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DIRETTIVA 2007/45/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 5 settembre 2007
che reca disposizioni sulle quantità nominali dei prodotti preconfezionati, abroga le direttive 75/106/CEE e 80/232/CEE del Consiglio e modifica la direttiva 76/211/CEE del Consiglio
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 95,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 75/106/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1974, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al precondizionamento in volume di alcuni liquidi in imballaggi preconfezionati (3), e la direttiva 80/232/CEE del Consiglio, del 15 gennaio 1980, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle gamme di quantità nominali e capacità nominali ammesse per taluni prodotti in imballaggi preconfezionati (4), hanno stabilito quantità nominali per una serie di prodotti liquidi e non liquidi in imballaggi preconfezionati, allo scopo di garantire la libera circolazione dei prodotti che soddisfano i requisiti di dette direttive. Per la maggior parte dei prodotti è consentita la coesistenza di quantità nominali nazionali e di quantità nominali comunitarie. Per alcuni prodotti, tuttavia, sono stabilite quantità nominali comunitarie che escludono qualsiasi quantità nominale nazionale.
(2)
L’evoluzione delle preferenze dei consumatori e l’innovazione nel settore del preconfezionamento e della vendita al dettaglio a livello comunitario e nazionale hanno reso necessario valutare l’adeguatezza della legislazione in vigore.
(3)
La Corte di giustizia ha sostenuto nella sentenza del 12 ottobre 2000, nella causa C-3/99 Cidrerie-Ruwet (5), che gli Stati membri non sono autorizzati a vietare lo smercio di un imballaggio preconfezionato di volume nominale non compreso nella gamma comunitaria, legalmente fabbricato e immesso in commercio in un altro Stato membro, salvo il caso che tale divieto sia diretto a soddisfare un’esigenza imperativa attinente alla tutela dei consumatori, sia indistintamente applicabile ai prodotti nazionali ed ai prodotti di importazione, sia necessario per soddisfare tale esigenza imperativa e proporzionato all’obiettivo perseguito, e tale obiettivo non possa essere raggiunto con provvedimenti che ostacolino in misura minore gli scambi comunitari.
(4)
La tutela dei consumatori è facilitata dalla legislazione adottata in seguito alle direttive 75/106/CEE e 80/232/CEE, in particolare la direttiva 98/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori (6). Gli Stati membri che non abbiano ancora provveduto dovrebbero valutare se applicare la direttiva 98/6/CE a certe piccole imprese al dettaglio.
(5)
Una valutazione d’impatto, comprendente un’ampia consultazione di tutte le parti interessate, ha indicato che in svariati settori le quantità nominali libere aumentano la libertà dei produttori di fornire merci rispondenti ai gusti dei consumatori e stimolano la concorrenza in termini di qualità e prezzo nel mercato interno. In altri settori, tuttavia, è più appropriato, nell’interesse dei consumatori e dell’industria, conservare per il momento quantità nominali obbligatorie.
(6)
L’attuazione della presente direttiva dovrebbe essere accompagnata da una maggiore informazione destinata ai consumatori e all’industria per aumentare la comprensione del prezzo per unità di misura.
(7)
Le quantità nominali, pertanto, non dovrebbero in linea di massima essere regolamentate a livello comunitario o nazionale e dovrebbe essere possibile commercializzare merci in imballaggi preconfezionati in qualsiasi quantità nominale.
(8)
Tuttavia, in taluni settori tale deregolamentazione potrebbe tradursi in costi supplementari sproporzionatamente elevati, in particolare per le piccole e medie imprese. Per questi settori si dovrebbe quindi adeguare la legislazione comunitaria vigente alla luce dell’esperienza acquisita, in particolare per garantire che vengano fissate quantità nominali comunitarie almeno per i prodotti più venduti ai consumatori.
(9)
Poiché il mantenimento delle quantità nominali obbligatorie andrebbe considerato una deroga, tranne che nel settore dei vini e delle sostanze alcoliche, che presenta caratteristiche specifiche, dovrebbe essere rivalutato periodicamente alla luce dell’esperienza acquisita e per rispondere alle esigenze dei consumatori e dei produttori. Per i settori nei quali le quantità nominali obbligatorie possono essere mantenute, qualora la Commissione constati una perturbazione del mercato o una destabilizzazione del comportamento dei consumatori, in particolare di quelli più vulnerabili, essa dovrebbe valutare se gli Stati membri dovrebbero essere autorizzati a mantenere periodi transitori e a mantenere in particolare i formati della gamma obbligatoria di maggior consumo.
(10)
Negli Stati membri in cui il pane preconfezionato costituisce gran parte del normale consumo, vi è una forte correlazione tra la dimensione degli imballaggi e il peso del pane. Come per altri prodotti preconfezionati, le dimensioni degli imballaggi attualmente vigenti non sono interessate dalla presente direttiva e possono continuare ad essere utilizzate.
(11)
Per favorire la trasparenza, tutte le quantità nominali per i prodotti in imballaggi preconfezionati dovrebbero figurare in un unico atto legislativo e, di conseguenza, le direttive 75/106/CEE e 80/232/CEE dovrebbero essere abrogate.
(12)
Per migliorare la tutela dei consumatori, in particolare dei consumatori vulnerabili, quali gli anziani e i disabili, dovrebbe essere prestata particolare attenzione ad una maggiore leggibilità e visibilità delle indicazioni riguardanti peso e volume sulle etichette dei prodotti preconfezionati in condizioni di presentazione normali.
(13)
Per taluni prodotti liquidi, la direttiva 75/106/CEE stabilisce requisiti metrologici identici a quelli di cui alla direttiva 76/211/CEE del Consiglio, del 20 gennaio 1976, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al precondizionamento in massa o in volume di alcuni prodotti in imballaggi preconfezionati (7). La direttiva 76/211/CEE dovrebbe essere pertanto modificata per includere nel proprio ambito d’applicazione i prodotti attualmente disciplinati dalla direttiva 75/106/CEE.
(14)
Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (8), gli Stati membri sono incoraggiati a elaborare, per il loro territorio e nell’interesse della Comunità, proprie tabelle che presentano, nella misura del possibile, la concordanza tra la presente direttiva e le misure di recepimento, e a renderle pubbliche.
(15)
Poiché gli obiettivi della presente direttiva non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa della soppressione delle gamme comunitarie e dell’introduzione di quantità nominali comunitarie uniformi, laddove necessario, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Oggetto e ambito d’applicazione
1. La presente direttiva stabilisce norme relative alle quantità nominali dei prodotti in imballaggi preconfezionati. Si applica ai prodotti preconfezionati e agli imballaggi preconfezionati, di cui all’articolo 2 della direttiva 76/211/CEE.
2. La presente direttiva non si applica ai prodotti elencati nell’allegato che sono venduti in negozi esenti da tassazione per essere consumati al di fuori dell’Unione europea.
Articolo 2
Libera circolazione delle merci
1. Fatto salvo quanto diversamente disposto dagli articoli 3 e 4, gli Stati membri non possono, per motivi attinenti alle quantità nominali degli imballaggi, rifiutare, vietare o limitare la commercializzazione dei prodotti in imballaggi preconfezionati.
2. Nel rispetto dei principi enunciati nel trattato, in particolare quelli relativi alla libera circolazione delle merci, gli Stati membri che attualmente prescrivono quantità nominali obbligatorie per il latte, il burro, la pasta secca e il caffè possono continuare a farlo fino all’11 ottobre 2012.
Gli Stati membri che attualmente prescrivono quantità nominali obbligatorie per lo zucchero bianco possono continuare a farlo fino all’11 ottobre 2013.
CAPO II
DISPOSIZIONI PARTICOLARI
Articolo 3
Commercializzazione e libera circolazione di taluni prodotti
Gli Stati membri provvedono affinché i prodotti elencati nell’allegato, punto 2, e presentati in imballaggi preconfezionati negli intervalli elencati nell’allegato, punto 1, siano commercializzati solo se preconfezionati in imballaggi nelle quantità nominali elencate all’allegato, punto 1.
Articolo 4
Generatori di aerosol
1. I generatori di aerosol recano un’indicazione della capacità nominale totale del loro contenitore. Tale indicazione è fatta in modo da evitare confusione con il volume nominale del loro contenuto.
2. In deroga all’articolo 8, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 75/324/CEE del Consiglio, del 20 maggio 1975, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli aerosol (9), possono non recare l’indicazione della quantità nominale espressa in massa del loro contenuto.
Articolo 5
Imballaggi multipli e imballaggi preconfezionati costituiti da imballaggi singoli non destinati ad essere venduti singolarmente
1. Ai fini dell’articolo 3, qualora due o più imballaggi preconfezionati singoli costituiscano un imballaggio multiplo, le quantità nominali elencate nell’allegato, punto 1, si applicano a ciascun imballaggio preconfezionato singolo.
2. Qualora un imballaggio preconfezionato sia costituito da due o più imballaggi singoli non destinati ad essere venduti singolarmente, le quantità nominali elencate nell’allegato, punto 1, si applicano all’imballaggio preconfezionato.
CAPO III
ABROGAZIONI, MODIFICHE E DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 6
Abrogazioni
Le direttive 75/106/CEE e 80/232/CEE sono abrogate.
Articolo 7
Modifica della direttiva 76/211/CEE
Nell’articolo 1 della direttiva 76/211/CEE i termini «non contemplati dalla direttiva 75/106/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1974, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al precondizionamento in volume di alcuni liquidi in imballaggi preconfezionati, e» sono soppressi.
Articolo 8
Recepimento
1. Entro l’11 ottobre 2008 gli Stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
Essi applicano tali disposizioni a decorrere dall’11 aprile 2009.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 9
Relazioni, comunicazione di deroghe e sorveglianza
1. La Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo, entro l’11 ottobre 2015 e successivamente ogni dieci anni, una relazione sull’applicazione e sugli effetti della presente direttiva. Se necessario, tali relazioni sono corredate di una proposta di revisione della presente direttiva.
2. Entro l’11 aprile 2009 gli Stati membri di cui all’articolo 2, paragrafo 2, comunicano alla Commissione i settori oggetto della deroga di cui al suddetto paragrafo, nonché il periodo di tale deroga, le gamme dei valori delle quantità nominali obbligatorie applicate ed i relativi intervalli.
3. La Commissione sorveglia l’applicazione dell’articolo 2, paragrafo 2, in base alle proprie constatazioni ed alle relazioni degli Stati membri interessati. In particolare, la Commissione analizza gli sviluppi di mercato dopo la trasposizione e, alla luce dei risultati di tale analisi, valuta se adottare misure di applicazione della direttiva, mantenendo le quantità nominali obbligatorie per i beni di cui all’articolo 2, paragrafo 2.
Articolo 10
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Gli articoli 2, 6 e 7 si applicano a decorrere dall’11 aprile 2009.
Articolo 11
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 5 settembre 2007.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
M. LOBO ANTUNES
(1) GU C 255 del 14.10.2005, pag. 36.
(2) Parere del Parlamento europeo del 2 febbraio 2006 (GU C 288 E del 25.11.2006, pag. 52), posizione comune del Consiglio del 4 dicembre 2006 (GU C 311 E del 19.12.2006, pag. 21), posizione del Parlamento europeo del 10 maggio 2007 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 16 luglio 2007.
(3) GU L 42 del 15.2.1975, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dall’atto di adesione del 2003.
(4) GU L 51 del 25.2.1980, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 87/356/CEE (GU L 192 dell’11.7.1987, pag. 48).
(5) Raccolta 2000, pag. I-8749.
(6) GU L 80 del 18.3.1998, pag. 27.
(7) GU L 46 del 21.2.1976, pag. 1. Direttiva modificata dalla direttiva 78/891/CEE della Commissione (GU L 311 del 4.11.1978, pag. 21).
(8) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1.
(9) GU L 147 del 9.6.1975, pag. 40. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 807/2003 (GU L 122 del 16.5.2003, pag. 36).
ALLEGATO
GAMME DEI VALORI DELLE QUANTITÀ NOMINALI DEL CONTENUTO DEGLI IMBALLAGGI PRECONFEZIONATI
1. Prodotti venduti a volume (valore in ml)
Vino tranquillo
Nell’intervallo tra 100 ml e 1 500 ml, solo gli 8 valori seguenti:
ml: 100 — 187 — 250 — 375 — 500 — 750 — 1 000 — 1 500
Vino giallo
Nell’intervallo tra 100 ml e 1 500 ml, solo il valore seguente:
ml: 620
Vino spumante
Nell’intervallo tra 125 ml e 1 500 ml, solo i 5 valori seguenti:
ml: 125 — 200 — 375 — 750 — 1 500
Vino liquoroso
Nell’intervallo tra 100 ml e 1 500 ml, solo i 7 valori seguenti:
ml: 100 — 200 — 375 — 500 — 750 — 1 000 — 1 500
Vino aromatizzato
Nell’intervallo tra 100 ml e 1 500 ml, solo i 7 valori seguenti:
ml: 100 — 200 — 375 — 500 — 750 — 1 000 — 1 500
Bevande spiritose
Nell’intervallo tra 100 ml e 2 000 ml, solo i 9 valori seguenti:
ml: 100 — 200 — 350 — 500 — 700 — 1 000 — 1 500 — 1 750 — 2 000
2. Definizioni dei prodotti
Vino tranquillo
Vino di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera b), del regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo (1) (codice NC ex 2204).
Vino giallo
Vino di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera b), del regolamento (CE) n. 1493/1999 (codice NC ex 2204) con denominazione d’origine «Côtes du Jura», «Arbois», «L'Etoile» e «Château-Chalon», in bottiglie di cui all’allegato I, punto 3, del regolamento (CE) n. 753/2002 della Commissione, del 29 aprile 2002, che fissa talune modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio per quanto riguarda la designazione, la denominazione, la presentazione e la protezione di taluni prodotti vitivinicoli (2).
Vino spumante
Vino di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera b), e all’allegato I, punti 15, 16, 17 e 18, del regolamento (CE) n. 1493/1999 (codice NC 2204 10).
Vino liquoroso
Vino di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera b), e all’allegato I, punto 14, del regolamento (CE) n. 1493/1999 (codici NC 2204 21 — 2204 29).
Vino aromatizzato
Vino aromatizzato di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (CEE) n. 1601/91 del Consiglio, del 10 giugno 1991, che stabilisce le regole generali relative alla definizione, alla designazione e alla presentazione dei vini aromatizzati, delle bevande aromatizzate a base di vino e dei cocktail aromatizzati di prodotti vitivinicoli (3) (codice NC 2205).
Bevande spiritose
Bevande spiritose di cui all’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 1576/89 del Consiglio, del 29 maggio 1989, che stabilisce le regole generali relative alla definizione, alla designazione e alla presentazione delle bevande spiritose (4) (codice NC 2208).
(1) GU L 179 del 14.7.1999, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1791/2006 (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 1).
(2) GU L 118 del 4.5.2002, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 382/2007 (GU L 95 del 5.4.2007, pag. 12).
(3) GU L 149 del 14.6.1991, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dall’atto di adesione del 2005.
(4) GU L 160 del 12.6.1989, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dall’atto di adesione del 2005. | Deregolamentazione dei formati degli imballaggi
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Stabilisce norme sulle quantità nominali dei prodotti che sono stati preimballati* per agevolare il loro accesso ai mercati nei vari Stati membri dell’Unione europea. Liberalizza i formati degli imballaggi per la maggior parte dei settori alimentari e delle bevande. Mantiene obbligatorie unicamente le quantità nominali per un numero molto limitato di merci, principalmente per i vini e le sostanze alcoliche.
PUNTI CHIAVE
I paesi dell’Unione europea (Unione) non possono rifiutare o limitare la circolazione di prodotti preimballati e prodotti preconfezionati all’interno del mercato unico dell’Unione.
Sono stati aboliti i formati nazionali per i prodotti.
Casi particolari
I vini e le sostanze alcoliche che sono presentate preimballate, devono rispettare la gamma dei valori delle quantità nominali prescritte dall’allegato alla direttiva per la commercializzazione. (La presente direttiva non si applica ai prodotti che sono venduti nei negozi esenti da tassazione («duty-free shop») per essere consumati al di fuori del mercato europeo o se la confezione contiene meno di 5 g o 5 ml o più di 10 kg o 10 l).
I generatori di aerosol recano un’indicazione della capacità nominale totale del loro contenitore oltre all’indicazione del volume nominale del contenuto. L’indicazione del peso nominale del contenuto è facoltativa.
A PARTIRE DA QUANDO È IN VIGORE LA DIRETTIVA?
Doveva essere recepita negli Stati membri entro l’11 ottobre 2008 e le norme della direttiva avrebbero dovuto essere applicate entro l’11 aprile 2009.
La direttiva 2007/45/CE ha abrogato le direttive 75/106/CEE sul precondizionamento di taluni liquidi e la direttiva 80/232/CEE sulle gamme di quantità e le capacità nominali ammesse per taluni prodotti.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, si veda:Preimballaggio (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Prodotto preimballato: un prodotto è preimballato allorquando viene posto in un imballaggio di qualsiasi natura, non in presenza del compratore, in maniera tale che la quantità del prodotto contenuta nell’imballaggio abbia un valore scelto in precedenza e non possa essere modificato senza aprire l’imballaggio o modificarlo in maniera riscontrabile.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2007/45/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che reca disposizioni sulle quantità nominali dei prodotti preconfezionati, abroga le direttive 75/106/CEE e 80/232/CEE del Consiglio e modifica la direttiva 76/211/CEE del Consiglio (GU L 247 del 21.9.2007, pag. 17).
Le modifiche e le correzioni successive alla direttiva 2007/45/CE sono state integrate nel testo di base. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva 76/211/CEE del Consiglio, del 20 gennaio 1976, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al precondizionamento in massa o in volume di alcuni prodotti in imballaggi preconfezionati (GU L 46 del 21.2.1976, pag. 1).
Si veda la versione consolidata. | 7,159 | 777 |
DECISIONE QUADRO 2008/841/GAI DEL CONSIGLIO
del 24 ottobre 2008
relativa alla lotta contro la criminalità organizzata
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce l’Unione europea, in particolare l’articolo 29, l’articolo 31, paragrafo 1, lettera e), e l’articolo 34, paragrafo 2, lettera b),
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
L’obiettivo del programma dell’Aia è di migliorare le capacità comuni dell’Unione e dei suoi Stati membri al fine, segnatamente, di lottare contro la criminalità organizzata transnazionale. Tale obiettivo deve essere perseguito in particolare mediante il ravvicinamento delle legislazioni. La pericolosità e la proliferazione delle organizzazioni criminali richiedono una risposta efficace che corrisponda alle aspettative dei cittadini e alle esigenze degli Stati membri e che avvenga mediante il potenziamento della cooperazione tra gli Stati membri dell’Unione europea. In tale prospettiva, il punto 14 delle conclusioni del Consiglio europeo di Bruxelles del 4 e 5 novembre 2004 afferma che i cittadini dell’Europa si aspettano che l’Unione europea, pur garantendo il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, adotti una strategia comune più efficace per far fronte a problemi transnazionali come la criminalità organizzata.
(2)
Nella comunicazione del 29 marzo 2004 relativa a talune azioni da intraprendere nel settore della lotta contro il terrorismo e altre forme gravi di criminalità, la Commissione ha affermato che il dispositivo di lotta contro la criminalità organizzata all’interno dell’Unione europea doveva essere consolidato e ha manifestato l’intenzione di elaborare una decisione quadro volta a sostituire l’azione comune 98/733/GAI del 21 dicembre 1998 relativa alla punibilità della partecipazione a un’organizzazione criminale negli Stati membri dell’Unione europea (2).
(3)
Ai sensi del punto 3.3.2 del programma dell’Aia, il ravvicinamento del diritto penale sostanziale ha l’obiettivo di agevolare il reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie e delle sentenze e la cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale e riguarda aree di criminalità particolarmente grave con dimensioni transfrontaliere e occorre dare priorità a quei settori della criminalità che sono specificamente citati nei trattati. La definizione dei reati relativi alla partecipazione a un’organizzazione criminale dovrebbe quindi essere armonizzata negli Stati membri. La presente decisione quadro dovrebbe pertanto comprendere i reati solitamente commessi nell’ambito di un’organizzazione criminale. Dovrebbe inoltre prevedere pene corrispondenti alla gravità di tali reati nei confronti delle persone fisiche e giuridiche che li hanno commessi o ne sono responsabili.
(4)
Gli obblighi derivanti dall’articolo 2, lettera a), non dovrebbero pregiudicare la libertà degli Stati membri di classificare altri gruppi di persone come organizzazioni criminali, per esempio gruppi con una finalità diversa da quella di ottenere un vantaggio finanziario o un altro vantaggio materiale.
(5)
Gli obblighi derivanti dall’articolo 2, lettera a), non dovrebbero pregiudicare la libertà degli Stati membri di interpretare l’espressione «attività criminali» in modo che indichi l’esecuzione di atti materiali.
(6)
L’Unione europea dovrebbe basarsi sul considerevole lavoro svolto dalle organizzazioni internazionali, in particolare la convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale (la «convenzione di Palermo»), conclusa, a nome della Comunità europea, con la decisione 2004/579/CE del Consiglio (3).
(7)
Poiché gli obiettivi della presente decisione quadro non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni dell’intervento, essere realizzati meglio a livello di Unione, l’Unione può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato che istituisce la Comunità europea, come applicato dal secondo comma dell’articolo 2 del trattato sull’Unione europea. La presente decisione quadro si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità.
(8)
La presente decisione quadro rispetta i diritti e i principi fondamentali riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare gli articoli 6 e 49. Nella presente decisione quadro nulla è inteso a ridurre o restringere le norme nazionali in materia di diritti o libertà fondamentali quali il giusto processo, il diritto di sciopero, le libertà di riunione, di associazione, di stampa o di espressione, compreso il diritto di fondare un sindacato insieme con altre persone ovvero di affiliarsi ad un sindacato per difendere i propri interessi, e il conseguente diritto a manifestare.
(9)
L’azione comune 98/733/GAI andrebbe pertanto abrogata,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE QUADRO:
Articolo 1
Definizioni
Ai fini della presente decisione quadro:
1)
per «organizzazione criminale» si intende un’associazione strutturata di più di due persone, stabilita da tempo, che agisce in modo concertato allo scopo di commettere reati punibili con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà non inferiore a quattro anni o con una pena più grave per ricavarne, direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o un altro vantaggio materiale;
2)
per «associazione strutturata» si intende un’associazione che non si è costituita fortuitamente per la commissione estemporanea di un reato e che non deve necessariamente prevedere ruoli formalmente definiti per i suoi membri, continuità nella composizione o una struttura articolata.
Articolo 2
Reati relativi alla partecipazione ad un’organizzazione criminale
Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per far sì che sia considerato reato uno dei seguenti tipi di comportamento connessi ad un’organizzazione criminale o entrambi:
a)
il comportamento di una persona che, intenzionalmente ed essendo a conoscenza dello scopo e dell’attività generale dell’organizzazione criminale o dell’intenzione di quest’ultima di commettere i reati in questione, partecipi attivamente alle attività criminali dell’organizzazione, ivi compresi la fornitura di informazioni o mezzi materiali, il reclutamento di nuovi membri nonché qualsiasi forma di finanziamento delle sue attività, essendo inoltre consapevole che la sua partecipazione contribuirà alla realizzazione delle attività criminali di tale organizzazione;
b)
il comportamento di una persona consistente in un’intesa con una o più altre persone per porre in essere un’attività che, se attuata, comporterebbe la commissione di reati di cui all’articolo 1, anche se la persona in questione non partecipa all’esecuzione materiale dell’attività.
Articolo 3
Pene
1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per far sì che:
a)
il reato di cui all’articolo 2, lettera a), sia passibile di una pena privativa della libertà di durata massima compresa tra due e cinque anni; o
b)
il reato di cui all’articolo 2, lettera b), sia passibile di una pena privativa della libertà di durata massima pari a quella prevista per il reato a cui è finalizzata l’intesa o compresa tra due e cinque anni.
2. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché il fatto che i reati di cui all’articolo 2, quali determinati da tale Stato membro, siano stati commessi nell’ambito di un’organizzazione criminale possa essere considerato una circostanza aggravante.
Articolo 4
Circostanze particolari
Ciascuno Stato membro può adottare le misure necessarie per far sì che le pene di cui all’articolo 3 possano essere ridotte o che l’autore del reato possa essere esentato dalla pena se, ad esempio:
a)
rinuncia alle sue attività criminali; e
b)
fornisce alle autorità amministrative o giudiziarie informazioni che esse non avrebbero potuto ottenere diversamente e che sono loro utili per:
i)
prevenire, porre termine o attenuare gli effetti del reato;
ii)
identificare o consegnare alla giustizia gli altri autori del reato;
iii)
acquisire elementi di prova;
iv)
privare l’organizzazione criminale di risorse illecite o dei profitti ricavati dalle sue attività criminali; o
v)
prevenire la commissione di altri reati di cui all’articolo 2.
Articolo 5
Responsabilità delle persone giuridiche
1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili dei reati di cui all’articolo 2 commessi a loro beneficio da qualsiasi persona, che agisca a titolo individuale o in quanto membro di un organo della persona giuridica, la quale detenga una posizione preminente in seno alla persona giuridica stessa, basata:
a)
sul potere di rappresentanza di detta persona giuridica;
b)
sul potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica; o
c)
sull’esercizio di poteri di controllo in seno a tale persona giuridica.
2. Gli Stati membri adottano inoltre le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili qualora la mancata sorveglianza o il mancato controllo da parte di una persona di cui al paragrafo 1 abbia reso possibile la commissione, da parte di una persona soggetta alla sua autorità, di uno dei reati di cui all’articolo 2 a beneficio della persona giuridica.
3. La responsabilità delle persone giuridiche ai sensi dei paragrafi 1 e 2 lascia impregiudicata la possibilità di avviare procedimenti penali contro le persone fisiche che siano autori o complici di uno dei reati di cui all’articolo 2.
4. Ai sensi della presente decisione quadro, per «persona giuridica» s’intende qualsiasi entità dotata di personalità giuridica in forza del diritto applicabile, ad eccezione degli Stati o delle istituzioni pubbliche nell’esercizio dei pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche.
Articolo 6
Pene applicabili alle persone giuridiche
1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché la persona giuridica dichiarata responsabile ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, sia passibile di pene effettive, proporzionate e dissuasive, comprendenti sanzioni pecuniarie di natura penale o non penale ed eventualmente altre pene, ad esempio:
a)
l’esclusione dal godimento di un beneficio o aiuto pubblico;
b)
il divieto temporaneo o permanente di esercitare attività commerciali;
c)
l’assoggettamento a sorveglianza giudiziaria;
d)
lo scioglimento giudiziario;
e)
la chiusura temporanea o permanente delle sedi che sono state utilizzate per commettere il reato.
2. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché la persona giuridica dichiarata responsabile ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, sia passibile di pene o misure effettive, proporzionate e dissuasive.
Articolo 7
Competenza giurisdizionale e coordinamento dell’azione penale
1. Ciascuno Stato membro si adopera per far sì che la propria competenza giurisdizionale copra almeno i casi in cui i reati di cui all’articolo 2:
a)
sono stati commessi interamente o parzialmente nel suo territorio, indipendentemente dal luogo in cui l’organizzazione criminale è stabilita o esercita le sue attività criminali;
b)
sono stati commessi da un suo cittadino; oppure
c)
sono stati commessi a beneficio di una persona giuridica stabilita nel territorio di tale Stato membro.
Uno Stato membro può decidere di non applicare o di applicare solo in situazioni o circostanze specifiche le regole di giurisdizione di cui alle lettere b) e c), laddove il reato di cui all’articolo 2 sia commesso al di fuori del suo territorio.
2. Se un reato di cui all’articolo 2 rientra nella giurisdizione di più Stati membri, ciascuno dei quali è legittimato ad esercitare l’azione penale in relazione ai medesimi fatti, gli Stati membri in questione collaborano per stabilire quale di essi perseguirà gli autori del reato al fine di accentrare, se possibile, l’azione penale in un unico Stato membro. A tale scopo gli Stati membri possono avvalersi dell’Eurojust o di qualsiasi altro organo o struttura istituiti in seno all’Unione europea per agevolare la cooperazione tra le rispettive autorità giudiziarie, nonché coordinare le loro azioni. Si tiene conto in particolare dei seguenti fattori:
a)
lo Stato membro nel cui territorio sono stati commessi i fatti;
b)
lo Stato membro di cui l’autore del reato ha la nazionalità o nel quale è residente;
c)
lo Stato membro di origine delle vittime;
d)
lo Stato membro nel cui territorio è stato trovato l’autore del reato.
3. Uno Stato membro che in base al suo ordinamento giuridico non estrada o non consegna ancora i suoi cittadini adotta le misure necessarie a stabilire la propria competenza giurisdizionale e, laddove opportuno, ad avviare l’azione penale nei confronti del reato di cui all’articolo 2, qualora sia commesso da uno dei suoi cittadini al di fuori del suo territorio.
4. Il presente articolo non esclude l’esercizio della giurisdizione penale secondo quanto previsto da uno Stato membro conformemente al diritto nazionale.
Articolo 8
Assenza di obbligo di querela o denuncia della vittima
Ciascuno Stato membro si adopera affinché le indagini e le azioni penali relative ai reati di cui all’articolo 2 non dipendano da una querela o denuncia della vittima del reato, almeno per quanto riguarda i fatti commessi nel territorio dello Stato membro stesso.
Articolo 9
Abrogazione di disposizioni esistenti
L’azione comune 98/733/GAI è abrogata.
I riferimenti alla partecipazione a un’organizzazione criminale ai sensi dell’azione comune 98/733/GAI negli atti adottati in applicazione del titolo VI del trattato sull’Unione europea e del trattato che istituisce la Comunità europea si intendono come riferimenti alla partecipazione a un’organizzazione criminale ai sensi della presente decisione quadro.
Articolo 10
Attuazione e relazioni
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alla presente decisione quadro entro l’11 maggio 2010.
2. Gli Stati membri trasmettono entro l’11 maggio 2010 al segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo delle disposizioni inerenti al recepimento nella legislazione nazionale degli obblighi imposti dalla presente decisione quadro. Sulla base di una relazione redatta a partire da tali informazioni e di una relazione scritta della Commissione, il Consiglio esamina entro l’11 novembre 2012 in quale misura gli Stati membri si siano conformati alla presente decisione quadro.
Articolo 11
Applicazione territoriale
La presente decisione quadro si applica a Gibilterra.
Articolo 12
Entrata in vigore
La presente decisione quadro entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Lussemburgo, addì 24 ottobre 2008.
Per il Consiglio
La presidente
M. ALLIOT-MARIE
(1) Parere espresso previa consultazione non obbligatoria (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU L 351 del 29.12.1998, pag. 1.
(3) GU L 261 del 6.8.2004, pag. 69. | Lotta contro la criminalità organizzata: reati connessi alla partecipazione a un’organizzazione criminale
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE QUADRO?
Riguarda la criminalizzazione dei reati connessi alla partecipazione a un’organizzazione criminale. La decisione si prefigge di armonizzare le norme dell’Unione europea (Unione) e dei suoi Stati membri sulla criminalizzazione di tali reati e di stabilire le pene relative a questi.Reati
Gli Stati membri devono riconoscere come reato almeno una di queste due tipologie di condotta:1)la partecipazione attiva alle attività criminali di un’organizzazione, con la conoscenza del suo scopo o della sua intenzione di commettere reati; 2)un’intesa sulla commissione di reati, senza necessariamente partecipare all’esecuzione materiale degli stessi.PeneGli Stati membri devono prevedere pene corrispondenti ai reati di cui sopra:per la prima opzione, il requisito è una pena privativa della libertà di almeno due anni per il livello massimo della pena;per la seconda opzione, il requisito è una pena privativa della libertà di durata massima pari a quella prevista per il reato a cui è finalizzata l’intesa o di almeno due anni. Le pene possono essere ridotte in circostanze specifiche, ad esempio se l’autore del reato rinuncia alle sue attività criminali o fornisce alle autorità giudiziarie informazioni utili per identificare o consegnare alla giustizia gli altri autori del reato. Sulla base della decisione quadro, gli Stati membri devono introdurre norme volte a poter dichiarare responsabili le persone giuridiche (come le imprese) per i reati di cui sopra se commessi per loro conto da una persona che detenga una posizione preminente in seno alla persona giuridica stessa. Le pene per le persone giuridiche devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive. Queste dovrebbero includere sanzioni pecuniarie ma possono anche comprendere quanto segue:esclusione dal godimento di un aiuto pubblico;interdizione temporanea o permanente di esercizio di attività commerciali e di accesso alle sedi utilizzate per i reati;assoggettamento a sorveglianza giudiziaria;scioglimento giudiziario o liquidazione di una società.Competenza giurisdizionale e coordinamento dell’azione penaleLa competenza giurisdizionale di uno Stato membro deve estendersi ai reati se commessi, in tutto o in parte, da un suo cittadino o per conto di una persona giuridica stabilita nel territorio di tale Stato membro. Se il reato rientra nella giurisdizione di diversi Stati membri, questi ultimi devono collaborare, per esempio tramite l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale, per stabilire quale Stato membro perseguirà il reato e per accentrare l’azione penale . Particolare attenzione va posta:sul luogo in cui è stato perpetrato il reato;sulla nazionalità o il luogo di residenza dell’autore del reato;sul paese d’origine della vittima;sul territorio in cui è stato trovato l’autore del reato.Reati che ledono gli interessi finanziari dell’UnioneLa direttiva (UE) 2017/1371 stabilisce le norme in materia di reati e sanzioni per la lotta contro la frode e altre attività illecite che ledono gli interessi finanziari dell’Unione (si veda la sintesi). L’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2017/1939 che istituisce la Procura europea (EPPO) (si veda la sintesi), conferisce a questa poteri in merito ai reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione stabiliti nella direttiva (UE) 2017/1371. In conformità dell’articolo 22, paragrafo 2, del medesimo regolamento, l’EPPO è inoltre competente per i reati che riguardano la partecipazione a organizzazioni criminali, come definiti nella decisione quadro 2008/841/GAI, se l’obiettivo dell’attività criminale di tali organizzazioni è quello di commettere reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE QUADRO?
Essa è in vigore dall’11 novembre 2008.
CONTESTO
Sin dagli anni novanta, l’Unione ha adottato una serie di misure per rendere più efficace la lotta contro la criminalità organizzata.1997: l’Unione adotta il primo piano d’azione contro la criminalità organizzata; 1998: l’Unione adotta l’azione comune 98/733/GAI sulla partecipazione a un’organizzazione criminale; 2000: l’Assemblea generale delle Nazioni Unite adotta la Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, il primo strumento giuridico globale per la lotta contro la criminalità organizzata transnazionale (entrato in vigore nel 2003); 2002: l’Unione adotta la decisione quadro 2002/475/GAI sulla lotta contro il terrorismo (che definisce un «gruppo terrorista» sulla base della definizione di «organizzazione criminale» nell’azione comune 1998/733/GAI), successivamente abrogata e sostituita dalla direttiva (UE) 2017/541 (si veda la sintesi); 2004: comunicazione della Commissione europea che riconosce la necessità di migliorare le misure di lotta contro la criminalità organizzata; mediante la decisione 2004/579/CE, l’Unione aderisce alla Convenzione delle Nazioni Unite; 2008: l’Unione adotta la decisione quadro 2008/841/GAI che abroga l’azione comune 98/733/GAI e sostituisce l’azione comune 98/733/GAI.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio, del 24 ottobre 2008, relativa alla lotta contro la criminalità organizzata (GU L 300 dell’11.11.2008, pag. 42).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio, del 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea («EPPO») (GU L 283 del 31.10.2017, pag. 1).
Le modifiche successive al regolamento (UE) 2017/1939 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale (GU L 198 del 28.7.2017, pag. 29).
Direttiva (UE) 2017/541 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2017, sulla lotta contro il terrorismo e che sostituisce la decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio e che modifica la decisione 2005/671/GAI del Consiglio (GU L 88 del 31.3.2017, pag. 6).
Si veda la versione consolidata.
Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale e relativi protocolli.
Decisione 2004/579/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, della convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale (GU L 261 del 6.8.2004, pag. 69). | 6,743 | 449 |
REGOLAMENTO DELEGATO (UE) N. 481/2014 DELLA COMMISSIONE
del 4 marzo 2014
che integra il regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne le norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni specifiche per il sostegno del Fondo europeo di sviluppo regionale all'obiettivo di cooperazione territoriale europea (1), in particolare l'articolo 18, paragrafo 1,
considerando quanto segue:
(1)
A norma dell'articolo 18, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1299/2013 è necessario stabilire norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione in relazione ai costi del personale, alle spese d'ufficio e amministrative, alle spese di viaggio e soggiorno, ai costi per consulenze e servizi esterni nonché alle spese per attrezzature (di seguito «categorie di spese»).
(2)
Per consentire flessibilità nell'applicazione delle norme in materia di ammissibilità per i programmi di cooperazione, è opportuno che agli Stati membri che partecipano a un determinato programma di cooperazione sia consentito di decidere che a uno specifico asse prioritario di un dato programma di cooperazione non si applichi una determinata categoria di spese.
(3)
Si dovrebbe precisare come le norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione fissate dal presente regolamento si inseriscano nel quadro giuridico generale delle norme in materia di ammissibilità applicabili a tutti i fondi SIE, stabilite dagli articoli da 65 a 71 del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (2).
(4)
Per ciascuna categoria di spese è opportuno stabilire un elenco di vari elementi di spesa.
(5)
Occorre precisare che, di norma, i regali non sono ammissibili. Dovrebbe tuttavia essere ammissibile la distribuzione di piccoli articoli che attengono ad attività di promozione, comunicazione, pubblicità o informazione.
(6)
Dovrebbero esseri definiti i diversi elementi dei costi del personale e stabilite allo stesso tempo le norme per il calcolo, la contabilizzazione e il rimborso dei costi del personale in generale e, in particolare, per gli incarichi a tempo parziale o i contratti di servizio sulla base di una tariffa oraria.
(7)
È opportuno elencare i diversi elementi delle spese d'ufficio e amministrative unitamente alle norme per il calcolo, la contabilizzazione e il rimborso di questi elementi di costo come costi diretti oppure come costi indiretti, in particolare qualora esse siano associate ai tassi forfettari di cui al regolamento (UE) n. 1303/2013.
(8)
È opportuno elencare i diversi elementi delle spese di viaggio e soggiorno unitamente alle norme per il calcolo, la contabilizzazione e il rimborso indipendentemente dal fatto che tali spese siano sostenute dal beneficiario o direttamente dal suo personale. Dovrebbero altresì essere precisate le condizioni di contabilizzazione delle spese di viaggio e soggiorno qualora siano sostenute al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma di cui all'articolo 20 del regolamento (UE) n. 1299/2013.
(9)
È opportuno elencare i diversi elementi dei costi per consulenze e servizi esterni.
(10)
È opportuno elencare i diversi elementi delle spese per attrezzature unitamente alle norme in materia di ammissibilità delle attrezzature di seconda mano,
(11)
Al fine di consentire l'immediata applicazione delle misure di cui al presente regolamento, è opportuno che il presente regolamento entri in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
1. Fatte salve le norme in materia di ammissibilità di cui agli articoli da 65 a 71 del regolamento (UE) n. 1303/2013 o stabilite sulla base di tali articoli, il presente regolamento stabilisce norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione in relazione alle seguenti categorie di spese:
a)
costi del personale;
b)
spese d'ufficio e amministrative;
c)
spese di viaggio e soggiorno;
d)
costi per consulenze e servizi esterni; e
e)
spese per attrezzature.
2. Gli Stati membri che partecipano al comitato di sorveglianza di un programma di cooperazione possono stabilire di comune accordo la non ammissibilità, nell'ambito di uno o più assi prioritari, delle spese rientranti in una o più categorie tra quelle elencate al paragrafo 1.
Articolo 2
Disposizioni generali
1. Le spese ammissibili a norma del presente regolamento, pagate dal beneficiario o per conto del medesimo, riguardano i costi di avvio oppure i costi di avvio e attuazione di un'operazione o di una sua parte.
2. Non sono ammissibili i seguenti costi:
a)
le ammende, le penali e le spese per controversie legali e di contenzioso;
b)
i costi dei regali, ad eccezione di quelli di valore unitario non superiore ai 50 EUR ove connessi ad attività di promozione, comunicazione, pubblicità o informazione;
c)
i costi connessi alle fluttuazioni del tasso di cambio.
Articolo 3
Costi del personale
1. Le spese relative ai costi del personale sono date dai costi del lavoro lordi relativi al personale alle dipendenze del beneficiario secondo le seguenti modalità:
a)
a tempo pieno;
b)
a tempo parziale con una percentuale fissa del tempo di lavoro mensile;
c)
a tempo parziale con un numero flessibile di ore di lavoro al mese; oppure
d)
su base oraria.
2. Le spese relative ai costi del personale si limitano a quanto di seguito elencato:
a)
spese per retribuzioni, connesse alle attività che l'entità non svolgerebbe se l'operazione in questione non fosse realizzata, stabilite in un contratto di impiego/di lavoro, in una decisione di nomina (di seguito denominati «atto di impiego») o dalla legge e riconducibili alle responsabilità del dipendente interessato precisate nella descrizione delle mansioni;
b)
ogni altro costo direttamente correlato ai pagamenti delle retribuzioni, che sia sostenuto e pagato dal datore di lavoro, quali imposte sul lavoro e contributi di sicurezza sociale, compresi i contributi pensionistici, secondo quanto previsto dal regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (3), a condizione che tali costi:
i)
siano stabiliti in un atto di impiego o dalla legge;
ii)
siano conformi alla legislazione richiamata nell'atto di impiego e alle normali pratiche del paese e/o dell'organizzazione in cui il singolo dipendente espleta effettivamente la sua attività di lavoro; e
iii)
non siano recuperabili dal datore di lavoro.
In relazione alla lettera a), i pagamenti effettuati a favore di persone fisiche che lavorano per il beneficiario in forza di un contratto diverso da un contratto di impiego/di lavoro possono essere assimilati alle spese per retribuzioni e tale contratto può essere equiparato a un atto di impiego.
3. I costi del personale possono essere rimborsati:
i)
sulla base del costo effettivo (dimostrato dall'atto di impiego e dalle buste paga); oppure
ii)
sulla base delle opzioni relative ai costi semplificati di cui all'articolo 67, paragrafo 1, lettere da b) a d), del regolamento (UE) n. 1303/2013; oppure
iii)
su base forfettaria in conformità all'articolo 19 del regolamento (UE) n. 1299/2013.
4. I costi del personale relativi a persone che lavorano con un incarico a tempo parziale nell'ambito dell'operazione sono calcolati come:
a)
una percentuale fissa del costo del lavoro lordo, corrispondente a una percentuale fissa del tempo di lavoro nell'ambito dell'operazione, senza l'obbligo di istituzione di un sistema separato di registrazione dell'orario di lavoro; oppure
b)
una quota flessibile del costo del lavoro lordo, corrispondente a un numero mensilmente variabile di ore di lavoro nell'ambito dell'operazione, sulla base di un sistema di registrazione dei tempi che copre il 100 % dell'orario di lavoro del dipendente.
5. Per gli incarichi a tempo parziale di cui al paragrafo 4, lettera a), il datore di lavoro rilascia per ciascun dipendente un documento che stabilisce la percentuale del tempo di lavoro da riservare all'operazione.
6. Per gli incarichi a tempo parziale di cui al paragrafo 4, lettera b), il rimborso dei costi del personale è calcolato sulla base di una tariffa oraria che viene determinata:
i)
dividendo il costo del lavoro lordo mensile per l'orario di lavoro mensile stabilito nell'atto di impiego, espresso in ore; oppure
ii)
dividendo il costo del lavoro lordo annuo documentato più recente per 1 720 ore, in conformità all'articolo 68, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1303/2013.
La tariffa oraria è moltiplicata per il numero di ore effettivamente lavorate nell'ambito dell'operazione.
7. I costi del personale relativi a persone che, in forza di un atto di impiego, sono occupate su base oraria sono ammissibili procedendo alla moltiplicazione del numero di ore effettivamente lavorate nell'ambito dell'operazione per la tariffa oraria concordata nell'atto di impiego sulla base di un sistema di registrazione dell'orario di lavoro.
Articolo 4
Spese d'ufficio e amministrative
Le spese d'ufficio e amministrative si limitano ai seguenti elementi:
a)
canone di locazione degli uffici;
b)
assicurazioni e imposte relative agli edifici che ospitano il personale e alle attrezzature d'ufficio (ad esempio, assicurazioni incendio, furto);
c)
consumi per le utenze (ad esempio, elettricità, riscaldamento, acqua);
d)
forniture per ufficio;
e)
contabilità generale all'interno dell'organizzazione beneficiaria;
f)
archivi;
g)
manutenzione, pulizie e riparazioni;
h)
sicurezza;
i)
sistemi informatici;
j)
comunicazione (ad esempio, telefono, fax, Internet, servizi postali, biglietti da visita);
k)
spese bancarie di apertura e gestione del conto o dei conti, qualora l'attuazione dell'operazione richieda l'apertura di un conto separato;
l)
oneri associati alle transazioni finanziarie transnazionali.
Articolo 5
Spese di viaggio e soggiorno
1. Le spese relative ai costi di viaggio e di soggiorno si limitano ai seguenti elementi:
a)
spese di viaggio (ad esempio, biglietti, assicurazioni di viaggio e assicurazione auto, carburante, rimborso auto chilometrico, pedaggi e spese di parcheggio);
b)
spese di vitto;
c)
spese di soggiorno;
d)
spese per i visti;
e)
indennità giornaliere.
2. Gli elementi elencati al paragrafo 1, lettere da a) a d), che risultino coperti da un'indennità giornaliera non beneficiano di un rimborso aggiuntivo rispetto all'indennità giornaliera.
3. Le spese di viaggio e soggiorno di esperti e prestatori di servizi esterni rientrano nei costi per consulenze e servizi esterni di cui all'articolo 6.
4. Il pagamento diretto delle spese di cui al presente articolo sostenute da parte di un dipendente del beneficiario richiede la dimostrazione del rimborso effettuato dal beneficiario a favore del dipendente in questione.
5. Per le operazioni concernenti assistenza tecnica o attività promozionali e di sviluppo delle capacità, le spese sostenute al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma sono ammissibili se sostenute in conformità all'articolo 20, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1299/2013.
6. L'autorità di gestione può accettare come ammissibili le spese di vitto e soggiorno sostenute presso esercizi situati al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma, se sostenute in conformità all'articolo 20, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1299/2013. La stessa disposizione si applica alle spese di trasporto locali nel luogo di svolgimento di un evento o un'azione al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma.
7. Per quanto riguarda il personale di beneficiari situati al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma, l'autorità di gestione può accettare come ammissibili i costi di cui al paragrafo 1, comprese le spese di viaggio da e per il luogo di svolgimento di un evento o di un'azione all'interno o al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma, se sostenute in conformità all'articolo 20, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1299/2013.
8. Per quanto riguarda il personale di beneficiari situati all'interno della parte dell'Unione nell'area di programma, i costi di cui al paragrafo 1, comprese le spese di viaggio da e per il luogo di svolgimento di un evento o di un'azione all'interno o al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma, sono considerate ammissibili in conformità all'articolo 20, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1299/2013.
Articolo 6
Costi per consulenze e servizi esterni
Le spese relative ai costi per consulenze e servizi esterni si limitano ai servizi e alle consulenze seguenti forniti da un soggetto di diritto pubblico o privato o da una persona fisica diversi dal beneficiario dell'operazione:
a)
studi o indagini (ad esempio, valutazioni, strategie, note sintetiche, schemi di progettazione, manuali);
b)
formazione;
c)
traduzioni;
d)
sistemi informatici e creazione, modifiche e aggiornamenti di siti web;
e)
attività di promozione, comunicazione, pubblicità o informazione collegate a un'operazione o a un programma di cooperazione in quanto tali;
f)
gestione finanziaria;
g)
servizi correlati all'organizzazione e attuazione di eventi o riunioni (compresi canoni di locazione, servizi di catering o di interpretazione);
h)
partecipazione a eventi (ad esempio, quote di iscrizione);
i)
servizi di consulenza legale e servizi notarili, consulenza tecnica e finanziaria, altri servizi di consulenza e contabili;
j)
diritti di proprietà intellettuale;
k)
verifiche di cui all'articolo 125, paragrafo 4, lettera a), del regolamento (UE) n. 1303/2013 e all'articolo 23, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 1299/2013;
l)
costi di certificazione e di audit a livello del programma, a norma degli articoli 126 e 127 del regolamento (UE) n. 1303/2013;
m)
garanzie fornite da una banca o da un altro istituto finanziario, ove prescritte dalla normativa nazionale o dell'Unione o da un documento di programmazione adottato dal comitato di sorveglianza;
n)
spese di viaggio e soggiorno di esperti, oratori, presidenti di riunione e prestatori di servizi esterni;
o)
altre consulenze e servizi specifici necessari per le operazioni.
Articolo 7
Spese per attrezzature
1. Le spese relative al finanziamento dell'acquisto, della locazione o del leasing delle attrezzature da parte del beneficiario dell'operazione, diverse da quelle di cui all'articolo 4, si limitano alle seguenti voci:
a)
attrezzature per ufficio;
b)
hardware e software;
c)
mobilio e accessori;
d)
apparecchiature di laboratorio;
e)
strumenti e macchinari;
f)
attrezzi o dispositivi;
g)
veicoli;
h)
altre attrezzature specifiche necessarie per le operazioni.
2. L'acquisto di attrezzature di seconda mano può essere ammissibile alle seguenti condizioni:
a)
non hanno beneficiato di altra assistenza da parte dei fondi SIE;
b)
il loro prezzo non è superiore ai costi generalmente accettati sul mercato in questione;
c)
possiedono le caratteristiche tecniche necessarie per l'operazione e sono conformi alle norme e agli standard applicabili.
Articolo 8
Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 4 marzo 2014
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 259.
(2) Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320).
(3) Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 166 del 30.4.2004, pag. 1). | Norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione territoriale europea
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Stabilisce norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione tra i paesi dell’UE, rispetto a specifiche categorie di spesa.
PUNTI CHIAVE
Cooperazione territoriale europeaQuesto programma è noto più comunemente come Interreg. Rappresenta uno dei due obiettivi della politica di coesione dell’UE 2014-2020 e fornisce un mezzo per attuare le azioni comuni e gli scambi politici tra attori nazionali, regionali e locali provenienti da diversi paesi dell’UE. Si propone di promuovere la coesione economica, sociale e territoriale armonica dell’UE nel suo complesso. È costruito attorno a tre filoni di cooperazione:transfrontaliera (Interreg A): affronta sfide comuni individuate congiuntamente nelle regioni di confine;transnazionale (Interreg B): sostiene un’ampia gamma di investimenti di progetto correlati a innovazione, ambiente, accessibilità, telecomunicazioni, sviluppo urbano, ecc.;interregionale (Interreg C): fornisce un mezzo per scambiare esperienze tra organismi regionali e locali in diversi paesi. Per agevolare la cooperazione tra questi tre filoni, nel 2007 furono istituiti i gruppi europei di cooperazione territoriale ai sensi del regolamento (CE) n. 1082/2006. Il finanziamento è offerto dal Fondo europeo di sviluppo regionale, parte dei Fondi strutturali e d’investimento europei. Categorie di spesa
Il regolamento stabilisce norme per le seguenti categoria di spesa:spese per il personale; spese di funzionamento e d’ufficio; spese di viaggio e alloggio; spese per collaborazioni esterne e di servizio; spese di attrezzatura. Spese ammissibiliLe spese ammissibili devono riguardare i costi di avvio oppure di avvio e attuazione di un’operazione o di parte di un’operazione. Le seguenti tipologie di spesa non sono ammissibili:multe, sanzioni pecuniarie e spese relative a controversie legali e contenziosi;regali, salvo quelli che non eccedono i 50 € per regalo se relativi a promozioni, comunicazioni, pubblicità o informazioni;spese legate alle fluttuazioni dei tassi di cambio.
A PARTIRE DA QUANDO VIENE APPLICATO IL REGOLAMENTO?
Esso è in vigore dal 14 maggio 2014.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Cooperazione tra regioni e paesi (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento delegato (UE) n. 481/2014 della Commissione, del 4 marzo 2014, che integra il regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne le norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione (GU L 138 del 13.5.2014, pag. 45).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320).
I successivi emendamenti e le correzioni al presente regolamento sono stati inclusi nel documento originale. Questa versione consolidata ha unicamente un valore documentale.
Regolamento (CE) n. 1082/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, relativo a un gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT) (GU L 210 del 31.7.2006, pag. 19).
Consultare la versione consolidata. | 6,602 | 336 |
Accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea
Gazzetta ufficiale n. L 121 del 13/05/1997 pag. 0014 - 0018
ACCORDO di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di CoreaLa COMUNITÀ EUROPEA e la REPUBBLICA DI COREA (in appresso denominate «parti contraenti»),VISTA l'importanza dei legami commerciali tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea e desiderose di contribuire, a vantaggio di entrambe, all'armonioso sviluppo di detti legami;TENENDO CONTO dello sviluppo della cooperazione doganale tra le parti contraenti per quanto riguarda le procedure doganali;CONSIDERANDO che le operazioni che violano la legislazione doganale ledono agli interessi economici, fiscali e commerciali di entrambe le parti contraenti e riconoscendo l'importanza di valutare in modo accurato i dazi doganali e gli altri oneri;PERSUASE che la cooperazione tra le loro autorità doganali renderà più efficaci gli interventi contro tali operazioni;VISTI gli obblighi imposti dalle convenzioni internazionali cui le parti contraenti hanno già aderito e la raccomandazione del consiglio di cooperazione doganale del 5 dicembre 1953 sull'assistenza amministrativa reciproca,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente accordo valgono le seguenti definizioni:a) «legislazione doganale»: le disposizioni adottate dalla Comunità europea o dalla Repubblica di Corea che disciplinano l'importazione, l'esportazione e il transito delle merci nonché qualsiasi altra procedura doganale, comprese le misure di divieto, restrizione e controllo;b) «autorità doganale»: nella Comunità europea, i servizi competenti della Commissione delle Comunità europee e le autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea e nella Repubblica di Corea il servizio doganale coreano;c) «autorità doganale richiedente»: l'autorità doganale competente di una parte contraente che presenta una domanda di assistenza in materia doganale;d) «autorità doganale interpellata»: l'autorità doganale competente di una parte contraente che riceve una domanda di assistenza in materia doganale;e) «dati personali»: tutte le informazioni relative ad una persona fisica identificata o identificabile;f) «operazione che viola la legislazione doganale»: tutte le violazioni o i tentativi di violazione della legislazione doganale.Articolo 2 Obblighi imposti dalle convenzioni internazionali Le disposizioni del presente accordo non pregiudicano gli obblighi imposti dalle convenzioni internazionali cui hanno aderito le parti contraenti del presente accordo.TITOLO II COOPERAZIONE DOGANALE Articolo 3 Portata della cooperazione doganale 1. In base alle disposizioni del presente accordo, le parti contraenti si adoperano, attraverso le rispettive autorità doganali, al fine di:a) collaborare per la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione, nei limiti delle risorse disponibili, di nuove procedure doganali, la formazione e gli scambi del personale e le altre questioni che possano richiedere un'azione congiunta;b) semplificare, armonizzare e computerizzare le procedure doganali, tenendo conto dei lavori svolti delle organizzazioni internazionali in questo settore.2. La cooperazione doganale prevede:a) scambi di dati professionali, scientifici e tecnici relativi alla legislazione doganale;b) scambi di informazioni sulle azioni di assistenza tecnica intraprese insieme ai paesi terzi al fine di migliorarle.TITOLO III ASSISTENZA RECIPROCA Articolo 4 Portata dell'assistenza 1. In base alle disposizioni del presente accordo, le parti contraenti:a) si prestano reciprocamente assistenza per la corretta applicazione della legislazione doganale, in particolare mediante la prevenzione, l'individuazione e l'esame delle violazioni di detta legislazione;b) si prestano reciprocamente assistenza fornendo, su richiesta, le informazioni necessarie per amministrare e far applicare la legislazione doganale.2. L'assistenza in materia doganale prevista dal presente accordo non pregiudica le norme che disciplinano l'assistenza reciproca in materia penale né copre le informazioni ottenute grazie a poteri esercitati su richiesta dell'autorità giudiziaria salvo accordo di detta autorità.3. L'assistenza prevede altresì:a) scambi di informazioni e di esperienze sull'uso del divieto e delle apparecchiature di rilevamento;b) tecniche applicative, in particolare strumenti tecnici, che potrebbero rivelarsi utili per eliminare le violazioni della legislazione doganale;c) osservazioni e conclusioni derivanti dall'uso delle nuove tecniche applicative.Articolo 5 Assistenza su richiesta 1. Su domanda dell'autorità doganale richiedente, l'autorità doganale interpellata le fornisce tutte le informazioni pertinenti per garantire la corretta applicazione della legislazione doganale, comprese le informazioni riguardanti le operazioni registrate o programmate che violino o possano violare detta legislazione.2. Su domanda dell'autorità doganale richiedente, l'autorità doganale interpellata le comunica se le merci esportate dal territorio di una delle parti contraenti sono state correttamente importate nel territorio dell'altra parte contraente precisando, se del caso, la procedura doganale applicata alle merci.3. Su domanda dell'autorità doganale richiedente, l'autorità doganale interpellata prende le misure necessarie per garantire che siano tenute sotto controllo:a) le persone fisiche o giuridiche in merito alle quali sussistano fondati motivi di ritenere che violino o abbiano violato la legislazione doganale;b) i luoghi dove le merci sono immagazzinate in modo da fare legittimamente supporre che siano destinate ad operazioni contrarie alla legislazione doganale;c) i movimenti di merci per i quali sia stata segnalata la possibilità che diano luogo a infrazioni della legislazione doganale;d) i mezzi di trasporto per i quali vi sono fondati motivi di ritenere che siano stati, siano ovvero possano essere utilizzati per violare la legislazione doganale.Articolo 6 Assistenza spontanea Le parti contraenti si prestano assistenza reciproca, secondo le rispettive leggi, norme e altri strumenti giuridici e qualora lo considerino necessario per la corretta applicazione della legislazione doganale, in particolare allorché ricevono informazioni riguardanti:a) operazioni per le quali sia stata violata, si violi o si possa violare tale legislazione e che possano interessare l'altra parte contraente;b) nuovi mezzi o metodi utilizzati per effettuare dette operazioni;c) merci note per essere soggette a operazioni che violano la legislazione doganale.Articolo 7 Consegna/Notifica Su domanda dell'autorità doganale richiedente, l'autorità doganale interpellata adotta, secondo la propria legislazione, tutte le misure necessarie per- consegnare tutti i documenti e- notificare tutte le decisioniche rientrano nel campo di applicazione del presente accordo ad un destinatario, residente o stabilito sul suo territorio. In tal caso, si applicano le disposizioni dell'articolo 8, paragrafo 3.Articolo 8 Forma e contenuto delle domande di assistenza 1. Le domande eseguite a norma del presente accordo sono presentate per iscritto. Ad esse vengono allegati i documenti necessari al loro espletamento. Qualora l'urgenza della situazione lo richieda, possono essere accettate domande orali le quali, tuttavia, devono essere immediatamente confermate per iscritto.2. Le domande presentate a norma del paragrafo 1 del presente articolo devono contenere le seguenti informazioni:a) l'autorità doganale richiedente che presenta la domanda;b) la misura richiesta;c) l'oggetto e il motivo della domanda;d) le leggi, le norme e gli altri elementi giuridici in questione;e) ragguagli il più possibile esatti ed esaurienti sulle persone fisiche o giuridiche oggetto d'indagine;f) una sintesi dei fatti e delle indagini già svolte, salvo per i casi di cui all'articolo 7.3. Le domande sono presentate in una delle lingue ufficiali dell'autorità doganale interpellata o in una lingua concordata con detta autorità.4. Se la domanda non risponde ai requisiti formali stabiliti può esserne richiesta la correzione o il completamento; tuttavia possono essere disposte misure cautelative.Articolo 9 Accoglimento delle domande 1. Per soddisfare le domande di assistenza l'autorità doganale interpellata procede, in collaborazione con gli altri servizi amministrativi se non può agire direttamente, nell'ambito delle sue competenze e delle risorse disponibili, fornendo le informazioni già in suo possesso, svolgendo adeguate indagini o disponendone l'esecuzione.2. Le domande di assistenza sono accolte in osservanza delle leggi, norme e altri strumenti giuridici della parte contraente interpellata.3. I funzionari debitamente autorizzati di una parte contraente possono, d'intesa con l'altra parte contraente e alle condizioni da questa stabilite, ottenere dagli uffici dell'autorità doganale interpellata o di un'altra autorità, della quale l'autorità doganale interpellata è responsabile, le informazioni sulle violazioni della legislazione doganale che occorrono all'autorità doganale richiedente ai fini del presente accordo.4. I funzionari di una parte contraente possono essere presenti, con l'accordo dell'altra parte contraente e alle condizioni da essa stabilite, alle indagini condotte nel territorio di quest'ultima.Articolo 10 Forma in cui devono essere comunicate le informazioni 1. L'autorità doganale interpellata comunica i risultati delle indagini all'autorità doganale richiedente sotto forma di documenti, copie autenticate di documenti, relazioni o nelle altre forme appropriate per l'accoglimento della domanda.2. I documenti di cui al paragrafo 1 possono essere sostituiti da informazioni computerizzate prodotte in qualsiasi forma per gli stessi fini.Articolo 11 Deroghe all'obbligo di fornire assistenza 1. Le parti contraenti possono rifiutarsi, integralmente o in parte, di prestare l'assistenza prevista nel presente accordo qualora ciò possa:a) pregiudicare la sovranità della Repubblica di Corea o di uno Stato membro della Comunità europea cui è stata chiesta assistenza a norma del presente accordo;b) pregiudicare la sovranità, l'ordine pubblico, la sicurezza o altri interessi essenziali, in particolare nei casi di cui all'articolo 12, paragrafo 2;c) riguardare norme valutarie o fiscali, fuori dall'ambito della legislazione doganale, oppured) violare un segreto industriale, commerciale o professionale.2. Qualora l'autorità doganale richiedente solleciti un'assistenza che non sarebbe in grado di fornire se le venisse richiesto dall'autorità doganale dell'altra parte contraente, fa presente tale circostanza nella sua domanda. Spetta quindi all'autorità doganale interpellata decidere come rispondere a detta domanda.3. Prima di rifiutarsi di fornire assistenza, l'autorità doganale interpellata valuta se non sia possibile farlo alle condizioni da essa giudicate necessarie. Se l'autorità doganale richiedente accetta l'assistenza a queste condizioni, essa si impegna a rispettarle.4. Qualora non sia possibile soddisfare una domanda di assistenza, l'autorità doganale richiedente viene avvertita senza indugio e informata dei motivi del rifiuto di assistenza.Articolo 12 Scambi di informazioni e riservatezza 1. Tutte le informazioni comunicate in qualsiasi forma a norma del presente accordo sono di natura riservata o ristretta, a seconda delle norme applicabili in ciascuna delle parti contraenti. Esse sono coperte dal segreto d'ufficio e tutelate dalle rispettive leggi applicabili nel territorio della parte contraente che le ha ricevute e dalle corrispondenti disposizioni cui debbono conformarsi le istituzioni comunitarie.2. I dati personali possono essere trasmessi solo se la parte contraente che li riceve s'impegna a tutelarli in misura perlomeno equivalente a quella applicabile a quel caso specifico nella parte contraente che li fornisce.3. Le informazioni ottenute possono essere utilizzate solo ai fini del presente accordo e possono essere destinate ad altri scopi da una delle parti contraenti solo previa autorizzazione scritta dell'autorità doganale che le ha fornite, con tutte le restrizioni stabilite da detta autorità.4. Il paragrafo 3 non osta all'uso delle informazioni in azioni giudiziarie o amministrative promosse a seguito della mancata osservanza della legislazione doganale. L'autorità competente che ha fornito le informazioni viene immediatamente avvertita di tale uso.5. Nei verbali, nelle relazioni e nelle testimonianze, nonché nei procedimenti e nelle azioni penali promossi dinanzi a un tribunale, le parti contraenti possono utilizzare come prova le informazioni ottenute e i documenti consultati in base alle disposizioni del presente accordo.Articolo 13 Esperti e testimoni Un funzionario dell'autorità doganale interpellata può essere autorizzato a comparire, nei limiti dell'autorizzazione concessa, in qualità di esperto o di testimone in azioni giudiziarie o amministrative riguardanti le materie di cui al presente accordo nella giurisdizione dell'altra parte contraente e produrre oggetti, documenti ovvero loro copie autenticate che possono occorrere nel procedimento. Nella richiesta di comparizione deve essere specificamente indicato su quale argomento e a quale titoli il funzionario sarà interrogato.Articolo 14 Spese Le parti contraenti rinunciano reciprocamente a tutte le richieste di rimborso delle spese sostenute a norma del presente accordo, escluse, a seconda dei casi, le spese per esperti e testimoni nonché per gli interpreti e traduttori che non dipendono da pubblici servizi.TITOLO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 15 Comitato misto di cooperazione doganale 1. È istituito un comitato misto di cooperazione doganale composto da rappresentanti della Comunità europea e della Repubblica di Corea. Il comitato si riunisce, alternativamente, a Bruxelles e a Seul secondo le modalità, alla data e con l'ordine del giorno stabiliti di comune accordo.2. Il comitato misto di cooperazione doganale garantisce il corretto funzionamento dell'accordo ed esamina tutte le questioni inerenti alla sua applicazione. A tal fine, esso prevede principalmente a:a) valutare l'andamento della cooperazione doganale a norma del presente accordo e individuare nuovi settori specifici per estendere tale cooperazione;b) scambiare opinioni su tutti i punti di comune interesse riguardanti la cooperazione doganale, comprese le future misure e le relative risorse;c) in generale, raccomandare soluzioni volte al conseguimento degli obiettivi del presente accordo.3. Il comitato misto di cooperazione doganale adotta il proprio regolamento interno.Articolo 16 Esecuzione 1. L'applicazione del presente accordo è affidata ai competenti servizi della Commissione delle Comunità europee e, se del caso, alle autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea, da una parte, e ai servizi doganali della Repubblica di Corea, dall'altra. Essi decidono in merito a tutte le misure pratiche e alle disposizioni necessarie per la sua applicazione, tenendo in considerazione le norme in materia di protezione dei dati.2. Le parti contraenti si consultano e si tengono reciprocamente informate in merito alle norme specifiche di esecuzione adottate in base alle disposizioni del presente accordo.Articolo 17 Revisione o modifica Le parti contraenti possono rivedere o modificare, di concerto, il presente accordo in qualsiasi momento.Articolo 18 Applicazione territoriale Il presente accordo si applica, da una parte, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea e alle condizioni ivi stabilite e, dall'altra, al territorio della Repubblica di Corea.Articolo 19 Entrata in vigore e durata 1. Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla data in cui le parti contraenti si notificano reciprocamente l'avvenuto espletamento delle procedure all'uopo necessarie.2. Il presente accordo è concluso per un periodo di cinque anni. Esso è rinnovato tacitamente, di anno in anno, a meno che una delle parti contraenti non lo denunci per iscritto sei mesi prima della data di scadenza.Articolo 20 Testi facenti fede Il presente accordo è redatto in duplice esemplare in lingua danese, finnica, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese, tedesca e coreana, tutti i testi facenti ugualmente fede.In fede di che, i plenipotenziari sottoscritti hanno apposto le loro firme in calce al presente accordo.Fatto in duplice esemplare a Bruxelles, addì dieci aprile millenovecentonovantasette.Per la Comunità europea>RIFERIMENTO A UN FILM>Per la Repubblica di Corea>RIFERIMENTO A UN FILM> | Accordo con la Repubblica di Corea
QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE?
Ai sensi dell’accordo, le parti convengono di offrirsi assistenza reciproca al fine di garantire che la normativa doganale* sia applicata in maniera appropriata.
La decisione conclude l’accordo per conto della Comunità europea (ora Unione europea) con la Corea del Sud.
PUNTI CHIAVE
L’accordo prevede la cooperazione in settori che vanno dalla ricerca, dallo sviluppo e dalla sperimentazione di nuove procedure doganali alla semplificazione, all’armonizzazione e all’informatizzazione di tali procedure.
Le parti si prestano assistenza reciproca per prevenire e indagare sulle violazioni della normativa doganale.
Cooperazione doganale
Le parti accettano di cooperare:nella ricerca, nello sviluppo e nel collaudo di nuove procedure doganali; nella formazione e nello scambio di personale; nella semplificazione, armonizzazione e informatizzazione delle procedure doganali; nello scambio di dati professionali, scientifici e tecnici relativi alla normativa doganale; nello scambio di informazioni sulle azioni intraprese con altri paesi in relazione all’assistenza tecnica. Assistenza amministrativa reciproca
L’accordo prevede 2 tipi di assistenza:assistenza spontanea: le parti contraenti possono fornirsi assistenza reciprocamente di loro iniziativa, qualora lo ritengano necessario per la corretta applicazione della normativa doganale; assistenza a richiesta: l’autorità interpellata* è tenuta a fornire all’autorità richiedente* qualsiasi informazione utile che le consenta di accertare che la normativa doganale è correttamente applicata. Le informazioni possono riguardare violazioni della normativa doganale e procedure irregolari di esportazione e importazione tra le due parti. Sorveglianza speciale: può essere richiesta in tutti i casi sospetti ed è applicabile a ogni persona fisica o giuridica, luogo, movimento di merci o mezzo di trasporto che è o potrebbe essere collegato o utilizzato per perpetrare operazioni contrarie alla normativa doganale. Aspetti formali e deroghe all’obbligo di prestare assistenza
Le richieste di assistenza devono essere:presentate per iscritto, fatta eccezione per casi urgenti in cui possono essere presentate richieste orali, confermate successivamente per iscritto; corredate di tutte le informazioni necessarie per la loro attuazione, comprese: l’autorità interpellata, la misura richiesta, l’oggetto e la motivazione della richiesta, la normativa prevista e la persona fisica o giuridica oggetto dell’indagine. L’autorità interpellata:fornisce le informazioni di cui è già in possesso e svolge le opportune indagini; può rifiutarsi di fornire assistenza nel caso in cui ciò possa pregiudicare la sovranità, l’ordine pubblico, la sicurezza o altri interessi essenziali di una delle parti. La richiesta di fornire assistenza può anche essere rifiutata qualora:violi un segreto industriale, commerciale o professionale; coinvolga regolamentazioni valutarie o fiscali diverse dalla normativa doganale. L’accordo:contiene clausole di riservatezza in relazione alle informazioni fornite. Ai dati personali è riservato un alto livello di tutela. prevede l’istituzione di un comitato misto di cooperazione doganale che garantisce il buon funzionamento dell’accordo ed esamina tutte le questioni derivanti dalla sua applicazione.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore il 1° maggio 1997.
Le clausole dell’accordo relativo alla reciproca assistenza amministrativa sono state sostituite dal Protocollo relativo all’assistenza amministrativa reciproca nel settore doganale dell’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e la Repubblica di Corea.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:Corea (Commissione europea). La Repubblica di Corea e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna).
TERMINI CHIAVE
Normativa doganale: qualsiasi legge adottata dall’Unione europea o dalla Corea che disciplini l’importazione, l’esportazione, il transito delle merci e il vincolo a qualsiasi altro regime doganale, comprese le misure di divieto, di restrizione e di controllo.
Autorità interpellata: l’autorità doganale competente che riceve una domanda di assistenza.
Autorità richiedente: l’autorità doganale competente che presenta una domanda di assistenza.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea (GU L 121 del 13.5.1997, pag. 14).
Decisione 97/291/CE del Consiglio, del 26 aprile 1997, relativa alla conclusione dell’Accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea (GU L 121 del 13.5.1997, pag. 13).
Rettifica alla decisione 97/291/CE del Consiglio, del 26 aprile 1997, relativa alla conclusione dell’Accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea (GU L 126 del 17.5.1997, pag. 30).
DOCUMENTI CORRELATI
Protocollo relativo all’assistenza amministrativa reciproca nel settore doganale (GU L 127 del 14.5.2011, pag. 1415).
Decisione 2015/2169 del Consiglio del 1° ottobre 2015 relativa alla conclusione dell’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra (GU L 307 del 25.11.2015, pag. 2).
Informazione relativa all’entrata in vigore dell’accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea (GU L 121 del 13.5.1997, pag. 19). | 6,622 | 517 |
Direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori
Gazzetta ufficiale n. L 395 del 30/12/1989 pag. 0033 - 0035 edizione speciale finlandese: capitolo 6 tomo 3 pag. 0048 edizione speciale svedese/ capitolo 6 tomo 3 pag. 0048
DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 21 dicembre 1989 che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (89/665/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100 A, vista la proposta della Commissione (1), in cooperazione con il Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che le direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, in particolare la direttiva 71/305/CEE del Consiglio, del 26 luglio 1971, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici (4), modificata da ultimo dalla direttiva 89/440/CEE (5), e la direttiva 77/62/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1976, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture (6), modificata da ultimo dalla direttiva 88/295/CEE (7), non contengono disposizioni specifiche che permettano di garantirne l'effettiva applicazione; considerando che i meccanismi attualmente esistenti, sia sul piano nazionale sia sul piano comunitario, per garantire tale applicazione non sempre permettono di garantire il rispetto delle disposizioni comunitarie, in particolare in una fase in cui le violazioni possono ancora essere corrette; considerando che l'apertura degli appalti pubblici alla concorrenza comunitaria rende necessario un aumento notevole delle garanzie di trasparenza e di non discriminazione e che occorre, affinché essa sia seguita da effetti concreti, che esistano mezzi di ricorso efficaci e rapidi in caso di violazione del diritto comunitario in materia di appalti pubblici o delle norme nazionali che recepiscano tale diritto; considerando che l'assenza o l'insufficienza di mezzi di ricorso efficaci in vari Stati membri dissuade le imprese GU n. C 15 del 19. 1. 1989, pag. 8. GU n. C 323 del 27. 12. 1989. comunitarie dal concorrere nello Stato dell'autorità aggiudicatrice interessata; che è pertanto necessario che gli Stati membri interessati pongano rimedio a tale situazione; considerando che, data la brevità delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, gli organi di ricorso competenti devono in particolare essere abilitati a prendere misure provvisorie per sospendere la procedura di aggiudicazione dell'appalto o l'esecuzione di decisioni eventualmente prese dall'autorità aggiudicatrice; che la brevità delle procedure richiede un trattamento urgente delle violazioni di cui sopra; considerando la necessità di garantire in tutti gli Stati membri procedure adeguate che permettano l'annullamento delle decisioni illegittime e l'indennizzo delle persone lese da una violazione; considerando che, se le imprese non avviano la procedura di ricorso, ne deriva l'impossibilità di ovviare a determinate infrazioni a meno di istituire un meccanismo specifico; considerando che è pertanto necessario che la Commissione, qualora ritenga che sia stata commessa una violazione chiara ed evidente nel corso di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, intervenga presso le autorità competenti dello Stato membro e delle autorità aggiudicatrici interessate perché siano presi gli opportuni provvedimenti per ottenere la rapida correzione di qualsiasi violazione denunciata; considerando che l'applicazione effettiva delle disposizioni della presente direttiva dovrà essere riesaminata, prima della scadenza di un periodo di quattro anni successivo all'attuazione della stessa, in base ad informazioni che gli Stati membri dovranno fornire in merito al funzionamento delle procedure nazionali di ricorso, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 1. Gli Stati membri prendono i provvedimenti necessari per garantire che, per quanto riguarda le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici disciplinati dalle direttive 71/305/CEE e 77/62/CEE, le decisioni prese dalle autorità aggiudicatrici possano essere oggetto di un ricorso efficace e, in particolare, quanto più rapido possibile, secondo le condizioni previste negli articoli seguenti, in particolare l'articolo 2, paragrafo 7, in quanto tali decisioni hanno violato il diritto comunitario in materia di appalti pubblici o le norme nazionali che recepiscono tale diritto. 2. Gli Stati membri garantiscono che non vi sia alcuna discriminazione tra le imprese suscettibili di far valere un pregiudizio nell'ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto, a motivo della distinzione effettuata dalla presente direttiva tra le norme nazionali che recepiscono il diritto comunitario e le altre norme nazionali. 3. Gli Stati membri garantiscono che le procedure di ricorso siano accessibili, secondo modalità che gli Stati membri possono determinare, per lo meno a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l'aggiudicazione di un determinato appalto pubblico di forniture o di lavori e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una violazione denunciata. In particolare gli Stati membri possono esigere che la persona che desideri avvalersi di tale procedura abbia preventivamente informato l'autorità aggiudicatrice della pretesa violazione e della propria intenzione di presentare un ricorso. Articolo 2 1. Gli Stati membri fanno sì che i provvedimenti presi ai fini dei ricorsi di cui all'articolo 1 prevedano i poteri che permettano di: a) prendere con la massima sollecitudine e con procedura d'urgenza provvedimenti provvisori intesi a riparare la violazione o impedire che altri danni siano causati agli interessi coinvolti, compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere la procedura di aggiudicazione pubblica di un appalto o l'esecuzione di qualsiasi decisione presa dalle autorità aggiudicatrici; b) annullare o far annullare le decisioni illegittime, compresa la soppressione delle specificazioni tecniche, economiche o finanziarie discriminatorie figuranti nei documenti di gara, nei capitolati d'oneri o in ogni altro documento connesso con la procedura di aggiudicazione dell'appalto in questione; c) accordare un risarcimento danni alle persone lese dalla violazione. 2. I poteri di cui al paragrafo 1 possono essere conferiti ad organi distinti responsabili di aspetti differenti della procedura di ricorso. 3. Le procedure di ricorso non devono necessariamente esercitare, di per sé stesse, effetti sospensivi automatici sulle procedure di aggiudicazione cui si riferiscono. 4. Gli Stati membri possono prevedere che l'organo responsabile, quando esamina l'opportunità di prendere provvedimenti provvisori, possa tener conto delle probabili conseguenze dei provvedimenti stessi per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonché dell'interesse pubblico e decidere di non accordare tali provvedimenti qualora le conseguenze negative possano superare quelle positive. La decisione di non accordare provvedimenti provvisori non reca pregiudizio agli altri diritti rivendicati dalla persona che chiede tali provvedimenti. 5. Gli Stati membri possono prevedere che, se un risarcimento danni viene domandato a causa di una decisione presa illegalmente, per prima cosa l'organo che ha la competenza necessaria a tal fine annulli la decisione contestata. 6. Gli effetti dell'esercizio dei poteri di cui al paragrafo 1 sul contratto stipulato in seguito all'aggiudicazione dell'appalto sono determinati dal diritto nazionale. Inoltre, salvo nel caso in cui una decisione debba essere annullata prima della concessione di un risarcimento danni, uno Stato membro può prevedere che, dopo la stipulazione di un contratto in seguito all'aggiudicazione dell'appalto, i poteri dell'organo responsabile delle procedure di ricorso si limitino alla concessione di un risarcimento danni a qualsiasi persona lesa da una violazione. 7. Gli Stati membri fanno sì che le decisioni prese dagli organi responsabili delle procedure di ricorso possano essere attuate in maniera efficace. 8. Se gli organi responsabili delle procedure di ricorso non sono organi giudiziari, le loro decisioni devono essere sempre motivate per iscritto. In questo caso inoltre devono essere adottate disposizioni mediante cui ogni misura presunta illegittima presa dall'organo di base competente oppure ogni presunta infrazione nell'esercizio dei poteri che gli sono conferiti possa essere oggetto di un ricorso giurisdizionale o di un ricorso presso un altro organo che sia una giurisdizione ai sensi dell'articolo 177 del trattato e che sia indipendente dalle autorità aggiudicatrici e dall'organo di base. La nomina dei membri di tale organo indipendente e la cessazione del loro mandato sono soggetti a condizioni uguali a quelle applicabili ai giudici, per quanto concerne l'autorità responsabile della nomina, la durata del loro mandato e la loro revocabilità. Per lo meno il presidente di tale organo indipendente deve avere le stesse qualifiche giuridiche e professionali di un giudice. L'organo indipendente prende le proprie decisioni all'esito di una procedura in contraddittorio e tali decisioni producono, tramite i mezzi determinati da ciascuno Stato membro, effetti giuridici vincolanti. Articolo 3 1. La Commissione può invocare la procedura prevista nel presente articolo se, anteriormente alla conclusione di un contratto, essa ritiene che una violazione chiara e manifesta delle disposizioni comunitarie in materia di appalti pubblici sia stata commessa in una procedura di aggiudicazione di appalto disciplinata dalle direttive 71/305/CEE e 77/62/CEE. 2. La Commissione notifica allo Stato membro e all'autorità aggiudicatrice interessati le ragioni per cui ritiene che sia stata commessa una violazione chiara e manifesta e ne domanda la correzione. 3. Entro i 21 giorni successivi al ricevimento della notifica di cui al paragrafo 2, lo Stato membro interessato comunica alla Commissione: a) la conferma che la violazione è stata riparata; o b) una conclusione motivata per spiegare perché non ci sia stata riparazione; o c) una notifica che la procedura di aggiudicazione dell'appalto in questione è stata sospesa dall'autorità aggiudicatrice oppure nell'ambito dell'esercizio dei poteri previsti all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a). 4. Una conclusione motivata ai sensi del paragrafo 3, lettera b) può tra l'altro fondarsi sul fatto che la violazione denunciata costituisce già l'oggetto di un ricorso giurisdizionale o di un ricorso quale quello di cui all'articolo 2, paragrafo 8. In tal caso lo Stato membro informa la Commissione del risultato di tali procedure non appena ne viene a conoscenza. 5. In caso di notifica che una procedura di aggiudicazione di appalto sia stata sospesa conformemente al paragrafo 3, lettera c), lo Stato membro notifica alla Commissione la cessazione della sospensione o l'avvio di un'altra procedura di aggiudicazione di appalto in parte o del tutto collegata alla procedura precedente. Questa nuova notifica deve confermare che la violazione presunta è stata riparata o includere una conclusione motivata per spiegare perché non ci sia stata riparazione. Articolo 4 1. Prima dello scadere del quadriennio successivo alla data di messa in applicazione della presente direttiva, la Commissione, in collaborazione con il comitato consultivo per gli appalti pubblici, riesamina l'applicazione delle disposizioni della presente direttiva e propone all'occorrenza le modifiche che ritiene necessarie. 2. Gli Stati membri comunicano ogni anno alla Commissione, anteriormente al 1g marzo, una serie di informazioni sul funzionamento delle procedure nazionali di ricorso che si riferiscono all'anno precedente. La Commissione determina, d'intesa con il comitato consultivo per gli appalti pubblici, la natura di dette informazioni. Articolo 5 Gli Stati membri mettono in vigore le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 21 dicembre 1991. Essi comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno, di carattere legislativo, regolamentare e amministrativo che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 6 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 21 dicembre 1989. Per il Consiglio Il Presidente E. CRESSON (1) GU n. C 230 del 28. 8. 1987, pag. 6 e(2) GU n. C 167 del 27. 6. 1988, pag. 77 e(3) GU n. C 347 del 22. 12. 1987, pag. 23. (4) GU n. L 185 del 16. 8. 1971, pag. 5. (5) GU n. L 210 del 21. 7. 1989, pag. 1. (6) GU n. L 13 del 15. 1. 1977, pag. 1. (7) GU n. L 127 del 20. 5. 1988, pag. 1. | Aggiudicazione di appalti pubblici e concessioni — Contratti di forniture e lavori
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Invita i paesi dell’Unione europea (UE) a garantire che le decisioni relative all’aggiudicazione di appalti pubblici e concessioni, nonché le decisioni procedurali preliminari in tale ambito, siano riesaminate rapidamente ed efficacemente nel caso in cui abbiano violato il diritto comunitario sulle forniture pubbliche.
PUNTI CHIAVE
La direttiva 89/665/CEE si applica agli appalti del settore pubblico e alle concessioni che rientrano nell’ambito delle pertinenti norme sostanziali (ossia norme che definiscono diritti e doveri). Le direttive 2014/23/UE (si veda la sintesi)e 2014/24/UE (si veda la sintesi) sostituiscono la direttiva 2004/18/CE a decorrere dal 18 aprile 2016. I paesi dell’UE devono garantire che le procedure di ricorso siano accessibili per lo meno a chiunque abbia, o abbia avuto, interesse ad aggiudicarsi un determinato appalto e che sia stato, o rischi di essere, leso a causa di una violazione denunciata. La direttiva 89/665/CEE consente l’avvio di azioni sia prima che dopo la firma del contratto (misure correttive precontrattuali e postcontrattuali).Le misure correttive precontrattuali sono volte a correggere le violazioni delle norme sulle forniture pubbliche nel corso della procedura di gara e, in ogni caso, prima che il contratto venga perfezionato. Comprendono il diritto a provvedimenti provvisori, un regime di status quo obbligatorio e il requisito di sospendere la procedura di aggiudicazione durante l’esame del ricorso, per evitare l’aggiudicazione del contratto.Le misure correttive postcontrattuali mirano a dichiarare l’invalidità di un contratto in vigore e/o a risarcire (principalmente i danni) le parti interessate dopo che il contratto in questione sia stato aggiudicato.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore il 3 gennaio 1990 e doveva essere recepita dalle legislazioni nazionali dei paesi dell’UE entro il 21 dicembre 1991.
CONTESTO
La direttiva 89/665/CEE è stata profondamente modificata dalla direttiva 2007/66/CE. La direttiva 2014/23/UE ha introdotto ulteriori modifiche, volte principalmente ad ampliare l’ambito di applicazione della direttiva 89/665/CEE per quanto riguarda le concessioni ai sensi della direttiva 2014/23/UE e ad aggiornare i riferimenti alle norme sostanziali relative agli appalti pubblici stabilite nella direttiva 2014/24/UE. La direttiva 92/13/CEE (si veda la sintesi) è l’equivalente della direttiva 89/665/CEE per gli appalti nel settore pubblico nel settore dei servizi. È stata profondamente modificata dalla direttiva 2007/66/CE. La direttiva 2014/23/UE ha introdotto ulteriori modifiche alla luce della direttiva 2014/25/UE (si veda la sintesi).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (GU L 395 del 30.12.1989, pag. 33).
Modifiche successive alla direttiva 89/665/CEE sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni (GU L 76 del 23.3.1992, pag. 14).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 65).
Si veda la versione consolidata. | 5,417 | 967 |
Convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti
Gazzetta ufficiale n. L 323 del 17/11/1978 pag. 0014 - 0022
EUROPEAN CONVENTION FOR THE PROTECTION OF ANIMALS KEPT FOR FARMING PURPOSESCONVENTION EUROPÉENNE SUR LA PROTECTION DES ANIMAUX DANS LES ÉLEVAGES>PIC FILE= "T0019842">THE MEMBER STATES OF THE COUNCIL OF EUROPEsignatory hereto,Considering that it is desirable to adopt common provisions for the protection of animals kept for farming purposes, particularly in modern intensive stock-farming systems,HAVE AGREED AS FOLLOWS:CHAPTER IGeneral principlesArticle 1This Convention shall apply to the keeping, care and housing of animals, and in particular to animals in modern intensive stock-farming systems. For the purposes of this Convention, "animals" shall mean animals bred or kept for the production of food, wool, skin or fur or for other farming purposes, and "modern intensive stock-farming systems" shall mean systems which predominantly employ technical installations operated principally by means of automatic processes.Article 2Each Contracting Party shall give effect to the principles of animal welfare laid down in Articles 3 to 7 of this Convention.Article 3Animals shall be housed and provided with food, water and care in a manner which - having regard to their species and to their degree of development, adaptation and domestication - is appropriate to their physiological and ethological needs in accordance with established experience and scientific knowledge.Article 41. The freedom of movement appropriate to an animal, having regard to its species and in accordance with established experience and scientific knowledge, shall not be restricted in such a manner as to cause it unnecessary suffering or injury.2. Where an animal is continuously or regularly tethered or confined, it shall be given the space appropriate to its physiological and ethological needs in accordance with established experience and scientific knowledge.Article 5The lighting, temperature, humidity, air circulation, ventilation, and other environmental conditions such as gas concentration or noise intensity in the place in which an animal is housed, shall - having regard to its species and to its degree of development, adaptation and domestication - conform to its physiological and ethological needs in accordance with established experience and scientific knowledge.Article 6No animal shall be provided with food or liquid in a manner, nor shall such food or liquid contain any substance, which may cause unnecessary suffering or injury.Article 71. The condition and state of health of animals shall be thoroughly inspected at intervals sufficient to avoid unnecessary suffering and in the case of animals kept in modern intensive stock-farming systems at least once a day.2. The technical equipment used in modern intensive stock-farming systems shall be thoroughly inspected at least once a day, and any defect discovered shall be remedied with the least possible delay. When a defect cannot be remedied forthwith, all temporary measures necessary to safeguard the welfare of the animals shall be taken immediately.CHAPTER IIDetailed implementationArticle 81. A Standing Committee shall be set up within a year of the entry into force of this Convention.2. Each Contracting Party shall have the right to appoint a representative to the Standing Committee. Any Member State of the Council of Europe which is not a Contracting Party to the Convention shall have the right to be represented on the Committee by an observer.3. The Secretary General of the Council of Europe shall convene the Standing Committee whenever he finds it necessary and in any case when a majority of the representatives of the Contracting Parties or the representative of the European Economic Community, being itself a Contracting Party, request its convocation.4. A majority of representatives of the Contracting Parties shall constitute a quorum for holding a meeting of the Standing Committee.5. The Standing Committee shall take its decision by a majority of the votes cast. However, unanimity of the votes cast shall be required for: (a) the adoption of the recommendations provided for in Article 9 (1);(b) the decision to admit observers other than those referred to in paragraph 2 of this Article;(c) the adoption of the report referred to in Article 13; this report could set out, where appropriate, divergent opinions.6. Subject to the provisions of this Convention. The Standing Committee shall draw up its own Rules of Procedure.Article 91. The Standing Committee shall be responsible for the elaboration and adoption of recommendations to the Contracting Parties containing detailed provisions for the implementation of the principles set out in Chapter I of this Convention, to be based on scientific knowledge concerning the various species of animals.2. For the purpose of carrying out its responsibilities under paragraph 1 of this Article, the Standing Committee shall follow developments in scientific research and new methods in animal husbandry.3. Unless a longer period is decided upon by the Standing Committee, a recommendation shall become effective as such six months after the date of its adoption by the Committee. As from the date when a recommendation becomes effective each Contracting Party shall either implement it or inform the Standing Committee by notification to the Secretary General of the Council of Europe of the reasons why it has decided that it cannot implement the recommendation or can no longer implement it.4. If two or more Contracting Parties or the European Economic Community, being itself a Contracting Party, have given notice in accordance with paragraph 3 of this Article of their decision not to implement or no longer to implement a recommendation, that recommendation shall cease to have effect.Article 10The Standing Committee shall use its best endeavours to facilitate a friendly settlement of any difficulty which may arise between Contracting Parties concerning the implementation of this Convention.Article 11The Standing Committee may express an advisory opinion on any question concerning the protection of animals at the request of a Contracting Party.Article 12Each Contracting Party may appoint one or more bodies from which the Standing Committee may request information and advice to assist it in its work. Contracting Parties shall communicate to the Secretary General of the Council of Europe the names and addresses of such bodies.Article 13The Standing Committee shall submit to the Committee of Ministers of the Council of Europe, at the expiry of the third year after the entry into force of this Convention and of each further period of three years, a report on its work and on the functioning of the Convention, including if it deems it necessary proposals for amending the Convention.CHAPTER IIIFinal provisionsArticle 141. This Convention shall be open to signature by the Member States of the Council of Europe and by the European Economic Community. It shall be subject to ratification, acceptance or approval. Instruments of ratification, acceptance or approval shall be deposited with the Secretary General of the Council of Europe.2. This Convention shall enter into force six months after the date of the deposit of the fourth instrument of ratification, acceptance or approval by a Member State of the Council of Europe.3. In respect of a signatory Party ratifying, accepting or approving after the date referred to in paragraph 2 of this Article, the Convention shall enter into force six months after the date of the deposit of its instrument of ratification, acceptance or approval.Article 151. After the entry into force of this Convention, the Committee of Ministers of the Council of Europe may, upon such terms and conditions as it deems appropriate, invite any non-member State to accede thereto.2. Such accession shall be effected by depositing with the Secretary General of the Council of Europe an instrument of accession which shall take effect six months after the date of its deposit.Article 161. Any Contracting Party may, at the time of signature or when depositing its instrument of ratification, acceptance, approval or accession, specify the territory or territories to which this Convention shall apply.2. Any Contracting Party may, when depositing its instrument of ratification, acceptance, approval or accession or at any later date, by declaration addressed to the Secretary General of the Council of Europe, extend this Convention to any other territory or territories specified in the declaration and for whose international relations it is responsible or on whose behalf it is authorized to give undertakings.3. Any declaration made in pursuance of the preceding paragraph may, in respect of any territory mentioned in such declaration, be withdrawn according to the procedure laid down in Article 17 of this Convention.Article 171. Any Contracting Party may, in so far as it is concerned, denounce this Convention by means of a notification addressed to the Secretary General of the Council of Europe.2. Such denunciation shall take effect six months after the date of receipt by the Secretary General of such notification.Article 18The Secretary General of the Council of Europe shall notify the Member States of the Council and any Contracting Party not a Member State of the Council of: (a) any signature;(b) any deposit of an instrument of ratification, acceptance, approval or accession;(c) any date of entry into force of this Convention in accordance with Articles 14 and 15 thereof;(d) any recommendation of the kind referred to in Article 9 (1) and the date on which it takes effect;(e) any notification received in pursuance of the provisions of Article 9 (3);(f) any communication received in pursuance of the provisions of Article 12;(g) any declaration received in pursuance of the provisions of Article 16 (2) and (3);(h) any notification received in pursuance of the provisions of Article 17 and the date on which denunciation takes effect.LES ÉTATS MEMBRES DU CONSEIL DE L'EUROPE,signataires de la présente convention,considérant qu'il est souhaitable d'adopter des dispositions communes pour protéger les animaux dans les élevages, en particulier dans les systèmes modernes d'élevage intensif,SONT CONVENUS DE CE QUI SUIT:TITRE PREMIER Principes générauxArticle premierLa présente convention s'applique à l'alimentation, aux soins et au logement des animaux, en particulier dans les systèmes modernes d'élevage intensif. Au sens de la présente convention, on entend par «animaux» ceux qui sont élevés ou gardés pour la production de denrées alimentaires, de laine, de peaux, de fourrures ou à d'autres fins agricoles et par «systèmes modernes d'élevage intensif» ceux qui utilisent surtout des installations techniques exploitées principalement à l'aide de dispositifs automatiques.Article 2Chaque partie contractante donne effet aux principes de protection des animaux fixés dans la présente convention aux articles 3 à 7.Article 3Tout animal doit bénéficier d'un logement, d'une alimentation et des soins qui - compte tenu de son espèce, de son degré de développement, d'adaptation et de domestication - sont appropriés à ses besoins physiologiques et éthologiques, conformément à l'expérience acquise et aux connaissances scientifiques.Article 41. La liberté de mouvement propre à l'animal, compte tenu de son espèce et conformément à l'expérience acquise et aux connaissances scientifiques, ne doit pas être entravée de manière à lui causer des souffrances ou des dommages inutiles.2. Lorsqu'un animal est continuellement ou habituellement attaché, enchaîné ou maintenu, il doit lui être laissé un espace approprié à ses besoins physiologiques et éthologiques, conformément à l'expérience acquise et aux connaissances scientifiques.Article 5L'éclairage, la température, le degré d'humidité, la circulation d'air, l'aération du logement de l'animal et les autres conditions ambiantes telles que la concentration des gaz ou l'intensité du bruit, doivent - compte tenu de son espèce, de son degré de développement, d'adaptation et de domestication - être appropriés à ses besoins physiologiques et éthologiques, conformément à l'expérience acquise et aux connaissances scientifiques.Article 6Aucun animal ne doit être alimenté de telle sorte qu'il en résulte des souffrances ou des dommages inutiles et son alimentation ne doit pas contenir de substances qui puissent lui causer des souffrances ou des dommages inutiles.Article 71. La condition et l'état de santé de l'animal doivent faire l'objet d'une inspection approfondie à des intervalles suffisants pour éviter des souffrances inutiles, soit au moins une fois par jour dans le cas d'animaux gardés dans des systèmes modernes d'élevage intensif.2. Les installations techniques dans les systèmes modernes d'élevage intensif doivent faire l'objet, au moins une fois par jour, d'une inspection approfondie et tout défaut constaté doit être éliminé dans les délais les plus courts. Lorsqu'un défaut ne peut être éliminé sur le champ, toutes les mesures temporaires nécessaires pour préserver le bien-être des animaux doivent être prises immédiatement.TITRE II Dispositions détaillées pour la mise en oeuvreArticle 81. Il est consitué, dans l'année qui suit la date d'entrée en vigueur de la présente convention, un comité permanent.2. Toute partie contractante a le droit de désigner un représentant au comité permanent. Tout État membre du Conseil de l'Europe qui n'est pas partie contractante à la convention a le droit de se faire représenter au comité par un observateur.3. Le secrétaire général du Conseil de l'Europe convoque le comité permanent chaque fois qu'il l'estime nécessaire et, en tout cas, si la majorité des représentants des parties contractantes ou le représentant de la Communauté économique européenne, elle-même partie contractante, en formulent la demande.4. La majorité des représentants des parties contractantes constitue le quorum nécessaire pour tenir une réunion du comité permanent.5. Le comité permanent prend ses décisions à la majorité des voix exprimées; toutefois, l'unanimité des voix exprimées est exigée pour: a) l'adoption des recommandations visées au paragraphe 1 de l'article 9;b) la décision d'admettre des observateurs autres que ceux visés au paragraphe 2 du présent article;c) l'adoption du rapport visé à l'article 13, rapport qui, le cas échéant, fait état des opinions divergentes.6. Sous réserve des dispositions de la présente convention, le comité permanent établit son règlement intérieur.Article 91. Le comité permanent est chargé d'élaborer et d'adopter des recommandations aux parties contractantes contenant des dispositions détaillées en vue de l'application des principes énoncés au titre premier de la présente convention; ces dispositions doivent se fonder sur les connaissances scientifiques concernant les différentes espèces.2. Aux fins de l'accomplissement de ses tâches telles que visées au paragraphe 1 du présent article, le comité permanent suit l'évolution de la recherche scientifique et des nouvelles méthodes en matière d'élevage.3. Sauf si un délai plus long est fixé par le comité permanent, toute recommandation prend effet en tant que telle six mois après la date de son adoption par le comité. À partir de la date à laquelle une recommandation prend effet, toute partie contractante doit, soit la mettre en oeuvre, soit informer le comité permanent par notification adressée au secrétaire général du Conseil de l'Europe des raisons pour lesquelles elle a décidé qu'elle n'est pas ou n'est plus en mesure de la mettre en oeuvre.4. Si deux ou plusieurs parties contractantes ou la Communauté économique européenne, elle-même partie contractante, ont notifié conformément au paragraphe 3 du présent article, leur décision de ne pas mettre ou de ne plus mettre en oeuvre une recommandation, cette recommandation cesse d'avoir effet.Article 10Le comité permanent facilite autant que de besoin le règlement amiable de toute difficulté qui peut surgir entre parties contractantes concernant l'application de la présente convention.Article 11Le comité permanent peut, à la demande d'une partie contractante, exprimer un avis consultatif sur toute question relative à la protection des animaux.Article 12En vue d'assister le comité permanent dans ses travaux, toute partie contractante peut désigner un ou plusieurs organes auxquels ce comité peut demander des informations et des conseils. Les parties contractantes communiquent au secrétaire général du Conseil de l'Europe le nom et l'adresse desdits organes.Article 13Le comité permanent soumet au comité des ministres du Conseil de l'Europe, à l'expiration de la troisième année après l'entrée en vigueur de la présente convention et à l'expiration de chaque période ultérieure de trois ans, un rapport sur ses travaux et sur le fonctionnement de la convention, en y incluant s'il l'estime nécessaire des propositions visant à amender la convention.TITRE IIIDispositions finalesArticle 141. La présente convention est ouverte à la signature des États membres du Conseil de l'Europe ainsi qu'à celle de la Communauté économique européenne. Elle sera ratifiée, acceptée ou approuvée. Les instruments de ratification, d'acceptation ou d'approbation seront déposés près le secrétaire général du Conseil de l'Europe.2. La présente convention entrera en vigueur six mois après la date du dépôt du quatrième instrument de ratification, d'acceptation ou d'approbation d'un État membre du Conseil de l'Europe.3. Elle entrera en vigueur à l'égard de toute partie signataire qui la ratifiera, l'acceptera ou l'approuvera après la date visée au paragraphe 2 du présent article, six mois après la date du dépôt de son instrument de ratification, d'acceptation ou d'approbation.Article 151. Après l'entrée en vigueur de la présente convention, le comité des ministres du Conseil de l'Europe pourra inviter, selon les modalités qu'il jugera opportunes, tout État non membre du Conseil à adhérer à la présente convention.2. L'adhésion s'effectuera par le dépôt, près le secrétaire général du Conseil de l'Europe, d'un instrument d'adhésion qui prendra effet six mois après la date de son dépôt.Article 161. Toute partie contractante peut, au moment de la signature ou au moment du dépôt de son instrument de ratification, d'acceptation, d'approbation ou d'adhésion, désigner le ou les territoires auxquels s'appliquera la présente convention.2. Toute partie contractante peut, au moment du dépôt de son instrument de ratification, d'acceptation, d'approbation ou d'adhésion, ou à tout autre moment par la suite, étendre l'application de la présente convention, par déclaration adressée au secrétaire général du Conseil de l'Europe, à tout autre territoire désigné dans la déclaration et dont elle assure les relations internationales ou pour lequel elle est habilitée à stipuler.3. Toute déclaration faite en vertu du paragraphe précédent pourra être retirée, en ce qui concerne tout territoire désigné dans cette déclaration, aux conditions prévues par l'article 17 de la présente convention.Article 171. Toute partie contractante pourra, en ce qui la concerne, dénoncer la présente convention en adressant une notification au secrétaire général du Conseil de l'Europe.2. La dénonciation prendra effet six mois après la date de la réception de la notification par le secrétaire général.Article 18Le secrétaire général du Conseil de l'Europe notifiera aux États membres du Conseil et à toute partie contractante non membre du Conseil: a) toute signature;b) le dépôt de tout instrument de ratification, d'acceptation, d'approbation ou d'adhésion;c) toute date d'entrée en vigueur de la présente convention conformément à ses articles 14 et 15;d) toute recommandation visée au paragraphe 1 de l'article 9 et la date à laquelle elle prendra effet;e) toute notification reçue en application des dispositions du paragraphe 3 de l'article 9;f) toute communication reçue en application des dispositions de l'article 12;g) toute déclaration reçue en application des dispositions des paragraphes 2 et 3 de l'article 16;h) toute notification reçue en application des dispositions de l'article 17 et la date à laquelle la dénonciation prendra effet.In witness whereof, the undersigned, being duly authorized thereto, have signed this Convention.Done at Strasbourg, this ... day of March 1976, in English and in French, both texts being equally authoritative, in a single copy which shall remain deposited in the archives of the Council of Europe. The Secretary General of the Council of Europe shall transmit certified copies to each of the signatory and acceding Parties.En foi de quoi, les soussignés, dûment autorisés à cet effet, ont signé la présente convention.Fait à Strasbourg, le ... mars 1976, en français et en anglais, les deux textes faisant également foi, en un seul exemplaire qui sera déposé dans les archives du Conseil de l'Europe. Le secrétaire général du Conseil de l'Europe en communiquera copie certifiée conforme à chacune des parties signataires et adhérentes.>PIC FILE= "T0019558">>PIC FILE= "T0019559"> | Convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti
QUAL È LO SCOPO DELLA CONVENZIONE E DELLE DECISIONI?
La presente convenzione, firmata sotto l’egida del Consiglio d’Europa, intende imporre ai paesi firmatari condizioni comuni minime per la protezione degli animali nei loro metodi di allevamento.
La convenzione è stata emendata nel 1992 dal protocollo di modifica.
La decisione 78/923/CEE e la decisione 92/583/CEE hanno segnato rispettivamente la conclusione della convenzione europea per la protezione degli animali negli allevamenti e del suo protocollo di modifica.
PUNTI CHIAVE
La convenzione si applica agli animali d’allevamento, ovvero agli animali allevati o custoditi per la produzione di prodotti alimentari, lana, pelli, pellicce o altri scopi agricoli, compresi gli animali provenienti da modificazioni genetiche o da nuove combinazioni genetiche. La convenzione si rivolge in particolare agli animali che si trovano in sistemi di allevamento intensivo.
L’obiettivo della convenzione è proteggere gli animali da allevamento da inutili sofferenze o lesioni, a causa delle condizioni di alloggiamento, alimentazione o cura. Per raggiungere questo obiettivo, la convenzione impone ai paesi che l’hanno approvata di rispettare determinate regole, in particolare relativamente al sito di allevamento (spazio e condizioni ambientali), all’alimentazione e la salute degli animali, e all’organizzazione delle ispezioni degli impianti tecnici nei moderni sistemi di allevamento intensivo.
La convenzione crea un comitato permanente che sovrintende alla sua attuazione. Questo comitato può elaborare e adottare raccomandazioni nei confronti dei paesi firmatari.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
La convenzione è entrata in vigore il 10 settembre 1978.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti (GU L 323 del 17.11.1978, pag. 14).
Protocollo di modifica alla convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti (GU L 395 del 31.12.1992, pag. 22).
Decisione 78/923/CEE del Consiglio, del 19 giugno 1978, relativa alla conclusione della convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti (GU L 323 del 17.11.1978, pag. 12).
Decisione 92/583/CEE del Consiglio, del 14 dicembre 1992, relativa alla conclusione del protocollo di modifica della convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti (GU L 395 del 31.12.1992, pag. 21).
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva 2008/119/CE del Consiglio, del 18 dicembre 2008, che stabilisce le norme minime relative alla protezione dei vitelli (versione codificata) (GU L 10 del 15.1.2009, pag. 7).
Le successive modifiche alla direttiva 2008/119/CE del Consiglio sono state integrate al testo originale. La versione consolidata ha unicamente un valore documentale.
Direttiva 2008/120/CE del Consiglio, del 18 dicembre 2008, che stabilisce le norme minime per la protezione dei suini (Versione codificata) (GU L 47 del 18.2.2009, pag. 5).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 1999/74/CE del Consiglio, del 19 luglio 1999, che stabilisce le norme minime per la protezione delle galline ovaiole (GU L 203 del 3.8.1999, pag. 53).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 98/58/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, riguardante la protezione degli animali negli allevamenti (GU L 221 dell’8.8.1998, pag. 23).
Si veda la versione consolidata. | 6,445 | 995 |
RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE
del 10 aprile 2008
relativa alla gestione della proprietà intellettuale nelle attività di trasferimento delle conoscenze e al codice di buone pratiche destinato alle università e ad altri organismi pubblici di ricerca
[notificata con il numero C(2008) 1329]
(Testo rilevante ai fini del SEE)
(2008/416/CE)
LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 165,
considerando quanto segue:
(1)
Nel rilanciare la strategia di Lisbona nel 2005, i capi di Stato e di governo hanno sottolineato l’importanza di un migliore collegamento tra gli organismi pubblici di ricerca, comprese le università, e l’industria, per facilitare la circolazione e l’uso delle idee in una società della conoscenza dinamica e per migliorare la competitività e il benessere.
(2)
È necessario prodigarsi per migliorare il processo di conversione delle conoscenze in benefici socioeconomici. È necessario pertanto che gli organismi pubblici di ricerca divulghino e valorizzino con maggiore efficacia i risultati delle ricerche finanziate con fondi pubblici, allo scopo di trasformarli in nuovi prodotti e servizi. Questo obiettivo può essere conseguito con modalità diverse e, in particolare, mediante collaborazioni tra università e industria — ricerca collaborativa o a contratto condotta o cofinanziata con il settore privato — la concessione di licenze o la creazione di spin-off.
(3)
La valorizzazione efficace dei risultati della ricerca finanziata con fondi pubblici dipende da una gestione adeguata della proprietà intellettuale (ovvero della conoscenza nell’accezione più ampia del termine, comprendente, ad esempio, invenzioni, software, banche dati e microrganismi, protetti o meno da strumenti giuridici quali i brevetti), dallo sviluppo di una cultura imprenditoriale e delle competenze a essa associate negli organismi pubblici di ricerca, come pure da una comunicazione e interazione migliori tra i settori pubblico e privato.
(4)
La partecipazione attiva degli organismi pubblici di ricerca nella gestione della proprietà intellettuale e nel trasferimento delle conoscenze è essenziale per generare benefici socioeconomici e per attirare studenti, ricercatori e ulteriori finanziamenti per la ricerca.
(5)
Negli ultimi anni gli Stati membri hanno adottato iniziative per facilitare il trasferimento delle conoscenze a livello nazionale; tuttavia le significative discrepanze che esistono tra i quadri normativi, le politiche e le pratiche nazionali, come pure le norme differenti che disciplinano la proprietà intellettuale all’interno degli organismi pubblici di ricerca, impediscono o ostacolano il trasferimento delle conoscenze a livello transnazionale in Europa e la realizzazione dello Spazio europeo della ricerca.
(6)
A seguito della comunicazione della Commissione del 2007 (1) che illustrava le modalità per istituire un quadro comune europeo per il trasferimento delle conoscenze, il Consiglio europeo del giugno 2007 ha invitato la Commissione a elaborare orientamenti per la gestione della proprietà intellettuale da parte degli organismi pubblici di ricerca sotto forma di una raccomandazione agli Stati membri.
(7)
La presente raccomandazione mira a fornire agli Stati membri e alle loro regioni orientamenti strategici per l’elaborazione o l’aggiornamento di linee guida e quadri nazionali e agli organismi pubblici di ricerca un Codice di buone pratiche per consentire loro una migliore gestione della proprietà intellettuale e del trasferimento delle conoscenze.
(8)
La cooperazione nel campo della ricerca e dello sviluppo, come pure le attività di trasferimento delle conoscenze tra la Comunità e i paesi terzi, dovrebbe essere basata su pratiche e raccomandazioni chiare e uniformi che garantiscano un accesso equo e corretto alla proprietà intellettuale generata nell’ambito di collaborazioni internazionali nel campo della ricerca, con benefici per tutti i partecipanti. In tale ambito dovrebbe essere usato come riferimento il Codice di buone pratiche allegato.
(9)
È stata individuata una serie di buone pratiche che dovrebbero aiutare gli Stati membri a applicare la presente raccomandazione. Ogni Stato membro è libero di adottare le procedure e pratiche che ritiene più adeguate per garantire il rispetto dei principi della presente raccomandazione, tenendo conto della propria situazione specifica, dal momento che le pratiche che sono efficaci in uno Stato membro non sono necessariamente altrettanto efficaci in un altro. Dovrebbero inoltre essere presi in considerazione gli orientamenti esistenti a livello della Comunità e dell’OCSE.
(10)
La Commissione e gli Stati membri dovrebbero monitorare l’attuazione e l’impatto della presente raccomandazione e migliorare lo scambio di buone pratiche in materia di trasferimento delle conoscenze
RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI DI:
1)
garantire che tutti gli organismi pubblici di ricerca considerino il trasferimento delle conoscenze come una missione strategica;
2)
incoraggiare gli organismi pubblici di ricerca a definire e divulgare politiche e procedure per la gestione della proprietà intellettuale in linea con il codice di buone pratiche di cui all’allegato I;
3)
sostenere lo sviluppo di capacità e competenze per il trasferimento delle conoscenze negli organismi pubblici di ricerca, oltre a misure per rafforzare la consapevolezza e le competenze degli studenti — soprattutto nei settori della scienza e della tecnologia — in materia di proprietà intellettuale, trasferimento delle conoscenze e imprenditorialità;
4)
promuovere un’ampia diffusione delle conoscenze generate grazie a finanziamenti pubblici, adottando misure atte a incoraggiare il libero accesso ai risultati della ricerca e garantendo al contempo che sia tutelata, laddove necessario, la proprietà intellettuale degli stessi;
5)
cooperare e adottare misure per migliorare la coerenza dei rispettivi regimi per quanto attiene ai diritti di proprietà individuale, in modo da facilitare la cooperazione e il trasferimento transfrontalieri di conoscenze nell’ambito della ricerca e dello sviluppo;
6)
applicare i principi delineati nella presente raccomandazione come base per introdurre o adeguare gli orientamenti e le normative nazionali in materia di gestione della proprietà intellettuale e di trasferimento delle conoscenze nonché per stipulare accordi di cooperazione nel campo della ricerca con paesi terzi, o ancora in relazione a altre misure destinate a promuovere il trasferimento di conoscenze o a istituire politiche o regimi di finanziamento nuovi nel rispetto della normativa sugli aiuti di Stato;
7)
adottare misure destinate a garantire un’applicazione il più possibile ampia del codice di buone pratiche, sia in modo diretto sia mediante norme stabilite dagli enti nazionali o regionali di finanziamento della ricerca;
8)
garantire un trattamento equo e corretto dei soggetti degli Stati membri e dei paesi terzi che partecipano a progetti di ricerca, per quanto riguarda la proprietà e l’accesso ai diritti di proprietà intellettuale, a vantaggio di tutti i partecipanti;
9)
designare un referente a livello nazionale incaricato, tra l’altro, di coordinare le misure relative al trasferimento di conoscenze tra gli organismi pubblici di ricerca e il settore privato e di gestire gli aspetti transnazionali in collegamento con i suoi omologhi di altri Stati membri;
10)
esaminare e utilizzare le migliori pratiche illustrate nell’allegato II, tenendo conto del contesto nazionale;
11)
informare la Commissione entro il 15 luglio 2010, e successivamente ogni due anni, delle misure adottate sulla base della presente raccomandazione come pure del loro impatto.
Fatto a Bruxelles, il 10 aprile 2008.
Per la Commissione
Janez POTOČNIK
Membro della Commissione
(1) COM(2007) 182.
ALLEGATO I
Codice di buone pratiche per le università e altri organismi pubblici di ricerca in materia di gestione della proprietà intellettuale e di trasferimento delle conoscenze
Il presente codice di buone pratiche è costituito da tre serie fondamentali di principi.
I principi di una politica della proprietà intellettuale interna (di seguito «PI») costituiscono la serie di principi di base che gli organismi pubblici di ricerca dovrebbero attuare per gestire in modo efficace la proprietà intellettuale derivante dalle attività — proprie o frutto di una collaborazione — nel settore della ricerca e dello sviluppo.
I principi di una politica di trasferimento delle conoscenze (di seguito «TC») integrano quelli relativi alla politica della PI, essendo mirati più specificamente al trasferimento attivo e alla valorizzazione della proprietà intellettuale, sia essa o meno tutelata dai relativi diritti.
I principi della ricerca collaborativa o a contratto dovrebbero riguardare tutti i tipi di attività di ricerca condotte o finanziate congiuntamente da un organismo pubblico di ricerca e dal settore privato e, in particolare, la ricerca collaborativa (in cui tutte le parti svolgono compiti di R&S) e la ricerca a contratto (in cui un’impresa privata appalta le attività di R&S a un organismo pubblico di ricerca).
Principi di una politica della proprietà intellettuale interna
1.
Sviluppare una politica della PI come parte integrante di una strategia e di una missione di lungo termine degli organismi pubblici di ricerca e divulgarla a livello interno ed esterno, designando un referente unico.
2.
Questa politica dovrebbe indicare regole chiare per il personale e gli studenti, per quanto attiene in particolare alla diffusione di nuove idee con potenziale interesse commerciale, alla proprietà dei risultati della ricerca, alla tenuta di registri, alla gestione dei conflitti di interesse e ai rapporti con i terzi.
3.
Promuovere l’individuazione, la valorizzazione e, dove opportuno, la protezione della proprietà intellettuale, in linea con la strategia e la missione degli organismi pubblici di ricerca e allo scopo di massimizzare i benefici socioeconomici. A tal fine possono essere adottate strategie differenti — adeguandole eventualmente ai rispettivi ambiti tecnico-scientifici — ad esempio gli approcci «dominio pubblico» o «innovazione aperta».
4.
Fornire adeguati incentivi per garantire che tutto il personale svolga un ruolo attivo nell’attuazione della politica della proprietà intellettuale. Gli incentivi non dovrebbero essere soltanto di natura finanziaria ma favorire anche l’avanzamento di carriera, tenendo conto nelle procedure di valutazione della proprietà intellettuale e del trasferimento delle conoscenze, oltre che dei criteri accademici.
5.
Prendere in considerazione l’istituzione di portafogli coerenti della proprietà intellettuale da parte degli organismi pubblici di ricerca — ad esempio in settori specifici della tecnologia — e, se opportuno, di comunità di brevetti/IP che comprendano anche la proprietà intellettuale di altri organismi pubblici di ricerca. Una tale iniziativa potrebbe facilitare la valorizzazione dei risultati, permettendo di creare una massa critica e di ridurre i costi di transazione per i terzi.
6.
Rafforzare la consapevolezza e le competenze di base in materia di proprietà intellettuale e trasferimento delle conoscenze mediante azioni di formazione per gli studenti e i ricercatori e garantire che il personale responsabile della gestione di PI/TC possieda le qualifiche necessarie e riceva una formazione adeguata.
7.
Mettere a punto e divulgare una politica di pubblicazione/diffusione, promuovendo un’ampia diffusione dei risultati delle attività di ricerca e sviluppo (ad esempio mediante la pubblicazione con accesso aperto), anche accettando eventuali ritardi — che dovrebbero tuttavia essere di entità minima — quando è in gioco la protezione della proprietà intellettuale.
Principi di una politica di trasferimento delle conoscenze
8.
Allo scopo di promuovere l’uso dei risultati della ricerca finanziata con fondi pubblici e di massimizzarne l’impatto socioeconomico, prendere in considerazione tutti i possibili tipi di meccanismi di valorizzazione (quali concessioni di licenze e creazione di spin-off) e tutti i possibili partner (quali spin-off o imprese esistenti, altri organismi pubblici di ricerca, investitori o servizi o agenzie di sostegno all’innovazione) e selezionare i più adeguati.
9.
Benché una politica proattiva di PI/TC possa generare entrate supplementari per gli organismi pubblici di ricerca, ciò non dovrebbe essere considerato come un obiettivo primario.
10.
Garantire che gli organismi pubblici di ricerca possiedano o abbiano accesso a servizi professionali di trasferimento delle conoscenze, come servizi di consulenza legale, finanziaria, commerciale e in materia di protezione e applicazione dei diritti di proprietà intellettuale, oltre a personale tecnicamente qualificato.
11.
Elaborare e divulgare una politica di concessione di licenze allo scopo di armonizzare le pratiche degli organismi pubblici di ricerca e garantire la correttezza di tutte le transazioni. In particolare, il trasferimento dei diritti di proprietà intellettuale detenuti dagli organismi pubblici di ricerca e la concessione di licenze esclusive (1) dovrebbero essere accuratamente valutati, soprattutto in relazione a terzi parti non europei. Le licenze concesse a fini di valorizzazione dovrebbero comportare un’adeguata compensazione di tipo finanziario o di altro tipo.
12.
Elaborare e divulgare una politica per la creazione di spin-off per incoraggiare (e dotare di opportuni mezzi) il personale degli organismi pubblici di ricerca a partecipare alla creazione di spin-off, laddove ciò si riveli appropriato.
13.
Definire principi chiari relativamente alla ripartizione delle entrate ottenute grazie al trasferimento delle conoscenze tra organismi pubblici di ricerca, i dipartimenti e gli inventori.
14.
Monitorare le attività di protezione della proprietà intellettuale e di trasferimento delle conoscenze e dei relativi risultati, e divulgare questi ultimi con cadenza regolare. I risultati ottenuti dagli organismi pubblici di ricerca, le relative competenze e i diritti di proprietà intellettuale dovrebbero essere resi maggiormente visibili al settore privato al fine di favorirne la valorizzazione.
Principi relativi alla ricerca collaborativa e a contratto (2)
15.
Le norme che disciplinano le attività di ricerca collaborativa o a contratto dovrebbero essere compatibili con la missione di ciascuna parte. Esse dovrebbero tenere conto del livello dei finanziamenti privati ed essere conformi agli obiettivi delle attività di ricerca, in particolare per massimizzare l’impatto commerciale e socioeconomico della ricerca, sostenere l’obiettivo degli organismi pubblici di ricerca di attirare finanziamenti privati per la ricerca, mantenere una posizione in materia di proprietà intellettuale che consenta di proseguire la ricerca collaborativa e accademica e non ostacolare la diffusione dei risultati di R&S
16.
Gli aspetti relativi alla proprietà intellettuale dovrebbero essere chiariti a livello del management e nelle prime fasi del progetto di ricerca — ma idealmente prima che quest’ultimo abbia inizio. Tra questi aspetti figurano la ripartizione dei diritti di proprietà intellettuale generati nell’ambito del progetto (di seguito «nuove conoscenze»), l’individuazione dei diritti di proprietà intellettuale detenuti dalle parti prima dell’inizio del progetto (di seguito «conoscenze preesistenti») e necessari per l’esecuzione del progetto o per la valorizzazione dei risultati, i diritti di accesso (3) alle conoscenze nuove o preesistenti per tali scopi e la ripartizione degli utili.
17.
In un progetto di ricerca collaborativa, la proprietà delle nuove conoscenze dovrebbe restare di pertinenza della parte che le ha generate ma potrà essere attribuita alle diverse parti sulla base di un accordo contrattuale concluso preliminarmente che rifletta adeguatamente gli interessi e i compiti delle parti e i contributi finanziari o di altra natura al progetto. Nel caso della ricerca a contratto le nuove conoscenze generate dall’organismo pubblico di ricerca sono di proprietà del partner privato, mentre il progetto non dovrebbe incidere sulla proprietà delle conoscenze preesistenti.
18.
I diritti di accesso (3) dovrebbero essere chiariti dalle parti nelle prime fasi del progetto di ricerca — idealmente prima che quest’ultimo abbia inizio. Se necessario per la conduzione del progetto di ricerca o per la valorizzazione delle nuove conoscenze da parte di uno dei soggetti, dovrebbero essere concessi i diritti di accesso alle conoscenze nuove e preesistenti delle altre parti, con modalità che dovrebbero riflettere adeguatamente gli interessi e i compiti delle parti e i contributi finanziari o di altra natura al progetto.
(1) Per quanto riguarda i risultati di R&S con diversi sbocchi pratici possibili, si dovrebbe evitare di concedere licenze esclusive senza alcuna limitazione a un settore specifico. Inoltre, di norma, gli organismi pubblici di ricerca dovrebbero riservare i diritti necessari a facilitare la divulgazione e a proseguire la ricerca.
(2) Quando un organismo pubblico di ricerca si impegna in attività di ricerca collaborativa o a contratto con un partner industriale, la Commissione ritiene automaticamente (ovvero senza che sia necessaria alcuna notifica) che non sia stato concesso alcun aiuto di Stato indiretto al partner industriale per il tramite dell’organismo pubblico, se sono rispettate le condizioni di cui alla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione (GU C 323 del 30.12.2006, in particolare i punti 3.2.1 e 3.2.2).
(3) Con «diritti di accesso» si intendono i diritti che le parti si sono conferite reciprocamente e che sono distinti dalle licenze assegnate a terzi. I diritti di accesso dovrebbero determinare quali parti possano utilizzare determinate conoscenze nuove o preesistenti a fini di ricerca e/o di valorizzazione e a quali condizioni.
ALLEGATO II
Pratiche seguite dalle autorità pubbliche che facilitano la gestione della proprietà intellettuale in attività di trasferimento delle conoscenze da parte di università e altri organismi pubblici di ricerca
Trasferimento delle conoscenze come missione strategica degli organismi pubblici di ricerca
1.
Il trasferimento delle conoscenze tra le università e l’industria costituisce una priorità politica permanente e operativa per tutti gli organismi pubblici di finanziamento della ricerca in uno Stato membro, sia a livello nazionale che regionale.
2.
Si tratta di un aspetto che rientra chiaramente tra le competenze di un ministero incaricato di coordinare con altri ministeri le iniziative di promozione del trasferimento delle conoscenze.
3.
Tutti i ministeri e gli enti regionali che effettuano attività di trasferimento delle conoscenze designano un funzionario responsabile di monitorarne l’impatto. I funzionari designati si incontrano regolarmente per scambiarsi informazioni e discutere delle modalità per migliorare il trasferimento delle conoscenze.
Politiche di gestione della proprietà intellettuale
4.
Viene incoraggiata la corretta gestione della proprietà intellettuale frutto di finanziamenti pubblici; tale gestione deve essere basata su principi consolidati che tengano conto degli interessi legittimi dell’industria (ad esempio, obblighi temporanei di riservatezza).
5.
La politica della ricerca favorisce il ricorso al settore privato per contribuire a individuare le esigenze in campo tecnologico, per potenziare gli investimenti privati nella ricerca e incoraggiare la valorizzazione dei risultati della ricerca finanziata con fondi pubblici.
Capacità e competenze per il trasferimento di conoscenze
6.
Gli organismi pubblici di ricerca e il loro personale dispongono di risorse e incentivi sufficienti per svolgere attività di trasferimento delle conoscenze.
7.
Sono adottate misure per garantire la disponibilità e facilitare l’assunzione di personale qualificato (ad esempio, personale responsabile del trasferimento di tecnologie) da parte degli organismi pubblici di ricerca.
8.
Viene messa a disposizione una serie di contratti tipo, come pure uno strumento che consenta di selezionare il contratto tipo più adeguato sulla base di un certo numero di parametri.
9.
Prima di mettere a punto nuovi meccanismi per promuovere il trasferimento di conoscenze (ad esempio, regimi di mobilità o finanziamento) vengono consultati i soggetti interessati, comprese le PMI, le grandi imprese e gli organismi pubblici di ricerca.
10.
Viene incoraggiata la messa in comune delle risorse da parte degli organismi pubblici di ricerca a livello locale o regionale, quando detti organismi non raggiungano una massa critica in materia di spesa di ricerca tale da giustificare la presenza di un ufficio che si occupi del trasferimento delle conoscenze o di un responsabile della proprietà intellettuale.
11.
Vengono avviati programmi di sostegno alle spin-off nel campo della ricerca che prevedano una formazione all’imprenditorialità, come pure una forte interazione degli organismi pubblici di ricerca con gli incubatori, i finanziatori e le agenzie di sostegno economico locali, ecc.
12.
I governi erogano finanziamenti a sostegno del trasferimento di conoscenze e dell’impegno delle imprese negli organismi pubblici di ricerca, anche mediante l’assunzione di esperti.
Coerenza nella cooperazione transnazionale
13.
Per promuovere il trasferimento delle conoscenze a livello transnazionale e facilitare la cooperazione con soggetti di altri paesi, il detentore della proprietà intellettuale frutto di ricerche realizzate con finanziamenti pubblici è determinato da norme chiare e questa informazione, come pure quelle relative alle condizioni di finanziamento che possono incidere sul trasferimento delle conoscenze, deve essere facilmente accessibile. Nella maggior parte degli Stati membri dell’UE la proprietà istituzionale — in opposizione al regime del «privilegio del professore» — è considerata automaticamente come il regime giuridico che disciplina la proprietà intellettuale negli organismi pubblici di ricerca.
14.
Quando vengono firmati accordi internazionali di cooperazione nella ricerca, i termini e le condizioni relativi ai progetti finanziati nell’ambito dei regimi di entrambi i paesi assegnano diritti analoghi a tutti i partecipanti, soprattutto per quanto riguarda l’accesso alla proprietà intellettuale e le relative restrizioni d’uso.
Divulgazione delle conoscenze
15.
Gli organismi di finanziamento pubblico della ricerca prevedono l’accesso aperto per quanto concerne le pubblicazioni scientifiche oggetto di esame inter pares e risultanti da ricerche finanziate con fondi pubblici.
16.
Viene favorito l’accesso aperto ai dati della ricerca in linea con i principi e orientamenti per l’accesso ai dati delle ricerca finanziata con fondi pubblici dell’OCSE e tenendo conto delle restrizioni relative alla loro valorizzazione commerciale.
17.
Mediante finanziamenti pubblici e in linea con le politiche di accesso aperto, vengono messi a punto sistemi di archiviazione dei risultati della ricerca (come, ad esempio, banche dati accessibili via Internet).
Controllo dell’attuazione
18.
Sono attuati i meccanismi necessari per monitorare e riesaminare i progressi compiuti degli organismi pubblici di ricerca nazionali nelle attività di trasferimento delle conoscenze, ad esempio mediante relazioni annuali di tali organismi. Queste informazioni, unitamente alle migliori pratiche, sono inoltre messe a disposizione degli altri Stati membri. | La gestione della proprietà intellettuale da parte delle università e degli organismi pubblici di ricerca
QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE?
La raccomandazione ha lo scopo di migliorare la gestione della
proprietà intellettuale
e il trasferimento delle conoscenze da parte delle università e degli organismi pubblici di ricerca nei paesi dell’UE.
In questa raccomandazione, la Commissione europea esorta i paesi dell’UE a introdurre politiche od orientamenti rivolti ad assicurare che i risultati della ricerca scientifica finanziata con fondi pubblici siano usati commercialmente o per ulteriori ricerche, per favorire la diffusione delle innovazioni.
PUNTI CHIAVE
Viene raccomandato alle università e agli organismi pubblici di ricerca di gestire la loro proprietà intellettuale in modo da facilitare il trasferimento delle conoscenze, in particolare attraverso la concessione di licenze e la creazione di spin-off.
Al fine di migliorare la gestione e la conoscenza della proprietà intellettuale da parte delle università europee e degli organismi pubblici di ricerca, tale raccomandazione stabilisce diversi principi che gli stati membri sono chiamati a seguire durante la fase di preparazione dei loro orientamenti o regole.
In conformità a tali principi, la Commissione sollecita i paesi membri a:
far sì che il trasferimento della conoscenza sia una priorità per le università e per gli organismi pubblici di ricerca;
invitare le università e gli organismi pubblici di ricerca a preparare e mettere in atto misure riguardanti la gestione della proprietà intellettuale in linea con il codice di buone pratiche specificato nell’Allegato I della raccomandazione;
incoraggiare lo sviluppo delle capacità e delle abilità nella proprietà intellettuale, nel trasferimento delle conoscenze e nella cultura dell’imprenditorialità nelle università e negli organismi pubblici di ricerca;
consentire la diffusione dei risultati delle ricerche finanziate con fondi pubblici, pur garantendo una protezione adeguata della proprietà intellettuale;
collaborare al fine di migliorare la coerenza dei loro rispettivi programmi in materia di proprietà intellettuale, per facilitare la cooperazione e il trasferimento delle conoscenze su scala internazionale in ambito di ricerca e sviluppo;
utilizzare i principi previsti in tale raccomandazione come base per preparare o adattare le linee guida e le norme sulla gestione della proprietà intellettuale, sul trasferimento delle conoscenze o sulle nuove strategie per l’erogazione di fondi, o per concludere accordi di cooperazione con paesi non membri nel campo della ricerca;
monitorare l’adempimento del codice di buone pratiche;
garantire un trattamento equo e corretto per i progetti di ricerca internazionale in termini di diritti di proprietà intellettuale, nell’interesse comune di tutti i partner coinvolti;
designare un contatto nazionale responsabile per il coordinamento delle misure sul trasferimento delle conoscenze tra gli organismi pubblici di ricerca e il settore privato;
esaminare e adottare le migliori pratiche previste nell’Allegato II della raccomandazione, tenendo conto del contesto nazionale;
informare la Commissione, entro il 15 luglio 2010 e successivamente ogni 2 anni, delle misure adottate sulla base di questa raccomandazione e del loro impatto.
Il codice di buone pratiche per le università e gli organismi pubblici di ricerca propone i principi operativi che gli organismi pubblici e le università devono usare nel definire e nel rivedere le loro politiche istituzionali. Le università dovrebbero, in particolare, incoraggiare l’utilizzo e la divulgazione dei risultati della ricerca finanziata con fondi pubblici, pur nel rispetto della protezione della proprietà intellettuale.
CONTESTO
Tale raccomandazione è una delle cinque iniziative strategiche pianificate dalla commissione nel 2008 che fanno seguito al suo Libro Verde rivolto a creare un autentico Spazio europeo della ricerca. Si basa anche sulla comunicazione della Commissione del 2007 sul trasferimento delle conoscenze.
Per maggiori informazioni, consultare:
Spazio europeo della ricerca (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Raccomandazione 2008/416/CE della Commissione, del 10 aprile 2008 relativa alla gestione della proprietà intellettuale nelle attività di trasferimento delle conoscenze e al codice di buone pratiche destinato alle università e ad altri organismi pubblici di ricerca (GU L 146 del 5.6.2008, pagg. 19–24) | 7,857 | 841 |
Regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio del 3 maggio 1998 relativo all'introduzione dell'euro
Gazzetta ufficiale n. L 139 del 11/05/1998 pag. 0001 - 0005
REGOLAMENTO (CE) N. 974/98 DEL CONSIGLIO del 3 maggio 1998 relativo all'introduzione dell'euroIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 109 L, paragrafo 4, terza frase,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere dell'Istituto monetario europeo (2),visto il parere del Parlamento europeo (3),(1) considerando che il presente regolamento definisce le norme applicabili in materia monetaria negli Stati membri che hanno adottato l'euro; che il regolamento (CE) n. 1103/97 del Consiglio, del 17 giugno 1997, relativo a talune disposizioni per l'introduzione dell'euro (4), ha già fissato le norme concernenti la continuità dei contratti, la sostituzione dei riferimenti all'ECU negli strumenti giuridici mediante riferimenti all'euro ed infine l'arrotondamento degli importi; che l'introduzione dell'euro riguarda le operazioni quotidiane di tutta la popolazione degli Stati membri partecipanti; che, per assicurare un passaggio equilibrato, in particolare per i consumatori, occorrerebbe prendere in esame disposizioni diverse da quelle contenute nel presente regolamento e nel regolamento (CE) n. 1103/97;(2) considerando che nella riunione del Consiglio europeo tenutasi a Madrid il 15 e il 16 dicembre 1995 è stato deciso che l'espressione «ECU» utilizzata nel trattato per indicare l'unità monetaria europea è un'espressione generica; che i governi dei quindici Stati membri hanno convenuto che questa decisione costituisce l'interpretazione concordata e definitiva delle disposizioni pertinenti del trattato; che la denominazione della moneta europea sarà «euro»; che l'euro in quanto moneta degli Stati membri partecipanti sarà diviso in cento unità divisionali denominate «cent»; che la scelta del nome «cent» non esclude l'utilizzo delle varianti linguistiche di tale termine in uso comune negli Stati membri; che il Consiglio europeo ha inoltre convenuto che la denominazione della moneta unica deve essere la stessa in tutte le lingue ufficiali dell'Unione europea, tenuto conto dell'esistenza di alfabeti diversi;(3) considerando che, a norma dell'articolo 109 L, paragrafo 4, terza frase del trattato, oltre all'adozione dei tassi di conversione, il Consiglio adotta anche le altre misure necessarie per la rapida introduzione dell'euro;(4) considerando che ogniqualvolta uno Stato membro divenga, a norma dell'articolo 109 K, paragrafo 2 del trattato, uno Stato membro partecipante, il Consiglio, in forza dell'articolo 109 L, paragrafo 5 del trattato, adotta le altre misure necessarie per la rapida introduzione dell'euro come moneta unica nello Stato membro interessato;(5) considerando che, a norma dell'articolo 109 L, paragrafo 4 del trattato, alla data di inizio della terza fase il Consiglio adotta i tassi di conversione ai quali le monete degli Stati membri partecipanti sono irrevocabilmente vincolate e il tasso irrevocabilmente fissato al quale l'euro viene a sostituirsi a queste valute;(6) considerando che le disposizioni normative vanno interpretate tenendo conto dell'assenza di rischi di cambio tra l'unità euro e le unità monetarie nazionali o tra le varie unità monetarie nazionali;(7) considerando che il termine «contratto» utilizzato nella definizione degli strumenti giuridici comprende tutti i tipi di contratto, indipendentemente dalle modalità della loro stipulazione;(8) considerando che, al fine di preparare un'agevole transizione verso l'euro, occorre prevedere un periodo transitorio tra la sostituzione dell'euro alle monete degli Stati membri partecipanti e l'introduzione delle banconote e delle monete metalliche in euro; che durante tale periodo le unità monetarie nazionali saranno definite come suddivisioni dell'euro; che risulta pertanto stabilita un'equivalenza giuridica tra l'unità euro e le unità monetarie nazionali;(9) considerando che, a norma dell'articolo 109 G del trattato e del regolamento (CE) n. 1103/97, dal 1° gennaio 1999 l'euro sostituirà l'ECU come unità di conto delle istituzioni delle Comunità europee; che l'euro dovrebbe essere inoltre l'unità di conto della Banca centrale europea (BCE) e delle banche centrali degli Stati membri partecipanti; che, secondo le conclusioni di Madrid, le operazioni di politica monetaria saranno effettuate in euro dal Sistema europeo di banche centrali (SEBC); che ciò non impedisce alle banche centrali nazionali di tenere conti nelle rispettive unità monetarie nazionali durante il periodo transitorio, in particolare per il loro personale e per le pubbliche amministrazioni;(10) considerando che, durante il periodo transitorio, ciascuno Stato membro partecipante può consentire l'impiego generalizzato dell'unità euro nel suo territorio;(11) considerando che durante il periodo transitorio suddetto i contratti, le normative nazionali e gli altri strumenti giuridici possono essere validamente espressi in unità euro o nelle unità monetarie nazionali; che, durante lo stesso periodo, nessuna disposizione del presente regolamento dovrebbe pregiudicare la validità di qualsiasi riferimento a unità monetarie nazionali in uno strumento giuridico;(12) considerando che, salvo patto contrario, nell'esecuzione di tutti gli atti sanciti da uno strumento giuridico gli operatori economici devono rispettare la denominazione ivi prevista;(13) considerando che l'unità euro e l'unità monetaria nazionale sono unità della stessa moneta; che dovrebbe essere garantita la possibilità, all'interno degli Stati membri partecipanti, di effettuare i pagamenti tramite accredito di un conto nell'unità euro ovvero nelle rispettive unità monetarie nazionali; che le disposizioni relative ai pagamenti tramite accredito di un conto dovrebbero applicarsi anche ai pagamenti transfrontalieri denominati nell'unità euro o nell'unità monetaria nazionale del conto del creditore; che è necessario garantire il buon funzionamento dei sistemi di pagamento con disposizioni sull'accredito di conti tramite strumenti di pagamento accreditati mediante detti sistemi; che le disposizioni relative ai pagamenti tramite accredito di un conto non dovrebbero comportare per gli intermediari finanziari l'obbligo di rendere disponibili altre possibilità di pagamento ovvero prodotti denominati in qualsiasi particolare unità dell'euro; che le disposizioni relative ai pagamenti tramite accredito di un conto non impediscono agli intermediari finanziari di coordinare, durante il periodo transitorio, l'introduzione di possibilità di pagamento denominate in unità euro basate su un'infrastruttura tecnica comune;(14) considerando che, in base alle conclusioni del Consiglio europeo di Madrid, a decorrere dal 1° gennaio 1999 il nuovo debito pubblico negoziabile sarà emesso dagli Stati membri partecipanti in unità euro; che è opportuno consentire agli emittenti del debito di ridenominare il debito in essere in unità euro; che le disposizioni in materia di ridenominazione dovrebbero essere tali da poter essere applicate anche nelle giurisdizioni di paesi terzi; che gli emittenti dovrebbero essere in grado di ridenominare il debito in essere ove esso sia denominato nell'unità monetaria nazionale di uno Stato membro che ha ridenominato, in tutto o in parte, il debito in essere della sua pubblica amministrazione; che tali disposizioni non riguardano l'introduzione di misure supplementari intese a modificare i termini del debito in essere per alterarne, fra l'altro, l'importo nominale, essendo queste materie soggette alle pertinenti norme del diritto nazionale; che è opportuno consentire agli Stati membri di adottare gli opportuni provvedimenti per modificare l'unità di calcolo utilizzata per le procedure operative dei mercati organizzati;(15) considerando che potrebbero inoltre essere necessarie ulteriori iniziative a livello comunitario per chiarire l'effetto dell'introduzione dell'euro sull'applicazione delle disposizioni comunitarie vigenti, con particolare riguardo al netting, alla compensazione e all'utilizzo di tecniche aventi effetti simili;(16) considerando che l'obbligo d'impiego dell'unità euro può essere imposto soltanto in base alla normativa comunitaria; che per le operazioni con il settore pubblico gli Stati membri partecipanti possono consentire l'utilizzazione dell'unità euro; che, conformemente allo scenario di riferimento deciso dal Consiglio europeo di Madrid, la normativa comunitaria che stabilisce il calendario per la generalizzazione dell'impiego dell'unità euro potrebbe lasciare un margine di manovra ai singoli Stati membri;(17) considerando che, a norma dell'articolo 105 A del trattato, il Consiglio può adottare misure per armonizzare le denominazioni e le specificazioni tecniche di tutte le monete metalliche;(18) considerando che occorre tutelare adeguatamente le banconote e le monete metalliche contro la contraffazione;(19) considerando che le banconote e le monete metalliche denominate nelle unità monetarie nazionali cessano di avere corso legale al più tardi sei mesi dopo la fine del periodo transitorio; che le eventuali limitazioni di pagamento in banconote o monete metalliche, decise dagli Stati membri per motivi d'interesse pubblico, non sono incompatibili con il corso legale delle banconote e delle monete metalliche in euro, a condizione che esistano altri mezzi legali di estinzione dei debiti pecuniari;(20) considerando che, dopo la fine del periodo transitorio, i riferimenti presenti negli strumenti giuridici in vigore alla fine di tale periodo devono intendersi come riferimenti all'unità euro sulla base dei rispettivi tassi di conversione; che pertanto non è necessaria, per ottenere tale risultato, una ridenominazione materiale degli strumenti giuridici in vigore; che le regole di arrotondamento stabilite dal regolamento (CE) n. 1103/97 si applicano anche alle conversioni effettuate alla fine del periodo transitorio o successivamente ad esso; che comunque per motivi di chiarezza può essere opportuno procedere alla ridenominazione materiale il più presto possibile;(21) considerando che il protocollo n. 11 su talune disposizioni relative al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord stabilisce al punto 2 che, inter alia, il punto 5 del protocollo stesso produce effetto se il Regno Unito notifica al Consiglio che non intende passare alla terza fase; che il 30 ottobre 1997 il Regno Unito ha comunicato al Consiglio che non intende passare alla terza fase; che il punto 5 stabilisce, inter alia, che l'articolo 109 L, paragrafo 4 del trattato non si applica al Regno Unito;(22) considerando che, nel riferirsi al punto 1 del protocollo n. 12 su talune disposizioni relative alla Danimarca, questa ha comunicato, nell'ambito della decisione di Edimburgo del 12 dicembre 1992, che non parteciperà alla terza fase; che pertanto, ai sensi del punto 2 del suddetto protocollo, alla Danimarca si applicano tutti gli articoli e tutte le disposizioni del trattato e dello Statuto del SEBC che fanno riferimento ad una deroga;(23) considerando che, a norma dell'articolo 109 L, paragrafo 4 del trattato, la moneta unica sarà introdotta esclusivamente negli Stati membri che non sono oggetto di una deroga;(24) considerando che, pertanto, il presente regolamento si applica a norma dell'articolo 189 del trattato, fatti salvi i protocolli n. 11 e n. 12 e l'articolo 109 K, paragrafo 1,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:PARTE I DEFINIZIONI Articolo 1 Ai fini del presente regolamento, si intende per:- «Stati membri partecipanti»: Belgio, Germania, Spagna, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria, Portogallo e Finlandia;- «strumenti giuridici»: disposizioni normative, atti amministrativi, decisioni giudiziarie, contratti, atti giuridici unilaterali, strumenti di pagamento diversi dalle banconote e dalle monete metalliche ed altri strumenti aventi efficacia giuridica;- «tasso di conversione»: il tasso di conversione irrevocabilmente fissato, adottato dal Consiglio per la moneta di ciascuno Stato membro partecipante a norma dell'articolo 109 L, paragrafo 4, prima frase del trattato;- «unità euro»: l'unità monetaria di cui all'articolo 2, seconda frase;- «unità monetarie nazionali»: le unità delle monete degli Stati membri partecipanti, così come definite il giorno precedente l'inizio della terza fase dell'Unione economica e monetaria;- «periodo transitorio»: il periodo di tempo che inizia il 1° gennaio 1999 e termina il 31 dicembre 2001;- «ridenominare»: modificare l'unità nella quale è espresso l'importo di un debito in essere da un'unità monetaria nazionale all'unità euro, come definito all'articolo 2; l'atto della ridenominazione lascia tuttavia inalterato ogni altro termine del debito, essendo questa una materia soggetta alle pertinenti norme del diritto nazionale.PARTE II SOSTITUZIONE DELL'EURO ALLE MONETE DEGLI STATI MEMBRI PARTECIPANTI Articolo 2 A decorrere dal 1° gennaio 1999, la moneta degli Stati membri partecipanti è l'euro. L'unità monetaria è un euro. Un euro è diviso in cento cent.Articolo 3 L'euro sostituisce, al tasso di conversione, la moneta di ciascuno Stato membro partecipante.Articolo 4 L'euro è l'unità di conto della Banca centrale europea (BCE) e delle Banche centrali degli Stati membri partecipanti.PARTE III DISPOSIZIONI TRANSITORIE Articolo 5 Gli articoli 6, 7, 8 e 9 si applicano durante il periodo transitorio.Articolo 6 1. L'euro è altresì diviso nelle unità monetarie nazionali in base ai tassi di conversione. Ogni divisione delle monete nazionali in unità divisionali viene mantenuta. Subordinatamente alle disposizioni del presente regolamento, continua ad applicarsi la normativa degli Stati membri in materia monetaria.2. Ove uno strumento giuridico faccia riferimento ad un'unità monetaria nazionale, tale riferimento ha il medesimo valore di un riferimento all'unità euro in base ai tassi di conversione.Articolo 7 La sostituzione dell'euro alla moneta di ciascuno Stato membro partecipante non ha di per sé l'effetto di alterare la denominazione degli strumenti giuridici in vigore alla data di tale sostituzione.Articolo 8 1. Gli atti da compiersi in forza di strumenti giuridici che prevedano l'impiego di un'unità monetaria nazionale o che siano in essa denominati sono compiuti in tale unità monetaria nazionale. Gli atti da compiersi in forza di strumenti giuridici che prevedano l'impiego dell'unità euro o che siano in essa denominati vengono compiuti in unità euro.2. Le disposizioni del precedente paragrafo 1 si applicano salvo accordo diverso tra le parti.3. In deroga alle disposizioni del paragrafo 1, qualsiasi importo denominato in unità euro o nell'unità monetaria nazionale di un dato Stato membro partecipante e pagabile in detto Stato membro mediante accredito sul conto del creditore può essere versato dal debitore indifferentemente in unità euro o nell'unità monetaria nazionale in questione. Detto importo deve essere accreditato sul conto del creditore nell'unità monetaria in cui è denominato il conto medesimo; ogni conversione necessaria a tal fine viene effettuata ai tassi di conversione.4. In deroga alle disposizioni del paragrafo 1, ciascuno Stato membro partecipante può adottare i provvedimenti necessari al fine di:- ridenominare in unità euro il debito in essere emesso dalla sua pubblica amministrazione, come definito nel sistema europeo di conti integrati, denominato in unità monetaria nazionale ed emesso a norma del diritto nazionale. Qualora uno Stato membro adotti una siffatta misura, gli emittenti possono ridenominare in unità euro il debito denominato nell'unità monetaria nazionale dello Stato membro in questione, salvo ove la ridenominazione sia espressamente esclusa dai termini del contratto; la presente disposizione si applica al debito emesso dall'amministrazione pubblica di uno Stato membro nonché alle obbligazioni e alle altre forme di debito mobiliarizzato negoziabile sui mercati finanziari ed agli strumenti del mercato monetario emessi da altri debitori;- consentire:a) ai mercati per il regolare scambio, la compensazione e la liquidazione degli strumenti elencati nella sezione B dell'allegato della direttiva 93/22/CEE del Consiglio, del 10 maggio 1993, relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari (5), nonché delle merci, eb) ai sistemi per il regolare scambio, la compensazione e la liquidazione dei pagamentidi cambiare l'unità di conto utilizzata per le loro procedure operative da un'unità monetaria nazionale all'unità euro.5. Gli Stati membri partecipanti possono adottare disposizioni diverse da quelle del precedente paragrafo 4, che impongano l'impiego di unità euro, solo secondo un calendario stabilito dalla normativa comunitaria.6. Le norme nazionali degli Stati membri partecipanti che consentono o impongono il netting, la compensazione o l'utilizzo di tecniche aventi effetti simili si applicano alle obbligazioni pecuniarie indipendentemente dal fatto che siano denominate in unità euro o in unità monetarie nazionali; ogni conversione necessaria a tal fine viene effettuata ai tassi di conversione.Articolo 9 Le banconote e le monete metalliche denominate in un'unità monetaria nazionale continuano ad avere corso legale entro i loro limiti territoriali del giorno precedente l'entrata in vigore del presente regolamento.PARTE IV BANCONOTE E MONETE METALLICHE IN EURO Articolo 10 A decorrere dal 1° gennaio 2002 la BCE e le Banche centrali degli Stati membri partecipanti immettono in circolazione banconote denominate in euro. Fatto salvo l'articolo 15, dette banconote denominate in euro sono le uniche banconote aventi corso legale in tutti gli Stati membri partecipanti.Articolo 11 A decorrere dal 1° gennaio 2002 gli Stati membri partecipanti coniano monete metalliche denominate in euro o in cent, conformi alle denominazioni e alle specificazioni tecniche che il Consiglio può stabilire a norma dell'articolo 105 A, paragrafo 2, seconda frase del trattato. Fatto salvo l'articolo 15, dette monete metalliche sono le uniche monete metalliche aventi corso legale in tutti gli Stati membri partecipanti. Ad eccezione dell'autorità emittente e delle persone specificamente designate dalla normativa nazionale dello Stato membro emittente, nessuno è obbligato ad accettare più di cinquanta monete metalliche in un singolo pagamento.Articolo 12 Gli Stati membri partecipanti assicurano sanzioni adeguate contro l'alterazione e la contraffazione delle banconote e delle monete metalliche.PARTE V DISPOSIZIONI FINALI Articolo 13 Gli articoli 14, 15 e 16 si applicano dopo lo scadere del periodo transitorio.Articolo 14 I riferimenti alle unità monetarie nazionali presenti negli strumenti giuridici in vigore al termine del periodo transitorio vengono intesi come riferimenti all'unità euro, da calcolarsi in base ai rispettivi tassi di conversione. Si applicano le regole di arrotondamento definite nel regolamento (CE) n. 1103/97.Articolo 15 1. Le banconote e le monete metalliche denominate in un'unità monetaria nazionale ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1 continuano ad avere corso legale entro i loro limiti territoriali per sei mesi al massimo dopo la fine del periodo transitorio; tale lasso di tempo può essere abbreviato da una norma nazionale.2. Per un periodo non superiore a sei mesi dopo la fine del periodo transitorio, ogni Stato membro partecipante può stabilire norme per l'impiego delle banconote e delle monete metalliche denominate nella propria unità monetaria nazionale, a norma dell'articolo 6, paragrafo 1, e adottare qualsiasi misura necessaria ad agevolare il loro ritiro.Articolo 16 Conformemente alla normativa o agli usi degli Stati membri partecipanti, i rispettivi organismi responsabili dell'emissione di banconote e del conio di monete continuano a scambiare contro euro, al tasso di conversione, le banconote e le monete precedentemente emesse e coniate.PARTE VI ENTRATA IN VIGORE Articolo 17 Il presente regolamento entra in vigore il 1° gennaio 1999.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri, a norma del trattato e fatti salvi i protocolli n. 11 e n. 12 e l'articolo 109 K, paragrafo 1.Fatto a Bruxelles, addí 3 maggio 1998Per il ConsiglioIl PresidenteG. BROWN(1) GU C 369 del 7. 12. 1996, pag. 10.(2) GU C 205 del 5. 7. 1997, pag. 18.(3) GU C 380 del 16. 12. 1996, pag. 50.(4) GU L 162 del 19. 6. 1997, pag. 1.(5) GU L 141 dell'11. 6. 1993, pag. 27. Direttiva modificata dalla direttiva 95/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 168 del 18. 7. 1995, pag. 7) | L’adozione dell’euro
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO E DELL’ARTICOLO 140 DEL TFUE?
Il regolamento definisce i requisiti monetari legali che i paesi dell’Unione europea (UE) che hanno adottato l’euro devono rispettare. Definisce le diverse fasi che portano all’introduzione dell’euro. L’articolo 140 del TFUE stabilisce i criteri per l’adesione all’unione economica e monetaria e per l’adozione dell’euro. Prevede una verifica regolare dei progressi rispetto a tali requisiti compiuti dai paesi al di fuori dell’area dell’euro.
PUNTI CHIAVE
Il regolamento sull’adozione dell’euro:contiene i dettagli sulle date per l’introduzione della moneta unica, per la sostituzione del contante e per il ritiro della valuta nazionale, relativamente a ciascun paese di adozione dell’euro;conferma che la moneta unica è l’euro, che è diviso in 100 centesimi e sostituisce la valuta nazionale dei paesi partecipanti al tasso di conversione concordato;offre alla Banca centrale europea e alle banche centrali nazionali dei paesi partecipanti all’euro il potere esclusivo di mettere in circolazione banconote in euro;consente alle banconote e monete nazionali di avere corso legale fino al giorno prima della data di adozione dell’euro;stabilisce i termini di eventuali periodi di abbandono graduale per le valute nazionali, una possibilità che nessun paese membro ha sfruttato;dichiara che le banconote e le monete nazionali continuano ad avere corso legale nei loro rispettivi paesi fino a sei mesi successivi alle rispettive date di sostituzione del contante;osserva che le banconote e le monete in euro sono le uniche ad avere corso legale nei paesi dell’area dell’euro dopo le rispettive date di sostituzione;autorizza i paesi dell’euro ad applicare adeguate sanzioni in caso di contraffazioni o falsificazioni di banconote e monete. Per adottare l’euro, i paesi devono soddisfare le seguenti quattro condizioni economiche e finanziarie, note come criteri di convergenza, come riportate all’articolo 140 del TFUE e nel protocollo n. 13 del TFUE:stabilità dei prezzi: mantenere per un anno un tasso di inflazione che non ecceda l’1,5% di quello dei tre paesi che hanno i tassi nazionali più bassi dell’area dell’euro;finanze pubbliche: garantire che siano sane e sostenibili, limitando il disavanzo e il debito nazionale affinché non eccedano rispettivamente il 3% e il 60% del prodotto interno lordo nazionale;stabilità del tasso di cambio: evitare fluttuazioni valutarie eccessive per almeno due anni, partecipando al meccanismo di cambio, che disciplina i tassi di cambio dei paesi dell’area dell’euro e dei paesi non euro;convergenza dei tassi d’interesse: avere un tasso di interesse a lungo termine che non ecceda di due punti percentuali quelli dei tre paesi dell’area dell’euro che hanno conseguito i migliori risultati. La Commissione europea ha contribuito a preparare l’arrivo dell’euro con una campagna di informazione ad ampio raggio, diretta a:le imprese che avrebbero utilizzato l’euro nelle transazioni a partire dal 1 gennaio 2002;il grande pubblico, che si sarebbe dovuto adattare alle nuove monete e banconote e ai prezzi e valori che esse esprimono;i gruppi con esigenze specifiche come quelli socialmente o economicamente isolati, con disabilità fisiche o non in grado di leggere o scrivere;i bambini che sarebbero cresciuti con la nuova moneta e avrebbero potuto contribuire a renderla familiare ai loro genitori e familiari più anziani.
DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Si applica dal 1 gennaio 1999.
CONTESTO
Il 2019 segna il 20° anniversario dell’introduzione dell’euro. Il 1 gennaio 1999, 11 paesi dell’UE hanno fissato i propri tassi di cambio, hanno adottato una politica monetaria condivisa e hanno varato l’euro come nuova valuta comune sui mercati finanziari mondiali. L’euro, oggi, è la valuta di diciannove paesi dell’UE.
Per maggiori informazioni, consultare:l’adozione dell’euro: principi, procedure e criteri (banca centrale europea) L’euro (Commissione europea) I vent’anni dell’euro (Europa).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all’introduzione dell’euro (GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 974/98 sono state inserite nel testo originario. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche dell’Unione e azioni interne — Titolo VIII — Politica economica e monetaria — Capo 5 — Disposizioni transitorie — Articolo 140 (ex articoli 121, paragrafo 1, 122, paragrafo 2, seconda frase, e 123, paragrafo 5, del TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 108).
DOCUMENTO COLLEGATO
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Protocollo n. 13 sui criteri di convergenza (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 281). | 7,867 | 883 |
DECISIONE DEI SEGRETARI GENERALI DEL PARLAMENTO EUROPEO, DEL CONSIGLIO E DELLA COMMISSIONE, DEL CANCELLIERE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA, DEI SEGRETARI GENERALI DELLA CORTE DEI CONTI, DEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E DEL COMITATO DELLE REGIONI E DEL RAPPRESENTANTE DEL MEDIATORE
del 26 gennaio 2005
relativa all'organizzazione e al funzionamento della Scuola europea di amministrazione
(2005/119/CE)
I SEGRETARI GENERALI DEL PARLAMENTO EUROPEO, DEL CONSIGLIO E DELLA COMMISSIONE, IL CANCELLIERE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA, I SEGRETARI GENERALI DELLA CORTE DEI CONTI, DEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE E DEL COMITATO DELLE REGIONI E IL RAPPRESENTANTE DEL MEDIATORE,
visto lo statuto dei funzionari delle Comunità europee nonché il regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità, definiti nel regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 259/68 del Consiglio (1),
vista la decisione 2005/118/CE del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del Mediatore, del 26 gennaio 2005, che istituisce la Scuola europea di amministrazione (2), in particolare l'articolo 5,
sentito il parere del comitato dello statuto,
considerando quanto segue:
(1)
Occorre rafforzare la cooperazione interistituzionale in materia di formazione, con particolare riguardo per la trasmissione dei valori comuni alle istituzioni comunitarie. Una cooperazione di questo tipo rappresenta un valore aggiunto non trascurabile, in particolare in termini di accesso alla formazione, di ampliamento dell'offerta e di riduzione dei costi unitari.
(2)
Secondo il principio di buona gestione, è opportuno che per la creazione della Scuola europea di amministrazione venga adottato un approccio progressivo.
(3)
La decisione che istituisce la Scuola lascia al giudizio dei segretari generali, del cancelliere della Corte di giustizia e del rappresentante del Mediatore l'individuazione dei settori di formazione da affidarle.
(4)
Quando un’istituzione firmataria attua una politica del personale che richiede una formazione in un determinato settore e l’organizzazione di tale formazione è affidata alla Scuola, è opportuno che, al fine di facilitare tale politica, sia garantita la possibilità di accesso ai corsi organizzati dalla Scuola ad un numero minimo di partecipanti provenienti da tale istituzione, soprattutto nei casi in cui tale formazione è obbligatoria o costituisce una condizione per l’esercizio di talune funzioni, in particolare delle funzioni di management.
(5)
La Scuola, come qualunque altro organo di formazione, deve beneficiare di una cooperazione a livello europeo sotto forma di reti.
(6)
È opportuno precisare le modalità della dipendenza amministrativa della Scuola dall'Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee, prevista all'articolo 4 della decisione che istituisce la Scuola,
DECIDONO:
Articolo 1
Funzioni della Scuola europea di amministrazione
1. La Scuola europea di amministrazione (di seguito «la Scuola») progetta, organizza e valuta, per conto delle istituzioni firmatarie della decisione che istituisce la Scuola (di seguito «le istituzioni»), le seguenti azioni di formazione:
a)
i corsi di management per i funzionari e gli agenti che sono chiamati, o che potrebbero essere chiamati, ad esercitare funzioni dirigenziali;
b)
i corsi di entrata in servizio per i nuovi membri del personale;
c)
la formazione obbligatoria prevista all'articolo 45 bis dello statuto nel quadro del passaggio tra gruppi di funzioni.
2. Per quanto attiene ai corsi di management e di entrata in servizio, di cui al paragrafo 1, punti a) e b), ciascuna delle istituzioni può organizzare, in funzione delle proprie esigenze specifiche, corsi complementari in aggiunta ai corsi organizzati dalla Scuola. La Scuola ha competenza esclusiva per l’organizzazione della formazione di cui al paragrafo 1, punto c).
Articolo 2
Responsabilità delle istituzioni
1. L'autorità che ha il potere di nomina di ciascuna istituzione mette a disposizione della Scuola un numero di funzionari-conferenzieri sufficiente, secondo le modalità adottate dal consiglio di amministrazione, conformemente all'articolo 7, punto g).
2. Su richiesta della Scuola e compatibilmente con le loro disponibilità, le istituzioni mettono a disposizione della Scuola sale di formazione secondo modalità definite dal consiglio di amministrazione.
Articolo 3
Altri servizi
1. Sulla base di un accordo scritto concluso, su richiesta dell'ente interessato, tra il direttore della Scuola e un qualunque organo, ufficio o agenzia comunitari, la Scuola può ammettere partecipanti provenienti dagli enti in questione ai corsi che essa organizza per conto delle istituzioni entro i limiti dei posti disponibili.
2. Nel caso particolare delle formazioni previste all'articolo 1, paragrafo 1, punto c), un certo numero di posti è riservato annualmente agli organi, uffici e agenzie comunitari, tenendo conto delle esigenze da questi espresse, al fine di garantire ai loro funzionari una parità di trattamento rispetto alle disposizioni dell'articolo 45 bis dello Statuto. Il numero dei posti e l'entità della partecipazione ai costi vengono fissati annualmente dal consiglio di amministrazione.
3. Previo accordo scritto, la Scuola può inserire nel proprio programma di formazione corsi richiesti da un organo, un ufficio o un'agenzia comunitari, a condizione che tale attività non ostacoli l'organizzazione di corsi di interesse delle istituzioni. Qualunque accordo di questo tipo deve prevedere le modalità finanziarie connesse ai servizi forniti dalla Scuola e la sua entrata in vigore esige la preventiva approvazione del consiglio di amministrazione.
4. Ove del caso, e su richiesta di un'istituzione o di un organo, un ufficio o un'agenzia comunitari, la Scuola può fornire un'assistenza in materia di ingegneria di formazione o un'assistenza sotto forma di altre attività connesse al suo settore di competenza, previo accordo con il direttore della Scuola e definizione delle modalità finanziarie per tale prestazione.
Articolo 4
Reclami e domande
1. Per tutte le domande o i reclami relativi ai compiti della Scuola, il direttore della Scuola esercita i poteri che sono conferiti all'autorità che ha il potere di nomina in virtù dell'articolo 90 dello statuto.
2. In caso di reclami, il direttore della Scuola, qualora intenda confermare la sua decisione iniziale, consulta il presidente del consiglio di amministrazione.
3. La Scuola risponde alle domande inoltrate dal Mediatore europeo per tutte le questioni di sua competenza ai sensi della presente decisione.
Articolo 5
Organizzazione delle attività
1. Di norma, i corsi organizzati dalla Scuola si svolgono tanto a Bruxelles quanto a Lussemburgo. Possono essere prese in considerazione altre sedi, sempre però applicando i principi della sana gestione.
2. Il consiglio di amministrazione assicura un accesso ai corsi equilibrato tra personale delle istituzioni. Esso assicura in particolare che la Scuola garantisca la disponibilità di accesso ad un numero sufficiente di partecipanti provenienti da un'istituzione nell'ambito della quale una formazione particolare, la cui organizzazione è affidata alla Scuola, è obbligatoria o costituisce una condizione per l’esercizio di determinate funzioni, in particolare delle funzioni di management. Nel quadro dell’elaborazione del programma di lavoro annuale, l’istituzione interessata comunica le proprie esigenze nei settori di cui sopra. Il programma di lavoro viene definito attribuendo l'opportuna priorità all'organizzazione dei corsi richiesti.
3. Per far fronte a situazioni particolari e transitorie, un’istituzione firmataria ha la possibilità di chiedere alla Scuola l’ammissione di un numero di partecipanti superiore alla quota proporzionale alla sua parte di organico, prevedendo il trasferimento alla Scuola dei mezzi finanziari corrispondenti. Si applica in questo caso l’articolo 3, paragrafo 2.
4. La Scuola può avviare una cooperazione con altre scuole di amministrazione, istituti o università che operano nel medesimo settore. Tale cooperazione può prevedere anche attività di scambio.
Articolo 6
Consiglio di amministrazione
Durante il periodo di dipendenza amministrativa della Scuola dall'Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee (di seguito «l'Ufficio»), la funzione di consiglio di amministrazione della Scuola è assicurata dal consiglio di amministrazione dell'Ufficio, secondo le disposizioni dell’articolo 5 della decisione 2002/621/CE dei segretari generali del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, del cancelliere della Corte di giustizia, dei segretari generali della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni e del rappresentante del Mediatore (3).
Articolo 7
Funzioni del consiglio di amministrazione
Nell'interesse comune delle istituzioni, il consiglio di amministrazione svolge le seguenti funzioni:
a)
approva, a maggioranza qualificata, le regole di funzionamento della Scuola;
b)
approva, a maggioranza semplice, la struttura organizzativa della Scuola su proposta del direttore della Scuola stessa;
c)
nell'ambito della procedura di bilancio e deliberando a maggioranza semplice, redige, in base a un progetto elaborato dal direttore della Scuola, uno stato di previsione delle entrate e delle spese della Scuola, che trasmette poi alla Commissione affinché essa possa stabilire lo stato di previsione delle entrate e delle spese della Commissione; contestualmente propone alla Commissione gli adeguamenti che esso giudica necessario apportare alla tabella dell'organico della Scuola;
d)
approva, a maggioranza semplice, la natura e le tariffe delle prestazioni supplementari che la Scuola può effettuare a titolo oneroso per le istituzioni, gli organi, gli uffici e le agenzie, come pure le condizioni in cui tali prestazioni possono essere effettuate;
e)
approva all'unanimità il programma di lavoro, sulla base di una proposta del direttore della Scuola. Il programma di lavoro comprende anche i servizi non direttamente connessi alle formazioni;
f)
approva, a maggioranza qualificata, sulla base di un progetto elaborato dal direttore della Scuola, una relazione annuale di gestione riguardante tutte le voci di entrata e di spesa relative ai lavori effettuati e alle prestazioni fornite dalla Scuola. Prima del 1o maggio di ogni anno, trasmette alle istituzioni la relazione sull'esercizio precedente redatta sulla scorta della contabilità analitica;
g)
sulla base delle necessità in materia di formazione, stabilisce, a maggioranza qualificata, le modalità in base alle quali ciascuna istituzione mette a disposizione della Scuola un numero adeguato di funzionari-conferenzieri.
Articolo 8
Nomina del personale
1. Durante il periodo della dipendenza amministrativa della Scuola dall'Ufficio, la funzione di direttore della Scuola è assunta dal direttore dell'Ufficio.
2. Il direttore della Scuola è l'autorità che ha il potere di nomina del personale della Scuola.
3. Il direttore della Scuola informa il consiglio di amministrazione delle nomine, della firma dei contratti, delle promozioni o dell'adozione di provvedimenti disciplinari concernenti i funzionari e gli altri agenti.
4. I funzionari di tutte le istituzioni delle Comunità sono informati dei posti vacanti presso la Scuola, non appena l'autorità che ha il potere di nomina abbia deciso di coprire tali posti.
5. Per l’esecuzione delle funzioni qualificate non essenziali, la Scuola potrà far ricorso ad agenti contrattuali, conformemente all’articolo 3 bis, paragrafo 1, punto c), del regime applicabile agli altri agenti delle Comunità europee.
Articolo 9
Funzioni del direttore della Scuola e gestione del personale
1. Il direttore è responsabile del buon funzionamento della Scuola. Nell'ambito delle competenze del consiglio di amministrazione, il direttore agisce sotto l'autorità di quest'ultimo. Egli assicura i servizi di segreteria del consiglio di amministrazione, rende conto a quest'ultimo dell'esecuzione delle proprie funzioni e gli presenta qualsiasi suggerimento utile per il buon funzionamento della Scuola.
2. Le procedure amministrative relative alla gestione corrente del personale, segnatamente in ordine alle retribuzioni e ai congedi, alla cassa malattia, agli infortuni e al pensionamento, si applicano secondo le stesse modalità in vigore per i funzionari e gli agenti della Commissione. Tale elenco non è esaustivo e la Scuola può concordare con la Commissione altri ambiti di intervento.
Articolo 10
Capo della Scuola
1. Per il periodo di dipendenza amministrativa della Scuola dall'Ufficio, la Commissione nomina un capo della Scuola, previo parere favorevole del consiglio di amministrazione dell'Ufficio, espresso a maggioranza semplice. Il consiglio di amministrazione collabora fattivamente all'espletamento delle procedure necessarie prima della nomina del capo della Scuola, in particolare alla redazione dell'avviso di posto vacante e all'esame delle candidature.
2. Il capo della Scuola è responsabile, sotto l'autorità del direttore, dell'esecuzione dei compiti di cui all'articolo 2 della decisione che istituisce la Scuola europea di amministrazione. Egli assiste alle riunioni del consiglio di amministrazione per la discussione dei punti che rientrano nel suo campo di competenza.
Articolo 11
Aspetti finanziari
1. La dotazione della Scuola, il cui importo complessivo è iscritto su una linea di bilancio particolare all'interno della sezione del bilancio relativa alla Commissione, è riportata nei dettagli in un allegato della stessa sezione. Tale allegato consta di uno stato delle entrate e delle spese, suddiviso nello stesso modo delle sezioni del bilancio.
2. La tabella dell'organico della Scuola è allegata a quella della Commissione.
3. Sulla base di una proposta del consiglio di amministrazione, la Commissione delega, per la dotazione della Scuola iscritta nell'allegato, i poteri di ordinatore al direttore della Scuola e fissa i limiti e le condizioni di tale delega. Per quanto riguarda le prestazioni supplementari fornite dalla Scuola a titolo oneroso, alla fine dell'esercizio il consiglio di amministrazione informa l'autorità di bilancio sulla ripartizione degli importi recuperati all'interno della linea di bilancio dell'allegato.
4. Il bilancio della Scuola è formato ed eseguito conformemente al regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio (4).
5. Durante il periodo di dipendenza amministrativa della Scuola dall'Ufficio, le disposizioni finanziarie di cui ai precedenti paragrafi da 1 a 4, in particolare la dotazione della Scuola e il suo organico, sono trattate nel quadro del bilancio dell'Ufficio e sono soggette alle pertinenti disposizioni. Al fine di facilitare l'individuazione delle risorse a disposizione della Scuola, nel rispetto delle norme del bilancio, l'organico della Scuola figura tra alcune voci separate della tabella dell'organico dell'Ufficio e gli stanziamenti operativi specifici della Scuola saranno raggruppati in un articolo separato dell'allegato IV.
Articolo 12
Riesame delle funzioni
1. La presente decisione è riesaminata, relativamente alle funzioni di cui all'articolo 1, paragrafo 1, dopo almeno tre anni dalla creazione della Scuola.
2. Un'eventuale revisione delle funzioni esige l'accordo unanime dei segretari generali, del cancelliere della Corte di giustizia e del rappresentante del Mediatore su una proposta all'uopo adottata dal consiglio di amministrazione alla maggioranza qualificata di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 2002/621/CE, sulla base di una relazione dettagliata redatta dal direttore.
Articolo 13
Revisione della dipendenza amministrativa dall'Ufficio
1. Al più tardi alla fine del terzo anno di attività della Scuola, il direttore dell'Ufficio redige e sottopone al consiglio di amministrazione una dettagliata relazione in merito alla dipendenza amministrativa della Scuola dall'Ufficio. Il consiglio di amministrazione, con una decisione adottata secondo le modalità previste all'articolo 4, paragrafo 3, della decisione che istituisce la Scuola, dovrà decidere di porre termine a tale dipendenza. Qualora il consiglio di amministrazione decida di mantenere la dipendenza amministrativa, la decisione dovrà essere accompagnata da un parere motivato.
2. Qualora, in virtù della procedura prevista al paragrafo 1, il consiglio di amministrazione decida di prolungare tale dipendenza, esso indica nella sua decisione il termine entro il quale la questione verrà riesaminata.
Articolo 14
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Fatto a Bruxelles, il 26 gennaio 2005.
Per il Parlamento europeo
Il segretario generale
Julian PRIESTLEY
Per la Commissione
Il segretario generale
David O’SULLIVAN
Per la Corte dei conti
Il segretario generale
Michel HERVÉ
Per il Comitato delle Regioni
Il segretario generale
Gerhard STAHL
Per il Consiglio
Il segretario generale aggiunto
Pierre DE BOISSIEU
Per la Corte di giustizia
Il cancelliere
Roger GRASS
Per il Comitato economico e sociale
Il segretario generale
Patrick VENTURINI
Il Mediatore
Nikiforos DIAMANDOUROS
(1) GU L 56 del 4.3.1968, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE, Euratom) n. 31/2005 (GU L 8 del 12.1.2005, pag. 1).
(2) Cfr. pag. 14 della presente Gazzetta ufficiale.
(3) GU L 197 del 26.7.2002, pag. 56.
(4) GU L 248 del 16.9.2002, pag. 1. | Scuola europea di amministrazione
QUAL È LO SCOPO DI QUESTE DECISIONI?
La decisione 2005/118/CE istituisce la Scuola europea di amministrazione con lo scopo di fornire perfezionamento professionale al personale delle istituzioni firmatarie (il Parlamento europeo, il Consiglio, la Commissione europea, la Corte di giustizia dell’Unione europea, la Corte dei conti europea, il Comitato economico e sociale europeo, il Comitato delle regioni e il mediatore europeo). La decisione 2005/119/CE stabilisce le norme per l’organizzazione e il funzionamento della scuola.
PUNTI CHIAVE
Scopo
La scuola interistituzionale organizza attività di formazione per migliorare le competenze e le conoscenze delle persone che lavorano all’interno delle organizzazioni firmatarie. Lo scopo è quello di trasmettere valori comuni a tutte le istituzioni dell’Unione europea. Essa si occupa di:progettare, organizzare e valutare le azioni di formazione; agevolare la partecipazione ad azioni di formazione esterna; svolgere qualunque funzione inerente o di supporto alla sua missione. Tipologie delle azioni di formazione La scuola offre le seguenti tipologie di formazione:i corsi di management per coloro i quali sono chiamati, o potrebbero essere chiamati, a esercitare funzioni dirigenziali;i corsi di entrata in servizio per i nuovi membri del personale;la formazione obbligatoria prevista per il passaggio tra gruppi di funzioni, ad esempio, dal ruolo di impiegato o addetto alla segreteria a un ruolo esecutivo. le istituzioni sono libere di integrare tali corsi con corsi maggiormente in linea con le loro esigenze specifiche. La scuola può inoltre offrire corsi richiesti da altri organismi, agenzie o uffici dell’UE, purché essi non ostacolino l’organizzazione dei corsi rivolti alle istituzioni. Formatori e sedi delle attività di formazioneI funzionari vengono messi a disposizione dalle istituzioni firmatarie con la funzione di formatori. Come regola generale, i corsi vengono organizzati a Bruxelles e a Lussemburgo, ma possono avere luogo in altre sedi. Organizzazione delle attivitàIl consiglio di amministrazione della scuola assicura una accesso ai corsi equilibrato tra personale delle istituzioni. La Scuola garantisce la disponibilità di un numero minimo di posti per le azioni di formazione obbligatorie o che costituiscono una condizione per l’esercizio di determinate funzioni, in particolare delle funzioni di management. Per far fronte a situazioni particolari e transitorie, alla scuola può essere richiesta l’ammissione di un numero di partecipanti superiore al normale. In tale caso, l’istituzione interessata trasferisce alla Scuola i mezzi finanziari necessari. La Scuola può avviare una cooperazione con altre scuole, istituti o università che operano nel medesimo settore. GestioneLa scuola dipende dall’Ufficio europeo di selezione del personale (EPSO). Ciò significa che:il consiglio di amministrazione dell’Ufficio svolge la funzione di consiglio di amministrazione della Scuola;il direttore dell’Ufficio svolge la funzione di direttore della Scuola.il personale della scuola rientra nell’organico dell’Ufficio;le entrate e le spese della Scuola sono integrate nel bilancio dell’Ufficio. Il consiglio di amministrazione decide su:il funzionamento della scuola,la sua struttura,Una previsione di bilancio e una relazione annuale della gestione,Il programma di lavoro,le tariffe applicate dalla scuola per i servizi che offre, ele modalità in base alle quali ciascuna istituzione mette a disposizione della Scuola un numero adeguato di funzionari-conferenzieri.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
Le decisioni 2005/118/CE e 2005/119/CE si applicano entrambe dal 10 febbraio 2005.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si consulti:Scuola europea di amministrazione (Europa).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione 2005/118/CE del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale europeo, del Comitato delle regioni e del Mediatore europeo del 26 gennaio 2005 che istituisce la Scuola europea di amministrazione (GU L 37,del 10.2.2005, pagg. 14-16)
Decisione 2005/119/CE dei Segretari generali del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, del Cancelliere della Corte di giustizia, dei Segretari generali della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale europeo e del Comitato delle regioni e del rappresentante del Mediatore del 26 gennaio 2005 relativa all’organizzazione e al funzionamento della Scuola europea di amministrazione (GU L 37, del 10.2.2005, pagg. 17-20) | 6,794 | 123 |
DECISIONE DI ESECUZIONE (UE) 2018/1192 DELLA COMMISSIONE
dell'11 luglio 2018
sull'attivazione della sorveglianza rafforzata per la Grecia
[notificata con il numero C(2018) 4495]
(Il testo in lingua greca è il solo facente fede)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (UE) n. 472/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria (1), in particolare l'articolo 2, paragrafo 1,
considerando quanto segue:
(1)
Dal 2010 la Grecia riceve assistenza finanziaria dagli Stati membri della zona euro. In particolare, a sostegno del primo programma di aggiustamento macroeconomico, tra maggio 2010 e dicembre 2011 la Grecia ha ricevuto dagli Stati membri la cui moneta è l'euro 52 900 milioni di euro di prestiti bilaterali, che la Commissione ha raccolto e messo a disposizione nel quadro del meccanismo di prestito alla Grecia; a sostegno del secondo programma di aggiustamento macroeconomico, tra marzo 2012 e febbraio 2015 la Grecia ha ricevuto ulteriori prestiti per 130 900 milioni di euro forniti dal Fondo europeo di stabilità finanziaria (2); tra agosto 2015 e giugno 2018 la Grecia ha poi ricevuto un importo supplementare di 59 900 milioni di euro (3) sotto forma di prestiti da parte del meccanismo europeo di stabilità. Nel complesso, le passività in essere della Grecia nei confronti degli Stati membri della zona euro, del Fondo europeo di stabilità finanziaria e del meccanismo europeo di stabilità ammontano a 243 700 milioni di euro. Inoltre, a sostegno del primo e del secondo programma di aggiustamento economico, la Grecia ha ricevuto dal Fondo monetario internazionale un'assistenza finanziaria pari a 32 100 milioni di euro.
(2)
L'assistenza finanziaria del meccanismo europeo di stabilità scadrà il 20 agosto 2018.
(3)
Le condizioni di natura politica associate all'assistenza finanziaria del meccanismo europeo di stabilità sono state definite nella decisione di esecuzione (UE) 2016/544 del Consiglio (4), successivamente modificata dalla decisione di esecuzione (UE) 2017/1226 del Consiglio (5). Tali condizioni sono state ulteriormente specificate nel memorandum d'intesa del meccanismo europeo di stabilità sulle condizioni specifiche di natura economica (il «memorandum d'intesa») firmato dalla Commissione, a nome del meccanismo europeo di stabilità, e dalla Grecia il 19 agosto 2015 e nelle sue successive quattro modifiche.
(4)
Nel quadro dell'assistenza finanziaria del meccanismo europeo di stabilità, la Grecia ha attuato un gran numero di riforme che riguardano un'ampia gamma di settori strategici: (i) la sostenibilità di bilancio, (ii) la stabilità finanziaria, (iii) le riforme strutturali volte a rafforzare la competitività e la crescita e (iv) la pubblica amministrazione. Sulla base del considerevole numero di azioni realizzate nell'ambito del programma, è opportuno nel medio termine proseguire le principali riforme strutturali e istituzionali, per assicurarne il completamento e la piena efficacia.
(5)
Grazie alle azioni intraprese dal governo greco, gli squilibri del bilancio e dei flussi esterni sono stati in larga misura corretti. Il saldo delle amministrazioni pubbliche è stato positivo nel 2016 e nel 2017 e la Grecia è sulla buona strada per raggiungere l'obiettivo di un avanzo primario pari al 3,5 % del prodotto interno lordo nel 2018 e nel medio termine. I prestiti esterni netti sono tornati su valori positivi nel 2015 e hanno successivamente evidenziato soltanto disavanzi modesti. L'economia è in ripresa, con una crescita dell'1,4 % nel 2017, e la disoccupazione è in calo. La Grecia ha migliorato la propria posizione per quanto riguarda le componenti strutturali dei principali indicatori comparativi di performance dei paesi.
(6)
Tuttavia, nonostante le riforme, la Grecia continua a registrare notevoli squilibri degli stock e significative debolezze, retaggio del passato. In particolare, come risulta anche dalla relazione della Commissione del 2018 sul meccanismo di allerta [preparata conformemente agli articoli 3 e 4 del regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (6)], la Grecia si trova ad affrontare i problemi qui di seguito elencati. Dopo il picco del 180,8 % del prodotto interno lordo raggiunto alla fine del 2016, alla fine del 2017 il debito pubblico rimaneva elevato, attestandosi al 178,6 % del PIL, il livello più alto dell'Unione. Anche la posizione patrimoniale netta sull'estero, pari a quasi – 140 % del prodotto interno lordo nel 2016, continua a rimanere molto elevata; inoltre, sebbene sia prossimo al pareggio, il saldo delle partite correnti è ancora insufficiente per permettere che l'elevata posizione patrimoniale netta sull'estero scenda a livelli prudenti ad un ritmo soddisfacente. La disoccupazione, pur in calo rispetto al picco del 27,9 % registrato nel 2013, era ancora al 20,1 % nel marzo 2018. Sia il tasso di disoccupazione di lunga durata (15,3 % alla fine del 2017) che il tasso di disoccupazione giovanile (43,8 % nel marzo 2018) rimangono molto elevati. Il contesto imprenditoriale continua a necessitare di ulteriori miglioramenti significativi, essendo la Grecia ancora ben lontana dalle migliori posizioni per quanto riguarda molte delle componenti strutturali dei principali indicatori comparativi di performance (ad esempio, l'esecuzione dei contratti, la registrazione dei beni immobili, la risoluzione delle situazioni di insolvenza, ecc.).
(7)
Pur rimanendo sufficientemente capitalizzato, il settore bancario continua a dover affrontare problemi legati ai bassi livelli di redditività e agli ingenti stock di esposizioni deteriorate; inoltre, permangono forti legami con lo Stato. A fine marzo 2018 lo stock delle esposizioni deteriorate era ancora molto elevato, essendo pari a 92,4 miliardi di EUR, corrispondenti al 48,5 % del totale delle esposizioni in bilancio. Nell'ambito dell'assistenza finanziaria del meccanismo europeo di stabilità, la Grecia ha adottato atti legislativi fondamentali per agevolare il risanamento dei bilanci delle banche, ma saranno necessari sforzi costanti per portare il tasso di esposizioni deteriorate a livelli sostenibili e consentire agli istituti finanziari di svolgere in maniera continuativa le loro funzioni di intermediazione e di gestione del rischio. È stata inoltre adottata una tabella di marcia per l'allentamento dei controlli sui capitali, che ha lo scopo di ripristinare la fiducia dei depositanti. Mentre alcuni controlli sui capitali sono stati allentati, è opportuno proseguire il lavoro intrapreso, sulla base di parametri di riferimento concordati.
(8)
Dopo essere stata esclusa dai mercati finanziari nel 2010, dal luglio 2017 la Grecia può nuovamente contrarre prestiti su tali mercati attraverso l'emissione di titoli di Stato. Tuttavia, in un contesto caratterizzato da episodi di volatilità sui mercati finanziari, i rendimenti dei titoli di Stato greci rimangono a livelli elevati rispetto ad altri Stati membri della zona euro, mentre le condizioni di prestito della Grecia rimangono fragili a fronte dei rischi economici esterni. Sono quindi necessari ulteriori sforzi per garantire l'accesso stabile e continuo dello Stato al mercato.
(9)
Alla luce di quanto precede, la Commissione conclude che la Grecia continua ad essere esposta a rischi di instabilità finanziaria che, se si dovessero concretizzare, potrebbero avere ripercussioni negative sugli altri Stati membri della zona euro. Queste ricadute negative potrebbero manifestarsi indirettamente incidendo sulla fiducia degli investitori e, di conseguenza, sui costi di rifinanziamento delle banche e degli emittenti sovrani in altri Stati membri della zona euro.
(10)
Il 22 giugno 2018 l'Eurogruppo ha concordato a livello politico di attuare ulteriori misure volte a garantire la sostenibilità del debito. La Grecia ha un elevato stock di debito pubblico, che alla fine del 2017 era pari al 178,6 % del prodotto interno lordo. La Grecia ha già beneficiato di generosi aiuti finanziari dei partner europei a condizioni agevolate, mentre misure specifiche volte a ricondurre il debito su basi più sostenibili sono state adottate nel 2012 e nuovamente dal meccanismo europeo di stabilità nel 2017. L'analisi della sostenibilità del debito del giugno 2018 realizzata dalla Commissione di concerto con la Banca centrale europea e in collaborazione con il meccanismo europeo di stabilità ha rilevato che, in assenza di ulteriori misure, si configuravano notevoli rischi relativi alla sostenibilità del debito, poiché secondo le proiezioni il fabbisogno finanziario lordo della Grecia supererà nel lungo periodo il 20 % del prodotto interno lordo, valore che corrisponde alla soglia stabilita dall'Eurogruppo come punto di riferimento per la valutazione dei rischi relativi alla sostenibilità del debito. Le misure che l'Eurogruppo ha concordato il 22 giugno 2018 su tale base comprendono la proroga di altri 10 anni delle durate medie ponderate, il rinvio di altri 10 anni del pagamento degli interessi e dell'ammortamento e l'attuazione di altre misure relative al debito. Combinate con un esborso di 15 000 milioni di euro, grazie al quale la riserva di liquidità dovrebbe coprire il fabbisogno di finanziamento del debito sovrano per circa 22 mesi dopo la fine del programma, tali misure dovrebbero, secondo le previsioni basate sulle ipotesi dello scenario di base della Commissione, essere sufficienti per assicurare la sostenibilità del debito e garantire che il fabbisogno di finanziamento lordo rimanga al di sotto del 20 % del prodotto interno lordo fino al 2060. Secondo lo scenario negativo, le misure a medio termine concordate dall'Eurogruppo darebbero un contributo positivo alla sostenibilità del debito per un certo tempo, garantendo che le percentuali del fabbisogno finanziario lordo rimangano al di sotto delle soglie concordate fino al 2036. L'Eurogruppo ha convenuto di riesaminare alla fine del periodo di tolleranza dello Strumento europeo di stabilità finanziaria, ossia nel 2032, se saranno necessarie misure supplementari relative al debito per assicurare il rispetto degli obiettivi concordati in materia di fabbisogno finanziario lordo, a condizione che sia rispettato il quadro di bilancio dell'Unione europea, e se necessario adottare le opportune azioni.
(11)
Tuttavia, nel medio periodo, la Grecia deve continuare ad adottare misure volte ad affrontare le cause e le cause potenziali di difficoltà e ad attuare riforme strutturali a sostegno di una ripresa economica solida e sostenibile, tenuto conto degli effetti di diversi fattori ereditati dal passato. Tali fattori comprendono il grave e prolungato rallentamento dell'economia durante la crisi, l'entità dell'onere del debito della Grecia, le debolezze del suo settore finanziario, il permanere di legami relativamente forti tra il settore finanziario e le finanze pubbliche greche, anche sotto forma di proprietà statale, il rischio che gravi tensioni nell'uno o nell'altro settore si propaghino ad altri Stati membri, nonché l'esposizione degli Stati membri della zona euro al debito sovrano greco.
(12)
A tal fine, la Grecia ha assunto l'impegno, in sede di Eurogruppo, di proseguire e completare tutte le principali riforme adottate nell'ambito dell'assistenza finanziaria del meccanismo europeo di stabilità e di garantire che vengano salvaguardati gli obiettivi delle importanti riforme adottate nell'ambito dei programmi di assistenza finanziaria.
(13)
La Grecia si è inoltre impegnata a realizzare azioni specifiche nei settori delle politiche di bilancio, ivi comprese quelle strutturali, della previdenza sociale, della stabilità finanziaria, dei mercati del lavoro e dei prodotti, della privatizzazione e della pubblica amministrazione. Tali azioni specifiche, che sono illustrate in un allegato della dichiarazione dell'Eurogruppo del 22 giugno 2018, contribuiranno a risolvere le potenziali cause di difficoltà economiche.
(14)
Al fine di affrontare i rischi residui e monitorare il rispetto degli impegni adottati per farvi fronte, risulta necessario e opportuno sottoporre la Grecia a sorveglianza rafforzata ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 472/2013.
(15)
La Grecia è stata ufficialmente consultata, anche tramite una lettera formale inviata il 4 luglio 2018, ed ha avuto la possibilità di esprimere il proprio parere in merito alla valutazione della Commissione. Nella sua risposta del 6 luglio 2018, la Grecia ha condiviso il giudizio della Commissione in merito alle sfide economiche che il paese si trova ad affrontare, che costituisce la base per l'attivazione della sorveglianza rafforzata.
(16)
La Grecia continuerà a beneficiare di assistenza tecnica nell'ambito del programma di sostegno alle riforme strutturali [di cui al regolamento (UE) 2017/825 del Parlamento europeo e del Consiglio (7)] per l'elaborazione e l'attuazione delle riforme, così come per il proseguimento e il completamento delle principali riforme in linea con gli impegni politici soggetti a monitoraggio nell'ambito della sorveglianza rafforzata.
(17)
Nell'attuazione della sorveglianza rafforzata, la Commissione intende collaborare strettamente con il meccanismo europeo di stabilità, nel quadro del sistema di allarme rapido,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
La Grecia è sottoposta a sorveglianza rafforzata ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 472/2013 per un periodo di sei mesi, a decorrere dal 21 agosto 2018.
Articolo 2
La Repubblica ellenica è destinataria della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, l'11 luglio 2018
Per la Commissione
Pierre MOSCOVICI
Membro della Commissione
(1) GU L 140 del 27.5.2013, pag. 1.
(2) Al netto delle obbligazioni del FESF di valore pari a 10 900 milioni di euro trasferite al Fondo ellenico di stabilità finanziaria nel marzo 2012 che sono state restituite nel febbraio 2015.
(3) Al netto dei prestiti per la ricapitalizzazione delle banche pari a 2 000 milioni di EUR che sono stati restituiti nel febbraio 2017.
(4) Decisione di esecuzione (UE) 2016/544 del Consiglio, del 15 febbraio 2016, che approva il programma di aggiustamento macroeconomico per la Grecia (2015/1411) (GU L 91 del 7.4.2016, pag. 27).
(5) Decisione di esecuzione (UE) 2017/1226 del Consiglio, del 30 giugno 2017, recante modifica della decisione di esecuzione (UE) 2016/544 che approva il programma di aggiustamento macroeconomico per la Grecia (2015/1411) (GU L 174 del 7.7.2017, pag. 22).
(6) Regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 25).
(7) Regolamento (UE) 2017/825 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017, che istituisce il programma di sostegno alle riforme strutturali per il periodo 2017-2020 e che modifica i regolamenti (UE) n. 1303/2013 e (UE) n. 1305/2013 (GU L 129 del 19.5.2017, pag. 1). | Sostegno finanziario alla Grecia
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO E IN COSA CONSISTE L’ASSISTENZA FINANZIARIA ALLA GRECIA?
il regolamento (UE) n. 472/2013 è volto al rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria. Dal maggio del 2010 all’agosto del 2018 la Grecia ha ricevuto sostegno finanziario da parte dei paesi della zona euro e dal Fondo monetario internazionale (FMI) per far fronte alle difficoltà finanziarie e alle sfide economiche. Dopo la conclusione, il 20 agosto 2018, del programma di sostegno alla stabilità, la Grecia è stata pienamente integrata nel quadro del semestre europeo per il coordinamento delle politiche economiche e sociali. Allo stesso tempo, il quadro di sorveglianza rafforzata * è stato attivato per la Grecia, come previsto dal regolamento 472 del 2013.
PUNTI CHIAVE
Il primo programma di aggiustamento:è stato annunciato dall’Eurogruppo il 2 maggio 2010;ha stanziato 52,9 miliardi di euro in prestiti bilaterali alla Grecia da parte dei paesi membri della zona euro nell’ambito dello strumento di prestito in favore della Grecia;l’FMI ha concesso un prestito supplementare di circa 20 miliardi di euro. Il secondo programma di aggiustamento:è stato approvato dall’Eurogruppo il 9 marzo 2012 ed è rimasto in vigore fino al giugno 2015;ha fornito prestiti per 141,8 miliardi di euro da parte dei paesi della zona euro attraverso il fondo europeo per la stabilità finanziaria (FESF);l’FMI ha concesso un prestito supplementare di circa 12 miliardi di euro. Il terzo programma di aggiustamento:è iniziato il 19 agosto 2015 e si è concluso il 20 agosto 2018 come previsto;concede prestiti fino a 86 miliardi di euro provenienti dal MES. Per poter avviare i negoziati con l’UE sui termini del terzo programma di aggiustamento, la Grecia ha dovuto impegnarsi a:riformare il regime IVA e pensionistico;attuare la direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche dell’UE;salvaguardare l’indipendenza dell’autorità greca di statistica;adottare un codice di procedura civile. Inoltre, la Grecia ha accettato di:ripristinare la sostenibilità fiscale riformando i sistemi IVA e previdenziali e combattendo l’evasione fiscale;salvaguardare la stabilità finanziaria tramite la ricapitalizzazione delle banche (ossia ristrutturando il debito e il capitale di rischio) e il rafforzamento della loro governance;attuare riforme che promuovano la crescita economica, la creazione di occupazione, la competitività e gli investimenti;modernizzare lo Stato e la pubblica amministrazione, migliorando in particolare l’efficienza del sistema giudiziario e rafforzando la lotta alla corruzione. Alla conclusione positiva del terzo programma di aggiustamento, la Commissione europea ha adottato la decisione di esecuzione (UE) 2018/1192 che ha attivato una sorveglianza economica e di bilancio rafforzata per la Grecia, con effetto a decorrere dal 21 agosto 2018. Un primo rapporto di sorveglianza rafforzata sulla Grecia è stato pubblicato a novembre 2018 e un secondo a febbraio 2019. La decisione di esecuzione (UE) 2019/338 ha prorogato il periodo di sorveglianza rafforzata per un ulteriore periodo di sei mesi a decorrere dal 21 febbraio 2019.Il 5 giugno 2019 è stato pubblicato il terzo rapporto di sorveglianza rafforzata per la Grecia.
DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
È applicato dal 30 maggio 2013.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:Assistenza finanziaria alla Grecia (Commissione europea) Quadro di sorveglianza rafforzata per la Grecia (Commissione europea) Programma MES per la Grecia (Meccanismo europeo di stabilità).
TERMINI CHIAVE
Sorveglianza rafforzata: un quadro post-programma adattato alla Grecia in vista della crisi di lunga data e delle sfide affrontate. Esso sosterrà la realizzazione, il completamento e la continuità dell’attuazione delle riforme concordate nell’ambito del programma, in linea con gli impegni assunti dalle autorità greche attraverso il monitoraggio rigoroso della situazione economica, fiscale e finanziaria e la sua evoluzione.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento (UE) n. 472/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria (GU L 140 del 27.5.2013, pag. 1).
Decisione di esecuzione (UE) 2019/338 della Commissione, del 20 febbraio 2019, sulla proroga della sorveglianza rafforzata della Grecia (GU L 60 del 28.2.2019, pag. 17).
Decisione di esecuzione (UE) 2018/1192 della Commissione, dell’11 luglio 2018, sull’attivazione della sorveglianza rafforzata per la Grecia (GU L 211 del 22.8.2018, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1411 del Consiglio, del 19 agosto 2015, che approva il programma di aggiustamento macroeconomico della Grecia (GU L 219 del 20.8.2015, pag. 12).
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1181 del Consiglio, del 17 luglio 2015, che fornisce alla Grecia sostegno finanziario dell’Unione a breve termine (GU L 192 del 18.7.2015, pag. 15).
Decisione di esecuzione (EU) 2015/1182 del Consiglio, del 17 luglio 2015, che approva il programma di aggiustamento della Grecia (GU L 192 del 18.7.2015, pag. 19). | 6,812 | 317 |
Direttiva 93/109/CE del Consiglio, del 6 dicembre 1993, relativa alle modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo per i cittadini dell'Unione che risiedono in uno Stato membro di cui non sono cittadini
Gazzetta ufficiale n. L 329 del 30/12/1993 pag. 0034 - 0038 edizione speciale finlandese: capitolo 1 tomo 3 pag. 0076 edizione speciale svedese/ capitolo 1 tomo 3 pag. 0076
DIRETTIVA 93/109/CE DEL CONSIGLIO del 6 dicembre 1993 relativa alle modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo per i cittadini dell'Unione che risiedono in uno Stato membro di cui non sono cittadiniIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 8 B, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando che il trattato sull'Unione europea costituisce una nuova tappa nel processo di creazione di un'unione sempre più stretta fra i popoli dell'Europa; che uno dei suoi compiti è quello di organizzare in maniera coerente e solidale le relazioni fra i popoli degli Stati membri e che uno dei suoi obiettivi fondamentali è quello di rafforzare la tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini dei propri Stati membri grazie all'introduzione di una cittadinanza dell'Unione; considerando che a tale scopo le disposizioni del titolo II del trattato sull'Unione europea, che modifica il trattato che istituisce la Comunità economica europea per creare la Comunità europea, introducono una cittadinanza dell'Unione a beneficio di tutti i cittadini degli Stati membri e riconoscono loro, a tale titolo, un complesso di diritti; considerando che il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo nello Stato membro di residenza, previsto dall'articolo 8 B, paragrafo 2 del trattato che istituisce la Comunità europea, costituisce un'applicazione del principio di non discriminazione fra cittadini per origine e altri cittadini, nonché un corollario del diritto di libera circolazione e di soggiorno, sancito dall'articolo 8 A dello stesso trattato; considerando che l'articolo 8 B, paragrafo 2 del trattato CE riguarda solo la possibilità di esercitare il diritto di voto e di eleggibilità al Parlamento europeo, senza recare pregiudizio all'attuazione dell'articolo 138, paragrafo 3 del trattato CE, che prevede l'introduzione di una procedura uniforme in tutti gli Stati membri per tali elezioni; che esso mira essenzialmente ad eliminare la condizione della cittadinanza che attualmente è richiesta nella maggior parte degli Stati membri per esercitare tali diritti; considerando che l'applicazione dell'articolo 8 B, paragrafo 2 del trattato CE non presuppone un'armonizzazione dei sistemi elettorali degli Stati membri e che, inoltre, per tener conto del principio di proporzionalità enunciato all'articolo 3 B, terzo comma del trattato CE, il contenuto della legislazione comunitaria in materia non deve andare al di là di quanto necessario per il raggiungimento dell'obiettivo dell'articolo 8 B, paragrafo 2 del trattato CE; considerando che l'articolo 8 B, paragrafo 2 del trattato CE si propone di fare in modo che tutti i cittadini dell'Unione, siano essi o meno cittadini dello Stato membro di residenza, possano esercitarvi il diritto di voto e di eleggibilità al Parlamento europeo alle stesse condizioni; che è necessario quindi che le condizioni, specie quelle connesse con la durata e con la prova della residenza, valide per i cittadini di altri Stati membri, siano identiche a quelle eventualmente applicabili ai cittadini dello Stato membro considerato; considerando che l'articolo 8 B, paragrafo 2 del trattato CE prevede il diritto di voto e di eleggibilità al Parlamento europeo nello Stato membro di residenza senza peraltro sostituirlo al diritto di voto e di eleggibilità nello Stato membro di cui il cittadino europeo ha la cittadinanza; che è importante rispettare la libertà di scelta dei cittadini dell'Unione, quanto allo Stato membro nel quale intendono partecipare alle elezioni europee, facendo però in modo di evitare un abuso di tale libertà tramite un doppio voto o una doppia candidatura; considerando che qualsiasi deroga alle norme generali della presente direttiva deve essere giustificata, a norma dell'articolo 8 B, paragrafo 2 del trattato CE, da problemi specifici di uno Stato membro e che ogni disposizione derogatoria, per sua stessa natura, deve essere sottoposta a riesame; considerando che tali problemi specifici possono sorgere specialmente in uno Stato membro in cui la percentuale dei cittadini dell'Unione che vi risiedono senza averne la cittadinanza e che hanno raggiunto l'età del voto supera di molto la media; che una quota del 20 % di questi cittadini rispetto al totale dell'elettorato giustifica disposizioni derogatorie che si basino sul criterio della durata della residenza; considerando che la cittadinanza dell'Unione mira ad una migliore integrazione dei cittadini dell'Unione nel paese ospitante e che, in questo contesto, è conforme all'intento degli autori del trattato evitare ogni polarizzazione tra le liste dei candidati nazionali e stranieri; considerando che tale rischio di polarizzazione riguarda in particolare uno Stato membro in cui la percentuale di cittadini dell'Unione stranieri in età di voto supera il 20 % di tutti i cittadini dell'Unione in età di voto residenti in detto Stato e che, di conseguenza, lo Stato membro in causa deve poter adottare, nell'osservanza dell'articolo 8 B del trattato CE, disposizioni specifiche relative alla composizione delle liste dei candidati; considerando che si deve tener conto del fatto che in alcuni Stati membri i cittadini di altri Stati membri che vi risiedono hanno diritto di voto alle elezioni per il Parlamento nazionale e che, di conseguenza, alcune disposizioni della presente direttiva possono non essere applicabili in tali Stati, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 1. La presente direttiva stabilisce le modalità secondo cui i cittadini dell'Unione residenti in uno Stato membro di cui non hanno la cittadinanza possono esercitarvi il diritto di voto e di eleggibilità al Parlamento europeo. 2. Le disposizioni della presente direttiva fanno salve le disposizioni di ogni Stato membro in materia di diritto di voto e di eleggibilità dei propri cittadini che risiedono fuori del suo territorio elettorale. Articolo 2 Ai fini della presente direttiva si intendono per: 1) « elezioni al Parlamento europeo », le elezioni a suffragio universale diretto dei rappresentanti al Parlamento europeo conformemente all'Atto del 20 settembre 1976 (1); 2) « territorio elettorale », il territorio di uno Stato membro in cui, conformemente allo stesso Atto e, in questo quadro, alle leggi elettorali di detto Stato membro, i membri del Parlamento europeo sono eletti dal popolo di detto Stato membro; 3) « Stato membro di residenza », lo Stato membro in cui il cittadino dell'Unione risiede senza averne la cittadinanza; 4) « Stato membro d'origine », lo Stato membro di cui il cittadino dell'Unione ha la cittadinanza; 5) « elettore comunitario », ogni cittadino dell'Unione che abbia il diritto di voto alle elezioni per il Parlamento europeo nello Stato membro di residenza, conformemente alle disposizioni della presente direttiva; 6) « cittadino eleggibile comunitario », ogni cittadino dell'Unione che abbia il diritto di eleggibilità al Parlamento europeo nello Stato membro di residenza, conformemente alle disposizioni della presente direttiva; 7) « lista elettorale », il registro ufficiale di tutti gli elettori che hanno il diritto di votare in una determinata circoscrizione o in un determinato ente locale, compilato e aggiornato dalle competenti autorità secondo le leggi elettorali dello Stato membro di residenza oppure il registro della popolazione, se indica la qualità di elettore; 8) « giorno di riferimento », il giorno o i giorni in cui i cittadini dell'Unione devono soddisfare, a norma della legislazione dello Stato membro di residenza, le condizioni richieste per essere ivi elettori o cittadino eleggibile; 9) « dichiarazione formale », l'atto rilasciato dall'interessato, la cui inesattezza è passibile di sanzioni, conformemente alla legge nazionale applicabile. Articolo 3 Ogni persona che, nel giorno di riferimento, a) è cittadino dell'Unione ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, secondo comma del trattato, e b) pur non essendo cittadino dello Stato membro di residenza, possiede i requisiti a cui la legislazione di detto Stato subordina il diritto di voto e di eleggibilità dei propri cittadini, ha il diritto di voto e di eleggibilità nello Stato membro di residenza in occasione delle elezioni al Parlamento europeo se non è decaduta da tali diritti in virtù dell'articolo 6 o 7. Qualora i cittadini dello Stato membro di residenza debbano aver acquisito la cittadinanza da un periodo minimo per essere eleggibili, i cittadini dell'Unione sono considerati in possesso di tale requisito qualora abbiano acquisito la cittadinanza di uno Stato membro da questo stesso periodo. Articolo 4 1. L'elettore comunitario esercita il diritto di voto nello Stato membro di residenza o nello Stato membro d'origine. Nessuno può votare più di una volta nel corso delle stesse elezioni. 2. Nessuno può presentarsi come candidato in più di uno Stato membro nel corso delle stesse elezioni. Articolo 5 Qualora i cittadini dello Stato membro di residenza debbano risiedere da un periodo minimo nel territorio elettorale per essere elettori o eleggibili, gli elettori e i cittadini comunitari eleggibili sono considerati in possesso di tale requisito qualora abbiano risieduto in altri Stati membri per una durata equivalente. Questa disposizione si applica fatte salve le specifiche condizioni connesse alla durata della residenza in una determinata circoscrizione o collettività locale. Articolo 6 1. Ogni cittadino dell'Unione che risiede in uno Stato membro senza averne la cittadinanza e che, per effetto di una decisione individuale in materia civile o penale, è decaduto dal diritto di eleggibilità in forza del diritto dello Stato membro di residenza o di quello dello Stato membro d'origine, è escluso dall'esercizio di questo diritto nello Stato membro di residenza in occasione delle elezioni al Parlamento europeo. 2. La candidatura di ogni cittadino dell'Unione alle elezioni del Parlamento europeo nello Stato membro di residenza è dichiarata inammissibile qualora detto cittadino non possa presentare l'attestato di cui all'articolo 10, paragrafo 2. Articolo 7 1. Lo Stato membro di residenza può accertarsi che il cittadino dell'Unione che ha espresso la volontà di esercitarvi il diritto di voto non sia decaduto, per effetto di una decisione individuale in materia civile o penale, da tale diritto nello Stato membro d'origine. 2. Ai fini dell'attuazione del paragrafo 1 del presente articolo, lo Stato membro di residenza può notificare la dichiarazione di cui all'articolo 9, paragrafo 2 allo Stato membro d'origine. Allo stesso fine le informazioni disponibili provenienti dallo Stato d'origine sono trasmesse nelle forme e nei termini appropriati; queste informazioni possono comportare solo le indicazioni strettamente necessarie all'attuazione del presente articolo ed essere utilizzate unicamente a tale scopo. Se le informazioni trasmesse infirmano il contenuto della dichiarazione, lo Stato membro di residenza prende le misure adeguate per prevenire il voto dell'interessato. 3. Lo Stato membro di origine può inoltre trasmettere allo Stato membro di residenza, nello dovute forme e entro termini appropriati, le informazioni necessarie per l'attuazione del presente articolo. Articolo 8 1. L'elettore comunitario esercita il diritto di voto nello Stato membro di residenza qualora ne abbia espresso la volontà. 2. Se nello Stato membro di residenza il voto è obbligatorio, tale obbligo si applica agli elettori comunitari che ne hanno espresso la volontà. CAPO II ESERCIZIO DEL DIRITTO DI VOTO E DI ELEGGIBILITÀ Articolo 9 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per consentire all'elettore comunitario che ne abbia espresso la volontà di essere iscritto nelle liste elettorali in tempo utile prima della consultazione elettorale. 2. Per essere iscritto nelle liste elettorali l'elettore comunitario deve fornire le stesse prove di un elettore nazionale. Egli deve inoltre presentare una dichiarazione formale, indicante: a) cittadinanza e indirizzo nel territorio elettorale nello Stato membro di residenza, b) eventualmente la collettività locale o la circoscrizione dello Stato membro di origine nelle cui liste elettorali è stato iscritto da ultimo e c) che eserciterà il diritto di voto esclusivamente nello Stato membro di residenza. 3. Inoltre, lo Stato membro di residenza può esigere che l'elettore comunitario a) precisi, nella dichiarazione di cui al paragrafo 2, che non è decaduto dal diritto di voto nello Stato membro di origine, b) presenti un documento di identità valido, c) indichi da che data risiede in questo Stato o in un altro Stato membro. 4. Gli elettori comunitari iscritti nelle liste elettorali vi restano iscritti, alle stesse condizioni degli elettori nazionali, finché non chiedono la cancellazione o finché non sono cancellati d'ufficio in quanto siano venute meno le condizioni richieste per l'esercizio del diritto di voto. Articolo 10 1. All'atto del deposito della dichiarazione di candidatura, il cittadino comunitario eleggibile deve fornire le stesse prove richieste al candidato nazionale. Inoltre, deve presentare una dichiarazione formale, indicante: a) cittadinanza e indirizzo nel territorio elettorale dello Stato membro di residenza; b) che non è simultaneamente candidato alle elezioni al Parlamento europeo in un altro Stato membro, c) eventualmente la collettività locale o la circoscrizione dello Stato membro di origine nelle cui liste elettorali è stato iscritto da ultimo. 2. Il cittadino comunitario eleggibile deve inoltre presentare, all'atto del deposito della propria candidatura, un attestato delle autorità amministrative competenti dello Stato d'origine che certifichi che egli non è decaduto dal diritto di eleggibilità in tale Stato o che a dette autorità non risulta che il cittadino sia decaduto da tale diritto. 3. Inoltre, lo Stato membro di residenza può esigere che il cittadino comunitario eleggibile presenti un documento di identità valido; può anche esigere che egli indichi da che data è cittadino di uno Stato membro. Articolo 11 1. Lo Stato membro di residenza informa l'interessato sul seguito riservato alla domanda di iscrizione nelle liste elettorali o sulla decisione relativa all'ammissibilità della candidatura. 2. In caso di rifiuto di iscrizione nelle liste elettorali o di rifiuto della candidatura, l'interessato può presentare i ricorsi che la legislazione dello Stato membro di residenza consente, in casi analoghi, agli elettori e ai candidati nazionali. Articolo 12 Lo Stato membro di residenza informa, in tempo utile e in maniera adeguata, gli elettori e i cittadini comunitari eleggibili sulle condizioni e modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità nel suo territorio. Articolo 13 Gli Stati membri si scambiano le informazioni necessarie per attuare l'articolo 4. A tale scopo, lo Stato membro di residenza, in base alla dichiarazione formale di cui agli articoli 9 e 10, trasmette allo Stato membro di origine, entro un termine appropriato prima di ogni consultazione elettorale, le informazioni relative ai cittadini di quest'ultimo iscritti nelle liste elettorali o che hanno presentato una candidatura. Lo Stato membro di origine adotta, conformemente alla legislazione nazionale, le misure adeguate allo scopo di evitare il doppio voto e la doppia candidatura dei propri cittadini. CAPO III DISPOSIZIONI DEROGATORIE E TRANSITORIE Articolo 14 1. Se in uno Stato membro alla data del 1o gennaio 1993 la percentuale dei cittadini dell'Unione ivi residenti senza averne la cittadinanza e che hanno raggiunto l'età per essere elettori supera il 20 % di tutti i cittadini dell'Unione ivi residenti e che hanno l'età per essere elettori, detto Stato membro, in deroga agli articoli 3, 9 e 10: a) può riservare il diritto di voto agli elettori comunitari residenti in tale Stato membro da un periodo minimo, non superiore a 5 anni, b) può riservare il diritto di eleggibilità ai cittadini comunitari eleggibili residenti in tale Stato membro da un periodo minimo, non superiore ai 10 anni. Tali disposizioni non pregiudicano le misure appropriate che detto Stato membro può prendere in materia di costituzione delle liste dei candidati, volte in particolare a favorire l'integrazione dei cittadini dell'Unione stranieri. Tuttavia, agli elettori e ai cittadini comunitari eleggibili che, a motivo della loro residenza fuori dello Stato membro di origine o della sua durata, non hanno in esso il diritto elettorale attivo o passivo, non possono essere opposti i requisiti relativi alla durata della residenza, di cui al primo comma. 2. Se alla data del 1o febbraio 1994 la legislazione di uno Stato membro stabilisce che i cittadini di un altro Stato membro che vi risiedono godono del diritto di voto al Parlamento nazionale di detto Stato e possono essere iscritti, a tal fine, sulle liste elettorali di detto Stato membro alle stesse condizioni degli elettori nazionali, il primo Stato membro, in deroga alla presente direttiva, ha la facoltà di non applicare gli articoli da 6 a 13 a tali cittadini. 3. Entro il 31 dicembre 1997 e, successivamente, diciotto mesi prima di ciascuna elezione al Parlamento europeo, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione nella quale verifica il persistere dei motivi che giustificano la concessione agli Stati membri interessati di una deroga in forza dell'articolo 8 B, paragrafo 2 del trattato CE e propone eventualmente che si proceda agli opportuni adeguamenti. Gli Stati membri che adottano disposizioni derogatorie, in conformità del paragrafo 1, forniscono alla Commissione tutti i necessari elementi giustificativi. Articolo 15 Per le quarte elezioni dirette al Parlamento europeo, si applicano le seguenti disposizioni specifiche: a) i cittadini dell'Unione che al 15 febbraio 1994 hanno già il diritto di voto nello Stato membro di residenza e figurano su una lista elettorale di tale Stato non sono tenuti ad espletare le formalità previste all'articolo 9; b) gli Stati membri nei quali le liste elettorali sono state formate anteriormente al 15 febbraio 1994 prendono le disposizioni necessarie per consentire agli elettori comunitari che intendono esercitarvi il diritto di voto di iscriversi nelle liste elettorali entro un termine adeguato prima del giorno della consultazione elettorale; c) gli Stati membri nei quali il voto non è obbligatorio e che, senza compilare una lista elettorale specifica, menzionano la qualità di elettore nel registro anagrafico, possono applicare questo regime anche agli elettori comunitari che figurano in tale registro e che, dopo essere stati informati individualmente dei loro diritti, non hanno manifestato la volontà di esercitare il diritto di voto nello Stato membro di origine. Essi trasmettono alle autorità dello Stato membro d'origine il documento che manifesta l'intenzione espressa da questi elettori di votare nello Stato membro di residenza; d) gli Stati membri nei quali la procedura interna di designazione dei candidati dei partiti o gruppi politici è disciplinata dalla legge possono disporre che tali procedure avviate, conformemente a tale legge, anteriormente al 1o febbraio 1994 e le decisioni adottate in tale ambito rimangano valide. CAPO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 16 La Commissione presenta al Parlamento europeo ed al Consiglio, anteriormente al 31 dicembre 1995, una relazione sull'applicazione della presente direttiva in occasione delle elezioni al Parlamento europeo del giugno 1994. Sulla base di questa relazione il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, può adottare disposizioni volte a modificare la presente direttiva. Articolo 17 Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva prima del 1o febbraio 1994. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri. Articolo 18 La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Articolo 19 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 6 dicembre 1993. Per il Consiglio Il Presidente W. CLAES (1) GU n. C 329 del 6. 12. 1993. (2) GU n. L 278 dell'8. 10. 1976, pag. 5. | Diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo
QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA?
Stabilisce disposizioni dettagliate in base alle quali i cittadini dell’UE che risiedono in un paese dell’UE di cui non hanno la cittadinanza possono esercitare il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo (PE) in quel paese.
PUNTI CHIAVE
Requisiti da soddisfare
La direttiva definisce i requisiti che un cittadino di un altro paese dell’UE deve soddisfare per votare o presentarsi come candidato nel proprio paese di residenza. La persona deve:essere cittadino dell’UE; essere residente nel paese dell’UE in cui intende votare o presentarsi come candidato; soddisfare le stesse condizioni dei cittadini di quel paese dell’UE che desiderano votare o presentarsi come candidati (principio dell’uguaglianza tra elettori nazionali e stranieri). Procedure più semplici per la presentazione delle candidatureLa direttiva è stata modificata nel 2013 per semplificare le procedure di presentazione delle candidature di chi risiede in un paese dell’UE di cui non ha la cittadinanza. In precedenza, i cittadini dell’UE che si trovavano in questa situazione dovevano fornire un certificato del loro paese di cittadinanza attestante che non erano stati esclusi dalla candidatura alle elezioni del PE in quel paese. Dal 2014, i cittadini dell’UE che presentano la loro candidatura alle elezioni possono fornire una dichiarazione invece del certificato. Le autorità del paese UE di residenza devono mettersi in contatto con il paese di cui la persona ha la cittadinanza per verificare la validità della dichiarazione. Per garantire una comunicazione efficace, i paesi dell’UE devono designare ciascuno un punto di contatto responsabile della notifica delle informazioni relative ai candidati.
Esercizio del diritto di voto e di eleggibilità
I cittadini dell’Unione possono esercitare il diritto di voto e di eleggibilità o nel paese UE di residenza o nel paese d’origine. Nessuno può votare più di una volta o presentarsi come candidato in più di un paese dell’UE alla stessa elezione.
Iscrizione nelle liste elettoraliGli elettori possono essere iscritti nelle liste elettorali del loro paese di residenza solo se ne fanno richiesta in anticipo. Nei paesi dell’UE per i cui cittadini vige l’obbligo di voto, gli elettori stranieri che chiedono di essere iscritti nelle liste elettorali sono soggetti allo stesso obbligo.Per essere iscritti nelle liste elettorali, gli elettori stranieri devono presentare gli stessi documenti degli elettori nazionali. Devono inoltre fornire ulteriori informazioni sotto forma di dichiarazione formale.
RicorsiI ricorsi di cui dispongono i cittadini nazionali devono essere accessibili anche ai cittadini stranieri cui sia stata negata l’iscrizione nelle liste elettorali o la cui candidatura sia stata respinta.
Norme nazionali relative ai cittadini che vivono al di fuori del proprio territorio
Nessuna disposizione della direttiva 93/109/CE può incidere sulle norme di ciascun paese dell’UE relative al diritto di voto o di eleggibilità dei suoi cittadini che risiedono al di fuori del proprio territorio elettorale.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DIRETTIVA?
La direttiva si applica dal 30 dicembre 1993. Doveva entrare in vigore nei paesi dell’UE il 1° febbraio 1994.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:Elezioni del Parlamento europeo (La tua Europa).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 93/109/CE del Consiglio, del 6 dicembre 1993, relativa alle modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo per i cittadini dell’Unione che risiedono in uno Stato membro di cui non sono cittadini (GU L 329 del 30.12.1993, pag. 34).
Le successive modifiche alla direttiva 93/109/UE sono state incorporate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. | 7,416 | 590 |
93/704/CE: Decisione del Consiglio, del 30 novembre 1993, relativa alla creazione di una banca di dati comunitaria sugli incidenti stradali
Gazzetta ufficiale n. L 329 del 30/12/1993 pag. 0063 - 0065 edizione speciale finlandese: capitolo 7 tomo 5 pag. 0069 edizione speciale svedese/ capitolo 7 tomo 5 pag. 0069
DECISIONE DEL CONSIGLIO del 30 novembre 1993 relativa alla creazione di una banca di dati comunitaria sugli incidenti stradali (93/704/CE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 213, vista la proposta della Commissione (1), considerando che il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulle misure comuni volte a ridurre gli incidenti stradali (2); considerando che il Consiglio e i rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, il 21 giugno 1991, hanno adottato una risoluzione con la quale veniva chiesto alla Commissione di elaborare ed attuare un programma comunitario di misure concrete destinate a realizzare nuove iniziative comuni e a ravvicinare gli esperimenti attualmente effettuati a livello nazionale nei vari settori d'azione e di ricerca interessati per quanto riguarda la lotta contro gli incidenti stradali e le conseguenze per le vittime di tali incidenti (3); considerando che la creazione di una banca di dati comunitaria sugli incidenti stradali è una delle priorità stabilite dal Gruppo di lavoro ad alto livello dei rappresentanti dei governi degli Stati membri; considerando che nel Libro bianco sullo sviluppo futuro della politica comune dei trasporti e nella comunicazione su un programma d'azione in materia di sicurezza stradale la Commissione indica che, viste le notevoli differenze tra i livelli di sicurezza stradale dei diversi Stati membri, un primo obiettivo in questo campo deve essere quello di promuovere lo scambio di informazioni e di esperienze creando una banca di dati comunitaria; considerando che gli Stati membri raccolgono i dati relativi agli incidenti stradali avvenuti sul loro territorio e riuniscono tali informazioni in archivi informatizzati, ma che non esiste attualmente una base comune che consenta di accedere ai vari archivi né di utilizzare i dati raccolti; considerando che una banca di dati creata e gestita a livello comunitario consente di identificare e di quantificare i problemi, di valutare l'efficacia delle misure adottate e di determinare la pertinenza di un'azione comunitaria; considerando che la creazione e la gestione di tale banca di dati non possono essere assicurate dagli Stati membri singolarmente e che pertanto la Comunità, nel rispetto del principio della sussidiarietà, interviene soltanto nella misura necessaria per garantire, da una parte, un raggruppamento dei dati contenuti negli archivi statistici degli Stati membri e, dall'altra, uno stretto coordinamento tra Stati membri nell'ottica del buon funzionamento di una banca di dati comunitaria; considerando che occorre prevedere le modalità di trasmissione alla Commissione dei dati statistici esistenti negli Stati membri e, in particolare, stabilire la periodicità, il termine e la natura del supporto di trasmissione; considerando che l'analisi dei problemi di sicurezza stradale deve concentrarsi in via prioritaria sugli incidenti che provocano lesioni corporali, escludendo gli incidenti che provocano danno alle cose, ma che le informazioni relative all'identificazione delle persone non sono necessarie al fine di tali analisi; considerando che occorre che la Commissione prenda disposizioni per garantire la protezione dei dati statistici coperti dal segreto, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 1. Gli Stati membri elaborano statistiche sugli incidenti stradali che abbiano provocato lesioni corporali, avvenuti nel loro territorio. 2. Ai fini della presente decisione, per incidente che abbia provocato lesioni corporali si intende qualsiasi urto implicante almeno un veicolo in marcia, circolante su una strada pubblica regolarmente aperta alla circolazione, che abbia comportato il ferimento e/o la morte di uno o più utenti della strada. Articolo 2 1. I dati sugli incidenti comportanti lesioni corporali avvenuti nel corso di un anno, contenuti negli archivi informatizzati al più alto grado di centralizzazione esistente, sono comunicati dagli Stati membri, a livello di unità statistica, all'Istituto statistico delle Comunità europee, in appresso denominato ISCE. Nell'ambito della presente decisione l'unità statistica è l'incidente comportante lesioni corporali. 2. I dati di cui al paragrafo 1 sono comunicati per la prima volta entro il 31 marzo 1994 per gli anni 1991 e 1992 e, successivamente, entro nove mesi dalla fine dell'anno di riferimento considerato. 3. Nell'ipotesi in cui siano coperti dal segreto statistico a norma di disposizioni nazionali i dati di cui al paragrafo 1 sono parimenti trasmessi all'ISCE, che li gestisce conformemente al regolamento (Euratom, CEE) n. 1588/90 (1). 4. La Commissione, agendo secondo la procedura di cui all'articolo 5, fissa gli elementi che non devono essere inclusi negli archivi trasmessi. Articolo 3 1. Nella misura del possibile, la trasmissione dei dati viene effettuata su un supporto di lettura la cui natura e il cui formato sono proposti dalla Commissione. 2. Gli Stati membri che apportino correzioni ai dati statistici successivamente alla trasmissione dell'archivio all'ISCE inviano a quest'ultimo una copia completa dell'archivio aggiornato. 3. Gli Stati membri che intendano modificare la forma o il contenuto del loro archivio ne informano preventivamente la Commissione. Gli Stati membri che sono indotti a modificare archivi già trasmessi all'ISCE inviano a quest'ultimo le nuove versioni dei medesimi. 4. Ciascuno Stato membro è responsabile della qualità dei dati statistici che fornisce. 5. La Commissione è responsabile del trattamento dei dati ricevuti. Articolo 4 1. La Commissione è responsabile della divulgazione dei dati ricevuti. Le modalità di accesso alle statistiche sugli incidenti stradali che abbiano provocato lesioni corporali, centralizzate dalla Commissione, le eventuali pubblicazioni, nonché ogni elemento utile al buon funzionamento della banca di dati comunitaria che riunisce dette statistiche sono stabiliti dalla Commissione che agisce secondo la procedura di cui all'articolo 5. 2. La Commissione esamina, con gli Stati membri, i problemi di ordine metodologico e tecnico sollevati dall'elaborazione e dalla trasmissione delle statistiche o dal metodo di raccolta, per trovare soluzioni che consentano di rendere progressivamente i dati quanto più possibile omogenei e comparabili tra gli Stati membri. In base a tale esame, la Commissione presenterà al Consiglio le eventuali proposte appropriate. Articolo 5 1. Quando si fa riferimento alla procedura prevista nel presente articolo, la Commissione è assistita dal comitato del programma statistico istituito dalla decisione 89/382/CEE, Euratom (2). 2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato, entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame, formula il suo parere sul progetto, eventualmente procedendo a votazione. Il parere è iscritto a verbale; inoltre, ciascuno Stato membro ha il diritto di chiedere che la sua posizione figuri a verbale. La Commissione tiene in massima considerazione il parere formulato dal comitato. Essa lo informa del modo in cui ha tenuto conto del suo parere. Articolo 6 Tre anni dopo la messa in applicazione della presente decisione la Commissione presenta al Consiglio: a) una relazione di valutazione sui risultati conseguiti relativamente alla realizzazione delle azioni di cui agli articoli 2, 3 e 4 e sull'opportunità di continuare tali azioni; b) gli orientamenti emergenti da detta relazione per l'eventuale proseguimento dell'azione prevista dalla presente decisione. Articolo 7 Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione. Fatto a Bruxelles, addì 30 novembre 1993. Per il Consiglio Il Presidente G. COËME (1) GU n. C 225 del 20. 8. 1993, pag. 6. (2) GU n. C 68 del 24. 3. 1986, pag. 35. (3) GU n. C 178 del 9. 7. 1991, pag. 1. (4) GU n. L 151 del 15. 6. 1990, pag. 1. (5) GU n. L 181 del 28. 6. 1989, pag. 47. | Sicurezza stradale: Banca dati comunitaria sugli incidenti stradali
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Essa istituisce CARE — la banca dati dell’Unione europea sugli incidenti stradali.
PUNTI CHIAVE
I paesi dell’UE devono:elaborare statistiche sugli incidenti stradali che abbiano coinvolto almeno un veicolo e che abbiano comportato il ferimento o la morte, avvenuti nel loro territorio; Comunicare tali dati ogni anno alla Commissione europea (Eurostat) La Commissione europea deve garantire che i dati ricevuti siano diffusi e che la banca dati funzioni correttamente e, inoltre, decide le condizioni per l’accesso alle statistiche e a qualsiasi pubblicazione, in collaborazione con il gruppo di lavoro di esperti di CARE.
La Commissione, dopo tre anni di attuazione della presente decisione, doveva preparare una relazione per il Consiglio sui risultati ottenuti e sugli indicatori risultanti per il proseguimento delle attività.
Le conclusioni della relazione sono state generalmente positive. Sono stati suggeriti alcuni miglioramenti quali:armonizzare i dati degli incidenti; fornire nuove informazioni per completare le analisi internazionali comparative; migliorare la cooperazione tra i paesi dell’UE, poiché ciò riveste un ruolo essenziale nella gestione e nella qualità dei dati, oltre che nello sviluppo di una politica di accesso e applicazione per gli utenti di CARE.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
È applicata a partire dal 22 dicembre 1993.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si consulti:Sicurezza stradale (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione del Consiglio (CEE) n. 93/704/CE, del 30 novembre 1993, relativa alla creazione di una banca di dati comunitaria sugli incidenti stradali (GU L 329 del 30.12.1993, pag. 63).
Le successive modifiche alla decisione 93/704/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Relazione della Commissione sui progressi del progetto e sulle sue future prospettive — CARE: Banca dati comunitaria sugli incidenti stradali —Decisione del Consiglio del 30 novembre 1993 (93/704/CE) [COM(97) 238 final, del 26.5.1997]. | 3,238 | 598 |
DECISIONE 2007/845/GAI DEL CONSIGLIO
del 6 dicembre 2007
concernente la cooperazione tra gli uffici degli Stati membri per il recupero dei beni nel settore del reperimento e dell’identificazione dei proventi di reato o altri beni connessi
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 30, paragrafo 1, lettere a) e b), e l’articolo 34, paragrafo 2, lettera c),
vista l’iniziativa del Regno del Belgio, della Repubblica d’Austria e della Repubblica di Finlandia,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
La motivazione fondamentale della criminalità organizzata transfrontaliera è il profitto economico che costituisce un incentivo a commettere ulteriori reati per conseguire sempre maggiori profitti. Di conseguenza i servizi incaricati dell’applicazione della legge dovrebbero avere le conoscenze necessarie per compiere indagini e analisi sulle tracce finanziarie delle attività criminali. Per combattere efficacemente la criminalità organizzata, le informazioni che possono condurre al reperimento e al sequestro dei proventi di reato e altri beni appartenenti ai criminali devono essere scambiate rapidamente tra gli Stati membri dell’Unione europea.
(2)
Il Consiglio ha adottato la decisione quadro 2003/577/GAI, del 22 luglio 2003, relativa all’esecuzione nell’Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio (2), e la decisione quadro 2005/212/GAI, del 24 febbraio 2005, relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato (3) che tratta alcuni aspetti della cooperazione giudiziaria in materia penale nel settore del blocco o sequestro e della confisca di proventi, strumenti e altri beni connessi con reati.
(3)
È necessaria una stretta cooperazione tra le autorità competenti degli Stati membri incaricate del reperimento di proventi illeciti e altri beni passibili di confisca e è opportuno prevedere disposizioni che permettano una comunicazione diretta tra tali autorità.
(4)
A tal fine gli Stati membri dovrebbero disporre di uffici nazionali per il recupero dei beni che siano competenti in questi settori e dovrebbero assicurare che tali uffici possano scambiarsi informazioni rapidamente.
(5)
La rete interagenzie Camden per il recupero dei beni (CARIN), istituita all’Aia il 22-23 settembre 2004 da Austria, Belgio, Germania, Irlanda, Paesi Bassi e Regno Unito, rappresenta già una rete globale di operatori e esperti con l’obiettivo di rafforzare la conoscenza reciproca dei metodi e delle tecniche utilizzati nel settore dell’identificazione, del congelamento, del sequestro e della confisca transfrontalieri dei proventi di reato e altri beni connessi. La presente decisione dovrebbe completare la CARIN fornendo la base giuridica per lo scambio di informazioni tra gli uffici per il recupero dei beni di tutti gli Stati membri.
(6)
Nella comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo dal titolo «Il programma dell’Aia: dieci priorità per i prossimi cinque anni», la Commissione ha altresì raccomandato di rafforzare gli strumenti per affrontare gli aspetti finanziari della criminalità organizzata, promuovendo tra l’altro la creazione di unità di informazione sui proventi del crimine negli Stati membri.
(7)
La cooperazione tra gli uffici per il recupero dei beni e tra detti uffici e altre autorità incaricate di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato si svolge in base alle procedure e ai termini previsti dalla decisione quadro 2006/960/GAI del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa alla semplificazione dello scambio di informazioni ed intelligence tra le autorità degli Stati membri dell’Unione europea incaricate dell’applicazione della legge (4), compresi i motivi di rifiuto ivi contenuti.
(8)
La presente decisione dovrebbe lasciare impregiudicate le modalità di cooperazione definite dalla decisione 2000/642/GAI del Consiglio, del 17 ottobre 2000, concernente le modalità di cooperazione tra le unità di informazione finanziaria degli Stati membri per quanto riguarda lo scambio di informazioni, (5) nonché le vigenti modalità di cooperazione tra forze di polizia,
DECIDE:
Articolo 1
Uffici per il recupero dei beni
1. Ciascuno Stato membro istituisce o designa un ufficio nazionale per il recupero dei beni incaricato di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato e altri beni connessi con reati che possono essere oggetto di un provvedimento di congelamento, sequestro, ovvero confisca, emanato dall’autorità giudiziaria competente nel corso di un procedimento penale o, per quanto possibile nel rispetto del diritto nazionale dello Stato membro interessato, di un procedimento civile.
2. Fatto salvo il paragrafo 1, uno Stato membro può, in conformità del proprio diritto nazionale, istituire o designare due uffici per il recupero dei beni. Qualora uno Stato membro disponga di più di due autorità incaricate di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato, esso designa come punti di contatto al massimo due dei suoi uffici per il recupero dei beni.
3. Gli Stati membri indicano le autorità che costituiscono un ufficio nazionale per il recupero dei beni ai sensi del presente articolo. Gli Stati membri notificano tale informazione e qualsiasi modifica successiva al segretariato generale del Consiglio per iscritto. Ciò non osta a che altre autorità, incaricate di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato, scambino informazioni ai sensi degli articoli 3 e 4 con un ufficio per il recupero dei beni di un altro Stato membro.
Articolo 2
Cooperazione tra uffici per il recupero dei beni
1. Gli Stati membri assicurano che i loro uffici per il recupero dei beni cooperino l’un l’altro ai fini di cui all’articolo 1, paragrafo 1, scambiandosi informazioni e migliori pratiche, sia su richiesta che spontaneamente.
2. Gli Stati membri assicurano che questa cooperazione non sia ostacolata dallo statuto degli uffici per il recupero dei beni secondo la normativa nazionale, sia che tali Uffici facciano parte di un’autorità amministrativa, di un’autorità incaricata dell’applicazione della legge o di un’autorità giudiziaria.
Articolo 3
Scambio di informazioni tra gli uffici per il recupero dei beni su richiesta
1. Un ufficio per il recupero dei beni di uno Stato membro o un’altra autorità in uno Stato membro incaricata di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato può presentare una richiesta di informazioni presso un ufficio per il recupero dei beni di un altro Stato membro per le finalità di cui all’articolo 1, paragrafo 1. A tale scopo l’ufficio o l’unità si avvale della decisione quadro 2006/960/GAI e delle norme adottate in applicazione della stessa.
2. Nel completare il formulario previsto dalla decisione quadro 2006/960/GAI l’ufficio per il recupero dei beni richiedente specifica l’oggetto e i motivi della richiesta nonché la natura del procedimento. Esso fornisce indicazioni quanto più esatte possibile sui beni oggetto dei provvedimenti o ricercati (conti bancari, beni immobili, automobili, panfili e altri beni di valore) e/o sulle persone fisiche o giuridiche che si presume siano implicate (ad esempio nomi, indirizzi, data e luogo di nascita, data di iscrizione nel registro, azionisti, sedi).
Articolo 4
Scambio spontaneo di informazioni tra gli uffici per il recupero dei beni
1. Gli uffici per il recupero dei beni o altre autorità incaricate di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato possono, entro i limiti imposti dal diritto nazionale applicabile e senza bisogno di apposita richiesta, scambiare informazioni che ritengono necessarie per l’esecuzione dei compiti di un altro ufficio per il recupero dei beni in conformità delle finalità enunciate all’articolo 1, paragrafo 1.
2. Allo scambio di informazioni di cui al presente articolo si applica, per analogia, l’articolo 3.
Articolo 5
Protezione dei dati
1. Ciascuno Stato membro assicura che le norme in materia di protezione dei dati siano applicate anche nell’ambito della procedura sullo scambio di informazioni di cui alla presente decisione.
2. L’uso delle informazioni scambiate direttamente o bilateralmente ai sensi della presente decisione è soggetto alle disposizioni in materia di protezione dei dati dello Stato membro ricevente allorquando alle informazioni si applicano le stesse norme in materia di protezione dei dati che sarebbero applicate se fossero state raccolte in detto Stato membro. I dati personali trattati nell’ambito dell’applicazione della presente decisione sono protetti conformemente alla convenzione del Consiglio d’Europa, del 28 gennaio 1981, sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati di carattere personale e, per gli Stati membri che lo hanno ratificato, al protocollo addizionale dell’8 novembre 2001 a tale convenzione, concernente le autorità di controllo ed i flussi transfrontalieri. Nel trattare i dati personali ottenuti ai sensi della presente decisione, le autorità incaricate dell’applicazione della legge dovrebbero altresì tener conto dei principi della raccomandazione n. R(87) 15 del Consiglio d’Europa che disciplina l’uso dei dati di carattere personale nel settore della polizia.
Articolo 6
Scambio delle migliori pratiche
Gli Stati membri assicurano che gli uffici per il recupero dei beni procedano allo scambio delle migliori pratiche sui modi per migliorare l’efficacia degli sforzi degli Stati membri diretti a identificare e reperire proventi di reato e altri beni connessi con reati che possano essere oggetto di un provvedimento di congelamento, sequestro o confisca da parte dell’autorità giudiziaria competente.
Articolo 7
Relazione con le modalità di cooperazione esistenti
La presente decisione lascia impregiudicati gli obblighi derivanti dagli strumenti dell’Unione europea sull’assistenza giudiziaria reciproca o sul riconoscimento reciproco delle decisioni in materia penale, dagli accordi o intese bilaterali o multilaterali tra gli Stati membri e i paesi terzi in materia di assistenza giudiziaria reciproca e della decisione 2000/642/GAI e della decisione quadro 2006/960/GAI.
Articolo 8
Osservanza
1. Gli Stati membri assicurano che saranno in grado di cooperare pienamente, in conformità delle disposizioni della presente decisione, entro il 18 dicembre 2008. Nel contempo gli Stati membri comunicano al segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo di tutte le disposizioni di legislazione nazionale che consente loro di osservare gli obblighi derivanti dalla presente decisione.
2. Se gli Stati membri non hanno ancora attuato la decisione quadro 2006/960/GAI, i riferimenti a tale decisione quadro nella presente decisione si intendono fatti agli strumenti applicabili in materia di cooperazione di polizia tra gli Stati membri.
3. Il Consiglio valuta l’osservanza della presente decisione da parte degli Stati membri entro il 18 dicembre 2010, in base a una relazione presentata dalla Commissione,
Articolo 9
Applicazione
La presente decisione prende effetto dalla data della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 6 dicembre 2007.
Per il Consiglio
Il presidente
A. COSTA
(1) Parere del 12 dicembre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU L 196 del 2.8.2003, pag. 45.
(3) GU L 68 del 15.3.2005, pag. 49.
(4) GU L 386 del 29.12.2006, pag. 89.
(5) GU L 271 del 24.10.2000, pag. 4. | Cooperazione tra i paesi dell’Unione europea per il recupero dei proventi di reato
SINTESI
COSA FA LA DECISIONE?
Stabilisce i requisiti per l’istituzione di uffici per il recupero dei beni nei paesi dell’Unione europea (UE).
PUNTI CHIAVE
L’obiettivo degli uffici per il recupero dei beni è agevolare la tracciabilità e l’identificazione dei proventi di reato che possono diventare oggetto di un ordine di congelamento, sequestro o confisca, nell’ambito di un’indagine penale o civile.
I paesi dell’UE devono designare almeno un ufficio per il recupero dei beni (o un massimo di due uffici) sul territorio nazionale. Gli uffici per il recupero dei beni assicurano il mutuo scambio di informazioni, indipendentemente dal loro status (autorità incaricata dell’applicazione della legge, giudiziaria o amministrativa).
Un ufficio per il recupero dei beni o un’altra autorità di un paese dell’UE con responsabilità simili può effettuare una richiesta di informazioni da un ufficio di un altro paese dell’UE, al fine di richiedere informazioni nell’ambito di un’indagine penale o civile. Tale richiesta dovrebbe includere le informazioni seguenti:
l’oggetto e il motivo della richiesta;
la natura del procedimento;
la proprietà oggetto del provvedimento o ricercata e/o le persone fisiche o giuridiche (società o persone) che si presume essere coinvolte.
Un ufficio per il recupero dei beni può, senza ricevere richiesta, scambiare spontaneamente le informazioni che ritiene necessarie per l’esecuzione dei compiti di un ufficio in un altro paese dell’UE.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
È stata applicata a partire dal 18 dicembre 2007.
CONTESTO
Successivamente alla decisione quadro, la Commissione europea ha lanciato una piattaforma informale per migliorare ulteriormente la cooperazione tra i paesi UE e coordinare gli scambi di informazioni e migliori pratiche.
Una relazione della Commissione del 2011 ha rilevato che, sebbene gli uffici per il recupero dei beni siano uno strumento efficace per lottare contro i proventi della criminalità, essi dovevano affrontare problemi comuni, con particolare riferimento alla loro capacità di accedere alle informazioni finanziarie rilevanti.
Nel 2014, è stata adottata la direttiva 2014/42/UE per stabilire norme minime comunitarie relative sia al congelamento dei beni in vista di eventuale confisca successiva, sia alla confisca dei beni in materia penale. I paesi dell’UE dovevano integrarla nella propria legislazione nazionale entro il 4 ottobre 2015.
Per maggiori informazioni, si veda la pagina «Confisca e recupero dei beni»sul sito web della Commissione europea.
ATTO
Decisione 2007/845/GAI del Consiglio, del 6 dicembre 2007, concernente la cooperazione tra gli uffici degli Stati membri per il recupero dei beni nel settore del reperimento e dell’identificazione dei proventi di reato o altri beni connessi (GU L 332 del 18.12.2007, pagg. 103-105)
ATTI COLLEGATI
Direttiva 2014/42/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’Unione europea (GU L 127 del 29.4.2014, pagg. 39-50). Le correzioni alla direttiva 2014/42/UE sono state integrate nel testo base. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
Decisione quadro 2003/577/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa all’esecuzione nell’Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio (GU L 196 del 2.8.2003, pagg. 45-55). Si veda la versione consolidata.
Decisione quadro 2006/783/GAI del Consiglio, del 6 ottobre 2006, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca (GU L 328 del 24.11.2006, pagg. 59-78). Si veda la versione consolidata. | 4,859 | 767 |
REGOLAMENTO (UE) N. 1260/2013 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 20 novembre 2013
relativo alle statistiche demografiche europee
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 338, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (1),
considerando quanto segue:
(1)
Conformemente all’articolo 16, paragrafo 4, del trattato sull’Unione europea (TUE), a decorrere dal 1o novembre 2014, la maggioranza qualificata dei membri del Consiglio deve essere definita, tra l’altro, sulla base della popolazione degli Stati membri.
(2)
Il Consiglio Economia e finanza incarica regolarmente il Comitato di politica economica di valutare la sostenibilità a lungo termine e la qualità delle finanze pubbliche sulla base delle previsioni della popolazione elaborate da Eurostat.
(3)
Conformemente al regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (2), tutte le statistiche trasmesse dagli Stati membri alla Commissione che sono disaggregate per unità territoriali devono utilizzare la classificazione NUTS. Di conseguenza, allo scopo di assicurare la comparabilità delle statistiche regionali, le unità territoriali dovrebbero essere definite sulla base della classificazione NUTS.
(4)
Conformemente all’articolo 175, secondo comma, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), la Commissione deve presentare ogni tre anni al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni una relazione sui progressi compiuti nella realizzazione della coesione economica, sociale e territoriale. È necessario disporre di dati regionali annuali di livello NUTS 3 per la preparazione di tali relazioni e per il regolare monitoraggio dell’evoluzione demografica e delle eventuali future problematiche demografiche nelle regioni dell’Unione, comprese varie tipologie di regioni, quali le regioni frontaliere, le regioni metropolitane, le regioni rurali e le regioni montane e insulari. In considerazione delle forti disparità regionali che caratterizzano l’invecchiamento della popolazione, Eurostat è incaricata di predisporre regolarmente previsioni regionali al fine di integrare il quadro demografico delle regioni NUTS 2 nell’Unione.
(5)
Conformemente all’articolo 159 TFUE, la Commissione deve redigere una relazione annuale sugli sviluppi nella realizzazione degli obiettivi dell’articolo 151 TFUE, compresa la situazione demografica nell’Unione.
(6)
Nella comunicazione del 20 ottobre 2009 dal titolo «Solidarietà in materia di salute: riduzione delle disuguaglianze sanitarie nell’UE», la Commissione si è espressa a favore dell’ulteriore sviluppo e della rilevazione di dati, e dell’ulteriore sviluppo di indicatori in materia di salute secondo l’età, il sesso, la situazione socioeconomica e la dimensione geografica.
(7)
La strategia dell’Unione per lo sviluppo sostenibile, promossa dal Consiglio europeo di Göteborg nel 2001 e rilanciata nel giugno del 2006, ha come obiettivo il continuo miglioramento della qualità della vita per le attuali e le future generazioni. Il rapporto che la Commissione (Eurostat) pubblica ogni due anni in merito a tale strategia traccia, sulla base di una serie di indicatori dello sviluppo sostenibile dell’Unione, un quadro statistico obiettivo dei progressi realizzati.
(8)
Le statistiche demografiche annuali assumono un’importanza capitale ai fini dello studio e della definizione di una vasta serie di iniziative politiche, con particolare riguardo alle problematiche sociali ed economiche, a livello nazionale e regionale. Le statistiche sulla popolazione costituiscono un importante denominatore per una vasta gamma di indicatori.
(9)
L’obiettivo strategico H.3 del capo IV della Piattaforma d’azione di Pechino (1995) costituisce un quadro di riferimento per l’elaborazione e la diffusione di dati e informazioni disaggregati per genere ai fini della pianificazione e della valutazione delle politiche.
(10)
Le statistiche demografiche rappresentano un elemento fondamentale per la stima della popolazione totale nell’ambito del sistema europeo dei conti. È importante che i dati siano aggiornati e rivisti ai fini dell’elaborazione di statistiche a livello europeo.
(11)
Al fine di garantire la qualità e, in particolare, la comparabilità dei dati trasmessi dagli Stati membri, nonché allo scopo di consentire l’elaborazione a livello dell’Unione di quadri di sintesi attendibili, i dati utilizzati dovrebbero basarsi sugli stessi concetti e dovrebbero riferirsi a date o periodi di riferimento identici.
(12)
Il regolamento (CE) n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio (3) definisce un quadro di riferimento per le statistiche demografiche europee. In particolare, esso richiede il rispetto dei principi di indipendenza professionale, imparzialità, obiettività, affidabilità, segreto statistico e efficacia sotto il profilo dei costi.
(13)
I dati demografici dovrebbero essere coerenti con le pertinenti informazioni rilevate a norma del regolamento (CE) n. 862/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio (4) e del regolamento (CE) n. 763/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio (5). A tal fine, è opportuno valutare metodi statistici di stima basati su dati scientifici e ben documentati, e incoraggiarne l’uso.
(14)
In sede di sviluppo, produzione e diffusione delle statistiche europee, le autorità statistiche nazionali e l’autorità statistica europea nonché, se del caso, altre autorità competenti a livello nazionale e regionale, dovrebbero tener conto dei principi sanciti dal codice delle statistiche europee, riveduto e aggiornato dal comitato del sistema statistico europeo il 28 settembre 2011.
(15)
Il presente regolamento garantisce il diritto al rispetto della vita privata e della vita familiare e il diritto alla protezione dei dati di carattere personale sanciti dagli articoli 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
(16)
La direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (6) e il regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (7) si applicano con riguardo al trattamento dei dati personali nell’ambito del presente regolamento.
(17)
Poiché l’obiettivo del presente regolamento, vale a dire la definizione di un quadro giuridico comune per la produzione sistematica di statistiche demografiche europee negli Stati membri, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata e degli effetti dell’azione in questione, può essere conseguito meglio a livello dell’Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 TUE. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(18)
Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione del presente regolamento, dovrebbero essere attribuite alla Commissione competenze di esecuzione. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (8),
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto
Il presente regolamento definisce un quadro giuridico comune in vista dello sviluppo, della produzione e della diffusione di statistiche europee sulla popolazione e sugli eventi di stato civile.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:
a) «nazionale»: si riferisce al territorio di uno Stato membro ai sensi del regolamento (CE) n. 1059/2003 applicabile alla data di riferimento;
b) «regionale»: livello NUTS 1, NUTS 2 o NUTS 3 ai sensi del regolamento (CE) n. 1059/2003 applicabile alla data di riferimento; qualora tale termine sia utilizzato con riferimento a paesi che non sono membri dell’Unione, «regionale» si riferisce alle regioni statistiche al livello 1, 2 o 3, come concordato tra tali paesi e la Commissione (Eurostat), alla data di riferimento;
c) «popolazione dimorante abitualmente»: tutte le persone che hanno dimora abituale in uno Stato membro alla data di riferimento;
d) «dimora abituale»: il luogo in cui una persona trascorre normalmente il periodo di riposo giornaliero, indipendentemente da assenze temporanee per attività ricreative, vacanze, visite ad amici e parenti, affari, trattamenti sanitari o pellegrinaggi religiosi. Sono considerate dimoranti abitualmente in una specifica area geografica soltanto le persone:
i)
che hanno vissuto nel loro luogo di dimora abituale senza interruzione per un periodo di almeno dodici mesi prima della data di riferimento; oppure
ii)
che si sono stabilite nel loro luogo di dimora abituale nei dodici mesi precedenti la data di riferimento con l’intenzione di rimanervi per almeno un anno.
Qualora le circostanze di cui ai punti i) o ii) non possano essere verificate, per «dimora abituale» si intende il luogo di residenza legale o dichiarata nei registri, salvo ai fini dell’articolo 4.
Nell’applicare la definizione di «dimora abituale», gli Stati membri riservano ai casi speciali il trattamento previsto conformemente all’allegato del regolamento (CE) n. 1201/2009 della Commissione (9);
e) «nascita vitale»: la nascita di un bambino che, indipendentemente dalla durata della gestazione, respira o manifesta altro segno di vita, quale battito cardiaco, pulsazione del cordone ombelicale o determinati movimenti dei muscoli volontari;
f) «morte»: la permanente scomparsa di ogni segno di vita in un qualsiasi momento successivo alla nascita vitale (cessazione post-natale delle funzioni vitali senza possibilità di rianimazione);
g) «eventi di stato civile»: la nascita vitale e la morte come definiti alle lettere e) e f).
Articolo 3
Dati sulla popolazione e sugli eventi di stato civile
1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) dati sulla loro popolazione che dimora abitualmente alla data di riferimento. I dati forniti contemplano la popolazione in base all’età, al sesso e alla regione di residenza.
2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati sui loro eventi di stato civile verificatisi durante il periodo di riferimento. Gli Stati membri utilizzano la stessa definizione di popolazione che impiegano per i dati di cui al paragrafo 1. I dati forniti contemplano le seguenti variabili:
a)
nati vivi per sesso, mese di evento, ordine di nascita vitale, età della madre, anno di nascita della madre, paese di nascita della madre, paese di cittadinanza della madre e regione di residenza della madre;
b)
decessi per età, sesso, anno di nascita, regione di residenza, paese di nascita, paese di cittadinanza e mese di evento.
3. Gli Stati membri utilizzano la stessa definizione di popolazione per tutti i livelli nazionali e regionali definiti dal presente regolamento.
4. La Commissione adotta atti di esecuzione che stabiliscono condizioni uniformi per la disaggregazione dei dati di cui ai paragrafi 1 e 2, nonché i termini e le revisioni dei dati. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 10, paragrafo 2.
Articolo 4
Popolazione totale per scopi specifici dell’Unione
1. Ai fini della votazione a maggioranza qualificata in seno al Consiglio, entro otto mesi dalla fine dell’anno di riferimento gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) dati sulla popolazione totale a livello nazionale alla data di riferimento, conformemente all’articolo 2, lettera c).
2. Gli Stati membri possono stimare la popolazione totale di cui al paragrafo 1 sulla base della popolazione legalmente residente o dichiarata nei registri, utilizzando metodi statistici di stima basati su dati scientifici, ben documentati e pubblicamente disponibili.
Articolo 5
Frequenza e termini di riferimento
1. Ogni anno gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati statistici relativi alla loro popolazione e ai loro eventi di stato civile dell’anno precedente di cui all’articolo 3, paragrafo 1, e all’articolo 3, paragrafo 2, lettere a) e b).
2. Ogni anno gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati relativi alla popolazione totale a livello nazionale di cui all’articolo 4.
3. Ai fini del presente regolamento, per termini di riferimento si intendono la data di riferimento di cui al paragrafo 4 o il periodo di riferimento di cui al paragrafo 5, a seconda dei casi.
4. La data di riferimento per i dati sulla popolazione è la scadenza del periodo di riferimento (la mezzanotte del 31 dicembre). La prima data di riferimento è nel 2013 e l’ultima data di riferimento è nel 2027.
5. Il periodo di riferimento per i dati sugli eventi di stato civile è l’anno civile in cui gli eventi si sono verificati. Il primo periodo di riferimento è il 2013 e l’ultimo periodo di riferimento è il 2027.
Articolo 6
Trasmissione di dati e di metadati
Gli Stati membri mettono a disposizione della Commissione (Eurostat) i dati e i metadati di cui al presente regolamento conformemente alle norme di scambio di dati e metadati specificate dalla Commissione (Eurostat). Gli Stati membri forniscono tali dati e metadati tramite i servizi del punto di accesso unico in modo tale che la Commissione (Eurostat) possa recuperarli oppure li trasmettono utilizzando i servizi del punto di accesso unico.
Articolo 7
Fonti di dati
I dati sono basati sulle fonti di dati scelte dagli Stati membri conformemente al diritto e agli usi nazionali. Ove opportuno, sono utilizzati metodi di stima statistica ben documentati e fondati su basi scientifiche.
Articolo 8
Studi di fattibilità
1. Gli Stati membri effettuano studi di fattibilità sull’utilizzo della definizione di «dimora abituale» per la popolazione e gli eventi di stato civile di cui all’articolo 3, paragrafi 1 e 2.
2. I risultati degli studi di fattibilità di cui al paragrafo 1 sono trasmessi alla Commissione entro il 31 dicembre 2016.
3. Al fine di facilitare l’esecuzione degli studi di fattibilità di cui al paragrafo 1 del presente articolo, l’Unione può fornire sostegno finanziario agli istituti statistici nazionali e alle altre autorità nazionali di cui all’articolo 5 del regolamento (CE) n. 223/2009.
Articolo 9
Norme in materia di qualità
1. Gli Stati membri si assicurano della qualità dei dati trasmessi.
2. Ai fini del presente regolamento, ai dati da trasmettere si applicano i criteri di qualità di cui all’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 223/2009.
3. Gli Stati membri riferiscono alla Commissione (Eurostat) sui metadati di riferimento utilizzando gli standard del Sistema statistico europeo e, in particolare, sulle fonti di dati, le definizioni e i metodi di stima utilizzati per il primo anno di riferimento; gli Stati membri provvedono a informare la Commissione (Eurostat) in merito a qualsiasi loro modifica.
4. Su richiesta della Commissione (Eurostat), gli Stati membri le trasmettono tutte le informazioni necessarie a valutare la qualità delle informazioni statistiche.
5. Gli Stati membri si assicurano che i dati sulla popolazione di cui all’articolo 3 del presente regolamento siano coerenti con quelli richiesti dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (CE) n. 862/2007.
Articolo 10
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita dal Comitato del sistema statistico europeo istituito dal regolamento (CE) n. 223/2009. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.
Articolo 11
Clausola di revisione
1. La Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una prima relazione sull’attuazione del presente regolamento entro il 31 dicembre 2018 e una seconda relazione entro il 31 dicembre 2023. In tali relazioni la Commissione tiene conto delle informazioni pertinenti fornite dagli Stati membri e valuta la qualità dei dati trasmessi, i metodi utilizzati per la raccolta dei dati, l’onere supplementare gravante sugli Stati membri e sui partecipanti, nonché la comparabilità di tali statistiche. Tali relazioni valutano l’uso di metodi statistici di stima basati su dati scientifici e ben documentati, per la stima della «popolazione che dimora abitualmente» rispetto alla popolazione legalmente residente o dichiarata nei registri. La prima relazione ricomprende altresì i risultati degli studi di fattibilità di cui all’articolo 8.
2. Se del caso, dette relazioni sono corredate di proposte volte a migliorare ulteriormente il quadro giuridico comune per lo sviluppo, la produzione e la diffusione di statistiche europee sulla popolazione e sugli eventi di stato civile a norma del presente regolamento.
Articolo 12
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento cessa di applicarsi il 31 agosto 2028.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Strasburgo, il 20 novembre 2013
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
V. LEŠKEVIČIUS
(1) Posizione del Parlamento europeo del 22 ottobre 2013 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 15 novembre 2013.
(2) Regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, relativo all’istituzione di una classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (NUTS) (GU L 154 del 21.6.2003, pag. 1).
(3) Regolamento (CE) n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009, relativo alle statistiche europee e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1101/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo alla trasmissione all’Istituto statistico delle Comunità europee di dati statistici protetti dal segreto, il regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, relativo alle statistiche comunitarie, e la decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio, che istituisce un comitato del programma statistico delle Comunità europee (GU L 87 del 31.3.2009, pag. 164).
(4) Regolamento (CE) n. 862/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, relativo alle statistiche comunitarie in materia di migrazione e di protezione internazionale e che abroga il regolamento (CEE) n. 311/76 del Consiglio relativo all’elaborazione di statistiche riguardanti i lavoratori stranieri (GU L 199 del 31.7.2007, pag. 23).
(5) Regolamento (CE) n. 763/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, sull’igiene dei prodotti alimentari (GU L 218 del 13.8.2008, pag. 14).
(6) Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31).
(7) Regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1).
(8) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13).
(9) Regolamento (CE) n. 1201/2009 della Commissione, del 30 novembre 2009, recante attuazione del regolamento (CE) n. 763/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai censimenti della popolazione e delle abitazioni per quanto riguarda le specifiche tecniche delle variabili e delle loro classificazioni (GU L 329 del 15.12.2009, pag. 29). | Statistiche demografiche
QUAL È L'OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Stabilisce misure relative all'armonizzazione e alla raccolta di dati sulla popolazione e sugli eventi di stato civile (ad es. nascite e decessi).
Stabilisce le definizioni comuni, i temi trattati e le caratteristiche delle informazioni richieste, la copertura, i criteri di qualità e i termini di trasmissione e i risultati, sebbene i paesi dell'UE procedano alla compilazione dei dati secondo le proprie fonti e pratiche nazionali.
PUNTI CHIAVE
Perché queste statistiche sono importanti?
1.Stime di alta qualità sulla popolazione sono essenziali per il processo democratico dell'UE, ad es. sono importanti per il calcolo della ponderazione dei voti nel caso di una votazione a maggioranza qualificata in seno al Consiglio. Dal 1o novembre 2014, per maggioranza qualificata s'intende almeno il 55 % dei membri del Consiglio, con un minimo di 15 rappresentanti paesi dell'UE che totalizzino almeno il 65 % della popolazione dell'UE (doppia maggioranza).
2.La valutazioni a lungo termine sulla sostenibilità delle finanze pubbliche dei paesi dell'UE è, fra le altre cose, condotta sulla base delle proiezioni sulla popolazione di Eurostat, per la cui elaborazione sono necessarie serie storiche tempestive, accurate, attendibili e coerenti sulla popolazione, le nascite e i decessi, nonché valide ipotesi sulla futura evoluzione della fecondità, della speranza di vita e dei flussi migratori.
3.Il progresso della strategia di sviluppo sostenibile dell'UE è misurato tramite il rapporto redatto da Eurostat sulla base di serie storiche sugli indici di dipendenza degli anziani, sui tassi di fecondità e sulla speranza di vita nell'UE.
4.Le tendenze relative alla coesione economica, sociale e territoriale vengono valutate in base ai dati demografici regionali.
Regolamento di esecuzione (UE) n. 205/2014 della Commissione, del 4 marzo 2014, che stabilisce condizioni uniformi di applicazione del regolamento (UE) n. 1260/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche demografiche europee per quanto riguarda le disaggregazioni, i termini di trasmissione e le revisioni di dati.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
È applicata a partire dal 30 dicembre 2013.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si veda:
«Popolazione (demografia, migrazione e proiezioni)» sul sito Internet di Eurostat.
ATTO
Regolamento (UE) n. 1260/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, relativo alle statistiche demografiche europee (GU L 330, 10.12.2013, pag. 39-43)
ATTI COLLEGATI
Regolamento di esecuzione (UE) n. 205/2014 della Commissione, del 4 marzo 2014, che stabilisce condizioni uniformi di applicazione del regolamento (UE) n. 1260/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche demografiche europee per quanto riguarda le disaggregazioni, i termini di trasmissione e le revisioni di dati (GU L 65, 5.3.2014, pag. 10-26) | 7,401 | 1,357 |
DECISIONE 2014/219/PESC DEL CONSIGLIO
del 15 aprile 2014
relativa alla missione dell'Unione europea in ambito PSDC in Mali (EUCAP Sahel Mali)
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 28, l'articolo 42, paragrafo 4, e l'articolo 43, paragrafo 2,
vista la proposta dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza,
considerando quanto segue:
(1)
Il 21 marzo 2012 il Consiglio ha accolto favorevolmente la strategia dell'Unione europea per la sicurezza e lo sviluppo nel Sahel («strategia dell'UE per il Sahel»), sottolineando che l'Unione ha un interesse di lunga data nel ridurre l'insicurezza e migliorare lo sviluppo della regione del Sahel.
(2)
Il 16 luglio 2012 il Consiglio, con decisione 2012/392/PESC (1) ha avviato la missione di politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) EUCAP Sahel Niger che contribuisce alla formazione e alla consulenza delle forze di sicurezza interne in Niger e rafforza il coordinamento regionale con il Mali e la Mauritania nel settore della sicurezza.
(3)
Il 23 luglio 2012 il Consiglio ha espresso preoccupazione per il peggioramento della situazione in Mali e per i suoi effetti negativi sulla pace e la stabilità regionali e internazionali. Per proseguire l'attuazione della strategia dell'UE per il Sahel, il Consiglio ha invitato l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR) e la Commissione ad avanzare proposte concrete in vista della rapida attuazione di tutte le azioni in materia di governance, sicurezza, sviluppo e risoluzione dei conflitti a favore del nord del Mali previste dalla strategia dell'UE per il Sahel.
(4)
Il 18 febbraio 2013 il Consiglio, con decisione 2013/87/PESC (2) ha avviato una missione militare di formazione della forze armate maliane (EUTM Mali), intesa a fornire consulenza e formazione a favore delle forze armate maliane sotto il controllo delle legittime autorità civili del Mali.
(5)
Il 27 maggio 2013 il Consiglio ha ribadito la sua disponibilità ad esaminare, in particolare nel quadro della PSDC, le opzioni per un sostegno urgente alle autorità maliane nel settore della sicurezza interna e della giustizia, anche in materia di lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata.
(6)
Il 20 febbraio 2014 la Repubblica del Mali ha inviato all'Unione una lettera d'invito ai fini dell'invio di una missione civile dell'Unione a sostegno delle forze di sicurezza del Mali.
(7)
Il 17 marzo 2014 il Consiglio ha approvato il concetto di gestione della crisi relativo a un'eventuale azione della PSDC a sostegno delle forze di sicurezza interna del Mali.
(8)
L'EUCAP Sahel Mali sarà condotta nel contesto di una situazione che potrebbe deteriorarsi e compromettere il raggiungimento degli obiettivi dell'azione esterna dell'Unione fissati nell'articolo 21 del trattato sull'Unione europea (TUE),
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Missione
L'Unione stabilisce una missione civile in Mali (EUCAP Sahel Mali) a sostegno delle forze di sicurezza interna (FSI) (polizia, gendarmeria e guardia nazionale) maliane.
Articolo 2
Obiettivo e compiti
1. Obiettivo dell'EUCAP Sahel Mali è consentire alle autorità maliane di ripristinare e mantenere l'ordine costituzionale e democratico nonché le condizioni per una pace duratura in Mali e ristabilire e mantenere l'autorità e la legittimità dello Stato su tutto il territorio maliano attraverso un'efficace ristrutturazione della sua amministrazione.
2. In sostegno alla dinamica maliana di restaurazione dell'autorità dello Stato, in stretto coordinamento con gli altri attori internazionali, in particolare la MINUSMA, l'EUCAP Sahel Mali assiste e consiglia le FSI nell'attuazione della riforma della sicurezza stabilita dal nuovo governo, nella prospettiva di:
—
migliorare la loro efficacia operativa,
—
ristabilire le loro rispettive catene gerarchiche;
—
rafforzare il ruolo delle autorità amministrative e giudiziarie per quanto riguarda la direzione e il controllo delle loro missioni, e
—
agevolare un loro nuovo dispiegamento nel nord del paese.
3. Al fine di raggiungere il suo obiettivo, l'EUCAP Sahel Mali opera secondo le linee operative strategiche definite nel concetto di gestione della crisi approvato dal Consiglio il 17 marzo 2014 e sviluppate nei documenti di pianificazione operativa approvati dal Consiglio.
Articolo 3
Catena di comando e struttura
1. L'EUCAP Sahel Mali dispone di una catena di comando unificata per le operazioni di gestione della crisi.
2. Il comando dell'EUCAP Sahel Mali è situato a Bamako.
Articolo 4
Pianificazione e avvio dell'EUCAP Sahel Mali
1. La missione è avviata con decisione del Consiglio alla data raccomandata dal comandante civile dell'operazione EUCAP Sahel Mali non appena quest'ultima avrà raggiunto la sua capacità operativa iniziale.
2. Il nucleo avanzato dell'EUCAP Sahel Mali ha il compito di preparare l'installazione dell'EUCAP Sahel Mali dal punto di vista logistico e infrastrutturale, stabilire i contatti con gli interlocutori maliani, in particolare il governo e le autorità centrali, per effettuare con loro valutazioni prospettiche dell'attuazione degli obiettivi dell'EUCAP Sahel Mali, iniziare a definire il quadro della cooperazione e del coordinamento con i partner internazionali, in particolare la MINUSMA, e fornire gli elementi necessari alla preparazione del concetto operativo (CONOPS), del piano operativo (OPLAN) e della seconda scheda finanziaria.
Articolo 5
Comandante civile dell'operazione
1. Il direttore della capacità civile di pianificazione e condotta (CCPC) dell'EUCAP Sahel Mali è il comandante civile dell'EUCAP Sahel Mali. La CCPC è messa a disposizione del comandante civile dell'operazione per la pianificazione e la condotta dell'EUCAP Sahel Mali.
2. Il comandante civile dell'operazione, sotto il controllo politico e la direzione strategica del comitato politico e di sicurezza (CPS) e l'autorità generale dell'AR, esercita il comando e il controllo dell'EUCAP Sahel Mali.
3. Il comandante civile dell'operazione assicura, con riguardo alla condotta delle operazioni, l'attuazione corretta ed efficace delle decisioni del Consiglio nonché di quelle del CPS, anche impartendo le necessarie istruzioni al capomissione e fornendogli consulenza e sostegno tecnico.
4. Il comandante civile dell'operazione riferisce al Consiglio attraverso l'AR.
5. Tutto il personale distaccato resta pienamente subordinato alle autorità nazionali dello Stato d'origine conformemente alla normativa nazionale, o all'istituzione dell'Unione interessata o al Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE). Tali autorità trasferiscono al comandante civile dell'operazione il controllo operativo del loro personale.
6. Il comandante civile dell'operazione ha la responsabilità generale di assicurare che il dovere di diligenza dell'Unione sia correttamente assolto.
Articolo 6
Capomissione
1. Il capomissione assume la responsabilità dell'EUCAP Sahel Mali ed esercita il comando e il controllo a livello di teatro delle operazioni. Il capomissione risponde direttamente al comandante civile dell'operazione e agisce conformemente alle istruzioni impartite da quest'ultimo.
2. Il capomissione rappresenta l'EUCAP Sahel Mali nella sua zona di azione. Può delegare compiti di gestione riguardanti il personale e le questioni finanziarie a membri del personale dell'EUCAP Sahel Mali, sotto la sua responsabilità generale.
3. Il capomissione esercita la responsabilità amministrativa e logistica dell'EUCAP Sahel Mali, compreso per quanto riguarda i mezzi, le risorse e le informazioni messi a disposizione dell'EUCAP Sahel Mali.
4. Il capomissione è responsabile del controllo disciplinare sul personale. Per quanto concerne il personale distaccato, l'azione disciplinare è esercitata dall'autorità nazionale conformemente alla normativa nazionale, dall'istituzione dell'Unione interessata o dal SEAE.
5. Il capomissione assicura un'adeguata visibilità dell'EUCAP Sahel Mali.
Articolo 7
Controllo politico e direzione strategica
1. Il CPS, sotto la responsabilità del Consiglio e dell'AR, esercita il controllo politico e la direzione strategica dell'EUCAP Sahel Mali. Il Consiglio autorizza il CPS ad assumere le decisioni pertinenti a norma dell'articolo 38, terzo comma, TUE. Tale autorizzazione include la facoltà di nominare un capomissione, su proposta dell'AR, e rivedere il CONOPS e l'OPLAN. Le competenze decisionali riguardanti gli obiettivi e la conclusione dell'EUCAP Sahel Mali restano attribuite al Consiglio.
2. Il CPS riferisce periodicamente al Consiglio.
3. Il CPS riceve periodicamente e secondo necessità relazioni dal comandante civile dell'operazione e dal capomissione sulle questioni di loro competenza.
Articolo 8
Personale
1. Il personale dell'EUCAP Sahel Mali è costituito essenzialmente da personale distaccato dagli Stati membri, dalle istituzioni dell'Unione o dal SEAE. Ogni Stato membro, istituzione dell'Unione e il SEAE sostengono i costi connessi con ciascun membro del personale che ha distaccato, incluse le spese di viaggio per e dal luogo di schieramento, gli stipendi, la copertura sanitaria, le indennità diverse da quelle giornaliere.
2. Lo Stato membro, l'istituzione dell'Unione o il SEAE, rispettivamente, sono competenti per eventuali azioni connesse al distacco proposte dal membro del personale distaccato o che lo riguardano, nonché a proporre eventuali azioni nei confronti di tale persona.
3. L'EUCAP Sahel Mali può altresì assumere personale internazionale e locale su base contrattuale se le mansioni richieste non possono essere fornite da personale distaccato dagli Stati membri. In via eccezionale, in casi debitamente giustificati, laddove non siano disponibili candidati qualificati provenienti dagli Stati membri, i cittadini degli Stati terzi partecipanti possono essere assunti su base contrattuale, ove opportuno.
4. Le condizioni d'impiego nonché i diritti e gli obblighi del personale internazionale e locale sono stabiliti nei contratti conclusi tra l'EUCAP Sahel Mali e i membri del personale interessati.
Articolo 9
Status dell'EUCAP Sahel Mali e del relativo personale
Lo status dell'EUCAP Sahel Mali e del relativo personale, compresi, se del caso, i privilegi, le immunità e le altre garanzie necessarie ai fini del compimento e del buon funzionamento dell'EUCAP Sahel Mali, è oggetto di un accordo concluso ai sensi dell'articolo 37 del TUE e secondo la procedura di cui all'articolo 218 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
Articolo 10
Partecipazione di Stati terzi
1. Fatti salvi l'autonomia decisionale dell'Unione e il suo quadro istituzionale unico, Stati terzi possono essere invitati a contribuire all'EUCAP Sahel Mali, a condizione che sostengano i costi relativi al distacco del loro personale, inclusi gli stipendi, l'assicurazione che copre tutti i rischi, le indennità giornaliere e le spese di viaggio per e dal Mali, e contribuiscano, ove opportuno, ai costi correnti della missione EUCAP Sahel Mali.
2. Gli Stati terzi che contribuiscono all'EUCAP Sahel Mali hanno diritti ed obblighi identici, in termini di gestione quotidiana dell'EUCAP Sahel Mali, a quelli degli Stati membri.
3. Il Consiglio autorizza il CPS a prendere le decisioni pertinenti in merito all'accettazione dei contributi proposti e ad istituire un comitato dei contributori.
4. Le modalità particolareggiate concernenti la partecipazione degli Stati terzi sono oggetto di un accordo concluso a norma dell'articolo 37 del TUE. Se l'Unione e uno Stato terzo concludono o hanno concluso un accordo che istituisce un quadro per la partecipazione di tale Stato terzo ad operazioni dell'Unione di gestione delle crisi, le disposizioni di detto accordo si applicano nell'ambito dell'EUCAP Sahel Mali.
Articolo 11
Sicurezza
1. Il comandante civile dell'operazione dirige la pianificazione delle misure di sicurezza effettuata dal capomissione e garantisce l'attuazione corretta ed efficace di tali misure da parte dell'EUCAP Sahel Mali a norma dell'articolo 5.
2. Il capomissione è responsabile della sicurezza dell'EUCAP Sahel Mali e della conformità ai requisiti minimi di sicurezza applicabili all'EUCAP Sahel Mali, in linea con la politica dell'Unione in materia di sicurezza del personale schierato al di fuori dell'Unione nel quadro di una capacità operativa ai sensi del titolo V del TUE.
3. Il capomissione è assistito da un responsabile della sicurezza della missione, che riferisce al capomissione e mantiene anche uno stretto rapporto funzionale con il SEAE.
4. Il personale dell'EUCAP Sahel Mali riceve una formazione obbligatoria adeguata al livello di rischio valutato nella zona di dispiegamento. Riceve altresì corsi periodici di aggiornamento sul posto, organizzati dal responsabile della sicurezza della missione.
5. Il capomissione assicura la protezione delle informazioni classificate UE conformemente alla decisione 2013/488/UE del Consiglio (3).
Articolo 12
Capacità di vigilanza
La capacità di vigilanza è attivata per l'EUCAP Sahel Mali.
Articolo 13
Disposizioni giuridiche
L'EUCAP Sahel Mali ha la capacità di procurarsi servizi e forniture, stipulare contratti e concludere accordi amministrativi, assumere personale, detenere conti bancari, acquisire beni e disporne nonché liquidare il suo passivo e stare in giudizio, nella misura necessaria per l'attuazione della presente decisione.
Articolo 14
Disposizioni finanziarie
1. L'importo di riferimento finanziario destinato a coprire le spese connesse all'EUCAP Sahel Mali per i primi nove mesi successivi all'entrata in vigore della presente decisione è pari a 5 500 000 EUR. L'importo di riferimento finanziario per i periodi successivi è deciso dal Consiglio.
2. Tutte le spese sono gestite in conformità alle procedure e alle regole applicabili al bilancio generale dell'Unione. Le gare d'appalto sono aperte ai cittadini degli Stati terzi e dello Stato ospitante. Con l'approvazione della Commissione la missione può concludere accordi tecnici con gli Stati membri, lo Stato ospitante, gli Stati terzi partecipanti e altri attori internazionali per quanto riguarda la fornitura di attrezzature, servizi e locali all'EUCAP Sahel Mali.
3. L'EUCAP Sahel Mali è responsabile dell'esecuzione del bilancio della missione. A tal fine l'EUCAP Sahel Mali firma un accordo con la Commissione.
4. Le disposizioni finanziarie prendono in considerazione la catena di comando di cui agli articoli 3, 5 e 6 e le esigenze operative dell'EUCAP Sahel Mali, compresa la compatibilità delle attrezzature e l'interoperabilità delle sue squadre.
5. Le spese sono ammissibili a decorrere dalla data della firma dell'accordo di cui al paragrafo 3.
Articolo 15
Cellula di progetto
1. L'EUCAP Sahel Mali dispone di una cellula di progetto per individuare e attuare i progetti. Ove opportuno, l'EUCAP Sahel Mali coordina, agevola e fornisce consulenza sui progetti realizzati dagli Stati membri e da Stati terzi sotto la loro responsabilità, in settori connessi al mandato dell'EUCAP Sahel Mali e a sostegno dei suoi obiettivi.
2. Fatto salvo il paragrafo 3, l'EUCAP Sahel Mali è autorizzata a far ricorso ai contributi finanziari degli Stati membri o di Stati terzi per l'attuazione di progetti individuati che completino in modo coerente le altre azioni dell'EUCAP Sahel Mali nei due seguenti casi:
—
il progetto è previsto nella scheda finanziaria della presente decisione; o
—
il progetto è integrato nel corso del mandato mediante una modifica di tale scheda finanziaria su richiesta del capomissione.
L'EUCAP Sahel Mali conclude un accordo con tali Stati, riguardante in particolare le modalità specifiche concernenti la risposta a qualsiasi azione emanante da terzi riguardante danni subiti a causa di atti od omissioni del capomissione nell'utilizzo dei fondi messi a sua disposizione da tali Stati.
Né l'Unione né AR sono in alcun caso ritenuti responsabili dagli Stati membri contributori per atti od omissioni del capomissione nell'utilizzo dei fondi di tali Stati.
3. Il CPS approva l'accettazione dei contributi finanziari alla cellula di progetto da parte di Stati terzi.
Articolo 16
Coerenza della risposta e del coordinamento dell'Unione
1. L'AR garantisce la coerenza dell'attuazione della presente decisione con l'azione esterna dell'Unione nel suo complesso, inclusi i programmi di sviluppo dell'Unione.
2. Fatta salva la catena di comando, il capomissione agisce in stretto coordinamento con la delegazione dell'Unione in Mali al fine di garantire la coerenza dell'azione dell'Unione in Mali. Senza interferire nella catena di comando, il capo delegazione a Bamako, in stretto coordinamento con il rappresentante speciale dell'Unione europea per il Sahel (RSUE per il Sahel), impartisce al capomissione civile direttive politiche di livello locale. Se necessario, il capo della missione EUCAP Sahel Mali, il capo delegazione a Bamako e l'RSUE per il Sahel si consultano reciprocamente.
3. E' instaurata una cooperazione tra il capo della missione EUCAP Sahel Mali, il comandante della missione EUTM Mali, il capo della missione EUCAP (Sahel) Niger e il capo della missione EUBAM Libia.
4. Inoltre, l'EUCAP Sahel Mali coordina e armonizza le sue azioni nell'ambito della riforma della sicurezza con la MINUSMA e con gli altri partner internazionali.
Articolo 17
Comunicazione di informazioni
1. L'AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione, se opportuno e in funzione delle esigenze dell'EUCAP Sahel Mali, informazioni classificate UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTREINT» prodotte ai fini dell'EUCAP Sahel Mali, in conformità alla decisione 2013/488/UE.
2. Qualora insorgano necessità operative specifiche ed immediate, l'AR è parimenti autorizzato a comunicare allo Stato ospitante le informazioni classificate UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» che sono prodotte ai fini dell'EUCAP Sahel Mali, in conformità alla decisione 2013/488/UE. A tale effetto sono adottate disposizioni tra l'AR e le competenti autorità dello Stato ospitante.
3. L'AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione documenti non classificati UE connessi alle deliberazioni del Consiglio relative all'EUCAP Sahel Mali, coperti dall'obbligo del segreto professionale ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, del regolamento interno del Consiglio (4).
4. L'AR può delegare tali autorizzazioni, nonché la competenza a concludere le disposizioni di cui al paragrafo 2, a funzionari del SEAE, al comandante civile dell'operazione o al capomissione conformemente all'allegato VI, sezione VII della decisione 2013/488/UE.
Articolo 18
Entrata in vigore e durata
La presente decisione entra in vigore il giorno dell'adozione.
Essa si applica sino alla scadenza di un periodo di 24 mesi a decorrere dalla data di avvio dell'EUCAP Sahel Mali.
Fatto a Lussemburgo, il 15 aprile 2014
Per il Consiglio
Il presidente
C. ASHTON
(1) Decisione 2012/392/PESC del Consiglio, del 16 luglio 2012, relativa alla missione dell'Unione europea in ambito PSDC in Niger (EUCAP Sahel Niger) (GU L 187 del 17.7.2012, pag. 48).
(2) Decisione 2013/87/PESC del Consiglio, del 18 febbraio 2013, relativa all'avvio della missione militare dell'Unione europea volta a contribuire alla formazione delle forze armate maliane (EUTM Mali) (GU L 46 del 19.2.2013, pag. 27).
(3) Decisione 2013/488/UE del Consiglio, del 23 settembre 2013, sulle norme di sicurezza per la protezione delle informazioni classificate UE (GU L 274 del 15.10.2013, pag. 1).
(4) Decisione 2009/937/UE del Consiglio, del 1o dicembre 2009, relativa all'adozione del suo regolamento interno (GU L 325 dell'11.12.2009, pag. 35). | Il Mali e il Sahel: verso il raggiungimento della stabilità nella regione
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Essa mira a ripristinare l’ordine e le condizioni per una pace duratura in Mali e nella regione del Sahel.
PUNTI CHIAVE
G5 SahelNel 2014, Burkina-Faso, Ciad, Mali, Mauritania e Niger hanno istituito il gruppo G5 Sahel per promuovere una stretta cooperazione nella regione e rispondere alle principali sfide che questi paesi devono affrontare, tra le quali il terrorismo e la criminalità organizzata transnazionale.Strategia dell’Unione europeaLa politica dell’Unione europea (l’Unione) nella regione si basa sulla Strategia per il Sahel adottata nel 2011, che:riguarda la diplomazia, la cooperazione a lungo termine, il sostegno ai diritti umani, gli sforzi per la stabilizzazione, la costruzione della resilienza, la sicurezza nelle migrazioni e i bisogni umanitari;viene attuata attraverso il piano d’azione regionale dell’Unione per il Sahel 2015-2020. L’Unione ha fornito supporto finanziario per la creazione della forza congiunta del G5 Sahel che comprende truppe di tutti e cinque i paesi e opera in ciascuno di essi. L’Unione è membro dell’Alleanza per il Sahel, creata e sottoscritta dall’Unione, dalla Francia e dalla Germania nel luglio 2017, la quale:mira a fornire aiuti rapidamente e con maggiore efficienza in tutta la regione;attualmente conta 12 membri: Danimarca, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna e Regno Unito, l’Unione, il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (PNUS), la Banca africana di sviluppo e la Banca mondiale.EUCAP MaliLa decisione fornisce le basi legali per la missione civile dell’Unione per la politica di sicurezza e di difesa comune nel Mali (EUCAP Sahel Mali). Essa mira a sostenere il governo del Mali a restaurare e mantenere il controllo del proprio territorio fornendo consulenze, formazione e attrezzature per il ripristino della sicurezza interna e la riforma del settore della sicurezza. La missione è iniziata nel 2015 e si protrae fino al 2021. La decisione è stata modificata più volte per aumentare il sostegno finanziario, per la creazione di una cellula consultiva e di coordinamento regionale e per autorizzare l’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza a rilasciare alcune informazioni riservate a Frontex, l’agenzia europea della guardia di frontiera e costiera dell’Unione. EUCAP Mali è integrato da un’operazione militare, la missione di formazione dell’Unione nel Mali (EUTM) che fornisce consulenza sulla ristrutturazione delle forze armate maliane. Il suo mandato dura fino a maggio 2020.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
Viene applicata a partire dal 15 gennaio 2015. La validità della decisione è stata estesa fino al 14 gennaio 2021.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:La collaborazione dell’Unione con i paesi del G5 Sahel (Servizio europeo per l’azione esterna dell’Unione europea)
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2014/219/PESC del Consiglio, del 15 aprile 2014, relativa alla missione dell’Unione europea in ambito PSDC in Mali (EUCAP Sahel Mali) (GU L 113 del 16.4.2014, pag. 21).
Le successive modifiche alla decisione 2014/219/PESC sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione 2013/87/PESC del Consiglio, del 18 febbraio 2013, relativa all’avvio della missione militare dell’Unione europea volta a contribuire alla formazione delle forze armate maliane (EUTM Mali) (GU L 46 del 19.2.2013, pag. 27). | 7,480 | 487 |
Raccomandazione del Consiglio, del 2 dicembre 2003, sullo screening dei tumori
Gazzetta ufficiale n. L 327 del 16/12/2003 pag. 0034 - 0038
Raccomandazione del Consigliodel 2 dicembre 2003sullo screening dei tumori(2003/878/CE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 152, paragrafo 4, secondo comma,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Parlamento europeo,considerando quanto segue:(1) L'articolo 152 del trattato stabilisce che l'azione della Comunità completi le politiche nazionali e si indirizzi al miglioramento della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattie e delle affezioni e all'eliminazione delle fonti di pericolo per la salute umana. Tale azione comprende la lotta contro i grandi flagelli, favorendo la ricerca sulle loro cause, la loro propagazione e la loro prevenzione, nonché l'informazione e l'educazione in materia sanitaria. L'azione della Comunità nel settore della sanità pubblica rispetta pienamente le responsabilità degli Stati membri per l'organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e assistenza medica.(2) Lo sviluppo ulteriore dei programmi di screening dei tumori dovrebbe essere attuato in conformità della legge nazionale e delle responsabilità nazionali e regionali per l'organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e assistenza medica.(3) Il cancro è una delle malattie e delle cause di morte più importanti in tutta l'Europa, compresi i futuri Stati membri. Si ritiene che nel 1998 nell'Unione europea si siano verificati 1580096 nuovi casi di tumore, esclusi i tumori della pelle non connessi al melanoma. L'1,4 % di questi tumori erano tumori del collo dell'utero, il 13 % tumori al seno, il 14 % tumori colorettali e il 9 % tumori della prostata. I tumori del collo dell'utero e del seno rappresentavano rispettivamente il 3 % e il 29 % dei nuovi casi di tumore nelle donne e il tumore alla prostata costituiva il 17 % dei nuovi casi di tumore negli uomini.(4) I principi dello screening quale strumento di prevenzione di malattie croniche non trasmissibili sono stati pubblicati nel 1968 dall'Organizzazione mondiale della sanità e nel 1994 dal Consiglio d'Europa. I due documenti, assieme alle migliori prassi in ciascuno dei settori di screening dei tumori, formano la base della presente raccomandazione.(5) La presente raccomandazione si basa inoltre sulle "raccomandazioni sullo screening dei tumori" del comitato consultivo per la prevenzione del cancro e sull'esperienza acquisita nelle diverse azioni sostenute nel contesto del programma "L'Europa contro il cancro" nell'ambito del quale la collaborazione europea sostenendo programmi di screening dei tumori di alta qualità ha consentito per esempio l'elaborazione di efficaci orientamenti europei in materia di buone prassi e la protezione della popolazione da screening di cattiva qualità.(6) Tra i fattori importanti da valutare prima di decidere l'attuazione dei programmi a livello dell'intera popolazione vanno considerati tra l'altro la frequenza e l'intervallo dell'applicazione del test di screening nonché altre specificità epidemiologiche nazionali o regionali.(7) Lo screening permette di individuare i tumori in una fase precoce o eventualmente addirittura prima che diventino invasivi. In tal modo è possibile trattare alcune lesioni in modo più efficace e offrire ai pazienti una maggiore speranza di vita. L'indicatore principale dell'efficacia dello screening è una riduzione della mortalità dovuta ai tumori. Dato che nel caso dei tumori del collo dell'utero sono stati scoperti precursori, una riduzione nell'incidenza di tali tumori può essere considerata un indicatore molto utile.(8) Esistono dati che dimostrano l'efficacia dello screening del tumore al seno e del tumore colorettale derivanti da prove randomizzate, mentre per lo screening del tumore del collo dell'utero l'efficacia è provata da studi di osservazione.(9) Lo screening consiste comunque nel sottoporre ad esami persone allo scopo di individuare patologie che non comportano alcuna sintomatologia. A parte gli effetti benefici per quanto concerne la mortalità, lo screening può avere anche effetti secondari negativi per la popolazione interessata. Gli operatori sanitari dovrebbero essere consapevoli di tutti i benefici e i rischi potenziali dello screening relativo a un determinato tipo di tumore prima di iniziare un nuovo programma di screening. Inoltre, al pubblico informato di oggi sarebbe opportuno presentare questi vantaggi e questi rischi in modo da consentire al singolo cittadino di decidere autonomamente se partecipare al programma di screening.(10) È opportuno prendere in considerazione gli aspetti etici, giuridici, sociali, medici, organizzativi ed economici prima di poter prendere decisioni relative all'attuazione dello screening dei tumori.(11) Prima di prendere decisioni sull'attuazione di programmi di screening dei tumori occorre esaminare gli aspetti etici, giuridici, sociali, medici, organizzativi ed economici.(12) I vantaggi per la sanità pubblica e un buon rapporto costi-benefici di un programma di screening sono possibili se il programma è applicato in modo sistematico, con una copertura di tutta la popolazione interessata e conformemente agli orientamenti in materia di buone prassi.(13) Il rapporto costi-benefici dello screening dei tumori dipende da vari fattori quali l'epidemiologia nonché il modo in cui l'assistenza sanitaria è organizzata e fornita.(14) Per un'attuazione sistematica è necessaria un'organizzazione dotata di un sistema di chiamata e di conferma, con garanzie di qualità a tutti i livelli, e un servizio efficace ed appropriato di diagnosi, di terapia e di assistenza successiva sulla base di orientamenti empirici.(15) Per gestire programmi di screening organizzati occorrono sistemi di centralizzazione dei dati, che comportino la disponibilità di un elenco di tutti i destinatari del programma, nonché di dati su tutti i test di screening, la relativa valutazione e la diagnosi finale.(16) Tutte le procedure relative a raccolta, archiviazione, trasmissione ed analisi dei dati dei registri medici interessati devono essere pienamente conformi al livello di protezione previsto dalla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati(1), nonché nel pieno rispetto delle pertinenti disposizioni degli Stati membri in materia di gestione e trattamento dei dati sulla salute, conformemente all'articolo 8 della direttiva.(17) Uno screening di qualità comporta l'analisi della metodologia e dei risultati dello screening, nonché la rapida comunicazione dei risultati alla popolazione e ai responsabili dello screening.(18) L'analisi è agevolata se la base di dati dello screening può essere collegata ai dati del registro dei tumori e alle basi di dati sulla mortalità.(19) Un'adeguata formazione del personale costituisce un'indispensabile premessa per uno screening di qualità.(20) Sono stati fissati specifici indicatori dei risultati relativi ai test di screening dei tumori. Tali indicatori dovrebbero essere regolarmente controllati.(21) Al fine di assicurare un'organizzazione e un controllo della qualità adeguati in tutti gli Stati membri devono essere disponibili le necessarie risorse umane e finanziarie.(22) Occorrerebbe prendere misure per garantire una parità d'accesso allo screening tenendo in debito conto l'eventuale necessità di mirare determinati gruppi socioeconomici.(23) Dal punto di vista etico, giuridico e sociale è indispensabile che lo screening dei tumori sia proposto a persone che non presentano sintomi, debitamente informate, solo se è stato dimostrato che lo screening riduce la mortalità specifica connessa alla malattia, se i vantaggi e i rischi sono ben noti e se il rapporto costi-benefici dello screening è accettabile.(24) I metodi di screening che attualmente rispettano queste condizioni rigorose sono elencati nell'allegato.(25) Non vi è alcun fondamento scientifico per proporre a persone che non presentano sintomi, nel contesto di un programma destinato alla popolazione, test di screening diversi da quelli elencati nell'allegato prima che prove randomizzate e controllate abbiano dimostrato una riduzione della mortalità dovuta in particolare ai tumori.(26) I test di screening elencati nell'allegato possono essere proposti unicamente nel contesto di un programma di screening organizzato destinato alla popolazione, con garanzie di qualità a tutti i livelli e disponibilità di informazioni attendibili circa i vantaggi e i rischi, di risorse adeguate per lo screening, di un controllo basato su procedure diagnostiche complementari e, se necessario, del trattamento dei pazienti con un test di screening positivo.(27) L'introduzione dei test di screening raccomandati nell'allegato, che si sono dimostrati efficaci, andrebbe presa seriamente in considerazione, fondando ogni decisione sulla disponibilità delle competenze professionali e sulla definizione di priorità relative alle risorse nell'ambito delle cure sanitarie in ciascun Stato membro.(28) Una volta ottenute le prove dell'efficacia di un nuovo test di screening, è possibile procedere a una valutazione di test modificati utilizzando altri parametri sostitutivi epidemiologicamente convalidati, a condizione che il valore predittivo di tali parametri sia sufficientemente provato.(29) Le metodologie in materia di screening sono in continua evoluzione. L'applicazione di metodologie di screening raccomandate dovrebbe pertanto essere accompagnata da simultanee valutazioni della qualità, dell'applicabilità e del rapporto costi-benefici di nuovi metodi, ove ciò sia giustificato dai dati epidemiologici disponibili. Infatti i lavori in corso possono portare a nuovi metodi che infine potrebbero sostituire o integrare i test elencati nell'allegato o essere applicati ad altri tipi di tumori,RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI DI:1) Attuazione dei programmi di screening dei tumoria) proporre uno screening dei tumori a tutti gli appropriati livelli della popolazione fondato su dati comprovati e mediante un approccio sistematico, con garanzie di qualità a tutti i livelli; i test da prendere in considerazione in questo contesto sono elencati nell'allegato;b) attuare programmi di screening in conformità degli orientamenti sulle migliori prassi, ove esistano e facilitare l'ulteriore sviluppo delle migliori prassi per programmi di alta qualità di screening dei tumori a livello nazionale e, se del caso, a livello regionale;c) garantire che le persone che partecipano a un programma di screening siano adeguatamente informate sui vantaggi e sui rischi;d) assicurare ai pazienti risultati positivi al test di screening adeguate procedure diagnostiche complementari, terapia, sostegno psicologico e assistenza successiva sulla base di orientamenti empirici;e) rendere disponibili le risorse umane e finanziarie, al fine di garantire un'organizzazione e un controllo della qualità appropriati;f) valutare e prendere decisioni relative all'attuazione di un programma di screening dei tumori a livello nazionale o regionale, in funzione dell'onere della patologia e delle risorse per le cure sanitarie, degli effetti collaterali, del rapporto costi-benefici dello screening dei tumori e dell'esperienza tratta dalle prove scientifiche e dai progetti pilota;g) istituire un sistema di chiamata e di conferma sistematico e di garantire la qualità a tutti i livelli adeguati, assieme a un servizio efficace ed appropriato di diagnosi, di terapia e di assistenza successiva sulla base di orientamenti empirici;h) garantire che sia prestata la dovuta attenzione alla legislazione in materia di protezione dei dati, in particolare quando si applica ai dati personali sulla salute, prima di attuare programmi di screening dei tumori.2) Registrazione e gestione dei dati di screeninga) mettere a disposizione sistemi di dati centralizzati, necessari per gestire programmi di screening organizzati;b) assicurare, con adeguati mezzi, che tutte le persone contemplate dal programma di screening vengano invitate a prendervi parte mediante un sistema di chiamata e di conferma;c) raccogliere, gestire e valutare i dati su tutti i test di screening, la relativa valutazione e la diagnosi finale;d) raccogliere, gestire e valutare i dati in modo pienamente conforme alla pertinente legislazione in materia di protezione dei dati personali.3) Controlloa) controllare regolarmente la metodologia e i risultati degli screening organizzati e comunicare rapidamente i risultati al pubblico e al personale responsabile dello screening;b) rispettare le norme definite dalla rete europea di registri sul cancro nella realizzazione e nella gestione di basi di dati dello screening in modo pienamente conforme alla pertinente legislazione in materia di protezione dei dati personali;c) controllare i programmi di screening ad intervalli adeguati.4) Formazioneorganizzare una formazione adeguata del personale a tutti i livelli per garantire uno screening di alta qualità.5) Partecipazionea) cercare un elevato livello di partecipazione, basata su un consenso pienamente informato, quando vengono proposti screening organizzati;b) prendere misure per garantire la parità di accesso allo screening tenendo in debito conto dell'eventuale necessità di mirare determinati gruppi socioeconomici.6) Introduzione di nuovi test di screening tenendo conto dei risultati della ricerca internazionalea) integrare i nuovi test di screening dei tumori nelle cure sanitarie di routine solo previa valutazione mediante prove randomizzate e controllate;b) effettuare, oltre a quelli sui parametri specifici di screening e sulla mortalità, test sulle terapie successive, sui risultati clinici, sugli effetti secondari, sulla morbosità e sulla qualità della vita;c) valutare il livello dell'efficacia per quanto riguarda gli effetti dei nuovi metodi mediante raccolta e raffronto dei risultati delle prove sulla base di presupposti rappresentativi;d) prendere in considerazione l'introduzione nelle cure sanitarie di routine di nuovi e potenzialmente promettenti test di screening, attualmente in corso di valutazione con prove randomizzate, una volta che l'efficacia sia stata dimostrata e si sia tenuto conto di altri aspetti pertinenti quali il rapporto costi-benefici nei vari sistemi di cure sanitarie;e) prendere in considerazione l'introduzione nelle cure sanitarie di routine di nuove e potenzialmente promettenti modifiche dei test di screening esistenti, una volta che l'efficacia della modifica sia stata dimostrata, possibilmente utilizzando altri parametri sostitutivi epidemiologicamente convalidati.7) Attuazione e seguito della relazioneriferire alla Commissione sull'attuazione della presente raccomandazione entro tre anni dall'adozione e successivamente in risposta ad una richiesta della Commissione per contribuire al seguito dato alla raccomandazione a livello comunitario,INVITA LA COMMISSIONE A:1) Presentare, entro la fine del quarto anno successivo all'adozione della presente raccomandazione, relazioni concernenti l'attuazione dei programmi di screening dei tumori sulle base delle informazioni fornite dagli Stati membri, analizzare l'efficacia delle misure adottate e valutare la necessità di ulteriori azioni.2) Incoraggiare la cooperazione tra Stati membri nella ricerca e nello scambio delle migliori prassi in materia di screening dei tumori al fine di elaborare e valutare nuovi metodi di screening o migliorare quelli esistenti.3) Sostenere la ricerca europea sullo screening dei tumori, compreso lo sviluppo di nuovi orientamenti e l'aggiornamento di quelli esistenti al riguardo.Fatto a Bruxelles, addì 2 dicembre 2003.Per il ConsiglioIl PresidenteR. Maroni(1) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31.ALLEGATOTEST DI SCREENING CHE SODDISFANO I REQUISITI DELLA RACCOMANDAZIONE(1):- striscio vaginale (Pap test) per individuare precursori dei tumori del collo dell'utero, con inizio non prima dei 20 anni e non dopo i 30 anni,- mammografia per individuare tumori del seno nelle donne di età compresa fra i 50 e i 69 anni conformemente agli orientamenti europei per una garanzia di qualità delle mammografie,- screening per l'individuazione del sangue occulto nelle feci per i tumori colorettali negli uomini e nelle donne di età compresa fra i 50 e i 74 anni.(1) Le fasce di età indicate sono da considerarsi fasce massime; in funzione dei dati epidemiologici e delle relative priorità a livello nazionale, può essere opportuno stabilire fasce di età più ridotte. | Promuovere lo screening dei tumori nell’Unione europea
Il cancro è una delle malattie e delle cause di morte più importanti in tutta l’Europa. L’organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e assistenza medica sono responsabilità nazionali, ma l’Unione europea (UE) può integrare le politiche in uso, contribuendo a migliorare la sanità pubblica e a combattere questa patologia.
ATTO
Raccomandazione del Consiglio, del 2 dicembre 2003, sullo screening dei tumori (Gazzetta ufficiale L 327 del 16 dicembre 2003, pag. 34-38).
SINTESI
Il cancro è una delle malattie e delle cause di morte più importanti in tutta l’Europa. L’organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e assistenza medica sono responsabilità nazionali, ma l’Unione europea (UE) può integrare le politiche in uso, contribuendo a migliorare la sanità pubblica e a combattere questa patologia.
CHE COSA FA LA RACCOMANDAZIONE?
Lo screening consente di individuare i tumori in una fase precoce, aumentando le probabilità di successo del trattamento. La raccomandazione spinge i paesi dell’UE ad attuare programmi di screening dei tumori. Contempla fattori quali la registrazione e la gestione dei dati di screening, il monitoraggio del processo e la formazione del personale. La Commissione europea presenta relazioni riguardanti l’attuazione di tali programmi, incoraggia le autorità nazionali a cooperare nel campo della ricerca e in quello dell’adozione di migliori prassi, oltre a contribuire allo sviluppo di linee guida sullo screening dei tumori.
PUNTI CHIAVE
Due relazioni della Commissione sull’attuazione della raccomandazione del 2003 confermano i grandi progressi compiuti in tal senso.
Tutti e 28 i paesi dell’UE tranne quattro avevano attuato un piano nazionale di controllo dei tumori prima del 2013.
Nel 2014 la Commissione ha riunito un gruppo di esperti di controllo dei tumori affinché fornisse assistenza e consulenza in questo settore.
Sempre nel 2014 è stata lanciata un’iniziativa volta a redigere una guida europea sul miglioramento della qualità nel controllo dei tumori.
Una quarta versione del Codice europeo contro il cancro è attualmente in corso di stesura.
Esistono delle linee guida europee riguardanti il cancro della mammella (2013), della cervice uterina (2007, aggiornata nel 2014) e del colon-retto (2010). Stando alle proiezioni attuali, tra il 2010 e il 2020 verranno eseguiti oltre 500 milioni di screening per questi tre tipi di cancro.
La Commissione sta sviluppando un programma per l’assicurazione della qualità nei servizi legati al tumore al seno.
Tra il 2007 e il 2014 l’UE ha investito oltre 1,4 miliardi di euro nella ricerca sul cancro.
Nel 2012 il Centro comune di ricerca della Commissione è stato incaricato di coordinare il sistema informativo europeo sul cancro.
CONTESTO
Il numero stimato di decessi per patologie tumorali nell’UE nell’anno 2012 è di 1,263 milioni. Il più comune è risultato essere il cancro ai polmoni, seguito da quello del colon-retto, della mammella e dello stomaco. Nello stesso anno sono stati diagnosticati più di 2,6 milioni di casi di tumore, esclusi i tumori della pelle non connessi al melanoma.
Per maggiori informazioni, consultare il sito web della direzione generale della Salute e della sicurezza alimentare della Commissione europea sulle patologie gravi e croniche.
ATTI COLLEGATI
Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Attuazione della comunicazione della Commissione, del 24 giugno 2009, « Lotta contro il cancro: un partenariato europeo» [COM(2009) 291 def] e seconda relazione sull’attuazione della raccomandazione del Consiglio, del 2 dicembre 2003, sullo screening dei tumori (2003/878/CE), COM(2014) 584 final del 23 settembre 2014.
Decisione della Commissione, del 3 giugno 2014, che istituisce un gruppo di esperti della Commissione sulla lotta contro il cancro e abroga la decisione 96/469/CE (2014/C 167/05) ((GU C 167 del 4 giugno 2014, pag. 4-8). | 6,010 | 694 |
REGOLAMENTO (UE) N. 651/2012 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 4 luglio 2012
sull’emissione di monete in euro
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 133,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere della Banca centrale europea (1),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
Le conclusioni del Consiglio del 23 novembre 1998 e del 5 novembre 2002 sulle monete da collezione in euro, la raccomandazione 2009/23/CE della Commissione, del 19 dicembre 2008, su orientamenti comuni per l’emissione di monete in euro destinate alla circolazione e loro relativa faccia nazionale (3), avallata dalle conclusioni del Consiglio del 10 febbraio 2009, e la raccomandazione 2010/191/UE della Commissione, del 22 marzo 2010, relativa alla portata e agli effetti del corso legale delle banconote e delle monete in euro (4), raccomandano pratiche circa l’emissione di monete in euro destinate alla circolazione, comprese le monete in euro commemorative, e consultazioni prima della distruzione di monete in euro valide ai fini della circolazione e l’uso delle monete in euro da collezione.
(2)
La mancanza di disposizioni vincolanti per l’emissione di monete in euro può portare a pratiche differenti da uno Stato membro all’altro e non crea un quadro sufficientemente integrato per la moneta unica. Nell’interesse della trasparenza e della certezza del diritto, è pertanto necessario introdurre regole vincolanti per l’emissione di monete in euro.
(3)
A norma del regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all’introduzione dell’euro (5), le monete denominate in euro e in cent conformi alle denominazioni e alle specificazioni tecniche stabilite dal Consiglio hanno corso legale in tutti gli Stati membri la cui moneta è l’euro. Le denominazioni e specificazioni tecniche delle monete in euro sono stabilite nel regolamento (CE) n. 975/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, riguardante i valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete metalliche in euro destinate alla circolazione (6).
(4)
Gli Stati membri la cui moneta è l’euro dovrebbero avere la possibilità di emettere monete commemorative da 2 euro per celebrare eventi specifici, subordinatamente ai limiti sulla tiratura di tali monete stabiliti per anno e per Stato membro emittente. È necessario stabilire dei limiti di volume per l’emissione di monete commemorative in euro al fine di garantire che tali monete restino una percentuale minima del numero totale di monete da 2 euro in circolazione. È opportuno, tuttavia, che tali limiti consentano l’emissione di un volume di monete sufficiente ad assicurare che le monete commemorative in euro possano circolare efficacemente.
(5)
Sarebbe inoltre opportuno che gli Stati membri la cui moneta è l’euro potessero emettere monete da collezione in euro non destinate alla circolazione e facilmente distinguibili dalle monete destinate alla circolazione. Le monete da collezione in euro dovrebbero avere corso legale soltanto nello Stato membro di emissione e non dovrebbero essere emesse per l’immissione in circolazione.
(6)
È opportuno che le emissioni di monete da collezione in euro siano computate nel volume di monete da sottoporre all’approvazione della Banca centrale europea su base complessiva piuttosto che per ciascuna singola emissione.
(7)
L’uso di differenti denominazioni delle monete e banconote in euro, come concepito attualmente, dovrebbe essere periodicamente e attentamente esaminato dalle istituzioni competenti alla luce dei criteri di costo e accettabilità da parte del pubblico. In particolare, la Commissione dovrebbe effettuare una valutazione d’impatto sul proseguimento dell’emissione di monete da 1 e 2 cent.
(8)
Per evitare che monete in euro valide ai fini della circolazione siano distrutte da uno Stato membro mentre un altro potrebbe averne bisogno, gli Stati membri dovrebbero consultarsi prima di procedere alla distruzione di tali monete,
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si intende per:
1) «monete destinate alla circolazione»: monete in euro destinate alla circolazione, i cui valori unitari e specificazioni tecniche sono stabiliti nel regolamento (CE) n. 975/98;
2) «monete commemorative»: monete destinate alla circolazione che commemorano un particolare evento, come specificato nell’articolo 1 nonies del regolamento (CE) n. 975/98;
3) «monete da collezione»: monete in euro da collezione che non sono emesse per l’immissione in circolazione.
Articolo 2
Tipi di monete in euro
1. Gli Stati membri possono emettere due tipi di monete in euro: monete destinate alla circolazione e monete da collezione.
2. La Commissione effettua una valutazione d’impatto sul proseguimento dell’emissione di monete da 1 e 2 cent. La valutazione di impatto include un’analisi costi/benefici che tiene conto dei costi reali di produzione di tali monete in relazione al loro valore e ai loro vantaggi.
Articolo 3
Emissione di monete destinate alla circolazione
1. Le monete destinate alla circolazione sono emesse e immesse in circolazione al loro valore nominale.
2. Una porzione minima, non superiore al 5 % del valore e del volume netto totale cumulato delle monete destinate alla circolazione emesse da uno Stato membro, tenendo conto solo degli anni con un’emissione netta positiva, può essere immessa sul mercato al di sopra del valore nominale a motivo della qualità speciale delle monete, di una confezione speciale o di eventuali servizi aggiuntivi forniti.
Articolo 4
Emissione di monete commemorative
1. Ogni anno ciascuno Stato membro la cui moneta è l’euro può emettere soltanto due monete commemorative, salvo qualora:
a)
le monete commemorative siano emesse congiuntamente da tutti gli Stati membri la cui moneta è l’euro; o
b)
una moneta commemorativa sia emessa nel caso in cui la carica di capo di Stato è provvisoriamente vacante od occupata ad interim.
2. Il numero totale di monete commemorative immesse in circolazione per ciascuna emissione non supera il più elevato tra i due massimali seguenti:
a)
lo 0,1 % del numero netto totale cumulato di monete da 2 euro messe in circolazione da tutti gli Stati membri la cui moneta è l’euro fino all’inizio dell’anno precedente l’anno di emissione della moneta commemorativa. Tale massimale può essere innalzato al 2,0 % del numero netto totale cumulato di monete da 2 euro circolanti in tutti gli Stati membri la cui moneta è l’euro se è commemorato un evento ampiamente riconosciuto ed altamente simbolico, nel qual caso lo Stato membro emittente si astiene dall’effettuare un’altra emissione di monete commemorative utilizzando il massimale più elevato durante i quattro anni successivi e motiva la scelta del massimale più elevato; o
b)
il 5,0 % del numero netto totale cumulato di monete da 2 euro immesse in circolazione dallo Stato membro interessato fino all’inizio dell’anno precedente l’anno di emissione della moneta commemorativa.
3. La decisione relativa all’emissione di monete commemorative con un disegno comune emesse congiuntamente da tutti gli Stati membri la cui moneta è l’euro è adottata dal Consiglio. I diritti di voto degli Stati membri la cui moneta non è l’euro sono sospesi per l’adozione di tale decisione.
Articolo 5
Emissione di monete da collezione
1. Le monete da collezione hanno corso legale soltanto nello Stato membro emittente.
L’identità dello Stato membro emittente è chiaramente e facilmente riconoscibile sulla moneta.
2. Per differenziarsi facilmente dalle monete destinate alla circolazione, le monete da collezione rispettano tutti i seguenti criteri:
a)
il loro valore nominale deve essere diverso da quello delle monete destinate alla circolazione;
b)
le loro immagini non devono essere simili alle facce comuni delle monete destinate alla circolazione e, se la loro immagine è simile a quella figurante su una faccia nazionale delle monete destinate alla circolazione, il loro aspetto complessivo deve comunque poter essere agevolmente distinto;
c)
il loro colore, diametro e peso devono essere significativamente diversi da quelli delle monete destinate alla circolazione, quanto meno per due delle tre predette caratteristiche; la differenza è ritenuta significativa se i valori, incluse le tolleranze, non rientrano nei limiti di tolleranza fissati per le monete destinate alla circolazione; e
d)
non devono avere una godronatura o «Fiore spagnolo».
3. Le monete da collezione possono essere immesse sul mercato a un valore uguale o superiore al loro valore nominale.
4. Le emissioni di monete da collezione sono computate nel volume di conio da sottoporre all’approvazione della Banca centrale europea su base complessiva.
5. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per scoraggiare l’uso delle monete da collezione come strumento di pagamento.
Articolo 6
Consultazione prima della distruzione di monete destinate alla circolazione
Prima di distruggere le monete destinate alla circolazione che non sono monete in euro non adatte alla circolazione ai sensi dell’articolo 2, lettera b), del regolamento (UE) n. 1210/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2010, relativo all’autenticazione delle monete in euro e al trattamento delle monete non adatte alla circolazione (7), gli Stati membri si consultano tramite il sottocomitato competente del Comitato economico e finanziario e informano i direttori delle zecche degli Stati membri la cui moneta è l’euro.
Articolo 7
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri conformemente ai trattati.
Fatto a Strasburgo, il 4 luglio 2012
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
A. D. MAVROYIANNIS
(1) GU C 273 del 16.9.2011, pag. 2.
(2) Posizione del Parlamento europeo del 22 maggio 2012 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 26 giugno 2012.
(3) GU L 9 del 14.1.2009, pag. 52.
(4) GU L 83 del 30.3.2010, pag. 70.
(5) GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 1.
(6) GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 6.
(7) GU L 339 del 22.12.2010, pag. 1. | Emissione di monete in euro
QUAL È LO SCOPO DEI REGOLAMENTI?
Il regolamento (UE) n. 651/2012 definisce i tipi di monete in euro e stabilisce le condizioni da rispettare all’atto dell’emissione di monete.
Il regolamento (UE) n. 729/2014 fissa i requisiti tecnici delle monete in euro e prevede norme generali riguardanti il loro disegno, compresa l’approvazione dello stesso.
PUNTI CHIAVE
Il regolamento (UE) n. 651/2012 afferma che:
i governi dei paesi della zona euro (paesi la cui valuta è l’euro) possono emettere monete destinate alla circolazione* e monete da collezione*;
le monete destinate alla circolazione sono emesse al loro valore nominale, tranne una porzione minima, non superiore al 5 %, che può essere immessa sul mercato a un prezzo superiore a motivo della qualità speciale delle monete o di una confezione speciale;
le monete commemorative* nazionali
possono essere emesse solo due volte all’anno (a meno che il disegno non sia comune a tutti i paesi della zona euro);
il numero totale di tali monete emesse non deve superare il più elevato tra due massimali possibili, calcolati in base alla percentuale di tutte le monete da 2 euro in circolazione;
le monete da collezione
hanno corso legale* soltanto nel paese della zona euro emittente;
devono essere chiaramente distinguibili dalle monete destinate alla circolazione per quanto riguarda il valore nominale, le immagini e due delle seguenti caratteristiche: colore, diametro e peso;
i governi dei paesi della zona euro devono consultarsi prima di distruggere le monete in euro danneggiate;
la Commissione effettua una valutazione d’impatto volta ad analizzare i costi di produzione reali delle monete da 1 e 2 cent rispetto al loro valore e benefici.
Il regolamento (UE) n. 729/2014 afferma ulteriormente che:
ci sono otto monete in euro (1, 2, 5, 10, 20 e 50 cent e 1 e 2 euro);
ciascuna moneta presenta una faccia nazionale distintiva e una faccia comune europea;
la faccia nazionale:
deve riportare una corona di dodici stelle che circonda completamente il disegno nazionale;
deve rimanere invariata per quindici anni, a meno che non cambi il capo di Stato del paese;
non deve mostrare il valore della moneta, a meno che non usi un alfabeto diverso;
deve essere pienamente conforme al regolamento entro il 20 giugno 2062;
le monete commemorative devono:
presentare unicamente un valore nominale di 2 euro;
presentare un disegno nazionale diverso dalle normali* monete metalliche da 2 euro;
commemorare unicamente eventi di notevole rilevanza nazionale o europea;
commemorare eventi di altissima rilevanza europea, se coniate congiuntamente in tutta la zona euro;
i paesi della zona euro si informano a vicenda e informano la Commissione di eventuali modifiche proposte ai rispettivi disegni nazionali e li sottopongono a una procedura di approvazione. Ciò consente obiezioni da parte
di un governo che ritenga che il disegno turberebbe i propri cittadini;
della Commissione, qualora ritenga che il disegno non rispetti i requisiti tecnici previsti dalla normativa.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO I REGOLAMENTI?
Il regolamento (UE) n. 651/2012 si applica dal 16 agosto 2012.
Il regolamento (UE) n. 729/2014 consolida le norme precedenti riguardanti le monete, stabilite al momento dell’introduzione dell’euro nel 2002 dal regolamento (CE) n. 975/98 e dalle modifiche successive. Si applica dal 22 luglio 2014.
Entrambi i regolamenti hanno incorporato gli elementi della raccomandazione 2009/23/CE della Commissione su orientamenti comuni per l’emissione di monete in euro destinate alla circolazione e loro relativa faccia nazionale.
CONTESTO
Le monete in euro sono entrate nell’uso generale nel 2002. Gli otto valori unitari variano per dimensione, colore e spessore a seconda del valore; le monete sono disegnate in modo tale da rendere eventuali riproduzioni illegali estremamente difficoltose.
Per ulteriori informazioni, si veda:
«Banconote e monete in euro» (Commissione europea).
* TERMINI CHIAVE
Monete destinate alla circolazione: monete destinate all’uso pubblico generale che hanno corso legale in tutti i paesi della zona euro.
Monete da collezione: monete non destinate alla circolazione, che hanno corso legale solo nel paese della zona euro dove sono emesse.
Monete commemorative: monete da 2 euro destinate alla circolazione che commemorano un particolare evento di rilevanza nazionale o europea.
Corso legale: monete o banconote che devono essere accettate in un paese qualora utilizzate come forma di pagamento di un debito.
Normali monete metalliche: monete destinate alla circolazione diverse dalle monete commemorative.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento (UE) n. 651/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sull’emissione di monete in euro (GU L 201 del 27.7.2012, pagg. 135-137)
Regolamento (UE) n. 729/2014 del Consiglio, del 24 giugno 2014, riguardante i valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete metalliche in euro destinate alla circolazione (GU L 194 del 2.7.2014, pagg. 1-7) | 4,917 | 1,355 |
DECISIONE 2010/765/PESC DEL CONSIGLIO
del 2 dicembre 2010
sull’azione dell’UE volta a contrastare il commercio illecito di armi leggere e di piccolo calibro (SALW) per via aerea
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 26, paragrafo 2,
considerando quando segue:
(1)
Il 13 dicembre 2003 il Consiglio ha adottato una strategia europea in materia di sicurezza in cui venivano identificate cinque sfide di fondo cui l’Unione è confrontata: il terrorismo, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, i conflitti regionali, il fallimento dello Stato e la criminalità organizzata. Le conseguenze della fabbricazione, del trasferimento e della circolazione illeciti di armi leggere e di piccolo calibro (SALW) nonché la loro eccessiva accumulazione e la diffusione incontrollata sono cruciali per quattro delle cinque sfide suddette.
(2)
Il 15-16 dicembre 2005 il Consiglio ha adottato la strategia dell’UE volta a combattere l’accumulazione e il traffico illeciti di armi leggere e di piccolo calibro (SALW) e relative munizioni (la «strategia dell’UE sulle SALW»). La strategia dell’UE sulle SALW promuove lo sviluppo di una politica di lotta attiva contro la rete di traffico illecito di SALW (intermediari e vettori illegali) che utilizzano gli spazi aerei, marittimi e terrestri dell’Unione, mediante l’elaborazione di meccanismi di allarme e di cooperazione.
(3)
Il piano d’azione della strategia dell’UE sulle SALW sottolinea anche la necessità di migliorare l’impatto delle missioni di gestione delle crisi prevedendo, nel loro mandato, misure che consentano la messa in atto di un controllo delle frontiere (o degli spazi aerei, terrestri e marittimi della zona di conflitto) e il disarmo.
(4)
A partire dal 2007 il gruppo di lavoro del Consiglio dell’UE «Disarmo globale e controllo degli armamenti» (CODUN) e il Centro di situazione congiunto dell’UE (SITCEN) hanno sviluppato un’iniziativa dell’UE tesa ad ostacolare il traffico illecito di SALW per via aerea, attraverso il miglioramento dello scambio, tra gli Stati membri, di informazioni pertinenti sui vettori aerei sospetti. Per l’istituzione di questo sistema di scambio di informazioni, il CODUN e il SITCEN hanno collaborato con l’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (SIPRI) e con il relativo progetto di valutazione del meccanismo di contrasto del traffico illecito (CIT-MAP). Nell’ambito di tale iniziativa il CODUN ha recentemente deciso di studiare come conferire maggiore operatività ed efficacia a tale iniziativa dell’UE, facendo in modo che le informazioni pertinenti siano aggiornate e trattate con tempestività.
(5)
Anche altre organizzazioni internazionali e regionali hanno riconosciuto il rischio che incombe sulla sicurezza internazionale a causa del commercio illecito di SALW per via aerea. Nel 2007 il Foro dell’OSCE per la sicurezza e la cooperazione ha tenuto una sessione straordinaria su questo tema e nel 2008 l’assemblea parlamentare dell’OSCE ha adottato una risoluzione in cui si chiedeva il completamento, l’adozione e l’attuazione di una guida dell’OSCE sulle migliori prassi in materia di trasporto aereo illecito di SALW. Analogamente, gli Stati partecipanti all’intesa di Wassenaar hanno adottato nel 2007 le «Migliori pratiche per prevenire i trasferimenti destabilizzanti di SALW tramite trasporto aereo». Inoltre, numerose relazioni del gruppo di esperti del Comitato per le sanzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sull’Africa occidentale e la regione dei Grandi laghi hanno ripetutamente documentato il ruolo centrale svolto dalle società di trasporto merci per via aerea coinvolte nel traffico illecito di SALW.
(6)
L’azione prevista nella presente decisione non persegue obiettivi connessi con il miglioramento della sicurezza del trasporto aereo,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
1. Al fine di attuare la strategia dell’UE volta a combattere l’accumulazione e il traffico illeciti di SALW e relative munizioni (la «strategia dell’UE sulle SALW»), l’Unione persegue i seguenti obiettivi:
a)
migliorare gli strumenti e le tecniche a disposizione delle pertinenti missioni di gestione delle crisi, delle autorità internazionali e delle autorità nazionali dei paesi terzi nonché degli Stati membri per effettuare controlli efficaci e mirati sugli aeromobili di trasporto merci sospettati di essere coinvolti nel commercio illecito di SALW per via aerea, all’interno, in provenienza o a destinazione di Stati terzi;
b)
accrescere la sensibilizzazione e le competenze tecniche del pertinente personale internazionale e nazionale per quanto riguarda le migliori prassi nel campo del monitoraggio, dell’individuazione e dell’analisi della gestione del rischio nei confronti di vettori aerei di merci sospettati di traffico di SALW per via aerea, all’interno, in provenienza o a destinazione di Stati terzi.
2. Per conseguire gli obiettivi di cui al paragrafo 1, l’Unione adotta le seguenti misure:
a)
sviluppo e test di funzionamento pratico di un prototipo di software dedicato per la gestione del rischio di traffico per via aerea, da mettere a disposizione delle pertinenti missioni di gestione delle crisi e delle autorità internazionali e nazionali, comprendente una banca dati aggiornata regolarmente riguardante, tra l’altro, le compagnie aeree, gli aeromobili, i numeri di immatricolazione e le rotte di trasporto;
b)
sviluppo e test di funzionamento pratico di un prototipo di sistema sicuro di gestione del rischio e divulgazione di informazioni;
c)
elaborazione e pubblicazione di un manuale e relativo materiale formativo, nonché prestazione di assistenza tecnica per facilitare l’uso e l’adattamento del prototipo di software e del sistema sicuro di gestione del rischio e dell’informazione, anche attraverso l’organizzazione di seminari regionali destinati a formare le pertinenti missioni di gestione delle crisi e le autorità internazionali e nazionali.
Una descrizione particolareggiata del progetto figura nell’allegato.
Articolo 2
1. L’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza («AR») è responsabile dell’attuazione della presente decisione.
2. Il SIPRI è incaricato dell’attuazione tecnica dei progetti di cui all’articolo 1, paragrafo 2.
3. Il SIPRI svolge tale compito sotto la responsabilità dell’AR. A tal fine l’AR stabilisce le necessarie modalità con il SIPRI.
Articolo 3
1. L’importo di riferimento finanziario per l’attuazione del progetto di cui all’articolo 1, paragrafo 2, è pari a 900 000 EUR.
2. Le spese finanziate con l’importo di cui al paragrafo 1 sono gestite in conformità delle procedure e delle norme applicabili al bilancio generale dell’Unione.
3. La Commissione vigila sulla corretta gestione delle spese di cui al paragrafo 1. A tal fine, essa conclude un accordo di finanziamento con il SIPRI. L’accordo prevede che il SIPRI assicuri la visibilità del contributo dell’UE corrispondente alla sua entità.
4. La Commissione si adopera per concludere l’accordo di finanziamento di cui al paragrafo 3 il più presto possibile dopo l’entrata in vigore della presente decisione. Essa informa il Consiglio sulle eventuali difficoltà di detto processo e sulla data di conclusione dell’accordo di finanziamento.
Articolo 4
L’AR riferisce al Consiglio in merito all’attuazione della presente decisione sulla base delle relazioni periodiche bimestrali elaborate dal SIPRI. Tali relazioni costituiscono la base della valutazione effettuata dal Consiglio. La Commissione trasmette informazioni sugli aspetti finanziari dell’attuazione del progetto di cui all’articolo 1, paragrafo 2.
Articolo 5
1. La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione.
2. La presente decisione cessa di produrre effetti 24 mesi dopo la data di conclusione dell’accordo di finanziamento di cui all’articolo 3, paragrafo 3, o sei mesi dopo la data di adozione della presente decisione qualora non sia stato concluso un accordo di finanziamento entro tale termine.
Articolo 6
La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 2 dicembre 2010.
Per il Consiglio
Il presidente
M. WATHELET
ALLEGATO
1. Quadro generale
La presente decisione si basa sull’iniziativa del CODUN intesa ad affrontare le minacce poste dal traffico di SALW e di altri merci destabilizzanti per via aerea. Nell’ambito dell’iniziativa del CODUN, la presente decisione si inserisce nel contesto di altri progetti avviati dal Consiglio in collaborazione con il SITCEN, con il Club di Budapest e con il SIPRI. La presente decisione prevede lo sviluppo software, prototipi di sistemi attuativi, programmi di formazione e di sensibilizzazione destinati alle pertinenti missioni di gestione delle crisi, nonché alle autorità internazionali e nazionali allo scopo di migliorare il controllo, l’aggiornamento e la divulgazione delle informazioni relative agli operatori di trasporto aereo di merci sospetti che operano in Africa e a partire da altre regioni. Nell’attuazione della presente decisione è opportuno garantire un buon coordinamento con altri progetti pertinenti finanziati nel quadro dei programmi comunitari e di altre decisioni del Consiglio al fine di rafforzare l’impatto dell’azione dell’Unione nella prevenzione del commercio illecito di SALW.
2. Obiettivi
I progetti descritti in appresso riguarderanno tre settori identificati dal CODUN e da altri attori partecipanti all’iniziativa dell’UE volta a contrastare il traffico di SALW per via aerea:
a)
la necessità di sviluppare un sistema sicuro che fornisca dati aggiornati sulle compagnie e gli aeromobili che abitualmente effettuano doppie iscrizioni dei propri attivi e spostano le loro attività onde eludere l’individuazione;
b)
la fornitura di software e di una formazione in materia di gestione del rischio onde consentire alle pertinenti missioni di gestione delle crisi e alle autorità internazionali e nazionali di monitorare e di individuare con maggiore efficacia un numero sempre più elevato di operatori di trasporto aereo di merci sospettati di essere coinvolti nel traffico di SALW o nella circolazione di flussi di altre merci destabilizzanti per via aerea;
c)
l’esigenza di sensibilizzare, offrire formazione e supporto tecnico alle organizzazioni multilaterali, alle missioni, agli organismi regionali e agli Stati in Africa e in altre regioni allo scopo di rafforzarne la capacità di monitorare e individuare i soggetti coinvolti nel traffico di SALW o nella circolazione di altre merci destabilizzanti per via aerea.
3. Descrizione del progetto
3.1. Progetto 1: Ideazione di un pacchetto di software e attuazione di un progetto pilota per il monitoraggio, l’aggiornamento e la divulgazione di informazioni sugli operatori di trasporto aereo di merci sospettati di traffico illecito di SALW
3.1.1. Obiettivo del progetto
Il progetto è volto al miglioramento degli strumenti e delle tecniche che le pertinenti missioni di gestione delle crisi, le autorità internazionali e le autorità nazionali dei paesi terzi nonché gli Stati membri hanno a disposizione per effettuare controlli efficaci e mirati sugli aeromobili di trasporto merci sospettati di essere coinvolti nel commercio illecito di SALW per via aerea, all’interno, in provenienza o a destinazione di Stati terzi.
3.1.2. Descrizione del progetto
Nel quadro di questo progetto saranno intraprese le seguenti attività:
a)
sviluppo di un pacchetto software di gestione del rischio di traffico illecito per via aerea destinato alle organizzazioni multilaterali, alle missioni e a determinati paesi terzi;
b)
sviluppo di un prototipo di sistema integrato sicuro di gestione del rischio e divulgazione delle informazioni;
c)
test di funzionamento pratico del pacchetto software in consultazione con l’AR e i pertinenti organi del Consiglio;
d)
test di funzionamento pratico del sistema integrato di divulgazione delle informazioni in consultazione con l’AR e con i pertinenti organi del Consiglio;
e)
elaborazione di un manuale e di relativo materiale formativo per facilitare l’uso e l’adozione dei sistemi indicati alle lettere a) e b) da parte delle pertinenti missioni di gestione delle crisi, delle autorità internazionali e delle autorità nazionali dei paesi terzi, nonché degli Stati membri;
f)
presentazione del software definitivo e del corrispondente manuale e materiale formativo in un seminario conclusivo cui verranno invitati a partecipare i soggetti interessati (fino a 80 persone).
Il progetto sarà attuato lungo un arco di tempo adeguato che tenga conto della necessità di consultare i vari soggetti interessati e di coordinarsi con essi, sotto il controllo dell’AR. Il progetto sarà attuato in sei fasi.
Fase preparatoria
Il SIPRI, in consultazione con i pertinenti organi del Consiglio e sotto il controllo dell’AR, svilupperà un pacchetto software, degli strumenti di gestione del rischio, nonché un sistema integrato di divulgazione di informazioni e di dati disaggregati, ricorrendo alle pertinenti opzioni della tecnologia dell’informazione.
Fase di inserimento dei dati
Ricorrendo unicamente alle informazioni da fonte aperta, il progetto inserirà dati ottenuti dalle pertinenti fonti allo scopo di creare banche dati globali, capaci di fornire informazioni sufficienti che consentano di disporre di strumenti accurati di gestione, individuazione e profilo del rischio.
Fase esplorativa
Il SIPRI, in consultazione con i pertinenti organi del Consiglio e sotto il controllo dell’AR, procederà ad una valutazione dei vari siti, regioni, organizzazioni e missioni in cui il prototipo di pacchetto che usa dati da fonti aperte potrebbe essere sottoposto al test di funzionamento pratico in condizioni ottimali.
Fase di test di funzionamento pratico
Il SIPRI, in consultazione con i pertinenti organi del Consiglio e sotto il controllo dell’AR, avvierà una fase di test di funzionamento pratico in collaborazione con i partner identificati nella fase esplorativa.
Fase di valutazione e di adattamento
A seguito del test di funzionamento pratico, il SIPRI valuterà e adeguerà il software tenendo conto dell’esperienza e degli insegnamenti tratti dalla fase di test di funzionamento pratico. Ne emergerà un prodotto finale che sarà reso disponibile con l’accordo dei vari soggetti interessati.
Fase di presentazione
La versione definitiva del software e del materiale formativo sarà presentata, in un evento specificamente organizzato, ai soggetti interessati (fino a 80 persone) che hanno partecipato al suo sviluppo e sono stati riconosciuti come utenti finali del software.
3.1.3. Risultati del progetto
Il progetto:
a)
rafforzerà la capacità delle pertinenti missioni di gestione delle crisi, delle autorità internazionali e delle autorità nazionali dei paesi terzi, nonché degli Stati membri di monitorare le attività degli operatori di trasporto aereo di merci sospettati di traffico di SALW per via aerea;
b)
offrirà gli strumenti e i prototipi di sistemi necessari ad aumentare il numero di divieti di sospette spedizioni illecite di SALW per via aerea da parte delle organizzazioni multilaterali, delle missioni e degli Stati in Africa e in altre regioni;
c)
potenzierà la capacità degli Stati membri di scambiare informazioni, in condizioni di sicurezza, sugli operatori di trasporto aereo di merci grazie a tecniche di disaggregazione dei dati e ad altri meccanismi di profilazione.
3.1.4. Beneficiari del progetto
I beneficiari del progetto saranno il pertinente personale delle missioni di gestione delle crisi e delle autorità nazionali e internazionali. La selezione degli specifici beneficiari che effettueranno il test del pacchetto di prototipo di software terrà conto di variabili quali la presenza sul campo di missioni europee o multilaterali di gestione delle crisi, la necessità di ottimizzare le risorse, la disponibilità di assistenza a livello locale, la volontà politica e la capacità delle autorità locali e nazionali di contrastare il commercio illecito di SALW per via aerea. Il SIPRI proporrà un elenco ristretto di beneficiari che sarà successivamente avallato dall’AR in consultazione con i competenti organi del Consiglio.
3.2. Progetto 2: Rafforzare la consapevolezza sulle prassi di monitoraggio, individuazione e gestione del rischio nei confronti dei vettori aerei di trasporto merci coinvolti nel traffico di SALW per via aerea e nei flussi di altre merci destabilizzanti attraverso pubblicazioni, azioni di formazione e di sensibilizzazione.
3.2.1. Obiettivo del progetto
Il progetto è volto ad accrescere la sensibilizzazione e le competenze tecniche del pertinente personale internazionale e nazionale sulle migliori prassi nel campo del monitoraggio, dell’individuazione e dell’analisi della gestione del rischio nei confronti di vettori aerei di trasporto merci sospettati di traffico di SALW per via aerea.
3.2.2. Descrizione del progetto
Nel quadro di questo progetto saranno intraprese le seguenti attività:
a)
elaborazione e pubblicazione di un manuale e di relativo materiale formativo da distribuire a un massimo di 250 persone operanti in organizzazioni multilaterali, in missioni o presso Stati;
b)
attraverso l’organizzazione di un massimo di tre seminari regionali, formazione e sensibilizzazione di 80-100 membri del personale operanti per specifici servizi o cellule nell’ambito delle missioni di gestione delle crisi, delle autorità internazionali e delle autorità nazionali dei paesi terzi, con un effetto moltiplicatore previsto grazie alla distribuzione di materiale per «formare i formatori»;
c)
trattamento dei risultati e delle valutazioni derivanti dalle attività di formazione e di sensibilizzazione e, su questa base, sviluppo di un modello di migliori prassi per lo scambio di informazioni su questo tema nell’ambito del competente personale internazionale e nazionale;
d)
presentazione dei risultati del modello di migliori prassi in un seminario conclusivo cui verranno invitati a partecipare i pertinenti soggetti (fino a 80 persone).
3.2.3. Risultati del progetto
Il progetto:
a)
accrescerà la sensibilizzazione del personale che presta servizio presso organizzazioni multilaterali, missioni e Stati sulle migliori prassi nel settore del monitoraggio, dell’individuazione e dell’analisi della gestione del rischio nei confronti di vettori aerei di trasporto merci sospettati di traffico di SALW per via aerea e di flussi di altre merci destabilizzanti;
b)
contribuirà ad uniformare le migliori prassi in questo campo attraverso la pubblicazione e la divulgazione di un manuale sulle tecniche di monitoraggio, individuazione e analisi della gestione del rischio;
c)
guiderà l’istituzione di migliori prassi nel coordinamento delle informazioni attraverso azioni di formazione e di sensibilizzazione per il personale operante per specifici servizi o cellule nell’ambito di organizzazioni multilaterali, missioni o Stati.
3.2.4. Beneficiari del progetto
I beneficiari del progetto saranno il pertinente personale delle missioni di gestione delle crisi e delle autorità nazionali e internazionali. La selezione degli specifici beneficiari delle azioni di formazione sarà effettuata sulla base di un elenco ristretto di beneficiari proposto dal SIPRI, che dovrà essere avallato dall’AR in consultazione con i competenti organi del Consiglio.
4. Sedi
Le sedi per il test di funzionamento pratico e il seminario conclusivo del progetto 3.1 e per le attività di formazione e di sensibilizzazione e il seminario conclusivo del progetto 3.2, saranno determinate tenendo conto della volontà di ottimizzare le risorse e minimizzare l’impronta di carbonio nonché dell’assistenza disponibile a livello locale. Il SIPRI proporrà un elenco ristretto di sedi raccomandate che dovrà essere avallato dall’AR in consultazione con i competenti organi del Consiglio.
5. Durata
La durata totale stimata dei progetti è di 24 mesi.
6. Ente incaricato dell’attuazione
L’attuazione tecnica della presente decisione sarà affidata al SIPRI, il quale assicurerà la visibilità del contributo dell’UE e svolgerà tale compito sotto la responsabilità dell’AR.
7. Relazioni
Il SIPRI elaborerà relazioni periodiche bimestrali, nonché una relazione dopo il completamento di ciascuna delle attività descritte. Le relazioni dovrebbero essere presentate all’AR non oltre sei settimane dal completamento delle pertinenti attività. | Azione volta a contrastare il commercio illecito di armi leggere
Per contribuire alla lotta contro il traffico di armi di piccolo calibro e leggere (SALW) per via aerea, la presente decisione prevede lo sviluppo di software, prototipi di sistemi attuativi e programmi di formazione per il monitoraggio e la divulgazione delle informazioni relative agli operatori di trasporto aereo di merci sospetti.
ATTO
Decisione 2010/765/PESC del Consiglio, del 2 dicembre 2010, sull'azione dell'UE volta a contrastare il commercio illecito di armi leggere e di piccolo calibro (SALW) per via aerea.
SINTESI
La presente decisione definisce i progetti dell'Unione europea (UE) volti a contrastare il commercio illecito di armi di piccolo calibro e leggere (SALW) per via aerea, nel quadro dell'attuazione della strategia dell'UE sulle SALW. Questi progetti mirano a rafforzare:
gli strumenti e le tecniche utilizzati per effettuare controlli mirati sugli aeromobili di trasporto merci sospettati di essere coinvolti nel commercio illecito di SALW;
le competenze tecniche nel campo del monitoraggio, dell’individuazione e dell’analisi della gestione del rischio nei confronti di vettori aerei di merci sospettati di traffico di SALW.
Progetto 1: Pacchetto software e sistema informatico per la gestione del rischio di traffico per via aerea
Il progetto intende migliorare il monitoraggio degli operatori di trasporto aereo di merci sospetti da parte delle missioni di gestione delle crisi, delle autorità internazionali e nazionali di paesi terzi e paesi dell'UE, il divieto di spedizioni sospette di SALW per via aerea e lo scambio sicuro di informazioni tra i paesi dell'UE sugli operatori di trasporto aereo di merci. Esso consisterà:
nello sviluppo di un software di gestione del rischio di traffico per via aerea e di un prototipo di sistema sicuro di gestione del rischio e divulgazione di informazioni;
nel test di funzionamento pratico del prototipo di software e del sistema di divulgazione di informazioni;
nell'elaborazione e pubblicazione di un manuale e relativo materiale formativo sul prototipo di software e sul sistema di divulgazione delle informazioni;
nella presentazione del software, del relativo manuale e materiale formativo nell'ambito di seminari rivolti ai soggetti pertinenti.
Progetto 2: Pubblicazioni e formazione nelle pratiche di gestione del rischio di traffico aereo
Questo progetto accrescerà la sensibilizzazione del personale pertinente sulle migliori prassi nel settore del monitoraggio, dell'individuazione e dell'analisi della gestione del rischio nei confronti dei vettori aerei di trasporto merci sospettati, contribuirà a uniformare le migliori prassi in questo campo, nonché all'istituzione di migliori prassi nel coordinamento delle informazioni. Le attività da perseguire nell'ambito del progetto consistono:
nell'elaborazione e diffusione di un manuale e relativo materiale formativo al personale interessato nelle organizzazioni multilaterali, nelle missioni e agli Stati;
nella formazione del pertinente personale delle missioni di gestione delle crisi e delle autorità internazionali e nazionali di paesi terzi attraverso l'organizzazione di seminari regionali;
nello sviluppo di un modello per le migliori prassi in materia di scambio di informazioni tra il personale pertinente sulla base dei risultati delle attività di formazione e nella presentazione di questo modello in un seminario rivolto ai soggetti interessati.
Attuazione del progetto
Sotto la responsabilità dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR), l'Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (SIPRI) è incaricato dell'attuazione tecnica dei progetti. La Commissione concluderà un accordo di finanziamento con il SIPRI, al fine di controllare efficacemente la gestione delle spese destinate all'attuazione dei progetti (9 000 000 EUR).
La presente decisione cessa di produrre effetti 24 mesi dopo la data di conclusione dell’accordo di finanziamento, o sei mesi dopo la data della sua adozione qualora non sia stato concluso un accordo di finanziamento entro tale termine.
Riferimenti
Atto
Entrata in vigore
Termine ultimo di recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Decisione 2010/765/PESC
2.12.2010
-
GU L 327 dell’11.12.2010
See also
Sito del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) sulle armi leggere e di piccolo calibro (SALW) (EN) | 7,411 | 193 |
DECISIONE DELLA COMMISSIONE
del 14 settembre 2009
che istituisce un Gruppo consultivo europeo dei consumatori
(2009/705/CE)
LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea,
considerando quanto segue:
(1)
Nell'ambito della protezione dei consumatori di cui all'articolo 153 del trattato, è opportuno che la Commissione consulti i consumatori sui problemi riguardanti la tutela dei loro interessi a livello comunitario.
(2)
Sin dal 1973 la Commissione è assistita da un Gruppo consultivo creato a questo scopo da decisioni consecutive, l'ultima delle quali è la decisione 2003/709/CE della Commissione, del 9 ottobre 2003, che istituisce un Gruppo consultivo europeo dei consumatori (1).
(3)
Le attività del Gruppo su un lungo periodo mettono in evidenza la necessità di migliorarne l'efficienza, la rappresentatività e la trasparenza; di conseguenza occorre chiarire le disposizioni relative alla creazione di sottogruppi e all'adozione dei pareri del Gruppo comprendendo le migliori pratiche sviluppate nel corso degli ultimi anni.
(4)
A tale proposito è opportuno rivedere la procedura di nomina dei membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori e prevedere per i membri del gruppo ulteriori obblighi per la presentazione di relazioni al fine di aumentare la partecipazione delle organizzazioni nazionali dei consumatori alle attività del Gruppo stesso.
(5)
È importante assicurare che il Gruppo e i suoi membri partecipino attivamente ed efficacemente affinché il punto di vista dei consumatori sia parte integrante delle ampie deliberazioni tra le parti in causa che attualmente costituiscono la norma per la consultazione in Europa.
(6)
Per motivi di protezione dei dati è opportuno che l'elaborazione dei dati personali dei membri del Gruppo sia sottoposta alla normativa comunitaria in materia di tutela delle persone per quanto riguarda l'elaborazione dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organi comunitari,
DECIDE:
Articolo 1
Il Gruppo consultivo europeo dei consumatori
Viene istituito un Gruppo consultivo europeo dei consumatori, di seguito «il Gruppo».
Articolo 2
Compiti
1. Il Gruppo può essere consultato dalla Commissione su tutte le questioni riguardanti gli interessi dei consumatori a livello comunitario.
2. Il Gruppo:
a)
costituisce la sede di ampie discussioni sulle questioni riguardati gli interessi dei consumatori;
b)
elabora il contributo del punto di vista dei consumatori in altri fori e partecipa, quando richiesto, ai gruppi che la Commissione consulta sulle questioni riguardanti la politica europea dei consumatori;
c)
fornisce pareri alla Commissione quando delinea politiche e attività che hanno un effetto sui consumatori;
d)
può emettere un parere sulle questioni comunitarie relative ai consumatori;
e)
informa la Commissione sugli sviluppi della politica relativa ai consumatori negli Stati membri;
f)
costituisce una fonte di informazioni e una cassa di risonanza dell'azione comunitaria per le organizzazioni nazionali.
Articolo 3
Costituzione
1. Il Gruppo sarà composto da:
a)
un membro rappresentante le organizzazioni nazionali dei consumatori di ciascuno Stato membro;
b)
un membro proveniente da ciascuna organizzazione europea dei consumatori.
2. Le organizzazioni nazionali dei consumatori di cui al paragrafo 1, lettera a), devono essere rappresentative, in accordo con le regolamentazioni nazionali, dei consumatori e attive a livello nazionale.
3. Le organizzazioni europee dei consumatori di cui al paragrafo 1, lettera b), devono soddisfare una delle due seguenti serie di criteri; esse devono:
a)
essere non governative, a scopo non lucrativo, esenti da conflitti di origine industriale, commerciale e professionale o da altri conflitti d'interesse, e
i)
avere come obiettivi e attività primari la promozione della tutela della salute, della sicurezza e degli interessi economici dei consumatori nella Comunità;
ii)
aver ricevuto il mandato di rappresentare gli interessi dei consumatori a livello comunitario dalle organizzazioni nazionali di consumatori in almeno la metà degli Stati membri che siano rappresentative, in accordo con le regolamentazioni nazionali, dei consumatori e che siano attive a livello regionale o nazionale; e
iii)
aver fornito alla Commissione una documentazione soddisfacente della loro appartenenza, regolamentazioni interne e fondi di finanziamento;
oppure
b)
essere non governative, a scopo non lucrativo, esenti da conflitti di origine industriale, commerciale e professionale o da altri conflitti d'interesse, e
i)
avere come obiettivo e attività di rappresentare gli interessi dei consumatori nel processo di normalizzazione a livello comunitario; nonché
ii)
aver ricevuto mandato in almeno due terzi degli Stati membri per rappresentare gli interessi di consumatori a livello comunitario tramite:
—
enti rappresentativi, in accordo con le regolamentazioni nazionali, di organizzazioni nazionali dei consumatori negli Stati membri, oppure
—
in assenza di tali enti, di organizzazioni nazionali di consumatori negli Stati membri che siano rappresentative, in accordo con le regolamentazioni e le prassi nazionali, dei consumatori e che siano attive a livello nazionale.
4. Nell'allegato si trova un elenco indicativo delle organizzazioni che soddisfano attualmente i criteri di cui al paragrafo 3.
Articolo 4
Designazione
1. I membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori sono nominati in conformità dei paragrafi 2 e 3.
2. Ogni Stato membro propone un elenco di tre candidati tramite gli enti nazionali rappresentanti le organizzazioni dei consumatori istituite dagli Stati membri, laddove esse esistono, o tramite le autorità nazionali competenti. I candidati fanno parte delle organizzazioni dei consumatori nazionali più rappresentative in base alle norme o alle pratiche nazionali.
3. La Commissione nomina un membro titolare e un supplente per Stato membro in conformità dei seguenti criteri:
a)
i candidati devono avere un'ampia esperienza e competenza nel settore della politica europea dei consumatori;
b)
i candidati che non sono stati in precedenza membri di tale gruppo saranno considerati prioritari;
c)
equilibrio tra uomini e donne.
4. I membri del gruppo che rappresentano le organizzazioni europee dei consumatori e un supplente per ogni membro sono nominati dalla Commissione su proposta delle organizzazioni europee dei consumatori.
5. I supplenti sostituiscono automaticamente i titolari quando questi sono assenti.
6. La Commissione pubblicherà l'elenco dei membri titolari e dei supplenti nel sito Internet della Direzione generale Salute e Consumatori e nella serie C della Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. I nominativi dei membri titolari e dei supplenti sono raccolti, trattati e pubblicati in conformità del regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (2).
Articolo 5
Durata del mandato
1. Il mandato dei membri titolari e dei supplenti è triennale e rinnovabile in accordo con la procedura fissata dall'articolo 4.
2. Alle fine del periodo di tre anni, i membri e i supplenti rimangono in carica fino a che non si sia trovato un sostituto o fino a quando il loro mandato non sia rinnovato.
3. Il mandato dei membri scade prima della fine del periodo triennale
a)
in caso di dimissioni, pensionamento o morte;
b)
nel caso in cui l'ente nazionale o le autorità che li hanno presentati come candidati richiedano la loro sostituzione;
c)
nel caso in cui la Commissione richieda la sostituzione di membri o supplenti che non sono più in grado di contribuire in modo efficace o che non soddisfano gli obblighi di cui all'articolo 7, paragrafo 6.
4. I membri titolari e i supplenti sono sostituiti per il resto del periodo di tre anni ai sensi della procedura fissata dall'articolo 4. Fatto salvo l'articolo 4, paragrafo 2, nel caso in cui un solo membro titolare o un supplente che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori debba essere sostituito, gli enti nazionali o le autorità propongono due nuovi candidati e tra questi la Commissione ne nomina uno in conformità dell'articolo 4, paragrafo 3.
Articolo 6
Associati ed esperti
1. Su proposta della Commissione, il Gruppo può invitare rappresentanti di altre organizzazioni aventi come loro principali obiettivi la promozione degli interessi dei consumatori e attive in questo campo a livello europeo, ad associarsi ai lavori.
2. Il Gruppo può invitare qualsiasi persona che abbia un'esperienza particolare su un determinato punto dell'ordine del giorno a partecipare ai lavori in qualità di esperto.
Articolo 7
Funzionamento
1. La Commissione
a)
determina la forma e il calendario in base al quale il Gruppo si riunisce;
b)
presiede le riunioni del Gruppo;
c)
fornisce servizi di segretariato e organizza le attività del Gruppo.
2. Possono essere istituiti sottogruppi al fine di esaminare questioni specifiche nel quadro di un mandato stabilito dal Gruppo stesso. Tali gruppi vanno sciolti non appena abbiano adempiuto il proprio mandato.
3. Il Gruppo può emettere pareri su richiesta della Commissione o su proposta di un membro con l'accordo della Commissione. Quando richiede un parere la Commissione può fissare un termine entro cui questo va emesso. Per ogni parere il Gruppo può nominare uno o più relatori tra i suoi membri. Il relatore avrà la responsabilità generale della presentazione del parere.
4. IL Gruppo adotta il proprio regolamento interno sulla base di proposte presentate dalla Commissione.
5. La Commissione pubblica sul sito Internet della Direzione generale Salute e Consumatori, nella lingua originale del documento interessato, ogni riassunto, conclusione, conclusione parziale o documento di lavoro del Gruppo.
6. I membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori informano e consultano le associazioni che essi rappresentano nel Gruppo. Ciascun membro istituisce meccanismi di notifica efficaci per informare sistematicamente tutte le organizzazioni nazionali di consumatori sul lavoro del Gruppo, e presenta i reciproci punti di vista.
7. Ogni membro del Gruppo presenta alla Commissione entro il 1o marzo una relazione sulle attività svolte nell'anno precedente in conformità degli obblighi previsti al paragrafo 6. Il contenuto di tale relazione sarà definito ulteriormente nel regolamento interno.
Articolo 8
Riservatezza
Senza pregiudizio dell'articolo 287 del trattato, i membri e i supplenti del Gruppo non divulgheranno le informazioni ottenute durante il loro lavoro in seno al Gruppo o ai gruppi di lavoro dello stesso quando la Commissione li informa che il parere richiesto o la questione sollevata è di natura riservata.
Articolo 9
Spese di riunione
1. La Commissione rimborsa le spese di viaggio ed eventualmente di soggiorno sostenute da membri ed esperti per le attività del Gruppo, secondo le proprie norme sul rimborso spese degli esperti esterni.
2. I membri non sono retribuiti per le funzioni esercitate.
3. Le spese di riunione sono rimborsate entro i limiti del bilancio annuale assegnato al Gruppo dal competente servizio della Commissione.
Articolo 10
Abrogazione
La decisione 2003/709/CE è abrogata.
Fatto a Bruxelles, il 14 settembre 2009.
Per la Commissione
Meglena KUNEVA
Membro della Commissione
(1) GU L 258 del 10.10.2003, pag. 35.
(2) GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1.
ALLEGATO
Organizzazioni che soddisfano attualmente i criteri di cui all'articolo 3, paragrafo 3:
—
BEUC — Ufficio europeo delle unioni di consumatori,
—
ANEC — Associazione europea per il coordinamento della rappresentanza dei consumatori nella standardizzazione. | Gruppo consultivo per i consumatori europei
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Crea il gruppo consultivo europeo dei consumatori, sede di discussione sulle questioni riguardanti gli interessi dei consumatori a livello dell'Unione europea (UE).
Essa abroga e spiega le disposizioni della decisione 2003/709/CE. Attraverso le esperienze acquisite, mira a rafforzare l'efficacia, la rappresentatività e l'apertura del gruppo.
PUNTI CHIAVE
Il gruppo può essere consultato su tutte le questioni a livello UE legate agli interessi dei consumatori. Esso emette pareri e consiglia la Commissione europea. Costituisce inoltre la piattaforma di scambio di informazioni tra le organizzazioni rappresentate e informa le organizzazioni nazionali sulle attività UE.
Composizione
Il gruppo è costituito da:
un rappresentante delle organizzazioni nazionali dei consumatori per ciascun paese dell'UE;
un rappresentante di ciascuna organizzazione europea dei consumatori (BEUC e ANEC).
Sono presenti due membri associati (Eurocoop e Coface) e due osservatori (Islanda e Norvegia).
Le organizzazioni europee dei consumatori rispondono a molteplici criteri. Devono essere non governative, a scopo non lucrativo, esenti da conflitti di origine industriale, commerciale e professionale.
Inoltre esse devono:
avere come attività primaria la promozione della tutela della salute, della sicurezza e degli interessi economici dei consumatori;
rappresentare i consumatori di almeno la metà dei paesi dell'UE;
essere in grado di fornire alla Commissione i dati della loro appartenenza, la loro regolamentazione interna e i loro fondi di finanziamento.
Oppure:
rappresentare gli interessi dei consumatori nel processo di normalizzazione a livello comunitario;
aver ricevuto mandato in almeno due terzi dei paesi dell'UE per rappresentare gli interessi dei consumatori a livello UE.
Designazione e mandato dei membri
Questo gruppo è composto da 30 membri nominati per tre anni. Il loro mandato è rinnovabile.
I membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori sono nominati a seguito della proposta di candidati presentata dalle amministrazioni nazionali. La Commissione nomina un membro titolare e un membro supplente per paese dell'UE, basandosi su una serie di criteri:
i candidati devono possedere un’ampia esperienza e competenza nel settore della politica europea dei consumatori a livello comunitario;
i candidati che non sono stati in precedenza membri del gruppo sono considerati prioritari;
l’equilibrio tra uomini e donne dovrà essere assicurato all’interno del gruppo.
I membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni europee dei consumatori e un supplente per ogni membro sono nominati dalla Commissione su proposta delle organizzazioni europee dei consumatori.
Nell’interesse delle discussioni, la Commissione può invitare dei membri associati o degli esperti membri di organizzazioni non rappresentate all’interno del Gruppo.
Funzionamento
La Commissione stabilisce il calendario delle riunioni del gruppo. Presiede il gruppo e fornisce servizi di segretariato.
Il gruppo adotta il proprio regolamento interno sulla base di proposte presentate dalla Commissione.
Il gruppo può decidere di istituire dei sottogruppi temporanei al fine di esaminare specifiche questioni. Esistono attualmente 2 sottogruppi:
energia;
mercato unico digitale.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
La decisione è in vigore dal 14 settembre 2009.
CONTESTO
L’Unione Europea (UE) garantisce un elevato livello di protezione ai consumatori, un’esigenza presente nell’elaborazione delle sue politiche e delle sue azioni. In questo contesto, prima di qualsiasi progetto inerente ai consumatori, la Commissione consulta le organizzazioni dei consumatori rappresentate all’interno del Gruppo consultivo dei consumatori. Sin dal 1973 la Commissione è assistita da un gruppo consultivo dei consumatori creato da decisioni successive, l'ultima delle quali è la decisione 2003/709/CE.
Per ulteriori informazioni si consulti:
Il gruppo consultivo europeo dei consumatori (ECCG) sul sito internet della Commissione europea.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2009/705/CE della Commissione del 14 settembre 2009 che istituisce un Gruppo consultivo europeo dei consumatori (GU L 244 del 16.9.2009, pag. 21–24).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione della Commissione, del 18 agosto 2016 relativa alla nomina dei membri del gruppo consultivo europeo dei consumatori e dei loro supplenti (C/2016/5417) (GU C 306 del 23.8.2016, pag. 4-5) | 4,787 | 271 |
Direttiva 92/106/CEE del Consiglio, del 7 dicembre 1992, relativa alla fissazione di norme comuni per taluni trasporti combinati di merci tra Stati membri
Gazzetta ufficiale n. L 368 del 17/12/1992 pag. 0038 - 0042 edizione speciale finlandese: capitolo 7 tomo 4 pag. 0148 edizione speciale svedese/ capitolo 7 tomo 4 pag. 0148
DIRETTIVA 92/106/CEE DEL CONSIGLIO del 7 dicembre 1992 relativa alla fissazione di norme comuni per taluni trasporti combinati di merci tra Stati membriIL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 75 e l'articolo 84, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che la direttiva 75/130/CEE del Consiglio, del 17 febbraio 1975, relativa alla fissazione di norme comuni per taluni trasporti di merci combinati strada/ferrovia tra Stati membri (4), è stata più volte modificata; che in occasione di nuove modifiche è opportuno, per ragioni di chiarezza, procedere al rifacimento di detta direttiva; considerando che il mercato interno provoca un aumento del traffico e che la Comunità deve mettere in opera i mezzi necessari a gestire al meglio le proprie risorse di trasporto nell'interesse della collettività, il che implica il ricorso al trasporto combinato; considerando che l'acuirsi dei problemi connessi alla congestione del traffico stradale, alla tutela dell'ambiente e alla sicurezza della circolazione richiedono, nell'interesse della collettività, che venga potenziato il trasporto combinato in quanto alternativa al trasporto stradale; considerando che si devono adottare provvedimenti in modo da permettere lo sviluppo, nel progresso, delle tecniche di trasporto in funzione dell'intermodalità dei trasporti nonché dei mezzi e delle esigenze specifiche degli operatori e degli utenti dei trasporti; che tali provvedimenti devono concernere i trasporti combinati che associano la strada ad altri modi di trasporto, quali ferrovia, nagivazione interna e navigazione marittima; considerando che la liberalizzazione da ogni restrizione quantitativa e la soppressione di svariati vincoli di ordine amministrativo tuttora in vigore nel settore dei trasporti stradali può promuovere un più ampio ricorso ai trasporti combinati; considerando che, affinché la tecnica del trasporto combinato conduca ad un effettivo decongestionamento del traffico stradale, occorre che tale liberalizzazione concerna percorsi stradali di lunghezza limitata; considerando che la liberalizzazione dei percorsi stradali iniziali e terminali di un trasporto combinato deve essere estesa ai trasporti combinati effettuati per via marittima, a condizione che il percorso marittimo rappresenti una parte importante del trasporto combinato; considerando che è opportuno che la Commissione presenti ogni due anni, e per la prima volta anteriormente al 1o luglio 1995, una relazione sull'applicazione della presente direttiva; considerando che lo sviluppo del trasporto combinato sarebbe parimenti facilitato da misure di incentivazione e che è quindi opportuno ridurre le tasse sulla circolazione e detenzione dei veicoli commerciali nella misura in cui siano trasportati per ferrovia, come pure esentare i tragitti iniziali e terminali su strada da ogni tariffazione obbligatoria; considerando che è opportuno agevolare l'accesso del trasporto per conto proprio al trasporto combinato; considerando che la presente direttiva non deve incidere sugli obblighi incombenti agli Stati membri per quanto concerne i termini per il recepimento e l'applicazione delle direttive che formano oggetto del rifacimento, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 La presente direttiva si applica alle operazioni di trasporto combinato, salvo restando il regolamento (CEE) n. 881/92 (5). Ai sensi della presente direttiva per « trasporto combinato » si intendono i trasporti di merci fra Stati membri per i quali l'autocarro, il rimorchio, il semirimorchio con o senza veicolo trattore, la cassa mobile o il contenitore (di 20 piedi e oltre) effettuano la parte iniziale o terminale del tragitto su strada e l'altra parte per ferrovia, per via navigabile o per mare, allorché questo percorso non supera i 100 km in linea d'aria ed effettuano su strada il tragitto iniziale o terminale: - fra il punto di carico della merce e l'appropriata stazione ferroviaria di carico più vicina per il tragitto iniziale e fra il punto di scarico della merce e l'appropriata stazione ferroviaria di scarico più vicina per il tragitto terminale; - oppure in un raggio non superiore a 150 km in linea d'aria dal porto fluviale o marittimo di imbarco o di sbarco. Articolo 2 Entro il 1o luglio 1993 ciascuno Stato membro esonera da qualsiasi regime di contingentamento e autorizzazione i trasporti combinati di cui all'articolo 1. Articolo 3 In caso di trasporto combinato per conto terzi, il documento di trasporto che risponda almeno ai requisiti di cui all'articolo 6 del regolamento n. 11 del Consiglio, del 27 giugno 1960, riguardante l'abolizione di discriminazioni nel campo dei prezzi e delle condizioni di trasporto emanato in applicazione dell'articolo 79, paragrafo 3, del trattato che istituisce la Comunità economica europea (6), deve essere completato con l'indicazione delle stazioni ferroviarie di carico e scarico relative al percorso ferroviario o dei porti fluviali di imbarco o di sbarco relativi al percorso per via navigabile o dei porti marittimi di imbarco o di sbarco relativi al percorso marittimo. Tali menzioni vengono apposte prima dell'esecuzione del trasporto e confermate mediante apposizione di un timbro delle amministrazioni ferroviarie o portuali nelle stazioni ferroviarie o nei porti fluviali o marittimi di cui trattasi, al termine della parte di trasporto effettuata per ferrovia, per via navigabile o per mare. Articolo 4 Tutti i vettori stradali stabiliti in uno Stato membro e che possiedono i requisiti per l'accesso alla professione e al mercato per i trasporti di merci fra Stati membri hanno il diritto di effettuare, nel quadro di un trasporto combinato tra Stati membri, tragitti stradali iniziali e/o terminali che costituiscono parte integrante del trasporto combinato e comprendono o meno il varco di una frontiera. Articolo 5 1. La Commissione redige ogni due anni, e per la prima volta anteriormente al 1o luglio 1995, una relazione al Consiglio riguardante: - lo sviluppo economico del trasporto combinato, - l'applicazione del diritto comunitario in questo settore, - l'eventuale definizione di nuove azioni destinate a promuovere il trasporto combinato. 2. Nell'elaborazione della relazione di cui al paragrafo 1, la Commissione è assistita dai rappresentanti degli Stati membri per quanto riguarda la raccolta delle informazioni a tal fine necessarie. La relazione analizza le informazioni e i dati statistici concernenti in particolare: - le relazioni di traffico effettuate in trasporto combinato, - il numero di veicoli (un autotreno è considerato come un unico veicolo), casse mobili e contenitori trasportati nelle diverse relazioni di traffico, - il tonnellaggio trasportato, - le prestazioni eseguite in tonnellate-chilometri. La suddetta relazione propone, ove necessario, le soluzioni che permetteranno successivamente di migliorare tali informazioni e la situazione nel settore del trasporto combinato. Articolo 6 1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché le tasse elencate al paragrafo 3, applicabili ai veicoli stradali (autocarri, trattori, rimorchi o semirimorchi), sempreché utilizzati in trasporto combinato, siano ridotte o rimborsate, forfettariamente o in proporzione ai percorsi che i veicoli effettuano per ferrovia, entro i limiti, alle condizioni e secondo le modalità da essi fissate, previa consultazione della Commissione. Lo Stato di immatricolazione dei veicoli concede le riduzioni o i rimborsi di cui al primo comma sulla base dei percorsi per ferrovia effettuati all'interno del medesimo. Tuttavia gli Stati membri possono accordare tali riduzioni o rimborsi tenendo conto dei percorsi per ferrovia effettuati parzialmente o interamente al di fuori dello Stato membro di immatricolazione dei veicoli. 2. Fatte salve le disposizioni risultanti da eventuali modifiche a livello comunitario dei sistemi nazionali di tasse sui veicoli commerciali, i veicoli utilizzati esclusivamente per la trazione stradale nei percorsi iniziali o terminali di un trasporto combinato possono essere esentati, quando sono tassati isolatamente, dalle tasse indicate al paragrafo 3. 3. Le tasse di cui ai paragrafi 1 e 2 sono le seguenti: - Belgio: taxe de circulation sur les véhicules automobiles/verkeersbelasting op de autovoertuigen; - Danimarca: vaegtafgift af motorkoeretoejer mv; - Germania: Kraftfahrzeugsteuer; - Francia: taxe spéciale sur certains véhicules routiers; - Grecia: ôÝëç êõêëïoeïñssáò áõôïêéíÞôùí; - Spagna: a) impuesto sobre actividades económicas, b) impuesto sobre vehículos de tracción mecánica; - Irlanda: vehicle excise duties; - Italia: a) tassa automobilistica, b) addizionale del 5 % sulla tassa automobilistica; - Lussemburgo: taxe sur les véhicules automoteurs; - Paesi Bassi: motorrijtuigenbelasting; - Portogallo: a) imposto de camionagem, b) imposto de circulaçao; - Regno Unito: vehicle excise duties. Articolo 7 Quando un rimorchio o un semirimorchio, appartenente ad un'impresa che esegue trasporti per conto proprio, è trainato su uno dei percorsi terminali da un veicolo trattore appartenente ad un'impresa che esegue trasporti in conto terzi, il trasporto così eseguito è esentato dalla presentazione del documento di cui all'articolo 3; deve tuttavia essere prodotto un altro documento comprovante il percorso eseguito o da eseguire per ferrovia, per via navigabile o per mare. Articolo 8 Il tragitto stradale iniziale o terminale effettuato nel quadro di un trasporto combinato è esentato da qualsiasi tarifficazione obbligatoria. Articolo 9 Qualora nel quadro di un trasporto combinato l'impresa mittente effettui il tragitto stradale iniziale per conto proprio ai sensi della prima direttiva del Consiglio, del 23 luglio 1962, relativa all'emanazione di norme comuni per taluni trasporti di merci su strada (7), l'impresa destinataria della merce trasportata può effettuare per conto proprio, in deroga alla definizione stabilita dalla succitata direttiva, il tragitto stradale terminale per portare a destinazione la merce, utilizzando un veicolo trattore che le appartiene o che ha acquistato a rate o noleggiato conformemente alla direttiva 84/647/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1984, relativa all'utilizzazione dei veicoli noleggiati senza conducente per il trasporto di merci su strada (8), guidato da suoi dipendenti, mentre il rimorchio o il semirimorchio è immatricolato a nome dell'impresa mittente o noleggiato da quest'ultima. Il tragitto stradale iniziale di un trasporto combinato effettuato dall'impresa mittente utilizzando un veicolo trattore che le appartiene o che ha acquistato a rate o noleggiato conformemente alla direttiva 84/647/CEE, guidato da suoi dipendenti, mentre il rimorchio o il semirimorchio è immatricolato a nome dell'impresa destinataria della merce o noleggiato da quest'ultima, è parimenti considerato, in deroga alla direttiva del 23 luglio 1962, un'operazione di trasporto per conto proprio, qualora il tragitto stradale terminale sia effettuato per conto proprio dall'impresa destinataria conformemente a quest'ultima direttiva. Articolo 10 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 1o luglio 1993. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 11 1. La direttiva 75/130/CEE (9) è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri per quanto riguarda i termini di recepimento e di applicazione di cui all'allegato, parte A. 2. I riferimenti fatti alla direttiva abrogata devono intendersi come fatti alla presente direttiva e devono leggersi secondo la tabella di corrispondenza di cui all'allegato, parte B. Articolo 12 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 7 dicembre 1992. Per il Consiglio Il Presidente J. MacGREGOR (1) GU n. C 282 del 30. 10. 1992, pag. 8. (2) Parere reso il 20 novembre 1992 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) Parere reso il 24 novembre 1992 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (4) GU n. L 48 del 22. 2. 1975, pag. 31. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CEE) n. 881/92 (GU n. L 95 del 9. 4. 1992, pag. 1). (5) Regolamento (CEE) n. 881/92 del Consiglio, del 26 marzo 1992, relativo all'accesso al mercato dei trasporti di merci su strada nella Comunità effettuati in partenza dal territorio di uno Stato membro o a destinazione di questo, o in transito sul territorio di uno o più Stati membri (GU n. L 95 del 9. 4. 1992, pag. 1). (6) GU n. 52 del 16. 8. 1960, pag. 1121/60. (7) GU n. 70 del 6. 8. 1962, pag. 2005/62. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CEE) n. 881/92 (GU n. L 95 del 9. 4. 1992, pag. 1). (8) GU n. L 335 del 22. 12. 1984, pag. 72. Direttiva modificata dalla direttiva 90/398/CEE (GU n. L 202 del 31. 7. 1990, pag. 46). (9) Compresi gli atti che l'hanno modificata, ossia le pertinenti disposizioni dell'atto di adesione del 1985 e le direttive 79/5/CEE, 82/3/CEE, 82/603/CEE, 86/544/CEE e 91/224/CEE. ALLEGATO PARTE A Termini di recepimento o di applicazione Direttiva Data limite di recepimento o di applicazione 75/130/CEE (GU n. L 48 del 22. 2. 1975, pag. 31) 30 giugno 1975 79/ 5/CEE (GU n. L 5 del 9. 1. 1979, pag. 33) 1o luglio 1979 82/ 3/CEE (GU n. L 5 del 9. 1. 1982, pag. 12) - 82/603/CEE (GU n. L 247 del 23. 8. 1982, pag. 6) 1o aprile 1983 86/544/CEE (GU n. L 320 del 15. 11. 1986, pag. 33) 1o luglio 1987 91/224/CEE (GU n. L 103 del 23. 4. 1991, pag. 1) 1o gennaio 1992 PARTE B Tabella di corrispondenza Presente direttiva Direttiva 75/130/CEE Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2 Articolo 2 Articolo 3 Articolo 3 Articolo 4 Articolo 6 Articolo 5 Articolo 7 Articolo 6 Articolo 8 Articolo 7 Articolo 9 Articolo 8 Articolo 11 Articolo 9 Articolo 12 Articolo 10 - Articolo 11 - Articolo 12 Articolo 13 Allegato - | Trasporto intermodale: trasporto combinato di merci tra paesi dell’Unione europea
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Mira a promuovere le operazioni di trasporto intermodale* sostenendo le operazioni internazionali che soddisfano determinati criteri (cioè il trasporto detto combinato):salvaguardando il trasporto combinato dalle restrizioni nazionali (regimi di autorizzazione, tariffe e aliquote);chiarendo che le restrizioni del cabotaggio stradale * non si applicano ai tragitti stradali di trasporto combinato;consentendo carichi più pesanti e più grandi per i veicoli utilizzati nei tragitti stradali di trasporto combinato;concedendo sostegno finanziario attraverso incentivi fiscali e definizione ampliata di trasporto in proprio per le operazioni di trasporto combinato.
PUNTI CHIAVE
Ambito di applicazione
La direttiva fa riferimento al trasporto combinato di merci tra paesi dell’Unione europea (Unione) in cui:il veicolo o il rimorchio utilizza la strada nel tratto iniziale o finale del viaggio; e nell’altro tratto, i servizi ferroviari o le vie d’acqua interne o i servizi marittimi se questa sezione supera i 100 km in linea d’aria; e effettua il tratto iniziale o finale del viaggio di trasporto su strada:tra il punto in cui le merci vengono caricate e la stazione di carico ferroviaria idonea più vicina per il tratto iniziale e tra le stazioni di scarico ferroviarie appropriate più vicine e il punto in cui le merci vengono scaricate per l’ultima tratta, oentro un raggio non superiore a 150 km in linea d’aria dal porto sulla via d’acqua interna o porto marittimo di carico o scarico.Le dimensioni massime autorizzate e i pesi massimi autorizzati per i veicoli che eseguono viaggi transfrontalieri sono definite dalla direttiva 96/53/CE (si veda la sintesi).
Documenti di trasporto
In caso di trasporto combinato il documento di trasporto deve indicare:le stazioni ferroviarie di carico e scarico relative al percorso ferroviario; e i porti fluviali di imbarco o di sbarco relativi al percorso per via d’acqua interna o dei porti marittimi di imbarco o di sbarco relativi al percorso marittimo.Trasporto transfrontalieroTutti i vettori stradali stabiliti in un paese dell’Unione e che possiedono i requisiti per l’accesso alla professione e al mercato per i trasporti di merci fra paesi dell’Unione hanno il diritto di effettuare, nel quadro di un trasporto combinato tra paesi dell’Unione, tragitti stradali iniziali e/o terminali che costituiscono parte integrante del trasporto combinato e comprendono o meno il varco di una frontiera. La direttiva stabilisce regole specifiche per le operazioni di trasporto combinato in cui l’impresa mittente/ricevente effettua il tragitto stradale iniziale/terminale per conto proprio. L’impresa mittente/ricevente può inoltre effettuare le operazioni di trasporto per conto proprio in determinate condizioni.Il regolamento (CE) n. 1072/2009 fissa norme comuni per l’accesso al mercato del trasporto di merci dell’Unione destinate ai trasportatori non residenti che effettuano il cabotaggio stradale (si veda la sintesi).
Obblighi dei paesi dell’Unione
I paesi dell’Unione sono tenuti ad adottare misure che garantiscano che le tasse sui veicoli a motore applicabili ai veicoli stradali che effettuano trasporto combinato siano ridotte o rimborsate.
Revisione
La Commissione europea redige un rapporto per il Consiglio ogni due anni sullo sviluppo del trasporto combinato.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore il 15 dicembre 1992, con l’obbligo di essere recepita dalle legislazioni nazionali entro il 30 giugno 1993.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Trasporto multimodale e combinato (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Intermodale: il trasporto di merci che sfrutta servizi ferroviari, vie d’acqua interne o servizi marittimi in aggiunta al trasporto su strada.
Cabotaggio: l’attività esercitata da un trasportatore registrato in un paese dell’Unione che effettua un servizio di trasporto nazionale in un altro paese dell’Unione.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 92/106/CEE del Consiglio, del 7 dicembre 1992, relativa alla fissazione di norme comuni per taluni trasporti combinati di merci tra Stati membri (GU L 368 del 17.12.1992, pag. 38).
Le successive modifiche alla direttiva 92/106/CEE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI COLLEGATI
Regolamento (CE) n. 1072/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che fissa norme comuni per l’accesso al mercato internazionale del trasporto di merci su strada (GU L 300 del 14.11.2009, pag. 72).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 96/53/CE del Consiglio, del 25 luglio 1996, che stabilisce, per taluni veicoli stradali che circolano nella Comunità, le dimensioni massime autorizzate nel traffico nazionale e internazionale e i pesi massimi autorizzati nel traffico internazionale (GU L 235 del 17.9.1996, pag. 59).
Si veda la versione consolidata. | 6,684 | 589 |
Direttiva 78/142/CEE del Consiglio, del 30 gennaio 1978, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri concernenti i materiali e gli oggetti contenenti cloruro di vinile monomero destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari
Gazzetta ufficiale n. L 044 del 15/02/1978 pag. 0015 - 0017 edizione speciale finlandese: capitolo 13 tomo 8 pag. 0044 edizione speciale greca: capitolo 03 tomo 20 pag. 0087 edizione speciale svedese/ capitolo 13 tomo 8 pag. 0044 edizione speciale spagnola: capitolo 13 tomo 8 pag. 0091 edizione speciale portoghese: capitolo 13 tomo 8 pag. 0091
++++DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 30 gennaio 1978 relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti i materiali e gli oggetti contenenti cloruro di vinile monomero destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari ( 78/142/CEE ) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITA EUROPEE , visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea , in particolare l ' articolo 100 , vista la direttiva 76/893/CEE del Consiglio , del 23 novembre 1976 , relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti i materiali e gli oggetti destinati a venire in contatto con i prodotti alimentari ( 1 ) , in particolare l ' articolo 3 , vista la proposta della Commissione , visto il parere del Parlamento europeo ( 2 ) , visto il parere del Comitato economico e sociale ( 3 ) , considerando che l ' articolo 2 della direttiva 76/893/CEE stabilisce che i materiali e gli oggetti non devono cedere ai prodotti alimentari costituenti in quantità tale da rappresentare un pericolo per la salute umana ; considerando che l ' articolo 3 della stessa direttiva prevede che il Consiglio , in conformità della procedura dell ' articolo 100 del trattato , adotti mediante direttiva le disposizioni specifiche applicabili a taluni gruppi di materiali e oggetti ( direttive specifiche ) ; che tali disposizioni possono comportare in particolare dei limiti specifici di migrazione di taluni costituenti nei o sui prodotti alimentari nonché altre norme intese a garantire l ' osservanza delle disposizioni dell ' articolo 2 di detta direttiva ; considerando che è stato constatato che l ' ingestione di dosi elevate di cloruro monomero produce effetti nocivi sugli animali sottoposti ad esperimenti e che tali effetti possono prodursi anche nell ' uomo ; considerando che il comitato scientifico dell ' alimentazione umana ha espresso l ' opinione che sareb necessario ridurre quanto più possibile la presenza del cloruro di vinile monomero nel cloruro di polivinile e nei relativi polimeri ed ha al tempo stesso raccomandato che la presenza del cloruro di vinile monomero nei prodotti alimentari e nell ' acqua potabile non dovrebbe essere rivelata da un metodo applicabile in modo generale alla maggior parte dei prodotti alimentari e dalla maggior parte dei laboratori di controllo ; considerando che ulteriori ricerche sul cloruro di vinile monomero sono attualmente in corso ma che fino a quando non sarrano noti i loro risultati l ' ingestione di cloruro di vinile dovrebbe essere limitata a titolo precauzionale ; considerando che , per raggiungere tale obiettivo , lo strumento adeguato è rappresentato da una direttiva specifica ai sensi dell ' articolo 3 della direttiva 76/893/CEE , le cui norme generali diventano applicabili anche al caso di cui trattasi ; considerando tuttavia che la presente direttiva non tocca tutti gli aspetti dei materiali ed oggetti preparati a base di polimeri o di copolimeri di cloruro di vinile e che occorre pertanto autorizzare gli Stati membri a non imporre le indicazioni di etichettature fissate all ' articolo 7 dell direttiva 76/893/CEE conformemente alle possibilità previste ai paragrafi 4 e 5 di tale articolo , HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA : Articolo 1 1 . La presente direttiva è una direttiva specifica ai sensi dell ' articolo 3 della direttiva 76/893/CEE . 2 . La presente direttiva concerne la presenza e l ' eventuale cessione di cloruro di vinile monomero nei e da parte dei materiali e oggetti preparati a base di polimeri o di copolimeri di cloruro di vinile , qui di seguito denominati " materiali ed oggetti " , che , allo stato di prodotti finiti , sono destinati a essere messi a contatto con i prodotti alimentari o sono messi a contatto con i medesimi conformemente alla loro destinazione . Articolo 2 1 . I materiali e gli oggetti non devono contenere cloruro di vinile monomero in quantità superiore a quella fissata nell ' allegato I . 2 . I materiali e gli oggetti non devono cedere ai prodotti alimentari che sono stati o sono messi a contatto con detti materiali e oggetti cloruro di vinile rivelabile con il metodo che risponde a criteri stabiliti nell ' allegat II . Articolo 3 Il metodo di analisi necessario per il controllo dell ' osservanza delle disposizioni di cui all ' articolo 2 adottato secondo la procedura prevista all ' articolo 10 dell direttiva 76/893/CEE e risponde ai criteri stabiliti nell ' allegato II . Articolo 4 Il Consiglio riesamina le disposizioni della presente direttiva sulla base di relazioni della Commissione , elaborate in funzione delle cognizioni scientifiche e tecniche di cui si potrà disporre dopo l ' adozione della direttiva , ed eventualmente corredate da adeguate proposte . La prima relazione della Commissione viene trasmessa al Consiglio non oltre il 1 * gennaio 1979 . Articolo 5 La presente direttiva non pregiudica le disposizioni nazionali concernenti le altre possibili norme previste dall ' articolo 3 della direttiva 76/893/CEE , né la discrezionalità lasciata agli Stati membri ai sensi dell ' articolo 7 , paragrafi 4 e 5 della stessa direttiva . Articolo 6 1 . Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative , regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 26 novembre 1979 . Essi ne informano immediatamente la Commissione . 2 . Uno Stato membro puo tuttavia rinviare l ' esecuzione dell ' articolo 2 , paragrafo 2 e dell ' allegato II all ' adozione di un metodo di analisi comunitaria conformemente all ' articolo 3 . Articolo 7 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva . Fatto a Bruxelles , addi 30 gennaio 1978 . Per il Consiglio Il Presidente P . DALSAGER ( 1 ) GU n . L 340 del 9 . 12 . 1976 , pag . 19 . ( 2 ) GU n . C 118 del 16 . 5 . 1977 , pag . 70 . ( 3 ) GU n . C 114 dell ' 11 . 5 . 1977 , pag . 13 . ALLEGATO I Tenore massimo di cloruro di vinile monomero nei materiali e oggetti 1 mg / kg di prodotto finito . ALLEGATO II Criteri applicabili al metodo di determinazione del tenore di cloruro di vinile nei materiali e negli oggetti e di determinazione del cloruro di vinile ceduto dai materiali e dagli oggetti 1 . La determinazione del tenore di cloruro di vinile nei materiali e negli oggetti nonché la determinazione del cloruro di vinile ceduto ai prodotti alimentari dai materiali e dagli oggetti vengono effettuate tramite " cromatografia nella fase gassosa " secondo il metodo detto " head space " ( a spazio di testa ) . 2 . Per la determinazione del cloruro di vinile ceduto ai prodotti alimentari dai materiali e dagli oggetti , il limite di rivelabilità è di 0,01 mg / kg . 3 . La determinazione del cloruro di vinile ceduto ai prodotti alimentari dai materiali e dagli oggetti si effettua , in linea di massima , nei prodotti alimentari . Qualora per motivi tecnici risulti impossibile la determinazione in taluni prodotti alimentari , gli Stati membri possono autorizzare , per i suddetti prodotti alimentari , la determinazione mediante simulanti . | Materiali e oggetti contenenti cloruro di vinile monomero
La presente direttiva limita la presenza e la migrazione del cloruro di vinile monomero nei e da parte dei materiali e oggetti destinati a essere messi a contatto con i prodotti alimentari.
ATTO
Direttiva 78/142/CEE del Consiglio, del 30 gennaio 1978, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri concernenti i materiali e gli oggetti contenenti cloruro di vinile monomero destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari.
SINTESI
I materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari non devono cedere ai prodotti alimentari costituenti in quantità tale da rappresentare un pericolo per la salute umana.
Per garantire che i prodotti alimentari non contengano alcuna traccia di cloruro di vinile monomero rivelabile con il metodo generale di analisi comunitaria, i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari devono rispettare la presente direttiva. Nello specifico tali materiali e oggetti:
non devono contenere cloruro di vinile monomero in quantità superiore a 1 milligrammo per chilogrammo di prodotto finito; e
non devono cedere ai prodotti alimentari cloruro di vinile monomero in quantità superiore a 0,01 milligrammo per chilogrammo di prodotto finito.
Riferimenti
Atto
Data di entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Direttiva 78/142/CEE
1.2.1978
26.11.1979
GU L 44 del 15.2.1978
ATTI COLLEGATI
Direttiva 80/766/CEE della Commissione, dell'8 luglio 1980, che fissa il metodo comunitario di analisi per il controllo ufficiale del tenore di cloruro di vinile monomero nei materiali ed oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari [Gazzetta ufficiale L 213 del 16.8.1980].
La presente direttiva fissa il metodo comunitario di analisi per controllare il tenore di cloruro di vinile monomero nei materiali ed oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari. Tale metodo risponde ai criteri stabiliti nell'allegato della direttiva 79/142/CEE.
Direttiva 81/432/CEE della Commissione, del 29 aprile 1981, che stabilisce il metodo comunitario di analisi per il controllo ufficiale della quantità di cloruro di vinile ceduta ai prodotti alimentari dai materiali e dagli oggetti [Gazzetta ufficiale L 167 del 24.6.1981].
La presente direttiva stabilisce il metodo comunitario di analisi per controllare la quantità di cloruro di vinile monomero ceduta ai prodotti alimentari dai materiali e dagli oggetti. | 3,201 | 994 |
98/699/GAI: Azione comune del 3 dicembre 1998 sul riciclaggio di denaro e sull'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato adottata dal Consiglio in base all'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea
Gazzetta ufficiale n. L 333 del 09/12/1998 pag. 0001 - 0003
AZIONE COMUNE del 3 dicembre 1998 sul riciclaggio di denaro e sull'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato adottata dal Consiglio in base all'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea (98/699/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo K.3, paragrafo 2, lettera b),vista l'iniziativa del Regno Unito,visto il piano d'azione del Gruppo ad alto livello «Criminalità organizzata» approvato dal Consiglio europeo di Amsterdam del 16-17 giugno 1997 e, in particolare, la raccomandazione n. 26, lettera b), riguardante il potenziamento della ricerca e del sequestro dei proventi di reato,visto il parere formulato dal Parlamento europeo in seguito alla consultazione effettuata dalla presidenza a norma dell'articolo K.6 del trattato sull'Unione europea,viste l'azione comune del 5 dicembre 1997, che istituisce un meccanismo di valutazione dell'applicazione e dell'attuazione a livello nazionale degli impegni internazionali in materia di lotta contro la criminalità organizzata (1), nonché quella del 19 marzo 1998, che stabilisce un programma di scambi, di formazione e di cooperazione destinato alle persone responsabili della lotta contro la criminalità organizzata (programma Falcone) (2),considerando l'adesione degli Stati membri ai principi della convenzione del Consiglio d'Europa del 1990 sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato,vista la proposta di azione comune relativa alla punibilità della partecipazione a un'organizzazione criminale negli Stati membri dell'Unione europea, con particolare riguardo ai reati contemplati nella presente azione comune,considerando le disposizioni della direttiva 91/308/CEE del Consiglio, del 10 giugno 1991, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite (3), nonché le quaranta raccomandazioni contro il riciclaggio dei capitali come formulate dal gruppo di azione finanziaria internazionale sul riciclaggio dei capitali (FATF) nel 1996, in particolare la raccomandazione n. 4,vista l'azione comune del 17 dicembre 1996 relativa al ravvicinamento delle legislazioni e delle prassi degli Stati membri dell'Unione europea ai fini della lotta contro la tossicodipendenza e della prevenzione e lotta contro il traffico illecito di droga (4),tenendo a mente l'obiettivo comune di migliorare il coordinamento tra le autorità incaricate dell'applicazione della legge,rammentando l'azione comune che istituisce una rete giudiziaria europea, adottata dal Consiglio il 29 giugno 1998 (5),considerando che il potenziale di smantellamento delle attività criminali della criminalità organizzata viene considerevolmente migliorato da una più efficace cooperazione tra gli Stati membri nell'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca dei proventi di reato;considerando che prassi reciprocamente compatibili stanno rendendo più efficiente la cooperazione europea in materia di individuazione, rintracciamento, congelamento o sequestro e confisca dei proventi di reato;considerando che la raccomandazione n. 16 del piano d'azione del 28 aprile 1997 contro la criminalità organizzata ha sottolineato la necessità di accelerare le procedure di cooperazione giudiziaria nei settori connessi alla criminalità organizzata e di ridurre considerevolmente i termini di trasmissione e di risposta alle richieste;considerando l'adesione degli Stati membri alla convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 1959;alla luce della convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope del 1988 e della sessione straordinaria dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite in materia di droga del 1998;riconoscendo i risultati del seminario di Dublino del 1996 sulla confisca dei beni per quanto riguarda l'individuazione degli ostacoli ad un'efficace cooperazione;fermo restando che le forme di cooperazione indicate nella presente azione comune non pregiudicano altre forme di cooperazione bilaterale o multilaterale,HA ADOTTATO LA PRESENTE AZIONE COMUNE:Articolo 1 1. Al fine di potenziare l'azione efficace contro la criminalità organizzata gli Stati membri garantiscono che non sia fatta o accolta alcuna riserva sui seguenti articoli della convenzione del Consiglio d'Europa del 1990 sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato (in prosieguo denominata «la convenzione del 1990»):a) Articolo 2: se il reato è punibile con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà di durata massima superiore ad un anno.b) Articolo 6: se si tratta di reati gravi. Tali reati includono in ogni caso i reati punibili con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà di durata massima superiore ad un anno ovvero, per gli Stati il cui ordinamento giuridico prevede una soglia minima per i reati, i reati punibili con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà di durata minima superiore a sei mesi.La lettera a) lascia impregiudicate le riserve fatte relativamente alla confisca dei proventi derivanti da reati punibili ai sensi della legislazione fiscale.2. Ciascuno Stato membro garantisce che la sua legislazione e le sue procedure in materia di confisca dei proventi di reato gli consentano anche di confiscare la proprietà di beni per un valore corrispondente a siffatti proventi, sia nei procedimenti nazionali che in quelli avviati su richiesta di un altro Stato membro, comprese le richieste di confisca straniere. Gli Stati membri possono comunque escludere la confisca di beni per un valore corrispondente ai proventi di reato in casi non gravi. Le parole «proprietà di beni», «proventi» e «confisca» hanno un significato identico a quello di cui all'articolo 1 della convenzione del 1990.3. Ciascuno Stato membro assicura che la sua legislazione e le sue procedure interne gli consentano, su richiesta di un altro Stato membro, l'individuazione e il rintracciamento di probabili proventi di attività illecite, qualora vi sia un valido motivo di sospettare che sia stato commesso un reato. Siffatte legislazioni e procedure dovrebbero consentire di fornire assistenza nelle primissime fasi di un'investigazione e a tal fine gli Stati membri si adoperano per limitare il ricorso ai motivi facoltativi di rifiuto nei confronti di altri Stati membri di cui ai paragrafi 2 e 3 dell'articolo 18 della convenzione del 1990.Articolo 2 1. Nel quadro del funzionamento della rete giudiziaria europea, ciascuno Stato membro appronta una guida di facile uso, che indichi in che modo sia possibile ottenere informazioni e precisi il tipo di assistenza che può essere fornita al fine di individuare, rintracciare, congelare o sequestrare e confiscare gli strumenti e i proventi di reato. La guida specifica inoltre eventuali restrizioni importanti a tale assistenza e le informazioni che lo Stato richiedente dovrebbe fornire.2. Il Segretariato generale del Consiglio dell'Unione europea riceve le guide di cui al paragrafo 1 e provvede alla loro traduzione nelle lingue ufficiali della Comunità europea. Il Segretariato generale trasmette le guide agli Stati membri, alla rete giudiziaria europea e all'Europol.3. Ciascuno Stato membro assicura che la guida di cui al paragrafo 1 sia tenuta aggiornata e che eventuali modifiche siano inviate al Segretariato generale del Consiglio per essere tradotte e distribuite a norma del paragrafo 2.Articolo 3 Gli Stati membri accordano alle richieste di altri Stati membri relative all'individuazione, al rintracciamento, al congelamento o al sequestro e alla confisca dei proventi di reato la stessa priorità che accordano a tali misure nell'ambito delle procedure nazionali.Articolo 4 1. Gli Stati membri incoraggiano i contatti diretti tra inquirenti, magistrati inquirenti e pubblici ministeri avvalendosi degli accordi di cooperazione esistenti, per far sì che le richieste di assistenza per via formale siano presentate solo se necessario. Qualora occorra una richiesta formale, lo Stato richiedente provvede affinché tale richiesta sia adeguatamente elaborata e rispetti le disposizioni dello Stato richiesto.2. Laddove non sia possibile eseguire una richiesta di assistenza come previsto dallo Stato richiedente, lo Stato richiesto si adopera per soddisfarla in un modo alternativo, previa consultazione con lo Stato richiedente e nel pieno rispetto della legislazione nazionale e degli obblighi internazionali.3. Gli Stati membri presentano le richieste di assistenza non appena viene individuata la natura precisa dell'assistenza e, se la richiesta reca l'indicazione «urgente» o un termine di esecuzione, precisano i motivi dell'urgenza o il termine in questione.Articolo 5 1. Ove compatibile con la loro legislazione, gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per ridurre al minimo il rischio di dissipazione dei proventi. Tali provvedimenti comprendono le misure eventualmente necessarie per garantire che i beni oggetto di una richiesta di un altro Stato membro possano essere congelati o sequestrati tempestivamente in modo da non rendere vana una successiva richiesta di confisca.2. Qualora l'attuazione di una richiesta di assistenza giudiziaria in una zona di uno Stato membro conduca alla necessità di ulteriori indagini in un'altra zona dello stesso Stato membro, esso, compatibilmente con la propria legislazione nazionale, si adopera per assicurare l'assistenza necessaria senza che sia necessaria una lettera di richiesta in tal senso.3. Qualora l'esecuzione di una richiesta conduca alla necessità di ulteriori indagini su una questione connessa e lo Stato richiedente invii una lettera supplementare di richiesta, lo Stato richiesto, compatibilmente con la propria legislazione nazionale, si adopera per accelerare l'esecuzione di detta richiesta supplementare.Articolo 6 1. Gli Stati membri provvedono a stabilire accordi per rendere i membri dei loro organi giurisdizionali edotti delle migliori prassi di cooperazione internazionale nell'individuazione, rintracciamento, congelamento o sequestro e confisca degli strumenti e dei proventi di reato.2. Gli Stati membri assicurano un'adeguata formazione, che rispecchi le migliori prassi, a tutti gli inquirenti, compresi i magistrati inquirenti, pubblici ministeri e altri funzionari coinvolti nella cooperazione internazionale nei settori dell'individuazione, rintracciamento, congelamento o sequestro e confisca.3. La presidenza e gli Stati membri interessati, se del caso in cooperazione con la rete giudiziaria europea e l'Europol, possono organizzare seminari per i funzionari degli Stati membri e altri beneficiari interessati, volti a promuovere e a sviluppare la migliore prassi e ad incoraggiare la compatibilità delle procedure.Articolo 7 Entro la fine del 2000 il Consiglio riesamina la presente azione comune alla luce dei risultati del funzionamento dell'azione comune del 5 dicembre 1997, che istituisce un meccanismo di valutazione dell'applicazione e dell'attuazione a livello nazionale degli impegni internazionali in materia di lotta contro la criminalità organizzata.Articolo 8 1. Fatto salvo il paragrafo 2, gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie ad attuare la presente azione comune non appena entra in vigore e garantiscono che il suo contenuto sia portato a conoscenza delle pertinenti autorità nazionali e locali.2. Appropriate proposte relative all'attuazione dell'articolo 1 vengono sottoposte dagli Stati membri entro tre anni dall'entrata in vigore della presente azione comune all'esame delle autorità competenti ai fini della relativa adozione.Articolo 9 La presente azione comune è pubblicata nella Gazzetta ufficiale ed entra in vigore il giorno della sua pubblicazione.Fatto a Bruxelles, addì 3 dicembre 1998.Per il ConsiglioIl presidenteK. SCHLÖGL(1) GU L 344 del 15. 12. 1997, pag. 7.(2) GU L 99 del 31. 3. 1998, pag. 8.(3) GU L 166 del 28. 6. 1991, pag. 77.(4) GU L 342 del 31. 12. 1996, pag. 6.(5) GU L 191 del 7. 7. 1998, pag. 4. | Individuazione e confisca degli strumenti e dei proventi di reato
L'Unione europea (UE) mira a rendere più efficace la cooperazione tra i paesi dell’UE nei settori dell'individuazione, del rintracciamento, del congelamento o del sequestro e della confisca dei proventi di reato, al fine di combattere le attività illecite della criminalità organizzata.
ATTO
Azione comune 98/699/GAI, del 3 dicembre 1998, adottata dal Consiglio in base all'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea, sul riciclaggio di denaro e l'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o il sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato [Cfr. atto/i modificatore/i].
SINTESI
Per migliorare la cooperazione tra i paesi dell’Unione europea (UE) nella lotta contro il crimine organizzato, la presente azione comune provvede alla preparazione, nell’ambito delle operazioni della Rete giudiziaria europea, di guide di facile uso per individuare, rintracciare, congelare o sequestrare e confiscare gli strumenti e i proventi di reato. Ciascuno Stato membro deve garantire che la propria guida sia aggiornata e contenga informazioni relative a:
dove ottenere assistenza;
il tipo di assistenza che è pronto a fornire e le eventuali restrizioni;
le informazioni che è tenuto a fornire un paese che chiede assistenza.
Le guide devono essere inviate al Segretariato generale del Consiglio che provvede a tradurle e a distribuirle ai paesi dell’UE, alla rete giudiziaria europea e ad Europol.
I paesi dell’UE promuovono i contatti diretti attraverso gli attuali accordi di cooperazione tra i loro inquirenti, i magistrati inquirenti e i pubblici ministeri degli Stati membri per far sì che le richieste di assistenza per via formale siano presentate solo se necessario.
Per presentare una richiesta di assistenza in via formale, il paese dell’UE richiedente deve individuare la natura precisa dell'assistenza di cui necessita. La richiesta di assistenza deve essere adeguatamente elaborata e deve rispettare le disposizioni che il paese dell’UE oggetto della richiesta ha stabilito per tali richieste. Se la richiesta reca l'indicazione «urgente», il paese richiedente devono precisare i motivi dell'urgenza. Se il paese richiesto non può eseguire la richiesta di assistenza in un modo previsto dal paese richiedente, esso deve consultare il paese richiedente e cercare di eseguire la richiesta in un modo alternativo.
I paesi dell’UE si adoperano affinché la loro amministrazione giudiziaria sia resa edotta sulle migliori prassi di cooperazione internazionale in materia di individuazione, rintracciamento, congelamento o sequestro e confisca degli strumenti e dei proventi di reato e per assicurare un'adeguata formazione a tutti i funzionari coinvolti nella cooperazione internazionale in tali settori.
Riferimenti
Atto
Data di entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Azione comune 98/699/GAI
9.12.1998
-
GU L 333, 9.12.1998
Atto/i modificatore/i
Data di entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Decisione quadro 2001/500/GAI
5.7.2001
31.12.2002
GU L182, 5.7.2001
Le modifiche e correzioni successive all’azione comune 98/699/GAI sono state integrate nel testo di base. Questa versione consolidata ha solo valore documentale.
ATTI CONNESSI
Decisione quadro 2005/212/GAI del Consiglio, del 24 febbraio 2005, relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato [Gazzetta ufficiale L 68 del 15.3.2005].
La decisione quadro è destinata ad integrare il dispositivo previsto dalla decisione quadro 2001/500/JHA relativa al riciclaggio, individuazione, rintracciamento, congelamento o sequestro e confisca degli strumenti e dei proventi di reato. Obbliga ciascuno paese dell’UE ad adottare le misure necessarie per consentire la confisca di strumenti e di prodotti, o parti di essi, provenienti da reati penali che sono punibili con una pena privativa della libertà di durata superiore a un anno oppure di beni di valore equivalente a questi.
Per quanto riguarda i reati fiscali, i paesi dell’UE possono servirsi di procedimenti non penali per privare l'autore dei proventi di tali reati. La decisione quadro mira a garantire che tutti i paesi dell’UE dispongano di una normativa efficace in materia di confisca dei proventi di reato, in particolare per quanto concerne l'onere della prova relativamente all'origine dei beni detenuti da una persona riconosciuta colpevole di un reato legato alla criminalità organizzata. | 5,262 | 519 |
Direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti
Gazzetta ufficiale n. L 082 del 22/03/2001 pag. 0016 - 0020
Direttiva 2001/23/CE del Consigliodel 12 marzo 2001concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimentiIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 94,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Parlamento europeo(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),considerando quanto segue:(1) La direttiva 77/187/CEE del Consiglio, del 14 febbraio 1977, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti(3) è stata modificata in maniera sostanziale(4) ed è, perciò, opportuno, per motivi di chiarezza, procedere alla sua codificazione.(2) L'evoluzione economica implica, sul piano nazionale e comunitario, modifiche delle strutture delle imprese effettuate, tra l'altro, con trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti a nuovi imprenditori in seguito a cessioni contrattuali o a fusioni.(3) Occorre adottare le disposizioni necessarie per proteggere i lavoratori in caso di cambiamento di imprenditore, in particolare per assicurare il mantenimento dei loro diritti.(4) Sussistono differenze negli Stati membri per quanto riguarda l'entità della protezione dei lavoratori in questo settore e occorre attenuare tali differenze.(5) La carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata il 9 dicembre 1989 ("Carta sociale"), nei punti 7, 17 e 18 dispone in particolare che la realizzazione del mercato interno deve portare ad un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori nella Comunità europea. Tale miglioramento deve consentire, ove necessario, di sviluppare taluni aspetti della regolamentazione del lavoro, come le procedure per il licenziamento collettivo o quelle concernenti i fallimenti. Occorre sviluppare l'informazione, la consultazione e la partecipazione dei lavoratori, secondo modalità adeguate, tenendo conto delle prassi vigenti nei diversi Stati membri. L'informazione, la consultazione e la partecipazione devono essere realizzate tempestivamente, in particolare in occasione di ristrutturazioni o fusioni di imprese che incidono sull'occupazione dei lavoratori.(6) Nel 1977 il Consiglio ha adottato la direttiva 77/187/CEE per promuovere l'armonizzazione delle legislazioni nazionali relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori e chiedere ai cedenti e ai cessionari di informare e consultare in tempo utile i rappresentanti dei lavoratori.(7) Detta direttiva è stata in seguito modificata alla luce dell'impatto del mercato interno, delle tendenze legislative degli Stati membri per quanto riguarda il salvataggio delle imprese con difficoltà economiche, della giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, della direttiva 75/129/CEE del Consiglio, del 17 febbraio 1975, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi(5), e delle norme legislative già in vigore nella maggior parte degli Stati membri.(8) La sicurezza e la trasparenza giuridiche hanno richiesto un chiarimento della nozione giuridica di trasferimento alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia. Tale chiarimento non ha modificato la sfera di applicazione della direttiva 77/187/CEE, quale interpretata dalla Corte di giustizia.(9) La Carta sociale riconosce l'importanza della lotta contro tutte le forme di discriminazione, in particolare quelle basate sul sesso, sul colore, sulla razza, sulle opinioni e sulle credenze.(10) La presente direttiva deve far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione indicati nell'allegato I, parte B,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:CAPO IAmbito di applicazione e definizioniArticolo 11. a) La presente direttiva si applica ai trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti ad un nuovo imprenditore in seguito a cessione contrattuale o a fusione.b) Fatta salva la lettera a) e le disposizioni seguenti del presente articolo, è considerato come trasferimento ai sensi della presente direttiva quello di un'entità economica che conserva la propria identità, intesa come insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un'attività economica, sia essa essenziale o accessoria.c) La presente direttiva si applica alle imprese pubbliche o private che esercitano un'attività economica, che perseguano o meno uno scopo di lucro. Una riorganizzazione amministrativa di enti amministrativi pubblici o il trasferimento di funzioni amministrative tra enti amministrativi pubblici, non costituisce trasferimento ai sensi della presente direttiva.2. La presente direttiva si applica se e nella misura in cui l'impresa, lo stabilimento o la parte di impresa o di stabilimento da trasferire si trovi nell'ambito d'applicazione territoriale del trattato.3. La presente direttiva non si applica alle navi marittime.Articolo 21. Ai sensi della presente direttiva si intende:a) per "cedente", ogni persona fisica o giuridica che, in conseguenza di un trasferimento a norma dell'articolo 1, paragrafo 1, perde la veste di imprenditore rispetto all'impresa, allo stabilimento o a parte dell'impresa o dallo stabilimento;b) per "cessionario", ogni persona fisica o giuridica che, in conseguenza di un trasferimento a norma dell'articolo 1, paragrafo 1, acquisisce la veste di imprenditore rispetto all'impresa, allo stabilimento o a parte dell'impresa o dello stabilimento;c) per "rappresentanti dei lavoratori" ed espressioni connesse, i rappresentanti dei lavoratori previsti dalla legislazione o dalla prassi degli Stati membri;d) per "lavoratore", ogni persona che nello Stato membro interessato è tutelata come tale nell'ambito del diritto nazionale del lavoro.2. La presente direttiva non lede il diritto nazionale per quanto riguarda la definizione di contratto o di rapporto di lavoro.Tuttavia, gli Stati membri non potranno escludere dall'ambito di applicazione della presente direttiva i contratti o i rapporti di lavoro a motivo unicamente:a) del numero di ore di lavoro prestate o da prestare;b) di rapporti di lavoro disciplinati da un contratto di lavoro di durata determinata a norma dell'articolo 1, punto 1, della direttiva 91/383/CEE del Consiglio, del 25 giugno 1991, che completa le misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute durante il lavoro dei lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di lavoro interinale(6); oc) di rapporti di lavoro interinali a norma dell'articolo 1, punto 2, della direttiva 91/383/CEE e del fatto che l'impresa, lo stabilimento o la parte d'impresa o di stabilimento trasferita è l'agenzia di lavoro interinale che è il datore di lavoro o parte di essa.CAPO IIMantenimento dei diritti dei lavoratoriArticolo 31. I diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento sono, in conseguenza di tale trasferimento, trasferiti al cessionario.Gli Stati membri possono prevedere che il cedente, anche dopo la data del trasferimento, sia responsabile, accanto al cessionario, degli obblighi risultanti prima della data del trasferimento da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento.2. Gli Stati membri possono adottare i provvedimenti necessari per garantire che il cedente notifichi al cessionario tutti i diritti e gli obblighi che saranno trasferiti al cessionario a norma del presente articolo, nella misura in cui tali diritti e obblighi siano o avessero dovuto essere noti ai cedente al momento del trasferimento. Il fatto che il cedente ometta di notificare al cessionario tali diritti e obblighi non incide sul trasferimento di detto diritto o obbligo e dei diritti di qualsiasi lavoratore nei confronti del cessionario e/o del cedente in relazione a detto diritto o obbligo.3. Dopo il trasferimento, il cessionario mantiene le condizioni di lavoro convenute mediante contratto collettivo nei termini previsti da quest'ultimo per il cedente fino alla data della risoluzione o della scadenza del contratto collettivo o dell'entrata in vigore o dell'applicazione di un altro contratto collettivo.Gli Stati membri possono limitare il periodo del mantenimento delle condizioni di lavoro, purché esso non sia inferiore ad un anno.4. a) A meno che gli Stati membri dispongano diversamente, i paragrafi 1 e 3 non si applicano ai diritti dei lavoratori a prestazioni di vecchiaia, di invalidità o per i superstiti dei regimi complementari di previdenza professionali o interprofessionali, esistenti al di fuori dei regimi legali di sicurezza sociale degli Stati membri.b) Anche quando essi non prevedono, a norma della lettera a), che i paragrafi 1 e 3 si applichino a tali diritti, gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per tutelare gli interessi dei lavoratori e di coloro che hanno già lasciato lo stabilimento del cedente al momento del trasferimento per quanto riguarda i diritti da essi maturati o in corso di maturazione, a prestazioni di vecchiaia, comprese quelle per i superstiti, dei regimi complementari di cui alla lettera a) del presente paragrafo.Articolo 41. Il trasferimento di un'impresa, di uno stabilimento o di una parte di impresa o di stabilimento non è di per sé motivo di licenziamento da parte del cedente o del cessionario. Tale dispositivo non pregiudica i licenziamenti che possono aver luogo per motivi economici, tecnici o d'organizzazione che comportano variazioni sul piano dell'occupazione.Gli Stati membri possono prevedere che il primo comma non si applichi a talune categorie delimitate di lavoratori non coperti dalla legislazione o dalla prassi degli Stati membri in materia di tutela contro il licenziamento.2. Se il contratto di lavoro o il rapporto di lavoro è risolto in quanto il trasferimento comporta a scapito del lavoratore una sostanziale modifica delle condizioni di lavoro, la risoluzione del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro è considerata come dovuta alla responsabilità del datore di lavoro.Articolo 51. A meno che gli Stati membri dispongano diversamente, gli articoli 3 e 4 non si applicano ad alcun trasferimento di imprese, stabilimenti o parti di imprese o di stabilimenti nel caso in cui il cedente sia oggetto di una procedura fallimentare o di una procedura di insolvenza analoga aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso e che si svolgono sotto il controllo di un'autotità pubblica competente (che può essere il curatore fallimentare autorizzato da un'autorità pubblica competente).2. Quando gli articoli 3 e 4 si applicano ad un trasferimento nel corso di una procedura di insolvenza aperta nei confronti del cedente (indipendentemente dal fatto che la procedura sia stata aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso) e a condizione che tali procedure siano sotto il controllo di un'autorità pubblica competente (che può essere un curatore fallimentare determinato dal diritto nazionale), uno Stato membro può disporre che:a) nonostante l'articolo 3, paragrafo 1, gli obblighi del cedente risultanti da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro e pagabili prima dei trasferimento o prima dell'apertura della procedura di insolvenza non siano trasferiti al cessionario, a condizione che tali procedure diano adito, in virtù della legislazione dello Stato membro, ad una protezione almeno equivalente a quella prevista nelle situazioni contemplate dalla direttiva 80/987/CEE del Consiglio, del 20 ottobre 1980, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro(7); e/ob) il cessionario, il cedente o la persona o le persone che esercitano le funzioni del cedente, da un lato, e i rappresentanti dei lavoratori, dall'altro, possano convenire, nella misura in cui la legislazione o le prassi in vigore lo consentano, modifiche delle condizioni di lavoro dei lavoratori intese a salvaguardare le opportunità occupazionali garantendo la sopravvivenza dell'impresa, dello stabilimento o di parti di imprese o di stabilimenti.3. Uno Stato membro ha facoltà di applicare il paragrafo 2, lettera b), a trasferimenti in cui il cedente sia in una situazione di grave crisi economica quale definita dal diritto nazionale, purché tale situazione sia dichiarata da un'autorità pubblica competente e sia aperta al controllo giudiziario, a condizione che tali disposizioni fossero già vigenti nel diritto nazionale il 17 luglio 1998.La Commissione presenterà una relazione sugli effetti della presente disposizione entro il 17 luglio 2003 e sottoporrà eventuali proposte adeguate al Consiglio.4. Gli Stati membri adottano gli opportuni provvedimenti al fine di impedire che l'abuso delle procedure di insolvenza privi i lavoratori dei diritti loro riconosciuti a norma della presente direttiva.Articolo 61. Qualora l'impresa, lo stabilimento o parte di un'impresa o di uno stabilimento conservi la propria autonomia, sussistono lo status e la funzione dei rappresentanti o della rappresentanza dei lavoratori interessati dal trasferimento, secondo le stesse modalità e alle stesse condizioni esistenti prima della data del trasferimento, previsti dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative o da accordi, a patto che siano soddisfatte le condizioni necessarie per la costituzione della rappresentanza dei lavoratori.Il primo comma non si applica se, in virtù delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative o della prassi degli Stati membri o si termini di un accordo con i rappresentanti dei lavoratori, esistono le condizioni necessarie per la nuova designazione dei rappresentanti dei lavoratori o la nuova costituzione della rappresentanza dei lavoratori.Nel caso in cui il cedente sia oggetto di una procedura fallimentare o di una procedura di insolvenza analoga aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso e che si svolge sotto il controllo di un'autorità pubblica competente (che può essere il curatore fallimentare autorizzato da un'autorità pubblica competente), gli Stati membri possono adottare i provvedimenti necessari al fine di garantire che i lavoratori trasferiti siano adeguatamente rappresentati fino alla nuova elezione o designazione di rappresentanti dei lavoratori.Qualora l'impresa, lo stabilimento o la parte di un'impresa o di uno stabilimento non conservi la propria autonomia, gli Stati membri adotteranno i provvedimenti necessari per garantire che i lavoratori trasferiti, che erano rappresentati prima del trasferimento, continuino ad essere adeguatamente rappresentati per il periodo necessario a provvedere ad una nuova costituzione o designazione della rappresentanza dei lavoratori, conformemente alla legislazione o alla prassi nazionale.2. Qualora il mandato dei rappresentanti dei lavoratori interessati dal trasferimento scada a causa del trasferimento, questi rappresentanti continuano a beneficiare delle misure di protezione previste dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative o dalla prassi degli Stati membri.CAPO IIIInformazione e consultazioneArticolo 71. Il cedente e il cessionario sono tenuti ad informare i rappresentanti dei rispettivi lavoratori interessati da un trasferimento sui seguenti punti:- data o data proposta del trasferimento,- motivi del trasferimento,- conseguenze giuridiche, economiche e sociali, del trasferimento per i lavoratori,- misure previste nei confronti dei lavoratori.Il cedente è tenuto a comunicare tali informazioni ai rappresentanti dei suoi lavoratori in tempo utile prima dell'attuazione del trasferimento.Il cessionario è tenuto a comunicare tali informazioni ai rappresentanti dei suoi lavoratori in tempo utile ed in ogni caso prima che i suoi lavoratori siano direttamente lesi dal trasferimento nelle loro condizioni d'impiego e di lavoro.2. Se il cedente o il cessionario prevedono misure nei confronti dei rispettivi lavoratori, essi sono tenuti ad avviare in tempo utile consultazioni in merito a tali misure con i rappresentanti dei rispettivi lavoratori al fine di ricercare un accordo.3. Gli Stati membri le cui disposizioni legislative, regolamentari e amministrative prevedono la possibilità per i rappresentanti dei lavoratori di ricorrere ad un'istanza di arbitrato per ottenere una decisione su misure da adottare nei confronti dei lavoratori, possono limitare gli obblighi previsti nei paragrafi 1 e 2 ai casi in cui il trasferimento realizzato comporta una modifica a livello dello stabilimento che può implicare svantaggi sostanziali per una parte consistente dei lavoratori.L'informazione e la consultazione devono almeno riferirsi alle misure previste nei confronti dei lavoratori.L'informazione e la consultazione devono aver luogo in tempo utile prima dell'attuazione della modifica a livello dello stabilimento di cui al primo comma.4. Gli obblighi di cui al presente articolo si applicano indipendentemente dal fatto che la decisione riguardante il trasferimento sia presa dal datore di lavoro o da un'impresa che lo controlla.Nell'esame delle pretese violazioni degli obblighi in materia di informazione e di consultazione previsti nella presente direttiva, non si deve tener conto quale mezzo di difesa del fatto che tale violazione è avvenuta in quanto l'impresa che controlla il datore di lavoro non gli ha trasmesso le informazioni necessarie.5. Gli Stati membri possono limitare gli obblighi previsti nei paragrafi 1, 2 e 3 alle imprese o agli stabilimenti che soddisfano, per quanto riguarda il numero dei lavoratori occupati, le condizioni per l'elezione o la designazione di un organo collegiale che rappresenti i lavoratori.6. Gli Stati membri possono prevedere che, qualora in un'impresa o in uno stabilimento non vi siano rappresentanti dei lavoratori per motivi indipendenti dalla volontà degli stessi, i lavoratori interessati debbano essere informati in precedenza:- della data o della data proposta del trasferimento,- dei motivi del trasferimento,- delle conseguenze giuridiche, economiche e sociali del trasferimento per i lavoratori,- delle misure previste nei confronti dei lavoratori.CAPO IVDisposizioni finaliArticolo 8La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare o di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori o di incoraggiare o consentire l'applicazione di accordi collettivi o di accordi tra le parti sociali più favorevoli ai lavoratori.Articolo 9Gli Stati membri introducono nelle loro normative nazionali i provvedimenti atti a consentire a tutti i lavoratori e ai loro rappresentanti che si ritengono lesi dall'inosservanza degli obblighi derivanti dalla presente direttiva, di tutelare i loro diritti con un'azione in giudizio dopo eventuali ricorsi ad altri organi competenti.Articolo 10La Commissione presenta al Consiglio una relazione sugli effetti delle disposizioni della presente direttiva entro il 17 luglio 2006. Essa propone le modifiche che risultano necessarie.Articolo 11Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 12La direttiva 77/187/CEE come modificata dalla direttiva di cui all'allegato I, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini d'attuaziune indicati all'allegato I, parte B.I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato II.Articolo 13La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla data della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 14Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 12 marzo 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteB. Ringholm(1) Parere espresso il 25 ottobre 2000 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(2) GU C 367 del 20.12.2000, pag. 21.(3) GU L 61 del 5.3.1977, pag. 26.(4) Cfr. allegato I, parte A.(5) GU L 48 del 22.2.1975, pag. 29. Direttiva sostituita dalla direttiva 98/59/CE (GU L 225 del 12.8.1998, pag. 16).(6) GU L 206 del 29.7.1991, pag. 19.(7) GU L 283 del 20.10.1980, pag. 23. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.ALLEGATO IPARTE ADirettiva abrogata e modificazione successiva(articolo 12)Direttiva 77/187/CEE del Consiglio (GU L 61 del 5.3.1977, pag. 26)Direttiva 98/50/CE del Consiglio (GU L 201 del 17.7.1998, pag. 88)PARTE BElenco dei termini per l'attuazione in diritto nazionale(articilo 12)>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO IITAVOLA DI CONCORDANZA>SPAZIO PER TABELLA> | Tutela dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento della proprietà di un’impresa
SINTESI
CHE COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA?
Stabilisce i diritti dei lavoratori a livello dell’UE in casi di trasferimento della proprietà dell’impresa in cui lavorano, nonché gli obblighi di cedenti e cessionari.
PUNTI CHIAVE
Ambito di applicazione
La direttiva si applica a tutti i tipi di rapporto di lavoro, senza distinzioni per quanto riguarda:
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il numero di ore di lavoro prestate o da prestare;
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il tipo di contratto di lavoro (a durata indeterminata, determinata o interinale).
Si applica a tutte le imprese, pubbliche o private, che esercitano un’attività economica a scopo lucrativo o non lucrativo.
Trasferimento della proprietà
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Il trasferimento della proprietà può risultare da una cessione contrattuale o da una fusione.
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La persona o l’impresa destinataria del trasferimento diventa il datore di lavoro dell’impresa a essa trasferita.
Trasferimento del rapporto di lavoro
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Il trasferimento di un’impresa non costituisce un motivo di licenziamento. I licenziamenti possono unicamente intervenire per ragioni economiche, tecniche o di organizzazione.
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Quando la proprietà viene trasferita i lavoratori mantengono i propri diritti e obblighi, legati all’esistenza di un contratto di lavoro o di un rapporto di lavoro.
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I termini e le condizioni di lavoro dei dipendenti vengono mantenute per la durata di validità del contratto collettivo dell’impresa trasferita. Tuttavia, tale periodo può essere limitato dai governi nazionali, ma non può essere inferiore a un anno.
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I diritti e gli obblighi dei lavoratori, esistenti a titolo dei regimi complementari di protezione sociale, non vengono trasferiti. Tuttavia, i governi nazionali possono prendere misure per proteggere i diritti alle prestazioni di vecchiaia acquisiti a titolo di tali regimi.
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I diritti e gli obblighi dei lavoratori non vengono mantenuti quando il trasferimento avviene nel corso di una procedura fallimentare o d’insolvenza. I governi nazionali possono prendere tutte le misure necessarie per evitare ricorsi abusivi a procedure d’insolvenza, miranti a privare i lavoratori dei loro diritti.
Rappresentanti dei lavoratori
—
Al momento del trasferimento, i rappresentanti dei lavoratori mantengono le loro funzioni finché non sia possibile un loro rinnovo. I lavoratori devono continuare ad essere rappresentati, anche in caso di procedura fallimentare o d’insolvenza.
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I rappresentanti sindacali devono essere consultati prima dell’adozione di misure riguardanti i lavoratori.
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Il precedente e il nuovo datore di lavoro devono informare per tempo i lavoratori o i loro rappresentanti:
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della data fissata o proposta per il trasferimento;
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dei motivi del trasferimento;
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delle conseguenze giuridiche, economiche e sociali del trasferimento per i lavoratori;
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di qualsiasi misura prevista nei confronti dei lavoratori.
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Se nel paese dell’UE interessato esiste un’istanza di arbitrato, l’obbligo d’informazione e consultazione può essere limitato ai casi in cui il trasferimento determini svantaggi per una parte importante dei lavoratori.
CONTESTO
Condizioni di lavoro: trasferimento di imprese.
ATTO
Direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Direttiva 2001/23/CE del Consiglio
11.4.2001
16.2.1979
GU L 82 del 22.3.2001, pagg. 16-20
Le modifiche successive alla direttiva 2001/23/CE sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. | 7,230 | 577 |
Regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, relativo all'istituzione di una classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (NUTS)
Gazzetta ufficiale n. L 154 del 21/06/2003 pag. 0001 - 0041
Regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consigliodel 26 maggio 2003relativo all'istituzione di una classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (NUTS)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 285,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale europeo(2),visto il parere del Comitato delle regioni(3),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(4),considerando quanto segue:(1) Gli utenti delle statistiche manifestano una sempre maggiore necessità di armonizzazione, al fine di disporre di dati comparabili in tutta l'Unione europea. Per funzionare, il mercato interno necessita di standard statistici applicabili alla raccolta, alla trasmissione e alla pubblicazione di statistiche nazionali e comunitarie, in modo da fornire a tutti gli operatori del mercato unico dati statistici comparabili. In tale contesto le classificazioni costituiscono uno strumento importante per la rilevazione, la compilazione e la diffusione di statistiche comparabili.(2) Le statistiche regionali sono un elemento fondamentale del sistema statistico europeo. Esse sono utilizzate per molteplici scopi. Per molti anni le statistiche regionali europee sono state rilevate, compilate e diffuse in base a una classificazione regionale comune detta "Nomenclatura delle unità territoriali per la statistica" (in seguito denominata NUTS). È opportuno che tale classificazione regionale sia ora fissata in un quadro giuridico e siano stabilite regole chiare per le sue future modifiche. La classificazione NUTS non dovrebbe precludere l'esistenza di altre suddivisioni e classificazioni.(3) Di conseguenza, tutte le statistiche che gli Stati membri trasmettono alla Commissione, suddivise in unità territoriali, dovrebbero avvalersi della classificazione NUTS, ove opportuno.(4) Per l'analisi e la diffusione la Commissione dovrebbe ricorrere alla classificazione NUTS per tutte le statistiche classificate per unità territoriali, ove opportuno.(5) Per le statistiche regionali sono necessari vari livelli, a seconda della finalità per cui sono elaborate a livello nazionale ed europeo. È quindi opportuno disporre di almeno tre livelli gerarchici di dettaglio nella classificazione regionale europea NUTS. Gli Stati membri potrebbero disporre di ulteriori livelli di dettaglio relativi alla NUTS, nei casi in cui lo ritengano necessario.(6) Le informazioni relative all'attuale composizione territoriale delle regioni NUTS di livello 3 sono necessarie per una corretta gestione della classificazione NUTS e dovrebbero quindi essere trasmesse regolarmente alla Commissione.(7) I criteri oggettivi sono necessari per la definizione delle regioni e al fine di garantire l'imparzialità nella compilazione e nell'uso delle statistiche regionali.(8) Gli utenti delle statistiche regionali dovrebbero disporre di una nomenclatura stabile nel tempo. Per tale motivo la classificazione NUTS non dovrebbe essere modificata troppo spesso. L'esistenza di questo regolamento garantirà una maggiore stabilità delle regole nel tempo.(9) Per garantire la comparabilità delle statistiche regionali, la popolazione delle regioni deve essere di entità comparabile. Per raggiungere tale obiettivo le modifiche della classificazione NUTS dovrebbero rendere la struttura regionale più omogenea in termini di dimensione della popolazione.(10) Deve inoltre essere rispettata l'attuale situazione politica, amministrativa ed istituzionale. Le unità non amministrative devono rispecchiare circostanze economiche, sociali, storiche, culturali, geografiche o ambientali.(11) Occorrerebbe fare riferimento alla definizione di "popolazione" sulla quale si basa la classificazione.(12) La classificazione NUTS è limitata al territorio economico degli Stati membri e non copre completamente il territorio cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea. Il suo utilizzo per scopi comunitari dovrà pertanto essere valutato caso per caso. Il territorio economico di ogni paese, secondo la definizione contenuta nella decisione 91/450/CEE della Commissione(5) comprende anche un territorio extraregionale, costituito da parti del territorio economico che non possono essere annesse ad una determinata regione (spazio aereo, acque territoriali e piattaforma continentale, enclave, in particolare ambasciate, consolati e basi militari, depositi di petrolio, gas naturale, ecc. in acque internazionali, al di fuori della piattaforma continentale, gestiti da unità residenti). La classificazione NUTS deve anche prevedere la possibilità di statistiche per questo territorio extraregionale.(13) Le modifiche della classificazione NUTS saranno apportate dopo aver consultato accuratamente gli Stati membri.(14) Dato che gli obiettivi dell'azione proposta, vale a dire l'armonizzazione delle statistiche regionali, non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può adottare misure conformemente al principio di sussidiarietà di cui all'articolo 5 del trattato. Secondo il principio di proporzionalità di cui a detto articolo, il presente regolamento non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento dei suddetti obiettivi.(15) La classificazione NUTS oggetto del presente regolamento dovrebbe sostituire la "Nomenclatura delle unità territoriali per la statistica (NUTS)" istituita finora dall'Istituto statistico delle Comunità europee in collaborazione con gli istituti statistici nazionali. Di conseguenza, tutti i riferimenti alla "Nomenclatura delle unità territoriali per la statistica (NUTS)" negli atti comunitari andrebbero intesi come riferimenti alla classificazione NUTS oggetto del presente regolamento.(16) Il regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie(6), costituisce il quadro di riferimento per le disposizioni del presente regolamento.(17) Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(7).(18) A norma dell'articolo 3 della decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio(8) è stato consultato il comitato del programma statistico istituito dalla suddetta decisione.HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1Oggetto1. Il presente regolamento mira ad istituire una classificazione statistica comune delle unità territoriali, in seguito denominata "NUTS", al fine di consentire la raccolta, la compilazione e la diffusione di statistiche regionali armonizzate nella Comunità.2. La classificazione NUTS di cui all'allegato I sostituisce la "Nomenclatura delle unità territoriali per la statistica (NUTS)" elaborata dall'Istituto statistico delle Comunità europee in collaborazione con gli istituti statistici nazionali degli Stati membri.Articolo 2Struttura1. La classificazione NUTS suddivide il territorio economico degli Stati membri, come definito dalla decisione 91/450/CEE in unità territoriali. Essa attribuisce a ogni unità territoriale un nome ed un codice specifici.2. La classificazione NUTS è gerarchica. Ogni Stato membro è suddiviso in unità territoriali di livello NUTS 1, ognuna delle quali è suddivisa in unità territoriali di livello NUTS 2, a loro volta suddivise in unità territoriali di livello NUTS 3.3. Tuttavia, una determinata unità territoriale può essere classificata a vari livelli NUTS.4. Allo stesso livello NUTS due unità territoriali diverse nello stesso Stato membro non possono essere identificate dallo stesso nome. Se due unità territoriali in Stati membri diversi hanno lo stesso nome, al nome delle unità territoriali è aggiunto l'identificatore del paese.5. In ogni Stato membro possono sussistere ulteriori livelli gerarchici di dettaglio, decisi dallo Stato membro, che suddividono il livello NUTS 3. Entro due anni dall'entrata in vigore del presente regolamento la Commissione, previa consultazione degli Stati membri, presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una comunicazione sull'opportunità di istituire norme su scala europea per livelli più particolareggiati nella classificazione NUTS.Articolo 3Criteri di classificazione1. Le unità amministrative esistenti all'interno degli Stati membri costituiscono il primo criterio di definizione delle unità territoriali.A tal fine, per "unità amministrativa" si intende una zona geografica in cui un'autorità amministrativa ha la competenza di prendere decisioni amministrative o politiche per tale zona, all'interno del quadro giuridico e istituzionale dello Stato membro.2. Per stabilire in quale livello NUTS debba essere classificata una determinata classe di unità amministrative di uno Stato membro, si considera la dimensione media della classe di unità amministrative dal punto di vista della popolazione facendo riferimento alla tabella seguente:>SPAZIO PER TABELLA>Se la popolazione di un intero Stato membro è inferiore al limite minimo per un determinato livello NUTS, l'intero Stato membro costituisce una unità territoriale NUTS per tale livello.3. Ai fini del presente regolamento, la popolazione di un'unità territoriale comprende le persone che risiedono abitualmente in questa zona.4. Le unità amministrative esistenti utilizzate per la classificazione NUTS sono elencate nell'allegato II. Gli emendamenti dell'allegato II sono adottati secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 7, paragrafo 2.5. Se, per un determinato livello NUTS, nello Stato membro non esistono unità amministrative di dimensione opportuna, in conformità dei criteri elencati nel paragrafo 2, il livello NUTS sarà costituito aggregando un numero adeguato di unità amministrative contigue esistenti di dimensione minore. L'aggregazione terrà conto di pertinenti criteri quali le circostanze geografiche, socioeconomiche, storiche, culturali o ambientali.Le unità risultanti dall'aggregazione sono definite in seguito "unità non amministrative". La dimensione delle unità non amministrative in uno Stato membro per un determinato livello NUTS deve rientrare nei limiti indicati dalla tabella di cui al paragrafo 2.Secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 7, paragrafo 2, singole unità non amministrative possono tuttavia non rientrare nei suddetti limiti in determinate circostanze geografiche, socio-economiche, storiche, culturali o ambientali specialmente nelle isole e nelle regioni ultraperiferiche.Articolo 4Componenti della NUTS1. Entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente regolamento la Commissione pubblica l'elenco dei componenti di ogni unità territoriale NUTS di livello 3, ovvero l'elenco delle unità amministrative più piccole di cui all'allegato III, trasmessole dagli Stati membri.Gli emendamenti dell'allegato III sono adottati secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 7, paragrafo 2.2. Entro il primo semestre di ogni anno gli Stati membri comunicano alla Commissione tutti i cambiamenti dei componenti per l'anno precedente, che possano avere effetti sui confini del livello NUTS 3, rispettando in tal modo il formato elettronico dei dati richiesto dalla Commissione.Articolo 5Emendamenti della NUTS1. Gli Stati membri informano la Commissione di:a) tutte le modifiche intervenute nelle unità amministrative nella misura in cui possano avere effetti sulla classificazione NUTS di cui all'allegato I o sui contenuti degli allegati II e III;b) tutte le altre modifiche a livello nazionale che possano avere effetti sulla classificazione NUTS, secondo i criteri di classificazione di cui all'articolo 3.2. Le modifiche dei confini del livello NUTS 3 dovute a modifiche delle unità amministrative più piccole di cui all'allegato III:a) non sono considerate emendamenti della classificazione NUTS se comportano un trasferimento di popolazione uguale o inferiore all'1 % delle unità territoriali NUTS 3 interessate;b) sono considerate emendamenti della classificazione NUTS, a norma del paragrafo 3 del presente articolo, se comportano un trasferimento di popolazione superiore all'1 % delle unità territoriali NUTS 3 interessate.3. Gli emendamenti della classificazione NUTS per le unità non amministrative di uno Stato membro, come indicato nell'articolo 3, paragrafo 5, possono essere apportati se, al livello NUTS in questione, tale modifica riduce la deviazione media della dimensione in termini di popolazione di tutte le unità territoriali dell'Unione europea.4. Gli emendamenti della classificazione NUTS sono adottati nel secondo semestre dall'anno civile secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 7, paragrafo 2, rispettando un intervallo minimo di tre anni, sulla base dei criteri di cui all'articolo 3. Cionostante, nel caso di una riorganizzazione sostanziale della pertinente struttura amministrativa di uno Stato membro, gli emendamenti della classificazione NUTS possono essere adottati ad intervalli inferiori a tre anni.Le misure di attuazione della Commissione di cui al primo comma entrano in vigore, per quanto attiene alla trasmissione dei dati alla Commissione, il 1o gennaio del secondo anno dopo l'adozione.5. Allorché è apportato un emendamento alla classificazione NUTS, lo Stato membro in questione comunica alla Commissione le serie per la nuova suddivisione regionale, in sostituzione dei dati già trasmessi. L'elenco delle serie e la loro durata sono specificati secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 7, paragrafo 2, tenendo conto della possibilità concreta di fornirle. Tali serie devono essere fornite entro due anni dall'adozione dell'emendamento della classificazione NUTS.Articolo 6GestioneLa Commissione adotta le misure necessarie a garantire una gestione coerente della classificazione NUTS. Tali misure possono includere, in particolare:a) l'elaborazione e l'aggiornamento di note esplicative della NUTS;b) l'analisi di problemi legati derivanti dall'applicazione della NUTS per la classificazione delle unità territoriali degli Stati membri.Articolo 7Procedura1. La Commissione è assistita dal comitato del programma statistico, istituito dall'articolo 1 della decisione 89/382/CEE, Euratom (in seguito denominato "il comitato").2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 8RelazioneTre anni dopo l'entrata in vigore del presente regolamento, la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulla sua applicazione.Articolo 9Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 26 maggio 2003.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteG. Drys(1) GU C 180 E del 26.6.2001, pag. 108(2) GU C 260 del 17.9.2001, pag. 57.(3) GU C 107 del 3.5.2002, pag. 54.(4) Parere del Parlamento europeo del 24 ottobre 2001 (GU C 112 E del 9.5.2002, pag. 146), posizione comune del Consiglio del 9 dicembre 2002 (GU C 32 E dell'11.2.2003, pag. 26) e decisione del Parlamento europeo dell'8 aprile 2003 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(5) GU L 240 del 29.8.1991, pag. 36.(6) GU L 52 del 22.2.1997, pag. 1.(7) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(8) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47.ALLEGATO IClassificazione NUTS (codice - nome)>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO IIUnità amministrative esistentiA livello NUTS 1: per il Belgio "Gewesten/Régions", per la Germania "Länder", per il Portogallo "Continente", Região dos Açores and Região da Madeira, e per il Regno Unito Scozia, Galles, Irlanda del Nord e Government Office Regions of England.A livello NUTS 2: per il Belgio "Provincies/Provinces", per la Germania "Regierungsbezirke", per la Grecia "periferies", per la Spagna "comunidades y ciudades autonomas", per la Francia "régions", per l'Irlanda "regions", per l'Italia "regioni", per i Paesi Bassi "provincies" e per l'Austria "Länder".A livello NUTS 3: per il Belgio "arrondissementen/arrondissements", per la Danimarca "Amtskommuner", per la Germania "Kreise/kreisfreie Städte", per la Grecia "nomoi", per la Spagna "provincias", per la Francia "départements", per l'Irlanda "regional authority regions", per l'Italia "province", per la Svezia "län" e per la Finlandia "maakunnat/Landskapen".ALLEGATO IIIUnità amministrative più piccolePer il Belgio "Gemeenten/Communes", per la Danimarca "Kommuner", per la Germania "Gemeinden", per la Grecia "Demoi/Koinotites", per la Spagna "Municipios", per la Francia "Communes", per l'Irlanda "counties or county boroughs", per l'Italia "Comuni", per il Lussemburgo "Communes", per i Paesi Bassi "Gemeenten", per l'Austria "Gemeinden", per il Portogallo "Freguesias", per la Finlandia "Kunnat/Kommuner", per la Svezia "Kommuner" e per il Regno Unito "Wards". | Classificazione comune delle unità territoriali a fini statistici (NUTS)
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Il regolamento (CE) n. 1059/2003 definisce le norme per la gestione della nomenclatura delle unità territoriali per la statistica (NUTS), un sistema gerarchico di suddivisione del territorio economico dell’Unione europea (Unione) al fine di raccogliere, sviluppare e armonizzare le statistiche regionali europee, la valutazione dei livelli di ammissibilità ai Fondi strutturali dell’Unione e l’elaborazione delle politiche regionali dell’Unione. Il regolamento contiene inoltre norme per le future modifiche alla classificazione. Ciò per garantire che i dati si riferiscano alla stessa unità regionale per un determinato periodo di tempo. Il concetto è rilevante soprattutto per le serie storiche. È stato modificato diverse volte, tra gli altri, da:regolamenti (CE) n. 1888/2005, (CE) n. 176/2008 e (UE) n. 517/2013 per tener conto dell’adesione dei nuovi Stati membri dell’UE;regolamenti (CE) n. 105/2007, (UE) n. 31/2011, (UE) n. 1319/2013, (UR) n. 868/2014, (UE) 2016/2066 e (UE) 2019/1755 che modificano gli allegati per tenere conto delle modifiche alla classificazione;regolamento di modifica (UE) 2017/2391 che introduce lo statuto giuridico per le tipologie territoriali collegate alla classificazione NUTS (si veda di seguito).
PUNTI CHIAVE
La gerarchia NUTS
Per ciascun paese dell’Unione esistono tre livelli gerarchici di suddivisione regionale che si basa su soglie minime e massime di popolazione, come segue.NUTS 1. Principali regioni socio-economiche, ad esempio i Länder tedeschi, le Gewesten/regioni del Belgio, le macroregioni in Polonia o in Romania. NUTS 2. Regioni di base per l’applicazione delle politiche regionali, ad esempio le province in Belgio o nei Paesi Bassi, i Bundesländer austriaci e le regioni ceche (oblasti). NUTS 3. Piccole regioni per diagnosi specifiche, ad esempio i département francesi, le province bulgare (oblasti), le province italiane.Il terzo livello è una suddivisione del secondo livello, il secondo livello è una suddivisione del primo livello e il primo livello è una suddivisione dei paesi. NUTS non comprende il livello locale (municipale). Se la popolazione di un intero Stato membro è inferiore al limite minimo per un determinato livello NUTS, l’intero paese costituisce una unità territoriale NUTS per tale livello.
Criteri di classificazione
Le unità amministrative esistenti negli Stati membri costituiscono il primo criterio di definizione di NUTS. Il livello NUTS a cui un livello amministrativo esistente corrisponde è determinato sulla base della dimensione media della popolazione delle sue unità amministrative come segue:
Livello
Popolazione minima
Popolazione massima
NUTS 1
3 milioni
7 milioni
NUTS 2
800.000
3 milioni
NUTS 3
150.000
800.000
Se, per un determinato livello NUTS, nello Stato membro non esistono unità amministrative di dimensione opportuna, tale livello sarà costituito aggregando un numero adeguato di piccole unità amministrative contigue. Le unità aggregate risultanti formano un «livello non-amministrativo» in cui ogni unità non amministrativa deve rientrare nei limiti indicati precedentemente. Le deviazioni si verificano in particolari circostanze geografiche, socioeconomiche, storiche, culturali o ambientali, soprattutto nelle isole e nelle regioni ultraperiferiche.
Tipologie territoriali (Tercet)
Il regolamento di modifica (UE) 2017/2391 stabilisce un riconoscimento giuridico delle tipologie territoriali ai fini delle statistiche dell’Unione. Ciò consente ai regolamenti sulle statistiche tematiche e alle iniziative politiche di basarsi su tali tipologie per raccogliere statistiche dell’Unione e/o mirare a territori specifici come città, aree urbane, rurali o costiere e regioni nella politica.
Il regolamento riguarda le tipologie territoriali esistenti in base al livello NUTS 3 (ad es. la tipologia urbana9-rurale, le regioni metropolitane) o le unità amministrative locali (ad es. il grado di urbanizzazione, le città, le zone costiere). Il regolamento riguarda inoltre il livello di un chilometro quadrato della griglia necessario per calcolare le altre tipologie, basate sulla distribuzione e la densità della popolazione nelle celle della griglia. Stabilisce inoltre le condizioni per l’adozione di atti delegati da parte della Commissione europea, ove opportuno.
L’attuale classificazione NUTS, valida dal 1 gennaio 2021, elenca 92 regioni a livello NUTS 1, 242 regioni a livello NUTS 2 e 1166 regioni a livello NUTS 3.
Ai sensi dell’atto di esecuzione, il regolamento (CE) n. 11/2008, quando viene apportata una modifica alla classificazione NUTS, lo Stato membro interessato comunica alla Commissione (Eurostat) le serie cronologiche per la nuova ripartizione regionale, al fine di sostituire i dati già trasmessi.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
La decisione è in vigore dal 11 luglio 2003.
CONTESTO
Dagli anni ’70, per produrre statistiche regionali e valutare i livelli di ammissibilità ai Fondi strutturali dell’Unione sulla base di criteri obiettivi e quantitativi, l’Unione ha sviluppato la classificazione NUTS come sistema unico e coerente per la suddivisione geografica del proprio territorio. Tutti gli Stati membri hanno i propri sistemi di governo e la propria struttura amministrativa, alcuni più centralizzati di altri. Inoltre, essi variano enormemente in termini di popolazione, area di superficie e livelli di sviluppo. NUTS è stata sviluppata da Eurostat considerando proprio tale diversità di circostanze. Per maggiori informazioni consultare:NUTS — Nomenclatura delle unità territoriali per la statistica (Eurostat).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, relativo all’istituzione di una classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (NUTS) (GU L 154, 21.6.2003, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1059/2003 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) 2021/690 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 aprile 2021 che istituisce il programma relativo al mercato interno, alla competitività delle imprese, tra cui le piccole e medie imprese, al settore delle piante, degli animali, degli alimenti e dei mangimi e alle statistiche europee (programma per il mercato unico) e che abroga i regolamenti (UE) n. 99/2013, (UE) n. 1287/2013, (UE) n. 254/2014 e (UE) n. 652/2014 (GU L 153 del 3.5.2021, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
Decisione di esecuzione (UE) 2021/1130 della Commissione, del 5 luglio 2021, che definisce l’elenco delle regioni ammissibili al finanziamento del Fondo europeo di sviluppo regionale e del Fondo sociale europeo Plus nonché degli Stati membri ammissibili al finanziamento del Fondo di coesione per il periodo 2021-2027 [notificata con il numero C(2021) 4894] (GU L 244 del 9.7.2021, pag. 10). | 7,593 | 565 |
Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica di Corea
Gazzetta ufficiale n. L 106 del 24/04/2007 pag. 0044 - 0050
Accordodi cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica di CoreaLA COMUNITÀ EUROPEA,(di seguito "la Comunità"), eIL GOVERNO DELLA REPUBBLICA DI COREA,(di seguito "la Corea"),(di seguito "le parti");CONSIDERANDO che la Comunità e la Corea stanno attualmente svolgendo attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione in vari settori di interesse comune e che sono consapevoli del rapido sviluppo delle conoscenze scientifiche e del loro contributo positivo alla promozione della cooperazione bilaterale ed internazionale;DESIDERANDO ampliare la portata della cooperazione scientifica e tecnologica in alcuni settori di interesse comune mediante la creazione di un partenariato fruttuoso per fini pacifici e vantaggi reciproci;RILEVANDO che tale cooperazione e l’applicazione dei relativi risultati contribuiranno allo sviluppo economico e sociale delle parti; eDESIDERANDO stabilire un quadro ufficiale per l’attuazione delle attività di cooperazione globali che rafforzeranno la cooperazione scientifica e tecnologica tra le parti,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1Obiettivo e principi1. Le parti promuovono, sviluppano e agevolano, nell’ambito del presente accordo, attività di cooperazione scientifica e tecnologica per fini pacifici, in conformità del presente accordo e delle disposizioni legislative e regolamentari delle due parti.2. Le attività di cooperazione nell’ambito del presente accordo si svolgono sulla base dei seguenti principi:a) contributi e vantaggi reciproci ed equi;b) reciproco accesso ai programmi e ai progetti di ricerca e di sviluppo tecnologico di ciascuna delle parti per i ricercatori ospiti dell’altra parte;c) scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sulle attività di cooperazione;d) promozione di una società della conoscenza al servizio dello sviluppo economico e sociale delle due parti; ee) protezione della proprietà intellettuale in conformità dell’allegato II del presente accordo.Articolo 2DefinizioniAi fini del presente accordo si intendono per:1) "attività di cooperazione dirette", le attività di cooperazione tra le parti;2) "attività di cooperazione indirette", le attività di cooperazione tra soggetti giuridici stabiliti in Corea e nella Comunità mediante la partecipazione di soggetti giuridici coreani al programma quadro comunitario ai sensi dell’articolo 166 del trattato che istituisce la Comunità europea (di seguito "il programma quadro") e la reciproca partecipazione di soggetti giuridici stabiliti nella Comunità a programmi o progetti coreani di ricerca in settori scientifici e tecnologici simili a quelli contemplati dal programma quadro;3) "attività di cooperazione", le attività di cooperazione sia dirette che indirette;4) "soggetto giuridico": ogni persona fisica o giuridica costituita in conformità del diritto nazionale applicabile nel suo luogo di stabilimento o del diritto comunitario, dotata di personalità giuridica e della capacità di essere titolare di diritti e di obblighi di qualsiasi natura.Articolo 3Attività di cooperazione1. Le attività di cooperazione dirette ai sensi del presente accordo possono consistere in:a) riunioni di vario tipo, comprese le riunioni di esperti, al fine di esaminare e scambiare informazioni su argomenti scientifici e tecnologici di natura generale o specifica, e di determinare i progetti e i programmi di ricerca e di sviluppo che possono essere effettuati in cooperazione;b) scambi di informazioni sulle attività, le politiche, le pratiche, le disposizioni legislative e regolamentari in materia di ricerca e sviluppo;c) visite e scambi di scienziati, di personale tecnico e di altri esperti su argomenti generali o specifici;d) attuazione di progetti e programmi di cooperazione che vengano stabiliti dal comitato misto di cui all’articolo 6, in conformità delle rispettive disposizioni legislative e regolamentari delle parti; ee) altri tipi di attività nel settore della scienza e della tecnologia che vengano stabilite dal comitato misto di cui all’articolo 6, conformemente alle rispettive disposizioni legislative e regolamentari delle parti.2. Ai fini dello sviluppo di attività di cooperazione indirette, e fatti salvi gli allegati del presente accordo, ogni soggetto giuridico stabilito in Corea o nella Comunità può partecipare ai programmi o ai progetti di ricerca condotti dall’altra parte ed aperti ai suoi soggetti giuridici, in conformità delle rispettive disposizioni legislative e regolamentari delle parti.Articolo 4Procedure di attuazione1. Le parti possono stabilire modalità di attuazione che definiscono le procedure applicabili alle attività di cooperazione condotte nell’ambito del presente accordo.2. Ciascuna delle parti può delegare l’attuazione delle attività di cooperazione scientifica e tecnologica delle parti ad istituzioni specifiche, per l’attuazione diretta o per un sostegno alle attività di cooperazione scientifica e tecnologica tra le parti.3. Le attività di cooperazione scientifica e tecnologica non basate su accordi specifici che le parti hanno promosso, sviluppato e facilitato, già iniziate e non ancora completate alla data di entrata in vigore del presente accordo, sono incorporate nel presente accordo a partire dalla suddetta data d’entrata in vigore.Articolo 5Rafforzamento della cooperazione1. Ciascuna delle parti si adopera per dare ai soggetti giuridici che svolgono attività di cooperazione nell’ambito del presente accordo tutte le agevolazioni possibili al fine di facilitare i lavori e le visite dei ricercatori che partecipano a tali attività di cooperazione nonché l’entrata e l’uscita dal proprio territorio di materiali, dati e attrezzature destinate ad essere utilizzate nell’ambito di dette attività di cooperazione.2. Le parti possono autorizzare, se necessario ed a fini pacifici, la partecipazione di ricercatori e di organismi di tutta la comunità di ricerca, compreso il settore privato, alle attività di cooperazione condotte nell’ambito del presente accordo.Articolo 6Comitato misto1. Il compito di coordinare e di agevolare le attività di cooperazione previste dal presente accordo spetta per la Corea ai ministeri coreani della scienza e della tecnologia e per la Comunità ai servizi della Commissione delle Comunità europee (direzione generale Affari scientifici, ricerca e sviluppo), in qualità di agenti esecutivi.2. Per garantire l’efficace attuazione del presente accordo, gli agenti esecutivi istituiscono un comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica (di seguito "il comitato misto"). Il comitato misto si compone di rappresentanti ufficiali di ciascuna delle due parti ed è copresieduto dai rappresentanti delle due parti. Il comitato misto stabilisce il proprio regolamento interno per consenso.3. Il comitato misto espleta le seguenti funzioni:1) scambio di idee e di informazioni su questioni di politica scientifica e tecnologica;2) esame e discussione dei risultati delle attività di cooperazione svolte e dei risultati raggiunti nell’ambito del presente accordo;3) formulazione di raccomandazioni alle parti circa l’attuazione del presente accordo, il che può comprendere la definizione e la proposta delle attività di cooperazione da condurre nell’ambito del presente accordo e la promozione della loro attuazione;4) presentazione alle parti di una relazione sui progressi, i risultati e l’efficacia delle attività di cooperazione condotte nell’ambito del presente accordo. Detta relazione sarà presentata al comitato misto UE-Corea istituito nell’ambito dell’accordo-quadro sul commercio e la cooperazione.4. Le decisioni del comitato misto sono adottate per mutuo consenso.5. Le spese di partecipazione alle riunioni del comitato misto (spese di viaggio e di alloggio) sono a carico delle parti a cui si riferiscono. Gli altri costi relativi alle riunioni suddette sono a carico della parte ospitante.6. Il comitato misto si riunisce alternativamente in Corea e nella Comunità, secondo un calendario fissato di comune accordo, preferibilmente ogni anno.Articolo 7Disposizioni finanziarie1. L’attuazione del presente accordo è soggetta alla disponibilità di finanziamenti adeguati e alle disposizioni legislative e regolamentari di ciascuna delle parti.2. I costi delle attività di cooperazione condotte nell’ambito del presente accordo sono sostenuti secondo quanto deciso per consenso.3. Se i regimi di cooperazione specifici di una delle parti prevedono un aiuto finanziario per i partecipanti dell’altra parte, tutte le sovvenzioni, i contributi finanziari o di altra natura erogati a questo titolo da una parte ai partecipanti dell’altra parte sono esentati da tasse e dazi, in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari applicabili sul territorio di ciascuna delle parti nel momento in cui si effettuano tali sovvenzioni e contributi finanziari o di altra natura.Articolo 8Informazioni e diritti di proprietà intellettuale1. Le informazioni scientifiche e tecnologiche non di proprietà riservata derivanti dalle attività di cooperazione dirette possono essere messe a disposizione del pubblico da una o dall’altra parte per i canali abituali, secondo le procedure generali della parte.2. Ai diritti di proprietà intellettuali e agli altri diritti di proprietà generati o introdotti nel corso delle attività di cooperazione condotte nell’ambito del presente accordo si applicano le disposizioni contenute nell’allegato II del presente accordo.Articolo 9Applicazione territorialeIl presente accordo si applica, da un lato, ai territori in cui è d’applicazione il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni ivi stabilite e, dall’altro, al territorio della Corea. Questa disposizione non esclude le attività di cooperazione condotte in alto mare, nello spazio extratmosferico o sul territorio di paesi terzi, in conformità del diritto internazionale.Articolo 10Composizione delle controversie1. Le disposizioni del presente accordo lasciano impregiudicati i diritti e gli obblighi derivanti da accordi esistenti e/o futuri di cooperazione tra le parti o tra i governi di uno Stato membro della Comunità ed il governo della Corea.2. Tutte le questioni o le controversie relative all’interpretazione o all’attuazione del presente accordo sono risolte tramite consultazione tra le parti.Articolo 11AllegatiGli allegati I (sulle modalità e condizioni di partecipazione) e II (sui diritti di proprietà intellettuale) sono parte integrante del presente accordo.Articolo 12Entrata in vigore e denuncia1. Il presente accordo entra in vigore alla data in cui le parti scambiano note diplomatiche per informarsi reciprocamente che le rispettive procedure interne necessarie per la sua entrata in vigore sono state portate a termine.2. Il presente accordo è concluso per un periodo di cinque anni e resta in vigore negli anni successivi salvo denuncia da parte di una delle parti.3. Il presente accordo può essere denunciato alla fine del periodo iniziale di cinque anni o in qualsiasi momento successivo, previo preavviso di sei mesi notificato per iscritto all’altra parte.4. Le parti possono procedere ad una valutazione dell’impatto del presente accordo ogni cinque anni. Ciascuna delle due parti si adopera per facilitare la valutazione effettuata dall’altra parte e la parte che effettua la valutazione comunica all’altra parte i risultati della suddetta valutazione.5. Il presente accordo può essere consensualmente modificato dalle parti mediante scambio di note diplomatiche. Le modifiche entrano in vigore secondo la stessa procedura di cui al paragrafo 1, salvo diversa decisione delle parti.6. La denuncia del presente accordo lascia impregiudicate le attività di cooperazione condotte ai sensi del presente accordo e non portate a compimento al momento della denuncia del medesimo, nonché i diritti e gli obblighi specifici derivanti dall’attuazione degli allegati del presente accordo.IN FEDE DI CHE, i sottoscritti all’uopo autorizzati, rispettivamente dalla Comunità europea e dal governo della Repubblica di Corea, hanno firmato il presente accordo.FATTO in duplice copia a Bruxelles, addì ventidue novembre duemilasei, in ceco, danese, estone, finlandese, francese, greco, inglese, italiano, lettone, lituano, maltese, neerlandese, polacco, portoghese, slovacco, sloveno, spagnolo, svedese, tedesco, ungherese e coreano, ciascun testo facente ugualmente fede.Por la Comunidad EuropeaZa Evropské společenstvíFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftEuroopa Ühenduse nimelΓια την Ευρωπαϊκή ΚοινότηταFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaEiropas Kopienas vārdāEuropos bendrijos varduaz Európai Közösség részérőlGħall-Kominità EwropeaVoor de Europese GemeenschapW imieniu Wspólnoty EuropejskiejPela Communidade EuropeiaZa Európske spoločenstvoZa Evropsko skupnostEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnar+++++ TIFF ++++++++++ TIFF ++++++++++ TIFF +++++Por el Gobierno de la República de CoreaZa vládu Korejské republikyFor Republikken Koreas regeringFür die Regierung der Republik KoreaKorea Vabariigi Valitsuse nimelΓια την Κυβέρνηση της Δημοκρατίας της ΚορέαςFor the Government of the Republic of KoreaPour le gouvernement de la République de CoréePer il governo della Repubblica di CoreaKorejas Republikas vārdāKorėjos Respublikos Vyriausybės varduA Koreai Köztársaság kormánya részérőlGħall-Gvern tar-Repubblíka tal-KoreaVoor de Regering van de Republiek KoreaW imieniu Rządu Republiki KoreiPelo Governo da República da CoreiaZa vládu Kórejskej republikyZa Vlado Republike KorejeKorean tasavallan hallituksen puolestaPå Republiken Koreas regerings vägnar+++++ TIFF ++++++++++ TIFF +++++--------------------------------------------------ALLEGATO IModalità e condizioni per la partecipazione di soggetti giuridici stabiliti nella Comunità europea e in CoreaNel quadro del presente accordo, qualora una parte concluda un contratto per un’attività di cooperazione indiretta con un soggetto giuridico dell’altra parte, quest’ultima si impegna a fornire su richiesta, secondo le circostanze, tutta l’assistenza necessaria o utile alla prima parte per un’agevole attuazione di tale contratto.1. MODALITÀ E CONDIZIONI PER LA PARTECIPAZIONE DI SOGGETTI GIURIDICI STABILITI IN COREA AD ATTIVITÀ DI COOPERAZIONE INDIRETTE DEL PROGRAMMA QUADRO COMUNITARIO DI RICERCA (DI SEGUITO "IL PROGRAMMA QUADRO")a) I soggetti giuridici stabiliti in Corea possono partecipare ad attività di cooperazione indirette del programma quadro di azioni comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione fatte salve le condizioni e i limiti fissati dal regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle norme per la partecipazione delle imprese, dei centri di ricerca e delle università e per la divulgazione dei risultati della ricerca in vista dell’attuazione del programma quadro della Comunità europea.b) Fatto salvo la lettera a), la partecipazione di soggetti giuridici stabiliti in Corea ad attività di cooperazione indirette del programma quadro deve essere conforme alle norme.2. MODALITÀ E CONDIZIONI PER LA PARTECIPAZIONE DI SOGGETTI GIURIDICI STABILITI NELLA COMUNITÀ EUROPEA A PROGRAMMI E PROGETTI DI RICERCA DELLA COREAa) I soggetti giuridici stabiliti nella Comunità possono partecipare a progetti o programmi di ricerca e sviluppo finanziati dal governo coreano.b) I soggetti giuridici stabiliti nella Comunità partecipano ai programmi o progetti coreani di ricerca e sviluppo in conformità delle leggi e dei regolamenti coreani applicabili, nonché delle pertinenti norme di partecipazione a tali programmi o progetti.--------------------------------------------------ALLEGATO IIPrincipi di attribuzione dei diritti di proprietà intellettuale1. DEFINIZIONEAi fini del presente accordo, per "proprietà intellettuale" si intende la definizione data dall’articolo 2 della Convenzione che istituisce l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, conclusa a Stoccolma il 14 luglio 1967.2. DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE DELLE PARTI NELLE ATTIVITÀ DI COOPERAZIONE DIRETTEa) Salvo accordi diversi stabiliti dalle parti, ai diritti di proprietà intellettuale, ad eccezione dei diritti d’autore e dei diritti connessi, generati dalle parti nel corso delle attività di cooperazione dirette svolte ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del presente accordo si applicano le regole specificate qui di seguito:1) la parte che genera la proprietà intellettuale è proprietaria della stessa. Qualora la proprietà intellettuale venga generata congiuntamente e il rispettivo contributo delle parti ai lavori non possa essere verificato, la proprietà intellettuale è di proprietà comune delle parti;2) la parte proprietaria della proprietà intellettuale concede all’altra parte i diritti di accesso per lo svolgimento di qualsiasi attività di cooperazione diretta. Tali diritti di accesso sono concessi a titolo gratuito.b) Salvo accordi diversi stabiliti dalle parti, ai diritti d’autore e ai diritti connessi delle parti si applicano le regole specificate qui di seguito:1) in caso di pubblicazione ad opera di una parte di dati scientifici e tecnici, di informazioni e risultati per mezzo di un supporto adeguato, quali riviste, articoli, relazioni, libri o altro, incluse opere audiovisive e software, che siano frutto di attività di cooperazione svolte ai sensi del presente accordo, o siano connesse ad esse, tale parte si impegna al massimo per ottenere, per l’altra parte, una licenza non esclusiva, irrevocabile, a titolo gratuito e valida in tutti i paesi che prevedano una tutela del diritto di autore, che le consenta di tradurre, riprodurre, adattare, trasmettere e distribuire al pubblico tali opere;2) tutti gli esemplari, destinati al pubblico, di un’opera tutelata da diritto d’autore di cui alle disposizioni della lettera b), punto 1, devono indicare i nomi degli autori dell’opera, salvo quelli che espressamente richiedano di non essere citati. Devono inoltre contenere una menzione chiara e visibile del contributo delle parti alla cooperazione.c) Salvo accordi diversi stabiliti dalle parti, alle informazioni riservate delle parti si applicano le regole specificate qui di seguito:1) all’atto di comunicare all’altra parte le informazioni necessarie per lo svolgimento di attività di cooperazione dirette, ciascuna parte stabilisce quali siano le informazioni riservate che non desidera divulgare;2) la parte che riceve dette informazioni può comunicare, sotto la propria responsabilità, informazioni riservate a proprie agenzie o a persone assunte tramite tali agenzie ai fini specifici dell’applicazione del presente accordo;3) previo consenso scritto della parte che fornisce le informazioni riservate, l’altra parte può divulgarle in maniera più ampia di quanto consentito ai sensi della lettera c), punto 2. Le parti cooperano all’elaborazione di procedure per chiedere e ottenere il consenso scritto preventivo per tale diffusione più ampia e ciascuna delle parti concede tale approvazione nella misura consentita dalle sue leggi e dai suoi regolamenti;4) le informazioni fornite nel corso di seminari e riunioni, nonché le informazioni apprese attraverso il personale distaccato e l’uso di attrezzature nel quadro del presente accordo rimangono confidenziali, a condizione che i soggetti che ricevono tali informazioni siano invitati da chi le fornisce a tutelarne il carattere confidenziale o privilegiato all’atto della comunicazione delle stesse, ai sensi della lettera c), punto 1;5) se una delle parti si rende conto che non sarà in grado, oppure potrebbe ragionevolmente non essere in grado, di rispettare le restrizioni e le condizioni di divulgazione di cui all’articolo 2, lettera c), essa ne informa immediatamente l’altra parte. In seguito, le parti si consultano per definire un piano di azione adeguato.3. DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE DEI SOGGETTI GIURIDICI DELLE PARTI NELLE ATTIVITÀ DI COOPERAZIONE INDIRETTEa) Ciascuna delle parti garantisce che i diritti di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici di una parte che partecipano ai programmi di ricerca e sviluppo gestiti dall’altra parte, nonché i diritti e obblighi connessi derivanti da tale partecipazione, siano coerenti con le leggi e i regolamenti, nonché le convenzioni internazionali applicabili, compreso l’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, allegato 1C dell’accordo di Marrakech che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, nonché l’atto di Parigi, del 24 luglio 1971, della convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche, e l’atto di Stoccolma, del 14 luglio 1967, della convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale.b) Ciascuna delle parti garantisce che, nel quadro delle leggi e dei regolamenti applicabili, i soggetti giuridici di una parte che partecipano ai programmi di ricerca e sviluppo gestiti dall’altra parte, abbiano gli stessi diritti e gli stessi obblighi in materia di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici dell’altra parte nelle stesse attività di cooperazione indirette.-------------------------------------------------- | Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e Corea del Sud
QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE?
L’accordo stabilisce un sistema formale di cooperazione volto a incoraggiare, sviluppare e agevolare le attività negli ambiti scientifici e tecnologici a fini pacifici.
Con questa decisione, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo per conto della Comunità europea (attuale UE).
PUNTI CHIAVE
Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate su una serie di principi:contributi e vantaggi reciproci ed equi; reciproco accesso ai programmi e ai progetti di ricerca e di sviluppo tecnologico di ciascuna delle parti per i ricercatori ospiti dell’altra parte; scambio tempestivo delle informazioni; promozione di una società della conoscenza al servizio dello sviluppo economico e sociale delle due parti; tutela dei diritti di proprietà intellettuale. Cooperazione
L’accordo contempla due forme di attività di cooperazione:attività di cooperazione dirette tra le parti; attività di cooperazione indirette tra soggetti giuridici* stabiliti in Corea e nella Comunità mediante la partecipazione di soggetti giuridici coreani al programma quadro comunitario per la ricerca e l’innovazione e la reciproca partecipazione di soggetti giuridici stabiliti nella Comunità a programmi o progetti coreani di ricerca. Attività di cooperazione dirette
Tra le attività di cooperazione dirette possono figurare quelle elencate di seguito:riunioni volte a esaminare e scambiare informazioni su argomenti scientifici e tecnologici di natura generale o specifica, e di determinare i progetti e i programmi di ricerca e di sviluppo che possono essere effettuati in cooperazione; scambi di informazioni sulle attività, le politiche, le pratiche, le disposizioni legislative e regolamentari in materia di ricerca e sviluppo; visite e scambi di scienziati, di personale tecnico e di altri esperti su argomenti generali o specifici; attuazione di progetti e programmi di cooperazione, altri tipi di attività che vengano stabiliti dal comitato misto sulla cooperazione scientifica e tecnologica. Attività di cooperazione indirette
Ogni soggetto giuridico stabilito in Corea del sud o nella Comunità può partecipare ai programmi o ai progetti di ricerca condotti dall’altra parte e aperti ai suoi soggetti giuridici, in conformità delle rispettive disposizioni legislative e regolamentari delle parti.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore il 29 marzo 2007 per un periodo iniziale di cinque anni. Successivamente, esso resta in vigore salvo denuncia da parte di una delle parti.
CONTESTO
Le relazioni tra l’UE e la Corea del Sud sono disciplinate da tre accordi chiave:Accordo quadro politico Accordo di libero scambio Accordo quadro per la partecipazione. Per ulteriori informazioni, consultare:La Repubblica di Corea e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna). Per maggiori informazioni sulla cooperazione per la ricerca e l’innovazione (R&I) con la Repubblica di Corea, si veda:Cooperazione internazionale R&I con la Repubblica di Corea (Commissione europea). Tabella di marcia per la cooperazione scientifica e tecnologica tra l’UE e la Repubblica di Corea (Commissione europea)
TERMINI CHIAVE
Soggetto giuridico: ogni persona fisica o giuridica costituita in conformità del diritto nazionale applicabile nel suo luogo di stabilimento o del diritto comunitario, dotata di personalità giuridica e della capacità di essere titolare di diritti e di obblighi di qualsiasi natura a proprio nome.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica di Corea (GU L 106 del 24.4.2007, pag. 44).
Decisione del Consiglio 2007/241/CE del 27 marzo 2007, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica di Corea (GU L 106 del 24.4.2007, pag. 43).
DOCUMENTI CORRELATI
Accordo quadro tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra (GU L 20 del 23.1.2013, pag. 2).
Accordo di libero scambio tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra (GU L 127 del 14.5.2011, pag. 6).
Si veda la versione consolidata.
Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica di Corea che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica di Corea alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 166 del 5.6.2014, pag. 3). | 7,562 | 470 |
DIRETTIVA 2004/80/CE DEL CONSIGLIO
del 29 aprile 2004
relativa all'indennizzo delle vittime di reato
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 308,
vista la proposta della Commissione (1),
visto il parere del Parlamento europeo (2),
visto il parere del Comitato economico e sociale (3),
considerando quanto segue:
(1)
Uno degli obiettivi della Comunità europea consiste nell'abolizione degli ostacoli tra Stati membri alla libera circolazione delle persone e dei servizi.
(2)
La Corte di giustizia ha statuito nella causa Cowan
(4) che, allorché il diritto comunitario garantisce alle persone fisiche la libertà di recarsi in un altro Stato membro, la tutela della loro integrità personale in detto Stato membro alla stessa stregua dei cittadini e dei soggetti che vi risiedano costituisce il corollario della libertà di circolazione. Dovrebbero concorrere alla realizzazione di tale obiettivo misure volte a facilitare l'indennizzo delle vittime di reato.
(3)
Il Consiglio europeo, nella riunione di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, ha sollecitato l'elaborazione di norme minime sulla tutela delle vittime della criminalità, in particolare sull'accesso delle vittime alla giustizia e sui loro diritti al risarcimento dei danni, comprese le spese legali.
(4)
Nella dichiarazione sulla lotta al terrorismo, il Consiglio europeo di Bruxelles, riunito il 25 e 26 marzo 2004, ha sollecitato l'adozione della presente direttiva entro il 1o maggio 2004.
(5)
Il 15 marzo 2001 il Consiglio ha adottato la decisione quadro 2001/220/GAI relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale (5). Questa decisione, basata sul titolo VI del trattato sull'Unione europea, consente alle vittime di chiedere un risarcimento da parte dell'autore del reato nell'ambito del procedimento penale.
(6)
Le vittime di reato nell'Unione europea dovrebbero avere il diritto di ottenere un indennizzo equo e adeguato per le lesioni subite, indipendentemente dal luogo della Comunità europea in cui il reato è stato commesso.
(7)
La presente direttiva stabilisce un sistema di cooperazione volto a facilitare alle vittime di reato l'accesso all'indennizzo nelle situazioni transfrontaliere, che dovrebbe operare sulla base dei sistemi degli Stati membri in materia di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori. Dovrebbe essere pertanto istituito in tutti gli Stati membri un meccanismo di indennizzo.
(8)
La maggior parte degli Stati membri ha già istituito questi sistemi di indennizzo, alcuni di essi in adempimento dei loro obblighi derivanti dalla convenzione europea del 24 novembre 1983 sul risarcimento alle vittime di atti di violenza.
(9)
Poiché le misure contenute nella presente direttiva sono necessarie al raggiungimento di obiettivi della Comunità e il trattato non prevede per l'adozione della presente direttiva poteri di azione diversi da quelli dell'articolo 308, si applica quest'ultimo articolo.
(10)
Le vittime di reato, in molti casi, non possono ottenere un risarcimento dall'autore del reato, in quanto questi può non possedere le risorse necessarie per ottemperare a una condanna al risarcimento dei danni, oppure può non essere identificato o perseguito.
(11)
Dovrebbe essere introdotto un sistema di cooperazione tra le autorità degli Stati membri per facilitare l'accesso all'indennizzo nei casi in cui il reato sia stato commesso in uno Stato membro diverso da quello in cui la vittima risiede.
(12)
Questo sistema dovrebbe consentire alle vittime di reato di rivolgersi sempre ad un'autorità del proprio Stato membro di residenza e dovrebbe ovviare alle eventuali difficoltà pratiche e linguistiche connesse alle situazioni transfrontaliere.
(13)
Il sistema dovrebbe comprendere le disposizioni necessarie a consentire alla vittima di trovare le informazioni richieste per presentare la domanda di indennizzo e a permettere una cooperazione efficiente tra le autorità coinvolte.
(14)
La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali ed osserva i principi riaffermati in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea come principi generali del diritto comunitario.
(15)
Poiché lo scopo di facilitare alle vittime di reato l'accesso all'indennizzo nelle situazioni transfrontaliere non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri a motivo degli elementi transfrontalieri e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell'intervento, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale scopo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(16)
Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (6),
HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPO I
ACCESSO ALL'INDENNIZZO NELLE SITUAZIONI TRANSFRONTALIERE
Articolo 1
Diritto di presentare la domanda nello Stato membro di residenza
Gli Stati membri assicurano che, se un reato intenzionale violento è stato commesso in uno Stato membro diverso da quello in cui il richiedente l'indennizzo risiede abitualmente, il richiedente ha diritto a presentare la domanda presso un'autorità o qualsiasi altro organismo di quest'ultimo Stato membro.
Articolo 2
Responsabilità per il pagamento dell'indennizzo
L'indennizzo è erogato dall'autorità competente dello Stato membro nel cui territorio è stato commesso il reato.
Articolo 3
Autorità responsabili e procedure amministrative
1. Gli Stati membri istituiscono o designano una o più autorità o altri organismi, in appresso denominate «autorità di assistenza», responsabili per l'applicazione dell'articolo 1.
2. Gli Stati membri istituiscono o designano una o più autorità o altri organismi incaricati di decidere sulle domande di indennizzo, in appresso denominate «autorità di decisione».
3. Gli Stati membri si impegnano a limitare le formalità amministrative necessarie per la domanda di indennizzo allo stretto indispensabile.
Articolo 4
Informazione dei potenziali richiedenti
Gli Stati membri provvedono, con i mezzi che ritengono più idonei, affinché i potenziali richiedenti l'indennizzo abbiano accesso alle informazioni essenziali relative alla possibilità di richiedere un indennizzo.
Articolo 5
Assistenza al richiedente
1. L'autorità di assistenza fornisce al richiedente le informazioni di cui all'articolo 4 nonché i necessari moduli di domanda, sulla base del manuale redatto ai sensi dell'articolo 13, paragrafo 2.
2. L'autorità di assistenza fornisce al richiedente, su domanda di quest'ultimo, orientamento e informazioni generali sulle modalità di compilazione della domanda e sulla documentazione a sostegno eventualmente richiesta.
3. L'autorità di assistenza non compie alcuna valutazione della domanda.
Articolo 6
Trasmissione delle domande
1. L'autorità di assistenza trasmette con la massima rapidità all'autorità di decisione la domanda e l'eventuale documentazione a sostegno della stessa.
2. L'autorità di assistenza trasmette la domanda avvalendosi del formulario tipo di cui all'articolo 14.
3. La lingua della domanda e dell'eventuale documentazione a sostegno è determinata ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 1.
Articolo 7
Ricezione delle domande
Alla ricezione di una domanda trasmessa ai sensi dell'articolo 6, l'autorità di decisione invia al più presto all'autorità di assistenza e al richiedente, le seguenti informazioni:
a)
la persona di contatto o l'ufficio competente per la gestione della pratica;
b)
un avviso di avvenuta ricezione;
c)
se possibile, l'indicazione approssimativa dei tempi in cui verrà presa una decisione sulla domanda.
Articolo 8
Richiesta di informazioni supplementari
Se necessario, l'autorità di assistenza fornisce al richiedente un orientamento generale per soddisfare le richieste di informazioni supplementari formulate dall'autorità di decisione.
Su domanda del richiedente, l'autorità di assistenza trasmette in seguito tali informazioni al più presto direttamente all'autorità di decisione, allegandovi, se del caso, un elenco dell'eventuale documentazione a sostegno trasmessa.
Articolo 9
Audizione del richiedente
1. Qualora l'autorità di decisione decida, in conformità con le leggi del proprio Stato membro, di ascoltare il richiedente o qualsiasi altra persona, quali un testimone o un esperto, può contattare l'autorità di assistenza affinché:
a)
gli interessati siano ascoltati direttamente dall'autorità di decisione, in conformità con le leggi dello Stato membro di quest'ultima, in particolare tramite conferenza telefonica o videoconferenza, oppure
b)
gli interessati siano ascoltati dall'autorità di assistenza, in conformità con le leggi del suo Stato membro. L'autorità di assistenza trasmetterà in seguito un verbale dell'audizione all'autorità di decisione.
2. L'audizione diretta ai sensi del paragrafo 1, lettera a), può aver luogo soltanto in cooperazione con l'autorità di assistenza e su base volontaria; è esclusa la possibilità per l'autorità di decisione di imporre misure coercitive.
Articolo 10
Comunicazione della decisione
L'autorità di decisione, avvalendosi del formulario tipo di cui all'articolo 14, invia la decisione sulla domanda di indennizzo al richiedente ed all'autorità di assistenza, conformemente alla legislazione nazionale, al più presto dopo la sua adozione.
Articolo 11
Altre disposizioni
1. Le informazioni trasmesse da un'autorità all'altra in applicazione degli articoli da 6 a 10 sono redatte:
a)
nelle lingue ufficiali o in una delle lingue dello Stato membro dell'autorità a cui l'informazione è diretta, che corrisponda a una delle lingue delle istituzioni comunitarie; oppure
b)
in un'altra lingua delle istituzioni comunitarie che tale Stato membro ha indicato di poter accettare,
ad eccezione:
i)
del testo integrale delle decisioni adottate dall'autorità di decisione, il cui regime linguistico è disciplinato dalle leggi del suo Stato membro;
ii)
dei verbali redatti in seguito ad un'audizione ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera b), il cui regime linguistico è determinato dall'autorità di assistenza purché corrisponda a una delle lingue delle istituzioni comunitarie.
2. I servizi resi dall'autorità di assistenza ai sensi degli articoli da 1 a 10 non danno titolo a pretendere dal richiedente o dall'autorità di decisione il rimborso di oneri o di spese.
3. I moduli di domanda e l'eventuale altra documentazione trasmessi ai sensi degli articoli da 6 a 10 sono esenti da autenticazione o qualsiasi formalità equivalente.
CAPO II
SISTEMI DI INDENNIZZO NAZIONALI
Articolo 12
1. Le disposizioni della presente direttiva riguardanti l'accesso all'indennizzo nelle situazioni transfrontaliere si applicano sulla base dei sistemi degli Stati membri in materia di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori.
2. Tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l'esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime.
CAPO III
DISPOSIZIONI DI ATTUAZIONE
Articolo 13
Dati da comunicare alla Commissione e manuale
1. Gli Stati membri comunicano alla Commissione, entro il 1o luglio 2005:
a)
l'elenco delle autorità istituite o designate in conformità dell'articolo 3, paragrafi 1 e 2, comprese, se del caso, informazioni relative alla competenza giurisdizionale speciale e territoriale di tali autorità;
b)
la o le lingue di cui all'articolo 11, paragrafo 1, lettera a), che le autorità possono accettare ai fini dell'applicazione degli articoli da 6 a 10 nonché la o le lingue ufficiali diverse dalla o dalle loro, nelle quali essi accettano che siano trasmesse le domande conformemente all'articolo 11, paragrafo 1, lettera b);
c)
le informazioni di cui all'articolo 4;
d)
i moduli necessari per fare domanda di indennizzo.
Gli Stati membri informano la Commissione di qualsiasi cambiamento sopravvenuto in relazione a tali dati.
2. La Commissione, in cooperazione con gli Stati membri, elabora e pubblica su Internet un manuale contenente i dati forniti dagli Stati membri ai sensi del paragrafo 1. La Commissione è incaricata di provvedere alle necessarie traduzioni del manuale.
Articolo 14
Formulario tipo per la trasmissione delle domande e delle decisioni
I formulari tipo per la trasmissione delle domande e delle decisioni sono predisposti al più tardi entro il 31 ottobre 2005 conformemente alla procedura di cui all'articolo 15, paragrafo 2.
Articolo 15
Comitato
1. La Commissione è assistita da un comitato.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 3 e 7 della decisione 1999/468/CE.
3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.
Articolo 16
Punti di contatto centrali
Gli Stati membri designano un punto di contatto centrale con la funzione di:
a)
fornire assistenza nell'applicazione dell'articolo 13, paragrafo 2;
b)
promuovere la stretta collaborazione e lo scambio d'informazioni tra le autorità di assistenza e di decisione degli Stati membri; e
c)
fornire assistenza e cercare soluzioni a qualsiasi difficoltà possa sorgere nell'applicazione degli articoli da 1 a 10.
I punti di contatto si riuniscono periodicamente.
Articolo 17
Disposizioni più favorevoli
La presente direttiva non preclude agli Stati membri la possibilità di introdurre o mantenere, nella misura in cui siano compatibili con la presente direttiva:
a)
disposizioni più favorevoli a vantaggio delle vittime di reato o di qualsiasi altra persona lesa da un reato;
b)
disposizioni volte a indennizzare le vittime di reati commessi al di fuori del loro territorio o qualsiasi altra persona lesa da tali reati, fatte salve le condizioni che gli Stati membri possono specificare a tal fine.
Articolo 18
Attuazione
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1o gennaio 2006, fatta eccezione per l'articolo 12, paragrafo 2, per il quale tale data è fissata al 1o luglio 2005. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
2. Gli Stati membri possono prevedere che le disposizioni necessarie per conformarsi alla presente direttiva si applichino unicamente ai richiedenti le cui lesioni derivino da reati commessi dopo il 30 giugno 2005.
3. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
4. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 19
Riesame
Entro il 1o gennaio 2009 la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale una relazione sull'applicazione della presente direttiva.
Articolo 20
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 21
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Lussemburgo, addì 29 aprile 2004.
Per il Consiglio
Il presidente
M. McDOWELL
(1) GU C 45 E del 25.2.2003, pag. 69.
(2) Parere espresso il 23 ottobre 2003 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(3) GU C 95 del 23.4.2003, pag. 40.
(4) Causa 186/87, Raccolta della giurisprudenza della Corte 1989, pag. 195.
(5) GU L 82 del 22.3.2001, pag. 1.
(6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. | Indennizzo delle vittime di reato in altri paesi dell’UE
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Stabilisce un sistema di cooperazione volto ad aiutare le vittime di reato a ottenere un indennizzo, indipendentemente dal luogo dell’Unione europea (UE) in cui il reato è stato commesso;
il sistema si applica sulla base dei sistemi di indennizzo nazionali dei paesi dell’UE per le vittime di reati internazionali violenti commessi nei relativi territori.
PUNTI CHIAVE
La direttiva consiste di due elementi principali.
Impone a tutti i paesi dell’UE di disporre di un sistema di indennizzo per le vittime di reati internazionali commessi nei relativi territori. L’organizzazione e il funzionamento di tali sistemi sono lasciati alla discrezione di ogni paese dell’UE;
stabilisce un sistema di cooperazione a livello dell’UE basato sui suddetti sistemi nazionali.
Garantire un indennizzo adeguato
Assicurare un indennizzo adeguato delle vittime può essere difficile perché:
l’autore del reato non possiede le risorse finanziare necessarie;
non è stato possibile identificare o perseguire l’autore del reato (la possibilità di ottenere un indennizzo dall’autore del reato è trattata nella direttiva 2012/29/UE, che fissa norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato).
La direttiva impone che le vittime:
vengano indennizzate indipendentemente dal loro paese di residenza o dal paese dell’UE in cui è stato commesso il reato;
ricevano un indennizzo equo ed adeguato (l’importo esatto è lasciato alla discrezione del paese dell’UE in cui è stato commesso il reato).
Cooperazione
Tutti i paesi dell’UE sono tenuti a istituire sistemi nazionali che garantiscano un indennizzo equo e adeguato dal 1o luglio 2005. La direttiva stabilisce un sistema di cooperazione tra le autorità nazionali volto a facilitare alle vittime l’accesso all’indennizzo in tutta l’UE:
le vittime dei reati commessi in paesi dell’UE diversi da quello in cui risiedono abitualmente possono rivolgersi a un’autorità nel paese in cui risiedono (autorità di assistenza) per ricevere informazioni su come richiedere un indennizzo;
tale autorità nazionale trasmette quindi la domanda direttamente all’autorità nazionale del paese dell’UE in cui è stato commesso il reato (autorità di decisione), che è responsabile di valutare la domanda ed erogare l’indennizzo;
tutte le comunicazioni devono essere redatte nella lingua del paese di decisione. La Commissione europea ha predisposto dei formulari tipo per la trasmissione delle domande e delle decisioni relative all’indennizzo delle vittime;
la direttiva crea un sistema di punti di contatto centrali che si riuniscono periodicamente in ogni paese dell’UE, volto a facilitare la cooperazione nelle situazioni transfrontaliere. Sono disponibili informazioni aggiuntive nel sito Internet del portale europeo della giustizia elettronica.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
È entrata in vigore il 26 agosto 2004. I paesi dell’UE dovevano recepirla nelle rispettive legislazioni nazionali entro il 1o gennaio 2006.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, si veda:
«Indennizzo» sul sito Internet della Commissione europea.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2004/80/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa all’indennizzo delle vittime di reato (GU L 261 del 6.8.2004, pagg. 15-18)
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione 2006/337/CE della Commissione, del 19 aprile 2006, che adotta un formulario tipo per la trasmissione delle domande e delle decisioni conformemente alla direttiva 2004/80/CE del Consiglio relativa all’indennizzo delle vittime di reato (GU L 125 del 12.5.2006, pagg. 25-30)
Direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI (GU L 315 del 14.11.2012, pagg. 57-73) | 6,345 | 644 |
Azione comune del Consiglio, del 12 luglio 2002, sul contributo dell'Unione europea alla lotta contro l'accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi portatili e di armi leggere e che abroga l'azione comune 1999/34/PESC
Gazzetta ufficiale n. L 191 del 19/07/2002 pag. 0001 - 0004
Azione comune del Consigliodel 12 luglio 2002sul contributo dell'Unione europea alla lotta contro l'accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi portatili e di armi leggere e che abroga l'azione comune 1999/34/PESC(2002/589/PESC)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 14,considerando quanto segue:(1) Il 17 dicembre 1998 il Consiglio ha adottato l'azione comune 1999/34/PESC sul contributo dell'Unione europea alla lotta contro l'accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi portatili e di armi leggere(1).(2) Nella relazione del gruppo di esperti governativi sulle armi leggere si riconosce che le munizioni costituiscono motivo di preoccupazione nei conflitti in cui si fa ricorso ad armi portatili e armi leggere.(3) Una nuova azione comune dovrebbe essere adottata per comprendere, se del caso, le munizioni delle armi portatili e delle armi leggere e l'azione comune 1999/34/PESC dovrebbe di conseguenza essere abrogata,HA ADOTTATO LA SEGUENTE AZIONE COMUNE:Articolo 11. La presente azione comune è volta:- a contrastare l'accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi leggere e a contribuire a porvi termine,- a contribuire a ridurre le accumulazioni esistenti di siffatte armi e delle relative munizioni a livelli compatibili con le legittime esigenze di sicurezza dei paesi e- a contribuire a risolvere i problemi provocati da tali accumuli.2. La presente azione comune contiene i seguenti elementi:- raggiungimento di un consenso sui principi e sulle misure di cui al titolo I,- apporto di un contributo articolato come indicato al titolo II.3. La presente azione comune si applica alle armi elencate in allegato.TITOLO IPrincipi inerenti agli aspetti della prevenzione e della reazioneArticolo 2L'Unione intensifica il suo impegno per raggiungere un consenso, nelle competenti sedi regionali e internazionali (quali le Nazioni Unite e l'OSCE), e fra gli Stati interessati, sui principi e sulle misure stabiliti all'articolo 3 e su quelli stabiliti agli articoli 4 e 5 quale base per approcci regionali e apportatori di progressivi contributi al problema e, se opportuno, per strumenti globali internazionali in materia di armi leggere.Articolo 3Nel perseguire gli obiettivi di cui all'articolo 1 l'Unione europea mira al raggiungimento di un consenso nell'ambito delle competenti sedi internazionali, e se del caso in un contesto regionale, per l'attuazione dei seguenti principi e misure volti a prevenire l'ulteriore accumulazione destabilizzante di armi leggere:a) impegno di tutti i paesi a importare o a detenere armi leggere soltanto per legittime esigenze di sicurezza a un livello commisurato alle stesse nonché alle esigenze legittime di autodifesa, inclusa la capacità di partecipare alle operazioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite;b) impegno dei paesi esportatori a fornire armi leggere soltanto a governi (direttamente o attraverso organi muniti di regolare licenza autorizzati all'approvvigionamento di armi a loro nome), conformemente ai pertinenti criteri internazionali e regionali in materia di restrizioni alle esportazioni di armi come previsto in particolare nel codice di condotta dell'Unione europea, compresi i certificati ufficiali di utilizzazione finale, o se del caso altre informazioni pertinenti circa tale utilizzazione finale;c) impegno di tutti i paesi a produrre armi leggere soltanto ai fini di cui alla lettera a) o per le esportazioni di cui alla lettera b);d) ai fini di controllo, creazione e aggiornamento di inventari nazionali, conservati dalle autorità del paese, di armi legalmente detenute, nonché adozione di una legislazione nazionale restrittiva sulle armi leggere, che contempli sanzioni penali e un controllo amministrativo efficace;e) adozione di misure miranti a rafforzare la fiducia, comprese misure di promozione di una maggiore trasparenza e apertura, mediante registri nazionali sulle armi leggere e scambi periodici delle informazioni disponibili su esportazioni, importazioni, produzione e detenzione di armi leggere, e sulla legislazione nazionale in materia di armi nonché mediante consultazioni fra le parti interessate sulle informazioni scambiate;f) impegno a contrastare il traffico illecito di armi leggere attraverso l'attuazione di controlli nazionali efficaci, quali meccanismi efficienti alle frontiere e doganali, cooperazione regionale e internazionale e potenziamento dello scambio di informazioni;g) impegno ad affrontare e sconfiggere la "cultura della violenza" rafforzando il coinvolgimento dell'opinione pubblica attraverso l'istruzione e programmi di sensibilizzazione.Articolo 4Nel perseguire gli obiettivi di cui all'articolo 1, l'impegno dell'Unione è volto al raggiungimento di un consenso nell'ambito delle competenti sedi internazionali, e se del caso in un contesto regionale, per l'attuazione dei seguenti principi e misure volti a ridurre l'attuale accumulazione di armi leggere e delle relative munizioni:a) adeguata assistenza ai paesi che chiedono sostegno ai fini del controllo o dell'eliminazione dell'eccedenza di armi leggere e delle relative munizioni nel loro territorio, in particolare qualora ciò possa contribuire a prevenire conflitti armati oppure in caso di situazioni post-belliche;b) promozione di misure miranti a rafforzare la fiducia e incentivi volti ad incoraggiare la consegna volontaria delle armi leggere e delle relative munizioni eccedenti o detenute illegalmente, la smobilitazione dei combattenti e la loro successiva reintegrazione e reinserimento, misure idonee a garantire il rispetto degli accordi di pace e sul controllo degli armamenti sotto una sorveglianza congiunta o di una parte terza, il rispetto dei diritti dell'uomo e del diritto umanitario, la salvaguardia dello Stato di diritto, in particolare per quanto riguarda l'incolumità degli ex combattenti e il condono dei reati connessi alla detenzione di armi leggere, nonché progetti di sviluppo incentrati sulle singole comunità ed altri incentivi economici e sociali;c) soppressione effettiva delle eccedenze di armi leggere, compresi l'immagazzinamento in condizioni sicure nonché la distruzione rapida ed effettiva di tali armi e delle relative munizioni, di preferenza sotto la supervisione internazionale;d) fornitura di assistenza attraverso organizzazioni internazionali, programmi e agenzie appropriati nonché accordi regionali.Articolo 5Nel contesto della composizione dei conflitti armati, gli Stati membri promuoveranno ove opportuno:a) l'inclusione, negli accordi di pace fra le parti in conflitto, nei mandati delle operazioni di sostegno della pace o di altre missioni a sostegno della composizione pacifica dei conflitti, di disposizioni relative alla smobilitazione, all'eliminazione delle eccedenze di armi e delle relative munizioni e all'integrazione degli ex combattenti;b) l'esame della possibilità di prevedere misure che garantiscano la soppressione, nel contesto della smobilitazione, delle armi leggere e delle relative munizioni da parte del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite qualora il paese o le parti coinvolte non fossero in grado di ottemperare agli obblighi in materia.TITOLO IIContributo dell'Unione alle azioni specificheArticolo 61. L'Unione fornisce assistenza finanziaria e tecnica ai programmi e progetti che contribuiscono in modo diretto e tangibile all'attuazione dei principi e delle misure di cui al titolo I, inclusi i pertinenti programmi o progetti delle Nazioni Unite, del comitato internazionale della Croce Rossa, di altre organizzazioni internazionali e accordi regionali e di ONG. Tali progetti possono comprendere, fra l'altro, la raccolta di armi, la riforma del settore della sicurezza e programmi di smobilitazione e reinserimento nonché programmi specifici di assistenza alle vittime.2. Nel fornire tale assistenza l'Unione tiene conto, in particolare, dell'impegno, da parte dei beneficiari, di conformarsi ai principi di cui all'articolo 3; del loro rispetto dei diritti umani; della loro osservanza del diritto internazionale umanitario e della salvaguardia dello stato di diritto; nonché della loro ottemperanza agli obblighi internazionali assunti, in particolare per quanto concerne i vigenti trattati di pace e accordi internazionali in materia di controllo delle armi.Articolo 71. Il Consiglio decide circa:- l'assegnazione del contributo finanziario e tecnico di cui all'articolo 6,- le priorità per l'uso di tali fondi,- le condizioni per l'attuazione di azioni specifiche dell'Unione, compresa la possibilità di designare, in taluni casi, una persona responsabile dell'attuazione.2. Il Consiglio decide sul merito, sui meccanismi e sul finanziamento di siffatti progetti caso per caso e sulla base di progetti concreti e accompagnati da un'adeguata stima dei costi, lasciando impregiudicati i contributi bilaterali degli Stati membri e l'azione della Comunità europea.3. Nel rispetto delle condizioni di cui all'articolo 18, paragrafo 2, del trattato, la presidenza:- garantisce i collegamenti con le Nazioni Unite e con le altre pertinenti organizzazioni coinvolte,- stabilisce, con gli accordi regionali e i paesi terzi, i contatti necessari per l'attuazione delle azioni specifiche dell'Unione.Essa informa il Consiglio.Articolo 8Il Consiglio prende atto che la Commissione intende orientare la sua azione verso la realizzazione degli obiettivi e delle priorità della presente azione comune, se del caso con pertinenti misure comunitarie.Articolo 91. Il Consiglio e la Commissione sono responsabili della coerenza delle attività dell'Unione nel settore delle armi leggere, in particolare per quanto concerne le politiche di sviluppo dell'Unione. A tal fine gli Stati membri e la Commissione presentano agli organi competenti del Consiglio tutte le informazioni pertinenti. Il Consiglio e la Commissione garantiscono l'attuazione delle rispettive azioni, conformemente alle rispettive competenze.2. Gli Stati membri si adoperano altresì per aumentare l'efficacia delle loro azioni nazionali nel settore delle armi leggere. Nella misura del possibile le azioni adottate ai sensi dell'articolo 6 sono coordinate con quelle degli Stati membri e della Comunità europea.Articolo 10L'azione comune 1999/34/PESC è abrogata.Articolo 11Il Consiglio esamina ogni anno le azioni adottate nel quadro della presente azione comune.Articolo 12La presente azione comune entra in vigore il giorno della sua adozione.Articolo 13La presente azione comune è pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Fatto a Bruxelles, addì 12 luglio 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteT. Pedersen(1) GU L 9 del 15.1.1999, pag. 1.ALLEGATOL'azione comune si applica alle seguenti categorie di armi, lasciando impregiudicata un'eventuale futura definizione, convenuta a livello internazionale, di armi portatili e di armi leggere. Dette categorie potranno essere ulteriormente chiarite e rivedute alla luce di siffatta eventuale futura definizione convenuta a livello internazionale.a) Armi portatili e accessori appositamente progettate per impiego militare:- mitragliatrici (comprese le mitragliatrici pesanti),- pistole mitragliatrici, compresi i moschetti mitragliatori,- fucili automatici,- fucili semiautomatici, se sviluppati e/o presentati quali modelli per le forze armate,- silenziatori.b) Armi leggere portatili di tipo individuale o collettivo:- cannoni (compresi i cannoni automatici), obici e mortai di calibro inferiore a 100 mm,- lanciabombe,- armi anticarro, lanciatori senza rinculo (razzi lanciati con dispositivi da spalla),- missili anticarro e lanciatori,- missili contraerei/sistemi di difesa antiaerea portatili (MANPAD). | Combattere l’accumulazione delle armi leggere e di piccolo calibro
QUAL È LO SCOPO DELLA STRATEGIA?
Prevede un piano d’azione per combattere la minaccia associata all’accumulazione e al traffico illegali delle armi leggere e di piccolo calibro (SALW)* e relative munizioni, approfittando dell’ampio ventaglio di meccanismi a disposizione dell’UE.
PUNTI CHIAVE
La strategia contro le SALW riunisce le capacità civili e militari dei paesi dell’UE, gli strumenti della politica estera e di sicurezza comune (PESC) e della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) e l’azione della polizia, delle dogane e della magistratura all’interno dell’UE per il perseguimento dei suoi obiettivi.
Per elaborare meccanismi internazionali, regionali e nazionali serve un multilateralismo efficace.
A livello internazionale, si attribuisce la priorità
all’attuazione del programma d’azione delle Nazioni Unite sulle SALW;
alla tracciabilità delle SALW attraverso un meccanismo mondiale di segnalazione (iTrace II) e
alla ratifica del protocollo contro la fabbricazione e il traffico illeciti di armi da fuoco, loro parti e componenti e munizioni.
L’UE cercherà altresì di persuadere i paesi extra-UE esportatori di SALW ad aderire a quanto sopra.
A livello regionale, l’UE offre sostegno finanziario ai programmi concreti intesi a contrastare le minacce alla sicurezza connesse alle SALW illegali in Libia, Europa sud-orientale e nell’ambito dell’organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa.
Fa progredire la strategia anche lo strumento che contribuisce alla stabilità e alla pace, che aiuta a prevenire e rispondere alle crisi, in modo da creare un ambiente sicuro e stabile in tutto il mondo.
Il Consiglio dell’Unione europea monitora ininterrottamente l’attuazione della strategia dell’UE contro le SALW. Ogni sei mesi, il servizio europeo per l’azione esterna presenta una relazione sui progressi compiuti al Consiglio per ottenerne l’approvazione.
CONTESTO
Le conseguenze dell’eccessiva accumulazione e della diffusione incontrollata delle SALW sono al centro di quattro delle cinque sfide (il terrorismo, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, i conflitti regionali, il fallimento dello Stato e la criminalità organizzata) individuate nella strategia di sicurezza europea.
Per ulteriori informazioni, consultare:
«La lotta all’eccessiva accumulazione e al traffico illecito delle SALW e delle relative munizioni» sul sito Internet del servizio europeo per l’azione esterna.
* TERMINI CHIAVE
Armi leggere e di piccolo calibro (SALW): Qualsiasi arma letale portatile individuale. Le armi di piccolo calibro includono pistole, fucili da caccia, fucili d’assalto e mitragliatrici leggere. Le armi leggere includono mitragliatrici pesanti, lanciagranate e cannoni anticarro.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Strategia dell’UE volta a combattere l’accumulazione e il traffico illeciti delle SALW e relative munizioni, Bruxelles, 13 gennaio 2006.
ATTI COLLEGATI
Regolamento (UE) n. 230/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2014, che istituisce uno strumento inteso a contribuire alla stabilità e alla pace (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 1-10).
Decisione (PESC) del Consiglio 2015/1908, del 22 ottobre 2015, a sostegno di un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali volto a ridurre il rischio del loro commercio illegale («iTrace II») (GU L 278 del 23.10.2015, pag. 15-25). | 4,717 | 682 |
REGOLAMENTO (CE) N. 2023/2006 DELLA COMMISSIONE
del 22 dicembre 2006
sulle buone pratiche di fabbricazione dei materiali e degli oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea,
visto il regolamento (CE) n. 1935/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 ottobre 2004 riguardante i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari (1), in particolare l’articolo 5, paragrafo 1,
considerando quanto segue:
(1)
I gruppi di materiali e oggetti elencati nell’allegato I al regolamento (CE) n. 1935/2004 nonché le combinazioni di tali materiali ed oggetti oppure di materiali ed oggetti riciclati impiegati in tali materiali e oggetti vanno fabbricati nel rispetto delle norme generali e specifiche sulle buone pratiche di fabbricazione (Good manufacturing practices – GMP).
(2)
Taluni settori industriali hanno elaborato linee guida sulle GMP, altri no. Di conseguenza risulta necessario garantire l’uniformità fra gli Stati membri per quanto riguarda le GMP per i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari.
(3)
Per garantire l’uniformità è opportuno stabilire determinati obblighi per gli operatori del settore.
(4)
Tutti gli operatori del settore devono istituire un sistema efficace di gestione della qualità nell’ambito delle operazioni di fabbricazione, adeguandolo alla loro posizione nella catena di approvvigionamento.
(5)
Le norme vanno applicate a materiali ed oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari o già a contatto con prodotti alimentari e destinati a tal fine oppure di cui si può prevedere ragionevolmente che possano essere messi a contatto con prodotti alimentari o che trasferiscano i propri componenti ai prodotti alimentari nelle condizioni di impiego normali o prevedibili.
(6)
Le norme relative alle GMP vanno applicate in modo proporzionato al fine di evitare oneri eccessivi per le piccole imprese.
(7)
Norme specifiche vanno ora stabilite per i processi in cui vengono utilizzati inchiostri da stampa e vanno elaborate per altri processi, se necessario. Per gli inchiostri da stampa impiegati sulla parte del materiale o dell’oggetto non a contatto con il prodotto alimentare, le GMP devono soprattutto garantire che le sostanze non siano trasferite nel prodotto alimentare a causa del set-off o tramite trasferimento attraverso il substrato.
(8)
Le misure previste dal presente regolamento sono conformi al parere del Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto
Il presente regolamento stabilisce le norme relative alle buone pratiche di fabbricazione (GMP) per i gruppi di materiali e di oggetti destinati a venire a contatto con gli alimenti (qui di seguito «materiali ed oggetti») elencati nell’allegato I al regolamento (CE) n. 1935/2004 e le combinazioni di tali materiali ed oggetti nonché di materiali ed oggetti riciclati impiegati in tali materiali ed oggetti.
Articolo 2
Campo di applicazione
Il presente regolamento si applica a tutti i settori e a tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione di materiali e oggetti, sino ad e ad esclusione della produzione di sostanze di partenza.
Le norme specifiche stabilite nell’allegato si applicano ai processi pertinenti, indicati singolarmente, come opportuno.
Articolo 3
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni seguenti:
a)
«buone pratiche di fabbricazione (good manufacturing practices — GMP)»: gli aspetti di assicurazione della qualità che assicurano che i materiali e gli oggetti siano costantemente fabbricati e controllati, per assicurare la conformità alle norme ad essi applicabili e agli standard qualitativi adeguati all'uso cui sono destinati, senza costituire rischi per la salute umana o modificare in modo inaccettabile la composizione del prodotto alimentare o provocare un deterioramento delle sue caratteristiche organolettiche;
b)
«sistema di assicurazione della qualità»: tutti gli accordi organizzati e documentati, conclusi al fine di garantire che i materiali e gli oggetti siano della qualità atta a renderli conformi alle norme ad essi applicabili e agli standard qualitativi necessari per l’uso cui sono destinati;
c)
«sistema di controllo della qualità»: l’applicazione sistematica di misure stabilite nell’ambito del sistema di assicurazione della qualità al fine di garantire che i materiali di partenza e i materiali e gli oggetti intermedi e finiti siano conformi alle specifiche elaborate nel sistema di assicurazione della qualità;
d)
«lato non a contatto con il prodotto alimentare» indica la superficie del materiale o dell'oggetto che non si trova direttamente a contatto con il prodotto alimentare;
e)
«lato a contatto con il prodotto alimentare» indica la superficie del materiale o dell'oggetto che si trova direttamente a contatto con il prodotto alimentare.
Articolo 4
Conformità alle buone pratiche di fabbricazione
Gli operatori del settore devono garantire che le operazioni di fabbricazione siano svolte nel rispetto:
a)
delle norme generali sulle GMP, come stabilito dagli articoli 5, 6 e 7;
b)
delle norme specifiche sulle GMP, come stabilito nell’allegato.
Articolo 5
Sistemi di assicurazione della qualità
1. Gli operatori del settore devono istituire, attuare e far rispettare un sistema di assicurazione della qualità efficace e documentato. Il suddetto sistema deve:
a)
tenere conto dell’adeguatezza del personale, delle sue conoscenze e competenze, nonché dell’organizzazione delle sedi e delle attrezzature necessarie a garantire che i materiali e gli oggetti finiti siano conformi alle norme ad essi applicabili;
b)
essere applicato tenendo conto della dimensione dell'impresa, in modo da non costituire un onere eccessivo per l'azienda.
2. I materiali di partenza devono essere selezionati e decono essere conformi con le specifiche prestabilite, in modo da garantire che il materiale o l’oggetto siano conformi alle norme ad essi applicabili.
3. Le varie operazioni devono svolgersi secondo istruzioni e procedure prestabilite.
Articolo 6
Sistemi di controllo della qualità
1. Gli operatori del settore devono istituire e mantenere un sistema di controllo della qualità efficace.
2. Il sistema di controllo della qualità deve comprendere il monitoraggio dell’attuazione e del totale rispetto delle GMP e deve identificare misure volte a correggere eventuali mancanze di conformità alle GMP. Tali misure correttive vanno attuate senza indugio e messe a disposizione delle autorità competenti per le ispezioni.
Articolo 7
Documentazione
1. Gli operatori del settore devono elaborare e conservare un’adeguata documentazione su supporto cartaceo o in formato elettronico riguardante le specifiche, le formulazioni e i processi di fabbricazione che siano pertinenti per la conformità e la sicurezza di materiali e oggetti finiti.
2. Gli operatori del settore devono elaborare e conservare un'adeguata documentazione, su supporto cartaceo o in formato elettronico, relativa alle registrazioni delle varie operazioni di fabbricazione svolte che siano pertinenti per la conformità e la sicurezza di materiali e oggetti finiti, e relativa ai risultati del sistema di controllo della qualità.
3. La documentazione deve essere messa a disposizione delle autorità competenti, qualora lo richiedano, da parte degli operatori del settore.
Articolo 8
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Esso si applica a decorrere dal 1o agosto 2008.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 22 dicembre 2006.
Per la Commissione
Markos KYPRIANOU
Membro della Commissione
(1) GU L 338 del 13.11.2004, pag. 4.
ALLEGATO
Norme specifiche sulle buone pratiche di fabbricazione
Processi che prevedono l’applicazione di inchiostri da stampa sul lato di un materiale o di un oggetto non a contatto con il prodotto alimentare
1.
Gli inchiostri da stampa applicati sul lato dei materiali o degli oggetti non a contatto con il prodotto alimentare devono essere formulati e/o applicati in modo che le sostanze presenti sulla superficie stampata non siano trasferite al lato a contatto con il prodotto alimentare:
a)
attraverso il substrato oppure
b)
a causa del set-off quando vengono impilati o sono sulle bobine,
in concentrazioni che portino a livelli di sostanza nel prodotto alimentare non in linea con le prescrizioni di cui all’articolo 3 del regolamento (CE) n. 1935/2004.
2.
I materiali e gli oggetti stampati in stato finito o semifinito vanno movimentati e immagazzinati in modo che le sostanze presenti sulla superficie stampata non siano trasferite al lato a contatto con il prodotto alimentare:
a)
attraverso il substrato oppure
b)
a causa del set-off quando vengono impilati o sono sulle bobine,
in concentrazioni che portino a livelli di sostanza nel prodotto alimentare non in linea con le prescrizioni di cui all’articolo 3 del regolamento (CE) n. 1935/2004.
3.
Le superfici stampate non devono trovarsi direttamente a contatto con il prodotto alimentare. | Materiali e oggetti a contatto con prodotti alimentari: Buone pratiche di fabbricazione
SINTESI
CHE COSA FA IL REGOLAMENTO?
Stabilisce le norme relative alle buone pratiche di fabbricazione (good manufacturing practice, GMP)* dei materiali e degli oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari.
PUNTI CHIAVE
La normativa si applica a tutti i settori e a tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione di materiali e oggetti.
Le aziende devono:
conformarsi alle buone pratiche di fabbricazione;
istituire, attuare e far rispettare un sistema di assicurazione della qualità* efficace e documentato;
istituire e mantenere un sistema di controllo della qualità efficace;
elaborare e conservare un’adeguata documentazione, su supporto cartaceo o in formato elettronico, riguardante le specifiche, le formulazioni e i processi di fabbricazione che siano pertinenti per la sicurezza dei singoli prodotti e delle varie operazioni di produzione.
Le buone pratiche di fabbricazione riguardano oggetti quali contenitori, imballaggi, carta, cartone, inchiostro e adesivi destinati a venire a contatto con prodotti alimentari.
I sistemi di assicurazione della qualità tengono conto:
delle conoscenze e delle competenze del personale e dell’organizzazione delle sedi e delle attrezzature;
della dimensione dell’impresa, in modo da non costituire un onere eccessivo per l’azienda.
I sistemi di controllo della qualità comprendono:
il monitoraggio dell’attuazione e delle buone pratiche di fabbricazione;
l’identificazione e la correzione delle misure non conformi agli standard richiesti.
Una modifica [regolamento (CE) n. 282/2008] stabilisce un sistema di assicurazione della qualità specifico per i materiali e gli oggetti in plastica riciclata destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Si applica dal 1o agosto 2008.
TERMINI CHIAVE
* Buone pratiche di fabbricazione: gli aspetti dell’assicurazione della qualità che garantiscono che materiali e oggetti rispettino gli standard qualitativi, non rappresentino un pericolo per la salute umana e non causino modifiche inaccettabili alla composizione dei prodotti alimentari.
* Sistema di assicurazione della qualità: accordi organizzati e documentati che garantiscono che i materiali e gli oggetti presentino la qualità richiesta.
ATTO
Regolamento (CE) n. 2023/2006 della Commissione, del 22 dicembre 2006, sulle buone pratiche di fabbricazione dei materiali e degli oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari (GU L 384 del 29.12.2006, pag. 75-78)
Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 2023/2006 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. | 3,695 | 817 |
Direttiva 2001/51/CE del Consiglio, del 28 giugno 2001, che integra le disposizioni dell'articolo 26 della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen del 14 giugno 1985
Gazzetta ufficiale n. L 187 del 10/07/2001 pag. 0045 - 0046
Direttiva 2001/51/CE del Consigliodel 28 giugno 2001che integra le disposizioni dell'articolo 26 della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen del 14 giugno 1985IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 61, lettera a), e 63, punto 3, lettera b),vista l'iniziativa della Repubblica francese(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) Per lottare efficacemente contro l'immigrazione clandestina è fondamentale che tutti gli Stati membri adottino un dispositivo che fissi gli obblighi per i vettori che trasportano cittadini stranieri nel territorio degli Stati membri. Ai fini di una maggiore efficacia di tale obiettivo, occorrerebbe altresì armonizzare, per quanto possibile, le sanzioni pecuniarie attualmente previste dagli Stati membri in caso di violazione degli obblighi di controllo cui sono soggetti i vettori, tenendo conto delle differenze esistenti tra gli ordinamenti giuridici e le prassi degli Stati membri.(2) La presente misura rientra in un dispositivo globale di controllo dei flussi migratori e di lotta contro l'immigrazione clandestina.(3) L'applicazione della presente direttiva non pregiudica gli impegni derivanti dalla convenzione di Ginevra, del 28 luglio 1951, relativa allo status dei rifugiati, quale modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967.(4) È necessario non pregiudicare la libertà degli Stati membri di mantenere o introdurre misure o sanzioni supplementari per i vettori, che siano interessati o meno dalla presente direttiva.(5) Gli Stati membri vigileranno affinché nell'ambito di qualsiasi procedimento avviato nei confronti di vettori e che potrebbe dar luogo all'applicazione di sanzioni possano essere effettivamente esercitati il diritto di difesa e il diritto di impugnazione avverso siffatte decisioni.(6) Il presente strumento rappresenta uno sviluppo dell'acquis di Schengen, conformemente al protocollo sull'integrazione dell'acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione europea, quale è stato definito nell'allegato A della decisione 1999/435/CE del Consiglio, del 20 maggio 1999, che definisce l'acquis di Schengen ai fini della determinazione, in conformità del trattato che istituisce la Comunità europea e del trattato sull'Unione europea, della base giuridica per ciascuna delle disposizioni o decisioni che costituiscono l'acquis(3).(7) A norma dell'articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, il Regno Unito ha notificato, con lettera del 25 ottobre 2000, che desidera partecipare all'adozione e all'applicazione della presente direttiva.(8) A norma dell'articolo 1 del summenzionato protocollo, l'Irlanda non partecipa all'adozione della presente direttiva. Di conseguenza, fatto salvo l'articolo 4 di detto protocollo, le disposizioni della presente direttiva non si applicano all'Irlanda.(9) La Danimarca, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea ed al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all'adozione della presente direttiva e di conseguenza non è vincolata da esso, né è soggetta alla sua applicazione. Poiché il presente strumento è volto a sviluppare l'acquis di Schengen in applicazione delle disposizioni del titolo IV del trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca, a norma dell'articolo 5 del protocollo summenzionato, deciderà, entro un periodo di sei mesi dall'adozione della presente direttiva da parte del Consiglio, se intende recepirla nel proprio diritto interno.(10) Quanto alla Repubblica d'Islanda e al Regno di Norvegia, la presente direttiva costituisce uno sviluppo dell'acquis di Schengen nel senso dell'accordo concluso dal Consiglio dell'Unione europea e da questi due Stati il 18 maggio 1999 sull'associazione di questi ultimi all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen(4),HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1La presente direttiva è intesa a integrare le disposizioni dell'articolo 26 della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen del 14 giugno 1985, firmata a Schengen il 19 giugno 1990(5) (in seguito denominata "convenzione di Schengen"), e a precisare talune condizioni di applicazione.Articolo 2Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie per garantire che l'obbligo imposto ai vettori in materia di riconducimento di cittadini di paesi terzi di cui alle disposizioni dell'articolo 26, paragrafo 1, lettera a), della convenzione di Schengen si applichi anche quando l'ingresso è negato al cittadino di un paese terzo in transito, qualora:a) il vettore che avrebbe dovuto trasportarlo nel paese di destinazione rifiuti di imbarcarlo; ob) le autorità dello Stato di destinazione gli abbiano negato l'ingresso o lo abbiano rinviato nello Stato membro attraverso il quale è transitato.Articolo 3Gli Stati membri adottano le misure necessarie per obbligare i vettori che non siano in grado di provvedere al ritorno di un cittadino di un paese terzo cui sia stato rifiutato l'ingresso a trovare immediatamente il mezzo per ricondurlo e a sostenere le relative spese, oppure, allorché non può essere immediatamente ricondotto, a prendere a carico le spese di soggiorno e di riconducimento del cittadino in questione.Articolo 41. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che le sanzioni applicabili ai vettori ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo 26, paragrafi 2 e 3, della convenzione di Schengen siano dissuasive, efficaci e proporzionate e che:a) l'importo massimo delle sanzioni pecuniarie applicabili non sia inferiore a 5000 EUR o l'equivalente in valuta nazionale al tasso di cambio pubblicato nella Gazzetta ufficiale il 10 agosto 2001 per persona trasportata; oppureb) l'importo minimo di tali sanzioni non sia inferiore a 3000 EUR o l'equivalente in valuta nazionale al tasso di cambio pubblicato nella Gazzetta ufficiale il 10 agosto 2001 per persona trasportata; oppurec) l'importo massimo della sanzione applicata forfettariamente a ciascuna infrazione non sia inferiore a 500000 EUR o l'equivalente in valuta nazionale al tasso di cambio pubblicato nella Gazzetta ufficiale il 10 agosto 2001, a prescindere dal numero di persone trasportate.2. Il paragrafo 1 non pregiudica gli obblighi degli Stati membri in caso di richiesta di protezione internazionale da parte di un cittadino di un paese terzo.Articolo 5La presente direttiva non osta a che gli Stati membri adottino o mantengano, nei confronti dei vettori che non ottemperano agli obblighi risultanti dalle disposizioni di cui all'articolo 26 della convenzione di Schengen e dell'articolo 2 della presente direttiva altre misure che comportino sanzioni di altro tipo quali l'immobilizzazione, il sequestro e la confisca del mezzo di trasporto o ancora la sospensione temporanea o il ritiro della licenza di esercizio.Articolo 6Gli Stati membri devono garantire che le loro disposizioni legislative, regolamentari e amministrative prevedano diritti di difesa e di impugnazione effettivi per i vettori nei cui confronti sia stato avviato un procedimento ai fini dell'applicazione di sanzioni.Articolo 71. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro l'11 febbraio 2003. Essi ne informano immediatamente la Commissione.2. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 8La presente direttiva entra in vigore 30 giorni dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 9Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva in base al trattato che istituisce la Comunità europea.Fatto a Lussemburgo, addì 28 giugno 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteB. Rosengren(1) GU C 269 del 20.9.2000, pag. 8.(2) Parere espresso il 13 marzo 2001 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 1.(4) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 3.(5) GU L 239 del 22.9.2000, pag. 1. | Sanzioni pecuniarie ai vettori
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Questa direttiva mira a combattere l’immigrazione clandestina armonizzando le sanzioni pecuniarie imposte dai paesi dell’Unione europea (UE) ai vettori che trasportano cittadini di paesi terzi sprovvisti dei documenti necessari.
PUNTI CHIAVE
Integra l’articolo 26 della convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen che impone al vettore di assumersi la responsabilità dei cittadini di paesi terzi che trasporta alla frontiera esterna per via aerea, marittima o terrestre. In linea con l’articolo 26 della convenzione, il vettore deve adottare tutte le misure necessarie per garantire che i cittadini di paesi terzi trasportati per via aerea o marittima, e i gruppi trasportati via terra in pullman, abbiano i documenti di viaggio necessari per l’ingresso nei paesi Schengen.
In linea con la direttiva, i vettori che non siano in grado di provvedere al ritorno di un cittadino di un paese terzo hanno l’obbligo di trovare il mezzo per ricondurlo. Allorché il cittadino non possa essere immediatamente ricondotto, il vettore deve farsi carico delle spese di soggiorno e di riconducimento del cittadino in questione.
La direttiva richiede inoltre ai paesi dell’UE di imporre sanzioni pecuniarie dissuasive, efficaci e proporzionate nei confronti dei vettori che violano i loro obblighi di garantire che le persone che si recano nello spazio Schengen abbiano i documenti necessari per l’ingresso. La direttiva stabilisce che:l’importo massimo delle sanzioni non sia inferiore a 5 000 EUR a persona; oppure che l’importo minimo delle sanzioni non sia inferiore a 3 000 EUR a persona; oppure che l’importo massimo della sanzione applicata forfettariamente a ciascuna infrazione non sia inferiore a 500 000 EUR, indipendentemente dal numero di persone.Queste sanzioni pecuniarie non si applicano in caso di richiesta di protezione internazionale da parte di un cittadino di un paese terzo.
I paesi dell’UE possono adottare in aggiunta sanzioni di altro tipo, quali il sequestro e la confisca del mezzo di trasporto o il ritiro della licenza di esercizio.
Sono previsti diritti di difesa e di impugnazione effettivi per i vettori che hanno violato i loro obblighi e nei cui confronti sia stato avviato un procedimento.
DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Si applica dal 9 agosto 2001.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2001/51/CE del Consiglio, del 28 giugno 2001, che integra le disposizioni dell’articolo 26 della convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen del 14 giugno 1985 (GU L 187 del 10.7.2001, pag. 45).
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva 2004/82/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, concernente l’obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate (GU L 261 del 6.8.2004, pag. 24). | 3,642 | 660 |
DECISIONE 2014/486/PESC DEL CONSIGLIO
del 22 luglio 2014
relativa alla missione consultiva dell'Unione europea per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina)
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 28, l'articolo 42, paragrafo 4, e l'articolo 43, paragrafo 2,
vista la proposta dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza,
considerando quanto segue:
(1)
Il 14 aprile 2014 il Consiglio ha manifestato la propria disponibilità ad assistere l'Ucraina in materia di riforme del settore della sicurezza civile, sostegno della polizia e stato di diritto, nonché ad elaborare un quadro politico per l'approccio alle crisi in Ucraina, che esamini tutte le opzioni, anche attraverso un'eventuale missione di politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC).
(2)
L'8 maggio 2014 il ministro degli esteri dell'Ucraina ha inviato una lettera all'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR) nella quale esprime interesse per lo schieramento di una missione in ambito PSDC in Ucraina.
(3)
Il 12 maggio 2014 il Consiglio ha ribadito la propria disponibilità ad assistere l'Ucraina in materia di riforme del settore della sicurezza civile, ha salutato con favore il quadro politico per l'approccio alle crisi in Ucraina e ha affidato al Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) il compito di preparare un concetto di gestione della crisi relativo a un'eventuale missione civile in ambito PSDC. Ha inoltre sottolineato l'importanza del coordinamento e della complementarità con l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) e altri soggetti internazionali.
(4)
Il 23 giugno 2014 il Consiglio ha approvato il concetto di gestione della crisi relativo a un'eventuale azione della PSDC a sostegno delle riforme del settore della sicurezza civile.
(5)
L'11 luglio 2014, il ministro degli Esteri dell'Ucraina ha inviato una lettera all'AR nella quale accetta lo schieramento di una missione in ambito CSDP.
(6)
L'EUAM Ucraina sarà condotta nel contesto di una situazione che potrebbe deteriorarsi e compromettere il raggiungimento degli obiettivi dell'azione esterna dell'Unione fissati all'articolo 21 del trattato sull'Unione europea (TUE),
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Missione
L'Unione conduce una missione consultiva per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina) per assistere l'Ucraina in materia di riforme del settore della sicurezza civile, compresa polizia e stato di diritto.
Articolo 2
Mandato
1. A sostegno degli impegni assunti dall'Ucraina per le riforme del settore della sicurezza, la missione civile in ambito PSDC senza compiti esecutivi offre ai competenti organi ucraini tutoraggio e consulenza per elaborare rinnovate strategie in materia di sicurezza e mettere quindi in atto opportuni sforzi di riforma globali e coerenti, al fine di:
—
creare un quadro concettuale per la pianificazione e l'attuazione di riforme che porti a servizi di sicurezza sostenibili in grado di garantire lo stato di diritto, in modo tale da contribuire a rafforzarne la legittimità e accrescere la fiducia dell'opinione pubblica, nel pieno rispetto dei diritti umani e coerentemente con il processo di riforma costituzionale,
—
riorganizzare e ristrutturare i servizi di sicurezza in modo da ripristinare il controllo e la responsabilità su di essi.
Al fine di raggiungere i suoi obiettivi, l'EUAM Ucraina opera secondo i parametri definiti nel concetto di gestione della crisi (CMC) approvato dal Consiglio il 23 giugno 2014 e nei documenti del piano operativo.
2. Nell'ambito del proprio mandato iniziale la missione presta assistenza nel processo operativo della riforma del settore della sicurezza civile, sostenendo la rapida preparazione e attuazione delle misure di riforma.
Articolo 3
Catena di comando e struttura
1. L'EUAM Ucraina dispone di una catena di comando unificata per le operazioni di gestione della crisi.
2. Il comando dell'EUAM Ucraina è situato a Kiev.
3. L'EUAM Ucraina è strutturata conformemente ai relativi documenti di pianificazione.
Articolo 4
Pianificazione e avvio dell'EUAM Ucraina
1. La missione è avviata con decisione del Consiglio alla data raccomandata dal comandante civile dell'operazione EUAM Ucraina, non appena quest'ultima avrà raggiunto la sua capacità operativa iniziale.
2. Il nucleo avanzato dell'EUAM Ucraina ha il compito di preparare l'installazione della missione dal punto di vista logistico, infrastrutturale e della sicurezza, nonché fornire gli elementi necessari alla preparazione dei documenti del piano operativo e della seconda scheda finanziaria.
Articolo 5
Comandante civile dell'operazione
1. Il direttore della capacità civile di pianificazione e condotta (CPCC) è il comandante civile dell'operazione EUAM Ucraina. La CPCC è messa a disposizione del comandante civile dell'operazione per la pianificazione e la condotta dell'EUAM Ucraina.
2. Il comandante civile dell'operazione, sotto il controllo politico e la direzione strategica del comitato politico e di sicurezza (CPS) e l'autorità generale dell'AR, esercita il comando e il controllo dell'EUAM Ucraina.
3. Il comandante civile dell'operazione assicura, con riguardo alla condotta delle operazioni, l'attuazione corretta ed efficace delle decisioni del Consiglio nonché di quelle del CPS, anche impartendo le necessarie istruzioni al capomissione e fornendogli consulenza e sostegno tecnico.
4. Il comandante civile dell'operazione riferisce al Consiglio attraverso l'AR.
5. Tutto il personale distaccato resta pienamente subordinato alle autorità nazionali dello Stato d'origine conformemente alla normativa nazionale, o all'istituzione dell'Unione interessata o al Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE). Tali autorità trasferiscono al comandante civile dell'operazione il controllo operativo del loro personale.
6. Il comandante civile dell'operazione ha la responsabilità generale di assicurare che il dovere di diligenza dell'Unione sia correttamente assolto.
Articolo 6
Capomissione
1. Il capomissione assume la responsabilità ed esercita il comando e il controllo dell'EUAM Ucraina a livello di teatro delle operazioni. Il capomissione risponde direttamente al comandante civile dell'operazione e agisce conformemente alle istruzioni impartite da quest'ultimo.
2. Il capomissione rappresenta l'EUAM Ucraina per quanto di sua competenza. Il capomissione può delegare compiti di gestione riguardanti il personale e le questioni finanziarie a membri del personale dell'EUAM Ucraina, sotto la sua responsabilità generale.
3. Il capomissione esercita la responsabilità amministrativa e logistica dell'EUAM Ucraina, anche per quanto riguarda i mezzi, le risorse e le informazioni messi a disposizione della missione.
4. Il capomissione è responsabile del controllo disciplinare sul personale. Per quanto concerne il personale distaccato, l'azione disciplinare è esercitata dall'autorità nazionale conformemente alla normativa nazionale, dall'istituzione dell'Unione interessata o dal SEAE.
Articolo 7
Controllo politico e direzione strategica
1. Il CPS, sotto la responsabilità del Consiglio e dell'AR, esercita il controllo politico e la direzione strategica dell'EUAM Ucraina. Il Consiglio autorizza il CPS ad assumere le decisioni pertinenti a norma dell'articolo 38, terzo comma del TUE. Tale autorizzazione include in particolare la facoltà di nominare un capomissione, su proposta dell'AR, e modificare il concetto delle operazioni (CONOPS) e il piano operativo (OPLAN). Le competenze decisionali riguardanti gli obiettivi e la conclusione dell'EUAM Ucraina restano attribuite al Consiglio.
2. Il CPS riferisce periodicamente al Consiglio.
3. Il CPS riceve periodicamente e secondo necessità relazioni dal comandante civile dell'operazione e dal capomissione sulle questioni che rientrano nelle loro rispettive aree di competenza.
Articolo 8
Personale
1. Il personale dell'EUAM Ucraina è costituito essenzialmente da personale distaccato dagli Stati membri, dalle istituzioni dell'Unione o dal SEAE. Ogni Stato membro, ogni istituzione dell'Unione e il SEAE sostengono i costi connessi con ciascun membro del personale che ha distaccato, incluse le spese di viaggio per e dal luogo di schieramento, gli stipendi, la copertura sanitaria, le indennità diverse da quelle giornaliere.
2. Ogni Stato membro, ogni istituzione dell'Unione e il SEAE, sono competenti per eventuali azioni connesse al distacco proposte dal membro del personale distaccato o che lo riguardano, nonché a proporre eventuali azioni nei confronti di tale persona.
3. L'EUAM Ucraina può altresì assumere personale internazionale e locale su base contrattuale se le mansioni richieste non possono essere fornite da personale distaccato dagli Stati membri. In via eccezionale, in casi debitamente giustificati, laddove non siano disponibili candidati qualificati provenienti dagli Stati membri, i cittadini degli Stati terzi partecipanti possono essere assunti su base contrattuale, ove opportuno.
4. Le condizioni d'impiego nonché i diritti e gli obblighi del personale internazionale e locale sono stabiliti nei contratti conclusi tra l'EUAM Ucraina e i membri del personale interessati.
Articolo 9
Status dell'EUAM Ucraina e del relativo personale
Lo status dell'EUAM Ucraina e del relativo personale compresi, se del caso, i privilegi, le immunità e le altre garanzie necessarie ai fini del compimento e del buon funzionamento dell'EUAM Ucraina, è oggetto di un accordo concluso ai sensi dell'articolo 37 TUE e secondo la procedura di cui all'articolo 218 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
Articolo 10
Partecipazione di Stati terzi
1. Fatti salvi l'autonomia decisionale dell'Unione e il suo quadro istituzionale unico, Stati terzi possono essere invitati a contribuire all'EUAM Ucraina, a condizione che sostengano i costi relativi al distacco del loro personale, inclusi gli stipendi, l'assicurazione che copre tutti i rischi, le indennità giornaliere e le spese di viaggio per e dall'Ucraina, e contribuiscano, ove opportuno, ai costi correnti della missione EUAM Ucraina.
2. Gli Stati terzi che contribuiscono all'EUAM Ucraina hanno diritti ed obblighi identici a quelli degli Stati membri, in termini di gestione quotidiana della missione EUAM Ucraina.
3. Il Consiglio autorizza il CPS a prendere le decisioni pertinenti in merito all'accettazione dei contributi proposti e ad istituire un comitato dei contributori.
4. Le modalità particolareggiate concernenti la partecipazione degli Stati terzi sono oggetto di un accordo concluso a norma dell'articolo 37 del TUE. Se l'Unione e uno Stato terzo concludono o hanno concluso un accordo che istituisce un quadro per la partecipazione di tale Stato terzo ad operazioni dell'Unione di gestione delle crisi, le disposizioni di detto accordo si applicano nell'ambito dell'EUAM Ucraina.
Articolo 11
Sicurezza
1. Il comandante civile dell'operazione dirige la pianificazione delle misure di sicurezza effettuata dal capomissione e garantisce l'attuazione corretta ed efficace di tali misure da parte dell'EUAM Ucraina a norma dell'articolo 5.
2. Il capomissione è responsabile della sicurezza dell'EUAM Ucraina e della conformità ai requisiti minimi di sicurezza applicabili all'EUAM Ucraina, in linea con la politica dell'Unione in materia di sicurezza del personale schierato al di fuori dell'Unione nel quadro di una capacità operativa ai sensi del titolo V del TUE.
3. Il capomissione è assistito da un responsabile della sicurezza della missione, che riferisce al capomissione e mantiene anche uno stretto rapporto funzionale con il SEAE.
4. In materia di sicurezza il personale dell'EUAM Ucraina riceve una formazione obbligatoria adeguata al livello di rischio valutato nella zona di schieramento. Riceve altresì corsi periodici di aggiornamento nel teatro delle operazioni, organizzati dal responsabile della sicurezza della missione.
5. Il capomissione assicura la protezione delle informazioni classificate UE conformemente alla decisione 2013/488/UE del Consiglio (1).
Articolo 12
Capacità di vigilanza
La capacità di vigilanza è attivata per l'EUAM Ucraina.
Articolo 13
Disposizioni giuridiche
L'EUAM Ucraina ha la capacità di procurarsi servizi e forniture, stipulare contratti e concludere accordi amministrativi, assumere personale, detenere conti bancari, acquisire beni e disporne nonché liquidare il suo passivo e stare in giudizio, nella misura necessaria per l'attuazione della presente decisione.
Articolo 14
Disposizioni finanziarie
1. L'importo di riferimento finanziario destinato a coprire le spese connesse all'EUAM Ucraina fino al 30 novembre 2014 è pari a 2 680 000 EUR. L'importo di riferimento finanziario per i periodi successivi è deciso dal Consiglio.
2. Tutte le spese sono gestite in conformità alle procedure e alle regole applicabili al bilancio generale dell'Unione. La partecipazione di persone fisiche e giuridiche all'aggiudicazione di contratti d'appalto da parte dell'EUAM Ucraina è aperta senza limitazioni. Inoltre, non si applica alcuna regola di origine per i beni acquistati dall'EUAM Ucraina. Con l'approvazione della Commissione la missione può concludere accordi tecnici con gli Stati membri, lo Stato ospitante, gli Stati terzi partecipanti e altri attori internazionali per quanto riguarda la fornitura di attrezzature, servizi e locali all'EUAM Ucraina.
3. L'EUAM Ucraina è responsabile dell'esecuzione del bilancio della missione. A tal fine la missione EUAM Ucraina firma un accordo con la Commissione.
4. Fatte salve le disposizioni sullo status dell'EUAM Ucraina e del suo personale, l'EUAM Ucraina è competente per eventuali richieste di indennizzo e obblighi derivanti dall'attuazione del mandato, fatta eccezione per eventuali richieste di indennizzo in relazione a una colpa grave del capomissione, di cui quest'ultimo si assume la responsabilità.
5. L'attuazione delle disposizioni finanziarie non pregiudica la catena di comando di cui agli articoli 4, 5 e 6 e i requisiti operativi dell'EUAM Ucraina, compresa la compatibilità delle attrezzature e l'interoperabilità delle sue squadre.
6. Le spese sono ammissibili a decorrere dalla data della firma dell'accordo di cui al paragrafo 3.
Articolo 15
Cellula di progetto
1. L'EUAM Ucraina dispone di una cellula di progetto per individuare e attuare i progetti. Ove opportuno, l'EUAM Ucraina agevola e fornisce consulenza sui progetti realizzati dagli Stati membri e da Stati terzi sotto la loro responsabilità, in settori connessi all'EUAM Ucraina e a sostegno dei suoi obiettivi.
2. Fatto salvo il paragrafo 3, l'EUAM Ucraina è autorizzata a far ricorso ai contributi finanziari degli Stati membri o di Stati terzi per l'attuazione di progetti individuati che completino in modo coerente le altre azioni dell'EUAM Ucraina, se il progetto è:
—
è previsto nella scheda finanziaria della presente decisione, o
—
è integrato nel corso del mandato mediante una modifica di tale scheda finanziaria su richiesta del capomissione.
L'EUAM Ucraina conclude un accordo con tali Stati, riguardante in particolare le modalità specifiche concernenti la risposta a qualsiasi azione emanante da terzi riguardante danni subiti a causa di atti od omissioni dell'EUAM Ucraina nell'utilizzo dei fondi messi a sua disposizione da tali Stati. Né l'Unione né l'AR sono in alcun caso ritenuti responsabili dagli Stati contributori per atti od omissioni dell'EUAM Ucraina nell'utilizzo dei fondi messi a disposizione da tali Stati.
3. I contributi finanziari alla cellula di progetto da parte di Stati terzi sono soggetti ad accettazione da parte del CPS.
Articolo 16
Coerenza della risposta e del coordinamento dell'Unione
1. L'AR garantisce la coerenza nell'attuazione della presente decisione con l'azione esterna dell'Unione nel suo complesso.
2. Fatta salva la catena di comando, il capomissione agisce in stretto coordinamento con la delegazione dell'Unione in Ucraina al fine di garantire la coerenza dell'azione dell'Unione in Ucraina. Senza interferire nella catena di comando, il capo delegazione a Kiev impartisce al capo della missione EUAM Ucraina direttive politiche di livello locale. Se necessario, il capo della missione EUAM Ucraina e il capo delegazione a Kiev procedono a consultazioni.
3. È instaurata una cooperazione tra l'EUAM Ucraina e la missione dell'UE di assistenza alle frontiere per i valichi Moldova/Ucraina (EUBAM Moldova/Ucraina).
4. Inoltre, è opportuno ricercare una cooperazione sistematica, un coordinamento e una complementarietà con le attività di altri partner internazionali, in particolare con l'OSCE, al fine di garantire un'azione efficace.
Articolo 17
Comunicazione di informazioni
1. L'AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione, se opportuno e in funzione delle esigenze dell'EUAM Ucraina, informazioni classificate UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» prodotte ai fini dell'EUAM Ucraina, in conformità alla decisione 2013/488/UE.
2. Qualora insorgano necessità operative specifiche ed immediate, l'AR è parimenti autorizzato a comunicare allo Stato ospitante le informazioni classificate UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» che sono prodotte ai fini dell'EUAM Ucraina, in conformità alla decisione 2013/488/UE. A tale effetto sono adottate disposizioni tra l'AR e le competenti autorità dello Stato ospitante.
3. L'AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione documenti non classificati UE connessi alle deliberazioni del Consiglio relative all'EUAM Ucraina, coperti dall'obbligo del segreto professionale ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1 del regolamento interno del Consiglio (2).
4. L'AR può delegare tali autorizzazioni, nonché la competenza a concludere le disposizioni di cui al paragrafo 2, a funzionari del SEAE, al comandante civile dell'operazione e/o al capomissione conformemente all'allegato VI, sezione VII della decisione 2013/488/UE.
Articolo 18
Revisione strategica
Il mandato iniziale dell'EUAM Ucraina ha una durata di due anni. Una revisione strategica è effettuata un anno dopo l'avvio della missione.
Articolo 19
Entrata in vigore e durata
La presente decisione entra in vigore il giorno dell'adozione.
Essa si applica per un periodo di 24 mesi a decorrere dalla data di avvio dell'EUAM Ucraina.
Fatto a Bruxelles, il 22 luglio 2014
Per il Consiglio
Il presidente
C. ASHTON
(1) Decisione 2013/488/UE del Consiglio, del 23 settembre 2013, sulle norme di sicurezza per proteggere le informazioni classificate UE (GU L 274 del 15.10.2013, pag. 1).
(2) Decisione 2009/937/UE del Consiglio del 1o dicembre 2009 relativa all'adozione del suo regolamento interno (GU L 325 dell'11.12.2009, pag. 35). | Missione consultiva dell’Unione europea per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina)
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Autorizza una missione consultiva dell’UE per assistere l’Ucraina nella riforma del settore della sicurezza civile, sostenendo la polizia e lo stato di diritto.
PUNTI CHIAVE
Mandato
L’EUAM Ucraina è una missione civile di politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) che offre tutoraggio e consulenza agli organi ucraini competenti al fine di:fornire consulenza strategica sulla riforma del settore della sicurezza civile per sviluppare strategie nel settore della sicurezza civile; sostenere l’attuazione delle riforme con consulenze pratiche, formazione e progetti; fornire cooperazione e coordinamento per assicurare che gli sforzi di riforma siano concertati con gli attori ucraini e internazionali.Priorità
L’EUAM ha 5 priorità:gestione delle risorse umane; indagine giudiziaria; ordine pubblico; polizia di prossimità; chiarimento delle competenze.Catena di comandoIl direttore della capacità civile di pianificazione e condotta (CPCC) è il comandante dell’operazione civile (CivOpCdr). Egli:comanda e controlla la missione sotto il controllo politico e la direzione strategica del comitato politico e di sicurezza (CPS) e dell’autorità generale dell’alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza;riferisce al Consiglio tramite l’alto rappresentante. Il capomissione è:responsabile dell’EUAM Ucraina in loco e ne esercita il comando e il controllo;direttamente responsabile nei confronti del COC e agisce secondo le sue istruzioni;si coordina con la delegazione dell’UE in Ucraina per garantire la coerenza dell’azione dell’Unione in Ucraina.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
Viene applicata a partire dal 1° dicembre 2014. La validità della decisione è stata estesa fino al 31 maggio 2024.
CONTESTO
EUAM Ucraina (Servizio europeo per l’azione esterna)
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2014/486/PESC del Consiglio, del 22 luglio 2014, relativa alla missione consultiva dell’Unione europea per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina) (GU L 217 del 23.7.2014, pag. 42).
Le successive modifiche alla decisione 2014/486/PESC sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione (PESC) 2019/992 del comitato politico e di sicurezza, del 4 giugno 2019, relativa alla nomina del capo della missione consultiva dell’Unione europea per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina) (EUAM Ucraina/1/2019) (GU L 160 del 18.6.2019, pag. 24).
Decisione (PESC) 2018/1662 del comitato politico e di sicurezza, del 25 ottobre 2018, che proroga il mandato del capo della missione consultiva dell’Unione europea per la riforma del settore della sicurezza civile in Ucraina (EUAM Ucraina) (EUAM UCRAINA/1/2018) (GU L 278 dell’ 8.11.2018, pag. 18). | 6,973 | 490 |
REGOLAMENTO (CE) N. 2182/2004 DEL CONSIGLIO
del 6 dicembre 2004
relativo a medaglie e gettoni simili alle monete metalliche in euro
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 123, paragrafo 4, terza frase,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere della Banca centrale europea (1),
considerando quanto segue:
(1)
Il 1o gennaio 1999 l’euro è diventato la moneta legale degli Stati membri partecipanti ai sensi delle disposizioni del regolamento (CE) n. 974/1998 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all’introduzione dell’euro (2), e dei paesi terzi che hanno concluso un accordo con la Comunità sull’introduzione dell’euro, ossia Monaco, San Marino e Città del Vaticano.
(2)
Il regolamento (CE) n. 975/1998 del Consiglio, del 3 maggio 1998, riguardante i valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete metalliche in euro destinate alla circolazione (3), ha definito le caratteristiche essenziali delle monete metalliche in euro. Queste ultime, dopo l’introduzione nel gennaio 2002, sono in circolazione in tutta l’area dell’euro come moneta legale unica in forma metallica.
(3)
Nella raccomandazione 2002/664/CE della Commissione, del 19 agosto 2002, relativa a medaglie e gettoni simili alle monete metalliche in euro (4), si suggerivano determinate caratteristiche estetiche da evitare nella vendita, nella produzione, nello stoccaggio, nell’importazione e nella distribuzione a fini di vendita o ad altri fini commerciali, di medaglie e gettoni di dimensioni analoghe a quelle delle monete metalliche in euro.
(4)
La comunicazione della Commissione, del 23 luglio 1997, relativa all’uso del simbolo euro, ha stabilito il simbolo «€» e ha invitato gli utilizzatori della moneta ad usare il simbolo per indicare gli importi monetari denominati in euro.
(5)
La comunicazione della Commissione, del 22 ottobre 2001, concernente la tutela dei diritti d’autore relativi ai disegni della faccia comune delle monete in euro (5), ha definito le disposizioni da applicare per quanto riguarda la riproduzione dei disegni della faccia comune delle monete metalliche in euro.
(6)
Le caratteristiche estetiche delle monete euro sono state pubblicate dalla Commissione il 28 dicembre 2001 (6).
(7)
I cittadini potrebbero essere portati a credere che medaglie e gettoni recanti impressi i termini «euro» o «euro cent», il simbolo euro, ovvero un disegno simile a quello figurante sulla faccia comune o su una qualsiasi di quelle nazionali delle monete metalliche in euro, abbiano corso legale in qualunque Stato membro che ha adottato l’euro come moneta unica, ovvero in un paese terzo partecipante.
(8)
Si registra un rischio sempre crescente che medaglie e gettoni di dimensioni e proprietà del metallo simili alle monete metalliche in euro possano essere usati illegalmente al posto delle monete metalliche in euro.
(9)
È pertanto opportuno che medaglie e gettoni aventi caratteristiche estetiche, dimensioni o proprietà del metallo simili alle monete metalliche in euro non siano vendute, fabbricate, importate o distribuite a fini di vendita o a altri fini commerciali.
(10)
Spetta a ciascuno Stato membro introdurre sanzioni applicabili alle violazioni, al fine di conseguire una protezione equivalente dell'euro nei confronti di medaglie e gettoni simili in tutta la Comunità,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:
a)
«euro»: la moneta legale degli Stati membri partecipanti quali definiti nell'articolo 1 del regolamento (CE) n. 974/98 e dei paesi terzi partecipanti che hanno concluso un accordo con la Comunità sull’introduzione dell’euro, in seguito denominati «paesi terzi partecipanti»;
b)
«simbolo euro»: il simbolo che rappresenta l’euro «€», come raffigurato e descritto nell’allegato I;
c)
«medaglie e gettoni»: gli oggetti metallici, diversi dai tondelli destinati alla coniazione delle monete, aventi la parvenza e/o le caratteristiche tecniche di una moneta, ma non emessi in base a disposizioni legislative nazionali o dei paesi terzi partecipanti o in base ad altre disposizioni estere e che non costituiscono pertanto né uno strumento legale di pagamento né sono provvisti di corso legale;
d)
«oro», «argento» e «platino»: le leghe contenenti oro, argento e platino con purezza in millesimi di peso di almeno 375, 500 e 850 rispettivamente. La presente definizione non riguarda le convenzioni sulla punzonatura applicabili negli Stati membri;
e)
«Centro tecnico-scientifico europeo» (in seguito denominato «CTSE»): l’ente istituito dalla decisione della Commissione del 29 ottobre 2004;
f)
«banda di riferimento»: rientra nel significato attribuitovi nella sezione 1 dell'allegato II.
Articolo 2
Disposizioni protettive
In base agli articoli 3 e 4, la produzione e la vendita di medaglie e gettoni, nonché la relativa importazione e distribuzione a fini di vendita o ad altri fini commerciali, sono vietate nelle seguenti circostanze:
a)
quando i termini «euro» o «euro cent» ovvero il simbolo euro sono impressi sulla superficie; oppure
b)
quando le loro dimensioni rientrano nella banda di riferimento; oppure
c)
quando un disegno, figurante sulla superficie di medaglie e gettoni, è simile ad uno qualsiasi dei disegni nazionali del diritto o al rovescio comune delle monete metalliche in euro, oppure è identico o simile al disegno del bordo della moneta da 2 euro.
Articolo 3
Eccezioni
1. Non sono vietati medaglie e gettoni recanti impressi i termini «euro» o «euro cent» ovvero il simbolo euro senza un associato valore nominale quando le relative dimensioni non rientrano nella banda di riferimento.
2. Non devono essere vietati medaglie e gettoni di dimensioni rientranti nella banda di riferimento quando:
a)
al centro degli oggetti vi è un foro superiore a 6 millimetri, oppure la loro forma è poligonale ma non eccede i sei bordi, fermo restando il rispetto dei requisiti di cui alla lettera c, punto ii); oppure
b)
sono fabbricati in oro, argento o platino; oppure
c)
soddisfano le seguenti condizioni:
i)
i valori combinati di diametro e altezza del bordo di medaglie e gettoni sono abbondantemente al di fuori dei margini previsti in ciascuno dei casi riportati nella sezione 2 dell’allegato II; e
ii)
i valori combinati di diametro e proprietà del metallo di medaglie e gettoni sono abbondantemente al di fuori dei margini previsti in ciascuno dei casi riportati nella sezione 3 dell’allegato II.
Articolo 4
Deroghe autorizzate
1. La Commissione può concedere autorizzazioni specifiche ad usare i termini «euro» o «euro cent» o il simbolo euro in condizioni di utilizzo controllate ove non sussista il rischio di confusione. In tali casi, il relativo operatore economico di uno Stato membro deve essere chiaramente identificabile sulla superficie di medaglie o gettoni, che devono recare impressa su una delle due facce la dicitura «non avente corso legale».
2. La Commissione è competente a dichiarare la «similitudine» di un disegno ai sensi della definizione di cui all'articolo 2, lettera c).
Articolo 5
Medaglie e gettoni esistenti
Medaglie e gettoni emessi prima dell’entrata in vigore del presente regolamento che non soddisfano i requisiti di cui agli articoli 2, 3 e 4 possono continuare ad essere utilizzati fino alla fine del 2009, che costituisce un termine ultimo, a meno che non possano essere utilizzati al posto delle monete metalliche in euro. Tali medaglie e gettoni devono essere registrati, se opportuno, in base alle procedure applicabili negli Stati membri e comunicati al CTSE.
Articolo 6
Sanzioni
1. Gli Stati membri definiscono le norme in materia di sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni del presente regolamento e adottano tutte le misure necessarie a garantirne l’applicazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.
2. Gli Stati membri adottano entro il 1o luglio 2005 le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per l’applicazione del presente articolo. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
Articolo 7
Applicabilità
Il presente regolamento si applica negli Stati membri partecipanti quali definiti nel regolamento (CE) n. 974/98.
Articolo 8
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea.
Fatto a Bruxelles, addì 6 dicembre 2004.
Per il Consiglio
Il presidente
H. HOOGERVORST
(1) GU C 134 del 12.5.2004, pag. 11.
(2) GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 2596/2000 (GU L 300 del 29.11.2000, pag. 2).
(3) GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 6. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 423/1999 (GU L 52 del 27.2.1999, pag. 2).
(4) GU L 225 del 22.8.2002, pag. 34.
(5) GU C 318 del 13.11.2001, pag. 3.
(6) GU C 373 del 28.12.2001, pag. 1.
ALLEGATO I
RAFFIGURAZIONE DEL SIMBOLO EURO DI CUI ALL’ARTICOLO 1
ALLEGATO II
1. Definizione della banda di riferimento di cui all’articolo 1
a)
La banda di riferimento relativa alle dimensioni di medaglie e gettoni è costituita dall’insieme delle combinazioni dei valori per diametro e dei valori per altezza del bordo compresi rispettivamente nel margine di riferimento per diametro e nel margine di riferimento per altezza del bordo.
b)
Il margine di riferimento per diametro è quello compreso tra 19,00 millimetri e 28,00 millimetri.
c)
Il margine di riferimento per altezza del bordo è quello compreso tra il 7,00 % e il 12,00 % di ciascun valore rientrante nel margine di riferimento per diametro.
2. Margini di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettera c), punto i)
Margini definiti
Diametro
(mm)
Altezza del bordo
(mm)
1.
19,45-20,05
1,63-2,23
2.
21,95-22,55
1,84-2,44
3.
22,95-23,55
2,03-2,63
4.
23,95-24,55
2,08-2,68
5.
25,45-26,05
1,90-2,50
3. Margini di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettera c), punto ii)
Diametro (mm)
Proprietà del metallo
1.
19,00-21,94
Conduttività elettrica compresa tra 14,00 e 18,00 % IACS
2.
21,95-24,55
Conduttività elettrica compresa tra:
—
14,00 e 18,00 % IACS; oppure
—
4,50 e 6,50 % IACS, a meno che medaglie o gettoni non siano realizzati in un'unica lega e il loro momento magnetico non sia situato al di fuori del margine compreso tra 1,0 e 7,0 μVs.cm
3.
24,56-26,05
Conduttività elettrica compresa tra:
—
15,00 e 18,00 % IACS; oppure
—
13,00 e 15,00 % IACS, a meno che medaglie o gettoni non siano realizzati in un'unica lega e il loro momento magnetico non sia situato al di fuori del margine compreso tra 1,0 e 7,0 μVs.cm
4.
26,06-28,00
Conduttività elettrica compresa tra 13,00 e 15,00 % IACS, a meno che medaglie o gettoni non siano realizzati in un'unica lega e il loro momento magnetico non sia situato al di fuori del margine compreso tra 1,0 e 7,0 μVs.cm
4. Rappresentazione grafica
Il seguente grafico fornisce un’illustrazione indicativa delle definizioni riportate nel presente allegato: | Medaglie e gettoni che assomigliano alle monete dell'euro
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Stabilisce condizioni uniformi per la produzione di medaglie e gettoni simili alle monete metalliche in euro, al fine di proteggere i cittadini dal rischio di confusione e di frode.
Definisce l'uso dei termini relativi all'euro, da una parte, e il grado di somiglianza tecnica fra medaglie/gettoni e monete metalliche in euro, dall'altra.
PUNTI CHIAVE
Il regolamento è finalizzato a proteggere i cittadini dal rischio di confusione e di frode derivato da oggetti metallici, come le medaglie o i gettoni, che hanno una forte somiglianza con le monete dell'euro. Non solo tali medaglie o gettoni possono essere confusi con quelle aventi corso legale (e quindi accettati qualora vengano offerti come pagamento come le monete metalliche o le banconote), ma possono anche essere utilizzati illegalmente al posto delle monete in euro.
Ai fini del regolamento, le medaglie e i gettoni sono definiti come oggetti metallici che hanno l'aspetto e/o le proprietà tecniche delle monete metalliche in euro, ma che non sono emessi ai sensi di misure legislative nazionali o di paesi terzi partecipanti né da altre misure legislative straniere e che perciò non costituiscono mezzi legali di pagamento né hanno corso legale.
Il regolamento vieta la produzione, la vendita, l'importazione e la distribuzione (a fini di vendita o ad altri fini commerciali) di medaglie e gettoni aventi caratteristiche o proprietà estetiche simili alla moneta unica.
Le medaglie e i gettoni non devono recare impressi
i termini «euro» o «euro cent»;
il simbolo euro sulla loro superficie.
Inoltre non possono recare impresso
un disegno simile a quello riprodotto sulle monete dell'euro,
i simboli rappresentanti la sovranità dei paesi dell'Unione europea (UE),
le forme e i disegni dei bordi delle monete in euro o il simbolo dell'euro.
In ultimo, le medaglie e i gettoni non devono avere le stesse dimensioni delle monete in euro. La Commissione europea preciserà se un oggetto metallico può essere considerato una medaglia o un gettone e se rientra nel divieto del presente regolamento.
Non sono vietati medaglie e gettoni recanti impressi i termini «euro» o «euro cent» ovvero il simbolo euro senza un associato valore nominale, quando le relative dimensioni sono sufficientemente diverse dalle monete in euro e quando non rappresentino un disegno simile ai disegni e ai simboli di cui sopra. Se però la loro dimensione è simile, devono o possedere al loro centro un foro, oppure la loro forma è poligonale ma non eccede i sei bordi, oppure sono fabbricati in oro, argento o platino; oppure sono abbondantemente al di fuori dei margini previsti.
La Commissione può concedere autorizzazioni specifiche ad usare i termini «euro» o «euro cent» o il simbolo euro ove non sussista il rischio di confusione. In tali casi, il relativo operatore economico di un paese dell'UE deve essere chiaramente identificabile sulla superficie di medaglie o gettoni.
Se la medaglia o il gettone possiede anche un associato valore nominale, dovrà recare impressa su una delle due facce la dicitura «non avente corso legale».
I valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete in euro, l'unica coniatura avente corso legale nella zona euro, sono definiti nel regolamento (UE) n. 729/2014 del Consiglio.
Medaglie e gettoni emessi prima dell’entrata in vigore del presente regolamento, potevano continuare ad essere utilizzati fino alla fine del 2009, purché non fossero utilizzati al posto delle monete metalliche in euro. Tali medaglie e gettoni devono essere registrati, se opportuno, in base alle procedure applicabili nei paesi dell'UE e comunicati al Centro tecnico-scientifico europeo.
Il presente regolamento si applica in tutti i paesi dell'UE che hanno introdotto l'euro nel 2002 (Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna). Il suo ambito è stato esteso dal regolamento (CE) n. 2183/2004, modificato dal regolamento (CE) n. 47/2009, ai paesi dell'UE che non hanno ancora introdotto l'euro. I paesi dell'UE dovevano stabilire e attuare le norme in materia di sanzioni applicabili alle violazioni del regolamento entro il 1o luglio 2005.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Si applica dal 21 dicembre 2004.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 2182/2004 del Consiglio, del 6 dicembre 2004, relativo a medaglie e gettoni simili alle monete metalliche in euro (GU L 373 del 21.12.2004, pag. 1-6)
Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 2182/2004 sono state integrate nel documento originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. | 5,413 | 830 |
Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica popolare cinese
Gazzetta ufficiale n. L 006 del 11/01/2000 pag. 0040 - 0045
ACCORDOdi cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica popolare cineseLA COMUNITÀ EUROPEA in seguito denominata "la Comunità",da una parte, eIL GOVERNO DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE,dall'altra,in seguito denominati "le parti",VISTO l'accordo di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese stipulato nel 1985,CONSIDERATA l'importanza che riveste la ricerca scientifica e tecnologica per lo sviluppo economico e sociale delle parti;CONSIDERATA la cooperazione scientifica e tecnologica in atto tra la Comunità e la Cina;CONSIDERATO che la Comunità europea e la Cina stanno conducendo ricerche e attività tecnologiche, incluse attività di dimostrazione, in alcuni settori di interesse comune e che le parti possono trarre reciproco vantaggio dalla partecipazione alle rispettive attività di ricerca e sviluppo a condizione di reciprocità;DESIDERANDO stabilire una base formale per la cooperazione nel campo della ricerca scientifica e tecnologica che consenta di ampliare e rafforzare le attività di cooperazione in settori di interesse comune e di promuovere l'applicazione dei risultati di tale cooperazione a vantaggio del loro sviluppo economico e sociale;CONSIDERATO che il presente accordo di cooperazione scientifica e tecnologica si colloca nel contesto della cooperazione globale tra la Cina e la Comunità,CONVENGONO QUANTO SEGUE:Articolo 1ObiettivoLe parti promuovono, sviluppano e agevolano attività di cooperazione in settori d'interesse comune in cui conducono attività di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico.Articolo 2DefinizioniAi fini del presente accordo, si intende per:a) "attività di cooperazione", qualunque attività che le parti intraprendono o finanziano ai sensi del presente accordo, compresa la ricerca congiunta;b) "informazioni", dati scientifici o tecnici, risultati o metodi di ricerca e sviluppo frutto di ricerche congiunte e qualsiasi altro dato ritenuto necessario dai partecipanti alle attività di cooperazione, incluse, se del caso, le parti stesse;c) "proprietà intellettuale", la definizione data dall'articolo 2 della convenzione che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, conclusa a Stoccolma il 14 luglio 1967;d) "ricerca congiunta", ricerca, sviluppo tecnologico o dimostrazione attuata con o senza il finanziamento di una delle parti o di entrambe, che comporti la collaborazione di partecipanti sia della Comunità che della Cina e che sia designata per iscritto come ricerca congiunta dalle parti o da agenzie e organismi scientifici e tecnologici delle parti, che attuino programmi di ricerca scientifica. Se il finanziamento è erogato da una sola parte, la designazione spetta alla parte finanziatrice e ai partecipanti al progetto;e) "partecipante" o "organismo di ricerca", qualsiasi persona fisica o giuridica, istituto di ricerca o qualunque altro soggetto giuridico o impresa avente sede nella Comunità o in Cina, che partecipi ad attività di cooperazione, incluse le parti stesse.Articolo 3PrincipiLe attività di cooperazione sono svolte sulla base dei principi seguenti:a) il vantaggio reciproco fondato su una ripartizione equilibrata dei vantaggi;b) l'accesso reciproco alle attività di ricerca e sviluppo tecnologico intraprese dalle parti;c) lo scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sulle attività di cooperazione;d) una tutela adeguata dei diritti di proprietà intellettuale.Articolo 4Settori di cooperazioneLa cooperazione ai sensi del presente accordo può avere per oggetto tutte le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione, in seguito denominate "RST", comprese nella prima azione del programma quadro e descritte all'articolo 130 G del trattato che istituisce la Comunità europea nonché tutte le attività di RST analoghe intraprese in Cina nei corrispondenti settori scientifici e tecnologici.Il presente accordo lascia impregiudicata la partecipazione della Cina, in quanto paese in via di sviluppo, alle attività della Comunità nel campo della ricerca ai fini dello sviluppo.Articolo 5Modalità delle attività di cooperazionea) Nell'osservanza delle leggi, dei regolamenti e delle politiche applicabili, le parti favoriscono nella massima misura possibile l'adesione di partecipanti alle attività di cooperazione ai sensi del presente accordo, con l'obiettivo di offrire opportunità comparabili di partecipazione alle rispettive attività di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico.b) Le attività di cooperazione possono assumere le forme seguenti:- partecipazione di organismi di ricerca cinesi a progetti di RST previsti dalla prima azione del programma quadro e reciproca partecipazione di organismi di ricerca aventi sede nella Comunità a progetti cinesi intrapresi in settori analoghi di RST. Tale partecipazione è soggetta alle norme e alle procedure applicabili in ciascuna delle parti;- collaborazione in progetti di RST già in atto in conformità delle procedure previste dai programmi di RST delle parti;- visite e scambi di personale scientifico e personale tecnico;- organizzazione in comune di seminari, conferenze, simposi e workshop e partecipazione di esperti a tali attività;- azioni concertate;- scambi o condivisione di attrezzature e materiali;- scambi di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi rilevanti ai fini della cooperazione ai sensi del presente accordo;- qualsiasi altra modalità raccomandata dal comitato direttivo e ritenuta conforme alle politiche e procedure applicabili in entrambe le parti.I progetti congiunti di RST sono attuati dopo che i partecipanti hanno elaborato un piano di gestione della tecnologia, secondo quanto indicato nell'allegato al presente accordo.Articolo 6Coordinamento e agevolazione delle attività di cooperazionea) Il coordinamento e la promozione delle attività di cooperazione ai sensi del presente accordo sono di competenza del Ministero della scienza e della tecnologia, per conto della Cina, e dei servizi della Commissione delle Comunità europee in veste di organi esecutivi delle parti, per conto della Comunità.b) Gli organi istituiscono un comitato direttivo per la cooperazione nel campo della RST (in seguito denominato "comitato direttivo") a cui è affidata la gestione del presente accordo. Il comitato direttivo è formato da un numero pari di rappresentanti per ciascuna parte; esso adotta il proprio regolamento interno.c) Il comitato direttivo svolge, tra l'altro, le seguenti funzioni:1) promuove e controlla le varie attività di cooperazione menzionate all'articolo 4 nonché le attività eventualmente intraprese a titolo di cooperazione nel campo della RST ai fini dello sviluppo;2) indica anno per anno, tra i possibili settori di cooperazione ai sensi dell'articolo 5, lettera b), primo trattino, quali sono i settori e i sottosettori prioritari di reciproco interesse in cui è opportuno cooperare;3) propone ai sensi dell'articolo 5, lettera b), secondo trattino, ai ricercatori di entrambe le parti le collaborazioni nei progetti da loro attuati che possono essere reciprocamente vantaggiose e complementari;4) formula raccomandazioni ai sensi dell'articolo 5, lettera b), settimo trattino;5) consiglia alle parti metodi per valorizzare e rafforzare la cooperazione coerenti con i principi stabiliti dal presente accordo;6) esamina l'efficienza e l'applicazione dell'accordo;7) compila ogni anno una relazione destinata alle parti sullo stato della cooperazione intrapresa in virtù del presente accordo, sul livello raggiunto dalla stessa e sui suoi risultati. Tale relazione è inviata alla Commissione mista istituita dall'accordo di cooperazione commerciale ed economica del 1985 tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese.d) Il comitato direttivo si riunisce normalmente una volta all'anno, preferibilmente prima della riunione della Commissione mista istituita dall'accordo di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese del 1985, nelle date concordate tra le parti. Le riunioni si tengono alternativamente nella Comunità e in Cina. Su richiesta di una delle parti, possono essere convocate riunioni straordinarie.e) I costi del comitato direttivo e le spese effettuate a suo nome sono a carico della parte a cui i membri si riferiscono. I costi diversi dalle spese di viaggio e di soggiorno direttamente connessi con le riunioni del comitato direttivo sono a carico della parte ospitante.Articolo 7Finanziamentoa) Le attività di cooperazione sono subordinate alla disponibilità di fondi sufficienti e all'osservanza delle leggi, delle politiche e dei programmi applicabili nelle parti. I costi sostenuti dai partecipanti alle attività di cooperazione non possono comportare trasferimenti di fondi da una parte all'altra.b) Qualora determinati programmi di cooperazione di una parte prevedano il finanziamento di partecipanti dell'altra parte, qualsiasi sovvenzione, contributo finanziario o di altro tipo erogato da una parte ai partecipanti dell'altra parte a favore di tali attività deve essere esentato da imposte, tasse e dazi doganali conformemente alla legge applicabile nel territorio di ciascuna parte.Articolo 8Circolazione del personale e delle apparecchiatureCiascuna delle parti adotta le misure necessarie e si adopera, nel rispetto delle leggi vigenti nel territorio di ciascuna parte, al fine di agevolare l'entrata e l'uscita dal territorio del personale, del materiale, delle informazioni e delle apparecchiature impiegati in attività di cooperazione individuate dalle parti in conformità del presente accordo.Articolo 9Divulgazione e utilizzazione di informazioniPer quanto riguarda la titolarità, la divulgazione e l'uso di informazioni nonché la proprietà intellettuale sorta nel contesto della partecipazione a progetti comunitari di RST, gli organismi di ricerca aventi sede in Cina, che partecipano a progetti comunitari di RST, sono tenuti ad osservare le norme sulla diffusione dei risultati della ricerca derivanti da programmi specifici comunitari di RST e le disposizioni dell'allegato al presente accordo.Per quanto riguarda la titolarità, la divulgazione e l'uso di informazioni nonché la proprietà intellettuale sorta nell'ambito della partecipazione ad attività di cooperazione, gli organismi di ricerca aventi sede nella Comunità, che partecipano a progetti cinesi di RST, hanno gli stessi diritti ed obblighi spettanti agli organismi di ricerca cinesi, fermo restando l'obbligo di osservare le disposizioni dell'allegato al presente accordo.L'allegato sulla proprietà intellettuale forma parte integrante del presente accordo.Articolo 10Ambito d'applicazione territorialeIl presente accordo si applica nei territori in cui è applicabile il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni da esso indicate, e nel territorio della Repubblica popolare cinese, fatta salva la possibilità di intraprendere attività di cooperazione in alto mare, nello spazio atmosferico, o in territori di paesi terzi, conformemente al diritto internazionale.Articolo 11Entrata in vigore, denuncia e composizione delle controversiea) Il presente accordo entra in vigore alla data in cui entrambe le parti si sono notificate per iscritto l'avvenuto espletamento delle procedure previste dai rispettivi ordinamenti per l'entrata in vigore dell'accordo.b) Il presente accordo è concluso per un periodo iniziale di cinque anni e può essere prorogato su accordo delle parti (proroga tacita) dopo una valutazione effettuata nel penultimo anno di ogni quinquennio.c) L'accordo può essere consensualmente modificato dalle parti. Le modificazioni entrano in vigore alla data in cui entrambe le parti si sono notificate per iscritto l'avvenuto espletamento delle procedure previste dai rispettivi ordinamenti per la modificazione dell'accordo.d) Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle parti con preavviso scritto di sei mesi. La cessazione o la denuncia del presente accordo lasciano impregiudicati la validità e la durata dei contratti stipulati nel suo contesto, nonché i diritti e gli obblighi attribuiti a norma dell'allegato.e) Qualsiasi questione o controversia relativa all'interpretazione o all'attuazione del presente accordo sarà composta consensualmente tra le parti.In fede di che, i plenipotenziari sottoscritti hanno apposto le loro firme in calce al presente accordo.Fatto a Bruxelles, il 22 dicembre 1999, in duplice copia, nelle lingue danese, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese, tedesca e cinese, ciascun testo facente ugualmente fede.Per il Consiglio dell'Unione europea>PIC FILE= "L_2000006IT.004201.EPS">Per il Governo della Repubblica popolare cinese>PIC FILE= "L_2000006IT.004202.EPS">ALLEGATOPROPRIETÀ INTELLETTUALEI diritti di proprietà intellettuale sorti o conferiti in virtù del presente accordo sono attribuiti secondo le disposizioni del presente allegato.I. ApplicabilitàIl presente allegato si applica alla ricerca congiunta condotta ai sensi dell'accordo, salvo che sia diversamente convenuto tra le parti.II. Titolarità, attribuzione ed esercizio dei diritti1. Agli effetti del presente allegato, la definizione di "proprietà intellettuale" è quella data dall'articolo 2, lettera c), dell'accordo.2. Il presente allegato disciplina l'attribuzione dei diritti, degli interessi e delle royalties alle parti e ai partecipanti. Ciascuna delle parti provvede affinché l'altra parte e i partecipanti dell'altra parte ottengano i diritti di proprietà intellettuale loro spettanti a norma del presente allegato. Il presente allegato non modifica né pregiudica altrimenti la ripartizione di diritti, interessi e royalties tra una parte e i suoi cittadini che è disciplinata dalle norme e procedure previste dall'ordinamento di ciascuna parte.3. Le parti si attengono inoltre ai seguenti principi che devono essere riportati nei contratti conclusi in base al presente accordo:a) protezione effettiva dei diritti di proprietà intellettuale. Ciascuna parte si impegna a notificare all'altra e/o ad assicurare che i propri partecipanti notifichino alle proprie controparti entro un termine ragionevole qualunque diritto di proprietà intellettuale sorto nel contesto del presente accordo e a provvedere tempestivamente alla protezione di tale diritto.b) Sfruttamento effettivo dei risultati, tenendo conto dei contributi delle parti e dei loro partecipanti.c) Trattamento non discriminatorio dei partecipanti dell'altra parte rispetto al trattamento accordato ai propri partecipanti.d) Protezione delle informazioni commerciali riservate.4. I partecipanti elaborano congiuntamente un piano di gestione della tecnologia che determina la titolarità e l'uso, inclusa la pubblicazione, delle informazioni e delle invenzioni od opere oggetto di proprietà intellettuale che dovessero essere create nell'ambito della ricerca congiunta. Il piano di gestione della tecnologia deve essere approvato dal dipartimento o agenzia che eroga i fondi della parte finanziatrice della ricerca, prima della conclusione dei contratti specifici di cooperazione nelle attività di ricerca e sviluppo, ai quali deve essere allegato. Il piano di gestione della tecnologia deve essere elaborato nell'osservanza della legislazione vigente in ciascuna delle parti, tenendo conto delle finalità della ricerca congiunta, del relativo finanziamento e degli altri contributi delle parti e dei partecipanti, della convenienza di stabilire un regime di licenze territoriali o per campi di applicazione, del trasferimento di dati, beni o servizi soggetti a controlli di esportazione, dei requisiti prescritti dalle leggi applicabili e di ogni altro fattore che i partecipanti ritengano rilevante. Il piano di gestione della tecnologia definisce anche i diritti e gli obblighi in materia di proprietà intellettuale per quanto riguarda le ricerche condotte da ricercatori ospiti (cioè ricercatori che non provengono dalle parti né sono partecipanti).Il piano di gestione della tecnologia è un accordo specifico sottoscritto dai partecipanti al fine di regolare l'attuazione della ricerca congiunta ed i rispettivi diritti ed obblighi.Normalmente, per quanto riguarda la proprietà intellettuale il piano di gestione della tecnologia disciplina, tra l'altro, i seguenti aspetti: la titolarità, la tutela e l'oggetto dei diritti di utilizzazione a fini di ricerca e sviluppo, di sfruttamento e di divulgazione, inclusa la pubblicazione in comune, i diritti e gli obblighi dei ricercatori ospiti e le.procedure di composizione delle controversie. Il piano di gestione della tecnologia può definire anche il regime delle informazioni preliminari o di base, delle licenze e degli elaborati.5. Se nel corso della ricerca congiunta sono ottenute informazioni o sorgono diritti di proprietà intellettuale non contemplati dal piano di gestione della tecnologia, la titolarità di tali informazioni o diritti è attribuita, con il consenso di entrambe le parti, in conformità dei principi stabiliti dal piano di gestione della tecnologia. In caso di disaccordo, la titolarità di tali informazioni o diritti spetta in comune a tutti i partecipanti alla ricerca congiunta che ha dato origine alle informazioni o ai diritti. Ciascun partecipante a cui si applica la presente disposizione ha diritto di sfruttare economicamente tali informazioni e diritti di proprietà intellettuale senza limiti geografici.6. Ciascuna parte provvede affinché siano attribuiti all'altra parte ed ai partecipanti di questa i diritti di proprietà intellettuale loro spettanti in virtù del presente accordo.7. Compatibilmente con il mantenimento della concorrenza nei settori in cui opererà il presente accordo, ciascuna parte fa il possibile per assicurare che i diritti acquistati in base al presente accordo e ai contratti stipulati nel suo contesto siano esercitati in modo da promuovere i) la divulgazione e l'utilizzazione delle informazioni create, rivelate o altrimenti rese disponibili ai sensi dell'accordo e ii) l'adozione e l'applicazione di norme tecniche internazionali.8. La cessazione o la denuncia dell'accordo lasciano impregiudicati i diritti e gli obblighi attribuiti a norma del presente allegato.III. Opere oggetto di diritto d'autore e letteratura scientificaAi diritti d'autore spettanti alle parti o ai partecipanti si applica la disciplina della convenzione di Berna (atto di Parigi 1971). II diritto d'autore può avere per oggetto soltanto espressioni e non idee, procedure, metodi operativi o concetti matematici in quanto tali. Le limitazioni o le deroghe ai diritti di esclusiva sono ammesse solo in casi speciali e non possono impedire il normale sfruttamento dell'opera né pregiudicare la posizione del titolare del diritto.Salvo diverse disposizioni del piano di gestione della tecnologia e quanto previsto alla sezione II, i risultati della ricerca sono pubblicati in comune dalle parti o dai partecipanti alla ricerca congiunta. Fermo restando tale principio generale, si applicano le seguenti disposizioni:1) In caso di pubblicazione ad opera di una parte o di un organismo pubblico di una parte di riviste, articoli, relazioni o libri di carattere scientifico o tecnico, inclusi video o software, che siano frutto di una ricerca congiunta condotta ai sensi dell'accordo, l'altra parte ha diritto di ottenere una licenza non esclusiva, irrevocabile, a titolo gratuito e valida in tutti i paesi, che le consenta di tradurre, riprodurre, adattare, trasmettere e distribuire al pubblico tali opere.2) Le parti assicurano che le opere di letteratura scientifica frutto di una ricerca congiunta condotta ai sensi dell'accordo e pubblicate da editori indipendenti abbiano la più ampia diffusione possibile.3) Ogni riproduzione destinata al pubblico di un'opera tutelata da diritto d'autore, prodotta a norma delle presenti disposizioni deve indicare i nomi degli autori dell'opera, salvo quelli che espressamente richiedano di non essere citati. Deve inoltre contenere una menzione chiara e visibile del contributo delle parti alla cooperazione.IV. Invenzioni, scoperte ed altri ritrovati scientifici e tecnologiciLe invenzioni, le scoperte ed altri ritrovati scientifici e tecnologici creati nell'ambito di attività di cooperazione svolte direttamente dalle parti sono di proprietà delle parti stesse, salvo diverso accordo tra le parti.V. Informazioni esclusiveA. Informazioni esclusive documentali1. Ciascuna delle parti e, se del caso, le agenzie e i partecipanti di questa devono indicare quanto prima possibile, preferibilmente nel piano di gestione della tecnologia, le informazioni esclusive che esse intendono mantenere segrete con riferimento all'accordo, sulla base, tra l'altro, dei seguenti criteri:a) segretezza delle informazioni, nel senso che non deve trattarsi di informazioni già note o conoscibili con mezzi leciti da esperti del settore nella loro individualità o nell'esatta configurazione o insieme degli elementi che le compongono,b) valore economico effettivo o potenziale delle informazioni in virtù della loro segretezza,c) protezione precedente delle informazioni, nel senso che esse devono essere state oggetto delle precauzioni richieste dalle circostanze e poste in essere dal loro legittimo detentore per mantenerne la segretezza.Le parti e i loro partecipanti possono convenire in taluni casi che, salvo diversa indicazione, tutte o parte delle informazioni fornite, scambiate o create nel corso di una ricerca congiunta condotta ai sensi dell'accordo devono essere tenute segrete.2. Ciascuna parte identifica o assicura che i propri partecipanti identifichino chiaramente le informazioni esclusive, per esempio mediante apposito timbro o menzione. Ciò vale anche per le riproduzioni, integrali o parziali, di dette informazioni.La parte che riceve informazioni esclusive ai sensi dell'accordo si impegna ad osservare l'obbligo del segreto. Tale obbligo cessa automaticamente quando le informazioni sono rese di pubblico dominio dal titolare.3. Le informazioni esclusive comunicate a norma dell'accordo possono essere rivelate dalla parte che le riceve a propri funzionari e dipendenti e ad altri dipartimenti ed agenzie che le fanno capo, specificamente autorizzati ai fini della ricerca congiunta in corso, sempreché la rivelazione delle informazioni esclusive avvenga in base ad un contratto in cui è fatto obbligo di mantenerle segrete ed esse siano riconoscibili come tali, nella maniera sopra indicata.4. Previo consenso scritto della parte che fornisce le informazioni esclusive, la parte che riceve dette informazioni può divulgarle in maniera più ampia di quanto consentito ai sensi del punto 3. Le parti collaborano al fine di stabilire le procedure in base alle quali può essere chiesto ed ottenuto il consenso scritto per una più ampia divulgazione delle informazioni esclusive. Ciascuna parte si impegna a rilasciare tale consenso nei limiti consentiti dalla propria legislazione e dalle proprie politiche.B. Informazioni esclusive non documentaliAlle informazioni esclusive non documentali e ad ogni altra informazione confidenziale fornita nel corso di seminari o altre riunioni indette ai sensi dell'accordo, nonché alle informazioni apprese attraverso il personale distaccato, l'uso di strutture o l'esecuzione di progetti congiunti, le parti ed i loro partecipanti applicano le disposizioni previste dal presente accordo per le informazioni documentali, a condizione che i soggetti che ricevono tali informazioni esclusive, confidenziali o segrete siano resi edotti del carattere confidenziale o segreto delle informazioni all'atto della comunicazione delle stesse.C. ControlloCiascuna parte si impegna a controllare l'osservanza delle disposizioni dell'accordo per quanto riguarda l'obbligo di mantenere il segreto sulle informazioni esclusive. Se una delle parti si rende conto che non è in grado o che presumibilmente non sarà in grado di osservare le disposizioni sull'obbligo del segreto contenute nelle sezioni A e B, ne informa immediatamente l'altra parte. Le parti quindi si consultano per definire gli interventi del caso. | Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra l’Unione e la Cina
QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE?
L’accordo stabilisce un quadro formale per la cooperazione tra la Comunità europea, oggi Unione Europea (Unione), e Cina, mirando al supporto, allo sviluppo e all’agevolazione della ricerca cooperative e attività di sviluppo nei settori della scienza e della tecnologia di interesse comune.
Con decisione, il Consiglio dell’Unione Europea approvò la conclusione dell’accordo a nome della Comunità europea.
PUNTI CHIAVE
Le attività svolte secondo l’accordo sono basate su un numero di principi:vantaggio reciproco; accesso reciproco alle attività; scambio tempestivo delle informazioni; tutela adeguata dei diritti di proprietà intellettuale.Settori di cooperazione
L’accordo copre tutte le aree di ricerca, di sviluppo tecnologico e di dimostrazione.
Attività
Le attività di cooperazione possono assumere le forme seguenti:la partecipazione degli enti di ricerca cinesi nella ricerca, nello sviluppo tecnologico e la dimostrazione di progetti sotto il programma quadro europeo per la ricerca e l’innovazione, e la reciproca partecipazione degli enti di ricerca in l’Unione; gli sforzi di ricerca, di sviluppo tecnologico e progetti dimostrativi; visite e scambi di personale scientifico e personale tecnico; l’organizzazione congiunta di seminari scientifici, conferenze, convegni e laboratori, e partecipazione degli esperti in queste attività; azioni concertate; lo scambio e la condivisione di materiali e attrezzature; lo scambio di informazioni sulle pratiche, leggi, norme e programmi relative alla cooperazione secondo questo accordo.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è stato firmato il 22 dicembre 1998 ed è entrato in vigore il 14 dicembre 1999 per un periodo iniziale di 5 anni. È stato rinnovato dopo la valutazione nel corso del quarto anno di ogni periodo successivo di cinque anni. È stato rinnovato tacitamento recentemente nel 2019 per un periodo addizionale di 5 anni.
CONTESTO
La cooperazione tra Cina e l’Unione sono rafforzate nel 2012 con la firma di una dichiarazione comune istituendo un dialogo di cooperazione e innovazione di alto livello tra EU-Cina. Relazioni tra l’Unione e la Cina sono più ampiamente governate dal 2013 UE-Cina 2020 agenda strategica per cooperazione.
Per ulteriori informazioni, si veda:Cina e l’Unione Europea (Servizio di azione esterna dell’Unione europea)Per ulteriori informazioni sulla cooperazione di ricerca e innovazione con la Cina, vedi:Cina (Commissione Europea)
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione del consiglio 2000/16/CE, del 2 dicembre 1999, concludendo l’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica popolare cinese (GU L 6 del 11.1.2000, pag. 39).
Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica popolare cinese (GU L 6 del 11.1.2000, pag. 40).
DOCUMENTI CORRELATI
Accordo di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese (GU L 250 del 19.9.1985, pag. 2). | 7,747 | 527 |
DIRETTIVA 2014/62/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 15 maggio 2014
sulla protezione mediante il diritto penale dell'euro e di altre monete contro la falsificazione e che sostituisce la decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 83, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere della Banca centrale europea (1),
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (3),
considerando quanto segue:
(1)
L'euro, in quanto moneta unica condivisa dagli Stati membri della zona euro, è diventato un elemento importante dell'economia dell'Unione e della vita quotidiana dei suoi cittadini. Tuttavia, da quando è stato introdotto nel 2002, poiché è una valuta che continua a essere nel mirino di gruppi della criminalità organizzata attivi nel settore della falsificazione monetaria, la sua contraffazione ha provocato danni finanziari per almeno 500 milioni di EUR. È nell'interesse dell'Unione nel suo complesso contrastare e reprimere le attività che possono compromettere l'autenticità dell'euro mediante falsificazione.
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Oggetto
La presente direttiva stabilisce le norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in materia di falsificazione dell'euro e di altre valute. Essa introduce anche disposizioni comuni per rafforzare la lotta avverso tali reati, migliorare le indagini al riguardo e assicurare una migliore cooperazione nella lotta alla falsificazione.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:
a)
«valuta»: le banconote e le monete metalliche la cui circolazione sia legalmente autorizzata, comprese le banconote e le monete metalliche la cui immissione in circolazione è legalmente autorizzata ai sensi del regolamento (CE) n. 974/98;
b)
«persona giuridica»: soggetto avente personalità giuridica in forza del diritto applicabile, a eccezione degli Stati o di altre istituzioni pubbliche nell'esercizio dei pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche.
Articolo 3
Reati
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che costituiscano reato le condotte seguenti, se compiute intenzionalmente:
a)
contraffazione o alterazione fraudolenta di monete, qualunque ne sia il modo;
b)
immissione in circolazione fraudolenta di monete falsificate;
c)
importazione, esportazione, trasporto, ricettazione o procacciamento di monete falsificate, riconosciute tali, per la loro immissione in circolazione;
d)
fabbricazione fraudolenta, ricettazione, procacciamento o possesso di:
i)
strumenti, oggetti, programmi informatici e dati nonché ogni altro mezzo che per loro natura sono particolarmente atti alla contraffazione o all'alterazione di monete; o
ii)
elementi di sicurezza quali ologrammi, filigrane o altri componenti della valuta che servono ad assicurarne la protezione contro la falsificazione.
2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le condotte di cui al paragrafo 1, lettere a), b) e c), siano punibili anche per quanto riguarda banconote o monete metalliche fabbricate usando strumenti o materiali legali in violazione dei diritti o delle condizioni a cui le autorità competenti possono emettere banconote o monete metalliche.
3. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le condotte di cui ai paragrafi 1 e 2 siano punibili anche per quanto riguarda banconote e monete metalliche non ancora emesse, ma destinate a essere immesse in circolazione con corso legale.
Articolo 4
Induzione, favoreggiamento, concorso e tentativo
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che l'induzione, il favoreggiamento e il concorso in relazione ai reati di cui all'articolo 3 siano punibili come reati.
2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che il tentativo di commettere i reati di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere a), b) o c), all'articolo 3, paragrafi 2 o 3, in relazione alle condotte di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere a), b) e c), sia punibile come reato.
Articolo 5
Sanzioni per le persone fisiche
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le condotte di cui agli articoli 3 e 4 siano punibili con sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive.
2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i reati di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera d), e all'articolo 3, paragrafi 2 e 3, in relazione alle condotte di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera d), siano punibili con una sanzione massima che preveda la reclusione.
3. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i reati di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), e all'articolo 3, paragrafo 3, in relazione alle condotte di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), siano punibili con la pena della reclusione per una durata massima di almeno otto anni.
4. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i reati di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere b) e c), e all'articolo 3, paragrafo 3, in relazione alle condotte di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere b) e c), siano punibili con la pena della reclusione per una durata massima di almeno cinque anni.
5. Per quanto riguarda il reato di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), gli Stati membri possono prevedere sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive diverse da quelle di cui al paragrafo 4 del presente articolo, tra cui multe e reclusione, qualora la valuta falsificata sia stata ricevuta senza sapere che era falsa ma fatta poi circolare anche se riconosciuta tale.
Articolo 6
Responsabilità delle persone giuridiche
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le persone giuridiche possano rispondere in relazione ai reati di cui agli articoli 3 e 4 commessi a loro vantaggio da qualsiasi persona che agisca individualmente ovvero in quanto membro di un organo della persona giuridica e che detenga una posizione apicale all'interno della persona giuridica, basata:
a)
sul potere di rappresentanza di detta persona giuridica;
b)
sul potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica; oppure
c)
sul potere di esercitare il controllo all'interno della persona giuridica.
2. Gli Stati membri assicurano che una persona giuridica possa essere ritenuta responsabile quando la carenza di vigilanza o controllo da parte di una delle persone di cui al paragrafo 1 del presente articolo abbia reso possibile la commissione, a proprio vantaggio, di uno dei reati di cui agli articoli 3 e 4 a opera di una persona sottoposta alla sua autorità.
3. La responsabilità delle persone giuridiche ai sensi dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo non esclude l'azione penale nei confronti delle persone fisiche che siano autori, istigatori o concorrenti in relazione ai reati di cui agli articoli 3 e 4.
Articolo 7
Sanzioni per le persone giuridiche
Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che la persona giuridica ritenuta responsabile ai sensi dell'articolo 6 sia sottoposta a sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, che comprendono sanzioni pecuniarie di natura penale o non penale ed eventualmente altre sanzioni, quali:
a)
l'esclusione dal godimento di contributi o sovvenzioni pubblici;
b)
l'interdizione temporanea o permanente dall'esercizio di un'attività d'impresa;
c)
l'assoggettamento a vigilanza giudiziaria;
d)
la liquidazione giudiziaria;
e)
la chiusura temporanea o permanente dei locali usati per commettere il reato.
Articolo 8
Competenza giurisdizionale
1. Ogni Stato membro adotta le misure necessarie a stabilire la propria competenza giurisdizionale per i reati di cui agli articoli 3 e 4 quando:
a)
il reato è stato commesso in tutto o in parte nel proprio territorio; o
b)
l'autore del reato sia un proprio cittadino.
2. Ogni Stato membro la cui valuta è l'euro adotta le misure necessarie per definire la propria competenza giurisdizionale sui reati di cui agli articoli 3 e 4 commessi al di fuori del proprio territorio, almeno nella misura in cui riguardino l'euro e quando:
a)
l'autore del reato si trova nel territorio di tale Stato membro e non sia estradato; o
b)
le banconote o le monete metalliche in euro falsificate connesse con il reato sono state rinvenute nel territorio di tale Stato membro.
Ai fini dell'azione penale avverso i reati di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), e all'articolo 3, paragrafi 2 e 3, qualora si riferiscano all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), nonché a induzione, favoreggiamento e concorso, e tentativo di commettere tali reati, ogni Stato membro adotta le misure necessarie per assicurare che la propria competenza giurisdizionale non sia subordinata alla condizione che gli atti costituiscano reato nel luogo in cui sono stati commessi.
Articolo 9
Strumenti di indagine
Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le persone, le unità o i servizi preposti alle indagini o all'azione penale per i reati di cui agli articoli 3 e 4 dispongano di efficaci strumenti di indagine, come quelli usati per le indagini riguardanti la criminalità organizzata o altre forme gravi di criminalità.
Articolo 10
Obbligo di trasmettere le banconote e le monete metalliche in euro falsificate per l'analisi e il rinvenimento dei falsi
Gli Stati membri assicurano che durante il procedimento penale sia consentito senza indugio, da parte del centro nazionale di analisi e del centro nazionale di analisi delle monete metalliche, l'esame di banconote e monete metalliche in euro di cui si sospetta la falsificazione ai fini dell'analisi e dell'individuazione e rinvenimento degli altri falsi. Le autorità competenti trasmettono senza indugio i necessari campioni al più tardi una volta raggiunta una decisione definitiva riguardo al procedimento penale.
Articolo 11
Statistiche
Gli Stati membri, almeno ogni due anni, trasmettono alla Commissione dati concernenti il numero di reati di cui agli articoli 3 e 4 e il numero di persone perseguite e condannate per i reati di cui agli articoli 3 e 4.
Articolo 12
Presentazione di relazioni da parte della Commissione e riesame
Entro il 23 maggio 2019, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione della presente direttiva. La relazione valuta in che misura gli Stati membri abbiano adottato le disposizioni necessarie per conformarsi alla presente direttiva. La relazione è corredata, se necessario, di una proposta legislativa.
Articolo 13
Sostituzione della decisione quadro 2000/383/GAI
La decisione quadro 2000/383/GAI è sostituita dalla presente direttiva per quanto riguarda gli Stati membri vincolati da quest'ultima, fatti salvi gli obblighi di tali Stati membri relativi al termine per il recepimento della decisione quadro 2000/383/GAI nell'ordinamento nazionale.
Per gli Stati membri vincolati dalla presente direttiva, i riferimenti alla decisione quadro 2000/383/GAI si intendono fatti alla presente direttiva.
Articolo 14
Recepimento
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 23 maggio 2016. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.
Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 15
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 16
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva conformemente ai trattati.
Fatto a Bruxelles, il 15 maggio 2014
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
D. KOURKOULAS
(1) GU C 179 del 25.6.2013, pag. 9.
(2) GU C 271 del 19.9.2013, pag. 42.
(3) Posizione del Parlamento europeo del 16 aprile 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 6 maggio 2014.
(4) Regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all'introduzione dell'euro (GU L 139 dell'11.5.1998, pag. 1).
(5) Regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001, che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazione (GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6).
(6) Regolamento (CE) n. 1339/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001, che estende agli Stati membri che non hanno adottato l'euro quale moneta unica gli effetti del regolamento (CE) n. 1338/2001 che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazione (GU L 181 del 4.7.2001, pag. 11).
(7) Società delle Nazioni, raccolta dei trattati (1931) n. 2623, pag. 372.
(8) Decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativa al rafforzamento della tutela per mezzo di sanzioni penali e altre sanzioni contro la falsificazione di monete in relazione all'introduzione dell'euro (GU L 140 del 14.6.2000, pag. 1). | Sanzioni penali contro la falsificazione monetaria
Secondo la Banca centrale europea, dall’introduzione della moneta unica nel 2002, la falsificazione ha provocato danni finanziari per almeno 500 milioni di euro all’economia dell’Unione europea (UE). È stata adottata una nuova legge per proteggere l’euro e le altre valute dalla falsificazione.
ATTO
Direttiva 2014/62/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, sulla protezione mediante il diritto penale dell’euro e di altre monete contro la falsificazione e che sostituisce la decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio.
SINTESI
La nuova direttiva dell’UE stabilisce le norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in materia di falsificazione monetaria. Essa introduce disposizioni comuni per combattere la falsificazione, migliorare le indagini al riguardo e assicurare una migliore cooperazione tra i paesi dell’UE nella lotta alla falsificazione.
Reati
I paesi dell’UE devono introdurre misure per garantire che ogni fabbricazione, ricezione, procacciamento o possesso di strumenti, oggetti, programmi informatici ed elementi per la sicurezza (quali ologrammi o filigrane), se intenzionalmente fraudolenti, siano punibili.
La condotta intenzionale dovrebbe essere punibile anche in relazione a banconote e monete metalliche non ancora emesse, ma destinate a essere immesse in circolazione con corso legale, come dovrebbero esserlo l’induzione, il favoreggiamento e il concorso
.
Sanzioni individuali (persone fisiche)
Le sanzioni introdotte devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive. Inoltre, devono prevedere la reclusione. Il termine massimo per la pena di reclusione (da 5 a 8 anni, a seconda dei casi) deve essere applicato almeno alle forme più gravi del reato di falsificazione.
Benché far circolare intenzionalmente la valuta falsificata ricevuta in buona fede, rappresenti una condotta punibile con sanzioni, tra cui le multe, si ritiene opportuno prevedere la reclusione come sanzione massima stabilita dalla legge nazionale degli Stati membri dell’UE.
Responsabilità e sanzioni per le entità giuridiche
I paesi dell’UE devono assicurare che le entità giuridiche (ad esempio le aziende e le associazioni) possano rispondere in relazione ai reati in alternativa ai singoli (persone fisiche) e applicare sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive alle persone giuridiche. La gamma delle sanzioni applicate deve essere stabilita, comprendendo l’esclusione dal godimento di contributi o sovvenzioni pubblici, l’interdizione temporanea o perpetua dall’esercizio di un’attività d’impresa, l’assoggettamento a vigilanza giudiziaria.
Analisi e rinvenimento di banconote e monete metalliche falsificate in euro
I paesi dell’UE devono garantire che i propri centri nazionali di analisi e i propri centri nazionali di analisi delle monete metalliche possano esaminare banconote e monete metalliche in euro di cui si sospetta la falsificazione ed essere disponibili per i procedimenti penali in corso ai fini del rinvenimento di ulteriori falsi.
Applicazione
L’Irlanda ha aderito alla presente direttiva. La Danimarca e il Regno Unito (1), tuttavia, non sono vincolati dalla stessa.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Direttiva 2014/62/UE
22.5.2014
23.5.2016
GU L 151 del 21.5.2014 | 5,510 | 211 |
Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2001, sulla collaborazione europea per la valutazione della qualità dell'insegnamento scolastico
Gazzetta ufficiale n. L 060 del 01/03/2001 pag. 0051 - 0053
Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consigliodel 12 febbraio 2001sulla collaborazione europea per la valutazione della qualità dell'insegnamento scolastico(2001/166/CE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 149, paragrafo 4, e 150, paragrafo 4,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Comitato economico e sociale(1),visto il parere del Comitato delle regioni(2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3),considerando quanto segue:(1) È necessario dare impulso ad una dimensione europea dell'insegnamento, in quanto ciò costituisce un obiettivo essenziale nella costruzione di un'Europa dei cittadini.(2) Un'istruzione di qualità costituisce uno degli obiettivi principali dell'insegnamento primario e secondario, anche professionale, per tutti gli Stati membri nell'ambito della società dell'apprendimento.(3) La qualità dell'insegnamento scolastico deve essere garantita in tutte le fasi e in tutti i settori dell'insegnamento, indipendentemente dalle differenze attinenti agli obiettivi, ai metodi e alle esigenze educative e a prescindere dalle eventuali classifiche di eccellenza dei vari istituti scolastici.(4) Negli ultimi decenni le risorse destinate all'istruzione sono aumentate in tutti i paesi industrializzati. L'istruzione è vista non solo come un arricchimento personale, ma anche come un contributo alla coesione sociale, all'inclusione sociale e alla soluzione dei problemi della disoccupazione. L'apprendimento lungo tutto l'arco della vita è un mezzo importante per controllare il futuro professionale e personale. Un insegnamento di qualità è essenziale per le politiche occupazionali, la libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità e il riconoscimento di diplomi e di abilitazioni all'insegnamento.(5) Spetta agli Stati membri garantire, quando possibile, che i programmi scolastici tengano conto dell'evoluzione della società.(6) Gli Stati membri dovrebbero aiutare gli istituti scolastici a rispondere alle esigenze nel settore dell'istruzione e in campo sociale nel nuovo millennio e a stare al passo con gli sviluppi che ne derivano. Gli Stati membri dovrebbero pertanto aiutare gli istituti scolastici al fine di migliorare la qualità dei servizi da loro prestati sostenendoli nello sviluppo di nuove iniziative intese a garantire la qualità dell'insegnamento e aiutandoli a promuovere la mobilità degli individui da un paese all'altro e lo scambio di conoscenze.(7) Nel campo delle politiche del mercato del lavoro il Consiglio adotta ogni anno una serie di orientamenti in materia di occupazione basati su obiettivi quantitativi ed indicatori. L'orientamento 7 degli orientamenti in materia di occupazione per il 2000, di cui all'allegato della decisione 2000/228/CE(4), invita gli Stati membri a "migliorare la qualità del loro sistema scolastico, in modo da ridurre sostanzialmente il numero dei giovani che abbandonano prematuramente gli studi. Particolare attenzione dovrà inoltre essere rivolta ai giovani che hanno difficoltà di apprendimento".(8) Nell'orientamento 8 dei suddetti orientamenti, viene rivolta particolare attenzione all'esigenza di sviluppare le conoscenze informatiche, di dotare le scuole della necessaria attrezzatura informatica e di agevolare l'accesso degli studenti a Internet entro la fine del 2002, in modo da esercitare un impatto positivo sulla qualità dell'insegnamento e preparare i giovani all'era digitale.(9) La promozione della mobilità, contemplata come obiettivo della Comunità negli articoli 149 e 150 del trattato, deve essere favorita da un'istruzione di qualità.(10) La cooperazione europea e gli scambi transnazionali di esperienze contribuiranno a individuare e a diffondere metodi efficaci e accettabili per valutare la qualità.(11) I sistemi per garantire la qualità devono restare flessibili e poter essere adattati alle nuove realtà create dagli sviluppi attinenti alle strutture e agli obiettivi degli istituti scolastici, tenendo conto della dimensione culturale dell'istruzione.(12) I sistemi per assicurare la qualità variano nei diversi Stati membri e istituti scolastici, date le diverse dimensioni, strutture, condizioni finanziarie, caratteristiche istituzionali e impostazioni pedagogiche degli istituti stessi.(13) La valutazione della qualità e l'autovalutazione degli istituti scolastici in particolare sono strumenti altamente adeguati per combattere l'abbandono prematuro degli studi da parte dei giovani e l'esclusione sociale in generale.(14) Per conseguire l'obiettivo di un'istruzione di qualità è possibile avvalersi di un'ampia gamma di strumenti. La valutazione della qualità è uno di essi e rappresenta un valido contributo al fine di assicurare e sviluppare la qualità dell'insegnamento nelle scuole a carattere generale e professionale. La valutazione della qualità dell'istruzione dovrà mirare, tra l'altro, a valutare la capacità degli istituti scolastici di tener conto dell'uso delle nuove tecnologie dell'informazione che si stanno diffondendo.(15) La creazione a livello europeo di una rete di istituti associati nella valutazione della qualità dell'insegnamento scolastico riveste un'importanza fondamentale. Le reti esistenti, come la rete europea dei responsabili per la valutazione dei sistemi d'istruzione istituita dagli Stati membri nel 1995, possono fornire un aiuto inestimabile ai fini dell'attuazione della presente raccomandazione.(16) Nel 1994 e nel 1995, la Commissione ha realizzato un progetto pilota sulla valutazione della qualità dell'istruzione superiore. La raccomandazione 98/561/CE del Consiglio, del 24 settembre 1998, sulla cooperazione europea in materia di garanzia della qualità nell'istruzione superiore(5), sottolinea l'importanza dello scambio di informazioni ed esperienze e della collaborazione tra gli Stati membri in questo campo.(17) Il programma Socrate(6), in particolare l'azione 6.1, invita la Commissione a promuovere scambi di informazioni e di esperienze su questioni d'interesse comune. La valutazione della qualità dell'insegnamento scolastico rientra tra i temi prioritari di detta azione.(18) Dal marzo 1996 la Commissione ha avviato diversi studi ed attività operative per esaminare il problema della valutazione dell'insegnamento da diversi punti di vista, in modo da definire la notevole varietà e ricchezza di approcci e metodologie di valutazione dell'insegnamento in uso a diversi livelli.(19) Nell'anno scolastico 1997/1998, la Commissione ha realizzato un progetto pilota in centouno scuole secondarie inferiori e superiori dei paesi partecipanti al programma Socrate, che ha sviluppato la sensibilità nei confronti dei problemi della qualità e ha contribuito a migliorare la qualità dell'insegnamento in queste stesse scuole. La relazione finale del giugno 1999, intitolata "Progetto pilota europeo per la valutazione della qualità dell'insegnamento scolastico", sottolinea una serie di elementi metodologici per una proficua autovalutazione.(20) Nelle conclusioni del 16 dicembre 1997(7), il Consiglio ha affermato che la valutazione è un elemento importante per garantire ed eventualmente migliorare la qualità.(21) Nelle conclusioni del Consiglio europeo straordinario di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000, la presidenza del Consiglio ha dichiarato che i sistemi europei di istruzione e formazione devono adeguarsi sia alle esigenze della società dell'informazione, sia alla necessità di aumentare il livello occupazionale e migliorare la qualità.(22) In vista dell'allargamento dell'Unione, i paesi candidati all'adesione dovrebbero essere coinvolti nella cooperazione europea in materia di valutazione della qualità.(23) È necessario tener conto del principio di sussidiarietà e della competenza esclusiva degli Stati membri in materia di organizzazione e struttura dei rispettivi ordinamenti scolastici, in modo da poter soddisfare le specificità culturali e le tradizioni pedagogiche di ogni Stato,I. RACCOMANDANO CHE GLI STATI MEMBRI:nei rispettivi contesti economici, sociali e culturali, tenuto debito conto della dimensione europea, promuovano il miglioramento della valutazione della qualità dell'insegnamento scolastico nel modo seguente:1) Sostenendo ed eventualmente istituendo sistemi trasparenti di valutazione della qualità al fine di:a) garantire un'istruzione di qualità, promuovendo nel contempo l'inclusione sociale e pari opportunità per ragazze e ragazzi;b) salvaguardare la qualità dell'insegnamento scolastico come base per l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita;c) incoraggiare l'autovalutazione da parte degli istituti scolastici come metodo per fare delle scuole un luogo di apprendimento e di perfezionamento, associando con equilibrio autovalutazione e valutazione esterna;d) utilizzare le tecniche volte a migliorare la qualità in quanto strumento per meglio adeguarsi alle esigenze di un mondo in rapida e continua evoluzione;e) chiarire lo scopo e le condizioni dell'autovalutazione delle scuole e far sì che l'approccio a tale autovalutazione sia coerente con altre forme di regolamentazione;f) sviluppare la valutazione esterna allo scopo di fornire un sostegno metodologico all'autovalutazione e fornire un'analisi esterna della scuola che incentivi un processo costante di miglioramento, facendo attenzione a non limitarsi al solo controllo amministrativo.2) Incoraggiando ed eventualmente sostenendo la partecipazione di tutti gli operatori scolastici, compresi docenti, alunni, direzione, genitori ed esperti, al processo di valutazione esterna e di autovalutazione nelle scuole per favorire la condivisione della responsabilità del miglioramento della scuola.3) Sostenendo la formazione alla gestione e all'utilizzazione di strumenti di autovalutazione allo scopo di:a) far sì che l'autovalutazione scolastica diventi effettivamente uno strumento per rafforzare la capacità delle scuole di perfezionarsi;b) garantire un'efficace divulgazione di esperienze positive e di nuove modalità di autovalutazione.4) Sostenendo la capacità delle scuole di apprendere l'una dall'altra a livello nazionale ed europeo al fine di:a) individuare e divulgare esperienze positive e validi strumenti, quali indicatori e parametri nel settore della valutazione della qualità dell'insegnamento scolastico;b) costituire reti tra le scuole, a tutti i livelli appropriati, che consentano di aiutarsi a vicenda e forniscano un impulso esterno al processo valutativo.5) Favorendo la collaborazione tra tutte le autorità competenti per la valutazione della qualità dell'insegnamento scolastico e promuovendone il collegamento in una rete europea.Tale collaborazione potrebbe riguardare i seguenti aspetti:a) scambio di informazioni ed esperienze, specie su sviluppi metodologici ed esempi di esperienze positive, in particolare avvalendosi delle moderne tecnologie dell'informazione e della comunicazione e, se del caso, tramite l'organizzazione di conferenze, seminari e gruppi di lavoro europei;b) raccolta di dati ed elaborazione di strumenti quali indicatori e parametri di particolare importanza per la valutazione della qualità delle scuole;c) pubblicazione dei risultati della valutazione dell'insegnamento scolastico conformemente alle pertinenti politiche dei singoli Stati membri e dei loro istituti di insegnamento, da mettere a disposizione delle autorità competenti degli Stati membri;d) promozione dei contatti tra esperti per costruire la competenza europea in questo campo;e) utilizzazione dei risultati di indagini internazionali per lo sviluppo della valutazione della qualità negli istituti scolastici.II. INVITANO LA COMMISSIONE:1) a favorire, in stretta collaborazione con gli Stati membri e sulla base dei programmi comunitari esistenti, la collaborazione di cui ai precedenti punti 4 e 5 della parte I, prevedendo anche la partecipazione delle pertinenti organizzazioni e associazioni che dispongano della necessaria esperienza in materia.In tale contesto, la Commissione dovrebbe assicurare che la competenza della rete Euridice di cui all'azione 6.1 del programma Socrate sia sfruttata appieno;2) a predisporre sulla base dei programmi comunitari esistenti, una banca dati per la divulgazione di mezzi e strumenti efficaci di valutazione della qualità delle scuole, che contenga anche esempi di esperienze positive effettuate in questo campo e che sia accessibile su Internet, assicurandone un uso interattivo;3) ad utilizzare le risorse disponibili nell'ambito dei programmi comunitari esistenti, a integrare l'esperienza acquisita in tali programmi e a sviluppare le reti esistenti;4) a redigere, come primo passo, un inventario degli strumenti e delle strategie per la valutazione della qualità dell'insegnamento primario e secondario già utilizzati nei vari Stati membri. Quando sarà stato redatto l'inventario, la Commissione elaborerà con gli Stati membri le ulteriori iniziative appropriate. Il Parlamento europeo, il Consiglio, il Comitato economico e sociale ed il Comitato delle regioni dovranno essere regolarmente tenuti informati su tali iniziative;5) a presentare ogni tre anni al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni una relazione dettagliata basata sui contributi degli Stati membri, relativa all'attuazione della presente raccomandazione;6) a redigere conclusioni e a presentare proposte in base a queste relazioni.Fatto a Bruxelles, addì 12 febbraio 2001.Per il Parlamento europeoLa PresidenteN. FontainePer il ConsiglioIl PresidenteT. Östros(1) GU C 168 del 16.6.2000, pag. 30.(2) GU C 317 del 6.11.2000, pag. 56.(3) Parere del Parlamento europeo, del 6 luglio 2000 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), posizione comune del Consiglio, del 9 novembre 2000 (GU C 375 del 28.12.2000, pag. 38) e decisione del Parlamento europeo, del 16 gennaio 2001 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(4) GU L 72 del 21.3.2000, pag. 15.(5) GU L 270 del 7.10.1998, pag. 56.(6) GU L 28 del 3.2.2000, pag. 1.(7) GU C 1 del 3.1.1998, pag. 4. | Valutazione della qualità dell’insegnamento scolastico
QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE?
Essa punta a favorire la creazione di una rete tra le autorità degli Stati dell’UE al fine di sviluppare pratiche e strumenti per la valutazione della qualità dell’insegnamento scolastico.
PUNTI CHIAVE
Sebbene non si possa definire la qualità di un sistema scolastico in termini assoluti, è comunque possibile fissare degli obiettivi e analizzare i modi per raggiungerli. Gli obiettivi comprendono comunque la lotta all’abbandono prematuro degli studi e all’esclusione sociale in generale; la raccomandazione distingue due forme di valutazione qualitativa:valutazione esterna eautovalutazione. La raccomandazione invita i soggetti coinvolti nel sistema scolastico (docenti, alunni, genitori ed esperti) a prendere parte ai processi di autovalutazione e di valutazione esterna. Vi si afferma che lo scopo della valutazione esterna è quello di fornire un sostegno metodologico all’autovalutazione e una visione obiettiva della scuola. Una delle caratteristiche principali del sistema di istruzione europeo è la sua diversificazione. Di conseguenza non è possibile definire metodi di valutazione standard che possano essere applicati a tutti gli Stati membri. Ogni valutazione qualitativa a livello dell’Unione europea deve prendere in considerazione i fattori politici, storici e socioculturali specifici di ciascuno Stato membro. La raccomandazione evidenzia il fatto che la condivisione delle informazioni costituisce la maggior parte del valore aggiunto dell’Unione europea. Lo scambio di informazioni dovrebbe concentrarsi in particolare sugli sviluppi metodologici e sugli esempi di buone pratiche, in particolare:attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie;tramite l’organizzazione di conferenze, seminari e raccolte di dati;con l’elaborazione di strumenti e la pubblicazione dei risultati. Il Parlamento europeo e il Consiglio invitano la Commissione europea a:creare una banca dati su Internet per la divulgazione di mezzi, esempi di buone pratiche e strumenti efficaci di valutazione della qualità delle scuole;redigere un inventario degli strumenti e delle strategie per la valutazione della qualità dell’insegnamento primario e secondario già utilizzati nei vari Stati membri;incorporare i risultati ottenuti nei programmi esistenti e sviluppare le reti esistenti;presentare una relazione ogni tre anni al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato europeo delle regioni;formulare proposte in base a queste relazioni. Conclusioni del Consiglio del 2014Nelle conclusioni del maggio 2014, i ministri per l’istruzione degli Stati membri hanno sottolineato l’importante ruolo svolto dai meccanismi di garanzia della qualità nell’aiutare gli istituti di istruzione nonché i responsabili politici a fornire istruzione e formazione di qualità. Un’istruzione e una formazione di qualità sono di importanza vitale ai fini dell’occupabilità, dell’inclusione sociale e dello sviluppo economico. I ministri hanno sottolineato l’importanza di adottare approcci alla garanzia della qualità basati su principi che vadano oltre l’impostazione «elenco di controllo» a favore dello sviluppo di una cultura del miglioramento della qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento. Studi
Nel 2015 sono stati pubblicati due studi sull’argomento:una relazione di eurydice che rivede le modalità in cui 32 Paesi europei valutano la qualità dei loro istituti scolastici, mettendo a confronto gli approcci, le strutture e il ruolo svolto dai sistemi di valutazione scolastica; uno studio comparativo della Commissione europea sulla garanzia della qualità nei sistemi di istruzione scolastica dell’Unione europea. Esso riguarda le politiche di garanzia della qualità, le procedure, le attività e le pratiche ai livelli primario, secondario inferiore e secondario superiore. Lo studio considera il modo in cui le azioni dell’UE in questo campo possano aggiungere valore a ciò che accade a livello nazionale.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si consulti:Istruzione: definizione degli obiettivi e misurazione dei progressi compiuti (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Raccomandazione 2001/166/EC del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2001, sulla collaborazione europea per la valutazione della qualità dell’insegnamento scolastico (GU L 60 dell’1.3.2001, pag. 51).
DOCUMENTI CORRELATI
Conclusioni del Consiglio, del 20 maggio 2014, sulla garanzia della qualità a sostegno dell’istruzione e della formazione (GU C 183 del 14.6.2014, pag. 30). | 5,701 | 707 |
Regolamento (CE) n. 1255/97 del Consiglio del 25 giugno 1997 riguardante i criteri comunitari per i punti di sosta e che adatta il ruolino di marcia previsto dall'allegato della direttiva 91/628/CEE
Gazzetta ufficiale n. L 174 del 02/07/1997 pag. 0001 - 0006
REGOLAMENTO (CE) N. 1255/97 DEL CONSIGLIO del 25 giugno 1997 riguardante i criteri comunitari per i punti di sosta e che adatta il ruolino di marcia previsto dall'allegato della direttiva 91/628/CEEIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea,vista la direttiva 91/628/CEE del Consiglio, del 19 novembre 1991, relativa alla protezione degli animali durante il trasporto e che modifica le direttive 90/425/CEE e 91/496/CEE (1), in particolare l'articolo 13, paragrafo 2 e l'articolo 14,vista la proposta della Commissione,considerando che, per migliorare il benessere di certe categorie di animali trasportati, la direttiva 91/628/CEE stabilisce prescrizioni riguardanti la durata massima del viaggio, dopo la quale gli animali devono essere scaricati, nutriti e abbeverati e fatti riposare per almeno 24 ore prima di far loro riprendere il viaggio;considerando che tali interruzioni obbligatorie nel trasporto di animali a lunga distanza avvengono nei punti di sosta;considerando che è necessario stabilire criteri applicabili in tutta la Comunità relativamente ai punti di sosta, onde garantire le migliori condizioni di benessere per gli animali che vi soggiornano, nonché prevedere talune disposizioni particolari in materia di polizia sanitaria;considerando che, onde facilitare il controllo del funzionamento dei punti di sosta, nonché dei veicoli e degli animali che li attraversano, è necessario prevedere la tenuta di un registro e occuparsi di alcune altre questioni amministrative;considerando che, per garantire che il viaggio degli animali trasportati prosegua nelle migliori condizioni possibili di benessere, l'autorità competente deve accertare la loro idoneità a proseguire il viaggio;considerando che, in attesa di misure volte alla riscossione di un canone comunitario per le spese determinate dal controllo veterinario per accertare l'idoneità degli animali a proseguire il viaggio, occorre precisare che gli Stati membri hanno la possibilità, nel rispetto delle norme generali del trattato, di mettere tali spese a carico dell'operatore interessato;considerando che, per assicurare l'osservanza di determinate norme applicabili nei punti di sosta, occorre adeguare alle nuove disposizioni il ruolino di marcia di cui al capitolo VIII dell'allegato della direttiva 91/628/CEE;considerando che è importante fissare in primo luogo le norme riguardanti i punti di sosta per solipedi domestici ed animali domestici delle specie bovina, ovina, caprina e suina;considerando che il comitato veterinario scientifico ha raccomandato certi requisiti minimi per i punti di sosta, che sono stati presi in considerazione,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1 1. Il presente regolamento si applica unicamente ai punti di sosta nella Comunità europea che accolgono durante almeno 24 ore solipedi domestici e animali domestici delle specie bovina, ovina, caprina e suina secondo le disposizioni di cui al capitolo VII dell'allegato della direttiva 91/628/CEE e fatte salve le direttive 64/432/CEE (2), 80/213/CEE (3), 85/511/CEE (4), 89/608/CEE (5), 90/425/CEE (6), 90/426/CEE (7), 91/68/CEE (8), 91/496/CEE (9), 92/102/CEE (10) e 93/119/CE (11).2. I punti di sosta di cui al paragrafo 1 devono rispettare i criteri comunitari previsti dal presente regolamento.Articolo 2 Ai fini del presente regolamento si applicano, ove necessario, le definizioni di cui all'articolo 2 delle direttive 64/432/CEE, 90/425/CEE, 91/496/CEE e 91/628/CEE.Articolo 3 1. Gli Stati membri provvedono affinché i punti di sosta siano approvati dall'autorità competente dello Stato membro sul cui territorio si trovano.2. Ai fini della concessione del riconoscimento, l'autorità competente quale definita all'articolo 2, paragrafo 6 della direttiva 90/425/CEE provvede affinché i punti di sosta soddisfino i requisiti di cui all'allegato I del presente regolamento; tali punti di sosta devono inoltre:a) essere situati in una zona non soggetta a divieto o restrizione secondo la pertinente legislazione comunitaria;b) essere posti sotto il controllo di un veterinario ufficiale che vigila in particolare alla osservanza delle disposizioni del presente regolamento;c) funzionare nel rispetto di tutte le disposizioni comunitarie pertinenti in materia di rispetto delle norme di polizia sanitaria, movimento degli animali e protezione degli animali al momento della macellazione;d) essere oggetto di ispezioni regolari per controllare che le condizioni di riconoscimento continuino ad essere soddisfatte.3. L'autorità competente rilascia un numero di riconoscimento a ciascun punto di sosta approvato. Tale riconoscimento può essere limitato ad una o più specie particolari o a alcune categorie di animali e di qualifica sanitaria. L'autorità competente notifica alla Commissione l'elenco dei punti di sosta approvati, nonché gli eventuali aggiornamenti. La Commissione comunica tali informazioni agli Stati membri nell'ambito del comitato veterinario permanente.4. L'autorità competente può sospendere o ritirare il riconoscimento in caso di mancata osservanza del presente articolo o di altre disposizioni appropriate del presente regolamento, oppure in caso di modifica della qualifica sanitaria della zona di ubicazione o di inosservanza delle norme relative al benessere degli animali. Il riconoscimento può essere nuovamente attribuito quando l'autorità competente abbia la garanzia che il punto di sosta soddisfi nuovamente tutte le disposizioni del presente regolamento.Articolo 4 1. I punti di sosta devono essere usati esclusivamente per accogliere, nutrire, abbeverare, far riposare, alloggiare, accudire e inoltrare a destinazione gli animali che vi transitano.2. Tuttavia, in deroga al precedente paragrafo del presente articolo, gli Stati membri possono inoltre riconoscere come punti di sosta i centri di raccolta quali definiti all'articolo 2, lettera o) della direttiva 64/432/CEE, a condizione che, allorché sono utilizzati come punti di sosta:a) soddisfino sia le prescrizioni pertinenti dell'articolo 11 della direttiva 64/432/CEE che le prescrizioni del presente regolamento;b) siano utilizzati esclusivamente per tale attività nel periodo in causa;c) non siano utilizzati per l'acquisto e la vendita degli animali contemplati dal presente regolamento.3. Solo gli animali aventi la stessa qualifica sanitaria certificata caratteristica della specie in causa e per i quali i punti di sosta sono stati approvati, possono essere presenti contemporaneamente nei punti di sosta, onde evitare qualsiasi rischio il compromettere la loro qualifica sanitaria.Articolo 5 Il proprietario o la persona fisica o giuridica che gestisce un punto di sosta è responsabile dell'osservanza delle pertinenti disposizioni del presente regolamento. A tal fine esso è tenuto in particolare:a) ad ammettere unicamente gli animali certificati e identificati secondo le normative comunitarie pertinenti, in particolare per quanto riguarda le disposizioni di cui all'articolo 3, paragrafo 3. A tal fine, egli verifica o fa verificare i documenti sanitari o altri documenti di accompagnamento relativi alle specie o alle categorie interessate e in maniera casuale i marchi di identificazione degli animali;b) a provvedere affinché, fatte salve le disposizioni di cui all'allegato I, parte B, punto 3, gli animali siano tenuti nei punti di sosta nello stesso gruppo che costituiva la partita di origine e che ciascuna partita sia alloggiata in installazioni totalmente separate la cui gestione deve avvenire secondo le istruzioni del veterinario ufficiale, al fine in particolare di evitare qualsiasi contatto che possa compromettere la qualifica sanitaria degli animali;c) a provvedere affinché gli animali che soggiornano nei punti di sosta siano nutriti ed abbeverati al momento opportuno, tenendo conto della specie in questione, ed a disporre a tal fine dei quantitativi adeguati;d) ad accudire gli animali che soggiornano nei punti di sosta e, ove necessario, a prendere tutte le disposizioni per assicurare il benessere degli animali e la conformità ai requisiti di salute animale;e) a rivolgersi, in caso di necessità, ad un veterinario- affinché agli animali che si ammalano o si feriscono durante il periodo in cui sono sotto la sua responsabilità venga prestato il trattamento veterinario opportuno e- affinché, se necessario, l'animale in causa sia macellato immediatamente o abbattuto o gli sia praticata l'eutanasia secondo la direttiva 93/119/CE;f) a utilizzare personale che possieda le attitudini, conoscenze e capacità professionali adeguate e che a tal fine disponga di una formazione specifica acquisita presso l'impresa o presso un organismo di formazione, ovvero vanti un'esperienza pratica equivalente per procedere alla manipolazione degli animali in questione nonché per prestare, se necessario, l'assistenza appropriata a tali animali;g) ad adottare le misure necessarie per garantire che tutti coloro che procedono alla manipolazione degli animali nei punti di sosta rispettino le disposizioni pertinenti in materia di benessere degli animali;h) a iscrivere in un registro o supporto informatico, da conservare e tenere a disposizione dell'autorità competente, per almeno tre anni, i dati di cui all'allegato I, parte C, punto 7;i) a segnalare il più rapidamente possibile all'autorità competente le anomalie riscontrate.Articolo 6 1. Prima della partenza degli animali dal punto di sosta, il veterinario ufficiale o un veterinario designato a tal fine dall'autorità competente conferma sul ruolino di marcia, modificato a tal fine in base all'allegato II, che gli animali sono idonei a continuare il viaggio.Gli Stati membri possono stabilire che le spese sostenute per il suddetto controllo veterinario siano a carico dell'operatore interessato.2. Le norme relative allo scambio di informazioni tra autorità per conformarsi ai requisiti del presente regolamento sono stabilite secondo la procedura di cui all'articolo 6, paragrafo 3 della direttiva 91/628/CEE.Articolo 7 Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Esso si applica a decorrere dal 1° gennaio 1999.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Lussemburgo, addì 25 giugno 1997.Per il ConsiglioIl presidenteJ. VAN AARTSEN(1) GU n. L 340 dell'11. 12. 1991, pag. 17. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 95/29/CE (GU n. L 148 del 30. 6. 1995, pag. 52).(2) GU n. 121 del 29. 7. 1964, pag. 1977/64. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 95/29/CE.(3) GU n. L 47 del 21. 2. 1980, pag. 1.(4) GU n. L 315 del 26. 11. 1985, pag. 11. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(5) GU n. L 351 del 2. 12. 1989, pag. 34.(6) GU n. L 224 del 18. 8. 1990, pag. 29. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 92/118/CEE (GU n. L 62 del 15. 3. 1993, pag. 49).(7) GU n. L 224 del 18. 8. 1990, pag. 42. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(8) GU n. L 46 del 19. 2. 1991, pag. 19. Direttiva modificata da ultimo dalla decisione 94/953/CE (GU n. L 371 del 31. 12. 1994, pag. 14).(9) GU n. L 268 del 24. 9. 1991, pag. 56. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 96/43/CE (GU n. L 162 dell'1. 7. 1996, pag. 1).(10) GU n. L 355 del 5. 12. 1992, pag. 32. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(11) GU n. L 340 del 31. 12. 1993, pag. 21.ALLEGATO I CRITERI COMUNITARI PER I PUNTI DI SOSTA A. MISURE SANITARIE E D'IGIENE 1. Ogni punto di sosta devea) avere le apparecchiature idonee alla pulitura e alla disinfezione di tutti i fabbricati, attrezzature, impianti e veicoli,b) essere costruito con materiali tali da poter essere adeguatamente e facilmente puliti e disinfettati,c) essere pulito e disinfettato prima e dopo ogni utilizzazione secondo le istruzioni del veterinario ufficiale.2. Il responsabile del punto di sosta deve fornire attrezzature pulite e tute di protezione, riservati esclusivamente a chiunque entri nel punto di sosta e mettere a disposizione le apparecchiature idonee alla loro pulitura e disinfezione.3. Le lettiere devono essere rimosse quando una partita di animali viene allontanata da un recinto e dopo esser state pulite e disinfettate secondo quanto previsto dal punto 1, lettera c) sostituite con lettiere fresche.4. I punti di sosta devono essere completamente evacuati dagli animali per un periodo di almeno 24 ore dopo un massimo di sei giorni di utilizzazione e dopo che sono state effettuate le operazioni di pulitura e di disinfezione e prima dell'arrivo di un'altra partita di animali.B. COSTRUZIONE E IMPIANTI 1. Oltre alle disposizioni di cui all'allegato, capitolo 1, parte A, punto 4 della direttiva 91/628/CEE applicabili ai mezzi di trasporto per il carico e lo scarico degli animali, ogni punto di sosta deve disporre di adeguate attrezzature e impianti per il carico e scarico degli animali dai mezzi di trasporto. In particolare le attrezzature e gli impianti devono avere un pavimento antisdrucciolevole e, ove occorra, devono essere muniti di protezioni laterali. Ponti, rampe e passerelle devono essere provvisti di parapetti o altri mezzi di protezione onde impedire che gli animali possano cadere. Le rampe di carico e scarico devono avere la minima inclinazione possibile. I corridoi nei quali passano gli animali devono essere muniti di pavimenti antisdrucciolevoli ed essere concepiti in modo che gli animali non possano ferirsi. È necessario evitare assolutamente che tra il pavimento del veicolo e la rampa o tra la rampa e il pavimento della zona di scarico vi sia un dislivello o un gradino tale da costringere gli animali a saltare o da farli scivolare o inciampare.A decorrere dal 1° luglio 1999 tutti i punti di sosta devono essere costantemente muniti di un numero sufficiente di rampe fisse o mobili costruite e usate in modo che gli animali non debbano salire e scendere per pendenze superiori a 20° durante il carico e lo scarico.2. Tutti gli impianti dei punti di sosta usati per accogliere gli animali devono:a) essere muniti di pavimenti antisdrucciolevoli e concepiti in modo che gli animali non possano ferirsi;b) aver una tettoria ed un'adeguata protezione laterale onde proteggere gli animali da condizioni climatiche avverse;c) disporre di adeguati impianti per tenere, ispezionare, eventualmente esaminare, nutrire e abbeverare gli animali e per conservare i mangimi;d) disporre, secondo la capacità di accoglienza, di ventilazione e drenaggio idonei per la specie di animali accolti;e) disporre di illuminazione naturale o artificiale di intensità sufficiente a consentire l'ispezione di tutti gli animali in qualsiasi momento; se necessario, dovrebbe essere disponibile un'adeguata illuminazione di riserva;f) disporre di apparecchiature per legare gli animali per i quali esista tale necessità; in questo caso gli animali devono essere legati in modo da non soffrire inutilmente e da poter alimentarsi, bere o coricarsi senza difficoltà;g) disporre, in funzione delle specie in questione, di sufficiente spazio per consentire agli animali di coricarsi contemporaneamente e di arrivare agevolmente agli impianti di abbeveraggio e alimentazione;h) avere un'adeguata disponibilità di materiale per lettiere. Tale materiale deve essere sistemato in ciascun recinto in modo da rispettare le esigenze di ciascuna specie o categoria di animali accolti;i) essere costruiti e mantenuti in modo da evitare che gli animali vengano a contatto con oggetti appuntiti o pericolosi oppure con superfici danneggiate che possano causar loro ferite.3. I punti di sosta devono avere adeguati impianti che consentano l'alloggio separato di animali ammalati, feriti o bisognosi di particolari attenzioni.4. Nei punti di sosta devono essere disponibili impianti idonei per tutto il personale che frequenta ed utilizza i locali.5. I punti di sosta devono disporre di sistemi adeguati per il deposito e l'eliminazione di materiali di scarto e per il deposito delle carcasse, in attesa che siano portate via e distrutte a norma della direttiva 90/667/CEE (1).C. MODALITÀ OPERATIVE 1. Gli animali devono essere scaricati al più presto dopo il loro arrivo. Tuttavia in caso di ritardi inevitabili, tenuto conto in particolare delle condizioni climatiche e dei periodi di attesa, occorre assicurare che gli animali beneficino delle migliori condizioni di benessere.2. Durante le operazioni di carico e scarico occorre provvedere affinché gli animali non siano spaventati, eccitati o maltrattati e occorre evitare che siano rovesciati. Gli animali non devono essere sollevati o trascinati per la testa, le corna, le orecchie, le zampe, la coda o il vello, in modo da evitare ferite o sofferenze inutili. Ove occorra, gli animali devono essere guidati individualmente.3. Per gli spostamenti degli animali in tutti gli impianti:a) devono essere previsti dei corridoi per assecondare le loro tendenze gregarie;b) gli strumenti destinati a guidare gli animali devono essere usati soltanto a questo fine e gli strumenti che provocano scariche elettriche devono essere evitati il più possibile; possono comunque essere usati soltanto per i bovini ed i suini adulti che rifiutano di muoversi, a condizione che le scariche non durino più di due secondi, siano adeguatamente intervallate e che gli animali dispongano davanti a loro di spazio sufficiente per muoversi. Le scariche possono essere applicate soltanto ai muscoli posteriori;c) gli animali non devono essere percossi, né subire pressioni su qualsiasi parte sensibile del corpo, in particolare non si deve loro schiacciare, torcere o rompere la coda, né colpire gli occhi. È vietato prenderli a pugni o a calci;d) il personale addetto agli animali nei punti di sosta non deve detenere né usare pungoli o altri strumenti appuntiti. Si possono usare bastoni o altri strumenti per guidare gli animali purché non causino ferite o sofferenze inutili quando entrano in contatto con il corpo dell'animale.4. Gli animali che arrivano dopo essere stati sottoposti a temperature elevate in condizioni di tempo umido devono poter essere rinfrescati al più presto con metodi appropriati.5. Gli animali devono essere nutriti e abbeverati in modo che ogni capo accolto nel punto di sosta possa almeno disporre di un quantitativo sufficiente di acqua pulita e di mangime adeguato per soddisfare le sue esigenze fisiologiche durante il soggiorno e per la prevista durata del viaggio fino al successivo punto di sosta in cui sarà nutrito. I punti di sosta possono accogliere animali con speciali esigenze alimentari quali, ad esempio, i giovani vitelli che hanno bisogno di un alimento liquido, soltanto se adeguatamente attrezzati e provvisti di personale in grado di soddisfare tali esigenze.6. Le condizioni e lo stato degli animali devono essere ispezionati dal personale del punto di sosta al momento dell'arrivo e almeno una volta ogni 12 ore durante il soggiorno nel punto di sosta.7. Il registro di cui all'articolo 5, lettera h) della presente direttiva deve contenere i dati seguenti:a) data e ora di completamento dello scarico e di inizio del ricarico degli animali di ogni partita;b) data e durata del vuoto sanitario di cui alla parte A, punto 4 del presente allegato;c) numero/numeri del certificato sanitario/dei certificati sanitari relativi a ciascuna partita;d) eventuali osservazioni utili sulla salute o sullo stato di benessere degli animali e in particolare:- caratteristiche e numero degli animali trovati morti al momento dello scarico nel punto di sosta o morti durante il soggiorno nello stesso;- caratteristiche e numero degli animali trovati gravemente feriti al momento dello scarico, feritisi durante il soggiorno o che vengono ritenuti non idonei per spostamenti ulteriori;e) nomi e indirizzi del trasportatore e degli autisti e numeri di immatricolazione dei veicoli.(1) GU n. L 363 del 27. 12. 1990, pag. 51. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994. | Il benessere degli animali durante il trasporto: norme relative ai punti di sosta
SINTESI
CHE COSA FA IL REGOLAMENTO?
Stabilisce le norme relative ai punti di sosta in cui gli animali devono riposare per almeno 12 ore durante pause obbligatorie nei viaggi di lunga distanza all’interno dell’Unione europea (UE). Queste regole sono concepite per garantire condizioni ottimali per il loro benessere.
PUNTI CHIAVE
I punti di sosta devono:
trovarsi in luoghi non soggetti a restrizioni di polizia sanitaria;
essere posti sotto il controllo di un veterinario ufficiale;
essere oggetto di ispezioni regolari almeno due volte all’anno;
essere conformi a tutte le norme dell’UE sulla salute degli animali;
rispettare dettagliate misure di salute e igiene, criteri di costruzione e regole operative. Tali norme riguardano lo strame, le lettiere, le operazioni di carico e scarico delle attrezzature e il trattamento degli animali durante il loro soggiorno.
I punti di sosta vengono utilizzati esclusivamente per accogliere, nutrire, abbeverare, far riposare, alloggiare, accudire e inoltrare a destinazione gli animali che vi transitano.
Solo gli animali aventi la stessa qualifica sanitaria certificata possono essere presenti contemporaneamente.
L’autorità nazionale competente approva e assegna un numero a ciascun punto di sosta. L’approvazione può essere limitata a determinate specie o categorie di animali e alle loro condizioni di salute.
I proprietari dei punti di sosta devono:
accettare esclusivamente animali certificati o identificati in base alle normative dell’UE rilevanti;
garantire che gli animali vengano accuditi, nutriti e abbeverati secondo necessità;
chiamare un veterinario, se necessario, per trattare o inoltrare a destinazione un animale;
utilizzare personale che abbia ricevuto una formazione e possieda le competenze professionali adeguate;
notificare alle autorità competenti la partenza di una consegna entro un giorno lavorativo;
informare l’autorità competente delle irregolarità il prima possibile.
Nel caso di gravi violazioni delle norme riguardanti la salute o il benessere degli animali, i paesi dell’UE devono sospendere l’utilizzo di un punto di sosta e devono informare la Commissione europea e gli altri paesi dell’UE in merito.
Prima che gli animali lascino il punto di sosta, un veterinario ufficiale deve verificare che siano idonei a proseguire il viaggio.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Si applica a partire dal 1o gennaio 1999.
CONTESTO
Il trattato di Lisbona, in vigore dal 1o dicembre 2009, riconosce che gli animali sono esseri senzienti. Di conseguenza, le politiche dell’UE devono rispettare tutti i requisiti relativi al loro benessere.
L’UE ha adottato normative separate per quanto concerne:
il benessere degli animali trasportati all’interno dell’UE;
la protezione degli animali durante il trasporto internazionale.
Per maggiori informazioni, si veda la pagina «Benessere degli animali: i traguardi più significativi» sul sito Internet della Commissione europea.
ATTO
Regolamento (CE) n. 1255/97 del Consiglio, del 25 giugno 1997, riguardante i criteri comunitari per i punti di sosta e che adatta il ruolino di marcia previsto dall’allegato della direttiva 91/628/CEE (GU L 174 del 2.7.1997, pagg. 1-6)
Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 1255/97 del Consiglio sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
ATTI COLLEGATI
Regolamento (CE) n. 1/2005 del Consiglio, del 22 dicembre 2004, sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate che modifica le direttive 64/432/CEE e 93/119/CE e il regolamento (CE) n. 1255/97 (GU L 3 del 5.1.2005, pagg. 1-44)
Decisione 2004/544/CE del Consiglio, del 21 giugno 2004, relativa alla firma della Convenzione europea sulla protezione degli animali nei trasporti internazionali (GU L 241 del 13.7.2004, pag. 21) | 7,747 | 511 |
REGOLAMENTO (CE) N. 453/2008 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 23 aprile 2008
relativo alle statistiche trimestrali sui posti di lavoro vacanti nella Comunità
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 285, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
visto il parere della Banca centrale europea (2),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (3),
considerando quanto segue:
(1)
L’8 dicembre 2003 il Consiglio ha approvato l’elaborazione e la pubblicazione di un indicatore strutturale dei posti di lavoro vacanti.
(2)
Il piano d’azione relativo alle esigenze statistiche dell’UME, approvato dal Consiglio il 29 settembre 2000, e le successive relazioni sullo stato di attuazione di tale piano indicavano come prioritaria l’elaborazione di una base giuridica per le statistiche sui posti di lavoro vacanti.
(3)
Il comitato per l’occupazione, istituito dalla decisione 2000/98/CE del Consiglio (4), ha convenuto sulla necessità di istituire un indicatore dei posti di lavoro vacanti per controllare la strategia europea per l’occupazione stabilita dalla decisione 2005/600/CE del Consiglio, del 12 luglio 2005, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione (5).
(4)
La decisione n. 1672/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 2006, che istituisce un programma comunitario per l’occupazione e la solidarietà sociale — Progress (6), predispone il finanziamento delle azioni interessate, tra cui, come ivi specificato, quelle intese a migliorare la comprensione della situazione e delle prospettive dell’occupazione, in particolare mediante analisi e studi e l’elaborazione di statistiche e indicatori comuni nel quadro della strategia europea per l’occupazione.
(5)
Nel quadro della strategia europea per l’occupazione la Commissione necessita di dati sui posti di lavoro vacanti ripartiti, tra l’altro, per attività economica al fine di controllare e analizzare il livello e la struttura della domanda di lavoro.
(6)
La Commissione e la Banca centrale europea necessitano di dati trimestrali rapidamente disponibili sui posti di lavoro vacanti al fine di controllare le variazioni congiunturali riguardanti tali posti di lavoro. I dati sui posti di lavoro vacanti destagionalizzati facilitano l’interpretazione delle variazioni trimestrali.
(7)
I dati forniti sui posti di lavoro vacanti dovrebbero essere pertinenti ed esaurienti, accurati e completi, tempestivi, coerenti, comparabili e facilmente accessibili per gli utilizzatori.
(8)
I vantaggi di una rilevazione di dati completi a livello comunitario su tutti i segmenti dell’economia dovrebbero essere vagliati a fronte delle possibilità di trasmetterli che hanno, in particolare, le piccole e medie imprese e degli oneri di risposta su di esse gravanti.
(9)
Si dovrebbe compiere uno sforzo particolare per includere quanto prima nelle statistiche tutti i dati riguardanti le unità con meno di dieci dipendenti.
(10)
Per determinare l’ambito delle statistiche da compilare e il livello di dettaglio richiesto per singola attività economica, è necessario applicare la più recente versione vigente della classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee (NACE).
(11)
In sede di produzione e diffusione delle statistiche comunitarie di cui al presente regolamento, le autorità statistiche nazionali e l’autorità statistica comunitaria dovrebbero tenere in considerazione i principi sanciti dal codice delle statistiche europee, che è stato adottato il 24 febbraio 2005 dal comitato del programma statistico istituito dalla decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio (7) e accluso alla raccomandazione della Commissione relativa all’indipendenza, integrità e responsabilità delle autorità statistiche nazionali e dell’autorità statistica comunitaria.
(12)
È importante che i dati siano condivisi con le parti sociali a livello nazionale ed europeo e che le parti sociali siano informate in merito all’applicazione del presente regolamento. Gli Stati membri dovrebbero inoltre compiere uno sforzo particolare per garantire che i servizi di orientamento scolastico e gli enti di formazione professionale ricevano i dati in parola.
(13)
Il regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie (8) costituisce il quadro normativo di riferimento per l’elaborazione di statistiche comunitarie e si applica di conseguenza all’elaborazione di statistiche sui posti di lavoro vacanti.
(14)
Le misure necessarie per l’attuazione del presente regolamento dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (9).
(15)
In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di definire determinati concetti, di stabilire determinati formati, date e termini, di fissare le condizioni per studi di fattibilità e di adottare misure conformemente ai risultati di tali studi. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento, anche completandolo con nuovi elementi non essenziali, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.
(16)
Poiché l’obiettivo del presente regolamento, ossia l’elaborazione di statistiche comunitarie sui posti di lavoro vacanti, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato; il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(17)
Il Comitato del programma statistico è stato consultato in conformità dell’articolo 3 della decisione 89/382/CEE, Euratom,
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
1. Il presente regolamento definisce gli obblighi in materia di elaborazione periodica di statistiche trimestrali sui posti di lavoro vacanti nella Comunità.
2. Gli Stati membri presentano alla Commissione (Eurostat) i dati sui posti di lavoro vacanti riguardo almeno alle imprese con uno o più dipendenti.
Fatto salvo il paragrafo 3, i dati si estendono all’insieme delle attività economiche definite nella versione vigente della classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee (NACE), ad eccezione delle attività di datore di lavoro svolte da famiglie e convivenze e delle attività di organizzazioni e di organismi extraterritoriali. La copertura delle attività in agricoltura, silvicoltura e pesca, come definite nella versione attuale della NACE, è facoltativa. Gli Stati membri che lo desiderino forniscono dati relativi a tali settori in conformità del presente regolamento. In considerazione della crescente importanza dei servizi di assistenza alla persona (servizi di assistenza residenziale e assistenza sociale non residenziale) per la creazione di posti di lavoro, gli Stati membri sono altresì invitati a trasmettere, su base facoltativa, i dati relativi ai posti vacanti in tali servizi.
I dati sono ripartiti per attività economica, a livello di sezioni della versione della NACE in vigore.
3. Nell’ambito di applicazione del presente regolamento la copertura delle seguenti attività: amministrazione pubblica e difesa, assicurazione sociale obbligatoria, istruzione, sanità e assistenza sociale, attività artistiche, di intrattenimento e divertimento, e attività di organizzazioni associative, riparazione di computer e di beni per uso personale e per la casa e altre attività di servizi personali, quali definite nella versione della NACE in vigore, nonché la copertura delle imprese con meno di dieci dipendenti, sono determinate sulla base degli studi di fattibilità di cui all’articolo 7.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si intende per:
1)
«posto di lavoro vacante» un posto di lavoro retribuito nuovo o libero o in procinto di diventarlo:
a)
per il quale il datore di lavoro cerca attivamente un candidato adatto al di fuori dell’impresa interessata ed è disposto a fare sforzi supplementari per trovarlo, e
b)
che il datore di lavoro intende occupare immediatamente o entro uno specifico periodo di tempo.
I concetti di «ricerca attiva di un candidato adatto» e di «specifico periodo di tempo» sono definiti secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 9, paragrafo 2.
Le statistiche fornite distinguono, a titolo facoltativo, i posti vacanti per posti a durata determinata da quelli per posti permanenti;
2)
«posto occupato» un posto retribuito in seno all’organizzazione al quale un dipendente è stato assegnato;
3)
«metadati» le spiegazioni necessarie all’interpretazione dei cambiamenti apportati ai dati in seguito a modifiche di natura metodologica o tecnica;
4)
«dati retrospettivi» i dati storici che rispondono alle specifiche indicate nell’articolo 1.
Articolo 3
Date di riferimento e caratteristiche tecniche
1. Gli Stati membri elaborano i dati trimestrali con riguardo a determinate date di riferimento fissate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 9, paragrafo 2.
2. Gli Stati membri trasmettono i dati sui posti occupati al fine di standardizzare i dati sui posti vacanti a fini comparativi.
3. Gli Stati membri devono applicare ai dati trimestrali relativi ai posti vacanti le procedure di destagionalizzazione. Tali procedure sono determinate secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 9, paragrafo 3.
Articolo 4
Fonti
1. Gli Stati membri elaborano i dati tramite indagini sulle imprese. Possono essere utilizzate altre fonti, ad esempio fonti amministrative, se soddisfano i criteri di qualità di cui all’articolo 6.
Sono precisate le fonti di tutti i dati forniti.
2. Gli Stati membri possono integrare le fonti di cui al paragrafo 1 tramite procedure affidabili di stima statistica.
3. La Commissione (Eurostat) può istituire e coordinare piani di campionamento comunitari per produrre stime comunitarie laddove i piani di campionamento nazionali non soddisfino le prescrizioni comunitarie in materia di rilevazione dei dati trimestrali. I dettagli riguardo a tali piani, alla loro approvazione e alla loro attuazione sono determinati secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 9, paragrafo 3.
Gli Stati membri possono partecipare a piani di campionamento comunitari quando tali piani consentano di ridurre in maniera sostanziale i costi dei sistemi statistici o l’onere per le imprese che l’osservanza delle prescrizioni comunitarie comporta.
Articolo 5
Trasmissione dei dati
1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati e metadati nel formato e nei termini di trasmissione stabiliti secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 9, paragrafo 2. Anche la data del primo trimestre di riferimento è determinata secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 9, paragrafo 2. Contemporaneamente sono trasmessi anche eventuali dati riveduti relativi ai trimestri precedenti.
2. Gli Stati membri trasmettono anche i dati retrospettivi almeno per i quattro trimestri precedenti al trimestre per il quale i dati devono essere forniti nella prima consegna di dati. I totali sono comunicati al più tardi alla data della prima consegna e le disaggregazioni non oltre un anno dopo. Se necessario, i dati retrospettivi possono essere basati sulle «migliori stime».
Articolo 6
Valutazione della qualità
1. Ai fini del presente regolamento, la valutazione della qualità dei dati trasmessi comprende i criteri seguenti:
—
«pertinenza»: il grado in cui le statistiche rispondono alle esigenze attuali e potenziali degli utenti,
—
«accuratezza»: la vicinanza fra le stime e i valori reali non noti,
—
«tempestività» e «puntualità»: l’intervallo di tempo che intercorre fra la disponibilità dei dati e l’evento o fenomeno da essi descritto,
—
«accessibilità» e «chiarezza»: le condizioni e le modalità con cui gli utenti possono ottenere, utilizzare e interpretare i dati,
—
«comparabilità»: la misurazione dell’impatto delle differenze tra i concetti di statistica applicata e gli strumenti e le procedure di misurazione, quando le statistiche si comparano per aree geografiche, ambiti settoriali o periodi di tempo,
—
«coerenza»: la possibilità di combinare i dati in modo attendibile secondo modalità differenti e per usi diversi.
2. Gli Stati membri forniscono alla Commissione (Eurostat) relazioni sulla qualità dei dati trasmessi.
3. Nel quadro dell’applicazione dei criteri di valutazione della qualità di cui al paragrafo 1 ai dati trattati dal presente regolamento, le modalità, la struttura e la periodicità delle relazioni sulla qualità sono definite secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 9, paragrafo 3. La Commissione (Eurostat) valuta la qualità dei dati forniti.
Articolo 7
Studi di fattibilità
1. La Commissione (Eurostat) stabilisce le condizioni per la realizzazione di una serie di studi di fattibilità secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 9, paragrafo 2. Tali studi sono condotti dagli Stati membri che incontrano difficoltà nel fornire dati per:
a)
le imprese con meno di dieci dipendenti; e/o
b)
le seguenti attività:
i)
amministrazione pubblica e difesa, assicurazione sociale obbligatoria;
ii)
istruzione;
iii)
sanità e assistenza sociale;
iv)
attività artistiche, di intrattenimento e divertimento;
v)
attività di organizzazioni associative, riparazione di computer e di beni per uso personale e per la casa e altre attività di servizi personali.
2. Gli Stati membri che intraprendono studi di fattibilità presentano ciascuno una relazione sui risultati di tali studi entro dodici mesi dall’entrata in vigore delle misure di attuazione della Commissione di cui al paragrafo 1.
3. Non appena possibile dopo che i risultati degli studi di fattibilità sono resi disponibili, la Commissione, di concerto con gli Stati membri ed entro un periodo di tempo ragionevole, adotta misure secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 9, paragrafo 2.
4. Le misure adottate sulla base dei risultati degli studi di fattibilità rispettano il principio del rapporto costi/benefici, definito all’articolo 10 del regolamento (CE) n. 322/97, che prevede anche la riduzione al minimo dell’onere che grava sui rispondenti, e tengono conto dei problemi iniziali di attuazione.
Articolo 8
Finanziamento
1. Per i primi tre anni della rilevazione dei dati gli Stati membri possono beneficiare di un contributo finanziario della Comunità per le spese di esecuzione delle attività pertinenti.
2. L’importo degli stanziamenti destinati annualmente per il contributo finanziario di cui al paragrafo 1 è stabilito nel quadro della procedura di bilancio annuale.
3. L’autorità di bilancio assegna gli stanziamenti disponibili per ciascun anno.
4. Possono essere presi in considerazione ulteriori finanziamenti per i lavori di attuazione in relazione alle misure adottate a seguito dei risultati degli studi di fattibilità.
Articolo 9
Comitato
1. La Commissione è assistita dal comitato del programma statistico.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Il periodo di cui all’articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.
Articolo 10
Relazione sull’applicazione
Entro il 24 giugno 2010 e successivamente ogni tre anni la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione del presente regolamento. Tale relazione valuta la qualità delle statistiche fornite dagli Stati membri, nonché la qualità degli aggregati europei, e rileva i punti suscettibili di miglioramento.
Preferibilmente entro un anno dalla pubblicazione della relazione triennale di cui al primo comma, gli Stati membri precisano come intendono affrontare i punti suscettibili di miglioramento segnalati nella relazione della Commissione. Nel contempo, gli Stati membri riferiscono in merito allo stato di attuazione delle raccomandazioni precedenti.
Articolo 11
Pubblicazione di dati statistici
Le statistiche fornite dagli Stati membri e un’analisi delle stesse sono pubblicate trimestralmente sul sito Internet della Commissione (Eurostat). La Commissione (Eurostat) provvede affinché il maggior numero possibile di cittadini europei abbia accesso alle statistiche e alle analisi, in particolare attraverso il portale EURES.
Articolo 12
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2008.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
J. LENARČIČ
(1) GU C 175 del 27.7.2007, pag. 11.
(2) GU C 86 del 20.4.2007, pag. 1.
(3) Parere del Parlamento europeo del 15 novembre 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 29 febbraio 2008.
(4) GU L 29 del 4.2.2000, pag. 21.
(5) GU L 205 del 6.8.2005, pag. 21.
(6) GU L 315 del 15.11.2006, pag. 1.
(7) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47.
(8) GU L 52 del 22.2.1997, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1).
(9) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Decisione modificata dalla decisione 2006/512/CE (GU L 200 del 22.7.2006, pag. 11). | Statistiche trimestrali sui posti di lavoro vacanti nei paesi dell’Unione europea
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Stabilisce i requisiti per la produzione regolare trimestrale di statistiche sui posti di lavoro vacanti* nell’Unione europea (UE).
Tali dati trimestrali sono destinati ad analisi a breve termine della congiuntura economica (ossia il monitoraggio delle fluttuazioni nelle attività economiche in una data economia durante un certo periodo di tempo).
PUNTI CHIAVE
Dal 2010, ciascun paese dell’UE deve presentare alla Commissione europea (Eurostat) i dati sui posti di lavoro vacanti relativi alle aziende con uno o più dipendenti.
I paesi dell’UE devono trasmettere tali dati ripartiti per attività economica, entro 70 giorni dalla fine del relativo trimestre.
Ambito di applicazione
I dati riguardano tutte le attività economiche definite in base al sistema comune di classificazione delle attività economiche nell’Unione europea NACE* in vigore, tranne le attività a conduzione familiare e le attività delle organizzazioni e degli organismi all’estero.
Anche se la presentazione di dati relativi ad attività in agricoltura,silvicoltura e pesca , come definito dal NACE in vigore, è facoltativa, i paesi dell’UE che desiderano fornire dati relativi a tali settori devono farlo ai sensi del presente regolamento.
Considerando l’importanza crescente dei servizi di assistenza alla persona (servizi di assistenza residenziale e servizi di assistenza sociale non residenziale) per la creazione di posti di lavoro, ai paesi dell’UE viene inoltre richiesto di trasmettere, a titolo facoltativo, dati sui posti di lavoro vacanti in tali campi. I dati devono essere ripartiti per attività economica ai sensi del NACE in vigore a livello di sezione.
I dati sono raccolti nei paesi dell’UE, in Norvegia, in Svizzera e nell’ex Repubblica jugoslava di Macedonia.
Date di riferimento e specifiche
I paesi dell’UE devono compilare i dati trimestrali facendo riferimento a determinate date di riferimento stabilite dal comitato del sistema statistico europeo, composto da esperti nazionali, che assiste ed è presieduto dalla Commissione europea.
I paesi devono inoltre fornire dati relativi ai posti occupati al fine di standardizzare i dati sui posti di lavoro vacanti a fini comparativi e devono applicare la destagionalizzazione dei dati trimestrali sui posti di lavoro vacanti.
Trasmissione dei dati
I paesi dell’UE devono trasmettere i dati a Eurostat in un formato ed entro i termini stabiliti dal comitato del sistema statistico europeo.
Valutazione della qualità
Quando riceve i dati dai paesi dell’UE, Eurostat ne controlla la completezza e l’adeguatezza.
Finanziamento
I paesi dell’UE hanno potuto ricevere finanziamenti comunitari per i primi tre anni di raccolta dei dati come contributo per i costi del lavoro necessario.
Relazioni
Ogni tre anni, la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione del regolamento, che valuta la qualità delle statistiche fornite dai paesi dell’UE e quella degli aggregati europei, oltre a individuare potenziali aree di miglioramento.
Atti di esecuzione
Il regolamento (CE) n. 1062/2008 stabilisce le procedure di destagionalizzazione dei dati e le relazioni sulla qualità.
Il regolamento (CE) n. 19/2009 definisce un posto di lavoro vacante, le date di riferimento per la raccolta dei dati, le specifiche per la trasmissione dei dati e gli studi di fattibilità.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
È entrato in vigore il 24 giugno 2008.
CONTESTO
Le politiche dell’UE nel campo dei posti di lavoro vacanti puntano a migliorare il funzionamento del mercato del lavoro cercando di abbinare meglio domanda e offerta. EURES, il portale europeo per la mobilità lavorativa, cerca di rendere più semplice l’incontro fra chi cerca lavoro e i datori di lavoro.
Per ulteriori informazioni, si veda:
Statistiche sui posti di lavoro vacanti sul sito Internet di Eurostat
* TERMINI CHIAVE
Posto di lavoro vacante: un posto di lavoro retribuito appena creato, non occupato o che sta per diventare vacante.
Classificazione NACE: dal francese Nomenclature statistique des activités économiques dans la Communauté européenne (classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee). Ne sono state redatte varie versioni a partire dal 1970.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 453/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativo alle statistiche trimestrali sui posti di lavoro vacanti nella Comunità (GU L 145 del 4.6.2008, pag. 234-237)
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (CE) n. 1062/2008 della Commissione, del 28 ottobre 2008, recante attuazione del regolamento (CE) n. 453/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche trimestrali sui posti di lavoro vacanti nella Comunità per quanto riguarda le procedure di destagionalizzazione e le relazioni sulla qualità (GU L 285 del 29.10.2008, pag. 3-8)
Regolamento (CE) n. 19/2009 della Commissione, del 13 gennaio 2009, recante attuazione del regolamento (CE) n. 453/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche trimestrali sui posti di lavoro vacanti nella Comunità per quanto riguarda la definizione di posto di lavoro vacante, le date di riferimento per la rilevazione dei dati, le disposizioni in merito alla trasmissione dei dati e studi di fattibilità (GU L 9 del 14.1.2009, pag. 3-6)
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione del regolamento (CE) n. 453/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche trimestrali sui posti di lavoro vacanti nella Comunità , COM(2016) 449 final dell’8.7.2016 | 7,506 | 1,369 |
DECISIONE QUADRO 2008/913/GAI DEL CONSIGLIO
del 28 novembre 2008
sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea, in particolare gli articoli 29 e 31, nonché l’articolo 34, paragrafo 2, lettera b),
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
Il razzismo e la xenofobia costituiscono violazioni dirette dei principi di libertà, di democrazia, di rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonché dello Stato di diritto, principi sui quali l’Unione europea è fondata e che sono comuni agli Stati membri.
(2)
Il piano d’azione del Consiglio e della Commissione sul modo migliore per attuare le disposizioni del trattato di Amsterdam concernenti uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia (2), le conclusioni del Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, la risoluzione del Parlamento europeo del 20 settembre 2000 sulla posizione dell’Unione europea nella Conferenza mondiale contro il razzismo e sull’attuale situazione nell’Unione (3) e la comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sull’aggiornamento semestrale del quadro di controllo per l’esame dei progressi compiuti nella creazione di uno spazio di «libertà, sicurezza e giustizia» nell’Unione europea (secondo semestre 2000) sollecitano un’azione in questo campo. Nel programma dell’Aia del 4 e 5 novembre 2004, il Consiglio ricorda il suo risoluto impegno a contrastare ogni forma di razzismo, di antisemitismo e di xenofobia espresso dal Consiglio europeo nel dicembre 2003.
(3)
All’azione comune 96/443/GAI, del 15 luglio 1996, del Consiglio nell’ambito dell’azione intesa a combattere il razzismo e la xenofobia (4), dovrebbe far seguito una nuova azione legislativa che soddisfi la necessità di ravvicinare maggiormente le disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri e di superare gli ostacoli che si frappongono a un’efficace cooperazione giudiziaria, dovuti principalmente alle divergenze fra gli ordinamenti giuridici degli Stati membri.
(4)
In base alla valutazione dell’azione comune 96/443/GAI e ai lavori svolti in altre sedi internazionali, quali il Consiglio d’Europa, in materia di cooperazione giudiziaria sussistono ancora alcune difficoltà; occorre pertanto ravvicinare ulteriormente il diritto penale degli Stati membri per garantire l’efficace applicazione di una normativa chiara ed esaustiva per lottare contro il razzismo e la xenofobia.
(5)
Il razzismo e la xenofobia costituiscono una minaccia per i gruppi di persone che sono bersaglio di tale comportamento. È necessario definire nei confronti di tale fenomeno un’impostazione penale che sia comune all’Unione europea, per fare in modo che gli stessi comportamenti costituiscano reati in tutti gli Stati membri e che siano previste pene efficaci, proporzionate e dissuasive per le persone fisiche e giuridiche che hanno commesso simili reati o ne sono responsabili.
(6)
Gli Stati membri riconoscono che la lotta contro il razzismo e la xenofobia richiede vari tipi di misure in un quadro globale e non può essere limitata alle questioni penali. La presente decisione quadro si limita a combattere forme di razzismo e xenofobia particolarmente gravi mediante il diritto penale. Poiché le tradizioni culturali e giuridiche degli Stati membri sono in parte diverse, in particolare in questo campo, non è attualmente possibile una piena armonizzazione delle norme penali.
(7)
Nella presente decisione quadro, «ascendenza» dovrebbe essere intesa come riferita principalmente a persone o gruppi di persone che hanno tra i loro ascendenti persone che potrebbero essere individuate in base a determinate caratteristiche (quali la razza o il colore), la totalità delle quali non necessariamente sussiste tuttora. Ciononostante, in conseguenza della suddetta ascendenza tali persone o gruppi di persone possono essere oggetto di odio o violenza.
(8)
«Religione» dovrebbe essere intesa come riferita in senso ampio a persone definite in riferimento alle loro convinzioni religiose o al loro credo.
(9)
«Odio» dovrebbe essere inteso come riferito all’odio basato sulla razza, il colore, la religione, l’ascendenza o l’origine nazionale o etnica.
(10)
La presente decisione quadro non impedisce a uno Stato membro di adottare nella propria legislazione nazionale disposizioni che estendano l’articolo 1, paragrafo 1, lettere c) e d), a reati commessi contro un gruppo di persone definite secondo criteri diversi da razza, colore, religione, ascendenza o origine nazionale o etnica, quali lo status sociale o le convinzioni politiche.
(11)
Occorrerebbe fare in modo che le indagini e le azioni penali relative ai reati di stampo razzista e xenofobo non siano subordinate a denunce o accuse da parte delle vittime, che spesso sono particolarmente vulnerabili e riluttanti a intentare un’azione giudiziaria.
(12)
L’armonizzazione del diritto penale dovrebbe permettere di combattere più efficacemente i reati di stampo razzista e xenofobo, promuovendo una piena ed effettiva cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri. Il Consiglio dovrebbe tenere conto delle eventuali difficoltà esistenti in questo settore al momento del riesame della presente decisione quadro, al fine di valutare se siano necessarie ulteriori misure in proposito.
(13)
Poiché l’obiettivo della presente decisione quadro, vale a dire di rendere i reati di stampo razzista e xenofobo passibili in tutti gli Stati membri almeno di un livello minimo di sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive, non può essere realizzato in misura sufficiente dai singoli Stati membri, in quanto le norme devono essere comuni e compatibili, e può dunque essere realizzato meglio a livello dell’Unione europea, quest’ultima può intervenire, in base al principio di sussidiarietà di cui all’articolo 2 del trattato sull’Unione europea e sancito dall’articolo 5 del trattato che istituisce la Comunità europea; in ottemperanza al principio di proporzionalità sancito in quest’ultimo articolo, la presente decisione quadro si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo.
(14)
La presente decisione quadro rispetta i diritti fondamentali ed è conforme ai principi riconosciuti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, segnatamente dagli articoli 10 e 11, e iscritti nella carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare nei capitoli II e VI.
(15)
Considerazioni relative alla libertà di associazione e di espressione, in particolare della libertà di stampa e della libertà di espressione in altri mezzi di comunicazione, hanno dato luogo, nel diritto nazionale di molti Stati membri, a garanzie procedurali e a norme particolari concernenti la determinazione o la limitazione della responsabilità.
(16)
L’azione comune 96/443/GAI dovrebbe essere abrogata, dato che, con l’entrata in vigore del trattato di Amsterdam, della direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica (5), nonché della presente decisione quadro, essa risulta superata,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE QUADRO:
Articolo 1
Reati di stampo razzista o xenofobo
1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché i seguenti comportamenti intenzionali siano resi punibili:
a)
l’istigazione pubblica alla violenza o all’odio nei confronti di un gruppo di persone, o di un suo membro, definito in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all’ascendenza o all’origine nazionale o etnica;
b)
la perpetrazione di uno degli atti di cui alla lettera a) mediante la diffusione e la distribuzione pubblica di scritti, immagini o altro materiale;
c)
l’apologia, la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, quali definiti agli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale, dirette pubblicamente contro un gruppo di persone, o un membro di tale gruppo, definito in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all’ascendenza o all’origine nazionale o etnica, quando i comportamenti siano posti in essere in modo atto a istigare alla violenza o all’odio nei confronti di tale gruppo o di un suo membro;
d)
l’apologia, la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini definiti all’articolo 6 dello statuto del Tribunale militare internazionale, allegato all’accordo di Londra dell’8 agosto 1945, dirette pubblicamente contro un gruppo di persone, o un membro di tale gruppo, definito in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all’ascendenza o all’origine nazionale o etnica, quando i comportamenti siano posti in essere in modo atto a istigare alla violenza o all’odio nei confronti di tale gruppo o di un suo membro.
2. Ai fini del paragrafo 1, gli Stati membri possono decidere di rendere punibili soltanto i comportamenti atti a turbare l’ordine pubblico o che sono minacciosi, offensivi o ingiuriosi.
3. Ai fini del paragrafo 1, il riferimento alla religione è diretto a comprendere almeno i comportamenti usati come pretesto per compiere atti contro un gruppo di persone, o un membro di tale gruppo, definito in riferimento alla razza, al colore, all’ascendenza o all’origine nazionale o etnica.
4. All’atto dell’adozione della presente decisione quadro o in un momento successivo, uno Stato membro può fare una dichiarazione secondo cui renderà punibili la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini di cui al paragrafo 1, lettere c) e/o d), solo qualora tali crimini siano stati accertati da una decisione passata in giudicato di un organo giurisdizionale nazionale di detto Stato membro e/o di un tribunale internazionale, oppure esclusivamente da una decisione passata in giudicato di un tribunale internazionale.
Articolo 2
Istigazione e complicità
1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché sia resa punibile l’istigazione ai comportamenti di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettere c) e d).
2. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché sia resa punibile la complicità nel porre in essere i comportamenti di cui all’articolo 1.
Articolo 3
Sanzioni penali
1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché i comportamenti di cui agli articoli 1 e 2 siano resi punibili con sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive.
2. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché i comportamenti di cui all’articolo 1 siano resi punibili con sanzioni penali che prevedono la reclusione per una durata massima compresa almeno tra uno e tre anni.
Articolo 4
Motivazione razzista e xenofoba
Per i reati diversi da quelli di cui agli articoli 1 e 2, gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché la motivazione razzista e xenofoba sia considerata una circostanza aggravante o, in alternativa, affinché tale motivazione possa essere presa in considerazione dal giudice all’atto della determinazione della pena.
Articolo 5
Responsabilità delle persone giuridiche
1. Ciascuno Stato membro prende le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere ritenute responsabili dei comportamenti di cui agli articoli 1 e 2 posti in essere a loro vantaggio da qualsiasi soggetto che agisca a titolo individuale o in quanto parte di un organo della persona giuridica e abbia una posizione direttiva in seno alla persona giuridica, in base:
a)
alla legittimazione a rappresentare la persona giuridica;
b)
alla capacità di prendere decisioni per conto della persona giuridica;
c)
alla capacità di esercitare la vigilanza in seno alla persona giuridica.
2. A prescindere dai casi di cui al paragrafo 1 del presente articolo, ciascuno Stato membro prende le misure necessarie affinché una persona giuridica possa essere ritenuta responsabile qualora l’omessa direzione o vigilanza da parte di un soggetto di cui al paragrafo 1 del presente articolo abbia reso possibile uno dei comportamenti di cui agli articoli 1 e 2 a vantaggio della persona giuridica in questione, a opera di una persona soggetta alla sua autorità.
3. La responsabilità della persona giuridica ai sensi dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo non esclude azioni penali nei confronti delle persone fisiche che siano autori o complici di uno dei comportamenti di cui agli articoli 1 e 2.
4. Per «persona giuridica» s’intende qualsiasi entità che abbia tale status in forza del diritto nazionale applicabile, a eccezione degli Stati o di altri organismi pubblici nell’esercizio dell’autorità statale e delle organizzazioni internazionali pubbliche.
Articolo 6
Sanzioni nei confronti di persone giuridiche
1. Ciascuno Stato membro prende le misure necessarie affinché una persona giuridica ritenuta responsabile ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, sia passibile di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, comprese ammende penali o non ed eventuali altre sanzioni quali:
a)
esclusione dal beneficio di agevolazioni o sovvenzioni pubbliche;
b)
interdizione temporanea o permanente dall’esercizio di un’attività commerciale;
c)
collocamento sotto sorveglianza giudiziaria;
d)
provvedimento di liquidazione giudiziaria.
2. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché una persona giuridica ritenuta responsabile ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, sia passibile di sanzioni o misure efficaci, proporzionate e dissuasive.
Articolo 7
Norme costituzionali e principi fondamentali
1. L’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea, tra cui la libertà di espressione e di associazione, non è modificato per effetto della presente decisione quadro.
2. La presente decisione quadro non ha l’effetto di imporre agli Stati membri di prendere misure che siano in contrasto con i principi fondamentali riguardanti la libertà di associazione e la libertà di espressione, in particolare la libertà di stampa e la libertà di espressione in altri mezzi di comunicazione, quali risultano dalle tradizioni costituzionali o dalle norme che disciplinano i diritti e le responsabilità della stampa o di altri mezzi di comunicazione, nonché le relative garanzie procedurali, quando tali norme riguardano la determinazione o la limitazione della responsabilità.
Articolo 8
Avvio delle indagini o dell’azione penale
Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché le indagini sui comportamenti di cui agli articoli 1 e 2 o la relativa azione penale non siano subordinate a una denuncia o un’accusa a opera della vittima del comportamento, quanto meno nei casi più gravi, qualora il comportamento sia stato posto in essere sul suo territorio.
Articolo 9
Competenza giurisdizionale
1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per stabilire la propria competenza giurisdizionale in relazione ai comportamenti di cui agli articoli 1 e 2 qualora essi siano stati posti in essere:
a)
interamente o in parte sul suo territorio; o
b)
da uno dei suoi cittadini; o
c)
a vantaggio di una persona giuridica avente la sede sociale sul suo territorio.
2. Nello stabilire la propria competenza giurisdizionale ai sensi del paragrafo 1, lettera a), ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per garantire che essa si estenda ai casi in cui il comportamento è posto in essere mediante un sistema di informazione e:
a)
l’autore pone in essere il comportamento allorché è fisicamente presente sul suo territorio, a prescindere dal fatto che il comportamento implichi o no l’uso di materiale ospitato su un sistema di informazione situato sul suo territorio;
b)
il comportamento implica l’uso di materiale ospitato su un sistema di informazione situato sul suo territorio, a prescindere dal fatto che l’autore ponga in essere o no il comportamento allorché è fisicamente presente sul suo territorio.
3. Uno Stato membro può decidere di non applicare o di applicare solo in casi o circostanze specifici la regola sulla competenza giurisdizionale di cui al paragrafo 1, lettere b) e c).
Articolo 10
Attuazione e riesame
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente decisione quadro anteriormente al 28 novembre 2010.
2. Entro tale data gli Stati membri trasmettono al segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo delle disposizioni inerenti al recepimento nella legislazione nazionale degli obblighi imposti dalla presente decisione quadro. Sulla base di una relazione redatta a partire da tali informazioni dal Consiglio e di una relazione scritta della Commissione, il Consiglio esamina, entro il 28 novembre 2013, in quale misura gli Stati membri si siano conformati alla presente decisione quadro.
3. Anteriormente al 28 novembre 2013, il Consiglio riesamina la presente decisione quadro. In preparazione di tale riesame, il Consiglio chiede agli Stati membri se abbiano incontrato difficoltà nell’ambito della cooperazione giudiziaria riguardo ai comportamenti di cui all’articolo 1, paragrafo 1. Il Consiglio può inoltre chiedere all’Eurojust di riferire in una relazione se le differenze tra le legislazioni nazionali abbiano dato luogo a problemi nella cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri in tale settore.
Articolo 11
Abrogazione dell’azione comune 96/443/GAI
L’azione comune 96/443/GAI è abrogata.
Articolo 12
Applicazione territoriale
La presente decisione quadro si applica a Gibilterra.
Articolo 13
Entrata in vigore
La presente decisione quadro entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 28 novembre 2008.
Per il Consiglio
La presidente
M. ALLIOT-MARIE
(1) Parere del 29 novembre 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU C 19 del 23.1.1999, pag. 1.
(3) GU C 146 del 17.5.2001, pag. 110.
(4) GU L 185 del 24.7.1996, pag. 5.
(5) GU L 180 del 19.7.2000, pag. 22. | Decisione quadro sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale
L’obiettivo di questa decisione quadro è quella di far sì che talune gravi manifestazioni di razzismo e xenofobia siano passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive in tutta l'Unione europea (UE). Essa mira inoltre a migliorare e favorire la cooperazione giudiziaria in questo campo.
ATTO
Decisione quadro 2008/913/GAI, del Consiglio, del 28 novembre 2008, sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale.
SINTESI
La presente decisione quadro, che fa seguito all'azione comune
96/443/GAI, prevede il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari dei paesi dell'UE per quanto riguarda i reati ispirati a talune manifestazioni di razzismo e xenofobia. Talune gravi manifestazioni di razzismo e xenofobia devono costituire un reato in tutti i paesi dell'UE ed essere passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive.
La presente decisione quadro si applica ad ogni reato commesso:
sul territorio dell'Unione europea (UE), anche tramite un sistema di informazione;
da un cittadino di un paese dell'UE o per conto di una persona giuridica avente sede in un paese dell'UE. A tale riguardo, la decisione quadro propone criteri per stabilire la responsabilità delle persone giuridiche.
«
Discorsi di incitamento all'odio
»
Sono considerati punibili, in quanto reati penali, determinati atti commessi, quali:
pubblico incitamento alla violenza o all'odio rivolto contro un gruppo di persone o un membro di tale gruppo definito sulla base della razza, del colore, la religione, l’ascendenza, la religione o il credo o l’origine nazionale o etnica;
il reato di cui sopra commesso mediante diffusione e distribuzione pubblica di scritti, immagini o altro materiale;
l'apologia, la negazione o la minimizzazione grossolana in pubblico dei crimini di genocidio o contro l'umanità, i crimini di guerra, quali sono definiti nello Statuto della Corte penale internazionale (articoli 6, 7 e 8) e i crimini di cui all’articolo 6 dello statuto del Tribunale militare internazionale, quando i comportamenti siano posti in essere in modo atto a istigare alla violenza o all’odio nei confronti di tale gruppo o di un suo membro.
Saranno passibili di sanzione anche l'incitamento o la partecipazione nel commettere gli atti suddetti.
Riguardo a tali reati, i paesi dell'UE dovranno stabilire:
sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive;
pene detentive della durata massima di almeno un anno.
Per quanto riguarda le persone giuridiche, le sanzioni devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive, e devono comprendere ammende penali e non penali. Inoltre le persone giuridiche possono essere sanzionate mediante:
l' esclusione dal beneficio di agevolazioni o sovvenzioni pubbliche;
l'interdizione temporanea o permanente dall’esercizio di un’attività commerciale;
il collocamento sotto sorveglianza giudiziaria;
il provvedimento di liquidazione giudiziaria.
L'avvio delle indagini o dell'azione legale per reati di razzismo e xenofobia non deve essere subordinato a una denuncia o un'accusa a opera della vittima.
«Reati ispirati dall'odio»
In ogni caso, la motivazione razzista o xenofoba deve essere considerata circostanza aggravante o, in alternativa, il tribunale deve poter considerare tale motivazione nel decidere quale sanzione infliggere.
RIFERIMENTI
Atto
Entrata in vigore
Trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Decisione quadro 2008/913/GAI
6.12.2008
28.11.2010
GU L 328 del 6.12.2008
ATTI COLLEGATI
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione della decisione quadro 2008/913/GAI del Consiglio sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale [
COM(2014) 27 def.
del 27.1.2014 - non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
La relazione evidenzia il fatto che diversi paesi dell'UE non hanno recepito integralmente e/o correttamente tutte le disposizioni della decisione quadro, in particolare quelle sui reati di negazione, apologia o minimizzazione grossolana di determinati crimini internazionali.
La maggior parte dei paesi dell'UE prevede disposizioni che considerano reato l'istigazione pubblica alla violenza di stampo razzista e xenofobo o all'odio, ma diversi fra loro non recepiscono in pieno i reati previsti dalla decisione quadro. Si riscontrano inoltre alcune lacune anche per quanto riguarda l'approccio adottato nei confronti della motivazione razzista e xenofoba dei reati, la responsabilità delle persone giuridiche e la giurisdizione.
Nel corso del 2014 la Commissione sta tenendo dialoghi bilaterali con i paesi dell'UE al fine di garantire il pieno e corretto recepimento della decisione. | 7,057 | 446 |
1999/352/CE, CECA, Euratom: Decisione della Commissione, del 28 aprile 1999, che istituisce l'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) [notificata con il numero SEC(1999) 802]
Gazzetta ufficiale n. L 136 del 31/05/1999 pag. 0020 - 0022
DECISIONE DELLA COMMISSIONEdel 28 aprile 1999che istituisce l'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF)[notificata con il numero SEC(1999) 802](1999/352/CE, CECA, Euratom)LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 162,visto il trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, in particolare l'articolo 16,visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, in particolare l'articolo 131,(1) considerando che le istituzioni e gli Stati membri attribuiscono grande importanza alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità ed alla lotta contro le frodi e le altre attività illecite lesive degli interessi finanziari comunitari; che l'importanza di tale azione è confermata dall'articolo 209A del trattato CE, dall'articolo 78 decimo del trattato CECA, dall'articolo 183A del trattato CEEA, nonché dall'articolo 280 del trattato CE introdotto dal trattato di Amsterdam;(2) considerando che è necessario utilizzare tutti i mezzi disponibili per raggiungere tali obiettivi, con particolare riguardo alla funzione d'indagine attribuita a livello comunitario, pur conservando la ripartizione e l'equilibrio attuali delle responsabilità attualmente esistenti tra il livello nazionale e il livello comunitario;(3) considerando che il compito di svolgere indagini amministrative a tutela degli interessi finanziari delle Comunità era sinora affidato alla "Task Force coordinamento della lotta antifrode", subentrata all'Unità di coordinamento della lotta antifrode (UCLAF);(4) considerando che per rendere più efficace la lotta contro la frode e le altre attività illecite lesive degli interessi finanziari delle Comunità è necessario istituire un Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) (in prosieguo: "l'Ufficio"), il quale dovrà svolgere la funzione d'indagine in piena indipendenza;(5) considerando che l'indipendenza del direttore dell'Ufficio e il ruolo del comitato di vigilanza come definiti dalla presente decisione e dai regolamenti (CE) ed (Euratom), relativi alle indagini svolte dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode, sono intesi ad assicurare l'esercizio efficace della funzione d'indagine dell'Ufficio senza interferire con gli altri compiti ad esso spettanti, come quelli connessi alle prerogative della Commissione, segnatamente in materia legislativa;(6) considerando che, oltre alla tutela degli interessi finanziari della Comunità, l'Ufficio è responsabile per tutte le attività connesse alla tutela degli interessi comunitari contro comportamenti irregolari perseguibili in sede amministrativa o penale;(7) considerando che la definizione delle funzioni dell'Ufficio deve implicare il trasferimento al medesimo delle attribuzioni precedentemente esercitate dalla "Task Force coordinamento della lotta antifrode", in particolare quelle inerenti alla preparazione delle disposizioni legislative e regolamentari nei settori di attività dell'Ufficio, compresi i provvedimenti contemplati dal Titolo VI del trattato sull'Unione europea,DECIDE:Articolo 1Istituzione dell'UfficioÈ istituito l'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) (in prosieguo: "l'Ufficio"). L'Ufficio sostituisce la "Task force coordinamento della lotta antifrode" e subentra integralmente nelle sue attribuzioni.Articolo 2Funzioni dell'Ufficio1. L'Ufficio esercita le competenze della Commissione in materia di indagini amministrative esterne al fine di intensificare la lotta contro la frode, la corruzione e qualsiasi altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari delle Comunità, nonché ai fini della lotta contro le frodi inerenti a qualsiasi fatto o atto compiuto in violazione di disposizioni comunitarie.L'Ufficio ha il compito di svolgere indagini amministrative interne miranti a quanto segue:a) lottare contro la frode, la corruzione e qualsiasi altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari delle Comunità,b) ricercare i fatti gravi, connessi con l'esercizio di attività professionali, che possano costituire un inadempimento degli obblighi dei funzionari ed agenti delle Comunità perseguibile in sede disciplinare o penale o che possano costituire inadempimento degli obblighi analoghi incombenti ai membri delle istituzioni e organi, dei dirigenti degli organismi o del personale delle istituzioni, degli organi e degli organismi cui non si applica lo statuto dei funzionari delle Comunità europee o il regime applicabile agli altri agenti.L'Ufficio esercita le relative competenze della Commissione, come definite dalle disposizioni dei trattati, nell'ambito, nei limiti e secondo le modalità da questi definiti.All'Ufficio possono essere affidate, dalla Commissione nonché dagli altri organismi, organi e istituzioni, missioni di indagine in altri settori.2. L'Ufficio apporta il contributo della Commissione alla cooperazione con gli Stati membri nel campo della lotta contro la frode.3. L'Ufficio ha il compito di predisporre la strategia della lotta contro la frode come definita al paragrafo 1.4. L'Ufficio ha il compito di preparare le iniziative legislative e regolamentari della Commissione per il conseguimento degli obiettivi della lotta contro le frodi di cui al paragrafo 1.5. L'Ufficio ha il compito di eseguire tutte le altre attività operative della Commissione in materia di lotta contro la frode come definita al paragrafo 1 e in particolare di quanto segue:a) apprestare le infrastrutture necessarie,b) raccogliere e utilizzare le informazioni,c) prestare assistenza tecnica, in particolare in materia di formazione, alle altre istituzioni, organi ed organismi, nonché alle autorità nazionali competenti.6. L'Ufficio è l'interlocutore diretto delle autorità giudiziarie e delle autorità di polizia.7. L'Ufficio rappresenta la Commissione, al livello dei servizi, nelle sedi competenti, per i settori contemplati dal presente articolo.Articolo 3Indipendenza nell'esercizio della funzione d'indagineL'Ufficio esercita in piena indipendenza i poteri d'indagine di cui all'articolo 2, paragrafo 1. Nell'esercizio delle sue competenze, il direttore dell'Ufficio non sollecita né accetta istruzioni dalla Commissione, da governi, da altre istituzioni o da organi od organismi.Articolo 4Comitato di vigilanzaÈ istituito un comitato di vigilanza la cui composizione e le cui competenze sono determinate dal legislatore comunitario. Il comitato esercita un controllo regolare sull'esercizio della funzione d'indagine dell'Ufficio.Articolo 5Direttore1. L'Ufficio è posto sotto la direzione di un direttore nominato dalla Commissione, di concerto con il Parlamento europeo e col Consiglio, per un periodo di cinque anni, rinnovabile una sola volta. Per la nomina del direttore, la Commissione, previo parere favorevole del comitato di vigilanza, costituisce un elenco dei candidati in possesso dei requisiti prescritti in un invito a presentare candidature il quale, se del caso, sarà pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il direttore è responsabile dello svolgimento delle indagini.2. La Commissione esercita nei confronti del direttore i poteri spettanti all'autorità che ha il potere di nomina. I provvedimenti in forza degli articoli 87, 88 e 90 dello statuto dei funzionari delle Comunità europee sono adottati con decisione motivata della Commissione, sentito il comitato di vigilanza. La decisione viene comunicata per conoscenza al Parlamento europeo ed al Consiglio.Articolo 6Organizzazione dell'Ufficio1. Nei confronti del personale dell'Ufficio il direttore esercita i poteri conferiti dallo statuto dei funzionari delle Comunità europee all'autorità che ha il potere di nomina e dal regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità all'autorità competente per concludere i contratti d'assunzione. Il direttore è autorizzato a delegare i propri poteri. Nell'osservanza dello statuto e del regime applicabile agli altri agenti, il direttore stabilisce le condizioni e le modalità delle assunzioni e segnatamente quelle relative alla durata e al rinnovo dei contratti.2. II direttore, sentito il comitato di vigilanza, comunica tempestivamente al direttore generale del bilancio un progetto preliminare di bilancio da iscrivere nella linea particolare del bilancio generale annuale relativo all'Ufficio.3. Il direttore è l'ordinatore per l'esecuzione della linea di bilancio particolare della parte A del bilancio relativa all'Ufficio. Il direttore è autorizzato a delegare i propri poteri.4. Le decisioni della Commissione relative alla propria organizzazione interna si applicano all'Ufficio in quanto compatibili con le disposizioni del legislatore comunitario riguardanti l'Ufficio stesso, nonché con la presente decisione e le sue modalità d'applicazione.Articolo 7Decorrenza d'efficaciaLa presente decisione ha effetto dal giorno dell'entrata in vigore del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle indagini svolte dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode. Fino al primo giorno del mese successivo alla nomina del direttore dell'Ufficio, il direttore della "Task force, coordinamento della lotta antifrode" svolge i compiti di ordinaria amministrazione dell'Ufficio.Fatto a Bruxelles, il 28 aprile 1999.Per la CommissioneIl PresidenteJacques SANTER | Ufficio europeo per la lotta antifrode
L’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) svolge indagini sulla corruzione e su gravi irregolarità all’interno delle istituzioni dell’Unione europea (UE), nonché frodi a danno del bilancio dell’UE. Aiuta anche a sviluppare una politica antifrode dell’UE.
ATTI
Decisione della Commissione 1999/352/CE, CECA, Euratom del 28 aprile 1999 che istituisce l’Ufficio europeo di lotta antifrode (OLAF).
SINTESI
COSA FA LA PRESENTE DECISIONE?
La decisione originaria (1999/352/CE, CECA, Euratom) ha creato l’OLAF nel 1999. Essa definiva i compiti, le responsabilità, la struttura e le modalità di funzionamento dell’OLAF. Una successiva revisione nel 2013 gli ha permesso di lavorare in modo più efficiente ed efficace, in particolare con le organizzazioni esterne.
PUNTI CHIAVE
La frode è un atto deliberato di inganno destinato al guadagno personale o a provocare una perdita ad un’altra parte. A livello europeo, questa perdita può derivare da un pagamento illecito di fondi provenienti dal bilancio comunitario o omettendo di trasmettere entrate dovute al bilancio comunitario, come dazi doganali, prelievi agricoli e contributi zucchero.
L’OLAF avvia indagini:
all’interno delle istituzioni e degli organismi dell’UE per individuare frodi, corruzione e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari dell’UE, nonché fatti gravi, connessi all’esercizio di attività professionali che non ledono gli interessi finanziari dell’UE;
al di fuori delle istituzioni e degli organi comunitari, per individuare frodi o altri comportamenti irregolari da parte di persone o organizzazioni. Questi possono coinvolgere le autorità dei paesi dell’UE (e occasionalmente quelli di paesi terzi).
Il direttore generale dell’OLAF è nominato per sette anni (non rinnovabile).
Il comitato di vigilanza dell’OLAF monitora il suo lavoro, cerca di rafforzare la sua indipendenza e controlla l’applicazione delle garanzie procedurali.
L’OLAF è soggetto alla normativa UE sulla protezione dei dati delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari.
L’OLAF è un servizio amministrativo e investigativo. Può solo raccomandare le azioni da intraprendere da parte delle autorità europee o nazionali, a seguito delle sue indagini.
Il programma Hercule III contribuisce a finanziare molti dei progetti dei paesi dell’UE, aiutandoli a combattere le attività criminali contro il bilancio dell’UE. Gli esempi includono il finanziamento per l’acquisto di scanner e altre apparecchiature tecniche in aeroporti e porti, nonché per attività di formazione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA PRESENTE DECISIONE?
Dal 28 aprile 1999.
CONTESTO
La decisione 1999/352/CE, CECA, Euratom (e sue successive modifiche) riguarda la creazione dell’OLAF. Essa è integrata dal regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 che definisce il ruolo e il mandato dell’OLAF, e da un accordo interistituzionale che riguarda specificamente le indagini nelle istituzioni dell’UE.
Per ulteriori informazioni, consultare il sito Internet dell’OLAF.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Decisione 1999/352/CE, CECA, Euratom
28.4.1999
-
GU L 136 del 31.5.1999, pag. 20-22
Atti modificatori
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Decisione 2013/478/UE
1.10.2013
-
GU L 257 del 28.9.2013, pag. 19-20
Decisione (UE) 2015/512
27.3.2015
-
GU L 81 del 26.3.2015, pag. 4
ATTI COLLEGATI
Regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio (GU L 248 del 18.9.2013, pag. 1-22).
Accordo interistituzionale del 25 maggio 1999 tra il Parlamento europeo, il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione delle Comunità europee relativo alle indagini interne svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) (GU L 136 del 31.5.1999, pag. 15-19). | 4,394 | 127 |
DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 1o dicembre 2009
che stabilisce le modalità di applicazione della decisione del Consiglio europeo sull'esercizio della presidenza del Consiglio e sulla presidenza degli organi preparatori del Consiglio
(2009/908/UE)
Il CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 16, paragrafo 9,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 236, lettera b),
vista la decisione del Consiglio europeo del 1o dicembre 2009 sull'esercizio della presidenza del Consiglio (1), in particolare l'articolo 2, terzo comma, e l'articolo 4,
considerando quanto segue:
(1)
È opportuno stabilire le modalità di applicazione della decisione del Consiglio europeo sull'esercizio della presidenza del Consiglio («la decisione del Consiglio europeo»).
(2)
Tali modalità di applicazione includono l'ordine in cui i gruppi predeterminati di tre Stati membri esercitano a turno la presidenza per periodi consecutivi di 18 mesi, tenendo conto del fatto che dal 1o gennaio 2007, conformemente al regolamento interno del Consiglio, esiste un sistema basato su programmi di 18 mesi del Consiglio concordati dalle tre presidenze in carica nel periodo interessato.
(3)
A norma dell'articolo 1 della decisione del Consiglio europeo, la composizione dei gruppi deve tener conto della diversità degli Stati membri e degli equilibri geografici nell'Unione.
(4)
La ripartizione dei compiti tra Stati membri all'interno di ciascun gruppo risulta dall'articolo 1, paragrafo 2 della decisione del Consiglio europeo. Nelle due ipotesi previste dall'articolo 2, paragrafo 1 della presente decisione, le modalità pratiche che disciplinano la collaborazione degli Stati membri in ciascun gruppo sono definite di comune accordo dagli Stati membri in questione.
(5)
Inoltre, le suddette modalità di applicazione dovrebbero includere norme specifiche sulla presidenza degli organi preparatori del Consiglio «Affari esteri», come previsto dall'articolo 2, terzo comma della decisione del Consiglio europeo.
(6)
La maggior parte di detti organi preparatori dovrebbe essere presieduta da un rappresentante dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza («l'alto rappresentante»), mentre gli altri organi dovrebbero continuare ad essere presieduti dalla presidenza semestrale. Nel caso in cui il presidente di tali organi sia un rappresentante dell'alto rappresentante può applicarsi un periodo transitorio.
(7)
Gli organi preparatori che sono presieduti secondo un sistema diverso dalla presidenza semestrale dovrebbero essere parimenti elencati nella presente decisione, come previsto dall'articolo 2, terzo comma della decisione del Consiglio europeo.
(8)
La presidenza degli organi preparatori non elencati nella presente decisione sarà esercitata conformemente all'articolo 2 della decisione del Consiglio europeo,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
L'ordine in cui gli Stati membri sono chiamati ad esercitare la presidenza del Consiglio a decorrere dal 1o gennaio 2007 è stabilito nella decisione del Consiglio, del 1o gennaio 2007, relativa all'ordine dell'esercizio della presidenza del Consiglio (2).
La suddivisione di tale ordine delle presidenze in gruppi di tre Stati membri, conformemente all'articolo 1, paragrafo 1 della decisione del Consiglio europeo, figura nell'allegato I della presente decisione.
Articolo 2
1. Ciascun membro di un gruppo di cui all'articolo 1, secondo comma assicura a turno, per un periodo di sei mesi, la presidenza di tutte le formazioni del Consiglio, ad eccezione della formazione «Affari esteri». Gli altri membri del gruppo assistono la presidenza in tutti i suoi compiti sulla base del programma di 18 mesi del Consiglio.
2. I membri di un gruppo di cui all'articolo 1 possono decidere tra loro modalità alternative.
3. In ciascuna delle ipotesi previste ai paragrafi 1 e 2, le modalità pratiche che disciplinano la collaborazione degli Stati membri in ciascun gruppo sono definite di comune accordo dagli Stati membri in questione.
Articolo 3
L'ordine in cui gli Stati membri saranno chiamati ad esercitare la presidenza a partire dal 1o luglio 2020 è deciso dal Consiglio anteriormente al 1o luglio 2017.
Articolo 4
Gli organi preparatori del Consiglio «Affari esteri» sono presieduti conformemente alle disposizioni stabilite nell'allegato II.
Articolo 5
Gli organi preparatori del Consiglio elencati nell'allegato III sono presieduti da presidenze fisse come indicato in detto allegato.
Articolo 6
La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione.
Essa è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 1o dicembre 2009.
Per il Consiglio
La presidente
B. ASK
(1) GU L 315 del 2.12.2009, pag. 50.
(2) GU L 1 del 4.1.2007, pag. 11.
ALLEGATO I
Germania
gennaio-giugno
2007
Portogallo
luglio-dicembre
2007
Slovenia
gennaio-giugno
2008
Francia
luglio-dicembre
2008
Repubblica ceca
gennaio-giugno
2009
Svezia
luglio-dicembre
2009
Spagna
gennaio-giugno
2010
Belgio
luglio-dicembre
2010
Ungheria
gennaio-giugno
2011
Polonia
luglio-dicembre
2011
Danimarca
gennaio-giugno
2012
Cipro
luglio-dicembre
2012
Irlanda
gennaio-giugno
2013
Lituania
luglio-dicembre
2013
Grecia
gennaio-giugno
2014
Italia
luglio-dicembre
2014
Lettonia
gennaio-giugno
2015
Lussemburgo
luglio-dicembre
2015
Paesi Bassi
gennaio-giugno
2016
Slovacchia
luglio-dicembre
2016
Malta
gennaio-giugno
2017
Regno Unito
luglio-dicembre
2017
Estonia
gennaio-giugno
2018
Bulgaria
luglio-dicembre
2018
Austria
gennaio-giugno
2019
Romania
luglio-dicembre
2019
Finlandia
gennaio-giugno
2020
ALLEGATO II
PRESIDENZA DEGLI ORGANI PREPARATORI DEL CONSIGLIO «AFFARI ESTERI» (1)
La presidenza degli organi preparatori del Consiglio «Affari esteri» di cui alle categorie da 1 a 4 della tabella in appresso dovrebbe essere organizzata come segue:
1)
Categoria 1 (organi preparatori nei settori del commercio e dello sviluppo):
Gli organi preparatori sono presieduti dalla presidenza semestrale.
2)
Categoria 2 (organi preparatori geografici)
Gli organi preparatori sono presieduti da un rappresentante dell'alto rappresentante.
3)
Categoria 3 (organi preparatori orizzontali, soprattutto PESC)
Gli organi preparatori sono presieduti da un rappresentante dell'alto rappresentante, tranne per quanto riguarda i seguenti organi preparatori, che sono presieduti dalla presidenza semestrale:
—
Gruppo dei Consiglieri per le relazioni esterne (RELEX);
—
Gruppo «Terrorismo (aspetti internazionali)» (COTER);
—
Gruppo «Applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo» (COCOP);
—
Gruppo «Affari consolari» (COCON);
—
Gruppo «Diritto internazionale pubblico» (COJUR), nonché
—
Gruppo «Diritto del mare» (COMAR).
4)
Categoria 4 (organi preparatori connessi alla PESD)
Gli organi preparatori connessi alla PESD sono presieduti da un rappresentante dell'alto rappresentante (2).
L'alto rappresentante e la presidenza semestrale cooperano strettamente al fine di assicurare la coerenza dell'insieme degli organi preparatori del Consiglio «Affari generali».
Per quanto riguarda le categorie 3 e 4, la presidenza semestrale continua a presiedere gli organi preparatori durante un periodo transitorio di durata non superiore a sei mesi dopo l'adozione della decisione del Consiglio relativa all'organizzazione e al funzionamento del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE). Per la categoria 2 il periodo transitorio ha una durata non superiore a 12 mesi.
Modalità di nomina dei presidenti
Laddove la decisione del Consiglio europeo o la presente decisione indichino che un organo preparatorio (CPS e gruppi pertinenti) è presieduto da un rappresentante dell'alto rappresentante, la responsabilità della nomina del presidente spetta all'alto rappresentante. Si procede alle nomine sulla base della competenza, assicurando opportunamente equilibrio geografico e trasparenza. L'alto rappresentante si accerta che la persona che intende nominare presidente goda della fiducia degli Stati membri. Se la persona in questione non è ancora membro del SEAE, lo diventa secondo le procedure di assunzione del SEAE, quantomeno per la durata dell'incarico. Una valutazione del funzionamento del presente dispositivo è effettuata nell'ambito della relazione sulla situazione concernente il SEAE, prevista per il 2012.
1.
Organi preparatori nei settori del commercio e dello sviluppo
Comitato dell'articolo 207
Gruppo ACP
Gruppo «Cooperazione allo sviluppo» (DEVGEN)
Gruppo EFTA
Gruppo «Beni a duplice uso»
Gruppo «Questioni commerciali»
Gruppo «Prodotti di base»
Gruppo «Sistema di preferenze generalizzate»
Gruppo «Preparazione delle conferenze internazionali sullo sviluppo»/UNCCD-desertificazione/UNCTAD
Gruppo «Aiuto umanitario e alimentare»
Gruppo «Crediti all'esportazione»
2.
Organi preparatori geografici
Gruppo «Mashreq/Maghreb» (COMAG /MaMa )
Gruppo «Europa orientale e Asia centrale» (COEST)
Gruppo «Regione dei Balcani occidentali» (COWEB)
Gruppo «Medio Oriente /Golfo» (COMEM/MOG)
Gruppo «Asia/Oceania» (COASI)
Gruppo «America latina» (COLAT)
Gruppo «Relazioni transatlantiche» (COTRA)
Gruppo «Africa» (COAFR)
3.
Organi preparatori orizzontali (soprattutto PESC)
Gruppo dei Consiglieri per le relazioni esterne (RELEX)
Gruppo Nicolaidis
Gruppo «Disarmo globale e controllo degli armamenti» (CODUN)
Gruppo «Non proliferazione» (CONOP)
Gruppo «Esportazione di armi convenzionali» (COARM)
Gruppo «Diritti umani» (COHOM)
Gruppo «Terrorismo (aspetti internazionali)» (COTER) (3)
Gruppo «Applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo» (COCOP) (3);
Gruppo «OSCE e Consiglio d'Europa» (COSCE)
Gruppo «Nazioni Unite» (CONUN)
Gruppo ad hoc «Processo di pace in Medio Oriente» (COMEP)
Gruppo «Diritto internazionale pubblico» (COJUR, COJUR-ICC)
Gruppo «Diritto del mare» (COMAR)
Gruppo «Affari consolari» (COCON)
Gruppo «Affari amministrativi e protocollo PESC» (COADM)
4.
Organi preparatori connessi alla PESD
Comitato militare (EUMC)
Gruppo del Comitato militare (EUMCWG)
Gruppo politico-militare (PMG)
Comitato per gli aspetti civili della gestione delle crisi (CIVCOM)
Gruppo «Politica europea degli armamenti»
(1) Un riesame dell'ambito di azione e dell'organizzazione delle strutture di lavoro nel settore degli affari esteri dovrebbe essere condotto in tempi brevi dopo il 1o dicembre 2009, in particolare per quanto riguarda il settore dello sviluppo. Le disposizioni concernenti la presidenza dei gruppi di lavoro a seguito del riesame dovrebbero, se necessario, essere adeguate conformemente ai principi generali esposti nel presente allegato.
(2) Il Comitato militare (EUMC) e il Gruppo del Comitato militare (EUMCWG) continuano ad essere presieduti da un presidente eletto come avveniva prima dell'entrata in vigore della presente decisione.
(3) La questione del Gruppo «Terrorismo (aspetti internazionali)» (COTER) e del Gruppo «Applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo» (COCOP) sarà trattata anche nel contesto dei dibattiti sulle strutture di lavoro del settore GAI.
ALLEGATO III
PRESIDENTI DEGLI ORGANI PREPARATORI DEL CONSIGLIO CON PRESIDENZA FISSA
Presidenti eletti
Comitato economico e finanziario
Comitato per l'occupazione
Comitato per la protezione sociale
Comitato militare (1)
Comitato di politica economica
Comitato per i servizi finanziari
Gruppo del Comitato militare (1)
Gruppo «Codice di condotta (Tassazione delle imprese)»
Presieduti dal Segretariato generale del Consiglio
Comitato per la sicurezza
Gruppo «Informazione»
Gruppo «Informatica giuridica»
Gruppo «Comunicazioni elettroniche»
Gruppo «Codificazione legislativa»
Gruppo dei giuristi-linguisti
Gruppo «Nuovi edifici»
(1) Cfr. anche l'allegato II. | Politica estera e di sicurezza — Il ruolo del Consiglio e del Consiglio europeo
QUAL È LO SCOPO DEGLI ARTICOLI E DELLE DECISIONI?
Gli articoli del trattato definiscono i ruoli del Consiglio europeo e del Consiglio dell’Unione europea (il Consiglio) nella politica estera e di sicurezza comune (PESC) dell’Unione europea (Unione), che comprende la politica di sicurezza e di difesa comune. Le decisioni forniscono le basi giuridiche per l’istituzione di alcuni dei principali comitati e organi preparatori del Consiglio che si occupano di politica estera e di sicurezza e stabiliscono come questi sono presieduti.
PUNTI CHIAVE
I ruoli del Consiglio europeo e del Consiglio nell’ambito della PESC sono definiti dall’articolo 26:Il Consiglio europeo definisce gli orientamenti politici generali e stabilisce le priorità; Il Consiglio definisce e attua quelle priorità.Consiglio europeoL’articolo 26 stabilisce che il Consiglio europeoindividui gli interessi strategici dell’Unione;fissi gli obiettivi e definisca gli orientamenti generali della PESC, ivi comprese le questioni che hanno implicazioni in materia di difesa;adotti le decisioni necessarie e pertinenti. Tali orientamenti e obiettivi si basano sui principi dell’azione esterna dell’Unione e sui suoi obiettivi, definiti dall’articolo 21, che comprendono:salvaguardare i valori dell’Unione, i suoi interessi fondamentali, la sua sicurezza, la sua indipendenza e la sua integrità;Consolidare e sostenere la democrazia, lo stato di diritto e i diritti umani;preservare la pace, prevenire i conflitti e rafforzare la sicurezza internazionale;promuovere un sistema internazionale basato sulla cooperazione multilaterale rafforzata e il buon governo mondiale. Gli interessi e i principi fondamentali dell’Unione sono attualmente definiti nella strategia globale dell’Unione per la politica estera e di sicurezza comune. Il presidente del Consiglio europeo rappresenta l’Unione a livello internazionale nelle questioni relative alla PESC a livello dei capi di stato e/o di governo, senza alcun effetto sui poteri dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. L’alto rappresentante prende parte ai lavori del Consiglio europeo.ConsiglioQuando stabilisce e attua gli orientamenti del Consiglio europeo, il Consiglio deve garantire che l’azione dell’Unione sia unita, coerente ed efficace. Il Consiglio «Affari esteri» è presieduto dall’alto rappresentante. Il lavoro del Consiglio «Affari esteri» è supportato da una serie di comitati e di organi preparatori, tra i quali:Il Comitato politico e di sicurezza;Il Comitato militareIl Comitato per gli aspetti civili della gestione delle crisi (noto come CIVCOM);Gruppi di lavoro PESC Il servizio europeo per l’azione esterna, creato con la decisione 2010/427/UE del Consiglio in seguito all’entrata in vigore del trattato di Lisbona (si veda la sintesi), assiste il Consiglio nell’attuazione della PESC.
DA QUANDO SI APPLICANO GLI ARTICOLI E LE DECISIONI?
Gli articoli vengono applicati dall’entrata in vigore del trattato di Lisbona il 1o dicembre 2009. La decisione 2001/78/PESC si applica dal 22 gennaio 2001. La decisione 2001/79/PESC si applica dall’ 11 giugno 2001. La decisione 2000/354/PESC si applica dal 22 maggio 2000. La decisione 2009/908/UE si applica dal 1o dicembre 2009.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si veda:Consiglio dell’Unione Consiglio europeo
DOCUMENTI PRINCIPALI
Versione consolidata del trattato sull’Unione europea — Titolo III — Disposizioni relative alle istituzioni Articolo 15 (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 23).
Versione consolidata del trattato sull’Unione europea — Titolo V — Disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione e disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune — Capo 1 — Disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione — Articolo 21 (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 28).
Versione consolidata del trattato sull’Unione europea — Titolo V — Disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione e disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune — Capo 2 — Disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune — Sezione 1 — Disposizioni comuni — articolo 26 (ex articolo 13 del TUE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 31).
Decisione 2001/78/PESC del Consiglio, del 22 gennaio 2001 che istituisce il comitato politico e di sicurezza (GU L 27 del 30.1.2001, pag. 1).
Decisione 2001/79/PESC del Consiglio, del 22 gennaio 2001, che istituisce il comitato militare dell’Unione europea (GU L 27 del 30.1.2001, pag. 4).
Decisione 2000/354/PESC del Consiglio, del 22 maggio 2000, che istituisce un comitato per gli aspetti civili della gestione delle crisi (GU L 127 del 27.5.2000, pag. 1).
Decisione 2009/908/UE del Consiglio, del 1° dicembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione della decisione del Consiglio europeo sull’esercizio della presidenza del Consiglio e sulla presidenza degli organi preparatori del Consiglio (GU L 322 del 9.12.2009, pag. 28).
Le successive modifiche alla decisione 2009/908/UE sono state incorporate nel documento originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione 2010/427/UE del Consiglio, del 26 luglio 2010, che fissa l’organizzazione e il funzionamento del servizio europeo per l’azione esterna (GU L 201 del 3.8.2010, pag. 30). | 5,841 | 136 |
REGOLAMENTO (UE) 2015/476 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
dell'11 marzo 2015
relativo ai provvedimenti che l'Unione può prendere facendo seguito a una relazione adottata dall'organo di conciliazione dell'OMC (DSB) in materia di misure antidumping e antisovvenzioni
(codificazione)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 207, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CE) n. 1515/2001 del Consiglio (3) ha subito varie e sostanziali modifiche (4). A fini di chiarezza e razionalizzazione è opportuno procedere alla sua codificazione.
(2)
Con regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio (5) sono state adottate norme comuni relative alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell'Unione europea.
(3)
Con regolamento (CE) n. 597/2009 del Consiglio (6) sono state adottate norme comuni relative alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni da parte di paesi non membri dell'Unione europea.
(4)
Nel quadro dell'accordo di Marrakech che istituisce l'Organizzazione mondiale del commercio («OMC»), è stata raggiunta un'intesa sulle norme e procedure che disciplinano la risoluzione delle controversie («Dispute Settlement Understanding– DSU»). Ai sensi della DSU, è stato istituito l'organo di conciliazione («Dispute Settlement Body — DSB»).
(5)
Al fine di consentire all'Unione, ove lo ritenga opportuno, di conformare una misura adottata in forza del regolamento (CE) n. 1225/2009 o del regolamento (CE) n. 597/2009 alle raccomandazioni e decisioni contenute in una relazione adottata dal DSB, è opportuno introdurre disposizioni specifiche.
(6)
Al fine di tener conto delle interpretazioni giuridiche formulate in una relazione adottata dal DSB, la Commissione può ritenere opportuno abrogare o modificare le misure adottate in forza del regolamento (CE) n. 1225/2009 o del regolamento (CE) n. 597/2009, o adottare qualsiasi altra misura speciale al riguardo, anche nei confronti di quelle misure che non abbiano formato oggetto di un procedimento di risoluzione delle controversie nel quadro della DSU. Inoltre, la Commissione dovrebbe, se del caso, poter sospendere o riesaminare tali misure.
(7)
Il ricorso alla DSU non è soggetto a limiti temporali. Le raccomandazioni contenute nelle relazioni adottate dal DSB non hanno un effetto retroattivo. Di conseguenza, è opportuno specificare che, salvo indicazione contraria, qualsiasi misura adottata ai sensi del presente regolamento avrà effetto soltanto a partire dalla data di entrata in vigore della misura stessa, e, quindi, non può servire in alcun modo da base per ottenere il rimborso dei dazi riscossi prima di tale data.
(8)
L'attuazione del presente regolamento richiede condizioni uniformi per l'adozione di misure a seguito di una relazione adottata dal DSB in materia di misure antidumping e antisovvenzioni. Tali misure dovrebbero essere adottate in conformità del regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (7).
(9)
È opportuno ricorrere alla procedura consultiva per la sospensione delle misure per un periodo di tempo limitato, dati gli effetti di tali misure,
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
1. Ogniqualvolta il DSB adotta una relazione riguardante una misura dell'Unione adottata in forza del regolamento (CE) n. 1225/2009, del regolamento (CE) n. 597/2009 o del presente regolamento («misura contestata»), la Commissione può prendere uno o più dei seguenti provvedimenti, a seconda di quale ritenga più appropriato, secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 4, paragrafo 3:
a)
abrogare o modificare la misura contestata; o
b)
adottare qualsiasi altra misura speciale ritenuta appropriata date le circostanze per rendere l'Unione conforme alle raccomandazioni e decisioni contenute nella relazione.
2. Ai fini dell'adozione di un provvedimento di cui al paragrafo 1, la Commissione può chiedere alle parti interessate di fornire tutte le informazioni necessarie per poter completare quelle ottenute durante l'inchiesta che ha portato all'adozione della misura contestata.
3. Nella misura in cui è opportuno effettuare un riesame prima dell'adozione o contemporaneamente all'adozione di qualsiasi provvedimento previsto dal paragrafo 1, tale riesame viene avviato dalla Commissione. La Commissione fornisce informazioni agli Stati membri una volta che abbia stabilito di avviare un riesame.
4. Nella misura in cui è opportuno sospendere la misura contestata o modificata, la sospensione viene concessa per un periodo di tempo limitato dalla Commissione, che delibera secondo la procedura consultiva di cui all'articolo 4, paragrafo 2.
Articolo 2
1. La Commissione può inoltre, qualora lo ritenga opportuno, adottare qualsiasi provvedimento previsto dall'articolo 1, paragrafo 1, al fine di tener conto delle interpretazioni giuridiche formulate in una relazione adottata dal DSB in merito a una misura non contestata.
2. Ai fini dell'adozione di un provvedimento di cui al paragrafo 1, la Commissione può chiedere alle parti interessate di fornire tutte le informazioni necessarie per poter completare quelle ottenute durante l'inchiesta che ha portato all'adozione della misura non contestata.
3. Nella misura in cui è opportuno effettuare un riesame prima dell'adozione o contemporaneamente all'adozione di qualsiasi provvedimento previsto dal paragrafo 1, tale riesame viene avviato dalla Commissione. La Commissione fornisce informazioni agli Stati membri una volta che abbia stabilito di avviare un riesame.
4. Nella misura in cui è opportuno sospendere la misura non contestata o modificata, la sospensione viene concessa per un periodo di tempo limitato dalla Commissione, che delibera secondo la procedura consultiva di cui all'articolo 4, paragrafo 2.
Articolo 3
Salvo indicazione contraria, qualsiasi misura adottata ai sensi del presente regolamento ha effetto soltanto a partire dalla data di entrata in vigore della misura stessa e non può servire in alcun modo da base per ottenere il rimborso dei dazi riscossi prima di tale data.
Articolo 4
1. La Commissione è assistita dal comitato istituito dall'articolo 15, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1225/2009. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 4 del regolamento (UE) n. 182/2011.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.
Articolo 5
La Commissione include informazioni sull'attuazione del presente regolamento nella sua relazione annuale sull'applicazione e sull'attuazione delle misure di difesa commerciale presentata al Parlamento europeo e al Consiglio ai sensi dell'articolo 22 bis del regolamento (CE) n. 1225/2009.
Articolo 6
Il regolamento (CE) n. 1515/2001 è abrogato.
I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato II.
Articolo 7
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Strasburgo, l'11 marzo 2015
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
Z. KALNIŅA-LUKAŠEVICA
(1) Parere del 10 dicembre 2014 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Posizione del Parlamento europeo dell'11 febbraio 2015 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 2 marzo 2015.
(3) Regolamento (CE) n. 1515/2001 del Consiglio, del 23 luglio 2001, relativo ai provvedimenti che la Comunità può prendere facendo seguito a una relazione adottata dall'organo di conciliazione dell'OMC (DSB) in materia di misure antidumping e antisovvenzioni (GU L 201 del 26.7.2001, pag. 10).
(4) Si veda l'allegato I.
(5) Regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343 del 22.12.2009, pag. 51).
(6) Regolamento (CE) n. 597/2009 del Consiglio, dell'11 giugno 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri della Comunità europea (GU L 188 del 18.7.2009, pag. 93).
(7) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13).
ALLEGATO I
Regolamento abrogato e relativa modificazione
Regolamento (CE) n. 1515/2001 del Consiglio
(GU L 201 del 26.7.2001, pag. 10).
Regolamento (UE) n. 37/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 18 del 21.1.2014, pag. 1).
limitatamente al punto 7 dell'allegato
ALLEGATO II
Tavola di concordanza
Regolamento (CE) n. 1515/2001
Presente regolamento
Articoli 1, 2 e 3
Articoli 1, 2 e 3
Articolo 3 bis
Articolo 4
Articolo 3 ter
Articolo 5
—
Articolo 6
Articolo 4
Articolo 7
—
Allegato I
—
Allegato II | Adattare le misure di difesa degli scambi dell'Unione europea facendo seguito a una decisione dell'OMC
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Abroga il regolamento (CE) n. 1515/2001 relativo ai provvedimenti che possono essere presi dall’Unione europea (UE) a seguito di una relazione adottata dall’organo di conciliazione (DSB) dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) in materia di misure antidumping e antisovvenzioni.
Consente all’UE, se del caso, di prendere un provvedimento ai sensi del regolamento (CE) n. 1225/2009 (provvedimenti anti-dumping*) o del regolamento (CE) n. 597/2009 (provvedimenti antisovvenzioni*), in linea con una relazione dell’organo di conciliazione dell’OMC.
PUNTI CHIAVE
Nello specifico, la Commissione europea può:
abrogare o modificare la misura contestata; o
adottare qualsiasi altra misura speciale ritenuta appropriata, date le circostanze, per essere conforme alla relazione dell’OMC;
se del caso, sospendere o riesaminare tali misure.
Le misure adottate ai sensi del presente regolamento generalmente hanno effetto a partire dalla data di entrata in vigore delle stesse.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL PRESENTE REGOLAMENTO?
Si applica dal 16 aprile 2015.
CONTESTO
Qualora il governo di un membro dell’OMC ritenga che un altro membro stia violando un accordo o un impegno preso in seno all’organizzazione, la controversia è rinviata all’organo di conciliazione dell’OMC.
* TERMINI CHIAVE
Provvedimenti anti-dumping: provvedimenti, quali dazi specifici, applicati alle importazioni nell’UE di prodotti oggetto di dumping, ovvero prodotti esportati verso l’Unione a un prezzo più basso di quello nazionale.
Provvediment antisovvenzioni: provvedimenti, quali dazi di compensazione (che rendono nulli gli effetti negativi delle sovvenzioni), imposti dall’UE sulle importazioni oggetto di sovvenzioni e che perciò danneggiano le industrie dell’Unione che producono lo stesso prodotto.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) 2015/476 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2015, relativo ai provvedimenti che l’Unione può prendere facendo seguito a una relazione adottata dall’organo di conciliazione dell’OMC (DSB) in materia di misure antidumping e antisovvenzioni (GU L 83 del 27.3.2015, pag. 6-10) | 4,036 | 1,050 |
REGOLAMENTO (CE) N. 1552/2005 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 7 settembre 2005
relativo alle statistiche sulla formazione professionale nelle imprese
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 285, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione,
deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (1),
considerando quanto segue:
(1)
In occasione del Consiglio europeo di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000, l'Unione europea ha stabilito l'obiettivo strategico di diventare l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale.
(2)
L'occupabilità, l'adattabilità e la mobilità dei cittadini sono vitali per l'Unione, se essa vuole mantenere l'impegno a diventare l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo.
(3)
L'apprendimento permanente è un elemento chiave per lo sviluppo e la promozione di una manodopera qualificata, formata e adattabile.
(4)
Il Consiglio, nelle sue conclusioni del 5 maggio 2003 in merito ai livelli di riferimento del rendimento medio europeo nel settore dell'istruzione e della formazione (parametri di riferimento) (2), ha adottato il seguente parametro di riferimento per l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita: «Pertanto, entro il 2010, il livello medio di partecipazione all'apprendimento lungo tutto l'arco della vita dovrebbe attestarsi nell'Unione europea almeno al 12,5 % della popolazione adulta in età lavorativa (fascia di età compresa tra 25 e 64 anni)».
(5)
Il Consiglio europeo di Lisbona ha confermato che l'apprendimento permanente costituisce una componente essenziale del modello sociale europeo.
(6)
La nuova strategia europea per l'occupazione, confermata dalla decisione 2003/578/CE del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa a orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione (3), intende meglio contribuire alla strategia di Lisbona e porre in atto strategie coerenti e globali per l'apprendimento permanente.
(7)
Nell'applicazione del presente regolamento, è opportuno tenere conto della nozione di «persone svantaggiate sul mercato di lavoro», presente negli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione.
(8)
Si dovrebbe riservare un'attenzione particolare alla formazione sul posto di lavoro e durante l'orario di lavoro quali aspetti decisivi dell'apprendimento permanente.
(9)
Informazioni statistiche comparabili a livello comunitario, con un'attenzione specifica per la formazione professionale nelle imprese, sono essenziali per lo sviluppo di strategie di apprendimento permanente e per il monitoraggio dei progressi realizzati nella loro attuazione.
(10)
La produzione di statistiche comunitarie specifiche è disciplinata da regole stabilite nel regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie (4).
(11)
La trasmissione di dati che sottostanno all'obbligo di riservatezza dei dati statistici è disciplinata dalle regole enunciate nel regolamento (CE) n. 322/97 e dal regolamento (Euratom, CEE) n. 1588/90 del Consiglio, dell'11 giugno 1990, relativo alla trasmissione all'Istituto statistico delle Comunità europee di dati statistici protetti dal segreto (5).
(12)
Il regolamento (CE) n. 831/2002 della Commissione, del 17 maggio 2002, recante attuazione del regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio relativo alle statistiche comunitarie, per quanto riguarda l'accesso ai dati riservati per fini scientifici (6), stabilisce le condizioni in base alle quali può essere consentito l'accesso ai dati riservati trasmessi alla Comunità.
(13)
Poiché lo scopo del presente regolamento, cioè la creazione di standard statistici comuni che consentano la produzione di dati armonizzati, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito all'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale scopo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato in tale articolo.
(14)
Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (7). Tali misure dovrebbero tenere conto delle risorse disponibili negli Stati membri per la raccolta e la trasformazione dei dati.
(15)
Il comitato del programma statistico è stato consultato conformemente all'articolo 3 della decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio, del 19 giugno 1989, che istituisce un comitato del programma statistico delle Comunità europee (8),
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto
Il presente regolamento stabilisce un quadro comune per la produzione di statistiche comunitarie sulla formazione professionale nelle imprese.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento, si applicano le seguenti definizioni:
1)
«impresa»: l'impresa quale definita nel regolamento (CEE) n. 696/93 del Consiglio, del 15 marzo 1993, relativo alle unità statistiche di osservazione e di analisi del sistema produttivo nella Comunità (9);
2)
«NACE Rev. 1.1»: la classificazione statistica comune delle attività economiche nella Comunità europea stabilita dal regolamento (CEE) n. 3037/90 del Consiglio, del 9 ottobre 1990, relativo alla classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee (10).
Articolo 3
Dati da raccogliere
1. I dati sono raccolti dagli Stati membri al fine di produrre statistiche comunitarie per l'analisi della formazione professionale continua nelle imprese nei seguenti ambiti:
a)
la politica di formazione e le strategie di formazione delle imprese per lo sviluppo delle capacità della loro manodopera;
b)
la gestione, l'organizzazione e i tipi di formazione professionale continua nelle imprese;
c)
il ruolo delle parti sociali nell'assicurare in tutti i suoi aspetti una formazione professionale continua sul posto di lavoro;
d)
l'accesso alla formazione professionale continua, il suo volume e contenuto, soprattutto in relazione all'attività economica e alla grandezza dell'impresa;
e)
misure specifiche di formazione professionale continua delle imprese per migliorare le abilità TIC della loro manodopera;
f)
le opportunità per i lavoratori delle piccole e medie imprese (PMI) di accedere alla formazione professionale continua e di acquisire nuove abilità e in particolare i bisogni specifici delle PMI di offrire formazione;
g)
l'impatto di misure pubbliche sulla formazione professionale continua nelle imprese;
h)
le pari opportunità nell'accesso alla formazione professionale continua nelle imprese per tutti i lavoratori, con un'attenzione particolare per il genere e per specifici gruppi d'età;
i)
misure specifiche di formazione professionale continua per persone svantaggiate sul mercato del lavoro;
j)
misure di formazione professionale continua rivolte alle diverse forme di contratto di lavoro;
k)
spesa per la formazione professionale continua: livelli di finanziamento e risorse finanziarie, incentivi per la formazione professionale continua; e
l)
procedure di valutazione e monitoraggio delle imprese in relazione alla formazione professionale continua.
2. Dati specifici sono raccolti dagli Stati membri per quanto concerne la formazione professionale iniziale nelle imprese relativamente a:
a)
i partecipanti alla formazione professionale iniziale; e
b)
la spesa complessiva per la formazione professionale iniziale.
Articolo 4
Campo di applicazione delle statistiche
Le statistiche sulla formazione professionale nelle imprese coprono almeno tutte le attività economiche definite nelle sezioni da C a K e nella sezione O della NACE Rev. 1.1.
Articolo 5
Unità statistiche
1. Per la raccolta dei dati, si usa quale unità statistica l'impresa attiva nell'ambito di una delle attività economiche di cui all'articolo 4 e che occupa almeno 10 lavoratori.
2. Tenendo conto della specifica distribuzione delle imprese per dimensione a livello nazionale e dell'evoluzione dei fabbisogni del settore, gli Stati membri possono estendere la definizione di unità statistica sul loro territorio. La Commissione può a sua volta decidere di estendere tale definizione, secondo la procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 2, qualora tale estensione migliori nettamente la rappresentatività e la qualità dei risultati dell'indagine negli Stati membri interessati.
Articolo 6
Fonti di dati
1. Gli Stati membri acquisiscono i dati necessari facendo ricorso a un'indagine nelle imprese ovvero a una combinazione di indagine nelle imprese e di altre fonti, applicando i principi di riduzione dell'aggravio per gli intervistati e di semplificazione amministrativa.
2. Gli Stati membri stabiliscono le modalità secondo le quali le imprese rispondono all'indagine.
3. Nel corso dell'indagine, spetta alle imprese fornire dati corretti e completi entro le scadenze stabilite.
4. Altre fonti, compresi dati amministrativi, possono essere usate per completare i dati da raccogliersi, allorché tali fonti siano appropriate in termini di pertinenza e aggiornamento.
Articolo 7
Caratteristiche dell'indagine
1. L'indagine è un'indagine per campione.
2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i dati che essi trasmettono rispecchino la struttura della popolazione delle unità statistiche. L'indagine è effettuata in modo tale da consentire una ripartizione dei risultati a livello comunitario almeno nelle seguenti categorie:
a)
attività economiche in base alla NACE Rev.1.1; e
b)
dimensioni delle imprese.
3. I requisiti di campionamento e di esattezza, le dimensioni del campione necessarie a rispondere a tali requisiti, e le specifiche dettagliate della NACE Rev.1.1 e le categorie di grandezza in cui i risultati possono essere ripartiti sono determinati secondo la procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 2.
Articolo 8
Strategia d'indagine
1. Per ridurre l'aggravio a carico degli intervistati, la strategia d'indagine consentirà di adeguare su misura la raccolta dei dati in relazione a:
a)
imprese che formano e imprese che non formano; e
b)
diversi tipi di formazione professionale.
2. I dati specifici da raccogliere in relazione alle imprese che formano e alle imprese che non formano e ai diversi tipi di formazione professionale sono determinati secondo la procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 2.
Articolo 9
Controllo di qualità e relazioni
1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie per assicurare la qualità dei dati che essi trasmettono.
2. Entro 21 mesi a decorrere dallo scadere di ciascun periodo di riferimento di cui all'articolo 10, gli Stati membri presentano alla Commissione (Eurostat) una relazione di qualità contenente tutte le informazioni e i dati ad essa necessari per verificare la qualità dei dati trasmessi. La relazione segnala eventuali violazioni dei requisiti metodologici.
3. Sulla base delle relazioni di cui al paragrafo 2, la Commissione (Eurostat) valuta la qualità dei dati trasmessi, in particolare al fine di garantire la comparabilità dei dati tra Stati membri.
4. I requisiti di qualità per i dati da raccogliere e trasmettere per le statistiche comunitarie sulla formazione professionale nelle imprese, la struttura delle relazioni di qualità di cui al paragrafo 2 e le eventuali misure necessarie per valutare o migliorare la qualità dei dati sono determinati secondo la procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 2.
Articolo 10
Periodo di riferimento e periodicità
1. Il periodo di riferimento da coprire per la raccolta dei dati è un anno di calendario.
2. La Commissione determina il primo anno di riferimento per il quale si devono raccogliere dati secondo la procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 2.
3. Gli Stati membri raccolgono i dati con cadenza quinquennale.
Articolo 11
Trasmissione dei dati
1. Gli Stati membri e la Commissione, entro i loro rispettivi ambiti di competenza, promuovono le condizioni per un uso più intenso della raccolta elettronica di dati, della trasmissione elettronica di dati e dell'elaborazione automatica di dati.
2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati individuali sulle imprese conformemente alle vigenti disposizioni comunitarie sulla trasmissione di dati statisticamente riservati di cui ai regolamenti (CE) n. 322/97 e (Euratom, CEE) n. 1588/90. Gli Stati membri assicurano che i dati trasmessi non consentano l'identificazione diretta delle unità statistiche.
3. Gli Stati membri trasmettono i dati in forma elettronica, conformemente all'appropriato formato tecnico e alla norma sull'interscambio di informazioni da determinarsi secondo la procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 2.
4. Gli Stati membri trasmettono entro 18 mesi dallo scadere di ciascun anno di riferimento i dati completi e corretti.
Articolo 12
Relazione sull'attuazione
1. Entro il 20 ottobre 2010 e previa consultazione del comitato del programma statistico, la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'attuazione del presente regolamento. In particolare la relazione:
a)
accerta i benefici derivanti alla Comunità, agli Stati membri e agli utenti delle statistiche prodotte in relazione all'aggravio a carico degli intervistati;
b)
identifica ambiti per potenziali miglioramenti e modifiche ritenuti necessari alla luce dei risultati ottenuti.
2. A seguito della relazione, la Commissione ha facoltà di proporre le misure per migliorare l'attuazione del presente regolamento.
Articolo 13
Misure di attuazione
Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento, comprese le misure atte a tener conto degli sviluppi economici e tecnici in materia di raccolta, trasmissione e trattamento dei dati, sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 14, paragrafo 2.
Articolo 14
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita dal comitato del programma statistico.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.
Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.
Articolo 15
Finanziamento
1. Per il primo anno di riferimento per cui sono prodotte le statistiche comunitarie di cui al presente regolamento, la Commissione mette a disposizione degli Stati membri un contributo finanziario per contribuire a coprire i costi da essi sostenuti al fine di raccogliere, trattare e trasmettere i dati.
2. L'ammontare del contributo finanziario è fissato contestualmente alla pertinente procedura di bilancio annuale. L'autorità di bilancio determina lo stanziamento disponibile.
3. Nell'attuazione del presente regolamento, la Commissione può ricorrere ad esperti e organizzazioni di assistenza tecnica il cui finanziamento può essere predisposto contestualmente al quadro finanziario generale del presente regolamento. La Commissione ha facoltà di organizzare seminari, colloqui o altre riunioni di esperti suscettibili di agevolare l'attuazione del presente regolamento e di intraprendere appropriate azioni di informazione, pubblicazione e diffusione.
Articolo 16
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Strasburgo, addì 7 settembre 2005.
Per il Parlamento europeo
Il Presidente
J. BORRELL FONTELLES
Per il Consiglio
Il Presidente
C. CLARKE
(1) Parere del Parlamento europeo del 23 febbraio 2005 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), decisione del Consiglio del 27 giugno 2005.
(2) GU C 134 del 7.6.2003, pag. 3.
(3) GUJ L 197 del 5.8.2003, pag. 13.
(4) GU L 52 del 22.2.1997, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1).
(5) GU L 151 del 15.6.1990, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1882/2003.
(6) GU L 133 del 18.5.2002, pag. 7.
(7) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(8) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47.
(9) GU L 76 del 30.3.1993, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1882/2003.
(10) GU L 293 del 24.10.1990, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1882/2003. | Statistiche sulla formazione professionale
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Il regolamento stabilisce le regole e i metodi per la raccolta delle statistiche europee sulla formazione professionale nelle imprese*.
PUNTI CHIAVE
Dati da raccogliere nelle imprese
Gli Stati membri devono raccogliere i dati nei seguenti ambiti:La politica di formazione e le strategie di formazione delle imprese per lo sviluppo delle capacità della loro manodopera; la gestione, l’organizzazione e i tipi di formazione professionale continua nelle imprese; il ruolo delle parti sociali nell’assicurare in tutti i suoi aspetti una formazione professionale continua sul posto di lavoro; l’accesso alla formazione professionale continua, il suo volume e contenuto, soprattutto in relazione all’attività economica e alla grandezza dell’impresa; misure specifiche di formazione professionale continua delle imprese per migliorare le abilità TIC della loro manodopera; le opportunità per i lavoratori delle piccole e medie imprese (PMI) di accedere alla formazione professionale continua e di acquisire nuove abilità e in particolare i bisogni specifici delle PMI di offrire formazione; l’impatto di misure pubbliche sulla formazione professionale continua nelle imprese; le pari opportunità nell’accesso alla formazione nelle imprese per tutti i lavoratori (con un’attenzione particolare per il genere e per specifici gruppi d’età); misure specifiche di formazione professionale continua per persone svantaggiate sul mercato del lavoro, ad esempio gli anziani e gli appartenenti alle minoranze; misure rivolte alle diverse forme di contratto di lavoro; spesa per la formazione professionale continua: livelli di finanziamento e risorse finanziarie, incentivi per la formazione professionale continua; procedure di valutazione e monitoraggio delle imprese in relazione alla formazione professionale continua. Per quanto concerne la formazione professionale iniziale sul posto di lavoro, gli Stati membri devono raccogliere dati relativamente a:i partecipanti alla formazione professionale iniziale; e la spesa complessiva per la formazione di questo tipo. Campo di applicazione
Le statistiche coprono almeno la formazione nelle imprese coinvolte nelle attività economiche definite nelle sezioni da C a K e nella sezione O della classificazione NACE*.
Unità statistiche
Come regola generale, i dati vengono raccolti solo in relazione alle imprese che occupano almeno 10 lavoratori.
Fonti di dati
Gli Stati membri acquisiscono i dati facendo ricorso a un’indagine nelle imprese ovvero a una combinazione di indagini nelle imprese e altre fonti, puntando a ridurre l’aggravio per gli intervistati e a semplificare gli aspetti amministrativi.
Gli Stati membri stabiliscono le modalità secondo le quali le imprese rispondono all’indagine entro le scadenze stabilite. Altre fonti di dati possono essere usate purché appropriate in termini di pertinenza e aggiornamento.
Caratteristiche e strategie dell’indagine
Gli Stati membri devono assicurare che i dati che essi trasmettono rispecchino accuratamente la struttura della popolazione delle unità statistiche. L’indagine è effettuata in modo tale da consentire una ripartizione dei risultati a livello comunitario almeno nelle seguenti categorie:attività economiche, dimensioni delle imprese. La Commissione europea (Eurostat) stabilisce i requisiti del campionamento, le dimensioni del campione necessarie a rispondere a tali requisiti, e le specifiche dettagliate della NACE e le categorie di grandezza in cui i risultati possono essere ripartiti. La Commissione stabilisce inoltre i dati specifici che devono essere raccolti in relazione a imprese che formano* e imprese che non formano* diversi tipi di formazione professionale.
Controllo di qualità
Gli Stati membri sono responsabili di assicurare la qualità dei dati che essi trasmettono a Eurostat. Allo scadere di ciascun periodo di riferimento di un anno di calendario, ed entro 21 mesi, gli Stati membri presentano a Eurostat una relazione di qualità contenente tutte le informazioni e i dati richiesti. La relazione dovrebbe inoltre menzionare eventuali violazioni dei requisiti metodologici. Sulla base di queste relazioni, Eurostat valuta la qualità dei dati trasmessi, al fine di garantirne la comparabilità.
Periodicità
Gli Stati membri raccolgono i dati con cadenza quinquennale.
Trasmissione dei dati
Gli Stati membri trasmettono a Eurostat i dati individuali sulle imprese conformemente alle vigenti disposizioni comunitarie sulla trasmissione di dati statisticamente riservati di cui al regolamento (CE) n. 223/2009. Essi assicurano che i dati trasmessi non consentano l’identificazione diretta delle unità statistiche. La trasmissione avviene in forma elettronica, conformemente alle specifiche stabilite dal Comitato del sistema statistico europeo, un comitato di supporto che assiste e fornisce orientamento a Eurostat, composto da rappresentanti degli Stati membri e presieduto dalla Commissione.
Gli Stati membri trasmettono entro 18 mesi dallo scadere di ciascun anno di riferimento i dati completi e corretti.
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
È stato applicato dal 20 ottobre 2005.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:Formazione professionale e statistiche sulla formazione (Eurostat) Indagine sulla formazione professionale continua (Eurostat).
TERMINI CHIAVE
Impresa: l’unità statistica utilizzata da Eurostat per l’osservazione e l’analisi del sistema produttivo dell’UE.
Classificazione NACE: sigla della classificazione statistica delle attività economiche nell’Unione europea, dal francese Nomenclature statistique des activités économiques.
Imprese che formano: imprese coinvolte nel campionamento che erogano servizi di formazione.
Imprese che non formano: imprese coinvolte nel campionamento la cui attività non prevede l’erogazione di servizi di formazione.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 1552/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativo alle statistiche sulla formazione professionale nelle imprese (GU L 255 del 30.9.2005, pagg. 1-5).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1552/2005 sono state incorporate nel documento originale. Questa versione consolidata ha solo un valore documentario.
DOCUMENTI COLLEGATI
Regolamento (CE) n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009, relativo alle statistiche europee e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1101/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo alla trasmissione all’Istituto statistico delle Comunità europee di dati statistici protetti dal segreto, il regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, relativo alle statistiche comunitarie, e la decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio, che istituisce un comitato del programma statistico delle Comunità europee (GU L 87 del 31.3.2009, pagg. 164-173)
Si veda la versione consolidata. | 7,362 | 855 |
Direttiva 90/428/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa agli scambi di equini destinati a concorsi e alla fissazione delle condizioni di partecipazione a tali concorsi
Gazzetta ufficiale n. L 224 del 18/08/1990 pag. 0060 - 0061 edizione speciale finlandese: capitolo 3 tomo 33 pag. 0178 edizione speciale svedese/ capitolo 3 tomo 33 pag. 0178
DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 26 giugno 1990 relativa agli scambi di equini destinati a concorsi e alla fissazione delle condizioni di partecipazione a tali concorsi (90/428/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare gli articoli 42 e 43, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che gli equini figurano in quanto animali vivi nell'elenco di prodotti contenuti nell'allegato II del trattato; considerando che, per favorire uno sviluppo razionale della produzione di equini e l'aumento della produttività del settore, occorre stabilire a livello comunitario norme in materia di scambi intracomunitari di equini destinati a concorsi; considerando che l'allevamento dei cavalli, e in particolare dei cavalli da corsa, rientra generalmente nell'ambito delle attività agricole; che esso costituisce una fonte di reddito per una parte della popolazione agricola; considerando che nella Comunità esistono disparità tra le norme che disciplinano l'accesso ai concorsi; che tali disparità possono costituire un ostacolo per gli scambi intracomunitari; considerando che gli scambi di equini destinati a concorsi e la partecipazione a tali concorsi possono essere compromessi dalle disparità esistenti nelle regolamentazioni concernenti la destinazione di una percentuale dell'importo delle vincite e dei proventi alla salvaguardia, alla promozione ed al miglioramento dell'allevamento negli Stati membri; che l'instaurazione di un libero accesso ai concorsi presuppone l'armonizzazione di dette regolamentazioni; considerando che, in attesa di questa armonizzazione, conviene, soprattutto per mantenere ed incrementare la produttività nel settore, autorizzare gli Stati membri a riservare una percentuale delle vincite e dei proventi alla salvaguardia, alla promozione ed al miglioramento dei loro allevamenti; che occorre tuttavia fissare un massimale per questa percentuale; considerando che è opportuno adottare le misure di applicazione in taluni settori di carattere tecnico; che è necessario, per l'attuazione delle misure previste, definire una procedura che instauri una cooperazione stretta ed efficace fra gli Stati membri e la Commissione in seno al comitato zootecnico permanente, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 La presente direttiva stabilisce le condizioni per gli scambi di equini destinati a concorsi e le condizioni di partecipazione di tali equini ai concorsi. Articolo 2 Ai fini della presente direttiva, sono applicabili le definizioni contenute nell'articolo 2 della direttiva 90/427/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa alle norme zootecniche e genealogiche che disciplinano gli scambi intracomunitari di equini (4). Inoltre, si intende per «concorso» qualsiasi competizione ippica, in particolare le corse e le prove di salto degli ostacoli (jumping), di «dressage», di tiro, di modello e di andatura. Articolo 3 1. Le norme dei concorsi non devono contenere discriminazioni fra equini registrati nello Stato membro in cui è organizzato il concorso ed equini registrati in un altro Stato membro. 2. Le norme dei concorsi non devono contenere discriminazioni tra equini originari dello Stato membro in cui è organizzato il concorso ed equini originari di un altro Stato membro. Articolo 4 1. Il disposto dell'articolo 3 concerne, in particolare: a) i criteri e in particolare i limiti, minimi o massimi, per l'iscrizione al concorso, b) la valutazione durante il concorso, c) le vincite o i proventi inerenti al concorso. 2. Tuttavia, - gli obblighi di cui all'articolo 3 lasciano impregiudicata la facoltà di organizzare: a) concorsi riservati agli equini iscritti in un determinato libro genealogico, ai fini di un miglioramento della razza; b) concorsi regionali, ai fini di una selezione degli equini; c) manifestazioni di carattere storico o tradizionale. Lo Stato membro che intende avvalersi di tale facoltà, ne informa preventivamente e in maniera generale, la Commissione; - gli Stati membri sono autorizzati a riservare, per ciascun concorso o tipo di concorso, tramite organismi ufficialmente abilitati o riconosciuti a tal fine, una determinata percentuale dell'importo delle vincite o dei proventi di cui al paragrafo 1, lettera c) per la salvaguardia, la promozione e il miglioramento dell'allevamento. Tale percentuale non dovrà superare il 30 % nel 1991, il 25 % nel 1992 e il 20 % dal 1993. I criteri per la distribuzione di tali fondi nello Stato membro interessato vengono comunicati alla Commissione e agli altri Stati membri nell'ambito del comitato zootecnico permanente. Anteriormente al 31 dicembre 1992, il Consiglio riesaminerà le condizioni di applicazione di queste disposizioni in base ad una relazione della Commissione che tenga conto dei progressi di armonizzazione realizzati sull'insieme dei problemi sollevati dalle condizioni di allevamento dei cavalli da concorso, corredata di proposte appropriate sulle quali il Consiglio delibererà a maggioranza qualificata. 3. Le modalità generali di applicazione del presente articolo sono stabilite secondo la procedura indicata all'articolo 6. Articolo 5 1. In attesa delle decisioni da adottare a norma dell'articolo 4 della direttiva 90/427/CEE, nell'ipotesi in cui venga negata l'iscrizione a un concorso ad un equino registrato in uno Stato membro, i motivi del diniego devono essere comunicati per iscritto al proprietario o al suo mandatario. 2. Nel caso contemplato dal paragrafo 1, il proprietario o il suo mandatario ha il diritto di ottenere il parere di un esperto, alle condizioni di cui all'articolo 8, paragrafo 2 della direttiva 89/662/CEE (5) che sono applicabili mutatis mutandis. 3. La Commissione stabilisce le modalità di applicazione del presente articolo, secondo la procedura prevista all'articolo 6. Articolo 6 Nel caso in cui si fa riferimento alla procedura prevista al presente articolo, il Comitato zootecnico permanente, istituito con la decisione 77/505/CEE (6), delibera conformemente alle regole fissate nell'articolo 11 della direttiva 88/661/CEE (7). Articolo 7 Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi il 1g luglio 1991. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Articolo 8 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Lussemburgo, addì 26 giugno 1990. Per il Consiglio Il Presidente M. O'KENNEDY (1) GU n. C 327 del 30. 12. 1989, pag. 61. (2) GU n. C 149 del 18. 6. 1990. (3) GU n. C 62 del 12. 3. 1990, pag. 46.(4) Vedi pagina 55 della presente Gazzetta ufficiale.(5) GU n. L 395 del 30. 12. 1989, pag. 13. (6) GU n. L 206 del 12. 8. 1977, pag. 11. (7) GU n. L 382 del 31. 12. 1988, pag. 16. | Norme sugli scambi di cavalli e asini destinati ai concorsi
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
La direttiva stabilisce le norme relative agli scambi intracomunitari di equini, ovvero gli animali domestici delle specie equine (cavallo) o asinine (asino), o delle razze incrociate (muli e bardotti), destinati ai concorsi.
Tali norme sono volte a superare gli ostacoli esistenti negli scambi di equini eliminando le disparità fra i paesi dell'UE per quanto riguarda le condizioni di partecipazione nei concorsi.
PUNTI CHIAVE
La presente direttiva stabilisce le condizioni per gli scambi di equini destinati a concorsi e le condizioni di partecipazione di tali equini ai concorsi nell'ambito dell'Unione europea (UE).
Il tipo di concorso
Si intende per «concorso» qualsiasi competizione ippica, in particolare le corse e le prove di salto degli ostacoli (jumping), di «dressage», di tiro, di modello e di andatura.
La partecipazione ai concorsi
Le norme dei concorsi non devono contenere discriminazioni fondate sul luogo di origine o di registrazione degli equini nell'UE. In altre parole, tutti gli equini dei paesi dell'UE vanno trattati alla stessa maniera per quanto riguarda:
i criteri d'iscrizione al concorso;
la valutazione durante il concorso;
le vincite o i proventi inerenti al concorso.
Tuttavia, tale obbligo lascia impregiudicata la facoltà di organizzare:
concorsi riservati agli equini iscritti in un determinato libro genealogico, ai fini di un miglioramento della razza;
concorsi regionali, ai fini di una selezione;
manifestazioni di carattere storico o tradizionale.
I paesi dell'UE sono autorizzati a riservare una determinata percentuale dell'importo delle vincite o dei proventi per la salvaguardia, la promozione e il miglioramento dell'allevamento nel paese in cui il concorso si svolge.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è in vigore dal 17 luglio 1990. I paesi dell'UE dovevano recepirla nel proprio diritto nazionale entro il 1o luglio 1991.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni si consulti:
«Informazione per gli Stati membri» sul sito Internet della Commissione europea
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 90/428/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa agli scambi di equini destinati a concorsi e alla fissazione delle condizioni di partecipazione a tali concorsi (GU L 224 del 18.8.1990, pag. 60-61)
Le successive modifiche alla direttiva 90/428/CEE sono state integrate al testo originario. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale.
ATTI COLLEGATI
Decisione 92/216/CEE della Commissione, del 26 marzo 1992, relativa alla raccolta di dati riguardanti i concorsi di equini di cui all'articolo 4, paragrafo 2 della direttiva 90/428/EEC (GU L 104 del 22.4.1992, pag. 77)
Si veda la versione consolidata. | 3,314 | 952 |
DIRETTIVA 2005/47/CE DEL CONSIGLIO
del 18 luglio 2005
concernente l’accordo tra la Comunità delle ferrovie europee (CER) e la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) su taluni aspetti delle condizioni di lavoro dei lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera nel settore ferroviario
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 139, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione,
considerando quanto segue:
(1)
La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali ed è conforme ai principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e mira a garantire il pieno rispetto dell’articolo 31 di tale Carta, secondo il quale ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose, a una limitazione della durata massima del lavoro e a periodi di riposo giornalieri e settimanali, nonché a ferie annuali retribuite.
(2)
Ai sensi dell’articolo 139, paragrafo 2, del trattato, le parti sociali possono richiedere congiuntamente che gli accordi conclusi a livello comunitario siano attuati da una decisione del Consiglio su proposta della Commissione.
(3)
Il Consiglio ha adottato la direttiva 93/104/CE, del 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (1). I trasporti ferroviari sono tra i settori di attività esclusi dal campo di applicazione di tale direttiva. Il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato la direttiva 2000/34/CE (2), che modifica la direttiva 93/104/CE, al fine di coprire settori di attività precedentemente esclusi.
(4)
Il Parlamento europeo ed il Consiglio hanno adottato la direttiva 2003/88/CE, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, che codifica e abroga la direttiva 93/104/CE (3).
(5)
La direttiva 2003/88/CE prevede deroghe a quanto stabilito nei suoi articoli 3, 4, 5, 8 e 16, riguardo al personale che lavora nel settore dei trasporti ferroviari per il servizio prestato a bordo dei treni.
(6)
La Comunità delle ferrovie europee (CER) e la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) hanno informato la Commissione della loro volontà di avviare negoziati ai sensi dell’articolo 139, paragrafo 1, del trattato.
(7)
Il 27 gennaio 2004, le suddette organizzazioni hanno concluso un accordo relativo a taluni aspetti delle condizioni di utilizzazione dei lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera (di seguito «accordo»).
(8)
L’accordo comprende una richiesta congiunta che invita la Commissione ad attuare l’accordo tramite decisione del Consiglio su proposta della Commissione ai sensi dell’articolo 139, paragrafo 2, del trattato.
(9)
La direttiva 2003/88/CE si applica ai lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera, fatte salve le disposizioni più specifiche contenute nella presente direttiva e nell’accordo.
(10)
Ai sensi dell’articolo 249 del trattato, l’atto appropriato per l’attuazione dell’accordo è una direttiva.
(11)
Poiché, nella prospettiva del mercato interno del settore dei trasporti ferroviari e della concorrenza che lo caratterizzano, gli obiettivi della presente direttiva, cioè la tutela della salute e della sicurezza, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito all’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi, in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(12)
L’evoluzione del settore ferroviario europeo implica un attento controllo del ruolo delle parti interessate attuali e di quelle nuove, per garantire uno sviluppo armonioso nell’insieme della Comunità. Il dialogo sociale europeo in questo settore dovrebbe poter riflettere questa evoluzione e tenerne conto per quanto possibile.
(13)
La presente direttiva lascia agli Stati membri la facoltà di definire i termini dell’accordo non specificamente definiti dall’accordo stesso in conformità delle legislazioni e delle prassi nazionali, come è il caso per altre direttive in materia di politica sociale che utilizzano termini analoghi, a condizione che le definizioni utilizzate siano compatibili con l’accordo.
(14)
La Commissione ha elaborato la sua proposta di direttiva conformemente alla comunicazione del 20 maggio 1998 intitolata «Adeguare e promuovere il dialogo sociale a livello comunitario», tenendo conto del carattere rappresentativo delle parti contraenti e della legalità di ogni clausola dell’accordo; le parti firmatarie hanno una sufficiente rappresentatività per i lavoratori mobili del settore ferroviario addetti a servizi di interoperabilità transfrontaliera effettuati da imprese ferroviarie.
(15)
La Commissione ha elaborato la proposta di direttiva ai sensi dell’articolo 137, paragrafo 2, del trattato che prevede che le direttive in materia sociale devono evitare di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici di natura tale da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese.
(16)
La presente direttiva e l’accordo fissano norme minime; gli Stati membri e/o le parti sociali dovrebbero poter mantenere o introdurre disposizioni più favorevoli.
(17)
La Commissione ha informato il Parlamento europeo, il Comitato economico sociale europeo e il Comitato delle regioni, trasmettendo loro la proposta di direttiva per l’attuazione dell’accordo.
(18)
Il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sull’accordo delle parti sociali in data 26 maggio 2005.
(19)
L’attuazione dell’accordo contribuisce alla realizzazione degli obiettivi di cui all’articolo 136 del trattato.
(20)
Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (4), si incoraggiano gli Stati membri a redigere e rendere pubblici, nell’interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la direttiva e i provvedimenti di recepimento,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Scopo della presente direttiva è quello di attuare l’accordo concluso il 27 gennaio 2004 tra la Comunità delle ferrovie europee (CER) e la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) su taluni aspetti delle condizioni di utilizzazione dei lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera.
Il testo dell’accordo è allegato alla presente direttiva.
Articolo 2
1. Gli Stati membri possono mantenere o introdurre disposizioni più favorevoli di quelle previste dalla presente direttiva.
2. In nessun caso l’attuazione della presente direttiva costituisce una ragione sufficiente per giustificare una riduzione del livello generale di protezione dei lavoratori nei settori rientranti nel suo campo d’applicazione. La sua attuazione lascia impregiudicato il diritto degli Stati membri e/o della direzione e dei lavoratori, tenuto conto di eventuali cambiamenti della situazione, di emanare disposizioni legislative, regolamentari o contrattuali diverse da quelle che esistono al momento dell’adozione della presente direttiva, purché i requisiti minimi previsti dalla presente direttiva siano rispettati.
Articolo 3
Fatte salve le disposizioni dell’accordo sul seguito e la valutazione dell’accordo da parte delle parti firmatarie, la Commissione, previa consultazione delle parti sociali a livello comunitario, riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione della presente direttiva nel contesto dell’evoluzione del settore ferroviario entro il 27 luglio 2011.
Articolo 4
Gli Stati membri determinano il regime delle sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni nazionali emanate in applicazione della presente direttiva e adottano ogni misura necessaria a garantirne l’attuazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano queste disposizioni alla Commissione entro il 27 luglio 2008 e comunicano tempestivamente ogni successiva modifica.
Articolo 5
Gli Stati membri mettono in vigore, previa consultazione delle parti sociali, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 27 luglio 2008 o si accertano che le parti sociali abbiano adottato le disposizioni necessarie per mezzo di accordi entro questa data. Essi comunicano immediatamente alla Commissione tali disposizioni.
Gli Stati membri adottano tutte le disposizioni necessarie per poter garantire in ogni momento i risultati imposti dalla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
Articolo 6
La presente direttiva entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 7
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Bruxelles, addì 18 luglio 2005.
Per il Consiglio
La presidente
M. BECKETT
(1) GU L 307 del 13.12.1993, pag. 18. Direttiva modificata dalla direttiva 2000/34/CE.
(2) GU L 195 dell’1.8.2000, pag. 41.
(3) GU L 299 del 18.11.2003, pag. 9.
(4) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1.
ACCORDO
su taluni aspetti delle condizioni di lavoro del personale mobile che effettua servizi di interoperabilità transfrontaliera concluso dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) e dalla Comunità delle ferrovie europee (CER)
CONSIDERANDO:
—
lo sviluppo del trasporto ferroviario che esige l’ammodernamento del sistema e lo sviluppo del traffico transeuropeo e quindi dei servizi di interoperabilità,
—
la necessità di sviluppare un traffico transfrontaliero sicuro e di proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera,
—
l’importanza di evitare una concorrenza basata esclusivamente sulle differenze delle condizioni di lavoro,
—
l’importanza di sviluppare i trasporti ferroviari all’interno dell’Unione europea,
—
l’idea che questi obiettivi saranno raggiunti creando regole comuni relative alle condizioni minime di lavoro standard del personale mobile che effettua servizi di interoperabilità transfrontaliera,
—
la convinzione che il numero delle persone interessate aumenterà negli anni a venire,
—
il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 138 e 139, paragrafo 2,
—
la direttiva 93/104/CE (modificata dalla direttiva 2000/34/CE) e in particolare gli articoli 14 e 17,
—
la convenzione sulla legge applicabile agli obblighi contrattuali (Roma, 19 giugno 1980),
—
il fatto che l’articolo 139, paragrafo 2, del trattato dispone che gli accordi conclusi a livello comunitario sono attuati a richiesta congiunta delle parti firmatarie, in base ad una decisione del Consiglio su proposta della Commissione,
—
il fatto che il presente documento rappresenta la richiesta congiunta delle parti firmatarie.
LE PARTI FIRMATARIE CONVENGONO QUANTO SEGUE:
Clausola 1
Campo d’applicazione
Il presente accordo si applica ai lavoratori mobili delle ferrovie addetti a servizi di interoperabilità transfrontaliera effettuati da imprese ferroviarie.
Per il traffico di passeggeri transfrontaliero locale e regionale e per il traffico merci transfrontaliero che non superi i 15 chilometri al di là della frontiera, nonché per il traffico tra stazioni di frontiera ufficiali la cui lista figura in allegato, l’applicazione del presente accordo è facoltativa.
Il presente accordo è altresì facoltativo per i treni sugli assi transfrontalieri che iniziano e finiscono sull’infrastruttura dello stesso Stato membro e utilizzano l’infrastruttura di un altro Stato membro senza effettuare fermate (operazioni che possono pertanto essere considerate come operazioni di trasporto nazionale).
Per quanto riguarda i lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera, la direttiva 93/104/CE non si applicherà agli aspetti per i quali il presente accordo prevede disposizioni più specifiche.
Clausola 2
Definizioni
Ai fini del presente accordo, si intende per:
1)
«servizi di interoperabilità transfrontaliera»: i servizi transfrontalieri per i quali le imprese ferroviarie necessitano di almeno due certificati di sicurezza, come disposto dalla direttiva 2001/14/CE;
2)
«lavoratore mobile che effettua servizi di interoperabilità transfrontaliera»: ogni lavoratore membro dell’equipaggio di un treno, addetto a servizi di interoperabilità transfrontaliera per più di un’ora sulla base di una prestazione giornaliera;
3)
«orario di lavoro»: qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali;
4)
«periodo di riposo»: qualsiasi periodo che non rientra nell’orario di lavoro;
5)
«periodo notturno»: qualsiasi periodo di almeno 7 ore, come definito dalla legislazione nazionale, e che comprenda in ogni caso l’intervallo fra le ore 24 e le ore 5;
6)
«prestazione notturna»: qualsiasi prestazione di almeno 3 ore di lavoro durante il periodo notturno;
7)
«riposo fuori residenza»: riposo giornaliero che non può essere effettuato nella normale sede di residenza del personale mobile;
8)
«macchinista»: il lavoratore incaricato di guidare una macchina di trazione;
9)
«tempo di guida»: la durata di un’attività programmata nel corso della quale il macchinista è responsabile della guida di una macchina di trazione, escluso il tempo previsto per la messa in servizio e per la messa fuori servizio della macchina, comprese le interruzioni programmate nel corso delle quali il macchinista resta responsabile della guida della macchina di trazione.
Clausola 3
Riposo giornaliero in residenza
Il riposo giornaliero in residenza ha una durata minima di 12 ore consecutive nel corso di un periodo di 24 ore.
Può essere ridotto a un minimo di 9 ore consecutive una volta ogni 7 giorni. In tal caso, le ore corrispondenti alla differenza tra il riposo ridotto e le 12 ore saranno aggiunte al successivo riposo giornaliero in residenza.
Un riposo giornaliero ridotto in modo significativo non potrà essere fissato tra due riposi giornalieri fuori residenza.
Clausola 4
Riposo giornaliero fuori residenza
Il riposo giornaliero fuori residenza ha una durata minima di 8 ore consecutive nel corso di un periodo di 24 ore.
Un riposo giornaliero fuori residenza deve essere seguito da un riposo giornaliero in residenza (1).
Si raccomanda di provvedere a che il lavoratore mobile in riposo fuori residenza sia ospitato in alloggi confortevoli.
Clausola 5
Pause
a) Macchinisti
Se la durata dell’orario di lavoro di un macchinista è superiore a 8 ore, sarà assicurata una pausa di almeno 45 minuti nel corso della giornata lavorativa;
oppure
qualora l’orario di lavoro sia compreso tra 6 e 8 ore, tale pausa sarà di almeno 30 minuti e sarà assicurata nel corso della giornata lavorativa.
La collocazione temporale e la durata della pausa dovranno consentire l’effettivo recupero da parte del lavoratore.
Le pause possono essere adattate nel corso della giornata lavorativa in caso di ritardo dei treni.
Una parte della pausa dovrà situarsi tra la 3a e la 6a ora di lavoro.
La clausola 5 a) non si applica nel caso in cui sia presente un secondo macchinista. In tal caso, le condizioni sono fissate a livello nazionale.
b) Personale di accompagnamento
Per il personale di accompagnamento, sarà assicurata una pausa di 30 minuti se l’orario di lavoro è superiore a 6 ore.
Clausola 6
Riposo settimanale
Il lavoratore mobile che effettua servizi di interoperabilità transfrontaliera ha diritto, per ogni periodo di 7 giorni, ad un periodo minimo di riposo settimanale ininterrotto di 24 ore, alle quali si aggiungono le 12 ore di riposo giornaliero di cui alla clausola 3.
Ogni anno il lavoratore mobile dispone di 104 periodi di riposo di 24 ore, nei quali sono inclusi i periodi di 24 ore dei 52 riposi settimanali
comprendenti:
—
12 periodi di riposo doppi (di 48 ore più il riposo giornaliero di 12 ore) che includono il sabato e la domenica,
e
—
12 periodi di riposo doppi (di 48 ore più il riposo giornaliero di 12 ore) senza garanzia di inclusione di un sabato o di una domenica.
Clausola 7
Tempo di guida
La durata del tempo di guida, come definito nella clausola 2, non può essere superiore a 9 ore per una prestazione diurna e a 8 ore per una prestazione notturna tra due riposi giornalieri.
La durata massima del tempo di guida per ogni periodo di 2 settimane è limitata a 80 ore.
Clausola 8
Controllo
Al fine di consentire la verifica del rispetto delle disposizioni del presente accordo, deve essere custodita una scheda di servizio indicante le ore quotidiane di lavoro e i periodi di riposo del personale mobile. Devono essere disponibili informazioni relative alle ore effettive di lavoro. La scheda di servizio sarà conservata dall’impresa per almeno 1 anno.
Clausola 9
Clausola di non regressione
L’applicazione del presente accordo non costituisce in alcun caso un valido motivo per ridurre il livello generale di protezione dei lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera.
Clausola 10
Seguito dato all’accordo
I firmatari del presente accordo seguiranno la sua attuazione e applicazione nel quadro del Comitato di dialogo settoriale «ferrovie» istituito in base alla decisione 98/500/CE della Commissione.
Clausola 11
Valutazione
Le parti valutano le disposizioni del presente accordo due anni dopo la firma, alla luce delle prime esperienze di sviluppo del trasporto interoperabile transfrontaliero.
Clausola 12
Revisione
Le parti riesamineranno le disposizioni di cui sopra due anni dopo la fine del periodo di attuazione fissato dalla decisione del Consiglio relativa all’accordo.
Bruxelles, 27 gennaio 2004.
Per il CER
Giancarlo CIMOLI
Presidente
Johannes LUDEWIG
Direttore esecutivo
Francesco FORLENZA
Presidente del gruppo dei direttori delle risorse umane
Jean-Paul PREUMONT
Consigliere per gli affari sociali
Per l’ETF
Norbert HANSEN
Presidente della sezione Ferrovie
Jean-Louis BRASSEUR
Vicepresidente della sezione Ferrovie
Doro ZINKE
Segretaria generale
Sabine TRIER
Segretaria politica
(1) Le parti convengono che negoziati su un secondo riposo fuori residenza consecutivo e per la compensazione del riposo fuori residenza possono aver luogo tra le parti sociali a livello dell’impresa ferroviaria o a livello nazionale, se più adeguato. A livello europeo, la questione del numero di riposi consecutivi fuori residenza e della compensazione dei riposi fuori residenza sarà rinegoziata due anni dopo la firma del presente accordo.
ALLEGATO
Elenco delle stazioni di frontiera ufficiali situate oltre il limite dei 15 km per le quali l’accordo è facoltativo
RZEPIN (PL)
TUPLICE (PL)
ZEBRZYDOWICE (PL)
DOMODOSSOLA (IT) | Personale dei treni transfrontalieri: condizioni di lavoro
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
La direttiva è volta ad attuare l'accordo su taluni aspetti delle condizioni di lavoro dei lavoratori mobili* che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera*.
L'accordo è stato concluso tra le parti sociali europee del settore, ovvero la Comunità delle ferrovie europee e la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti.
PUNTI CHIAVE
L'accordo stabilisce un equilibrio tra:
l'esigenza di proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori mobili nei servizi di interoperabilità transfrontaliera nel settore ferroviario;
l'esigenza di flessibilità di funzionamento delle imprese di trasporto ferroviario nella prospettiva di uno spazio ferroviario integrato dell'Unione europea (UE).
L'accordo riconosce ai lavoratori un periodo di riposo giornaliero di 12 ore consecutive e pause da 30 a 45 minuti. L'accordo limita il tempo di guida giornaliera a 9 ore per una prestazione diurna e a 8 ore per una prestazione notturna.
I datori di lavoro godono invece di una maggiore flessibilità perché possono eccezionalmente ridurre i periodi di riposo giornaliero a 9 ore invece delle 11 previste dalla direttiva 2003/88/CE sull'organizzazione dell'orario di lavoro.
I paesi dell'UE possono mantenere o introdurre norme più favorevoli rispetto a quelle previste dalla direttiva.
La direttiva non può servire a giustificare una minore protezione nei confronti dei lavoratori interessati quando questa sia accordata dalla legislazione nazionale esistente.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è in vigore dal 27 luglio 2005. I paesi dell'UE dovevano integrarla nel diritto nazionale entro il 27 luglio 2008.
CONTESTO
La presente direttiva si inscrive nel quadro generale dell’interoperabilità dei sistemi ferroviari dell'UE. Una rete ferroviaria più integrata deve permettere all'UE di ridurre l'utilizzo del trasporto su strada e gli effetti nefasti che ne conseguono. Coinvolgendo le parti sociali, essa mira a garantire condizioni di lavoro soddisfacenti per i lavoratori impiegati nei servizi di interoperabilità ferroviaria.
* TERMINI CHIAVE
Lavoratore mobile: qualsiasi membro del personale ferroviario assegnato a servizi di interoperabilità transfrontaliera per più di un'ora per ciascuna prestazione giornaliera.
Servizio di interoperabilità transfrontaliera: funzionamento dei treni appartenenti a un paese sulle linee di un altro paese.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2005/47/CE del Consiglio, del 18 luglio 2005, concernente l’accordo tra la Comunità delle ferrovie europee (CER) e la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) su taluni aspetti delle condizioni di lavoro dei lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera nel settore ferroviario (GU L 195 del 27.7.2005, pag. 15-17)
DOCUMENTI COLLEGATI
Comunicazione della Commissione al Consiglio: Impatto economico e sociale dell'accordo allegato alla direttiva 2005/47/CE, concluso tra le parti sociali il 27 gennaio 2004, su taluni aspetti delle condizioni di lavoro dei lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera nel settore ferroviario [COM(2008) 855 def. del 15.12.2008]
Direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro (GU L 299 del 18.11.2003, pag. 9-19) | 7,027 | 856 |
DECISIONE 2008/852/GAI DEL CONSIGLIO
del 24 ottobre 2008
relativa a una rete di punti di contatto contro la corruzione
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 29, l’articolo 30, paragrafo 1, l’articolo 31 e l’articolo 34, paragrafo 2, lettera c),
vista l’iniziativa della Repubblica federale di Germania (1),
visto il parere del Parlamento europeo (2),
considerando quanto segue:
(1)
L’articolo 29 del trattato stabilisce che l’obiettivo dell’Unione di fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia dev’essere perseguito prevenendo e reprimendo la criminalità, organizzata o di altro tipo, ivi comprese la corruzione e la frode.
(2)
La strategia dell’Unione europea per l’inizio del nuovo millennio sulla prevenzione e il controllo della criminalità organizzata sottolinea la necessità di sviluppare una politica globale dell’UE contro la corruzione.
(3)
Nella risoluzione del 14 aprile 2005 relativa ad una politica globale dell’UE contro la corruzione, che rinvia alla comunicazione della Commissione, presentata il 28 maggio 2003, al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale su una politica globale dell’UE contro la corruzione, il Consiglio riafferma l’importanza del ruolo e dell’opera degli Stati membri nell’elaborazione di una politica anticorruzione globale e sfaccettata sia nel settore pubblico sia nel settore privato, in collaborazione con tutti i pertinenti attori, tanto della società civile quanto del mondo imprenditoriale.
(4)
Il Consiglio europeo ha accolto con favore lo sviluppo, nel programma dell’Aja (3) (punto 2.7), di un concetto strategico contro la criminalità organizzata transfrontaliera e la corruzione a livello di UE e ha chiesto al Consiglio e alla Commissione di approfondire tale concetto e di renderlo operativo.
(5)
I capi e i principali esponenti degli organi di polizia degli Stati membri addetti alla vigilanza e al controllo, nonché i capi e i principali esponenti delle agenzie per la lotta contro la corruzione dotati di un ampio mandato si sono riuniti nel novembre 2004 a Vienna in occasione della conferenza dell’AGIS sul rafforzamento della cooperazione operativa nella lotta contro la corruzione nell’Unione europea. Hanno sottolineato l’importanza di rafforzare ulteriormente la loro cooperazione attraverso, fra l’altro, riunioni annuali e si sono espressi positivamente sull’idea di una rete europea per la lotta anticorruzione fondata sulle strutture esistenti. Sulla scia della conferenza di Vienna questi partner europei contro la corruzione (EPAC) si sono riuniti a Budapest nel novembre 2006 per la sesta riunione annuale, nel corso della quale hanno confermato, con una stragrande maggioranza, il proprio impegno a sostenere l’iniziativa volta a istituire una rete più formale per la lotta contro la corruzione.
(6)
Al fine di rafforzare le strutture esistenti, le autorità e le agenzie che faranno parte della rete europea per la lotta contro la corruzione potrebbero includere le organizzazioni che sono membri dell’EPAC.
(7)
Il rafforzamento della cooperazione internazionale è generalmente (4) considerato una questione fondamentale della lotta contro la corruzione. La lotta contro tutte le forme di corruzione dovrebbe essere migliorata cooperando efficacemente, individuando occasioni, condividendo buone prassi e sviluppando elevati standard professionali. L’istituzione di una rete per la lotta contro la corruzione a livello di UE costituisce un notevole contributo al miglioramento di tale cooperazione,
DECIDE:
Articolo 1
Oggetto
Al fine di migliorare la cooperazione tra le autorità e le agenzie per prevenire e reprimere la corruzione in Europa è istituita una rete di punti di contatto degli Stati membri dell’Unione europea (in prosieguo denominata la «rete»). La Commissione europea, l’Europol e l’Eurojust sono pienamente associati alle attività di detta rete.
Articolo 2
Composizione della rete
La rete è composta dalle autorità e agenzie degli Stati membri dell’Unione europea incaricate di prevenire e reprimere la corruzione. I membri sono designati dagli Stati membri. Gli Stati membri designano almeno una e al massimo tre organizzazioni. La Commissione europea designa i suoi rappresentanti. Nell’ambito delle rispettive competenze, l’Europol e l’Eurojust possono partecipare alle attività della rete.
Articolo 3
Compiti della rete
1. La rete svolge in particolare i seguenti compiti:
1)
rappresenta un forum per lo scambio di informazioni in tutta l’UE su misure efficaci ed esperienze nella prevenzione e nella repressione della corruzione;
2)
agevola la creazione e il mantenimento attivo di contatti tra i suoi membri.
A tali fini, in particolare, è tenuto aggiornato un elenco di punti di contatto ed è reso operativo un sito web.
2. Per l’espletamento dei loro compiti i membri della rete si riuniscono non meno di una volta l’anno.
Articolo 4
Ambito di applicazione
La cooperazione di polizia e giudiziaria tra gli Stati membri è disciplinata dalle pertinenti norme. L’istituzione della rete non pregiudica tali norme e non pregiudica il ruolo del CEPOL.
Articolo 5
Organizzazione della rete
1. La rete si organizza, basandosi sulla collaborazione informale esistente tra gli EPAC.
2. Gli Stati membri e la Commissione europea sostengono tutte le spese dei membri o dei rappresentanti da essi designati. Si applica la stessa regola all’Europol e all’Eurojust.
Articolo 6
Entrata in vigore
La presente decisione ha effetto il giorno successivo alla data di adozione.
Fatto a Lussemburgo, addì 24 ottobre 2008.
Per il Consiglio
La presidente
M. ALLIOT-MARIE
(1) GU C 173 del 26.7.2007, pag. 3.
(2) Parere del 5 giugno 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(3) Programma dell’Aia: rafforzamento della libertà, della sicurezza e della giustizia nell’Unione europea (GU C 53 del 3.3.2005, pag. 1).
(4) Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall’Assemblea generale con risoluzione 58/4 del 31 ottobre 2003. | Rete europea di punti di contatto contro la corruzione (EACN)
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Stabilisce una rete di punti di contatto contro la corruzione attraverso tutta l'Unione europea (UE), basandosi sulla collaborazione esistente tra i partner europei contro la corruzione (EPAC).
PUNTI CHIAVE
La presente decisione istituisce una rete di punti di contatto dei paesi dell'UE per prevenire o reprimere la corruzione. Il suo scopo è migliorare la cooperazione fra queste autorità per contrastare la corruzione a livello dell'UE.
La rete è composta dalle autorità e agenzie pertinenti dei paesi dell'UE. Ciascun paese designa come membri della rete almeno una e al massimo tre organizzazioni. Anche l'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) è un membro. La Commissione europea partecipa alle attività della rete e designa i suoi rappresentanti. In modo analogo, Europol ed Eurojust possono partecipare alla rete. Un elenco di punti di contatto aggiornato è disponibile sul sito Internet EPAC-EACN.
La rete svolge in particolare i seguenti compiti:
rappresenta un forum per lo scambio di buone prassi ed esperienze nella prevenzione e nella repressione della corruzione;
agevola la creazione e il mantenimento attivo di contatti tra i suoi membri.
Inoltre, per l’espletamento dei suoi compiti la rete si riunisce non meno di una volta l’anno.
L’istituzione della rete non pregiudica le norme che disciplinano la cooperazione di polizia e giudiziaria fra i paesi dell'UE, né pregiudica il ruolo dell’Accademia europea di polizia.
La rete si organizza, basandosi sulla collaborazione informale esistente tra i partner europei contro la corruzione (EPAC). Ciascun paese dell'UE, la Commissione, Europol ed Eurojust sostengono tutte le spese relative alla rete.
CONTESTO
Nel novembre 2004, in occasione della conferenza dell’AGIS sul rafforzamento della cooperazione operativa nella lotta contro la corruzione nell’Unione europea, gli EPAC hanno sostenuto l’iniziativa volta a istituire una rete europea contro la corruzione a livello dell'UE. Essi hanno confermato il loro impegno in tale iniziativa nel novembre 2006, nel corso della loro riunione annuale.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2008/852/GAI del Consiglio, del 24 ottobre 2008, relativa a una rete di punti di contatto contro la corruzione (GU L 301 del 12.11.2008, pag. 38–39) | 2,668 | 448 |
Direttiva 90/270/CEE del Consiglio, del 29 maggio 1990, relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali (quinta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE)
Gazzetta ufficiale n. L 156 del 21/06/1990 pag. 0014 - 0018 edizione speciale finlandese: capitolo 5 tomo 4 pag. 0203 edizione speciale svedese/ capitolo 5 tomo 4 pag. 0203
DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 29 maggio 1990 relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali (quinta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (90/270/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 118 A, vista la proposta della Commissione, presentata previa consultazione del comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro (1), in cooperazione con il Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che l'articolo 118 A del trattato prevede che il Consiglio adotti, mediante direttiva, prescrizioni minime per promuovere il miglioramento in particolare dell'ambiente di lavoro, per garantire un più elevato livello di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori; considerando che, a norma dell'articolo precitato, le direttive evitano di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici di natura tale da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese; considerando che la comunicazione della Commissione sul suo programma nel settore della sicurezza, dell'igiene e della salute sul luogo di lavoro (4) prevede l'adozione di misure relative alle nuove tecnologie e che il Consiglio, nella sua risoluzione del 21 dicembre 1987 concernente la sicurezza, l'igiene e la salute sul luogo di lavoro (5) ne ha preso atto; considerando che il rispetto delle prescrizioni minime atte a garantire un migliore livello di sicurezza dei posti di lavoro dotati di videoterminali costituisce un imperativo per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori; considerando che la presente direttiva è una direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento GU n. C 130 del 26. 5. 1989, pag. 5. GU n. C 113 del 7. 5. 1990. della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (6); che di conseguenza le disposizioni di quest'ultima direttiva si applicano pienamente al settore dell'utilizzazione, da parte dei lavoratori, di attrezzature munite di videoterminali, fatte salve le disposizioni più vincolanti e/o specifiche contenute nella presente direttiva; considerando che i datori di lavoro sono tenuti ad informarsi circa i progressi tecnici e le conoscenze scientifiche in materia di concezione dei posti di lavoro, al fine di procedere agli eventuali adattamenti resisi necessari, in modo da garantire una maggiore protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori; considerando che per i posti di lavoro con videoterminali gli aspetti ergonomici rivestono particolare importanza; considerando che la presente direttiva costituisce un elemento concreto nell'ambito della realizzazione della dimensione sociale del mercato interno; considerando che, a norma della decisione 74/325/CEE (7), la Commissione consulta il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro ai fini dell'elaborazione di proposte in questo settore, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: SEZIONE I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Oggetto 1. La presente direttiva, che è la quinta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE, stabilisce prescrizioni minime di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali quali sono definite all'articolo 2. 2. Le disposizioni della direttiva 89/391/CEE si applicano interamente a tutto il settore di cui al paragrafo 1, fatte salve le disposizioni più vincolanti e/o specifiche contenute nella presente direttiva. 3. La presente direttiva non si applica: a) ai posti di guida di veicoli o macchine; b) ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto; c) ai sistemi informatici destinati in modo prioritario all'utilizzazione da parte del pubblico; d) ai sistemi denominati «portatili» ove non siano oggetto d'utilizzazione prolungata in un posto di lavoro; e) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o delle misure necessarie all'uso diretto di tale attrezzatura; f) alle macchine per scrivere classiche, denominate «macchine a finestra». Articolo 2 Definizioni Ai sensi della presente direttiva si intende per: a) videoterminale, uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal procedimento di visualizzazione utilizzato; b) posto di lavoro, l'insieme che comprende le attrezzature munite di un videoterminale, eventualmente con tastiera o altro sistema di immissione dati, e/o software per l'interfaccia uomo/macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiature connesse comprendenti l'unità a dischi, il telefono, il modem, la stampante, il supporto per documenti, il sedile e il piano di lavoro, nonché l'ambiente di lavoro immediatamente circostante; c) lavoratore, qualunque lavoratore ai sensi dell'articolo 3, lettera a) della direttiva 89/391/CEE che utilizzi regolarmente, durante un periodo significativo del suo lavoro normale, un'attrezzatura munita di videoterminale. SEZIONE II OBBLIGHI DEI DATORI DI LAVORO Articolo 3 Analisi dei posti di lavoro 1. I datori di lavoro sono tenuti a compiere un'analisi dei posti di lavoro per determinarne le condizioni di sicurezza e salute per i lavoratori, in particolare per quanto riguarda i rischi eventuali per la vista e i problemi di affaticamento fisico e mentale. 2. I datori di lavoro devono prendere le misure appropriate per ovviare ai rischi così riscontrati, in base alla valutazione di cui al paragrafo 1, tenendo conto della somma e/o della combinazione delle incidenze dei rischi riscontrati. Articolo 4 Posti di lavoro messi in servizio per la prima volta I datori di lavoro devono prendere le misure appropriate affinché i posti di lavoro messi in servizio per la prima volta dopo il 31 dicembre 1992 soddisfino alle prescrizioni minime di cui all'allegato. Articolo 5 Posti di lavoro già messi in servizio I datori di lavoro devono prendere le misure appropriate affinché i posti di lavoro già messi in servizio entro il 31 dicembre 1992 siano adattati per soddisfare alle prescrizioni minime di cui all'allegato entro quattro anni al massimo a decorrere da tale data. Articolo 6 Informazione e formazione dei lavoratori 1. Fatto salvo l'articolo 10 della direttiva 89/391/CEE, i lavoratori devono ricevere informazioni su tutto ciò che riguarda la salute e la sicurezza in relazione al loro posto di lavoro, in particolare le informazioni sulle misure applicabili al posto di lavoro attuate a norma dell'articolo 3 e degli articoli 7 e 9. In tutti i casi i lavoratori o i loro rappresentanti sono informati su tutte le misure in materia di sicurezza e salute prese in applicazione della presente direttiva. 2. Fatto salvo l'articolo 12 della direttiva 89/391/CEE, ogni lavoratore deve ricevere inoltre una formazione per quanto riguarda le modalità d'impiego, prima di iniziare questo tipo di lavoro ed ogniqualvolta l'organizzazione del posto di lavoro è modificata in modo sostanziale. Articolo 7 Svolgimento quotidiano del lavoro Il datore di lavoro è tenuto a concepire l'attività del lavoratore in modo che il lavoro quotidiano su videoterminale sia periodicamente interrotto con pause o cambiamenti di attività, in modo da ridurre l'onere del lavoro su videoterminale. Articolo 8 Consultazione e partecipazione dei lavoratori La consultazione e la partecipazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti si svolge conformemente all'articolo 11 della direttiva 89/391/CEE per tutte le materie disciplinate dalla presente direttiva, compreso il suo allegato. Articolo 9 Protezione degli occhi e della vista dei lavoratori 1. I lavoratori beneficiano di un adeguato esame degli occhi e della vista, effettuato da una persona che abbia le competenze necessarie: - prima di iniziare l'attività su videoterminale, - periodicamente, in seguito, e - allorché subentrino disturbi visivi attribuibili al lavoro su videoterminale. 2. I lavoratori beneficiano di un esame oculistico, qualora l'esito dell'esame di cui al paragrafo 1 ne evidenzi la necessità. 3. I lavoratori devono ricevere dispositivi speciali di correzione in funzione dell'attività svolta, qualora i risultati dell'esame di cui al paragrafo 1 o dell'esame di cui al paragrafo 2 ne evidenzino la necessità e non sia possibile utilizzare dispositivi di correzione normali. 4. Le misure prese in applicazione del presente articolo non devono assolutamente comportare oneri finanziari supplementari a carico dei lavoratori. 5. La protezione degli occhi e della vista dei lavoratori può far parte d'un sistema sanitario nazionale. SEZIONE III DISPOSIZIONI VARIE Articolo 10 Adeguamenti dell'allegato Gli adattamenti di carattere prettamente tecnico dell'allegato in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione delle normative o specifiche internazionali oppure delle conoscen- ze nel settore delle attrezzature dotate di videoterminali sono adottate secondo la procedura prevista all'articolo 17 della direttiva 89/391/CEE. Articolo 11 Disposizioni finali 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi il 31 dicembre 1992. Essi ne informano immediatamente la Commissione. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che hanno già adottato o che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. 3. Ogni quattro anni gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione sull'attuazione pratica delle disposizioni della presente direttiva, indicando i punti di vista delle parti sociali. La Commissione ne informa il Parlamento europeo, il Consiglio, il Comitato economico e sociale e il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro. 4. La Commissione presenta periodicamente al Parlamento europeo, al Consiglio ed al Comitato economico e sociale una relazione sull'attuazione della presente direttiva, tenendo conto dei paragrafi 1, 2 e 3. Articolo 12 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 29 maggio 1990. Per il Consiglio Il Presidente B. AHERN (1) GU n. C 113 del 29. 4. 1988, pag. 7, e(2) GU n. C 12 del 16. 1. 1989, pag. 92, e(3) GU n. C 318 del 12. 12. 1988, pag. 32. (4) GU n. C 28 del 3. 2. 1988, pag. 3. (5) GU n. C 28 del 3. 2. 1988, pag. 1.(6) GU n. L 183 del 29. 6. 1989, pag. 1. (7) GU n. L 185 del 9. 7. 1974, pag. 15. ALLEGATO PRESCRIZIONI MINIME (Articoli 4 e 5) Osservazione preliminare Gli obblighi previsti dal presente allegato si applicano al fine di realizzare gli obiettivi della presente direttiva e qualora gli elementi considerati esistano sul posto di lavoro e non contrastino con le esigenze o caratteristiche intrinseche della mansione. 1. ATTREZZATURE a) Osservazione generale L'utilizzazione in sé dell'attrezzatura non deve essere fonte di rischio per i lavoratori. b) Schermo I caratteri sullo schermo devono avere una buona definizione e una forma chiara, una grandezza sufficiente e vi deve essere uno spazio adeguato tra i caratteri e le linee. L'immagine sullo schermo deve essere stabile, esente da sfarfallamento o da altre forme d'instabilità. La brillanza e/o il contrasto tra i caratteri e lo sfondo dello schermo devono essere facilmente regolabili da parte dell'utilizzatore del videoterminale e facilmente adattabili alle condizioni ambientali. Lo schermo dev'essere orientabile ed inclinabile liberamente e facilmente per adeguarsi alle esigenze dell'utilizzatore. È possibile utilizzare un sostegno separato per lo schermo o un piano regolabile. Lo schermo non deve avere riflessi e riverberi che possano causare molestia all'utilizzatore. c) Tastiera La tastiera dev'essere inclinabile e dissociata dallo schermo per consentire al lavoratore di assumere una posizione confortevole e tale da non provocare l'affaticamento delle braccia o delle mani. Lo spazio davanti alla tastiera dev'essere sufficiente onde consentire un appoggio per le mani e le braccia dell'utilizzatore. La tastiera deve avere una superficie opaca onde evitare i riflessi. La disposizione della tastiera e le caratteristiche dei tasti devono tendere ad agevolare l'uso della tastiera stessa. I simboli dei tasti devono presentare sufficiente contrasto ed essere leggibili dalla normale posizione di lavoro. d) Piano di lavoro Il piano di lavoro deve avere una superficie poco riflettente, essere di dimensioni sufficienti e permettere una disposizione flessibile dello schermo, della tastiera, dei documenti e del materiale accessorio. Il supporto per i documenti deve essere stabile e regolabile e deve essere collocato in modo tale da ridurre al massimo i movimenti fastidiosi della testa e degli occhi. È necessario uno spazio sufficiente che permetta ai lavoratori una posizione comoda. e) Sedile di lavoro Il sedile di lavoro dev'essere stabile, permettere all'utilizzatore una certa libertà di movimento ed una posizione comoda. I sedili debbono avere altezza regolabile. Il loro schienale deve essere regolabile in altezza e in inclinazione. Un poggiapiedi sarà messo a disposizione di coloro che lo desiderino. 2. AMBIENTE a) Spazio Il posto di lavoro deve essere ben dimensionato e allestito in modo che vi sia spazio sufficiente per permettere cambiamenti di posizione e di movimenti operativi. b) Illuminazione L'illuminazione generale e/o l'illuminazione specifica (lampade di lavoro) devono garantire un'illuminazione sufficiente ed un contrasto appropriato tra lo schermo e l'ambiente, tenuto conto delle caratteristiche del lavoro e delle esigenze visive dell'utilizzatore. Fastidiosi abbagliamenti e riflessi sullo schermo o su altre attrezzature devono essere evitati strutturando l'arredamento del locale e del posto di lavoro in funzione dell'ubicazione delle fonti di luce artificiale e delle loro caratteristiche tecniche. c) Riflessi e abbagliamenti I posti di lavoro devono essere sistemati in modo che le fonti luminose quali le finestre e le altre aperture, le pareti trasparenti o traslucide, nonché le attrezzature e le pareti di colore chiaro non producano riflessi fastidiosi sullo schermo. Le finestre devono essere munite di un opportuno dispositivo di copertura regolabile per attenuare la luce diurna che illumina il posto di lavoro. d) Rumore Il rumore emesso dalle attrezzature appartenenti al/ai posto/i di lavoro deve essere preso in considerazione al momento della sistemazione del posto di lavoro, in particolare al fine di non perturbare l'attenzione e la comunicazione verbale. e) Calore Le attrezzature appartenenti al/ai posto/i di lavoro non devono produrre un eccesso di calore che possa essere fonte di disturbo per i lavoratori. f) Radiazioni Tutte le radiazioni, eccezion fatta per la parte visibile dello spettro elettromagnetico, devono essere ridotte a livelli trascurabili dal punto di vista della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori. g) Umidità Si deve far in modo di ottenere e mantenere un'umidità soddisfacente. 3. INTERFACCIA ELABORATORE/UOMO All'atto dell'elaborazione, della scelta, dell'acquisto del software, o allorché questo viene modificato, come anche nel definire le mansioni che implicano l'utilizzazione di unità videoterminali, il datore di lavoro terrà conto dei seguenti fattori: a) il software deve essere adeguato alla mansione da svolgere; b) il software deve essere di facile uso e, se del caso, adattabile al livello di conoscenze e di esperienza dell'utilizzatore; nessun dispositivo di controllo quantitativo o qualitativo può essere utilizzato all'insaputa dei lavoratori; c) i sistemi debbono fornire ai lavoratori delle indicazioni sul loro svolgimento; d) i sistemi devono fornire l'informazione in un formato e ad un ritmo adeguato agli operatori; e) i principi dell'ergonomia devono essere applicati in particolare all'elaborazione dell'informazione da parte dell'uomo. | Lavorare con attrezzature munite di videoterminali
QUAL È L’OBBIETTIVO DELLA DIRETTIVA?
Essa stabilisce le prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali* nell’ Unione Europea (Unione).
PUNTI CHIAVE
Ambito di applicazione
La presente Direttiva contiene regole che integra le regole generali contenute nella Direttiva 89/391/CEE relativa alla salute e alla sicurezza dei lavoratori a lavoro (si veda sintesi).
Si prega di notare che, tuttavia, la presente direttiva non si applica:ai posti di guida di veicoli o macchine; ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di trasporto; ai sistemi informatici destinati in modo prioritario all’uso da parte del pubblico; ai sistemi denominati «portatili» ove non siano oggetto d’utilizzazione prolungata in un posto di lavoro stazione di lavoro*; alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte le attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei dati o delle misure necessarie all’uso diretto di tale attrezzatura; alle macchine per scrivere classiche, denominate ««macchine finestra»». Obblighi dei datori di lavoroPer assicura la sicurezza e la salute dei lavorati, i datori di lavoro sono tenuti a:compiere un’analisi dei posti di lavoro per determinarne le condizioni di sicurezza e di salute per i lavoratori, in particolare per quanto riguarda i rischi eventuali per la vista e problemi di affaticamento fisico e mentale;garantire che i lavoratori ricevano una formazione sufficiente e adeguata in materia di sicurezza e di salute, relative alla stazione di lavoro. Inoltre, devono organizzare le attività dei lavoratori in modo tale che il lavoro giornaliero sull’attrezzatura munita di videoterminali sia periodicamente interrotto da pause o cambi di attività. Devono fornire ai lavoratori la formazione sull’uso della stazione di lavoro prima di cominciare questo tipo di lavoro e qualora ci sia un sostanziale cambiamento nell’organizzazione della stazione di lavoro.Protezione degli occhi e della vista dei lavoratoriPrima di iniziare l’attività su videoterminale, i lavoratori beneficiano di un adeguato esame degli occhi e della vista, effettuato da una persona che abbia le competenze necessarie, e ad intervalli regolari durante le loro attività e se subentrino disturbi visivi. Se necessario e se i normali dispositivi di correzione non può essere usati, i lavoratori devono essere forniti dei interessati dispositivi speciali di correzione in funzione all’attività svolta, a titolo gratuito. Atti delegati
La Commissione Europea è abilitata ad adottare atti delegati, conformemente all’Articolo 10a del Regolamento (UE) 2019/1243, per apportare modifiche di carattere strettamente tecnico agli allegati, per progresso tecnico, dell’evoluzione delle normative o specifiche internazionali e delle conoscenze nel campo delle attrezzature munite di videoterminali.
Revisione della normativa
Come parte del suo quadro strategico sulla sicurezza e salute al lavoro 2021-2027, pubblicato a giugno 2021, la Commissione sta programmando di revisionare la Direttiva 90/270/CEE in vista della digitalizzazione da quando la suddetta Direttiva è stata adottata per la prima volta.
DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
La presente Direttiva 90/270/CEE è entrata in vigore dal 11 giugno 1990 e doveva diventare legge (trasposizione) negli Stati membri entro 31 dicembre 1992.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si veda:Direttiva 90/270/CEE-attrezzature munite di videoterminali (Agenzia Europea per la sicurezza e la salute sul lavoro).
TERMINI CHIAVE
Attrezzature munite di videoterminali. Uno schermo alfanumerico o grafico a prescindere dal procedimento di visualizzazione utilizzato.
Stazione di lavoro. L’insieme che comprende le attrezzature munite di un videoterminale, eventualmente con tastiera o altro sistema di immissione dati, e/o software per l’interfaccia uomo/macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiature connesse comprendenti l’unità a dischi, il telefono, il modem, la stampante, il supporto per documenti, il sedile e il piano di lavoro, nonché l’ambiente di lavoro immediatamente circostante.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva del Consiglio, 90/270/CEE del 29 maggio 1990, relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali (quinta direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della Direttiva 89/391/CEE) (GU L156 21.6.1990, pag. 14).
Successivi emendamenti alla Direttiva 90/270/CEE sono stati incorporati nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni. Quadro strategico dell’Unione in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro 2021-2027. Sicurezza e salute sul lavoro in un mondo del lavoro in evoluzione (COM(2021) 323 finale, 28.6.2021).
Direttiva del Consiglio 89/391/CEE del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183 del 29.6.1989, pag. 1).
Si veda la versione consolidata. | 6,873 | 950 |
Direttiva 89/105/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1988 riguardante la trasparenza delle misure che regolano la fissazione dei prezzi delle specialità per uso umano e la loro inclusione nei regimi nazionali di assicurazione malattia
Gazzetta ufficiale n. L 040 del 11/02/1989 pag. 0008 - 0011 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 9 pag. 0045 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 9 pag. 0045
DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 21 dicembre 1988 riguardante la trasparenza delle misure che regolano la fissazione dei prezzi delle specialità medicina1i per uso umano e la loro inclusione nei regimi nazionali di assicurazione malattia (89/105/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100 A,vista la proposta della Commissione (1),in cooperazione con il parlamento europeo (2),visto il parere del Comitato economico e sociale (3),considerando che le autorizzazioni di commercializzazione delle specialità medicinali, rilasciate in applicazione della direttiva 6S/65/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 196S, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (a), modificata da ultimo dalla direttiva 87/21/CEE (4), possono essere rifiutate soltanto per motivi inerenti alla qualità, alla sicurezza o allefficacia della specialità medicinale in questione;considerando che gli Stati membri hanno adottato misure di carattere economico per quanto riguarda la commercializzazione delle specialità medicinali, per controllare le spese a carico dei servizi sanitari per tali specialità medicinali: che tali misure includono controlli diretti ed indiretti dei prezzi delle specialità medicinali come una conseguenza dell'inadeguatezza o dellassenza di concorrenza nel mercato delle specialita medicinali e restrizioni della gamma delle specialità coperte dai regimi nazionali di assicurazione malattia;considerando che lo scopo principale di tali misure è la promozione della salute pubblica attraverso un'adeguata disportibilità di specialità medicinali a prezzi ragionevoli; che tuttaviatali misure dovrebbero servire anche a promuovere l'efficienza produttiva delle specialità medicinali e ad incoraggiare la ricerca e lo sviluppo di nvove specialità medicinali, da cui dipende in definitiva il mantenimeto di un alto livello di salute pubblica nella Comunità;considerando che disparità in tali misure possono ostacolare o falsare il commercio intracomunitario delle specialità medicinali e quindi pregiudicare direttamente il funzionamento del mercato comune delle specialità medicinali;considerando che l'obiettivo della presente direttiva è di ottenere una visione d'insieme delle intese nazionali in materia di prezzi, compreso il modo in cui esse operano nei singoli casi e tutti i criteri su cui sono basate, e di renderle note a tutte le persone interessate dal mercato delle specialità medicinali negli Stati membri; che questa informazione dovrebbe essere pubblica;considerando che è urgentemente necessario, come primo passo per eliminare queste disparità, stabilire una serie di esigenze per assicurare che tutti gli interessati possano verificare che le misure nazionali non costituiscano restrizioni quantitative alle importazioni o esportazioni né misure di effetto equivalente; che tuttavia queste esigenze non intaccano le politiche degli Stati membri che basano la determinazione dei prezzi delle specialità medicinali in primo luogo sulla libera concorrenza; che dette esigenze non influenzano nemmeno le politiche nazionali per la fissazione dei prezzi e la determinazione dei regimi di previdenza sociale salvo nella misura in cui sia necessario raggiungere la trasparenza prevista dalla presente direttiva;considerando che l'ulteriore ravvicinamento di queste misure deve avvenire progressivamente,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 11. Gli Stati membri assicurano la conformità con le esigenze della presente direttiva di qualsiasi misura nazionale, di natura legislativa, regolamentare o amministrativa, presa per controllare i prezzi delle specialità medicinali per uso umano o per restringere la gamma delle specialità medicinali coperte dai regimi nazionali di assicurazione malattia.2. È applicabile ai fini della presente direttiva la definizione della nozione «specialità medicinale» figurante all'articolo 1 della direttiva 65/65/CEE.3. Nessun elemento della presente direttiva consente la commercializzazione di una specialità medicinale per cui non è stata rilasciata l'autorizzazione di cui all' articolo 3 della direttiva 65/65/CEE.Articolo 2Sono applicabili le disposizioni seguenti se la commercializzazione di una specialità medicinale è permessa solo dopo che le autorità competenti dello Stato membro interessato abbiano approvato il prezzo del prodotto:1) Gli Stati membri assicurano che sia adottata una decisione sul prezzo che può essere imposto per la specialità medicinale in questione e che detta decisione sia comunicata al richiedente entro un termine di novanta giorni dal ricevimento di una richiesta presentata, conformemente alle condizioni stabilite nello Stato membro in questione,dal detentore di un'autorizzazione di commercializzazione. Il richiedente fornisce alle autorità competenti informazioni sufficienti. Se le informazioni a sostegno della richiesta sono insufficienti le autorità competenti notificano immediatamente al richiedente quali siano le informazioni particolareggiate supplementari richieste e prendono una decisione definitiva entro novanta giorni dal ricevimento di queste informazioni supplementari. In mancanza di tale decisione, entro il (i) termine(i) precisato(i), il richiedente ha il diritto di commercializzare il prodotto al prezzo proposto.2) Se le autorità competenti decidono di non permettere la commercializzazione della specialità medicinale in questione al prezzo proposto dal richiedente, la decisione contiene un esposto dei motivi basato su criteri obiettivi e verificabili. Il richiedente è inoltre informato dei mezzi di ricorso di cui dispone in virtù delle leggi in vigore e dei termini entro cui deve introdurre detto ricorso.3) Almeno una volta all'anno le autorità competenti pubblicano in una pubblicazione appropriata e comunicano alla Commissione un elenco delle specialità medicinali i cui prezzi sono stati fissati nel periodo preso in considerazione, assieme ai prezzi che possono essere imposti per tali prodotti.Articolo 3Fatto salvo l'articolo 4, si applicano le disposizioni seguenti se l'aumento di prezzo di una specialità medicinale è permesso solo dopo aver ottenuto la previa approvazione delle autorità competenti:1) Gli Stati membri assicurano che sia adottata una decisione per ogni richiesta di aumento del prezzo di una specialità medicinale presentata, conformemente alle condizioni stabilite nello Stato membro in questione, dal detentore dell'autorizzazione di commercializzazione, e che detta decisione sia comunicata al richiedente entro un termine di novanta giorni dal ricevimento della richiesta. Il richiedente formisce alle autorità competenti informazioni sufficienti, compresi i fatti particolareggiati che si sono verificati dopo l'ultima fissazione del prezzo della specialità medicinale e che giustificano, a suo parere, l'aumento di prezzo richiesto. Se le informazioni a sostegno della richiesta sono insufficienti le autorità competenti notificano immediatamente al richiedente quali siano le informazioni particolareggiate supplementari richieste e prendono una decisione definitiva entro novanta giorni dal ricevimento di queste informazioni supplementari.Nel caso di un numero eccezionale di richieste il termine può essere prorogato una sola volta di ulteriori sessanta giorni. Tale proroga è notificata al richiedente prima della scadenza del termine.In mancanza di tale decisione entro il (i) termine(i) precitato(i) il richiedente ha il diritto di applicare l'intero aumento di prezzo richiesto.2) Se le autorità competenti decidono di non permettere, in tutto o in parte, l'aumento di prezzo richiesto, la decisione contiene un esposto dei motivi basato su criteri obiettivi e verificabili, e il richiedente è informato dei mezzi di ricorso di cui dispone in virtù delle leggi in vigore e dei termini entro cui deve introdurre detto ricorso.3) Almeno una volta all'anno le autorità competenti pubblicano in una pubblicazione appropriata e comunicano alla Commissione un elenco delle specialità medicinali per cui sono stati accordati aumenti di prezzo durante il periodo preso in considerazione, assieme al nuovo prezzo che può essere applicato a tali prodotti.Articolo 41. Nel caso di un blocco dei prezzi di tutte le specialità medicinali o di certe loro categorie imposto dalle autorità competenti di uno Stato membro, detto Stato membro verifica, almeno una volta all'anno, se le condizioni macroeconomiche giustifichino la continuazione senza modifiche del blocco. Entro novanta giorni dall'inizio di questo esame, le autorità competenti annunciano quali eventuali maggiorazioni o diminuzioni di prezzo sono apportate.2. In casi eccezionali il detentore di un'autorizzazione di commercializzazione di specialità medicinali può richiedere una deroga dal blocco dei prezzi se ciò è giustificato da motivi particolari. La richiesta contiene un esposto sufficiente di tali motivi. Gli Stati membri assicurano che sia adottata una decisione motivata in merito ad ogni richiesta e che detta decisione sia comunicata al richiedente entro un termine di novanta giorni. Se le informazioni a sostegno della richiesta sono insufficienti, le autorità competenti notificano immediatamente al richiedente quali siano le informazioni particolareggiate supplementari richieste e prendono una decisione definitiva entro novanta giorni dal ricevimento di queste informazioni supplementari. Se la deroga è accordata, le autorità competenti pubblicano immediatamente un annuncio concernente l'aumento di prezzo accordato.Nel caso di un numero eccezionale di richieste il termine può essere prorogato una sola volta di ulteriori sessanta giorni. Tale proroga è notificata al richiedente prima della scadenza del termine iniziale.Articolo 5Se uno Stato membro adotta un sistema di controlli diretti o indiretti sui margini di utile dei responsabili dell'immissione sul mercato di specialità medicinali, esso pubblica le informazioni seguenti in una pubblicazione appropriata e le comunica alla Commissione :a) il metodo o i metodi usati nello Stato membro interessato per definire il margine di utile: redditività delle vendite e/ o rendimento in conto capitale;b) la percentuale di utile al momento consentita ai responsabili dell'immissione sul mercato di specialità medicinali, nello Stato membro interessato;c) i criteri secondo cui si calcolano le percentuali di utile per: ogni singolo responsabile dell'immissione sul mercato di specialità medicinali, assieme ai criteri in base a cui i medesimi sono autorizzati a trattenere utili superiori a quelli stabiliti nello Stato membro interessato;d) la percentuale massima di utile che ogni responsabile dell'immissione sul mercato di specialità medicinali è autorizzato a trattenere, al di là del margine stabilito nello Stato membro interessato.Queste informazioni sono aggiornate una volta all'anno, oppure quando si verificano cambiamenti significativi.Se, oltre ad un sistema di controllo diretto o indiretto dei margini di utile, uno Stato membro attua un sistema di controllo dei prezzi su certi tipi di specialità medicinali esclusi dal sistema di controllo degli utili, sono applicabili a tali controlli di prezzo, ove pertinenti, gli articoli 2, 3 e 4. Tuttavia gli articoli 2, 3 e 4 non sono applicabili quando l'attuazione normale di un sistema di controlli diretti o indiretti dei margini di utile si risolve eccezionalmente nella fissazione di un prezzo per una specialità medicinale particolare.Articolo 6Le disposizioni seguenti sono applicabili se una specialità medicinale è coperta da un regime nazionale di assicurazione malattia solo dopo che le autorità competenti hanno deciso di includerla nell'elenco positivo delle specialità medicinali coperte da tale regime.1) Gli Stati membri assicurano che sia adottata una decisione su una richiesta di inclusione di una specialità medicinale nell'elenco delle specialità medicinali coperte da un regime nazionale di assicurazione malattia, presentata, conformemente alle condizioni stabilite dallo Stato membro in questione, dal detentore di un'autorizazione di commercializzazione e che detta decisione sia comunicata al richiedente entro un termine di novanta giorni dal ricevimento della richiesta. Il termine è prorogato di novanta giorni se è presentata una richiesta ai sensi del presente articolo prima che le autorità competenti concordino il prezzo da imporre al prodotto in applicazione all'articolo 2 oppure se sono adottate con un'unica procedura amministrativa una decisione sul prezzo di una specialità medicinale e una decisione sull'inclusione di quest'ultima nell'elenco delle specialità medicinali coperte dal regime di previdenza sociale. Il richiedente fornisce alle autorità competenti informazioni sufficienti. Se le informazioni a sostegno della richiesta sono insufficienti, il termine è sospeso e le autorita competenti notificano immediatamente al richiedente quali siano le informazioni supplementari dettagliate richieste.Se uno Stato membro non permette la presentazione di una richiesta ai sensi del presente articolo prima che le autoritá competenti abbiano concordato il prezzo da imporre al prodotto in applicazione dell'articolo 2, esso assicura che il termine complessivo delle due procedure non superi i centottanta giorni. Questo termine può essere prorogato conformemente all'articolo 2, ovvero sospeso conformemente al primo comma del presente punto.2) Qualsiasi decisione di non includere una specialità medicinale nell'elenco dei prodotti coperti dal regime di assicurazione malattia contiene un esposto dei motivi basato su criteri obiettivi e verificabili, compresi qualsiasi eventuale parere o raccomandazione degli esperti su cui la decisione sia fondata. Il richiedente è inoltre informato dei mezzi di ricorso di cui dispone in virtù delle leggi in vigore e dei termini entro cui deve introdurre detto ricorso.3) Anteriormente alla data menzionata nell'articolo 11, paragrafo 1, gli Stati membri pubblicano in una pubblicazione appropriata e comunicano alla Commissione i criteri di cui devono tener conto le autorità competenti quando decidono in merito all'inclusione o meno delle specialità medicinali negli elenchi.4) Entro un anno dalla data di cui all'articolo 11, paragrafo I, gli Stati membri pubblicano in una pubblicazione appropriata e comunicano alla Commissione un elenco completo dei prodotti coperti dal proprio regime di assicurazione malattia, assieme ai prezzi stabiliti dalle autorità nazionali competenti. Questa informazione è aggiornata almeno una volta all'anno.5) Qualsiasi decisione di escludere un prodotto dall'elenco dei prodotti coperti da un regime di assicurazione malattia contiene un esposto dei motivi basato su criteri obiettivi e verificabili. Tali decisioni, compresi gli eventuali pareri o raccomandazioni degli esperti su cui la decisione si basa, sono comunicate alla persona responsabile che è informata dei mezzi di ricorso di cui dispone in virtù delle leggi in vigore e dei termini entro cui deve introdurre detto ricorso.6) Qualsiasi decisione di escludere una categoria di specialità medicinali dall'elenco dei prodotti coperti da un regime di assicurazione malattia contiene un esposto di motivi basato su criteri obiettivi e verificabili, ed è pubblicata in una pubblicazione appropriata.Articolo 7Le seguenti disposizioni sono applicabili se le autorità competenti di uno Stato membro sono competenti per decidere l'esclusione di singole specialità medicinali o categorie di specialità medicinali dalla copertura del proprio regime nazionale di assicurazione malattia (elenchi negativi).1) Qualsiasi decisione di escludere una categoria di specialità medicinali dalla copertura del regime nazionale di assicurazione malattia contiene un esposto dei motivi basato su criteri obiettivi e verificabili, ed è pubblicata in una pubblicazione appropriata.2) Anteriormente alla data menzionata all'articolo 11, paragrafo 1 gli Stati membri pubblicano in una pubblicazione appropriata e comunicano alla Commissione i criteri di cui devono tener conto le autorità competenti quando decidono in merito all'esclusione o meno di una singola specialita` medicinale dalla copertura del regime nazionale di assicurazione malattia.3) Qualsiasi decisione di escludere una determinata specialità medicinale dalla copertura del regime nazionale di assicurazione malattia contiene un esposto dei motivi basato su criteri obiettivi e verificabili. Tali decisioni, comprese gli eventuali pareri e raccomandazioni degli esperti su cui la decisione si basa, sono comunicate alla persona responsabile, che è informata dei mezzi di ricorso di cui dispone in virtu delle leggi in vigore e dei termini entro cui deve introdurre detto ricorso.4) Entro un anno dalla data menzionata all'articolo 11, paragrafo 1, le autorità competenti pubblicano in una pubblicazione appropriata e comunicano alla Commissione un elenco delle singole specialità medicinali escluse dal regime di assicurazione malattia. Questa informazione è aggiornata almeno ogni sei mesi.Articolo 81. Anteriormente alla data menzionata all'articolo 11, paragrafo 1, gli Stati membri comunicano alla Commissione gli eventuali criteri in merito alla classifica terapeutica delle specialità medicinali, utilizzata dalle autorità competenti per gli scopi del regime nazionale di assicurazione malattia.2. Anteriormente alla data menzionata all'articolo 11, paragrafo 1, gli Stati membri comunicano alla Commissione gli eventuali criteri impiegati dalle autorità competenti per verificare l'equità e la trasparenza dei prezzi imposti per i trasferimenti, all'interno di un gruppo di società, dei principi attivi o dei prodotti intermedi usati nella fabbricazione delle specialità medicinali o delle specialità medicinali finite.Articolo 91. Alla luce dell'esperienza la Commissione sottopone al Consiglio, entro due anni a decorrere dalla data menzionata all'articolo 11, paragrafo 1, una proposta contenente appropriate misure tendenti all'abolizione delle barriere ancora esistenti o delle distorsioni al libero movimento delle specialità medicinali, in modo da allineare maggiormente questo settore alle normali condizioni del mercato interno.2. Il Consiglio decide sulla proposta della Commissione entro un anno dalla sua presentazione.Articolo 101. È istituito ed insediato presso la Commissione un comitato, denominato «comitato consultivo responsabile dell'attuazione della direttiva 89/105/CEE riguardante la trasparenza delle misure che regolano la fissazione dei prezzi delle specialità medicinali per uso umano e la loro inclusione nei regimi nazionali di assicurazione malattia».2. Il comitato ha il compito di esaminare qualsiasi problema relativo all'applicazione della presente direttiva, sottopostogli dalla Commissione oppure a richiesta di uno Stato membro.3. Il comitato è composto di un rappresentante per ogni Stato membro. Ogni rappresentante ha un supplente. Il supplente ha diritto di partecipare alle riunioni del comitato.4. Un rappresentante della Commissione presiede il comitato.5. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 111. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro e non oltre il 31 dicembre 1989. Essi ne informano immediatamente la Commissione.2. Anteriormente alla data di cui al paragrafo 1, gli Stati membri comunicano alla Commissione i testi delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di fissazione dei prezzi delle specialità medicinali, al margine di utile delle case farmaceutiche ed alla copertura del regime nazionale di assicurazione malattia. Ogni emendamento o modifica di tali disposizioni legislative, regolamentari e amministrative è immediatamente comunicato alla Commissione.Articolo 12Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 21 dicembre 1988.Per il ConsiglioIl PresidenteV. PAPANDREOU(1) GU n. C 17 del 23. l. 1987, pag. 6 e GU n. C 129 del 18. S. 1988,pag.14.(2) GU n. C 94 dell'l l. 4. 1988, pag 62 e GU n. C 326 del 19.12.1988.(3) GU n. C 319 del 30. 11. 1987, pag. 47.(4) GU n. 22 del 9. 2. 1965, pag. 369/6S.(5) GU n. L 15 del 17. 1. 1987, pag. 36. | Trasparenza delle decisioni che regolano i prezzi e il rimborso dei medicinali nei paesi dell’Unione europea
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Essa mira a garantire che tutte le misure adottate dai paesi dell’Unione europea (UE) per la fissazione dei prezzi e il rimborso dei medicinali siano trasparenti.
A tal scopo stabilisce le procedure che i paesi dell’UE devono seguire affinché le loro decisioni e le loro politiche non creino ostacoli al commercio farmaceutico nell’Unione.
PUNTI CHIAVE
Le autorità nazionali dei paesi dell’UE, una volta che un farmaco è autorizzato, devono:
prendere una decisione sul prezzo praticato e il livello di rimborso entro 90 giorni dal ricevimento della domanda, a condizione che tutte le informazioni necessarie siano state fornite;
consentire al richiedente di vendere il prodotto al prezzo proposto, se non riescono a prendere una decisione entro il termine di 90 giorni;
fornire motivazioni basate su criteri oggettivi e verificabili per l’eventuale rifiuto di autorizzazione del prezzo di un farmaco;
seguire in gran parte le stesse procedure quando prendono in considerazione le domande:
per l’aumento del prezzo di un farmaco;
per l’esenzione da un blocco dei prezzi;
per l’inclusione nella lista dei prodotti coperti dai sistemi nazionali di assicurazione malattia;
rivedere almeno una volta all’anno qualsiasi blocco dei prezzi che può essere imposto a tutti i farmaci o ad alcune categorie di farmaci per determinare se è ancora giustificato dalle condizioni economiche;
informare la Commissione europea dei termini di eventuali controlli diretti o indiretti che pongono sui margini di utile delle aziende farmaceutiche;
consentire che le decisioni possano essere oggetto di ricorso dinanzi al tribunale nazionale e informare il richiedente circa i requisiti procedurali di tali ricorsi.
Un comitato consultivo, noto come «comitato per la trasparenza», composto da rappresentanti nazionali e presieduto dalla Commissione, è incaricato di esaminare e discutere qualsiasi problema relativo all’attuazione della direttiva.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
È in vigore dal 27 dicembre 1988. I paesi dell’UE dovevano recepirla nel proprio diritto nazionale entro il 31 dicembre 1989.
CONTESTO
Dopo aver condotto una revisione della normativa, la Commissione ha proposto una nuova direttiva nel marzo 2012, volta a snellire le procedure e a ridurre il tempo impiegato dalle decisioni nazionali in materia di prezzi e di rimborso dei medicinali. La proposta legislativa mirava a semplificare le procedure, nonché a migliorare la chiarezza e la certezza giuridica per tutte le parti interessate. La proposta è stata successivamente revocata dalla Commissione nel marzo 2015.
La Corte di giustizia dell’Unione europea ha emesso diverse sentenze sull’interpretazione e l’attuazione della normativa in materia di trasparenza.
Per ulteriori informazioni, si consulti:
«Direttiva sulla trasparenza» sul sito Internet della Commissione europea.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 89/105/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, riguardante la trasparenza delle misure che regolano la fissazione dei prezzi delle specialità per uso umano e la loro inclusione nei regimi nazionali di assicurazione malattia (GU L 40 dell’11.2.1989, pagg. 8–11) | 6,845 | 946 |
Direttiva 98/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 1998 relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori
Gazzetta ufficiale n. L 080 del 18/03/1998 pag. 0027 - 0031
DIRETTIVA 98/6/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 16 febbraio 1998 relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatoriIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 129 A, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Comitato economico e sociale (2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 B del trattato (3), visto il progetto comune approvato dal comitato di conciliazione il 9 dicembre 1997,(1) considerando che un funzionamento trasparente del mercato e un'informazione corretta favoriscono la tutela dei consumatori e una sana concorrenza tra le imprese e i prodotti;(2) considerando la necessità di garantire ai consumatori un alto livello di protezione e l'obbligo per la Comunità di contribuirvi mediante azioni specifiche che forniscano sostegno ed integrino la politica perseguita dagli Stati membri ai fini di un'informazione precisa, trasparente e univoca dei consumatori in merito ai prezzi dei prodotti loro offerti;(3) considerando che la risoluzione del Consiglio del 14 aprile 1975 riguardante un programma preliminare della Comunità economica europea per una politica di protezione e informazione del consumatore (4) e la risoluzione del Consiglio del 19 maggio 1981 riguardante un secondo programma della Comunità economica europea per una politica di protezione e di informazione del consumatore (5) hanno previsto l'elaborazione di principi comuni relativi all'indicazione dei prezzi;(4) considerando che tali principi sono stati fissati dalla direttiva 79/581/CEE (6) riguardante l'indicazione dei prezzi di taluni prodotti alimentari e dalla direttiva 88/314/CEE (7) riguardante l'indicazione dei prezzi dei prodotti non alimentari;(5) considerando che il nesso tra l'indicazione del prezzo per unità di misura dei prodotti ed il loro preconfezionamento in quantità prestabile corrispondenti ai valori di gamme approvate a livello comunitario si è rivelato troppo complesso da applicare; che occorre quindi abbandonare tale nesso a favore di un nuovo meccanismo semplificato e nell'interesse dei consumatori, senza che ciò modifichi il dispositivo relativo alla standardizzazione delle confezioni;(6) considerando che l'obbligo di indicare il prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura contribuisce in modo notevole al miglioramento dell'informazione dei consumatori, in quanto offre nel modo più semplice ai consumatori possibilità ottimali di valutare e di raffrontare il prezzo dei prodotti e quindi permette loro di procedere a scelte consapevoli in base a raffronti semplici;(7) considerando che deve dunque sussistere un obbligo generale di indicare contemporaneamente il prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura per tutti i prodotti, fatti salvi quelli commercializzati sfusi, per i quali il prezzo di vendita non può essere fissato prima che il consumatore abbia indicato la quantità di prodotto richiesta;(8) considerando che è necessario tener conto del fatto che taluni prodotti vengono abitualmente venduti in quantità differenti da un chilogrammo, un litro, un metro, un metro quadrato o un metro cubo e che è quindi opportuno che gli Stati membri possano autorizzare il riferimento del prezzo per unità di misura ad una singola unità di quantità diversa, tenuto conto della natura del prodotto e delle quantità in cui esso è abitualmente venduto nello Stato membro in questione;(9) considerando che, in determinate circostanze, l'obbligo di indicare il prezzo per unità di misura può comportare un onore eccessivo per taluni piccoli esercizi al minuto e che occorre pertanto che gli Stati membri siano autorizzati a non rispettare tale obbligo durante un adeguato periodo transitorio;(10) considerando che occorre mantenere anche la possibilità per gli Stati membri di esonerare dall'obbligo di indicare il prezzo per unità di misura i prodotti per cui tale indicazione non sarebbe utile o potrebbe dar luogo a confusioni, ad esempio quando l'indicazione di una quantità non è pertinente ai fini del raffronto dei prezzi o quando prodotti diversi vengono commercializzati in una stessa confezione;(11) considerando che gli Stati membri, allo scopo di agevolare l'applicazione del sistema in questione, hanno, per quanto riguarda i prodotti non alimentari, la facoltà di redigere un elenco di prodotti o di categorie di prodotti che rimangono soggetti all'obbligo di recare l'indicazione del prezzo per unità di misura;(12) considerando che una normativa comunitaria permette di assicurare un'informazione omogenea e trasparente a profitto dell'insieme dei consumatori nel quadro del mercato interno; che il nuovo approccio semplificato è nel contempo sufficiente e necessario per raggiungere tale obiettivo;(13) considerando che gli Stati membri devono vigilare sull'efficacia del sistema; che la trasparenza del sistema dovrebbe essere mantenuta anche al momento dell'introduzione dell'euro; che a detto scopo andrebbe limitato il numero massimo dei prezzi da indicare;(14) considerando che occorre prestare particolare attenzione ai piccoli esercizi al minuto; che a tale scopo la Commissione, nella sua relazione sull'applicazione della direttiva da presentare al più tardi entro tre anni dalla data indicata all'articolo 11, paragrafo 1, dovrebbe tenere particolarmente conto delle esperienze fatte dai piccoli dettaglianti nell'applicazione della direttiva, tra l'altro per quanto riguarda lo sviluppo tecnologico e l'introduzione della moneta unica; che tale relazione, tenuto conto del periodo transitorio indicato all'articolo 6, dovrebbe essere corredata da una proposta,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1 La presente direttiva ha lo scopo di prevedere l'indicazione del prezzo di vendita e del prezzo per unità di misura dei prodotti offerti dai commercianti ai consumatori al fine di migliorare l'informazione dei consumatori e di agevolare il raffronto dei prezzi.Articolo 2 Ai fini della presente direttiva si intende per:a) prezzo di vendita: il prezzo finale valido per una unità del prodotto o per una determinata quantità del prodotto, comprensivo dell'IVA e di ogni altra imposta;b) prezzo per unità di misura: il prezzo finale, comprensivo dell'IVA e di ogni altra imposta, valido per una quantità di un chilogrammo, di un litro, di un metro, di un metro quadrato o di un metro cubo del prodotto o per una singola unità di quantità diversa, se essa è impiegata generalmente e abitualmente nello Stato membro interessato per la commercializzazione di prodotti specifici;c) prodotto commercializzato sfuso: un prodotto che non costituisce oggetto di alcuna confezione preliminare ed è misurato in presenza del consumatore;d) commerciante: qualsiasi persona fisica o giuridica che vende o mette in commercio prodotti che rientrano nella sfera della sua attività commerciale o professionale;e) consumatore: qualsiasi persona fisica che acquista un prodotto destinandolo a scopi che non rientrano nella sfera della sua attività commerciale o professionale.Articolo 3 1. Il prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura sono indicati per tutti i prodotti di cui all'articolo 1, fatte salve, per l'indicazione del prezzo per unità di misura, le disposizioni dell'articolo 5. Il prezzo per unità di misura non dev'essere indicato quando è identico al prezzo di vendita.2. Gli Stati membri possono decidere di non applicare il paragrafo 1:- ai prodotti forniti in occasione di una prestazione di servizi,- alle vendite all'asta, nonché alle vendite di oggetti d'arte e di antiquariato.3. Per i prodotti commercializzati sfusi deve essere indicato soltanto il prezzo per unità di misura.4. La pubblicità che menziona il prezzo di vendita dei prodotti di cui all'articolo 1 indica anche il prezzo per unità di misura, fatto salvo l'articolo 5.Articolo 4 1. Il prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura devono essere non equivoci, agevolmente identificabili e facilmente leggibili. Gli Stati membri possono prevedere che il numero massimo di prezzi da indicare sia limitato.2. Il prezzo per unità di misura si riferisce a una quantità dichiarata conformemente alle disposizioni nazionali e comunitarie.Qualora disposizioni nazionali o comunitarie richiedessero l'indicazione del peso netto e del peso netto sgocciolato per taluni prodotti preconfezionati, è sufficiente indicare il prezzo per unità di misura del peso netto sgocciolato.Articolo 5 1. Gli Stati membri possono esonerare dall'obbligo di indicare il prezzo per unità di misura i prodotti per i quali tale indicazione non risulti utile a motivo della loro natura o della loro destinazione, o sia di natura tale da dar luogo a confusioni.2. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al paragrafo 1 gli Stati membri possono, per quanto riguarda i prodotti non alimentari, stabilire un elenco dei prodotti o delle categorie di prodotti che restano soggetti all'obbligo di recare l'indicazione del prezzo per unità di misura.Articolo 6 Qualora l'obbligo di indicare il prezzo per unità di misura rappresenti un onere eccessivo per taluni piccoli esercizi al minuto a motivo del numero di prodotti offerti in vendita, della superficie di vendita, delle caratteristiche del luogo di vendita, delle condizioni specifiche di vendita per cui il prodotto non sia direttamente accessibile al consumatore o di talune forme di esercizio, come particolari tipi di esercizio ambulante, gli Stati membri possono prevedere, per un periodo transitorio a decorrere dalla data di cui all'articolo 11, paragrafo 1, che l'obbligo di indicazione del prezzo per unità di misura dei prodotti diversi dai prodotti commercializzati sfusi venduti in tali esercizi non si applichi, fatto salvo l'articolo 12.Articolo 7 Gli Stati membri adottano le misure appropriate per informare ogni persona interessata in ordine alla normativa nazionale che recepisce la presente direttiva.Articolo 8 Gli Stati membri determinano il regime di sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni nazionali adottate in applicazione della presente direttiva e adottano tutti i provvedimenti necessari per garantirne l'applicazione. Tali sanzioni debbono essere efficaci, proporzionate e dissuasive.Articolo 9 1. Il periodo di transizione di nove anni di cui all'articolo 1 della direttiva 95/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 novembre 1995, che modifica la direttiva 79/581/CEE concernente l'indicazione dei prezzi dei prodotti alimentari ai fini della protezione dei consumatori e la direttiva 88/314/CEE concernente l'indicazione dei prezzi dei prodotti non alimentari ai fini della protezione dei consumatori (8) è prorogato fino alla data di cui all'articolo 11, paragrafo 1.2. Le direttive 79/581/CEE e 88/314/CEE sono abrogate a partire dalla data di cui all'articolo 11, paragrafo 1.Articolo 10 La presente direttiva non osta a che gli Stati membri adottino o mantengano disposizioni più favorevoli in materia di informazione dei consumatori e confronto dei prezzi, fatti salvi gli obblighi imposti loro dal trattato.Articolo 11 1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro e non oltre il 18 marzo 2000. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Le disposizioni adottate sono applicabili a partire da tale data.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, esse contengono un riferimento alla presente direttiva o sono accompagnate da tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione i testi delle disposizioni di diritto interno da essi adottate nel settore coperto dalla presente direttiva.3. Gli Stati membri notificano il regime di sanzioni di cui all'articolo 8, nonché qualsiasi modifica successiva.Articolo 12 Entro e non oltre tre anni a decorrere dalla data di cui all'articolo 11, paragrafo 1, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione globale sull'applicazione della presente direttiva, in particolare dell'articolo 6, accompagnata da una proposta.Il Parlamento europeo e il Consiglio riesaminano, su tale base, le disposizioni di cui all'articolo 6 e agiscono, a norma del trattato, entro tre anni dalla presentazione da parte della Commissione della proposta di cui al primo comma.Articolo 13 La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 14 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 16 febbraio 1998.Per il Parlamento europeoIl PresidenteJ. M. GIL-ROBLESPer il ConsiglioIl PresidenteJ. CUNNINGHAM(1) GU C 260 del 5. 10. 1995, pag. 5 eGU C 249 del 27. 8. 1996, pag. 2.(2) GU C 82 del 19. 3. 1996, pag. 32.(3) Parere del Parlamento europeo del 18 aprile 1996 (GU C 141 del 13. 5. 1996, pag. 191). Posizione comune del Consiglio del 27 settembre 1996 (GU C 333 del 7. 11. 1996, pag. 7) e decisione del Parlamento europeo del 18 febbraio 1997 (GU C 85 del 17. 3. 1997, pag. 26). Decisione del Parlamento europeo del 16 dicembre 1997 e decisione del Consiglio del 18 dicembre 1997.(4) GU C 92 del 25. 4. 1975, pag. 1.(5) GU C 133 del 3. 6. 1981, pag. 1.(6) GU L 158 del 26. 6. 1979, pag. 19. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 95/58/CE (GU L 299 del 12. 12. 1995,(7) GU L 142 del 9. 6. 1988, pag. 19. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 95/58/CE (GU L 299 del 12. 12. 1995,(8) GU L 299 del 12. 12. 1995, pag. 11.Dichiarazione della Commissione Articolo 2, lettera b)La Commissione ritiene che l'espressione «valido per una quantità di un chilogrammo, di un litro, di un metro, di un metro quadrato o di un metro cubo del prodotto o per un'altra quantità unitaria» di cui all'articolo 2, lettera b) si applichi altresì ai prodotti commercializzati al pezzo o all'unità.Dichiarazione della Commissione Articolo 12, paragrafo 1La Commissione ritiene che l'articolo 12, paragrafo 1 della direttiva non possa essere interpretato come suscettibile di mettere in discussione il suo diritto d'iniziativa. | Indicazioni dei prezzi sui prodotti di consumo
QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA?
La direttiva 98/6/CE prevede che il prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura di tutti i prodotti offerti da professionisti ai consumatori siano chiaramente indicati al fine di migliorare le informazioni in possesso dei consumatori e consentire comparazioni di prezzo. Ha abrogato le direttive 79/581/CEE (prezzo dei generi alimentari) e 88/314/CEE (prezzo dei prodotti non alimentari) con decorrenza dal 18 marzo 2000. La direttiva 98/6/CE è stata modificata dalla direttiva (UE) 2019/2161 per una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell’Unione europea relative alla protezione dei consumatori.
PUNTI CHIAVE
Direttiva 98/6/CEIl prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura devono essere indicati per tutti i prodotti offerti da professionisti ai consumatori in maniera non ambigua, facilmente riconoscibile e chiaramente leggibile; ovvero, il prezzo finale deve essere comprensivo dell’imposta sul valore aggiunto e di ogni altro tipo di tassa. Qualora il prezzo per unità di misura sia identico a quello di vendita, non deve essere indicato. Tuttavia, gli Stati membri dell’Unione possono decidere di non applicare tali norme:ai prodotti forniti in occasione di una prestazione di servizio;alle vendite all’asta e alle vendite di oggetti d’arte e antichi. Per i prodotti commercializzati sfusi, va indicato soltanto il prezzo per unità di misura. Ogni pubblicità menzionante il prezzo di vendita deve indicare altresì il prezzo per unità di misura. Gli Stati membri possono:esentare dall’obbligo di indicare il prezzo per unità di misura dei prodotti se una tale indicazione risulterebbe inutile o tale da creare confusione;redigere un elenco di prodotti non alimentari a cui si applica comunque l’obbligo di indicare il prezzo per unità di misura nel caso di tale esenzione. La direttiva prevedeva un periodo transitorio durante il quale le piccole attività commerciali non erano obbligate a indicare il prezzo per unità di misura dei prodotti non commercializzati sfusi. Gli Stati membri devono:adottare misure adeguate per informare tutte le persone interessate quando tale legislazione sarà integrata nel diritto nazionale;stabilire e fornire informazioni sul regime delle sanzioni applicabili in caso di violazione delle leggi nazionali adottate per l’applicazione della presente direttiva.Direttiva (UE) 2019/2161La direttiva di modifica (UE) 2019/2161 introduce un nuovo articolo nella direttiva 98/6/CE sulle informazioni ai consumatori riguardanti le riduzioni di prezzo. Ogni annuncio di riduzione di un prezzo deve indicare chiaramente il prezzo applicato precedentemente dal professionista (prezzo precedente). Per prezzo precedente si intende il prezzo più basso applicato dal professionista durante un periodo di tempo non inferiore a 30 giorni prima dell’applicazione della riduzione del prezzo. La modifica prevede opzioni normative per gli Stati membri per quanto riguarda i beni che rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente, in particolare i prodotti alimentari, i beni che sono in vendita da meno di 30 giorni e i beni soggetti a continue riduzioni di prezzo. L’attuale obbligo per gli Stati membri di introdurre sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive in caso di violazione delle norme nazionali sull’indicazione dei prezzi è stato integrato con un elenco di criteri per l’imposizione di sanzioni.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LE DIRETTIVE?
La direttiva 98/6/CE doveva entrare in vigore negli Stati membri entro il 18 marzo 2000. La direttiva di modifica (UE) 2019/2161 doveva diventare legge negli Stati membri entro il 28 novembre 2021. Gli Stati membri sono tenuti ad applicare le norme della direttiva a partire dal 28 maggio 2022.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si veda:Direttiva sull’indicazione dei prezzi (Commissione europea). Orientamenti sull’interpretazione e sull’applicazione dell’articolo 6a della direttiva 98/6/CE. Scheda informativa — New Deal:quali benefici per il consumatore? (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Direttiva 98/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori (GU L 80 del 18.3.1998, pag. 27).
Direttiva (UE) 2019/2161 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, che modifica la direttiva 93/13/CEE del Consiglio e le direttive 98/6/CE, 2005/29/CE e 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell’Unione relative alla protezione dei consumatori (GU L 328 del 18.12.2019, pag. 7).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) 2017/2394 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2017, sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori e che abroga il regolamento (CE) n. 2006/2004 (GU L 345 del 27.12.2017, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (UE) 2017/2394 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo — Un «New Deal» per i consumatori [COM(2018) 183 final dell’11.4.2018]. | 6,255 | 509 |
DECISIONE DELLA COMMISSIONE
del 29 ottobre 2004
che istituisce il centro tecnico-scientifico europeo (CTSE) e prevede il coordinamento delle azioni tecniche al fine di proteggere le monete in euro contro la falsificazione
(2005/37/CE)
LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 211,
vista la decisione 2003/861/CE del Consiglio, dell’8 dicembre 2003, relativa all'analisi e alla cooperazione in materia di falsificazione delle monete in euro (1), e vista la decisione 2003/862/CE del Consiglio, dell'8 dicembre 2003, che estende agli Stati membri che non hanno adottato l'euro quale moneta unica gli effetti della decisione 2003/861/CE relativa all'analisi e alla cooperazione in materia di falsificazione delle monete in euro (2),
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001, che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazione (3), in particolare l’articolo 5, prevede che l'analisi tecnica e la classificazione delle monete metalliche false denominate in euro siano effettuate dai Centri nazionali di analisi delle monete (CNAC) di ciascuno Stato membro e dal Centro tecnico-scientifico europeo (CTSE). Il regolamento (CE) n. 1339/2001 del Consiglio (4) estende agli Stati membri che non hanno adottato l'euro quale moneta unica l’applicazione degli articoli da 1 a 11 del regolamento (CE) n. 1338/2001.
(2)
Dall’ottobre 2001 il CTSE esercita provvisoriamente le sue attività presso la zecca di Parigi beneficiando della struttura e dell’assistenza amministrativa della Commissione, come stabilito negli scambi di corrispondenza tra il presidente del Consiglio e il ministro francese delle Finanze avvenuti il 28 febbraio e il 9 giugno 2000.
(3)
Il CTSE contribuisce alla realizzazione degli obiettivi del programma «Pericle», conformemente alla decisione 2001/923/CE del Consiglio, del 17 dicembre 2001, che istituisce un programma di azione in materia di scambi, assistenza e formazione per la protezione dell'euro contro la contraffazione monetaria (5), e alla decisione 2001/924/CE che estende gli effetti della decisione che istituisce un programma d'azione in materia di scambi, assistenza e formazione per la protezione dell'euro contro la contraffazione monetaria (programma «Pericle») agli Stati membri che non hanno adottato l'euro come moneta unica (6).
(4)
Ai sensi dell’articolo 1 della decisione 2003/861/CE, la Commissione provvede ad istituire il Centro tecnico-scientifico europeo e a garantire il suo funzionamento, nonché a coordinare le attività delle autorità tecniche competenti per proteggere le monete in euro contro la falsificazione. L’articolo 1 della decisione 2003/862/CE stabilisce che la decisione 2003/861/CE sia estesa agli Stati membri che non hanno adottato l'euro quale moneta unica.
(5)
Con una lettera del ministro delle Finanze del 6 settembre 2004 le autorità francesi si sono impegnate a mantenere l’attuale suddivisione dei costi tra la zecca di Parigi e la Commissione. In uno scambio di corrispondenza tra il membro della Commissione incaricato della lotta antifrode e il ministro francese delle Finanze, relativamente all’istituzione permanente del CTSE per l’analisi e la classificazione delle falsificazioni delle monete in euro, saranno riportati i principi di organizzazione del CTSE emanati in occasione dell’esercizio, a titolo provvisorio, da parte del CTSE delle sue attività presso la zecca di Parigi, come stabilito nello scambio di corrispondenza tra la presidenza del Consiglio e il ministro francese delle Finanze del 28 febbraio e 9 giugno 2000.
(6)
È necessario che il Comitato economico e finanziario (CEF), la Banca centrale europea, Europol e le autorità nazionali competenti continuino ad essere informati con regolarità delle attività del CTSE e della situazione relativa alla falsificazione delle monete in euro.
(7)
È opportuno quindi istituire il CTSE nell'ambito della Commissione a Bruxelles, come organo facente capo all’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF).
(8)
Il coordinamento da parte della Commissione delle azioni condotte da tutte le autorità tecniche competenti al fine di proteggere le monete in euro dalla falsificazione comprende i metodi d’analisi delle false monete in euro, lo studio dei nuovi casi di false monete e la valutazione delle conseguenze, lo scambio reciproco di informazioni sulle attività dei CNAC e del CTSE, la comunicazione esterna in materia di monete false, l'individuazione delle monete false con le apparecchiature per il trattamento delle monete, nonché lo studio di tutti i problemi tecnici in materia in monete false.
(9)
Tale coordinamento richiede la prosecuzione, in seno al Comitato consultivo per il coordinamento nel settore della lotta contro le frodi (7), dei lavori del gruppo di esperti sulla falsificazione delle monete, composto dai responsabili dei CNAC e del CTSE che la Commissione amministra e presiede, assicurando al tempo stesso la trasmissione regolare di informazioni al CEF.
(10)
Al fine di attuare le decisioni 2003/861/CE e 2003/862/CE,
DECIDE:
Articolo 1
È istituito il centro tecnico-scientifico europeo (CTSE) nell’ambito della Commissione a Bruxelles; esso fa capo all’OLAF.
Articolo 2
Il CTSE analizza e classifica tutti i nuovi tipi di monete false, come stabilito all’articolo 5 del regolamento (CE) 1338/2001. Esso contribuisce al conseguimento degli obiettivi del programma d'azione comunitaria «Pericle», conformemente all’articolo 4 della decisione 2001/923/CE. Il CTSE presta assistenza ai Centri nazionali di analisi delle monete (CNAC) e alle autorità di polizia; esso collabora con le autorità competenti al fine di analizzare le monete in euro false e di rafforzare la protezione.
Articolo 3
I principi di organizzazione del CTSE sono i seguenti:
—
ai fini dell'analisi delle monete, la Commissione può distaccare membri del suo personale presso la zecca di Parigi per utilizzarne le attrezzature,
—
per adempiere alla sua missione, il CTSE si serve del personale e del materiale del Centro nazionale di analisi delle monete francese e del laboratorio della zecca di Parigi, situati a Pessac. Le autorità francesi mettono a disposizione del CTSE in via prioritaria il personale e il materiale adatti,
—
conformemente ai regolamenti finanziari applicabili, la parte di spese imputabile ai compiti del CTSE è a carico del bilancio generale delle Comunità europee. Dato che la Francia mette a disposizione il personale, i locali e il materiale suddetti e si incarica della loro manutenzione, il bilancio delle Comunità copre il trattamento degli agenti della Commissione, le spese di viaggio e diverse spese correnti di modesta entità.
L’OLAF è incaricato di definire, in collaborazione con la zecca di Parigi, il regolamento delle modalità amministrative del CTSE.
Articolo 4
La Commissione coordina le azioni necessarie per la protezione delle monete in euro contro la falsificazione attraverso riunioni periodiche di esperti sulla falsificazione delle monete.
Il Comitato economico e finanziario, la Banca centrale europea, Europol e le autorità nazionali competenti sono informati con regolarità delle attività del CTSE e della situazione relativa alla falsificazione delle monete.
Fatto a Bruxelles, il 29 ottobre 2004.
Per la Commissione
Michaele SCHREYER
Membro della Commissione
(1) GU L 325 del 12.12.2003, pag. 44.
(2) GU L 325 del 12.12.2003, pag. 45.
(3) GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6.
(4) GU L 181 del 4.7.2001, pag. 11.
(5) GU L 339 del 21.12.2001, pag. 50.
(6) GU L 339 del 21.12.2001, pag. 55.
(7) Decisione della Commissione 94/140/CE (GU L 61 del 4.3.1994, pag. 27). | Proteggere l’euro contro la falsificazione - Centro tecnico-scientifico europeo
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
La decisione 2005/37/CE istituisce il Centro tecnico-scientifico europeo (CTSE) nell’ambito della Commissione europea a Bruxelles. Originariamente legato all’Ufficio europeo per la lotta antifrode, l’emendamento della decisione (UE) 2017/1507 istituisce il CTSE nell’ambito della direzione generale Affari economici e finanziari DG ECFIN (si veda la sintesi). Il ruolo del CTSE è quello di proteggere le monete in euro contro la falsificazione. A questo scopo, analizza e classifica le falsificazioni delle monete in euro e presta assistenza alle autorità nazionali degli Stati membri dell’Unione europea.
PUNTI CHIAVE
Compiti del centro
Il CTSE:analizza e classifica ogni nuovo tipo di falsificazione delle monete in euro in conformità con il regolamento (CE) n. 1338/2001 concernente la protezione dell’euro contro la falsificazione (si veda la sintesi); contribuisce al conseguimento degli obiettivi del programma Pericle; svolge alcuni compiti ai sensi dei regolamenti (UE) n. 1210/2010, che definisce le misure per il controllo dell’autenticità delle monete in euro (si veda la sintesi), e (CE) n. 2182/2004, che riguarda medaglie e gettoni simili alle monete in euro (si veda la sintesi); presta assistenza ai centri nazionali di analisi delle monete e alle autorità di polizia nello svolgimento dei loro compiti e collabora con le autorità competenti al fine di analizzare le monete in euro false e di rafforzare la protezione.Per l’analisi tecnica e scientifica delle monete false in euro il CTSE si può servire del personale e delle strutture messi a disposizione dalla zecca francese, in particolare del suo laboratorio.
Attività di coordinamento e di informazioneLa Commissione coordina le azioni delle autorità tecniche competenti per la protezione delle monete in euro, in particolare attraverso riunione regolari del gruppo di esperti sulla falsificazione delle monete. Presieduto dalla Commissione, tale gruppo consente la condivisione delle diverse esperienze e competenze tecniche degli Stati membri in relazione alla falsificazione di monete in euro e permette il coordinamento delle azioni tecniche necessarie per proteggere l’euro.Il comitato economico e finanziario, la Banca centrale europea, l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto e le autorità nazionali competenti vengono regolarmente aggiornati sulle attività del centro e sulla situazione della falsificazione delle monete.
Autenticazione delle monete in euroIl regolamento (UE) n. 1210/2010 introduce norme e procedure comuni nell’ambito dell’area euro per quanto attiene l’autenticità delle monete in euro in circolazione (processo di autenticazione) e per il trattamento e il rimborso di quelle non adatte alla circolazione. Stabilisce che il CTSE sia responsabile della definizione, tra l’altro, di:specifiche tecniche per i test delle apparecchiature il trattamento delle monete impiegate per verificare l’autenticità delle monete in euro;prassi di formazione per il personale incaricato di verificare le monete in euro;Il periodo di validità delle relazioni sui test;informazioni contenute nell’elenco, pubblicato sul sito Internet della Commissione, delle apparecchiature per il trattamento delle monete che hanno superato un test di individuazione;linee guida per controlli annuali sul posto della capacità dei soggetto che operano con il contante di autenticare le monete in euro;norme per correggere la non conformità al regolamento da parte delle apparecchiature per il trattamento delle monete. Le decisioni 2003/861/CE e 2003/862/CE prevedono l’istituzione, da parte della Commissione, del CTSE e del suo funzionamento nell’area dell’euro e negli Stati membri non appartenenti all’area dell’euro, rispettivamente.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
La decisione 2005/37/UE si applica dal 10 febbraio 2005. La decisione di modifica (UE) 2017/1507 è in vigore dal 18 settembre 2017.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, si veda:Il Centro tecnico-scientifico europeo (CTSE) (Commissione europea)
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2005/37/CE della Commissione, del 29 ottobre 2004, che istituisce il centro tecnico-scientifico europeo (CTSE) e prevede il coordinamento delle azioni tecniche al fine di proteggere le monete in euro contro la falsificazione (GU L 19 del 21.1.2005, pag. 73).
Le modifiche successive alla decisione 2005/37/CE sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione della Commissione, del 19 ottobre 2015, che istituisce il gruppo di esperti sulla falsificazione delle monete nell’ambito della politica della Commissione e della regolamentazione in materia di protezione delle monete in euro contro la falsificazione (GU L 347 del 20.10.2015, pag. 4).
Regolamento (UE) n. 1210/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2010, relativo all’autenticazione delle monete in euro e al trattamento delle monete non adatte alla circolazione (GU L 339 del 22.12.2010, pag. 1).
Regolamento (CE) n. 2182/2004 del Consiglio, del 6 dicembre 2004, relativo a medaglie e gettoni simili alle monete metalliche in euro (GU L 373 del 21.12.2004, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
Decisione 2003/861/CE del Consiglio, dell’8 dicembre 2003, relativa all’analisi e alla cooperazione in materia di falsificazione delle monete in euro (GU L 325 del 12.12.2003, pag. 44).
Decisione 2003/862/CE del Consiglio, dell’8 dicembre 2003, che estende agli Stati membri che non hanno adottato l’euro quale moneta unica gli effetti della decisione 2003/861/CE relativa all’analisi e alla cooperazione in materia di falsificazione delle monete in euro (GU L 325 del 12.12.2003, pag. 45).
Regolamento (UE) n. 1338/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001, che definisce talune misure necessarie alla protezione dell’euro contro la falsificazione (GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6).
Si veda la versione consolidata. | 4,522 | 641 |
Regolamento (CE) n. 533/2004 del Consiglio, del 22 marzo 2004, relativo all'istituzione di partenariati europei nell'ambito del processo di stabilizzazione e di associazione
Gazzetta ufficiale n. L 086 del 24/03/2004 pag. 0001 - 0002
Regolamento (CE) n. 533/2004 del Consigliodel 22 marzo 2004relativo all'istituzione di partenariati europei nell'ambito del processo di stabilizzazione e di associazioneIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 181 A, paragrafo 2, prima frase,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Parlamento europeo(1),considerando quanto segue:(1) Il Consiglio europeo di Feira del 19 e 20 giugno 2000 ha confermato che il suo obiettivo resta quello della massima integrazione possibile dei paesi dei Balcani occidentali nel contesto politico ed economico dell'Europa e ha riconosciuto che tutti i paesi interessati sono candidati potenziali all'adesione all'Unione europea.(2) Nella dichiarazione adottata a Zagabria il 24 novembre 2000 in occasione del vertice tra i Capi di Stato o di Governo dell'Unione europea e dei paesi partecipanti al processo di stabilizzazione e di associazione si riconosce che la prospettiva dell'adesione viene offerta sulla base del rispetto dei criteri definiti al Consiglio europeo di Copenaghen del giugno 1993 e dei progressi compiuti nell'attuazione degli accordi di stabilizzazione e di associazione, in particolare quelli sulla cooperazione regionale.(3) Il Consiglio europeo di Salonicco del 19 e 20 giugno 2003 ha ribadito la sua determinazione ad appoggiare appieno ed efficacemente la prospettiva europea dei paesi dei Balcani occidentali affermando che diverranno parte integrante dell'Unione europea una volta soddisfatti i criteri stabiliti. Ha approvato le conclusioni del Consiglio del 16 giugno 2003, compresa l'allegata "Agenda di Salonicco per i Balcani occidentali: Procedere verso l'integrazione europea", la quale esamina come potenziare il processo di stabilizzazione e di associazione, prevedendo, tra l'altro, l'elaborazione di partenariati europei.(4) Nella dichiarazione adottata a Salonicco il 21 giugno 2003 in occasione del vertice tra l'Unione europea e i Balcani occidentali, l'"Agenda di Salonicco" è considerata un programma comune che l'Unione europea e i paesi dei Balcani occidentali s'impegnano ad attuare. Il processo di stabilizzazione e di associazione potenziato resta il contesto generale per tutta la durata del cammino europeo dei Balcani occidentali verso la loro futura adesione.(5) I partenariati europei per i paesi dei Balcani occidentali indicheranno le azioni da intraprendere in via prioritaria al fine di sostenere gli sforzi compiuti da tali paesi per avvicinarsi all'Unione europea e fungeranno da parametri in base ai quali misurare i progressi realizzati. Essi saranno adattati alle esigenze specifiche di ciascun paese e al suo specifico stadio di preparazione, nonché alle specificità del processo di stabilizzazione e di associazione, inclusa la cooperazione regionale. Per preparare i partenariati europei si terranno consultazioni informali con ciascun paese e, se del caso, con la comunità internazionale allargata.(6) I partenariati europei, opportunamente aggiornati, servono per aiutare i paesi dei Balcani occidentali a prepararsi in vista dell'adesione in un contesto coerente e ad elaborare piani nazionali che specifichino i tempi delle riforme e i modi in cui si intendono soddisfare i requisiti per un'ulteriore integrazione nell'Unione europea.(7) L'assistenza comunitaria dovrebbe concentrarsi sulle sfide da definire nell'ambito dei partenariati europei, i quali forniranno un orientamento per l'assistenza finanziaria e osserveranno principi, priorità e condizioni prestabiliti.(8) Nell'ambito del processo di stabilizzazione e di associazione l'assistenza comunitaria ai paesi dei Balcani occidentali sarà fornita mediante gli appositi strumenti finanziari, in particolare il regolamento (CE) n. 2666/2000 del Consiglio(2), del 5 dicembre 2000, relativo all'assistenza all'Albania, alla Bosnia Erzegovina, alla Croazia, alla Repubblica federale di Jugoslavia e all'ex Repubblica di Macedonia e recante abrogazione del regolamento (CE) n. 1628/96 e modifica dei regolamenti (CEE) n. 3906/89, (CEE) n. 1360/90 e delle decisioni 97/256/CE e 1999/311/CE; il presente regolamento è pertanto privo di implicazioni finanziarie.(9) La programmazione delle risorse finanziarie che compongono l'assistenza comunitaria dovrebbe fondarsi sulle priorità dei partenariati europei ed essere decisa in conformità delle procedure indicate nei rispettivi strumenti finanziari.(10) La revisione delle priorità dei partenariati europei potrebbe avere un notevole impatto politico sulle relazioni con i paesi dei Balcani occidentali. È pertanto opportuno che il Consiglio adotti i principi, le priorità e le condizioni applicabili a ciascun partenariato.(11) Il controllo dei partenariati europei è assicurato nell'ambito dei meccanismi istituiti in virtù del processo di stabilizzazione e di associazione, segnatamente le relazioni annuali sul processo di stabilizzazione e di associazione,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1Sono istituiti partenariati europei per l'Albania, la Bosnia-Erzegovina, la Croazia, l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia e la Serbia e Montenegro, incluso il Kosovo, come definiti dalla risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 10 giugno 1999 (qui di seguito denominati "paesi partner"). I partenariati europei forniscono un quadro delle priorità risultanti dall'analisi delle diverse situazioni dei paesi partner, sulle quali si debbono concentrare i preparativi in vista di un'ulteriore integrazione nell'Unione europea, alla luce dei criteri stabiliti dal Consiglio europeo e dei progressi effettuati nell'attuazione del processo di stabilizzazione e di associazione, compresi, ove necessario, gli accordi di stabilizzazione e di associazione e, in particolare, la cooperazione regionale.Articolo 2Il Consiglio decide a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione, i principi, le priorità e le condizioni da inserire nei partenariati europei, nonché qualsiasi successivo adeguamento.Articolo 3Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 22 marzo 2004.Per il ConsiglioIl PresidenteB. Cowen(1) Parere reso il 10 marzo 2004 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(2) GU L 306 del 7.12.2000, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 2415/2001 (GU L 327 del 12.12.2001, pag. 3). | Partenariati europei con i Balcani occidentali
Nel quadro del processo di stabilizzazione e di associazione a favore dei paesi dei Balcani Occidentali, l'Unione europea istituisce partenariati europei con l'Albania, la Bosnia-Erzegovina, l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia e la Serbia e Montenegro, incluso il Kosovo, secondo la definizione data dalla risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Tali partenariati definiscono un quadro per gli ambiti d'azione prioritari ed un quadro finanziario nell'intento di favorire la stabilità e la prosperità di quei paesi e della regione, in vista di un'ulteriore integrazione nell'UE, dal momento che sono riconosciuti come candidati potenziali all'adesione. In quanto paese candidato con cui sono stati avviati negoziati di adesione, la Croazia beneficia di un partenariato per l'adesione.
ATTO
Regolamento (CE) n. 533/2004 del Consiglio, del 22 marzo 2004, relativo all'istituzione di partenariati europei nell'ambito del processo di stabilizzazione e di associazione [Cfr atti modificativi].
SINTESI
L'Unione europea (UE) adotta con i paesi dei Balcani occidentali la stessa metodologia seguita per i nuovi Stati membri e paesi aderenti. Di conseguenza, il processo di stabilizzazione e di associazione potenziato continua a rappresentare il quadro generale del percorso europeo dei paesi dei Balcani occidentali fino all'adesione.
Sono istituiti partenariati europei per l'Albania, la Bosnia-Erzegovina, l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia, il Montenegro e la Serbia, incluso il Kosovo, secondo la definizione stabilita dalla risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 10 giugno 1999.
La Croazia, con cui sono stati avviati i negoziati di adesione, beneficia di un partenariato per l'adesione che tiene conto della sua qualità specifica di paese candidato.
I partenariati europei (al pari del partenariato per l'adesione della Croazia) sono intesi a sostenere il processo di stabilizzazione e di associazione dei paesi dei Balcani occidentali, così come il rispetto dei criteri di Copenaghen in vista della futura adesione. Essi forniscono un quadro coerente per le riforme da intraprendere e un quadro finanziario. I paesi interessati definiscono, dal canto loro, piani di azione che specificano i tempi e i modi in cui si intendono soddisfare i requisiti per un'ulteriore integrazione nell'Unione europea.
Meccanismo dei partenariati europei
I partenariati europei definiscono un quadro per le priorità che risultano dall'analisi della situazione del singolo paese partner, sulle quali si debbono concentrare i preparativi in vista di un'ulteriore integrazione nell'UE, alla luce dei criteri stabiliti dal Consiglio europeo e dei progressi effettuati nell'attuazione del processo di stabilizzazione e di associazione, compresi, ove necessario, gli accordi di stabilizzazione e di associazione e, in particolare, la cooperazione regionale.
I partenariati europei vengono riveduti regolarmente, in base ai progressi compiuti da ciascun paese e delle sue nuove priorità via via identificate. Il Consiglio adotta a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione, i principi, le priorità e le condizioni che devono figurare nei partenariati europei, oltre ad eventuali modifiche ulteriori.
Il controllo dei partenariati europei è assicurato nell'ambito dei meccanismi istituiti in virtù del processo di stabilizzazione e di associazione, segnatamente in base alle relazioni annuali.
Assistenza finanziaria
I partenariati europei forniscono anche un quadro all'assistenza finanziaria, il cui scopo è principalmente l'attuazione delle priorità e degli obiettivi individuati.
Nell'ambito del processo di stabilizzazione e di associazione, l'assistenza comunitaria ai paesi dei Balcani occidentali è fornita mediante gli appositi strumenti finanziari, ovvero il programma CARDS, e lo strumento di assistenza preadesione (IAP). L' IAP è infatti destinato a sostituire il programma CARDS per il periodo 2007-2013.
Contesto
Il Consiglio europeo di Feira, del giugno 2000, ha riconosciuto che tutti i paesi dei Balcani occidentali sono candidati potenziali per l'adesione all'Unione europea. Tale prospettiva esige il rispetto dei criteri politici, economici ed istituzionali definiti dal Consiglio europeo di Copenhagen del 1993 (articoli 6 e 49 del trattato sull'Unione europea), come riconosciuto nella dichiarazione di Zagabria del novembre 2000 tra l'UE e i paesi che partecipano al processo di stabilizzazione e di associazione, e successivamente riaffermato dal Consiglio europeo di Salonicco del giugno 2003.
L' "Agenda di Salonicco" (EN) del giugno 2003 individua gli strumenti per potenziare il processo di stabilizzazione e di associazione, in particolare mediante l'elaborazione di partenariati europei.
La Croazia e l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia sono entrambi paesi candidati, qualità che è stata loro riconosciuta rispettivamente nel 2004 e nel 2005. Inoltre, gli Stati membri hanno avviato i negoziati di adesione con la Croazia il 3 ottobre 2005.
Riferimenti
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Regolamento (CE) n. 533/2004
27.3.2004
-
GU L 86 del 24.3.2004
Atto(i) modificatore(i)
Data di entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Regolamento (CE) n. 269/2006
20.2.2006
-
GU L 47 del 17.2.2006
Regolamento (CE) n. 229/2008
18.3.2008
-
GU L 73 del 15.3.2008 | 3,870 | 867 |
Regolamento (CEE) n. 2658/87 del 23 luglio 1987 relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune
Gazzetta ufficiale n. L 256 del 07/09/1987 pag. 0001 - 0675 edizione speciale finlandese: capitolo 11 tomo 13 pag. 0022 edizione speciale svedese/ capitolo 11 tomo 13 pag. 0022
I (Atti per i quali la pubblicazione è una condizione di applicabilità) REGOLAMENTO (CEE) N. 2658/87 DEL CONSIGLIO del 23 luglio 1987 relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comuneIL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare gli articoli 28, 43, 113 e 235, visto l'atto di adesione della Spagna e del Portogallo, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che la Comunità economica europea è fondata su un'unione doganale che prevede una tariffa doganale comune; considerando che il sistema ottimale per effettuare la raccolta e lo scambio di dati relativi alle statistiche del commercio estero della Comunità consiste nell'utilizzazione di una nomenclatura combinata che sostituisca le attuali nomenclature della tariffa doganale comune e della Nimexe per soddisfare nel contempo le esigenze tariffarie e quelle statistiche; considerando che la Comunità è firmataria della convenzione internazionale sul sistema armonizzato di designazione e codificazione delle merci, detto « sistema armonizzato », destinato a sostituire la convenzione del 15 dicembre 1950 sulla nomenclatura per la classificazione delle merci nelle tariffe doganali; che, pertanto, detta nomenclatura combinata deve essere basata sul sistema armonizzato; considerando che è opportuno permettere che Stati membri creino suddivisioni statistiche nazionali; considerando che talune misure comunitarie specifiche non possono essere prese in considerazione nel quadro della nomenclatura combinata; che è pertanto necessario creare suddivisioni comunitarie complementari da riprendere in una tariffa integrata delle Comunità europee (Taric); che la gestione efficace della Taric impone un aggiornamento immediato attraverso un adeguato sistema; che è pertanto necessario che la Commissione sia abilitata a gestire essa stessa la Taric; considerando che, per quanto riguarda la Spagna e il Portogallo, lo schema della Taric non potrà essere uguale a quello degli altri Stati membri, in ragione delle misure transitorie in materia tariffaria previste dall'atto di adesione; che è pertanto opportuno prevedere che questi due Stati membri siano autorizzati a non applicare la Taric nel corso dei periodi di applicazione di tali misure transitorie; considerando che è opportuno prevedere che gli Stati membri possano utilizzare, a partire dalle sottovoci Taric, suddivisioni supplementari rispondenti a bisogni nazionali; che dette suddivisioni devono comportare codici numerici appropriati, conformemente alle disposizioni del regolamento (CEE) n. 2793/86 della Commissione, del 22 luglio 1986, che stabilisce i codici da utilizzare per la compilazione dei formulari di cui ai regolamenti (CEE) n. 678/85, (CEE) n. 1900/85 e (CEE) n. 222/77 (X); considerando che è indispensabile che la nomenclatura combinata e tutte le altre nomenclature che la ripren dono in tutto o in parte o aggiungendovi suddivisioni vengano applicate in modo uniforme da tutti gli Stati membri; che a tal fine opportune disposizioni devono essere adottate sul piano comunitario; che d'altra parte, le disposizioni comunitarie volte ad assicurare l'applicazione uniforme della tariffa doganale comune sono applicabili, ai sensi della decisione 86/98/CECA (1), ai prodotti contemplati nel trattato CECA; considerando che l'elaborazione e l'applicazione di tali disposizioni richiedono una stretta collaborazione tra gli Stati membri e la Commissione; che la messa in applicazione di dette disposizioni deve avvenire in modo rapido, considerate le gravi conseguenze economiche che potrebbe comportare ogni ritardo in materia; considerando che, al fine di assicurare l'applicazione uniforme della nomenclatura combinata, è necessario che la Commissione sia assistita da un comitato responsabile di tutte le questioni relative a detta nomenclatura, alla Taric e a qualsiasi altra nomenclatura basata sulla nomenclatura combinata; che detto comitato deve poter funzionare il più presto possibile, prima della data di applicazione della nomenclatura combinata; considerando che, per definire la portata della nomenclatura combinata, è necessario prevedere le opportune disposizioni preliminari, note complementari di sezioni o di capitoli e note a piè di pagina; considerando che formano parte della tariffa doganale comune non soltanto le aliquote dei dazi convenzionali e autonomi e gli altri relativi elementi di percezione fissati all'allegato I del presente regolamento sulla base della nomenclatura combinata, ma anche le misure tariffarie contenute nella Taric e in altre disposizioni comunitarie; considerando che per la fissazione delle aliquote dei dazi convenzionali occorre tener conto dei negoziati in seno al GATT; considerando che il passaggio dalla vecchia nomenclatura alla nomenclatura combinata può implicare difficoltà nell'applicazione delle regole di origine relative a taluni regime preferenziali, in particolare nel caso in cui il paese terzo interessato non abbia aderito al sistema armonizzato; che pertanto occorre prevedere misure appropriate tendenti ad evitare tali difficoltà; considerando che, benché la nomenclatura e le aliquote dei dazi relative ai prodotti contemplati nel trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio non formino parte della tariffa doganale comune, è tuttavia opportuno far figurare, a titolo indicativo, nel presente regolamento, i dazi convenzionali relativi a tali prodotti; considerando che, con l'instaurazione della nomenclature combinata, numerosi atti comunitari, in particolare nel settore della politica agricola comune, devono essere adattati per tener conto dell'utilizzazione di detta nomenclatura; che tali adattamenti non implicano in generale alcuna modifica sostanziale; che per esigenze di semplificazione, occorre prevedere che la Commissione possa apportare direttamente gli adattamenti tecnici necessari agli atti in questione; considerando che l'entrata in vigore del presente regolamento implica l'abrogazione del regolamento (CEE) n. 950/68 del Consiglio, del 28 giugno 1968, relativo alla tariffa doganale comune (2) e del regolamento (CEE) n. 97/69 del Consiglio, del 16 gennaio 1969, relativo alle misure da adottare per l'applicazione uniforme della nomenclatura della tariffa doganale comune (3), modificato da ultimo dal regolamento (CEE) n. 2055/84 (X), HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO : Articolo 1 1. È instaurata una nomenclatura delle merci, denominata in appresso « nomenclatura combinata » o in forma abbreviata « NC », che risponde nel contempo alle esigenze della tariffa doganale comune ed a quelle delle statistiche del commercio estero della Comunità. 2. La nomenclatura combinata riprende : a) la nomenclatura del sistema armonizzato; b)le suddivisioni comunitarie di detta nomenclatura, denominate « sottovoci NC » quando delle aliquote di dazi sono indicate in corrispondenza di esse; c)le disposizioni preliminari le note complementari di sezioni o di capitoli e le note a piè di pagina relative alle sottovoci NC. 3. La nomenclatura combinata è ripresa all'allegato I. Nello stesso allegato sono fissate le aliquote dei dazi autonomi e convenzionali della tariffa doganale comune, le unità supplementari statistiche e gli altri elementi richiesti. Articolo 2 Sulla base della nomenclatura combinata, la Commissione instaura una tariffa integrata delle Comunità europee, qui di seguito denominata « Taric », la quale riprende in particolare : a) le suddivisioni comunitarie complementari, denominate « sottovoci Taric », necessarie per la designazione delle merci facenti oggetto delle misure comunitarie specifiche elencate all'allegato II; b)le aliquote dei dazi doganali e gli altri elementi di percezione applicabili; c)i numeri di codice di cui all'articolo 3, paragrafi 3 e 4; d)ogni altro elemento d'informazione richiesto per l'applicazione o la gestione delle relative misure comunitarie. Articolo 3 1. Ciascuna sottovoce NC comporta un codice numerico di otto cifre : a) le prime sei cifre sono i codici numerici assegnati alle voci e sottovoci della nomenclatura del sistema armonizzato; b)la settima e l'ottava cifra identificano le sottovoci NC. Quando le voci o sottovoci del sistema armonizzato non sono ulteriormente suddivise per esigenze comunitarie, la settima e l'ottava cifra sono « 00 ». 2. La nona cifra è riservata agli Stati membri per le suddivisioni statistiche nazionali, da inserire in conformità dell'articolo 5, paragrafo 3. 3. Le sottovoci Taric sono identificate con una decima e undicesima cifra, che, unitamente ai numeri di codice indicati al paragrafo 1, formano i numeri di codice Taric. In assenza di suddivisioni comunitarie, la decima e l'undicesima cifra sono « 00 ». 4. Eccezionalmente, un codice addizionale Taric a quattro cifre, può essere utilizzato ai fini dell'applicazione delle regolamentazioni comunitarie specifiche che non sono codificate o che non sono interamente codificate alla decima e all'undicesima cifra. Articolo 4 1. La nomenclatura combinata, con le aliquote dei dazi e gli altri relativi elementi di percezione, e le misure tariffarie contenute nella Taric o in altre regolamentazioni comunitarie, costituiscono la tariffa doganale comune che è prevista all'articolo 9 del trattato e che si applica all'importazione delle merci nella Comunità. 2. La nomenclatura combinata, compresi i relativi codici numerici e, eventualmente, le unità supplementari statistiche in essa indicate, è applicata dalla Comunità e dagli Stati membri alle statistiche del commercio estero della Comunità. Articolo 5 1. La Taric è utilizzata dalla Commissione e dagli Stati membri per l'applicazione delle misure comunitarie relative alle importazioni e, eventualmente, alle esportazioni ed al commercio tra gli Stati membri. 2. I numeri di codice Taric si applicano a tutte le importazioni di merci cui si riferiscono le sottovoci corrispondenti. All'uopo essi possono essere applicati alle esportazioni ed al commercio tra gli Stati membri. 3. Gli Stati membri possono inserire, a partire dalle sottovoci NC, delle suddivisioni rispondenti ad esigenze statistiche nazionali e, a partire dalle sottovoci Taric, delle suddivisioni rispondenti ad altre esigenze nazionali. Dette suddivisioni sono corredate di codici numerici che le identificano, conformemente alle disposizioni del regolamento (CEE) n. 2793/86. 4. Gli Stati membri che utilizzano delle suddivisioni rispondenti ad esigenze nazionali diverse da quelle statistiche possono, informandone la Commissione, differire, fino al massimo al 31 dicembre 1989, l'utilizzazione delle sottovoci Taric e delle decime e undicesime cifre corrispondenti. Articolo 6 La Commissione gestisce e pubblica la Taric. Essa adotta in particolare le misure necessarie al fine di : a) integrare nella Taric le misure elencate all'allegato II; b)attribuire il numero di codice Taric; c) aggiornare la Taric; d)comunicare immediatamente agli Stati membri le modifiche alle sottovoci Taric ed ai codici numerici. Articolo 7 1. La Commissione è assistita da un comitato della nomenclatura tariffaria e statistica, denominato « comitato della nomenclatura », ed in appresso « comitato », composto da rappresentanti degli Stati membri e presieduto da un rappresentante della Commissione. 2. Il comitato adotta il proprio regolamento interno. Articolo 8 Il comitato può esaminare qualsiasi questione sottopostagli dal suo presidente, sia su iniziativa di questi, sia su iniziativa del rappresentante di uno Stato membro : a) relativa alla nomenclatura combinata; b)relativa alla nomenclatura della Taric e a qualsiasi altra nomenclatura che riprende la nomenclatura combinata, in tutto o in parte o aggiungendovi eventualmente suddivisioni, e che sia instaurata da regolamentazioni comunitarie specifiche per l'applicazione delle misure tariffarie o di altra natura nel quadro degli scambi di merci. Articolo 9 1. Le misure relative alle seguenti materie sono adottate in base alla procedura prevista all'articolo 10 : a) applicazione della nomenclatura combinata e della Taric, con particolare riguardo : - alla classifica delle merci nelle nomenclature di cui all'articolo 8, -alle note esplicative; b)modifiche della nomenclatura combinata per tener conto dell'evoluzione dei bisogni in materia di statistiche o di politica commerciale; c)modifiche dell'allegato II; d)modifiche della nomenclatura combinata e adeguamenti dei dazi conformemente alle decisioni adottate dal Consiglio o dalla Commissione; e)modifiche della nomenclatura combinata intese ad adeguarla all'evoluzione tecnologica o commerciale o ad armonizzare ed esplicitare i testi; f)modifiche della nomenclatura combinata, risultanti dagli emendamenti della nomenclatura del sistema armonizzato; g)questioni relative all'applicazione, al funzionamento ed alla gestione del sistema armonizzato, destinate ad essere discusse nell'ambito del Consiglio di cooperazione doganale. 2. Le disposizioni adottate ai sensi del paragrafo 1 non possono modificare : - le aliquote dei dazi doganali; -i prelievi agricoli, le restituzioni o gli altri importi applicabili nel quadro della politica agricola comune o in quello dei regimi specifici applicabili a talune merci derivanti dalla trasformazione di prodotti agricoli; -le restrizioni quantitative stabilite in conformità delle disposizioni comunitarie; -le nomenclature adottate nel quadro della politica agricola comune. 3. Le modifiche apportate alla sottovoci NC sono, se del caso, immediatamente riprese come sottovoci Taric. Esse sono riprese nella NC unicamente alle condizioni di cui all'articolo 12. Articolo 10 1. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da prendere. Il comitato formula il proprio parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è reso alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio è chiamato a prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato viene attribuita ai voti dei rappresentanti degli Stati membri la ponderazione definita all'articolo precitato. Il presidente non partecipa alla votazione. 2. La Commissione adotta misure che sono immediatamente applicabili. Tuttavia, se tali misure non sono conformi al parere reso dal comitato, la Commissione le comunica immediatamente al Consiglio. In tal caso la Commissione può differire di tre mesi, a decorrere dalla data di tale comunicazione, l'applicazione delle misure da essa decise. 3. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può prendere una decisione diversa entro il termine di cui al paragrafo 2. Articolo 11 1. Nei casi in cui talune disposizioni comunitarie subordinino a condizioni particolari l'ammissione di una merce al beneficio di un regime tariffario favorevole all'importazione, a causa della natura o della destinazione particolare di detta merce, dette condizioni possono essere stabilite secondo la procedura di cui all'articolo 10. 2. Ai sensi del paragrafo 1, per regime tariffario favorevole si intende ogni riduzione o sospensione, anche nel quadro di un contingente tariffario, tanto di un dazio doganale o di una tassa di effetto equivalente, quanto di un prelievo agricolo o di un altro onere all'importazione previsto nell'ambito della politica agricola comune o in quello dei regimi specifici applicabili ad alcune merci derivanti dalla trasformazione di prodotti agricoli. Articolo 12 La Commissione adotta ogni anno un regolamento che riprende la versione completa della nomenclatura combinata e delle relative aliquote dei dazi autonomi e convenzionali della tariffa doganale comune, così come essa risulta dalle decisioni adottate dal Consiglio o dalla Commissione. Detto regolamento è pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee al più tardi il 31 ottobre ed è applicabile a partire dal 1° gennaio dell'anno successivo. Articolo 13 Il Regno di Spagna e la Repubblica portoghese sono autorizzati a non applicare la Taric fino al termine dei periodi di applicazione delle misure transitorie in materia tariffaria previsti dall'atto di adesione. Articolo 14 Quando una preferenza tariffaria è accordata sulla base di regole di origine fondate sulla nomenclatura del Consiglio di cooperazione doganale in vigore al 31 dicembre 1987, dette regole continuano ad essere applicate in conformità degli atti comunitari in vigore alla suddetta data. Articolo 15 1. I codici e le descrizioni delle merci stabiliti sulla base della nomenclatura combinata si sostituiscono a quelli stabiliti sulla base delle nomenclature della tariffa doganale comune e della Nimexe senza pregiudizio degli accordi internazionali conclusi dalla Comunità prima dell'entrata in vigore del presente regolamento nonché degli atti che sono stati presi per la loro applicazione e che si riferiscono alle suddette nomenclature. Gli atti comunitari che riprendono la nomenclatura tariffaria o statistica sono modificati in conseguenza dalla Commissione. 2. I riferimenti fatti alla Nimexe figuranti nei diversi atti comunitari in vigore devono intendersi come fatti alla nomenclatura combinata. Articolo 16 I regolamenti (CEE) n. 950/68 e (CEE) n. 97/69 sono abrogati. Articolo 17 Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Comunità europee. Gli articoli da 1 a 5 e da 12 a 16 sono applicabili a decorrere dal 1° gennaio 1988. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 23 luglio 1987. Per il Consiglio Il Presidente K.E. TYGESEN (1) GU n. C 154 del 12. 6. 1987, pag. 6. (2) GU n. C 190 del 20. 7. 1987. (3) Parere reso il 1° luglio 1987 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (X) GU n. L 263 del 15. 9. 1986, pag. 74. (1) GU n. L 81 del 26. 3. 1986, pag. 29. (2) GU n. L 172 del 22. 7. 1968, pag. 1. (3) GU n. L 14 del 21. 1. 1969, pag. 1. (X) GU n. L 191 del 19. 7. 1984, pag. 1. | La banca dati online della tariffa doganale integrata (TARIC)
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Stabilisce le basi giuridiche per la TARIC, la tariffa integrata dell’Unione europea (UE), e introduce un sistema comune per la codificazione e la classificazione delle merci, noto come nomenclatura combinata (NC), essenziale per l’elaborazione e la pubblicazione delle statistiche del commercio dell’UE.
PUNTI CHIAVE
La TARIC contiene tutte le aliquote dei dazi doganali e alcune norme comunitarie applicabili al commercio estero. Non contiene informazioni relative alle imposte nazionali, come l’IVA.
La NC è il risultato della fusione tra la nomenclatura della tariffa doganale comune* e la Nimexe (nomenclatura statistica dell’UE).
La TARIC si basa sulla NC e comprende suddivisioni aggiuntive, denominate sottovoci TARIC, utilizzate per merci le cui aliquote dei dazi doganali vengono applicate in base all’origine o laddove si applicano altre norme di politica commerciale.
Ciascuna sottovoce NC comporta un codice di otto cifre. Le prime sei cifre si riferiscono alle voci e sottovoci del sistema armonizzato, la settima e l’ottava cifra rappresentano le sottovoci NC, mentre la nona e la decima cifra rappresentano le sottovoci TARIC.
L’allegato I del regolamento fissa le aliquote dei dazi e viene aggiornato regolarmente per tener conto di:
modifiche concordate a livello internazionale;
modifiche relative a esigenze statistiche, politica commerciale e sviluppi tecnologici e commerciali;
necessità di armonizzare o esplicitare i testi.
La Commissione europea pubblica e gestisce la TARIC. Essa attribuisce i numeri di codice, aggiorna la TARIC e comunica gli emendamenti ai paesi dell’UE. Le richieste di modifica della NC possono essere fatte dalla Commissione, dai paesi dell’UE o dalle federazioni commerciali europee.
La Commissione adotta ogni anno un regolamento che riprende la versione completa della NC e delle aliquote dei dazi della tariffa doganale comune, prendendo in considerazione gli emendamenti del Consiglio e della Commissione. Il regolamento è pubblicato nella Gazzetta ufficiale al più tardi il 31 ottobre ed è applicabile a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo.
La Commissione è assistita dal comitato del codice doganale, composto da rappresentanti dei paesi dell’UE. Il comitato è responsabile dell’esame di tutte le questioni relative alla NC, alla TARIC o ad altre nomenclature.
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
È entrato in vigore il 10 settembre 1987.
CONTESTO
La TARIC, la tariffa integrata dell’UE, è una banca dati che riunisce normativa commerciale e agricola e tariffe doganali. Ciò garantisce un’applicazione uniforme da parte dei paesi dell’UE e offre una chiara visione di tutte le misure che i soggetti coinvolti nell’importazione di merci all’interno dell’Unione o nell’esportazione di merci da essa devono intraprendere.
Per ulteriori informazioni, fare riferimento a:
TARIC (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Tariffa doganale comune: la combinazione della classificazione delle merci e delle aliquote dei dazi che si applicano a ogni classe di merci, applicabile in tutta l’UE.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CEE) n. 2658/87 del Consiglio, del 23 luglio 1987, relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica e alla tariffa doganale comune (GU L 256 del 7.9.1987, pag. 1).
Le modifiche successive al regolamento (CEE) n. 2658/87 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. | 6,818 | 162 |
98/700/GAI: Azione comune del 3 dicembre 1998 adottata dal Consiglio in base all'articolo K.3 del Trattato sull'Unione europea, relativa alla creazione di un sistema europeo di archiviazione delle immagini (FADO)
Gazzetta ufficiale n. L 333 del 09/12/1998 pag. 0004 - 0007
AZIONE COMUNE del 3 dicembre 1998 adottata dal Consiglio in base all'articolo K.3 del Trattato sull'Unione europea, relativa alla creazione di un sistema europeo di archiviazione delle immagini (FADO) (98/700/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo K.3, paragrafo 2, lettera b),considerando che l'articolo K.1, punto 3), del trattato stabilisce che la politica d'immigrazione e la politica da seguire nei confronti dei cittadini dei paesi terzi costituiscono una questione di interesse comune;considerando che la lotta contro i documenti falsi è un settore che rientra nella politica d'immigrazione e nella cooperazione di polizia; che il moltiplicarsi del numero dei documenti autentici e falsi richiede un frequente aggiornamento; che il fatto che le tecniche utilizzate per la produzione di documenti autentici e le loro relative contraffazioni diventano sempre più sofisticate rende necessario uno strumento di qualità;considerando che, poiché il bollettino delle frodi europeo ed il manuale dei documenti autentici non rispondono adeguatamente ai due imperativi di rapidità e di riproduzione fedele, il ricorso ad un sistema informatizzato di archiviazione delle immagini rappresenta, assieme ad una formazione adeguata del personale interessato, un elemento essenziale di una strategia globale atta a soddisfare le esigenze degli Stati membri;considerando che vari Stati membri dispongono già di sistemi informatizzati di archiviazione delle immagini in fase di realizzazione;considerando che, per assicurare un elevato livello di controllo da parte degli Stati membri, sarebbe utile istituire un sistema informatizzato di archiviazione delle immagini che dia accesso al personale preposto al controllo dei documenti negli Stati membri; che il sistema dovrebbe consentire agli utenti di disporre di informazioni sui nuovi metodi di falsificazione individuati, nonché sui nuovi documenti autentici in circolazione;considerando che, al fine di salvaguardare la compatibilità e l'omogeneità delle informazioni del sistema, è necessario stabilire procedure di elaborazione dei contributi degli Stati membri destinati ad essere inseriti nel sistema e procedure di controllo e verifica dei contributi stessi;considerando che la presente azione comune lascia impregiudicata la competenza degli Stati membri relativa al riconoscimento di passaporti, di documenti di viaggio, di visti o altri documenti di identità,HA ADOTTATO LA PRESENTE AZIONE COMUNE:Articolo 1 1. È istituito un sistema europeo di archiviazione delle immagini concepito affinché gli Stati membri possano procedere a scambi informatizzati rapidissimi di informazioni a loro disposizione su documenti autentici e documenti falsi accertati, secondo le modalità stabilite nell'allegato della presente azione comune.2. Detto sistema non sostituisce né annulla il consueto scambio di informazioni su supporto cartaceo fino a quando tutti gli Stati membri non saranno in grado di servirsene.Articolo 2 La base dati del sistema deve contenere, tra l'altro, le seguenti informazioni:a) immagini di documenti contraffatti e falsi;b) immagini di documenti autentici;c) informazioni sintetiche sulle tecniche di falsificazione;d) informazioni sintetiche sulle tecniche di sicurezza.Articolo 3 La creazione del sistema europeo non impedisce a ciascuno Stato membro di istituire ed utilizzare il proprio sistema nazionale in grado di soddisfare le esigenze dei posti di frontiera nazionali e dei servizi interni di controllo dei documenti.Articolo 4 Il Consiglio adotta quanto prima i requisiti tecnici relativi alla compatibilità con i sistemi esistenti, all'inserimento delle informazioni nel sistema nonché alle procedure di controllo e di verifica delle informazioni stesse.Articolo 5 La presente azione comune è pubblicata nella Gazzetta ufficiale ed entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione.Gli Stati membri applicano l'articolo 1 entro dodici mesi dall'adozione delle misure di cui all'articolo 4.Fatto a Bruxelles, addì 3 dicembre 1998.Per il ConsiglioIl presidenteK. SCHLÖGLALLEGATO SISTEMA EUROPEO DI ARCHIVIAZIONE DELLE IMMAGINI Presso il Segretariato generale del Consiglio è istituito un sistema informatizzato che contiene documenti autentici, falsi e falsificati.Il nome del sistema europeo è FADO (Documenti falsi e autentici).1. Descrizione del sistema - Il sistema deve essere consultato da una sola unità centrale di ciascuno Stato membro.- Il sistema si basa sulla tecnologia Internet. È importantissimo garantire che l'informazione possa essere trasmessa rapidamente alle unità centrali nazionali. Non appena l'informazione perviene al Segretariato generale del Consiglio viene introdotta in tempi brevissimi nel sistema FADO. Spetta a ciascuno Stato membro integrare questi dati nel proprio sistema nazionale o nella sua copia del sistema FADO.- Il sistema è plurilingue.- Il sistema deve essere conviviale.- Il sistema si basa su una codificazione molto rigorosa. È essenziale garantire la sicurezza delle informazioni contenute nel sistema informatizzato. Il sistema utilizza linee speciali per la trasmissione dei dati tra il Segretariato generale del Consiglio e i servizi centrali degli Stati membri.- Negli Stati membri il sistema è consultato da un'unità centrale attraverso un internet crittografato. Uno Stato membro può usare lo stesso sistema a livello nazionale (ossia, collegare diverse stazioni di lavoro situate ai suoi diversi posti di frontiera o presso altre autorità competenti). Non vi saranno collegamenti diretti tra una stazione di lavoro diversa dall'unità centrale nazionale ed il punto centrale installato presso il Segretariato generale. Vi sarà un metodo per duplicare e aggiornare, nel sistema situato negli Stati membri, il sistema FADO (nastri magnetici, dischi amovibili, CD-ROM, ecc.).- Ciascuno Stato membro ha la facoltà di sviluppare il proprio sistema crittografato per la trasmissione interna di dati.- Il sistema FADO collega in rete la base centrale presso il Segretariato generale con le centrali ubicate in ciascuno Stato membro. Esso consente il rapido scambio di informazioni.- Dato che i documenti sono inviati per via elettronica per essere inseriti nei sistemi nazionali esistenti, le immagini devono essere di formato standard (JPEG, TIFF, BMP . . .). La loro qualità deve essere la migliore possibile, ma deve altresì essere assicurato un giusto equilibrio fra la qualità dell'immagine, le dimensioni e la compressione.- Sono disponibili ingrandimenti, ma soltanto delle parti importanti dell'immagine, sempreché se ne ravvisi la necessità.- Il sistema deve consentire di confrontare sullo schermo il documento autentico con quello falso o falsificato.- Il sistema fornisce delucidazioni sulle diverse tecniche di falsificazione e sulle tecniche di sicurezza.- I rinvii incrociati risultano necessari agli utenti per reperire le informazioni in tempi molto brevi.- Priorità viene conferita anzitutto ai documenti degli Stati membri e ai documenti dei paesi terzi da cui si registra un'emigrazione abituale verso gli Stati membri. Le informazioni contenute nel sistema sono successivamente completate e aggiornate in modo da includervi tutti gli altri documenti e da risultare il più completo possibile.- Si deve introdurre un sistema «flash» che comporti l'invio a tutti gli Stati membri, per posta elettronica, di un avviso riguardante un dato documento falso.- Il sistema ha fin dall'inizio più di un archivio. Occorre prevedere fin dall'inizio la possibilità di un livello di consultazione supplementare per gli esperti contenente informazioni più particolareggiate sulle falsificazioni.- Il sistema contiene una zona speciale per l'inserimento di documenti che non sono riconosciuti da uno o più Stati membri.2. Costi del sistema I costi relativi all'istituzione e al funzionamento del sistema FADO riguardano l'acquisto di attrezzature tecniche e i costi relativi al personale. Dato che il sistema FADO è destinato unicamente all'archiviazione e alla trasmissione elettroniche di documenti, che di regola avviene su supporto cartaceo, tali spese rientrano pertanto nelle spese amministrative del Consiglio, ai sensi dell'articolo K.8, paragrafo 2, primo comma, del trattato sull'Unione europea. | Lotta ai falsi documentali: sistema di archiviazione delle immagini FADO
QUAL È LO SCOPO DI QUEST’AZIONE COMUNE?
Istituisce un sistema di archiviazione delle immagini dell’Unione Europea (UE) basato su Internet, noto come FADO (documenti falsi e autentici online), che consente la rapida condivisione fra paesi dell’UE di immagini di documenti autentici, falsi e falsificati, al fine di contribuire alla lotta contro le frodi documentali e d’identità.
L’azione comune 98/700/GAI è abrogata e sarà sostituita tra qualche anno dal regolamento (UE) 2020/493 (si veda la sintesi), anche se le informazioni esistenti sono state trasferite al nuovo sistema FADO che sarà istituito dall’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera.
PUNTI CHIAVE
Il sistema è multilingue, progettato per essere di facile utilizzo e basato su una codificazione molto rigorosa, al fine di garantire la standardizzazione e la sicurezza delle informazioni. Un servizio centrale in ciascun paese partecipante è collegato con il segretariato generale del Consiglio dell’UE, ma ogni paese dell’UE e di Schengen è libero di copiare il sistema o di sviluppare il proprio sistema per la distribuzione sicura dei dati interni. Il sistema garantisce che le informazioni possano essere trasmesse rapidamente ai servizi centrali nazionali. La creazione del sistema comunitario non impedisce ai paesi dell’UE di sviluppare i propri sistemi nazionali per soddisfare i rispettivi requisiti di sicurezza ai confini e verifica dei documenti. Il sistema è progettato in particolare per consentire:la visualizzazione di immagini ingrandite dei documenti, ove necessario;il confronto sullo schermo fra documenti autentici e falsificati;l’accesso alle informazioni sulle tecniche di falsificazione e di sicurezza;rinvii incrociati affinché gli utenti possano reperire le relative informazioni in tempi brevi;comunicazioni su documenti falsi particolari. Priorità viene conferita ai documenti dei paesi dell’UE e ai documenti dei paesi extra UE da cui si registra un’emigrazione abituale. Il 1o dicembre 2014, il Regno Unito (1) ha comunicato alla Commissione europea che nel campo della cooperazione di polizia desiderava continuare a partecipare all’azione comune. Ciò è stato confermato dalla decisione della Commissione 2014/858/UE.Abrogazione
L’azione comune 98/700/GAI è abrogata dal regolamento (UE) 2020/493.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA L’AZIONE COMUNE?
Essa è in vigore dal 10 dicembre 1998.
CONTESTO
Il numero crescente di documenti di viaggio, d’identità e altri documenti giustificativi autentici e falsi, come passaporti, permessi di soggiorno e visti, e le sempre più sofisticate tecniche di falsificazione, fanno sì che tra gli strumenti necessari per combattere le frodi documentali e d’identità debba esserci una condivisione rapida ed efficiente delle informazioni.
Per maggiori informazioni consultare:Sicurezza dei documenti (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Azione comune 98/700/GAI, del 3 dicembre 1998, adottata dal Consiglio in base all’articolo K.3 del trattato sull’Unione europea, relativo alla creazione di un sistema europeo di archiviazione delle immagini (FADO) (GU L 333 del 9.12.1998, pag. 4).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione 2014/858/UE della Commissione, del 1o dicembre 2014, concernente la comunicazione, da parte del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, della volontà di partecipare ad atti dell’Unione nel settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale adottati prima dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona e che non fanno parte dell’acquis di Schengen (GU L 345 del 1.12.2014, pag. 6).
Decisione 2000/261/GAI del Consiglio, del 27 marzo 2000, relativa al miglioramento dello scambio di informazioni per combattere i documenti di viaggio contraffatti (GU L 81 del 1.4.2000, pag. 1). | 3,614 | 520 |
Decisione del Consiglio del 22 luglio 2003 che istituisce un comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro (Testo rilevante ai fini del SEE)
Gazzetta ufficiale n. C 218 del 13/09/2003 pag. 0001 - 0004
Decisione del Consigliodel 22 luglio 2003che istituisce un comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro(2003/C 218/01)(Testo rilevante ai fini del SEE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 202,vista la proposta della Commissione, presentata previa consultazione del comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro,considerando quanto segue:(1) La protezione contro gli infortuni e le malattie professionali fa parte degli obiettivi del trattato.(2) La trasformazione profonda dei metodi di produzione in tutti i settori dell'economia e la diffusione di tecniche e materie pericolose hanno fatto sorgere nuovi problemi per quanto concerne la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro.(3) Occorrerebbe prevedere un organismo permanente con il compito di assistere la Commissione nella preparazione e nell'esecuzione delle attività nei settori della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro, nonché di facilitare la cooperazione tra le amministrazioni nazionali e le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro.(4) Con le decisioni dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di consiglio speciale dei ministri adottate durante la 36a e la 42a sessione del Consiglio, tenutesi rispettivamente il 6 settembre 1956 e il 9 e il 10 maggio 1957, è stato creato un organo permanente per la sicurezza nelle miniere di carbon fossile, il cui mandato è stato definito dalla decisione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di consiglio speciale dei ministri del 9 luglio 1957 relativa al mandato e al regolamento interno dell'organo permanente per la sicurezza nelle miniere di carbon fossile(1) e le cui competenze sono state estese in virtù della decisione 74/326/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1974(2).(5) Peraltro, la decisione 74/325/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1974, che istituisce un comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro(3), aveva anch'essa istituito un analogo organismo permanente competente per l'insieme delle attività economiche, ad esclusione delle industrie estrattive e del settore della protezione sanitaria dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti.(6) Gli importanti cambiamenti che si sono verificati nel corso degli ultimi anni nel mondo del lavoro e che hanno interessato la costruzione europea, soprattutto attraverso l'inserimento di un protocollo sociale nel trattato di Amsterdam, nonché le nuove prospettive che si aprono in virtù del processo di allargamento in corso impongono un riesame critico e costruttivo delle esperienze di concertazione e degli organismi costituiti a tal fine nelle Comunità.(7) Nella comunicazione relativa ad un programma comunitario nel settore della sicurezza, dell'igiene e della tutela della salute sul luogo di lavoro (1996-2000), la Commissione aveva sottolineato l'esigenza di una razionalizzazione del funzionamento dei due comitati consultivi, in particolare il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro e l'organo permanente per la sicurezza e la salubrità nelle miniere di carbon fossile e nelle altre industrie estrattive, da conseguire mediante una loro fusione, la riduzione del numero dei membri e la creazione di un segretariato unico.(8) La comunicazione della Commissione "Adattarsi alle trasformazioni del lavoro e della società: una nuova strategia comunitaria per la salute e la sicurezza 2002-2006" constata del resto che l'efficace attuazione del diritto comunitario richiede una stretta cooperazione tra la Commissione e le amministrazioni degli Stati membri e che tale cooperazione potrebbe risultare più efficace e più semplice se i due comitati consultivi venissero fusi in un unico comitato consultivo.(9) Risulta opportuno mantenere la struttura del comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro, apportando nel contempo gli adeguamenti necessari a migliorarne il funzionamento e definendone chiaramente la natura orizzontale delle sue competenze per contemplare tutti i campi di attività pubblici e privati conformemente alla normativa comunitaria sulla salute e la sicurezza sul luogo di lavoro. Risulta altresì opportuno conservare le competenze e l'esperienza acquisita dall'organo permanente per la sicurezza e la salubrità nelle miniere di carbon fossile e nelle altre industrie estrattive, mediante l'istituzione di gruppi di lavoro permanenti a carattere settoriale nell'ambito del citato comitato consultivo.(10) Tale riforma dovrebbe essere inserita in una nuova decisione che istituisca un comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro quale unica istanza consultiva ed abroghi la decisione 74/325/CEE.(11) Dovrebbero inoltre essere abrogate le decisioni relative alla creazione dell'organo permanente per la sicurezza nelle miniere di carbon fossile, la decisione relativa al mandato e al regolamento interno dell'organo permanente per la sicurezza nelle miniere di carbon fossile, e la decisione 74/326/CEE,DECIDE:Articolo 1È istituito un comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro (in seguito denominato "comitato").Articolo 21. Il comitato ha il compito di assistere la Commissione nella preparazione, nell'esecuzione e nella valutazione delle attività nei settori della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro.Tale compito riguarda i settori di attività pubblici e privati.2. In particolare, il comitato ha il compito di:a) procedere, sulla base delle informazioni messe a sua disposizione, a scambi di opinioni e di esperienze riguardo alle regolamentazioni esistenti o prospettate;b) contribuire all'elaborazione di un'impostazione comune dei problemi inerenti ai settori della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro, nonché alla scelta delle priorità comunitarie e delle misure necessarie alla loro realizzazione;c) richiamare l'attenzione della Commissione sui settori in cui appaiano necessarie l'acquisizione di nuove conoscenze e l'attuazione di adeguate azioni di formazione e di ricerca;d) definire, nell'ambito dei programmi di azione comunitaria:- i criteri e gli obiettivi della lotta contro i rischi di infortuni sul lavoro e i pericoli per la salute nell'azienda;- i metodi che consentano alle aziende e al loro personale di valutare e migliorare il livello di protezione;e) contribuire, unitamente all'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, ad informare le amministrazioni nazionali e le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro in merito alle azioni comunitarie, per facilitarne la cooperazione e favorirne le iniziative volte allo scambio delle esperienze acquisite e alla definizione di codici di buona prassi;f) esprimere un parere sulle proposte di iniziative comunitarie che abbiano un impatto sulla sicurezza e sulla salute sul luogo di lavoro;g) esprimere un parere sul programma annuale e sul programma modulato su quattro anni dell'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro.3. Ai fini dello svolgimento di tali compiti il comitato collabora con gli altri comitati competenti in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro, tra l'altro con il comitato degli ispettori del lavoro ad alto livello e il comitato scientifico per i limiti dell'esposizione professionale agli agenti chimici, soprattutto attraverso lo scambio di informazioni.Articolo 31. Il comitato è composto di tre membri titolari per Stato membro; ciascuno Stato membro dispone di un rappresentante delle amministrazioni nazionali, un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei lavoratori ed un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro.2. Per ogni membro titolare possono essere nominati due membri supplenti.Fatto salvo l'articolo 6, paragrafo 3, il membro supplente assiste alle riunioni del comitato soltanto in caso di impedimento del membro titolare che sostituisce.3. I membri titolari e i supplenti sono nominati dal Consiglio. Gli Stati membri, quando presentano l'elenco dei candidati al Consiglio, si adoperano per garantire che la composizione del comitato rispecchi imparzialmente i vari settori economici interessati e la proporzione di uomini e donne nella popolazione attiva.4. L'elenco dei membri titolari e supplenti è pubblicato dal Consiglio, a titolo informativo, nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Articolo 41. La durata del mandato dei membri titolari e dei membri supplenti è di tre anni. Il mandato è rinnovabile.2. Al termine del mandato i membri titolari ed i membri supplenti rimangono in carica sino a quando non si sia provveduto alla loro sostituzione o al rinnovo del loro mandato.3. Il mandato cessa prima del termine del periodo triennale in caso di dimissioni o quando lo Stato membro interessato notifichi che è stato posto fine al mandato.Il membro è sostituito per la restante durata del mandato secondo la procedura di cui all'articolo 3.Articolo 51. All'interno del comitato sono costituiti tre gruppi d'interesse di cui fanno parte rispettivamente i rappresentanti delle amministrazioni nazionali, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori ed i rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro.2. Ciascun gruppo d'interesse designa al proprio interno un portavoce.3. Ciascun gruppo d'interesse designa un coordinatore che partecipa alle riunioni del comitato, dell'ufficio di presidenza e del gruppo d'interesse.4. Per l'organizzazione dei lavori del comitato viene creato un ufficio di presidenza, composto di due rappresentanti della Commissione, nonché del portavoce e del coordinatore di ciascun gruppo d'interesse.Articolo 61. Il comitato è presieduto dal direttore generale della Commissione responsabile della politica sociale o, in caso di impedimento e a titolo eccezionale, da uno dei direttori della medesima direzione generale da lui designato. Il presidente non partecipa al voto.2. Il comitato si riunisce, su convocazione del presidente, per iniziativa di quest'ultimo o su richiesta di almeno un terzo dei membri.3. Il presidente può, di propria iniziativa, invitare al massimo due esperti a partecipare alle riunioni del comitato.Ogni gruppo d'interesse del comitato può farsi assistere al massimo da due esperti, a condizione che il presidente venga informato almeno tre giorni prima della riunione del comitato.4. Il comitato può istituire gruppi di lavoro presieduti da un suo membro o da un membro supplente. Ciascun gruppo di lavoro è composto di quattro esperti per gruppo d'interesse.Nell'ambito del comitato è istituito un gruppo di lavoro permanente, composto da cinque esperti per ogni gruppo di interesse, con il compito di trattare, su base regolare, questioni relative al settore minerario e alle industrie estrattive.I presidenti di questi gruppi presentano i risultati dei propri lavori, sotto forma di relazioni, nel corso di una riunione del comitato.5. I rappresentanti dei servizi interessati della Commissione partecipano alle riunioni del comitato e dei gruppi di lavoro. Il segretariato è assicurato dai servizi della Commissione.6. Alle riunioni del comitato possono assistere in qualità di osservatori:- il direttore dell'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro;- il direttore della Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro;- un rappresentante per ciascun gruppo d'interesse degli Stati membri dello Spazio economico europeo.7. Previo parere motivato dell'ufficio di presidenza il presidente può autorizzare altri osservatori ad assistere alle riunioni del comitato.Articolo 71. Le deliberazioni del comitato sono valide quando sono presenti due terzi dei membri. Solo i membri del comitato partecipano al voto.2. I pareri del comitato devono essere motivati. Essi sono adottati a maggioranza assoluta dei voti validamente espressi. Sono accompagnati da una nota scritta da cui risultino le opinioni formulate dalla minoranza, quando quest'ultima lo richieda.3. Il comitato si dota di procedure decisionali accelerate per le quali si applicano mutatis mutandis le condizioni stabilite nei paragrafi 1 e 2.Articolo 8Su parere della Commissione il comitato adotta il regolamento interno che detta le modalità pratiche del proprio funzionamento, in particolare quelle concernenti le procedure decisionali accelerate e i meccanismi di cooperazione con gli altri comitati competenti in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro, tra l'altro con il comitato degli ispettori del lavoro ad alto livello e il comitato scientifico per i limiti dell'esposizione professionale agli agenti chimici. Il regolamento interno è trasmesso a titolo informativo al Parlamento europeo e al Consiglio; quest'ultimo ha altresì il diritto di avocazione.Articolo 9Fatto salvo l'articolo 287 del trattato, i membri del comitato sono tenuti a non divulgare le informazioni di cui siano venuti a conoscenza attraverso l'attività del comitato o dei gruppi di lavoro, ogniqualvolta la Commissione li informi che il parere richiesto o il quesito posto verte su una materia di carattere riservato. In tal caso, solo i membri del comitato e i rappresentanti della Commissione possono presenziare alle riunioni.Articolo 10Le decisioni relative alla creazione dell'organo permanente per la sicurezza nelle miniere di carbon fossile, adottate durante la 36a e la 42a sessione del Consiglio, tenutesi rispettivamente il 6 settembre 1956 e il 9 e 10 maggio 1957, la decisione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di consiglio speciale dei ministri del 9 luglio 1957, relativa al mandato e al regolamento interno dell'organo permanente per la sicurezza nelle miniere di carbon fossile, e le decisioni 74/325/CEE e 74/326/CEE sono abrogate.Articolo 11La presente decisione entra in vigore il 1o gennaio 2004.Fatto a Bruxelles, addì 22 luglio 2003.Per il ConsiglioIl PresidenteG. Alemanno(1) GU 57 del 31.8.1957, pag. 487. Decisione modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(2) GU L 185 del 9.7.1974, pag. 18. Decisione modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(3) GU L 185 del 9.7.1974, pag. 15. Decisione modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994. | Comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro (ACSH)
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Istituisce il comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro, un organo consultivo tripartito, il cui compito è quello di assistere la Commissione europea nella preparazione e attuazione delle decisioni adottate nel campo della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro e di agevolare la cooperazione tra le amministrazioni nazionali, i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro.
PUNTI CHIAVE
Il comitato, istituito per semplificare il processo di consultazione in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, copre tutti i settori pubblici e privati dell'economia. I suoi compiti principali sono:
fornire pareri sulle iniziative dell'Unione europea (EU) in materia di sicurezza e salute (nuova normativa, programmi UE, ecc.);
contribuire in modo proattivo a identificare le priorità a livello UE e a definire strategie politiche pertinenti;
favorire lo scambio di vedute e di esperienze (interfaccia tra il livello nazionale e UE).
Il comitato è composto da tre membri, uno per ciascun paese dell'UE:
un rappresentante delle amministrazioni nazionali,
un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei lavoratori,
un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro, nominati dal Consiglio per un periodo di tre anni.
All'interno del comitato sono costituiti tre gruppi d'interesse. Ciascun gruppo d'interesse designa al proprio interno un portavoce e un coordinatore.
Il comitato è presieduto dal direttore generale della Commissione responsabile della politica sociale. Si riunisce due volte all'anno in una seduta plenaria. La Commissione (la direzione generale per l'Occupazione, gli affari sociali e l'inclusione) fornisce servizi di segreteria per il comitato.
Il modus operandi del comitato è disciplinato dal suo regolamento interno (RI), che il comitato ha adottato il 18 novembre 2004 sulla base di un parere favorevole della Commissione.
Il RI definisce inoltre le procedure decisionali da seguire per l'adozione di qualsiasi posizione ufficiale da parte del comitato. Tra le possibili procedure vi sono:
la procedura decisionale ordinaria, applicata in occasione delle riunioni plenarie. In questo contesto, un parere o una decisione possono:
essere adottati all'unanimità, quando i portavoce dei tre gruppi di interesse sono in completo accordo sulla questione in discussione,
essere adottati a maggioranza assoluta dei voti, se non si raggiunge un accordo unanime;
la procedura decisionale accelerata, applicata con procedura scritta (è richiesta la maggioranza assoluta).
I pareri adottati dal comitato non sono vincolanti per la Commissione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
Si applica dal 1o gennaio 2004.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, si veda:
«Salute e sicurezza sul lavoro - Comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro» sul sito della Commissione europea.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione del Consiglio del 22 luglio 2003 che istituisce un comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro (2003/C 218/01) (GU C 218 del 13.9.2003, pag. 1–4)
DOCUMENTI CORRELATI
Parere della Commissione sul progetto di regolamento interno del Comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro (COM(2004) 756 def.del 17.11.2004) | 5,326 | 1,016 |
Regolamento (CE) n. 2679/98 del Consiglio del 7 dicembre 1998 sul funzionamento del mercato interno in relazione alla libera circolazione delle merci tra gli Stati membri
Gazzetta ufficiale n. L 337 del 12/12/1998 pag. 0008 - 0009
REGOLAMENTO (CE) N. 2679/98 DEL CONSIGLIO del 7 dicembre 1998 sul funzionamento del mercato interno in relazione alla libera circolazione delle merci tra gli Stati membri IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 235,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Parlamento europeo (2),visto il parere del Comitato economico e sociale (3),(1) considerando che, a norma dell'articolo 7 A del trattato, il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale, in particolare, è assicurata la libera circolazione delle merci secondo gli articoli da 30 a 36 del trattato;(2) considerando che talune violazioni di tale principio, come i casi in cui la libera circolazione delle merci è ostacolata da azioni di privati in un determinato Stato membro, possono perturbare gravemente il corretto funzionamento del mercato interno e causare danni gravi ai privati lesi da tali azioni;(3) considerando che, per garantire l'adempimento degli obblighi derivanti dal trattato e, in particolare, per assicurare il corretto funzionamento del mercato interno, gli Stati membri dovrebbero, da un lato, evitare di adottare atti o comportamenti tali da costituire un ostacolo agli scambi e, dall'altro, prendere qualsiasi provvedimento necessario e proporzionato al fine di facilitare la libera circolazione delle merci nel loro territorio;(4) considerando che tali provvedimenti non devono pregiudicare l'esercizio dei diritti fondamentali, compreso il diritto o la libertà di sciopero;(5) considerando che il presente regolamento non impedisce alcuna azione che in taluni casi può rendersi necessaria a livello comunitario per far fronte a problemi di funzionamento del mercato interno, tenendo conto, se del caso, dell'applicazione del presente regolamento;(6) considerando che gli Stati membri hanno competenza esclusiva per quanto riguarda il mantenimento dell'ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna, nonché nel determinare quali siano e se e quando vadano adottate le misure necessarie e proporzionate al fini di facilitare la libera circolazione delle merci nel loro territorio in una determinata situazione;(7) considerando che gli Stati membri e la Commissione dovrebbero scambiare in modo rapido ed adeguato le informazioni sugli ostacoli alla libera circolazione delle merci;(8) considerando che uno Stato membro nel cui territorio si producono ostacoli alla libera circolazione delle merci dovrebbe adottare tutte le misure necessarie e proporzionate per ristabilire al più presto la libera circolazione delle merci nel suo territorio al fine di evitare il rischio che la perturbazione o i danni di cui sopra persistano, si estendano o si aggravino e che si interrompano così i flussi di scambio e le relazioni contrattuali sulle quali sono basati; che tale Stato membro dovrebbe informare la Commissione e, se richiesto, gli altri Stati membri delle misure che ha adottato o intende adottare per raggiungere tale obiettivo;(9) considerando che la Commissione, adempiendo all'obbligo impostole dalle disposizioni del trattato, dovrebbe notificare allo Stato membro interessato che, a suo parere, è stata commessa una violazione, e che lo Stato membro dovrebbe rispondere a tale notifica;(10) considerando che per l'adozione del presente regolamento il trattato non prevede poteri d'azione diversi da quelli di cui al suo articolo 235,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1 Ai fini del presente regolamento:1) con il termine «ostacolo» si intende un ostacolo alla libera circolazione delle merci negli Stati membri attribuibile ad uno Stato membro, sia esso dovuto ad un'azione o ad un'inazione di quest'ultimo, che può costituire una violazione degli articoli da 30 a 36 del trattato e che;a) induce una grave perturbazione della libera circolazione delle merci impedendone, ritardandone o deviandone l'importazione, l'esportazione o il transito attraverso uno Stato membro, materialmente o in altro modo,b) causa grave pregiudizio ai privati lesi ec) esige un'azione immediata al fine di evitare la persistenza, l'estensione o l'aggravamento della perturbazione o del pregiudizio sopra indicati;2) il termine «inazione» riguarda il caso in cui le autorità competenti di uno Stato membro, in presenza di un ostacolo causato da azioni compiute da privati, si astengono dall'adottare tutte le misure necessarie e proporzionate nell'ambito delle loro competenze, al fine di rimuovere l'ostacolo e assicurare la libera circolazione delle merci nel loro territorio.Articolo 2 Il presente regolamento non può essere interpretato in modo tale da pregiudicare in qualsiasi modo l'esercizio dei diritti fondamentali riconosciuti dagli Stati membri, compreso il diritto o la libertà di sciopero. Tali diritti possono includere il diritto o la libertà di adottare altre azioni contemplate dagli specifici sistemi che regolano le relazioni industriali negli Stati membri.Articolo 3 1. Quando si produce o si teme un ostacoloa) qualsiasi Stato membro (sia esso o meno lo Stato membro interessato) in possesso di informazioni pertinenti le trasmette immediatamente alla Commissione eb) la Commissione trasmette immediatamente agli Stati membri tali informazioni e ogni altra informazione, di qualsiasi fonte, da essa considerata pertinente.2. Lo Stato membro interessato risponde al più presto alle richieste di informazioni della Commissione e degli altri Stati membri in merito alla natura dell'ostacolo o al pericolo che esso si produca e comunica quale tipo di azione ha adottato o intende adottare. Le informazioni scambiate tra Stati membri sono altresì trasmesse alla Commissione.Articolo 4 1. Quando si produce un ostacolo, fatto salvo l'articolo 2, lo Stato membro interessato:a) adotta tutte le misure necessarie e proporzionate in modo da assicurare la libera circolazione delle merci nel territorio dello Stato membro conformemente al trattato eb) informa la Commissione in merito alle azioni che le sue autorità hanno adottato o intendono adottare.2. La Commissione, trasmette immediatamente agli Stati membri le informazioni ricevute ai sensi del paragrafo 1, lettera b).Articolo 5 1. La Commissione, qualora ritenga che in uno Stato membro si stia producendo un ostacolo, notifica allo Stato membro interessato le ragioni che l'hanno indotta a trarre tale conclusione e chiede allo Stato membro di adottare tutte le misure necessarie e proporzionate per rimuovere l'ostacolo entro un termine da essa stabilito in funzione dell'urgenza.2. Nel raggiungere la sua conclusione la Commissione tiene conto dell'articolo 2.3. La Commissione può pubblicare nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee il testo della notifica inviata allo Stato membro interessato e trasmette immediatamente il testo a qualsiasi parte che ne faccia richiesta.4. Entro cinque giorni lavorativi dalla ricezione del testo, lo Stato membro:- informa la Commissione dei provvedimenti che ha adottato o che intende adottare a norma del paragrafo 1, oppure- comunica una conclusione motivata che esponga le ragioni per cui non esistono ostacoli che violano gli articoli da 30 a 36 del trattato.5. Eccezionalmente la Commissione può accordare una proroga del termine di cui al paragrafo 4, qualora lo Stato membro ne faccia richiesta con domanda motivata e le ragioni da esso addotte appaiano tali da giustificare la proroga.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 7 dicembre 1998.Per il ConsiglioIl presidenteJ. FARNLEITNER(1) GU C 10 del 15. 1. 1998, pag. 14.(2) GU C 359 del 23. 11. 1998.(3) GU C 214 del 10. 7. 1998, pag. 90. | Ostacoli agli scambi: meccanismo di intervento rapido
QUAL È LO SCOPO DEL PRESENTE REGOLAMENTO?
Stabilisce norme che contribuiscono a garantire la libera circolazione delle merci e a impedire ostacoli materiali agli scambi (ad esempio blocchi alle frontiere, manifestazioni e scioperi o attacchi ad automezzi pesanti), consentendo la condivisione delle informazioni su tali ostacoli fra tutti i paesi dell’Unione europea (UE).
PUNTI CHIAVE
Questo regolamento non è destinato a essere interpretato in alcuna maniera che limiti i diritti fondamentali nei paesi dell’UE (ad esempio il diritto di sciopero).
Quando si produce o si teme un ostacolo materiale allo scambio, qualsiasi paese dell’UE in possesso di informazioni pertinenti deve trasmetterle immediatamente alla Commissione europea. A questo punto, la Commissione trasmette immediatamente ai paesi dell’UE tali informazioni e ogni altra informazione da essa considerata pertinente.
Il paese dell’UE in cui ha luogo l’ostacolo deve rispondere al più presto alle richieste di informazioni della Commissione e degli altri paesi dell’UE in merito alla natura dell’ostacolo e all’azione che ha adottato o che intende adottare. Tutte le informazioni scambiate tra i paesi dell’UE devono essere trasmesse anche alla Commissione.
Quando si produce un ostacolo, il paese dell’UE interessato deve adottare tutte le misure necessarie e proporzionate affinché la libera circolazione delle merci sia ripristinata e informare la Commissione in merito alle proprie azioni.
La Commissione, qualora ritenga che si stia producendo un ostacolo, notifica al paese dell’UE interessato le ragioni che l’hanno indotta a trarre tale conclusione e chiede a tale paese dell’UE di adottare tutte le misure necessarie e proporzionate per rimuovere il suddetto ostacolo. Il paese dell’UE ha quindi cinque giorni per informare la Commissione dei provvedimenti che ha adottato o che intende adottare o per proporzionare una risposta motivata che esponga le ragioni per cui non c’è la necessità di intraprendere alcuna misura.
I paesi dell’UE che non rispondono entro il termine prestabilito dalla Commissione possono essere rimessi alla Corte di giustizia dell’Unione europea.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
È entrato in vigore il 1o gennaio 1999.
CONTESTO
Una libera circolazione delle merci rapida ed efficiente è un principio fondamentale dell’UE. Quando degli ostacoli si interpongono a tale libera circolazione delle merci, possono originarsi gravi perdite economiche, il che è ciò che il meccanismo di intervento rapido mira a impedire.
Il presente regolamento si basa sull’articolo 268 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e si applica a ostacoli alla libera circolazione delle merci evidenti, inequivocabili e ingiustificati, originati dall’azione o dall’inazione da parte di un paese dell’UE.
Per ulteriori informazioni, consultare:
«Ostacoli materiali agli scambi» sul sito Internet della Commissione europea.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 2679/98 del Consiglio, del 7 dicembre 1998, sul funzionamento del mercato interno in relazione alla libera circolazione delle merci tra gli Stati membri (GU L 337 del 12.12.1998, pagg. 8-9) | 3,393 | 130 |
Posizione comune del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativa all'applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo
Gazzetta ufficiale n. L 344 del 28/12/2001 pag. 0093 - 0096
Posizione comune del Consigliodel 27 dicembre 2001relativa all'applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo(2001/931/PESC)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare gli articoli 15 e 34,considerando quanto segue:(1) Nella riunione straordinaria del 21 settembre 2001 il Consiglio europeo ha dichiarato che il terrorismo rappresenta una vera sfida per il mondo e per l'Europa e la lotta al terrorismo costituirà un obiettivo prioritario per l'Unione europea.(2) Il 28 settembre 2001 il Consiglio di sicurezza ha adottato la risoluzione 1373(2001) che stabilisce strategie di ampio respiro per la lotta al terrorismo e in particolare al finanziamento dello stesso.(3) L'8 ottobre 2001, il Consiglio ha ricordato la determinazione dell'Unione a colpire le fonti di finanziamento del terrorismo, in stretta concertazione con gli Stati Uniti.(4) Ai sensi della risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1333(2000), il 26 febbraio 2001 il Consiglio ha adottato la posizione comune 2001/154/PESC(1) che prevede tra l'altro il congelamento dei fondi di Usama Bin Laden e dei soggetti e delle entità associate a quest'ultimo. Di conseguenza tali persone, gruppi ed entità non sono contemplati dalla presente posizione comune.(5) L'Unione europea dovrebbe adottare ulteriori misure per attuare la risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1373(2001).(6) Gli Stati membri hanno trasmesso all'Unione europea le informazioni necessarie per attuare alcune di dette ulteriori misure.(7) È necessaria un'azione della Comunità volta ad attuare alcune di dette ulteriori misure. È altresì necessaria un'azione degli Stati membri, in particolare per quanto riguarda l'attuazione di forme di cooperazione di polizia e giudiziarie in materia penale,HA ADOTTATO LA PRESENTE POSIZIONE COMUNE:Articolo 11. La presente posizione comune si applica, in conformità delle disposizioni dei seguenti articoli, alle persone, gruppi ed entità, elencati nell'allegato, coinvolti in atti terroristici.2. Ai fini della presente posizione comune per "persone, gruppi ed entità coinvolti in atti terroristici" si intendono:- persone che compiono, o tentano di compiere, atti terroristici o vi prendono parte o li agevolano,- gruppi ed entità posseduti o controllati direttamente o indirettamente da tali persone; e persone, gruppi ed entità che agiscono a nome o sotto la guida di tali persone, gruppi ed entità, inclusi i capitali provenienti o generati da beni posseduti o controllati direttamente o indirettamente da tali persone o da persone, gruppi ed entità ad esse associate.3. Ai fini della presente posizione comune per "atto terroristico" si intende uno degli atti intenzionali di seguito indicati, che, per la sua natura o contesto possa recare grave danno a un paese o un'organizzazione internazionale, definito reato in base al diritto nazionale, quando è commesso al fine di:i) intimidire seriamente la popolazione; oii) costringere indebitamente i poteri pubblici o un'organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto; oiii) destabilizzare gravemente o distruggere le strutture politiche, costituzionali, economiche o sociali fondamentali di un paese o un'organizzazione internazionale:a) attentati alla vita di una persona che possono causarne il decesso;b) attentati gravi all'integrità fisica di una persona;c) sequestro di persona e cattura di ostaggi;d) distruzioni massicce di strutture governative o pubbliche, sistemi di trasporto, infrastrutture, compresi i sistemi informatici, piattaforme fisse situate sulla piattaforma continentale ovvero di luoghi pubblici o di proprietà private, che possono mettere a repentaglio vite umane o causare perdite economiche considerevoli;e) sequestro di aeromobili o navi o di altri mezzi di trasporto collettivo di passeggeri o di trasporto di merci;f) fabbricazione, detenzione, acquisto, trasporto, fornitura o uso di armi da fuoco, esplosivi, armi atomiche, biologiche o chimiche, nonché, per le armi biologiche e chimiche, ricerca e sviluppo;g) diffusione di sostanze pericolose, cagionamento di incendi, inondazioni o esplosioni il cui effetto metta in pericolo vite umane;h) manomissione o interruzione della fornitura di acqua, energia o altre risorse naturali fondamentali il cui effetto metta in pericolo vite umane;i) minaccia di mettere in atto uno dei comportamenti elencati alle lettere da a) a h);j) direzione di un gruppo terroristico;k) partecipazione alle attività di un gruppo terroristico, anche fornendo informazioni o mezzi materiali o finanziandone in qualsiasi forma le attività, nella consapevolezza che tale partecipazione contribuirà alle attività criminose del gruppo.Ai fini del presente paragrafo, per "gruppo terroristico" s'intende l'associazione strutturata di più di due persone, stabilita nel tempo, che agisce in modo concertato allo scopo di commettere atti terroristici. Il termine "associazione strutturata" designa un'associazione che non si è costituita fortuitamente per la commissione estemporanea di un reato e che non deve necessariamente prevedere ruoli formalmente definiti per i suoi membri, continuità nella composizione o una struttura articolata.4. L'elenco è redatto sulla base di informazioni precise o di elementi del fascicolo da cui risulta che un'autorità competente ha preso una decisione nei confronti delle persone, gruppi ed entità interessati, si tratti dell'apertura di indagini o di azioni penali per un atto terroristico, il tentativo di commetterlo, la partecipazione a tale atto o la sua agevolazione, basate su prove o indizi seri e credibili, o si tratti di una condanna per tali fatti. Nell'elenco possono essere inclusi persone, gruppi ed entità individuati dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite come collegati al terrorismo e contro i quali esso ha emesso sanzioni.Ai fini dell'applicazione del presente paragrafo, per "autorità competente" s'intende un'autorità giudiziaria o, se le autorità giudiziarie non hanno competenza nel settore di cui al presente paragrafo, un'equivalente autorità competente nel settore.5. Il Consiglio si adopera affinché nell'elenco, in allegato, delle persone fisiche e giuridiche, dei gruppi o delle entità siano inseriti dettagli sufficienti a consentire l'effettiva identificazione di esseri umani, persone giuridiche, entità o organismi, in modo da discolpare più agevolmente coloro che hanno un nome identico o simile.6. I nomi delle persone ed entità riportati nell'elenco in allegato sono riesaminati regolarmente almeno una volta per semestre onde accertarsi che il loro mantenimento nell'elenco sia giustificato.Articolo 2La Comunità europea, nei limiti dei poteri che le sono conferiti dal trattato che istituisce la Comunità europea, ordina il congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie o economiche delle persone, gruppi ed entità elencati nell'allegato.Articolo 3La Comunità europea, nei limiti dei poteri che le sono conferiti dal trattato che istituisce la Comunità europea, garantisce che i capitali, le risorse finanziarie o economiche o i servizi finanziari o altri servizi connessi non siano messi a disposizione, direttamente o indirettamente, delle persone, gruppi ed entità elencati nell'allegato.Articolo 4Gli Stati membri si prestano, nell'ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale prevista dal titolo VI del trattato sull'Unione europea, la massima assistenza possibile ai fini della prevenzione e della lotta contro gli atti terroristici. A questo scopo, per quanto riguarda le indagini e le azioni penali condotte dalle loro autorità nei confronti di persone, gruppi ed entità di cui all'allegato, essi si avvalgono appieno, su richiesta, dei poteri di cui dispongono in virtù di atti dell'Unione europea e di altri accordi, intese e convenzioni internazionali vincolanti per gli Stati membri.Articolo 5La presente posizione comune ha efficacia dalla data di adozione.Articolo 6La presente posizione comune è costantemente riesaminata.Articolo 7La presente posizione comune è pubblicata nella Gazzetta ufficiale.Fatto a Bruxelles, addì 27 dicembre 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteL. Michel(1) GU L 57 del 27.2.2001, pag. 1.ALLEGATOElenco delle persone, gruppi ed entità di cui all'articolo 1(1)1. PERSONE*- ABAUNZA MARTINEZ, Javier (attivista dell'ETA) nato il 1o.1.1965 a Guernica (Guascogna), carta di identità n. 78.865.882*- ALBERDI URANGA, Itziar (attivista dell'ETA) nato il 7.10.1963 a Durango (Guascogna), carta di identità n. 78.865.693*- ALBISU IRIARTE, Miguel (attivista dell'ETA, membro di Gestoras Pro-amnistía) nato il 7.6.1961 a San Sebastián (Guipúzcoa), carta di identità n. 15.954.596*- ALCALDE LINARES, Angel (attivista dell'ETA, membro di Herri Batasuna/E.H./Batasuna) nato il 2.5.1943 a Portugalete (Vizcaya), carta di identità n. 14.390.353- AL-MUGHASSIL, Ahmad Ibrahim (pseudonimo ABU OMRAN, pseudonimo AL-MUGHASSIL, Ahmed Ibrahim) nato il 26.6.1967 a Qatif-Bab al Shamal, Arabia Saudita, cittadino saudita- AL-NASSER, Abdelkarim Hussein Mohamed, nato a Al Ihsa, Arabia Saudita, cittadino saudita- AL YACOUB, Ibrahim Salih Mohammed, nato il 16.10.1996 a Tarut, Arabia Saudita, cittadino saudita*- ARZALLUZ TAPIA, Eusebio (attivista dell'ETA), nato l'8.11.1957 a Regil (Guipúzcoa), carta di identità n. 15.927.207- ATWA, Ali (pseudonimo BOUSLIM, Ammar Mansour; pseudonimo SALIM, Hassan Rostom), Libano, nato nel 1960 in Libano, cittadino libanese*- ELCORO AYASTUY, Paulo (attivista dell'ETA, membro di Jarrai/Haika/Segi) nato il 22.10.1973 a Vergara (Guipúzcoa), carta di identità n. 15.394.062- EL-HOORIE, Ali Saed Bin Ali (pseudonimo AL-HOURI, Ali Saed Bin Ali; pseudonimo EL-HOURI, Ali Saed Bin Ali) nato il 10.7.1965 oppure l'11.7.1965 a El Dibabiya, Arabia Saudita, cittadino saudita*- FIGAL ARRANZ, Antonio Agustín (attivista dell'ETA, membro di Kas/Ekin) nato il 2.12.1972 a Baracaldo (Guascogna), carta di identità n. 20.172.692*- GOGEASCOECHEA ARRONATEGUI, Eneko (attivista dell'ETA) nato il 29.4.1967 a Guernica (Guascogna), carta di identità n. 44.556.097*- GOIRICELAYA GONZALEZ, Cristina (attivista dell'ETA, membro di Herri Batasuna/E.H./Batasuna), nata il 23.12.1967 a Vegara (Guipúzcoa), carta di identità n. 16.282.556*- IPARRAGUIRRE GUENECHEA, Ma Soledad (attivista dell'ETA), nata il 25.4.1961 a Escoriaza (Navarra), carta di identità n. 16.255.819- IZZ-AL-DIN, Hasan (pseudonimo GARBAYA, Ahmed; pseudonimo SA-ID, pseudonimo SALWWAN, Samir), Libano, nato nel 1963 in Libano, cittadino libanese- MOHAMMED, Khalid Shaikh (pseudonimo ALI, Salem; pseudonimo BIN KHALID, Fahd Bin Abdallah; pseudonimo HENIN, Ashraf Refaat Nabith; pseudonimo WADOOD, Khalid Adbul) nato il 14.4.1965 oppure l'1.3.1964 in Kuwait, cittadino kuwaitiano*- MORCILLO TORRES, Gracia (attivista dell'ETA, membro di Kas/Ekin) nato il 15.3.1967 a San Sebastián (Guipúzcoa), carta di identità n. 72.439.052*- MÚGICA GOÑI, Ainhoa (attivista dell'ETA) nata il 27.6.1970 a San Sebastián (Guipúzcoa), carta di identità n. 34.101.243- MUGHNIYAH, Imad Fa'iz (pseudonimo MUGHNIYAH, Imad Fayiz), ufficiale superiore dei servizi di intelligence dell'HEZBOLLAH, nato il 7.12.1962 a Tayr Dibba, Libano, passaporto n. 432298 (Libano)*- MUÑOA ORDOZGOITI, Aloña (attivista dell'ETA, membro di Kas/Ekin) nata il 6.7.1976 a Segura (Guipúzcoa), carta di identità n. 35.771.259*- NARVAEZ GOÑI, Juan Jesús (attivista dell'ETA), nato il 23.2.1961 a Pamplona (Navarra), carta di identità n. 15.841.101*- OLARRA GURIDI, Juan Antonio (attivista dell'ETA), nato l'11.9.1967 a San Sebastián (Guipúzcoa), carta di identità n. 34.084.504*- ORBE SEVILLANO, Zigor (attivista dell'ETA, membro di Jarrai/Haika/Segi) nato il 22.9.1972 a Basauri (Guascogna), carta di identità n. 45.622.851*- OTEGUI UNANUE, Mikel (attivista dell'ETA, membro di Jarrai/Haika/Segi) nato l'8.10.1972 a Itsasondo (Guipúzcoa), carta di identità n. 44.132.976*- PEREZ ARAMBURU, Jon Iñaki (attivista dell'ETA, membro di Jarrai/Haika/Segi) nato il 18.9.1964 a San Sebastián (Guipúzcoa), carta di identità n. 15.976.521*- SAEZ DE EGUILAZ MURGUIONDO, Carlos (attivista dell'ETA, membro di Kas/Ekin) nato il 9.12.1963 a San Sebastián (Guipúzcoa), carta di identità n. 15.962.687*- URANGA ARTOLA, Kemen (attivista dell'ETA, membro di Herri Batasuna/E.H./Batasuna) nato il 25.5.1969 a Ondarroa (Guascogna), carta di identità n. 30.627.290*- VILA MICHELENA, Fermín (attivista dell'ETA, membro di Kas/Ekin) nato il 12.3.1970 a Irún (Guipúzcoa), carta di identità n. 15.254.2142. GRUPPI O ENTITÀ*- Continuity Irish Republican Army (CIRA)*- Euskadi Ta Askatasuna/Tierra Vasca y Libertad/Patria basca e libertà (E.T.A.)(Le seguenti organizzazioni fanno parte del gruppo terroristico E.T.A.: K.a.s., Xaki, Ekin, Jarrai-Haika-Segi, Gestoras pro-amnistía)*- Grupos de Resistencia Antifascista Primero de Octubre/Gruppo di resistenza antifascista 1o ottobre (G.R.A.P.O.)- Hamas-Izz al-Din al-Qassem (ala terroristica di Hamas)*- Loyalist Volunteer Force (LVF)*- Orange Volunteers (OV)- Jihad islamica palestinese (PIJ)*- Real IRA*- Red Hand Defenders (RHD)*- Nuclei rivoluzionari/Epanastatiki Pirines*- Organizzazione rivoluzionaria 17 novembre/Dekati Evdomi Noemvri*- Lotta popolare rivoluzionaria/Epanastatikos Laikos Agonas (ELA)*- Ulster Defence Association/Ulster Freedom Fighters (UDA/UFF)(1) Le persone contraddistinte da * sono soggette al solo articolo 4. | Congelamento delle risorse: elenco delle persone e dei gruppi coinvolti in atti terroristici
Questa posizione comune prevede che sia redatto un elenco delle persone, dei gruppi e delle entità coinvolti in atti terroristici cui si applica la misura del congelamento dei capitali e delle risorse finanziarie.
ATTO
Posizione comune 2001/931/PESC del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativa all'applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo.
SINTESI
Il Consiglio europeo straordinario del 21 settembre 2001 ha definito il terrorismo come una delle principali sfide per il mondo e ha individuato la lotta al terrorismo come uno degli obiettivi prioritari dell’Unione europea (UE). Obiettivo di questa posizione comune è applicare ulteriori misure di lotta al terrorismo, in aggiunta alla risoluzione 1373 (2001) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. In particolare, essa istituisce un elenco di persone, gruppi ed entità coinvolti in atti terroristici, cui si applica la misura del congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie nell’ambito della lotta contro il finanziamento del terrorismo.
Definizioni
Per «persone, gruppi ed entità coinvolti in atti terroristici» si intendono soggetti per i quali sia provato, sulla base di informazioni precise, che hanno già commesso, che tentano di commettere o che agevolano atti terroristici.
Gli «atti terroristici» sono definiti come atti intenzionali che possano recare grave danno a un paese o a un'organizzazione internazionale intimidendo seriamente la popolazione, imponendo costrizioni di ogni genere, destabilizzando o distruggendo le strutture fondamentali, costituzionali, sociali ed economiche. In questo elenco sono compresi gli atti seguenti:
attentato alla vita o all’integrità fisica di una persona;
sequestro di persona e cattura di ostaggi;
distruzione massiccia di strutture pubbliche o private, compresi i sistemi informatici;
sequestro di mezzi di trasporto collettivo (aeromobili o navi);
fabbricazione, detenzione, acquisto, trasporto o uso di armi da fuoco, esplosivi, armi atomiche, biologiche o chimiche;
diffusione di sostanze pericolose o cagionamento di inondazioni, esplosioni o incendi;
manomissione o interruzione della fornitura di acqua, energia o altre risorse naturali fondamentali;
direzione di un gruppo terroristico o partecipazione alle sue attività, anche sotto forma di finanziamento o di fornitura di mezzi logistici.
La semplice minaccia di commettere uno dei crimini di cui sopra è da considerarsi anch’essa come un atto terroristico.
La posizione comune definisce altresì i gruppi terroristici come associazioni strutturate di persone, che agiscono in modo concertato allo scopo di commettere atti terroristici, indipendentemente dalla loro composizione e dal grado di complessità della loro struttura.
Elenco delle persone ed entità
L’elenco figurante all’allegato della posizione comune è redatto sulla base delle inchieste condotte dalle autorità competenti, giudiziarie o di polizia nei paesi dell’UE. L’elenco deve essere riesaminato almeno ogni semestre ai fini di un aggiornamento. L’elenco comprende i gruppi di attivisti rivoluzionari, nonché i nomi delle persone che ne fanno parte, fra cui:
CIRA (Continuity Irish Republican Army);
E.T.A (Patria basca e libertà);
G.R.A.P.O (Gruppo di resistenza antifascista 1° ottobre);
Hamas-Izz al-Din al-Qassem (ala terroristica di Hamas);
LVF (Loyalist Volunteer Force);
PIJ (Jihad islamica palestinese).
Il nome di Osama Bin Laden e quello dei soggetti e delle entità associate a quest'ultimo non figurano in tale elenco in quanto rientrano già nella posizione comune 2002/402/PESC del Consiglio, del 27 maggio 2002, concernente misure restrittive nei confronti di Osama Bin Laden, dei membri dell'Organizzazione Al-Qaida e dei Taliban e di altri individui, gruppi, imprese ed entità ad essi associate. Le misure previste da questa posizione comune vengono applicate dal regolamento (CE) n. 881/2002, adottato lo stesso giorno.
Misure che devono essere adottate da parte dell’UEe dei suoi paesi
L’UE, nei limiti dei suoi poteri e delle sue competenze, ordina il congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie o economiche delle persone, dei gruppi e delle entità figuranti nell’elenco e garantisce che tali persone e gruppi non abbiano accesso ai fondi e ai capitali congelati.
I paesi dell’UE, nell'ambito di una cooperazione di polizia e giudiziaria adeguata, si prestano assistenza reciproca ai fini della prevenzione e della lotta contro gli atti terroristici. Al fine di condurre le indagini e le azioni penali nei confronti di persone ed entità figuranti nell’elenco, le loro autorità si avvalgono appieno dei poteri di cui dispongono in virtù di atti dell'UE o di altri accordi bilaterali o internazionali.
Analogamente a questa posizione comune, la posizione comune 2001/930/PESC del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativa alla lotta al terrorismo, prevede il congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie o economiche delle persone o delle entità che agevolano, tentano di compiere o compiono atti terroristici sul territorio dell’UE.
Riferimenti
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Posizione comune 2001/931/PESC
27.12.2001
-
GU L 344 del 28.12.2001
ATTI COLLEGATI
Regolamento (CE) n. 2580/2001 del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo [Gazzetta ufficiale L 344 del 28.12.2001].
Il regolamento in questione costituisce una misura necessaria a livello UE ed integra le procedure amministrative e giudiziarie relative alle organizzazioni terroristiche nei paesi UE e nei paesi terzi. Con il regolamento si intende lottare contro qualsiasi forma di finanziamento delle attività terroristiche. A tal fine, il regolamento definisce la nozione di “capitali e altre attività finanziarie” da congelare, quella di “servizi bancari e altri servizi finanziari” e quella di “controllo di una persona giuridica”. Il regolamento prevede inoltre deroghe che permettono, in taluni casi specifici, di scongelare i capitali.
Il regolamento prevede l’elaborazione, il riesame e la modifica di un elenco di persone, gruppi o entità ai quali esso si applica. Questo elenco è stato aggiornato da successivi regolamenti e decisioni.
Decisione 2005/671/GAI del Consiglio
, del 20 settembre 2005, concernente lo scambio di informazioni e la cooperazione in materia di reati terroristici [Gazzetta ufficiale L 253 del 29.9.2005].
See also
Sito web sulla lotta alla minaccia terroristica (EN) della direzione generale degli Affari interni della Commissione europea | 7,059 | 705 |
REGOLAMENTO (UE) N. 1009/2010 DELLA COMMISSIONE
del 9 novembre 2010
relativo ai requisiti di omologazione per i parafanghi di taluni veicoli a motore, che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell'omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, sui requisiti dell'omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (1), in particolare l'articolo 14, paragrafo 1, lettera a),
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CE) n. 661/2009 è un regolamento distinto ai fini della procedura di omologazione di cui alla direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli («direttiva quadro») (2).
(2)
Il regolamento (CE) n. 661/2009 abroga la direttiva 78/549/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1978, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative ai parafanghi dei veicoli a motore (3). Le prescrizioni stabilite in tale direttiva vanno riportate nel presente regolamento e, se necessario, modificate per adeguarle all'evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche.
(3)
Il campo di applicazione del presente regolamento deve corrispondere a quello della direttiva 78/549/CEE ed essere pertanto limitato ai veicoli della categoria M1.
(4)
Il regolamento (CE) n. 661/2009 fissa disposizioni di base relativamente alle prescrizioni di omologazione di taluni veicoli a motore con riferimento ai parafanghi. È quindi necessario stabilire le procedure, le prove e le prescrizioni specifiche relative a tale omologazione.
(5)
Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato tecnico per i veicoli a motore,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Campo di applicazione
Il presente regolamento si applica ai veicoli a motore della categoria M1, definiti nell'allegato II della direttiva 2007/46/CE.
Articolo 2
Definizioni
Agli effetti del presente regolamento si applicano le definizioni seguenti:
1) «tipo di veicolo relativamente ai parafanghi»: I veicoli che non differiscono sostanzialmente fra loro per quanto riguarda le caratteristiche dei parafanghi o le dimensioni minime e massime dei pneumatici e delle ruote idonei al montaggio, tenuto conto delle coperture dei pneumatici, delle dimensioni dei cerchioni e delle campanature delle ruote applicabili;
2) «copertura del pneumatico»: la larghezza di sezione massima e il diametro esterno di un pneumatico, tolleranze comprese, ammessi e specificati secondo la sua omologazione;
3) «dispositivo di trazione sulla neve»: una catena da neve o un altro dispositivo equivalente in grado di esercitare trazione sulla neve, idoneo ad essere montato sulla combinazione pneumatico/ruota del veicolo e diverso da un pneumatico da neve, un pneumatico invernale, un pneumatico per tutte le stagioni o qualsiasi altro pneumatico considerato singolarmente.
Articolo 3
Disposizioni relative all'omologazione CE di un veicolo per quanto riguarda i parafanghi
1. Il costruttore o un suo rappresentante presenta alle autorità di omologazione la domanda di omologazione CE per un veicolo relativamente ai parafanghi.
2. La domanda è redatta secondo il modello della scheda informativa figurante nell'allegato I, parte 1.
3. Se le prescrizioni pertinenti riportate nell'allegato II del presente regolamento sono soddisfatte, l'autorità di omologazione rilascia l'omologazione CE e attribuisce un numero di omologazione in conformità al sistema di numerazione di cui all'allegato VII della direttiva 2007/46/CE.
Uno Stato membro non può assegnare lo stesso numero a un altro tipo di veicolo.
4. Ai fini del paragrafo 3, l'autorità di omologazione rilascia il certificato di omologazione CE conforme al modello figurante nell'allegato I, parte 2.
Articolo 4
Validità ed estensione delle omologazioni rilasciate a norma della direttiva 78/549/CEE
Le autorità nazionali autorizzano la vendita e la messa in circolazione dei veicoli omologati anteriormente alla data di cui all'articolo 13, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 661/2009 e continuano a concedere l'estensione dell'omologazione di tali veicoli in conformità alla direttiva 78/549/CEE.
Articolo 5
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 9 novembre 2010.
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1.
(2) GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1.
(3) GU L 168 del 26.6.1978, pag. 45.
ALLEGATO I
Documenti amministrativi per l'omologazione CE dei veicoli a motore per quanto riguarda i parafanghi
PARTE 1
Scheda informativa
MODELLO
Scheda informativa n. … relativa all’omologazione CE di un veicolo a motore per quanto riguarda i parafanghi.
Le seguenti informazioni vanno fornite in triplice copia e devono comprendere un indice. I disegni devono essere forniti in scala adeguata ed essere sufficientemente dettagliati, in formato A4 o in un pieghevole di tale formato. Eventuali fotografie devono contenere sufficienti dettagli.
Se i dispositivi, i componenti o le unità tecniche separate di cui alla presente scheda informativa sono controllati elettronicamente, vanno fornite informazioni sul loro funzionamento.
0. GENERALITÀ
0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): …
0.2. Tipo: …
0.2.1. Eventuali denominazioni commerciali: …
0.3. Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sul veicolo (1) …
0.3.1. Posizione della marcatura: …
0.4. Categoria del veicolo (2): …
0.5. Nome e indirizzo del costruttore: …
0.8. Nome e indirizzo dello stabilimento o degli stabilimenti di montaggio: …
0.9. Nome e indirizzo dell'eventuale rappresentante del costruttore: …
1. CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE GENERALI DEL VEICOLO
1.1. Fotografie e/o disegni di un veicolo rappresentativo: …
1.3. Numero di assi e di ruote: …
1.3.1. Numero e posizione degli assi a ruote gemelle: …
1.3.2. Number and position of steered axles: …
1.3.3. Assi motore (numero, posizione, interconnessione): …
2. MASSE E DIMENSIONI (3)
(4)
2.3. Carreggiata/e e larghezza/e degli assi
2.3.1. Carreggiata di ciascun asse sterzante (5): …
2.3.2. Carreggiata di tutti gli altri assi (5) …
2.3.3. Larghezza dell'asse posteriore più largo: …
2.3.4. Larghezza dell'asse posteriore più largo: …
2.4. Campo di dimensioni (fuori tutto) del veicolo
2.4.1. Per i telai non carrozzati
2.4.1.2. Larghezza (6): ….
2.4.1.3. Altezza (in ordine di marcia) (7) (per sospensioni regolabili in altezza, indicare la posizione normale di marcia): …
2.4.2. Per i telai carrozzati
2.4.2.2. Larghezza (6): …
2.4.2.3. Altezza (in ordine di marcia) (7) (per sospensioni regolabili in altezza, indicare la posizione normale di marcia): …
2.6. Massa in ordine di marcia
Massa del veicolo carrozzato e, in caso di veicolo trattore di categoria diversa dalla categoria M1, con il dispositivo di aggancio, se fornito dal costruttore, in ordine di marcia, oppure massa del telaio o del telaio cabinato, senza carrozzeria e/o dispositivo di aggancio, se il costruttore non li fornisce, (compresi liquidi, attrezzi, ruota di scorta, se fornita, e conducente e, per gli autobus di linea e gran turismo, un accompagnatore, se il veicolo è munito dell'apposito sedile) (8) (massima e minima per ogni variante) …
6. SOSPENSIONE
6.2.1. Regolazione del livello: sì/no/facoltativa (9)
6.6. Pneumatici e ruote
6.6.1. Combinazioni pneumatico/ruota:
(a)
per i pneumatici indicare la designazione della misura;
(b)
per le ruote, indicare le dimensioni del cerchione e i dati della campanatura
6.6.1.1. Assi
6.6.1.1.1. Asse 1: …
6.6.1.1.2. Asse 2: …
ecc.
6.6.4. Descrizione dei dispositivi di trazione sulla neve e delle combinazioni pneumatico/ruota sugli assi anteriore e/o posteriore adatti al tipo di veicolo, raccomandati dal costruttore: …
9.16. Parafanghi
9.16.1. Breve descrizione del tipo di veicolo per quanto riguarda i parafanghi: …
9.16.2. Disegni dettagliati dei parafanghi e loro posizione sul veicolo con indicazione delle dimensioni di cui alla figura 1 dell'allegato II del presente regolamento e tenendo conto delle condizioni estreme delle combinazioni pneumatico/ruota: …
Note esplicative
PARTE 2
Certificato di omologazione CE
MODELLO
Formato: A4 (210 × 297 mm)
CERTIFICATO DI OMOLOGAZIONE CE
Comunicazione concernente:
—
l'omologazione CE (10)
—
l'estensione dell'omologazione CE (10)
—
il rifiuto dell'omologazione CE (10)
—
la revoca dell'omologazione CE (10)
di un tipo di veicolo per quanto riguarda i parafanghi
a norma del regolamento (UE) n. 1009/2010 modificato da ultimo dal regolamento (UE) n. …/… (10)
Numero di omologazione CE: …
Motivo dell'estensione: …
SEZIONE I
0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): …
0.2. Tipo: …
0.2.1. Eventuali denominazioni commerciali: …
0.3. Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sul veicolo (11): …
0.3.1. Posizione della marcatura: …
0.4. Categoria del veicolo (12): …
0.5. Nome e indirizzo del costruttore: …
0.8. Nome e indirizzo dello stabilimento o degli stabilimenti di montaggio: …
0.9. Nome e indirizzo dell'eventuale rappresentante del costruttore: …
SEZIONE II
1. Informazioni supplementari: cfr. Addendum.
2. Servizio tecnico incaricato dell'esecuzione delle prove: …
3. Data del verbale di prova: …
4. Numero del verbale di prova: …
5. Eventuali osservazioni: cfr. Addendum.
6. Luogo: …
7. Data: …
8. Firma: …
Allegati
:
Fascicolo di omologazione.
Verbale di prova
(1) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri non attinenti alla descrizione dei tipi di veicolo, di componente o di unità tecnica separata oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono sostituiti nella documentazione dal simbolo «?» (p. es. ABC??123??).
(2) Classificato secondo le definizioni figuranti nell'allegato II, parte A, della direttiva 2007/46/CE.
(3) Se esiste una versione con cabina normale e una versione con cabina a cuccetta, indicare le dimensioni e le masse per entrambe le versioni.
(4) Norma ISO 612: 1978 — Veicoli stradali — Dimensioni degli autoveicoli e dei veicoli rimorchiati — Termini e definizioni.
(5)
(g4)
Termine n. 6.5.
(6)
(g7)
Termine n. 6.2.
(7)
(g8)
Termine n. 6.3.
(8) La massa del conducente, ed eventualmente quella dell’accompagnatore, è valutata a 75 kg (di cui 68 kg per la massa dell’occupante e 7 kg per quella del bagaglio, in base alla norma ISO 2416-1992), il serbatoio del carburante è riempito al 90 % e gli altri sistemi contenenti liquidi (esclusi quelli per le acque usate) al 100 % della capacità indicata dal costruttore.
(9) Cancellare la dicitura non pertinente.
(10) Cancellare la dicitura non pertinente.
(11) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri non attinenti alla descrizione dei tipi di veicolo, di componente o di unità tecnica separata oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono sostituiti nella documentazione dal simbolo «?» (p. es. ABC??123??).
(12) Secondo le definizioni di cui all'allegato II, sezione A, della direttiva 2007/46/CE.
Addendum
al certificato di omologazione CE n. …
1.
Informazioni supplementari:
1.1.
Breve descrizione del tipo di veicolo con riferimento a struttura, dimensioni, linee e materiali: …
1.2.
Descrizione dei parafanghi: …
1.3.
Combinazioni pneumatico/ruota (comprese le dimensioni del pneumatico, le dimensioni del cerchione e la campanatura della ruota): …
1.4.
Descrizione del tipo di dispositivo/i di trazione sulla neve che potrebbe/potrebbero essere usato/i: …
1.5.
Combinazioni pneumatico/ruota (comprese le dimensioni del pneumatico, le dimensioni del cerchione e la campanatura della ruota) da utilizzarsi con il/i dispositivo/i di trazione sulla neve: …
2.
Assi a trazione permanente: asse 1/asse 2/… (1)
3.
Altezza delle sospensioni regolabile: sì/no (1)
4.
Parafanghi amovibili/fissi (1) interamente/parzialmente (1)
5.
Osservazioni: …
(1) Cancellare le voci non pertinenti.
ALLEGATO II
Prescrizioni applicabili ai parafanghi
1. PRESCRIZIONI GENERALI
1.1.
Il veicolo a motore deve essere munito di un parafango per ciascuna ruota.
1.2.
Il parafango può essere costituito da elementi della carrozzeria o essere montato separatamente e deve essere progettato in modo da proteggere gli utenti della strada, nella misura del possibile, dalle proiezioni di sassi, fango, ghiaccio, neve e acqua e da ridurre i rischi di contatto con le ruote in movimento.
2. PRESCRIZIONI PARTICOLARI
2.1.
I parafanghi devono soddisfare le seguenti prescrizioni con la massa del veicolo adeguata alla massa dichiarata dal costruttore in ordine di marcia con un passeggero aggiunto sulla prima fila di sedili e le ruote sterzanti parallele all'asse longitudinale del veicolo.
2.1.1.
Nel settore formato dai piani radiali costituenti un angolo di 30° davanti e di 50° dietro il centro delle ruote (si veda la Figura 1), la larghezza totale (q) del parafango deve essere sufficiente almeno a coprire la larghezza totale del pneumatico (b) tenendo conto della copertura del pneumatico e delle condizioni estreme delle combinazioni pneumatico/ruota specificate dal costruttore. In caso di ruote gemelle, si deve tener conto delle coperture dei pneumatici e della larghezza totale dei due pneumatici (t).
2.1.1.1.
Ai fini della determinazione delle larghezze di cui al paragrafo 2.1.1. non si deve tener conto dell'etichettatura (marcatura) e delle decorazioni, dei cordoli o dei risalti di protezione sui fianchi dei pneumatici.
2.1.2.
La parte posteriore dei parafanghi non deve terminare oltre un piano orizzontale situato 150 mm al di sopra dell'asse di rotazione delle ruote, inoltre:
2.1.2.1.
in caso di ruote singole, l'intersezione del bordo del parafango con il piano orizzontale, come definito nel paragrafo 2.1.2. (punto A della figura 1), deve trovarsi all'esterno del piano longitudinale mediano del pneumatico.
2.1.2.2.
In caso di ruote gemelle, l'intersezione del bordo del parafango con il piano orizzontale, come definito nel paragrafo 2.1.2. (punto A della Figura 1), alla ruota esterna, deve trovarsi all'esterno del piano longitudinale mediano del pneumatico più esterno.
2.1.3.
Il profilo e la collocazione di ciascun parafango devono permettere la massima vicinanza al pneumatico. In particolare, entro i limiti del settore formato dai piani radiali di cui al punto 2.1.1., si devono rispettare le seguenti prescrizioni:
2.1.3.1.
la profondità (p) della cavità situata sul piano assiale verticale del pneumatico, misurata dai bordi esterni e interni del parafango sul piano verticale longitudinale passante per il centro del pneumatico all'interno del parafango, deve essere di almeno 30 mm. Tale profondità (p) può ridursi progressivamente a 0 verso i piani radiali di cui al punto 2.1.1.
2.1.3.2.
La distanza (c) tra i bordi inferiori dei parafanghi e l'asse passante per il centro di rotazione delle ruote non deve superare due volte r, dove il raggio (r) è il raggio statico del pneumatico.
2.1.4.
Nel caso di veicoli ad assetto regolabile, le condizioni di cui sopra devono essere soddisfatte quando il veicolo si trova nella normale posizione di marcia prescritta dal costruttore.
2.2.
I parafanghi possono essere costituiti da più elementi purché, una volta montati, non esistano fessure tra i singoli elementi o all'interno di questi.
2.3.
I parafanghi devono essere solidamente fissati. Possono tuttavia essere amovibili interamente o parzialmente.
3. UTILIZZO DI DISPOSITIVI DI TRAZIONE SULLA NEVE
3.1.
Nel caso di veicoli muniti soltanto di due ruote motrici, il costruttore deve certificare che il veicolo è costruito in modo da permettere l'utilizzo di almeno un tipo di dispositivo di trazione sulla neve su almeno una delle combinazioni pneumatico/ruota ammesse per l'asse motore del veicolo. Il dispositivo di trazione sulla neve e le combinazioni pneumatico/ruota adatti al tipo di veicolo devono essere specificati dal costruttore al punto 6.6.4. della scheda informativa.
3.2.
Nel caso di veicoli con quattro ruote motrici, compresi i veicoli in cui gli assi motore possono essere disinnestati manualmente o automaticamente, il costruttore deve certificare che il veicolo è costruito in modo da permettere l'utilizzo di almeno un tipo di dispositivo di trazione sulla neve su almeno una delle combinazioni pneumatico/ruota ammesse per l'asse motore non disinnestabile del veicolo. Il dispositivo di trazione sulla neve e le combinazioni pneumatico/ruota adatti al tipo di veicolo devono essere specificati dal costruttore al punto 6.6.4. della scheda informativa.
3.3.
Il costruttore del veicolo deve indicare nel libretto di istruzioni le informazioni pertinenti sull'uso corretto dei dispositivi di trazione sulla neve specificati nella lingua ufficiale o in almeno una delle lingue ufficiali del paese dove il veicolo è messo in vendita.
Figura 1
Disegno del parafango | Parafanghi di veicoli a motore
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Il regolamento stabilisce le norme concernenti i parafanghi. Il suo scopo consiste nell’adattare i requisiti attuali agli sviluppi delle conoscenze scientifiche e tecniche.
PUNTI CHIAVE
Il regolamento fissa i requisiti di omologazione dei veicoli a motore in relazione ai parafanghi. Fa parte dell’attuazione del regolamento (CE) 661/2009 per la sicurezza dei veicoli a motore e dei loro rimorchi.
Tipo di veicolo interessato
Il presente regolamento si applica alla categoria di veicoli M1, vale a dire ai veicoli progettati e costruiti per il trasporto di persone, aventi al massimo 8 posti a sedere oltre al sedile del conducente.
Prescrizioni applicabili ai parafanghiI produttori devono dotare di parafango ciascuna ruota dei veicoli. Il parafango può essere costituito da elementi della carrozzeria o essere montato separatamente, per proteggere gli utenti dalle proiezioni di sassi, fango, ghiaccio, neve e acqua. Il presente regolamento definisce anche prescrizioni specifiche, che riguardano in particolare:la massa del veicolo;la larghezza totale del parafango;il profilo e la collocazione del parafango. I produttori devono inoltre progettare il veicolo in modo che l’utente possa utilizzare un dispositivo di trazione sulla neve*. Norme per l’omologazione UE
Il fabbricante del veicolo deve presentare all’autorità di omologazione una domanda di omologazione UE. La domanda deve indicare:la marca del veicolo e il tipo di veicolo; il numero di assi e di ruote; i disegni dettagliati dei parafanghi. Se l’autorità competente ritiene che il veicolo soddisfi tutti i requisiti relativi ai dispositivi riguardanti i parafanghi, rilascerà l’omologazione UE e attribuirà un numero di omologazione in conformità alla direttiva 2007/46/CE per l’omologazione UE dei veicoli.
DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
È applicato dal 30 novembre 2010.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:Direttive e regolamenti sui veicoli a motore, i loro rimorchi, dispositivi e componenti (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Dispositivo di trazione sulla neve: catena da neve o altro dispositivo equivalente in grado di esercitare trazione sulla neve, idoneo a essere montato sulla combinazione pneumatico/ruota del veicolo.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) n. 1009/2010 della Commissione, del 9 novembre 2010, relativo ai requisiti di omologazione per i parafanghi di taluni veicoli a motore, che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 292 del 10.11.2010, pag. 21).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativo ai requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 661/2009 sono state integrate nel documento originale. Questa versione consolidata ha unicamente un valore documentale.
Direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (Direttiva quadro) (GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1).
Si veda la versione consolidata. | 7,339 | 180 |
REGOLAMENTO (UE) N. 1260/2012 DEL CONSIGLIO
del 17 dicembre 2012
relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria con riferimento al regime di traduzione applicabile
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 118, secondo comma,
vista la decisione 2011/167/UE del Consiglio, del 10 marzo 2011, che autorizza una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria (1),
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Parlamento europeo,
deliberando secondo la procedura legislativa speciale,
considerando quanto segue:
(1)
A norma della decisione 2011/167/UE, Belgio, Bulgaria, Repubblica ceca, Danimarca, Germania, Estonia, Irlanda, Grecia, Francia, Cipro, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Ungheria, Malta, Paesi Bassi, Austria, Polonia, Portogallo, Romania, Slovenia, Slovacchia, Finlandia, Svezia e Regno Unito («Stati membri partecipanti») sono stati autorizzati a instaurare tra loro una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria.
(2)
A norma del regolamento (UE) n. 1257/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2012, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria (2), taluni brevetti europei concessi dall’Ufficio europeo dei brevetti («UEB») secondo le norme e le procedure della Convenzione sulla concessione di brevetti europei del 5 ottobre 1973, riveduta il 17 dicembre 1991 e il 29 novembre 2000 («CBE»), dovrebbero, su richiesta del titolare del brevetto, beneficiare dell'effetto unitario negli Stati membri partecipanti.
(3)
È opportuno che il regime di traduzione per i brevetti europei che beneficiano dell'effetto unitario negli Stati membri partecipanti («brevetto europeo con effetto unitario») sia istituito mediante un regolamento distinto, conformemente all’articolo 118, secondo comma, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea («TFUE»).
(4)
Conformemente alla decisione 2011/167/UE, il regime di traduzione per i brevetti europei con effetto unitario dovrebbe essere semplice ed efficiente in termini di costi. Esso dovrebbe corrispondere a quello previsto nella proposta di regolamento del Consiglio sul regime di traduzione del brevetto dell’Unione europea, presentata dalla Commissione il 30 giugno 2010, unitamente agli elementi di compromesso proposti dalla presidenza nel novembre 2010 che hanno riscosso un ampio sostegno in seno al Consiglio.
(5)
Tale regime di traduzione dovrebbe assicurare la certezza del diritto e incentivare l’innovazione e, in particolare, favorire le piccole e medie imprese (PMI). Esso dovrebbe rendere l’accesso al brevetto europeo con effetto unitario e al sistema brevettuale in generale più facile, meno costoso e giuridicamente sicuro.
(6)
Dal momento che l’UEB è responsabile della concessione di brevetti europei, è opportuno che il regime di traduzione per il brevetto europeo con effetto unitario si basi sulla procedura in vigore presso l’UEB. Tale regime dovrebbe mirare a conseguire il necessario equilibrio tra gli interessi degli operatori economici e il pubblico interesse, in termini di costo del procedimento e di disponibilità delle informazioni tecniche.
(7)
Fatte salve le disposizioni transitorie, se il fascicolo di un brevetto europeo con effetto unitario è stato pubblicato conformemente all’articolo 14, paragrafo 6, della CBE, non dovrebbe essere necessaria alcuna altra traduzione. L’articolo 14, paragrafo 6, della CBE stabilisce che il fascicolo di un brevetto europeo è pubblicato nella lingua del procedimento presso l'UEB e contiene una traduzione delle rivendicazioni nelle altre due lingue ufficiali dell'UEB.
(8)
In caso di controversia riguardante un brevetto europeo con effetto unitario, è legittimo esigere che il titolare del brevetto, su richiesta del presunto contraffattore, fornisca una traduzione integrale del brevetto in una lingua ufficiale dello Stato membro partecipante in cui ha avuto luogo la presunta contraffazione o dello Stato membro nel quale è domiciliato il presunto contraffattore. Il titolare del brevetto dovrebbe inoltre fornire, su richiesta del tribunale competente negli Stati membri partecipanti per le controversie riguardanti il brevetto europeo con effetto unitario, una traduzione integrale del brevetto nella lingua utilizzata nel procedimento dinanzi a tale tribunale. Tali traduzioni non dovrebbero essere effettuate mediante mezzi automatici e dovrebbero essere fornite a spese del titolare del brevetto.
(9)
In caso di controversia concernente una domanda di risarcimento, il tribunale adito dovrebbe prendere in considerazione il fatto che, prima di poter disporre di una traduzione nella sua lingua, il presunto contraffattore può aver agito in buona fede, senza sapere o senza aver avuto motivi ragionevoli per sapere che stava violando il brevetto. Il tribunale competente dovrebbe valutare le circostanze del singolo caso e, inter alia, considerare se il presunto contraffattore sia una PMI che opera solamente a livello locale, la lingua del procedimento dinanzi all’UEB e, durante il periodo transitorio, la traduzione trasmessa unitamente alla richiesta di effetto unitario.
(10)
Per agevolare l’accesso ai brevetti europei con effetto unitario, in particolare per le PMI, i richiedenti dovrebbero poter depositare la propria domanda di brevetto presso l’UEB in qualsiasi lingua ufficiale dell’Unione. Quale misura complementare, taluni richiedenti che ottengano un brevetto europeo con effetto unitario e che abbiano depositato una domanda di brevetto europeo in una delle lingue ufficiali dell'Unione che non è una lingua ufficiale dell’UEB e che abbiano la residenza o la principale sede di attività in uno Stato membro, dovrebbero ricevere rimborsi supplementari delle spese di traduzione dalla lingua della domanda di brevetto verso la lingua del procedimento dinanzi all’UEB, oltre a quanto attualmente previsto presso l’UEB. Tali rimborsi dovrebbero essere gestiti dall’UEB conformemente all’articolo 9 del regolamento (UE) n. 1257/2012.
(11)
Al fine di promuovere la disponibilità di informazioni sui brevetti e la divulgazione delle conoscenze tecnologiche, è opportuno disporre prima possibile di traduzioni automatiche delle domande di brevetto e dei fascicoli in tutte le lingue ufficiali dell’Unione. L'UEB è impegnato nello sviluppo di traduzioni automatiche, che sono uno strumento molto importante per migliorare l’accesso alle informazioni sui brevetti e divulgare ampiamente le conoscenze tecnologiche. La disponibilità tempestiva di traduzioni automatiche di alta qualità dei fascicoli e delle domande dei brevetti europei in tutte le lingue ufficiali dell’Unione favorirà tutti gli utenti del sistema brevettuale europeo. La traduzione automatica è un aspetto fondamentale della politica dell'Unione europea. Tali traduzioni automatiche dovrebbero servire unicamente a fini informativi e dovrebbero essere prive di effetti giuridici.
(12)
Durante il periodo transitorio, prima che sia disponibile un sistema di traduzioni automatiche di alta qualità in tutte le lingue ufficiali dell’Unione, la richiesta di effetto unitario di cui all’articolo 9 del regolamento UE n. 1257/2012 dovrebbe essere accompagnata da una traduzione integrale in inglese del fascicolo del brevetto, se la lingua del procedimento dinanzi all’UEB è il francese o il tedesco, o in una delle lingue ufficiali degli Stati membri che sia una lingua ufficiale dell’Unione, se la lingua del procedimento dinanzi all’UEB è l’inglese. Tali modalità garantirebbero che durante il periodo transitorio tutti i brevetti europei con effetto unitario siano disponibili in inglese, che costituisce la lingua abitualmente utilizzata nel settore della ricerca tecnologica e delle pubblicazioni internazionali. Inoltre, tali modalità garantirebbero che, per i brevetti europei con effetto unitario, siano pubblicate traduzioni in altre lingue ufficiali degli Stati membri partecipanti. Tali traduzioni non dovrebbero essere effettuate con mezzi automatici e la loro elevata qualità dovrebbe contribuire alla formazione dei motori di traduzione da parte dell’UEB. Esse migliorerebbero inoltre la divulgazione delle informazioni sui brevetti.
(13)
È opportuno che il periodo transitorio termini non appena siano disponibili traduzioni automatiche di alta qualità in tutte le lingue ufficiali dell’Unione, su riserva di una valutazione regolare e oggettiva della qualità da parte di un comitato di esperti indipendenti costituito dagli Stati membri partecipanti nel quadro dell’Organizzazione europea dei brevetti e composto di rappresentanti dell’UEB e degli utenti del sistema brevettuale europeo. Considerato lo stato dello sviluppo tecnologico, non si può considerare che il periodo massimo per lo sviluppo di traduzioni automatiche di alta qualità superi dodici anni. Di conseguenza, il periodo transitorio dovrebbe terminare dodici anni a decorrere dalla data di applicazione del presente regolamento, salvo non sia stato deciso di porre fine a tale periodo anticipatamente.
(14)
Poiché le disposizioni sostanziali applicabili al brevetto europeo con effetto unitario sono disciplinate dal regolamento (UE) n. 1257/2012 e sono integrate dal regime di traduzione previsto dal presente regolamento, quest’ultimo dovrebbe applicarsi a decorrere dalla stessa data del regolamento (UE) n. 1257/2012.
(15)
Il presente regolamento non pregiudica le norme che disciplinano il regime linguistico delle istituzioni dell'Unione istituito conformemente all’articolo 342 TFUE e il regolamento n. 1 del Consiglio, del 15 aprile 1958, che stabilisce il regime linguistico della Comunità Economica Europea (3). Il presente regolamento si basa sul regime linguistico dell’UEB e non dovrebbe essere considerato alla stregua di un nuovo regime linguistico specifico per l’Unione, né un precedente volto a creare un regime linguistico limitato in qualsiasi futuro strumento giuridico dell’Unione.
(16)
Poiché l'obiettivo del presente regolamento, segnatamente la creazione di un regime di traduzione uniforme e semplice per i brevetti europei con effetto unitario, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a motivo della portata e degli effetti del presente regolamento, essere conseguito meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire, se del caso, mediante una cooperazione rafforzata, in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto
Il presente regolamento attua una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria, autorizzata dalla decisione 2011/167/UE in relazione al regime di traduzione applicabile.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento, si intende per:
a)
«brevetto europeo con effetto unitario», un brevetto europeo che beneficia dell’effetto unitario negli Stati membri partecipanti in virtù del regolamento (UE) n. 1257/2012;
b)
«lingua del procedimento», la lingua utilizzata nel procedimento dinanzi all’UEB, come definita dall’articolo 14, paragrafo 3, della Convenzione sulla concessione di brevetti europei del 5 ottobre 1973, riveduta il 17 dicembre 1991 e il 29 novembre 2000 («CBE»).
Articolo 3
Regime di traduzione per il brevetto europeo con effetto unitario
1. Fatti salvi gli articoli 4 e 6 del presente regolamento, se il fascicolo di un brevetto europeo che beneficia dell'effetto unitario è stato pubblicato conformemente all’articolo 14, paragrafo 6, della CBE, non sono necessarie ulteriori traduzioni.
2. La richiesta di effetto unitario di cui all'articolo 9 del regolamento (UE) n. 1257/2012 è presentata nella lingua del procedimento.
Articolo 4
Traduzione in caso di controversia
1. In caso di controversia relativa ad una presunta contraffazione di un brevetto europeo con effetto unitario, il titolare del brevetto fornisce, su richiesta e secondo la scelta di un presunto contraffattore, una traduzione integrale del brevetto europeo con effetto unitario in una lingua ufficiale dello Stato membro partecipante nel quale ha avuto luogo la presunta contraffazione o dello Stato membro nel quale è domiciliato il presunto contraffattore.
2. In caso di controversia riguardante un brevetto europeo con effetto unitario, il titolare del brevetto fornisce nel corso del procedimento giudiziario, su richiesta del tribunale competente negli Stati membri partecipanti per le controversie riguardanti i brevetti europei con effetto unitario, una traduzione integrale del brevetto nella lingua utilizzata nel procedimento dinanzi a tale tribunale.
3. Il costo delle traduzioni di cui ai paragrafi 1 e 2 è a carico del titolare del brevetto.
4. In caso di controversia riguardante una domanda di risarcimento, il tribunale adito valuta e prende in considerazione, in particolare se il presunto contraffattore è una PMI, una persona fisica o un'organizzazione senza fini di lucro, un'università o un'organizzazione pubblica di ricerca, se il presunto contraffattore abbia agito senza sapere o senza avere motivi ragionevoli di sapere che stava violando il brevetto europeo con effetto unitario, prima di poter disporre della traduzione di cui al paragrafo 1.
Articolo 5
Gestione di un regime di compensazione
1. Dato che le domande di brevetto europeo possono essere presentate in qualsiasi lingua a norma dell'articolo 14, paragrafo 2, della CBE, gli Stati membri partecipanti, conformemente all’articolo 9 del regolamento (UE) n. 1257/2012, assegnano all’UEB, ai sensi dell’articolo 143 della CBE, il compito di gestire un regime di compensazione per il rimborso di tutti i costi di traduzione entro un massimale per i richiedenti che depositano le domande di brevetto presso l’UEB in una delle lingue ufficiali dell’Unione che non sia una lingua ufficiale dell’UEB.
2. Il regime di compensazione di cui al paragrafo 1 è alimentato dalle tasse di cui all'articolo 11 del regolamento (UE) n. 1257/2012 ed è disponibile unicamente per le PMI, le persone fisiche, le organizzazioni senza fini di lucro, le università e gli istituti pubblici di ricerca che hanno la residenza o la sede principale di attività in uno Stato membro.
Articolo 6
Misure transitorie
1. Durante un periodo transitorio che comincia dalla data di applicazione del presente regolamento, la richiesta di effetto unitario di cui all’articolo 9 del regolamento (UE) n. 1257/2012 è presentata unitamente a quanto segue:
a)
se la lingua del procedimento è il francese o il tedesco, una traduzione integrale in inglese del fascicolo del brevetto europeo; o
b)
se la lingua del procedimento è l’inglese, una traduzione integrale del fascicolo del brevetto europeo in un'altra lingua ufficiale dell’Unione.
2. Conformemente all’articolo 9 del regolamento (UE) n. 1257/2012, gli Stati membri partecipanti assegnano all’UEB, ai sensi dell’articolo 143 della CBE, il compito di pubblicare le traduzioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo prima possibile dopo la data di presentazione della richiesta di effetto unitario di cui all’articolo 9 del regolamento (UE) n. 1257/2012. Il testo di tali traduzioni è privo di effetti giuridici e serve unicamente a fini informativi.
3. Sei anni dopo la data di applicazione del presente regolamento, e successivamente ogni due anni, un comitato di esperti indipendenti effettua una valutazione oggettiva della disponibilità di traduzioni automatiche di alta qualità delle domande e dei fascicoli di brevetti in tutte le lingue ufficiali dell’Unione, nel quadro del sistema sviluppato dall’UEB. Tale comitato di esperti è istituito dagli Stati membri partecipanti nel quadro dell’Organizzazione europea dei brevetti ed è composto da rappresentanti dell’UEB e delle organizzazioni non governative che rappresentano gli utenti del sistema brevettuale europeo invitate dal consiglio d’amministrazione dell’Organizzazione europea dei brevetti in qualità di osservatori, conformemente all’articolo 30, paragrafo 3, della CBE.
4. Sulla base della prima delle valutazioni di cui al paragrafo 3 del presente articolo, e successivamente ogni due anni sulla base delle valutazioni successive, la Commissione presenta una relazione al Consiglio e, se del caso, formula proposte per porre fine al periodo transitorio.
5. Se non si pone fine al periodo transiorio sulla base di una proposta della Commissione, tale periodo termina dodici anni dopo la data di applicazione del presente regolamento.
Articolo 7
Entrata in vigore
1. Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
2. Esso si applica a decorrere dal 1o gennaio 2014 o dalla data di entrata in vigore dell'accordo su un tribunale unificato dei brevetti, se successiva.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri partecipanti conformemente ai trattati.
Fatto a Bruxelles, il 17 dicembre 2012
Per il Consiglio
Il presidente
S. ALETRARIS
(1) GU L 76 del 22.3.2011, pag. 53.
(2) Crf. pagina 1 della presente Gazzetta ufficiale.
(3) GU 17 del 6.10.1958, pag. 385/58. | Brevetti unitari dell’UE — disposizioni per le traduzioni
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Esso stabilisce le disposizioni relative alla traduzione per i 26 Stati membri che hanno sottoscritto il brevetto europeo con effetto unitario (noto come «brevetto unitario»).
PUNTI CHIAVE
Per un brevetto unitario pubblicato in una delle tre lingue ufficiali dell’Ufficio europeo dei brevetti (UEB), inglese, francese e tedesco, e per il quale le rivendicazioni sono state tradotte nelle altre due lingue, secondo quanto stabilito dall’art. 14, paragrafo 6 della convenzione sulla concessione di brevetti europei, non è necessaria alcuna altra traduzione nelle lingue ufficiali dell’UE.
Il titolare di un brevetto che sospetta una contraffazione del proprio brevetto, deve:fornire, su richiesta e secondo la scelta di del presunto contraffattore, una traduzione integrale del brevetto in una lingua ufficiale dello Stato membro nel quale ha avuto luogo la presunta contraffazione o dello Stato membro nel quale è domiciliato il presunto contraffattore; una traduzione integrale del brevetto nella lingua ufficiale del tribunale in altri Stati membri partecipanti che possono venire coinvolti nei procedimenti legali; sostenere il costo delle traduzioni richieste. Il tribunale incaricato della valutazione dei danni in una controversia, valuta se il presunto contraffattore è:una piccola o media impresa (PMI), una persona fisica o un’organizzazione senza fini di lucro, un’università o un’organizzazione pubblica di ricerca. Deve inoltre valutare se il presunto contraffattore abbia agito non intenzionalmente.
Il regime di compensazione:Rimborsa, fino a un determinato massimale, i costi di traduzione per le domande di brevetto depositate in una lingua ufficiale dell’UE diversa da una delle tre lingue ufficiali dell’UEB; è alimentato dalle tasse di rinnovo dei brevetti e dalle sovrattasse per il loro pagamento tardivo; è disponibile unicamente per le PMI, le persone fisiche, le organizzazioni senza fini di lucro, le università e gli istituti pubblici di ricerca che hanno la residenza o la sede principale di attività in uno Stato membro. Le misure transitorie prevedono che nel periodo di sei anni dalla data di applicazione del presente regolamento:le domande di brevetto vengono presentate francese o il tedesco, ne venga fornita una traduzione in inglese e che le domande presentate in inglese vengano tradotte in un’altra lingua ufficiale dell’UE; un comitato di esperti indipendenti, sei anni dopo la data di applicazione del regolamento, e successivamente ogni due anni, valuti la disponibilità di traduzioni automatiche di alta qualità delle domande e dei fascicoli di brevetti; La Commissione europea presenti una relazione ai governi dell’UE sulla base della prima valutazione del comitato e delle successive.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento si applica quattro mesi dopo il deposito del tredicesimo strumento di ratifica dell’accordo su un tribunale unificato dei brevetti (purché esso comprenda i tre stati in cui ha effetto il maggior numero di brevetti europei, cioè Germania, Francia e Regno Unito (1)) presso il Segretariato generale del Consiglio.
CONTESTO
Decisione 2011/167/UE che autorizza i venticinque Stati membri a utilizzare una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria. La Spagna e l’Italia hanno scelto di non partecipare al programma.
La presentazione di un’unica domanda presso l’Ufficio europeo dei brevetti consente di garantire la tutela del brevetto in tutti i ventisei Stati membri. Ciò semplifica le procedure e riduce i costi per i richiedenti che desiderano tutelare le loro invenzioni.
Per maggiori informazioni, consultare:Brevetto unitario (Commissione europea) Brevetto unitario e tribunale unificato dei brevetti (Ufficio europeo dei brevetti).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) 1260/2012 del Consiglio, del 17 dicembre 2012, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria con riferimento al regime di traduzione applicabile (GU L 361 del 31.12.2012, pag. 89).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 1257/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2012, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria (GU L 361 del 31.12.2012, pag. 1).
Decisione del Consiglio 2011/167/UE, del 10 marzo 2011, che autorizza una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria (GU L 76 del 22.3.2011, pag. 53). | 6,729 | 205 |
Direttiva 96/59/CE del Consiglio del 16 settembre 1996 concernente lo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili (PCB/PCT)
Gazzetta ufficiale n. L 243 del 24/09/1996 pag. 0031 - 0035
DIRETTIVA 96/59/CE DEL CONSIGLIO del 16 settembre 1996 concernente lo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili (PCB/PCT) IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 130 S, paragrafo 1,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Comitato economico e sociale (2),deliberando conformemente alla procedura di cui all'articolo 189 C del trattato (3),(1) considerando che la direttiva 76/403/CEE del Consiglio, del 6 aprile 1976, concernente lo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili (4), ha proceduto ad un ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri nel settore; che tuttavia tali norme risultano insufficienti e che l'evoluzione dello stato della tecnica consente di migliorare le condizioni di smaltimento dei PCB; che è pertanto opportuno sostituire la direttiva suddetta con una nuova direttiva;(2) considerando che la direttiva 76/769/CEE del Consiglio, del 27 luglio 1976, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alle restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi (5), richiama l'attenzione sulla necessità di riesaminare periodicamente l'intera materia allo scopo di giungere progressivamente al divieto completo dei PCB e dei PCT;(3) considerando che lo smaltimento in condizioni sicure dei rifiuti che non possono essere rivalorizzati o riutilizzati è uno degli obiettivi della risoluzione del Consiglio del 7 maggio 1990, sulla politica comunitaria in materia di rifiuti (6), confermata nel quinto programma d'azione in materia ambientale e di sviluppo sostenibile; che tale impostazione e la correlativa strategia generale sono state approvate dal Consiglio e dai rappresentanti degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio nella risoluzione del 1° febbraio 1993 (7);(4) considerando che a norma della direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti (8), occorre prendere le misure adeguate per evitare l'abbandono, lo scarico, lo smaltimento incontrollato dei rifiuti e l'impiego di processi o metodi che possono nuocere all'ambiente;(5) considerando che per procedere all'eliminazione dei PCB, per i rischi che essi presentano per l'ambiente e la salute dell'uomo, sono necessarie vincolanti condizioni generali per lo smaltimento controllato dei PCB e per la decontaminazione o lo smaltimento degli apparecchi;(6) considerando che è opportuno adottare dette misure quanto prima, fatti salvi gli obblighi internazionali assunti dagli Stati membri, segnatamente quelli di cui alla decisione PARCOM 92/3 (9); che lo smaltimento dei PCB soggetti a inventario deve essere effettuato entro il 2010;(7) considerando che, poiché lo smaltimento dei PCB costituisce un problema transitorio e temporaneo e taluni Stati membri che non hanno capacità di smaltimento dei PCB affrontano una situazione di forza maggiore, il principio di prossimità deve essere interpretato in modo flessibile, al fine di consentire una solidarietà a livello europeo in tale settore; che occorre anche allestire nella Comunità gli impianti atti allo smaltimento, alla decontaminazione e al deposito dei PCB;(8) considerando che la direttiva 75/439/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, concernente l'eliminazione degli oli usati (10), fissa come limite massimo del tenore in PCB/PCT degli oli rigenerati o utilizzati come combustibile 50 ppm;(9) considerando che la direttiva 91/339/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1991, recante undicesima modifica della direttiva 76/769/CEE (11), vieta o limita l'immissione sul mercato di alcuni prodotti sostitutivi dei PCB, e che pertanto occorre anche eliminarli completamente;(10) considerando che per poter adeguare alle necessità le capacità di smaltimento dei PCB è opportuno conoscere i quantitativi di PCB esistenti e procedere quindi all'etichettatura degli apparecchi che ne contengono e fare un inventario degli stessi; che l'inventario va aggiornato periodicamente;(11) considerando che, tenuto conto dei costi e delle difficoltà causati dall'inventario degli apparecchi leggermente contaminati dai PCB, occorre redigere un inventario semplificato; che occorre prevedere anche lo smaltimento degli apparecchi leggermente contaminati dai PCB quando non siano più utilizzabili, in considerazione degli scarsi rischi che rappresentano per l'ambiente;(12) considerando che essendo vietata l'immissione sul mercato dei PCB, occorre vietare la separazione dei PCB da altre sostanze a scopo di riutilizzo dei PCB e il riempimento dei trasformatori con PCB; che però, per motivi di sicurezza, si possono mantenere i trasformatori per assicurare la qualità dielettrica dei PCB in essi contenuti;(13) considerando che le imprese che procedono allo smaltimento e/o alla decontaminazione dei PCB devono ottenere un'autorizzazione;(14) considerando che occorre definire le condizioni per la decontaminazione degli apparecchi contenenti PCB e che occorre apporvi un'etichetta specifica;(15) considerando che ad alcuni compiti tecnici necessari per l'attuazione della presente direttiva deve provvedere la Commissione, secondo la procedura di comitato di cui all'articolo 18 della direttiva 75/442/CEE;(16) considerando che, dati il numero e la capacità ristretti degli impianti di smaltimento e di decontaminazione dei PCB, è necessario predisporre programmi per lo smaltimento e/o la decontaminazione dei PCB inventariati; che, inoltre, per gli apparecchi non inventariati, occorre predisporre una bozza di piano per la loro raccolta e il successivo smaltimento; che tale bozza può eventualmente valersi dei meccanismi esistenti per i rifiuti in generale e non deve necessariamente tener conto dei quantitativi molto esigui di PCB la cui individuazione è praticamente impossibile,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1 Scopo della presente direttiva è procedere al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sullo smaltimento controllato dei PCB, sulla decontaminazione o sullo smaltimento di apparecchi contenenti PCB e/o sullo smaltimento di PCB usati, in vista della loro eliminazione completa in base alle disposizioni della presente direttiva.Articolo 2 Ai fini della presente direttiva, si intende per:a) PCB:- i policlorodifenili,- i policlorotrifenili,- il monometiltetraclorodifenilmetano, il monometildiclorodifenilmetano, il monometildibromodifenilmetano,- ogni miscela il cui tenore complessivo di qualsiasi delle suddette sostanze è superiore allo 0,005 % in peso;b) apparecchi contenenti PCB: qualsiasi apparecchio che contiene o è servito a contenere PCB (per esempio trasformatori, condensatori, recipienti contenenti residui) e che non ha costituito oggetto di una decontaminazione. Gli apparecchi di un tipo che possa contenere PCB sono considerati contenenti PCB, a meno che sussistano fondati motivi di presumere il contrario;c) PCB usati: qualsiasi PCB considerato come rifiuto a norma della direttiva 75/442/CEE;d) detentore: le persone fisiche o giuridiche che detengono PCB, PCB usati e/o apparecchi contenenti PCB;e) decontaminazione: l'insieme delle operazioni che rendono riutilizzabili o riciclabili o eliminabili nelle migliori condizioni gli apparecchi, gli oggetti, le sostanze o i fluidi contaminati da PCB e che possono comprendere la sostituzione, cioè l'insieme delle operazioni che consistono nel sostituire ai PCB un fluido adeguato che non contiene PCB;f) smaltimento: le operazioni D 8, D 9, D 10, D 12 (soltanto in un deposito sotterraneo sicuro e situato in profondità localizzato in una formazione rocciosa asciutta ed esclusivamente per apparecchi contenenti PCB e PCB usati che non possono essere decontaminati) e D 15 di cui all'allegato II A della direttiva 75/442/CEE.Articolo 3 Fatti salvi gli obblighi internazionali, gli Stati membri prendono le misure necessarie per assicurare lo smaltimento dei PCB usati e per la decontaminazione o lo smaltimento dei PCB e degli apparecchi contenenti PCB non appena possibile. Per gli apparecchi e i PCB in essi contenuti soggetti a inventario a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, la decontaminazione e/o lo smaltimento sono effettuati al più tardi entro la fine del 2010.Articolo 4 1. Per conformarsi alle disposizioni di cui all'articolo 3 gli Stati membri prevedono la preparazione di inventari degli apparecchi contenenti PCB per un volume superiore a 5 dm³ e ne trasmettono una sintesi alla Commissione non oltre tre anni dall'adozione della presente direttiva. Nel caso di condensatori di potenza, il limite di 5 dm³ deve essere inteso come comprendente il totale dei singoli elementi di un insieme composito.2. Gli apparecchi per i quali si possa ragionevolmente presumere che contengano fluidi con una percentuale di PCB compresa tra lo 0,05 % e lo 0,005 % in peso possono essere inventariati tralasciando i dati previsti al paragrafo 3, terzo e quarto trattino e possono essere muniti dell'etichetta «Contaminazione da PCB < 0,05 %». Essi sono decontaminati o smaltiti a norma dell'articolo 9, paragrafo 2.3. Gli inventari comprendono i seguenti elementi:- nome e indirizzo del detentore,- collocazione e descrizione degli apparecchi,- quantitativo di PCB contenuto in tali apparecchi,- date e tipi di trattamento o sostituzione effettuati o previsti,- data della notifica.Qualora uno Stato membro abbia già compilato un siffatto inventario, può astenersi dal procedere ad una nuova compilazione. Gli inventari sono periodicamente aggiornati.4. Per conformarsi alle disposizioni del paragrafo 1, gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché i detentori di tali apparecchi comunichino alle autorità competenti i quantitativi che essi detengono e qualsiasi cambiamento ad essi relativo.5. Gli Stati membri prendono le necessarie misure atte a garantire che qualsiasi apparecchio soggetto ad inventario a norma del paragrafo 1 rechi l'etichetta. Un'etichetta analoga dovrà essere apposta anche sulla porta dei locali in cui si trovano tali apparecchi.6. Le imprese di smaltimento dei PCB tengono un registro in cui devono essere indicati quantità, origine, natura e tenore di PCB dei PCB usati loro consegnati. Esse forniscono tali dati alle autorità competenti. Il registro può essere consultato dalle autorità locali e dal pubblico. Le imprese rilasciano inoltre ai detentori che consegnano PCB usati una ricevuta in cui sono specificate la natura e la quantità dei rifiuti consegnati.7. Gli Stati membri garantiscono che le autorità competenti controllino i quantitativi notificati.Articolo 5 1. In deroga all'articolo 3 della direttiva 75/442 CEE gli Stati membri vietano la separazione dei PCB dalle altre sostanze a scopi di riutilizzo dei PCB.2. Gli Stati membri vietano il riempimento dei trasformatori con PCB.3. Fintantoché non siano stati decontaminati, eliminati e/o smaltiti a norma della presente direttiva, i trasformatori contenenti PCB possono essere mantenuti unicamente se l'obiettivo è assicurare la conformità dei PCB in essi contenuti con le norme o le specifiche tecniche relative alla qualità dielettrica, sempreché detti trasformatori siano in buono stato e non presentino perdite.Articolo 6 1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché i PCB usati e gli apparecchi contenenti PCB soggetti a inventario a norma dell'articolo 4, paragrafo 1 siano trasferiti al più presto ad un'impresa autorizzata conformemente all'articolo 8.2. Prima della consegna dei PCB, dei PCB usati e/o degli apparecchi contenenti PCB ad un'impresa autorizzata, saranno prese tutte le precauzioni necessarie per evitare il rischio di incendi. A tal fine i PCB sono tenuti isolati da qualsiasi prodotto infiammabile.3. Ove fattibile, i condensatori, gli apparecchi contenenti PCB non soggetti a inventario a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, che costituiscono parte di un'altra apparecchiatura, sono rimossi e raccolti separatamente quando l'apparecchio non è più utilizzato, è riciclato o sottoposto a smaltimento.Articolo 7 Gli Stati membri prendono le misure necessarie per vietare l'incenerimento dei PCB o dei PCB usati sulle navi.Articolo 8 1. Gli Stati membri prendono le opportune misure per garantire che tutte le imprese che procedono alla decontaminazione e/o allo smaltimento dei PCB, dei PCB usati e/o degli apparecchi contenenti PCB debbano ottenere un permesso a norma dell'articolo 9 della direttiva 75/442/CEE.2. In caso di smaltimento mediante incenerimento si applicano le disposizioni della direttiva 94/67/CE del Consiglio, del 16 dicembre 1994, relativa all'incenerimento dei rifiuti pericolosi (12). Possono essere autorizzati altri metodi di smaltimento dei PCB, dei PCB usati e/o degli apparecchi contenenti PCB a condizione che soddisfino norme di sicurezza in materia ambientale equivalente a quelle relative all'incenerimento e rispettino i requisiti tecnici relativi alle migliori tecniche disponibili.3. Gli Stati membri adottano individualmente o di concerto, le misure necessarie per sviluppare, se opportuno e tenuto conto dell'articolo 4, paragrafo 3, lettera a), punto ii) del regolamento 93/259/CEE (13) e dell'articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 75/442/CEE, gli impianti per lo smaltimento, la decontaminazione e il deposito in condizioni di sicurezza dei PCB, dei PCB usati e/o degli apparecchi contenenti PCB.Articolo 9 1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché i trasformatori contenenti più dello 0,05 % in peso di PCB possano essere contaminati alle seguenti condizioni:a) la decontaminazione deve essere intesa a ridurre il tenore di PCB a un valore inferiore allo 0,05 % in peso e, possibilmente, non superiore allo 0,005 % in peso;b) il fluido sostitutivo non contenente PCB deve comportare rischi nettamente inferiori;c) la sostituzione del fluido non deve compromettere il successivo smaltimento dei PCB;d) l'etichetta del trasformatore dopo la decontaminazione va sostituita da quella specificata nell'allegato.2. In deroga all'articolo 3, gli Stati membri assicurano che i trasformatori i cui fluidi contengono tra lo 0,05 % e lo 0,005 % in peso di PCB siano decontaminati alle condizioni previste al paragrafo 1, lettere b), c) e d) oppure smaltiti alla fine della loro esistenza operativa.Articolo 10 La Commissione, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 18 della direttiva 75/442/CEE:a) fissa i parametri per determinare il tenore in PCB dei materiali contaminati. Le misurazioni effettuate prima della fissazione dei parametri restano valide;b) può fissare requisiti tecnici per gli altri metodi di smaltimento dei PCB di cui alla seconda frase dell'articolo 8, paragrafo 2;c) fornirà un elenco delle denominazioni di produzione dei condensatori, delle resistenze o degli induttori contenenti PCB;d) definisce, se necessario, esclusivamente ai fini dell'articolo 9, paragrafo 1, lettere b) e c), altri prodotti sostitutivi dei PCB pericolosi.Articolo 11 1. Entro tre anni dall'adozione della presente direttiva gli Stati membri predispongono:- un programma per la decontaminazione e/o lo smaltimento degli apparecchi inventariati e dei PCB in essi contenuti;- un bozza di piano per la raccolta e il successivo smaltimento degli apparecchi non soggetti a inventario a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, come previsto all'articolo 6, paragrafo 3.2. Gli Stati membri comunicano senza indugio detto programma e detta bozza di piano alla Commissione.Articolo 12 1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro un termine di diciotto mesi a decorrere dalla data di adozione. Essi ne informano immediatamente la Commissione.2. Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui al paragrafo 1, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento al momento della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. La Commissione ne informa gli altri Stati membri.Articolo 13 1. La presente direttiva entra in vigore alla data della sua adozione e sostituisce da tale data la direttiva 76/403/CEE.2. Con effetto dalla data di cui al paragrafo 1:a) il riferimento ai «PCB e PCT ai sensi della direttiva 76/403/CEE» contenuto nell'articolo 10, paragrafo 1 della direttiva 87/101/CEE (14) è sostituito da un riferimento ai PCB ai sensi della presente direttiva;b) il riferimento alla direttiva 76/403/CEE contenuto nell'articolo 10, paragrafo 2 della direttiva 87/101/CEE è inteso come riferimento alla presente direttiva;c) il riferimento all'articolo 6 della direttiva 76/403/CEE contenuto nell'articolo 2, lettera j) del regolamento (CEE) n. 259/93 è inteso come riferimento all'articolo 8 della presente direttiva.Articolo 14 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 16 settembre 1996.Per il ConsiglioIl PresidenteI. YATES(1) GU n. C 319 del 12. 12. 1988, pag. 57 eGU n. C 299 del 20. 11. 1991, pag. 9.(2) GU n. C 139 del 5. 6. 1989, pag. 1.(3) Pareri del Parlamento europeo del 17 maggio 1990 (GU n. C 149 del 18. 6. 1990, pag. 150) e del 12 dicembre 1990 (GU n. C 19 del 28. 1. 1991, pag 83), posizione comune del Consiglio del 27 novembre 1995 (GU n. C 87 del 25. 3. 1996, pag. 1) e decisione del Parlamento europeo del 22 maggio 1996 (GU n. C 166 del 10. 6. 1996, pag. 76).(4) GU n. L 108 del 26. 4. 1976, pag. 41.(5) GU n. L 262 del 27. 9. 1976, pag. 201. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 94/60/CE (GU n. L 365 del 31. 12. 1994, pag. 1).(6) GU n. C 122 del 18. 5. 1990, pag. 2.(7) GU n. C 138 del 17. 5. 1993, pag. 1.(8) GU n. L 194 del 25. 7. 1975, pag. 39. Direttiva modificata da ultimo dalla decisione 94/3/CE della Commissione (GU n. L 5 del 7. 1. 1994, pag. 15).(9) Riunione ministeriale delle Commissioni di Oslo e di Parigi del 21-22 settembre 1992.(10) GU n. L 194 del 25. 7. 1975, pag. 23. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 91/692/CEE (GU n. L 377 del 31. 12. 1991, pag. 48).(11) GU n. L 186 del 12. 7. 1991, pag. 64.(12) GU n. L 365 del 31. 12. 1994, pag. 34.(13) GU n. L 30 del 6. 2. 1993, pag. 1. Regolamento modificato dalla decisione 94/721/CE della Commissione (GU n. L 288 del 9. 11. 1994, pag. 36).(14) GU n. L 42 del 12. 2. 1987, pag. 43.ALLEGATO Etichettatura degli apparecchi contenenti PCB decontaminati Ciascun elemento dell'apparecchio decontaminato deve recare in modo chiaro un'etichetta indelebile in rilievo o in incavo, che rechi i seguenti dati e sia redatta nella lingua del paese di utilizzazione dell'apparecchio:>INIZIO DI UN GRAFICO>APPARECCHI CONTENENTI PCB DECONTAMINATIIl fluido contenente PCB è stato sostituito- con .......... (fluido sostitutivo)- il .......... (data)- da .......... (impresa)Concentrazione di PCB nel- vecchio fluido .......... % in peso- nuovo fluido .......... % in peso.>FINE DI UN GRAFICO> | Smaltimento dei policlorodifenili (PCB) e dei policlorotrifenili (PCT)
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Armonizza la normativa sullo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili (PCB/PCT)* e sulla decontaminazione o lo smaltimento degli apparecchi che li contengono.
PUNTI CHIAVE
I paesi dell’Unione europea (UE) devono garantire che:
i PCB e i PCT usati, nonché gli apparecchi che li contengono, siano smaltiti nel più breve tempo possibile;
siano compilati inventari degli apparecchi contenenti più di 5 litri di PCB e PCT, e ne sia trasmessa una sintesi alla Commissione europea non oltre tre anni dall’adozione della normativa;
le aziende che smaltiscono i PCB e i PCT siano autorizzate e conservino registri sulla quantità, l’origine e la natura dei PCB e PCT usati che ricevono;
siano previste misure di sicurezza per prevenire ogni rischio di incendio di PCB e PCT o degli apparecchi che li contengono;
i PCB o i PCT non siano bruciati sulle navi;
i trasformatori non siano riempiti con PCB e PCT;
i trasformatori contenenti più dello 0,05 % in peso di PCB o PCT siano decontaminati secondo le condizioni previste dalla normativa;
gli apparecchi contenenti più di 5 litri di PCB e PCT siano decontaminati e/o smaltiti al più tardi entro la fine del 2010, fatta eccezione per i trasformatori contenenti tra lo 0,05 % e lo 0,005 % in peso di PCB o PCT, che possono essere smaltiti alla fine della loro esistenza operativa.
Gli inventari devono contenere:
il nome e l’indirizzo del titolare degli apparecchi;
la collocazione e la descrizione degli apparecchi;
il quantitativo di PCB o PCT contenuto in tali apparecchi;
le date e i tipi di trattamento o di sostituzione effettuati o previsti;
la data della notifica.
La Commissione:
fissa i parametri per determinare il tenore in PCB e PCT dei materiali contaminati;
definisce i requisiti tecnici per altre modalità di smaltimento dei PCB e dei PCT;
rende disponibile un elenco delle denominazioni di produzione dei condensatori, delle resistenze o degli induttori contenenti PCB e PCT;
definisce, se necessario, altri prodotti sostitutivi dei PCB e PCT pericolosi.
Il regolamento (CE) n. 850/2004 sugli inquinanti organici persistenti (POP) fornisce il quadro giuridico per i POP e si applica anche ai PCB, che sono stati classificati come POP.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
È in vigore dal 16 settembre 1996. I paesi dell’UE dovevano integrarla nel proprio diritto nazionale entro il 16 marzo 1998.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, si veda:
«Policlorodifenili e dei policlorotrifenili (PCB/PCT)» sul sito Internet della Commissione europea
* TERMINE CHIAVE
Policlorodifenili (PCB) e policlorotrifenili (PCT): un gruppo di composti artificiali che sono stati ampiamente utilizzati in passato, soprattutto negli apparecchi elettrici. Sono stati vietati alla fine degli anni settanta in molti paesi a causa delle preoccupazioni ambientali.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 96/59/CE del Consiglio, del 16 settembre 1996, concernente lo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili (PCB/PCT) (GU L 243 del 24.9.1996, pag. 31-35)
Le successive modifiche alla direttiva 96/59/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
DOCUMENTI COLLEGATI
Decisione 2001/68/CE della Commissione, del 16 gennaio 2001, che definisce due parametri relativi ai PCB ai sensi dell’articolo 10, lettera a), della direttiva 96/59/CE del Consiglio concernente lo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili (PCB/PCT) [notificata con il numero C(2001) 107] (GU L 23 del 25.1.2001, pag. 31)
Regolamento (CE) n. 850/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo agli inquinanti organici persistenti e che modifica la direttiva 79/117/CEE (GU L 158 del 30.4.2004, pag. 7-49)
Rettifica del regolamento (CE) n. 850/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo agli inquinanti organici persistenti e che modifica la direttiva 79/117/CEE (GU L 158 del 30.4.2004) (GU L 229 del 29.6.2004, pag. 5-22)
Si veda la versione consolidata | 7,919 | 723 |
Regolamento (CE) n. 2532/98 del Consiglio del 23 novembre 1998 sul potere della Banca centrale europea di irrogare sanzioni
Gazzetta ufficiale n. L 318 del 27/11/1998 pag. 0004 - 0007
REGOLAMENTO (CE) N. 2532/98 DEL CONSIGLIO del 23 novembre 1998 sul potere della Banca centrale europea di irrogare sanzioniIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea (in appresso denominato «il trattato»), in particolare l'articolo 108 A, paragrafo 3, e l'articolo 34.3 del protocollo n. 3 sullo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea (in appresso denominato «lo statuto»),vista la raccomandazione della Banca centrale europea (in appresso denominata «la BCE») (1),visto il parere del Parlamento europeo (2),visto il parere della Commissione (3),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 106, paragrafo 6, del trattato e all'articolo 42 dello statuto e alle condizioni stabilite nell'articolo 109K del trattato, paragrafo 5, e al punto 7 del protocollo n. 11 su talune disposizioni relative al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord;(1) considerando che il presente regolamento, conformemente alle disposizioni congiunte degli articoli 34.3 e 43.1 dello statuto, al paragrafo 8 del protocollo n. 11 e al paragrafo 2 del protocollo n. 12 su talune disposizioni relative alla Danimarca, non conferisce alcun potere e non impone alcun obbligo agli Stati membri non partecipanti;(2) considerando che, in virtù dell'articolo 34.3 dello statuto, il Consiglio stabilisce i limiti e le condizioni in base ai quali la BCE ha il potere di infliggere alle imprese ammende o penalità di mora in caso di inosservanza degli obblighi imposti dai regolamenti e dalle decisioni da essa adottati;(3) considerando che le violazioni degli obblighi derivanti da regolamenti e decisioni della BCE possono verificarsi nelle diverse aree di competenza della BCE;(4) considerando che è opportuno, al fine di garantire un contesto uniforme per l'irrogazione delle sanzioni nei diversi settori di competenza della BCE, che tutte le disposizioni generali e procedurali per l'irrogazione di tali sanzioni siano contenute in un unico regolamento del Consiglio; che altri regolamenti del Consiglio prevedono sanzioni specifiche per settori specifici ma rinviano al presente regolamento per i principi e le procedure relative all'irrogazione di tali sanzioni;(5) considerando che per garantire un regime efficiente di amministrazione delle sanzioni il presente regolamento deve lasciare un margine discrezionale alla BCE sia per quanto concerne le relative procedure sia per la loro attuazione, nei limiti e alle condizioni previsti dal presente regolamento;(6) considerando che il Sistema europeo di banche centrali (il «SEBC») e la BCE hanno ricevuto l'incarico di predisporre la loro piena operatività nella terza fase dell'Unione economica e monetaria (in appresso denominata «terza fase»); che la tempestività dei preparativi è essenziale per consentire al SEBC di adempiere ai suoi compiti nella terza fase; che elemento essenziale dei preparativi è l'adozione, prima della terza fase, del regime di irrogazione di sanzioni alle imprese che non abbiano soddisfatto gli obblighi ad esse imposti da regolamenti e decisioni della BCE; che è opportuno informare quanto prima gli operatori del mercato delle modalità che la BCE ritenga eventualmente necessario stabilire per l'irrogazione di sanzioni; che è pertanto necessario che la BCE disponga, dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, di un potere normativo;(7) considerando che le disposizioni del presente regolamento possono essere applicate efficacemente soltanto se gli Stati membri partecipanti adottano le misure necessarie per garantire che le autorità nazionali abbiano il potere, conformemente all'articolo 5 del trattato, di collaborare pienamente con la BCE e di apportarle un sostegno totale nell'attuazione della procedura per infrazione prevista dal presente regolamento;(8) considerando che la BCE deve avvalersi delle banche centrali nazionali per espletare i compiti del SEBC per quanto possibile e opportuno;(9) considerando che le decisioni che impongono un obbligo pecuniario, in virtù del presente regolamento, costituiscono titolo esecutivo conformemente all'articolo 192 del trattato,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende/intendono per:1) «Stato membro partecipante», uno Stato membro che ha adottato la moneta unica conformemente al trattato;2) «banca centrale nazionale», la banca centrale di uno Stato membro partecipante;3) «imprese», le persone fisiche o giuridiche, soggetti privati o pubblici, ad eccezione dei soggetti pubblici nell'esercizio delle loro funzioni di autorità pubblica, residenti o stabilite in uno Stato membro partecipante, che siano tenute agli obblighi derivanti da regolamenti e decisioni della BCE, nonché le filiali o altri uffici permanenti di imprese situate in uno Stato membro partecipante e la cui amministrazione centrale o sede legale è situata al di fuori di uno Stato membro partecipante;4) «infrazione», il mancato rispetto da parte di un'impresa di un obbligo sancito da un regolamento o una decisione della BCE;5) «ammenda», l'importo forfettario che un'impresa è tenuta a versare a titolo di sanzione;6) «penalità di mora», le somme di denaro che, in caso di infrazione protratta, un'impresa è tenuta a versare a titolo di sanzione; queste sono calcolate per ciascun giorno di protratta infrazione, a decorrere dalla notifica all'impresa di una decisione, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, secondo comma, che impone la cessazione di tale infrazione;7) «sanzione», tanto l'ammenda quanto la penalità di mora inflitte a seguito di un'infrazione.Articolo 2 Sanzioni 1. Ove non diversamente previsto da specifici regolamenti del Consiglio, i limiti per la BCE nell'irrogazione alle imprese di ammende e di penalità di mora sono i seguenti:a) ammende: fino all'ammontare massimo di 500 000 euro; eb) penalità di mora: fino all'ammontare massimo di 10 000 euro per ciascun giorno di protratta infrazione. Le penalità di mora possono essere irrogate con riferimento ad un periodo massimo di sei mesi a decorrere dalla data di notifica all'impresa della decisione, conformemente all'articolo 3, paragrafo 1.2. Nel decidere se irrogare una sanzione e nello stabilire la sanzione appropriata, la BCE si attiene al principio di proporzionalità.3. La BCE tiene conto, se pertinenti, delle circostanze del caso specifico, quali:a) da un lato, la buona fede e il grado di correttezza dell'impresa nell'interpretazione e nell'applicazione dell'obbligo a essa derivante da un regolamento o da una decisione della BCE, nonché il grado di diligenza e di cooperazione mostrato dall'impresa o, dall'altro lato, qualsiasi prova di malafede da parte dei rappresentanti dell'impresa;b) la gravità degli effetti dell'infrazione;c) la reiterazione, frequenza o durata dell'infrazione da parte dell'impresa;d) i profitti conseguiti dall'impresa a seguito dell'infrazione;e) la dimensione economica dell'impresa; ef) le precedenti sanzioni irrogate da altre autorità alla stessa impresa e basate sugli stessi fatti.4. Laddove l'infrazione consista nel mancato adempimento di un obbligo, l'applicazione di una sanzione non esenta l'impresa dall'adempimento di tale obbligo, salvo che la decisione adottata ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 4, stabilisca espressamente il contrario.Articolo 3 Norme procedurali 1. La decisione di avviare o meno una procedura per infrazione è adottata dal comitato esecutivo della BCE, d'ufficio o sulla base di una richiesta ad esso rivolta a tal fine dalla banca centrale nazionale dello Stato membro nella cui giurisdizione si è verificata l'infrazione. La stessa decisione può altresì essere adottata dalla banca centrale nazionale dello Stato membro nella cui giurisdizione si è verificata l'infrazione, d'ufficio o sulla base di una richiesta ad essa rivolta a tal fine dalla BCE.Tale decisione è notificata per iscritto all'impresa interessata, all'autorità di vigilanza competente e alla banca centrale nazionale dello Stato membro nella cui giurisdizione si è verificata l'infrazione o alla BCE. Con essa vengono resi noti all'impresa gli elementi delle contestazioni mosse nei suoi confronti e le prove su cui tali contestazioni si basano. Se del caso, con tale decisione si richiede di porre termine alla presunta infrazione e si informa l'impresa interessata della possibile irrogazione di penalità di mora.2. La decisione di cui al paragrafo 1 può esigere che l'impresa si sottoponga ad una procedura per infrazione. Nel quadro dell'applicazione di tale procedura, la BCE o, se del caso, la banca centrale nazionale, può:a) richiedere l'esibizione di documenti;b) esaminare i libri e i registri contabili dell'impresa;c) eseguire copie o estratti dei libri e dei registri contabili; ed) richiedere chiarimenti scritti o orali.Qualora un'impresa ostacoli lo svolgimento della procedura per infrazione, lo Stato membro partecipante sul cui territorio sono ubicati i locali di cui trattasi fornisce il sostegno necessario, in particolare facendo in modo che la BCE o la banca centrale nazionale abbia accesso ai locali dell'impresa, affinché possano essere esercitati i poteri di cui sopra.3. L'impresa interessata ha il diritto di essere ascoltata dalla BCE o, se del caso, dalla banca centrale nazionale. Le è concesso un periodo non inferiore a trenta giorni per presentare le proprie difese.4. Il comitato esecutivo della BCE, appena possibile dopo essere stato adito dalla banca centrale nazionale che ha avviato la procedura per infrazione o previa consultazione della banca centrale nazionale dello Stato membro nella cui giurisdizione si è verificata l'infrazione, adotta una decisione motivata sull'esistenza di un'infrazione commessa da un'impresa e sulla eventuale sanzione da irrogare.5. L'impresa interessata riceve notifica scritta della decisione ed è informata del suo diritto di richiederne il riesame. Tale decisione è notificata anche alle competenti autorità di vigilanza e alla banca centrale dello Stato membro nella cui giurisdizione si è verificata l'infrazione.6. L'impresa interessata ha il diritto di chiedere al consiglio direttivo della BCE il riesame della decisione presa dal comitato esecutivo. La richiesta è presentata entro trenta giorni dalla ricezione della notifica di tale decisione e contiene tutte le informazioni e le allegazioni a difesa. Tale richiesta è indirizzata in forma scritta al consiglio direttivo della BCE.7. La decisione del consiglio direttivo della BCE in risposta alla richiesta di riesame avanzata ai sensi del paragrafo 6 comprende i motivi della decisione ed è notificata per iscritto all'impresa interessata, alle autorità di vigilanza competenti per quell'impresa e alla banca centrale nazionale dello Stato membro nella cui giurisdizione si è verificata l'infrazione. Con la notificazione si informa l'impresa in merito al suo diritto di ricorso giurisdizionale. Nel caso in cui il consiglio direttivo della BCE non assuma alcuna decisione entro due mesi dalla richiesta, l'impresa interessata può proporre un ricorso giurisdizionale contro la decisione del comitato esecutivo conformemente al trattato.8. Nessuna sanzione è applicata nei confronti dell'impresa fino a quando la decisione non diventa definitiva per una delle seguenti cause:a) scadenza del periodo di trenta giorni di cui al paragrafo 6 senza che l'impresa abbia presentato richiesta di riesame al consiglio direttivo della BCE;b) notifica da parte del consiglio direttivo della BCE della propria decisione all'impresa oppure scadenza del periodo di cui al precedente paragrafo 7 senza che il consiglio direttivo abbia preso una decisione.9. Gli introiti provenienti da sanzioni inflitte dalla BCE appartengono alla BCE.10. Nel caso in cui un'infrazione riguardi esclusivamente una funzione attribuita al SEBC in virtù del trattato e dallo statuto, una procedura per infrazione può essere avviata soltanto sulla base del presente regolamento, a prescindere dall'esistenza di leggi o di regolamenti nazionali che prevedano una procedura distinta. Nel caso in cui un'infrazione riguardi anche una o più aree non di competenza del SEBC, il diritto di avviare una procedura per infrazione ai sensi del presente regolamento è indipendente da ogni diritto che la competente autorità nazionale ha di avviare una distinta procedura in relazione a tali aree non di competenza del SEBC. Sono salve l'applicazione della legge penale e le competenze di vigilanza prudenziale negli Stati membri partecipanti.11. Se è stato accertato con decisione che un'impresa ha commesso un'infrazione, tale impresa deve sostenere le spese relative alla procedura per infrazione.Articolo 4 Limiti temporali 1. Il potere di prendere la decisione di avviare una procedura per infrazione, previsto dal presente regolamento, si estingue allo scadere di un anno dalla data in cui la BCE o la banca centrale nazionale dello Stato membro nella cui giurisdizione si è verificata l'infrazione abbiano constatato per la prima volta l'infrazione e, in ogni caso, allo scadere di cinque anni dalla data in cui è stata commessa l'infrazione oppure, in caso di infrazione protratta, allo scadere di cinque anni dalla cessazione dell'infrazione.2. Il potere di prendere la decisione di irrogare sanzioni per le infrazioni previste dal presente regolamento si estingue allo scadere di un anno dalla data della decisione di avviare la procedura di cui all'articolo 3, paragrafo 1.3. Il potere di avviare una procedura per l'applicazione delle sanzioni si estingue allo scadere di sei mesi dalla data in cui la decisione è divenuta esecutiva in virtù dell'articolo 3, paragrafo 8.Articolo 5 Mezzi di ricorso La Corte di giustizia delle Comunità europee ha competenza giurisdizionale anche di merito ai sensi dell'articolo 172 del trattato per quanto riguarda le decisioni definitive che impongono una sanzione.Articolo 6 Disposizioni generali e potere normativo 1. In caso di conflitto tra le disposizioni del presente regolamento e le disposizioni di altri regolamenti del Consiglio che autorizzano la BCE ad irrogare sanzioni, prevalgono le disposizioni di questi ultimi.2. Nei limiti e alle condizioni stabiliti dal presente regolamento, la BCE può adottare regolamenti al fine di specificare ulteriormente i meccanismi in base ai quali è possibile irrogare sanzioni nel rispetto di quanto stabilito nel presente regolamento nonché indirizzi intesi a coordinare e armonizzare le procedure relative all'attuazione della procedura per infrazione.Articolo 7 Disposizioni finali Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.L'articolo 6 paragrafo 2 si applica a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente regolamento. I restanti articoli si applicano dal 1° gennaio 1999.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 23 novembre 1998.Per il ConsiglioIl presidenteR. EDLINGER(1) GU C 246 del 6. 8. 1998, pag. 9.(2) GU C 328 del 26. 10. 1998.(3) Parere espresso l'8 ottobre 1998 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). | Il potere della BCE di irrogare sanzioni
SINTESI
La Banca centrale europea (BCE) conduce la politica monetaria dell’area dell’euro, con l’obiettivo primario di mantenere la stabilità dei prezzi, inoltre vigila sulle banche dell’area dell’euro e degli altri paesi dell’UE che hanno scelto di partecipare al meccanismo di vigilanza unico.
Nell’esercizio della sua politica monetaria e dei suoi compiti di vigilanza, la BCE può irrogare sanzioni alle imprese (ad esempio agli enti creditizi) che non rispettano gli atti giuridici della BCE o dell’UE.
CHE COSA FA IL REGOLAMENTO?
Esso stabilisce le condizioni in base alle quali la BCE può infliggere alle imprese ammende e penalità di mora in caso di inosservanza degli obblighi imposti dagli atti legali della BCE e dell’UE.
PUNTI CHIAVE
Il limite massimo per le ammende alle imprese è di 500 000 EUR, o, nel caso di sanzioni comminate in relazione ai compiti di vigilanza della BCE, il doppio della quantità dei profitti ricavati o delle perdite evitate a causa della violazione o il 10 % del fatturato annuo totale dell’impresa.
Il limite massimo per le penalità di mora è di 10 000 EUR per ogni giorno di violazione, o, nel caso di sanzioni comminate in relazione ai compiti di vigilanza della BCE, il 5 % del fatturato medio giornaliero per ogni giorno di violazione.
Quando si considera una sanzione, la BCE tiene conto:
della buona fede e della correttezza dell’impresa interessata,
della gravità degli effetti dell’infrazione,
dei profitti conseguiti dall’impresa a seguito dell’infrazione,
della dimensione economica dell’impresa,
delle eventuali precedenti sanzioni irrogate all’impresa per la stessa infrazione da altre autorità competenti.
Il comitato esecutivo decide se avviare una procedura d’infrazione.
L’impresa interessata ha non meno di 30 giorni di tempo per presentare la sua difesa alla BCE o alla sua banca centrale nazionale.
Il comitato esecutivo adotta una decisione motivata sull’opportunità di irrogare sanzioni all’impresa. Entro 30 giorni dal ricevimento della decisione, l’impresa può chiedere al consiglio direttivo di rivedere la decisione, in mancanza di ciò, la decisione diventa definitiva.
Se richiesto, il consiglio direttivo rivedrà la decisione del comitato esecutivo e informerà l’impresa interessata della sua conclusione. Esso informerà l’impresa in merito al suo diritto di ricorso giurisdizionale.
La procedura di infrazione deve essere attivata entro un anno dalla data in cui la BCE o la banca centrale nazionale della giurisdizione in cui si è verificata l’infrazione hanno constatato l’infrazione. Allo scadere di questo termine, decade il diritto.
Il regolamento (UE) 2015/159 del Consiglio ha aggiunto nuove disposizioni per consentire alla BCE di irrogare sanzioni nell’esercizio dei suoi compiti di vigilanza. Le nuove regole stabiliscono le ammende, i termini e le modalità che si applicano in questi casi.
ATTO
Regolamento (CE) n. 2532/98 del Consiglio, del 23 novembre 1998, sul potere della Banca centrale europea di irrogare sanzioni. (GU L 318 del 27.11.1998, pag. 4.-7) | 5,585 | 131 |
DECISIONE DELLA COMMISSIONE
del 17 settembre 2012
su Eurostat
(2012/504/UE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CE) n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009, relativo alle statistiche europee (1) definisce il quadro giuridico di base per le statistiche europee. Tale regolamento fa riferimento alla Commissione (Eurostat) come all’autorità statistica dell’Unione responsabile dello sviluppo, della produzione e della diffusione delle statistiche europee.
(2)
Le statistiche europee sono sviluppate, prodotte e diffuse da Eurostat secondo i principi statistici stabiliti nel trattato sul funzionamento dell’Unione europea e nel regolamento (CE) n. 223/2009, ulteriormente elaborati nel codice delle statistiche europee nella versione riveduta e aggiornata dal comitato del sistema statistico europeo il 28 settembre 2011.
(3)
Il regolamento (CE) n. 223/2009 dispone anche la tutela dei dati riservati, che devono essere utilizzati esclusivamente a fini statistici.
(4)
La Commissione si è impegnata a rafforzare la governance statistica nell’UE e a rispettare i principi statistici di cui sopra (2). Questo impegno è stato confermato e ulteriormente sviluppato nella comunicazione del 15 aprile 2011 al Parlamento europeo e al Consiglio intitolata «Rafforzamento della gestione della qualità delle statistiche europee» (3). La presente decisione, inoltre, è da considerare come una riaffermazione dell’impegno della Commissione per promuovere la fiducia nelle statistiche europee sviluppate, prodotte e diffuse da Eurostat.
(5)
Alcuni recenti sviluppi nell’ambito della governance economica dell’Unione hanno avuto ripercussioni sul settore statistico e vanno pertanto adeguatamente considerati. Riguardano in particolare l’indipendenza delle statistiche quale stabilita nel regolamento (UE) n. 1175/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, che modifica il regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche (4).
(6)
In questo contesto, i poteri della Commissione in quanto autorità di nomina, preposta a decidere in merito all’assunzione, al trasferimento e al licenziamento del direttore generale di Eurostat, devono essere esercitati, come vuole lo Statuto del personale, tenendo debitamente conto della necessità di garantirne l’indipendenza, l’obiettività e l’efficienza nell’esercizio delle sue responsabilità, e secondo una procedura trasparente basata esclusivamente su criteri professionali.
(7)
A Eurostat sono state assegnate inoltre funzioni specifiche con il regolamento (CE) n. 479/2009 del Consiglio, del 25 maggio 2009, relativo all’applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi, allegato al trattato che istituisce la Comunità europea (5).
(8)
Inoltre, in conformità alla «comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sul metodo di produzione delle statistiche UE: una visione per il prossimo decennio» (6), Eurostat deve fornire un servizio statistico di alta qualità, anche rafforzando le relazioni con gli organi dell’Unione, al fine di anticipare le esigenze statistiche e aumentare l’uso delle statistiche esistenti. Ciò implica anche un approfondimento della collaborazione con altri servizi della Commissione.
(9)
Le statistiche devono essere definite con riferimento al regolamento (CE) n. 223/2009. Ai fini della presente decisione è opportuno operare una distinzione tra statistiche europee e altri tipi di statistiche.
(10)
Spetta ai responsabili politici fissare obiettivi politici e determinare il fabbisogno di informazioni per conseguire tali obiettivi. Queste attività devono pertanto rientrare nel mandato e nelle responsabilità dei servizi della Commissione interessati, mentre Eurostat deve assicurare la programmazione delle attività correlate alle statistiche europee, tenendo conto delle esigenze degli utenti, degli sviluppi delle politiche e della limitatezza delle risorse disponibili.
(11)
Le attività della Commissione in relazione ad altre statistiche devono essere sottoposte a un esercizio di pianificazione e coordinamento finalizzato a ottenere informazioni consolidate su tali attività. Detto esercizio deve essere gestito da Eurostat e il suo ambito deve essere limitato a tematiche sulle quali esiste un accordo tra i servizi della Commissione interessati ed Eurostat.
(12)
Le statistiche europee sono definite dal programma statistico europeo e dal corrispondente programma di lavoro annuale.
(13)
Per ottenere la fiducia del pubblico nelle statistiche europee e promuovere statistiche di alta qualità elaborate, prodotte e diffuse da Eurostat, occorre sviluppare e attuare un processo di certificazione delle statistiche europee.
(14)
Il direttore generale di Eurostat, che è il responsabile delle statistiche, è chiamato a salvaguardare lo sviluppo, la produzione e la diffusione di statistiche europee di qualità. Fra i suoi compiti deve figurare anche il coordinamento delle attività statistiche della Commissione, al fine di garantirne la qualità e di ridurre al minimo indispensabile l’onere di risposta. Il responsabile delle statistiche, pertanto, deve essere consultato anche sullo sviluppo e sulla produzione di altre statistiche.
(15)
La coerenza e la comparabilità delle statistiche europee devono essere assicurate da una stretta collaborazione tra Eurostat e gli altri servizi della Commissione nel campo delle attività statistiche e da un opportuno coordinamento di tali attività da parte del responsabile delle statistiche; ciò consentirà di rispondere meglio alle sfide future, in particolare alla necessità di ridurre al minimo indispensabile il disturbo statistico e gli oneri amministrativi. Analogamente, occorre garantire l’accesso alle fonti di dati amministrativi nell’ambito della Commissione in maniera efficiente rispetto ai costi e nella misura necessaria allo sviluppo, alla produzione e alla diffusione delle statistiche europee.
(16)
Il trattamento di dati personali da parte di Eurostat è disciplinato dal regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (7). Laddove ciò sia utile, inoltre, le statistiche europee prodotte sulla base di dati personali sono disaggregate in base al sesso.
(17)
È pertanto necessario chiarire e definire più precisamente il ruolo di Eurostat e le responsabilità in seno alla Commissione.
(18)
La decisione 97/281/CE della Commissione, del 21 aprile 1997, sul ruolo di Eurostat riguardo alla produzione di statistiche comunitarie (8) deve essere abrogata,
DECIDE:
Articolo 1
Oggetto
La presente decisione definisce il ruolo e le responsabilità di Eurostat nell’ambito dell’organizzazione interna della Commissione per quanto riguarda lo sviluppo, la produzione e la diffusione di statistiche.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente decisione si intende per:
1) «statistiche»: le statistiche quali sono definite all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 223/2009; esse possono configurarsi come statistiche europee o altre statistiche;
2) «statistiche europee»: le statistiche di cui all’articolo 1 del regolamento (CE) n. 223/2009, nonché come determinate dal programma di lavoro annuale delle statistiche europee;
3) «altre statistiche»: le statistiche diverse dalle statistiche europee quali sono individuate nell’esercizio di pianificazione e coordinamento di cui all’articolo 5, paragrafo 2.
Articolo 3
Eurostat
Eurostat è l’autorità statistica dell’Unione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 223/2009. Costituisce un servizio della Commissione, facente capo a un direttore generale.
Articolo 4
Principi statistici
Eurostat provvede allo sviluppo, alla produzione e alla diffusione di statistiche europee in linea con i principi statistici di indipendenza professionale, imparzialità, obiettività, affidabilità, segreto statistico e favorevole rapporto costi-benefici, quali sono definiti all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 223/2009, e ulteriormente specificati nel codice delle statistiche europee.
Articolo 5
Pianificazione e programmazione
1. Le attività correlate alle statistiche europee sono determinate dal programma statistico europeo di cui all’articolo 13 del regolamento (CE) n. 223/2009 e dal programma di lavoro annuale di cui all’articolo 17 dello stesso regolamento.
2. Le attività correlate ad altre statistiche sono oggetto di un esercizio di pianificazione e coordinamento gestito da Eurostat, mediante il quale esse vengono individuate. L’ambito di tale esercizio è limitato a tematiche sulle quali esiste un accordo tra i servizi della Commissione interessati ed Eurostat.
3. Specifici accordi interservizi possono essere stipulati tra Eurostat e gli altri servizi della Commissione in merito a tali attività, incluse le attività riguardanti dati amministrativi.
Articolo 6
Compiti di Eurostat
1. Eurostat è responsabile dello sviluppo, della produzione e della diffusione di statistiche europee.
A tale fine Eurostat ha in particolare il compito di:
a)
raccogliere e aggregare le informazioni statistiche necessarie a elaborare statistiche europee;
b)
sviluppare e promuovere norme, procedure e metodi statistici;
c)
dirigere il sistema statistico europeo, rafforzare la cooperazione fra i suoi partner e assicurare il suo ruolo guida nel campo delle statistiche ufficiali a livello mondiale;
d)
collaborare con organizzazioni internazionali e paesi terzi per agevolare la comparabilità delle statistiche europee con le statistiche prodotte in altri sistemi statistici e, se del caso, aiutare paesi terzi a migliorare i loro sistemi statistici.
2. In ottemperanza ai principi statistici, in particolare quelli dell’indipendenza professionale, dell’imparzialità e del segreto statistico, Eurostat garantisce l’accessibilità delle statistiche europee a tutti gli utenti.
In proposito Eurostat fornisce le delucidazioni tecniche e il sostegno necessari al corretto utilizzo delle statistiche europee e può servirsi di adeguati canali di comunicazione per la diffusione di comunicati stampa di rilevanza statistica.
3. Eurostat assicura la cooperazione e il dialogo costruttivo periodico con altri servizi della Commissione e, se necessario, con i fornitori dei dati, al fine di tenere conto delle esigenze degli utenti, degli sviluppi delle politiche e di altre iniziative. A questo fine, i servizi della Commissione che sono utenti potenziali di statistiche europee specifiche vengono informati e coinvolti già nelle fasi iniziali dello sviluppo di nuove statistiche o della modifica di statistiche esistenti, anche per comprendere le possibili implicazioni politiche di norme, definizioni e metodi nuovi o modificati.
4. Eurostat coordina lo sviluppo e la produzione di altre statistiche. A tale fine:
a)
ottimizza l’uso delle informazioni esistenti utilizzabili a fini statistici nell’intento di garantire la qualità delle statistiche e di ridurre al minimo l’onere per i rispondenti; Eurostat invita tutti i servizi della Commissione interessati a contribuire al conseguimento di tale obiettivo;
b)
viene informato da tutti i servizi della Commissione in merito all’ambito e alle caratteristiche qualitative delle statistiche da essi prodotte, ad eventuali cambiamenti significativi nella metodologia di produzione delle statistiche e a nuove raccolte di dati eventualmente programmate;
c)
fornisce ad altri servizi della Commissione gli orientamenti, la formazione e i servizi di consulenza necessari allo sviluppo e alla produzione di altre statistiche compatibilmente con la disponibilità delle risorse.
Articolo 7
Direttore generale di Eurostat
1. Conformemente al programma statistico europeo e al programma di lavoro annuale, nel campo delle statistiche europee il direttore generale di Eurostat è responsabile unico delle decisioni relative a processi, metodi statistici, norme e procedure ovvero al contenuto e al calendario delle diffusioni statistiche. Nell’adempimento di tali compiti statistici il direttore generale di Eurostat agisce in modo indipendente, senza chiedere istruzioni ad istituzioni o organi dell’Unione, a governi degli Stati membri o a qualsiasi altra istituzione, organismo, ufficio o ente, e senza ricevere istruzioni da essi.
2. Il direttore generale di Eurostat esercita le funzioni di ordinatore per l’esecuzione degli stanziamenti assegnati a Eurostat.
Articolo 8
Responsabile delle statistiche
1. Il direttore generale di Eurostat è da considerare il responsabile delle statistiche.
2. Il responsabile delle statistiche espleta i seguenti compiti:
a)
è responsabile dello sviluppo, della produzione e della diffusione delle statistiche europee in seno alla Commissione;
b)
è responsabile del coordinamento dello sviluppo e della produzione delle altre statistiche di cui all’articolo 5, paragrafo 2, e all’articolo 6, paragrafo 4;
c)
rappresenta la Commissione nei consessi statistici internazionali, in particolare al fine di coordinare le attività statistiche delle istituzioni e degli organi dell’Unione di cui all’articolo 6, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 223/2009;
d)
presiede il comitato del sistema statistico europeo, di cui all’articolo 7 del regolamento (CE) n. 223/2009;
e)
prepara i programmi di cui all’articolo 5, paragrafo 1, della presente decisione, in stretta collaborazione con altri servizi della Commissione, tenendo conto per quanto possibile delle esigenze degli utenti e di altri sviluppi rilevanti;
f)
garantisce il collegamento fra il sistema statistico europeo (SSE) e il comitato consultivo europeo per la governance statistica in tutte le questioni relative all’attuazione del codice delle statistiche europee nell’ambito dell’SSE nel suo insieme.
3. Ogni servizio che intenda intraprendere attività che comportino la produzione di statistiche consulta il responsabile delle statistiche nelle fasi iniziali della preparazione di tali attività. Il responsabile delle statistiche può formulare raccomandazioni in proposito. Le iniziative non correlate allo sviluppo, alla produzione e alla diffusione di statistiche europee, in particolare nel caso di specifici accordi interservizi, ricadono completamente sotto la responsabilità del servizio interessato.
Articolo 9
Accesso a dati amministrativi
1. Al fine di ridurre l’onere gravante sui rispondenti, Eurostat ha il diritto, nel rispetto delle disposizioni in materia di riservatezza sancite dalla legislazione dell’Unione, di accedere ai dati amministrativi disponibili nell’ambito dei servizi della Commissione e di integrare tali dati con statistiche nella misura in cui essi sono rilevanti ai fini dello sviluppo, della produzione e della diffusione di statistiche europee.
2. Eurostat è consultato in sede di progettazione iniziale, ulteriore sviluppo e soppressione di banche dati e registri amministrativi realizzati e gestiti da altri servizi della Commissione e può prendere parte a tali operazioni nell’intento di agevolare l’ulteriore utilizzo dei dati contenuti in tali registri e tali banche dati per le statistiche europee. A tale scopo Eurostat ha facoltà di proporre attività di standardizzazione dei dati amministrativi rilevanti ai fini della produzione di statistiche europee.
3. Per rafforzare l’efficacia delle disposizioni del presente articolo, ciascun servizio della Commissione è chiamato a garantire che a Eurostat sia concesso, dietro richiesta, l’accesso ai dati amministrativi nella misura necessaria allo sviluppo, alla produzione e alla diffusione di statistiche europee, conformemente alle disposizioni in materia di riservatezza sancite dalla legislazione dell’Unione.
Articolo 10
Codice delle statistiche europee
1. Conformemente all’articolo 11 del regolamento (CE) n. 223/2009, le statistiche europee sono sviluppate, prodotte e diffuse da Eurostat secondo le prescrizioni del codice delle statistiche europee nella versione riveduta e aggiornata dal comitato del sistema statistico europeo.
2. Eurostat coinvolge il comitato consultivo europeo per la governance statistica in tutte le azioni concernenti il codice delle statistiche europee conformemente al mandato del comitato.
3. Eurostat controlla l’efficace applicazione del codice delle statistiche europee da parte delle autorità statistiche nazionali.
Articolo 11
Garanzia della qualità e certificazione
1. Eurostat garantisce la gestione della qualità delle statistiche europee. A tale fine, e in base ai criteri fissati in materia di qualità, rispondendo alle esigenze degli utenti in fatto di statistiche con diversi profili qualitativi, Eurostat:
a)
monitora e valuta la qualità dei dati che raccoglie o riceve, nonché redige rapporti sulla qualità delle statistiche europee che diffonde;
b)
promuove e attua un processo di certificazione delle statistiche europee;
c)
verifica i dati che ricadono sotto la responsabilità di Eurostat nell’ambito della governance economica rafforzata dell’Unione ed esercita nelle relative procedure tutte le competenze specificatamente conferite a Eurostat.
2. Eurostat mette a punto un quadro per la garanzia della qualità che rifletta le misure in vigore o da adottare al fine di garantire la corretta applicazione del codice delle statistiche europee.
Articolo 12
Uso di dati riservati
1. Il direttore generale di Eurostat adotta tutte le misure atte ad assicurare il rispetto del segreto statistico.
2. Conformemente alle disposizioni del capitolo V del regolamento (CE) n. 223/2009, i dati considerati riservati ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 7, del medesimo regolamento, sono accessibili solo ai funzionari e ad altri membri del personale di Eurostat, nonché ad altre persone fisiche che lavorano a contratto per Eurostat, ogniqualvolta tali dati siano necessari per la produzione di statistiche europee e limitatamente al loro ambito di lavoro specifico.
3. Il direttore generale di Eurostat adotta inoltre tutte le misure necessarie per tutelare i dati la cui divulgazione potrebbe arrecare pregiudizio agli interessi dell’Unione o dello Stato membro cui si riferiscono.
Articolo 13
Abrogazione
La decisione 97/281/CE è abrogata.
I riferimenti alla decisione abrogata si intendono fatti alla presente decisione.
Fatto a Bruxelles, il 17 settembre 2012
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 87 del 31.3.2009, pag. 164.
(2) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Indipendenza, integrità e responsabilità delle autorità statistiche nazionali e dell’autorità statistica comunitaria [COM(2005) 217 definitivo].
(3) COM(2011) 211 definitivo.
(4) GU L 306 del 23.11.2011, pag. 12.
(5) GU L 145 del 10.6.2009, pag. 1.
(6) COM(2009) 404 definitivo.
(7) GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1.
(8) GU L 112 del 29.4.1997, pag. 56. | Eurostat — Ufficio statistico europeo
QUAL È LO SCOPO DI QUESTA DECISIONE?
Essa chiarisce il ruolo e le responsabilità di Eurostat nell’ambito dell’organizzazione interna della Commissione per quanto riguarda lo sviluppo, la produzione e la diffusione di statistiche.
PUNTI CHIAVE
Eurostat è parte della Commissione europea ed è presieduto da un direttore generale. Eurostat opera in linea con i seguenti principi statistici, come definiti dal Regolamento (CE) n. 223/2009 e dal codice delle statistiche europee: indipendenza professionale;imparzialità;obiettività;affidabilità;Segreto statistico;efficacia in termini di costi. Eurostat attua il programma statistico europeo e agisce sulla base di programmi di lavoro annuali. I compiti principali di Eurostat sono: raccogliere e aggregare le informazioni statistiche necessarie a elaborare statistiche europee;sviluppare e promuovere norme, procedure e metodi statistici;coordinare il sistema statistico europeo (SSE), rafforzare la cooperazione fra i suoi partner e assicurare il suo ruolo guida nel campo delle statistiche ufficiali a livello mondiale;collaborare con organizzazioni internazionali e paesi terzi e aiutare paesi terzi a migliorare i loro sistemi statistici. Il direttore generale di Eurostat, che è anche il responsabile delle statistiche: è responsabile unico delle decisioni relative a processi, metodi statistici, norme e procedure ovvero al contenuto e al calendario delle diffusioni statistiche. Il direttore generale agisce in modo indipendente, senza chiedere istruzioni a istituzioni o organi dell’Unione, a governi degli Stati membri o a qualsiasi altra organizzazione. Il direttore generale adotta tutte le misure atte ad assicurare il rispetto del segreto statistico;presiede il comitato del sistema statistico europeo, composto da rappresentanti degli Stati membri (degli istituti statistici nazionali) che fornisce gli orientamenti all’SSE sullo sviluppo, la compilazione e la diffusione delle statistiche europee;garantisce inoltre il collegamento fra il comitato del sistema statistico europeo (SSE) e il comitato consultivo europeo per la governance statistica (composto da esperti di statistica indipendenti) in tutte le questioni relative all’attuazione del codice delle statistiche europee. Nel rispetto delle disposizioni in materia di riservatezza dell’UE, Eurostat ha accesso alle fonti di dati amministrativi per ridurre il carico di lavoro per gli intervistati. Eurostat è responsabile della gestione della qualità delle statistiche europee e mette a punto un quadro per la garanzia della qualità al fine di garantire la corretta applicazione del codice delle statistiche europee. Eurostat assicura che le statistiche europee siano accessibili a tutti gli utenti in conformità con i principi statistici, in particolare i principi di indipendenza professionale, imparzialità e segreto statistico.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
È stata applicata dall’8 ottobre 2012.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:Eurostat e il sistema statistico europeo (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione della Commissione 2012/504/UE, del 17 settembre 2012 su Eurostat (GU L 251, 18.9.2012, pag. 49). | 6,601 | 243 |
REGOLAMENTO (CE) N. 458/2007 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 25 aprile 2007
sul sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (ESSPROS)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 285, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
L’articolo 2 del trattato si riferisce alla promozione di un livello elevato di protezione sociale come uno dei compiti della Comunità.
(2)
Il Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 ha dato l’avvio ad un processo di scambio politico fra gli Stati membri dell'UE sull'ammodernamento dei sistemi di protezione sociale.
(3)
La decisione 2004/689/CE del Consiglio (3) ha istituito un comitato della protezione sociale al fine di consentire lo scambio cooperativo tra la Commissione e gli Stati membri in merito all’ammodernamento e al miglioramento dei sistemi di protezione sociale.
(4)
La comunicazione della Commissione del 27 maggio 2003 intitolata: «Potenziare la dimensione sociale della strategia di Lisbona: razionalizzare il coordinamento aperto nel settore della protezione sociale», ha delineato una strategia di razionalizzazione dei processi di coordinamento aperto nel settore della politica sociale al fine di potenziare il ruolo della protezione e dell’inclusione sociale all’interno della strategia di Lisbona. Il 20 ottobre 2003 il Consiglio ha deciso che la razionalizzazione sarebbe entrata in vigore a partire dal 2006. In tale contesto, la relazione annuale congiunta è divenuta lo strumento informativo principale, con l’obiettivo di riunire i principali risultati analitici e i messaggi politici riguardanti il metodo aperto di coordinamento (OMC) nelle sue varie applicazioni e tematiche multisettoriali nell’ambito della protezione.
(5)
L'OMC ha sottolineato nuovamente la necessità di statistiche comparabili, puntuali e attendibili nel settore della politica sociale. Statistiche comparabili sulla protezione sociale sono impiegate in particolare nella relazione annuale congiunta.
(6)
La Commissione (Eurostat) sta già ricevendo dagli Stati membri su base volontaria dati annuali sulla protezione sociale. Questa prassi è consolidata negli Stati membri e si basa su principi metodologici comuni, elaborati al fine di garantire la comparabilità dei dati.
(7)
La produzione di statistiche comunitarie specifiche è disciplinata dalle disposizioni del regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie (4).
(8)
Le misure necessarie per l'esecuzione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (5).
(9)
In particolare, la Commissione ha il potere di stabilire il primo anno per il quale si dovrebbe procedere ad una raccolta completa dei dati relativi alle prestazioni nette di protezione sociale. La Commissione ha anche il potere di adottare misure riguardanti la classificazione dettagliata dei dati, le definizioni da impiegare e l'aggiornamento delle norme di diffusione. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento e a integrare il presente regolamento con l'aggiunta di nuovi elementi non essenziali, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.
(10)
Poiché l'obiettivo del presente regolamento, ossia l'introduzione di norme statistiche comuni che consentano l'elaborazione di dati armonizzati, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito all'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(11)
È in atto una cooperazione con l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico nel settore delle prestazioni nette di protezione sociale.
(12)
Il comitato del programma statistico istituito dalla decisione 89/382/CEE, Euratom (6) è stato consultato,
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto
L’obiettivo del presente regolamento è istituire un sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale, (di seguito «ESSPROS»), fissando:
a)
un quadro metodologico basato su norme, definizioni, classificazioni e regole contabili comuni da utilizzare per compilare statistiche su una base comparabile ad uso della Comunità;
e
b)
scadenze per la trasmissione delle statistiche compilate secondo ESSPROS.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento, si intende per:
a)
«statistiche comunitarie»: quanto indicato dall’articolo 2 del regolamento (CE) n. 322/97;
b)
«protezione sociale»: l'insieme delle prestazioni erogate da istituzioni pubbliche o private al fine di consentire alle famiglie e ai singoli individui di far fronte a determinati eventi e bisogni, a condizione che tali prestazioni non abbiano una contropartita e non siano riconducibili a disposizioni individuali. L’elenco degli eventi e dei bisogni all'origine delle prestazioni di protezione sociale è stabilito convenzionalmente nel modo seguente: malattia e/o assistenza sanitaria; invalidità; vecchiaia; superstiti; famiglia/figli; disoccupazione; alloggio; esclusione sociale non classificata altrove;
c)
«regime di protezione sociale»: un insieme distinto di norme, sostenuto da una o più unità istituzionali, che disciplina la fornitura di prestazioni di protezione sociale ed il relativo finanziamento;
d)
«prestazioni di protezione sociale»: trasferimenti — in denaro o in natura — effettuati dai regimi di protezione sociale a favore delle famiglie e dei singoli individui al fine di permettere loro di far fronte a determinati eventi o di soddisfare particolari bisogni;
e)
«benefici fiscali»: il valore delle prestazioni di protezione sociale al netto delle tasse e dei contributi sociali versati dai beneficiari, al quale si aggiungono i «benefici fiscali»;
f)
«prestazioni nette di protezione sociale»: la protezione sociale fornita sotto forma di agevolazioni fiscali che, se versate in contanti, sarebbero definite prestazioni di protezione sociale. Sono escluse le agevolazioni fiscali che promuovono la fornitura di protezione sociale o i piani di previdenza privati.
Articolo 3
Campo d’applicazione del sistema
1. Le statistiche inerenti al sistema centrale dell'ESSPROS riguardano i flussi finanziari delle spese e delle entrate nell’ambito della protezione sociale.
Tali dati sono trasmessi a livello dei regimi di protezione sociale; per ogni regime sono indicate dettagliatamente le spese e le entrate, rispettando la classificazione ESSPROS.
Per i dati quantitativi per regimi e prestazioni dettagliate, i dati da trasmettere, con riferimento alla classificazione aggregata, e le modalità per la fornitura e la diffusione dei dati sono oggetto dell'allegato I, punto 1. Per l'informazione qualitativa per regimi e prestazioni dettagliate, i temi cui si riferiscono e le modalità per la fornitura dei dati, l’aggiornamento dell'informazione qualitativa e la diffusione sono oggetto dell'allegato I, punto 2.
Il primo anno per il quale sono raccolti i dati è il 2008.
2. Oltre al sistema centrale ESSPROS sono aggiunti moduli riguardanti altre informazioni statistiche sui beneficiari delle pensioni e sulle prestazioni nette di protezione sociale.
Articolo 4
Modulo sui beneficiari delle pensioni
1. A partire dal primo anno di raccolta dei dati in applicazione del presente regolamento, al sistema centrale è aggiunto un modulo sui beneficiari delle pensioni. I temi sui quali raccogliere informazioni e le modalità per la fornitura e la diffusione dei dati sono oggetto dell’allegato II.
2. Il primo anno per il quale sono raccolti i dati è il 2008.
Articolo 5
Moduli sulle prestazioni nette di protezione sociale
1. Entro la fine del 2008 tutti gli Stati membri effettuano un'indagine pilota di dati per il 2005 in vista dell'introduzione di un modulo sulle prestazioni nette di protezione sociale. I temi sui quali raccogliere informazioni e le modalità per la fornitura dei dati sono oggetto dell’allegato III.
2. Le misure relative all'avvio della raccolta completa dei dati nell'ambito del suddetto modulo sono adottate sulla base di una sintesi di tale indagine pilota di dati nazionali, a condizione che l'esito di un'ampia maggioranza di tali studi pilota sia positivo, secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 8, paragrafo 3. L'avvio di tale raccolta completa dei dati non inizia prima del 2010.
Articolo 6
Fonti dei dati
Le statistiche di protezione sociale sono fondate sulle seguenti fonti di dati, a seconda della disponibilità negli Stati membri e nel rispetto delle leggi e delle prassi nazionali:
a)
registri ed altre fonti amministrative;
b)
indagini;
c)
stime.
Articolo 7
Modalità di esecuzione
1. Le modalità di esecuzione del presente regolamento tengono conto dei risultati di un'analisi costi-benefici e riguardano il sistema centrale ESSPROS di cui all'allegato I, il modulo sui beneficiari delle pensioni di cui all'allegato II e il modulo sulle prestazioni nette di protezione sociale di cui all'articolo 5.
2. Le misure che riguardano i formati per la trasmissione dei dati, i risultati da comunicare e i criteri di misurazione della qualità sono adottate secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 8, paragrafo 2.
3. Le misure che riguardano la decisione sul primo anno relativamente al quale devono essere raccolti i dati completi e le misure che riguardano la classificazione dettagliata dei dati, le definizioni da impiegare e l'aggiornamento delle norme di diffusione, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 8, paragrafo 3. Tali misure sono intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento, anche integrando il regolamento stesso.
Articolo 8
Procedura
1. La Commissione è assistita dal comitato del programma statistico istituito dalla decisione 89/382/CEE, Euratom.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.
Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6 della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l'articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.
Articolo 9
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Strasburgo, addì 25 aprile 2007.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
G. GLOSER
(1) GU C 309 del 16.12.2006, pag. 78.
(2) Parere del Parlamento europeo del 30 novembre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 22 marzo 2007.
(3) GU L 314 del 13.10.2004, pag. 8.
(4) GU L 52 del 22.2.1997, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1).
(5) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Decisione modificata dalla decisione 2006/512/CE (GU L 200 del 22.7.2006, pag. 11).
(6) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47.
ALLEGATO I
SISTEMA CENTRALE ESSPROS
1. Dati quantitativi per regime e prestazioni dettagliate
Dati trasmessi
In riferimento alla classificazione aggregata i dati trasmessi riguarderanno:
Spese
1.1.1.1. Prestazioni di protezione sociale classificate per:
a)
funzione (corrispondente ad eventi o necessità),
e
b)
all’interno di ogni funzione: soggette a particolari condizioni di reddito e non soggette a tali condizioni, prestazioni in denaro (suddivise in prestazioni periodiche e prestazioni ad importo forfetario) e prestazioni in natura.
1.1.1.2. Spese di amministrazione
1.1.1.3. Trasferimenti verso altri regimi
1.1.1.4. Altre spese
Entrate
1.1.2.1. Contributi sociali
1.1.2.2. Contributi a carico delle amministrazioni pubbliche
1.1.2.3. Trasferimenti da altri regimi
1.1.2.4. Altre entrate
I dati raccolti (in riferimento alla classificazione dettagliata) saranno forniti secondo la procedura di cui all’articolo 8, paragrafo 3.
1.2. Fornitura dei dati
Le statistiche saranno fornite annualmente. I dati si riferiranno all’anno di calendario nel rispetto delle prassi nazionali. I dati per l'anno di calendario N, unitamente ad eventuali revisioni degli anni precedenti, vanno trasmessi entro il 30 giugno dell'anno N + 2.
1.3. Diffusione
La Commissione (Eurostat) pubblicherà i dati sulle spese di protezione sociale a livello totale dei regimi entro il 31 ottobre dell’anno N + 2, basandosi sui dati dell'anno civile N. Nello stesso tempo la Commissione (Eurostat) diffonderà anche dati dettagliati per regime a determinati utenti (istituti nazionali che compilano i dati ESSPROS, servizi della Commissione ed istituzioni internazionali). Tali utenti saranno autorizzati a pubblicare solo informazioni riguardanti gruppi di regimi.
2. Informazione qualitativa per regimi e prestazioni dettagliate
2.1. Temi
Per ogni regime l’informazione qualitativa comprende una descrizione generale del regime stesso, una descrizione dettagliata delle prestazioni ed informazioni su modifiche e riforme recenti.
2.2. Fornitura dei dati e aggiornamento dell’informazione qualitativa
L’aggiornamento annuale di una serie completa di informazioni qualitative già fornite si limiterà alle eventuali modifiche del sistema di protezione sociale e sarà trasmesso unitamente ai dati quantitativi.
2.3. Diffusione
La Commissione (Eurostat) diffonderà le informazioni qualitative a livello di regime entro il 31 ottobre dell'anno N + 2.
ALLEGATO II
MODULO SUI BENEFICIARI DELLE PENSIONI
1. Categorie di prestazioni
Il modulo contiene dati sui beneficiari delle pensioni, definiti come soggetti riceventi una o più fra le seguenti prestazioni periodiche in denaro provenienti da un regime di protezione sociale:
a)
pensione di invalidità;
b)
assegno di pensione anticipata dovuta ad una riduzione della capacità lavorativa;
c)
pensione di vecchiaia;
d)
pensione di vecchiaia anticipata;
e)
pensione parziale;
f)
pensione di reversibilità;
g)
assegno di pensione anticipata per motivi inerenti al mercato del lavoro.
2. Fornitura dei dati
Le statistiche saranno fornite annualmente. I dati saranno di stock e riferiti alla fine dell’anno di calendario. Il termine di trasmissione dei dati per l’anno N è la fine di maggio dell’anno N + 2; vanno osservate le seguenti suddivisioni:
a)
per regime di protezione sociale;
b)
per genere per il totale dei regimi.
3. Diffusione
La Commissione (Eurostat) pubblicherà i dati per tutti i regimi entro il 31 ottobre dell’anno N + 2, basandosi sui dati dell'anno N. Nello stesso tempo la Commissione (Eurostat) diffonde anche dati dettagliati per regime a determinati utenti (istituti nazionali che compilano i dati ESSPROS, servizi della Commissione ed istituzioni internazionali). Tali utenti saranno autorizzati a pubblicare solo informazioni riguardanti gruppi di regimi.
La Commissione (Eurostat) pubblicherà e diffonderà a determinati utenti (istituti nazionali che compilano i dati ESSPROS, servizi della Commissione ed istituzioni internazionali) i dati relativi al totale di ciascuna delle sette categorie entro il 31 ottobre dell'anno N + 2 basandosi sui dati dell'anno civile N.
ALLEGATO III
INDAGINE PILOTA DI DATI SULLE PRESTAZIONI NETTE DI PROTEZIONE SOCIALE
1. Temi
Tale indagine riguarda il calcolo delle «prestazioni nette di protezione sociale».
2. Fornitura dei dati
Deve essere indicata la parte di imposta sul reddito e di contributi sociali prelevata dalle prestazioni di protezione sociale per l'anno 2005, a seconda dei vari tipi di prestazioni in denaro, preferibilmente anche a seconda dei vari gruppi di regimi tassati in modo omogeneo. In casi difficili i risultati possono essere indicati per gruppi di prestazioni, ovvero può essere indicato il totale delle sette categorie di pensioni di cui all’allegato II o il totale delle prestazioni in denaro di una determinata funzione. I benefici fiscali saranno indicati separatamente per ogni voce secondo il metodo delle perdite di gettito. | Sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (ESSPROS)
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Il regolamento stabilisce il sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (ESSPROS). Il sistema disciplina norme giuridiche volte a migliorare l’utilità delle attuali raccolte di dati in termini di tempestività, copertura e comparabilità.
PUNTI CHIAVE
Il regolamento istituisce un sistema europeo di statistiche integrate sulla protezione sociale, denominato ESSPROS. Esso disciplinaun insieme di regole, basate su norme, definizioni, nomenclature e regole contabili comuni, da utilizzare per la compilazione di statistiche su una base comparabile ad uso dell’UE; i termini per la trasmissione delle statistiche compilate. Le statistiche relative al sistema principale ESSPROS riguardano i flussi finanziari relativi alle spese e alle entrate nell’ambito della protezione sociale (dati quantitativi e qualitativi). Esse interessano i diversi regimi di protezione sociale.
Oltre al sistema centrale, sono stati aggiunti moduli che comprendono informazioni statistiche supplementari in merito ad aspetti particolari della protezione sociale.
Scopo del sistema
ESSPROS si occupa delle statistiche relative ai flussi finanziari delle spese e delle entrate nell’ambito della sicurezza sociale.
I dati vengono raccolti a partire dall’anno 2008, che costituisce il periodo di riferimento.
Modulo sui beneficiari delle pensioni
Si prevedeva di aggiungere un modulo sui beneficiari delle pensioni al sistema centrale a partire dal 2008, come periodo di riferimento.
Moduli aggiuntivi
Al fine di introdurre un modulo sulle prestazioni sociali nette*, le raccolte di dati pilota per l’anno 2005 dovevano essere eseguite in tutti i Paesi dell’UE entro la fine del 2008.
Sulla base di una sintesi di detti dati pilota nazionali, è stata presa la decisione di introdurre questo modulo e di avviare la raccolta completa dei dati, a partire dal 2010.
Fonti dati
Le statistiche devono essere basate su registri e altre fonti amministrative, indagini e stime, in base alla loro disponibilità nei Paesi dell’UE e in conformità con le leggi e le pratiche nazionali.
Disposizioni per l’attuazione
La Commissione europea ha adottato regolamenti specifici per attuare il regolamento ESPROSS. Questi riguardano:formati per la trasmissione, risultati da trasmettere e criteri per la misurazione della qualità per il sistema centrale ESSPROS, e il modulo sui beneficiari delle pensioni (regolamento (CE) n. 1322/2007) e per il modulo sulle prestazioni nette di protezione sociale (Regolamento (UE) N. 110/2011); le definizioni, le classificazioni dettagliate e l’aggiornamento delle regole di disseminazione per il sistema centrale ESSPROS e il modulo sui beneficiari delle pensioni (Regolamento (CE) N. 10/2008); avvio della raccolta completa dei dati per il modulo ESSPROS sulle prestazioni nette di protezione sociale (Regolamento (UE) N. 263/2011).
DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Si applica dal 20 maggio 2007.
CONTESTO GENERALE
Per ulteriori informazioni, consultare:Sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (Eurostat).
PUNTI CHIAVE
Prestazioni sociali nette: trasferimenti, in denaro o in natura, da regimi di protezione sociale a famiglie e individui al fine di permettere loro di far fronte a uno o più rischi o esigenze quali:malattia e/o assistenza sanitaria,disabilità,vecchiaia,disoccupazione,problemi abitativi eesclusione sociale.Le prestazioni nette di protezione sociale tengono conto del loro valore al netto di eventuali imposte e contributi sociali versati dal beneficiario.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 458/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 aprile 2007, relativo al sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (ESSPROS) (GU L 113 del 30.4.2007, pag. 3).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 263/2011 della Commissione, del 17 marzo 2011, che attua il Regolamento (CE) n. 458/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (SESPROS) per quanto riguarda l’avvio della raccolta completa dei dati per il modulo ESSPROS sulle prestazioni nette di protezione sociale (GU L 71 del 18.3.2011, pag. 4).
Regolamento (UE) n. 110/2011 della Commissione, dell’ 8 febbraio 2011, che attua il Regolamento (CE) n. 458/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (SESPROS) per quanto riguarda i formati appropriati per la trasmissione di dati, i risultati da trasmettere e i criteri per determinare la qualità del modulo ESSPROS sulle prestazioni nette di protezione sociale (GU L 34 del 9.2.2011, pag. 29).
Regolamento (CE) n. 10/2008 della Commissione, dell’ 8 gennaio 2008, che attua il Regolamento (CE) n. 458/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (SESPROS) per quanto riguarda le definizioni, le classificazioni dettagliate e l’aggiornamento delle regole per la diffusione del sistema centrale ESSPROS e del modulo sui beneficiari delle pensioni (GU L 5 del 9.1.2008, pag. 3).
Regolamento (CE) n. 1322/2007 della Commissione, del 12 novembre 2007, che attua il Regolamento (CE) n. 458/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (SESPROS) per quanto riguarda i formati appropriati per la trasmissione, i risultati da trasmettere e i criteri per la misurazione della qualità per il sistema centrale ESSPROS e il modulo sui beneficiari delle pensioni (GU L 294 del 13.11.2007, pag. 5). | 7,239 | 1,199 |
Direttiva 80/181/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1979, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative alle unità di misura che abroga la direttiva 71/354/CEE
Gazzetta ufficiale n. L 039 del 15/02/1980 pag. 0040 - 0050 edizione speciale finlandese: capitolo 13 tomo 10 pag. 0181 edizione speciale greca: capitolo 13 tomo 9 pag. 0090 edizione speciale svedese/ capitolo 13 tomo 10 pag. 0181 edizione speciale spagnola: capitolo 13 tomo 10 pag. 0292 edizione speciale portoghese: capitolo 13 tomo 10 pag. 0292
DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 20 dicembre 1979 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle unità di misura che abroga la direttiva 71/354/CEE (80/181/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100, vista la direttiva 71/354/CEE del Consiglio, del 18 ottobre 1971, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle unità di misura (1), modificata da ultimo dalla direttiva 76/770/CEE (2), vista la proposta della Commissione (3), visto il parere del Parlamento europeo (4), visto il parere del Comitato economico e sociale (5), considerando che le unità di misura sono indispensabili per qualsiasi strumento di misura per esprimere una misurazione effettuata e fornire l'indicazione di grandezza ; che le unità di misura sono impiegate nella maggior parte dei settori delle attività umane ; che nell'utilizzarle è necessario assicurare la maggior chiarezza possibile ; che è quindi necessario disciplinare il loro impiego all'interno della Comunità nel circuito economico, nei settori della sanità e della sicurezza pubblica, nonché nelle operazioni di carattere amministrativo; considerando tuttavia che, nel settore dei trasporti internazionali, esistono convenzioni o accordi internazionali che vincolano la Comunità o gli Stati membri ; che queste convenzioni o accordi devono essere rispettati; considerando che le legislazioni degli Stati membri che prescrivono l'impiego di unità di misura differiscono da uno Stato membro all'altro e pertanto ostacolano le transazioni commerciali ; che, di conseguenza, per eliminare detti ostacoli è necessario armonizzare le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative; considerando che le unità di misura sono oggetto di risoluzioni internazionali prese nell'ambito della conferenza generale dei pesi e delle misure (CGPM) istituita dalla convenzione del metro, firmata a Parigi in data 20 maggio 1875, cui aderiscono tutti gli Stati membri ; che queste risoluzioni hanno creato il «sistema internazionale delle unità di misura» (SI); considerando che in data 18 ottobre 1971 il Consiglio ha adottato la direttiva 71/354/CEE intesa ad armonizzare le legislazioni degli Stati membri al fine di eliminare gli ostacoli agli scambi mediante approvazione a livello comunitario del sistema internazionale delle unità ; che la direttiva 71/354/CEE è stata modificata dall'atto di adesione e dalla direttiva 76/770/CEE; considerando che dette disposizioni comunitarie non hanno eliminato tutti gli ostacoli in questo settore ; che ai sensi della direttiva 76/770/CEE si prevede di esaminare prima del 31 dicembre 1979 la situazione delle unità di misura, dei nomi e dei simboli riportati nel capitolo D del relativo allegato ; che inoltre si è rivelato necessario riesaminare la situazione di talune altre unità di misura; considerando che, per evitare notevoli difficoltà, è necessario prevedere un periodo transitorio affinché possano essere eliminate le unità di misura non compatibili con il sistema internazionale ; che è tuttavia indispensabile permettere agli Stati membri che lo desiderino di imporre al più presto sul proprio territorio le disposizioni del solo capitolo I dell'allegato ; che è quindi necessario, a livello comunitario, limitare questo periodo di transizione pur lasciando agli Stati membri la facoltà di non utilizzarlo interamente; considerando che, durante il periodo transitorio, è indispensabile mantenere una situazione chiara in materia di impiego di unità di misura negli scambi tra gli Stati membri, in particolare allo scopo di proteggere il consumatore ; che l'obbligo imposto agli Stati membri di accettare l'impiego di indicazioni aggiuntive sui prodotti e sulle attrezzature importate da altri Stati membri durante questo periodo transitorio, è conforme a tal fine; (1)GU n. L 243 del 29.10.1971, pag. 29. (2)GU n. L 262 del 27.9.1976, pag. 204. (3)GU n. C 81 del 28.3.1979, pag. 6. (4)GU n. C 127 del 21.5.1979, pag. 80. (5)Parere reso il 24/25 ottobre 1979 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). considerando tuttavia che l'applicazione sistematica di siffatta soluzione a tutti gli strumenti di misura e, tra l'altro, agli strumenti medici, non è necessariamente auspicabile ; che gli Stati membri devono quindi poter esigere che, sul proprio territorio, gli strumenti di misura rechino le indicazioni di grandezza in una sola unità di misura legale; considerando che la presente direttiva non pregiudica la fabbricazione continua di prodotti già immessi in commercio ; che essa riguarda tuttavia l'immissione in commercio e l'impiego di prodotti e di attrezzature che recano indicazioni di grandezza in unità di misura che non sono più unità di misura legali, e che sono necessari per completare o per sostituire pezzi o parti di prodotti, attrezzature e strumenti di misura già immessi in commercio ; che è quindi necessario che gli Stati membri autorizzino l'immissione in commercio e l'impiego, anche quando non recano indicazioni di grandezza in unità di misura che non sono più legali, di questi prodotti e di queste attrezzature di complemento o di sostituzione al fine di permettere l'impiego continuo di prodotti, attrezzature o strumenti già immessi in commercio; considerando che l'Organizzazione internazionale per l'unificazione (ISO) ha approvato in data 1º marzo 1974 una norma internazionale relativa alla rappresentazione delle unità SI e di altre unità per l'uso in sistemi che comprendono serie limitate di caratteri ; che di conseguenza è opportuno che la Comunità applichi le soluzioni che sono già state approvate su un piano internazionale più vasto nella norma ISO 2955 del 1º marzo 1974; considerando che le disposizioni comunitarie in materia di unità di misura sono frazionate in numerosi testi comunitari ; che la materia delle unità di misura riveste una tale importanza che è indispensabile potersi riferire ad un testo comunitario unico ; che, pertanto, la presente direttiva riunisce tutte le disposizioni comunitarie in materia e che è quindi opportuno abrogare la direttiva 71/354/CEE, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Le unità di misura legali ai sensi della presente direttiva, che dovono essere utilizzate per esprimere grandezze, sono: a) quelle che figurano nel capitolo I dell'allegato; b) quelle che figurano nel capitolo II dell'allegato sino ad una data fissata dagli Stati membri ; tale data non può comunque superare il 31 dicembre 1985; c) quelle che figurano nel capitolo III dell'allegato soltanto negli Stati membri in cui esse erano autorizzate il 21 aprile 1973 e sino ad una data fissata da questi Stati membri ; questa data non potrà superare la data limite che sarà fissata dal Consiglio, sulla base dell'articolo 100 del trattato, prima del 31 dicembre 1989. Articolo 2 a) Gli obblighi derivanti dall'articolo 1 riguardano gli strumenti di misura impiegati, le misurazioni effettuate e le indicazioni di grandezza espresse in unità di misura : nel circuito economico, nei settori della sanità e della sicurezza pubblica, nonché nelle operazioni di carattere amministrativo. b) La presente direttiva non pregiudica l'impiego nel settore della navigazione marittima ed aerea e del traffico ferroviario di unità diverse da quelle rese obbligatorie dalla presente direttiva ma che sono contemplate da convenzioni o da accordi internazionali che vincolano la Comunità o gli Stati membri. Articolo 3 1. Ai sensi della presente direttiva si ha un'indicazione aggiuntiva qualora un'indicazione espressa con un'unità del capitolo I dell'allegato è accompagnata da una o piú indicazioni espresse con unità che non figurano nel capitolo I. 2. L'impiego delle indicazioni aggiuntive è autorizzato fino al 31 dicembre 1989. 3. Tuttavia gli Stati membri possono esigere che gli strumenti di misura rechino le indicazioni di grandezza in un'unica unità di misura legale. 4. L'indicazione espressa con l'unità di misura che figura nel capitolo I deve prevalere. Le indicazioni espresse con le unità di misura che non figurano nel capitolo I devono essere espresse in particolare in caratteri di dimensioni al massimo pari a quelle dei caratteri della corrispondente indicazione in unità che figurano nel capitolo I. 5. L'impiego delle indicazioni aggiuntive può essere prorogato oltre il 31 dicembre 1989. Articolo 4 L'impiego di unità di misura che non sono legali o hanno cessato di esserlo è autorizzato - per i prodotti e le attrezzature già immessi in commercio e/o in servizio alla data di adozione della presente direttiva; - per i pezzi e le parti di prodotti e di attrezzature necessari per completare o per sostituire pezzi o parti di prodotti e di attrezzature di cui sopra. Per i dispositivi di indicazione degli strumenti di misura può essere tuttavia prescritto l'impiego di unità di misura legali. Articolo 5 La norma internazionale ISO 2955 del 1º marzo 1974, «Elaborazione dell'informazione - Rappresentazioni di unità SI e di altre unità per l'uso in sistemi che comprendono serie limitate di caratteri», deve essere applicata nel settore disciplinato dal suo paragrafo 1. Articolo 6 La direttiva 71/354/CEE è abrogata in data 1º ottobre 1981. Tuttavia, in deroga alle disposizioni della direttiva 71/354/CEE, gli Stati membri autorizzano o continuano a tollerare, alle condizioni precisate nell'articolo 1 della presente direttiva, l'utilizzazione oltre il 31 dicembre 1979 delle seguenti unità di misura: >PIC FILE= "T0013353"> Articolo 7 a) Gli Stati membri adottano e pubblicano anteriormente al 1º luglio 1981 le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva e ne informano la Commissione. Essi applicano tali disposizioni a decorrere dal 1º ottobre 1981. b) Dalla notifica della presente direttiva gli Stati membri provvedano inoltre a comunicare alla Commissione, in tempo utile affinché quest'ultima possa presentare le sue osservazioni, qualsiasi progetto di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative che essi intendano emanare nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 8 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 1979. Per il Consiglio Il Presidente J. TUNNEY ALLEGATO CAPITOLO I UNITÀ DI MISURA LEGALI DISCIPLINATE DALL'ARTICOLO 1, LETTERA a) 1. UNITÀ SI, LORO MULTIPLI E SOTTOMULTIPLI DECIMALI 1.1. Unità SI di base >PIC FILE= "T0013354"> Le definizioni delle unità SI di base sono le seguenti: Unità di lunghezza Il metro è la lunghezza pari a 1 650 763,73 lunghezze d'onda nel vuoto della radiazione corrispondente alla transizione fra i livelli 2 P10 e 5 d5 dell'atomo di cripto 86. (11a CGMP, 1960, ris. 6). Unità di massa Il chilogrammo è l'unità di massa ; esso è pari alla massa del prototipo internazionale del chilogrammo. (3a CGMP, 1901, pag. 70 del resoconto). Unità di tempo Il secondo è la durata di 9 192 631 770 periodi della radiazione corrispondente alla transizione fra i due livelli iperfini dello stato fondamentale dell'atomo del cesio 133. (13a CGMP, 1967, ris. 1). Unità di intensità di corrente elettrica >PIC FILE= "T0013394"> (CIPM, 1946, ris. 2, approvata dalla 9a CGPM, 1948). Unità di temperatura termodinamica Il kelvin, unità di temperatura termodinamica, è la frazione 1/273,16 della temperatura termodinamica del punto triplo dell'acqua. (13a CGMP, 1967, ris. 4). Unità di quantità di materia La mole è la quantità di materia di un sistema che contiene tante entità elementari quanti sono gli atomi in 0,012 chilogrammi di carbonio 12. Quando si usa la mole, le entità elementari devono essere specificate ; esse possono essere atomi, molecole, ioni, elettroni, altre particelle, oppure raggruppamenti specificati di tali particelle. (14a CGMP, 1971, ris. 3). Unità di intensità luminosa >PIC FILE= "T0013395"> (16a CGPM, 1979, ris. 3). 1.1.1. Nome e simbolo speciali dell'unità SI di temperatura nel caso della temperatura Celsius >PIC FILE= "T0013355"> La temperatura Celsius t è definita dalla differenza t = T - T0 tra due temperature termodinamiche T e T0 con T0 = 273,15 kelvin. Un intervallo o una differenza di temperatura possono essere espressi in kelvin o in gradi Celsius. L'unità «grado Celsius» è uguale all'unità «kelvin». 1.2. Altre unità SI 1.2.1. Unità supplementari SI >PIC FILE= "T0013356"> (11a GCMP, 1960, ris. 12). Le definizioni delle unità supplementari SI sono le seguenti: Unità di angolo piano Il radiante è l'angolo piano compreso tra due raggi che, sulla circonferenza di un cerchio, intercettano un arco di lunghezza pari a quella del raggio. (Norma internazionale ISO 31 - I, dicembre 1965). Unità di angolo solido Lo steradiante è l'angolo solido, che, avendo il vertice al centro di una sfera, delimita sulla superficie di questa un'area pari a quella di un quadrato di lato uguale al raggio della sfera. (Norma internazionale ISO 31 - I, dicembre 1965). 1.2.2. Unità derivate SI Le unità derivate in modo coerente dalle unità SI di base e dalle unità supplementari SI vengono indicate mediante espressioni algebriche sotto forma di prodotti di potenze delle unità SI di base e delle unità supplementari SI con un fattore numerico pari ad 1. 1.2.3. Unità derivate SI che hanno nomi e simboli speciali >PIC FILE= "T0013357"> Alcune unità derivate dalle unità SI di base o supplementari possono essere espresse impiegando le unità del capitolo I. In particolare, alcune unità derivate SI possono essere espresse con i nomi e i simboli speciali riportati nella tabella di cui sopra, per esempio : l'unità SI della viscosità dinamica può essere espressa come m-1 7 kg 7 s-1 oppure N 7 s 7 m-2 oppure Pa 7 s. 1.3. Prefissi e loro simboli che servono a designare taluni multipli e sottomultipli decimali >PIC FILE= "T0013358"> I nomi ed i simboli dei multipli e sottomultipli decimali dell'unità di massa vengono formati mediante l'aggiunta dei prefissi alla parola «grammo» e dei loro simboli al simbolo «g». Per designare alcuni multipli e sottomultipli decimali di un'unità derivata la cui espressione si presenta sotto forma di una frazione, un prefisso può essere legato indifferentemente alle unità che figurano al numeratore, al denominatore o in entrambi. Sono vietati i prefissi composti, cioè formati mediante giustapposizione di più prefissi di cui sopra. 1.4. Nomi e simboli speciali autorizzati di multipli e sottomultipli decimali di unità SI >PIC FILE= "T0013359"> Avvertenza : I prefissi ed i simboli di cui al punto 1.3 si applicano alle unità ed ai simboli elencati nella tabella del punto 1.4. 2. UNITÀ DEFINITE IN BASE ALLE UNITÀ SI, MA CHE NON SONO MULTIPLI O SOTTOMULTIPLI DECIMALI DI QUESTE >PIC FILE= "T0013360"> Avvertenza : I prefissi di cui al punto 1.3 si applicano soltanto ai nomi «grado» e «gon» ed i relativi simboli soltanto al simbolo «gon». 3. UNITÀ DEFINITE INDIPENDENTEMENTE DALLE SETTE UNITÀ SI DI BASE L'unità di massa atomica è pari a 1/12 della massa di un atomo del nuclide 12C. L'elettronvolt è l'energia cinetica acquisita da un elettrone che passa nel vuoto da un punto ad un altro che abbia un potenziale superiore di 1 volt. >PIC FILE= "T0013361"> Il valore di queste unità, espresso in unità SI, non è conosciuto esattamente. I valori indicati sono estratti dal bollettino CODATA n. 11, del dicembre 1973, del Consiglio internazionale delle Unioni scientifiche. Avvertenza : A quese due unità ed ai loro simboli si applicano i prefissi ed i simboli di cui al punto 1.3. 4. UNITÀ E NOMI DI UNITÀ AMMESSI UNICAMENTE IN SETTORI DI APPLICAZIONE SPECIALIZZATI >PIC FILE= "T0013362"> 5. UNITÀ COMPOSTE Combinando le unità di cui al capitolo I si costituiscono unità composte. CAPITOLO II UNITÀ DI MISURA LEGALI DISCIPLINATE DALL'ARTICOLO 1, LETTERA b) GRANDEZZE, NOMI DI UNITÀ, SIMBOLI E VALORI >PIC FILE= "T0013363"> Avvertenza : I prefissi ed i loro simboli di cui al punto 1.3 del capitolo I si applicano alle unità ed ai simboli indicati nel presente punto, ad eccezione del millimetro di mercurio e del suo simbolo e del simbolo g. Fino alla data indicata nell'articolo 1, lettera b), le unità di cui al capitolo II possono essere combinate tra di loro o con quelle del capitolo I per costituire unità composte. CAPITOLO III UNITÀ DI MISURA LEGALI DISCIPLINATE DALL'ARTICOLO 1, LETTERA c) GRANDEZZE, NOMI DI UNITÀ, SIMBOLI E VALORI APPROSSIMATI >PIC FILE= "T0013364"> Fino alla data prevista conformemente all'articolo 1, lettera c), le unità di cui al capitolo III possono essere combinate tra di loro o con quelle del capitolo I per costituire unità composte. | Unità di misura nell’Unione europea
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
La direttiva elenca e definisce le unità legali che devono essere utilizzate nell’Unione europea (Unione) per esprimere le grandezze. Essa specifica che nell’Unione sono applicabili le unità di misura metriche/il sistema internazionale delle unità di misura (SI)*.
La decisione 80/181/CEE è stata oggetto di varie modifiche. L’ultima, introdotta dalla direttiva (UE) 2019/1258 della Commissione ai fini dell’adattamento al progresso tecnico, ne modifica l’allegato per quanto riguarda le definizioni delle unità SI di base.
PUNTI CHIAVE
Nell’Unione, le unità SI sono obbligatorie nel circuito economico, nei settori della sanità e della sicurezza pubblica, nonché nelle operazioni di carattere amministrativo.
Le unità SI derivano dalle risoluzioni internazionali adottate dalla conferenza generale dei pesi e delle misure (CGPM) alla quale aderiscono tutti i paesi dell’Unione.
La direttiva elenca e definisce, in una serie di allegati, le unità di misura ammesse e quelle obbligatorie, tra cui quelle seguenti.Le unità SI di base Tempo: secondo (s).Lunghezza: metro (m).Massa: chilogrammo (kg).Intensità di corrente elettrica: ampere (A).Temperatura termodinamica: kelvin (K).Quantità di materia: mole (mol).Intensità luminosa: candela (cd). Oltre 20 unità di misura derivate dall’SI, con nomi e simboli speciali [ad esempio: frequenza: hertz (Hz), forza: newton (N), resistenza elettrica: ohm (Ω)]. I prefissi che indicano multipli e sottomultipli decimali (ad esempio: chilo: 103 e k, milli: 10-3 e m). Unità ammesse unicamente in settori specifici (ad esempio: vergenza dei sistemi ottici: diottria, massa delle pietre preziose: carato metrico). Unità composte.Le definizioni delle unità si basano su costanti naturali, così da permettere la misurazione precisa anche su scala molto ridotta. Per questo possono essere utilizzate non solo nella vita di tutti i giorni ma anche per scopi che richiedono una precisione molto elevata, come la ricerca scientifica o applicazioni tecnologiche avanzate.
Esenzioni: nel settore della navigazione marittima ed aerea e del traffico ferroviario, la direttiva non pregiudica l’impiego di unità diverse contemplate negli accordi internazionali che vincolano l’Unione o i paesi dell’Unione.
Solo in Irlanda, e in circostanze limitate, sono applicabili deroghe:le unità mile, yard, foot e inch continuano ad essere ammesse sui cartelli stradali e per la misurazione di distanze e velocità; l’unità pint continua ad essere ammessa per la vendita di latte in recipienti a rendere e per la birra e il sidro alla spina; per le transazioni in metalli preziosi, è possibile continuare a usare la troy ounce.Indicazioni aggiuntive
La direttiva ammette inoltre l’impiego di indicazioni aggiuntive (indicazioni di quantità espresse in unità di misura che non figurano nella direttiva). Tali indicazioni, tuttavia, non possono essere utilizzate da sole ma possono solo affiancarsi alle unità SI elencate e definite nella direttiva, che devono prevalere.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore il 1o ottobre 1981 e doveva essere recepita dalle legislazioni nazionali dei paesi dell’Unione entro il 1o luglio 1981.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si veda:Unità di misura (Commissione europea) Conferenza generale dei pesi e delle misure (BIPM-CGPM) Organizzazione internazionale per la standardizzazione (ISO).
TERMINI CHIAVE
Sistema internazionale di unità di misura (SI): sistema di unità di misura fisiche basato su metro, chilogrammo, secondo, kelvin, candela e mole, insieme a una serie di prefissi che servono a indicare multipli o sottomultipli decimali. È la versione moderna del sistema metrico ed è l’unico sistema di misura con uno status ufficiale in quasi tutti i paesi del mondo.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 80/181/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1979, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle unità di misura che abroga la direttiva 71/354/CEE (GU L 39 del 15.2.1980, pag. 40).
Le successive modifiche alla direttiva 80/181/CEE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. | 7,093 | 993 |
Direttiva 1999/22/CE del Consiglio, del 29 marzo 1999, relativa alla custodia degli animali selvatici nei giardini zoologici
Gazzetta ufficiale n. L 094 del 09/04/1999 pag. 0024 - 0026
DIRETTIVA 1999/22/CE DEL CONSIGLIOdel 29 marzo 1999relativa alla custodia degli animali selvatici nei giardini zoologiciIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 130 S, paragrafo 1,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Comitato economico e sociale(1),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 C del trattato(2),considerando che il regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio(3), richiede che sia dimostrata la disponibilità di adeguati impianti per la sistemazione e il mantenimento di esemplari viventi di un gran numero di specie prima che ne sia permessa l'importazione nella Comunità; che esso vieta inoltre l'esposizione al pubblico per scopi commerciali delle specie elencate nell'allegato A, salvo deroga specifica accordata per fini didattici, di ricerca o di allevamento;considerando che la direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici(4), e la direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche(5), vietano la cattura, il possesso e il commercio di un gran numero di specie, ma ammettono deroghe per motivi specifici, ad esempio per fini didattici e di ricerca, di ripopolamento, di reintroduzione e di allevamento;considerando che la corretta applicazione della normativa comunitaria presente e futura sulla conservazione della fauna selvatica e l'esigenza che i giardini zoologici svolgano adeguatamente il loro importante ruolo nell'ambito della conservazione delle specie, dell'istruzione pubblica e/o della ricerca scientifica rendono necessaria una base comune per la normativa degli Stati membri in merito al rilascio di licenze e all'ispezione dei giardini zoologici, alla custodia degli animali in dette strutture, alla formazione del personale e all'istruzione dei visitatori;considerando che occorre un'azione sul piano comunitario affinché i giardini zoologici, in tutta la Comunità, contribuiscano alla salvaguardia della biodiversità, seguono gli obblighi di adottare misure per la conservazion ex situ assunti a norma dell'articolo 9 della convenzione sulla diversità biologica;considerando che numerose organizzazioni, quali l'Associazione europea dei giardini zoologici e degli acquari, hanno elaborato orientamenti per il mantenimento e la sistemazione degli animali nei giardini zoologici che potrebbero servire, se del caso, per l'elaborazione e l'adozione di norme nazionali,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1ObiettiviLa presente direttiva ha lo scopo di proteggere la fauna selvatica e di salvaguardare la biodiversità prevedendo che gli Stati membri adottino misure in materia di licenze e ispezioni dei giardini zoologici nella Comunità, potenziando così il ruolo dei giardini zoologici in fatto di conservazione della biodiversità.Articolo 2DefinizioneAi fini della presente direttiva, per giardino zoologico si intende qualsiasi complesso permanente nel quale vengono tenuti a scopo di esposizione, per almeno sette giorni l'anno, animali vivi di specie selvatiche ad esclusione dei circhi, dei negozi di animali da compagnia e dei complessi che gli Stati membri non assoggettano ai requisiti della presente direttiva per il fatto che non espongono un numero significativo di animali o di specie e che tale esenzione non compromette gli obiettivi della presente direttiva.Articolo 3Requisiti applicabili ai giardini zoologiciGli Stati membri adottano misure, a norma degli articoli 4, 5, 6 e 7 volte a garantire che tutti i giardini zoologici attuino le seguenti misure di conservazione:- partecipare a ricerche da cui risultino vantaggi per la conservazione delle specie e/o ad azioni di formazione nelle pertinenti tecniche di conservazione e/o a scambi di informazioni circa la conservazione delle specie e/o, se del caso, l'allevamento in cattività, il ripopolamento o la reintroduzione di specie nella vita selvatica;- promuovere l'istruzione e la sensibilità del pubblico quanto alla conservazione della biodiversità, in particolare fornendo informazioni sulle specie esposte e sui loro habitat naturali;- sistemare gli animali in condizioni volte a soddisfare le esigenze biologiche e di conservazione delle singole specie, in particolare provvedendo ad un arricchimento specifico delle zone recintate sotto il profilo della specie e mantenere un elevato livello qualitativo nella custodia degli animali grazie ad un vasto programma di trattamenti veterinari preventivi e curativi e di alimentazione;- impedire la fuga degli animali per evitare eventuali minacce ecologiche per le specie indigene ed impedire il diffondersi di parassiti provenienti dall'esterno;- tenere registri aggiornati degli ospiti del giardino zoologico, per le singole specie.Articolo 4Licenze e ispezioni1. Gli Stati membri adottano misure per il rilascio di licenze e l'ispezione dei giardini zoologici, esistenti e di futura creazione, al fine di garantire il rispetto dei requisiti di cui all'articolo 3.2. Tutti i giardini zoologici devono disporre di una licenza entro quattro anni dall'entrata in vigore della presente direttiva ovvero, nel caso dei giardini zoologici nuovi, prima dell'apertura al pubblico.3. Ciascuna licenza contiene condizioni volte a far osservare i requisiti di cui all'articolo 3. Il rispetto delle condizioni è soggetto a sorveglianza, tra l'altro mediante ispezioni regolari; vengono adottate misure appropriate volte a garantire tale rispetto.4. Prima di concedere, negare, prorogare o modificare sensibilmente una licenza, viene svolta dalle autorità competenti degli Stati membri un'ispezione al fine di accertare se siano state rispettate o no le condizioni della licenza, sia quelle già esistenti che quelle proposte.5. Se il giardino zoologico non ha una licenza a norma della presente direttiva o le condizioni della licenza non sono rispettate, il giardino zoologico o parte di esso:a) viene chiuso al pubblico dall'autorità competente; e/ob) si conforma ai requisiti imposti dall'autorità competente per garantire che le condizioni della licenza siano rispettate.In caso di mancata conformità a tali requisiti entro un termine appropriato non superiore a due anni stabilito dall'autorità competente, quest'ultima revoca o modifica la licenza e chiude il giardino zoologico o parte di esso.Articolo 5I requisiti per il rilascio della licenza di cui all'articolo 4 non si applicano quando uno Stato membro può dimostrare, con prova considerata soddisfacente dalla Commissione, che l'obiettivo della presente direttiva, definito nell'articolo 1, e che i requisiti applicabili ai giardini zoologici, stabiliti nell'articolo 3, sono realizzati e costantemente rispettati mediante un sistema di regolamentazione e registrazione. Un tale sistema dovrebbe, tra l'altro, contenere disposizioni relative all'ispezione ed alla chiusura dei giardini zoologici equivalenti a quelle di cui ai paragrafi 4 e 5 dell'articolo 4.Articolo 6Chiusura di giardini zoologiciNel caso in cui un giardino zoologico o parte di essi sia chiuso, l'autorità competente accerta che gli animali interessati vengano trattati o rimossi in condizioni che lo Stato membro reputa appropriata e conformi alle finalità e alle disposizioni della presente direttiva.Articolo 7Autorità competentiGli Stati membri designano le autorità competenti ai fini della presente direttiva.Articolo 8SanzioniGli Stati membri stabiliscono le sanzioni applicabili in caso di infrazione alle disposizioni nazionali adottate in base alla presente direttiva. Le sanzioni stabilite sono efficaci, proporzionate e dissuasive.Articolo 9Attuazione1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 9 aprile 2002. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle principali disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 10Entrata in vigoreLa presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 11Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, il 29 marzo 1999.Per il ConsiglioIl PresidenteF. MÜNTEFERING(1) GU C 204 del 15.7.1996, pag. 63.(2) Parere del Parlamento europeo del 29 gennaio 1998 (GU C 56 del 23.2.1998, pag. 34). Posizione comune del Consiglio del 20 luglio 1998 (GU C 364 del 25.11.1998, pag. 9) e decisione del Parlamento europeo del 10 febbraio 1999 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 61 del 3.3.1997, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2307/97 della Commissione (GU L 325 del 27.11.1997, pag. 1).(4) GU L 103 del 25.4.1979, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 97/49/CE della Commissione (GU L 223 del 13.8.1997, pag. 9).(5) GU L 206 del 22.7.1992, pag. 7. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 97/62/CE della Commissione (GU L 305 dell'8.11.1997, pag. 42). | Il ruolo dei giardini zoologici nella conservazione della biodiversità
SINTESI
CHE COSA FA LA DIRETTIVA?
Promuove la protezione e la conservazione delle specie animali selvatiche rafforzando il ruolo dei giardini zoologici nella conservazione della biodiversità.
Prevede specifiche norme per il rilascio di licenze e l’ispezione dei giardini zoologici, al fine di assicurare che essi rispettino le misure di conservazione e di protezione necessarie.
PUNTI CHIAVE
Ambito di applicazione
Per «giardino zoologico» si intende qualsiasi complesso permanente nel quale vengono tenuti animali vivi di specie selvatiche, a scopo di esposizione, per almeno sette giorni l’anno.
I circhi e i negozi di animali da compagnia sono esclusi dalla direttiva.
I paesi dell’UE possono anche esentare taluni complessi dalla direttiva, qualora non espongano un numero significativo di animali o specie al pubblico e qualora tale esenzione non comprometta gli obiettivi della direttiva.
Condizioni
La direttiva impone ai paesi dell’UE di adottare misure relative al rilascio di licenze e allo svolgimento di ispezioni regolari nei giardini zoologici, al fine di verificare che le condizioni richieste per il loro rilascio siano soddisfatte.
Per ottenere una licenza di esercizio, i giardini zoologici devono:
partecipare a ricerche da cui risultino vantaggi per la conservazione delle specie, uno scambio di informazioni circa la conservazione delle specie e/o, se del caso, l’allevamento in cattività (ripopolamento o reintroduzione di specie nella vita selvatica ecc.);
promuovere l’istruzione e la sensibilità del pubblico quanto alla conservazione della biodiversità, in particolare fornendo informazioni sulle specie esposte e sui loro habitat naturali;
sistemare gli animali in condizioni in grado di soddisfare le esigenze biologiche e di conservazione delle singole specie:
provvedendo ad un arricchimento specifico delle zone recintate sotto il profilo della specie;
mantenendo un elevato livello qualitativo nella custodia degli animali grazie ad un vasto programma di trattamenti veterinari preventivi e curativi e di alimentazione;
impedire la fuga degli animali per evitare eventuali minacce ecologiche (ad esempio, specie esotiche invasive) per le specie indigene ed impedire il diffondersi di parassiti provenienti dall’esterno;
tenere registri aggiornati degli ospiti del giardino zoologico per le singole specie.
Licenze e ispezione
I paesi dell’UE devono adottare misure per il rilascio di licenze e l’ispezione dei giardini zoologici al fine di garantire il rispetto delle misure per la conservazione richieste.
Tutti i giardini zoologici devono essere in possesso di una licenza.
Ciascuna licenza deve contenere le condizioni volte a far osservare le misure necessarie di conservazione e protezione.
Le autorità competenti dei paesi dell’UE devono svolgere un’ispezione prima di concedere, negare, prorogare o modificare sostanzialmente una licenza.
Se il giardino zoologico non rispetta anche solo parzialmente i requisiti legali, l’autorità competente dovrà chiudere al pubblico il giardino zoologico o la parte di esso non conforme.
In caso di parziale o totale chiusura di un giardino zoologico, gli animali interessati devono essere trattati o rimossi in condizioni che il paese dell’UE interessato ritiene appropriate e compatibili con le disposizioni della direttiva.
Buone pratiche
Nel 2015, la Commissione europea ha pubblicato il documento sulle buone pratiche della direttiva europea sui giardini zoologici. Lo scopo è di aiutare i paesi dell’UE a rispettare maggiormente i requisiti della direttiva, attraverso la condivisione di esperienze e buone pratiche.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Si applica dal 9 aprile 1999. I paesi dell’UE dovevano recepirla nel proprio diritto nazionale entro il 9 aprile 2002.
ATTO
Direttiva 1999/22/CE del Consiglio, del 29 marzo 1999, relativa alla custodia degli animali selvatici nei giardini zoologici (GU L 94 del 9.4.1999, pag. 24-26) | 4,218 | 878 |
Direttiva 83/182/CEE del Consiglio del 28 marzo 1983 relativa alle franchigie fiscali applicabili all'interno della Comunità in materia d'importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto
Gazzetta ufficiale n. L 105 del 23/04/1983 pag. 0059 - 0063 edizione speciale finlandese: capitolo 9 tomo 1 pag. 0112 edizione speciale spagnola: capitolo 09 tomo 1 pag. 0156 edizione speciale svedese/ capitolo 9 tomo 1 pag. 0112 edizione speciale portoghese: capitolo 09 tomo 1 pag. 0156
++++DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 28 marzo 1983 relativa alle franchigie fiscali applicabili all ' interno della Comunità in materia d ' importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto ( 83/182/CEE ) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE , visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea , in particolare l ' articolo 99 , vista la proposta della Commissione ( 1 ) , visto il parere del Parlamento europeo ( 2 ) , visto il parere del Comitato economico e sociale ( 3 ) , considerando che i regimi fiscali applicati all ' importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto ad uso privato o professionale sono di ostacolo alla libera circolazione dei residenti comunitari all ' interno della Comunità ; considerando che la soppressione degli ostacoli risultanti da questi regime fiscali è particolarmente necessaria ai fini della costituzione di un mercato economico che presenti caratteristiche analoghe a quelle di un mercato interno ; considerando che in taluni casi è necessario poter stabilire con certezza la qualità di residente di uno Stato membro ; considerando che è sembrato opportuno , in un primo tempo , limitare il campo di applicazione della presente direttiva , per taluni mezzi di trasporto , a quelli che sono stati acquistati o importati alle condizioni generali d ' imposizione del mercato interno di uno Stato membro , HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA : Articolo 1 Campo di applicazione 1 . Alle condizioni stabilite in appresso , gli Stati membri accordano , all ' atto dell ' importazione temporanea in provenienza da uno Stato membro di autoveicoli a motore - compresi i rimorchi - , roulottes da campeggio , imbarcazioni da diporto , aerei da turismo , velocipedi e cavalli da sella , una franchigia : - dalle imprese sulla cifra d ' affari , dalle accise e da ogni altra imposta sui consumi , - dalle tasse che figurano in allegato alla presente direttiva . 2 . La franchigia di cui al paragrafo 1 si applica del pari ai normali pezzi di ricambio , accessori e attrezzature importati con i mezzi di trasporto . 3 . Dalla franchigia di cui al paragrafo 1 sono esclusi i veicoli commerciali . 4 . a ) Il campo di applicazione della presente direttiva non comprende l ' importazione temporanea di veicoli di turismo , roulottes da campeggio , imbarcazioni da diporto , aerei da turismo e velocipedi per uso privato , non acquistati nù importati alle condizioni generali di imposizione del mercato interno di uno Stato membro e/o ai quali sia concesso , a titolo dell ' esportazione , un esonero o un rimborso di imposte sulla cifra d ' affari , accise o qualsiasi altra imposta di consumo . Per l ' applicazione della presente direttiva , sono considerati rispondenti alle condizioni generali di imposizione del mercato interno di uno Stato membro i mezzi di trasporto acquistati alle condizioni di cui all ' articolo 15 , punto 10 , della direttiva 77/388/CEE ( 4 ) ; tuttavia gli Stati membri possono ritenere non rispondenti a tali condizioni i mezzi di trasporto acquistati alle condizioni di cui al terzo trattino di detto punto . b ) Il Consiglio , che delibera all ' unanimità su proposta della Commissione , adotterà entro e non oltre il 31 dicembre 1985 le norme comunitarie per la concessione della franchigia ai mezzi di trasporto di cui alla lettera a ) , primo comma , tenendo conto della necessità di evitare doppie imposizioni e di garantire la tassazione normale e completa dei mezzi di trasporto per uno privato . Articolo 2 Definizioni Ai sensi della presente direttiva si intendono per : a ) « veicoli commerciali » , i veicoli stradali che , per il loro tipo di costruzione e l ' attrezzatura , sono atti e destinati al trasporto con o senza compenso : - di oltre nove persone , compreso il conducente , - di merci , nonchù i veicoli stradali per uso speciale diverso dal trasporto propriamente detto ; b ) « veicoli da turismo » , i veicoli stradali , compreso l ' eventuale rimorchio , diversi da quelli di cui alla lettera a ) ; c ) « uso professionale » di un mezzo di trasporto , l ' utilizzazione di tale mezzo di trasporto per l ' esercizio diretto di una attività retribuita o avente scopo di lucro ; d ) « uso privato » , ogni altro uso . Articolo 3 Importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto per uso privato È concessa una franchigia dalle imposte e tasse di cui all ' articolo 1 , per una durata continua o non continua non superiore a sei mesi per ogni periodo di dodici mesi , all ' atto dell ' importazione temporanea dei veicoli da turismo , delle roulottes da campeggio , delle imbarcazioni da diporto , degli aerei da turismo e dei velocipedi , alle seguenti condizioni : a ) il privato che importa i suddetti beni deve : aa ) avere la sua normale residenza in uno Stato membro diverso da quello dell ' importazione temporanea ; bb ) utilizzare i suddetti mezzi di trasporto per uso privato ; b ) i mezzi di trasporto non possono essere nù ceduti nù noleggiati nello Stato membro di importazione temporanea , nù prestati a residenti di questo Stato . Tuttavia , i veicoli da turismo appartenenti a un ' impresa di noleggio con sede sociale nella Comunità possono essere ridati a noleggio a un non residente , per essere riesportati , se si trovano nel paese in seguito all ' esecuzione di un contratto di noleggio che ha avuto termine in detto paese . Essi possono altresì essere riportati nello Stato membro in cui è iniziato il noleggio da un dipendente dell ' impresa di noleggio , anche se quest ' ultimo risiede nello Stato membro di importazione temporanea . Articolo 4 Importazione temporanea di veicoli da turismo per uso professionale 1 . È concessa una franchigia dalle imposte e tasse di cui all ' articolo 1 in caso di importazione di veicoli da turismo adibiti ad uso professionale , alle seguenti condizioni : a ) il privato che importa il veicolo da turismo : aa ) deve avere la sua normale residenza in uno Stato membro diverso da quello dell ' importazione temporanea ; bb ) non può utilizzare il veicolo all ' interno dello Stato membro d ' importazione temporanea per il trasporto di persone dietro remunerazione o altri vantaggi materiali , nù per il trasporto industriale o commerciale di merci con o senza remunerazione ; b ) il veicolo da turismo non può essere ceduto , noleggiato o prestato nello Stato membro d ' importazione temporanea ; c ) il veicolo da turismo deve essere stato acquistato , o importato , alle condizioni fiscali generali applicate sul mercato interno dello Stato membro in cui l ' utente risiede normalmente e non deve beneficiare , a titolo dell ' esportazione , di alcuna esenzione o di alcun rimborso di importe sulla cifra di affari , di accise o di altre importe sui consumi . Tale condizioni si presume osservata quando il veicolo è munito di una targa di immatricolazione di serie normale nello Stato membro d ' immatricolazione , esclusa ogni targa provvisoria . Tuttavia , per i veicoli da turismo immatricolati in uno Stato membro in cui il rilascio delle targhe di immatricolazione di serie normale non dipende dall ' osservanza delle condizioni fiscali generali applicate sul mercato interno , gli utenti devono provare con qualsiasi mezzo il pagamento delle imposte sui consumi . 2 . La franchigia di cui al paragrafo 1 avrà una durata continua o non continua - di sette mesi per ogni periodo di dodici mesi , in caso di importazione di un veicolo da turismo effettuata dai rappresentanti di commercio di cui all ' articolo 3 della direttiva 64/224/CEE ( 5 ) ; - di sei mesi , per ogni periodo di dodici mesi , in tutti gli altri casi . Articolo 5 Casi particolari di importazione temporanea di veicoli da turismo 1 . È concessa una franchigia dalle imposte e tasse di cui all ' articolo 1 all ' atto dell ' importazione temporanea di veicoli da turismo , nei seguenti casi : a ) in caso di utilizzazione di un veicolo da turismo immatricolato nel paese di normale residenza dell ' utente per il precorso effettuato regolarmente nel territorio di un altro Stato membro per recarsi dalla propria residenza al luogo di lavoro dell ' impresa e ritornare . Tale franchigia non è soggetta a nessun limite di durata ; b ) in caso di utilizzazione da parte di uno studente di un veicolo da turismo immatricolato nello Stato membri in cui egli risiede normalmente , nel territorio dello Stato membro in cui lo studente soggiorna all ' unico scopo di proseguirvi gli studi . 2 . La concessione delle franchigie di cui al paragrafo 1 è subordinata unicamente al rispetto delle condizioni previste dall ' articolo 4 , paragrafo 1 , lettere a ) , b ) e c ) . Articolo 6 Franchigia all ' importazione temporanea di cavalli da sella nel quadro del turismo a cavallo È concessa una franchigia dalle imposte e tasse di cui all ' articolo 1 per una durata di tre mesi , in ogni Stato membro , all ' atto dell ' importazione temporanea di cavalli da sella alle seguenti condizioni : a ) i cavalli da sella devono entrare nel territorio dello Stato membro d ' importazione temporanea allo scopo e/o nel corso di gite effettuate dai loro cavalieri . Gli Stati membri possono escludere dalla franchigia le importazioni di cavalli collocati a bordo di mezzi di trasporto , effettuate dai loro residenti ; b ) la franchigia deve essere richiesta al più tardi al momento dell ' entrata nel territorio dello Stato membro d ' importazione temporanea . Se la franchigia è richiesta prima dell ' importazione temporanea , il cavaliere può essere dispensato dall ' obbligo di entrare nel territorio dello Stato membro d ' importazione temporanea attraverso un posto di frontiera ; c ) i cavalli da sella non possono essere noleggiati nù prestati nù ceduti ad un terzo nello Stato membro d ' importazione temporanea , nù utilizzati per fini diversi dalla gita . Articolo 7 Norme generali per la determinazione della residenza 1 . Ai fini dell ' applicazione della presente direttiva , si intende per « residenza normale » il luogo in cui una persona dimora abitualmente , ossia durante almeno 185 giorni all ' anno , a motivo di legami personali e professionali oppure , nel caso di una persona senza legami professionali , a motivo di legami personali che rivelano l ' esistenza di una stretta correlazione tra la persona in questione e il luogo in cui abita . Tuttavia , nel caso di una persona i cui legami professionali siano risultati in un luogo diverso da quello dei suoi legami personali e che pertanto sia indotta a soggiornare alternativamente in luoghi diversi situati in due o più Stati membri , si presume che la residenza normale sia quella del luogo dei legami personali , purchù tale persona vi ritorni regolarmente . Questa condizione non è richiesta allorchù la persona effettua un soggiorno in uno Stato membro per l ' esecuzione di una missione di durata determinata . La frequenza di un ' università o di una scuola non implica il trasferimento della residenza normale . 2 . I privati forniscono le prove del luogo della loro residenza normale con tutti i mezzi , in particolare con la carta d ' identità , o mediante qualsiasi altro documento valido . Qualora la autorità competenti dello Stato membro d ' importazione abbiano dubbi circa la validità della dichiarazione della residenza normale effettuata in conformità del paragrafo 2 od anche ai fini di taluni controlli specifici , dette autorità possono chiedere qualsiasi elemento d ' informazione o prove supplementari . Articolo 8 Norme complementari per la determinazione della residenza in caso di uso professionale di un veicolo da turismo Nei casi eccezionali in cui , malgrado le ulteriori informazioni di cui all ' articolo 7 , paragrafo 3 , fornite all ' autorità competente dello Stato membro di importazione , sussistono ancora seri dubbi , l ' importazione temporanea di un veicolo da turismo per uso professionali può essere sottoposta al versamento di una cauzione . Tuttavia , se l ' utente del veicolo fornisce la prova che ha la normale residenza in un altro Stato membro , l ' autorità dello Stato membro di importazione temporanea ha l ' obbligo di rimborsare la cauzione entro due mesi a decorrere dalla presentazione della suddetta prova . Articolo 9 Regimi speciali 1 . Gli Stati membri hanno facoltà di mantenere in vigore e/o di prevedere regimi più favorevoli di quelli contemplati dalla presente direttiva . Essi hanno in particolare facoltà di permettere , su richiesta dell ' importazione , l ' importazione temporanea per periodo più lunghi di quelli di cui all ' articolo 3 e all ' articolo 4 , paragrafo 2 . In quest ' ultimo caso , gli Stati membri possono riscuotere le tasse elencate nell ' allegato della presente direttiva per i periodi superiori a quelli previsti dalla presente direttiva . Gli Stati membri possono consentire di noleggiare a un residente dello Stato membro d ' importazione i veicoli da turismo di cui all ' articolo 3 , lettera b ) , seconda frase , per essere riesportati . 2 . In nessun caso , gli Stati membri possono applicare , in virtù della presente direttiva , franchigie fiscali all ' interno della Comunità meno favorevoli di quelle che concederebbero ai mezzi di trasporto proveniente da un paese terzo . 3 . Per quanto riguarda la residenza normale , il Regno di Danimarca è autorizzato a mantenere le sue norme vigenti in base alle quali si presume che ogni persona , anche se studente , nel caso dell ' articolo 5 , paragrafo 1 , lettera b ) , abbia la propria residenza normale in Danimarca se vi rimane almeno un anno o 365 giorni in un periodo di ventiquattro mesi . Tuttavia , per evitare una doppia imposizione : - quando l ' applicazione di dette norme porti a ritenere che una persona abbia due residenze , la residenza normale di questa persona è situata nel luogo in cui dimorano il suo coniuge e i suoi figli ; - nei casi analoghi il Regno di Danimarca si concerta con l ' altro Stato membro interessato per stabilire quale delle due residenze deve essere presa in considerazione per l ' imposizione . Prima dello scadere di un periodo di tre anni , il Consiglio , in base a una relazione della Commissione , procederà a un riesame della deroga prevista dal presente paragrafo e , se necessario , adotterà le misure necessarie per assicurarne la soppressione , su proposta della Commissione sulla base dell ' articolo 99 del trattato . 4 . Gli Stati membri notificano alla Commissione i regimi di cui al paragrafo 1 al momento in cui adempiono agli obblighi di cui all ' articolo 10 . La Commissione comunica successivamente tali regimi agli altri Stati membri . Articolo 10 Disposizioni finali 1 . Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative , regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1° gennaio 1984 . Essi ne informano immediatamente la Commissione . 2 . Quando l ' applicazione pratica delle disposizioni della presente direttiva pone difficoltà , le autorità competenti degli Stati membri interessati adottano di comune accordo le decisioni necessarie , tenendo conto in particolare delle convenzioni e delle direttive comunitarie in materia di reciproca assistenza . 3 . Gli Stati membri provvedono a comunicare alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva . 4 . La Commissione , previa consultazione degli Stati membri , presenta ogni due anni al Consiglio e al Parlamento europeo una relazione sull ' applicazione della presente direttiva negli Stati membri , segnatamente per quanto riguarda la nozione di « residenza normale » , e propone se del caso le disposizioni comunitarie necessarie per giungere all ' instaurazione di un sistema uniforme in tutti gli Stati membri . Articolo 11 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva . Fatto a Bruxelles , addì 18 marzo 1983 . Per il Consiglio Il Presidente J . ERTL ( 1 ) GU n . C 267 del 21 . 11 . 1975 , pag . 8 . ( 2 ) GU n . C 53 dell ' 8 . 3 . 1976 , pag . 37 . ( 3 ) GU n . C 131 del 12 . 6 . 1976 , pag . 50 . ( 4 ) GU n . L 145 del 13 . 6 . 1977 , pag . 1 . ( 5 ) GU n . 56 del 4 . 4 . 1964 , pag . 869/64 . ALLEGATO Elenco delle tasse di cui all ' articolo 1 , paragrafo 1 , secondo trattino BELGIO : Il presente testo è disponibile in francese e olandese DANIMARCA : Il presente testo è disponibile in danese olandese REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA : Il presente testo è disponibile in tedesco GRECIA : Il presente testo è disponibile in greco FRANCIA : Il presente testo è disponibile in francese IRLANDA : Il presente testo è disponibile in inglese ITALIA : - Tassa sulla circolazione degli autoveicoli ( TU delle leggi sulle tasse automobilistiche approvato con DPR n . 39 del 5 febbraio 1953 e successive modificazioni ) LUSSEMBURGO : Il presente testo è disponibile in francese PAESI BASSI : Il presente testo è disponibile in olandese REGNO UNITO : Il presente testo è disponibile in inglese | Franchigie fiscali: importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Mira a eliminare le barriere fiscali all’importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto all’interno dell’UE attraverso l’armonizzazione dei regimi fiscali nazionali.
PUNTI CHIAVE
La direttiva accorda una franchigia dalle imposte sulla cifra d’affari, dalle accise, da ogni altra imposta sui consumi e dalle tasse che figurano in allegato alla direttiva all’atto dell’importazione temporanea in provenienza da un altro paese dell’UE di:vari mezzi di trasporto acquistati o importati alle condizioni generali di imposizione in vigore nel mercato interno di un paese dell’UE:autoveicoli a motore (compresi i rimorchi),roulottes da campeggio,imbarcazioni da diporto,aerei da turismo,bicicli,tricicli,cavalli da sella nel quadro del turismo a cavallo, normali pezzi di ricambio, accessori e attrezzature importati con tali mezzi di trasporto. Come norma generale, è concessa una franchigia all’atto dell’importazione temporanea di tali mezzi di trasporto per uso privato, purché il privato che li importa abbia la sua normale residenza in un paese diverso da quello dell’importazione, per una durata di almeno sei mesi per ogni periodo di dodici mesi.
I veicoli commerciali (veicoli destinati al trasporto di merci e di oltre nove passeggeri) sono esclusi dalla franchigia.
I mezzi di trasporto non possono essere né ceduti, né noleggiati, né prestati nel paese dell’UE di importazione temporanea.
In casi eccezionali, l’importazione temporanea di un’autovettura per uso professionale può essere sottoposta al versamento di una cauzione.
Vi sono norme specifiche per determinati casi di importazione temporanea di autovetture, che riguardano i privati che lavorano o studiano in un paese dell’UE diverso da quello della loro normale residenza.
I paesi dell’UE hanno facoltà di mantenere in vigore o di prevedere regimi di franchigia più favorevoli di quelli contemplati dalla direttiva.
La direttiva è stata aggiornata più volte per tener conto dell’allargamento e includere un maggior numero di paesi.
DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore il 31 marzo 1983 e doveva essere recepita dalle legislazioni nazionali dei paesi dell’UE entro il 1° gennaio 1984.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 83/182/CEE del Consiglio, del 28 marzo 1983, relativa alle franchigie fiscali applicabili all’interno della Comunità in materia d’importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto (GU L 105 del 23.4.1983, pag. 59-63)
Modifiche successive alla direttiva 83/182/CEE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. | 6,038 | 986 |
RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO
del 22 dicembre 2009
relativa alla vaccinazione contro l'influenza stagionale
(Testo rilevante ai fini del SEE)
(2009/1019/UE)
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 168, paragrafo 6,
vista la proposta della Commissione europea,
considerando quanto segue:
(1)
L'influenza stagionale è una malattia virale contagiosa che in Europa si manifesta in forma di epidemia durante i mesi invernali. È una delle malattie trasmissibili più importanti e più comuni ed è causa importante di morbilità e di mortalità in tutti gli Stati membri.
(2)
In alcuni casi, l'infezione autolimitante delle vie respiratorie dà luogo a gravi complicazioni polmonari o ad altre complicazioni secondarie, con esiti a volta letali. Queste complicazioni sono assai più frequenti tra le persone anziane e tra quelle affette da patologie croniche.
(3)
L'influenza stagionale può essere combattuta con la vaccinazione, ma poiché la composizione antigenica del virus cambia di frequente, la composizione del vaccino è regolarmente aggiornata dai gruppi di esperti dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS).
(4)
L'assemblea mondiale della sanità tenutasi nel 2003 ha adottato la risoluzione 56.19 per aumentare la copertura vaccinica antinfluenzale per tutte le persone ad alto rischio, in modo da raggiungere una copertura vaccinica della popolazione anziana di almeno il 50 % nel 2006 e del 75 % nel 2010.
(5)
Il 26 ottobre 2005 e il 14 giugno 2006 il Parlamento europeo ha adottato le risoluzioni intitolate, rispettivamente, «Strategia contro la pandemia dell'influenza» e «Pianificazione della preparazione e dell'intervento della CE in caso di influenza pandemia», che invitano gli Stati membri ad intensificare la vaccinazione antinfluenzale, come raccomandato dall'OMS. Tali risoluzioni esortano altresì gli Stati membri ad accrescere la copertura vaccinica durante il periodo interpandemico conformemente alle raccomandazioni dell'OMS.
(6)
È opportuno pertanto adottare un'iniziativa concertata a livello dell'Unione europea per mitigare l'impatto dell'influenza stagionale incoraggiando la vaccinazione delle categorie a rischio e degli operatori del settore sanitario. La presente raccomandazione pone come obiettivo quello fissato dall'OMS, ossia il raggiungimento di una copertura vaccinica del 75 % delle persone anziane quanto prima possibile e preferibilmente entro la stagione invernale 2014/2015. L'obiettivo del 75 % dovrebbe essere esteso, se possibile, alle categorie di persone a rischio affette da patologie croniche, tenendo conto degli orientamenti espressi dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC).
(7)
L'aumento del tasso di vaccinazione delle categorie a rischio contribuirebbe inoltre ad elevare il tasso di vaccinazione generale, anche degli operatori del settore sanitario.
(8)
Per ottenere questi cambiamenti, un primo passo necessario consiste nell'informare tutti gli attori del sistema sanitario, le categorie a rischio, gli operatori sanitari, i medici, gli amministratori del settore sanitario e i responsabili politici sul problema dell'influenza stagionale, mediante campagne di sensibilizzazione pubbliche e professionali. Gli operatori sanitari dovrebbero essere sensibilizzati al particolare pericolo che corrono i loro pazienti più vulnerabili. Gli operatori sanitari dovrebbero essere altresì consapevoli della responsabilità che loro incombe di fornire ai propri pazienti un parere appropriato sulla vaccinazione.
(9)
È essenziale, in particolare, raccogliere a livello nazionale dati specifici e comparabili sul tasso di somministrazione del vaccino delle categorie a rischio, per valutare correttamente la situazione in tutti gli Stati membri. Sino ad oggi questi dati non sono stati sempre disponibili. Sulla base di questi dati, la Commissione e gli Stati membri potranno scambiare informazioni e le migliori pratiche con i paesi terzi mediante i canali di cooperazione internazionale esistenti nel settore sanitario.
(10)
Il regolamento (CE) n. 851/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, con il quale si crea un Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (1) (ECDC), affida in particolare all'ECDC il compito di fornire una consulenza tecnica e scientifica alla Commissione e agli Stati membri. L'ECDC gestisce inoltre la rete specializzata istituita per la sorveglianza dell'influenza stagionale conformemente alla decisione 2000/96/CE della Commissione, del 22 dicembre 1999, relativa alle malattie trasmissibili da inserire progressivamente nella rete comunitaria in forza della decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (2). L'ECDC dovrebbe quindi assistere gli Stati membri nel fornire una consulenza scientifica sull'influenza stagionale.
(11)
Per quanto riguarda la vaccinazione contro l'influenza stagionale, è evidente che l'obiettivo raccomandato dall'OMS, ovvero il raggiungimento di una copertura vaccinica del 75 % delle persone anziane, sarà facilitato da un'iniziativa concertata a livello dell'Unione europea,
HA ADOTTATO LA SEGUENTE RACCOMANDAZIONE:
1)
Gli Stati membri sono incoraggiati ad adottare e attuare piani d'azione o politiche nazionali, regionali o locali, a seconda dei casi, miranti a migliorare la copertura vaccinica contro l'influenza stagionale, allo scopo di raggiungere quanto prima possibile e preferibilmente entro la stagione invernale 2014/2015, un tasso di copertura vaccinica del 75 % per le «persone anziane» e, se possibile, per le altre categorie a rischio di cui al punto 2, lettera a), qualora già non sia stato raggiunto. Si incoraggiano inoltre gli Stati membri a migliorare la copertura vaccinica tra gli operatori del settore sanitario.
I piani d'azione o le politiche dovrebbero tenere conto delle carenze individuate a livello nazionale e organizzare le attività di cui al punto 2, lettere b) e c).
2)
Nel quadro dei piani d'azione o delle politiche di cui al punto 1, si incoraggiano gli Stati membri a:
a)
tenere conto della definizione di «persone anziane» e «categorie a rischio» contenuta negli orientamenti espressi dall'ECDC;
b)
misurare il tasso di somministrazione del vaccino in tutte le categorie a rischio e analizzare le ragioni per cui alcune persone non desiderano farsi vaccinare;
c)
promuovere l'educazione, la formazione e lo scambio di informazioni sull'influenza stagionale e sulla vaccinazione, organizzando:
i)
azioni informative degli operatori del settore sanitario;
ii)
azioni informative delle categorie a rischio e delle loro famiglie in merito ai rischi associati e alla prevenzione dell'influenza;
iii)
azioni informative efficaci per eliminare gli ostacoli alla somministrazione del vaccino.
3)
Si incoraggiano gli Stati membri a riferire alla Commissione su base volontaria in merito all'applicazione della presente raccomandazione, in particolare per quanto riguarda la copertura delle categorie a rischio raggiunta.
4)
Si invita la Commissione a riferire periodicamente al Consiglio in merito all'applicazione della presente raccomandazione sulla base dei dati che saranno messi a disposizione dagli Stati membri.
5)
Si invita la Commissione a continuare a sostenere la ricerca sull'influenza tramite i programmi quadro di ricerca.
Fatto a Bruxelles, addi 22 dicembre 2009.
Per il Consiglio
Il presidente
A. CARLGREN
(1) GU L 142 del 30.4.2004, pag. 1.
(2) GU L 28 del 3.2.2000, pag. 50. | Vaccinazione contro l’influenza stagionale
QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE?
Mira a incoraggiare i paesi dell'Unione europea (UE) ad adottare misure sanitarie contro l’influenza stagionale.
PUNTI CHIAVE
Sfide
L’influenza è un’infezione delle vie respiratorie di origine virale altamente contagiosa che si manifesta in forma di epidemia durante i mesi invernali. Essa può generare gravi complicazioni, anche con esito mortale.
In forma lieve, si stima che l’influenza stagionale provochi in media 8 decessi ogni 100 000 persone. Tale cifra può passare a 44 negli anni di influenza più grave.
Le epidemie di influenza possono sovraccaricare gli ospedali e i servizi medici. Ciò porta a un aumento dei costi diretti (risultanti dall’uso di risorse mediche e non mediche) e indiretti (dovuti alla perdita di produttività e alle assenze dal lavoro).
Efficacia ed efficienza del vaccino
L’influenza stagionale può essere attenuata con la vaccinazione. I gruppi «a rischio» della popolazione devono essere vaccinati contro l’influenza. Inoltre, per garantire una copertura vaccinica efficace, non deve essere sottovalutata la logistica, come l’inoltro e la distribuzione dei vaccini.
È importante agire a livello unionale per evitare che un nuovo virus influenzale si trasformi in una pandemia, come avvenne nel 1918, 1957 e 1968.
Piani e strategie nazionali
La raccomandazione invita i paesi dell'UE ad adottare un piano o una strategia nazionaleper la copertura vaccinica .
Lo scopo era di coprire il 75% della popolazione a rischio preferibilmente entro l’inverno 2014-2015, gruppo la cui definizione figurava negli orientamenti pubblicati dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC).
I paesi dell'UE sono incoraggiati a riferire alla Commissione europea su base volontaria in merito all’applicazione della presente raccomandazione, in particolare per quanto riguarda la copertura delle categorie a rischio raggiunta.
Occorre organizzare campagne di informazione degli operatori del settore sanitario, della popolazione delle categorie a rischio e delle rispettive famiglie.
La Commissione è invitata a riferire periodicamente al Consiglio in merito all’applicazione della presente raccomandazione sulla base dei dati che saranno messi a disposizione dai paesi dell'UE.
Valutazione
Una relazione pubblicata nel 2015 dall'ECDC suggerisce che tutti i paesi dell'UE possono dover riconsiderare il loro approccio al fine di raccogliere informazioni più complete e precise sulla copertura vaccinica contro l'influenza stagionale dei gruppi destinatari di popolazione.
Essa esorta i paesi dell'UE che non controllano la copertura vaccinica fra i gruppi di anziani a introdurre sistemi volti a effettuare tale controllo, per consentire alle organizzazioni della sanità pubblica di tenere traccia dei progressi e individuare gli ostacoli al raggiungimento degli obiettivi nazionali e unionali.
La relazione rileva che un numero maggiore di paesi è stato in grado di fornire informazioni sui tassi di copertura vaccinica per gruppi quali i lavoratori del settore sanitario e le donne incinte, e prevede delle raccomandazioni come percorso da seguire per il raggiungimento di tassi più elevati di popolazione vaccinata e di un migliore controllo.
Nel 2015, la Commissione ha organizzato un'udienza ad alto livello sul tema, sottolineando l'importanza crescente della prevenzione delle malattie nella spesa per l'assistenza sanitaria.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, si veda:
Vaccinazione sul sito Internet della Commissione europea.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Raccomandazione 2009/1019/UE del Consiglio, del 22 dicembre 2009, relativa alla vaccinazione contro l’influenza stagionale (GU L 348 del 29.12.2009, pag. 71-72) | 3,527 | 268 |
REGOLAMENTO (UE) N. 1026/2012 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 25 ottobre 2012
relativo a talune misure ai fini della conservazione degli stock ittici relative ai paesi che autorizzano una pesca non sostenibile
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 43, paragrafo 2, e l’articolo 207,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
Secondo quanto previsto dalla convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982 («UNCLOS») e dall’accordo delle Nazioni Unite ai fini dell’applicazione delle disposizioni della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, del 10 dicembre 1982, relative alla conservazione e alla gestione degli stock ittici transzonali e degli stock ittici altamente migratori, del 4 agosto 1995 («UNFSA»), la gestione di taluni stock ittici condivisi, transzonali e altamente migratori richiede la cooperazione di tutti i paesi nelle cui acque si trovano gli stock (gli Stati costieri) e dei paesi le cui flotte sfruttano tali stock (gli Stati pescatori). Tale cooperazione può essere istituita nel quadro delle organizzazioni regionali di gestione della pesca («ORGP») o, nel caso in cui le ORGP non siano competenti per lo stock in questione, mediante accordi ad hoc tra i paesi che hanno un interesse alla pesca.
(2)
Qualora un paese terzo che ha un interesse alla pesca relativa a uno stock di interesse comune per tale paese e per l’Unione consenta, senza tenere in debito conto i modelli di pesca esistenti o i diritti, i doveri e gli interessi degli altri paesi e dell’Unione, attività di pesca che mettano a rischio la sostenibilità di detto stock, e non collabori con altri paesi e con l’Unione, alla gestione dello stock medesimo, è opportuno adottare misure specifiche al fine di incoraggiare tale paese a contribuire alla conservazione di detto stock.
(3)
Lo stato degli stock ittici dovrebbe essere ritenuto insostenibile quando essi non sono mantenuti in permanenza a livelli in grado di produrre il rendimento massimo sostenibile o al di sopra di tali livelli oppure, se tali livelli non possono essere stimati, quando gli stock non sono mantenuti in permanenza entro limiti biologici sicuri.
(4)
Occorre stabilire le condizioni alle quali è possibile considerare che un paese autorizza attività di pesca non sostenibili ed è soggetto alle misure a norma del presente regolamento, in particolare un processo che conceda ai paesi interessati il diritto di presentare le proprie osservazioni e consenta loro di adottare misure correttive.
(5)
Inoltre, è necessario definire il tipo di misure che possono essere adottate nei confronti dei paesi che autorizzano una pesca non sostenibile e stabilire le condizioni generali per l’adozione di tali misure, in modo che esse siano fondate su criteri oggettivi e che siano eque, efficienti sotto il profilo dei costi e compatibili con il diritto internazionale, in particolare con l’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio.
(6)
Tali misure dovrebbero essere volte ad eliminare gli incentivi per i paesi che autorizzano una pesca non sostenibile a sfruttare gli stock di interesse comune. Tale obiettivo può essere realizzato, tra l'altro, limitando le importazioni di prodotti della pesca catturati da navi che svolgono attività di pesca su uno stock di interesse comune sotto il controllo del paese che autorizza una pesca non sostenibile, limitando l'accesso ai porti per tali navi o impedendo che pescherecci dell'Unione o attrezzature da pesca dell'Unione siano utilizzate per sfruttare gli stock di interesse comune sotto il controllo del paese che autorizza una pesca non sostenibile.
(7)
Al fine di garantire l’efficacia e la coerenza dell’azione dell’Unione per la conservazione degli stock ittici, è importante tenere in considerazione le misure previste dal regolamento (CE) n. 1005/2008 del Consiglio, del 29 settembre 2008, che istituisce un regime comunitario per prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (3).
(8)
Al fine di garantire che le misure adottate nei confronti di un paese a norma del presente regolamento siano rispettose dell'ambiente, efficaci, proporzionate e compatibili con le norme internazionali, è necessario che l’adozione di tali misure sia preceduta da una valutazione degli effetti ambientali, commerciali, economici e sociali previsti.
(9)
Se le misure adottate nei confronti di un paese a norma del presente regolamento sono inefficaci e tale paese continua ad essere considerato un paese che autorizza una pesca non sostenibile, possono essere adottate ulteriori misure in conformità del presente regolamento.
(10)
È opportuno che le misure adottate nei confronti di un paese a norma del presente regolamento cessino di applicarsi quando il paese che autorizza una pesca non sostenibile ha adottato le misure necessarie per il suo contributo alla conservazione dello stock di interesse comune.
(11)
Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione del presente regolamento, dovrebbero essere attribuite alla Commissione competenze di esecuzione riguardo all'individuazione di un paese che autorizza una pesca non sostenibile, all'adozione di misure nei confronti di tale paese nonché alla decisione che tali misure debbano cessare di applicarsi. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (4).
(12)
Ove sussistano, in casi debitamente giustificati connessi alla fine dell’applicazione delle misure adottate a norma del presente regolamento, imperativi motivi di urgenza, la Commissione dovrebbe adottare atti di esecuzione immediatamente applicabili,
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
1. Il presente regolamento istituisce un quadro per l'adozione di talune misure relative alle attività e alle politiche di pesca di paesi terzi al fine di garantire la conservazione a lungo termine degli stock di interesse comune per l'Unione e tali paesi terzi.
2. Le misure adottate a norma del presente regolamento possono essere applicate in tutti i casi in cui la cooperazione tra i paesi terzi e l’Unione è necessaria ai fini della gestione congiunta degli stock di interesse comune, anche nel caso in cui tale cooperazione avviene nell’ambito di un’ORGP o di un organismo analogo.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si intende per:
a)
«stock di interesse comune», uno stock ittico la cui distribuzione geografica lo rende accessibile sia all'Unione sia ai paesi terzi e la cui gestione richiede la cooperazione tra tali paesi e l’Unione, in contesti bilaterali o multilaterali;
b)
«specie associata», ogni specie ittica appartenente al medesimo ecosistema dello stock di interesse comune e che si alimenta di detto stock, gli serve da alimento, compete con esso per il cibo e lo spazio vitale o si trova nella stessa zona di pesca e che è sfruttata o catturata accidentalmente nell'ambito della stessa o delle stesse attività di pesca;
c)
«organizzazione regionale di gestione della pesca» o «ORGP», un’organizzazione subregionale, regionale o simile competente, ai sensi del diritto internazionale, a stabilire misure di conservazione e di gestione per le risorse biologiche marine soggette alla sua responsabilità in virtù della convenzione o dell’accordo che l'ha istituita;
d)
«importazione», l’introduzione nel territorio dell’Unione di pesce o prodotti della pesca, anche ai fini del trasbordo nei porti ivi situati;
e)
«trasbordo», lo scarico, per intero o in parte, dei pesci o dei prodotti della pesca detenuti a bordo di un peschereccio verso un altro peschereccio;
f)
«stato insostenibile», la situazione in cui lo stock non è mantenuto in permanenza a livelli in grado di produrre il rendimento massimo sostenibile o al di sopra di tali livelli oppure, se tali livelli non possano essere stimati, quando lo stock non è mantenuto in permanenza entro limiti biologici sicuri; i livelli dello stock che determinano se esso si trova in uno stato insostenibile devono essere stabiliti sulla base dei migliori pareri scientifici disponibili;
g)
«limiti biologici sicuri», i limiti dimensionali di uno stock entro i quali esso può ricostituirsi con un alto grado di probabilità pur consentendo attività di pesca ad alto rendimento del medesimo;
h)
«paese», un paese terzo, compresi i territori che godono di un regime di autonomia e sono dotati di competenze in materia di conservazione e gestione delle risorse marine viventi.
Articolo 3
Paesi che autorizzano una pesca non sostenibile
Un paese può essere considerato un paese che autorizza una pesca non sostenibile se:
a)
non coopera nella gestione di uno stock di interesse comune in piena conformità delle disposizioni dell'UNCLOS e dell'UNFSA, o di qualunque altro accordo internazionale o norma di diritto internazionale; e
b)
o:
i)
non ha adottato le necessarie misure di gestione della pesca; o
ii)
adotta misure di gestione della pesca senza tenere in debito conto i diritti, gli interessi e i doveri degli altri paesi e dell’Unione e tali misure di gestione della pesca, considerate in combinazione con quelle adottate da altri paesi e dall’Unione, danno luogo ad attività di pesca che potrebbero causare uno stato insostenibile dello stock. Tale condizione si considera soddisfatta anche quando le misure di gestione della pesca adottate da tale paese non hanno portato a uno stato insostenibile dello stock unicamente grazie alle misure adottate da altri.
Articolo 4
Misure nei confronti di paesi che autorizzano una pesca non sostenibile
1. La Commissione può adottare, mediante atti di esecuzione, le seguenti misure nei confronti di un paese che autorizza una pesca non sostenibile:
a)
identificando tale paese come un paese che autorizza una pesca non sostenibile;
b)
identificando, ove necessario, le navi o le flotte specifiche di tale paese cui si devono applicare determinate misure;
c)
imponendo restrizioni quantitative alle importazioni di pesce proveniente da stock di interesse comune che è stato catturato sotto il controllo di tale paese e alle importazioni di prodotti della pesca costituiti da tale pesce o contenenti tale pesce;
d)
imponendo restrizioni quantitative alle importazioni di pesce di ogni specie associata e di prodotti della pesca costituiti da tale pesce o contenenti tale pesce, che sono stati catturati durante operazioni di pesca sullo stock di interesse comune sotto il controllo di tale paese; nell'adottare tale misura, la Commissione, conformemente all'articolo 5, paragrafo 4, del presente regolamento, in applicazione del principio di proporzionalità, determina quali specie e relative catture rientrano nell'ambito di applicazione della misura;
e)
imponendo restrizioni sull’uso dei porti dell’Unione per i pescherecci battenti bandiera di tale paese che sfruttano lo stock di interesse comune e/o specie associate e per i pescherecci che trasportano pesce e prodotti della pesca derivanti dallo stock di interesse comune e/o da specie associate che sono stati catturati da pescherecci battenti bandiera di tale paese o da pescherecci autorizzati da tale paese pur battendo un’altra bandiera; tali restrizioni non si applicano in caso di forza maggiore o di difficoltà ai sensi dell’articolo 18 dell’UNCLOS per i servizi strettamente necessari al fine di rimediare a tali situazioni;
f)
vietando l’acquisto, da parte degli operatori economici dell’Unione, di un peschereccio battente bandiera di tale paese;
g)
vietando ai pescherecci battenti bandiera di uno Stato membro di cambiare bandiera a favore della bandiera di tale paese;
h)
vietando agli Stati membri di autorizzare la conclusione di accordi di nolo mediante i quali operatori economici dell’Unione noleggiano i loro pescherecci ad operatori economici di tale paese;
i)
vietando l'esportazione verso tale paese di pescherecci battenti bandiera di uno Stato membro o di attrezzature e forniture da pesca necessarie per la pesca degli stock di interesse comune;
j)
vietando la conclusione di accordi commerciali privati tra operatori economici dell’Unione e di tale paese, che consentano a un peschereccio battente bandiera di uno Stato membro di far uso delle possibilità di pesca di tale paese;
k)
vietando le operazioni di pesca congiunta tra i pescherecci battenti bandiera di uno Stato membro e quelli battenti bandiera di tale paese.
2. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 8, paragrafo 2.
Articolo 5
Requisiti generali relativi alle misure adottate a norma del presente regolamento
1. Le misure di cui all'articolo 4 sono:
a)
connesse alla conservazione dello stock di interesse comune;
b)
applicate congiuntamente a limitazioni delle attività di pesca da parte delle navi dell’Unione o della produzione o del consumo all’interno dell’Unione applicabili al pesce e ai prodotti della pesca costituiti da tale pesce o contenenti tale pesce, delle specie in relazione alle quali le misure sono state adottate;
c)
proporzionate agli obiettivi perseguiti e compatibili con gli obblighi imposti dagli accordi internazionali di cui l’Unione è parte e con ogni altra norma pertinente del diritto internazionale.
2. Le misure di cui all'articolo 4 tengono conto delle misure già adottate a norma del regolamento (CE) n. 1005/2008.
3. Le misure di cui all'articolo 4 non sono applicate secondo modalità tali da costituire un mezzo di discriminazione arbitraria o ingiustificata tra i paesi in cui esistono identiche condizioni, o una restrizione dissimulata del commercio internazionale.
4. Nell’adottare le misure di cui all'articolo 4, la Commissione, al fine di garantire che tali misure siano rispettose dell'ambiente, efficaci, proporzionate e compatibili con le norme internazionali, valuta gli effetti ambientali, commerciali, economici e sociali di tali misure a breve e lungo termine nonché l’onere amministrativo associato alla loro attuazione.
5. Le misure di cui all'articolo 4 prevedono un sistema adeguato per la loro esecuzione da parte delle autorità competenti.
Articolo 6
Procedure preliminari all’adozione di misure nei confronti di paesi che autorizzano una pesca non sostenibile
1. Se lo ritiene necessario per adottare le misure di cui all’articolo 4, la Commissione notifica al paese interessato l’intenzione di identificarlo come un paese che autorizza una pesca non sostenibile. In tal caso, il Parlamento europeo e il Consiglio ne sono immediatamente informati.
2. La notifica include informazioni sui motivi dell’identificazione di tale paese come un paese che autorizza una pesca non sostenibile e descrive le misure possibili che possono essere adottate nei suoi confronti a norma del presente regolamento.
3. Prima di adottare le misure di cui all’articolo 4, la Commissione offre al paese interessato una possibilità ragionevole di rispondere per iscritto alla notifica e di porre rimedio alla situazione entro un mese dalla ricezione di tale notifica.
Articolo 7
Periodo di applicazione delle misure nei confronti di paesi che autorizzano una pesca non sostenibile
1. Le misure di cui all'articolo 4 cessano di applicarsi quando il paese che autorizza una pesca non sostenibile adotta misure correttive adeguate necessarie per la conservazione e la gestione dello stock di interesse comune e tali misure correttive:
a)
sono state adottate in maniera autonoma o sono state concordate nel quadro di consultazioni con l’Unione e, se del caso, con altri paesi interessati; e
b)
non compromettono gli effetti delle misure adottate dall’Unione in maniera autonoma o in cooperazione con altri paesi ai fini della conservazione degli stock ittici interessati.
2. La Commissione adotta atti di esecuzione che determinano se le condizioni fissate al paragrafo 1 sono state rispettate e, se necessario, dispongono che le misure adottate nei confronti del paese interessato a norma dell’articolo 4 cessano di applicarsi. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 8, paragrafo 2.
Per imperativi motivi di urgenza debitamente giustificati connessi a perturbazioni economiche o sociali impreviste, la Commissione adotta atti di esecuzione immediatamente applicabili secondo la procedura di esame di cui all’articolo 8, paragrafo 3, per decidere che le misure adottate a norma dell’articolo 4 devono cessare di applicarsi.
Articolo 8
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita da un comitato. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 8 del regolamento (UE) n. 182/2011, in combinato disposto con il suo articolo 5.
4. I risultati della valutazione di cui all'articolo 5, paragrafo 4, sono messi a disposizione del Parlamento europeo e del Consiglio conformemente alla procedura di cui all'articolo 10, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 182/2011, insieme ai documenti ivi previsti.
Articolo 9
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Strasburgo, il 25 ottobre 2012
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
A. D. MAVROYIANNIS
(1) GU C 229 del 31.7.2012, pag. 112.
(2) Posizione del Parlamento europeo del 12 settembre 2012 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 25 settembre 2012.
(3) GU L 286 del 29.10.2008, pag. 1.
(4) GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13. | Conservazione degli stock ittici in Paesi che praticano la pesca non sostenibile
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Il regolamento istituisce un sistema che consente all’UE di adottare misure in relazione alle attività e alle politiche di alcuni Paesi terzi che permettono la pesca non sostenibile. Tali misure sono state concepite per sostenere la conservazione degli stock ittici di interesse comune* sia per l’UE che per i Paesi terzi del caso.
PUNTI CHIAVE
L’identificazione di un Paese che permette la pesca non sostenibile si applica laddove:un Paese terzo non fornisce la sua cooperazione nella gestione di uno stock di interesse comune nel pieno rispetto delle norme concordate nella convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 e nell’accordo sulle risorse alieutiche sancito dalle Nazioni Unite del 1995, o in qualsiasi altro accordo o normativa relativa a leggi internazionali; e oppure:non adotta le necessarie misure di gestione della pesca; oadotta misure di gestione della pesca senza tenere debitamente conto dei diritti, degli interessi e dei doveri di altri Paesi e dell’UE che, quando cumulati con le misure adottate da altri Paesi e dall’UE, portano alla pratica di attività ittiche che potrebbero arrecare danni insostenibili agli stock ittici. Misure a disposizione dell’UE
Tra le misure che la Commissione europea può adottare nei confronti di un Paese che consente la pesca non sostenibile si annoverano:quote sulle importazioni di pesce dallo stock di interesse comune pescato sotto il controllo di tale Paese e sulle importazioni di prodotti ittici che includono tale pesce; restrizioni sull’utilizzo di porti EU da parte di certe imbarcazionibattenti bandiera del Paese che pesca o trasporta pesce o prodotti ittici derivati dallo stock di interesse comune e/o specie associate,battenti un’altra bandiera, che sono autorizzati da quel Paese; divieti relativi all’ acquisto da parte di aziende ittiche dell’UE di un peschereccio battente bandiera di tale Paese; divieti relativi alla sostituzione da parte di un peschereccio della bandiera di un Paese UE con la bandiera del dato Paese; divieti relativi all’ esportazione nel dato Paese di pescherecci battenti bandiera di un Paese dell’UE o di attrezzature e equipaggiamento necessari per la pesca delle risorse alieutiche di interesse comune; divieti in merito alla conclusione di accordi commerciali privati tra gli operatori ittici dell’UE e di quel Paese specifico, che consentono ad un peschereccio battente bandiera di un Paese UE di sfruttare le possibilità offerte da tale Paese nel campo ittico; divieto di praticare operazioni di pesca congiunte che coinvolgono pescherecci dell’UE e quelli battenti bandiera del dato Paese. Tutte le misure devono:riferirsi alla conservazione dello stock di interesse comune; essere vigenti in concomitanza con le restrizioni alla pesca da parte delle imbarcazioni UE, o alla produzione o al consumo all’interno dell’UE, di pesce e prodotti ittici relativi alle specie per le quali sono state adottate le misure; proporzionato agli obiettivi perseguiti e compatibile con gli obblighi imposti dagli accordi internazionali di cui l’UE è parte e di ogni altra norma pertinente di diritto internazionale; Prima di adottare misure, la Commissione deve comunicare al Paese interessato la sua intenzione di identificarlo come Paese che permette la pesca non sostenibile. In tali circostanze, la Commissione si fa anche carico di informare tempestivamente il Parlamento europeo e il Consiglio.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
È in vigore dal 17 novembre 2012.
TERMINI CHIAVE
Stock di interesse comune: uno stock ittico la cui distribuzione geografica lo rende disponibile sia ai Paesi dell’UE che quelli non UE e la cui gestione richiede la cooperazione tra tali Paesi e l’UE, in contesti bilaterali o multilaterali.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) No 1026/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012 su talune misure ai fini della conservazione delle risorse ittiche in relazione ai Paesi che autorizzano la pesca non sostenibile (GU L 316, 14.11.2012, pag. 34-37) | 6,758 | 1,321 |
Direttiva 1999/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 1999, concernente l'applicazione delle disposizioni relative all'orario di lavoro della gente di mare a bordo delle navi che fanno scalo nei porti della Comunità
Gazzetta ufficiale n. L 014 del 20/01/2000 pag. 0029 - 0035
DIRETTIVA 1999/95/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIOdel 13 dicembre 1999concernente l'applicazione delle disposizioni relative all'orario di lavoro della gente di mare a bordo delle navi che fanno scalo nei porti della ComunitàIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 80, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3),considerando quanto segue:(1) l'azione della Comunità nel settore della politica sociale mira tra l'altro al miglioramento della salute e della sicurezza dei lavoratori nel loro ambiente di lavoro;(2) l'azione della Comunità nel settore dei trasporti marittimi mira tra l'altro al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro della gente di mare a bordo delle navi, alla sicurezza in mare e alla prevenzione dell'inquinamento dovuto ai sinistri marittimi;(3) la conferenza dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), nell'ottantaquattresima sessione tenuta dall'8 al 22 ottobre 1996, ha adottato la "convenzione OIL n. 180" sull'orario di lavoro della gente di mare e sulla composizione dell'equipaggio del 1996, in prosieguo denominata "convenzione OIL n. 180" e il protocollo relativo alla convenzione sulla marina mercantile (norme minime) del 1996, in prosieguo denominato "protocollo della convenzione OIL n. 147";(4) la direttiva 1999/63/CE del Consiglio, del 21 giugno 1999, relativa all'accordo sull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare concluso dall'associazione degli armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei lavoratori dei trasporti dell'Unione europea (FST)(4), adottata a norma dell'articolo 139, paragrafo 2 del trattato, è finalizzata all'attuazione di tale accordo, concluso il 30 settembre 1998, in prosieguo denominato "accordo"; il contenuto dell'accordo rispecchia quello di talune disposizioni della convenzione OIL n. 180; esso si applica al personale navigante a bordo di qualsiasi nave marittima, appartenente ad una compagnia pubblica o privata, iscritta nel registro di uno Stato membro e adibita normalmente ad operazioni commerciali marittime;(5) la presente direttiva è diretta ad applicare a tutte le navi che fanno scalo in un porto della Comunità a prescindere dalla loro bandiera le disposizioni della direttiva 1999/63/CE che si basano su quelle della convenzione OIL n. 180, al fine di individuare e porre fine alle situazioni manifestamente pericolose per la sicurezza o la salute della gente di mare; mentre la direttiva 1999/63/CE comprende requisiti non contemplati nella convenzione OIL n. 180 e non devono pertanto essere applicati a bordo delle navi che non battono bandiera di uno Stato membro;(6) la direttiva 1999/63/CE si applica alla gente di mare a bordo di tutte le navi marittime iscritte nel registro di uno Stato membro; gli Stati membri devono verificare che le navi battenti la loro bandiera rispettino l'insieme delle disposizioni della suddetta direttiva;(7) ai fini della sicurezza, e per evitare distorsioni della concorrenza, gli Stati membri devono poter verificare l'osservanza delle pertinenti disposizioni della direttiva 1999/63/CE da parte di tutte le navi marittime che fanno scalo nei loro porti, a prescindere dallo Stato in cui esse sono immatricolate;(8) in particolare, le navi battenti bandiera di uno Stato che non è parte della convenzione OIL n. 180, né del protocollo della convenzione OIL n. 147, non devono ottenere un trattamento più favorevole di quello riservato alle navi battenti bandiera di uno Stato che è parte della convenzione e del protocollo o di uno dei due;(9) per controllare la corretta applicazione della direttiva 1999/63/CE, gli Stati membri devono svolgere ispezioni a bordo delle navi, in particolare in caso di denuncia del comandante, di un membro dell'equipaggio o di qualsiasi persona od organismo che abbia un interesse legittimo per la sicurezza della nave in servizio, la vita di bordo, le condizioni di lavoro o la prevenzione dell'inquinamento;(10) ai fini della presente direttiva, gli Stati membri possono, ove necessario, designare di propria iniziativa gli ispettori preposti al controllo dello Stato di approdo per l'ispezione delle navi che fanno scalo in un porto della Comunità;(11) l'inosservanza delle disposizioni della direttiva 1999/63/CE può essere comprovata in seguito a una verifica delle condizioni del lavoro a bordo e dei registri in cui sono riportate le ore di lavoro e le ore di riposo oppure quando l'ispettore ha fondati motivi di ritenere che la gente di mare sia eccessivamente affaticata;(12) quando la situazione a bordo della nave risulta manifestamente pericolosa per la sicurezza o la salute, l'autorità competente dello Stato membro nel cui porto la nave ha fatto scalo può dichiararne il fermo fino a eliminazione degli inadempimenti o finché l'equipaggio abbia riposato a sufficienza;(13) poiché la direttiva 1999/63/CE riprende le disposizioni della convenzione OIL n. 180, la verifica del rispetto delle disposizioni di tale direttiva a bordo delle navi iscritte nel registro di un paese terzo può essere effettuata solo dopo l'entrata in vigore della suddetta convenzione,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1Obiettivo e ambito d'applicazione1. Scopo della presente direttiva è istituire un sistema di verifica e di controllo dell'osservanza delle disposizioni della direttiva 1999/63/CE da parte delle navi che fanno scalo nei porti degli Stati membri al fine di migliorare la sicurezza in mare e le condizioni di lavoro, sanitarie e di sicurezza della gente di mare a bordo delle navi.2. Gli Stati membri adottano misure adeguate affinché le navi che non sono registrate nel loro territorio o che non battono la loro bandiera rispettino le clausole da 1 a 12 dell'accordo che figura nell'allegato della direttiva 1999/63/CE.Articolo 2DefinizioniAi fini della presente direttiva valgono le seguenti definizioni:a) "nave": ogni nave marittima, sia essa di proprietà pubblica o privata, impegnata normalmente in operazioni commerciali marittime. I pescherecci non rientrano in questa definizione;b) "autorità competente": l'autorità incaricata dagli Stati membri di svolgere le funzioni contemplate dalla presente direttiva;c) "ispettore": un dipendente pubblico o altra persona debitamente autorizzata dall'autorità competente di uno Stato membro a verificare le condizioni di lavoro a bordo che risponde a tale autorità;d) "reclamo": qualsiasi informazione o rapporto trasmesso da un membro dell'equipaggio, un organismo professionale, un'associazione, un sindacato o, in generale, da chiunque sia interessato alla sicurezza della nave, in particolare alla sicurezza o alla salute dell'equipaggio.Articolo 3Elaborazione di relazioniFatto salvo l'articolo 1, paragrafo 2, qualora uno Stato membro nel cui porto una nave abbia fatto scalo volontario nel normale esercizio delle proprie attività commerciali oppure per ragioni operative, riceva un reclamo da esso non ritenuto manifestamente infondato o acquisisca prova del fatto che la nave non rispetta le norme previste dalla direttiva 99/63/CE, elabora una relazione che invia al governo del paese di registrazione della nave e, allorché un'ispezione effettuata a norma dell'articolo 4 fornisca le prove in merito, tale Stato membro adotta tutte le misure necessarie per fare modificare le condizioni a bordo che risultano manifestamente pericolose per la sicurezza o la salute dell'equipaggio.L'identità della persona che presenta il reclamo non deve essere resa nota al comandante né al proprietario della nave in questione.Articolo 4Ispezione e ispezione più dettagliata1. L'ispettore, quando effettua un'ispezione, per acquisire la prova che la nave non rispetta le prescrizioni della direttiva 1999/63/CE, verifica se:- sia stata elaborata una tabella dell'organizzazione del lavoro a bordo, nella lingua o nelle lingue di lavoro utilizzate sulla nave e in lingua inglese conforme al modello riprodotto nell'allegato I, o ad altro equivalente, e che essa sia affissa a bordo in un luogo di facile accesso;- sia tenuto un registro delle ore di lavoro o di riposo della gente di mare, nella lingua o nelle lingue di lavoro utilizzate a bordo e in lingua inglese conforme al modello riprodotto nell'allegato II o ad altro equivalente, conservato a bordo e debitamente vidimato dall'autorità competente dello Stato in cui la nave è registrata.2. A norma del paragrafo 1, allorché un reclamo sia stato ricevuto o l'ispettore ritenga, in base alle sue osservazioni a bordo, che i lavoratori si trovino in stato di eccessivo affaticamento, egli effettua un'ispezione più dettagliata per determinare se le ore di lavoro prestate o i periodi di riposo iscritti nel registro corrispondano alle norme stabilite dalla direttiva 1999/63/CE nel settore marittimo e se essi siano stati debitamente osservati, tenendo conto di altri registri concernenti il funzionamento della nave.Articolo 5Eliminazione delle irregolarità1. Qualora l'ispezione o l'ispezione più dettagliata rivelino che la nave non è conforme ai requisiti della direttiva 1999/63/CE, lo Stato membro adotta le misure necessarie per far sì che vengano modificate le condizioni a bordo che comportano un pericolo manifesto per la sicurezza o la salute della gente di mare imbarcata. Tali misure possono consistere in un divieto di lasciare il porto fino a che non siano state eliminate le irregolarità constatate o fino a che la gente di mare non si sia sufficientemente riposata.2. Allorché esistano prove evidenti che i membri dell'equipaggio incaricati del primo turno di guardia o dei turni successivi si trova in uno stato di affaticamento eccessivo, lo Stato membro provvede affinché la nave non lasci il porto prima che siano state eliminate le irregolarità constatate o che l'equipaggio si sia sufficientemente riposato.Articolo 6Misure successive1. Nel caso in cui sia stato prescritto ad una nave il fermo in un porto a norma dell'articolo 5, l'autorità competente dello Stato membro informa il comandante, il proprietario o l'armatore della nave, le autorità dello Stato di bandiera o dello Stato di immatricolazione della nave o le autorità consolari, oppure, in mancanza di queste, la rappresentanza diplomatica più vicina di tale Stato dei risultati delle ispezioni di cui all'articolo 4, delle decisioni dell'ispettore o delle eventuali misure correttive richieste.2. In caso di ispezione a norma della presente direttiva occorre evitare nella misura del possibile indebiti ritardi alla nave. Qualora una nave subisca indebiti ritardi, il proprietario o l'armatore ha diritto di richiedere un indennizzo per eventuali perdite o danni subiti. In tutti i casi in cui si faccia valere un ritardo indebito, l'onere della prova incombe al proprietario o all'armatore della nave.Articolo 7Diritto di ricorso1. Il proprietario o l'armatore di una nave o il suo rappresentante in uno Stato membro ha il diritto di ricorrere contro una decisione di fermo adottata dall'autorità competente. Il ricorso non sospende il fermo.2. A tal fine gli Stati membri istituiscono e mantengono in vigore le opportune procedure di ricorso, secondo le rispettive legislazioni nazionali.3. L'autorità competente informa adeguatamente il comandante della nave di cui al paragrafo 1 del diritto di ricorso.Articolo 8Cooperazione tra amministrazioni1. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie per garantire una cooperazione tra le proprie autorità competenti e le autorità competenti degli Stati membri per l'effettiva attuazione della presente direttiva, in condizioni compatibili con quelle previste dall'articolo 14 della direttiva 95/21/CE del Consiglio, del 19 giugno 1995, relativa all'attuazione di norme internazionali per la sicurezza delle navi, la prevenzione dell'inquinamento e le condizioni di vita e di lavoro a bordo, per Ie navi che approdano nei porti comunitari o che navigano nelle acque sotto la giurisdizione degli Stati membri (controllo dello Stato di approdo)(5). Gli Stati membri comunicano alla Commissione le disposizioni adottate.2. Le informazioni relative alle misure adottate a norma degli articoli 4 e 5 sono pubblicate secondo modalità identiche a quelle previste al primo comma dell'articolo 15 della direttiva 95/21/CE.Articolo 9Divieto di trattamento più favorevoleGIi Stati membri devono assicurare che in caso di ispezione di una nave immatricolata o battente bandiera di uno Stato che non è parte della convenzione OIL n. 180, o del protocollo della convenzione OIL n. 147, dopo l'entrata in vigore di detti strumenti il trattamento riservato a tale nave e al suo equipaggio non sia più favorevole di quello riservato ad una nave battente bandiera di uno Stato che è parte della convenzione n. 180 dell'OIL o del protocollo della convenzione OIL n. 147 o di entrambi.Articolo 10Disposizioni finali1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 30 giugno 2002.2. Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui al paragrafo 1, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.3. Gli Stati membri comunicano immediatamente alla Commissione tutte le disposizioni di diritto nazionale da essi adottate nel settore disciplinato dalla presente direttiva. La Commissione informa gli altri Stati membri al riguardo.Articolo 11Navi di Stati terziLe disposizioni della presente direttiva si applicano a navi non iscritte nel registro o non battenti la bandiera di uno Stato membro soltanto dopo l'entrata in vigore della convenzione OIL n. 180 e del protocollo della convenzione OIL n. 147.Articolo 12Entrata in vigoreLa presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 13DestinatariGli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 13 dicembre 1999.Per il Parlamento europeoLa PresidenteN. FONTAINEPer il ConsiglioIl PresidenteS. HASSI(1) GU C 43 del 17.2.1999, pag. 16.(2) GU C 138 del 18.5.1999, pag. 33.(3) Parere del Parlamento europeo del 14 aprile 1999 (GU C 219 del 30.7.1999, pag. 240), posizione comune del Consiglio del 12 luglio 1999 (GU C 249 dell'1.9.1999, pag. 7) e decisione del Parlamento europeo del 4 novembre 1999 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(4) GU L 167 del 2.7.1999, pag. 37.(5) GU L 157 del 7.7.1995, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 98/42/CE (GU L 184 del 27.6.1998, pag. 40).ALLEGATO I>PIC FILE= "L_2000014IT.003202.EPS">>PIC FILE= "L_2000014IT.003301.EPS">ALLEGATO II>PIC FILE= "L_2000014IT.003402.EPS">>PIC FILE= "L_2000014IT.003501.EPS"> | Orari di lavoro a bordo delle navi che fanno scalo nei porti comunitari
QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA?
La presente direttiva mira a proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori marittimi a bordo delle navi che fanno scalo nei porti dell’Unione europea (Unione) e a contrastare le distorsioni della concorrenza da parte degli armatori di paesi terzi. Si prefigge di fornire procedure per verificare e fare rispettare la conformità delle navi che fanno scalo nei porti degli Stati membri dell’Unione, con la direttiva 1999/63/CE (si veda la sintesi), che delinea norme sull’orario di lavoro dei lavoratori marittimi, tra cui i periodi di lavoro e di riposo, ferie retribuite e idoneità al lavoro.
PUNTI CHIAVE
Gli Stati membri, avvalendosi di ispettori preposti al controllo dello stato di approdo, effettuano verifiche a bordo delle navi che fanno scalo nei loro porti, a prescindere dal paese in cui sono immatricolate. I pescherecci non rientrano nell’ambito della direttiva. Le ispezioni si verificano in particolare in seguito a una denuncia del comandante, di un membro dell’equipaggio o di qualsiasi persona od organizzazione che abbia un interesse legittimo nella sicurezza di funzionamento della nave in servizio, nelle condizioni di vita o di lavoro a bordo o nella prevenzione dell’inquinamento. Le ispezioni stabiliscono se:è affissa una tabella dell’organizzazione del lavoro a bordo in un luogo di facile accesso;sono presenti a bordo i registri delle ore di lavoro e di riposo e sono approvati dall’autorità competente del paese in cui la nave è immatricolata. Se risulta che i lavoratori marittimi siano in stato di eccessivo affaticamento, viene condotta un’ispezione dettagliata per determinare se le ore di lavoro registrate sono conformi alle normative. Per porre rimedio a tutte le condizioni che pongono un evidente pericolo per la sicurezza o la salute, lo Stato membro può vietare alla nave di lasciare il porto fino a quando le carenze non sono state corrette o l’equipaggio non si è riposato. Se a una nave viene vietato di lasciare il porto, il comandante, il proprietario, o un ufficiale del paese di bandiera, del paese di immatricolazione o il rappresentante diplomatico saranno informati della decisione e di eventuali azioni correttive necessarie. Se una nave subisce un indebito ritardo, il proprietario ha diritto di richiedere un indennizzo per eventuali perdite o danni subiti. Al proprietario incombe l’onere della prova, ma anche il diritto di ricorso contro la decisione di fermo.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore il 20 gennaio 2000 e doveva diventare legge negli Stati membri entro il 30 giugno 2002.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si veda:Convenzione sul lavoro marittimo, 2006 (Organizzazione internazionale del lavoro).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 1999/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 1999, concernente l’applicazione delle disposizioni relative all’orario di lavoro della gente di mare a bordo delle navi che fanno scalo nei porti della Comunità (GU L 14 del 20.1.2000, pag. 29).
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva 2009/13/CE del Consiglio, del 16 febbraio 2009, recante attuazione dell’accordo concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e modifica della direttiva 1999/63/CE (GU L 124 del 20.5.2009, pag. 30).
Le successive modifiche alla direttiva 2009/13/CE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. | 5,909 | 1,021 |
RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE
del 6 dicembre 2012
sulla pianificazione fiscale aggressiva
(2012/772/UE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292,
considerando quanto segue:
(1)
I paesi di tutto il mondo hanno sempre considerato la pianificazione fiscale come una pratica legittima. Con il passare del tempo, tuttavia, le strutture di pianificazione fiscale sono diventate sempre più sofisticate. Esse si sviluppano tra più giurisdizioni e trasferiscono effettivamente gli utili imponibili in Stati con regimi fiscali favorevoli. Una caratteristica fondamentale delle pratiche in questione è che esse riducono l’ammontare dell’imposta dovuta mediante operazioni legali in senso stretto che sono tuttavia in contrasto con lo scopo della norma.
(2)
La pianificazione fiscale aggressiva consiste nello sfruttare a proprio vantaggio gli aspetti tecnici di un sistema fiscale o le disparità esistenti fra due o più sistemi fiscali al fine di ridurre l’ammontare dell’imposta dovuta. La pianificazione fiscale aggressiva può assumere svariate forme. Fra le conseguenze di questa pratica si possono citare le doppie detrazioni (ad esempio la stessa perdita è detratta sia nello Stato della fonte che nello Stato di residenza) e la doppia non imposizione (ad esempio i redditi che non sono tassati nello Stato della fonte sono esenti nello Stato di residenza).
(3)
Nonostante gli sforzi considerevoli, gli Stati membri hanno difficoltà a proteggere le loro basi imponibili dall’erosione dovuta alla pianificazione fiscale aggressiva. Le disposizioni nazionali vigenti in questo settore spesso non sono pienamente efficaci, soprattutto a causa della dimensione transnazionale di molte strutture di pianificazione fiscale e della maggiore mobilità dei capitali e delle persone.
(4)
Nella prospettiva di conseguire un migliore funzionamento del mercato interno è necessario incoraggiare tutti gli Stati membri a seguire lo stesso approccio generale nei confronti della pianificazione fiscale aggressiva, contribuendo così a ridurre le distorsioni esistenti.
(5)
A tal fine è necessario rimediare ai casi in cui un contribuente trae vantaggi fiscali organizzando i propri affari fiscali in modo che il reddito non sia tassato da nessuna delle giurisdizioni fiscali interessate (doppia non imposizione). Il persistere di tali situazioni può dar luogo a flussi artificiali di capitali e a movimenti artificiali di contribuenti nel mercato interno, danneggiando il corretto funzionamento dello stesso ed erodendo le basi imponibili degli Stati membri.
(6)
Nel 2012 la Commissione ha effettuato una consultazione pubblica sulla doppia non imposizione nel mercato interno. Poiché non è possibile risolvere tutte le questioni esaminate nell’ambito di tale consultazione con un’unica soluzione, è opportuno in un primo tempo trattare il problema legato all’utilizzo frequente di determinate strutture di pianificazione fiscale che traggono vantaggio dalle disparità esistenti fra due o più sistemi fiscali e spesso comportano una doppia non imposizione.
(7)
Nelle loro convenzioni contro la doppia imposizione gli Stati membri spesso si impegnano a non assoggettare a imposizione determinati elementi di reddito. Nello stabilire tale trattamento è possibile che essi non verifichino se tali elementi di reddito sono soggetti a imposta nell’altro paese aderente alla convenzione e se sussiste quindi il rischio di una doppia non imposizione. Tale rischio può verificarsi anche se gli Stati membri esentano unilateralmente elementi di redditi esteri, a prescindere dal fatto che siano soggetti a imposta nello Stato della fonte. È importante che la presente raccomandazione tratti entrambe le situazioni.
(8)
Dato che le strutture di pianificazione fiscale sono sempre più elaborate e spesso i legislatori nazionali non hanno tempo sufficiente per reagire, le specifiche misure antiabuso si rivelano in molti casi inadeguate a far fronte alle nuove strutture di pianificazione fiscale aggressiva. Tali strutture possono incidere negativamente sul gettito fiscale nazionale e sul funzionamento del mercato interno. È pertanto opportuno raccomandare l’adozione, da parte degli Stati membri, di una norma antiabuso generale comune intesa anche a evitare la complessità di molte norme diverse. In tale contesto è necessario tener conto dei limiti imposti dal diritto dell’Unione per quanto riguarda le norme antiabuso.
(9)
Al fine di preservare l’autonomia operativa degli atti dell’Unione vigenti nel settore interessato, la presente raccomandazione non si applica ai casi che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2009/133/CE del Consiglio (1), della direttiva 2011/96/UE del Consiglio (2) e della direttiva 2003/49/CE del Consiglio (3). La Commissione considera attualmente la possibilità di rivedere le suddette direttive al fine di attuare i principi della presente raccomandazione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE:
1. Oggetto e ambito di applicazione
La presente raccomandazione riguarda la pianificazione fiscale aggressiva nel settore dell’imposizione diretta.
Essa non si applica ai casi che rientrano nell’ambito di applicazione di atti dell’Unione la cui esecuzione potrebbe essere influenzata dalle disposizioni della raccomandazione.
2. Definizioni
Ai fini della presente raccomandazione si intende per:
a)
«imposta», imposta sul reddito, imposta sulle società e, se del caso, imposta sui redditi di capitale, nonché una ritenuta alla fonte di natura equivalente a una di tali imposte;
b)
«reddito», tutti gli elementi definiti tali dalla legislazione nazionale dello Stato membro che utilizza detto termine e, se del caso, gli elementi definiti come redditi di capitale.
3. Limitazione dell’applicazione di norme finalizzate a evitare la doppia imposizione
3.1.
Qualora gli Stati membri, nelle convenzioni contro la doppia imposizione che hanno concluso tra loro o con paesi terzi, si siano impegnati a non assoggettare a imposizione un determinato elemento di reddito, devono garantire che tale impegno si applica solo se l’elemento di reddito in questione è soggetto a imposta nell’altro Stato parte contraente della convenzione.
3.2.
Per dare effetto al punto 3.1 gli Stati membri sono incoraggiati a includere una clausola appropriata nelle loro convenzioni contro la doppia imposizione. Tale clausola potrebbe essere così formulata:
«Ove la presente convenzione preveda che un elemento di reddito sia imponibile solo in uno degli Stati contraenti o che possa essere soggetto a imposizione in uno degli Stati contraenti, all’altro Stato contraente è preclusa l’imposizione di tale elemento solo se detto elemento è soggetto a imposta nel primo Stato contraente».
In caso di convenzioni multilaterali occorre che il riferimento all’«altro Stato contraente» sia sostituito da un riferimento agli «altri Stati contraenti».
3.3.
Se, al fine di evitare la doppia imposizione mediante norme nazionali unilaterali, gli Stati membri prevedono un’esenzione fiscale per un determinato elemento di reddito percepito in un’altra giurisdizione in cui detto elemento non è assoggettato a imposta, essi sono incoraggiati a garantire che l’elemento sia tassato.
3.4.
Ai fini dei punti 3.1, 3.2 e 3.3 un elemento di reddito dovrebbe essere considerato soggetto a imposta quando è ritenuto imponibile dalla giurisdizione interessata e non è esente da imposta, né beneficia di un credito fiscale pieno o di un’imposizione a tasso zero.
4. Norma generale antiabuso
4.1.
Per contrastare le pratiche di pianificazione fiscale aggressiva che non rientrano nell’ambito di applicazione delle norme nazionali specifiche intese a combattere l’elusione fiscale, gli Stati membri dovrebbero adottare una norma generale antiabuso adattata alle situazioni nazionali, alle situazioni transfrontaliere limitate all’Unione e alle situazioni che coinvolgono paesi terzi.
4.2.
Per dare effetto al punto 4.1 gli Stati membri sono incoraggiati a inserire la seguente clausola nella legislazione nazionale:
«Una costruzione di puro artificio o una serie artificiosa di costruzioni che sia stata posta in essere essenzialmente allo scopo di eludere l’imposizione e che comporti un vantaggio fiscale deve essere ignorata. Le autorità nazionali devono trattare tali costruzioni a fini fiscali facendo riferimento alla loro «sostanza economica».
4.3.
Ai fini del punto 4.2 per «costruzione» si intende una transazione, un regime, un’azione, un’operazione, un accordo, una sovvenzione, un’intesa, una promessa, un impegno o un evento. Una costruzione può comprendere più di una misura o di una parte.
4.4.
Ai fini del punto 4.2 una costruzione o una serie di costruzioni è artificiosa se manca di sostanza commerciale. Per determinare se la costruzione o la serie di costruzioni è artificiosa, le autorità nazionali sono invitate a valutare se presenta una o più delle seguenti situazioni:
a)
la qualificazione giuridica delle singole misure di cui è composta la costruzione non è coerente con il fondamento giuridico della costruzione nel suo insieme;
b)
la costruzione o la serie di costruzioni è posta in essere in un modo che non sarebbe normalmente impiegato in quello che dovrebbe essere un comportamento ragionevole in ambito commerciale;
c)
la costruzione o la serie di costruzioni comprende elementi che hanno l’effetto di compensarsi o di annullarsi reciprocamente;
d)
le operazioni concluse sono di natura circolare;
e)
la costruzione o la serie di costruzioni comporta un significativo vantaggio fiscale, di cui tuttavia non si tiene conto nei rischi commerciali assunti dal contribuente o nei suoi flussi di cassa;
f)
le previsioni di utili al lordo delle imposte sono insignificanti rispetto all’importo dei previsti vantaggi fiscali.
4.5.
Ai fini del punto 4.2, la finalità di una costruzione o di una serie di costruzioni artificiose consiste nell’eludere l’imposizione quando, a prescindere da eventuali intenzioni personali del contribuente, contrasta con l’obiettivo, lo spirito e la finalità delle disposizioni fiscali che sarebbero altrimenti applicabili.
4.6.
Ai fini del punto 4.2, una data finalità deve essere considerata fondamentale se qualsiasi altra finalità che è o potrebbe essere attribuita alla costruzione o alla serie di costruzioni sembri per lo più irrilevante alla luce di tutte le circostanze del caso.
4.7.
Nel determinare se una costruzione o una serie di costruzioni artificiose ha comportato un vantaggio fiscale di cui al punto 4.2, le autorità nazionali sono invitate a confrontare l’importo dell’imposta dovuta dal contribuente, tenendo conto della o delle costruzioni, con l’importo che lo stesso contribuente dovrebbe versare nelle stesse circostanze in assenza della o delle costruzioni. In tale contesto è utile esaminare se si verifica una o più delle seguenti situazioni:
a)
un importo non è compreso nella base imponibile;
b)
il contribuente beneficia di una detrazione;
c)
vi è una perdita a fini fiscali;
d)
non è dovuta alcuna ritenuta alla fonte;
e)
l’imposta estera è compensata.
5. Seguito dato alla raccomandazione
Gli Stati membri informano la Commissione in merito alle misure adottate per conformarsi alla presente raccomandazione nonché alle eventuali modifiche apportate a tali misure.
La Commissione pubblicherà una relazione sull’applicazione della presente raccomandazione entro tre anni dalla sua adozione.
6. Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente raccomandazione.
Fatto a Bruxelles, il 6 dicembre 2012
Per la Commissione
Algirdas ŠEMETA
Membro della Commissione
(1) GU L 310 del 25.11.2009, pag. 34.
(2) GU L 345 del 29.12.2011, pag. 8.
(3) GU L 157 del 26.6.2003, pag. 49. | Pianificazione fiscale aggressiva
La Commissione suggerisce modalità per intervenire sulle scappatoie e sui tecnicismi giuridici, sfruttati da talune aziende per evitare di pagare la giusta quota di imposte.
ATTO
Raccomandazione 2012/772/UE della Commissione del 6 dicembre 2012 sulla pianificazione fiscale aggressiva.
SINTESI
Il contrasto alla pianificazione fiscale aggressiva è un aspetto di un piano d'azione della Commissione, particolareggiato e complesso, messo a punto per combattere l'evasione e la frode fiscale.
Il piano illustra modalità pratiche per migliorare la cooperazione amministrativa tra i paesi UE, combattere gli abusi e la doppia non imposizione, nonché affrontare le problematiche legate ai paradisi fiscali e ai reati connessi al fisco.
Oggi, alcuni contribuenti possono usare degli accorgimenti complessi, talvolta artificiosi, per trasferire la propria sede fiscale in altre giurisdizioni all'interno o all'esterno dell'UE. Così facendo, approfittano delle incongruenze nelle leggi nazionali, per assicurarsi che talune componenti del reddito rimangano al sicuro dall'imposizione o per sfruttare le differenze delle aliquote fiscali. Si definisce questo problema pianificazione fiscale aggressiva.
La difficoltà fondamentale consiste nel fatto che una pianificazione fiscale sempre più macchinosa sposta gli utili imponibili verso altri paesi con regimi fiscali più favorevoli per i contribuenti. Questa pratica riduce l'assoggettamento alle imposte grazie ad accorgimenti che si attengono alla legge nella lettera ma ne violano lo spirito: le scappatoie giuridiche.
Sono molte le forme di pianificazione fiscale aggressiva; inoltre, fra le sue conseguenze, troviamo le doppie deduzioni (la stessa perdita, per esempio, si deduce sia nel paese d'origine che in quello di residenza) e la doppia non imposizione (il reddito non tassato nel paese dove è realizzato, per esempio, è esentasse anche nel paese di residenza).
La Commissione esorta quindi i paesi dell'UE a garantire che le convenzionisulla doppia imposizione stipulate con altri paesi UE ed extra-UE, prevedano una clausola progettata per risolvere un tipo di doppia non imposizione, specificamente individuato.
Raccomanda altresì l'utilizzo di una norma generale antiabuso per contribuire ad assicurare la coerenza e l'efficacia in un settore dove la pratica varia notevolmente da paese membro a paese membro.
In questo settore, vi sono molte altre proposte. È stata identificata, ad esempio, la vulnerabilità dell'attuale regime IVA alle frodi. La Commissione ha così deciso di istituire un forum UE sull'IVA nel quale i rappresentanti del mondo economico e le autorità tributarie possano scambiarsi opinioni sugli aspetti pratici dell'amministrazione dell'IVA applicabile alle transazioni fra i paesi UE. Inoltre, essi possono individuare e discutere le migliori pratiche, che potrebbero contribuire a linearizzare la gestione del regime IVA e a tagliare i costi di adeguamento alle normative, garantendo nel contempo anche il gettito IVA.
RIFERIMENTI
Atto
Entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Raccomandazione 2012/772/UE della Commissione
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Gazzetta ufficiale L 338 del 12.12.2012.
DOCUMENTI CORRELATI
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio: Piano d'azione per rafforzare la lotta alla frode fiscale e all'evasione fiscale [COM(2012)722 final - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
Proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2011/96/UE concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi [COM(2013)814 final - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
La direttiva sulle società madri e figlie (direttiva 2011/96/UE), in origine, era concepita per impedire che le società dello stesso gruppo con sede in paesi UE diversi vedessero il medesimo reddito tassato due volte (doppia imposizione). Talune società hanno tuttavia sfruttato le disposizioni della direttiva e le incongruenze fra le norme fiscali nazionali per evitare del tutto la tassazione in qualsiasi paese dell'UE (doppia non imposizione).
La modifica proposta inasprirà la direttiva, affinché gli specifici meccanismi di pianificazione fiscale (i finanziamenti ibridi) non possano più fruire di esenzioni fiscali. Secondo la proposta, se è fiscalmente deducibile nel paese UE dove ha sede la società figlia, il pagamento di un finanziamento ibrido deve essere tassato nel paese UE in cui è stabilita la società madre. Questo impedirà alle società che hanno filiali in più paesi UE di pianificare i pagamenti fra le filiali in paesi diversi, in modo da beneficiare della doppia non imposizione. | 4,904 | 365 |
Regolamento (CEE) n. 3037/90 del Consiglio, del 9 ottobre 1990, relativo alla classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee
Gazzetta ufficiale n. L 293 del 24/10/1990 pag. 0001 - 0026 edizione speciale finlandese: capitolo 2 tomo 7 pag. 0152 edizione speciale svedese/ capitolo 2 tomo 7 pag. 0152
REGOLAMENTO (CEE) N. 3037/90 DEL CONSIGLIOdel 9 ottobre 1990relativo alla classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europeeIL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100 A, vista la proposta della Commissione (1), in cooperazione con il Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che il funzionamento del mercato interno della Comunità richiede l'applicazione di norme statistiche per la raccolta, la trasmissione e la pubblicazione dei dati statistici nazionali e comunitari, al fine di mettere a disposizione delle imprese, delle istituzioni finanziarie, delle amministrazioni nazionali e di tutti gli altri operatori del mercato unico dati statistici attendibili e comparabili; considerando che tali informazioni sono necessarie alle imprese affinché esse possano valutare la propria competitività ed utili alle istituzioni comunitarie per prevenire alterazioni della concorrenza; considerando che solo se gli Stati membri faranno uso, per le attività economiche, di classificazioni connesse con la classificazione comunitaria sarà possibile fornire informazioni integrate con l'attendibilità, la rapidità, la flessibilità ed il grado di dettaglio necessari per la gestione del mercato interno; considerando che è opportuno prevedere che gli Stati membri possano, per soddisfare esigenze di carattere nazionale, mantenere o inserire nelle classificazioni nazionali suddivisioni supplementari basate sulla classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee; considerando che la compatibilità internazionale delle statistiche economiche implica che gli Stati membri e leistituzioni comunitarie utilizzino classificazioni delle attività economiche direttamente collegate con la «International Standard Industrial Classification» (ISIC) delle Nazioni Unite; considerando che l'utilizzazione della classificazione delle attività economiche nella Comunità richiede che la Commissione sia assistita dal comitato del programma statistico, istituito con la decisione 89/382/CEE, Euratom (4), per qualsiasi questione relativa all'applicazione del presente regolamento, segnatamente per quanto concerne l'interpretazione di tale classificazione, le modifiche minori da apportarvi, la formulazione e l'aggiornamento delle relative note esplicative e la definizione degli orientamenti per la classificazione delle unità statistiche conformemente a detta classificazione; considerando che è indispensabile che il contenuto delle categorie della classificazione delle attività economiche nelle Comunità europee sia interpretato in modo uniforme in tutti gli Stati membri; considerando che l'introduzione di una nuova classificazione richiede un periodo di transizione, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 11. Il presente regolamento ha lo scopo di stabilire una classificazione statistica comune delle attività economiche nella Comunità europea, che garantisca la comparabilità tra classificazioni nazionali e comunitarie e, pertanto, tra statistiche nazionali e comunitarie. 2. Il presente regolamento riguarda unicamente l'impiego di classificazioni per scopi statistici. 3. Il presente regolamento non contiene, di per sé, disposizioni che obbligano gli Stati membri a raccogliere, pubblicare o fornire dati e non concerne alcun obbligo relativo al carattere particolareggiato e al tipo di unità statistiche da utilizzare nelle indagini e nelle analisi statistiche. Articolo 21. È istituita una base comune per le classificazioni statistiche delle attività economiche nelle Comunità europee, qui di seguito denominata NACE (Rev. 1); essa comprende: - un primo livello costituito da voci contraddistinte da un codice alfabetico (sezioni); - un livello intermedio costituito da voci contraddistinte da un codice alfabetico a due caratteri (sottosezioni); - un secondo livello costituito da voci contraddistinte da un codice numerico a due cifre (divisioni); - un terzo livello costituito da voci contraddistinte da un codice numerico a tre cifre (gruppi); - un quarto livello costituito da voci contraddistinte da un codice numerico a quattro cifre (classi). 2. La NACE (Rev. 1) è allegata al presente regolamento. Articolo 31. La NACE (Rev. 1) è utilizzata dai servizi della Commissione per tutte le statistiche articolate per attività economiche. 2. Le statistiche articolate per attività economiche degli Stati membri saranno elaborate utilizzando la NACE (Rev. 1) o una classificazione nazionale che ne deriva, nell'osservanza delle seguenti regole: a) le classificazioni nazionali contengono livelli corrispondenti ai livelli della NACE (Rev. 1); ognuno dei livelli delle classificazioni nazionali è costituito o dalle stesse voci del corrispondente livello della NACE (Rev. 1) o da voci che costituiscono un'esatta scomposizione delle stesse; b)possono essere introdotti livelli supplementari; c)per ciascuno dei livelli, ad eccezione del livello più elevato, i dati aggregati coincidono esattamente con quelli corrispondenti del livello immediatamente superiore della NACE (Rev. 1); d)la codificazione può essere diversa. 3. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione, per approvazione e prima della pubblicazione, i progetti di testi che definiscono o modificano la loro classificazione nazionale. La Commissione verifica la conformità di questi progetti di testi con il paragrafo 2 del presente articolo. La Commissione trasmette agli Stati membri, per informazione, la classificazione nazionale da essa approvata. La pubblicazione degli Stati membri riporta la tabella di corrispondenza tra la classificazione nazionale e la NACE (Rev. 1). 4. Gli Stati membri che desiderano utilizzare una classificazione nazionale derivata dalla NACE (Rev. 1) adottano quanto prima e non oltre il 31 dicembre 1992 le misure necessarie per l'adozione di una classificazione nazionale in conformità del presente articolo. Articolo 4Oltre alle disposizioni di cui all'articolo 3, in caso d'incompatibilità tra talune voci della NACE (Rev. 1) e la struttura dell'economia nazionale, la Commissione può autorizzare uno Stato membro ad utilizzare, per settori specifici, un raggruppamento della NACE (Rev. 1) ad un livello specifico. Per ottenere tale autorizzazione, lo Stato membro interessato deve fornire alla Commissione ogni informazione necessaria che le consenta di valutare la sua richiesta. Tuttavia, nonostante le disposizioni dell'articolo 3, paragrafo 2, lettera a), tale autorizzazione non può consentire agli Stati membri di scomporre la voce aggregata in un modo diverso da quello previsto dalla NACE (Rev. 1). La Commissione, unitamente allo Stato membro interessato, procede al riesame periodico dell'applicazione delle presenti disposizioni, al fine di verificare se siano ancora giustificate. Articolo 5La Commissione adotta tutte le misure necessarie per verificare l'attuazione e la gestione della NACE (Rev. 1). Articolo 6La Commissione, su richiesta di uno Stato membro o su propria iniziativa e previa consultazione del comitato di cui all'articolo 7, adotta le disposizioni necessarie per garantire l'applicazione uniforme della NACE (Rev. 1). Articolo 7La Commissione è assistita dal comitato del programma statistico, in appresso denominato «comitato», composto di rappresentanti degli Stati membri e presieduto da un rappresentante della Commissione. Articolo 8Il comitato può esaminare tutte le questioni relative alla NACE (Rev. 1) sollevate dal proprio presidente, sia su iniziativa di questi, sia su richiesta del rappresentante di uno Stato membro, ed aventi per oggetto l'applicazione del presente regolamento, in particolare per quanto riguarda: a) l'interpretazione della NACE (Rev. 1); b) le modifiche minori da apportare alla NACE (Rev. 1): - per tenere conto dell'evoluzione tecnologica o economica, - per uniformare e chiarire i testi, - derivanti dalle modifiche apportate ad altre classificazioni economiche, in particolare dall'ISIC (Rev. 3); c)la preparazione e il coordinamento dei lavori di revisione della NACE (Rev. 1); d)la stesura e l'aggiornamento delle note esplicative relative alla NACE (Rev. 1); e)la definizione degli orientamenti per la classificazione delle unità statistiche conformemente alla NACE (Rev. 1); f)l'esame dei problemi connessi con l'applicazione della NACE (Rev. 1) nell'ambito delle classificazioni delle attività economiche degli Stati membri; g)i lavori per preparare, se del caso, una posizione comune in merito all'attività svolta da organizzazioni internazionali in materia di classificazioni delle attività economiche, in particolare per quanto riguarda la ISIC e le relative note esplicative. Le misure di cui alle lettere da a) a g) sono adottate secondo la procedura prevista all'articolo 9. Articolo 91. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il proprio parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione fissata nell'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto. 2. La Commissione adotta misure che sono immediatamente applicabili. Tuttavia, se tali misure non sono conformi al parere espresso dal comitato, la Commissione le comunica immediatamente al Consiglio. In tal caso la Commissione differisce di tre mesi, a decorrere dalla data di tale comunicazione, l'applicazione delle misure da essa decise. 3. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può prendere una decisione diversa entro il termine di cui al paragrafo 2. Articolo 101. Le statistiche raccolte dagli Stati membri dopo il 1° gennaio 1993, che contengono una classificazionearticolata per attività economiche, sono elaborate avvalendosi della NACE (Rev. 1) o di una classificazione nazionale che ne deriva, conformemente all'articolo 3. 2. Gli Stati membri utilizzano la NACE (Rev. 1) per trasmettere alla Commissione le statistiche raccolte dopo il 1° gennaio 1993, articolate per attività economiche. Articolo 111. È previsto un periodo di transizione che inizia il 1° gennaio 1993 e termina il 31 dicembre 1994. Durante tale periodo la Commissione può, per alcuni dati raccolti dopo il 1° gennaio 1993, autorizzare uno Stato membro, per motivi tecnici o operativi debitamente giustificati, ad utilizzare una classificazione diversa da quella di cui all'articolo 3. 2. La Commissione, su richiesta di uno Stato membro, può prorogare la durata del periodo di transizione. Articolo 121. In caso di trasmissione alla Commissione dei dati di cui all'articolo 11, gli Stati membri faranno in modo, su richiesta di quest'ultima, di trasmetterli adeguandoli alla NACE (Rev. 1). 2. Gli Stati membri forniscono alla Commissione (Eurostat) le necessarie informazioni sulle tavole di corrispondenza utilizzate per stabilire tali dati. La Commissione provvede a pubblicare tali tavole di corrispondenza. Articolo 13La Commissione pubblica la tavola di corrispondenza tra la NACE attuale e la NACE (Rev. 1) entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente regolamento. Articolo 14Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Lussemburgo, addì 9 ottobre 1990. Per il ConsiglioIl PresidenteP. ROMITA(1) GU n. C 58 dell'8. 3. 1990, pag. 25. (2) GU n. C 175 del 16. 7. 1990, pag. 84 e decisione del 12 settembre 1990 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (3) GU n. C 182 del 23. 7. 1990, pag. 1. (4) GU n. L 181 del 28. 6. 1989, pag. 47. ALLEGATO NACE (Rev. 1)>SPAZIO PER TABELLA> | Classificazione statistica delle attività economiche
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Esso definisce una classificazione delle attività economiche da utilizzare in tutta l’Unione europea per garantire che le statistiche raccolte siano comparabili. Il regolamento è stato modificato più volte. La modifica principale è rappresentata dal Regolamento (CE) n. 1893/2006 che definisce la NACE Revisione 2, attualmente applicata.
PUNTI CHIAVE
Il regolamento definisce una classificazione a quattro cifre delle attività economiche, comunemente nota come NACE*. Il regolamento nella sua forma originale si riferisce a NACE revisione 1. Tuttavia, la NACE Revisione 2 è in vigore dal 2008. La NACE, che fu introdotta per la prima volta nel 1970, è coerente con la classificazione delle attività delle Nazioni Unite ISIC (International Standard Industrial Classification of All Economic Activities). Ciò consente la comparazione di statistiche tra paesi e in diversi settori. La struttura alfanumerica di NACE è gerarchica e organizzata su quattro livelli, descritti in dettaglio nell’allegato al regolamento, come segue:voci contraddistinte da un codice alfabetico (sezioni), ad esempio sezione A: agricoltura, silvicoltura e pesca;voci identificate da un codice numerico a due cifre (divisioni); ad esempio divisione 01: produzioni vegetali e animali, caccia e servizi connessi e divisione 02: silvicoltura e utilizzo di aree forestali;voci identificate da un codice numerico a tre cifre (gruppi); ad esempio gruppo 01.2: coltivazione di colture permanentivoci identificate da un codice numerico a quattro cifre (classi); ad esempio gruppo 01.21: coltivazione di uva. Nel 2009, the Comitato del sistema statistico europeo ha sostituito il Comitato del programma statistico. Esso è responsabile dell’attuazione e della gestione della NACE e di garantirne l’applicazione in tutti gli Stati membri. È composto dai rappresentanti dei paesi dell’UE ed è presieduto dalla Commissione.
DA QUANDO VIENE APPLICATO IL REGOLAMENTO?
Il regolamento (CEE) n. 3037/90 si applica dal 13 novembre 1990.
Con l’adozione del regolamento (CE) n. 1893/2006 che modifica il regolamento (CEE) n. 3037/90, la NACE Revisione 2 viene applicata dal 1o gennaio 2008 in tutti i settori ad eccezione delle statistiche a breve termine e dell’indice del costo del lavoro al quale viene applicata dal 1o gennaio 2009.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si consulti:NACE Rev. 2 — Classificazione statistica delle attività economiche — panoramica (Eurostat). NACE Rev. 2 — Classificazione statistica delle attività economiche — pubblicazione (Eurostat).
TERMINI CHIAVE
NACE: abbreviazione del nome della classificazione delle attività economiche dell’UE, che ha origine dalla versione francese Nomenclature statistique des activités économiques.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 1893/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 2006 e che definisce la classificazione statistica delle attività economiche NACE Revisione 2 e modifica il regolamento del Consiglio (CEE) n. 3037/90 del Consiglio nonché alcuni regolamenti CE relativi a settori statistici specifici (GU L 393, del 30.12.2006, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1893/2006 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Regolamento del Consiglio (CEE) n. 3037/90 del 9 ottobre 1990 relativo alla classificazione statistica delle attività economiche nella Comunità europea (GU L 293, del 24.10.1990, pag. 1).
Si veda la versione consolidata. | 4,879 | 161 |
Regolamento (CE) n. 65/2004 della Commissione, del 14 gennaio 2004, che stabilisce un sistema per la determinazione e l'assegnazione di identificatori unici per gli organismi geneticamente modificati
Gazzetta ufficiale n. L 010 del 16/01/2004 pag. 0005 - 0010
Regolamento (CE) n. 65/2004 della Commissionedel 14 gennaio 2004che stabilisce un sistema per la determinazione e l'assegnazione di identificatori unici per gli organismi geneticamente modificatiLA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità europea,visto il regolamento (CE) n. 1830/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, concernente la tracciabilità e l'etichettatura di organismi geneticamente modificati e la tracciabilità di alimenti e mangimi ottenuti da organismi geneticamente modificati, nonché recante modifica della direttiva 2001/18/CE(1), in particolare l'articolo 8,considerando quanto segue:(1) Il regolamento (CE) n. 1830/2003 stabilisce un quadro normativo armonizzato per assicurare la tracciabilità degli organismi geneticamente modificati (di seguito "OGM") e degli alimenti e dei mangimi ottenuti da OGM, mediante la trasmissione e la conservazione, da parte degli operatori, delle pertinenti informazioni relative a tali prodotti in tutte le fasi della loro immissione in commercio.(2) In virtù di tale regolamento, ciascun operatore che immette in commercio prodotti contenenti OGM o costituiti da OGM è tenuto a includere tra le suddette informazioni l'identificatore unico assegnato ad ogni OGM per indicarne la presenza e contraddistinguere lo specifico evento di trasformazione oggetto dell'autorizzazione all'immissione in commercio di tale OGM.(3) Per garantire la coerenza a livello comunitario e internazionale, gli identificatori unici devono essere determinati utilizzando un particolare formato.(4) L'autorizzazione all'immissione in commercio di un determinato OGM rilasciata a norma della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001, sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio(2) o di altri atti normativi comunitari deve menzionare l'identificatore unico assegnato a tale OGM. Inoltre la persona che chiede l'autorizzazione deve assicurarsi che la domanda indichi il pertinente identificatore unico.(5) Nei casi in cui siano state concesse autorizzazioni all'immissione in commercio di OGM ai sensi della direttiva 90/220/CEE del Consiglio, del 23 aprile 1990, sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati(3) prima dell'entrata in vigore del presente regolamento, è necessario assicurare che, per ciascun OGM oggetto di tali autorizzazioni, sia stato o sia determinato, assegnato e opportunamente registrato un identificatore unico.(6) Per tenere conto degli sviluppi sopravvenuti nelle sedi internazionali e mantenere la necessaria coerenza, è opportuno fare riferimento ai formati degli identificatori unici definiti dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) e utilizzati per la banca dati OCSE dei prodotti biotecnologici (OECD BioTrack Product Database) e nell'ambito del centro di scambio delle informazioni sulla biosicurezza (Biosafety Clearing House) istituito dal protocollo di Cartagena sulla biosicurezza allegato alla convenzione sulla diversità biologica.(7) Ai fini della piena applicazione del regolamento (CE) n. 1830/2003, è essenziale che il presente regolamento si applichi con la massima urgenza.(8) Le disposizioni del presente regolamento sono conformi al parere del comitato istituito ai sensi dell'articolo 30 della direttiva 2001/18/CE,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:CAPO I AMBITO DI APPLICAZIONEArticolo 11. Il presente regolamento si applica agli organismi geneticamente modificati (di seguito "OGM"), che abbiano ottenuto l'autorizzazione all'immissione in commercio ai sensi della direttiva 2001/18/CE o di altra normativa comunitaria e alle domande di immissione in commercio presentate ai sensi di tale normativa.2. Il presente regolamento non si applica ai medicinali per uso umano e veterinario autorizzati a norma del regolamento (CEE) n. 2309/93, del Consiglio(4), né alle domande di autorizzazione presentate ai sensi di tale regolamento.CAPO II DOMANDE DI IMMISSIONE IN COMMERCIO DI OGMArticolo 21. Le domande di immissione in commercio di OGM devono contenere un identificatore unico per ciascun OGM cui si riferiscono.2. I richiedenti generano l'identificatore unico di ciascun OGM secondo i formati riportati in allegato, previa consultazione della banca dati OCSE dei prodotti biotecnologici e del centro di scambio delle informazioni sulla biosicurezza, al fine di accertare se sia già stato determinato un identificatore unico per l'OGM in questione secondo tali formati.Articolo 3Qualora sia concessa l'autorizzazione all'immissione in commercio di un OGM:a) l'autorizzazione deve specificare l'identificatore unico assegnato a tale OGM;b) la Commissione, a nome della Comunità, ovvero, a seconda dei casi, l'autorità competente che ha preso la decisione finale in merito alla domanda iniziale di immissione in commercio provvede affinché l'identificatore unico dell'OGM in questione sia comunicato il più presto possibile per iscritto al centro di scambio delle informazioni sulla biosicurezza;c) l'identificatore unico di ciascun OGM oggetto di autorizzazione è iscritto negli appositi registri della Commissione.CAPO III OGM PER I QUALI L'AUTORIZZAZIONE ALL'IMMISSIONE IN COMMERCIO SIA STATA RILASCIATA PRIMA DELL'ENTRATA IN VIGORE DEL PRESENTE REGOLAMENTOArticolo 41. Sono assegnati identificatori unici a tutti gli OGM che hanno ottenuto l'autorizzazione all'immissione in commercio ai sensi della direttiva 90/220/CEE prima dell'entrata in vigore del presente regolamento.2. I titolari delle relative autorizzazioni ovvero, a seconda dei casi, l'autorità competente che ha preso la decisione finale in merito alla domanda iniziale di immissione in commercio, consultano la banca dati OCSE dei prodotti biotecnologici e il centro di scambio delle informazioni sulla biosicurezza al fine di accertare se sia già stato determinato un identificatore unico per l'OGM in questione secondo i formati riportati in allegato.Articolo 51. Nei casi in cui, prima dell'entrata in vigore del presente regolamento, sia stata concessa l'autorizzazione all'immissione in commercio di un OGM per il quale è già stato determinato un identificatore unico secondo i formati riportati in allegato, si applicano i paragrafi 2, 3 e 4.2. Entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, il titolare dell'autorizzazione ovvero, a seconda dei casi, l'autorità competente che ha preso la decisione finale in merito alla domanda iniziale di immissione in commercio, comunica per iscritto alla Commissione:a) l'avvenuta determinazione dell'identificatore unico secondo i formati riportati in allegato;b) i dati relativi all'identificatore unico.3. L'identificatore unico di ciascun OGM oggetto di autorizzazione è iscritto negli appositi registri della Commissione.4. La Commissione, a nome della Comunità, ovvero, a seconda dei casi, l'autorità competente che ha preso la decisione finale in merito alla domanda iniziale di immissione in commercio provvede affinché l'identificatore unico dell'OGM in questione sia comunicato il più presto possibile per iscritto al centro di scambio delle informazioni sulla biosicurezza.Articolo 61. Nei casi in cui, prima dell'entrata in vigore del presente regolamento, sia stata concessa l'autorizzazione all'immissione in commercio di un OGM per il quale non è stato ancora determinato un identificatore unico secondo i formati riportati in allegato, si applicano i paragrafi 2, 3, 4 e 5.2. Il titolare dell'autorizzazione ovvero, a seconda dei casi, l'autorità competente che ha preso la decisione finale in merito alla domanda iniziale di immissione in commercio determina un identificatore unico per l'OGM in questione secondo i formati riportati in allegato.3. Entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, il titolare dell'autorizzazione comunica per iscritto i dati relativi all'identificatore unico all'autorità competente che ha rilasciato l'autorizzazione, la quale a sua volta trasmette immediatamente tali dati alla Commissione.4. L'identificatore unico di ciascun OGM oggetto di autorizzazione è iscritto negli appositi registri della Commissione.5. La Commissione, a nome della Comunità, ovvero, a seconda dei casi, l'autorità competente che ha preso la decisione finale in merito alla domanda iniziale di immissione in commercio provvede affinché l'identificatore unico dell'OGM in questione sia comunicato il più presto possibile per iscritto al centro di scambio delle informazioni sulla biosicurezza.CAPO IV DISPOSIZIONI FINALIArticolo 7Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, il 14 gennaio 2004.Per la CommissioneMargot WallströmMembro della Commissione(1) GU L 268 del 18.10.2003, pag. 24.(2) GU L 106 del 17.4.2001, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 1820/2003.(3) GU L 117 dell'8.5.1990, pag. 15. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2001/18/CE.(4) GU L 214 del 24.8.1993, pag. 1.ALLEGATOFORMATO DEGLI IDENTIFICATORI UNICIIl presente allegato definisce il formato degli identificatori unici per le piante (sezione A) e per i microrganismi e gli animali (sezione B).SEZIONE A1. formato generaleIl presente allegato descrive il formato da utilizzare per gli identificatori unici degli OGM che hanno ottenuto l'autorizzazione all'immissione in commercio o sono in attesa di autorizzazione ai sensi della normativa comunitaria. Tale formato è costituito da tre componenti, che constano di un determinato numero di caratteri alfanumerici, corrispondenti al richiedente/titolare dell'autorizzazione, all'evento di trasformazione e a un sistema di controllo.L'identificatore è composto complessivamente da 9 caratteri alfanumerici. La prima componente corrisponde al richiedente/titolare dell'autorizzazione e comprende 2 o 3 caratteri alfanumerici. La seconda componente corrisponde all'evento di trasformazione e comprende 5 o 6 caratteri alfanumerici. La terza componente serve a fini di controllo ed è costituita da un carattere numerico finale.Esempio di identificatore unico determinato utilizzando tale formato:>PIC FILE= "L_2004010IT.000802.TIF">oppure>PIC FILE= "L_2004010IT.000803.TIF">Di seguito sono fornite le indicazioni sulle modalità di determinazione delle tre diverse componenti dell'identificatore unico.2. Prima componente: richiedente/titolare dell'autorizzazioneI primi 2 o 3 caratteri alfanumerici indicano il richiedente/titolare dell'autorizzazione (ad esempio, le prime 2 o 3 lettere del nome dell'organizzazione richiedente/titolare dell'autorizzazione) e sono seguiti da un trattino, come nel seguente esempio:>PIC FILE= "L_2004010IT.000804.TIF">oppure>PIC FILE= "L_2004010IT.000805.TIF">È possibile che i richiedenti abbiano già ottenuto l'assegnazione di caratteri alfanumerici per indicare la loro identità, e che detti caratteri figurino nella tabella dei codici dei richiedenti della banca dati OCSE dei prodotti biotecnologici. In tal caso essi dovranno continuare ad utilizzare tali caratteri.I nuovi richiedenti non ancora identificati nella banca dati OCSE dei prodotti biotecnologici non possono utilizzare i codici già esistenti riportati nella tabella dei codici dei richiedenti, ma devono informare le autorità nazionali, che procederanno all'aggiornamento della banca dati mediante l'inserimento di un nuovo codice identificativo nella tabella.3. Seconda componente: evento di trasformazioneIl secondo gruppo di 5 o 6 caratteri alfanumerici rappresenta lo specifico evento (o gli specifici eventi) di trasformazione oggetto della domanda di immissione in commercio e/o dell'autorizzazione, come nell'esempio che segue:>PIC FILE= "L_2004010IT.000806.TIF">oppure>PIC FILE= "L_2004010IT.000807.TIF">È evidente che un singolo evento di trasformazione può avere luogo in diversi organismi, specie e varietà e che i caratteri devono essere rappresentativi dello specifico evento in questione. Ancora una volta, prima di generare gli identificatori unici i richiedenti dovranno consultare la banca dati OCSE dei prodotti biotecnologici per verificare gli identificatori unici assegnati ad eventi di trasformazione simili riguardanti lo stesso organismo o la stessa specie, in modo da assicurare la coerenza ed evitare duplicazioni.I richiedenti devono stabilire il proprio meccanismo interno per evitare di utilizzare la stessa designazione (ossia gli stessi caratteri) per un evento di trasformazione riguardante organismi differenti. Qualora due o più organizzazioni sviluppino eventi di trasformazione simili, le "informazioni relative al richiedente" (cfr. punto 2) devono consentire a ciascun richiedente di generare un identificatore unico per il proprio prodotto, assicurandone l'unicità rispetto agli identificatori generati da altri richiedenti.Con riferimento ai nuovi OGM che implicano più eventi di trasformazione ("gene stacking"), i richiedenti o i titolari delle autorizzazioni devono generare un nuovo identificatore unico.4. Terza componente: carattere di controlloL'ultimo carattere dell'identificatore unico serve a fini di controllo ed è separato dagli altri caratteri da un trattino, come nell'esempio che segue:>PIC FILE= "L_2004010IT.000901.TIF">oppure>PIC FILE= "L_2004010IT.000902.TIF">Il carattere di controllo è destinato a ridurre gli errori garantendo l'integrità del codice alfanumerico introdotto dagli utenti della banca dati.Di seguito è descritta la regola per il calcolo del carattere di controllo. Il carattere di controllo è composto da un unico carattere numerico (ossia un'unica cifra) ed è calcolato sommando i valori numerici di ciascuno dei caratteri alfanumerici dell'identificatore unico. Il valore numerico dei caratteri va da>PIC FILE= "L_2004010IT.000903.TIF">a 9 per i caratteri numerici da>PIC FILE= "L_2004010IT.000904.TIF">a 9, e da 1 a 26 per i caratteri alfabetici dalla A alla Z (cfr. punti 5 e 6). Qualora il totale sia un numero a più cifre, il carattere di controllo viene calcolato sommando più volte tali cifre tra loro secondo la stessa regola fino ad ottenere un valore composto da una sola cifra.Ad esempio, il carattere di controllo per il codice CED-AB891 è calcolato nel modo seguente:>SPAZIO PER TABELLA>Di conseguenza l'identificatore unico sarà: CED-AB891-6.5. Caratteri numerici da utilizzare nell'identificatore unico>PIC FILE= "L_2004010IT.000905.TIF">6. Caratteri alfabetici da utilizzare e relativi equivalenti numerici per il calcolo del carattere di controllo>PIC FILE= "L_2004010IT.001001.TIF">SEZIONE BLe disposizioni della sezione A del presente allegato si applicano ai microorganismi e agli animali, a meno che per i relativi identificatori unici non venga adottato a livello internazionale e approvato a livello comunitario un altro formato. | Organismi geneticamente modificati: identificatori unici
SINTESI
CHE COSA FA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento stabilisce un identificatore unico*, simile a un codice a barre, specifico per ogni organismo geneticamente modificato* (OGM) immesso sul mercato. Si tratta di un elemento chiave per la tracciabilità* e l’etichettatura di alimenti e mangimi ottenuti da OGM, volto a migliorare la scelta dei consumatori e a fornire garanzie per la salute e per l’ambiente.
PUNTI CHIAVE
Per garantire la coerenza con gli sviluppi nelle sedi internazionali, viene utilizzato il formato dell’identificatore unico utilizzato dalla banca dati dei prodotti biotecnologici dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico e dal centro di scambio delle informazioni sulla biosicurezza istituito dal protocollo di Cartagena sulla biosicurezza allegato alla convenzione sulla diversità biologica.
Per ogni nuova domanda di autorizzazione all’immissione sul mercato di un OGM, il richiedente deve consultare le banche dati per accertarsi se sia già stato determinato un identificatore unico per l’OGM in questione, prima di crearne uno secondo il formato prescritto.
Qualora sia concessa l’autorizzazione all’immissione in commercio di un OGM, la Commissione europea comunica al centro di scambio delle informazioni sulla biosicurezza l’identificatore unico, che verrà iscritto nel registro comunitario degli OGM autorizzati.
A tutti gli OGM autorizzati prima dell’entrata in vigore del regolamento sono stati assegnati identificatori unici in base allo stesso.
Il formato dell’identificatore unico è definito in allegato al regolamento ed è composto da nove caratteri alfanumerici. I primi due o tre caratteri alfanumerici rappresentano il nome della società o dell’organizzazione. La seconda componente di cinque o sei caratteri rappresenta l’evento di trasformazione* mentre la componente finale è un singolo carattere di controllo, separato da un trattino, ad esempio: MON-00603-1.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento si applica a decorrere dal 16 gennaio 2004.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si veda la pagina «Tracciabilità ed etichettatura» sul sito Internet della Commissione europea.
TERMINI CHIAVE
* Identificativo unico: un codice alfanumerico composto da nove caratteri, specifico di un OGM, che gli consente di essere facilmente identificato sull’etichetta di un prodotto.
* Organismi geneticamente modificati: piante o animali allevati per raggiungere una maggiore resa o resistere alle malattie, attraverso la modificazione del loro patrimonio cellulare e genetico.
* Tracciabilità : la capacità di rintracciare gli OGM e i prodotti ottenuti da OGM, in tutte le fasi della catena di produzione e di distribuzione, facilitando un’etichettatura precisa.
* Evento di trasformazione: un termine usato per differenziare geneticamente le varietà di colture e di altri organismi modificati (trasformati) attraverso l’ingegneria genetica.
ATTO
Regolamento (CE) n. 65/2004 della Commissione, del 14 gennaio 2004, che stabilisce un sistema per la determinazione e l’assegnazione di identificatori unici per gli organismi geneticamente modificati (GU L 10 del 16.1.2004, pagg. 5-10)
ATTI COLLEGATI
Regolamento (CE) n. 641/2004 della Commissione, del 6 aprile 2004, recante norme attuative del regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la domanda di autorizzazione di nuovi alimenti e mangimi geneticamente modificati, la notifica di prodotti preesistenti e la presenza accidentale o tecnicamente inevitabile di materiale geneticamente modificato che è stato oggetto di una valutazione del rischio favorevole (GU L 102 del 7.4.2004, pagg. 14-25).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 641/2004 della Commissione sono state integrate nel testo originario. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
Regolamento (CE) n. 1830/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, concernente la tracciabilità e l’etichettatura di organismi geneticamente modificati e la tracciabilità di alimenti e mangimi ottenuti da organismi geneticamente modificati, nonché recante modifica della direttiva 2001/18/CE (GU L 268 del 18.10.2003, pagg. 24-28). Si veda la versione consolidata. | 6,156 | 828 |
RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE
del 28 aprile 2010
relativa all'iniziativa di programmazione congiunta nel settore della ricerca «Un'alimentazione sana per una vita sana»
(2010/250/UE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 181, paragrafo 2,
considerando quanto segue:
(1)
La salute dei cittadini è essenziale per la crescita e la prosperità dell'Unione.
(2)
Nell'ultimo trentennio il sovrappeso e l'obesità hanno registrato una crescita spettacolare nella popolazione dell'Unione, in particolare tra i bambini.
(3)
Si riscontra una tendenza sempre più diffusa, nella popolazione dell'Unione, ad alimentarsi in modo scorretto e a fare poco esercizio fisico.
(4)
È in aumento l'incidenza di alcune patologie croniche, quali malattie cardiovascolari, ipertensione, diabete di tipo 2, ictus, determinati tipi di cancro, disturbi muscolo-scheletrici e addirittura una serie di disturbi mentali.
(5)
L'eliminazione dei fattori di rischio comuni connessi allo stile di vita, e in particolare all'alimentazione, consentirebbe di evitare l'80 % delle cardiopatie, degli ictus e dei casi di diabete di tipo 2, nonché il 40 % dei tumori.
(6)
Nella riunione del 3 dicembre 2009 il Consiglio Competitività ha identificato nella «Salute, dieta e prevenzione delle malattie legate all'alimentazione» (il titolo è stato successivamente modificato in «Un'alimentazione sana per una vita sana») un ambito in cui la programmazione congiunta offrirebbe un valore aggiunto significativo rispetto all’attuale frammentazione della ricerca negli Stati membri. Nelle sue conclusioni il Consiglio ha pertanto riconosciuto la necessità di avviare un’iniziativa di programmazione congiunta in questo settore e ha invitato la Commissione a contribuire alla sua preparazione. Il Consiglio ha altresì ribadito che la programmazione congiunta è un processo condotto dagli Stati membri, affiancati dalla Commissione in veste di facilitatore.
(7)
La programmazione congiunta della ricerca nel settore dell'alimentazione e della salute consentirebbe di coordinare gli studi sull'impatto dello stile di vita e dell'alimentazione sulla salute, contribuendo in misura significativa alla costruzione di uno Spazio europeo della ricerca pienamente operativo per la prevenzione delle malattie legate all'alimentazione e rafforzando il primato e la competitività delle attività di ricerca svolte in questo campo.
(8)
Per garantire l’efficacia dei loro sforzi congiunti nel settore dell'alimentazione e della salute, gli Stati membri dovrebbero definire e attuare un'agenda strategica di ricerca basata su un approccio comune in materia di prevenzione delle malattie legate all'alimentazione.
(9)
Ai fini di una gestione efficace degli interventi congiunti da attuare, è opportuno che gli Stati membri istituiscano una struttura di gestione comune incaricata di stabilire condizioni, regole e procedure comuni per la cooperazione e il coordinamento e di monitorare l’attuazione dell’agenda strategica di ricerca.
(10)
Per raggiungere gli obiettivi fissati dalla presente raccomandazione, è opportuno che gli Stati membri cooperino con la Commissione per individuare le iniziative che essa potrebbe attuare per assisterli nella definizione e nell’attuazione dell’agenda strategica di ricerca.
(11)
Per consentire alla Commissione di riferire in proposito al Parlamento europeo e al Consiglio, è opportuno che gli Stati membri trasmettano relazioni periodiche alla Commissione in merito ai progressi compiuti nella programmazione congiunta,
HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE:
1)
Gli Stati membri sono incoraggiati a sviluppare una visione comune su come la cooperazione e il coordinamento nel settore della ricerca a livello dell'Unione possono migliorare la prevenzione delle malattie legate all'alimentazione.
2)
Gli Stati membri sono incoraggiati a definire un’agenda strategica di ricerca che individui necessità e obiettivi di ricerca a medio e lungo termine in materia di prevenzione delle malattie legate all'alimentazione. L'agenda strategica di ricerca dovrebbe includere un piano di attuazione che definisca le priorità e la tempistica e specifichi le azioni, gli strumenti e le risorse necessarie per la sua attuazione.
3)
Gli Stati membri sono incoraggiati a includere nell'agenda strategica di ricerca e nel piano di attuazione le azioni seguenti:
a)
reperire e scambiare informazioni in merito ai programmi nazionali e alle attività di ricerca pertinenti;
b)
individuare i settori o le attività di ricerca che trarrebbero vantaggio dal coordinamento, da gare d'appalto congiunte o dalla messa in comune delle risorse;
c)
scambiare informazioni, risorse, buone pratiche, metodi e orientamenti, in particolare nell'ambito di studi di coorte e studi clinici;
d)
definire la procedura, compresi i criteri di qualità, per le attività di ricerca da realizzare congiuntamente nei settori di cui alla lettera b);
e)
condividere, quando opportuno, le infrastrutture di ricerca esistenti o sviluppare nuovi strumenti, quali banche dati coordinate, biobanche o modelli per l'estrapolazione di dati all'uomo;
f)
esportare e divulgare conoscenze, innovazioni e approcci interdisciplinari e garantire un utilizzo efficace dei risultati della ricerca al fine di migliorare la competitività e l'elaborazione delle politiche europee;
g)
incoraggiare e sostenere una stretta collaborazione tra settore pubblico e privato, nonché l'innovazione aperta tra i vari settori economici;
h)
mettere in rete i centri esistenti, in particolare quelli specializzati in scienza dei consumi, nutrizione e tecnologie di trasformazione.
4)
Gli Stati membri sono incoraggiati a istituire una struttura di gestione comune nel settore della prevenzione delle malattie legate all'alimentazione, incaricata di stabilire condizioni, regole e procedure comuni per la cooperazione e il coordinamento e di monitorare l’attuazione dell’agenda strategica di ricerca.
5)
Gli Stati membri sono incoraggiati ad attuare congiuntamente l'agenda strategica di ricerca, in particolare attraverso i rispettivi programmi di ricerca nazionali o altre attività di ricerca a livello nazionale.
6)
Gli Stati membri sono incoraggiati a collaborare con la Commissione per individuare le iniziative che essa potrebbe attuare per assisterli nella definizione e nell’attuazione dell’agenda strategica di ricerca e per coordinare i programmi congiunti con altre iniziative dell'Unione in questo settore.
7)
Gli Stati membri sono incoraggiati a riferire regolarmente alla Commissione in merito ai progressi compiuti nella presente iniziativa di programmazione congiunta.
Fatto a Bruxelles, il 28 aprile 2010.
Per la Commissione
Máire GEOGHEGAN-QUINN
Membro della Commissione | Un'alimentazione sana per una vita sana
Di fronte allo sviluppo dell'obesità nell'Unione europea (UE) e delle patologie ad essa collegate, la Commissione europea invita gli Stati membri ad adottare misure comuni per combattere questo fenomeno.
ATTO
Raccomandazione n. 2010/250/UE della Commissione, del 28 aprile 2010, relativa all'iniziativa di programmazione congiunta nel settore della ricerca «Un'alimentazione sana per una vita sana».
SINTESI
Attraverso la presente raccomandazione, la Commissione europea invita gli Stati membri a sviluppare e attuare una strategia comune nel settore della prevenzione delle malattie legate all'alimentazione.
Quali sono i rischi associati a una cattiva alimentazione ?
Il sovrappeso e l'obesità possono portare allo sviluppo di malattie quali:
malattie cardiovascolari;
ipertensione;
diabete di tipo 2;
ictus;
determinati tipi di cancro;
disturbi muscolo-scheletrici;
alcuni disturbi mentali.
Tuttavia, questi rischi potrebbero essere limitati se le persone adottassero comportamenti sani, soprattutto a livello di alimentazione. Infatti l'eliminazione dei fattori di rischio comuni connessi allo stile di vita consentirebbe di evitare circa l'80 % delle cardiopatie, degli ictus e dei casi di diabete di tipo 2, nonché il 40 % dei tumori.
Quali misure gli Stati membri sono esortati ad attuare ?
Per garantire che la ricerca nel campo delle malattie correlate all'alimentazione sia più efficace, la Commissione invita gli Stati membri a sviluppare e ad attuare un'agenda strategica di ricerca basata su un approccio comune in materia di prevenzione delle malattie legate all'alimentazione.
Tale agenda dovrebbe includere un piano di attuazione che definisca le priorità e la tempistica e specifichi le azioni, gli strumenti e le risorse necessarie per la sua attuazione.
In particolare, l'agenda strategica di ricerca e il piano di attuazione devono includere le seguenti azioni:
reperire e scambiare informazioni in merito ai programmi nazionali e alle attività di ricerca pertinenti;
individuare i settori o le attività di ricerca che trarrebbero vantaggio dal coordinamento, da gare d'appalto congiunte o dalla messa in comune delle risorse;
scambiare informazioni, risorse, buone pratiche, metodi e orientamenti, in particolare nell'ambito di studi di coorte e studi clinici;
esportare e divulgare conoscenze, innovazioni e approcci interdisciplinari;
mettere in rete i centri esistenti specializzati.
Gli Stati membri sono incoraggiati a istituire una struttura di gestione comune incaricata di stabilire condizioni, regole e procedure comuni per la cooperazione e il coordinamento. Essi sono altresì tenuti a monitorare l’attuazione dell'agenda strategica di ricerca.
Contesto
Il sovrappeso e l'obesità sono notevolmente aumentati tra i cittadini dell'Unione europea negli ultimi tre decenni. La tendenza sembra accentuarsi con il tempo. Il Consiglio «Competitività», riunitosi il 3 dicembre 2009, ha riconosciuto la necessità di avviare un'iniziativa di programmazione congiunta che sarà condotta dagli Stati membri e incoraggiata dalla Commissione. | 2,960 | 197 |
2000/604/CE: Decisione del Consiglio, del 29 settembre 2000, sulla composizione e lo statuto del Comitato di politica economica
Gazzetta ufficiale n. L 257 del 11/10/2000 pag. 0028 - 0031
Decisione del Consigliodel 29 settembre 2000sulla composizione e lo statuto del Comitato di politica economica(2000/604/CE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 209,visto il parere della Commissione,considerando quanto segue:(1) Il comitato di politica economica (in prosieguo: "il comitato") è stato istituito con la decisione 74/122/CEE del Consiglio(1).(2) Tale comitato ha esercitato tutte le funzioni sinora attribuite al comitato per la politica di congiuntura istituito con decisione del Consiglio del 9 marzo 1960 relativa al coordinamento delle politiche della congiuntura degli Stati membri(2), al comitato per la politica di bilancio istituito con decisione del Consiglio dell'8 maggio 1964 relativa alla collaborazione tra i servizi competenti delle amministrazioni degli Stati membri nel settore della politica di bilancio(3), nonché al comitato di politica economica a medio termine istituito con decisione del Consiglio del 15 aprile 1964 relativa alla creazione di un comitato di politica economica a medio termine(4).(3) Il comitato è previsto dall'articolo 272 del trattato.(4) Lo statuto del comitato dovrebbe rispecchiare il nuovo quadro istituzionale creato dall'ingresso nella terza fase dell'unione economica e monetaria. Sembra opportuno mantenere la struttura di base del comitato apportando al contempo le modifiche necessarie per migliorarne il funzionamento e descriverne i compiti con maggiore precisione.(5) I compiti assegnati al comitato non pregiudicano il diritto della Commissione di formulare raccomandazioni o esprimere pareri su materie contemplate dal trattato.(6) L'introduzione dell'euro aumenta la necessità di uno stretto coordinamento delle politiche economiche e di una convergenza duratura dei risultati economici degli Stati membri. Secondo la risoluzione del Consiglio europeo del 13 dicembre 1997 sul coordinamento delle politiche economiche nella terza fase dell'unione economica e monetaria(5), un coordinamento rafforzato delle politiche economiche dovrebbe includere la sorveglianza rigorosa degli sviluppi macroeconomici negli Stati membri e delle politiche strutturali degli Stati membri nei mercati del lavoro, dei beni e dei servizi, nonché delle tendenze dei costi e dei prezzi, soprattutto laddove influiscono sulle possibilità di conseguire una crescita sostenibile e non inflazionistica e la creazione di posti di lavoro.(7) Gli indirizzi di massima per le politiche economiche e la procedura di sorveglianza multilaterale previsti dall'articolo 99 del trattato sono al centro del coordinamento della politica economica. Fatti salvi i compiti del comitato economico e finanziario, il comitato dovrebbe fornire sostegno alla formulazione degli indirizzi e contribuire alla procedura di sorveglianza multilaterale nei settori indicati nella presente decisione.(8) Il Consiglio europeo di Cardiff del 16 giugno 1998 ha accolto positivamente la decisione del Consiglio Ecofin e dei ministri riuniti in tale Consiglio il 1o maggio 1998(6) di definire una procedura snella che rispetti pienamente il principio di sussidiarietà per controllare i progressi della riforma economica.(9) La risoluzione del Consiglio europeo del 3 e 4 giugno 1999 ha avviato un processo di dialogo macroeconomico a livello comunitario. Tale dialogo macroeconomico mira al miglioramento dell'interazione tra evoluzione salariale e politiche macroeconomiche. Il Consiglio europeo ha concluso che il dialogo macroeconomico a livello tecnico dovrebbe svolgersi in seno ad un gruppo di lavoro istituito nell'ambito del comitato in collaborazione con il comitato per l'occupazione ed il mercato del lavoro, con la partecipazione di rappresentanti di entrambi i comitati (compresa la Banca centrale europea), della Commissione e del Gruppo macroeconomico del dialogo sociale. Il comitato dovrebbe in particolare organizzare i contributi dei rappresentanti dei governi al dialogo a questo livello.(10) La risoluzione del Consiglio europeo del 16 giugno 1997, sulla crescita e l'occupazione(7), ha esortato ad un migliore coordinamento delle politiche economiche per integrare la procedura prevista nel nuovo titolo del trattato sull'occupazione e ha chiesto che il comitato per l'occupazione collabori strettamente con il comitato.(11) Il trattato prevede l'istituzione di un comitato economico e finanziario. I compiti del comitato economico e finanziario sono stabiliti nell'articolo 114, paragrafo 2, del trattato. Lo statuto del comitato economico e finanziario è stato adottato con decisione del Consiglio del 31 dicembre 1998(8). Il comitato dovrebbe lavorare in stretta cooperazione con il comitato economico e finanziario quando assiste il Consiglio.(12) Il trattato prevede l'istituzione di un comitato per l'occupazione. È parimenti richiesta una stretta cooperazione con il comitato.(13) La descrizione dei compiti del CPE lascia impregiudicata l'eventuale futura normativa di diritto derivato relativa alla procedura di sorveglianza multilaterale di cui all'articolo 99, paragrafo 5, del trattato.(14) Gli Stati membri, la Commissione e la Banca centrale europea dovrebbero essere adeguatamente rappresentati in sede di CPE e dovrebbero nominare ciascuno quattro membri.(15) I membri del CPE dovrebbero essere nominati a titolo personale e guidati, nell'esercizio delle loro funzioni, dagli interessi generali della Comunità.(16) Il presidente del CPE dovrebbe essere eletto per un periodo di due anni. Di norma, tale mandato non dovrebbe essere rinnovabile, ma dovrebbe poter essere prorogato in assenza di altre candidature alla presidenza.(17) La nomina a membri del CPE di funzionari della Banca centrale europea e delle banche centrali nazionali è effettuata fatto salvo il disposto dell'articolo 108 del trattato,DECIDE:Articolo 1È adottato lo statuto del comitato di politica economica di cui all'articolo 272 del trattato (il "comitato").Il testo dello statuto figura nell'allegato.Articolo 2La decisione 74/122/CEE è abrogata.Articolo 3La presente decisione ha efficacia il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.Fatto a Bruxelles, addì 29 settembre 2000.Per il ConsiglioIl PresidenteL. Fabius(1) GU L 63 del 5.3.1974, pag. 21.(2) GU 31 del 9.5.1960, pag. 764/60.(3) GU 77 del 21.5.1964, pag. 1205/64.(4) GU 64 del 22.4.1964, pag. 1031/64.(5) GU C 35 del 2.2.1998, pag. 1.(6) GU L 139 dell'11.5.1998, pag. 28.(7) GU C 236 del 2.8.1997, pag. 3.(8) GU L 5 del 9.1.1999, pag. 71.ALLEGATOStatuto del comitato di politica economicaPARTE ICOMPITI DEL COMITATOArticolo 11. Fatti salvi gli articoli 114 e 207 del trattato, il comitato di politica economica, (in appresso "il comitato"), contribuisce alla preparazione dei lavori del Consiglio in materia di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri e della Comunità e assiste la Commissione e il Consiglio.2. Il comitato contribuisce alla preparazione dei lavori del Consiglio fornendo analisi economiche, pareri sulle metodologie e progetti di formulazione di raccomandazioni politiche, con particolare riferimento alle politiche strutturali per il miglioramento del potenziale di crescita e dell'occupazione nella Comunità. In questo contesto esso si occupa in particolare:- del funzionamento dei mercati dei beni, dei capitali, dei servizi e del lavoro, ivi compresa l'evoluzione dei salari, della produttività, dell'occupazione e della competitività,- del ruolo e dell'efficienza del settore pubblico e della sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche,- delle implicazioni sul piano generale di politiche specifiche quali quelle dell'ambiente, della ricerca e sviluppo e della coesione sociale.3. Nei settori summenzionati, il comitato, fatti salvi gli articoli 114 e 207 del trattato, fornisce sostegno ai lavori del Consiglio, in particolare per quanto riguarda la formulazione degli indirizzi di massima per le politiche economiche e contribuisce alla procedura di sorveglianza multilaterale di cui all'articolo 99, paragrafo 3, del trattato. In questo ambito, il comitato effettua revisioni periodiche per paese incentrate in particolare sulle riforme strutturali negli Stati membri.4. Fatti salvi gli articoli 130 e 207 del trattato, il comitato contribuisce ai lavori del Consiglio che si riferiscono al titolo "Occupazione" del trattato.5. Il comitato assiste il comitato economico e finanziario in particolare nel compito di seguire regolarmente l'evoluzione macroeconomica a breve e a medio termine negli Stati membri e nella Comunità, fornendo analisi e pareri principalmente su problemi metodologici riguardanti l'interazione tra politiche strutturali e politiche macroeconomiche e l'evoluzione dei salari negli Stati membri e nella Comunità.6. Il comitato costituisce il quadro in cui ha luogo, a livello tecnico, il dialogo macroeconomico tra rappresentanti del comitato (compresa la Banca centrale europea), il comitato economico e finanziario, il comitato per l'occupazione, la Commissione e le parti sociali.7. Il comitato è consultato dalla Commissione in merito al tasso massimo di aumento delle spese non obbligatorie del bilancio generale dell'Unione europea, come previsto dall'articolo 272 del trattato.Articolo 2Il comitato formula pareri su richiesta del Consiglio, della Commissione o del comitato economico e finanziario, oppure di propria iniziativa.Articolo 3Nell'adempimento dei suoi compiti il comitato opera in stretto rapporto con il comitato economico e finanziario quando riferisce al Consiglio. Nel contribuire alla preparazione degli indirizzi di massima per le politiche economiche, il comitato riferisce al comitato economico e finanziario. Esso coordina i suoi lavori con il comitato per l'occupazione e altri comitati e gruppi di lavoro per preparare i lavori del Consiglio nei settori di competenza di tali comitati e gruppi.PARTE IICOMPOSIZIONEArticolo 41. Gli Stati membri, la Commissione e la Banca centrale europea nominano ciascuno 4 membri del comitato.2. I membri del comitato sono scelti tra funzionari di alto livello e di comprovata esperienza in materia di formulazione della politica economica e strutturale.Articolo 5Nello svolgimento delle loro funzioni, i membri del comitato sono guidati dagli interessi generali della Comunità.PARTE IIIPRESIDENTE E SEGRETARIATOArticolo 61. Il comitato elegge tra i suoi membri, a maggioranza dei medesimi, un presidente e fino a tre vicepresidenti per un periodo di due anni. Di norma, il mandato non è rinnovabile.2. Il presidente delega il suo diritto di voto ad un altro membro della sua delegazione.Articolo 7In caso di impedimento nello svolgimento delle sue funzioni, il presidente è sostituito da uno dei vicepresidenti del comitato.Articolo 81. Il comitato è assistito da un segretariato diretto da un segretario. Il segretario e il personale del segretariato necessario per svolgere i compiti del segretariato sono forniti dalla Commissione. Il segretario è nominato dalla Commissione previa consultazione del comitato. Il segretario e il personale del segretariato agiscono su istruzioni del comitato quando esplicano le loro funzioni per il comitato.2. Le spese del comitato sono comprese nelle previsioni della Commissione.PARTE IVPROCEDURAArticolo 9Ove si richieda una votazione, i pareri o le relazioni sono adottati alla maggioranza dei membri. Ciascun membro del comitato dispone di un voto. Tuttavia, in caso di pareri od opinioni su questioni per le quali il Consiglio può in seguito adottare una decisione, i membri delle banche centrali e la Commissione possono partecipare pienamente alle discussioni, ma non prendono parte alla votazione. Il comitato riferisce altresì in merito a opinioni dissenzienti o minoritarie espresse nel corso dei lavori.Articolo 10Di norma soltanto i membri possono prendere la parola durante le riunioni del comitato. In circostanze eccezionali il presidente può approvare disposizioni alternative.Articolo 11Il comitato può affidare l'esame di questioni specifiche a sottocomitati o a gruppi di lavoro. In tal caso la presidenza di tali gruppi è assunta da un membro del comitato, nominato dal comitato stesso.Articolo 12Il comitato, i sottocomitati e i gruppi di lavoro possono farsi assistere da esperti.Articolo 13Il comitato è convocato dal presidente per iniziativa propria o a richiesta del Consiglio, della Commissione o di almeno cinque membri del comitato.Articolo 141. Di norma il presidente rappresenta il comitato. In particolare il presidente può essere autorizzato dal comitato a riferire sui lavori e a rilasciare osservazioni orali su pareri e comunicazioni preparati dal comitato.2. Spetta al presidente del comitato mantenere i rapporti del comitato con il Parlamento europeo che, ove opportuno, è informato dei lavori del comitato.Articolo 151. Salvo decisione diversa, i lavori del comitato sono coperti dal segreto d'ufficio. Ciò vale anche per i lavori dei sottocomitati e gruppi di lavoro.2. Le relazioni o i pareri elaborati dal comitato sono resi disponibili al pubblico dopo essere stati trasmessi ai destinatari, a meno che non esistano motivi imperativi per mantenerli segreti.Articolo 16Il comitato adotta il proprio regolamento interno. | Il Comitato di politica economica dell’Unione europea
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Conferma i compiti, la composizione, l’organizzazione e il funzionamento del Comitato economico e politico dell’Unione europea (UE), un comitato creato nel 1974.
Questa decisione ha fatto seguito all’entrata dell’UE nella fase finale dell’unione economica e monetaria, quando i tassi di cambio sono stati fissati irrevocabilmente ed è stata introdotta la moneta unica, l’euro, sui mercati dei cambi e per i pagamenti elettronici.
È stata poi modificata nel 2003 per tener conto dell’allargamento dell’UE previsto nel 2004.
PUNTI CHIAVE
Il lavoro del comitato
Il comitato è stato istituito per:
contribuire al lavoro del Consiglio (e in particolare quello dei ministri dell’economia e degli affari economici dell’Unione europea, Ecofin) sul coordinamento delle politiche economiche e dei bilanci dell’UE e dei suoi paesi;
assistere la Commissione europea;
preparare una parte del lavoro dell’Eurogruppo.
Il comitato:
svolge analisi economiche;
fornisce pareri sulle metodologie;
prepara il lavoro del Consiglio sul semestre europeo, tra cui la formulazione di raccomandazioni politiche nei confronti dei paesi dell’UE sulla base di progetti della Commissione;
formula raccomandazioni politiche, come gli orientamenti di massima per le politiche economiche, destinati a favorire la creazione di posti di lavoro e il potenziale di crescita dell’UE;
contribuisce alla sorveglianza multilaterale delle politiche economiche nazionali attraverso una revisione regolare delle riforme strutturali dei paesi dell’UE;
fornisce pareri politici in merito alla parte del piano di investimenti per l’Europa che mira ad eliminare gli ostacoli normativi agli investimenti sia a livello nazionale che a livello UE.
In particolare, il comitato si concentra sui seguenti aspetti:
il funzionamento dei mercati dei beni, dei capitali, dei servizi e del lavoro dell’UE, compresi gli sviluppi in merito a salari, produttività, occupazione e competitività ;
il ruolo e l’efficienza del settore pubblico e la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche;
le implicazioni economiche di determinate politiche, come quelle relative all’ambiente, alla ricerca e sviluppo e alla coesione sociale.
Il comitato sostiene il lavoro del Comitato economico e finanziario. Ciò comporta, tra l’altro, il monitoraggio degli sviluppi macroeconomici a breve e medio termine sia a livello dell’UE che a livello nazionale. Fornisce analisi e pareri sull’interazione tra le politiche strutturali e macroeconomiche e sull’evoluzione dei salari.
Funge anche da forum per le discussioni macroeconomiche tecniche con la Banca centrale europea (BCE), il Comitato economico e finanziario, il Comitato per l’occupazione, la Commissione e le parti sociali.
Composizione e funzionamento
Ci sono due rappresentanti per ciascun paese dell’UE e due ciascuno dalla Commissione e dalla BCE.
Quando il comitato si riunisce nella sua forma «Eurogruppo», comprende i rappresentanti della Commissione, della BCE e di quei paesi la cui moneta è l’euro.
Il presidente viene eletto ogni due anni e il lavoro del comitato è supportato da un segretariato.
Le riunioni sono riservate, ma le relazioni e i pareri sono in linea di principio accessibili al pubblico.
Qualora i pareri o le relazioni del comitato siano sottoposti a votazione, devono essere adottati dalla maggioranza dei membri. Il comitato deve segnalare anche le opinioni dissenzienti o minoritarie espresse nel corso dei lavori.
Se le relazioni riguardano questioni su cui il Consiglio potrà successivamente prendere una decisione, i membri delle banche centrali e della Commissione non possono partecipare alla votazione.
Il comitato ha istituito diversi gruppi di lavoro che esaminano questioni specifiche:
invecchiamento demografico e sostenibilità ,
metodologia di valutazione delle riforme strutturali,
margini di potenziale produttivo,
energia e cambiamenti climatici.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
Si applica a partire dal 12 ottobre 2000.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:
«Il CPE» sul sito Internet dell’Unione europea.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2000/604/CE del Consiglio, del 29 settembre 2000, sulla composizione e lo statuto del Comitato di politica economica (GU L 257 dell’11.10.2000, pag. 28-31)
Le modifiche successive alla decisione 2000/604/CE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale. | 5,467 | 1,015 |
DECISIONE (UE) 2018/402 DELLA COMMISSIONE
del 13 marzo 2018
che istituisce il gruppo consultivo europeo dell'Autorità europea del lavoro
(Testo rilevante ai fini del SEE e per la Svizzera)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare gli articoli 46 e 48, l'articolo 53, paragrafo 1, l'articolo 62 e l'articolo 91, paragrafo 1,
considerando quanto segue:
(1)
Nel discorso sullo stato dell'Unione del 2017 (1), il presidente della Commissione europea Juncker ha proposto l'istituzione di un'«Autorità europea del lavoro» destinata a rafforzare l'equità nel mercato interno e a garantire un'applicazione equa, semplice ed efficace delle norme dell'UE sulla mobilità dei lavoratori.
(2)
Il 13 marzo 2018 la Commissione ha proposto di istituire l'Autorità europea del lavoro (2) chiamata ad assistere gli Stati membri e la Commissione nel facilitare l'accesso dei lavoratori e dei datori di lavoro alle informazioni circa i loro diritti e doveri e ai pertinenti servizi in situazioni di mobilità transfrontaliera dei lavoratori, a sostenere la collaborazione tra gli Stati membri nell'applicazione transfrontaliera del pertinente diritto dell'Unione nonché a mediare e favorire la soluzione di controversie transfrontaliere o perturbazioni del mercato del lavoro.
(3)
È opportuno istituire un gruppo consultivo che fornisca consulenza e assistenza alla Commissione sulla rapida istituzione e sul futuro funzionamento dell'Autorità europea del lavoro; è opportuno che tale gruppo sia denominato «gruppo consultivo europeo dell'Autorità europea del lavoro» (di seguito «il gruppo»). Sebbene non coinvolto nel processo legislativo di adozione della proposta di regolamento che istituisce l'Autorità europea del lavoro, il gruppo dovrebbe contribuire a porre le basi per l'istituzione di quest'ultima.
(4)
Il gruppo dovrebbe in particolare rendere possibile lo scambio delle migliori pratiche ed esperienze di cooperazione nei settori della mobilità transfrontaliera dei lavoratori e del coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, che l'Autorità europea del lavoro potrebbe ulteriormente sviluppare, nonché l'esame di questioni di carattere generale, di questioni di principio e di problemi di ordine pratico derivanti dall'attuazione del pertinente diritto dell'Unione. Il gruppo dovrebbe anche concorrere a individuare gli strumenti che consentano agli attuali organismi pertinenti, comprese le agenzie dell'UE, di cooperare e contribuire all'istituzione e al buon funzionamento dell'Autorità europea del lavoro.
(5)
È opportuno che il gruppo sia presieduto dalla Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione) e composto da rappresentanti ad alto livello delle autorità degli Stati membri, delle parti sociali a livello dell'Unione, della Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (Eurofound), del Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale (Cedefop), della Fondazione europea per la formazione (ETF) e dell'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA). Le parti sociali a livello dell'Unione dovrebbero rappresentare su base paritetica i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro.
(6)
Agli Stati dell'Associazione europea di libero scambio (EFTA) e all'Agenzia dell'Unione europea per la cooperazione nell'attività di contrasto (Europol) dovrebbe essere concesso lo status di osservatori.
(7)
Il gruppo dovrebbe collaborare con gli organismi esistenti nel campo della mobilità dei lavoratori e del coordinamento dei sistemi della sicurezza sociale.
(8)
È opportuno stabilire disposizioni sulla divulgazione delle informazioni da parte dei membri e degli osservatori del gruppo.
(9)
I dati personali dovrebbero essere trattati in conformità del regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (3).
(10)
La presente decisione si applica fino all'istituzione dell'Autorità europea del lavoro,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Oggetto
È istituito il gruppo consultivo europeo dell'Autorità europea del lavoro (di seguito «il gruppo»).
Articolo 2
Compiti
Il gruppo fornisce consulenza e assistenza alla Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione) sulla rapida istituzione e sul futuro funzionamento dell'Autorità europea del lavoro.
Il gruppo svolge, in particolare, i seguenti compiti:
a)
favorisce la cooperazione tra le autorità nazionali e le parti interessate e fornisce consulenza alla Commissione sulla rapida istituzione e sul futuro funzionamento operativo dell'Agenzia europea del lavoro;
b)
esamina le questioni generali, le questioni di principio e i problemi di ordine pratico derivanti dall'attuazione della normativa dell'Unione sulla mobilità transfrontaliera dei lavoratori e sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale come pure le loro conseguenze sulle attività dell'Autorità europea del lavoro;
c)
discute e individua le migliori pratiche ed esempi di cooperazione proficua nel settore della mobilità transfrontaliera dei lavoratori e del coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale al fine di sviluppare le attività dell'Autorità europea del lavoro;
d)
individua le modalità di cooperazione e il contributo degli organismi esistenti, comprese le agenzie decentralizzate dell'UE, finalizzati all'istituzione e al buon funzionamento dell'Autorità europea del lavoro.
Articolo 3
Composizione
1. Il gruppo è composto da:
—
un rappresentante di ciascuno Stato membro;
—
sei rappresentanti delle parti sociali a livello dell'Unione che rappresentano su base paritetica i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro;
—
un rappresentante di ciascuna agenzia dell'UE nel settore dell'occupazione e degli affari sociali.
2. I membri nominano i propri rappresentanti ad alto livello e sono responsabili di garantire un loro elevato livello di competenza.
3. I rappresentanti sono nominati entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente decisione. Essi possono farsi accompagnare da esperti.
4. I membri che non sono più in grado di contribuire efficacemente alle deliberazioni del gruppo di esperti e che, secondo il parere della Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione), non soddisfano le condizioni di cui all'articolo 339 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea o che presentano le dimissioni, non sono più invitati a partecipare alle riunioni del gruppo e possono essere sostituiti per la restante durata del mandato.
Articolo 4
Presidente
Il gruppo è presieduto da un rappresentante della Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione).
Articolo 5
Funzionamento
1. Il gruppo opera su richiesta della Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione) in conformità delle regole orizzontali (4).
2. Il gruppo si riunisce almeno tre volte l'anno. Le riunioni del gruppo si svolgono, di norma, nei locali della Commissione.
3. La Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione) assicura i servizi di segreteria. I funzionari di altri servizi della Commissione interessati ai lavori possono partecipare alle riunioni del gruppo.
4. D'intesa con la Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione) il gruppo può decidere, a maggioranza semplice dei membri, di rendere pubbliche le deliberazioni.
5. Il verbale delle discussioni relative a ciascuno dei punti all'ordine del giorno e dei pareri espressi dal gruppo è informativo e completo. Il verbale è redatto dal segretariato sotto la responsabilità del presidente.
6. Il gruppo adotta i pareri, le raccomandazioni o le relazioni per consenso.
7. La partecipazione di esperti del Parlamento europeo ai lavori del gruppo è disciplinata dal punto 15 e dall'allegato I dell'accordo quadro sulle relazioni tra il Parlamento europeo e la Commissione europea (5).
Articolo 6
Esperti invitati
All'occorrenza la Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione) può invitare a partecipare ai lavori del gruppo esperti esterni con competenze specifiche su un argomento all'ordine del giorno.
Articolo 7
Osservatori
1. Agli Stati dell'Associazione europea di libero scambio (EFTA) e all'Agenzia dell'Unione europea per la cooperazione nell'attività di contrasto (Europol) è concesso lo status di osservatori, in conformità delle regole orizzontali, su invito diretto.
2. Gli osservatori nominano i propri rappresentanti.
3. I rappresentanti degli osservatori possono essere autorizzati dal presidente a partecipare alle discussioni del gruppo e a fornire consulenza. Essi non partecipano tuttavia alla formulazione delle raccomandazioni o dei pareri del gruppo.
Articolo 8
Regolamento interno
Su proposta dalla Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione), e di concerto con essa, il gruppo adotta a maggioranza semplice dei suoi membri il proprio regolamento interno basandosi sul modello di regolamento interno dei gruppi di esperti, in conformità delle regole orizzontali.
Articolo 9
Segreto professionale e trattamento delle informazioni classificate
I membri del gruppo e i loro rappresentanti, così come gli esperti invitati e gli osservatori, sono soggetti all'obbligo del segreto professionale che, in virtù dei trattati e delle relative norme di attuazione, si applicano a tutti i membri delle istituzioni e al loro personale, nonché al rispetto delle norme della Commissione in materia di sicurezza riguardanti la protezione delle informazioni classificate dell'Unione, previste dalle decisioni della Commissione (UE, Euratom) 2015/443 (6) e (UE, Euratom) 2015/444 (7). In caso di mancato rispetto di tali obblighi la Commissione può prendere tutti i provvedimenti del caso.
Articolo 10
Trasparenza
1. Il gruppo è iscritto nel registro dei gruppi di esperti della Commissione e di altri organismi analoghi («registro dei gruppi di esperti»).
2. Per quanto riguarda la composizione del gruppo, nel registro dei gruppi di esperti sono pubblicate le informazioni seguenti:
a)
il nome degli Stati membri;
b)
il nome delle parti sociali; gli interessi rappresentati;
c)
il nome delle agenzie nel settore dell'occupazione e degli affari sociali;
d)
il nome degli osservatori, compreso il nome dei paesi terzi.
3. Tutti i documenti pertinenti (quali ordini del giorno, verbali e contributi dei partecipanti) sono resi pubblici tramite il registro dei gruppi di esperti o tramite un link dal registro ad un apposito sito web dove tali informazioni sono reperibili. L'accesso a questi siti web non è subordinato alla registrazione dell'utente né ad altre restrizioni. In particolare, la pubblicazione dell'ordine del giorno e degli altri documenti di riferimento pertinenti avviene a tempo debito prima della riunione ed è seguita dalla pubblicazione tempestiva dei verbali. Sono previste deroghe alla pubblicazione soltanto qualora si ritenga che la divulgazione di un documento possa compromettere la tutela di un interesse pubblico o privato quale definito all'articolo 4 del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (8).
Articolo 11
Spese di riunione
1. I partecipanti alle attività del gruppo non sono remunerati per i servizi prestati.
2. La Commissione rimborsa le spese di viaggio e di soggiorno sostenute dai partecipanti alle attività del gruppo. I rimborsi sono effettuati in conformità delle disposizioni vigenti applicate all'interno della Commissione e nei limiti degli stanziamenti disponibili assegnati ai servizi della Commissione nel quadro della procedura annuale di assegnazione delle risorse.
Articolo 12
Applicabilità
La presente decisione entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Essa si applica fino all'istituzione dell'Autorità europea del lavoro.
Fatto a Strasburgo, il 13 marzo 2018
Per la Commissione
Il presidente
Jean-Claude JUNCKER
(1) Il discorso sullo stato dell'Unione 2017 è disponibile al seguente indirizzo: https://ec.europa.eu/commission/state-union-2017_it.
(2) COM(2018)131.
(3) Regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1).
(4) C(2016) 3301, articolo 13, paragrafo 1.
(5) GU L 304 del 20.11.2010, pag. 47.
(6) Decisione (UE, Euratom) 2015/443 della Commissione, del 13 marzo 2015, sulla sicurezza nella Commissione (GU L 72 del 17.3.2015, pag. 41).
(7) Decisione (UE, Euratom) 2015/444 della Commissione, del 13 marzo 2015, sulle norme di sicurezza per proteggere le informazioni classificate UE (GU L 72 del 17.3.2015, pag. 53).
(8) Regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43). | Istituzione del gruppo consultivo europeo dell’Autorità europea del lavoro
QUAL È LO SCOPO DI QUESTA DECISIONE?
Essa istituisce il gruppo consultivo europeo responsabile di fornire consulenza e assistenza alla Commissione europea sull’istituzione e sul funzionamento dell’Autorità europea del lavoro (ELA).
PUNTI CHIAVE
Il 13 marzo 2018 la Commissione ha presentato una proposta per istituire l’ELA. Il suo scopo è quello di promuovere l’equità e la fiducia reciproca nel mercato interno dell’UE assicurando che le norme dell’UE in materia di mobilità dei lavoratori siano applicate in maniera equa, semplice ed efficace. Essa ha 3 obiettivi specifici:aiutare individui e datori di lavoro ad accedere alle informazioni relative ai loro diritti e obblighi nei settori della mobilità dei lavoratori e del coordinamento della sicurezza sociale (norme comuni dell’UE che tutelano i diritti di sicurezza sociale degli individui che si spostano all’interno di UE, Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera) nonché ad accedere ai servizi pertinenti; sostenere la cooperazione tra le autorità nazionali nell’applicazione del diritto dell’UE oltre i confini nazionali, anche semplificando ispezioni congiunte e concertate (come nel caso in cui paesi diversi organizzino ispezioni simultanee); svolgere opera di mediazione e contribuire a risolvere controversie tra autorità nazionali o in casi di perturbazioni del mercato del lavoro (ad esempio nel caso delle ristrutturazioni di imprese) che riguardano più paesi. Tale proposta fa altresì parte dello sviluppo del pilastro europeo dei diritti sociali, che si propone di promuovere condizioni di vita e di lavoro migliori nell’UE.
Compiti
I compiti principali del gruppo consultivo sono:favorire la cooperazione tra le autorità nazionali e le parti interessate e fornire consulenza alla Commissione sull’istituzione e sul futuro funzionamento dell’ELA;esaminare le questioni generali, le questioni di principio e i problemi di ordine pratico derivanti dall’attuazione della normativa dell’UE sulla mobilità dei lavoratori e sul coordinamento della sicurezza sociale come pure le loro conseguenze sulle attività dell’ELA; discutere e individuare le migliori pratiche ed esempi di cooperazione proficua nel settore della mobilità transfrontaliera dei lavoratori e del coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale con i vicini paesi dell’Associazione europea di libero scambio (EFTA) al fine di sviluppare le attività dell’ELA; individuare le modalità di cooperazione e il contributo degli organismi esistenti, comprese le agenzie decentralizzate dell’UE, finalizzate all’istituzione dell’ELA e a garantirne il buon funzionamento. Composizione
I soci del gruppo consultivo europeo sono:un rappresentante di ciascun paese dell’UE; sei rappresentanti delle parti sociali a livello dell’UE che rappresentano su base paritetica i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro; un rappresentante di ciascuna agenzia dell’UE nel settore dell’occupazione e degli affari sociali:Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro,Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale,Fondazione europea per la formazione;Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro. Ai paesi membri dell’EFTA e all’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto può essere concesso uno status di osservatore su invito diretto. All’occorrenza la Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione) può invitare a partecipare esperti con competenze specifiche su un argomento all’ordine del giorno.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
È in vigore dal 15 marzo 2018.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:Domande e risposte sull’Autorità europea del lavoro (Commissione europea) La Commissione adotta proposte per un’Autorità europea del lavoro e per l’accesso alla protezione sociale (Commissione europea) Il pilastro europeo dei diritti sociali (Commissione Europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione (UE) 2018/402 della Commissione, del 13 marzo 2018, che istituisce il gruppo consultivo europeo dell’Autorità europea del lavoro (GU L 72 del 15.3.2018, pagg. 20-23).
DOCUMENTI CORRELATI
Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce l’Autorità europea del lavoro [COM (2018)131 final del 13.3.2018]. | 5,311 | 152 |
Risoluzione del Consiglio e dei ministri del lavoro e degli affari sociali, riuniti in sede di Consiglio del 30 novembre 1989 concernente la creazione di un osservatorio europeo dell'occupazione
Gazzetta ufficiale n. C 328 del 30/12/1989 pag. 0001 - 0002
RISOLUZIONE DEL CONSIGLIO E DEI MINISTRI DEL LAVORO E DEGLI AFFARI SOCIALI, RIUNITI IN SEDE DI CONSIGLIO del 30 novembre 1989 concernente la creazione di un osservatorio europeo dell'occupazione (89/328/01) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE E I MINISTRI DEL LAVORO E DEGLI AFFARI SOCIALI, RIUNITI IN SEDE DI CONSIGLIO, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, vista la risoluzione del Consiglio, del 22 dicembre 1986, relativa ad un programma di azione per l'aumento dell'occupazione (1), vista la risoluzione del Consiglio, del 5 giugno 1989, concernente la formazione professionale continua (2), viste le conclusioni delle riunioni del Consiglio europeo tenutesi ad Hannover il 27 e 28 giugno 1988, a Rodi il 2 e 3 dicembre 1988 e a Madrid il 26 e 27 giugno 1989, considerando che la realizzazione del mercato interno darà un ulteriore impulso alla crescita, consentendo in tal modo la creazione a medio termine di un notevole numero di nuovi posti di lavore negli Stati membri; considerando che una prima fase di inasprimento della concorrenza e di intensificazione delle ristrutturazioni potrà comportare perdite e trasformazioni di posti di lavoro, localizzate in talune regioni e taluni settori; considerando che uno dei presupposti indispensabili al successo di questi mutamenti è costituito dall'individuazione, con sufficiente anticipo, dei problemi da parte di tutti i protagonisti di questo processo, onde limitare al massimo gli effetti negativi prevedibili durante tale periodo transitorio e ampliare invece il più possibile gli effetti positivi pronosticati a medio termine; considerando del resto che in numerosi settori cominciano a emergere segnali di carenza di manodopera qualificata e che in taluni Stati membri, a causa della particolare situazione demografica, la popolazione attiva è in diminuzione; considerando che le politiche dell'occupazione sono di competenza degli Stati membri; considerando che, conformemente al diritto comunitario, la Commissione ha un ruolo importante da svolgere nel settore dell'occupazione; considerando che le parti sociali devono essere strettamente associate ad un'azione di indagine e di ricerca di soluzioni concrete e che da tale cooperazione potrà scaturire un miglioramento delle economie degli Stati membri; considerando che occorre fornire ai protagonisti della vita economica e sociale i dati conoscitivi necessari per definire strategie adattate alla situazione occupazionale nei settori interessati dal completamento del mercato interno, INVITANO la Commissione e gli Stati membri a creare un osservatorio europeo dell'occupazione con il compito di analizzare, su base permanente, l'evoluzione prevedibile dell'occupazione, in particolare nei settori interessati dal completamento del mercato interno, tenuto conto dei lavori già effettuati a livello comunitario, ovverosia di : - raccogliere presso gli Stati membri dati disponibili sulle prospettive di evoluzione dell'occupazione e delle qualifiche nei settori d'attività più direttamente interessati dal completamento del mercato interno; - provvedere alla sintesi dei dati raccolti, che consenta di individuare gli orientamenti che caratterizzano l'evoluzione di tali settori; - curare la divulgazione generale, in una prospettiva operativa, dei risultati dei lavori di cui al trattino precedente, a tutti i responsabili economici e sociali e in particolare alle parti sociali della Comunità; INVITANO la Commissione, in collegamento con gli Stati membri e previa consultazione delle parti sociali, a presentare loro periodicamente i temi e i settori di attività che costituiscono l'oggetto del compito assegnato all'osservatorio, nonché a presentare al Consiglio, in occasione del dibattito annuale sull'occupazione, la sintesi dei lavori effettuati su questi temi e su questi settori; INVITANO la Commissione a prendere, già dall'inizio del 1990, le opportune disposizioni per la creazione dell'osservatorio, facendo appello alle risorse umane e finanziarie di cui dispone; INVITANO gli Stati membri a collaborare con la Commissione per garantire il funzionamento dell'osservatorio; INVITANO in particolare ciascuno degli Stati membri a designare un coordinatore nazionale incaricato di fornire i dati di cui al punto 1, primo trattino e di offrire alla Commissione tutto l'ausilio richiesto per il compimento della sua missione, costituendo in tal modo una rete a livello comunitario al fine di concorrere all'adempimento del compito di cui al punto 1; RITENGONO che i dati forniti nel quadro dell'osservatorio dovrebbero contribuire a consentire agli Stati membri ed alla Commissione di riflettere, tra l'altro, sul miglioramento dell'impatto del Fondo sociale europeo sull'occupazione e sulla creazione di posti di lavoro. (1) GU n. C 340 del 31. 12. 1986, pag. 1. (2) GU n. C 148 del 15. 6. 1989, pag. 1. | Osservatorio europeo dell'occupazione (OEO)
L’osservatorio europeo dell’occupazione (OEO) ha come obiettivo quello di facilitare gli scambi di informazioni tra gli Stati membri e analizzare le tendenze dei mercati del lavoro nell’Unione europea (UE). L’osservatorio assiste la Commissione europea nell’elaborazione della politica europea dell’occupazione.
ATTO
Risoluzione del Consiglio dei ministri del Lavoro e degli affari sociali, riuniti in sede di Consiglio del 30 novembre 1989 concernente la creazione di un osservatorio europeo dell’occupazione [GU C 328 del 30.12.1989].
SINTESI
L’Osservatorio europeo dell’occupazione (OEO) è un sistema d’informazione sulle politiche occupazionali e sulle tendenze dei mercati del lavoro nell’Unione europea (UE). La sua missione è analizzare l’evoluzione prevedibile dei mercati dell’occupazione in particolare nei settori d’attività più interessati dal completamento del mercato interno.
Le sue missioni principali sono:
la raccolta di informazioni e di dati statistici negli Stati membri dell’UE;
l’analisi delle grandi evoluzioni per settore;
la diffusione dei risultati presso i responsabili economici e sociali, in particolare le parti sociali europee.
L'osservatorio si compone dei rappresentanti degli Stati membri, dei paesi candidati a entrare nell'UE e dei paesi membri dello Spazio economico europeo (SEE). Esso funziona attraverso una cellula direttiva e una rete di esperti.
Sistema comunitario di documentazione sull’occupazione (SYSDEM)
Il SYSDEM (DE) (EN) (FR) è una rete di esperti appartenenti a istituti di ricerca nazionali indipendenti. Tale rete contribuisce alla realizzazione delle missioni dell’OEO attraverso:
la produzione di relazioni di valutazione e di ricerca riguardo all'impatto della politica del mercato del lavoro;
l’analisi delle priorità politiche in materia di occupazione;
l’analisi dei programmi nazionali di riforma per l'occupazione.
See also
Sito Internet dell'Osservatorio europeo dell’occupazione (DE) (FR) (EN) | 2,139 | 928 |
Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra il Canada e la Comunità europea
Gazzetta ufficiale n. L 074 del 22/03/1996 pag. 0026 - 0033
ACCORDO di cooperazione scientifica e tecnologica tra il Canada e la Comunità europeaIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, a nome della Comunità europea, da una parte, e IL GOVERNO DEL CANADA, dall'altra, qui di seguito denominati le «parti»;CONSIDERANDO l'importanza che riveste la ricerca scientifica e tecnologica per il loro sviluppo economico e sociale;RICONOSCENDO che la Comunità europea, qui di seguito denominata «la Comunità», e il Canada stanno attuando programmi di ricerca e di sviluppo tecnologico in alcuni settori di interesse comune e che le parti possono trarre reciproco vantaggio agevolando ogni ulteriore cooperazione;PRESO ATTO dell'attiva cooperazione e dello scambio di informazioni che vi sono stati in alcuni settori scientifici e tecnologici nell'ambito dell'Accordo quadro tra le Comunità europee il Canada per la cooperazione commerciale ed economica sottoscritto nel 1976;VISTA la dichiarazione sulle relazioni Comunità europea-Canada, adottata il 22 novembre 1990, eDESIDEROSI di stabilire una base formale di cooperazione nel campo della ricerca scientifica e tecnologica, che consentirà di estendere e rafforzare le attività di cooperazione svolte in settori di interesse comune e di promuovere l'applicazione dei risultati di tale cooperazione a vantaggio del loro sviluppo economico e sociale,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1 Obiettivo L'obiettivo del presente Accordo è promuovere e agevolare la cooperazione tra la Comunità e il Canada nei settori d'interesse comune in cui le parti sostengono attività di ricerca e sviluppo volte a dare impulso al progresso scientifico e/o tecnologico nei suddetti settori.Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente Accordo, si intende per:a) «attività di cooperazione»: ogni attività svolta a norma del presente Accordo, ivi compresa la ricerca congiunta;b) «informazioni»: dati scientifici o tecnici, risultati di ricerca e sviluppo derivanti dalla ricerca congiunta e qualsiasi altra informazione che i partecipanti impegnati in una ricerca congiunta e, eventualmente, le parti stesse ritengano necessaria;c) «proprietà intellettuale»: la definizione che ne dà l'articolo 2 della Convenzione che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, firmata a Stoccolma il 14 luglio 1967;d) «ricerca congiunta»: ricerca condotta con il contributo finanziario di una delle due parti o di entrambe e che comporti la collaborazione dei partecipanti della Comunità e del Canada;e) «partecipante»: qualsiasi persona fisica o giuridica, università, istituto di ricerca o altro organismo o impresa, ivi comprese le parti stesse, che partecipi ad una attività di cooperazione.Articolo 3 Principi L'attività di cooperazione è svolta sulla base dei seguenti principi:a) la reciprocità dei vantaggi;b) lo scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sull'azione dei partecipanti nelle attività di cooperazione;c) nell'ambito delle vigenti disposizioni legislative e regolamentari, la tutela efficace della proprietà intellettuale e la distribuzione equa dei diritti di proprietà intellettuale, in conformità di quanto disposto nell'allegato che costituisce parte integrante del presente accordo; ed) l'equilibrio nella realizzazione di benefici economici e sociali da parte della Comunità e del Canada alla luce delle attività di cooperazione dei rispettivi partecipanti e/o delle parti.Articolo 4 Settori di cooperazione a) La cooperazione può essere perseguita nei seguenti settori:1) agricoltura e pesca;2) ricerca medica e sanitaria;3) energia non nucleare;4) ambiente, ivi compresa l'osservazione della Terra;5) foreste;6) tecnologie dell'informazione;7) tecnologie della comunicazione;8) telematica applicata allo sviluppo economico e sociale;9) trattamento dei minerali.b) A questo elenco si possono aggiungere altri settori in seguito a riesame e su raccomandazione del comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia in conformità delle vigenti procedure di ciascuna delle parti.Articolo 5 Modalità della cooperazione a) La cooperazione può comprendere le attività seguenti:1) la partecipazione di persone fisiche e giuridiche, comprese le parti stesse, università, istituti di ricerca, imprese ed altri organismi, a progetti di ricerca nella Comunità o nel Canada, conformemente alle procedure vigenti di ciascuna delle parti;2) l'utilizzazione in comune delle infrastrutture di ricerca;3) le visite e gli scambi di scienziati, ingegneri o altro personale qualificato, ai fini della partecipazione a seminari, simposi e corsi pratici che rientrano nell'ambito della cooperazione prevista dal presente accordo;4) lo scambio di informazioni sulle prassi, le leggi, i regolamenti e i programmi che rientrano nell'ambito della cooperazione prevista dal presente accordo;5) altre attività, che possono essere decise di comune accordo dal comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, conformemente alle politiche ed ai programmi delle parti.b) I progetti di ricerca congiunta saranno attuati nell'ambito del presente accordo solo dopo l'approvazione da parte dei partecipanti di un piano congiunto di gestione tecnologica, come indicato nell'allegato al presente accordo.Articolo 6 Comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia a) Il presente accordo è gestito dal comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, in appresso, per brevità «il comitato», composto da rappresentanti di ciascuna delle parti.b) i compiti del comitato consistono nel:1) promuovere e sottoporre a verifica le attività previste dal presente accordo;2) formulare raccomandazioni ai sensi dell'articolo 4, lettera b);3) autorizzare le attività di cui all'articolo 5, lettera a), punto 5, del presente Accordo in quanto attività di cooperazione da esso disciplinate;4) consigliare le parti sui mezzi atti ad intensificare la cooperazione secondo i principi enunciati nel presente Accordo;5) redigere una relazione annuale, destinata alle parti, relativa al livello, allo stato di avanzamento e all'efficacia delle attività di cooperazione intraprese in virtù del presente Accordo;6) verificare se l'Accordo funziona in maniera efficace ed efficiente;c) il comitato si riunisce approssimativamente una volta all'anno, alternativamente nella Comunità e nel Canada. Riunioni straordinarie possono essere convocate di comune accordo.d) Le decisioni del comitato sono adottate per consensus. È redatto un verbale di ogni riunione che comprende l'elenco delle decisioni e dei principali punti discussi. Tale verbale è approvato dalle persone che le parti hanno designato per presiedere in comune la riunione. La relazione annuale del comitato è tenuta a disposizione del comitato misto di cooperazione istituito dall'Accordo quadro Comunità europee-Canada per la cooperazione commerciale ed economica sottoscritto nel 1976 e dei competenti ministri delle due parti.Articolo 7 Finanziamento a) Le attività di cooperazione sono subordinate alla disponibilità di fondi e alle vigenti disposizioni legislative e regolamentari, alle politiche e ai programmi della Comunità e del Canada.b) Le spese sostenute dai partecipanti per le attività di cooperazione disciplinate dal presente accordo non richiedono alcun trasferimento di fondi da una parte all'altra.Articolo 8 Circolazione del personale e delle attrezzature Ogni parte adotta le ragionevoli misure e si adopera al meglio, nel rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti, al fine di agevolare l'entrata e l'uscita dal suo territorio del personale, del materiale e delle attrezzature dell'altra parte impiegati nelle attività di cooperazione a norma del presente Accordo.Articolo 9 Divulgazione ed utilizzazione delle informazioni La divulgazione e l'utilizzazione delle informazioni, nonché la gestione, l'attribuzione e l'esercizio dei diritti di proprietà intellettuale derivanti dalla ricerca congiunta promossa in virtù del presente accordo, sono assoggettati alle condizioni stabilite nell'allegato del presente Accordo.Articolo 10 Altri accordi e disposizioni transitorie a) Il presente Accordo sostituisce le disposizioni dell'Accordo quadro Comunità europee-Canada per la cooperazione commerciale ed economica che disciplinano le attività di collaborazione scientifica e tecnologica esistenti.b) Le parti si adoperano per ricondurre nei termini del presente Accordo le intese esistenti in materia di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità e il Canada che rientrano nell'ambito di applicazione dell'articolo 4.c) Fatto salvo l'articolo 10, lettera a), il presente Accordo non pregiudica l'applicazione di altri accordi o intese esistenti tra le parti, né di altri accordi o intese tra le parti e terze parti.Articolo 11 Ambito di applicazione territoriale Il presente Accordo si applica, da una parte, al territorio in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni in esso indicate, e dall'altra, al territorio del Canada.Articolo 12 Entrata in vigore e denuncia a) Il presente Accordo entra in vigore alla data in cui le parti si notificano per iscritto che sono state soddisfatte le condizioni giuridiche richieste dal loro ordinamento per l'entrata in vigore dell'Accordo stesso.b) L'Accordo può essere modificato dalle parti di comune accordo. Le modificazioni entrano in vigore alla data in cui le parti si sono notificate per iscritto che le proprie condizioni giuridiche sono state soddisfatte.c) Il presente Accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle parti con un preavviso scritto di 12 mesi. La scadenza o la denuncia del presente Accordo non pregiudica la validità e la durata delle intese concordate nel quadro dello stesso, né i diritti e gli obblighi specifici maturati in conformità dell'allegato.Articolo 13 Il presente Accordo è redatto in duplice copia nelle lingue danese, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese e tedesca, ciascun testo facente ugualmente fede.IN FEDE DI CHE, i sottoscritti hanno firmato il presente accordo.Hecho en Halifax, el diecisiete de junio de mil novecientos noventa y cinco.Udfærdiget i Halifax den syttende juni nittenhundrede og femoghalvfems.Geschehen zu Halifax am siebzehnten Juni neunzehnhundertfünfundneunzig.¸ãéíå óôï ×Üëéöáî, óôéò äÝêá åðôÜ Éïõíßïõ ÷ßëéá åííéáêüóéá åíåíÞíôá ðÝíôå.Done at Halifax on the seventeenth day of June in the year one thousand nine hundred and ninety-five.Fait à Halifax, le dix-sept juin mil neuf cent quatre-vingt-quinze.Fatto a Halifax, addì diciassette giugno millenovecentonovantacinque.Gedaan te Halifax, de zeventiende juni negentienhonderd vijfennegentig.Feito em Halifax, em dezassete de Junho de mil novecentos e noventa e cinco.Tehty Halifaxissa seitsemäntenätoista päivänä kesäkuuta vuonna tuhatyhdeksänsataayhdeksänkymmentäviisi.Som skedde i Halifax den sjuttonde juni nittonhundranittiofem.Por la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftÃéá ôçí ÅõñùðáúêÞ ÊïéíüôçôáFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>Por el Gobierno de CanadáFor Canadas regeringFür die Regierung KanadasÃéá ôçí ÊõâÝñíçóç ôïõ ÊáíáäÜFor the Government of CanadaPour le gouvernement du CanadaPer il governo del CanadaVoor de Regering van CanadaPelo Governo do CanadáKanadan hallituksen puolestaPå Canadas regerings vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>ALLEGATO DIVULGAZIONE ED UTILIZZAZIONE DELLE INFORMAZIONI, NONCHÉ GESTIONE, ATTRIBUZIONE E ESERCIZIO DEI DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE I. PROPRIETÀ, ATTRIBUZIONE ED ESERCIZIO DEI DIRITTI 1. L'attività di ricerca svolta in conformità del presente Accordo è «attività di ricerca congiunta». I partecipanti elaborano congiuntamente programmi comuni di gestione della tecnologia, in appresso, per brevità «PCGT» (1) che contengono, almeno, i principi applicabili in materia di proprietà ed utilizzazione, inclusa la pubblicazione, delle informazioni e della proprietà intellettuale (PI) derivanti dalla ricerca congiunta. Tali programmi possono essere riesaminati dalle parti e devono essere approvati dall'organismo finanziatore della parte che partecipa al finanziamento della ricerca prima che sia concluso qualsiasi contratto specifico di ricerca e sviluppo cui essi si riferiscono. I PCGT sono elaborati tenendo conto degli obiettivi della ricerca congiunta, dei contributi dei singoli partecipanti, dei vantaggi e degli svantaggi della concessione di licenze per territorio o campo di utilizzazione, dei requisiti imposti dalle norme legislative applicabili in materia, nonché della necessità di stabilire procedure di soluzione delle controversie e, infine, di altri fattori considerati rilevanti dai partecipanti. I PCGT disciplinano anche i diritti e gli obblighi in materia di PI relativi alle attività di ricerca svolte dai ricercatori ospiti.2. Le informazioni o la PI derivanti da attività di ricerca congiunta e non disciplinate da un determinato PCGT sono attribuite in base alla procedura descritta alla sezione I, punto 1, applicando i principi stabiliti nel medesimo PCGT. In caso di disaccordo che non possa essere risolto con la procedura di soluzione delle controversie concordata, le informazioni o la PI diventano di proprietà comune di tutti i partecipanti alla ricerca congiunta di cui esse sono il risultato e ciascun partecipante cui si applica questa disposizione ha il diritto di utilizzare in proprio le informazioni o la PI a scopi commerciali, senza limiti geografici.3. Conformemente alla normativa applicabile in materia, ciascuna parte provvede affinché l'altra parte e i suoi partecipanti possano disporre dei diritti relativi alla PI loro attribuiti conformemente ai principi enunciati nella sezione I del presente allegato.4. Pur mantenendo le condizioni di concorrenza nei settori oggetto all'Accordo, ciascuna parte si adopera per garantire che i diritti acquisiti in virtù del presente Accordo e delle intese stabilite nel quadro dello stesso siano esercitati in modo tale da promuovere in particolare:i) la divulgazione e l'utilizzazione delle informazioni create, divulgate o altrimenti rese disponibili nell'ambito del presente Accordo;ii) l'adozione e l'applicazione di norme internazionali.II. OPERE OGGETTO DI DIRITTO D'AUTORE Per i diritti d'autore appartenenti alle parti o ai loro partecipanti si applica una disciplina conforme alla Convenzione di Berna (Atto di Parigi del 1971).III. PUBBLICAZIONI SCIENTIFICHE Fatta salva la sezione IV, se non altrimenti convenuto nel PCGT, i risultati della ricerca sono pubblicati congiuntamente dai partecipanti. Oltre a questa norma generale, si applica la seguente procedura:1. Nell'eventualità che una parte o un ente pubblico di tale parte pubblichi opere di carattere scientifico e tecnico (giornali, articoli, relazioni, libri, nonché cassette video e software) risultanti da una ricerca congiunta ai sensi del presente Accordo, l'altra parte ha diritto, previa autorizzazione scritta rilasciata dall'editore, ad una licenza mondiale, non esclusiva, irrevocabile e gratuita, per la traduzione, la riproduzione, l'adattamento, la trasmissione e la divulgazione di tali pubblicazioni al pubblico.2. Le parti si adoperano affinché sia data la massima divulgazione alle pubblicazioni scientifiche risultanti dalla ricerca congiunta svolta ai sensi del presente Accordo e realizzate da editori indipendenti.3. Tutte le copie di un'opera tutelata dai diritti d'autore, destinata alla divulgazione al pubblico e redatta in base alla presente clausola, devono riportare i nomi dell'autore o degli autori, a meno che l'autore o gli autori non abbiano richiesto espressamente di non essere menzionati. Esse devono menzionare anche, in modo chiaramente visibile, il sostegno dato congiuntamente dalle Parti.IV. INFORMAZIONI NON DIVULGABILI A. Informazioni documentarie non divulgabili 1. Ciascuna parte o i partecipanti individuano al più presto, e preferibilmente in sede di elaborazione del PCGT, le informazioni che essi desiderano non vengano divulgate nel quadro del presente Accordo, tenendo conto, tra l'altro, dei seguenti criteri:- la segretezza dell'informazione, nel senso che l'informazione non è, nell'insieme o nella particolare configurazione o combinazione delle sue componenti, generalmente nota, o facilmente accessibile con mezzi leciti, agli esperti del settore;- il valore commerciale reale e potenziale dell'informazione in virtù della sua segretezza;- i precedenti provvedimenti di tutela dell'informazione, adeguati in rapporto alle circostanze, adottati dalla persona che ne aveva legalmente il controllo per mantenerne la segretezza.2. Di norma, ai partecipanti non è richiesto di fornire alle parti informazioni non divulgabili. Tuttavia, qualora queste ultime dovessero venire a conoscenza di tali informazioni, le parti ne rispettano il carattere particolare e non le rivelano né all'esterno, né al loro interno, né tra di loro senza il consenso scritto del partecipante, o dei partecipanti, cui appartengono le informazioni. Queste limitazioni cessano automaticamente allorché le informazioni sono divulgate dal proprietario senza restrizioni agli esperti del settore.3. Ciascuna parte provvede affinché le informazioni non divulgabili, scambiate tra di esse in applicazione del presente Accordo e il loro carattere particolare siano facilmente riconoscibili in quanto tali dall'altra parte, ad esempio apponendovi un particolare contrassegno o una prescrizione restrittiva. La stessa disposizione si applica a qualsiasi riproduzione, totale o parziale, delle suddette informazioni.4. Le informazioni non divulgabili comunicate ai sensi del presente accordo possono essere rivelate dalla parte che le riceve a personale interno o da essa assunto, nonché ad altri suoi dipartimenti o uffici autorizzati ai fini specifici della ricerca congiunta in corso, a condizione che le informazioni non divulgabili così comunicate siano regolate da un accordo scritto sulla riservatezza e siano rese facilmente riconoscibili in quanto tali nel modo sopra indicato.5. Previo assenso scritto della parte che fornisce le informazioni non divulgabili ai sensi del presente Accordo, la parte che le riceve può darvi divulgazione più ampia di quella consentita dal paragrafo 3. Le parti cooperano nell'istituire apposite procedure per richiedere e ottenere il suddetto assenso preliminare scritto. Ciascuna parte concede il suo assenso nei limiti consentiti dalle rispettive politiche, dai regolamenti e dalle legislazioni nazionali.B. Informazioni non documentarie non divulgabili Le informazioni non documentarie non divulgabili, le altre informazioni riservate o confidenziali fornite in occasione di seminari e riunioni organizzati nel quadro del presente Accordo o le informazioni raccolte in seguito al distacco di personale, all'utilizzazione di attrezzature o all'esecuzione di progetti comuni, sono trattate dalle parti o dai partecipanti conformemente ai principi stabiliti alla lettera A del presente allegato, a condizione tuttavia che chi riceve tali informazioni non divulgabili, riservate o confidenziali, sia informato del loro carattere particolare in anticipo e per iscritto.C. Controllo Ciascuna parte si adopera per garantire che le informazioni non divulgabili da essa ricevute in virtù del presente Accordo siano sottoposte a controllo nel modo ivi previsto. Se una parte si rende conto che non è, o con molta probabilità non sarà, in grado di conformarsi alle disposizioni sulla non divulgabilità di cui alle lettere A o B, ne informa immediatamente l'altra parte che può essere lesa da tale divulgazione. Le parti, quindi, si consultano per definire una linea d'azione appropriata.Appendice CARATTERISTICHE INDICATIVE DEI PROGRAMMI COMUNI DI GESTIONE DELLA TECNOLOGIA (PCGT) Il PCGT è un contratto specifico che i partecipanti concludono per eseguire la ricerca congiunta e stabilire i rispettivi diritti ed obblighi. Riguardo ai diritti di proprietà intellettuale, il PCGT, di norma, disciplina, tra l'altro, la proprietà, la tutela, i diritti d'uso ai fini della ricerca e dello sviluppo, lo sfruttamento e la divulgazione, ivi compresi le intese per la pubblicazione comune dei risultati, nonché i diritti e gli obblighi dei ricercatori ospiti e le procedure per la soluzione delle controversie. Il PCGT può inoltre contenere disposizioni sulle conoscenze acquisite, sulle conoscenze di base, sulle norme che regolano la comunicazione di informazioni non divulgabili, sulla concessione di licenze e sulla consegna dei risultati finali.(1) Le caratteristiche indicative dei PCGT sono esposte nell'appendice. | Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e Canada
QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE?
L’accordo stabilisce un quadro formale di cooperazione volto a incoraggiare e agevolare le attività negli ambiti scientifici e tecnologici di interesse comune.
La decisione adotta l’accordo per conto della Comunità europea (ora Unione europea).
PUNTI CHIAVE
Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate su:beneficio reciproco; scambio tempestivo delle informazioni; equilibrio nella realizzazione di benefici economici e sociali da parte dell’UE e del Canada; tutela adeguata della proprietà intellettuale ed equa ripartizione dei diritti di proprietà intellettuale. Settori di cooperazione
Per l’UE, essi includono tutte le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione che rientrano nell’ambito di applicazione di:articolo 180, lettera a) del TFUE: attuazione di programmi di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione, promuovendo la cooperazione con e tra le imprese, i centri di ricerca e le università; articolo 180, lettera d), del TFUE: impulso alla formazione e alla mobilità dei ricercatori dell’Unione, ma solo per quanto riguarda le reti fra gli operatori di infrastrutture e i relativi progetti di ricerca. Per il Canada, essi includono tutte le attività scientifiche e tecnologiche non relative alla difesa finanziate o realizzate da dipartimenti o agenzie del governo del Canada e possono comprendere attività finanziate o realizzate dalle amministrazioni provinciali o territoriali del Canada, qualora queste ultime si accordino in tal senso.
Attività
Le attività di cooperazione possono includere:la partecipazione di persone fisiche e giuridiche, comprese le parti stesse, università, istituti di ricerca, imprese ed altri organismi, a progetti di ricerca nell’UE o nel Canada, conformemente alle procedure vigenti di ciascuna delle parti; l’utilizzo condiviso delle strutture di ricerca; le visite e gli scambi di scienziati, ingegneri o altro personale qualificato, ai fini della partecipazione a seminari, simposi e corsi pratici; scambio di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi pertinenti alla cooperazione ai sensi del presente accordo; altre attività che possono essere decise dal comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, istituito ai sensi del presente accordo.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore il 27 febbraio 1996 e ha una durata indeterminata.
CONTESTO
L’accordo si basa sulla cooperazione stabilita fra l’UE e il Canada nell’ambito dell’accordo quadro di cooperazione commerciale ed economica del 1976.
Le più ampie relazioni economiche e commerciali fra l’UE e il Canada sono regolamentate dall’accordo economico e commerciale globale (CETA).
Per ulteriori informazioni, consultare:Il Canada e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna) Per maggiori informazioni sulla cooperazione nell’ambito della ricerca e dell’innovazione (R&I) con il Canada, consultare:Cooperazione internazionale: Canada (Commissione europea). Tabella di marcia per la cooperazione S&T tra UE e Canada (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra il Canada e la Comunità europea (GU L 74 del 22.3.1996, pag. 26).
Decisione 96/219/CE del Consiglio, del 26 febbraio 1996, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra il Canada e la Comunità europea (GU L 74 del 22.3.1996, pag. 25).
Accordo che modifica l’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra il Canada e la Comunità europea (GU L 156 del 23.6.1999, pag. 24).
Versione consolidata dell’accordo modificato (si tratta di un semplice strumento di documentazione).
Decisione 1999/408/CE del Consiglio, del 29 aprile 1999, relativa alla conclusione di un accordo che modifica l’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra il Canada e la Comunità europea (GU L 156 del 23.6.1999, pag. 23).
DOCUMENTI CORRELATI
Accordo economico e commerciale globale (CETA) tra il Canada, da una parte, e l’Unione europea e i suoi Stati membri, dall’altra (GU L 11 del 14.1.2017, pag. 23).
Accordo quadro di cooperazione commerciale ed economica tra il Canada e la Comunità europea (GU L 260 del 24.9.1976, pag. 2). | 7,470 | 921 |
DIRETTIVA 2007/38/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
dell'11 luglio 2007
concernente l’installazione a posteriori di specchi sui veicoli commerciali pesanti immatricolati nella Comunità
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 71, paragrafo 1, lettera c),
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
Molti incidenti si verificano perché i conducenti di veicoli commerciali pesanti non si accorgono della presenza di altri utenti stradali nelle immediate vicinanze o a fianco del proprio veicolo. Questi incidenti avvengono spesso in corrispondenza di incroci, confluenze e rotatorie allorché il conducente, cambiando direzione, non si rende conto della presenza di altri utenti stradali negli angoli ciechi della zona immediatamente circostante il veicolo. Si calcola che circa 400 persone muoiano ogni anno in Europa in tali circostanze, trattandosi, nella maggior parte dei casi, di utenti stradali vulnerabili quali ciclisti, motociclisti e pedoni.
(2)
Nel libro bianco del 12 settembre 2001, dal titolo «La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte», la Commissione ha stabilito l’obiettivo di dimezzare il numero di vittime in incidenti stradali nell'Unione europea entro il 2010. Nel terzo programma d’azione sulla sicurezza stradale la Commissione ha assunto l’impegno di studiare la possibilità di installare nei veicoli commerciali pesanti già in circolazione dispositivi per la visione indiretta al fine di ridurre gli angoli ciechi, contribuendo in tal modo a ridurre il numero di vittime in incidenti stradali.
(3)
Il gruppo di alto livello CARS 21, nella tabella di marcia da applicare nell’arco di dieci anni contenuta nella relazione finale riguardante un quadro normativo competitivo nel settore automobilistico per il XXI secolo (A Competitive Automotive Regulatory System for the 21st century), raccomandava un approccio integrato in materia di sicurezza stradale, fondato in particolare sull'introduzione obbligatoria di nuovi dispositivi di sicurezza, quali gli specchi volti a ridurre gli angoli ciechi dei veicoli commerciali pesanti.
(4)
I dispositivi per la visione indiretta, quali gli specchi grandangolari e di accostamento, le telecamere, gli schermi o altri dispositivi omologati per la visione indiretta migliorano il campo di visibilità del conducente ed aumentano la sicurezza dei veicoli.
(5)
La direttiva 2003/97/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (3), concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'omologazione dei dispositivi per la visione indiretta e dei veicoli muniti di tali dispositivi, presenta un notevole potenziale di riduzione del numero delle vittime, ma riguarda soltanto i veicoli di nuova immatricolazione.
(6)
I veicoli già in circolazione non sono pertanto soggetti agli obblighi previsti dalla direttiva 2003/97/CE. Si calcola che non vi sarà una completa sostituzione di tali veicoli prima del 2023.
(7)
Per contribuire a ridurre il numero di incidenti stradali mortali o gravi causati da tali veicoli e nei quali sono coinvolti utenti stradali vulnerabili, occorre nel frattempo provvedere a che nei veicoli di cui trattasi siano installati a posteriori dispositivi perfezionati per la visione indiretta.
(8)
Nei veicoli già in circolazione dovrebbero essere installati specchi che riducano gli angoli ciechi laterali e siano nel contempo conformi alle prescrizioni tecniche della direttiva 2003/97/CE. Ciò è tecnicamente praticabile per la maggior parte dei veicoli in causa.
(9)
È tuttavia adeguato e proporzionato prevedere esenzioni e deroghe per i veicoli con rimanente durata di vita breve, per i veicoli dotati di specchi laterali il cui campo di visibilità è solo minimamente inferiore a quello previsto dalla direttiva 2003/97/CE e per i veicoli in cui l'installazione di specchi conformi a detta direttiva non sia economicamente sostenibile.
(10)
Gli automezzi appartenenti alle categorie N2 e N3 originariamente immatricolati e/o omologati e/o messi in servizio prima del 1o gennaio 2000 e che circolano principalmente per il loro interesse storico non dovrebbero essere soggetti alle norme e alle procedure contenute nella presente direttiva.
(11)
Per gli automezzi pesanti ai quali non si può imporre di adeguarsi interamente ai requisiti della presente direttiva per motivi tecnici e/o economici, le autorità competenti dovrebbero autorizzare e approvare soluzioni alternative. In questi casi gli Stati membri dovrebbero comunicare gli elenchi delle soluzioni tecniche consentite e approvate alla Commissione, la quale a sua volta dovrebbe metterli a disposizione di tutti gli Stati membri.
(12)
Per consentire al mercato di far fronte a una forte domanda di specchi durante un breve lasso di tempo, è opportuno prevedere un periodo transitorio.
(13)
I veicoli commerciali pesanti sui quali, prima delle date di attuazione della direttiva 2003/97/CE, sono stati installati a posteriori dispositivi per la visione indiretta che coprono ampiamente il campo di visibilità richiesto dalla suddetta direttiva dovrebbero essere esentati dagli obblighi della presente direttiva.
(14)
L'equipaggiamento dei veicoli già in circolazione dovrebbe essere accompagnato da misure adeguate volte a sensibilizzare sui pericoli legati all'esistenza di angoli ciechi nei veicoli commerciali pesanti, comprese attività di informazione rivolte agli utenti stradali vulnerabili sul corretto uso e posizionamento dei dispositivi per la visione indiretta.
(15)
Anche i veicoli diversi da quelli interessati dalla presente direttiva, quali i veicoli commerciali leggeri e gli autobus, che non dispongono di dispositivi adeguati per la visione indiretta sono coinvolti in incidenti dovuti agli angoli ciechi. La legislazione comunitaria sui requisiti di sicurezza attiva e passiva dovrebbe pertanto essere sottoposta a un riesame costante per migliorare e promuovere la sicurezza stradale.
(16)
Al fine di disporre di un'analisi più completa e di una futura strategia per la riduzione del numero di incidenti dovuti agli angoli ciechi, la Commissione, sulla base della decisione 93/704/CE del Consiglio, del 30 novembre 1993, relativa alla creazione di una banca di dati comunitaria sugli incidenti stradali (4), e di altri atti comunitari pertinenti, tra cui la decisione n. 2367/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2002, sul programma statistico comunitario 2003-2007 (5), dovrebbe raccogliere dagli Stati membri i dati attinenti e procedere ad una loro adeguata elaborazione.
(17)
La direttiva 96/96/CE del Consiglio, del 20 dicembre 1996, concernente il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relativa al controllo tecnico dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (6), dispone che sui veicoli a motore utilizzati per il trasporto di merci con una massa autorizzata massima superiore a 3,5 tonnellate debbano essere effettuati controlli tecnici periodici almeno su base annua. I veicoli commerciali pesanti dovrebbero, tra l'altro, installare specchi retrovisori che siano conformi ai requisiti della presente direttiva al fine di passare il controllo tecnico. I certificati di controllo tecnico rilasciati dagli Stati membri per i veicoli immatricolati nei rispettivi territori sono reciprocamente riconosciuti ai fini della libera circolazione dei veicoli sulle strade degli Stati membri.
(18)
Poiché l'obiettivo della presente direttiva, ossia l’equipaggiamento a posteriori dei veicoli già in circolazione nella Comunità, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell'intervento, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(19)
Conformemente al punto 34 dell'accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (7), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e rendere pubblici, nell'interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza fra la presente direttiva e i provvedimenti di attuazione,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
La presente direttiva stabilisce obblighi per l'installazione di sistemi per la visione indiretta nei veicoli delle categorie N2 e N3 di cui all'allegato II, punto 2, sezione A, della direttiva 70/156/CEE del Consiglio, del 6 febbraio 1970, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (8), che sono immatricolati nella Comunità.
Articolo 2
1. La presente direttiva si applica ai veicoli di categoria N2 e N3 che non sono omologati o non sono omologati come singoli veicoli ai sensi della direttiva 2003/97/CE.
2. La presente direttiva non si applica:
a)
ai veicoli di categoria N2 e N3 immatricolati prima del 1o gennaio 2000;
b)
ai veicoli di categoria N2 che abbiano una massa autorizzata totale massima che non supera le 7,5 tonnellate, nei quali è impossibile installare uno specchio di categoria V in modo tale da garantire il rispetto delle seguenti condizioni:
i)
nessuna parte dello specchio è situata a meno di 2 m (può applicarsi una tolleranza di +10 cm) dal suolo, indipendentemente dalla posizione in cui è regolato lo specchio, quando il veicolo si trova in condizioni di carico pari al peso totale tecnicamente ammissibile; e
ii)
lo specchio è completamente visibile dal posto di guida;
c)
ai veicoli di categoria N2 e N3 che sono soggetti a misure nazionali che sono entrate in vigore prima delle date di attuazione della direttiva 2003/97/CE e impongono il montaggio, dal lato del passeggero, di altri dispositivi per la visione indiretta che coprono almeno il 95 % del campo di visibilità totale a livello del suolo degli specchi di categoria IV e V definiti nella suddetta direttiva.
Articolo 3
1. A decorrere dal 6 agosto 2007 e non oltre il 31 marzo 2009 gli Stati membri prescrivono che in tutti i veicoli di cui all'articolo 2, paragrafo 1, siano installati, dal lato del passeggero, specchi grandangolari e di accostamento conformi a quanto rispettivamente prescritto per gli specchi di categoria IV e V dalla direttiva 2003/97/CE.
2. In deroga al paragrafo 1, le prescrizioni della presente direttiva sono ritenute rispettate se i veicoli sono dotati, dal lato del passeggero, di specchi grandangolari e di accostamento la cui combinazione di campi di visibilità copre almeno il 95 % del campo di visibilità totale a livello del suolo di uno specchio di categoria IV e almeno l'85 % del campo di visibilità totale a livello del suolo di uno specchio di categoria V ai sensi della direttiva 2003/97/CE.
3. I veicoli di cui all'articolo 2 che, a causa della mancanza di soluzioni tecniche disponibili ed economicamente sostenibili, non possono essere dotati di specchi conformi ai criteri di cui al paragrafo 1 o 2 del presente articolo possono essere dotati di specchi supplementari e/o di altri dispositivi di visione indiretta, purché la combinazione di tali dispositivi copra non meno del 95 % del campo di visibilità a livello del suolo di uno specchio di categoria IV e non meno dell'85 % del campo di visibilità a livello del suolo di uno specchio di categoria V ai sensi della direttiva 2003/97/CE.
4. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione un elenco di soluzioni tecniche conformi alle disposizioni del presente articolo. La Commissione mette a disposizione del pubblico di tutti gli Stati membri tali informazioni notificate mediante il suo sito web o qualsiasi altro mezzo appropriato.
Articolo 4
1. La conformità ai criteri di cui all'articolo 3, paragrafi 1, 2 e 3, è determinata in base alla prova fornita da uno Stato membro conformemente all'articolo 3 della direttiva 96/96/CE.
2. La Commissione, assistita dai comitati di cui all'articolo 8 della direttiva 96/96/CE e all'articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 70/156/CEE, nell'ambito dei rispettivi mandati, adotta le misure appropriate per garantire che i dispositivi di cui all'articolo 3 della presente direttiva siano installati e sottoposti a controllo tecnico di conformità e di idoneità su strada in accordo con i requisiti fissati dalla presente direttiva. Dette misure devono essere prese non oltre il 6 agosto 2008.
Articolo 5
Entro il 6 agosto 2011 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione della presente direttiva, unitamente a uno studio sugli incidenti dovuti agli angoli ciechi che riguardi tutti i veicoli e tutti i costi sostenuti, al fine di migliorare la sicurezza stradale. Sulla base di un'analisi costi-benefici più completa, la relazione della Commissione è accompagnata, se del caso, da una proposta relativa alla revisione della legislazione vigente.
Articolo 6
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 6 agosto 2008. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni nonché una tavola di concordanza tra queste ultime e la presente direttiva.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 7
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 8
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 11 luglio 2007.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
M. LOBO ANTUNES
(1) Parere del 14 marzo 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Parere del Parlamento europeo del 10 maggio 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 25 giugno 2007.
(3) GU L 25 del 29.1.2004, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2006/96/CE del Consiglio (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 81).
(4) GU L 329 del 30.12.1993, pag. 63. Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1).
(5) GU L 358 del 31.12.2002, pag. 1. Decisione modificata dalla decisione n. 787/2004/CE (GU L 138 del 30.4.2004, pag. 12).
(6) GU L 46 del 17.2.1997, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 1882/2003.
(7) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1.
(8) GU L 42 del 23.2.1970, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2007/37/CE (GU L 161 del 22.6.2007, pag. 60). | Installazione a posteriori di specchi sui veicoli commerciali pesanti
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
La presente direttiva stabilisce obblighi per l’installazione di sistemi per la visione indiretta nei veicoli destinati a trasportare merci con un peso superiore alle 3,5 tonnellate e immatricolati dopo il 1 gennaio 2000.
Ciò viene richiesto principalmente per migliorare la sicurezza di altri utenti della strada quali pedoni, ciclisti e motociclisti, che si trovano ad essere particolarmente esposti ai pericoli derivanti dall’angolo cieco che gli autocarri hanno dal lato del passeggero.
PUNTI CHIAVE
A partire dal 6 agosto 2007 e non oltre il 31 marzo 2009, su tutti i veicoli commerciali pesanti circolanti nell’Unione europea destinati a trasportare un carico superiore alle 3,5 tonnellate (categorie N2 e N3) devono venire installati a posteriori dal lato del passeggero specchi di classe IV (grandangolari) e di classe V (di accostamento).
La direttiva è una misura temporanea che si applica a veicoli immatricolati dopo il 1 gennaio 2000 ed è rivolta a migliorare il campo di visione indiretta per i veicoli non interessati dalle norme stabilite nel Regolamento (CE) n. 661/2009.
La direttiva non si applica direttamente, ma stabilisce che i governi degli stati membri introducano una legge che renda obbligatori tali specchi.
EccezioniLe prescrizioni della direttiva sono da ritenersi già rispettate per i veicoli che siano già stati dotati dal lato del passeggero di specchi che coprano almeno il 95 % del campo di visione di uno specchio di categoria IV, a livello del suolo, e almeno l’85 % del campo di visione di uno specchio di classe V. I veicoli che, a causa della mancanza di soluzioni tecniche disponibili ed economicamente sostenibili, non possono essere dotati di specchi conformi a questi criteri, possono venire dotati di specchi supplementari e/o di altri dispositivi di visione indiretta come ad es. videocamere, purché la combinazione di tali dispositivi soddisfi i requisiti. Non sono inclusi nella direttiva i veicoli autorizzati a trasportare un carico massimo di 7,5 tonnellate, nei quali sia impossibile installare uno specchio di categoria V a più di 2 m dal suolo, quando il veicolo si trova in condizioni di carico massimo, oppure lo specchio non sia completamente visibile dal posto di guida. Sono esenti inoltre i veicoli che siano soggetti a misure nazionali con prescrizioni minime simili entrate in vigore prima che la presente direttiva venisse recepita nella legislazione nazionale. I paesi membri devono comunicare alla Commissione europea una lista di soluzioni tecniche, che deve quindi rendere pubbliche tali informazioni. È responsabilità della Commissione, tramite i comitati competenti, garantire che i dispositivi siano installati e sottoposti a controllo tecnico di conformità e di idoneità su strada.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore il 3 agosto 2007. Doveva entrare in vigore nei paesi dell’UE il 6 agosto 2008.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:«Specchi per l’angolo morto» (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2007/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, concernente l’installazione a posteriori di specchi sui veicoli commerciali pesanti immatricolati nella Comunità (GU L 184 del 14.7.2007, pagg. 25-28)
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva 2014/45/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa ai controlli tecnici periodici dei veicoli a motore e dei loro rimorchi e recante abrogazione della direttiva 2009/40/CE. (GU L 127 del 29.4.2014, pagg. 51-128).
Regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativo ai requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 200 del 31.7.2009, pagg. 1-24)
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 661/2009 sono state integrate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale | 6,252 | 779 |
Direttiva 98/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 novembre 1998 sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato
Gazzetta ufficiale n. L 320 del 28/11/1998 pag. 0054 - 0057
DIRETTIVA 98/84/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 20 novembre 1998 sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 57, paragrafo 2, l'articolo 66 e l'articolo 100 A,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Comitato economico e sociale (2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 B del trattato (3),(1) considerando che, in base al trattato, la Comunità è chiamata a porre le fondamenta di un'unione sempre più stretta fra i popoli europei e ad assicurare il progresso economico e sociale eliminando le barriere che dividono l'Europa;(2) considerando che la prestazione transfrontaliera di servizi di radiodiffusione e dei servizi della società dell'informazione può contribuire, a livello individuale, alla piena attuazione della libertà di espressione in quanto diritto fondamentale e, a livello collettivo, al raggiungimento degli obiettivi definiti nel trattato;(3) considerando che il trattato prevede la libera circolazione di tutti i servizi normalmente forniti dietro retribuzione; che questo diritto, applicato ai servizi di radiodiffusione e ai servizi della società dell'informazione, costituisce inoltre una traduzione specifica nel diritto comunitario del più generale principio della libertà di espressione sancito dall'articolo 10 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali; che questo articolo riconosce esplicitamente il diritto dei cittadini di ricevere o di comunicare informazioni senza tener conto delle frontiere e che eventuali restrizioni di tale diritto si giustificano solo se determinate da altri interessi giuridicamente riconosciuti degni di tutela;(4) considerando che la Commissione ha condotto ampie consultazioni basate sul Libro verde intitolato «La protezione giuridica dei servizi criptati nel mercato interno»; che il risultato di dette consultazioni ha confermato l'esigenza di uno strumento giuridico comunitario che tuteli tutti quei servizi la cui remunerazione è correlata ad un accesso condizionato;(5) considerando che il Parlamento europeo, nella risoluzione del 13 maggio 1997 sul Libro verde (4), ha invitato la Commissione a presentare una proposta di direttiva che includa tutti i servizi criptati nei quali la criptazione è impiegata per garantire il pagamento di un corrispettivo e ha convenuto che la direttiva dovrebbe estendersi anche ai servizi della società dell'informazione prestati a distanza, per via elettronica e su richiesta individuale di un destinatario di servizi, nonché ai servizi di radiodiffusione;(6) considerando che le opportunità dischiuse dalle tecnologie digitali potrebbero ampliare le possibilità di scelta dei consumatori e contribuire al pluralismo culturale grazie alla creazione di una gamma ancora più ampia di servizi ai sensi degli articoli 59 e 60 del trattato; che la redditività di questi servizi dipende spesso dal ricorso a tecniche di accesso condizionato al fine di garantire la remunerazione del prestatore del servizio; che risulta pertanto necessario, per assicurare la redditività di tali servizi, la protezione giuridica dei prestatori di servizi contro i dispositivi illeciti che consentono l'accesso senza pagamento del servizio;(7) considerando che l'importanza di questa tematica è stata riconosciuta dalla Commissione nella sua comunicazione «Un'iniziativa europea in materia di commercio elettronico»;(8) considerando che, secondo l'articolo 7 A del trattato, il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci e dei servizi; che secondo l'articolo 128, paragrafo 4, del trattato la Comunità tiene conto degli aspetti culturali nell'azione che svolge ai sensi di altre disposizioni del trattato; che, in conformità dell'articolo 130, paragrafo 3, del trattato, la Comunità contribuisce alla realizzazione delle condizioni necessarie alla competitività della sua industria attraverso politiche ed azioni da essa attuate;(9) considerando che la presente direttiva fa salve eventuali disposizioni future a livello comunitario o nazionale intese a garantire che determinati servizi di radiodiffusione riconosciuti di pubblico interesse non si basino su un accesso condizionato;(10) considerando che la presente direttiva lascia impregiudicati gli aspetti culturali di successive azioni comunitarie nel settore dei nuovi servizi;(11) considerando che le disparità esistenti fra le disposizioni nazionali in materia di tutela dei servizi ad accesso condizionato o dei servizi di accesso condizionato potrebbero ostacolare la libera circolazione di beni e servizi;(12) considerando che l'applicazione del trattato non è sufficiente ad eliminare questi ostacoli nel mercato interno; che essi andrebbero pertanto eliminati garantendo un livello di tutela equivalente in tutti gli Stati membri; che questo implica il ravvicinamento delle disposizioni nazionali relative alle attività commerciali che hanno per oggetto dispositivi illeciti;(13) considerando che appare necessario far sì che gli Stati membri forniscano un'adeguata tutela giuridica contro l'immissione sul mercato, ai fini di un profitto economico diretto o indiretto, di un dispositivo illecito che renda possibile o facile eludere, senza esservi autorizzato, qualsiasi misura tecnologica a protezione della remunerazione di un servizio fornito in modo lecito;(14) considerando che tra le attività commerciali relative a dispositivi illeciti si annoverano le comunicazioni commerciali che abbracciano tutte le forme di pubblicità, commercializzazione diretta, sponsorizzazioni, promozione delle vendite e pubbliche relazioni a promozione dei prodotti e servizi in questione;(15) considerando che queste attività commerciali sono dannose per i consumatori che sono indotti in errore circa l'origine del dispositivo illecito; che è necessario un alto livello di protezione del consumatore per combattere questo tipo di frode a suo danno; che l'articolo 129 A, paragrafo 1, del trattato prevede che la Comunità contribuisca al conseguimento di un livello elevato di protezione dei consumatori mediante misure adottate in applicazione dell'articolo 100 A;(16) considerando che il contesto giuridico per la creazione di uno spazio audiovisivo unico istituito dalla direttiva 89/552/CEE del Consiglio, del 3 ottobre 1989, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive (5), dovrebbe pertanto essere integrato estendendolo anche alle tecniche di accesso condizionato secondo quanto stabilito dalla presente direttiva, anche al fine di garantire parità di trattamento ai fornitori di trasmissioni transfrontaliere, indipendentemente dal luogo di stabilimento;(17) considerando che, in base alla risoluzione del Consiglio del 29 giugno 1995 sull'applicazione uniforme ed efficace del diritto comunitario e sulle sanzioni applicabili alle violazioni di tale diritto nel campo del mercato interno (6), gli Stati membri devono adottare misure che conducano ad un'applicazione del diritto comunitario altrettanto efficace e rigorosa di quella della legislazione nazionale;(18) considerando che, in virtù dell'articolo 5 del trattato, gli Stati membri devono adottare tutte le misure necessarie per assicurare l'attuazione e l'efficacia della legislazione comunitaria, in particolare prevedendo sanzioni effettive, dissuasive e proporzionate e mezzi di tutela adeguati;(19) considerando che il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri non dovrebbero andare al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del mercato interno, conformemente al principio di proporzionalità sancito all'articolo 3 B, terzo comma, del trattato;(20) considerando che la distribuzione di dispositivi illeciti comprende il trasferimento con qualsiasi mezzo e l'immissione sul mercato di tali dispositivi per farli circolare all'interno della Comunità o fuori di essa;(21) considerando che la presente direttiva fa salva l'applicazione delle disposizioni nazionali che vietano il possesso a fini privati di dispositivi illeciti, l'applicazione delle regole comunitarie sulla concorrenza e l'applicazione delle norme comunitarie in materia di diritti di proprietà intellettuale;(22) considerando che il diritto interno in materia di sanzioni e mezzi di tutela previsti per contrastare le attività commerciali illecite può richiedere che tali attività siano svolte con la consapevolezza, o in presenza di fondati motivi per cui essere consapevoli, che i dispositivi in questione sono illeciti;(23) considerando che le sanzioni e i mezzi di tutela previsti dalla presente direttiva lasciano impregiudicate le altre sanzioni o gli altri mezzi di tutela eventualmente previsti dal diritto interno, quali le misure preventive in generale o il sequestro dei dispositivi illeciti; che gli Stati membri non sono tenuti a prevedere sanzioni penali per le attività illecite di cui alla presente direttiva; che le disposizioni degli Stati membri in materia di azioni per risarcimento danni devono essere conformi ai rispettivi sistemi legislativi e giudiziari nazionali;(24) considerando che la presente direttiva fa salva l'applicazione delle disposizioni nazionali che non rientrano nel settore coordinato dalla presente direttiva, come quelle concernenti la tutela dei minori comprese quelle adottate in conformità della direttiva 89/552/CEE, ovvero disposizioni nazionali inerenti all'ordine e alla sicurezza pubblici,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1 Campo di applicazione L'oggetto della presente direttiva è il ravvicinamento delle disposizioni degli Stati membri riguardanti misure contro i dispositivi illeciti che forniscono l'accesso non autorizzato a servizi protetti.Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si intende per:a) servizio protetto, uno dei servizi seguenti laddove sia fornito a pagamento e mediante un sistema di accesso condizionato:- trasmissioni televisive, ai sensi dell'articolo 1, lettera a), della direttiva 89/552/CEE;- trasmissioni radiofoniche, cioè la trasmissione via cavo o via etere, anche via satellite, di programmi radiofonici destinati al pubblico;- servizi della società dell'informazione, ai sensi dell'articolo 1, punto 2, della direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione (7);o la prestazione di un accesso condizionato ai servizi suesposti, considerato servizio in quanto tale;b) accesso condizionato, misure e/o sistemi tecnici in base ai quali l'accesso in forma intelligibile al servizio protetto sia subordinato a preventiva autorizzazione individuale;c) dispositivo per l'accesso condizionato, apparecchiature o programmi per elaboratori elettronici concepiti o adattati al fine di consentire l'accesso in forma intelligibile ad un servizio protetto;d) servizio connesso, l'installazione, la manutenzione o la sostituzione di dispositivi di accesso condizionato, nonché la prestazione di servizi di comunicazione commerciale relativi a detti dispositivi o a servizi protetti;e) dispositivo illecito, apparecchiature o programmi per elaboratori elettronici concepiti o adattati al fine di rendere possibile l'accesso ad un servizio protetto in forma intelligibile senza l'autorizzazione del prestatore del servizio;f) settore coordinato dalla presente direttiva, quello disciplinato da qualunque disposizione concernente le attività illecite di cui all'articolo 4.Articolo 3 Principi relativi al mercato interno 1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie a vietare sul loro territorio le attività di cui all'articolo 4 ed a prevedere le sanzioni e i mezzi di tutela di cui all'articolo 5.2. Salvo il disposto del paragrafo 1, gli Stati membri non possono:a) limitare la prestazione di servizi protetti o di servizi connessi aventi origine in un altro Stato membro; oppureb) limitare la libera circolazione dei dispositivi per l'accesso condizionato,per motivi rientranti nel settore coordinato dalla presente direttiva.Articolo 4 Attività illecite Gli Stati membri vietano sul loro territorio le seguenti attività:a) la fabbricazione, l'importazione, la distribuzione, la vendita, il noleggio o il possesso a fini commerciali di dispositivi illeciti;b) l'installazione, la manutenzione o la sostituzione a fini commerciali di dispositivi illeciti;c) l'impiego di comunicazioni commerciali per promuovere dispositivi illeciti.Articolo 5 Sanzioni e mezzi di tutela 1. Le sanzioni sono efficaci, dissuasive e proporzionate al potenziale impatto dell'attività illecita.2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per provvedere a che i prestatori di servizi protetti i cui interessi vengano pregiudicati da un'attività illecita, quale specificata all'articolo 4, svolta sul loro territorio abbiano accesso a mezzi di tutela adeguati, compresa la possibilità di promuovere un'azione per il risarcimento del danno e ottenere un'ingiunzione o altro provvedimento cautelare e, ove opportuno, chiedere che i dispositivi illeciti siano eliminati dai circuiti commerciali.Articolo 6 Attuazione 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 28 maggio 2000. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore coordinato dalla presente direttiva.Articolo 7 Relazioni Entro tre anni dall'entrata in vigore della presente direttiva e, successivamente, ogni due anni la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale una relazione sull'attuazione della presente direttiva corredata di eventuali proposte in particolare per quanto riguarda le definizioni dell'articolo 2, per il suo adeguamento agli sviluppi tecnici ed economici e alle consultazioni tenute dalla Commissione.Articolo 8 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 9 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 20 novembre 1998.Per il Parlamento europeoIl PresidenteJ. M. GIL-ROBLESPer il ConsiglioIl PresidenteE. HOSTASCH(1) GU C 314 del 16. 10. 1997, pag. 7 eGU C 203 del 30. 6. 1998, pag. 12.(2) GU C 129 del 27. 4. 1998, pag. 16.(3) Parere del Parlamento europeo del 30 aprile 1998 (GU C 152 del 18. 5. 1998, pag. 59), posizione comune del Consiglio del 29 giugno 1998 (GU C 262 del 19. 8. 1998, pag. 34), e decisione del Parlamento europeo dell'8 ottobre 1998 (GU C 328 del 26. 10. 1998). Decisione del Consiglio del 9 novembre 1998.(4) GU C 167 del 2. 6. 1997, pag. 31.(5) GU L 298 del 17. 10. 1989, pag. 23. Direttiva modificata dalla direttiva 97/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 202 del 30. 7. 1997, pag. 60).(6) GU C 188 del 22. 7. 1995, pag. 1.(7) GU L 204 del 21. 7. 1998, pag. 37. Direttiva modificata dalla direttiva 98/48/CE (GU L 217 del 5. 8. 1998, pag. 18). | Tutela dei servizi elettronici a pagamento dalla pirateria
SINTESI
COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA?
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L'obiettivo della presente direttiva è la tutela giuridica dei servizi ad accesso condizionato (ossia l'accesso in cambio di un'iscrizione);
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Cerca di proteggere i servizi elettronici a pagamento contro la pirateria;
—
Vieta a tutte le attività commerciali che coinvolgono la produzione, distribuzione o commercializzazione di smart card (schede di plastica con microprocessori o microchip integrati) e altri dispositivi che rendono possibile aggirare l'accesso protetto a televisione, radio e servizi internet a pagamento.
PUNTI CHIAVE
Ambito di applicazione
La direttiva riguarda tutti i servizi forniti mediante un sistema di accesso condizionato, quali ad esempio servizi televisivi e radiofonici a pagamento, contenuti video e audio on demand, editoria elettronica e un’ampia gamma di servizi online offerti al pubblico su abbonamento o in modalità pay-per-view.
Attività illecite
Ciascun paese dell’UE deve farsi carico dell’introduzione di leggi finalizzate a proibire:
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la produzione, l’importazione, la vendita, il noleggio o il possesso a fini commerciali di apparecchiature o programmi illeciti e in grado di consentire l’accesso non autorizzato a servizi protetti;
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l’installazione, la manutenzione o la sostituzione a fini commerciali di dispositivi illeciti;
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l’impiego di comunicazioni pubblicitarie inteso a promuovere apparecchiature o programmi illeciti.
Sanzioni e mezzi di tutela
Ciascun paese dell’UE deve promulgare misure volte a:
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introdurre sanzioni efficaci, dissuasive e proporzionate al potenziale impatto dell’attività illecita;
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fare sì che i prestatori di servizi i cui interessi vengano danneggiati da un’attività illecita possano rivolgersi a un tribunale per ottenere il risarcimento del danno e un’ingiunzione nonché, laddove appropriato, richiedere la confisca dei dispositivi illeciti.
Principi relativi al mercato interno
I paesi dell’UE non possono limitare:
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la prestazione di servizi protetti o di servizi connessi aventi origine in un altro paese dell’UE;
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la libera circolazione dei dispositivi per l’accesso condizionato, fatta eccezione per i dispositivi considerati illeciti ai sensi della direttiva (qualsiasi apparecchiatura o programma concepito o adattato al fine di consentire l’accesso in forma intelligibile ad un servizio protetto senza l’autorizzazione del prestatore del servizio).
Convenzione del Consiglio d’Europa
Nel 2015, il Consiglio dell'Unione europea ha approvato, per conto dell'UE, la convenzione del Consiglio d’Europa sulla tutela giuridica dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato entrata in vigore il 1o luglio 2003. La sottoscrizione effettuata dall’UE potrebbe incoraggiare altri membri del Consiglio d’Europa a ratificare la convenzione. Ciò estenderebbe l’applicazione di disposizioni simili a quelle della direttiva 98/84/CE al di là delle frontiere dell’UE, contribuendo così a istituire un diritto dei servizi ad accesso condizionato applicabile in tutto il continente europeo.
CONTESTO
Tutela giuridica dei servizi ad accesso condizionato
ATTO
Direttiva 98/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 1998, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato (GU L 320 del 28.11.1998, pag. 54-57)
ATTI COLLEGATI
Decisione 2014/243/UE del Consiglio, del 14 aprile 2014, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, della convenzione europea sulla tutela giuridica dei servizi ad accesso condizionato e di accesso condizionato (GU L 128 del 30.4.2014, pag. 61)
Decisione (UE) 2015/1293 del Consiglio, del 20 luglio 2015, sulla conclusione, per conto dell'Unione europea, della Convenzione europea sulla tutela giuridica dei servizi ad accesso condizionato e di accesso condizionato (GU L 199 del 29.7.2015, pag. 3-5)
Relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Seconda relazione sull’attuazione della direttiva 98/84/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 20 novembre 1998, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato (COM(2008) 593 def. del 30 settembre 2008)
La tutela giuridica dei servizi elettronici a pagamento - Relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo sull’attuazione della direttiva 98/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 1998, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato (COM(2003) 198 def. del 24 aprile 2003) | 6,387 | 1,014 |
Regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio dell'11 novembre 1996 relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità
Gazzetta ufficiale n. L 292 del 15/11/1996 pag. 0002 - 0005
REGOLAMENTO (EURATOM, CE) N. 2185/96 DEL CONSIGLIO dell'11 novembre 1996 relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolaritàIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 235,visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, in particolare l'articolo 203,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Parlamento europeo (2),(1) considerando che il potenziamento della lotta contro la frode ed altre irregolarità commesse a danno del bilancio comunitario è essenziale per la credibilità della Comunità;(2) considerando che dall'articolo 209 A del trattato risulta che la tutela degli interessi finanziari delle Comunità rientra in primo luogo nella responsabilità degli Stati membri, fatte salve altre disposizioni del trattato;(3) considerando che il regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (3), ha predisposto un quadro giuridico comune a tutti i settori di attività della Comunità;(4) considerando che l'articolo 1, paragrafo 2 del suddetto regolamento definisce la nozione di «irregolarità» e che nel sesto considerando di tale regolamento si precisa che le condotte che danno luogo a irregolarità comprendono le condotte fraudolente, quali definite nella convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (4);(5) considerando che detto regolamento ha previsto, all'articolo 10, la successiva adozione di disposizioni generali supplementari in materia di controlli e verifiche in loco;(6) considerando che, per ragioni di efficacia e fatti salvi i controlli effettuati dagli Stati membri a norma dell'articolo 8 del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95, occorre adottare, in materia di controlli e verifiche da effettuare sul posto da parte della Commissione, disposizioni generali supplementari che lascino impregiudicata l'applicazione delle normative comunitarie settoriali di cui all'articolo 9, paragrafo 2 del suddetto regolamento;(7) considerando che l'attuazione delle disposizioni del presente regolamento dipende dall'individuazione degli obiettivi che ne giustificano l'applicazione soprattutto quando, per l'entità della frode, che non si limita ad un solo paese ed è spesso dovuta a reti organizzate, o per la specificità della situazione in uno Stato membro, tali obiettivi non possono, per la gravità del danno arrecato agli interessi finanziari delle Comunità o alla credibilità dell'Unione, essere realizzati in maniera ottimale dai soli Stati membri e possono quindi essere meglio realizzati a livello comunitario;(8) considerando che i controlli e le verifiche sul posto non possono eccedere quanto necessario per garantire la corretta applicazione del diritto comunitario;(9) considerando peraltro che essi sono effettuati in modo da lasciare impregiudicate le disposizioni applicabili in ciascuno Stato membro relative alla tutela degli interessi essenziali della sicurezza dello Stato;(10) considerando che, in base al principio di fedeltà comunitaria posto dall'articolo 5 del trattato CE e alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia e delle Comunità europee, è opportuno che le amministrazioni degli Stati membri e i servizi della Commissione cooperino lealmente fornendosi l'assistenza necessaria per la preparazione e l'esercizio dei controlli e delle verifiche sul posto;(11) considerando che si devono definire le condizioni d'esercizio dei poteri dei controllori della Commissione;(12) considerando che tali controlli e verifiche sul posto si effettuano nel rispetto dei diritti fondamentali delle persone coinvolte e delle norme relative al segreto d'ufficio e alla protezione dei dati personali; che, in proposito, è necessario che la Commissione provveda affinché i suoi controllori rispettino le disposizioni comunitarie e nazionali relative alla protezione dei dati personali, in particolare quelle previste dalla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (5);(13) considerando che, per consentire una lotta efficace alla frode e ad altre irregolarità, i controlli della Commissione devono essere effettuati presso operatori economici che potrebbero essere implicati direttamente o indirettamente nell'irregolarità di cui trattasi e presso coloro che potrebbero essere da questa interessati; che, in caso di applicazione delle disposizioni del presente regolamento, occorre che la Commissione vigili affinché tali operatori economici non siano sottoposti contemporaneamente, per gli stessi fatti, ad analoghi controlli e verifiche effettuati dalla Commissione o dagli Stati membri in base a normative comunitarie settoriali o a legislazioni nazionali;(14) considerando che i controllori della Commissione devono poter accedere a tutte le informazioni sulle operazioni in questione alle stesse condizioni alle quali vi accedono i controllori amministrativi nazionali; che i rapporti dei controllori della Commissione, sottoscritti, se del caso, dai controllori nazionali, devono essere redatti tenendo conto delle esigenze procedurali previste dalla legislazione dello Stato membro interessato, che essi devono costituire elementi di prova ammissibili nei procedimenti amministrativi e giudiziari dello Stato membro in cui risulti necessario utilizzarli e devono avere lo stesso valore attribuito alle relazioni redatte dai controllori amministrativi nazionali;(15) considerando che, qualora vi sia un rischio di scomparsa degli elementi di prova o qualora gli operatori economici si oppongano ad un controllo o ad una verifica sul posto da parte della Commissione, spetta agli Stati membri prendere i provvedimenti cautelari o di esecuzione necessari in base alle rispettive legislazioni;(16) considerando che il presente regolamento non pregiudica la competenza degli Stati membri in materia di repressione dei dati né le norme relative alla reciproca assistenza giudiziaria tra Stati membri in materia penale;(17) considerando che, per l'adozione del presente regolamento, i soli poteri d'azione previsti dai trattati sono quelli degli articoli 235 del trattato CE e 203 del trattato CEEA,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1 Il presente regolamento stabilisce le disposizioni generali supplementari a norma dell'articolo 10 del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 applicabili ai controlli e alle verifiche amministrativi effettuati sul posto dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità contro le irregolarità come definite dall'articolo 1, paragrafo 2 di detto regolamento.Fatte salve le disposizioni delle normative comunitarie settoriali, il presente regolamento si applica a tutti i settori di attività della Comunità.Esso non pregiudica la competenza degli Stati membri in materia di azioni penali né le norme relative alla reciproca assistenza giudiziaria tra Stati membri in materia penale.Articolo 2 A norma del presente regolamento la Commissione può procedere a controlli e verifiche sul posto:- per ricercare irregolarità gravi, irregolarità transnazionali o irregolarità in cui possono essere implicati operatori economici che esplicano la loro attività in vari Stati membri,- oppure per ricercare irregolarità, qualora in uno Stato membro la situazione esiga, in un caso particolare, il rafforzamento di controlli e verifiche sul posto per migliorare l'efficacia della tutela degli interessi finanziari e assicurare così un livello di protezione equivalente all'interno della Comunità,- oppure a richiesta dello Stato membro interessato.Articolo 3 La Commissione, se decide di procedere a controlli e verifiche sul posto a norma del presente regolamento, vigila affinché presso gli operatori economici in questione non si proceda contemporaneamente, per gli stessi fatti, ad analoghi controlli e verifiche sulla base di normative comunitarie settoriali.Inoltre, essa tiene conto dei controlli che lo Stato membro sta effettuando o ha effettuato, per i medesimi fatti, presso gli operatori economici interessati in base alla propria legislazione.Articolo 4 I controlli e le verifiche sul posto sono preparati e svolti dalla Commissione in stretta collaborazione con le autorità competenti dello Stato membro interessato, che sono informate in tempo utile dell'oggetto, delle finalità nonché del fondamento giuridico dei controlli e delle verifiche in modo da poter fornire tutta l'assistenza necessaria. A tal fine gli agenti dello Stato membro interessato possono partecipare ai controlli e alle verifiche sul posto.Inoltre, se lo Stato membro interessato lo desidera, i controlli e le verifiche sul posto sono effettuati congiuntamente dalla Commissione e dalle autorità competenti dello Stato stesso.Articolo 5 I controlli e le verifiche sul posto sono effettuati dalla Commissione presso gli operatori economici ai quali possono essere applicate le misure o le sanzioni amministrative comunitarie a norma dell'articolo 7 del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 quando sussistano ragioni per ritenere che siano state commesse delle irregolarità.Per facilitare alla Commissione l'esercizio dei controlli e delle verifiche, gli operatori sono tenuti a permettere l'accesso ai locali, terreni, mezzi di trasporto e altri luoghi adibiti ad uso professionale.Nella misura in cui ciò sia strettamente necessario per accertare l'esistenza di un'irregolarità, la Commissione può effettuare controlli e verifiche sul posto presso altri operatori economici interessati, per avere accesso alle pertinenti informazioni da questi detenute circa i fatti oggetto dei controlli e delle verifiche sul posto.Articolo 6 1. I controlli e le verifiche sul posto sono effettuati, sotto l'autorità e la responsabilità della Commissione, da suoi funzionari od agenti debitamente abilitati, in appresso denominati «i controllori della Commissione». A tali controlli e verifiche possono assistere le persone che gli Stati membri hanno messo a disposizione della Commissione in qualità di esperti nazionali distaccati.I controllori della Commissione esercitano i loro poteri su presentazione di una abilitazione scritta, nella quale sono indicate la loro identità e qualifica, corredata di un documento che indica l'oggetto e lo scopo del controllo o della verifica sul posto.Fatto salvo il diritto comunitario applicabile, essi sono tenuti a rispettare le norme di procedura previste dalla legislazione dello Stato membro interessato.2. Previo accordo dello Stato membro interessato, la Commissione può chiedere l'assistenza di agenti di altri Stati membri in qualità di osservatori e può ricorrere, a fini di assistenza tecnica, ad organismi esterni che agiscano sotto la sua responsabilità.La Commissione vigila affinché tali agenti ed organismi presentino tutte le garanzie in fatto di competenza tecnica, di indipendenza e di rispetto del segreto professionale.Articolo 7 1. I controlli della Commissione hanno accesso, alle medesime condizioni dei controllori amministrativi nazionali e nel rispetto delle legislazioni nazionali, a tutte le informazioni e alla documentazione relative alle operazioni di cui trattasi necessarie ai fini del buon svolgimento dei controlli e delle verifiche sul posto. Essi possono utilizzare gli stessi mezzi materiali di controllo di cui si avvalgono i controllori amministrativi nazionali e in particolare possono prendere copia dei documenti pertinenti.I controlli e le verifiche sul posto possono riguardare in particolare:- i libri e i documenti professionali, come fatture, capitolati d'appalto, ruolini paga, distinte dei lavori, estratti di conti bancari detenuti dagli operatori economici;- i dati informatici;- i sistemi e i metodi di produzione, di imballaggio e di spedizione;- il controllo fisico della natura e del volume delle merci o delle azioni svolte;- il prelievo e la verifica dei campioni;- lo stato di avanzamento dei lavori o degli investimenti finanziati, l'utilizzazione e la destinazione degli investimenti portati a termine;- i documenti contabili e di bilancio;- l'esecuzione finanziaria e tecnica dei progetti sovvenzionati.2. Se necessario, spetta agli Stati membri, su richiesta della Commissione, prendere gli adeguati provvedimenti cautelari previsti dalla legislazione nazionale, in particolare per salvaguardare gli elementi di prova.Articolo 8 1. Le informazioni comunicate o ottenute sotto qualsiasi forma a norma del presente regolamento sono coperte dal segreto professionale e beneficiano della tutela accordata alle informazioni analoghe dalla legislazione nazionale dello Stato membro che le ha ricevute e dalle disposizioni corrispondenti applicabili alle istituzioni comunitarie.Tali informazioni non possono essere comunicate a persone diverse da quelle che nell'ambito delle istituzioni comunitarie o negli Stati membri vi hanno accesso in ragione delle loro funzioni, né possono essere utilizzate dalle istituzioni comunitarie per fini diversi dall'efficace tutela degli interessi finanziari della Comunità in tutti gli Stati membri. Quando uno Stato membro intenda utilizzare ad altri fini le informazioni raccolte da agenti soggetti alla sua autorità e partecipanti come osservatori a norma dell'articolo 6, paragrafo 2 a controlli e verifiche sul posto, esso chiede il consenso dello Stato membro in cui tali informazioni sono state raccolte.2. La Commissione comunica quanto prima all'autorità competente dello Stato membro sul cui territorio sono stati effettuati i controlli o le verifiche sul posto, qualsiasi fatto o sospetto relativo ad irregolarità di cui ha avuto conoscenza nel corso del controllo o della verifica sul posto. Ad ogni modo la Commissione è tenuta a informare la suddetta autorità circa i risultati di tali controlli e verifiche.3. I controlli della Commissione provvedono affinché le loro relazioni di controllo e verifica siano redatte tenendo conto dei requisiti di procedura previsti dalla legislazione nazionale dello Stato membro interessato. Gli elementi materiali e di prova raccolti, di cui all'articolo 7, sono acclusi come allegati a tali relazioni. Le relazioni così redatte costituiscono, alla stessa stregua e alle medesime condizioni di quelle predisposte dai controllori amministrativi nazionali, elementi di prova che possono essere ammessi nei procedimenti amministrativi o giudiziari dello Stato membro in cui risulti necessario utilizzarle. Tali relazioni sono valutate in base alle medesime regole applicabili alle relazioni amministrative redatte dai controllori amministrativi nazionali ed hanno identico valore. In caso di controllo congiunto a norma dell'articolo 4, secondo comma, i controllori nazionali che hanno partecipato all'operazione sono invitati a controfirmare la relazione redatta dai controllori della Commissione.4. La Commissione provvede affinché i suoi controllori, nell'ambito dell'applicazione del presente regolamento, rispettino le disposizioni comunitarie e nazionali relative alla protezione dei dati personali, in particolare quelle previste dalla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.5. In caso di controlli e verifiche sul posto eseguiti al di fuori del territorio della Comunità, le relazioni sono redatte dai controllori della Commissione in condizioni che permetterebbero loro di costituire elementi di prova che possono essere ammessi nei procedimenti amministrativi o giudiziari dello Stato membro in cui risulti necessario utilizzarle.Articolo 9 Ove gli operatori economici di cui all'articolo 5 si oppongano ad un controllo o ad una verifica sul posto, lo Stato membro interessato presta ai controllori della Commissione, in base alle disposizioni nazionali, l'assistenza necessaria per consentire lo svolgimento della loro missione di controllo e di verifica sul posto.Ove occorre, spetta agli Stati membri prendere le misure necessarie, nel rispetto del diritto nazionale.Articolo 10 Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Esso si applica a decorrere dal 1° gennaio 1997.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 11 novembre 1996.Per il ConsiglioIl PresidenteR. QUINN(1) GU n. C 84 del 21. 3. 1996, pag. 10.(2) GU n. C 166 del 10. 6. 1996, pag. 102 e parere espresso il 23 ottobre 1996 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU n. L 312 del 23. 12. 1995, pag. 1.(4) GU n. C 316 del 27. 11. 1995, pag. 48.(5) GU n. L 281 del 23. 11. 1995, pag. 31. | Controlli e le verifiche sul posto presso i destinatari di finanziamenti dell’UE
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Stabilisce le norme e le procedure per i controlli e le verifiche sul posto effettuati dalla Commissione europea per contrastare le frodi e altre irregolarità, in particolare nel caso in cui si sospetti che le irregolarità* siano state commesse da operatori economici* che ricevono un sostegno finanziario dal bilancio dell’UE.
Il regolamento si applica a tutti i settori delle attività dell’UE. Non pregiudica i poteri che i paesi dell’UE hanno di perseguire le violazioni penali ai sensi del diritto nazionale.
PUNTI CHIAVE
Svolgimento di controlli e verifiche sul posto
La Commissione effettua i controlli e le verifiche sul posto presso gli operatori economici:per indagare sulle eventuali irregolarità gravi o transfrontaliere o sulle irregolarità in cui sono implicati operatori economici che svolgono la loro attività in vari paesi dell’UE;per rafforzare i controlli e le verifiche sul posto in un paese dell’UE, al fine di tutelare gli interessi finanziari dell’UE in modo più efficace e assicurare un livello di protezione equivalente all’interno dell’Unione stessa;Su richiesta di un paese dell’UE.CondizioniPrima dei succitati controlli e verifiche, la Commissione deve informare il paese dell’UE interessato in tempo utile per ottenere tutta l’assistenza necessaria.I controlli e le verifiche sono preparati ed effettuati dalla Commissione in stretta cooperazione con le autorità competenti del paese dell’UE interessato.Si svolgono sotto la direzione e la responsabilità dei controllori della Commissione, vale a dire i funzionari civili o altri membri del personale debitamente autorizzati, che devono rispettare le norme di procedura del paese dell’UE interessato.Gli operatori economici devono permettere ai controllori l’accesso ai locali, terreni, mezzi di trasporto o altri luoghi adibiti ad uso professionale.Qualora un operatore economico si opponga a un controllo o a una verifica sul posto, il paese dell’UE interessato presta assistenza ai controllori affinché possano svolgere la loro missione.La Commissione tiene conto delle verifiche in corso di effettuazione o già effettuate dal paese dell’UE interessato ai sensi del diritto nazionale.Accesso alle informazioni e alla documentazione ai sensi del diritto nazionaleSi deve consentire ai controllori della Commissione, alle medesime condizioni dei controllori amministrativi nazionali e nel rispetto del diritto nazionale, l’accesso a tutte le informazioni necessarie ad assicurare il buono svolgimento dei controlli e delle verifiche.I controllori possono utilizzare gli stessi mezzi materiali di controllo di cui si avvalgono i controllori amministrativi nazionali e in particolare possono prendere copia dei documenti pertinenti.Ambito di applicazione
I controlli e le verifiche sul posto possono riguardare, in particolare:i libri commerciali e i documenti di lavoro, come fatture, capitolati d’appalto, ruolini paga, distinte dei lavori, estratti di conti bancari detenuti dagli operatori economici;i dati informatici;i sistemi e i metodi di produzione, di imballaggio e di spedizione;il controllo fisico della natura e del volume delle merci o delle azioni svolte;il prelievo e la verifica dei campioni;lo stato di avanzamento dei lavori o degli investimenti finanziati, l’utilizzazione e la destinazione degli investimenti portati a termine;i documenti contabili e di bilancio;l’esecuzione finanziaria e tecnica dei progetti sovvenzionati.Elementi di provaSu richiesta della Commissione, i paesi dell’UE possono essere tenuti a prendere provvedimenti cautelari ai sensi del diritto nazionale, in particolare per salvaguardare gli elementi di prova.Le informazioni ottenute in relazione ai controlli e alle verifiche sul posto sono coperte dal segreto professionale e dalle norme dell’UE in materia di protezione dei dati.Le relazioni dei controllori della Commissione costituiscono elementi di prova che possono essere ammessi nei procedimenti amministrativi o giudiziari del Paese dell’UE in cui risulti necessario utilizzarle.
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
È stato applicato dal 1 gennaio 1997.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:Indagini (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Irregolarità: Violazioni del diritto dell’UE, derivanti da un atto od omissione di un operatore economico, che hanno (o avrebbero) come effetto un danno al bilancio generale dell’UE.
Operatori economici: Persone, imprese o altri organismi economicamente attivi e investiti di status giuridico ai sensi del diritto nazionale.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE, Euratom) n. 2185/96 del Consiglio, dell’11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (GU L 292 del 15.11.1996, pagg. 2–5).
DOCUMENTI COLLEGATI
Regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (GU L 312 del 23.12.1995, pagg. 1-4).Errata corrige | 6,481 | 96 |
REGOLAMENTO (CE) N. 1100/2008 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 22 ottobre 2008
relativo all’eliminazione di controlli effettuati alle frontiere degli Stati membri nel settore dei trasporti su strada e per vie navigabili
(Versione codificata)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 71,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CEE) n. 4060/89 del Consiglio, del 21 dicembre 1989, relativo all’eliminazione di controlli effettuati alle frontiere degli Stati membri nel settore dei trasporti su strada e per vie navigabili (3), è stato modificato in modo sostanziale (4). A fini di razionalità e chiarezza è opportuno procedere alla codificazione di tale regolamento.
(2)
L’attuazione della libera circolazione dei servizi nel settore dei trasporti costituisce un elemento importante della politica comune dei trasporti prevista dal trattato. Pertanto, la politica comune dei trasporti ha lo scopo di incrementare la scorrevolezza della circolazione dei diversi mezzi di trasporto all’interno della Comunità.
(3)
In base alle normative comunitarie e nazionali vigenti in materia di trasporti su strada e per vie navigabili, gli Stati membri effettuano controlli, verifiche ed ispezioni riguardanti le caratteristiche tecniche, le autorizzazioni ed altri documenti cui debbono conformarsi i veicoli e le navi. Tali controlli, verifiche ed ispezioni continuano ad essere giustificati, in generale, dalla finalità di evitare perturbazioni nell’organizzazione del mercato dei trasporti e garantire la sicurezza della circolazione su strada e per vie navigabili.
(4)
A norma delle disposizioni comunitarie vigenti, gli Stati membri sono liberi d’organizzare ed effettuare i summenzionati controlli, verifiche ed ispezioni nei luoghi da essi prescelti.
(5)
Detti controlli, verifiche ed ispezioni possono essere effettuati con pari efficacia su tutto il territorio degli Stati membri interessati e pertanto il varco della frontiera non dovrebbe costituire il pretesto per l’esecuzione di dette operazioni,
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Il presente regolamento si applica ai controlli effettuati dagli Stati membri in applicazione delle disposizioni comunitarie o nazionali in materia di trasporti su strada e per vie navigabili effettuati con mezzi di trasporto immatricolati o ammessi a circolare in uno Stato membro.
Articolo 2
Ai sensi del presente regolamento si intende per:
a)
«frontiera»: una frontiera interna alla Comunità, o una frontiera esterna, qualora il trasporto tra Stati membri comporti l’attraversamento di un paese terzo;
b)
«controllo»: qualsiasi controllo, ispezione, verifica o formalità espletati alle frontiere degli Stati membri dalle autorità nazionali che comportino un’interruzione o una limitazione della libera circolazione dei veicoli interessati o delle navi interessate.
Articolo 3
I controlli di cui all’allegato I, effettuati in applicazione di disposizioni comunitarie o nazionali in materia di trasporti su strada o per vie navigabili tra Stati membri, non sono effettuati a titolo di controlli alle frontiere, ma esclusivamente come parte delle normali procedure di controllo applicate, in modo non discriminatorio, su tutto il territorio di uno Stato membro.
Articolo 4
La Commissione propone, se necessario, modifiche dell’allegato I in considerazione dell’evoluzione tecnologica nel settore di cui al presente regolamento.
Articolo 5
Il regolamento (CEE) n. 4060/89, modificato dal regolamento elencato nell’allegato II, è abrogato.
I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell’allegato III.
Articolo 6
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Strasburgo, addì 22 ottobre 2008.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
J.-P. JOUYET
(1) GU C 324 del 30.12.2006, pag. 47.
(2) Parere del Parlamento europeo del 14 dicembre 2006 (GU C 317 E del 23.12.2006, pag. 599) e decisione del Consiglio del 15 settembre 2008.
(3) GU L 390 del 30.12.1989, pag. 18.
(4) Cfr. allegato II.
ALLEGATO I
PARTE 1
NORMATIVA COMUNITARIA
Sezione 1
Direttive
a)
Articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 96/53/CE del Consiglio, del 25 luglio 1996, che stabilisce, per taluni veicoli stradali che circolano nella Comunità, le dimensioni massime autorizzate nel traffico nazionale e internazionale e i pesi massimi autorizzati nel traffico internazionale (1), il quale prevede che i veicoli possano essere sottoposti, per quanto riguarda le norme comuni relative ai pesi, a controlli per sondaggio e, per quanto riguarda le norme comuni relative alle dimensioni, unicamente a controlli in caso di sospetto di non conformità alle disposizioni della direttiva stessa.
b)
Articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 96/96/CE del Consiglio, del 20 dicembre 1996, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al controllo tecnico dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (2), il quale stabilisce che ciascuno Stato membro riconosca l’attestato, comprovante che un veicolo ha superato un controllo tecnico, rilasciato in un altro Stato membro; tale riconoscimento implica che la verifica da parte delle autorità nazionali può effettuarsi in qualsiasi punto del loro territorio.
c)
Articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 2006/1/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 gennaio 2006, relativa all’utilizzazione di veicoli noleggiati senza conducente per il trasporto di merci su strada (3), il quale stabilisce che la conformità alla direttiva è comprovata dal contratto relativo al noleggio e dal contratto di lavoro del conducente che devono trovarsi a bordo del veicolo noleggiato.
d)
Articolo 3, paragrafi 3, 4 e 5, della direttiva 76/135/CEE del Consiglio, del 20 gennaio 1976, sul reciproco riconoscimento degli attestati di navigabilità rilasciati per le navi della navigazione interna (4), il quale stabilisce che le autorità nazionali possano esigere che siano esibiti attestati di navigabilità, certificati o autorizzazioni.
e)
Articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 82/714/CEE del Consiglio, del 4 ottobre 1982, che fissa i requisiti tecnici per le navi della navigazione interna (5), il quale stabilisce che gli Stati membri possano, in qualsiasi momento, controllare che a bordo di una nave si trovi un certificato valido ai sensi della direttiva stessa.
Sezione 2
Regolamenti
a)
Articoli 14 e 15 del regolamento (CEE) n. 684/92 del Consiglio, del 16 marzo 1992, relativo alla fissazione di norme comuni per i trasporti internazionali di viaggiatori effettuati con autobus (6), i quali permettono agli agenti incaricati del controllo di verificare e controllare il documenti di trasporto, le autorizzazioni e i documenti di controllo previsti nel regolamento stesso.
b)
Articolo 18 del regolamento (CE) n. 561/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, relativo all’armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada (7), il quale autorizza gli Stati membri ad adottare disposizioni riguardanti, tra l’altro, l’organizzazione, la procedura e gli strumenti di controllo al fine di verificare che siano soddisfatte le disposizioni del regolamento stesso.
c)
Articolo 19 del regolamento (CEE) n. 3821/85 del Consiglio, del 20 dicembre 1985, relativo all’apparecchio di controllo nel settore dei trasporti su strada (8), il quale lascia agli Stati membri il compito di adottare disposizioni riguardanti, tra l’altro, l’organizzazione, la procedura e gli strumenti di controllo al fine di accertare la conformità degli apparecchi alle disposizioni del regolamento stesso.
d)
Articolo 5, paragrafo 4, del regolamento (CEE) n. 881/92 del Consiglio, del 26 marzo 1992, relativo all’accesso al mercato dei trasporti di merci su strada nella Comunità effettuati in partenza dal territorio di uno Stato membro o a destinazione di questo, o in transito sul territorio di uno o più Stati membri (9), il quale prevede che una copia autenticata dell’autorizzazione comunitaria debba essere conservata nel veicolo e che debba essere esibita ad ogni richiesta degli agenti addetti al controllo.
PARTE 2
NORMATIVA NAZIONALE
a)
Controlli relativi alle patenti di guida dei conducenti di veicoli, per il trasporto di merci e di viaggiatori.
b)
Controlli relativi al trasporto di merci pericolose, in particolare:
i)
documenti:
—
certificato di formazione del conducente,
—
istruzioni di sicurezza,
—
certificato di approvazione (ADR o norme equivalenti),
—
copia dell’eventuale deroga (ADR o norme equivalenti);
ii)
identificazione del veicolo che trasporta la merce pericolosa:
—
pannello arancione:
—
conformità,
—
posizione del veicolo,
—
segnalazione di pericolo sul veicolo:
—
conformità,
—
posizione sul veicolo,
—
targa di identificazione delle cisterne (fisse, amovibili o container-cisterna):
—
presenza e leggibilità,
—
data dell’ultima ispezione,
—
punzonatura dell’organismo di controllo;
iii)
attrezzatura (ADR o norme equivalenti) del veicolo:
—
estintore supplementare,
—
attrezzature speciali;
iv)
carico dei veicoli:
—
carico eccedente (secondo la capacità delle cisterne),
—
sistemazione del carico,
—
divieto di carico in comune.
c)
Controlli relativi al trasporto di derrate deperibili, in particolare:
i)
documenti:
—
attestato di conformità delle attrezzature;
ii)
attrezzature speciali utilizzate per il trasporto delle derrate deperibili:
—
attestato di conformità (targhetta),
—
contrassegni di identificazione;
iii)
funzionamento delle attrezzature speciali:
—
condizioni di temperatura delle attrezzature.
(1) GU L 235 del 17.9.1996, pag. 59.
(2) GU L 46 del 17.2.1997, pag. 1.
(3) GU L 33 del 4.2.2006, pag. 82.
(4) GU L 21 del 29.1.1976, pag. 10.
(5) GU L 301 del 28.10.1982, pag. 1.
(6) GU L 74 del 20.3.1992, pag. 1.
(7) GU L 102 dell’11.4.2006, pag. 1.
(8) GU L 370 del 31.12.1985, pag. 8.
(9) GU L 95 del 9.4.1992, pag. 1.
ALLEGATO II
REGOLAMENTO ABROGATO E SUA MODIFICA SUCCESSIVA
(di cui all’articolo 5)
Regolamento (CEE) n. 4060/89 del Consiglio
(GU L 390 del 30.12.1989, pag. 18).
Regolamento (CEE) n. 3356/91 del Consiglio
(GU L 318 del 20.11.1991, pag. 1).
ALLEGATO III
TAVOLA DI CONCORDANZA
Regolamento (CEE) n. 4060/89
Presente direttiva
Articolo 1
Articolo 1
Articolo 2
Articolo 2
Articolo 3
Articolo 3
Articolo 3 bis
Articolo 4
Articolo 4
Articolo 6
—
Articolo 5
Allegato, parte 1, Direttive a)
Allegato I, parte 1, sezione 1, lettera a)
Allegato, parte 1, Direttive b)
Allegato I, parte 1, sezione 1, lettera b)
Allegato, parte 1, Direttive c)
Allegato I, parte 1, sezione 1, lettera c)
Allegato, parte 1, Direttive d)
—
Allegato, parte 1, Direttive e)
Allegato I, parte 1, sezione 1, lettera d)
Allegato, parte 1, Direttive f)
Allegato I, parte 1, sezione 1, lettera e)
Allegato, parte 1, Regolamenti a)
Allegato I, parte 1, sezione 2, lettera a)
Allegato, parte 1, Regolamenti b)
—
Allegato, parte 1, Regolamenti c)
—
Allegato, parte 1, Regolamenti d)
Allegato I, parte 1, sezione 2, lettera b)
Allegato, parte 1, Regolamenti e)
Allegato I, parte 1, sezione 2, lettera c)
Allegato, parte 1, Regolamenti f)
Allegato I, parte 1, sezione 2, lettera d)
Allegato, parte 2
Allegato I, parte 2
—
Allegato II
—
Allegato III | Trasporti su strada e vie navigabili: controlli di frontiera
QUAL È LO SCOPO DEI REGOLAMENTI?
I regolamenti aboliscono i controlli effettuati dai paesi dell’Unione europea (UE) sul rispetto delle norme in materia di trasporti su strada e per vie navigabili alle frontiere interne dell’UE. Per garantire la libera circolazione all’interno dell’Unione dei veicoli e delle navi interessati, questi controlli non devono più essere effettuati come controlli alle frontiere, ma solo nell’ambito delle normali procedure di controllo applicate in modo non discriminatorio su tutto il territorio dei paesi dell’UE.
PUNTI CHIAVE
Il regolamento (CEE) n. 3912/92 si riferisce ai controlli relativi alle operazioni di trasporto su strada e per vie navigabili effettuate con mezzi di trasporto immatricolati o ammessi a circolare in un paese non appartenente all’UE. Questi controlli non devono più essere effettuati alle frontiere interne tra i paesi dell’UE, ma solo nell’ambito delle normali procedure di controllo applicate in modo non discriminatorio su tutto il territorio di questi paesi. Possono tuttavia essere effettuati anche alle frontiere esterne (con un paese extra UE). Il regolamento (CE) n. 1100/2008 si riferisce ai controlli relativi alle operazioni di trasporto su strada e per vie navigabili effettuate con mezzi di trasporto immatricolati o ammessi a circolare in un paese dell’UE. Questi controlli non devono più essere effettuati alle frontiere interne tra i paesi dell’UE, ma solo nell’ambito delle normali procedure di controllo applicate in modo non discriminatorio su tutto il territorio di questi paesi. I controlli oggetto dei due regolamenti sono quelli previsti dal diritto dell’Unione o nazionale di cui all’allegato I del regolamento (CE) n. 1100/2008 e, nel caso del regolamento (CEE) n. 3912/92, quelli previsti da accordi internazionali tra uno o più paesi dell’UE e uno o più paesi extra UE.Il recesso del Regno Unito dall’UE
Dal recesso del Regno Unito dall’UE il 31 gennaio 2020, il confine tra il Regno Unito e i paesi dell’UE non è più un confine interno. Tuttavia, durante il periodo di transizione, quando le leggi dell’UE erano ancora applicate al Regno Unito e al suo interno, questo confine è stato trattato come un confine interno. Dall’inizio del 2021, entrambi i regolamenti sopra citati non sono più applicabili a tale confine. Il controllo dei veicoli e delle navi del Regno Unito sarà d’ora in poi soggetto al regolamento (CEE) n. 3912/92 e non sarà più soggetto al regolamento (CE) n. 1100/2008.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO I REGOLAMENTI?
Il regolamento (CEE) n. 3912/92 si applica dal 1 gennaio 1993. Il regolamento (CE) n. 1100/2008 si applica dal 4 dicembre 2008. Esso ha codificato e sostituito il regolamento (CEE) n. 4060/89 e le successive modifiche, applicabili dal 1o luglio 1990.
CONTESTO
Si veda anche:Vie navigabili interne (Commissione europea) Strada (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento (CEE) n. 3912/92 del Consiglio, del 17 dicembre 1992, relativo ai controlli effettuati all’interno della Comunità nel settore dei trasporti su strada e per vie navigabili per quanto riguarda i mezzi di trasporto immatricolati o ammessi a circolare in un paese terzo (GU L 395 del 31.12.1992, pag. 6).
Regolamento (CE) n. 1100/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, relativo all’eliminazione di controlli effettuati alle frontiere degli Stati membri nel settore dei trasporti su strada e per vie navigabili (Versione codificata) (GU L 304 del 14.11.2008, pag. 63). | 5,416 | 1,108 |
Regolamento (CEE) n. 3577/92 del Consiglio, del 7 dicembre 1992, concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo)
Gazzetta ufficiale n. L 364 del 12/12/1992 pag. 0007 - 0010 edizione speciale finlandese: capitolo 6 tomo 3 pag. 0203 edizione speciale svedese/ capitolo 6 tomo 3 pag. 0203
REGOLAMENTO (CEE) N. 3577/92 DEL CONSIGLIO del 7 dicembre 1992 concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo)IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 84, paragrafo 2, vista la proposta modificata della Commissione (1), visti i pareri del Parlemento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che, il 12 giugno 1992, il Parlamento europeo ha adottato la risoluzione sulla liberalizzazione del cabotaggio marittimo e sulle sue conseguenze economiche e sociali; considerando che, secondo l'articolo 61 del trattato, la libera prestazione dei servizi in materia di trasporti marittimi è regolata dalle disposizioni del titolo relativo ai trasporti; considerando che è necessario abolire le restrizioni alla libera prestazione di servizi tra Stati membri nel settore dei trasporti marittimi per poter realizzare il mercato interno; che il mercato interno comporta una spazio nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali; considerando che pertanto il principio della libera prestazione dei servizi va applicato ai trasporti marittimi fra Stati membri; considerando che beneficiari di tale libertà dovrebbero essere gli armatori comunitari che impiegano navi registrate in uno Stato membro e battenti bandiera del medesimo Stato membro, a prescindere dal fatto che abbia una fascia costiera; considerando che tale libertà sarà estesa alle navi iscritte anche nel registro EUROS, non appena quest'ultimo sarà stato approvato; considerando che, al fine di evitare distorsioni di concorrenza, gli armatori comunitari che esercitano la libera prestazione dei servizi di cabotaggio dovrebbero soddisfare tutti i requisiti necessari per effettuare il cabotaggio nello Stato membro in cui le loro navi sono registrate; che gli armatori comunitari che impiegano navi registrate in uno Stato membro e non hanno il diritto di effettuare il cabotaggio in tale Stato dovrebbero comunque beneficiare del presente regolamento durante un periodo transitorio; considerando che l'attuazione di questa libertà dovrebbe essere graduale e non necessariamente applicata in modo uniforme per tutti i servizi interessati, tenuto conto della natura di alcuni servizi specifici e dei notevoli sforzi che talune economie della Comunità, in cui si rilevano disparità di sviluppo, dovranno compiere; considerando che l'istituzione di pubblici servizi che comportano determinati diritti ed obblighi per gli armatori interessati può essere giustificata per garantire adeguati servizi di trasporto regolari verso, da e tra le isole, sempreché non si effettuino discriminazioni basate sulla cittadinanza o sulla residenza; considerando che dovrebbero essere adottate disposizioni in modo che sia possibile prendere misure di salvaguardia per quanto riguarda i mercati dei trasporti marittimi colpiti da gravi perturbazioni o in caso di emergenza; che a tale scopo dovrebbero essere istituite le opportune procedure decisionali; considerando che, vista la necessità di garantire il corretto funzionamento del mercato interno e nella prospettiva di eventuali adattamenti alla luce dell'esperienza, la Commissione dovrebbe presentare una relazione sull'attuazione sull'attuazione del presente regolamento nonché ulteriori proposte, eventualmente necessarie, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. A decorrere dal 1o gennaio 1993 la libera prestazione di servizi di trasporto marittimo in uno Stato membro (cabotaggio marittimo) è applicabile agli armatori comunitari che impiegano navi che sono registrate in uno Stato membro e che battono bandiera del medesimo Stato membro, sempre che tali navi soddisfino tutti i requisiti necessari per l'ammissione al cabotaggio in detto Stato membro, incluse le navi iscritte nel registro EUROS, non appena quest'ultimo sarà stato approvato dal Consiglio. 2. Mediante deroga, la disposizione di cui al paragrafo 1 secondo cui le navi debbono soddisfare tutti i requisiti necessari per l'ammissione al cabotaggio nello Stato membro in cui sono registrate in quel momento è temporaneamente sospesa fino al 31 dicembre 1996. Articolo 2 Ai fini del presente regolamento: 1) per « servizi di trasporto marittimo in uno Stato membro (cabotaggio marittimo) » si intendono i servizi normalmente assicurati dietro compenso e comprendenti in particolare: a) cabotaggio continentale: il trasporto via mare di passeggeri o merci fra i porti situati sul continente o sul territorio principale di un solo e medesimo Stato membro senza scali su isole; b) servizi di approvvigionamento « off-shore »: il trasporto via mare di passeggeri o merci fra i porti di uno Stato membro nonché le attrezzature o strutture situate sulla piattaforma continentale di tale Stato membro; c) cabotaggio con le isole: il trasporto via mare di passeggeri o merci fra: - porti situati sul continente e su una o più isole di un solo e medesimo Stato membro; - porti situati sulle isole di un solo e medesimo Stato membro. Ceuta e Melilla sono trattati nello stesso modo dei porti situati su un'isola; 2) si intendono per « armatori comunitari »: a) i cittadini di uno Stato membro che sono stabiliti in uno Stato membro conformemente alla legislazione di quest'ultimo e che svolgono attività di navigazione; b) le compagnie di navigazione che sono stabilite conformemente alla legislazione di uno Stato membro ed il cui centro d'attività principale è situato ed il cui controllo effettivo è esercitato in uno Stato membro; oppure c) i cittadini di uno Stato membro stabiliti fuori della Comunità o le compagnie di navigazione stabilite fuori della Comunità e controllate da cittadini di uno Stato membro se le loro navi sono registrate in uno Stato membro e battono bandiera del medesimo Stato membro conformemente alla legislazione di quest'ultimo; 3) per « contratto di servizio pubblico » s'intende un contratto concluso fra le autorità comeptenti di uno Stato membro e un armatore comunitario allo scopo di fornire alla collettività servizi di trasporto sufficienti. In particolare il contratto di servizio pubblico può comprendere: - servizi di trasporto conformi a determinate norme di continuità, regolarità, capacità e qualità; - servizi di trasporto complementari; - servizi di trasporto a determinate tariffe e condizioni, in particolare per talune categorie di passeggeri o per taluni percorsi; - adeguamenti dei servizi alle reali esigenze; 4) per « obblighi di servizio pubblico » si intendono gli obblighi che l'armatore comunitario, ove considerasse il proprio interesse commerciale, non assumerebbe o non assumerebbe nella stessa misura né alle stesse condizioni; 5) per « grave perturbazione del mercato interno dei trasporti » si intende il manifestarsi sul mercato di problemi, specifici di tale mercato, - tali da provocare un'eccedenza grave, suscettibile di persistere, dell'offerta rispetto alla domanda, - dovuti alle attività di cabotaggio marittimo, o aggravati da tali attività e - comportanti una seria minaccia per l'equilibrio finanziario e la sussistenza di un numero elevato di armatori comunitari, sempre che le previsioni a breve e medio termine sul mercato considerato non indichino miglioramenti sostanziali e durevoli. Articolo 3 1. Per le navi che effettuano cabotaggio continentale e per le navi da crociera, tutte le questioni relative all'equipaggio sono di competenza dello Stato in cui la nave è registrata (Stato di bandiera), eccetto per le navi di meno di 650 tonnellate lorde, alle quali possono applicarsi le condizioni dello Stato ospitante. 2. Per le navi che effettuano il cabotaggio con le isole, tutte le questioni relative all'equipaggio sono di competenza dello Stato in cui la nave effettua un servizio di trasporto marittimo (Stato ospitante). 3. Tuttavia, a decorrere dal 1o gennaio 1999, per le navi da carico di oltre 650 tonnellate lorde che effettuano il cabotaggio con le isole, quando il viaggio in questione segue o precede un viaggio in provenienza da o diretto verso un altro Stato, tutte le questioni relative all'equipaggio sono di competenza dello Stato in cui la nave è registrata (Stato di bandiera). 4. La Commissione effettua un esame approfondito delle ripercussioni economiche e sociali della liberalizzazione del cabotaggio con le isole e presenta una relazione al Consiglio entro e non oltre il 1o gennaio 1997. Sulla base di tale relazione la Commissione sottopone una proposta al Consiglio, la quale può comprendere modifiche delle disposizioni relative alla cittadinanza dell'equipaggio previste ai paragrafi 2 e 3, di modo che il sistema definitivo venga approvato dal Consiglio in tempo utile, anteriormente al 1o gennaio 1999. Articolo 4 1. Uno Stato membro può concludere contratti di servizio pubblico, o imporre obblighi di servizio pubblico come condizione per la fornitura di servizi di cabotaggio, alle compagnie di navigazione che partecipano ai servizi regolari da, tra e verso le isole. Uno Stato membro, se conclude contratti di servizio pubblico o impone obblighi di servizio pubblico, lo fa su base non discriminatoria per tutti gli armatori comunitari. 2. Nell'imporre obblighi di servizio pubblico gli Stati membri si limitano alle esigenze relative ai porti che devono essere serviti, alla regolarità, alla continuità, alla frequenza, alla capacità di fornitura del servizio, alle tariffe richieste ed all'equipaggio della nave. Qualsiasi compenso dovuto per obblighi di servizio pubblico, se previsto, deve essere reso disponibile a tutti gli armatori comunitari. 3. I contratti di servizio pubblico esistenti rimangono in vigore fino alle rispettive date di scadenza. Articolo 5 1. In caso di grave perturbazione del mercato interno dei trasporti dovuta alla liberalizzazione del cabotaggio, uno Stato membro può chiedere alla Commissione che adotti misure di salvaguardia. La Commissione, dopo aver consultato gli altri Stati membri, decide se del caso in merito alle misure di salvaguardia necessarie, entro trenta giorni lavorativi a decorrere dal ricevimento della pertinente richiesta dello Stato membro. Queste misure possono comprendere l'esclusione temporanea della zona in questione dal campo d'applicazione del presente regolamento, per un periodo non superiore a dodici mesi. La Commissione comunica al Consiglio e agli Stati membri qualsiasi decisione relativa alle misure di salvaguardia. Se, trascorsi trenta giorni lavorativi, la Commissione non ha adottato nessuna decisione al riguardo, lo Stato membro interessato ha il diritto di applicare le misure richieste finché la Commissione non abbia preso una decisione. Tuttavia, in caso di emergenza, gli Stati membri possono adottare unilateralmente le misure provvisorie appropriate, che possono rimanere in vigore per un periodo non superiore a tre mesi. In tal caso essi ne informano senza indugio la Commissione. La Commissione può abrogare dette misure o confermarle con o senza modifiche finché non abbia preso una decisione definitiva conformemente al secondo comma. 2. La Commissione può altresì adottare misure di salvaguardia di propria iniziativa, previa consultazione degli Stati membri. Articolo 6 1. Mediante deroga sono temporaneamente esentati dall'applicazione del presente regolamento i seguenti servizi di trasporto marittimo nel Mediterraneo e lungo la costa della Spagna, del Portogallo e della Francia: - servizi di crociera, sino al 1o gennaio 1995; - trasporto di merci strategiche (petrolio e prodotti petroliferi, nonché acqua potabile), sino al 1o gennaio 1997; - servizi con navi di meno di 650 tonnellate lorde, sino al 1o gennaio 1998; - servizi regolari di passeggeri e di traghetto, sino al 1o gennaio 1999. 2. Mediante deroga sono temporaneamente esentati dall'applicazione del presente regolamento sino al 1o gennaio 1999 i servizi di cabotaggio tra le isole nel Mediterraneo e il cabotaggio per quanto riguarda gli arcipelaghi delle Canarie, delle Azzorre e di Madera, nonché Ceuta e Melilla, le isole francesi lungo la costa atlantica e i dipartimenti francesi d'oltremare. 3. Per motivi di coesione socioeconomica la deroga di cui al paragrafo 2 è prorogata per la Grecia fino al 1o gennaio 2004 per i servizi regolari di passeggeri e di traghetto e per quelli effettuati con navi di meno di 650 tonnellate lorde. Articolo 7 Alle materie disciplinate dal presente regolamento si applica l'articolo 62 del trattato. Articolo 8 Salve le disposizioni del trattato relative al diritto di stabilimento e fatto salvo il presente regolamento, le persone che prestino servizi di trasporto marittimo possono a tale fine esercitare temporaneamente la loro attività nello Stato membro in cui è prestato il servizio, alle stesse condizioni imposte da tale Stato ai propri cittadini. Articolo 9 Prima di adottare le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in attuazione del presente regolamento, gli Stati membri consultano la Commissione. Essi comunicano a quest'ultima le disposizioni adottate. Articolo 10 Anteriormente al 1o gennaio 1995, e in seguito ogni due anni, la Commissione presenta al Consiglio una relazione sull'attuazione del presente regolamento nonché, se del caso, le proposte necessarie. Articolo 11 Il presente regolamento entra in vigore il 1o gennaio 1993. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 7 dicembre 1992. Per il Consiglio Il Presidente J. MacGREGOR (1) GU n. C 73 del 19. 3. 1991, pag. 27. (2) GU n. C 295 del 26. 11. 1990, pag. 687 e parere reso il 20 novembre 1992 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) GU n. C 56 del 7. 3. 1990, pag. 70. | La libera prestazione dei servizi all'interno dell'UE (cabotaggio marittimo)
Lo scopo di questo regolamento è di eliminare le restrizioni alla libera prestazione dei servizi di trasporto marittimo all'interno dell'Unione europea (UE).
ATTO
Regolamento del Consiglio (CEE) n. 3577/92, del 7 dicembre 1992, concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo).
SINTESI
Ambito di applicazione
Questa legge garantisce che, in un determinato paese dell'UE, le compagnie di navigazione o i cittadini con sede in altri paesi dell'UE hanno il diritto di offrire servizi di trasporto marittimo (noto come cabotaggio marittimo) a condizione che soddisfino tutti i requisiti per effettuare il cabotaggio in tale paese. Anche le compagnie di navigazione con sede in paesi al di fuori dell'UE, ma controllate da cittadini dell'UE, possono offrire tali servizi.
Il regolamento definisce i «servizi di trasporto marittimo in uno Stato membro (cabotaggio marittimo)», gli «armatori comunitari», il «contratto di servizio pubblico», gli «obblighi di servizio pubblico», e la «grave perturbazione del mercato interno dei trasporti».
Equipaggio
A seconda del tipo di servizio di trasporto, le questioni relative all'equipaggio sono di competenza o del paese di immatricolazione dell'UE (Stato di bandiera) o del paese in cui viene effettuato il servizio di cabotaggio (Stato ospitante).
Servizio pubblico
I paesi dell'UE possono subordinare il diritto di fornire servizi di trasporto a obblighi di servizio pubblico o possono concludere contratti di servizio pubblico nell'interesse del mantenimento di adeguati servizi di cabotaggio tra il continente e le sue isole e tra le isole stesse.
Misure di salvaguardia
Nei casi in cui l'apertura del mercato al cabotaggio comporti problemi (come ad esempio un'eccedenza grave dell'offerta rispetto alla domanda) che minacciano la sopravvivenza finanziaria delle compagnie di navigazione, la Commissione può introdurre misure di salvaguardia. Queste possono includere l'esclusione temporanea della zona in questione dal campo di applicazione del regolamento.
Non discriminazione
I prestatori di servizi di trasporto marittimo in un paese dell'UE diverso dal proprio possono farlo temporaneamente alle stesse condizioni di quelle applicate da tale paese ai propri cittadini.
Calendario
Il cabotaggio marittimo è stato liberalizzato il 1o gennaio 1993. Per la Francia, l'Italia, la Grecia, il Portogallo e la Spagna, il cabotaggio continentale è stato gradualmente liberalizzato secondo un calendario specifico per ogni tipo di servizio di trasporto. Il cabotaggio continente-isola e tra le isole per questi paesi è stato liberalizzato nel 1999. Questa esenzione è stata prorogata per la Grecia fino al 2004 per il trasporto passeggeri di linea, i servizi più leggeri e i servizi che coinvolgono navi di peso inferiore a 650 tonnellate lorde (TSL). Sono state inoltre concesse esenzioni alla Croazia fino al 31 dicembre 2016 per i contratti di servizio pubblico esistenti e per i servizi di crociera tra i porti croati con navi di peso inferiore a 650 tonnellate lorde, che sono riservati per navi croate fino al 31 dicembre 2014.
Contesto
Ulteriori informazioni sono disponibili su questo sito web.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
Regolamento (UE) n. 3577/92
1.1.1993
-
L 364 del 12.12.1992
Atto modificatore
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
Atto relativo alle condizioni di adesione della Croazia
1.7.2013
-
GU L 112 del 24.4.2012
ATTI COLLEGATI
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sull'interpretazione del regolamento (CEE) del Consiglio n.
3577/92
concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo) (
COM(2003) 595
def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale).
Decisione
93/125/CEE
in merito alla richiesta, presentata dalla Spagna, relativa all'adozione di misure di salvaguardia da parte della Commissione ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CEE) del Consiglio n.
3577/92
concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo) - (Gazzetta ufficiale L 49 del 27.2.1993).
La presente decisione autorizza la Spagna ad escludere la Spagna continentale, per sei mesi a decorrere dalla data di notifica della presente decisione, dal campo di applicazione del regolamento (CEE) n. 3577/92. L'esclusione non si applica ai servizi di adduzione o «feederaggio». Qualora non sia disponibile alcuna nave spagnola per soddisfare la richiesta di servizi di trasporto di cabotaggio, le navi di altri paesi dell'UE potranno offrire tali servizi.
Relazione della Commissione al Consiglio: Quinta relazione sull'attuazione del regolamento (CEE) n. 3577/92 del Consiglio concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi al cabotaggio marittimo (2001-2010) (COM(2014) 231 final del 22.4.2014 - non pubblicata nella Gazzetta ufficiale) .
Questa relazione è suddivisa in 4 capitoli:
1.
Giurisprudenza recente e sviluppi legislativi nei paesi dell'UE e dell'EFTA;
2.
Le tendenze del mercato nei paesi dell'UE e dell'EFTA;
3.
I dati disponibili sull'occupazione nel settore del cabotaggio marittimo (a causa della mancanza di dati affidabili e conclusivi questa parte non contiene più le statistiche sui costi di equipaggio);
4.
Conclusione: il regolamento è adatto allo scopo e non necessita di revisione. Alcune questioni sollevate nel corso della consultazione indicano che ci sono problemi di interpretazione e di attuazione. Queste sono state affrontate nella comunicazione sul cabotaggio marittimo (si veda voce successiva).
Comunicazione della Commissione sull'interpretazione del regolamento (CEE) n. 3577/92 del Consiglio concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi all'interno degli Stati membri (cabotaggio marittimo) [
COM(2014) 232 final
del 22.4.2014 - non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
Sulla base di oltre 20 anni di esperienza di applicazione pratica del regolamento (CEE) n. 3577/92, nell'interesse della trasparenza e della certezza del diritto, la Commissione ha deciso di aggiornare e modificare la sua interpretazione delle disposizioni del regolamento.
La comunicazione modifica e sostituisce le precedenti comunicazioni interpretative della Commissione del 2003 e del 2006. Ha un mero scopo informativo, ovvero aiuta a spiegare il regolamento, specificando come la Commissione intende applicare il regolamento. Non si propone né di rivedere il regolamento né di invadere la competenza della Corte di giustizia in materia di interpretazione.
Inizia specificando il campo di applicazione della libera prestazione dei servizi nel settore del cabotaggio marittimo. Specifica poi chi gode di quella libertà e ricorda quali servizi sono disciplinati dal regolamento.
La comunicazione precisa, in seguito, la portata delle tre deroghe alla libera prestazione di servizi previste dal regolamento:
—
I paesi dell'UE possono decidere le norme sull’equipaggio applicabili alle navi di peso inferiore a 650 tonnellate lorde e le navi che effettuano servizi di cabotaggio con le isole tra due porti del loro territorio.
—
I paesi dell'UE possono imporre obblighi di servizio pubblico e concludere contratti di servizio pubblico al fine di garantire un adeguato servizio di trasporto di linea da, tra e verso le isole.
—
I paesi dell'UE possono chiedere alla Commissione di adottare misure di salvaguardia per porre rimedio a una grave perturbazione del mercato interno.
In ultimo, fornisce una guida sull'applicazione del regolamento (CE) n. 1370/2007 concernente i servizi pubblici di trasporto di passeggeri, per ferrovia e su strada, ai servizi di cabotaggio marittimo. | 6,801 | 587 |
DIRETTIVA 2009/102/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 16 settembre 2009
in materia di diritto delle società, relativa alle società a responsabilità limitata con un unico socio
(versione codificata)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 44,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La dodicesima direttiva 89/667/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, in materia di diritto delle società relativa alle società a responsabilità limitata con un unico socio (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). È opportuno, per ragioni di chiarezza e di razionalizzazione, procedere alla codificazione di tale direttiva.
(2)
Occorre coordinare, al fine di renderle equivalenti in tutta la Comunità, certe garanzie che sono richieste negli Stati membri alle società ai sensi dell’articolo 48, secondo comma, del trattato, per proteggere gli interessi tanto dei soci quanto dei terzi.
(3)
In tale settore, da un lato la prima direttiva 68/151/CEE del Consiglio, del 9 marzo 1968, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all’articolo 58, secondo comma, del trattato, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi (5), la quarta direttiva 78/660/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1978, fondata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del trattato e riguardante i conti annuali di taluni tipi di società (6), e la settima direttiva 83/349/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1983, fondata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del trattato, riguardante i conti consolidati (7), riguardanti rispettivamente la pubblicità, la validità degli obblighi e la nullità delle società, nonché i conti annuali e i conti consolidati, si applicano a tutte le società di capitali. Dall’altro lato, la seconda direttiva 77/91/CEE del Consiglio, del 13 dicembre 1976, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all’articolo 58, secondo comma, del trattato, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa (8), la terza direttiva 78/855/CEE del Consiglio, del 9 ottobre 1978, fondata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del trattato e riguardante le fusioni delle società anonime (9), e la sesta direttiva 82/891/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1982, fondata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del trattato e riguardante le scissioni delle società anonime (10), riguardanti rispettivamente la costituzione e il capitale, nonché le fusioni e le scissioni, si applicano soltanto alle società anonime.
(4)
È necessario uno strumento giuridico che consenta di limitare la responsabilità dell’imprenditore unico in tutta la Comunità, ferme restando le disposizioni degli Stati membri che, in casi eccezionali, prescrivono la responsabilità di siffatto imprenditore per le obbligazioni dell’impresa.
(5)
Una società a responsabilità limitata può avere un socio unico all’atto della sua costituzione o in seguito alla riunione di tutte le sue quote in capo a un unico socio. In attesa del coordinamento delle disposizioni nazionali in materia di diritto dei gruppi, gli Stati membri hanno facoltà di prevedere disposizioni speciali o sanzioni quando una persona fisica sia il socio unico di più società oppure quando il socio unico di una società sia una società unipersonale o qualsivoglia altra persona giuridica. L’unico obiettivo di tale facoltà è di tener conto delle particolarità esistenti in talune legislazioni nazionali. A tal fine, gli Stati membri possono, per casi specifici, prevedere limitazioni all’accesso alla società unipersonale oppure una responsabilità illimitata per il socio unico. Gli Stati membri sono liberi di elaborare norme per far fronte ai rischi che una società unipersonale può presentare data l’esistenza di un unico socio, in particolare per assicurare la liberazione del capitale sottoscritto.
(6)
La riunione di tutte le quote in capo a un unico socio e l’identità del socio unico dovrebbero essere oggetto di pubblicità in un registro accessibile al pubblico.
(7)
È necessario che tutte le decisioni prese dal socio unico in qualità di assemblea dei soci rivestano la forma scritta.
(8)
Anche i contratti tra il socio unico e la società da lui rappresentata dovrebbero essere redatti per iscritto, sempreché non riguardino operazioni correnti concluse a condizioni normali.
(9)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione nel diritto nazionale e di applicazione indicati nell’allegato II, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Le misure di coordinamento prescritte dalla presente direttiva si applicano alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri riguardanti le forme di società di cui all’allegato I.
Articolo 2
1. La società può avere un socio unico al momento della costituzione, nonché quando tutte le quote siano cumulate in capo a un unico socio (società unipersonale).
2. In attesa del coordinamento delle disposizioni nazionali in materia di diritto dei gruppi, le legislazioni degli Stati membri possono prevedere disposizioni speciali o sanzioni:
a)
quando una persona fisica sia il socio unico di più società; ovvero
b)
quando il socio unico di una società sia una società unipersonale o qualsivoglia altra persona giuridica.
Articolo 3
Quando la società diventa unipersonale in seguito al cumulo di tutte le sue quote in capo a un unico socio, un’indicazione in tal senso e l’identità del socio unico devono figurare nel fascicolo o essere trascritte nel registro di cui all’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva 68/151/CEE, ovvero essere trascritte in un registro tenuto presso la società e accessibile al pubblico.
Articolo 4
1. Il socio unico esercita i poteri demandati all’assemblea dei soci.
2. Le decisioni prese dal socio unico nelle materie di cui al paragrafo 1 sono iscritte a verbale o redatte per iscritto.
Articolo 5
1. I contratti stipulati tra il socio unico e la società che egli rappresenta sono iscritti a verbale o redatti per iscritto.
2. Gli Stati membri possono non applicare il paragrafo 1 alle operazioni correnti concluse in condizioni normali.
Articolo 6
Quando uno Stato membro permette la società unipersonale, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, anche per la società per azioni, si applica la presente direttiva.
Articolo 7
Uno Stato membro può non permettere la società unipersonale quando la sua legislazione preveda, a favore degli imprenditori unici, la possibilità di costituire imprese a responsabilità limitata a un patrimonio destinato a una determinata attività, purché per questo tipo di impresa siano previste garanzie equivalenti a quelle imposte dalla presente direttiva, nonché dalle altre disposizioni comunitarie applicabili alle società di cui all’articolo 1.
Articolo 8
Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 9
La direttiva 89/667/CEE, modificata dagli atti di cui all’allegato II, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione nel diritto nazionale e di applicazione di cui all’allegato II, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all’allegato III.
Articolo 10
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 11
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 16 settembre 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
J. BUZEK
Per il Consiglio
La presidente
C. MALMSTRÖM
(1) GU C 77 del 31.3.2009, pag. 42.
(2) Parere del Parlamento europeo del 18 novembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 13 luglio 2009.
(3) GU L 395 del 30.12.1989, pag. 40.
(4) Cfr. allegato II, parte A.
(5) GU L 65 del 14.3.1968, pag. 8.
(6) GU L 222 del 14.8.1978, pag. 11.
(7) GU L 193 del 18.7.1983, pag. 1.
(8) GU L 26 del 31.1.1977, pag. 1.
(9) GU L 295 del 20.10.1978, pag. 36.
(10) GU L 378 del 31.12.1982, pag. 47.
ALLEGATO I
Forme di società di cui all’articolo 1
—
per il Belgio:
société privée à responsabilité limitée/besloten vennootschap met beperkte aansprakelijkheid;
—
per la Bulgaria:
дружество с ограничена отговорност, акционерно дружество;
—
per la Repubblica ceca:
společnost s ručením omezeným;
—
per la Danimarca:
anpartsselskaber;
—
per la Germania:
Gesellschaft mit beschränkter Haftung;
—
per l’Estonia:
aktsiaselts, osaühing;
—
per l’Irlanda:
private company limited by shares or by guarantee;
—
per la Grecia:
εταιρεία περιορισμένης ευθύνης;
—
per la Spagna:
sociedad de responsabilidad limitada;
—
per la Francia:
société à responsabilité limitée;
—
per l’Italia:
società a responsabilità limitata;
—
per Cipro:
ιδιωτική εταιρεία περιορισμένης ευθύνης με μετοχές ή με εγγύηση;
—
per la Lettonia:
sabiedrība ar ierobežotu atbildību;
—
per la Lituania:
uždaroji akcinė bendrovė;
—
per il Lussemburgo:
société à responsabilité limitée;
—
per l’Ungheria:
korlátolt felelősségű társaság, részvénytársaság;
—
per Malta:
kumpannija privata/private limited liability company;
—
per i Paesi Bassi:
besloten vennootschap met beperkte aansprakelijkheid;
—
per l’Austria:
Aktiengesellschaft, Gesellschaft mit beschränkter Haftung;
—
per la Polonia:
spółka z ograniczoną odpowiedzialnością;
—
per il Portogallo:
sociedade por quotas;
—
per la Romania:
societate cu răspundere limitată;
—
per la Slovenia:
družba z omejeno odgovornostjo;
—
per la Slovacchia:
spoločnosť s ručením obmedzeným;
—
per la Finlandia:
osakeyhtiö/aktiebolag;
—
per la Svezia:
aktiebolag;
—
per il Regno Unito:
private company limited by shares or by guarantee.
ALLEGATO II
PARTE A
Direttiva abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive
(di cui all’articolo 9)
Direttiva 89/667/CEE del Consiglio
(GU L 395 del 30.12.1989, pag. 40).
Allegato I, punto XI, lettera A, dell’atto di adesione del 1994
(GU C 241 del 29.8.1994, pag. 194).
Allegato II, punto 4, lettera A, dell’atto di adesione del 2003
(GU L 236 del 23.9.2003, pag. 338).
Direttiva 2006/99/CE del Consiglio
(GU L 363 del 20.12.2006, pag. 137).
limitatamente alla lettera A, punto 4, dell’allegato
PARTE B
Elenco dei termini di attuazione nel diritto nazionale e di applicazione
(di cui all’articolo 9)
Direttiva
Termine di attuazione
Data di applicazione
89/667/CEE
31 dicembre 1991
Soltanto dal 1o gennaio 1993 per le società già esistenti il 1o gennaio 1992.
2006/99/CE
1o gennaio 2007
ALLEGATO III
TAVOLA DI CONCORDANZA
Direttiva 89/667/CEE
Presente direttiva
Articolo 1, alinea
Articolo 1
Articolo 1, dal primo al ventisettesimo trattino
Allegato I
Articoli da 2 a 7
Articoli da 2 a 7
Articolo 8, paragrafo 1
—
Articolo 8, paragrafo 2
—
Articolo 8, paragrafo 3
Articolo 8
—
Articolo 9
—
Articolo 10
Articolo 9
Articolo 11
—
Allegato I
—
Allegato II
—
Allegato III | Società a responsabilità limitata unipersonale
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Crea uno strumento giuridico che permette di limitare la responsabilità dell’imprenditore individuale all’interno dell’Unione europea (UE). Stabilisce le norme applicabili alle società a responsabilità limitata con un unico socio. Codifica e abroga la Dodicesima direttiva 89/667/CEE in materia di diritto delle società.
PUNTI CHIAVE
La società può avere un unico socio all’atto della costituzione nonché in seguito al cumulo di tutte le sue quote in un’unica mano (società unipersonale). Quando la società diventa unipersonale in seguito al cumulo di tutte le sue quote in un’unica mano, la relativa indicazione e l’identità del socio unico devono sia essere trascritte in un registro tenuto presso la società e accessibile al pubblico, sia figurare nel fascicolo o essere trascritte nel registro centrale, nel registro di commercio o nel registro delle imprese. Il socio unico esercita i poteri demandati all’assemblea dei soci. Le decisioni del socio unico e i contratti stipulati tra tale persona e la società da lui o da lei rappresentata sono iscritti a verbale o redatti per iscritto. Se un paese dell’UE permette la società per azioni unipersonale, si applicano le norme della presente direttiva. La direttiva 2013/24/UE ha adattato la direttiva, aggiungendo la Croazia all’elenco dei paesi presenti nell’allegato I in seguito all’adesione di tale paese all’UE.
DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Si applica dal 21 ottobre 2009. La direttiva 2009/102/CE codifica e sostituisce la direttiva 89/667/CEE e successive modifiche. La direttiva originale 89/667/UE doveva essere recepita pei paesi dell’UE entro il 1992.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni sul diritto delle società dell’UE si consulti:Diritto delle società e direzione d’azienda (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2009/102/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, in materia di diritto delle società, relativa alle società a responsabilità limitata con un unico socio (GU L 258 dell’1.10.2009, pag. 20).
Le successive modifiche alla direttiva 2009/102/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentario. | 4,890 | 805 |
Regolamento (CE) n. 789/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativo al trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra registri all'interno della Comunità e che abroga il regolamento (CEE) n. 613/91 del Consiglio (Testo rilevante ai fini del SEE)
Gazzetta ufficiale n. L 138 del 30/04/2004 pag. 0019 - 0023
Regolamento (CE) n. 789/2004 del Parlamento europeo e del Consigliodel 21 aprile 2004relativo al trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra registri all'interno della Comunità e che abroga il regolamento (CEE) n. 613/91 del Consiglio(Testo rilevante ai fini del SEE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 80, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Comitato economico e sociale europeo [1],previa consultazione del Comitato delle regioni,deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato [2],considerando quanto segue:(1) L'istituzione e il funzionamento del mercato interno implicano l'eliminazione degli ostacoli tecnici al trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra i registri degli Stati membri. Sono inoltre necessarie misure per facilitare il trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra i registri all'interno della Comunità volte a ridurre i costi e le procedure amministrative collegati a tale trasferimento, migliorando così le condizioni operative e la competitività del settore marittimo comunitario.(2) Nel contempo è necessario garantire un elevato livello di sicurezza delle navi e protezione ambientale, in conformità con le convenzioni internazionali.(3) I requisiti stabiliti dalla convenzione internazionale del 1974 per la salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS 1974), dalla convenzione internazionale del 1966 sul bordo libero (LL 66) e dalla convenzione internazionale del 1973, modificata dal protocollo del 1978, sulla prevenzione dell'inquinamento causato da navi (MARPOL 73/78) impongono un elevato livello di sicurezza delle navi e di protezione ambientale. La convenzione internazionale del 1969 per la stazzatura delle navi prevede un sistema uniforme per la misurazione del tonnellaggio delle navi mercantili.(4) Il regime internazionale applicabile alle navi passeggeri è stato rafforzato e perfezionato con l'adozione di un numero considerevole di emendamenti alla convenzione SOLAS 1974 da parte dell'Organizzazione marittima internazionale (IMO) e una maggiore convergenza delle interpretazioni delle regole e norme della convenzione SOLAS 1974.(5) Il trasferimento di navi da carico e passeggeri battenti bandiera di uno Stato membro tra i registri di Stati membri non dovrebbe essere intralciato da ostacoli tecnici, a condizione che le navi siano state certificate quali rispondenti alle disposizioni delle convenzioni internazionali pertinenti dagli Stati membri o, in loro nome, dalle organizzazioni riconosciute ai sensi della direttiva 94/57/CE del Consiglio, del 22 novembre 1994, relativa alle disposizioni e alle norme comuni per gli organi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi e per le pertinenti attività delle amministrazioni marittime [3].(6) Uno Stato membro che accoglie una nave dovrebbe tuttavia rimanere in grado di applicare norme che differiscano, in portata e natura, da quelle di cui nelle convenzioni citate all'articolo 2, lettera a).(7) Per garantire una decisione rapida e basata su dati concreti da parte dello Stato membro del registro di accoglienza, lo Stato membro del registro di provenienza della nave dovrebbe fornire all'altra amministrazione tutte le informazioni pertinenti disponibili sulle condizioni e l'equipaggiamento della nave. Lo Stato membro del registro di accoglienza dovrebbe tuttavia avere la possibilità di sottoporre la nave a un'ispezione per verificare le condizioni dichiarate e l'equipaggiamento.(8) Le navi alle quali è stato negato l'accesso ai porti degli Stati membri a norma della direttiva 95/21/CE del Consiglio, del 19 giugno 1995, relativa all'attuazione di norme internazionali per la sicurezza delle navi, la prevenzione dell'inquinamento e le condizioni di vita e di lavoro a bordo, per le navi che approdano nei porti comunitari e che navigano nelle acque sotto la giurisdizione degli Stati membri (controllo dello Stato di approdo) [4] o che sono state trattenute più di una volta a seguito di un'ispezione portuaria, nel corso dei tre anni precedenti la richiesta di iscrizione, non dovrebbero poter beneficiare della possibilità di essere trasferite a un altro registro all'interno della Comunità, secondo la procedura semplificata.(9) Le pertinenti convenzioni internazionali lasciano alcuni importanti punti di interpretazione dei requisiti alla discrezione delle parti. Sulla base delle loro interpretazioni individuali, gli Stati membri rilasciano a tutte le navi battenti la loro bandiera, soggette alle disposizioni delle pertinenti convenzioni internazionali, certificati che attestano la loro conformità con queste disposizioni. Gli Stati membri applicano i regolamenti tecnici nazionali, alcune disposizioni dei quali prevedono requisiti diversi da quelli fissati nelle convenzioni e nelle norme tecniche associate. È pertanto necessario istituire una procedura idonea per conciliare le diverse interpretazioni dei requisiti esistenti che possono insorgere a seguito di una domanda di cambio di registro.(10) Per consentire di monitorare l'attuazione del presente regolamento, gli Stati membri dovrebbero trasmettere alla Commissione brevi relazioni annuali. Nella loro prima relazione annuale, gli Stati membri dovrebbero indicare gli eventuali provvedimenti adottati per agevolare l'attuazione del presente regolamento.(11) Le disposizioni del regolamento (CEE) n. 613/91 del Consiglio, del 4 marzo 1991, relativo al cambiamento di registro delle navi all'interno della Comunità [5], sono rafforzate ed estese in misura significativa dal presente regolamento. Di conseguenza, il regolamento (CEE) n. 613/91 dovrebbe essere abrogato.(12) Le misure necessarie all'applicazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione [6],HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1FinalitàIl presente regolamento intende eliminare gli ostacoli tecnici al trasferimento delle navi da carico e passeggeri battenti bandiera di uno Stato membro tra i registri degli Stati membri, assicurando al contempo un livello elevato di sicurezza delle navi e di protezione ambientale, in conformità con le convenzioni internazionali.Articolo 2DefinizioniAi fini del presente regolamento si intende per:"convenzioni" la convenzione internazionale del 1974 per la salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS 1974), la convenzione internazionale del 1966 sul bordo libero (LL 66), la convenzione internazionale del 1969 per la stazzatura delle navi e la convenzione internazionale del 1973, modificata dal protocollo del 1978, per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi modificata dal relativo protocollo del 1978 (MARPOL 73/78) nelle loro versioni aggiornate, unitamente ai codici vincolanti adottati nell'ambito dell'Organizzazione marittima internazionale (IMO) nonché i protocolli e loro modifiche, nelle loro versioni aggiornate;"requisiti" i requisiti di sicurezza e di prevenzione dell'inquinamento in ordine alla costruzione e all'equipaggiamento delle navi stabiliti nelle convenzioni e, per le navi passeggeri in servizio interno, quelli di cui alla direttiva 98/18/CE del Consiglio, del 17 marzo 1998, relativa alle disposizioni e norme di sicurezza per le navi da passeggeri [7];"certificati" i certificati, i documenti e le dichiarazioni di conformità rilasciati da uno Stato membro o da un'organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome in conformità delle convenzioni e, per le navi passeggeri in servizio interno, in conformità dell'articolo 11 della direttiva 98/18/CE;"nave passeggeri" una nave capace di trasportare più di dodici passeggeri;i) il comandante e i membri dell'equipaggio o le altre persone impiegate o occupate con qualsiasi funzione a bordo di una nave per le operazioni della nave; eii) i bambini di età inferiore a un anno;"viaggio interno" un viaggio via mare da un porto di uno Stato membro allo stesso porto o a un altro porto all'interno dello stesso Stato membro;"viaggio internazionale" un viaggio via mare da un porto di uno Stato membro a un porto al di fuori dei suoi confini o viceversa;"nave da carico" una nave che non sia una nave passeggeri;"organizzazione riconosciuta" un'organizzazione riconosciuta ai sensi dell'articolo 4 della direttiva 94/57/CE.Articolo 3Ambito di applicazione1. Il presente regolamento si applica:i) costruite il 25 maggio 1980 o successivamente; oppureii) costruite prima di questa data, ma certificate da uno Stato membro o da un'organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome, quali conformi alle norme per le navi nuove definite nella convenzione SOLAS 1974, o, per le navi cisterna adibite al trasporto di prodotti chimici e per le navi adibite al trasporto di gas, ai codici normativi pertinenti per le navi costruite il 25 maggio 1980 o successivamente;i) costruite il 1o luglio 1998 o successivamente; oppure- nella direttiva 98/18/CE, per le navi in servizio interno,- nella convenzione SOLAS 1974, per le navi in servizio internazionale.2. Il presente regolamento non si applica:a) alle navi consegnate previa ultimazione dei lavori di costruzione che non siano corredate da certificati definitivi in corso di validità rilasciati dallo Stato membro del registro precedente;b) alle navi alle quali è negato l'accesso ai porti degli Stati membri ai sensi della direttiva 95/21/CE nel corso dei tre anni precedenti la domanda di iscrizione né alle navi che sono state trattenute più di una volta nei tre anni precedenti la domanda di iscrizione a seguito di un'ispezione effettuata nel porto di uno Stato firmatario del Memorandum di intesa di Parigi del 1982 sul controllo da parte dello Stato di approdo e per le ragioni connesse ai requisiti di cui all'articolo 2, lettera b). Gli Stati membri esaminano nondimeno con attenzione e a tempo debito le domande relative a tali navi;c) alle navi da guerra o destinate al trasporto di truppe né alle altre navi appartenenti a uno Stato membro o da esso noleggiate e utilizzate esclusivamente a fini governativi non commerciali;d) alle navi senza mezzi di propulsione meccanica , a quelle in legno di costruzione primitiva, agli yacht da diporto utilizzati a fini non commerciali e alle imbarcazioni da pesca;e) alle navi da carico di stazza lorda inferiore a 500 tonnellate.Articolo 4Trasferimento di registro1. Gli Stati membri non negano, per motivi tecnici derivanti dalle convenzioni, l'iscrizione a una nave da carico iscritta in un altro Stato membro che sia conforme ai requisiti, che sia munita di certificati validi e che disponga di equipaggiamento oggetto di una omologazione o di una omologazione di tipo ai sensi della direttiva 96/98/CE del Consiglio, del 20 dicembre 1996, sull'equipaggiamento marittimo [8].Per adempiere agli obblighi previsti dagli strumenti ambientali regionali ratificati prima del 1o gennaio 1992, gli Stati membri possono imporre regole supplementari in conformità con gli allegati opzionali delle convenzioni.2. Il presente articolo si applica fatti salvi, ove opportuno, gli eventuali requisiti specifici fissati per l'utilizzo della nave conformemente all'articolo 7 della direttiva 98/18/CE e all'articolo 6 della direttiva 2003/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 aprile 2003, concernente requisiti specifici di stabilità per le navi ro/ro da passeggeri [9].3. Al momento del ricevimento della richiesta di trasferimento, lo Stato membro del registro di provenienza della nave fornisce allo Stato membro del registro di accoglienza o mette a disposizione dell'organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome tutte le informazioni pertinenti sulla nave, in particolare sulle sue condizioni e attrezzature. Le informazioni includono la documentazione cronologica della nave e, ove opportuno, un elenco dei miglioramenti richiesti dal registro di provenienza per iscrivere la nave o rinnovarne i certificati nonché un elenco delle ispezioni in ritardo. Esse includono altresì tutti i certificati e i dati relativi alla nave prescritti dalle convenzioni e dai pertinenti strumenti comunitari, nonché le registrazioni relative alla ispezioni effettuate dallo Stato di bandiera e ai controlli effettuati dallo Stato di approdo. Gli Stati membri cooperano per assicurare la corretta applicazione delle disposizioni del presente paragrafo.4. Prima di iscrivere una nave, lo Stato membro del registro di accoglienza, o l'organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome, può sottoporre la nave a ispezione per verificare che lo stato della nave e delle sue attrezzature corrisponda effettivamente ai certificati di cui all'articolo 3. L'ispezione viene eseguita entro una scadenza ragionevole.5. Se, a seguito dell'ispezione, e dopo aver dato al proprietario della nave una possibilità ragionevole di rettificare le carenze, lo Stato membro del registro di accoglienza o l'organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome non è in grado di confermare la corrispondenza con i certificati della nave, esso lo comunica alla Commissione ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1.Articolo 5Certificati1. Al momento del trasferimento della nave e fatta salva la direttiva 94/57/CE, lo Stato membro del registro di accoglienza o l'organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome rilascia alla nave certificati secondo le stesse condizioni previste per la bandiera dello Stato membro del registro precedente sempreché sussistano i motivi o le cause che hanno indotto lo Stato membro del registro di provenienza a imporre condizioni o accordare una esenzione o una deroga.2. Al momento del rinnovo, della proroga o della revisione dei certificati, lo Stato membro del registro di accoglienza o l'organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome si astiene dall'imporre requisiti diversi da quelli prescritti per il primo rilascio di certificati definitivi sempreché i requisiti applicabili alle navi esistenti e le relative condizioni permangano immutati.Articolo 6Rifiuto di trasferimento e interpretazione1. Lo Stato membro del registro di accoglienza notifica immediatamente alla Commissione qualsiasi rifiuto di rilasciare o di autorizzare il rilascio di nuovi certificati a una nave basato su divergenze di interpretazione dei requisiti o su disposizioni che le convenzioni o strumenti comunitari pertinenti lasciano alla discrezione delle parti.A meno che non sia stata informata di un accordo tra gli Stati membri interessati entro il termine di un mese, la Commissione avvia le iniziative necessarie per prendere una decisione secondo la procedura di cui all'articolo 7, paragrafo 2.2. Se uno Stato membro ritiene che una nave non possa essere iscritta a norma dell'articolo 4 per ragioni attinenti a gravi rischi per la sicurezza o l'ambiente non rientranti fra quelli citati al paragrafo 1, l'iscrizione può essere sospesa.Lo Stato membro sottopone senza indugio il problema alla Commissione, con la relativa motivazione di sospensione dell'iscrizione. La decisione di non iscrivere la nave viene confermata o meno secondo la procedura di cui all'articolo 7, paragrafo 2.3. La Commissione può consultare il comitato di cui all'articolo 7 su qualsiasi problema connesso all'applicazione e interpretazione del presente regolamento e, in particolare, per garantire che non siano pregiudicate le norme relative alla sicurezza e alla protezione dell'ambiente.Articolo 7Procedura di comitato1. La Commissione è assistita dal comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (COSS) istituito dall'articolo 3 del regolamento (CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, che istituisce un comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (comitato COSS) e recante modifica dei regolamenti in materia di sicurezza marittima e di prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi [10] (comitato).2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE del Consiglio, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a due mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 8Relazioni1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione una breve relazione annuale sull'attuazione del presente regolamento. La relazione fornisce dati statistici sul trasferimento di navi, elaborati conformemente al presente regolamento, ed elenca le eventuali difficoltà incontrate nell'attuazione.2. Entro il 20 maggio 2008 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione del presente regolamento basata in parte sulle relazioni trasmesse dagli Stati membri. In tale relazione essa valuta, tra l'altro, l'opportunità di una revisione del regolamento.Articolo 9Emendamenti1. Le definizioni di cui all'articolo 2 possono essere modificate secondo la procedura di cui all'articolo 7, paragrafo 2, per tener conto degli sviluppi a livello internazionale, soprattutto in seno all'IMO, e per rendere il presente regolamento più efficace tenuto conto dell'esperienza acquisita e del progresso tecnico sempreché tali modifiche non ne estendano il campo di applicazione.2. Qualsiasi modifica apportata alle convenzioni può essere esclusa dal campo di applicazione del presente regolamento, ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 2099/2002.Articolo 10AbrogazioneIl presente regolamento abroga il regolamento (CEE) n. 613/91.Articolo 11Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è vincolante in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in tutti gli Stati membri.Fatto a Strasburgo, addì 21 aprile 2004.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteD. Roche[1] GU C 80 del 30.3.2004, pag. 88.[2] Parere del Parlamento europeo del 13 gennaio 2004 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 6 aprile 2004.[3] GU L 319 del 12.12.1994, pag. 20. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2002/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 324 del 29.11.2002, pag. 53).[4] GU L 157 del 7.7.1995, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2002/84/CE.[5] GU L 68 del 15.3.1991, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 324 del 29.11.2002, pag. 1).[6] GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.[7] GU L 144 del 15.5.1998, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva della Commissione 2003/75/CE (GU L 190 del 30.7.2003, pag. 6).[8] GU L 46 del 17.2.1997, pag. 25. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2002/84/CE.[9] GU L 123 del 17.5.2002, pag. 22.[10] GU L 324 del 29.11.2002, pag. 1.-------------------------------------------------- | Trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra registri all’interno dell’Unione europea
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Esso intende eliminare gli ostacoli tecnici al trasferimento delle navi da carico e passeggeri battenti bandiera di uno Stato membro tra i registri degli Stati membri, assicurando al contempo un livello elevato di sicurezza delle navi e di protezione ambientale, in conformità con le convenzioni internazionali.
PUNTI CHIAVE
Ambito di applicazioneIl regolamento si applica alle navi passeggeri costruite il 1o luglio 1998 o successivamente e alle navi da carico costruite il 25 maggio 1980 o successivamente o a navi costruite prima di questa data, ma certificate quali rispondenti alle disposizioni pertinenti europee e dell’Organizzazione marittima internazionale. Tuttavia, il regolamento non si applica a:alle navi consegnate previa ultimazione dei lavori di costruzione che non siano corredate da certificati definitivi in corso di validità rilasciati dallo Stato membro del registro precedente;alle navi alle quali è negato l’accesso ai porti degli Stati membri ai sensi della direttiva 2009/16/CE relativa al controllo da parte dello Stato di approdo (si veda la sintesi) nel corso dei tre anni precedenti la domanda di iscrizione a seguito di un’ispezione effettuata nel porto di uno Stato firmatario del Memorandum di intesa di Parigi del 1982 sul controllo da parte dello Stato di approdo;alle navi da guerra o destinate al trasporto di truppe né alle altre navi appartenenti a uno Stato membro o da esso noleggiate e utilizzate esclusivamente a fini governativi non commerciali;alle navi senza mezzi di propulsione meccanica, a quelle in legno di costruzione primitiva, agli yacht da diporto utilizzati a fini non commerciali e alle imbarcazioni da pesca;alle navi da carico di stazza lorda inferiore a 500 tonnellate.Trasferimento di registroGli Stati membri non negano, per motivi tecnici derivanti dalle convenzioni, l’iscrizione a una nave da carico iscritta in un altro Stato membro che sia conforme ai requisiti, che sia munita di certificati validi e che disponga di equipaggiamento marittimo conforme alla direttiva 2014/90/UE (si veda la sintesi). Al momento del ricevimento della richiesta di trasferimento, lo Stato membro del registro di provenienza della nave fornisce allo Stato membro del registro di accoglienza tutte le informazioni pertinenti sulla nave, in particolare sulle sue condizioni e attrezzature. Le informazioni includono la documentazione cronologica della nave, un elenco dei miglioramenti richiesti dal registro di provenienza per iscrivere la nave o rinnovarne i certificati nonché un elenco delle ispezioni in ritardo. Prima di iscrivere una nave, lo Stato membro del registro di accoglienza sottopone la nave a ispezione per verificare che lo stato della nave e delle sue attrezzature corrisponda effettivamente ai certificati.CertificatiAl momento del trasferimento, lo Stato membro del registro di accoglienza o l’organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome rilascia alla nave certificati secondo le stesse condizioni previste per la bandiera dello Stato membro del registro precedente. Al momento del rinnovo, della proroga o della revisione dei certificati, lo Stato membro del registro di accoglienza o l’organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome si astiene dall’imporre requisiti diversi da quelli prescritti per il primo rilascio di certificati definitivi.Rifiuto di trasferimento e interpretazioneLo Stato membro del registro di accoglienza notifica immediatamente alla Commissione europea qualsiasi rifiuto di rilasciare o di autorizzare il rilascio di nuovi certificati a una nave. Se uno Stato membro ritiene che una nave non possa essere iscritta per ragioni attinenti a gravi rischi per la sicurezza o l’ambiente, l’iscrizione può essere sospesa.Relazioni
Ogni anno, gli Stati membri trasmettono alla Commissione una breve relazione annuale sull’attuazione del regolamento. Nel 2015 la Commissione ha presentato una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione del regolamento.
DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Si applica dal 20 maggio 2004.
CONTESTO
Sono necessarie misure per facilitare il trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra i registri all’interno dell’Unione europea (UE) volte a ridurre i costi e le procedure amministrative. Il regolamento concilia considerazioni relative al mercato interno (eliminazione degli ostacoli tecnici al trasferimento di navi tra i registri degli Stati membri) e requisiti relativi alla sicurezza marittima (livelli elevati di sicurezza delle navi e protezione ambientale). Riconosce l’adeguatezza per l’UE degli standard di sicurezza stabiliti nelle convenzioni dell’Organizzazione marittima internazionale.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 789/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004 relativo al trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra registri all’interno della Comunità e che abroga il regolamento (CEE) n. 613/91 del Consiglio (GU L 138 del 30.4.2004, pag. 19).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 789/2004 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTO CORRELATO
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione del regolamento (CE) n. 789/2004 relativo al trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra registri all’interno della Comunità [COM(2015) 195 final dell’ 8.5.2015]. | 7,609 | 821 |
Direttiva 93/51/CEE della Commissione, del 24 giugno 1993, che istituisce norme per il trasporto di determinati vegetali, prodotti vegetali o altre voci attraverso una zona protetta, nonché per il trasporto di tali vegetali, prodotti vegetali o altre voci originari di una zona protetta e spostati all'interno di essa
Gazzetta ufficiale n. L 205 del 17/08/1993 pag. 0024 - 0025 edizione speciale finlandese: capitolo 3 tomo 51 pag. 0186 edizione speciale svedese/ capitolo 3 tomo 51 pag. 0186
DIRETTIVA 93/51/CEE DELLA COMMISSIONE del 24 giugno 1993 che istituisce norme per il trasporto di determinati vegetali, prodotti vegetali o altre voci attraverso una zona protetta, nonché per il trasporto di tali vegetali, prodotti vegetali o altre voci originari di una zona protetta e spostati all'interno di essaLA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il Trattato che istituisce la Comunità economica europea, vista la direttiva 77/93/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1976, concernente le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità (1), modificata da ultimo dalla direttiva 93/19/CEE del Consiglio (2), in particolare l'articolo 6, paragrafo 7, primo e secondo trattino, considerando che l'applicazione del regime fitosanitario comunitario alla Comunità quale zona senza frontiere interne comporta il riconoscimento di « zone protette » istituite per determinati vegetali, prodotti vegetali o altre voci nei confronti di uno o più organismi nocivi; considerando che a norma della direttiva 77/93/CEE, a decorrere dal 1o giugno 1993, i vegetali, i prodotti vegetali o le altre voci elencati nell'allegato V, parte A, sezione II non possono essere introdotti in una determinata zona protetta e non possono esservi spostati se su di essi, sul loro imballaggio o sui veicoli che li trasportano non è apposto un passaporto delle piante valido per tale zona, rilasciato ufficialmente in conformità all'articolo 10, paragrafo 1 della stessa direttiva; che tali disposizioni non si applicano qualora siano soddisfatte determinate garanzie per il trasporto di vegetali, prodotti vegetali e altre voci attraverso una zona protetta istituita per i medesimi nei confronti di uno o più organismi nocivi; che tali disposizioni possono essere rispettate con condizioni meno rigorose di quelle previste all'articolo 6, paragrafo 4 della direttiva summenzionata per i vegetali, i prodotti vegetali e le altre voci originari di una zona protetta e spostati all'interno di essa; considerando che, in mancanza di garanzie ovunque accettate, queste devono essere fissate tenendo conto delle particolari condizioni in cui tali spostamenti sono effettuati, onde garantire una sufficiente sicurezza sul piano fitosanitario; considerando che le misure previste dalla presente direttiva sono conformi al parere del comitato fitosanitario permanente, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 1. Gli Stati membri provvedono affinché siano rispettate le condizioni di cui al paragrafo 2 quando i vegetali, i prodotti vegetali o le altre voci elencati nell'allegato V, parte A, sezione II della direttiva 77/93/CEE, non originari di una zona protetta istituita per i medesimi nei confronti di uno o più organismi nocivi, conformemente all'articolo 2, paragrafo 1, lettera h) della direttiva 77/93/CEE, vengono spostati attraverso la zona di cui trattasi per essere avviati verso una destinazione finale al di fuori di detta zona e senza un passaporto delle piante valido per la medesima. 2. Devono essere rispettate le condizioni seguenti: a) l'imballaggio utilizzato o eventualmente il veicolo che trasporta i vegetali, i prodotti vegetali o le altre voci di cui al paragrafo 1 devono essere puliti, esenti dagli organismi di cui al paragrafo 1 e di natura tale da escludere qualsiasi rischio di diffusione di organismi nocivi; b) subito dopo il condizionamento, l'imballaggio o eventualmente il veicolo che trasporta i vegetali, i prodotti vegetali o le altre voci in parola devono essere sigillati secondo rigorose norme fitosanitarie in modo da garantire che non vi siano rischi di diffusione di organismi nocivi nella zona protetta interessata e che l'identità resti immutata, nonché in modo da rispondere alle esigenze degli organismi ufficiali responsabili di cui alla direttiva 77/93/CEE; l'imballaggio o il veicolo devono restare sigillati durante tutto il trasporto attraverso la zona protetta considerata; c) i vegetali, i prodotti vegetali e le altre voci menzionati nel paragrafo 1 devono essere accompagnati da un documento normalmente utilizzato a scopo commerciale, nel quale sia indicato che i prodotti suddetti provengono dall'esterno della zona protetta considerata e che la loro destinazione finale si trova al di fuori di detta zona. 3. Qualora nel corso di un controllo ufficiale predisposto a norma dell'articolo 11, paragrafo 7 della direttiva 77/93/CEE ed eseguito all'interno della zona considerata si constati che i requisiti di cui all'articolo 1, paragrafo 2 non sono soddisfatti, si prendono immediatamente - se del caso - le seguenti misure ufficiali, fatte salve le misure da adottare se i vegetali, i prodotti vegetali e le altre voci non soddisfano le condizioni fissate dalla direttiva 77/93/CEE: - sigillatura dell'imballaggio, - trasporto sotto controllo ufficiale dei vegetali, dei prodotti vegetali e delle altre voci verso una destinazione al di fuori della zona protetta considerata. Articolo 2 1. Gli Stati membri stabiliscono di applicare condizioni meno rigorose ai vegetali, ai prodotti vegetali e alle altre voci elencati nell'allegato V, parte A, sezione II della direttiva 77/93/CEE originari di una zona protetta istituita per i medesimi nei confronti di uno o più organismi nocivi e spostati all'interno di tale zona. 2. Ai fini del paragrafo 1 si può applicare la seguente condizione meno rigorosa: i controlli ufficiali di cui all'articolo 6, paragrafo 4 della direttiva 77/93/CEE possono limitarsi a verificare il rispetto delle condizioni previste nella direttiva 92/70/CEE della Commissione, del 30 luglio 1992, che stabilisce le modalità delle indagini da effettuare per il riconoscimento di zone protette della Comunità (3). Articolo 3 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro la data stabilita all'articolo 3, paragrafo 1 della direttiva 91/683/CEE del Consiglio (4). Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano immediatamente alla Commissione le disposizioni di diritto interno adottate nel settore disciplinato dalla presente direttiva. La Commissione ne informa gli altri Stati membri. Articolo 4 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, il 24 giugno 1993. Per la Commissione René STEICHEN Membro della Commissione (1) GU n. L 26 del 31. 1. 1977, pag. 20. (2) GU n. L 96 del 22. 4. 1993, pag. 33. (3) GU n. L 250 del 29. 8. 1992, pag. 37. (4) GU n. L 376 del 31. 12. 1991, pag. 29. | Trasporto di determinati vegetali e prodotti vegetali attraverso zone protette
QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA?
Intende integrare le norme sulla salute dei vegetali (attualmente contenute nella direttiva 2000/29/CE) volte a proteggerli dall’introduzione nelle zone protette* designate dell’UE di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali, contro la loro diffusione. Questi organismi comprendono insetti, nematodi (un verme dell’ampio phylum Nematoda, come i vermi cilindrici e le trichine) e batteri. La direttiva consente ai paesi dell’UE di permettere lo spostamento di determinati vegetali all’interno di o attraverso zone protette senza la necessità di un passaporto delle piante valido per l’appropriata zona protetta, purché siano soddisfatte alcune condizioni specifiche.
PUNTI CHIAVE
I paesi dell’UE possono richiedere la designazione di protezione speciale da organismi nocivi per tutto o parte del loro territorio. Una zona protetta viene definita in relazione a un particolare organismo nocivo. Le norme generali stabiliscono che i vegetali, i prodotti vegetali o altre voci (ad esempio certi tipi di legno o di terreno) potenzialmente portatori di organismi nocivi concernenti talune zone protette, quando vengono introdotti in tale zona o spostati all’interno di essa, devono essere accompagnati da un passaporto delle piante valido per l’appropriata zona protetta. Tuttavia, per quanto riguarda lo spostamento attraverso una zona protetta di vegetali, prodotti vegetali o altre voci non originari di tale zona, la direttiva 93/51/CEE prevede le seguenti condizioni:l’imballaggio e i veicoli utilizzati per trasportare i vegetali devono essere puliti ed esenti dagli organismi interessati e di natura tale da escludere qualsiasi rischio di diffusione di organismi nocivi;subito dopo l’imballaggio e il carico, l’imballaggio o il veicolo utilizzati devono essere sigillati in modo che non vi siano rischi di diffusione di organismi nocivi nella zona protetta e devono restare sigillati durante il trasporto;i prodotti vegetali devono essere accompagnati da un documento, normalmente utilizzato a scopo commerciale, nel quale sia indicato che i prodotti provengono dall’esterno della zona protetta e che la loro destinazione si trova al di fuori della stessa. Qualora venga eseguito un controllo ufficiale e si constati che le suddette condizioni non sono state soddisfatte, l’imballaggio viene sigillato e i prodotti vegetali vengono trasportati, sotto controllo ufficiale, al di fuori della zona protetta. Condizioni simili si applicano ai prodotti vegetali originari di una determinata zona protetta e spostati all’interno della stessa. Tuttavia, i controlli ufficiali possono limitarsi a verificare il rispetto delle condizioni previste nelle norme dettagliate sulle modalità delle indagini da effettuare per il riconoscimento delle zone protette (direttiva 92/70/CEE). Queste indagini dettagliate vengono svolte annualmente e comprendono il prelievo di campioni di vegetali, prodotti vegetali e substrato di coltivazione nelle zone in questione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Si applica dal 24 luglio 1993 e doveva entrare in vigore nei paesi dell’UE il 1° giugno 1993 (la data indicata nella direttiva 91/683/CEE del Consiglio, un atto che è stato successivamente abrogato e sostituito dalla direttiva 2000/29/CE del Consiglio).
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si consulti:Zone protette (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Zona protetta: designata in base alla sussistenza del pericolo che un particolare organismo nocivo possa diffondersi grazie a condizioni ambientali favorevoli.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 93/51/CEE della Commissione, del 24 giugno 1993, che istituisce norme per il trasporto di determinati vegetali, prodotti vegetali o altre voci attraverso una zona protetta, nonché per il trasporto di tali vegetali, prodotti vegetali o altre voci originari di una zona protetta e spostati all’interno di essa (GU L 205 del 17.8.1993, pag. 24).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 2016/2031 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2016, relativo alle misure di protezione contro gli organismi nocivi per le piante, che modifica i regolamenti (UE) n. 228/2013, (UE) n. 652/2014 e (UE) n. 1143/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga le direttive 69/464/CEE, 74/647/CEE, 93/85/CEE, 98/57/CE, 2000/29/CE, 2006/91/CE e 2007/33/CE del Consiglio (GU L 317 del 23.11.2016, pag. 4).
Regolamento (CE) n. 690/2008 della Commissione, del 4 luglio 2008, relativo al riconoscimento di zone protette esposte a particolari rischi in campo fitosanitario nella Comunità (rifusione) (GU L 193 del 22.7.2008, pag. 1).
Le successive modifiche alla direttiva 2000/29/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Direttiva 2000/29/CE del Consiglio, dell’8 maggio 2000, concernente le misure di protezione contro l’introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità (GU L 169 del 10.7.2000, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 92/70/CEE della Commissione, del 30 luglio 1992, che stabilisce le modalità delle indagini da effettuare per il riconoscimento di zone protette nella Comunità (GU L 250 del 29.8.1992, pag. 37). | 4,141 | 726 |
RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE
del 18 luglio 2011
sull’accesso a un conto di pagamento di base
(Testo rilevante ai fini del SEE)
(2011/442/UE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292,
considerando quanto segue:
(1)
Garantire ai consumatori l’accesso ai servizi di pagamento all’interno dell’Unione europea (nel prosieguo «l’Unione») è essenziale al fine di permettere loro di beneficiare appieno del mercato unico e assicurare il corretto funzionamento di quest’ultimo. Allo stato attuale, la disponibilità dei servizi di pagamento essenziali non è né assicurata dai prestatori di servizi di pagamento, né garantita da tutti gli Stati membri dell’Unione.
(2)
I severi requisiti attualmente imposti dai prestatori di servizi di pagamento per l’apertura di un conto di pagamento che vanno oltre le disposizioni di legge possono pregiudicare il pieno godimento della libertà di circolazione delle persone all’interno dell’Unione. Inoltre, chi non dispone di un conto di pagamento ha un accesso limitato ai servizi finanziari tradizionali, da cui consegue un indebolimento dell’inclusione finanziaria e sociale, spesso a discapito delle categorie di popolazione più vulnerabili. In tale situazione è inoltre più difficile per i consumatori accedere a beni e servizi essenziali. È pertanto necessario stabilire dei principi che regolino l’accesso ai conti di pagamento di base, che costituiscono un elemento fondamentale nella promozione dell’inclusione e coesione sociale, al fine di consentire ai consumatori di beneficiare di un minimo garantito di servizi di pagamento essenziali.
(3)
È importante assicurare che i principi in materia di accesso ai conti di pagamento di base siano applicati in maniera omogenea all’interno dell’Unione. Tuttavia, per una maggiore efficacia, è opportuno che l’applicazione di tali principi tenga conto delle diverse prassi bancarie esistenti in seno all’Unione.
(4)
La raccomandazione determina inoltre i principi generali che disciplinano l’offerta di conti di pagamento di base all’interno dell’Unione.
(5)
La presente raccomandazione si applica in combinato disposto con la direttiva 2007/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno (1). È pertanto opportuno che le norme che disciplinano la trasparenza delle condizioni e le informazioni sui servizi di pagamento si estendano anche ai conti di pagamento di base.
(6)
È necessario che le disposizioni previste dalla presente raccomandazione non pregiudichino l’adozione, da parte degli Stati membri o dei prestatori di servizi di pagamento, di misure per ragioni di pubblica sicurezza e ordine pubblico in linea con il diritto dell’UE.
(7)
In ciascuno Stato membro, i consumatori che risiedono legalmente all’interno dell’Unione e che non sono titolari di un conto di pagamento in tale Stato membro dovrebbero avere la facoltà di aprire e disporre di un conto di pagamento di base. Al fine di garantire un accesso più ampio possibile ai conti di pagamento di base, è indispensabile che gli Stati membri garantiscano che i consumatori abbiano accesso a un tale conto indipendentemente dalla situazione finanziaria di questi ultimi, ad esempio in caso di disoccupazione o fallimento personale. Tuttavia occorre che il diritto di accesso a un conto di pagamento di base in qualsiasi Stato membro sia concesso in conformità alle disposizioni della direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo (2), segnatamente in materia di procedure di due diligence nei confronti del cliente.
(8)
Occorre inoltre che la presente raccomandazione non pregiudichi l’obbligo del prestatore di servizi di pagamento di recedere dal contratto relativo al conto di pagamento di base in circostanze eccezionali contemplate dalla legislazione unionale o nazionale pertinente, ad esempio dalla legislazione in materia di riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo o di prevenzione e indagine di reati.
(9)
Al fine di garantire la disponibilità dei conti di pagamento di base in considerazione delle specificità dei singoli Stati membri, occorre che questi ultimi designino uno, più o tutti i prestatori di servizi di pagamento in base ai principi di trasparenza, non-discriminazione e proporzionalità. È necessario che le misure che gli Stati membri adotteranno a tale fine non diano luogo a distorsioni della concorrenza tra i prestatori di servizi di pagamento e che siano fondate sui principi di trasparenza, non-discriminazione e proporzionalità. In tale contesto, è opportuno che gli Stati membri rendano pubblici i diritti e gli obblighi dei prestatori incaricati di fornire conti di pagamento di base.
(10)
Al fine di garantire un trattamento trasparente ed equo e di permettere al consumatore di opporsi alla decisione del prestatore di servizi di pagamento, quest’ultimo è tenuto a comunicare al consumatore le motivazioni del rifiuto di aprire un conto di pagamento di base.
(11)
È necessario che ciascuno Stato membro assicuri l’accesso a un livello minimo garantito di servizi di pagamento essenziali. È necessario che tra i servizi intrinsecamente legati ai conti di pagamento di base siano compresi il deposito e il ritiro di denaro contante dal conto. È opportuno che tali conti consentano ai consumatori di usufruire di operazioni di pagamento essenziali, ad esempio l’accredito dello stipendio o di altre prestazioni, il pagamento di fatture o imposte e l’acquisto di beni e servizi, tra l’altro ricorrendo ad addebiti diretti e bonifici, oltre all’uso di una carta di pagamento. Al fine di garantire la maggior inclusione finanziaria possibile, occorre che tali servizi permettano di acquistare beni e servizi on line, laddove tecnicamente possibile. È altresì necessario che diano l’opportunità al consumatore di trasmettere ordini di pagamento avvalendosi delle funzioni di banca on line dei prestatori di servizi di pagamento, sempre previa disponibilità a livello tecnico. Tuttavia è opportuno che il conto di pagamento di base non consenta di effettuare ordini di pagamento la cui esecuzione comporterebbe un saldo negativo del conto. L’accesso al credito non può essere considerato alla stregua di una componente automatica di un conto di pagamento di base o un diritto a esso correlato.
(12)
Nell’eventualità in cui il prestatore di servizi di pagamento addebiti al consumatore commissioni di apertura, gestione e chiusura del conto, nonché di utilizzo dei servizi intrinsecamente associati allo stesso conformemente alla presente raccomandazione, è necessario che le spese totali a carico del consumatore siano ragionevoli e tali da non pregiudicare, in considerazione del contesto nazionale specifico, l’apertura del conto di pagamento di base e l’utilizzo dei servizi connessi. È opportuno che eventuali ulteriori spese addebitate al consumatore in seguito alla violazione degli obblighi contrattuali dello stesso siano anch’esse ragionevoli.
(13)
Al fine di garantire un’applicazione coerente ed efficiente del principio di ragionevolezza della spesa, gli Stati membri dovrebbero definire tale concetto sulla base dei criteri indicativi forniti dalla presente raccomandazione, che possono essere considerati congiuntamente.
(14)
Al fine di promuovere l’inclusione finanziaria, è inoltre necessario adottare misure di sensibilizzazione dei consumatori sull’esistenza di conti di pagamento di base. È dunque indispensabile che gli Stati membri e i prestatori di servizi di pagamento forniscano informazioni di portata generale, chiare e comprensibili ai consumatori sulle caratteristiche e le condizioni principali di tali conti, così come sulle istruzioni pratiche che consentano di esercitare il diritto di accesso a un conto di pagamento di base. È inoltre opportuno che i consumatori siano informati del fatto che non sussiste alcun obbligo di acquisire servizi accessori per accedere a un conto di pagamento di base.
(15)
L’osservanza delle disposizioni stabilite nella presente raccomandazione comporta il trattamento di dati personali dei consumatori. Tale trattamento è disciplinato dalla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (3), segnatamente dagli articoli 6, 7, 10, 11, 12 e 17, che mirano a garantire un trattamento dei dati equo e legittimo e il rispetto del diritto fondamentale alla protezione dei dati personali, in particolar modo considerati i requisiti generali di necessità e proporzionalità, del diritto della persona interessata di accedere ai propri dati personali e a far rettificare e cancellare o bloccare dati non corretti, nonché dall’articolo 28, relativo alle autorità di controllo pubbliche e indipendenti incaricate di sorvegliare l’applicazione delle disposizioni di attuazione della direttiva 95/46/CE.
(16)
Per la risoluzione di controversie derivanti dai principi di cui alla presente raccomandazione è opportuno che i consumatori abbiano accesso a procedure di reclamo e ricorso extragiudiziale. Per la risoluzione delle controversie si può ricorrere, se del caso, ai relativi organismi e regimi esistenti, ad esempio quelli istituiti per la risoluzione delle controversie relative ai diritti e agli obblighi di cui alla direttiva 2007/64/CE.
(17)
È opportuno che l’applicazione dei principi stabiliti nella presente raccomandazione sia corroborata dal riesame delle autorità di controllo a livello nazionale. A tal fine occorre che le autorità preposte al controllo siano dotate dei mezzi necessari per svolgere efficacemente i compiti loro affidati.
(18)
Gli Stati membri dovrebbero avere statistiche annuali affidabili in materia di conti di pagamento di base, almeno per quanto riguarda il numero di conti aperti, il numero di richieste di apertura rifiutate, il numero di recessi, nonché l’entità delle spese correlate a tali conti. Per raggiungere tale obiettivo, si invitano gli Stati membri a ricorrere a tutte le fonti di informazione rilevanti. È opportuno che gli Stati membri comunichino tali informazioni alla Commissione su base annuale, avviando tale esercizio al più tardi il 1o luglio 2012.
(19)
Occorre che gli Stati membri siano invitati ad adottare le misure necessarie per assicurare che la presente raccomandazione sia applicata al più tardi 6 mesi dopo la sua pubblicazione. Sulla base delle relazioni trasmesse dagli Stati membri, la Commissione monitorerà e valuterà le misure realizzate fino al 1o luglio 2012. Sulla base di tale monitoraggio, la Commissione proporrà eventuali interventi, incluse, laddove necessarie, misure di carattere legislativo, al fine di garantire che gli obiettivi della presente raccomandazione siano pienamente raggiunti,
HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE:
SEZIONE I
Definizioni
1.
Ai fini della presente raccomandazione si intende per:
a)
«consumatore» qualsiasi persona fisica che agisce per scopi estranei alla sua attività commerciale, imprenditoriale, artigianale o professionale;
b)
«prestatore di servizi di pagamento» prestatore/i di servizi ai sensi dell’articolo 4, punto 9 della direttiva 2007/64/CE, che mette a disposizione i conti di pagamento di base di cui al punto 3;
c)
«conto di pagamento» conto detenuto a nome di un consumatore utilizzato per l’esecuzione delle operazioni di pagamento;
d)
«operazione di pagamento» operazione di pagamento ai sensi dell’articolo 4, punto 5 della direttiva 2007/64/CE;
e)
«fondi» fondi definiti all’articolo 4, punto 15 della direttiva 2007/64/CE;
f)
«contratto» contratto quadro ai sensi dell’articolo 4, punto 12 della direttiva 2007/64/CE.
SEZIONE II
Diritto di accesso
2.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che qualsiasi consumatore che risiede legalmente all’interno dell’Unione abbia diritto ad aprire e disporre di un conto di pagamento di base presso un prestatore di servizi di pagamento che opera sul loro territorio, a condizione che il consumatore non sia già titolare di un conto di pagamento che gli consenta di fruire, nel loro territorio, dei servizi di pagamento elencati al punto 6. Tale diritto dovrebbe applicarsi indipendentemente dalla situazione finanziaria del consumatore.
3.
Gli Stati membri dovrebbero assicurare che almeno un prestatore di servizi di pagamento offra conti di pagamento di base sul loro territorio. A tale proposito, dovrebbero tenere in considerazione la dislocazione geografica o la quota di mercato dei prestatori di servizi di pagamento all’interno del proprio territorio. Gli Stati membri dovrebbero inoltre evitare che ciò crei distorsioni della concorrenza tra prestatori di servizi di pagamento.
4.
Gli Stati membri dovrebbero adottare misure che garantiscano che i prestatori di servizi di pagamento ricorrano a sistemi trasparenti, equi e affidabili per verificare se un consumatore è già titolare o meno di un conto di pagamento.
5.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che in caso di rifiuto di una richiesta di apertura di un conto di pagamento di base, il prestatore di servizi di pagamento informi immediatamente il consumatore, per iscritto e senza alcun addebito, sulle motivazioni che hanno determinato tale rifiuto. Tale diritto di informazione può essere limitato mediante misure legislative nel caso in cui tale limitazione costituisca una misura necessaria e proporzionata ai fini della tutela di obiettivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.
SEZIONE III
Caratteristiche di un conto di pagamento di base
6.
Un conto di pagamento di base dovrebbe includere i seguenti servizi di pagamento:
a)
servizi che permettano di eseguire tutte le operazioni necessarie per l’apertura, la gestione e la chiusura di un conto di pagamento;
b)
servizi che consentano di versare denaro contante su un conto di pagamento;
c)
servizi che offrano la possibilità di ritirare denaro contante da un conto di pagamento;
d)
esecuzione di operazioni di pagamento, incluso il trasferimento di fondi su e da un conto di pagamento presso il prestatore di servizi di pagamento del consumatore o presso un altro prestatore di servizi di pagamento in relazione:
i)
all’esecuzione di addebiti diretti;
ii)
all’esecuzione di operazioni di pagamento tramite carta di pagamento che non consenta l’esecuzione di operazioni di pagamento per importi superiori al saldo corrente del conto di pagamento;
iii)
all’esecuzione di bonifici.
7.
L’accesso a un conto di pagamento di base non dovrebbe essere subordinato all’acquisto di servizi accessori.
8.
Il prestatore di servizi di pagamento non dovrebbe offrire, esplicitamente o tacitamente, alcun tipo di scoperto di conto correlato al conto di pagamento di base. Il prestatore di servizi di pagamento del consumatore non dovrebbe eseguire ordini di pagamento che comporterebbero un saldo negativo del conto di pagamento di base del consumatore.
SEZIONE IV
Spese applicate
9.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che un conto di pagamento di base sia offerto gratuitamente o con una spesa ragionevole.
10.
Nel caso in cui un prestatore di servizi di pagamento applichi delle spese al consumatore per l’apertura, la gestione e la chiusura di un conto di pagamento di base, oppure per uno, alcuni o tutti i servizi elencati al punto 6, l’entità di tali spese dovrebbe essere ragionevole.
11.
Eventuali ulteriori spese addebitate dal prestatore di servizi di pagamento in relazione al contratto del conto di pagamento di base, comprese quelle risultanti dalla violazione degli obblighi contrattuali del consumatore, dovrebbero essere ragionevoli.
12.
Gli Stati membri dovrebbero definire il principio di ragionevolezza della spesa alla luce di uno o più dei seguenti criteri:
a)
livelli di reddito nazionali;
b)
media delle commissioni applicate ai conti di pagamento in tale Stato membro;
c)
costi complessivi di un conto di pagamento di base sopportati dal prestatore del servizio;
d)
prezzi al consumo nazionali.
SEZIONE V
Informazioni generali
13.
Gli Stati membri dovrebbero lanciare campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sull’esistenza di conti di pagamento di base, sulle relative spese, le procedure da seguire al fine di esercitare il diritto di accesso agli stessi e le modalità di ricorso a meccanismi di reclamo e ricorso extragiudiziali.
14.
Gli Stati membri dovrebbero far sì che i prestatori di servizi di pagamento mettano a disposizione del consumatore tutte le informazioni relative alle caratteristiche specifiche dei conti di pagamento di base offerti, alle spese addebitate e alle relative condizioni d’uso. È inoltre opportuno che i consumatori siano informati del fatto che non sussiste alcun obbligo di acquisire servizi accessori per accedere a un conto di pagamento di base.
SEZIONE VI
Vigilanza e meccanismi di risoluzione extragiudiziale delle controversie
15.
Gli Stati membri dovrebbero designare le autorità competenti a garantire e monitorare l’effettiva osservanza dei principi stabiliti nella presente raccomandazione. Le autorità competenti designate dovrebbero essere indipendenti dai prestatori di servizi di pagamento.
16.
Gli Stati membri dovrebbero garantire l’istituzione di procedure di reclamo e ricorso adeguate ed efficaci per la risoluzione extragiudiziale di controversie in materia di diritti e obblighi stabiliti in applicazione dei principi definiti nella presente raccomandazione tra prestatori di servizi di pagamento e consumatori, avvalendosi, se del caso, di organismi già esistenti. Gli Stati membri dovrebbero inoltre assicurare che tutti i prestatori di servizi di pagamento responsabili di mettere a disposizione conti di pagamento di base aderiscano a uno o più organismi che attuano tali procedure di reclamo e ricorso.
17.
Gli Stati membri dovrebbero garantire la cooperazione attiva tra gli organismi di cui al punto 16 ai fini della risoluzione delle controversie transfrontaliere.
SEZIONE VII
Informazioni statistiche
18.
Gli Stati membri dovrebbero garantire che i prestatori di servizi di pagamento forniscano alle autorità nazionali informazioni affidabili sui conti di pagamento di base riguardanti quanto meno il numero di conti aperti, il numero di richieste di apertura rifiutate con le relative motivazioni, il numero di recessi, nonché le spese annue correlate a tali conti. Tali informazioni dovrebbero essere fornite in forma aggregata.
19.
Su base annua e a partire al più tardi dal 1o luglio 2012, gli Stati membri sono invitati a trasmettere alla Commissione informazioni circa il numero di conti di pagamento di base aperti, il numero di richieste di apertura rifiutate con le relative motivazioni, il numero di recessi, nonché le spese annue correlate a tali conti.
SEZIONE VIII
Disposizioni finali
20.
Gli Stati membri sono invitati ad adottare le misure necessarie per assicurare che la presente raccomandazione sia applicata al più tardi 6 mesi dopo la sua pubblicazione e a notificare alla Commissione le misure adottate in conformità della stessa.
21.
Gli Stati membri sono destinatari della presente raccomandazione.
Fatto a Bruxelles, il 18 luglio 2011.
Per la Commissione
Michel BARNIER
Membro della Commissione
(1) GU L 319 del 5.12.2007, pag. 1.
(2) GU L 309 del 25.11.2005, pag. 15.
(3) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31. | Accesso dei consumatori ai conti di pagamento di base
L’accesso dei consumatori ai conti di pagamento di base dovrebbe essere garantito in tutti i paesi dell’Unione europea (UE). In tale ottica, la Commissione presenta i principi generali dell’offerta di questo tipo di servizio finanziario.
ATTO
Raccomandazione 2011/442/UE della Commissione, del 18 luglio 2011, sull’accesso a un conto di pagamento di base (Testo rilevante ai fini del SEE) [GU L 190 del 21.7.2011].
SINTESI
I consumatori europei che non dispongono di un conto di pagamento dovrebbero avere la facoltà di aprire e disporre di un conto di pagamento di base, indipendentemente dalla loro situazione finanziaria e dal luogo di residenza nell’Unione europea (UE). La Commissione raccomanda che, in ciascuno Stato membro, almeno un prestatore di servizi di pagamento * offra tale servizio.
Caratteristiche di un conto di pagamento di base
I servizi di pagamento offerti dovrebbero consentire almeno:
di eseguire tutte le operazioni necessarie per l’apertura, la gestione e la chiusura di un conto di pagamento;
di versare denaro contante su un conto di pagamento;
di ritirare denaro contante da un conto di pagamento;
di eseguire operazioni di pagamento tramite bonifici o trasferimenti di fondi, anche mediante carta di pagamento (senza tuttavia poter prevedere uno scoperto).
L'acquisto di servizi accessori non dovrebbe costituire una condizione d’accesso al conto di pagamento di base.
Spese applicate al conto di pagamento di base
Gli Stati membri dovrebbero garantire che il conto di pagamento di base sia offerto gratuitamente o con una spesa ragionevole. Ove non sia prevista la gratuità, l’entità totale delle spese applicate per l’utilizzo dei servizi di pagamento minimo dovrebbe essere ragionevole.
In ogni caso, tutte le altre spese previste in relazione al contratto del conto, comprese quelle applicate per il mancato rispetto degli obblighi contrattuali da parte del consumatore, dovrebbero essere ragionevoli.
L’entità delle spese applicate al consumatore dovrebbe essere calcolata sulla base:
dei livelli nazionali di reddito e dei prezzi al consumo;
della media delle commissioni applicate ai conti di pagamento in tale Stato membro;
dei costi complessivi di un conto di pagamento di base sopportati dal prestatore del servizio.
Vigilanza e risoluzione delle controversie
Gli Stati membri dovrebbero designare autorità indipendenti dai prestatori dei servizi, incaricate di monitorare l’osservanza delle presenti raccomandazioni.
Inoltre, dovrebbero garantire l’istituzione di procedure di reclamo e ricorso in caso di controversia.
Informazioni ai consumatori
Il prestatore che rifiuti una richiesta di apertura del conto dovrebbe giustificare tale rifiuto e informarne il consumatore per iscritto. Tuttavia, tale diritto di informazione può essere limitato mediante misure legislative per motivi di pubblica sicurezza o di ordine pubblico.
I prestatori dovrebbero fornire informazioni adeguate in relazione alle caratteristiche specifiche dei conti offerti, alle spese addebitate e alle relative condizioni d’uso.
Gli Stati membri dovrebbero lanciare campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulle possibilità offerte dai conti di pagamento di base e sulle possibilità di meccanismi extragiudiziali in caso di controversia.
Termini chiave
Prestatore di servizi di pagamento: soggetto che può essere costituito da enti creditizi, istituti di pagamento o di moneta elettronica o da uffici postali. | 6,802 | 167 |
DECISIONE 2005/511/GAI DEL CONSIGLIO
del 12 luglio 2005
relativa alla protezione dell’euro contro la falsificazione attraverso la designazione dell’Europol quale ufficio centrale competente per la lotta contro la falsificazione dell’euro
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea, in particolare, l’articolo 30, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 34, paragrafo 2, lettera c),
vista l’iniziativa della Repubblica federale di Germania, del Regno di Spagna, della Repubblica francese, della Repubblica italiana e del Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord (1),
visto il parere del Parlamento europeo (2),
considerando quanto segue:
(1)
In quanto moneta legale di 12 Stati membri, l’euro si è sempre più affermato su scala mondiale divenendo pertanto uno degli obiettivi privilegiati delle organizzazioni internazionali dedite alla falsificazione nell’Unione europea e nei paesi terzi.
(2)
È necessario impedire l’ulteriore aumento del volume di euro falsificati che metterebbe a repentaglio la libera circolazione delle banconote e delle monete metalliche denominate in euro.
(3)
È necessario incentivare la cooperazione tra gli Stati membri e tra gli Stati membri e l’Europol al fine di rafforzare il sistema di protezione dell’euro al di fuori del territorio dell’Unione europea.
(4)
La convenzione internazionale per la repressione del falso nummario, adottata a Ginevra il 20 aprile 1929 (di seguito «convenzione di Ginevra»), dovrebbe essere applicata con maggiore efficacia tenuto conto delle condizioni dell’integrazione europea.
(5)
I paesi terzi necessitano di un punto di contatto centrale per le informazioni relative agli euro falsificati e tutte le informazioni pertinenti dovrebbero essere raccolte presso l’Europol, per essere analizzate.
(6)
Alla luce della decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativa al rafforzamento della tutela per mezzo di sanzioni penali e altre sanzioni contro la falsificazione di monete in relazione all’introduzione dell’euro (3), il Consiglio ritiene opportuno che tutti gli Stati membri divengano parti contraenti della convenzione di Ginevra ed istituiscano uffici centrali, ai sensi dell’articolo 12 di detta convenzione.
(7)
Il Consiglio ritiene opportuno designare l’Europol quale ufficio centrale competente per la lotta contro la falsificazione dell’euro, ai sensi dell’articolo 12 della convenzione di Ginevra,
DECIDE:
Articolo 1
1. Per gli Stati membri che sono parti contraenti della convenzione di Ginevra, l’Europol agisce, conformemente alla dichiarazione figurante nell’allegato (di seguito «dichiarazione»), come ufficio centrale per la lotta contro la falsificazione dell’euro, ai sensi dell’articolo 12, prima frase, della convenzione di Ginevra. Per la falsificazione di tutte le altre monete e per le funzioni di ufficio centrale non delegate all’Europol in virtù della dichiarazione, gli uffici centrali nazionali mantengono le attuali competenze.
2. I governi degli Stati membri che sono parti contraenti della convenzione di Ginevra emettono la dichiarazione e incaricano il rappresentante della Repubblica federale di Germania di inoltrarla al segretario generale delle Nazioni Unite.
Articolo 2
La presente decisione ha effetto il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 12 luglio 2005.
Per il Consiglio
Il presidente
G. BROWN
(1) GU C 317 del 22.12.2004, pag. 10.
(2) Parere espresso il 12 aprile 2005 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(3) GU L 140 del 14.6.2000, pag. 1. Decisione quadro modificata dalla decisione quadro 2001/888/GAI (GU L 329 del 14.12.2001, pag. 3).
ALLEGATO
Dichiarazione di … per la designazione dell’Europol quale ufficio centrale competente per la lotta contro la falsificazione dell’euro
…, Stato membro dell’Unione europea ha conferito all’Ufficio europeo di polizia (di seguito «Europol») il mandato di lottare contro la falsificazione dell’euro.
Per un più efficace funzionamento della convenzione di Ginevra del 1929, ... s’impegna ad adempiere ai seguenti obblighi.
1.
In relazione alla falsificazione dell’euro, l’Europol svolge, nel quadro dell’obiettivo sancito dall’atto del Consiglio del 26 luglio 1995, che istituisce un Ufficio europeo di polizia (convenzione Europol) (1), le seguenti funzioni di ufficio centrale, ai sensi degli articoli da 12 a 15 della convenzione di Ginevra del 1929.
1.1.
L’Europol centralizza e vaglia, secondo la convenzione Europol, tutte le informazioni che agevolino le indagini, la prevenzione e la lotta contro la falsificazione dell’euro e trasmette senza indugio tali informazioni agli uffici centrali nazionali degli Stati membri.
1.2.
Ai sensi della convenzione Europol, in particolare del suo articolo 18, e dell’atto del Consiglio, del 12 marzo 1999, che stabilisce le norme per la trasmissione dei dati di carattere personale da parte dell’Europol a Stati od organismi terzi (2), l’Europol corrisponde direttamente con gli uffici centrali dei paesi terzi al fine di svolgere le funzioni enunciate nei punti 1.3, 1.4 e 1.5 della presente dichiarazione.
1.3.
Nella misura in cui lo ritiene opportuno, l’Europol trasmette agli uffici centrali dei paesi terzi una serie di esemplari autentici di euro.
1.4.
L’Europol dà regolarmente notifica agli uffici centrali dei paesi terzi, fornendo loro tutte le informazioni necessarie, delle nuove emissioni e del ritiro dalla circolazione di monete.
1.5.
Ad eccezione dei casi di interesse meramente locale, l’Europol, nella misura ritenuta opportuna, notifica agli uffici centrali dei paesi terzi:
—
eventuali scoperte di falsificazioni di euro. La notifica della falsificazione è accompagnata da una descrizione tecnica dei falsi, fornita esclusivamente dall’istituto di emissione le cui banconote sono state falsificate. Dovrebbe essere trasmessa una riproduzione fotografica o, se possibile, un esemplare della banconota falsa. In caso di urgenza possono essere trasmesse agli uffici centrali interessati, in via riservata, una notifica e una descrizione sommaria effettuate dalle autorità di polizia, restando impregiudicate la notifica e la descrizione tecnica di cui sopra,
—
i particolari delle scoperte effettuate in materia di falsificazione, specificando se sia stato possibile procedere al sequestro integrale dei falsi messi in circolazione.
1.6.
In qualità di ufficio centrale degli Stati membri, l’Europol partecipa alle conferenze sulla falsificazione dell’euro, ai sensi dell’articolo 15 della convenzione di Ginevra.
1.7.
Qualora l’Europol non sia in grado di svolgere le funzioni di cui ai punti da 1.1 a 1.6 conformemente alla convenzione Europol, gli uffici centrali nazionali degli Stati membri mantengono la propria competenza.
2.
Per quanto riguarda la falsificazione di tutte le altre monete e le funzioni di ufficio centrale non delegate all’Europol conformemente al punto 1, gli uffici centrali nazionali mantengono le attuali competenze.
Nome del rappresentante …, addì …
(1) GU C 316 del 27.11.1995, pag. 1.
(2) GU C 88 del 30.3.1999, pag. 1. Atto del Consiglio modificato dall’atto del Consiglio del 28 febbraio 2002 (GU C 76 del 27.3.2002, pag. 1). | Protezione dell’euro contro la falsificazione – Europol
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Designa l’Europol quale ufficio centrale competente per la lotta contro la falsificazione dell’euro, al fine di applicare con maggiore efficacia la convenzione internazionale per la repressione del falso nummario adottata a Ginevra nel 1929 (convenzione di Ginevra) e di incentivare la cooperazione tra i paesi dell’Unione europea (UE) e tra i paesi dell’UE, l’Europol e i paesi extra UE.
PUNTI CHIAVE
L’UE sta incentivando la cooperazione tra i paesi dell’UE e tra i paesi dell’UE e l’Europol allo scopo di proteggere l’euro contro la falsificazione a livello internazionale. I paesi extra UE necessitano di un punto di contatto centrale per le informazioni relative agli euro falsificati. Tutte queste informazioni devono essere raccolte per essere analizzate presso l’Europol, che funge da ufficio centrale per la lotta contro la falsificazione dell’euro in virtù della convenzione di Ginevra.
Ruolo dell’Europol
L’Europol funge da ufficio centrale per la lotta contro la falsificazione dell’euro ai sensi dell’articolo 12 della convenzione di Ginevra, che afferma che «in ogni paese le indagini in materia di falsificazione delle monete devono, nei limiti della legislazione nazionale, essere organizzate da un ufficio centrale.»
Nel contesto del proprio mandato, l’Europol:
centralizza e vaglia tutte le informazioni che agevolino le indagini, la prevenzione e la lotta contro la falsificazione dell’euro e trasmette tali informazioni agli uffici centrali nazionali dei paesi dell’UE;
corrisponde direttamente con gli uffici centrali dei paesi extra-UE ai sensi delle norme per la trasmissione dei dati di carattere personale;
trasmette, nella misura in cui lo ritiene opportuno, agli uffici centrali dei paesi extra-UE una serie di esemplari autentici di euro;
dà regolarmente notifica agli uffici centrali dei paesi extra-UE delle nuove emissioni o del ritiro dalla circolazione di monete, di eventuali scoperte di falsificazioni di euro, dei particolari delle scoperte effettuate in materia di falsificazione, ecc.
Per quanto riguarda la falsificazione di tutte le altre monete, gli uffici centrali nazionali mantengono le attuali competenze.
Applicazione efficace della convenzione di Ginevra del 1929
La convenzione di Ginevra dovrebbe essere applicata con maggiore efficacia. Essa stabilisce norme efficaci per la prevenzione e la lotta contro le violazioni in materia di falsificazione. La parola «moneta» si riferisce a banconote e monete a corso legale.
Il Consiglio considera opportuno che tutti i paesi dell’UE diventino parti contraenti della Convenzione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
Si applica dal 16 luglio 2005.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2005/511/GAI del Consiglio, del 12 luglio 2005, relativa alla protezione dell’euro contro la falsificazione attraverso la designazione dell’Europol quale ufficio centrale competente per la lotta contro la falsificazione dell’euro (GU L 185 del 16.7.2005, pag. 35–36) | 3,306 | 629 |
ACCORDO TRA L’UFFICIO EUROPEO DI POLIZIA (EUROPOL) E LA BANCA CENTRALE EUROPEA (BCE)
(2015/C 123/01)
IL PRESENTE ACCORDO è stipulato
TRA
l’Ufficio europeo di polizia (Europol), con sede in Eisenhowerlaan 73, 2517 KK L’Aja, Paesi Bassi, rappresentato dal suo direttore, Rob Wainwright
E
la Banca centrale europea (BCE), con sede in Kaiserstraße 29, 60311 Francoforte sul Meno, Germania, rappresentata dal suo presidente, Mario Draghi
(in seguito anche denominati congiuntamente le «Parti» e ciascuna individualmente la «Parte»).
Considerando che:
1.
le parti hanno concluso un accordo in data 13 dicembre 2001 per cooperare nella lotta alla falsificazione dell’euro (in seguito «Accordo del 13 dicembre 2001») (1);
2.
Tale cooperazione rientra nell’obiettivo comune delle parti di combattere le minacce derivanti dalla falsificazione dell’euro e di svolgere un ruolo centrale in tale lotta; in questo contesto esse cooperano, nell’ambito delle rispettive competenze, con le Banche centrali nazionali (BCN) del Sistema europeo di banche centrali, le Unità nazionali dell’Europol, i Centri nazionali di analisi, i Centri nazionali di analisi delle monete, il Centro tecnico-scientifico europeo, la Commissione europea e altre autorità nazionali ed europee e altre organizzazioni internazionali.
3.
L’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio definisce talune misure necessarie alla protezione dell’euro contro la falsificazione (2) e prevede che l’Europol e la BCE concludano un accordo in base al quale l’Europol avrà accesso ai dati tecnici e statistici della BCE relativi alle banconote e alle monete false scoperte sia negli Stati membri sia nei paesi terzi; inoltre, il regolamento (CE) n. 1339/2001 del Consiglio estende l’applicazione del regolamento (CE) n. 1338/2001 agli Stati membri la cui moneta non è l’euro (3).
4.
L’8 novembre 2001 la BCE ha adottato la decisione BCE/2001/11 relativa a determinate condizioni in materia di accesso al Sistema di monitoraggio della contraffazione (SMC) (4), ossia il sistema gestito dalla BCE contenente informazioni tecniche e statistiche sulla falsificazione delle banconote e delle monete in euro, provenienti sia dagli Stati membri sia da paesi terzi; la suddetta decisione fa riferimento alla conclusione di un accordo tra le parti in relazione all’accesso dell’Europol al SMC.
5.
In qualità di agenzia dell’Unione europea, l’Europol è incaricata di operare quale ufficio centrale per la lotta alla falsificazione dell’euro in conformità con la decisione 2005/511/GAI del Consiglio, del 12 luglio 2005, relativa alla protezione dell’euro contro la falsificazione attraverso la designazione dell’Europol quale ufficio centrale competente per la lotta contro la falsificazione dell’euro (5). Inoltre, conformemente alla decisione 2009/371/GAI del Consiglio, del 6 aprile 2009, che istituisce l’Ufficio europeo di polizia (6), l’Europol può altresì promuovere il coordinamento delle misure applicate dalle autorità competenti degli Stati membri per lottare contro la falsificazione dell’euro o nel quadro di squadre investigative comuni, se del caso in collegamento con altri organi europei.
6.
Ai sensi dell’articolo 22 della decisione 2009/371/GAI, l’Europol può instaurare e mantenere relazioni di cooperazione con le istituzioni, gli organi e gli organismi istituiti dal trattato sull’Unione europea e dai trattati che istituiscono le Comunità europee, o sulla base di essi.
7.
Poiché l’accordo del 13 dicembre 2001 non include la cooperazione nella lotta ai reati relativi ai sistemi di pagamento e ai mezzi di pagamento diversi dai contanti, le parti desiderano estendere ulteriormente la loro cooperazione: (a) alla lotta alle frodi nei sistemi di pagamento in generale e (b) alla prevenzione della falsificazione dei mezzi di pagamento diversi dai contanti nell’ambito della rispettiva competenza e del mandato delle parti. Inoltre, le parti desiderano sviluppare ulteriormente la loro cooperazione nel campo della lotta alla falsificazione dell’euro.
8.
Il Consiglio di amministrazione dell’Europol ha approvato il contenuto del presente accordo rivisto il 2 ottobre 2014.
9.
Il Consiglio direttivo della BCE ha approvato il contenuto del presente accordo rivisto il 30 maggio 2014 e, in quella data, ha autorizzato il presidente della BCE a sottoscriverlo a nome e per conto della BCE,
Le parti hanno convenuto quanto segue:
CAPITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Finalità dell’accordo
La finalità del presente accordo è quella di stabilire un quadro per un’effettiva cooperazione tra le parti nell’ambito delle rispettive competenze e in conformità dei rispettivi regolamenti e norme. Tale cooperazione comprende:
a)
misure per prevenire, individuare e combattere le minacce derivanti da attività illecite correlate alle banconote e monete in euro, ai mezzi di pagamento diversi dai contanti e alla sicurezza dei pagamenti;
b)
assistenza in tali ambiti fornita da entrambe le parti alle autorità nazionali, europee e internazionali.
Articolo 2
Consultazione e scambio di informazioni
1. Le parti, agendo in conformità delle rispettive competenze, si consultano reciprocamente, in modo regolare, riguardo alle politiche da adottare e attuare in questioni di interesse comune, come indicato all’articolo 1, al fine di realizzare i loro obiettivi, coordinare le loro attività ed evitare la duplicazione degli sforzi. Il presidente della BCE e il direttore dell’Europol, o le persone da essi designate, si incontrano almeno una volta all’anno per riesaminare l’attuazione del presente accordo.
2. Lo scambio di informazioni tra le parti avviene ai fini e in conformità delle disposizioni del presente accordo e non comprende dati relativi ad un soggetto identificato o a soggetti identificabili.
3. Le parti possono concordare uno scambio di personale in regime di distacco. I dettagli relativi a tale scambio sono stabiliti in un protocollo d’intesa separato.
Articolo 3
Referenti
1. Ai fini dell’applicazione del presente accordo:
—
i referenti della BCE sono il direttore della Direzione Banconote della BCE (per quanto riguarda la cooperazione nel campo della lotta alla falsificazione di banconote e monete in euro) e il direttore generale della Direzione Generale Infrastrutture di mercato e pagamenti della BCE (per quanto riguarda la cooperazione nel campo della lotta alle frodi nei sistemi di pagamento e alla falsificazione di mezzi di pagamento diversi dai contanti),
—
il referente dell’Europol è il vicedirettore delle operazioni.
Modifiche alla lista dei referenti di cui al presente paragrafo possono essere concordate, in un momento successivo, per mezzo di uno scambio di lettere tra il direttore dell’Europol e il presidente della BCE.
2. Ai fini dell’articolo 5, paragrafo 1, l’Europol può nominare ulteriori referenti e comunicare in forma scritta ai referenti della BCE i loro nomi e qualunque modifica degli stessi.
CAPITOLO II
DISPOSIZIONI SPECIFICHE IN MATERIA DI FALSIFICAZIONE DELL’EURO
Articolo 4
Scambio di informazioni, coordinamento di politiche e attività e assistenza reciproca
1. Le parti si forniscono reciprocamente, sollecitamente e regolarmente, informazioni relative alla falsificazione di banconote in euro e di altre valute. Tali informazioni comprendono, nel caso di informazioni che l’Europol fornisce alla BCE, quelle provenienti da autorità nazionali, europee e internazionali incaricate dell’applicazione della legge e, nel caso di informazioni che la BCE fornisce all’Europol, quelle ottenute da autorità nazionali, europee e internazionali.
2. Le parti si impegnano a coordinare le proprie politiche, attività di formazione, campagne pubbliche di informazione e pubblicazioni che rientrano nel campo di applicazione del presente accordo. Esse si informano reciprocamente riguardo alle rispettive dichiarazioni pubbliche e alla loro politica di comunicazione esterna in relazione alla falsificazione dell’euro, fatta eccezione per le informazioni operative.
3. L’Europol assiste la BCE in tutti i rapporti con le organizzazioni nazionali, europee e internazionali preposte all’applicazione della legge, in questioni connesse alla falsificazione dell’euro.
4. Le parti assicurano il coordinamento dei propri sistemi di preallarme.
Articolo 5
Accesso alla banca dati del SMC e disposizioni correlate
1. La BCE garantisce ai funzionari dell’Europol designati quali referenti a tale scopo in base all’articolo 3, paragrafo 2, l’accesso in linea in sola lettura alla banca dati del SMC. Tale accesso non consente ai funzionari dell’Europol di introdurre direttamente dati nella banca dati del SMC. Le modalità di accesso, inclusi i necessari accordi relativi al sistema, sono ulteriormente specificate per mezzo di uno scambio di lettere tra il presidente della BCE e il direttore dell’Europol.
2. Inoltre, la BCE informa sollecitamente l’Europol relativamente alla creazione di ogni nuova classe di falsificazione nell’ambito del SMC e alla scoperta di qualsiasi grande quantità di banconote in euro contraffatte.
3. La BCE fornisce all’Europol un campione di banconote in euro genuine e le descrizioni tecniche correlate, oltre ad almeno un campione di ogni tipo di banconota in euro contraffatta a cui è stato assegnato un nuovo indicativo di classe nel SMC. La presente disposizione è applicata in modo tale da non impedire alle banconote che si sospettano contraffatte di essere utilizzate o conservate come prova in procedimenti penali.
Articolo 6
Richieste di assistenza
1. Le parti si comunicano reciprocamente tutte le richieste di perizie tecniche o testimonianze in procedimenti giudiziari con riguardo alla falsificazione dell’euro e stabiliscono adeguate procedure per coordinare le rispettive risposte a ciascuna di tali richieste.
2. Le parti cooperano per istituire un canale di comunicazione libero da ostacoli per le richieste di assistenza nell’applicazione della legge prestata attraverso l’Europol.
Articolo 7
Analisi tecniche
1. La BCE mette direttamente a disposizione dell’Europol i risultati di ciascuna analisi tecnica.
2. L’Europol mette a disposizione della BCE le analisi tecniche delle falsificazioni eseguite dall’Europol stesso o da terze parti per conto dell’Europol.
CAPITOLO III
DISPOSIZIONE SPECIFICA SULLA PREVENZIONE DELLE FRODI E DELLA FALSIFICAZIONE DEI MEZZI DI PAGAMENTO DIVERSI DAI CONTANTI
Articolo 8
Scambio di informazioni
Le parti, agendo in conformità delle rispettive competenze e al fine di promuovere la prevenzione delle frodi e la lotta alla falsificazione dei mezzi di pagamento diversi dai contanti, possono scambiare le seguenti informazioni, sulla base delle esigenze del caso specifico: (a) relazioni e dati statistici aggregati; (b) informazioni sui principali incidenti relativi alla sicurezza, sulle valutazioni del rischio e della tecnologia e (c) risultati delle attività rilevanti della BCE e dell’Europol, nel rispetto delle regole di riservatezza applicabili.
La BCE può inoltrare informazioni rilevanti provenienti dall’Europol agli altri membri del SEBC, sulla base del principio della «necessità di sapere», a meno che l’Europol dichiari espressamente che le informazioni non devono essere trasmesse. La BCE può trasmettere informazioni rilevanti provenienti dagli altri membri del SEBC all’Europol, subordinatamente all’accordo delle banche centrali nazionali interessate.
CAPITOLO IV
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 9
Riservatezza
1. Ciascuna parte assicura che le informazioni ricevute dall’altra in base al presente accordo siano soggette ai propri standard di riservatezza e sicurezza per il trattamento delle informazioni e ricevano un grado di protezione equivalente almeno a quello offerto dalle misure applicate a quelle informazioni dall’altra parte.
2. Le parti stabiliscono una equiparazione tra i rispettivi standard di riservatezza e sicurezza in uso mediante uno scambio di lettere.
3. La parte che fornisce l’informazione è responsabile della scelta del grado di riservatezza appropriato per l’informazione fornita e assicura che tale grado sia indicato chiaramente. In conformità del principio di proporzionalità, i gradi di riservatezza sono attribuiti al più basso livello possibile da ciascuna parte e, modificati di conseguenza, ogni volta che ciò sia possibile.
4. Entrambe le parti possono richiedere in ogni momento una modifica del grado di riservatezza scelto per le informazioni fornite, compresa l’eventuale rimozione integrale del grado di riservatezza. La parte ricevente è tenuta a modificare conseguentemente il grado di riservatezza.
5. Ciascuna parte può, per motivi di riservatezza, specificare restrizioni relative all’utilizzo dei dati forniti all’altra parte. La parte ricevente si conforma a tali restrizioni.
6. Ciascuna delle parti elabora i dati personali ricevuti in relazione all’attuazione amministrativa del presente accordo in conformità con le norme in materia di protezione dei dati ad essa applicabili. Ciascuna delle parti utilizza i dati personali ricevuti con l’unico scopo di gestire l’accordo.
Articolo 10
Responsabilità
Qualora venga causato un danno ad una parte o a un individuo in conseguenza di un trattamento non autorizzato o scorretto delle informazioni di cui al presente accordo ad opera dell’altra parte, intenzionalmente o per negligenza, tale ultima parte è responsabile per il suddetto danno. La determinazione ed il risarcimento del danno tra le parti ai sensi del presente articolo sono stabiliti in conformità della procedura di cui all’articolo 11.
Articolo 11
Composizione delle controversie
1. Tutte le controversie che possono sorgere in relazione all’interpretazione o all’applicazione del presente accordo vengono composte per mezzo di consultazioni e negoziati tra i rappresentanti delle parti.
2. In caso di grave inosservanza ad opera di una delle parti delle disposizioni del presente accordo, o qualora una delle parti ritenga che tale inosservanza possa verificarsi in un futuro prossimo, ciascuna parte può sospendere temporaneamente l’applicazione del presente accordo, in attesa dell’applicazione del paragrafo 1 riportato sopra. Rimangono tuttavia in vigore gli obblighi che incombono alle parti in virtù dell’accordo.
Articolo 12
Varie
1. Ogni parte sopporta le proprie spese derivanti dall’attuazione del presente accordo, salvo laddove diversamente stipulato.
2. Le parti possono modificare il presente accordo consensualmente.
3. Ciascuna parte può recedere dal presente accordo dandone un preavviso di 12 mesi per iscritto. In caso di estinzione dell’accordo, le parti concludono un accordo in merito al proseguimento dell’utilizzo e all’archiviazione delle informazioni che sono già state reciprocamente comunicate tra di esse. Se non viene raggiunto alcun accordo, a ciascuna delle parti spetta il diritto di richiedere che le informazioni da essa comunicate siano distrutte o restituite alla parte che le ha trasmesse.
4. L’accordo del 13 dicembre 2001 è abrogato e ogni riferimento al suddetto accordo s’intende come riferimento al presente accordo.
5. Il presente accordo entra in vigore il giorno successivo alla sua sottoscrizione.
6. Il presente accordo è pubblicato nella serie C della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto in due copie in lingua inglese.
Fatto a L’Aja, il 7 novembre 2014
Per l’Europol
Rob WAINWRIGHT
Fatto a Francoforte sul Meno, il 2 dicembre 2014
Per la BCE
Mario DRAGHI
(1) GU C 23 del 25.1.2002, pag. 9.
(2) GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6.
(3) GU L 181 del 4.7.2001, pag. 11.
(4) GU L 337 del 20.12.2001, pag. 49.
(5) GU L 185 del 16.7.2005, pag. 35.
(6) GU L 121 del 15.5.2009, pag. 37. | Contraffazione e frode: accordo fra Europol e la Banca centrale europea
QUAL È LO SCOPO DEL PRESENTE ACCORDO?
Esso fornisce norme di cooperazione fra la Banca centrale europea (BCE) e l’Ufficio europeo di polizia (Europol) nel campo della lotta alla falsificazione dell’euro ed estende questa collaborazione:
alla lotta alle frodi nei sistemi di pagamento in generale;
alla prevenzione della falsificazione dei mezzi di pagamento diversi dai contanti.
PUNTI CHIAVE
Cooperazione tra la BCE e l’Europol
La cooperazione comprende:
misure per prevenire, individuare e combattere le minacce derivanti da attività illegali correlate alle banconote e monete in euro, ai mezzi di pagamento diversi dai contanti e alla sicurezza dei pagamenti;
assistenza in tali ambiti fornita da entrambe le parti alle autorità nazionali, europee e internazionali.
Consultazione e scambio di informazioni
La BCE e l’Europol si impegnano a:
consultarsi reciprocamente, in modo regolare, riguardo alle politiche da adottare e attuare in questioni di interesse comune;
scambiarsi regolarmente e tempestivamente le informazioni relative alla falsificazione dell’euro;
scambiarsi informazioni, sulla base delle esigenze del caso specifico, al fine di favorire la prevenzione delle frodi e la lotta contro la falsificazione di mezzi di pagamento diversi dai contanti, come ad esempio:
relazioni e statistiche,
informazioni sui principali incidenti relativi alla sicurezza,
risultati delle proprie rispettive attività rilevanti;
coordinare le proprie politiche, attività di formazione, campagne pubbliche di informazione e pubblicazioni sulla falsificazione dell’euro. Inoltre l’Europol accetta di assistere la BCE in tutti i suoi rapporti con le organizzazioni nazionali, europee e internazionali preposte all’applicazione della legge, in questioni connesse alla falsificazione dell’euro.
Banca dati del Sistema di monitoraggio della contraffazione (SMC)
La BCE accetta di fornire l’accesso in linea in sola lettura alla banca dati del SMC ai funzionari dell’Europol, nel quadro della lotta alla falsificazione dell’euro. I funzionari dell’Europol non sono autorizzati a introdurre direttamente dati nella banca dati.
La BCE si impegna a informare prontamente l’Europol per quanto riguarda la creazione di qualsiasi nuova classe di falsificazione nell’ambito del SMC e la scoperta di qualsiasi grosso quantitativo di banconote in euro contraffatte.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA L’ACCORDO?
È in vigore dal 3 dicembre 2014.
CONTESTO
La BCE ed Europol lavorano insieme a stretto contatto dal 2001 per la lotta contro la falsificazione dell’euro. Nel 2014, con la firma di questo accordo, le organizzazioni hanno deciso di estendere questa cooperazione in materia di frodi nei sistemi di pagamento alle falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti.
Per maggiori informazioni, consultare:
Lotta alla falsificazione sul sito Internet della Commissione europea
Normativa contro la falsificazione dell’euro sul sito Internet della Commissione europea
DOCUMENTO PRINCIPALE
Accordo tra l’Ufficio europeo di polizia (Europol) e la Banca centrale europea (BCE) (GU C 123 del 17.4.2015, pagg. 1-5) | 5,844 | 108 |
92/241/CEE: Raccomandazione del Consiglio, del 31 marzo 1992, sulla custodia dei bambini
Gazzetta ufficiale n. L 123 del 08/05/1992 pag. 0016 - 0018
RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO del 31 marzo 1992 sulla custodia dei bambini (92/241/CEE)IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 235, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che al punto 16, terzo comma della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata dai Capi di Stato e di governo di undici Stati membri al Consiglio europeo di Strasburgo del 9 dicembre 1989, si dichiara: « È altresì opportuno sviluppare misure che consentano agli uomini e alle donne di conciliare meglio i loro obblighi professionali e familiari. »; considerando che la Commissione ha previsto la presente raccomandazione nel suo programma di azione relativo all'applicazione della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori; considerando che la Commissione, nel suo terzo programma di azione a medio termine sulle pari opportunità per uomini e donne (1991-1995), ha ravvisato la necessità di ulteriori azioni in questo settore; considerando che la Commissione, nella sua comunicazione sulle politiche familiari trasmessa al Consiglio il 24 agosto 1989, ha sottolineato l'importanza di un'intensificazione dei lavori concernenti la custodia dei bambini; considerando che i metodi di custodia dei bambini, il congedo parentale e il congedo di maternità sono elementi di un tutto che consente ai lavoratori di conciliare le loro responsabilità familiari con le ambizioni professionali; considerando che gli Stati membri devono prendere e/o stimolare iniziative, tenendo conto delle rispettive responsabilità delle autorità nazionali, regionali o locali, delle parti sociali, degli altri organismi competenti e dei privati, e/o in collaborazione con questi vari attori; considerando che la conciliazione delle responsabilità professionali con le responsabilità familiari e educative derivanti dalla custodia di bambini deve essere vista in un'ampia prospettiva che tenga anche conto degli interessi e delle particolari necessità dei bambini delle diverse fasce d'età; che è importante, per raggiunger questo fine, promuovere una politica globale volta a rendere possibile tale conciliazione; considerando che è essenziale promuovere il benessere dei bambini e delle famiglie garantendo il soddisfacimento delle loro diverse esigenze e tenendo conto che le responsabilità derivanti dalla custodia di bambini e dalla loro educazione esistono prima e durante il periodo di scolarità e in particolare durante i primi anni di vita; considerando che in tutti gli Stati membri la domanda di servizi di custodia di bambini, a prezzi abbordabili per i genitori, è superiore all'offerta esistente; considerando che la carenza di servizi di costo contenuto di custodia dei bambini nonché di altre iniziative volte a conciliare le responsabilità di cura ed educazione dei figli con il lavoro dei genitori, o con l'istruzione e la formazione che questi seguono per ottenere un impiego, rappresenta un grave ostacolo all'accesso e ad una più efficace partecipazione delle donne al mercato del lavoro, alla parità delle possibilità con gli uomini, alla piena partecipazione delle donne a tutti i settori della società e ad un'efficace utilizzazione dei loro talenti, nonché delle loro qualificazioni e attitudini, nell'attuale situazione demografica; considerando inoltre che, al riguardo, esistono disparità tra gli Stati membri e tra le regioni degli Stati membri; considerando che più adeguati servizi di custodia dei bambini possono facilitare la libera circolazione dei lavoratori sul mercato del lavoro europeo; considerando che i servizi di custodia di bambini possono essere pubblici, privati, individuali o collettivi; considerando che la custodia dei bambini è una nozione vasta che può implicare l'organizzazione di servizi di custodia corrispondenti alle esigenze dei bambini, la concessione di congedi speciali a genitori, lo sviluppo di un ambiente, di strutture e di un'organizzazione del lavoro appropriati e la divisione fra uomini e donne delle responsabilità professionali, familiari ed educative derivanti dalla custodia di bambini; considerando che, in taluni Stati membri, a motivo del basso livello del reddito nazionale e della necessità di ridurre rigorosamente l'aumento delle spese pubbliche, il ruolo delle autorità pubbliche può essere sottoposto a particolari costrizioni; considerando che la clausola tipo inclusa nei quadri comunitari di sostegno relativi alla politica strutturale stabilisce che le azioni e misure intraprese in tale contesto devono essere conformi alla politica e legislazione comunitaria in materia di pari opportunità per uomini e donne, contribuendo eventualmente alla loro attuazione, e che in particolare si deve tener conto delle esigenze, in fatto di formazione e infrastruttura, che facilitano la partecipazione delle donne con figli al mercato del lavoro; considerando inoltre che nell'ambito dell'iniziativa comunitaria NOW (1991-1993), finanziata dai Fondi strutturali e mirante a promuovere pari opportunità per le donne nel campo dell'occupazione e della formazione professionale, sono previste misure complementari per la custodia dei bambini atte a facilitare l'accesso delle donne con figli al mercato del lavoro e a corsi di formazione professionale, RACCOMANDA QUANTO SEGUE: Articolo 1 Oggetto Si raccomanda agli Stati membri di adottare e/o stimolare gradualmente iniziative che consentano agli uomini e alle donne di conciliare le loro responsabilità professionali con le responsabilità familiari e educative derivanti dalla custodia di bambini. Articolo 2 Settori di iniziative Si raccomanda a tal fine agli Stati membri, tenendo conto delle rispettive responsabilità delle autorità nazionali, regionali o locali, delle parti sociali, degli altri organismi competenti e dei privati, e/o in collaborazione con le autorità nazionali, regionali o locali, le parti sociali, gli altri organismi competenti e i privati, di adottare e/o stimolare iniziative nei quattro settori seguenti: 1) organizzazione di servizi di custodia di bambini mentre i genitori: - lavorano, - seguono corsi di istruzione o di formazione per ottenere un lavoro, - sono in cerca di un lavoro o di un corso di istruzione o di formazione per ottenere un lavoro. Ai fini della presente raccomandazione, si intende per « servizi di custodia di bambini » qualsiasi forma di custodia di bambini pubblica o privata, individuale o collettiva; 2) concessione di congedi speciali ai genitori che lavorano e sono responsabili della custodia ed educazione di bambini; 3) ambiente, strutture e organizzazione del lavoro, al fine di adeguarli alle esigenze dei lavoratori con figli; 4) divisione fra uomini e donne delle responsabilità professionali e di quelle familiari e di educazione risultanti dalla custodia di bambini. Articolo 3 Servizi di custodia di bambini Per quanto riguarda i servizi di custodia di bambini, si raccomanda agli Stati membri, tenendo conto delle rispettive responsabilità delle autorità nazionali, regionali o locali, delle parti sociali, degli altri organismi competenti e dei privati, e/o in collaborazione con le autorità nazionali, regionali o locali, le parti sociali, gli altri organismi competenti e i privati, di adottare e/o stimolare iniziative volte a: 1) consentire a genitori che lavorano, seguono corsi di istruzione o formazione per ottenere un lavoro, o sono in cerca di un lavoro o di un corso di istruzione o di formazione per ottenere un lavoro, l'accesso per quanto possibile a servizi locali di custodia di bambini. In questo contesto, occorre in particolare provvedere affinché: - i servizi siano offerti a costi contenuti che i genitori possano affrontare; - i servizi concilino un'assistenza affidabile dal punto di vista della salute e della sicurezza e un'educazione generale e un approccio pedagogico; - si tenga conto delle esigenze dei genitori e dei bambini nel determinare l'accesso ai servizi; - i servizi siano disponibili in tutte le aree e regioni degli Stati membri, comprese le aree urbane e rurali; - i servizi siano accessibili ai bambini aventi esigenze particolari, per esempio di ordine linguistico, e a quelli che vivono in famiglie monoparentali, e rispondano alle loro necessità; 2) incoraggiare la flessibilità e la varietà dei servizi di custodia dei bambini come elementi di una strategia volta ad accrescere le possibilità di scelta e soddisfare le diverse preferenze, esigenze e situazioni dei bambini e delle famiglie, pur preservando una coerenza fra i vari servizi; 3) provvedere a che la formazione iniziale e permanente degli addetti ai servizi di custodia dei bambini sia conforme all'importanza e al valore sociale ed educativo del loro lavoro; 4) incoraggiare i servizi in questione ad operare in stretta collaborazione con i genitori e con le collettività locali, prevedendo regolari contatti e scambi di informazioni, in modo da rispondere alle esigenze dei genitori e a situazioni locali particolari; 5) incoraggiare le autorità nazionali, regionali o locali, le parti sociali, gli altri organismi competenti e i privati, conformemente alle rispettive responsabilità, ad apportare un contributo finanziario alla creazione e/o al funzionamento di servizi di custodia di bambini, omogenei e di costo contenuto, con possibilità di scelta per i genitori. Articolo 4 Congedi speciali Per quanto riguarda i congedi speciali concessi ai genitori che svolgono un lavoro subordinato e hanno responsabilità in fatto di custodia ed educazione di bambini, si raccomanda agli Stati membri, in funzione delle rispettive responsabilità delle parti sociali, delle autorità nazionali, regionali o locali, degli altri organismi competenti e dei privati, e/o in collaborazione con le parti sociali, le autorità nazionali, regionali o locali, gli altri organismi competenti e i privati, di adottare e/o di stimolare iniziative, volte a tener conto, realisticamente, della maggiore partecipazione delle donne al lavoro. Queste iniziative prevedono, in particolare, congedi speciali per consentire a genitori che svolgono un lavoro subordinato, uomini e donne, che lo desiderano, di esercitare efficacemente le loro responsabilità professionali, familiari e di educatori, adottando, fra l'altro, modalità flessibili nell'organizzazione dei congedi. Articolo 5 Ambiente, strutture e organizzazione del lavoro Per quanto riguarda l'ambiente, le strutture e l'organizzazione del lavoro, si raccomanda agli Stati membri, tenendo conto delle rispettive responsabilità delle autorità nazionali, regionali o locali, delle parti sociali, degli altri organismi competenti nonché dei privati, e/o in collaborazione con le autorità nazionali, regionali o locali, le parti sociali, gli altri organismi competenti e i privati, di adottare e/o stimolare iniziative volte a: 1) sostenere azioni, in particolare nell'ambito di contratti collettivi, volte a creare un ambiente, delle strutture e un'organizzazione del lavoro che tengano conto delle esigenze di tutti i genitori che lavorano e sono responsabili della custodia ed educazione di bambini; 2) valorizzare le modalità di esecuzione del lavoro delle persone occupate nei servizi di custodia di bambini e sottolinearne l'importanza sociale; 3) promuovere azioni, tra l'altro nel settore pubblico, che servano di esempio per lo sviluppo di iniziative in questo campo. Articolo 6 Divisione delle responsabilità Per quanto riguarda le responsabilità derivanti dalla custodia ed educazione dei bambini, si raccomanda agli Stati membri di promuovere e di incoraggiare, nel rispetto dell'autonomia degli individui, una maggiore partecipazione degli uomini al fine di assicurare una più equa ripartizione delle responsabilità parentali tra uomini e donne e permettere a queste ultime una partecipazione più efficace al mercato del lavoro. Articolo 7 Relazione della Commissione Gli Stati membri informano la Commissione, entro tre anni dalla data di adozione della presente raccomandazione, delle misure prese per attuarla, in modo da permettere alla Commissione di elaborare una relazione sull'attuazione della presente raccomandazione. Fatto a Bruxelles, addì 31 marzo 1992. Per il Consiglio Il Presidente Vitor MARTINS (1) GU n. C 242 del 17. 9. 1991, pag. 3. (2) GU n. C 326 del 16. 12. 1991, pag. 279. (3) GU n. C 40 del 17. 2. 1992, pag. 88. | Custodia dei bambini: equilibrio fra lavoro e vita privata per uomini e donne
Raccomandazione 92/241/CEE sulla custodia dei bambini
ATTO
Raccomandazione del Consiglio 92/241/CEE, del 31 marzo 1992, sulla custodia dei bambini (GU L 123 dell’8.5.1992, pagg. 16-18)
SINTESI
CHE COSA FA LA RACCOMANDAZIONE?
Promuove pari opportunità per madri e padri al fine di conciliare il lavoro con la vita familiare, incoraggiando i paesi dell’Unione europea (UE) ad assumere e/o sostenere iniziative che aiutino i genitori a gestire le loro responsabilità di custodia dei bambini.
PUNTI CHIAVE
La raccomandazione affronta le aree seguenti:
—
provvedere ai servizi di custodia dei bambini nel caso in cui i genitori lavorino, studino o seguano un corso di formazione, oppure stiano cercando attivamente un lavoro;
—
garantire permessi speciali ai genitori lavoratori che sono responsabili della custodia dei figli;
—
rendere l’ambiente lavorativo più adatto alle necessità delle lavoratrici e dei lavoratori con figli;
—
attuare misure che favoriscano la condivisione fra uomini e donne di responsabilità occupazionali e di custodia dei figli.
Raccomanda che i servizi di custodia dei bambini:
—
abbiano un prezzo ragionevole;
—
combinino una custodia affidabile dal punto di vista della salute e della sicurezza con un’educazione generale e un approccio pedagogico;
—
siano in grado di andare incontro alle necessità dei bambini con bisogni speciali, ad esempio con difficoltà di linguaggio, e dei bambini di famiglie monoparentali.
Permessi speciali
Per accrescere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, i paesi dell’UE dovrebbero incoraggiare iniziative quali i permessi, sia per le madri che per i padri.
Ambiente lavorativo
I paesi dell’UE dovrebbero assumere e/o incoraggiare iniziative volte a:
—
rendere il lavoro più conciliabile con la custodia dei bambini, in particolare attraverso accordi collettivi fra datori di lavoro e sindacati;
—
garantire retribuzioni e condizioni lavorative dignitose per il personale impiegato nei servizi di custodia dei bambini;
—
promuovere azioni nel settore pubblico che possano servire da esempio per il resto dell’economia.
Condivisione delle responsabilità
I paesi dell’UE dovrebbero incoraggiare una maggiore partecipazione degli uomini agli obblighi di custodia dei bambini, per raggiungere una condivisione più equa delle responsabilità parentali e per permettere alle donne di avere un ruolo più consistente nel mercato del lavoro.
Ulteriori informazioni sulla pagina dedicata agli obiettivi dell’UE per la custodia dei bambini.
ATTI COLLEGATI
Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Obiettivi di Barcellona - Lo sviluppo dei servizi di cura della prima infanzia in Europa per una crescita sostenibile e inclusiva [COM(2013) 322 final del 29.5.2013] | 4,536 | 583 |
REGOLAMENTO (CE) N. 1222/2004 DEL CONSIGLIO
del 28 giugno 2004
relativo all'elaborazione e alla comunicazione di dati sul debito pubblico su base trimestrale
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 104, paragrafo 14, terzo comma,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
visto il parere della Banca Centrale europea (2),
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CE) n. 3605/93 del Consiglio, del 22 novembre 1993, relativo all'applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi, allegato al trattato che istituisce la Comunità europea (3), contiene la definizione di debito pubblico in essere alla fine dell'anno, pertinente ai fini della procedura per i disavanzi eccessivi, e fissa un calendario per la comunicazione alla Commissione dei dati annuali relativi al debito pubblico e di altre variabili dei conti pubblici.
(2)
La disponibilità di dati sui conti pubblici, compresi dati sul debito pubblico, con cadenza trimestrale è della massima importanza per l'analisi economica e l'adeguata sorveglianza della situazione di bilancio negli Stati membri. Il regolamento (CE) n. 264/2000 della Commissione, del 3 febbraio 2000, relativo all'attuazione del regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio con riferimento alle statistiche congiunturali della finanza pubblica (4), il regolamento (CE) n. 1221/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, per quanto riguarda i conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche (5) ed il regolamento (CE) n. 501/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, relativo ai conti finanziari trimestrali delle amministrazioni pubbliche (6) disciplinano l'elaborazione e la comunicazione di dati trimestrali sui conti non finanziari e finanziari delle amministrazioni pubbliche, ma non includono dati trimestrali sul debito pubblico.
(3)
Per chiarezza, e vista la funzione specifica del regolamento (CE) n. 3605/93 nell'applicazione della procedura per i disavanzi eccessivi, l'elaborazione e la comunicazione dei dati sul debito pubblico su base trimestrale dovrebbe essere disciplinata da un atto giuridico autonomo.
(4)
Occorre definire il debito pubblico su base trimestrale in modo da assicurare la coerenza con la definizione di debito pubblico in essere alla fine dell'anno contenuta nel regolamento (CE) n. 3605/93. Tale coerenza dovrebbe essere mantenuta anche qualora il Consiglio modifichi il regolamento (CE) n. 3605/93 o qualora la Commissione introduca in detto regolamento nuovi riferimenti al Sistema europeo dei conti («SEC 95»), istituito dal regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio, del 25 giugno 1996, relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità (7).
(5)
I regolamenti (CE) n. 264/2000, n. 1221/2002 e n. 501/2004 stabiliscono che i dati trimestrali sui conti non finanziari e finanziari delle amministrazioni pubbliche devono essere comunicati entro tre mesi dalla fine del trimestre cui si riferiscono. Questo termine è adeguato anche per i dati trimestrali sul debito pubblico,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si intende per:
«pubblico»: ciò che riguarda il settore «amministrazioni pubbliche» quale è definito nel Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità (denominato in seguito «SEC 95») adottato dal regolamento (CE) n. 2223/96. I codici tra parentesi si riferiscono al SEC 95.
«Debito pubblico su base trimestrale»: il valore nominale di tutte le passività (lorde) del settore «amministrazioni pubbliche» (S.13) in essere alla fine di ciascun trimestre, ad eccezione di quelle passività cui corrispondono attività finanziarie detenute dal settore «amministrazioni pubbliche» (S.13).
Il debito pubblico su base trimestrale è costituito dalle passività delle amministrazioni pubbliche classificate nelle categorie seguenti: biglietti, monete e depositi (AF.2), titoli diversi dalle azioni, esclusi gli strumenti finanziari derivati (AF.33), e prestiti (AF.4), secondo le definizioni del SEC 95.
Il valore nominale di una passività in essere alla fine di ciascun trimestre è il valore facciale.
Il valore nominale di una passività indicizzata corrisponde al valore facciale aumentato dell'incremento indicizzato del valore in conto capitale maturato alla fine di ciascun trimestre.
Le passività denominate in valuta estera o convertite da una valuta estera mediante accordi contrattuali in una o più valute estere sono convertite nelle altre valute estere al tasso convenuto nei predetti accordi e nella moneta nazionale al tasso di cambio rappresentativo del mercato in vigore l'ultimo giorno lavorativo di ciascun trimestre.
Le passività denominate nella moneta nazionale e convertite mediante accordi contrattuali in una valuta estera sono convertite nella valuta estera al tasso convenuto nei predetti accordi e nella moneta nazionale al tasso di cambio rappresentativo del mercato in vigore l'ultimo giorno lavorativo di ciascun trimestre.
Le passività denominate in valuta estera e convertite mediante accordi contrattuali nella moneta nazionale sono convertite nella moneta nazionale al tasso convenuto nei predetti accordi.
Articolo 2
Calendario
1. Gli Stati membri elaborano e comunicano alla Commissione i dati sul debito pubblico su base trimestrale entro tre mesi dalla fine del trimestre cui i dati si riferiscono.
Simultaneamente sono comunicate le eventuali revisioni dei dati trimestrali per i trimestri precedenti.
2. I dati sul debito pubblico su base trimestrale sono comunicati per la prima volta entro il 31 dicembre 2004.
3. La Commissione ha la facoltà di concedere una deroga, non superiore a un anno, per quanto riguarda la prima comunicazione dei dati trimestrali, qualora i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti.
Articolo 3
Dati retrospettivi
I dati retrospettivi relativi ai trimestri a partire dal primo trimestre 2000 sono comunicati entro il 31 dicembre 2004. Se necessario, tali dati possono essere elaborati secondo il principio della «migliore stima».
Articolo 4
Modifiche
1. Qualora il Consiglio decida di modificare il regolamento (CE) n. 3605/93 del Consiglio in base alle norme in materia di competenza e alle norme procedurali definite dal trattato, esso modifica contemporaneamente l'articolo 1 del presente regolamento, in modo che le definizioni in esso contenute continuino a essere coerenti.
2. Qualora la Commissione introduca nuovi riferimenti al SEC 95 nell'articolo 1, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 3605/93, conformemente all'articolo 7 del medesimo, essa introduce contemporaneamente questi stessi nuovi riferimenti nell'articolo 1 del presente regolamento, in modo che le definizioni in esso contenute continuino a essere coerenti.
Articolo 5
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Lussemburgo, addì 28 giugno 2004.
Per il Consiglio
Il presidente
M. CULLEN
(1) Parere espresso il 30 marzo 2004 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Parere espresso il 19 aprile 2004.
(3) GU L 332 del 31.12.1993, pag. 7. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 351/2002 della Commissione (GU L 55 del 26.2.2002, pag. 23).
(4) GU L 29 del 4.2.2000, pag. 4.
(5) GU L 179 del 9.7.2002, pag. 1.
(6) GU L 81 del 19.3.2004, pag. 1.
(7) GU L 310 del 30.11.1996, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1267/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 180 del 18.7.2003, pag. 1). | Dati sul debito pubblico su base trimestrale
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Il regolamento stabilisce che i paesi membri devono elaborare e comunicare alla Commissione europea (Eurostat) dati sul debito pubblico su base trimestrale*. In precedenza, i dati coprivano solamente il debito pubblico su base annuale.
PUNTI CHIAVE
I paesi membri devono trasmettere questi dati alla Commissione europea al più tardi entro tre mesi dalla fine del relativo trimestre.
I dati riguardano le seguenti passività delle amministrazioni pubbliche:biglietti, monete e depositi; titoli diversi dalle azioni, esclusi gli strumenti finanziari derivati, e i prestiti. A seconda del tipo di passività (indicizzate o denominate in valuta nazionale o estera) vanno applicate regole specifiche.
La scadenza per la trasmissione dei primi dati, comprendenti i dati dal 1o gennaio 2000, era il 31 dicembre 2004.
Nel caso della Croazia, la richiesta era di inviare i dati relativi al primo trimestre 2012 entro il 1o ottobre 2013 e i dati precedenti dal 1o gennaio 2002 al 31 dicembre 2011 entro la fine di dicembre 2015.
La Commissione ha facoltà di dare a un paese membro fino a un anno per la trasmissione dei primi dati se si rendessero necessari cambiamenti importanti al suo sistema statistico nazionale.
I governi dell’Unione europea devono inoltre fornire alla Commissione i dati trimestrali relativi a:statistiche congiunturali della finanza pubblica* (Regolamento (CE) n. 264/2000) conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche (Regolamento (CE) n. 1221/2002) conti trimestrali finanziari delle amministrazioni pubbliche, che non includono il debito pubblico trimestrale (Regolamento (CE) n. 501/2004).
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
È stato applicato dal 22 luglio 2004.
CONTESTO
Avere dati trimestrali aggiornati sulla finanza pubblica è essenziale per poter seguire e analizzare le tendenze economiche e monetarie. Il debito pubblico è uno dei criteri di convergenza previsti nel trattato di Maastricht per il monitoraggio della situazione economica di un paese.
All’interno della procedura per i disavanzi eccessivi del Patto di stabilità e crescita dell’Unione europea, i paesi della zona euro devono dimostrare di avere una solida finanza pubblica e soddisfare due criteri. Uno di questi sancisce che il debito pubblico non deve eccedere il 60% del prodotto interno lordo.
Il Regolamento (CE) n. 3605/93 del Consiglio, relativo all’applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi, ha definito il debito pubblico in essere alla fine dell’anno. Ha inoltre definito le scadenze originali entro le quali i paesi membri devono fornire i dati alla Commissione. Tale regolamento è stato abrogato e sostituito con il Regolamento (CE) n. 479/2009. Esso richiede ai paesi membri di dare comunicazione alla Commissione del loro disavanzo pubblico effettivo e previsto due volte all’anno (entro il 1o aprile e entro il 1o ottobre).
TERMINI CHIAVE
Debito pubblico su base trimestrale: il valore nominale di tutte le passività in essere alla fine di ciascun trimestre. «Pubblico», in quest’ambito, si riferisce agli enti di governo generale, centrale, statale e locale e ai fondi di sicurezza sociale.
Statistiche congiunturali della finanza pubblica: dati statistici congiunturali per le seguenti categorie di risorse e impieghi delle amministrazioni pubbliche:nella sezione delle risorse:imposte sulla produzione e sulle importazioni, econtributi sociali effettivi;nella sezione degli impieghi:prestazioni sociali diverse dai trasferimenti sociali in natura.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 1222/2004 del Consiglio, del 28 giugno 2004, relativo all’elaborazione e alla comunicazione di dati sul debito pubblico su base trimestrale (GU L 233 del 2.7.2004, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1222/2004 sono state integrate nel documento originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (CE) n. 479/2009 del Consiglio, del 25 maggio 2009, relativo all’applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi, allegato al trattato che istituisce la Comunità europea (versione codificata) (GU L 145 del 10.6.2009, pag. 1).
Si veda la versione consolidata
Regolamento (CE) n. 501/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, relativo ai conti finanziari trimestrali delle amministrazioni pubbliche (GU L 81 del 19.3.2004, pag. 1).
Si veda la versione consolidata
Regolamento (CE) n. 1221/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, per quanto riguarda i conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche (GU L 179 del 9.7.2002, pag. 1).
Si veda la versione consolidata
Regolamento (CE) n. 264/2000 della Commissione, del 3 febbraio 2000, relativo all’attuazione del regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio con riferimento alle statistiche congiunturali della finanza pubblica (GU L 29 del 4.2.2000, pag. 4). | 4,323 | 831 |
REGOLAMENTO (UE) 2015/475 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
dell'11 marzo 2015
relativo alle misure di salvaguardia previste nell'accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica d'Islanda
(codificazione)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 207, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CEE) n. 2843/72 del Consiglio (3) ha subito varie e sostanziali modifiche (4). A fini di chiarezza e razionalizzazione è opportuno procedere alla sua codificazione.
(2)
Il 22 luglio 1972 è stato firmato a Bruxelles un accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica d'Islanda («accordo»).
(3)
È necessario stabilire le modalità di attuazione delle clausole di salvaguardia e delle misure conservative di cui agli articoli da 23 a 28 dell'accordo.
(4)
L'esecuzione delle clausole bilaterali di salvaguardia dell'accordo richiede condizioni uniformi per l'adozione di misure di salvaguardia. Tali misure dovrebbero essere adottate a norma del regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (5).
(5)
Ove sussistano, in casi debitamente giustificati connessi alle situazioni di cui agli articoli 25, 25 bis e 27 dell'accordo o nel caso di aiuti all'esportazione che abbiano un'incidenza diretta e immediata sugli scambi, imperativi motivi di urgenza, la Commissione dovrebbe adottare atti di esecuzione immediatamente applicabili,
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
La Commissione può decidere di adire il Comitato misto istituito dall'accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica d'Islanda («accordo») in merito alle misure di cui agli articoli 23, 25, 25 bis e 27 del medesimo. Ove occorra, la Commissione adotta tali misure secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 6, paragrafo 2, del presente regolamento.
La Commissione informa gli Stati membri qualora decida di adire il Comitato misto in merito a una questione.
Articolo 2
1. Nel caso di pratiche che possano giustificare l'applicazione da parte dell'Unione, delle misure previste all'articolo 24 dell'accordo, la Commissione, dopo aver costituito la documentazione di propria iniziativa o su richiesta di uno Stato membro, si pronuncia sulla compatibilità di tali pratiche con l'accordo. Ove occorra, la Commissione adotta misure di salvaguardia secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 6, paragrafo 2, del presente regolamento.
2. Nel caso di pratiche che possano esporre l'Unione a subire misure di salvaguardia in virtù dell'articolo 24 dell'accordo, la Commissione, dopo aver costituito la documentazione, si pronuncia sulla compatibilità di tali pratiche con i principi sanciti nell'accordo. Ove occorra, essa formula le opportune raccomandazioni.
Articolo 3
Nel caso di pratiche che possano giustificare l'applicazione, da parte dell'Unione, delle misure previste all'articolo 26 dell'accordo, si applicano le procedure stabilite dal regolamento (CE) n. 597/2009 del Consiglio (6) e dal regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio (7).
Articolo 4
1. Quando circostanze eccezionali richiedono un intervento immediato, nelle situazioni previste agli articoli 25, 25 bis e 27 dell'accordo nonché nel caso di aiuti all'esportazione che abbiano un'incidenza diretta e immediata sugli scambi, la Commissione può adottare, secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 6, paragrafo 2, del presente regolamento o, in casi di urgenza, ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 3, del presente regolamento, le misure conservative di cui all'articolo 28, paragrafo 3, lettera e).
2. Quando l'azione della Commissione è richiesta da uno Stato membro, la Commissione si pronuncia su tale domanda entro il termine massimo di cinque giorni lavorativi dalla sua ricezione.
Articolo 5
La notifica dell'Unione al Comitato misto prevista dall'articolo 28, paragrafo 2, dell'accordo è effettuata dalla Commissione.
Articolo 6
1. La Commissione è assistita dal comitato per le misure di salvaguardia istituito dall'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 260/2009 del Consiglio (8). Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 8 del regolamento (UE) n. 182/2011 in combinato disposto con il suo articolo 5.
Articolo 7
La Commissione include informazioni sull'attuazione del presente regolamento nella sua relazione annuale sull'applicazione e sull'attuazione delle misure di difesa commerciale presentata al Parlamento europeo e al Consiglio ai sensi dell'articolo 22 bis del regolamento (CE) n. 1225/2009.
Articolo 8
Il regolamento (CEE) n. 2843/72 è abrogato.
I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato II.
Articolo 9
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Strasburgo, l'11 marzo 2015
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
Z. KALNIŅA-LUKAŠEVICA
(1) Parere del 10 dicembre 2014 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Posizione del Parlamento europeo dell'11 febbraio 2015 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 2 marzo 2015.
(3) Regolamento (CEE) n. 2843/72 del Consiglio, del 19 dicembre 1972, relativo alle misure di salvaguardia previste nell'accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica d'Islanda (GU L 301 del 31.12.1972, pag. 162).
(4) Si veda l'allegato I.
(5) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13).
(6) Regolamento (CE) n. 597/2009 del Consiglio, dell'11 giugno 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri della Comunità europea (GU L 188 del 18.7.2009, pag. 93).
(7) Regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343 del 22.12.2009, pag. 51).
(8) Regolamento (CE) n. 260/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, relativo al regime comune applicabile alle importazioni (GU L 84 del 31.3.2009, pag. 1).
ALLEGATO I
Regolamento abrogato ed elenco delle modifiche successive
Regolamento (CEE) n. 2843/72 del Consiglio
(GU L 301 del 31.12.1972, pag. 162).
Regolamento (CEE) n. 640/90 del Consiglio
(GU L 74 del 20.3.1990, pag. 4).
Regolamento (UE) n. 37/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 18 del 21.1.2014, pag. 1).
limitatamente al punto 2 dell'allegato
ALLEGATO II
Tavola di concordanza
Regolamento (CEE) n. 2843/72
Presente regolamento
Articoli da 1 a 4
Articoli da 1 a 4
Articolo 6
Articolo 5
Articolo 7
Articolo 6
Articolo 8
Articolo 7
—
Articolo 8
—
Articolo 9
—
Allegato I
—
Allegato II | Unione europea e Islanda: chiarimento di determinate norme relative agli scambi commerciali (misure di salvaguardia)
SINTESI
CHE COSA FA IL REGOLAMENTO?
Codifica e abroga il precedente regolamento (CEE) 2843/72, che era stato modificato in maniera sostanziale diverse volte.
Specifica le norme dettagliate necessarie per attuare le misure di salvaguardia* bilaterali stabilite nell'accordo di libero scambio del 22 luglio 1972 fra la Comunità economica europea (CEE) e l'Islanda.
PUNTI CHIAVE
La Commissione europea può adottare misure di salvaguardia qualora si verifichino le condizioni necessarie.
Inoltre, la Commissione europea può adottare misure cautelari e di salvaguardia immediatamente applicabili in situazioni urgenti, ad esempio nel caso di aiuti all'esportazione con effetto diretto e immediato sugli scambi commerciali.
Laddove un paese dell'UE richieda alla Commissione di agire, essa deve prendere una decisione relativa a tale richiesta entro un periodo massimo di cinque giorni lavorativi dalla sua ricezione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Si applica a partire dal 16 aprile 2015.
CONTESTO
Le relazioni commerciali fra l'UE e l'Islanda sono regolate principalmente dall'accordo di libero scambio con la CEE del 1972 e dall'accordo sullo Spazio economico europeo, entrato in vigore nel gennaio 1994.
TERMINE CHIAVE
* Misure di salvaguardia: tali misure vengono introdotte quando un'indagine della Commissione europea conclude che le importazioni sono aumentate a tal punto da provocare (o minacciare di provocare) gravi danni ai produttori dell'UE. Sono misure temporanee, quali tetti massimi, applicate alle importazioni al fine di dare all'industria dell'UE il tempo per mettere in atto le necessarie modifiche.
ATTO
Regolamento (UE) n. 2015/475 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2015, relativo alle misure di salvaguardia previste nell'accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica d'Islanda (GU L 83 del 27.3.2015, pag. 1-5) | 3,485 | 1,105 |
Regolamento (CEE) n. 3922/91 del Consiglio, del 16 dicembre 1991, concernente l'armonizzazione di regole tecniche e di procedure amministrative nel settore dell'aviazione civile
Gazzetta ufficiale n. L 373 del 31/12/1991 pag. 0004 - 0008 edizione speciale finlandese: capitolo 7 tomo 4 pag. 0052 edizione speciale svedese/ capitolo 7 tomo 4 pag. 0052
REGOLAMENTO (CEE) N. 3922/91 DEL CONSIGLIO del 16 dicembre 1991 concernente l'armonizzazione di regole tecniche e di procedure amministrative nel settore dell'aviazione civileIL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 84, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che, come previsto all'articolo 8 A del trattato, è necessario adottare le misure destinate all'instaurazione progressiva del mercato interno nel corso di un periodo che scade il 31 dicembre 1992; che il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali; considerando che occorre mantenere la sicurezza dell'aviazione civile in Europa ad un livello generale elevato e portare le regole tecniche e le procedure amministrative esistenti negli Stati membri ai livelli più alti attualmente raggiunti nella Comunità; considerando che la sicurezza rappresenta un'esigenza fondamentale dei trasporti aerei nella Comunità; che è opportuno tener conto della convenzione sull'aviazione civile internazionale, firmata a Chicago il 7 dicembre 1944, la quale prevede l'attuazione delle disposizioni necessarie per assicurare l'esercizio sicuro degli aeromobili; considerando che le restrizioni attualmente vigenti nel trasferimento di aeromobili, di prodotti aeronautici e di taluni servizi nel settore aeronautico tra gli Stati membri provocherebbero alterazioni nel mercato interno; considerando che le «Joint Aviation Authorities» (JAA), quale organismo associato della commissione europea dell'aviazione civile (CEAC), hanno definito accordi per cooperare allo sviluppo e all'applicazione di regole comuni (codici JAR) in tutti i settori attinenti alla sicurezza degli aeromobili e del loro esercizio; considerando che nel quadro della politica comune dei trasporti occorre armonizzare regole tecniche e procedure amministrative relative alla sicurezza degli aeromobili e del loro esercizio, sulla base dei codici JAR delle JAA; considerando che l'adesione di tutti gli Stati membri alle JAA e la partecipazione della Commissione ai lavori di queste ultime faciliterebbero detta armonizzazione; considerando che, per raggiungere gli obiettivi comunitari in materia di libera circolazione delle persone e dei prodotti nonché in materia di politica comune dei trasporti, allorché un prodotto, un organismo o una persona siano stati omologati in conformità delle regole tecniche e procedure amministrative comuni, gli Stati membri sono tenuti a riconoscere l'omologazione dei prodotti nonché degli organismi e persone incaricati della progettazione, costruzione, manutenzione ed esercizio di prodotti, senza ulteriori operazioni o valutazioni tecniche; considerando che possono presentarsi problemi sul piano della sicurezza e che gli Stati membri devono prendere, in questo caso, tutte le misure urgenti necessarie; che tali misure devono essere debitamente motivate e che, se le regole tecniche e procedure amministrative comuni presentano lacune, spetta alla Commissione, nell'esercizio delle sue competenze di esecuzione, adottare le necessarie modifiche; considerando che è auspicabile coordinare il finanziamento da parte degli Stati membri dei lavori di ricerca avviati per migliorare la sicurezza dell'aviazione, al fine di garantire un impiego ottimale delle risorse e realizzare il massimo profitto da questi lavori; considerando che è opportuno dare alla Commissione il potere di apportare alle regole tecniche e procedure amministrative comuni adottate dal Consiglio le modifiche stabilite dalle JAA, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. Il presente regolamento concerne l'armonizzazione di regole tecniche e di procedure amministrative nel settore della sicurezza dell'aviazione civile, quali figurano nell'allegato II, in particolare per quanto riguarda: - la progettazione, la costruzione, l'esercizio e la manutenzione degli aeromobili; - le persone ed organismi interessati a tali attività. 2. Le regole tecniche e procedure amministrative armonizzate previste al paragrafo 1 sono applicabili a tutti gli aeromobili utilizzati dagli operatori secondo la definizione dell'articolo 2, lettera a), a prescindere dal fatto che siano immatricolati in uno Stato membro o in un paese terzo. Articolo 2 Ai fini del presente regolamento si intende per: a) «operatore», una persona fisica residente in uno Stato membro o una persona giuridica stabilita in uno Stato membro, la quale utilizza uno o più aeromobili conformemente alla regolamentazione applicabile in detto Stato membro, oppure un vettore aereo comunitario, secondo la definizione della legislazione comunitaria; b) «prodotto», un aeromobile, un motore, un'elica o un'attrezzatura dell'aviazione civile; c) «attrezzature», qualsiasi strumento, dispositivo, meccanismo, apparecchiatura o accessorio utilizzato o utilizzabile per l'esercizio di un aeromobile navigante, installato o destinato ad essere installato su un aeromobile dell'aviazione civile o collegato allo stesso, ma non facente parte di una cellula, di un motore o di un'elica; d) «elemento», un materiale, componente o sottogruppo non rientrante nelle definizioni di cui alle lettere b) e c) e destinato ad aeromobili, motori, eliche o attrezzature dell'aviazione civile; e) «omologazione» (di un prodotto, di un servizio, di un organismo, di una persona), qualsiasi forma di riconoscimento legale attestante che il prodotto, il servizio, l'organismo o la persona risponde alle condizioni applicabili. Detta omologazione comprende due atti: i) l'atto che permette di controllare che, dal punto di vista tecnico, il prodotto, il servizio, l'organismo o la persona rispetta le condizioni applicabili; tale atto è denominato: stesura del verbale tecnico; ii) l'atto del riconoscimento formale di tale conformità alle condizioni applicabili attraverso il rilascio di un certificato, di una licenza, di un'approvazione o di qualsiasi altro documento secondo quanto prescritto dalle leggi e dalle procedure nazionali; tale atto è denominato: stesura del verbale legale; f) «manutenzione», l'insieme delle operazioni di controllo, manutenzione, modifica e riparazione per tutta la durata di vita di un aeromobile, necessarie a garantire che l'aeromobile rimanga conforme all'omologazione del tipo ed abbia in qualsiasi circostanza un elevato livello di sicurezza; esse comprendono le modifiche rese obbligatorie dalle autorità che sono parte degli accordi di cui alla lettera h), nell'ambito della politica relativa al controllo della navigabilità; g) «variante nazionale», una regola o regolamentazione nazionale resa obbligatoria da un paese in aggiunta ad una disposizione JAR o in sostituzione della stessa; h) «accordi», gli accordi conclusi, sotto gli auspici della commissione europea dell'aviazione civile (CEAC) per cooperare all'elaborazione ed all'applicazione di regole comuni in tutti i settori connessi con la sicurezza degli aeromobili e del loro esercizio. Tali accordi sono specificati nell'allegato I. Articolo 3 Fatto salvo l'articolo 11, le regole tecniche e procedure amministrative comuni applicabili nella Comunità per i settori di cui all'allegato II sono i codici corrispondenti che figurano in detto allegato e che sono in vigore il 1o gennaio 1992. Articolo 4 1. Per i settori non menzionati nell'allegato II, il Consiglio adotta, sulla base dell'articolo 84, paragrafo 2 del trattato, regole tecniche e procedure amministrative comuni. La Commissione presenta, se del caso e al più presto, le opportune proposte riguardo ai settori in questione. 2. Prima dell'adozione delle proposte di cui al paragrafo 1, gli Stati membri possono applicare le disposizioni pertinenti delle regolamentazioni nazionali vigenti. Articolo 5 Gli Stati membri provvedono affinché le proprie autorità competenti per l'aviazione civile soddisfino le condizioni di adesione alle JAA, specificate negli accordi e firmino senza riserve, gli accordi stessi anteriormente al 1o gennaio 1992. Articolo 6 1. Gli Stati membri riconoscono i prodotti progettati, costruiti, gestiti e sottoposti a manutenzione in conformitá alle regole tecniche e procedure amministrative comuni, senza imporre altre esigenze tecniche o procedere ad una nuova valutazione quando detti prodotti sono stati omologati da un altro Stato membro. I prodotti riconosciuti inizialmente entro determinati limiti sono riconosciuti in seguito entro gli stessi limiti. 2. I prodotti esistenti e le loro versioni derivate che non sono omologati conformemente alle regole tecniche e procedure amministrative comuni possono essere ammessi dagli Stati membri sulla base dei loro regolamenti nazionali in vigore, fino al momento dell'adozione delle regole tecniche e procedure amministrative comuni applicabili a tali prodotti in virtù del presente regolamento. Articolo 7 Gli Stati membri riconoscono l'omologazione rilasciata, conformemente al presente regolamento, da un altro Stato membro o da un organismo che agisce a suo nome agli organismi o persone posti sotto la sua giurisdizione e sotto la sua autorità ed incaricati della progettazione, costruzione e manutenzione di prodotti nonché dell'esercizio di aeromobili. Articolo 8 1. Nessuna disposizione precedente osta a che uno Stato membro possa reagire immediatamente a un problema di sicurezza emerso in occasione di un incidente o infortunio oppure riscontrato durante il servizio, riguardante un prodotto progettato, costruito, gestito e sottoposto a manutenzione in conformità del presente regolamento oppure una persona o una procedura ovvero un organismo coinvolto in queste mansioni. Se il problema di sicurezza deriva: - da un inadeguato livello di sicurezza corrispondente all'applicazione delle regole tecniche e procedure amministrative comuni, o - da una lacuna nelle regole tecniche e procedure amministrative comuni, lo Stato membro informa immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri delle misure prese e della motivazione delle stesse. 2. Nei casi previsti al paragrafo 1, la Commissione avvia senza indugio consultazioni con gli Stati membri. Se l'inadeguato livello di sicurezza o una lacuna nelle regole tecniche e procedure amministrative comuni trovano conferma, la Commissione presenta proposte adeguate, conformemente alle procedure di cui all'articolo 4 e/o all'articolo 11. Articolo 9 Gli Stati membri prendono le misure necessarie per coordinare i rispettivi programmi di ricerca volti a migliorare la sicurezza degli aeromobili civili e l'esercizio dei medesimi e ne informano la Commissione. La Commissione, previa consultazione con gli Stati membri, può prendere ogni iniziativa utile per promuovere tali programmi di ricerca attuati a livello nazionale. Articolo 10 Gli Stati membri notificano alla Commissione: a) qualsiasi regola e procedura messa a punto o adottata conformemente alle procedure stabilite negli accordi; b) qualsiasi modifica degli accordi; c) i risultati delle consultazioni avviate con l'industria e con altri organismi interessati. Articolo 11 1. Conformemente alla procedura stabilita all'articolo 12, la Commissione, qualora il progresso scientifico e tecnico lo renda necessario, modifica le regole tecniche e procedure amministrative comuni elencate nell'allegato II o adottate dal Consiglio conformemente all'articolo 4. 2. Qualora le modifiche di cui al paragrafo 1 contengano una variante nazionale per uno Stato membro, la Commissione delibera, conformemente alla procedura prevista all'articolo 12, sull'inclusione di detta variante nelle regole tecniche e procedure amministrative comuni. Articolo 12 1. Per l'applicazione degli articoli 8, 9 e 11, la Commissione è assistita da un comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione. 2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da prendere. Il comitato formula il proprio parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione fissata nell'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto. 3. a) La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato. b) Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata. c) Se il Consiglio non ha deliberato entro tre mesi a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte, tranne nel caso in cui il Consiglio si sia pronunciato a maggioranza semplice contro tali misure. Articolo 13 1. Gli Stati membri si prestano reciproca assistenza per quanto riguarda l'applicazione del presente regolamento e il relativo controllo. 2. Nell'ambito dell'assistenza reciproca di cui al paragrafo 1, le autorità competenti degli Stati membri si comunicano regolarmente tutte le informazioni disponibili per quanto riguarda: - le infrazioni al presente regolamento commesse dai non residenti e qualsiasi sanzione applicata per dette infrazioni; - le sanzioni applicate da uno Stato membro ai propri residenti per siffatte infrazioni commesse in altri Stati membri. Articolo 14 Il presente regolamento entra in vigore il 1o gennaio 1992. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 16 dicembre 1991. Per il ConsiglioIl PresidenteH. MAIJ-WEGGEN (1)GU n. C 270 del 26. 10. 1990, pag. 3. (2)GU n. C 267 del 14. 10. 1991, pag. 154. (3)GU n. C 159 del 17. 6. 1991, pag. 28. ALLEGATO I Accordi di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera h) «Arrangements Concerning the Development, the Acceptance and the Implementation of Joint Aviation Requirements» (accordi concernenti l'elaborazione, l'approvazione e l'applicazione di requisiti aeronautici comuni), conclusi a Cipro l'11 settembre 1990. ALLEGATO II Elenchi dei codici in vigore contenenti le regole tecniche e procedure amministrative comuni di cui all'articolo 3 1.Generalità e procedure JAR 1Definizioni e abbreviazioni 2.Omologazione del tipo di prodotti e componenti JAR 22Sailplanes and Powered Sailplanes (Alianti e alianti a motore) JAR 25Large Aeroplanes (Grandi aeromobili) JAR AWOAll Weather Operations (Operazioni in condizioni metereologiche «ogni tempo») JAR EEngines (Motori) JAR PPropellers (Eliche) JAR APUAuxiliary Power Units (Gruppi ausiliari di potenza) JAR TSOTechnical Standards Orders (Prescrizioni relative a norme tecniche) JAR VLAVery Light Aeroplanes (Aeromobili ultraleggeri) JAR 145Approved Maintenance Organisations (Organizzazioni di manutenzione autorizzate) | Armonizzazione delle regole e delle procedure nel settore dell’aviazione civile
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Introduce norme uniformi in tutta l’Unione europea (Unione) che specificano la sicurezza minima e le relative procedure per l’aviazione commerciale passeggeri e merci ad ala fissa.
PUNTI CHIAVE
ApplicazioneIl regolamento stabilisce requisiti tecnici e procedure amministrative comuni nel campo della sicurezza dell’aviazione civile, che riguardano l’esercizio e la manutenzione degli aeromobili, nonché le persone e le organizzazioni che partecipano a tali compiti; tali requisiti e procedure si applicano a tutti gli aeromobili utilizzati dagli operatori dell’Unione. I paesi dell’Unione dovevano garantire che le proprie autorità competenti nel settore dell’aviazione civile rispettassero le condizioni di adesione alle Joint Aviation Authorities, come specificato negli accordi (JAR prima del 1o gennaio 1992). Attualmente, questo regolamento rimane in vigore perché le norme nazionali sui limiti dei tempi di volo e di servizio e sui requisiti di riposo per quanto riguarda l’aerotaxi, il servizio medico d’emergenza e le operazioni di trasporto aereo commerciale a pilotaggio singolo sono in vigore in virtù dell’articolo 8.Problemi di sicurezzaI paesi dell’Unione possono adottare misure immediate per i problemi di sicurezza relativi ad un prodotto, una persona o un organismo disciplinato dal presente regolamento, a prescindere dalle norme di cui sopra. Qualora i livelli di sicurezza risultino inadeguati o carenti in base ai requisiti e alle procedure comuni, la Commissione europea deve presentare proposte adeguate per porre rimedio alla situazione. In circostanze eccezionali, i paesi dell’Unione possono anche accettare eccezioni ai requisiti tecnici e alle procedure amministrative previste dal presente regolamento, purché siano in linea con i suoi obiettivi di sicurezza.Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea (AESA)
La Commissione sarà assistita dall’AESA al momento della redazione di eventuali modifiche alle regole relative al personale di bordo e ai limiti dei tempi di volo e di servizio.
Abrogazione
Il regolamento (CEE) n. 3922/91 sarà abrogato dal regolamento (UE) 2018/1139 recante regole comuni nel settore dell’aviazione civile e che istituisce l’AESA (si veda la sintesi).
L’abrogazione decorrerà a partire dalla data di applicazione delle norme dettagliate sui limiti dei tempi di volo e di servizio e sui requisiti di riposo per quanto riguarda l’aerotaxi, il servizio medico di emergenza e le operazioni di trasporto aereo commerciale a pilotaggio singolo che devono ancora essere adottate [si veda l’articolo 32, paragrafo 1, lettera a del regolamento (UE) 2018/1139].
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
È in vigore dal 1o gennaio 1992.
CONTESTO
Si veda anche:Operazioni di volo, compresi i limiti dei tempi di volo (FTL) (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CEE) n. 3922/91 del Consiglio, del 16 dicembre 1991, concernente l’armonizzazione di regole tecniche e di procedure amministrative nel settore dell’aviazione civile (GU L 373 del 31.12.1991, pag. 4).
Le successive modifiche al regolamento (CEE) n. 3922/91 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) 2018/1139 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2018, recante norme comuni nel settore dell’aviazione civile, che istituisce un’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea e che modifica i regolamenti (CE) n. 2111/2005, (CE) n. 1008/2008, (UE) n. 996/2010, (UE) n. 376/2014 e le direttive 2014/30/UE e 2014/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, e abroga i regolamenti (CE) n. 552/2004 e (CE) n. 216/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CEE) n. 3922/91 del Consiglio (GU L 212 del 22.8.2018, pag. 1). | 6,085 | 944 |
DECISIONE 2008/976/GAI DEL CONSIGLIO
del 16 dicembre 2008
relativa alla Rete giudiziaria europea
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea, in particolare gli articoli 31 e 34, paragrafo 2, lettera c),
vista l’iniziativa del Regno del Belgio, della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, del Regno di Spagna, della Repubblica francese, della Repubblica italiana, del Granducato di Lussemburgo, del Regno dei Paesi Bassi, della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Polonia, della Repubblica portoghese, della Repubblica di Slovenia, della Repubblica slovacca e del Regno di Svezia,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
Con l’azione comune 98/428/GAI (2), il Consiglio ha istituito la Rete giudiziaria europea, che ha dimostrato la propria utilità nell’agevolare la cooperazione giudiziaria in materia penale.
(2)
Conformemente all’articolo 6 della convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea (3), l’assistenza giudiziaria si svolge attraverso contatti diretti tra le competenti autorità giudiziarie. Tale decentralizzazione dell’assistenza giudiziaria reciproca è ormai ampiamente attuata.
(3)
Il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali è in corso di progressiva attuazione. Esso non solo conferma il principio dei contatti diretti tra autorità giudiziarie competenti, ma accelera anche le procedure e le rende interamente giudiziarie.
(4)
L’impatto di queste modifiche della cooperazione giudiziaria si è ulteriormente accresciuto con l’allargamento dell’Unione europea nel 2004 e nel 2007. A causa di tale evoluzione la Rete giudiziaria europea è ancor più necessaria che all’epoca della sua istituzione e dovrebbe essere pertanto potenziata.
(5)
Con la decisione 2002/187/GAI (4), il Consiglio ha istituito l’Eurojust per migliorare il coordinamento e la cooperazione tra le autorità competenti degli Stati membri. La decisione 2002/187/GAI prevede che l’Eurojust debba intrattenere con la Rete giudiziaria europea rapporti privilegiati basati sulla concertazione e sulla complementarietà.
(6)
Cinque anni di coesistenza dell’Eurojust e della Rete giudiziaria europea hanno dimostrato sia la necessità di mantenere le due strutture sia il bisogno di chiarirne i rapporti.
(7)
Nella presente decisione nulla dovrebbe essere interpretato in modo tale da incidere sull’indipendenza di cui godono i punti di contatto ai sensi della legislazione nazionale.
(8)
Occorre rafforzare la cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri dell’Unione europea e rendere a tal fine possibile che i punti di contatto della Rete giudiziaria europea e dell’Eurojust comunichino direttamente e con maggior efficacia, ogniqualvolta necessario, attraverso una connessione di telecomunicazioni protetta.
(9)
L’azione comune 98/428/GAI dovrebbe quindi essere abrogata e sostituita dalla presente decisione,
DECIDE:
Articolo1
Istituzione
La rete di punti di contatto giudiziari, in prosieguo denominata «Rete giudiziaria europea», istituita tra gli Stati membri in applicazione dell’azione comune 98/428/GAI, continua a operare conformemente al disposto della presente decisione.
Articolo 2
Composizione
1. La Rete giudiziaria europea è composta, tenuto conto delle norme costituzionali, delle tradizioni giuridiche e della struttura interna di ciascuno Stato membro, delle autorità centrali responsabili della cooperazione giudiziaria internazionale, dalle autorità giudiziarie o da altre autorità competenti con responsabilità specifiche nell’ambito della cooperazione internazionale.
2. Vengono istituiti uno o più punti di contatto per ciascuno Stato membro in funzione delle sue norme interne e della ripartizione interna delle competenze, facendo in modo di comprendere effettivamente l’intero territorio nazionale.
3. Ciascuno Stato membro designa, tra i punti di contatto, un corrispondente nazionale per la Rete giudiziaria europea.
4. Ciascuno Stato membro designa un corrispondente incaricato degli aspetti tecnici della Rete giudiziaria europea.
5. Ciascuno Stato membro si adopera affinché i propri punti di contatto abbiano funzioni attinenti alla cooperazione giudiziaria in materia penale e una conoscenza sufficiente di una lingua dell’Unione europea diversa dalla lingua nazionale, tenuto conto della necessità di consentire la comunicazione con i punti di contatto degli altri Stati membri.
6. I magistrati di collegamento di cui all’azione comune 96/277/GAI del Consiglio, del 22 aprile 1996, relativa ad un quadro di scambio di magistrati di collegamento diretto a migliorare la cooperazione giudiziaria fra gli Stati membri dell’Unione europea (5), qualora siano stati designati in uno Stato membro e abbiano funzioni analoghe a quelle attribuite dall’articolo 4 della presente decisione ai punti di contatto, sono associati alla Rete giudiziaria europea e alla rete protetta di telecomunicazioni, conformemente all’articolo 9 della presente decisione, dallo Stato membro che li designa di volta in volta, secondo le modalità stabilite da quest’ultimo.
7. La Commissione designa un punto di contatto per i settori di sua competenza.
8. La Rete giudiziaria europea dispone di un segretariato responsabile della gestione della Rete.
Articolo 3
Modalità di funzionamento della Rete
La Rete giudiziaria europea opera in particolare nei tre modi seguenti:
a)
facilita l’istituzione di adeguati contatti tra i punti di contatto dei vari Stati membri per assolvere i compiti di cui all’articolo 4;
b)
organizza riunioni periodiche tra i rappresentanti degli Stati membri secondo le modalità di cui agli articoli 5 e 6;
c)
fornisce costantemente alcune informazioni di base aggiornate in permanenza, in particolare attraverso un’adeguata rete di telecomunicazioni, secondo le modalità di cui agli articoli 7, 8 e 9.
Articolo 4
Funzioni dei punti di contatto
1. I punti di contatto sono intermediari attivi che hanno il compito di agevolare la cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri, soprattutto nelle azioni contro le forme di criminalità grave. Essi sono a disposizione delle autorità giudiziarie locali e delle altre autorità competenti del loro Stato membro, nonché dei punti di contatto e delle autorità giudiziarie locali e altre autorità competenti degli altri Stati membri, per consentire loro di stabilire i contatti diretti più appropriati.
Ove necessario e in base ad un accordo tra le amministrazioni interessate, essi possono spostarsi per incontrare i punti di contatto degli altri Stati membri.
2. I punti di contatto forniscono alle autorità giudiziarie locali dei rispettivi Stati membri, nonché ai punti di contatto e alle autorità giudiziarie locali degli altri Stati membri le informazioni giuridiche e pratiche necessarie per consentire loro di approntare efficacemente le richieste di cooperazione giudiziaria ovvero per migliorare quest’ultima in generale.
3. Al loro rispettivo livello, i punti di contatto partecipano a e promuovono l’organizzazione di sessioni di formazione sulla cooperazione giudiziaria destinate alle autorità competenti del proprio Stato membro, se del caso in cooperazione con la Rete europea di formazione giudiziaria.
4. In particolare, il corrispondente nazionale, oltre ai suoi compiti in qualità di punto di contatto di cui ai paragrafi da 1 a 3:
a)
è responsabile, nel proprio Stato membro, delle questioni relative al funzionamento interno della Rete, incluso il coordinamento delle richieste di informazioni e delle risposte fornite dalle autorità nazionali competenti;
b)
è il principale responsabile dei contatti con il segretariato della Rete giudiziaria europea, inclusa la partecipazione alle riunioni di cui all’articolo 6;
c)
su richiesta, formula un parere sulla designazione di nuovi punti di contatto.
5. Il corrispondente incaricato degli aspetti tecnici della Rete giudiziaria europea, che potrebbe anche essere il punto di contatto di cui ai paragrafi da 1 a 4, garantisce che le informazioni relative al proprio Stato membro e citate all’articolo 7 siano fornite e aggiornate conformemente all’articolo 8.
Articolo 5
Scopi e luoghi delle riunioni plenarie dei punti di contatto
1. Gli scopi delle riunioni plenarie della Rete giudiziaria europea, a cui sono invitati almeno tre punti di contatto per Stato membro, sono:
a)
permettere ai punti di contatto di conoscersi e scambiarsi esperienze, in particolare riguardo al funzionamento della Rete;
b)
istituire una sede di dibattito sui problemi pratici e giuridici riscontrati dagli Stati membri nell’ambito della cooperazione giudiziaria, soprattutto in ordine all’applicazione delle misure adottate dall’Unione europea.
2. L’esperienza pertinente, maturata nell’ambito della Rete giudiziaria europea, è trasmessa al Consiglio e alla Commissione e serve da base per le discussioni su eventuali modificazioni normative e miglioramenti pratici nel settore della cooperazione giudiziaria internazionale.
3. Le riunioni di cui al paragrafo 1 sono organizzate regolarmente e almeno tre volte all’anno. Una volta all’anno la riunione può svolgersi presso la sede del Consiglio a Bruxelles o presso la sede dell’Eurojust all’Aia. Due punti di contatto per Stato membro sono invitati alle riunioni organizzate presso le sedi del Consiglio e dell’Eurojust.
Altre riunioni possono essere convocate negli Stati membri, per consentire l’incontro dei punti di contatto di tutti gli Stati membri con le autorità dello Stato membro ospitante che non fanno parte dei punti di contatto e la visita di organismi specifici di detto Stato membro, aventi responsabilità nel quadro della cooperazione giudiziaria internazionale o della lotta contro determinate forme di criminalità grave. I punti di contatto partecipano a tali riunioni a proprie spese.
Articolo 6
Riunioni dei corrispondenti
1. I corrispondenti nazionali della Rete giudiziaria europea si riuniscono su base ad hoc almeno una volta all’anno e ogniqualvolta i membri lo ritengano opportuno, su richiesta del corrispondente nazionale dello Stato membro che esercita la presidenza del Consiglio, che tiene altresì conto del desiderio manifestato dagli Stati membri di far riunire i corrispondenti. In queste riunioni si discutono in particolare questioni amministrative relative alla Rete.
2. I corrispondenti incaricati degli aspetti tecnici della Rete giudiziaria europea si riuniscono su base ad hoc almeno una volta all’anno e ogniqualvolta i membri lo ritengano opportuno, su richiesta del corrispondente incaricato degli aspetti tecnici della Rete giudiziaria europea dello Stato membro che esercita la presidenza del Consiglio. Nelle riunioni sono discusse le questioni di cui all’articolo 4, paragrafo 5.
Articolo 7
Contenuto delle informazioni diffuse nell’ambito della Rete giudiziaria europea
Il segretariato della Rete giudiziaria europea mette a disposizione dei punti di contatto e delle competenti autorità giudiziarie le seguenti informazioni:
a)
dati completi sui punti di contatto di ciascuno Stato membro compresa, se necessario, l’indicazione delle relative competenze a livello interno;
b)
uno strumento informatico in grado di consentire all’autorità richiedente o emittente di uno Stato membro di individuare l’autorità di un altro Stato membro competente a ricevere e dar corso alla sua richiesta di cooperazione giudiziaria, ed alle decisioni in merito, anche per quanto riguarda gli strumenti che applicano il principio del riconoscimento reciproco;
c)
informazioni giuridiche e pratiche concise sui sistemi giudiziari e procedurali degli Stati membri;
d)
testi degli strumenti giuridici pertinenti e, per quanto riguarda le convenzioni in vigore, testo delle dichiarazioni e riserve.
Articolo 8
Aggiornamento delle informazioni
1. Le informazioni diffuse nell’ambito della Rete giudiziaria europea sono costantemente aggiornate.
2. Spetta a ciascuno Stato membro verificare l’esattezza delle informazioni contenute nel sistema e avvisare il segretariato della Rete giudiziaria europea non appena un dato che riguarda uno dei quattro punti di cui all’articolo 7 debba essere modificato.
Articolo 9
Strumenti di telecomunicazione
1. Il segretariato della Rete giudiziaria europea garantisce che le informazioni di cui all’articolo 7 siano rese disponibili su un sito web costantemente aggiornato.
2. La rete protetta di telecomunicazioni è istituita per le attività operative dei punti di contatto della Rete giudiziaria europea. L’istituzione della rete protetta di telecomunicazioni è a carico del bilancio generale dell’Unione europea.
L’istituzione della connessione di telecomunicazioni protetta rende possibile la circolazione dei dati e delle richieste di cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri.
3. La rete protetta di telecomunicazioni di cui al paragrafo 2 può essere utilizzata per le loro attività operative anche dai corrispondenti nazionali dell’Eurojust, dai corrispondenti nazionali dell’Eurojust in materia di terrorismo, dai membri nazionali dell’Eurojust e dai magistrati di collegamento da essa designati. Può essere collegata al sistema automatico di gestione dei fascicoli dell’Eurojust di cui all’articolo 16 della decisione 2002/187/GAI.
4. Le disposizioni del presente articolo lasciano impregiudicati i contatti diretti tra autorità giudiziarie competenti previsti dagli strumenti di cooperazione giudiziaria, quali l’articolo 6 della convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea.
Articolo 10
Rapporti tra la Rete giudiziaria europea e l’Eurojust
La Rete giudiziaria europea e l’Eurojust intrattengono rapporti privilegiati tra di loro basati sulla concertazione e sulla complementarietà, in particolare tra i punti di contatto di uno Stato membro, il membro nazionale dell’Eurojust dello stesso Stato membro e i corrispondenti nazionali della Rete giudiziaria europea e dell’Eurojust. Al fine di garantire una cooperazione efficace, sono adottate le seguenti misure:
a)
la Rete giudiziaria europea mette a disposizione dell’Eurojust le informazioni centralizzate di cui all’articolo 7 e la rete protetta di telecomunicazioni istituita ai sensi dell’articolo 9;
b)
i punti di contatto della Rete giudiziaria europea informano, caso per caso, i rispettivi membri nazionali di tutti i fascicoli che ritengono possano essere trattati più efficacemente dall’Eurojust;
c)
i membri nazionali dell’Eurojust possono partecipare alle riunioni della Rete giudiziaria europea su invito di quest’ultima.
Articolo 11
Bilancio
Per consentire alla Rete giudiziaria europea di assolvere i propri compiti, il bilancio dell’Eurojust include una parte relativa alle attività del segretariato della Rete giudiziaria europea.
Articolo 12
Applicazione territoriale
Il Regno Unito notifica per iscritto al presidente del Consiglio la data a partire dalla quale desidera applicare la presente decisione alle isole Normanne e all’isola di Man. Il Consiglio adotta una decisione su tale richiesta.
Articolo 13
Valutazione del funzionamento della Rete giudiziaria europea
1. Ogni due anni dal 24 dicembre 2008, la Rete giudiziaria europea riferisce al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione in merito alle sue attività e alla sua gestione.
2. Nella relazione di cui al paragrafo 1, la Rete giudiziaria europea può anche indicare problemi di politica anticrimine nell’Unione europea eventualmente venuti alla luce grazie all’attività della Rete giudiziaria europea e può inoltre formulare proposte intese a migliorare la cooperazione giudiziaria in materia penale.
3. La Rete giudiziaria europea può altresì fornire qualsiasi relazione o informazione sul proprio funzionamento eventualmente richiesta dal Consiglio.
4. Ogni quattro anni dal 24 dicembre 2008, il Consiglio procede alla valutazione del funzionamento della Rete giudiziaria europea sulla base di una relazione stabilita dalla Commissione in collaborazione con la rete stessa.
Articolo 14
Abrogazione dell’azione comune 98/428/GAI
L’azione comune 98/428/GAI è abrogata.
Articolo 15
Decorrenza degli effetti
Gli effetti della presente decisione decorrono dal giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 16 dicembre 2008.
Per il Consiglio
La presidente
R. BACHELOT-NARQUIN
(1) Parere del 2 settembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU L 191 del 7.7.1998, pag. 4.
(3) GU C 197 del 12.7.2000, pag. 3.
(4) GU L 63 del 6.3.2002, pag. 1.
(5) GU L 105 del 27.4.1996, pag. 1. | Rete giudiziaria europea: cooperazione per la lotta alla criminalità
La presente decisione reca le disposizioni per la continuazione della rete giudiziaria europea, abrogando al contempo l’azione comune 98/428/GAI che l’aveva istituita.
ATTO
Decisione 2008/976/GAI del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa alla rete giudiziaria europea.
SINTESI
La presente decisione reca le disposizioni per la continuazione della rete giudiziaria europea, abrogando al contempo l’azione comune 98/428/GAI che l’aveva istituita.
CHE COSA FA LA PRESENTE DECISIONE?
La presente decisione estende le funzioni della rete giudiziaria europea, stabilisce uno strumento di telecomunicazioni (canale di comunicazione protetto) e chiarisce il rapporto fra la rete ed Eurojust.
PUNTI CHIAVE
Composizione della rete giudiziaria europea
La rete giudiziaria europea sarà composta da uno o più punti di contatto per ogni paese dell’Unione europea (UE). Nella delegazione di ciascun paese vengono nominati un corrispondente nazionale e un corrispondente incaricato degli aspetti tecnici, che si occupa del nuovo canale di telecomunicazioni.
I punti di contatto lavorano alla cooperazione giudiziaria in questioni penali e devono avere abilità linguistiche per poter comunicare meglio con le loro controparti. Qualsiasi magistrato di collegamento già nominato deve essere collegato alla rete giudiziaria europea. Anche la Commissione europea è rappresentata; la rete giudiziaria europea è amministrata da una segreteria.
Funzioni
La rete giudiziaria europea opera per semplificare la comunicazione fra i punti di contatto, organizzando riunioni ed emettendo informazioni di base.
I punti di contatto facilitano la cooperazione giudiziaria fra paesi dell’UE, soprattutto in azioni di lotta a reati gravi, e consentono una corretta comunicazione e condivisione delle informazioni con i punti di contatto e le autorità giudiziarie negli altri paesi dell’Unione.
Inoltre, i punti di contatto promuovono e partecipano all’organizzazione di sessioni di formazione, lavorando con la rete europea di formazione giudiziaria, se del caso.
Almeno tre volte all’anno si tengono riunioni plenarie della rete giudiziaria europea, cui sono invitati almeno tre punti di contatto da ogni paese e che forniscono una sede di dibattito sulle questioni di cooperazione giudiziaria, soprattutto in relazione con la legislazione dell’UE. Le discussioni servono come base per possibili iniziative legislative e miglioramenti nella cooperazione internazionale. I corrispondenti nazionali e quelli incaricati degli aspetti tecnici si incontrano separatamente almeno una volta all’anno.
Segreteria
La segreteria fornisce ai punti di contatto informazioni aggiornate sui sistemi giudiziari e procedurali nazionali e testi giuridici rilevanti attraverso un sito web. Inoltre, stabilisce un canale protetto di telecomunicazioni per la comunicazione dei dati e le richieste di cooperazione giudiziaria.
La segreteria è finanziata da Eurojust, un’organizzazione complementare che gode di una relazione privilegiata con la rete giudiziaria europea che si basa sulla consultazione e la condivisione di informazioni.
Responsabilità
Ogni due anni la rete giudiziaria europea presenta una relazione al Parlamento europeo, al Consiglio dell’UE e alla Commissione sulle sue attività, mentre ogni quattro anni il Consiglio dell’UE svolge una valutazione operativa della Rete sulla base di una relazione congiunta prodotta dalla Rete e dalla Commissione.
CONTESTO
Il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali è in corso di progressiva attuazione, con un sempre maggiore contatto diretto fra autorità giudiziarie. A causa di tali cambiamenti e dell’allargamento dell’UE nel 2004 e nel 2007, la rete giudiziaria europea è diventata sempre più importante.
Per ulteriori informazioni, consultare il sito Internet della rete giudiziaria europea.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
A decorrere dal 24 dicembre 2008.
TERMINI CHIAVE
Eurojust: l’unità di cooperazione giudiziaria dell’UE.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Decisione 2008/976/GAI
24.12.2008
-
GU L 348 del 24.12.2008, pag. 130-134
ATTI COLLEGATI
Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, sulla creazione di una rete di cooperazione legislativa dei ministeri della giustizia degli Stati membri dell’Unione europea (GU C 326 del 20.12.2008, pag. 1-2) | 6,533 | 444 |
Atto relativo all'elezione dei rappresentanti nell'assemblea a suffragio universale diretto
Gazzetta ufficiale n. L 278 del 08/10/1976 pag. 0005 - 0011
++++ATTO relativo all ' elezione dei rappresentanti nell ' Assemblea a suffragio universale diretto Articolo 1 I rappresentanti , all ' Assembla , dei popoli degli Stati riuniti nella Comunità sono eletti a suffragio universale diretto . Articolo 2 Il numero dei rappresentanti eletti in ogni Stato membro è fissato come segue : Belgio : 24 , Danimarca : 16 , Germania : 81 , Francia : 81 , Irlanda : 15 , Italia : 81 . Lussemburgo : 6 , Paesi Bassi : 25 , Regno Unito : 81 . Articolo 3 1 . I rappresentanti sono eletti per un periodo di cinque anni . 2 . Tale periodo quinquennale inizia con l ' apertura delle prima sessione tenuta dopo ciascuna elezione . Esso può essere prolungato o abbreviato in applicazione dell ' articolo 10 , paragrafo 2 , seconda comma . 3 . Il mandato di ogni rappresentante inizia e scade contemporaneamente al periodo di cui al paragrafo 2 . Articolo 4 1 . I rappresentanti votano individualmente e personalmente . Non possono essere vincolati da istruzioni nù ricevere mandato imperativo , 2 . I rappresentanti beneficiano dei privilegi e delle immunità applicabili ai membri dell ' Assemblea in virtù del protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee allegato al trattato che istituisce un Consiglio unico ed una Commissione unica delle Comunità europee . Articolo 5 La carica da rappresentante all ' Assemblea è compatibile con quella di membro del Parlamento di uno Stato membro , Articolo 6 1 . La carica di rappresentante all ' Assembla è incompatibile con quella di : - membro del governo di uno Stato membro ; - membro della Commissione delle Comunità europee ; - giudice , avvocato generale o cancelliere della Corte di giustizia delle Comunità europee ; - membro della Corte dei conti delle Comunità europee ; - membro del comitato della Comunità europea del carbone e dell ' acciaio o membro del Comitato economico e sociale della Comunità economica europea e della Comunità europea dell ' energia atomica ; - membro dei comitati od organismi creati in virtù o in applicazione dei tratti che istituiscono la Comunità europea del carbone e dell ' acciaio , la Comunità economica europea e la Comunità europea dell ' energia atomica , per provvedere all ' amministrazione di fondi delle Comunità o all ' espletamento di un compito permanente e diritto di gestione amministrativa ; - membro del consiglio d ' amministrazione , del comitato direttivo ovvero impiegato della Banca europea per gli investimenti ; - funzionario o agente , in attività di servizio , delle Istituzioni delle Comunità europee o degli organismi specializzati che vi si ricollegano . 2 . Ogni Stato membro può inoltre fissare le incompatibilit applicabili sul piano nazionale , alle condizioni di cui all ' articolo 7 , paragrafo 2 , 3 . I rappresentanti all ' Assemblea ai quali , nel corso del periodo quinquennale di cui all ' articolo 3 , sono applicabili i paragrafi 1 e 2 , sono sostituiti conformemente all ' articolo 12 . Articolo 7 1 . Conformemente all ' articolo 21 , paragrafo 3 , del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell ' acciaio , dell ' articolo 138 , paragrafo 3 , del trattato che istituisce la Comunità economica europea e dell ' articolo 108 , paragrafo 3 , del trattato che istituisce la Comunità europea dell ' energia atomica , l ' Assemblea elabora un progetto di procedura elettorale uniforme . 2 . Fino all ' entrata in vigore di una procedura elettorale uniforme , e con riserva delle altre disposizioni del presente atto , la procedura elettorale è disciplinata in ciascuno Stato membro della disposizioni nazionali . Articolo 8 Per l ' elezione dei rappresentanti all ' Assemblea ciascun elettore può votare una sola volta . Articolo 9 1 . L ' elezione per l ' Assemblea ha luogo alla data fissata da ciascuno Stato membro ; tale data deve cadere per tutti gli Stati membri entro uno stesso lasso di tempo compreso tra la mattina del giovedì e la domenica immediatamente successiva . 2 . Le operazioni di spoglio delle schede di voto possono avere inizio soltanto dopo la chiusura dei seggi nello Stato membro in cui gli elettori votano per ultimi nel periodo di cui al paragrafo 1 . 3 . Qualora uno Stato membro adotti per l ' elezione all ' Assemblea uno scrutinio a due taluni , il primo turno dovrà avvenire nel periodo previsto al paragrafo 1 . Articolo 10 1 . Il periodo di cui all ' articolo 9 , paragrafo 1 , è precisato , per la prima elezione , dal Consiglio , che delibera all ' unanimità , previa consultazione dell ' Assemblea . 2 . Le elezioni successive hanno luogo nello stesso periodo dell ' ultimo anno del periodo quinquennale di cui all ' articolo 3 . Qualora si riveli impossibile tenere le elezioni nella Comunità nel corso di detto periodo , il Consiglio , che delibera all ' unanimità , previa consultazione dell ' Assemblea , fissa un altro periodo che , al massimo , può essere anteriore o posteriore di un mese al periodo di cui al comma precedente . 3 . Fatti salvi l ' articolo 22 del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell ' acciaio , l ' articolo 139 del trattato che istituisce la Comunità economica europea e l ' articolo 109 del trattato che istituisce la Comunità europea dell ' energia atomica , l ' Assemblea si riunisce di diritto il primo martedì successivo alla scadenza del termine di un mese dalla fine del periodo di cui all ' articolo 9 , paragrafo 1 . 4 . L ' Assemblea uscente decade al momento della prima sessione della nuova Assemblea . Articolo 11 Fino all ' entrata in vigore della procedura uniforme prevista all ' articolo 7 , paragrafo 1 , l 'Assemblea verifica i poteri dei rappresentanti . A tal fine , essa prende atto dei risultati proclamati ufficialmente dagli Stati membri , e decide sulle contestazioni che potrebbero essere eventualmente presentate in base alle disposizioni del presente atto , fatta eccezione delle disposizioni nazionali cui tale atto rinvia . Articolo 12 1 . Fino all ' entrata in vigore della procedura uniforme prevista all ' articolo 7 , paragrafo 1 , e con riserva delle altre disposizioni del presente atto , ciascuno Stato membro stabilisce le opportune procedure per coprire i seggi , resisi vacanti durante il periodo quinquennale di cui all ' articolo 3 , per la restante durata di detto periodo . 2 . Quando la vacanza risulta dall ' applicazione delle disposizioni nazionali in vigore in uno Stato membro , quest ' ultimo ne informa l ' Assemblea che ne prende atto . In tutti gli casi , l ' Assemblea costata la vacanza e ne informa lo Stato membro . Articolo 13 Qualora risultino necessarie misure per l ' applicazione del presente atto il Consiglio , deliberando all ' unanimità su proposta dell ' Assemblea e previa consultazione della Commissione , adotta tali misure , dopo avere cercato un accordo con l' Assemblea nell ' ambito di una Commissione di concentrazione che riunisca il Consiglio e i rappresentanti dell ' Assemblea . Articolo 14 L ' articolo 21 , paragrafi 1 e 2 , del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell ' acciaio , l ' articolo 138 , paragrafi 1 e 2 , del trattato che istituisce la Comunità economica europea nonchù l ' articolo 108 , paragrafi 1 e 2 , del trattato che istituisce la Comunità europea dell ' energia atomica decadono alla data delle sessione tenuta , conformemente all ' articolo 10 , paragrafo 3 , della prima Assemblea eletta in applicazione del presente atto . Articolo 15 Il presente atto è redatto nelle lingue danese , francese , inglese , irlandese , italiana , olandese e tedesca , tutti i testi facenti ugualmente fede . Gli allegati I , II e III formano parte integrante del presente atto . È unita una dichiarazione del governo della Repubblica federale di Germania . Articolo 16 Le disposizioni del presente atto entrano in vigore il primo giorno del mese successivo al ricevimento dell ' ultima notifica prevista dalla decisione . ALLEGATO I Le autorità danesi possono stabilire le date in cui si procederà , in Groenlandia , alle elezioni dei membri dell ' Assemblea . ALLEGATO II Il Regno Unito applicherà le disposizioni di questo atto soltanto nei confronti del Regno Unito . ALLEGATO III Dichiarazione ad articolo 13 Si conviene che , per la procedura da seguire nell ' ambito della Commissione di concertazione , si farà ricorso alle disposizioni dei paragrafi 5 , 6 e 7 della procedura stabilita mediante dichiarazione comune del Parlamento europeo , del Consiglio e della Commissione in data 4 marzo 1975 ( 1 ) . ( 1 ) GU n . C 89 del 22 . 4 . 1975 , pag . 1 . Dichiarazione del governo della Repubblica federale di Germania Il governo della Repubblica federale di Germania dichiara che l ' atto relativo all ' elezione a suffragio universale diretto dei membri del Parlamento europeo è applicabile anche al Land di Berlino . Tenendo conto dei diritti e responsabilità della Francia , del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e degli Stati Uniti d ' America , la Camera dei deputati di Berlino eleggerà i rappresentanti per i seggi che , nei limiti del contingente della Repubblica federale di Germania , spettano al Land di Berlino . | Il Parlamento europeo
QUAL È LO SCOPO DEGLI ARTICOLI DEI TRATTATI DELL’UNIONE, DELL’ATTO E DELLA DECISIONE?
L’articolo 14 del trattato sull’Unione europea e gli articoli 223 e 234 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) stabiliscono il suolo, le competenze, la composizione, il mandato e la procedura elettorale del Parlamento europeo (di seguito il Parlamento). La legge elettorale, che risale originariamente al 1976 ed è stata modificata più volte (in particolare in linea con le revisioni dei trattati dell’Unione e l’adesione di nuovi Stati membri dell’Unione), stabilisce le regole per l’elezione dei membri del Parlamento (deputati ) con suffragio universale diretto. La decisione (UE, Euratom) 2018/994 (non ancora in vigore) aggiorna la legge elettorale del 1976 e mira a:incoraggiare la partecipazione dei cittadini;rafforzare la dimensione europea delle elezioni;Adeguare le soglie elettorali; emigliorare la gestione delle elezioni, in particolare consentendo metodi di voto alternativi e semplificando la cooperazione tra le autorità nazionali.
PUNTI CHIAVE
Il Parlamento è l’unica istituzione dell’Unione europea (UE) eletto direttamente dai cittadini dell’Unione europea, per i cittadini dell’Unione europea. Esso rappresenta quasi 450 milioni di cittadini europei e in questo senso rappresenta il potere democratico. Ha la propria sede a Strasburgo, in Francia. I membri del Parlamento vengono eletti per un mandato di cinque anni tramite elezione diretta (dal 1979) con scrutinio segreto e in numero definito per ciascuno Stato membro. Il Parlamento, così come lo conosciamo oggi, è in realtà il risultato della fusione di tre precedenti assemblee: la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, la Comunità economica europea e la Comunità europea dell’energia atomica (Trattato di fusione, 1965 — si veda la sintesi).
PoteriI poteri del Parlamento sono stati definiti tramite successive revisioni dei Trattati dell’Unione. Tali metodi comprendono:Poteri decisionali (poteri di delibera):esercizio di potere legislativo insieme al Consiglio nella maggior parte delle aree di competenza dell’Unione;Facoltà di richiedere alla Commissione europea di presentare una proposta di legge (Articolo 225 TFUE);prendere decisioni relativamente al bilancio dell’Unione insieme al Consiglio;le azioni esterne all’Unione europea (decisioni dell’Unione sulla conclusione di accordi esterni) richiedono il consenso o la consultazione del Parlamento. Poteri di controllo sulle istituzioni esecutive dell’Unione (Consiglio e Commissione) principalmente assicurando il controllo politico sulla Commissione (tramite una mozione di censura) o presentando interrogazioni orali o scritte al Consiglio. Il Parlamento può inoltre esercitare il proprio controllo sulle altre istituzioni dell’Unione europea come la Banca centrale europea (Articolo 284 TFUE). Poteri di nomina, partecipando alla designazione dei membri della Commissione, dei membri della Corte dei conti e del Mediatore europeo.CompetenzeLegislazioneSecondo la procedura legislativa ordinaria (Articolo 294 TFUE), il Parlamento si trova sullo stesso piano del Consiglio. Tale procedura è utilizzata nella maggior parte delle aree politiche tra cui:trasportiambienteagricolturasicurezza energeticaimmigrazionegiustiziasalute pubblica. Il Parlamento interviene sulle leggi adottate in base alla procedura legislativa speciale dando il proprio parere (procedura di consultazione) o il suo consenso (procedura di approvazione). L’approvazione da parte del Parlamento è necessaria per numerosi tipi di accordi con paesi terzi o organizzazioni internazionali, quali gli accordi di associazione o gli accordi nei settori contemplati dalla procedura legislativa ordinaria (ad esempio, accordi commerciali). Il Parlamento deve anche essere consultato in merito a tutti gli altri tipi di accordi internazionali (Articolo 218 TFUE).Bilancio
Il Parlamento e il Consiglio operano su un piano di parità per l’intera procedura di approvazione del bilancio annuale dell’Unione europea. La procedura di bilancio consiste in una lettura unica del Parlamento e del Consiglio e sottoposta, se necessario, a un comitato di conciliazione per raggiungere un accordo su un testo congiunto (Articolo 314 TFUE).
Supervisione dell’esecutivo
Il Parlamento esercita una serie di controlli sulla Commissione, l’esecutivo dell’Unione europea:il Presidente della Commissione è eletto dal Parlamento su proposta del Consiglio europeo, e i risultati delle elezioni del Parlamento europeo devono essere presi in considerazione. l’inaugurazione della Commissione dipende dall’approvazione da parte del Parlamento. Tale approvazione comporta anche la nomina dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, che è contemporaneamente vice-presidente della Commissione europea; il Parlamento può anche forzare la Commissione a dimettersi, attraverso una mozione di sfiducia.Revisione dei trattatiIl Parlamento ha un diritto di iniziativa e può quindi proporre una revisione dei trattati (articolo 48 del TUE). Partecipa alla Convenzione che esamina i progetti presentati nell’ambito della procedura di revisione ordinaria dei trattati. Dev’essere consultato per la modifica dei trattati nell’ambito della procedura di revisione semplificata.Regole elettorali
La legge elettorale dell’Unione del 1976 si basa su principi comuni dell’Unione, ma riconosce anche l’importanza delle norme nazionali nel campo delle procedure elettorali.I paesi dell’Unione devono utilizzare un sistema di voto proporzionale, ma sono liberi di utilizzare un sistema a scrutinio di lista o con voto singolo trasferibile. L’elezione si svolge a suffragio universale diretto, libero e segreto. Le persone possono votare una sola volta in una data elezione al Parlamento. Ciascuno Stato membro può stabilire una soglia massima per le spese dei candidati per la campagna. Gli Stati membri sono liberi di istituire circoscrizioni o di decidere come suddividere l’area elettorale, a condizione che sia mantenuta la natura proporzionale del sistema di voto. Sono inoltre liberi di fissare soglie per la ripartizione dei seggi non superiori al 5%. I membri del Parlamento votano su base individuale e personale. Non devono essere vincolati da alcuna istruzione né ricevere un mandato vincolante. Dalle elezioni del 2004, i deputati al Parlamento europeo non possono essere contemporaneamente membri del parlamento nazionale (a parte le eccezioni temporanee previste per il Regno Unito e l’Irlanda, ormai scadute). La carica di membro del Parlamento è inoltre ritenuta incompatibile con quella di membro del governo di un paese dell’Unione, membro della Commissione, giudice della Corte di giustizia dell’Unione europea, membro del consiglio di amministrazione della Banca centrale europea o della Banca europea per gli investimenti, membro della Corte dei conti, un membro del Comitato economico e sociale europeo o del Comitato europeo delle regioni, o di Mediatore. I paesi dell’Unione hanno le loro procedure per coprire un seggio quando diventa vacante a seguito delle dimissioni, del decesso o della revoca del mandato.La decisione (UE, Euratom) 2018/994, una volta approvata da ciascuno degli Stati membri in conformità con i rispettivi requisiti costituzionali, introdurrà le seguenti modifiche:quando si utilizza lo scrutinio di lista, gli Stati membri in questione fissano una soglia minima tra il 2 % e il 5 % di voti validamente espressi per l’attribuzione dei seggi nelle circoscrizioni con più di 35 seggi; il termine per la presentazione delle candidature è di almeno tre settimane prima della data fissata dallo Stato membro interessato per tenere le elezioni del Parlamento europeo; gli Stati membri possono consentire l’apposizione, sulle schede elettorali, del nome o del logo del partito politico europeo al quale è affiliato il partito politico nazionale o il singolo candidato; la possibilità di introdurre il voto elettronico e per corrispondenza, e la possibilità per gli Stati membri di adottare misure adeguate per consentire ai cittadini europei residenti in paesi terzi di votare alle elezioni del Parlamento europeo; le sanzioni per il doppio voto; La designazione di un’autorità di contatto in ciascuno Stato membro responsabile dello scambio di dati concernenti gli elettori e i candidati con le sue omologhe degli altri Stati membri.Composizione
La ripartizione dei seggi tra gli Stati membri prende in considerazione una serie di fattori:deve mantenere una proporzionalità adeguata tra i seggi assegnati agli Stati membri e la loro popolazione; deve permettere al Parlamento di riflettere su importanti questioni politiche, anche per gli Stati membri meno popolati; il numero totale dei parlamentari non deve superare una certa soglia per non danneggiare l’efficacia del lavoro del Parlamento.Su iniziativa del Parlamento e con la sua approvazione, il Consiglio europeo adotta all’unanimità la decisione sulla composizione del Parlamento (Articolo 14(2) TUE). I trattati stabiliscono le regole di base che riguardano la composizione del Parlamento:Il Parlamento è composto da rappresentanti dei cittadini dell’Unione; il numero massimo di deputati è fissato a 750, oltre al Presidente del Parlamento europeo; la soglia minima di seggi per Stato membro è pari a sei; la soglia massima di seggi per Stato membro è 96; la ripartizione dei seggi dovrebbe essere basata sul principio della «proporzionalità decrescente», che significa che tanto più popolato è uno stato, tanti più deputati avrà a disposizione; il numero di cittadini rappresentati da un deputato di tale stato è proporzionalmente maggiore rispetto a uno stato meno popolato.TABELLA RIASSUNTIVA
Trattato
Articoli
Oggetto
Trattato sull’Unione europea (TUE)
14
Ruolo e composizione del Parlamento
Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE)
223, 224, 225, 226, 227, 228, 229, 230, 231, 232, 233, 234
Funzionamento e attribuzioni del Parlamento
CONTESTO
Dal 31 gennaio 2020, quando il Regno Unito ha lasciato ufficialmente l’Unione Europea (Brexit), i deputati al Parlamento europeo sono 705, una riduzione di 46 rispetto al numero precedente.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Versione consolidata del Trattato sull’Unione europea — Titolo III — Disposizioni relative alle istituzioni Articolo 14 (GU C 202, 7.6.2016, pag. 22).
Versione consolidata del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 1).
Atto relativo all’elezione dei rappresentanti nell’assemblea a suffragio universale diretto (GU L 278 dell’8.10.1976, pag. 5).
Si veda la versione consolidata.
Decisione (UE, Euratom) 2018/994 del Consiglio, del 13 luglio 2018, che modifica l’atto relativo all’elezione dei membri del Parlamento europeo a suffragio universale diretto, allegato alla decisione 76/787/CECA, CEE, Euratom del Consiglio del 20 settembre 1976 (GU L 178 del 16.7.2018, pag. 1).
Decisione 76/787/CECA, CEE, Euratom dei rappresentanti degli stati membri riuniti in sede di Consiglio concernente l’Atto relativo all’elezione dei rappresentanti nell’Assemblea a suffragio universale diretto (GU L 278 dell’8.10.1976, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Protocollo (n. 6) sulle sedi delle istituzioni e di determinati organi, organismi e servizi dell’Unione europea (GU L 202 del 7.6.2016, pag. 265).
Decisione (UE) 2018/937 del Consiglio europeo, del 28 giugno 2018, che stabilisce la composizione del Parlamento europeo (GU L 1651 del 2.7.2018, pag. 1). | 6,363 | 163 |
REGOLAMENTO (CE) N. 487/2009 DEL CONSIGLIO
del 25 maggio 2009
relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3 del trattato a talune categorie di accordi e pratiche concordate nel settore dei trasporti aerei
(Versione codificata)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l’articolo 83,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CEE) n. 3976/87 del Consiglio, del 14 dicembre 1987, relativo all’applicazione dell’articolo 85, paragrafo 3 del trattato a talune categorie di accordi e pratiche concordate nel settore dei trasporti aerei (2), è stato modificato in modo sostanziale e a più riprese (3). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale regolamento.
(2)
Le disposizioni comuni di applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato dovrebbero essere adottate mediante regolamento o direttiva, conformemente all’articolo 83 del trattato. La Commissione dovrebbe essere autorizzata a dichiarare mediante regolamento che l’articolo 81, paragrafo 1, del trattato non si applica a talune categorie di accordi tra imprese, decisioni di associazioni tra imprese e pratiche concordate.
(3)
La Commissione dovrebbe avere il potere di concedere talune esenzioni per categoria nel settore dei trasporti aerei relativamente al traffico tra la Comunità e i paesi terzi così come a quello intracomunitario.
(4)
È opportuno stabilire le condizioni e le circostanze specifiche secondo cui la Commissione potrà esercitare questo potere in stretto e costante collegamento con le competenti autorità degli Stati membri.
(5)
È in particolare auspicabile prevedere esenzioni di gruppo per talune categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate. Tali esenzioni dovrebbero essere concesse solo per un limitato periodo di tempo durante il quale i vettori aerei potranno adeguarsi alle condizioni di maggiore concorrenza. La Commissione, in stretta collaborazione con gli Stati membri, dovrebbe essere in grado di definire con precisione la portata di tali esenzioni e le relative condizioni.
(6)
Il presente regolamento non osta all’applicazione dell’articolo 86 del trattato,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Il presente regolamento si applica ai trasporti aerei.
Articolo 2
1. Conformemente all’articolo 81, paragrafo 3, del trattato, la Commissione può dichiarare mediante regolamento che l’articolo 81, paragrafo 1, del trattato non si applica a talune categorie di accordi tra imprese, decisioni di associazioni di imprese e pratiche concordate.
La Commissione può in particolare adottare regolamenti relativamente ad accordi, decisioni o pratiche concordate che perseguano una delle finalità seguenti:
a)
programmazione in comune e coordinamento degli orari di volo;
b)
consultazioni sulle tariffe per il trasporto di passeggeri, di bagagli e di merci sui servizi aerei di linea;
c)
accordi di gestione in comune di servizi aerei di linea di nuova istituzione e di scarsa densità;
d)
assegnazione di bande orarie negli aeroporti e programmazione degli orari; la Commissione provvede a garantire la concordanza delle suddette norme con il regolamento (CEE) n. 95/93 del Consiglio, del 18 gennaio 1993, relativo a norme comuni per l’assegnazione di bande orarie negli aeroporti della Comunità (4);
e)
acquisto, sviluppo e utilizzazione in comune dei sistemi informatizzati per la fissazione di orari, le prenotazioni e il rilascio di biglietti da parte delle imprese di trasporto aereo; la Commissione provvede a garantire la concordanza delle suddette norme con il regolamento (CEE) n. 2289/89 del Consiglio, del 24 luglio 1989, relativo ad un codice di comportamento in materia di sistemi telematici di prenotazione (5).
2. Fatte salve le disposizioni del secondo comma del paragrafo 1, i regolamenti della Commissione previsti da detto comma definiscono le categorie di accordi, decisioni o pratiche concordate cui essi si applicano e specificano in particolare:
a)
le restrizioni o clausole che possono o non possono figurare negli accordi, decisioni o pratiche concordate;
b)
le clausole che devono essere comprese negli accordi, decisioni e pratiche concordate o qualsiasi altra condizione da soddisfare.
Articolo 3
I regolamenti adottati a norma dell’articolo 2 restano in vigore per un periodo determinato.
Detti regolamenti possono essere abrogati o modificati quando le circostanze si siano modificate relativamente a uno dei fattori che ne hanno determinato l’adozione; in tal caso viene stabilito un periodo entro il quale dovranno essere modificati gli accordi e le pratiche concordate ai quali il regolamento precedente era applicabile prima dell’abrogazione o della modifica.
Articolo 4
I regolamenti adottati ai sensi dell’articolo 2 contengono una disposizione che ne contempla l’applicazione con effetto retroattivo ad accordi, decisioni e pratiche concordate già esistenti alla data di entrata in vigore di tali regolamenti.
Articolo 5
Un regolamento adottato ai sensi dell’articolo 2 può stabilire che il divieto di cui all’articolo 81, paragrafo 1, del trattato non si applica, per il periodo stabilito da detto regolamento, agli accordi, decisioni e pratiche concordate in vigore alla data dell’adesione, ai quali l’articolo 81, paragrafo 1 si applica in virtù dell’adesione di Austria, Finlandia e Svezia e che non soddisfano i requisiti di cui all’articolo 81, paragrafo 3, del trattato.
Tuttavia il presente articolo non si applica agli accordi, decisioni e pratiche concordate che alla data dell’adesione rientrano già nel campo di applicazione dell’articolo 53, paragrafo 1, dell’accordo SEE.
Articolo 6
Prima di adottare un regolamento a norma dell’articolo 2, la Commissione pubblica un progetto del medesimo e invita tutte le persone e organizzazioni interessate a presentare le loro osservazioni entro un limite di tempo ragionevole che essa determina e che non può essere inferiore a un mese.
Articolo 7
Prima di pubblicare un progetto di regolamento e prima di adottare un regolamento a norma dell’articolo 2 la Commissione consulta il comitato consultivo sulle pratiche restrittive e le posizioni dominanti di cui all’articolo 14 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (6).
Articolo 8
Il regolamento (CEE) n. 3976/87 è abrogato.
I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato II.
Articolo 9
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, addì 25 maggio 2009.
Per il Consiglio
Il presidente
J. ŠEBESTA
(1) Parere del 21 ottobre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU L 374 del 31.12.1987, pag. 9.
(3) V. allegato I.
(4) GU L 14 del 22.1.1993, pag. 1.
(5) GU L 220 del 29.7.1989, pag. 1.
(6) GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1.
ALLEGATO I
Regolamento abrogato ed elenco delle sue modificazioni successive
Regolamento (CEE) n. 3976/87 del Consiglio
(GU L 374 del 31.12.1987, pag. 9).
Regolamento (CEE) n. 2344/90 del Consiglio
(GU L 217 dell’11.8.1990, pag. 15).
Regolamento (CEE) n. 2411/92 del Consiglio
(GU L 240 del 24.8.1992, pag. 19).
Atto di adesione del 1994, allegato I, punto III.A.3
(GU C 241 del 29.8.1994, pag. 56).
Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio
(GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1).
unicamente l’articolo 41
Regolamento (CE) n. 411/2004 del Consiglio
(GU L 68 del 6.3.2004, pag. 1).
unicamente l’articolo 2
ALLEGATO II
TAVOLA DI CONCORDANZA
Regolamento (CEE) n. 3976/87
Presente regolamento
Articolo 1
Articolo 1
Articolo 2, paragrafo 1
Articolo 2, paragrafo 1, primo comma
Articolo 2, paragrafo 2, alinea
Articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, alinea
Articolo 2, paragrafo 2, primo trattino
Articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, lettera a)
Articolo 2, paragrafo 2, secondo trattino
Articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, lettera b)
Articolo 2, paragrafo 2, terzo trattino
Articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, lettera c)
Articolo 2, paragrafo 2, quarto trattino
Articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, lettera d)
Articolo 2, paragrafo 2, quinto trattino
Articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, lettera e)
Articolo 2, paragrafo 3
Articolo 2, paragrafo 2
Articoli 3 e 4
Articoli 3 e 4
Articolo 4 bis, prima frase
Articolo 5, primo comma
Articolo 4 bis, seconda frase
Articolo 5, secondo comma
Articolo 5
Articolo 6
Articolo 6
Articolo 7
—
Articolo 8
Articolo 9
Articolo 9
—
Allegato I
—
Allegato II | Esenzione all’applicazione delle regole di concorrenza UE per taluni accordi nel settore dei trasporti aerei
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Il regolamento accorda alla Commissione europea il potere di concedere esenzioni per categoria nel settore dei trasporti aerei relativamente al traffico all’interno dell’Unione europea (Unione) e tra l’Unione e i paesi terzi. Stabilisce le condizioni e le circostanze specifiche in cui la Commissione potrà esercitare questo potere insieme alle autorità nazionali per la concorrenza degli Stati membri dell’Unione. Occorre notare che l’articolo del trattato nel titolo del regolamento, ossia l’articolo 81, paragrafo 3, del trattato che istituisce la Comunità europea (TCE), è diventato l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).
PUNTI CHIAVE
Articolo 101 del TFUE
L’articolo 101, paragrafo 3, del TFUE consente alla Commissione di adottare un regolamento che dichiari che taluni accordi, decisioni e pratiche concordate* sono esenti dall’articolo 101, paragrafo 1, del TFUE, che vieta gli accordi e le pratiche concordate tra società e gruppi di società che possono incidere sugli scambi tra Stati membri e il cui scopo è prevenire, limitare o distorcere la concorrenza all’interno mercato unico dell’Unione.
In particolare, la Commissione può adottare tale regolamento di esenzione per categoria in relazione ad accordi, decisioni e pratiche concordate riguardanti una delle seguenti finalità:programmazione in comune e coordinamento degli orari di volo; consultazioni sulle tariffe per il trasporto di passeggeri, bagagli e merci sui servizi aerei di linea; accordi di gestione in comune di servizi aerei di linea di nuova istituzione e di scarsa densità; assegnazione di bande orarie negli aeroporti e programmazione degli orari; acquisto, sviluppo e utilizzazione in comune di sistemi telematici di prenotazione per la fissazione di orari, le prenotazioni e il rilascio di biglietti da parte delle imprese di trasporto aereo.Circostanze modificate
Quando le circostanze si siano modificate relativamente a uno dei fattori che ne hanno determinato l’adozione, l’atto può essere abrogato o modificato. In tale eventualità, deve essere previsto un periodo transitorio per procedere alla modifica degli accordi e delle pratiche concordate ai quali era applicabile il regolamento precedente, prima dell’abrogazione o della modifica.
Durata limitata
Gli eventuali regolamenti relativi alle esenzioni per categoria vengono adottati per un periodo specificato e si applicano con effetto retroattivo ad accordi, decisioni e pratiche concordate già esistenti alla data di entrata in vigore del regolamento.
Informazioni e consultazione
Prima dell’adozione di un regolamento relativo alle esenzioni per categoria, la Commissione deve adottare un progetto del regolamento proposto e invitare tutte le persone e organizzazioni interessate a presentare le loro osservazioni entro un limite di tempo ragionevole. La Commissione deve consultare il comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti ai sensi del regolamento (CE) n. 1/2003 e dovrà farlo una prima volta prima di pubblicare il progetto di regolamento e una seconda volta dopo le consultazioni pubbliche (cfr. sintesi).
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento è in vigore dal 1 luglio 2009. Il regolamento (CE) n. 487/2009 codifica e abroga il regolamento (CEE) n. 3976/87.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, si veda:Antitrust (Commissione europea). Regolamenti di esenzione per categoria (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Pratiche concordate. Pratiche anticoncorrenziali, che sia stato concluso un accordo formale tra le parti o meno, le quali possono derivare da contatti diretti o indiretti fra società la cui intenzione è quella di influenzare la condotta del mercato o di rivelare comportamenti futuri previsti ai concorrenti.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 487/2009 del Consiglio, del 25 maggio 2009, relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato a talune categorie di accordi e di pratiche concordate nel settore dei trasporti aerei (versione codificata) (GU L 148 dell’11.6.2009, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo VII — Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni — Capo 1 — Regole di concorrenza — Sezione 1 — Regole applicabili alle imprese — Articolo 101 (ex 81 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 88).
Regolamento (CE) n. 80/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 gennaio 2009, relativo a un codice di comportamento in materia di sistemi telematici di prenotazione e che abroga il regolamento (CEE) n. 2299/89 del Consiglio (GU L 35 del 4.2.2009, pag. 47).
Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1/2003 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Regolamento (CEE) n. 95/93 del Consiglio, del 18 gennaio 1993, relativo a norme comuni per l’assegnazione di bande orarie negli aeroporti dell’Unione europea (GU L 14 del 22.1.1993, pag. 1).
Si veda la versione consolidata. | 4,974 | 411 |
Regolamento (CE) n. 1221/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, per quanto riguarda i conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche
Gazzetta ufficiale n. L 179 del 09/07/2002 pag. 0001 - 0005
Regolamento (CE) n. 1221/2002 del Parlamento europeo e del Consigliodel 10 giugno 2002per quanto riguarda i conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubblicheIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 285,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere della Banca centrale europea(2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3),considerando quanto segue:(1) Il regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio, del 25 giugno 1996, relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità (SEC 95)(4), costituisce il quadro di riferimento di norme, definizioni, classificazioni e principi contabili comuni per l'elaborazione dei conti degli Stati membri alla luce delle esigenze statistiche della Comunità, al fine di ottenere risultati confrontabili fra Stati membri.(2) La relazione del comitato monetario sulle esigenze informative, approvata dal Consiglio Ecofin del 18 gennaio 1999, ha sottolineato che, per il corretto funzionamento dell'Unione economica e monetaria e del mercato unico, l'effettiva sorveglianza e coordinamento delle politiche economiche costituiscono fattori di primaria importanza, che a loro volta richiedono un sistema completo di informazioni statistiche in grado di fornire ai responsabili politici i dati necessari per la formulazione delle decisioni. Tale relazione ha inoltre sottolineato la necessità di attribuire un'elevata priorità alle statistiche a breve termine della finanza pubblica degli Stati membri, in particolare di quelli che partecipano all'Unione economica e monetaria, e che l'obiettivo è la compilazione di conti trimestrali non finanziari semplificati per il settore delle amministrazioni pubbliche mediante un approccio graduale.(3) È opportuno definire i conti trimestrali semplificati non finanziari delle amministrazioni pubbliche alla luce dell'elenco di categorie del SEC 95 per le entrate e le spese delle amministrazioni definite dal regolamento (CE) n. 1500/2000 della Commissione, del 10 luglio 2000, recante applicazione del regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio per quanto riguarda le spese e le entrate delle amministrazioni(5).(4) Nell'ambito del citato approccio graduale, è stata attribuita la priorità alle imposte, ai contributi sociali effettivi e alle prestazioni sociali diverse dai trasferimenti sociali in natura come categorie che rappresentano attendibili indicatori delle tendenze della finanza pubblica già resi disponibili (prima fase).(5) La trasmissione di tale prima serie di categorie su base trimestrale, dal giugno 2000, in tutti gli Stati membri, costituisce l'oggetto del regolamento (CE) n. 264/2000 della Commissione, del 3 febbraio 2000, relativo all'attuazione del regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio con riferimento alle statistiche congiunturali della finanza pubblica(6).(6) È necessario integrare la prima fase con una seconda serie di categorie al fine di ottenere l'elenco completo delle categorie comprese nelle spese e nelle entrate delle amministrazioni pubbliche.(7) L'attendibilità dei dati trimestrali trasmessi ai sensi del presente regolamento dovrebbe essere verificata per quanto concerne i dati annuali. Una relazione sulla qualità dei dati trimestrali andrebbe quindi effettuata prima della fine del 2005.(8) Gli articoli 2 e 3 del regolamento (CE) n. 2223/96 stabiliscono le condizioni alle quali la Commissione ha facoltà di adottare emendamenti alla metodologia del SEC 95 per chiarirne e migliorarne il contenuto. La compilazione di conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche richiederà risorse addizionali negli Stati membri. La trasmissione di tali dati alla Commissione non può dunque essere soggetta ad una decisione della Commissione stessa.(9) Il comitato del programma statistico (CPS), istituito ai sensi della decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio(7), e il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti (CMFB), istituito ai sensi della decisione 91/115/CEE del Consiglio(8), sono stati consultati a norma dell'articolo 3 delle suddette decisioni,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1ObiettivoL'obiettivo del presente regolamento è la definizione del contenuto dei conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche, nonché la redazione dell'elenco delle categorie del SEC 95 che devono essere trasmesse dagli Stati membri a partire dal 30 giugno 2002, e la specificazione delle principali caratteristiche di tali categorie.Articolo 2Contenuto dei conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubblicheIl contenuto dei conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche è definito in allegato in riferimento ad un elenco di categorie del SEC 95 che costituiscono le spese e le entrate delle amministrazioni pubbliche.Articolo 3Categorie interessate dalla trasmissione dei dati trimestrali1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati trimestrali per le categorie o gruppi di categorie comprese nell'elenco in allegato, ad eccezione delle categorie per le quali i dati devono essere trasmessi ai sensi del regolamento (CE) n. 264/2000.2. I dati trimestrali vengono trasmessi per le seguenti categorie (o gruppi di categorie) di spese ed entrate delle amministrazioni pubbliche:a) Dal lato delle spese:- consumi intermedi (P.2)- investimenti lordi + acquisizioni meno cessioni di attività non finanziarie non prodotte (P.5 + K.2)- investimenti fissi lordi (P.51)- redditi da lavoro dipendente (D.1)- altre imposte sulla produzione (D.29)- contributi erogati (D.3)- redditi da capitale (D.4)- interessi (D.41)- imposte correnti sul reddito, sul patrimonio, ecc. (D.5)- trasferimenti sociali in natura corrispondenti a spese per prodotti forniti alle famiglie attraverso produttori di beni e servizi destinabili alla vendita (D.6311 + D.63121 + D.63131)- altri trasferimenti correnti (D.7)- rettifica per variazione dei diritti netti delle famiglie sulle riserve dei fondi pensione (D.8)- imposte in conto capitale + contributi agli investimenti + altri trasferimenti in conto capitale (D.91 + D.92 + D.99);b) Sul lato delle entrate:- produzione di beni e servizi destinabili alla vendita + produzione di beni e servizi per proprio uso finale + pagamenti per altra produzione di beni e servizi non destinabili alla vendita (P.11 + P.12 + P.131)- altri contributi alla produzione ricevuti (D.39)- redditi da capitale (D.4)- contributi sociali figurativi (D.612)- altri trasferimenti correnti (D.7)- contributi agli investimenti + altri trasferimenti in conto capitale (D.92 + D.99).3. Le transazioni D.41, D.7, D.92 e D.99 vengono consolidate nell'ambito del settore delle amministrazioni pubbliche. Le altre transazioni non vengono consolidate.Articolo 4Compilazione dei dati trimestrali: fonti e metodi1. I dati trimestrali relativi al primo trimestre 2001 e successivi vengono compilati in base alle norme seguenti:a) i dati trimestrali si basano, per quanto possibile, su informazioni dirette provenienti da fonti primarie, allo scopo di ridurre al minimo, per ciascun trimestre, le differenze fra le stime preliminari e quelle finali;b) le informazioni dirette vengono eventualmente integrate da rettifiche finalizzate ad ottenere un grado di copertura completo e da rettifiche concettuali finalizzate ad allineare i dati trimestrali con i concetti del SEC 95;c) i dati trimestrali e i corrispondenti dati annuali devono essere coerenti.2. I dati trimestrali relativi ai trimestri compresi tra il primo del 1999 ed il quarto del 2000 vengono compilati mediante fonti e metodi tali da assicurare la coerenza fra i dati trimestrali e i corrispondenti dati annuali.Articolo 5Scadenze per la trasmissione dei dati trimestrali1. I dati trimestrali di cui all'articolo 3 vengono trasmessi alla Commissione (Eurostat) entro tre mesi dalla fine del trimestre a cui si riferiscono.Le eventuali revisioni dei dati trimestrali relativi ai trimestri precedenti vengono trasmesse contemporaneamente.2. La prima trasmissione di dati trimestrali è costituita dai dati relativi al primo trimestre 2002. Gli Stati membri trasmettono tali dati entro il 30 giugno 2002.Tuttavia, la Commissione ha facoltà di concedere una deroga non superiore a un anno per quanto riguarda la data della prima trasmissione dei dati trimestrali per il primo trimestre 2002 e successivi, nella misura in cui i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti.Articolo 6Trasmissione di dati pregressi1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati trimestrali pregressi per le categorie di cui all'articolo 3 a partire dal primo trimestre del 1999.2. I dati trimestrali relativi ai trimestri dal primo del 1999 al quarto del 2001 vengono trasmessi alla Commissione (Eurostat) entro il 30 giugno 2002.Tuttavia, la Commissione ha facoltà di concedere una deroga non superiore a un anno per quanto riguarda la data della prima trasmissione dei dati trimestrali per il primo trimestre 1999 e successivi, nella misura in cui i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti.Articolo 7Applicazione1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) una descrizione delle fonti e dei metodi utilizzati per la compilazione dei dati trimestrali di cui all'articolo 3 (descrizione iniziale), alla stessa data in cui iniziano la trasmissione dei dati trimestrali conformemente alla scadenza di cui all'articolo 5, paragrafo 2.2. Le eventuali revisioni della descrizione iniziale delle fonti e dei metodi utilizzati per la compilazione dei dati trimestrali vengono trasmessi alla Commissione (Eurostat) quando vengono comunicati i dati riveduti.3. La Commissione (Eurostat) informa i comitati CPS e CMFB sulle fonti e sui metodi utilizzati da ciascuno Stato membro.Articolo 8RelazioneSulla base dei dati trasmessi per le categorie di cui all'articolo 3, e previa consultazione del CPS, la Commissione (Eurostat) trasmette al Parlamento europeo ed al Consiglio, entro il 31 dicembre 2005, una relazione contenente una valutazione dell'attendibilità dei dati trimestrali trasmessi dagli Stati membri.Articolo 9Disposizioni transitorie1. Gli Stati membri che non sono in grado, durante il periodo di transizione di cui al paragrafo 4, di trasmettere i dati trimestrali a partire dal primo trimestre 2001 conformemente alle fonti e ai metodi di cui all'articolo 4, paragrafo 1, e alle scadenze di cui all'articolo 5, paragrafo 1, applicano il paragrafo 2.2. Gli Stati membri di cui al paragrafo 1 trasmettono alla Commissione (Eurostat) le loro "migliori stime trimestrali" (vale a dire, comprendenti tutte le nuove informazioni progressivamente disponibili nel corso del processo di compilazione del sistema dei conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche) conformemente alla scadenza di cui all'articolo 5, paragrafo 1.Essi indicano allo stesso tempo le operazioni che devono essere ancora portate a termine per rispettare le fonti ed i metodi di cui all'articolo 4, paragrafo 1.3. Durante il periodo di transizione di cui al paragrafo 4, la Commissione (Eurostat) esamina il progresso compiuto dagli Stati membri per l'applicazione integrale dell'articolo 4, paragrafo 1.4. Il periodo di transizione inizia a partire dalla data della prima trasmissione di cui all'articolo 5, paragrafo 2, e termina al più tardi il 31 marzo 2005.Articolo 10Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Lussemburgo, addì 10 giugno 2002.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteJ. Piqué I Camps(1) GU C 154 E del 29.5.2001, pag. 300.(2) GU C 131 del 3.5.2001, pag. 6.(3) Parere del Parlamento europeo del 3 luglio 2001 (GU C 65 E del 14.3.2002, pag. 33) e decisione del Consiglio del 7 maggio 2002.(4) GU L 310 del 30.11.1996, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 359/2002 (GU L 58 del 28.2.2002, pag. 1).(5) GU L 172 del 12.7.2000, pag. 3.(6) GU L 29 del 4.2.2000, pag. 4.(7) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47.(8) GU L 59 del 6.3.1991, pag. 19. Decisione modificata da ultimo dalla decisione 96/174/CE (GU L 51 dell'1.3.1996, pag. 48).ALLEGATOCONTENUTO DEI CONTI TRIMESTRALI NON FINANZIARI DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHEI conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche vengono definiti in riferimento all'elenco delle spese e delle entrate delle amministrazioni pubbliche di cui al regolamento (CE) n. 1500/2000 della Commissione.Le spese delle amministrazioni pubbliche comprendono le categorie del SEC 95 riportate dal lato degli impieghi, o nelle variazioni delle attività, o nelle variazioni delle passività e del patrimonio netto della sequenza dei conti delle amministrazioni pubbliche, ad eccezione della categoria D.3, compresa nella sezione delle risorse dei conti delle amministrazioni pubbliche.Le entrate delle amministrazioni pubbliche comprendono le categorie del SEC 95 riportate dal lato delle risorse o nelle variazioni delle passività e del patrimonio netto della sequenza dei conti non finanziari delle amministrazioni pubbliche, ad eccezione della categoria D.39, compresa nel lato degli impieghi dei conti delle amministrazioni pubbliche.Per definizione, la differenza fra entrate delle amministrazioni pubbliche e spese delle amministrazioni pubbliche, ai sensi delle definizioni di cui sopra, costituisce l'accreditamento netto (+)/indebitamento netto (-) del settore delle amministrazioni pubbliche.Le transazioni D.41, D.7, D.92 e D.99 sono consolidate internamente al settore delle amministrazioni pubbliche. Le altre transazioni non sono consolidate.La tabella che segue illustra le categorie del SEC 95 che costituiscono le spese e le entrate delle amministrazioni pubbliche. Le categorie riportate in corsivo costituiscono già oggetto di trasmissione su base trimestrale in virtù del regolamento (CE) n. 264/2000 della Commissione.>SPAZIO PER TABELLA>>SPAZIO PER TABELLA> | Raccolta delle statistiche trimestrali non finanziarie delle amministrazioni da parte dei paesi dell’UE
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Definisce le principali categorie dei conti pubblici non finanziari come stabilite nel SEC 95, i cui dettagli devono essere comunicati dagli istituti statistici dei paesi dell’Unione europea (UE) alla Commissione europea (Eurostat) ogni tre mesi.
PUNTI CHIAVE
I dati trimestrali riguardano sia le spese che le entrate delle amministrazioni pubbliche.
Secondo Eurostat, la pubblica amministrazione è composta da quattro sottosettori:
amministrazione centrale;
amministrazione statale;
amministrazione locale;
enti di previdenza sociale.
Spese:
consumi intermedi*;
investimenti lordi*;
investimenti fissi lordi*;
redditi da lavoro dipendente*;
altre imposte sulla produzione;
contributi erogati;
redditi da capitale;
interessi;
imposte sul reddito e sul patrimonio;
trasferimenti sociali* e di altro tipo forniti alle famiglie;
contributi agli investimenti e altri trasferimenti in conto capitale.
Entrate:
produzione di beni e servizi destinati alla vendita (tutti i prodotti ceduti sul mercato o destinati a essere ceduti sul mercato) e altri pagamenti di tipo amministrativo per la produzione delle amministrazioni pubbliche;
imposte: sulla produzione e sulle importazioni, sul reddito e sul capitale, imposte in conto capitale;
altri contributi alla produzione;
redditi da capitale;
contributi sociali effettivi e figurativi (laddove per contributi «figurativi» si intendono i contributi sociali pagati dai datori di lavoro a nome dei loro lavoratori dipendenti);
altri trasferimenti correnti;
contributi agli investimenti e altri trasferimenti in conto capitale.
I primi dati trimestrali trasmessi ai sensi della legislazione riguardavano il primo trimestre 2002. Le disposizioni transitorie sono state precedentemente applicate a partire dall’inizio del 1999.
I paesi dell’UE devono:
trasmettere i dati entro tre mesi dalla fine del trimestre a cui si riferiscono;
informare Eurostat delle fonti e dei metodi utilizzati per la compilazione dei dati.
La Commissione deve:
informare il comitato del sistema statistico europeo e il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti in merito alle fonti e ai metodi nazionali;
presentare una relazione entro il 31 dicembre 2005 contenente una valutazione dell’attendibilità dei dati trimestrali nazionali.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
È entrato in vigore il 29 luglio 2002.
CONTESTO
Il sistema europeo dei conti nazionali e regionali, noto come SEC 95 (sostituito ora dal SEC 2010), raccoglie informazioni comparabili, aggiornate e attendibili sulla struttura e sugli sviluppi delle economie nazionali e regionali nell’UE.
* TERMINI CHIAVE
Consumi intermedi: un concetto che misura il valore dei beni e dei servizi consumati in quanto fattori dei processi produttivi.
Investimenti lordi: il valore complessivo degli investimenti fissi lordi, della variazione delle scorte e delle acquisizioni meno le cessioni di oggetti di valore.
Investimenti fissi lordi: acquisizioni di capitali fissi nuovi ed esistenti quali beni, macchinari o attrezzature, spese per il miglioramento fondiario e per la costruzione di edifici.
Redditi da lavoro dipendente: il salario lordo complessivo e i contributi sociali dei datori di lavoro pagati dai datori di lavoro ai loro dipendenti per i lavori svolti.
Trasferimenti sociali: assistenza sociale da parte di enti pubblici e civici diretta a persone che vivono o che sono in pericolo di cadere in condizioni di povertà.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 1221/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, per quanto riguarda i conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche (GU L 179 del 9.7.2002, pag. 1-5)
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1221/2002 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. | 5,967 | 701 |
Direttiva 91/383/CEE del Consiglio, del 25 giugno 1991, che completa le misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute durante il lavoro dei lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di lavoro interinale
Gazzetta ufficiale n. L 206 del 29/07/1991 pag. 0019 - 0021 edizione speciale finlandese: capitolo 5 tomo 5 pag. 0063 edizione speciale svedese/ capitolo 5 tomo 5 pag. 0063
DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 25 giugno 1991 che completa le misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute durante il lavoro dei lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di lavoro interinale (91/383/CEE)IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 118 A, vista la proposta della Commissione(1), in cooperazione con il Parlamento europeo(2), visto il parere del Comitato economico e sociale(3), considerando che l'articolo 118 A del trattato CEE prevede che il Consiglio adotti, mediante direttiva, le prescrizioni minime per promuovere il miglioramento in particolare dell'ambiente di lavoro, per garantire un più elevato livello di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori; considerando che a norma dell'articolo precitato le direttive evitano di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici di natura tale da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese; considerando che il ricorso a forme di lavoro quali il lavoro a durata determinata o interinale è aumentato considerevolmente; considerando che, in seguito alle ricerche effettuate risulta che, in generale, i lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di lavoro interinale sono esposti, in taluni settori, a più rischi di infortuni sul lavoro e di malattie professionali degli altri lavoratori; considerando che questi rischi supplementari esistenti in taluni settori sono in parte connessi con particolari modalità di inserimento nell'impresa; che tali rischi possono essere diminuiti con un'adeguata informazione e formazione all'inizio del rapporto di lavoro; considerando che le direttive in materia di sanità e sicurezza durante il lavoro, e in particolare la direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro(4), contengono disposizioni volte a migliorare la salute e la sicurezza dei lavoratori in generale; considerando che la situazione specifica dei lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di lavoro interinale nonché la peculiarità dei rischi cui sono esposti in taluni settori rendono necessaria una normativa complementare particolare, in particolare per quanto concerne l'informazione, la formazione e la sorveglianza medica dei lavoratori interessati; considerando che la presente direttiva costituisce un elemento concreto nell'ambito della realizzazione della dimensione sociale del mercato interno, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: SEZIONE I CAMPO DI APPLICAZIONE E OGGETTO Articolo 1 Campo di applicazione Le disposizioni della presente direttiva si applicano: 1.ai rapporti di lavoro regolati da un contratto di lavoro a durata determinata, stipulato direttamente tra il datore di lavoro e il lavoratore, la cui scadenza è determinata da condizioni obiettive quali: raggiungimento di una data precisa, completamento di un evento determinato; 2.ai rapporti di lavoro interinale tra un'agenzia di lavoro interinale che è il datore di lavoro e il lavoratore, quando quest'ultimo è messo a disposizione per lavorare per e sotto il controllo di un'impresa e/o di uno stabilimento utilizzatori. Articolo 2 Oggetto 1. La presente direttiva è intesa a garantire che i lavoratori aventi un rapporto di lavoro contemplato all'articolo 1 beneficino, in materia di salute e sicurezza durante il lavoro, dello stesso livello di protezione di cui beneficiano gli altri lavoratori dell'impresa e/o stabilimento utilizzatori. 2. L'esistenza di un rapporto di lavoro contemplato all'articolo 1 non può giustificare una differenza di trattamento per quanto concerne le condizioni di lavoro relative alla protezione della sicurezza e della salute durante il lavoro, con particolare riguardo all'accesso alle attrezzature di protezione individuali. 3. Le disposizioni della direttiva 89/391/CEE nonché le direttive particolari ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della medesima, si applicano integralmente ai lavoratori che hanno un rapporto di lavoro contemplati all'articolo 1, fatte salve disposizioni più vincolanti e/o più specifiche contenute nella presente direttiva. SEZIONE II DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 3 Informazione dei lavoratori Fatte salve le disposizioni dell'articolo 10 della direttiva 89/391/CEE, gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché: 1.prima di svolgere un'attività, il lavoratore che ha un rapporto di lavoro contemplato all'articolo 1 venga informato dall'impresa e/o dallo stabilimento utilizzatori sui rischi che corre; 2.tale informazione: -riguardi in particolare l'esigenza di qualifiche o attitudini professionali particolari o di una sorveglianza medica speciale definita dalla legislazione nazionale, e -precisi gli eventuali rischi aggravati specifici connessi con il posto di lavoro da occupare, quali definiti dalla legislazione nazionale. Articolo 4 Formazione dei lavoratori Fatte salve le disposizioni dell'articolo 12 della direttiva 89/391/CEE, gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché, nei casi previsti dall'articolo 3 il lavoratore riceva una formazione sufficiente e adeguata alle caratteristiche proprie del suo posto di lavoro, tenuto conto della sua qualificazione e della sua esperienza. Articolo 5 Utilizzazione e sorveglianza medica dei lavoratori 1. Gli Stati membri hanno la facoltà di vietare che si faccia ricorso a lavoratori che hanno un rapporto di lavoro contemplato all'articolo 1 per taluni lavori particolarmente pericolosi per la loro sicurezza o salute secondo la definizione della legislazione nazionale ed in particolare per taluni lavori che formano oggetto di una sorveglianza medica speciale definita dalla legislazione nazionale. 2. Quando gli Stati membri non si avvalgono della facoltà prevista al paragrafo 1, essi prendono, fatte salve le disposizioni dell'articolo 14 della direttiva 89/391/CEE, le misure necessarie affinché i lavoratori che hanno un rapporto di lavoro contemplato all'articolo 1 ed a cui si fa appello per lavori che formano oggetto di una sorveglianza medica speciale definita dalla legislazione nazionale beneficino di una appropriata sorveglianza medica speciale. 3. Gli Stati membri hanno la facoltà di prevedere che questa sorveglianza medica speciale appropriata prevista al paragrafo 2 si protragga oltre la scadenza del rapporto di lavoro del lavoratore interessato. Articolo 6 Servizi di protezione e prevenzione Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché i lavoratori, servizi o persone designati, in conformità dell'articolo 7 della direttiva 89/391/CEE, per svolgere attività di protezione e prevenzione nei confronti dei rischi professionali siano informati delle funzioni assegnate a lavoratori che hanno un rapporto di lavoro contemplato all'articolo 1, in modo da poter svolgere la loro attività di protezione e prevenzione per tutti i lavoratori dell'impresa e/o dello stabilimento. SEZIONE III DISPOSIZIONI PARTICOLARI Articolo 7 Rapporti di lavoro interinale: informazione Fatte salve le disposizioni dell'articolo 3 della presente direttiva, gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché: 1.l'impresa e/o lo stabilimento utilizzatori, prima che il lavoratore che ha un rapporto di lavoro contemplato all'articolo 1, punto 2) sia messo a loro disposizione, precisino all'agenzia di lavoro interinale in particolare la qualifica professionale richiesta e le caratteristiche proprie del posto di lavoro da occupare; 2)l'agenzia di lavoro interinale comunichi tutti questi elementi ai lavoratori interessati. Gli Stati membri hanno la facoltà di prevedere che le precisazioni che l'impresa e/o lo stabilimento utilizzatori devono fornire all'agenzia di lavoro interinale conformemente al primo comma, punto 1) debbano figurare nel contratto di messa a disposizione. Articolo 8 Rapporti di lavoro interinale: responsabilità Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché: 1.fatta salva la responsabilità prevista dalla legislazione nazionale per l'agenzia di lavoro interinale, l'impresa e/o lo stabilimento utilizzatori siano, per tutta la durata della missione, responsabili delle condizioni d'esecuzione del lavoro; 2.ai fini dell'applicazione del punto 1), le condizioni di esecuzione del lavoro si limitino a quelle connesse con la sicurezza, l'igiene e la salute durante il lavoro. SEZIONE IV DISPOSIZIONE VARIE Articolo 9 Disposizioni più favorevoli La presente direttiva non osta a disposizione nazionali e comunitarie, esistenti o future, che siano più favorevoli alla protezione della sicurezza e della salute durante il lavoro dei lavoratori che hanno un rapporto di lavoro contemplato all'articolo 1. Articolo 10 Disposizioni finali 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 31 dicembre 1992. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno già adottate o che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. 3. Ogni cinque anni gli Stati membri riferiscono alla Commissione sull'applicazione nella prassi delle disposizioni della presente direttiva, indicando i punti di vista delle parti sociali. La Commissione ne informa il Parlamento europeo, il Consiglio, il Comitato economico e sociale e il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la protezione della salute sul luogo di lavoro. 4. La Commissione presenta periodicamente al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale una relazione sull'applicazione della presente direttiva tenendo conto dei paragrafi 1, 2 e 3. Articolo 11 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Lussemburgo, addì 25 giugno 1991. Per il Consiglio Il Presidente J.-C. JUNCKER (1)GU n. C 224 dell'8. 9. 1990, pag. 4. (2)Parere reso il 20 novembre 1990 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e GU n. C 158 del 17. 6. 1991. (3)GU n. C 332 del 31. 12. 1990, pag. 167. (4)GU n. L 183 del 29. 6. 1989, pag. 1. | Salute e sicurezza sul luogo di lavoro per lavoratori interinali
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Intende garantire che i paesi dell’Unione europea (UE) emettano norme atte a migliorare le tutele legate alla sicurezza e alla salute dei lavoratori con contratti interinali* o a tempo determinato*, al fine di allinearle con quelle di cui godono altri lavoratori.
PUNTI CHIAVE
La direttiva 89/391/CEE del Consiglio sulla salute e la sicurezza dei lavoratori si applica anche ai lavoratori interinali*. La direttiva attuale la integra con le condizioni elencate di seguito.
Informazione e formazione
Prima di iniziare a lavorare, i lavoratori interinali devono essere informati in merito ai rischi connessi alle proprie mansioni e, in particolare, relativamente alle eventuali qualifiche professionali, alle competenze e alla sorveglianza medica speciale richiesta.
Ciascun lavoratore deve ricevere una formazione adeguata alla proprie mansioni e adatta al proprio livello di qualifica ed esperienza.
Sorveglianza medica speciale
Qualora un lavoro risulti particolarmente pericoloso per la sicurezza o la salute dei lavoratori interinali o richieda sorveglianza medica speciale, i paesi dell’UE possono proibirne l’impiego. Se i lavoratori interinali sono abituati a tale tipo di lavoro, il datore di lavoro deve fornire un’adeguata sorveglianza medica speciale che, se necessario, può estendersi oltre il periodo di impiego.
Servizi sanitari e di sicurezza
I servizi sanitari e di sicurezza interni all’organizzazione devono essere informati delle funzioni assegnate ai lavoratori interinali.
Aziende e agenzie per l’impiego
Se i lavoratori interinali sono forniti all’impresa da un’agenzia o altre aziende per l’impiego, queste ultime devono essere informate in merito alle qualifiche richieste e alle peculiarità specifiche del lavoro; tali informazioni devono essere trasmesse ai lavoratori interessati. Queste informazioni possono essere inserite nel contratto di messa a disposizione.
Tuttavia, l’organizzazione che impiega il lavoratore interinale è responsabile per gli aspetti relativi alla sicurezza, all’igiene e alla salute delle condizioni di lavoro.
Responsabilità dei paesi dell’UE
I paesi dell’UE devono riferire alla Commissione europea ogni cinque anni in merito all’attuazione della direttiva, riportando i punti di vista di lavoratori e datori di lavoro.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Si applica a partire dal 15 luglio 1991. I paesi dell’UE dovevano recepirla nel diritto nazionale entro il 31 dicembre 1992.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:
Condizioni di lavoro: salute e sicurezza nel lavoro a tempo determinato e interinale sul sito Internet della Commissione europea;
Direttiva 91/383/CEE: rapporto di lavoro a tempo determinato o interinale sul sito Internet dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro;
Sintesi della direttiva 89/391/CEE del Consiglio concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro.
* TERMINI CHIAVE
Contratto interinale: un contratto di lavoro tra un’agenzia di lavoro interinale e un lavoratore con il quale quest’ultimo si impegna a svolgere un’attività all’interno di un’organizzazione sotto la sua supervisione.
Contratto a tempo determinato (o a durata determinata): un contratto di lavoro stipulato direttamente tra un datore di lavoro e un lavoratore per una durata specifica o per completare una determinata attività.
Lavoratore interinale: termine utilizzato per chiarezza nella presente sintesi, indicante una persona che lavori nell’ambito di uno qualsiasi dei due rapporti di lavoro appena descritti.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 91/383/CEE del Consiglio, del 25 giugno 1991, che completa le misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute durante il lavoro dei lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di lavoro interinale (GU L 206 del 29.7.1991, pag. 19-21)
Le successive modifiche alla direttiva 91/383/CEE sono state incorporate nel testo base. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
DOCUMENTI COLLEGATI
Direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183 del 29.6.1989, pag. 1-8)
Si veda la versione consolidata. | 4,652 | 945 |
2002/494/GAI: Decisione del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa all'istituzione di una rete europea di punti di contatto in materia di persone responsabili di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra
Gazzetta ufficiale n. L 167 del 26/06/2002 pag. 0001 - 0002
Decisione del Consigliodel 13 giugno 2002relativa all'istituzione di una rete europea di punti di contatto in materia di persone responsabili di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra(2002/494/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il titolo VI del trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 30 e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera c),vista l'iniziativa del Regno dei Paesi Bassi(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) I Tribunali penali internazionali per la ex-Iugoslavia e per il Rwanda indagano, perseguono e giudicano dal 1995 violazioni delle leggi ed usi di guerra, genocidio e crimini contro l'umanità.(2) Lo statuto di Roma della Corte penale internazionale del 17 luglio 1998 afferma che i crimini più gravi, motivo di allarme per l'intera comunità internazionale, in particolare il genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra, non devono rimanere impuniti e che la loro repressione deve essere efficacemente garantita mediante provvedimenti adottati in ambito nazionale ed attraverso il rafforzamento della cooperazione internazionale.(3) Lo statuto di Roma rammenta che è dovere di ciascuno Stato esercitare la propria giurisdizione penale nei confronti dei responsabili di tali crimini internazionali.(4) Lo statuto di Roma, ai sensi del quale è stata istituita la Corte penale internazionale, sottolinea che essa è complementare alle giurisdizioni penali nazionali.(5) Tutti gli Stati membri dell'Unione europea hanno firmato o ratificato lo statuto di Roma.(6) Le indagini, l'azione penale e lo scambio di informazioni riguardanti il genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra rimangono di competenza delle autorità nazionali, salvo quando il diritto internazionale disponga diversamente.(7) Gli Stati membri sono confrontati a persone implicate in questi crimini, che cercano una via di scampo all'interno delle frontiere dell'Union europea.(8) Il successo di un effettivo accertamento e perseguimento di questi crimini a livello nazionale dipende in larga misura da una collaborazione più stretta tra le diverse autorità che li combattono.(9) È essenziale che le autorità competenti degli Stati parte dello statuto di Roma, compresi gli Stati membri dell'Unione europea, operino in stretta collaborazione in tale contesto.(10) Si favorisce una stretta collaborazione allorché gli Stati membri rendono possibile la comunicazione diretta tra punti di contatto centralizzati, specializzati.(11) Una stretta collaborazione tra tali punti di contatto consente di ottenere un quadro più completo delle persone implicate in tali crimini e degli Stati membri in cui esse sono oggetto di indagine.(12) Gli Stati membri, nella posizione comune 2001/443/PESC del Consiglio, dell'11 giugno 2001, sulla Corte penale internazionale(3), hanno riconosciuto che i crimini che rientrano nella competenza giurisdizionale della Corte penale internazionale sono fonte di preoccupazione per tutti gli Stati membri, i quali sono determinati a cooperare alla prevenzione di detti crimini e a porre termine all'impunità di coloro che li hanno perpetrati.(13) La presente decisione fa salvi i trattati, gli accordi e le normative riguardanti l'assistenza giudiziaria in materia penale tra autorità giudiziarie,DECIDE:Articolo 1Designazione e comunicazione di punti di contatto1. Ciascuno Stato membro designa un punto di contatto per lo scambio di informazioni sulle indagini riguardanti il genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra, quali definiti agli articoli 6, 7 e 8 dello statuto di Roma della Corte penale internazionale del 17 luglio 1998.2. Ciascuno Stato membro notifica al segretariato generale del Consiglio il proprio punto di contatto ai sensi della presente decisione. Il segretariato generale assicura la diffusione di tale comunicazione agli Stati membri, e informa gli stessi di eventuali cambiamenti in tali comunicazioni.Articolo 2Raccolta e scambio di informazioni1. Il compito di ciascun punto di contatto è fornire, previa richiesta, in conformità delle pertinenti intese tra gli Stati membri e della normativa nazionale applicabile, qualsiasi informazione disponibile suscettibile di avere rilevanza nel contesto delle indagini relative ai crimini sopra citati, o ad agevolare la cooperazione con le autorità nazionali competenti.2. Nei limiti imposti dalla normativa nazionale applicabile, i punti di contatto possono scambiarsi informazioni senza bisogno di apposita richiesta.Articolo 3Informazione al Parlamento europeoIl Consiglio informa il Parlamento europeo del funzionamento e dell'efficacia della rete di punti di contatto nell'ambito del dibattito annuale di cui all'articolo 39 del trattato.Articolo 4AttuazioneGli Stati membri assicurano che saranno in grado di cooperare pienamente, in conformità delle disposizioni della presente decisione, al più tardi un anno dopo che la presente decisione ha preso effetto.Articolo 5Decorrenza degli effettiLa presente decisione ha effetto a decorrere dalla data di adozione.Fatto a Lussemburgo, addì 13 giugno 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteM. Rajoy Brey(1) GU C 295 del 20.10.2001, pag. 7.(2) Parere reso il 9 aprile 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 155 del 12.6.2001, pag. 19. | Rete europea per la lotta contro il genocidio
SINTESI
CHE COSA FA LA DECISIONE?
La presente decisione istituisce una rete di punti di contatto nazionali (uno in ogni paese dell’Unione europea) al fine di migliorare la cooperazione riguardo alla lotta contro il genocidio*, i crimini contro l'umanità* e i crimini di guerra*.
PUNTI CHIAVE
Ogni paese dell’Unione europea (UE) designa punti di contatto nazionali per lo scambio di informazioni sulle indagini relative a tali crimini. Le coordinate dei punti di contatto devono essere comunicate al Segretariato generale del Consiglio dell’UE, che trasmette le informazioni ai punti di contatto nazionali negli altri paesi dell’UE.
I punti di contatto devono fornirsi reciprocamente le informazioni nel contesto delle indagini relative ai crimini di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra su richiesta di altri punti di contatto nazionali.
Il Consiglio dell’UE informa annualmente il Parlamento europeo sulle attività svolte dalla rete dei punti di contatto.
La rete si riunisce due volte l’anno in occasione delle riunioni convocate dalla presidenza del Consiglio dell’UE per coordinare gli sforzi in corso al fine di ricercare e perseguire le persone sospettate di aver commesso o partecipato a genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
La presente decisione è entrata in vigore il 13 giugno 2002.
CONTESTO
Tutti i paesi dell’UE hanno ratificato lo statuto di Roma del 17 luglio 1998, ai sensi del quale è stata istituita la Corte penale internazionale (CPI) competente a giudicare in materia di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra.
Tuttavia, le autorità nazionali sono primariamente responsabili della ricerca e del perseguimento dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra. Pertanto, è necessaria una più stretta cooperazione fra le autorità nazionali per garantire il giusto perseguimento di tali crimini.
Rete per la lotta contro il genocidio
TERMINI CHIAVE
* Genocidio: atti commessi con l’intenzione di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso.
* Crimini contro l’umanità : atti commessi come parte di un attacco diffuso e sistematico diretto contro le popolazioni civili.
* Crimini di guerra: atti commessi che violano il diritto di guerra (ad esempio, le convenzioni di Ginevra). Alcuni esempi comprendono il maltrattamento di prigionieri di guerra, l’uccisione di ostaggi, o il distruggere deliberatamente città, paesi o villaggi.
ATTO
Decisione del Consiglio 2002/494/GAI del 13 giugno 2002, relativa all'istituzione di una rete europea di punti di contatto in materia di persone responsabili di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra (GU L 167 del 26.6.2002, pagg. 1-2)
ATTI COLLEGATI
Decisione 2003/335/GAI del Consiglio, dell’8 maggio 2003, relativa all'accertamento e al perseguimento del genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra (GU L 118 del 14.5.2003, pagg. 12-14) | 2,695 | 543 |
Direttiva 2001/114/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, relativa a taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all'alimentazione umana
Gazzetta ufficiale n. L 015 del 17/01/2002 pag. 0019 - 0023
Direttiva 2001/114/CE del Consigliodel 20 dicembre 2001relativa a taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all'alimentazione umanaIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),visto il parere del Comitato economico e sociale(3),considerando quanto segue:(1) Occorre semplificare talune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari per tener conto soltanto dei requisiti essenziali ai quali i prodotti contemplati da queste direttive devono conformarsi affinché essi possano circolare liberamente nel mercato interno, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Edimburgo dell'11-12 dicembre 1992, confermate dal Consiglio europeo di Bruxelles del 10-11 dicembre 1993.(2) La direttiva 76/118/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1975, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all'alimentazione umana(4), è stata motivata dal fatto che disparità tra le legislazioni nazionali concernenti taluni tipi di latte conservato potevano creare condizioni di concorrenza sleale con la conseguenza di trarre in inganno il consumatore e avevano quindi un'incidenza diretta sull'instaurazione e il funzionamento del mercato comune.(3) La direttiva 76/118/CEE è stata perciò concepita per definire taluni tipi di latte conservato e per stabilire norme comuni per la composizione, le caratteristiche di fabbricazione e l'etichettatura di detti prodotti, al fine di garantirne la libera circolazione all'interno della Comunità europea.(4) Detta direttiva dovrebbe essere adeguata alla normativa comunitaria generale relativa a tutti i prodotti alimentari, in particolare a quella sull'etichettatura, gli additivi autorizzati, le regole igieniche e le norme sanitarie fissate dalla direttiva 92/46/CEE(5).(5) Per motivi di chiarezza, occorre procedere alla rifusione della direttiva 76/118/CEE in un nuovo testo allo scopo di rendere più accessibili le norme sulle condizioni per la produzione e l'immissione in commercio di taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all'alimentazione umana.(6) Le regole generali sull'etichettatura dei prodotti alimentari, enunciate dalla direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio(6), dovrebbero applicarsi fatte salve talune condizioni.(7) Fatta salva la direttiva 90/496/CEE del Consiglio, del 24 settembre 1990, relativa all'etichettatura nutrizionale dei prodotti alimentari(7), l'aggiunta di vitamine ai prodotti di cui alla presente direttiva è autorizzata in alcuni Stati membri. Tuttavia non si può decidere di estendere tale possibilità a tutta la Comunità. Pertanto gli Stati membri sono liberi di autorizzare o vietare l'aggiunta di vitamine nelle loro produzioni nazionali, garantendo in ogni caso la libera circolazione delle merci all'interno della Comunità, conformemente alle norme e ai principi derivanti dal trattato.(8) Per i prodotti destinati ai lattanti, si applica la direttiva 91/321/CEE, del 14 maggio 1991, sugli alimenti per lattanti e alimenti di proseguimento(8).(9) Secondo i principi di sussidiarietà e di proporzionalità definiti dall'articolo 5 del trattato, l'obiettivo di stabilire definizioni e regole comuni per i prodotti interessati e di allineare le disposizioni alla normativa comunitaria generale sui prodotti alimentari non può essere sufficientemente realizzato dagli Stati membri e può dunque, data la natura della direttiva, essere realizzato meglio a livello comunitario. La presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo.(10) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate in base alla decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(9).(11) Per evitare che si creino nuovi ostacoli alla libera circolazione, occorre che gli Stati membri non adottino, per i prodotti indicati, disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1La presente direttiva si applica ai tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato definiti nell'allegato I.Articolo 2Fatta salva la direttiva 90/496/CEE, gli Stati membri possono autorizzare l'aggiunta di vitamine ai prodotti definiti nell'allegato I.Articolo 3La direttiva 2000/13/CE si applica ai prodotti definiti nell'allegato I alle condizioni seguenti:1) a) Le denominazioni di vendita di cui all'allegato I sono riservate ai prodotti in esso definiti e, salva la lettera b), sono utilizzate nel commercio per designarli.b) In alternativa alle denominazioni di cui alla lettera a), l'allegato II fornisce un elenco di denominazioni specifiche. Esse possono essere usate nella lingua ed alle condizioni ivi specificate.2) L'etichettatura indica la percentuale di grassi del latte espressa in peso in rapporto al prodotto finito, esclusi i prodotti definiti nell'allegato I, punto 1, lettere d) e g) e punto 2, lettera d), nonché la percentuale di estratto secco senza grassi ottenuto dal latte per i prodotti definiti nell'allegato I, punto 1. Questa indicazione figura accanto alla denominazione di vendita.3) Per i prodotti definiti nell'allegato I, punto 2, sull'etichettatura figurano le raccomandazioni concernenti il metodo di diluizione o di ricostituzione, ivi compresa l'indicazione del tenore di grassi del prodotto diluito o ricostituito.4) Nel caso in cui prodotti di peso unitario inferiore a 20 g siano condizionati in un imballaggio esterno, le indicazioni richieste dal presente articolo possono figurare solo su detto imballaggio esterno, ad eccezione della denominazione di vendita di cui al punto 1, lettera a).5) L'etichettatura dei prodotti definiti nell'allegato I, sezione 2 deve indicare che il prodotto "non è un alimento per lattanti minori di 12 mesi".Articolo 4Per i prodotti definiti negli allegati I e II, gli Stati membri non adottano disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva.Articolo 5Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva concernenti i punti citati in seguito sono adottate conformemente alle procedure di regolamentazione di cui all'articolo 6, paragrafo 2:- gli adeguamenti della presente direttiva alle disposizioni comunitarie generali in materia di prodotti alimentari,- gli adeguamenti al progresso tecnico.Articolo 61. La Commissione è assistita dal comitato permanente per i prodotti alimentari (in prosieguo: "il comitato") istituito dall'articolo 1 della decisione 69/414/CEE(10).2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 7La direttiva 76/118/CEE è abrogata a decorrere dal 17 luglio 2003.I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva.Articolo 8Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 17 luglio 2003. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Dette disposizioni sono applicate in modo da:- autorizzare l'immissione in commercio dei prodotti di cui all'allegato I, se conformi alle definizioni e alle norme previste dalla presente direttiva, entro il 17 luglio 2003,- vietare l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva a decorrere dal 17 luglio 2004.Tuttavia, l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva ed etichettati entro il 17 luglio 2004 in conformità della direttiva 76/118/CEE, è autorizzata fino ad esaurimento delle scorte.Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui sopra, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di siffatto riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.Articolo 9La presente direttiva entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 10Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteC. Picqué(1) GU C 231 del 9.8.1996, pag. 20.(2) GU C 279 dell'1.10.1999, pag. 95.(3) GU C 56 del 24.2.1997, pag. 20.(4) GU L 24 del 30.1.1976, pag. 49. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(5) GU L 268 del 14.9.1992, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 94/71/CE (GU L 368 del 31.12.1994, pag. 33).(6) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29.(7) GU L 276 del 6.10.1990, pag. 40.(8) GU L 175 del 4.7.1991, pag. 35. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 1999/50/CE (GU L 139 del 2.6.1999, pag. 29).(9) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(10) GU L 291 del 19.11.1969, pag. 9.ALLEGATO IDENOMINAZIONE E DEFINIZIONE DEI PRODOTTI1. Latte parzialmente disidratatoDesigna il prodotto liquido, con o senza aggiunta di zuccheri, ottenuto direttamente, mediante parziale eliminazione dell'acqua dal latte, dal latte totalmente o parzialmente scremato o da un miscuglio di tali prodotti, eventualmente con aggiunta di panna o di latte totalmente disidratato o di questi due prodotti; nel prodotto finito, l'aggiunta di latte totalmente disidratato non deve eccedere il 25 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.- Tipi di latte concentrato senza aggiunta di zuccheria) Latte concentrato ricco di grassiLatte parzialmente disidratato contenente, in peso, non meno del 15 % di grassi e non meno del 26,5 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.b) Latte concentrato o latte intero concentratoLatte parzialmente disidratato contenente, in peso, non meno del 7,5 % di grassi e non meno del 25 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.c) Latte parzialmente scremato concentratoLatte parzialmente disidratato contenente, in peso, non meno dell'1 % e meno del 7,5 % di grassi e non meno del 20 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.d) Latte scremato concentratoLatte parzialmente disidratato contenente, in peso, non più dell'1 % di grassi e non meno del 20 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.- Tipi di latte concentrato con aggiunta di zuccherie) Latte concentrato zuccherato o latte intero concentrato zuccheratoLatte parzialmente disidratato con aggiunta di saccarosio (zucchero di fabbrica, zucchero bianco o zucchero bianco raffinato) contenente, in peso, non meno dell'8 % di grassi e non meno del 28 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.f) Latte parzialmente scremato concentrato zuccheratoLatte parzialmente disidratato con aggiunta di saccarosio (zucchero di fabbrica, zucchero bianco o zucchero bianco raffinato) contenente, in peso, non meno dell'1 % e meno dell'8 % di grassi e non meno del 24 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.g) Latte scremato concentrato zuccheratoLatte parzialmente disidratato con aggiunta di saccarosio (zucchero di fabbrica, zucchero bianco o zucchero bianco raffinato) contenente, in peso, non più dell'1 % di grassi e non meno del 24 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.2. Latte totalmente disidratatoDesigna il prodotto solido ottenuto direttamente mediante eliminazione dell'acqua dal latte, dal latte totalmente o parzialmente scremato, dalla panna o da un miscuglio di tali prodotti e il cui tenore di acqua è inferiore o uguale al 5 % in peso del prodotto finito.a) Latte in polvere ricco di grassi o polvere di latte ricco di grassiLatte disidratato con un tenore minimo di grassi del 42 % in peso.b) Latte in polvere, latte intero in polvere, polvere di latte o polvere di latte interoLatte disidratato con un tenore di grassi pari o superiore al 26 % e inferiore al 42 % in peso.c) Latte parzialmente scremato in polvere o polvere di latte parzialmente scrematoLatte disidratato il cui tenore di grassi è superiore all'1,5 % e inferiore al 26 % in peso.d) Latte scremato in polvere o polvere di latte scrematoLatte disidratato con un tenore massimo di grassi dell'1,5 % in peso.3. Trattamentia) Per la fabbricazione dei prodotti di cui al punto 1, lettere e), f) e g), è autorizzato il trattamento mediante lattosio in quantità aggiuntiva non superiore allo 0,03 % in peso.b) Fatta salva la direttiva 92/46/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1992, che stabilisce le norme sanitarie per la produzione e la commercializzazione di latte crudo, di latte trattato termicamente e di prodotti a base di latte, la conservazione dei prodotti di cui ai punti 1 e 2 si ottiene:- mediante trattamento termico (sterilizzazione, UHT, ecc.), per i prodotti di cui al punto 1, lettere da a) a d),- mediante aggiunta di saccarosio, per i prodotti di cui al punto 1, lettere e), f) e g),- mediante disidratazione, per i prodotti di cui al punto 2.4. Aggiunte autorizzateConformemente all'articolo 2, l'aggiunta di vitamine è autorizzata per i prodotti definiti nel presente allegato, fatta salva la direttiva 90/496/CEE.ALLEGATO IIDENOMINAZIONI SPECIFICHE PER TALUNI PRODOTTI FIGURANTI NELL'ALLEGATO Ia) In lingua inglese l'espressione "evaporated milk" designa il prodotto definito nell'allegato I, punto 1, lettera b) contenente, in peso, non meno del 9 % di grassi e del 31 % di estratto secco totale ottenuto dal latte;b) in lingua francese le espressioni "lait demi-écrémé concentré" e "lait demi-écrémé concentré non sucré", e in lingua spagnola l'espressione "leche evaporada semidesnatada" e in lingua olandese le espressioni "geëvaporeerde halfvolle melk" o "halfvolle koffiemelk", e in lingua inglese l'espressione "evaporated semi-skimmed milk" designano il prodotto definito nell'allegato I, punto 1, lettera c) contenente, in peso, tra il 4 % ed il 4,5 % di grassi e non meno del 24 % di estratto secco totale;c) in lingua danese l'espressione "kondenseret kaffefløde" e in lingua tedesca l'espressione "kondensierte Kaffeesahne" designano il prodotto definito nell'allegato I, punto 1, lettera a);d) in lingua danese l'espressione "flødepulver", in lingua tedesca le espressioni "Rahmpulver" e "Sahnepulver", in lingua francese l'espressione "crème en poudre", in lingua olandese l'espressione "roompoeder", in lingua svedese l'espressione "gräddpulver" e in lingua finlandese l'espressione "kermajauhe" designano il prodotto definito nell'allegato I, punto 2, lettera a);e) in lingua francese l'espressione "lait demi-écrémé concentré sucré", e in lingua spagnola l'espressione "leche condensada semidesnatada" e in lingua olandese l'espressione "gecondenseerde halfvolle melk met suiker" designano il prodotto definito nell'allegato I, punto 1, lettera f) con un tenore di grassi, in peso, compreso tra il 4 % ed il 4,5 % e di estratto secco totale ottenuto dal latte non inferiore al 28 %;f) in lingua francese l'espressione "lait demi-écrémé en poudre" e in lingua olandese l'espressione "halfvolle-melkpoeder" designano il prodotto definito nell'allegato I, punto 2, lettera c) il cui tenore di grassi è compreso tra il 14 % e il 16 %;g) in portoghese l'espressione "leite em pó meio gordo" designa il prodotto definito nell'allegato I, punto 2, lettera c) il cui tenore di grassi è compreso tra il 13 % e il 26 %;h) in lingua olandese l'espressione "koffiemelk" designa il prodotto definito nell'allegato I, punto 1, lettera b);i) in lingua finlandese l'espressione "rasvaton maitojauhe" designa il prodotto definito nell'allegato I, punto 2, lettera d);j) in lingua spagnola l'espressione "leche en polvo semidesnatada" designa il prodotto definito nell'allegato I, punto 2, lettera c) il cui tenore di grassi è compreso tra il 10 % e il 16 %. | Latte conservato
Il latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato al consumo umano deve essere conforme alle specifiche disposizioni previste dalla direttiva 2001/114/CE. Tali disposizioni completano le regole generali di etichettatura dei prodotti alimentari previste dal diritto comunitario.
ATTO
Direttiva 2001/114/CE del Consiglio, del20 dicembre 2001, relativa a taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all'alimentazione umana [Cfr. atto(i) modificativo(i)].
SINTESI
Il latte conservato è definito in base alla composizione e ai processi di preparazione, al fine di promuovere un uso commerciale corretto e non fuorviante nelle rispettive denominazioni.
Latte conservato
I prodotti oggetto della presente direttiva sono:
il latte parzialmente disidratato (zuccherato o meno);
il latte totalmente disidratato (contenente differenti percentuali di grasso).
Inoltre, la direttiva definisce le denominazioni specifiche utilizzate in alcuni paesi e in certe lingue (Cfr. allegato II della direttiva).
Etichettatura
La presente direttiva stabilisce le disposizioni specifiche per l'etichettatura del latte conservato. Tali disposizioni si applicano fatte salve le norme generali in materia di etichettatura e presentazione dei prodotti alimentari. L'etichettatura del latte conservato deve contenere:
la percentuale di grasso (ad eccezione del latte condensato, del latte concentrato scremato e del latte in polvere parzialmente scremato);
la percentuale di latte solido non grasso (per i diversi tipi di latte parzialmente disidratato);
il metodo di diluizione o di ricostituzione (per il latte in polvere);
che il prodotto non è inteso per l'alimentazione dei neonati sotto i dodici mesi (per il latte in polvere).
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Direttiva 2001/114/CE
17.1.2002
17.7.2003
GU L 15 del 17.1.2002
Atto(i) modificativo(i)
Data di entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Direttiva 2007/61/CE
7.10.2007
31.8.2008
GU L 258 del 4.10.2007
ATTI COLLEGATI
Regolamento (UE) n.
1021/2013
del Parlamento europeo e del Consiglio, recante modifica delle direttive 1999/4/CE e 2000/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e delle direttive 2001/111/CE, 2001/113/CE e 2001/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le competenze da conferire alla Commissione [Gazzetta ufficiale L 287 del 29.10.2013].
Il presente regolamento allinea gli attuali poteri di attuazione della Commissione stabiliti nelle cinque direttive sulla colazione, con il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), specificatamente con l'articolo 290 che consente alla Commissione di adottare atti delegati. | 6,372 | 679 |
DECISIONE 2013/34/PESC DEL CONSIGLIO
del 17 gennaio 2013
relativa a una missione militare dell’Unione europea volta a contribuire alla formazione delle forze armate maliane (EUTM Mali)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 42, paragrafo 4, e l’articolo 43, paragrafo 2,
vista la proposta dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza,
considerando quanto segue:
(1)
Il 23 luglio 2012 il Consiglio ha riconosciuto che i drammatici cambiamenti avvenuti in Mali hanno richiesto un riesame delle azioni che l’Unione dovrebbe intraprendere per sostenere il ripristino di un governo democratico e dello stato di diritto nell’insieme del territorio del Mali. Ha chiesto all’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR) e alla Commissione di presentare proposte concrete per l’azione dell’Unione in diversi settori al fine di rispondere all’evolvere della situazione.
(2)
Con lettera del 18 settembre 2012 il presidente della Repubblica del Mali ha chiesto il sostegno dell’Unione per ripristinare l’integrità territoriale del Mali.
(3)
Nella risoluzione 2071 (2012) sulla situazione in Mali, adottata il 12 ottobre 2012, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, esprimendo profonda preoccupazione per le conseguenze dell’instabilità nel nord del Mali sulla regione e al suo esterno e sottolineando la necessità di rispondere rapidamente per preservare la stabilità in tutta la regione del Sahel, ha invitato i partner internazionali, compresa l’Unione, a fornire assistenza, consulenza, formazione e potenziamento delle capacità all’esercito e alle forze di sicurezza del Mali.
(4)
Nelle conclusioni del 15 ottobre 2012 il Consiglio ha chiesto che i lavori di pianificazione di un’eventuale missione militare nel quadro della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) siano proseguiti e approfonditi con urgenza, elaborando in particolare un concetto di gestione della crisi relativo alla riorganizzazione e all’addestramento delle forze di difesa maliane, tenendo conto delle condizioni necessarie per il buon esito di tale eventuale missione, compreso il sostegno pieno e totale delle autorità maliane e la definizione di una strategia di uscita.
(5)
Nelle conclusioni del 19 novembre 2012 il Consiglio ha accolto con favore la presentazione del concetto di gestione della crisi da parte dell’AR e ha chiesto ai gruppi competenti di esaminarlo urgentemente per consentire al Consiglio di approvarlo nel dicembre 2012.
(6)
Il 10 dicembre 2012 il Consiglio ha approvato un concetto di gestione della crisi concernente un’eventuale missione militare di formazione nel quadro della PSDC in Mali. Il Consiglio ha sottolineato che una missione in Mali sarebbe un elemento fondamentale nell’approccio globale dell’Unione quale elaborato nella strategia per la sicurezza e lo sviluppo nel Sahel.
(7)
Con lettera datata 24 dicembre 2012 il presidente della Repubblica del Mali ha trasmesso all’AR una lettera di invito in cui ha espresso apprezzamento per lo spiegamento di una missione militare di formazione dell’UE in Mali.
(8)
Il comitato politico e di sicurezza (CPS) dovrebbe esercitare, sotto la responsabilità del Consiglio e dell’AR, il controllo politico sulla missione militare dell’Unione, assicurarne la direzione strategica e adottare le decisioni pertinenti a norma dell’articolo 38, terzo comma, del trattato sull’Unione europea (TUE).
(9)
È necessario negoziare e concludere accordi internazionali relativi allo status delle unità e del personale dell’UE e alla partecipazione di Stati terzi alle missioni dell’Unione.
(10)
È opportuno che le spese operative derivanti dalla presente decisione, che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa, siano a carico degli Stati membri, a norma dell’articolo 41, paragrafo 2, TUE e conformemente alla decisione 2011/871/PESC del Consiglio, del 19 dicembre 2011, relativa all’istituzione di un meccanismo per amministrare il finanziamento dei costi comuni delle operazioni dell’Unione europea che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa (Athena) (1).
(11)
A norma dell’articolo 5 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al TUE e al trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), la Danimarca non partecipa all’elaborazione e all’attuazione di decisioni e azioni dell’Unione che hanno implicazioni nel settore della difesa. La Danimarca non partecipa all’attuazione della presente decisione e non contribuisce pertanto al finanziamento della presente missione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Missione
1. L’Unione conduce una missione militare di formazione (EUTM Mali), per fornire, nel sud del Mali, formazione e consulenza militare alle forze armate maliane (FAM) che operano sotto il controllo delle legittime autorità civili, al fine di contribuire al ripristino della loro capacità militare per consentire loro di condurre operazioni militari volte a ripristinare l’integrità territoriale maliana e ridurre la minaccia rappresentata dai gruppi terroristici.
2. L’obiettivo dell’EUTM Mali è rispondere alle esigenze operative delle FAM fornendo:
a)
sostegno nella formazione a favore delle capacità delle FAM;
b)
formazione e consulenza in materia di comando, controllo, catena logistica e risorse umane, nonché formazione in materia di diritto umanitario internazionale, protezione di diritti civili e umani.
3. L’EUTM Mali mira a rafforzare le condizioni per il corretto controllo politico da parte delle legittime autorità civili delle FAM.
4. Le attività dell’EUTM Mali sono condotte in stretto coordinamento con altri attori coinvolti nel sostegno alle FAM, in particolare con le Nazioni Unite (ONU) e la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas).
Articolo 2
Nomina del comandante della missione dell’UE
1. Il generale di brigata François LECOINTRE è nominato comandante della missione dell’UE.
2. Il comandante della missione dell’UE esercita le funzioni di comandante dell’operazione dell’UE e di comandante della forza dell’UE.
Articolo 3
Designazione della sede del comando della missione
1. Il comando della missione dell’EUTM Mali ha sede in Mali. Esso svolge le funzioni di comando operativo e di comando della forza.
2. Il comando della missione comprende una cellula di sostegno a Bruxelles.
Articolo 4
Pianificazione e avvio dell’EUTM Mali
La decisione sull’avvio dell’EUTM Mali è adottata dal Consiglio previa approvazione del piano della missione e delle regole di ingaggio.
Articolo 5
Controllo politico e direzione strategica
1. Il CPS esercita, sotto la responsabilità del Consiglio e dell’AR, il controllo politico e la direzione strategica dell’EUTM Mali. Il Consiglio autorizza il CPS ad assumere le decisioni pertinenti a norma dell’articolo 38 TUE. Tale autorizzazione include le competenze necessarie per modificare i documenti di pianificazione, compresi il piano della missione e la catena di comando. Essa include inoltre le competenze necessarie per adottare decisioni relative alla nomina dei comandanti successivi della missione dell’UE. Le competenze decisionali riguardanti gli obiettivi e la conclusione dell’EUTM Mali restano attribuite al Consiglio.
2. Il CPS riferisce periodicamente al Consiglio.
3. Il CPS riceve periodicamente dal presidente del Comitato militare dell’UE (EUMC) relazioni sulla condotta dell’EUTM Mali. Il CPS può invitare alle sue riunioni il comandante della missione dell’UE, ove opportuno.
Articolo 6
Direzione militare
1. L’EUMC sorveglia la corretta esecuzione dell’EUTM Mali condotta sotto la responsabilità del comandante della missione dell’UE.
2. L’EUMC riceve periodicamente relazioni del comandante della missione dell’UE. Esso può invitare alle sue riunioni il comandante della missione dell’UE, ove opportuno.
3. Il presidente dell’EUMC agisce in qualità di punto di contatto primario con il comandante della missione dell’UE.
Articolo 7
Coerenza della risposta e del coordinamento dell’Unione
1. L’AR garantisce l’attuazione della presente decisione e ne assicura altresì la coerenza con l’azione esterna dell’Unione nel suo complesso, inclusi i programmi di sviluppo dell’Unione.
2. Fatta salva la catena di comando, il comandante della missione dell’UE riceve orientamenti politici locali dal capo della delegazione dell’Unione a Bamako in stretto coordinamento con il coordinatore UE per il Sahel.
3. L’EUTM Mali si coordina con la missione dell’Unione in ambito PSDC in Niger (EUCAP SAHEL Niger) per esplorare possibili sinergie.
4. L’EUTM Mali coordina le sue attività con le attività bilaterali degli Stati membri in Mali, nonché con altri attori internazionali nella regione, in particolare l’ONU, l’Unione africana (UA), l’Ecowas e attori bilaterali compresi gli Stati Uniti e il Canada, nonché con attori regionali chiave.
Articolo 8
Partecipazione di Stati terzi
1. Fatta salva l’autonomia decisionale dell’Unione e il suo quadro istituzionale unico e in base agli orientamenti pertinenti del Consiglio europeo, gli Stati terzi possono essere invitati a partecipare all’EUTM Mali.
2. Il Consiglio autorizza il CPS a invitare gli Stati terzi a offrire un contributo e ad adottare, su raccomandazione del comandante della missione dell’UE e dell’EUMC, le pertinenti decisioni in merito all’accettazione dei contributi proposti.
3. Le modalità particolareggiate relative alla partecipazione di Stati terzi sono oggetto di accordi conclusi a norma dell’articolo 37 TUE e secondo la procedura di cui all’articolo 218 TFUE. Quando l’Unione e uno Stato terzo hanno concluso un accordo che istituisce un quadro per la partecipazione di quest’ultimo alle missioni di gestione delle crisi dell’Unione, le disposizioni di detto accordo si applicano nell’ambito dell’EUTM Mali.
4. Gli Stati terzi che forniscono un contributo militare significativo all’EUTM Mali hanno diritti e obblighi identici, in termini di gestione quotidiana dell’EUTM Mali, a quelli degli Stati membri che vi partecipano.
5. Il Consiglio autorizza il CPS ad adottare le pertinenti decisioni sull’istituzione di un comitato dei contributori, qualora Stati terzi forniscano contributi militari significativi.
Articolo 9
Status del personale diretto dall’UE
Lo status delle unità e del personale diretti dall’UE, compresi i privilegi, le immunità e le altre garanzie necessarie per l’espletamento e il corretto svolgimento della missione, sono oggetto di un accordo concluso ai sensi dell’articolo 37 TUE e secondo la procedura di cui all’articolo 218 TFUE.
Articolo 10
Disposizioni finanziarie
1. I costi comuni dell’EUTM Mali sono gestiti a norma della decisione 2011/871/PESC.
2. L’importo di riferimento finanziario per i costi comuni dell'EUTM Mali è pari a 12,3 milioni di EUR. La percentuale dell’importo di riferimento di cui all’articolo 25, paragrafo 1, della decisione 2011/871/PESC è pari al 50 % e la percentuale dell’impegno di cui all’articolo 32, paragrafo 3, della decisione 2011/871/PESC è pari al 70 %.
Articolo 11
Comunicazione di informazioni
1. L’AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione, secondo necessità e in funzione dei bisogni dell’EUTM Mali, le informazioni classificate dell’UE, prodotte ai fini dell’EUTM Mali, a norma della decisione 2011/292/UE del Consiglio, del 31 marzo 2011, sulle norme di sicurezza per la protezione delle informazioni classificate UE (2):
a)
fino al livello previsto nei pertinenti accordi sulla sicurezza delle informazioni conclusi tra l’Unione e lo Stato terzo in questione; oppure
b)
fino al livello «CONFIDENTIEL UE/EU CONFIDENTIAL» negli altri casi.
2. L’AR è altresì autorizzato a comunicare all’ONU e all’Ecowas, in funzione dei bisogni operativi dell’EUTM Mali, le informazioni classificate dell’UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» che sono prodotte ai fini dell’EUTM Mali, a norma della decisione 2011/292/UE. A tale effetto sono adottate disposizioni tra l’AR e le competenti autorità dell’ONU e dell’Ecowas.
3. Qualora insorgano necessità operative precise e immediate, l’AR è parimenti autorizzato a comunicare allo Stato ospitante informazioni classificate dell’UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» prodotte ai fini dell’EUTM Mali, a norma della decisione 2011/292/UE. A tale effetto sono adottate disposizioni tra l’AR e le competenti autorità dello Stato ospitante.
4. L’AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione documenti non classificati dell’UE connessi alle deliberazioni del Consiglio relative all’EUTM Mali, coperti dall’obbligo del segreto professionale ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento interno del Consiglio (3).
5. L’AR può delegare i poteri di cui ai paragrafi da 1 a 4, nonché la capacità di concludere gli accordi di cui ai paragrafi 2 e 3 al personale del servizio europeo per l’azione esterna e/o al comandante della missione dell’UE.
Articolo 12
Entrata in vigore e termine
1. La presente decisione entra in vigore alla data dell’adozione.
2. Il mandato dell’EUTM Mali termina 15 mesi dopo l’adozione della decisione del Consiglio di avviare l’EUTM Mali.
3. La presente decisione è abrogata a decorrere dalla data di chiusura della sede del comando della missione, conformemente alla pianificazione approvata per la conclusione dell’EUTM Mali e fatte salve le procedure relative alle attività di revisione e rendimento dei conti dell’EUTM Mali di cui alla decisione 2011/871/PESC.
Fatto a Bruxelles, il 17 gennaio 2013
Per il Consiglio
Il presidente
C. ASHTON
(1) GU L 343 del 23.12.2011, pag. 35.
(2) GU L 141 del 27.5.2011, pag. 17.
(3) Decisione 2009/937/UE del Consiglio, del 1o dicembre 2009, relativa all’adozione del suo regolamento interno (GU L 325 dell’11.12.2009, pag. 35). | Missione dell’Unione europea per la formazione nel Mali (EUTM Mali)
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Essa autorizza una missione militare dell’Unione per contribuire alle forze armate maliane (FAM) al fine di ripristinare la capacità militare del Mali e consentire loro di condurre operazioni militari volte a ripristinare l’integrità territoriale e ridurre la minaccia rappresentata dai gruppi terroristici.
PUNTI CHIAVE
Risoluzione 2071 (2012) delle Nazioni UniteLa risoluzione del 2012 sulla situazione nel Mali ha invitato i partner internazionali, compresa l’Unione, a fornire assistenza, consulenza, formazione e potenziamento delle capacità all’esercito e alle forze di sicurezza del Mali. La decisione intende rispondere a tale invito.Scopi
Il mandato dell’EUTM Mali è stato rinnovato per quattro volte, la più recente in marzo 2020 tramite la decisione (PESC) 2020/434 che ha inoltre ridefinito gli obiettivi strategici della missione come segue:contribuire a migliorare la capacità operativa delle FAM sotto il controllo delle legittime autorità civili del Mali, fornendo alle FAM:consulenza militare, formazione, ivi compresa la formazione pre-schieramento, istruzione e tutoraggio militari, attraverso l’accompagnamento non esecutivo fino al livello tattico.Ciò dovrebbe consentire all’EUTM Mali di dare seguito alle attività delle FAM e di monitorarne i risultati e il comportamento, anche per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario; sostenere il G5 Sahel, rendendo operative la forza congiunta del G5 Sahel e le forze armate nazionali nei paesi del G5 Sahel.La decisione comprende inoltre un aumento indicativo della dotazione finanziaria della missione a 133,7 milioni di euro per un periodo di quattro anni dal 19 maggio 2020 al 18 maggio 2024.
Attività
Le attività dell’EUTM Mali si basano su quattro linee di intervento:formazione delle unità militari maliane; consulenza alle FAM a tutti i livelli; contributi al miglioramento del sistema di istruzione militare, dalle scuole ai livelli ministeriali; consulenza e formazione alle sedi della forza congiunta del G5 Sahel.Controllo politico e direzione strategicaIl Comitato politico e di sicurezza (CPS) esercita il controllo politico e assicura la direzione strategica dell’EUTM Mali sotto la responsabilità del Consiglio e dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Al CPS sono conferiti taluni poteri dal Consiglio, che comprendono il potere di:modificare i documenti di pianificazione, compresi il piano della missione e la catena di comando;adottare decisioni relative alla nomina dei comandanti successivi della missione dell’Unione. Il CPS riferisce periodicamente al Consiglio. Il Comitato militare dell’Unione monitora la corretta esecuzione dell’EUTM Mali condotta sotto la responsabilità del comandante della missione dell’Unione.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
Viene applicata a partire dal 17 gennaio 2013. La validità della decisione è stata prorogata fino al 18 maggio 2024 dalla decisione (PESC) 2020/434.
CONTESTO
Nell’ambito della politica estera dell’Unione e in particolare della sua politica di sicurezza e di difesa comune, l’Unione ha adottato una strategia di sicurezza e sviluppo per il Sahel (che copre la Mauritania, il Mali e il Niger e parti del Burkina Faso e del Ciad).
Per ulteriori informazioni, si consulti:EUTM Mali — Chi siamo (EUTM Mali).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione 2013/34/PESC del Consiglio, del 17 gennaio 2013, relativa a una missione militare dell’Unione europea volta a contribuire alla formazione delle forze armate maliane (EUTM Mali) (GU L 14 del 18.1.2013, pag. 19).
Le modifiche successive alla decisione 2013/34/PESC sono state incorporate nel testo originario. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Decisione (PESC) 2020/434 del Consiglio, del 23 marzo 2020, che modifica la decisione 2013/34/PESC relativa a una missione militare dell’Unione europea volta a contribuire alla formazione delle forze armate maliane (EUTM Mali) (GU L 89 del 24.3.2020, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione (PESC) 2015/528 del Consiglio, del 27 marzo 2015, relativa all’istituzione di un meccanismo per amministrare il finanziamento dei costi comuni delle operazioni dell’Unione europea che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa (Athena) e che abroga la decisione 2011/871/PESC (GU L 84 del 28.3.2015, pag. 39). | 5,891 | 354 |
Regolamento (CE) n. 743/2002 del Consiglio, del 25 aprile 2002, che istituisce un quadro generale comunitario di attività per agevolare la cooperazione giudiziaria in materia civile
Gazzetta ufficiale n. L 115 del 01/05/2002 pag. 0001 - 0005
Regolamento (CE) n. 743/2002 del Consigliodel 25 aprile 2002che istituisce un quadro generale comunitario di attività per agevolare la cooperazione giudiziaria in materia civileIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 61, lettera c), e l'articolo 67, paragrafo 1,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),visto il parere del Comitato economico e sociale(3),considerando quanto segue:(1) L'Unione europea si è prefissa l'obiettivo di conservare e di sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone. A tal fine la Comunità deve adottare, tra l'altro, nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile, le misure necessarie al corretto funzionamento del mercato interno.(2) Il 3 dicembre 1998 il Consiglio ha adottato un piano d'azione del Consiglio e della Commissione sul modo migliore per attuare le disposizioni del trattato di Amsterdam concernenti uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia(4), in seguito denominato il "piano d'azione di Vienna".(3) Il Consiglio europeo riunito a Tampere il 15 e 16 ottobre 1999 ha adottato le conclusioni "Verso un'Unione di libertà, sicurezza e giustizia: i capisaldi di Tampere".(4) Il 30 novembre 2000 il Consiglio ha adottato un programma della Commissione e del Consiglio relativo all'attuazione del principio del riconoscimento reciproco delle decisioni in materia civile e commerciale(5).(5) Per il periodo 1996-2000 l'azione comune 96/636/GAI(6) ha istituito un programma di incoraggiamento e di scambi destinato agli operatori della giustizia (Grotius).(6) Con il regolamento (CE) n. 290/2001(7) il programma d'incoraggiamento e di scambi destinato agli operatori della giustizia in materia di diritto civile (Grotius-civile) è stato rinnovato solo per un periodo transitorio di un anno, in attesa dei risultati di una riflessione approfondita sugli obiettivi su cui si devono incentrare le future azioni e sovvenzioni comunitarie.(7) La decisione n. 1496/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio(8) ha istituito un programma d'azione per una maggiore sensibilizzazione degli operatori del diritto al diritto comunitario (azione Robert Schuman) per una durata di tre anni.(8) Per poter realizzare gli ambiziosi obiettivi del trattato, del piano d'azione di Vienna e delle conclusioni di Tampere è necessario un quadro generale comunitario di attività flessibile ed efficace in materia di diritto civile.(9) Detto quadro generale comunitario di attività deve prevedere iniziative della Commissione, nel rispetto del principio di sussidiarietà, azioni a sostegno delle organizzazioni che promuovono e migliorano la cooperazione giudiziaria in materia civile, nonché azioni a sostegno di progetti specifici.(10) Per uno sviluppo ulteriore della cooperazione giudiziaria in materia civile sono necessarie una serie di azioni da intraprendersi nell'ambito di un programma comunitario di attività. La pianificazione e l'attuazione di tali azioni trarranno giovamento dal raggruppamento di queste nell'ambito di un quadro generale comunitario di attività.(11) Le azioni intraprese dalla Commissione potrebbero consistere in azioni specifiche quali: studi, ricerche, seminari, conferenze, riunioni di esperti, pubblicazioni, manuali, banche dati e/o siti internet, nonché misure adottate per divulgare i risultati dei progetti cofinanziati a titolo del quadro generale comunitario di attività.(12) L'istituzione di detto quadro generale comunitario di attività volto ad accrescere la comprensione reciproca dei sistemi giuridici e giudiziari degli Stati membri consentirà la riduzione degli ostacoli che si frappongono alla cooperazione giudiziaria in materia civile, a beneficio del funzionamento del mercato interno.(13) Si impongono provvedimenti che assicurino la corretta utilizzazione degli strumenti comunitari nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile, che saranno più efficaci se coordinati nell'ambito di un quadro generale comunitario di attività.(14) Dato che gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo della dimensione europea necessaria per raggiungerli, delle economie di scala attese e degli effetti cumulativi delle azioni prospettate, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può adottare misure nel rispetto del principio di sussidiarietà di cui all'articolo 5 del trattato. In base al principio di proporzionalità di cui a detto articolo, il presente regolamento non va al di là di quanto è necessario per il raggiungimento di tali obiettivi.(15) La partecipazione dei paesi candidati all'adesione all'Unione europea a detto quadro generale comunitario di attività costituirà un'utile preparazione per l'adesione, in particolare per quanto riguarda la capacità di tali paesi di applicare l'acquis comunitario.(16) È necessario prevedere taluni principi riguardanti le sanzioni da adottare allorché si verificano irregolarità o in caso di inadempienza degli obblighi derivanti dalla convenzione di finanziamento tra la Commissione ed i beneficiari.(17) Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(9).(18) Il programma di lavoro annuale è adottato secondo la procedura del comitato di gestione, in modo da garantire un certo equilibrio istituzionale, tenendo conto in particolare del fatto che le azioni specifiche di cui all'articolo 3, paragrafo 1, sono intraprese dalla Commissione.(19) Il Regno Unito e l'Irlanda, a norma dell'articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, hanno notificato che desiderano partecipare all'adozione ed all'applicazione del presente regolamento.(20) La Danimarca, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all'adozione del presente regolamento che non è vincolante per la Danimarca né applicabile a tale paese,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:CAPO IOBIETTIVI ED INIZIATIVEArticolo 1Oggetto1. Il presente regolamento istituisce un quadro generale comunitario di attività per agevolare la cooperazione giudiziaria in materia civile, in seguito denominato: "quadro generale", per il periodo dal 1o gennaio 2002 al 31 dicembre 2006.2. Il presente regolamento non si applica alla Danimarca.Articolo 2ObiettiviIl presente quadro generale persegue i seguenti obiettivi:1) promuovere la cooperazione giudiziaria in materia civile, diretta in particolare a:a) garantire la certezza del diritto e migliorare l'accesso alla giustizia;b) promuovere il riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie e delle sentenze;c) promuovere il necessario ravvicinamento delle disposizioni legislative;d) rimuovere gli ostacoli creati dalle disparità legislative e procedurali in materia civile;2) migliorare la conoscenza reciproca dei sistemi giuridici e giudiziari degli Stati membri in materia civile;3) consentire la corretta attuazione ed applicazione degli strumenti comunitari adottati nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile;4) migliorare la diffusione dell'informazione rivolta al pubblico sull'accesso alla giustizia, la cooperazione giudiziaria e gli ordinamenti giuridici degli Stati membri in materia civile.Articolo 3Tipi di iniziativeLe iniziative sostenute o svolte nell'ambito del presente quadro generale perseguono almeno uno degli obiettivi di cui all'articolo 2 e consistono in quanto segue:1) azioni specifiche intraprese dalla Commissione; o2) azioni volte a sostenere finanziariamente progetti specifici d'interesse comunitario, sussistendo le condizioni di cui all'articolo 5; o3) azioni che accordano un sostegno finanziario alle iniziative delle organizzazioni non governative, sussistendo le condizioni di cui all'articolo 6.Articolo 4Partecipazione di paesi terziIl presente quadro generale è aperto alla partecipazione dei seguenti paesi:1) i paesi candidati dell'Europa centrale e orientale (PECO), in conformità degli accordi europei, dei loro protocolli aggiuntivi e delle decisioni dei rispettivi consigli di associazione;2) Cipro, Malta e Turchia, in base ad accordi bilaterali da concludere con questi paesi;3) altri paesi, ove consentito da accordi e procedure.Articolo 5Progetti specifici1. I progetti specifici di cui all'articolo 3, paragrafo 2, riguardano almeno una delle seguenti azioni:a) formazione;b) scambi e tirocini;c) studi e ricerche;d) incontri e seminari;e) diffusione delle informazioni.2. I progetti possono essere presentati da istituzioni ed organismi pubblici o privati, comprese le organizzazioni professionali, gli istituti di ricerca e gli istituti di formazione iniziale e continua, nei settori legale e giudiziario, per operatori della giustizia.Per operatori della giustizia si intendono i giudici, i magistrati delle Procure, gli avvocati, i procuratori legali, il personale accademico e scientifico, i funzionari ministeriali, gli ausiliari di giustizia, gli ufficiali giudiziari, gli interpreti giudiziari e i membri di altre professioni associate alla giustizia nel settore del diritto civile.3. Per poter essere cofinanziati, i progetti devono riunire almeno tre paesi partecipanti al presente quadro generale.Ai progetti possono anche essere associati operatori della Danimarca, di paesi candidati all'adesione, al fine di contribuire alla preparazione dell'adesione stessa, o di altri paesi terzi che non partecipano al presente quadro generale, laddove ciò sia utile per le finalità dei progetti.Articolo 6Iniziative delle organizzazioni non governativeIl sostegno finanziario delle azioni di cui all'articolo 3, paragrafo 3, può essere accordato per le iniziative previste nei programmi annuali di attività delle organizzazioni non governative in possesso dei requisiti seguenti:1) non devono perseguire fini di lucro;2) devono essere costituite secondo la legislazione vigente in uno degli Stati membri;3) devono svolgere attività di dimensione europea che comportino la partecipazione, di regola, di almeno la metà degli Stati membri; e4) devono avere tra gli obiettivi delle loro attività almeno uno degli obiettivi di cui all'articolo 2.CAPO IIFINANZIAMENTO, ATTUAZIONE E PROCEDUREArticolo 7Finanziamento1. Il cofinanziamento di iniziative nell'ambito del presente quadro generale esclude qualsiasi altro finanziamento a titolo di un altro programma finanziato dal bilancio generale dell'Unione europea.2. Le azioni di cui all'articolo 3, paragrafo 1, da un lato, e quelle di cui all'articolo 3, paragrafi 2 e 3, dall'altro, sono oggetto di un'equa ripartizione della dotazione finanziaria annuale.3. La proporzione del sostegno finanziario a carico del bilancio generale dell'Unione europea non può in linea di principio superare il 60 % del costo delle azioni di cui all'articolo 3, paragrafo 2, o all'articolo 3, paragrafo 3. In circostanze eccezionali la proporzione del sostegno finanziario può tuttavia raggiungere l'80 %.Articolo 8Esecuzione1. La Commissione pubblica, se possibile entro il 30 giugno di ogni anno, un programma di lavoro annuale:a) che stabilisca le priorità in termini di obiettivi e tipo di iniziative per l'anno successivo;b) che descriva le azioni di cui all'articolo 3, paragrafo 1, che la Commissione intende intraprendere; ec) che descriva i criteri di selezione e di attribuzione, nonché le procedure per la presentazione e l'approvazione delle proposte relative alle azioni di cui all'articolo 3, paragrafi 2 e 3.2. La Commissione adotta il programma di lavoro annuale secondo la procedura di cui all'articolo 13, paragrafo 2.3. Nella valutazione e nella selezione delle proposte la Commissione presta particolare attenzione ai seguenti criteri:a) contributo al raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 2;b) progetti orientati alla soluzione di problemi;c) dimensione europea;d) misure previste per garantire la diffusione dei risultati;e) complementarità con altre azioni già concluse, in corso o previste per il futuro;f) dimensione dell'azione, in particolare in termini di economie di scala e di efficienza nel rapporto costi/benefici.4. La Commissione valuta ciascuno dei progetti che le sono presentati per le azioni di cui all'articolo 3, paragrafi 2 e 3. Le decisioni relative a tali azioni sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2.Articolo 9Decisioni di finanziamento1. Le decisioni di finanziamento adottate dalla Commissione a norma dell'articolo 3, paragrafi 2 e 3, sono seguite da convenzioni di finanziamento tra la Commissione e i beneficiari.2. Le decisioni e le convenzioni di finanziamento sono soggette al controllo finanziario della Commissione e alle verifiche della Corte dei conti.Articolo 10Supervisione1. La Commissione provvede regolarmente alla supervisione e al controllo dell'esecuzione delle iniziative finanziate dalla Comunità. Ciò avviene sulla base di relazioni preparate secondo le procedure convenute tra la Commissione ed il beneficiario e può comportare altresì controlli a campione effettuati in loco.2. Il beneficiario presenta una relazione alla Commissione per ciascuna azione entro tre mesi dalla sua conclusione. La Commissione determina la forma di tale relazione e il tipo di informazioni da includervi.3. Il beneficiario del sostegno finanziario tiene a disposizione della Commissione tutti i documenti giustificativi di una spesa per un periodo di cinque anni dall'ultimo pagamento relativo ad un'azione.Articolo 11Diffusione dell'informazione1. La Commissione provvede alla pubblicazione annuale di un elenco dei beneficiari e delle iniziative finanziate nell'ambito del presente quadro generale, recante l'indicazione dell'importo del finanziamento.2. Qualora un progetto finanziato a norma dell'articolo 3, paragrafo 2, non preveda la diffusione dei risultati e tale diffusione possa contribuire al raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 2, la Commissione può adottare i necessari provvedimenti.3. All'inizio di ogni anno, la Commissione fornisce al comitato dell'articolo 12 informazioni circa le iniziative intraprese sulla base dell'articolo 3, paragrafo 1, nell'anno precedente.Articolo 12Comitato consultivo1. La Commissione è assistita da un comitato (denominato "comitato dell'articolo 12").2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 3 e 7 della decisione 1999/468/CE.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 13Comitato1. La Commissione è assistita da un comitato (denominato "comitato dell'articolo 13").2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 4 e 7 della decisione 1999/468/CE.Il periodo di cui all'articolo 4, paragrafo 3, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 14Sanzioni1. Le sanzioni sono disciplinate dalla convenzione di finanziamento nel rispetto del presente regolamento.2. La Commissione può porre fine alla convenzione di finanziamento stipulata nell'ambito del quadro di riferimento qualora costati irregolarità o in caso di inadempienza degli obblighi derivanti dalla convenzione.Se sono constatate irregolarità o se gli obblighi della convenzione di finanziamento non sono rispettati la Commissione può sospendere il pagamento del finanziamento residuo. La Commissione invita il beneficiario a fornire spiegazioni o a regolarizzare la situazione entro un termine ragionevole da essa fissato.Qualora la risposta sia insufficiente o la situazione non sia regolarizzata, la Commissione può porre fine alla convenzione di finanziamento e chiedere il rimborso degli importi già versati, maggiorato degli interessi di mora.3. In caso di inadempienza parziale degli obblighi derivanti dalla convenzione di finanziamento, la Commissione può ridurre il finanziamento residuo e chiedere il rimborso di una parte degli importi già versati, maggiorato degli interessi di mora.Articolo 15Relazioni e valutazione1. La Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio, entro il 30 giugno 2004, una relazione sull'attuazione del presente quadro generale, in particolare sui risultati del controllo, le relazioni e la supervisione delle attività.2. La Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione valutativa sul presente quadro generale in tempo utile per un eventuale rinnovo del medesimo o comunque entro il 31 dicembre 2005. Tale relazione comprende una valutazione del rapporto costi/benefici ed una constatazione del raggiungimento o meno degli obiettivi, basata su indicatori dei risultati.Articolo 16Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri in base al trattato che istituisce la Comunità europea.Fatto a Lussemburgo, addì 25 aprile 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteM. Rajoy Brey(1) GU C 213 E del 31.7.2001, pag. 271.(2) Parere reso il 12 marzo 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU C 36 dell'8.2.2002, pag. 77.(4) GU C 19 del 23.1.1999, pag. 1.(5) GU C 12 del 15.1.2001, pag. 1.(6) GU L 287 dell'8.11.1996, pag. 3.(7) GU L 43 del 14.2.2001, pag. 1.(8) GU L 196 del 14.7.1998, pag. 24.(9) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. | Incoraggiare la cooperazione giudiziaria in materia civile
Il presente regolamento istituisce un quadro generale comunitario di attività per agevolare la cooperazione giudiziaria in materia civile. In questo settore le attività comunitarie comprendono il sostegno ad organizzazioni impegnate a favorire ed incoraggiare la cooperazione giudiziaria in materia civile, nonché a progetti specifici.
ATTO
Regolamento (CE) n. 743/2002 del Consiglio, del 25 aprile 2002, che istituisce un quadro generale comunitario di attività per agevolare la cooperazione giudiziaria in materia civile.
SINTESI
Il presente regolamento mira a stabilire un quadro generale comunitario di attività per il periodo dal 1° gennaio 2002 al 31 dicembre 2006 destinato ad agevolare la cooperazione giudiziaria in materia civile. Per il periodo 2007-2013, il 6 aprile 2005 la Commissione europea ha presentato una proposta per il programma specifico "Giustizia civile" nel quadro del programma generale "Diritti fondamentali e giustizia" (cfr. "atti collegati").
Il regolamento non è applicabile alla Danimarca. Il Regno Unito e l'Irlanda hanno invece notificato la loro volontà di partecipare all'adozione e all'applicazione del presente regolamento (possibilità conforme ai protocolli sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda allegati al trattato UE e al trattato CE).
Assegnare sovvenzioni, realizzare gli obiettivi del programma
Gli obiettivi del programma sono:
incoraggiare la cooperazione giudiziariain materia civile per garantire certezza giuridica e migliorare l'accesso alla giustizia;
migliorare la conoscenza reciproca dei sistemi giudiziari degli Stati membri;
garantire l'attuazione degli strumenti comunitari nel settore della cooperazione giudiziaria civile;
migliorare l'informazione del pubblico sull'accesso alla giustizia, la cooperazione giudiziaria e i sistemi giuridici degli Stati membri.
Per quanto riguarda le attività che beneficiano di un sostegno, il quadro generale è destinato ad assegnare:
sovvenzioni per i progetti cofinanziati che realizzano uno o più degli obiettivi del quadro d'attività;
sovvenzioni per le spese di funzionamento delle organizzazioni non governative europee;
un finanziamento per le azioni autonome attuate dalla Commissione su iniziativa propria.
Assegnare sovvenzioni ad istituzioni pubbliche e private
Il regolamento prevede l'assegnazione di sovvenzioni per le attività delle organizzazioni non governative e per progetti specifici presentati da istituzioni e organismi pubblici e privati.
Alle organizzazioni non governative possono essere accordati finanziamenti se soddisfano se soddisfano le seguenti condizioni:
avere lo statuto di organizzazione senza scopo di lucro, costituita conformemente alla legge di uno degli Stati membri dell'Unione europea;
svolgere attività di dimensione europea che comportino la partecipazione, di regola, di almeno la metà degli Stati membri;
perseguire tra i vari obiettivi la promozione della cooperazione giudiziaria in materia civile.
I progetti specifici possono essere presentati da istituzioni, enti pubblici o privati (istituti di ricerca, associazioni professionali, ecc.). Devono mirare all'organizzazione di scambi, tirocini, studi, ricerche, riunioni e seminari.
L'art. 4 del Regolamento prevedeva la possibilità, a determinate condizioni, di aprire tale quadro generale alla partecipazione dei paesi candidati dell'Europa centrale e orientale (PECO), di Cipro, di Malta, e della Turchia e di qualsiasi altro paese, se gli accordi e le procedure lo autorizzano. Naturalmente questo articolo non è più applicabile ai 10 nuovi Stati membri che fanno parte dell'Unione europea dal 1° maggio 2004.
Garantire l'attuazione del quadro comunitario di attività
Per garantire l'attuazione del presente quadro d'attività, la Commissione pubblica, ogni anno entro il 30 giugno, un programma di lavoro che stabilisce gli obiettivi e le azioni prioritari dell'anno successivo.
La Commissione è incaricata della valutazione e della selezione dei progetti, nel rispetto di alcuni criteri prioritari (la dimensione europea, la capacità di realizzare uno degli obiettivi del presente quadro di attività, la complementarità con altre attività, ecc.).
Qualsiasi decisione di finanziamento è sottoposta al controllo finanziario della Commissione e alle verifiche della Corte dei conti. L'intervento finanziario a carico del bilancio generale dell'Unione europea non può, di norma, superare il 60% del costo delle azioni. In circostanze eccezionali l'intervento finanziario può raggiungere l'80%.
Per garantire la trasparenza delle azioni finanziate, la Commissione pubblica ogni anno l'elenco dei beneficiari e delle azioni finanziate. I beneficiari devono consegnare alla Commissione una relazione per ogni azione intrapresa. Inoltre, se la Commissione constata irregolarità, può ridurre, sospendere o recuperare i finanziamenti accordati.
Riferimenti
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Regolamento (CE) n. 743/2002
01.05.2002
-
GU L 115 del 10.05.2002
ATTI COLLEGATI
Decisione n. 1149/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 settembre 2007 , che istituisce il programma specifico Giustizia civile per il periodo 2007-2013 come parte del programma generale Diritti fondamentali e giustizia [GU L 257 del 3.10.2007].
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, del 9 febbraio 2005, sullo stato di attuazione intermedio del programma quadro di cooperazione giudiziaria in materia civile (2002-2006) [COM(2005) 34 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
La relazione descrive gli sviluppi del programma dalla sua adozione, avvenuta nel 2002, fino al 30 giugno 2004. Le azioni condotte dalla Commissione, con lo scopo di informare i professionisti del settore giudiziario e il pubblico sui progressi conseguiti nell'ambito della cooperazione civile (segnatamente l' atlante giudiziario in materia civile, la base di dati giurisprudenziali in conformità ai regolamenti « Bruxelles I » e « Bruxelles II », e una campagna d'informazione rivolta agli operatori del diritto) hanno suscitato ampi consensi. D'altro canto, gli inviti a presentare proposte 2002, 2003 e 2004 per progetti specifici della società civile hanno riscosso un numero limitato di proposte, probabilmente a causa del budget disponibile. Sono state accolte 51 proposte su un totale di 106. | 7,534 | 548 |
RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE
del 27 marzo 2013
relativa alla presenza di tossine T-2 e HT-2 nei cereali e nei prodotti a base di cereali
(Testo rilevante ai fini del SEE)
(2013/165/UE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292,
considerando quanto segue:
(1)
Le tossine T-2 e HT-2 sono micotossine prodotte da diverse specie di Fusarium. La tossina T-2 è metabolizzata rapidamente in un gran numero di prodotti e la tossina HT-2 è uno dei principali metaboliti.
(2)
Il gruppo di esperti scientifici sui contaminanti nella catena alimentare (gruppo CONTAM) dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), su richiesta della Commissione, ha adottato un parere sui rischi per la salute pubblica e degli animali legati alla presenza delle tossine T-2 e HT-2 negli alimenti per l’uomo e per gli animali (1).
(3)
Il gruppo CONTAM ha stabilito una dose giornaliera tollerabile (TDI-Tolerable Daily Intake) di gruppo pari a 100 ng/kg di peso corporeo per la somma delle tossine T-2 e HT-2. Le stime dell’esposizione alimentare cronica dell’uomo alla somma delle tossine T-2 e HT-2, sulla base dei dati disponibili sull’occorrenza sono inferiori a tale TDI per le popolazioni di tutti i gruppi di età; esse non rappresentano quindi una minaccia immediata per la salute.
(4)
Per quanto riguarda il rischio per la salute degli animali, il gruppo CONTAM ha concluso che è da ritenersi improbabile che per i ruminanti, i conigli e i pesci l’attuale esposizione stimata alle tossine T-2 e HT-2 costituisca un problema per la salute. Per i suini, il pollame, i cavalli e i cani, le stime dell’esposizione alle tossine T-2 e HT-2 indicano che il rischio di effetti negativi sulla salute è basso. I gatti sono tra le specie animali più sensibili. A causa della scarsità di dati e dei gravi effetti nocivi per la salute osservati a dosi basse, non è stato possibile definire NOAEL o LOAEL. Pertanto, la presente raccomandazione non si applica ai mangimi per gatti, per i quali saranno stabilite misure più rigorose.
(5)
Il gruppo CONTAM ha concluso altresì che la migrazione delle tossine T-2 e HT-2 dai mangimi agli alimenti di origine animale è limitata e contribuisce quindi solo in misura trascurabile all’esposizione umana.
(6)
Alla luce delle conclusioni del parere scientifico, nonché delle forti variazioni osservate nell’occorrenza delle tossine T-2 e HT-2, è opportuno raccogliere dati supplementari sulla presenza di tali tossine nei cereali e nei prodotti a base di cereali e maggiori informazioni sugli effetti della trasformazione alimentare (ad esempio, la cottura) e ai fattori agronomici sulla presenza delle tossine T-2 e HT-2. Inoltre, è necessario ottenere maggiori informazioni riguardo ai diversi fattori che determinano tenori relativamente elevati di T2 e HT-2 nei cereali e nei prodotti a base di cereali per poter determinare le misure da adottare per evitare o ridurre la presenza di tali tossine nei cereali e nei prodotti a base di cereali. Occorre effettuare indagini per raccogliere informazioni sui fattori che determinano tenori relativamente elevati di tossine T2 e HT-2 nei cereali e nei prodotti a base di cereali, nonché sugli effetti della trasformazione dei mangimi e dei prodotti alimentari. Sulla base dei dati disponibili, risulta che le tossine T-2 e HT-2 non sono presenti — o lo sono a livelli molto bassi — nel riso e nei prodotti a base di riso; è pertanto opportuno escludere tali prodotti dal campo di applicazione della presente raccomandazione.
(7)
I risultati del monitoraggio dei cereali e dei prodotti a base di cereali saranno utilizzati per valutare le variazioni e le tendenze nell’esposizione umana e animale alle tossine T-2 e HT-2. È perciò opportuno usare metodi di analisi sufficientemente sensibili.
(8)
Al fine di fornire indicazioni sui casi nei quali sarebbe opportuno effettuare tali indagini, occorre stabilire valori indicativi superati i quali si dovrebbe procedere a tali indagini. Per determinare tali valori indicativi sono stati utilizzati i dati sull’occorrenza disponibili nella banca dati dell’EFSA. La tracciabilità è un elemento importante nella realizzazione delle indagini.
(9)
Occorre intraprendere nel 2015 una valutazione delle informazioni raccolte nel quadro della presente raccomandazione. I dati di monitoraggio ottenuti in base alla presente raccomandazione consentiranno inoltre di comprendere meglio la variazione da un anno all’altro e la presenza delle tossine T2 e HT-2 nell’ampia gamma di prodotti a base di cereali, i fattori che determinano tenori più elevati e le possibili misure da adottare per prevenire o limitare la presenza delle tossine T-2 e HT-2, tenendo conto anche dei fattori agronomici e della trasformazione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE:
(1)
È opportuno che gli Stati membri, con la partecipazione attiva degli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti, svolgano un’attività di monitoraggio della presenza delle tossine T-2 e HT-2 nei cereali e nei prodotti a base di cereali. Ai fini della presente raccomandazione, il riso non è incluso nella categoria dei cereali e i prodotti a base di riso non sono inclusi nei prodotti a base di cereali.
(2)
Gli Stati membri dovrebbero incoraggiare l’analisi simultanea dei campioni per accertare la presenza di T-2 e HT-2 e di altre tossine da Fusarium quali il deossinivalenolo, lo zearalenone e le fumonisine B1 + B2, al fine di poterne valutare il grado di co-occorrenza.
Se il metodo di analisi applicato lo consente, sarebbe opportuno analizzare anche le micotossine mascherate, in particolare i coniugati mono- e di-glicosilati delle tossine T-2 e HT-2.
(3)
Il prelievo e l’analisi dei campioni di cereali e di prodotti a base di cereali destinati al consumo umano dovrebbero essere effettuati in conformità alle disposizioni del regolamento (CE) n. 401/2006 della Commissione, del 23 febbraio 2006, relativo ai metodi di campionamento e di analisi per il controllo ufficiale dei tenori di micotossine nei prodotti alimentari (2), in particolare:
—
l’allegato I, parte B, per il campionamento dei cereali e dei prodotti a base di cereali,
—
l’allegato II, punto 4.3.1, lettera g) «Criteri di rendimento per le tossine T-2 e HT-2». Il limite di quantificazione (LOQ) per la tossina T-2 e la tossina HT-2 non dovrebbe preferibilmente superare i 5 μg/kg per ciascuna, tranne per i cereali non trasformati per i quali il LOQ per la tossina T-2 e la tossina HT-2 non dovrebbe preferibilmente superare i 10 μg/kg per ciascuna. Qualora si utilizzi una tecnica analitica di screening, il limite di rilevabilità per la somma delle tossine T-2 e HT-2 non dovrebbe preferibilmente superare i 25 μg/kg.
La procedura di campionamento applicata dagli operatori del settore alimentare può derogare alle disposizioni del regolamento (CE) n. 401/2006, ma deve essere rappresentativa per la partita campionata.
(4)
Il prelievo e l’analisi dei campioni di cereali e di prodotti a base di cereali destinati ai mangimi e ai mangimi composti dovrebbero essere effettuati conformemente alle disposizioni del regolamento (CE) n. 152/2009 della Commissione, del 27 gennaio 2009, che fissa i metodi di campionamento e d’analisi per i controlli ufficiali degli alimenti per gli animali (3). Il limite di quantificazione (LOQ) per la tossina T-2 e la tossina HT-2 non dovrebbe preferibilmente superare i 10 μg/kg per ciascuna. Qualora si utilizzi una tecnica analitica di screening, il limite di rilevabilità per la somma delle tossine T-2 e HT-2 non dovrebbe preferibilmente superare i 25 μg/kg.
La procedura di campionamento applicata dagli operatori del settore alimentare può derogare alle disposizioni del regolamento (CE) n. 401/2006, ma deve essere rappresentativa per la partita campionata.
(5)
È opportuno che gli Stati membri, con la partecipazione attiva degli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti, effettuino indagini per individuare i fattori che determinano tenori superiori al livello indicativo e stabilire le misure da adottare per evitare o ridurre in futuro la loro presenza. Tali indagini dovranno essere effettuate soprattutto qualora, nell’arco di un dato periodo, si riscontrino ripetutamente tenori di tossine T-2 e HT-2 superiori ai livelli indicativi nei cereali e nei prodotti a base di cereali figuranti nell’allegato della presente raccomandazione. Occorre che il prelievo e l’analisi dei campioni finalizzati ad ottenere maggiori informazioni sui diversi fattori, compresi quelli agronomici, che determinano tenori relativamente elevati di T2 e HT-2 nei cereali e nei prodotti a base di cereali, riguardino essenzialmente i cereali e i prodotti a base di cereali di prima trasformazione.
(6)
È opportuno che gli Stati membri, con la partecipazione attiva degli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti, effettuino indagini sugli effetti della trasformazione dei mangimi e dei prodotti alimentari sulla presenza delle tossine T-2 e HT-2. Tali indagini dovrebbero essere effettuate soprattutto qualora, nell’arco di un dato periodo, si riscontrino ripetutamente tenori superiori ai livelli indicativi delle tossine T-2 e HT-2 nei prodotti a base di cereali.
(7)
È opportuno che gli Stati membri provvedano a che i risultati delle analisi siano forniti all’EFSA su base regolare ai fini di un loro inserimento in un’unica banca dati e che il risultato delle indagini sia comunicato alla Commissione europea ogni anno, la prima volta entro il dicembre 2013. Per assicurare l’applicazione uniforme della presente raccomandazione e garantire la comparabilità dei risultati delle indagini comunicati sarà elaborata una nota di orientamento.
Fatto a Bruxelles, il 27 marzo 2013
Per la Commissione
Tonio BORG
Membro della Commissione
(1) Gruppo di esperti scientifici dell’EFSA sui contaminanti nella catena alimentare (CONTAM); Scientific Opinion on risks for animal and public health related to the presence of T-2 and HT-2 toxin in food and feed (Parere scientifico sui rischi per la salute pubblica e degli animali legati alla presenza delle tossine T-2 e HT-2 negli alimenti per l’uomo e per gli animali). The EFSA Journal 2011; 9(12):2481. [187 pagg.]. doi:10.2903/j.efsa.2011.2481. Disponibile on line all’indirizzo: www.efsa.europa.eu/efsajournal
(2) GU L 70 del 9.3.2006, pag. 12.
(3) GU L 54 del 26.2.2009, pag. 1.
ALLEGATO
Livelli indicativi per i cereali e i prodotti a base di cereali
(1)
(2)
Livelli indicativi per la somma delle tossine T-2 e HT-2 (μg/kg) a partire dai quali/superati i quali occorre effettuare indagini, soprattutto in caso di riscontri ripetuti (1)
1. Cereali non trasformati
(3)
1.1.
orzo (compreso l’orzo da birra) e granturco
200
1.2.
avena (non decorticata)
1 000
1.3.
frumento, segale e altri cereali
100
2. Grani di cereali destinati al consumo umano diretto
(4)
2.1.
avena
200
2.2.
granturco
100
2.3.
altri cereali
50
3. Prodotti a base di cereali destinati al consumo umano
3.1.
crusca d’avena e fiocchi d’avena
200
3.2.
crusche di cereali ad eccezione della crusca d’avena, prodotti di macinazione dell’avena diversi dalla crusca d’avena e dai fiocchi d’avena e prodotti di macinazione del granturco
100
3.3.
altri prodotti di macinazione dei cereali
50
3.4.
cereali da colazione, anche sotto forma di fiocchi
75
3.5.
prodotti di panetteria (compresi i piccoli prodotti da forno), pasticceria, biscotteria, merende a base di cereali, paste alimentari
25
3.6.
alimenti a base di cereali destinati ai lattanti e ai bambini
15
4. Prodotti a base di cereali per mangimi e mangimi composti
(5)
4.1.
prodotti di macinazione dell’avena (pula)
2 000
4.2.
altri prodotti a base di cereali
500
4.3.
mangimi composti, ad eccezione dei mangimi per gatti
250
(1) i livelli di cui al presente allegato sono livelli indicativi superati i quali, soprattutto in caso di riscontri ripetuti, occorre effettuare indagini sui fattori che determinano la presenza delle tossine T-2 e HT-2 o sugli effetti della trasformazione dei mangimi e dei prodotti alimentari. I livelli indicativi si basano sui dati sull’occorrenza disponibili nella banca dati dell’EFSA come da questa illustrato nel suo parere. I livelli indicativi non corrispondono ai livelli di sicurezza dei mangimi e degli alimenti.
(2) Ai fini della presente raccomandazione, il riso non è incluso nei cereali e prodotti a base di riso non sono inclusi nei prodotti a base di cereali.
(3) I cereali non trasformati sono cereali che non hanno subito alcun trattamento fisico o termico ad eccezione dell’essiccazione, della pulitura e della cernita.
(4) I grani di cereali destinati al consumo umano diretto sono i grani di cereali sottoposti ai processi di essiccazione, di pulizia, di decorticazione e di cernita, che non saranno più sottoposti ad altri processi di pulizia e di cernita prima della loro ulteriore trasformazione nella catena alimentare.
(5) I livelli indicativi per i cereali e i prodotti a base di cereali destinati ai mangimi e ai mangimi composti si riferiscono a mangimi con un tasso di umidità del 12 %. | Micotossine nei cereali
QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE?
Intende incoraggiare le autorità e le imprese del settore alimentare e dei mangimi dell’UE a:monitorare la presenza delle tossine T-2 e HT-2* nei cereali e nei prodotti a base di cereali; e effettuare delle analisi qualora vengano riscontrati dei risultati superiori al livello indicativo* in più di un lotto dello stesso prodotto («riscontri ripetuti»).
PUNTI CHIAVE
Il prelievo e l’analisi devono essere effettuati in conformità al regolamento (CE) n. 401/2006 per quanto concerne i cereali e i prodotti a base di cereali destinati al consumo umano e in conformità al regolamento (CE) n. 152/2009 per quanto concerne quelli utilizzati come mangime per animali. Questi regolamenti hanno stabilito dei criteri di rendimento per l’analisi delle tossine T-2 e HT-2. La raccomandazione invita i paesi dell’UE a incoraggiare l’analisi simultanea dei campioni per accertare la presenza di T-2 e HT-2 e di altre tossine di Fusarium, al fine di valutare il grado di co-occorrenza. Il riso non è incluso nella categoria dei cereali e i prodotti a base di riso non sono inclusi nei prodotti a base di cereali nella presente raccomandazione. Qualora i livelli indicativi vengano superati, le autorità competenti dell’UE, con la partecipazione attiva degli operatori delle imprese del settore alimentare e dei mangimi, devono effettuare delle indagini:per individuare i fattori che determinano tenori superiori al livello indicativo e stabilire le misure da adottare per evitare o ridurre in futuro la loro presenza; eper esaminare gli effetti della trasformazione dei mangimi e dei prodotti alimentari sulla presenza delle tossine T-2 e HT-2. Le autorità competenti e le imprese devono garantire di fornire su base regolare i risultati delle analisi all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), che li inserisce in una banca dati. Ogni anno, le autorità competenti comunicano alla Commissione europea una relazione con i risultati delle indagini. Documento d’orientamento
La Commissione ha preparato un documento d’orientamento per i paesi dell’UE e le imprese del settore alimentare e dei mangimi. Esso è concepito per assicurare l’applicazione coerente della raccomandazione in tutta l’UE.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si consulti:Fusarium (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Tossine T-2 e HT-2: muffe spontanee del fungo Fusarium, riscontrabili in certi cereali, con effetti tossici sulla salute degli esseri umani e animali. I funghi Fusarium sono dei comuni funghi che producono tossine e si trovano normalmente nei cereali coltivati nelle regioni temperate di Europa, America e Asia.
Livello indicativo: non si tratta né di livelli per la sicurezza degli alimenti o dei mangimi, né di livelli massimi o limiti che, se superati, determinano l’intervento di autorità incaricate dell’applicazione della legge al fine di imporre delle sanzioni. Sono volti a fornire orientamenti sui casi in cui sarebbe opportuno effettuare delle indagini. I livelli indicativi per i vari cereali e prodotti a base di cereali sono elencati nell’allegato.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Raccomandazione 2013/165/UE della Commissione, del 27 marzo 2013, relativa alla presenza di tossine T-2 e HT-2 nei cereali e nei prodotti a base di cereali (GU L 91 del 3.4.2013, pag. 12).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (CE) n. 401/2006 della Commissione, del 23 febbraio 2006, relativo ai metodi di campionamento e di analisi per il controllo ufficiale dei tenori di micotossine nei prodotti alimentari (GU L 70 del 9.3.2006, pag. 12).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 401/2006 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Regolamento (CE) n. 152/2009 della Commissione, del 27 gennaio 2009, che fissa i metodi di campionamento e d’analisi per i controlli ufficiali degli alimenti per gli animali (GU L 54 del 26.2.2009, pag. 1).
Si veda la versione consolidata. | 5,586 | 749 |
DECISIONE (PESC) 2019/346 DEL CONSIGLIO
del 28 febbraio 2019
che nomina il rappresentante speciale dell'Unione europea per i diritti umani
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 33 e l'articolo 31, paragrafo 2,
vista la proposta dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza,
considerando quanto segue:
(1)
Il 25 luglio 2012 il Consiglio ha adottato la decisione 2012/440/PESC (1) che nomina il sig. Stavros LAMBRINIDIS rappresentante speciale dell'Unione europea (RSUE) per i diritti umani. Il mandato dell'RSUE giunge a scadenza il 28 febbraio 2019.
(2)
È opportuno nominare un nuovo RSUE per i diritti umani per un periodo di 24 mesi,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Rappresentante speciale dell'Unione europea
Il signor Eamon GILMORE è nominato rappresentante speciale dell'Unione europea (RSUE) per i diritti umani fino al 28 febbraio 2021. Il Consiglio può decidere che il mandato dell'RSUE termini in anticipo, sulla base di una valutazione del comitato politico e di sicurezza (CPS) e di una proposta dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR).
Articolo 2
Obiettivi politici
Il mandato dell'RSUE si basa sugli obiettivi politici dell'Unione in materia di diritti umani, stabiliti nel trattato sull'Unione europea, nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nonché nel quadro strategico dell'UE sui diritti umani e la democrazia e nel piano d'azione dell'UE sui diritti umani e la democrazia, vale a dire:
a)
rafforzare l'efficacia, la presenza e la visibilità dell'Unione per la protezione e promozione dei diritti umani nel mondo e portare avanti una narrazione positiva in materia di diritti umani, in particolare approfondendo la cooperazione e il dialogo politico dell'Unione con i paesi terzi, i partner pertinenti, le imprese, la società civile e le organizzazioni internazionali e regionali, nonché agendo nei pertinenti consessi internazionali;
b)
potenziare il contributo dell'Unione al rafforzamento della democrazia e della costruzione istituzionale, dello Stato di diritto, del buon governo, del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali in tutto il mondo;
c)
migliorare la coerenza dell'azione dell'Unione in materia di diritti umani e l'inclusione dei diritti umani in tutti i settori dell'azione esterna dell'Unione.
Articolo 3
Mandato
Al fine di raggiungere gli obiettivi politici, l'RSUE ha il mandato di:
a)
contribuire all'attuazione della politica dell'Unione sui diritti umani, in particolare il quadro strategico dell'UE sui diritti umani e la democrazia e il piano d'azione dell'UE sui diritti umani e la democrazia, nonché all'attuazione degli orientamenti, strumenti e piani d'azione dell'Unione sui diritti umani, anche formulando raccomandazioni a tale riguardo;
b)
contribuire all'attuazione delle posizioni dell'Unione, quali definite dal Consiglio, per promuovere l'osservanza del diritto internazionale umanitario;
c)
contribuire all'attuazione delle posizioni dell'Unione, quali definite dal Consiglio, per promuovere il sostegno alla giustizia penale internazionale, in particolare la decisione 2011/168/PESC del Consiglio (2) sulla Corte penale internazionale;
d)
contribuire a rafforzare la voce dell'Europa attraverso i dialoghi sui diritti umani con i governi dei paesi terzi e le organizzazioni internazionali e regionali, nonché con le organizzazioni della società civile e altri attori pertinenti al fine di garantire l'efficacia e la visibilità della politica dell'Unione in materia di diritti umani; portare avanti dialoghi importanti sui diritti umani con paesi terzi;
e)
contribuire a una maggiore coerenza e concordanza delle politiche e azioni dell'Unione nei settori della protezione e promozione dei diritti umani, in particolare apportando contributi alla formulazione di politiche pertinenti dell'Unione;
f)
contribuire, in consultazione con gli Stati membri, a una maggiore coerenza delle posizioni dell'Unione di cui alle lettere b) e c).
Articolo 4
Esecuzione del mandato
1. L'RSUE è responsabile dell'esecuzione del mandato, sotto l'autorità dell'AR.
2. Il CPS è un interlocutore privilegiato dell'RSUE e ne costituisce il principale punto di contatto con il Consiglio. Il CPS fornisce all'RSUE un orientamento strategico e una direzione politica nell'ambito del mandato, fatte salve le competenze dell'AR.
3. L'RSUE opera in stretto coordinamento con il servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) e i suoi uffici competenti per assicurare la coerenza e la concordanza del rispettivo operato nel campo dei diritti umani.
Articolo 5
Finanziamento
1. L'importo di riferimento finanziario destinato a coprire le spese connesse con il mandato dell'RSUE per il periodo dal 1o marzo 2019 al 28 febbraio 2021 è pari a 2 100 270,50 EUR.
2. Le spese sono gestite nel rispetto delle procedure e delle norme applicabili al bilancio generale dell'Unione.
3. La gestione delle spese è oggetto di un contratto fra l'RSUE e la Commissione. L'RSUE è responsabile dinanzi alla Commissione di tutte le spese.
Articolo 6
Costituzione e composizione della squadra
1. Nei limiti del mandato dell'RSUE e dei corrispondenti mezzi finanziari messi a disposizione, l'RSUE è responsabile della costituzione di una squadra. La squadra dispone delle competenze necessarie su problemi politici specifici, secondo le esigenze del mandato. L'RSUE informa senza indugio il Consiglio e la Commissione della composizione della squadra.
2. Gli Stati membri, le istituzioni dell'Unione e il SEAE possono proporre il distacco di personale che lavori con l'RSUE. La retribuzione di tale personale distaccato è a carico, rispettivamente, dello Stato membro o dell'istituzione dell'Unione che l'ha distaccato, o del SEAE. Anche gli esperti distaccati dagli Stati membri presso le istituzioni dell'Unione o il SEAE possono essere assegnati all'RSUE. Il personale internazionale a contratto ha la cittadinanza di uno Stato membro.
3. Ciascun membro del personale distaccato resta, rispettivamente, alle dipendenze amministrative dello Stato membro o dell'istituzione dell'Unione che l'ha distaccato ovvero del SEAE e assolve i propri compiti e agisce nell'interesse del mandato dell'RSUE.
4. Il personale dell'RSUE condivide gli uffici dei pertinenti servizi del SEAE o delle delegazioni dell'Unione per assicurare la coerenza e corrispondenza delle loro rispettive attività.
Articolo 7
Sicurezza delle informazioni classificate UE
L'RSUE e i membri della sua squadra rispettano i principi e le norme minime di sicurezza fissati dalla decisione 2013/488/UE del Consiglio (3).
Articolo 8
Accesso alle informazioni e supporto logistico
1. Gli Stati membri, la Commissione, il SEAE e il segretariato generale del Consiglio assicurano che l'RSUE abbia accesso a ogni pertinente informazione.
2. Le delegazioni dell'Unione e le rappresentanze diplomatiche degli Stati membri, a seconda dei casi, forniscono il supporto logistico all'RSUE.
Articolo 9
Sicurezza
Conformemente alla politica dell'Unione in materia di sicurezza del personale schierato al di fuori dell'Unione nell'ambito di una capacità operativa ai sensi del titolo V del trattato, l'RSUE adotta tutte le misure ragionevolmente praticabili, in conformità del mandato dell'RSUE e in funzione della situazione di sicurezza nell'area di competenza, per garantire la sicurezza di tutto il personale sotto la diretta autorità dell'RSUE, in particolare:
a)
stabilendo un piano di sicurezza specifico, basato su orientamenti forniti dal SEAE, che contempli specifiche misure di sicurezza fisiche, organizzative e procedurali che regolano la gestione della sicurezza dei movimenti del personale verso l'area di competenza e al suo interno, nonché la gestione degli incidenti di sicurezza, e fornisca un piano di emergenza e di evacuazione;
b)
assicurando che tutto il personale schierato al di fuori dell'Unione abbia una copertura assicurativa contro i rischi gravi, in funzione delle condizioni esistenti nell'area di competenza;
c)
assicurando che tutti i membri della squadra dell'RSUE schierati al di fuori dell'Unione, compreso il personale assunto a livello locale, ricevano un'adeguata formazione su questioni relative alla sicurezza, prima o al momento dell'arrivo nell'area di competenza, sulla base dei livelli di rischio assegnati dal SEAE a tale area;
d)
assicurando che siano attuate tutte le raccomandazioni formulate di comune accordo in seguito a valutazioni periodiche della sicurezza, e presentando al Consiglio, all'AR e alla Commissione relazioni scritte sull'attuazione di tali raccomandazioni e su altre questioni di sicurezza nell'ambito delle relazioni sui progressi compiuti e della relazione di esecuzione del mandato.
Articolo 10
Relazioni
L'RSUE riferisce periodicamente all'AR e al CPS oralmente e per iscritto. Se del caso, l'RSUE riferisce anche ai gruppi di lavoro del Consiglio, in particolare al Gruppo «Diritti umani». Le relazioni periodiche sono diffuse mediante la rete COREU. L'RSUE può presentare relazioni al Consiglio «Affari esteri». A norma dell'articolo 36 del trattato, l'RSUE può essere associato all'informazione del Parlamento europeo.
Articolo 11
Coordinamento
1. L'RSUE contribuisce all'unità, alla coerenza e all'efficacia dell'azione dell'Unione e concorre ad assicurare che tutti gli strumenti dell'Unione e le azioni degli Stati membri siano impiegati in un quadro coerente, ai fini del raggiungimento degli obiettivi politici dell'Unione. Le attività dell'RSUE sono coordinate con quelle degli Stati membri e della Commissione nonché, se del caso, con quelle degli altri RSUE. L'RSUE informa regolarmente le missioni degli Stati membri e le delegazioni dell'Unione.
2. Sono mantenuti stretti contatti sul campo con i pertinenti capi delle missioni degli Stati membri, con i capi delle delegazioni dell'Unione, nonché con i capi o comandanti delle missioni e operazioni di politica di sicurezza e di difesa comune e, se del caso, altri RSUE, Essi si adoperano al massimo per assistere l'RSUE nell'esecuzione del mandato.
3. L'RSUE inoltre mantiene stretti contatti e ricerca complementarità e sinergie con altri attori internazionali e regionali a livello centrale e sul campo. L'RSUE ricerca contatti regolari con le organizzazioni della società civile, sia a livello centrale che sul campo.
Articolo 12
Riesame
L'attuazione della presente decisione e la coerenza della stessa con altri contributi dell'Unione sono riesaminate periodicamente. L'RSUE presenta al Consiglio, all'AR e alla Commissione relazioni periodiche sui progressi compiuti e una relazione esauriente sull'esecuzione del mandato entro il 30 novembre 2020.
Articolo 13
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il giorno dell'adozione.
Essa si applica a decorrere dal 1o marzo 2019.
Fatto a Bruxelles, il 28 febbraio 2019
Per il Consiglio
Il presidente
G. CIAMBA
(1) Decisione 2012/440/PESC del Consiglio, del 25 luglio 2012, che nomina il rappresentante speciale dell'Unione europea per i diritti umani (GU L 200 del 27.7.2012, pag. 21).
(2) Decisione 2011/168/PESC del Consiglio, del 21 marzo 2011, sulla Corte penale internazionale e che abroga la posizione comune 2003/444/PESC (GU L 76 del 22.3.2011, pag. 56).
(3) Decisione 2013/488/UE del Consiglio, del 23 settembre 2013, sulle norme di sicurezza per proteggere le informazioni classificate UE (GU L 274 del 15.10.2013, pag. 1). | Il rappresentante speciale dell’UE per i diritti umani
QUAL È LO SCOPO DI QUESTA DECISIONE?
Essa nomina il Rappresentante speciale dell’Unione europea (RSUE) per i diritti umani.
PUNTI CHIAVE
Il ruolo degli RSUE è quello di promuovere gli obiettivi della politica per i diritti umani definiti nei trattati dell’UE, nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e nel Quadro strategico dell’UE sui diritti umani e la democrazia. Essi comprendono:rafforzare l’efficacia, la presenza e la visibilità dell’Unione per la protezione e promozione dei diritti umani, in particolare agendo nei pertinenti consessi internazionali e tramite la cooperazione e il dialogo politico coni paesi terzi,i partner pertinenti,le imprese,la società civile,le organizzazioni internazionali e regionali; potenziare il contributo dell’Unione al rafforzamento della democrazia e della costruzione istituzionale, dello Stato di diritto, del buon governo e del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali in tutto il mondo; migliorare la coerenza dell’azione dell’Unione in materia di diritti umani e l’inclusione dei diritti umani in tutti i settori dell’azione esterna dell’Unione. L’RSUE è responsabile dell’attuazione dei suddetti obiettivi politici e opera sotto l’autorità dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR). Il comitato politico e di sicurezza (CPS) del Consiglio fornisce all’RSUE un orientamento strategico e una direzione politica e costituisce il principale punto di contatto con il Consiglio dell’Unione europea. L’RSUE opera in pieno coordinamento con il servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) per assicurare la coerenza del rispettivo operato nel campo dei diritti umani.
L’RSUE è responsabile della costituzione di una squadra e di garantire che essa sia in possesso delle competenze necessarie ad adempiere ai propri incarichi. I membri della squadra sono alle dipendenze amministrative delle istituzioni europee, degli Stati membri e del SEAE e assolvono i loro compiti e agiscono nell’interesse del mandato dell’RSUE.
L’RSUE deve adottare tutte le misure ragionevolmente praticabili, per la sicurezza dei membri della squadra che opera sotto al sua diretta autorità.
L’RSUE riferisce periodicamente:all’AR, al CPS, al al gruppo «Diritti umani» del Consiglio. Le relazioni scritte periodiche sono diffuse mediante la rete COREU.
La decisione originale è stata modificata ed estesa più volte, la più recente delle quali nel 2018. La decisione (PESC) 2018/225 assegna all’RSUE un importo di 894 178 euro per il periodo fino al 28 febbraio 2019, data della scadenza del mandato dell’RSUE.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
La decisione è stata applicata dal 1o marzo 2019.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:rappresentanti speciali dell’Unione europea (Servizio europeo per l’azione esterna); quadro strategico e piano d’azione dell’UE per i diritti umani e la democrazia (Consiglio dell’Unione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione (PESC) 2019/346 del Consiglio, del 28 febbraio 2019, che nomina il rappresentante speciale dell’Unione europea per i diritti umani (GU L 62 del 1.3.2019, pag. 12).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione 2012/440/PESC del Consiglio, del 25 luglio 2012, che nomina il rappresentante speciale dell’Unione europea per i diritti umani (GU L 200 del 27.7.2012, pag. 21).
Le modifiche successive alla decisione 2012/440/PESC sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale.
Decisione (PESC) 2015/260 del Consiglio, del 17 febbraio 2015, che proroga il mandato del rappresentante speciale dell’Unione europea per i diritti umani (GU L 43 del 18.2.2015, pag. 29).
Si veda la versione consolidata.
Decisione (PESC) 2017/346 del Consiglio, del 27 febbraio 2017, che proroga il mandato del rappresentante speciale dell’Unione europea per i diritti umani (GU L 50 del 28.2.2017, pag. 66).
Si veda la versione consolidata.
Decisione (PESC) 2018/225 del Consiglio, del 15 febbraio 2018, che modifica la decisione (PESC) 2017/346 che proroga il mandato del rappresentante speciale dell’Unione europea per i diritti umani (GU L 43 del 16.2.2018, pag. 14). | 5,177 | 314 |