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DIRETTIVA 2007/45/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 5 settembre 2007 che reca disposizioni sulle quantità nominali dei prodotti preconfezionati, abroga le direttive 75/106/CEE e 80/232/CEE del Consiglio e modifica la direttiva 76/211/CEE del Consiglio IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 95, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) La direttiva 75/106/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1974, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al precondizionamento in volume di alcuni liquidi in imballaggi preconfezionati (3), e la direttiva 80/232/CEE del Consiglio, del 15 gennaio 1980, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle gamme di quantità nominali e capacità nominali ammesse per taluni prodotti in imballaggi preconfezionati (4), hanno stabilito quantità nominali per una serie di prodotti liquidi e non liquidi in imballaggi preconfezionati, allo scopo di garantire la libera circolazione dei prodotti che soddisfano i requisiti di dette direttive. Per la maggior parte dei prodotti è consentita la coesistenza di quantità nominali nazionali e di quantità nominali comunitarie. Per alcuni prodotti, tuttavia, sono stabilite quantità nominali comunitarie che escludono qualsiasi quantità nominale nazionale. (2) L’evoluzione delle preferenze dei consumatori e l’innovazione nel settore del preconfezionamento e della vendita al dettaglio a livello comunitario e nazionale hanno reso necessario valutare l’adeguatezza della legislazione in vigore. (3) La Corte di giustizia ha sostenuto nella sentenza del 12 ottobre 2000, nella causa C-3/99 Cidrerie-Ruwet (5), che gli Stati membri non sono autorizzati a vietare lo smercio di un imballaggio preconfezionato di volume nominale non compreso nella gamma comunitaria, legalmente fabbricato e immesso in commercio in un altro Stato membro, salvo il caso che tale divieto sia diretto a soddisfare un’esigenza imperativa attinente alla tutela dei consumatori, sia indistintamente applicabile ai prodotti nazionali ed ai prodotti di importazione, sia necessario per soddisfare tale esigenza imperativa e proporzionato all’obiettivo perseguito, e tale obiettivo non possa essere raggiunto con provvedimenti che ostacolino in misura minore gli scambi comunitari. (4) La tutela dei consumatori è facilitata dalla legislazione adottata in seguito alle direttive 75/106/CEE e 80/232/CEE, in particolare la direttiva 98/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori (6). Gli Stati membri che non abbiano ancora provveduto dovrebbero valutare se applicare la direttiva 98/6/CE a certe piccole imprese al dettaglio. (5) Una valutazione d’impatto, comprendente un’ampia consultazione di tutte le parti interessate, ha indicato che in svariati settori le quantità nominali libere aumentano la libertà dei produttori di fornire merci rispondenti ai gusti dei consumatori e stimolano la concorrenza in termini di qualità e prezzo nel mercato interno. In altri settori, tuttavia, è più appropriato, nell’interesse dei consumatori e dell’industria, conservare per il momento quantità nominali obbligatorie. (6) L’attuazione della presente direttiva dovrebbe essere accompagnata da una maggiore informazione destinata ai consumatori e all’industria per aumentare la comprensione del prezzo per unità di misura. (7) Le quantità nominali, pertanto, non dovrebbero in linea di massima essere regolamentate a livello comunitario o nazionale e dovrebbe essere possibile commercializzare merci in imballaggi preconfezionati in qualsiasi quantità nominale. (8) Tuttavia, in taluni settori tale deregolamentazione potrebbe tradursi in costi supplementari sproporzionatamente elevati, in particolare per le piccole e medie imprese. Per questi settori si dovrebbe quindi adeguare la legislazione comunitaria vigente alla luce dell’esperienza acquisita, in particolare per garantire che vengano fissate quantità nominali comunitarie almeno per i prodotti più venduti ai consumatori. (9) Poiché il mantenimento delle quantità nominali obbligatorie andrebbe considerato una deroga, tranne che nel settore dei vini e delle sostanze alcoliche, che presenta caratteristiche specifiche, dovrebbe essere rivalutato periodicamente alla luce dell’esperienza acquisita e per rispondere alle esigenze dei consumatori e dei produttori. Per i settori nei quali le quantità nominali obbligatorie possono essere mantenute, qualora la Commissione constati una perturbazione del mercato o una destabilizzazione del comportamento dei consumatori, in particolare di quelli più vulnerabili, essa dovrebbe valutare se gli Stati membri dovrebbero essere autorizzati a mantenere periodi transitori e a mantenere in particolare i formati della gamma obbligatoria di maggior consumo. (10) Negli Stati membri in cui il pane preconfezionato costituisce gran parte del normale consumo, vi è una forte correlazione tra la dimensione degli imballaggi e il peso del pane. Come per altri prodotti preconfezionati, le dimensioni degli imballaggi attualmente vigenti non sono interessate dalla presente direttiva e possono continuare ad essere utilizzate. (11) Per favorire la trasparenza, tutte le quantità nominali per i prodotti in imballaggi preconfezionati dovrebbero figurare in un unico atto legislativo e, di conseguenza, le direttive 75/106/CEE e 80/232/CEE dovrebbero essere abrogate. (12) Per migliorare la tutela dei consumatori, in particolare dei consumatori vulnerabili, quali gli anziani e i disabili, dovrebbe essere prestata particolare attenzione ad una maggiore leggibilità e visibilità delle indicazioni riguardanti peso e volume sulle etichette dei prodotti preconfezionati in condizioni di presentazione normali. (13) Per taluni prodotti liquidi, la direttiva 75/106/CEE stabilisce requisiti metrologici identici a quelli di cui alla direttiva 76/211/CEE del Consiglio, del 20 gennaio 1976, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al precondizionamento in massa o in volume di alcuni prodotti in imballaggi preconfezionati (7). La direttiva 76/211/CEE dovrebbe essere pertanto modificata per includere nel proprio ambito d’applicazione i prodotti attualmente disciplinati dalla direttiva 75/106/CEE. (14) Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (8), gli Stati membri sono incoraggiati a elaborare, per il loro territorio e nell’interesse della Comunità, proprie tabelle che presentano, nella misura del possibile, la concordanza tra la presente direttiva e le misure di recepimento, e a renderle pubbliche. (15) Poiché gli obiettivi della presente direttiva non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa della soppressione delle gamme comunitarie e dell’introduzione di quantità nominali comunitarie uniformi, laddove necessario, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Oggetto e ambito d’applicazione 1. La presente direttiva stabilisce norme relative alle quantità nominali dei prodotti in imballaggi preconfezionati. Si applica ai prodotti preconfezionati e agli imballaggi preconfezionati, di cui all’articolo 2 della direttiva 76/211/CEE. 2. La presente direttiva non si applica ai prodotti elencati nell’allegato che sono venduti in negozi esenti da tassazione per essere consumati al di fuori dell’Unione europea. Articolo 2 Libera circolazione delle merci 1. Fatto salvo quanto diversamente disposto dagli articoli 3 e 4, gli Stati membri non possono, per motivi attinenti alle quantità nominali degli imballaggi, rifiutare, vietare o limitare la commercializzazione dei prodotti in imballaggi preconfezionati. 2. Nel rispetto dei principi enunciati nel trattato, in particolare quelli relativi alla libera circolazione delle merci, gli Stati membri che attualmente prescrivono quantità nominali obbligatorie per il latte, il burro, la pasta secca e il caffè possono continuare a farlo fino all’11 ottobre 2012. Gli Stati membri che attualmente prescrivono quantità nominali obbligatorie per lo zucchero bianco possono continuare a farlo fino all’11 ottobre 2013. CAPO II DISPOSIZIONI PARTICOLARI Articolo 3 Commercializzazione e libera circolazione di taluni prodotti Gli Stati membri provvedono affinché i prodotti elencati nell’allegato, punto 2, e presentati in imballaggi preconfezionati negli intervalli elencati nell’allegato, punto 1, siano commercializzati solo se preconfezionati in imballaggi nelle quantità nominali elencate all’allegato, punto 1. Articolo 4 Generatori di aerosol 1. I generatori di aerosol recano un’indicazione della capacità nominale totale del loro contenitore. Tale indicazione è fatta in modo da evitare confusione con il volume nominale del loro contenuto. 2. In deroga all’articolo 8, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 75/324/CEE del Consiglio, del 20 maggio 1975, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli aerosol (9), possono non recare l’indicazione della quantità nominale espressa in massa del loro contenuto. Articolo 5 Imballaggi multipli e imballaggi preconfezionati costituiti da imballaggi singoli non destinati ad essere venduti singolarmente 1. Ai fini dell’articolo 3, qualora due o più imballaggi preconfezionati singoli costituiscano un imballaggio multiplo, le quantità nominali elencate nell’allegato, punto 1, si applicano a ciascun imballaggio preconfezionato singolo. 2. Qualora un imballaggio preconfezionato sia costituito da due o più imballaggi singoli non destinati ad essere venduti singolarmente, le quantità nominali elencate nell’allegato, punto 1, si applicano all’imballaggio preconfezionato. CAPO III ABROGAZIONI, MODIFICHE E DISPOSIZIONI FINALI Articolo 6 Abrogazioni Le direttive 75/106/CEE e 80/232/CEE sono abrogate. Articolo 7 Modifica della direttiva 76/211/CEE Nell’articolo 1 della direttiva 76/211/CEE i termini «non contemplati dalla direttiva 75/106/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1974, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al precondizionamento in volume di alcuni liquidi in imballaggi preconfezionati, e» sono soppressi. Articolo 8 Recepimento 1. Entro l’11 ottobre 2008 gli Stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Essi applicano tali disposizioni a decorrere dall’11 aprile 2009. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 9 Relazioni, comunicazione di deroghe e sorveglianza 1. La Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo, entro l’11 ottobre 2015 e successivamente ogni dieci anni, una relazione sull’applicazione e sugli effetti della presente direttiva. Se necessario, tali relazioni sono corredate di una proposta di revisione della presente direttiva. 2. Entro l’11 aprile 2009 gli Stati membri di cui all’articolo 2, paragrafo 2, comunicano alla Commissione i settori oggetto della deroga di cui al suddetto paragrafo, nonché il periodo di tale deroga, le gamme dei valori delle quantità nominali obbligatorie applicate ed i relativi intervalli. 3. La Commissione sorveglia l’applicazione dell’articolo 2, paragrafo 2, in base alle proprie constatazioni ed alle relazioni degli Stati membri interessati. In particolare, la Commissione analizza gli sviluppi di mercato dopo la trasposizione e, alla luce dei risultati di tale analisi, valuta se adottare misure di applicazione della direttiva, mantenendo le quantità nominali obbligatorie per i beni di cui all’articolo 2, paragrafo 2. Articolo 10 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Gli articoli 2, 6 e 7 si applicano a decorrere dall’11 aprile 2009. Articolo 11 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 5 settembre 2007. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente M. LOBO ANTUNES (1) GU C 255 del 14.10.2005, pag. 36. (2) Parere del Parlamento europeo del 2 febbraio 2006 (GU C 288 E del 25.11.2006, pag. 52), posizione comune del Consiglio del 4 dicembre 2006 (GU C 311 E del 19.12.2006, pag. 21), posizione del Parlamento europeo del 10 maggio 2007 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 16 luglio 2007. (3) GU L 42 del 15.2.1975, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dall’atto di adesione del 2003. (4) GU L 51 del 25.2.1980, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 87/356/CEE (GU L 192 dell’11.7.1987, pag. 48). (5) Raccolta 2000, pag. I-8749. (6) GU L 80 del 18.3.1998, pag. 27. (7) GU L 46 del 21.2.1976, pag. 1. Direttiva modificata dalla direttiva 78/891/CEE della Commissione (GU L 311 del 4.11.1978, pag. 21). (8) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1. (9) GU L 147 del 9.6.1975, pag. 40. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 807/2003 (GU L 122 del 16.5.2003, pag. 36). ALLEGATO GAMME DEI VALORI DELLE QUANTITÀ NOMINALI DEL CONTENUTO DEGLI IMBALLAGGI PRECONFEZIONATI 1. Prodotti venduti a volume (valore in ml) Vino tranquillo Nell’intervallo tra 100 ml e 1 500 ml, solo gli 8 valori seguenti: ml: 100 — 187 — 250 — 375 — 500 — 750 — 1 000 — 1 500 Vino giallo Nell’intervallo tra 100 ml e 1 500 ml, solo il valore seguente: ml: 620 Vino spumante Nell’intervallo tra 125 ml e 1 500 ml, solo i 5 valori seguenti: ml: 125 — 200 — 375 — 750 — 1 500 Vino liquoroso Nell’intervallo tra 100 ml e 1 500 ml, solo i 7 valori seguenti: ml: 100 — 200 — 375 — 500 — 750 — 1 000 — 1 500 Vino aromatizzato Nell’intervallo tra 100 ml e 1 500 ml, solo i 7 valori seguenti: ml: 100 — 200 — 375 — 500 — 750 — 1 000 — 1 500 Bevande spiritose Nell’intervallo tra 100 ml e 2 000 ml, solo i 9 valori seguenti: ml: 100 — 200 — 350 — 500 — 700 — 1 000 — 1 500 — 1 750 — 2 000 2. Definizioni dei prodotti Vino tranquillo Vino di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera b), del regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo (1) (codice NC ex 2204). Vino giallo Vino di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera b), del regolamento (CE) n. 1493/1999 (codice NC ex 2204) con denominazione d’origine «Côtes du Jura», «Arbois», «L'Etoile» e «Château-Chalon», in bottiglie di cui all’allegato I, punto 3, del regolamento (CE) n. 753/2002 della Commissione, del 29 aprile 2002, che fissa talune modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio per quanto riguarda la designazione, la denominazione, la presentazione e la protezione di taluni prodotti vitivinicoli (2). Vino spumante Vino di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera b), e all’allegato I, punti 15, 16, 17 e 18, del regolamento (CE) n. 1493/1999 (codice NC 2204 10). Vino liquoroso Vino di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera b), e all’allegato I, punto 14, del regolamento (CE) n. 1493/1999 (codici NC 2204 21 — 2204 29). Vino aromatizzato Vino aromatizzato di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (CEE) n. 1601/91 del Consiglio, del 10 giugno 1991, che stabilisce le regole generali relative alla definizione, alla designazione e alla presentazione dei vini aromatizzati, delle bevande aromatizzate a base di vino e dei cocktail aromatizzati di prodotti vitivinicoli (3) (codice NC 2205). Bevande spiritose Bevande spiritose di cui all’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 1576/89 del Consiglio, del 29 maggio 1989, che stabilisce le regole generali relative alla definizione, alla designazione e alla presentazione delle bevande spiritose (4) (codice NC 2208). (1) GU L 179 del 14.7.1999, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1791/2006 (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 1). (2) GU L 118 del 4.5.2002, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 382/2007 (GU L 95 del 5.4.2007, pag. 12). (3) GU L 149 del 14.6.1991, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dall’atto di adesione del 2005. (4) GU L 160 del 12.6.1989, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dall’atto di adesione del 2005.
Deregolamentazione dei formati degli imballaggi QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Stabilisce norme sulle quantità nominali dei prodotti che sono stati preimballati* per agevolare il loro accesso ai mercati nei vari Stati membri dell’Unione europea. Liberalizza i formati degli imballaggi per la maggior parte dei settori alimentari e delle bevande. Mantiene obbligatorie unicamente le quantità nominali per un numero molto limitato di merci, principalmente per i vini e le sostanze alcoliche. PUNTI CHIAVE I paesi dell’Unione europea (Unione) non possono rifiutare o limitare la circolazione di prodotti preimballati e prodotti preconfezionati all’interno del mercato unico dell’Unione. Sono stati aboliti i formati nazionali per i prodotti. Casi particolari I vini e le sostanze alcoliche che sono presentate preimballate, devono rispettare la gamma dei valori delle quantità nominali prescritte dall’allegato alla direttiva per la commercializzazione. (La presente direttiva non si applica ai prodotti che sono venduti nei negozi esenti da tassazione («duty-free shop») per essere consumati al di fuori del mercato europeo o se la confezione contiene meno di 5 g o 5 ml o più di 10 kg o 10 l). I generatori di aerosol recano un’indicazione della capacità nominale totale del loro contenitore oltre all’indicazione del volume nominale del contenuto. L’indicazione del peso nominale del contenuto è facoltativa. A PARTIRE DA QUANDO È IN VIGORE LA DIRETTIVA? Doveva essere recepita negli Stati membri entro l’11 ottobre 2008 e le norme della direttiva avrebbero dovuto essere applicate entro l’11 aprile 2009. La direttiva 2007/45/CE ha abrogato le direttive 75/106/CEE sul precondizionamento di taluni liquidi e la direttiva 80/232/CEE sulle gamme di quantità e le capacità nominali ammesse per taluni prodotti. CONTESTO Per maggiori informazioni, si veda:Preimballaggio (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Prodotto preimballato: un prodotto è preimballato allorquando viene posto in un imballaggio di qualsiasi natura, non in presenza del compratore, in maniera tale che la quantità del prodotto contenuta nell’imballaggio abbia un valore scelto in precedenza e non possa essere modificato senza aprire l’imballaggio o modificarlo in maniera riscontrabile. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2007/45/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che reca disposizioni sulle quantità nominali dei prodotti preconfezionati, abroga le direttive 75/106/CEE e 80/232/CEE del Consiglio e modifica la direttiva 76/211/CEE del Consiglio (GU L 247 del 21.9.2007, pag. 17). Le modifiche e le correzioni successive alla direttiva 2007/45/CE sono state integrate nel testo di base. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 76/211/CEE del Consiglio, del 20 gennaio 1976, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al precondizionamento in massa o in volume di alcuni prodotti in imballaggi preconfezionati (GU L 46 del 21.2.1976, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
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DECISIONE QUADRO 2008/841/GAI DEL CONSIGLIO del 24 ottobre 2008 relativa alla lotta contro la criminalità organizzata IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce l’Unione europea, in particolare l’articolo 29, l’articolo 31, paragrafo 1, lettera e), e l’articolo 34, paragrafo 2, lettera b), vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) L’obiettivo del programma dell’Aia è di migliorare le capacità comuni dell’Unione e dei suoi Stati membri al fine, segnatamente, di lottare contro la criminalità organizzata transnazionale. Tale obiettivo deve essere perseguito in particolare mediante il ravvicinamento delle legislazioni. La pericolosità e la proliferazione delle organizzazioni criminali richiedono una risposta efficace che corrisponda alle aspettative dei cittadini e alle esigenze degli Stati membri e che avvenga mediante il potenziamento della cooperazione tra gli Stati membri dell’Unione europea. In tale prospettiva, il punto 14 delle conclusioni del Consiglio europeo di Bruxelles del 4 e 5 novembre 2004 afferma che i cittadini dell’Europa si aspettano che l’Unione europea, pur garantendo il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, adotti una strategia comune più efficace per far fronte a problemi transnazionali come la criminalità organizzata. (2) Nella comunicazione del 29 marzo 2004 relativa a talune azioni da intraprendere nel settore della lotta contro il terrorismo e altre forme gravi di criminalità, la Commissione ha affermato che il dispositivo di lotta contro la criminalità organizzata all’interno dell’Unione europea doveva essere consolidato e ha manifestato l’intenzione di elaborare una decisione quadro volta a sostituire l’azione comune 98/733/GAI del 21 dicembre 1998 relativa alla punibilità della partecipazione a un’organizzazione criminale negli Stati membri dell’Unione europea (2). (3) Ai sensi del punto 3.3.2 del programma dell’Aia, il ravvicinamento del diritto penale sostanziale ha l’obiettivo di agevolare il reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie e delle sentenze e la cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale e riguarda aree di criminalità particolarmente grave con dimensioni transfrontaliere e occorre dare priorità a quei settori della criminalità che sono specificamente citati nei trattati. La definizione dei reati relativi alla partecipazione a un’organizzazione criminale dovrebbe quindi essere armonizzata negli Stati membri. La presente decisione quadro dovrebbe pertanto comprendere i reati solitamente commessi nell’ambito di un’organizzazione criminale. Dovrebbe inoltre prevedere pene corrispondenti alla gravità di tali reati nei confronti delle persone fisiche e giuridiche che li hanno commessi o ne sono responsabili. (4) Gli obblighi derivanti dall’articolo 2, lettera a), non dovrebbero pregiudicare la libertà degli Stati membri di classificare altri gruppi di persone come organizzazioni criminali, per esempio gruppi con una finalità diversa da quella di ottenere un vantaggio finanziario o un altro vantaggio materiale. (5) Gli obblighi derivanti dall’articolo 2, lettera a), non dovrebbero pregiudicare la libertà degli Stati membri di interpretare l’espressione «attività criminali» in modo che indichi l’esecuzione di atti materiali. (6) L’Unione europea dovrebbe basarsi sul considerevole lavoro svolto dalle organizzazioni internazionali, in particolare la convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale (la «convenzione di Palermo»), conclusa, a nome della Comunità europea, con la decisione 2004/579/CE del Consiglio (3). (7) Poiché gli obiettivi della presente decisione quadro non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni dell’intervento, essere realizzati meglio a livello di Unione, l’Unione può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato che istituisce la Comunità europea, come applicato dal secondo comma dell’articolo 2 del trattato sull’Unione europea. La presente decisione quadro si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità. (8) La presente decisione quadro rispetta i diritti e i principi fondamentali riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare gli articoli 6 e 49. Nella presente decisione quadro nulla è inteso a ridurre o restringere le norme nazionali in materia di diritti o libertà fondamentali quali il giusto processo, il diritto di sciopero, le libertà di riunione, di associazione, di stampa o di espressione, compreso il diritto di fondare un sindacato insieme con altre persone ovvero di affiliarsi ad un sindacato per difendere i propri interessi, e il conseguente diritto a manifestare. (9) L’azione comune 98/733/GAI andrebbe pertanto abrogata, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE QUADRO: Articolo 1 Definizioni Ai fini della presente decisione quadro: 1) per «organizzazione criminale» si intende un’associazione strutturata di più di due persone, stabilita da tempo, che agisce in modo concertato allo scopo di commettere reati punibili con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà non inferiore a quattro anni o con una pena più grave per ricavarne, direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o un altro vantaggio materiale; 2) per «associazione strutturata» si intende un’associazione che non si è costituita fortuitamente per la commissione estemporanea di un reato e che non deve necessariamente prevedere ruoli formalmente definiti per i suoi membri, continuità nella composizione o una struttura articolata. Articolo 2 Reati relativi alla partecipazione ad un’organizzazione criminale Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per far sì che sia considerato reato uno dei seguenti tipi di comportamento connessi ad un’organizzazione criminale o entrambi: a) il comportamento di una persona che, intenzionalmente ed essendo a conoscenza dello scopo e dell’attività generale dell’organizzazione criminale o dell’intenzione di quest’ultima di commettere i reati in questione, partecipi attivamente alle attività criminali dell’organizzazione, ivi compresi la fornitura di informazioni o mezzi materiali, il reclutamento di nuovi membri nonché qualsiasi forma di finanziamento delle sue attività, essendo inoltre consapevole che la sua partecipazione contribuirà alla realizzazione delle attività criminali di tale organizzazione; b) il comportamento di una persona consistente in un’intesa con una o più altre persone per porre in essere un’attività che, se attuata, comporterebbe la commissione di reati di cui all’articolo 1, anche se la persona in questione non partecipa all’esecuzione materiale dell’attività. Articolo 3 Pene 1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per far sì che: a) il reato di cui all’articolo 2, lettera a), sia passibile di una pena privativa della libertà di durata massima compresa tra due e cinque anni; o b) il reato di cui all’articolo 2, lettera b), sia passibile di una pena privativa della libertà di durata massima pari a quella prevista per il reato a cui è finalizzata l’intesa o compresa tra due e cinque anni. 2. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché il fatto che i reati di cui all’articolo 2, quali determinati da tale Stato membro, siano stati commessi nell’ambito di un’organizzazione criminale possa essere considerato una circostanza aggravante. Articolo 4 Circostanze particolari Ciascuno Stato membro può adottare le misure necessarie per far sì che le pene di cui all’articolo 3 possano essere ridotte o che l’autore del reato possa essere esentato dalla pena se, ad esempio: a) rinuncia alle sue attività criminali; e b) fornisce alle autorità amministrative o giudiziarie informazioni che esse non avrebbero potuto ottenere diversamente e che sono loro utili per: i) prevenire, porre termine o attenuare gli effetti del reato; ii) identificare o consegnare alla giustizia gli altri autori del reato; iii) acquisire elementi di prova; iv) privare l’organizzazione criminale di risorse illecite o dei profitti ricavati dalle sue attività criminali; o v) prevenire la commissione di altri reati di cui all’articolo 2. Articolo 5 Responsabilità delle persone giuridiche 1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili dei reati di cui all’articolo 2 commessi a loro beneficio da qualsiasi persona, che agisca a titolo individuale o in quanto membro di un organo della persona giuridica, la quale detenga una posizione preminente in seno alla persona giuridica stessa, basata: a) sul potere di rappresentanza di detta persona giuridica; b) sul potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica; o c) sull’esercizio di poteri di controllo in seno a tale persona giuridica. 2. Gli Stati membri adottano inoltre le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili qualora la mancata sorveglianza o il mancato controllo da parte di una persona di cui al paragrafo 1 abbia reso possibile la commissione, da parte di una persona soggetta alla sua autorità, di uno dei reati di cui all’articolo 2 a beneficio della persona giuridica. 3. La responsabilità delle persone giuridiche ai sensi dei paragrafi 1 e 2 lascia impregiudicata la possibilità di avviare procedimenti penali contro le persone fisiche che siano autori o complici di uno dei reati di cui all’articolo 2. 4. Ai sensi della presente decisione quadro, per «persona giuridica» s’intende qualsiasi entità dotata di personalità giuridica in forza del diritto applicabile, ad eccezione degli Stati o delle istituzioni pubbliche nell’esercizio dei pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche. Articolo 6 Pene applicabili alle persone giuridiche 1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché la persona giuridica dichiarata responsabile ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, sia passibile di pene effettive, proporzionate e dissuasive, comprendenti sanzioni pecuniarie di natura penale o non penale ed eventualmente altre pene, ad esempio: a) l’esclusione dal godimento di un beneficio o aiuto pubblico; b) il divieto temporaneo o permanente di esercitare attività commerciali; c) l’assoggettamento a sorveglianza giudiziaria; d) lo scioglimento giudiziario; e) la chiusura temporanea o permanente delle sedi che sono state utilizzate per commettere il reato. 2. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché la persona giuridica dichiarata responsabile ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, sia passibile di pene o misure effettive, proporzionate e dissuasive. Articolo 7 Competenza giurisdizionale e coordinamento dell’azione penale 1. Ciascuno Stato membro si adopera per far sì che la propria competenza giurisdizionale copra almeno i casi in cui i reati di cui all’articolo 2: a) sono stati commessi interamente o parzialmente nel suo territorio, indipendentemente dal luogo in cui l’organizzazione criminale è stabilita o esercita le sue attività criminali; b) sono stati commessi da un suo cittadino; oppure c) sono stati commessi a beneficio di una persona giuridica stabilita nel territorio di tale Stato membro. Uno Stato membro può decidere di non applicare o di applicare solo in situazioni o circostanze specifiche le regole di giurisdizione di cui alle lettere b) e c), laddove il reato di cui all’articolo 2 sia commesso al di fuori del suo territorio. 2. Se un reato di cui all’articolo 2 rientra nella giurisdizione di più Stati membri, ciascuno dei quali è legittimato ad esercitare l’azione penale in relazione ai medesimi fatti, gli Stati membri in questione collaborano per stabilire quale di essi perseguirà gli autori del reato al fine di accentrare, se possibile, l’azione penale in un unico Stato membro. A tale scopo gli Stati membri possono avvalersi dell’Eurojust o di qualsiasi altro organo o struttura istituiti in seno all’Unione europea per agevolare la cooperazione tra le rispettive autorità giudiziarie, nonché coordinare le loro azioni. Si tiene conto in particolare dei seguenti fattori: a) lo Stato membro nel cui territorio sono stati commessi i fatti; b) lo Stato membro di cui l’autore del reato ha la nazionalità o nel quale è residente; c) lo Stato membro di origine delle vittime; d) lo Stato membro nel cui territorio è stato trovato l’autore del reato. 3. Uno Stato membro che in base al suo ordinamento giuridico non estrada o non consegna ancora i suoi cittadini adotta le misure necessarie a stabilire la propria competenza giurisdizionale e, laddove opportuno, ad avviare l’azione penale nei confronti del reato di cui all’articolo 2, qualora sia commesso da uno dei suoi cittadini al di fuori del suo territorio. 4. Il presente articolo non esclude l’esercizio della giurisdizione penale secondo quanto previsto da uno Stato membro conformemente al diritto nazionale. Articolo 8 Assenza di obbligo di querela o denuncia della vittima Ciascuno Stato membro si adopera affinché le indagini e le azioni penali relative ai reati di cui all’articolo 2 non dipendano da una querela o denuncia della vittima del reato, almeno per quanto riguarda i fatti commessi nel territorio dello Stato membro stesso. Articolo 9 Abrogazione di disposizioni esistenti L’azione comune 98/733/GAI è abrogata. I riferimenti alla partecipazione a un’organizzazione criminale ai sensi dell’azione comune 98/733/GAI negli atti adottati in applicazione del titolo VI del trattato sull’Unione europea e del trattato che istituisce la Comunità europea si intendono come riferimenti alla partecipazione a un’organizzazione criminale ai sensi della presente decisione quadro. Articolo 10 Attuazione e relazioni 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alla presente decisione quadro entro l’11 maggio 2010. 2. Gli Stati membri trasmettono entro l’11 maggio 2010 al segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo delle disposizioni inerenti al recepimento nella legislazione nazionale degli obblighi imposti dalla presente decisione quadro. Sulla base di una relazione redatta a partire da tali informazioni e di una relazione scritta della Commissione, il Consiglio esamina entro l’11 novembre 2012 in quale misura gli Stati membri si siano conformati alla presente decisione quadro. Articolo 11 Applicazione territoriale La presente decisione quadro si applica a Gibilterra. Articolo 12 Entrata in vigore La presente decisione quadro entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Lussemburgo, addì 24 ottobre 2008. Per il Consiglio La presidente M. ALLIOT-MARIE (1) Parere espresso previa consultazione non obbligatoria (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) GU L 351 del 29.12.1998, pag. 1. (3) GU L 261 del 6.8.2004, pag. 69.
Lotta contro la criminalità organizzata: reati connessi alla partecipazione a un’organizzazione criminale QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE QUADRO? Riguarda la criminalizzazione dei reati connessi alla partecipazione a un’organizzazione criminale. La decisione si prefigge di armonizzare le norme dell’Unione europea (Unione) e dei suoi Stati membri sulla criminalizzazione di tali reati e di stabilire le pene relative a questi.Reati Gli Stati membri devono riconoscere come reato almeno una di queste due tipologie di condotta:1)la partecipazione attiva alle attività criminali di un’organizzazione, con la conoscenza del suo scopo o della sua intenzione di commettere reati; 2)un’intesa sulla commissione di reati, senza necessariamente partecipare all’esecuzione materiale degli stessi.PeneGli Stati membri devono prevedere pene corrispondenti ai reati di cui sopra:per la prima opzione, il requisito è una pena privativa della libertà di almeno due anni per il livello massimo della pena;per la seconda opzione, il requisito è una pena privativa della libertà di durata massima pari a quella prevista per il reato a cui è finalizzata l’intesa o di almeno due anni. Le pene possono essere ridotte in circostanze specifiche, ad esempio se l’autore del reato rinuncia alle sue attività criminali o fornisce alle autorità giudiziarie informazioni utili per identificare o consegnare alla giustizia gli altri autori del reato. Sulla base della decisione quadro, gli Stati membri devono introdurre norme volte a poter dichiarare responsabili le persone giuridiche (come le imprese) per i reati di cui sopra se commessi per loro conto da una persona che detenga una posizione preminente in seno alla persona giuridica stessa. Le pene per le persone giuridiche devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive. Queste dovrebbero includere sanzioni pecuniarie ma possono anche comprendere quanto segue:esclusione dal godimento di un aiuto pubblico;interdizione temporanea o permanente di esercizio di attività commerciali e di accesso alle sedi utilizzate per i reati;assoggettamento a sorveglianza giudiziaria;scioglimento giudiziario o liquidazione di una società.Competenza giurisdizionale e coordinamento dell’azione penaleLa competenza giurisdizionale di uno Stato membro deve estendersi ai reati se commessi, in tutto o in parte, da un suo cittadino o per conto di una persona giuridica stabilita nel territorio di tale Stato membro. Se il reato rientra nella giurisdizione di diversi Stati membri, questi ultimi devono collaborare, per esempio tramite l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale, per stabilire quale Stato membro perseguirà il reato e per accentrare l’azione penale . Particolare attenzione va posta:sul luogo in cui è stato perpetrato il reato;sulla nazionalità o il luogo di residenza dell’autore del reato;sul paese d’origine della vittima;sul territorio in cui è stato trovato l’autore del reato.Reati che ledono gli interessi finanziari dell’UnioneLa direttiva (UE) 2017/1371 stabilisce le norme in materia di reati e sanzioni per la lotta contro la frode e altre attività illecite che ledono gli interessi finanziari dell’Unione (si veda la sintesi). L’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2017/1939 che istituisce la Procura europea (EPPO) (si veda la sintesi), conferisce a questa poteri in merito ai reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione stabiliti nella direttiva (UE) 2017/1371. In conformità dell’articolo 22, paragrafo 2, del medesimo regolamento, l’EPPO è inoltre competente per i reati che riguardano la partecipazione a organizzazioni criminali, come definiti nella decisione quadro 2008/841/GAI, se l’obiettivo dell’attività criminale di tali organizzazioni è quello di commettere reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE QUADRO? Essa è in vigore dall’11 novembre 2008. CONTESTO Sin dagli anni novanta, l’Unione ha adottato una serie di misure per rendere più efficace la lotta contro la criminalità organizzata.1997: l’Unione adotta il primo piano d’azione contro la criminalità organizzata; 1998: l’Unione adotta l’azione comune 98/733/GAI sulla partecipazione a un’organizzazione criminale; 2000: l’Assemblea generale delle Nazioni Unite adotta la Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, il primo strumento giuridico globale per la lotta contro la criminalità organizzata transnazionale (entrato in vigore nel 2003); 2002: l’Unione adotta la decisione quadro 2002/475/GAI sulla lotta contro il terrorismo (che definisce un «gruppo terrorista» sulla base della definizione di «organizzazione criminale» nell’azione comune 1998/733/GAI), successivamente abrogata e sostituita dalla direttiva (UE) 2017/541 (si veda la sintesi); 2004: comunicazione della Commissione europea che riconosce la necessità di migliorare le misure di lotta contro la criminalità organizzata; mediante la decisione 2004/579/CE, l’Unione aderisce alla Convenzione delle Nazioni Unite; 2008: l’Unione adotta la decisione quadro 2008/841/GAI che abroga l’azione comune 98/733/GAI e sostituisce l’azione comune 98/733/GAI. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio, del 24 ottobre 2008, relativa alla lotta contro la criminalità organizzata (GU L 300 dell’11.11.2008, pag. 42). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio, del 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea («EPPO») (GU L 283 del 31.10.2017, pag. 1). Le modifiche successive al regolamento (UE) 2017/1939 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale (GU L 198 del 28.7.2017, pag. 29). Direttiva (UE) 2017/541 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2017, sulla lotta contro il terrorismo e che sostituisce la decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio e che modifica la decisione 2005/671/GAI del Consiglio (GU L 88 del 31.3.2017, pag. 6). Si veda la versione consolidata. Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale e relativi protocolli. Decisione 2004/579/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, della convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale (GU L 261 del 6.8.2004, pag. 69).
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REGOLAMENTO DELEGATO (UE) N. 481/2014 DELLA COMMISSIONE del 4 marzo 2014 che integra il regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne le norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, visto il regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni specifiche per il sostegno del Fondo europeo di sviluppo regionale all'obiettivo di cooperazione territoriale europea (1), in particolare l'articolo 18, paragrafo 1, considerando quanto segue: (1) A norma dell'articolo 18, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1299/2013 è necessario stabilire norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione in relazione ai costi del personale, alle spese d'ufficio e amministrative, alle spese di viaggio e soggiorno, ai costi per consulenze e servizi esterni nonché alle spese per attrezzature (di seguito «categorie di spese»). (2) Per consentire flessibilità nell'applicazione delle norme in materia di ammissibilità per i programmi di cooperazione, è opportuno che agli Stati membri che partecipano a un determinato programma di cooperazione sia consentito di decidere che a uno specifico asse prioritario di un dato programma di cooperazione non si applichi una determinata categoria di spese. (3) Si dovrebbe precisare come le norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione fissate dal presente regolamento si inseriscano nel quadro giuridico generale delle norme in materia di ammissibilità applicabili a tutti i fondi SIE, stabilite dagli articoli da 65 a 71 del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (2). (4) Per ciascuna categoria di spese è opportuno stabilire un elenco di vari elementi di spesa. (5) Occorre precisare che, di norma, i regali non sono ammissibili. Dovrebbe tuttavia essere ammissibile la distribuzione di piccoli articoli che attengono ad attività di promozione, comunicazione, pubblicità o informazione. (6) Dovrebbero esseri definiti i diversi elementi dei costi del personale e stabilite allo stesso tempo le norme per il calcolo, la contabilizzazione e il rimborso dei costi del personale in generale e, in particolare, per gli incarichi a tempo parziale o i contratti di servizio sulla base di una tariffa oraria. (7) È opportuno elencare i diversi elementi delle spese d'ufficio e amministrative unitamente alle norme per il calcolo, la contabilizzazione e il rimborso di questi elementi di costo come costi diretti oppure come costi indiretti, in particolare qualora esse siano associate ai tassi forfettari di cui al regolamento (UE) n. 1303/2013. (8) È opportuno elencare i diversi elementi delle spese di viaggio e soggiorno unitamente alle norme per il calcolo, la contabilizzazione e il rimborso indipendentemente dal fatto che tali spese siano sostenute dal beneficiario o direttamente dal suo personale. Dovrebbero altresì essere precisate le condizioni di contabilizzazione delle spese di viaggio e soggiorno qualora siano sostenute al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma di cui all'articolo 20 del regolamento (UE) n. 1299/2013. (9) È opportuno elencare i diversi elementi dei costi per consulenze e servizi esterni. (10) È opportuno elencare i diversi elementi delle spese per attrezzature unitamente alle norme in materia di ammissibilità delle attrezzature di seconda mano, (11) Al fine di consentire l'immediata applicazione delle misure di cui al presente regolamento, è opportuno che il presente regolamento entri in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto e ambito di applicazione 1. Fatte salve le norme in materia di ammissibilità di cui agli articoli da 65 a 71 del regolamento (UE) n. 1303/2013 o stabilite sulla base di tali articoli, il presente regolamento stabilisce norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione in relazione alle seguenti categorie di spese: a) costi del personale; b) spese d'ufficio e amministrative; c) spese di viaggio e soggiorno; d) costi per consulenze e servizi esterni; e e) spese per attrezzature. 2. Gli Stati membri che partecipano al comitato di sorveglianza di un programma di cooperazione possono stabilire di comune accordo la non ammissibilità, nell'ambito di uno o più assi prioritari, delle spese rientranti in una o più categorie tra quelle elencate al paragrafo 1. Articolo 2 Disposizioni generali 1. Le spese ammissibili a norma del presente regolamento, pagate dal beneficiario o per conto del medesimo, riguardano i costi di avvio oppure i costi di avvio e attuazione di un'operazione o di una sua parte. 2. Non sono ammissibili i seguenti costi: a) le ammende, le penali e le spese per controversie legali e di contenzioso; b) i costi dei regali, ad eccezione di quelli di valore unitario non superiore ai 50 EUR ove connessi ad attività di promozione, comunicazione, pubblicità o informazione; c) i costi connessi alle fluttuazioni del tasso di cambio. Articolo 3 Costi del personale 1. Le spese relative ai costi del personale sono date dai costi del lavoro lordi relativi al personale alle dipendenze del beneficiario secondo le seguenti modalità: a) a tempo pieno; b) a tempo parziale con una percentuale fissa del tempo di lavoro mensile; c) a tempo parziale con un numero flessibile di ore di lavoro al mese; oppure d) su base oraria. 2. Le spese relative ai costi del personale si limitano a quanto di seguito elencato: a) spese per retribuzioni, connesse alle attività che l'entità non svolgerebbe se l'operazione in questione non fosse realizzata, stabilite in un contratto di impiego/di lavoro, in una decisione di nomina (di seguito denominati «atto di impiego») o dalla legge e riconducibili alle responsabilità del dipendente interessato precisate nella descrizione delle mansioni; b) ogni altro costo direttamente correlato ai pagamenti delle retribuzioni, che sia sostenuto e pagato dal datore di lavoro, quali imposte sul lavoro e contributi di sicurezza sociale, compresi i contributi pensionistici, secondo quanto previsto dal regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (3), a condizione che tali costi: i) siano stabiliti in un atto di impiego o dalla legge; ii) siano conformi alla legislazione richiamata nell'atto di impiego e alle normali pratiche del paese e/o dell'organizzazione in cui il singolo dipendente espleta effettivamente la sua attività di lavoro; e iii) non siano recuperabili dal datore di lavoro. In relazione alla lettera a), i pagamenti effettuati a favore di persone fisiche che lavorano per il beneficiario in forza di un contratto diverso da un contratto di impiego/di lavoro possono essere assimilati alle spese per retribuzioni e tale contratto può essere equiparato a un atto di impiego. 3. I costi del personale possono essere rimborsati: i) sulla base del costo effettivo (dimostrato dall'atto di impiego e dalle buste paga); oppure ii) sulla base delle opzioni relative ai costi semplificati di cui all'articolo 67, paragrafo 1, lettere da b) a d), del regolamento (UE) n. 1303/2013; oppure iii) su base forfettaria in conformità all'articolo 19 del regolamento (UE) n. 1299/2013. 4. I costi del personale relativi a persone che lavorano con un incarico a tempo parziale nell'ambito dell'operazione sono calcolati come: a) una percentuale fissa del costo del lavoro lordo, corrispondente a una percentuale fissa del tempo di lavoro nell'ambito dell'operazione, senza l'obbligo di istituzione di un sistema separato di registrazione dell'orario di lavoro; oppure b) una quota flessibile del costo del lavoro lordo, corrispondente a un numero mensilmente variabile di ore di lavoro nell'ambito dell'operazione, sulla base di un sistema di registrazione dei tempi che copre il 100 % dell'orario di lavoro del dipendente. 5. Per gli incarichi a tempo parziale di cui al paragrafo 4, lettera a), il datore di lavoro rilascia per ciascun dipendente un documento che stabilisce la percentuale del tempo di lavoro da riservare all'operazione. 6. Per gli incarichi a tempo parziale di cui al paragrafo 4, lettera b), il rimborso dei costi del personale è calcolato sulla base di una tariffa oraria che viene determinata: i) dividendo il costo del lavoro lordo mensile per l'orario di lavoro mensile stabilito nell'atto di impiego, espresso in ore; oppure ii) dividendo il costo del lavoro lordo annuo documentato più recente per 1 720 ore, in conformità all'articolo 68, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1303/2013. La tariffa oraria è moltiplicata per il numero di ore effettivamente lavorate nell'ambito dell'operazione. 7. I costi del personale relativi a persone che, in forza di un atto di impiego, sono occupate su base oraria sono ammissibili procedendo alla moltiplicazione del numero di ore effettivamente lavorate nell'ambito dell'operazione per la tariffa oraria concordata nell'atto di impiego sulla base di un sistema di registrazione dell'orario di lavoro. Articolo 4 Spese d'ufficio e amministrative Le spese d'ufficio e amministrative si limitano ai seguenti elementi: a) canone di locazione degli uffici; b) assicurazioni e imposte relative agli edifici che ospitano il personale e alle attrezzature d'ufficio (ad esempio, assicurazioni incendio, furto); c) consumi per le utenze (ad esempio, elettricità, riscaldamento, acqua); d) forniture per ufficio; e) contabilità generale all'interno dell'organizzazione beneficiaria; f) archivi; g) manutenzione, pulizie e riparazioni; h) sicurezza; i) sistemi informatici; j) comunicazione (ad esempio, telefono, fax, Internet, servizi postali, biglietti da visita); k) spese bancarie di apertura e gestione del conto o dei conti, qualora l'attuazione dell'operazione richieda l'apertura di un conto separato; l) oneri associati alle transazioni finanziarie transnazionali. Articolo 5 Spese di viaggio e soggiorno 1. Le spese relative ai costi di viaggio e di soggiorno si limitano ai seguenti elementi: a) spese di viaggio (ad esempio, biglietti, assicurazioni di viaggio e assicurazione auto, carburante, rimborso auto chilometrico, pedaggi e spese di parcheggio); b) spese di vitto; c) spese di soggiorno; d) spese per i visti; e) indennità giornaliere. 2. Gli elementi elencati al paragrafo 1, lettere da a) a d), che risultino coperti da un'indennità giornaliera non beneficiano di un rimborso aggiuntivo rispetto all'indennità giornaliera. 3. Le spese di viaggio e soggiorno di esperti e prestatori di servizi esterni rientrano nei costi per consulenze e servizi esterni di cui all'articolo 6. 4. Il pagamento diretto delle spese di cui al presente articolo sostenute da parte di un dipendente del beneficiario richiede la dimostrazione del rimborso effettuato dal beneficiario a favore del dipendente in questione. 5. Per le operazioni concernenti assistenza tecnica o attività promozionali e di sviluppo delle capacità, le spese sostenute al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma sono ammissibili se sostenute in conformità all'articolo 20, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1299/2013. 6. L'autorità di gestione può accettare come ammissibili le spese di vitto e soggiorno sostenute presso esercizi situati al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma, se sostenute in conformità all'articolo 20, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1299/2013. La stessa disposizione si applica alle spese di trasporto locali nel luogo di svolgimento di un evento o un'azione al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma. 7. Per quanto riguarda il personale di beneficiari situati al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma, l'autorità di gestione può accettare come ammissibili i costi di cui al paragrafo 1, comprese le spese di viaggio da e per il luogo di svolgimento di un evento o di un'azione all'interno o al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma, se sostenute in conformità all'articolo 20, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1299/2013. 8. Per quanto riguarda il personale di beneficiari situati all'interno della parte dell'Unione nell'area di programma, i costi di cui al paragrafo 1, comprese le spese di viaggio da e per il luogo di svolgimento di un evento o di un'azione all'interno o al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma, sono considerate ammissibili in conformità all'articolo 20, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1299/2013. Articolo 6 Costi per consulenze e servizi esterni Le spese relative ai costi per consulenze e servizi esterni si limitano ai servizi e alle consulenze seguenti forniti da un soggetto di diritto pubblico o privato o da una persona fisica diversi dal beneficiario dell'operazione: a) studi o indagini (ad esempio, valutazioni, strategie, note sintetiche, schemi di progettazione, manuali); b) formazione; c) traduzioni; d) sistemi informatici e creazione, modifiche e aggiornamenti di siti web; e) attività di promozione, comunicazione, pubblicità o informazione collegate a un'operazione o a un programma di cooperazione in quanto tali; f) gestione finanziaria; g) servizi correlati all'organizzazione e attuazione di eventi o riunioni (compresi canoni di locazione, servizi di catering o di interpretazione); h) partecipazione a eventi (ad esempio, quote di iscrizione); i) servizi di consulenza legale e servizi notarili, consulenza tecnica e finanziaria, altri servizi di consulenza e contabili; j) diritti di proprietà intellettuale; k) verifiche di cui all'articolo 125, paragrafo 4, lettera a), del regolamento (UE) n. 1303/2013 e all'articolo 23, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 1299/2013; l) costi di certificazione e di audit a livello del programma, a norma degli articoli 126 e 127 del regolamento (UE) n. 1303/2013; m) garanzie fornite da una banca o da un altro istituto finanziario, ove prescritte dalla normativa nazionale o dell'Unione o da un documento di programmazione adottato dal comitato di sorveglianza; n) spese di viaggio e soggiorno di esperti, oratori, presidenti di riunione e prestatori di servizi esterni; o) altre consulenze e servizi specifici necessari per le operazioni. Articolo 7 Spese per attrezzature 1. Le spese relative al finanziamento dell'acquisto, della locazione o del leasing delle attrezzature da parte del beneficiario dell'operazione, diverse da quelle di cui all'articolo 4, si limitano alle seguenti voci: a) attrezzature per ufficio; b) hardware e software; c) mobilio e accessori; d) apparecchiature di laboratorio; e) strumenti e macchinari; f) attrezzi o dispositivi; g) veicoli; h) altre attrezzature specifiche necessarie per le operazioni. 2. L'acquisto di attrezzature di seconda mano può essere ammissibile alle seguenti condizioni: a) non hanno beneficiato di altra assistenza da parte dei fondi SIE; b) il loro prezzo non è superiore ai costi generalmente accettati sul mercato in questione; c) possiedono le caratteristiche tecniche necessarie per l'operazione e sono conformi alle norme e agli standard applicabili. Articolo 8 Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 4 marzo 2014 Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 259. (2) Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320). (3) Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 166 del 30.4.2004, pag. 1).
Norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione territoriale europea QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione tra i paesi dell’UE, rispetto a specifiche categorie di spesa. PUNTI CHIAVE Cooperazione territoriale europeaQuesto programma è noto più comunemente come Interreg. Rappresenta uno dei due obiettivi della politica di coesione dell’UE 2014-2020 e fornisce un mezzo per attuare le azioni comuni e gli scambi politici tra attori nazionali, regionali e locali provenienti da diversi paesi dell’UE. Si propone di promuovere la coesione economica, sociale e territoriale armonica dell’UE nel suo complesso. È costruito attorno a tre filoni di cooperazione:transfrontaliera (Interreg A): affronta sfide comuni individuate congiuntamente nelle regioni di confine;transnazionale (Interreg B): sostiene un’ampia gamma di investimenti di progetto correlati a innovazione, ambiente, accessibilità, telecomunicazioni, sviluppo urbano, ecc.;interregionale (Interreg C): fornisce un mezzo per scambiare esperienze tra organismi regionali e locali in diversi paesi. Per agevolare la cooperazione tra questi tre filoni, nel 2007 furono istituiti i gruppi europei di cooperazione territoriale ai sensi del regolamento (CE) n. 1082/2006. Il finanziamento è offerto dal Fondo europeo di sviluppo regionale, parte dei Fondi strutturali e d’investimento europei. Categorie di spesa Il regolamento stabilisce norme per le seguenti categoria di spesa:spese per il personale; spese di funzionamento e d’ufficio; spese di viaggio e alloggio; spese per collaborazioni esterne e di servizio; spese di attrezzatura. Spese ammissibiliLe spese ammissibili devono riguardare i costi di avvio oppure di avvio e attuazione di un’operazione o di parte di un’operazione. Le seguenti tipologie di spesa non sono ammissibili:multe, sanzioni pecuniarie e spese relative a controversie legali e contenziosi;regali, salvo quelli che non eccedono i 50 € per regalo se relativi a promozioni, comunicazioni, pubblicità o informazioni;spese legate alle fluttuazioni dei tassi di cambio. A PARTIRE DA QUANDO VIENE APPLICATO IL REGOLAMENTO? Esso è in vigore dal 14 maggio 2014. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Cooperazione tra regioni e paesi (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento delegato (UE) n. 481/2014 della Commissione, del 4 marzo 2014, che integra il regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne le norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione (GU L 138 del 13.5.2014, pag. 45). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320). I successivi emendamenti e le correzioni al presente regolamento sono stati inclusi nel documento originale. Questa versione consolidata ha unicamente un valore documentale. Regolamento (CE) n. 1082/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, relativo a un gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT) (GU L 210 del 31.7.2006, pag. 19). Consultare la versione consolidata.
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Accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea Gazzetta ufficiale n. L 121 del 13/05/1997 pag. 0014 - 0018 ACCORDO di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di CoreaLa COMUNITÀ EUROPEA e la REPUBBLICA DI COREA (in appresso denominate «parti contraenti»),VISTA l'importanza dei legami commerciali tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea e desiderose di contribuire, a vantaggio di entrambe, all'armonioso sviluppo di detti legami;TENENDO CONTO dello sviluppo della cooperazione doganale tra le parti contraenti per quanto riguarda le procedure doganali;CONSIDERANDO che le operazioni che violano la legislazione doganale ledono agli interessi economici, fiscali e commerciali di entrambe le parti contraenti e riconoscendo l'importanza di valutare in modo accurato i dazi doganali e gli altri oneri;PERSUASE che la cooperazione tra le loro autorità doganali renderà più efficaci gli interventi contro tali operazioni;VISTI gli obblighi imposti dalle convenzioni internazionali cui le parti contraenti hanno già aderito e la raccomandazione del consiglio di cooperazione doganale del 5 dicembre 1953 sull'assistenza amministrativa reciproca,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente accordo valgono le seguenti definizioni:a) «legislazione doganale»: le disposizioni adottate dalla Comunità europea o dalla Repubblica di Corea che disciplinano l'importazione, l'esportazione e il transito delle merci nonché qualsiasi altra procedura doganale, comprese le misure di divieto, restrizione e controllo;b) «autorità doganale»: nella Comunità europea, i servizi competenti della Commissione delle Comunità europee e le autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea e nella Repubblica di Corea il servizio doganale coreano;c) «autorità doganale richiedente»: l'autorità doganale competente di una parte contraente che presenta una domanda di assistenza in materia doganale;d) «autorità doganale interpellata»: l'autorità doganale competente di una parte contraente che riceve una domanda di assistenza in materia doganale;e) «dati personali»: tutte le informazioni relative ad una persona fisica identificata o identificabile;f) «operazione che viola la legislazione doganale»: tutte le violazioni o i tentativi di violazione della legislazione doganale.Articolo 2 Obblighi imposti dalle convenzioni internazionali Le disposizioni del presente accordo non pregiudicano gli obblighi imposti dalle convenzioni internazionali cui hanno aderito le parti contraenti del presente accordo.TITOLO II COOPERAZIONE DOGANALE Articolo 3 Portata della cooperazione doganale 1. In base alle disposizioni del presente accordo, le parti contraenti si adoperano, attraverso le rispettive autorità doganali, al fine di:a) collaborare per la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione, nei limiti delle risorse disponibili, di nuove procedure doganali, la formazione e gli scambi del personale e le altre questioni che possano richiedere un'azione congiunta;b) semplificare, armonizzare e computerizzare le procedure doganali, tenendo conto dei lavori svolti delle organizzazioni internazionali in questo settore.2. La cooperazione doganale prevede:a) scambi di dati professionali, scientifici e tecnici relativi alla legislazione doganale;b) scambi di informazioni sulle azioni di assistenza tecnica intraprese insieme ai paesi terzi al fine di migliorarle.TITOLO III ASSISTENZA RECIPROCA Articolo 4 Portata dell'assistenza 1. In base alle disposizioni del presente accordo, le parti contraenti:a) si prestano reciprocamente assistenza per la corretta applicazione della legislazione doganale, in particolare mediante la prevenzione, l'individuazione e l'esame delle violazioni di detta legislazione;b) si prestano reciprocamente assistenza fornendo, su richiesta, le informazioni necessarie per amministrare e far applicare la legislazione doganale.2. L'assistenza in materia doganale prevista dal presente accordo non pregiudica le norme che disciplinano l'assistenza reciproca in materia penale né copre le informazioni ottenute grazie a poteri esercitati su richiesta dell'autorità giudiziaria salvo accordo di detta autorità.3. L'assistenza prevede altresì:a) scambi di informazioni e di esperienze sull'uso del divieto e delle apparecchiature di rilevamento;b) tecniche applicative, in particolare strumenti tecnici, che potrebbero rivelarsi utili per eliminare le violazioni della legislazione doganale;c) osservazioni e conclusioni derivanti dall'uso delle nuove tecniche applicative.Articolo 5 Assistenza su richiesta 1. Su domanda dell'autorità doganale richiedente, l'autorità doganale interpellata le fornisce tutte le informazioni pertinenti per garantire la corretta applicazione della legislazione doganale, comprese le informazioni riguardanti le operazioni registrate o programmate che violino o possano violare detta legislazione.2. Su domanda dell'autorità doganale richiedente, l'autorità doganale interpellata le comunica se le merci esportate dal territorio di una delle parti contraenti sono state correttamente importate nel territorio dell'altra parte contraente precisando, se del caso, la procedura doganale applicata alle merci.3. Su domanda dell'autorità doganale richiedente, l'autorità doganale interpellata prende le misure necessarie per garantire che siano tenute sotto controllo:a) le persone fisiche o giuridiche in merito alle quali sussistano fondati motivi di ritenere che violino o abbiano violato la legislazione doganale;b) i luoghi dove le merci sono immagazzinate in modo da fare legittimamente supporre che siano destinate ad operazioni contrarie alla legislazione doganale;c) i movimenti di merci per i quali sia stata segnalata la possibilità che diano luogo a infrazioni della legislazione doganale;d) i mezzi di trasporto per i quali vi sono fondati motivi di ritenere che siano stati, siano ovvero possano essere utilizzati per violare la legislazione doganale.Articolo 6 Assistenza spontanea Le parti contraenti si prestano assistenza reciproca, secondo le rispettive leggi, norme e altri strumenti giuridici e qualora lo considerino necessario per la corretta applicazione della legislazione doganale, in particolare allorché ricevono informazioni riguardanti:a) operazioni per le quali sia stata violata, si violi o si possa violare tale legislazione e che possano interessare l'altra parte contraente;b) nuovi mezzi o metodi utilizzati per effettuare dette operazioni;c) merci note per essere soggette a operazioni che violano la legislazione doganale.Articolo 7 Consegna/Notifica Su domanda dell'autorità doganale richiedente, l'autorità doganale interpellata adotta, secondo la propria legislazione, tutte le misure necessarie per- consegnare tutti i documenti e- notificare tutte le decisioniche rientrano nel campo di applicazione del presente accordo ad un destinatario, residente o stabilito sul suo territorio. In tal caso, si applicano le disposizioni dell'articolo 8, paragrafo 3.Articolo 8 Forma e contenuto delle domande di assistenza 1. Le domande eseguite a norma del presente accordo sono presentate per iscritto. Ad esse vengono allegati i documenti necessari al loro espletamento. Qualora l'urgenza della situazione lo richieda, possono essere accettate domande orali le quali, tuttavia, devono essere immediatamente confermate per iscritto.2. Le domande presentate a norma del paragrafo 1 del presente articolo devono contenere le seguenti informazioni:a) l'autorità doganale richiedente che presenta la domanda;b) la misura richiesta;c) l'oggetto e il motivo della domanda;d) le leggi, le norme e gli altri elementi giuridici in questione;e) ragguagli il più possibile esatti ed esaurienti sulle persone fisiche o giuridiche oggetto d'indagine;f) una sintesi dei fatti e delle indagini già svolte, salvo per i casi di cui all'articolo 7.3. Le domande sono presentate in una delle lingue ufficiali dell'autorità doganale interpellata o in una lingua concordata con detta autorità.4. Se la domanda non risponde ai requisiti formali stabiliti può esserne richiesta la correzione o il completamento; tuttavia possono essere disposte misure cautelative.Articolo 9 Accoglimento delle domande 1. Per soddisfare le domande di assistenza l'autorità doganale interpellata procede, in collaborazione con gli altri servizi amministrativi se non può agire direttamente, nell'ambito delle sue competenze e delle risorse disponibili, fornendo le informazioni già in suo possesso, svolgendo adeguate indagini o disponendone l'esecuzione.2. Le domande di assistenza sono accolte in osservanza delle leggi, norme e altri strumenti giuridici della parte contraente interpellata.3. I funzionari debitamente autorizzati di una parte contraente possono, d'intesa con l'altra parte contraente e alle condizioni da questa stabilite, ottenere dagli uffici dell'autorità doganale interpellata o di un'altra autorità, della quale l'autorità doganale interpellata è responsabile, le informazioni sulle violazioni della legislazione doganale che occorrono all'autorità doganale richiedente ai fini del presente accordo.4. I funzionari di una parte contraente possono essere presenti, con l'accordo dell'altra parte contraente e alle condizioni da essa stabilite, alle indagini condotte nel territorio di quest'ultima.Articolo 10 Forma in cui devono essere comunicate le informazioni 1. L'autorità doganale interpellata comunica i risultati delle indagini all'autorità doganale richiedente sotto forma di documenti, copie autenticate di documenti, relazioni o nelle altre forme appropriate per l'accoglimento della domanda.2. I documenti di cui al paragrafo 1 possono essere sostituiti da informazioni computerizzate prodotte in qualsiasi forma per gli stessi fini.Articolo 11 Deroghe all'obbligo di fornire assistenza 1. Le parti contraenti possono rifiutarsi, integralmente o in parte, di prestare l'assistenza prevista nel presente accordo qualora ciò possa:a) pregiudicare la sovranità della Repubblica di Corea o di uno Stato membro della Comunità europea cui è stata chiesta assistenza a norma del presente accordo;b) pregiudicare la sovranità, l'ordine pubblico, la sicurezza o altri interessi essenziali, in particolare nei casi di cui all'articolo 12, paragrafo 2;c) riguardare norme valutarie o fiscali, fuori dall'ambito della legislazione doganale, oppured) violare un segreto industriale, commerciale o professionale.2. Qualora l'autorità doganale richiedente solleciti un'assistenza che non sarebbe in grado di fornire se le venisse richiesto dall'autorità doganale dell'altra parte contraente, fa presente tale circostanza nella sua domanda. Spetta quindi all'autorità doganale interpellata decidere come rispondere a detta domanda.3. Prima di rifiutarsi di fornire assistenza, l'autorità doganale interpellata valuta se non sia possibile farlo alle condizioni da essa giudicate necessarie. Se l'autorità doganale richiedente accetta l'assistenza a queste condizioni, essa si impegna a rispettarle.4. Qualora non sia possibile soddisfare una domanda di assistenza, l'autorità doganale richiedente viene avvertita senza indugio e informata dei motivi del rifiuto di assistenza.Articolo 12 Scambi di informazioni e riservatezza 1. Tutte le informazioni comunicate in qualsiasi forma a norma del presente accordo sono di natura riservata o ristretta, a seconda delle norme applicabili in ciascuna delle parti contraenti. Esse sono coperte dal segreto d'ufficio e tutelate dalle rispettive leggi applicabili nel territorio della parte contraente che le ha ricevute e dalle corrispondenti disposizioni cui debbono conformarsi le istituzioni comunitarie.2. I dati personali possono essere trasmessi solo se la parte contraente che li riceve s'impegna a tutelarli in misura perlomeno equivalente a quella applicabile a quel caso specifico nella parte contraente che li fornisce.3. Le informazioni ottenute possono essere utilizzate solo ai fini del presente accordo e possono essere destinate ad altri scopi da una delle parti contraenti solo previa autorizzazione scritta dell'autorità doganale che le ha fornite, con tutte le restrizioni stabilite da detta autorità.4. Il paragrafo 3 non osta all'uso delle informazioni in azioni giudiziarie o amministrative promosse a seguito della mancata osservanza della legislazione doganale. L'autorità competente che ha fornito le informazioni viene immediatamente avvertita di tale uso.5. Nei verbali, nelle relazioni e nelle testimonianze, nonché nei procedimenti e nelle azioni penali promossi dinanzi a un tribunale, le parti contraenti possono utilizzare come prova le informazioni ottenute e i documenti consultati in base alle disposizioni del presente accordo.Articolo 13 Esperti e testimoni Un funzionario dell'autorità doganale interpellata può essere autorizzato a comparire, nei limiti dell'autorizzazione concessa, in qualità di esperto o di testimone in azioni giudiziarie o amministrative riguardanti le materie di cui al presente accordo nella giurisdizione dell'altra parte contraente e produrre oggetti, documenti ovvero loro copie autenticate che possono occorrere nel procedimento. Nella richiesta di comparizione deve essere specificamente indicato su quale argomento e a quale titoli il funzionario sarà interrogato.Articolo 14 Spese Le parti contraenti rinunciano reciprocamente a tutte le richieste di rimborso delle spese sostenute a norma del presente accordo, escluse, a seconda dei casi, le spese per esperti e testimoni nonché per gli interpreti e traduttori che non dipendono da pubblici servizi.TITOLO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 15 Comitato misto di cooperazione doganale 1. È istituito un comitato misto di cooperazione doganale composto da rappresentanti della Comunità europea e della Repubblica di Corea. Il comitato si riunisce, alternativamente, a Bruxelles e a Seul secondo le modalità, alla data e con l'ordine del giorno stabiliti di comune accordo.2. Il comitato misto di cooperazione doganale garantisce il corretto funzionamento dell'accordo ed esamina tutte le questioni inerenti alla sua applicazione. A tal fine, esso prevede principalmente a:a) valutare l'andamento della cooperazione doganale a norma del presente accordo e individuare nuovi settori specifici per estendere tale cooperazione;b) scambiare opinioni su tutti i punti di comune interesse riguardanti la cooperazione doganale, comprese le future misure e le relative risorse;c) in generale, raccomandare soluzioni volte al conseguimento degli obiettivi del presente accordo.3. Il comitato misto di cooperazione doganale adotta il proprio regolamento interno.Articolo 16 Esecuzione 1. L'applicazione del presente accordo è affidata ai competenti servizi della Commissione delle Comunità europee e, se del caso, alle autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea, da una parte, e ai servizi doganali della Repubblica di Corea, dall'altra. Essi decidono in merito a tutte le misure pratiche e alle disposizioni necessarie per la sua applicazione, tenendo in considerazione le norme in materia di protezione dei dati.2. Le parti contraenti si consultano e si tengono reciprocamente informate in merito alle norme specifiche di esecuzione adottate in base alle disposizioni del presente accordo.Articolo 17 Revisione o modifica Le parti contraenti possono rivedere o modificare, di concerto, il presente accordo in qualsiasi momento.Articolo 18 Applicazione territoriale Il presente accordo si applica, da una parte, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea e alle condizioni ivi stabilite e, dall'altra, al territorio della Repubblica di Corea.Articolo 19 Entrata in vigore e durata 1. Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla data in cui le parti contraenti si notificano reciprocamente l'avvenuto espletamento delle procedure all'uopo necessarie.2. Il presente accordo è concluso per un periodo di cinque anni. Esso è rinnovato tacitamente, di anno in anno, a meno che una delle parti contraenti non lo denunci per iscritto sei mesi prima della data di scadenza.Articolo 20 Testi facenti fede Il presente accordo è redatto in duplice esemplare in lingua danese, finnica, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese, tedesca e coreana, tutti i testi facenti ugualmente fede.In fede di che, i plenipotenziari sottoscritti hanno apposto le loro firme in calce al presente accordo.Fatto in duplice esemplare a Bruxelles, addì dieci aprile millenovecentonovantasette.Per la Comunità europea>RIFERIMENTO A UN FILM>Per la Repubblica di Corea>RIFERIMENTO A UN FILM>
Accordo con la Repubblica di Corea QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? Ai sensi dell’accordo, le parti convengono di offrirsi assistenza reciproca al fine di garantire che la normativa doganale* sia applicata in maniera appropriata. La decisione conclude l’accordo per conto della Comunità europea (ora Unione europea) con la Corea del Sud. PUNTI CHIAVE L’accordo prevede la cooperazione in settori che vanno dalla ricerca, dallo sviluppo e dalla sperimentazione di nuove procedure doganali alla semplificazione, all’armonizzazione e all’informatizzazione di tali procedure. Le parti si prestano assistenza reciproca per prevenire e indagare sulle violazioni della normativa doganale. Cooperazione doganale Le parti accettano di cooperare:nella ricerca, nello sviluppo e nel collaudo di nuove procedure doganali; nella formazione e nello scambio di personale; nella semplificazione, armonizzazione e informatizzazione delle procedure doganali; nello scambio di dati professionali, scientifici e tecnici relativi alla normativa doganale; nello scambio di informazioni sulle azioni intraprese con altri paesi in relazione all’assistenza tecnica. Assistenza amministrativa reciproca L’accordo prevede 2 tipi di assistenza:assistenza spontanea: le parti contraenti possono fornirsi assistenza reciprocamente di loro iniziativa, qualora lo ritengano necessario per la corretta applicazione della normativa doganale; assistenza a richiesta: l’autorità interpellata* è tenuta a fornire all’autorità richiedente* qualsiasi informazione utile che le consenta di accertare che la normativa doganale è correttamente applicata. Le informazioni possono riguardare violazioni della normativa doganale e procedure irregolari di esportazione e importazione tra le due parti. Sorveglianza speciale: può essere richiesta in tutti i casi sospetti ed è applicabile a ogni persona fisica o giuridica, luogo, movimento di merci o mezzo di trasporto che è o potrebbe essere collegato o utilizzato per perpetrare operazioni contrarie alla normativa doganale. Aspetti formali e deroghe all’obbligo di prestare assistenza Le richieste di assistenza devono essere:presentate per iscritto, fatta eccezione per casi urgenti in cui possono essere presentate richieste orali, confermate successivamente per iscritto; corredate di tutte le informazioni necessarie per la loro attuazione, comprese: l’autorità interpellata, la misura richiesta, l’oggetto e la motivazione della richiesta, la normativa prevista e la persona fisica o giuridica oggetto dell’indagine. L’autorità interpellata:fornisce le informazioni di cui è già in possesso e svolge le opportune indagini; può rifiutarsi di fornire assistenza nel caso in cui ciò possa pregiudicare la sovranità, l’ordine pubblico, la sicurezza o altri interessi essenziali di una delle parti. La richiesta di fornire assistenza può anche essere rifiutata qualora:violi un segreto industriale, commerciale o professionale; coinvolga regolamentazioni valutarie o fiscali diverse dalla normativa doganale. L’accordo:contiene clausole di riservatezza in relazione alle informazioni fornite. Ai dati personali è riservato un alto livello di tutela. prevede l’istituzione di un comitato misto di cooperazione doganale che garantisce il buon funzionamento dell’accordo ed esamina tutte le questioni derivanti dalla sua applicazione. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 1° maggio 1997. Le clausole dell’accordo relativo alla reciproca assistenza amministrativa sono state sostituite dal Protocollo relativo all’assistenza amministrativa reciproca nel settore doganale dell’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e la Repubblica di Corea. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Corea (Commissione europea). La Repubblica di Corea e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna). TERMINI CHIAVE Normativa doganale: qualsiasi legge adottata dall’Unione europea o dalla Corea che disciplini l’importazione, l’esportazione, il transito delle merci e il vincolo a qualsiasi altro regime doganale, comprese le misure di divieto, di restrizione e di controllo. Autorità interpellata: l’autorità doganale competente che riceve una domanda di assistenza. Autorità richiedente: l’autorità doganale competente che presenta una domanda di assistenza. DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea (GU L 121 del 13.5.1997, pag. 14). Decisione 97/291/CE del Consiglio, del 26 aprile 1997, relativa alla conclusione dell’Accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea (GU L 121 del 13.5.1997, pag. 13). Rettifica alla decisione 97/291/CE del Consiglio, del 26 aprile 1997, relativa alla conclusione dell’Accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea (GU L 126 del 17.5.1997, pag. 30). DOCUMENTI CORRELATI Protocollo relativo all’assistenza amministrativa reciproca nel settore doganale (GU L 127 del 14.5.2011, pag. 1415). Decisione 2015/2169 del Consiglio del 1° ottobre 2015 relativa alla conclusione dell’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra (GU L 307 del 25.11.2015, pag. 2). Informazione relativa all’entrata in vigore dell’accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea (GU L 121 del 13.5.1997, pag. 19).
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Direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori Gazzetta ufficiale n. L 395 del 30/12/1989 pag. 0033 - 0035 edizione speciale finlandese: capitolo 6 tomo 3 pag. 0048 edizione speciale svedese/ capitolo 6 tomo 3 pag. 0048 DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 21 dicembre 1989 che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (89/665/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100 A, vista la proposta della Commissione (1), in cooperazione con il Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che le direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, in particolare la direttiva 71/305/CEE del Consiglio, del 26 luglio 1971, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici (4), modificata da ultimo dalla direttiva 89/440/CEE (5), e la direttiva 77/62/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1976, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture (6), modificata da ultimo dalla direttiva 88/295/CEE (7), non contengono disposizioni specifiche che permettano di garantirne l'effettiva applicazione; considerando che i meccanismi attualmente esistenti, sia sul piano nazionale sia sul piano comunitario, per garantire tale applicazione non sempre permettono di garantire il rispetto delle disposizioni comunitarie, in particolare in una fase in cui le violazioni possono ancora essere corrette; considerando che l'apertura degli appalti pubblici alla concorrenza comunitaria rende necessario un aumento notevole delle garanzie di trasparenza e di non discriminazione e che occorre, affinché essa sia seguita da effetti concreti, che esistano mezzi di ricorso efficaci e rapidi in caso di violazione del diritto comunitario in materia di appalti pubblici o delle norme nazionali che recepiscano tale diritto; considerando che l'assenza o l'insufficienza di mezzi di ricorso efficaci in vari Stati membri dissuade le imprese GU n. C 15 del 19. 1. 1989, pag. 8. GU n. C 323 del 27. 12. 1989. comunitarie dal concorrere nello Stato dell'autorità aggiudicatrice interessata; che è pertanto necessario che gli Stati membri interessati pongano rimedio a tale situazione; considerando che, data la brevità delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, gli organi di ricorso competenti devono in particolare essere abilitati a prendere misure provvisorie per sospendere la procedura di aggiudicazione dell'appalto o l'esecuzione di decisioni eventualmente prese dall'autorità aggiudicatrice; che la brevità delle procedure richiede un trattamento urgente delle violazioni di cui sopra; considerando la necessità di garantire in tutti gli Stati membri procedure adeguate che permettano l'annullamento delle decisioni illegittime e l'indennizzo delle persone lese da una violazione; considerando che, se le imprese non avviano la procedura di ricorso, ne deriva l'impossibilità di ovviare a determinate infrazioni a meno di istituire un meccanismo specifico; considerando che è pertanto necessario che la Commissione, qualora ritenga che sia stata commessa una violazione chiara ed evidente nel corso di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, intervenga presso le autorità competenti dello Stato membro e delle autorità aggiudicatrici interessate perché siano presi gli opportuni provvedimenti per ottenere la rapida correzione di qualsiasi violazione denunciata; considerando che l'applicazione effettiva delle disposizioni della presente direttiva dovrà essere riesaminata, prima della scadenza di un periodo di quattro anni successivo all'attuazione della stessa, in base ad informazioni che gli Stati membri dovranno fornire in merito al funzionamento delle procedure nazionali di ricorso, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 1. Gli Stati membri prendono i provvedimenti necessari per garantire che, per quanto riguarda le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici disciplinati dalle direttive 71/305/CEE e 77/62/CEE, le decisioni prese dalle autorità aggiudicatrici possano essere oggetto di un ricorso efficace e, in particolare, quanto più rapido possibile, secondo le condizioni previste negli articoli seguenti, in particolare l'articolo 2, paragrafo 7, in quanto tali decisioni hanno violato il diritto comunitario in materia di appalti pubblici o le norme nazionali che recepiscono tale diritto. 2. Gli Stati membri garantiscono che non vi sia alcuna discriminazione tra le imprese suscettibili di far valere un pregiudizio nell'ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto, a motivo della distinzione effettuata dalla presente direttiva tra le norme nazionali che recepiscono il diritto comunitario e le altre norme nazionali. 3. Gli Stati membri garantiscono che le procedure di ricorso siano accessibili, secondo modalità che gli Stati membri possono determinare, per lo meno a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l'aggiudicazione di un determinato appalto pubblico di forniture o di lavori e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una violazione denunciata. In particolare gli Stati membri possono esigere che la persona che desideri avvalersi di tale procedura abbia preventivamente informato l'autorità aggiudicatrice della pretesa violazione e della propria intenzione di presentare un ricorso. Articolo 2 1. Gli Stati membri fanno sì che i provvedimenti presi ai fini dei ricorsi di cui all'articolo 1 prevedano i poteri che permettano di: a) prendere con la massima sollecitudine e con procedura d'urgenza provvedimenti provvisori intesi a riparare la violazione o impedire che altri danni siano causati agli interessi coinvolti, compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere la procedura di aggiudicazione pubblica di un appalto o l'esecuzione di qualsiasi decisione presa dalle autorità aggiudicatrici; b) annullare o far annullare le decisioni illegittime, compresa la soppressione delle specificazioni tecniche, economiche o finanziarie discriminatorie figuranti nei documenti di gara, nei capitolati d'oneri o in ogni altro documento connesso con la procedura di aggiudicazione dell'appalto in questione; c) accordare un risarcimento danni alle persone lese dalla violazione. 2. I poteri di cui al paragrafo 1 possono essere conferiti ad organi distinti responsabili di aspetti differenti della procedura di ricorso. 3. Le procedure di ricorso non devono necessariamente esercitare, di per sé stesse, effetti sospensivi automatici sulle procedure di aggiudicazione cui si riferiscono. 4. Gli Stati membri possono prevedere che l'organo responsabile, quando esamina l'opportunità di prendere provvedimenti provvisori, possa tener conto delle probabili conseguenze dei provvedimenti stessi per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonché dell'interesse pubblico e decidere di non accordare tali provvedimenti qualora le conseguenze negative possano superare quelle positive. La decisione di non accordare provvedimenti provvisori non reca pregiudizio agli altri diritti rivendicati dalla persona che chiede tali provvedimenti. 5. Gli Stati membri possono prevedere che, se un risarcimento danni viene domandato a causa di una decisione presa illegalmente, per prima cosa l'organo che ha la competenza necessaria a tal fine annulli la decisione contestata. 6. Gli effetti dell'esercizio dei poteri di cui al paragrafo 1 sul contratto stipulato in seguito all'aggiudicazione dell'appalto sono determinati dal diritto nazionale. Inoltre, salvo nel caso in cui una decisione debba essere annullata prima della concessione di un risarcimento danni, uno Stato membro può prevedere che, dopo la stipulazione di un contratto in seguito all'aggiudicazione dell'appalto, i poteri dell'organo responsabile delle procedure di ricorso si limitino alla concessione di un risarcimento danni a qualsiasi persona lesa da una violazione. 7. Gli Stati membri fanno sì che le decisioni prese dagli organi responsabili delle procedure di ricorso possano essere attuate in maniera efficace. 8. Se gli organi responsabili delle procedure di ricorso non sono organi giudiziari, le loro decisioni devono essere sempre motivate per iscritto. In questo caso inoltre devono essere adottate disposizioni mediante cui ogni misura presunta illegittima presa dall'organo di base competente oppure ogni presunta infrazione nell'esercizio dei poteri che gli sono conferiti possa essere oggetto di un ricorso giurisdizionale o di un ricorso presso un altro organo che sia una giurisdizione ai sensi dell'articolo 177 del trattato e che sia indipendente dalle autorità aggiudicatrici e dall'organo di base. La nomina dei membri di tale organo indipendente e la cessazione del loro mandato sono soggetti a condizioni uguali a quelle applicabili ai giudici, per quanto concerne l'autorità responsabile della nomina, la durata del loro mandato e la loro revocabilità. Per lo meno il presidente di tale organo indipendente deve avere le stesse qualifiche giuridiche e professionali di un giudice. L'organo indipendente prende le proprie decisioni all'esito di una procedura in contraddittorio e tali decisioni producono, tramite i mezzi determinati da ciascuno Stato membro, effetti giuridici vincolanti. Articolo 3 1. La Commissione può invocare la procedura prevista nel presente articolo se, anteriormente alla conclusione di un contratto, essa ritiene che una violazione chiara e manifesta delle disposizioni comunitarie in materia di appalti pubblici sia stata commessa in una procedura di aggiudicazione di appalto disciplinata dalle direttive 71/305/CEE e 77/62/CEE. 2. La Commissione notifica allo Stato membro e all'autorità aggiudicatrice interessati le ragioni per cui ritiene che sia stata commessa una violazione chiara e manifesta e ne domanda la correzione. 3. Entro i 21 giorni successivi al ricevimento della notifica di cui al paragrafo 2, lo Stato membro interessato comunica alla Commissione: a) la conferma che la violazione è stata riparata; o b) una conclusione motivata per spiegare perché non ci sia stata riparazione; o c) una notifica che la procedura di aggiudicazione dell'appalto in questione è stata sospesa dall'autorità aggiudicatrice oppure nell'ambito dell'esercizio dei poteri previsti all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a). 4. Una conclusione motivata ai sensi del paragrafo 3, lettera b) può tra l'altro fondarsi sul fatto che la violazione denunciata costituisce già l'oggetto di un ricorso giurisdizionale o di un ricorso quale quello di cui all'articolo 2, paragrafo 8. In tal caso lo Stato membro informa la Commissione del risultato di tali procedure non appena ne viene a conoscenza. 5. In caso di notifica che una procedura di aggiudicazione di appalto sia stata sospesa conformemente al paragrafo 3, lettera c), lo Stato membro notifica alla Commissione la cessazione della sospensione o l'avvio di un'altra procedura di aggiudicazione di appalto in parte o del tutto collegata alla procedura precedente. Questa nuova notifica deve confermare che la violazione presunta è stata riparata o includere una conclusione motivata per spiegare perché non ci sia stata riparazione. Articolo 4 1. Prima dello scadere del quadriennio successivo alla data di messa in applicazione della presente direttiva, la Commissione, in collaborazione con il comitato consultivo per gli appalti pubblici, riesamina l'applicazione delle disposizioni della presente direttiva e propone all'occorrenza le modifiche che ritiene necessarie. 2. Gli Stati membri comunicano ogni anno alla Commissione, anteriormente al 1g marzo, una serie di informazioni sul funzionamento delle procedure nazionali di ricorso che si riferiscono all'anno precedente. La Commissione determina, d'intesa con il comitato consultivo per gli appalti pubblici, la natura di dette informazioni. Articolo 5 Gli Stati membri mettono in vigore le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 21 dicembre 1991. Essi comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno, di carattere legislativo, regolamentare e amministrativo che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 6 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 21 dicembre 1989. Per il Consiglio Il Presidente E. CRESSON (1) GU n. C 230 del 28. 8. 1987, pag. 6 e(2) GU n. C 167 del 27. 6. 1988, pag. 77 e(3) GU n. C 347 del 22. 12. 1987, pag. 23. (4) GU n. L 185 del 16. 8. 1971, pag. 5. (5) GU n. L 210 del 21. 7. 1989, pag. 1. (6) GU n. L 13 del 15. 1. 1977, pag. 1. (7) GU n. L 127 del 20. 5. 1988, pag. 1.
Aggiudicazione di appalti pubblici e concessioni — Contratti di forniture e lavori QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Invita i paesi dell’Unione europea (UE) a garantire che le decisioni relative all’aggiudicazione di appalti pubblici e concessioni, nonché le decisioni procedurali preliminari in tale ambito, siano riesaminate rapidamente ed efficacemente nel caso in cui abbiano violato il diritto comunitario sulle forniture pubbliche. PUNTI CHIAVE La direttiva 89/665/CEE si applica agli appalti del settore pubblico e alle concessioni che rientrano nell’ambito delle pertinenti norme sostanziali (ossia norme che definiscono diritti e doveri). Le direttive 2014/23/UE (si veda la sintesi)e 2014/24/UE (si veda la sintesi) sostituiscono la direttiva 2004/18/CE a decorrere dal 18 aprile 2016. I paesi dell’UE devono garantire che le procedure di ricorso siano accessibili per lo meno a chiunque abbia, o abbia avuto, interesse ad aggiudicarsi un determinato appalto e che sia stato, o rischi di essere, leso a causa di una violazione denunciata. La direttiva 89/665/CEE consente l’avvio di azioni sia prima che dopo la firma del contratto (misure correttive precontrattuali e postcontrattuali).Le misure correttive precontrattuali sono volte a correggere le violazioni delle norme sulle forniture pubbliche nel corso della procedura di gara e, in ogni caso, prima che il contratto venga perfezionato. Comprendono il diritto a provvedimenti provvisori, un regime di status quo obbligatorio e il requisito di sospendere la procedura di aggiudicazione durante l’esame del ricorso, per evitare l’aggiudicazione del contratto.Le misure correttive postcontrattuali mirano a dichiarare l’invalidità di un contratto in vigore e/o a risarcire (principalmente i danni) le parti interessate dopo che il contratto in questione sia stato aggiudicato. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 3 gennaio 1990 e doveva essere recepita dalle legislazioni nazionali dei paesi dell’UE entro il 21 dicembre 1991. CONTESTO La direttiva 89/665/CEE è stata profondamente modificata dalla direttiva 2007/66/CE. La direttiva 2014/23/UE ha introdotto ulteriori modifiche, volte principalmente ad ampliare l’ambito di applicazione della direttiva 89/665/CEE per quanto riguarda le concessioni ai sensi della direttiva 2014/23/UE e ad aggiornare i riferimenti alle norme sostanziali relative agli appalti pubblici stabilite nella direttiva 2014/24/UE. La direttiva 92/13/CEE (si veda la sintesi) è l’equivalente della direttiva 89/665/CEE per gli appalti nel settore pubblico nel settore dei servizi. È stata profondamente modificata dalla direttiva 2007/66/CE. La direttiva 2014/23/UE ha introdotto ulteriori modifiche alla luce della direttiva 2014/25/UE (si veda la sintesi). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (GU L 395 del 30.12.1989, pag. 33). Modifiche successive alla direttiva 89/665/CEE sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni (GU L 76 del 23.3.1992, pag. 14). Si veda la versione consolidata. Direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 1). Si veda la versione consolidata. Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 65). Si veda la versione consolidata.
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Convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti Gazzetta ufficiale n. L 323 del 17/11/1978 pag. 0014 - 0022 EUROPEAN CONVENTION FOR THE PROTECTION OF ANIMALS KEPT FOR FARMING PURPOSESCONVENTION EUROPÉENNE SUR LA PROTECTION DES ANIMAUX DANS LES ÉLEVAGES>PIC FILE= "T0019842">THE MEMBER STATES OF THE COUNCIL OF EUROPEsignatory hereto,Considering that it is desirable to adopt common provisions for the protection of animals kept for farming purposes, particularly in modern intensive stock-farming systems,HAVE AGREED AS FOLLOWS:CHAPTER IGeneral principlesArticle 1This Convention shall apply to the keeping, care and housing of animals, and in particular to animals in modern intensive stock-farming systems. For the purposes of this Convention, "animals" shall mean animals bred or kept for the production of food, wool, skin or fur or for other farming purposes, and "modern intensive stock-farming systems" shall mean systems which predominantly employ technical installations operated principally by means of automatic processes.Article 2Each Contracting Party shall give effect to the principles of animal welfare laid down in Articles 3 to 7 of this Convention.Article 3Animals shall be housed and provided with food, water and care in a manner which - having regard to their species and to their degree of development, adaptation and domestication - is appropriate to their physiological and ethological needs in accordance with established experience and scientific knowledge.Article 41. The freedom of movement appropriate to an animal, having regard to its species and in accordance with established experience and scientific knowledge, shall not be restricted in such a manner as to cause it unnecessary suffering or injury.2. Where an animal is continuously or regularly tethered or confined, it shall be given the space appropriate to its physiological and ethological needs in accordance with established experience and scientific knowledge.Article 5The lighting, temperature, humidity, air circulation, ventilation, and other environmental conditions such as gas concentration or noise intensity in the place in which an animal is housed, shall - having regard to its species and to its degree of development, adaptation and domestication - conform to its physiological and ethological needs in accordance with established experience and scientific knowledge.Article 6No animal shall be provided with food or liquid in a manner, nor shall such food or liquid contain any substance, which may cause unnecessary suffering or injury.Article 71. The condition and state of health of animals shall be thoroughly inspected at intervals sufficient to avoid unnecessary suffering and in the case of animals kept in modern intensive stock-farming systems at least once a day.2. The technical equipment used in modern intensive stock-farming systems shall be thoroughly inspected at least once a day, and any defect discovered shall be remedied with the least possible delay. When a defect cannot be remedied forthwith, all temporary measures necessary to safeguard the welfare of the animals shall be taken immediately.CHAPTER IIDetailed implementationArticle 81. A Standing Committee shall be set up within a year of the entry into force of this Convention.2. Each Contracting Party shall have the right to appoint a representative to the Standing Committee. Any Member State of the Council of Europe which is not a Contracting Party to the Convention shall have the right to be represented on the Committee by an observer.3. The Secretary General of the Council of Europe shall convene the Standing Committee whenever he finds it necessary and in any case when a majority of the representatives of the Contracting Parties or the representative of the European Economic Community, being itself a Contracting Party, request its convocation.4. A majority of representatives of the Contracting Parties shall constitute a quorum for holding a meeting of the Standing Committee.5. The Standing Committee shall take its decision by a majority of the votes cast. However, unanimity of the votes cast shall be required for: (a) the adoption of the recommendations provided for in Article 9 (1);(b) the decision to admit observers other than those referred to in paragraph 2 of this Article;(c) the adoption of the report referred to in Article 13; this report could set out, where appropriate, divergent opinions.6. Subject to the provisions of this Convention. The Standing Committee shall draw up its own Rules of Procedure.Article 91. The Standing Committee shall be responsible for the elaboration and adoption of recommendations to the Contracting Parties containing detailed provisions for the implementation of the principles set out in Chapter I of this Convention, to be based on scientific knowledge concerning the various species of animals.2. For the purpose of carrying out its responsibilities under paragraph 1 of this Article, the Standing Committee shall follow developments in scientific research and new methods in animal husbandry.3. Unless a longer period is decided upon by the Standing Committee, a recommendation shall become effective as such six months after the date of its adoption by the Committee. As from the date when a recommendation becomes effective each Contracting Party shall either implement it or inform the Standing Committee by notification to the Secretary General of the Council of Europe of the reasons why it has decided that it cannot implement the recommendation or can no longer implement it.4. If two or more Contracting Parties or the European Economic Community, being itself a Contracting Party, have given notice in accordance with paragraph 3 of this Article of their decision not to implement or no longer to implement a recommendation, that recommendation shall cease to have effect.Article 10The Standing Committee shall use its best endeavours to facilitate a friendly settlement of any difficulty which may arise between Contracting Parties concerning the implementation of this Convention.Article 11The Standing Committee may express an advisory opinion on any question concerning the protection of animals at the request of a Contracting Party.Article 12Each Contracting Party may appoint one or more bodies from which the Standing Committee may request information and advice to assist it in its work. Contracting Parties shall communicate to the Secretary General of the Council of Europe the names and addresses of such bodies.Article 13The Standing Committee shall submit to the Committee of Ministers of the Council of Europe, at the expiry of the third year after the entry into force of this Convention and of each further period of three years, a report on its work and on the functioning of the Convention, including if it deems it necessary proposals for amending the Convention.CHAPTER IIIFinal provisionsArticle 141. This Convention shall be open to signature by the Member States of the Council of Europe and by the European Economic Community. It shall be subject to ratification, acceptance or approval. Instruments of ratification, acceptance or approval shall be deposited with the Secretary General of the Council of Europe.2. This Convention shall enter into force six months after the date of the deposit of the fourth instrument of ratification, acceptance or approval by a Member State of the Council of Europe.3. In respect of a signatory Party ratifying, accepting or approving after the date referred to in paragraph 2 of this Article, the Convention shall enter into force six months after the date of the deposit of its instrument of ratification, acceptance or approval.Article 151. After the entry into force of this Convention, the Committee of Ministers of the Council of Europe may, upon such terms and conditions as it deems appropriate, invite any non-member State to accede thereto.2. Such accession shall be effected by depositing with the Secretary General of the Council of Europe an instrument of accession which shall take effect six months after the date of its deposit.Article 161. Any Contracting Party may, at the time of signature or when depositing its instrument of ratification, acceptance, approval or accession, specify the territory or territories to which this Convention shall apply.2. Any Contracting Party may, when depositing its instrument of ratification, acceptance, approval or accession or at any later date, by declaration addressed to the Secretary General of the Council of Europe, extend this Convention to any other territory or territories specified in the declaration and for whose international relations it is responsible or on whose behalf it is authorized to give undertakings.3. Any declaration made in pursuance of the preceding paragraph may, in respect of any territory mentioned in such declaration, be withdrawn according to the procedure laid down in Article 17 of this Convention.Article 171. Any Contracting Party may, in so far as it is concerned, denounce this Convention by means of a notification addressed to the Secretary General of the Council of Europe.2. Such denunciation shall take effect six months after the date of receipt by the Secretary General of such notification.Article 18The Secretary General of the Council of Europe shall notify the Member States of the Council and any Contracting Party not a Member State of the Council of: (a) any signature;(b) any deposit of an instrument of ratification, acceptance, approval or accession;(c) any date of entry into force of this Convention in accordance with Articles 14 and 15 thereof;(d) any recommendation of the kind referred to in Article 9 (1) and the date on which it takes effect;(e) any notification received in pursuance of the provisions of Article 9 (3);(f) any communication received in pursuance of the provisions of Article 12;(g) any declaration received in pursuance of the provisions of Article 16 (2) and (3);(h) any notification received in pursuance of the provisions of Article 17 and the date on which denunciation takes effect.LES ÉTATS MEMBRES DU CONSEIL DE L'EUROPE,signataires de la présente convention,considérant qu'il est souhaitable d'adopter des dispositions communes pour protéger les animaux dans les élevages, en particulier dans les systèmes modernes d'élevage intensif,SONT CONVENUS DE CE QUI SUIT:TITRE PREMIER Principes générauxArticle premierLa présente convention s'applique à l'alimentation, aux soins et au logement des animaux, en particulier dans les systèmes modernes d'élevage intensif. Au sens de la présente convention, on entend par «animaux» ceux qui sont élevés ou gardés pour la production de denrées alimentaires, de laine, de peaux, de fourrures ou à d'autres fins agricoles et par «systèmes modernes d'élevage intensif» ceux qui utilisent surtout des installations techniques exploitées principalement à l'aide de dispositifs automatiques.Article 2Chaque partie contractante donne effet aux principes de protection des animaux fixés dans la présente convention aux articles 3 à 7.Article 3Tout animal doit bénéficier d'un logement, d'une alimentation et des soins qui - compte tenu de son espèce, de son degré de développement, d'adaptation et de domestication - sont appropriés à ses besoins physiologiques et éthologiques, conformément à l'expérience acquise et aux connaissances scientifiques.Article 41. La liberté de mouvement propre à l'animal, compte tenu de son espèce et conformément à l'expérience acquise et aux connaissances scientifiques, ne doit pas être entravée de manière à lui causer des souffrances ou des dommages inutiles.2. Lorsqu'un animal est continuellement ou habituellement attaché, enchaîné ou maintenu, il doit lui être laissé un espace approprié à ses besoins physiologiques et éthologiques, conformément à l'expérience acquise et aux connaissances scientifiques.Article 5L'éclairage, la température, le degré d'humidité, la circulation d'air, l'aération du logement de l'animal et les autres conditions ambiantes telles que la concentration des gaz ou l'intensité du bruit, doivent - compte tenu de son espèce, de son degré de développement, d'adaptation et de domestication - être appropriés à ses besoins physiologiques et éthologiques, conformément à l'expérience acquise et aux connaissances scientifiques.Article 6Aucun animal ne doit être alimenté de telle sorte qu'il en résulte des souffrances ou des dommages inutiles et son alimentation ne doit pas contenir de substances qui puissent lui causer des souffrances ou des dommages inutiles.Article 71. La condition et l'état de santé de l'animal doivent faire l'objet d'une inspection approfondie à des intervalles suffisants pour éviter des souffrances inutiles, soit au moins une fois par jour dans le cas d'animaux gardés dans des systèmes modernes d'élevage intensif.2. Les installations techniques dans les systèmes modernes d'élevage intensif doivent faire l'objet, au moins une fois par jour, d'une inspection approfondie et tout défaut constaté doit être éliminé dans les délais les plus courts. Lorsqu'un défaut ne peut être éliminé sur le champ, toutes les mesures temporaires nécessaires pour préserver le bien-être des animaux doivent être prises immédiatement.TITRE II Dispositions détaillées pour la mise en oeuvreArticle 81. Il est consitué, dans l'année qui suit la date d'entrée en vigueur de la présente convention, un comité permanent.2. Toute partie contractante a le droit de désigner un représentant au comité permanent. Tout État membre du Conseil de l'Europe qui n'est pas partie contractante à la convention a le droit de se faire représenter au comité par un observateur.3. Le secrétaire général du Conseil de l'Europe convoque le comité permanent chaque fois qu'il l'estime nécessaire et, en tout cas, si la majorité des représentants des parties contractantes ou le représentant de la Communauté économique européenne, elle-même partie contractante, en formulent la demande.4. La majorité des représentants des parties contractantes constitue le quorum nécessaire pour tenir une réunion du comité permanent.5. Le comité permanent prend ses décisions à la majorité des voix exprimées; toutefois, l'unanimité des voix exprimées est exigée pour: a) l'adoption des recommandations visées au paragraphe 1 de l'article 9;b) la décision d'admettre des observateurs autres que ceux visés au paragraphe 2 du présent article;c) l'adoption du rapport visé à l'article 13, rapport qui, le cas échéant, fait état des opinions divergentes.6. Sous réserve des dispositions de la présente convention, le comité permanent établit son règlement intérieur.Article 91. Le comité permanent est chargé d'élaborer et d'adopter des recommandations aux parties contractantes contenant des dispositions détaillées en vue de l'application des principes énoncés au titre premier de la présente convention; ces dispositions doivent se fonder sur les connaissances scientifiques concernant les différentes espèces.2. Aux fins de l'accomplissement de ses tâches telles que visées au paragraphe 1 du présent article, le comité permanent suit l'évolution de la recherche scientifique et des nouvelles méthodes en matière d'élevage.3. Sauf si un délai plus long est fixé par le comité permanent, toute recommandation prend effet en tant que telle six mois après la date de son adoption par le comité. À partir de la date à laquelle une recommandation prend effet, toute partie contractante doit, soit la mettre en oeuvre, soit informer le comité permanent par notification adressée au secrétaire général du Conseil de l'Europe des raisons pour lesquelles elle a décidé qu'elle n'est pas ou n'est plus en mesure de la mettre en oeuvre.4. Si deux ou plusieurs parties contractantes ou la Communauté économique européenne, elle-même partie contractante, ont notifié conformément au paragraphe 3 du présent article, leur décision de ne pas mettre ou de ne plus mettre en oeuvre une recommandation, cette recommandation cesse d'avoir effet.Article 10Le comité permanent facilite autant que de besoin le règlement amiable de toute difficulté qui peut surgir entre parties contractantes concernant l'application de la présente convention.Article 11Le comité permanent peut, à la demande d'une partie contractante, exprimer un avis consultatif sur toute question relative à la protection des animaux.Article 12En vue d'assister le comité permanent dans ses travaux, toute partie contractante peut désigner un ou plusieurs organes auxquels ce comité peut demander des informations et des conseils. Les parties contractantes communiquent au secrétaire général du Conseil de l'Europe le nom et l'adresse desdits organes.Article 13Le comité permanent soumet au comité des ministres du Conseil de l'Europe, à l'expiration de la troisième année après l'entrée en vigueur de la présente convention et à l'expiration de chaque période ultérieure de trois ans, un rapport sur ses travaux et sur le fonctionnement de la convention, en y incluant s'il l'estime nécessaire des propositions visant à amender la convention.TITRE IIIDispositions finalesArticle 141. La présente convention est ouverte à la signature des États membres du Conseil de l'Europe ainsi qu'à celle de la Communauté économique européenne. Elle sera ratifiée, acceptée ou approuvée. Les instruments de ratification, d'acceptation ou d'approbation seront déposés près le secrétaire général du Conseil de l'Europe.2. La présente convention entrera en vigueur six mois après la date du dépôt du quatrième instrument de ratification, d'acceptation ou d'approbation d'un État membre du Conseil de l'Europe.3. Elle entrera en vigueur à l'égard de toute partie signataire qui la ratifiera, l'acceptera ou l'approuvera après la date visée au paragraphe 2 du présent article, six mois après la date du dépôt de son instrument de ratification, d'acceptation ou d'approbation.Article 151. Après l'entrée en vigueur de la présente convention, le comité des ministres du Conseil de l'Europe pourra inviter, selon les modalités qu'il jugera opportunes, tout État non membre du Conseil à adhérer à la présente convention.2. L'adhésion s'effectuera par le dépôt, près le secrétaire général du Conseil de l'Europe, d'un instrument d'adhésion qui prendra effet six mois après la date de son dépôt.Article 161. Toute partie contractante peut, au moment de la signature ou au moment du dépôt de son instrument de ratification, d'acceptation, d'approbation ou d'adhésion, désigner le ou les territoires auxquels s'appliquera la présente convention.2. Toute partie contractante peut, au moment du dépôt de son instrument de ratification, d'acceptation, d'approbation ou d'adhésion, ou à tout autre moment par la suite, étendre l'application de la présente convention, par déclaration adressée au secrétaire général du Conseil de l'Europe, à tout autre territoire désigné dans la déclaration et dont elle assure les relations internationales ou pour lequel elle est habilitée à stipuler.3. Toute déclaration faite en vertu du paragraphe précédent pourra être retirée, en ce qui concerne tout territoire désigné dans cette déclaration, aux conditions prévues par l'article 17 de la présente convention.Article 171. Toute partie contractante pourra, en ce qui la concerne, dénoncer la présente convention en adressant une notification au secrétaire général du Conseil de l'Europe.2. La dénonciation prendra effet six mois après la date de la réception de la notification par le secrétaire général.Article 18Le secrétaire général du Conseil de l'Europe notifiera aux États membres du Conseil et à toute partie contractante non membre du Conseil: a) toute signature;b) le dépôt de tout instrument de ratification, d'acceptation, d'approbation ou d'adhésion;c) toute date d'entrée en vigueur de la présente convention conformément à ses articles 14 et 15;d) toute recommandation visée au paragraphe 1 de l'article 9 et la date à laquelle elle prendra effet;e) toute notification reçue en application des dispositions du paragraphe 3 de l'article 9;f) toute communication reçue en application des dispositions de l'article 12;g) toute déclaration reçue en application des dispositions des paragraphes 2 et 3 de l'article 16;h) toute notification reçue en application des dispositions de l'article 17 et la date à laquelle la dénonciation prendra effet.In witness whereof, the undersigned, being duly authorized thereto, have signed this Convention.Done at Strasbourg, this ... day of March 1976, in English and in French, both texts being equally authoritative, in a single copy which shall remain deposited in the archives of the Council of Europe. The Secretary General of the Council of Europe shall transmit certified copies to each of the signatory and acceding Parties.En foi de quoi, les soussignés, dûment autorisés à cet effet, ont signé la présente convention.Fait à Strasbourg, le ... mars 1976, en français et en anglais, les deux textes faisant également foi, en un seul exemplaire qui sera déposé dans les archives du Conseil de l'Europe. Le secrétaire général du Conseil de l'Europe en communiquera copie certifiée conforme à chacune des parties signataires et adhérentes.>PIC FILE= "T0019558">>PIC FILE= "T0019559">
Convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti QUAL È LO SCOPO DELLA CONVENZIONE E DELLE DECISIONI? La presente convenzione, firmata sotto l’egida del Consiglio d’Europa, intende imporre ai paesi firmatari condizioni comuni minime per la protezione degli animali nei loro metodi di allevamento. La convenzione è stata emendata nel 1992 dal protocollo di modifica. La decisione 78/923/CEE e la decisione 92/583/CEE hanno segnato rispettivamente la conclusione della convenzione europea per la protezione degli animali negli allevamenti e del suo protocollo di modifica. PUNTI CHIAVE La convenzione si applica agli animali d’allevamento, ovvero agli animali allevati o custoditi per la produzione di prodotti alimentari, lana, pelli, pellicce o altri scopi agricoli, compresi gli animali provenienti da modificazioni genetiche o da nuove combinazioni genetiche. La convenzione si rivolge in particolare agli animali che si trovano in sistemi di allevamento intensivo. L’obiettivo della convenzione è proteggere gli animali da allevamento da inutili sofferenze o lesioni, a causa delle condizioni di alloggiamento, alimentazione o cura. Per raggiungere questo obiettivo, la convenzione impone ai paesi che l’hanno approvata di rispettare determinate regole, in particolare relativamente al sito di allevamento (spazio e condizioni ambientali), all’alimentazione e la salute degli animali, e all’organizzazione delle ispezioni degli impianti tecnici nei moderni sistemi di allevamento intensivo. La convenzione crea un comitato permanente che sovrintende alla sua attuazione. Questo comitato può elaborare e adottare raccomandazioni nei confronti dei paesi firmatari. DATA DI ENTRATA IN VIGORE La convenzione è entrata in vigore il 10 settembre 1978. DOCUMENTI PRINCIPALI Convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti (GU L 323 del 17.11.1978, pag. 14). Protocollo di modifica alla convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti (GU L 395 del 31.12.1992, pag. 22). Decisione 78/923/CEE del Consiglio, del 19 giugno 1978, relativa alla conclusione della convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti (GU L 323 del 17.11.1978, pag. 12). Decisione 92/583/CEE del Consiglio, del 14 dicembre 1992, relativa alla conclusione del protocollo di modifica della convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti (GU L 395 del 31.12.1992, pag. 21). DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 2008/119/CE del Consiglio, del 18 dicembre 2008, che stabilisce le norme minime relative alla protezione dei vitelli (versione codificata) (GU L 10 del 15.1.2009, pag. 7). Le successive modifiche alla direttiva 2008/119/CE del Consiglio sono state integrate al testo originale. La versione consolidata ha unicamente un valore documentale. Direttiva 2008/120/CE del Consiglio, del 18 dicembre 2008, che stabilisce le norme minime per la protezione dei suini (Versione codificata) (GU L 47 del 18.2.2009, pag. 5). Si veda la versione consolidata. Direttiva 1999/74/CE del Consiglio, del 19 luglio 1999, che stabilisce le norme minime per la protezione delle galline ovaiole (GU L 203 del 3.8.1999, pag. 53). Si veda la versione consolidata. Direttiva 98/58/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, riguardante la protezione degli animali negli allevamenti (GU L 221 dell’8.8.1998, pag. 23). Si veda la versione consolidata.
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RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE del 10 aprile 2008 relativa alla gestione della proprietà intellettuale nelle attività di trasferimento delle conoscenze e al codice di buone pratiche destinato alle università e ad altri organismi pubblici di ricerca [notificata con il numero C(2008) 1329] (Testo rilevante ai fini del SEE) (2008/416/CE) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 165, considerando quanto segue: (1) Nel rilanciare la strategia di Lisbona nel 2005, i capi di Stato e di governo hanno sottolineato l’importanza di un migliore collegamento tra gli organismi pubblici di ricerca, comprese le università, e l’industria, per facilitare la circolazione e l’uso delle idee in una società della conoscenza dinamica e per migliorare la competitività e il benessere. (2) È necessario prodigarsi per migliorare il processo di conversione delle conoscenze in benefici socioeconomici. È necessario pertanto che gli organismi pubblici di ricerca divulghino e valorizzino con maggiore efficacia i risultati delle ricerche finanziate con fondi pubblici, allo scopo di trasformarli in nuovi prodotti e servizi. Questo obiettivo può essere conseguito con modalità diverse e, in particolare, mediante collaborazioni tra università e industria — ricerca collaborativa o a contratto condotta o cofinanziata con il settore privato — la concessione di licenze o la creazione di spin-off. (3) La valorizzazione efficace dei risultati della ricerca finanziata con fondi pubblici dipende da una gestione adeguata della proprietà intellettuale (ovvero della conoscenza nell’accezione più ampia del termine, comprendente, ad esempio, invenzioni, software, banche dati e microrganismi, protetti o meno da strumenti giuridici quali i brevetti), dallo sviluppo di una cultura imprenditoriale e delle competenze a essa associate negli organismi pubblici di ricerca, come pure da una comunicazione e interazione migliori tra i settori pubblico e privato. (4) La partecipazione attiva degli organismi pubblici di ricerca nella gestione della proprietà intellettuale e nel trasferimento delle conoscenze è essenziale per generare benefici socioeconomici e per attirare studenti, ricercatori e ulteriori finanziamenti per la ricerca. (5) Negli ultimi anni gli Stati membri hanno adottato iniziative per facilitare il trasferimento delle conoscenze a livello nazionale; tuttavia le significative discrepanze che esistono tra i quadri normativi, le politiche e le pratiche nazionali, come pure le norme differenti che disciplinano la proprietà intellettuale all’interno degli organismi pubblici di ricerca, impediscono o ostacolano il trasferimento delle conoscenze a livello transnazionale in Europa e la realizzazione dello Spazio europeo della ricerca. (6) A seguito della comunicazione della Commissione del 2007 (1) che illustrava le modalità per istituire un quadro comune europeo per il trasferimento delle conoscenze, il Consiglio europeo del giugno 2007 ha invitato la Commissione a elaborare orientamenti per la gestione della proprietà intellettuale da parte degli organismi pubblici di ricerca sotto forma di una raccomandazione agli Stati membri. (7) La presente raccomandazione mira a fornire agli Stati membri e alle loro regioni orientamenti strategici per l’elaborazione o l’aggiornamento di linee guida e quadri nazionali e agli organismi pubblici di ricerca un Codice di buone pratiche per consentire loro una migliore gestione della proprietà intellettuale e del trasferimento delle conoscenze. (8) La cooperazione nel campo della ricerca e dello sviluppo, come pure le attività di trasferimento delle conoscenze tra la Comunità e i paesi terzi, dovrebbe essere basata su pratiche e raccomandazioni chiare e uniformi che garantiscano un accesso equo e corretto alla proprietà intellettuale generata nell’ambito di collaborazioni internazionali nel campo della ricerca, con benefici per tutti i partecipanti. In tale ambito dovrebbe essere usato come riferimento il Codice di buone pratiche allegato. (9) È stata individuata una serie di buone pratiche che dovrebbero aiutare gli Stati membri a applicare la presente raccomandazione. Ogni Stato membro è libero di adottare le procedure e pratiche che ritiene più adeguate per garantire il rispetto dei principi della presente raccomandazione, tenendo conto della propria situazione specifica, dal momento che le pratiche che sono efficaci in uno Stato membro non sono necessariamente altrettanto efficaci in un altro. Dovrebbero inoltre essere presi in considerazione gli orientamenti esistenti a livello della Comunità e dell’OCSE. (10) La Commissione e gli Stati membri dovrebbero monitorare l’attuazione e l’impatto della presente raccomandazione e migliorare lo scambio di buone pratiche in materia di trasferimento delle conoscenze RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI DI: 1) garantire che tutti gli organismi pubblici di ricerca considerino il trasferimento delle conoscenze come una missione strategica; 2) incoraggiare gli organismi pubblici di ricerca a definire e divulgare politiche e procedure per la gestione della proprietà intellettuale in linea con il codice di buone pratiche di cui all’allegato I; 3) sostenere lo sviluppo di capacità e competenze per il trasferimento delle conoscenze negli organismi pubblici di ricerca, oltre a misure per rafforzare la consapevolezza e le competenze degli studenti — soprattutto nei settori della scienza e della tecnologia — in materia di proprietà intellettuale, trasferimento delle conoscenze e imprenditorialità; 4) promuovere un’ampia diffusione delle conoscenze generate grazie a finanziamenti pubblici, adottando misure atte a incoraggiare il libero accesso ai risultati della ricerca e garantendo al contempo che sia tutelata, laddove necessario, la proprietà intellettuale degli stessi; 5) cooperare e adottare misure per migliorare la coerenza dei rispettivi regimi per quanto attiene ai diritti di proprietà individuale, in modo da facilitare la cooperazione e il trasferimento transfrontalieri di conoscenze nell’ambito della ricerca e dello sviluppo; 6) applicare i principi delineati nella presente raccomandazione come base per introdurre o adeguare gli orientamenti e le normative nazionali in materia di gestione della proprietà intellettuale e di trasferimento delle conoscenze nonché per stipulare accordi di cooperazione nel campo della ricerca con paesi terzi, o ancora in relazione a altre misure destinate a promuovere il trasferimento di conoscenze o a istituire politiche o regimi di finanziamento nuovi nel rispetto della normativa sugli aiuti di Stato; 7) adottare misure destinate a garantire un’applicazione il più possibile ampia del codice di buone pratiche, sia in modo diretto sia mediante norme stabilite dagli enti nazionali o regionali di finanziamento della ricerca; 8) garantire un trattamento equo e corretto dei soggetti degli Stati membri e dei paesi terzi che partecipano a progetti di ricerca, per quanto riguarda la proprietà e l’accesso ai diritti di proprietà intellettuale, a vantaggio di tutti i partecipanti; 9) designare un referente a livello nazionale incaricato, tra l’altro, di coordinare le misure relative al trasferimento di conoscenze tra gli organismi pubblici di ricerca e il settore privato e di gestire gli aspetti transnazionali in collegamento con i suoi omologhi di altri Stati membri; 10) esaminare e utilizzare le migliori pratiche illustrate nell’allegato II, tenendo conto del contesto nazionale; 11) informare la Commissione entro il 15 luglio 2010, e successivamente ogni due anni, delle misure adottate sulla base della presente raccomandazione come pure del loro impatto. Fatto a Bruxelles, il 10 aprile 2008. Per la Commissione Janez POTOČNIK Membro della Commissione (1) COM(2007) 182. ALLEGATO I Codice di buone pratiche per le università e altri organismi pubblici di ricerca in materia di gestione della proprietà intellettuale e di trasferimento delle conoscenze Il presente codice di buone pratiche è costituito da tre serie fondamentali di principi. I principi di una politica della proprietà intellettuale interna (di seguito «PI») costituiscono la serie di principi di base che gli organismi pubblici di ricerca dovrebbero attuare per gestire in modo efficace la proprietà intellettuale derivante dalle attività — proprie o frutto di una collaborazione — nel settore della ricerca e dello sviluppo. I principi di una politica di trasferimento delle conoscenze (di seguito «TC») integrano quelli relativi alla politica della PI, essendo mirati più specificamente al trasferimento attivo e alla valorizzazione della proprietà intellettuale, sia essa o meno tutelata dai relativi diritti. I principi della ricerca collaborativa o a contratto dovrebbero riguardare tutti i tipi di attività di ricerca condotte o finanziate congiuntamente da un organismo pubblico di ricerca e dal settore privato e, in particolare, la ricerca collaborativa (in cui tutte le parti svolgono compiti di R&S) e la ricerca a contratto (in cui un’impresa privata appalta le attività di R&S a un organismo pubblico di ricerca). Principi di una politica della proprietà intellettuale interna 1. Sviluppare una politica della PI come parte integrante di una strategia e di una missione di lungo termine degli organismi pubblici di ricerca e divulgarla a livello interno ed esterno, designando un referente unico. 2. Questa politica dovrebbe indicare regole chiare per il personale e gli studenti, per quanto attiene in particolare alla diffusione di nuove idee con potenziale interesse commerciale, alla proprietà dei risultati della ricerca, alla tenuta di registri, alla gestione dei conflitti di interesse e ai rapporti con i terzi. 3. Promuovere l’individuazione, la valorizzazione e, dove opportuno, la protezione della proprietà intellettuale, in linea con la strategia e la missione degli organismi pubblici di ricerca e allo scopo di massimizzare i benefici socioeconomici. A tal fine possono essere adottate strategie differenti — adeguandole eventualmente ai rispettivi ambiti tecnico-scientifici — ad esempio gli approcci «dominio pubblico» o «innovazione aperta». 4. Fornire adeguati incentivi per garantire che tutto il personale svolga un ruolo attivo nell’attuazione della politica della proprietà intellettuale. Gli incentivi non dovrebbero essere soltanto di natura finanziaria ma favorire anche l’avanzamento di carriera, tenendo conto nelle procedure di valutazione della proprietà intellettuale e del trasferimento delle conoscenze, oltre che dei criteri accademici. 5. Prendere in considerazione l’istituzione di portafogli coerenti della proprietà intellettuale da parte degli organismi pubblici di ricerca — ad esempio in settori specifici della tecnologia — e, se opportuno, di comunità di brevetti/IP che comprendano anche la proprietà intellettuale di altri organismi pubblici di ricerca. Una tale iniziativa potrebbe facilitare la valorizzazione dei risultati, permettendo di creare una massa critica e di ridurre i costi di transazione per i terzi. 6. Rafforzare la consapevolezza e le competenze di base in materia di proprietà intellettuale e trasferimento delle conoscenze mediante azioni di formazione per gli studenti e i ricercatori e garantire che il personale responsabile della gestione di PI/TC possieda le qualifiche necessarie e riceva una formazione adeguata. 7. Mettere a punto e divulgare una politica di pubblicazione/diffusione, promuovendo un’ampia diffusione dei risultati delle attività di ricerca e sviluppo (ad esempio mediante la pubblicazione con accesso aperto), anche accettando eventuali ritardi — che dovrebbero tuttavia essere di entità minima — quando è in gioco la protezione della proprietà intellettuale. Principi di una politica di trasferimento delle conoscenze 8. Allo scopo di promuovere l’uso dei risultati della ricerca finanziata con fondi pubblici e di massimizzarne l’impatto socioeconomico, prendere in considerazione tutti i possibili tipi di meccanismi di valorizzazione (quali concessioni di licenze e creazione di spin-off) e tutti i possibili partner (quali spin-off o imprese esistenti, altri organismi pubblici di ricerca, investitori o servizi o agenzie di sostegno all’innovazione) e selezionare i più adeguati. 9. Benché una politica proattiva di PI/TC possa generare entrate supplementari per gli organismi pubblici di ricerca, ciò non dovrebbe essere considerato come un obiettivo primario. 10. Garantire che gli organismi pubblici di ricerca possiedano o abbiano accesso a servizi professionali di trasferimento delle conoscenze, come servizi di consulenza legale, finanziaria, commerciale e in materia di protezione e applicazione dei diritti di proprietà intellettuale, oltre a personale tecnicamente qualificato. 11. Elaborare e divulgare una politica di concessione di licenze allo scopo di armonizzare le pratiche degli organismi pubblici di ricerca e garantire la correttezza di tutte le transazioni. In particolare, il trasferimento dei diritti di proprietà intellettuale detenuti dagli organismi pubblici di ricerca e la concessione di licenze esclusive (1) dovrebbero essere accuratamente valutati, soprattutto in relazione a terzi parti non europei. Le licenze concesse a fini di valorizzazione dovrebbero comportare un’adeguata compensazione di tipo finanziario o di altro tipo. 12. Elaborare e divulgare una politica per la creazione di spin-off per incoraggiare (e dotare di opportuni mezzi) il personale degli organismi pubblici di ricerca a partecipare alla creazione di spin-off, laddove ciò si riveli appropriato. 13. Definire principi chiari relativamente alla ripartizione delle entrate ottenute grazie al trasferimento delle conoscenze tra organismi pubblici di ricerca, i dipartimenti e gli inventori. 14. Monitorare le attività di protezione della proprietà intellettuale e di trasferimento delle conoscenze e dei relativi risultati, e divulgare questi ultimi con cadenza regolare. I risultati ottenuti dagli organismi pubblici di ricerca, le relative competenze e i diritti di proprietà intellettuale dovrebbero essere resi maggiormente visibili al settore privato al fine di favorirne la valorizzazione. Principi relativi alla ricerca collaborativa e a contratto (2) 15. Le norme che disciplinano le attività di ricerca collaborativa o a contratto dovrebbero essere compatibili con la missione di ciascuna parte. Esse dovrebbero tenere conto del livello dei finanziamenti privati ed essere conformi agli obiettivi delle attività di ricerca, in particolare per massimizzare l’impatto commerciale e socioeconomico della ricerca, sostenere l’obiettivo degli organismi pubblici di ricerca di attirare finanziamenti privati per la ricerca, mantenere una posizione in materia di proprietà intellettuale che consenta di proseguire la ricerca collaborativa e accademica e non ostacolare la diffusione dei risultati di R&S 16. Gli aspetti relativi alla proprietà intellettuale dovrebbero essere chiariti a livello del management e nelle prime fasi del progetto di ricerca — ma idealmente prima che quest’ultimo abbia inizio. Tra questi aspetti figurano la ripartizione dei diritti di proprietà intellettuale generati nell’ambito del progetto (di seguito «nuove conoscenze»), l’individuazione dei diritti di proprietà intellettuale detenuti dalle parti prima dell’inizio del progetto (di seguito «conoscenze preesistenti») e necessari per l’esecuzione del progetto o per la valorizzazione dei risultati, i diritti di accesso (3) alle conoscenze nuove o preesistenti per tali scopi e la ripartizione degli utili. 17. In un progetto di ricerca collaborativa, la proprietà delle nuove conoscenze dovrebbe restare di pertinenza della parte che le ha generate ma potrà essere attribuita alle diverse parti sulla base di un accordo contrattuale concluso preliminarmente che rifletta adeguatamente gli interessi e i compiti delle parti e i contributi finanziari o di altra natura al progetto. Nel caso della ricerca a contratto le nuove conoscenze generate dall’organismo pubblico di ricerca sono di proprietà del partner privato, mentre il progetto non dovrebbe incidere sulla proprietà delle conoscenze preesistenti. 18. I diritti di accesso (3) dovrebbero essere chiariti dalle parti nelle prime fasi del progetto di ricerca — idealmente prima che quest’ultimo abbia inizio. Se necessario per la conduzione del progetto di ricerca o per la valorizzazione delle nuove conoscenze da parte di uno dei soggetti, dovrebbero essere concessi i diritti di accesso alle conoscenze nuove e preesistenti delle altre parti, con modalità che dovrebbero riflettere adeguatamente gli interessi e i compiti delle parti e i contributi finanziari o di altra natura al progetto. (1) Per quanto riguarda i risultati di R&S con diversi sbocchi pratici possibili, si dovrebbe evitare di concedere licenze esclusive senza alcuna limitazione a un settore specifico. Inoltre, di norma, gli organismi pubblici di ricerca dovrebbero riservare i diritti necessari a facilitare la divulgazione e a proseguire la ricerca. (2) Quando un organismo pubblico di ricerca si impegna in attività di ricerca collaborativa o a contratto con un partner industriale, la Commissione ritiene automaticamente (ovvero senza che sia necessaria alcuna notifica) che non sia stato concesso alcun aiuto di Stato indiretto al partner industriale per il tramite dell’organismo pubblico, se sono rispettate le condizioni di cui alla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione (GU C 323 del 30.12.2006, in particolare i punti 3.2.1 e 3.2.2). (3) Con «diritti di accesso» si intendono i diritti che le parti si sono conferite reciprocamente e che sono distinti dalle licenze assegnate a terzi. I diritti di accesso dovrebbero determinare quali parti possano utilizzare determinate conoscenze nuove o preesistenti a fini di ricerca e/o di valorizzazione e a quali condizioni. ALLEGATO II Pratiche seguite dalle autorità pubbliche che facilitano la gestione della proprietà intellettuale in attività di trasferimento delle conoscenze da parte di università e altri organismi pubblici di ricerca Trasferimento delle conoscenze come missione strategica degli organismi pubblici di ricerca 1. Il trasferimento delle conoscenze tra le università e l’industria costituisce una priorità politica permanente e operativa per tutti gli organismi pubblici di finanziamento della ricerca in uno Stato membro, sia a livello nazionale che regionale. 2. Si tratta di un aspetto che rientra chiaramente tra le competenze di un ministero incaricato di coordinare con altri ministeri le iniziative di promozione del trasferimento delle conoscenze. 3. Tutti i ministeri e gli enti regionali che effettuano attività di trasferimento delle conoscenze designano un funzionario responsabile di monitorarne l’impatto. I funzionari designati si incontrano regolarmente per scambiarsi informazioni e discutere delle modalità per migliorare il trasferimento delle conoscenze. Politiche di gestione della proprietà intellettuale 4. Viene incoraggiata la corretta gestione della proprietà intellettuale frutto di finanziamenti pubblici; tale gestione deve essere basata su principi consolidati che tengano conto degli interessi legittimi dell’industria (ad esempio, obblighi temporanei di riservatezza). 5. La politica della ricerca favorisce il ricorso al settore privato per contribuire a individuare le esigenze in campo tecnologico, per potenziare gli investimenti privati nella ricerca e incoraggiare la valorizzazione dei risultati della ricerca finanziata con fondi pubblici. Capacità e competenze per il trasferimento di conoscenze 6. Gli organismi pubblici di ricerca e il loro personale dispongono di risorse e incentivi sufficienti per svolgere attività di trasferimento delle conoscenze. 7. Sono adottate misure per garantire la disponibilità e facilitare l’assunzione di personale qualificato (ad esempio, personale responsabile del trasferimento di tecnologie) da parte degli organismi pubblici di ricerca. 8. Viene messa a disposizione una serie di contratti tipo, come pure uno strumento che consenta di selezionare il contratto tipo più adeguato sulla base di un certo numero di parametri. 9. Prima di mettere a punto nuovi meccanismi per promuovere il trasferimento di conoscenze (ad esempio, regimi di mobilità o finanziamento) vengono consultati i soggetti interessati, comprese le PMI, le grandi imprese e gli organismi pubblici di ricerca. 10. Viene incoraggiata la messa in comune delle risorse da parte degli organismi pubblici di ricerca a livello locale o regionale, quando detti organismi non raggiungano una massa critica in materia di spesa di ricerca tale da giustificare la presenza di un ufficio che si occupi del trasferimento delle conoscenze o di un responsabile della proprietà intellettuale. 11. Vengono avviati programmi di sostegno alle spin-off nel campo della ricerca che prevedano una formazione all’imprenditorialità, come pure una forte interazione degli organismi pubblici di ricerca con gli incubatori, i finanziatori e le agenzie di sostegno economico locali, ecc. 12. I governi erogano finanziamenti a sostegno del trasferimento di conoscenze e dell’impegno delle imprese negli organismi pubblici di ricerca, anche mediante l’assunzione di esperti. Coerenza nella cooperazione transnazionale 13. Per promuovere il trasferimento delle conoscenze a livello transnazionale e facilitare la cooperazione con soggetti di altri paesi, il detentore della proprietà intellettuale frutto di ricerche realizzate con finanziamenti pubblici è determinato da norme chiare e questa informazione, come pure quelle relative alle condizioni di finanziamento che possono incidere sul trasferimento delle conoscenze, deve essere facilmente accessibile. Nella maggior parte degli Stati membri dell’UE la proprietà istituzionale — in opposizione al regime del «privilegio del professore» — è considerata automaticamente come il regime giuridico che disciplina la proprietà intellettuale negli organismi pubblici di ricerca. 14. Quando vengono firmati accordi internazionali di cooperazione nella ricerca, i termini e le condizioni relativi ai progetti finanziati nell’ambito dei regimi di entrambi i paesi assegnano diritti analoghi a tutti i partecipanti, soprattutto per quanto riguarda l’accesso alla proprietà intellettuale e le relative restrizioni d’uso. Divulgazione delle conoscenze 15. Gli organismi di finanziamento pubblico della ricerca prevedono l’accesso aperto per quanto concerne le pubblicazioni scientifiche oggetto di esame inter pares e risultanti da ricerche finanziate con fondi pubblici. 16. Viene favorito l’accesso aperto ai dati della ricerca in linea con i principi e orientamenti per l’accesso ai dati delle ricerca finanziata con fondi pubblici dell’OCSE e tenendo conto delle restrizioni relative alla loro valorizzazione commerciale. 17. Mediante finanziamenti pubblici e in linea con le politiche di accesso aperto, vengono messi a punto sistemi di archiviazione dei risultati della ricerca (come, ad esempio, banche dati accessibili via Internet). Controllo dell’attuazione 18. Sono attuati i meccanismi necessari per monitorare e riesaminare i progressi compiuti degli organismi pubblici di ricerca nazionali nelle attività di trasferimento delle conoscenze, ad esempio mediante relazioni annuali di tali organismi. Queste informazioni, unitamente alle migliori pratiche, sono inoltre messe a disposizione degli altri Stati membri.
La gestione della proprietà intellettuale da parte delle università e degli organismi pubblici di ricerca QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE? La raccomandazione ha lo scopo di migliorare la gestione della proprietà intellettuale e il trasferimento delle conoscenze da parte delle università e degli organismi pubblici di ricerca nei paesi dell’UE. In questa raccomandazione, la Commissione europea esorta i paesi dell’UE a introdurre politiche od orientamenti rivolti ad assicurare che i risultati della ricerca scientifica finanziata con fondi pubblici siano usati commercialmente o per ulteriori ricerche, per favorire la diffusione delle innovazioni. PUNTI CHIAVE Viene raccomandato alle università e agli organismi pubblici di ricerca di gestire la loro proprietà intellettuale in modo da facilitare il trasferimento delle conoscenze, in particolare attraverso la concessione di licenze e la creazione di spin-off. Al fine di migliorare la gestione e la conoscenza della proprietà intellettuale da parte delle università europee e degli organismi pubblici di ricerca, tale raccomandazione stabilisce diversi principi che gli stati membri sono chiamati a seguire durante la fase di preparazione dei loro orientamenti o regole. In conformità a tali principi, la Commissione sollecita i paesi membri a: far sì che il trasferimento della conoscenza sia una priorità per le università e per gli organismi pubblici di ricerca; invitare le università e gli organismi pubblici di ricerca a preparare e mettere in atto misure riguardanti la gestione della proprietà intellettuale in linea con il codice di buone pratiche specificato nell’Allegato I della raccomandazione; incoraggiare lo sviluppo delle capacità e delle abilità nella proprietà intellettuale, nel trasferimento delle conoscenze e nella cultura dell’imprenditorialità nelle università e negli organismi pubblici di ricerca; consentire la diffusione dei risultati delle ricerche finanziate con fondi pubblici, pur garantendo una protezione adeguata della proprietà intellettuale; collaborare al fine di migliorare la coerenza dei loro rispettivi programmi in materia di proprietà intellettuale, per facilitare la cooperazione e il trasferimento delle conoscenze su scala internazionale in ambito di ricerca e sviluppo; utilizzare i principi previsti in tale raccomandazione come base per preparare o adattare le linee guida e le norme sulla gestione della proprietà intellettuale, sul trasferimento delle conoscenze o sulle nuove strategie per l’erogazione di fondi, o per concludere accordi di cooperazione con paesi non membri nel campo della ricerca; monitorare l’adempimento del codice di buone pratiche; garantire un trattamento equo e corretto per i progetti di ricerca internazionale in termini di diritti di proprietà intellettuale, nell’interesse comune di tutti i partner coinvolti; designare un contatto nazionale responsabile per il coordinamento delle misure sul trasferimento delle conoscenze tra gli organismi pubblici di ricerca e il settore privato; esaminare e adottare le migliori pratiche previste nell’Allegato II della raccomandazione, tenendo conto del contesto nazionale; informare la Commissione, entro il 15 luglio 2010 e successivamente ogni 2 anni, delle misure adottate sulla base di questa raccomandazione e del loro impatto. Il codice di buone pratiche per le università e gli organismi pubblici di ricerca propone i principi operativi che gli organismi pubblici e le università devono usare nel definire e nel rivedere le loro politiche istituzionali. Le università dovrebbero, in particolare, incoraggiare l’utilizzo e la divulgazione dei risultati della ricerca finanziata con fondi pubblici, pur nel rispetto della protezione della proprietà intellettuale. CONTESTO Tale raccomandazione è una delle cinque iniziative strategiche pianificate dalla commissione nel 2008 che fanno seguito al suo Libro Verde rivolto a creare un autentico Spazio europeo della ricerca. Si basa anche sulla comunicazione della Commissione del 2007 sul trasferimento delle conoscenze. Per maggiori informazioni, consultare: Spazio europeo della ricerca (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Raccomandazione 2008/416/CE della Commissione, del 10 aprile 2008 relativa alla gestione della proprietà intellettuale nelle attività di trasferimento delle conoscenze e al codice di buone pratiche destinato alle università e ad altri organismi pubblici di ricerca (GU L 146 del 5.6.2008, pagg. 19–24)
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Regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio del 3 maggio 1998 relativo all'introduzione dell'euro Gazzetta ufficiale n. L 139 del 11/05/1998 pag. 0001 - 0005 REGOLAMENTO (CE) N. 974/98 DEL CONSIGLIO del 3 maggio 1998 relativo all'introduzione dell'euroIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 109 L, paragrafo 4, terza frase,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere dell'Istituto monetario europeo (2),visto il parere del Parlamento europeo (3),(1) considerando che il presente regolamento definisce le norme applicabili in materia monetaria negli Stati membri che hanno adottato l'euro; che il regolamento (CE) n. 1103/97 del Consiglio, del 17 giugno 1997, relativo a talune disposizioni per l'introduzione dell'euro (4), ha già fissato le norme concernenti la continuità dei contratti, la sostituzione dei riferimenti all'ECU negli strumenti giuridici mediante riferimenti all'euro ed infine l'arrotondamento degli importi; che l'introduzione dell'euro riguarda le operazioni quotidiane di tutta la popolazione degli Stati membri partecipanti; che, per assicurare un passaggio equilibrato, in particolare per i consumatori, occorrerebbe prendere in esame disposizioni diverse da quelle contenute nel presente regolamento e nel regolamento (CE) n. 1103/97;(2) considerando che nella riunione del Consiglio europeo tenutasi a Madrid il 15 e il 16 dicembre 1995 è stato deciso che l'espressione «ECU» utilizzata nel trattato per indicare l'unità monetaria europea è un'espressione generica; che i governi dei quindici Stati membri hanno convenuto che questa decisione costituisce l'interpretazione concordata e definitiva delle disposizioni pertinenti del trattato; che la denominazione della moneta europea sarà «euro»; che l'euro in quanto moneta degli Stati membri partecipanti sarà diviso in cento unità divisionali denominate «cent»; che la scelta del nome «cent» non esclude l'utilizzo delle varianti linguistiche di tale termine in uso comune negli Stati membri; che il Consiglio europeo ha inoltre convenuto che la denominazione della moneta unica deve essere la stessa in tutte le lingue ufficiali dell'Unione europea, tenuto conto dell'esistenza di alfabeti diversi;(3) considerando che, a norma dell'articolo 109 L, paragrafo 4, terza frase del trattato, oltre all'adozione dei tassi di conversione, il Consiglio adotta anche le altre misure necessarie per la rapida introduzione dell'euro;(4) considerando che ogniqualvolta uno Stato membro divenga, a norma dell'articolo 109 K, paragrafo 2 del trattato, uno Stato membro partecipante, il Consiglio, in forza dell'articolo 109 L, paragrafo 5 del trattato, adotta le altre misure necessarie per la rapida introduzione dell'euro come moneta unica nello Stato membro interessato;(5) considerando che, a norma dell'articolo 109 L, paragrafo 4 del trattato, alla data di inizio della terza fase il Consiglio adotta i tassi di conversione ai quali le monete degli Stati membri partecipanti sono irrevocabilmente vincolate e il tasso irrevocabilmente fissato al quale l'euro viene a sostituirsi a queste valute;(6) considerando che le disposizioni normative vanno interpretate tenendo conto dell'assenza di rischi di cambio tra l'unità euro e le unità monetarie nazionali o tra le varie unità monetarie nazionali;(7) considerando che il termine «contratto» utilizzato nella definizione degli strumenti giuridici comprende tutti i tipi di contratto, indipendentemente dalle modalità della loro stipulazione;(8) considerando che, al fine di preparare un'agevole transizione verso l'euro, occorre prevedere un periodo transitorio tra la sostituzione dell'euro alle monete degli Stati membri partecipanti e l'introduzione delle banconote e delle monete metalliche in euro; che durante tale periodo le unità monetarie nazionali saranno definite come suddivisioni dell'euro; che risulta pertanto stabilita un'equivalenza giuridica tra l'unità euro e le unità monetarie nazionali;(9) considerando che, a norma dell'articolo 109 G del trattato e del regolamento (CE) n. 1103/97, dal 1° gennaio 1999 l'euro sostituirà l'ECU come unità di conto delle istituzioni delle Comunità europee; che l'euro dovrebbe essere inoltre l'unità di conto della Banca centrale europea (BCE) e delle banche centrali degli Stati membri partecipanti; che, secondo le conclusioni di Madrid, le operazioni di politica monetaria saranno effettuate in euro dal Sistema europeo di banche centrali (SEBC); che ciò non impedisce alle banche centrali nazionali di tenere conti nelle rispettive unità monetarie nazionali durante il periodo transitorio, in particolare per il loro personale e per le pubbliche amministrazioni;(10) considerando che, durante il periodo transitorio, ciascuno Stato membro partecipante può consentire l'impiego generalizzato dell'unità euro nel suo territorio;(11) considerando che durante il periodo transitorio suddetto i contratti, le normative nazionali e gli altri strumenti giuridici possono essere validamente espressi in unità euro o nelle unità monetarie nazionali; che, durante lo stesso periodo, nessuna disposizione del presente regolamento dovrebbe pregiudicare la validità di qualsiasi riferimento a unità monetarie nazionali in uno strumento giuridico;(12) considerando che, salvo patto contrario, nell'esecuzione di tutti gli atti sanciti da uno strumento giuridico gli operatori economici devono rispettare la denominazione ivi prevista;(13) considerando che l'unità euro e l'unità monetaria nazionale sono unità della stessa moneta; che dovrebbe essere garantita la possibilità, all'interno degli Stati membri partecipanti, di effettuare i pagamenti tramite accredito di un conto nell'unità euro ovvero nelle rispettive unità monetarie nazionali; che le disposizioni relative ai pagamenti tramite accredito di un conto dovrebbero applicarsi anche ai pagamenti transfrontalieri denominati nell'unità euro o nell'unità monetaria nazionale del conto del creditore; che è necessario garantire il buon funzionamento dei sistemi di pagamento con disposizioni sull'accredito di conti tramite strumenti di pagamento accreditati mediante detti sistemi; che le disposizioni relative ai pagamenti tramite accredito di un conto non dovrebbero comportare per gli intermediari finanziari l'obbligo di rendere disponibili altre possibilità di pagamento ovvero prodotti denominati in qualsiasi particolare unità dell'euro; che le disposizioni relative ai pagamenti tramite accredito di un conto non impediscono agli intermediari finanziari di coordinare, durante il periodo transitorio, l'introduzione di possibilità di pagamento denominate in unità euro basate su un'infrastruttura tecnica comune;(14) considerando che, in base alle conclusioni del Consiglio europeo di Madrid, a decorrere dal 1° gennaio 1999 il nuovo debito pubblico negoziabile sarà emesso dagli Stati membri partecipanti in unità euro; che è opportuno consentire agli emittenti del debito di ridenominare il debito in essere in unità euro; che le disposizioni in materia di ridenominazione dovrebbero essere tali da poter essere applicate anche nelle giurisdizioni di paesi terzi; che gli emittenti dovrebbero essere in grado di ridenominare il debito in essere ove esso sia denominato nell'unità monetaria nazionale di uno Stato membro che ha ridenominato, in tutto o in parte, il debito in essere della sua pubblica amministrazione; che tali disposizioni non riguardano l'introduzione di misure supplementari intese a modificare i termini del debito in essere per alterarne, fra l'altro, l'importo nominale, essendo queste materie soggette alle pertinenti norme del diritto nazionale; che è opportuno consentire agli Stati membri di adottare gli opportuni provvedimenti per modificare l'unità di calcolo utilizzata per le procedure operative dei mercati organizzati;(15) considerando che potrebbero inoltre essere necessarie ulteriori iniziative a livello comunitario per chiarire l'effetto dell'introduzione dell'euro sull'applicazione delle disposizioni comunitarie vigenti, con particolare riguardo al netting, alla compensazione e all'utilizzo di tecniche aventi effetti simili;(16) considerando che l'obbligo d'impiego dell'unità euro può essere imposto soltanto in base alla normativa comunitaria; che per le operazioni con il settore pubblico gli Stati membri partecipanti possono consentire l'utilizzazione dell'unità euro; che, conformemente allo scenario di riferimento deciso dal Consiglio europeo di Madrid, la normativa comunitaria che stabilisce il calendario per la generalizzazione dell'impiego dell'unità euro potrebbe lasciare un margine di manovra ai singoli Stati membri;(17) considerando che, a norma dell'articolo 105 A del trattato, il Consiglio può adottare misure per armonizzare le denominazioni e le specificazioni tecniche di tutte le monete metalliche;(18) considerando che occorre tutelare adeguatamente le banconote e le monete metalliche contro la contraffazione;(19) considerando che le banconote e le monete metalliche denominate nelle unità monetarie nazionali cessano di avere corso legale al più tardi sei mesi dopo la fine del periodo transitorio; che le eventuali limitazioni di pagamento in banconote o monete metalliche, decise dagli Stati membri per motivi d'interesse pubblico, non sono incompatibili con il corso legale delle banconote e delle monete metalliche in euro, a condizione che esistano altri mezzi legali di estinzione dei debiti pecuniari;(20) considerando che, dopo la fine del periodo transitorio, i riferimenti presenti negli strumenti giuridici in vigore alla fine di tale periodo devono intendersi come riferimenti all'unità euro sulla base dei rispettivi tassi di conversione; che pertanto non è necessaria, per ottenere tale risultato, una ridenominazione materiale degli strumenti giuridici in vigore; che le regole di arrotondamento stabilite dal regolamento (CE) n. 1103/97 si applicano anche alle conversioni effettuate alla fine del periodo transitorio o successivamente ad esso; che comunque per motivi di chiarezza può essere opportuno procedere alla ridenominazione materiale il più presto possibile;(21) considerando che il protocollo n. 11 su talune disposizioni relative al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord stabilisce al punto 2 che, inter alia, il punto 5 del protocollo stesso produce effetto se il Regno Unito notifica al Consiglio che non intende passare alla terza fase; che il 30 ottobre 1997 il Regno Unito ha comunicato al Consiglio che non intende passare alla terza fase; che il punto 5 stabilisce, inter alia, che l'articolo 109 L, paragrafo 4 del trattato non si applica al Regno Unito;(22) considerando che, nel riferirsi al punto 1 del protocollo n. 12 su talune disposizioni relative alla Danimarca, questa ha comunicato, nell'ambito della decisione di Edimburgo del 12 dicembre 1992, che non parteciperà alla terza fase; che pertanto, ai sensi del punto 2 del suddetto protocollo, alla Danimarca si applicano tutti gli articoli e tutte le disposizioni del trattato e dello Statuto del SEBC che fanno riferimento ad una deroga;(23) considerando che, a norma dell'articolo 109 L, paragrafo 4 del trattato, la moneta unica sarà introdotta esclusivamente negli Stati membri che non sono oggetto di una deroga;(24) considerando che, pertanto, il presente regolamento si applica a norma dell'articolo 189 del trattato, fatti salvi i protocolli n. 11 e n. 12 e l'articolo 109 K, paragrafo 1,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:PARTE I DEFINIZIONI Articolo 1 Ai fini del presente regolamento, si intende per:- «Stati membri partecipanti»: Belgio, Germania, Spagna, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria, Portogallo e Finlandia;- «strumenti giuridici»: disposizioni normative, atti amministrativi, decisioni giudiziarie, contratti, atti giuridici unilaterali, strumenti di pagamento diversi dalle banconote e dalle monete metalliche ed altri strumenti aventi efficacia giuridica;- «tasso di conversione»: il tasso di conversione irrevocabilmente fissato, adottato dal Consiglio per la moneta di ciascuno Stato membro partecipante a norma dell'articolo 109 L, paragrafo 4, prima frase del trattato;- «unità euro»: l'unità monetaria di cui all'articolo 2, seconda frase;- «unità monetarie nazionali»: le unità delle monete degli Stati membri partecipanti, così come definite il giorno precedente l'inizio della terza fase dell'Unione economica e monetaria;- «periodo transitorio»: il periodo di tempo che inizia il 1° gennaio 1999 e termina il 31 dicembre 2001;- «ridenominare»: modificare l'unità nella quale è espresso l'importo di un debito in essere da un'unità monetaria nazionale all'unità euro, come definito all'articolo 2; l'atto della ridenominazione lascia tuttavia inalterato ogni altro termine del debito, essendo questa una materia soggetta alle pertinenti norme del diritto nazionale.PARTE II SOSTITUZIONE DELL'EURO ALLE MONETE DEGLI STATI MEMBRI PARTECIPANTI Articolo 2 A decorrere dal 1° gennaio 1999, la moneta degli Stati membri partecipanti è l'euro. L'unità monetaria è un euro. Un euro è diviso in cento cent.Articolo 3 L'euro sostituisce, al tasso di conversione, la moneta di ciascuno Stato membro partecipante.Articolo 4 L'euro è l'unità di conto della Banca centrale europea (BCE) e delle Banche centrali degli Stati membri partecipanti.PARTE III DISPOSIZIONI TRANSITORIE Articolo 5 Gli articoli 6, 7, 8 e 9 si applicano durante il periodo transitorio.Articolo 6 1. L'euro è altresì diviso nelle unità monetarie nazionali in base ai tassi di conversione. Ogni divisione delle monete nazionali in unità divisionali viene mantenuta. Subordinatamente alle disposizioni del presente regolamento, continua ad applicarsi la normativa degli Stati membri in materia monetaria.2. Ove uno strumento giuridico faccia riferimento ad un'unità monetaria nazionale, tale riferimento ha il medesimo valore di un riferimento all'unità euro in base ai tassi di conversione.Articolo 7 La sostituzione dell'euro alla moneta di ciascuno Stato membro partecipante non ha di per sé l'effetto di alterare la denominazione degli strumenti giuridici in vigore alla data di tale sostituzione.Articolo 8 1. Gli atti da compiersi in forza di strumenti giuridici che prevedano l'impiego di un'unità monetaria nazionale o che siano in essa denominati sono compiuti in tale unità monetaria nazionale. Gli atti da compiersi in forza di strumenti giuridici che prevedano l'impiego dell'unità euro o che siano in essa denominati vengono compiuti in unità euro.2. Le disposizioni del precedente paragrafo 1 si applicano salvo accordo diverso tra le parti.3. In deroga alle disposizioni del paragrafo 1, qualsiasi importo denominato in unità euro o nell'unità monetaria nazionale di un dato Stato membro partecipante e pagabile in detto Stato membro mediante accredito sul conto del creditore può essere versato dal debitore indifferentemente in unità euro o nell'unità monetaria nazionale in questione. Detto importo deve essere accreditato sul conto del creditore nell'unità monetaria in cui è denominato il conto medesimo; ogni conversione necessaria a tal fine viene effettuata ai tassi di conversione.4. In deroga alle disposizioni del paragrafo 1, ciascuno Stato membro partecipante può adottare i provvedimenti necessari al fine di:- ridenominare in unità euro il debito in essere emesso dalla sua pubblica amministrazione, come definito nel sistema europeo di conti integrati, denominato in unità monetaria nazionale ed emesso a norma del diritto nazionale. Qualora uno Stato membro adotti una siffatta misura, gli emittenti possono ridenominare in unità euro il debito denominato nell'unità monetaria nazionale dello Stato membro in questione, salvo ove la ridenominazione sia espressamente esclusa dai termini del contratto; la presente disposizione si applica al debito emesso dall'amministrazione pubblica di uno Stato membro nonché alle obbligazioni e alle altre forme di debito mobiliarizzato negoziabile sui mercati finanziari ed agli strumenti del mercato monetario emessi da altri debitori;- consentire:a) ai mercati per il regolare scambio, la compensazione e la liquidazione degli strumenti elencati nella sezione B dell'allegato della direttiva 93/22/CEE del Consiglio, del 10 maggio 1993, relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari (5), nonché delle merci, eb) ai sistemi per il regolare scambio, la compensazione e la liquidazione dei pagamentidi cambiare l'unità di conto utilizzata per le loro procedure operative da un'unità monetaria nazionale all'unità euro.5. Gli Stati membri partecipanti possono adottare disposizioni diverse da quelle del precedente paragrafo 4, che impongano l'impiego di unità euro, solo secondo un calendario stabilito dalla normativa comunitaria.6. Le norme nazionali degli Stati membri partecipanti che consentono o impongono il netting, la compensazione o l'utilizzo di tecniche aventi effetti simili si applicano alle obbligazioni pecuniarie indipendentemente dal fatto che siano denominate in unità euro o in unità monetarie nazionali; ogni conversione necessaria a tal fine viene effettuata ai tassi di conversione.Articolo 9 Le banconote e le monete metalliche denominate in un'unità monetaria nazionale continuano ad avere corso legale entro i loro limiti territoriali del giorno precedente l'entrata in vigore del presente regolamento.PARTE IV BANCONOTE E MONETE METALLICHE IN EURO Articolo 10 A decorrere dal 1° gennaio 2002 la BCE e le Banche centrali degli Stati membri partecipanti immettono in circolazione banconote denominate in euro. Fatto salvo l'articolo 15, dette banconote denominate in euro sono le uniche banconote aventi corso legale in tutti gli Stati membri partecipanti.Articolo 11 A decorrere dal 1° gennaio 2002 gli Stati membri partecipanti coniano monete metalliche denominate in euro o in cent, conformi alle denominazioni e alle specificazioni tecniche che il Consiglio può stabilire a norma dell'articolo 105 A, paragrafo 2, seconda frase del trattato. Fatto salvo l'articolo 15, dette monete metalliche sono le uniche monete metalliche aventi corso legale in tutti gli Stati membri partecipanti. Ad eccezione dell'autorità emittente e delle persone specificamente designate dalla normativa nazionale dello Stato membro emittente, nessuno è obbligato ad accettare più di cinquanta monete metalliche in un singolo pagamento.Articolo 12 Gli Stati membri partecipanti assicurano sanzioni adeguate contro l'alterazione e la contraffazione delle banconote e delle monete metalliche.PARTE V DISPOSIZIONI FINALI Articolo 13 Gli articoli 14, 15 e 16 si applicano dopo lo scadere del periodo transitorio.Articolo 14 I riferimenti alle unità monetarie nazionali presenti negli strumenti giuridici in vigore al termine del periodo transitorio vengono intesi come riferimenti all'unità euro, da calcolarsi in base ai rispettivi tassi di conversione. Si applicano le regole di arrotondamento definite nel regolamento (CE) n. 1103/97.Articolo 15 1. Le banconote e le monete metalliche denominate in un'unità monetaria nazionale ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1 continuano ad avere corso legale entro i loro limiti territoriali per sei mesi al massimo dopo la fine del periodo transitorio; tale lasso di tempo può essere abbreviato da una norma nazionale.2. Per un periodo non superiore a sei mesi dopo la fine del periodo transitorio, ogni Stato membro partecipante può stabilire norme per l'impiego delle banconote e delle monete metalliche denominate nella propria unità monetaria nazionale, a norma dell'articolo 6, paragrafo 1, e adottare qualsiasi misura necessaria ad agevolare il loro ritiro.Articolo 16 Conformemente alla normativa o agli usi degli Stati membri partecipanti, i rispettivi organismi responsabili dell'emissione di banconote e del conio di monete continuano a scambiare contro euro, al tasso di conversione, le banconote e le monete precedentemente emesse e coniate.PARTE VI ENTRATA IN VIGORE Articolo 17 Il presente regolamento entra in vigore il 1° gennaio 1999.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri, a norma del trattato e fatti salvi i protocolli n. 11 e n. 12 e l'articolo 109 K, paragrafo 1.Fatto a Bruxelles, addí 3 maggio 1998Per il ConsiglioIl PresidenteG. BROWN(1) GU C 369 del 7. 12. 1996, pag. 10.(2) GU C 205 del 5. 7. 1997, pag. 18.(3) GU C 380 del 16. 12. 1996, pag. 50.(4) GU L 162 del 19. 6. 1997, pag. 1.(5) GU L 141 dell'11. 6. 1993, pag. 27. Direttiva modificata dalla direttiva 95/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 168 del 18. 7. 1995, pag. 7)
L’adozione dell’euro QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO E DELL’ARTICOLO 140 DEL TFUE? Il regolamento definisce i requisiti monetari legali che i paesi dell’Unione europea (UE) che hanno adottato l’euro devono rispettare. Definisce le diverse fasi che portano all’introduzione dell’euro. L’articolo 140 del TFUE stabilisce i criteri per l’adesione all’unione economica e monetaria e per l’adozione dell’euro. Prevede una verifica regolare dei progressi rispetto a tali requisiti compiuti dai paesi al di fuori dell’area dell’euro. PUNTI CHIAVE Il regolamento sull’adozione dell’euro:contiene i dettagli sulle date per l’introduzione della moneta unica, per la sostituzione del contante e per il ritiro della valuta nazionale, relativamente a ciascun paese di adozione dell’euro;conferma che la moneta unica è l’euro, che è diviso in 100 centesimi e sostituisce la valuta nazionale dei paesi partecipanti al tasso di conversione concordato;offre alla Banca centrale europea e alle banche centrali nazionali dei paesi partecipanti all’euro il potere esclusivo di mettere in circolazione banconote in euro;consente alle banconote e monete nazionali di avere corso legale fino al giorno prima della data di adozione dell’euro;stabilisce i termini di eventuali periodi di abbandono graduale per le valute nazionali, una possibilità che nessun paese membro ha sfruttato;dichiara che le banconote e le monete nazionali continuano ad avere corso legale nei loro rispettivi paesi fino a sei mesi successivi alle rispettive date di sostituzione del contante;osserva che le banconote e le monete in euro sono le uniche ad avere corso legale nei paesi dell’area dell’euro dopo le rispettive date di sostituzione;autorizza i paesi dell’euro ad applicare adeguate sanzioni in caso di contraffazioni o falsificazioni di banconote e monete. Per adottare l’euro, i paesi devono soddisfare le seguenti quattro condizioni economiche e finanziarie, note come criteri di convergenza, come riportate all’articolo 140 del TFUE e nel protocollo n. 13 del TFUE:stabilità dei prezzi: mantenere per un anno un tasso di inflazione che non ecceda l’1,5% di quello dei tre paesi che hanno i tassi nazionali più bassi dell’area dell’euro;finanze pubbliche: garantire che siano sane e sostenibili, limitando il disavanzo e il debito nazionale affinché non eccedano rispettivamente il 3% e il 60% del prodotto interno lordo nazionale;stabilità del tasso di cambio: evitare fluttuazioni valutarie eccessive per almeno due anni, partecipando al meccanismo di cambio, che disciplina i tassi di cambio dei paesi dell’area dell’euro e dei paesi non euro;convergenza dei tassi d’interesse: avere un tasso di interesse a lungo termine che non ecceda di due punti percentuali quelli dei tre paesi dell’area dell’euro che hanno conseguito i migliori risultati. La Commissione europea ha contribuito a preparare l’arrivo dell’euro con una campagna di informazione ad ampio raggio, diretta a:le imprese che avrebbero utilizzato l’euro nelle transazioni a partire dal 1 gennaio 2002;il grande pubblico, che si sarebbe dovuto adattare alle nuove monete e banconote e ai prezzi e valori che esse esprimono;i gruppi con esigenze specifiche come quelli socialmente o economicamente isolati, con disabilità fisiche o non in grado di leggere o scrivere;i bambini che sarebbero cresciuti con la nuova moneta e avrebbero potuto contribuire a renderla familiare ai loro genitori e familiari più anziani. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 1 gennaio 1999. CONTESTO Il 2019 segna il 20° anniversario dell’introduzione dell’euro. Il 1 gennaio 1999, 11 paesi dell’UE hanno fissato i propri tassi di cambio, hanno adottato una politica monetaria condivisa e hanno varato l’euro come nuova valuta comune sui mercati finanziari mondiali. L’euro, oggi, è la valuta di diciannove paesi dell’UE. Per maggiori informazioni, consultare:l’adozione dell’euro: principi, procedure e criteri (banca centrale europea) L’euro (Commissione europea) I vent’anni dell’euro (Europa). DOCUMENTI PRINCIPALI Regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all’introduzione dell’euro (GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 974/98 sono state inserite nel testo originario. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche dell’Unione e azioni interne — Titolo VIII — Politica economica e monetaria — Capo 5 — Disposizioni transitorie — Articolo 140 (ex articoli 121, paragrafo 1, 122, paragrafo 2, seconda frase, e 123, paragrafo 5, del TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 108). DOCUMENTO COLLEGATO Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Protocollo n. 13 sui criteri di convergenza (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 281).
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