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La legione romana (dal latino legio, derivato del verbo legere, "raccogliere assieme", che all'inizio indicava l'intero esercito) era l'unità militare di base dell'esercito romano. Nacque dalla trasformazione dell'esercito alto-repubblicano dal modello falangitico a quello manipolare nel IV secolo a.C. L'esercito romano passò così dall'impiego del clipeus e dellhasta all'uso dello scutum, del pilum e del gladius, che divennero le armi fondamentali dei legionari romani, conformi del tutto all'impiego imposto dalla tattica bellica romana. Grazie al grande successo militare della Repubblica e, in seguito, dell'Impero, la legione viene considerata come il massimo modello antico di efficienza militare, sia sotto il profilo dell'addestramento, sia dal punto di vista tattico e organizzativo. Altra chiave del successo della legione era il morale dei soldati, consolidato dalla consapevolezza che ciascun uomo doveva contare sull'appoggio del compagno, prevedendo la legione l'integrazione dei soldati in un meccanismo complessivo di lavoro di squadra. Era assimilabile a una grande unità complessa odierna, di rango variabile tra una brigata e una divisione, ma soprattutto riuniva attorno a sé, oltre ai reparti dell'arma base, fanteria e cavalleria, altri reparti specializzati come frombolieri, sagittarii, esploratori e genieri. All'inizio autonoma sul piano logistico, era normalmente stanziata in una provincia, di cui aveva la responsabilità della sicurezza e della difesa militare. Nella storia di Roma, l'esercito poté contare su oltre 60 legioni (composte di ÷ armati) al termine della guerra civile tra Ottaviano e Marco Antonio, e su un minimo di 28 agli inizi del principato (ridotte a 25 dopo la disfatta di Teutoburgo). Nel passaggio dalla Repubblica al Principato, e poi al Dominato, l'esercito, e con esso la struttura della legione (il cui numero di unità andò riducendosi), venne ristrutturato profondamente. Età regia Per tutta l'età regia di Roma l'esercito romano fu costituito da un'unica legione, tanto da identificarsi con quest'ultima e viceversa. La legione si disponeva su tre file, nella tipica formazione a falange, con la cavalleria ai lati, chiamate alae. Struttura della Legione Secondo la tradizione fu Romolo a creare sull'esempio della falange greca la legione romana, inizialmente formata da fanti (pedites) e 300 cavalieri (equites), scelti tra la popolazione. Con l'inclusione del popolo Sabino, Romolo raddoppiò il volume delle truppe, potendo così contare su fanti e 600 cavalieri. Fanti e cavalieri erano arruolati tra le tre tribù romane ( fanti e 100 cavalieri ciascuna) che formavano la primitiva popolazione di Roma: i Tities, i Ramnes e i Luceres. In epoca regia era formata da cittadini compresi tra i 17 e i 46 anni, in grado di potersi permettere il costo dell'armamento. La riforma di Servio Tullio (metà VI secolo a.C.) In età monarchica fu eseguita, secondo la tradizione da Servio Tullio, sesto re di Roma, una riforma timocratica che divise tutta la popolazione romana in cinque classi in base al censo (secondo altre fonti 6 classi), ognuna divisa a sua volta in tre categorie: seniores, cioè chi aveva più di 46 anni iuniores, cioè chi aveva tra 17 e 46 anni, ovvero i più adatti a combattere pueri, cioè chi era di età inferiore ai 17 anni Se la prima classe, la più facoltosa, poteva permettersi l'equipaggiamento da legionario (il costo del tributo per gli armamenti veniva stabilito in base al censo), quelle inferiori avevano armamenti via via più leggeri. Catena di comando Il Rex era il comandante supremo dell'esercito romano, a cui spettava il compito di scioglierlo al termine della campagna militare dell'anno. A lui erano subordinati tre tribuni militum, ciascuno dei quali posto a capo di una delle tre tribù o file di fanti; gli squadroni di cavalleria erano invece sottoposti al comando di tribuni celerum. Con la riforma serviana, vi fu un'importante novità: coloro i quali si erano distinti in battaglia diventavano centurioni. Disposizione tattica La legione si disponeva su tre file, nella tipica formazione a falange, con la cavalleria ai lati, chiamate alae. Con la riforma serviana dell'esercito romano, la prima classe risultava la più avanzata schiera rispetto alle altre. Effettuavano il combattimento in modo estremamente compatto, armati di lancia e spada, difesi da scudo, elmo e corazza o da altre protezione pettorali. Dietro la prima classe, in battaglia era posizionata la seconda, poi la terza classe che chiudeva lo schieramento. Quarta e quinta classe costituivano la fanteria leggera che solitamente era disposta al di fuori dallo schieramento. Età repubblicana Struttura della legione A differenza delle successive formazioni legionarie, composte esclusivamente di fanteria pesante, le legioni della prima e media età repubblicana consistevano di fanteria sia leggera che pesante. Il termine esercito manipolare, cioè un esercito basato su unità chiamate manipoli (), è pertanto usato in contrapposizione con il successivo esercito legionario del tardo periodo repubblicano e alto imperiale, incentrato, invece, su un sistema di unità chiamate coorti. L'esercito manipolare si basava in parte sul sistema di classi sociali e in parte sull'età e sull'esperienza militare; rappresentava quindi un compromesso teorico tra il precedente modello basato interamente sulle classi e gli eserciti degli anni che ne erano indipendenti. Prima repubblica Stando alla storiografia latina, si deve l'introduzione del manipolo come elemento tattico a Marco Furio Camillo durante il periodo del suo quarto tribunato consolare. L'unità costituì l'elemento fondamentale della legione romana dalle battaglie contro Equi e Volsci, vinte da Furio Camillo, fino alla Seconda guerra punica. Le principali configurazioni sono: Legione manipolare impiegata nelle guerre nel Latium vetus – dal 389 a.C. al III secolo a.C. Legione manipolare impiegate nelle guerre per l'egemonia sulla penisola – dal III al II secolo a.C. Legione manipolare impiegata da Publio Cornelio Scipione – Seconda guerra punica La legione veniva generalmente schierata su tre file, dette triplex acies, alle quali si aggiungevano i fanti leggeri, detti leves, per un totale che varia tra i 4200 e i 5000 effettivi a seconda del periodo: costituita da quindici manipoli di Hastati costituita da quindici manipoli di Principes costituita quindici unità, ognuna formata da un manipolo di Triarii, uno di Rorarii e l'ultimo di Accensi. Questa differenziazione esisteva, oltre che sulla base dell'esperienza dei soldati, anche sulla base del censo, tanto che ogni soldato era tenuto a provvedere autonomamente all'equipaggiamento. Tra i fanti, i più "benestanti" erano i triarii, che potevano permettersi l'equipaggiamento più completo e pesante, mentre gli accensi erano i più poveri, presi dalla quarta classe di cittadini, secondo l'ordinamento censitario di Servio Tullio. Tarda repubblica Tra il 107 a.C. e il 104 a.C. il console romano Gaio Mario portò avanti un programma di riforme dell'esercito romano, al fine di dare la possibilità a tutti i cittadini di arruolarsi, indipendentemente dal benessere e dalla classe sociale.Questa sua iniziativa formalizzava e concludeva un processo, sviluppatosi per secoli, di graduale rimozione dei requisiti patrimoniali per l'accesso al servizio militare, permettendo così alla Repubblica di avere un esercito più numeroso della media dell'epoca.La distinzione tra hastati, principes e triarii, che già era andata assottigliandosi, era ufficialmente rimossa,. e fu creata quella che, nell'immaginario popolare, è la fanteria legionaria: un'unità omogenea di fanteria pesante. La fanteria leggera di cittadini dalle classi meno abbienti, come i velites, fu sostituita dalle auxilia, cioè delle truppe ausiliarie che potevano consistere anche di mercenari stranieri. L'organizzazione interna subiva inoltre un cambiamento fondamentale: il manipolo perse ogni funzione tattica in battaglia e fu sostituito in modo permanente dalle coorti, sull'esempio di ciò che era già stato anticipato da Scipione l'Africano un secolo prima. Numerate da I a X, ogni coorte era formata da tre manipoli oppure da sei centurie, per un totale di 3.840 fanti. Unità complementari Cavalleria legionaria (e ausiliaria) Con la riforma manipolare descritta da Livio e da Polibio, la cavalleria legionaria tornò a disporre di 300 cavalieri, divisi in dieci squadroni, a capo di ognuno dei quali erano posti tre comandanti, i decurioni, organizzati verticalmente. Con la riforma mariana dell'esercito romano la cavalleria legionaria venne sostituita da speciali corpi di truppe ausiliarie o alleate a supporto e complemento della nuova legione romana. Il costante contatto con Celti e Germani durante la conquista della Gallia indusse Gaio Giulio Cesare a rivalutare il corpo della cavalleria, tanto che ne fece un impiego crescente negli anni, reintroducendo unità di cavalleria permanente accanto a quelle fanteria e a quella ausiliaria. Genio militare Fondamentale novità del periodo relativo alla legione manipolare, dovendosi condurre campagne militari sempre più lontane dalla città di Roma, vide il proprio gruppo di genieri costretti a trovare nuove soluzioni difensive adatte al pernottamento in territori spesso ostili. Ciò indusse i Romani a creare, sembra a partire dalle guerre pirriche, un primo esempio di accampamento militare da marcia fortificato, per proteggere le armate romane al suo interno. Altro apporto del genio fu la costruzione di strade militari, che si cominciò a usare per migliorare e velocizzare gli spostamenti delle armate ed in seguito dalla stessa popolazione civile dopo che l'area era stata pacificata. A partire dalle guerre pirriche furono mossi i primi importanti assedi ad opera dei Romani, tra cui l'assedio di Lilibeo,che comportò per la prima volta l'attuazione di tecniche d'assedio complesse. Cesare apportò nel settore dell'ingegneria militare innovazioni determinanti, con la realizzazione di opere sorprendenti costruite con grande perizia e in tempi rapidissimi, come il ponte sul Reno o la rampa d'assedio costruita durante l'assedio di Avarico. Gerarchia interna Il cursus honorum prevedeva che nessuno potesse intraprendere la carriera politica senza aver prestato almeno 10 anni di servizio militare. Ogni manipolo era comandato da un centurione, il più importante dei quali era il primus pilus (primipilo), comandante dei triarii, uno dei pochi a servirsi del cavallo durante la marcia. Il primus pilus veniva scelto tra i soldati più coraggiosi ed esperti. Il comando della legione era affidato al legatus, un magistrato facente le veci dei consoli nel comando di una specifica legione. Secondo nella gerarchia era un tribuno esperto, il tribuno laticlavio (), affiancato da altri cinque tribuni angusticlavi (). In assenza di tribuni, il comando era affidato al praefectus castrorum. Disposizione tattica L'esercito manipolare deve il suo nome alle modalità tattiche con cui la sua fanteria pesante era dispiegata in battaglia. I manipoli erano unità di 120 uomini della medesima classe che risultavano abbastanza da permettere sul campo di battaglia i movimenti tattici delle singole unità di fanteria nel contesto del più grande esercito. La fanteria al centro era sempre coperta ai fianchi da unità di cavalleria e disponeva di avanguardie di fanti leggeri, che davano inizio alla battaglia disturbando il nemico con dardi o giavellotti sul nemico, per poi ritirarsi al sicuro. Mentre la prima linea centrale impegnava il nemico, grazie al rapido movimento ad arretrare dei manipoli, la cavalleria poteva tentare, inoltre, manovre evasive o accerchiamenti. I Triarii, dopo aver accolto Hastati e Principes tra le loro file, serravano le file ed in un'unica ininterrotta schiera si gettavano sul nemico. Con la riforma mariana, le legioni, ora schierate secondo il nuovo ordinamento coortale, venivano disposte normalmente su due linee (duplex acies), soluzione che permetteva di avere un fronte sufficientemente lungo ma anche profondo e flessibile. Vi erano poi altri tipi di schieramenti praticati dalle armate romane del tardo periodo repubblicano: su una sola linea, ovviamente quando era necessario coprire un fronte molto lungo come nel caso del Bellum Africum durante la guerra civile tra Cesare e Pompeo; o su tre linee (triplex acies), formazione spesso adoperata da Cesare durante la conquista della Gallia, con la prima linea formata da 4 coorti, e le restanti due, formate da tre coorti ciascuna. Le coorti schierate lungo la terza linea costituivano spesso una "riserva tattica" da utilizzare in battaglia, come avvenne contro Ariovisto in Alsazia. Il tardo periodo repubblicano si contraddistingue, invece, per un certo dinamismo tattico dei legatus, i quali hanno ideato molti schieramenti alternativi, tra cui il giuliano triplex acies con prima linea formata da 4 coorti e le restanti due da tre coorti ciascuna. Modello strategico Se in età regia la legione identificava l'esercito per intero, durante la repubblica le maggiori esigenze operative han via via fatto aumentare il numero di legioni attive contemporaneamente, seppur in maniera contingente.Fonti storiografiche riportano un primo conteggio di quattro legioni durante la guerra latina (340-338 a.C.), a cui andava sommato un numero pari di truppe alleate di fanteria e un numero triplo di cavalleria, il quale arriva al suo apice durante la seconda guerra punica dove l'esercito romano arrivò a contare ben 23 legioni tra cittadini romani e Socii (nel 212-211 a.C.); si trattava di una forza pari a circa fanti e cavalieri in base alle fonti), le quali non tengono conto delle truppe dislocate in Spagna agli ordini dei fratelli Gneo e Publio Scipione. Giulio Cesare fu il primo a comprendere che la dislocazione permanente di una parte delle forze militari repubblicane doveva costituire la base per un nuovo sistema strategico di difesa dei confini del mondo romano, gettando così le basi per lo sviluppo dei vari limes. Alla sua morte erano dislocate sul territorio 37 legioni, usate sfruttando appieno il potenziale in mobilità, di cui ben 6 in Macedonia, 3 in Africa Proconsolare e 10 nelle province orientali. Al termine delle guerre civili tra Marco Antonio ed Ottaviano si contavano 60 legioni circa, pur se non a ranghi completi. Età alto imperiale Fanteria La fanteria era formata in età alto-imperiale da cittadini romani, inquadrati in unità chiamate legioni (formate per lo più da fanteria pesante), e truppe ausiliarie (socii) alle ali dello schieramento. All'interno delle stesse legioni vi erano anche limitati reparti di fanteria "leggera", come i velites o le leves, ma soprattutto si trattava di reparti di fanteria "pesante", come gli hastati, i principes ed i triarii. Dalla grande riforma augustea agli Antonini La "spina dorsale" dell'esercito romano rimase la legione, in numero di 28 (25 dopo Teutoburgo). Ogni legione era composta di circa cittadini, in prevalenza Italici (attorno al 65%, per lo più provenienti dalla Gallia Cisalpina, mentre il restante 35% era formato da cittadini romani residenti nelle province), per un totale di circa uomini (e poi circa ), che si rinnovavano con una media di armati all'anno. L'ufficiale a capo della legione divenne ora un membro dell'ordine senatorio con il titolo legatus Augusti legionis. Le legioni erano arruolate fra i circa di cittadini romani. È con Ottaviano Augusto, in un periodo compreso tra il 30 a.C. e il 14 a.C., che la legione cambiò struttura, aumentando i suoi effettivi fino almeno a soldati, essenzialmente fanti ma anche cavalieri (120 per legione, comandati da centurioni, non da decurioni), questi ultimi con funzioni di esplorazione, messaggeri o scorta del legatus legionis. La cavalleria legionaria, abolita nell'epoca di Gaio Mario, fu reintrodotta in modo definitivo da Augusto. Si trattava però di una forza alquanto ridotta, i cui cavalieri erano dotati di uno scudo più piccolo e rotondo (detto parma o clipeus), come ci racconta Giuseppe Flavio, al tempo della prima guerra giudaica. Potrebbe essere stata, infine, abolita da Traiano. La fanteria legionaria era divisa in 10 coorti (di cui nove di 480 armati ciascuna), che al loro interno contavano 3 manipoli di 2 centurie. La riforma della prima coorte avvenne in un periodo imprecisato, sicuramente tra l'epoca di Augusto e quella dei Flavi. Si trattava di una coorte milliare, vale a dire di dimensioni doppie rispetto alle altre nove coorti, con 5 centurie (non 6) di un numero doppio di armati (160 ciascuna), pari a 800 legionari complessivi, ed a cui era affidata l'aquila della legione. Sempre ad Augusto si deve l'introduzione di un esercito di professionisti che rimanessero in servizio non meno di sedici anni per i legionari, portati a venti nel 5 (come era successo fin dai tempi di Polibio, in caso di massima crisi), e venti-venticinque per le truppe ausiliarie. A questo periodo di servizio poteva subentrarne uno ulteriore di alcuni anni tra le "riserve" di veterani, in numero di 500 per legione (sotto il comando di un curator veteranorum). I successori di Augusto: da Tiberio a Commodo Tiberio dispose che l'acquartieramento delle legioni lungo il limes acquisisse le caratteristiche di una maggiore permanenza e stabilità, tanto che i terrapieni, rinforzati con una palizzata in legno, diventassero sempre più massicci, mentre gli alloggiamenti più confortevoli, mentre in rari casi sembra che alcuni accampamenti legionari siano stati costruiti in pietra (come ad Argentoratae e Vindonissa); Al tempo di Vespasiano sembra si attuò la riforma della prima coorte, che secondo alcuni studiosi moderni potrebbe essere invece avvenuta all'epoca di Augusto. Si trattava di una coorte milliare, vale a dire di dimensioni doppie rispetto alle altre nove coorti, con 5 centurie (non quindi 6) doppie di 160 armati ciascuna (non quindi 80), in tutto pari a 800 legionari), a cui era affidata l'aquila della legione. Primo esempio di costruzioni che ospitassero una coorte di queste dimensioni lo si trova nella fortezza legionaria di Inchtuthill in Scozia. Al tempo delle guerre marcomanniche fu l'uso da parte di Marco Aurelio di vexillationes, al fine di comporre un esercito di invasione e poi di occupazione della neo-provincia di Marcomannia, come testimoniano numerose iscrizioni, tra cui quella rinvenuta a Leugaricio, delle legioni I Adiutrix e II Adiutrix. Comandi complementari interni alla legione Cavalleria legionaria (e ausiliaria) La cavalleria legionaria, abolita nell'epoca di Gaio Mario, fu reintrodotta da Augusto. Si trattava però di una forza alquanto ridotta, composta di soli 120 cavalieri (comandati da centurioni, non da decurioni; dotati di uno scudo più piccolo e rotondo, detto parma o clipeus), come ci racconta Giuseppe Flavio, al tempo della prima guerra giudaica. Potrebbe essere stata abolita, almeno per un breve periodo di tempo dall'imperatore Traiano, considerando che viene citata in un discorso del suo successore, Adriano. In questo periodo esistevano, infatti, numerosi reparti di cavalleria ausiliaria (formata da provinciali e alleati, i cosiddetti peregrini), quale degno completamento tattico e strategico alla fanteria legionaria (formata invece da cittadini romani). Si trattava di unità altamente specializzate, arruolate in aree territoriali di antiche tradizioni, come segue: "pesante", come i catafratti (di origine orientale o sarmata, a partire dai principati di Traiano ed Adriano; vedi sotto), dotati di una lunga e pesante lancia, chiamata contus (usata normalmente con l'ausilio di entrambe le mani, poiché a volte raggiungeva i 3,65 metri di lunghezza), oltre al fatto di essere interamente rivestiti di una maglia di metallo, cavaliere e cavallo (chiamata lorica squamata, formata da "scaglie" di metallo; o lorica hamata, fatta invece da anelli del diametro di 3-9 mm); "leggera", come quella numida o maura, dotata di un piccolo scudo rotondo (clipeus), una spatha che a volte raggiungeva i 90 cm (certamente più lunga rispetto al gladio del legionario), una lancea più leggera (normalmente lunga 1,8 metri) ed in alcuni casi un'armatura (lorica hamata o squamata); sagittaria, come gli arcieri orientali o quelli Traci a cavallo; ed infine "mista", come le coorti equitate. Genio militare In età alto-imperiale venne riorganizzato anche il reparto di tecnici e ingegneri militari atti a rendere più agevole il cammino delle armate romane durante le campagne militari o la loro permanenza negli alloggiamenti estivi (castra aestiva) ed invernali (hiberna). E così se le strade romane potevano essere utilizzate per velocizzare lo schieramento degli eserciti durante le operazioni di "polizia" lungo i confini imperiali, alcuni tipi di ponti potevano essere montati e smontati velocemente senza impiego di chiodi: in questo modo i legionari, che trasportavano un equipaggiamento di circa 40 chili (comprendente anche un palo per la palizzata del campo) potevano percorrere nella marcia circa 24 chilometri al giorno (40 quando potevano viaggiare più leggeri). In altri casi si provvedeva alla costruzione di strade in zone acquitrinose (pontes longi), come avvenne in Germania durante il periodo della sua occupazione (dal 12 a.C. al 9 d.C.). L'artiglieria romana comprendeva baliste (ogni legione ne aveva 55, servite ciascuna da 11 uomini), ossia grandi balestre montate su ruote, che grazie alla torsione delle loro corde lanciavano a più di 500 metri distanza dardi di 3 cubiti (132 cm), che potevano essere anche incendiati. Insieme alle baliste c'erano anche gli "scorpioni", simili alle precedenti ma molto più piccoli e maneggevoli. Insieme alle baliste venivano schierati anche gli onagri (catapulte chiamate così per il rinculo che producevano durante il lancio), che lanciavano massi ricoperti di pece, cui si appiccava il fuoco, creando vere "bombe incendiarie", con lo scopo di abbattere le difese nemiche, distruggendo mura ed edifici. L'artiglieria era naturalmente usata anche nelle battaglie campali. Tale uso fu fatto da Germanico nel 14 d.C. contro i Catti e nel 16 d.C. contro i Cherusci nell'assalto delle truppe romane contro un terrapieno difeso dai barbari. I genieri in forza alle legioni erano in grado di costruire e schierare potenti armi collettive, in funzione sia offensiva che difensiva, come catapulte, onagri (10 per legione, ovvero 1 per coorte), scorpioni e carrobaliste (55 per legione), con una funzione tattica analoga a quella della attuale artiglieria campale; inoltre vi erano altre macchine usate esclusivamente per l'assedio, come baliste, arieti, torri d'assedio, vinee. Addetti alle armi da lancio erano in primo luogo i ballistarii, i quali grazie ad un'elevata specializzazione, appartenevano a quel gruppo di legionari privilegiati, chiamati immunes. Erano alle dipendenze di un Magister ballistarius (attestato fin dal II secolo), che a sua volta era coadiuvato da un optio ballistariorum (attendente alla cura del comandante) ed un certo numero di doctores ballistariorum (sott-ufficiali). Funzioni civili Ma il genio della legione non assolveva soltanto a funzioni militari. Si conoscono addetti e veterani delle legioni che erano richiamati anche per incarichi civili nelle città e servivano da collaboratori delle autorità provinciali. Si segnala il caso del veterano librator Nonio Dato che fu richiamato dal proconsole della Mauretania Cesariense come addetto alla supervisione per la costruzione dell'acquedotto della città di Saldae. Lo stesso Plinio in Bitinia ricevette la richiesta di selezionare dei tecnici della più vicina legione per l'edificazione di un canale. Quest'impiego del personale tecnico specializzato delle legioni poté riguardare tutte le legioni e le province dell'impero. Spesso le stesse coorti assolvevano anche a compiti di polizia nelle città, come a Cartagine, dove ogni coorte della III Augusta si alternava periodicamente nel presidio della città. Gerarchia interna Le gerarchie di comando rimasero pressoché identiche a quelle dell'epoca di Gaio Mario e Gaio Giulio Cesare, anche se ora ogni coorte disponeva di un vessillifero, vestito con pelle di leone o d'orso, e che serviva per riconoscere le proprie insegne. Partendo dalla base troviamo: il semplice miles (legionario romano), poi gli immunes (soldati semplici "specializzati", che avevano identica paga del semplice miles, ma esentati dai lavori pesanti): genieri, artiglieri, istruttori di armi, i frumentarii (polizia militare), falegnami, medici, custos armorum (custodi d'armi) e alcuni tra i responsabili amministrativi (come il curator, il librarius), il decanus (a capo di un contubernium di 8 miles); i principales (sotto-ufficiali con incarichi tattici) a loro volta divisi in (a seconda del livello del loro stipendium): sesquiplicarii (paga pari a 1,5 volte quella di un soldato semplice), ovvero il cornicen, il bucinator, il tubicen, il tesserarius ed il beneficiarius e duplicarii (paga pari al doppio rispetto a quella di un soldato semplice), ovvero loptio, laquilifer, il signifer, limaginifer, il vexillarius equitum, il cornicularius e il campidoctor. A questo punto si trovano gli ufficiali della legione imperiale. i 54 centurioni dalla IX alla II coorte (all'interno della quale la gerarchia era in modo crescente: dallhastatus posterior, al princeps posterior, poi al pilus posterior, allhastatus prior, al princeps prior ed al pilus prior);. i 5 centurioni della I coorte, di cui il più alto in grado era chiamato primus pilus, partendo dal più basso in grado, lhastatus posterior, al princeps posterior, allhastatus prior, al princeps prior, fino appunto al primus pilus; quest'ultimo poteva poi accedere al tribunato nei Vigili a Roma oppure alla prefettura di una coorte quingenaria;. un tribuno al comando della cavalleria, il sexmenstris, in carica 6 mesi (di età attorno ai 20 anni); i 5 tribuni angusticlavii, di ordine equestre, ciascuno al comando di 2 coorti (di età attorno ai 30 anni); un praefectus fabrum, a capo di ingegneri e sottoposto al legatus legionis (almeno fino a Claudio); un praefectus castrorum (prefetto dell'accampamento); un tribunus laticlavius (di solito il primo incarico per un giovane dell'ordine senatoriale); un legatus legionis, sempre di rango senatorio, a cui era affidato il comando di una singola legione, normalmente per due o tre anni. Nel caso in cui la provincia fosse stata difesa da una sola legione, il comando della stessa veniva affidato direttamente al governatore, il legatus Augusti pro praetore. un praefectus legionis di rango equestre (per la legione della sola provincia d'Egitto; a partire da Settimio Severo anche per le tre legioni partiche, legio I, II e III; a partire da Gallieno sostituisce tutti i legati legionis). Disposizione tattica Il modello ideale di disposizione tattica della legione in epoca alto-imperiale è fornito dal racconto di Tacito della vittoria della Legio III Augusta, comandata dal proconsole Furio Camillo, su Tacfarinace nel 17 d.C. In questo scontro il proconsole riunì tutte le truppe sotto il suo comando, comprese alcune unità ausiliarie, e mosse battaglia contro il ribelle numida, quest'ultimo supportato da unità maure. La legione fu schierata, non si sa in quante acies (se singula, duplex o triplex), con le centurie (o i manipoli) al centro dello schieramento (10 coorti di 480 uomini l'una, per un totale di 60 centurie): la prima coorte disposta a partire da destra, in prima fila, e la cavalleria legionaria, i tribuni e il legato Camillo davanti al contingente di cavalleria legionaria collocata immediatamente dietro l'ultimo ordine delle coorti. A destra e a sinistra dei legionari "le coorti leggere e due ali di cavalleria". Immediatamente a sinistra e a destra la prima e la seconda coorte di ausiliari, composte ciascuna da 480 uomini, mentre alle parti estreme le due ali di cavalleria ausiliaria (probabilmente numidica), formata ciascuna da 500 cavalieri divisi in 16 turmae. In questo episodio appare evidente come la legione si reggesse, per quanto attiene alle forze di cavalleria, sull'esclusivo apporto di ausiliari e numeri alloctoni. Allo stesso modo si comprende come essa non fosse adatta alle schermaglie, alle scaramucce di confine e al presidio delle zone frontaliere, a motivo della sua struttura lenta e poco manovrabile. La sconfitta di Crasso a Carre rimane l'emblema delle debolezze di un esercito privo di forze mobili, esposto ai colpi di una cavalleria sfuggente e dedita alla tattica d'incalzo. La stessa cavalleria legionaria in servizio presso le legioni non aveva una funzione tattica sul campo, ma era impiegata in operazioni di ricognizione, di picchetto e avanscoperta. Si capisce quindi come le forze ausiliarie (fanteria e cavalleria leggere, tiratori) fossero componenti complementari e non alternative alle legioni; una campagna di conquista senza queste forze e senza l'apporto della loro cavalleria (organizzata in alae e cohortes equitatae), sarebbe stata altrimenti inattuabile. Il non uso delle staffe da parte dei romani non impediva del resto l'uso della cavalleria romana ausiliaria, pesante e leggera, come forza d'attacco. Tale cavalleria costituiva quindi anche un elemento d'urto e non solo una forza di ricognizione, compito cui era assegnato semmai, come già detto, il piccolo contingente a cavallo della legione. Modello strategico Riordinò l'intero sistema di difese dei confini imperiali, acquartierando in modo permanente legioni e auxilia in fortezze e forti lungo il limes. Delle legioni sopravvissute alla guerra civile, 28 rimasero dopo Azio, e 25 dopo la disfatta di Teutoburgo, oltre ad un numero crescente di auxilia. In totale vi erano circa 340 000 uomini, di cui 140 000 servivano nelle legioni. Caligola creò nel 39, due nuove legioni, per una campagna in Germania Magna, sulle orme di suo padre Germanico e di suo nonno Druso maggiore: XV Primigenia e la XXII Primigenia;. Nerone creò una nuova legione nel 66-67, composta da italici tutti di statura molto elevata, a cui venne dato il nome di I Italica, e che lo stesso Nerone ribattezzò “falange di Alessandro Magno”, circostanza che denotò le grandiose idee che si celavano nella sua mente. L'obiettivo della campagna militare consisteva nell'occupare le cosiddette “porte del Caspio” (passo di Darial), sottomettendo il popolo degli Albani e forse degli stessi sarmati Alani più a nord. Galba portò a termine l'arruolamento delle legioni I Adiutrix (i cui effettivi erano costituiti da uomini che avevano prestato servizio nelle flotte italiche di Miseno e Ravenna) e VII Gemina. Vespasiano, al termine della guerra civile e della rivolta dei Batavi, sciolse ben quattro legioni che avevano trascinato nel fango le proprie insegne macchiandosi di disonore (I Germanica, IV Macedonica, XV Primigenia e XVI Gallica) e ne riformò tre nuove (II Adiutrix Pia Fidelis, IV Flavia Felix, e XVI Flavia Firma) dando la possibilità ad alcuni di fare pubblica ammenda. Il figlio Domiziano creava una nuova legione in vista delle campagne in Germania, nella regione degli agri decumates: la I Minervia. Traiano formò due nuove legioni, la prima in vista della conquista della Dacia (la XXX Ulpia Victrix, il cui numerale indicava che in quel momento vi erano esattamente 30 unità legionarie),. la seconda prima delle campagne partiche (la II Traiana Fortis). Marco Aurelio, infine, formò attorno al 165-166 due nuove legioni. Si trattava della II e III Italica. Dai Severi all'anarchia militare Struttura della legione Riforma di Settimio Severo Settimio Severo avviò importanti riforme militari che toccarono numerosi aspetti dell'esercito romano e che costituirono le basi del successivo sistema fondato sugli imperatori militari del III secolo. Creò la prima forma di autocrazia militare, togliendo potere al Senato dopo aver messo a morte numerosi membri dello stesso. Sebbene la struttura base della legione continuò ad essere quella della riforma augustea, il numero delle legioni venne aumentato di un 10% e portato a 33 (con la creazione delle legioni I, II e III Parthica). Egli favorì i legionari in svariati modi: aumentando loro la paga, oltre a distribuire loro frequenti donativa al termine di ogni campagna militare, tanto che il figlio Caracalla concesse un ulteriore aumento della paga del 50% ai legionari; riconoscendo loro il diritto di sposarsi durante il servizio militare, oltre a permettere loro di abitare con la propria famiglia, non lontano dalle fortezze legionarie (canabae), di fatto introducendo una maggior "regionalizzazione" delle legioni, che in questo modo si legarono non solo al loro comandante, ma anche al territorio; aumentando il reclutamento di provinciali, tanto che, una volta entrato a Roma sostituì gli effettivi delle coorti pretorie (ora raddoppiati) con soldati scelti delle legioni pannoniche, per punire coloro che si erano in precedenza schierati contro di lui durante la guerra civile; favorendo la nomina di comandanti dell'ordine equestre nelle legioni di sua fondazione (I, II e III Parthica), ponendo a capo delle stesse non un legatus legionis, bensì un praefectus legionis, cominciando quel lento processo che culminerà con Gallieno nell'abolizione delle cariche senatoria nell'esercito romano (a questo aspetto va aggiunta la naturale ostilità di Severo verso il senato). Non a caso si trova un altro praefectus legionis in Britannia al tempo delle campagne dello stesso Severo. operando, infine, una serie di altre concessioni, tese a migliorare la condizione dei soldati, tra le quali l'istituzione dell'annona militare, il miglioramento del rancio, la possibilità per i graduati di riunirsi in scholae (sorte di associazioni, di collegia), riconoscendo inoltre segni di distinzione particolari: la veste bianca per i centurioni (che Gallieno avrebbe esteso a tutti i soldati) e l'anello d'oro per i principales. Riforma di Gallieno Non è chiaro se sia stato l'imperatore Gallieno ad aumentare il contingente di cavalleria interno alla legione stessa, portandolo da soli 120 cavalieri a 726 (pari a 22 turmae), o i suoi successori, gli imperatori illirici, come una parte della storiografia moderna sembra sostenere. La verità è che la nuova unità di cavalleria legionaria risultava divisa tra le dieci coorti legionarie, dove alla prima coorte erano affiancati 132 cavalieri (4 turmae), mentre alle altre nove 66 ciascuna (2 turmae per ciascune delle nove coorti). Questo incremento della cavalleria fu dovuto proprio alla necessità di avere un esercito sempre più "mobile" e versatile nel corso del III secolo,. come conseguenza delle continue invasioni, sia da parte dei barbari lungo i confini settentrionali, sia a causa della crescente minaccia orientale, dove alla dinastia dei Parti Arsacidi subentrò (dal 224) quella dei Sasanidi, assai più bellicosa e che intendeva replicare ai fasti dell'antico Impero achemenide. Gallieno promosse il rafforzamento delle vexillationes equitum, i reparti mobili a cavallo, in particolare svincolando la cavalleria dal controllo dei governatori provinciali e collocandola in alcuni centri strategici come Mediolanum (Milano). Promossa o meno da Gallieno, si assistette al consolidamento delle forze di uomini a cavallo, detti Equites promoti (con base nella già citata Milano) formati da unità reclutate nell'Illirico (dalmatae), in Nord Africa (mauri) e in aggiunta da forze d'élite (scutarii), sempre svincolati dalla legione, non è chiaro se preposte all'intervento come forza d'emergenza nel caso di invasione ("riserva mobile").. Queste forze insieme erano definite Equites illyriciani o vexillatio. L'importanza di questa nuova organizzazione crebbe a tal punto che chi guidava queste unità di cavalleria poteva aspirare a ruoli di maggiore prestigio e addirittura a proclamarsi imperatore (si pensi a Claudio il Gotico e Aureliano). Con Gallieno, inoltre, si completava la fine delle responsabilità militari dell'ordine senatorio a tutto vantaggio dell'ordine equestre, procedimento iniziato sotto Settimio Severo e che portò all'abolizione della figura del legatus Augusti pro praetore di rango pretorio. Con un editto infatti l'imperatore abrogò l'accesso dei senatori alla legazione di legione. Comandi complementari interni alla legione Cavalleria legionaria (e ausiliaria) La cavalleria legionaria di questo periodo appare divisa ancora in turmae e guidata da decurioni. In battaglia, il decurione era affiancato dal draconarius, portatore dell'insegna del draco (simbolo di nuova introduzione per le coorti e le unità di cavalleria, di derivazione dacico-sarmatica), e seguito da un calo (lo schiavo del decurione che montava il suo cavallo di riserva). Premesso ciò, al tempo di Alessandro Severo, aumentò il ricorso sempre più frequente ad unità ausiliarie di arcieri montati (tra osroeni, palmireni ed emesiani), integrati nei numeri di cavalieri dalmati e mauri, operativi già nel II secolo; oltre a cavalieri in particolar modo quelli corazzati (i cosiddetti catafrattari, clibanarii), reclutati sia in Oriente, sia tra i Sarmati, ma anche di quelli "leggeri" provenienti dalla Mauretania. Le prime unità di catafratti erano state, infatti, create da Adriano. A partire da questo periodo si cominciò a fare ricorso ad unità di contarii, truppe armate di contus, ad imitazione dello stile di combattimento aggressivo tipico di sarmati e iazigi, fondato sulla carica diretta. Già all'inizio del 69 unità sarmatiche erano state assoldate per presidiare la frontiera in Mesia, anche se tali truppe erano sospettate di essere facilmente corruttibili. Una delle prime unità di contarii fu l'''Ala I Ulpia contariorum militaria, di stanza nella vicina Pannonia inferiore, costituita successivamente alla campagna dacica di Traiano. Questi cavalieri non avevano elmo o armatura, ma erano muniti solo di lancia. Il successore di Alessandro Severo, Massimino il Trace, promosse la barbarizzazione dell'esercito romano, essendo lo stesso Imperatore nato senza la cittadinanza romana, ed aumentò l'importanza della cavalleria di origine germanica e catafratta sarmatica, arruolata dopo aver battuto queste popolazioni durante le guerre del 235-238. L'aumento degli effettivi della cavalleria, non solo andava ad accentuare la caratteristica di maggior mobilità dell'esercito romano, costituendone una nuova "riserva strategica" interna (insieme alla legio II Parthica, formata in precedenza da Settimio Severo), ma anche quella di tradursi in un esercito meno di "confine o sbarramento" che ne aveva caratterizzato il periodo precedente fin dai tempi di Adriano. Questo processo di graduale incremento di reparti di cavalleria, potrebbe aver generato una maggiore "mobilità" anche nella legione stessa, che culminò con la riforma di Gallieno. Di fatto la cavalleria andava a costituire una sorta di "nuova riserva strategica" collocata nelle retrovie, in aggiunta alla legio II Parthica. L'esercito iniziava a tradursi in una forza meno stanziale, non più puramente di "confine o sbarramento", come era stato per i due secoli precedenti, in cui era apparsa legata in prima istanza alle forze di fanteria e in misura ridotta a quelle montate.. Genio militare Ad Alessandro Severo si deve un uso crescente presso tutte le fortezze del limes di nuovi modelli di catapulte (ballistae, onagri e scorpiones), al fine di tenere impegnato il nemico fino all'accorrere delle "riserve strategiche" (concetto iniziato con Settimio Severo, sviluppato da Gallieno, Diocleziano e Costantino I. Gerarchia interna Con Gallieno, che di fatto abolì le cariche senatoriali all'interno dell'esercito romano e, di conseguenza, anche all'interno della legione stessa (le cariche di tribunus laticlavius e legatus legionis scomparvero), la gerarchia subì una parziale modifica almeno nella parte concernente l'alto comando. Ciò potrebbe essere spiegato anche tenendo conto del fatto che il ceto senatorio era ormai disabituato a ricoprire responsabilità militari e appariva sguarnito delle competenze idonee a condurre gli eserciti. Questo punto della riforma, però, eliminò definitivamente ogni legame tra le legioni e l'Italia, poiché i nuovi comandanti, che erano spesso militari di carriera partiti dai gradi più bassi e arrivati a quelli più alti, erano interessati solo al proprio tornaconto o al massimo agli interessi della provincia d'origine, ma non a Roma. Il resto del corpo di truppa, degli ufficiali e sotto-ufficiali rimase pressoché invariato: il semplice miles (legionario romano); gli immunes (soldati semplici "specializzati", che avevano identica paga del semplice miles, ma esentati dai lavori pesanti): ingegneri, artiglieri, istruttori di armi, i frumentarii (polizia militare), falegnami, medici, custos armorum (custodi d'armi) e alcuni tra i responsabili amministrativi (come il curator, il librarius); i principales (sotto-ufficiali con incarichi tattici) a loro volta divisi in (a seconda del livello del loro stipendium): sesquiplicarii (paga pari a 1,5 volte quella di un soldato semplice), ovvero il cornicen, il bucinator, il tubicen, il tesserarius ed il beneficiarius e duplicarii (paga pari al doppio rispetto a quella di un soldato semplice), ovvero loptio, laquilifer, il signifer, limaginifer, il vexillarius equitum, il cornicularius ed il campidoctor. A questo punto si trovano gli ufficiali della legione imperiale. i 22 decurioni, uno per turma, della riforma di Gallieno (o degli Imperatori illirici). i 54 centurioni dalla IX alla II coorte (all'interno della quale la gerarchia era in modo crescente: dallhastatus posterior, al princeps posterior, poi al pilus posterior, allhastatus prior, al princeps prior ed al pilus prior); i 5 centurioni della I coorte, di cui il più alto in grado era chiamato primus pilus, partendo dal più basso in grado, lhastatus posterior, al princeps posterior, allhastatus prior, al princeps prior, fino appunto al primus pilus; quest'ultimo poteva poi accedere al tribunato nei Vigili a Roma oppure alla prefettura di una coorte quingenaria; un tribuno al comando della cavalleria, il sexmenstris, in carica 6 mesi (di età attorno ai 20 anni); i 5 tribuni angusticlavii, di ordine equestre, ciascuno al comando di 2 coorti (di età attorno ai 30 anni); un praefectus fabrum, a capo di ingegneri e sottoposto al legatus legionis (almeno fino a Claudio); un praefectus legionis di rango equestre, identificabile con il "vecchio" praefectus castrorum (prefetto dell'accampamento). Disposizione tattica Ad Alessandro Severo risalirebbe un'importante modifica tattica, come il ritorno allo schieramento falangitico di più legioni contemporaneamente, fino a costituire una massa d'urto di 6 legioni complessive (per un totale di armati), fianco a fianco, senza alcun intervallo tra loro. Modello strategico Sotto Settimio Severo venne aumentato il numero delle legioni romane a 33, con la costituzione di ben tre unità, in vista delle campagne partiche: la legio I, II e III Parthica. Venne posta una legione di riserva in prossimità di Roma, nei Castra Albana, dove fu alloggiata la II Parthica. L'esercito ora poteva contare su armati complessivamente. Un numero comunque esiguo se si pensa che dovevano presidiare circa chilometri di confine, controllare e difendere i 70 milioni di abitanti dell'Impero e che per raggiungere il confine dall'Italia occorrevano mediamente 2 mesi di marcia. Ai tempi di Aureliano le legioni scesero a 31, per un totale di legionari, affiancati probabilmente da un'altra metà di ausiliari, certamente maggiore in alcune province, per un esercito complessivamente composto da uomini, di molto inferiore a quello di settant'anni prima a causa dell'incidenza delle guerre civili, delle numerose sconfitte e delle difficoltà di reclutamento. Il ricorso alle vessillazioni si era fatto sempre più frequente. Armamento Tardo impero Dalla riforma di Diocleziano al consolidamento del potere costantiniano (285-324) La vera grande riforma militare di Diocleziano fu soprattutto di tipo politico. Il nuovo imperatore dispose, prima di tutto, una divisione del sommo potere imperiale, dapprima attraverso una diarchia (due Augusti, a partire dal 285/286) e poi tramite una tetrarchia (nel 293, tramite l'aggiunta di due Cesari), compiendo così una prima vera "rivoluzione" sull'intera struttura organizzativa dell'esercito romano dai tempi di Augusto. Questa forma di governo a quattro, se da un lato non fu così felice nella trasmissione dei poteri (vedi successiva guerra civile), ebbe tuttavia il grande merito di fronteggiare con tempestività i pericoli esterni al mondo romano.. La presenza di due Augusti e due Cesari facilitava, infatti, la rapidità dell'intervento armato e riduceva i pericoli che la prolungata assenza di un unico sovrano poteva arrecare alla stabilità dell'Impero. Diocleziano creò una vera e propria gerarchia militare sin dalle più alte cariche statali, quelle dei "quattro" Imperatori, dove il più alto in grado era lAugusto Iovio (protetto da Giove), assistito da un secondo Augusto Herculio (protetto da un semidio, Ercole), a cui si aggiungevano i due rispettivi Cesari, ovvero i "successori designati". In sostanza si trattava di un sistema politico-militare che permetteva di dividere meglio i compiti di difesa del confine: ogni tetrarca, infatti, curava un singolo settore strategico e la sua sede amministrativa era il più possibile vicino alle frontiere che doveva controllare (Augusta Treverorum e Mediolanum-Aquileia in Occidente; Sirmium e Nicomedia in Oriente), in questo modo era possibile stroncare rapidamente i tentativi di incursione dei barbari, evitando che diventassero catastrofiche invasioni come quelle che si erano verificate nel III secolo. Diocleziano riorganizzò l'esercito, trasformando la "riserva mobile" introdotta da Gallieno (formata di sola cavalleria) in un vero e proprio "esercito mobile" detto comitatus, distinto dalle forze poste ai confini, probabilmente costituito da due vexillationes (Promoti e Comites) e da tre legiones (Herculiani, Ioviani e Lanciarii). Struttura della legione Non sembra vi fossero particolari cambiamenti interni alla struttura della legione. Ciò che cominciò, invece, a delinearsi con maggiore frequenza, fu il costante invio di vexillationes (di - legionari) da parte della "legione madre" (attraverso la suddivisione di unità più antiche) che, sempre più spesso, non fecero più ritorno. La legione però rimaneva ancora legata al territorio, alla provincia di appartenenza, anche se essa andò perdendo di consistenza, passando dai circa componenti dell'età alto-imperiale, ai dell'età dioclezianea e ai di quella valentiniana. I principali motivi furono determinati dalle situazioni contingenti del momento: il prolungarsi di numerose guerre lungo i vari fronti imperiali; la frequenza con cui la guerra civile, che determinò nel 324 la fine della tetrarchia, portò ad un continuo avvicendarsi di augusti e cesari nelle varie parti dell'impero, e di conseguenza il cambio di potere al vertice, impedendo di fatto il ritorno di queste vexillationes migrate spesso molto lontane dalle fortezze originarie. Cavalleria Diocleziano comprese quale importanza ora rivestissero le forze di cavalleria. Egli, infatti, trasformò la "riserva strategica mobile" introdotta da Gallieno (di sola cavalleria) in un vero e proprio "esercito mobile" detto comitatus, nettamente distinto da un "esercito di confine". Qui nel comitatus, costituito da due vexillationes di cavalleria (tra Promoti e Comites), e tre legiones (Herculiani, Ioviani e Lanciarii), ebbero ancora grande importanza le forze di cavalleria (vexillationes), che, ricordiamo, al tempo di Gallieno ne costituirono l'intera "riserva strategica mobile". Genio militare Gerarchia interna Non sembra vi furono sostanziali modifiche riguardo alla gerarchia interna delle legioni, rispetto all'epoca di Gallieno. Disposizione tattica Lo Strategikon, prontuario di guerra attribuito all'imperatore bizantino Maurizio, metteva in guardia dal comporre una formazione da battaglia con meno di quattro ordini. Dunque, è probabile che in quest'epoca prevalessero formazioni, di assetto prettamente difensivo, date dalla sovrapposizione di più ordini, che potevano anche arrivare a sedici. Arriano riferisce invece la disposizione in otto ordini: i primi quattro composti da uomini armati di hasta; tra questi gli uomini assegnati al primo rango protendevano in avanti le aste, alla maniera della falange, mentre nel secondo, terzo e quarto rango i compagni nelle retrovie si apprestavano a mettere mano alle armi da lancio (dardi e giavellotti), e una volta scagliate, riprendevano in mano le lunghe lance e le spade per farsi sotto il nemico. I successivi quattro ordini invece dovevano essere armati di lancea (sempre giavellotti), con cui bersagliare il nemico. Un nono ordine era formato da numeri di arcieri barbari. Vegezio inoltre prescriveva che tra un soldato e l'altro nella fila successiva ci fossero sei piedi (1,77 m) di distanza (un soldato occupava 3 piedi di spazio, corrispondenti a 88 cm). Si ritiene che nell'avvicinamento al nemico le truppe serrassero i ranghi, mediante l'avvicinamento, a partire dalla retroguardia, delle file precedenti a quelle successive, per evitare che qualcuno nel mezzo, come allerta l'autore dello Strategikon, fermasse la marcia o si provocassero sfasamenti nella linea di schieramento. Il ruolo tattico della cavalleria sembra essere rimasto sostanzialmente subalterno alla fanteria.Zosimo, Storia nuova, I, 25-27 Essa appare più che altro destinata a ruoli di schermaglia e "di contrappeso" con la cavalleria nemica, incaricata di svolgere missioni esplorative e azioni di disturbo, ma mai, se non in rari casi, di condurre attacchi risolutivi. Asclepiodoto informa (nel I secolo a.C. però) che la cavalleria poteva assumere varie formazioni: quadrate, a losanga, allungate, a cuneo. Occorreva però che non fosse sviluppata molto in profondità per evitare di creare il panico tra i cavalli nel caso in cui questi si sovrapponessero gli uni agli altri in una formazione troppo affastellata. Modello strategico Lo sfondamento ripetuto di tutte le frontiere romane, eredità della crisi del III secolo, costrinse Diocleziano a creare un modello di difesa che moltiplicasse il normale ed unico comando imperiale in uno formato ora da quattro imperatori: la tetrarchia. Ciò determinò, di conseguenza, la necessità di creare nuove e numerose legioni da porre lungo i confini imperiali. Questa necessità strategica di difesa del limes, portò inevitabilmente ad un incremento del fabbisogno finanziario statale per mantenere le armate che ormai sembra raggiungessero i / uomini. Si rese così necessaria un'ulteriore tassazione del cittadino romano e una miglior distribuzione della circolazione monetaria per meglio rifornire le truppe alloggiate e distribuite a guardia dei confini provinciali. Armamento Dall'ascesa di Costantino alla morte di Valente (324-378) Una volta divenuto unico augusto, subito dopo la sconfitta definitiva di Licinio nel 324, Costantino I avviò una nuova riforma dell'esercito romano. Il percorso che egli compì, fu però graduale nel corso degli ultimi tredici anni di regno (dal 324 al 337, anno della sua morte), continuando poi con i suoi figli. Suddivise, prima di tutto, l'"esercito mobile" in "centrale" (unità palatinae) e "periferico" (unità comitatenses),. contemporaneamente rovesciò l'assetto complessivo dell'apparato bellico romano tetrarchico, continuando ad espandere la componente mobile, a vantaggio di quella di frontiera. In genere le unità palatinae costituivano l'esercito dedicato a un'intera prefettura del Pretorio, mentre le unità comitatenses costituivano l'esercito dedicato a una singola diocesi nell'ambito della prefettura. Analogamente conferì all'"esercito di confine" una connotazione più peculiare: le unità che lo costituivano furono definite limitanee (stanziate lungo i limes) e riparienses (operanti lungo i fiumi Reno e Danubio) (in epoca teodosiana alcune di esse furono rinominate pseudocomitatenses quando trasferite nell'"esercito mobile"). In sintesi si può così riassumere la nuova organizzazione delle unità militari, classificandola in tre differenti tipi, ognuno dei quali era a sua volta divisibile in sotto-unità, come segue: le Scholae palatinae, ovvero quelle unità che costituivano la guardia personale dell'imperatore, dopo lo scioglimento della guardia pretoriana, operata da Costantino I nel 312; l'esercito "mobile" (comitatus), che dipendeva direttamente dall'imperatore. La vastità dell'Impero costrinse Costantino I a dover creare altri eserciti mobili, dislocati in varie regioni, al comando dei propri figli: Crispo, Costante, Costanzo e Costantino. Per distinguere l'esercito comitatensis regionale da quello sotto il diretto controllo dell'imperatore, quest'ultimo prese il titolo di praesentalis. Questo esercito "mobile" era a sua volta diviso nelle seguenti sotto-unità, differenziate tra loro per rango gerarchico: unità Palatinae (di palazzo o praesentalis), che rappresentavano l'élite dell'esercito romano, e che facevano parte dell'armata sotto il diretto controllo dell'Imperatore (nell'evoluzione successiva, affidato al Magister militum praesentalis) a loro volta suddivise in: Legiones palatinae, ovvero i reparti di fanteria pesante dell'esercito mobile praesentalis; Auxilia palatina ovvero la fanteria leggera dell'esercito mobile praesentalis; Vexillationes palatinae, ovvero la cavalleria dell'esercito mobile praesentalis; unità Comitatenses vere e proprie, che rappresentavano le unità "mobili regionali", ovvero quelle unità a disposizione dei singoli Cesari (nel caso dei figli di Costantino) o dei vari magistri militum non-praesentalis (non di "corte"), a loro volta suddivise in: Legiones comitatenses, ovvero la fanteria pesante dell'esercito mobile non-praesentalis; Vexillationes comitatenses, ovvero la cavalleria dell'esercito mobile non-praesentalis; unità Pseudocomitatenses, che rappresentavano quelle unità di frontiera (limitanei) distaccate presso l'esercito campale (comitatus) in occasione di particolari campagne militari, e che spesso rimasero a far parte dell'esercito "mobile" in modo permanente. Esse poteveno essere solo di un tipo: Legiones pseudocomitatenses, ovvero unità "prestate" dalle frontiere imperiali, all'esercito "mobile"; l'esercito "lungo le frontiere" (limes), ovvero dei Limitanei e/o Riparienses (questi ultimi erano soldati, posti a protezione delle frontiere fluviali di Reno, Danubio ed Eufrate), unità "fisse" di frontiera aventi compiti principalmente difensivi e costituenti il primo ostacolo contro le invasioni esterne. Queste unità erano a loro volta suddivise, sempre in ordine di importanza gerarchica in: legiones limitaneae, ovvero la fanteria pesante dell'esercito stabile lungo le frontiere (formate da 1.200 fino a armati ciascuna; normalmente quelle in Occidente erano di consistenza inferiore, rispetto a quelle della parte orientale); Auxilia (o auxiliares o auxilium), di difficile interpretazione allo stato attuale delle conoscenze, ma comunque di dimensioni e qualità inferiori rispetto alle legiones di limitanei; Milites o Numeri, i primi rappresentavano forse dei distaccamenti di altre unità, mentre i secondi, erano unità di dimensioni sempre più ridotte e di formazione "indigena"; Equites e Cunei, erano invece reparti di cavalleria limitanea; Alae e Cohortes erano forse i residui di vecchie unità alto-imperiali. In aggiunta, va precisato che si rese necessario un crescente reclutamento obbligatorio dei barbari (chiamati laeti), già inquadrati nei numeri sin dall'epoca di Marco Aurelio, stanziati all'interno dell'Impero con l'obbiettivo di ripopolare alcuni territori abbandonati o falcidiati dalle pestilenze. In virtù dell'ereditarietà dei mestieri decisa da Diocleziano, si impose ai figli di ex militari la ferma obbligatoria, anche se però questi godevano di privilegi dovuti alla carriera dei propri padri. Con il passare dei secoli l'ingresso nell'impero di gruppi barbari fu visto come l'occasione per acquisire nuove reclute. L'esercito, quindi, svolse un grande ruolo nella romanizzazione dei barbari (costituendo praticamente l'unico modo per conquistare un ruolo sociale di rilievo), garantendo un'integrazione talmente forte da consentire di intraprendere la stessa carriera dei colleghi romani. La politica di integrazione perseguita tra il III e il IV secolo rese inutile a partire dal regno di Costantino I un documento che concedesse formalmente la cittadinanza ai veterani barbari poiché questi si erano già integrati e romanizzati. Struttura della legione A partire dalla seconda parte del regno di Costantino (dopo la vittoria su Licinio del 324), molte delle legioni tradizionali (composte da / armati) cominciarono, in modo assai più evidente, a inviare loro vexillationes in forti/fortezze di nuova costruzione, o in città/borghi, perdendo la loro abituale numerazione, ma soprattutto non facendo più ritorno alla sede principale della "legione madre". Alcuni studiosi hanno creduto che ciò andasse ad aumentare considerevolmente il numero delle legioni, in realtà molte di queste legioni erano semplici "distaccamenti legionari" (ad esempio gli Ioviani dalla legio I Iovia, i Septimiani dalla legio VII Claudia, ecc.) formati ora da 800/ armati, prelevati dalla "legione madre" (di armati), che andava così in modo definitivo a ridurre i propri effettivi. Contemporaneamente questi distaccamenti, chiamati in epoca alto imperiale vexillationes, divennero essi stessi delle unità indipendenti legionarie. È vero anche che se buona parte di queste legioni "nacquero" da questo scorporo, altre furono create ex novo, da reparti specifici dell'esercito romano (ad esempio i Ballistari, quali reparti di artiglieria) o da vecchie unità ausiliarie (ad esempio i Germaniciani).. Sulla base di quanto è stato esposto poco sopra vi erano quattro tipi di legioni che: con l'evolversi del sistema post-costantiniano si trasformarono gradualmente da unità di armati, a unità ridotte fino a 800/ armati circa; continuavano a costituire il nerbo dell'esercito romano, costituite da fanteria pesante. Si trattava delle seguenti legiones: la legio palatina, appartenente all'esercito mobile praesentalis che dipendeva direttamente dall'imperatore; la legio comitatensis, facente parte di quelle unità "mobili regionali" a disposizione dei singoli Cesari (nel caso dei figli di Costantino) o dei vari magistri militum non-praesentalis (non di "corte"); la legio pseudocomitatensis, ovvero quel genere di unità "prestate" dalle frontiere imperiali all'esercito "mobile"; la legio limitanea, facente parte di quelle unità poste a difesa "lungo le frontiere" dei Limitanei e/o dei Riparienses. Costantino introdusse, quindi, nell'"esercito mobile" un nuovo tipo di unità (in aggiunta alle legiones e alle vexillationes): gli auxilia palatina, eredi delle unità ausiliarie, che dopo la constitutio antoniniana di Caracalla (212) erano state integrate nel tessuto imperiale. In particolare gli auxilia palatina erano costituite da circa 500 fanti, generalmente con armamento leggero, più versatili delle legiones ed impiegabili anche in azioni di guerriglia e rastrellamento. Conseguentemente nel tardo impero la distinzione tra legiones e auxilia divenne tecnico-tattica, più che basata sulla cittadinanza dei combattenti che vi militavano. Le legioni, infatti, risultavano meno flessibili ed erano dotate di un'organizzazione migliore rispetto a quella delle auxilia, oltre ad essere armate in modo "più pesante". Vi è, infine, da aggiungere che nel 365, il nuovo imperatore Valentiniano I (Augustus senior presso Mediolanum), spartì con il fratello minore Valente (Augustus iunior presso Costantinopoli) tutte le unità militari dell'Impero (comprese quindi le legiones), le quali furono attribuite all'uno o all'altro in parti uguali (quelle di armati) oppure divise in due metà (quelle con un numero di legionari ancora di consistenza superiore ai armati) dette rispettivamente "senior" (assegnate a Valentiniano I) e "iunior" (assegnate a Valente). Comandi complementari interni alla legione Cavalleria Con la riforma costantiniana post 324, sembra che i reparti di cavalleria legionaria siano stati pressoché aboliti a vantaggio di nuove unità di cavalleria specializzata, denominate vexillationes. Si trattava di unità usate all'interno del comitatus. L'abolizione della cavalleria interna alla legione, fu un processo lungo iniziato dalla riforma di Gallieno (o degli imperatori illirici), quando la cavalleria andò lentamente separandosi dalla fanteria legionaria, divenendo di fatto indipendente proprio sotto Costantino I (324-337) e cessando così di esistere come corpo aggregato alla legione romana. Le vessillazioni in quest'epoca designavano, non più i distaccamenti legionari alto imperiali, ma reparti di sola cavalleria. Le vexillationes equitum andarono incontro a un progressivo consolidamento nell'organico e nel numero di distaccamenti, tanto da far pensare all'assegnazione di una nuova funzione strategica alle unità di cavalleria. Con la riforma di Costantino e dei suoi figli, le vessillazioni divennero unità alla base dell'organizzazione delle forze montate: le vexillationes palatinae e quelle comitatentes erano nominalmente formate da 300 o 600 uomini. La Notitia dignitatum elenca in quest'epoca ben 88 vessillazioni. La cavalleria poteva essere leggera o pesante a seconda dell'armamento o della pesantezza dell'armatura. Esistevano gli equites sagittarii, arcieri a cavallo di derivazione orientale, partica o barbarica, la cavalleria leggera d'avanguardia (mauri, dalmatae, cetrati), e la cavalleria pesante dei catafractarii attrezzati di lance e muniti di pesanti armature squamate e o di lorica manica, di derivazione sarmatica, partica o palmirena. Soprattutto in Oriente, se si registra la presenza di ben 19 unità di catafratti secondo la Notitia Dignitatum, una delle quali era una schola, reggimento di guardie a cavallo imperiale. Tutte queste unità, tranne due, appartennero al Comitatus, con una minoranza tra i Comitatensi palatini, mentre ci fu solo un'unità militare di arcieri catafratti. I corpi di cavalleria erano integrati tanto nelle legioni comitatensi, quanto in quelle limitanee, eredi o delle vecchie alae di cavalleria ausiliaria o degli equites illyriciani o dei clibanarii già operanti in epoca alto-imperiale. Unità d'élite erano le scholae, istituite all'inizio del IV secolo per opera di Costantino I a seguito dello scioglimento dell'antica Guardia pretoriana, e divise tra gentiles e scutarii. Ogni schola era comandata inizialmente da un tribuno, poi successivamente al V secolo da un comes scholarorum, che aveva sotto il suo diretto commando un certo numero di ufficiali anziani detti domestici o protectores. Se all'inizio de IV secolo erano elencate tre unità, nel V secolo la Notitia dignitatum elenca sette scholae nella parte orientale dell'Impero e cinque in quella occidentale. Genio militare Gerarchia interna Ufficiali maggiori Se al vertice di una delle armate, almeno fino a Onorio e Arcadio, si collocava l'imperatore in persona (il quale poteva delegare gli altri eserciti ad Augusti e Cesari), ai grandi immediatamente inferiori erano preposti i magistri militum, tutti comites rei militaris in quanto parte dellentourage imperiale. Essi erano: il Magister militum praesentalis a capo della cavalleria; il Magister militum praesentalis a capo della fanteria. Sotto di loro i magistri militum regionali, per la cavalleria e per la fanteria. Alle dipendenze di questi ultimi vi erano i comites, i conti, distinti da quelli suindicati per essere assegnati al comando di regioni secondarie o considerate più sicure. Ai gradi immediatamente inferiori i duces, distribuiti uno per ogni provincia (a cui erano affidate truppe di limitanei, comprendenti anche le legiones limitanae), e sottoposti all'autorità del comes territoriale. Il prepositus, invece, poteva apparire alle dipendenze del dux, oppure poteva identificare un grado di comandante di cavalleria o di una specifica unità di appiedati. Sopravvivono in quest'epoca infine, per i quadri dell'esercito, i tribuni, agli ordini di un prefetto e divisi in due grandi categorie: comandanti di unità e comandanti superiori. Altri potevano essere addetti a svariate altre funzioni (dalla fabbricazione delle armi, al comando di unità della flotta ecc). Ufficiali inferiori e truppa Con la fine della guerra civile (nel 324) e la dinastia costantiniana le "vecchie" vexillationes legionarie vennero trasformate in nuove legioni indipendenti dalla legione "madre", riducendo il numero di armati fino a 1.200 uomini (come risulta da alcuni passi di Ammiano Marcellino, a proposito della battaglia di StrasburgoElton, p. 89. del 357 e di Amida del 359, e in Zosimo). San Gerolamo in un passo aiuta a ricostruire quella che doveva essere la gerarchia per gli ufficiali subalterni in quest'epoca. Essa doveva prevedere: il primicerius, addetto alla compilazione delle liste delle unità; il senator; il ducenarius, probabilmente al comando di due centurie o di un manipolo; i centenarii, corrispondente al vecchio centurione, e divisi in: protectores, inseriti negli eserciti provinciali, grado conferito precedentemente anche ai componenti della guardia imperiale; ordinarii, a capo dei primi ordines; ordinati. Per quanto riguarda la truppa, se si fa riferimento alla gerarchia gerolamiana, vi erano nell'ordine il biarchus, il circitor, leques (il cavaliere) e il tiro. A questa economia vanno aggiunti il pedes, il fante, e il semissalis, collocato tra il cavaliere e il circitor. Va ricordato che a ciascun grado più alto, pur trattandosi di soldati, corrispondeva una paga più alta. Di conseguenza avremmo trovato: il biarchus, forse come il circitor un decurione o un ufficiale inferiore; il circitor; il semissalis (che riceveva una paga e mezza, pur svolgendo analoghe funzioni di un soldato); leques, di norma superiore al fante; il pes, il soldato appiedato; il tiro, la recluta. Disposizione tattica Modello strategico Le legioni stanziate lungo il limes in quest'epoca hanno ormai assunto una connotazione e un ruolo strategico dissimile dalle altre truppe stanziate in profondità, dislocate nei centri interni a causa delle sempre più gravi difficoltà logistiche. La loro posizione andò conferendo a queste forze di frontiera, dette di limitanei o ripenses (se poste a guardia dei confini fluviali), un ruolo di salvaguardia o di controllo del limes, rispetto alle truppe "mobili", quelle dei comitatensi (comitatensi e limitanei potevano essere reclutati entrambi tra cittadini e peregrini). Limitanei e comitatensi non vanno necessariamente vincolati gli uni e gli altri ai ruoli di forza "d'attrito" stativa e di forza mobile più flessibile. Una tale distinzione può anche essere suggerita a motivo della differente collocazione geografica, ma in realtà non esiste alcuna certezza che fossero preposti al ruolo, i primi, di forza di contenimento, e, i secondi, di "riserva strategica" o "forza mobile". Inoltre i limitanei (il cui termine inizia a designare le forze di frontiera solo alla fine del IV secolo) iniziano ad essere impiegati sensibilmente più tardi rispetto al comitatus, già esistente prima dell'avvento di Diocleziano. L'accusa di Zosimo rivolta a Costantino, e replicata dall'anonimo autore del De rebus bellicis attorno al 370, di aver minato la difesa delle frontiere allo scopo di istituire forze dinamiche di intervento, tradendo il progetto dioclezianeo del presidio dei confini, ha per lungo tempo contribuito a interpretare in senso oppositivo le strategie militari di Diocleziano e di Costantino. La scelta di Costantino fu dettata principalmente dalla maggiore facilità di approvvigionamento per le truppe vicine ai centri cittadini (pur comportando tale iniziativa ovvi problemi di ordine pubblico e di abusi da parte dei militari). Diocleziano aveva scelto di rafforzare le difese, di costruire nuovi forti, anche se dotandoli di una quantità di truppe di difesa inferiore rispetto al periodo precedente. Ogni provincia era dotata di due legioni, due vexillationes di cavalleria (ognuna di 500 uomini) per un totale di soldati circa. Costantino, all'opposto, con le forze prelevate dalle frontiere trasformò il comitatus, comandato da magistri militum provinciali, che divenne la principale massa di manovra dell'esercito. A questo si affiancava la forza limitanea, sottoposta al controllo dei duces. Con Costantino il controllo dell'esercito era inoltre definitivamente sottratto ai governatori, ormai ridotti al ruolo esclusivo di amministratori e giudici. Sotto Costantino si ebbe, ancora una volta, la necessità di creare nuove legioni da porre lungo i confini imperiali, portando inevitabilmente ad un incremento del fabbisogno finanziario statale per mantenere le armate che ormai sembra raggiungessero i 600 000 uomini. La Notitia Dignitatum fornisce, infine, un quadro più o meno completo, anche se in gran parte anteriore alle grandi invasioni ed ai regni romano-barbarici, della struttura delle province e delle unità militari. Dal documento emerge una certa frammentazione, un quadro di apparente indebolimento delle vecchie legioni, con unità prive di un organico completo, anche se del tutto regolari e pienamente inserite all'interno di un preciso organigramma. L'aspirazione ad entrare nella milizia limitanea era, generalmente, più diffusa, non solo perché chi vi era arruolato (ovvero i provinciali) avesse il vantaggio di rimanere vicino alla famiglia, ma anche in ragione dell'esenzione a beneficio dei figli dei curiali (il notabilato delle città), garantita da una legge del 363, dell'obbligo ereditario alla ferma (riservato unicamente a coloro che sceglievano la strada dell'arruolamento e servivano nell'esercito per 10 anni). Armamento Da Adrianopoli alla fine dell'Occidente (378-476) In seguito alla sconfitta di Adrianopoli, l'Impero dovette venire a patti con i vittoriosi Goti, concedendo loro di stanziarsi nei Balcani come foederati semi-autonomi: essi mantennero il loro stile di vita e la loro organizzazione tribale stanziandosi in territorio romano come esercito alleato dei romani. Oltre ai Visigoti, che alla fine ottennero, dopo molte altre battaglie contro l'Impero, la concessione dall'imperatore Onorio di fondare un regno federato in Aquitania (418), altri popoli come Vandali, Alani, Svevi e Burgundi (che entrarono all'interno dei confini dell'Impero nel 406) ottennero, grazie alle sconfitte militari inflitte all'impero, il permesso imperiale di stanziarsi all'interno dei confini. Le devastazioni dovute alle invasioni e le perdite territoriali determinarono una costante diminuzione del gettito fiscale con conseguente progressivo indebolimento dell'esercito: un esercito professionale come quello romano, infatti, per essere mantenuto efficiente, aveva bisogno di essere pagato e equipaggiato, e le ristrettezze economiche dovute al crollo del gettito fiscale portarono ovviamente a un declino progressivo delle capacità di addestramento, arruolamento, dell'organizzazione logistica e della qualità dei rifornimenti in armi e derrate ai soldati (si spiegano in questo senso le sempre più crudeli minacce ai cittadini contenute nelle leggi del periodo in caso di mancato versamento dei tributi). Da un'attenta analisi della Notitia Dignitatum, si può ricavare che quasi la metà dell'esercito campale romano-occidentale andò distrutto nel corso delle invasioni del 405-420, e che le perdite furono solo in parte colmate con l'arruolamento di nuovi soldati, mentre molte delle ricostituite unità erano semplicemente unità di limitanei promossi a comitatenses, con conseguente declino delle potenzialità militari con riferimento sia alla consistenza meramente quantitativa delle truppe che sotto il profilo della qualità. La perdita dell'Africa ebbe riverberi inevitabili e seri sulle finanze dello stato, indebolendo ulteriormente l'esercito (attorno al 444). Le perdite subite portarono all'ammissione in grosse quantità di ausiliari e foederati germanici (ad esempio Unni): ciò poteva portare benefici a breve termine, ma era deleterio a lungo termine, in quanto diminuiva gli investimenti nel rafforzamento delle unità regolari. Nel tardo impero l'esercito, per difendere i confini imperiali dalla crescente pressione barbarica, non potendo contare su reclute insignite di cittadinanza, a causa sia del calo demografico all'interno dei confini dell'Impero, sia della resistenza alle coscrizioniGibbon (Capitolo XVII) narra che molti giovani si tagliarono le dita della mano destra pur di non essere arruolati., ricorse sempre di più a contingenti di gentiles (fino a una vera deriva "mercenaristica"), utilizzati dapprima come mercenari a fianco delle unità regolari tardo imperiali (legiones, vexillationes e auxilia), ed in seguito, in forme sempre più ingenti e diffuse, come alleati che conservavano le loro tradizioni e le loro usanze belliche. Il risultato fu un esercito romano nel nome, ma sempre più culturalmente estraneo alla società che era chiamato a proteggere. Vegezio, autore di un manuale di strategia militare redatto tra la fine del IV secolo e la prima metà del V secolo, si lamentò per l'imbarbarimento progressivo dell'esercito romano, il quale, cominciando a combattere alla maniera barbarica, perse il suo tradizionale vantaggio nella superiore disciplina e strategia militare; lo stesso Vegezio si lamentò per il fatto che l'imperatore Graziano avesse permesso ai suoi fanti, probabilmente di origini barbariche, di non indossare più elmo e armature, esponendoli maggiormente alle armi nemiche e portando come nefasta conseguenza a diverse sconfitte contro gli arcieri goti. Vegezio lamentò poi che non si costruissero più accampamenti e riferisce le conseguenze nefaste di questa scelta. Sempre Vegezio lamentava poi che i proprietari terrieri, non intendendo perdere manodopera, escogitavano diversi espedienti pur di non fornire soldati all'esercito, ricorrendo anche alla corruzione degli ufficiali reclutatori: ciò fece sì che, invece di reclutare gente idonea al combattimento, venissero reclutati pescatori, pasticcieri, tessitori ed altre professioni ritenute non idonee da Vegezio. La soluzione di Vegezio era tornare all'antico modo di combattere, alla "maniera romana", abbandonando il modo di combattere "alla barbara" introdotto dal sempre più crescente arruolamento di Barbari; in Occidente, tuttavia, per diverse ragioni, non si riuscì a invertire questa tendenza, portando alla sua rovina. Da alcune fonti letterarie del tempo si può evincere che il termine "ausiliario" divenne a poco a poco sinonimo di "soldato", così come lo fu nei secoli precedenti il termine "legionario", il che sta ad indicare una fase di progressiva smobilitazione delle antiche unità legionarie in favore di quelle ausiliarie. In una seconda ed ultima fase, l'esercito romano avrebbe perso definitivamente la sua identità, quando probabilmente anche la maggior parte degli auxilia palatina furono rimpiazzate da federati. Intorno al 460 l'esercito romano, e di conseguenza le legiones, dovevano apparire solo l'ombra di sé stesse, con i territori ridotti ormai alla sola Italia o poco più. Nonostante tutto, secondo alcuni studiosi, l'esercito romano rimase efficiente fino ad almeno a Maggioriano (461). Sotto Ezio e Maggioriano, l'Impero sembra fosse ancora in grado di affrontare e vincere in battaglia Visigoti, Burgundi, Bagaudi, Franchi, mantenendo sotto il suo controllo la Gallia, a riprova di una sua relativa efficienza. Solo con l'uccisione di Maggioriano cominciò il definitivo declino, a causa della rivolta dell'esercito delle Gallie che portò alla formazione di uno stato secessionista in Gallia settentrionale, il Dominio di Soissons. Privato dell'esercito delle Gallie, ed essendosi ridotti i territori gallici sotto il controllo del governo centrale alle sole Provenza e Alvernia, l'impero non fu più in grado di difendere queste province con il solo ricorso all'esercito d'Italia. Nel 476 le armate sollevate da Odoacre contro il magister militum Flavio Oreste e l'ultimo imperatore in Italia, Romolo Augusto, erano costituite unicamente da alleati germanici, perlopiù Sciri ed Eruli. Tuttavia l'assetto generale dell'esercito romano tardo-imperiale, e alcune sue unità, sopravvissero almeno fino al VI secolo in seno alla Pars Orientis. Teofilatto Simocatta attesta, ancora a fine VI secolo, l'esistenza della Legio IV Parthica, anche se all'epoca le legioni erano quasi del tutto scomparse, sostituite da reggimenti di circa 500 soldati denominati numeri (in latino) o arithmoi (in greco). Armamento Età regia Xiphos (spada greca a punta); lancia da urto; oplon (scudo di origine greca rotondo e concavo, che contraddistingueva l'oplita); linothorax (armatura greca di tessuto); elmo corinzio, elmo attico ed elmo calcidico (elmi di fogge greche, largamente usati dai Romani in età regia). Età repubblicana Equipaggiamento dei Velites: scudo piccolo, rotondo e di legno; spada a punta, soltanto per infilzare; poi sostituita dal gladio; elmo piccolo e semplice; pelliccia di lupo da mettere sopra l’elmo; giavellotti corti e con una punta sottile. Equipaggiamento degli Hastati: spade all’inizio di foggia greca, poi sostituite, a seguito della seconda guerra punica, con il gladius hispaniensis; due pila con la punta di ferro dolce; scutum ovale o rettangolare con i lati arrotondati; pettorina in bronzo che copriva soltanto il petto; elmo del tipo di Montefortino, in bronzo, dotato di tre piume d’aquila rosse. Equipaggiamento dei Principes: spade all’inizio di foggia greca, poi sostituite, a seguito della seconda guerra punica, con il gladius hispaniensis; due pila con la punta di ferro dolce; scutum ovale o rettangolare con i lati arrotondati; lorica hamata; elmo di Montefortino, in bronzo, dotato di un cimiero di crini di cavallo. Equipaggiamento dei Triarii: spade di foggia greca, poi sostituite, a seguito della seconda guerra punica, con il gladius hispaniensis; lancia da urto; lorica musculata (molto costosa); scutum ovale o rettangolare con i lati arrotondati; elmo del tipo di Montefortino, in bronzo, dotato di tre piume nere. I secolo a.C. Lorica hamata; gladio (spada corta, a punta e a doppio taglio); elmo del tipo di Montefortino, dotato di un ciuffo di crini di cavallo; scutum rettangolare con i lati arrotondati; due pila con la punta di ferro dolce; pugio (pugnale: usato come arma di ultima difesa). età augustea Gladio (spada corta, a punta e a doppio taglio); elmocoolus e agen port; lorica hamata; pugio; scutum; due pila. età imperiale Gladius hispaniensis (spada corta a doppio taglio); pilum; pugio (pugnale appeso alla vita tramite una cintura); scutum rettangolare di legno dotato di una parte centrale in ferro usato per lo sfondamento; lorica segmentata (corazza a piastre di ferro sovrapposte); elmo di derivazione gallica. Fortificazioni Le legioni alloggiavano in due tipi di accampamenti (castrum): "da marcia" o permanenti. I primi erano costruiti in via temporanea per garantire la sicurezza della legione durante la sosta notturna in territorio nemico, i secondi erano relativamente stabili e potevano essere di due tipi: castra hibernia, in cui svernare, e castra aestiva, in cui alloggiare le truppe nei mesi estivi o in prossimità delle campagne militari. I sistemi difensivi più rapidi e più facilmente realizzabili erano costituiti dai cavalli di frisia, ovvero da pila muralia (pali acuminati con un'incavatura al centro per consentire l'incastro assieme ad altri pila) legati insieme e posti in cima agli aggeri che sorgevano accanto allintervallum che separava la zona adibita ad ospitare le tende (papiliones), da quella della cinta difensiva, solitamente costituita da un fossato a ridosso di un terrapieno, per i campi temporanei, o da un vallum di legno o pietra (intervallato da quattro porte mediane) munito di torri per quelli permanenti. Le tende erano fatte di pelli cucite di vitello, di capra o di cuoio. Il castrum romano era attraversato da due strade principali che intersecavano nell'area del Praetorium (tenda o abitazione del comandante) e dei Principia (quartier generale), la via Praetoria (che collegava porta praetoria e porta decumana) e la via Principalis (che collegava le due porte principali). Il castrum romano poteva estendersi anche su 20-30 ettari e ospitò fino all'89 d.C. 2 legioni, dopodiché ne poté ospitare solo una. Le unità ausiliarie avevano propri forti distribuiti nelle zone più di confine ed erano intervallate con quelle legionarie. Le fortezze ausiliarie (castella) erano basi di attività di pattugliamento e monitoraggio dei confini, fondamentali anche per tenere impegnato il nemico in caso di invasione. I forti erano dotati anche del valetudinarium, di un ospedale militare. Conduzione degli assedi e macchine da guerra Le fasi dell'assedio erano fondamentalmente tre, svincolate spesso da un ordine logico tra loro. La prima consisteva nel porre il blocco all'ingresso di merci e persone nella città e nell'isolamento del nucleo cittadino. La seconda fase era quella della contravallatio (controvallazione), usata a Masada, consistente nella costruzione di una semplice palizzata, di un fossato o di fortificazioni più complesso come sistema di difesa dagli assediati. Ulteriore sviluppo della seconda era la fase (terza) della circumvallatio, utile ai fini della difesa dall'esterno e dall'interno del campo degli assedianti, impiegato da Cesare ad Alesia. Utili in fase di avanzamento erano le vinee (anche i plutei) o in alternativa la formazione a testuggine, delle tettoie mobili per proteggere i soldati o gli scavatori nell'avvicinamento alle mura. Armi d'assedio ampiamente usate erano le baliste, grosse balestre pensate per scagliare proietti di pietra o frecce e gli scorpiones, adoperati per il lancio di dardi e frecce di medie dimensioni. Spesso si usavano anche rampe (come quelle di Jotapata e Masada) per far arrivare le torri d'assedio alle mura (munite di baliste o di arieti) o si ricorreva alla costruzione di imponenti terrapieni (come ad Avarico). Vegezio elenca sette tipi di armi d'assedio nell'Epitoma, riferibili a quest'epoca, ma certamente collocabili anche nei tempi anteriori. Le macchine più usate erano: le testuggini, che secondo la descrizione dell'epitomatore tardo antico costituivano le macchine all'interno delle quali poteva essere collocata o l'estremità in ferro (per sineddoche si sarebbe poi forse intesa per ariete l'intera macchina), cioè l'ariete volto a minare la solidità delle mura, oppure una "falce" che serviva a "estrarre le pietre dalle mura"; le vinee (larga circa 2 metri, alta 2 e lunga 4,70 metri), tettoie di legno leggero che potevano essere realizzate in gran numero a formare un lungo corridoio che consentiva l'avvicinamento alle mura degli scavatori; i plutei, schermi mobili, formati da intrecciature di vimini rivestiti di pelli o di cuoio, al riparo dai quali gli assedianti bersagliano gli spalti delle mura; i muscoli, macchine coperti dalle quali si poteva operare il riempimento dei fossati che consentisse alle torri mobili di raggiungere le mura; le torri mobili (larghe dai 9 ai 15 metri), costruite con travi e tavole ricoperte di pelli grezze per evitare di prendere fuoco, e formate su tre livelli, il primo dotato di ariete per colpire le mura, il secondo munito del ponte per l'accesso agli spalti, il terzo costituito da una torretta (spesso nascosta) con la quale colpire i nemici sulle mura e agevolare la conquista del settore o evitare l'incendio della torre stessa, soggetta spesso ad essere colpita da dardi incendiari. Simboli della legione Durante il suo secondo consolato, nel 104 a.C., Gaio Mario conferì all'aquila un valore simbolico particolare, rendendola il segno distintivo della legione.Sallustio, De Catilinae coniuratione, 59 Racconta Plinio che prima della decisione di Mario la legione possedeva altri quattro simboli: il lupo, il cavallo, il minotauro e il cinghiale, recati davanti a ciascun rango dell'esercito. Non è chiaro tuttavia cosa identificassero queste quattro figure, e se fossero adoperate insieme o servissero ciascuna a designare un determinato raggruppamento. Si potrebbe ipotizzare che i quattro simboli fossero riferiti alle quattro legioni citate da Livio.. L'aquila in età imperiale era tenuta in consegna dalla prima centuria della prima coorte. La progressiva sostituzione dell'aquila, sacra a Giove Capitolino, o il suo affiancamento al draco, simbolo religioso e militare presso i daci e i sarmati, con tutta probabilità assimilato dai romani durante la campagna dacica di Traiano, tanto da essere riportato in ben 20 scene della Colonna traiana, dovrebbero risalire al II secolo. Il simbolo compare in numerosi coni emessi da Antonino Pio, Decio, Claudio il Gotico e Aureliano. Prima adottato dalle coorti e dalle ali di cavalleria, passò successivamente a identificare l'intera legione. Oltre all'aquila e al drago sarà impiegato più tardi il labaro (labarum), drappo quadrato recante il monogramma di Cristo (oppure costituito da un drappo con tre cerchi sormontato dal monogramma), quando Costantino ne farà il simbolo del proprio esercito, promuovendone la sostituzione, una volta divenuto imperatore, alle precedenti simbologie pagane. Secondo Eusebio di Cesarea, il ritratto dell'imperatore si trovava sulla metà superiore del drappo, mentre sulla metà inferiore era disegnata una croce. Il Chi-Rho, invece, era attaccato al braccio superiore della croce. Il labaro, assieme al draco, una manica a vento purpurea retta da un'asta sfarzosa, precedeva le truppe in marcia alla testa dell'esercito. Signiferi e vessilliferi I simboli militari romani erano il vexillum, un piccolo stendardo consistente in un drappo, e il signum, costituito da forme solide raffiguranti animali, persone o oggetti. Gli addetti al trasporto dei simboli delle legioni e delle centurie erano: laquilifer per l'aquila della legione, il signifer per il simbolo del manipolo o della centuria, il vexillarius per il portatore del vessillo, limaginifer per le imagines degli imperatori e, in epoca tarda, il draconarius (i portatori del draco erano sottoposti a un magister draconum) per il draco, che passò ad identificare anche il signifer. All'interno dell'accampamento o del forte le insegne (signa militaria) erano conservate nellaedes signorum, uno degli edifici dei Principia (quartier generale della legione), contenente gli stendardi delle unità. Laquilifer, di solito un signifero anziano, secondo nella gerarchia rispetto al centurione, era una figura di primaria importanza della legione, avendo la responsabilità di condurre in battaglia il simbolo dell'intero corpo militare, anche se la sua tutela era assegnata al centurione. Conservare e difendere l'aquila significava preservare la continuità della legione, perché la sua perdita poteva comportarne lo scioglimento, come avvenuto per le legioni distrutte dopo le battaglie di Carre e Teutoburgo. La caduta nelle mani del nemico delle insegne era un'onta gravissima, tanto che Augusto si prodigò per ottenere la restituzione delle insegne di Crasso, riuscendo a farsele riconsegnare dal re parto Fraate IV nel 20 a.C. Ogni centuria, comprese quelle ausiliarie che avevano uno specifico signifer auxilia, possedeva un'insegna (signum) che consisteva in un certo numero di dischi metallici (phalerae), di solito in numero di sei (corrispondenti alle centurie nella coorte), fissati ad un'asta di legno, terminante in una punta o una forma di mano (il cui significato è incerto) al di sotto della quale poteva essere montato una targa con su indicato il numero della coorte o della centuria stessa. Il vexillum era uno stendardo, riportante il nome della legione, il simbolo e il numero, uno per ogni legione. Spesso identificava una vexillatio legionaria, ovvero un distaccamento della legione. Limaginifer invece era il portatore dellimago dell'imperatore, introdotta da Augusto, quando la figura dell'imperatore divenne oggetto di culto. Limago o le imagines erano ritratti realizzati in metallo battuto, custoditi dalla prima coorte. Servizio medico Vita del legionario Legione e flotta Nel 214 a.C. nel pieno dell'attacco di Annibale, a Brundisium agli ordini di Marco Valerio Levino era acquartierata una forza di fanteria della consistenza di una legio classica a supporto delle operazioni della Marina militare romana nell'Adriatico, che però venne usata per difendere la costa illirica dagli attacchi di Filippo di Macedonia. Dopo le sanguinose guerre contro Cartagine, la flotta romana era diventata tra le più forti del Mediterraneo. Sotto Augusto, incrementata nel numero di navi, essa divenne stabile. Le principali basi di stanziamento divennero Miseno, presso Pozzuoli, nel Mar Tirreno e Classe, presso Ravenna, nel Mar Adriatico, col compito di controllare l'una il Mediterraneo occidentale, l'altra quello orientale. Flotte minori erano stanziate nei mari delle province periferiche (Britannia, Germania, Pannonia, Mesia, Ponto, Siria). Con l'ulteriore espansione della flotta, le navi vennero dotate di contingenti di fanteria imbarcata. Questa era in forza alla base principale del Miseno, ed effettuava le comuni esercitazioni della fanteria romana, oltre alle speciali tecniche della guerra sul mare, come abbordaggi e il bersagliare le navi avversarie dalle torri delle quali erano dotate le unità maggiori della flotta. Il numero di queste unità fu soggetto a contrazioni ed espansioni nel tempo, seguendo le fortune della marina alla quale era in forza. In effetti, la fanteria di marina romana, antesignana di quella attuale in forza a quasi tutte le marine militari moderne, aveva una sua struttura e dei suoi campi di addestramento, come la Schola Militum di Miseno. Il comando di ogni flotta era affidato a prefetti di rango equestre, talvolta a liberti. Al prefetto del Miseno era assegnata una superiorità gerarchica rispetto a quello ravennate. Le flotte provinciali erano guidate invece da centurioni o da prefetti equestri. Ogni nave era assimilata ad una centuria e comandata di norma da un centurione chiamato triarca. Al di sotto del prefetto, di grado superiore al centurione triarca c'era il navarca, comandante di una flottiglia o di una squadra di imbarcazioni, anche se Vegezio sostiene che fosse a capo di una singola nave, con l'incarico di curare l'addestramento dell'equipaggio. Galleria d'immagini Note Bibliografia Fonti primarie (testo latino e versione inglese). (traduzione inglese ). (testo greco e traduzione inglese ). (testo latino e traduzione inglese ). (testo latino e traduzione inglese). (testo latino e traduzione francese ). (testo latino e traduzione francese). (testo greco e traduzione inglese). (testo latino e versione italiana del Progetto Ovidio oppure qui). (testo latino e versione italiana del Progetto Ovidio). (testo latino e traduzione inglese ). (testo latino e traduzione inglese ). (testo latino e traduzione inglese ). (traduzione inglese). (traduzione inglese qui e qui ). (testo latino e traduzione inglese ). (Iscrizione latina e traduzione inglese). (traduzione inglese ). (testo latino e traduzione inglese). (testo latino e traduzione inglese). (testo latino e traduzione inglese). (testo latino e traduzione inglese). (testo latino e versione inglese ). (testo latino e versione inglese). (testo latino). (testo latino). (testo latino e versione inglese). (testo latino e traduzione italiana). (testo latino e traduzione italiana). (testo greco e traduzione inglese). (traduzione in inglese qui e qui). (testo latino). (testo latino e traduzione italiana). (testo latino , traduzione italiana del Progetto Ovidio). (testo latino , traduzione italiana e traduzione inglese). (testo latino ; traduzione italiana ; traduzione inglese qui e qui). (testo latino e traduzione inglese qui e qui ). (testo latino e traduzione francese ). (testo latino e traduzione inglese). (testo greco e latino, traduzione francese ). (traduzione italiana ). Fonti storiografiche moderne Giuseppe Cascarino, L'esercito romano. Armamento e organizzazione, Vol. I - Dalle origini alla fine della repubblica, Rimini 2007. Emilio Gabba, Esercito e società nella tarda Repubblica romana, Firenze 1973. Adrian Goldsworthy, Roman Warfare Phoenix, 2007 ISBN 978-0-7538-2258-6. Albert Harkness, The Military System Of The Romans, University Press of the Pacific, 2004 ISBN 1-4102-1153-3. Howard Hayes Scullard, A History of the Roman World, 753 to 146 BC, Routledge, 2003 ISBN 0-415-30504-7. Pat Southern, The Roman army: a social and institutional history'', ABC-CLIO, 2006 ISBN 1-85109-730-9. Altri progetti Collegamenti esterni
Biografia Primo esponente dei Dal Verme, nobile famiglia di Verona, giurista e diplomatico, figlio un certo Vermis, cittadino veronese attestato nel 1174. Non si sa nulla della sua giovinezza se non che la famiglia è residente a Verona nella zona periferica di porta San Zeno. Fu il primo esponente di rilievo noto della famiglia, che proprio con lui si affermò durevolmente nella classe dirigente cittadina dell'età comunale di Verona ed ezzeliniana e che sembra configurarsi come uno dei casi di affermazione ed ascesa sociale e politica, tipici dell'età comunale. Qualificato come iudex sin dalla sua prima apparizione alla ribalta politica cittadina, egli appare ben inserito nel gruppo dei causidici ed esperti del diritto che costituiscono un nucleo importante della classe dirigente duecentesca. Attraverso una assidua, cinquantennale presenza nelle magistrature comunali veronesi, radicò su solide basi il prestigio della famiglia attraversando indenne il periodo delle lotte di fazione pre-ezzeliniane ed ezzeliniane. La prima notizia sul suo conto è del 1198, quando il Comune di Verona stipulò un patto col Comune di Treviso, il Dal Verme era console di giustizia, incarico ricoperto anche nel 1201 e nel 1205. La carriera pubblica del Dal Verme si sviluppò negli anni di consolidamento politico degli Ezzelini. Ma anche quando non occupava specifiche cariche, fu sempre presente, e spesso a comprova del suo prestigio menzionato fra i primi o per primo, fra i causidici che assistevano il podestà di Verona in atti di rilevante importanza: così nel maggio 1200 quando Salinguerra II Torelli sentenziò in una causa fra il patriarca di Aquileia Pellegrino di Ortenburg-Sponheim e il Comune di Treviso, o nel 1201 quando il Consiglio generale di Verona ratificò un provvedimento relativo alla tassazione dei beni ecclesiastici. Il Dal Verme figura nella lista dei consiglieri veronesi anche 1203, quando venne giurato un patto quinquennale con Cremona. La sua assenza dalle magistrature cittadine nel periodo di supremazia della fazione guelfa dei conti Sambonifacio (1208-2014) è segno probabile della sua adesione, sin da allora, alla famiglia ghibellina dei Montecchi. Negli anni successivi le presenze e gli incarichi sono reiterati: fu console nel secondo semestre del 1215, come giudice e procuratore del Comune di Verona nel 1217 era a Cerea per rivendicare i diritti del capitolo dei canonici su quel paese (a questi placiti partecipava sempre l'élite della classe dirigente cittadina, milites o giudici) e nello stesso anno rappresentò il Comune ad un atto relativo al controllo di Ostiglia; nel 1220 rappresentò il Monastero di San Michele Arcangelo in Campagna presso l'imperatore Federico II di Svevia; nel 1222, ancora per la giurisdizione su Cerea, si recò a nome del Comune di Verona a Bologna e nel novembre 1225 era nuovamente iudex et procurator comunis Veronae. Nell'aprile 1226 il Dal Verme fu fra i giuristi veronesi che ratificarono l'adesione della città di Verona (dove da pochi mesi avevano preso il definitivo sopravvento la famiglia ghibellina dei Montecchi alleata con la fazione dei Quattroventi, formata da partigiani della famiglia guelfa dei conti Sambonifacio passati con i Montecchi, capeggiati dal podestà Leone Dalle Carceri favorevoli a Ezzelino III da Romano) alla seconda Lega Lombarda di Mosio al congresso nella Chiesa di San Zenone di Mosio nel mantovano; e dopo questo incarico fu poi deputato alla compilazione degli statuti nuovi del Comune di Verona. Negli anni del consolidamento ezzeliniano il Dal Verme fu in posizione di rilievo: nel 1229 è menzionato per primo fra i centoquaranta cives che si fecero fideiussori di un prestito per il Comune; nel 1234 e nel 1237 fu ancora console. Dal 1238 appare nei consigli cittadini anche un suo figlio, Vilio. Nel 1252 figura ancora in Consiglio, sempre con il figlio Vilio, ma dovette scomparire di lì a poco. Lasciava ai discendenti una situazione economica certo agiata, ma soprattutto un saldo inserimento nel ceto dirigente. Discendenza Dei fratelli di Nicola, si sa appena il nome o qualche incarico, come per Gambarino o Iohannis de Vermo, causidico sembra attestato nel 1201; il fratello Iacobino figura dal 1203 al 1238 tra i consiglieri del Comune di Verona, dei figli di costui, Ventura fu console nel 1243 e Trinitello fu console nel 1238 e nel 1272. Nicola si sposa con una donna N.N. dalla quale ebbe due figli: Vilio, console di Verona, dal 1238 al 1252 appare consecutivamente nei consigli cittadini assieme al padre; ebbe tre figli: Nicola, uomo d'arme e giurista, politico e diplomatico negli anni di consolidamento politico della signoria scaligera; Castellana; Zilia, sposata ad un eminente giudice veronese, Enrico de Bella. Bonaventura (+ Verona 1260 ca.), stretto collaboratore di Ezzelino III da Romano, compare quale testimone il 28 marzo del 1253 all'atto di cessione, con cui Ezzelino da Romano dopo aver comprato dal conte Riprando d'Arco signore di Arco la metà del Castello di Dosso Maggiore e del Castello di Arco, ne investì a titolo di feudo Sodegerio da Tito, podestà di Trento. Compare come membro del Consiglio Minore veronese nel 1254 e nel 1257 fu eletto da Ezzelino quale Podestà di Cerea fino al 1258, dove nel seguente anno gli fu successore Mastino I della Scala, elevato nel 1262 alla signoria di Verona. Note Bibliografia Pompeo Litta, Famiglie celebri italiane. Dal Verme di Verona, Milano, 1834 Pierre Savy Seigneurs et condottières: les Dal Verme : appartenances sociales, constructions étatiques et pratiques politiques dans l'Italie de la Renaissance, École française de Rome, 2013 Ricotti E. Storia delle compagnie di ventura. Giuffrè Pompa & C., Torino, 1847 Fabrizio Bernini-Cesare Scrollini, I Conti Dal Verme tra Milano e l'Oltrepo pavese-piacentino, Gianni Iuculano Editore, Pavia 2006 Giorgio Fiori I conti Dal Verme feudatari di Bobbio, in Scritti storici bobbiesi, Ed. Tipografia Fogliani, Piacenza 1970 Collegamenti esterni Famiglia Dal Verme su Gallica - Famiglie celebri di Italia. Dal Verme di Verona / P. Litta Litta, Pompeo (1781-1851) N
Creepshow 3 è un film del 2006 diretto da Ana Clavell e James Dudelson. Anche questo film presenta storie diverse che si intrecciano l'un l'altra in un punto. Il cane ricercato ha la trama simile ad una puntata di Creepshow 2. Il film è un sequel non-ufficiale di Creepshow e Creepshow 2. Il film è un direct-to-video (anche negli Stati Uniti), distribuito da One Movie. Trama Alice Il padre di Alice compra un telecomando universale e appena tocca un tasto, tutto cambia. Alice vede una famiglia di neri che la salutano dicendo di essere la loro figlia. Il padre (nero) tocca un tasto dello stesso telecomando e tutto cambia di nuovo. Alice vede una famiglia ispanica e anch'essi la salutano dicendogli di essere la loro figlia. Lei diventa un brutto mostro e quando tutto torna alla normalità, i veri genitori non riconoscendola tentano di ucciderla, prima che l'intervento dell'inventore del telecomando universale non la trasformi in un coniglio, salvandola dalla morte. La radio Un uomo compra una radio parlante che gli dice sempre cosa fare. Un giorno, l'uomo vuole scappare dal suo appartamento con una donna che gli piace che vive nello stesso edificio. La radio gli dice di ucciderla perché è un'assassina. Lui non la ascolta e viene colpito da un colpo di pistola dalla ragazza e lei viene colpita da un colpo di fucile da un altro uomo che ha la stessa radio. Rachel, la prostituta Rachel uccide ogni uomo che voglia perdere la verginità. Una notte, un ragazzo la chiama e lei lo uccide. Questo ragazzo però è un vampiro immortale, che, tutt'altro che morto, si vendica e la inchioda al muro con altre vittime per nutrirsi del suo sangue. La moglie del professore Un professore chiama i suoi alunni per presentargli la moglie giovanissima. La donna sembra un robot e quando il professore esce di casa, loro la smontano. Scoprono di avere ucciso una vera persona con una tragica malattia. I ragazzi nascondono varie parti del corpo in dei cassetti e scappano. Il cane ricercato Un dottore cinico e menefreghista non vuole aiutare un barbone che gli chiede qualche spicciolo o qualcosa da mangiare, dopo aver comprato un panino ad un chiosco però gli cade a terra, e solo allora si decide a dare l'hot dog al senzatetto che però dopo averlo addentato muore, perché il panino gli va di traverso. Il fantasma di questo senzatetto comincia a perseguitare il dottore fino ad ucciderlo. Nell'episodio finale ricompaiono il vampiro, ad una festa a cui va il dottore, il professore, che ripara la moglie e riesce a sposarla, ed infine Alice, in versione coniglio, assieme alla sua famiglia umana. Collegamenti esterni Film horror
Il regno di Doomsday (Reign of Doomsday) è una miniserie crossover a fumetti in tre parti pubblicata negli Stati Uniti d'America del 2011 dalla DC Comics sulle testate incentrate sul personaggio di Superman. La trama prende il titolo dalla saga Il regno dei Superman, seguito immediato della La morte di Superman. La miniserie è stata ben accolta dai fan, ma meno dai critici, che sono arrivati a decretarla la peggior storia del 2011. Storia editoriale Il crossover è iniziato nel gennaio 2011 con l'albo one-shot Steel, pubblicato sotto l'etichetta DC Icons; è poi continuato nel n. 37 della serie Outsiders, nel n. 55 di Justice League of America e nel n. 5 dello speciale annuale Superman / Batman - entrambi i quali riguardavano Supergirl e Cyborg Superman - Superboy n. 6, dove ha affrontato Superboy, e Action Comics dal n. 900 al n. 904, dove ha affrontato Superman. La trama si è concluso nel n. 904, l'ultimo numero della prima serie di Action Comics che ha preceduto il rilancio della testata come parte del progetto The New 52. Trama Quando Doomsday atterra a Metropolis, Steel combatte la creatura e perde. Doomsday prende Steel e si allontana dalla scena. Doomsday attacca poi gli estranei a Markovia, intenti a trovare Eradicator. Dopo aver sconfitto Eradicator e i suoi compagni di squadra, Doomsday si allontana dal campo di battaglia con il suo corpo. Il giorno del giudizio più tardi attacca l'alfa Lanterna Boodikka e diversi membri della Justice League. Il Cyborg Superman emerge dal corpo di Boodikka e rivela che Doomsday è arrivato per lui. Cyborg Superman ferisce Doomsday, che assimila la nanotecnologia di Cyborg Superman e si ricostruisce in Cyborg Doomsday. Supergirl arriva e aiuta Cyborg Superman contro Doomsday, ma Doomsday li sconfigge entrambi e si teletrasporta via con i loro corpi. Successivamente Doomsday attacca Superboy e dopo averlo sconfitto facilmente, porta via anche lui. Superman scopre che probabilmente Doomsday è stato risvegliato da Lex Luthor, e si avvia in una base segreta a Central City per salvare i suoi amici. Superman tenta di liberare i suoi alleati, ma scopre il corpo addormentato di Doomsday, così come tre cloni separati - ognuno con un powerset diverso progettato per renderli in grado di eliminare più kryptoniani. Luthor aveva trovato Doomsday su un altro pianeta in uno stato di profondo sonno, in una sorta di letargo, così prese la decisione di portarlo sulla terra in modo da clonarlo. Superman libera i suoi alleati e scappano assieme al Doomsday originale addormentato, i potenti cloni li inseguono cercando di catturarli. In quel momento il dormiente mostro grigio si sveglia e uccide senza difficoltà i suoi potenti cloni e comincia a distruggere Central City. Superman, Supergirl, Superboy, Cyborg Superman e l'arrivato Flash cominciano a combattere il mostro, ma la potenza di Doomsday è talmente elevata che i quattro vengono sconfitti facilmente. Batman viene a sapere tramite un notiziario ciò che sta accadendo a Central City e chiama la Justice League, formata al momento dal potente Capitan Atom, Shazam, Wonder Woman, Lanterna Verde e Aquaman. La jla si unisce alla battaglia contro il mostro grigio, ma quest'ultimo sconfigge facilmente anche loro. Doomsday continua a distruggere la città e ad uccidere ogni cittadino, Capitan Cold, Mirror Master e Heat Wave si uniscono alla jla per proteggere la loro città. L'unione degli eroi e dei loro nemici non potrà niente contro la furia di Doomsday. Batman indeciso sul da farsi, contatterà Plastic Man, Martian Manhunter, gli Outsiders e i Teen Titans per fermare l'avanzata inarrestabile di Doomsday. Nulla riuscirà a fermare l'avanzata del mostro, nonostante gli inutili tentativi di fermarlo da parte di un incredibile numero di eroi e di potenti villain (tra cui Black Adam e Major Force). Nella mischia intervengono anche Orion, Capitan Comet, e Big Barda; Doomsday ferisce gravemente Orion che è costretto a ritirarsi e uccide Capitan Comet. Giunto a destinazione, Firestorm cerca di fermare il mostro con un potentissimo colpo combinato con le potenti scariche elettriche di Black Lightning, ma neanche questo ha effetto. Doomsday continua a mietere vittime tra super eroi e super criminali, proprio in quel momento giungono sul campo di battaglia anche il Dottor Fate assieme a Zatanna Zatara. Il potente mago cercherà di usare la sua potente magia, ma Doomsday risulta immune anche a questo. Batman (su suggerimento del figlio Damian), chiama in aiuto il potente e malvagio Darkseid. Nel frattempo Fate prova a fermare il mostro con un attacco combinato tra la sua magia, i potenti raggi di Superman, l'energia di Capitan Atom e Major Force e i poteri di Shazam e Black Adam, senza però scalfire minimamente il potente mostro. In quel momento fa la sua comparsa Darkseid, felice di aver finalmente trovato un degno avversario e di poter attaccare Doomsday a piena potenza. Visto la potenza dello scontro tra i due esseri, Fate rinchiude il campo di battaglia con una enorme cupola magica che servirà per trattenere i loro incredibili poteri senza distruggere la terra.Mentre il resto degli eroi, mettono in salvo i civili, Darkseid e Doomsday continuano a scambiarsi colpi di inimmaginabile potenza all'interno della cupola magica. Nel frattempo Fate trova il sistema per liberarsi definitivamente del mostro, rinchiuderlo in qualche dimensione parallela. Attraverso un boomdotto e l'uso di un potente incantesimo, Fate riesce a rinchiudere Doomsday in una dimensione simile alla zona fantasma. Darkseid infastidito dalla scelta degli eroi, torna su Apokolips, lasciando gli eroi a leccarsi le ferite. Batman andrà da Luthor per arrestarlo, ma troverà un ennesimo clone di Doomsday a fronteggiare l'eroe, il clone verrà sconfitto dai feriti Superman e Capitan Atom, dando però la possibilà a Luthor di scappare. Note
La diocesi di Santiago di Capo Verde (in latino: Dioecesis Sancti Iacobi Capitis Viridis) è una sede della Chiesa cattolica a Capo Verde immediatamente soggetta alla Santa Sede. Nel 2020 contava 431.700 battezzati su 451.400 abitanti. È retta dal vescovo cardinale Arlindo Gomes Furtado. Territorio La diocesi comprende le isole dell'arcipelago di Sotavento nella repubblica di Capo Verde. Sede vescovile è la città di Praia, dove si trova la cattedrale dell'Assunzione di Maria Vergine, venerata con il titolo di Nostra Signora della Grazia. Il territorio si estende su 1.803 km² ed è suddiviso in 24 parrocchie: 2 nell'isola di Maio, 16 nell'isola di Santiago, 4 nell'isola di Fogo e 2 nell'isola di Brava. Storia L'arcipelago di Capo Verde fu scoperto verso la metà del XV secolo e la presenza cristiana si affermò con la progressiva colonizzazione delle isole. L'evangelizzazione dei territori ultramarini del Portogallo fu affidata all'Ordine del Cristo, che governava l'arcipelago dalla sede centrale di Tomar. In realtà i primi missionari a giungere assieme ai coloni nel 1462 furono due francescani, Frei Rogério e Frei Jaime, a cui si aggiunse un domenicano nel 1473, Frei João. Dalle isole di Capo Verde transitavano le navi portoghesi che trasportavano gli schiavi africani verso il Brasile e il Nordamerica; a loro si rivolgevano i missionari e nel 1514 e 1516 furono pubblicate le prime norme relative al battesimo da conferire agli schiavi sulle navi negriere. La diocesi è stata eretta il 31 gennaio 1533 con la bolla Pro excellenti praeeminentia di papa Clemente VII, ricavandone il territorio dalla diocesi di Funchal, contestualmente elevata al rango di sede metropolitana delle diocesi ultramarine portoghesi. Da Funchal dipendeva in origine anche la diocesi di Capo Verde, fino a quando nel 1551 divenne suffraganea dell'arcidiocesi di Lisbona (oggi patriarcato). Dei primi vescovi di Capo Verde, pochi furono quelli che posero la loro sede nelle isole. Al vescovo Francisco de la Cruz si deve la costruzione della cattedrale nel 1556. Il seminario diocesano fu istituito nel 1570, ma ebbe vita breve, perché fu chiuso nel 1594. Fu opera del vescovo Francisco de São Simão la costruzione di un seminario e del palazzo episcopale sul finire del XVIII secolo. L'attuale seminario di San Giuseppe è stato eretto nel 1957 dal vescovo José Filípe do Carmo Colaço. Il 4 settembre 1940, facendo seguito all'accordo missionario successivo al concordato tra Roma e Lisbona, la diocesi perse la giurisdizione sui territori della terraferma della Guinea Portoghese, che fin dal 1533 erano di sua competenza, dove fu eretta una missione sui iuris, divenuta in seguito diocesi di Bissau. Il 9 gennaio 1978 la diocesi di Capo Verde è stata sottratta alla provincia ecclesiastica del patriarcato di Lisbona e resa immediatamente soggetta alla Santa Sede. Il 9 dicembre 2003 la diocesi è stata divisa in due con l'erezione della diocesi di Mindelo comprensiva delle Ilhas do Barlavento. Cronotassi dei vescovi Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati. Braz Neto, O.F.M. † (31 gennaio 1533 - 9 febbraio 1538 deceduto) João Parvi † (23 settembre 1538 - 29 novembre 1546 deceduto) Sede vacante (1546-1553) Francisco de la Cruz, O.S.A. † (18 agosto 1553 - 19 gennaio 1571 deceduto) Bartolomeu Leitão † (6 febbraio 1572 - 9 febbraio 1587 deceduto) Pedro Brandão, O.Carm. † (8 agosto 1588 - 14 luglio 1608 deceduto) Luis Pereira de Miranda † (10 novembre 1608 - maggio 1610 deceduto) Sebastião de Ascensão, O.P. † (18 aprile 1611 - 17 marzo 1614 deceduto) Manuel Afonso de Guerra † (24 febbraio 1616 - 8 marzo 1624 deceduto) Lorenzo Garro † (18 agosto 1625 - 1º novembre 1646 deceduto) Sede vacante (1646-1672) Fabio dos Reis Fernandes, O.Carm. † (16 maggio 1672 - 8 febbraio 1674 deceduto) Antonio de São Dionysio, O.F.M. † (2 dicembre 1675 - 13 settembre 1684 deceduto) Victorino do Porto, O.F.M. † (12 maggio 1687 - 21 gennaio 1705 deceduto) Francisco a São Agostinho, T.O.R. † (24 settembre 1708 - 8 maggio 1719 deceduto) José a Santa Maria de Jesus Azevedo Leal, O.F.M. † (12 febbraio 1721 - 7 giugno 1736 deceduto) João de Faro, O.F.M.Ref. † (3 settembre 1738 - 21 luglio 1741 deceduto) João de Moreira, O.F.M.Ref. † (26 novembre 1742 - 13 agosto 1747 deceduto) Sede vacante (1747-1753) Pedro Jacinto Valente, O. do Cristo † (29 gennaio 1753 - 19 gennaio 1774 deceduto) Sede vacante (1774-1779) Francisco de São Simão, O.F.M.Ref. † (1º marzo 1779 - 10 agosto 1783 deceduto) Cristoforo a São Boaventura, O.F.M.Ref. † (14 febbraio 1785 - 29 aprile 1798 deceduto) Sede vacante (1798-1802) Silvestre Santa Maria, O.F.M. † (24 maggio 1802 - 22 novembre 1813 deceduto) Sede vacante (1813-1820) Geronimo do Barco, O.F.M. † (21 febbraio 1820 - 27 dicembre 1831 dimesso) Sede vacante (1831-1845) João Henriques Monis † (24 novembre 1845 - 1º luglio 1847 deceduto) Patrício Xavier de Moura † (11 dicembre 1848 - 15 aprile 1859 nominato vescovo di Funchal) João Crisóstomo de Amorim Pessoa, O.F.M.Ref. † (23 marzo 1860 - 22 marzo 1861 nominato arcivescovo di Goa) Sede vacante (1861-1865) José Luis Alves Feijo, O.SS.T. † (25 settembre 1865 - 5 maggio 1871 nominato vescovo di Braganza e Miranda) José Dias Correia de Carvalho † (26 giugno 1871 - 9 agosto 1883 nominato vescovo di Viseu) Joaquim Augusto de Barros † (27 marzo 1884 - 1º marzo 1904 deceduto) António Moutinho † (14 novembre 1904 - 4 marzo 1909 nominato vescovo di Portalegre) José Alves Martins † (10 marzo 1910 - 15 novembre 1935 dimesso) Joaquim Rafael Maria d'Assunçâo Pitinho, O.F.M. † (15 novembre 1935 - 5 maggio 1940 dimesso) Faustino Moreira dos Santos, C.S.Sp. † (28 gennaio 1941 - 27 luglio 1955 deceduto) José Filípe do Carmo Colaço † (28 marzo 1956 - 21 aprile 1975 dimesso) Paulino do Livramento Évora, C.S.Sp. † (21 aprile 1975 - 22 luglio 2009 ritirato) Arlindo Gomes Furtado, dal 22 luglio 2009 Statistiche La diocesi nel 2020 su una popolazione di 451.400 persone contava 431.700 battezzati, corrispondenti al 95,6% del totale. |- | 1950 || 168.109 || 176.687 || 95,1 || 25 || 7 || 18 || 6.724 || || 15 || 9 || 30 |- | 1970 || 250.961 || 256.969 || 97,7 || 46 || 12 || 34 || 5.455 || || 36 || 28 || 30 |- | 1980 || 294.360 || 300.550 || 97,9 || 42 || 12 || 30 || 7.008 || || 36 || 30 || 30 |- | 1990 || 344.921 || 355.898 || 96,9 || 47 || 12 || 35 || 7.338 || || 40 || 102 || 30 |- | 1999 || 432.424 || 451.909 || 95,7 || 49 || 14 || 35 || 8.824 || || 55 || 111 || 31 |- | 2000 || 443.325 || 475.850 || 93,2 || 48 || 13 || 35 || 9.235 || || 62 || 108 || 31 |- | 2001 || 408.813 || 434.263 || 94,1 || 47 || 12 || 35 || 8.698 || || 49 || 123 || 31 |- | 2002 || 452.320 || 487.575 || 92,8 || 48 || 13 || 35 || 9.423 || || 41 || 123 || 31 |- | 2003 || 410.079 || 443.625 || 92,4 || 50 || 13 || 37 || 8.201 || || 53 || 127 || 31 |- | 2004 || 292.488 || 318.317 || 91,9 || 32 || 12 || 20 || 9.140 || || 27 || 105 || 19 |- | 2007 || 299.655 || 317.970 || 94,2 || 32 || 9 || 23 || 9.364 || || 27 || 76 || 19 |- | 2010 || 311.922 || 365.000 || 85,5 || 34 || 12 || 22 || 9.174 || || 23 || 76 || 21 |- | 2014 || 389.000 || 408.000 || 95,3 || 40 || 19 || 21 || 9.725 || || 31 || 71 || 23 |- | 2017 || 415.900 || 435.700 || 95,5 || 41 || 18 || 23 || 10.143 || 1 || 42 || 104 || 24 |- | 2020 || 431.700 || 451.400 || 95,6 || 45 || 20 || 25 || 9.593 || 1 || 45 || 105 || 24 |} Note Bibliografia Henrique Pinto Rema, v. Cabo Verde, in Dicionário de história religiosa de Portugal, vol. I, Lisboa, 2000, pp. 280–284 Pius Bonifacius Gams, Series episcoporum Ecclesiae Catholicae, Leipzig, 1931, pp. 472–473 Konrad Eubel, Hierarchia Catholica Medii Aevi, vol. 3, p. 150; vol. 4, p. 206; vol. 5, p. 224; vol. 6, pp. 239–240 Bolla Pro excellenti praeeminentia, in Bullarium patronatus Portugalliae regum, Tomus I, pp. 141–142 Altri progetti Collegamenti esterni Annuario pontificio del 2021 e precedenti, in Sito ufficiale della diocesi Santiago de Cabo Verde Santiago di Capo Verde
è un film del 1972, diretto da Shunya Ito, tratto dall'omonimo manga di Tooru Shinohara. Primo film della serie Sasori, composta da altri nove lungometraggi, è considerato uno dei più celebri film appartenenti al genere Pinky violence. Lanciò nel novero delle star del genere l'attrice Meiko Kaji e rivelò il talento del regista Shunya Ito, alla sua opera prima. Trama Nami Matsushima, detta Sasori ( in lingua giapponese), è stata tradita dal suo amante Sugimi, un poliziotto che l'ha fatta stuprare da un gruppo di yakuza. In seguito al fallito tentativo di uccidere Sugimi, Nami è stata rinchiusa in un carcere gestito da un sadico uomo. Lì tenta la fuga insieme alla sua amica Yuriko, ma le due vengono scovate e rinchiuse in una cella d'isolamento. Nami viene così torturata, psicologicamente e fisicamente, sia dai poliziotti che dalle altre carcerate. Intanto Sugimi mette in atto un piano insieme alla yakuza, e ordina l'uccisione in carcere di Nami. Arruola così Katagiri, una ragazza che deve uccidere Nami facendo credere la sua morte un incidente. Nami intanto scambia poche parole con le altre detenute e nei suoi occhi vi è una volontà implacabile di vendetta. Approfittando di una rivolta, le detenute prendono in ostaggio un gruppo di poliziotti, mentre Nami scappa. Viene però riportata insieme alle altre detenute, che iniziano a torturarla. Nami riesce a sopravvivere e grazie a un'altra detenuta riesce finalmente a fuggire dal carcere e a ottenere la sua vendetta, uccidendo tutti gli yakuza e Sugimi, per poi tornare in carcere. Seguiti (1972) (1973) (1973) Qualche anno dopo furono distribuiti due film con una nuova attrice: nel 1976 e nel 1977. Collegamenti ad altre pellicole La canzone che accompagna i titoli di testa della pellicola, Urami-Bushi, scritta da Shunya Ito e cantata da Meiko Kaji, è stata utilizzata da Quentin Tarantino nei titoli di coda dei due Kill Bill. Note Collegamenti esterni Scheda di Female Prisoner #701: Scorpion su PinkyViolence.com Film drammatici Film erotici Film thriller Pinky Violence Film women in prison Pinku Eiga Film live action basati su anime e manga
La cattedrale metropolitana dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria () è il principale luogo di culto cattolico di Mosca, capitale della Russia, e sede vescovile dell'arcidiocesi metropolitana della Madre di Dio a Mosca. Costruita in stile neogotico, è una delle due chiese cattoliche della capitale russa e la più grande dell'intero paese eurasiatico. Si trova nel distretto centrale della città. La costruzione della cattedrale fu proposta alle autorità della Russia zarista nel 1894. La cerimonia di posa della prima pietra ebbe luogo nel 1899, ma i lavori di costruzione furono concretamente avviati nel 1901 e si conclusero circa dieci anni dopo. Costruita in mattoni rossi e composta da tre navate, la cattedrale fu realizzata sulla base del progetto dell'architetto di origine polacca Tomasz Bohdanowicz-Dworzecki. I tratti stilistici dell'edificio risentono dell'influenza dell'abbazia di Westminster e del duomo di Milano. Nel 1938, a causa dell'ateismo di Stato praticato dall'Unione Sovietica, la cattedrale fu chiusa al culto, al pari di altri edifici religiosi del paese. Durante la seconda guerra mondiale fu minacciata di demolizione, ma al termine del conflitto si decise di adibirla a magazzino. Successivamente divenne un ostello. A seguito della caduta del comunismo nel 1991, l'edificio tornò ad essere una chiesa nel 1996, mentre nel 2002 acquisì lo status di cattedrale. Dopo un ampio e costoso programma di restauro, fu riconsacrata nel 2005. Nel XXI secolo, dopo 58 anni di uso non religioso, la cattedrale è quindi tornata ad ospitare regolari celebrazioni liturgiche in varie lingue - russo, polacco, coreano, inglese, francese, spagnolo, armeno e latino - così come concerti benefici di musica sacra. Il suo organo, il terzo da quando l'edificio è stato costruito, è un dono della cattedrale di Basilea. La chiesa è un monumento protetto, facente parte del patrimonio architettonico federale. Storia Costruzione Alla fine del XIX secolo, solo due chiese cattoliche erano presenti a Mosca: la chiesa di San Luigi dei Francesi per la comunità di origine francese e la chiesa dei Santi Pietro e Paolo per i parrocchiani polacchi. Quando la comunità polacca aumentò, giungendo a circa 30.000 unità, le strutture esistenti risultarono essere troppo piccole ed inadeguate. Nel 1894, a seguito della presentazione di una petizione al governatore generale di Mosca, il consiglio locale approvò la costruzione di una nuova chiesa. La realizzazione del nuovo edificio di culto fu sottoposta ad alcune condizioni, incluse due relative al luogo in cui la chiesa avrebbe dovuto sorgere. Esso doveva trovarsi fuori dal centro storico e lontano da luoghi sacri appartenenti alla religione ortodossa. Tenendo presenti le direttive del consiglio, il 16 maggio 1895 la parrocchia acquistò 10 ettari di terreno siti nella strada Malaja Gruzinskaja, area circondata da campi ed orti della periferia. Attualmente il luogo fa parte del distretto amministrativo centrale, al di fuori dell'Anello dei Giardini ed in prossimità della linea Kol'cevaja della metropolitana di Mosca. L'acquisto del terreno fu finanziato dalle donazioni provenienti dalle parrocchie della Russia e degli Stati più vicini. Il costo dell'operazione raggiunse i 10.000 rubli in oro (circa 7.300.000 dollari del 2012). Il contratto d'acquisto e la lista completa delle donazioni effettuate sono conservati negli archivi delle città di Mosca e San Pietroburgo. Un'ulteriore condizione apposta alla costruzione della chiesa fu la seguente: "alla luce delle due chiese cattoliche esistenti, la futura chiesa dovrà essere più grande, con una croce sulla ghimberga, ma senza guglie e sculture esteriori". I piani architettonici furono affidati a Tomasz Bohdanowicz-Dworzecki, un architetto di origine polacca. Anche se l'ultima condizione posta dal consiglio non fu rispettata, il progetto ottenne comunque l'approvazione. La nuova chiesa avrebbe dovuto ospitare un massimo di 5.000 fedeli. La cerimonia di posa della prima pietra fu realizzata nel 1899, ma i lavori presero avvio due anni dopo e si conclusero nel 1911. I costi totali di costruzione ammontarono a 290.000 rubli in oro (circa 210 milioni di dollari del 2012), la maggioranza dei quali provenienti dai membri della parrocchia polacca di Mosca. Altri fondi giunsero dalle parrocchie cattoliche sparse per il territorio della Russia, della Bielorussia e della Polonia. La chiesa fu consacrata il 21 dicembre 1911 con il nome di "cattedrale dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria". La cerimonia di consacrazione ottenne notevole risalto negli organi di stampa russi e polacchi. Tra gli altri, il quotidiano moscovita Russkoe Slovo scrisse: Dal 1911 al 1917 furono raccolti ulteriori fondi per l'arredamento degli interni della chiesa. Essi infatti erano molto scarni, a parte l'altare maggiore. Il progetto originario fu parzialmente abbandonato: il pavimento non fu costruito in marmo ma in calcestruzzo, mentre i pinnacoli all'esterno non erano originariamente previsti. In merito a questi ultimi, alcuni storici sostengono che siano stati aggiunti nel 1923, mentre secondo altri la loro realizzazione sarebbe frutto del restauro dell'era post-sovietica. I sostenitori della prima ipotesi affermano che i pinnacoli sarebbero stati danneggiati durante la seconda guerra mondiale. Chiusura e riconversione A seguito della rivoluzione bolscevica, il nuovo governo sovietico intraprese misure politiche di stampo antireligioso. Numerosi edifici di culto subirono la chiusura in tutto il paese. La parrocchia polacca dei Santi Pietro e Paolo fu disciolta nel 1929 e le fu impedito di celebrare la messa. Nel 1935 la chiesa perse alcuni dei giardini che la circondavano - al cui posto fu costruita una scuola l'anno seguente - e fu definitivamente chiusa al culto il 30 luglio 1938 (stesso destino riservato alla chiesa dei Santi Pietro e Paolo 9 giorni prima). Dopo la chiusura, la cattedrale fu saccheggiata e molti oggetti (inclusi l'altare maggiore e l'organo) andarono perduti irrimediabilmente. Per diversi mesi i locali interni dell'edificio furono adibiti a magazzino per un negozio di vegetali. Successivamente fu ricostruita e trasformata in un ostello a 4 piani. La guglia della torre principale era già stata rimossa durante la battaglia di Mosca, al fine di evitare che la Luftwaffe la utilizzasse come punto di riferimento. Poco dopo il termine del conflitto gli spazi di giardino rimasti furono utilizzati per la costruzione di un condominio. Nel 1956, a causa di un incendio, gli inquilini dell'ostello costruito dentro la cattedrale furono rialloggiati altrove. L'edificio finì per ospitare i membri dell'istituto di ricerca Mosspetspromproekt (). Tale gruppo di esperti realizzava principalmente progetti per gli impianti industriali, ma si rese protagonista anche della progettazione del braciere olimpico usato allo Stadio Lenin di Mosca, in occasione dei Giochi della XXII Olimpiade del 1980. Durante gli anni sessanta l'esterno dell'edificio assunse un aspetto sempre più fatiscente. Tra i più preoccupati del deterioramento della struttura vi fu l'attore, musicista e poeta Vladimir Vysockij, il quale viveva vicino all'ex cattedrale. Alla fine degli anni settanta l'amministrazione di Mosca considerò l'ipotesi di ristrutturare l'edificio, al fine di utilizzarlo come centro culturale o sala da concerto. Tuttavia, l'opposizione dei ricercatori del Mosspetspromproekt impedì la realizzazione di questo progetto. Ritorno ai fedeli Con la cosiddetta "glasnost'", lanciata da Michail Gorbačëv, si aprì una nuova stagione nello sviluppo della libertà religiosa in Unione Sovietica. In conseguenza di ciò, nel 1989 un gruppo di cattolici moscoviti e l'associazione "Casa Polacca" () proposero che l'edificio tornasse ad essere una chiesa. A seguito dell'assenso delle autorità cittadine, dopo decenni di chiusura al culto, la prima messa nell'edificio fu celebrata in occasione della festività dell'Immacolata Concezione, l'8 dicembre 1990. La celebrazione fu officiata dal sacerdote polacco Tadeusz Pikus, in seguito divenuto vescovo ausiliare dell'arcidiocesi di Varsavia. Nel frattempo, nel gennaio 1990, un gruppo di fedeli diede formalmente vita alla parrocchia dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. Il 13 aprile 1991 Papa Giovanni Paolo II promulgò la costituzione apostolica Providi quae che sancì l'istituzione della "amministrazione apostolica della Russia europea". L'appena insediato amministratore apostolico, Tadeusz Kondrusiewicz, emanò un decreto per la ricostruzione della cattedrale il 21 aprile 1991. Il 3 maggio, con il permesso delle autorità, in occasione della festa nazionale polacca, fu tenuta una messa sulle scale esterne della chiesa. La costituzione della parrocchia fu ufficialmente riconosciuta il 31 maggio dal dipartimento di giustizia del consiglio cittadino. Nel frattempo, diversi locali della struttura furono affittati da alcune imprese. Dal 7 giugno 1991 le messe iniziarono ad essere celebrate ogni domenica sul sagrato della cattedrale. Il 15 luglio 1991 padre Josef Sanewski, membro della Società Salesiana di San Giovanni Bosco, divenne il nuovo parroco. Dal 29 novembre le Sorelle Salesiane iniziarono ad occuparsi dell'educazione religiosa della comunità. Nello stesso periodo furono fondati i primi organismi benefici di natura infermieristica e di sostegno ai poveri. Il vicesindaco di Mosca Jurij Lužkov firmò un decreto in favore della chiesa il 1º febbraio 1992, ordinando all'istituto Mosspetspromproekt di lasciare l'edificio entro il 1994. Il 2 luglio 1992 i parrocchiani occuparono la parte della struttura adibita a laboratorio. Quindi il consiglio cittadino decise di affidare immediatamente lo spazio ai fedeli attraverso la creazione di un muro divisorio. Là fu possibile celebrare la messa regolarmente. Il muro divisorio fu abbattuto dai membri della parrocchia il 7 marzo 1995, mentre altri iniziarono a rimuovere il traliccio. L'istituto di ricerca chiamò l'OMON, in cerca d'aiuto. Il giorno seguente si verificarono scontri con le forze dell'ordine e vari parrocchiani (tra cui una suora) rimasero feriti. Altri fedeli furono arresti, compresi un sacerdote ed un seminarista, ma furono rilasciati poco dopo. In seguito a questi eventi, l'amministratore apostolico scrisse una lettera aperta al presidente russo Boris El'cin, il 9 marzo 1995, richiedendone l'intervento e lamentando gli arresti e le percosse ai fedeli. Di conseguenza, Jurij Lužkov, nominato sindaco di Mosca da El'cin, firmò una delibera per la rimozione dell'istituto. La decisione intimava a quest'ultimo l'abbandono dei locali della cattedrale entro il 1996. Simultaneamente, l'istituto scrisse al sindaco per descrivere gli eventi precedenti dal proprio punto di vista e richiese un indennizzo per la perdita dell'uso dell'edificio. Nel frattempo, il 15 marzo, durante un incontro tra l'ambasciatore polacco Stanisław Ciosek ed il facente funzioni del sindaco di Mosca, Aleksandr Musykantski, fu assicurato che entro la fine del 1995 la struttura sarebbe tornata ai cattolici. Il 19 marzo 1995 fu celebrata una messa nell'area già restituita ai fedeli, alla presenza del nunzio pontificio John Bukowski. Costui impartì la benedizione di Papa Giovanni Paolo II alla parrocchia. Con una nuova decisione, datata 2 novembre, Lužkov ribadì all'istituto l'ordine di lasciare i locali della chiesa entro l'anno. Quando apparve chiaro che la decisione sarebbe stata disattesa, il 2 gennaio 1996, i parrocchiani entrarono nell'istituto ed iniziarono a rimuoverne gli strumenti. Il direttore Evgenij Afanas'ev chiamò nuovamente la polizia, la quale però non intervenne. Successivamente, il direttore chiese al parroco lo slittamento di due settimane del termine entro cui lasciare l'edificio. L'istituto Mosspetspromproekt sgomberò la struttura il 13 gennaio. Contestualmente la Chiesa cattolica in Russia ottenne il permesso ufficiale di utilizzare la cattedrale a tempo indeterminato. Restauro e riconsacrazione Già nei primi anni '90 furono elaborati, da parte dell'Ufficio per la Protezione dei Monumenti, dei piani di restauro della cattedrale da svolgersi nel 1997, anno in cui ricorreva l'850º anniversario della fondazione di Mosca. A causa delle dispute fra la comunità cattolica e l'istituto di ricerca che occupava la struttura, non fu possibile porre in essere tali piani. Tuttavia, nel 1995 l'amministrazione locale stabilì che i costi di restauro fossero sostenuti dalla parrocchia. Fu costituita una commissione per pianificare il recupero della cattedrale, presieduta dal parroco Josef Sanevski, dallo storico russo Stanislav Durdin e dall'imprenditore edile e politico polacco Grzegorz Tuderek. Tra il 1996 ed il 1999 si svolsero i lavori di restauro, grazie anche alla sponsorizzazione della azienda polacca EnergoPol ed all'associazione tedesca Renovabis. Verso la fine dei lavori anche il governo russo fornì dei fondi. La ricostruzione fu inizialmente condotta sotto la direzione delle aziende polacche PKZ e Budimex, le quali si occuparono della ristrutturazione completa della facciata e del tetto. Dal settembre 1998 il sacerdote Andrzey Stetskevich e l'architetto e restauratore di Toruń Jan Tajchman supervisionarono congiuntamente i lavori. Entrambi avevano già svolto la medesima funzione in occasione della ristrutturazione della cattedrale dell'Assunzione di Maria di San Pietroburgo. Successivamente Stetskevich divenne vicario generale dell'arcidiocesi moscovita. Le finiture interne e l'altare furono realizzati da una squadra di esperti ucraini, russi e bielorussi. Aziende di Mosca si occuparono invece dei rivestimenti in marmo esterni ed interni. Gli arredi della cattedrale furono opera degli studenti della scuola di ristrutturazione di San Pietroburgo, sotto la direzione di Vladimir Muchin. Le vetrate del rosone della facciata furono realizzate a Toruń, mentre le altre finestre prodotte dall'azienda bielorussa Tolotschko di Hrodna. La cattedrale fu riaperta il 12 dicembre 1999, giorno in cui si svolse la cerimonia di riconsacrazione, alla presenza del cardinale segretario di Stato Angelo Sodano. All'interno della struttura trovano posto una libreria, l'ufficio stampa della rivista "Il Messaggero Cattolico - La luce del Vangelo" (), così come gli uffici della Caritas locale. XXI secolo L'11 febbraio 2002 Papa Giovanni Paolo II diede vita all'arcidiocesi della Madre di Dio a Mosca e nominò l'amministratore apostolico Tadeusz Kondrusiewicz arcivescovo e metropolita. Tuttavia, questa decisione fu criticata dal patriarca di Mosca Alessio II che la definì "scortese", poiché venne interpretata come un tentativo di proselitismo. Nello stesso tempo la chiesa assunse ufficialmente il rango di cattedrale della nuova arcidiocesi. Nel marzo 2002 i parrocchiani della cattedrale e i cattolici di altre città europee parteciparono ad un rosario guidato in videoconferenza dal papa. Nel 2011 si sono svolte le celebrazioni del centenario della consacrazione della cattedrale. I festeggiamenti hanno compreso vari concerti di musica sacra, l'inaugurazione di un monumento a Madre Teresa di Calcutta, una mostra fotografica, la presentazione del libro e del film dedicati alla storia della cattedrale. È stata anche tenuta una messa solenne, alla presenza del cardinale Jozef Tomko e di vescovi provenienti da Russia, Polonia, Stati Uniti, Bielorussia, Kazakistan e Lituania. Descrizione Architettura La cattedrale, caratterizzata dallo stile neogotico, ha tre navate ed un'abside. È costruita interamente in mattoni rossi ed all'esterno non è rivestita di cemento. La navata principale a 5 campate si estende per 65 metri. La torre che ospita la lanterna ottagonale sopra la crociera è alta 30 metri. Esterno La facciata è disegnata su modello dell'abbazia di Westminster, mentre le torri sono liberamente ispirate a quelle del duomo di Milano. Al pari delle chiese costruite in vecchio stile, le due navate laterali sono rafforzate da 5 contrafforti ciascuna, i quali insieme raffigurano i dieci comandamenti. Ogni torre principale è sormontata da croci. Nei pinnacoli sono presenti, tra gli altri, gli armoriali di Papa Giovanni Paolo II e dell'arcivescovo Tadeusz Kondrusiewicz. I primi dieci gradini che conducono al portale simboleggiano i dieci comandamenti, mentre l'undicesimo rappresenta Gesù. Il portale è invece simbolo della porta del paradiso, raggiungibile attraverso il rispetto dei comandamenti e degli insegnamenti di Cristo. È circondato da colonne e coronato da una ghimberga decorata con un rilievo ornamentale, al centro del quale si trova il monogramma dorato "VMIC" (Virgo Maria Immaculata Concepta). Originariamente era però previsto che al posto del monogramma vi fosse una stella di David, come riferimento alle origini della Vergine Maria. Sopra la ghimberga si trova una finestra di colore rosa. Le 5 campane della cattedrale si trovano sul lato sinistro della facciata. Sono state realizzate dalla fonderia Felczyński di Przemyśl e donate dall'arcivescovo Wiktor Skworc. La più grande pesa 900 chilogrammi ed è stata dedicata alla Madonna di Fátima. Le altre sono state dedicate a Giovanni Paolo II, a San Giuda Taddeo, a San Vittore ed all'anniversario del 2000. Le funzioni delle campane sono attivate elettronicamente. Interno Ad ognuno dei due lati d'ingresso della cattedrale si trova un crocifisso e l'acquasantiera. In alto a sinistra si trova un mattone della basilica di San Giovanni in Laterano, mentre a destra è presente una medaglia commemorativa del Giubileo del 2000. Per accedere alla cripta occorre attraversare un passaggio posto nel muro destro del vestibolo, giungere fino al matroneo e scendere attraverso la porta a sinistra. Nella cripta si trovano un oratorio, le stanze utilizzate per il catechismo e gli uffici della Caritas. Le navate laterali sono separate da quella centrale attraverso due file di pilastri. Le colonne ed il tetto sono dipinti di bianco, mentre le pareti laterali in color crema. Il pavimento è costituito da lastre di marmo a scacchiera di colore grigio chiaro e scuro. La maggioranza delle vetrate è caratterizzata dall'astrattismo. Quelle del transetto sono leggermente più grandi ed hanno uno stile più particolare. In una finestra a destra è raffigurato San Pietro ed in una a sinistra Sant'Andrea, i quali simboleggiano i due polmoni della Chiesa cattolica, quello occidentale e quello orientale. Tra le raffigurazioni trova posto anche quella di Papa Giovanni Paolo II che osserva l'apparizione mariana di Fátima. Nella navata, sotto le finestre, vi sono quattro rilievi che descrivono le stazioni della Via Crucis. L'entrata della sacrestia si trova in fondo alla navata destra, in prossimità del coro. In fondo alla navata sinistra si trova, invece, la cappella dedicata alla Divina Misericordia. L'altare maggiore ospita alcune reliquie dei santi Andrea, Zeno di Verona, Gregorio di Nissa, Gregorio Nazianzeno, Cosma e Damiano ed Anastasia, così come una sciarpa della Madonna ed una donazione della diocesi di Verona. L'ambone è sito sul lato destro dell'altare, dietro il quale si trova un grande crocifisso di pietra alto nove metri. Ai lati di quest'ultimo si trovano due statue in pietra bianca raffiguranti la Vergine Maria e San Giovanni Battista, realizzate da Svjatoslav Sachlebin. Sul lato opposto dell'altare si trova la cantoria, il cui spazio è occupato in gran parte dall'organo. Organo a canne L'attuale organo a canne della cattedrale è tra i più grandi dell'intera Russia ed il terzo nella storia dell'edificio. Il primo fu requisito dallo Stato nel 1938 ed il secondo, un organo elettronico, fu donato dall'associazione americana "Aiuto alla Chiesa in Russia" nel 1999. Questo secondo organo fu rimpiazzato dall'organo a canne nel 2005. Quest'ultimo fu costruito nel 1955 dalla Orgelbau Kuhn AG per la protestante cattedrale di Basilea. Nel 2002 fu donato alla cattedrale dell'Immacolata Concezione di Mosca. Le canne furono avvolte con indumenti nuovi da distribuire ai poveri della capitale russa. L'installazione dell'organo fu realizzata dall'azienda tedesca Orgelbau Schmid che rifiutò di ricevere il pagamento del lavoro. Il 9 settembre 2004 il generoso Gerhard Schmid, capo dell'azienda, morì cadendo da un'impalcatura nel corso del montaggio dell'organo. I lavori furono conclusi dal figlio Gunnar. L'organo è stato inaugurato il 16 gennaio 2005 con la prima edizione del Festival Organistico Internazionale. Ha 5563 canne per un totale di 74 registri distribuiti fra quattro tastiere, di 56 note ciascuna, e la pedaliera, di 32 note. Galleria d'immagini Note Voci correlate Cattedrali in Russia Altri progetti Collegamenti esterni Architetture neogotiche della Russia Cattedrali di Mosca Mosca Mosca Chiese neogotiche della Russia
Biografia Albert Francis Xavier Herbert nasce il 15 maggio 1901 a Geraldton, figlio illegittimo di Amy Victoria Scammell e registrato all'anagrafe come Alfred Jackson figlio di John Jackson (ma molto probabilmente la paternità è da attribuirsi a Benjamin Francis Herbert). Interrotti gli studi di medicina all'Università di Melbourne per dedicarsi al giornalismo, comincia a viaggiare per l'Australia settentrionale e svolge svariati mestieri tra i quali il minatore, il marinaio, l'aviatore e il sommozzatore. Trasferitosi a Sydney nel 1926, comincia a pubblicare i suoi primi racconti firmandosi Herbert Astor, lavora nei "Protector of Aborigines" a Darwin e nel 1930 si trasferisce in Inghilterra dove comincia a lavorare al suo primo romanzo intitolato in origine Black Velvet che viene però rifiutato dagli editori inglesi. Tornato in Australia, nel 1938 riesce a pubblicare la sua prima opera con il titolo Capricornia. Tradotta in italiano 4 anni dopo con l'originaria intitolazione Velluto nero, rappresenta il massacro della popolazione aborigena per mano britannica schierandosi dalla parte dei conquistati e alternando uno stile comico-grottesco a uno più realista-drammatico. In seguito dà alle stampe 3 raccolte di racconti, una biografia e altri 3 romanzi tra i quali va ricordato Poor Fellow My Country. Epopea del giovane aborigeno Prindy nel passaggio dall'adolescenza all'età adulta, il libro vince il Miles Franklin Award nel 1975 ed è ricordato come il romanzo australiano più lungo di sempre con le sue 850000 parole. Muore il 10 novembre 1984 ad Alice Springs all'età di 83 anni. Opere Romanzi Velluto nero (Capricornia, 1938), Milano, Corbaccio, Scrittori di tutto il mondo N. 61, 1942 traduzione di Giuseppina Ripamonti Perego e Maria Zotti Seven Emus (1959) Soldiers' Women (1961) Poor Fellow My Country (1975) Raccolte di racconti Larger than Life (1963) South of Capricornia (1990) Xavier Herbert (1992) Memoir Disturbing Element (1963) Miscellanea Letters (2002) Premi e riconoscimenti Sesquicentenary Library Prize: 1938 vincitore con Velluto nero Australian Literature Society Gold Medal: 1939 vincitore con Velluto nero Miles Franklin Award: 1975 vincitore con Poor Fellow My Country Note Bibliografia Breve storia della letteratura inglese a cura di Paolo Bertinetti, Torino, Einaudi, 2004 ISBN 88-06-16770-7. (pag. 336) Dizionario Bompiani delle opere e dei personaggi di AA. VV. , Milano, Bompiani, 2005 ISBN 88-452-3236-0. (Vol VII pag. 7409-7410) Collegamenti esterni
La Megaforce Records è una casa discografica statunitense fondata da Jon Zazula nel 1982. Storia della Megaforce Records La Megaforce Records fu fondata nel 1982 da Jon "Jonny Z" Zazula e da sua moglie Marsha Zazula per poter pubblicare i primissimi lavori dei Metallica. Furono ritenuti importanti, anche, per la distribuzione negli Stati Uniti dei dischi di Venom e Mercyful Fate. Inoltre, a loro si deve la produzione esecutiva, tra gli altri, dei primi album di Anthrax, Overkill e Testament. Inizialmente, veniva distribuita in Europa dalla Music for Nations. Successivamente, oltre ad avere una distribuzione mondiale da parte delle Atlantic Records e, per quanto riguarda gli Anthrax, dalla Island Records, si creò una sussidiaria chiamata Megaforce Worldwide. È tuttora attiva sul mercato, occupandosi anche delle ristampe delle loro precedenti release. Principali artisti Anthrax Exciter Hades King's X M.O.D. Manowar Metallica Mind Funk Nudeswirl Overkill Raven Stormtroopers of Death Testament TT Quick Vio-lence Note Bibliografia Altri progetti Collegamenti esterni Etichette discografiche statunitensi Etichette discografiche heavy metal
Nella sua carriera ha collaborato inoltre con vari musicisti della scena nipponica, in qualità di compositore o produttore. Biografia Kawatani si avvicina alla musica all'età di otto anni, quando ascolta la canzone High Pressure di T.M.Revolution (1997). Inizia a comporre musica mentre è studente universitario alla Tokyo University of Agriculture and Technology. Lì fa conoscenza di Masao Wada (attualmente conosciuto come il bassista dei Gesu no Kiwami Otome, Kyūjitsu Kachō). Nell'aprile 2009, Kawatani forma il gruppo Indigo la End, esibendosi prevalentemente dal vivo nelle aree di Shinjuku, Shimokitazawa e Shibuya di Tokyo. Nel'aprile 2012 gli Indigo la End pubblicano il loro primo extended play, dal titolo Sayōnara, subarashii sekai, sotto l'etichetta indipendente Space Shower Music. Nel maggio 2012, Kawatani dà vita a un nuovo progetto musicale, che prende il nome di Gesu no Kiwami Otome, a cui partecipano diversi musicisti con cui il cantante aveva collaborato nei mesi precedenti. Kawatani continua a pubblicare musica con gli Indigo la End, con il loro secondo extended play Nagisa nite nel settembre 2012 e il loro primo album Yoru ni mahō o kakerarete nel febbraio 2013. Un mese dopo anche i Gesu no Kiwami Otome pubblicano il loro primo lavoro, l'EP Doresu no nugikata, sempre attraverso Space Shower Music. Nel dicembre 2013, entrambe le band di Kawatani firmano con la Warner Unborde. Sotto la nuova etichetta vengono pubblicati gli album dei Gesu no Kiwami Otome e Ano machi record degli Indigo la End, entrambi il 2 aprile 2014. Nell'agosto 2014, il brano dei Gesu no Kiwami Otome Ryōkiteki na kiss o watashi ni shite viene usato come sigla di apertura del dorama Around 30-chan: Mushūsei e pubblicato come singolo. Esso raggiunge il numero quattro nella classifica Billboard Japan Hot 100, e viene certificato disco d'oro dalla Recording Industry Association of Japan. L'album di debutto della band Miryoku ga sugoi yo (2014) ha raggiunto il numero quattro nella classifica degli album di Oricon, e il loro secondo, Ryōseibai (2016), ha raggiunto il numero uno, dopo diversi singoli di successo commerciale pubblicati nel 2015: Watashi igai watashi watashi janai no, Romance ga ariamaru e Otonatic. Nel 2014, Kawatani ha composto canzoni per musicisti al di fuori delle sue due band per la prima volta, quando ha dato alla boyband SMAP due canzoni per il loro album Mr. S. Kawatani ha lavorato di nuovo con la band nel 2015, sul loro singolo Ai ga tomaru made wa, ha anche lavorato con Tomohisa Yamashita e il gruppo femminile Team Syachihoko sul loro singolo Shampoo Hat (2014). Vita privata Il vero nome di Kawatani è Kenta, anche se ha usato il nome Enon Kawatani almeno dal 2011. Nelle prime uscite di Gesu no Kiwami Otome, Kawatani ha usato lo pseudonimo MC.K. Nel gennaio 2016, la rivista Shūkan Bunshun ha riferito che Kawatani si era sposato in segreto con una donna non celibe a metà del 2015 e che era sospettato di avere una relazione con il personaggio televisivo Becky. L'articolo dettagliato ha fatto trapelare le conversazioni tra i due dall'applicazione di messaggistica Line. Questo ha portato Becky a tenere una conferenza stampa un giorno prima dell'uscita dell'articolo in cui si scusava per la sua condotta, e Kawatani a rilasciare una dichiarazione di scuse in cui ha professato che lui e Becky erano solo amici intimi. Nel dicembre 2015, Shin-Ei Animation aveva contattato Kawatani per chiedergli di scrivere la sigla del film Crayon Shin-chan: Fast Asleep! Dreaming World Big Assault! (2016) e la sua band Gesu no Kiwami Otome per eseguirla. Tuttavia, dopo che le accuse di adulterio sono state pubblicate, Shin-Ei ha revocato l'offerta. Discografia Produzione discografica Note Collegamenti esterni Chitarristi giapponesi Cantanti giapponesi del XXI secolo
Il museo Antiquarium è un Museo archeologico di Loreto Aprutino. Storia e descrizione Il museo nacque nel 1998, come collezione privata donata dalla famiglia nobile Casamarte. I reperti vennero scoperti nel territorio nel XIX secolo durante varie campagne di scavo. Furono riportati alla luce reperti paleolitici, romani e alto medievali. Nelle campagne di scavo in 30 siti diversi intorno Loreto, sono affiorati reperti archeologici, 400 pezzi furono raccolti dal barone Antonio Casamarte, confluiti poi nell'eredità della baronessa Maria Beatrice, che li donò al Comune. Il materiale riguarda sepolture funebri vestini, arredi e ornamenti provenienti anche dalla cella santuario della dea Feronia. Tra i pezzi più pregiati si ricordano: Corredi per uso civile e funebre del VII-V secolo a.C., rinvenuti in contrada Scannella, Cappuccini, Madonna delle Grazie Ricostruzione ipotetica del santuario della dea Feronia di Poggio Ragone, con materiale di devozione, statuette, ex voto; stele votiva, altare, statua di Giove, frammenti bronzei ritraenti Feronia Corredi provenienti dalle ville patrizie romane del I secolo, con mosaici, intonaci policromi, vasellame Reperti provenienti dalla basilica paleocristiana di San Serotino di Colle Fiorano, con ceramiche altomedievale bizantine del "tipo Crecchio", paese della provincia di Chieti con il Museo dell'Abruzzo bizantino altomedievale; molti pettini in osso lavorato. Come struttura attuale il Museo è ospitato nella chiesa di San Francesco. Il percorso si compone di 13 vetrine. A seguito del Terremoto dell'Aquila del 2009 il Museo Antiquarium è stato chiuso e al momento è ancora dichiarato inagibile. Altri progetti Collegamenti esterni Musei di Loreto Aprutino Loreto antiquarium
Biografia Jonathan è fratello minore di Ludwig Augustinsson, anch'egli terzino sinistro cresciuto nel Brommapojkarna. Carriera Ha iniziato a giocare a calcio nel Brommapojkarna quando aveva 7 anni, seguendo le orme del fratello Ludwig. Durante gli anni dell'adolescenza ha avuto alcuni fastidi ai muscoli, al ginocchio e alla schiena, superati al punto tale da compiere tutta la trafila delle giovanili e arrivare alla prima squadra. Diciannovenne, con il "BP" ha giocato 16 partite della Superettan 2015, 15 delle quali – la metà delle giornate complessive – da titolare. La squadra, tuttavia, ha chiuso la stagione retrocedendo in terza serie. Nel febbraio del 2016 è stato tesserato dal Djurgården, altra squadra stoccolmese, con cui ha firmato un contratto di quattro anni. Nella stagione del debutto con la nuova maglia è stato fermato da problemi fisici che non gli hanno consentito di mettere a referto presenze in gare ufficiali. Le sue prime partite ufficiali con il Djurgården sono state in Coppa di Svezia tra febbraio e marzo 2017, poi nell'Allsvenskan 2017 ha collezionato 8 presenze, tutte da subentrante. Durante il campionato 2018, però, ha preso stabilmente il posto lasciato libero dalla partenza di Elliot Käck, mentre l'anno successivo (concluso con la vittoria del titolo nazionale) ha giocato 9 partite da titolare e 7 da subentrante. Il 4 dicembre 2020 è stato reso noto il suo acquisto da parte dei norvegesi del Rosenborg: il giocatore ha firmato un contratto quadriennale, valido dal successivo mese di gennaio, e ha scelto di vestire la maglia numero 3. Palmarès Club Competizioni nazionali Djurgarden: 2019 Note Altri progetti Collegamenti esterni Calciatori della Nazionale svedese
La cloaca, in anatomia comparata è, in alcune specie animali, un'apertura che serve come unico canale in cui affluiscono le terminazioni dell'intestino posteriore, dell'apparato genitale e apparato urinario. Descrizione Gli anfibi, i rettili, gli uccelli e alcuni mammiferi possiedono questo foro, dal quale espellono sia urina che feci, diversamente dagli euteri, cioè dalla maggior parte dei mammiferi, che possiedono due o tre orifizi separati per l'evacuazione. Per quanto riguarda i pesci, la cloaca è presente negli elasmobranchi e nei sarcopterigi. I monotremi ed i tenrecidi sono gli unici mammiferi che presentano la cloaca. Essa si forma nell'embrione di tutti i mammiferi, ma permane solo nei monotremi, mentre negli altri (marsupiali e placentati) avviene una precoce separazione di una parte dorsale, da cui si forma il retto, e una parte ventrale, da cui si originano il seno uro-genitale e la vescica urinaria. Il termine cloaca deriva dalla lingua latina e in particolare da cluō, che vuol dire "fogna". Voci correlate Ano Perineo Escrezione Vescica Altri progetti Collegamenti esterni Sistema digerente Anatomia animale Anatomia degli uccelli
I francobolli vittoriani sono una serie di francobolli tra i primi in assoluto stampati al mondo, nel Regno Unito sotto il governo della regina Vittoria. Storia Oggetti simili ai moderni francobolli ma aventi il nome caratteristico di 'post mark' erano già in utilizzo nella seconda metà del Seicento in Inghilterra, ma il vero e proprio francobollo come lo conosciamo attualmente comparve nel Regno Unito solo a partire dagli anni '30 dell'Ottocento quando la regina Vittoria iniziò le prime riforme postali. Il 17 agosto 1839 la regina diede l'assenso reale al Uniform Postage Act che ebbe il vero e proprio compito di riformare gli uffici postali. Rowland Hill venne nominato Cancelliere dello Scacchiere e si occupò di sovrintendere a questo tipo di riforme. Il Penny Black Il famoso Penny Black fu il primo francobollo in assoluto ad essere stampato nella produzione filatelica inglese. Esso presentava una combinazione tra il profilo della regina, familiare e riconoscibile dai sudditi (e direttamente indicante l'autorità emittente) ed il valore del francobollo stesso. Esso venne emesso ufficialmente il 6 maggio 1840 e venne nel contempo emesso un sistema per annullare i francobolli con appositi timbri. Problemi riguardanti il riutilizzo Il Penny Black venne in breve tempo ad ogni modo sostituito da francobolli simili ma con una colorazione diversa come il Penny Red in quanto l'inchiostro nero dell'annullo, sullo sfondo nero del francobollo, creavano problemi a livello di visibilità dell'annullo. Ben presto si pose anche il problema circa il largo riutilizzo dei francobolli attuato da molte persone che riuscivano a pulire dalla superficie del valore stampato il timbro d'annullo. Come tale dal febbraio del 1841 venne introdotto uno speciale inchiostro per annullare i francobolli contenente ferricianuro di potassio per renderlo indelebile ed impedire quindi i tentativi di truffa ai danni delle poste. I francobolli in rilievo Parallelamente alla produzione di francobolli per la circolazione di lettere a livello nazionale, vennero a crearsi dei francobolli per l'estero che vennero realizzati con delle caratteristiche differenti. Essi erano: Perlopiù di forma ottagonale Prodotti singolarmente Aventi la caratteristica forma a sbalzo, attraverso un sistema di pressione della carta a secco Perforazione Originariamente i francobolli di epoca vittoriana venivano tagliati a mano da fogli completi mediante l'utilizzo di forbici direttamente dal venditore, ma questo creava problematiche legate essenzialmente ad errori di taglio che potevano essere commessi dai responsabili degli uffici postali oppure da possibili contraffazioni. Per risolvere questa problematica, nel gennaio del 1854 vennero creati i primi francobolli perforati, ovvero gli spazi circondanti i singoli francobolli nel foglio venivano perforati da una serie di buchi che rendevano più agibile anche il distacco degli stessi francobolli e ne ribadivano nel contempo l'autorizzazione da parte dello stato. I buchi, una volta staccato il francobollo, andavano a creare i famosi "dentelli" che originariamente erano in numero di 16 per lato di francobollo (poi ridotti a 14 dal 1855 per rendere più resistente il foglio stesso). Filigrana Con la creazione dei francobolli si impose nel contempo anche la problematica di garantirne l'autenticità e come tale vi venne applicata la filigrana, un processo già conosciuto per i documenti ufficiali ma utilizzato prevalentemente nell'ambito delle cartiere. La prima filigrana ad essere applicata ai francobolli vittoriani fu una piccola corona, sostituita dal maggio del 1855 con una grande corona, contemporaneamente al cambio del numero dei dentelli Altre particolarità I plateau Quando vennero introdotti i primi Penny Blacks, la tecnologia di produzione era quantomai basilare e anche il servizio postale si trovava ai suoi esordi. Il problema era che molti dei singoli francobolli prodotti subivano non pochi danneggiamenti durante le operazioni di trasporto a causa dei motivi più disparati (dalla sfregatura alle condizioni climatiche, ecc.). Come tale si decise di creare i plateau ovvero i cosiddetti "fogli", pagine intere con stampati dei francobolli, il cui valore per pagina proprio nel caso di quelli da 1 penny era di una sterlina per rendere più agibile il conto anche al venditore. L'alfabeto Tutti questi francobolli del periodo vittoriano hanno delle lettere agli angoli inferiori che servono per indicare la precisa posizione del francobollo all'interno del plateau. I francobolli venivano prodotti tenendo conto di un preciso schema che vedeva 20 righe da 12 francobolli ciascuna con lettere dalla A alla L e 12 colonne da 20 francobolli ciascuna con lettere dalla A alla T. Il numero totale dei francobolli doveva corrispondere a 240 pence totali in quanto secondo la vecchia datazione 1 sterlina = 240 pence. Successivamente vennero utilizzate anche lettere del tipo AI, AII, AIII per consentire l'ingrandimento dei plateau mantenendo il medesimo schema alfabetico. Annulli Sino al 1844 venne utilizzato come annullo per i francobolli vittoriani una croce maltese, valida uniformemente in tutti i territori del Regno Unito. Nel 1844 venne brevettato un ovale barrato per l'Inghilterra, un rettangolo barrato per la Scozia e un diamante barrato per l'Irlanda di modo da differenziare le diverse aree di utilizzo dei francobolli. I primi annulli dei francobolli erano in rosso, ma vennero cambiati in nero quando venne cambiato poi il colore dei primi francobolli. Altri progetti Collegamenti esterni Emissioni filateliche del Regno Unito Età vittoriana
Laramie è una città e capoluogo della contea di Albany, Wyoming, Stati Uniti. La popolazione era di abitanti al censimento del 2010. Situata sul fiume Laramie, nel sud-est del Wyoming, la città si trova a ovest di Cheyenne, all'incrocio tra l'Interstate 80 e l'U.S. Route 287. Laramie fu colonizzata a metà del XIX secolo lungo la linea della Union Pacific Railroad, che attraversa il fiume Laramie a Laramie. È sede dell'Università del Wyoming, del Wyoming Technical Institute e di un ramo del Laramie County Community College. L'Aeroporto Regionale di Laramie serve Laramie. Le rovine di Fort Sanders, un forte dell'esercito che precede Laramie, si trovano a sud della città lungo la Route 287. Situata nella Laramie Valley tra le Medicine Bow Mountains e le Laramie Mountains, la città attira gli appassionati di attività all'aria aperta con la sua abbondanza di attività all'aria aperta. Nel 1869 il Wyoming fu organizzato come Territorio del Wyoming, la cui prima legislatura approvò un disegno di legge che garantiva uguali diritti politici alle donne nel territorio. Nel marzo 1870, cinque residenti di Laramie divennero le prime donne al mondo a far parte di una giuria. Poiché Laramie fu la prima città del Wyoming a tenere un'elezione municipale, il 6 settembre 1870, Louisa Swain, residente a Laramie, fu la prima donna degli Stati Uniti a votare legalmente in un'elezione generale. Nel 2011, Laramie è stata nominata come una delle migliori città in cui ritirarsi dalla rivista Money, che ha citato la sua posizione panoramica, le tasse basse e le opportunità di istruzione. Geografia fisica Secondo lo United States Census Bureau, ha un'area totale di . Società Evoluzione demografica Secondo il censimento del 2010, la popolazione era di abitanti. Etnie e minoranze straniere Secondo il censimento del 2010, la composizione etnica della città era formata dall'89,5% di bianchi, l'1,3% di afroamericani, lo 0,7% di nativi americani, il 3,2% di asiatici, lo 0,1% di oceanici, il 2,5% di altre razze, e il 2,8% di due o più etnie. Ispanici o latinos di qualunque razza erano il 9,2% della popolazione. Infrastrutture e trasporti Laramie è collegata via aerea grazie alla presenza dell'aeroporto regionale di Laramie, collocato a circa ad ovest del centro cittadino. Note Altri progetti Collegamenti esterni
La ÖFB-Cup 2010-2011 è stata la 76ª edizione della coppa nazionale di calcio austriaca. Iniziata con il turno preliminare del 23 luglio 2010, si è conclusa con la finale del 29 maggio 2011. La squadra detentrice del trofeo, lo Sturm Graz, è eliminato nei quarti di finale per mano del Ried. Ha visto la vittoria del Ried, che si è imposto in finale sull'Austria Lustenau, ed ha conquistato il suo secondo trofeo dopo quello della stagione 1997-1998. Grazie a questa vittoria la formazione dell'Alta Austria si è qualificata per l'edizione 2011-2012 dell'Europa League. L'Austria Lustenau, formazione di Erste Liga, è stata la prima squadra del Vorarlberg a raggiungere la finale di coppa. Formula La competizione è iniziata il 23 luglio 2010 con le partite del turno preliminare, in cui sono entrate in gioco 68 squadre non professioniste dalle diverse federazioni regionali. Le vincitrici si sono qualificate per il primo turno della competizione, in cui tutte le società di Bundesliga e Erste Liga, oltre alle vincitrici delle 9 coppe di land, hanno raggiunto la competizione. Risultati Turno preliminare Il sorteggio del turno preliminare si è svolto il 7 luglio 2010. Primo turno Secondo turno Il sorteggio del secondo turno si è svolto il 18 agosto 2010. Ottavi di finale Le partite sono state giocate il 9 e 10 novembre 2010. Quarti di finale Il sorteggio è stato effettuato il 21 novembre 2010. Le partite sono state giocate il 19 e 20 aprile 2011. Semifinali Il sorteggio è stato effettuato il 21 aprile 2011. Le partite saranno giocate il 3 e 4 maggio 2011. Finale La finale è stata disputata domenica 29 maggio 2011 all'Ernst Happel Stadion di Vienna. Note Voci correlate Fußball-Bundesliga 2010-2011 (Austria) Altri progetti Collegamenti esterni Calcio nel 2010 Calcio nel 2011 2010-2011
Martin Archer Shee nacque a Dublino, da una famiglia cattolica di antiche origini; il padre di Martin, ricco commerciante, riteneva addirittura che la professione di pittore non fosse adatta ad un membro della sua famiglia. Nonostante questo, Martin Shee studiò arte nella Dublin Society e poi si trasferì a Londra. Nel 1788 lo scozzese William Burke presentò il giovane Shee a sir Joshua Reynolds, che ricopriva la carica di Primo pittore di corte del re. Reynolds si interessò al giovane e lo fece studiare nelle scuole della Royal Academy of Arts. Nel 1789 Shhe presentò pubblicamente le sue due prime opere, Testa di vecchio e Ritratto di gentiluomo. La sua fama continuò a crescere, tanto che nel 1800 Shee divenne un accademico reale. In seguito si trasferì nella abitazione di George Romney, che ne fece il suo successore. Nel 1805 pubblicò un poema intitolato Rhymes on Art cui seguì una seconda pubblicazione nel 1809. Nel suo English Bards and Scotch Reviewers Lord Byron parlò del poema con parole di elogio. Nel 1814 Shee pubblicò un altro volume, The Commemoration of Sir Joshua Reynolds, and other Poems, che non ottenne il successo sperato; scrisse anche una tragedia, Alasco, che andò in scena in Polonia. Quando nel 1830 morì Thomas Lawrence, Shee fu scelto come nuovo presidente della Royal Academy e di lì a poco venne nominato baronetto. Continuò a dipingere sino al 1845 e morì nel 1850, lasciando tre figli. Altri progetti Collegamenti esterni Presidenti della Royal Academy
Biografia Nel 1615 partì con Jacob Le Maire da Texel, nei Paesi Bassi, al comando di una spedizione sponsorizzata da Isaac Le Maire e la sua Australische Compagnie, codiretta in parti uguali anche da Schouten. Scopo principale della spedizione era trovare la Terra Australis, scopo fallito. Altro obiettivo era fugare le restrizioni commerciali imposte dalla Compagnia Olandese delle Indie Orientali, cercando una nuova rotta per il Pacifico. Nel 1616 Schouten doppiò Capo Horn, a cui diede il nome della sua città natale. Seguì le coste della Nuova Irlanda e della Nuova Guinea e visitò le isole vicine, comprese quelle che verranno poi battezzate Isole Meridionali. Nonostante avesse tracciato una nuova rotta, la Compagnia delle Indie lo accusò di aver infranto il loro monopolio di commercio. Schouten fu arrestato, e dopo rilasciato, e la sua nave confiscata a Giava. Al suo ritorno volle passare per la rotta delle Indie e in uno dei viaggi morì, al largo delle coste del Madagascar. Pubblicazioni Schouten descrisse i suoi viaggi nel Journal pubblicato in lingua olandese ad Amsterdam nel 1618 e subito tradotto in molte lingue. Edizione olandese: Journal Ofte Beschryvinghe van de wonderlicke reyse, ghaedaen door Willem Cornelisz Schouten van Hoorn, inde Jaren 1615, 1616, en 1617. Hoe hy bezuyden de Strate van Magekkanes een nieuwe Passagie tot inde groote Zuyzee onteckt en voort den gheheelen Aerdkloot angheseylt, heeft. Wat Eylanden, vreemde volcken en wonderlicke avontueren hem ontmoet zijn. Amsterdam: Willem Jansz. 1618. Edizione francese: Journal ou Description du marveilleux voyage de Guilliaume Schouten.Amsterdam: Willem Jansz. 1618. Edizione inglese: The Relation of a Wonderfull Voiage made by Willem Cornelison Schouten of Horne. Shewing how South from the Straights of Magelan in Terra Delfuego: he found and discovered a newe passage through the great South Seaes, and that way sayled round about the world. London: Imprinted by T.D. for Nathanaell Newbery. 1619. Edizione tedesca: Journal, oder Beschreibung der wunderbaren Reise W. Schouten auss Hollandt, im Jahr 1615-17 ... Frankfurt am Main. 1619. Edizione latina: Novi Freti, a parte meridionali freti Magellanici in Magnum Mare Australe Detectio. Diarium vel descriptio laboriosissimi et molestissimi itineris, facti a Guilielmo Cornelii Schoutenio annis 1615-17... Amsterdam: Janson. 1619. Tra gli storici non c'è unanime consenso sulla paternità del Journal da parte di Schouten. Le edizioni olandese, francese, tedesca e latina contengono nove carte dense di informazioni preziosissime, carte non presenti nella versione inglese. Bibliografia Barreveld, Dirk J. Tegen De Heeren Van De VOC - Isaac Le Maire En De Ontdekking Van Kaap Hoorn. The Hague: Sdu Publishers. Uitgeverij 2002. Bolyanatz, Alexander H. "Where Is Claes Pietersz Bay? An Episode in the History of the Sursurunga of New Ireland", in Ethnohistory 45:2 (1998), p. 319-347. Edward Duyker (ed.) Mirror of the Australian Navigation by Jacob Le Maire: A Facsimile of the ‘Spieghel der Australische Navigatie...' Being an Account of the Voyage of Jacob Le Maire and Willem Schouten 1615-1616 published in Amsterdam in 1622, Hordern House for the Australian National Maritime Museum, Sydney, 1999, pp. 202, ISBN 1-875567-25-9. Altri progetti Collegamenti esterni Morti nell'Oceano Indiano
La Tenuta Colombara (o Tenuta Torrone della Colombara) è una cascina localizzata nel comune di Livorno Ferraris, in provincia di Vercelli, edificata intorno al 1400. Originariamente conosciuta come ostello per viandanti, nel 1571 viene avviata la coltivazione risicola, e la chiesa della Tenuta diviene parrocchia. Negli anni si sviluppa una comunità di persone intorno alla cascina, dove erano presenti abitazioni, osterie, botteghe, una scuola, il campo santo e tutto il necessario per vivere con la propria famiglia, compreso un seggio elettorale. Tra il 1875 e il 1898 la Tenuta viene ampliata e parzialmente ricostruita, in particolare vengono costruite le due torri poste all'inizio del viale alberato. Storicamente di proprietà di diverse famiglie di rami cadetti dei Savoia, nel 1868 viene acquistata dalla famiglia biellese dei Magnani. Nel 1935 la cascina viene acquistata da Cesare Rondolino, che ne diventa il terzo proprietario storico. Oggi è sede didattica distaccata dell'Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, sede produttiva di Riso Acquerello e sede del Conservatorio del Riso, museo dedicato alla cultura risicola del vercellese. Dal 2016 è possibile effettuare una visita virtuale di tutti gli ambienti della cascina attraverso il Google Virtual Tour. Il Conservatorio della Risicoltura Il Conservatorio del Risicoltura, noto anche come Ecomuseo, nasce su impulso della famiglia Rondolino, di enti locali e della cittadinanza di Livorno Ferraris come luogo di memoria e testimonianza della cultura risicola del territorio. Il conservatorio è composto da due parti principali, il dormitorio delle mondine, e alcune stanze della cascina dove sono state ricreati gli ambienti di vita di una riseria di metà novecento. All'interno dei diversi ambienti, tra cui cucina, camera da letto, aula scolastica, laboratori del fabbro, maniscalco e mugnaio, sono esposti oggetti e attrezzature d'epoca donati e catalogati dalla cittadinanza. La riseria All'interno della Tenuta Colombara è stata realizzata anche la filiera completa di una riseria. I campi intorno alla Tenuta sono coltivati con riso Carnaroli, mentre all'interno della riseria sono presenti tutti i macchinari necessari alla lavorazione e al confezionamento del riso. Note Altri progetti Architetture di Livorno Ferraris Cascine del Piemonte Architetture rurali della provincia di Vercelli
Con il termine chiesa di San Rocco si intendono tutte le chiese cristiane sparse per il mondo, intitolate, o cointitolate, al santo francese. La lista che segue è un elenco non esaustivo dei suddetti edifici. Belgio Chiesa di San Rocco – Aarschot Chiesa di San Rocco – Anversa Chiesa di San Rocco – Blankenberge Chiesa di San Rocco – Bruxelles Chiesa di San Rocco – Courtrai Chiesa di San Rocco – Dison Chiesa di San Rocco – Halle Chiesa di San Rocco – Hasselt Chiesa di San Rocco – Hauset, frazione di Raeren Chiesa di San Rocco – Wandre, frazione di Liegi Chiesa di San Rocco – Lummen Chiesa di San Rocco – Pepinster Chiesa di San Rocco – Theux Chiesa di San Rocco – Thimister-Clermont Chiesa di San Rocco – Waasmunster Chiesa di San Rocco – Wellen Canada Chiesa di San Rocco – Québec Colombia Chiesa di San Rocco – Barranquilla Francia Chiesa di San Rocco – Ajaccio Chiesa di San Rocco – Amiens Chiesa di San Rocco – Ambérieu-en-Bugey Chiesa di San Rocco – Blyes Chiesa di San Rocco – Cambrai Chiesa di San Rocco – Domeyrat Chiesa di San Rocco – Gouy-Servins Chiesa di San Rocco – Loffre Chiesa di San Rocco – Nizza Chiesa di San Rocco – Parcieux Chiesa di San Rocco – Parigi Chiesa di San Rocco – Roncq Chiesa di San Rocco – Saint-Étienne Germania Chiesa di San Rocco – Altenahr Chiesa di San Rocco – Aquisgrana Chiesa di San Rocco – Bonn Chiesa di San Rocco – Bruch Chiesa di San Rocco – Colonia Chiesa di San Rocco – Dittelbrunn Chiesa di San Rocco – Düsseldorf Chiesa di San Rocco – Ebrach Chiesa di San Rocco – Egg an der Günz Chiesa di San Rocco – Gheldria Chiesa di San Rocco – Hatzenport Chiesa di San Rocco – Hofbieber Chiesa di San Rocco – Hosenfeld Chiesa di San Rocco – Ingelfingen Chiesa di Santa Maria e San Rocco – Irrel Chiesa di San Rocco – Jülich Chiesa di San Rocco – Kaiserslautern Chiesa di San Rocco – Kerpen Chiesa di San Rocco – Lohr Chiesa di San Rocco – Löffingen Chiesa di San Rocco – Magonza Chiesa di San Rocco – Mechernich Chiesa di San Rocco – Mönchengladbach Chiesa di San Rocco – Neuhäusel Chiesa di San Rocco – Orenhofen Chiesa di San Rocco – Overath Chiesa di San Rocco – Stolberg Chiesa di San Rocco – Weiskirchen Chiesa di San Rocco – Anhoven, frazione di Wegberg Chiesa di San Rocco – Dalheim-Rödgen, frazione di Wegberg Chiesa di San Rocco – Würzburg Grecia Chiesa di San Rocco – La Canea Italia Abruzzo Chiesa di San Rocco – Atessa Chiesa di San Rocco – Avezzano Chiesa di San Rocco – Castel Frentano Chiesa di San Rocco – Castelli Chiesa di San Rocco – Guardiagrele Chiesa di San Rocco – Lanciano Chiesa di San Rocco – Mozzagrogna Chiesa di San Rocco – Montorio al Vomano Chiesa di San Rocco – Orsogna Chiesa di San Rocco – Ortona Chiesa di San Rocco – Tagliacozzo Chiesa di San Rocco – Pratola Peligna Chiesa di San Rocco – Roccamontepiano Chiesa di San Rocco – Sambuceto frazione di San Giovanni Teatino Chiesa di San Rocco – San Valentino in Abruzzo Citeriore Chiesa di San Rocco – Scanno Chiesa di San Rocco – Tocco da Casauria Chiesa di San Rocco – Tornareccio Chiesa di San Rocco – Torrevecchia Teatina Chiesa di San Rocco – Vallecupa, frazione di Bomba Basilicata Chiesa di San Rocco – Baragiano Chiesa di San Rocco – Grottole Chiesa di San Rocco – Matera Chiesa di San Rocco – Montemurro Chiesa di San Rocco – Montescaglioso Chiesa di San Rocco – Pisticci Chiesa di San Rocco – Potenza Chiesa di San Rocco – Salandra Chiesa di San Rocco – Satriano di Lucania Chiesa di San Nicola e San Rocco – Tolve Calabria Chiesa di Santa Maria Lauretana e San Rocco – Aprigliano frazione di Guamo Chiesa di San Rocco – Ardore Chiesa di San Rocco – Belcastro Chiesa di San Rocco – Bocchigliero Chiesa di San Rocco – Bova Chiesa di San Rocco – Caccuri Chiesa di San Rocco – Catanzaro Chiesa di San Rocco – Cittanova Chiesa di San Rocco – Cosenza Chiesa di San Rocco – Cutro Chiesa di San Rocco – Dinami Chiesa di San Rocco – Figline Vegliaturo Chiesa di San Rocco – Fiumefreddo Bruzio Chiesa di San Rocco – Gerocarne Chiesa di San Rocco – Girifalco Chiesa di San Rocco – Ionadi Chiesa di San Rocco – Laureana di Borrello, frazione di Stelletanone Chiesa di San Rocco – Melicuccà Chiesa di San Rocco – San Giovanni, frazione di Mileto Chiesa di San Rocco – Mormanno Chiesa di San Rocco – Oriolo Chiesa di Maria Santissima Immacolata e San Rocco – Palmi Chiesa di San Rocco – Papasidero Chiesa di San Rocco e San Francesco da Paola – Pizzo Chiesa di San Rocco – Placanica Chiesa di San Rocco – Plataci Chiesa di San Rocco – Armo Chiesa di San Rocco – Ortì, frazione di Reggio Calabria Chiesa di San Rocco – Rende Chiesa di San Rocco – Drosi, frazione di Rizziconi Chiesa di San Rocco – Rosarno Chiesa di San Rocco – San Benedetto Ullano Chiesa di San Rocco – San Costantino Calabro Chiesa di San Rocco – San Paolo Albanese Chiesa di San Rocco – Sant'Andrea Apostolo dello Ionio Chiesa di San Rocco – Santo Stefano di Rogliano Chiesa di San Rocco – Cupani, frazione di Scigliano Chiesa di San Rocco – Scilla Chiesa di San Rocco – Serra San Bruno Chiesa di San Rocco – Stignano Campania Chiesa di San Rocco – chiesa di Barano d'Ischia (NA) Chiesa di San Rocco – chiesa di Bosco, frazione di San Giovanni a Piro (SA) Santuario Diocesano di San Rocco – chiesa di Capriati a Volturno (CE) Chiesa di San Rocco – chiesa di Cava de' Tirreni (SA) Chiesa di San Rocco – chiesa di Cerreto Sannita (BN) Chiesa di San Rocco – chiesa di Cesinali (AV) Chiesa di San Rocco – chiesa di Faicchio (BN) Chiesa di San Rocco – chiesa di Frattamaggiore (NA) Chiesa di San Rocco – chiesa di Frigento (AV), Chiesa di San Rocco – chiesa di Galdo Cilento (SA) Chiesa di San Rocco – chiesa di Lacco Ameno (NA) Chiesa di San Rocco – chiesa di Napoli, quartiere Piscinola Chiesa di San Rocco – chiesa di Napoli, quartiere Ponticelli Chiesa di San Rocco alla Riviera di Chiaia – chiesa di Napoli Chiesa di San Rocco – chiesa nel borgo di Maiano in Sant'Agnello (NA) Chiesa di San Rocco – chiesa di Pietramelara (CE) Chiesa di San Rocco – chiesa di Roscigno (SA) Chiesa di San Rocco – chiesa di Saragnano frazione di Baronissi (SA) Chiesa dei Santi Rocco e Sebastiano e congrega del Rosario – chiesa di Siano (SA) Chiesa di San Rocco – chiesa di Villamaina (AV) Chiesa di San Rocco – chiesa di Guardia Sanframondi Chiesa di San Rocco – chiesa di Salerno Emilia-Romagna Chiesa di San Rocco – chiesa di Borgo Val di Taro (PR) Chiesa di San Rocco – chiesa di Busseto (PR) Chiesa di San Rocco – chiesa di Faenza Chiesa di San Rocco – chiesa di Parma Chiesa di San Rocco – chiesa di Ravenna Friuli-Venezia Giulia Chiesa di San Rocco – chiesa di Aurisina (TS) Chiesa di San Rocco – chiesa di Coseano (UD) Chiesa di San Rocco – chiesa di Brazzano di Cormons (GO) Chiesa di San Rocco in Canale – chiesa di Campeglio di Faedis (UD) Chiesa dei Santi Rocco e Sebastiano – chiesa di Reana del Rojale (UD) Chiesa di San Rocco – chiesa di Montina di Torreano (UD) Chiesa di San Rocco – chiesa di Turriaco (GO) Chiesa di San Rocco – chiesa di Portis di Venzone (UD) Chiesa di San Rocco – chiesa di San Rocco di Gorizia (GO) Chiesa di San Rocco – chiesa di Villesse Chiesa di San Rocco – chiesa di Muggia Lazio Chiesa di San Sebastiano e San Rocco – chiesa di Affile Chiesa di San Rocco – chiesa demolita di Cerveteri Chiesa di San Rocco – chiesa di Colonna Chiesa di San Rocco all'Augusteo – chiesa di Roma Chiesa di San Rocco a Malagrotta – chiesa di Roma Chiesa di San Rocco – chiesa di San Polo dei Cavalieri Chiesa di San Rocco – chiesa di Sutri Lazio Liguria Chiesa di San Rocco – chiesa di Camogli (GE) Chiesa di San Rocco – chiesa di Campomorone (GE) Chiesa di San Rocco – chiesa di Cosseria Chiesa di San Rocco di Vernazza – chiesa di Genova Chiesa di San Rocco – chiesa di Recco (GE) Chiesa di San Rocco – chiesa di Urbe (SV) Chiesa di San Rocco e Sacro Cuore di Gesù – chiesa di Uscio (GE) Chiesa di San Rocco – chiesa di Levanto Chiesa di San Rocco – chiesa di Moneglia Chiesa di San Rocco – chiesa di Neirone Chiesa di San Rocco – chiesa di Pallare Chiesa di San Rocco – chiesa di Sassello Lombardia Chiesa di San Rocco – chiesa di Adrara San Rocco (BG) Chiesa di San Rocco – chiesa di Albenza, frazione di Almenno San Bartolomeo (BG) Chiesa di San Rocco – chiesa di Albino (BG) Chiesa di San Rocco – chiesa di Asola Chiesa di San Rocco – chiesa di Bagolino (BS) Chiesa di San Rocco – chiesa di Barzana (BG) Chiesa di San Rocco – chiesa di Bergamo, nella Città Alta Chiesa di San Rocco – chiesa di Bergamo, in località Castagneta Chiesa di San Rocco – chiesa di Bergamo, in località Fontana Chiesa di San Rocco – chiesa di Bergamo, in via Broseta Chiesa dell'Assunzione di Maria e San Rocco – chiesa di Berlingo (BS) Chiesa di San Rocco – chiesa di Brescia Chiesa di San Rocco – chiesa di Bianzano in (BG) Chiesa di San Rocco o del Lazzaretto – chiesa di Bisuschio (VA) Chiesetta di San Rocco – chiesa di Bulgorello (CO) Chiesetta di San Rocco – chiesa di Busnago (MB) Chiesa di San Rocco – chiesa di Busto Arsizio (VA) Chiesa di San Rocco – chiesa di Calcio (BG) Chiesa di San Rocco – chiesa di Capo di Ponte (BS) Chiesa di San Rocco – chiesa di Chiari (BS) Chiesa di San Rocco – chiesa di Collio (BS) Chiesa di San Rocco – chiesa di Como Chiesa di San Rocco – chiesa di Darfo Boario Terme Chiesa di San Rocco – chiesa di Dello (BS) Chiesa di San Rocco – chiesa di Fiumenero (BG) Chiesa di San Rocco – chiesa di Gallarate (VA) Chiesa di San Rocco – chiesa di Gazzaniga (BG) Chiesa di San Rocco – detta lAncella chiesa di Isorella (BS) Chiesa di San Rocco – chiesa di Leffe (BG) Chiesa di San Rocco – chiesa di Limone sul Garda (BS) Chiesa di San Rocco – chiesa di Livigno (SO) Chiesa di San Rocco – chiesa di Lodi Chiesa di San Rocco – chiesa di Maccagno con Pino e Veddasca Chiesa dei Santi Rocco e Sebastiano – chiesa di Magenta (MI) Chiesa di San Rocco – chiesa di Melegnano Chiesa di San Rocco al Gentilino – chiesa di Milano Chiesa di San Rocco – chiesa di Monza Chiesetta di San Rocco – chiesa di Morbegno (SO) Chiesa di San Rocco – chiesa di Offanengo (CR) Chiesa di San Rocco – Olmo al Brembo in (BG) Chiesa di San Rocco – chiesa di Ostiano (CR) Chiesa di San Rocco – chiesa di Pezzolo, frazione di Vilminore di Scalve (BG) Chiesa sussidiaria di San Rocco – chiesa di Porlezza (CO) Chiesa di San Rocco al Colle – chiesa di Ranica (BG) Chiesa di San Rocco – chiesa di Romano di Lombardia (BG) Chiesa di San Rocco – chiesa di Sabbioneta (MN) Chiesetta di San Rocco – chiesa di San Martino della Battaglia, frazione di Desenzano del Garda (BS) Chiesa di San Rocco – chiesa di San Rocco, frazione di Cenate Sotto (BG) Chiesa di San Rocco – chiesa di San Rocco, frazione di Colico (LC) Chiesetta di San Rocco – chiesa di Sergnana (BS) Chiesa di San Rocco – chiesa di San Giorgio in Salici frazione di Sona (VR) Chiesa di San Rocco – chiesa di Tronzano Lago Maggiore (VA) Chiesa di San Rocco Confessore – chiesa di Vergonzana, frazione di Crema (CR) Chiesa di San Rocco – chiesa di Viadanica (BG) Chiesa di San Rocco – chiesa di Vigolo (BG) Chiesa di San Rocco – detta chiesa della Purità della Beata Vergine'' a Visano (BS) Chiesa di San Rocco – chiesa demolita di Milano Chiesa di San Rocco – chiesa di Parre Chiesa di San Rocco – chiesa di Riva di Solto Chiesa di San Rocco – chiesa di Vigevano Chiesa di San Rocco – chiesa di Voghera Chiesa di San Rocco – chiesa di Como Marche Chiesa di San Rocco – chiesa di Acquaviva Picena (AP) Chiesa di San Rocco – chiesa di Montecosaro (MC) Chiesa di San Rocco – chiesa di Ripatransone (AP) Molise Chiesa di San Rocco – chiesa di Carpinone (IS) Chiesa di San Rocco – chiesa di Poggio Sannita (IS) Chiesa di San Rocco – chiesa di Sant'Elia a Pianisi (CB) Chiesa di San Rocco – chiesa di Toro (CB) Piemonte Chiesa di San Rocco – chiesa di Alessandria Chiesa di San Rocco – chiesa di Asti Chiesa di San Rocco – chiesa di Canale (CN) Chiesa di San Rocco – chiesa di Carmagnola (TO) Chiesa di San Rocco – chiesa di Castagnole Piemonte (TO) Chiesa di San Rocco – chiesa di Cereseto Monferrato (AL) Chiesa di San Rocco – chiesa di Cercenasco (TO) Chiesa dei Santi Bernardino e Rocco – chiesa di Chieri (TO) Chiesa dei Santi Rocco e Sebastiano – chiesa di Cumiana (TO) Chiesa di San Rocco – chiesa di Fontanetto Po (VC) Chiesa di San Rocco – chiesa di Giaveno (TO) Chiesa di San Rocco – chiesa di Solcio di Lesa (NO) Chiesa di San Rocco – chiesa di Miasino (NO) Chiesa di San Rocco – chiesa di Moretta (CN) Chiesa di San Rocco – chiesa di Mosetti, frazione di Chieri (TO) Chiesa di San Rocco – chiesa di Sant'Ambrogio di Torino (TO) Chiesa di San Rocco – chiesa di Settimo Torinese (TO) Chiesa di San Rocco – chiesa di Torino (TO) Chiesa di San Rocco – chiesa di Verbania Chiesa di San Rocco – chiesa di Cuneo Chiesa di San Rocco – chiesa di Mongrando Chiesa di San Rocco – chiesa di Montalto Dora Puglia Chiesa del Preziosissimo Sangue in San Rocco – chiesa di Bari Chiesa di San Rocco – chiesa di Ceglie Messapica (BR) Chiesa di San Rocco – chiesa di Conversano (BA) Chiesa di San Rocco – chiesa di Foggia Chiesa di San Rocco – chiesa di Gagliano del Capo (LE) Chiesa di San Rocco – chiesa di Gioia del Colle (BA) Chiesa di San Rocco – chiesa di Grumo Appula (BA) Chiesa di San Rocco – chiesa di Locorotondo (BA) Chiesa di San Rocco – chiesa di Palagiano (TA) Chiesa di San Rocco – chiesa di Palo del Colle (BA) Chiesa di San Rocco – chiesa di Ruvo di Puglia (BA) Chiesa di San Rocco – chiesa di Turi (BA) Chiesa di San Rocco – chiesa di Valenzano (BA) Chiesa di San Rocco – chiesa di Casamassima (BA) Chiesa di San Rocco – chiesa di Trani Sardegna Chiesa di San Rocco – chiesa di Bortigiadas Chiesa di San Rocco – chiesa di Cagliari Chiesa di San Rocco – chiesa di Collinas Sicilia Chiesa di San Rocco – chiesa di Acireale (CT) Chiesa di San Rocco – chiesa di Alì Terme (ME) Chiesa di San Rocco – chiesa di Burgio (AG) Chiesa di San Rocco – chiesa di Butera (CL) Chiesa di San Rocco – chiesa di Calderà di Barcellona Pozzo di Gotto (ME) Chiesa di San Rocco – chiesa di Capaci (PA) Chiesa di San Rocco – chiesa di Gela (CL) Chiesa di San Rocco – chiesa di Grotte (AG) Chiesa di San Rocco – chiesa di Linguaglossa (CT) Chiesa di San Rocco – chiesa di Motta d'Affermo (ME) Chiesa di San Rocco – chiesa sconsacrata di Ragusa Chiesa di San Rocco – chiesa di Savoca (ME) Chiesa di San Rocco – chiesa di Scordia (CT) Chiesa di San Rocco – chiesa di Trappeto, frazione di San Giovanni La Punta (CT) Chiesa di San Rocco – chiesa di Milazzo (ME) Chiesa di San Rocco – chiesa di Palermo Chiesa di San Rocco – chiesa di Piazza Armerina Chiesa di San Rocco – chiesa di Ragusa Chiesa di San Rocco - chiesa di Misterbianco (CT) Toscana Chiesa di San Rocco – chiesa di Altopascio (LU) Chiesa di San Rocco – chiesa di Asciano, frazione di San Giuliano Terme (PI) Chiesa di San Rocco – chiesa di Buti Chiesa di San Rocco – chiesa di Marina di Grosseto (GR) Chiesa di San Rocco – chiesa di Massa Chiesa di San Rocco – chiesa di Pisa Chiesa di Santa Maria Assunta in San Rocco – chiesa di Pistoia Chiesa di San Rocco – chiesa di Pitigliano (GR) Chiesa di San Rocco – chiesa di Portoferraio (LI) Chiesa di San Rocco – chiesa di Procchio, frazione di Marciana (LI) Chiesa di San Rocco – chiesa di Rio Marina (LI) Chiesa di San Rocco – chiesa di Sansepolcro (AR) Chiesa di San Rocco – chiesa di Rocca Sigillina, frazione di Filattiera (MC) Chiesa di San Rocco – chiesa di Sorano (GR) Chiesa di San Rocco – chiesa di Larciano Chiesa di San Rocco – chiesa di Massa Marittima Chiesa di San Rocco – chiesa di Porto Ercole Chiesa di San Rocco – chiesa di Santa Croce sull'Arno Chiesa di San Rocco – chiesa di Santa Fiora Trentino-Alto Adige Chiesa dei Santi Antonio di Padova e Rocco – chiesa di Albiano Chiesa di San Rocco – chiesa di Bleggio Superiore Chiesa di San Rocco – chiesa di Brentonico Chiesa di San Rocco nuova – chiesa di Campi, frazione di Riva del Garda Chiesa di San Rocco vecchia – chiesa di Campi, frazione di Riva del Garda Chiesa di San Rocco – chiesa di Cles Chiesa di San Rocco – chiesa di Miola, frazione di Baselga di Piné Chiesa di San Rocco – chiesa di Riva del Garda Chiesa di San Rocco – chiesa di Caldes Chiesa di San Rocco - chiesa di Caneve, frazione di Arco Chiesa di San Rocco – chiesa di Canezza, frazione di Pergine Valsugana Chiesa di San Rocco – chiesa di Castello Tesino Chiesa di San Rocco – chiesa di Cembra Chiesa di San Rocco – chiesa di Ceola, frazione di Giovo Chiesa dei Santi Sebastiano e Rocco – chiesa di Condino, frazione di Borgo Chiese Chiesa di San Rocco – chiesa di Covelo, frazione di Cimone Chiesa di San Rocco – chiesa di Folaso, frazione di Isera Chiesa di San Rocco – chiesa di Gabbiolo, frazione di Trento Chiesa di San Rocco – chiesa di Mori Chiesa di San Rocco – chiesa di Nave San Rocco, frazione di Terre d'Adige Chiesa di San Rocco – chiesa di Peio Chiesa di San Rocco – chiesa di Pergine Valsugana Chiesa di San Rocco – chiesa di Rovereto Chiesa di San Rocco – chiesa di Tuenetto, frazione di Predaia Chiesa di San Rocco – chiesa di Vattaro Chiesa di San Rocco – chiesa di Volano Chiesa di San Rocco – chiesa di Fiavé Chiesa di San Rocco – chiesa di Nago-Torbole Chiesa di San Rocco – chiesa di Tesero Umbria Chiesa di San Rocco – chiesa di Baschi Chiesa di San Rocco – chiesa di Bastia Umbra Chiesa di San Rocco – chiesa di Calvi dell'Umbria (frazione di Colletarocco) Chiesa di San Rocco – chiesa di Cantiano (frazione di San Rocco) Chiesa di San Rocco – chiesa di Costacciaro Chiesa di San Rocco – chiesa di Ferentillo (frazione di Gabbio) Chiesa di San Rocco – chiesa di Foligno (frazione di Barri) Chiesa di San Rocco – chiesa di Gualdo Cattaneo (frazione Ponte di Ferro) Chiesa di San Rocco – chiesa di Gualdo Tadino Chiesa di San Rocco – chiesa di Gubbio (frazione di Cipolleto) Chiesa dei Santi Antonio e Rocco – chiesa di Magione (frazione di Antria) Chiesa di San Rocco – chiesa di Montecchio (frazione di Tenaglie) Chiesa di San Rocco – chiesa di Montefalco (frazione di Aggelli) Chiesa di San Rocco – chiesa di Orvieto (frazione di Sugano) Chiesa di San Rocco – chiesa di Orvieto (capoluogo) Chiesa dei Santi Sebastiano e Rocco – chiesa di Paciano (frazione di San Sebastiano) Chiesa dei Santi Sebastiano e Rocco – chiesa di Perugia Chiesa di San Rocco – chiesa di Preci (frazione di Roccanolfi) Chiesa di San Rocco – chiesa di San Gemini (frazione di Collepizzuto) Chiesa di San Rocco – chiesa di Preci (frazione di Case Sparse) Chiesa di San Rocco – chiesa di Sellano (frazione di Casale) Chiesa di San Rocco – chiesa di Spoleto (frazione di Beroide) Chiesa di San Rocco – chiesa di Spoleto (capoluogo) Chiesa di San Rocco – chiesa di Stroncone Chiesa di San Rocco – chiesa di Terni (frazione di Collestatte) Chiesa di San Rocco – chiesa di Torgiano (frazione di Miralduolo) Chiesa di San Rocco – chiesa di Vallo di Nera Valle d'Aosta Chiesa di San Rocco – chiesa di Lillianes Veneto Chiesa di San Rocco – chiesa di Belluno Chiesa di San Rocco – chiesa di Calto (RO) Chiesa di San Rocco – chiesa di Caprino Veronese (VR) Chiesa di San Rocco – chiesa di Celat Chiesa dei Santi Rocco e Domenico – chiesa di Conegliano (TV) Chiesa di San Rocco – chiesa di Costa di Rovigo (RO) Chiesa di San Rocco – chiesa di Dolo (VE) Chiesa di San Rocco – chiesa di Lendinara (RO) Chiesa di San Rocco – chiesa di Mestre (VE) Chiesa di San Rocco – chiesa di Pinidello (TV) Chiesa di San Rocco – chiesa di Verona in località Castiglione (VR) Chiesa di San Rocchetto – chiesa di Verona in località Quinzano (VR) Chiesa di San Rocco – chiesa scomparsa di Rovigo Chiesa di San Rocco – chiesa di Schio (VI) Chiesa dei Santi Pietro e Rocco – chiesa di Tezze sul Brenta (VI) Chiesa di San Rocco – chiesa di Venezia Chiesa di San Rocco – chiesa nei pressi di Verona Chiesa di San Rocco – chiesa di Vicenza Chiesetta di San Rocco – chiesa di Villafranca di Verona (VR) Chiesetta di San Rocco – chiesa di Bussolengo (VR) Chiesa di San Rocco – nuova chiesa di Valliera, frazione di Adria Chiesa di San Rocco della Valiera – antica chiesa di Valliera, frazione di Adria Malta Chiesa di San Rocco – chiesa di Balzan Portogallo Chiesa di San Rocco – chiesa di Angra do Heroísmo Chiesa di San Rocco – chiesa di Funchal Chiesa di San Rocco – chiesa di Lisbona Chiesa di San Rocco – chiesa di Ponta Delgada Chiesa di San Rocco – chiesa di Santana Chiesa di San Rocco – chiesa di Santa Cruz das Flores Chiesa di San Rocco – chiesa di São Roque do Pico Chiesa di San Rocco – chiesa di São João da Madeira. Slovenia Chiesa di San Rocco – chiesa di Bisterza nel villaggio di Mala Bukovica; Chiesa di San Rocco – chiesa di Bisterza nel villaggio di Račice; Chiesa di San Rocco – chiesa di Bloke Chiesa di San Rocco – chiesa di Brežice Chiesa di San Rocco – chiesa di Capodistria Chiesa di San Rocco – chiesa di Caporetto Chiesa di San Rocco – chiesa di Circonio Chiesa di San Rocco – chiesa di Črnomelj Chiesa di San Rocco – chiesa di Dolenjske Toplice Chiesa di San Rocco – chiesa di Erpelle-Cosina Chiesa di San Rocco – chiesa di Ivančna Gorica Chiesa di San Rocco – chiesa di Isola d'Istria Chiesa di San Rocco – chiesa di Kočevje Chiesa dei Santi Fabiano, Sebastiano e Rocco – chiesa di Kranj Chiesa dei Santi Rocco e Sebastiano – chiesa di Ljutomer Chiesa di San Rocco – chiesa di Loška Dolina Chiesa di San Rocco – chiesa di Lubiana Chiesa di San Rocco – chiesa di Metlika Chiesa di San Rocco – chiesa di Mokronog-Trebelno Chiesa di San Rocco – chiesa di Pirano Chiesa di San Rocco – chiesa di Postumia Chiesa di San Rocco – chiesa di Ptuj Chiesa di San Rocco – chiesa di Ribnica Chiesa di San Rocco – chiesa di Rogatec Chiesa di San Rocco – chiesa di Semič Chiesa di San Rocco – chiesa di Šentjernej Chiesa di San Rocco – chiesa di Sevnica Chiesa di San Rocco – chiesa di Slovenj Gradec Chiesa di San Rocco – chiesa di Šmarje pri Jelšah Chiesa di San Rocco – chiesa di Velike Lašče Chiesa di San Rocco – chiesa di Žužemberk. Spagna Chiesa dei Santi Rocco e Sebastiano – chiesa di Alcoi Chiesa di San Rocco – chiesa di Almansa Chiesa di San Rocco – chiesa di Almería Chiesa di San Rocco – chiesa di Almendralejo Chiesa di San Rocco de Meicende – chiesa di Arteixo Chiesa di San Rocco – chiesa di Atajate Chiesa di San Rocco – chiesa di Badajoz Chiesa di San Rocco – chiesa di Barakaldo Chiesa di San Rocco – chiesa di Benicull de Xúquer Chiesa della Assunzione di Nostra Signora e San Rocco – chiesa di Cordova Chiesa di San Giuseppe e San Rocco – chiesa di Cordova Chiesa di San Pio X e San Rocco – chiesa di La Coruna Chiesa di San Rocco – chiesa di Cudillero Chiesa di San Rocco – chiesa di Hellín Chiesa di San Rocco – chiesa di Firgas Chiesa di San Rocco – chiesa di Fuentes de Ayódar Chiesa di Nostra Signora di Belen e San Rocco – chiesa di Jaén Chiesa di San Rocco – chiesa di Las Cabezas de San Juan Chiesa di San Rocco – chiesa di Las Palmas Chiesa di San Rocco – chiesa di Llocnou de Sant Jeroni Chiesa di San Rocco – chiesa di Madrid Chiesa di San Rocco – chiesa di Novelda Chiesa di San Rocco – chiesa di Oliva Chiesa di San Rocco – chiesa di Palma de Maiorca Chiesa di San Rocco – chiesa di Poio Chiesa di San Rocco – chiesa di Pontevedra Chiesa di San Rocco – chiesa di Ribadedeva Chiesa di San Rocco – chiesa di San Miguel de Abona Chiesa di San Rocco – chiesa di San Millán de la Cogolla Chiesa di San Rocco – chiesa di San Roque de Riomiera Chiesa di San Rocco – chiesa di Santa Cruz de Tenerife Chiesa di San Rocco – chiesa di Santander Chiesa di San Rocco – chiesa di La Secuita Chiesa di San Rocco – chiesa di Silla Chiesa di San Rocco – chiesa di Siviglia Chiesa di San Rocco – chiesa di Torrechiva Chiesa di San Rocco – chiesa di Torrevieja Chiesa di San Rocco – chiesa di Valencia Chiesa di San Rocco – chiesa di Vall de Gallinera Chiesa di San Rocco – chiesa di Valle de Carranza Chiesa di San Cristoforo e San Rocco – chiesa di Vega de Liébana Chiesa di San Rocco – chiesa di Villargordo del Cabriel Chiesa di San Rocco – chiesa di Vivel del Río Martín Stati Uniti d'America Chiesa di San Rocco – chiesa di Avondale (Pennsylvania) Chiesa di San Rocco – chiesa di Cleveland (Ohio) Chiesa di San Rocco – chiesa di Dunmore (Pennsylvania) Chiesa di San Rocco – chiesa di Flat Rock (Michigan) Chiesa di San Rocco – chiesa di Greenwich (Connecticut) Chiesa di San Rocco – chiesa di Indianapolis (Indiana) Chiesa di San Rocco – chiesa di Johnston (Rhode Island) Chiesa di San Rocco – chiesa di Johnstown (Pennsylvania), chiusa nel 2009; Chiesa di San Rocco – chiesa di Martins Creek (Pennsylvania) Chiesa di San Rocco – chiesa di Mentz (Texas) Chiesa di San Rocco – chiesa di New York City, quartiere Bronx (New York) Chiesa di San Rocco – chiesa di New York City, quartiere Brooklyn (New York) Chiesa di San Rocco – chiesa di New York City, quartiere Staten Island (New York) Chiesa di San Rocco – chiesa di Pittston (Pennsylvania) Chiesa di San Rocco – chiesa di Kahuku (Hawaii) Chiesa di San Rocco – chiesa di Oak Forest (Illinois) Chiesa di San Rocco – chiesa di Oxford (Massachusetts) Chiesa di San Rocco – chiesa di Saint Louis (Missouri) Chiesa di San Rocco – chiesa di Santa Barbara (California) Svizzera Chiesa di San Rocco – Bedigliora Chiesa di San Rocco – Bellinzona Chiesa di San Rocco – Bissone Chiesa di San Rocco – Campo Chiesa di San Rocco – Losone Chiesa di San Rocco – Bogno, frazione di Lugano Chiesa di San Rocco – Lugano Chiesetta di San Rocco – Manno Chiesa di San Rocco – Mendrisio Chiesa di San Rocco – Mesocco Chiesa di San Rocco''' – Soazza Pagine correlate Basilica di San Rocco Cappella di San Rocco Cattedrale di San Rocco Chiesa dei Santi Rocco, Fabiano e Sebastiano Chiesa dei Santi Rocco e Sebastiano Chiesa dei Santi Sebastiano e Rocco Eremo di San Rocco Oratorio di San Rocco Santuario di San Rocco
L'Ordine dell'Amicizia è un'onorificenza dell'Ossezia del Sud. Storia L'Ordine è stato istituito in commemorazione del 15º anniversario della Repubblica dell'Ossezia del Sud nel 2007 e può essere assegnato a cittadini dell'Ossezia del Sud, stranieri e apolidi. Assegnazione L'Ordine viene assegnato per premiare: il grande contributo al rafforzamento dell'amicizia e della cooperazione tra l'Ossezia del Sud e gli altri Stati; il grande contributo allo sviluppo economico, pubblico-politico e culturale dello Stato; il grande contributo nel rafforzamento delle iniziative di pace e delle relazioni amichevoli tra le nazioni; meriti speciali nel rafforzamento della difesa dell'Ossezia del Sud. Insegne L'insegna ha la forma di una stella a otto punte d'argento dorato, leggermente convessa, smaltata di bianco e con raggi tripli. Al centro della stella vi è un medaglione smaltato di blu che raffigura quattro frecce spezzate incrociate. Il bordo del medaglione è dorato e reca l'immagine di mani che si stringono in segno di pace. Il nastro è azzurro con una striscia centrale bianca e bordi gialli e rossi. Altri progetti Onorificenze sudossete
Achillea millefoglie (nome scientifico Achillea millefolium L.) è una pianta della famiglia delle Asteraceae, di tipo erbaceo, perenne e aromatica con rizoma ramificato e strisciante e fusto diritto alla cui sommità dei corimbi portano diversi capolini di fiori profumati bianchi o rosati. L'aspetto è densamente cespitoso dato soprattutto dalle foglie tipiche (molto frastagliate in profondità) di questa specie. La tradizione (trasmessaci da Plinio) vuole che Achille curò alcune ferite dei suoi compagni d'arme, nell'assedio di Troia, con tale pianta; da qui il nome del genere. Sembra che sia stato Chirone (suo maestro) ad informarlo delle capacità cicatrizzanti della pianta. Il nome definitivo della pianta fu comunque assegnato da Linneo. L'epiteto specifico (millefolium) deriva dalle sue foglie minuziosamente frastagliate. Morfologia La forma biologica di questa pianta viene definita come emicriptofita scaposa (H scap). Radici Secondarie da rizoma. Fusto La parte sotterranea (ipogeo) del fusto presenta dei rizomi ad andamento orizzontale, le cui estremità possono eventualmente germinare in una parte aerea con foglie e fiori, e degli stoloni ipogei. La parte aerea (epigeo) si presenta striata pubescente (pelosa), ed eretta in modo tomentoso e ramificata alta fino a 50 – 100 cm Foglie Le foglie sono da due (tre) volte pennatosette con lobi molto lanceolati (ma spaziati tra di loro) a 2 a 2 simmetrici rispetto all'asse principale. Possono raggiungere i 20 cm di lunghezza. Larghezza massima 3 – 5 cm. Quelle basali sono picciolate e più lunghe delle cauline, hanno inoltre la rachide stretta e non alata (dimensione massima 1,2 mm). Le foglie cauline sono più piccole e sessili, inoltre sono più spaziate di quelle inferiori. Fiori Capolini larghi fino a 8 mm. involucro ovoide composto da squame ovate con margine membranoso. Lunghezza dell'involucro: fino a 5 mm. Fiori esterni dell'infiorescenza: 5 fiori tridentati (a tre lobi) femminili ligulati bianchi o rosa. Dimensione della ligula: 2 mm. Fiori centrali dell'infiorescenza: tubulosi a 5 petali bianco-giallognoli ermafroditi. Dimensione del tubulo: 2 mm. Fioritura: in primavera - autunno. Impollinazione: avviene tramite insetti. Frutti Frutto indeiscente (achenio) senza pappo. Dimensione dell'achenio: 1,7 – 2 mm Distribuzione e habitat Specie comune soprattutto nell'Italia settentrionale. Fiorisce in zone campestri incolte e lungo i margini dei sentieri fino a 2200 metri s.l.m. Nelle Alpi-Appennini preferisce i pascoli montani o le rupi umide. Non soffre la siccità o il freddo, ma evita ambienti troppo umidi. A volte è infestante. È spontanea in tutto l'emisfero boreale. Sistematica Il Millefoglio (o Achillea) è una pianta molto diffusa a carattere polimorfico e quindi considerata dai botanici "di difficile classificazione". Uno degli studi più approfonditi porta alla definizione di due sottospecie con 11 varietà. Altri tentativi (forse con esiti migliori) sono stati fatti tramite la citogenetica, i cui risultati devono però attendere ulteriori approfondimenti per questa specifica pianta. Tutta questa diversità nella pianta è il risultato di un processo evolutivo che da specie diploidi abbastanza ben definite e separate, con successive e continue ibridazioni si sono prodotti modelli tetra- ed esaploidi sempre più incostanti e con caratteri intermedi sempre meno distinguibili. Dal punto di vista citogenetico la variante più comune è definita esaploide (2n=54). Di seguito viene dato un elenco di diverse varietà e sottospecie della nostra pianta presenti sul globo con rispettive zone di diffusione in base ad uno dei tanti studi fatti su questa pianta: Achillea millefolium subsp. millefolium Achillea millefolium subsp. millefolium var. millefolium - Europa, Asia Achillea millefolium subsp. millefolium var. alpicola - Montagne Rocciose Achillea millefolium subsp. millefolium var. borealis - Regioni artiche Achillea millefolium subsp. millefolium var. californica - California Achillea millefolium subsp. millefolium var. occidentalis - America del Nord Achillea millefolium subsp. millefolium var. pacifica - Costa pacifica del Nord America Achillea millefolium subsp. millefolium var. puberula - California Achillea millefolium subsp. millefolium var. rubra – Monti Appalachi del sud Achillea millefolium subsp. chitralensis – Himalaya occidentale Achillea millefolium subsp. sudetica - Alpi, Carpazi Usi L'achillea è una pianta mellifera e si può produrre un miele, ma è molto raro perché non è diffusissima, e le api talvolta preferiscono altre piante. Farmacia Si usano i fiori essiccati per le proprietà antispasmodiche (bagni rilassanti), astringenti, cicatrizzanti e antinfiammatorie. Può essere usata al posto della camomilla in quanto contiene azulene e nei disturbi digestivi. Se ne prepara anche un oleolito. Cucina Liquori Le foglie e i fiori essiccati (non al sole) vengono usati nella preparazione di alcuni liquori. Birra gruit In europa settentrionale si usava per fare la birra gruit con mirto di palude e rosmarino selvatico. Galleria d'immagini Note Bibliografia Voci correlate Libro dei Mutamenti. Altri progetti Collegamenti esterni Asteroideae Piante medicinali e officinali Taxa classificati da Linneo
Zapala è una città della provincia di Neuquén, nella parte nord-occidentale della Patagonia argentina. Ha una popolazione di circa 32.000 abitanti. La città è situata nella parte centrale della provincia, ed è un importante nodo stradale: si trova nel punto d'incontro di diverse strade provinciali e nazionali, il che la rende un passaggio obbligato in direzione delle Ande e del Cile o, nel senso opposto, dell'Argentina centrale e orientale. La città è sede di un'importante cementificio. Zapala è situata nelle vicinanze del Parco Nazionale Laguna Blanca ed è una stazione sciistica. La regione circostante (nota come Pehuenia, e comprendente Zapala, la vicina cittadina di Aluminé e altre) è una steppa, con piccole foreste di araucaria. Infrastrutture e trasporti Zapala fu fondata il 12 luglio 1913 come stazione ferroviaria per la Ferrocarril del Sud (ora Ferrocarril General Roca). Attualmente la città è divisa in due dalla ferrovia; una parte costituisce il distretto commerciale con gli edifici più vecchi, l'altra è un moderno quartiere residenziale. Questa linea ferroviaria avrebbe dovuto proseguire attraverso le Ande, ma la costruzione si fermò negli anni venti. Nel 2006 è stata proposta una ripresa dei lavori. Altri progetti Collegamenti esterni Città della provincia di Neuquén
La sposa di San Paolo (The bride of San Paolo) è un film del 1990, diretto da Gabriella Rosaleva. Nel 1996 fu riedito con il titolo Tarantula. Trama Il film narra le vicende di Anna, una giovane donna morsa dalla tarantola, nel 1600, e il suo viaggio con un gruppo di musici tra antiche ballate e fenomeni paranormali in pellegrinaggio in Puglia al fine di riuscire a liberarsi delle conseguenze del morso del ragno. Durante il tragitto, la comitiva incontra un inviato del Papa che va a Galatina per comprendere le ragioni delle crisi violente e per studiare lo strano fenomeno che colpisce molte donne del popolo. Raggiungono, infine, la località agognata e qui Anna compie la tradizionale danza per tre giorni e tre notti davanti al pozzo dell'acqua miracolosa per guarire con esorcismi. Produzione Il film, prodotto da Gabriella Rebeggiani e Fulvio Wetzl con la società Nuova Dimensione, è tratto da una storia della scrittrice leccese Caterina Durante, Viaggio a Galatina, sul tarantismo, analizzato con l'occhio dell'antropologo. Carlo D'Angiò e Eugenio Bennato hanno curato le musiche originali; ha partecipato il Gruppo Argalio di Corigliano d'Otranto. I costumi sono di Alessandra Montagna. La pellicola è stata girata interamente in Puglia ed in particolare nelle località di Manfredonia, Bari, Conversano, Polignano a Mare, Monopoli, Fasano, Carovigno, Santa Maria di Cerrate, Melendugno, Melpignano ed Otranto. La sposa di San Paolo ha rappresentato l'Italia in concorso al Festival del film Locarno nel 1989. Note Collegamenti esterni Film drammatici Film girati in Puglia Film ambientati in Puglia Film basati su opere di narrativa Film diretti da Gabriella Rosaleva
Sant'Angelo è una frazione del comune di Mercato San Severino, in provincia di Salerno. Geografia fisica Sant'Angelo in Macerata, sulla strada provinciale SP4 Mercato San Severino - Nocera Superiore (Camerelle), comprende nel suo territorio, gli antichi casali di Carratù e Marcella (Via Marcello - Via Torrione), con la Torre romana di Marcello, e le località di Abbadessa, Bagnarosoli, Casa Giordano, Santa Croce e Valle-Marigliano. Confina con le frazioni di Curteri, San Vincenzo e Acquarola. Storia La denominazione "Macerata" (ad maceratam) deriva dalla macerazione della canapa e del lino, attività redditizia in questi luoghi, nei secoli scorsi. Le prime notizie sulla chiesa locale risalgono al 980. La chiesa di Maria SS. del Carmine, oggi del Rosario, è gestita dalla confraternita laicale omonima e si data alla prima metà del VI secolo. Essa presenta un'antica navata priva di cappelle e coperta da una volta a botte. Organo e campanile della chiesa sono del '700. Di recente sono stati scoperti interessanti affreschi, per lungo tempo nascosti da calce bianca. La chiesa parrocchiale, dedicata all'Arcangelo Michele, fu fondata in età longobarda e ristrutturata dopo il 1688. Nel 2012 il parroco Don Antonio Sorrentino ha ristrutturato la facciata della chiesa e ricostruito il campanile. La chiesa di S. Giovanni Battista con un importante monte di pietà, è barocca ad unica navata con volta lavorata a stucco. Vi si conservano tele di Michele Angelo Iannacci, pittore napoletano del XVIII secolo. Il Romitorio della Santa Croce, su amena collina, è stato ristrutturato di recente. La Torre romana di Marcello, rimaneggiata nel Medio Evo, è l'unica testimonianza dell'Oppidum Rota. Società Istituzioni, enti e associazioni Comando Stazione Vigili Urbani - Città di Mercato San Severino Scuola elementare e materna D.Gennaro De Angelis Associazione socio-culturale Agosto a Sant'Angelo Sport Campo Sportivo Anna Caponigro Note Bibliografia G. Crisci - A. Campagna, Salerno Sacra (Ricerche storiche), Salerno, 1962 O. Caputo, Antiche chiese di Sanseverino in Diocesi di Salerno, Salerno, 1984 O. Caputo - A. Sorrentino, Sant'Angelo "a macerata", Lancusi-Fisciano, 1998 C. Manzi, Mercato S. Severino. Dagli archivi della memoria, Lancusi-Fisciano, 2000 G. Crisci, Salerno Sacra (Ricerche storiche), vol.II, Lancusi-Fisciano, 2001 (2ª ed.) P. Trotta, Storia delle confraternite della Diocesi di Salerno, Lancusi-Fisciano, 2002 A. Sorrentino, La vita cristiana a Sant'Angelo, Fisciano, 2016 Voci correlate Mercato San Severino Curteri Stazione di Valle di Mercato San Severino Collegamenti esterni Frazioni di Mercato San Severino
Beato fra le bestie (All Things Bright and Beautiful) è la seconda raccolta di racconti autobiografici del veterinario e scrittore James Herriot, pseudonimo di James Alfred Wight. L'edizione originale, dal titolo All Things Bright and Beautiful, unisce le raccolte di racconti Let Sleeping Vets Lie (1973) e Vet in Harness (1974). Segue il primo romanzo Creature grandi e piccole, sia come data di pubblicazione che come ordine degli eventi narrati, approssimativamente compresi tra la fine degli anni trenta e i primissimi anni quaranta del ventesimo secolo. Lo scoppio della seconda guerra mondiale, durante la quale James Herriot si arruola nella Royal Air Force, è escluso dalla narrazione e viene raccontato in Cose sagge e meravigliose, edito nel 1976. Come negli altri romanzi dell'autore, se si eccettuano alcuni racconti della guerra, la maggioranza degli episodi è ambientata nel villaggio di Darrowby (nome immaginario di Thirsk) nel North Yorkshire. Il titolo originale è una citazione dell'omonimo inno della liturgia anglicana: Trama Edizioni Note Raccolte di racconti di autori britannici Raccolte di racconti autobiografici Raccolte di racconti umoristici
Carriera Club Kofod Andersen ha iniziato a giocare a calcio nella squadra del piccolo centro abitato di Hundested. Successivamente è stato visionato dagli scout del Nordsjælland, club da cui è stato ingaggiato all'età di 12 anni. La prima apparizione in panchina con il Nordsjælland a livello senior è stata il 17 febbraio 2017, quando è rimasto a sedere per tutta la sfida contro il Lyngby. Il debutto è arrivato cinque mesi più tardi, il 17 luglio, sostituendo Mathias Jensen al 74' minuto della partita di campionato vinta 2-1 sul campo dell'Odense BK. Il 2 luglio 2022 viene acquistato dal .Esordisce con i veneti il 14 agosto, subentrando nella ripresa a Gianluca Busio nella partita casalinga col Genoa, persa per 2-1. Nazionale Con la maglia della nazionale Under-21 norvegese ha partecipato a due edizioni dei campionati europei Under-21: nel 2019, dove la sua squadra non riuscì a superare la fase a gironi, e nel 2021, dove arrivò ai quarti di finale prima di essere eliminata ai calci di rigore dalla Germania. Note Collegamenti esterni
Biografia Ha curato le immagini dei primi tre lungometraggi diretti da Mathieu Kassovitz, fra cui L'odio (1995), che gli è valso la prima candidatura al Premio César per la migliore fotografia. Riconoscimenti Premio César per la migliore fotografia 1996: candidato - L'odio 2004: candidato - Monsieur N. 2012: candidato - Polisse Filmografia parziale Jacques le fataliste, regia di Antoine Douchet (1993) Meticcio, regia di Mathieu Kassovitz (1993) L'odio (La Haine), regia di Mathieu Kassovitz (1995) Assassin(s), regia di Mathieu Kassovitz (1997) Im Juli (Im Juli.), regia di Fatih Akın (2000) Love Bites – Il morso dell'alba (Les Morsures de l'aube), regia di Antoine de Caunes (2001) M'ama non m'ama (À la folie... pas du tout), regia di Laetitia Colombani (2002) Monsieur N., regia di Antoine de Caunes (2003) Janis et John, regia di Samuel Benchetrit (2003) Paris, je t'aime, episodio Quartier Latin, regia di Frédéric Auburtin e Gérard Depardieu, e sequenze di transizione (2006) Giù al Nord (Bienvenue chez les Ch'tis), regia di Dany Boon (2008) Le Bal des actrices, regia di Maïwenn (2008) Niente da dichiarare? (Rien à déclarer), regia di Dany Boon (2011) Polisse, regia di Maïwenn (2011) Il condominio dei cuori infranti (Asphalte), regia di Samuel Benchetrit (2015) Omicidio al Cairo (The Nile Hilton Incident), regia di Tarik Saleh (2017) Vita nella banlieue (Banlieusards), regia di Kery James e Leïla Sy (2019) La cospirazione del Cairo (Boy from Heaven), regia di Tarik Saleh (2022) Collegamenti esterni
La stazione di Pennsylvania (in inglese Pennsylvania Station, detta anche Penn Station) è la principale stazione ferroviaria dell'America settentrionale. Oggi è situata nei livelli sotterranei della Pennsylvania Plaza, un complesso urbano che sorge sulla 32ª strada, tra la 7ª e l'8ª avenue di Manhattan e che ospita l'attuale Madison Square Garden. La stazione è la più importante della linea Northeast Corridor tra Washington e Boston ed è servita da diverse compagnie ferroviarie, tra le quali la Amtrak, che ne è la proprietaria, e i servizi suburbani della Long Island Rail Road e della New Jersey Transit Rail. In futuro anche la Metro-North Railroad dovrebbe arrivare alla Penn Station e, con la possibile riapertura del corridoio Hilton, potrebbe esserci nuovamente il collegamento diretto con la Port Authority Trans-Hudson (PATH). Storia Stazione originale Costruzione La stazione prese il suo nome dalla compagnia ferroviaria Pennsylvania Railroad (PRR), la maggiore e attiva per più di 100 anni dal 1846 al 1968. La PRR aveva inizialmente il proprio terminal nel New Jersey, a Jersey City; quindi per raggiungere il cuore di New York i passeggeri dovevano attraversare il fiume Hudson tramite traghetti. Invece la sua diretta concorrente (la New York Central Railroad) arrivava direttamente a Manhattan dove gestiva già la stazione del Grand Central Terminal. Per superare questa situazione che ne penalizzava fortemente l'attività, i dirigenti della società cercarono un mezzo per arrivare nel cuore di Manhattan. Inizialmente si era pensato ad un ponte, da costruirsi insieme ad altre compagnie ferroviarie che attraversavano l'Hudson mediante traghetti, le quali tuttavia non accettarono di partecipare al progetto. D'altra parte l'idea di un tunnel fu inizialmente scartata in quanto la lunghezza eccessiva avrebbe impedito la ventilazione necessaria per il suo uso da parte delle locomotive a vapore. La situazione cambiò dopo che l'uso delle locomotive a vapore fu proibito all'interno di Manhattan da una legge dello stato di New York, imponendo l'uso di locomotive a trazione elettrica; si poté quindi pensare ad un tunnel servito da una linea elettrificata per oltrepassare il fiume. La società acquistò i terreni necessari nel New Jersey e a Manhattan e il presidente della compagnia, Alexander Johnston Cassatt, annunciò il 12 dicembre del 1901 il progetto di far giungere il collegamento ferroviario fino a Manhattan attraversando l'Hudson mediante un tunnel e di costruire una nuova stazione ferroviaria a sud della 34ª strada. Nel giugno del 1903 iniziarono i lavori, con lo scavo di due tunnel a singolo binario a partire dalla riva occidentale dell'Hudson e di quattro tunnel, sempre a singolo binario, dalla riva orientale dell'East River, destinati a collegare la nuova stazione ai Queens e alla rete ferroviaria della Long Island Rail Road, che era da poco arrivata sotto il controllo della Pennsylvania Rail Road. Sempre nei Queens si trovava il deposito ferroviario del Sunnyside Yard, dove i treni avrebbero potuto essere sottoposti a manutenzione e assemblati. La costruzione dei tunnel sotto il fiume Hudson fu completata il 9 ottobre del 1906, quella dei tunnel sotto l'East River il 18 marzo del 1908. Nel frattempo, il 1º maggio del 1904 si era avviato lo scavo delle fondazioni per la costruzione della stazione ferroviaria, che venne inaugurata con l'avvio del regolare servizio di treni il 27 novembre del 1910. Il costo complessivo del progetto fu di 114 milioni di dollari dell'epoca e occupava due interi isolati per una superficie di 32.000 m². Il presidente della società che aveva dato avvio al progetto, Alexander Johnston Cassatt, morto nel 1906, venne onorato con l'erezione di una statua nella Pennsylvania Station. Demolizione A partire dalla fine degli anni cinquanta il volume dei passeggeri decrebbe, in seguito allo sviluppo del traffico aereo e del sistema autostradale del Interstate Highway System: la struttura divenne sottoutilizzata e il costo per la sua manutenzione era inoltre troppo elevato. La Pennsylvania Rail Road, che si trovava in deficit, opzionò i diritti per lo spazio al di sopra della stazione e il progetto per la realizzazione del complesso della Pennsylvania Plaza e del nuovo Madison Square Garden fu annunciato nel 1962: la Pennsylvania Rail Road avrebbe avuto una stazione di dimensioni più piccole ubicata interamente nei livelli sotterranei e dotata di aria condizionata, che restava di sua proprietà, e il 25% del nuovo complesso del Madison Square Garden. La demolizione dell'edificio iniziò nell'ottobre del 1963, senza interrompere il normale traffico ferroviario nei sotterranei. Il progetto del nuovo Madison Square Garden e di due torri venne realizzato dall'architetto Charles Luckman. La distruzione della originaria struttura della stazione diede luogo a numerose proteste e polemiche e originò una presa di coscienza degli abitanti di New York nei confronti della salvaguardia del patrimonio monumentale della città, che portò a salvare la stazione del Grand Central Terminal, dichiarata pochi anni dopo monumento storico e protetta dalla legge del "New York City Landmarks Preservation act", e ad impedire la realizzazione della "Lower Manhattan Expressway", concepita da Robert Moses. Delle sculture che decoravano la stazione, opera dello scultore Adolph Alexander Weinman, alcune sopravvivono tuttora: le sculture di uno degli orologi sono state collocate nella Eagle Scout Memorial Fountain a Kansas City in Missouri), una cariatide nel giardino delle sculture del Brooklyn Museum e undici aquile in diverse località: tre sono ancora a New York (due sono attualmente collocate di fronte all'attuale complesso della Pennsylvania Plaza e una presso la sede dell'università privata della Cooper Union, nell'East Village, inizialmente nel cortile della Albert Nerken School of Engineering e quindi spostata sul tetto della nuova sede della stessa scuola, non più visibile dalla strada), altre tre sono a Long Island (due alla United States Merchant Marine Academy a Kings Point presso North Hempstead e una alla Long Island Rail Road Station di Hicksville, presso Oyster Bay), quattro in Pennsylvania (decorano il Market Street Bridge di Filadelfia, di fronte alla 30th Street Station), una in Virginia (nel campo di football del Hampden–Sydney College di Hampden Sydney, nella Prince Edward county) e un'ultima a Washington (presso lo Smithsonian National Zoological Park). La Union Station di Ottawa, costruita nel 1912 conserva una hall principale che era stata ugualmente ispirata dalle terme di Diocleziano, ma di dimensioni pari a circa la metà di quella della Pennsylvania Station. Anche la Union Station di Chicago può dare un'idea dell'aspetto dell'originario edificio. Stazione attuale La stazione attuale, interamente sotterranea, venne aperta nel corso degli anni 1960. Negli anni novanta la stazione venne rinnovata dalla Amtrak, dalla Metropolitan Transportation Authority e dalla New Jersey Transit, con il miglioramento del sistema di informazione audiovisivo. Uno degli antichi orologi a quattro facce della stazione è stato installato all'ingresso sulla 34ª strada per la sezione della Long Island Rail Road e il passaggio pedonale che parte da questo ingresso ha un murale che rappresenta alcuni elementi dell'architettura della vecchia stazione. Dopo gli attentati dell'11 settembre 2001 il flusso dei passeggeri nella stazione è stato regolamentato ed è stata chiusa la strada sotterranea per l'arrivo dei taxi sotto il Madison Square Garden, rimpiazzata da un nuovo punto di arrivo sulla 31ª strada. Strutture e impianti Edificio originario L'edificio originale della stazione, in granito rosa, era stato progettato a partire dal 1905 ad opera dello studio di architettura McKim, Mead e White, nello stile Beaux Arts. La struttura era circondata da colonnati di ordine dorico sulle facciate, che integravano funzioni relative alla circolazione di passeggeri e di merci. La zona di arrivo dei binari era ricoperta da una struttura in acciaio e vetro. Vi si accedeva da un ingresso monumentale che dava su un enorme ambiente rivestito in travertino e ornato di colonne corinzie, la cui concezione architettonica si era ispirata alle terme di Caracalla. Si trattava del più vasto spazio pubblico coperto di New York, di dimensioni paragonabili alla navata centrale della basilica di San Pietro in Vaticano a Roma, con una superficie di 28.000 m². Numerose sculture e bassorilievi, dello scultore Adolph Alexander Weinman, decoravano la struttura. Nel 1958 alcune delle grandi colonne della hall principale furono ricoperte da intonaco e il grande ambiente venne parzialmente occupato da una nuova biglietteria. Edificio attuale L'attuale stazione, sul sito di quella precedente, con gli stessi binari, è sistemata con diversi spazi di smistamento (concourse), ciascuno di quali è affidato ad un diverso operatore, la Amtrak, la New Jersey Transit e la Long Island Rail Road, che li hanno allestiti diversamente. Parti della sezione della Amtrak, in particolare la zona commerciale con i negozi, conservano l'aspetto degli anni sessanta, mentre le sale di aspetto sono state rinnovate. La sezione principale della Long Island Rail Road corre sotto la 33ªstrada, tra la 7ª e l'8ª avenue ed è stata rinnovata tra il 1991 e il 1994. La sezione del West End Councourse, sempre della Long Island Rail Road, si trova ad ovest della 8ª avenue e fu aperta nel 1986. La sezione della New Jersey Transit, presso la 7ª avenue è quella sistemata più di recente, nel 2002, ricavata da spazi precedentemente in uso per uffici della Amtrak. Una nuova entrata dalla 31ª strada vi è stata aperta nel settembre del 2009. I binari da 1 a 12, sul lato sud della stazione, sono utilizzati dalla Amtrak e dalla New Jersey Transit e sono accessibili dalle rispettive sezioni della stazione.I binari da 13 a 16 sono condivisi da tutti e tre gli operatori, mentre quelli da 17 a 21 sono di uso esclusivo della Long Island Rail Road e sono accessibili solo dagli spazi di questa. L'Exit Concourse è il solo corridoio della stazione che serve direttamente tutti i 21 binari. Movimento La stazione di Pennsylvania è servita da più di treni al giorno. Mediamente, in un giorno feriale, la stazione è utilizzata da passeggeri, circa 1000 ogni 90 secondi. È la stazione più trafficata di New York, degli Stati Uniti d'America e del Nord America. La stazione è servita da diversi treni a lunga percorrenza gestiti dall'Amtrak, tra cui i servizi ad alta velocità Empire Service, Northeast Regional e Acela Express, e anche dai treni delle linee Babylon,, Belmont Park, Far Rockaway, Hempstead, Long Beach, Montauk, Oyster Bay, PortJefferson, Port Washington, Ronkonkoma e West Hempstead del servizio ferroviario suburbano della Long Island Rail Road. Infine, la stazione è servita anche dalle linee suburbane Northeast Corridor, North Jersey Coast, Montclair-Boonton, Morristown, Raritan Valley e Gladstone dal servizio ferroviario New Jersey Transit Rail. Interscambi La stazione interscambia con due diverse stazioni della metropolitana di New York, servite in totale da sei linee, con numerose linee di autobus urbani gestiti da MTA Regional Bus Operations ed interurbani gestiti da diverse aziende. Fermata metropolitana (34th Street-Penn Station, linee 1, 2 e 3) Fermata metropolitana (34th Street-Penn Station, linee A, C e E) Fermata autobus Stazione taxi Ad un isolato di distanza verso est si trova anche la stazione della metropolitana di 34th Street-Herald Square, servita dalle linee B, D, F, M, N, Q, R e W. In origine la Penn Station era collegata ad essa ed alla PATH tramite un passaggio sotterraneo (corridoio Hilton). Tuttavia, a causa degli elevati tassi di criminalità degli anni 70 e 80, il passaggio iniziò ad essere pericoloso e venne quindi chiuso negli anni 1990. Progetti futuri Il senatore Daniel Patrick Moynihan ha promosso nel 1999 il progetto di creare un nuovo ingresso alla stazione presso il James Farley Post Office (Farley Building), costruito nel 1912 e progettato dallo stesso studio di architetti dell'originaria Pennsylvania Station (McKim, Mead e White). Il nuovo edificio si sarebbe dovuto chiamare "Moynihan Station" in onore del senatore. Un primo progetto fu presentato dall'architetto David Childs (dello studio Skidmore, Owings e Merrill); dopo il suo abbandono, un secondo progetto, più modesto, fu presentato nel 2005, dalla collaborazione degli studi Hellmuth, Obata e Kassabaum e James Carpenter Design Associates. Nello stesso anno fu presentato ancora un terzo progetto di compromesso, ancora dello studio Skidmore, Owings e Merril, che riprendeva il modello del BCE Place di Toronto ed evitava la parziale demolizione della facciata del Farley Building. Inizialmente si sarebbe dovuta trasferire nella nuova sede la Amtrak, mentre in seguito fu la New Jersey Transit che si propose come l'operatore della nuova stazione e negoziò un affitto della durata di 99 anni dell'edificio del Farley Building. Contemporaneamente la Cablevision Systems Corporation, proprietaria del Madison Square Garden, aveva progettato di ricollocare l'edificio a fianco del Farley Building e di costruire un complesso di uffici (Vornado Realty Trust Building) al suo posto. Una revisione del progetto della nuova Moynihan Station, proposta nel 2007, aveva previsto una riduzione dell'estensione della stazione per poter costruire un altro complesso per uffici. Nel 2008 la Cablevision ha annunciato l'abbandono del progetto di spostare il Madison Squadre Garden, in favore di un esteso rinnovamento del vecchio edificio. Il 16 febbraio del 2010 il governo federale degli Stati Uniti ha finanziato il progetto della Moynihan Station con 83,4 milioni di dollari, che si aggiunge ai 169 milioni di dollari provenienti da altre fonti, che garantiscono i fondi per l'inizio dei lavori. I nuovi progetti, approvati dal governo dello stato di New York nel luglio del 2010, prevedono due nuove entrate dall'8ª avenue, il raddoppiamento del West End Concourse (inaugurato nel 2017 con accessibilità ai binari da 5 a 21) e le necessarie infrastrutture. Note Bibliografia Lorraine B. Diehl, The Late, Great Pennsylvania Station, Stephen Greene Press, Lexington 1985 ISBN 0-8289-0603-3 Mary Beth Betts, "Pennsylvania Station", in Kenneth T. Jackson, The Encyclopedia of New York City, Yale University Press e The New-York Historical Society, New Haven, London e New York 1995, pp. 890–891. Jill Jonnes, Conquering Gotham: a Gilded Age Epic. The Construction of Penn Station and its Tunnels, Viking Press, New York 2007 (ISBN 978-0-670-03158-0) Bon Johnston, "Penn Station: How do they do it?", in Trains Magazine, gennaio 2010 (con diagramma dei binari) Altri progetti Collegamenti esterni La Pennsylvania Station sul sito della Amtrak NewPennStation.org (The Municipal Art Society's Campaign for a Grand Moynihan Station) Norman McGrath, The Demolition of Penn Station" sul sito ArchitectureWeek.com, 23 luglio 2003. Pennsylvania
Si è imposto come disegnatore di fumetti erotici o comunque con una connotazione trasgressiva, principalmente "legata" al bondage ed al fetish indirizzato al piede femminile. Il disegno di Saudelli gioca principalmente con calze, tacchi a spillo, piedi e funi. A Roma ha collaborato con Giovanna Casotto, sentimentalmente legato con lei per quattro anni. Carriera Nato il 4 agosto 1952 a Latina si diploma al liceo artistico. Tra le sue prime collaborazioni va segnalata quella con lo Studio Giolitti (diretto da Alberto Giolitti) in cui collabora con Ugolino Cossu e Massimo Rotundo. Abbandonato lo studio inizia, nel 1978, una proficua collaborazione con Eura Editoriale, realizzando i disegni per fumetti pubblicati sulla rivista Lanciostory, in massima parte storie libere, collaborazione che continuerà fino al 1984. Per Eura realizza oltre che una gran quantità di storie brevi due serie lunghe: L'uomo di Wolfland, fumetto di fantescienza ambientato in un ipotetico futuro di stampo nazista su testi di Riccardo Barreiro e Giorno senza fine, altro fumetto di fantascienza ma di ambientazione post-apocalittica su testi di Michele Gazarri; queste serie scritte da altri autori non gli consentono di soffermarsi più di tanto sui temi a lui più cari. Le storie di questo periodo non hanno uno stile uniforme e si può notare come l'autore sia alla ricerca di un segno personale. Mentre ancora pubblica storie brevi per l'Eura, Saudelli trova ospitalità tra le pagine della neonata rivista Orient Express dove pubblica Iberland, su testi di Ottavio De Angelis, storia di fantascienza apocalittica dove nel prossimo futuro una nuova glaciazione ha reso invivibile il pianeta terra ma delle leggende narrano della Reggia del Sole un posto dove il ghiaccio non ha esteso i suoi confini. In seguito pubblica, sempre con Barreiro, La figlia di Wolfland, seguito ideale della serie nata sulle pagine di Lanciostory prima di creare, sempre su Orient Express, un personaggio tutto suo del quale realizza anche le sceneggiature, Otto Zaccaria Porfiri detective privato molto umano e realistico ricalcato sulle fattezze di Orson Welles di cui ha disegnato 7 storie pubblicate dal 1984 al 1994 sulle riviste Orient Express, Comic Art, Nova Express, Diva e Nero. Infatti alla chiusura di Orient Express, rivista dalla vita breve di appena 30 numeri, Saudelli inizia a collaborare con la rivista Comic Art, al tempo una delle testate più interessanti e che ospitava alcuni dei più grandi disegnatori italiani del periodo tra cui anche Andrea Pazienza dopo l'interruzione della collaborazione con Frigidaire. Per la nuova testata realizza prima il fumetto A nostra immagine, su testi di Ottavio De Angelis, un'originale parabola sulla natura umana e sull'ambiguo rapporto uomo-robot che potrebbe instaurarsi in un ipotetico futuro risultando quindi un fumetto di fantascienza molto vicina ai giorni nostri come quella che attraversa il suo personaggio successivo, e sicuramente il più famoso, l'impacciata e sensualissima ladra conosciuta dal nome di La Bionda, liberamente ispirata all'attrice Kathleen Turner, che esordisce proprio per la rivista Comic Art sul numero 31 del marzo 1987 e gli dà modo di esprimere al massimo la sua passione per fetish e bondage. Il personaggio de La Bionda viene creato da Saudelli proprio per potersi divertire a disegnare quello che più ama, situazioni di bondage in tutte le sue varianti. Nonostante questo, il personaggio non è particolarmente erotico, le storie sono molto ironiche e giocose e le situazioni non sono mai molto perverse riuscendo ad ottenere un apprezzamento tale che spinge l'autore a livello internazionale. Parlando del suo personaggio, in un'intervista, Saudelli ha precisato, esagerando un po', che La Bionda ha rappresentato per lui: "la stupidità più sublime! È talmente pretestuoso il plot delle storie de La Bionda che ancora mi diverto a sentire cosa ne pensano o ne pensavano i critici". Nel 1994 Granata Press ha dedicato al personaggio de La Bionda una pubblicazione periodica che però ha chiuso i battenti dopo appena 10 numeri. Sulle pagine di Comic Art l'autore continuerà la saga di Iberland ed inoltre, sulla stessa rivista, troveranno spazio le storie realizzate a quattro mani con l'amico Massimo Rotundo e raccolte sotto il titolo di Esotica; si tratta di sei storie autoconclusive intitolate In una notte di luna, Naufraghi, Osvaldo, Massaggi e Messaggi, O Carnavao ed Eroi, cinque pubblicate per L'Espresso Più tra il 1987 e il 1989 e riproposte a distanza di pochi mesi sulle pagine di Comic Art, l'ultima pubblicata direttamente su Comic Art; le storie sono caratterizzate dall'essere ambientate in località esotiche differenti in giro per il mondo. Degli anni ottanta è anche la collaborazione con Glittering Images, casa editrice specializzata in pubblicazioni erotiche, per la quale Saudelli realizzerà numerosi volumi, alcuni dei quali dedicati completamente alla sua arte. Questo tipo di erotismo non ha ancora avuto molto spazio in Italia. Continuando per la strada intrapresa con La Bionda, Saudelli crea per Glamour International Magazine il personaggio di Khina, regina della giungla nel 1987 e per Glamour Album Bizarre 2 il personaggio de L'Apatica Matilda nel 1989. Continua poi pubblicare le numerose avventure delle sue molte eroine sulle riviste più disparate, in particolare sulle riviste d'erotismo a fumetti d'autore Blue e Selen. Merita una citazione anche il personaggio, questa volta maschile, di Ivan Ilic protagonista dei grotteschi episodi di Ivan Ilic e le padrone schiave. Dal 1993 ha iniziato a collaborare con la rivista inglese Leg Show, il cui materiale in parte proposto in Italia da Blue. Nell'agosto 1996 esordisce sul numero 119 di Dylan Dog con la storia L'occhio del gatto su sceneggiatura di Tiziano Sclavi. In seguito l'autore collaborerà più volte con Sergio Bonelli Editore sempre disegnando storie dell'indagatore dell'incubo di cui attualmente fa parte dello staff di disegnatori regolari. Nel 1999 pubblica per la casa editrice Mare Nero Editore, Femmine alla corda un libro di illustrazioni di donne legate e imbavagliate, ognuna accompagnata da un breve racconto. Appassionato anche di fotografia, è solito fotografare le modelle curando allo stesso tempo da sé la fase preparatoria, bavagli e legacci vari, per usarle come riferimento per i suoi fumetti ma anche per diletto personale; la cosa nata come passione ha poi dato vita ad un'attività a parte di Saudelli che ha portato l'autore alla pubblicazione di raccolte di sue foto. Ha ricevuto nel 1982 il Premio Albertarelli per i giovani autori, mentre nel 1986 gli viene assegnato il Premio Yellow Kid come migliore disegnatore italiano. Pubblicazioni Libri Porfiri, Milano, L'isola trovata, 1986 Porfiri altre storie, Milano, L'isola trovata, 1988 La bionda: colpo doppio, Milano, Comic Art, 1988 Clinica Bondage, Bologna, Granata Press, 1990 Bondage Palace. La bionda, Roma, Comic Art, 1990 Porfiri caliente, Bologna, Granata press, 1991 Porfiri nero, Bologna, Granata Press, 1992, Prefazione di Pino Cacucci Saudelli & Friends, Femmine alla corda, Roma, Mare Nero, 1999 Dylan Dog Le storie Altre pubblicazioni Riconoscimenti Premio Yellow Kid al Salone Internazionale dei Comics (1986) Note Voci correlate Barefoot bondage Sergio Bonelli Editore Dylan Dog Altri progetti Collegamenti esterni
Ha ottenuto due nomination all'Oscar alla migliore fotografia, nel 1992 per Il principe delle maree (The Prince of Tides) e nel 1996 per Batman Forever. Nel 2007 ha ricevuto il premio alla carriera del festival specializzato Camerimage. Filmografia Forum, regia di Mireille Dansereau (1969) Pass of Arms, regia di Peter Elford (1972) Breaking Glass, regia di Brian Gibson (1980) Atmosfera zero (Outland), regia di Peter Hyams (1981) Prigioniero del passato (The Return of the Soldier), regia di Alan Bridges (1982) Kilroy Was Here, regia di Brian Gibson e Jerry Kramer (1983) Miriam si sveglia a mezzanotte (The Hunger), regia di Tony Scott (1983) Cotton Club (The Cotton Club), regia di Francis Ford Coppola (1984) Piramide di paura (Young Sherlock Holmes), regia di Barry Levinson (1985) Arma letale (Lethal Weapon), regia di Richard Donner (1987) Un amore, una vita (Everybody's All-American), regia di Taylor Hackford (1988) Arma letale 2 (Lethal Weapon 2), regia di Richard Donner (1989) Joe contro il vulcano (Joe Versus the Volcano), regia di John Patrick Shanley (1990) Giorni di gloria... giorni d'amore (For the Boys), regia di Mark Rydell (1991) Il principe delle maree (The Prince of Tides), regia di Barbra Streisand (1991) Giochi d'adulti (Consenting Adults), regia di Alan J. Pakula (1992) Il rapporto Pelican (The Pelican Brief), regia di Alan J. Pakula (1993) Batman Forever, regia di Joel Schumacher (1995) Striptease, regia di Andrew Bergman (1996) Batman & Robin, regia di Joel Schumacher (1997) In fondo al cuore (The Deep End of the Ocean), regia di Ulu Grosbard (1999) Conspiracy, regia di Frank Pierson (2001) (TV) Path to War, regia di John Frankenheimer (2002) (TV) Angels in America, regia di Mike Nichols (2003) - miniserie televisiva Closer, regia di Mike Nichols (2004) Rent, regia di Chris Columbus (2005) La guerra di Charlie Wilson (Charlie Wilson's War), regia di Mike Nichols (2007) Julie & Julia, regia di Nora Ephron (2009) Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo: Il ladro di fulmini (Percy Jackson & the Olympians: The Lightning Thief), regia di Chris Columbus (2010) Get on Up - La storia di James Brown (Get on Up), regia di Tate Taylor (2014) Lo stagista inaspettato (The Intern), regia di Nancy Meyers (2015) Le nostre anime di notte (Our Souls at Night), regia di Ritesh Batra (2017) Ava, regia di Tate Taylor (2020) Il profumo dell'erba selvatica (Wild Mountain Thyme), regia di John Patrick Shanley (2020) Collegamenti esterni
Il lago Nero è un lago artificiale situato nelle Alpi Orobie in alta Val Seriana, racchiuso in una vallata contenente i seguenti bacini artificiali: il lago di Aviasco il lago Campelli il lago Sucotto il lago Cernello Costruito negli anni 1920 dall'Azienda Elettrica Crespi e C. è il maggiore dei cinque laghi. Il progetto originale della diga vedeva la sua forma esterna a grandi arconi a tutto sesto, ma quando il lavoro era già iniziato, dopo il crollo della diga del Gleno fu rivista la sua forma, venne demolito quanto già iniziato e fu realizzata la nuova costruzione con la forma circolare ritenuta più resistente alla pressione dell'acqua. La zona si raggiunge per la via più breve partendo da Valgoglio, in alta Val Seriana. Il sentiero parte dalla zona nord-est del paese, ed è ben segnato . Si sale seguendo inizialmente le condotte d'acqua fino a giungere in vista della diga del lago Sucotto, quindi si prosegue a sinistra, cioè in direzione ovest, su per una salita che, poco più in alto, porta alla diga del lago Nero in prossimità del quale sorge la Baita Lago Nero gestita dalla sottosezione C.A.I. di Ardesio Alta Val Seriana. Eventi Questo lago, che prende il nome dal nero riflesso dei monti nelle sue acque, è stato anche luogo di un incidente mortale. L'11 ottobre 1933, un gruppo di operai si trovava su di un ponte pensile, collegato a una piatta che si muoveva su appositi binari, per un normale lavoro di iniezioni cementarie al muraglione della diga. Detto ponte cedette e gli operai precipitarono nel lago, nelle acque profonde e fredde dal disgelo della neve in aprile. Due operai si salvarono aggrappandosi a chiodi e galleggianti, mentre quattro di loro, Scacchi Pietro, 18 anni, Terzi Giuseppe, 23 anni, Boccardi Pietro, 34 anni e Costa Bortolo, 43 anni, persero la vita annegando nelle nere acque. Il nome di lago Nero, verrà per molti anni collegato a questa tragedia. Note Altri progetti Nero, Lago Nero, Lago
Gongylidium è un genere di ragni appartenente alla famiglia Linyphiidae. Distribuzione Le cinque specie oggi attribuite a questo genere sono state reperite nella regione paleartica: la specie dall'areale più vasto è la G. rufipes, reperita in varie località dell'intera regione. In Italia è presente la G. soror, rinvenuta in alcune località dell'intera penisola. Tassonomia La specie tipo è una delle pochissime specie di ragni in origine classificate da Linneo. A dicembre 2011, si compone di cinque specie: Gongylidium baltoroi Caporiacco, 1935 — Karakorum Gongylidium gebhardti Kolosváry, 1934 — Ungheria Gongylidium rufipes (Linnaeus, 1758) — Regione paleartica Gongylidium rugulosum Song & Li, 2010 — Cina Gongylidium soror Thaler, 1993 — Italia Specie trasferite Genere dalle peculiarità non ancora ben caratterizzate; ne è prova l'elevato, in proporzione, numero di specie trasferite ad altri generi, tutti diversi fra loro: Gongylidium clavum Zhu & Wen, 1980; trasferita al genere Eskovina Koçak & Kemal, 2006. Gongylidium crassipalpe Caporiacco, 1935; trasferita al genere Collinsia O. P.-Cambridge, 1913. Gongylidium macrochelis Emerton, 1917; trasferita al genere Porrhomma Simon, 1884. Gongylidium nigriceps Kulczyński, 1916; trasferita al genere Tmeticus Menge, 1868. Gongylidium septentrionale Kulczynski, 1908; trasferita al genere Hybauchenidium Holm, 1973. Note Bibliografia Menge, 1868 - Preussische Spinnen. Abteilung II. Schriften der Naturforschenden Gesellschaft in Danzig, vol.2, p. 153-218. Kolosváry, G., 1934 - 21 neue Spinnenarten aus Slovensko, Ungarn und aus der Banat. Folia zool. hydrobiol. vol.6, p. 12-17. Caporiacco, L. di, 1935 - Aracnidi dell'Himalaia e del Karakoram, raccolti dalla Missione italiana al Karakoram (1929-VII). Mem. Soc. ent. ital. vol.13, p. 161-263 Thaler, K., 1993 - Über wenig bekannte Zwergspinnen aus den Alpen - IX (Arachnida: Aranei, Linyphiidae: Erigoninae). Revue suisse Zool. vol.100, p. 641-654 Altri progetti Collegamenti esterni Linyphiidae Taxa classificati da Franz Anton Menge
Il ghiacciaio Ferrar è un ghiacciaio lungo circa 60 km situato nella regione centro occidentale della Dipendenza di Ross, nell'Antartide orientale. Il ghiacciaio, il cui punto più alto si trova a circa , nasce dall'Altopiano Antartico con il flusso principale che si forma tra il monte Table, a est, e il monte Knobhead, a ovest, nell'entroterra della costa di Scott, per poi fluire dapprima verso nord-ovest e poi verso ovest, scorrendo tra la dorsale Royal Society, a sud, e i colli Kukri, a nord, fino a entra nella baia New Harbour. Lungo il suo percorso al ghiacciaio Ferrar, che costituisce il confine meridionale delle montagne del Principe Alberto, si uniscono molti altri ghiacciai suoi tributari, come il Tedrow, l'Emmanuel, il Darkowski e l'Overflow. Storia Scoperto durante la spedizione Discovery, condotta dal 1901 al 1904 e comandata da Robert Falcon Scott, il ghiacciaio Ferrar è stato intitolato a Hartley T. Ferrar, un geologo facente della spedizione. Il nome "ghiacciaio Ferrar" venne inizialmente utilizzato anche per il ghiacciaio Taylor e fu solo durante la spedizione Terra Nova, condotta dal 1910 a 1914 e condotta sempre da Scott, che il geologo Griffith Taylor si accorse che si trattava di due entità separate e le ribattezzò entrambe. Mappe Di seguito una serie di mappe in scala 1: realizzate dallo USGS: Note Voci correlate Ghiacciai dell'Antartide Altri progetti Collegamenti esterni Ferrar, Ghiacciaio Ferrar, Ghiacciaio Ferrar, Ghiacciaio
Wellington è una città ed è il capoluogo della contea di Collingsworth, Texas, Stati Uniti. Al censimento del 2010, la popolazione era di 2.189 abitanti. Geografia fisica Secondo lo United States Census Bureau, ha un'area totale di . Storia Società Evoluzione demografica Secondo il censimento del 2000, c'erano 2.275 persone, 906 nuclei familiari e 615 famiglie residenti nella città. La densità di popolazione era di 1.670,4 persone per miglio quadrato (645,9/km²). C'erano 1.162 unità abitative a una densità media di 853,2 per miglio quadrato (329,9/km²). La composizione etnica della città era formata dal 75,87% di bianchi, il 6,95% di afroamericani, l'1,05% di nativi americani, lo 0,22% di asiatici, il 13,23% di altre razze, e il 2,68% di due o più etnie. Ispanici o latinos di qualunque razza erano il 25,10% della popolazione. C'erano 906 nuclei familiari di cui il 31,5% aveva figli di età inferiore ai 18 anni, il 52,5% erano coppie sposate conviventi, l'11,4% aveva un capofamiglia femmina senza marito, e il 32,1% erano non-famiglie. Il 30,7% di tutti i nuclei familiari erano individuali e il 20,0% aveva componenti con un'età di 65 anni o più che vivevano da soli. Il numero di componenti medio di un nucleo familiare era di 2,45 e quello di una famiglia era di 3,08. La popolazione era composta dal 28,4% di persone sotto i 18 anni, il 6,9% di persone dai 18 ai 24 anni, il 23,5% di persone dai 25 ai 44 anni, il 19,5% di persone dai 45 ai 64 anni, e il 21,8% di persone di 65 anni o più. L'età media era di 38 anni. Per ogni 100 femmine c'erano 89,6 maschi. Per ogni 100 femmine dai 18 anni in giù, c'erano 82,5 maschi. Il reddito medio di un nucleo familiare era di 23.260 dollari, e quello di una famiglia era di 30.257 dollari. I maschi avevano un reddito medio di 25.143 dollari contro i 15.368 dollari delle femmine. Il reddito pro capite era di 13.997 dollari. Circa il 17,4% delle famiglie e il 22,5% della popolazione erano sotto la soglia di povertà, incluso il 32,2% di persone sotto i 18 anni e il 20,1% di persone di 65 anni o più. Secondo il censimento del 2010, la popolazione era di 2.189 abitanti. Etnie e minoranze straniere Secondo il censimento del 2010, la composizione etnica della città era formata dal 73,0% di bianchi, il 5,6% di afroamericani, l'1,3% di nativi americani, lo 0,1% di asiatici, lo 0,0% di oceanici, il 15,4% di altre razze, e il 4,5% di due o più etnie. Ispanici o latinos di qualunque razza erano il 34,6% della popolazione. Note Altri progetti Collegamenti esterni Comuni del Texas
Il Cromuele, tragedia in cinque atti, prima edizione 1671, ultima ristampa 1673, è un'opera meditata e scritta da Girolamo Graziani nel corso degli anni sessanta del XVII secolo a Modena in corrispondenza, per buona parte, della travagliata reggenza di Laura Martinozzi. Genesi La prima notizia sulla composizione della tragedia compare nella prefazione alle Varie Poesie e Prose di Girolamo Graziani del 1662 da cui si apprende che «(…) l'Autore medesimo ha fatto spiccare anche la felicità del suo stile in Prosa, e conseguentemente, argomentare come sia per riuscire nella spiegatura della Historia ch'egli ha intrapreso a scrivere. Questa sarà da lui proseguita tosto che habbia finita la Tragedia intitolata il Cromuelle, e conterrà tutto quello ch'è seguito dopo la Pace conchiusa tra il Papa e i Principi collegati per occorrenze di Castro del 1644 fino alla Pace delle due Corone totalmente stabilita ai Pirenei (…)». A partire dal 1666 la stesura del Cromuele è accompagnata da un fitto carteggio con Jean Chapelain di cui Graziani, stipendiato da Colbert per conto del Re Sole fu assiduo corrispondente Trama Henrighetta, regina d'Inghilterra, è sfuggita a Cromuele che tiene suo marito Carlo imprigionato nella Torre di Londra. Dopo aver inutilmente perorato la causa reale presso il governo di Edimburgo e quello olandese, ha fatto vela verso la Francia per chiedere aiuto anche a Luigi XIV suo nipote. L'accompagna Delmira, una giovane irlandese da poco conosciuta. Le due donne, per sicurezza, hanno intrapreso il viaggio in abiti maschili, fingendosi mercanti olandesi di stoffe. Durante la traversata la loro nave ha fatto naufragio e la loro scialuppa è stata spinta dal vento sulle coste inglesi da dove hanno raggiunto Londra sotto le mentite spoglie di Henrico ed Edmondo e sono state ospitate nel palazzo della famiglia di Odoardo ed Anna Hide, rimasti in pectore fedeli a Carlo. Il bell'aspetto e le qualità canore di Edmondo/Delmira hanno fatto sì che le due donne siano state entrambe introdotte a Whitehall per partecipare ad una importante festa che Cromuele ha ordinato per distrarre i cittadini dalle conseguenze del suo governo dispotico e da una incombente pestilenza. Fin qui l'antefatto, con l'arrivo a Palazzo di Edmondo/Delmira e di Henrico/Henrighetta nella vigilia della decapitazione di Carlo ha inizio la Tragedia. La sentenza capitale non è ancora stata emessa. A convincere Cromuele a differirne la data è sua moglie, Elisabetta, che del Re prigioniero è segretamente innamorata. La sua confidente Orinda, una vedova attempata e sensibile agli affari d'amore, le combina un incontro clandestino con Carlo in prigione, per offrirgli libertà in cambio di amore. Per organizzare il rendez-vous, Orinda chiede aiuto a Edmondo/Delmira (di cui, credendola un maschio, si è innamorata) e di Henrico/Henrighetta, tranquillizzata dal loro apparire stranieri. Le due eroine approfittano dell'occasione per tentare di fare evadere Carlo, con l'aiuto di Odoardo ed Anna Hide, ai quali nel frattempo hanno rivelato la loro vera identità. La scoperta del complotto fa precipitare la sorte di Carlo che viene giustiziato all'alba mentre Edmondo/Delmira viene imprigionata e a sua volta giustiziata. Morendo ha il tempo di rivelarsi donna e, da alcuni particolari del suo racconto, Orinda crede di riconoscere in lei la figlia che aveva mandato all'estero quando ancora era in fasce per sottrarla alla profezia di morire in patria per mano di congiunti. Sconvolta dal dolore, si suicida sul cadavere della creduta figlia. Dopo il regicidio Cromuele può finalmente dormire, ma il suo sonno è interrotto da un terribile incubo in cui Maria Stuarda gli preannuncia la fine del suo potere. Al risveglio riceve la felice notizia dell'esistenza di una figlia creduta morta appena nata, ma in realtà ancora in vita perché scambiata in culla. Questa notizia dapprima lo solleva, ma lo fa poi precipitare nello sconforto più totale allorché attraverso una agnizione scopre che la figlia era in realtà quell'Edmondo/Delmira di cui ha appena causato la morte. Il Cromuele tra Storia e fiction Nell'anno della pubblicazione de Il Cromuele, in un Regno ormai restaurato, la testa del cadavere di Oliver Cromwell, riesumato nell'anniversario del regicidio e sottoposto ad una esecuzione postuma, era ancora esposta in Westminster.. L'evento viene evocato in scena dallo stesso Cromuele attraverso il racconto premonitore di Maria Stuarda che gli compare in sogno. Tra i numerosi ed esatti riferimenti storici e biografici contemporanei compaiono, oltre ad Oliver Cromwell (Cromuele), Carlo I (Carlo) e le loro rispettive consorti Elizabeth Bourchier (Elisabetta) ed Enrichetta Maria di Borbone (Henrighetta), anche Edward Hyde primo Conte di Clarendon (Odoardo), che dopo aver dato un iniziale appoggio a Cromwell, aveva cambiato partito ritornando tra le file realiste, e sua figlia Anna (Anna), prima moglie di Giacomo II, figlio e successore di Carlo, del quale infatti nella pièce risulta innamorata. Compaiono inoltre, o vengono citati, nella loro corretta posizione politica, storica e militare i generali dell'Esercito Nuovo Modello John Lambert (Lamberto), Henry Ireton (Iretone), Thomas Harrison (Harrisone) e Thomas Fairfax (Farfasse). Persino i due personaggi funzionali alla "fabula", e per questo presentati col solo nome, hanno un preciso riferimento alla storia o alla cronaca contemporanea. Si tratta di Delmira che dopo essere uccisa a causa di Cromuele, si rivela essere la sua figlia creduta morta in fasce, facendo precipitare il padre nella disperazione più totale, e di Orinda vedova attempata ma ipersensibile alle faccende d'amore, ed ella stessa vittima di un amore, sia pur platonico, per una donna. I due personaggi richiamavano allo spettatore e al lettore contemporaneo due persone effettivamente esistite ed esistenti. Quella di Delmira è una citazione diretta alla figlia secondogenita e preferita dei Cromwell, Elizabeth Claypole che aveva rotto i rapporti col padre a cui non perdonava i metodi sanguinari, e che sarebbe morta senza perdonarlo e anzi rivolgendogli parole acerbe per non aver graziato un suo protetto, che, quale unica concessione, era stato condannato a "decapitazione senza squartamento".. Nel "presente scenico" de Il Cromuele, anno del regicidio, Elizabeth aveva vent'anni come Delmira e la sua morte, avvenuta nel 1658 dopo una lunga e penosissima degenza, sembrò aver dato il colpo fatale alla salute di Cromwell che morì infatti, di polmonite, appena un mese dopo. L'episodio aveva colpito molto la fantasia dei contemporanei che vi avevano visto una forma di nemesi per il regicidio commesso. Anche il personaggio di Orinda è un richiamo diretto alla poetessa gallese Katherine Philips (1632 –1664), la cui produzione poetica verteva esclusivamente sull'amore, sul matrimonio, sulle relazioni amorose in genere, suscitando interesse e scandalo per le sue teorizzazioni sull'amore tra donne, e il cui nom de plume era The Matchless Orinda. Il clima di doppiezza che domina la pièce è segnato anche dalla contrapposizione tra il terrore e l'atmosfera di festa onnipresente ed evocata con ridondanza da quasi tutti i personaggi. Anche in questo caso si tratta di un preciso riferimento alla cronaca del tempo: sul finire del 1657, non senza stupire gli osservatori abituati al rigido costume puritano, la dittatura era ricorsa all'organizzazione di lussuosi festeggiamenti, dandone ampia pubblicizzazione per tranquillizzare l'opinione pubblica che, oltre ad essere ossessionata dal "deficit" crescente della finanza pubblica, era allarmata da una "strana epidemia" che seminava morte. La fortuna del Cromuele Della rappresentazione de Il Cromuele non vi è alcun riferimento nella prefazione alla seconda edizione del 1673 né alcuna traccia nella ricca documentazione sugli spettacoli teatrali negli Stati Estensi conservata nell'Archivio di Stato di Modena. La causa della probabile mancata rappresentazione è il matrimonio dinastico avvenuto nel 1673 (quindi a soli due anni dalla pubblicazione del 1671) tra Maria Beatrice d'Este e Giacomo Stuart rimasto vedovo proprio nell'anno di pubblicazione de Il Cromuele da quella Anna Hyde di cui, nella tragedia appare innamorato. Una presenza ingombrante per Graziani, che in qualità di Segretario di Stato, aveva curato gli interessi degli Este in quel matrimonio. In epoca contemporanea, Il Cromuele è stato rappresentato dalla Società Filodrammatica Piacentina Gli Infidi Lumi con la regia di Stefano Tomassini e musiche di Massimo Berzolla (Casalbuttano - Stagione Teatrale 96/97). Edizioni Bologna, Manolessi, 1671 in-4°; Modena, Soliani, 1671 in-12°; Bologna, Manolessi, 1673 in-4°; s.l. [Piacenza], Infidi Lumi Edizioni, 1997 (Edizione fuori commercio pubblicata in occasione della rappresentazione). Trascrizione e riduzione di Stefano Tomassini; Pisa, Edizioni della Normale, 2011, in: Storie Inglesi, l'Inghilterra vista dall'Italia tra storia e romanzo (XVIII sec.) a cura di Clizia Carminati e Stefano Villani, pagg. 297-470. Note Bibliografia Emilio Bertana, L'irregolarità del teatro profano: il «Cromuele» di Girolamo Graziani, in: Storia dei generi letterari italiani, la Tragedia, Milano, Vallardi, s. d. [1916?], pagg. 200-10. Piero Di Nepi, Girolamo Graziani e la politica come arte: «Cromuele», "F.M. Annali dell'Istituto di Filologia Moderna dell'Università di Roma, 2-1979, Roma, 1981, pagg. 113-24 (recensito da Fulvio Bianchi in: "La Rassegna della Letteratura italiana" diretta da Walter Binni, sett.dic. 1982, pagg. 620-1). Rosa Galli Pellegrini, La Tragédie Italienne à l'école du classicisme Français: le rôle de Chapelain dans la genèse du "Cromuele" de Graziani, “Quaderni del Dipartimento di Lingue e Letterature Straniere Moderne, Università di Genova”, 2-1987, pp. 35–57. Maurizio Fasce, Introduzione e note alle edizione de Il Cromuele, con la collaborazione di Carlo Alberto Girotto, Storie Inglesi, l'Inghilterra vista dall'Italia tra storia e romanzo (XVIII sec.), a cura di Clizia Carminati e Stefano Villani, Edizioni della Normale, Pisa, 2011, pagg. 297 - 330. Opere teatrali di autori italiani Guerra civile inglese
Biografia Inizia a operare nell'ambito dell'audiovisivo con opere di videoarte, il suo lavoro d’esordio è il cortometraggio visual Chimaera che, nel 2001, vince il Braunschweigh International Film Festival. Si laurea al DAMS con indirizzo regia cinematografica presso l'Università degli Studi Roma Tre, e inizia a collaborare come assistente alla regia nelle serie televisive Orgoglio 2 e Orgoglio 3, entrambe in onda su Rai 1. Dal 2005 inizia a collaborare in qualità di aiuto regista per importanti produzioni cinematografiche e televisive, tra cui le fiction Gente di mare 2 e Fidati di me, in onda su Rai 1. Nel 2005 gira il suo primo documentario per la televisione dal titolo L’isola dei venti, di cui è anche autore. Nel 2008 affianca Giorgio Serafini, come regista di unità parallela, nella fiction Il Bene e il Male in onda su Rai 1, ottenendo riconoscimenti al Busto Arsizio Film Festival e al Festival della Televisione di Monte Carlo. Tra il 2005 ed il 2010 gira videoclip musicali per gli artisti Irene Grandi, Fabio Concato e BG. Nel 2010 dirige, unitamente a Francesca Marra, la serie tv Capri 3 per Rai 1, con Bianca Guaccero, Lucia Bosé e Lando Buzzanca. Nel 2013 scrive e dirige il docufilm Ho fatto una barca di soldi sulla vita dell'artista Fausto Delle Chiaie, l'opera viene selezionata in concorso al Festival Internazionale del Film di Roma nella sezione Prospettive Doc Italia e viene proiettata in anteprima nazionale al MAXXI ottenendo consenso di pubblico e critica. Nel 2014 gira, in Brasile, il docufilm O Paìs do Futebol, una produzione Zerozerocento Produzioni in collaborazione con Pepito Film e Rai Cinema.Nel 2017 firma la regia del cortometraggio Good Food che viene selezionato alla Festa del Cinema di Roma. Nel 2019 gira il cortometraggio Il Dono, presentato nello stesso anno all'Italian Pavilion in occasione della Mostra del Cinema di Venezia e dove vince il Premio "Starlight Award", dirige il documentario L'Aquila, 03:32 - La generazione dimenticata con Lino Guanciale, una produzione Stand by Me e Rai Cinema realizzata per Rai 2 in occasione del decimo anniversario del terremoto in cui persero la vita più di 300 persone. Sempre nel 2019 scrive e dirige Big North, un docufilm su Paolo Cognetti girato in Alaska, Valle d'Aosta, Stati Uniti e Canada e prodotto da Samarcanda Film e Rai Cinema con il sostegno di Film Commission Vallée d'Aoste. L'opera viene distribuita nelle sale cinematografiche nel 2020. Attualmente è impegnato nella preparazione del suo primo lungometraggio di finzione dal titolo Aria, da lui scritto e diretto. Vita privata Dopo un lungo fidanzamento sposa, nel 2013, l'attrice Bianca Guaccero da cui ha una figlia. La coppia si separa nel 2017. Filmografia Regista Cinema L'hobby - cortometraggio (2018) Televisione Capri - serie TV, 11 episodi (2010) Star Cuoc - miniserie TV, episodio 1x1 (2015) L'Aquila 3:32: la Generazione dimenticata - film TV (2019) Regista e sceneggiatore Cinema Piccoli poteri - cortometraggio (2013) Sogni di Grande Nord (2021) Televisione Ho fatto una barca di soldi - documentario (2013) O Paìs do Futebol - documentario (2018) Note Collegamenti esterni Registi cinematografici italiani Registi televisivi italiani Studenti dell'Università degli Studi Roma Tre
La venne combattuta nel 1569 nell'isola di Shikoku. Dopo la sconfitta definitiva del clan Motoyama nel 1563, il clan Chōsokabe governava la parte centrale della provincia di Tosa, mentre la famiglia Aki la parte orientale. Nel 1563 gli Aki, approfittando dell'impegno dei Chōsokabe, assediarono il castello di Oko, che era governato dai Fukutome, i quali resistettero all'assedio fino alla stipula di pace mediata da Ichijō Kanesada. Nel 1569 la tensione tra le famiglie era ancora alta, e verso luglio 3.000 uomini dei Fukutome, assieme ad altri 4.000 guidati da Chōsokabe Motochika, invasero le terre degli Aki. Divisero le forze in due gruppi, uno attaccò dal mare e l'altro da terra, costringendo gli Aki, forti di 5.000 soldati, a rifugiarsi nel proprio castello dove vennero messi sotto assedio. L'assedio perdurò, e i 3.000 soldati Aki rimasti nel castello vennero affamati e costretti alla resa. L'aiuto del clan Ichijō, che doveva sollevare l'assedio, non arrivò in tempo. Aki Kunitora, ultima guida del clan Aki, commise seppuku l'11 agosto 1569. Dopo questa vittoria nella provincia di Tosa rimanevano solo gli Ichijō nella parte occidentale a contrastare il potere dei Chōsokabe. Note Yanagare
LAzerbaigian ha un sistema multipartitico. A causa del sistema elettorale maggioritario, non si formano governi di coalizione e ha un sistema di partito politico dominante. Il partito politico principale è la Partito del Nuovo Azerbaigian che governa l'Azerbaigian a maggioranza assoluta dal 1993. L'attuale Presidente è İlham Əliyev, mentre il primo ministro è Əli Əsədov del Partito del Nuovo Azerbaigian. Partiti rappresentati in Parlamento Partito del Nuovo Azerbaigian (Yeni Azərbaycan Partiyası, YAP) Partito Uguaglianza (Müsavat Partiyası, MP) Partito del Fronte Popolare Azerbaigian (Azərbaycan Xalq Cəbhəsi Partiyası, AXCP) Partito del Movimento Rinascita Nazionale (Milli Dirçəliş Hərəkatı Partiyası, MDHP) Partito Democratico Azerbaigian (Azərbaycan Demokrat Partiyası, ADP) Partito della Madrepatria (Ana Vatan, AV) Partito Civico Solidarietà (Vətəndaş Həmrəyliyi Partiyası, VHP) Partito Comunista dell'Azerbaigian (Azərbaycan Kommunist Partiyası, AKP) Partiti non rappresentati in Parlamento Partito della Prosperità Sociale dell'Azerbaigian (Azərbaycan Sosial Rifah Partiyası, ASRP) Partito Socialdemocratico dell'Azerbaigian (Azərbaycan Sosial Demokrat Partiyası, ASDP) Partito dell'Unità (Birlik Partiyası, BP) Partito del Fronte Popolare di Tutto l'Azerbaigian (Bütöv Azərbaycan Xalq Cəbhəsi Partiyası, BAXCP) Partito per l'Indipendenza Nazionale dell'Azerbaigian (Azərbaycan Milli İstiqlal Partiyası, AMİP) Partiti aboliti Partito Comunista dell'Azerbaigian (Azərbaycan Kommunist Partiyası, AKP) Bibliografia "Elenco dei partiti politici azeri (2020)" Commissione Elettorale Centrale dell'Azerbaigian (in azero) Voci correlate Politica dell'Azerbaigian Assemblea Nazionale della Repubblica dell'Azerbaigian Altri progetti
Il duomo di Castiglione delle Stiviere, dedicato ai santi Nazario e Celso, è la parrocchiale di Castiglione delle Stiviere, in provincia e diocesi di Mantova; fa parte del vicariato di San Luigi. Storia L'attuale edificio, fu costruito nel 1761 in stile neoclassico su un colle e sulle rovine di una chiesa del Cinquecento; nella chiesa preesistente il 20 aprile 1568 fu battezzato Luigi Gonzaga, futuro santo e nel 1580 ricevette la prima comunione dalle mani del cardinale Carlo Borromeo. Per la ricostruzione settecentesca, venne utilizzato anche materiale proveniente dall'abbattimento del castello di Castiglione. Durante la battaglia di Solferino e San Martino del 24 giugno 1859 la chiesa venne adibita ad ospedale per la cura dei numerosissimi feriti. Tra i primi a prestare i soccorsi vi fu Henry Dunant, da cui scaturì l'idea di fondare la Croce Rossa Internazionale. Descrizione La chiesa è a croce latina, con tre navate. Vi sono custodite opere pittoriche di notevole pregio. In una cappella di destra è collocata la pala di Santa Rosalia scende dal cielo tra gli appestati, opera del pittore siciliano Pietro Novelli del 1630 circa. Nella cappella di sinistra si trova il dipinto Sposalizio di Santa Caterina di Camillo Procaccini, del 1600 circa. La pala dell'altare maggiore con I santi Nazario e Celso, a cui la chiesa è dedicata, è attribuita al castiglionese Luigi Sigurtà (1777). Un altro pittore castiglionese, Franco Ferlenga, ha dipinto per il duomo nel 1989 la pala d'altare Da colonna a colonna. Davanti all'altare maggiore è posta la lastra tombale di Marta Tana, madre di san Luigi. A fianco del duomo sorge la piccola Chiesa dei Disciplini, fondata da Aloisio Gonzaga, nonno del Santo, nella prima metà del Cinquecento e cara alla storia dei Gonzaga di Castiglione. Il 3 marzo 1590 nella chiesa san Luigi tenne una predica sull'eucaristia. Alla destra del presbiterio, vi è l'organo a canne, costruito nel 1925 da Natale Balbiani. Lo strumento, a trasmissione pneumatico-tubolare, ha due tastiere di 58 note ciascuna ed una pedaliera concava di 30 note. Note Bibliografia ISBN 978-88-97668-14-5 Voci correlate Castiglione delle Stiviere Parrocchie della diocesi di Mantova Luigi Gonzaga Laura del Bosco Ventimiglia Carlo Bollani Altri progetti Collegamenti esterni Chiese della diocesi di Mantova Chiese di Castiglione delle Stiviere Castiglione Luoghi di sepoltura dei Gonzaga
La Saljut 7 (, tradotto "Salve 7") è stata la settima ed ultima stazione spaziale del programma Saljut dell'Unione Sovietica. È stata in servizio dall'aprile 1982 al febbraio 1991. È stata visitata in totale da 12 missioni con equipaggio e 15 missioni automatiche, tra cui Sojuz T, Progress e TKS. La Saljut 7 è stato un passaggio fondamentale tra le stazioni spaziali "monoblocco" e l'approccio modulare. In particolare, è stata un banco di prova per le operazioni di docking e di rifornimento che sarebbero state fondamentali per la successiva Mir. Descrizione La Saljut 7 era il modulo di back-up della Saljut 6, e aveva capacità ed equipaggiamenti molto simili. Con i ritardi che la futura stazione Mir stava accumulando, si decise di lanciarla ugualmente il veicolo di riserva come Saljut 7. In orbita la stazione ha subito guasti tecnici sebbene abbia beneficiato del miglioramento della capacità di carico utile delle navette Progress e Sojuz in visita, e dell'esperienza dei suoi equipaggi che hanno improvvisato molte soluzioni (come una rottura della linea del carburante nel settembre 1983 che richiese un EVA dalla Sojuz T-10 per riparare il guasto). Fu in volo per otto anni e dieci mesi (un record non infranto fino a Mir), durante il quale fu visitato da 10 equipaggi in sei spedizioni principali e quattro voli secondari (compresi i cosmonauti francesi e indiani). La stazione ha anche visto due voli di Svetlana Evgen'evna Savickaja, che la rendono la seconda donna nello spazio dal 1963 e la prima a eseguire un EVA durante il quale ha condotto il taglio e la saldatura dei metalli insieme al suo collega Vladimir Džanibekov. Oltre ai numerosi esperimenti e osservazioni, sulla stazione furono testati l'attracco e l'uso di moduli di grandi dimensioni con una stazione spaziale in orbita. I moduli erano chiamati "moduli Kosmos pesanti" sebbene in realtà fossero varianti del veicolo spaziale TKS destinato alla stazione spaziale militare di Almaz (cancellata). Tali esperimenti hanno aiutato gli ingegneri a sviluppare la tecnologia necessaria per costruire Mir. Saljut 7 era dotata di tre pannelli fotovoltaici, con la possibilità di aggiungerne altri due. Anche gli interni furono migliorati, in particolare i comandi di controllo. Vennero aggiunti due finestrini per permettere ai raggi ultravioletti di entrare e aumentare il comfort dei cosmonauti. Vennero migliorati gli apparati medici, biologici e per l'esercizio fisico, in modo da permettere permanenze più lunghe agli equipaggi. Il telescopio BST-1M usato nella Saljut 6 venne sostituito da un sistema per il controllo dei raggi X. Attrezzatura La stazione aveva due porte di attracco, una per ciascuna delle estremità della stazione, per consentire l'attracco con l'imbarcazione di rifornimento senza pilota Progress. Era inoltre dotata di una porta di aggancio anteriore più ampia per consentire un aggancio più sicuro con un modulo Heavy Kosmos. Portava tre pannelli solari, due in posizione laterale e uno in posizione longitudinale dorsale, ma ora avevano la possibilità di montare pannelli secondari sui loro lati. Internamente, la Saljut 7 trasportava stufe elettriche, un frigorifero, acqua calda costante e sedili riprogettati nella consolle di comando (più simili ai sedili per biciclette). Vi erano due oblò per consentire l'ingresso della luce ultravioletta, per aiutare a uccidere le infezioni. Le sezioni mediche, biologiche ed esercizio fisico sono state migliorate, per consentire lunghi soggiorni nella stazione. Il telescopio BST-1M utilizzato in Saljut 6 è stato sostituito da un sistema di rilevamento a raggi X. Equipaggi residenti Saljut 7 aveva sei membri d'equipaggio residenti. Il primo equipaggio, Anatolij Berezovoj e Valentin Lebedev, arrivò il 13 maggio 1982 su Sojuz T-5 e rimase per 211 giorni fino al 10 dicembre 1982. Il 27 giugno 1983, l'equipaggio di Vladimir Ljachov e Aleksandr Aleksandrov arrivò su Sojuz T-9 e rimase per 150 giorni, fino al 23 novembre 1983. L'8 febbraio 1984, Leonid Kyzym, Vladimir Solovëv e Oleg At'kov iniziarono un soggiorno di 237 giorni, il più lungo su Saljut 7, che si concluse il 2 ottobre 1984. Vladimir Džanibekov e Viktor Savinych (Sojuz T-13) sono arrivati alla stazione spaziale il 6 giugno 1985 per riparare i suoi malfunzionamenti. Il 17 settembre 1985, Sojuz T-14 attraccò con la stazione che trasportava Volodymyr Vasjutin, Aleksandr Volkov e Georgij Grečko. Otto giorni dopo Džanibekov e Grečko lasciarono la stazione e tornarono sulla Terra dopo 103 giorni, mentre Savinyich, Vasjutin e Volkov rimasero su Saljut 7 e tornarono sulla Terra il 21 novembre 1985 dopo 65 giorni. Il 6 maggio 1986, la Sojuz T-15 che trasportava Leonid Kyzym e Vladimir Solovëv attraccò con la stazione spaziale e si sganciò, dopo un soggiorno di 50 giorni, il 25 giugno 1986. Il Sojuz era arrivato dalla stazione spaziale Mir ed era tornato su Mir il 26 giugno 1986 in un volo della durata di 29 ore. C'erano anche quattro missioni in visita, equipaggi che venivano per portare rifornimenti e fare visite di durata più breve con gli equipaggi residenti. Problemi tecnici e di equipaggio La stazione ha sofferto di due problemi principali, il primo dei quali ha richiesto l'esecuzione di estesi lavori di riparazione su una serie di EVA. Perdita di carburante Il 9 settembre 1983, durante la permanenza di Vladimir Ljachov e Aleksandr Aleksandrov, mentre riorientava la stazione per eseguire un esperimento di trasmissione di onde radio, Lyakhov notò che la pressione di un serbatoio di carburante era quasi a zero. Successivamente, Aleksandrov vide una perdita di carburante guardando attraverso l'oblò di poppa. Il controllo a terra decise di provare a riparare i tubi danneggiati, in quella che doveva essere la riparazione più complessa tentata durante l'EVA in quel momento. Si decise che questo tentativo sarebbe stato effettuato dall'equipaggio successivo, visto che quello attuale mancava dell'addestramento e degli strumenti necessari. Il danno fu infine riparato da Leonid Kyzym e Vladimir Solovëv, che dopo quattro EVA riuscirono a riparare due perdite, ma non disponevano di uno strumento speciale per riparare il terzo. Lo strumento fu consegnato successivamente dalla Sojuz T-12 e la perdita fu quindi riparata. Perdita di potenza L'11 febbraio 1985, i contatti con Saljut 7 furono persi. La stazione cominciò a spostarsi e tutti i sistemi si spensero. In quel momento la stazione era disabitata, dopo la partenza di Leonid Kyzym, Vladimir Solovëv e Oleg At'kov, e prima dell'arrivo dell'equipaggio successivo. Fu nuovamente deciso di tentare di riparare la stazione, che fu eseguita da Vladimir Džanibekov e Viktor Savinych nella missione Sojuz T-13 nel giugno 1985, in quello che era nelle parole dell'autore David SF Portree "una delle imprese più impressionanti di riparazioni nello spazio nella storia". Questa operazione costituisce la base del film russo del 2017 Salyut 7 - La storia di un'impresa. Tutte le stazioni spaziali sovietiche e russe erano dotate di sistemi automatici di rendez-vous e di attracco, dalla prima stazione spaziale Saljut 1 che utilizzava il sistema Igla, al segmento orbitale russo della Stazione spaziale internazionale, usando il sistema Kurs. All'arrivo, il 6 giugno 1985, l'equipaggio della Sojuz scoprì che la stazione non stava trasmettendo informazioni radar o di telemetria per il rendez-vous e, dopo l'arrivo e l'ispezione esterna della stazione, l'equipaggio fu costretto a stimare la distanza dalla stazione usando telemetri laser portatili. Džanibekov pilotò la sua navetta per intercettare il boccaporto di prua di Saljut 7 e dovette adattare l'assetto della propria navetta a quello della stazione. Dopo un duro aggancio e la conferma che il sistema elettrico della stazione era in completa avaria, Džanibekov e Savinych dovettero saggiare il sistema di supporto vitale all'interno della stazione. Indossati abiti pieni di pelliccia invernale, entrarono nella stazione per condurre le riparazioni. Alla fine scoprirono che il guasto era dipeso da un sensore elettrico che aveva il compito di determinare quando le batterie dovevano essere caricate. Una volta sostituite le batterie, la stazione iniziò a caricarle e si riscaldò. Entro una settimana furono riportati online sistemi sufficienti per consentire alle navi cargo senza pilota Progress di attraccare alla stazione. La fine della Salyut 7 Saljut 7 fu abitata l'ultima volta nel 1986 dall'equipaggio di Sojuz T-15, che trasportava equipaggiamento da Saljut 7 alla nuova stazione spaziale Mir. Tra il 19 e il 22 agosto 1986, i motori su Kosmos 1686 portarono la Saljut 7 a un'altitudine orbitale media record di per prevenirne il rientro fino al 1994. Fu pianificato anche il recupero in una data futura da parte di una navetta Buran. Tuttavia, l'attività solare inaspettatamente elevata alla fine degli anni '80 e all'inizio degli anni '90 aumentò la resistenza atmosferica sulla stazione e ne accelerò il decadimento orbitale. Alla fine subì un rientro incontrollato il 7 febbraio 1991 sulla città di Capitán Bermúdez in Argentina dopo aver superato il punto di ingresso previsto, che avrebbe scagliato i suoi detriti in porzioni disabitate dell'Oceano Pacifico meridionale. Spedizioni e veicoli spaziali in visita Notazione: EO () o PE significa spedizione principale EP () o VE significa spedizione in visita Spedizioni Attività Extraveicolari Specifiche Specifiche del modulo base Saljut 7 del 1982, da Mir Hardware Heritage (1995, NASA RP1357): Lunghezza - circa 16 m Diametro massimo - 4,15 metri Volume abitabile - 90 m³ Peso al lancio - Veicolo di lancio - vettore Proton (a tre stadi) Inclinazione orbitale - 51,6 ° Estensione dei pannelli solari - 17 m Area di pannelli solari - 51 m² Numero di array solari - 3 Potenza elettrica disponibile - Supporti di rifornimento: veicoli spaziali Sojuz-T, Progress, TKS Sistema di aggancio - Igla o approccio manuale Numero di porte di attracco - 2 Totale missioni presidiate - 12 Totale missioni senza pilota - 15 Totale missioni di lunga durata - 6 Numero di motori principali - 2 Spinta del motore principale (ciascuno) - Veicoli spaziali ed equipaggi in visita (Equipaggi lanciati. Date di lancio e sbarco dei veicoli spaziali elencate.) Sojuz T-5 - 13 maggio - 27 agosto 1982 Anatoli Berezovoj Valentin Lebedev Sojuz T-6 - 24 giugno - 2 luglio 1982 - Volo Intercosmos Vladimir Džanibekov Aleksandr Ivančenkov Jean-Loup Chrétien - Francia Sojuz T-7 - 19 agosto - 10 dicembre 1982 Leonid Popov Aleksandr Serebrov Svetlana Savickaja Sojuz T-8 - 20–22 aprile 1983 - Attracco fallito Vladimir Titov Gennadij Strekalov Aleksandr Serebrov Sojuz T-9 - 27 giugno - 23 novembre 1983 Vladimir Ljachov Aleksandr Aleksandrov Sojuz T-10-1 - 26 settembre 1983 - Lancio interrotto Vladimir Titov Gennadij Strekalov Sojuz T-10 - 8 febbraio - 11 aprile 1984 Leonid Kyzym Vladimir Solovëv Oleg At'kov TKS 3 - 4 marzo - 14 agosto 1983 - Lanciato senza pilota come Kosmos 1443. Sojuz T-11 - 3 aprile - 2 ottobre 1984 - Volo Intercosmos Jurij Malyšev Gennadij Strekalov Rakesh Sharma - India Sojuz T-12 - 17–29 luglio 1984 Vladimir Džanibekov Svetlana Savickaja Igor Volk Sojuz T-13 - 6 giugno - 26 settembre 1985 Vladimir Džanibekov Viktor Savinych Sojuz T-14 - 17 settembre - 21 novembre 1985 Vladimir Vasjutin Georgij Grečko Aleksandr Volkov TKS 4 - settembre 1985 - 7 febbraio 1991 - Lanciato senza pilota come Kosmos 1686. Presentato un apparecchio fotografico ad alta risoluzione e esperimenti con sensori ottici (telescopio a infrarossi e spettrometro di Ozon). Sojuz T-15 - 13 marzo - 16 luglio 1986 - Ha anche visitato Mir Leonid Kyzym Vladimir Solovëv Nella cultura di massa La riparazione e la riattivazione della stazione da parte di Sojuz T-13 è l'argomento del film russo del 2017 Salyut 7 - La storia di un'impresa. Voci correlate Stazione spaziale Programma Saljut Altri progetti Programma Saljut
I Pensieri sono una raccolta di 111 considerazioni in cui ritroviamo, come nello Zibaldone, molte affermazioni poetiche e filosofiche. Diversamente dallo Zibaldone, che restò sempre un brogliaccio privato e molto vario, la raccolta è espressamente ordinata per essere pubblicata. Negli ultimi anni di vita (forse tra il 1831 e il 1835), con l'aiuto dell'amico Antonio Ranieri, il poeta compose questa scelta di aforismi di varia estensione, ma complessivamente brevi, in cui si manifesta una sintesi delle convinzioni dell'autore sull'uomo e sulla società. Non mancano tracce autobiografiche, come nel pensiero LXXXII sul valore esistenziale dell'esperienza amorosa. L'autografo, cioè il testo manoscritto lasciato da Leopardi, nel 1845 venne trascritto da Antonio Ranieri e spedito all'editore Le Monnier, perché anche tale libro fosse incluso nelle opere che l'editore franco-fiorentino stava preparando. La trascrizione del Ranieri è frettolosa e sciatta, e contiene variazioni al testo, alcune certamente volute, altre forse involontarie. Qui Leopardi afferma che "la morte non è male poiché libera l'uomo da tutti i mali, e insieme coi beni gli toglie i desideri" (Pensieri, VI). Il motivo della morte come liberazione ritorna ad esempio anche nelle Operette morali, nel Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie. La noia è invece un sentimento proprio dei grandi spiriti: solo coloro che hanno una spiritualità molto profonda possono constatare l'assoluta inadeguatezza della realtà e, con un cuore pronto alla speranza e all'entusiasmo, possono rinchiudersi in un atteggiamento di rifiuto e di distacco: "Perciò la noia è poco nota agli uomini di nessun momento, e pochissimo o nulla agli altri animali" (Pensieri, LXVIII). Non è certo che la raccolta sia, secondo le intenzioni dell'autore, finita e completa, e tanto meno si sa se l'ordine, la disposizione e l'estensione finale dei pensieri seguano le sue volontà. Si sa, da una lettera all'amico filologo Louis de Sinner del 2 marzo 1837 che Leopardi vi stava lavorando (per grande parte estrapolando o rielaborando cose che aveva scritto nel suo Zibaldone), in vista di un'edizione delle proprie opere a Parigi, presso Baudry. Qui scrive che "Je veux publier in volume inédit de Pensées sur les caractères des hommes et sur leur conduite dans la Societé; mais je ne veux pas m'obliger de le donner au même libraire qui publiera le reste, si auparavant je n'ai pas vu di moins le premier volume imprimé, afin de pouvoir juger de l'exécution". Edizioni principali I Pensieri, a cura di Antonio Ranieri, in Opere, Le Monnier, Firenze 1845 Le prose morali, a cura di Ildebrando Della Giovanna, Sansoni, Firenze 1895 Scritti letterari, a cura di Giovanni Mestica, Le Monnier, Firenze 1924 Le operette morali e i pensieri, a cura di Ireneo Sanesi, Sansoni, Firenze 1931 Opere minori approvate, a cura di Francesco Moroncini, Cappelli, Bologna 1931. Edizione critica Pensieri, in Poesie e prose, a cura di Francesco Flora, Mondadori, Milano 1940 Pensieri, a cura di Cesare Galimberti, Adelphi, Milano 1982 Pensieri, a cura di Antonio Prete, Feltrinelli, Milano 1994 Edizione critica. Note Altri progetti Opere di Giacomo Leopardi Frammento letterario
Steve Rogers Band è il terzo album in studio dell'omonima rock band modenese, pubblicato nel 1989 dalla CBS Records. Con il singolo di lancio Uno di noi il gruppo partecipò al 39º Festival di Sanremo nello stesso anno, nella sezione "Emergenti", venendo eliminato dopo la prima esibizione: dal quel momento, la band entra in una crisi artistica che sarebbe culminata con lo scioglimento nel 1991. Storia L'album fu registrato verso la fine del 1988, un anno pieno di trionfi per la band di Vasco Rossi, guidata dal front-man Massimo Riva, che spinta dal successo di Alzati la gonna registrò questo disco, sempre con Guido Elmi produttore. Il complesso voleva essere una vera rock band, cercando di togliersi l'etichetta de "La band di Vasco". Questo album ha venduto meno rispetto a i duri non ballano e, appunto, Alzati la gonna. Per rimediare all'insuccesso della kermesse sanremese, la band organizzò un tour svoltosi nelle principali piazze italiane, per pubblicizzare al meglio l'album. Mentre Vasco Rossi stava ottenendo l'apice del successo con il suo tour Fronte del palco in stadi quali quelli di Milano e Roma, la sua band d'appoggio suonava nelle sagre di paese, tanto che Massimo Riva, in un'intervista, ha affermato di aver provato invidia e molta nostalgia per chi era sul palco con Vasco in quell'occasione. Da Uno di noi fu ricavato un videoclip, dove la band suonava in posto buio. Tanto è lo stesso fu invece presentato, rigorosamente in play-back, ad Azzurro 1989, programma musicale in onda in estate su Italia 1. La copertina dell'album recava l'intera band in primo piano dall'alto, dove vestivano tutti giubbotti di pelle. Tracce Intro (Maurizio Solieri) Uno di noi (Massimo Riva, Maurizio Solieri) Dimmi la verità (Massimo Riva, Maurizio Solieri) Uno in più (Massimo Riva, Maurizio Solieri) Non voglio più amarti (Massimo Riva) Tanto è lo stesso (Massimo Riva, Maurizio Solieri) Cosa vorresti dire? (Massimo Riva, Maurizio Solieri, Domenico Mimmo Camporeale) Digli di no (Massimo Riva, Emilio Righi, Massimo Riva) Meglio così (Massimo Riva/Stefano Bitto Bittelli) Una figura di donna (Massimo Riva, Emilio Righi, Maurizio Solieri, Domenico Mimmo Camporeale) Produttore: Guido Elmi Musicisti Massimo Riva: voce, chitarra ritmica Maurizio Solieri: chitarra solista Claudio Golinelli: basso Beppe Leoncini: batteria Mimmo Camporeale: tastiere Altri musicisti Stefano Bittelli: programmazione Guido Elmi: percussioni, programmazione, effetti speciali Giacomo Giannotti: tastiera, arrangiamento fiati Lele Melotti: batteria in Cosa vorresti dire, Uno in più Marco Sabiu: synclavier, tastiera Stefano Fariselli: sax Singoli Dall'album fu estratto il singolo sanremese Uno di noi. Collegamenti esterni
Baywatch Nights è lo spin-off del telefilm Baywatch trasmesso dalla rete syndication dal 1995 al 1997, per un totale di 44 episodi suddivisi in due stagioni, in contemporanea della sesta e settima stagione della serie madre. L'episodio pilota della serie avviene nel corso della quinta stagione della serie madre con l'episodio 11 e 12. Trama Mitch Buchannon, il tenente dei guardaspiaggia di Baywatch, oltre al suo lavoro, decide di intraprendere la professione di detective privato, iniziando ad indagare su crimini connessi a volte con il suo lavoro di guardaspiaggia. Insieme al suo amico e poliziotto Garner Ellerbee (Gregory Alan Williams) e la detective Ryan McBride (Angie Harmon), Mitch apre un'agenzia investigativa aiutato da Destiny Desimone (Lisa Stahl) conosciuta negli episodi di Baywatch "4x09 Uomo di ferro - 5x09 Vento caldo", Madonna (Denise Bella-Vlasis) e da Lou Raymond (Lou Rawls). Dall'undicesimo episodio entrano nel cast Donna Marco interpretata da Donna D'Errico e Griff Walker interpretato da Eddie Cibrian. Nella seconda stagione, a causa degli ascolti poco soddisfacenti della prima, i produttori hanno deciso di orientare la serie verso un genere fantascientifico. Così entra nel cast Diamont Teague interpretato da Dorian Gregory, un esperto del paranormale. Successivamente il personaggio di Donna Marco entra nel cast della originale Baywatch. Tra le guest star troviamo molti attori e attrici di Baywatch come Billy Warlock nel ruolo di Eddie Kramer, Yasmine Bleeth in quello di Caroline Holden, Michael Newman nel ruolo di Mike "Newmie" Newman e Carmen Electra in quello di Candy. Successivamente Carmen Electra entrò nel cast della serie madre nel ruolo di Lani McKenzie. Episodi Note Collegamenti esterni N Serie televisive spin-off
La battaglia di Tavolara fu uno scontro navale, avvenuto al largo delle coste sarde, che vide confrontarsi le flotte delle due potenti repubbliche marinare di Genova e Pisa. Antefatti Entrambe le due nazioni, che traevano grandi profitti dall'attività mercantile, avevano conosciuto durante tutto il XII ed XIII secolo uno sviluppo sia economico che demografico, con la conseguente nascita di rivalità, già sfociate nel 1165 in guerra. Fu a causa della conflittualità causata da questioni puramente commerciali che nell'agosto del 1282 una flotta ligure di 70 galee si spinse sino alle coste d'innanzi a Porto Pisano; in uno stato di guerra non conclamato ma di ostili manovre militari, anche i toscani mossero le proprie navi sino al Golfo di Genova, scagliando «frecce ghierate d'argento» e «pietre coperte di scarlatto rosso» sulle banchine. I liguri, intenzionati a porre fine all'arrogante presunta superiorità pisana, diedero dunque inizio alla costruzione di numerose galee, istruendosi nell'arte del combattimento navale, precedentemente a loro sconosciuta a causa del frequente utilizzo di mercenari. Intanto i toscani, con il medesimo scopo, rinnovarono la preziosa alleanza con Venezia ed allestirono una flotta, al cui capo fu posto il conte Fazio della Gherardesca. Scontro L'ammiraglio pisano, investito per l'occasione del titolo di «capitano generale di guerra», mosse dunque verso le coste galluresi -tassello preziosissimo del commercio mediterraneo- scortato da 24 o 34 galee, capitanate da Guido Jacia o da Simone Zaci. Al largo di Tavolara, forse per un errore di manovra o per avversità climatiche, la nave ammiraglia del conte si trovò a fronteggiare una flotta ligure con a capo Arrigo De Mari e Morovello Malaspina. Lo scontro, che vide i pisani in netta superiorità numerica, terminò tuttavia con una loro sconfitta, seguita dalla cattura di oltre millecinquecento prigionieri e gran parte delle galee toscane. Conseguenze L'onta percepita in madrepatria a seguito della sconfitta portò alla deposizione del podestà in carica, Gherardo Castelli, ed alla sua sostituzione con il veneziano Alberto Morosini, nobile di gran prestigio e capacità militari. Il desiderio di rivincita portò le consorterie ad armare per proprio conto una consistente quantità di galee da guerra: 11 i Lanfranchi, 6 i Caetani, i Gualandi ed i Lei, 5 gli Upezzinghi, 4 gli Orlandi, 3 i Sismondi e i Visconti. Tuttavia, nonostante l'imponente sforzo bellico, la guerra terminò con un'altra e ben peggiore disfatta, la Battaglia della Meloria, la quale segnò l'inizio della lunga decadenza della repubblica dell'Arno. Note Bibliografia Guerre che coinvolgono la Repubblica di Pisa Battaglie medievali che coinvolgono l'Italia Battaglie navali che coinvolgono la Repubblica di Genova Battaglie navali che coinvolgono la Repubblica di Pisa
Biografia Nacque a Grumo Appula, provincia di Bari, il 17 marzo 1912. All'età di diciotto anni si arruolò volontario nel Regio Esercito, assegnato in servizio al 10º Reggimento fanteria "Regina" e il 21 febbraio 1918 era mandato in zona di operazioni. Munito del titolo richiesto volle frequentare, nell'aprile successivo, il corso allievi piloti nella Scuola aeronautica di Caserta. Rimandato per inidoneità fisica, nel mese di agosto si presentò ai corsi allievi ufficiali di complemento di Modena e nel gennaio 1919 era nominato sottotenente. Posto in congedo il 15 giugno 1919, fu richiamato in servizio a domanda l'anno seguente e il 12 luglio 1920 era promosso tenente. Nel luglio 1923, entrato per concorso alla Regia Accademia Militare di Fanteria e Cavalleria di Modena, ne usciva dopo pochi mesi con il grado di tenente in servizio permanente effettivo, assegnato al 79º Reggimento fanteria "Roma". Dietro sua domanda nel 1927 fu poi trasferito nel Regio corpo truppe coloniali della Cirenaica dove rimase per circa due anni. Al suo rientro in Patria fu destinato alla Accademia militare di Modena in qualità di aggiunto. Nel gennaio 1932 passò alla Scuola di osservazione aerea di Grottaglie frequentandovi il corso di osservatore dall'aeroplano. Veniva poi trasferito al 29º Stormo e nel febbraio 1933 era comandato in servizio di volo quale osservatore presso la 87ª Squadriglia. Il 16 ottobre 1935 partiva da Napoli al seguito della 6ª Divisione CC.NN. "Tevere" sbarcando a Mogadiscio quattordici giorni dopo. Partecipò alle operazioni belliche durante il corso della guerra d'Etiopia, venendo insignito della medaglia d'argento al valor militare. Su ordine del generale di brigata Ettore Faccenda, lui e il tenente osservatore Fortunato Cesari decollarono alle ore 9 dell'8 novembre 1936 con un velivolo IMAM Ro.37 della 108ª Squadriglia per aiutare le truppe della colonna Geloso dirette al centro di Gimma (allora contava circa 5.000 abitanti). Un nucleo di ribelli aprì il fuoco contro il velivolo che, forse perché colpito al serbatoio del carburante, dovette fare un atterraggio di fortuna fra alcuni nuclei ribelli. I resti dei corpi dei due aviatori e di alcuni frammenti dell'aereo vengono recuperati dalla colonna Geloso ed in seguito collocati in un piccolo monumento ai piedi dell’alzabandiera del campo di Irgalem. Alla loro memoria fu concessa la medaglia d'oro al valor militare. Onorificenze Note Annotazioni Fonti Bibliografia Collegamenti esterni Medaglie d'oro al valor militare Medaglie d'argento al valor militare Ufficiali del Regio Esercito Militari italiani della prima guerra mondiale
Castrocielo è un comune di abitanti della provincia di Frosinone nel Lazio, che ricade nell'area storica nota come Alta Terra di Lavoro e nella valle Latina. Geografia fisica Territorio Si trova sui , delle ultime propaggini del massiccio del Monte Cairo, che si affacciano sulla piana della valle del Liri. Il territorio comunale, per la maggior parte compreso nella valle, si presenta pianeggiante e fortemente antropizzato per la secolare attività agricola. Diventa collinare in prossimità del massiccio, raggiungendo i 732 metri con la vetta del monte Castrocielo. Nel territorio comunale scorre il ruscello Le forme d'Acquino, che si origina sui versanti del monte Cairo e confluisce nel Liri tra Pontecorvo e San Giorgio a Liri. Clima Classificazione climatica: zona D, Storia Le origini di Castrocielo risalgono alla fine del VI secolo d.C., quando gruppi di famiglie Aquinati, dopo la distruzione della loro città ad opera dei Longobardi, si ridussero ad abitare sulla sommità del Monte Asprano. Il luogo era stato chiamato, sia per l'altezza del sito che per la presenza di fortificazioni, Castrum Coeli (lat. castrum, "fortezza", e coelum, "cielo"). Quando nel 994 il ventottesimo abate di Montecassino Mansone, che da poco aveva avuto il possesso del territorio, salì sulla montagna per erigervi fortificazioni, vi trovò «nonnulla veterum… aedificia» e diede inizio alla costruzione di un nuovo castrum, in un primo tempo interrotta per mancanza di acqua. Normalmente si fa risalire a lui la fondazione di Castrocielo, fissata all'anno 996. Nonostante la posizione arroccata e le difficili condizioni del luogo, e anche delle numerose scorrerie dei saraceni che continuavano ad affliggere la valle del Liri, il pagus si estese sempre più, fino a raggiungere il massimo intorno al 1020-1030. Terminate le incursioni, la popolazione cominciò a scendere a valle in cerca di condizioni di vita più agevoli e di terre da coltivare. Una parte scese a nord-est fondando il paese di Colle San Magno con la frazione di Cantalupo; un'altra nella valletta a sud, formando due abitati: uno, più grande, sulle pendici del monte Asprano, a nord di un fossato presente nella valletta, cui fu dato il nome Palazzolo in virtù dei resti di un palacium, ora identificato con una delle ville di epoca romana che sorgevano sulla via Casilina; a sud dello stesso fossato, accanto ad un piccolo monastero femminile benedettino, la cui presenza era documentata sin dal 1134, sorse un abitato più piccolo, cuhiamato Campo. Già nel 1603 erano rimaste sulla montagna solo 12 famiglie, che presto scesero a valle. Il nome del paese col tempo fu modificato in Castro Cielo Palazzolo o Palazzolo di Castrocielo; tale denominazione è tuttora richiamata dalle lettere "C C P" presenti nello stemma del comune. Per tutto il medioevo Castrocielo fu conteso fra l'abbazia di Montecassino e i conti di D'Aquino. Negli eventuali vuoti di potere fu posseduto anche da fedelissimi dei sovrani che si alternarono nel dominio della zona. Nel 1583 Castrocielo fu acquistato dai Boncompagni, che mantennero il feudo fino al 1796, quando passò sotto il controllo regio. In seguito alla Spedizione dei Mille (1860) e con la nascita del Regno d'Italia (17 marzo 1861) Castrocielo entrò a far parte dello Stato Italiano. Originariamente nella provincia di Caserta, nel 1927 venne attribuito alla neofondata provincia di Frosinone. L'attuale nome di Castrocielo fu attribuito definitivamente al paese da un Regio decreto di Umberto I, controfirmato dal guardasigilli Zanardelli, emesso a S. Anna di Valdieri il 16 agosto 1882, nel quadro di un riordino delle denominazioni dei comuni italiani, ed entrò in vigore il 1º settembre . Come molti paesi dell'Italia centro-meridionale, Castrocielo ha conosciuto una forte emigrazione, sia verso l'estero che verso il nord Italia. Durante l'occupazione tedesca nel corso della Seconda guerra mondiale (luglio 1943 – maggio 1944), Castrocielo e la sua popolazione hanno sofferto soprusi e devastazioni di ogni genere, data la vicina alla linea Gustav (meno di ); circa il 50% degli edifici venne danneggiato. Le colline e le montagne intorno al paese fungevano da rifugio a molti civili inermi. Simboli Lo stemma e il gonfalone sono stati concessi con decreto del presidente della Repubblica del 7 ottobre 1976. Le iniziali C C P ricordano l'antico nome di Castro Cielo Palazzolo. Il gonfalone è un drappo troncato di bianco e di rosso. Onorificenze Il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, con decreto del 10 marzo 2004, ha concesso l'alta onorificenza della Medaglia d'argento al merito civile, da lui personalmente apposta sul gonfalone il 15 marzo 2004, a Cassino, in occasione del 60º anniversario della distruzione di Montecassino ad opera degli alleati. Monumenti e luoghi d'interesse Architetture religiose Santuario dedicato a Santa Lucia "Monacato", antico convento delle monache benedettine sito nella frazione di Villa Euchelia con annesso Criptortico Chiesa di San Rocco Chiesa della Madonna di Castrocielo sul Monte Asprano Chiesa Madonna di Loreto Chiesa Madonna dei Sette Dolori Aree naturali Laghetto di Capodacqua Siti archeologici Monacato di Villa Eucheria e Borgo Villa Euchelia Scavi dell'antica città di Aquinum Museo Comunale Società Evoluzione demografica Religione La popolazione professa per la maggior parte la religione cattolica nell'ambito della diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo Tradizioni e folclore Palio delle Contrade, agosto. Festa di Santa Lucia, 13 dicembre Rappresentazione della Passione Vivente, venerdì Santo Per i Vicoli di Castrocielo, percorso enogastronomico in settembre Natale Ciociaro, presepe in costume ciociaro Cultura Istruzione Biblioteche Sistema Bibliotecario Valle dei Santi Economia Di seguito la tabella storica elaborata dall'Istat a tema Unità locali, intesa come numero di imprese attive, ed addetti, intesi come numero di addetti delle imprese locali attive (valori medi annui). Nel 2015 le 232 imprese operanti nel territorio comunale, che rappresentavano lo 0,69% del totale provinciale ( imprese attive), hanno occupato 788 addetti, lo 0,74% del dato provinciale; in media, ogni impresa nel 2015 ha occupato poco più di tre addetti (3,4). Industria L'attività industriale di Castrocielo è stata, per lungo tempo, connessa alla produzione di sapone per la Scala. Nel 2003 il gruppo Deco Industrie acquista lo stabilimento e il marchio. Nel 2010 lo stabilimento viene chiuso, attualmente ė adibito a complesso industriale per aziende medio-piccole. Nel 2015, la multinazionale Nestlé ha aperto un nuovo stabilimento per la produzione di acqua minerale a marchio Nestlè vera poi ceduto al gruppo Quagliuolo. Agricoltura Castrocielo rientra nella zona di produzione della mozzarella di bufala campana. Infrastrutture e trasporti Strade Castrocielo è servita dall'Autostrada A1, che attraversa il territorio comunale, tramite l'uscita Castocielo - Pontecorvo. La strada provinciale 628 Leuciana (SP 628) collega Castrocielo a Pontecorvo. Ferrovie La più vicina stazione ferroviaria è quella di Roccasecca, posta sulla ferrovia Roma-Cassino-Napoli e origine della linea per Avezzano. Amministrazione Nel 1927, a seguito del riordino delle circoscrizioni provinciali stabilito dal regio decreto n. 1 del 2 gennaio 1927, per volontà del governo fascista, quando venne istituita la provincia di Frosinone, Castrocielo passò dalla provincia di Caserta a quella di Frosinone. Altre informazioni amministrative Fa parte della Comunità montana Valle del Liri. Sport A.S.D. Castrocielo Calcio è la locale squadra di calcio. Note Bibliografia generale Notizie storiche su Castrocielo, Bernardo Bertani, 2000 Il Lazio paese per paese, ed. Bonechi, Firenze, 1992 Altri progetti Collegamenti esterni
Phyxioschema è un genere di ragni appartenente alla famiglia Euagridae. Distribuzione Le 9 specie oggi note sono state reperite in Asia: ben sei sono endemiche della Thailandia; delle altre 3 specie, la P. raddei e la P. roxana, sono state rinvenute in alcune località dell'Asia centrale; la P. gedrosia, in Iran. Tassonomia Considerato un sinonimo anteriore di Afghanothele Roewer, 1960b, descritto sugli esemplari di A. lindbergi Roewer, 1960, a seguito di un lavoro di Raven del 1985a. Attualmente, a dicembre 2020, si compone di 9 specie: Phyxioschema erawan Schwendinger, 2009 — Thailandia Phyxioschema eripnastes Schwendinger, 2009 — Thailandia Phyxioschema gedrosia Schwendinger & Zamani, 2018 — Iran Phyxioschema huberi Schwendinger, 2009 — Thailandia Phyxioschema raddei Simon, 1889 — Asia centrale Phyxioschema roxana Schwendinger & Zonstein, 2011 — Uzbekistan, Tagikistan Phyxioschema sayamense Schwendinger, 2009 — Thailandia Phyxioschema spelaeum Schwendinger, 2009 — Thailandia Phyxioschema suthepium Raven & Schwendinger, 1989 — Thailandia Note Bibliografia Simon, 1889 - Arachnidae transcaspicae ab ill. Dr. G. Radde, Dr. A. Walter et A. Conchin inventae (annis 1886-1887). Verhandlungen der kaiserlich-königlichen zoologisch-botanischen Gesellschaft in Wien, vol.39, p. 373-386 (Articolo originale). Raven, R.J., 1985a - The spider infraorder Mygalomorphae (Araneae): Cladistics and systematics. Bull. Am. Mus. nat. Hist. n.182, p. 1-180 Raven, R.J. & P.J. Schwendinger, 1989 - On a new Phyxioschema (Araneae, Mygalomorphae, Dipluridae) from Thailand and its biology. Bull. Br. arachnol. Soc. vol.8, p. 55-60 Schwendinger, P.J. 2009a - A taxonomic revision of the genus Phyxioschema (Araneae, Dipluridae), I: species from Thailand. Zootaxa n.2126, p. 1-40 Schwendinger, P.J. & S.L. Zonstein - A taxonomic revision of the genus Phyxioschema (Araneae, Dipluridae), II: species from central Asia. Zootaxa n.2815, p. 28-48. Altri progetti Collegamenti esterni Euagridae Taxa classificati da Eugène Simon
Le qualificazioni del singolare maschile del Japan Open Tennis Championships 1999 sono state un torneo di tennis preliminare per accedere alla fase finale della manifestazione. I vincitori dell'ultimo turno sono entrati di diritto nel tabellone principale. In caso di ritiro di uno o più giocatori aventi diritto a questi sono subentrati i lucky loser, ossia i giocatori che hanno perso nell'ultimo turno ma che avevano una classifica più alta rispetto agli altri partecipanti che avevano comunque perso nel turno finale. Le qualificazioni del torneo Japan Open Tennis Championships 1999 prevedevano 19 partecipanti di cui 7 sono entrati nel tabellone principale. Teste di serie Rogier Wassen (ultimo turno) Brian MacPhie (Qualificato) Wayne Arthurs (Qualificato) Petr Luxa (ultimo turno) Michael Hill (Qualificato) Michael Sell (Qualificato) Mark Knowles (Qualificato) David DiLucia (ultimo turno) Yaoki Ishii (ultimo turno) Paradorn Srichaphan (Qualificato) Scott Humphries (ultimo turno) Kotaro Miyachi (ultimo turno) Takahiro Terachi (primo turno) Jeff Salzenstein (primo turno) Qualificati Radek Štěpánek Brian MacPhie Wayne Arthurs Paradorn Srichaphan Michael Hill Michael Sell Mark Knowles Tabellone Sezione 1 Sezione 2 Sezione 3 Sezione 4 Sezione 5 Sezione 6 Sezione 7 Collegamenti esterni Japan Open Tennis Championships 1999 ATP Tour 1999
Nowy Świat (o Ulica Nowy Świat, letteralmente "via Nuovo mondo") è un'importante strada del centro di Varsavia. Comprende parte della "Strada Reale" (Trakt królewski), antica via che conduceva, da nord verso sud, dalla Città Vecchia alla residenza reale di Wilanów. Più precisamente l'estremità settentrionale di Nowy Świat inizia dove termina il Krakowskie Przedmieście, vicino al monumento di Niccolò Copernico, di fronte a Palazzo Staszic e a pochi metri dalla Chiesa di Santa Croce. Interseca poi ulica Świętokrzyska (Via Santa Croce) e Aleje Jerozolimskie (Corso Gerusalemme). Alla sua estremità meridionale, a plac Trzech Krzyży ("Piazza delle tre croci"), Nowy Świat si trasforma nell'elegante Aleje Ujazdowskie (Corso Ujazdów), che si trasforma in ulica Belwederska (Via Belweder) e poi diviene ulica Sobieskiego (via Sobieski) mentre continua a correre verso sud, arrivando infine a Wilanów. Storia Fino al XVI secolo, Nowy Świat era una strada principale che conduceva a numerosi palazzi nobiliari e villaggi a sud di Varsavia. Il nome attuale della via fu coniato nel XVII secolo, dopo che la città aveva cominciato a crescere considerevolmente (c.1640). Alla fine del XVIII secolo, i terreni lungo Nowy Świat erano diventati densamente urbanizzati, in gran parte occupati da palazzi in legno. Erano state inserite cunette e la strada stessa era pavimentata con ciottoli. Nel periodo napoleonico, Varsavia crebbe ulteriormente e Nowy Świat fu ricostruita quasi completamente. Le case in legno lasciarono il posto a edifici neoclassici in pietra e mattoni, per lo più a tre piani. Alla fine del XIX secolo gli edifici erano stati ampliati e Nowy Świat era diventata una delle principali vie commerciali di Varsavia. Era anche una delle strade più trafficate, con numerosi negozi e ristoranti che attraevano cittadini di Varsavia e turisti. All'inizio del XX secolo, quasi tutte le tracce di architettura neoclassica erano andate perdute e nuovi edifici erano stati eretti, perlopiù in stile art nouveau. Durante la rivolta di Varsavia (agosto-ottobre 1944), Nowy Świat fu quasi completamente distrutta.. Alla fine della guerra fu deciso di ricostruire la strada ma poiché ripristinare l'architettura pre-conflitto di stile liberty sarebbe stato proibitivo, si ritornò al suo aspetto del XIX secolo. La ricostruzione della strada dopo la guerra fu diretta dall'architetto Zygmunt Stępiński. Oggi, Nowy Świat vanta numerosi negozi, ristoranti e caffetterie. Note Altri progetti Collegamenti esterni Nowy Świat nel XIX secolo Nowy Świat in Google Map Varsavia Strade urbane della Polonia
Il batik è una tecnica usata per colorare i tessuti e altri oggetti come i vasi, mediante la copertura delle zone che non si vogliono tinte tramite cera o altri materiali impermeabilizzanti: argilla, resina, paste vegetali, amido. Il termine deriva dalle parole indonesiane amba (scrivere) e titik (punto, goccia), col significato ciò che si disegna, l'azione dell'artista per realizzarlo è detta membatik. Storia Non si conosce il momento della scoperta delle tecniche di tintura a riserva, che probabilmente nascono da errori casuali nella tintura dei tessuti, dove macchie di grasso o di cera impediscono al colore del bagno di tintura di penetrare o in quella delle matasse dove i lacci legati troppo stretti lasciano delle righe non tinte sul filato. I primi ritrovamenti di frammenti di lino provengono dall'Egitto e risalgono al IV secolo, sono bende per le mummie che venivano imbevute di cera poi graffiata con uno stilo appuntito, tinte con una mistura di sangue e cenere venivano lavate con acqua calda per eliminare la cera. In Asia questa tecnica era praticata in Cina durante la dinastia T'ang (618-907), in India e in Giappone nel periodo Nara (645-794). In Africa era originariamente praticato dalle tribù Yoruba in Nigeria, Soninke e Wolof in Senegal. Strettamente legato in Indonesia all'uso in cerimonie rituali con altre tecniche a riserva come l'ikat e il Plangi (Giava, Bali), ha raggiunto grande raffinatezza tecnica ed elaborato una complessa iconografia. In Europa la tecnica viene descritta per la prima volta nella Storia di Giava pubblicata a Londra nel 1817 da Sir Thomas Stamford che fu governatore dell'isola. Nel 1873 il mercante olandese Van Rijekevorsel fa dono dei pezzi da lui raccolti in un viaggio in Indonesia al museo etnografico di Rotterdam. Esposto all'esposizione universale di Parigi del 1900 il batik indonesiano riscuote successo presso il pubblico e comincia ad influenzare il gusto degli artisti. Resiste come oggetto d'artigianato alla globalizzazione e all'industrializzazione che ha introdotto, imitando attraverso tecniche automatizzate di stampa, i disegni e le caratteristiche estetiche proprie della sua lavorazione manuale. Il batik a Giava Diffuso sull'isola in modo fiorente già nel XVII secolo secondo lo studioso R.P. Rouffaer vi fu introdotto nel V secolo da mercanti provenienti da Ceylon e dal sud dell'India. La sua storia è strettamente legata allo sviluppo della vita sociale, economica, religiosa sull'isola. Inizialmente riservato alle donne nobili, da privilegio aristocratico divenne costume nazionale, diffuso in tutto l'arcipelago indonesiano. Diventa il linguaggio attraverso cui si esprime la filosofia giavanese, fortemente simbolica, che ispira tutta la vita anche nei più piccoli particolari. Viene usato come mezzo di comunicazione, negli abiti con disegni, colori e fogge specifiche per ogni uso, classe o rango. I tessuti batik sono presenti, con forti valenze simboliche, nei riti e nei momenti salienti come: il matrimonio, la circoncisione, la malattia, la procreazione. Eseguito a mano come pezzo unico chiamato tulis diviene di maggior diffusione all'inizio del XIX secolo con l'invenzione del tjap stampo costruito con sottili lamelle di rame che immerso nella cera permette di riportare una porzione del disegno sul tessuto. Caratteristica del batik indonesiano è quella di essere cerato su entrambi i lati, non ha quindi un diritto, se impreziosito con foglia d'oro prende il nome di Prada. Disegni tradizionali Cemurikan: disegno con dei raggi. Kawung: simbologia numerica legata al numero quattro, rappresenta il frutto di palma da zucchero. Gringsing: a scaglia di pesce. Nitik: imita un tessuto indiano con piccoli punti quadrati. Parang rusak: spada spezzata, riservato ai principi, nobili e ufficiali. Sawat: rappresenta le ali di un uccello mitico il Garuda, è simbolo di potere. Senen: bocciolo, ripete continuamente i simboli dell'energia che anima il cosmo: alberi, casa, vento, terra, viticci e animali. Udan liris: pioggia leggera, segni minuti tracciati tra linee diagonali, simbolo di fertilità legato alla terra. Tambal: patchwork di triangoli tutti con disegno differente. Supporti Il materiale su cui si esegue tradizionalmente il batik è una stoffa leggera, generalmente tessuta con filato sottile e regolare, che permetta una precisa realizzazione del disegno, modernamente viene realizzato anche su carta. Le fibre che compongono il tessuto devono accettare bene i coloranti, le migliori sono quelle naturali tra cui le più comunemente usate sono seta, cotone, lino, solo alcune fibre artificiali sono utilizzabili la viscosa e il rayon. Impermeabilizzanti Il materiale comunemente usato è la cera, per le sue caratteristiche di penetrazione nel tessuto, velocità di asciugatura e facilità di applicazione e successiva rimozione, paraffina, cera d'api, cere sintetiche, resine, vengono spesso miscelate con una piccola aggiunta di grasso o olio di cocco se si vuole evitarne la rottura. Nel passato o ancora in alcuni paesi per disponibilità dei materiali vengono utilizzati: l'argilla, l'amido e la pasta di cassava in Africa; i semi di arachide impastati con la calce in Giacarta; la colla ricavata dal riso in Giappone; la pasta di riso a Giava; la resina, le paste vegetali e il formaggio di soia in Cina. Tecnica Dopo la preparazione del disegno si applica la cera sciolta sulle parti che non si vogliono colorare in modo che questa, penetrando tra le fibre del tessuto, le impermeabilizzi impedendo al colore di aderirvi; si utilizza un attrezzo chiamato canting (tjanting), un piccolo serbatoio metallico dotato di manico per impugnarlo e di un beccuccio che fa uscire la cera, si possono usare anche pennelli, stampi in metallo (cap o tjap), stecchi di legno, blocchetti muniti di aghi (complongan) o canting con più beccucci a seconda dell'effetto che si vuole ottenere. Quando la cera si è asciugata si procede alla tintura immergendo il lavoro in una vasca che contiene il bagno di tintura. Segue il risciacquo e l'asciugatura. Poi la cera viene eliminata con il calore, mettendo il tessuto tra strati di carta (giornali) e passando un ferro caldo per sciogliere la cera che viene assorbita dalla carta. Per ottenere batik policromi si ripete il procedimento per ogni tinta con una nuova applicazione di cera e un nuovo bagno di colore. Di solito i batik, specialmente quelli del Kenya, raffigurano scene di vita quotidiana (come scene di mercato, di caccia o di pastorizia) ed i colori sono quelli che richiamano alla terra e alla natura (come il nero, il marrone, il verde scuro o il giallo). Bibliografia Nadia Nava, Il batik - Ulissedizioni - 1991 ISBN 88-414-1016-7 Voci correlate Tintura Ikat Altri progetti Cultura materiale Tintura Abbigliamento indonesiano
Palazzo Morettini è un palazzo del centro storico di Locarno in via Cappuccini 12, oggi sede della Biblioteca Cantonale. Storia Il palazzo è stato costruito intorno al 1709 dall'architetto di Cerentino Pietro Morettini. Più celebre come architetto militare, fra i suoi progetti abbiamo il rinforzo delle mura di varie città sia francesi, come Besançon e Landau, sia olandesi come Bergen op Zoom. Ma s'interessò anche d'ingegneria civile e fu suo il progetto della galleria nella gola della Schöllenen, sul lato nord del passo del San Gottardo in Valle di Orsera, la prima in assoluto dell'arco alpino. In materia di architettura civile fece il palazzo di famiglia, definito "sontuoso", in "virtù del rango raggiunto e della fama che l'accompagna" che si trova appunto al centro di Locarno, sua ultima abitazione. Purtroppo non abbiamo i disegni dell'originaria architettura perché agli inizi del XIX secolo è stato ampiamente modificato. Fu infatti allargato per volere dell'omonimo discendente dell'architetto svizzero. Anche la struttura degli edifici prospicienti è stata manomessa per creare la piazzetta antistante. Descrizione Oggi Palazzo Morettini si presenta con una curiosa forma trapezoidale, fatta per mantenere sulla strada la facciata in stile neoclassico, probabilmente derivata dall'originario progetto settecentesco. Il palazzo si sviluppa su tre piani, con due ali laterali che delimitano il giardino interno. Il pianterreno è di finto bugnato. La strutturazione odierna si deve a due interventi ottocenteschi. Il primo, del 1854 del locarnese Giuseppe Franzoni. Mentre un intervento posteriore, nel 1878, è dell'architetto Francesco Galli. Interni Le sale interne contengono un bel ciclo decorativo opera di Giovanni Antonio Vanoni in stile neorococò (1870), particolarmente interessante quello del Salone grande che raffigura le Quattro Stagioni, anche gli affreschi delle volte e dello scalone sono attribuiti allo stesso pittore. Nel 1946 Palazzo Morettini diventa sede di un convento di clausura di monache dell'Ordine Carmelitano, ma che nel 1976 vengono trasferite altrove e il palazzo, acquisito dalle autorità cittadine, viene adibito, nel 1979 a Biblioteca Cantonale, recuperando gli ampi spazi che servono anche per conferenze e mostre itineranti oltre ad essere una delle sedi dove si svolgono i lavori del Festival internazionale del film di Locarno. Galleria d'immagini Note Bibliografia Virgilio Gilardoni, I monumenti d'arte e di storia del Canton Ticino, Vol. 1, Locarno e il suo circolo, Birkhauser Verlag, Basel, 1972. Marino Viganò, Petrus Morettinus tribunus militum. Un ingegnere militare locarnese al servizio estero Pietro Morettini (1660-1737), Casagrande, 2007. Voci correlate Giovanni Antonio Vanoni Pietro Morettini Altri progetti Palazzi della Svizzera Architetture di Locarno
L'Aston Martin V8 Vantage è una Gran Turismo ad alte prestazioni prodotta dal 1977 al 1989 dalla casa automobilistica britannica Aston Martin derivata dalla contemporanea V8 in 534 esemplari, di cui 342 in versione Saloon e 192 in versione cabriolet Volante. È considerata comunemente la prima vera supercar britannica e si differenzia dalla V8 standard per la potenza del motore notevolmente aumentata e per la presenza di un diverso kit aerodinamico. L'allestimento Vantage venne reso disponibile anche sulla cabriolet V8 Vantage Volante. Nel corso degli anni la Aston Martin ha combinato diverse varianti di carrozzeria e motore creando una varietà di serie speciali che sono state costruite in piccola serie o rimasti pezzi unici. La V8 Vantage è anche la base tecnica dell'esclusiva Aston Martin V8 Zagato che ha una carrozzeria realizzata, appunto, dalla Zagato. La genesi L'Aston Martin V8 Vantage è la versione ad alte prestazioni della V8 standard, l'unico modello Aston Martin in produzione in quel momento, e ne riprende, sia pur modificate, la carrozzeria e la meccanica, compreso il motore ad otto cilindri a V progettato da Tadek Marek. Il termine inglese Vantage viene usato tradizionalmente dalla Aston Martin dai tempi della DB2 per le rispettive versioni potenziate dei propri modelli. L'unica eccezione è rappresentata dall'Aston Martin Vantage del 1972, in cui erano le versioni dotate del vecchio motore a sei cilindri in linea, quindi meno potenti e veloci delle coeve V8, ad essere nominate così. Nacque per dare una svolta al destino della casa inglese dopo le difficoltà finanziarie e il salvataggio, nel 1976, da parte di una nuova proprietà guidata da Alan Curtis. Il nuovo direttore generale spinse per un ampliamento della gamma con delle nuove varianti della V8, che includevano una versione sportiva, la Vantage, una decappottabile, la Volante, e una berlina, la Lagonda. La prima ad essere presentata nella primavera del 1977 fu la V8 Vantage ad alte prestazioni perché la più veloce da realizzare; in pratica fu una versione aggiornata dentro e fuori della V8 più che un nuovo modello a sé stante. All'inizio era previsto solo un kit di elaborazione Vantage con cui i tecnici di Aston Martin Works avrebbero modificato le V8 standard su richiesta dei clienti tuttavia, a causa di una richiesta inaspettatamente elevata, Aston Martin decise di trasformare il kit di elaborazione in un modello costruito direttamente in fabbrica e venduto come V8 Vantage. Al momento del lancio alcuni giornalisti specializzati la ritennero la prima supercar britannica e per questo le assegnarono l'arduo confronto con Lotus Esprit Turbo SE, Porsche 928 S4, Ferrari Testarossa e Lamborghini Countach. La produzione della V8 Vantage si articolò in tre serie e terminò come quella della V8 nel 1989 con l'introduzione della nuova Virage, di cui venne lanciata una versione Vantage nel 1992. Meccanica e carrozzeria Meccanica L'Aston Martin V8 Vantage monta lo stesso motore in alluminio otto cilindri a V di 90° che alimenta la V8 standard con cilindrata invariata di 5341 cm³ (alesaggio × corsa: 100 × 85 mm). Ogni bancata dei cilindri ha due alberi a camme in testa che controllano le valvole di aspirazione e scarico, 2 per cilindro. Rispetto al motore V8 standard le valvole di aspirazione e scarico del motore Vantage sono più grandi e gli alberi a camme hanno un profilo più spinto mentre i pistoni sono stati progettati e realizzati dal costruttore di motori di F1 Cosworth. Vennero modificati anche il sistema di scarico, più libero, e l'impianto di alimentazione, adottando dei carburatori Weber doppio corpo 48 IDF D2/100 più grandi che la V8 Vantage mantenne fino al 1989, quando la V8 standard era già passata all'iniezione nel 1986. La casa affermò che la potenza del motore Vantage era aumentata di circa il 40% e la coppia del 10% rispetto a quella di un V8 standard, nell'ordine di 430 CV, anche se non vennero resi noti valori precisi. Le misure del TÜV, la motorizzazione tedesca, arrivarono tuttavia a soli 380 CV. Nel 1986 Aston Martin aumentò la potenza fino a 417 CV e addirittura a 438 CV a richiesta. Inizialmente la V8 Vantage venne offerta solo con un cambio manuale ZF a 5 marce escludendo l'automatico a tre velocità Chrysler Torqueflite anche dalla lista degli optional. Solo nel 1986 venne offerta a richiesta la trasmissione automatica anche se, già nel 1978, almeno una Vantage era stata dotata di cambio automatico su ordine speciale del cliente. Il telaio della V8 Vantage corrisponde sostanzialmente a quello del V8 normale tuttavia l'auto risulta più bassa a causa delle sospensioni ribassate. Vennero installate molle più rigide, ammortizzatori regolabili Koni e i dischi dei freni autoventilanti ingranditi. La Aston Martin V8 Vantage era equipaggiata di serie con pneumatici superibassati 255/60 VR15, i cerchi di serie passarono a 16" nel 1986. Su richiesta speciale del cliente erano disponibili anche pneumatici più larghi. Carrozzeria Stilisticamente la V8 Vantage corrisponde alla V8 normale con la scocca, i vetri e le parti strutturali in lamiera della coupé disegnata da William Towns ma con i pannelli esterni realizzati a mano in fogli di alluminio dalla Aston Martin. Gli stampi in legno sono stati forniti da Woodmasters, la stessa ditta che aveva anche prodotto le presse utilizzate dalla Aston Martin per realizzare le parti in acciaio del telaio a piattaforma. Le modifiche esterne della Vantage riguardano principalmente dei dettagli, che però rendevano l'auto molto più sportiva.Sul frontale i modelli V8 Vantage sono dotati di un grande spoiler in plastica rinforzato con fibra di vetro con prese d'aria multiple e la griglia del radiatore tipica del modello è chiusa con una copertura verniciata in tinta con la carrozzeria con due fanali supplementari aggiuntivi. Nei primi cinque esemplari si trattava di piccoli fari Cibié montati a filo che furono sostituiti nel 1977 da unità Lucas più grandi a causa della scarsa luminosità. Il raffreddamento era comunque garantito dall'apertura maggiorata sotto il paraurti. L'azione combinata dello spoiler e della griglia coperta riduceva la resistenza aerodinamica di circa il 10% rispetto alla V8 standard. La presa d'aria sul cofano venne chiusa e sostituita con un rigonfiamento per alloggiare i carburatori, la copertura in plexiglas sui carburatori vista sul prototipo non arrivò alla produzione in serie, ma la vettura mantenne il rigonfiamento anche dopo il 1986 quando sulle V8 standard il cofano venne spianato. Gli pneumatici maggiorati richiesero passaruota svasati e codolini ulteriormente allargati. Sul cofano del bagagliaio venne applicato uno spoiler posteriore la cui forma cambiò nel corso degli anni. Queste peculiarità del design sono comunemente associate alle V8 Vantage, ma non si trovano su tutte le auto prodotte. Infatti ogni Vantage era unica e realizzata secondo le esigenze del cliente. Così vennero create molte Vantage la cui apertura del radiatore è aperta come sulle V8 standard. Oltre alle preferenze dei clienti, ciò potrebbe anche avere ragioni tecniche: ad esempio, Aston Martin raccomandava di lasciare aperta la griglia per le auto consegnate in regioni molto calde. Lo stesso vale per le prese d'aria del cofano, aperte su alcuni dei primi modelli Vantage. D'altra parte alcuni clienti comprarono gli accessori della V8 Vantage, in particolare gli spoiler anteriori, per applicarli alle loro V8 standard. Tutto questo ha creato numerose vetture ibride, a metà tra V8 Standard e Vantage. La V8 Vantage prodotta in serie Dal 1977 al 1989 l'Aston Martin produsse un totale di circa 360 esemplari di V8 Vantage. Per quanto riguarda le fasi di sviluppo, di solito viene fatta una distinzione in 3 serie, con alcune ulteriori differenze all'interno delle singole serie. Serie 1: V540 (1977-1978) La prima serie dell'Aston Martin V8 Vantage è internamente denominata V540. Copre 39 esemplari fabbricati dal 1977 all'introduzione delle cosiddette modifiche Oscar India nell'ottobre 1978. Le vetture 1977 e 1978 differiscono chiaramente l'uno dall'altro per alcuni dettagli: 1977: Bolt-on Le prime 16 auto, costruite nel 1977, hanno le scocche della V8 contemporanea poiché furono successivamente ricostruiti come Vantage dal dipartimento interno Aston Martin. Per queste auto venne usato il cofano della V8 Serie 3, la cui particolarità è una presa d'aria molto grande. Questa apertura venne successivamente chiusa sui modelli successivi. Lo spoiler posteriore venne imbullonato sul cofano del bagagliaio e sugli angoli dei parafanghi posteriori. Questi primi 16 Vantage sono indicati nel mondo degli appassionati di lingua britannica come Bolt-on (in inglese: imbullonati). Le prime cinque di queste auto differiscono anche per i fari ausiliari particolarmente piccoli e inefficienti. 1978: Flip-tails Nel 1978 Aston Martin realizzò altre 23 Vantage in cui la presa d'aria sul cofano venne chiusa e resa specifica per questo modello. Inoltre lo spoiler posteriore è integrato direttamente nella carrozzeria e non più avvitato. Ci si riferisce a questa serie con il termine, ufficioso, di flip-tail. Le V8 Cosmetic Vantage destinate agli USA sono dotate proprio di una scocca flip-tail. Serie 2: V540 OI e V580 (1978-1986) Nell'ottobre 1978, Aston Martin introdusse la serie 4 della V8 standard, soprannominata Oscar India, per spiegare le lettere O e I, che in realtà stanno per "October Introduced", introdotta ad ottobre. Alcuni dei cambiamenti tecnici e stilistici vennero trasferiti sulla seconda serie di V8 Vantage che a sua volta può essere suddivisa in due sottoserie: V540 OI e V580. V540 OI La prima parte della seconda serie viene definita internamente come V540 OI. Le modifiche esterne includono una nuova parte posteriore riprogettata, leggermente più lunga, con il bagagliaio che quasi orizzontale e con uno spoiler posteriore più pronunciato. La meccanica rimase invariata così come negli interni, in cui non vennero applicati i pannelli interni in legno della V8 Oscar India standard. Vennero prodotte 44 vetture con queste specifiche tra l'ottobre 1978 e il marzo 1980. V580 OI Nella primavera del 1980 l'Aston Martin apportò alcune modifiche meccaniche alla V8 Vantage, dando origine alla versione V580. Il monoblocco della Vantage venne unificato con quello della coeva Lagonda per razionalizzare la produzione con il risultato di essere ugualmente potente ma più silenzioso e disposto a girare alto con un consumo leggermente diminuito. Inizialmente la scocca Oscar India rimase invariato in questa versione poi, nel 1981, l'Aston Martin passò a pneumatici VR15 275/55 più larghi su cerchi in lega GNK uniti a passaruota più svasati, che allargarono la vettura di 2 cm. Fino al dicembre 1982 furono prodotte 43 vetture. All'inizio del 1983 Aston Martin introdusse anche nuovi cerchi in lega BBS e produsse, fino alla fine del 1985, altre 94 auto. Serie 3: V580X (1986-1989) Il 1986 vide la fase finale di sviluppo della V8 Vantage, denominata internamente V580X e ufficiosamente X-Pack, con l'Aston Martin che modificò la meccanica unificandola a quella della V8 Zagato introdotta di recente. Mentre il motore della V8 standard passava all'iniezione elettronica la Vantage rimase fedele ai carburatori e su questa versione il V8 raggiunse i 419 CV. A partire dal 1987 venne reso disponibile un nuovo pacchetto, chiamato ufficiosamente Big Bore, per aumentare ulteriormente la potenza a 438 CV attraverso l'incremento del rapporto di compressione a 10,5:1. Questo pacchetto venne offerto sia come primo equipaggiamento che come kit di elaborazione che i clienti già in possesso delle vetture potevano far montare direttamente dalla casa. Il cambio manuale ZF a 5 marce rimase di serie ma venne offerta come optional la trasmissione automatica Chrysler Torqueflite. Le auto adesso montavano pneumatici Goodyear 255/50 ZR16 su cerchi Ronal per cui adottarono passaruota e codolini ancor più svasati e anche, ma solo su alcuni esemplari, minigonne laterali. Dalla fine dell'estate 1987 al termine della produzione nel 1989 Aston Martin costruì 137 V8 Vantage V580X, la maggior parte di loro con pacchetto Big Bore. A quel punto la V8 standard uscì di produzione e venne rimpiazzata dalla Virage, di cui arrivò una versione Vantage nel 1992. Le Cosmetic Vantage (USA) Dato che il motore Vantage non era conforme alle normative locali sulle emissioni, la V8 Vantage non poteva essere venduta negli Stati Uniti. Per ovviare a questo problema, nel 1978 Aston Martin costruì una serie di auto, chiamate Cosmetic Vantage, che corrispondono esteticamente alle V8 Vantage vendute in Europa ma prive del loto motore potenziato. Queste vetture erano ovviamente molto meno potenti delle V8 Vantage ma anche meno potenti delle V8 standard europee. Nella maggior parte degli Stati Uniti, infatti, la potenza del motore era di 263 CV mentre per la California, dove erano ancora più severe le normative sui gas di scarico, venne realizzata una versione speciale con soli 202 CV. Nel complesso la Aston Martin ha realizzato, a seconda della fonte, 11 o 13 Cosmetic Vantage per il mercato nordamericano alla fine degli anni '70. La maggior parte di loro sono vetture pre-OI, ma alcune sono Oscar-India, e almeno una Cosmetic aveva il kit estetico X-Pack del 1986. Molte, ma non tutte, hanno paraurti di sicurezza statunitensi; alcune furono equipaggiate successivamente con motori europei Vantage ed alcune addirittura reimportate in Europa. Le V8 Vantage Volante: le cabriolet Gli inizi: le Volante aggiornate Vantage Soprattutto in vista del mercato nordamericano Aston Martin aveva introdotto nell'estate del 1978 una versione cabriolet della V8, battezzata tradizionalmente V8 Volante. La Volante fu disponibile inizialmente solo con il motore V8 standard poiché Il potente motore Vantage non era considerato adatto all'auto scoperta per motivi di sicurezza. Tuttavia, alla fine degli anni '70, venne realizzata da Aston Martin Works una piccola serie speciale di sei cabriolet con motore Vantage. Le auto andarono al Sultano del Brunei nonché a facoltosi clienti in Medio Oriente e Sudafrica. Queste vetture sono molto diverse tra loro e solo una è quasi identica alla successiva V8 Vantage Volante. V8 Vantage Volante Nell'ottobre 1986 venne lanciata la V8 Vantage Volante, la cabriolet con meccanica Vantage terza serie (V580X o X-Pack) con motore 419 CV. Esteticamente la Vantage Volante si distingue dalla Volante standard per lo spoiler e i codolini dei passaruota allargati, per le minigonne laterali e per lo spoiler posteriore, che è quello delle vetture OI prodotte dal 1978. Tuttavia questi cambiamenti stilistici non erano necessari per ragioni strettamente aerodinamiche quanto più per ragioni estetiche, dividendo le opinioni del pubblico. Nonostante questo La V8 Vantage Volante raggiungeva una velocità massima di diventando, al momento del lancio, la più veloce cabriolet prodotta in serie al mondo. Dall'ottobre 1986 fino alla fine della produzione nell'estate del 1989 furono costruite 109 Vantage Volante, 30 dei quali con il cambio automatico. Erano i modelli più costosi della gamma Aston Martin. Al lancio, una Vantage Volante costava in Inghilterra £ 93.500. Tre anni dopo, il prezzo degli ultimi esemplari arrivava a 135.000 £. Erano così £ 25,000 più cari di una V8 Vantage coupé e £ 15,000 più di una V8 Volante standard. V8 Vantage Volante Principe di Galles Una versione speciale della V8 Vantage Volante si deve a Carlo d'Inghilterra. Il Principe di Galles, che è un appassionato del marchio, nel 1987 commissionò una vettura che combinasse la meccanica raffinata della V8 Vantage Volante con l'elegante carrozzeria della V8 Volante standard. Rispetto alla standard i passaruota sono stati comunque allargati per accogliere cerchi Ronal da 16", ma non a livello della X-Pack. Questa versione è definita ufficiosamente V8 Vantage Volante Principe di Galles (o PoW, Prince of Wales). Dopo aver consegnato l'auto al Principe Carlo, Aston Martin decise di costruire una piccola serie di 22 vetture in configurazione Principe di Galles, di cui una con cambio automatico. V8 Vantage Volante Ecurie Ecosse Una piccola serie speciale di tre auto PoW porta ufficiosamente il suffisso Ecurie Ecosse perché due di queste sono state costruite per i proprietari della Ecurie Ecosse, la squadra corse scozzese con sede a Edimburgo che aveva vinto la 24 Ore di Le Mans con la Jaguar D-Type negli anni '50 e ora veniva rilanciata da questi due uomini d'affari. Sono essenzialmente delle Principe di Galles che montano il grande spoiler posteriore della X-Pack. Le V8 Cosmetic Vantage Volante Mentre le Principe di Galles e le Ecurie-Ecosse combinano il potente motore Vantage con la carrozzeria elegante della V8 Volante standard, Aston Martin ha sviluppato anche una combinazione opposta per il mercato nordamericano. Poiché il motore Vantage non era stato approvato negli USA e non poteva essere venduto, a partire dal 1987, venne creata una serie di Cosmetic Vantage Volante, analoghe alle Cosmetic Vantage coupé. Queste auto con guida a sinistra hanno la carrozzeria fortemente allargata della Vantage Volante X-Pack ma sono mosse dal motore V8 EFI standard Serie 5 con circa 320 CV. L'Aston Martin ha costruito un totale di 58 vetture con questa configurazione, 47 delle quali dotate di cambio automatico. Elaborazioni Oltre ai motori da 5,3 litri offerti di serie, dal 1989, la V8 Vantage può essere equipaggiata, come tutte le altre V8 (e la sua erede Virage) con motori con cilindrata ulteriormente aumentata. Il punto di partenza era una versione da 6,3 litri del motore a otto cilindri sviluppato dalla società di elaborazione indipendente Richard S. Williams (RSW) con 470 CV. Nel 1991, Aston Martins Works rilevò questo motore, che da allora venne offerto ai clienti come retrofit sulle V8 aperte o chiuse, Vantage e non. Richard S. Williams ha quindi sviluppato ulteriori varianti del motore Aston Martin con cilindrata accresciuta fino a 7 litri. V8 Vantage Zagato L'Aston Martin V8 Zagato è un'auto che combina la meccanica dell'Aston Martin V8 Vantage con una carrozzeria progettata e costruita dalla carrozzeria Zagato. Con questo progetto, deciso al Salone di Ginevra 1984, entrambe le aziende rinsaldano la collaborazione iniziata negli anni '60 con la Aston Martin DB4 GT Zagato. L'obiettivo era costruire insieme un'auto sportiva a e, di conseguenza, la carrozzeria di Zagato progettata da Giuseppe Mittino era particolarmente leggera ed aerodinamicamente efficiente, con un coefficiente di resistenza di 0.33. La Zagato, prodotta in 89 esemplari dal 1986 al 1989, raggiungeva i con il motore V8 Vantage X-Pack la 419 CV. Vennero prodotte anche 25 (o 37, a seconda della fonte) V8 Vantage Zagato Volante con carrozzeria aperta con capote in tela e motore V8 EFI standard da 320 CV che raggiungeva i . Caratteristiche tecniche Note Bibliografia Altri progetti Collegamenti esterni V8 Vantage
Lo scoglio Santa Caterina o scoglio di Santa Caterina (in croato Sveta Katarina) è un isolotto disabitato della Croazia, situato nel porto di Pola. Amministrativamente appartiene alla città di Pola, nella regione istriana. Geografia Lo scoglio Santa Caterina si trova lungo la costa sudoccidentale dell'Istria, all'interno del porto di Pola (luka Pula), e dista 245 m dalla penisola di punta dei Monumenti. È collegato ad essa da un basso ponte. La forma dell'isolotto è quasi rettangolare, leggermente più stretto nella parte settentrionale; ha coste basse e squadrate e un pontile che si allunga all'estremità nordorientale. Misura 215 m di lunghezza (pontile escluso) e 175 m di larghezza massima. Ha una superficie di 0,032 km² e uno sviluppo costiero di 0,82 km. Sull'isolotto si trovano i resti di una chiesa bizantina, quel che rimane dell'antico monastero benedettino di Santa Caterina, abbandonato dal 1600 per trasferimento delle monache nel monastero di San Teodoro al fonte di Pola, ed ancora si trovano alcuni capannoni della caserma "Monumenti", parte della JRM nella ex Jugoslavia, che venivano utilizzati da divisioni delle truppe ausiliarie, dei sommozzatori e dei mezzi da sbarco. Note Bibliografia Cartografia Voci correlate Croazia Dalmazia Toponimi italiani in Dalmazia Isole della Croazia Altri progetti Santa Caterina Isole disabitate della Croazia
La Úrvalsdeild kvenna 2019, indicata ufficialmente Pepsi Max deild kvenna 2019 per ragioni di sponsorizzazione, è stata la 48ª edizione della massima divisione del campionato islandese di calcio femminile. Il campionato è stato vinto dal per l'undicesima volta nella sua storia sportiva, totalizzando 50 punti, frutto di 16 vittorie e 2 sconfitte, e precedendo di 2 punti le campionesse in carica del . Stagione Novità Dalla Úrvalsdeild kvenna 2018 erano stati retrocessi il e il , mentre dalla 1. deild kvenna erano stati promossi il e il . Formula Le dieci squadre partecipanti si sono affrontate in un girone all'italiana con partite di andata e ritorno per un totale di 18 giornate. La prima classificata è campione d'Islanda ed è ammessa alla UEFA Women's Champions League 2020-2021. Le ultime due classificate sono retrocesse in 1. deild kvenna. Squadre partecipanti Classifica finale Fonte: sito ufficiale. Legenda:       Campione d'Islanda e ammesso in UEFA Women's Champions League 2020-2021.       Retrocesso in 1. deild kvenna. Note: Tre punti a vittoria, uno a pareggio, zero a sconfitta. A parità di punti: Squadre classificate con la differenza reti; Maggior numero di gol realizzati; Punti negli scontri diretti; Differenza reti negli scontri diretti; Maggior numero di gol realizzati in trasferta negli scontri diretti. Risultati Tabellone Statistiche Classifica marcatrici Statistiche tratte dal sito ufficiale ksi.is e soccerway.com Note Collegamenti esterni Calcio nel 2019 2019
Appartiene a quel gruppo di pittori paesaggisti dell’inizio del Novecento della "Scuola bolognese di pittura", come Luigi e Flavio Bertelli, Antonino Sartini, Giovanni Secchi, Alessandro Scorzoni, Gino Marzocchi e Garzia Fioresi, che hanno dipinto i paesaggi emiliano-romagnoli, riproducendone le bellezze e testimoniandone, con il pennello, i cambiamenti nel tempo. Biografia Frequenta l'Istituto di Belle Arti sotto la guida del Gorini e del Ferri e già in questo periodo collabora validamente ad attività di restauro e decorazione su monumenti della sua città. Dal 1909 si dedica all'insegnamento ed è presente alle tre Secessioni Romane ('13- '14- '15). Nel 1920 comincia a partecipare, su invito, alle Biennali di Venezia e nello stesso anno la Società "Francesco Francia" allestisce la sua prima personale. Nel 1931 iniziano, invece, le numerose partecipazioni alle Quadriennali di Roma. Nel 1965 riceve la medaglia d'oro e il diploma per benemerenza per i meritevoli dell'arte e della cultura del Ministero della Pubblica Istruzione e diversi premi dalla Provincia di Bologna. Muore nel 1971, ma anche dopo la sua scomparsa sono moltissime le sue opere inserite in importanti rassegne e manifestazioni, nonché le mostre personali antologiche. Giuseppe Raimondi, alludendo a Pizzirani, scrisse: “...la collina, la campagna bolognese, i viali e le strade, gli alberi e le sponde di siepe, ogni cosa dentro la luce così limpida e dolce della nostra regione... luoghi sereni... una parentela di spirito li lega a quelli, così umani di solito che rappresenta il francese Poussin nelle sue tele e nei disegni d’Italia, e fanno pensare quanto sarebbero piaciuti a Corot, se li avesse conosciuti.” Onorificenze Note Bibliografia AA.VV., Guglielmo Pizzirani 1886-1971, Bologna, Associazione Bologna per le Arti, 2010. Collegamenti esterni
Biografia Gourdon mosse i suoi primi passi su un campo da rugby nel per passare poi al settore giovanile del ; trasferitosi successivamente nel centro di formazione giovanile del , si aggiudicò due campionati nazionali francesi Espoirs consecutivi nelle stagioni 2010-11 e 2011-12. L'annata seguente debuttò nel rugby professionistico firmando un contratto con , squadra che all'epoca disputava il Pro D2. Dopo due stagioni in seconda divisione, nel 2014 conquistò il Top 14 a seguito della vittoria del play-off promozione contro l'. Dopo l'esordio nella massima competizione francese nell'annata 2014-2015, fu una presenza costante nelle successive stagioni del club atlantico, riuscendo ad aggiudicarsi la vittoria della stagione regolare del campionato francese nel 2016-17 (per poi perdere in semifinale contro il Tolone) e a raggiungere i quarti di finale dell'European Rugby Champions Cup nel 2017-18. L'anno dopo giocò da titolare la finale di Challenge Cup, dove fu, però, sconfitto da . Gourdon può vantare solo due presenze con la selezione francese under-20, entrambe durante il sei nazioni di categoria del 2010. Nel giugno 2016 il commissario tecnico della Guy Novès lo convocò per il tour sudamericano dei transalpini dove esordì nel primo incontro con l'. A partire da quella sfida, disputò, entrando una sola volta dalla panchina, quasi tutte (fu assente contro il ) le successive partite giocate dalla nazionale francese durante le annate 2016 e 2017; al termine di quest'ultima stagione ottenne il premio come miglior internazionale francese dell'anno alle Nuit de rugby. Il nuovo allenatore dei les Bleus Jacques Brunel lo chiamò per il Sei Nazioni 2018, ma un infortunio alla caviglia nella prima sfida del torneo contro l' gli fece saltare il resto della competizione. Ritornò nei Bleus in occasione del tour estivo in Nuova Zelanda, durante il quale fu titolare in tutti gli incontri. Note Altri progetti Collegamenti esterni
È compositore e DJ ma anche fondatore di alcune etichette discografiche di musica techno e tech house quali Design, Zenit, Question, One Thousands, Do.Mi.No. e Music On. Oltre alle proprie produzioni ha supportato in importanti tour artisti di spessore come Sven Väth, Adam Beyer e Richie Hawtin. Per 3 anni consecutivi è entrato nella prestigiosa classifica Top 100 Djs della rivista Dj Magazine, col piazzamento più alto al numero 86 nel 2018 e nel 2019. Biografia Alcuni dei brani da lui composti sono stati pubblicati da importanti label straniere come le canadesi Minus e Plus 8 di Richie Hawtin e la britannica Primate Recordings. Dal 1995 ad oggi ha composto più di 40 tra EP e singoli, 5 album e varie compilation tra le quali spiccano Fabric 31 del 2006 sponsorizzata dal club Fabric di Londra e Time Warp Compilation 09 del 2009 prodotta per il festival Time Warp di Mannheim. Ha suonato agli eventi Cocoon Club di Sven Väth presso la discoteca Amnesia di Ibiza e dal 2012 al 2018 è stato DJ resident nel club stesso con il suo progetto Music On, poi spostato dal 2019 al Pacha. Classifica DJ Mag Discografia Album The 1000 Collection (One Thousands, 1998) Fokus (Zenit, 1998) Open System (Zenit, 2001) Question 10 (Zenit, 2002) Play It Loud! (Minus, 2011) Singoli ed EP Party People (2010) Compilation Fabric 31 (Fabric, 2006) Time Warp Compilation 09 (Time Warp, 2009) Party Animals con Nick Curly (Cocoon Recordings, 2010) RA.252 (Resident Advisor, 2011) Music On Closing, registrazione live dall'Amnesia (Music On, 2012) Music On The Mix, registrazione live dall'Amnesia (Music On, 2013) Essential Music Ibiza, Music On 2014 Note Altri progetti Collegamenti esterni Carola, Marco
Di seguito una lista di asteroidi dal numero 535001 al 536000 con data di scoperta e scopritore. 535001–535100 |- | 535001 - || || || Pan-STARRS |- | 535002 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535003 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535004 - || || || Spacewatch |- | 535005 - || || || Oss. di Maiorca |- | 535006 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535007 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535008 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535009 - || || || Pan-STARRS |- | 535010 - || || || Spacewatch |- | 535011 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535012 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535013 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535014 - || || || LINEAR |- | 535015 - || || || WISE |- | 535016 - || || || Pan-STARRS |- | 535017 - || || || Pan-STARRS |- | 535018 - || || || Pan-STARRS |- | 535019 - || || || Pan-STARRS |- | 535020 - || || || Pan-STARRS |- | 535021 - || || || Pan-STARRS |- | 535022 - || || || Pan-STARRS |- | 535023 - || || || Pan-STARRS |- | 535024 - || || || Pan-STARRS |- | 535025 - || || || Pan-STARRS |- | 535026 - || || || Pan-STARRS |- | 535027 - || || || Pan-STARRS |- | 535028 - || || || Pan-STARRS |- | 535029 - || || || Pan-STARRS |- | 535030 - || || || Pan-STARRS |- | 535031 - || || || Pan-STARRS |- | 535032 - || || || Pan-STARRS |- | 535033 - || || || WISE |- | 535034 - || || || Spacewatch |- | 535035 - || || || Spacewatch |- | 535036 - || || || Spacewatch |- | 535037 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535038 - || || || Pan-STARRS |- | 535039 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535040 - || || || Spacewatch |- | 535041 - || || || Pan-STARRS |- | 535042 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535043 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535044 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535045 - || || || Pan-STARRS |- | 535046 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535047 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535048 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535049 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535050 - || || || Pan-STARRS |- | 535051 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535052 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535053 - || || || Pan-STARRS |- | 535054 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535055 - || || || Spacewatch |- | 535056 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535057 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535058 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535059 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535060 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535061 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535062 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535063 - || || || Pan-STARRS |- | 535064 - || || || Spacewatch |- | 535065 - || || || Pan-STARRS |- | 535066 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535067 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535068 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535069 - || || || WISE |- | 535070 - || || || LINEAR |- | 535071 - || || || CSS |- | 535072 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535073 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535074 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535075 - || || || Spacewatch |- | 535076 - || || || Spacewatch |- | 535077 - || || || Pan-STARRS |- | 535078 - || || || Spacewatch |- | 535079 - || || || Spacewatch |- | 535080 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535081 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535082 - || || || Spacewatch |- | 535083 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535084 - || || || Spacewatch |- | 535085 - || || || Pan-STARRS |- | 535086 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535087 - || || || Pan-STARRS |- | 535088 - || || || Pan-STARRS |- | 535089 - || || || Pan-STARRS |- | 535090 - || || || Pan-STARRS |- | 535091 - || || || Pan-STARRS |- | 535092 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535093 - || || || Spacewatch |- | 535094 - || || || Spacewatch |- | 535095 - || || || Spacewatch |- | 535096 - || || || Pan-STARRS |- | 535097 - || || || Pan-STARRS |- | 535098 - || || || Pan-STARRS |- | 535099 - || || || Pan-STARRS |- | 535100 - || || || Mount Lemmon Survey |} 535101–535200 |- | 535101 - || || || Pan-STARRS |- | 535102 - || || || Pan-STARRS |- | 535103 - || || || Pan-STARRS |- | 535104 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535105 - || || || Pan-STARRS |- | 535106 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535107 - || || || Pan-STARRS |- | 535108 - || || || Spacewatch |- | 535109 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535110 - || || || Spacewatch |- | 535111 - || || || Pan-STARRS |- | 535112 - || || || Spacewatch |- | 535113 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535114 - || || || Spacewatch |- | 535115 - || || || Pan-STARRS |- | 535116 - || || || Pan-STARRS |- | 535117 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535118 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535119 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535120 - || || || WISE |- | 535121 - || || || WISE |- | 535122 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535123 - || || || Pan-STARRS |- | 535124 - || || || Spacewatch |- | 535125 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535126 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535127 - || || || Spacewatch |- | 535128 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535129 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535130 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535131 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535132 - || || || Spacewatch |- | 535133 - || || || WISE |- | 535134 - || || || Spacewatch |- | 535135 - || || || Pan-STARRS |- | 535136 - || || || Spacewatch |- | 535137 - || || || Pan-STARRS |- | 535138 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535139 - || || || Spacewatch |- | 535140 - || || || Pan-STARRS |- | 535141 - || || || Pan-STARRS |- | 535142 - || || || Spacewatch |- | 535143 - || || || Pan-STARRS |- | 535144 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535145 - || || || Spacewatch |- | 535146 - || || || CSS |- | 535147 - || || || Pan-STARRS |- | 535148 - || || || CSS |- | 535149 - || || || LINEAR |- | 535150 - || || || WISE |- | 535151 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535152 - || || || Spacewatch |- | 535153 - || || || LINEAR |- | 535154 - || || || Spacewatch |- | 535155 - || || || Pan-STARRS |- | 535156 - || || || Spacewatch |- | 535157 - || || || Spacewatch |- | 535158 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535159 - || || || Pan-STARRS |- | 535160 - || || || LINEAR |- | 535161 - || || || CSS |- | 535162 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535163 - || || || LONEOS |- | 535164 - || || || Pan-STARRS |- | 535165 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535166 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535167 - || || || Pan-STARRS |- | 535168 - || || || Pan-STARRS |- | 535169 - || || || Pan-STARRS |- | 535170 - || || || Spacewatch |- | 535171 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535172 - || || || Pan-STARRS |- | 535173 - || || || Spacewatch |- | 535174 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535175 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535176 - || || || WISE |- | 535177 - || || || Spacewatch |- | 535178 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535179 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535180 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535181 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535182 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535183 - || || || Pan-STARRS |- | 535184 - || || || Spacewatch |- | 535185 - || || || Pan-STARRS |- | 535186 - || || || Pan-STARRS |- | 535187 - || || || Pan-STARRS |- | 535188 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535189 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535190 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535191 - || || || Spacewatch |- | 535192 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535193 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535194 - || || || Spacewatch |- | 535195 - || || || Spacewatch |- | 535196 - || || || Pan-STARRS |- | 535197 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535198 - || || || Pan-STARRS |- | 535199 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535200 - || || || WISE |} 535201–535300 |- | 535201 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535202 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535203 - || || || LINEAR |- | 535204 - || || || WISE |- | 535205 - || || || Spacewatch |- | 535206 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535207 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535208 - || || || Spacewatch |- | 535209 - || || || Spacewatch |- | 535210 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535211 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535212 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535213 - || || || PLS |- | 535214 - || || || Spacewatch |- | 535215 - || || || Spacewatch |- | 535216 - || || || Spacewatch |- | 535217 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535218 - || || || Spacewatch |- | 535219 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535220 - || || || Pan-STARRS |- | 535221 - || || || Pan-STARRS |- | 535222 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535223 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535224 - || || || CSS |- | 535225 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535226 - || || || Spacewatch |- | 535227 - || || || Spacewatch |- | 535228 - || || || Pan-STARRS |- | 535229 - || || || Pan-STARRS |- | 535230 - || || || Pan-STARRS |- | 535231 - || || || Pan-STARRS |- | 535232 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535233 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535234 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535235 - || || || Spacewatch |- | 535236 - || || || Pan-STARRS |- | 535237 - || || || Pan-STARRS |- | 535238 - || || || LONEOS |- | 535239 - || || || Pan-STARRS |- | 535240 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535241 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535242 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535243 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535244 - || || || Pan-STARRS |- | 535245 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535246 - || || || Spacewatch |- | 535247 - || || || Spacewatch |- | 535248 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535249 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535250 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535251 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535252 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535253 - || || || Pan-STARRS |- | 535254 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535255 - || || || Pan-STARRS |- | 535256 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535257 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535258 - || || || Pan-STARRS |- | 535259 - || || || Pan-STARRS |- | 535260 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535261 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535262 - || || || Spacewatch |- | 535263 - || || || Spacewatch |- | 535264 - || || || Pan-STARRS |- | 535265 - || || || Pan-STARRS |- | 535266 - || || || Pan-STARRS |- | 535267 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535268 - || || || Spacewatch |- | 535269 - || || || Spacewatch |- | 535270 - || || || Spacewatch |- | 535271 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535272 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535273 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535274 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535275 - || || || Spacewatch |- | 535276 - || || || Spacewatch |- | 535277 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535278 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535279 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535280 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535281 - || || || Spacewatch |- | 535282 - || || || Spacewatch |- | 535283 - || || || Spacewatch |- | 535284 - || || || Spacewatch |- | 535285 - || || || Spacewatch |- | 535286 - || || || Spacewatch |- | 535287 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535288 - || || || Pan-STARRS |- | 535289 - || || || Pan-STARRS |- | 535290 - || || || Spacewatch |- | 535291 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535292 - || || || Pan-STARRS |- | 535293 - || || || Spacewatch |- | 535294 - || || || Pan-STARRS |- | 535295 - || || || Pan-STARRS |- | 535296 - || || || Pan-STARRS |- | 535297 - || || || Pan-STARRS |- | 535298 - || || || Pan-STARRS |- | 535299 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535300 - || || || Pan-STARRS |} 535301–535400 |- | 535301 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535302 - || || || WISE |- | 535303 - || || || Pan-STARRS |- | 535304 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535305 - || || || Spacewatch |- | 535306 - || || || Pan-STARRS |- | 535307 - || || || Pan-STARRS |- | 535308 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535309 - || || || Pan-STARRS |- | 535310 - || || || Pan-STARRS |- | 535311 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535312 - || || || Pan-STARRS |- | 535313 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535314 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535315 - || || || SSS |- | 535316 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535317 - || || || Spacewatch |- | 535318 - || || || Spacewatch |- | 535319 - || || || WISE |- | 535320 - || || || CSS |- | 535321 - || || || Pan-STARRS |- | 535322 - || || || Spacewatch |- | 535323 - || || || Pan-STARRS |- | 535324 - || || || Spacewatch |- | 535325 - || || || Spacewatch |- | 535326 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535327 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535328 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535329 - || || || Pan-STARRS |- | 535330 - || || || Pan-STARRS |- | 535331 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535332 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535333 - || || || Pan-STARRS |- | 535334 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535335 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535336 - || || || Pan-STARRS |- | 535337 - || || || Pan-STARRS |- | 535338 - || || || Spacewatch |- | 535339 - || || || Spacewatch |- | 535340 - || || || Spacewatch |- | 535341 - || || || WISE |- | 535342 - || || || Pan-STARRS |- | 535343 - || || || Spacewatch |- | 535344 - || || || Spacewatch |- | 535345 - || || || Spacewatch |- | 535346 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535347 - || || || Spacewatch |- | 535348 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535349 - || || || Pan-STARRS |- | 535350 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535351 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535352 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535353 Antoniwilk || || || CSS |- | 535354 - || || || Spacewatch |- | 535355 - || || || Spacewatch |- | 535356 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535357 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535358 - || || || Pan-STARRS |- | 535359 - || || || Pan-STARRS |- | 535360 - || || || Spacewatch |- | 535361 - || || || Pan-STARRS |- | 535362 - || || || Pan-STARRS |- | 535363 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535364 - || || || Spacewatch |- | 535365 - || || || Pan-STARRS |- | 535366 - || || || Pan-STARRS |- | 535367 - || || || Pan-STARRS |- | 535368 - || || || Pan-STARRS |- | 535369 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535370 - || || || Spacewatch |- | 535371 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535372 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535373 - || || || Pan-STARRS |- | 535374 - || || || Spacewatch |- | 535375 - || || || Spacewatch |- | 535376 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535377 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535378 - || || || Pan-STARRS |- | 535379 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535380 - || || || Pan-STARRS |- | 535381 - || || || Spacewatch |- | 535382 - || || || Pan-STARRS |- | 535383 - || || || Spacewatch |- | 535384 - || || || Spacewatch |- | 535385 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535386 - || || || Pan-STARRS |- | 535387 - || || || CSS |- | 535388 - || || || Spacewatch |- | 535389 - || || || Pan-STARRS |- | 535390 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535391 - || || || Spacewatch |- | 535392 - || || || Pan-STARRS |- | 535393 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535394 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535395 - || || || Spacewatch |- | 535396 - || || || Spacewatch |- | 535397 - || || || Spacewatch |- | 535398 - || || || Pan-STARRS |- | 535399 - || || || Oss. di Maiorca |- | 535400 - || || || Spacewatch |} 535401–535500 |- | 535401 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535402 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535403 - || || || Spacewatch |- | 535404 - || || || Spacewatch |- | 535405 - || || || Pan-STARRS |- | 535406 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535407 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535408 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535409 - || || || Spacewatch |- | 535410 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535411 - || || || Pan-STARRS |- | 535412 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535413 - || || || Pan-STARRS |- | 535414 - || || || Spacewatch |- | 535415 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535416 - || || || Pan-STARRS |- | 535417 - || || || Pan-STARRS |- | 535418 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535419 - || || || Spacewatch |- | 535420 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535421 - || || || Spacewatch |- | 535422 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535423 - || || || Pan-STARRS |- | 535424 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535425 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535426 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535427 - || || || WISE |- | 535428 - || || || Spacewatch |- | 535429 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535430 - || || || Pan-STARRS |- | 535431 - || || || CSS |- | 535432 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535433 - || || || CSS |- | 535434 - || || || Spacewatch |- | 535435 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535436 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535437 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535438 - || || || Spacewatch |- | 535439 - || || || Pan-STARRS |- | 535440 - || || || Spacewatch |- | 535441 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535442 - || || || Spacewatch |- | 535443 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535444 - || || || LONEOS |- | 535445 - || || || Pan-STARRS |- | 535446 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535447 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535448 - || || || Spacewatch |- | 535449 - || || || WISE |- | 535450 - || || || Pan-STARRS |- | 535451 - || || || Spacewatch |- | 535452 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535453 - || || || WISE |- | 535454 - || || || Spacewatch |- | 535455 - || || || Pan-STARRS |- | 535456 - || || || Spacewatch |- | 535457 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535458 - || || || Pan-STARRS |- | 535459 - || || || Spacewatch |- | 535460 - || || || Spacewatch |- | 535461 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535462 - || || || Pan-STARRS |- | 535463 - || || || Spacewatch |- | 535464 - || || || Pan-STARRS |- | 535465 - || || || Pan-STARRS |- | 535466 - || || || Pan-STARRS |- | 535467 - || || || WISE |- | 535468 - || || || Oss. di Maiorca |- | 535469 - || || || Spacewatch |- | 535470 - || || || Pan-STARRS |- | 535471 - || || || Pan-STARRS |- | 535472 - || || || Pan-STARRS |- | 535473 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535474 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535475 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535476 - || || || Pan-STARRS |- | 535477 - || || || Pan-STARRS |- | 535478 - || || || CSS |- | 535479 - || || || Pan-STARRS |- | 535480 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535481 - || || || CSS |- | 535482 - || || || Pan-STARRS |- | 535483 - || || || Pan-STARRS |- | 535484 - || || || LONEOS |- | 535485 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535486 - || || || Spacewatch |- | 535487 - || || || Pan-STARRS |- | 535488 - || || || Spacewatch |- | 535489 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535490 - || || || Spacewatch |- | 535491 - || || || Pan-STARRS |- | 535492 - || || || Spacewatch |- | 535493 - 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|| || || Spacewatch |- | 535522 - || || || Spacewatch |- | 535523 - || || || Spacewatch |- | 535524 - || || || Pan-STARRS |- | 535525 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535526 - || || || Spacewatch |- | 535527 - || || || Pan-STARRS |- | 535528 - || || || Spacewatch |- | 535529 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535530 - || || || Pan-STARRS |- | 535531 - || || || Spacewatch |- | 535532 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535533 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535534 - || || || CSS |- | 535535 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535536 - || || || Spacewatch |- | 535537 - || || || Pan-STARRS |- | 535538 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535539 - || || || Spacewatch |- | 535540 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535541 - || || || Spacewatch |- | 535542 - || || || Pan-STARRS |- | 535543 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535544 - || || || Pan-STARRS |- | 535545 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535546 - || || || Spacewatch |- | 535547 - || || || CSS |- | 535548 - || || || CSS |- | 535549 - 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|| || || WISE |- | 535578 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535579 - || || || LINEAR |- | 535580 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535581 - || || || Spacewatch |- | 535582 - || || || Spacewatch |- | 535583 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535584 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535585 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535586 - || || || Spacewatch |- | 535587 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535588 - || || || Spacewatch |- | 535589 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535590 - || || || Pan-STARRS |- | 535591 - || || || WISE |- | 535592 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535593 - || || || Spacewatch |- | 535594 - || || || CSS |- | 535595 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535596 - || || || Pan-STARRS |- | 535597 - || || || Spacewatch |- | 535598 - || || || WISE |- | 535599 - || || || Pan-STARRS |- | 535600 - || || || Mount Lemmon Survey |} 535601–535700 |- | 535601 - || || || Spacewatch |- | 535602 - || || || Spacewatch |- | 535603 - || || || Spacewatch |- | 535604 - || || || Pan-STARRS |- | 535605 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535606 - || || || Spacewatch |- | 535607 - || || || Spacewatch |- | 535608 - || || || Pan-STARRS |- | 535609 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535610 - || || || WISE |- | 535611 - || || || Spacewatch |- | 535612 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535613 - || || || Spacewatch |- | 535614 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535615 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535616 - || || || Pan-STARRS |- | 535617 - || || || Spacewatch |- | 535618 - || || || Pan-STARRS |- | 535619 - || || || Pan-STARRS |- | 535620 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535621 - || || || Spacewatch |- | 535622 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535623 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535624 - || || || Spacewatch |- | 535625 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535626 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535627 - || || || Spacewatch |- | 535628 - || || || Spacewatch |- | 535629 - || || || Spacewatch |- | 535630 - || || || Spacewatch |- | 535631 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535632 - || || || Spacewatch |- | 535633 - || || || Spacewatch |- | 535634 - || || || Spacewatch |- | 535635 - || || || Spacewatch |- | 535636 - || || || Oss. di Maiorca |- | 535637 - || || || Spacewatch |- | 535638 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535639 - || || || WISE |- | 535640 - || || || WISE |- | 535641 - || || || Spacewatch |- | 535642 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535643 - || || || Pan-STARRS |- | 535644 - || || || Spacewatch |- | 535645 - || || || Pan-STARRS |- | 535646 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535647 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535648 - || || || Spacewatch |- | 535649 - || || || Spacewatch |- | 535650 - || || || WISE |- | 535651 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535652 - || || || Spacewatch |- | 535653 - || || || Spacewatch |- | 535654 - || || || Spacewatch |- | 535655 - || || || Pan-STARRS |- | 535656 - || || || Pan-STARRS |- | 535657 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535658 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535659 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535660 - 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|| || || Mount Lemmon Survey |- | 535717 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535718 - || || || Pan-STARRS |- | 535719 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535720 - || || || Pan-STARRS |- | 535721 - || || || Spacewatch |- | 535722 - || || || Spacewatch |- | 535723 - || || || Spacewatch |- | 535724 - || || || CSS |- | 535725 - || || || Pan-STARRS |- | 535726 - || || || Spacewatch |- | 535727 - || || || CSS |- | 535728 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535729 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535730 - || || || Spacewatch |- | 535731 - || || || Pan-STARRS |- | 535732 - || || || Pan-STARRS |- | 535733 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535734 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535735 - || || || WISE |- | 535736 - || || || Spacewatch |- | 535737 - || || || Spacewatch |- | 535738 - || || || CSS |- | 535739 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535740 - || || || WISE |- | 535741 - || || || Spacewatch |- | 535742 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535743 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535744 - 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|| || || Mount Lemmon Survey |- | 535967 - || || || Spacewatch |- | 535968 - || || || WISE |- | 535969 - || || || Spacewatch |- | 535970 - || || || Pan-STARRS |- | 535971 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535972 - || || || Pan-STARRS |- | 535973 - || || || Oss. di Maiorca |- | 535974 - || || || CSS |- | 535975 - || || || Pan-STARRS |- | 535976 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535977 - || || || Spacewatch |- | 535978 - || || || Spacewatch |- | 535979 - || || || Spacewatch |- | 535980 - || || || Spacewatch |- | 535981 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535982 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535983 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535984 - || || || Spacewatch |- | 535985 - || || || Pan-STARRS |- | 535986 - || || || Pan-STARRS |- | 535987 - || || || Pan-STARRS |- | 535988 - || || || Pan-STARRS |- | 535989 - || || || Pan-STARRS |- | 535990 - || || || Pan-STARRS |- | 535991 - || || || Pan-STARRS |- | 535992 - || || || Pan-STARRS |- | 535993 - || || || Pan-STARRS |- | 535994 - || || || Pan-STARRS |- | 535995 - || || || CSS |- | 535996 - || || || Pan-STARRS |- | 535997 - || || || CSS |- | 535998 - || || || Mount Lemmon Survey |- | 535999 - || || || Pan-STARRS |- | 536000 - || || || Pan-STARRS |} Collegamenti esterni 0535001
I deuterostòmi (Deuterostomia , 1908), dal greco: bocca secondaria, rappresentano un gruppo di animali celomati caratterizzati da uno sviluppo embrionale nel quale l'ano si origina dal blastoporo (o nelle sue vicinanze), mentre la bocca si forma all'estremità opposta. Da un punto di vista sistematico sono considerati da alcuni autori un ramo e da altri un superphylum degli Eumetazoa. Sono anche notoneurali in quanto il cordone nervoso è posto dorsalmente rispetto all'intestino. La circolazione del sangue procede in senso caudo-cefalico nei vasi ventrali, e in senso cefalo-caudale nei vasi dorsali. È presente un cuore ventrale a vari livelli di sviluppo a seconda dei gruppi. I deuterostomi sono detti anche "enterocelomati", o "celomati enterocelici", per la modalità con cui si forma il celoma durante lo sviluppo dell'organismo: due tasche mesodermiche si originano in seguito ad alcune estroflessioni dellarchenteron, il canale alimentare primitivo della gastrula, per poi staccarsi e fondersi formando così due sacchetti celomatici. Questo processo viene chiamato "enterocelia", e differenzia i deuterostomi dai protostomi, animali nei quali il celoma si forma invece per "schizocelia" e la bocca deriva dalla regione del blastoporo. La metameria, quando esiste, interessa essenzialmente la muscolatura, lo scheletro assile e il sistema nervoso. Frequentemente esiste un dermascheletro di origine mesodermica. La segmentazione di norma indeterminativa, è per lo più radiale-bilaterale. Il mesoderma si origina da un intero foglietto cellulare, non riconducibile ad una singola cellula iniziale. Stadi larvali precoci tipici sono la dipleurula (assente nei Cordati), con tre paia di vescicole celomatiche (protocele, mesocele e metacele). Filogenesi È stato proposto come il più antico deuterostomo noto Saccorhytus coronarius, vissuto approssimativamente 540 milioni di anni fa. I ricercatori ritengono che Saccorhytus sia l'antenato comune di tutti i deuterostomi precedentemente noti. Phyla tipici e più importanti sono: Echinodermi, Emicordati e Cordati. Contrariamente alla tradizione che riuniva nei deuterostomi anche i Chetognati, studi biomolecolari piuttosto recenti hanno dimostrato che non vi è alcuna relazione filogenetica. Il clade Xenacoelomorpha, inizialmente incluso nei deuterostomi, ora è considerato il clade più basale dei Bilateria, ovvero il sister group dei Nephrozoa, a sua volta composto da deuterostomi e protostomi. Tassonomia Appartengono al gruppo o superphylum dei deuterostomi quattro phyla animali, elencati qui di seguito con le loro rispettive classi: Phylum Hemichordata (Emicordati) Phylum Echinodermata (Echinodermi) Subphylum Eleutherozoa (Eleuterozoi) Superclasse Asterozoa (Asterozoi) Classe Asteroidea (Asteroidei o Stelle di mare) Classe Somasteroidea (Somasteroidei) Superclasse Cryptosyringida (Cryptosyringidi) Classe Echinoidea (Echinoidei o Ricci di mare) Classe Holothuroidea (Oloturoidei od Oloturie o Cetrioli di mare) Classe Ophiuroidea (Ofiuroidei od Ofiure o Stelle serpentine) Subphylum Crinozoa (Crinozoi) Classe Crinoidea (Crinoidei o Crinoidi o Gigli di mare) Phylum Chordata (Cordati) Subphylum Urochordata (Urocordati o Tunicati) Subphylum Cephalochordata (Cefalocordati) Subphylum Vertebrata (Vertebrati) Infraphylum Agnatha (Agnati o Pesci senza mascelle) Classe Cephalaspida (Cefalaspidi) Classe Heterostraci (Eterostraci) Classe † Anaspida (Anaspidi) Infraphylum Gnathostomata (Gnatostomi) Classe Chondrichthyes (Condroitti o Pesci cartilaginei) Classe Osteichthyes (Osteitti o Pesci ossei) Classe Sarcopterygii (Sarcopterigi o Pesci dalle pinne carnose) Classe Amphibia (Anfibi) Classe Reptilia (Rettili) Classe Aves (Uccelli) Classe Mammalia (Mammiferi) Note Voci correlate Celoma Altri progetti Collegamenti esterni Eumetazoi
Biografia Dopo gli studi nel seminario arcivescovile di Napoli venne ordinato sacerdote il 19 marzo 1951. Ricoprì diversi incarichi nell'arcidiocesi napoletana, ma soprattutto fu docente di Teologia presso la Pontificia facoltà teologica dell'Italia meridionale. Il 27 agosto 1977 fu nominato vescovo ausiliare di Napoli, titolare di Musti. Fu consacrato vescovo il 9 ottobre 1977 dal cardinale Corrado Ursi, co-consacranti gli arcivescovi Gaetano Pollio ed Antonio Zama). Il 4 gennaio 1988 fu nominato arcivescovo di Spoleto-Norcia. Fu presidente della Conferenza Episcopale Umbra, membro del Consiglio permanente della CEI, presidente del Comitato CEI per gli Istituti di Scienze Religiose e presidente della Commissione Episcopale Italiana per l'Educazione cattolica e per la Dottrina della fede e della catechesi. Il 7 febbraio 1995 morì a Spoleto a seguito di un male incurabile. Il 7 febbraio 2001 i suoi resti mortali sono stati traslati nella Cappella degli arcivescovi della cattedrale di Spoleto voluta dallo stesso arcivescovo Ambrosanio. Nella stessa cappella riposano anche gli arcivescovi: Elvezio Mariano Pagliari, Pietro Pacifico e Pietro Tagliapietra. Genealogia episcopale La genealogia episcopale è: Cardinale Scipione Rebiba Cardinale Giulio Antonio Santori Cardinale Girolamo Bernerio, O.P. Arcivescovo Galeazzo Sanvitale Cardinale Ludovico Ludovisi Cardinale Luigi Caetani Cardinale Ulderico Carpegna Cardinale Paluzzo Paluzzi Altieri degli Albertoni Papa Benedetto XIII Papa Benedetto XIV Papa Clemente XIII Cardinale Marcantonio Colonna Cardinale Giacinto Sigismondo Gerdil, B. Cardinale Giulio Maria della Somaglia Cardinale Carlo Odescalchi, S.I. Cardinale Costantino Patrizi Naro Cardinale Lucido Maria Parocchi Papa Pio X Papa Benedetto XV Papa Pio XII Cardinale Carlo Confalonieri Cardinale Corrado Ursi Arcivescovo Antonio Ambrosanio Collegamenti esterni Arcivescovi di Spoleto-Norcia
L'American wire gauge (AWG), anche noto come Brown & Sharpe wire gauge, è un sistema standardizzato di misura della sezione dei fili, utilizzato a partire dal 1857, soprattutto negli Stati Uniti d'America e in Canada, per conduttori tondi, solidi, non ferrosi. La sezione del filo ("gauge") è un fattore importante per la determinazione della massima Intensità di corrente che è possibile farvi scorrere. L'industria siderurgica non utilizza il sistema AWG e preferisce altri sistemi di misurazione di fili. Tra questi vi sono W&M Wire Gauge, US Steel Wire Gauge e Music Wire Gauge. All'aumentare del numero misurato corrisponde un diametro del filo progressivamente più piccolo; questo sistema è simile a molti altri sistemi di misura non metrici. Questo sistema di misura nacque dal numero di operazioni di trafilazione utilizzate per produrre un determinato diametro di filo. Un filo molto sottile (ad esempio, 30 gauge) richiedeva più passaggi attraverso la trafila rispetto a un filo 0 gauge. I fabbricanti di fili in precedenza avevano propri sistemi di misurazione dei fili. Lo sviluppo di misure standardizzate per i fili ha razionalizzato la selezione dei fili per una determinata applicazione. Le tabelle AWG sono predisposte per conduttori singoli, solidi e a sezione rotonda. L'AWG per un cavo è determinato dall'area totale della sezione del conduttore, che determina a sua volta la sua capacità di trasporto della corrente e la sua resistenza elettrica. Poiché tra i vari fili ci sono anche piccole cavità, i cavi hanno sempre un diametro totale leggermente maggiore rispetto a un filo solido avente lo stesso AWG. Il sistema AWG è anche comunemente utilizzato per specificare le dimensioni dei gioielli per i piercing corporei, in particolare per le piccole dimensioni. Formula Per definizione, No. 36 AWG equivale a un diametro di 0,0050 pollici e No. 0000 equivale a un diametro di 0,4600 pollici. Il rapporto di questi diametri è 92 e ci sono 40 misure dal n. 36 al n. 0000, o 39 passi. Utilizzando questo comune rapporto, le dimensioni dei fili variano geometricamente secondo la relazione di seguito descritta. Il diametro dn di un filo secondo il sistema AWG è: o, in maniera equivalente, La misura può quindi essere calcolata dal diametro con la relazione: e l'area della sezione è pari a: , Lo standard ASTM B 258-02 definisce che il rapporto tra dimensioni successive debba essere pari alla radice trentanovesima di 92, cioè approssimativamente pari a 1,1229322. La ASTM B 258-02 definisce anche che i diametri dei fili debbano essere tabulati con non più di 4 cifre significative, con una risoluzione non maggiore di 0,0001 pollici (0,1 mils) per i fili superiori a 44 AWG e di 0,00001 pollici (0,01 mils) per i fili di dimensione 45 AWG ed inferiore. Le dimensioni con un numero avente più zeri sono successivamente più grandi di zero e possono essere indicate usando il "numero di zero/0", come ad esempio 4/0 per 0000. Per un cavo AWG m/0, si usa n = −(m−1) = 1− m nelle formule sopra riportate. Ad esempio, per il numero 0000 o 4/0, si usa n = −3. Regola mnemonica Il valore della sesta potenza di questo rapporto è molto prossimo a 2; pertanto è possibile formulare la seguente regola mnemonica: Quando il diametro di un filo raddoppia, l'AWG diminuisce di 6 unità (ad esempio, un filo No. 2 AWG ha un diametro circa il doppio di un filo No. 8 AWG); Quando la sezione di un filo raddoppia, l'AWG diminuisce di 3 unità (ad esempio, 2 fili No. 14 AWG hanno all'incirca la stessa sezione di un singolo filo No. 11 AWG). Inoltre, per una diminuzione di 10 unità AWG, ad esempio da No. 10 a 1, la sezione e il peso aumentano di circa 10 volte e la resistenza si riduce di un fattore pari a circa 10. Tabella delle dimensioni dei fili AWG La seguente tabella mostra vari dati, tra cui sia la resistenza di diverse dimensioni del filo e la capacità di corrente (ampacità) sulla base dell'isolamento plastico. L'informazione del diametro in tabella si applica ai fili solidi. Per i cavi si calcola l'area della sezione equivalente dei fili di rame. La corrente di fusione (fusione del filo) è stimata sulla base della temperatura ambiente di 25 °C. La seguente tabella assume che la corrente continua o le frequenze della corrente alternata siano pari o inferiori a 60 Hz, non tenendo in conto l'effetto pelle. Il numero "giri di filo" è un limite superiore per il filo privo di isolamento. {| class="wikitable" style="font-size:97%; text-align:center;" |- !rowspan=2| AWG !!colspan="2"|Diametro !!colspan="2"|Giri di filo !!colspan="2"|Area !!colspan=2|Resistenza/lunghezza per il Rame ! rowspan="2" |capacità di corrente difilo di rame NEC conisolamento per60/75/90 °C (A) ! rowspan="2" | Equivalentiapprossimatinello standard metrico ! colspan="3" |Corrente di fusione(rame). |- ! (pollici)!!(mm)!! (per pollice) !! (per cm) !! (kcmil)!!(mm2)!!(Ω/km)(mΩ/m) !! (Ω/kFT)(mΩ/ft) !! secondo W.H.Preece(~10s) ! secondo I.M.Onderdonk(1s) ! secondo I.M.Onderdonk(32ms) |- |0000 (4/0) || 0.4600 || 11.684 || 2.17 || 0.856 || 212 || 107 || 0.1608 || 0.04901|| 195 / 230 / 260 || || || 31 kA || 173 kA |- | 000 (3/0) || 0.4096 || 10.404 || 2.44 || 0.961 || 168 || 85.0 || 0.2028 || 0.06180|| 165 / 200 / 225 || || || 24.5 kA || 137 kA |- | 00 (2/0) || 0.3648 || 9.266 || 2.74 || 1.08 || 133 || 67.4 || 0.2557 || 0.07793|| 145 / 175 / 195 || || || 19.5 kA || 109 kA |- | 0 (1/0) || 0.3249 || 8.252 || 3.08 || 1.21 || 106 || 53.5 || 0.3224 || 0.09827|| 125 / 150 / 170 || || 1.9 kA || 15.5 kA || 87 kA |- | 1 || 0.2893 || 7.348 || 3.46 || 1.36 || 83.7 || 42.4 || 0.4066|| 0.1239 || 110 / 130 / 150 || || 1.6 kA || 12 kA || 68 kA |- | 2 || 0.2576 || 6.544 || 3.88 || 1.53 || 66.4 || 33.6 || 0.5127|| 0.1563 || 95 / 115 / 130 || || 1.3 kA || 9.7 kA || 54 kA |- | 3 || 0.2294 || 5.827 || 4.36 || 1.72 || 52.6 || 26.7 || 0.6465|| 0.1970 || 85 / 100 / 110 || 196/0.4 || 1.1 kA || 7.7 kA || 43 kA |- | 4 || 0.2043 || 5.189 || 4.89 || 1.93 || 41.7 || 21.2 || 0.8152|| 0.2485 || 70 / 85 / 95 || || 946 A || 6.1 kA || 34 kA |- | 5 || 0.1819 || 4.621 || 5.50 || 2.16 || 33.1 || 16.8 || 1.028 || 0.3133 || || 126/0.4 || 795 A || 4.8 kA || 27 kA |- | 6 || 0.1620 || 4.115 || 6.17 || 2.43 || 26.3 || 13.3 || 1.296 || 0.3951 || 55 / 65 / 75 || || 668 A || 3.8 kA || 21 kA |- | 7 || 0.1443 || 3.665 || 6.93 || 2.73 || 20.8 || 10.5 || 1.634 || 0.4982 || || 80/0.4 || 561 A || 3 kA || 17 kA |- | 8 || 0.1285 || 3.264 || 7.78 || 3.06 || 16.5 || 8.37 || 2.061 || 0.6282 || 40 / 50 / 55 || || 472 A || 2.4 kA || 13.5 kA |- | 9 || 0.1144 || 2.906 || 8.74 || 3.44 || 13.1 || 6.63 || 2.599 || 0.7921 || ||rowspan=2| 84/0.3 || 396 A || 1.9 kA|| 10.7 kA |- |10 || 0.1019 || 2.588 || 9.81 || 3.86 || 10.4 || 5.26 || 3.277 || 0.9989 || 30 / 35 / 40 (ma utilizzare un fusibile da 30 A) || 333 A || 1.5 kA || 8.5 kA |- |11 || 0.0907 || 2.305 || 11.0 || 4.34 || 8.23 || 4.17 || 4.132 || 1.260 || || 56/0.3 || 280 A || 1.2 kA || 6.7 kA |- |12 || 0.0808 || 2.053 || 12.4 || 4.87 || 6.53 || 3.31 || 5.211 || 1.588 || 25 / 25 / 30 (ma utilizzare un fusibile da 20 A) || || 235A || 955 A || 5.3 kA |- |13 || 0.0720 || 1.828 || 13.9 || 5.47 || 5.18 || 2.62 || 6.571 || 2.003 || || 50/0.25 || 198 A || 758 A || 4.2 kA |- |14 || 0.0641 || 1.628 || 15.6 || 6.14 || 4.11 || 2.08 || 8.286 || 2.525 || 20 / 20 / 25 (ma utilizzare un fusibile da 15 A) || || 166 A || 601 A || 3.3 kA |- |15 || 0.0571 || 1.450 || 17.5 || 6.90 || 3.26 || 1.65 || 10.45 || 3.184 || ||rowspan=2| 30/0.25 || 140 A || 477 A || 2.7 kA |- |16 || 0.0508 || 1.291 || 19.7 || 7.75 || 2.58 || 1.31 || 13.17 || 4.016 || — / — / 18 || 117 A || 377 A || 2.1 kA |- |17 || 0.0453 || 1.150 || 22.1 || 8.70 || 2.05 || 1.04 || 16.61 || 5.064 || || 32/0.2 || 99 A || 300 A || 1.7 kA |- |18 || 0.0403 || 1.024 || 24.8 || 9.77 || 1.62 || 0.823 || 20.95 || 6.385 || — / — / 14 ||rowspan=2| 24/0.2 || 83 A || 237A || 1.3 kA |- |19 || 0.0359 || 0.912 || 27.9 || 11.0 || 1.29 || 0.653 || 26.42 || 8.051 || || 70 A || 189 A || 1 kA |- |20 || 0.0320 || 0.812 || 31.3 || 12.3 || 1.02 || 0.518 || 33.31 || 10.15 || || 16/0.2 || 58.5 A || 149 A || 834 A |- |21 || 0.0285 || 0.723 || 35.1 || 13.8 || 0.810 || 0.410 || 42.00 || 12.80 || || 13/0.2 || 49 A || 119 A || 662 A |- |22 || 0.0253 || 0.644 || 39.5 || 15.5 || 0.642 || 0.326 || 52.96 || 16.14 || || 7/0.25 || 41 A || 94 A || 525 A |- |23 || 0.0226 || 0.573 || 44.3 || 17.4 || 0.509 || 0.258 || 66.79 || 20.36 || || || 35 A || 74 A || 416 A |- |24 || 0.0201 || 0.511 || 49.7 || 19.6 || 0.404 || 0.205 || 84.22 || 25.67 || || 1/0.5, 7/0.2, 30/0.1|| 29 A || 59 A || 330 A |- |25 || 0.0179 || 0.455 || 55.9 || 22.0 || 0.320 || 0.162 || 106.2 || 32.37 || || || 24 A || 47 A || 262 A |- |26 || 0.0159 || 0.405 || 62.7 || 24.7 || 0.254 || 0.129 || 133.9 || 40.81 || || 1/0.4, 7/0.15 || 20 A || 37 A || 208 A |- |27 || 0.0142 || 0.361 || 70.4 || 27.7 || 0.202 || 0.102 || 168.9 || 51.47 || || ||rowspan=14 colspan=3| |- |28 || 0.0126 || 0.321 || 79.1 || 31.1 || 0.160 || 0.0810 || 212.9 || 64.90 || || 7/0.12 |- |29 || 0.0113 || 0.286 || 88.8 || 35.0 || 0.127 || 0.0642 || 268.5 || 81.84 || || |- |30 || 0.0100 || 0.255 || 99.7 || 39.3 || 0.101 || 0.0509 || 338.6 || 103.2 || || 1/0.25, 7/0.1 |- |31 || 0.00893 || 0.227 || 112 || 44.1 ||0.0797 || 0.0404 || 426.9 || 130.1 || || |- |32 || 0.00795 || 0.202 || 126 || 49.5 ||0.0632 || 0.0320 || 538.3 || 164.1 || || 1/0.2, 7/0.08 |- |33 || 0.00708 || 0.180 || 141 || 55.6 ||0.0501 || 0.0254 || 678.8 || 206.9 || || |- |34 || 0.00630 || 0.160 || 159 || 62.4 ||0.0398 || 0.0201 || 856.0 || 260.9 || || |- |35 || 0.00561 || 0.143 || 178 || 70.1 ||0.0315 || 0.0160 || 1079 || 329.0 || || |- |36 || 0.00500 || 0.127 || 200 || 78.7 ||0.0250 || 0.0127 || 1361 || 414.8 || || |- |37 || 0.00445 || 0.113 || 225 || 88.4 ||0.0198 || 0.0100 || 1716 || 523.1 || || |- |38 || 0.00397 || 0.101 || 252 || 99.3 ||0.0157 ||0.00797 || 2164 || 659.6 || || |- |39 || 0.00353 || 0.0897 || 283 || 111 ||0.0125 ||0.00632 || 2729 || 831.8 || || |- |40 || 0.00314 || 0.0799 || 318 || 125 ||0.00989 ||0.00501 || 3441 || 1049 || || |} Nell'industria elettrica dell'America Settentrionale, i conduttori più grandi di 4/0 AWG sono solitamente identificati dall'area della sezione espressa in migliaia di circular mil (kcmil), dove 1 kcmil = 0.5067 mm². La successiva dimensione più grande del filo dopo 4/0 ha una sezione di 250 kcmil. Un circular mil è l'area di un filo avente diametro pari a 1 mil. Un milione di circular mil è l'area di un cerchio avente diametro pari a 1000 mil = 1 pollice. In passato 1 kcmil era abbreviato MCM. Dimensioni AWG dei cavi I cavi sono specificati con tre numeri: la dimensione complessiva AWG, il numero dei fili componenti il cavo e la dimensione AWG del filo. Il numero dei fili e l'AWG di un singolo filo sono separati da una barra. Ad esempio, un cavo 22 AWG 7/30 è un cavo 22 AWG composto da 7 fili aventi dimensione pari a 30 AWG. Nomenclatura e abbreviazioni nella distribuzione elettrica L'industria elettrica utilizza comunemente modi alternativi per specificare le dimensioni dei fili come AWG. 4 AWG (uso proprio) #4 (il cancelletto è utilizzato come abbreviazione di "numero") No. 4 (No. è utilizzato come abbreviazione di "numero") No. 4 AWG 4 ga. (abbreviazione di "gauge") 000 AWG (uso proprio per grandi dimensioni) 3/0 (uso comune per grandi dimensioni; in inglese è pronunciato three aught) 3/0 AWG #000 #3/0 L'industria affastella anche filo comune per l'utilizzo nella distribuzione elettrica domestica e commerciale, identificando la dimensione del singolo filo del fascio seguita dal numero di fili che costituiscono il fascio. Il tipo più comune di cavo di distribuzione, il "NM-B", è solitamente quello utilizzato: #14/2 (scritto anche "14-2") è un fascio con guaina non-metallica di due fili solidi 14 AWG. L'isolamento attorno ai due conduttori è bianco e nero. Questa guaina per il cavo 14 AWG è solitamente bianca, quando il cavo è utilizzato per il cablaggio NM-B per la distribuzione elettrica in un sito asciutto. I cavi appena prodotti privi di un filo di massa separato (come il #14/2) sono obsoleti. #12/2 con massa (scritto anche "12-2 w/gnd") è un fascio con guaina non-metallica di tre fili solidi 12 AWG che hanno un filo di massa nudo al centro dei due conduttori isolati in una guaina piatta NM-B di colore giallo. Il colore è uno standard dell'industria nordamericana per i cavi prodotti a partire dal 2003 e ne aiuta l'identificazione. #10/3 con massa (scritto anche "10-3 w/gnd") è un fascio con guaina non-metallica di quattro fili solidi 10 AWG che hanno un filo di massa nudo e tre conduttori isolati ritorti in una guaina NM-B di forma circolare e di colore arancio. I conduttori isolati sono di colore nero, bianco e rosso. Alcuni cavi di questa tipologia possono essere piatti per risparmiare rame. Altri tipi di cavo (oltre all'ubiquitario NM-B) sono commercialmente disponibili, sebbene non abbiano un'altrettanto ampia distribuzione. Il comune cavo BX tipo AC è inguainato in un involucro metallico sottile, a coste, a metallo galvanizzato, al fine di proteggere i conduttori da danni che si possono verificare quando si permette il loro piegamento. Così, un cavo "#12/3 metallico" ha tre fili 12 AWG (rosso, nero e bianco) e nessun filo di conduzione. Pronuncia Colloquialmente al sistema AWG ci si riferisce come gauge e agli zero nelle grandi dimensioni di filo ci si riferisce come aught. Ci si riferisce ai fili di dimensioni 1 AWG comunemente chiamati "one gauge"; analogamente, diametri più piccoli sono pronunciati "x gauge", dove x è il numero intero positivo AWG. Per dimensioni maggiori di fili (da #0 in su), la parola "gauge" cade e vi si riferisce così: "one aught", "two aught," ecc., in funzione di quanti zeri vi sono nel codice AWG. In altri casi la parola "gauge" è sostituita dalla parola "number", che appare prima della dimensione, come nel caso della pronuncia "number twelve" per 12 AWG. Note Bibliografia Voci correlate Distribuzione di energia elettrica Impianto elettrico Cavo elettrico Collegamenti esterni Unità di lunghezza
Nasce nel 1961. Studia chitarra classica al Conservatorio di Santa Cecilia con Carlo Carfagna, conseguendo il diploma. Nel 1982 Vince il 1º premio all'11º Festival Nazionale di Chitarra di Loreto in duo con Marco Tiburtini. Nel 1984 è tra i fondatori dell'Ensemble Micrologus, gruppo per lo studio e l'interpretazione della musica medioevale italiana ed europea. Con l'Ensemble Micrologus Adolfo Broegg ha registrato 16 CD, vincendo diversi premi discografici internazionali e per due volte il Diapason d'Or dell'anno. Insieme ai Micrologus ha inciso, tra le altre, le colonne sonore dei film "Ragazzi fuori" di Marco Risi e "Mediterraneo" di Gabriele Salvatores, Premio Oscar 1992. Negli ultimi anni ha diretto diverse produzioni discografiche, sia nel campo della musica antica che in altri generi musicali. Nel campo della musica antica, ha svolto attività seminariale e di formazione e specializzazione, sia come liutista che come musicologo, presso importanti strutture internazionali, tra le quali la Cité de la Musique di Parigi, il Centro Internazionale di Ricerca sulla Musica Medievale di Royaumont e nell'ambito dei Corsi Internazionali della Fondazione Italiana per la Musica Antica di Urbino. Muore improvvisamente a Spello, dove aveva vissuto gran parte della propria vita, il 23 aprile 2006. Il "Centro Studi Europeo di Musica Medievale" presso la Chiesa di Santa Maria della Consolazione di Prato a Spello è a lui intitolato. Discografia parziale Amor mi fa cantar, ensemble Micrologus (1989) Cantigas de Santa Maria, ensemble Micrologus (1991) Landini e i suoi contemporanei, ensemble Micrologus (1994) D'amor cantando, ensemble Micrologus (1995) In festa, ensemble Micrologus (1995) Llibre Vermell, ensemble Micrologus (1996) Europe Concordiae, ensemble Micrologus (1997) Laude celestiniane della tradizione medievale aquilana, ensemble Micrologus (1997) O Yesu dolce, ensemble Micrologus (1997) Madre de deus, ensemble Micrologus (1998) Cantico della terra, ensemble Micrologus (1998) Napolitane villanelle, ensemble Micrologus (1999) Laudario di Cortona, ensemble Micrologus (2000) Napoli aragonese, ensemble Micrologus (2001) Llibre Vermell de Montserrat, ensemble Micrologus (2002) Ho un sogno, Anna Oxa (2003) Canti di Maggio, ensemble Laus Veris - ensemble Micrologus - Nobilissima Parte de Sopra (2004) Le jeux de Robin et Marion, ensemble Micrologus (2004) Landini - Fior di dolçezza, ensemble Micrologus (2005) Alla festa leggiadra, ensemble Micrologus (2005) Aragon en Naples, ensemble Micrologus (2006) Io ti racconto, DVD ensemble Laus Veris (2007) Kronomakia, ensemble Micrologus e Daniele Sepe (2008) Note Bibliografia
La pettenedda è una creatura mitica che appartiene alla tradizione sarda e che vivrebbe nei pozzi. Probabilmente la leggenda è stata inventata dalle madri per spaventare i bambini e tenerli lontani dai pozzi. Caratteristiche La pettenedda è sempre stata immaginata come una donna molto vecchia che passa la vita a pettinarsi (da qui il suo nome) con le sue unghie lunghissime, una chioma di capelli arruffati senza mai riuscire a metterli in ordine, per questo si dice sia sempre molto arrabbiata. Le madri sarde, per spiegare ai bambini i normali rumori che si sentono in fondo a un pozzo, causati dall'acqua che scorre, si inventarono questo personaggio, e dicevano ai bambini che non dovevano avvicinarsi mai a quel pozzo e soprattutto non dovevano sporgersi, poiché la pettenedda li avrebbe agguantati con i suoi enormi artigli e li avrebbe trascinati in fondo al pozzo, facendoli diventare suoi schiavi per l'eternità. Per certi versi la pettenedda è molto simile alla marabbecca della tradizione siciliana. Note Creature leggendarie
Hell's Ditch è il quinto album di studio del gruppo celtic rock irlandese The Pogues, pubblicato nel 1990 da Island Records. L'album è stato prodotto da Joe Strummer dei The Clash, che in seguito rimpiazzò temporaneamente Shane MacGowan quando la band partì per un tour. Tracce Sunny Side of the Street (MacGowan/Finer) - 2:44 Sayonara (MacGowan) - 3:07 The Ghost of a Smile (MacGowan) - 2:58 Hell's Ditch (MacGowan/Finer) - 3:03 Lorca's Novena (MacGowan) - 4:40 Summer in Siam (MacGowan) - 4:06 Rain Street (MacGowan) - 4:00 Rainbow Man (Woods) - 2:46 The Wake of the Medusa (Finer) - 3:04 The House of Gods (MacGowan) - 3:46 5 Green Queens & Jean (MacGowan/Finer) - 2:35 Maidrin Rua (tradizionale) - 1:47 Six to Go (Woods) - 2:58 Bonus track (ristampa 2005) Whiskey In The Jar (tradizionale) - 2:41 The Bastard Landlord (Finer) - 3:09 Infinity (MacGowan) - 2:48 The Curse Of Love (Finer) - 2:43 Squid Out Of Water (MacGowan) - 3:47 Jack's Heroes (Woods/Stacy) - 3:06 A Rainy Night In Soho (1991 Version) (MacGowan) - 4:48 Crediti Shane MacGowan - voce Jem Finer - banjo, mandola, sassofono, chitarra elettrica, chitarra acustica, steel guitar, sassofono, shaker, hurdygurdy Spider Stacy - tin whistle, voce secondaria, armonica a bocca James Fearnley - pianoforte, chitarra acustica, violino, sitar, kalimba, chitarra spagnola, chitarra elettrica Terry Woods - mandolino, chitarra acustica, chitarra elettrica, cittern, voce secondaria, concertina, auto harp Philip Chevron - chitarra acustica, chitarra elettrica, accordion, voce d'accompagnamento Darryl Hunt - basso, conga, campane Andrew Ranken - batteria, tamburello basco, design S. Sheenan - arpa The Pogues - arrangiamenti, percussioni Joe Cashman - organizzatore Joe Strummer - produttore Josh Cheuse - artwork, cover art Paul Cobbold - ingegneria del suono Paul Scully - ingegneria del suono Paul Verner - ingegneria del suono Classifiche album Classifiche singoli Note Collegamenti esterni
Biografia È il figlio di uno scultore spagnolo e di una madre fiamminga. Fino al 1914 visse a Parigi, dove studiò pianoforte con Édouard Risler e armonia sotto la guida di Albert Lavignac al Conservatorio di Parigi. I suoi primi lavori furono pubblicati nel 1912 dall'editore francese Durant & Fils e il giovane compositore ottenne consensi da molti colleghi, tra i quali Ravel e Debussy. Durante la prima guerra mondiale Jarnach emigrò in Svizzera, dove lavorò dapprima come direttore d'orchestra al Teatro Municipale di Zurigo e successivamente come professore di teoria musicale al Conservatorio Municipale. A Zurigo strinse amicizia con James Joyce con cui condivise un appartamento. A Zurigo iniziò anche l'amicizia e la cooperazione artistica con Ferruccio Busoni, di cui fu allievo, e per il quale Jarnach completerà l'opera teatrale incompiuta Doktor Faust. Dal 1921 Jarnach visse a Berlino dove lavorò come compositore, pianista, direttore d'orchestra e critico musicale. Diventò membro di importanti associazioni musicali come il November Gruppe, l'ADMV, l'IGNM e direttore artistico dei Konzerte von Melos. Nel 1927 divenne insegnante di composizione alla Colonia Music Academy. Tra i suoi studenti si annoverarono Kurt Weill, Jürg Baur, Bernd Alois Zimmermann e Nikolaos Skalkottas. Nel 1931 acquisì la nazionalità tedesca. Durante il regime nazista (1933-1945) Jarnach fu privato di tutti i suoi incarichi e le sue opere sparirono dai programmi dei concerti. Dopo la seconda guerra mondiale Jarnach partecipò alla riorganizzazione musicale in Germania, e nel 1949 fondò la Accademia Musicale amburghese, che diresse lui stesso negli anni seguenti. Tra il 1960 e il 1963 fu professore del compositore peruviano Pozzi Escot (1933). Durante la sua carriera ricevette numerosi premi e riconoscimenti: nel 1954 vinse il Premio Bach, nel 1955 fu nominato membro dell’Academy of Arts (Berlino) e vinse l’Art Prize (Berlin). Nel 1958 ottenne la Medaglia di Brahms e nel 1959 fu insignito della Gran Croce del merito della Repubblica Federale di Germania. Compose una Sinfonia brevis, preludi per orchestra, quartetti e quintetti, musica per violino e piano, e lavori vocali. Il figlio di Jarnach, Franz (1943-2017) fu un pianista e un attore, così come sua nipote Lucy Jarnach (1987). Opere principali Opere drammatiche Präludium, Gebet und Heiliger Tanz aus „Das Wandbild“ (op.11), libretto di Ferruccio Busoni; Opere vocali Drei frühe Lieder, testi di Albert Samain, S.Noisemont; 1) Ville morte (Samain) – 2) Arpège (Samain) – 3) La Forêt Antique (Noisemont); Die zwei Gesellen, (1915), testo di Joseph Freiherr von Eichendorff; Sieben Rappen, (1915), testo di Frank Wedekind; Vier Lieder, (op.7), (1922) per voce e orchestra, testi di Börries Freiherr von Münchhausen, Friedrich Hölderlin, Gustav Falke; 1) Lebensweg (Münchhausen) – 2) An eine Rose (Hölderlin) – 3) Jasmin (Münchhausen) – 4) Das mitleidige Mädel (Falke); Fünf Gesänge, (op.15), per voce e pianoforte, testi Rainer Maria Rilke, Heinrich Heine; 1) Lied vom Meer (Rilke) – 2) Aus Des Knaben Wunderhorn – 3) Rückkehr (George) – 4) Der wunde Ritter (Heine) – 5) Aus einer Sturmnacht (Rilke); Zwei Lieder des Narren, (op.24), per voce e orchestra, testi di William Shakespeare; Ballade vom Kämpen, (1934), testo di Joseph von Eichendorff; Sechs Volkslieder, (op.29), (1937), per voce e orchestra; Opere orchestrali Prometheus, Vorspiel; Winterbilder, (1915), suite; Das leise Lied, (1915); Ballade, (1916); Prolog zu einem Ritterspiel, (1917); Sinfonia brevis, (op.14), per grande orchestra; Morgenklangspiel. Romancero II, (op.19), (1925), per grande orchestra; Vorspiel I, (op.22), (1930), per grande orchestra; Concertino e minore ,(op.31), (1935), per 2 violini, violoncello e orchestra d'archi; Musik zum Gedächtnis der Einsamen, (1952), per quartetto d'archi o orchestra d'archi; Musiche per pianoforte, organo e musica da camera Ballade, (1911), per violino e pianoforte; Sonate, (op.8), (1913), per violino; Sonate E-Dur, (op.9), (1913), per violino e pianoforte; Streichquartett, (1916); Streichquintett, (op.10), (1918); Sonatine, (1918), per violoncello e pianoforte; Sonatine, (op.12), (1919), per flauto e pianoforte; Sonate, (op.13), (1922), per violino; Streichquartett, (op.16), (1923); Drei Klavierstücke, (op.17), (1924); Romancero I, (op.18), (1925), per pianoforte; Drei Rhapsodien, (op.20), (1927), duetti da camera per violino e pianoforte; Romancero III, (op.21), (1928), per organo; Klaviersonate Nr. 1, (1925); Amrumer Tagebuch, (op.30), (1942), per pianoforte; Drei Klavierstücke, (op.32), (1948); Sonatine über eine alte Volksweise, (op.33), (1945), per pianoforte; Klaviersonate Nr. 2, (1952); Kavatine, (1960), per clarinetto e pianoforte. Note Bibliografia Collegamenti esterni
Samantha Jones è una delle protagoniste delle serie televisive Sex and the City e The Carrie Diaries, in onda rispettivamente sulle emittenti statunitensi HBO, dal 1998 al 2004, e The CW, dal 2013 al 2014. Interpretata da Kim Cattrall in Sex and the City, è un personaggio creato da Candace Bushnell, che ha pubblicato l'omonimo romanzo da cui è stata tratta la serie. Nella nuova serie, The Carrie Diaries, che racconta gli anni giovanili di Carrie Bradshaw oltre a quelli di Samantha Jones, è interpretata da Lindsey Gort. Biografia Samantha Jones è la meno giovane del gruppo di amiche e possiede un'agenzia di pubbliche relazioni. È molto fiera di essere una donna combattiva che ha avuto successo nel lavoro con le sue sole forze. Infatti la sua famiglia non aveva grandi disponibilità economiche e da adolescente ha lavorato in una gelateria, periodo che ha rivalutato molto dopo aver conosciuto una viziatissima e precoce tredicenne. Ha avuto un rapporto molto conflittuale con la madre, una donna che metteva le sue relazioni con gli uomini prima della figlia, al contrario Samantha metterà le amiche al primo posto rispetto agli uomini. Seduttrice e libertina, non esita a sperimentare ed è molto diretta ed esplicita nei suoi discorsi. Evita ad ogni costo un coinvolgimento emotivo ed esce sempre con uomini diversi. Verso la fine della serie le viene diagnosticato un cancro al seno che le viene rimosso ma a seguito del quale deve sottoporsi a delle sedute di chemioterapia che la costringono a radersi completamente i capelli e indossare una parrucca; cerca di non arrendersi alla malattia e convive con gli effetti collaterali della chemioterapia. Durante il secondo film invece deve affrontare la menopausa, che interferisce con il suo solito stile di vita. Carattere Samantha adora le feste, gli uomini e lo shopping. È una donna di successo, seducente e ambiziosa, ma sotto la sua apparente sicurezza, Samantha è in realtà una donna insicura e fragile, come dimostra al funerale della mamma di Miranda. Crede nell'indipendenza femminile ed è convinta che le donne "possono fare sesso come gli uomini": è una fautrice della libertà sessuale e non fa fatica ad ammetterlo. Samantha non crede nell'amore, eppure si innamora ben tre volte nel corso della serie di James, Richard e Smith. La sua indipendenza la porta anche ad avere una breve relazione con Maria, una pittrice brasiliana lesbica. La casa Ha un appartamento nell'Upper East Side, ma durante la terza stagione lo lascia e si trasferisce in un costoso loft del Meatpacking District, sicura della rapida espansione del quartiere ma dove si trova a litigare con le prostitute transessuali che occupano la strada di notte. Samantha adora vivere da sola, ma durante un'influenza si accorge che nessuno dei suoi tanti amanti è disposto ad aiutarla. Lascerà il suo appartamento e New York per seguire Jarrod a Hollywood Il rapporto con le amiche Come Carrie, Samantha crede ciecamente nell'amicizia con le sue amiche, un porto sicuro quando si sente sola o quando un uomo la fa soffrire, ma anche delle confidenti del cui giudizio non deve avere paura e che ama profondamente. Per quanto le donne conoscano bene Samantha, anche loro a volte si stupiscono di lei, in particolare quando si fidanza con Maria o quando decide di frequentare un uomo di settantadue anni. Le relazioni di Samantha Sono quattro le relazioni durature che vedono coinvolta Samantha: la prima con James, uomo che conquista Samantha in un jazz club ma che lei è costretta a lasciare perché non può convivere con il suo "minuscolo pene"; la seconda è con un'artista lesbica chiamata Maria, con cui Samantha tronca perché la partner non condivide la sua passione per il sesso, ma vuole "parlare, sempre parlare e fare il bagno". La terza relazione è con Richard Wright, magnate alberghiero di cui Samantha si innamora (nonostante lei per prima sia restia ad accettare la cosa), che la tradisce e, nonostante gli sforzi, non riesce a farsi perdonare; la quarta infine, con Smith Jerrod, prestante e giovane cameriere che poi diventerà attore, a cui Samantha si lega molto. Nel corso delle stagioni si nota che dietro all'apparente immunità all'amore, Samantha cela un lato tenero e vulnerabile, e alla fine cede a Smith e al suo amore. Nel primo film vediamo che Samantha si è trasferita ad Hollywood con Smith dove si occupa sempre di pubbliche relazioni, ma compensa con il cibo le poche attenzioni che riceve dall'ormai impegnatissimo fidanzato, che però decide di non tradire in nessun caso. Nel finale Samantha lascia il ragazzo perché sta modificando troppo il suo carattere per lui. Nel secondo film troviamo Samantha ancora single ma rimasta amica di Smith che per lavoro le trova un importante cliente ad Abu Dhabi, il proprietario di un lussuosissimo albergo; qui troverà Richard, un uomo danese affascinante e avventuroso che attirerà l'attenzione di Samantha. Note Personaggi di Sex and the City J Imprenditori immaginari
Le Flottiglie MAS furono una serie di flottiglie della Regia Marina italiana, composte da Motoscafi armati siluranti. Fecero l'esordio in combattimento nella prima guerra mondiale, causando gravi perdite alla flotta austro-ungarica. Nella seconda guerra mondiale gli furono affiancati degli incursori. A queste unità poi nella RSI si unirono anche reparti di fanteria di marina. Flottiglie e squadriglie dipendevano dell'Ispettorato generale delle flottiglie MAS (Generalmas), con sede prima a Livorno e poi a Lerici. Storia Le origini Le prime unità operative risalgono alle fasi iniziali della prima guerra mondiale, quando il cantiere navale veneziano SVAN (acronimo per Società Veneziana Automobili Navali) fornì alla Regia Marina i suoi primi mezzi speciali denominati MAS, acronimo di Motobarca Armata SVAN. Le prime due unità, MAS 1 e MAS 2, furono completate nel giugno 1915. La Regia Marina si era interessata ai motoscafi siluranti già a partire dal 1906, quando venne avviata la definizione di un progetto per una «barca torpediniera mossa da motore a scoppio», com'era definita all'epoca, capace di raggiungere una velocità massima di venti nodi e con una lunghezza di circa 15 metri. Tale progetto rimase sulla carta fino al 1914. La prima guerra mondiale Lo scoppio della guerra diede nuovo impulso: alla fine del 1914 la Regia Marina prendeva contatti con alcune ditte statunitensi vagliando contemporaneamente due progetti italiani, quello della Maccia Marchini e quello della SVAN, che porterà poi ai modelli di serie ordinati per la prima volta il 16 aprile 1915. Questi modelli furono successivamente prodotti anche da cantieri di altre società, come l'Isotta Fraschini e la FIAT. L'acronimo MAS passò a significare Motobarca Armata Silurante; in seguito Motobarca si trasformò in Motoscafo. L'acronimo "MAS" fu sciolto anche in altre definizioni, fra le quali Motum Animat Spes, e quella di Gabriele D'Annunzio, che vi fece aderire, come si legge nei suoi Taccuini, il motto Memento Audere Semper ("Ricordati di osare sempre"). D'Annunzio, che fu nell'equipaggio dei tre MAS che effettuarono la Beffa di Buccari, ebbe sempre una particolare simpatia per il nascente gruppo degli incursori della Marina e la sua influenza a livello politico gli consentì di propugnarne a più riprese il potenziamento. In ogni caso, il vero merito alla prosecuzione delle imprese dei MAS e del loro sviluppo dal punto di vista tecnico è da attribuire all'allora capo di Stato Maggiore della Marina, Paolo Thaon di Revel, che intuì subito il potenziale offensivo dei MAS. Al momento dell'armistizio di Villa Giusti, le industrie italiane avevano dato alla luce 419 esemplari di MAS, 244 dei quali erano entrati in servizio prima dell'ottobre 1918. Si trattava di motoscafi derivati dai natanti turistici, ai quali venivano applicati apparecchi per il lancio di siluri; imbarcazioni di questo tipo dovevano servire a moltiplicare la potenzialità offensiva navale. Non si investiva, come si era fatto fino ad allora, in poche potentissime navi da guerra, ma si realizzavano molti piccoli, agili, economici natanti, la cui funzione era quella di attaccare le navi nemiche come velocissimi "lanciasiluri", sfruttando l'effetto sorpresa. Il concetto si dimostrò efficace e questi mezzi riportarono diversi successi sotto il comando di Raffaele Rossetti e Raffaele Paolucci, fra i quali l'impresa di Pola. Oltre ai MAS, da cui derivò poi il nome del reparto, gli anni della prima guerra mondiale videro l'impiego di altri mezzi più vicini a quelli poi effettivamente impiegati nella seconda guerra mondiale; tra questi il barchino saltatore e la torpedine semovente. Nel luglio 1917 il capitano di fregata Costanzo Ciano, posto al comando di unità siluranti di superficie, fu nominato ispettore dei MAS. La prima base fu al porto di Grado e quando, dopo Caporetto, la cittadina fu rioccupata dagli austriaci, i MAS furono trasferiti a Venezia e ad Ancona. La terza base MAS era a Brindisi. Nel 1917 Ancona divenne il porto ufficiale della II Squadriglia della Flottiglia dell’Alto Adriatico, per operazioni di perlustrazione e attacco nelle coste dalmate. Era composta dai Mas 17, 19, 21, 22, e dal 1918, anche dal 53. Un ruolo di vitale importanza fu svolto dal capitano di corvetta Luigi Rizzo, il quale arrivò ad Ancona da Venezia il 12 febbraio 1918. Fra le incursioni più clamorose vanno ricordate le imprese di Luigi Rizzo, che nel dicembre del 1917 affondò, al largo di Trieste, la corazzatadella Marina imperiale austriaca Wien e nel giugno del 1918 al largo di Premuda attaccò e affondò la corazzata Santo Stefano. Si trattò dei due maggiori successi ottenuti dalla Regia Marina nella prima guerra mondiale. Il forzamento del Canale di Fasana Data la continua inattività della flotta austro-ungarica nel mare Adriatico, il Capo di Stato Maggiore Thaon di Revel continuò a pensare di colpire le navi nemiche direttamente entro i loro porti. Una volta comunicate le sue intenzioni ai sottoposti, il capitano di vascello Morano Pignatti nell'estate del 1916 si fece avanti con una proposta per il siluramento di una nave nemica più volte individuata dai ricognitori nel Canale di Fasana, non lontano da Pola: una torpediniera avrebbe preso a rimorchio un MAS e da Venezia si sarebbe avvicinata all'obiettivo contribuendo in seguito ad abbassare le ostruzioni che impedivano l'accesso al canale; una volta fatto questo il MAS sarebbe dovuto entrare nel varco per affondare l'imbarcazione nemica, quindi avrebbe dovuto far ritorno alla "nave-madre" che, con la protezione di un cacciatorpediniere, si sarebbe subito diretta alla città di partenza. L'idea venne approvata da Thaon di Revel e subito cominciarono i preparativi in vista della missione. Il MAS 20 venne dotato di nuovi e più silenziosi motori elettrici, mentre nella torpediniera venne installato un meccanismo che mediante due grandi pesi fissati vicino alla prua era capace di abbassare le reti di ostruzione poste all'ingresso del canale. Nella notte tra l'1 e il 2 novembre il cacciatorpediniere Zeffiro, la torpediniera e il MAS 20 (comandati rispettivamente da Costanzo Ciano, Domenico Cavagnari e Ildebrando Goiran) erano pronti a salpare comandati da Pignatti, che aveva preso posizione nello Zeffiro. Una volta arrivato al punto prestabilito il comandante Cavagnari manovrò abilmente la sua nave riuscendo ad abbassare in poco tempo le ostruzioni (formate da catene e cavi d'acciaio); immediatamente il motoscafo oltrepassò il varco, dove si posizionò il marinaio scelto Michelangelo De Angelis munito di lanterna con la quale avrebbe dovuto segnalare al MAS dove dirigersi per trovare facilmente l'uscita. Goiran navigò indisturbato lungo il canale in cerca di un bersaglio valido finché attorno alle ore 3:00 avvistò la sagoma del piroscafo Mars (7.400 t): Goiran lanciò prima un siluro e poi, non udendo nessuno scoppio, fece altrettanto con il secondo, ma neanche questo raggiunse il bersaglio a causa delle doppie reti protettive poste dagli austro-ungarici attorno all'imbarcazione. Non potendo più fare altro avendo esaurito le munizioni, il MAS volse la prua verso l'uscita recuperando il marinaio che li aspettava, e raggiunse lo Zeffiro poco tempo dopo. Nonostante Pola fosse l'unica grande base dell'Adriatico, nonché centro del Comando Marina, la flotta austro-ungarica non abbandonò le sue posizioni neanche per tentare un'azione vendicativa. Già dopo un anno dall'entrata in guerra la Marina italiana era riuscita a paralizzare la controparte nemica, costretta alla fonda nei suoi porti per timore di perdere le proprie navi. L'affondamento della corazzata Wien Nell'agosto 1917 la marina austro-ungarica dislocò due corazzate, la Wien e la Budapest, nel porto di Trieste per appoggiare dalla costa, se necessario, l'Esercito Imperiale Austro-Ungarico nella sua avanzata in territorio italiano. La Marina italiana, che aveva alcuni cannoni 381 mm/40 AVS a Grado, e il Regio Esercito, che allora comandava anche l'aviazione militare, avrebbero potuto attaccare le due navi da battaglia nemiche, ma il pericolo di danneggiare Trieste obbligò a trovare un'altra soluzione, che si concretizzò nell'usare due MAS per svolgere il delicato compito. L'esito infausto della battaglia di Caporetto ritardò le operazioni italiane di qualche mese, ma dopo la metà del novembre 1917 Morano Pignatti, lo stesso ideatore del forzamento del Canale di Fasana, mise a punto un piano di attacco che prevedeva l'utilizzazione di due torpediniere e due MAS, il numero 9 e 13. Il 9 dicembre il gruppo di natanti italiani salpò da Venezia alle ore 17:00 raggiungendo verso le 22:45 il punto stabilito per il rilascio dei MAS (portati fin qui a rimorchio dalle torpediniere). Il MAS 9, pilotato da Luigi Rizzo, e il 13, guidato dal sottufficiale Andrea Ferrarini, navigarono silenziosamente fino alle ostruzioni che impedivano l'accesso al porto recidendo le funi metalliche grazie a una cesoia, quindi entrarono nel vallone di Muggia in cerca delle corazzate da affondare. Una volta individuate i due comandanti si divisero e alle ore 2:32 vennero lanciati i siluri, seguiti poco dopo da quattro esplosioni: due provenienti dalla Wien dovute al MAS di Rizzo, e due da una banchina vicina alla Budapest, mancata di poco da Ferrarini. Senza perdere tempo i due motoscafi diressero verso l'uscita dove incontrarono le torpediniere che li riportarono a Venezia. La Wien ora giaceva a 15 metri sotto il livello del mare, ma stavolta, diversamente che dopo l'attacco al Canale di Fasana, la marina austro-ungarica tentò un'azione di forza bombardando due volte Cortellazzo, senza procedere a ulteriori manovre. La beffa di Buccari La beffa di Buccari fu un'incursione militare effettuata contro il naviglio austro-ungarico ormeggiato nella baia di Buccari (in croato Bakar), svolta da una squadriglia della Regia Marina su tre MAS (94, 95 e 96) nella notte tra il 10 e l'11 febbraio 1918. Nonostante le limitate conseguenze materiali, tale azione ebbe l'effetto di risollevare il morale dell'Italia, messo a durissima prova dallo sfondamento di Caporetto di alcuni mesi prima. Tra i protagonisti della beffa di Buccari, ci furono Luigi Rizzo, Gabriele D'Annunzio e Costanzo Ciano. Il primo forzamento di Pola La guerra vide anche impiegati i nuovi barchini saltatori, o meglio uno di essi, soprannominato Grillo una volta uscito dal Regio Arsenale di Venezia. L'obiettivo designato era la più difesa base della k.u.k. Kriegsmarine, cioè quella di Pola. Il 9 marzo 1918 si tentò una sortita con quattro barchini, altrettante torpediniere e numerose unità di scorta, ma la formazione risultò troppo vistosa e un analogo tentativo con due navi in meno non ebbe seguito perché arrivò tardi alla meta, sorte seguita da un'altra spedizione il 13 aprile 1918. Il 13 maggio 1918 due torpediniere, i MAS 95 e 96 (pilotati da Costanzo Ciano e Andrea Berardinelli) e il Grillo (guidato dal comandante Mario Pellegrini), scortati da cinque cacciatorpediniere, riuscirono ad avvicinarsi velocemente al punto dove il barchino sarebbe dovuto entrare in acqua. Rapidamente Pellegrini navigò con il suo insolito mezzo fino alla prima linea di ostruzioni riuscendo ad agganciare le stesse con le apposite catene di cui era dotato il Grillo, ma subito venne illuminato da un faro nemico. Poco dopo gli italiani vennero raggiunti da colpi di arma da fuoco che tuttavia non impedirono loro di arrivare a superare la quarta ostruzione. A questo punto il comandante notò accorrere verso di lui un'imbarcazione: il tempo necessario a superare l'ultima ostruzione non bastava, e il battello nemico lo avrebbe sicuramente catturato insieme al suo equipaggio e al barchino; fu così che si decise di affondare il Grillo, ma prima l'equipaggio avrebbe tentato di lanciare i due siluri nella speranza di colpire qualcosa. L'azione non riuscì perché Giuseppe Corrias, il fuochista di bordo, e lo stesso Pellegrini, si dimenticarono di togliere la sicura ai due ordigni. Il tempo stringeva e prima che l'equipaggio potesse compiere altre azioni una cannonata colpì in pieno il barchino capovolgendolo e scaraventando il suo equipaggio in mare. I tre membri dell'equipaggio (gli altri erano il marinaio scelto Francesco Angelino e il capo silurista Antonio Milani) vennero presi prigionieri e condotti alla base navale dove furono medicati. Terminata la guerra sarebbero tutti tornati in Italia. L'affondamento della Szent István e della Viribus Unitis Il 10 giugno 1918 -ci fu l'impresa di Premuda dove il tenente Luigi Rizzo e il guardiamarina Giuseppe Aonzo alla guida dei MAS 15 e 21 provocarono l'affondamento della corazzata austriaca Szent István. Questa azione è tuttora ricordata e celebrata con la Festa della Marina. Il 1º novembre 1918 nel corso dell'impresa di Pola con una "mignatta" il maggiore Raffaele Rossetti e il tenente medico Raffaele Paolucci affondarono la corazzata SMS Viribus Unitis. Missioni svolte nella prima guerra mondiale Le tonnellate sotto specificate sono tonnellate di stazza, quindi unità di volume, e non di peso. Durazzo, 7 giugno 1916: - 2 MAS - Berardinelli, Pagano - affondamento piroscafo Lokrum (1.000 t) San Giovanni di Medua, 16 giugno 1916: - 2 MAS - Berardinelli, Pagano - incursione nel porto che risultò privo di navi Durazzo, 26 giugno 1916: 2 MAS - Berardinelli, Pagano - affondamento piroscafo Sarajevo (1.100 t) Canale di Fasana, 2 novembre 1916: MAS 20 - Goiran - vengono lanciati due siluri, che però non superano le reti di protezione della nave presa come bersaglio Trieste, Vallone di Muggia, 9-10 dicembre 1917: MAS 9 e 13 - Luigi Rizzo, Andrea Ferrarini - affondata corazzata Wien (5.600 t) MAS 13: Ferrarini, Origoni, Volpi, Salvemini, Cassisa, Cabella, Dagnino, Piccirillo, Pessina MAS 9: Rizzo, Battaglini, Martini, Foggi, Mazzella, Orsi, Poltri, Camini, Sansolini Beffa di Buccari, febbraio 1918: MAS 94, 95, 96 - Gabriele D'Annunzio, Costanzo Ciano, Luigi Rizzo - azione dimostrativa di forzamento del porto Durazzo, giugno 1918: 2 MAS - Pagano, Azzi - affondato il piroscafo Bregenz (3.900 t) Pola, 13-14 maggio 1918: MAS 95 e 96, 1 barchino saltatore - Ciano, Berardinelli, Pellegrini - superate quattro delle cinque ostruzioni con perdita del barchino e del suo equipaggio Impresa di Premuda, 10 giugno 1918: MAS 15 e 21 - Luigi Rizzo, Giuseppe Aonzo (MAS 21), Armando Gori (MAS 15) - affondata corazzata Szent István (Santo Stefano) Impresa di Pola, 31 ottobre-1º novembre 1918: Raffaele Rossetti, Raffaele Paolucci - forzatura del porto a nuoto con una torpedine semovente e affondamento della corazzata Viribus Unitis (20.000 t) e il vicino piroscafo Wien (7.400 t) A queste missioni se ne devono aggiungere altre, di minore portata, che avevano vari obiettivi come l'attacco a forze navali, posa di mine e scorta di convogli. Tra le due guerre Negli anni dopo la fine della prima guerra mondiale la Marina non dedicò molta attenzione ai motoscafi d'assalto, data l'ormai affermata potenza italiana in ambito marittimo e visti i pacifici rapporti esistenti con Gran Bretagna e Francia, i principali "avversari" presenti nel Mediterraneo. L'inizio del grande sviluppo dell'incursione subacquea risale però al 1935, quando la guerra d'Etiopia sconvolse gli equilibri politici fino a quel momento esistenti. La Royal Navy, che rappresentava la più potente forza navale dell'epoca, in quel periodo era fortemente presente nel Mar Mediterraneo e per contrastarla fu costituita la 1ª Flottiglia MAS, comandata dal capitano di fregata Paolo Aloisi e incaricata di organizzare i mezzi d'assalto della Marina, cosa che ebbe inizio verso la fine dell'aprile 1939 in una tenuta della famiglia Salviati situata nei dintorni della foce del fiume Serchio. Inoltre nel 1936 vennero realizzati i primi esemplari di barchini progettati da Aimone di Savoia-Aosta, futuro comandante di "GeneralMAS", dalla quale dipendevano sia la 1ª Flottiglia MAS sia le motosiluranti. Inoltre, due ufficiali Teseo Tesei ed Elios Toschi, progettarono un nuovo mezzo di incursione subacquea, partendo dalle versioni rinnovate dei MAS e dei siluri. Nacque così l'SLC (siluro a lenta corsa): siluri elettrici in grado di trasportare due uomini oltre alla testa esplosiva sganciabile, che veniva fissata dai due operatori alla chiglia della nave nemica. Questo mezzo è meglio noto con il nomignolo di maiale: l'origine del soprannome è incerta e da una parte vi è la forma goffa del mezzo, dall'altra il fatto che erano mezzi lenti e poco agili. I maiali erano portati sul luogo delle operazioni, generalmente nelle vicinanze di un porto nemico, per mezzo di sommergibili trasportatori, modificati per ospitare alcune di queste unità sul ponte. Inizialmente non era previsto l'utilizzo dei cassoni stagni contenitori dei mezzi d'assalto, ma solo delle staffe di ancoraggio al sommergibile stesso, questo però comportava un'immersione massima per il sommergibile trasportatore di soli 30 metri, quota massima operativa sperimentata per gli SLC. Per ovviare a questa limitazione, che tra l'altro rendeva il sommergibile più facilmente visibile da parte del nemico, si decise di montare sul ponte del sommergibile dei cassoni stagni di forma cilindrica, costruiti nei cantieri OTO Melara di La Spezia. Oltre ai MAS e SLC vennero sviluppati anche gli MTM (Motoscafi da Turismo Modificati): i barchini esplosivi. La ricerca venne interrotta con la fine della guerra d'Etiopia, per riprendere solo alla fine del 1938. Solo alla vigilia dello scoppio della seconda guerra mondiale la Marina decise inoltre di riprendere gli studi per l'impiego operativo del maiale e dei barchini. Il 28 ottobre 1938 l'Ufficio piani e operazione della Marina propone la costituzione della "1ª Flottiglia MAS", con sede a Spezia. L'unità viene costituita il 23 aprile 1939 con comandante il capitano di fregata Paolo Aloisi. La seconda guerra mondiale Allo scoppio della seconda guerra mondiale erano già state costituite tre flottiglie, la 1ª Flottiglia MAS, la IIª Flottiglia MAS e la IIIª Flottiglia MAS, oltre a diverse squadriglie, alcune delle quali autonome. Alla 1ª Flottiglia fu inoltre riconosciuta la specialità degli "uomini d'assalto", sommozzatori in grado di nuotare fino a sotto le navi nemiche per collocarvi dell'esplosivo. I mezzi usati per trasportare queste testate esplosive, del peso di circa 300 kg, erano dei siluri modificati, appunto i siluri a lenta corsa. Nel 1941 la 1ª venne denominata Xª Flottiglia MAS, su proposta del capitano di fregata Vittorio Moccagatta. Fino al febbraio 1942 i mezzi d'assalto dipendevano direttamente dallo Stato maggiore della Marina, da quella data passarono al neo istituito Ispettorato generale delle flottiglie Mas, insieme al Reggimento "San Marco". Al vertice di "Generalmas" fu chiamato l'ammiraglio Aimone di Savoia, duca d'Aosta. Nel 1942 fu formata a IVª Flottiglia MAS per prendere parte alle operazioni navali nel teatro del Mar Nero. Sempre nel 1942 fu trasferita via terra la XIIª Squadriglia MAS per partecipare alle operazioni belliche sul lago Ladoga contro la Russia. Tra gli eventi degni di nota nel periodo 1941-1943 vi furono: il siluramento dell'incrociatore leggero HMS Capetown (D88) sudafricano, il fallito attacco al porto di Malta nel gennaio 1941, con la perdita di due motosiluranti di supporto alla missione; l'impiego nel Mar Nero contro la flotta sovietica, con alcuni sommergibili russi affondati, la battaglia di mezzo agosto, in cui i MAS contribuirono ad infliggere perdite di alcuni mercantili agli inglesi. Nell'aprile 1943 erano arrivate a sei le flottiglie MAS della Regia Marina. Dopo l'8 settembre Dopo l'8 settembre 1943 le diverse squadriglie MAS della Regia Marina andarono alcune a formare la Xª MAS della Repubblica Sociale Italiana, altre Mariassalto della Marina Cobelligerante Italiana. Organizzazione Flottiglia MAS La flottiglia (comandata da un capo flottiglia, solitamente imbarcato su di una unità estranea alle squadriglie) era un raggruppamento di 2 o più squadriglie. squadriglia MAS La squadriglia era formata da 2 a 4 MAS. Naviglio al 1940 Allo scoppio della seconda guerra mondiale il 10 giugno 1940 erano in servizio: Iª Flottiglia MAS Nata nel 1939, il 15 marzo 1941 la I Flottiglia MAS fu ribattezzata Xª MAS. Dipartimento militare marittimo "Alto Tirreno" (Base: La Spezia) I Squadriglia MAS 438 MAS 439 MAS 440 MAS 441 V Squadriglia MAS 505 MAS 507 MAS 510 MAS 525 XII Squadriglia MAS 526 MAS 527 MAS 528 MAS 529 XIII Squadriglia MAS 534 MAS 535 MAS 538 MAS 539 XIV Squadriglia MAS 530 MAS 531 MAS 532 MAS 533 IIª Flottiglia MAS Comando militare marittimo "Sicilia" (Base: Messina) II Squadriglia (base Trapani) MAS 424 MAS 509 MAS 543 MAS 544 IX Squadriglia MAS 512 MAS 513 MAS 514 MAS 515 X Squadriglia MAS 516 MAS 517 MAS 518 MAS 519 XV Squadriglia MAS 547 MAS 548 MAS 549 MAS 550 III Flottiglia MAS Comando navale Mar Egeo (Sede Rodi) VII Squadriglia XVI Squadriglia XXII Squadriglia Altre Squadrigie II Squadriglia MAS Comando militare marittimo autonomo "Alto Adriatico" (Base: Venezia) MAS 423 MAS 426 MAS 432 MAS 437 III Squadriglia MAS Dipartimento militare marittimo "Ionio e Basso Adriatico" (Base: Taranto) MAS 540 MAS 541 IV Squadriglia MAS Dipartimento militare marittimo "Basso Tirreno" (Base: Napoli) MAS 501 MAS 502 MAS 503 MAS 504 XXI Squadriglia MAS Comando navale Africa Orientale Italiana (Base: Massaua) MAS 205 MAS 206 MAS 210 MAS 213 MAS 216 XX Squadriglia MAS Comando militare marittimo "Sicilia" (base Pantelleria) MAS 552 MAS 554, MAS 557, MAS 564, XVIII Squadriglia MAS Comando militare marittimo "Sicilia" (base Trapani) MAS 533, MAS 553, MAS 556, MAS 560 MAS 562 Note Bibliografia Voci correlate Motoscafo armato silurante Barchino esplosivo Gruppo Gamma Siluro San Bartolomeo Torpedine semovente Siluro a lenta corsa Xª Flottiglia MAS (Regno d'Italia) IIª Flottiglia MAS IVª Flottiglia MAS Fumo nero all'orizzonte Regia Marina
La Nazionale olimpica italiana di calcio, i cui giocatori sono soprannominati Azzurrini, è dal 1952 la rappresentativa calcistica dell'Italia ai Giochi olimpici. È posta sotto l'egida della FIGC. Durante la stagione sportiva che porta ai Giochi olimpici, la Nazionale olimpica (qualora qualificata) si prepara partecipando ad amichevoli o tornei internazionali. Storia La nazionale giovanile Dopo aver partecipato ai Giochi di Helsinki, nel corso dei quali vennero raggiunti gli ottavi di finale; al fine di evitare le accuse di professionismo per i giocatori scelti per i Giochi olimpici, l'Italia decise in seguito di impiegare la nazionale giovanile. Nel 1956 l'Italia non prese nemmeno parte alle qualificazioni, mentre nel 1960 chiuse quarta, dopo la sconfitta con l'Ungheria, nella finale per il bronzo. Per l'edizione del 1964 la nazionale giovanile si era regolarmente qualificata, ma il CONI, di concerto con la Federcalcio, decise di non inviare la squadra dopo una segnalazione anonima (attribuita a una non precisata società calcistica italiana, le cui intenzioni furono ascritte alla volontà di non cedere i propri giocatori durante il campionato) con cui si denunciava lo status professionistico dei calciatori italiani al torneo. L'Italia s'iscrisse regolarmente alle qualificazioni per i Giochi del 1968. La selezione, ancora basata sulla nazionale giovanile, era stata affidata a Paolo Todeschini; dopo aver svolto delle amichevoli partecipò ai Giochi del Mediterraneo, che vinse per sorteggio sulla Francia, anche se poi il titolo venne condiviso fra le due squadre. Proprio durante questo torneo la selezione venne accusata di schierare giocatori professionisti, così la federazione decise, come quattro anni prima, di ritirare la squadra. L'Italia venne eliminata nelle qualificazioni ai Giochi del 1972 dalla Germania Est, mentre non si iscrisse a quelle successive, per i Giochi del 1976. Un'altra mancata qualificazione vi fu nel 1980, nel secondo turno, per opera della Jugoslavia. In questa edizione l'Italia affrontò le qualificazioni con la nazionale Under 21, guidata da Azeglio Vicini. Dal 1984 al 1988 Dai Giochi olimpici del 1984, per la prima volta, venne autorizzato l'impiego di giocatori professionisti. Tuttavia le nazionali europee e sudamericane avrebbero potuto schierare solo quei giocatori che non avevano mai giocato in una fase finale di un Campionato mondiale di calcio. La stessa formula venne riproposta anche per i Giochi olimpici del 1988. La Nazionale olimpica italiana venne ufficialmente istituita nel 1982 per delibera del Consiglio Federale della FIGC: con tale atto la Federcalcio stabilì che, dalla stagione 1982-1983, la nuova Nazionale avrebbe sostituito la nazionale sperimentale. Il debutto avvenne allo Stadio Olimpico di Roma, contro la Lega Irlandese. La nuova rappresentativa venne affidata a Cesare Maldini. Non essendo ancora chiaro quale dovesse essere lo status dei calciatori che avrebbero potuto partecipare ai Giochi Olimpici, la FIGC fece compilare ai calciatori un questionario in merito ai loro impegni pubblicitari. Nel 1984 e nel 1988 la nazionale italiana giunse ai piedi del podio, quarta, dopo aver perduto le finali per il bronzo. Nel 1984, nel girone di qualificazione, l'Italia giunse alle spalle di Jugoslavia e Romania e non si qualificò direttamente per la competizione, ma venne ripescata, dopo il forfait della Cecoslovacchia, vista la decisione di boicottare i giochi olimpici, che si tenevano a Los Angeles, da parte di molte nazioni del blocco orientale. L'Italia, per i Giochi, venne affidata a Enzo Bearzot, allenatore anche della nazionale maggiore. Durante il raduno preolimpico Salvatore Bagni venne escluso dalla rosa dei giocatori convocati, in quanto si era rifiutato di passare dall'Inter al Napoli; gli altri azzurri minacciarono di abbandonare il ritiro, e la stessa FIGC prospettò l'idea dell'abbandono del torneo olimpico. L'Italia venne inserita nel gruppo D con l'Egitto, con i padroni di casa degli Stati Uniti, e la Costa Rica. Nonostante la sconfitta con i centroamericani, l'Italia vinse il girone e affrontò in seguito il Cile, battuto nei quarti per 1-0 dopo i tempi supplementari. In semifinale gli azzurri vennero battuti dal Brasile, di nuovo nei supplementari. Infine, nella finale per il bronzo, la nazionale azzurra fu sconfitta dalla Jugoslavia per 2-1. Ai Giochi olimpici del 1988 l'Italia, allenata da Dino Zoff, si qualificò direttamente e venne inserita nel gruppo B. Dopo la qualificazione però la FIGC decise di sostituire Zoff con Francesco Rocca, con cui collaborò anche Bearzot. Dopo aver sconfitto largamente il Guatemala (5-2), l'Italia incappò in una sconfitta clamorosa con lo Zambia, per 4-0. La successiva vittoria contro l'Iraq (2-0), permise agli azzurri di accedere alla fase a eliminazione diretta. Nei quarti l'Italia regolò la Svezia (2-1), ancora una volta dopo i tempi supplementari. Curiosamente anche la semifinale, contro l'Unione Sovietica, terminò solo dopo 120 minuti. Anche in questo caso, come 4 anni prima, la nazionale italiana dovette accontentarsi della finalina, dopo essere stata battuta per 3-2 dai sovietici, che poi si aggiudicarono il torneo. La finale per il bronzo fu di nuovo negativa: la Germania Ovest prevalse per 3-0. La partecipazione alle Olimpiadi ritardò l'inizio del campionato di Serie A al 9 ottobre. L'era degli Under 23 Dal 1992, per la prima volta, venne introdotta la regola degli Under-23: tutte le squadre avrebbero dovuto essere composte da giocatori di età uguale o inferiore a 23 anni. La base di queste Nazionali è perciò formata dai calciatori che militano nella Nazionale Under-21 al termine del loro ciclo, e perciò con un'eta inferiore ai 23 anni. Per tale motivo, l'Almanacco Panini riporta le partite disputate alle Olimpiadi dalla nazionale olimpica, a partire dal 1992, nell'elenco delle partite disputate dall'Under-21. La FIGC considera invece le partite giocate ai Giochi Olimpici, o quelle di preparazione, come effettuate dalla nazionale Olimpica. 1992 Il Campionato europeo di calcio Under-21 1992 fece da selezione per le 4 rappresentative europee che avrebbero partecipato alle successive olimpiadi di Barcellona, assieme alla Spagna, padrona di casa. L'Italia si aggiudicò il campionato continentale e venne così inserita nel gruppo A. Dopo la vittoria contro gli USA (evento che di fatto inaugurò i giochi, prima ancora della cerimonia ufficiale d'apertura) e la sconfitta con la Polonia, l'Italia batté il Kuwait, e si qualificò ai quarti di finale, dove venne battuta proprio dai padroni di casa, che si aggiudicarono poi i Giochi. 1996 Vincendo il Campionato europeo di calcio Under-21 1996 la nazionale italiana ottenne la qualificazione ai successivi Giochi olimpici; da questa edizione le selezioni Under 23 possono convocare fino a un massimo di tre fuoriquota. La nazionale era ancora affidata a Cesare Maldini, che convocò tre giocatori non Under 23: Gianluca Pagliuca, Massimo Crippa e Marco Branca. L'Italia, inserita nel gruppo C, fu eliminata già dopo le prime sconfitte con Messico e Ghana, e a nulla servì la vittoria, nell'ultima partita del girone, contro la Corea del Sud. 2000 La quarta vittoria della nazionale Under 21 all'europeo di categoria, nel 2000, consentì all'Italia la partecipazione ai Giochi olimpici del 2000, disputati a Sydney. La selezione azzurra era guidata da Marco Tardelli, che non convocò nessun fuoriquota. Inserita nel gruppo A l'Italia regolò prima l'Australia, poi l'Honduras, prima di pareggiare con la Nigeria. L'avventura terminò ai quarti, ancora una volta contro la Spagna, che poi avrebbe perso la finale ai tiri di rigore contro il Camerun. Il bronzo di Atene 2004 L'Italia si aggiudicò anche il Campionato europeo di calcio Under-21 2004, venendo così qualificata, assieme alla seconda e terza della competizione, più la Grecia, padrona di casa, ai Giochi olimpici del 2004. Inserita nel gruppo B, la nazionale italiana pareggiò con il Ghana, batté il Giappone, e si qualificò alla fase a eliminazione diretta, nonostante la sconfitta col Paraguay, nella terza e ultima gara del girone. L'Italia chiuse a 4 punti, come il Ghana, e con la stessa differenza reti degli africani, 0, ma con 5 gol fatti, uno in più degli avversari. Nei quarti, come accaduto nel 1984 e nel 1988, passò solo ai supplementari, piegando per 1-0 il Mali. In semifinale la nazionale azzurra venne travolta dall'Argentina, che poi vinse la medaglia d'oro, per 3-0. Nella finale per il bronzo la nazionale italiana sconfisse l'Iraq per 1-0, ottenendo la prima medaglia olimpica dall'oro del 1936 a Berlino vinto però dalla nazionale maggiore. 2008 Nel Campionato europeo di calcio Under-21 2007, qualificazione alle olimpiadi dell'anno seguente, era previsto che le quattro nazionali semifinaliste si qualificassero automaticamente, con l'eccezione dell'Inghilterra, in quanto i suoi giocatori avrebbero potuto partecipare solo come parte del . Avendo l'Inghilterra raggiunto le semifinali, si rese necessario uno spareggio tra Portogallo e Italia, le due squadre che si sono piazzate al terzo posto dei rispettivi gironi, per assegnare il quarto posto disponibile per la partecipazione ai Giochi olimpici del 2008. La nazionale italiana vinse lo spareggio ai rigori. In preparazione alla rassegna olimpica la nazionale si aggiudicò il Torneo di Tolone. La finale contro il Cile viene decisa da un gol di Osvaldo. L'avventura dell'Italia ai Giochi olimpici del 2008 iniziò con un rotondo 3-0 contro l'Honduras, e proseguì con un'altra vittoria per 3-0 sulla Corea del Sud. Alla fine chiuse con un pareggio contro il Camerun per 0-0. L'Italia cadde contro il Belgio, per 3-2, ai quarti di finale. Nonostante la precoce eliminazione, Giuseppe Rossi terminò la competizione con il titolo di capocannoniere, secondo italiano a vincere la classifica marcatori del torneo olimpico, dopo Annibale Frossi nel 1936. La triplice mancata qualificazione La nazionale Under 21 non si qualificò per la fase finale del Campionato europeo di calcio Under-21 2011, eliminata dalla Bielorussia nel play-off. Perse così la possibilità di partecipare ai Giochi olimpici del 2012. Per la prima volta dall'edizione di Mosca del 1980 l'Italia mancava ai Giochi olimpici. La nazionale italiana aveva vinto il gruppo 3, mentre, nello spareggio, dopo aver vinto per 2-0 in casa all'andata, venne piegata 3-0 in trasferta, dopo i tempi supplementari. Anche per i successivi Giochi olimpici del 2016 la nazionale italiana non fu capace di qualificarsi. Giunta alla fase finale del Campionato europeo Under 21, sarebbe dovuta entrare tra le semifinaliste, ma giunse solo terza nel suo girone eliminatorio, alle spalle di Portogallo e Svezia. Nel 2019, nell'europeo disputatosi in casa, l'Italia mancò anche l'accesso ai Giochi olimpici del 2020, arrivando seconda nel suo girone dietro la Spagna (non passò come migliore seconda alle semifinali del torneo). Colori e simboli La nazionale olimpica condivide i colori di tutte le altre selezioni della FIGC: la maglia interna è azzurra con calzoncini bianchi, quella esterna inverte le tinte. Dal punto di vista simbologico, sebbene essa competa formalmente in rappresentanza del Comitato olimpico nazionale italiano e non della FIGC, la nazionale olimpica in quasi tutte le sue partecipazioni ha portato ricamato sul petto delle maglie lo stesso emblema usato nelle normali competizioni professionistiche: lo scudetto tricolore bianco-rosso-verde con la dicitura ITALIA in capo, oppure il logo federale, talora anche corredato dalle stelle rappresentative delle vittorie in Coppa del Mondo. Ai giochi di Pechino 2008 tale prassi si è interrotta e la squadra ha adottato maglie che portavano sul petto uno dei logotipi del CONI, il cosiddetto "codice a barre" tricolore sormontato dalla scritta Italia. Palmarès Commissari tecnici Giuseppe Meazza (1952) Nereo Rocco, Paolo Todeschini e Giuseppe Viani (D.T.) (1960) Enzo Bearzot (1984) Dino Zoff (1986-1988) Francesco Rocca (1988) Cesare Maldini (1992-1996) Marco Tardelli (2000) Claudio Gentile (2004) Pierluigi Casiraghi (2008) Partecipazioni ai tornei internazionali Giochi olimpici La FIFA considera che, fino al 1948, ai Giochi Olimpici abbiano partecipato le nazionali maggiori. La FIGC ascrive anche la partecipazione del 1952 alla Nazionale A. Tutte le rose Giochi olimpici Note Olimpica Italia
Biografia Studente di giurisprudenza, ha aderito alla FUCI. Conseguita la laurea dopo la guerra, ha iniziato l'impegno politico con la Democrazia Cristiana. Nel 1956 è stato eletto sindaco di Castellarano, il più giovane d'Italia. Ha ricoperto la carica fino al 1965. È stato deputato al Parlamento per la Democrazia Cristiana dal 1972 al 1979. La sua attività si è svolta soprattutto nella politica sanitaria, rappresentando il gruppo DC nella Commissione sanità di Montecitorio. Ha aderito alla corrente di Carlo Donat-Cattin, del quale è stato amico. Durante il mandato di questi a ministro della sanità, ne è stato consulente tecnico per tre anni e ha diretto il Servizio Ospedali del ministero. Al termine dei mandati parlamentari ha ricoperto il ruolo di dirigente amministrativo in istituzioni sanitarie pubbliche di rilievo, come il Policlinico San Matteo di Pavia e l'Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna.. Dal 2001 al 2018 è stato presidente dell'Associazione Liberi Partigiani Italiani-Associazione Partigiani Cristiani di Reggio Emilia. Opere Onorificenze Note Bibliografia Altri progetti Collegamenti esterni Politici della Democrazia Cristiana Deputati della VI legislatura della Repubblica Italiana Deputati della VII legislatura della Repubblica Italiana Sindaci in Italia
Nell'informatica teorica, un problema computazionale o problema astratto è una relazione tra un insieme di istanze e un insieme di soluzioni. Un problema computazionale permette di stabilire formalmente la relazione desiderata tra l'entrata o input di un algoritmo e la sua uscita o output. Una soluzione algoritmica a un problema computazionale consiste in un algoritmo che per ogni istanza del problema calcola almeno una soluzione corrispondente – nel caso esista – o certifica che non esiste alcuna soluzione. Un problema astratto diventa un problema concreto quando le istanze e le soluzioni sono codificate in forma di linguaggi formali. I problemi computazionali sono soliti essere definiti in due parti: nella prima si descrive l'insieme di istanze e nella seconda si descrive la soluzione attesa per ogni istanza. Per esempio, il problema dell'ordinamento di numeri interi si definisce di solito come segue: Istanza: Una successione finita di numeri interi Soluzione: Una permutazione della successione in entrata tale che Qui tanto l'insieme delle istanze quanto quello delle soluzioni è lo stesso, poiché si tratta dell'insieme di tutte le successioni finite di numeri interi. La relazione che vi è tra di essi assegna a ogni successione l'unica permutazione tale che . Ad esempio, ha come soluzione . Una soluzione algoritmica al problema dell'ordinamento è quella dell'ordinamento a bolle, perché questo algoritmo produce una soluzione come uscita ogni volta che gli si somministra una istanza come entrata. Tipi di problemi computazionali Un problema decisionale è un problema computazionale in cui la risposta per ogni istanza è o "sì" o "no". Un esempio di problema decisionale è la verifica di primalità: "Dato un numero n intero positivo, determinare se n è un numero primo." Un problema decisionale è rappresentato tipicamente come l'insieme di tutte le istanze per le quali la risposta è sì. Ad esempio, la verifica di primalità può essere rappresentata come l'insieme infinito L = {2, 3, 5, 7, 11, ...} In un problema di ricerca, le risposte possono essere stringhe arbitrarie. Ad esempio, la fattorizzazione è un problema di ricerca in cui le istanze sono (rappresentazioni mediante stringhe di) interi positivi e le soluzioni sono (rappresentazioni mediante stringhe di) collezioni di primi. Un problema di ricerca è rappresentato come una relazione che consiste di tutte le coppie istanza-soluzione, chiamata relazione di ricerca. Ad esempio, la fattorizzazione può essere rappresentata come la relazione R = {(4, 2), (6, 2), (6, 3), (8, 2), (9, 3), (10, 2), (10, 5)...} che consiste di coppie di numeri (n, p), dove p è un fattore primo non banale di n. Un problema di conteggio chiede il numero di soluzioni a un dato problema di ricerca. Ad esempio, un problema di conteggio associato con la fattorizzazione è "Dato un intero positivo n, contare il numero di fattori primi non banali di n." Un problema di conteggio può essere rappresentare da una funzione f da {0, 1}* agli interi non negativi. Per una relazione di ricerca R, il problema di conteggio associato a R è la funzione fR(x) = |{y: (x, y) ∈ R}|. Un problema di ottimizzazione che di trovare la soluzione "migliore possibile" tra l'insieme di tutte le soluzioni possibili a un problema di ricerca. Un esempio è il problema del massimo insieme indipendente: "Dato un grafo G, trovare un insieme indipendente di G di dimensione massima." I problemi di ottimizzazione possono essere rappresentati dalle loro relazioni di ricerca. In un problema di funzione di si aspetta un'unica uscita (di una funzione totale) per ogni entrata, ma l'uscita è più complessa di quella di un problema decisionale, cioè, non è semplicemente "sì" o "no". Uno degli esempi più famosi è il problema del commesso viaggiatore: "Data una lista di città e le distanze tra ciascuna coppia di città, trovare il più breve tragitto possibile che visita ciascuna città esattamente una volta e ritorna alla città di origine." È un problema NP-difficile in ottimizzazione combinatoria, importante nella ricerca operativa e nell'informatica teorica. Problemi di promessa Nella teoria della complessità computazionale, di solito si assume implicitamente che qualsiasi stringa in {0, 1}* rappresenti un'istanza del problema computazionale in questione. Tuttavia, a volte non tutte le stringhe {0, 1}* representano istanze valide, e si specifica un sottoinsieme proprio di {0, 1}* come l'insieme di "istanze valide". I problemi computazionali di questo tipo sono chiamati problemi di promessa. Quello che segue è un esempio di un problema di promessa (decisionale): "Dato un grafo G, determinare se ogni insieme indipendente in G ha al più dimensione 5, o se G ha un insieme indipendente di dimensione almeno 10." Nel caso in esempio, le istanze valide sono i grafi G tali che ogni insieme indipendente in G abbia dimensione massima minore di 5 o maggiore di 10. I problemi di promessa decisionali sono rappresentati di solito come coppie di sottoinsiemi disgiunti (Lsì, Lno) di {0, 1}*. Le istanze valide sono quelle in Lyes ∪ Lno. Lsì e Lno rappresentano le istanze la cui risposta è sì e no, rispettivamente. I problemi di promessa svolgono un ruolo importante in varie aree della complessità computazionale, compresa la difficoltà di approssimazione, la verifica di proprietà e i sistemi di prova interattivi. Bibliografia
L'Istituto dei padri di Schönstatt (in latino Schönstatt patres) è un istituto secolare clericale di diritto pontificio. Storia La congregazione venne fondata a Schönstatt, presso Vallendar, dal sacerdote pallottino Josef Kentenich (1885-1968), direttore spirituale del locale ginnasio della Società. Il 18 ottobre 1914 espose ai giovani seminaristi il suo piano di rinnovamento religioso, fondato sulla consacrazione (o alleanza d'amore) a Maria invocata con il titolo di Madre e Regina tre volte Ammirabile. La provincia di Limburgo della Società dell'apostolato cattolico approvò il piano il 18 luglio 1919 e consentì a Kentenich di propagarlo anche al di fuori della congregazione. Il 12 ottobre 1964 il movimento di Schönstatt si staccò dai pallottini: i sacerdoti provenienti dalla Società si unirono ai sacerdoti diocesani e ai seminaristi legati al movimento e si costituirono in istituto secolare, canonicamente eretto da Adolf Bolte, vescovo di Fulda, il 18 luglio 1965. L'istituto divenne centrale e motrice dell'opera di Schönstatt e nel 1973 gli venne concessa la facoltà di incardinare i suoi membri. Quello dei padri di Schönstatt venne riconosciuto come istituto di diritto pontificio il 24 giugno 1988. Accuse di abusi Nel luglio 2020 vengono rese pubbliche accuse pesanti al fondatore P. Kentenich di abusi psicologici e sessuali su alcune religiose del Movimento. Dette accuse sarebbero stata la causa per cui la Santa Sede decise l'allontanamento del fondatore dal suo movimento. Tali accuse sono state avanzate da Alexandra von Teuffenbach, già docente di teologia e storia della Chiesa alla Pontificia Università Lateranense e all’Ateneo “Regina Apostolorum”, la quale avrebbe trovato le prove dell'accusa di padre Kentenich negli archivi. Note Bibliografia Annuario pontificio per l'anno 2010, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano 2010. ISBN 978-88-209-8355-0. Guerrino Pelliccia e Giancarlo Rocca (curr.), Dizionario degli istituti di perfezione (DIP), 10 voll., Edizioni paoline, Milano 1974-2003. Collegamenti esterni Schönstatt
La stazione di Nichelino è una fermata ferroviaria posta sulla linea Torino-Pinerolo, a servizio dell'omonimo comune. Storia La fermata di Nichelino entrò in servizio con l'attivazione della linea Torino-Pinerolo, il 5 luglio 1854. All'inizio era gestita dal Genio Militare Ferrovieri ed era solamente costituita da un casello. Passata sotto la gestione delle Ferrovie di Stato, essa fu trasformata nell'attuale fermata ferroviaria, con la fermata dei convogli per effettuare il servizio passeggeri. Strutture e impianti La fermata è dotata del solo binario di corsa della linea, servito da un'apposita banchina. Dall'altro lato di quest'ultima sono presenti i resti, ormai quasi completamente interrati, di un binario tronco, utilizzato fino a data imprecisata presumibilmente a servizio dello scalo merci. La fermata è dotata di quattro strutture. Il fabbricato viaggiatori è quella più grossa, sviluppata su due piani. Il piano terra è occupato principalmente dall'ufficio movimento, che si estrude mediante una cabina in vetro e metallo presso la banchina. Il primo piano fu invece l'abitazione del casellante, in seguito sostituito dal capostazione; tale piano risulta disabitato e in stato di abbandono, anche per via di alcuni atti di vandalismo che ne hanno imbrattato muri ed infissi esterni. Le pareti che si rivolgono verso la banchina e l'ingresso fungono da appoggio per una grossa copertura metallica che funge da protezione per alcuni servizi ai viaggiatori quali due monitor LED per la segnalazione di arrivi e partenze, un'obliteratrice, una panchina per l'attesa e un pannello informativo per l'utenza, sul quale vengono apposti gli orari in versione cartacea. Presso l'ingresso, protetta da un'ulteriore tettoia, è presente una biglietteria automatica. La seconda struttura, posta a lato del FV, consiste in uno stabile sviluppato su un solo piano parte del quale è occupato da una sala d'attesa. Sono presente poi altri due edifici di dimensioni minori dei quali uno addossato alla struttura ospitante la sala d'attesa e l'altro costituito da una cabina a forma di parallelepipedo usata per ospitare alcune apparecchiature per la gestione del traffico sulla linea. Movimento La fermata è servita quotidianamente da 22 coppie di treni della linea SFM2 del servizio ferroviario metropolitano di Torino. Servizi La stazione, che RFI classifica nella categoria "Bronze", dispone dei seguenti servizi: Biglietteria automatica Sala di attesa Interscambi Presso la fermata sono attuati i seguenti interscambi: Fermata autobus Nelle vicinanze della stazione è presente l'interscambio con le linee urbane di Torino numero 14, 35 e 35N. Note Bibliografia Voci correlate Ferrovia Torino-Pinerolo Nichelino Altri progetti Nichelino Nichelino
Era figlio di Leonardo Buonarroti e della moglie Ginevra Martellini, nonché bis-bisnipote di Michelangelo Buonarroti. Biografia Buonarroti fu un funzionario della corte di Cosimo III de' Medici nonché un antiquario, i cui studi di Etruscologia, tra i primi in questo campo, ispirarono Antonio Francesco Gori. L'arte etrusca e le antichità conservate nel palazzo-museo di famiglia di Firenze, Casa Buonarroti, costituiscono il suo contributo al museo-memoriale della famiglia. Buonarroti seguì gli studi di diritto e si appassiono delle prime curiosità scientifiche. I suoi primi studi iconografici delle monete imperiali di bronzo e delle medaglie degli imperatori romani presenti nella collezione del cardinal Gasparo di Carpegna, che dedicò a Cosimo III, gli diedero una reputazione di studioso; furono pubblicati Osservazioni Istoriche sopra alcuni medaglioni antichi all'Altezza Serenissima di Cosimo III Granduca di Toscana (Roma 1698) e contenevano trenta lastre a tutta pagina incise da Francesco Andreoni, tutte di monete eccetto una. Il testo ha le sue origini negli anni 1684 - 1699 trascorsi dal Buonarroti a Roma nella familia del Cardinal Carpegna, che servì come segretario, conservatore delle collezioni e bibliotecario. Nel 1699 Cosimo III lo richiamò in Toscana e lo impiegò come Auditore delle Riformagioni, come ministro della Pratica di Pistoia, segretario Pratica fiorentina e come partecipante al neo-creato comitato per gli affari giurisdizionali. Nel 1700 fu fatto senatore, ruolo puramente onorario nel Granducato Medici. È ricordato principalmente per i suoi studi sui fondi di vaso in vetro dorato usati dagli scavatori di tombe nelle catacombe di Roma, Osservazioni sopra alcuni frammenti di vasi antichi di vetro ornate di figure trovati nei cimiteri di Roma con appendice Osservazioni sopra tre dittici antichi d'avorio (Firenze, 1716), in cui fece la straordinaria asserzione, quasi proto-romantica che la crudezza estetica dell'arte cristiana primitiva, spesso rimarcata dai conoscitori dell'arte romana, serviva a intensificare la pietas dell'artigiano, una prima espressione di apprezzamento per l'arte primitiva. Questo studio è stata anche la prima trattazione sul dittico eburneo dell'Abbazia di Rambona, appartenuto all'autore e oggi conservato presso i Musei Vaticani. Aggiorno e pubblicò il De Etruria Regali di Thomas Dempster (in otto volumi, 1723), uno studio classico del'arte etrusca che era stata scritta un secolo prima da uno studioso scozzese che si era trasferito a Pisa. Buonarroti fece alcune delle illustrazioni incise e nel 1724 pubblicò un commento sull'opera. Fu sepolto in Santa Croce, all'inizio della navata destra, non lontano dal monumento funebre del suo avo Michelangelo, presso il quale la sua famiglia patronava un altare. Note Altri progetti Collegamenti esterni F Funzionario di corte
Larcidiocesi di Santiago di Compostela (in latino: Archidioecesis Compostellana) è una sede metropolitana della Chiesa cattolica in Spagna. Nel 2020 contava 1.133.880 battezzati su 1.320.350 abitanti. La sede è vacante, in attesa che l'arcivescovo eletto Francisco José Prieto Fernández ne prenda possesso. Territorio L'arcidiocesi è situata nella comunità autonoma della Galizia, Spagna nord-occidentale e si trova a cavallo tra le province di A Coruña e Pontevedra. Sede arcivescovile è la città di Santiago di Compostela, dove si trova la cattedrale di San Giacomo. A Pontevedra sorge la basilica minore di Santa Maria Maggiore (Basílica de Santa María la Mayor). Parrocchie e vicariati Il territorio si estende su 8.546 km² ed è suddiviso in 1.070 parrocchie raggruppate in 48 arcipresbiterati (archiprestazgos) e questi a loro volta, raggruppati in 3 vicariati, come segue: Vicariato di Santiago di Compostela Comprende gli arcipresbiterati di: Giro de la Ciudad, Bama, Barbeiros, Barcala, Benvexo, Berreo de Abaixo, Berreo de Arriba, Céltigos, Dubra, Duio, Entís, Ferreiros, Xiro da Rocha, Iria Flavia, Amaía, Nemancos, Piloño, Postmarcos de Abaixo, Postmarcos de Arriba, Ribadulla, Sobrado, Soneira, Tabeirós, Vea y Ponte Beluso. Vicariato di A Coruña Comprende gli arcipresbiterati di: Abegondo, Alvedro, Bergantiños, Bezoucos, Cerveiro, Cuatro Caminos, Faro, Monelos, Riazor, Laracha, Pruzos, Seaia y Xanrozo. Vicariato di Pontevedra Comprende gli arcipresbiterati di: Arousa, Cotobade, O Lérez, Montes, Moraña-Caldas, Moraña-Cuntis, Morrazo, Ribadumia, O Salnés y As Pontes. Comuni compresi nell'arcidiocesi Territorio comunale completamente compreso nell'arcidiocesi: Territorio comunale parzialmente compreso nell'arcidiocesi: Arzúa Monfero As Pontes de García Rodríguez A Lama Ponte Caldelas Silleda Vila de Cruces Provincia ecclesiastica La provincia ecclesiastica di Santiago di Compostela comprende le seguenti suffraganee: diocesi di Lugo, diocesi di Mondoñedo-Ferrol, diocesi di Orense, diocesi di Tui-Vigo. Il cammino di Santiago Santiago di Compostela è meta di continui pellegrinaggi provenienti da tutto il mondo. La sua maestosa cattedrale dedicata a San Giacomo da Compostela è la tappa finale di ogni pellegrino che decide di affrontare il vecchio "cammino di Santiago di Compostela". Il 23 ottobre 1987 il Consiglio d'Europa ha riconosciuto l'importanza dei percorsi religiosi e culturali che attraversano l'Europa per giungere a Santiago di Compostela dichiarando i percorsi "itinerario culturale europeo". In particolare l'arcidiocesi, tramite la cosiddetta "Officina del pellegrino", è l'organismo preposto ad emettere le Compostele, ovvero i documenti che attestano che chi la possiede ha compiuto almeno cento chilometri del Camino. Storia La diocesi di Iria Flavia fu eretta nel VI secolo e se ne trova riscontro per la prima volta nei documenti del concilio di Braga del 561. Era originariamente suffraganea dell'arcidiocesi di Braga. Nell'829 il vescovo Teodomiro scoprì la tomba dell'apostolo san Giacomo Maggiore, che divenne uno dei principali luoghi di pellegrinaggio dell'Europa medievale. Il pellegrinaggio permise la circolazione di idee: da Santiago viene probabilmente anche la preghiera Salve Regina, composta dal vescovo san Pietro di Mezonzo verso l'anno mille. A partire dalla metà del IX secolo i vescovi portano sempre più spesso il titolo di Iria Flavia e della Sede Apostolica, e la loro sede abituale è il locus Sancti Iacobi, che poi diverrà Santiago. Il 5 dicembre 1095 papa Urbano II con la bolla Veterum sinodalia attribuì all'antica diocesi di Iria Flavia una nuova sede e il nuovo nome di diocesi di Santiago di Compostela. Nel contempo concesse alla diocesi l'esenzione dalla giurisdizione metropolitica, rendendola immediatamente soggetta alla Santa Sede. Il 27 febbraio 1120 papa Callisto II con la bolla Omnipotentis dispositione elevò la diocesi al rango di arcidiocesi metropolitana. Il 5 marzo 1525 fu istituita con bolla di papa Clemente VII l'università di Santiago, che traeva origine dalla scuola della cattedrale, che per tutto il Medioevo aveva avuto maestri celebri. Per molti anni (fino al XIX secolo) l'università mantenne un corso di teologia e servì alla formazione dei sacerdoti in vece di un seminario diocesano, che fu eretto solo nel 1829. Con difficoltà nella seconda metà dell'Ottocento il seminario ottenne il diritto di rilasciare titoli accademici, finché nel 1932 fu ridotto al rango di semplice seminario diocesano. Infine nel 1981 il seminario ottenne lo status di Istituto Teologico, associato all'Università di Salamanca con il diritto di rilasciare il baccalaureato di teologia. Il 17 ottobre 1954, in forza del decreto Quum sollemnibus della Congregazione concistoriale, furono rivisti i confini dell'arcidiocesi per farli coincidere con quelli della provincia civile, in applicazione del concordato tra la Santa Sede e il governo spagnolo del 1953. L'arcidiocesi di Santiago di Compostela cedette le parrocchie di Beariz, Girazga e Lebozán alla diocesi di Orense ed acquisì le parrocchie di Camariñas, Jornes e Miño dalla diocesi di Mondoñedo (oggi diocesi di Mondoñedo-Ferrol). Cronotassi dei vescovi Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati. Vescovi di Iria Flavia Andrés † (prima del 561 - dopo il 572) Domingo † (menzionato nel 589) Samuel † (menzionato nel 633) Gotomaro † (prima del 638 - dopo il 646) Vincibil † (menzionato nel 653) Idulfo † (prima del 675 - dopo il 688) Selva † (durante il regno di Witiza) Teodesindo † (menzionato nel 709) Emila † (durante il regno di Pelagio) Román † (durante il regno di Fruela I) Agustín † (durante il regno di Fruela I) Honorato † (durante il regno di Fruela I) Vincele † (durante il regno di Aurelio) Cresconio I † (durante il regno di Silo) Vaula † (durante il regno di Mauregato) Quendulfo I † (durante il regno di Bermudo I) Quendulfo II † (?) Teodomiro † (prima dell'814 - 20 ottobre 847 deceduto) Adulfo I † (847 - circa 851) Adulfo II † (circa 855 - 877 ?) Sisnando I † (prima dell'879 - dopo il 919 deceduto) Gundesindo † (menzionato nel 923 circa) Hermenegildo † (924 - dopo il 19 marzo 951) Sisnando II Menéndez † (952 - 970) San Rudesindo † (970 - 1º marzo 977 deceduto) (amministratore apostolico) Pelayo Rodríguez † (977 - 985 dimesso) San Pedro de Mezonzo † (986 - circa 1000 deceduto) Pelayo Díaz † (menzionato nel 1007) Vimara Díaz † (menzionato nel 1011) Vistruario † (1014 - 1036 deceduto) Cresconio II † (1037 - circa 1066) Gudesteo † (1067 - 1069) Diego Peláez † (1070 - 1088 deposto) Pedro † (1088 - 1090) Diego Peláez † (1090 - 1094) (per la seconda volta) Dalmacio † (1094 - 1095) Vescovi e arcivescovi di Santiago Diego Gelmírez † (1º luglio 1100 - dopo il 17 aprile 1139 deceduto) Berenguel † (1140 - 1142) Pedro Helías † (1143 - 1149) Bernardo I † (1151 - 1152) Pelayo Camundo † (14 gennaio 1153 - 1156 deceduto) Martín Martínez † (14 settembre 1156 - 1167) Pedro Gundestéiz † (1168 - febbraio 1173 o 1176 deceduto) Pedro Suárez de Deza † (1173 o 1176 - 1206) Pedro Muñoz † (1207 - 29 gennaio 1224 deceduto) Bernardo II † (prima del 1231 - 31 luglio 1237 dimesso) Juan Arias † (15 novembre 1238 - 1266) Egas Fafez de Lanhoso † (18 dicembre 1267 - 9 marzo 1268 deceduto) Juan Fernandez de Temez † (circa 1268 - ? deceduto) Gonzalo Gómez † (26 dicembre 1272 - prima del 28 febbraio 1281 deceduto) Sede vacante (1281-1286) Rodrigo González † (25 maggio 1286 - 1304 deceduto) Rodrigo del Padrón † (11 maggio 1307 - 3 novembre 1316 deceduto) Berenguel de Landora, O.P. † (15 luglio 1317 - 1325 deceduto) Sede vacante (1325-1330) Juan Fernández de Limia † (26 ottobre 1330 - 1338 deceduto) Martín Fernández † (27 gennaio 1339 - ? deceduto) Pedro † (12 settembre 1343 - ? deceduto) Gonzalo de Aguilar † (14 agosto 1348 - 4 gennaio 1351 nominato arcivescovo di Toledo) Gómez Manrique † (8 giugno 1351 - 2 maggio 1362 nominato arcivescovo di Toledo) Suero Gómez de Toledo † (2 maggio 1362 - 29 giugno 1366 deceduto) Alonso Sánchez de Moscoso † (13 novembre 1366 - 1367 deceduto) Rodrigo de Moscoso † (16 dicembre 1367 - novembre 1382 deceduto) Juan García Manrique † (11 agosto 1382 - ? deceduto) Gomez † (4 agosto 1388 - ?) (obbedienza romana) Lope de Mendoza † (dopo il 18 gennaio 1399 - 3 febbraio 1445 deceduto) Álvaro Núñez de Isorna † (7 aprile 1445 - 9 febbraio 1449 deceduto) Rodrigo de Luna † (7 aprile 1449 - 1460) Alonso I de Fonseca y Ulloa † (3 dicembre 1460 - 1486 deceduto) Alonso II de Fonseca † (1486 - circa 1500 nominato patriarca di Alessandria) Ludovico Borgia † (1507 - 1507 dimesso) (amministratore apostolico) Alonso III Fonseca y Acevedo † (4 agosto 1507 - 31 dicembre 1523 nominato arcivescovo di Toledo) Juan Pardo de Tavera † (8 giugno 1524 - 27 aprile 1534 nominato arcivescovo di Toledo) Pedro Gómez Sarmiento de Villandrando † (8 giugno 1534 - 13 ottobre 1541 deceduto) Gaspar Ávalos de la Cueva † (29 marzo 1542 - 2 novembre 1545 deceduto) Pedro Manuel † (9 aprile 1546 - 1º gennaio 1550 deceduto) Juan Álvarez y Alva de Toledo, O.P. † (27 giugno 1550 - 15 settembre 1557 deceduto) Alfonso de Castro, O.F.M. † (1558 - 1558 deceduto) (vescovo eletto) Gaspar Zúñiga Avellaneda † (21 ottobre 1558 - 22 giugno 1569 nominato arcivescovo di Siviglia) Cristóbal Fernández Valtodano † (20 febbraio 1570 - 14 novembre 1572 deceduto) Francisco Blanco Salcedo † (4 giugno 1574 - 26 aprile 1581 deceduto) Juan de Yermo (Liermo) y Hermosa † (8 gennaio 1582 - 8 gennaio 1584 deceduto) Alonso Velázquez † (9 marzo 1583 - 14 gennaio 1587 deceduto) Juan de Sanclemente Torquemada † (27 luglio 1587 - 20 aprile 1602 deceduto) Maximiliano de Austria † (21 aprile 1603 - 1º luglio 1614 deceduto) Juan Beltrán Guevara y Figueroa † (12 gennaio 1615 - 22 maggio 1622 deceduto) Luis Fernández de Córdoba † (26 ottobre 1622 - 11 marzo 1624 nominato arcivescovo di Siviglia) Agustín Antolínez, O.S.A. † (1º luglio 1624 - 19 giugno 1626 deceduto) José González Díez, O.P. † (17 maggio 1627 - 12 agosto 1630 nominato arcivescovo di Burgos) Agustín Spínola Basadone † (23 ottobre 1630 - 16 gennaio 1645 nominato arcivescovo di Siviglia) Fernando Andrade Sotomayor † (20 marzo 1645 - 21 gennaio 1655 deceduto) Pedro Carrillo y Acuña † (30 agosto 1655 - aprile 1664 deceduto) Sede vacante (1664-1668) Ambrosio Ignacio Spínola y Guzmán † (9 aprile 1668 - 7 ottobre 1669 nominato arcivescovo di Siviglia) Andrés Girón † (2 giugno 1670 - agosto 1680 deceduto) Francisco de Seijas y Losada † (28 aprile 1681 - 26 ottobre 1684 deceduto) Antonio Monroy, O.P. † (4 giugno 1685 - 7 novembre 1715 deceduto) Luis Salcedo Azcona † (1º luglio 1716 - 7 ottobre 1722 nominato arcivescovo di Siviglia) Miguel Herrero Esgueva † (20 gennaio 1723 - 17 luglio 1727 deceduto) José de Yermo y Santibáñez † (8 marzo 1728 - novembre 1737 deceduto) Manuel Isidro Orozco Manrique de Lara † (5 maggio 1738 - 1º febbraio 1745 deceduto) Cayetano Gil Taboada † (23 agosto 1745 - 10 marzo 1751 deceduto) Bartolomé Rajoy Losada † (19 luglio 1751 - 17 luglio 1772 deceduto) Francisco Alejandro Bocanegra Jivaja † (8 marzo 1773 - 16 aprile 1782 deceduto) Sebastián Malvar y Pinto, O.F.M. † (15 dicembre 1783 - 25 settembre 1795 deceduto) Sede vacante (1795-1797) Felipe Antonio Fernández Vallejo † (18 dicembre 1797 - 8 dicembre 1800 deceduto) Rafael Múzquiz Aldunate † (20 luglio 1801 - 12 maggio 1821 deceduto) Juan García Benito † (27 settembre 1822 - 8 luglio 1824 dimesso) (vescovo eletto) Simón Antonio Rentería Reyes † (12 luglio 1824 - 4 ottobre 1824 deceduto) Rafael Manuel José Benito de Vélez Téllez, O.F.M.Cap. † (20 dicembre 1824 - 3 agosto 1850 deceduto) Miguel García Cuesta † (5 settembre 1851 - 14 aprile 1873 deceduto) Miguel Payá y Rico † (16 gennaio 1874 - 7 giugno 1886 nominato arcivescovo di Toledo) Victoriano Guisasola y Rodríguez † (10 giugno 1886 - 20 gennaio 1888 deceduto) José María Martín de Herrera y de la Iglesia † (14 febbraio 1889 - 8 dicembre 1922 deceduto) Manuel Lago y González † (24 luglio 1923 - 18 marzo 1925 deceduto) Julián de Diego y García Alcolea † (8 ottobre 1925 - 16 gennaio 1927 deceduto) Zacarías Martínez Núñez, O.S.A. † (2 dicembre 1927 - 6 settembre 1933 deceduto) Tomás Muñiz Pablos † (13 agosto 1935 - 15 marzo 1948 deceduto) Carmelo Ballester y Nieto, C.M. † (9 ottobre 1948 - 31 gennaio 1949 deceduto) Fernando Quiroga y Palacios † (4 giugno 1949 - 7 dicembre 1971 deceduto) Ángel Suquía Goicoechea † (13 aprile 1973 - 12 aprile 1983 nominato arcivescovo di Madrid) Antonio María Rouco Varela (9 maggio 1984 - 28 luglio 1994 nominato arcivescovo di Madrid) Julián Barrio Barrio (5 gennaio 1996 - 1º aprile 2023 ritirato) Francisco José Prieto Fernández, dal 1º aprile 2023 Statistiche L'arcidiocesi nel 2020 su una popolazione di 1.320.350 persone contava 1.133.880 battezzati, corrispondenti all'85,9% del totale. |- | 1950 || 1.152.000 || 1.153.000 || 99,9 || 1.135 || 930 || 205 || 1.014 || || 280 || 1.268 || 1.021 |- | 1970 || 1.204.300 || 1.206.952 || 99,8 || 1.297 || 1.065 || 232 || 928 || || 512 || 1.856 || 1.032 |- | 1980 || 1.273.000 || 1.275.000 || 99,8 || 1.166 || 929 || 237 || 1.091 || || 447 || 1.728 || 1.048 |- | 1990 || 1.248.210 || 1.302.329 || 95,8 || 1.033 || 808 || 225 || 1.208 || 1 || 379 || 1.460 || 1.064 |- | 1999 || 1.179.039 || 1.281.564 || 92,0 || 916 || 707 || 209 || 1.287 || 4 || 282 || 393 || 1.068 |- | 2000 || 1.146.213 || 1.259.574 || 91,0 || 861 || 660 || 201 || 1.331 || 4 || 267 || 387 || 1.068 |- | 2001 || 1.173.963 || 1.290.070 || 91,0 || 860 || 653 || 207 || 1.365 || 3 || 277 || 381 || 1.068 |- | 2002 || 1.139.364 || 1.294.732 || 88,0 || 783 || 636 || 147 || 1.455 || 3 || 284 || 1.145 || 1.068 |- | 2003 || 1.196.276 || 1.314.591 || 91,0 || 808 || 662 || 146 || 1.480 || 5 || 301 || 1.033 || 1.051 |- | 2004 || 1.132.664 || 1.287.118 || 88,0 || 768 || 627 || 141 || 1.474 || 5 || 278 || 1.017 || 1.069 |- | 2010 || 1.192.508 || 1.301.147 || 91,7 || 807 || 609 || 198 || 1.477 || 7 || 264 || 1.082 || 1.070 |- | 2014 || 1.189.000 || 1.324.741 || 89,8 || 732 || 536 || 196 || 1.624 || 4 || 400 || 652 || 1.071 |- | 2017 || 1.135.000 || 1.312.000 || 86,5 || 669 || 481 || 188 || 1.696 || 4 || 369 || 558 || 1.071 |- | 2020 || 1.133.880 || 1.320.350 || 85,9 || 545 || 429 || 116 || 2.080 || 5 || 147 || 590 || 1.070 |} Note Bibliografia Pascual Madoz, Diccionario geográfico-estadístico-histórico de España, tomo XIII, Madrid, 1849, pp. 824–825 Pius Bonifacius Gams, Series episcoporum Ecclesiae Catholicae, Leipzig, 1931, pp. 26–27 Konrad Eubel, Hierarchia Catholica Medii Aevi, vol. 1, pp. 199–200; vol. 2, p. 133; vol. 3, p. 173; vol. 4, p. 158; vol. 5, p. 166; vol. 6, p. 176 Decreto Quum sollemnibus, AAS 47 (1955), pp. 456-460 Voci correlate Cattedrale di Santiago di Compostela Sede titolare di Iria Flavia Diocesi di Celene Cammino di Santiago di Compostela Altri progetti Collegamenti esterni Annuario pontificio del 2021 e precedenti, in Sito ufficiale dell'arcidiocesi dei vescovi di Iria Flavia dei vescovi e degli arcivescovi di Santiago di Compostela Santiago de Compostela Cammino di Santiago di Compostela Santiago di Compostela
Biografia Il 15 gennaio 1977 ha stabilito il record italiano indoor dei 60 m piani, con un tempo di 6"6; nel medesimo anno ha anche ricevuto la sua unica convocazione in carriera in nazionale maggiore (aveva esordito in under 22 nel 1973), nell'incontro indoor tra Italia e Gran Bretagna, nel quale ha preso parte alla gara dei 60 m. Nell'arco della sua lunga carriera, gareggiò in varie discipline (60 m indoor, 100 m, 200 m, 400 m, salto in lungo e salto triplo) ed a fine carriera divenne allenatore nell'Atletica Bergamo, allenando vari atleti poi arrivati anche in nazionale, tra cui Luigi Bertocchi, Alberto Martilli ed Elisabetta Birolini. Campionati nazionali 1972 6º ai campionati italiani juniores, salto in lungo - 6,95 m 1973 ai campionati italiani assoluti, staffetta 4×100 m - 40"6 Eliminato in semifinale nei campionati italiani assoluti, 100 m piani - 10"8 1975 ai campionati italiani assoluti indoor, 60 m - 6"94 1976 Eliminato in semifinale nei campionati italiani assoluti, 200 m piani - 21"5 Eliminato in semifinale nei campionati italiani assoluti, 100 m piani - 10"7 1977 Eliminato in batteria nei campionati italiani assoluti, 100 m piani - 11"1 1981 Eliminato in batteria nei campionati italiani assoluti, 100 m piani - 11"23 Voci correlate Campioni italiani assoluti di atletica leggera - Staffetta 4×100 metri maschile Collegamenti esterni
Il Fujian Nanzi Paiqiu Dui è una società pallavolistica cinese con sede a Fuzhou, militante nel massimo campionato cinese, la Volleyball League A. Storia Il Fujian Nanzi Paiqiu Dui viene fondato nel 1958, prendendo parte esclusivamente a competizioni amatoriali fino alla nascita del campionato cinese, quando nel 1996 la squadra viene iscritta alla serie cadetta. Resta in Volleyball League B fino al 2001, anno ne quale centra la promozione nella massima serie, esordendo così nella Volleyball League A nella stagione 2001-02, concludendo tuttavia in dodicesima ed ultima posizione e retrocedendo immediatamente. Dopo tre stagioni nella serie cadetta, torna in Volleyball League A nel 2005: questa volta termina la stagione 2005-06 al nono posto, centrando la salvezza, per poi retrocede al termine della stagione seguente a causa della riduzione del numero di squadre nella massima serie. Promossa nuovamente in massima serie nel 2011, centra la salvezza al Challenge match sia nel campionato 2011-12 che nel campionato 2012-13. Per la stagione 2013-14 il club ingaggia i primi giocatori della propria storia, il canadese Dallas Soonias ed il finlandese Mikko Oivanen, concludendo la stagione in sesta posizione. Cronistoria Rosa 2015-2016 Pallavolisti Collegamenti esterni
Il commissario tecnico, spesso abbreviato con l'acronimo CT, è l'allenatore di una nazionale sportiva; egli viene nominato dalla federazione dello stato in questione. Ruolo Il commissario tecnico mantiene i normali incarichi dell'allenatore, ma gli atleti non sono a sua diretta disposizione ma vengono convocati per eventi specifici. Definizione La denominazione è dovuta al fatto che, ai suoi albori, la nazionale italiana di calcio fosse guidata da una "commissione tecnica" di cui facevano parte allenatori e talvolta persino giornalisti, anziché da una singola persona. Il commissario tecnico, occasionalmente, è detto anche «commissario unico» o «selezionatore». Altri usi Il commissario tecnico rappresenta la qualifica di ingresso nei ruoli dei funzionari tecnici della Polizia di Stato e del Corpo di Polizia Penitenziaria; viene ricoperta da coloro i quali frequentano corsi della scuola superiore di polizia. La denominazione di commissario tecnico è stata stabilita dal D.P.R. 24 aprile 1982, n. 335, a seguito di una modificazione dello stesso che, al posto dell'attuale denominazione, recava quella di «direttore tecnico» per la qualifica di commissario tecnico e di «direttore tecnico principale» per la qualifica di commissario capo tecnico. Note Voci correlate Allenatore Squadra nazionale Terminologia sportiva Professioni dello sport
La chiesa della Beata Vergine Addolorata è un luogo di culto cattolico di Gromo, in provincia di Bergamo. La chiesa è sussidiaria della parrocchiale di San Giacomo e San Vincenzo di Gromo, della Diocesi di Bergamo. L'edificio è posto poco distante dal centro abitato. Storia Non si conosce l'esatta data di costruzione dell'oratorio ma gli affreschi che sono stati recuperati e restaurati nel XX secolo hanno confermato la presenza di un'edicola già nei primi anni del Cinquecento. L'edificio fu edificato a scopo devozionale nel 1856 inglobando l'affresco della Madonna addolorata, durante il periodo del colera. Descrizione Esterno Il piccolo oratorio è preceduto da un porticato edificato nel Ventesimo secolo avente due archi a tutto sesto divisi da una colonna in pietra e capitello dorico. Il proticato racchiude l'ingresso proteggendolo dalla via che affianca l'edificio sul lato a ovest. I lati a est e a nord, mostrano la sua edificazione su di un grumo di roccia. La facciata è rivolta verso sud, e presenta una piccola apertura con due finestre rettangolari munite da inferriate laterali. Le aperture hanno i contorni in pietra arenaria scolpita, così come sono in pietra le trabeazioni. La parte superiore della facciata, oltre il tetto del porticato, ha una finestra centinata che illumina l'interno dell'edificio. Sopra l'ingresso c'è un'epigrafe che riporta: Il piccolo campanile a vela con un'unica campana è posto sopra la copertura in ardesia. Interno L'aula a unica navata di piccole proporzioni, conserva sul lato di fondo del presbiterio l'affresco del XVI secolo della Madonna addolorata di autore ignoto, racchiuso in una semplice ancona lignea nera. L'interno è illuminato oltre che dalle tre aperture poste sulla facciata, anche da due finestre laterali. Sulla parte superiore delle pareti corre una trabeazione modanata, da dove parte il soffitto a ombrello. La trabeazione è sorretta dalla lesene a forma di colonna poste ai quattro angoli dell'aula. Il presbiterio si presenta rialzato da un gradino con un rivestimento in legno che fa da zoccolatura. La chiesa conservava come pala d'altare il polittico forse della bottega dei Marinoni, spostato e collocato nella chiesa parrocchiale nel 1883, posizionandolo dove era stato rimosso l'antico organo. Il dipinto fu eseguito dal 1530 al 1535, data che confermerebbero la sua edificazione. Il polittico porta la data del 1440 sulla tavola raffigurante san Vincenzo. Sulla parete di destra del presbiterio vi è la tela centinata raffigurante Maria Assunta in cielo realizzata nel XX secolo. Note Bibliografia Voci correlate Chiesa di San Giacomo e San Vincenzo (Gromo) Collegamenti esterni Beata Vergine Addolorata Vergine Addolorata Chiese dedicate a santa Maria Addolorata
Biografia Nativo dell'Alabama, dopo aver frequentato la Bel Air High School iniziò la carriera nel basket al college presso l'Università del Texas a El Paso, con gli UTEP Miners. Selezionato per la squadra nazionale degli Stati Uniti alle Olimpiadi di Monaco di Baviera del 1972, fece parte della finale olimpica disputata contro l'Unione Sovietica, quando dopo le controversie relative al contestato finale di gara, Forbes e gli altri componenti della squadra rifiutarono di ritirare la medaglia d'argento non presentandosi alla cerimonia di premiazione e ribadendole, in anni successivi, anche con gesti clamorosi (Ed Ratleff e Kenny Davis su tutti). . Dopo quella gara, Forbes ebbe l'opportunità di passare al professionismo quando fu la quarta scelta nel draft della NBA del 1974 per i Chicago Bulls, ma decise di rinunciare, smettendo l'attività agonistica. Restò tuttavia nel mondo del basket, dapprima come vice allenatore nella squadra in cui aveva cominciato la carriera (gli UTEP Miners), e poi come allenatore; in questa veste ottenne oltre 600 vittorie guidando i Riverside Rangers alla Texas 5A Final Four nel 1995 e gli Andress Eagles al Texas 5A Sweet Sixteen nel 2009. È morto nel 2022 per complicazioni da Covid-19. Note Collegamenti esterni Vincitori di medaglia d'argento olimpica per gli Stati Uniti d'America Morti per la pandemia di COVID-19
La cerimonia di premiazione dell'8ª edizione dei Premi Goya si è svolta il 21 gennaio 1994 al Palacio de Congresos di Madrid. Vincitori e candidati I vincitori sono indicati in grassetto, a seguire gli altri candidati. Miglior film Tutti in carcere (Todos a la cárcel), regia di Luis García Berlanga Intruso, regia di Vicente Aranda Sombras en una batalla, regia di Mario Camus Miglior regista Luis García Berlanga - Tutti in carcere (Todos a la cárcel) Vicente Aranda - Intruso Juanma Bajo Ulloa - La madre morta (La madre muerta) Miglior attore protagonista Juan Echanove - Madre Gilda (Madregilda) Imanol Arias - Intruso Javier Bardem - Uova d'oro (Huevos de oro) Migliore attrice protagonista Verónica Forqué - Kika - Un corpo in prestito (Kika) Carmen Maura - Sombras en una batalla Emma Suárez - La ardilla roja Miglior attore non protagonista Fernando Valverde - Sombras en una batalla Juan Echanove - Il suo fratello dell'animo (Mi hermano del alma) Javier Gurruchaga - Il tiranno Banderas (Tirano Banderas) Migliore attrice non protagonista Rosa Maria Sardà - Perché chiamarlo amore quando è solo sesso? (¿Por qué lo llaman amor cuando quieren decir sexo?) María Barranco - La ardilla roja Rossy de Palma - Kika - Un corpo in prestito (Kika) Miglior regista esordiente Mariano Barroso - Il suo fratello dell'animo (Mi hermano del alma) Arantxa Lazcano - Gli anni oscuri (Los años oscuros) José Ángel Bohollo - Ciénaga Miglior sceneggiatura originale Mario Camus - Sombras en una batalla Ángel Fernández Santos e Francisco Regueiro - Madre Gilda (Madregilda) Jorge García Berlanga e Luis García Berlanga - Tutti in carcere (Todos a la cárcel) Miglior sceneggiatura non originale José Luis García Sánchez e Rafael Azcona - Il tiranno Banderas (Tirano Banderas) Vicente Aranda - L'amante bilingue (El amante bilingüe) Guillem-Jordi Graells e Gonzalo Herralde - La fiebre del oro Miglior produzione José Luis García Arrojo - Il tiranno Banderas (Tirano Banderas) Esther García - Kika - Un corpo in prestito (Kika) Ricardo García Arrojo - Tutti in carcere (Todos a la cárcel) Miglior fotografia José Luis Alcaine - El pájaro de la felicidad José Luis López-Linares - Madre Gilda (Madregilda) Javier Aguirresarobe - La madre morta (La madre muerta) Miglior montaggio Pablo del Amo - Il tiranno Banderas (Tirano Banderas) Teresa Font - Intruso Pablo Blanco - La madre morta (La madre muerta) Miglior colonna sonora Alberto Iglesias - La ardilla roja José Nieto - Intruso Manolo Tena - Perché chiamarlo amore quando è solo sesso? (¿Por qué lo llaman amor cuando quieren decir sexo?) Miglior scenografia Félix Murcia - Il tiranno Banderas (Tirano Banderas) Alain Bainée e Javier Fernández - Kika - Un corpo in prestito (Kika) Luis Vallés - Madre Gilda (Madregilda) Migliori costumi Andrea Dodorico - Il tiranno Banderas (Tirano Banderas) José María Cossio - Kika - Un corpo in prestito (Kika) Gumersindo Andrés - Madre Gilda (Madregilda) Miglior trucco e acconciatura Solange Anmaitre e Magdalena Álvarez - Il tiranno Banderas (Tirano Banderas) Gregorio Ros e Jesús Moncusi - Kika - Un corpo in prestito (Kika) Odile Fourquín e María del Mar Paradela - Madre Gilda (Madregilda) Miglior sonoro Gilles Ortión, Daniel Goldstein, Manuel Cora, Alberto Herena e Enrique Quintana - Tutti in carcere (Todos a la cárcel) Jean Paul Mugel e Graham V. Harstovne - Kika - Un corpo in prestito (Kika) Carlos Faruolo - El pájaro de la felicidad Migliori effetti speciali Hipólito Cantero - La madre morta (La madre muerta) Olivier Gleyze, Yves Domenjoud e Jean-Baptiste Bonetto - Kika - Un corpo in prestito (Kika) Reyes Abades - Madre Gilda (Madregilda) Miglior film europeo Tre colori: Film Blu (Trois Couleurs: Bleu), regia di Krzysztof Kieślowski Gli amici di Peter (Peter's Friends), regia di Kenneth Branagh La moglie del soldato (The Crying Game), regia di Neil Jordan Miglior film straniero in lingua spagnola Gatica el mono, regia di Leonardo Favio Golpes a mi puerta, regia di Alejandro Saderman Johnny 100 pesos, regia di Gustavo Graef-Marino Miglior cortometraggio di finzione Perturbador, regia di Santiago Segura Cita con Alberto, regia di Josu Bilbao Ivorsi, regia di Josep M. Canyameras Maldita suerte, regia di José Maria Borrell Quien mal anda mal acaba, regia di Carles Sans Miglior cortometraggio documentario Verano en la universidad, regia di Nacho Faerna El largo viaje de Rústico, regia di Rolando Díaz Walter Peralta, regia di Jordi Mollà Premio Goya alla carriera Tony Leblanc Note Collegamenti esterni Premi Goya 1994 sull'Internet Movie Database Cinema nel 1994 Premi Goya
Gli Unleash The Archers sono una band heavy metal canadese fondata a Victoria e a Vancouver. Lo stile del gruppo è una fusione di metal classico e power metal melodico. Storia Gli Unleash the Archers vennero formati nel 2007 dalla cantante Brittney Slayes e dal batterista Scott Buchanan, con Brayden Dyczkowski alla chitarra. Fino all'entrata di Zahk Hedstrom, il gruppo non aveva un bassista. Pubblicarono il loro primo album, Behold the Devastation nel 2009, contenente due canzoni dal primo demo del gruppo: è tuttora l'unico album ad avere la formazione originale del gruppo per intero. Nel 2011 pubblicarono il secondo album Demons of the Astrowaste, un concept album basato sulla storia di un mercenario nello spazio. Seguirono l'EP Defy the Skies (il primo album senza Zahk Hedstrom), Time Stands Still (il primo pubblicato dopo il contratto con la Napalm Records e il primo senza Dyczkowski) e Apex (il primo album del gruppo ad essere inserito nella classifica Billboard). Dopo la pubblicazione dell'EP Explorers nel 2019, pubblicarono nel 2020 l'album Abyss, continuazione di Apex. Formazione Formazione attuale Brittney Hayes (a.k.a. Brittney Slayes) – canto (2007–presente) Scott Buchanan – batteria (2007–presente) Grant Truesdell – chitarra, voce (2011–presente) Andrew Kingsley – chitarra, voce (2013–presente) Nick Miller - basso (2018-presente) Ex componenti Mike Selman – chitarra (2007–2011) Zahk Hedstrom – basso (2007–2012) Brad Kennedy – basso (2012–2013) Brayden Dyczkowski – chitarra, voce (2007–2013) Kyle Sheppard – basso (2014–2016) Nikko Whitworth – basso (2016–2018) Premi Exclaim Magazine’s Readers Choice Awards for Best Metal Albums 2009: sesta posizione Best Metal Band ai Whammy Awards a Vancouver nel 2015 Discografia Album in studio 2009 - Behold the Devastation (indipendente) 2011 - Demons of the AstroWaste (indipendente) 2015 - Time Stands Still (Napalm Records) 2017 - Apex (Napalm Records) 2020 - Abyss (Napalm Records) EP 2012 - Defy the Skies 2019 - Explorers Demo 2008 - Unleash the Archers 2014 - Dreamcrusher Singoli 2011 - Dawn of Ages 2012 - General of the Dark Army 2015 - Tonight We Ride 2015 - Test Your Metal 2016 - Time Stands Still 2017 - Cleanse the Bloodlines 2017 - Awakening 2020 - Abyss 2020 - Soulbound Note Collegamenti esterni Sito ufficiale Gruppi musicali canadesi Gruppi musicali costituitisi nel 2007 Gruppi musicali in attività
Carey Mahoney è uno dei protagonisti della serie cinematografica di Scuola di polizia e dell'omonima serie animata, interpretato da Steve Guttenberg, e doppiato da Claudio Capone nei film e da Ivo De Palma nella serie animata. Caratteristiche È uno dei cadetti della scuola, nonché il protagonista della serie, nei primi quattro film e nella serie animata. Leader della pattuglia, è simpatico, generoso e gentile, e fa sempre del suo meglio per aiutare i suoi amici a risolvere le situazioni più imprevedibili. È anche molto bravo nel suo lavoro, e non si fa mai sfuggire nessun ricercato. È soprattutto il più bello dei cadetti maschi: piace molto alle giovani poliziotte, su tutte Karen Thompson, di cui si innamora. Non tutti, però, apprezzano le sue qualità e la sua simpatia. Alcuni non mancano di manifestare antipatia e astio nei confronti del giovane Carey, come ad esempio il capitano Harris, il comandante Mauser, il tenente Proctor e i sergenti Blankes e Copeland. Per questo motivo, nel corso delle serie non si fa mai mancare di giocare alcuni scherzi imbarazzanti verso i suoi detrattori, come ad esempio mettere del lucido da scarpe o del mastice sul megafono utilizzato da Harris, sostituire una boccetta di shampoo con una di mastice quando Mauser fa la doccia, far effettuare a Mauser una perquisizione rettale o bendarlo in un bar con del nastro adesivo a sua detta per saggiare se il suo capo riesce a superare la prova dell'intenditore di champagne, ma in realtà è per far sì che le sue sopracciglia si stacchino dal viso. Anche Proctor, Blankes e Copeland, i fidi di Harris e Mauser spesso sono vittime degli scherzi di Mahoney. I due cadetti capisquadra, poi divenuti sergenti, nella prima puntata si ritrovano in una festa che non è quella organizzata dagli altri cadetti, bensì in un locale frequentato da motociclisti gay, il Blue Oyster, nel quale si ritroveranno anche Harris e Proctor durante la quarta puntata della serie e che saranno costretti a ballare con alcuni clienti del locale sotto le note del brano El Bimbo. Proctor, invece, durante la terza puntata della serie, prima si ritrova adescato da una prostituta ingaggiata da Mahoney per ingannarlo, poi abbandonato in strada completamente nudo. Riesce a trovare rifugio, ma nel Blue Oyster, dove viene osservato da alcuni clienti che lo guardano attoniti e compiaciuti e gli fanno un applauso di scherno. Nel quarto episodio, invece, Proctor si ritrova in uno stadio mentre espleta i suoi bisogni dentro una cabina WC che viene aperta da Hightower. Tra coloro che, invece, ammirano Mahoney c'è il comandante Lassard, il quale gli conferisce, insieme a Hightower, la medaglia di miglior cadetto della Scuola, con estrema delusione del tenente Harris. Nella serie animata è come sempre il leader dei poliziotti ed è in pattuglia con Larvell Jones, il suo migliore amico. Mahoney Mahoney
Biografia Wayne compare nel 2002 nel reality britannico Shipwrecked che lo lancia successivamente in alcune apparizioni nelle serie televisive Jack & Bobby, The Closer, NCIS - Unità anticrimine, Huff, fino a ottenere un ruolo più stabile nella sitcom della ABC Sons & Daughters. Nel 2006 recita il ruolo del protagonista nel film The Surfer King e l'anno seguente assume la notorietà interpretando Luke Duke in Hazzard - I Duke alla riscossa. È l'attore protagonista in To Save a Life (2009), e nel 2011 appare in Honey 2 - Lotta ad ogni passo insieme a Kat Graham. Filmografia Attore Cinema Scar, regia di Rahil Bhorania (2005) Reunion, regia di Sheila Norman (2006) Olympus (cortometraggio), regia di Jared Yarbrough (2006) The Surfer King, regia di Bernard Murray Jr. (2006) Hazzard - I Duke alla riscossa (The Dukes of Hazzard: The Beginning), regia di Robert Berlinger (2007) Terror Toons 2, regia di Joe Castro (2007) The Fun Park, regia di Rick Walker (2007) Grizzly Park, regia di Tom Skull (2008) Dream Boy, regia di James Bolton (2008) The Shadow of the Night (cortometraggio), regia di Justin Daering (2008) The 13th Alley, regia di Bobb Hopkins (2008) Foreign Exchange, regia di Danny Roth (2008) The Haunting of Molly Hartley, regia di Mickey Liddell (2008) Why Am I Doing This?, regia di Tom Huang (2009) The Last Hurrah, regia di Jonathan W. Stokes (2009) Ghost town - La città fantasma (Ghost town), regia di Todor Chapkanov (2009) To Save a Life, regia di Brian Baugh (2009) Frat Party, regia di Robert Bennett (2009) The Trial, regia di Gary Wheeler (2010) Vanguard, regia di Maria Downey (2010) Lights Out, regia di Gregori J. Martin (2010) Cougar Hunting, regia di Robin Blazak (2011) Honey 2 - Lotta ad ogni passo (Honey 2), regia di Bille Woodruff (2011) Hardflip, regia di Johnny Remo (2012) Hold Your Breath - Trattieni il respiro (Hold Your Breath), regia di Jared Cohn (2012) Liars All, regia di Brian Brightly (2013) Una famiglia ritrovata (Heart of the Country), regia di John Ward (2013) April Apocalypse, regia di Jarret Tarnol (2013) The Freemason, regia di Sohrab Mirmont (2013) Android Cop, regia di Mark Atkins (2014) Mantervention, regia di Stuart Acher (2014) Paranormal Island, regia di Marty Murray (2014) Red Velvet Cake (cortometraggio), regia di Sarah B. Downey (2014) The Ivy League Farmer, regia di Thomas Weber (2015) Cassidy Way, regia di Harvey Lowry (2016) Fidanzati per sbaglio (Accidental Engagement), regia di Letia Clouston (2016) Un acquisto da incubo (Storage Locker 181), regia di Casper Van Dien (2016) Where Are You, Bobby Browning?, regia di Marc A. Hutchins (2016) Union Bound, regia di Harvey Lowry (2016) Threshold, regia di Jason Eric Perlman (2016) Death Pool, regia di Jared Cohn (2017) Escape Room - The Game (Escape Room), regia di Peter Dukes (2017) It Happened Again Last Night (cortometraggio), regia di Roze e Gabrielle Stone (2017) Cops and Robbers, regia di Scott Windhauser (2017) Hellraiser: Judgment, regia di Gary J. Tunnicliffe (2018) Astro, regia di Asif Akbar (2018) Talk to the Animals (cortometraggio), regia di Charlie Picerni (2018) Bethlehem Ranch, regia di Brent Ryan Green (2018) Mope, regia di Lucas Heyne (2019) The Legend of 5 Mile Cave, regia di Brent Christy (2019) Paint It Red, regia di Paul T. Murray (2019) Restricted Area, regia di Christopher M. Don (2019) 2nd Chance for Christmas, regia di Christopher Ray (2019) Hell on the Border - Cowboy da leggenda (Hell on the Border), regia di Wes Miller (2019) Girl Games, regia di Sean Patrick Cannon (2019) Clown Fear, regia di Minh Collins (2020) For the Love of Jessee, regia di David McAbee (2020) Televisione Jack & Bobby - serie TV, episodio 1x18 "Friends with Benefits" (2005) A casa di Fran (Living with Fran) - serie TV, episodio 1x07 "Friends with Benefits" (2005) The Closer - serie TV, episodio 1x06 "Fantasy Date" (2005) NCIS - Unità anticrimine (NCIS) - serie TV, episodio 3x09 "Frame Up" (2005) The Closer - serie TV, episodio 1x06 "Fantasy Date" (2005) Huff - serie TV, episodio 2x01 "Maps Don't Talk" (2006) Sons & Daughters - serie TV, 11 episodi (2006-2007) Hot Hot Los Angeles - serie TV, 13 episodi (2008) My Long Distance Relationship - serie TV, 10 episodi (2008-2009) Numb3rs - serie TV, episodio 6x04 "Onore al merito" (2009) Talent: The Casting Call - serie TV, 10 episodi (2011) La vita segreta di una teenager americana (The Secret Life of the American Teenager) - serie TV, episodi 3x16,19,24,25 (2011) True Blood - serie TV, episodi 4x01,02 (2011) The Lying Game - serie TV, 15 episodi (2011-2012) Hot in Cleveland - serie TV, episodio 3x09 "Love Is Blind" (2012) BK Comedy Series - serie TV, episodio "Down Sizing" (2013) YouTube: The Musical - serie TV, episodi 1x01,03,04,06,08,10 (2013-2014) Ur in Analysis - film TV, regia di Bernie Gewissler (2015) Enchanted Christmas - film TV, regia di Terry Cunningham (2017) The Bay - serie TV, 10 episodi (2017-2019) Come in un film di Natale (A Christmas Movie Christmas) - film TV, regia di Brian Herzlinger (2019) Produttore Open House, regia di Andrew Paquin (2010) (coproduttore) Placebo, regia di Nick Slatkin (2010) Air, regia di Jonathan W. Stokes (2010) Cougars Inc., regia di K. Asher Levin (2011) (coproduttore) 96 Minutes, regia di Aimée Lagos (2011) (coproduttore) Victory or Death (cortometraggio), regia di Jonathan W. Stokes (2011) Trigger, regia di Matt Sinnreich (2012) Trust Me, regia di Clark Gregg (2013) (produttore esecutivo) FU Adam Carolla - film TV, regia di Randy Wayne (2013) SAF3 - serie TV, 17 episodi (2013-2014) (produttore esecutivo) Ti lascio la mia canzone (Rudderless), regia di William H. Macy (2014) (produttore esecutivo) Road to the Open, regia di Cole Claassen (2014) Ur in Analysis - film TV, regia di Bernie Gewissler (2015) (produttore co-esecutivo) Tag, regia di Danny Roth (2015) Cassidy Way, regia di Harvey Lowry (2016) (produttore esecutivo) Pandemic, regia di John Suits (2016) (produttore esecutivo) Altitude: Paura ad alta quota (Altitude), regia di Alex Merkin (2017) (produttore esecutivo) A un miglio da te (1 Mile to You), regia di Leif Tindel (2017) (coproduttore) The Clapper, regia di Dito Montiel (2017) (produttore co-esecutivo) Death Pool, regia di Jared Cohn (2017) Ryde, regia di Brian Frank Visciglia (2017) (produttore di linea/coproduttore) Omicidi in Oklahoma (A Deadly Romance) - film TV, regia di Colin Edward Lawrence (2019) (produttore di linea) Palm Swings, regia di Sean Hoessli (2019) Riconoscimenti Movieguide Awards 2011: Candidatura per la recitazione più ispirante (To Save a Life) First Glance Film Festival 2016: Candidatura a miglior attore (Threshold) California Women's Film Festival 2017: Miglior attore (It Happened Again Last Night) FANtastic Horror Film Festival 2017: Miglior attore non protagonista in un cortometraggio (It Happened Again Last Night) Sutter Creek International Film Festival 2017: Miglior attore e miglior attore in un cortometraggio (It Happened Again Last Night) Doppiatori italiani Nanni Baldini in Hazzard - I Duke alla riscossa Daniele Raffaeli in The Lying Game Gabriele Lopez in To Save a Life Note Altri progetti Collegamenti esterni
La contea di Pinellas (in inglese Pinellas County) è una contea della Florida, negli Stati Uniti. Il suo capoluogo amministrativo è Clearwater. L'intera contea fa parte della Metropolitan Statistical Area di Tampa-St.Petersburg-Clearwater. Geografia fisica La Contea di Pinellas sostanzialmente è una penisola che divide la baia di Tampa dal Golfo del Messico e comprende anche una piccola parte al di fuori della penisola stessa. La contea ha un'area di 1.574 km² di cui il 53,94% è coperta da acque interne. Confina con: Contea di Pasco - nord Contea di Hillsborough - est Storia La Contea di Pinellas venne creata nel 1911 dalla Contea di Hillsborough e fu chiamata così dallo spagnolo "Punta Piñal". Comuni La contea di Pinellas conta 24 amministrazioni comunali, di cui 17 con lo status di city e sette con quello di town: Belleair - town Belleair Beach - city Belleair Bluffs - city Belleair Shore - town Clearwater - city Dunedin - city Gulfport - city Indian Rocks Beach - city Indian Shores - town Kenneth City - town Largo - city Madeira Beach - city North Redington Beach - town Oldsmar - city Pinellas Park - city Redington Beach - town Redington Shores - town Safety Harbor - city Seminole - city South Pasadena - city St. Pete Beach - city St. Petersburg - city Tarpon Springs - city Treasure Island - city Census-designated place Bardmoor Bay Pines Bear Creek East Lake Feather Sound Greenbriar Harbor Bluffs Lealman Palm Harbor Ridgecrest South Highpoint Tierra Verde West Lealman Monumenti e luoghi d'interesse Fort De Soto Park, è un parco esteso su 5 isole a sud ovest della contea, in passato usate per fortificazioni militari e ad oggi trasformate in museo. Società Evoluzione demografica Politica Note Altri progetti Collegamenti esterni
Biografia Nacque nel 1430 in una delle famiglie più rispettabili di Firenze: il suo avo Ugolino Bonsi della Ruota fu il primo della stirpe che prese parte della Signoria (1364), venendo seguito dal figlio Baldassarre di Bernardo, gonfaloniere attivo nella politica fiorentina del tempo; da questo momento il nome della famiglia fu sempre presente nelle principali magistrature di Firenze. Anche la madre di Bonsi proveniva da una delle più ricche famiglie fiorentine, quella dei Martelli. La carriera di Bonsi inizia subito dopo la laurea in utroque iure che gli permise di iniziare l'attività legale nel capoluogo toscano per poi essere chiamato come professore di diritto civile e canonico nel prestigioso Studio di Bologna (1465-1466). Concluso il ruolo di insegnante ritornò a Firenze dove si iscrisse all'Arte dei Giudici e dei Notai e membro dell'Arte dei Medici e degli Speziali. Inoltre fece parte dei Dodici Buonuomini (1469), dei Sedici gonfalonieri (1470) e degli Otto di guardi e Balia (1479-1480). Nel corso del tempo, diventando una figura di rilievo all'interno dell'oligarchia medicea, fu nominato membro del Consiglio dei Settanta (1480). Da questa data in poi, le sue cariche pubbliche furono molteplici: fece parte della Signoria negli anni 1483, 1493 e 1497; fu governatore di Pisa nel 1484 e gonfaloniere nel 1488. Alla vita politica seguì sempre la carica di legale, che lo portò ad essere uno dei più rinomati avvocati fiorentini del tempo. La sua fama, inoltro lo portò ad essere uno degli uomini più fidati di Lorenzo il Magnifico, tanto da essere mandato, insieme a Giovanni Vespucci, Guido Antonio Soderini, Francesco Valori e Bernardo Rucellai, da Girolamo Savonarola che al tempo stava guadagnando un forte consenso. In breve tempo, Bonsi divenne un sostenitore del Savonarola, soprattutto dopo la morte di Lorenzo il Magnifico e l'ascesa al potere di Piero di Lorenzo de' Medici (detto il Fatuo o lo Sfortunato), il quale venne affiancato da ambasciatori, ove risulta anche Bonsi, per limitarne il potere. Con l'ingresso delle truppe francesi nel comune fiorentino, tali ambasciatori dovettero inoltre occuparsi dell'accordo e dell'accoglienza in città di Carlo VIII che sarebbe diventato il nuovo patrono e restauratore di Firenze (1494). Con la caduta dei Medici, i fiorentini iniziarono la riforma costituzionale della Signoria, abolendo diversi consigli e proclamando gli "accoppiatori" con il ruolo di rinnovatori dello Stato fiorentino. Bonsi fu eletto per il quartiere Santo Spirito. Qualche anno più tardi, nel 1498, Bonsi in qualità di ambasciatore venne mandato a Roma per trattare con il pontefice circa la restituzione di Pisa da parte di Carlo VIII ma anche per appianare la discussione con il Savonarola che nel frattempo era stato invitato da papa Alessandro VI a sospendere le predicazioni e raggiungere Roma. Al rifiuto del frate, fa seguito lo stato di arresto dello stesso che per volere del papa doveva essere condannato a Roma, ma la Signoria richiese ed ottenne il permesso di processare il frate in terra toscana. Una volta tornato in terra nativa, Bonsi riprendendo le proprie attività, fece parte del consiglio della Signoria (1501) costituita per rispondere alle richieste dell'imperatore Massimiliano che voleva l'appoggio di Firenze per la guerra contro i turchi. Morì a Firenze nel 1501. La maggior parte dell'attività legale, come i consilia legalia e le allegationes, sono oggi conservati soprattutto in biblioteche e archivi fiorentini, tra queste meritano di essere menzionati i volumi, custoditi dall'Archivio di Stato di Firenze, che raccolgono le opinioni legali dello stesso Bonsi e di giuristi vissuti tra il 1400 e il 1500. Opere Manoscritti Note Bibliografia Altri progetti
Innocente (Innocent) è un romanzo legal thriller di Scott Turow. Seguito diretto del suo primo lavoro Presunto innocente. Trama Rusty Sabich, a distanza di venti anni dal processo che lo ha visto indagato e assolto per la morte di Carolyn Polhemus è diventato giudice presidente della corte d'appello della Contea di Kindle. Poco prima della sua elezione a giudice della Corte Suprema dello stato la moglie Barbara muore di intossicazione a dei farmaci e Rusty, dopo aver scoperto il cadavere, attende diverse ore prima di chiamare la polizia. Il procuratore ad interim Tommy Molto, già accusatore di Sabich nel processo di venti anni prima, è insospettito e decide di indagare ulteriormente. Coadiuvato dal suo vice Jim Brand si convince che la morte sia stata in realtà deliberatamente provocata dal suo vecchio nemico. La sua convinzione è rafforzata anche dal fatto di aver mal digerito la sonora sconfitta nel caso precedente e al giorno d'oggi l'esame del DNA sui vecchi campioni di sperma potrebbe incastrare il rivale anche per il vecchio omicidio. Sabich dovrà difendersi affiancato nuovamente dal suo amico Alejandro "Sandy" Stern (malato di cancro e costretto a sottoporsi a cicli di chemioterapia) e alla di lui figlia Marta. Opere derivate Il romanzo è stato adattato in un film per la televisione omonimo dalla rete TNT e trasmesso all'interno del contenitore TNT Tuesday Night Mystery movie il 29 novembre 2011. La pellicola è stata scritta e diretta da Mike Robe e il ruolo di Rusty Sabich è interpretato da Bill Pullman. Altri attori nel cast sono Alfred Molina (Sandy Stern), Tahmoh Penikett (Jim Brand) e Richard Schiff (Tommy Molto). Edizioni Romanzi di autori statunitensi Legal thriller Romanzi di Scott Turow
Caratteristiche tecniche Inizia la sua carriera come portiere, salvo poi adattarsi a terzino sinistro. Carriera Club Muove i suoi primi passi nel settore giovanile dell'Everton, società nella quale approda all'età di 11 anni. Esordisce in prima squadra il 17 febbraio 2009 contro il , diventando - all'età di 16 anni e 271 giorni - il calciatore più giovane dei Toffes a debuttare in una competizione europea. Il 24 novembre 2011 viene ceduto a titolo temporaneo al Brentford, in League One. Termina l'annata con 25 presenze. Il 29 agosto 2012 le due società si accordano per il rinnovo del prestito. Il 17 giugno 2013 viene acquistato a titolo definitivo dalle Bees, legandosi al Brentford per mezzo di un contratto di tre anni. Il 24 luglio 2014 rinnova il proprio contratto fino al 2017. In seguito al ritiro di Kevin O'Connor, viene nominato capitano della squadra. Mette a segno la sua prima rete in carriera il 15 dicembre 2015 contro il Cardiff City (incontro terminato 3-2 per i gallesi). Il 1º luglio 2016 si lega per tre stagioni al QPR. Nazionale Conta diverse apparizioni con le selezioni giovanili inglesi. Statistiche Presenze e reti nei club Statistiche aggiornate al 7 aprile 2023. Palmarès Club Competizioni giovanili Premier Academy League: 1 Everton: 2009-2010 Nazionale Nordic Tournament: 1 Inghilterra Under-17: 2009 Montaiugu Tournament: 1 Inghilterra Under-17: 2009 Note Collegamenti esterni Calciatori inglesi
Follow the Reaper è il terzo album in studio del gruppo musicale finlandese Children of Bodom, pubblicato il 30 ottobre 2000 dalla SPinefarm Records in Europa. L'album è stato ripubblicato internazionalmente nel 2001 dalla Nuclear Blast. Il titolo tradotto in italiano significa "segui il mietitore". Descrizione Al loro terzo lavoro i Children of Bodom confermano le grandi aspettative lanciate da Something Wild e confermate da Hatebreeder: l'album è fortemente influenzato da sonorità power metal, con un notevole incremento dell'uso delle tastiere rispetto ai precedenti due album. I samples usati nelle tracce Follow the Reaper e Taste of My Scythe sono tratti dal film L'esorcista III, mentre il bridge della traccia Bodom After Midnight è stato ispirato dalla colonna sonora del film The Rock. Tracce Traccia bonus della riedizione (2001) Tracce bonus dell'edizione giapponese (2001) Tracce bonus dell'edizione deluxe (2001) Tracce bonus della riedizione (2016) Formazione Alexi Laiho – voce, chitarra solista Alexander Kuoppala – chitarra ritmica Jaska W. Raatikainen – batteria Hennka T. Blacksmith – basso Janne Wirman – tastiera Collegamenti esterni
è il settimo videogioco della serie Ace Attorney creata dalla Capcom. Disponibile per Nintendo 3DS, è stato pubblicato in Giappone il 25 luglio 2013. Nonostante la mancata distribuzione di Gyakuten Kenji 2 al di fuori del Giappone, un portavoce della Capcom ha annunciato la pubblicazione del titolo in America e in Europa, solamente in lingua inglese. La distribuzione digitale di Dual Destinies tramite Nintendo eShop è stata avviata il 24 ottobre 2013. Nell'agosto 2014 il titolo è stato pubblicato per iOS e nel maggio 2017 ne è stata realizzata una conversione per Android. Il videogioco è ambientato un anno dopo gli eventi di Apollo Justice: Ace Attorney. Durante lo svolgimento del gioco è possibile controllare Phoenix Wright, Athena Cykes e Apollo Justice. Trama Il gioco è ambientato nel 2027, ad un anno di distanza dagli eventi del titolo precedente. Il videogioco si articola in cinque casi di omicidio. Un sesto capitolo è inoltre disponibile come contenuto scaricabile. Nel primo episodio, che funge da tutorial, Phoenix Wright difende Juniper Woods, amica d'infanzia di Athena Cykes, accusata dell'esplosione che ha ucciso la detective Candice Arme. Il procuratore del caso è Gaspen Payne. In questo episodio Apollo e Athena devono difendere il sindaco di Tenma Town, Damian Tenma, accusato di aver ucciso il primo cittadino di Nine-Tails Vale, Rex Kyubi. I due avvocati incontrano per la prima volta il detective Bobby Fulbright e il procuratore Simon Blackquill. Mentre Phoenix, Apollo e Athena sono in visita presso la Themis Legal Academy, viene trovato il corpo della professoressa Constance Courte. Dell'omicidio viene imputata Juniper Woods che aveva organizzando insieme alla vittima un finto processo con modalità apparentemente analoghe. Con l'aiuto del procuratore Klavier Gavin, gli avvocati di Juniper si mettono alla ricerca di indizi per identificare l'assassino della Courte. Durante il lancio del razzo HAT-2, l'astronauta Clay Terran viene trovato accoltellato nel Cosmos Space Center. Apollo Justice, amico di infanzia di Clay, assume la difesa di Solomon Starbuck, collega della vittima. Mentre si sta svolgendo il processo tuttavia esplode una bomba che ferisce gravemente Apollo, lasciando a Phoenix e Athena il compito di scagionare Starbuck. Al termine del processo precedente, grazie ad una prova decisiva presentata dal detective Fulbright, Athena Cykes viene accusata dell'omicidio di Clay Terran. Phoenix assume la difesa della sua collaboratrice, ma la sorella di Simon, Aura Blackquill, prende in ostaggio Trucy Wright con la richiesta di effettuare nuovamente il processo che ha portato all'incarcerazione del procuratore. Phoenix affronterà nuovamente Miles Edgeworth in tribunale per ottenere un verdetto d'innocenza per Athena e scoprire l'omicida di Metis Cykes, madre dell'avvocato e mentore di Aura. Una volta rientrato in possesso del suo distintivo di avvocato, Phoenix Wright affronta un caso affidatogli da Sasha Buckler: dovrà difendere l'orca Orla dall'accusa di aver provocato la morte di Jack Shipley, proprietario dello Shipshape Aquarium, un acquario a tema piratesco. Modalità di gioco Il gameplay del gioco non si discosta dai precedenti titoli della serie. Nella modalità investigazione è possibile esplorare in maniera tridimensionale le scene del crimine. Oltre al ritorno dei lucchetti psichici (introdotti in Justice for All) individuabili da Phoenix Wright e al bracciale di Apollo Justice (questa volta utilizzato principalmente nelle fasi investigative), nel corso dei processi sarà possibile utilizzare la Mood Matrix con Athena per esaminare le testimonianze alla ricerca di emozioni contraddittorie. Nei momenti salienti del processo, la difesa potrà rivedere e collegare i fatti emersi utilizzando la Revisualization, una funzionalità simile a Logic presente in Ace Attorney Investigation. Durante il gioco è possibile consultare gli appunti e una breve descrizione del caso, accessibili dal registro processuale, e visualizzare i precedenti dialoghi. Il videogioco presenta alcune sequenze animate simili a quelle visibili in Il Professor Layton vs. Phoenix Wright: Ace Attorney. Sviluppo Accoglienza Famitsū ha dato un voto di 37/40 al gioco per i punteggi dei recensori di 10, 9, 10 e 8. Il gioco ha venduto copie in Giappone nella sua prima settimana. Riferimenti culturali Nel videogioco sono presenti numerosi riferimenti ad altri videogiochi, in particolare alla serie Metal Gear. Sono inoltre menzionati personaggi presenti nei titoli precedenti come Maya Fey, Hickfield e Guy Eldoon. Note Voci correlate Ace Attorney Collegamenti esterni
Latisha Chan e Martina Hingis erano le detentrici del titolo, ma la Hingis si è ritirata al termine del 2017, mentre la Chan ha fatto coppia con Bethanie Mattek-Sands, perdendo al primo turno contro Svetlana Kuznecova e Karolína Plíšková. In finale Ashleigh Barty e Demi Schuurs hanno sconfitto Andrea Sestini Hlaváčková e Barbora Strýcová con il punteggio di 6-3, 6-4. Teste di serie Le prime quattro teste di serie hanno ricevuto un bye per il secondo turno. Ekaterina Makarova / Elena Vesnina (ritirate) Andrea Sestini Hlaváčková / Barbora Strýcová (finale) Tímea Babos / Kristina Mladenovic (quarti di finale) Gabriela Dabrowski / Xu Yifan (quarti di finale) Latisha Chan / Bethanie Mattek-Sands (primo turno) Barbora Krejčíková / Kateřina Siniaková (primo turno) Andreja Klepač / María José Martínez Sánchez (primo turno) Ashleigh Barty / Demi Schuurs (campionesse) Alternate Johanna Konta / Zhang Shuai (secondo turno, ritirate) Wildcard Deborah Chiesa / Alice Matteucci (primo turno) Sara Errani / Martina Trevisan (secondo turno) Ol'ha Savčuk / Elina Svitolina (primo turno) Tabellone Parte finale Parte alta Parte bassa Collegamenti esterni Internazionali d'Italia 2018
Biografia I primi anni Archibald Montgomery nacque a Palermo, in Sicilia, figlio del maggiore generale Archibald Montgomerie, lord Montgomerie (30 luglio 1773 – 4 gennaio 1814), figlio primogenito di Hugh Montgomerie, XII conte di Eglinton. Sua madre fu lady Mary Montgomerie (m. 1848), figlia del generale Archibald Montgomerie, XI conte di Eglinton. Nei primi anni scolastici, Archibald venne educato ad Eton. La carriera politica Archibald fu uno strenuo sostenitore del partito Tory. Nel 1846 venne incluso nella Camera dei Lords ed il 28 maggio di quell'anno egli tenne un lungo intervento contro il Corn Importation Bill, opponendosi due anni più tardi al Jewish Disabilities Bill. Nel febbraio del 1852, egli divenne Lord Luogotenente d'Irlanda nel governo del conte di Derby. Egli si ritirò dall'incarico nel dicembre successivo dopo essere stato uno dei viceré d'Irlanda. Quando il conte di Derby tornò al suo incarico di primo ministro nel febbraio del 1858, Montgomery venne nuovamente nominato lord luogotenente e mantenne tale incarico sino al giugno del 1859. In quell'anno egli venne creato Conte di Wintoun, una contea già retta da gente della sua terra, i Setons, dal 1600 al 1716, quando George Seton, V conte di Wintoun, era stato privato dei suoi onori per alto tradimento. Morì a Mount Melville House, presso St. Andrews, il 4 ottobre 1861, e venne sepolto nella cappella di famiglia a Kilwinning, nell'Ayrshire, l'11 ottobre 1861. Le corse dei cavalli Il principale obbiettivo d'interesse di Lord Eglinton per diversi anni furono le corse dei cavalli, ai quali dedicò diversi anni di studio al punto da essere reputato tra i più profondi conoscitori del mondo di quello sport. Il suo cavallo di maggior successo fu The Flying Dutchman che vinse il Derby di Epsom e la St Leger Stakes nel 1849. Il Torneo Eglinton Nel 1839, il nome di lord Eglinton divenne particolarmente noto per la sua organizzazione del Torneo Eglinton. Questo torneo, in pieno stile medievale, si tenne al Castello di Eglinton e si dice sia costato 30.000/40.000 sterline dell'epoca. Sfavorito in particolare dal maltempo, la gara si tenne sotto una pioggia battente, ma fu un successo per il pubblico che ebbe l'occasione per rivivere un vero e proprio torneo di stile medievale, coi partecipanti che dovettero allenarsi appositamente per un anno con la lancia per potervi prendere parte secondo le regole. Il principe Luigi Napoleone (Napoleone III) e lady Seymour, nipote di Richard Brinsley Sheridan e la moglie di Lord Seymour, futuro XII duca di Somerset, vi presero parte. Il reverendo John Richardson scrisse un libro sul torneo nel 1843 e lo corredò da disegni ad opera di James Henry Nixon (1843). Il torneo è descritto anche nell'opera Endymion di Benjamin Disraeli. Matrimonio e figli Lord Eglinton si sposò in prime nozze con Theresa Howe Cockerell, nata Newcomen, vedova del Capitano della Royal Navy, Richard Howe Cockerell (1798-1839, bur Park St, Calcutta). Mrs Cockerell era a sua volta figlia illegittima di Thomas Gleadowe-Newcomen, II visconte Newcomen (1776-1825) e della sua amante, Harriet Holland. Theresa Newcomen nacque a Calcutta nel 1809, e morì il 16 dicembre 1853 al Castello di Eglinton. La coppia ebbe i seguenti figli: Archibald Montgomerie, XIV conte di Eglinton (3 dicembre 1841 – 30 agosto 1892) Lady Egida Montgomerie (n. circa 1843 - 13 gennaio 1880) Seton Montolieu Montgomerie (15 maggio 1846 – 26 novembre 1883), ebbe due figlie George Montgomerie, XV conte di Eglinton (23 febbraio 1848 – 10 agosto 1919), antenato degli attuali discendenti Secondo le memorie di Eglinton stesso, questo matrimonio fu il suo più grande errore nella vita. Ad ogni modo sua nipote Anna Theresa Cockerell (1836-1912), aiutata dal secondo matrimonio di sua madre, andò in sposa a Charles Chetwynd-Talbot, XIX conte di Shrewsbury. Dopo la morte di Theresa nel dicembre del 1853, egli si sposò in seconde nozze con Adela Caroline Harriett, figlia di Arthur Capell, VI conte di Essex, nel 1858. La coppia ebbe i seguenti figli: Lady Sybil Amelia Montgomerie (m. 3 febbraio 1932) Lady Hilda Rose Montgomerie (m. Bangors, Iver, Buckinghamshire, 18 giugno 1928), sposò Tonman Mosley, I barone Anslow. Lady Adela morì nel dicembre del 1860 all'età di 32 anni. Lord Eglinton le sopravvisse di meno di un anno e morì nell'ottobre del 1861. Venne succeduto dal suo figlio primogenito Archibald. Onorificenze Note Bibliografia Anstruther, Ian (1986). The Knight and the Umbrella. Gloucester : Alan Sutton. ISBN 0-86299-302-4. Sir William Fraser, Memorials of the Montgomeries, Earls of Eglinton (1859). Cavalieri dell'Ordine del Cardo Conti di Eglinton
Geografia Ág – comune dell'Ungheria nella contea di Baranya Sigle Australian Greens – Verdi Australiani Autorità giudiziaria Azione giovani – movimento giovanile di Alleanza Nazionale Alpinismo giovanile – Attività del Club Alpino Italiano AG – targa automobilistica di Agrigento (Italia) Aeronautica AG – Aviazione generale Chimica Ag – simbolo chimico dell'argento Biologia Ag – abbreviazione di antigene Codici AG – codice vettore IATA di Air Contractors AG – codice FIPS 10-4 dell'Algeria AG – codice ISO 3166-1 alpha-2 di Antigua e Barbuda AG – codice ISO 3166-2:IT della Provincia di Agrigento (Italia) AG – codice ISO 3166-2:RO del Distretto di Argeș (Romania) AG – codice ISO 3166-2:CH del Canton Argovia (Svizzera) Economia AG – abbreviazione di Aktiengesellschaft, un tipo di società di capitali tedesca Etichettatura tessile AG – sigla della denominazione della fibra alginica Informatica .ag – dominio di primo livello di Antigua e Barbuda Musica AG – rapper estone Zoologia AG – Aggregata: abbreviazione per indicare il fusulo singolo della ghiandola della seta aggregata posta sulle filiere dei ragni Altri progetti
Carriera È stata interprete di 9 episodi della serie tv Melrose Place nel 1995. Nel 1999 lavora con il regista Hugh Johnson sul set del film Chill Factor - Pericolo imminente. È protagonista, nel 2001, del film Gioco di potere di Dennis Dimster. Nel 2003 ha prestato la voce alla protagonista Jennifer Tate nel videogioco Primal. Filmografia parziale Cinema After the Games, regia di Brewster MacWilliams (1997) All About Sex, regia di Adam Rifkin (1998) Chill Factor - Pericolo imminente (Chill Factor), regia di Hugh Johnson (1999) Gioco di potere (Patriot Games), regia di Dennis Dimster (2000) One,Two,Many, regia di Michael DeLorenzo (2008) Paris Connections, regia di Harley Cokeliss (2010) Mid Life Gangster, registi vari (2013) Blood Type, regia di Kevin Williams (2018) Televisione CBS-Schoolbreak Special - serie TV, 1 episodio (1992) Law & Order - I due volti della giustizia - serie TV, 1 episodio (1993) King Rider 2010, regia di Sam Pillsbury - film TV (1994) University Hospital - serie TV, 9 episodi (1995) Melrose Place - serie TV, 10 episodi (1995) Il tocco di un angelo - serie TV, 2 episodi (1997) Settimo cielo - serie TV, 1 episodio (1998) Hercules - serie TV, 4 episodi (1997-1999) Xena: Principessa guerriera (Xena:Warrior Princess) - serie TV, 12 episodi (1996-2000) Tru Calling - serie TV, 1 episodio (2003) CSI - Scena del crimine - serie TV, 1 episodio (2005) Shockwave - L'attacco dei droidi (Shockwave), regia di Jim Wynorski - film TV (2006) Hallowed Ground, regia di David Benullo - film TV(2007) Nip / Tuck - serie TV, 1 episodio (2007) Shark - Giustizia a tutti i costi - serie TV, 1 episodio (2008) Law & Order: Los Angeles - serie TV, 1 episodio (2010) Doppiatrice Primal (2003) - videogioco Lords of EverQuest (2003) - videogioco Doppiatrici italiane Nelle versioni in italiano dei suoi film, Hudson Leick è stata doppiata da: Barbara Berengo Gardin in Xena - Principessa guerriera Monica Ward in Chill Factor - Pericolo imminente Alessandra Korompay in Tru Calling Laura Boccanera in Hercules Altri progetti Collegamenti esterni Attori televisivi statunitensi
Dopo aver lavorato nel settore della pubblicità dal 1986 al 1994, è entrato a far parte dello staff di disegnatori della Sergio Bonelli Editore per la testata Zona X. Per Zona X ha disegnato le miniserie Legione stellare e La Stirpe di Elan, scritte da Federico Memola. Dopo la chiusura di Zona X è passato alla serie Jonathan Steele, sempre ideata da Memola. Ha anche disegnato un episodio di Legs Weaver su testi di Stefano Piani. Nel 2004 è entrato nello staff di Martin Mystère, disegnando una storia per l'Almanacco del Mistero e sette episodi per lo spin-off "Storie da Altrove". Nel 2009 ha inchiostrato le matite di Matteo Resinanti per il numero 215 di Nathan Never e nel 2010 ha illustrato, su testi di Antonio Serra, un episodio della miniserie bonelliana Greystorm. Esordisce su Nathan Never con il n°246 del novembre 2011, facente parte della lunga saga della guerra dei mondi, su testi di Stefano Vietti. Dal n°250 di Nathan Never del marzo 2012 diventa il copertinista ufficiale degli albi della serie regolare. È stato docente presso la Scuola Internazionale di Comics di Torino. Ha lavorato per l'animazione, collaborando come character designer con The Animation Band per le serie televisive "Farhat - Il principe del deserto" e "Sandokan III - Le due tigri". Nel 2015 ha pubblicato con Plesio Editore un romanzo di fantascienza dal titolo Roy Rocket - oltre l'infinito. Nell'aprile del 2019 il cargo Cygnus ha portato sulla Stazione Spaziale Internazionale la copertina realizzata per un volume speciale di Nathan Never edito dalla Sergio Bonelli in collaborazione con l'Agenzia Spaziale Italiana e la European Space Agency. Note Collegamenti esterni
The Winning Girl è un film muto del 1919 diretto da Robert G. Vignola. La sceneggiatura di Will M. Ritchey si basa su Jem of the Old Rock, racconto di George Weston pubblicato su The Saturday Evening Post il 5 ottobre 1918. Trama Jemmy si chiama così perché suo padre, il maggiore Milligan, che avrebbe voluto un maschio, aveva predisposto per il nome del suo primogento quello di Jimmy. Quando poi era nata una bambina, pigramente, aveva conservato il nome, convertendolo in Jamesina o, più brevemente, in Jemmy. Alla nascita del secondo figlio, la mamma muore. Jamesina cresce. Suo padre, intanto, si risposa con una vedova che si porta in dote tre figli. La famiglia comincia ad avere dei problemi finanziari e Jemmy, per aiutare in casa, deve andare a lavorare in una fabbrica di tessuti. Trova lavoro anche per tutti gli altri fratelli più piccoli, arrivando anche a spingere il padre a fare altrettanto. Innamorata di Stanley Templeton, un aviatore in licenza, Jemmy rinuncia a lui quando la madre del ragazzo rifiuta di dare il proprio consenso a quel fidanzamento. Stanley riparte per il fronte, mentre Jemmy, rimasta a casa a lavorare, sorprende una spia tedesca che sta sabotando la fabbrica. Avendola catturata, la ragazza riceve una ricompensa che permette ai Milligan di pagare l'ipoteca che gravava sulla loro casa. La signora Templeton si pente della sua prevenzione nei confronti di Jemmy e si scusa con lei: quando Stanley torna dalla guerra, sua madre benedice il fidanzamento dei due giovani. Produzione Il film fu prodotto dalla Famous Players-Lasky Corporation. Questo fu il primo film da protagonista alla Paramount di Shirley Mason, un'attrice che, in precedenza, aveva interpretato dei film a fianco di Ernest Truex. Distribuzione Il copyright del film, richiesto dalla Famous Players-Lasky Corp., fu registrato il 17 gennaio 1919 con il numero LP13288. Distribuito dalla Famous Players-Lasky Corporation e presentato da Jesse L. Lasky, il film uscì nelle sale cinematografiche statunitensi il 23 febbraio 1919. Non si conoscono copie ancora esistenti della pellicola che viene considerata presumibilmente perduta. Note Bibliografia The American Film Institute Catalog, Features Films 1911-1920, University of California Press, 1988 ISBN 0-520-06301-5 Voci correlate Filmografia della Famous Players-Lasky Corporation Collegamenti esterni Film commedia drammatica
I've Seen Films - International Film Festival è stato un festival cinematografico internazionale che si teneva a Milano dal 2008 al 2012. Si occupava principalmente di premiare la creatività e la fantasia tecnologica dell'arte del Cinema e del cortometraggio. Il fondatore del festival è l'attore di origine olandese Rutger Hauer in collaborazione con il direttore artistico di CortoWeb PierPaolo De Fina. La manifestazione mira a lanciare una sfida alla creatività dei filmmaker invitandoli a mostrare "cose che voi umani non potreste immaginarvi". Il progetto I've Seen Films offre ai filmmakers di tutto il mondo una nuova forma di diffusione, unita a delle innovative piattaforme di visibilità in cui gli autori possono confrontarsi sul terreno comune del linguaggio filmico. I partecipanti che hanno scelto di partecipare anche al Concorso Internet hanno avuto un'ulteriore possibilità di promozione e visibilità. A ciò si aggiungono le Masterclass ed i Workshop con Rutger Hauer e i suoi colleghi, il cui scopo è trasmettere un prezioso patrimonio di conoscenze cinematografiche ai talenti emergenti della cinematografia mondiale. Questa piattaforma di nuova concezione crea ulteriori opportunità ai professionisti del mondo cinematografico, offrendo inoltre al pubblico una vastissima scelta artistica su scala mondiale. I've Seen Films, grazie alla sua originale formula innovativa, può vantare una serie di prerogative che lo rendono un evento culturale unico nel suo genere. È uno dei pochi festival cinematografici al mondo fondato e guidato da un artista di fama internazionale. Il suo scopo principale è la promozione, su base mondiale, anche grazie allo streaming su internet, dei lavori dei filmmakers che meritano tale visibilità ma che spesso non riescono ad ottenerla tramite la formula classica dei festival cinematografici. È la prima volta al mondo che una competizione di cortometraggi riesce ad avvalersi di una giuria composta da un numero così elevato di insigni talenti artistici e professionisti del settore e ciò rappresenta chiaramente un punto di svolta in questo campo. La lingua ufficiale del Festival è l'inglese, lingua franca che consente di superare l'ostacolo rappresentato dalla multietnicità linguistica degli autori e di un pubblico internazionale. Sin dalla prima edizione del Festival nel 2008, i lavori degli autori sono stati proiettati - per la prima volta in assoluto in un festival di cortometraggi - in una versione ad alta definizione. Una caratteristica non comune in altri festival, che richiede una conoscenza tecnica di altissima professionalità e che ha raccolto consensi entusiastici sia da parte degli autori che del pubblico. La spettacolare Serata di Gala, durante la quale Rutger Hauer premia personalmente i vincitori, è un momento molto particolare e speciale per gli autori che, con le loro opere, diventano i veri protagonisti del Festival. La nuova formula di manifestazione cinematografica unisce alla miglior tradizione dei festival classici le più innovative tecnologie dell'alta definizione digitale. La prima edizione del festival del 2008 si è svolta all'interno del Multiplex Skyline di Milano dal 22 al 26 settembre. Premi Alle opere in concorso viene assegnato uno dei seguenti premi (nella premiazione non è contemplato l'ex aequo): Premio 20th Century Fox per la Migliore Opera in Concorso; Premio per la Migliore Fiction; Premio per la Migliore Opera Prima; Premio MyMovies per il Miglior Documentario; Premio CortoWeb per la Migliore Opera Sperimentale; Premio per la Migliore Opera d'Animazione; Premio per il Migliore Videoclip; Premio Coming Soon al Miglior Attore; Premio Best Movie alla Migliore Attrice; Premio per la Miglior Opera a Tema Sociale. Premi Internet Contest Premio Jury Internet Award assegnato dalla giuria; Premio Audience Internet Award assegnato dal pubblico; Il festival assegnerà anche un Premio alla Carriera ad un artista internazionale di rilievo. Sezioni Il programma artistico del festival si divide nelle seguenti sezioni: Concorso Internazionale (sezione competitiva) Concorso Internet (sezione competitiva) Eventi speciali Il Concorso Internazionale ed il Concorso Internet comprendono le categorie: Fiction (drammatico o commedia) Animazione Documentario Sperimentale Videoclip Tema Sociale (comprende tutte le precedenti 5 categorie) Edizione 2008 Giuria La giuria dell'edizione 2008: Bill Bristow Ludovico Einaudi Richard Gere Rutger Hauer Massimo Maisetti Annie Perkins Robert Rodriguez Ridley Scott Chiara Valenti Omero Paul Verhoeven Premi assegnati Premio 20th Century Fox per la Migliore Opera in Concorso: Das Baby di Falco Jagau (Germania); Premio per la Migliore Fiction, premio Warner Home Video: DVD di Ciro Altabas (Spagna); Premio per la Migliore Opera Prima, premio JVC: Corações Plásticos di Sérgio Brás d'Almeida (Portogallo); Premio MyMovies per il Miglior Documentario: Hero Wings Are Not Necessary to Fly di Angel Loza (Spagna); Premio CortoWeb per la Migliore Opera Sperimentale, premio CortoWeb: 7 ½ Frauen di Bidzina Kanchaveli (Germania); Premio per la Migliore Opera d'Animazione, premio ISCA: Lapsus di Juan Pablo Zaramella (Argentina); Premio Coming Soon al Miglior Attore: Massimo Foschi con L'Esame di Andrea De Sica (Italia); Premio Best Movie alla Migliore Attrice: Pippa Galli con Das Baby di Falco Jagau (Germania); Premio per la Miglior Opera a Tema Sociale, premio Oilily: Plague Spreader di Francesco Calderone (Italia); Premio Speciale della giuria: Ableman's Final Account di Christopher Trappe (Australia); Due Menzioni Speciali assegnate a: The Heart of Amos Klein di Michal Pfeffer Uri Kranot (Israele/Francia) e Be in It di Simon Elrahi (Australia). Premi Internet Contest: Premio Jury Internet Award assegnato dalla giuria: Schemeren di Jenneke Boeijink (Paesi Bassi). Premio Audience Internet Award assegnato dal pubblico: Black & White di Simone Nepote Andrè (Italia); Premio speciale: Premio per la Sensibilizzazione Sociale: Pazza di te di Enzo Iacchetti. Riconoscimenti Speciali The Real Action Heroes di Mark Wallaard (Paesi Bassi); Wizard of OS: The Fish Incident di Tom Jantol (Croazia); Ringtone di Jeremy Boxen (Canada); H5N1 di Roberto De Feo (Italia); Integration di Dave Michael Guller Grønvall-Pedersen (Danimarca): Videoclip Handful of Keys di Le Blue Dolls ed Hermes Mangialardo (Italia); Documentario Zeitgeist di Peter Joseph (USA) Edizione 2009 L'edizione del 2009 ha avuto luogo dal 24 settembre al 3 ottobre. Giuria La giuria dell'edizione 2009: Bill Bristow Eugenio Cappuccio Daniela Catelli Teresa Cavina Anton Corbjin Rutger Hauer Lech Majewski Roberto Nepoti Christopher Nolan Miranda Richardson Robert Rodriguez Ridley Scott Paul Verhoeven Premi assegnati Premio 20th Century Fox ed ammissione gratuita alla Masterclass della Rutger Hauer FilmFactory per la Migliore Opera in Concorso: Flax di Bard Ivar Engelsas (Norvegia); Premio per la Migliore Fiction, premio EUNIC: El Pasajero di Andres Faucher (Venezuela); Premio per la Migliore Opera Prima, premio Agis Lombarda: François di Dario Gorini e Iacopo Zanon (Italia); Premio per la Migliore Opera d'Animazione, premio IFQ Magazine: El Empleo di Santiago Bou Grasso (Argentina); Premio MyMovies per il Miglior Documentario: Three of Us di Umesh Vinayak Kulkarni (India); Premio CortoWeb per la Migliore Opera Sperimentale: The Arrow's Paradox di Jorge Caballero Ramos (Colombia); Premio Best Movie alla Migliore Attrice: Francesca Faiella per Clacson di Takehito Kuroha (Italia); Premio Lombardia Film Commission al Miglior Attore: Dimas Gonzales per El Pasajero di Andres Faucher (Venezuela); Premio CNR Media al Migliore Videoclip a Quio: Rising Tide di Christine Lang (Germania); Premio della Presidenza della Repubblica e targa Rutger Hauer Starfish Association per il Migliore Film Social Awareness ad Alice di Stefano Anselmi (Italia); Premio Speciale della giuria: Paul Rondin est Paul Rondin di Frédérick Vin (Francia); Sei Menzioni Speciali assegnate a: Shock di Marcell Gero (Ungheria) Into the Woods di Matt Taabu (UK) Je viens di Teddy Lussi Modeste (Francia) Sale Timing di Olivier Barma (Francia) Chasing Chekhov di Peter Sands (USA) Clacson di Takehito Kuroha (Italia) Premi Internet Contest: Premio Jury Internet Award assegnato dalla giuria: La Piecita di Carmen Colino (Argentina) Premio Audience Internet Award assegnato dal pubblico: La Preda di Francesco Apice (Italia); Premio speciale: Premio alla carriera a Lech Majewski (Polonia) per The Garden of Earthly Delights; Riconoscimenti Speciali Skhizein di Jeremy Clapin (Francia) Ma Bar di Finlay Pretsell (UK) Opptur di Ketil Hoegh (Norvegia) Porque Hay Cosas Que Nunca Se Olvidan di Lucas Figueroa (Spagna) Our Wonderful Nature di Tomer Eshed (Germania) Sommersonntag di Sigi Kamml e Fred Breinersdorfer (Germania) Die Rote Kapelle di Alexander Boehle e Andy Bittner (Germania) Sunrise di Alessandro Tresa (Italia) Candy Darling di Silvia Defrance (Belgio) Tutto o Niente di Christophe Fustini (Francia) e ad Iren Reppen (Norvegia) per la sua interpretazione in Opptur di Ketil Hoegh; Edizione 2010 L'edizione del 2010 si è tenuta dal 30 settembre al 9 ottobre. Giuria La giuria dell'edizione 2010: Bill Bristow Anton Corbjin Flavia Costa Roberto Faenza Rutger Hauer Tak Kuroha Miranda Richardson Grazyna Torbicka Cesare Vergati Premi assegnati Premio 20th Century Fox Miglior Cortometraggio: Transit, di Chris Roche (Regno Unito); Premio 20th Century Fox Miglior Lungometraggio: Tangled Up in Blue, di Haider Rashid (Regno Unito, Iraq, Italia, Emirati Arabi Uniti); Premio per la Migliore Fiction, premio Smart: Hymen, di Cedric Prevost (Francia); Premio per la Migliore Opera Prima, premio Lombardia Film Commission: Donne di sabbia, di Rita Colantonio (Italia); Premio per la Migliore Opera d'Animazione, premio CortoWeb: L'homme qui dort di Ines Sedan (Francia, Argentina); Premio per il Miglior Videoclip, premio Microcinema Digital Network: White Swan, di Sil van der Woerd (Paesi Bassi); Premio per il Migliore Interprete Musicale: Anouk de Groot per White Swan; Premio per il Miglior Film a Tema Arte, premio Comune di Milano: 41, di Massimo Cappelli (Italia); Premio della Presidenza della Repubblica e targa Rutger Hauer Starfish Association per il Migliore Film Social Awareness a L'altra metà di Pippo Mezzapesa (Italia); Premio per il Migliore Attore, premio CNR Media: Ugo Dighero con 41; Premio Best Movie per la Migliore attrice: Anna Sherbinina con Hymen di Cedric Prevost (Francia); Premio MyMovies per il Miglior Cortometraggio Documentario: Vivir del aire, di David Maciàn (Spagna); Premio per il Miglior Lungometraggio Documentario, premio ICFILMS: La maglietta rossa, di Mimmo Calopresti (Italia); Premio per il Migliore Film Sperimentale, premio EUNIC: No Sleep Won't Kill You, di Marko Mestrovic (Croazia); Premio Speciale della giuria: The Short Case of Record 12, di Simone Wendel e Mario A. Conte (Germania); Premi Internet Contest: Premio Jury Internet Award assegnato dalla giuria: Kool South, di Miles Goodall (Sudafrica); Premio Audience Internet Award assegnato dal pubblico: Intercambio, di Antonello Novellino ed Antonio Quintanilla (Italia/Spagna); Menzioni Speciali assegnate a: Out of Sync di Peet Gelderblom (Paesi Bassi); Back Story di Jeremy Dylan Lanni (USA); The Old Lady Who Would Not Smile Anymore di Guillaume Levi (Francia); Don Justo is Don Justo is Don Justo di Maria Heidemann (Paesi Bassi); Nerofuori di Davide Bini ed Emanuela Mascherini (Italia); Ice Scream di Roberto De Feo e Vito Palumbo (Italia); TransNoir di Dave Michael Guller Grønvall-Pedersen (Danimarca); La vita accanto di Giuseppe Pizzo (Italia); Riflessi di Emanuela Ponzano (Italia); Al Buio (Into the Gloom) di Giacomo Arrigoni (Italia); Ali di cera di Hedy Krissane (Italia); Habibi di Davide Del Degan (Italia); TV di Andrea Zaccariello (Italia); Another Side of the City di Grzegorz Czerniak e Krzysztof Kownas (Polonia); Con gli occhi di un altro di Antonio Raffaele Addamo (Italia); Pathos di Dennis Cabella, Marcello Ercole e Fabio Prati (Italia); Il soffio della terra di Stefano Russo (Italia); Día de revancha di Alf Moraleja (Spagna); Calibro70 di Alessandro Rota (Italia); Totem Blue di Massimo Fersini (Italia); When the Night Fa11s di Derrick Lui (Singapore); Vous êtes servis di Jorge Leon (Belgio, Indonesia); One Eye wide Open di Amer Preminger e Ami Drodz (Israele, Paesi Bassi); Curro Savoy, protagonista del documentario Vivir del Aire Premio speciale: Premio Speciale ICFILMS Visual Arts Award: Anton Corbijn (Paesi Bassi); Premio Speciale ICFILMS Music & Film Award: Francesco Baccini per Nerofuori di Davide Bini ed Emanuela Mascherini Edizione 2011 L'edizione del 2010 si è tenuta dal 30 settembre al 9 ottobre. Giuria La giuria dell'edizione 2010: Ridley Scott Miranda Richardson Charlotte Rampling Maurizio Nichetti Joan Chen Bill Bristow Robert Rodriguez Giacomo Arigoni Paul Verhoeven Francesca Sassoli Rutger Hauer Origine del nome "I've seen films" (ho visto film) è un omaggio alla prima frase del famoso monologo Ho visto cose che voi umani... tratto dal film di fantascienza Blade Runner di Ridley Scott del 1982 pronunciata proprio dall'attore Rutger Hauer che nella pellicola interpretava il replicante Roy Batty. Lo stesso Hauer ha contribuito personalmente ad alcune modifiche sul monologo che non erano previste dalla versione originale tratta dal libro Il cacciatore di androidi di Philip K. Dick. Note Voci correlate Festival cinematografici Ho visto cose che voi umani Collegamenti esterni Festival cinematografici a Milano Festival cinematografici italiani del passato
Allenatori di calcio (5) Frank O'Neill, allenatore di calcio e ex calciatore irlandese (Dublino, n.1940) George O'Neill, allenatore di calcio e ex calciatore scozzese (Port Glasgow, n.1942) Les O'Neill, allenatore di calcio e ex calciatore inglese (Blyth, n.1943) Martin O'Neill, allenatore di calcio e ex calciatore nordirlandese (Kilrea, n.1952) Michael O'Neill, allenatore di calcio e ex calciatore nordirlandese (Portadown, n.1969) Allenatori di pallacanestro (1) Kevin O'Neill, allenatore di pallacanestro e dirigente sportivo statunitense (Chateaugay, n.1957) Attori (11) Amy O'Neill, attrice statunitense (Pacific Palisades, n.1971) Ed O'Neill, attore statunitense (Youngstown, n.1946) Henry O'Neill, attore statunitense (Orange, n.1891 - Hollywood, † 1961) James O'Neill, attore irlandese (Kilkenny, n.1847 - New London, † 1920) James O'Neill, attore statunitense (Filadelfia, n.1863 - Los Angeles, † 1938) Jennifer O'Neill, attrice e modella brasiliana (Rio de Janeiro, n.1948) Maire O'Neill, attrice irlandese (Dublino, n.1886 - Basingstoke, † 1952) Michael O'Neill, attore statunitense (Montgomery, n.1951) Oona O'Neill, attrice statunitense (Warwick Parish, n.1925 - Corsier-sur-Vevey, † 1991) Con O'Neill, attore e cantante britannico (Weston-super-Mare, n.1966) Terry O'Neill, attore e artista marziale statunitense (Liverpool, n.1948) Calciatori (7) Aiden O'Neill, calciatore australiano (Brisbane, n.1998) Brandon O'Neill, calciatore australiano (Perth, n.1994) John O'Neill, ex calciatore nordirlandese (Derry, n.1958) Keith O'Neill, ex calciatore irlandese (Dublino, n.1976) Shane O'Neill, calciatore irlandese (Midleton, n.1993) Sonia O'Neill, calciatrice canadese (Toronto, n.1994) Willie O'Neill, calciatore scozzese (Glasgow, n.1940 - † 2011) Cantautori (1) Sharon O'Neill, cantautrice neozelandese (Nelson, n.1952) Cestisti (3) Mike O'Neill, cestista statunitense (Berkeley, n.1928 - † 1993) Jennifer O'Neill, cestista statunitense (Bronx, n.1990) Kristen O'Neill, ex cestista e allenatrice di pallacanestro statunitense (Lynnwood, n.1983) Ciclisti su strada (1) Nathan O'Neill, ciclista su strada e pistard australiano (Sydney, n.1974) Condottieri (1) Hugh O'Neill, condottiero irlandese († 1616) Danzatori (1) Hannah O'Neill, ballerina neozelandese (Tokyo, n.1993) Economisti (1) Jim O'Neill, economista britannico (Manchester, n.1957) Fisici (1) Gerard K. O'Neill, fisico statunitense (Brooklyn, n.1927 - Redwood City, † 1992) Fumettisti (2) Kevin O'Neill, fumettista britannico (n.1953) Rose O'Neill, fumettista, scrittrice e illustratrice statunitense (Wilkes-Barre, n.1874 - Springfield, † 1944) Giocatori di baseball (1) Tyler O'Neill, giocatore di baseball canadese (Burnaby, n.1995) Giocatori di football americano (1) Brian O'Neill, giocatore di football americano statunitense (Wilmington, n.1995) Giocatori di snooker (1) Jamie O'Neill, giocatore di snooker inglese (Wellingborough, n.1986) Militari (2) Owen Roe O'Neill, militare irlandese (contea di Armagh - Cavan, † 1649) Robert O'Neill, militare statunitense (Butte, n.1976) Nuotatori (1) Susie O'Neill, ex nuotatrice australiana (Brisbane, n.1974) Politici (3) Michelle O'Neill, politica britannica (Fermoy, n.1977) Peter O'Neill, politico papuano (Ialibu, n.1965) Terence O'Neill, politico britannico (Londra, n.1914 - Lymington, † 1990) Produttori discografici (1) Paul O'Neill, produttore discografico, arrangiatore e compositore statunitense (New York, n.1956 - New York, † 2017) Schermidori (1) Mary O'Neill, ex schermitrice statunitense (Concord, n.1965) Scrittori (1) Joseph O'Neill, scrittore irlandese (Cork, n.1964) O'Neill
In meccanica newtoniana, una forza conservativa è una forza che può essere descritta come un campo conservativo nello spazio in cui si muovono i corpi, e non solamente come una forza applicata ad un corpo in moto. Perché avvenga questo, il lavoro che viene compiuto dalla forza sul corpo in un certo tragitto non deve dipendere dal particolare cammino seguito, ma solamente dai punti di partenza e di arrivo della traiettoria che viene seguita dal corpo. In maniera semplice, una forza è conservativa se dipende solo dalla posizione nello spazio del punto materiale, e non dalla sua storia passata. In questo caso, si può slegare il vettore forza dal punto materiale che si muove nello spazio, per assegnarlo invece al punto geometrico fisso nello spazio in cui è posta la particella. In questo modo, si può passare dal concetto puramente newtoniano di forza come applicata ad un corpo, all'idea di campo della grandezza forza, in cui cioè esiste un valore di forza associabile al punto materiale in ogni punto "geometrico" della regione dello spazio in cui si muove il punto materiale. In altri termini, mentre originariamente la forza è applicata al punto materiale e lo segue nel suo movimento, nel caso di forza conservativa ogni punto geometrico della regione dello spazio in cui si muove la particella diventa caratterizzabile in ogni punto da un valore fissato di forza, che viene trasmesso alla particella nel momento in cui passa per quella posizione. Inoltre, si dimostra che solo in queste condizioni, a patto di considerare alcuni ulteriori vincoli e restrizioni, si conserva l'energia meccanica del sistema, non solo per alcune ma per qualunque traiettoria. Infine, si può anticipare che tutte le interazioni fondamentali corrispondono nei modelli fisici a dei campi conservativi. Descrizione Un punto materiale è soggetto ad una forza, che può essere rappresentata nello spazio con un campo vettoriale . Il lavoro compiuto dalla forza sull'oggetto è definito come l'integrale curvilineo (rispetto alla posizione) di lungo il percorso compiuto nello spazio. Condizione necessaria e sufficiente affinché la forza sia conservativa è che il lavoro compiuto da essa lungo una qualsiasi traiettoria chiusa sia nullo. In tal caso, il potenziale della forza in un punto è proporzionale all'energia potenziale posseduta dall'oggetto in quel punto a causa della presenza della forza. Una forza conservativa è quindi una funzione che dipende soltanto dalla posizione. La forza peso e la forza elastica sono due esempi di forze conservative. Un sistema dinamico su cui agiscono solo forze conservative è detto sistema conservativo. Definizione Una forza è conservativa se il lavoro che compie lungo una qualsiasi traiettoria chiusa finita è nullo: Per il teorema del rotore, su qualsiasi superficie delimitata dalla curva si ha: da cui si ottiene l'espressione in forma locale: Per il lemma di Poincaré, il rotore è nullo se e solo se il proprio argomento è esprimibile come un gradiente, ovvero: e quindi una forza è conservativa se e solo se esiste un potenziale scalare di cui è il gradiente. L'opposto della variazione di durante un tragitto da un punto 1 di coordinate: , al punto 2 di coordinate è pari al lavoro compiuto dalla forza in tale percorso, che in accordo con il teorema fondamentale del calcolo integrale è indipendente dal percorso seguito: Bibliografia Voci correlate Campo vettoriale conservativo Energia potenziale Forza dissipativa Integrale primo Lavoro (fisica) Lemma di Poincaré Teorema di Kelvin Collegamenti esterni Forza
Mabesekwa è un villaggio del Botswana situato nel distretto Centrale, sottodistretto di Tutume. Il villaggio, secondo il censimento del 2011, conta 1.528 abitanti. Località Nel territorio del villaggio sono presenti le seguenti 34 località: Bolelakgomo di 8 abitanti, Bonwakgama di 9 abitanti, Bonwanotshe di 82 abitanti, Bonwaphofu di 3 abitanti, Bonwatholo di 12 abitanti, Bonwatshepe di 8 abitanti, C.Jeppee di 11 abitanti, Chenkane di 28 abitanti, Dihudi di 24 abitanti, Dzalela di 3 abitanti, Jwaagore di 8 abitanti, Jwaagoree/ Tholotsane Vet Ga di 8 abitanti, Katsejenaa di 15 abitanti, Kenkgang di 37 abitanti, Khurutshaa di 4 abitanti, Lebethu di 27 abitanti, Lebu di 9 abitanti, Lebu di 14 abitanti, Lekoba di 250 abitanti, Lekopswe di 34 abitanti, Makweetane di 37 abitanti, Monaiwa di 15 abitanti, Mqhelekwane di 7 abitanti, Nakalaphofu di 24 abitanti, Nyonyobe di 71 abitanti, Patisamarago di 25 abitanti, Pretoria di 11 abitanti, Sankwana di 12 abitanti, Sekulwane di 12 abitanti, Shobojenaa, Sophia di 8 abitanti, Takutshe di 73 abitanti, Tshababatshi di 3 abitanti, Xhoojenaa Vet Gate di 3 abitanti Bibliografia 2011 Census Alphabetical Index of Districts del Central Statistics Office del Botswana 2011 Census Alphabetical Index of Villages del Central Statistics Office del Botswana 2011 Census Alphabetical Index of Localities del Central Statistics Office del Botswana Voci correlate Suddivisioni del Botswana Distretti del Botswana Sottodistretti del Botswana Collegamenti esterni Villaggi del Botswana