già facevano parte di Gracias por la Música. In Giappone e in Argentina l'album è rimasto in vendita fino agli anni novanta. Tracce Tutte le canzoni sono state scritte e composte da Benny Andersson e Björn Ulvaeus, con testi in spagnolo di Buddy & Mary McCluskey, eccetto dove indicato. Lato A Lato B Bonus track della riedizione del 2014 Inizialmente la canzone Dancing Queen era tradotta in spagnolo come Reina Danzante, successivamente fu intitolata La Reina Del Baile per la compilation ABBA Oro: Grandes Exitos. Collegamenti esterni
Biografia Nacque a Dogliani il 26 febbraio 1843. Dopo i primi studi a Mondovì frequentò a Torino la facoltà di Lettere e Filosofia. Dopo la laurea trascorse un anno a Lipsia per perfezionarsi nel sanscrito con Heymann Steinthal. Mise a frutto i suoi studi traducendo in versi un episodio del Mahābhārata. Placido Cerri, intrapresa la carriera dell'insegnamento nel periodo di assestamento della scuola italiana susseguito all'unità nazionale, racconta in una memoria indirizzata al suo maestro, il filologo Alessandro D'Ancona, la sua esperienza presso il ginnasio di Bivona, paese in provincia di Girgenti (oggi Agrigento), nell'anno scolastico 1870-71. La sua accorata descrizione dei metodi di insegnamento e di interazione sociale riscontrati in quella località indurranno il D'Ancona a pubblicare la memoria di Cerri con il titolo di Tribolazioni di un insegnante di Ginnasio e a citarla nel dibattito allora vivissimo sul futuro della scuola italiana. Le Tribolazioni sono una testimonianza del divario che separava nel neonato Regno d'Italia istituzioni scolastiche di diversa tradizione e possono essere lette ancora oggi come documento di quanto fosse allora insanabile la differenza di mentalità tra nord e sud. Nel caso di Placido Cerri è il timido e benintenzionato uomo del nord a soccombere: da quel soggiorno a Bivona ritornerà minato nella salute e morirà poco tempo dopo, il 14 aprile 1874 nella natia Dogliani. Alessandro D'Ancona lo definì giovane eletto, verace martire della scienza e del dovere. Note Bibliografia Placido Cerri, "Tribolazioni di un insegnante di ginnasio; prefazione di Alessandro D'Ancona ; con una nota di Marino Raicich", Firenze : Passigli, 1988. Placido Cerri, "Tribolazioni di un insegnante di Ginnasio", a cura di Sarino Armando Costa; con una lettera di Alessandro D'Ancona, Palermo: Sellerio, 1988. Placido Cerri, "Tribolazioni di un insegnante di Ginnasio; con una lettera di Alessandro D'Ancona" a cura di Gloria Giudizi Pattarino, Pisa : ETS, 2004. Collegamenti esterni
Nel corso della loro carriera, che si estende dal 1960 al 1970, i Beatles hanno svolto circa 970 concerti, e hanno suonato in 10 tour. Cronistoria Dal 1961 al 1966, la rock band inglese The Beatles si esibì in tutto l'occidente. Iniziarono ad esibirsi dal vivo in Gran Bretagna nel 1961 e continuarono in vari club durante il loro soggiorno ad Amburgo, fino al 1962, con una formazione costituita da John Lennon, Paul McCartney, George Harrison, Stuart Sutcliffe e Pete Best, sponsorizzati dal loro primo manager Terry Doran. Dopo l'uscita di Sutcliffe i Beatles continuarono ad esibirsi per tutto il 1962, in particolare al Cavern Club di Liverpool, dove furono scoperti da George Martin. Dopo aver licenziato Best e assunto Ringo Starr, i Beatles tornarono ad esibirsi in una serie di tour di concerti in tutto il Regno Unito nel 1963, prima di partire per gli Stati Uniti all'inizio del 1964, dove riscossero un enorme successo. Quando la Beatlemania e la British Invasion entrarono in pieno vigore, iniziarono un tour mondiale e continuarono ad esibirsi nel Regno Unito e negli Stati Uniti per tutto il 1965, inclusa una celebre esibizione allo Shea Stadium di New York. Nel 1966, dopo il controverso Tour di Germania, Giappone e Filippine e la Tournèe dei Beatles in America 1966 (dove vi fu il celebre commento di John Lennon "More popular than Jesus"), i Beatles smisero di esibirsi dal vivo perché erano stufi dei tour e divennero una band solo in studio. La loro ultima esibizione con un pubblico pagante fu al Candlestick Park di San Francisco il 29 agosto. Numerosi documentari sulle loro esibizioni dal vivo sono stati realizzati prima e dopo il loro scioglimento, tra cui The Beatles at the Shea Stadium del 1965 e The Beatles: Eight Days a Week del 2016. Scenografie Effetti speciali Furono tra le prime band al mondo ad utilizzare gli effetti speciali, in particolar modo gli effetti con il fumo. Cronologia dei tour Di seguito, la cronologia dei tour dei Beatles: Beatles English Tour (13 dicembre 1962 - 22 febbraio 1963) The Beatles' Winter 1963 Helen Shapiro Tour (19 luglio 1963 - 28 agosto 1963) Tournée dei Beatles in America nel 1964 (1964) Tournée dei Beatles in America nel 1964 2 (1964) The Beatles' 1964 World Tour (1964) Beatles European Tour (1965) Beatles British Tour (1965) Tournèe dei Beatles in America 1965 (1965) Rubber Soul Tour (1965-1966) Tour di Germania, Giappone e Filippine (1966) Tournèe dei Beatles in America 1966 (1966) Note The Beatles
Il Cantone di Montpon-Ménestérol è una divisione amministrativa dell'Arrondissement di Bergerac e dell'Arrondissement di Périgueux. A seguito della riforma approvata con decreto del 21 febbraio 2014, che ha avuto attuazione dopo le elezioni dipartimentali del 2015, è passato da 8 a 19 comuni. Composizione Gli 8 comuni facenti parte prima della riforma del 2014 erano: Échourgnac Eygurande-et-Gardedeuil Ménesplet Montpon-Ménestérol Le Pizou Saint-Barthélemy-de-Bellegarde Saint-Martial-d'Artenset Saint-Sauveur-Lalande Dal 2015 i comuni appartenenti al cantone sono diventati 19, ridottisi poi a 17 dal 1º gennaio 2016 a seguito delle fusioni dei comuni di Saint-Aulaye e Puymangou a formare il nuovo comune di Saint-Aulaye-Puymangou e dei comuni di Parcoul e Chenaud a formare il nuovo comune di Parcoul-Chenaud.: Échourgnac Eygurande-et-Gardedeuil Festalemps Ménesplet Montpon-Ménestérol Moulin-Neuf Parcoul-Chenaud Le Pizou La Roche-Chalais Saint-Antoine-Cumond Saint-Aulaye-Puymangou Saint-Barthélemy-de-Bellegarde Saint-Martial-d'Artenset Saint-Privat-des-Prés Saint-Sauveur-Lalande Saint-Vincent-Jalmoutiers Servanches Note Collegamenti esterni Statistiche sul sito dell'INSEE Montpon-Ménestérol
Biografia Laureata in Lettere, è stata docente e preside negli istituti superiori; moglie del senatore del Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI), Francesco Parrino, alla improvvisa morte di quest'ultimo si candidò alle elezioni politiche del 1987 al Senato della Repubblica, venendo eletta nel collegio di Alcamo per lo stesso partito. Con la nascita del governo presieduto dal segretario della Democrazia Cristiana Ciriaco De Mita tra le forze politiche che costituivano il pentapartito, viene nominata Ministro per i beni culturali e ambientali in quota PSDI, che il 13 aprile 1988 giura nelle mani del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga. A seguito della caduta del governo De Mita, ad opera dell'alleanza politica informale tra il leader socialista Bettino Craxi e i politici DC Giulio Andreotti e Arnaldo Forlani, e l'insiedarsi del sesto governo di Andreotti sostenuto dal pentapartito a luglio del 1989, non viene confermata Ministra al governo, ma diventa capogruppo del suo partito al Senato fino alla fine della X legislatura nel 1992 nel triennio dominato dall'alleanza fra Craxi-Andreotti-Forlani ribattezza da alcuni organi di stampa CAF. Alle elezioni politiche del 1992 viene rieletta al Senato, cosa che non avviene alle successive politiche del 1994. Nel 1993, durante il periodo dell'inchiesta giudiziaria di Tangentopoli, venne accusata di ricettazione e di aver intascato una tangente di due miliardi e mezzo di lire. Nel 2001 si candidò alle elezioni per il sindaco di Alcamo sostenuta da Forza Italia e la lista elettorale Biancofiore, ma ottenne il 18,8% dei voti, che le furono insufficienti per accedere al ballottaggio. Alle elezioni regionali in Sicilia del 2008 viene candidata all'Assemblea Regionale Siciliana, in una lista autonomista a sostegno della mozione del presidente della provincia di Catania Raffaele Lombardo, ma non fu eletta. Nel 2019 pubblicò, con la collaborazione del giornalista Dario Cocchiara, un libro-intervista ripercorrente la sua vita. Il volume, uscito per i tipi di Navarra Editore, si intitola: Enza Bono Parrino, Una donna una storia. Note Altri progetti Collegamenti esterni Bono Parrino, Vincenza Ministri per i Beni Culturali e Ambientali della Repubblica Italiana Senatori della X legislatura della Repubblica Italiana Senatori dell'XI legislatura della Repubblica Italiana Governo De Mita
Apparteneva alla casa degli Altavilla e fu Conte di Loritello, attuale Rotello, per breve tempo. Nel 1137, l'Imperatore Lotario II discese la penisola con un grande esercito per opporsi, su richiesta del Papa Innocenzo II, alle pretese sull'Italia meridionale del re Ruggero II di Sicilia. Guglielmo, da poco successo al padre con il titolo di "Conte dei Conti" , incontrò Lotario sul fiume Pescara e gli rese omaggio, aprendogli le porte di Termoli e del Sud Italia (stessa politica adottata dal Conte Ugo II di Molise). Immediatamente dopo avere sconfitto Ruggero, Lotario decise di rientrare in Germania, morendo sulla via del ritorno, il 4 dicembre dello stesso anno. Su Guglielmo, che per primo aveva accolto amichevolmente l'imperatore, si abbatté l'ira di re Ruggero che gli confiscò per sempre la contea. Nel 1154, Ruggero II, sul letto di morte, chiese a suo figlio Guglielmo I di assegnare il territorio di Loritello al conte di Conversano, Roberto II di Bassavilla, che assunse, quindi, anche il titolo di conte di Loritello. In una 'Cartula Venditionis' (Atto di vendita validato da un "Judex") vergata a Campomarino l'11 aprile 1165, compare come acquirente un Guglielmo del fu Roberto di Loritello. Voci correlate Normanni Rotello Collegamenti esterni Guglielmo
La corsa della lepre attraverso i campi (La course du lièvre à travers les champs) è un film del 1972, diretto da René Clément, interpretato da Jean-Louis Trintignant, Robert Ryan, Aldo Ray e Lea Massari. Nel film appare, non accreditata, una giovanissima Emmanuelle Béart nel ruolo di un bambino. Trama Tony Cardeau fugge inseguito da un gruppo di zingari che vogliono ucciderlo. Assiste all'omicidio di un uomo che sul punto di morire gli affida una grossa somma di denaro: 15.000 dollari. Paul e Rizzio, gli autori del delitto, rapiscono Tony in quanto testimone dell'assassinio e lo portano nel loro covo, una locanda alla periferia di Montréal, dove con il resto della banda si apprestano ad organizzare il colpo che li farà ricchi. Charlie, il capo della banda, crede che i 15.000 dollari presi da Tony siano andati persi e studia come recuperarli. Tony, temendo di poter essere ucciso, rivela di esserne venuto in possesso ma li tiene nascosti e prende tempo. Nel frattempo Tony si fa complice di Sugar, la donna di Charley; con il suo aiuto riesce a entrare nella banda per partecipare con loro al colpo. Dovranno rapire la giovane Toboga da un ospedale, dove è sorvegliata dalla polizia, per poterne intascare il riscatto di un milione di dollari da parte di un gangster. La ragazza però muore qualche giorno prima del rapimento e per non perdere il ricco compenso, la banda pensa di scambiare Toboga con Pepper, una ragazza loro complice, per poter inscenare una falsa consegna della ragazza e ottenere lo stesso il riscatto pattuito. Alla fine però qualcosa va storto: Rizzio e Mattone perdono la vita, Sugar viene arrestata e Charley resta ferito in una sparatoria. Pepper fugge lontano, mentre Tony e Charley rimasti soli e senza alcuna speranza di sfuggire all'arresto, si barricano nel loro covo e aspettano stoicamente di affrontare i poliziotti che avanzano verso il casolare per catturarli. Critica «Un'avventura di taglio quasi onirico, diretta con discreto mestiere...» *½ Note Collegamenti esterni Film thriller drammatici
Nel 302 o 301 a.C., poco dopo avere giustiziato suo padre, Mitridate di Cio, il diadoco Antigono divenne diffidente verso suo figlio che aveva ereditato il dominio familiare di Cio e venne così motivato ad escogitare un piano orientato a uccidere il ragazzo. Questi ricevette in modo tempestivo da Demetrio Poliorcete la notizia riguardo alle intenzioni di Antigono, e fuggì via con alcuni seguaci in Paflagonia, dove occupò una fortezza inespugnabile, chiamata Cimiata. Raggiunto da numerosi corpi di truppe provenienti da zone diverse, gradualmente estese i suoi domini nel Ponto creando le premesse per la nascita di un nuovo regno, che si può presumere sia sorto verso il 281 a.C. circa, quando Mitridate assunse il titolo di basileus (re). Nello stesso anno, lo troviamo a concludere un'alleanza con la città di Eraclea Pontica, in Bitinia, per proteggersi contro Seleuco. Nel periodo successivo Mitridate chiede aiuto ai Galati (che più tardi si sistemeranno in Asia Minore) per rovesciare una forza speditagli contro da Tolomeo, re d'Egitto. Questi sono gli eventi documentati del suo regno, durato 36 anni, al quale successe il figlio Ariobarzane. Sembra che Mitridate Ctiste sia stato sepolto in una tomba reale nei pressi della capitale del regno, Amasia. Vicino a lui sarebbero sepolti tutti i re del Ponto fino alla caduta di Sinope nel 183 a.C. Secondo Appiano, Mitridate Ctiste era l'ottavo discendente dal primo satrapo del Ponto sotto Dario il Grande e il sesto ascendente da Mitridate Eupatore. Tuttavia, questo punto è controverso dato che Plutarco scrive che otto generazioni di re del Ponto originarono da lui prima dell'assoggettamento romano. Note Bibliografia Appiano, Le guerre straniere, Horace White (traduttore), New York, (1899) Hazel, John; Chi è costui nel mondo greco, "Mitridate I" (1999) Memnone, Storia di Eraclea, Andrew Smith (traduttore), (2004) Plutarco, Vite parallele, "Demetrio", John & William Langhorne (traduttore), (1770) Smith, William (curatore); Dizionario di biografia e mitologia greco-romana, "Mitridate III", Boston, (1867) Strabone, Geografia, H. C. Hamilton & W. Falconer (traduttori), Londra, (1903) Governatori di Cio Mitridate 01
La Villa delle Ginestre (già Carafa d'Andria-Ferrigni), è una delle Ville vesuviane del XVIII secolo, tra quelle non allineate lungo il Miglio d'oro, situata sulla collina dei Camaldoli, nella frazione Leopardi del comune di Torre del Greco. La villa è legata anche alla vicenda biografica e artistica di Giacomo Leopardi, che vi trascorse l'ultima stagione di sua vita, e vi compose alcuni suoi componimenti, tra cui la celebre La ginestra, da cui la villa ha preso il nome. Storia L'edificio fu costruito nel Settecento dal canonico Giuseppe Simioli, professore di teologia al Seminario Arcivescovile di Napoli, che vi ospitava spesso uomini valenti nelle lettere e nelle arti, come Bernardo Tanucci e Luigi Vanvitelli. Nell'Ottocento la villa passò alla famiglia Ferrigni. Nel 1836 Antonio Ranieri, cognato del proprietario Giuseppe Ferrigni, vi ospitò l'amico Giacomo Leopardi, il quale vi soggiornò fino a poco prima della morte (che avvenne a Napoli), e ivi scrisse diversi Pensieri, Il tramonto della luna e La ginestra, lirica da cui la villa prese il nome. L'ultima proprietaria privata della villa è stata la contessa Vittoria Carafa d'Andria sposata con Alessandro de Gavardo, Nobile di Capodistria, nato a Trieste il 19 marzo 1891 e morto nella Villa delle Ginestre il 25 giugno 1960. Vittoria era figlia di Riccardo Carafa D'Andria, Duca d’Andria, Duca di Castel del Monte, Marchese di Corato, Conte di Ruvo e Patrizio Napoletano oltre che Senatore del Regno d’Italia e della duchessa Enrichetta Capece Latro, figlia a sua volta di Antonio Capede Latro e Calliope Ferrigni, la cui madre, di nome Enrichetta, era la sorella di Antonio Ranieri. La famiglia Carafa dal 1513 con Fabrizio Carafa s'insedia a Torre del Greco come signori della città e fino allo scorso secolo avevano estesi possedimenti smembrati poi in diverse proprietà di cui le meglio conservate oggi sono la Villa delle Ginestre ed a poche centinaia di metri Villa Carafa d'Andria de Cillis, dove fino al 2018 ha vissuto l'ultimo discendente della casata dei Carafa-De Gavardo, Ludovico. Eleonora visse quasi interamente la sua vita a Torre del Greco tra gli antichi possedimenti dei Carafa d'Andria, che comprendevano anche Villa delle Ginestre, dimora torrese di Giacomo Leopardi, e il palazzo del marchese Luigi De Cillis, che sposò nel 1918, posto quasi alla fine di via Giacomo Leopardi, al centro di una masseria a qualche centinaio di metri dall'antico cancello di via Villa delle Ginestre. La villa è stata acquistata dallo stato nel 1962 per l'Università di Napoli Federico II, che l'ha data in comodato all'Ente per le ville vesuviane. Restaurata grazie al Centro Studi Leopardiani di Recanati, è destinata ad ospitare eventi culturali e di celebrazione dell'opera di Leopardi. Dal 2006 è sede del Premio leopardiano La Ginestra che viene assegnato a personalità che con i loro studi si sono distinte nell'analisi, nell'approfondimento e nella divulgazione della poesia di Giacomo Leopardi. Caratteri architettonici Nonostante sia molto discosta dal mare e non presenti alcuna delle caratteristiche che accomunano gli edifici settecenteschi del miglio d'oro, Villa delle Ginestre fa parte delle ville vesuviane che fiancheggiano il tratto di strada lungo la Strada Regia che va da San Giovanni a Teduccio fino a Torre del Greco. La residenza vesuviana che ospitò Giacomo Leopardi negli ultimi mesi di vita sorge ai piedi del colle dei Camaldoli di Torre del Greco (denominato Colle di Sant'Alfonso), nella zona circostante chiamata appunto “Leopardi”, proprio in memoria del poeta recanatese. Ai lati della villa, Giuseppe Ferrigni, a scopo ornamentale, fece piantare due cipressi, uno dei quali è ancora in vita. L'edificio è caratterizzato da una semplice planimetria a pianta quadrata, sviluppata su due livelli. Nel 1907 fu aggiunto su tre lati un portico, di impronta architettonica neoclassica, con colonne doriche sulle quali poggia una enorme e panoramica terrazza, affacciata da un lato sul vulcano e dall'altro sul golfo di Napoli. Dopo il restauro del 2012, la villa è aperta al pubblico dei visitatori con la tutela dell'Ente delle Ville Vesuviane che si propone di renderla scenario di eventi culturali, di promozione letteraria, e di celebrazione del retaggio e dell'opera di Giacomo Leopardi. Note Voci correlate Ville Vesuviane del Miglio d'oro Giacomo Leopardi Antonio Ranieri La ginestra Altri progetti Collegamenti esterni Ginestre Ginestre Giacomo Leopardi Università degli Studi di Napoli Federico II
Biografia Entrato in magistratura, fu nominato nel 1910 giudice del tribunale di Roma. Fu poi addetto alle legazioni diplomatiche di Berna (1918-1919) e di Vienna (1920-1923), assumendo successivamente la veste di consulente giuridico del Ministero degli affari esteri. Nominato consigliere onorario di legazione dal governo italiano, fu da questo delegato alle conferenze sul diritto internazionale dell'Aja (nel 1925 e nel 1928): ne conseguì anche la nomina, nel 1928, a presidente del tribunale amministrativo della Società delle Nazioni. Fu agente italiano alla commissione di arbitrato italo-turco di Costantinopoli (1928), presso la Corte permanente di giustizia dell'Aja (nel caso dei fosfati marocchini, tra il 1934 ed il 1938) e presso la commissione di conciliazione italo-greca (affare Modiano del 1939). Nel 1935 fu uno dei due arbitri di nomina italiana per la Commissione di arbitrato della Società delle Nazioni che si occupò dell'incidente di Ual Ual con l'Etiopia. Nominato al Consiglio di Stato nel 1924 come referendario (dal 1930 vi rimase come consigliere di Stato, indi rivestì la carica di presidente di sezione), il 3 settembre 1944 fu nominato dal Presidente del Senato nella commissione per l'epurazione del personale amministrativo del Senato del Regno, composta - oltre a lui - da Fortunato Pintor e Giulio Mantovani. Dopo le dimissioni da Presidente del Senato di Tomasi della Torretta, rassegnate con la cessazione del Senato dalle sue funzioni, fu emanato dal Governo il decreto 5 settembre 1946, n. 117, con cui i servizi amministrativi del Senato furono affidati a Raffaele Montagna, nella qualità di commissario e con tutte le funzioni amministrative proprie del Presidente. Al termine del periodo di commissariamento, la Segreteria generale del Senato fu nuovamente conferita a Domenico Galante, che proprio la commissione per l'epurazione aveva assolto da tutti gli addebiti. Note Voci correlate Arbitrato tra Stati Senato del Regno (Italia) Consiglio di Stato (Italia) Consiglieri di Stato (Italia)
È entrato nel mondo dello spettacolo grazie alla partecipazione alla terza stagione della competizione canora One Million Star (超級星光大道3), in seguito alla quale ha vinto un biglietto per Taiwan e la possibilità di sfondare lì nel mercato mandopop. Ha ottenuto l'attenzione del pubblico per la sua vocalità molto alta, egli è infatti controtenore, e perché canta in falsetto. Carriera Wong è arrivato in sesta posizione alla competizione canora One Million Star, ma è stato votato come concorrente più popolare. Ha cantato, inoltre, cinque canzoni nel concerto di One Million Star a Los Angeles. Il suo album di debutto, Jing's Note, è stato pubblicato a Taiwan il 14 novembre 2008, ed ha ottenuto il successo vendendo più di copie. Nella patra di Jing Lun, Singapore, lo stesso album ha venduto poco più di copie. Attualmente frequenta dei corsi di recitazione e vocalismo a Taiwan, e fa inoltre da spalla alla famosa cantante Jolin Tsai nella maggior parte dei concerti del tour di quest'ultima nei campus universitari taiwanesi. Sempre recentemente è stato scelto come portavoce per il suo primo spot pubblicitario, per la bevanda Suntory C.C. Lemon, insieme alla cantante ed attrice Rainie Yang. Per quanto riguarda l'ambito della recitazione, Jing Lun ha recitato, nel ruolo di Chen Yu Yi, insieme a Cyndi Wang e Jiro Wang dei Fahrenheit nella serie televisiva Momo Love, attualmente in onda sul canale televisivo taiwanese GTV. Poco prima di Momo Love, ha interpretato un personaggio minore nella serie in onda sulla SEtTv My Queen, insieme ad Ethan Ruan, nel ruolo del compagno di classe di quest'ultimo Xiao Shen. Discografia Serie televisive Spot pubblicitari 2009: Suntory C.C.Lemon Note Collegamenti esterni Wong, Jing Lun Wong, Jing Lun Wong, Jing Lun Wong, Jing Lun
Biografia Teatro Regista Le pillole di Ercole (Les Dragées d'Hercule), di Maurice Hennequin e Paul Bilhaud. Teatro delle Muse di Roma (1989) L'alba del terzo millennio, di Pietro De Silva. Argot Teatro di Roma (1991) Angoscia, dall’omonimo film di George Cukor. Teatro Stabile del Giallo di Roma (1992) Le ragioni dell'altro, di Roberto Silvi e Cecilia Calvi. Colosseo Nuovo Teatro di Roma (2007) Schizofrenicadoc, di Silvia Scola. Colosseo Nuovo Teatro di Roma (2007) Filmografia Cinema Sceneggiatrice No mamma no, episodio del film 80 mq - Ottantametriquadri, regia di Cecilia Calvi (1993) Tutti gli anni una volta l'anno, regia di Gianfrancesco Lazotti (1994) La classe non è acqua, regia di Cecilia Calvi (1997) Grazie di tutto, regia di Luca Manfredi (1997) Mi sei entrata nel cuore come un colpo di coltello, regia di Cecilia Calvi (1998) La seconda patria, regia di Paolo Quaregna - documentario (2019) Regista No mamma no, episodio del film 80 mq - Ottantametriquadri (1993) Il vampiro difettoso - cortometraggio (1995) Mirko e Caterina - cortometraggio (1995) La classe non è acqua (1997) Mi sei entrata nel cuore come un colpo di coltello (1998) Televisione Sceneggiatrice Senator - serie TV, 01x01-01x02-01x03 (1992) Linda e il brigadiere - serie TV, 03x02 (2000) Angelo il custode - serie TV (2001) Carabinieri - serie TV, 13 episodi (2004-2007) L'amore non basta - serie TV (2005) Don Matteo - serie TV, 05x02 (2006) Provaci ancora prof! - serie TV, 02x02-03x01(2008-2009) Donna detective - serie TV, 02x06 (2010) La ladra - serie TV, 01x03-01x04 (2010) Il commissario Manara - serie TV, 02x06-02x11-02x12 (2010) La mia bella famiglia italiana, regia di Olaf Kreinsen - film TV (2013) L'allieva - serie TV, 01x02-01x03-01x11 (2016) Nozze romane (Hochzeit in Rom), regia di Olaf Kreinsen - film TV (2017) Collegamenti esterni
Il rosso e il nero. Cronaca del 1830 (titolo originale, Le Rouge et le Noir, con due sottotitoli: Chronique du XIXe siècle e Chronique de 1830) è un romanzo storico dello scrittore francese Stendhal. Il protagonista, Julien Sorel, è un giovane uomo della provincia francese di modesta educazione, il quale tenta di salire la scala sociale attraverso una combinazione di talento, duro lavoro, inganno e ipocrisia. Ma permettendo alle passioni di travolgerlo, saranno queste a perderlo. Il sottotitolo del romanzo allude al duplice intento letterario di rappresentare sia un ritratto psicologico del romantico protagonista sia una satira analitica, sociologica dell'ordine sociale della Francia sotto il regime della Restaurazione Borbonica (1814-1830). Il manoscritto fu venduto per 1500 franchi all'editore Levasseur che lo pubblicò in due tomi a Parigi il 13 novembre 1830, ma con data 1831. Il titolo dell'opera fa riferimento alle tensioni tra gli interessi clericali (nero) e quello secolari (rosso) del protagonista; potrebbe altresì riferirsi all'allora popolare gioco di carte "rouge et noir", col gioco a simboleggiare il leitmotiv di un romanzo nel quale l'opportunità e la fortuna determinano il fato, il destino di Jean Sorel. Genesi Il rosso e il nero è il secondo romanzo di Stendhal, dopo Armance del 1826. Il romanzo prende spunto dallaffaire Berthet, avvenuto nel 1827 presso il Tribunale di Corte d'Assise dell'Isère, il dipartimento di origine di Stendhal. Il caso di cronaca è il seguente: il figlio di un maniscalco fu giudicato e condannato a morte per aver assassinato l'amante, moglie di un notaio di provincia. Il rosso e il nero riprende, sviluppa e arricchisce tale episodio, nel quale l'autore vede la manifestazione di un'energia popolare che la società conservatrice della Restaurazione reprime. Il rosso e il nero è un romanzo storico psicologico, descrivendo con realismo la struttura sociale della Francia immediatamente precedente la rivoluzione del 1830: le opposizioni tra Parigi e la provincia, tra borghesia e nobiltà, tra gesuiti e giansenisti. Grazie alla sua capacità di rappresentare i rapporti tra i personaggi e la loro psicologia, Stendhal traccia un affresco della società reazionaria post-napoleonica, mostrando le ambizioni, il cinismo e l'ipocrisia di cui si nutrono quotidianamente i rapporti umani. La storia viene ripresa da Stendhal da un fatto di cronaca. L'autore infatti aveva letto di un giovane che uccise l'ex amante sulla rivista "La Gazette des Tribunaux". Trama Julien Sorel è un giovane ambizioso, figlio del proprietario di una segheria. Portato per le lettere latine e la teologia, studia sotto la tutela del curato Chélan della parrocchia di Verrières, piccola cittadina della Franca Contea (che l'autore dichiara di avere inventato appositamente). È un fervente ammiratore di Napoleone Bonaparte. Grazie ad un atteggiamento amorale riesce a soddisfare la sua sete di ascesa sociale. Diventa precettore in casa di Monsieur Rênal, sindaco conservatore della cittadina. La sua ambizione lo spinge a conquistare la moglie di questo, Madame de Rênal, di cui però si innamora. Iniziano a spargersi delle voci nel paese e Rênal riceve una lettera anonima che lo informa dell'infedeltà della moglie. Julien decide allora di partire per Besançon e di entrare in seminario. In seminario Julien riesce a farsi potenti amicizie. Alla fine viene assunto come segretario in casa del marchese de la Mole di cui attira ben presto le simpatie. In casa, a Parigi, conduce una vita mondana. La figlia del marchese, Mathilde, s'innamora di Julien. È però combattuta tra l'amore e il conservare una posizione sociale. Anche Julien si innamora e, grazie ad un astuto piano, riesce a farla capitolare. Mathilde informa suo padre della sua intenzione di sposare Julien perché sa che aspetta un figlio. Il marchese sospetta che Julien sia un cacciatore di dote; ciò nonostante gli conferisce un titolo e una rendita. Quando il matrimonio sta per essere celebrato arriva però una lettera di Madame de Rênal la quale informa il marchese che Julien l'ha ingannata e che è in realtà un truffatore. La lettera è stata dettata dal nuovo curato di Verrières, ma il marchese de la Mole ci crede. Julien, che vede tutti i suoi sogni e le sue speranze distrutte, va a Verrières, raggiunge Madame de Rênal in chiesa e la ferisce con un colpo di pistola. Viene imprigionato e condannato alla ghigliottina nonostante tutti gli intrighi architettati da Mathilde e l'affetto di Madame de Rênal che è sopravvissuta e che, colta dai rimorsi, lo perdona. Alla sua morte Mathilde recupera la sua testa e, prima di seppellirla, la bacia, emulando la vicenda eroica e romantica del suo avo Bonifazio De La Mole e della sua amante, da lei idolatrati. Madame de Rênal muore invece di disperazione tre giorni dopo. Il titolo Il simbolismo contenuto nei colori del titolo è un buon punto di partenza per comprendere i significati multipli del romanzo. Il rosso evoca il sangue del crimine, la passione, che si lega quindi al nero del dolore e della morte. D'altra parte, nero è il colore dei vestiti del seminarista Julien Sorel, mentre rosso è il colore degli abiti dei militari, carriera verso la quale Julien cova un'ambizione segreta che però non potrà intraprendere. Julien è un giovane che desidera una vita eroica, come quella del grande Napoleone, considerato da lui il modello da seguire, ma questo sogno gli è negato dalla realtà della società a lui contemporanea, quella della Restaurazione, in cui era pericoloso e inappropriato mostrare simpatie napoleoniche. Dunque da ragazzo ambizioso pensa di trovare il successo attraverso la carriera ecclesiastica. Proprio come l'altro personaggio stendhaliano, Fabrizio Del Dongo, è un giovane che vive in una società che non corrisponde ai suoi sogni ed è costretto ad essere ciò che non è. Si può anche interpretare il titolo come un gioco d'azzardo, in cui il protagonista si lancia puntando su uno dei due "colori" nello scopo di raggiungere i suoi sogni di ascesa sociale. Tale interpretazione, tuttavia, è stata abbandonata dai critici, in quanto le mosse di Julien sono ben meditate e non dominate dal caso. Ulteriore interpretazione dei due colori è il rosso della rivoluzione francese (è presente nel tricolore, è il sangue versato sulla ghigliottina, ecc...) e il nero (colore delle tonache dei preti) della Restaurazione a essa succeduta: la tragedia di Julien è proprio quella di essere nato troppo tardi, in un momento in cui a un giovane ambizioso e intraprendente, ma di sangue plebeo, si aprono ben poche e anguste prospettive di affermazione sociale. Un romanzo psicologico Secondo Nietzsche, Stendhal è l'ultimo dei grandi psicologi francesi. In Il Rosso e il Nero Julien Sorel diventa oggetto di uno studio vero e proprio; ambizione, amore, passato: tutto viene analizzato. Il lettore segue con interesse crescente i meandri del suo pensiero, che condizionano le sue azioni. Anche Mathilde de La Mole, figlia del marchese protettore di Julien, e Louise de Rênal, moglie del sindaco di Verriéres primo datore di lavoro di Julien, non hanno solo un ruolo di comparse: il loro amore per Julien è profondamente analizzato. Il mondo intero è messo a nudo sotto la penna di Stendhal, dando così all'opera le caratteristiche del romanzo psicologico. Critiche «Uno dei vostri crimini è aver messo a nudo alcune pieghe del cuore umano troppo sporche per essere vedute... Nel carattere di Julien ci sono tratti atroci, che sentiamo come veri ma che ci fanno orrore. Il fine dell'arte non è di mostrare questo lato della natura umana». Prosper Mérimée, Lettres à Stendhal «Il nostro romanziere più grande, Stendhal, studiava gli uomini come se fossero degli insetti strani, che vivono e muoiono, spinti da forze fatali; suo solo cruccio era determinare la natura, l'energia, la direzione di queste forze; la sua umanità non simpatizzava con quella dei suoi eroi, restava superiore alla loro miseria e alla loro follia, si contentava di fare il suo lavoro di dissezione, esponendo in tutta semplicità i risultati del suo lavoro. L'opera del romanziere deve cessare dove comincia quella del moralista». Émile Zola, Causeries dramatiques, 1881 «Nessuna frase per il bello, il pittoresco, per il divertimento. Sempre qualcosa, sempre dell'interesse». Paul Léautaud, Journal littéraire, 1905 Traduzioni italiane trad. di Massimo Bontempelli, Milano, Istituto Editoriale Italiano, 1913; Roma, Newton Compton, 1994. trad. di Alfredo Fabietti, Firenze, Vallecchi, 1930; Novara, De Agostini, 1982. trad. di Attilio Rovinelli, Milano, Sonzogno, 1931. trad. di Giacomo di Belsito, Sesto San Giovanni, Barion, 1930. trad. di Mario Paggi [ma apparso come Massimo Poggi], Milano, Corticelli, 1941; Roma, Cremonese, 1957; Milano, Mursia, 1961. trad. di Aldo Palazzeschi, 1944 ma pubblicata inedita in Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2012. trad. di Diego Valeri, Torino, Einaudi, 1946; Firenze, Sansoni, 1965. trad. di Ugo Dettore, Milano, Rizzoli, 1950; Milano, Fabbri Editori, 1999. trad. di Giovanni Marcellini, Roma, Gherardo Casini Editore, 1956. trad. di Velia Donadei Giacosa, Torino, UTET, 1958. trad. di Marina Mizzau, Milano, Rusconi e Paolazzi, 1960. trad. di Bruno Schacherl, Firenze, Parenti Editore, 1963; Roma, Edizione L'Unità, 1963. trad. di Giuseppe Sardelli, Milano, Fabbri Editori, 1968. trad. di Mario Lavagetto, Milano, Garzanti, 1968; ed. riveduta, Garzanti, 1990. trad. di Maurizio Cucchi, Milano, Mondadori, 1996. trad. Luigi Maria Sponzilli, Postfazione e curatela di Federico Bertoni, Collana UEF. I Classici, Milano, Feltrinelli, 2013. trad. di Margherita Botto, Collana Supercoralli, Torino, Einaudi, 2013. trad. di Cinzia Bigliosi, Collana I Classici, Firenze-Milano, Bompiani, 2021, ISBN 978-88-301-0366-5. Film tratti da Il rosso e il nero Il rosso e il nero (1920), diretto da Mario Bonnard Der geheime Kurier (1928), diretto da Gennaro Righelli, con Ivan Mosjukin nella parte di Julien Sorel Il corriere del re (1947), diretto da Gennaro Righelli L'uomo e il diavolo (1954), diretto da Claude Autant-Lara, con Gérard Philipe nel ruolo di Julien, Danielle Darrieux nel ruolo della signora de Renal, Antonella Lualdi nel ruolo di Mathilde de La Mole. Le rouge et le noir (film TV 1961), diretto da Pierre Cardinal Il rosso e il nero (miniserie 1997), diretto da Jean-Daniel Verhaeghe Bibliografia Note Voci correlate Il Memoriale di Sant'Elena Altri progetti Collegamenti esterni Romanzi di Stendhal Opere letterarie romantiche Romanzi ambientati in Francia
La Chiesa di Santa Segolena (in lingua francese Église Sainte-Ségolène) è una chiesa cattolica di Metz, in Francia. Sorge presso place Jeanne d'Arc, sulla collina Sainte-Croix, nel quartiere dell'Ancienne Ville. È consacrata al culto della santa Segolena di Albi, ed è la sola chiesa di Metz dedicata al culto di una donna. Dal 1981 la chiesa è classificata dal Ministero della cultura francese come monumento storico. Storia Le origini del culto e la chiesa antica Secondo la tradizione, la devozione nei confronti di santa Segolena si sarebbe diffusa a Metz tra il VII e l'VIII secolo, tuttavia le fonti sono incerte sull'identificazione di questa figura e sul modo in cui il suo culto si diffuse a Metz. A detta di alcuni studiosi, santa Segolena sarebbe da identificare con una sorella di Sigibaldo, vescovo di Metz dal 708 al 741, la quale avrebbe consacrato la sua vita ai poveri e alla preghiera; secondo altri studiosi però, Segolena sarebbe vissuta nel VII secolo, non sarebbe sorella di Sigibaldo e avrebbe fondato un monastero a Troclar, nei pressi di Albi. In quegli anni, con l'annessione della zona di Albi (a cui Troclar apparteneva) da parte di Childerico II, futuro re d'Austrasia, il culto di santa Segolena sarebbe giunto fino a Metz, capitale dell'Austrasia. Le prime notizie sull'esistenza di una chiesa a Metz dedicata a santa Segolena risalgono al IX secolo. Secondo un documento ritrovato nel 1926 da Théophile Clauser, oggi conservato alla Biblioteca Nazionale di Parigi e contenente la lista delle stazioni della processione liturgica della settimana pasquale a Metz intorno all'850, la nona stazione era appunto la chiesa di Santa Segolena. Di questa prima chiesa, che aveva dimensioni molto piccole, rimane oggi solo la cripta risalente al X secolo, posta al di sotto del coro della chiesa attuale e nella quale sarebbero state conservate le reliquie della santa. La chiesa attuale Nel XIII secolo, a seguito dello sviluppo urbanistico di Metz e della crescita della popolazione, si decise di costruire una nuova chiesa più spaziosa in luogo dell'antica chiesa di santa Segolena, al fine di poter accogliere tutti gli abitanti del quartiere. La nuova chiesa fu costruita intorno al 1250, nello stesso periodo in cui veniva realizzata la Cattedrale di Metz. Per la chiesa, realizzata in stile gotico, come materiale si utilizzò la pietra di Jaumont, estratta nella zona di Metz. A causa dei restauri successivi, di questa chiesa oggi rimangono due cappelle radiali e le prime tre campate della navata. Tra il 1470 e il 1500 l'edificio subì il primo dei suoi innumerevoli rifacimenti, con l'aggiunta di un portico in stile gotico fiammeggiante. Al portico fu poi aggiunto nel 1514 un portale ispirato a quello dell'Hospice Saint-Nicolas, il più vecchio ospedale di Metz. Nel XVI secolo la chiesa presentava anche una torre campanaria, come testimoniato dal fatto che durante l'assedio di Metz del 1552 da parte di Carlo V, tale torre fu fortificata dai difensori francesi ed usata come punto di osservazione. Nel corso della rivoluzione francese, con la modifica dei rapporti tra Francia e Chiesa cattolica, la chiesa di santa Segolena venne invece adibita a stalla. Dopo il periodo rivoluzionario, la chiesa fu sottoposta nel XIX secolo ad innumerevoli lavori che ne stravolsero in parte l'aspetto: nel 1855 il mastro vetraio Laurent-Charles Maréchal realizzò delle nuove vetrate per il coro della chiesa; nel 1894, dopo l'annessione di Metz all'Impero tedesco, l'arciprete della chiesa, Jean Michel Dellès, dispose di far restaurare l'edificio (in particolare le vetrate e i tetti) e poi di demolire la navata, il portale e il campanile fortificato allo scopo di costruire una nuova torre ed un portale più ampi e maestosi. Diversamente dalla sua volontà però, l'architetto incaricato dei lavori, Paul Tornow, preferì concentrarsi sul consolidamento statico dell'edificio che sul suo rifacimento. Gli interventi più rilevanti sull'edificio si ebbero però tra il 1896 e il 1898: sotto la direzione di Conrad Wahn, architetto capo di Metz, si procedette ad un restyling pressoché totale della chiesa. La navata fu allungata conservando solo tre campate della struttura precedente, il transetto venne demolito e riedificato con dimensioni maggiori, mentre il cortile venne eliminato e il coro lasciato intatto. Il portico gotico, il portale e il campanile risalenti al cinquecento furono invece abbattuti e sostituiti da una nuova facciata in stile neogotico, caratterizzata dalla presenza di tre portali e sormontata da due torri campanarie perfettamente simmetriche. Per progettare tale facciata, Wahn si ispirò a quella della Cattedrale di Marburgo, in Germania. Il portale fu quindi decorato con sculture realizzate da Auguste Dujardin, che aveva decorato anche la facciata della Cattedrale di Metz, mentre la porta centrale, in bronzo, fu realizzata da Eugène Vallin. Descrizione Ubicazione La chiesa di Santa Segolena è situata presso la collina Sainte-Croix, che costituisce il punto più elevato di Metz, posto alla confluenza tra la Mosella e la Seille. Parte del quartiere dell'Ancienne Ville, questa collina rappresenta il nucleo originario della città, in cui si stanziarono i galli Mediomatrici prima e i romani poi. La chiesa si affaccia su place Jeanne d'Arc: suddetta piazza, che segna il limite della città gallo-romana, fu creata nel 1905, successivamente ai restauri di Wahn, al fine di aumentare lo spazio dinanzi alla chiesa e facilitarne così l'accesso. Architettura Nonostante i numerosi interventi, la chiesa di Santa Segolena è sempre stata costruita in pietra di Jaumont. L'edificio, concepito in stile gotico, fu poi restaurato in stile neogotico da Conrad Wahn. Interno La navata, ricostruita a partire da quella medievale, presenta sette campate con colonne prive di sculture ed è separata dal coro per mezzo di un ampio transetto. Il coro ha una sola campata, e da esso si prolunga un'abside fiancheggiata da due cappelle radiali poligonali. A lato di una delle due cappelle radiali sorge una piccola cappella, creata nel 1857 per ospitare il fonte battesimale. La superficie inferiore dei muri dell'abside e delle cappelle radiali è decorata con arcate cieche trifogliate, i cui capitelli hanno un abaco rotondo. Le finestre dell'abside, a due luci, hanno una forma slanciata, mentre quelle del coro sono più semplici. La cripta infine, posta al di sotto del coro, è sorretta da due pilastri quadrati privi di decorazione, ed è ricoperta da una volta a crociera. Vetrate Al suo interno, la chiesa di Santa Segolena è decorata con numerose vetrate, alcune delle quali molto antiche. Tra queste, spicca una vetrata risalente alla fine del XII secolo o inizio XIII secolo, sita nella cappella radiale nord e raffigurante la crocifissione di Cristo (considerata la vetrata più antica della Lorena). Nell'opera, Cristo è accompagnato dalla Vergine e da san Giovanni evangelista. Dello stesso periodo sono alcuni medaglioni rappresentanti animali. Altre vetrate datano invece XV secolo, e in esse sono ritratti alcuni notabili che avevano finanziato la chiesa, come Jillat Bataille e sua moglie, nonché lo scabino della chiesa, Jehan, con sua moglie e le figlie. Compaiono inoltre san Giorgio, il martirio di san Sebastiano, l'annunciazione, l'apparizione di Cristo a Maria Maddalena e la Risurrezione di Gesù. Risale invece al XVI secolo la vetrata che rappresenta la Vergine e il bambin Gesù. Le vetrate più moderne risalgono invece al XIX secolo: intorno al 1855 infatti il mastro-vetraio Laurent-Charles Maréchal realizzò sotto al coro delle vetrate raffiguranti vari santi. Pitture All'interno della chiesa di santa Segolena un tempo era possibile trovare molte pitture murali. La maggior parte di questi affreschi però, risalenti al periodo dal XIII al XVI secolo e scoperti solo nel 1850, furono poi eliminati durante i lavori di restaurazione condotti da Wahn. Le fonti riportano l'importanza che questi affreschi avevano dal punto di vista iconografico: in essi erano rappresentati Cristo in croce, scene di vita della Vergine ed anche l'incontro dei tre vivi e dei tre morti. Esterno La facciata della chiesa di Santa Segolena è frutto di una riedificazione attuata alla fine del XIX secolo, attraverso la quale l'antico portico gotico fiammeggiante, il portale e la torre campanaria furono abbattuti e sostituiti con una facciata neogotica. Wahn progettò la facciata dotandola di tre portali e fiancheggiandola con due torri identiche, al fine di garantire una maggior armonia nella struttura. Le flèche delle due torri furono realizzate in ardesia. Il portale centrale, in bronzo, fu concepito da Eugène Vallin, mentre della decorazione statuaria si occupò Auguste Dujardin, il quale decorò i portali e l'intera facciata rappresentando scene della vita di santa Segolena o raffigurando altri santi. Nel timpano superiore sono rappresentati Cristo, San Pietro e san Paolo, mentre lungo i contrafforti spiccano le statue dei quattro evangelisti. Più particolareggiate sono invece le decorazioni presenti sui tre portali. Portale centrale In particolare, il timpano della porta centrale rappresenta la morte e la gloria di santa Segolena, mentre al livello del piedritto sono rappresentati sei santi d'Austrasia: Waldrada di Wormsgau, Sigeberto III, Trudone, Livario, Arnolfo e Ildegarda. Alla destra e alla sinistra del portale centrale sono presenti tre file di rilievi rappresentanti altri episodi della vita di santa Segolena. Portale sinistro Nel timpano del portale sinistro sono raffigurati i santi Ferreolo e Ferruccio nell'atto di subire il martirio, mentre due angeli ne prendono le anime per portarle in Paradiso. Portale destro Il timpano del portale destro è quello della Vera Croce. In esso è infatti raffigurato il ritrovamento e l'autenticazione della vera croce da parte di sant'Elena. Note Altri progetti Architetture di Metz Chiese della Mosella
La centuriazione del territorio di Padova è l'organizzazione agraria, attuata nel corso del I secolo a.C., del territorio del Patavium, l'odierna Padova. Il terreno veniva diviso in centurie, quadrati di circa 710 metri di lato, da ripartire in poderi destinati ai coloni, spesso legionari in congedo. Il territorio Al municipium di Patavium, probabilmente il centro più fiorente della Regio X, era assegnato un territorio piuttosto vasto. A nord confinava con Feltria (Feltre), comprendendo anche l'altopiano dei Sette Comuni. Ad est, la via Aurelia e il Muson lo separavano da Acelum (Asolo) e, a partire dall'odierna Castelfranco Veneto, da Altinum (Altino) raggiungendo la Laguna Veneta presso l'attuale Marghera. Il territorio si estendeva poi a sud sino al corso dell'Adige (che comunque ha subito diversi mutamenti) e alla sua foce, oltre i quali si trovava Hatria (Adria). A sud-ovest, il limite con Atheste (Este) si snodava tra le attuali Treponti e Anguillara Veneta, mentre i confini occidentali, con Verona e Vicetia (Vicenza), seguivano un paleoalveo del Brenta. Viste l'ampiezza e varietà morfologica del territorio, furono necessarie almeno tre diverse centuriazioni. La prima, scoperta solo di recente, è stata individuata a sud del capoluogo (Saccisica). La seconda fu tracciata a nord (Cittadella, Bassano del Grappa) e aveva per cardine massimo la direttrice Padova-Bassano e per decumano massimo la via Postumia. L'ultima è quella che oggi viene detta Graticolato Romano e rappresenta uno dei segni più evidenti di centuriazione romana. Il Graticolato Romano Il Graticolato Romano si estendeva presso l'area a nord-est della città, tra le attuali province di Padova e Venezia, che si caratterizza ancora per la notevole regolarità con cui sono disposte le strade. Rappresentava la centuriazione cis Musonem, ossia "al di qua del fiume Muson" che segnava il confine con il municipio di Altinum. Sebbene per molti sistemi analoghi il centro geometrico della suddivisione agraria (umbilicus agrii) coincideva con il centro geometrico dell'urbanistica cittadina (umbilicus urbi), in questo caso il cardine e il decumano massimi si incrociavano più a nord di Padova, nei pressi dell'attuale San Giorgio delle Pertiche. Il primo, che invero era il prolungamento del cardine cittadino, corrispondeva alla via Aurelia, l'attuale SR 307; il secondo coincideva con l'odierna via Desman (che deriverebbe proprio da decumanus), asse viario che procede tra i comuni di Borgoricco, Santa Maria di Sala e Mirano. L'orientamento della centuriazione non è allineato secondo i punti cardinali e presenta rispetto a questi un'inclinazione di circa 14,5° gradi rispetto alla longitudine (est-ovest). In questa maniera, le strade seguono la pendenza del terreno e quindi il defluire delle acque, ma si ha anche una migliore distribuzione della luce solare. Ciascuna centuria è suddivisa in 8 fasce trasversali anziché le normali 10, da 2,5 actus (pari a 88,80 m). Si ipotizza inoltre che la centuria fosse divisa anche in 20 fasce longitudinali da 1 actus (35,52 m), formando un totale di 160 riquadri, ciascuno da 1,25 iugeri (3.154 m2) I campi presentano una caratteristica lavorazione a bauletto con un colmo trasversale per permettere il facile scolo delle acque piovane. Il Graticolato oggi La veduta aerea presenta il Graticolato come una gigantesca scacchiera. Se in origine doveva estendersi per 21 km da est ad ovest e per 18,5 km da nord a sud con circa seicento centurie, attualmente ne restano appena duecentoventi intatte. Le strade rimaste sono circa 300 km sugli originali 800. Il graticolato interessa gli attuali comuni di Mirano, Pianiga e Santa Maria di Sala nella città metropolitana di Venezia e Massanzago, Vigonza, Villanova di Camposampiero, Borgoricco, Cadoneghe, Campodarsego, San Giorgio delle Pertiche, Santa Giustina in Colle e Camposampiero in provincia di Padova. Attualmente, alcune associazioni di cittadini dei vari comuni compresi nell'area del Graticolato Romano (o Agro Centuriato Patavino), stanno lavorando per la costituzione di un parco regionale di interesse locale che miri alla tutela storico-paesaggistica ed ambientale di questa zona, purtroppo interessata da uno sviluppo urbanistico e infrastrutturale, fortemente incentivato e accresciuto negli ultimi anni, che, se non verrà limitato e regolamentato, rischia di snaturare e compromettere per sempre questa preziosa area della pianura centrale veneta. La cristianizzazione Diversi studiosi hanno rilevato dei legami tra la struttura del graticolato e la distribuzione delle chiese più antiche, riuscendo così a ricostruire la diffusione della cristianizzazione in epoca paleocristiana. Una delle chiese più antiche è probabilmente la parrocchiale di Santa Giustina in Colle dedicata alla martire di origini padovane. Non è un caso che sorga in vicinanza dellumbilicus agrii, ma piuttosto discostata dagli assi stradali: i primi cristiani dovevano infatti operare con discrezione se non clandestinamente, in un territorio ancora in gran parte pagano. È però probabile che un primo luogo di culto fosse stato costruito più a sud, in località Caodelmondo (da Caput Mundi, in riferimento al suo ruolo di predominanza) e che successivamente l'edificio fu ricostruito su una modesta altura, forse resto di una fortificazione, da cui l'appellativo "in Colle". Il Benetti parla anche del ritrovamento sotto l'altare maggiore di un cippo romano capovolto, segno di condanna del presunto soldato romano che perseguitò la Santa. Anche le origini della chiesa di Sant'Eufemia sono assai remote, in virtù della sua intitolazione a un'altra martire di epoca romana. Analogamente alla precedente, si trova nei pressi del decumano (via Desman) ma non lungo la strada, peraltro non lontana da via Cornara, toponimo che rimanda al nome romano Cornelia, forse una martire. Anche questo luogo sacro è definito popolarmente Caput Mundi" . Secondo il Benetti, le chiese dedicate alla Madonna sarebbero riconducibili alle prime divisioni tra le comunità cristiane di base. In epoca longobarda, invece, l'espansione del cristianesimo avvenne lungo il decumano detto oggi via Caltana. Su questa strada, infatti, si affacciano chiese intitolate a santi particolarmente venerati in quel periodo: San Biagio a Caltana di Santa Maria di Sala e Sant'Andrea a Sant'Andrea di Campodarsego. Un decumano del mare Secondo il Benetti, dalla dislocazione logica del graticolato e dei santi delle chiese si deduce che doveva esistere un altro asse parallelo (un Decumano) che doveva congiungere gli attuali paesi compresi tra Limena (San Felice) a Sambruson di Dolo (Sant'Ambrogio). Questo significherebbe che poteva esistere un "decumano del mare". Analizzando i nomi dei Santi dei paesi che si incontrano nell'attuale allineamento dei paesi (attualmente, a causa delle esondazioni del Brenta della Tergola, non c'è più nessuna strada diritta) l'organizzazione ecclesiastica sarebbe da far risalire al periodo Bizantino. Note Bibliografia Benetti fratel Aldo, missionario comboniano - Il passaggio dalla struttura alla fondazione della Chiesa nel graticolato romano, Conferenza tenuta a Mirano il 15 novembre 2002 Marino Zancanella, Loris Vedovato - La centuriazione compiuta - Biblioteca Comunale di Santa Maria di Sala, agosto 1981 Andrea Ranzato - Un contributo allo studio della via Patavium-Acelum (via Aurelia), "Quaderni di Archeologia del Veneto" IV numero, Editrice Cedam, Padova, 1988, pag. 304 Guidi Antonio, Cao del Mondo, il Caput Mundi di Santa Giustina in Colle, Padova, 2013 Voci correlate Centuriazione Centuriazione del territorio di Mantova Centuriazione del territorio di Villadose Museo della centuriazione romana (Borgoricco) Unità di misura romane Città metropolitana di Venezia Storia di Padova Centuriazione
Il monte Pietravecchia (2.038 ) è una montagna delle Alpi del Marguareis situata sul confine tra l'Italia (Liguria) e la Francia (Alpi Marittime), è il monte più alto della dorsale tra val Nervia e val Roja. L'accesso risulta possibile solo dal versante italiano attraverso la strada asfaltata che parte da colla Melosa, in quanto il monte risulta a strapiombo sugli altri tre lati, mentre sul versante nord digrada dolcemente con boschi, tra i quali si snoda la carreggiabile che raggiunge i resti delle fortificazioni costruite sulla vetta. Caratteristiche La vetta è un'ampia cupola erbosa e il versante nord è un anonimo pendio coperto di larici. La via normale al Pietravecchia è una ex strada militare che attraverso il bosco, giunge a pochi metri dalla sommità da cui è possibile ammirare un ottimo panorama. Il versante opposto, ha invece un aspetto diverso, con vertiginose pareti calcaree. Sui prati dei monti Toraggio e Pietravecchia e lungo i margini del sentiero degli Alpini si possono trovare una grande varietà di flora che li rendono un vero e proprio "paradiso" per i botanici. Se si esclude il noto sentiero degli Alpini che si dirama molto in basso, alla base delle rocce, il versante sud del monte Pietravecchia è stato trascurato da escursionisti e alpinisti fino alla fine degli anni ottanta, ma improvvisamente, tra il 1989 e il 1990, sono stati segnalati nuovi sentieri e sono state attrezzate vie ferrate sulle verticali pareti superiori. Note Cartografia Carta dei sentieri e stradale scala 1:25.000 n. 23 Sanremo Ventimiglia Bassa val Roia Val Nervia, Fraternali editore - Ciriè Voci correlate Alpi liguri Provincia di Imperia Dipartimento delle Alpi Marittime Alta Via dei Monti Liguri Pietravecchia Pietravecchia Pietravecchia Pietravecchia
Il piro-piro del Terek (Xenus cinereus ) è un uccello della famiglia degli Scolopacidi, unico rappresentante del genere Xenus. Aspetto Il piro piro del Terek è un limicolo di dimensioni medio-piccole e ha un lungo becco rivolto all'insù di colore arancione con la punta nera; anche le zampe sono lunghe e sono interamente di un colore arancione acceso. Il piumaggio non è molto appariscente, le parti superiori sono grigie uniformi mentre le parti inferiori sono candide. Ha piedi palmati, caratteristica insolita tra gli Scolopacidi Distribuzione e habitat Questo uccello vive in tutta l'Asia, in quasi tutta Europa (escluse Albania e repubbliche dell'ex Jugoslavia), in gran parte dell'Africa (tranne Algeria, Niger, Repubblica Centrafricana, Liberia, Guinea, Burkina Faso e Benin) e in Australia e Nuova Zelanda; vive anche in Alaska, California, Columbia Britannica, Florida e Argentina. È saltuario in Svezia, Svizzera, Francia, Spagna, Gran Bretagna e nel Vicino Oriente. Note Altri progetti Collegamenti esterni Scolopacidae
Le Landespolizei (in italiano: polizia del Land) sono le forze di polizia dei singoli Länder tedeschi. Dipendono per giurisdizione, finanziamenti e personale dagli Stati federati della Germania. Storia Le origini della Landespolizei si possono rintracciare nel XIX secolo quando i vari principati possedevano le loro proprie forze dell'ordine, le più grandi delle quali erano la Polizia Segreta Prussiana e la Polizia Statale della Baviera. Quando la Germania fu riunita in una singola nazione da Otto von Bismarck, queste e altre agenzie di polizia divennero le basi per la creazione delle Landespolizei. Parecchi paesi e città mantennero le loro forze di polizia in quanto l'incremento di leggi e norme rendevano il controllo della vita civile e urbana sempre più complicato. Nel periodo della Germania nazista, tutte le forze di polizia, sia statali sia cittadine, furono assorbite nella Ordnungspolizei che esistette dal 1936 al 1945. Dopo la Seconda guerra mondiale, la vita quotidiana nella sconfitta Germania era disastrosa: grandi masse di profughi e sfollati non avevano di che nutrirsi. Erano ormai diffusissimi gli attacchi da parte di bande armate, le rapine, i furti e il mercato nero e la polizia militare non poteva garantire sicurezza in una situazione così turbolenta. Le autorità Alleate di ciascuna delle zone di occupazione della Germania Ovest decisero rapidamente di permettere la creazione di forze di polizia civile. In tutte e tre le zone (francese, britannica, americana), fu posta l'enfasi sulla decentralizzazione dallo Stato federale, la demilitarizzazione e la democratizzazione della polizia. Alcune delle restrizioni furono rimosse a causa dell'incremento delle tensioni della Guerra Fredda, specialmente ci si rese conto che per alcune funzioni della polizia necessitava un controllo centrale anziché locale. La Germania Est, sotto il controllo dell'Unione Sovietica, creò invece la Volkspolizei ad ordinamento militare. Organizzazione Tutte le Landespolizei sono subordinate al Ministero degli Interni del Land di appartenenza. Le strutture di queste forze di polizia possono differire leggermente (a seconda della volontà delle realtà locali) ma in genere in cima alla piramide dirigenziale delle Landespolizei, direttamente alle dipendenze del Ministero, c'è il quartier generale della polizia, chiamato Präsidium nella maggior parte degli stati e Landespolizeidirektion in Baden-Württemberg. Questi quartier-generali dirigono le operazioni in vaste aree oppure in città molto grandi e hanno funzioni di tipo amministrativo e di supervisione. I Präsidium spesso comandano le unità specialistiche della Landespolizei come la polizia autostradale (Autobahnpolizei), la polizia montata (Berittene Polizei) e le unità cinofile (Polizei Diensthunde). Scendendo la piramide, ci sono i distretti di polizia (Direktionen) che supervisionano delle comunità da 200 000 a 600 000 cittadini. Alle dipendenze di ciascuna Direktion ci sono diverse stazioni locali (Inspektion) o circoscrizioni (Revier) che funzionano ventiquattr'ore su ventiquattro, conducono le normali attività di polizia come pattuglie o raccolte di denunce. Rappresentano i punti di contatto con le comunità locali. Ancora più piccoli sono i Polizeiposten, piccoli uffici con un organico che in genere si attesta a uno o due agenti e che hanno orari da ufficio. Gradi I gradi della polizia locale sono gli stessi della polizia federale Senior ranks (Gehobener Dienst) Command ranks (Höherer Dienst) Territorialità La Landespolizei porta lo stemma del proprio Stato sulla manica dell'uniforma e talvolta è appuntato sulla tasca pettorale destra anche un distintivo di metallo che indica per quale dipartimento di polizia lavora l'agente. Gli agenti di polizia possono essere trasferiti ovunque nei confini del proprio Stato. Unità operative Le Landespolizei sono suddivisi nelle seguenti unità operative: Schutzpolizei ("Schupo"): è costituita da agenti di polizia in divisa che pattugliano le strade, rispondono alle chiamate di emergenza, eccetera. Kriminalpolizei ("Kripo"): è l'unità investigativa che opera in borghese. Bereitschaftspolizei (BePo): sono le unità in uniforme che operano quando è richiesta maggiore dispiegamento di unità, come nei servizi d'ordine pubblico, quali dimostrazioni politiche, ad esempio. Landeskriminalamt (LKA): l'Ufficio di Investigazione Statale è direttamente subordinato al Ministero dell'Interno del Land, supervisiona le operazioni dirette a prevenire e ad investigare attività criminali. Inoltre, coordina le investigazioni in cui collaborano più di un Präsidium. Wasserschurzpolizei (WSP): è la polizia fluviale responsabile della sicurezza di fiumi, laghi e delle baie. Per ragioni pratiche, la WSP di uno Stato può avere giurisdizione anche in altri Länder (ad esempio, ad Amburgo la WSP è responsabile del fiume Elba nei seguenti stati: Meclemburgo-Pomerania Anteriore, Bassa Sassonia, Schleswig-Holstein e Amburgo). Spezialeinsatzkommando (SEK): sono le squadre SWAT delle Ladenspolizei. Autobahnpolizei: è la polizia autostradale, responsabile delle autostrade (autobahn) tedesche. Formazione I singoli Land e la polizia federale (Bundespolizei) conducono corsi di base d'addestramento di polizia per il loro personale. La durata e la precisione di quest'addestramento contribuisce all'alto livello di professionalità della polizia in Germania. L'insegnamento di tutti gli aspetti del lavoro di polizia prende tempo ma sostiene una struttura unificata delle carriere che punta ad evitare una specializzazione prematura, insegna agli agenti ad avere una più ampia capacità di decisione, rende il cambio del campo di lavoro più facile e favorisce le opportunità di promozione. Non è richiesta la cittadinanza tedesca per diventare agente di polizia. I dipartimenti di polizia nelle grandi città sono specialmente interessati all'arruolamento di agenti provenienti da etnie minoritarie per ridurre le barriere culturali e linguistiche. Tuttavia, questi agenti rappresentano ancora meno dell'un per cento del numero complessivo di poliziotti. Le Landespolizei hanno avuto al loro servizio donne fin dalla ricostituzione del corpo dopo la Seconda guerra mondiale. Inizialmente, le donne erano assegnate esclusivamente a casi che coinvolgevano altre donne oppure dei bambini. Verso la metà degli anni settanta, però, alle donne fu permesso di svolgere il loro servizio anche nei compiti tradizionalmente più maschili, come le pattuglie. La proporzione di donne in esse sta aumentando, e fra gli alunni delle scuole di polizia le donne rappresentano il 40%-50%. La maggior parte delle reclute della polizia viene arruolata direttamente dopo la fine della scuola. Il corso dura all'incirca due anni e mezzo, ed è composto sia da lezioni in classe che da stage presso i reparti operativi e la Bereitschaftspolizei. Queste persone si qualificano come agenti di polizia regolari e portano sulle spalle, ad indicare il loro grado, delle controspalline con stelle verdi, oppure blu se con la nuova uniforme blu. Dopo un periodo come agente regolare, chi ha ottenuto dei risultati notevoli oppure ha accumulato molta esperienza può frequentare per due o tre anni una scuola superiore di polizia o di pubblica amministrazione per salire di grado e diventare Polizeikommissar (una stella d'argento) e in seguito Erster Polizeihauptkomissar (quattro o cinque stelle d'argento). I pochissimi candidati che si qualificano per i ranghi dirigenziali della polizia studiano per un anno all'accademia statale di polizia, poi per un altro all'Università tedesca della Polizia (Deutsche Honschule der Polizei - DHPol) a Münster-Hiltrup dove si laureano nell'amministrazione della polizia. I gradi dirigenziali cominciano con il Polizeirat (una stella dorata) e terminano con il capo della polizia del Land (corona d'oro con delle stelle in numero variabile da una a tre) oppure capo della Polizia federale (corona d'oro con quattro stelle). Aspetto esteriore Dopo la Seconda guerra mondiale Dal 1945 fino al 1979, i vari Länder utilizzavano una vasta gamma di distintivi e gradi. Per di più, i colori delle uniformi variavano dal verde al blu in diverse tonalità. Ad esempio, i sottufficiali della Polizia cittadina statale di Amburgo vestivano uniformi blu mentre la polizia dello Schleswig-Holstein indossava uniformi verdi con gradi ispirati a quelli del Terzo Reich. La Baviera manteneva sia una polizia statale (Landespolizei) che una polizia cittadina (Gemeinde/Stadtpolizei), che usavano due differenti colori di fondo per le divise: verde la prima e blu la seconda. L'ultima forza di polizia cittadina, quella di Monaco di Baviera, confluì finalmente nella Landespolizei nel 1975. Questo tipo di organizzazione era quello prevalente negli stati che facevano parte del settore americano della Germania Ovest. Verde Questa confusa struttura rimase in vigore fino alla metà degli anni settanta quando una riorganizzazione fu effettuata a livello federale per uniformare le divise e i veicoli della polizia. Alla fine, fu deciso per un nuovo standard: giacca verde, pantaloni marrone chiaro, camicia giallo chiaro e cappello bianco o verde. Anche il sistema dei gradi fu uniformato. I veicoli furono dipinti di bianco e verde, con la scritta "POLIZEI" a caratteri maiuscoli. Verso il 2000, però, fu effettuato un altro cambio: da verde/bianco si passò al verde/argento. I veicoli tattici della Landespolizei furono comunque sempre verniciati con una gradazione del verde più chiara. Blu Nel 2005 ebbe luogo una seconda riorganizzazione, stavolta diretta a cambiare le uniformi verdi per quelle blu, internazionalmente riconosciute come simbolo delle forze di polizia. I gradi, i distintivi del Land di appartenenza sono rimasti gli stessi. Il cambiamento è ormai stato ultimato con la Baviera, ultimo Land ad aver adottato le uniformi blu, che nella primavera del 2018 ha ultimato la transizione. Eccezioni Il Bundeskriminalamt (BKA) e la Bundespolizei (BPOL) sono istituzioni federali completamente slegate dalle Landespolizei. Note Voci correlate Forze di polizia in Germania State police Stati federati della Germania Altri progetti Collegamenti esterni Forze di polizia tedesche
La 8/15 HP è un'autovettura di fascia medio-alta prodotta presentata alla fine del 1907, ma commercializzata a partire dalla primavera del 1908. La sua produzione si protrasse poi fino alla fine del 1909, anche se gli ultimi esemplari furono consegnati all'inizio del 1910. Per questo motivo, in alcune fonti si trovano citate solo le date di inizio commercializzazione (1908) e di fine produzione (1909), che stanno ad indicare la disponibilità agli acquirenti. La vettura fu prodotta dalla Neckarsulmer Fahrradwerke AG, la Casa automobilistica tedesca che in seguito sarebbe divenuta nota come NSU. L'unità di misura anglosassone HP, utilizzata per questo e per gli altri modelli NSU prodotti prima dell'avvento della prima guerra mondiale, fu mutata in PS (Pferdestärken) dopo l'arrivo di tale evento per tagliare ogni legame con il Regno Unito, avversario dell'Impero Tedesco durante la guerra. Per questo, tale modello può trovarsi indicato indifferentemente in entrambi i modi. Storia e profilo La 8/15 HP segnò il debutto della Casa di Neckarsulm nel segmento delle vetture di fascia medio-alta (classificazione da intendersi sempre secondo gli standard dell'epoca, quando anche una vettura di fascia bassa arrivava a costare cifre ben più alte rispetto ad un'odierna utilitaria). La 8/15 HP in pratica altro non fu se non un ibrido fra la più piccola 6/12 HP e la più grande 10/20 HP. Dalla prima venne preso il motore, che venne rialesato: il diametro dei quattro cilindri in linea venne infatti portato da 70 a 76 mm, ottenendo così una cilindrata di 1.814,6 cm³. Rimase immutato il resto del gruppo motopropulsore, a partire dall'architettura del propulsore stesso, sempre di tipo biblocco, e dalla misura della corsa, sempre pari a 100 mm. La potenza massima aumentò fino a 16 CV a 1400 giri/min. Dalla 10/20 HP, invece, venne ripreso il telaio da 3,02 metri di passo, ma anche il resto della meccanica telaistica, come le sospensioni a balestre longitudinali semiellittiche, il freno agente sull'albero di trasmissione ed il cambio manuale a 3 marce. La 8/15 HP venne proposta nelle varianti di carrozzeria più in voga in quel periodo, e cioè: single-phaeton, double-phaeton, limousine e landaulet. Le prestazioni variavano a seconda della carrozzeria, e quindi della massa che il motore era chiamato a spingere, in ogni caso si potevano raggiungere fino a 65 km/h di velocità massima. Gli allestimenti erano ampiamente personalizzabili con eleganti rivestimenti per i sedili e tappeti di velluto per il pavimento. Alcuni esemplari furono persino arricchiti con alcune "chicche", come ad esempio un tubo di comunicazione mediante il quale il passeggero poteva comunicare con l'autista, nel caso in cui la configurazione della carrozzeria prevedesse un divisorio fra comparto anteriore e posteriore, una sorta di primordiale interfono. I prezzi stavano all'incirca a 700 marchi in più rispetto alle corrispondenti versioni della 6/12 HP, partendo quindi da 7.550 marchi per una phaeton a due posti fino ad arrivare ai 9.850 marchi richiesti invece per una ben più ricca landaulet. La 8/15 HP fu apprezzata per la sua capacità di affrontare efficacemente le salite: già nell'autunno del 1908, comunque, arrivarono degli aggiornamenti al telaio, aggiornamenti piuttosto consistenti se si considera che la 8/15 HP arrivò a rinunciare al telaio della 10/20 HP per utilizzare invece quello della 6/12 HP con passo ridotto a 2,635 metri. La produzione della 8/15 HP cessò alla fine del 1909, gli ultimi esemplari furono smaltiti all'inizio dell'anno seguente, ma in ogni caso venne già lanciata la sua erede, ossia la NSU 9/18 HP, destinata a prenderne il posto. Note Bibliografia NSU Automobile - Typen, Technik, Modelle, Klaus Arth, 2011, Delius Klasing Verlag - ISBN 978-3-7688-3276-2 NSU - Automobile 1905-1977, Peter Schneider, 2008, Motorbuch Verlag- ISBN 978-3-613-02867-8 Voci correlate NSU Motorenwerke Altri progetti 8/15 HP
San Giovanni Evangelista è un dipinto a olio e oro su tavola (114,3x38,5 cm) di Antonello da Messina, databile al 1470-1475 circa e conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze. Storia Il San Giovanni di Antonello venne riscoperto sotto pesanti ridipinture e acquistato, con la Madonna col Bambino e angeli reggicorona dal museo fiorentino nel 1996. L'altissima qualità della pittura aveva infatti palesato l'opera del grande maestro, collegando le due tavole con quella, di analogo formato, nella Pinacoteca del Castello Sforzesco di Milano e, forse, con le tre cuspidi dei Dottori della Chiesa nel Museo regionale di Palazzo Abatellis a Palermo. Descrizione e stile Giovanni Evangelista è rappresentato secondo un'iconografia tipicamente fiamminga, con il calice in mano, da cui esce un draghetto, rimando al miracolo con cui scoprì una bevanda avvelenata. Sotto il braccio tiene inoltre il libro, che ricorda il Vangelo. Anche la forma trilobata sul bordo superiore, dovuta ad archetti, è uno stilema tipicamente catalano-provenzale. Più tipicamente italiane sono invece le fattezze del santo, così come l'unificazione spaziale tra i pannelli, determinata da una medesima altezza del bordo del pavimento e dallo sconfinare delle ombre tra una tavola e l'altra. Non a caso nel museo fiorentino le due tavole si trovano esposte nella sala dei Fiamminghi, a confronto con le tavole degli artisti nordici della seconda metà del secolo, come Hans Memling. Voci correlate Polittico dei Dottori della Chiesa Collegamenti esterni Dipinti di Antonello da Messina Dipinti su san Giovanni Evangelista Dipinti negli Uffizi
La settima e ultima stagione della serie televisiva Mad Men è stata trasmessa in prima visione assoluta negli Stati Uniti da AMC dal 13 aprile 2014 al 17 maggio 2015, in due parti separate: la prima parte, The Beginning, è andata in onda fino al 25 maggio 2014; la seconda parte, The End of an Era, è stata trasmessa dal 5 aprile 2015. In Italia la stagione è stata interamente resa disponibile sul servizio di streaming on demand TIMvision, in due parti separate: la prima, composta dai primi 7 episodi, il 19 dicembre 2014, mentre la seconda, formata dai restanti, il 19 maggio 2015. In televisione è stata trasmessa in prima visione satellitare da Sky Atlantic, canale a pagamento della piattaforma Sky, dal 1º giugno al 13 luglio 2017; in chiaro è stata trasmessa da Rai 4 dal 30 giugno al 29 settembre 2017. Fusi orari Titolo originale: Time Zones Diretto da: Scott Hornbacher Scritto da: Matthew Weiner Trama È il gennaio del 1969 e dunque sono passati un paio di mesi dall'episodio 6x13. Lou Avery (l'uomo che Don incontra, insieme a Duck, in ascensore nel precedente episodio) sembra aver preso il posto di Don nell'agenzia. Ted torna dalla California e Peggy è visibilmente a disagio. Inoltre, Freddy le ha portato delle proposte per una compagnia di orologi che Peggy ritiene molto interessanti, meravigliandosi molto che tali idee siano venute a lui. Don vola a Los Angeles a trovare Megan e l'indomani si vede anche con Pete. I rapporti tra i Draper sembrano un po' tesi, ma alla fine Megan riesce a tranquillizzarsi. Roger va a fare colazione con sua figlia e lei gli dice che lo perdona; lo perdona per aver abbandonato la madre, per averla costretta a chiedergli dei soldi e per essere un nonno non molto presente per il piccolo Ellery. Sull'aereo del ritorno, Don incontra una donna che era andata a spargere le ceneri di suo marito morto per alcolismo a Disneyland. I due cominciano a parlare un po' di sé e la donna si addormenta sulla spalla di Don. Quando si sveglia stanno per atterrare e lei gli chiede di sua moglie; Don le dice che spesso si domanda se abbia rovinato tutto con Megan. La donna gli dice che ciò che è fatto è fatto e lo invita ad andare via con lei una volta atterrati, ma lui rifiuta. Lou Avery non tiene molto in considerazione il lavoro di Peggy e continua a bocciare tutte le sue proposte (anche quelle che le ha dato Freddy), allora lei decide di fare a modo suo. Alla fine dell'episodio si scopre che in realtà, Freddy è una copertura; Don è la mente dietro a tutto e lo manda di agenzia in agenzia a vendere le loro idee. Un giorno di lavoro Titolo originale: A Day's Work Diretto da: Scott Hornbacher Scritto da: Jonathan Igla e Matthew Weiner Trama Dawn va a casa di Don per portargli dei documenti e tenerlo aggiornato sul lavoro e su ciò che succede in agenzia. È il giorno di San Valentino: Peggy arriva al lavoro e vede sulla scrivania della sua segretaria un vaso pieno di rose rosse e immagina che siano per lei. Non ci sono biglietti, ma pensa subito che siano un regalo di Ted; chiede allora alla sua segretaria Shirley di mandare un messaggio a Ted, facendogli capire (con una frase criptata) che non erano stati ben accetti. Successivamente, decide che avere quei fiori davanti agli occhi la innervosisce e dunque li regala a Shirley. Dopo ancora, Peggy le chiede di gettarli, perché l'hanno innervosita troppo e non riesce a lavorare bene; a quel punto Shirley si trova costretta a confessare: le rose sono un regalo del suo fidanzato, ma non ha detto nulla per non offendere Peggy. Quest'ultima, infuriata, le inveisce contro. A Sally viene dato il permesso di allontanarsi dal campus per andare a New York in treno, per partecipare al funerale della madre della sua compagna di stanza. Parte insieme alle altre sue compagne di stanza e decidono di lasciare prima il funerale per andare a fare shopping. Risalite in treno, Sally si accorge di aver perso la borsetta. Scende dal treno e va in agenzia, pensando di trovare suo padre, ma vede che il suo ufficio ora è occupato da Lou; allora decidere di andare all'appartamento. Quando Don rientra, la trova sul divano; gli racconta della borsetta e gli chiede i soldi per il treno, ma Don si offre di riaccompagnarla al campus in macchina. Intanto, alla SC&P, Lou si lamenta con Joan perché non vuole dividere la segretaria con Don e ne vuole un'altra. Allora Joan fa uno scambio; Dawn andrà alla reception e Meredith sarà la segretaria di Lou. Bert, avendo visto lo spostamento, suggerisce (o meglio chiede) che alla reception non dovrebbe esserci una ragazza di colore, perché chi dovesse vederla da fuori potrebbe pensar male. Inoltre, Peggy le chiede un'altra segretaria dopo la disavventura con Shirley. Allora Joan fa un ulteriore cambiamento: Meredith tornerà alla reception e Shirley sarà la nuova segretaria di Lou Avery.In seguito a ciò, Cutler decide di promuoverla ad account (dato che ora anche lei ha un cliente, ovvero l'Avon) e la trasferisce in un ufficio al piano di sopra. Durante il viaggio, Sally ha un diverbio con suo padre e gli confessa quanto sia stato difficile per lei andare al suo appartamento, con la paura di poter incontrare in ogni istante Sylvia, con la quale lo aveva sorpreso a letto. Lungo il tragitto si fermano a cenare; inizialmente Sally tiene ancora il broncio a suo padre, ma a un certo punto Don decide di confidarsi con lei, sia riguardo al lavoro sia riguardo Megan, e lei confessa di essere andata al funerale solo per poter fare poi shopping. Arrivati al campus, Sally saluta Don e gli dice che gli vuole bene. Gita scolastica Titolo originale: Field Trip Diretto da: Christopher Manley Scritto da: Heather Jeng Bladt e Matthew Weiner Trama Aprile 1969. Alan, l'agente di Megan chiama Don perché è preoccupato; ha ricevuto alcuni rifiuti e ha pianto alla presenza di un produttore. Don allora prende subito un aereo e vola da lei. Megan è molto felice della sorpresa di suo marito; dopo aver fatto l'amore, però, lei capisce che lui si è precipitato da lei perché era preoccupato e non perché ne sentiva effettivamente la mancanza. Inoltre, gli domanda perché non lo trova mai in ufficio ed è sempre lui a richiamarla e perché sente sempre silenzio al telefono. Sospetta che Don abbia altre donne ma lui lo nega ed è costretto a dirle la verità; le confessa che è stato a casa perché gli hanno dato un congedo, ma che è stato bravo, non ha avuto altre donne e ha cominciato a bere di meno. Megan non riesce ad accettare che per quasi un anno lui le abbia mentito su una cosa del genere e lo caccia via, dicendogli che tra loro è finita. Tornato a New York, Don va a cena con il capo di un'altra agenzia che gli fa un'offerta. Al termine della serata, va da Roger e gli mostra l'offerta; vorrebbe sapere se accettarla o meno e allora Roger gli dice che se vuole tornare in agenzia può farlo, a partire dal lunedì successivo. Don telefona a Megan per scusarsi e per dirle che tornerà alla Sterling Cooper & Partners; inoltre, le chiede se vuole che lui torni a L.A. per il weekend ma lei rifiuta. Dopo un incontro con l'amica Francine, Betty si sente come se non fosse abbastanza presente con i figli. Tornata a casa, scopre che Bobby l'indomani deve partecipare a una gita e servono altri adulti che aiutino la maestra con i bambini. Betty si offre di andare con Bobby e la mattina seguente partono per la gita nella fattoria del padre dell'insegnante. La giornata si svolge in maniera perfetta, ma durante la pausa pranzo Betty litiga con il figlio. Tornata a casa, la sera, Betty dice a Henry di non sentirsi una buona madre. Il lunedì mattina Don si presenta in agenzia; tutti sono molto confusi nel vederlo, perché Roger non aveva detto a nessuno che gli aveva detto di presentarsi lì. Allora i soci si riuniscono nell'ufficio di Bert per decidere il da farsi: Joan, Jim e Bert vorrebbero licenziarlo definitivamente, ma Roger li fa riflettere sul fatto che Don sia un genio e il suo contributo è sempre stato importantissimo per l'agenzia. Inoltre, li convince che liberarsi di lui gli verrebbe a costare molto più che tenerlo perché, essendo Don un socio, dovrebbero anche rilevare la sua quota. Alla fine Don viene chiamato in sala riunioni e i soci gli comunicano che vorrebbero riaverlo al lavoro, ma solo ad alcune condizioni: non rimarrà mai da solo con i clienti, nel suo ufficio non ci saranno più alcolici e, infine, dovrà lavorare sotto Lou. Don accetta. Il monolito Titolo originale: The Monolith Diretto da: Scott Hornbacher Scritto da: Erin Levy Trama Don arriva in agenzia e nota che non c'è nessuno; sente una voce venire dal piano di sopra e decide di salire. Qui trova tutti gli impiegati e Jim che spiega che la stanza dei creativi dovrà essere svuotata per far posto a un computer. Mona e Brooks fanno visita a Roger in ufficio; Margareth è andata via di casa da 10 giorni per andare in una comune con degli hippie. Mona vorrebbe convincerlo a fare qualcosa per trovarla, ma Roger suggerisce che a farlo sia Brooks, per dimostrare di essere un vero uomo. Pete si è accaparrato la Burger Chef; Ted vorrebbe assegnarla a Peggy, ma Pete e i soci si ritrovano favorevoli nel pensare che Don sia la persona più adatta per questa campagna. Nonostante questa decisione, però, Lou affida la campagna a Peggy e le dice di scegliersi una squadra e di includervi Don. Peggy allora manda a chiamare Don e gli chiede di trovare degli slogan entro lunedì; Don rimane sconcertato dal suo declassamento, mentre Peggy si gode la possibilità di essere, per la prima volta, al di sopra di Don. Mona comunica a Roger che Brooks è stato arrestato, così partono insieme e arrivano alla comune. Margareth li accoglie e gli dice di essere felice, ora. Mona litiga con la figlia e va via con l'auto, mentre Roger rimane ancora con lei e i suoi amici hippie. Il lunedì Don non si presenta alla riunione con Peggy; Mathis va a chiamarlo ma lui dice che non può andare perché impegnato (in realtà sta giocando al solitario) e Peggy va su tutte le furie. Parlando con l'uomo che supervisiona l'installazione del computer, Don crede che possa essere un cliente perfetto per l'agenzia e va subito a dirlo a Bert. Questi boccia subito la sua proposta e gli dice che senza di lui erano stati benissimo e non avevano avuto alcun bisogno di lui. Dopo questa discussione, Don ruba una bottiglia di liquore dall'ufficio di Roger e si ubriaca. Non riesce quasi a stare in piedi e invita Freddy a una partita di baseball e, quando tornano a casa, crolla subito addormentato. La mattina dopo Freddy lo sveglia con del caffè e cerca di fargli capire che la seconda occasione che gli hanno dato al lavoro è troppo importante per lui, non deve sprecarla. Roger cerca di portare via Margareth con la forza, ma alla fine si arrende. Don va in ufficio e dice a Peggy che avrà i suoi slogan per l'ora di pranzo. Vie di fuga Titolo originale: The Runaways Diretto da: Christopher Manley Scritto da: David Iserson e Matthew Weiner Trama Stephanie, la nipote di Anna Draper, chiama Don per chiedergli aiuto: è incinta di circa 7 mesi ed ha bisogno di un po' di soldi. Allora Don, saputo che lei si trova a L.A., le dice di recarsi a casa di Megan, che la accoglierà sicuramente, mentre lui prenderà l'aereo per raggiungerle quella sera stessa. Megan la accoglie; nota subito la sua bellezza e si sente un po' a disagio quando Stephanie le dice di conoscere tutti i segreti di Dick. Per questo, quando la giovane parla del suo bisogno di soldi, Megan le firma subito un assegno da 1000 dollari e quasi la "invita" ad andar via. Don viene trattenuto in ufficio da Lou ed è costretto a partire la mattina seguente; arriva a L.A. e scopre con disappunto che Stephanie è andata via senza nemmeno averlo visto. Ad una cena, Betty e Henry hanno una discussione abbastanza accesa perché scoprono di avere idee divergenti sull'argomento della guerra in Vietnam: lei vorrebbe che il paese vincesse, mentre lui condivide il pensiero di Nixon di interrompere il conflitto. In agenzia, Michael Ginsberg comincia a dare segnali di squilibrio; non riesce a lavorare per il ronzio del computer e vede Lou e Cutler chiusi nella stanza della macchina. Decide allora di andare da Peggy: le dice di aver scoperto che l'obiettivo del computer è quello di far diventare tutti omosessuali, infatti secondo lui questo era già successo a Lou e Cutler, e le chiede di avere un rapporto sessuale e procreare, in modo da scongiurare il rischio di diventare a loro volta omosessuali. Peggy ne rimane sconvolta. A Los Angeles, la sera, Megan organizza una festa con i suoi amici attori; a questa festa si presenta anche Harry Crane, come accompagnatore di un'amica di Megan. Don è sorpreso di vederlo lì e i due decidono di lasciare la festa per poter parlare. Si siedono in un bar e Harry comincia a dirgli che dovrebbe andare a lavorare lì, perché Ted Chaough è totalmente inutile e non dà nessun apporto all'agenzia. Successivamente, gli confessa di aver scoperto che Lou e Cutler stanno cercando di accaparrarsi la Philip Morris per le sigarette "Commander", e che lo stanno facendo di nascosto perché fu Don a scrivere una lettera (poi pubblicata sul New York Times) contro i rischi del fumo. In agenzia, Michael Ginsberg tocca davvero il fondo: va nell'ufficio di Peggy e le porge una scatolina. La ragazza lo apre e, con sommo disgusto, vi trova dentro il capezzolo del collega. Disgustata e sconvolta, fa arrivare degli uomini che lo portano via legato su una barella, in pieno delirio psicotico. Don irrompe nella sala dove si sta tenendo l'incontro tra Lou, Cutler e la Philip Morris, con lo stupore di tutti, e riesce a convincere la compagnia. Prima di salire sul taxi per andare via, Jim Cutler lo accusa di pensare solo alla sua posizione all'interno dell'agenzia. Strategia Titolo originale: The Strategy Diretto da: Phil Abraham Scritto da: Semi Chellas Trama Bob Benson porta alla SC&P due uomini della Chevrolet. Quella notte, riceve la chiamata da uno dei due per farsi tirare fuori di prigione. Bob gli paga la cauzione e, mentre sono in taxi, l'uomo gli confida che in realtà la Chevrolet vuole abbandonare l'agenzia e vorrebbe portare con sé anche lo stesso Bob. Pete porta la sua fidanzata, Bonnie, in città, ma la lascia sola quasi tutto il tempo per andare a trovare la piccola Tammy. Peggy comincia a preparare la campagna per la Burger Chef e la sua idea sembra convincere tutti, anche Lou e Don. Alla fine della giornata, Peggy va da Don per avere un'opinione sincera sulla sua idea per la campagna; lui all'inizio loda il suo lavoro ma poi, sotto l'insistenza della donna, le dice che in realtà si potrebbe fare anche diversamente. Peggy si arrabbia un po' e rimane a pensarci fino al lunedì seguente. Nel weekend Megan vola a New York per stare con Don e i due sembrano davvero molto vicini; lui è sinceramente felice di averla in casa e lei propone un viaggio lontano dal lavoro per passare del tempo senza preoccupazioni. Pete e Bonnie litigano e lei torna in California senza di lui. Sullo stesso aereo c'è anche Megan, di ritorno a Los Angeles. La domenica, Bob si vede con Joan e, inaspettatamente, lui le chiede di sposarlo. Joan è confusa e lui le racconta della Chevrolet: la Chevy molla la SC&P e lo vuole a Detroit a lavorare per loro. Dunque lui vuole sposarla in modo da apparire come un normale uomo sposato (perché uno dei dirigenti della Chevy lo ha creduto omosessuale, e quasi certamente lo è davvero), e anche per darle stabilità e dare a suo figlio un padre. Ma Joan rifiuta, asserendo che lei è in cerca dell'amore e non scenderebbe mai a compromessi. Il lunedì Don va in ufficio e Peggy gli parla della campagna: ammette di aver avuto dei dubbi durante il weekend sulla sua strategia e insieme pensano a una nuova idea, che sembra perfetta per la Burger Chef. Peggy gli confida che i suoi dubbi forse erano dovuti al fatto che ha da poco compiuto 30 anni; Don la conforta e, sulle note di My Way, la invita a ballare stringendola poi in un abbraccio molto dolce e significativo. Infine, la compagnia viene a sapere della decisione della Chevrolet e Jim consiglia di rimettersi in gioco pubblicizzando il loro nuovo computer e annunciando l'entrata di Harry Crane tra i soci della SC&P. Roger e Joan non sono d'accordo e decidono di astenersi dalla votazione ma, per decisione della maggioranza, la mozione viene approvata. Waterloo Titolo originale: Waterloo Diretto da: Matthew Weiner Scritto da: Carly Wray e Matthew Weiner Trama 16 luglio 1969. L'Apollo 11 viene lanciato verso lo spazio. Ted Chaough fa fare un giro in aereo a quelli della Sunkist, ma li spaventa a morte quando all'improvviso spegne il motore; ora tutti credono che abbia tendenze suicide. Don arriva in ufficio e la segretaria gli porge una lettera; alcuni accordi del suo contratto non sono stati rispettati e potrebbe essere licenziato. Comincia a urlare e chiama tutti i soci fuori dai loro uffici. Richiede una votazione: gli unici a volere il suo licenziamento sono Jim Cutler e Joan, mentre gli altri formano la maggioranza e decidono di non licenziarlo. Don telefona a Megan e le confida le sue preoccupazioni per la possibilità di un licenziamento. Le dice, però, che questo potrebbe essere un bene perché lo porterebbe finalmente a trasferirsi a Los Angeles con lei. Il silenzio di Megan, però, fa capire a Don che la faccenda è molto chiara; lei non lo vuole a L.A. e vuole porre fine al loro matrimonio. Don, Pete, Peggy e Harry volano in Indiana per la presentazione della campagna della Burger Chef. 20 luglio 1969. L'Apollo 11 atterra sulla luna e tutti sono davanti alle tv per assistere all'evento. Poco dopo, Roger riceve una telefonata: Bert Cooper è morto sul suo divano, dopo aver assistito all'allunaggio. Roger telefona a Don in albergo per comunicargli la triste notizia e per dirgli anche che, con la morte di Bert e l'entrata di Harry tra i soci, la sua posizione nell'agenzia è più incerta di prima e potrebbe essere licenziato. Infine, gli chiede di fare del suo meglio alla presentazione del giorno dopo. Don va nella camera di Peggy e le dice che sarà lei a presentare l'idea alla Burger Chef l'indomani, ma non le dice della morte di Bert. La presentazione di Peggy va benissimo e i clienti rimangono molto colpiti. Roger ha un incontro in gran segreto con la McCann Erickson e riesce a trovare un accordo importante sia per l'agenzia sia per il futuro di Don: vogliono rilevare l'agenzia, comprando il 51% delle azioni. L'agenzia rimarrà comunque un organo indipendente e tutti potranno mantenere i loro lavori e i loro uffici e Roger sarà a capo di tutto, ma a una condizione: che ci siano Don e Ted e che lavorino insieme. I soci accettano. L'episodio si chiude con Don che ha una visione di Bert mentre balla e canta "The best things in life are free" con le segretarie che gli fanno da coro. Liquidazione Titolo originale: Severance Diretto da: Scott Hornbacher Scritto da: Matthew Weiner Trama Aprile 1970. Don e Megan stanno divorziando, e lui è tornato a essere il seduttore di un tempo. Durante un'uscita, Don vede in un locale una cameriera, ed è convinto di averla già vista prima. Mentre sta facendo delle selezioni con alcune modelle, Don ha una visione e vede Rachel Menken (una donna ebrea con cui aveva iniziato una relazione quando era ancora sposato con Betty), che ora ha preso il cognome Katz, che gli dice "Hai perso il volo". A casa Cosgrove, Cynthia discute con Ken e gli dice che dovrebbe lasciare il suo lavoro e fare ciò che ama davvero, ovvero riprendere a scrivere. L'indomani, Roger gli comunica che sarà licenziato perché McCann non vuole più lavorare con lui, a causa di vecchi disguidi. A causa del suo licenziamento, gli viene offerta una cospicua liquidazione. Joan e Peggy hanno un incontro alla McCann Erickson, durante il quale Joan viene spesso messa in imbarazzo per il suo aspetto e la sua procacità; al termine della riunione, le due donne discutono in ascensore. In seguito alla sua visione, Don decide di rimettersi in contatto con Rachel ma, sfortunatamente, viene a sapere che la donna è morta da una settimana. Mathis vorrebbe organizzare un incontro tra Peggy e suo cognato Stevie. La donna in un primo momento rifiuta, ma poi decide di accettare. Don torna dalla cameriera e i due hanno un rapporto sessuale sul retro del locale. Peggy e Stevie vanno a cena e, dopo l'attrito iniziale, capiscono di piacersi molto. Nell'euforia del momento, Peggy propone di volare a Parigi e vanno a casa sua in cerca del suo passaporto. Non lo trovano e i due cominciano a baciarsi, ma la donna rifiuta l'idea di andare oltre quei baci perché Stevie le piace e non vuole rovinare tutto. Decidono di rivedersi dopo un paio di settimane. Don va a casa di Rachel, dove si sta per tenere una shiva in suo ricordo. Qui incontra sua sorella che gli dice che Rachel era malata di leucemia. Ken va da Roger e Pete e gli comunica che non vuole la liquidazione e che, grazie a suo suocero, ora lavora per la Dow Chemical e dunque sarà un cliente dell'agenzia molto difficile da accontentare. Peggy dice a Stan che ciò che è successo all'appuntamento con Stevie è stata solo una conseguenza del troppo vino. Don torna da Diana, la cameriera, e i due parlano di ciò che si prova quando qualcuno che conosciamo muore. Nuovi affari Titolo originale: New Business Diretto da: Michael Uppendahl Scritto da: Tom Smuts e Matthew Weiner Trama Don accompagna Bobby e Geene a casa Francis; qui incontra Betty, che gli dice di voler riprendere a studiare per conseguire la specializzazione in psicologia. L'indomani riceve una telefonata da Megan, che lo avvisa che il mercoledì passerà a prendere le sue cose dall'appartamento. Quella sera, Don va in un ristorante per vedere Diana, che lavora lì; le lascia il suo numero e le chiede di avvisarlo quando avrà finito il suo turno. Quando lei gli telefona, lui sta dormendo, ma la invita comunque a venire nel suo appartamento. I due vanno a letto insieme e, la mattina seguente, Don la trova nella cameretta di Sally: a quel punto lei gli confida che aveva una figlia ma che 2 anni prima è morta a causa di un'influenza. In agenzia arriva Pima Ryan, un'artista e fotografa arrivata alla SC&P per collaborare in una pubblicità; prima seduce Stan, con il quale ha un rapporto sessuale, e poi tenta di sedurre anche Peggy ma senza risultati. La mattina seguente, Don e Diana sono a letto, ma devono lasciare in fretta l'appartamento perché presto arriverà Megan per prendere le sue cose. Megan arriva, insieme alla madre e alla sorella; vorrebbe prendere solo alcune cose che le appartenevano ma lascia a sua madre il compito e va a pranzo con Harry Crane, per cercare di trovare lavoro e di avere un nuovo agente. Sua madre, invece, non vuole lasciare nulla a Don, perché crede che abbia rovinato la loro famiglia, e fa caricare tutto ai traslocatori, ma questo le viene a costare molto più del previsto e lei non ha tutti questi soldi con sé. Cerca di contattare Don in ufficio, ma lui non c'è perché è fuori con Pete per una partita a golf, allora decide di chiamare Roger per farsi portare i soldi. L'uomo arriva e, una volta andati via i traslocatori, i due finiscono a letto insieme. Megan va a pranzo con Harry; spera di poter ricevere un aiuto per il lavoro, ma l'uomo le fa delle avances e la invita nella sua camera d'albergo. Megan rifiuta, offesa, e Harry le dice che probabilmente lavora così poco proprio perché non vuole accettare questo genere di proposte. La donna va via e, tornata all'appartamento di Don, scopre sua madre e Roger. Don e Megan si incontrano nello studio dell'avvocato; lei non vorrebbe neanche rivolgergli la parola e gli dice che gli ha rovinato la vita. Don si scusa e decide di firmarle un assegno da un milione di dollari. Megan lo accetta, gli restituisce l'anello di fidanzamento e va via. Diana invita Don a casa sua; quando arriva, lei sembra di pessimo umore. I due discutono e Diana gli fa un'altra confessione: lei aveva in realtà due figlie ma, dopo la morte di quella minore, ha abbandonato l'altra con il padre ed è andata via. Don prova a farle capire che riesce a comprenderla, ma lei interrompe la loro relazione, dicendo che stando con lui ha dimenticato per un po' la sua bambina morta e che non vuole che accada mai più. A queste parole, Don va via, e una volta a casa scopre l'appartamento completamente vuoto. Previsioni per il futuro Titolo originale: The Forecast Diretto da: Jennifer Getzinger Scritto da: Jonathan Igla e Matthew Weiner Trama Maggio 1970. Don ha messo in vendita il suo appartamento. Joan si trova a Los Angeles per qualche giorno. va nella sede californiana dell'agenzia e Lou (che ora si trova lì al posto di Ted) la lascia da sola in ufficio, dicendole che il loro primo appuntamento è alle 12:00. All'ora designata, un uomo arriva alla porta e Joan da per scontato che sia il cliente che dovevano incontrare; lo invita ad entrare ma, proprio in quel momento, arriva Lou insieme al vero cliente. Joan allora gli chiede chi sia, e lui le lascia il suo biglietto da visita, colpito dalla sua bellezza, e le dice di chiamarsi Richard. I due si vedono ancora durante il suo soggiorno a Los Angeles e, quando lei torna a New York, lui le fa sapere di essere anch'egli in città e si incontrano di nuovo; durante questo appuntamento, Joan gli dice di avere un bambino di 4 anni. Richard, inizialmente, decide di chiudere lì la loro frequentazione, perché si sente troppo vecchio per pensare a fare ancora il padre ma, successivamente, farà le sue scuse a Joan e le dirà di voler continuare. A casa Francis arriva Glenn Bishop; Betty quasi non lo riconosce, perché ormai ha 18 anni ed è diventato quasi un uomo. Il ragazzo annuncia che partirà per la guerra e, mentre Betty sembra orgogliosa della sua scelta, Sally la prende malissimo. Betty lo saluta ed il ragazzo va via. In un secondo momento, Glenn si presenta ancora a casa Francis, ma questa volta per vedere Betty. Prova a baciarla, ma lei rifiuta; allora lui le confida che non è contento di partire, ma se lei gli avesse dato quel bacio allora lui avrebbe avuto una cosa da poter ricordare per tutto il tempo in cui sarebbe stato lontano. Betty allora gli dice che sicuramente ce la farà e ritornerà. Sally deve partire per un viaggio tra gli stati e Don prima la porta a cena con le amiche e poi la accompagna al pullman per partire. Tornato a casa, la sua agente immobiliare lo avvisa che l'appartamento è finalmente venduto. Un test superato Titolo originale: Time & Life Diretto da: Jared Harris Scritto da: Erin Levy e Matthew Weiner Trama Giugno 1970. A Roger arriva un avviso di mancato pagamento dell'affitto dei locali dell'agenzia. Si rivolge a McCann e scopre che in realtà vogliono inglobarli e trasferire la SC&P nei loro uffici. A Don, allora, viene l'idea di creare una "Sterling Cooper Ovest", con sede in California, per mantenere la propria indipendenza e partire da pochi clienti sicuri. Trudy telefona a Pete per dirgli che Tammy non è stata accettata nella scuola in cui avevano fatto domanda e gli chiede di andare insieme a lei a parlare con il preside. Si recano all'incontro, ma il direttore sembra aver escluso la bambina per dei problemi avuti con la famiglia Campbell decenni prima. Pete si infuria e gli dà un pugno in faccia. Riaccompagna Trudy a casa e qui hanno una conversazione pacifica, in cui lei gli confessa la sua paura di rimanere sola, data ormai la sua età. Don e gli altri soci propongono la loro idea di una "Sterling Cooper Ovest", ma viene rifiutata perché McCann dice loro: "Avete vinto. Avete superato il test". L'idea della McCann Erickson non era quella di far scomparire la SC&P, bensì di affidarle incarichi davvero importanti come la Buick, la Ortho Pharmaceutical, la Nabisco e la Coca-Cola. I soci, sorpresi, accettano. In agenzia, per un provino, arrivano dei bambini e Peggy nello stare a contatto con loro si ricorda del bambino che ha dato via. Si confida con Stan e gli dice di non sapere dove lui sia adesso; non sapere, per lei, era l'unico modo per poter andare avanti con la sua vita. Dopo il lavoro i soci vanno in un pub a brindare e, rimasti soli, Roger confida a Don che si sta frequentando con Marie, la madre di Megan. Don decide di cercare Diana; va prima al suo appartamento, ma scopre che non abita più lì ed ora la casa è occupata da due omosessuali. L'episodio si chiude con i soci che annunciano agli impiegati che la SC&P sarà inglobata dalla McCann Erickson. Orizzonte perduto Titolo originale: Lost Horizon Diretto da: Phil Abraham Scritto da: Semi Chellas e Matthew Weiner Trama Tutti i dipendenti della SC&P si sono trasferiti nella sede della McCann Erickson tranne Peggy, il cui ufficio non è ancora pronto. Joan viene maltrattata dal suo nuovo collega Dennis. Si rivolge allora a Ferguson Donnelly ma ci rimane male quando intuisce che il suo unico interesse è spassarsela, piuttosto che aiutarla. Don parte per Racine, la città natale di Diana, per cercare sue notizie e durante il viaggio in macchina ha un'altra visione di Bert. Trova la vecchia casa di Diana; gli apre la porta una donna, che si rivela essere la nuova moglie del suo ex-marito. Don si finge un rappresentante che cerca Diana perché è risultata la vincitrice di un concorso e deve ritirare il premio. La donna gli dice di non essere Diana, ma lo invita ad entrare per aspettare suo marito, che forse potrà di gli qualcosa in più sulla donna che cerca. Peggy, per lavorare, torna momentaneamente nel vecchio edificio e qui incontra Roger; i due cominciano a bere ed a parlare e ben presto sono ubriachi. Joan va a parlare con McCann e gli chiede di non lavorare più con Dennis o con Ferg; McCann le dice che ora non ha più l'importanza che aveva nella SC&P. Joan allora gli dice che farà sapere a tutti cosa fanno gli uomini di quell'agenzia e l'uomo perde la pazienza, andando su tutte le furie; le dice di smetterla e fare il suo lavoro, oppure accettare la metà dei soldi che le spettano e lasciare l'agenzia. L'ex-marito di Diana arriva a casa, ma subito capisce che Don ha mentito; quest'ultimo allora inventa di essere della riscossione crediti, e di aver bisogno di sapere l'indirizzo di Diana. Lui gli dice che, per quanto ne sa, si trova a New York e Don va via. Prima di salire in macchina, l'uomo lo ferma e gli dice che non è stato il primo a chiedere di lei e che non deve più farsi vedere lì. L'ufficio di Peggy è finalmente pronto. Roger, invece, aspetta Joan; al suo arrivo, le consiglia di accettare la proposta di McCann e di andar via dall'agenzia. Don continua il suo viaggio in auto e l'episodio si chiude con lui che dà un passaggio a un autostoppista; insieme, si dirigono a Saint Paul, Minnesota. La strada dove scorre latte e miele Titolo originale: The Milk and Honey Route Diretto da: Matthew Weiner Scritto da: Carly Wray e Matthew Weiner Trama Don continua il suo viaggio attraverso il paese; in una telefonata a Sally, le fa sapere che al momento si trova in Kansas ed è diretto al Grand Canyon. Successivamente, a causa di un guasto alla macchina, si trova costretto a soggiornare a Alva (Oklahoma) per alcuni giorni. All'università, Betty ha un mancamento e cade dalle scale; in infermeria le dicono che si è rotta una costola, ma anche di aver trovato un tumore ai polmoni ormai molto esteso, e le chiedono di chiamare suo marito per farsi portare a casa. Duck Phillips va da Pete e gli chiede di incontrare il dirigente di una società di aerei privati. Pete alla fine accetta di incontrarlo e l'uomo rimane molto colpito dal suo modo di lavorare e vorrebbe che lavorasse per lui. In un primo momento Pete pensa di rifiutare, ma poi si rende conto che questa situazione potrebbe essere, per lui, una grande opportunità. Al motel, Don fa la conoscenza di un giovane ragazzo che si occupa della pulizia delle camere. Dopo aver saputo del suo servizio prestato in guerra, il proprietario del motel invita Don a un incontro tra veterani. Lui vorrebbe rifiutare, ma si trova costretto ad accettare di partecipare. Henry è molto preoccupato per Betty; i medici hanno detto che le rimane un anno, ma solo se accetta di sottoporsi a delle terapie. Lui vorrebbe che lei lottasse, ma Betty sembra rassegnata. Henry allora va al campus da Sally e le racconta la verità, sperando che almeno lei riesca a farle cambiare idea. All'incontro tra veterani è in corso una raccolta fondi e Don lascia 40 dollari. Mentre è seduto al tavolo, Don comincia ad essere molto nervoso perché gli presentano un uomo che aveva combattuto in Corea, proprio come lui. Don teme che l'uomo possa ricordarsi di lui e rendersi conto che è sotto falsa identità, ma per fortuna, parlandoci, scopre che lui è arrivato in Corea quando Don era ormai già tornato a casa. Alla fine della serata, quando ormai sono quasi tutti ubriachi, un veterano racconta una storia orribile sul suo periodo sotto le armi e, così, anche Don racconta un suo brutto ricordo. Sally torna a casa e, quando sua madre la vede, si arrabbia molto perché capisce che Henry le ha raccontato della sua malattia. Durante la notte, Betty decide di andare a parlarle per chiederle di aiutare Henry quando ce ne sarà bisogno e per lasciarle una lettera, che dovrà leggere solo quando lei non ci sarà più. Durante la notte, alcuni dei veterani irrompono nella camera di Don e lo accusano di aver rubato i soldi che avevano raccolto durante la serata, malmenandolo. Gli requisiscono le chiavi dell'auto e gli dicono che non potrà andare via finché non avrà restituito ciò che ha rubato. Contemporaneamente, Pete corre a casa di Trudy; le parla della sua nuova opportunità di lavoro e le propone di andare insieme a lui a Wichita, per ricominciare e provare a essere di nuovo una famiglia. Trudy accetta. La mattina seguente, il giovane fa visita a Don ma quest'ultimo lo aggredisce, perché ha capito che è stato lui a rubare i soldi. Lo convince a dargli i 500 dollari rubati e lo stesso Don li porta al proprietario del motel, che gli restituisce le chiavi dell'auto. Mentre sta per andare via, il ragazzo gli chiede di accompagnarlo alla fermata dell'autobus, deciso ad andare via di lì. Betty decide di continuare a vivere normalmente, ed esce per andare a lezione all'università. Sally non riesce a trattenersi e decide di leggere la lettera che le ha lasciato la madre: ci sono le precise istruzioni per la sua sepoltura e per gli abiti e l'acconciatura da indossare. Don arriva alla fermata dell'autobus ma, a sorpresa, decide di lasciare la sua macchina al ragazzo (quasi come a liberarsi di una delle ultime cose materiali rimaste in suo possesso), che va via. L'episodio si chiude con Don che aspetta un autobus alla fermata. Da persona a persona Titolo originale: Person to Person Diretto da: Matthew Weiner Scritto da: Matthew Weiner Trama Autunno 1970. Don si trova nello Utah e telefona a Sally. Lei vorrebbe tenerglielo nascosto, ma alla fine cede e gli dice del tumore di Betty. Molto preoccupato, Don telefona poi a Betty e le dice che quando lei non ci sarà più vorrebbe prendere i bambini con sé. Betty però ha già pensato a tutto e ha deciso che andranno a stare da suo fratello William e sua moglie, perché avranno bisogno di stabilità e di una figura femminile, entrambe cose che Don non può garantirgli. I due si salutano in un commiato allo stesso tempo triste e tenero. Un incontro con Ken Cosgrove fa venire a Joan l'idea di diventare produttrice e chiede a Peggy di unirsi a lei, anche perché è convinta che un doppio cognome la farebbe sembrare una cosa davvero seria. Don si reca a Los Angeles e va a trovare Stephanie, la nipote di Anna Draper; l'ultima volta che aveva avuto sue notizie era incinta e dunque le chiede notizie del bambino, ma lei gli dice di averlo lasciato al padre e ai suoi genitori. Stephanie deve partire per andare a un ritiro spirituale sulla costa e porta Don con sé. Sally torna a casa Francis e viene a sapere che il piccolo Bobby ha scoperto della malattia della madre ascoltando un litigio tra Betty e Henry. Allora gli insegna a cucinare per aiutarlo a essere più indipendente ora che la madre sta male. Roger va a trovare Joan e le confessa che sta per sposare Marie Calvet. Inoltre, le dice che, se per lei va bene, quando lui morirà lascerà al piccolo Kevin una parte della sua eredità. Don e Stephanie arrivano al ritiro e partecipano a una riunione. Durante un confronto tra gli ospiti, Stephanie si sente giudicata da un'altra donna per aver abbandonato il suo bambino e decide di scappare via. Don, rimasto senz'auto, è costretto a trattenersi ancora lì. Peggy e Stan hanno una discussione e lui lascia il suo ufficio. Joan, intanto, dice a Richard che ha intenzione di diventare produttrice, ma finiscono con il litigare; lui immaginava un futuro diverso per loro due e dunque, non riuscendo ad accettare la scelta di Joan, chiude la loro storia e va via. Don decide di telefonare a Peggy. Lei vorrebbe farlo tornare al lavoro, ma lui comincia a elencarle tutti i suoi sbagli e le dice di averla chiamata solo perché era partito senza salutarla e perché voleva sentire la sua voce. Peggy telefona subito nell'ufficio di Stan per raccontargli di aver ricevuto la chiamata di Don, ma presto la telefonata si sposta su altri argomenti e Stan le confessa di essere innamorato di lei. Peggy è incredula nel sentire tali parole ma, improvvisamente, si rende conto di essere a sua volta innamorata di Stan. L'uomo corre subito nell'ufficio di Peggy e la bacia. Al ritiro, Don partecipa a un altro seminario. Un uomo comincia a raccontare la sua storia: ha una famiglia e un lavoro, ma in nessuno dei due ambiti si sente davvero amato o apprezzato. Raccontando un sogno, confessa di sentirsi come un prodotto su uno scaffale del frigo, che aspetta sempre di essere scelto ma che, alla fine, non viene mai scelto. Don rimane molto colpito; abbraccia l'uomo ed entrambi iniziano a piangere. A questo punto, si arriva alle immagini finali. Joan comincia a lavorare come produttrice, dal suo soggiorno, chiamando la sua agenzia di produzione "Holloway-Harris" (i suoi due cognomi). Roger e Marie sono in luna di miele a Parigi e osservano una coppia di anziani, fantasticando di poter essere anche loro così un giorno. Peggy lavora nel suo ufficio e Stan la abbraccia. Don si trova ancora al ritiro e dà inizio a una seduta di yoga; all'improvviso, sul suo volto nasce un sorriso. L'episodio si conclude con il famosissimo spot I'd Like to Teach the World to Sing (uno degli spot più famosi della tv) della Coca-Cola, della McCann Erickson. Note
L'HK Soči (russo: Хоккейный клуб Сочи) è una squadra di hockey su ghiaccio con sede nella città russa di Soči. Nata nel 2014 la formazione milita nel massimo campionato nazionale, la Kontinental Hockey League. Storia Nell'aprile del 2014 la KHL ufficializzò l'arrivo di una nuova formazione nella Eastern Conference con sede nella città di Soči, già sede dei XXII Giochi olimpici invernali disputati nel febbraio dello stesso anno. Dopo alcune speculazioni sul nome della formazione, "Delfini" o "Leopardi", si decise di lasciare il nome del club immutato ma adottando comunque il leopardo come logo. Tale scelta fu fatta sulla scia proprio dei giochi olimpici che avevano portato alla costruzione di diversi impianti da gioco, incluse due piste da hockey su ghiaccio, una temporanea e l'altra permanente. Nell'estate del 2014 il Soči e il Lada Togliatti effettuarono un Expansion Draft apposito per selezionare alcuni giocatori dalle altre squadre della KHL. Il club disputa gli incontri casalinghi presso il Palazzo del ghiaccio Bol'šoj, impianto inaugurato nel 2012 capace di ospitare 12.000 spettatori. Note Collegamenti esterni
La provincia di Milano è stata una provincia italiana della Lombardia, a cui dal 2015 è subentrata la città metropolitana di Milano succedendo in tutti i rapporti attivi e passivi. Geografia fisica La provincia di Milano era situata nella Lombardia centro-occidentale, nel tratto di alta Pianura Padana compreso tra il fiume Ticino a Ovest e il fiume Adda a Est. Il territorio era attraversato, oltre che dall'Adda e dal Ticino, anche dall'Olona, dal Lambro, dal Seveso, dalla rete dei Navigli milanesi (Naviglio Grande, Naviglio Martesana, Naviglio Pavese) e da alcuni torrenti (Lura, Bozzente, Molgora, Arno). Nella sua configurazione territoriale degli anni dieci del XXI secolo, a nord confinava con la provincia di Varese e la provincia di Monza e Brianza, a est con la provincia di Bergamo, a sud est con la provincia di Cremona e la provincia di Lodi, a sud ovest con la provincia di Pavia, a ovest con la provincia di Novara (Piemonte), e inoltre comprendeva il comune di San Colombano al Lambro, un'exclave compreso tra le province di Lodi e Pavia. Storia La provincia di Milano tra Asburgo e Napoleone La provincia di Milano nacque nel 1786 dalla divisione della Lombardia austriaca in province. In età napoleonica, anno 1797, la provincia fu sostituita dal Dipartimento d'Olona. Nel 1816 fu ricreata come provincia del Regno Lombardo-Veneto, ma con l'esclusione del territorio di Pavia, organizzato in provincia autonoma. La provincia di Milano in Italia La provincia fu confermata dal decreto Rattazzi del 1859 a guerra d’indipendenza in corso, mentre i suoi organi amministrativi e istituzionali entrarono in vigore nel 1860 a seguito della ratifica del trattato di Zurigo - che sancì il definitivo passaggio della Lombardia al Regno di Sardegna - e delle elezioni amministrative tenutesi in gennaio. Il territorio del nuovo ente riprendeva quello dell'omonima istituzione del Lombardo-Veneto, a cui furono aggiunte Abbiategrasso e Magenta, già in provincia di Pavia, e gran parte della soppressa provincia di Lodi e Crema. L’inclusione del territorio lodigiano, che non aveva nessuna giustificazione storica, fu voluta da Cavour per moderare le tendenze politiche troppe progressiste della metropoli aggregandovi un’ampia campagna più cattolica e quindi conservatrice. Le prime elezioni provinciali furono indette il 2 gennaio 1860 e celebrate il 15 gennaio, applicando un sistema elettorale plurinominale o uninominale frazionato per mandamenti su base censuaria: il diritto di voto attivo fu riconosciuto solo all'un per cento della popolazione residente. I risultati furono proclamati il 25 gennaio in corrispondenza della nomina del primo Governatore (in tempi successivi divenuto Prefetto) nella persona del torinese Massimo d'Azeglio. Le elezioni videro un'affluenza pari a poco più di un terzo degli elettori aventi diritto di voto. In quel periodo la provincia di Milano si estendeva su 2.992,5 km² ed era suddivisa in cinque circondari, frazionati a loro volta in 39 mandamenti o 498 comuni. Nel 1927 vennero distaccati 37 comuni (fra cui Gallarate, Saronno e Sesto Calende), che passarono alla nuova provincia di Varese. Nel 1936 il comune di Cantonale venne soppresso e aggregato al comune di Chignolo Po, appartenente alla provincia di Pavia. Nel 1995 dal territorio della Provincia di Milano fu distaccata e creata la nuova provincia di Lodi, lasciando così 189 comuni nella Provincia. Nel 2009 è divenuta operativa anche la nuova provincia di Monza e della Brianza, alla quale aderiscono 55 comuni precedentemente inclusi nella provincia di Milano, un'area ad alta densità abitativa e superficie di circa 405 km²: essa comprende la città di Monza, parte del Monzese e i comuni dell'area geografica riconducibile alla bassa Brianza non comasca e non lecchese ovvero una parte della Brianza già Milanese (vedi Comuni della Brianza). Si possono considerare storicamente della bassa Brianza Milanese anche Comuni ancora in Provincia di Milano: Cinisello Balsamo, Cusano Milanino, Paderno Dugnano e Solaro; Basiano, Carugate, Cassano d'Adda, Grezzago, Pozzo d'Adda, Trezzano Rosa, Trezzo sull'Adda, Vaprio d'Adda. Nel 2010 la Provincia di Milano ha celebrato il suo 150º anniversario con una serie di iniziative ufficiali ed un sito istituzionale dedicato. Dal 1º gennaio 2015, in attuazione della legge del 7 aprile 2014 n. 56 recante "Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni", la Provincia di Milano ha cessato di esistere in favore della Città metropolitana di Milano. Comuni Dal 2009 al 2014 i comuni della provincia furono: Abbiategrasso, Albairate, Arconate, Arese, Arluno, Assago, Baranzate, Bareggio, Basiano, Basiglio, Bellinzago Lombardo, Bernate Ticino, Besate, Binasco, Boffalora sopra Ticino, Bollate, Bresso, Bubbiano, Buccinasco, Buscate, Bussero, Busto Garolfo, Calvignasco, Cambiago, Canegrate, Carpiano, Carugate, Casarile, Casorezzo, Cassano d'Adda, Cassina de' Pecchi, Cassinetta di Lugagnano, Castano Primo, Cernusco sul Naviglio, Cerro al Lambro, Cerro Maggiore, Cesano Boscone, Cesate, Cinisello Balsamo, Cisliano, Cologno Monzese, Colturano, Corbetta, Cormano, Cornaredo, Corsico, Cuggiono, Cusago, Cusano Milanino, Dairago, Dresano, Gaggiano, Garbagnate Milanese, Gessate, Gorgonzola, Grezzago, Gudo Visconti, Inveruno, Inzago, Lacchiarella, Lainate, Legnano, Liscate, Locate di Triulzi, Magenta, Magnago, Marcallo con Casone, Masate, Mediglia, Melegnano, Melzo, Mesero, Milano, Morimondo, Motta Visconti, Nerviano, Nosate, Novate Milanese, Noviglio, Opera, Ossona, Ozzero, Paderno Dugnano, Pantigliate, Parabiago, Paullo, Pero, Peschiera Borromeo, Pessano con Bornago, Pieve Emanuele, Pioltello, Pogliano Milanese, Pozzo d'Adda, Pozzuolo Martesana, Pregnana Milanese, Rescaldina, Rho, Robecchetto con Induno, Robecco sul Naviglio, Rodano, Rosate, Rozzano, San Colombano al Lambro, San Donato Milanese, San Giorgio su Legnano, San Giuliano Milanese, San Vittore Olona, San Zenone al Lambro, Santo Stefano Ticino, Sedriano, Segrate, Senago, Sesto San Giovanni, Settala, Settimo Milanese, Solaro, Trezzano Rosa, Trezzano sul Naviglio, Trezzo sull'Adda, Tribiano, Truccazzano, Turbigo, Vanzaghello, Vanzago, Vaprio d'Adda, Vermezzo, Vernate, Vignate, Villa Cortese, Vimodrone, Vittuone, Vizzolo Predabissi, Zelo Surrigone, Zibido San Giacomo. Società Religione Quasi tutto il territorio finale della provincia di Milano faceva parte dell'arcidiocesi di Milano (ad eccezione di 7 comuni al confine con la provincia di Lodi, appartenenti alla diocesi di Lodi). La provincia di Lodi, staccatasi nel 1995, afferiva invece all’omonima diocesi, a testimonianza della sua storia distinta. I territori brianzoli e quelli staccati nel 1927 erano invece integralmente ambrosiani, essendo invece legati al capoluogo fin dall’antichità. Economia La provincia di Milano si situava nell'area economica più importante d'Italia: con 338.011 imprese attive nel 2005 questa area concentrava il 42,3% delle imprese lombarde ed il 6,6% delle imprese italiane attive ed operanti. Questo elemento le consentiva di generare un alto livello di ricchezza: da sola concentrava il 10,3% del PIL nazionale ed annualmente produceva una ricchezza superiore ai 124 miliardi di Euro. A partire dagli anni settanta, come è successo per tutti i centri urbani europei, la produzione industriale pesante ha lasciato spazio al settore dei servizi e alle attività terziarie, soprattutto quelle più qualificate e a più alto valore aggiunto, sviluppatesi in stretta connessione con le imprese produttive dell'area. Nel corso degli anni 90, l'evoluzione tecnologica e la globalizzazione dell'economia hanno definitivamente modificato anche il suo tradizionale modello produttivo che portandolo su una fitta rete di imprese produttive di piccola e piccolissima dimensione, a cui si affianca un numero limitato di medio-grandi aziende. Natura Questo ente era proprietario e gestiva il Parco dell'Idroscalo di Milano. Amministrazione Note Altri progetti Collegamenti esterni Milano Milano Storia di Milano
Biografia Nacque a Pegli, in una casa che sorgeva sulla via Aurelia, successivamente demolita per la costruzione del lungomare. Nel 1838 entrò in seminario. Nel 1840, a Bobbio, entrò nella congregazione degli Oblati di Sant'Alfonso Maria de' Liguori, fondata, in quella stessa città, nel 1838 dal vescovo Antonio Maria Gianelli. La fase razionalista Il suddiacono venne accolto nella diocesi di Bobbio dal vescovo Antonio Maria Gianelli il quale lo riteneva persona dotata di ottime qualità. Venne ordinato sacerdote nel 1840, in tre feste consecutive, dallo stesso Gianelli il quale lo accolse tra i suoi Oblati, da poco fondati in Bobbio, nella sede del Santuario della Madonna dell'Aiuto. Il vescovo lo costituì poco dopo, sebbene giovanissimo, vicesuperiore. In tale posizione Bonavino indusse il vescovo ad irrigidire molto la regola che aveva loro data. Egli usava con i colleghi, tutti più maturi di lui, un rigore che essi reputarono intollerabile, tanto che molti ne rimasero disgustati e parecchi se ne andarono. Qualche suo compagno notò in lui uno spirito di superbia inoltre, in una disputa teologica, Bonavino mostrò una dottrina diametralmente opposta a quella di Sant'Alfonso Maria de' Liguori, tanto che il vescovo Gianelli dovette intervenire per richiamarlo, dicendogli: "se continuate in questa guisa, voi non potrete recare che gravi dispiaceri alla Chiesa e voglia Iddio che non diventiate apostata". Egli dapprima rispose positivamente al richiamo, ma poi nuovamente ritornò sulle sue posizioni. Aveva attinto dallo spirito giansenista, tenacemente combattuto dal Gianelli e non ancora assopito, sia leggendo opere spregiudicate sia discorrendo con qualche prete ancora seguace di quella dottrina. Il vescovo lo chiamò nuovamente a sé e gli chiese paternamente se fosse vero quanto gli veniva riferito, ed egli audacemente gli rispose di sì e disse che avrebbe persistito nel suo sentimento e che non vi era alcuna speranza che si potesse ricredere. Le sue parole furono: " ... no, neppure se mi trovassi innanzi alla bocca di un cannone e mi si minacciasse di darmi fuoco!". Allora il vescovo dovette cacciarlo dalla diocesi di Bobbio, dubitando della buona riuscita del nuovo Istituto. Subì, anche, l'influenza del positivismo francese e del criticismo tedesco. Poco dopo venne espulso dalla congregazione per le sue dottrine che si allontanavano dal probabilismo alfonsiano. A Genova aprì una scuola. Partecipò nelle lotte contro i gesuiti, collaborando alla redazione de Il gesuita moderno, e con due pubblicazioni: I Gesuiti e Autentiche prove contro i Gesuiti (1846). Visse in prima persona la rivoluzione del 1848, condividendo gli ideali risorgimentali, e stando in contatto, al punto di arrivare alle polemiche, con le figure più rappresentative di esso: Mazzini, Ferrari, Pisacane, Macchi, La Farina, Orsini e Crispi. Nel 1849 venne sospeso a divinis per la difesa degli "errori" del suo Corso di religione alle Figlie di S. Bernardo, e lasciò il ministero sacerdotale. Da questo anno (e fino al 1889) usò lo pseudonimo di Ausonio Franchi, cioè "italiano libero". Su consiglio del Gioberti, verso il quale era orientato politicamente, si dedicò agli studi filosofici. In questo periodo scrisse: La filosofia delle scuole italiane (1852) Appendice alla filosofia delle scuole italiane (1853): ove giustificò la propria apostasia La religione del secolo XIX (1853) Studi religiosi e filosofici: Del sentimento (1854) Il razionalismo del popolo (1856) Trasferitosi a Torino, divenne mazziniano. Nel 1854 fondò Ragione, un bimestrale di critica religiosa, politica e sociale. Nel 1859 si trasferì a Milano dove diresse La gente latina. Nel 1856 ottenne la cattedra di Storia della filosofia dell'Università di Pavia. Nel 1863 venne trasferito all'Accademia di Scienze e Lettere di Milano. Massone, fu membro della Loggia "Insubria" di Rito simbolico italiano, che con altre, di numero minore rispetto alle prevalenti di Rito scozzese antico e accettato, si strinsero intorno alla Loggia madre torinese "Ausonia" e si organizzarono all'obbedienza di un "Gran Consiglio Simbolico", sorto da un'assemblea tenuta a Milano il 1-5 luglio 1864. Fu inoltre membro onorario della Loggia "Azione e Fede", di Pisa. Il "Gran Consiglio Simbolico" ebbe sede prima a Torino e poi a Milano e con la presidenza di Ausonio Franchi, finché nel 1868 si unì al "Grande Oriente Italiano" con un atto firmato per il Gran Consiglio tra gli altri dallo stesso Ausonio Franchi, che fu strenuo e auterevole propugnatore della fusione nel nuovo Grande Oriente. In questo periodo scrisse: Letture della storia della filosofia moderna (1863) Lettere a N. Mameli su la teoria del giudizio (1871) Saggi di critica e polemica (1871-1872) Il ritorno al cattolicesimo Iniziò poi un periodo in cui rimise in discussione la propria attività filosofica. Ciò lo portò a scrivere L'ultima critica (1889-1893). Nei tre volumi che compongono l'opera, disse di voler essere la «confutazione di tutti i paralogismi, che mi avevano condotto al razionalismo, ed esposizione degli argomenti che mi hanno ricondotto prima alla filosofia tomistica e poi alla fede cristiana». Visse l'esperienza della conversione filosofica nel 1879 e quindi religiosa nel 1889; iniziò facendo visita al Santuario di Virgo Potens in Sestri Ponente, dove è collocata una lapide in ricordo dell'evento: L'ultima critica venne da lui annunciata nel 1889 all'arcivescovo Salvatore Magnasco. Manifestò, inoltre, l'intenzione di ritirarsi nel santuario di Rho per confessarsi e riconciliarsi con la Chiesa. Il libro fu terminato nel convento carmelitano di Sant'Anna, a Genova, dove si trasferì nel 1892. Aveva un buon rapporto con i frati, anche se conduceva vita molto ritirata. Dopo il ritorno alla fede egli confidò che, anche negli anni in cui sembrava più lontano dalla Chiesa cattolica e più imbevuto di positivismo, non aveva mai abbandonato la pratica quotidiana di recitare tre Ave Maria e non era mai venuto meno al celibato sacerdotale. Infine, nel 1893, tornò al ministero sacerdotale e riprese a celebrare la Messa. Targhe commemorative Sulla casa natale di Pegli era apposta questa lapide, trasferita dopo la demolizione nella piazzetta della Giuggiola (attuale Vico Condino), cuore del centro storico di Pegli: Cristoforo Bonavino nato in Pegli il 27 febbraio 1821 apostata col nome di Ausonio Franchi seppe ritrovare le vie del vero e dalla tenebra dell'errore assurgere all'eterno splendore del pensiero cristiano nel centenario della sua nascita i cittadini q.m.p. La lapide del cimitero di Pegli: Cristoforo di Giovan Battista Bonavino sacerdote filosofo tra i primi dell'età nostra aveva col pseudonimo di Ausonio Franchi professato il razionalismo più aperto ma nell'opera dell'ultima critica confutò gli errori suoi riparando splendidamente il dolore inflitto alla Chiesa di Gesù. Ritiratosi in Genova presso i Padri Carmelitani di S. Anna morì santamente a 75 anni il 12 settembre 1895 benedetto dal S. P. Leone XIII e in questa sua terra natale deposto per cura della famiglia che Dio ringrazia d'averlo richiamato alla luce del vero. Voci correlate Giansenismo Antonio Maria Gianelli Pegli Altri progetti Collegamenti esterni Cristoforo Bonavino "Ausonio Franchi" biografia nel sito "Pegli ieri e oggi" Simbolici famosi: Cristoforo poi Giuseppe Bonavino, detto Ausonio Franchi biografia dal punto di vista massonico nel sito "ritosimbolico.net". Filosofi cattolici Massoni Professori dell'Università degli Studi di Pavia
Nacque a Carskoe Selo, secondo figlio (e primo maschio) dello zarevič Aleksandr Nikolaevič, figlio maggiore dell'imperatore Nicola I di Russia, e della principessa Maria Massimiliana d'Assia-Darmstadt. Nel 1855 il nonno paterno morì ed il padre gli succedette al trono come zar Alessandro II. Fidanzamento Nicola venne fidanzato nell'estate del 1864 con la principessa Maria Sofia Federica Dagmar di Danimarca, seconda figlia del re Cristiano IX di Danimarca e della principessa Luisa d'Assia-Kassel e cognata di Alberto Edoardo, principe di Galles ed erede al trono britannico. Si ritiene che in letto di morte, Nicola espresse il desiderio che la sua fidanzata diventasse moglie del suo fratello più giovane e successore nel titolo di zarevič, Alessandro. Morte Fino a quando divenne chiaro che si stava ammalando, si pensava che Nicola avesse una costituzione resistente. Si pensava che avesse contratto una bronchite e quindi venne mandato nella Francia meridionale per curarsi; mentre vi si trovava la sua salute peggiorò e morì il 24 aprile 1865 a Nizza, nella regione della Provenza-Alpi-Costa Azzurra. Ascendenza Onorificenze Bibliografia Voci correlate Alessandro II di Russia Maria Massimiliana d'Assia-Darmstadt Dagmar di Danimarca Tubercolosi Altri progetti Cavalieri del Toson d'oro Nikolaj Aleksandrovič Romanov
La Delta Ethniki 2003-2004 è la 22ª edizione del campionato greco di calcio di quarto livello. Gruppo 1 Classifica Legenda:       Ammesso in Gamma Ethniki 2004-2005       Ammessa ai play-off       Retrocesse nei Campionati regionali 2004-2004 Gruppo 2 Classifica Legenda:       Ammesso in Gamma Ethniki 2004-2005       Ammessa ai play-off       Retrocesse nei Campionati regionali 2004-2005 Gruppo 3 Classifica Legenda:       Ammesso in Gamma Ethniki 2004-2005       Ammessa ai play-off       Retrocesse nei Campionati regionali 2004-2005 Gruppo 4 Classifica Legenda:       Ammesso in Gamma Ethniki 2004-2005       Ammessa ai play-off       Retrocesse nei Campionati regionali 2004-2005 Gruppo 5 Classifica Legenda:       Ammesso in Gamma Ethniki 2004-2005       Ammessa ai play-off       Retrocesse nei Campionati regionali 2004-2005 Gruppo 6 Classifica Legenda:       Ammesso in Gamma Ethniki 2004-2005       Ammessa ai play-off       Retrocesse nei Campionati regionali 2004-2005 Gruppo 7 Classifica Legenda:       Ammesso in Gamma Ethniki 2004-2005       Ammessa ai play-off       Retrocesse nei Campionati regionali 2004-2005 Gruppo 8 Classifica Legenda:       Ammesso in Gamma Ethniki 2004-2005       Ammessa ai play-off       Retrocesse nei Campionati regionali 2004-2005 Gruppo 9 Classifica Legenda:       Ammesso in Gamma Ethniki 2004-2005       Ammessa ai play-off       Retrocesse nei Campionati regionali 2004-2005 Gruppo 10 Classifica Legenda:       Ammesso in Gamma Ethniki 2004-2005       Ammessa ai play-off       Retrocesse nei Campionati regionali 2004-2005 Play-off       Ammesso in Gamma Ethniki 2004-2005 Note Campionato greco di calcio Calcio nel 2003 Calcio nel 2004
Lo è stato un cacciatorpediniere della Marina imperiale giapponese, quindicesima unità della classe Matsu. Fu varato nel settembre 1944 dal cantiere navale di Maizuru. Appartenente alla 53ª Divisione, riuscì a completare solo un paio di viaggi in funzione di sentinella per convogli diretti a Shanghai e poi a Moji. Danneggiato da una mina nel teatro di guerra cinese, riuscì a tornare in Giappone per le riparazioni; fu però raggiunto da bombe o siluri nel corso delle incursioni aeree su Kure e questa volta fu lasciato da parte. In condizioni precarie, fu infine demolito nel 1948. Caratteristiche Lo Tsubaki presentava una lunghezza fuori tutto di 100 metri, una larghezza massima di 9,35 metri e un pescaggio di 3,30 metri; il dislocamento a pieno carico ammontava a tonnellate. L'apparato motore era formato da due caldaie Kampon, due turbine a ingranaggi a vapore Kampon, due alberi motore con elica: erano erogati  shp, sufficienti per una velocità massima di 27,75 nodi (52,73 km/h); l'autonomia massima era di miglia nautiche a 16 nodi ( chilometri a 30,4 km/h). L'armamento era articolato su tre cannoni Type 89 da 127 mm L/40 in due affusti pressoché scoperti; quattro tubi lanciasiluri da 610 mm raggruppati in un impianto Type 92 e senza ricarica; venticinque cannoni automatici Type 96 da 25 mm L/60 e due lanciatori Type 94 per bombe di profondità (60 a bordo). Infine erano stati forniti un sonar Type 93, un radar Type 22 e uno Type 13. All'entrata in servizio l'equipaggio era formato da 210 uomini. Servizio operativo Il cacciatorpediniere Tsubaki fu ordinato nell'anno fiscale edito dal governo giapponese nel 1944. La sua chiglia fu impostata nel cantiere navale dell'arsenale di Maizuru il 20 giugno 1944 e il varo avvenne il 30 settembre seguente; fu completato il 30 novembre e il comando fu affidato al capitano di corvetta Ichirō Tanaka. Fu immediatamente assegnato all'11ª Squadriglia cacciatorpediniere, dipendente dalla Flotta Combinata e demandata all'addestramento delle nuove unità in tempo di guerra. Conclusi la messa a punto e la preparazione, il 15 febbraio 1945 lo Tsubaki salpò da Moji con il resto della scorta a un convoglio diretto a Shanghai, dove furono sbarcati rinforzi ed equipaggiamenti e dove rimase per circa un mese, assegnato a compiti di pattugliamento e vigilanza al traffico navale in entrata e uscita. Il 15 marzo giunse la notizia che il cacciatorpediniere era stato ufficialmente assegnato all'appena attivata 53ª Divisione, sempre sottoposta all'11ª Squadriglia, che venne a comprendere il , il , il , il e lo . Il reparto non operò in maniera organica e, infatti, lo Tsubaki continuò a espletare mansioni di scorta nella zona della città cinese; transitò alle dipendenze della depauperata 2ª Flotta il 1º aprile 1945 ma, dopo le gravi perdite patite nell'estrema operazione Ten-Go, essa fu disattivata e la 53ª Divisione, con il resto dell'11ª Squadriglia, tornò alla Flotta Combinata. Dieci giorni più tardi lo Tsubaki rimase seriamente danneggiato da una mina lungo il Fiume Azzurro e dovette trascinarsi a Shanghai, dove fu riparato alla meglio; salpò quindi il 30 maggio al seguito di un convoglio che rientrava a Moji: in Giappone fu rimesso in efficienza e quindi assegnato al Mare interno di Seto con il resto della classe d'appartenenza, bacino nel quale furono confinate le sue operazioni per il resto della seconda guerra mondiale, oltretutto intralciate dalla scarsità di carburante. Il 15 luglio la 53ª Divisione fu sciolta. Il 24 luglio la United States Third Fleet dette avvio a quattro giorni di importanti attacchi aeronavali su Kure e altre basi nipponiche lungo le coste del Mare interno; lo Tsubaki, che si trovava in navigazione, fu centrato all'altezza di Okayama da un ordigno e le macchine si spensero, costringendo i giapponesi a trainarlo a Kure. Qui il capitano Tanaka, rimasto ferito, dovette essere rimpiazzato dal tenente di vascello Toshiharu Honda, già comandante dei cacciatorpediniere Nara e parimenti avariati e fermi in arsenale. In ogni caso, lo Tsubaki non fu mai raddobbato e fu consegnato in quello stato alle autorità d'occupazione statunitensi, alla fine di agosto. Il 30 novembre fu depennato dalla lista del naviglio in servizio con la Marina imperiale e, viste le sue condizioni, non fu assegnato a nessuna delle potenze vincitrici del conflitto; il 28 luglio 1948 fu infine avviato alle demolizione presso le strutture di Kure. Note Bibliografia Voci correlate Opytnyj HMS Havant Impetuoso (torpediniera) Altri progetti Collegamenti esterni Cacciatorpediniere della Marina imperiale giapponese Naviglio militare della seconda guerra mondiale
Le Suore Francescane dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria (in ceco Sestry Neposkvrněného Početí Panny Marie III. řádu sv. Františka z Assisi) sono un istituto religioso femminile di diritto pontificio. Storia La congregazione sorse nel 1856 a opera del vescovo ausiliare di Olomouc, Rudolf von Thysebaert, mediante la fusione di due più antiche comunità: quella di Moravská Třebová, fondata nel 1846 da Romana Marschner, e quella di Přerov, fondata da Markéta Bezlojová e Giacinta Březinová. L'istituto ricevette il pontificio decreto di lode il 14 luglio 1915 e il 12 luglio 1916 la congregazione fu aggregata all'ordine dei frati minori. Attività e diffusione Le suore si dedicano all'apostolato educativo e sociale presso la gioventù femminile, specialmente dei ceti più umili. Oltre che in Repubblica Ceca, le suore sono presenti in Estonia, Germania e Slovacchia; la sede generalizia è a Olomouc. Alla fine del 2015 l'istituto contava 25 religiose in 7 case. Note Bibliografia Annuario Pontificio per l'anno 2017, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2017. ISBN 978-88-209-9975-9. Guerrino Pelliccia e Giancarlo Rocca (curr.), Dizionario degli Istituti di Perfezione (DIP), 10 voll., Edizioni paoline, Milano 1974-2003. Collegamenti esterni Francescane, Suore, Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria (Olomouc)
Braga () è un comune portoghese di abitanti situato nel distretto di Braga. Dopo Porto è la seconda città per importanza del nord (preceduta per numero di abitanti da Vila Nova de Gaia e dalla stessa Porto), notevole centro economico agricolo e industriale. Antica primaziale del Portogallo, è detta la "Roma portoghese", ed è anche sede universitaria. Nel 2012 Braga è stata Capitale europea dei giovani. Geografia fisica Storia Importante insediamento romano, nel I secolo a.C. era il principale centro della Gallaecia con il nome di Bracara Augusta, nel V secolo d.C. diventò capitale del regno di Galizia e fu la prima sede vescovile di tutta la penisola iberica. Nell'VIII secolo fu occupata dagli Arabi e fu riconquistata nel 1040. Divenne poi sede primaria del regno di Castiglia fino all'indipendenza del Portogallo dagli Spagnoli e fu governata dagli arcivescovi fino alla fine del XVIII secolo. Successivamente la storia di Braga fu quella del Portogallo senza alcun protagonismo particolare. Monumenti e luoghi d'interesse Architetture religiose Cattedrale di Braga: fondata da Enrico di Borgogna, è primaziale delle Spagne. Costruita in forme romaniche nell'XI secolo, ha subito diverse modificazioni successive sicché oggi conserva poche tracce dell'edificio originario. Santuario del Bom Jesus do Monte: si trova su un colle da cui si accede con una spettacolare gradinata adornata di fontane e statue allegoriche. È in stile barocco. Santuario della Madonna di Sameiro. Igreja de São Marco. Igreja de Santa Cruz. Palazzo episcopale di Braga Capela da Glória: del 1330 con pareti affrescate, soffitto a cassettoni e il sarcofago scolpito dell'arcivescovo Gonçalo Pereira con statua giacente e bassorilievi. Capela de São Gerardo: dedicata a San Gerardo, primo vescovo di Braga. Capela de Nossa Senhora da Conceição: è una cappella annessa alla Chiesa di São João de Souto a forma di torre in stile gotico risalente al 1525. Igreja do Pópulo: è una chiesa che faceva parte di un complesso conventuale oggi occupato dal Comune. Eretta alla fine del Cinquecento è stata rimaneggiata in forme barocche. Cappella di São Frutuoso de Montélios: si trova su un'altura su cui c'era un antico monastero. Di fianco c'è una piccola chiesa romano-bizantina del VII secolo, una delle poche testimonianze dell'architettura dei Visigoti. Monastero benedettino: ricostruito nei secoli XVII-XVIII. Seminário de São Tiago: grande edificio del XVIII secolo. Architetture civili Municipio di Braga Palazzo Raio: del XVIII secolo. Casa dei Setacci: del XVIII secolo. Arco da Porta Nova Architetture militari Torre di Menagém. Siti archeologici Zona Arqueológica: comprende gli scavi dell'antica città romana. Società Evoluzione demografica Cultura Musei Museu de Arte Sacra: che fra tanti oggetti di arte sacra contiene anche il Tesoro della cattedrale ricco di oggetti preziosi. Museu dos Biscainhos: è in un palazzo del Settecento ed è dedicato alle arti decorative. Il giardino è in stile barocco. Museu Pio XII Museu Medina Gli ultimi due musei sono ospitati nel Seminário de São Tiago. Teatro Theatro Circo: un teatro del 1915. Eventi Settimana Santa: particolarmente sentita, con fastose cerimonie e processioni. Festa di San Giovanni: dal 23 al 25 giugno. Queste feste sono fra le più note del Portogallo e attirano anche le popolazioni limitrofe. Geografia antropica Suddivisioni amministrative Dal 2013 il concelho (o município, nel senso di circoscrizione territoriale-amministrativa) di Braga è suddiviso in 36 freguesias principali (letteralmente, parrocchie). Freguesias Arentim: Arentim, Cunha Braga (Maximinos): Braga (Maximinos), Braga (Sé), Braga (Cividade) Braga (São José de São Lázaro): Braga (São José de São Lázaro), Braga (São João do Souto) Cabreiros: Cabreiros, São Julião dos Passos Celeirós: Celeirós, Aveleda, Vimieiro Crespos: Crespos, Pousada, Escudeiros: Escudeiros, Penso (Santo Estêvão), Penso (São Vicente) Este (São Pedro): Este (São Pedro), Este (São Mamede) Ferreiros: Ferreiros, Gondizalves Guisande: Guisande, Oliveira (São Pedro) Lomar: Lomar, Arcos Merelim (São Paio): Merelim (São Paio), Panóias, Parada de Tibães Merelim (São Pedro): Merelim (São Pedro), Frossos Morreira: Morreira, Trandeiras Nogueira: Nogueira, Fraião, Lamaçães Nogueiró: Nogueiró, Tenões Real: Real, Dume, Semelhe Santa Lucrécia de Algeriz: Santa Lucrécia de Algeriz, Navarra Vilaça Vilaça, Fradelos Adaúfe Braga (São Vicente) Braga (São Vítor) Espinho Esporões Gualtar Lamas Mire de Tibães Padim da Graça Palmeira Pedralva Priscos Ruilhe Sequeira Sobreposta Tadim Tebosa Relazioni internazionali Gemellaggi Sport Calcio La squadra calcistica della città è lo Sporting Clube de Braga che gioca all'Estádio Municipal de Braga. L'impianto ha ospitato due partite degli Europei 2004. Note Voci correlate Funicolare di Bom Jesus Rito di Braga Colégio Dom Diogo de Sousa Altri progetti Collegamenti esterni Capitale europea dei giovani
La Pro A francese di pallavolo femminile 1999-2000 si è svolta dal 2 ottobre 1999 al 20 maggio 2000: al torneo hanno partecipato 10 squadre di club francesi e la vittoria finale è andata per la quinta volta, la terza consecutiva, al Racing Club de Cannes. Regolamento La prima fase è il girone all'italiana con 18 sfide, 9 all'andata e 9 al ritorno. Al termine della regular season le prime sei classificate parteciperanno ai play-off scudetto. Le classificate dal settimo al decimo posto disputeranno una fase play-out, al termine della quale la peggior classificata giocherà due partite contro la terza classifica della serie cadetta per evitare la retrocessione. Squadre partecipanti Torneo Regular season Classifica Play-off scudetto Risultati Play-out Risultati Classifica Spareggio Verdetti Campione di Francia 1999-00 e qualificata alla Champions League 2000-01 qualificata alla Top Teams Cup 2000-01. e qualificate alla Coppa CEV 2000-01. , , e retrocesse in Nationale 1 2000-01 Collegamenti esterni Pallavolo nel 1999 Pallavolo nel 2000 1999-2000
Il Giordano (AFI: ; in ebraico: נהר הירדן: Nehar haYarden, ) è un fiume dell'Asia occidentale che bagna Israele, Libano, Cisgiordania, Siria e Giordania. Per i Cristiani è un fiume molto importante poiché vi fu battezzato Gesù, mentre per gli Ebrei è dove il successore di Mosè, cioè Giosuè portò il popolo ebraico nella Terra Promessa. Viene spesso menzionato nell'Antico e nel Nuovo Testamento ed è per questo meta di numerosi pellegrinaggi. Percorso Il Giordano nasce dal Monte Hermon (2700 m) in Israele al confine con Libano e Siria, è lungo 320 km e subito dopo la sorgente abbandona il Libano per scorrere verso meridione e segnare il confine tra Israele e Cisgiordania, a ovest, e Siria e Giordania, a est. Nasce dalla congiunzione dei fiumi Hasbani, Banyas e Dan. Raggiunge il lago di Tiberiade (o di Genezareth, biblico Mare di Galilea) e sfocia nel Mar Morto, a 397 m circa sotto il livello del mare, percorrendo la vallata del Gohr, scorrendo in una fossa tettonica collegabile al sistema di fosse dell'Africa orientale. Affluenti Il Giordano riceve diversi affluenti che tuttavia non gli apportano un costante tributo di acque nel corso dell'anno: sono infatti quasi tutti asciutti in estate poiché attraversano una regione caratterizzata da un clima tendenzialmente arido. Sono da considerarsi pertanto quasi tutti fiumi periodici oppure uadi. Il fiume Yarmuk è il suo più importante tributario. Portata d'acqua La sua portata d'acqua è molto diminuita in questi anni, a causa dello sfruttamento delle acque (sue e dello Yarmuk). Mediamente porta alla foce nel Mar Morto meno di 30 metri cubi al secondo, con piene che, tuttavia, possono superare i 300 metri cubi al secondo. Questa drastica diminuzione ha già cominciato ad avere gravi conseguenze sul Mar Morto, per cui da parecchi anni ormai si parla di un collegamento con il Mar Rosso, che potrebbe portare un cospicuo contributo alla produzione di energia elettrica per Israele e Giordania. Significato religioso Ancora oggi l'acqua del fiume Giordano è utilizzata per il battesimo dei futuri sovrani del Regno Unito e dei nobili in genere, come nel caso di Aimone di Savoia-Aosta, battezzato nel 1967, e della principessa Charlotte, secondogenita dei reali del Regno Unito William e Kate, nipote di Carlo e Diana, battezzata nel 2015. Secondo la Chiesa ortodossa, nel giorno della Teofania avverrebbe un miracolo – solo in presenza del patriarca ortodosso di Gerusalemme – che modificherebbe temporaneamente il corso delle acque del fiume. Note Altri progetti Collegamenti esterni Fiumi del Libano Fiumi della Giordania Fiumi della Siria Fiumi di Israele Fiumi tributari del Mar Morto Luoghi dell'Antico Testamento Luoghi di spiritualità Luoghi evangelici Relazioni bilaterali tra Israele e Siria Relazioni bilaterali tra Giordania e Israele
Biografia Fin da piccolissimo Domenico è abituato a lavorare. Passa infatti le sue giornate aiutando nella sartoria del padre e a sei anni cuce i suoi primi pantaloni. La famiglia capisce subito il suo grande talento e lo sprona affidandogli la scelta delle stoffe e piccole mansioni. Nel frattempo Domenico Dolce studia al collegio di Palermo e poi al liceo scientifico. Inizialmente sognava di fare l'architetto, ma nel 1978 si imbatte in alcune riviste del padre che lo fanno innamorare della moda, quindi si iscrive alla Scuola per Stilisti di Milano. Frequenta l'Istituto Marangoni di Milano. Nel 1981 avvia il suo sodalizio professionale con l'allora compagno di vita Stefano Gabbana, con il quale nel 1984 apre uno studio di consulenza artistica. L'anno successivo Dolce e Gabbana presentano la loro prima collezione moda a Milano. Il successo ottenuto dai due stilisti rende il marchio uno dei più celebri nel campo della moda, al punto che nel 2004 vengono nominati nell'ambito degli Elle Style Award come migliori designer internazionali. Benché continuino a lavorare insieme, nel 2004 la relazione sentimentale fra i due stilisti è terminata. Al marzo 2013 per la rivista Forbes è il 15° uomo più ricco d'Italia (2 mld di dollari) e il 735° uomo più ricco del mondo. Nel 1995 Domenico, insieme al collega Stefano Gabbana, è nel cast di "L'uomo delle Stelle" di Giuseppe Tornatore. Alla coppia viene affidato un cameo. Nel 2020 è sempre Tornatore a dedicare un film - documentario ai due stilisti: Devotion. La prima in esclusiva mondiale si è svolta nell'anfiteatro romano di Agrigento e in contemporanea nelle piazze Siciliane. Amore per la Sicilia Domenico Dolce si è sempre dichiarato innamorato della sua terra e ci torna spesso. Sono infatti innumerevoli le ispirazioni siciliane nelle collezioni di Dolce&Gabbana. Amore che traspare anche da nuove partnership commerciali tra la maison di moda e brand tipici del territorio siculo. Nel 2020 D&G collabora con la casa vinicola siciliana Donnafugata per creare il rosè Rosa. Sulla stessa scia la collaborazione con il Maestro pasticciere Nicola Fiasconaro ed i suoi partner per il panettone. O ancora con il pastificio Di Martino per la pasta e la tipica salsa al pomodoro. Note Altri progetti Collegamenti esterni Persone che hanno fatto coming out Dolce & Gabbana
Mwei Gisabo è il primo umwami di cui non si posseggono solo testimonianze orali, come i suoi predecessori, ma anche scritte e fotografiche. Bijoga (o Bijoka o Gisonga), conosciuto anche col nome di guerra di Bikata, figlio di Ntare Rugamba e della mwamikazi Vyano, nasce a Mugera verso il 1840. Alla morte del padre verso il 1850 sale "sul tamburo", probabilmente dodicenne, prendendo il nome di Mwezi Gisabo. Il suo regno sarà molto lungo e rappresenterà l'apogeo del Burundi precoloniale. Come tutti i Mwezi dovrà occuparsi dell'assestamento interno del regno, venendo dopo un Ntare che si è preoccupato dell'espansione territoriale del paese conquistando nuove terre. Il suo regno sarà anche molto difficile, insidiato da difficoltà interne ed esterne: conflitti familiari e tentativi di secessione, catastrofi naturali ed invasioni straniere. Mwezi sarà comunque considerato l'ultimo e forse il più grande umwami del Burundi. Il potere dei suoi successori verrà progressivamente svuotato dall'invadenza dei colonizzatori europei fino a ridursi a pura rappresentatività. I primi anni del regno Essendo ancora giovane, il regno di Mwezi Gisabo inizia con una reggenza. Tutori del giovane sovrano sono il fratello maggiore Ndivyariye e Semukata, notabile di corte del clan dei Babibe. Subito dopo la cerimonia, svoltasi secondo la tradizione, giunge la prima difficoltà. Ntare Rugamba prima che nascesse Mwezi, aveva designato come suo successore il figlio Twarereye. Questa scelta aveva creato parecchie gelosie, soprattutto nella regina Nziramibango che pretendeva il regno a nome di un suo figlio. Questa, per sottrarre il trono a Twarereye riesce con uno stratagemma a dare una nuova moglie, Vyano, e un nuovo figlio, Bijoga, al consorte quando oramai era già anziano. Proprio su quest'ultimo nato cadrà la nuova scelta della successione. Il fratello Twarereye considera Mwezi un usurpatore, rifiuta di riconoscere la sua autorità e pretende per sé il titolo. Arriva persino ad impossessarsi con la forza di parecchie capitali reali. Però tutti i fratelli intervengono a difesa del nuovo re insieme ai familiari della madre e della regina Nziramibango del clan dei Benengwe: Ndivyariye fugge portando in salvo il giovane Mwezi, mentre Rwasha e Birori intervengono militarmente e sbaragliano gli insorgenti. Twarereye stesso muore insieme ai suoi figli. Uno di essi, Rubamba, riuscirà a fuggire a Mutaho e a proclamarsi re prima di subire la stessa sorte dei familiari. L'uomo forte di questi anni è Ndivyariye. Fratello primogenito del re e suo tutore, responsabile della festa del Muganuro, aveva grande considerazione in corte. Aveva due mogli e numerosi figli. Amministrava due vasti territori, uno al sud nel Bututsi, l'altro nel Bweru, che li aveva posti sotto il controllo diretto dei propri figli. Giunto alla maggiore età, Mwezi si preoccupò dell'eccessivo potere del fratello e, con la complicità di Rwasha e Birori, interviene per ridurne l'influenza. Non sono ben chiari i risvolti della vicenda, di Ndivyariye non si sente più parlare e da questi fatti nascerà un conflitto tra Mwezi ed i figli di Ndivyariye che si protrarrà fino agli anni '50 del XX secolo. In quegli anni morì anche il potente fratello Rwasha. Mwezi Gisabo a partire dal 1870 circa aveva pienamente il controllo del regno. Le rivolte interne Calamità naturali A partire dall'eclisse totale di sole del 22 dicembre 1889, come riferiscono le tradizioni orali, il Burundi vede un susseguirsi di aggressioni naturali, soprattutto climatici ed epidemici. Le cause di queste calamità vennero identificate dalla credenza locale negli stranieri che in quegli anni cominciavano a "scoprire" il Burundi. 1882: Epidemia di vaiolo, segnalata anche da Oscar Baumann. Viene chiamata in kirundi igututa. Si diffuse con particolare aggressività e con un alto tasso di mortalità. 1889: la grande siccità, chiamata uruzuba (grande sole). 1891: Epidemia di peste bovina, chiamata umuryamo, proveniente dalla Somalia. Le due epidemie vengono associate con il termine ikiza, il flagello. 1892: Invasione delle pulci penetranti (sarcopsylla penetrans), chiamate imvunja, provenienti dal Congo, e lì introdotte dal Sudamerica. 1883: Invasioni delle locuste, dette nzige in swahili, che compromisero per diversi anni i raccolti. Tutte queste disgrazie, tra loro interagenti, provocarono un grave periodo di fame, detta amapfa, che decimò (guhonoza) la popolazione abbassando la crescita demografica. Tra il 1880 ed il 1920 la diminuzione della popolazione totale venne stimata dai coloni tedeschi dal 20 al 40%. Le intrusioni straniere I waswahili: una terra da depredare Spinti dalla ricerca dell'avorio, commercianti swahili arrivano a toccare la costa orientale del lago Tanganica fin dal 1820. Questo commercio si è sviluppato soprattutto in seguito, con l'installazione a Zanzibar del sultano di Oman nel 1840. Finanziate da banche indiane, le carovane trovano nuove vie commerciali e, oltre all'avorio sempre più ricercato dal mercato europeo, si concentra presto anche sugli schiavi. Il traffico viene gestito dagli arabi, centri importanti nella zona è il banco di Tabora e il centro di Ujiji. Il Burundi viene toccato solo marginalmente in questo traffico, non disponendo di importanti branchi di elefanti. Gli intermediari swahili che arrivavano portando tele di cotone o perline venivano chiamati barungwana, arrivavano da Ujiji e i contatti si limitavano nella regione dell'Imbo. Ma nuovi prodotti venivano lentamente introdotti nel mercato locale fino a raggiungere anche l'interno delle colline: olio di palma, pesce secco, capre, sale, zappe. Contemporaneamente anche il paesaggio cominciava lentamente a mutare: le prime case rettangolari sostituivano quelle a pianta circolare tipiche burundesi, abiti di cotone sostituivano i vestiti di scorza di ficus, si vedevano sempre più collane con perline rosse o braccialetti in ottone. La regione sulle rive del lago Tanganica assumeva sempre più il carattere della modernità (e assumerà sempre più importanza anche con l'arrivo dei tedeschi e con la fondazione di Usumbura), mentre l'interno del paese con la corte di Mwezi il carattere della tradizione. Centro fondamentale di questi commerci era Ujiji, cittadina a sud del Burundi di tremila abitanti a fine secolo, di cultura swahili anche senza essere convertiti all'Islam, si usavano abiti di cotone, armi da fuoco, habitat urbano. Sulla riva occidentale del lago, i commercianti fondarono un nuovo centro ad Uvira per meglio controllare i traffici. Personaggio importante negli anni dopo il 1850 fu il governatore di Ujiji Mwinyi Kheri e, dopo la sua morte nel 1885 di Rumaliza compagno di Tippu Tip. Rumuliza fece costruire, anche in territorio burundese ventiquattro basi fortificate e cercò persino di creare un protettorati a nord del lago. Cercò anche di penetrare all'interno del Burundi, arrivando persino a bruciare la reggia di Buhoro, ma venne respinto a Kiyenzi dall'esercito di Mwezi Gisabo. Gli esploratori: una terra da scoprire I primi europei ad entrare in Burundi furono due ufficiali britannici dell'armata delle Indie Richard Francis Burton e John Hanning Speke nel 1858. Arrivati a Ujiji provenienti da Zanzibar con una carovana swahili, si limitarono a costeggiare il lago Tanganika su piroghe, giunti ad Uvira invertirono la rotta e tornarono a Ujiji. Il 10 novembre 1871 il missionario protestante David Livingstone ed il giornalista statunitense di origine gallese Henry Morton Stanley si incontrarono a Ujiji e percorsero la riva burundese del lago Tanganika fino al delta del fiume Rusizi. Questi esploratori, inviati dal Foreign Office (Ministero degli Esteri Inglese) e dalla Royal Geographical Society si prefiggevano di approfondire le limitate conoscenze geografiche del tempo, in modo particolare miravano ad identificare le sorgenti del Nilo, oltre che ottenere informazioni di carattere economico e politico. Le informazioni ottenute furono molto superficiali: basti pensare che le mitiche sorgenti del Nilo vennero identificate nel lago Tanganika. Alla conferenza di Berlino del 1885 vennero utilizzate le carte approssimative redatte da Stanley nel 1878. Obiettivi più legati alla conquista coloniale portarono l'austriaco Oscar Baumann nel settembre 1892, con una missione finanziata dal comitato antischiavista tedesco, ad attraversare il Burundi visitando anche le colline interne e non solo le coste del Tanganika. Scopo del viaggio era anche quello di valutare ed intificare un possibile futuro tragitto di una linea ferroviaria che collegasse la zona alla costa. Proveniente da est, da Tabara, attraversò il Ruvubu e la foresta della Kibira raggiungendo il lago Tanganika. Da lì riattraversò verso sud-est il paese, abbandonò il Burundi ed entrò in Tanzania. Baumann scrisse una carta più precisa del Burundi, credette di aver trovato i "monti della luna" dove Tolomeo identificava le sorgenti del Nilo. Infatti chiese il nome di quelle montagne e gli venne risposto "imisozi ya Mwezi" cioè le colline di Mwezi (Gisabo). Per una coincidenza mwezi significa anche luna piena. Anche se non trovò il luogo, ritenne che le sorgenti del fiume Ruvubu erano anche quelle del Nilo. L'incontro con gli europei è stato piuttosto contrastante: spesso visti come esseri soprannaturali, spesso come dei mostri. Baumann, che fu soprannominato "Bakari", venne seguito ed acclamato come un re. Ebbe anche qualche scaramuccia armata con gli uomini di Gisabo, ma agli occhi degli oppositori venne considerato come il precursore di una nuova dinastia. Anche Gorge Scott Elliot che attraversò il Burundi due anni più tardi fece la stessa esperienza. I missionari: una terra da evangelizzare Nell'agosto del 1878 giunsero ad Ujiji i primi missionari della London Missionary Society, ma si disinteressano del Burundi. Nel gennaio dell'anno seguente, arrivarono quattro padri francesi della Société des Missionaires d'Afrique fondata nel 1868 da monsignor Charles Lavigerie: padre Toussaint Deniaud, padre Théophile Dromaux, padre Henri Delaunay, e padre Joseph Augier. L'evangelizzazione del Burundi era così incominciata. Attirati dalla particolare prosperità e densità della popolazione e dalla scarsa influenza mussulmana, i quattro missionari giungono ad Ujiji, entrano in Burundi e si installano a Rumonge sulle rive del lago Tanganika. L'anno seguente vengono raggiunti da frate Jérome e da Félix D'Hoop, un laico di Bruges, anziano zuavo pontificio. Senza conoscere il contesto in cui si trovavano, i missionari iniziarono la loro opera raccogliendo e soccorrendo gli orfani. Si trovarono però ben presto implicati, loro malgrado, nel circuito delle tratte. Ad aggravare la situazione, D'Hoop razzia quattro mucche per avere una maggiore forza contrattuale. Il gruppo viene attaccato dagli uomini dello chef Bikari: i padri Deniaud e Augier e lo stesso D'Hoop vengono uccisi, gli altri devono fuggire trovando ospitalità presso la missione di Mulewa, sulla riva opposta del Tanganika. Era il 4 maggio 1881. Anche Rumaliza intervenne, compiendo rappresaglie contro Bikari, sconsigliando il ritorno dei missionari ed impedendo loro di installarsi ad Uzige, sia nel tentativo del 1884 che di quello del 1891. I padri vennero confusi dai barundi con gli schiavisti arabizzati, vennero strumentalizzati da questi e non capirono il contesto politico locale e le azioni di vigilanza e di difesa degli uomini di Mwezi Gisabo di salvaguardare le loro colline e la loro popolazione. Nel frattempo i tedeschi si erano stabiliti a Kajaga, sulle rive del lago Tanganica. Due missionari olandesi, padre Van der Burgt e padre Van den Biesen fondano una missione nelle vicinanze del campo tedesco, a Uzige. Nel 1898 padre Van der Biesen muore di ematuria, Van der Burgt decide di abbandonare la missione, attraversa il Burundi da ovest ad est e nel Kumoso fonda una nuova missione a Misugi, più strategica perché vicino alla missione tanzaniana di Ushirombo. Ma anche Misugi era mal posizionata, Van der Burgt insieme a padre Van der Wee ed Astruc accompagnati da un fratello ugandese Fortunat il 23 maggio 1898 si stabiliscono definitivamente a Muyaga. Anch'essi vennero presto coinvolti in diatribe tra capi locali (Senyamurungu e Muzazi) fedeli a Mwezi, la loro casa venne persino incendiata nel marzo del 1899, ma la missione non venne più abbandonata. Muyaga è la prima stabile missione del Burundi che tuttora esiste. Venne in seguito fondata sulla collina di Mugera una seconda missione, al centro del Burundi. Anche qui problemi con le autorità locali che non volevano accettare la presenza di stranieri. Dovette persino intervenire militarmente l'esercito tedesco con una missione punitiva contro l'armata del re. È a Mugera che padre Van der Burgt, su appunti di padre Van der Biesen, nel 1903 completa il primo dizionario kirundi-kiswahili-olandese-francese. La terza missione venne creata nel 1902 in accordo coi tedeschi a Marienheim, l'attuale Buhonga e nel 1905 a Marienseen, l'attuale Kinyinya con notevoli difficoltà. I missionari protestanti arrivano solo nel 1911 e si installano a Kibimba. I tedeschi: una terra da colonizzare Note Re del Burundi
In fisica dello stato solido, l'effetto Snoek è il fenomeno di rilassamento che si verifica nei metalli aventi struttura cristallina cubica a facce centrate e comporta un riassetto della struttura cristallina come risposta ad una deformazione locale, indotta da una sollecitazione direzionale che tende a fare migrare gli atomi presenti negli interstizi ottaedrici nella stessa direzione della sollecitazione. Descrizione Gli atomi interstiziali sono distribuiti omogeneamente negli interstizi del reticolo cristallino (nel nostro caso negli interstizi ottaedrici). Se viene applicata, al cristallo, una tensione (o trazione) in una direzione specifica, ad esempio sulla asse Z, l'anisotropia dei punti dell'interstizio ottaedrico allineati lungo l'asse Z si riduce, mentre aumenta quella dei punti allineati lungo l'asse X e Y. Cioè si deforma la gabbia ottaedrica a seconda della direzione del disturbo applicato. Questa deformazione può portare ad una riallocazione degli atomi interstiziali, tramite diffusione, dove la gabbia deformata non offre più lo spazio necessario. Questa diffusione termina al termine dello stress della tensione (o trazione) applicata, perché a questo punto si verifica di nuovo la riallocazione degli atomi allo stato iniziale (diffusione statistica). Ma questo è un processo breve nel tempo e gli effetti sono troppo veloci per essere misurati. Un importante esempio di materiale, in cui è marcato l'effetto Snoek, è il ferro α contenente carbonio. In cui il carbonio è sito negli interstizi ottaedrici della struttura cristallina del ferro e viene riallocato se il ferro è sottoposto ad uno stress di trazione o tensione direzionale. Questa riallocazione ha un limite, se la gabbia ottaedrica diviene troppo deformata (lo stress è troppo elevato) si verifica la rottura delle celle e la conseguente fessurazione o rottura del materiale. Storia La scoperta di questo effetto è attribuita allo scienziato olandese Jacob Louis Snoek. Note Pubblicazioni Collegamenti esterni Fisica dello stato solido
La teoria degli usi e gratificazioni () è una teoria delle scienze della comunicazione nata negli anni sessanta, secondo la quale il pubblico è in grado di condizionare attivamente il contenuto dei mezzi di comunicazione. Le masse fruiscono dei media per soddisfare dei bisogni personali e pertanto sono in grado di influenzare le scelte compiute dai media stessi, invece di subirne passivamente gli effetti. Storia Fino agli anni cinquanta si riteneva che i mezzi di comunicazione fossero in grado di condizionare passivamente le menti degli individui e le istituzioni. Negli anni sessanta questo modello viene messo in dubbio dal sociologo Joseph Klapper, la cui teoria si basava su cinque generalizzazioni: La comunicazione attraverso i media non è necessaria né sufficiente nel causare effetti sul pubblico, ma agisce attraverso una rete di fattori di mediazione. I mezzi di comunicazione tendono più a consolidare la situazione esistente che a provocare cambiamenti. Nel caso in cui i mezzi di comunicazione riescono a provocare cambiamenti significa che i fattori di mediazione sono rimasti inattivi o hanno contribuito al cambiamento. Solo in alcuni casi marginali i mezzi di comunicazione sono in grado di causare effetti diretti o agire a livello psicofisico L'efficacia di una comunicazione di massa è dovuta anche ai suoi mezzi tecnici. Tra i tanti studiosi che condussero degli studi su questa teoria si può annoverare, soprattutto a partire dagli anni settanta, Elihu Katz. Il sociologo statunitense riteneva che il pubblico avesse un ruolo attivo nell'uso dei mezzi di comunicazione di massa e non fosse affatto da considerare come un soggetto puramente passivo e soggetto agli effetti, come era stato considerato fino ad allora dalla ricerca scientifica. Teoria La teoria degli usi e gratificazioni si fonda su 4 pilastri fondamentali: il pubblico è considerato come attivo: questa idea si concentra sul fatto che gli spettatori sono orientati verso uno scopo che essi cercano di realizzare attraverso l'uso dei mass media. Questi ultimi cercano di colmare e rispondere ai bisogni del pubblico che utilizza il mezzo di comunicazione. nel processo di comunicazione di massa gran parte dell'iniziativa nel collegare il bisogno di gratificazione e la scelta di quali media utilizzare rimane al pubblico: questa affermazione comprende l'idea che le persone utilizzano i media per il loro proprio vantaggio più di quanto i media usino loro. Il ricevente determina cosa verrà assorbito e cosa invece non riuscirà ad influenzare il suo pensiero e non come nelle precedenti teorie il contrario. L'opinione individuale è molto più potente del contenuto che i media cercano di trasmettere. i mass media competono con altre risorse per la soddisfazione dei bisogni del pubblico: Questo punta l'attenzione sul fatto che ogni persona ha diversi bisogni. In risposta a questo, sono stati creati un largo raggio di possibilità per soddisfare queste necessità. Il più forte rivale ai mass media è sicuramente la comunicazione diretta (faccia a faccia). Questa può spesso aiutare un individuo a superare difficoltà che gli si parano di fronte in modo molto più efficace. Per questo motivo, la comunicazione di massa deve competere in modo arduo con le fonti non correlate ai media e aiutare a creare un bisogno per se stesso allo stesso modo come un equilibrio fra i due. molti dei successi nell'uso dei media attraverso il soddisfacimento di informazioni possono essere raggiunti anche dalle persone con le loro personali capacità: questa idea esplica che le persone sono consce delle loro motivazione e scelte e che sono capaci di esporle verbalmente se necessario. C'è stata una serie di studi in tutto il mondo che hanno analizzato gli spettatori e sono giunti alla conclusione a proposito del tipo di media usato allo stesso modo del contesto analizzato. Inoltre è stato osservato che gli appartenenti al pubblico utilizzano questi media per formare le loro proprie identità. In questa prospettiva di ricerca si prendono in considerazione gli usi che il pubblico fa dei mezzi di comunicazione per soddisfare determinati bisogni. Al pubblico dei media viene riconosciuto un ruolo attivo e dinamico, gli effetti su di esso sono il risultato di molteplici fattori che prendono in considerazione le interazioni sociali e il contesto in cui si realizza la comunicazione. Radicatosi il funzionalismo nelle scienze sociali, si passa dalla questione "che cosa fanno i media alle persone" a "cosa fanno le persone con i media". I media non sono efficaci a prescindere, non è sufficiente la persuasione, lo diventano nel momento in cui il fruitore attribuisce loro tale efficacia mediante la soddisfazione dei propri bisogni. Si passa a uno studio più attento dei membri dell'audience, in particolare sui bisogni dei singoli e della società che vengono soddisfatti attraverso l'uso dei media. Il binomio uso e gratificazione si risolve in una relazione sinergica e complementare. Il contesto sociale in cui vive il destinatario è importante poiché influenza bisogni specifici e incentiva determinati usi mediali in relazione ad essi. Negli anni settanta Elihu Katz, Michael Gurevitch e Hadassah Haas elaborano cinque classi di bisogni che i soggetti soddisfano attraverso l'uso dei media: Cognitivi (rafforzando o acquisendo conoscenze) Affettivi ed estetici (rafforzando la sfera estetica e affettiva) Integrativi a livello della personalità (rassicurazione, stabilità emotiva, incremento del proprio status) Integrativi a livello sociale (rafforzamento dei contatti interpersonali) Di evasione (allentamento di conflitti e tensioni) Funzioni semplici e funzioni complesse La fase dell'“infanzia” della Teoria degli usi e gratificazioni, agli inizi degli anni Quaranta, è stata individuata da Blumer e Katz come quella di approccio iniziale in cui vengono compiuti i primi passi per riuscire ad individuare e descrivere gli orientamenti e atteggiamenti degli individui rispetto a diversi contenuti mediali selezionati. Questi primi studi, più che interessarsi agli effetti dei media e in particolare al rapporto che si attiva tra quest’ultimi e l’individuo, focalizzarono la loro attenzione sull’individuazione della relazione tra le gratificazioni tratte dall’individuo e il contenuto dei media attraverso la ricerca delle svariate motivazioni alla fruizione dei media. Per il consumo dei media e dei bisogni individuali, che vengono di conseguenza soddisfatti, Klapper individua due specifiche tipologie di funzioni:le funzioni semplici e le funzioni complesse. Nelle prime rientrano l’offerta di relax(capacità dei media di offrire occasioni di rilassamento ed evasione), la stimolazione dell’immaginazione(contributo dei media nella costruzione di giochi, fantasie, proiezioni, ecc..), l’interazione sostitutiva(presenza di persone e storie che riempiono il silenzio è che creano una interazione virtuale) e la creazione di un terreno comune per i contatti sociali(comunicazione e interazione fondata sulla condivisione del consumo di un prodotto mediale). Mentre, la distensione emotiva(il bisogno che molti individui hanno di ottenere un alleggerimento delle emozioni) e scuola di vita(capacità di offrire modelli, stili di vita e di comportamento ai quali potersi adeguare) sono funzioni complesse. Note Bibliografia Psicologia sociale Media Server Comunicazione Sociologia della comunicazione
Biografia Fly è nato nel 1960 a Skive, nello Jutland Centrale. Nel 1989 ha iniziato a frequentare la scuola di cinema Den Danske Filmskole e nel 1993 si è laureato in regia. Nel 2000 ha realizzato il suo primo lungometraggio, intitolato La panchina (Bænken). Questo film ha dato inizio alla cosiddetta "trilogia sulle classi", proseguita con L'eredità (Arven) nel 2003 e con Gli innocenti (Drabet) nel 2005. I tre film, da lui diretti e co-sceneggiati, trattano rispettivamente il ceto basso, alto e medio. Nel frattempo, nel 2000, Fly ha diretto anche un film d'animazione in stop-motion intitolato Prop og Berta. Nel 2007 ha diretto tutti e sei gli episodi della serie televisiva danese Forestillinger, trasmessa da DR1. Oltre alla regia, Fly ha sceneggiato i primi due episodi della serie. Nel 2016 ha invece diretto i primi due episodi della serie televisiva Bedrag, anch'essa trasmessa da DR1. Alcuni anni dopo la sua trilogia di successo, Fly è tornato alla regia cinematografica con i film Kvinden der drømte om en mand (2010) e Monica Z (2013). Vita privata Fly è sposato con l'attrice danese Charlotte Fich, con la quale ha avuto due figli, Anton e Aksel. Filmografia Regista Cinema La panchina (Bænken) (2000) Prop og Berta (2000) L'eredità (Arven) (2003) Gli innocenti (Drabet) (2005) Kvinden der drømte om en mand (2010) Monica Z (2013) Giochi di potere (Backstabbing for Beginners) (2018) Televisione Så du ansjosen? – serie TV (1995) TV-Ansjosen – serie TV (1995) Taxa – serie TV (1997) Forestillinger – serie TV, 6 episodi (2007) Bedrag – serie TV, episodi 1x01-1x02 (2016) Borgen - Il potere - serie TV (2010 - 2022) Sceneggiatore La panchina (Bænken), regia di Per Fly (2000) L'eredità (Arven), regia di Per Fly (2003) Gli innocenti (Drabet), regia di Per Fly (2005) Forestillinger – serie TV, episodi 1x01-1x02 (2007) Kvinden der drømte om en mand, regia di Per Fly (2010) Monica Z, regia di Per Fly (2013) Giochi di potere (Backstabbing for Beginners), regia di Per Fly (2018) Riconoscimenti 2001 – Premio Bodil Miglior film, per La panchina 2001 – Premio Robert Miglior regia, per La panchina Candidatura alla miglior sceneggiatura, per La panchina 2002 – Premio Robert Candidatura al miglior film per ragazzi, per Prop og Berta 2004 – Premio Bodil Candidatura al miglior film, per L'eredità 2004 – Premio Robert Miglior film, per L'eredità Miglior regia, per L'eredità Premio del pubblico, per L'eredità Candidatura alla miglior sceneggiatura, per L'eredità 2004 – Premio Flaiano Premio per la sceneggiatura, per L'eredità 2005 – Nordic Council Film Prize Premiato, per Gli innocenti 2006 – Premio Bodil Miglior film, per Gli innocenti 2006 – Premio Robert Miglior regia, per Gli innocenti Candidatura al miglior film, per Gli innocenti Candidatura alla miglior sceneggiatura, per Gli innocenti 2014 – Guldbagge Award Miglior regia, per Monica Z 2017 – Premio Robert Miglior serie televisiva, per Bedrag Note Altri progetti Collegamenti esterni Vincitori del Premio Flaiano di cinematografia Migliore sceneggiatura al Festival Internazionale del Cinema di San Sebastián Premio Guldbagge per il miglior regista
Terra di nessuno è un dramma in due atti scritto nel 1975 dal drammaturgo britannico Harold Pinter. Il dramma, composto nel periodo della consacrazione ufficiale dell'autore, si concentra sul problema dell'incomunicabilità. La prima mondiale, a Londra, contava tra gli interpreti due dei maggiori attori britannici, Ralph Richardson e John Gielgud; quella italiana, invece, fu diretta da Giorgio De Lullo nel 1976 e interpretata, tra gli altri, oltre allo stesso De Lullo, da Romolo Valli. Trama Hirst è un ricco e celebre scrittore, dedito all'alcool, che si è volontariamente ritirato in un isolamento dal mondo assieme ai suoi due domestici, Briggs e Foster. Una notte, il letterato riceve la visita di un vecchio amico, Spooner. Quest'ultimo, poeta in disgrazia, cerca di accattivarsi la simpatia del famoso collega. Il suo sforzo non avrà alcun esito: costretto a trascorrere l'intera notte ed il giorno seguente nell'abitazione di Hirst, Spooner si rende conto di come l'altro uomo si sia ritirato in "terra di nessuno", lontano dal mondo sia spazialmente che temporalmente, con l'unica compagnia dei propri ricordi. Altri progetti Collegamenti esterni Opere teatrali di Harold Pinter Opere teatrali del 1975
Biografia Michele Marie Amble è nata nell'Iowa da una famiglia di origini norvegesi. Dopo il divorzio dei genitori, seguì la madre nel Minnesota e qui intraprese gli studi di legge. Dopo il matrimonio abbandonò il suo impiego da avvocato per il Dipartimento del Tesoro per dedicarsi ai suoi cinque figli. Nel corso degli anni i Bachmann hanno inoltre adottato 23 bambini. Pur essendo cresciuta in una famiglia democratica, la Bachmann è diventata repubblicana in età adulta, leggendo un libro di Gore Vidal, Burr. Politicamente, Michele Bachmann si è schierata a favore del dialogo con l'Iran, dell'insegnamento del creazionismo evolutivo nelle scuole pubbliche e si definisce 100% pro life, opponendosi all'aborto anche in caso di violenza sessuale o incesto. Si è schierata contro i matrimoni gay, definendo l'omosessualità un disordine sessuale. Lampanti le accuse di omofobia da parte della comunità LGBT in seguito ad alcune affermazioni piuttosto provocatorie, tra le quali spiccano le forti critiche alla colonna sonora del film d'animazione di Walt Disney Il re leone, poiché composta dal cantautore omosessuale Elton John. Recentemente hanno fatto scalpore alcune sue affermazioni sul presidente Barack Obama. Nel giugno 2011 è ufficialmente scesa in campo per la designazione di candidato repubblicano alla Presidenza per le Elezioni presidenziali statunitensi del 2012. Il 4 gennaio 2012, all'indomani del caucus in Iowa, ha sospeso la sua campagna elettorale a seguito del deludente risultato conseguito. Note Altri progetti Collegamenti esterni Michele Bachmann sul Biographical Directory of the United States Congress Politici del Partito Repubblicano (Stati Uniti d'America) Rappresentanti statunitensi eletti dal Minnesota Membri del Senato del Minnesota Disegno intelligente
Penitenziario femminile per reati sessuali (Frauengefängnis) è un film del 1975, diretto da Jesús Franco. Rientra nel filone delle Women in prison. Trama In un'isola di un Paese dell'America Latina c'è un penitenziario dove, rinchiuse con la scusa di reati sessuali, le carcerate subiscono angherie e torture dalla direttrice, dall'aguzzino Nestor e da Carlos Costa, un infermiere che dopo avere ucciso il dr. Moore ne ha usurpato il nome e il posto. Maria viene incarcerata perché ha colpito il patrigno mentre tentava di violentarla, senza sapere che lo stesso è stato ucciso dalla direttrice, già sua amante. Compagne di cella e di disumane torture sono la pazza Rosario e Berta. Questa, inviando una lettera di denuncia al Governatore (che è in combutta con il personale), provoca un rincrudimento della situazione. Disperate, le tre donne si fanno ricoverare in infermeria, approfittando della concupiscenza dell'infermiere, che uccidono, quindi si danno alla fuga. Quando stanno per essere raggiunte da Nestor, un guardiano pietoso uccide l'aguzzino e le lascia correre verso il mare e verso la libertà. Collegamenti esterni Film drammatici Film women in prison Film thriller
Things Have Changed è un brano musicale scritto ed eseguito dal cantautore statunitense Bob Dylan per il film Wonder Boys. La canzone è stata pubblicata come singolo nel maggio del 2000. Things Have Changed è stata premiata agli Oscar del 2001 come Migliore canzone e ai Golden Globe del 2001 come Migliore canzone originale. Il regista di Wonder Boys, Curtis Hanson, ha anche realizzato il video musicale di Things Have Changed, filmando nuove immagini di Dylan nelle varie location del film e montandole con le scene usate in Wonder Boys come se Dylan fosse in realtà nel film. Il singolo si posizionato al 58º posto della Official Singles Chart nel Regno Unito. Tracce 7" single (COL 669379 7) — Limited numbered edition A Things Have Changed – 5:08 B Blind Willie McTell (Live version) – 7:01 CD promo single (COL 669333 1) — Europe Things Have Changed (Radio Edit) – 3:37 To Make You Feel My Love (Live) – 4:10 CD single (COL 669333 2) Things Have Changed (Radio Edit) – 3:37 To Make You Feel My Love (Live) – 4:10 Hurricane – 8:33 Song to Woody (Live) – 4:26 Things Have Changed / Dylan Alive Vol. 3 (SRCS 2306) — Japanese extended play CD Things Have Changed – 5:09 Highlands (Live) – 11:19 Blowin' in the Wind (Live) – 7:10 To Make You Feel My Love (Live) – 4:11 Note Collegamenti esterni Brani musicali di Bob Dylan Things Have Changed Brani musicali vincitori del premio Oscar alla migliore canzone Golden Globe per la migliore canzone originale
La RKK Energija (), per esteso Raketno-kosmičeskaja korporacija «Ėnergija» imeni S.P. Korolëva (Ракетно-космическая корпорация «Энергия» им. С.П. Королёва, Azienda cosmico-missilistica "Energia – S.P. Korolëv"), è una società russa che si occupa di attività correlate al volo spaziale, erede del dipartimento OKB-1 fondato nel 1946 dal pioniere del volo spaziale sovietico Sergej Korolëv. Prodotti In 70 anni di storia la RKK Energia ha prodotto i seguenti mezzi: IRBM e ICBM R-1 R-1B, R-1V, R-1D, R-1E R-2 R-5 (missile), R-5M, R-11, R-11A, R-11F R-7 (missile), R-7A Semyorka R-9 RT-1 RT-2P; Vettori Famiglia di lanciatori R-7 Sputnik (lanciatore) Luna (lanciatore) Vostok (lanciatore) Vostok-2 (lanciatore) Vostok-2M Vostok-K Vostok-L Polët Voskhod (lanciatore) Molnija (lanciatore) Sojuz (lanciatore) Soyuz-L Soyuz-M Soyuz/Vostok N1 (lanciatore) Block D Energia (lanciatore) Energia II Satelliti Programma Sputnik Sputnik 1 Sputnik 2 Sputnik 3 Sputnik 4 Sputnik 5 Sputnik 6 Sputnik 7 Sputnik 8 Sputnik 9 Sputnik 10 Sputnik 19 Sputnik 20 Sputnik 21 Sputnik 22 Sputnik 24 Sputnik 25 "Elektron" Zenit Molnija, "Signal", Yamal DZZ; Esplorazione Spaziale Programma Luna Luna 1958A Luna 1958B Luna 1958C Luna 1 Luna 1959A Luna 2 Luna 3 Luna 1960A Luna 1960B Luna 1963B Luna 4 Luna 1964A Luna 1964B Cosmos 60 Luna 1965A Luna 5 Luna 6 Luna 7 Luna 8 Luna 9 Cosmos 111 Luna 10 Luna 1966A Luna 11 Luna 12 Luna 13 Luna 1968A Luna 14 Luna 1969A Luna 1969B Luna 1969C Luna 15 Cosmos 300 Cosmos 305 Luna 1970A Luna 1970B Luna 16 Luna 17 Luna 18 Luna 19 Luna 20 Luna 21 Luna 22 Luna 23 Luna 1975A Luna 24 Luna 8K72 "Programma Venera" Cosmos 27 Venera 2 Venera 3 Venera 4 Venera 5 Venera 6 Venera 7 Venera 8 Cosmos 482 Venera 9 Venera 10 Venera 11 Venera 12 Venera 13 Venera 14 Venera 15 Venera 16 Programma Mars Programma Marsnik Mars 1 Mars 1969A Mars 1969B Cosmos 419 Mars 2 Mars 3 Mars 4 Programma Phobos Mars 96 Programma Zond Zond 1 Zond 1964A Zond 2 Zond 3 Zond 1967A Zond 1967B Zond 4 Zond 5 Zond 6 Zond 7 Zond 8 Sonde a controllo remoto Progress Progress-M Progress-M1 Progress 7K-TG Sonde a controllo manuale Programma Vostok "Vostok" Programma Voskhod "Voskhod" Programma Sojuz "Sojuz" Spacecraft Sojuz A Sojuz B Sojuz 7K-L1 Sojuz 7K-L3 Sojuz 7K-LOK Sojuz 7K-OK Sojuz 7K-OKS Sojuz 7K-T Sojuz 7K-TM Sojuz-T Sojuz-TM Sojuz TM-1 Sojuz-TMA Sojuz TMA-M Sojuz-V Programma Buran "Buran". Kliper Modulo lunare LK "Federacija" Stazioni spaziali Programma Saljut Saljut 1 Saljut 2 Cosmos 557 Saljut 3 Saljut 4 Saljut 5 Saljut 6 Saljut 7 Mir Parte dei moduli della ISS Soyuz A Soyuz 7K-L1 Soyuz 7K-L3 Altri progetti Collegamenti esterni Aziende insignite dell'Ordine di Lenin
è un videogioco arcade di tipo sparatutto a scorrimento verticale, sviluppato da Visco e pubblicato da SNK nel 1999 per il Neo Geo. In base al suo gameplay e al suo stile tipicamente cartonesco, questo titolo si rivolge ai videogiocatori principianti nel suddetto genere, ma soprattutto ricorda i due conosciuti di Konami TwinBee e Parodius. Sebbene non sia stato convertito sulle console del periodo, le recenti versioni per il Sega Dreamcast e Neo Geo AES (quest'ultimo in origine mai preso in considerazione), vengono pubblicate in edizione limitata dalla compagnia indipendente francese JoshProd, su concessione della licenza da parte di Visco, rispettivamente nel 2019 e nel 2021. Trama In una sera temporalesca nel laboratorio di botanica, proprio mentre il professore sta svolgendo il suo lavoro, un pomodorino si stacca inspiegabilmente dalla piantina e cade dentro a una provetta di reagente chimico viola, grazie alla quale diventa un simpatico mutante dotato di superpoteri. Lui, autochiamandosi "Tomaday", parte subito per la sua missione di salvataggio della Terra da una invasione di alieni vegetali. Modalità di gioco Il giocatore deve controllare e pilotare l'omonimo protagonista attraverso cinque livelli, durante i quali bisogna colpire ed eliminare sferrando pugni telescopici tutti gli alieni vegetali che si incontrano, fino a giungerne alla fine dove si affronta il boss (sempre un alieno vegetale). Una volta averlo sconfitto, prima di passare a quello successivo viene visualizzato il risultato totale dato durante il suo corso. Quando inoltre si esauriscono le vite a disposizione la partita è finita. Lungo il tragitto di un livello, aprendo con un semplice pugno dei barattoli di passata di pomodoro si possono raccogliere gemme, monete e cibi assortiti che danno punti casuali, ma fanno ottenere anche due utili power-up per Tomaday; tutti questi oggetti se vengono colpiti dai suoi pugni rimbalzano.Il primo di cotali power-up, una pillola (di colore blu e gialla), consente di mutarsi in tre dimensioni di sé stesso e ad attaccare ancora una volta con i pugni, ovvero normale con un paio di ali, grande o piccola, oppure in una delle quattordici variegate forme con attacchi diversi: una scimmia che lancia banane, un fiore nel vaso che scaglia foglie e petali, un camaleonte che fa fuoriuscire la sua lunga lingua, un'aragosta che sfodera le chele, un aeroplano che spara missili, una carota dotata di quattro pugni, un coniglio che tira carote, un pesce che sputa bolle, un gatto che dà zampate, una kendama che fa allungare la palla, un diavolo che sferra lance, un angelo che scocca frecce, un neonato che getta giocattoli. Il secondo e ultimo power-up, l'"avatar" (due pomodorini), gli causa lo sdoppiamento nel suo identico clone (anche su di lui la pillola ha efficacia) e combattono assieme; in tale circostanza, il giocatore può impartire loro due formazioni d'attacco, fianco a fianco o l'uno dietro l'altro. Infine, colui che gioca la partita come secondo giocatore controlla sempre Tomaday ma di sesso femminile (lei indossa un fiocco rosa). Note Annotazioni Fonti Collegamenti esterni
Metal Works '73-'93 è una raccolta delle migliori canzoni scritte in un ventennio di storia dalla heavy metal band britannica Judas Priest, uscita il 18 maggio 1993. Il disco L'album permette a vecchi e nuovi fan dei Priest di ascoltare la band in tutte le sue sfaccettature: si passa da speed tracks come Electric Eye, Painkiller, Freewheel Burning a canzoni lente e complesse come Before The Dawn, Beyond The Realms Of Death, A Touch Of Evil, fino ad arrivare ai primi anni della band, con Sinner, Dissident Aggressor e Victim Of Changes. L'album è composto da 2 cd, per un totale di 32 canzoni, ed è uscito nel 2001 in versione rimasterizzata con le medesime tracce. Rob Halford, all'epoca fuori dalla band, collabora con la band per la stesura della track list ed i commenti inseriti nel booklet dell'album. Tracce Disco 1 The Hellion - 0.42 Electric Eye - 3.39 Victim Of Changes (live) - 7.11 Painkiller - 6.05 Eat Me Alive - 3.36 Devil's Child - 4.47 Dissident Aggressor - 3.06 Delivering The Goods - 4.17 Exciter - 5.33 Breaking The Law - 2.35 Hell Bent For Leather - 2.42 Blood Red Skies - 7.51 Metal Gods - 3.59 Before The Dawn - 3.24 Turbo Lover - 5.33 Ram It Down - 4.49 Metal Meltdown - 4.49 Disco 2 Screaming For Vengeance - 4.44 You've Got Another Thing Comin''' - 5.10 Beyond The Realms Of Death - 6.50 Solar Angels - 4.03 Bloodstone - 3.52 Desert Plains - 4.35 Wild Nights, Hot & Crazy Days - 4.39 Heading Out To The Highway (live) - 4.35 Living After Midnight - 3.31 A Touch Of Evil - 5.43 The Rage - 4.45 Night Comes Down - 4.00 Sinner - 6.43 Freewheel Burning - 4.24 Night Crawler'' - 5.46 Formazione Rob Halford - voce Glenn Tipton - chitarra K.K. Downing - chitarra Ian Hill - basso Simon Phillips - batteria (su tracce 7 e 30) Les Binks - batteria (su tracce 3, 8, 9, 11, 14 e 20) Scott Travis - batteria (su tracce 4, 17, 27 e 32) Dave Holland - batteria (su tracce 1, 2, 5, 6, 10, 12, 13, 15, 16, 18, 19, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 28, 29 e 31) Collegamenti esterni
La 265ª Squadriglia fu un reparto attivo nel Servizio Aeronautico della Regia Marina nel corso della prima guerra mondiale. Storia Prima guerra mondiale L'unità nasce all'inizio del 1918 dotata di 4 Macchi L.3 operativi all'Idroscalo di Brindisi comandata dal Tenente di Vascello Arnoldo Bizzarri. Il 16 agosto 6 Macchi bombardano le navi a San Giovanni di Medua colpendo 2 piroscafi ed il 30 agosto 8 L.3 bombardano le navi a Durazzo, un Macchi viene colpito dalla contraerea e costretto all'ammaraggio di emergenza. L'equipaggio viene recuperato dalla nave Simone Schiaffino (cacciatorpediniere). Il 5 settembre 4 L.3 attaccano una torpediniera austriaca a Dulcigno ed il 19 settembre 6 Macchi bombardano Durazzo. Alla fine della guerra la squadriglia comandata dal Ten. Enrico Maccario disponeva di L.3 e Macchi M.8. Seconda guerra mondiale All'8 settembre 1943 era nell'88º Gruppo del 16º Stormo con 1 CANT Z.1007 TER all'Aeroporto di Perugia nella 3ª Squadra aerea. Nel dicembre 1943 era con i CANT Z.1007 nel LXXXVIII Gruppo dello Stormo Notturno all'Aeroporto di Lecce. Al 2 maggio 1945 era con i CANT Z.1007 nel LXXXVIII Gruppo all'Aeroporto di Bari-Palese. Dopoguerra Il 17 ottobre del 1945 lo Stormo fu trasferito all'Aeroporto di Guidonia. Note Bibliografia Voci correlate Armoriale dell'Aeronautica Militare italiana Regia Marina Servizio Aeronautico Squadriglie aeree italiane Aviazione Navale
Questa voce raccoglie le informazioni riguardanti la Unione Sportiva Salernitana nelle competizioni ufficiali della stagione 1945-1946. Stagione Subito dopo la Liberazione dal nazi-fascismo, in Italia riprendono le attività di gioco ufficiali, e la Salernitana, dopo le due stagioni giocate al vecchio campo di Piazza D'Armi, per la Divisione Nazionale 1945-1946 può nuovamente disputare le proprie gare interne allo stadio di via Nizza, che nel frattempo ha mutato nome da "Littorio" a "Comunale". Viste le difficoltà economiche in cui versano tutte le società di calcio del periodo post bellico, si decide di suddividere il massimo torneo nazionale in due gironi, uno per le squadre settentrionali e l'altro per quelle meridionali. Vengono ammesse all'atipico torneo anche le migliori compagini di Serie B, e tra queste c'è anche la Salernitana che, impreparata dinnanzi al superiore tasso tecnico delle squadre di Serie A, chiude il campionato al nono posto (terz'ultima). In seguito disputerà anche il torneo misto B-C, ma non si tratta di un torneo ufficiale, e proprio per la scarsa importanza della competizione, una volta vinto il proprio girone e guadagnato l'accesso alla finale vincendo il girone semifinale caratterizzato dal ritiro di squadre come e , i salernitani riunciano a giocarvi favorendo la vittoria a tavolino per la . Tali rinunce derivano anche dal fatto che il torneo viene disputato con l'afa della piena estate. Divise La Salernitana dal 1945 utilizzerà il granata come colore ufficiale. La divisa era formata da una maglietta granata, pantaloncini bianchi e calzettoni granata. Organigramma societario Fonte Area direttiva Presidente: Domenico Mattioli Segretario: Vincenzo Barone Area tecnica Allenatore: Vittorio Mosele Area sanitaria Medico Sociale: Gino Bernabò Massaggiatore: Angelo Carmando Rosa Fonte Divisione Nazionale Post Campionato B-C Risultati Divisione Nazionale Girone di andata Girone di ritorno Post campionato B-C Girone G Girone di andata Girone di ritorno Semifinale Girone B Andata Ritorno Finale Andata Ritorno Statistiche Statistiche di squadra Andamento in campionato Divisione Nazionale Post Campionato B-C Girone G Statistiche dei giocatori Fonte Note Bibliografia Collegamenti esterni 1945-1946
Soprannominato Myggen (in italiano, zanzara), partecipò con la sua Nazionale a due edizioni dei mondiali — e — ed è ricordato anche per il suo stile di vita controverso. In carriera, vinse per una volta il premio Kniksen. Biografia Il suo stile di vita stravagante gli causò grossi problemi. Il 2 settembre 2008 fu accusato di possesso di cocaina e di aver avuto un ruolo chiave nello spaccio di droga nella contea di Romerike. Il giocatore dichiarò di non aver fatto però uso di droghe dal 2006. In seguito alla vicenda, il calciatore fu condannato ad eseguire lavori socialmente utili. Caratteristiche tecniche Mykland è considerato uno dei calciatori norvegesi più talentuosi di sempre. Giocatore estremamente dotato dal punto di vista tecnico, sebbene non fosse un goleador riusciva ad essere pericoloso in fase offensiva, creando occasioni da gol per i suoi compagni. Carriera Club Gli esordi e l'affermazione Mykland era considerato un grande talento del calcio norvegese. Si trasferì così al Bryne, dove però soffrì di nostalgia della sua Risør, che lo portò a lasciare il club dopo un solo anno. Ebbe una seconda possibilità con un altro club: lo Start. Poté allora esordire nella massima divisione norvegese il 30 luglio 1989, quando fu titolare nel pareggio per 2-2 contro il Vålerengen. Il 13 agosto dello stesso anno, realizzò una rete nel pareggio per 2-2 contro il Molde. Diventò rapidamente una delle stelle dello Start. Nel campionato 1991 contribuì al terzo posto finale della squadra. Rimase per anni allo Start, giocando sempre da titolare. Nel 1992 e nel 1994 fu nominato miglior centrocampista dell'Eliteserien. Nel 1995 passò in prestito agli olandesi dell'Utrecht, con opzione per un acquisto a titolo definitivo. Mykland ebbe però poco spazio in squadra e tornò così allo Start a fine stagione. Nell'estate 1995, Mykland si ritrovò fuori forma e balzò agli onori delle cronache perché fu ritrovato ubriaco pochi giorni prima di una partita. Contemporaneamente, la sua squadra cedette i migliori calciatori e, benché Mykland stesse tornando in forma, non riuscì ad evitare la retrocessione al termine dell'Eliteserien 1996. Le esperienze all'estero Mykland lasciò allora lo Start nell'estate 1996, accordandosi con gli austriaci del Linz. Diventò un calciatore importante della squadra. A fine stagione, fu acquistato dai greci del , dove s'impose rapidamente come titolare. Nel campionato 1998-1999 fornì delle prestazioni eccellenti. Nel 2000, ricevette il premio Kniksen. Nel 2000 fu acquistato dai tedeschi del Monaco 1860. Il debutto nella Bundesliga fu datato 12 agosto, quando fu titolare nel pareggio per 2-2 contro l'Amburgo. Il 6 dicembre 2000, nel corso di un incontro valido per la Coppa UEFA 2000-2001 contro il , Mykland commise un fallo di mano volontario sulla linea di porta, per evitare la rete di Alain Boghossian: il norvegese fu così espulso. Lasciò la squadra a gennaio 2002, a causa dei contrasti con l'allenatore Peter Pacult. Mykland diede del "codardo" a Pacult, dopo una sostituzione nel corso di un incontro, e dichiarò di non voler più vedere la sua faccia, portando l'allenatore alla scelta di non utilizzarlo più. Il centrocampista passò allora ai danesi del Copenaghen. Mykland dichiarò che il club gli fu consigliato dal connazionale Ståle Solbakken, ex calciatore del club. Esordì nella Superliga il 3 marzo 2002, nel pareggio a reti inviolate contro lo Aarhus. Nel 2003 fu ritrovato ubriaco fuori da un nightclub di Copenaghen, il Rust, mentre sfidava i passanti a braccio di ferro. Giocò soltanto sporadicamente nel campionato 2003-2004, a causa degli infortuni, e a fine stagione il contratto non gli fu rinnovato. Poco dopo, annunciò il suo ritiro. Il ritorno al calcio giocato Il 9 luglio 2008, Mykland annunciò il suo ritorno al calcio giocato, accordandosi con lo Start, all'epoca militante in 1. divisjon. Il 5 ottobre dello stesso anno tornò ufficialmente in campo, quando sostituì Geir Ludvig Fevang nel successo per 5-1 sul Sandnes Ulf, nel corso dell'ultima gara del campionato 2006, nel corso del quale lo Start guadagnò la promozione. A giugno 2009, dopo 9 incontri disputati per lo Start, annunciò nuovamente il ritiro, ammettendo di non poter raggiungere più i suoi standard. Cambiò però nuovamente idea, accordandosi con il Drammen. Si ritirò nuovamente pochi mesi dopo. Nel 2012 tornò a giocare a calcio nel Risør, ricoprendo al contempo il ruolo di allenatore della squadra. Nazionale Nella Nazionale Under-21 Mykland giocò 15 partite per la . Esordì in squadra il 3 aprile 1990, nel successo per 2-0 sulla . Fu tra i protagonisti del successo per 6-0 sull', risultando il migliore in campo della sfida. Verso il Mondiale 1994 Il debutto di Mykland nella Nazionale maggiore avvenne quando Egil Olsen fu nominato commissario tecnico. Olsen, infatti, inserì in squadra diversi giovani talenti, tra i quali proprio Mykland. Il primo incontro fu datato 7 novembre 1990, quando subentrò a Roger Nilsen nella vittoria in amichevole contro la , con il punteggio di 3-1. Tornò a giocare nell'Under-21 dopo quest'apparizioni, ma rientrò nel giro della Nazionale in pianta stabile a partire dagli inizi del 1992, in occasione dell'amichevole contro . Il 9 settembre dello stesso anno, segnò la prima rete, contribuendo al successo per 10-0 su , agli inizi delle qualificazioni per il Mondiale 1994. Il 5 giugno 1994 ricevette il Gullklokka, per la 25ª apparizione in Nazionale, in occasione dell'amichevole contro la . La selezione scandinava raggiunse la qualificazione al . Mykland fu titolare in tutte le tre sfide disputate dalla Norvegia (contro , e ), che terminò la fase a gironi a 4 punti e fu eliminata per la classifica avulsa. I primi problemi ed il Mondiale 1998 Contemporaneamente alla crisi vissuta da Mykland allo Start, il centrocampista perse il posto in Nazionale. Egil Olsen criticò pubblicamente il calciatore, per via della sua abitudine di fumare. Il calciatore replicò, in un'intervista, di essere un calciatore e non un atleta, ricevendo così altre critiche. Una volta riconquistata la forma, comunque, Mykland riconquistò un posto nella Norvegia. La squadra raggiunse la qualificazione anche per il , dove fu sorteggiata nel girone con , e . Proprio prima della sfida contro gli scozzesi, la seconda in calendario, Mykland ed il compagno di squadra Henning Berg furono ritrovati in un nightclub francese a tarda notte, nonostante dovessero trovarsi in ritiro a dormire. I due negarono di aver bevuto. La Norvegia si qualificò comunque agli ottavi di finale della competizione, venendo però eliminata dall'Italia. Concluso il Mondiale, allora, Mykland annunciò il suo ritiro dalla Nazionale. Motivò la decisione dichiarando di essere stanco di essere seguito costantemente dai giornalisti, che lo trattavano come un bambino. Il rientro in Nazionale e gli Europei 2000 Sette mesi dopo l'annuncio del ritiro dalle competizioni internazionali, Mykland fu convinto dal nuovo commissario tecnico Nils Johan Semb a tornare sui suoi passi. Fu un giocatore chiave della formazione che si qualificò al . Questo torneo fu negativo per la Norvegia, che non superò la fase a gironi, ma il centrocampista fu comunque il miglior elemento della sua squadra, riuscendo a dimostrare il suo talento anche in una competizione così importante. Fu premiato come migliore in campo sia nella sfida contro la e la . Giocò altri 3 incontri per la Norvegia, prima di annunciare il suo ritiro definitivo dalla Nazionale. In concomitanza con questo evento, uscì la sua autobiografia in cui rivelò dei dettagli sul campionato europeo della Norvegia e criticò l'idea di gioco della selezione scandinava. Questo interruppe definitivamente i suoi rapporti con la Nazionale. Totalizzò 78 apparizioni e 2 reti. Statistiche Presenze e reti nei club Cronologia presenze e reti in Nazionale Palmarès Club Copenaghen: 2002-2003, 2003-2004 Copenaghen: 2003-2004 Individuale Centrocampista dell'anno del campionato norvegese: 2 1992, 1994 Giocatore norvegese dell'anno: 1 2000 Note Altri progetti Collegamenti esterni Calciatori vincitori del Premio Kniksen Calciatori della Nazionale norvegese
Biografia Emigrò negli Stati Uniti d'America nel 1934, e due anni dopo combatté nella guerra civile spagnola come repubblicano. Conseguì una laurea breve in sociologia presso la University of Chicago, e nello stesso ateneo ottenne un master nel 1942 ed una laurea nel 1956, entrambi in antropologia. Insegnò presso la Universidad de Puerto Rico (1947-50), il Vassar College (1950-61), la Università Yale (1962-63), la Universidad de San Marcos (1964-66), e la Cornell University (1968-82). Tra i suoi lavoro si trova lo sviluppo di una nuova prospettiva dell'impero Inca, dove commercio e regali tra amici e parenti erano molto diffusi. Tramite un'attenta lettura degli archivi coloniali e di corte spagnoli, scoprì che gli Inca che abitavano la foresta pluviale si arrampicavano sulle Ande per barattare i propri prodotti agricoli con la lana prodotta dagli amici che abitavano le montagne. Murra chiamò questa cosa l'"arcipelago verticale", e si tratta di un'ipotesi confermata da successivi studiosi. Nonostante alcune parti della teoria siano criticate da qualcuno, è diventato il modello economico accettato riguardo alle Ande Centrali di quel tempo. Tra le opere di Murra si trovano The Economic Organization of the Inca State (1956), Cloth and its Functions in the Inca State (1962), e El mundo andino: población, medio ambiente y economía (2002). Dopo essersi ritirato dall'insegnamento lavorò presso il MuseoNazionale di Etnografia di La Paz, in Bolivia. Morì nella sua casa di Ithaca, New York, nel 2006. Note Collegamenti esterni Studiosi degli Inca
Il micrometro () è un calibro ad alta precisione, con sensibilità tipica del centesimo di millimetro. Sono tuttavia presenti anche micrometri cinquantesimali. Esso è in grado di effettuare misure di esterni, interni e profondità, ma per ciascuna di tali misure esiste una forma specifica e anche nell'ambito della stessa tipologia ciascuno strumento ha un campo di misura limitato. Il nome dello strumento deriva dal prefisso micro, normalmente utilizzato per indicare un sottomultiplo pari ad un milionesimo. Il principio di funzionamento è basato sull'avanzamento di una vite che spinge un cilindro mobile contro uno fisso, tra cui viene posto l'oggetto da misurare. Una scala graduata solidale alla vite è suddivisa in tacche, in modo che si possano apprezzare le frazioni di passo della vite stessa. Se per esempio la vite avanza di un millimetro ad ogni giro e la scala è suddivisa in cento parti, la sensibilità dello strumento sarà di un centesimo di millimetro. Una seconda scala solidale all'albero fisso rispetto alla vite consente di determinare i multipli di passo e quindi la misura macroscopica. Sebbene il "calibro Palmer" sia propriamente adatto a misure di "esterni", esistono versioni di micrometri adatti per altre misure, come diametri interni e profondità di fori. Storia I primi esperimenti per la realizzazione di uno strumento che permettesse la misura delle distanze astronomiche mediante il telescopio risalgono agli inizi del XVII secolo, come quello ideato da Galileo Galilei per misurare la distanza dei satelliti gioviani. Il primo micrometro a vite fu realizzato da William Gascoigne nel 1640 come miglioramento rispetto al calibro Vernier e usato per la misura delle distanze stellari e il calcolo della parallasse con un telescopio. Successivamente Jean-Laurent Palmer lo perfezionò e ne ridusse le dimensioni. Caratteristiche metrologiche I comuni micrometri presentano campi di misura piuttosto corti (tipicamente 25 mm) e raramente grandi aperture (fino a 400 mm), ottenibili però solamente con particolari limitazioni (vedi sotto "generalità strutturali"). Normalmente i micrometri montano una vite con passo di mezzo millimetro e la scala della bussola graduata in cinquanta parti, pertanto la risoluzione tipica della misura è 0,01 mm. Strutturando gli strumenti in maniera diversa, si possono raggiungere risoluzioni di 0,001 mm per strumenti meccanici e di 0,01-0,001 mm per strumenti elettronici. Incidenza della forza di serraggio Il serraggio di un oggetto con un dispositivo a vite può produrre forze di compressione notevoli. In un uso scorretto, un micrometro può provocare: danneggiamento dell'oggetto da misurare; danneggiamento dello strumento di misura; variazioni delle dimensioni dell'oggetto da misurare, e conseguentemente errori nella misura. Per evitare questi accadimenti i micrometri sono dotati di frizioni che limitano la forza applicabile. Si aggiunga che per misure di materiali relativamente soffici, oltre alla limitazione della forza applicabile, è necessario standardizzare la forza applicata, in modo da rendere le misure riproducibili. Nei micrometri, la regolazione standard delle relative frizioni è di 1 kg forza. Struttura di un micrometro per esterni Il micrometro Palmer (vedi foto) è costituito essenzialmente da un arco (frame) di acciaio fucinato o di ghisa, alle cui estremità sono situati due cilindretti coassiali, uno fisso (incudine - anvil) e uno mobile (asta di misurazione - spindle). L'incudine viene fissata in modo solidale all'arco. A volte dispone di un attacco filettato che ne facilita la sostituzione in caso di danneggiamento o usura. All'altro capo dell'arco è fissata coassialmente una controbussola (sleeve), filettata internamente, nella quale viene imboccata l'asta di misurazione, anch'essa filettata. All'estremità esterna dell'asta di misurazione è fissato un tamburo (thimble), anch'esso coassiale, e graduato sul bordo interno. Agendo sul tamburo, si può avvitare l'asta di misurazione sulla controbussola, e così avvicinare la sua estremità interna all'incudine, al limite, arrivando a battuta. Ad ogni giro di tamburo, corrisponde un avvicinamento o un allontanamento pari al passo della vite. Normalmente, i micrometri vengono realizzati con filettature passo 0,5 mm, pertanto ogni giro avvicina o allontana l'asta all'incudine di questa misura. Una scala graduata realizzata all'esterno della controbussola (scala fissa), permette (utilizzando come indice il bordo interno del tamburo) di leggere i millimetri d'apertura del micrometro. Nel caso di un micrometro con passo vite "0,5", la scala presenterà gradazioni di 0,5 mm. La rotazione del tamburo di una frazione di giro, corrisponde ad uno spostamento di pari frazione del passo vite. La scala realizzata sul bordo interno del tamburo, permette (utilizzando come indice la scala fissa) di leggere le frazioni di giro, e di conseguenza spostamenti più piccoli del passo vite. Normalmente, la graduazione sul tamburo conta 50 divisioni, realizzando così una scala con una risoluzione da 0,01 mm (nel caso di passo vite 0,5). Uso del micrometro per esterni Per utilizzare lo strumento: collocare il pezzo da misurare tra i rebbi (le estremità libere dell'incudine e dell'asta), avendo cura di pulire eventuali detriti che falserebbero la misura; avvitare il tamburo utilizzando il nottolino (o la ghiera) della frizione (che impedisce di applicare un momento torcente eccessivo) fino a 'serraggio'; leggere sulla scala fissa la componente maggiore, in genere i millimetri o mezzi millimetri, e sulla scala del tamburo le frazioni centesimali. Quando necessita effettuare misure impegnative (per numero o per accuratezza), torna utile l'utilizzo di basi per micrometri, che, mantenendo lo strumento bloccato, lascia libere le mani per manovrare comodamente l'oggetto da misurare e il tamburo del micrometro. Azzeramento del micrometro Con l'utilizzo, lo zero della graduazione può non corrispondere alla battuta tra i due rebbi. La cosa è facilmente verificabile: alla temperatura operativa (tipicamente 20 °C) si puliscono accuratamente i rebbi da olio e polvere e si va a serrare senza interporre nulla tra asta e incudine. Qualora ci si trovasse di fronte ad un micrometro ad ampia apertura, viene normalmente fornito un calibro fisso (referenza) di dimensione nominale pari alla misura inferiore del campo di misura. Esempio: con un micrometro da 75-100mm dispone di un calibro fisso da 75mm. Le referenze possono assumere diverse forme: a disco, realizzato con diametro pari al valore nominale; a cilindretto, realizzato di lunghezza pari al valore nominale; a cilindretto raggiato, simile al precedente, ma con facce raggiate invece che piane. Calibrazione del micrometro Qualora lo strumento risulti starato, si può calibrare agendo fisicamente sul micrometro. Spesso, il micrometro viene fornito con una chiavetta adatta allo scopo. Per sfruttare la massima precisione ottenibile dallo strumento, è importante che la calibrazione avvenga in un ambiente a temperatura controllata. Questo è dovuto al fatto che il metallo di cui sono fatti sia lo strumento, sia il blocchetto di riferimento, si espande man mano che la temperatura aumenta. Tipicamente le case manifatturiere riportano specifiche valide a 20 °C. Le modalità per attuare questa operazione dipendono da come sono costruiti i micrometri. Normalmente si può effettuare in due modi: variando la posizione relativa tra tamburo e asta. In questo caso il tamburo è avvitato sull'asta, e bloccato da una ghiera. Sbloccando la ghiera si può avvitare (o svitare) il tamburo fino a riazzerare la sua gradazione. variando la posizione della controbussola (conseguentemente la scala fissa) rispetto al corpo. In questo caso è la controbussola che può essere avvitata o svitata rispetto al corpo del micrometro. Qualunque metodologia si debba usare per la calibrazione, è necessario preventivamente: serrare i rebbi usando la frizione (eventualmente usando la relativa referenza). bloccare l'asta con il freno. Struttura di un micrometro di profondità I micrometri di profondità sono una variante del micrometro Palmer, strutturati per rilevare la profondità di una cava o un gradino. I micrometri di profondità (vedi foto) hanno il dispositivo di lettura identico ai micrometri per esterni, ma sono privi di arco e incudine. Dispongono invece di un corpo con una superficie rettificata perpendicolare all'asse dell'asta (ponticello). Questa fa da piano di riferimento della scala e da punto d'appoggio, da posizionare e portare a "battuta": a - sul piano di riferimento a cavallo della cava; b - sul piano di riferimento presso l'orlo dello scalino. In breve, si utilizza in questo modo: si ritrae il più possibile l'asta di misurazione; si poggia la superficie del ponticello sulla superficie esterna di riferimento della cava; ci si assicura che l'asta sia oltre il bordo della superficie, sopra la cava di cui misurare la profondità; agendo sulla bussola si fa calare l'asta fino alla prossimità del fondo; agendo sulla frizione si manda a contatto il rebbio sul fondo della cava; si blocca l'asta con il freno; infine si effettua la misura. Struttura di un micrometro per interni I micrometri per interni sono un'altra variante del micrometro Palmer, strutturati per misurare una larghezza di un "interno" pezzo, o più comunemente un diametro di un foro. Anche questi micrometri hanno il dispositivo di lettura identico a quello descritto per i micrometri per esterni, ma differiscono per il sistema di rilievo quote. Privi di arco e incudine, il corpo è costituito da un cilindro coassiale alla controbussola del dispositivo di lettura. All'interno, un'asta comanda dei tastatori che fuoriescono radialmente rispetto all'asse dello strumento. I tastatori possono essere dei cilindretti piani, dei cilindretti raggiati o delle semisfere. Per le particolarità costruttive di questi tipi di micrometri, il loro campo di misura è in genere molto piccolo. I micrometri per interni si suddividono essenzialmente in micrometri a 2 punti, dotati di due tastatori disposti radialmente a 180°, necessari per la misurazione di quote interne su cave o fori non cilindrici; micrometri a 3 punti, dotati di tre tastatori disposti radialmente a 120°, utili per l'ottimale centraggio in cave cilindriche, ma inutili per cave di forme differenti. Uso del micrometro a contatto espandibile Per utilizzare lo strumento: regolare il tamburo in modo da ritrarre i tastatori per il diametro più piccolo che lo strumento è in grado di misurare; introdurre lo strumento nella cava (o nel foro) dov'è la quota da misurare; avvitare il tamburo utilizzando il nottolino della frizione fino a battuta con superfici da misurare; leggere sulla scala fissa la componente maggiore e sulla scala del tamburo le frazioni centesimali Micrometri digitali Come per i calibri, di recente sono stati introdotti micrometri a visualizzazione digitale. In questo tipo di micrometri, sul corpo viene montato un indicatore elettronico digitale che rileva lo spostamento dell'asta di misurazione. I display, alimentati da comuni batterie a bottone, sono normalmente realizzati con una risoluzione 0,001 mm. Come per i calibri, gli indicatori possono disporre di numerose funzioni: azzeramento della lettura in un punto arbitrario; settaggio arbitrario di una quota; collegamento seriale con un PC, per poter automatizzare le misure. Generalità strutturali La realizzazione di grandi micrometri presenta alcuni problemi comuni: difficoltà nella realizzazione di lunghe ed accurate filettature micrometriche; difficoltà nella realizzazione di corpi di grande dimensione, precisi, rigidi e termicamente stabili; peso elevato; scarsa praticità nella movimentazione di lunghe viti. Pertanto i micrometri presentano campi di misura piuttosto corti (tipicamente 25 mm) e raramente grandi aperture (fino a 400 mm). Comuni sono le serie con campi di misura 0-25 mm, 25-50 mm, 50-75 mm, 75-100 mm, 100-125 mm, 125-150mm. Per aggirare queste difficoltà, esistono anche micrometri che dispongono di aste intercambiabili di diversa lunghezza, che pur avendo sempre corse di 25 mm, permettono di fare misure da 0 a 150 mm, e oltre. Nei micrometri è sempre presente un dispositivo di bloccaggio (freno - lock-nut) che blocca l'asta rispetto al corpo. Si aziona tramite un anello o una levetta, e funziona applicando una forte frizione sull'asta di misurazione. Generalmente utilizzato per trasformare il micrometro in calibro fisso, ha la sua ragione d'esistenza nell'operazione d'azzeramento del micrometro. Nota: l'utilizzo come calibro fisso, e/o del freno per 'bloccare' la misura è improprio, e può comportare all'usura eccessiva dei rebbi. Un altro dispositivo sempre presente è la frizione. Come già descritto, il suo uso è indispensabile per prevenire danneggiamenti e/o misure errate. Generalmente assume la forma di una ghiera zigrinata o di un nottolino montati sul tamburo, che scatta quando la forza applicata supera 1 kg forza, impedendo al tamburo di continuare a muoversi. Costruttivamente viene realizzata con una dentiera disinnestabile, una vera frizione o con un salterello a molla. I tamburi e le controbussole sono normalmente realizzate in acciaio inossidabile trattato superficialmente in modo da renderlo satinato, così da evitare riflessi abbaglianti di luce durante la lettura delle scale. Per assicurare una lettura corretta, i rebbi vengono spianati a specchio tramite lappatura, ossia viene garantita una rugosità superficiale di molto inferiore alla precisione dello strumento. Inoltre il materiale viene indurito con trattamenti termici, in modo da ridurne l'usura e l’indentazione. Note Altri progetti Collegamenti esterni In questa pagina è possibile esercitarsi nell'uso del micrometro centesimale. Misuratori di distanze
Il ponte Saint-Pierre (Pont Saint-Pierre in francese) è un ponte stradale che attraversa la Garonna nella città di Tolosa, in Occitania. Il ponte è stato realizzato nel 1987 per sostituire un precedente ponte sospeso. Storia La costruzione del primo ponte sulla Garonna in questa posizione risale al 1852. Si trattava di un ponte in legno a pedaggio, la cui costruzione era già stata programmata nel 1836, necessario per permettere il passaggio degli animali provenienti dalle campagne e diretti al mercato del bestiame. Il ponte fu danneggiato da una alluvione del 1855 e presto ricostruito. Anche il nuovo ponte si rivelò inadatto a resistere alle inondazione e fu distrutto nella grande alluvione del 25 giugno 1875. Due anni dopo, nel 1877, fu aperto alla circolazione un nuovo ponte, realizzato come ponte sospeso. Tale ponte divenne di proprietà della città di Tolosa nel 1904, quando fu abolito il pedaggio richiesto per attraversarlo. Negli anni '20 del XX secolo il ponte iniziò a rivelarsi inadatto a sostenere il traffico automobilistico e tra il 1927 e il 1931 fu a sua volta sostituito da un nuovo ponte sospeso in acciaio, che utilizzò gli stessi appoggi del ponte precedente. La costruzione, il collaudo e l'inaugurazione del nuovo ponte furono documentati dal fotografo originario di Tolosa Louis Albinet. Le foto di Albinet sono state rese pubbliche dagli archivi comunali di Tolosa in concomitanza con alcuni lavori di ristrutturazione che hanno avuto luogo nel 2016. Negli anni 1980 il ponte sospeso del 1931 iniziò a mostrare segni di cedimento. Si decise quindi di sostituire il ponte con una struttura completamente nuova. Il nuovo ponte, non più sospeso ma sorretto da una travatura a traliccio in acciaio, è stato realizzato in 14 mesi tra il 1986 e il 1987 e inaugurato il 14 novembre 1987. Descrizione Il ponte Saint-Pierre attraversa la Garonna nella città di Tolosa, collegando Piazza Saint-Pierre, in sponda destra, con il quartiere Saint Cyprien, dove si trova l'Hôpital Saint Joseph de la Grave con la sua caratteristica cupola, in sponda sinistra. Si trova tra il Pont des Catalans, verso valle, e il Pont Neuf, il ponte più antico di Tolosa essendo stato terminato nel 1632, verso monte. Il ponte è costituito da 5 campate, la maggiore della quali ha una luce di 55 metri, e copre una lunghezza complessiva di 240 metri. L'impalcato, di 13,2 metri di larghezza, è realizzato in calcestruzzo e ospita due corsie stradali, una per senso di marcia, e un marciapiede pedonale in corrispondenza di ciascuno dei lati esterni. L'impalcato è sorretto da una struttura reticolare in acciaio che poggia su 4 piloni in calcestruzzo. Grazie anche al suo impianto di illuminazione è uno dei soggetti più fotografati della città. Note Altri progetti Collegamenti esterni Ponti di Tolosa Ponti sulla Garonna
Lista dei Papi venerati dalla Chiesa cattolica come santi (82), beati (11), venerabili (1) e servi di Dio (2), ordinati cronologicamente per date di pontificato (aggiornamento al 4 settembre 2022, data dell'ultima variazione). Papi santi I secolo II secolo III secolo IV secolo V secolo VI secolo VII secolo VIII secolo IX secolo Nessun papa del X secolo è stato proclamato santo. XI secolo XII secolo XIII secolo Nessun papa del XIV e del XV secolo è stato proclamato santo. XVI secolo Nessun papa del XVII, del XVIII e del XIX secolo è stato proclamato santo. XX secolo Papi beati Attualmente nessun papa dei primi dieci secoli è venerato come beato. XI secolo XII secolo XIII secolo XIV secolo Nessun papa del XV e del XVI secolo è stato proclamato beato. XVII secolo Nessun papa del XVIII secolo è stato proclamato beato. XIX secolo XX secolo Papi venerabili Soltanto nel XX secolo abbiamo un papa che è stato dichiarato venerabile. XX secolo Papi servi di Dio Abbiamo solo 2 papi che portano il titolo di servo di Dio. XVIII secolo XIX secolo Papi venerati
In tutto il Salento numerose sono le masserie risalenti per lo più al XVI, XVII e XVIII secolo: questo è l'elenco ufficiale di tutte le masserie fortificate censite della provincia di Lecce: Masseria Fortificata Torre Casciani in agro di Ugento Masseria Fortificata Melcarne con Torre Colombaia di Surbo Masseria De Li Manca o Limanca da cui prende il nome l'omonima zona/quartiere di Surbo Masseria Scaeddhe o Schiavelle con annessa Cappella di Surbo Masseria Gelsorizzo con Torre Colombaia di Acquarica del Capo Masseria Timuerra di Campi Salentina Masseria Fortificata Li Pampuli con Torre Colombaia di Carmiano Masseria Colarizzo Torre Lapillo Porto Cesareo Masseria Fortificata Colombo di Acquarica del Capo Masseria Fortificata Baroni di Acquarica Del Capo Masseria Fortificata Turceto con Torre Colombaia di Cannole Masseria Fortificata Palamita di Castrignano del Capo Masseria Fortificata Insarti di Cavallino Masseria Fortificata La Torre di Copertino Masseria Fortificata Montisani con Torre Colombaia di Galatina Masseria Fortificata Torre Pinta di Galatina Masseria Fortificata Corillo di Galatone Masseria Fortificata Quattro Macine di Giurdignano Masseria Fortificata Paladini Piccoli con Torre Colombaia di Lecce Masseria Fortificata Monacelli di Lecce Masseria Fortificata Gianpaolo di Lecce Masseria Fortificata Coccioli con Torre Colombaia di Lecce Masseria Fortificata Mendule con Torre Colombaia di Lecce Masseria Fortificata Mele di Lecce Masseria Fortificata Mosca di Lecce Masseria Fortificata Specchia Mezzana di Lecce Masseria Fortificata Zundrano di Lecce Masseria Fortificata Nova di Borgagne a Melendugno Masseria Fortificata Sbotta di Borgagne a Melendugno Masseria Fortificata Porcaccini di Borgagne a Melendugno Masseria Fortificata Carleo di Melendugno Masseria Fortificata Incioli di Melendugno Masseria Fortificata Giudice Giorgio di Nardò Masseria Fortificata Termide di Nardò Masseria Fortificata Console di Nardò Masseria Fortificata Abate Cola di Nardò Masseria Fortificata Ascanio di Nardò Masseria Fortificata Trappeto con Torre Colombaia di Nardò Masseria Fortificata Donna Menga di Nardò Masseria Fortificata Santa Chiara di Nardò Masseria Fortificata Ogliastro di Nardò Masseria Carignano Piccolo e torre fortificata di Nardò Masseria Fortificata Nucci di Nardò Masseria Fortificata Sciogli di Nardò Masseria Fortificata Torre Nova di Nardò Masseria Fortificata Dell'Alto di Nardò Masseria Fortificata Carignano Grande e Torre Colombaia di Nardò Masseria Fortificata Pantalei di Nardò Masseria Fortificata La Casarana di Presicce Masseria Fortificata del Feudo di Presicce Masseria Fortificata Tunna di Presicce Masseria Fortificata Ospina di Racale Masseria Fortificata Borgini di Salve Masseria Fortificata Don Cesare di Salve Masseria Fortificata De Li Fani o Del Fano di Salve Masseria Fortificata De Li Pali di Salve Masseria Fortificata De Santu Lasi di Salve Masseria Fortificata Gian Ferrante di Ugento Masseria Fortificata Vecchia di Ugento Masseria Fortificata Mammalia di Ugento Masseria Fortificata Cristo di Gemini a Ugento Masseria Fortificata Torre Vecchia di Gemini a Ugento Masseria Fortificata Favarella di Vernole Masseria Fortificata Coviello di Acquarica di Lecce a Vernole Masseria Fortificata Le Cesine di Vernole Masseria Fortificata Ghietta di Lecce Masseria Fortificata Pietro de Noha di Vanze di Acaya a Vernole Masseria Fortificata Epifani di Melendugno Masseria di Santa Eufemia a Tricase Masseria Fortificata De Li Scafazzi o Simone di Salve Masseria Fortificata Prufìchi di Salve Masseria Fortificata di Pescoluse De Lu Purginu a Salve Masseria Fortificata De La Palummara di Salve Masseria Fortificata L'Aparo Valentini di Salve Masseria Fortificata De Li Spriculizzi di Salve Masseria Fortificata De La Serrazza di Salve Masseria Fortificata De Terramascia di Salve Masseria Fortificata Giannelli di Salve Masseria Fortificata De Le Gnizze di Salve Masseria Fortificata Rauccio di Lecce Masseria Fortificata Zanzara o Sazzara di Leverano Masseria Fortificata Corsari di Villaggio Resta a Nardò Masseria Fortificata Rodogaleta di Nardò Masseria Fortificata di Monte Agnone a Nardò Masseria Fortificata Manieri d'Arneo di Pittuini Arneo a Leverano Masseria Fortificata di Porto Gaio a Gallipoli Masseria Fortificata di Moriggi a Nardò Masseria Fortificata Ròssina di Lido Conchiglie a Gallipoli Masseria Fortificata di San Mauro a Gallipoli Masseria Fortificata Mosca di Chiesa Nuova a Gallipoli Masseria Fortificata Cassero di Acquarica di Lecce a Vernole Masseria Fortificata Casina dei Cari di Ugento Masseria Fortificata del Doganiere di Galatina Masseria Fortificata Cippano di Capo d'Otranto ad Otranto Masseria Fortificata Carleo di Santa Foca a Melendugno Masseria Fortificata Ingegna di Porto Cesareo Masseria Fortificata Bellanova a Nardò Masseria Fortificata Bellanova a Nardò Masseria Fortificata Li Quarti a Galatina Voci correlate Castelli del Salento Masseria Collegamenti esterni Architetture della provincia di Lecce Architetture del Salento Masserie della Puglia Liste di architettura
Cadidavid o Ca' di David è una frazione del comune di Verona. Il quartiere è abitato da 7.844 persone. La frazione è attraversata dal canale Giuliari che all'ingresso dell'abitato cambia nome prendendo quello di canale Milani, un sistema di convogliamento delle acque dell'Adige, a scopo idroelettrico, che alimenta la centrale Sorio, nel Comune di San Giovanni Lupatoto. Storia La prima traccia del paese può essere fatta risalire al 1251, in un codice infatti viene menzionata la Domus illorum de Davijs. Vengono inoltre riportati alcuni nomi degli abitanti locali: su tutti spiccano Gerardo De Davijs Et Belobono Eius Filius, a cui verranno intitolate in seguito due vie cittadine. Cessato come comune autonomo per regio decreto del 1927, divenne Frazione del Comune di Verona rappresentato in loco da un delegato del sindaco fino al 1978, quando entrò a far parte della Quinta Circoscrizione del Comune di Verona denominata appunto Borgo Roma - Ca'di david. Toponimo L'agglomerato nasce nel Medioevo come Casa dei Davi (Domus Daviorum) in quanto il primo insediamento nel territorio venne fatto dalla famiglia Davi. Successivamente, intorno al XV secolo, venne aggiunta una d finale per cui il centro divenne Cadidavid. Il nome del paese come Davi (senza d finale) fu utilizzato negli scritti ad uso civile e religioso e nelle mappe catastali fino al 1792. Nel 1473 si iniziò invece ad utilizzare il termine David, utilizzato nell'ambito civile solo dopo il 1792; è chiamato in lingua veneta come Ca' di Dai (o Ca i Dai), facendo cadere la v, come in molte parole venete. Monumenti religiosi Chiesa parrocchiale di S. Giovanni Battista L'attuale edificio della chiesa, in stile neoclassico è di epoca recente, terminata nel 1852, sul luogo dell'antico cimitero ormai in disuso. La precedente parrocchiale, il cui campanile fu abbattuto nel 1958, risaliva al 1496. La chiesa attuale è a navata unica con ampio transetto sormontato da una leggera cupola, accanto alla chiesa si trova il campanile, costruito nel 1903 su progetto dell'ingegner Guglielmi, che prevedeva una struttura lineare interrotta da tre loggiati, l'ultimo dei quali, rimasto incompiuto, completato da una cuspide sorretta da colonne corinzie. Nel campanile sono ospitate nove grosse Campane alla veronese in tonalità di Si bemolle. All'interno della chiesa si possono trovare alcuni preziosi tesori artistici come la Visita di Maria a Santa Elisabetta, di Domenico Brusasorzi, la Madonna del Rosario di Sante Creara e la Discesa dello Spirito Santo di Paolo Farinati, datata in apposita epigrafe 1603. Note Voci correlate Borgo Roma Verona Collegamenti esterni Cadidavid
Fuoco fatuo è un film del 1963 diretto da Louis Malle. Il soggetto è tratto dal romanzo Fuoco fatuo (Le feu follet) di Pierre Drieu La Rochelle. Trama Distrutto dall'alcol e da una vita in cui non riesce più a riconoscersi, Alain programma il proprio suicidio. Si concede ancora una possibilità, alla ricerca di un motivo per andare avanti, un percorso che compie nei suoi ultimi due intensi giorni di vita, cercando nei ricordi, nelle vecchie amicizie che non ritrova, in uno stile di vita che non gli appartiene più, superato dal tempo e dal peso di un'esistenza ormai inadeguata. Alain sembra essere stato abbandonato dalla sua stessa vita, cerca di comunicare con un mondo che gli riserva solo disprezzo o compassione, cerca di comunicare con se stesso attraverso questo mondo che invece lo rifiuta, che gli propone come unica alternativa un cambiamento impossibile. Somiglianza con il film "Il Bell'Antonio", di Vitaliano Brancati. Quattro mesi di terapia non possono aver cambiato così tanto gli ex amici. Egli ha una latente bisessualità che lo confonde fino a perdere la comunicazione e il senso della vita stessa. Assai intensi i dialoghi-monologhi del protagonista e una Parigi in bianco e nero, fatta di scorci, di volti, di pioggia, di auto. Riconoscimenti XXIV Mostra di Venezia Leone d'argento Commento al film Vi è un elemento autobiografico in questo quinto film di Louis Malle. Rampollo di una famiglia borghese della Francia del Nord, alla soglia dei 30 anni, dopo un lungo periodo trascorso in dissolutezze notturne, all'insegna dell'alcol e di occasionali incontri amorosi, era giunto a interrogarsi, come il protagonista del film, sul senso di restare "...immerso nell'adolescenza...una promessa e anche una menzogna...Ero io il bugiardo". A dispetto di alcune irruzioni del quotidiano (come gli accenni alla guerra di Algeria o la processione dei volti dei passanti davanti al bar all'Odéon, che evoca un mal di vivere esistenzialista), la regia di Malle conserva un rigore classico e autonomia nei confronti dei modelli narrativi della Nouvelle vague, caratterizzati da fratture e discontinuità. Il suicidio finale - soggetto peraltro abbastanza ostico da portare sullo schermo agli inizi degli anni sessanta - è già inscritto nell'inizio, con il protagonista, uno splendido Maurice Ronet (dandy nella vita, come nel film) che armeggia con la sua pistola di ex ufficiale mentre, nella sua camera della clinica per alcolisti, lunghi piani sequenza raccontano, con oggetti e fotografie, della sua storia. Le conversazioni coi vecchi amici, i racconti delle follie giovanili, il commento di una compagnia di omosessuali non lasciano intravedere altra soluzione a questo disperato viaggio nel passato. A chi accusava il film di falsità, proprio a partire dalla sua insistenza su un'unica, disperata tonalità narrativa, François Truffaut rispondeva: "...se Ronet fosse stato qualche volta aggressivo o odioso, la nostra adesione sarebbe stata più completa e il film, invece di essere semplicemente commovente, sarebbe stato realmente lacerante...Tutti i comici conoscono il riso per ripetizione, esiste anche il patetico per ripetizione; è il più interessante. Grazie a questo Louis Malle ha messo a segno il suo miglior film". Note Collegamenti esterni Film drammatici Film diretti da Louis Malle Film basati su opere di narrativa
Il legamento crociato anteriore (), noto in ambito medico con l'acronimo LCA o in quello inglese ACL, è uno dei quattro più importanti legamenti che costituiscono l'articolazione del ginocchio. È una struttura legamentosa, di forma allungata, collocata al centro del ginocchio, tesa fra tibia e femore. La sua funzione è quella di stabilizzare l'articolazione, in collaborazione con il legamento crociato posteriore, con il quale va a formare il pivot centrale dell'articolazione. In particolare, la sua funzione primaria è quella di impedire lo spostamento in avanti della tibia rispetto al femore. Il nome è indicativo del caratteristico incrocio di questi con il legamento crociato posteriore all'altezza delle loro intersezioni sulla tibia. A causa della sempre maggiore importanza rivestita dall'attività sportiva, lesioni a carico del legamento crociato anteriore sono sempre più frequenti. Secondo una stima del 2011, nei soli Stati Uniti d'America, si contavano dai ai casi di lesioni all'anno, anche se alcune fonti giungono a stimare i casi in annui. Storia I primi studi compiuti sul legamento crociato anteriore, risalgono al 3000 a.C. nell'antico Egitto, ma è solo con Ippocrate di Coo che si ha la prima descrizione di una sublussazione del ginocchio causata da una lesione del legamento crociato anteriore. Galeno di Pergamo, approfondì nel II secolo d.C. i propri studi sul ginocchio, dando a questa struttura il nome di ligamenta cruciata genus. Anatomia del LCA Struttura Anatomicamente, il legamento crociato anteriore, è situato al centro del ginocchio, fra tibia e femore, ove forma con il legamento crociato posteriore il pivot centrale dell'articolazione, ovvero il perno centrale attorno cui ruota l'articolazione stessa. Questo, insieme al legamento collaterale mediale e al legamento collaterale laterale, garantisce la completa stabilità alla struttura. Il legamento crociato anteriore è collocato in sede intracapsulare ma extra-articolare, in quanto la membrana sinoviale forma una doccia a concavità posteriore che accoglie entrambi i legamenti crociati, che sono quindi a contatto con la superficie esterna della sinoviale ma al di fuori della cavità articolare. Origina dall'area triangolare anteriore dinnanzi all'eminenza intercondiloidea della tibia, subito avanti e lateralmente alla spina tibiale anteriore, con un attacco di forma ellittica lungo mediamente 17 millimetri e largo 11. Procede, poi, obliquamente verso l'alto con un andamento a spiroide di circa 110°, passando sotto al legamento trasverso, unendosi parzialmente al corno anteriore del menisco mediale, e finisce per inserirsi sul condilo laterale del femore con un attacco ovolare del diametro che varia dai 14 ai 16 millimetri. Dimensionalmente, il legamento crociato anteriore, ha una lunghezza, misurata dalla tibia al femore, variabile tra 31 a 39 millimetri, per una lunghezza media di 29,6 millimetri, mentre il diametro si attesta su una media di 11 millimetri. Esso è costituito da due fasci, uno antero-mediale che va ad inserirsi nella regione antero-mediale dell'inserzione tibiale ed uno postero-laterale, costituito dal resto del legamento. La prima risulta tesa in flessione, mentre la seconda risulta tesa in deflessione. Innervazione Il legamento crociato anteriore risulta particolarmente innervato e circa l'1,5% del suo volume è costituito da terminazione nervose. In particolar modo, all'altezza degli innesti ossei è possibile individuare fino a 4 tipi di recettori, ed infatti, una delle funzioni del legamento crociato anteriore - come si può vedere nell'apposito paragrafo - è propriocettiva. Vascolarizzazione Il principale apporto di sangue dei legamenti crociati nasce dall'arteria genicolata centrale. Funzione del LCA Come già accennato, il legamento crociato anteriore assolve le funzioni di: resistenza alla lussazione anteriore; resistenza alla lussazione mediale. In particolare, esso è responsabile di circa 86% della resistenza alla lussazione anteriore e di circa il 30% a quella mediale. Lesione del legamento crociato anteriore Il legamento crociato anteriore è spesso soggetto a lesioni. Soggetti particolarmente esposti al rischio di lesione sono gli sportivi. Una volta appurata la lesione del legamento, è necessaria una valutazione della stabilità dell'articolazione. Esistono due tipi di stabilità, quella attiva data dalla muscolatura dell'arto inferiore e dal controllo neuromuscolare della stessa e quella intrinseca, data appunto dall'integrità e dalle caratteristiche biochimiche e biomeccaniche del legamento stesso. Test di stabilità Le prove di stabilità in caso di sospetta lesione del legamento si effettuano prima sull'arto sano e poi su quello leso. I test più comuni sono il Lachmann test ed il cassetto anteriore (anterior drawer) in cui viene sottoposta manualmente una sollecitazione in senso anteroposteriore facendo dislocare la tibia dal femore. Il cassetto anteriore viene oggettivizzato e misurato con un artrometro KT 1000 (San Diego) Sernert N. Recenti modelli in mercato applicano una forza esercitata dalla macchina stessa che mantiene bloccato rispettivamente tibie e femore, sollecitazione massima di 250 decaNewton (GNRB). anche se quest'ultimo rimane il più usato nelle valutazioni che sempre più spesso vengono effettuati da kinesiologi e fisioterapisti sotto supervisione ortopedica. Le prove successive che incrementano di 50 daN vengono registrate e forniscono un grafico forza-spostamento che derivati forniscono anche la "slope" o pendenza, fornendo un ulteriore parametro di comparazione. Qualora venga ritenuto necessario intervenire chirurgicamente per ridare la stabilità passiva, non è sufficiente la suturazione del tessuto, ma è necessaria la completa sostituzione, attraverso diverse tecniche, che vanno dall'auto-impianto, con differenti sedi di prelievo, prelievo da cadavere o, infine, impianto di natura sintetica. Allo stato dell'arte, risulta difficile una valutazione sulla tecnica migliore fra queste, poiché ognuna di esse presenta vantaggi e svantaggi non trascurabili. Indicazioni sul trattamento pre-operatorio La fisioterapia prima dell'operazione chirurgica è sempre stata considerata essenziale per tutti i soggetti. In particolare è consigliato il controllo del dolore attraverso fisioterapia strumentale, elevazioni dell'arto per favorirne il drenaggio e mantenere il tono per quanto possibile. inoltre è consigliato un recupero della ROM (Range Of Motion) e della forza prima dell'operazione. Trattamento post-operatorio Le tecniche di riabilitazione post-operazione sono volte in primis a riprendere la mobilità in estensione e flessione. Si utilizzano tecniche di continuous passive motion (flesso-estensione meccanica), manuale passiva ed attiva. Le nuove tecniche chirurgiche ed i recenti studi internazionali hanno accorciato i tempi senza compromettere la stabilità del legamento De Carlo M, Armstrong B. Elevazione per sgonfiare l'arto, elettrostimolazione per favorire il ritorno venoso e migliorare la forza del quadricipite. È inoltre possibile iniziare a camminare con tutore e senza le stampelle salvo qualche eccezione. Nelle successive fasi, 18 giorni circa per atleti e 38 giorni per soggetti normali viene esercitata sempre più la forza del quadricipite e flessori attraverso esercizi in catena cinetica chiusa ed aperta. Note Voci correlate Legamento crociato posteriore Altri progetti Crociato anteriore
Biografia Wanda Bontà, rimasta orfana in giovane età, fu ospite di pensionati religiosi e laici per ragazze che lavoravano. Conseguita la licenza magistrale, diede dapprima lezioni private nel ruolo di assistente presso alcune colonie milanesi di periferia. Ebbe poi diversi impieghi (in particolare, aveva studiato da sé la stenografia), mentre la sera si dilettava a scrivere novelle e romanzi. Benché avesse iniziato tale attività ancora diciassettenne, non le fu facile trovare un editore, fino a quando nel 1927 la Libreria Editrice Milanese pubblicò il suo primo romanzo, La fatica di vivere, che per la sua delicata sensibilità riscosse un ampio successo di pubblico e di critica. L'autrice vi seppe fondere una ricca fantasia letteraria con le proprie esperienze di vita e di lavoro, dolorose e sofferte. Grazie alla popolarità così acquisita, poté dedicarsi in seguito esclusivamente alla narrativa, soprattutto rosa, e al giornalismo, collaborando con numerose riviste femminili. La sua iscrizione all'ordine dei giornalisti risulta datata 28 aprile 1937, ma già dal marzo di quell'anno figura come direttrice della nota rivista per ragazzi Intrepido. Nel 1938 esce il suo romanzo più noto, Signorinette, che conobbe anche una trasposizione cinematografica nel 1942, con la regia di Luigi Zampa (un film divenuto oggi ormai introvabile). Signorinette, considerato una sorta di Piccole donne italiano, vendette copie in un solo anno. Dopo la guerra, Wanda Bontà cominciò a lavorare per i settimanali a grande tiratura Grand Hotel e Intimità, della Casa editrice Cino Del Duca. Sul primo tenne anche una fitta rubrica di piccola posta, intitolata Filo d'oro, che fu molto seguita dalle lettrici. Wanda Bontà rimane tra le più prolifiche autrici di opere principalmente rivolte al pubblico femminile, ma non trascurò il mondo dei ragazzi. Pubblicò per esempio racconti a puntate e novelle su Il Monello e su Intrepido (prima Casa Editrice Moderna, poi Universo, Milano). Nei suoi scritti, sempre caldi e pieni di sentimento, un intreccio vario e interessante si trova unito ad un'analisi psicologica penetrante, ad un intuito profondo dell'animo umano. Vi è facile reperire un'impronta di vita reale vissuta, insieme ad una conoscenza profonda della personalità femminile, dall'adolescenza alla maturità. Opere pubblicate La fatica di vivere, Libreria Editrice Milanese, Milano, 1928 Paglietta, Vallardi, Milano, 1934 Una corsa in paradiso, Vallardi, Milano, 1934 Signorinette, Ed. Mani di Fata, Milano, 1938 (Mursia, Milano, 1969) Vivere in due - Diario di Clementina, Sonzogno, Milano, 1941 (pubblicato in precedenza su Grazia, Mondadori) Paura di amare, Sonzogno, Milano, 1941 Una moglie sola - Secondo diario di Clementina, Sonzogno, Milano, 1942 Una notte d'agosto, N. 159 della collana I Romanzi della Palma, Mondadori, Milano, 1942 (nello stesso anno 1942, il romanzo fu pubblicato pure in edizione non economica, in un volume fuori collana ancora di Mondadori) L'ombra sul fiore, Sonzogno, Milano, 1942 L'ora dell'amore, Sonzogno, Milano, 1942 Signorinette nella vita, Ed. Mani di Fata, Milano, 1942 (Mursia, Milano, 1969) Temporale sull'orto, Ed. Mani di Fata, Milano, 1942 (prima edizione: Milano, 1935) Lontano da te, Sonzogno, Milano, 1944 I cagnolini di Perlarosa: racconto allegro per i piccoli. Genio, Milano, 1944 Viaggio nell'azzurro, E.L.I. (Ed. Librarie Italiane - Soc. Ed. Cremona Nuova), Milano-Cremona, 1944 Lucciola, A. Tarantola, Milano, 1945 Era forse l'amore?, Sonzogno, Milano, 1945 Sei mesi d'amore, Ed. Mani di Fata, Milano, 1945 Il diario di una sposa, a puntate su Grand Hotel, Editoriale Universo, Milano (dal N. 1, 29.06.1946, al N. 34, 15.02.1947); successivamente in volumetto nel quindicinale Le Primule, N. 4 del 1948, Società Editrice Italiana, Milano Lo strano cuore di Nelly, Sonzogno, Milano, 1947 Via degli oleandri, Sonzogno, Milano, 1949 (pubblicato dapprima a puntate sulla rivista Lei, 1947) Il segreto di Marta Bergen, Sonzogno, Milano, 1950 (pubblicato dapprima a puntate sulla rivista Lei, 1948) Occhi d'ombra, Valsecchi, Milano, 1950 Amore nemico, Valsecchi, Milano, 1953 Amanti, Valsecchi, Milano, 1953 Bibliografia M. Gastaldi, Donne luce d'Italia, Milano, 1936 M. Bandini Buti, Poetesse e scrittrici, Roma, 1941-42 G. Carcano, Panorama biografico degli Italiani, Roma, 1956 M. Gastaldi e C. Scano, Dizionario delle scrittrici italiane contemporanee, Milano, 1957 Rachele Farina, Dizionario biografico delle donne lombarde: 568-1968, Baldini Castoldi Dalai, 1995 Altri progetti Collegamenti esterni Biografia e opere
La fossundecima (gen. Fossundecima) è un anellide estinto, appartenente ai policheti. Visse nel Carbonifero medio (circa 320 milioni di anni fa). I suoi resti sono stati ritrovati in Nordamerica, nel ben noto giacimento di Mazon Creek (Illinois). Descrizione Questo piccolo anellide non raggiungeva i 5 centimetri di lunghezza, e possedeva un corpo corto e piuttosto largo. I segmenti erano relativamente pochi se raffrontati con quelli degli altri policheti. Il capo era dotato di tre corte antenne e quattro lunghi cirri a forma di tentacoli. Le mascelle avevano una caratteristica forma triangolare, con un bordo interno dentellato. I parapodi erano biramati, e possedevano un corto ciuffo di setole su ogni ramo. Classificazione La fossundecima appartiene ai policheti, una classe di anellidi attualmente molto diffusa nei mari. L'ordine a cui appartiene questo animale, i fillodocidi (Phyllodocida), è ancora ben rappresentato e nel Carbonifero era già piuttosto diffuso (Didontogaster, Hystriciola, Astreptoscolex, Dryptoscolex). La specie più nota di Fossundecima è F. koneckniorum, proveniente da Mazon Creek. Stile di vita La fossundecima era un polichete predatore, che probabilmente si cibava di una grande varietà di minuscoli animali. Alcuni esemplari conservano al loro interno i resti di piccoli invertebrati come gli ostracodi, ingeriti dall'animale in vita. Bibliografia Thompson, Ida 1979. Errant polychaetes (Annelida) from the Pennsylvanian Essex fauna of northern Illinois. Palaeontographica, Ser. A, 163(Lfg. 4-6): 169-199. Anellidi estinti
È il figlio adottivo del produttore di Bollywood Mehboob Khan, fondatore degli Mehboob Studios, in India. Carriera Sajid inizia a recitare da bambino comparendo nei panni della versione giovane del personaggio di Sunil Dutt nel film diretto dal padre Mehboob nel 1957 Mother India. Interpreterà un ruolo di maggiore importanza nel successivo (ed ultimo) film del padre Son of India nel 1962. Otterrà una discreta fama negli Stati Uniti recitando come co-protagonista insieme a Jay North nel film el 1966 Maya. Il successo del film lo porterà a recitare anche nella serie televisiva omonima trasmessa sulla NBC dal settembre 1967 al febbraio 1968. Ha intrapreso anche una breve carriera di cantante nel 1969, pubblicando l'album Sajid. Khan è anche comparso nella serie televisiva The Big Valley e dopo essere comparso in una manciata di film durante gli anni settanta ed i primi anni ottanta, ha recitato per l'ultima volta nel 1983 nel film Heat and Dust di Merchant-Ivory. Altri progetti Collegamenti esterni Attori bambini indiani
Biografia Quando Minhea "il Cattivo" venne cacciato dalla Valacchia, suo figlio Mircea condivise il suo destino. Dopo l'assassinio di Minhea (Sibiu, 1510), Mircea divenne un esule. Riparato in Transilvania, tra il 1512 ed il 1521 tentò di strappare il trono di Valacchia agli usurpatori della famiglia Craiovești, combattendo contro Basarab V Neagoe. Risolse alla fine di allearsi all'Impero ottomano, così si portò alla corte del Bey di Nicopoli, Mehmet Mihaloglou, protettore dei Craiovești. Nell'ottobre del 1521, Mihaloglu e Mircea attaccarono la Valacchia per contendere il trono lasciato vacante dalla morte di Teodosio di Valacchia al cugino di Mircea, Radu V de la Afumați, ma vennero sconfitti. Mircea sparisce a questo punto dalle cronache ufficiali. Sposatosi nel 1519 con la principessa serba Maria Despina, Minhea ebbe una nutrita discendenza: Miloș Voda, professore presso la scuola patriarcale di Costantinopoli, morto il 20 febbraio 1577; Alexandru II Mircea, nato nel 1529, principe di Valacchia; Vlad; Mihnea; Petru Șchiopul, nato nel 1534, principe di Moldavia. Bibliografia Matei Cazacu, Dracula. La vera storia di Vlad III l'Impalatore, Milano, 2006, ISBN 88-04-55392-8. Voci correlate Drăculești Principi di Valacchia Drăculeşti
Il suo mandato coincise con l'ascesa dell'impero sasanide come grande potenza dell'Asia centrale. Era figlio di Ahmad ibn-i Asad e discendente di Saman Khoda, l'eponimo antenato della dinastia samanide che rinunciò allo zoroastrismo e abbracciò l'islam. Contesto storico I Samanidi erano originari di Balkh, circostanza che suggerisce che provenissero dalla regione della Battriana. La famiglia stessa diceva di discendere dal casato di Mehrān, una delle sette grandi nobili discendenze dell'Iran durante l'epoca preislamica sasanide. Tuttavia, è probabile che di trattasse di un semplice tentativo di nobilitare il proprio lignaggio. È probabile che discendessero in realtà dagli Eftaliti, una delle tribù che viveva nell'Asia centrale nell'Alto Medioevo, dato che una delle loro monete riprende lo stile eftalita piuttosto che quello sasanide. A prescindere da ciò, la famiglia reale samanide parlava e promuoveva l'impiego del persiano, oltre ad impiegare molti dei titoli burocratici pre-islamici, probabilmente al fine di rimarcare implicitamente il legame con l'impero sasanide. Biografia Primi anni Ismail nacque a Farghana nell'849: era figlio di Ahmad ibn Asad e aveva un fratello di nome Nasr I, che salì al trono samanide nell'864/865. Durante il regno di Nasr, a Ismail fu ordinato di assumere il controllo di Bukhara, che versava in pessime condizioni per via delle frequenti razzie messe in atto dalle tribù nomadi in Corasmia. Gli abitanti della città accolsero con favore Ismail, immaginando che potesse finalmente portare della stabilità. Subito dopo, un disaccordo nato sul come distribuire il denaro delle tasse causò un litigio tra Nasr e Ismail; ne seguì una lotta da cui il secondo ne uscì vittorioso. Sebbene detenesse de facto il potere dell'impero, non rovesciò mai formalmente suo fratello, che rimase invece a Bukhara. Una simile decisione avvenne perché Nasr era stato colui al quale il califfo aveva conferito l'investitura formale della Transoxiana; agli occhi del califfo, Nasr era l'unica autorità legittima della regione. In un siffatto scenario, i Saffaridi del Sistan cominciarono a vantare delle pretese territoriali sulla Transoxiana; il rovesciamento di Nasr avrebbe fornito ai Saffaridi un pretesto per scatenare un'invasione. Ismail continuò quindi a riconoscere formalmente Nasr come sovrano fino alla morte di quest'ultimo nell'agosto 892, momento in cui assunse ufficialmente il potere. Regno Consolidamento del potere in Transoxiana e Khorasan Ismail decise innanzitutto di espandere la sua autorità a nord e ad est, ampliando costantemente l'influenza samanide e consolidando il suo controllo su altre aree tra cui Kirman, Sistan e Kabul. Ismail riuscì a stabilire uno sviluppo economico e commerciale e organizzò un potente esercito. Le fonti riferiscono che rese la sua capitale Bukhara «una delle città più gloriose dell'Islam», poiché Ismail attirò nella regione studiosi, artisti e dottori di legge. La prima traduzione del Corano in persiano fu completata proprio durante il dominio samanide. La teologia sunnita riscosse grande fortuna durante il regno di Ismail, considerata la costruzione di numerose moschee e madrasse. Nell'893, Ismail espugnò la città di Talas, la capitale dei turchi Qarluq, facendo suoi un gran numero di schiavi e bestiame. Inoltre, una chiesa nestoriana venne convertita in una moschea. Pose pure fine al principato di Ushrusana, estendendo il controllo dei Samanidi sul fiume Syr Darya. Ismail e altri sovrani samanidi convertirono all'Islam numerosi abitanti e ben 30.000 tende di turchi giunsero a pregare seguendo i dettami del nuovo credo. Durante il suo regno, Ismail soggiogò numerose entità politiche regionali a est, incorporandone alcuni direttamente all'interno dei suoi confini e mantenendo i governanti locali di altri come vassalli. La Corasmia a nord appariva divisa; la parte meridionale rimase autonoma sotto i suoi governanti afrighidi, mentre quella settentrionale rimase amministrata da un funzionario samanide. Un'altra campagna avviata nel 903 assicurò ulteriormente i confini samanidi. Queste campagne preservarono il cuore del suo Stato al sicuro dalle incursioni dei turchi e consentirono ai missionari musulmani di espandere il numero di proseliti nella regione. Anche dopo la morte di suo fratello Nasr, il governo di Ismail a Bukhara non fu formalmente riconosciuto dal califfo. Di conseguenza, lo stesso sovrano saffaride ʿAmr ibn al-Layth chiese al califfo Al-Muʿtaḍid l'investitura della Transoxiana. Quest'ultimo, tuttavia, inviò a Ismail una lettera esortandolo a combattere ʿAmr ibn al-Layth e i Saffaridi, considerati dallo stesso alla stregua di usurpatori. Nella lettera, il califfo si dichiarava pronto a considerare Ismail il legittimo sovrano del Khorasan. Tale passaggio ebbe un profondo effetto su Ismail, poiché si convinse definitivamente a opporsi ai Saffaridi. Le due parti ingaggiarono battaglia a Balkh, nell'Afghanistan settentrionale, durante la primavera del 900. Al momento dello scontro, Ismail appariva in notevole inferiorità numerica, in quanto disponeva di 20.000 cavalieri contro i 70.000 di Amr. I cavalieri di Ismail erano mal equipaggiati, con la maggior parte delle staffe di legno mentre alcuni non avevano scudi o lance. La cavalleria di Amr-i Laith, invece, era dotata di armi e armature efficienti. Nonostante i feroci combattimenti, Amr fu catturato quando alcune delle sue truppe cambiarono schieramento e si unirono a Ismail. Ismail avrebbe voluto chiedere un riscatto ai Saffaridi, ma questi rifiutarono, così inviò 'Amr dal califfo, che biasimò la condotta di 'Amr nella vicenda e cedette a Ismail il Khorasan, il Tabaristan, Rey ed Esfahan. Conquista dell'Iran settentrionale Ismail decise di approfittare della concessione del califfo inviando un esercito nel Tabaristan, che era controllato dagli Zaydidi facenti capo a Muhammad ibn Zayd. Quest'ultimo incontrò con i suoi guerrieri l'armata samanide ostile guidata Muhammad ibn Harun al-Sarakhsi a Gorgan e, nella battaglia che ne seguì, prevalsero i Samanidi, con Muhammad che fu gravemente e fatto prigioniero. Egli morì il giorno successivo, ovvero il 3 ottobre 900 (o ad agosto secondo Abu'l-Faraj). Il suo cadavere venne decapitato e la sua testa inviata a Ismail alla corte samanide di Bukhara. Poiché anche il figlio di Muhammad ed erede designato Zayd fu catturato e inviato a Bukhara, i principali nobili zaydidi accettarono di nominare quale loro sovrano il figlio neonato di Zayd, al-Mahdi, ma ciò causò dissidi tra gli aristocratici: uno di essi si proclamò a favore degli Abbasidi e le sue truppe attaccarono e massacrarono i sostenitori avversi. Al contempo, i Samanidi approfittarono della situazione e si assicurarono il controllo della provincia. La conquista dei Samanidi portò alla restaurazione del sunnismo nella provincia. Tuttavia, il generale di Ismail Muhammad ibn Harun si ribellò di lì a poco, costringendo Ismail a inviare un esercito sotto suo figlio Ahmad II e il cugino Abu'l-Abbas Abdullah nella Persia settentrionale nel 901, incluso il Tabaristan, costringendo Muhammad a cercare asilo nel Daylam. L'esercito samanide riuscì anche a conquistare diverse altre città, tra cui Rey e Qazvin, sebbene i successivi governanti persero il territorio a causa dei Daylamiti e dei Curdi. Ismail investì dunque suo cugino Abu'l-Abbas Abdullah governatore del Tabaristan. Sebbene Ismail avesse continuato a inviare doni al califfo, come era consuetudine, non rese né omaggio né contribuì versando il gettito fiscale. Egli agì pertanto a tutti gli effetti come un sovrano indipendente, sebbene non avesse mai adottato alcun titolo superiore a quello di emiro. Morte Colpito da una malattia che lo tormentò per tutti gli ultimi anni della sua vita, Ismail morì il 24 novembre 907 e gli successe suo figlio Ahmad II. Ismail donò enormi quantità di bottino e ricchezze ad altri e non tenne nulla per sé, meritandosi post mortem il titolo onorifico di "l'[emiro] acuto" (māḍī). Rilevanza storica Ismail è conosciuto nella storia come un generale competente e un forte sovrano; molte racconti a relativi sono stati realizzati da autori sia persiani sia arabi. Grazie alle sue campagne portate a termine nel nord, il suo impero si rivelò così ben protette dalle incursioni nemiche che le difese di Bukhara e Samarcanda non trovarono praticamente impiego. Tuttavia, questo evento in seguito ebbe delle conseguenze; alla fine della dinastia, le antiche mura solide e ridotte dal tempo in stato fatiscente mancarono molto ai Samanidi, che furono costantemente attaccati dai Karakhanidi e da altri nemici con facilità. Secondo uno storico di Bukhara che realizzò il suo scritto nel 943, Ismail: Il celebre studioso Nizam al-Mulk, nella sua famosa opera, il Libro del Governo (Siyasat-nama), disse di Ismail: Con la fine della parentesi sovietica in Asia centrale, l'eredità di Ismail venne riscoperta e riabilitata. La valuta del Tagikistan, il somoni, deve il nome da Ismail, il quale è riportato sulla parte anteriore della banconota da 100. Inoltre, la vetta più alta del Tagikistan (prima dell'intera vecchia Unione Sovietica) prende il nome da Ismail. Il monte era precedentemente conosciuta come "picco di Stalin" e "picco del Comunismo", ma successivamente la denominazione è mutata in picco Ismail Samani. Note Bibliografia Voci correlate Picco Ismail Samani Somoni tagiko Altri progetti Collegamenti esterni Samanidi
La chiesa di Santa Cristina a Pisa e dedicata a santa Cristina di Bolsena si trova sul Lungarno Gambacorti. Storia Intitolata inizialmente a San Bartolomeo, assunse il nome attuale nel 1028 quando vi furono traslate le reliquie di Santa Cristina. È documentata dall'VIII secolo, ma le strutture absidali esterne inferiori risalgono al X-XI secolo. Fu distrutta da un'alluvione nel 1115 e ricostruita nel 1118. Dal XIII al XVI secolo fu di pertinenza dei Canonici del Duomo. Il 1º aprile 1375 in questa chiesa santa Caterina da Siena ricevette le Sacre Stigmate, pregando davanti ad un crocifisso: da esso scesero cinque raggi verso le mani, i piedi e il cuore. Il crocifisso nel 1565 fu trasferito a Siena e fu in seguito appositamente edificata la chiesa del Crocifisso, nel Santuario di Santa Caterina, dove si trova ancora oggi, al suo posto è stata collocata una copia ottocentesca. Nella chiesa di santa Cristina l'evento miracoloso è ricordato sul portale: S. Catharina virgo senesis hic recepit stigmata Christi, e da un dipinto di Domenico Passignano collocato a destra dell'altare maggiore. Fu restaurata nelle forme attuali nel 1816 su progetto di Francesco Riccetti, che costruì anche il campanile. Nel 1854, nel progetto di allargamento del lungarno Gambacorti, la posizione di sbieco della chiesa risultava di forte contrasto per l'armonia dei palazzi sul lungarno secondo il progetto di Lanfranco Mei. Salvata dalla proposta di una totale demolizione, fu deciso di rettificare la canonica affacciata sul fiume, provvedendo anche a regolarizzare le finestre della canonica in modo da farla apparire un palazzo signorile simile agli altri circostanti. Descrizione All'interno, ad aula unica con copertura lignea, si conservano resti delle decorazioni murali monocrome neoclassiche ottocentesche, una Madonna col Bambino su tavola del XIV secolo, una tela di inizio Seicento del Passignano (Santa Caterina riceve le stimmate) con una rara immagine seicentesca dei lungarni pisani di tramontana e la copia ottocentesca del Crocifisso di scuola pisana (XII secolo) davanti al quale santa Caterina da Siena ricevette le stimmate nel 1375 (originale trasferito nel 1565 nel Santuario della Santa a Siena). All'esterno la facciata, color terracotta, presenta elementi architettonici decorativi bianchi a contrasto: due coppie di lesene sorreggono idealmente il frontone sovrastante. Il portale è sormontato da un oculo. Della chiesa romanica rimane la parte absidale, decorata da coppie di archetti ciechi su semicolonne nella parte inferiore. Note Bibliografia Maria Luisa Ceccarelli Lemut, Marco Manfredi e Stefano Renzoni, Pisa e le sue chiese dal medioevo ad oggi, Pacini, 2013, ISBN 978-88-6315-591-4. Maria Luisa Ceccarelli Lemut, Stefano Sodi, La chiesa di Pisa dalle origini alla fine del Duecento. Pisanorum ecclesia specialis sancte Romane Ecclesie filia, ETS, 2017. Altri progetti Collegamenti esterni Cristina Pisa Chiese romaniche della Toscana
Ovino va in città (Sheep in the Big City) è una serie televisiva animata statunitense del 2000, creata da Mo Willems. Segue le avventure di una pecora di nome Ovino mentre è in fuga alla ricerca di una nuova vita nella "Grande Città", dove cerca di evitare un'organizzazione militare segreta. La serie presenta anche diversi sketch e cortometraggi non correlati, oltre ad avere un'enfasi sull'umorismo sofisticato (in particolare, letterale), utilizzando diverse forme di retorica dai personaggi alle trame e includendo riferimenti comici al cinema e alla televisione. Al tempo, il debutto di Ovino va in città è stato il più apprezzato per una serie originale di Cartoon Network. L'episodio pilota Si comincia beeene è stato presentato per la prima volta come parte del Cartoon Cartoon Summer di Cartoon Network il 18 agosto 2000, prima del suo debutto ufficiale con la prima stagione della serie. La serie è stata trasmessa per la prima volta negli Stati Uniti su Cartoon Network dal 17 novembre 2000 al 7 aprile 2002, per un totale di 20 episodi ripartiti su due stagioni. In Italia è stata trasmessa su Cartoon Network dal 19 ottobre 2001. Trama La serie, interamente narrata, racconta le avventure di Ovino, una pecora come tante, che un giorno decide di trasferirsi in una città strampalata abitata da innumerevoli bizzarri personaggi. Qui, però, Ovino deve stare attento al Generale Specifico, che vuole catturarlo per inserirlo in un'arma segreta ad energia ovina. Episodi Personaggi e doppiatori Personaggi principali Ovino (in originale: Sheep), voce originale di Kevin Seal, italiana di Davide Lepore. Il protagonista della serie, è una pecora. Lascia la fattoria del fattore Jon per andare a vivere in città. Nella puntata di fine prima stagione dedicata ai sogni, Ovino si rivela un diabolico individuo capace di parlare. Generale Specifico (in originale: General Specific), voce originale di Kevin Seal, italiana di Gerolamo Alchieri. Nemico di Ovino, tenta sempre di catturarlo per utilizzarlo come fonte di energia per una micidiale arma segreta. In più circostanze, specialmente nella seconda stagione, rivela alcuni aspetti del proprio carattere piuttosto ambigui: Specifico è un uomo comico e burlesco e nonostante i suoi continui fallimenti non si arrende mai, ma è anche egoista, immaturo ed incapace di rendersi conto dei momenti più disperati nei quali è coinvolto suo malgrado, come nell'episodio in cui Ovino viene ingigantito erroneamente e la città è minacciata da un'inondazione, una meteora ed un vulcano in eruzione. Soldato Dietro Front (in originale: Private Public), voce originale di James Edmund Godwin, italiana di Neri Marcorè. Assistente e braccio destro del Generale Specifico, per quanto anche lui intenzionato a catturare Ovino tende ad essere un po' più realista contrariamente al suo superiore, tanto da dovergli ricordare spesso il motivo della sua presenza. È molto empatico e lo dimostra quando, nella seconda stagione, incontra suo padre, Generale Dietro Front, che prima lo mette in imbarazzo e successivamente, in qualche modo, lo fa crescere. Personaggi ricorrenti Scienziato Arrabbiato (in originale: The Angry Scientist), voce originale di Mo Willems, italiana di Oreste Rizzini. Lo scienziato che lavora per il Generale Specifico, inventa e progetta spesso le nuove armi dell'esercito, per mettere i bastoni tra le ruote a Ovino. Il generale più volte lo chiama Scienziato Pazzo, mandandolo su tutte le furie e senza mai imparare la lezione nel tempo. Fattore John (in originale: Farmer John), voce originale di James Edmund Godwin. Il proprietario della fattoria in cui Ovino è nato ed è vissuto fino a quando non è partito per la città. Non è ben chiaro quanto sia travagliato il rapporto tra i due; probabilmente Ovino prova un certo disagio nel ripensare alla vita in fattoria per via della presenza del generale Specifico e non sa come farlo capire al fattore, tuttavia non ha mostrato ingratitudine quando quest'ultimo è riuscito più volte a salvarlo. L'ampolloso Gigione (in originale: The Ranting Swede), voce originale di Kevin Seal, italiana di Roberto Draghetti. Un personaggio presente solo alla fine di ogni puntata, si lamenta sempre di cose poco inerenti con la serie, tenendo lunghi discorsi insensati. In una circostanza è stato sostituito dall'ampolloso Gigino, probabilmente ancora più superficiale di Gigione. Lady Virginia Sperpero (in originale: Lady Virginia Richington), voce originale di Ruth Buzzi (ep. pilota) e Stephanie D'Abruzzo. Una ricchissima signora che indossa una parrucca metallica, spesso utilizzata impropriamente come oggetto contundente. Odia Ovino e tutte le pecore in generale. In più occasioni si è dimostrata in buoni rapporti con il Generale Specifico, tanto da aver contribuito ad una campagna elettorale per eleggere quest'ultimo come sindaco della città. Snobbina (in originale: Swanky the Poodle), voce originale di Stephanie D'Abruzzo. La barboncina rosa della quale è proprietaria Lady Sperpero e che vive una storia d'amore con Ovino. Rosa Dispettosa (in originale: Lisa Rental), voce originale di Stephanie D'Abruzzo, italiana di Letizia Ciampa. Una bambina terribile, vorrebbe possedere un cucciolo tutto suo ma è violenta e pericolosa. Crede che Ovino sia un cane, ma forse arriva ad intuirne la specie proprio durante la seconda stagione. Ben Plotz, voce originale di Ken Schatz, italiana di Nicola Marcucci. Si tratta di un tizio con gli occhiali che fa da voce narrante e anello di congiunzione tra le varie scene. Il Regista Elettronico (in originale: The Plot Device), voce originale di Stephanie D'Abruzzo. Un androide femmina che fornisce molto spesso spigolature e sistemi, uniti alle invenzioni dello Scienziato Arrabbiato, da adoperare per cercare di catturare Ovino. Generale Specifico, da che nella prima stagione sembra essere orgoglioso della sua presenza, in seguito pare mostrare un senso di indifferenza nei suoi confronti e crede, nella seconda stagione, che Soldato Dietro Front se ne senta attratto, tanto da invitarlo con violenza a sposarlo. Generale Lee Indegno (in originale: General Lee Outrageous), voce originale di Joey Mazzarino. Il cugino di Generale Specifico, è un individuo esaltato e perennemente intento al lato ludico e festaiolo di sé, oltre ad essere il rivale di quest'ultimo. Nella prima stagione lo si vede cercare di concorrere ad una rassegna per la migliore arma ad energia animale, fallendo comunque, mentre nella seconda trascina Ovino all'interno di una festa a tema disco '70/'80, che a sua volta si sposta nella base di Specifico, il quale viene estromesso immotivatamente. Soldato Avanti Marsch (in originale: Private Party). Assistente e braccio destro di Generale Lee Indegno, al di là della passione per le feste e il mondo della notte condivisa con il superiore non si sa molto di lui, tranne che abbia poco in simpatia Soldato Dietro Front. Victor, voce originale di Ken Schatz. Il venditore e portavoce dei prodotti della Ossimoro (Oxymoron), pubblicizzati tra un capitolo e l'altro di ogni puntata. E' egocentrico, insofferente, pedante, ossessivo, supponente, megalomane ed incurante dell'inutilità dei prodotti stessi, tanto da non rispondere mai agli interrogativi posti dalle persone durante gli spot, men che meno a se stesso. Solo in un paio di momenti ha dovuto arrendersi. Jay, voce originale di Ken Schatz. Un omino pacato assai dedito alla lettura. Appare ogni volta che Ovino si ritrova a leggere delle scritte sui cartelli. Conclude spesso i discorsi con una frase che sottolinea la propria passione ("Mi piace leggere" o "Leggere è educativo"). Episodio pilota Un episodio pilota intitolato Si comincia beeene è stato trasmesso negli Stati Uniti all'interno di The Cartoon Cartoon Show il 18 agosto 2000. In Italia l'episodio è stato reso disponibile negli extra del DVD Le Superchicche: il grande inganno, distribuito da Warner Home Video dal 2 ottobre 2001. Note Collegamenti esterni
Di seguito una lista di asteroidi dal numero 580001 al 581000 con data di scoperta e scopritore. 580001-580100 |- | 580001 - || || 14 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580002 - || || 11 settembre 2004 || Spacewatch |- | 580003 - || || 3 ottobre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580004 - || || 5 aprile 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580005 - || || 3 ottobre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580006 - || || 3 settembre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580007 - || || 12 agosto 2004 || Cerro Tololo |- | 580008 - || || 14 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580009 - || || 21 dicembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580010 - || || 1 dicembre 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 580011 - || || 10 febbraio 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580012 - || || 1 settembre 2013 || Sarneczky, K. |- | 580013 - || || 4 agosto 2003 || Spacewatch |- | 580014 - || || 17 gennaio 2007 || Spacewatch |- | 580015 - || || 11 novembre 2009 || Spacewatch |- | 580016 - || || 6 marzo 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580017 - || || 30 agosto 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580018 - || || 14 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580019 - || || 28 dicembre 2005 || Spacewatch |- | 580020 - || || 25 febbraio 2012 || Mount Lemmon Survey |- | 580021 - || || 22 dicembre 2008 || Spacewatch |- | 580022 - || || 3 maggio 2008 || Spacewatch |- | 580023 - || || 21 dicembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580024 - || || 12 novembre 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 580025 - || || 14 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580026 - || || 30 gennaio 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580027 - || || 2 aprile 2011 || Pan-STARRS 1 |- | 580028 - || || 14 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580029 - || || 12 maggio 2012 || Mount Lemmon Survey |- | 580030 - || || 30 gennaio 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580031 - || || 9 agosto 2013 || Spacewatch |- | 580032 - || || 1 ottobre 2005 || Spacewatch |- | 580033 - || || 4 luglio 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580034 - || || 14 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580035 - || || 13 maggio 2012 || Mount Lemmon Survey |- | 580036 - || || 29 novembre 2014 || CSS |- | 580037 - || || 6 dicembre 2010 || Mount Lemmon Survey |- | 580038 - || || 4 novembre 2014 || Mount Lemmon Survey |- | 580039 - || || 20 novembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580040 - || || 3 dicembre 2010 || Mount Lemmon Survey |- | 580041 - || || 16 dicembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580042 - || || 15 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580043 - || || 11 giugno 2012 || Pan-STARRS 1 |- | 580044 - || || 15 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580045 - || || 15 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580046 - || || 15 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580047 - || || 28 dicembre 2014 || Schwartz, M., Holvorcem, P. R. |- | 580048 - || || 15 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580049 - || || 15 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580050 - || || 28 ottobre 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580051 - || || 3 maggio 2008 || Spacewatch |- | 580052 - || || 26 novembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580053 - || || 9 ottobre 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580054 - || || 7 novembre 2007 || Spacewatch |- | 580055 - || || 15 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580056 - || || 25 dicembre 2005 || Spacewatch |- | 580057 - || || 15 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580058 - || || 3 febbraio 1997 || Spacewatch |- | 580059 - || || 18 ottobre 2009 || Mount Lemmon Survey |- | 580060 - || || 25 novembre 2005 || Spacewatch |- | 580061 - || || 18 dicembre 2009 || Mount Lemmon Survey |- | 580062 - || || 15 aprile 2007 || CSS |- | 580063 - || || 15 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580064 - || || 15 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580065 - || || 15 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580066 - || || 11 novembre 2001 || SDSS Collaboration |- | 580067 - || || 29 novembre 2014 || Spacewatch |- | 580068 - || || 2 novembre 2007 || Spacewatch |- | 580069 - || || 25 ottobre 2005 || Spacewatch |- | 580070 - || || 23 novembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580071 - || || 14 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580072 - || || 16 dicembre 2004 || Spacewatch |- | 580073 - || || 20 novembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580074 - || || 20 maggio 2012 || Mount Lemmon Survey |- | 580075 - || || 14 settembre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580076 - || || 15 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580077 - || || 6 ottobre 2012 || Rinner, C. |- | 580078 - || || 8 ottobre 2008 || Spacewatch |- | 580079 - || || 8 dicembre 2010 || Mount Lemmon Survey |- | 580080 - || || 5 gennaio 2006 || Spacewatch |- | 580081 - || || 25 novembre 2009 || Spacewatch |- | 580082 - || || 29 settembre 2009 || Mount Lemmon Survey |- | 580083 - || || 8 marzo 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580084 - || || 5 febbraio 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580085 - || || 20 aprile 2007 || Spacewatch |- | 580086 - || || 1 febbraio 2003 || NEAT |- | 580087 - || || 16 novembre 2014 || Mount Lemmon Survey |- | 580088 - || || 5 agosto 2008 || OAM Observatory |- | 580089 - || || 15 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580090 - || || 12 gennaio 2010 || CSS |- | 580091 - || || 28 novembre 2011 || Spacewatch |- | 580092 - || || 15 settembre 2006 || LINEAR |- | 580093 - || || 12 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580094 - || || 14 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580095 - || || 30 maggio 2003 || LINEAR |- | 580096 - || || 27 ottobre 2009 || Mount Lemmon Survey |- | 580097 - || || 31 marzo 2012 || Mount Lemmon Survey |- | 580098 - || || 14 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580099 - || || 15 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580100 - || || 15 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |} 580101-580200 |- | 580101 - || || 9 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580102 - || || 9 dicembre 2001 || Spacewatch |- | 580103 - || || 3 settembre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580104 - || || 14 giugno 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580105 - || || 22 novembre 2006 || CSS |- | 580106 - || || 16 marzo 2007 || Spacewatch |- | 580107 - || || 16 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580108 - || || 30 luglio 2001 || NEAT |- | 580109 - || || 2 ottobre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580110 - || || 14 dicembre 2006 || Spacewatch |- | 580111 - || || 8 gennaio 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580112 - || || 10 ottobre 2007 || Spacewatch |- | 580113 - || || 13 gennaio 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580114 - || || 10 settembre 2004 || Spacewatch |- | 580115 - || || 26 gennaio 1998 || Spacewatch |- | 580116 - || || 23 aprile 2004 || Spacewatch |- | 580117 - || || 26 novembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580118 - || || 8 febbraio 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580119 - || || 18 aprile 2007 || Mount Lemmon Survey |- | 580120 - || || 4 maggio 2008 || Spacewatch |- | 580121 - || || 1 febbraio 2011 || Sarneczky, K. |- | 580122 - || || 16 gennaio 2015 || Spacewatch |- | 580123 Gedek || || 8 settembre 2012 || M. Kusiak, M. Żołnowski |- | 580124 - || || 2 dicembre 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 580125 - || || 28 dicembre 2014 || Mount Lemmon Survey |- | 580126 - || || 18 novembre 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 580127 - || || 9 ottobre 2008 || Spacewatch |- | 580128 - || || 20 settembre 2003 || NEAT |- | 580129 - || || 11 novembre 2013 || Spacewatch |- | 580130 - || || 9 gennaio 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580131 - || || 4 settembre 2008 || Spacewatch |- | 580132 - || || 9 settembre 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580133 - || || 15 dicembre 2001 || SDSS Collaboration |- | 580134 - || || 29 luglio 2008 || Spacewatch |- | 580135 - || || 14 marzo 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580136 - || || 16 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580137 - || || 12 agosto 2013 || Oreshko, A. |- | 580138 - || || 13 febbraio 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580139 - || || 25 novembre 2013 || PMO NEO Survey Program |- | 580140 - || || 23 agosto 2003 || NEAT |- | 580141 - || || 16 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580142 - || || 16 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580143 - || || 20 gennaio 2012 || Spacewatch |- | 580144 - || || 23 settembre 2008 || Spacewatch |- | 580145 - || || 3 settembre 2005 || CSS |- | 580146 - || || 28 gennaio 2003 || NEAT |- | 580147 - || || 10 ottobre 2005 || Spacewatch |- | 580148 - || || 1 settembre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580149 - || || 13 gennaio 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580150 - || || 14 marzo 2007 || Mount Lemmon Survey |- | 580151 - || || 15 settembre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580152 - || || 27 dicembre 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 580153 - || || 30 agosto 2005 || NEAT |- | 580154 - || || 26 febbraio 2012 || Pan-STARRS 1 |- | 580155 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580156 - || || 7 ottobre 2005 || Mauna Kea |- | 580157 - || || 17 dicembre 2009 || Spacewatch |- | 580158 - || || 4 settembre 2008 || Spacewatch |- | 580159 - || || 6 gennaio 2010 || Mount Lemmon Survey |- | 580160 - || || 13 febbraio 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580161 - || || 9 marzo 2007 || Spacewatch |- | 580162 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580163 - || || 4 febbraio 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 580164 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580165 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580166 - || || 11 novembre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580167 - || || 25 novembre 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 580168 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580169 - || || 18 giugno 2012 || Mount Lemmon Survey |- | 580170 - || || 11 marzo 2005 || Spacewatch |- | 580171 - || || 14 marzo 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580172 - || || 25 dicembre 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 580173 - || || 28 ottobre 2008 || Spacewatch |- | 580174 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580175 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580176 - || || 18 gennaio 2015 || ESA OGS |- | 580177 - || || 14 settembre 2013 || Spacewatch |- | 580178 - || || 20 febbraio 2009 || Spacewatch |- | 580179 - || || 13 gennaio 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580180 - || || 9 febbraio 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580181 - || || 18 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580182 - || || 5 settembre 1999 || CSS |- | 580183 - || || 18 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580184 - || || 18 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580185 - || || 11 gennaio 2008 || Spacewatch |- | 580186 - || || 18 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580187 - || || 23 ottobre 2008 || Spacewatch |- | 580188 - || || 18 gennaio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580189 - || || 30 giugno 2008 || Spacewatch |- | 580190 - || || 28 ottobre 2008 || Spacewatch |- | 580191 - || || 18 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580192 - || || 5 dicembre 2010 || Mount Lemmon Survey |- | 580193 - || || 8 luglio 2003 || NEAT |- | 580194 - || || 31 dicembre 2005 || Spacewatch |- | 580195 - || || 9 ottobre 2010 || Mount Lemmon Survey |- | 580196 - || || 16 gennaio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580197 - || || 14 gennaio 2011 || Spacewatch |- | 580198 - || || 5 marzo 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580199 - || || 16 gennaio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580200 - || || 8 ottobre 2008 || Mount Lemmon Survey |} 580201-580300 |- | 580201 - || || 29 maggio 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580202 - || || 16 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580203 - || || 9 ottobre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580204 - || || 16 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580205 - || || 26 ottobre 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580206 - || || 21 dicembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580207 - || || 27 novembre 2014 || Mount Lemmon Survey |- | 580208 - || || 2 ottobre 2009 || Mount Lemmon Survey |- | 580209 - || || 17 novembre 2009 || Mount Lemmon Survey |- | 580210 - || || 21 novembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580211 - || || 1 marzo 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580212 - || || 1 maggio 2011 || Pan-STARRS 1 |- | 580213 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580214 - || || 18 agosto 2003 || AMOS |- | 580215 - || || 23 aprile 2007 || Mount Lemmon Survey |- | 580216 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580217 - || || 11 settembre 2001 || LINEAR |- | 580218 - || || 5 dicembre 2005 || Spacewatch |- | 580219 - || || 11 marzo 2007 || Mount Lemmon Survey |- | 580220 - || || 1 luglio 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580221 - || || 28 marzo 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580222 - || || 10 febbraio 2002 || LINEAR |- | 580223 - || || 3 novembre 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 580224 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580225 - || || 26 ottobre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580226 - || || 20 ottobre 2003 || Spacewatch |- | 580227 - || || 4 aprile 2011 || CSS |- | 580228 - || || 24 ottobre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580229 - || || 5 agosto 2008 || Siding Spring Survey |- | 580230 - || || 20 marzo 2007 || Spacewatch |- | 580231 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580232 - || || 12 marzo 2007 || CSS |- | 580233 - || || 4 novembre 2004 || Spacewatch |- | 580234 - || || 1 aprile 2003 || Cerro Tololo |- | 580235 - || || 26 agosto 2000 || Millis, R. L., Wasserman, L. H. |- | 580236 - || || 18 dicembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580237 - || || 8 luglio 2003 || NEAT |- | 580238 - || || 3 ottobre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580239 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580240 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580241 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580242 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580243 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580244 - || || 16 novembre 2009 || Spacewatch |- | 580245 - || || 23 ottobre 2003 || Spacewatch |- | 580246 - || || 14 maggio 2009 || Spacewatch |- | 580247 - || || 27 novembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580248 - || || 6 aprile 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580249 - || || 30 agosto 2005 || NEAT |- | 580250 - || || 15 settembre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580251 - || || 25 dicembre 2005 || Spacewatch |- | 580252 - || || 15 luglio 2013 || Mauna Kea |- | 580253 - || || 29 luglio 2000 || LONEOS |- | 580254 - || || 16 dicembre 2007 || Spacewatch |- | 580255 - || || 31 marzo 2011 || Pan-STARRS 1 |- | 580256 - || || 13 marzo 2010 || Spacewatch |- | 580257 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580258 - || || 20 novembre 2003 || Kitt Peak |- | 580259 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580260 - || || 19 aprile 2002 || Spacewatch |- | 580261 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580262 - || || 14 settembre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580263 - || || 11 ottobre 2001 || LINEAR |- | 580264 - || || 9 novembre 2009 || Spacewatch |- | 580265 - || || 12 settembre 2013 || CSS |- | 580266 - || || 9 marzo 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580267 - || || 3 ottobre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580268 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580269 - || || 27 aprile 2011 || Spacewatch |- | 580270 - || || 6 settembre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580271 - || || 17 giugno 2012 || Mount Lemmon Survey |- | 580272 - || || 24 ottobre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580273 - || || 30 settembre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580274 - || || 28 maggio 2009 || Mount Lemmon Survey |- | 580275 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580276 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580277 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580278 - || || 12 novembre 2001 || SDSS Collaboration |- | 580279 - || || 28 luglio 2005 || NEAT |- | 580280 - || || 9 dicembre 2010 || Mount Lemmon Survey |- | 580281 - || || 13 dicembre 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 580282 - || || 11 marzo 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 580283 - || || 12 settembre 2009 || ESA OGS |- | 580284 - || || 26 dicembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580285 - || || 5 ottobre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580286 - || || 4 gennaio 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580287 - || || 13 settembre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580288 - || || 23 agosto 2004 || Spacewatch |- | 580289 - || || 18 aprile 2012 || Mount Lemmon Survey |- | 580290 - || || 6 febbraio 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 580291 - || || 27 febbraio 2012 || Pan-STARRS 1 |- | 580292 - || || 18 gennaio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580293 - || || 8 maggio 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580294 - || || 10 dicembre 2009 || Mount Lemmon Survey |- | 580295 - || || 2 settembre 2005 || NEAT |- | 580296 - || || 18 gennaio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580297 - || || 21 novembre 2008 || Spacewatch |- | 580298 - || || 23 agosto 2004 || Spacewatch |- | 580299 - || || 28 luglio 2009 || Spacewatch |- | 580300 - || || 26 marzo 2007 || Spacewatch |} 580301-580400 |- | 580301 Aznarmacías || || 23 settembre 2014 || Hollands, M., Vaduvescu, O. |- | 580302 - || || 18 gennaio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580303 - || || 19 settembre 2009 || Spacewatch |- | 580304 - || || 11 febbraio 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580305 - || || 18 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580306 - || || 6 gennaio 2010 || Spacewatch |- | 580307 - || || 23 agosto 2003 || NEAT |- | 580308 - || || 18 settembre 2009 || CSS |- | 580309 - || || 12 febbraio 2002 || Spacewatch |- | 580310 - || || 1 settembre 2005 || Spacewatch |- | 580311 - || || 26 novembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580312 - || || 17 novembre 2009 || Mount Lemmon Survey |- | 580313 - || || 30 maggio 2012 || Mount Lemmon Survey |- | 580314 - || || 20 ottobre 2007 || Mount Lemmon Survey |- | 580315 - || || 28 gennaio 2011 || Spacewatch |- | 580316 - || || 10 dicembre 2009 || Mount Lemmon Survey |- | 580317 - || || 27 aprile 2012 || Pan-STARRS 1 |- | 580318 - || || 18 dicembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580319 - || || 25 novembre 2009 || Spacewatch |- | 580320 - || || 13 agosto 2012 || Pan-STARRS 1 |- | 580321 - || || 1 marzo 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580322 - || || 3 novembre 2014 || Mount Lemmon Survey |- | 580323 - || || 30 aprile 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580324 - || || 30 ottobre 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 580325 - || || 2 luglio 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580326 - || || 30 novembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580327 - || || 21 dicembre 2014 || Mount Lemmon Survey |- | 580328 - || || 14 gennaio 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580329 - || || 18 gennaio 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580330 - || || 25 ottobre 2001 || SDSS Collaboration |- | 580331 - || || 19 gennaio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580332 - || || 11 luglio 2007 || LUSS |- | 580333 - || || 21 febbraio 2007 || Mount Lemmon Survey |- | 580334 - || || 3 ottobre 2013 || Spacewatch |- | 580335 - || || 19 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580336 - || || 28 ottobre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580337 - || || 5 marzo 2011 || Spacewatch |- | 580338 - || || 7 ottobre 2005 || Spacewatch |- | 580339 - || || 19 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580340 - || || 19 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580341 - || || 24 novembre 2009 || Spacewatch |- | 580342 - || || 3 settembre 2013 || Hormuth, F. |- | 580343 - || || 18 aprile 2007 || Mount Lemmon Survey |- | 580344 - || || 2 dicembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580345 - || || 16 febbraio 2002 || NEAT |- | 580346 - || || 26 marzo 2011 || Spacewatch |- | 580347 - || || 1 settembre 2005 || NEAT |- | 580348 - || || 27 aprile 2011 || Spacewatch |- | 580349 - || || 24 aprile 2007 || Mount Lemmon Survey |- | 580350 - || || 19 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580351 - || || 29 novembre 2005 || Spacewatch |- | 580352 - || || 19 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580353 - || || 19 novembre 2009 || Mount Lemmon Survey |- | 580354 - || || 29 dicembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580355 - || || 4 febbraio 2003 || AMOS |- | 580356 - || || 20 dicembre 2009 || Mount Lemmon Survey |- | 580357 - || || 19 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580358 - || || 16 febbraio 2002 || NEAT |- | 580359 - || || 14 febbraio 2005 || Spacewatch |- | 580360 - || || 21 settembre 2003 || Spacewatch |- | 580361 - || || 14 novembre 2006 || Spacewatch |- | 580362 - || || 16 gennaio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580363 - || || 30 dicembre 2007 || Mount Lemmon Survey |- | 580364 - || || 3 ottobre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580365 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580366 - || || 3 ottobre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580367 - || || 25 agosto 2008 || Kocher, P. |- | 580368 - || || 24 settembre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580369 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580370 - || || 13 ottobre 2013 || Spacewatch |- | 580371 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580372 - || || 16 luglio 2004 || Cerro Tololo |- | 580373 - || || 16 giugno 2012 || Pan-STARRS 1 |- | 580374 - || || 23 marzo 2007 || Mauna Kea |- | 580375 - || || 26 gennaio 2011 || Spacewatch |- | 580376 - || || 29 marzo 2012 || Pan-STARRS 1 |- | 580377 - || || 26 novembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580378 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580379 - || || 24 ottobre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580380 - || || 15 agosto 2004 || Cerro Tololo |- | 580381 - || || 2 novembre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580382 - || || 24 ottobre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580383 - || || 19 settembre 2009 || Mount Lemmon Survey |- | 580384 - || || 9 marzo 2007 || Spacewatch |- | 580385 - || || 26 dicembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580386 - || || 13 gennaio 2011 || Spacewatch |- | 580387 - || || 10 maggio 2007 || Mount Lemmon Survey |- | 580388 - || || 22 giugno 2012 || Bickel, W. |- | 580389 - || || 20 gennaio 2015 || Spacewatch |- | 580390 - || || 28 gennaio 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580391 - || || 18 novembre 2009 || Spacewatch |- | 580392 - || || 8 gennaio 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580393 - || || 21 novembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580394 - || || 26 febbraio 2007 || Mount Lemmon Survey |- | 580395 - || || 6 settembre 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580396 - || || 29 marzo 2012 || Pan-STARRS 1 |- | 580397 - || || 5 dicembre 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 580398 - || || 20 maggio 2012 || Mount Lemmon Survey |- | 580399 - || || 29 aprile 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580400 - || || 12 maggio 2012 || Pan-STARRS 1 |} 580401-580500 |- | 580401 - || || 22 ottobre 2009 || Mount Lemmon Survey |- | 580402 - || || 26 ottobre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580403 - || || 20 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580404 - || || 31 marzo 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580405 - || || 24 settembre 2004 || Spacewatch |- | 580406 - || || 25 settembre 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580407 - || || 20 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580408 - || || 20 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580409 - || || 20 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580410 - || || 22 ottobre 2003 || Kitt Peak |- | 580411 - || || 23 settembre 2008 || Spacewatch |- | 580412 - || || 22 agosto 2004 || Spacewatch |- | 580413 - || || 5 marzo 2002 || SDSS Collaboration |- | 580414 - || || 6 luglio 2003 || Spacewatch |- | 580415 - || || 27 aprile 2012 || Mount Lemmon Survey |- | 580416 - || || 21 ottobre 2008 || Spacewatch |- | 580417 - || || 20 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580418 - || || 7 gennaio 2006 || Spacewatch |- | 580419 - || || 8 febbraio 2011 || Spacewatch |- | 580420 - || || 20 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580421 - || || 1 ottobre 2013 || Mottola, S., Proffe, G. |- | 580422 - || || 29 luglio 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580423 - || || 20 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580424 - || || 17 novembre 2009 || Mount Lemmon Survey |- | 580425 - || || 29 dicembre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580426 - || || 1 dicembre 2005 || Wasserman, L. H., Millis, R. L. |- | 580427 - || || 12 novembre 2010 || Mount Lemmon Survey |- | 580428 - || || 31 gennaio 2006 || Spacewatch |- | 580429 - || || 20 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580430 - || || 11 novembre 2013 || Spacewatch |- | 580431 - || || 2 aprile 2011 || Spacewatch |- | 580432 - || || 15 settembre 2007 || Spacewatch |- | 580433 - || || 2 gennaio 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580434 - || || 20 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580435 - || || 6 febbraio 2002 || Millis, R. L., Buie, M. W. |- | 580436 - || || 20 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580437 - || || 31 ottobre 2005 || Mauna Kea |- | 580438 - || || 14 aprile 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580439 - || || 13 ottobre 2004 || Cernis, K., Zdanavicius, J. |- | 580440 - || || 16 ottobre 2001 || NEAT |- | 580441 - || || 20 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580442 - || || 3 aprile 2011 || Pan-STARRS 1 |- | 580443 - || || 1 novembre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580444 - || || 23 gennaio 2006 || Spacewatch |- | 580445 - || || 20 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580446 - || || 20 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580447 - || || 12 settembre 2007 || Mount Lemmon Survey |- | 580448 - || || 11 febbraio 2004 || Spacewatch |- | 580449 - || || 26 agosto 2012 || Pan-STARRS 1 |- | 580450 - || || 12 maggio 2007 || Mount Lemmon Survey |- | 580451 - || || 26 aprile 2008 || Spacewatch |- | 580452 - || || 27 settembre 2009 || Mount Lemmon Survey |- | 580453 - || || 29 dicembre 2005 || Spacewatch |- | 580454 - || || 31 ottobre 2005 || Mauna Kea |- | 580455 - || || 17 agosto 2009 || CSS |- | 580456 - || || 23 gennaio 2006 || Spacewatch |- | 580457 - || || 1 dicembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580458 - || || 16 dicembre 2011 || PMO NEO Survey Program |- | 580459 - || || 19 giugno 2012 || ESA OGS |- | 580460 - || || 16 novembre 2009 || Mount Lemmon Survey |- | 580461 - || || 5 ottobre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580462 - || || 25 dicembre 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 580463 - || || 20 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580464 - || || 4 settembre 2008 || Spacewatch |- | 580465 - || || 1 ottobre 2013 || Spacewatch |- | 580466 - || || 20 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580467 - || || 27 febbraio 2012 || Pan-STARRS 1 |- | 580468 - || || 7 marzo 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580469 - || || 23 gennaio 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 580470 - || || 29 gennaio 2011 || Spacewatch |- | 580471 - || || 4 ottobre 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 580472 - || || 14 marzo 2007 || Mount Lemmon Survey |- | 580473 - || || 26 marzo 2011 || Spacewatch |- | 580474 - || || 20 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580475 - || || 9 novembre 2013 || Spacewatch |- | 580476 - || || 31 gennaio 2006 || Spacewatch |- | 580477 - || || 20 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580478 - || || 9 agosto 2004 || LONEOS |- | 580479 - || || 6 luglio 2003 || Spacewatch |- | 580480 - || || 7 gennaio 2006 || Spacewatch |- | 580481 - || || 1 novembre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580482 - || || 2 settembre 2008 || Spacewatch |- | 580483 - || || 6 agosto 2004 || NEAT |- | 580484 - || || 20 febbraio 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 580485 - || || 3 ottobre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580486 - || || 30 settembre 2003 || Spacewatch |- | 580487 - || || 1 settembre 2011 || Pan-STARRS 1 |- | 580488 - || || 23 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580489 - || || 10 febbraio 2007 || Mount Lemmon Survey |- | 580490 - || || 3 gennaio 2012 || Mount Lemmon Survey |- | 580491 - || || 14 dicembre 2006 || Spacewatch |- | 580492 - || || 19 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580493 - || || 8 settembre 2005 || Siding Spring Survey |- | 580494 - || || 28 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580495 - || || 8 settembre 2000 || Spacewatch |- | 580496 - || || 2 agosto 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580497 - || || 23 gennaio 2015 || CSS |- | 580498 - || || 9 gennaio 2006 || Spacewatch |- | 580499 - || || 29 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580500 - || || 20 agosto 2003 || NEAT |} 580501-580600 |- | 580501 - || || 26 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580502 - || || 28 settembre 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580503 - || || 11 marzo 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 580504 - || || 11 aprile 2010 || Mount Lemmon Survey |- | 580505 - || || 27 gennaio 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 580506 - || || 5 aprile 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580507 - || || 25 ottobre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580508 - || || 28 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580509 - || || 6 settembre 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580510 - || || 20 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580511 - || || 10 ottobre 2012 || Mount Lemmon Survey |- | 580512 - || || 23 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580513 - || || 30 gennaio 2011 || Spacewatch |- | 580514 - || || 24 agosto 2011 || Pan-STARRS 1 |- | 580515 - || || 31 gennaio 2009 || Mount Lemmon Survey |- | 580516 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580517 - || || 16 novembre 2009 || Mount Lemmon Survey |- | 580518 - || || 25 novembre 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 580519 - || || 22 dicembre 2005 || Spacewatch |- | 580520 - || || 17 gennaio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580521 - || || 5 ottobre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580522 - || || 17 gennaio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580523 - || || 21 novembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580524 - || || 8 dicembre 2010 || Mount Lemmon Survey |- | 580525 - || || 25 ottobre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580526 - || || 30 settembre 2003 || Spacewatch |- | 580527 - || || 29 novembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580528 - || || 24 ottobre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580529 - || || 3 ottobre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580530 - || || 5 maggio 2003 || Spacewatch |- | 580531 - || || 20 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580532 - || || 2 aprile 2011 || Pan-STARRS 1 |- | 580533 - || || 21 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580534 - || || 19 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580535 - || || 21 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580536 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580537 - || || 23 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580538 - || || 20 gennaio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580539 - || || 19 gennaio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580540 - || || 23 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580541 - || || 20 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580542 - || || 17 gennaio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580543 - || || 22 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580544 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580545 - || || 22 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580546 - || || 16 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580547 - || || 22 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580548 - || || 14 ottobre 2012 || ESA OGS |- | 580549 - || || 19 gennaio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580550 - || || 19 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580551 - || || 22 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580552 - || || 20 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580553 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580554 - || || 23 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580555 - || || 29 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580556 - || || 23 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580557 - || || 16 dicembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580558 - || || 14 dicembre 2007 || Mount Lemmon Survey |- | 580559 - || || 30 marzo 2008 || Spacewatch |- | 580560 - || || 13 febbraio 2010 || CSS |- | 580561 - || || 24 agosto 2003 || Cerro Tololo |- | 580562 - || || 26 marzo 2007 || Mount Lemmon Survey |- | 580563 - || || 14 settembre 2013 || Spacewatch |- | 580564 - || || 9 settembre 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580565 - || || 20 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580566 - || || 20 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580567 - || || 23 agosto 2003 || NEAT |- | 580568 - || || 26 marzo 2011 || Siding Spring Survey |- | 580569 - || || 27 dicembre 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 580570 - || || 28 novembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580571 - || || 5 febbraio 2011 || CSS |- | 580572 - || || 26 dicembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580573 - || || 9 gennaio 2006 || Spacewatch |- | 580574 - || || 31 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580575 - || || 2 dicembre 2005 || CSS |- | 580576 - || || 21 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580577 - || || 22 gennaio 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 580578 - || || 20 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580579 - || || 7 novembre 2005 || Mauna Kea |- | 580580 - || || 5 aprile 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580581 - || || 2 ottobre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580582 - || || 17 gennaio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580583 - || || 22 luglio 2004 || Mauna Kea |- | 580584 - || || 27 agosto 2005 || NEAT |- | 580585 - || || 24 ottobre 2005 || NEAT |- | 580586 - || || 3 giugno 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580587 - || || 21 novembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580588 - || || 23 novembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580589 - || || 24 gennaio 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580590 - || || 24 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580591 - || || 27 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580592 - || || 25 febbraio 2011 || Spacewatch |- | 580593 - || || 20 ottobre 2003 || Spacewatch |- | 580594 - || || 3 novembre 2004 || Spacewatch |- | 580595 - || || 27 gennaio 2006 || CSS |- | 580596 - || || 28 febbraio 2012 || Pan-STARRS 1 |- | 580597 - || || 5 febbraio 2011 || CSS |- | 580598 - || || 30 gennaio 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580599 - || || 30 aprile 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580600 - || || 5 marzo 2006 || Spacewatch |} 580601-580700 |- | 580601 - || || 2 settembre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580602 - || || 8 giugno 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580603 - || || 23 settembre 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580604 - || || 11 febbraio 2002 || Spacewatch |- | 580605 - || || 17 febbraio 2004 || Spacewatch |- | 580606 - || || 15 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580607 - || || 26 agosto 2012 || Holmes, R. |- | 580608 - || || 15 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580609 - || || 22 dicembre 2008 || Spacewatch |- | 580610 - || || 19 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580611 - || || 1 ottobre 2002 || LONEOS |- | 580612 - || || 1 novembre 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580613 - || || 11 febbraio 2004 || NEAT |- | 580614 - || || 21 settembre 2003 || Spacewatch |- | 580615 - || || 3 marzo 2009 || CSS |- | 580616 - || || 14 febbraio 2002 || Spacewatch |- | 580617 - || || 26 settembre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580618 - || || 3 ottobre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580619 - || || 1 ottobre 2011 || Sarneczky, K. |- | 580620 - || || 14 marzo 2010 || Spacewatch |- | 580621 - || || 13 ottobre 1999 || SDSS Collaboration |- | 580622 - || || 13 febbraio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580623 - || || 15 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580624 - || || 11 marzo 2005 || Spacewatch |- | 580625 - || || 22 aprile 2002 || Spacewatch |- | 580626 - || || 30 luglio 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580627 - || || 8 dicembre 2010 || Mount Lemmon Survey |- | 580628 - || || 21 agosto 2012 || Pan-STARRS 1 |- | 580629 - || || 2 aprile 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580630 - || || 17 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580631 - || || 9 novembre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580632 - || || 3 novembre 2004 || NEAT |- | 580633 - || || 14 febbraio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580634 - || || 14 febbraio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580635 - || || 13 febbraio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580636 - || || 10 novembre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580637 - || || 15 novembre 2011 || Pan-STARRS 1 |- | 580638 - || || 20 settembre 2011 || Pan-STARRS 1 |- | 580639 - || || 16 aprile 2007 || Mount Lemmon Survey |- | 580640 - || || 5 settembre 2008 || Spacewatch |- | 580641 - || || 4 gennaio 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580642 - || || 26 marzo 2007 || Mount Lemmon Survey |- | 580643 - || || 25 novembre 2005 || Spacewatch |- | 580644 - || || 28 novembre 2006 || Spacewatch |- | 580645 - || || 17 ottobre 2010 || Mount Lemmon Survey |- | 580646 - || || 3 ottobre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580647 - || || 14 gennaio 2011 || Spacewatch |- | 580648 - || || 1 aprile 2005 || Spacewatch |- | 580649 - || || 16 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580650 - || || 28 febbraio 2012 || Pan-STARRS 1 |- | 580651 - || || 22 gennaio 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 580652 - || || 11 marzo 2007 || Mount Lemmon Survey |- | 580653 - || || 4 ottobre 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 580654 - || || 4 marzo 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580655 - || || 21 aprile 2012 || Mount Lemmon Survey |- | 580656 - || || 4 febbraio 2005 || Spacewatch |- | 580657 - || || 4 settembre 2008 || Spacewatch |- | 580658 - || || 10 ottobre 2004 || Wasserman, L. H., Lovering, J. R. |- | 580659 - || || 24 ottobre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580660 - || || 29 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580661 - || || 2 aprile 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580662 - || || 27 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580663 - || || 28 maggio 2012 || Mount Lemmon Survey |- | 580664 - || || 21 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580665 - || || 12 ottobre 2009 || Mount Lemmon Survey |- | 580666 - || || 15 agosto 2009 || Spacewatch |- | 580667 - || || 10 febbraio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580668 - || || 5 marzo 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 580669 - || || 9 novembre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580670 - || || 16 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580671 - || || 20 ottobre 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580672 - || || 16 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580673 - || || 16 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580674 - || || 27 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580675 - || || 1 novembre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580676 - || || 16 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580677 - || || 8 ottobre 2013 || Spacewatch |- | 580678 - || || 30 aprile 2008 || Spacewatch |- | 580679 - || || 2 ottobre 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580680 - || || 8 ottobre 2008 || Spacewatch |- | 580681 - || || 3 dicembre 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580682 - || || 16 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580683 - || || 21 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580684 - || || 21 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580685 - || || 13 settembre 2013 || CSS |- | 580686 - || || 26 agosto 2012 || Spacewatch |- | 580687 - || || 20 ottobre 2006 || Wasserman, L. H. |- | 580688 - || || 18 settembre 2003 || Spacewatch |- | 580689 - || || 25 agosto 2003 || Cerro Tololo |- | 580690 - || || 16 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580691 - || || 31 ottobre 2008 || CSS |- | 580692 - || || 21 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580693 - || || 26 settembre 2008 || Spacewatch |- | 580694 - || || 1 maggio 2011 || Kocher, P. |- | 580695 - || || 7 gennaio 2010 || Spacewatch |- | 580696 - || || 4 marzo 2006 || Spacewatch |- | 580697 - || || 15 giugno 2009 || Mount Lemmon Survey |- | 580698 - || || 9 novembre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580699 - || || 29 gennaio 2009 || Spacewatch |- | 580700 - || || 20 aprile 2012 || Mount Lemmon Survey |} 580701-580800 |- | 580701 - || || 29 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580702 - || || 27 ottobre 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 580703 - || || 27 novembre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580704 - || || 27 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580705 - || || 24 novembre 2009 || Spacewatch |- | 580706 - || || 12 gennaio 2010 || Mount Lemmon Survey |- | 580707 - || || 29 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580708 - || || 17 novembre 2009 || Mount Lemmon Survey |- | 580709 - || || 14 ottobre 2013 || Spacewatch |- | 580710 - || || 16 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580711 - || || 21 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580712 - || || 26 dicembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580713 - || || 24 agosto 2000 || LINEAR |- | 580714 - || || 11 gennaio 2010 || Spacewatch |- | 580715 - || || 25 ottobre 2008 || Spacewatch |- | 580716 - || || 14 agosto 2012 || Pan-STARRS 1 |- | 580717 - || || 22 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580718 - || || 2 marzo 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580719 - || || 3 marzo 2006 || Kurosaki, H., Nakajima, A. |- | 580720 - || || 20 ottobre 2008 || Spacewatch |- | 580721 - || || 21 maggio 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580722 - || || 6 maggio 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580723 - || || 22 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580724 - || || 16 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580725 - || || 16 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580726 - || || 25 febbraio 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 580727 - || || 30 gennaio 2006 || Spacewatch |- | 580728 - || || 26 agosto 2012 || Pan-STARRS 1 |- | 580729 - || || 6 settembre 2008 || CSS |- | 580730 - || || 30 gennaio 2006 || Spacewatch |- | 580731 - || || 8 marzo 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 580732 - || || 9 gennaio 2007 || Mount Lemmon Survey |- | 580733 - || || 16 gennaio 2005 || Mauna Kea |- | 580734 - || || 14 novembre 2006 || Spacewatch |- | 580735 - || || 25 dicembre 2005 || Spacewatch |- | 580736 - || || 5 ottobre 2004 || Spacewatch |- | 580737 - || || 14 aprile 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580738 - || || 17 marzo 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 580739 - || || 12 settembre 2007 || Spacewatch |- | 580740 - || || 10 febbraio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580741 - || || 30 gennaio 2006 || Spacewatch |- | 580742 - || || 22 gennaio 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 580743 - || || 20 settembre 2008 || Spacewatch |- | 580744 - || || 22 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580745 - || || 28 dicembre 2005 || Spacewatch |- | 580746 - || || 25 settembre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580747 - || || 29 agosto 2000 || LINEAR |- | 580748 - || || 21 ottobre 2003 || Spacewatch |- | 580749 - || || 3 settembre 2008 || Spacewatch |- | 580750 - || || 24 agosto 2007 || Spacewatch |- | 580751 - || || 13 settembre 2012 || Mount Lemmon Survey |- | 580752 - || || 23 settembre 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580753 - || || 2 ottobre 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580754 - || || 18 marzo 2010 || Mount Lemmon Survey |- | 580755 - || || 31 gennaio 2006 || Spacewatch |- | 580756 - || || 26 settembre 2009 || Spacewatch |- | 580757 - || || 24 marzo 2011 || CSS |- | 580758 - || || 13 marzo 2011 || Spacewatch |- | 580759 - || || 26 marzo 2011 || Spacewatch |- | 580760 - || || 17 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580761 - || || 9 marzo 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580762 - || || 29 marzo 2011 || Spacewatch |- | 580763 - || || 5 settembre 2013 || Spacewatch |- | 580764 - || || 27 maggio 2012 || Mount Lemmon Survey |- | 580765 - || || 14 febbraio 2015 || CSS |- | 580766 - || || 27 gennaio 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 580767 - || || 21 maggio 2012 || Mount Lemmon Survey |- | 580768 - || || 21 gennaio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580769 - || || 23 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580770 - || || 23 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580771 - || || 25 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580772 - || || 21 maggio 2012 || Mount Lemmon Survey |- | 580773 - || || 29 dicembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580774 - || || 10 dicembre 2004 || Spacewatch |- | 580775 - || || 8 gennaio 2010 || Spacewatch |- | 580776 - || || 29 ottobre 2000 || Spacewatch |- | 580777 - || || 29 dicembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580778 - || || 26 agosto 2012 || CSS |- | 580779 - || || 8 ottobre 2012 || Pan-STARRS 1 |- | 580780 - || || 9 marzo 2005 || CSS |- | 580781 - || || 28 aprile 2011 || Spacewatch |- | 580782 - || || 18 novembre 2009 || Mount Lemmon Survey |- | 580783 - || || 14 settembre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580784 - || || 4 novembre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580785 - || || 28 aprile 2011 || Spacewatch |- | 580786 - || || 29 dicembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580787 - || || 29 dicembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580788 - || || 26 dicembre 2009 || Spacewatch |- | 580789 - || || 9 novembre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580790 - || || 17 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580791 - || || 17 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580792 - || || 17 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580793 - || || 25 ottobre 2005 || Spacewatch |- | 580794 - || || 17 gennaio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580795 - || || 24 gennaio 2003 || Boattini, A., Hainaut, O. |- | 580796 - || || 30 novembre 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 580797 - || || 1 ottobre 2005 || LONEOS |- | 580798 - || || 10 ottobre 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580799 - || || 21 novembre 2009 || Spacewatch |- | 580800 - || || 5 dicembre 2005 || Spacewatch |} 580801-580900 |- | 580801 - || || 18 febbraio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580802 - || || 29 dicembre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580803 - || || 16 ottobre 2003 || Spacewatch |- | 580804 - || || 28 settembre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580805 - || || 26 novembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580806 - || || 15 dicembre 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 580807 - || || 28 novembre 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 580808 - || || 9 aprile 2008 || Spacewatch |- | 580809 - || || 23 marzo 2003 || SDSS Collaboration |- | 580810 - || || 11 marzo 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580811 - || || 29 ottobre 2009 || Spacewatch |- | 580812 - || || 23 settembre 2008 || Spacewatch |- | 580813 - || || 28 aprile 2011 || Pan-STARRS 1 |- | 580814 - || || 2 marzo 2011 || Spacewatch |- | 580815 - || || 29 novembre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580816 - || || 27 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580817 - || || 18 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580818 - || || 28 novembre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580819 - || || 18 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580820 - || || 21 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580821 - || || 29 settembre 2003 || Spacewatch |- | 580822 - || || 23 maggio 2006 || Spacewatch |- | 580823 - || || 14 ottobre 2007 || Mount Lemmon Survey |- | 580824 - || || 8 ottobre 2012 || Pan-STARRS 1 |- | 580825 - || || 30 ottobre 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 580826 - || || 7 dicembre 2001 || Spacewatch |- | 580827 - || || 11 marzo 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580828 - || || 23 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580829 - || || 16 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580830 - || || 30 agosto 2005 || Bickel, W. |- | 580831 - || || 20 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580832 - || || 25 dicembre 2009 || Spacewatch |- | 580833 - || || 6 settembre 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580834 - || || 5 ottobre 2004 || Spacewatch |- | 580835 - || || 12 gennaio 2010 || Spacewatch |- | 580836 - || || 20 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580837 - || || 11 ottobre 2012 || Mount Lemmon Survey |- | 580838 - || || 25 ottobre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580839 - || || 1 novembre 2013 || Spacewatch |- | 580840 - || || 27 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580841 - || || 26 maggio 2011 || Spacewatch |- | 580842 - || || 12 agosto 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580843 - || || 20 luglio 2004 || Siding Spring Survey |- | 580844 - || || 16 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580845 - || || 18 giugno 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580846 - || || 9 ottobre 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580847 - || || 9 novembre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580848 - || || 23 agosto 2003 || Cerro Tololo |- | 580849 - || || 22 aprile 2011 || Spacewatch |- | 580850 - || || 4 dicembre 2008 || Spacewatch |- | 580851 - || || 14 settembre 2007 || Mauna Kea |- | 580852 - || || 26 novembre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580853 - || || 18 dicembre 2009 || Mount Lemmon Survey |- | 580854 - || || 15 maggio 2005 || NEAT |- | 580855 - || || 30 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580856 - || || 22 marzo 2009 || CSS |- | 580857 - || || 21 febbraio 2007 || Mount Lemmon Survey |- | 580858 - || || 13 febbraio 2004 || NEAT |- | 580859 - || || 12 ottobre 2009 || Mount Lemmon Survey |- | 580860 - || || 26 ottobre 2008 || Spacewatch |- | 580861 - || || 24 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580862 - || || 31 dicembre 2008 || Spacewatch |- | 580863 - || || 20 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580864 - || || 6 dicembre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580865 - || || 31 ottobre 2005 || Mauna Kea |- | 580866 - || || 2 gennaio 2009 || Spacewatch |- | 580867 - || || 10 settembre 2007 || Spacewatch |- | 580868 - || || 16 marzo 2001 || Spacewatch |- | 580869 - || || 18 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580870 - || || 9 marzo 2002 || NEAT |- | 580871 - || || 14 agosto 2012 || Pan-STARRS 1 |- | 580872 - || || 2 aprile 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 580873 - || || 19 ottobre 2007 || Mount Lemmon Survey |- | 580874 - || || 8 novembre 2013 || Spacewatch |- | 580875 - || || 18 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580876 - || || 24 agosto 2008 || Spacewatch |- | 580877 - || || 16 ottobre 2012 || Mount Lemmon Survey |- | 580878 - || || 15 aprile 2010 || Mount Lemmon Survey |- | 580879 - || || 29 marzo 2009 || Siding Spring Survey |- | 580880 - || || 26 agosto 2012 || Pan-STARRS 1 |- | 580881 - || || 27 gennaio 2004 || Spacewatch |- | 580882 - || || 16 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580883 - || || 1 dicembre 2008 || Spacewatch |- | 580884 - || || 17 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580885 - || || 28 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580886 - || || 29 giugno 2005 || Spacewatch |- | 580887 - || || 18 febbraio 2015 || Spacewatch |- | 580888 - || || 20 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580889 - || || 27 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580890 - || || 16 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580891 - || || 20 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580892 - || || 27 febbraio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580893 - || || 24 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580894 - || || 16 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580895 - || || 26 febbraio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580896 - || || 18 febbraio 2015 || PMO NEO Survey Program |- | 580897 - || || 20 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580898 - || || 18 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580899 - || || 20 febbraio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580900 - || || 18 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |} 580901-581000 |- | 580901 - || || 16 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580902 - || || 27 febbraio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580903 - || || 23 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580904 - || || 27 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580905 - || || 3 marzo 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580906 - || || 9 marzo 2002 || Spacewatch |- | 580907 - || || 10 marzo 2015 || Altmann, M., Prusti, T. |- | 580908 - || || 16 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580909 - || || 21 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580910 - || || 1 maggio 2011 || Pan-STARRS 1 |- | 580911 - || || 16 ottobre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580912 - || || 24 ottobre 2005 || Mauna Kea |- | 580913 - || || 20 ottobre 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580914 - || || 14 marzo 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580915 - || || 9 marzo 2008 || Spacewatch |- | 580916 - || || 6 giugno 2008 || Spacewatch |- | 580917 - || || 5 dicembre 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 580918 - || || 4 novembre 2004 || Spacewatch |- | 580919 - || || 16 ottobre 2009 || Mount Lemmon Survey |- | 580920 - || || 13 marzo 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580921 - || || 29 marzo 2012 || Pan-STARRS 1 |- | 580922 - || || 23 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580923 - || || 28 settembre 2009 || Mount Lemmon Survey |- | 580924 - || || 24 ottobre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580925 - || || 23 giugno 2007 || Spacewatch |- | 580926 - || || 2 febbraio 2006 || Spacewatch |- | 580927 - || || 18 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580928 - || || 11 marzo 2015 || Spacewatch |- | 580929 - || || 3 ottobre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580930 - || || 1 febbraio 2006 || Spacewatch |- | 580931 - || || 29 marzo 2001 || Spacewatch |- | 580932 - || || 8 ottobre 2008 || Spacewatch |- | 580933 - || || 19 gennaio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580934 - || || 17 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580935 - || || 14 marzo 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580936 - || || 22 settembre 2008 || Spacewatch |- | 580937 - || || 24 settembre 2012 || Mount Lemmon Survey |- | 580938 - || || 29 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580939 - || || 26 agosto 2005 || NEAT |- | 580940 - || || 27 ottobre 2008 || Mount Lemmon Survey |- | 580941 - || || 18 marzo 2010 || Spacewatch |- | 580942 - || || 28 novembre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580943 - || || 8 ottobre 2008 || Spacewatch |- | 580944 - || || 29 aprile 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580945 - || || 29 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580946 - || || 9 novembre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580947 - || || 24 ottobre 2005 || Mauna Kea |- | 580948 - || || 10 marzo 2002 || Spacewatch |- | 580949 - || || 11 ottobre 2012 || Pan-STARRS 1 |- | 580950 - || || 26 maggio 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580951 - || || 2 settembre 2008 || Spacewatch |- | 580952 - || || 12 agosto 2004 || NEAT |- | 580953 - || || 7 ottobre 2008 || Spacewatch |- | 580954 - || || 16 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580955 - || || 26 agosto 2003 || Cerro Tololo |- | 580956 - || || 26 aprile 2006 || Mount Lemmon Survey |- | 580957 - || || 27 settembre 2003 || Spacewatch |- | 580958 - || || 24 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580959 - || || 4 ottobre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580960 - || || 7 novembre 2005 || Mauna Kea |- | 580961 - || || 18 settembre 2003 || Spacewatch |- | 580962 - || || 24 agosto 2008 || Spacewatch |- | 580963 - || || 6 aprile 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580964 - || || 14 marzo 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580965 - || || 2 novembre 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 580966 - || || 28 settembre 2008 || CSS |- | 580967 - || || 25 marzo 2011 || Spacewatch |- | 580968 - || || 30 gennaio 2006 || Spacewatch |- | 580969 - || || 23 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580970 - || || 29 dicembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580971 - || || 9 novembre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580972 - || || 11 maggio 2010 || Mount Lemmon Survey |- | 580973 - || || 14 giugno 2010 || Mount Lemmon Survey |- | 580974 - || || 25 ottobre 2013 || Spacewatch |- | 580975 - || || 20 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580976 - || || 7 aprile 2006 || Spacewatch |- | 580977 - || || 8 marzo 2005 || Mount Lemmon Survey |- | 580978 - || || 10 febbraio 2011 || Mount Lemmon Survey |- | 580979 - || || 29 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580980 - || || 16 febbraio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580981 - || || 7 novembre 2005 || Mauna Kea |- | 580982 - || || 14 marzo 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580983 - || || 15 ottobre 2013 || Spacewatch |- | 580984 - || || 28 ottobre 2008 || Spacewatch |- | 580985 - || || 26 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580986 - || || 20 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580987 - || || 15 marzo 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580988 - || || 28 gennaio 2004 || Spacewatch |- | 580989 - || || 14 marzo 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580990 - || || 17 febbraio 2007 || Spacewatch |- | 580991 - || || 1 aprile 2011 || Spacewatch |- | 580992 - || || 9 novembre 2013 || Pan-STARRS 1 |- | 580993 - || || 29 novembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580994 - || || 26 dicembre 2014 || Pan-STARRS 1 |- | 580995 - || || 11 ottobre 2004 || Spacewatch |- | 580996 - || || 9 ottobre 2013 || Mount Lemmon Survey |- | 580997 - || || 19 gennaio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 580998 - || || 16 gennaio 2015 || Pan-STARRS 1 |- | 580999 - || || 20 gennaio 2015 || Mount Lemmon Survey |- | 581000 - || || 3 ottobre 2013 || Pan-STARRS 1 |} Collegamenti esterni 0580001
La cattedrale dei Santi Pietro e Paolo (in estone: Püha Peetruse ja Pauluse katedraal) è la cattedrale cattolica di Tallinn, in Estonia, e sede dell'amministrazione apostolica di Estonia. Storia Nel 1799 venne concesso alla piccola comunità cattolica di Tallinn l'ex refettorio del convento di Santa Caterina. Nel 1841 venne effettuato il progetto per una nuova e più grande chiesa da erigere sullo stesso sito. L'architetto Carlo Rossi, noto per le sue opere a San Pietroburgo, progettò una basilica neogotica, senza abside e con un esterno neoclassico, che venne ultimata nel 1845. Tra il 1920 e il 1924 la facciata principale ha assunto il suo aspetto attuale ad opera degli architetti Erich Jacoby e Franz de Vries. La cattedrale infine ha subito una serie di ristrutturazioni, l'ultima nel 2002-2003. Note Voci correlate Amministrazione apostolica di Estonia Chiesa cattolica in Estonia Cattedrali in Estonia Altri progetti Collegamenti esterni Tallinn Tallinn Tallinn Pietro Architetture neogotiche dell'Estonia Architetture di Carlo Rossi