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Regolamento (CE) n. 551/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, sull'organizzazione e l'uso dello spazio aereo nel cielo unico europeo ("regolamento sullo spazio aereo") (Testo rilevante ai fini del SEE) - Dichiarazione della Commissione Gazzetta ufficiale n. L 096 del 31/03/2004 pag. 0020 - 0025 Regolamento (CE) n. 551/2004 del Parlamento Europeo e del Consigliodel 10 marzo 2004sull'organizzazione e l'uso dello spazio aereo nel cielo unico europeo("regolamento sullo spazio aereo")(Testo rilevante ai fini del SEE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 80, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale europeo(2),visto il parere del Comitato delle regioni(3),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(4), visto il progetto comune approvato dal comitato di conciliazione l'11 dicembre 2003,considerando quando segue:(1) La creazione del cielo unico europeo richiede un approccio armonizzato per regolamentare l'organizzazione e l'uso dello spazio aereo.(2) Nel rapporto del Gruppo ad alto livello sul cielo unico europeo del novembre 2000 è stato ritenuto che lo spazio aereo dovrebbe essere configurato, regolamentato e strategicamente gestito su scala europea.(3) La comunicazione della Commissione sulla creazione del cielo unico europeo del 30 novembre 2001 richiede riforme strutturali per permettere la creazione del cielo unico europeo mediante una gestione progressivamente più integrata dello spazio aereo e lo sviluppo di nuovi concetti e procedure di gestione del traffico aereo.(4) Il regolamento (CE) n. 549/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004 ("regolamento quadro")(5), stabilisce il quadro per la creazione del cielo unico europeo.(5) Nell'articolo 1 della convenzione internazionale per l'aviazione civile di Chicago del 1994, gli Stati contraenti riconoscono che ciascuno Stato ha sovranità completa ed esclusiva sullo spazio aereo sovrastante il suo territorio. È nell'ambito di detta sovranità che gli Stati membri della Comunità esercitano, nel rispetto delle convenzioni internazionali applicabili, i poteri di un'autorità pubblica allorché controllano il traffico aereo.(6) Lo spazio aereo è una risorsa comune per tutte le categorie di utenti che tutti questi ultimi debbono usare in maniera flessibile, garantendo l'equità e la trasparenza e tenendo peraltro conto delle necessità in materia di sicurezza e di difesa degli Stati membri e dei loro impegni nell'ambito di organizzazioni internazionali.(7) Una gestione efficiente dello spazio aereo è fondamentale per aumentare la capacità del sistema di servizi di traffico aereo, soddisfare in modo ottimale le esigenze dei vari utenti e conseguire l'uso quanto più possibile flessibile dello spazio aereo.(8) Le attività di Eurocontrol confermano che non è realistico sviluppare la rete di rotte e la struttura dello spazio aereo in modo isolato, in quanto ciascuno Stato membro è parte integrante della rete europea di gestione del traffico aereo, sia all'interno che all'esterno della Comunità.(9) É opportuno stabilire uno spazio aereo operativo progressivamente più integrato per il traffico aereo generale in rotta nello spazio aereo superiore e corrispondentemente occorrerebbe definire l'interfaccia tra spazio aereo superiore e spazio aereo inferiore.(10) Una regione di informazione di volo europea nello spazio aereo superiore (EUIR) che abbracci lo spazio aereo superiore di responsabilità degli Stati membri nell'ambito di applicazione del presente regolamento agevolerebbe una pianificazione comune e la pubblicazione delle informazioni aeronautiche per evitare strozzature regionali.(11) Gli utenti dello spazio aereo si trovano di fronte a condizioni eterogenee in materia di accesso allo spazio aereo comunitario e di libertà di movimento al suo interno, dovute a una classificazione non armonizzata dello spazio aereo.(12) La riconfigurazione dello spazio aereo dovrebbe essere basata su requisiti operativi a prescindere dai confini esistenti. Principi generali comuni per la creazione di blocchi funzionali uniformi di spazio aereo dovrebbero essere sviluppati in consultazione e sulla base della consulenza tecnica di Eurocontrol.(13) È essenziale realizzare una struttura dello spazio aereo comune e armonizzata in termini di rotte e settori, basare l'organizzazione presente e futura dello spazio aereo su principi comuni e configurare e gestire lo spazio aereo conformemente a regole armonizzate.(14) Il concetto di uso flessibile dello spazio aereo dovrebbe essere applicato efficacemente. É necessario ottimizzare l'uso dei settori di spazio aereo, soprattutto durante i periodi di punta del traffico aereo generale e nello spazio aereo a traffico elevato, mediante la cooperazione tra Stati membri per quanto riguarda l'uso di tali settori per operazioni e addestramento militari. A tal fine è necessario assegnare risorse adeguate per un'effettiva attuazione del concetto di uso flessibile dello spazio aereo, tenendo conto delle esigenze sia civili che militari.(15) Gli Stati membri dovrebbero fare il possibile per cooperare con gli Stati membri confinanti al fine di applicare il concetto di uso flessibile dello spazio aereo al di là dei confini nazionali.(16) L'organizzazione non omogenea della cooperazione civile-militare nella Comunità limita una gestione uniforme e tempestiva dello spazio aereo e l'attuazione di cambiamenti. Il successo del cielo unico europeo dipende da un'effettiva cooperazione tra le autorità civili e militari, fatte salve le prerogative e le responsabilità degli Stati membri in materia di difesa.(17) Le operazioni e l'addestramento militari andrebbero salvaguardati ogniqualvolta l'applicazione di principi e criteri comuni è nociva per il loro svolgimento in condizioni di sicurezza ed efficacia.(18) Si dovrebbero introdurre adeguate misure per migliorare l'efficacia della gestione del flusso di traffico aereo, al fine di assistere le unità operative esistenti, compresa l'Unità centrale di Eurocontrol per la gestione del flusso, ad assicurare operazioni di volo efficienti.(19) È opportuno riflettere sull'estensione dei concetti dello spazio aereo superiore allo spazio aereo inferiore, sulla base di un calendario e di studi adeguati,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:CAPITOLO IASPETTI GENERALIArticolo 1Obiettivo e ambito di applicazione1. Nell'ambito di applicazione del regolamento quadro, il presente regolamento concerne l'organizzazione e l'uso dello spazio aereo nel cielo unico europeo. L'obiettivo del presente regolamento è di sostenere la nozione di uno spazio aereo operativo progressivamente più integrato nell'ambito della politica comune dei trasporti e di stabilire procedure comuni di configurazione, pianificazione e gestione che garantiscano lo svolgimento efficiente e sicuro della gestione del traffico aereo.2. L'uso dello spazio aereo supporta l'effettuazione dei servizi di navigazione aerea come un insieme coerente e omogeneo, ai sensi del regolamento (CE) n. 550/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, sulla fornitura di servizi di navigazione aerea nel cielo unico europeo ("regolamento sulla fornitura di servizi")(6).3. Fatto salvo l'articolo 10, il presente regolamento si applica allo spazio aereo nell'ambito delle regioni EUR e AFI dell'ICAO per il quale gli Stati membri sono responsabili della fornitura di servizi di traffico aereo, ai sensi del regolamento sulla fornitura di servizi. Gli Stati membri possono altresì applicare il presente regolamento allo spazio aereo di loro responsabilità nell'ambito di altre regioni dell'ICAO, a condizione che essi ne informino la Commissione e gli altri Stati membri.4. Le regioni di informazione di volo comprese nello spazio aereo a cui si applica il presente regolamento sono pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.CAPITOLO IIARCHITETTURA DELLO SPAZIO AEREOArticolo 2Livello di separazioneIl livello di separazione tra lo spazio aereo superiore e quello inferiore è stabilito al livello di volo 285.Scostamenti dal livello di separazione, giustificati alla luce di requisiti operativi, possono essere decisi d'intesa con gli Stati membri interessati secondo la procedura di cui all'articolo 5, paragrafo 3, del regolamento quadro.Articolo 3Regione di informazione di volo europea nello spazio aereo superiore (EUIR)1. La Comunità e i suoi Stati membri si prefiggono l'istituzione e il riconoscimento da parte dell'ICAO di un'unica EUIR. A tal fine, in ordine alle questioni che rientrano nelle competenze della Comunità, la Commissione presenta una raccomandazione al Consiglio, a norma dell'articolo 300 del trattato, entro due anni dall'entrata in vigore del presente regolamento.2. L'EUIR è concepita in modo da abbracciare lo spazio aereo di responsabilità degli Stati membri a norma dell'articolo 1, paragrafo 3, e può altresì includere lo spazio aereo di paesi terzi.3. L'istituzione dell'EUIR lascia impregiudicata la competenza degli Stati membri per quanto riguarda la designazione dei fornitori di servizi di traffico aereo per lo spazio aereo di loro responsabilità a norma dell'articolo 8, paragrafo 1, del regolamento sulla fornitura di servizi.4. Gli Stati membri restano responsabili nei confronti dell'ICAO entro i limiti geografici delle regioni superiori di informazione di volo e delle regioni di informazione di volo che sono state affidate loro dall'ICAO alla data di entrata in vigore del presente regolamento.5. Fatta salva la pubblicazione da parte degli Stati membri dell'informazione aeronautica e in modo coerente con detta pubblicazione, la Commissione, in stretta cooperazione con Eurocontrol, coordina la realizzazione di una pubblicazione unica dell'informazione aeronautica concernente l'EUIR, tenendo conto dei pertinenti requisiti dell'ICAO.Articolo 4Classificazione dello spazio aereoLa Commissione e gli Stati membri concepiscono l'EUIR in conformità con un'armonizzazione progressiva della classificazione dello spazio aereo, diretta a consentire la fornitura continua di servizi di navigazione aerea nel quadro del cielo unico europeo. Questa impostazione comune si basa sull'applicazione semplificata della classificazione dello spazio aereo, quale definita dalla strategia di Eurocontrol in materia di spazio aereo per gli Stati della Commissione europea per l'aviazione civile in conformità delle norme ICAO.Le norme di attuazione necessarie in questo settore sono stabilite secondo la procedura di cui all'articolo 8 del regolamento quadro.Articolo 5Riconfigurazione dello spazio aereo superiore1. Allo scopo di conseguire la massima capacità ed efficienza della rete di gestione del traffico aereo nell'ambito del cielo unico europeo e per mantenere un elevato livello di sicurezza, lo spazio aereo superiore è riconfigurato in blocchi funzionali di spazio aereo.2. I blocchi funzionali di spazio aereo, tra l'altro:a) sono sostenuti da un'analisi dei valori di sicurezza connessi;b) consentono l'uso ottimale dello spazio aereo, tenendo conto dei flussi di traffico aereo;c) sono giustificati dal loro valore aggiunto globale, compreso l'uso ottimale delle risorse tecniche e umane sulla base di analisi costi-benefici;d) assicurano un trasferimento fluido e flessibile della responsabilità per il controllo del traffico aereo tra enti dei servizi del traffico aereo;e) assicurano la compatibilità tra le configurazioni dello spazio aereo superiore e di quello inferiore;f) soddisfano le condizioni derivanti dagli accordi regionali conclusi nell'ambito dell'ICAO;g) rispettano gli accordi regionali vigenti alla data di entrata in vigore del presente regolamento, in particolare gli accordi che riguardano paesi terzi europei.3. I principi generali comuni concernenti la creazione e la modifica dei blocchi funzionali di spazio aereo sono elaborati secondo la procedura di cui all'articolo 8 del regolamento quadro.4. Un blocco funzionale di spazio aereo può essere istituito soltanto in base a un accordo reciproco tra tutti gli Stati membri che hanno responsabilità su una parte dello spazio aereo compreso nel blocco o in base a una dichiarazione di uno Stato membro, se lo spazio aereo compreso nel blocco è interamente di sua responsabilità. Lo/gli Stato/i membro/i interessato/i agisce/agiscono soltanto dopo aver consultato le parti interessate, compresi la Commissione e gli altri Stati membri.5. Qualora un blocco funzionale di spazio aereo riguardi lo spazio aereo che rientra interamente o parzialmente nella responsabilità di due o più Stati membri, l'accordo in base al quale è istituito il blocco contiene le disposizioni necessarie relative alle modalità da seguire per poter modificare il blocco e alle condizioni a cui uno Stato membro può ritirarsi dal blocco, compresi gli accordi transitori.6. In caso di controversia tra due o più Stati membri in merito a un blocco funzionale di spazio aereo transfrontaliero, che concerne lo spazio aereo di loro responsabilità, gli Stati membri interessati possono congiuntamente deferire la questione al comitato per il cielo unico affinché formuli un parere da trasmettere agli Stati membri interessati. Fatto salvo il paragrafo 4, gli Stati membri tengono conto di tale parere per giungere alla composizione della controversia.7. Le decisioni di cui ai paragrafi 4 e 5 sono notificate alla Commissione ai fini della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Tale pubblicazione precisa la data di entrata in vigore della relativa decisione.Articolo 6Configurazione ottimizzata dei settori e delle rotte nello spazio aereo superiore1. Sono stabiliti principi e criteri comuni per la configurazione di rotte e settori, al fine di assicurare un'utilizzazione dello spazio aereo sicura, economicamente efficace e rispettosa dell'ambiente. La configurazione dei settori è coerente, tra l'altro, con quella delle rotte.2. Le norme di attuazione nei settori contemplati dal paragrafo 1 sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 8 del regolamento quadro.3. Le decisioni relative all'istituzione o alla modifica di rotte e settori richiedono l'approvazione degli Stati membri che hanno responsabilità sullo spazio aereo a cui tali decisioni si applicano.CAPITOLO IIIUSO FLESSIBILE DELLO SPAZIO AEREO NEL CIELO UNICO EUROPEOArticolo 7Uso flessibile dello spazio aereo1. Tenuto conto dell'organizzazione degli aspetti militari di loro responsabilità, gli Stati membri garantiscono l'applicazione uniforme nel cielo unico europeo del concetto di uso flessibile dello spazio aereo descritto dall'ICAO e sviluppato da Eurocontrol, al fine di agevolare la gestione dello spazio aereo e del traffico aereo nell'ambito della politica comune dei trasporti.2. Gli Stati membri riferiscono annualmente alla Commissione in merito all'applicazione, nell'ambito della politica comune dei trasporti, del concetto di uso flessibile dello spazio aereo per quanto attiene allo spazio aereo di loro responsabilità.3. Se, in particolare in base alle relazioni presentate dagli Stati membri, si rende necessario rafforzare e armonizzare l'applicazione del concetto di uso flessibile dello spazio aereo nel cielo unico europeo, nell'ambito della politica comune dei trasporti sono adottate norme di attuazione secondo la procedura di cui all'articolo 8 del regolamento quadro.Articolo 8Sospensione temporanea1. Nei casi in cui l'applicazione dell'articolo 7 dia luogo a difficoltà operative rilevanti, gli Stati membri possono temporaneamente sospendere tale applicazione a condizione che ne informino senza indugio la Commissione e gli altri Stati membri.2. In seguito all'introduzione di una sospensione temporanea, possono essere elaborati adeguamenti delle modalità adottate in applicazione dell'articolo 7, paragrafo 3, relativamente allo spazio aereo di responsabilità dello Stato membro o degli Stati membri interessati, secondo la procedura di cui all'articolo 8 del regolamento quadro.Articolo 9Gestione del flusso di traffico aereo1. Le norme di attuazione per la gestione del flusso di traffico aereo sono stabilite secondo la procedura di cui all'articolo 8 del regolamento quadro al fine di ottimizzare la capacità disponibile nell'uso dello spazio aereo e di potenziare le operazioni di gestione di detto flusso. Queste norme sono improntate alla trasparenza e all'efficacia e garantiscono che la capacità sia fornita in maniera flessibile e tempestiva, coerentemente con le raccomandazioni del piano di navigazione aerea regionale dell'ICAO, Regione europea.2. Le norme di attuazione sono alla base delle decisioni operative di fornitori di servizi di navigazione aerea, operatori aeroportuali e utenti dello spazio aereo e riguardano i seguenti settori:a) pianificazione di volo;b) uso della capacità disponibile di spazio aereo durante tutte le fasi del volo, compresa l'assegnazione delle bande orarie;c) uso delle rotte da parte del traffico aereo generale, comprendente:- la realizzazione di un'unica pubblicazione per l'orientamento delle rotte e del traffico,- opzioni per deviare il traffico aereo generale da zone congestionate,- regole di priorità nell'accesso allo spazio aereo per il traffico aereo generale, particolarmente durante periodi di congestione e crisi.CAPITOLO IVDISPOSIZIONI FINALIArticolo 10EsameNell'ambito dell'esame periodico di cui all'articolo 12, paragrafo 2, del regolamento quadro, la Commissione mette a punto uno studio prospettico sulle condizioni per la futura applicazione dei concetti di cui agli articoli 3, 5 e 6 allo spazio aereo inferiore.In base alle conclusioni dello studio e alla luce dei progressi conseguiti, la Commissione presenta entro il 31 dicembre 2006 una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio corredata, se del caso, di una proposta che estenda l'applicazione di tali concetti allo spazio aereo inferiore, o che individui eventuali altre misure. Qualora sia prevista tale estensione, le relative decisioni dovrebbero preferibilmente essere adottate prima del 31 dicembre 2009.Articolo 11Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Strasburgo, addì 10 marzo 2004.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteD. Roche(1) GU C 103 E del 30.4.2002, pag. 35.(2) GU C 241 del 7.10.2002, pag. 24.(3) GU C 278 del 14.11.2002, pag. 13.(4) Parere del Parlamento europeo del 3 settembre 2002 (GU C 272 E del 13.11.2003, pag. 316), posizione comune del Consiglio del 18 marzo 2003 (GU C 129 E del 3.6.2003, pag. 11) e posizione del Parlamento europeo del 3 luglio 2003 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 29 gennaio 2004 e decisione del Consiglio del 2 febbraio 2004.(5) Cfr. pagina 1 della presente Gazzetta ufficiale.(6) Cfr. pagina 10 della presente Gazzetta ufficiale.Dichiarazione della CommissioneLa Commissione, sulla base di una relazione sull'esperienza acquisita nell'attuazione dell'articolo 5, presenterà, se del caso, entro il termine di cinque anni, alcune proposte di modifica della procedura di cui all'articolo 5, paragrafo 6.
Gestione del traffico aereo: organizzazione e uso dello spazio aereo nel cielo unico europeo QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento, che si iscrive in un pacchetto legislativo sulla gestione del traffico aereo che mira all’istituzione del cielo unico europeo a norma del regolamento (CE) n. 549/2004 (cfr. sintesi), permetterà un uso ottimizzato dello spazio aereo europeo, che ridurrà i ritardi e promuoverà la crescita del trasporto aereo. Il regolamento è stato modificato dal regolamento (CE) n. 1070/2009 in vista del piano di estensione delle competenze dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea dell’Unione europea al fine di includere la sicurezza della gestione del traffico aereo. Tale modifica consente alla Commissione europea di aggiornare le misure in linea con gli sviluppi tecnici o operativi, nonché di stabilire i criteri e le procedure di base per l’esercizio di determinate funzioni di gestione della rete. PUNTI CHIAVE Istituzione del cielo unico europeo Punta a:fornire strumenti per gestire le fluttuazioni di capacità del traffico aereo; migliorare la sicurezza: garantire gli stessi livelli di sicurezza nei sistemi e nelle procedure di controllo del traffico aereo in tutti i paesi dell’UE; ridurre la frammentazione della fornitura di servizi di traffico aereo: i diversi approcci nazionali alla gestione del traffico aereo e alla sua organizzazione comportano incoerenze e carenze, con effetti negativi sul mercato interno del trasporto aereo; migliorare l’integrazione dei militari nell’organizzazione del controllo aereo; facilitare l’introduzione di nuove tecnologie.Gestione e progettazione della rete Per sostenere iniziative sia a livello nazionale che a livello di blocchi funzionali dello spazio aereo, le funzioni della rete di gestione del traffico aereo consentiranno un uso ottimale dello spazio aereo e assicureranno che gli utenti dello spazio aereo possano operare sulle traiettorie preferite, garantendo al tempo stesso il massimo accesso allo spazio aereo e ai servizi di navigazione aerea. Uso flessibile dello spazio aereo Si dovrà rafforzare il coordinamento tra autorità civili e militari, in particolare per l’attribuzione e l’uso efficace dello spazio aereo a fini militari, ivi inclusi i criteri e i principi che reggeranno tale attribuzione e uso, e soprattutto la loro apertura ai voli civili. DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? È in vigore dal 20 aprile 2004. CONTESTO Si veda anche:Cielo unico europeo (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 551/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, sull’organizzazione e l’uso dello spazio aereo nel cielo unico europeo (regolamento sullo spazio aereo) (GU L 96 del 31.3.2004, pag. 20). Le successive modifiche al regolamento (CE) N. 551/2004 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) 2018/1139 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2018, recante norme comuni nel settore dell’aviazione civile, che istituisce un’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea e che modifica i regolamenti (CE) n. 2111/2005, (CE) n. 1008/2008, (UE) n. 996/2010, (UE) n. 376/2014 e le direttive 2014/30/UE e 2014/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, e abroga i regolamenti (CE) n. 552/2004 e (CE) n. 216/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CEE) n. 3922/91 del Consiglio (GU L 212 del 22.8.2018, pag. 1). Regolamento (CE) n. 549/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, che stabilisce i principi generali per l’istituzione del cielo unico europeo (regolamento quadro) (GU L 96 del 31.3.2004, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
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DECISIONE (UE) 2015/772 DEL CONSIGLIO dell'11 maggio 2015 che istituisce il comitato per l'occupazione e che abroga la decisione 2000/98/CE IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 150, visto il parere del Parlamento europeo, considerando quanto segue: (1) L'articolo 5 del trattato stabilisce che l'Unione debba prendere misure per assicurare il coordinamento delle politiche occupazionali degli Stati membri al fine di accrescerne l'efficacia con lo sviluppo di una strategia coordinata per l'occupazione. (2) Il titolo IX della parte terza del trattato stabilisce le procedure attraverso le quali gli Stati membri e l'Unione dovrebbero adoperarsi per sviluppare una strategia coordinata a favore dell'occupazione, e in particolare a favore della promozione di una forza lavoro competente, qualificata, adattabile e di mercati del lavoro in grado di rispondere ai mutamenti economici. (3) Nell'adempimento dei suoi compiti, tra i quali rientrano l'attività di consulenza e il contributo ai lavori del Consiglio e della Commissione, il comitato per l'occupazione («comitato») dovrebbe contribuire a far sì che la strategia europea per l'occupazione, il coordinamento delle politiche macroeconomiche e il processo di riforme economiche siano formulati e attuati in modo coerente e reciprocamente vantaggioso. (4) Il comitato dovrebbe collaborare strettamente con le parti sociali, in particolare con quelle rappresentate al Vertice sociale trilaterale per la crescita e l'occupazione istituito dalla decisione 2003/174/CE del Consiglio (1). (5) Nelle conclusioni del 27 e 28 giugno 2013 il Consiglio europeo ha affermato che la dimensione sociale dell'Unione economica e monetaria dovrebbe essere rafforzata. Innanzitutto è importante monitorare meglio e prendere in considerazione la situazione sociale e del mercato del lavoro in seno all'Unione economica e monetaria, in particolare utilizzando gli opportuni indicatori sociali e dell'occupazione nell'ambito del semestre europeo. È altresì importante assicurare un migliore coordinamento delle politiche occupazionali e sociali pur rispettando pienamente le competenze nazionali. (6) Nelle conclusioni del 24 e 25 ottobre 2013 il Consiglio europeo ha stabilito che il coordinamento delle politiche economiche, occupazionali e sociali sarà ulteriormente potenziato secondo le procedure esistenti, pur nel pieno rispetto delle competenze nazionali. Il Consiglio europeo ritiene che ciò richieda maggiore impegno per rafforzare la cooperazione tra le diverse formazioni del Consiglio, al fine di assicurare la coerenza di tali politiche in linea con i comuni obiettivi. (7) È opportuno che la presente decisione rispecchi lo sviluppo del semestre europeo e il ruolo del comitato stesso in tale processo. In particolare, il regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio (2) prevede che il comitato economico e finanziario, il comitato di politica economica, il comitato per l'occupazione e il comitato per la protezione sociale debbano essere consultati nell'ambito del semestre europeo laddove opportuno. Inoltre, il regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (3) stabilisce che gli esami approfonditi debbano tenere conto, ove opportuno, delle raccomandazioni o degli inviti rivolti dal Consiglio agli Stati membri. Esso prevede inoltre che un piano d'azione correttivo per ogni Stato membro per il quale sia stata avviata una procedura per gli squilibri eccessivi debba tenere conto dell'impatto economico e sociale delle azioni politiche e debba essere coerente con gli indirizzi di massima per le politiche economiche e gli orientamenti in materia di occupazione. (8) È opportuno che il comitato e gli organi dell'Unione impegnati nel coordinamento delle politiche sociali ed economiche, in particolare il comitato economico e finanziario, il comitato di politica economica e il comitato per la protezione sociale, operino in stretta collaborazione. Se del caso e ove convenuto di comune accordo tra i comitati interessati, la cooperazione del comitato con il comitato per la protezione sociale, il comitato economico e finanziario e il comitato di politica economica può includere l'organizzazione di riunioni congiunte, in particolare nel contesto dei rispettivi ruoli dei comitati nell'ambito del semestre europeo. (9) Per adempiere efficacemente al mandato conferito dal trattato e consentire la necessaria flessibilità per adattarsi al calendario delle attività del comitato, in particolare nell'ambito del ciclo del semestre europeo, le disposizioni in materia di governance riguardo al funzionamento del comitato dovrebbero essere riesaminate al fine di assicurare efficienza e continuità. (10) È opportuno abrogare la decisione 2000/98/CE del Consiglio (4), HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Istituzione È istituito un comitato per l'occupazione («comitato») a carattere consultivo per promuovere il coordinamento in materia di politiche dell'occupazione e del mercato del lavoro fra gli Stati membri, nel pieno rispetto del trattato e tenendo debitamente conto delle competenze delle istituzioni e degli organi dell'Unione Articolo 2 Compiti 1. I compiti del comitato sono i seguenti: a) seguire la situazione dell'occupazione e le politiche in materia di occupazione negli Stati membri e nell'Unione; b) fatto salvo l'articolo 240 del trattato, formulare pareri su richiesta del Consiglio o della Commissione o di propria iniziativa e contribuire alla preparazione dei lavori del Consiglio di cui all'articolo 148 del trattato. 2. Ai fini del paragrafo 1, il comitato si adopera, in particolare, per: a) promuovere la presa in considerazione dell'obiettivo di un elevato livello di occupazione nella formulazione e nell'attuazione delle politiche e azioni dell'Unione; b) contribuire alla procedura di adozione degli indirizzi di massima per le politiche economiche onde assicurare la coerenza tra gli orientamenti in materia di occupazione e tali indirizzi di massima e contribuire alle sinergie tra la strategia europea per l'occupazione, il coordinamento delle politiche macroeconomiche e il processo di riforma economica in modo che si sostengano mutualmente; c) partecipare attivamente al dialogo macroeconomico a livello dell'Unione; d) contribuire a tutti gli aspetti del semestre europeo nell'ambito del proprio mandato e riferire al Consiglio al riguardo; e) promuovere gli scambi di informazioni e di esperienze fra gli Stati membri e con la Commissione. 3. Ogni anno, il comitato adotta un programma di lavoro, tenendo conto delle priorità strategiche del Consiglio e della Commissione. Il programma di lavoro è trasmesso al Consiglio. 4. Il comitato può far ricorso a esperti esterni qualora ciò risulti appropriato per lo svolgimento dei suoi lavori. Articolo 3 Composizione 1. Ciascuno Stato membro e la Commissione nominano due membri titolari del comitato. Possono del pari nominare due membri supplenti. 2. I membri titolari del comitato e i membri supplenti sono scelti fra funzionari o esperti di alto livello e di comprovata esperienza in materia di politiche dell'occupazione e del mercato del lavoro negli Stati membri. 3. Gli Stati membri e la Commissione si adoperano con ogni mezzo per raggiungere un equilibrio di genere nella composizione del comitato. Articolo 4 Funzionamento 1. Il comitato elegge fra i membri nominati dagli Stati membri il suo presidente, che resta in carica per un periodo di due anni. Il presidente può essere rieletto una sola volta per un ulteriore periodo di due anni. In casi debitamente giustificati, il comitato può decidere di prorogare il mandato del presidente per un periodo massimo di otto mesi al fine di garantire l'efficienza e la continuità del suo lavoro. Il presidente può rimanere in carica per un periodo totale di quattro anni e otto mesi. 2. Il presidente è assistito da quattro vicepresidenti, dei quali due sono eletti dal comitato tra i suoi membri per un periodo di due anni, rinnovabile una volta. Il terzo vicepresidente è un rappresentante dello Stato membro che in quel momento detiene la presidenza del Consiglio. Il quarto vicepresidente è un rappresentante dello Stato membro che succederà alla presidenza. 3. Il presidente delega il suo diritto di voto al suo supplente. 4. Le riunioni del comitato sono convocate dal presidente, di sua iniziativa o su richiesta della maggioranza dei membri del comitato. 5. Il comitato stabilisce il proprio regolamento interno. 6. Le spese sono rimborsate secondo le norme amministrative in vigore. 7. La Commissione fornisce al comitato il sostegno analitico e organizzativo adeguato. La Commissione nomina segretario un membro del suo personale, il quale agisce, insieme al personale che lo coadiuva, su istruzioni del comitato quando assiste quest'ultimo nello svolgimento dei suoi compiti. Il segretario cura i contatti con il segretariato generale del Consiglio per l'organizzazione delle riunioni. 8. Il comitato lavora, ove opportuno, in cooperazione con altri organi e comitati pertinenti, che trattano questioni di politica sociale ed economica, quali il comitato per la protezione sociale, il comitato economico e finanziario, il comitato di politica economica, il comitato dell'istruzione e il consiglio di direzione della rete europea di servizi pubblici per l'impiego. Articolo 5 Gruppi di lavoro 1. Il comitato può commissionare lo studio di questioni specifiche ai propri membri supplenti oppure può istituire a tal fine gruppi di lavoro. La presidenza di un tale gruppo di lavoro è assunta da uno dei vicepresidenti del comitato, da un membro titolare o da un membro supplente del comitato, da un funzionario della Commissione o da un membro del gruppo di lavoro stesso nominato dal comitato. 2. La Commissione fornisce ai gruppi di lavoro il sostegno analitico e organizzativo adeguato. 3. I gruppi di lavoro possono far ricorso all'aiuto di esperti. 4. Il comitato può parimenti istituire con altri comitati o organi gruppi di lavoro congiunti, le cui norme di funzionamento sono determinate congiuntamente. Articolo 6 Consultazione delle parti sociali Nell'adempimento del proprio mandato il comitato consulta le parti sociali. In tale contesto, stabilisce contatti con le parti sociali rappresentate al Vertice sociale trilaterale per la crescita e l'occupazione. Articolo 7 Disposizioni transitorie Il mandato dei membri eletti conformemente all'articolo 3 della decisione 2000/98/CE prosegue fino al termine del periodo stabilito conformemente all'articolo 4 della presente decisione. La data d'inizio di tale periodo è considerata la data dell'elezione avvenuta conformemente all'articolo 3 della decisione 2000/98/CE. Articolo 8 Abrogazione La decisione 2000/98/CE è abrogata a decorrere dalla data della prima riunione del comitato successiva all'entrata in vigore della presente decisione. La riunione ha luogo entro quattro mesi dalla data di adozione della presente decisione. Articolo 9 Entrata in vigore La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Bruxelles, l'11 maggio 2015 Per il Consiglio Il presidente J. DŪKLAVS (1) Decisione 2003/174/CE del Consiglio, del 6 marzo 2003, che istituisce un Vertice sociale trilaterale per la crescita e l'occupazione (GU L 70 del 14.3.2003, pag. 31). (2) Regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997, per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche (GU L 209 del 2.8.1997, pag. 1). (3) Regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 25). (4) Decisione del Consiglio, del 24 gennaio 2000, che istituisce il comitato per l'occupazione (GU L 29 del 4.2.2000, pag. 21).
Comitato per l’occupazione Il Comitato per l’occupazione fornisce alla Commissione europea e al Consiglio dell’Unione europea pareri volti a promuovere il coordinamento in materia di politiche dell’occupazione e del mercato del lavoro fra i paesi dell’Unione europea (UE). ATTO Decisione (UE) 2015/772 del Consiglio, dell’11 maggio 2015, che istituisce il comitato per l’occupazione e che abroga la decisione 2000/98/CE SINTESI Il Comitato per l’occupazione fornisce alla Commissione europea e al Consiglio dell’Unione europea pareri volti a promuovere il coordinamento in materia di politiche dell’occupazione e del mercato del lavoro fra i paesi dell’Unione europea (UE). CHE COSA FA LA DECISIONE? Essa stabilisce i compiti del comitato per l’occupazione, che deve contribuire alla procedura che ha portato all’adozione degli indirizzi di massima per le politiche economiche onde assicurare la coerenza di tali politiche con gli orientamenti sull’occupazione. Il Comitato deve contribuire anche alle sinergie tra la strategia europea per l’occupazione, il coordinamento delle politiche macroeconomiche e il processo di riforma economica in modo che si sostengano mutualmente. Essa stabilisce altresì le norme riguardanti la composizione, il funzionamento e i gruppi di lavoro del Comitato. PUNTI CHIAVE I compiti del Comitato sono i seguenti: seguire la situazione dell’occupazione e le politiche in materia di occupazione nei paesi dell’UE; contribuire alla preparazione dei lavori del Consiglio sulla stesura degli indirizzi di massima che i paesi dell’UE devono tener conto nelle loro politiche occupazionali; formulare pareri su richiesta del Consiglio o della Commissione o di propria iniziativa. Nello svolgimento di tali compiti, il Comitato deve tenere presente l’obiettivo di un elevato livello di occupazione nella formulazione delle politiche dell’UE. Deve altresì cercare di: contribuire a tutti gli aspetti del semestre europeo nell’ambito del proprio mandato e riferire al Consiglio al riguardo; promuovere gli scambi di informazioni e di esperienze fra i paesi dell’UE e con la Commissione. Esso adotta un programma di lavoro ogni anno e invia una copia alla Commissione. Ciascun paese dell’UE e la Commissione nominano due membri del comitato. Tali membri sono scelti fra funzionari o esperti di alto livello e di comprovata esperienza in materia di politiche dell’occupazione e del mercato del lavoro. I membri eleggono un presidente e quattro vicepresidenti. La Commissione fornisce al comitato il sostegno analitico e organizzativo adeguato e designa un membro del personale con funzioni di segretario. Nell’esercizio delle sue funzioni, il comitato deve consultare le parti sociali. In questo contesto, stabilisce contatti con le parti sociali rappresentate al Vertice sociale trilaterale per la crescita e l’occupazione. Il Comitato opera in stretta collaborazione con il comitato per la protezione sociale, il comitato economico e finanziario e il comitato di politica economica. Ciò può includere l’organizzazione di riunioni congiunte nel contesto del semestre europeo. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? A decorrere dal 15 maggio 2015. CONTESTO Il trattato sul funzionamento dell’Unione europea (titolo IX) stabilisce le procedure attraverso le quali i paesi dell’UE dovrebbero lavorare insieme per sviluppare una strategia coordinata a favore dell’occupazione, e in particolare per la promozione di una forza lavoro qualificata, adeguatamente formata e adattabile per rispondere ai mutamenti economici. La creazione di un comitato per l’occupazione consultivo è inscritta in questo contesto. La presente decisione sostituisce la precedente decisione 2000/98/CE che istituiva il comitato per l’occupazione, al fine di tener conto degli sviluppi del semestre europeo e del ruolo del Comitato in questo processo. Per maggiori informazioni, consultare il sito Internet della Commissione europea sul comitato per l’occupazione. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione (UE) 2015/772 15.5.2015 - GU L 121 del 14.5.2015, pag. 12-15 ATTI COLLEGATI Raccomandazione di Raccomandazione del Consiglio relativa agli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell’Unione [COM (2015) 99 final del 2.3.2015]
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98/561/CE: Raccomandazione del Consiglio del 24 settembre 1998 sulla cooperazione in materia di garanzia della qualità nell'istruzione superiore Gazzetta ufficiale n. L 270 del 07/10/1998 pag. 0056 - 0059 RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO del 24 settembre 1998 sulla cooperazione in materia di garanzia della qualità nell'istruzione superiore (98/561/CE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 126 e 127,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Comitato economico e sociale (1),visto il parere del Comitato delle regioni (2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 C del trattato (3),(1) considerando che tutti gli Stati membri hanno l'obiettivo di garantire la qualità dell'istruzione e della formazione e che la Comunità è invitata a contribuire a questo sforzo permanente incoraggiando la cooperazione fra gli Stati membri e, se necessario, sostenendone e completandone l'azione, nel pieno rispetto della responsabilità di questi ultimi per quanto riguarda il contenuto dell'istruzione e l'organizzazione dei sistemi d'istruzione e di formazione, nonché della loro diversità culturale e linguistica;(2) considerando che, nelle sue conclusioni del 25 novembre 1991 (4), il Consiglio ha indicato che il miglioramento della qualità dell'istruzione superiore è una preoccupazione condivisa da tutti gli Stati membri e da tutti gli istituti di istruzione superiore della Comunità europea; che, tenuto conto della diversità dei metodi utilizzati su scala nazionale, l'esperienza accumulata sul piano nazionale potrebbe essere completata dall'esperienza europea, acquisita in particolare nel quadro di progetti pilota volti ad avviare una cooperazione in questo campo o a rafforzare la cooperazione esistente;(3) considerando che le risposte al memorandum della Commissione sull'istruzione superiore sottolineano fra l'altro che la qualità dovrebbe essere garantita a tutti i livelli e in tutti i settori e che gli istituti dovrebbero differenziarsi soltanto per gli obiettivi; i metodi e la domanda di formazione; che in generale viene considerata positivamente l'introduzione di metodi efficaci e condivisibili di valutazione della qualità che tengano conto delle esperienze europee e internazionali e della possibilità di cooperazione;(4) considerando che uno studio realizzato dalla Commissione sulla situazione in materia di valutazione della qualità negli Stati membri ha rivelato che i nuovi sistemi di valutazione della qualità comportano taluni elementi comuni; che i due progetti pilota realizzati successivamente si basavano su un tronco comune di elementi dei sistemi nazionali esistenti; che essi hanno messo tale metodo comune alla prova con successo, dimostrando che l'insieme degli attori in questo campo desidererebbe vivamente proseguire gli scambi di esperienze che attestano la diversità delle culture nazionali sotto il profilo della valutazione nonché l'importanza della garanzia della qualità in generale;(5) considerando che, vista la grande diversità dei sistemi di istruzione nella Comunità, la definizione del termine «istituto di istruzione superiore» utilizzata nella presente raccomandazione comprende tutti i tipi di istituti che conferiscono qualifiche o titoli di tale livello, indipendentemente dalla loro denominazione negli Stati membri; che tale definizione è usata nella decisione che istituisce il programma Socrates;(6) considerando che gli istituti di istruzione superiore devono soddisfare i nuovi bisogni educativi e sociali di una «società conoscitiva» mondiale, e gli sviluppi che ad essa conseguono; che, di conseguenza, essi devono sforzarsi di migliorare le qualità richieste ai servizi da loro proposti mettendo a punto, se del caso, nuove iniziative (individualmente o grazie alla collaborazione nel quadro di associazioni a livello di istruzione superiore), volte ad accrescere la qualità dell'insegnamento e dell'apprendimento;(7) considerando che i cambiamenti tecnologici ed economici, nonché le loro conseguenze per il mercato del lavoro, comportano nuove sfide per gli studi di istruzione superiore e che, da un lato, le sfide risultanti dall'apertura del mercato mondiale e, dall'altro, l'afflusso sempre crescente di studenti verso gli istituti di istruzione superiore pongono gli Stati membri davanti alla necessità di organizzare i rispettivi sistemi d'istruzione superiore e il rapporto di questi ultimi con lo Stato e la società nel rispetto delle norme accademiche esistenti, degli obiettivi della formazione, degli standard qualitativi, dell'autonomia e/o dell'indipendenza a seconda delle strutture pertinenti di ciascuno Stato membro degli istituti di istruzione superiore, tenendo altresì presente la necessità di rendere conto al pubblico e di informarlo;(8) considerando che la discussione sulla comunicazione della Commissione del 13 febbraio 1994 ha dimostrato che i sistemi di garanzia della qualità potrebbero contribuire al reciproco riconoscimento delle qualifiche accademiche e professionali a livello comunitario;(9) considerando che il libro bianco della Commissione «Crescita, competitività e occupazione», il libro bianco «Insegnare e apprendere. Verso la società conoscitiva» nonché il libro verde «Istruzione, formazione, ricerca - Gli ostacoli alla mobilità transnazionale» rilevano l'importanza di un'istruzione di qualità per l'occupazione e la crescita nell'ambito della Comunità e per la sua competitività a livello mondiale; che questi documenti mettono in evidenza il nesso esistente tra le funzioni sociali e culturali dell'istruzione e della formazione, da un lato, e le loro funzioni economiche, dall'altro, e dunque il carattere poliedrico del concetto di qualità; che emerge chiaramente che ai fini della mobilità transnazionale occorrono sistemi di istruzione trasparenti;(10) considerando che l'incentivazione della mobilità è uno degli obiettivi della cooperazione comunitaria nei settori dell'istruzione e della formazione; che il libro verde della Commissione «Istruzione, formazione, ricerca - Gli ostacoli alla mobilità transnazionale» analizza i principali ostacoli giuridici, amministrativi e pratici con cui debbono confrontarsi gli studenti che intendano studiare in un altro Stato membro, propone misure per migliorare la mobilità e sottolinea che questo tipo di mobilità giova ad un'istruzione di elevata qualità che offra alle persone la possibilità di competere a livello internazionale e di profittare della libera circolazione nella Comunità;(11) considerando che le dimensioni, la struttura e il finanziamento dei sistemi di istruzione superiore negli Stati membri sono diversi e che le loro finalità continueranno ad evolvere; che in taluni Stati membri il sistema di istruzione superiore include università e altri istituti di istruzione superiore, spesso a indirizzo professionale; che il concetto, la portata e i metodi di valutazione della qualità saranno definiti dagli Stati membri e resteranno flessibili e modulabili a seconda delle nuove circostanze e/o strutture;(12) considerando le responsabilità esclusive degli Stati membri in materia di organizzazione e struttura dei rispettivi sistemi di istruzione superiore e i loro vincoli di bilancio nonché l'autonomia e/o l'indipendenza, a seconda delle strutture competenti di ciascuno Stato membro, degli istituti di istruzione superiore,I. RACCOMANDA agli Stati membri:A. di sostenere e, se del caso, istituire sistemi trasparenti di valutazione della qualità, al fine di:- salvaguardare la qualità dell'istruzione superiore nelle condizioni economiche, sociali e culturali specifiche di ogni paese, tenendo conto della dimensione europea e della rapida evoluzione del mondo;- incoraggiare ed aiutare gli istituti di istruzione superiore a basarsi su misure appropriate e in particolare sulla valutazione per migliorare la qualità dell'insegnamento e dell'apprendimento in un mondo in rapida evoluzione nonché della formazione alla ricerca, altro campo importante della loro missione;- promuovere gli scambi reciproci di informazioni per quanto riguarda la qualità e la garanzia della qualità a livello comunitario e mondiale e incoraggiare la cooperazione tra gli istituti di istruzione superiore in questo settore;B. di basare i sistemi di valutazione della qualità sui seguenti elementi, illustrati nell'allegato:- autonomia e/o indipendenza, a seconda delle strutture competenti ciascuno Stato membro, degli organismi incaricati della valutazione della qualità nella scelta delle procedure e dei metodi;- adeguamento delle procedure e dei metodi di valutazione della qualità al profilo e alla missione degli istituti di istruzione superiore, nel rispetto della loro autonomia, e/o indipendenza, a seconda delle strutture competenti di ciascuno Stato membro;- utilizzazione, in funzione degli obiettivi, di elementi di valutazione interna e/o esterna della qualità adattati alle procedure e ai metodi utilizzati;- partecipazione delle varie parti interessate a seconda dell'oggetto della valutazione;- pubblicazione dei risultati della valutazione in una forma adeguata a ciascuno Stato membro;C. di incoraggiare, se necessario, gli istituti d'istruzione superiore, in cooperazione con le strutture competenti degli Stati membri, ad adottare le misure di controllo adeguate;D. di invitare le autorità competenti e gli istituti di istruzione superiore ad annettere particolare importanza allo scambio di esperienze e alla cooperazione in materia di valutazione della qualità con gli altri Stati membri, nonché con le organizzazioni e le associazioni internazionali che operano nel settore dell'istruzione superiore;E. di promuovere una cooperazione tra le autorità responsabili della valutazione o della garanzia della qualità nell'istruzione superiore e di favorire il loro inserimento in rete.Questa cooperazione potrebbe riguardare, del tutto o in parte, i seguenti aspetti:a) favorire e potenziare lo scambio di informazioni e di esperienze, in particolare per quanto attiene gli sviluppi metodologici e agli esempi di buone prassi;b) rispondere alle richieste di valutazione e consulenza delle autorità interessate degli Stati membri;c) sostenere gli istituti di istruzione superiore che desiderano cooperare, su base transnazionale, in materia di valutazione;d) favorire i contatti con esperti internazionali.Nel perseguimento di tali obiettivi, dovrebbe essere preso in considerazione il nesso che si stabilisce tra la valutazione della qualità e altre attività comunitarie, in particolare quelle esistenti nel quadro dei programmi Socrates e Leonardo da Vinci, nonché l'«acquis» comunitario nel settore del riconoscimento delle qualifiche a fini professionali.II. RACCOMANDA:alla Commissione di adoperarsi, in stretta cooperazione con gli Stati membri, sulla base dei programmi esistenti e secondo gli obiettivi e le procedure abituali; aperte e trasparenti di tali programmi, per favorire la cooperazione di cui al punto I.E tra le autorità responsabili in materia di valutazione e garanzia della qualità nell'istruzione superiore e per integrarvi le organizzazioni e associazioni di istituti di istruzione superiore a vocazione europea che posseggano l'esperienza richiesta nel campo della valutazione e della garanzia della qualità.III. INVITA:la Commissione a presentare ogni tre anni, al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni relazioni sui progressi compiuti per quanto riguarda lo sviluppo dei sistemi di valutazione della qualità nei vari Stati membri, sulle attività di cooperazione a livello europeo in tale campo, compresi i progressi compiuti in merito ai suddetti obiettivi.Fatto a Bruxelles, addì 24 settembre 1998.Per il ConsiglioIl PresidenteJ. FARNLEITNER(1) GU C 19 del 21. 1. 1998, pag. 39.(2) GU C 64 del 27. 2. 1998, pag. 63.(3) Parere espresso dal Parlamento europeo del 18 novembre 1997 (GU C 371 dell'8. 12. 1997, pag. 33), posizione comune del Consiglio del 26 febbraio 1998 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Parlamento europeo del 28 maggio 1998 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(4) GU C 321 del 12. 12. 1991, pag. 2.ALLEGATO Elementi indicativi della valutazione della qualità Gli elementi menzionati in appresso sono comuni ai sistemi di valutazione esistenti in Europa. I progetti pilota europei per la valutazione della qualità nell'istruzione superiore hanno dimostrato che tutti gli attori che operano in tale settore possono trarre giovamento dallo studio di questi elementi.L'autonomia e/o l'indipendenza, a seconda delle strutture pertinenti di ciascuno Stato membro, dell'organismo incaricato della valutazione della qualità (sul piano delle procedure e dei metodi) possono contribuire all'efficacia delle procedure di valutazione e all'accettazione dei loro risultati.I criteri per la valutazione della qualità sono strettamente legati agli obiettivi assegnati a ciascun istituto in considerazione dei bisogni della società e del mercato del lavoro; le varie procedure di valutazione implicano dunque necessariamente che si tenga conto della specificità dell'istituto. La conoscenza degli obiettivi istituzionali, sia a livello dell'istituto nel suo insieme, che di un dipartimento o di una sola unità, è essenziale a tal fine.Le procedure di valutazione della qualità dovrebbero comportare, di norma, un elemento interno di autoriflessione e un elemento esterno basato sul parere di esperti esterni.L'elemento interno di autoriflessione dovrebbe puntare alla partecipazione di tutti gli attori, in particolare il corpo insegnante e, se del caso, gli amministratori responsabili dell'orientamento accademico e professionale, nonché gli studenti. L'elemento esterno dovrebbe essere un processo di cooperazione, di consultazione e di consulenza fra esperti indipendenti esterni ed attori appartenenti all'istituto in questione.In funzione degli obiettivi e dei criteri utilizzati nella procedura di valutazione nonché delle strutture dell'istruzione superiore degli Stati membri, le associazioni professionali, le parti sociali e gli ex studenti potrebbero essere rappresentati nei gruppi di esperti.Sarebbe auspicabile che esperti stranieri partecipassero alle procedure, al fine di favorire lo scambio delle esperienze acquisite in altri paesi.Le relazioni sui risultati delle procedure di valutazione della qualità dovrebbero essere pubblicate in una forma adeguata a ciascuno Stato membro e costituire un materiale di riferimento utile per i partner e per l'informazione dei cittadini in generale.
Qualità nell’istruzione superiore L’Europa è leader mondiale per quanto riguarda l’istruzione. Per mantenere tale posizione di avanguardia, i ministri europei dell’Istruzione hanno raccomandato l’introduzione di valutazioni della qualità e di meccanismi di certificazione della qualità nei sistemi di istruzione superiore. ATTO Raccomandazione del Consiglio 98/561/CE sulla cooperazione in materia di certificazione della qualità nell’istruzione superiore. SINTESI Nel 1998, i paesi dell’Unione europea (UE) si sono accordati per stabilire sistemi trasparenti di valutazione e di certificazione nel settore dell’istruzione superiore. Per salvaguardare e migliorare la qualità dell’istruzione superiore, tenendo conto delle condizioni di ogni paese, della dimensione europea e dei requisiti internazionali, questi sistemi devono integrare i seguenti elementi: autonomia e indipendenza degli organismi incaricati della valutazione e della certificazione della qualità; adeguamento delle procedure di valutazione a quelle previste dalle istituzioni scolastiche; valutazione interna ed esterna; coinvolgimento di tutte le parti interessate (insegnanti, amministratori, studenti, ex studenti, parti sociali, associazioni professionali, esperti stranieri); pubblicazione delle valutazioni. Nel 2006, una raccomandazione congiunta del Parlamento europeo e del Consiglio richiedeva l’ introduzione di sistemi interni di certificazione della qualità , in linea con gli standard e le linee guida adottate a Bergen nell’ambito del Processo di Bologna, oltre alla creazione di un registro europeo delle agenzie di certificazione della qualità (EQAR).La raccomandazione invitava gli Stati membri a consentire agli istituti d’istruzione superiore di scegliere un’agenzia di certificazione della qualità o accreditamento, tra quelle iscritte nel registro europeo, corrispondente alle loro necessità e alle loro caratteristiche, a condizione che questa fosse compatibile con la loro legislazione nazionale o consentita dalle loro autorità nazionali. Relazioni triennali Vengono redatte relazioni per monitorare i progressi in materia di certificazione della qualità negli istituti di istruzione superiore. Nonostante i progressi compiuti, sono state rilevate alcune mancanze. La relazione del 2014 evidenzia le lacune esistenti nel modo in cui la certificazione della qualità contribuisce alle riforme dell’istruzione superiore, come l’ampliamento dell’accesso, il rafforzamento dell’occupabilità e dell’internazionalizzazione o il miglioramento della formazione dottorale e delle strategie in materia di risorse umane. Per colmare queste lacune, la certificazione della qualità deve diventare un sostegno alla creazione di una cultura interna della qualità negli istituti di istruzione superiore e non essere una procedura puramente formale. È necessario un approccio settoriale alla certificazione della qualità che individui alcuni principi e orientamenti di base validi per tutti i settori e applicabili a tutte le qualifiche. Azioni pianificate Le azioni a favore di una migliore cooperazione europea in materia di certificazione della qualità per l’ apprendimento permanente comprendono: consultare le parti interessate sulla necessità e fattibilità di un rafforzamento della coerenza in materia di certificazione della qualità nei vari sottosettori dell’istruzione; revisione approfondita delle norme e degli indirizzi europei che si concentri sull’innalzamento degli standard qualitativi piuttosto che sugli aspetti procedurali, e che estenda il campo di applicazione; migliorare le sinergie tra gli strumenti esistenti: continuare a promuovere la trasparenza degli strumenti che sostengono la certificazione della qualità, quali l’EQF, l’ECTS, l’EQUAVET ed Europass; collaborare con gli Stati membri per incoraggiare un maggior numero di agenzie di certificazione della qualità a chiedere la registrazione nell’EQAR e per permettere alle agenzie straniere registrate nell’EQAR di operare nel quadro dei loro sistemi di istruzione superiore; promuovere la cooperazione in materia di certificazione della qualità a livello internazionale, mediante il dialogo politico con partner internazionali e al fine di porre le basi della costituzione di partenariati con gli istituti di istruzione superiore di tutto il mondo (tramite ERASMUS+). RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Raccomandazione 98/561/CE - - GU L 270 del 7.10.1998 ATTI COLLEGATI Raccomandazione 2006/143/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sul proseguimento della cooperazione europea in materia di certificazione della qualità nell’istruzione superiore [Gazzetta ufficiale L 64 del 4.3.2006]. Relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Relazione sui progressi in tema di certificazione della qualità nell’istruzione superiore [COM(2009)487 def. del 21.9.2009]. Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Relazione sui progressi in tema di certificazione della qualità nell’istruzione superiore [COM(2014) 29 final del 28.1.2014 - non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Conclusioni del Consiglio, del 20 maggio 2014, sulla certificazione della qualità a sostegno dell’istruzione e della formazione [Gazzetta ufficiale C 183 del 14.06.2014].
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INDIRIZZO (UE) 2015/280 DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA del 13 novembre 2014 sull'istituzione del Sistema di produzione e appalto di banconote in euro dell'Eurosistema (BCE/2014/44) IL CONSIGLIO DIRETTIVO DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 128, paragrafo 1, visto lo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, in particolare gli articoli 12.1, 14.3 e l'articolo 16, considerando quanto segue: (1) L'articolo 128 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (di seguito, «il trattato») e l'articolo 16 dello Statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea (di seguito «lo statuto del SEBC») attribuiscono al Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) il diritto esclusivo di autorizzare l'emissione di banconote in euro all'interno dell'Unione. Tale diritto esclusivo comprende la competenza a definire il quadro giuridico per la produzione e l'appalto delle banconote in euro. La BCE può attribuire la responsabilità di produrre le banconote in euro alle banche centrali nazionali degli Stati membri che hanno adottato l'euro (di seguito «le BCN») secondo le quote percentuali detenute dalle BCN nel capitale sottoscritto della BCE per l'esercizio finanziario di riferimento, calcolate applicando le ponderazioni nello schema di cui all'articolo 29.1 dello statuto del SEBC (di seguito «lo schema di capitale»). Il quadro giuridico per la produzione e l'appalto delle banconote in euro deve, da un lato, rispettare i requisiti previsti dall'articolo 127, paragrafo 1, del trattato e dall'articolo 2 dello statuto del SEBC, perché l'Eurosistema agisca in conformità al principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza, favorendo un'efficace allocazione delle risorse e, d'altro lato, tener conto della particolare natura delle banconote in euro, che sono prodotte al fine di essere emesse dall'Eurosistema come mezzo di pagamento sicuro. Inoltre, il quadro giuridico per la produzione e l'appalto delle banconote in euro deve altresì tenere in considerazione il fatto che alcune BCN si avvalgono di proprie stamperie interne per produrre le banconote in euro. (2) In considerazione dei summenzionati principi, il 10 luglio 2003 il Consiglio direttivo ha deciso che un approccio concorrenziale in materia di appalti, comune all'Eurosistema (di seguito «procedura unica d'appalto dell'Eurosistema»), dovesse applicarsi all'appalto di banconote in euro a partire dal 1o gennaio 2012, come stabilito nell'Indirizzo BCE/2004/18 (1). Nel marzo 2011, il Consiglio direttivo ha deciso di posticipare l'avvio della procedura unica d'appalto dell'Eurosistema al 1o gennaio 2014, salvo che fosse determinata una data diversa nel frattempo e fatta salva un'ulteriore verifica della situazione (2). Nel dicembre del 2013, il Consiglio direttivo ha deciso ulteriormente che la procedura unica d'appalto dell'Eurosistema sarebbe iniziata in una data da stabilirsi a causa del mutamento dei presupposti sulla base dei quali la data di inizio della procedura unica d'appalto dell'Eurosistema era stata fissata (3). (3) Tenuto conto del fatto che il mercato è divenuto più competitivo rispetto al 2004 e che al momento non sussiste alcun vantaggio tangibile nell'utilizzo della procedura unica d'appalto dell'Eurosistema invece degli attuali strumenti, il Consiglio direttivo ha deciso che un sistema di produzione e appalto di banconote in euro dell'Eurosistema (di seguito «SPAE») debba essere considerato una possibile alternativa. (4) Al fine di garantire la continuità della fornitura, mantenere le competenze maturate all'interno dell'Eurosistema, promuovere la concorrenza e ridurre i costi a livello dell'Eurosistema, nonché trarre vantaggio dalle innovazioni nel settore privato e pubblico, lo SPAE dovrebbe essere composto da due pilastri: un gruppo di BCN che producono le proprie banconote in euro utilizzando una stamperia interna (di seguito «BCN del gruppo con stamperia interna»), e un gruppo di BCN che affidano in appalto la produzione delle proprie banconote in euro (di seguito «BCN del gruppo appaltante»). Lo SPAE dovrebbe promuovere la produzione efficiente di banconote in euro nell'Eurosistema. Inoltre, lo SPAE richiederà l'ulteriore allineamento dei requisiti legali applicabili alle BCN del gruppo appaltante, quali quelli relativi all'uso di criteri di idoneità nella procedura d'appalto e di termini e condizioni contrattuali. I requisiti fissati in relazione allo SPAE dovrebbero essere volti a garantire condizioni paritarie negli appalti per la produzione di banconote in euro. (5) Le BCN del gruppo appaltante rimarranno responsabili della produzione e appalto delle banconote in euro loro attribuite conformemente allo schema di capitale. Per adempiere i propri obblighi, tali BCN affideranno in appalto la produzione di banconote in euro e bandiranno procedure d'appalto, singolarmente o congiuntamente ad altre BCN, in conformità alle norme in materia di appalti applicabili. Al fine di garantire condizioni paritarie, le BCN del gruppo appaltante dovrebbero cercare di allineare i propri requisiti in materia di appalti, in conformità ai requisiti previsti dalla normativa nazionale e dell'Unione sugli appalti. (6) Le BCN del gruppo con stamperia interna rimarranno responsabili della produzione delle banconote in euro loro attribuite conformemente allo schema di capitale. Tenuto conto della necessità di garantire condizioni paritarie tra tutte le stamperie, tali BCN dovrebbero assicurare che le stamperie interne non partecipino a procedure d'appalto per la produzione di banconote in euro organizzate e realizzate all'interno dell'Unione e non accettino ordini per la produzione di banconote in euro da terzi estranei alle BCN del gruppo con stamperia interna. (7) Qualora intraprendano forme di cooperazione, le BCN del gruppo con stamperia interna devono rispettare le normative nazionali applicabili e il diritto dell'Unione. Ove sia costituita una persona giuridica distinta al fine di realizzare tale cooperazione, una BCN può diventare una BCN del gruppo con stamperia interna se esercita congiuntamente il controllo su tale persona giuridica ai sensi del presente indirizzo. (8) Le banconote in euro presentano caratteristiche tecnologicamente avanzate e di natura sensibile. Pertanto, esse devono essere prodotte in un ambiente completamente sicuro, controllato e riservato, che garantisca una fornitura affidabile, di elevata qualità e continuata nel tempo. Inoltre, l'Eurosistema deve tenere in debito conto il possibile impatto della produzione delle banconote in euro sulla sanità e sicurezza pubbliche nonché sull'ambiente. (9) Il Consiglio direttivo effettuerà un controllo sistematico degli sviluppi relativi alle materie prime essenziali e ai fattori di produzione coinvolti nell'appalto e nella produzione delle banconote in euro e, se necessario, adotterà le misure adeguate al fine di assicurare che essi siano selezionati e/o forniti in modo da garantire la continuità della fornitura delle banconote in euro e impedire l'abuso di posizione dominante sul mercato da parte di qualunque appaltatore o fornitore, fatti salvi la disciplina dell'Unione in materia di concorrenza e i poteri della Commissione europea. (10) Le disposizioni del presente indirizzo dovrebbero essere interpretate, laddove necessario, in conformità alle regole contenute nella direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4) e, a decorrere dal 18 aprile 2016, nella direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (5), HA ADOTTATO IL PRESENTE INDIRIZZO: TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente indirizzo, si applicano le seguenti definizioni. 1. Per «principio di piena concorrenza» si intendono disposizioni interne effettive che assicurino piena separazione tra i conti di una stamperia pubblica e quelli della rispettiva autorità pubblica e il rimborso da parte di una stamperia pubblica dei costi di tutto il sostegno amministrativo e organizzativo che essa riceve dalla rispettiva autorità pubblica. Al fine di garantire una leale concorrenza quando le stamperie pubbliche partecipano a bandi di gara, è necessario che le attività di stampa delle banconote in euro siano completamente separate dal punto di vista finanziario dalle altre attività, al fine di garantire che non sia fornito, né direttamente né indirettamente, alcun aiuto di Stato che sia in qualunque modo incompatibile con il trattato. Tale separazione finanziaria è verificata e certificata annualmente da un revisore esterno indipendente, e ne è informato il Consiglio direttivo. 2. Per «stamperia interna» si intende qualsiasi stamperia che sia a) giuridicamente e organizzativamente parte di una BCN; o b) una persona giuridica separata, purché siano soddisfatte le seguenti condizioni cumulative: i) la BCN o le BCN esercitino sulla persona giuridica in questione un controllo analogo a quello esercitato sulle proprie articolazioni interne; ii) la persona giuridica controllata svolga più dell'80 % delle proprie attività nell'esecuzione di compiti a essa affidati dalla BCN o dalle BCN controllanti; iii) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta da parte di privati. Per determinare la percentuale delle attività di cui alla lettera b), punto ii), si prende in considerazione il fatturato totale medio, o un'idonea misura alternativa basata sull'attività, quali i costi sostenuti dalla persona giuridica in questione per servizi, forniture e lavori nei tre anni precedenti l'aggiudicazione del contratto. Se, a causa della data di costituzione o di inizio dell'attività della persona giuridica in questione, ovvero a causa della riorganizzazione delle sue attività, il fatturato, o la misura alternativa basata sull'attività, quali i costi, non è disponibile per i tre anni precedenti o non è più pertinente, è sufficiente dimostrare, segnatamente in base a proiezioni dell'attività, che la misura dell'attività è credibile. Si ritiene che una BCN eserciti su una persona giuridica un controllo analogo a quello da essa esercitato sulle proprie articolazioni interne, ai sensi del primo comma, lettera b), punto i), quando essa esercita un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della persona giuridica controllata. Si ritiene che le BCN esercitino congiuntamente un controllo su una persona giuridica qualora siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni cumulative: a) gli organi decisionali della persona giuridica controllata sono composti da rappresentanti di tutte le BCN partecipanti; singoli rappresentanti possono rappresentare diverse o tutte le BCN partecipanti; b) tali BCN sono in grado di esercitare congiuntamente un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della persona giuridica controllata; e c) la persona giuridica controllata non persegue interessi contrari a quelli delle BCN controllanti. 3. Per «autorità pubbliche» si intendono tutte le autorità pubbliche, ivi inclusi lo Stato e le autorità regionali, locali o altre autorità territoriali, e le banche centrali. 4. Per «stamperia pubblica» si intende qualsiasi stamperia sulla quale le autorità pubbliche possano, direttamente o indirettamente, esercitare un'influenza dominante in virtù della proprietà di essa, della loro partecipazione finanziaria o delle norme che la governano. L'influenza dominante da parte delle autorità pubbliche si presume qualora rispetto a una data stamperia tali autorità, direttamente o indirettamente: a) detengano la maggioranza del capitale sottoscritto: b) controllino la maggioranza dei voti collegati alle azioni emesse dalla stessa; ovvero c) possano nominare oltre la metà dei membri dei suoi organi amministrativi, direzionali o di supervisione. Articolo 2 Ambito di applicazione 1. Lo SPAE istituisce un modello per la produzione e l'appalto di banconote in euro basato su due pilastri. Esso include l'appalto della produzione di banconote in euro da parte delle BCN del gruppo appaltante, nonché la produzione di banconote in euro da parte delle BCN del gruppo con stamperia interna, che utilizzano una stamperia interna. 2. Le BCN sono responsabili della produzione e appalto delle banconote in euro loro attribuite conformemente allo schema di capitale. TITOLO II BCN DEL GRUPPO APPALTANTE Articolo 3 Principi generali Le BCN che non hanno stamperie interne fanno parte del gruppo appaltante (BCN del gruppo appaltante). Articolo 4 Procedure d'appalto 1. Ciascuna delle BCN del gruppo appaltante è responsabile dell'appalto della produzione di banconote in euro e svolge procedure d'appalto singolarmente o congiuntamente con altre BCN del gruppo appaltante, secondo le norme sugli appalti applicabili e in linea con i requisiti dettati dal presente indirizzo. 2. Al fine di preservare la concorrenza nel mercato della produzione di banconote in euro, in linea di principio e fatta salva la normativa nazionale sugli appalti applicabile, le BCN del gruppo appaltante suddividono gli appalti in diversi lotti, e al medesimo offerente o ai medesimi offerenti non dovrebbero essere aggiudicati più lotti. 3. Le BCN del gruppo appaltante dichiarano nella documentazione di gara dell'appalto che le stamperie pubbliche, per essere idonee ad un appalto, devono aver dato attuazione al principio di piena concorrenza prima di partecipare allo stesso. Articolo 5 Armonizzazione dei requisiti Al fine di garantire condizioni paritarie, le BCN del gruppo appaltante cercano di allineare i propri requisiti in materia di appalto, inclusi i criteri di idoneità, conformemente ai requisiti della normativa nazionale e dell'Unione sugli appalti. TITOLO III BCN DEL GRUPPO CON STAMPERIA INTERNA Articolo 6 Principi generali 1. Le BCN che producono banconote in euro utilizzando una stamperia interna fanno parte del gruppo con stamperia interna (BCN del gruppo con stamperia interna). 2. Le BCN del gruppo con stamperia interna assicurano che le proprie stamperie interne non partecipino a nessuna procedura d'appalto per la produzione di banconote in euro organizzata e realizzata all'interno dell'Unione e non accettino ordini per la produzione di banconote in euro da terzi estranei alle BCN del gruppo con stamperia interna. Articolo 7 Cooperazione tra BCN del gruppo con stamperia interna 1. Per migliorare il rapporto costo/efficienza della produzione di banconote in euro, le BCN del gruppo con stamperia interna prendono in considerazione l'instaurazione di forme di cooperazione appropriate, quali acquisti congiunti e la condivisione e attuazione di buone prassi per i processi produttivi, al fine di adempiere nel miglior modo possibile la loro funzione pubblica di produzione di banconote. 2. Le BCN del gruppo con stamperia interna possono decidere di partecipare o meno a tali forme di cooperazione, a condizione che, nel caso lo facciano, si impegnino a rimanere coinvolte nelle iniziative in questione per almeno tre anni (salvo che, in tale periodo, diventino una BCN del gruppo appaltante), data la necessità di garantire continuità e in considerazione degli investimenti compiuti dalle parti. Articolo 8 Costituzione di una persona giuridica distinta, o di una cooperazione orizzontale non istituzionalizzata, per assolvere congiuntamente funzioni pubbliche 1. Per assolvere congiuntamente funzioni pubbliche, le BCN del gruppo con stamperia interna valutano a) la costituzione di una persona giuridica distinta composta dalle loro stamperie interne; oppure b) l'instaurazione di una cooperazione orizzontale non istituzionalizzata sulla base di un accordo di cooperazione. 2. Alle forme di cooperazione di cui al paragrafo 1 si applicano le seguenti condizioni: a) qualora una persona giuridica, costituita ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, lettera a), si aggiudichi direttamente un contratto per la produzione di banconote in euro, essa deve essere controllata congiuntamente dalle BCN interessate, secondo la definizione di controllo congiunto di cui al punto 2 dell'articolo 1; b) gli accordi conclusi ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, lettera b), rispettano le seguenti condizioni cumulative: i) l'accordo istituisce o dà attuazione alla cooperazione tra BCN del gruppo con stamperia interna con lo scopo di garantire che i servizi pubblici che esse devono svolgere siano forniti con il fine di raggiungere i comuni obiettivi; ii) l'attuazione di tale cooperazione è governata esclusivamente da considerazioni riguardanti l'interesse pubblico; iii) le BCN del gruppo con stamperia interna svolgono sul mercato aperto meno del 20 % delle attività interessate dalla cooperazione. Per determinare la percentuale delle attività summenzionate si applicano coerentemente il secondo e il terzo paragrafo del punto 2 dell'articolo 1. TITOLO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 9 Abrogazione L'Indirizzo BCE/2004/18 è abrogato a decorrere dal 1o gennaio 2015. Articolo 10 Efficacia e attuazione Gli effetti del presente indirizzo decorrono dal giorno della notifica alle banche centrali nazionali degli Stati membri la cui moneta è l'euro. Le banche centrali dell'Eurosistema si conformano al presente indirizzo dal 1o gennaio 2015. Articolo 11 Periodo transitorio relativo all'applicazione dell'articolo 4, paragrafo 3 In deroga all'articolo 4, paragrafo 3, le procedure d'appalto bandite prima del 1o luglio 2015 possono applicare requisiti diversi circa l'esclusione di partecipanti alla gara d'appalto. Articolo 12 Revisione Il Consiglio direttivo procede alla revisione del presente indirizzo all'inizio del 2017 e successivamente ogni due anni. Articolo 13 Destinatari Tutte le banche centrali dell'Eurosistema sono destinatarie del presente indirizzo. Fatto a Francoforte sul Meno, il 13 novembre 2014 Per il Consiglio direttivo della BCE Il presidente della BCE Mario DRAGHI (1) Indirizzo BCE/2004/18, del 16 settembre 2004, sull'appalto di banconote in euro (GU L 320 del 21.10.2004, pag. 21). (2) Indirizzo BCE/2011/3, del 18 marzo 2011, sull'appalto di banconote in euro (GU L 86 dell'1.4.2011, pag. 77). (3) Indirizzo BCE/2013/49, del 18 dicembre 2013, che modifica l'indirizzo BCE/2004/18 sull'appalto di banconote in euro (GU L 32 dell'1.2.2014, pag. 36). (4) Direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134 del 30.4.2004, pag. 114). (5) Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la Direttiva 2004/18/CE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 65).
Quadro per l’appalto dell’Eurosistema QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE E DELL’INDIRIZZO? La decisione stabilisce le regole e le pratiche per l’appalto congiunto da parte di banche centrali nazionali (BCN) di beni e servizi necessari allo svolgimento dei compiti dell’Eurosistema e i ruoli dell’Ufficio di coordinamento dell’appalto dell’Eurosistema (EPCO) e delle altre autorità pubbliche coinvolte. L’indirizzo definisce le regole per garantire che le diverse tipologie di stamperie nel settore privato e pubblico possano partecipare alle procedure di appalto per la produzione di banconote in euro organizzate ed eseguite all’interno dell’Unione europea (UE) a condizioni paritarie. PUNTI CHIAVE Quando l’EPCO vede la necessità di un appalto congiunto per beni e servizi (per l’efficienza in termini di costi e di effettività, o per le norme e i requisiti armonizzati) invita le BCN a partecipare a procedure congiunte di appalto. Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) approva la procedura e la banca centrale capofila proposta dall’EPCO. La banca centrale capofila attua la procedura d’appalto congiunto a beneficio delle banche centrali che vi partecipano, in linea con le regole d’appalto alle quali è sottoposta la banca centrale capofila. La partecipazione delle BCN nelle attività dell’EPCO e nelle procedure d’appalto congiunto* è volontaria. L’EPCO è ospitato da una BCN nominata dal Consiglio direttivo della BCE ogni cinque anni. La BCN del Lussemburgo detiene attualmente questa posizione (dal 1o gennaio 2020 al 31 dicembre 2024). Le banche centrali finanziano il bilancio preventivo dell’EPCO su base annuale o pluriennale. Per la produzione e l’appalto di banconote in euro, viene istituito il Sistema di produzione e appalto dell’Eurosistema. Esso copre la produzione di banconote in euro da parte delle BCN che utilizzano una stamperia interna e la produzione e l’appalto di banconote in euro da parte delle BCN che non utilizzano stamperie interne. Le BCN sono responsabili della produzione e dell’appalto delle banconote in euro loro attribuite secondo le quote detenute dalle BCN nel capitale della BCE. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LA DECISIONE E L’INDIRIZZO? La decisione 2008/893/UE si applica dal 1o dicembre 2008. Le banche centrali dell’Eurosistema si conformano al presente indirizzo dal 1o gennaio 2015. CONTESTO Il Consiglio direttivo della BCE ha il potere, ai sensi dello statuto della BCE (articolo 12, paragrafo 1), di adottare indirizzi e prendere decisioni per assicurare l’efficace funzionamento dell’Eurosistema. Esso ha inoltre il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote in euro all’interno dell’UE e di attribuire la responsabilità della produzione di banconote in euro alle BCN. Nel luglio 2007 il Consiglio direttivo della BCE ha deciso di istituire l’EPCO con l’obiettivo di rafforzare la cooperazione all’interno dell’Eurosistema nel campo degli appalti. Lo ha reso permanente nel 2019. TERMINI CHIAVE Procedura d’appalto congiunto: procedura per l’appalto congiunto di beni e servizi messa a punto dalla banca centrale capofila a beneficio delle banche centrali che partecipano alla procedura d’appalto congiunto. DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione 2008/893/CE della Banca centrale europea, del 17 novembre 2008, che definisce il quadro per l’appalto congiunto dell’Eurosistema (BCE/2008/17) (GU L 319 del 29.11.2008, pag. 76). Le modifiche successive alla decisione 2008/893/CE sono state incorporate nel testo originario. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Indirizzo (UE) 2015/280 della Banca centrale europea, del 13 novembre 2014, sull’istituzione del Sistema di produzione e appalto di banconote in euro dell’Eurosistema (BCE/2014/44) (GU L 47 del 20.2.2015, pag. 29). Si veda la versione consolidata. DOCUMENTI CORRELATI Decisione (UE) 2020/628 della Banca centrale europea, del 4 maggio 2020, che modifica la decisione BCE/2008/17 che definisce il quadro per l’appalto congiunto dell’Eurosistema (BCE/2020/27) (GU L 146 dell’8.5.2020, pag. 11).
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DECISIONE DELLA COMMISSIONE del 23 febbraio 1994 che istituisce il comitato consultivo per il coordinamento nel settore della lotta contro le frodi (94/140/CE) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, considerando che la buona gestione delle finanze comunitarie implica una lotta efficace contro le frodi commesse a danno del bilancio comunitario ; considerando che il compito di adottare le misure concrete di lotta contro le frodi spetta in primo luogo agli Stati membri e che è necessaria una stretta cooperazione con la Commissione e fra gli Stati stessi ; considerando che l'articolo 209 A del trattato stabilisce che gli Stati membri devono adottare, per combattere le frodi che ledono gli interessi finanziari della Comunità, le stesse misure che adottano per combattere le frodi che ledono i loro interessi finanziari ; che a tal fine devono, con l'aiuto della Commissione, coordinare l'azione intesa a tutelare gli interessi finanziari della Comunità e a combattere le frodi ; considerando che la Commissione svolge inoltre importanti compiti nell'ambito della sua funzione generale di garante della buona esecuzione del bilancio comunitario e dell'applicazione delle disposizioni del trattato ; considerando che è quindi opportuno che la Commissione sia assistita da un comitato composto da rappresentanti degli Stati membri che possa essere consultato su ogni problema di prevenzione, di cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione, e di repressione nel settore delle frodi nonché su ogni problema relativo alla tutela giuridica degli interessi finanziari della Comunità ; considerando che i comitati esistenti hanno solo competenza settoriale e che tali comitati specializzati non saranno sostituiti ; che è tuttavia utile una visione d'insieme della problematica delle frodi a danno del bilancio comunitario ; che è quindi necessario creare un comitato con competenza orizzontale ; considerando che, data la natura orizzontale del comitato e la necessità che gli Stati membri siano rappresentati a un livello adeguato e corrispondente alle loro strutture amministrative, il comitato deve comprendere due rappresentanti per ogni Stato membro, DECIDE: Articolo 1 È istituito presso la Commissione un comitato consultivo per il coordinamento della lotta contro le frodi, nel prosieguo denominato « il comitato ». Articolo 2 1. Il comitato può essere consultato dalla Commissione su ogni problema relativo alla prevenzione e alla repressione delle frodi e delle irregolarità nonché su qualsiasi problema di cooperazione degli Stati membri fra di loro e con la Commissione, quando questi problemi superano le attribuzioni di uno dei comitati settoriali, al fine di organizzare meglio le azioni nel settore della lotta contro le frodi. Il comitato può essere consultato dalla Commissione su ogni problema relativo alla tutela giuridica degli interessi finanziari della Comunità. 2. Ogni membro del comitato può chiedere alla Commissione che il comitato sia consultato su ogni questione che rientra nelle competenze del comitato stesso. Articolo 3 1. Il comitato comprende 2 rappresentanti per ogni Stato membro che possono essere assistiti da due funzionari dei servizi interessati. 2. Il comitato è presieduto da un rappresentante della Commissione. 3. Possono essere costituiti gruppi di lavoro per facilitare i lavori del comitato. Articolo 4 1. La Commissione provvede alla segreteria del comitato. 2. Il presidente può invitare a partecipare ai lavori, in qualità di esperto, chiunque abbia competenze particolari su una questione iscritta all'ordine del giorno. Gli esperti partecipano alle deliberazioni unicamente per il problema che ha motivato la loro presenza. 3. I rappresentanti dei servizi interessati della Commissione assistono alle riunioni del comitato. 4. Il comitato si riunisce su convocazione della Commissione. Articolo 5 1. Le deliberazioni del comitato riguardano le richieste di parere della Commissione. Esse non sono seguite da votazione. 2. La Commissione, quando chiede il parere del comitato, può fissare un termine entro il quale il parere stesso deve essere emesso. 3. Le opinioni espresse dai rappresentanti degli Stati membri sono iscritte nel verbale. Articolo 6 Fatte salve le disposizioni dell'articolo 214 del trattato, quando la Commissione informa il comitato che il parere chiesto o la questione posta riguarda una materia riservata, i partecipanti sono tenuti a non divulgare le informazioni di cui sono venuti a conoscenza attraverso i lavori del comitato o dei gruppi di lavoro. Articolo 7 La presente decisione ha effetto dal 1o marzo 1994. Fatto a Bruxelles, il 23 febbraio 1994. Per la Commissione Peter SCHMIDHUBER Membro della Commissione
Il comitato UE per il coordinamento nel settore della lotta contro le frodi QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Istituisce il Comitato consultivo per il coordinamento nel settore della lotta contro le frodi (Cocolaf), che mira a creare una cooperazione tra i paesi dell’UE e la Commissione europea per prevenire e reprimere le frodi*. PUNTI CHIAVE Un rappresentante della Commissione presiede il Cocolaf, che comprende due rappresentanti per ogni paese dell’UE, i quali possono essere assistiti da due funzionari delle autorità nazionali competenti. Per organizzare in modo più efficace una stretta e regolare cooperazione tra le autorità competenti dei paesi dell’UE per contrastare le frodi, ai sensi dell’articolo 325 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, la Commissione può consultare il Cocolaf su ogni questione riguardante: la prevenzione e la repressione delle frodi e delle irregolarità che possono ledere gli interessi finanziari dell’UE; la cooperazione tra i paesi dell’UE o tra i paesi dell’UE e la Commissione per tutelare gli interessi finanziari dell’UE. Il Cocolaf sostiene l’operato dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), che svolge indagini sulla corruzione e su gravi irregolarità all’interno delle istituzioni dell’UE, nonché frodi a danno del bilancio dell’UE. Il Cocolaf integra anche il programma Hercule III, che tra le altre cose finanzia progetti per aumentare la cooperazione antifrode tra i paesi dell’UE, la Commissione e l’OLAF. Il Cocolaf, d’intesa con la Commissione, può creare gruppi di lavoro per affrontare problemi specifici. A questo riguardo, sono stati istituiti i quattro seguenti sottogruppi: Gruppo prevenzione delle frodi: stimola la cooperazione tra le autorità nazionali competenti dei paesi dell’UE e la Commissione attraverso lo scambio di esperienze e migliori prassi nel campo della prevenzione delle frodi (ad esempio esperienze con le valutazioni dei rischi di frode, scambi sulle pratiche fraudolente rilevate, esperienze con lo sviluppo e l'attuazione di strategie, politiche o misure antifrode nazionali o settoriali, ecc.). Gruppo comunicazioni e analisi delle frodi e irregolarità: mira a introdurre e a discutere l’analisi statistica dei casi segnalati e si occupa di altri aspetti rilevanti per la preparazione della relazione prevista dall’articolo 325. Gruppo AFCOS (Servizio di coordinamento antifrode): scambia esperienze e migliori prassi nell’ambito della collaborazione investigativa tra l’OLAF e le autorità nazionali, in linea con il regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013, che disciplina le indagini dell’OLAF. Rete OLAF dei comunicatori antifrode (OAFCN): riunisce portavoce ed esperti di pubbliche relazioni delle autorità nazionali competenti e l’OLAF per condividere le strategie mediatiche e promuovere la comunicazione sulla prevenzione e la dissuasione dalle frodi. La Commissione organizza riunioni e provvede alla segreteria del Cocolaf. CONTESTO L’articolo 325 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea chiede ai paesi dell’UE di contrastare le frodi a livello UE nello stesso modo in cui combatterebbero le frodi che ledono i loro interessi economici. Parallelamente, la Commissione è responsabile della corretta esecuzione del bilancio dell’UE. Per questo motivo, è stato deciso di istituire un comitato che copra tutto il settore delle frodi a danno del bilancio dell’UE. * TERMINE CHIAVE Frode: inganno illecito destinato a tradursi in un guadagno economico o criminale. ATTO Decisione della Commissione 94/140/CE, del 23 febbraio 1994, che istituisce il comitato consultivo per il coordinamento nel settore della lotta contro le frodi (GU L 61 del 4.3.1994, pag. 27-28) Le modifiche successive alla decisione 94/140/CE sono state incorporate nel testo originario. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
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DECISIONE 2009/902/GAI DEL CONSIGLIO del 30 novembre 2009 che istituisce una rete europea di prevenzione della criminalità (REPC) e che abroga la decisione 2001/427/GAI IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 30, paragrafo 1, l'articolo 31 e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera c), vista l'iniziativa del Regno del Belgio, della Repubblica ceca, della Repubblica federale di Germania, del Regno di Spagna, della Repubblica francese, della Repubblica di Ungheria, del Regno dei Paesi Bassi, della Repubblica slovacca, della Repubblica di Finlandia, del Regno di Svezia, del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (1), visto il parere del Parlamento europeo, considerando quanto segue: (1) Il Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 ha concluso che era necessario sviluppare misure di prevenzione della criminalità, scambiare migliori prassi e rafforzare la rete delle autorità nazionali competenti per la prevenzione della criminalità e la cooperazione tra le organizzazioni nazionali impegnate in tale settore, precisando che le priorità per tale cooperazione potrebbero essere, innanzi tutto, la delinquenza giovanile, la criminalità urbana e la criminalità connessa alla droga. A tal fine si auspicava un esame della possibilità di un programma finanziato dalla Comunità. (2) A norma della raccomandazione n. 6 della strategia dell'Unione europea per l'inizio del nuovo millennio relativa alla prevenzione e al controllo della criminalità organizzata (2), il Consiglio dev'essere opportunamente assistito da esperti qualificati in materia di prevenzione della criminalità, quali i punti focali nazionali, o mediante la costituzione di una rete di esperti appartenenti alle organizzazioni nazionali incaricate della prevenzione della criminalità. (3) La decisione 2001/427/GAI del Consiglio ha istituito la rete europea di prevenzione della criminalità (3). (4) Una valutazione esterna della rete europea di prevenzione della criminalità, effettuata nel 2008-2009, ha individuato possibilità di consolidamento della rete che sono state accettate dal consiglio di amministrazione della REPC e che rendono necessaria l'abrogazione della decisione 2001/427/GAI e la sua sostituzione con una nuova decisione del Consiglio relativa alla rete. (5) La valutazione ha individuato la necessità di un maggiore coinvolgimento dei rappresentanti nazionali nelle attività della rete. (6) Per consolidare la rete è necessaria una serie di modifiche, ivi comprese le modifiche delle disposizioni relative ai punti di contatto, al segretariato, alla struttura del consiglio di amministrazione e alle sue funzioni, inclusa la nomina del presidente. (7) Le modifiche relative alla composizione della rete dovrebbero essere efficaci ed efficienti in termini di costi, in base alle precedenti esperienze degli Stati membri in materia di finanziamento ed espletamento delle attività di segretariato e delle altre attività della rete. Il consiglio di amministrazione dovrebbe cooperare maggiormente per esplorare e sfruttare appieno le possibilità di finanziamento mediante il bilancio generale dell'Unione europea. Ciò potrebbe essere realizzato sulla base di partenariati quadro o includendo la rete nell'elenco degli organismi riconosciuti in situazione di monopolio del pertinente programma di finanziamento. (8) Le altre disposizioni dovrebbero essere basate sulla decisione 2001/427/GAI, DECIDE: Articolo 1 Istituzione È istituita una rete europea di prevenzione della criminalità (in appresso «la rete»). Essa succede alla rete europea di prevenzione della criminalità istituita con la decisione 2001/427/GAI. Articolo 2 Oggetto 1. La rete contribuisce a sviluppare i vari aspetti della prevenzione della criminalità a livello dell'Unione, tenendo conto della strategia dell'Unione Europea in materia di prevenzione della criminalità, e fornisce sostegno alle azioni di prevenzione della criminalità a livello nazionale e locale. 2. La prevenzione della criminalità comprende tutte le misure che mirano, o altrimenti concorrono, a contrastare la criminalità e a diminuire il senso di insicurezza dei cittadini, sia quantitativamente che qualitativamente, scoraggiando le attività criminali direttamente o mediante il ricorso a politiche e azioni intese a ridurre il potenziale criminoso e a limitarne le cause. Essa include l'azione dei governi, delle autorità competenti, delle istituzioni giudiziarie del settore penale, delle autorità locali e delle associazioni specializzate che hanno istituito in Europa, del settore privato e del volontariato, dei ricercatori e del pubblico, con il sostegno dei mezzi di comunicazione. Articolo 3 Struttura e composizione 1. La rete è composta da un consiglio di amministrazione e da un segretariato, così come dai punti di contatto che possono essere designati da ciascuno Stato membro. 2. Il consiglio di amministrazione è composto dai rappresentanti nazionali, con un presidente e un comitato esecutivo. 3. Ciascuno Stato membro nomina un rappresentante nazionale e può nominare un supplente. 4. Il presidente è nominato tra i rappresentanti nazionali. 5. Il comitato esecutivo è guidato dal presidente ed è composto da un massimo di altri sei membri del consiglio di amministrazione e da un rappresentante designato dalla Commissione. Articolo 4 Funzioni della rete La rete, in particolare: a) facilita la cooperazione, i contatti e gli scambi d'informazioni e di esperienze tra gli operatori nel settore della prevenzione della criminalità; b) raccoglie, valuta e comunica le informazioni basate su elementi di valutazione, incluse le buone prassi sulle azioni di prevenzione in atto; c) organizza conferenze, in particolare una conferenza annuale sulle migliori prassi, ed altre attività, compreso il premio annuale europeo per la prevenzione della criminalità, intese a raggiungere gli obiettivi della rete e a condividerne ampiamente i risultati; d) fornisce la necessaria consulenza al Consiglio e alla Commissione; e) riferisce ogni anno al Consiglio sulle sue attività tramite il consiglio di amministrazione e le competenti strutture operative. Il Consiglio è invitato ad approvare la relazione e a trasmetterla al Parlamento europeo; f) sviluppa ed attua un programma di lavoro basato su una strategia chiaramente definita che tenga conto dell'identificazione delle pertinenti minacce della criminalità e della maniera di farvi fronte. Articolo 5 Scambio di informazioni Per raggiungere i suoi obiettivi la rete: a) privilegia un approccio pluridisciplinare; b) si tiene in stretto rapporto, tramite i rappresentanti nazionali e i punti di contatto, con gli organismi incaricati della prevenzione della criminalità, con le autorità locali, con i partenariati locali e con la società civile, nonché con gli istituti di ricerca e le organizzazioni non governative degli Stati membri; c) crea e tiene aggiornato il proprio sito web contenente le relazioni periodiche e qualsiasi altra informazione utile, in particolare una raccolta delle migliori prassi; d) si adopera per utilizzare e promuovere i risultati dei progetti pertinenti per la prevenzione della criminalità finanziati nell'ambito dei programmi dell'Unione. Articolo 6 Responsabilità 1. Il Comitato esecutivo sostiene il presidente per assicurare, tra l'altro: a) l'elaborazione della strategia della rete che è approvata dal consiglio di amministrazione; b) l'efficace funzionamento del consiglio di amministrazione, e c) l'elaborazione e l'esecuzione del programma di lavoro. 2. Tra le funzioni del consiglio di amministrazione rientrano: a) la garanzia del corretto funzionamento della rete conformemente alla presente decisione, comprese le decisioni sull'organizzazione pratica delle attività del segretariato; b) l'elaborazione e l'adozione del regolamento finanziario; c) l'approvazione della strategia della rete, che contribuisca a sviluppare la prevenzione della criminalità a livello dell'Unione; d) l'adozione e la garanzia della realizzazione del programma di lavoro della rete; e) l'adozione di una relazione annuale sulle attività della rete. 3. Il consiglio di amministrazione adotta all'unanimità il proprio regolamento interno che include, tra l'altro, le disposizioni sulla nomina e la durata del mandato del presidente e dei membri del comitato esecutivo, sulle modalità di decisione del consiglio di amministrazione, sul regime linguistico, sui compiti, l'organizzazione e le risorse del segretariato e sulle modalità amministrative della cooperazione con altre strutture di cui all'articolo 8. 4. Il segretariato assiste il consiglio di amministrazione, è operativo a titolo permanente, a beneficio totale della rete, nel rispetto della riservatezza richiesta e ha i seguenti compiti: a) fornire supporto amministrativo e generale per la preparazione di riunioni, seminari e conferenze; redigere la relazione annuale e il programma di lavoro, sostenere l'attuazione del programma di lavoro e fungere da punto focale per la comunicazione con i membri della rete; b) svolgere una funzione di analisi e di supporto per individuare l'attività di ricerca in corso nel settore della prevenzione della criminalità e le relative informazioni utili per la rete; c) assumere la responsabilità generale di ospitare, sviluppare e aggiornare il sito web della rete. 5. Ogni rappresentante nazionale promuove le attività della rete a livello nazionale e locale e facilita la fornitura, l'aggiornamento e lo scambio di materiale relativo alla prevenzione della criminalità tra il relativo Stato membro e la rete. 6. I punti di contatto assistono i rappresentanti nazionali nello scambio di informazioni e competenze sulla prevenzione della criminalità a livello nazionale nell'ambito della rete. 7. Il segretariato riferisce al presidente e al comitato esecutivo, che ne controllano l'operato. 8. Gli Stati membri sono responsabili del finanziamento della rete e delle sue attività. Tramite il consiglio di amministrazione, gli Stati membri cooperano per assicurare il finanziamento efficiente in termini di costi della rete e delle sue attività. 9. Il paragrafo 8 non osta alla possibilità di chiedere ed ottenere un sostegno finanziario a carico del bilancio generale dell'Unione europea. Articolo 7 Riunioni del consiglio Il consiglio di amministrazione si riunisce almeno una volta per semestre su convocazione del presidente. Articolo 8 Cooperazione con altre strutture La rete può cooperare con altre strutture competenti in materia di prevenzione della criminalità qualora sia pertinente al raggiungimento dei suoi obiettivi. Articolo 9 Valutazione La Commissione presenta al Consiglio una relazione di valutazione in merito alle attività della rete concentrandosi in particolare sull'efficienza dei lavori della rete e del segretariato, tenendo debito conto dell'interazione tra la rete ed altri soggetti pertinenti entro 30 novembre 2012. In base ai risultati di tale valutazione sono individuate eventuali opportunità che potrebbero essere realizzate ad esempio trasferendo il segretariato ad un'agenzia esistente. Articolo 10 Abrogazione La decisione 2001/427/GAI è abrogata. Articolo 11 Decorrenza degli effetti Gli effetti della presente decisione decorrono dal giorno dell'adozione. Fatto a Bruxelles, addì 30 novembre 2009. Per il Consiglio La presidente B. ASK (1) GU C 222 del 15.9.2009, pag. 2. (2) GU C 124 del 3.5.2000, pag. 1. (3) GU L 153 dell'8.6.2001, pag. 1.
Cooperazione europea in materia di prevenzione della criminalità Decisione 2009/902/GAI del Consiglio che istituisce una rete europea di prevenzione della criminalità (REPC) ATTO Decisione 2009/902/UE del Consiglio, del 30 novembre 2009, che istituisce una rete europea di prevenzione della criminalità (REPC) e che abroga la decisione 2001/427/GAI. SINTESI La politica sulla prevenzione della criminalità nell’Unione europea (UE) si rafforza grazie alla cooperazione tra autorità a livello nazionale e locale e altri esperti e professionisti del settore. CHE COSA FA LA DECISIONE? Istituisce la rete europea di prevenzione della criminalità (REPC) per contribuire allo sviluppo di misure di prevenzione della criminalità nell’UE. Oltre a fornire un quadro per la cooperazione tra i paesi dell’UE, la rete supporta anche le attività di prevenzione della criminalità a livello nazionale e locale. PUNTI CHIAVE La REPC si occupa di: — facilitare la cooperazione, i contatti e gli scambi d’informazioni tra le parti interessate; — raccogliere, valutare e condividere le informazioni sulla prevenzione della criminalità; — organizzare conferenze e attività per sviluppare la prevenzione della criminalità e condividere i risultati di questo lavoro sulla prevenzione della criminalità; — fornire la necessaria competenza alle istituzioni europee (Consiglio e Commissione); — riferire annualmente al Consiglio sulle sue attività; — sviluppare e attuare un programma di lavoro che tenga conto delle pertinenti minacce della criminalità. Gli obiettivi della REPC sono raggiunti attraverso un programma di lavoro annuale, nell’ambito di una strategia pluriennale (2010-2015). La rete è composta da: — un consiglio di amministrazione , responsabile della sua gestione complessiva; — un segretariato , che fornisce supporto amministrativo al consiglio di amministrazione; — punti di contatto, che sostengono gli scambi di informazioni e di competenze tra i rappresentanti nazionali. Attività La REPC svolge una serie di attività, tra cui: — la promozione di buone pratiche, attraverso un database che contiene esempi di iniziative e progetti di prevenzione della criminalità (che vanno dalla prevenzione del crimine violento alla criminalità informatica); — l’organizzazione della conferenza sulle migliori prassi, un evento annuale rivolto ai politici, ai professionisti e ai ricercatori per la condivisione di esperienze e buone prassi in materia di prevenzione della criminalità e di sicurezza nei paesi dell’UE; — la presentazione del premio europeo per la prevenzione della criminalità , volto a premiare il miglior progetto europeo di prevenzione della criminalità. Il concorso è aperto a qualsiasi progetto, iniziativa o pacchetto di misure volto a ridurre la criminalità e la paura del crimine nel quadro del tema indicato; — la raccolta e la promozione di risultati e attività basati sulla ricerca per prevenire la criminalità. I«kit di strumenti» su aspetti specifici della prevenzione della criminalità hanno lo scopo di informare, sostenere e ispirare gli operatori locali e i decisori politici attraverso conoscenze pratiche proposte sotto forma di un documento di facile lettura; — creare e mantenere un archivio di studi, articoli e altri documenti in materia di prevenzione della criminalità accessibile attraverso il motore di ricerca di una biblioteca online sul sito Web della rete REPC. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA PRESENTE DECISIONE? A decorrere dal 30 novembre 2009. Per ulteriori informazioni, consultare il sito Internet sulla rete europea di prevenzione della criminalità . RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2009/902/GAI 30.11.2009 - GU L 321 dell’8.12.2009, pag. 44-46
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Direttiva 98/49/CE del Consiglio del 29 giugno 1998 relativa alla salvaguardia dei diritti a pensione complementare dei lavoratori subordinati e dei lavoratori autonomi che si spostano all'interno della Comunità europea Gazzetta ufficiale n. L 209 del 25/07/1998 pag. 0046 - 0049 DIRETTIVA 98/49/CE DEL CONSIGLIO del 29 giugno 1998 relativa alla salvaguardia dei diritti a pensione complementare dei lavoratori subordinati e dei lavoratori autonomi che si spostano all'interno della Comunità europeaIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 51 e 235,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Parlamento europeo (2),visto il parere del Comitato economico e sociale (3),(1) considerando che la libera circolazione delle persone è una delle libertà fondamentali della Comunità; che il trattato prevede che il Consiglio, con deliberazione unanime, adotti in materia di sicurezza sociale le misure necessarie per l'instaurazione della libera circolazione dei lavoratori;(2) considerando che la protezione sociale dei lavoratori è garantita da regimi legali di sicurezza sociale integrati da regimi complementari di sicurezza sociale;(3) considerando che la legislazione già adottata dal Consiglio al fine di proteggere i diritti previdenziali dei lavoratori che si spostano all'interno della Comunità e dei loro familiari, in particolare il regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità (4), e il regolamento (CEE) n. 574/72 del Consiglio, del 21 marzo 1972, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71 relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità (5), riguarda unicamente i regimi pensionistici legali; che il sistema di coordinamento previsto in tali regolamenti non si estende ai regimi pensionistici complementari, a eccezione dei regimi coperti dal termine «legislazione» quale definita nell'articolo 1, lettera j), primo comma del regolamento (CEE) n. 1408/71, o per i quali uno Stato membro fa una dichiarazione ai sensi di detto articolo;(4) considerando che il Consiglio dispone di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda la scelta dei provvedimenti più appropriati per il conseguimento dell'obiettivo dell'articolo 51 del trattato; che il sistema di coordinamento previsto nei regolamenti (CEE) n. 1408/71 e (CEE) n. 574/72 e, in particolare, le regole in materia di cumulo non sono appropriati per i regimi pensionistici complementari, a eccezione dei regimi coperti dal termine «legislazione» quale definita nell'articolo 1, lettera j), primo comma del regolamento (CEE) n. 1408/71, o per i quali uno Stato membro fa una dichiarazione ai sensi di detto articolo, e che dovrebbero pertanto essere assoggettati a misure specifiche, la prima delle quali è la presente direttiva, per tener conto della loro natura speciale e delle loro caratteristiche, come pure della diversità di tali regimi negli e tra gli Stati membri;(5) considerando che nessuna pensione o prestazione dovrebbe essere simultaneamente assoggettata alle disposizioni della presente direttiva e a quelle dei regolamenti (CEE) n. 1408/71 e (CEE) n. 574/72 e che, quindi, non può essere assoggettato alle disposizioni della presente direttiva alcun regime pensionistico complementare rientrante nell'ambito di applicazione di tali regolamenti in virtù di una dichiarazione all'uopo fatta da uno Stato membro ai sensi dell'articolo 1, lettera j) del regolamento (CEE) n. 1408/71;(6) considerando che nella raccomandazione 92/442/CEE, del 27 luglio 1992, relativa alla convergenza degli obiettivi e delle politiche della protezione sociale (6), il Consiglio ha raccomandato agli Stati membri di «favorire, qualora necessario, la messa a punto delle condizioni di acquisizione dei diritti alla pensione di quiescenza, in particolare alla pensione complementare, al fine di eliminare gli ostacoli alla mobilità dei lavoratori dipendenti»;(7) considerando che si può contribuire al conseguimento di tale obiettivo riservando ai lavoratori che si spostano, o il cui luogo di lavoro si sposta da uno Stato membro ad un altro, un trattamento, per quanto concerne la tutela dei loro diritti a pensione complementare, uguale a quello riservato ai lavoratori che rimangono all'interno del medesimo Stato membro o il cui luogo di lavoro cambia ma rimane all'interno del medesimo Stato membro;(8) considerando che la libertà di circolazione delle persone, che è uno dei diritti fondamentali sanciti nel trattato, non è limitata ai lavoratori subordinati ma si applica anche ai lavoratori autonomi;(9) considerando che il trattato non prevede competenze diverse da quelle di cui all'articolo 235 per adottare appropriate disposizioni in materia di sicurezza sociale dei lavoratori autonomi;(10) considerando che, al fine di rendere effettivo l'esercizio del diritto alla libera circolazione, i lavoratori e gli altri aventi diritto dovrebbero disporre di talune garanzie di parità di trattamento in merito al mantenimento dei diritti a pensione acquisiti derivanti da regimi pensionistici complementari;(11) considerando che gli Stati membri dovrebbero adottare le misure necessarie per garantire che le prestazioni nell'ambito di regimi pensionistici complementari vengano erogate agli iscritti e agli ex iscritti, nonché agli altri aventi diritto ai sensi di tali regimi pensionistici in tutti gli Stati membri, dal momento che qualunque restrizione alla libera circolazione dei pagamenti e dei capitali è vietata dall'articolo 73 B del trattato;(12) considerando che, per facilitare l'esercizio del diritto alla libera circolazione, le normative nazionali dovrebbero, ove necessario, essere adattate affinché sia possibile continuare a versare contributi ad un regime pensionistico complementare riconosciuto in uno Stato membro da parte o per conto di lavoratori distaccati in un altro Stato membro, ai sensi del titolo II del regolamento (CE) n. 1408/71;(13) considerando che al riguardo il trattato esige non solo l'abolizione di qualsiasi discriminazione basata sulla nazionalità tra lavoratori degli Stati membri, ma altresì l'eliminazione di ogni provvedimento nazionale che possa impedire o rendere meno agevole l'esercizio, da parte di tali lavoratori, delle libertà fondamentali garantite dal trattato, quali interpretate dalla Corte di giustizia delle Comunità europee in successive sentenze;(14) considerando che i lavoratori che esercitano il loro diritto alla libera circolazione dovrebbero essere adeguatamente informati dai datori di lavoro, dagli amministratori o da altri responsabili della gestione dei regimi pensionistici complementari, in particolare in merito alle scelte ed alle alternative loro offerte;(15) considerando che la presente direttiva lascia impregiudicate le legislazioni degli Stati membri in materia di azione collettiva intesa a difendere gli interessi professionali;(16) considerando che, vista la diversità dei regimi complementari di sicurezza sociale, la Comunità dovrebbe definire unicamente un quadro generale di obiettivi e che, pertanto, una direttiva risulta lo strumento giuridico adeguato;(17) considerando che, in conformità ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità sanciti nell'articolo 3 B del trattato, gli obiettivi della presente direttiva non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque essere realizzati meglio a livello comunitario; che la presente direttiva non va al di là di ciò che è necessario per raggiungere detti obiettivi,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:CAPO I OBIETTIVO E AMBITO DI APPLICAZIONE Articolo 1 Obiettivo della presente direttiva è tutelare i diritti degli iscritti a regimi pensionistici complementari che si spostano da uno Stato membro all'altro, contribuendo così alla rimozione degli ostacoli che si frappongono alla libera circolazione dei lavoratori subordinati e dei lavoratori autonomi all'interno della Comunità. Tale tutela riguarda i diritti a pensione a titolo di regimi pensionistici complementari sia volontari sia obbligatori, ad eccezione dei regimi disciplinati dal regolamento (CEE) n. 1408/71.Articolo 2 La presente direttiva si applica agli iscritti a regimi pensionistici complementari e agli altri aventi diritto a titolo di tali regimi che hanno acquisito o stanno acquisendo diritti in uno o più Stati membri.CAPO II DEFINIZIONI Articolo 3 Ai fini della presente direttiva si intende per:a) «pensione complementare» le pensioni di anzianità e, ove previsto dalle norme di un regime pensionistico complementare stabilite in conformità delle legislazioni e delle prassi nazionali, le prestazioni di invalidità e di reversibilità destinate a integrare o a sostituire le prestazioni erogate dai regimi legali di sicurezza sociale per gli stessi casi;b) «regimi pensionistici complementari», tutti i regimi pensionistici di categoria stabiliti in conformità delle legislazioni e delle prassi nazionali, come contratti di assicurazione di gruppo, regimi a ripartizione convenuti da uno o più rami o settori, regimi basati su fondi pensione o promesse di pensione garantite da riserve contabili, o qualsiasi sistema collettivo o altro sistema analogo, intesi a fornire una pensione complementare a lavoratori subordinati o autonomi;c) «diritti a pensione», tutte le prestazioni alle quali hanno diritto, ai sensi delle disposizioni di un regime pensionistico complementare e - se applicabile - ai sensi della normativa nazionale, gli iscritti a tale regime e altri aventi diritto;d) «diritti a pensione acquisiti», diritti a prestazioni conseguiti dopo aver soddisfatto le condizioni stabilite da un regime di pensione complementare e - se applicabile - ai sensi della normativa nazionale;e) «lavoratore distaccato», persona che è distaccata per lavoro in un altro Stato membro e che ai sensi del titolo II del regolamento (CEE) n. 1408/71 continua ad essere soggetta alla legislazione dello Stato membro di origine; «distacco» va inteso nello stesso senso;f) «contributo», qualsiasi versamento fatto o ritenuto fatto ad un regime pensionistico complementare.CAPO III MISURE DI PROTEZIONE DEI DIRITTI A PENSIONE COMPLEMENTARE DI LAVORATORI CHE SI SPOSTANO ALL'INTERNO DELLA COMUNITÀ Articolo 4 Parità di trattamento nel mantenimento dei diritti a pensione Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare il mantenimento dei diritti a pensione acquisiti dagli iscritti ad un regime pensionistico complementare nei confronti dei quali non vengono più versati contributi per il fatto di spostarsi da uno Stato membro ad un altro, nella stessa misura riservata agli iscritti nei confronti dei quali i contributi non vengono più versati, ma che restano nel primo Stato membro. Il presente articolo si applica anche alle altre persone aventi diritto a titolo delle norme del regime pensionistico complementare in questione.Articolo 5 Pagamenti transfrontalieri Gli Stati membri assicurano che negli altri Stati membri i regimi pensionistici complementari eroghino agli iscritti, nonché agli altri aventi diritto a titolo di tali regimi, tutte le prestazioni dovute in base a detti regimi, al netto delle imposte e delle spese di transazione eventualmente applicabili.Articolo 6 Contributi a regimi pensionistici complementari versati da e per conto di lavoratori distaccati 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per consentire che i contributi ad un regime pensionistico complementare con sede in uno Stato membro continuino ad essere versati da o per conto del lavoratore distaccato che è iscritto a detto regime, durante il periodo del suo distacco in un altro Stato membro.2. Qualora in base al paragrafo 1 i contributi continuino ad essere versati ad un regime pensionistico complementare in uno Stato membro, il lavoratore distaccato e - se applicabile - il suo datore di lavoro sono esentati da qualsiasi obbligo di versare contributi ad un regime pensionistico complementare in un altro Stato membro.Articolo 7 Informazione degli iscritti Gli Stati membri adottano misure per far sì che i datori di lavoro, gli amministratori o altri responsabili della gestione di un regime pensionistico complementare informino adeguatamente gli iscritti dei loro diritti a pensione e delle altre possibilità offerte loro dal regime complementare, quando si spostano in un altro Stato membro. Tali informazioni corrispondono almeno a quelle fornite agli iscritti al regime nei confronti dei quali i contributi non vengono più versati, ma che restano nello stesso Stato membro.CAPO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 8 Gli Stati membri possono stabilire che le disposizioni dell'articolo 6 si applichino unicamente ai distacchi che iniziano il o dopo il 25 luglio 2001.Articolo 9 Gli Stati membri introducono nei loro ordinamenti giuridici interni i provvedimenti necessari per consentire alle persone che si ritengono lese dalla mancata applicazione delle disposizioni della presente direttiva di far valere i loro diritti in via giurisdizionale, previo eventuale ricorso ad altre autorità competenti.Articolo 10 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro 36 mesi dalla sua entrata in vigore o garantiscono che entro tale data le parti sociali introducano le disposizioni necessarie tramite accordi. Essi sono tenuti ad adottare le misure che consentano loro in ogni momento di garantire i risultati prescritti dalla presente direttiva e le comunicano immediatamente alla Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, esse contengono un riferimento alla presente direttiva oppure sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità del suddetto riferimento sono stabilite dagli Stati membri.Gli Stati membri indicano alla Commissione le autorità nazionali da contattare per quanto riguarda l'applicazione della presente direttiva.2. Entro il 25 gennaio 2002 gli Stati membri trasmettono alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno da essi adottate nell'ambito contemplato dalla presente direttiva.3. In base alle informazioni fornite dagli Stati membri la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale, entro sei anni dall'entrata in vigore della presente direttiva.La relazione illustra l'applicazione della presente direttiva e, se del caso, propone gli emendamenti che dovessero risultare necessari.Articolo 11 La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 12 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Lussemburgo, addì 29 giugno 1998.Per il ConsiglioIl presidenteR. COOK(1) GU C 5 del 9. 1. 1998, pag. 4.(2) GU C 152 del 18. 5. 1998.(3) GU C 157 del 25. 5. 1998, pag. 26.(4) GU L 149 del 5. 7. 1971, pag. 2. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1223/98 (GU L 168 del 13. 6. 1998, pag. 1).(5) GU L 74 del 27. 3. 1972, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1223/98 (GU L 168 del 13. 6. 1998, pag. 1).(6) GU L 245 del 26. 8. 1992, pag. 49.
Salvaguardia dei diritti a pensione complementare La presente direttiva ha lo scopo di eliminare gli ostacoli alla libera circolazione dei lavoratori subordinati e lavoratori autonomi, pur salvaguardando i loro diritti a pensione complementare quando si spostano da uno Stato membro all'altro. Questa protezione riguarda entrambi i regimi pensionistici, sia volontari che obbligatori , ad eccezione dei regimi di sicurezza sociale di cui al regolamento (CE) n. 883/2004. ATTO Direttiva 98/49/CE del Consiglio, del 29 giugno 1998, relativa alla salvaguardia dei diritti a pensione complementare dei lavoratori subordinati e dei lavoratori autonomi che si spostano all'interno della Comunità europea. SINTESI La presente direttiva si applica agli iscritti a regimi pensionistici complementari e agli altri aventi diritto a titolo di tali regimi che hanno acquisito o stanno acquisendo diritti in uno o più Stati membri. La presente direttiva prevede quattro misure principali per la salvaguardia dei diritti a pensione complementare dei lavoratori che si spostano all'interno della Comunità: Parità di trattamento nel mantenimento dei diritti a pensione Gli Stati membri devono, per le persone che hanno lasciato un regime pensionistico complementare perché sono andate a lavorare in un altro Stato membro, adottare le misure necessarie per assicurare il mantenimento dei diritti a pensione acquisiti nella stessa misura riservata agli iscritti nei confronti dei quali i contributi non vengono più versati, ma che restano nello stesso Stato membro. La direttiva 2014/50/UE, che deve essere integrata nella legislazione nazionale dei paesi dell'UE entro il 21.5.2018, assicura che chiunque abbia diritti a pensione complementare non li perda quando va a vivere o lavorare in un altro paese dell'UE. Si richiede che: i diritti a pensione complementare debbano essere garantiti dopo 3 anni di lavoro al più tardi. Se è richiesta un'età minima, essa non deve essere superiore ai 21 anni; i diritti dei lavoratori che lasciano un regime pensionistico di categoria prima del pensionamento debbano essere mantenuti e trattati come i diritti di quelli che rimangono nel regime, per quanto riguarda questioni come l'indicizzazione. Pagamenti transfrontalieri Gli Stati membri provvedono affinché i regimi pensionistici complementari eroghino i pagamenti in altri Stati membri, al netto di eventuali imposte e spese di transazione, di tutte le prestazioni dovute in virtù di questi regimi complementari. Lavoratori distaccati e pensioni complementari I lavoratori distaccati hanno la possibilità di rimanere nel regime pensionistico del loro paese d'origine durante il periodo di distacco in un altro Stato membro. I lavoratori distaccati e, se del caso, i loro datori di lavoro sono quindi esentati da qualsiasi obbligo di versare contributi ad un regime pensionistico complementare in un altro Stato membro. Informazione degli iscritti I datori di lavoro, gli amministratori o altri responsabili della gestione di un regime pensionistico complementare devono informare adeguatamente gli iscritti dei loro diritti a pensione e delle altre possibilità offerte loro dal regime complementare, quando si spostano in un altro Stato membro. Ai sensi della direttiva 2014/50/UE, i lavoratori in un regime pensionistico complementare possono chiedere in che modo l'interruzione del lavoro o lo spostamento influenzi i loro diritti a pensione complementare e le condizioni che si applicherebbero per il futuro trattamento di tali diritti. Le persone che hanno lasciato il regime devono essere informate circa il valore e il trattamento dei loro diritti. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Direttiva 98/49/CE 25.7.1998 25.1.2002 GU L 209 del 25.7.1998 ATTI COLLEGATI Libro verde del 7 luglio 2010 Verso sistemi pensionistici adeguati, sostenibili e sicuri in Europa [COM (2010)365 def. - Non pubblicato nella Gazzetta ufficiale]. Direttiva 2014/50/UE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai requisiti minimi per accrescere la mobilità dei lavoratori tra Stati membri migliorando l'acquisizione e la salvaguardia di diritti pensionistici complementari [Gazzetta ufficiale L 128 del 30.4.2014].
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DIRETTIVA 2009/71/EURATOM DEL CONSIGLIO del 25 giugno 2009 che istituisce un quadro comunitario per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica, in particolare gli articoli 31 e 32, vista la proposta della Commissione, elaborata previo parere di un gruppo di personalità designate dal comitato scientifico e tecnico fra gli esperti scientifici degli Stati membri, e previa consultazione del Comitato economico e sociale europeo (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), considerando quanto segue: (1) Ai sensi dell’articolo 2, lettera b), del trattato, devono essere stabilite norme di sicurezza uniformi per la protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori. (2) L’articolo 30 del trattato prevede l’adozione nella Comunità di norme fondamentali relative alla protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti. (3) La direttiva 96/29/Euratom del Consiglio, del 13 maggio 1996, che stabilisce le norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti (3), fissa le norme fondamentali in materia di sicurezza. Le disposizioni di tale direttiva sono state integrate da una normativa più specifica. (4) Come riconosciuto dalla Corte di giustizia delle Comunità europee («Corte di giustizia») nella sua giurisprudenza (4), la Comunità possiede competenze, ripartite con gli Stati membri, in settori regolati dalla convenzione sulla sicurezza nucleare (5). (5) Come riconosciuto dalla Corte di giustizia nella sua giurisprudenza, le disposizioni del capo 3 del trattato, relative alla protezione sanitaria, formano un complesso coerente che attribuisce alla Commissione competenze piuttosto estese per la protezione della popolazione e dell’ambiente contro i rischi di contaminazione nucleare. (6) Come riconosciuto dalla Corte di giustizia nella sua giurisprudenza, il compito di stabilire norme di sicurezza uniformi per la protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori, imposto alla Comunità dall’articolo 2, lettera b), del trattato, non significa che, una volta che tali norme siano state stabilite, uno Stato membro non possa prevedere misure di protezione più stringenti. (7) La decisione 87/600/Euratom del Consiglio, del 14 dicembre 1987, concernente le modalità comunitarie di uno scambio rapido d’informazioni in caso di emergenza radioattiva (6), ha istituito un quadro per la notifica e la trasmissione di informazioni che gli Stati membri devono utilizzare per proteggere la popolazione in caso di emergenza radiologica. La direttiva 89/618/Euratom del Consiglio, del 27 novembre 1989, concernente l’informazione della popolazione sui provvedimenti di protezione sanitaria applicabili e sul comportamento da adottare in caso di emergenza radioattiva (7), impone agli Stati membri l’obbligo di informare la popolazione in caso di emergenza radiologica. (8) La responsabilità nazionale degli Stati membri per quanto concerne la sicurezza nucleare degli impianti nucleari costituisce il principio fondamentale, sancito dalla convenzione sulla sicurezza nucleare, in base al quale la comunità internazionale ha elaborato la regolamentazione in materia di sicurezza nucleare. La presente direttiva dovrebbe rafforzare il detto principio della responsabilità nazionale e quello della responsabilità primaria per la sicurezza nucleare di un impianto nucleare, che spetta al titolare della licenza sotto il controllo della sua autorità di regolamentazione nazionale competente, e dovrebbe potenziare il ruolo e l’indipendenza delle autorità di regolamentazione competenti. (9) Ogni Stato membro può stabilire il proprio mix energetico in base alle politiche nazionali in materia. (10) Nel definire il quadro nazionale appropriato ai sensi della presente direttiva si terrà conto delle specificità nazionali. (11) Gli Stati membri hanno già attuato misure che consentono loro di raggiungere un elevato livello di sicurezza nucleare nella Comunità. (12) Benché la presente direttiva riguardi principalmente la sicurezza nucleare degli impianti nucleari, è importante altresì garantire la gestione sicura del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, anche nelle strutture per lo stoccaggio e lo smaltimento. (13) Gli Stati membri dovrebbero valutare, ove appropriato, i pertinenti principi fondamentali di sicurezza definiti dall’Agenzia internazionale dell’energia atomica (8), che dovrebbero costituire un quadro di prassi cui gli Stati membri dovrebbero attenersi nell’attuazione della presente direttiva. (14) È utile basarsi sul processo grazie al quale le autorità nazionali in materia di sicurezza degli Stati membri che possiedono impianti nucleari nel loro territorio hanno collaborato nell’ambito della WENRA (Western European Nuclear Regulators’ Association) e hanno definito vari livelli di sicurezza di riferimento per i reattori. (15) A seguito dell’invito del Consiglio di istituire un gruppo ad alto livello in ambito UE, contenuto nelle conclusioni dell’8 maggio 2007 relative alla sicurezza nucleare e alla gestione sicura del combustibile nucleare irraggiato e dei rifiuti radioattivi, la decisione 2007/530/Euratom della Commissione, del 17 luglio 2007, relativa all’istituzione del gruppo europeo ad alto livello sulla sicurezza nucleare e la sicurezza della gestione dei residui (9), ha istituito il gruppo dei regolatori europei in materia di sicurezza nucleare (ENSREG), al fine di contribuire al conseguimento degli obiettivi della Comunità in materia di sicurezza nucleare. (16) È opportuno definire una struttura unica per le relazioni che gli Stati membri devono presentare alla Commissione sull’applicazione della presente direttiva. Data la vasta esperienza dei suoi membri, l’ENSREG potrebbe apportare un valido contributo in tal senso, favorendo così la consultazione e la cooperazione delle autorità di regolamentazione nazionali. (17) Come indicato nel verbale del 20 novembre 2008, l’ENSREG ha adottato, nella quinta riunione del 15 ottobre 2008, dieci principi cui attenersi per la stesura di una direttiva sulla sicurezza nucleare. (18) Progressi in materia di tecnologia nucleare, insegnamenti tratti dall’esperienza operativa e dalle ricerche sulla sicurezza, nonché miglioramenti dei quadri normativi potrebbero contribuire a migliorare ulteriormente la sicurezza. Conformemente all’impegno assunto di mantenere e migliorare la sicurezza, gli Stati membri dovrebbero tener conto di tali fattori nell’ampliare i loro programmi di energia nucleare o nel decidere di usare l’energia nucleare per la prima volta. (19) Una solida cultura della sicurezza all’interno degli impianti nucleari costituisce uno dei principi fondamentali della gestione della sicurezza necessari ai fini di un esercizio sicuro. (20) Il mantenimento e l’ulteriore sviluppo dell’esperienza e delle competenze in materia di sicurezza nucleare dovrebbero basarsi tra l’altro su un processo di apprendimento dall’esperienza operativa precedente nonché di ricorso agli sviluppi in metodologia e scienza, a seconda dei casi. (21) In passato, taluni Stati membri hanno effettuato autovalutazioni in stretto collegamento con le valutazioni inter pares internazionali svolte sotto l’egida dell’AIEA come missioni del gruppo internazionale per la revisione normativa o del servizio di esame regolatorio integrato. Tali autovalutazioni sono state effettuate dagli Stati membri e tali missioni sono state invitate su base volontaria, in uno spirito di apertura e trasparenza. Le autovalutazioni e le correlate valutazioni inter pares delle infrastrutture legislative, regolatorie e organizzative dovrebbero mirare a rafforzare e potenziare il quadro nazionale degli Stati membri, ferme restando le competenze di questi ad assicurare la sicurezza nucleare degli impianti nucleari presenti nel loro territorio. Le autovalutazioni seguite dalle valutazioni inter pares internazionali non sono né ispezioni né controlli, bensì meccanismi di apprendimento reciproco che accettano approcci diversi all’organizzazione e alle prassi di una autorità di regolamentazione competente e tengono nel contempo presenti gli aspetti regolamentari, tecnici e politici di uno Stato membro che concorrono a un sistema solido di sicurezza nucleare. Le valutazioni inter pares internazionali dovrebbero essere considerate un’occasione per scambiarsi esperienze professionali e condividere insegnamenti tratti e buone prassi, in uno spirito di apertura e di cooperazione basato sui consigli dei pari piuttosto che su controlli o giudizi. Riconoscendo che sono necessarie flessibilità e pertinenza per quanto riguarda i diversi sistemi esistenti negli Stati membri, uno Stato membro dovrebbe essere libero di decidere i segmenti del suo sistema da assoggettare alla valutazione specifica inter pares convocata, al fine di migliorare costantemente la sicurezza nucleare. (22) Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (10), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e a rendere pubblici, nell’interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di recepimento, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPO 1 OBIETTIVI, DEFINIZIONI E AMBITO DI APPLICAZIONE Articolo 1 Obiettivi La presente direttiva ha i seguenti obiettivi: a) stabilire un quadro comunitario al fine di mantenere e promuovere il continuo miglioramento della sicurezza nucleare e della relativa regolamentazione; b) assicurare che gli Stati membri adottino adeguati provvedimenti in ambito nazionale per un elevato livello di sicurezza nucleare al fine di proteggere i lavoratori e la popolazione dai pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti degli impianti nucleari. Articolo 2 Ambito di applicazione 1. La presente direttiva si applica a qualsiasi impianto nucleare civile che operi in base a licenza rilasciata ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, in tutte le fasi contemplate dalla licenza stessa. 2. La presente direttiva non osta a che gli Stati membri adottino misure di sicurezza più rigorose nel settore da essa contemplato, in conformità del diritto comunitario. 3. La presente direttiva integra le norme fondamentali di cui all’articolo 30 del trattato per quanto attiene alla sicurezza nucleare degli impianti nucleari e fa salva la direttiva 96/29/Euratom. Articolo 3 Definizioni Ai fini della presente direttiva si intende per: 1) «impianto nucleare»: a) un impianto di arricchimento, un impianto di fabbricazione di combustibile nucleare, una centrale nucleare, un impianto di riprocessamento, un reattore di ricerca, una struttura per lo stoccaggio del combustibile irraggiato; e b) strutture per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi ubicate nello stesso sito e direttamente connesse agli impianti nucleari di cui alla lettera a); 2) «sicurezza nucleare» il conseguimento di adeguate condizioni di esercizio, la prevenzione di incidenti e l’attenuazione delle loro conseguenze, al fine di assicurare la protezione dei lavoratori e della popolazione dai pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti degli impianti nucleari; 3) «autorità di regolamentazione competente» l’autorità o il sistema di autorità designati in uno Stato membro nel campo della regolamentazione della sicurezza nucleare degli impianti nucleari di cui all’articolo 5; 4) «licenza» qualsiasi documento avente valore legale rilasciato sotto la giurisdizione di uno Stato membro per conferire la responsabilità in materia di localizzazione, progettazione, costruzione, messa in funzione ed esercizio o disattivazione di un impianto nucleare; 5) «titolare della licenza» la persona fisica o giuridica avente la responsabilità generale di un impianto nucleare come specificato in una licenza. CAPO 2 OBBLIGHI Articolo 4 Quadro legislativo, regolamentare e organizzativo 1. Gli Stati membri istituiscono e mantengono un quadro legislativo, normativo e organizzativo nazionale («quadro nazionale») per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari che attribuisce le responsabilità e prevede il coordinamento tra gli organismi statali competenti. Il quadro nazionale stabilisce le responsabilità per quanto riguarda: a) l’adozione di requisiti nazionali di sicurezza nucleare. La determinazione delle modalità di adozione e dei relativi strumenti di applicazione restano di competenza degli Stati membri; b) la predisposizione di un sistema di concessione di licenze e di divieto di esercizio degli impianti nucleari senza licenza; c) la predisposizione di un sistema di supervisione della sicurezza nucleare; d) azioni di di garanzia dell’esecuzione, comprese la sospensione dell’esercizio e la modifica o revoca di una licenza. 2. Gli Stati membri provvedono affinché il quadro nazionale sia conservato e migliorato, se del caso, tenendo conto dell’esperienza operativa, delle conoscenze acquisite con le analisi di sicurezza degli impianti nucleari in funzionamento, dello sviluppo della tecnologia e dei risultati delle ricerche di sicurezza, ove disponibili e pertinenti. Articolo 5 Autorità di regolamentazione competente 1. Gli Stati membri istituiscono e forniscono i mezzi a un’autorità di regolamentazione competente in materia di sicurezza nucleare degli impianti nucleari. 2. Gli Stati membri garantiscono che l’autorità di regolamentazione competente sia funzionalmente separata da ogni altro organismo o organizzazione coinvolto nella promozione o nell’utilizzazione dell’energia nucleare, compresa la produzione di energia elettrica, al fine di assicurare l’effettiva indipendenza da ogni influenza indebita sul suo processo decisionale regolatorio. 3. Gli Stati membri provvedono affinché l’autorità di regolamentazione competente sia dotata dei poteri giuridici e delle risorse umane e finanziarie necessari per adempiere ai suoi obblighi in relazione al quadro nazionale di cui all’articolo 4, paragrafo 1, attribuendo la debita priorità alla sicurezza. Ciò comprende i poteri e le risorse per: a) richiedere al titolare della licenza di conformarsi ai requisiti nazionali di sicurezza nucleare e ai termini della pertinente licenza; b) richiedere la dimostrazione di detta conformità, comprese le prescrizioni previste all’articolo 6, paragrafi da 2 a 5; c) verificare tale conformità mediante valutazioni e ispezioni regolatorie; e d) procedere ad azioni di garanzia dell’esecuzione regolatoria, compresa la sospensione dell’esercizio di un impianto nucleare in conformità delle condizioni definite nel quadro nazionale di cui all’articolo 4, paragrafo 1. Articolo 6 Titolari delle licenze 1. Gli Stati membri provvedono affinché la responsabilità primaria per la sicurezza degli impianti nucleari resti in capo ai titolari delle licenze. Tale responsabilità non può essere delegata. 2. Gli Stati membri provvedono affinché il quadro nazionale vigente imponga ai titolari delle licenze, sotto la supervisione dell’autorità di regolamentazione competente, di valutare e verificare periodicamente nonché di migliorare costantemente, nella misura ragionevolmente possibile, la sicurezza nucleare dei loro impianti nucleari in modo sistematico e verificabile. 3. Le valutazioni di cui al paragrafo 2 includono l’accertamento dell’esistenza di misure per la prevenzione di incidenti e per la mitigazione delle relative conseguenze, compresa la verifica delle barriere fisiche e delle procedure amministrative di protezione adottate dal titolare della licenza il cui mancato funzionamento causerebbe per i lavoratori e la popolazione esposizioni significative alle radiazioni ionizzanti. 4. Gli Stati membri provvedono affinché il quadro nazionale vigente imponga ai titolari delle licenze di istituire e attuare sistemi di gestione che attribuiscano la dovuta priorità alla sicurezza nucleare e che siano regolarmente controllati dall’autorità di regolamentazione competente. 5. Gli Stati membri provvedono affinché il quadro nazionale vigente imponga ai titolari delle licenze di prevedere e mantenere adeguate risorse finanziarie e umane per adempiere ai loro obblighi, di cui ai paragrafi da 1 a 4, per quanto riguarda la sicurezza nucleare degli impianti nucleari. Articolo 7 Esperienza e competenze in materia di sicurezza Gli Stati membri provvedono affinché il quadro nazionale vigente imponga a tutte le parti di prendere misure per l’istruzione e la formazione del personale che ha responsabilità in materia di sicurezza nucleare degli impianti nucleari, al fine di mantenere ed accrescere l’esperienza e le competenze in materia di sicurezza nucleare. Articolo 8 Informazione del pubblico Gli Stati membri provvedono affinché le informazioni riguardanti la regolamentazione della sicurezza nucleare siano rese accessibili ai lavoratori e al pubblico. Sono altresì tenuti a provvedere affinché l’autorità di regolamentazione competente informi il pubblico nei settori di sua competenza. Le informazioni sono rese accessibili al pubblico conformemente alle legislazioni nazionali e agli obblighi internazionali, purché ciò non pregiudichi altri interessi, quali, in particolare, la sicurezza, riconosciuti dalle legislazioni nazionali o da obblighi internazionali. Articolo 9 Relazioni 1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione una relazione sull’attuazione della presente direttiva per la prima volta entro il 22 luglio 2014 e, successivamente, ogni tre anni, approfittando dei cicli previsti dalla Convenzione sulla sicurezza nucleare riguardo a riesame e relazioni. 2. In base alle relazioni degli Stati membri, la Commissione presenta al Consiglio e al Parlamento europeo una relazione sui progressi realizzati nell’attuazione della presente direttiva. 3. Gli Stati membri dispongono, almeno ogni dieci anni, autovalutazioni periodiche del loro quadro nazionale e delle loro autorità di regolamentazione nazionali competenti e invitano un riesame internazionale inter pares i pertinenti segmenti del loro quadro nazionale e/o autorità nazionali, al fine di migliorare continuamente la sicurezza nucleare. I risultati dei riesami inter pares, ove disponibili, sono trasmessi agli Stati membri e alla Commissione. CAPO 3 DISPOSIZIONI FINALI Articolo 10 Attuazione 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 22 luglio 2011. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle principali disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva, nonché ogni loro successiva modificazione ed integrazione. Articolo 11 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 12 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Lussemburgo, addì 25 giugno 2009. Per il Consiglio Il presidente L. MIKO (1) Parere del 10 giugno 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Parere del Parlamento europeo del 22 aprile 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) GU L 159 del 29.6.1996, pag. 1. (4) Cause C-187/87 (Racc. 1988, pag. 5013), C-376/90 (Racc. 1992, pag. I-6153) e C-29/99 (Racc. 2002, pag. I-11221). (5) GU L 318 dell’11.12.1999, pag. 21. (6) GU L 371 del 30.12.1987, pag. 76. (7) GU L 357 del 7.12.1989, pag. 31. (8) Principi fondamentali di sicurezza dell’AIEA: Fundamental safety principles, IAEA Safety Standard Series No SF-1 (2006). (9) GU L 195 del 27.7.2007, pag. 44. (10) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1.
Sicurezza degli impianti nucleari L'Unione europea ha pubblicato una direttiva volta a garantire la sicurezza degli impianti nucleari (centrali nucleari, impianti di arricchimento o di ritrattamento ecc.). L'obiettivo è quello di proteggere la popolazione e i lavoratori dai rischi che essi presentano. ATTO Direttiva 2009/71/Euratom del Consiglio, del 25 giugno 2009, che istituisce un quadro comunitario per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari. SINTESI L'Unione europea ha pubblicato una direttiva volta a garantire la sicurezza degli impianti nucleari (centrali nucleari, impianti di arricchimento o di ritrattamento ecc.). L'obiettivo è quello di proteggere la popolazione e i lavoratori dai rischi che essi presentano. CHE COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA? La direttiva stabilisce un quadro europeo per mantenere e promuovere il miglioramento continuo della sicurezza nucleare e della sua regolamentazione. Essa si pone un obiettivo di sicurezza ambizioso per tutta l'UE al fine di prevenire gli incidenti ed evitare i rifiuti radioattivi provenienti dagli impianti nucleari. PUNTI CHIAVE Obblighi spettanti ai paesi dell'UE Definire il quadro nazionale per la sicurezza degli impianti nucleari. Istituire un'autorità di sicurezza nazionale indipendente incaricata di supervisionare le attività degli operatori dell'energia nucleare. Effettuare una valutazione iniziale della sicurezza prima di costruire un impianto nucleare e verificare nuovamente la sicurezza degli impianti almeno ogni dieci anni. Garantire ai lavoratori e alla popolazione l'accesso a informazioni trasparenti sugli impianti nucleari, sia durante il normale funzionamento che in caso di incidenti. Organizzare delle autovalutazioni periodiche del quadro nazionale e delle autorità di regolamentazione ogni dieci anni. Richiedere una valutazione inter pares su questioni specifiche di sicurezza da realizzare ogni sei anni da parte delle autorità di sicurezza dei paesi dell'UE, facendo appello al gruppo dei regolatori europei in materia di sicurezza nucleare (European Nuclear Safety Regulator Group, ENSREG) e sfruttando l'esperienza dell'Associazione dei regolatori nucleari dell'Europa occidentale (Western European Nuclear Regulators Association, WENRA); la prima valutazione sarà eseguita nel 2017. Prevedere una struttura organizzativa all'interno del quadro nazionale per prepararsi alle situazioni e agli interventi di emergenza sul posto. Responsabilità delle altre parti interessate Il titolare dell'autorizzazione è il primo responsabile in materia di sicurezza nucleare; non può in alcun caso delegare tale responsabilità e deve occuparsi della valutazione e del miglioramento continuo della sicurezza nucleare degli impianti. La direttiva sottolinea l'importanza del fattore umano nella promozione di una cultura di sicurezza nucleare e quindi la necessità un'educazione e una formazione ininterrotte del personale incaricato della sicurezza degli impianti. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva 2009/71/Euratom è entrata in vigore il 22 luglio 2009 e la direttiva 2014/87/Euratom il 14 agosto 2014. CONTESTO Nel 2009 è stato adottato un quadro in grado di garantire la sicurezza nucleare all'interno dell'UE. In seguito all'incidente di Fukushima del 2011, la Commissione ha condotto una campagna di valutazione dei rischi e della sicurezza delle centrali nucleari di tutta l'UE e, sulla base di tali test, ha proposto il miglioramento della regolamentazione vigente. Ulteriori informazioni sono disponibili sui siti web dell'ENSREG e dell'Associazione dei regolatori nucleari. Si vedano inoltre la scheda « Sicurezza nucleare » sul sito della direzione generale dell'Energia della Commissione europea, il comunicato stampa della Commissione europea sulla nuova direttiva UE relativa alla sicurezza nucleare e il comunicato stampa del Consiglio sull'adozione di tale direttiva. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Direttiva 2009/71/Euratom 22.7.2009 22.7.2011 GU L 172 del 2.7.2009, pag. 18-22 Direttiva 2014/87/Euratom 14.8.2014 15.8.2017 GU L 219 del 25.7.2014, pag. 42-52
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 24 giugno 2014 relativa alle modalità di attuazione da parte dell'Unione della clausola di solidarietà (2014/415/UE) IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 222, paragrafo 3, prima frase, vista la proposta congiunta della Commissione europea e dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, considerando quanto segue: (1) La presente decisione riguarda l'attuazione da parte dell'Unione dell'articolo 222 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) («clausola di solidarietà»). Essa non riguarda l'attuazione da parte degli Stati membri della clausola di solidarietà a norma dell'articolo 222, paragrafo 2, TFUE. Conformemente alla dichiarazione (n. 37) relativa all'articolo 222 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, uno Stato membro può scegliere i mezzi più appropriati per assolvere ai suoi obblighi di solidarietà nei confronti di un altro Stato membro. (2) A norma dell'articolo 222, paragrafo 1 TFUE, l'Unione e gli Stati membri agiscono congiuntamente in uno spirito di solidarietà qualora uno Stato membro sia vittima di un attacco terroristico o di una catastrofe naturale o provocata dall'uomo. È opportuno garantire la coerenza e la complementarità dell'azione dell'Unione e degli Stati membri, a vantaggio dello Stato membro che invoca la clausola di solidarietà e al fine di evitare la duplicazione degli sforzi. Dal momento che gli Stati membri devono coordinarsi in sede di Consiglio per assolvere i propri obblighi di solidarietà a norma dell'articolo 222, paragrafo 2 TFUE, è opportuno disporre di modalità di coordinamento in seno al Consiglio per quanto riguarda l'attuazione da parte dell'Unione della clausola di solidarietà. (3) Le modalità di coordinamento in seno al Consiglio dovrebbero basarsi sui dispositivi integrati dell'UE per la risposta politica alle crisi (IPCR), approvati dal Consiglio il 25 giugno 2013, in cui si afferma che l'IPCR sosterrà anche i dispositivi per l'applicazione della clausola di solidarietà. È opportuno che il Consiglio adegui i dispositivi IPCR, in particolar modo in caso di riesame. (4) L'attuazione della clausola di solidarietà dell'Unione dovrebbe basarsi per quanto possibile sugli strumenti esistenti, dovrebbe aumentare l'efficacia potenziando il coordinamento ed evitando sovrapposizioni, dovrebbe funzionare senza risorse supplementari, dovrebbe fornire un'interfaccia semplice e chiara per gli Stati membri a livello dell'Unione e dovrebbe rispettare le competenze conferite a ciascuna istituzione e a ciascun servizio dell'Unione. (5) La clausola di solidarietà impone all'Unione di mobilitare tutti gli strumenti di cui dispone. Gli strumenti pertinenti comprendono la strategia di sicurezza interna dell'Unione europea, il meccanismo di protezione civile dell'Unione europea istituito dalla decisione n. 1313/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (1) («meccanismo dell'Unione»), la decisione n. 1082/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (2) e le strutture istituite nel quadro della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC). (6) Occorre definire chiaramente il campo di applicazione delle modalità di attuazione da parte dell'Unione della clausola di solidarietà. (7) Per quanto riguarda la lotta contro il terrorismo, il quadro strategico dell'azione dell'Unione è rappresentato dal documento riguardante la strategia antiterrorismo dell'Unione europea. Sono stati istituiti vari strumenti per rafforzare la protezione delle infrastrutture critiche nei settori dell'energia e dei trasporti (3). Alcune azioni sono altresì state intraprese a seguito della comunicazione della Commissione intitolata «La politica antiterrorismo dell'UE: principali risultati e sfide future», come ad esempio azioni volte ad aumentare la cooperazione tra le autorità di contrasto, rafforzare la prevenzione della radicalizzazione, in particolare attraverso l'istituzione di una rete di sensibilizzazione al problema della radicalizzazione, ed a limitare l'accesso dei terroristi alle fonti di finanziamento, agli esplosivi (4) e ai materiali o agenti chimici, biologici, radiologici e nucleari, nonché azioni volte a rafforzare la sicurezza degli esplosivi. (8) È opportuno definire, a livello di Unione, un meccanismo di invocazione e un meccanismo di riduzione progressiva per le modalità di cui alla presente decisione basato su una richiesta politica ad alto livello dello Stato membro interessato, attraverso un punto di accesso unico a livello dell'Unione. (9) I dispositivi di risposta a livello dell'Unione dovrebbero permettere di migliorare l'efficacia attraverso un miglior coordinamento sulla base degli strumenti esistenti. (10) Il meccanismo dell'Unione mira a potenziare la cooperazione fra gli Stati membri e l'Unione e a facilitare il coordinamento nel campo della protezione civile. La decisione n. 1313/2013/UE ha istituito il centro di coordinamento della risposta alle emergenze («ERCC»), che garantisce una capacità operativa 24 ore su 24, 7 giorni su 7 ed è a disposizione degli Stati membri e della Commissione allo scopo di conseguire gli obiettivi del meccanismo dell'Unione. (11) Il servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) dispone di strutture dotate di competenze nel settore militare e dell'intelligence, nonché della rete delle delegazioni che possono anch'esse contribuire a rispondere a minacce o catastrofe sul territorio degli Stati membri o a crisi aventi una dimensione esterna. A seconda della crisi, altre strutture e agenzie dell'Unione nel settore della politica estera e di sicurezza comune (PESC) e della PSDC dovrebbero fornire, se del caso, contributi in linea con le pertinenti disposizioni del diritto dell'Unione. (12) Ove necessario e possibile in considerazione dell'urgenza, i dispositivi di risposta a livello dell'Unione dovrebbero essere completati dall'adozione di atti giuridici o dalla modifica di atti esistenti, a norma delle pertinenti disposizioni dei trattati. (13) La presente decisione non comporterà implicazioni nel settore della difesa. Se una crisi richiede un intervento di pertinenza della PESC o della PSDC, la relativa decisione dovrebbe essere presa dal Consiglio in conformità delle pertinenti disposizioni dei trattati. (14) La presente decisione lascia impregiudicato l'articolo 42, paragrafo 7, del trattato sull'Unione europea. (15) La comunicazione della Commissione intitolata «La strategia di sicurezza interna dell'UE in azione: cinque tappe verso un'Europa più sicura» ha definito l'obiettivo di aumentare la capacità dell'Unione di reagire a crisi e catastrofi attraverso una serie di azioni, tra cui il pieno ricorso alla clausola di solidarietà. Come ricordato dal Consiglio nelle sue conclusioni del 24 e del 25 febbraio 2011, aumentare la resilienza dell'Europa alle crisi e alle catastrofi è fondamentale per rafforzare ulteriormente la libertà, la sicurezza e la giustizia nell'Unione. (16) Per consentire all'Unione e agli Stati membri di agire in modo efficace, il Consiglio europeo valuterà regolarmente i rischi cui è esposta l'Unione. Su richiesta del Consiglio europeo dovrebbero essere elaborate relazioni su specifici rischi. (17) Conformemente all'articolo 346, paragrafo 1, lettera a), del TFUE, nessuno Stato membro è tenuto a fornire informazioni la cui divulgazione sia dallo stesso considerata contraria agli interessi essenziali della propria sicurezza. (18) Il 22 novembre 2012 il Parlamento europeo ha adottato la risoluzione 2012/2223, dal titolo «Clausole di difesa reciproca e di solidarietà dell'UE: dimensioni politiche ed operative». (19) La presente decisione rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, e dovrebbe essere applicata conformemente a tali diritti e principi. (20) Poiché l'obiettivo della presente decisione, ovvero l'attuazione da parte dell'Unione della clausola di solidarietà, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata e degli effetti dell'azione, può essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest'ultima può adottare misure in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. Conformemente al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, la presente decisione non va al di là di quanto necessario per conseguire tale obiettivo, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Obiettivo generale e oggetto 1. La presente decisione stabilisce le norme e le procedure per l'attuazione da parte dell'Unione dell'articolo 222 TFUE («clausola di solidarietà»). 2. Al fine di garantire la coerenza e la complementarità dell'azione dell'Unione e degli Stati membri, il coordinamento a livello politico della risposta all'invocazione della clausola di solidarietà è assicurato dal Consiglio mediante gli IPCR. L'assistenza alla gestione dei dispositivi IPCR è fornita dal segretariato generale del Consiglio (SGC), dalla Commissione e dal SEAE. 3. Le modalità a livello dell'Unione si basano sui meccanismi esistenti istituiti presso il Consiglio, la Commissione, il SEAE e le agenzie dell'Unione per fornire informazioni e assistenza. Se del caso, l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR) e il SEAE contribuiscono adottando iniziative e fornendo informazioni pertinenti e sostegno nell'ambito di competenza dell'AR. 4. I pertinenti strumenti dell'Unione e i dispositivi IPCR seguono le proprie procedure e possono essere attivi prima dell'invocazione e dopo la riduzione graduale delle modalità previste dalla presente decisione. 5. Tali modalità ai sensi della presente decisione migliorano l'efficienza grazie a un maggiore coordinamento nella risposta tra l'Unione e gli Stati membri. Articolo 2 Campo d'applicazione 1. In caso di attacco terroristico o di catastrofe naturale o provocata dall'uomo, indipendentemente dal fatto che si verifichino all'interno o al di fuori del territorio degli Stati membri, la presente decisione si applica: a) nel territorio degli Stati membri cui si applicano i trattati, inteso come territorio terrestre, acque interne, acque territoriali e spazio aereo; b) quando interessano infrastrutture (quali impianti offshore per l'estrazione di petrolio e di gas) situate nelle acque territoriali, nella zona economica esclusiva o sulla piattaforma continentale di uno Stato membro. Quando fa ricorso alle modalità di cui alla presente decisione, e in particolare quando mobilita gli strumenti di cui dispone, l'Unione è vincolata dal diritto internazionale e non pregiudica i diritti degli Stati non membri. 2. La presente decisione non comporta implicazioni nel settore della difesa. Articolo 3 Definizioni Ai fini della presente decisione si intende per: a) «catastrofe»: qualsiasi situazione che colpisce o rischia di colpire gravemente le persone, l'ambiente o i beni, compreso il patrimonio culturale; b) «attacco terroristico»: un reato di terrorismo, quale definito nella decisione quadro del Consiglio 2002/475/GAI (5); c) «crisi»: una catastrofe o un attacco terroristico con una tale ampiezza di impatto o rilevanza politica da richiedere un coordinamento e una risposta strategici tempestivi a livello politico dell'Unione; d) «risposta»: qualsiasi azione intrapresa in caso di catastrofe o attacco terroristico per affrontarne gli effetti negativi immediati. Articolo 4 Invocazione della clausola di solidarietà 1. In caso di catastrofe o attacco terroristico, lo Stato membro interessato può invocare la clausola di solidarietà se, dopo essersi avvalso delle possibilità offerte dai mezzi e dagli strumenti esistenti a livello nazionale e dell'Unione, ritiene che la crisi oltrepassi chiaramente le capacità di risposta di cui dispone. 2. Le autorità politiche dello Stato membro interessato presentano la propria invocazione alla presidenza del Consiglio. L'invocazione è altresì presentata al presidente della Commissione europea tramite il ERCC. Articolo 5 Dispositivi di risposta a livello dell'Unione 1. Una volta invocata la clausola di solidarietà, il Consiglio assicura il controllo politico e la direzione strategica della risposta dell'Unione all'invocazione della clausola di solidarietà, tenendo pienamente conto delle competenze della Commissione e dell'AR. A tal fine, la presidenza del Consiglio attiva immediatamente i dispositivi IPCR se non sono già in uso, e quindi informa tutti gli Stati membri in merito all'invocazione della clausola di solidarietà. 2. Al contempo, e conformemente all'articolo 1, paragrafo 3, la Commissione e l'AR: a) individuano tutti i pertinenti strumenti dell'Unione che possono contribuire nel modo più efficace a rispondere alla crisi, compresi strumenti e strutture settoriali, operativi, strategici o finanziari, e adottano tutte le misure necessarie previste da tali strumenti; b) individuano le capacità militari che possono contribuire nel modo più efficace a rispondere alla crisi con il sostegno dello Stato maggiore dell'UE; c) individuano e propongono l'uso di strumenti e risorse che rientrano nella sfera di competenza delle agenzie dell'Unione e che possono contribuire nel modo più efficace a rispondere alla crisi; d) indicano al Consiglio se gli strumenti esistenti sono mezzi sufficienti per assistere lo Stato membro interessato dopo l'invocazione della clausola di solidarietà; e) elaborano periodicamente relazioni conoscitive e analisi integrate della situazione per informare e favorire il coordinamento e il processo decisionale a livello politico in sede di Consiglio conformemente all'articolo 6 della presente decisione. 3. Ove opportuno, e conformemente all'articolo 1, paragrafo 3, la Commissione e l'AR presentano proposte al Consiglio, riguardanti in particolare: a) le decisioni sulle misure straordinarie non previste dagli strumenti esistenti; b) le richieste di capacità militari che eccedono la portata delle vigenti disposizioni in materia di protezione civile; o c) le misure a sostegno di una risposta rapida da parte degli Stati membri. 4. Sfruttando i dispositivi IPCR, la presidenza del Consiglio assicura la coerenza del trattamento in seno al Consiglio e della risposta complessiva a livello politico dell'Unione, anche in materia di sviluppo e aggiornamento delle proposte di azione, nel rispetto del diritto di iniziativa della Commissione e dell'AR, entro i rispettivi settori di competenza. In ciò la presidenza riceverà sostegno e consulenza dall'SGC, dalla Commissione e dal SEAE nonché, in caso di attacco terroristico, dal coordinatore antiterrorismo dell'UE. A seconda della crisi, le strutture e le agenzie dell'Unione nel settore della PESC/PSDC forniscono, se del caso, contributi in linea con le pertinenti disposizioni del diritto dell'Unione. 5. La presidenza del Consiglio informa il presidente del Consiglio europeo e il presidente del Parlamento europeo in merito all'invocazione della clausola di solidarietà e agli importanti conseguenti sviluppi. 6. Al momento dell'invocazione della clausola di solidarietà l'ERCC funge da punto di contatto 24 ore su 24, 7 giorni su 7 a livello di Unione con le autorità competenti degli Stati membri e le altre parti interessate, fatte salve le responsabilità esistenti a livello di Commissione e AR e le reti informative esistenti. L'ERCC agevolerà la produzione di relazioni conoscitive e analisi integrate della situazione (ISAA), in collaborazione con la sala situazione dell'Unione e gli altri centri di crisi dell'UE in conformità dell'articolo 6 della presente decisione. Articolo 6 Relazioni di conoscenza e analisi integrate della situazione Le ISAA saranno adeguate alle esigenze del livello politico dell'Unione definito dalla presidenza del Consiglio, e consentiranno una visione strategica d'insieme della situazione in seno al Consiglio, conformemente ai dispositivi IPCR. Tali relazioni riuniscono i contributi convalidati messi a disposizione su base volontaria dagli Stati membri, dalla Commissione, dal SEAE e dalle agenzie dell'Unione competenti, nonché dalle organizzazioni internazionali competenti. In caso di un'invocazione in relazione ad un attacco terroristico, le valutazioni e i briefing dell'intelligence sono trattati separatamente mediante i canali esistenti. Articolo 7 Ritiro Il ritiro dei dispositivi di risposta di cui alla presente decisione segue la stessa procedura di cui all'articolo 4, paragrafo 2. Lo Stato membro che ha invocato la clausola di solidarietà indica, non appena ritiene di farlo, che non vi è più l'esigenza di mantenere attiva l'invocazione. Articolo 8 Valutazione dei rischi a livello dell'Unione 1. Per la valutazione periodica dei rischi che l'Unione si trova ad affrontare, il Consiglio europeo può chiedere alla Commissione, all'AR e alle agenzie dell'Unione, se del caso, di elaborare relazioni su minacce specifiche. 2. Salvo diversamente disposto dal Consiglio europeo, tali relazioni si basano unicamente sulle valutazioni disponibili dei rischi, elaborate da istituzioni, organismi e agenzie pertinenti dell'Unione secondo le vigenti modalità, e sulle informazioni fornite volontariamente da parte degli Stati membri, evitando al contempo la duplicazione degli sforzi. Il coordinatore antiterrorismo dell'UE è associato all'elaborazione di tali relazioni, se del caso. Conformemente all'articolo 346, paragrafo 1, lettera a) TFUE, nessuno Stato membro è tenuto a fornire informazioni la cui divulgazione sia dallo stesso considerata contraria agli interessi essenziali della propria sicurezza. Articolo 9 Riesame 1. Le modalità di cui alla presente decisione sono riesaminate periodicamente in base alle esigenze individuate, e in ogni caso entro un termine di 12 mesi a decorrere dalla cessazione della loro invocazione, al fine di garantire che i pertinenti insegnamenti vengano identificati e affrontati. Il riesame si svolge in sede di Consiglio sulla base di una relazione comune elaborata dalla Commissione e dall'AR. 2. Se del caso, tale decisione può essere rivista. In tal caso, conformemente all'articolo 222, paragrafo 3, del TFUE, il Consiglio è assistito dal comitato politico e di sicurezza e dal comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna. 3. Se del caso, il Consiglio può adattare i dispositivi IPCR, in particolare per rispondere alle esigenze individuate dal Consiglio nel contesto di un riesame o a seguito di una revisione della presente decisione. Articolo 10 Incidenza finanziaria Le risorse finanziarie necessarie per l'attuazione della presente decisione sono mobilizzate entro i limiti di spesa annuali convenuti e a seconda del campo di applicazione degli attuali strumenti dell'Unione e rispettano i massimali annuali del quadro finanziario pluriennale. Articolo 11 Entrata in vigore La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Lussemburgo, il 24 giugno 2014 Per il Consiglio Il presidente E. VENIZELOS (1) Decisione n. 1313/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, su un meccanismo unionale di protezione civile (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 924). (2) Decisione n. 1082/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, relativa alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero e che abroga la decisione n. 2119/98/CE (GU L 293 del 5.11.2013, pag. 1). (3) Quali definite dalla direttiva 2008/114/CE del Consiglio, dell'8 dicembre 2008, relativa all'individuazione e alla designazione delle infrastrutture critiche europee e alla valutazione della necessità di migliorarne la protezione (GU L 345 del 23.12.2008, pag. 75). (4) Regolamento (UE) n. 98/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2013, relativo all'immissione sul mercato e all'uso di precursori di (GU L 39 del 9.2.2013, pag. 1). (5) Decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, sulla lotta contro il terrorismo (GU L 164 del 22.6.2002, pag. 3).
Attuazione della clausola di solidarietà dell'UE Decisione 2014/415/UE del Consiglio relativa all'attuazione da parte dell'Uniione europea della clausola di solidarietà ATTO Decisione del Consiglio 2014/415/UE, del 24 giugno 2014, relativa alle modalità di attuazione da parte dell'Unione della clausola di solidarietà. SINTESI La clausola di solidarietà consente all'Unione europea (UE) e ai paesi dell'UE di agire congiuntamente per aiutare un altro paese dell'UE vittima di un attacco terroristico o di una catastrofe naturale o provocata dall'uomo. COSA FA QUESTA DECISIONE? La decisione stabilisce le norme e le procedure per l'applicazione della clausola di solidarietà. Assicura che tutte le parti interessate a livello nazionale e a livello unionale collaborino insieme per rispondere rapidamente, in modo efficace e coerente in caso di attacchi terroristici o catastrofi naturali o provocate dall'uomo. PUNTI CHIAVE La clausola si applica: — a catastrofi naturali o attacchi terroristici all'interno del territorio terrestre, delle acque territoriali o dello spazio aereo dell'Unione europea; — alla protezione delle infrastrutture (ad esempio impianti offshore per l'estrazione di petrolio e di gas) nelle acque territoriali dei paesi dell'UE; — indipendentemente dal fatto che la crisi abbia origine all'interno o al di fuori dell'UE. Invocare la clausola di solidarietà Il paese UE colpito può invocare la clausola di solidarietà, se ritiene che la crisi oltrepassi le proprie capacità di risposta. Deve rivolgere la sua richiesta alla presidenza del Consiglio e al presidente della Commissione europea attraverso il centro di coordinamento della risposta alle emergenze della Commissione (ERCC). Meccanismo di reazione dell'UE Una volta invocata la clausola di solidarietà, l'UE mobilita tutti gli strumenti e le strutture di cui dispone, compresi gli strumenti settoriali, operativi, strategici o finanziari, come il meccanismo di protezione civile dell'UE, gli strumenti previsti dalla strategia di sicurezza interna dell'UE e le strutture istituite nel quadro della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC). Il Consiglio assicura la direzione politica e strategica della risposta, tenendo pienamente conto delle competenze della Commissione e dell'Alto rappresentante. Attiva subito i dispositivi integrati per la risposta politica alle crisi (IPCR) per garantire una reazione coerente a livello unionale. Parallelamente, la Commissione e l'Alto rappresentante dell'Unione europea: — individuano tutti gli strumenti e le capacità che possono contribuire nel modo più efficace a rispondere alla crisi, — fanno proposte al Consiglio relative a misure eccezionali o a misure a sostegno di una rapida reazione dei paesi dell'UE. QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? La decisione si applica dal 20 luglio 2014. CONTESTO La clausola di solidarietà dell'UE mette in atto l'articolo 222 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Decisione 2014/415/UE 21.7.2014 - GU L 192 dell'1.7.2014, pag. 53-58 Rettifica - - GU L 221 del 25.7.2014, pag. 26 Rettifica - - GU L 275 del 17.9.2014, pag. 7
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2002/621/CE: Decisione dei segretari generali del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, del cancelliere della Corte di giustizia, dei segretari generali della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del rappresentante del Mediatore, del 25 luglio 2002, relativa all'organizzazione e al funzionamento dell'Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee Gazzetta ufficiale n. L 197 del 26/07/2002 pag. 0056 - 0059 Decisione dei segretari generali del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, del cancelliere della Corte di giustizia, dei segretari generali della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del rappresentante del Mediatoredel 25 luglio 2002relativa all'organizzazione e al funzionamento dell'Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee(2002/621/CE)I SEGRETARI GENERALI DEL PARLAMENTO EUROPEO, DEL CONSIGLIO, DELLA COMMISSIONE, IL CANCELLIERE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA, I SEGRETARI GENERALI DELLA CORTE DEI CONTI, DEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE, DEL COMITATO DELLE REGIONI E IL RAPPRESENTANTE DEL MEDIATORE,visto lo statuto dei funzionari delle Comunità europee e il regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità, definiti nel regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 259/68 del Consiglio(1),vista la decisione del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del Mediatore europeo, del 25 luglio 2002, che istituisce l'Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee, in particolare l'articolo 5(2),considerando quanto segue:(1) In virtù dell'articolo 27 dello statuto, le istituzioni devono fare in modo che le assunzioni assicurino loro la collaborazione di funzionari dotati delle più alte qualità di competenza, rendimento e integrità, assunti secondo una base geografica quanto più ampia possibile tra i cittadini degli Stati membri delle Comunità, senza distinzione di razza, di credo politico, filosofico o religioso, di sesso o orientamento sessuale e indipendentemente dal loro stato civile o dalla loro situazione familiare.(2) L'allegato III dello statuto definisce all'articolo 1, punto 1, terzo comma, le competenze della commissione paritetica comune e, all'articolo 3, secondo comma, le modalità di designazione dei membri della giuria per l'organizzazione dei concorsi generali,DECIDONO:Articolo 1Compiti dell'Ufficio1. L'Ufficio è incaricato di organizzare concorsi generali al fine di garantire alle istituzioni delle Comunità europee i servizi di funzionari reclutati nelle migliori condizioni finanziarie e di professionalità. L'Ufficio stabilisce l'elenco dei candidati risultati idonei per consentire alle istituzioni l'assunzione di personale altamente qualificato e rispondente ai bisogni definiti dalle stesse istituzioni.2. Più in particolare, l'Ufficio ha i seguenti compiti:a) a richiesta di una singola istituzione organizza concorsi generali al fine di stabilire elenchi di idoneità per la nomina dei funzionari. I concorsi sono organizzati nel rispetto delle disposizioni dello statuto, sulla base dei criteri armonizzati fissati in conformità dell'articolo 6, lettera c) e del programma di lavoro approvato dal consiglio di amministrazione;b) agisce in stretta collaborazione con le istituzioni al fine di valutare le necessità future in materia di personale manifestate dalle istituzioni e di predisporre un programma di concorsi per rispondere a tali necessità nei tempi opportuni;c) mette a punto metodi e tecniche di selezione sulla base delle migliori pratiche e conformemente alle competenze richieste per le differenti categorie del personale delle istituzioni;d) gestione e controllo dell'utilizzo degli elenchi degli idonei stabiliti sulla base dei concorsi interistituzionali;e) presenta alle istituzioni relazioni annuali sulle sue attività.Articolo 2Responsabilità delle istituzioniL'autorità che ha il potere di nomina di ciascuna istituzione mette a disposizione dell'Ufficio un numero sufficiente di membri della giuria, assessori e sorveglianti sulla base delle "quote" approvate dal consiglio di amministrazione come previsto dall'articolo 6, lettera i), per consentire il corretto svolgimento delle procedure di selezione conformemente alle disposizioni dell'articolo 3 dell'allegato III dello statuto.Articolo 3Altri servizi1. Sulla base di un accordo tra il direttore dell'Ufficio e qualsiasi organo, ufficio o agenzia, l'Ufficio può organizzare procedure di selezione finalizzate all'assunzione di personale da parte di tale organo, ufficio o agenzia. Prima di concludere un tale accordo, il direttore dell'Ufficio chiede l'approvazione del consiglio di amministrazione. Ogni accordo di questo tipo deve includere le modalità finanziarie relative ai servizi forniti dall'Ufficio.2. Se del caso, l'Ufficio può fornire un sostegno tecnico nei concorsi interni organizzati dai singoli organi, istituzioni, uffici o agenzie.3. Su richiesta di un'istituzione, l'Ufficio organizza la procedura di selezione degli altri agenti al fine di stabilire elenchi di idonei e/o basi di dati a cui tutte le istituzioni possano attingere per l'assunzione di altri agenti.4. Queste attività sono incluse nel programma di lavoro dell'Ufficio conformemente all'articolo 6, lettera f), purché l'istituzione in questione presenti la domanda tempestivamente.Articolo 4Reclami e domande1. Il direttore dell'Ufficio esercita i poteri che sono conferiti all'autorità che ha il potere di nomina in virtù dell'articolo 90, dello statuto per tutte le domande o i reclami relativi ai compiti dell'Ufficio.2. In caso di reclami, il direttore dell'Ufficio, qualora intenda confermare la sua decisione iniziale, consulta il presidente del consiglio di amministrazione.3. L'Ufficio risponde alle domande inoltrate dal Mediatore europeo per tutte le questioni di sua competenza ai sensi della presente decisione.Articolo 5Consiglio di amministrazione1. È istituito un consiglio di amministrazione dell'Ufficio composto da un membro per ognuna delle istituzioni (designato dalle stesse) e tre rappresentanti del personale, in qualità di osservatori, nominati di comune accordo dai comitati del personale delle istituzioni.2. Il consiglio di amministrazione designa un presidente che viene scelto tra i suoi membri con votazione a maggioranza semplice e che resta in carica due anni.3. Il consiglio di amministrazione adotta il proprio regolamento interno con votazione a maggioranza semplice dopo averlo sottoposto all'esame delle istituzioni.4. Il consiglio di amministrazione si riunisce su iniziativa del presidente o su richiesta di uno dei membri.5. Quando il consiglio di amministrazione adotta una decisione a maggioranza semplice ogni istituzione dispone di un voto. In caso di parità il voto del presidente è decisivo.6. Quando il consiglio di amministrazione delibera a maggioranza qualificata, i voti sono ripartiti come segue tra le istituzioni: Commissione, 18 voti; Parlamento europeo, 7 voti; Consiglio, 7 voti; Corte di giustizia, 3 voti; Corte dei conti, 2 voti; Comitato economico e sociale: 2 voti; Comitato delle regioni, 2 voti; Mediatore europeo, 1 voto. La maggioranza qualificata è di 24 voti.Articolo 6Funzioni del consiglio di amministrazioneNell'interesse comune delle istituzioni, il consiglio di amministrazione svolge le seguenti funzioni:a) approva, a maggioranza qualificata, le norme di funzionamento dell'Ufficio;b) approva, a maggioranza semplice, la struttura organizzativa dell'Ufficio su proposta del direttore dello stesso;c) nel rispetto dell'accordo da concludere tra i segretari generali del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, il cancelliere della Corte di giustizia, i segretari generali della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e il rappresentante del Mediatore europeo relativo ai principi comuni di una politica armonizzata di selezione e di assunzione e ai principi di utilizzo degli elenchi degli idonei come pure delle disposizioni statutarie in materia, approva, a maggioranza qualificata sulla base delle proposte presentate dal direttore dell'Ufficio, i principi della politica di selezione che sarà messa in atto da quest'ultimo;d) nell'ambito della procedura di bilancio e deliberando a maggioranza semplice, redige, in base a un progetto elaborato dal direttore dell'Ufficio, uno stato di previsione delle entrate e delle spese dell'Ufficio, che trasmette poi alla Commissione affinché essa possa stabilire lo stato di previsione delle entrate e delle spese della Commissione; in questo stesso ambito propone alla Commissione gli adeguamenti dell'organico dell'Ufficio che esso ritiene necessari;e) approva, a maggioranza semplice, la natura e le tariffe delle prestazioni supplementari che l'Ufficio può effettuare a titolo oneroso per le istituzioni, gli organi, gli uffici e le agenzie, come pure le condizioni in cui tali prestazioni possono essere effettuate;f) sulla base di una proposta del direttore dell'Ufficio, approva all'unanimità il programma di lavoro e, in particolare, la pianificazione e il calendario dei concorsi da organizzare. Il programma di lavoro deve includere anche i servizi non connessi con i concorsi generali organizzati per le istituzioni, gli organi, gli uffici e le agenzie;g) approva, a maggioranza qualificata, in base a un progetto elaborato dal direttore dell'Ufficio, una relazione annua di gestione che riguarda in particolare tutte le voci di entrata e di spesa relative ai lavori effettuati e alle prestazioni fornite dall'Ufficio; anteriormente al 1o maggio di ogni anno, sulla scorta della contabilità analitica, trasmette alle istituzioni la relazione sull'esercizio precedente;h) approva, a maggioranza semplice, aggiornandola ogni tre anni, una ripartizione giusta ed equilibrata dei costi variabili e diretti da imputare a fini analitici a ciascuna delle istituzioni;i) sulla base delle necessità in materia di assunzioni, decide, a maggioranza semplice, le modalità in base alle quali ciascuna istituzione mette a disposizione dell'Ufficio un numero adeguato di membri di giuria, assessori e sorveglianti;j) approva, a maggioranza semplice, le condizioni alle quali l'Ufficio può concedere il suo accordo alle istituzioni per l'organizzazione di concorsi propri conformemente all'articolo 2, paragrafo 1, della decisione delle istituzioni.Articolo 7Nomina del personale1. L'Ufficio è guidato da un direttore nominato dalla Commissione, previo parere favorevole del consiglio di amministrazione espresso a maggioranza semplice. Il consiglio di amministrazione collabora fattivamente all'espletamento delle procedure necessarie prima della nomina del direttore, e in particolare alla redazione degli avvisi di posto vacante e all'esame delle candidature.2. Il direttore dell'Ufficio è l'autorità che ha il potere di nomina del personale dell'Ufficio.3. La Commissione, per quanto riguarda il direttore dell'Ufficio, e quest'ultimo per quanto riguarda il personale di cui è l'autorità che ha il potere di nomina, informano il consiglio di amministrazione delle nomine, della firma di contratti, delle promozioni o dell'adozione di provvedimenti disciplinari nei confronti dei funzionari e altri agenti.4. I funzionari di tutte le istituzioni delle Comunità sono informati in tempo utile dei posti vacanti presso l'Ufficio, non appena l'AIPN abbia deciso di coprire tali posti.5. Il direttore dell'Ufficio è designato per un periodo di cinque anni e il suo mandato è rinnovabile per una volta.Articolo 8Funzioni del direttore dell'Ufficio, gestione del personale1. Il direttore dell'Ufficio è responsabile del buon funzionamento dello stesso. Nell'ambito delle competenze del consiglio di amministrazione, il direttore agisce sotto l'autorità di quest'ultimo. Provvede al segretariato del consiglio di amministrazione e rende conto a quest'ultimo dell'esecuzione delle proprie funzioni, presentandogli qualsiasi suggerimento utile per il buon funzionamento dell'Ufficio.2. Le procedure amministrative relative alla gestione corrente del personale, segnatamente in ordine alle retribuzioni e ai congedi, alla cassa malattia, agli infortuni sul lavoro e al pensionamento, si applicano secondo le stesse modalità in vigore per i funzionari e gli agenti della Commissione. Tale elenco non è completo e l'Ufficio può concordare con la Commissione altri ambiti di intervento.Articolo 9Aspetti finanziari1. La dotazione dell'Ufficio, il cui importo complessivo è iscritto su una linea di bilancio particolare della sezione del bilancio relativa alla Commissione, è indicata in modo particolareggiato in un allegato della stessa sezione. Tale allegato reca uno stato delle entrate e delle spese, suddiviso nello stesso modo delle sezioni di bilancio.2. L'organico dell'Ufficio è allegato a quello della Commissione.3. Sulla base di una proposta del consiglio di amministrazione e per quanto riguarda la dotazione dell'Ufficio iscritta in allegato, la Commissione delega al direttore dell'Ufficio i poteri di ordinatore e fissa i limiti e le condizioni per l'esercizio di tale delega. Per quanto riguarda le prestazioni supplementari fornite dall'Ufficio a titolo oneroso, alla fine dell'esercizio il consiglio di amministrazione informa l'autorità di bilancio sulla ripartizione degli importi recuperati all'interno della linea di bilancio dell'allegato.4. La contabilità dell'Ufficio viene tenuta conformemente alle norme e ai metodi contabili stabiliti dal contabile della Commissione. L'Ufficio mantiene una contabilità separata delle entrate derivanti dalle prestazioni fornite a titolo oneroso.Articolo 10RiesameLa presente decisione viene riesaminata dopo un periodo di tre anni dall'istituzione dell'Ufficio.Articolo 11Data di entrata in vigoreLa presente decisione entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Per il Parlamento europeoIl segretario generaleJ. PriestleyPer il ConsiglioIl segretario generale aggiuntoP. De BoissieuPer la CommissioneIl segretario generaleD. O'SullivanPer la Corte di giustiziaIl presidenteR. GrassPer la Corte dei contiIl segretario generaleM. HervéPer il Comitato economico e socialeIl segretario generaleP. VenturiniPer il Comitato delle regioniIl segretario generaleV. FalconeIl MediatoreJ. Söderman(1) GU L 56 del 4.3.1968, pag. 1.(2) Vedi pagina 53 della presente Gazzetta ufficiale.
Ufficio europeo di selezione del personale (EPSO) QUAL È LO SCOPO DI QUESTE DECISIONI? La decisione 2002/620/CE istituisce l’Ufficio europeo di selezione del personale (EPSO) responsabile per l’assunzione del personale delle istituzioni, agenzie e organi dell’UE. La decisione 2002/621/CE stabilisce le norme per l’organizzazione e il funzionamento dell’EPSO. PUNTI CHIAVE CompitiL’EPSO è responsabile del funzionamento del processo di selezione del personale per le istituzioni, le agenzie e gli organi dell’UE. A tal fine, organizza concorsi generali dai cui risultati stabilisce l’elenco dei candidati idonei. Agisce in stretta collaborazione con le istituzioni al fine di valutare le esigenze future in materia di personale e di predisporre un programma di concorsi per rispondere a tali necessità. Mette a punto metodi e tecniche di selezione sulla base delle migliori pratiche e conformemente ai profili di competenza richiesti. Gestisce e controlla l’utilizzo degli elenchi di candidati ritenuti idonei stabiliti sulla base dei concorsi. Procedure di selezioneCiascuna istituzione dell’UE deve mettere a disposizione dell’EPSO un numero sufficiente di membri della giuria, assessori e sorveglianti per consentire il corretto svolgimento delle procedure di selezione. La decisione di nominare i candidati idonei è presa dall’autorità con il potere di nomina dell’istituzione, agenzia o organo dell’UE pertinente. Servizi aggiuntivi L’EPSO può inoltre:accordarsi per organizzare procedure di selezione finalizzate all’assunzione di personale da parte di qualunque organo, ufficio o agenzia. Prima di accordarsi in tal senso, il direttore dell’EPSO ha bisogno dell’approvazione del consiglio di amministrazione dell’EPSO. Ogni accordo di questo tipo deve includere le modalità finanziarie relative ai servizi forniti dall’EPSO; fornire sostegno tecnico nei concorsi interni organizzati dai singoli organi, istituzioni, uffici e agenzie; organizzare le procedure di selezione delle categorie diverse dai funzionari, come agenti contrattuali e agenti temporanei, e stabilire elenchi di candidati idonei. Consiglio di amministrazioneL’EPSO dispone di un consiglio di amministrazione composto da un membro per istituzione e da tre rappresentanti del personale, in qualità di osservatori, nominati dai comitati del personale delle istituzioni (sindacati). I compiti principali del consiglio di amministrazione comprendono:l’approvazione delle norme di funzionamento dell’EPSO e della sua struttura organizzativa;l’approvazione dei principi che disciplinano la politica di selezione dell’EPSO;l’approvazione delle tariffe dei servizi aggiuntivi forniti dall’EPSO;la decisione sulle modalità in base alle quali ciascuna istituzione mette a disposizione dell’EPSO un numero adeguato di membri di giuria, assessori e sorveglianti. Nomina del personale dell’EPSO La Commissione europea nomina il direttore dell’EPSO previo parere favorevole del consiglio di amministrazione in merito al candidato. Il direttore è responsabile del corretto funzionamento dell’EPSO e della nomina del suo personale. Il direttore è designato per un periodo di 5 anni, rinnovabile per una volta. Bilancio e contabilità Il bilancio dell’EPSO rientra nella sezione del bilancio dell’UE relativa alla Commissione europea. La contabilità dell’EPSO deve essere tenuta conformemente alle norme e ai metodi contabili della Commissione. Deve mantenere una contabilità separata delle entrate derivanti dalle prestazioni fornite a titolo oneroso. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Le decisioni 2002/620/CE e 2002/621/CE si applicano dal 26 luglio 2002. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Ufficio europeo di selezione del personale (Europa). DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione 2002/620/CE del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del Mediatore europeo, del 25 luglio 2002, che istituisce l’Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee - Dichiarazione dell’Ufficio del Parlamento europeo (GU L 197 del 26.7.2002, pag. 53-55) Decisione 2002/621/CE dei segretari generali del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, del cancelliere della Corte di giustizia, dei segretari generali della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del rappresentante del Mediatore europeo, del 25 luglio 2002, relativa all’organizzazione e al funzionamento dell’Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee (GU L 197 del 26.7.2002, pag. 56-59) Le successive modifiche alla direttiva 2002/621/UE sono state incorporate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
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2001/887/GAI: Decisione del Consiglio, del 6 dicembre 2001, relativa alla protezione dell'euro dalla falsificazione Gazzetta ufficiale n. L 329 del 14/12/2001 pag. 0001 - 0002 Decisione del Consigliodel 6 dicembre 2001relativa alla protezione dell'euro dalla falsificazione(2001/887/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 31 e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera c),vista l'iniziativa della Repubblica francese(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) Il regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all'introduzione dell'euro(3), stabilisce che a decorrere dal 1o gennaio 2002 le banconote denominate in euro cominciano ad essere immesse in circolazione ed obbliga gli Stati membri partecipanti ad assicurare sanzioni adeguate contro l'alterazione e la contraffazione delle banconote e delle monete metalliche in euro.(2) È opportuno integrare e potenziare il dispositivo di protezione dell'euro, varato con strumenti precedenti, mediante disposizioni che instaurino, relativamente alla repressione dei reati di falsificazione dell'euro, una cooperazione stretta fra le competenti autorità degli Stati membri, la Banca centrale europea, le banche centrali nazionali, l'Europol e l'Eurojust.(3) Il 29 maggio 2000 il Consiglio ha adottato la decisione quadro 2000/383/GAI relativa al rafforzamento della tutela per mezzo di sanzioni penali e altre sanzioni contro la falsificazione di monete in relazione all'introduzione dell'euro(4).(4) Il 28 giugno 2001 il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) n. 1338/2001 che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazione(5) e il regolamento (CE) n. 1339/2001 che estende agli Stati membri che non hanno adottato l'euro quale moneta unica gli effetti del regolamento (CE) n. 1338/2001 che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazione(6),DECIDE:Articolo 1DefinizioniAi fini della presente decisione valgono le seguenti definizioni:a) "banconote false" e "monete false", le banconote e le monete così definite dall'articolo 2 del regolamento (CE) n. 1338/2001;b) "falsificazione e reati connessi con la falsificazione dell'euro", i comportamenti, in relazione all'euro, descritti agli articoli 3, 4 e 5 della decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio;c) "autorità competenti", le autorità designate dagli Stati membri, in particolare gli uffici centrali nazionali, ai fini dell'accentramento delle informazioni, dell'accertamento e del relativo perseguimento della falsificazione e dei reati connessi con la falsificazione dell'euro;d) "convenzione di Ginevra", la convenzione internazionale per la repressione del falso nummario, firmata a Ginevra il 20 aprile 1929, e relativo protocollo;e) "convenzione Europol", la convenzione del 26 luglio 1995 che istituisce un ufficio europeo di polizia(7).Articolo 2Perizie sulle banconote e sulle moneteGli Stati membri provvedono a che, nell'ambito dei procedimenti inerenti alla falsificazione e ai reati connessi con la falsificazione dell'euro:a) le necessarie perizie sulle banconote sospettate di essere false siano compiute da un Centro nazionale di analisi (CNA) designato o istituito a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1338/2001; eb) le necessarie perizie sulle monete sospettate di essere false siano compiute da un Centro nazionale di analisi delle monete (CNAC) designato o istituito a norma dell'articolo 5, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1338/2001.Articolo 3Comunicazione degli esiti delle perizieGli Stati membri assicurano che gli esiti delle perizie compiute dai CNA e dai CNAC a norma dell'articolo 2 siano comunicati all'Europol ai sensi delle disposizioni della convenzione Europol.Articolo 4Obbligo di segnalazione1. Gli Stati membri assicurano che gli uffici centrali nazionali di cui all'articolo 12 della convenzione di Ginevra comunichino all'Europol, conformemente alla convenzione Europol, le informazioni da essi accentrate in merito ai procedimenti inerenti alla falsificazione e ai reati connessi con la falsificazione dell'euro, comprese le informazioni ottenute da paesi terzi. Gli Stati membri e l'Europol cooperano per determinare quali informazioni devono essere comunicate. Le informazioni contengono, almeno, l'identificazione delle persone coinvolte, le circostanze in cui i reati sono stati scoperti, le circostanze del sequestro e i collegamenti con altri casi.2. Nei procedimenti inerenti alla falsificazione e ai reati connessi con la falsificazione dell'euro le competenti autorità degli Stati membri si avvalgono, se del caso, di tutti gli strumenti offerti dall'Unità provvisoria di cooperazione giudiziaria e poi degli strumenti di cooperazione offerti dall'Eurojust quando sarà stato istituito, ai sensi delle disposizioni previste negli strumenti che istituiscono l'Unità provvisoria di cooperazione giudiziaria e l'Eurojust.Articolo 5Entrata in vigoreLa presente decisione entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.Fatto a Bruxelles, addì 6 dicembre 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteM. Verwilghen(1) GU C 75 del 7.3.2001, pag. 1.(2) Parere espresso il 23 ottobre 2001 (Non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 139 dell'11.5.1998, pag. 1.(4) GU L 140 del 14.6.2000, pag. 1.(5) GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6.(6) GU L 181 del 4.7.2001, pag. 11.(7) GU C 316 del 27.11.1995, pag. 2. Convenzione modificata da ultimo dal protocollo del 30 novembre 2000 (GU C 358 del 13.12.2000, pag. 2).
Protezione dell’euro dalle falsificazioni QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? La presente decisione mira a garantire che, nell’ambito delle indagini sulla contraffazione dell’euro, siano eseguite analisi coerenti ed efficaci sulle banconote e monete contraffatte e che tali informazioni siano condivise fra i paesi dell’UE. PUNTI CHIAVE In vista dell’introduzione dell’euro il 1o gennaio 2002, la decisione ha integrato una serie di norme esistenti sulla protezione dell’euro dalla falsificazione, nello specifico: la decisione quadro del Consiglio 2000/383/GAI, sostituita dalla direttiva 2014/62/UE,sulla protezione mediante il diritto penale dell’euro e di altre monete contro la falsificazione; il regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio che definisce altre misure necessarie alla protezione dell’euro contro la falsificazione. Durante le investigazioni sulla falsificazione dell’euro, i paesi dell’Unione europea (UE) devono garantire che i Centri nazionali di analisi (CNA) svolgano le necessarie perizie sulle banconote sospettate di essere false, mentre i Centri nazionali di analisi delle monete (CNAC) devono svolgere tali perizie per le monete sospettate di essere false. I paesi dell’UE sono tenuti a trasmettere i risultati di tali perizie all’Ufficio europeo di polizia (Europol). Gli uffici centrali nazionali dei paesi dell’UE responsabili delle investigazioni sulla falsificazione dell’euro e reati correlati hanno l’obbligo di comunicare all’Europol informazioni centralizzate sulle investigazioni, comprese le informazioni ottenute dai paesi extra UE. Dovrebbero essere inviate almeno le seguenti informazioni: l’identificazione delle persone coinvolte; la descrizione dei reati; le circostanze in cui i reati sono stati scoperti; le circostanze del sequestro; i collegamenti con altri casi. Nei procedimenti inerenti alla falsificazione e ai reati connessi con la falsificazione dell’euro le competenti autorità dei paesi dell’UE dovranno avvalersi di tutti gli strumenti offerti dall’Eurojust. La decisione 2005/37/CE della Commissione istituisce il Centro tecnico-scientifico europeo (CTSE), il cui ruolo è quello di proteggere le monete dell’euro dalla falsificazione. A tal fine esso analizza e classifica le monete falsificate e assiste le autorità nazionali. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? La decisione è in vigore dal 14 dicembre 2001. CONTESTO Per ulteriori informazioni si consulti: Lotta alla falsificazione (Commissione europea); Misure antifalsificazione (Banca centrale europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2001/887/GAI del Consiglio, del 6 dicembre 2001, relativa alla protezione dell’euro dalla falsificazione (GU L 329 del 14.12.2001, pag. 1-2) DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001 che definisce talune misure necessarie alla protezione dell’euro contro la falsificazione (GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6-10) Modifiche successive al regolamento (CE) n. 1338/2001 sono state integrate nel documento originale. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale. Decisione 2005/37/CE della Commissione, del 29 ottobre 2004, che istituisce il centro tecnico-scientifico europeo (CTSE) e prevede il coordinamento delle azioni tecniche al fine di proteggere le monete in euro contro la falsificazione (GU L 19 del 21.1.2005, pag. 73-74) Direttiva 2014/62/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sulla protezione mediante il diritto penale dell’euro e di altre monete contro la falsificazione e che sostituisce la decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio (GU L 151 del 21.5.2014, pag. 1-8)
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RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE del 17 luglio 2012 sull’accesso all’informazione scientifica e sulla sua conservazione (2012/417/UE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292, considerando quanto segue: (1) La comunicazione «Europa 2020» (1) della Commissione indica che lo sviluppo di un’economia basata sulla conoscenza e sull’innovazione rappresenta una priorità. (2) Gli obiettivi fissati nella strategia Europa 2020 sono ripresi in maniera più dettagliata in particolare nelle iniziative faro «Un’agenda digitale europea» (2) e «L’Unione dell’innovazione» (3). Tra le azioni da avviare nell’ambito della «Agenda digitale», è opportuno dare ampia diffusione alla ricerca finanziata con fondi pubblici mediante la pubblicazione di dati e studi scientifici ad accesso aperto. Nell’iniziativa «L’Unione dell’innovazione» si invoca l’istituzione di uno Spazio europeo della ricerca (SER) al fine di eliminare gli ostacoli alla mobilità e alla cooperazione transfrontaliera; inoltre, si afferma che l’accesso aperto alle pubblicazioni e ai dati provenienti dalla ricerca finanziata con fondi pubblici dovrebbe essere promosso e che l’accesso alle pubblicazioni dovrebbe diventare il principio generale per i progetti finanziati nell’ambito dei programmi quadro di ricerca dell’UE. (3) Il 14 febbraio 2007, la Commissione ha adottato una «comunicazione sull’informazione scientifica nell’era digitale: accesso, diffusione e conservazione» (4), accompagnata da un documento di lavoro dei servizi della Commissione. Tale comunicazione presentava la situazione in Europa nell’area dell’editoria scientifica e della conservazione dei risultati di ricerca ed esaminava le problematiche organizzative, giuridiche, tecniche e finanziarie connesse. (4) Tale comunicazione è stata seguita, nel novembre 2007, dalle conclusioni del Consiglio sulla «informazione scientifica nell’era digitale: accesso, diffusione e conservazione», in cui il Consiglio invitava la Commissione a sperimentare l’accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche prodotte nell’ambito di progetti finanziati da programmi quadro di ricerca dell’UE e indicava una serie di azioni che devono essere attuate dagli Stati membri. In alcune delle aree esaminate nelle conclusioni si sono registrati miglioramenti, ma non tutti gli obiettivi sono stati conseguiti e i progressi registrati negli Stati membri non sono omogenei. Per sfruttare al massimo il potenziale di ricerca dell’Europa, sono necessarie azioni a livello di Unione europea. (5) Le politiche di accesso aperto sono volte ad assicurare l’accesso gratuito ai dati di ricerca e alle pubblicazioni scientifiche oggetto di valutazioni inter pares quanto prima possibile nel processo di diffusione, nonché a consentire l’utilizzo e il riutilizzo dei risultati della ricerca scientifica. Tali politiche dovrebbero essere attuate tenendo conto degli aspetti legati ai diritti di proprietà intellettuale. (6) Le politiche di accesso aperto ai risultati della ricerca scientifica dovrebbero applicarsi a tutte le ricerche che beneficiano di finanziamenti pubblici. Da tali politiche ci si attende un miglioramento delle condizioni in cui si effettua la ricerca; tale miglioramento, che si otterrebbe riducendo la duplicazione degli sforzi e il tempo dedicato alla ricerca delle informazioni e all’accesso alle stesse, permetterà di imprimere un’accelerazione al progresso scientifico e di agevolare la cooperazione entro e oltre i confini dell’UE. Le politiche di accesso aperto risponderanno anche agli appelli formulati nella comunità scientifica affinché vi sia un maggiore accesso all’informazione scientifica. (7) Dando modo agli attori sociali di interagire nel ciclo di ricerca si migliorano la qualità, la pertinenza, l’accettabilità e la sostenibilità dei risultati dell’innovazione grazie all’integrazione delle attese, delle necessità, degli interessi e dei valori della società. L’accesso aperto è un elemento fondamentale delle politiche degli Stati membri che si prefiggono di assicurare una ricerca e un’innovazione responsabili mettendo i risultati della ricerca a disposizione di tutti e favorendo la partecipazione della società. (8) I benefici derivanti da un accesso più ampio ai risultati della ricerca scientifica saranno avvertiti anche dalle imprese. Le piccole e medie imprese, in particolare, miglioreranno la propria capacità di innovazione. Le politiche riguardanti l’accesso all’informazione scientifica, quindi, dovrebbero anche agevolare l’accesso all’informazione scientifica per le imprese private. (9) Internet ha modificato in profondità il mondo della scienza e della ricerca. Ad esempio, le comunità di ricerca hanno sperimentato nuove modalità di registrazione, certificazione, diffusione e conservazione delle pubblicazioni scientifiche. È necessario che le politiche di ricerca e di finanziamento si adattino a questo nuovo contesto. È opportuno raccomandare agli Stati membri di adeguare ed elaborare le proprie politiche in materia di accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche. (10) L’accesso aperto ai dati della ricerca scientifica migliora la qualità dei dati, riduce le necessità di duplicazione delle attività di ricerca, accelera il progresso scientifico e contribuisce alla lotta contro le frodi scientifiche. Nella sua relazione finale «Cavalcare l’onda: in che modo l’Europa può trarre vantaggio dal flusso crescente di dati scientifici» (5) dell’ottobre 2010, il gruppo di esperti di alto livello sui dati scientifici ha posto l’accento sull’importanza cruciale che rivestono la condivisione e la conservazione dei dati attendibili generati nel processo scientifico. Pertanto, urge l’adozione di interventi politici sull’accesso ai dati ed è opportuno raccomandarla agli Stati membri. (11) La conservazione dei risultati della ricerca scientifica risponde all’interesse pubblico. Questo compito è affidato in genere alle biblioteche, in particolare alle biblioteche nazionali di deposito legale. Il volume di risultati di ricerca sta crescendo in maniera esponenziale. Per consentire la conservazione a lungo termine dei risultati di ricerca in formato digitale, occorrono meccanismi, infrastrutture e soluzioni software. Il finanziamento sostenibile della conservazione riveste un’importanza cruciale, perché i costi legati alla cosiddetta curation (raccolta, ordinamento e condivisione) dei contenuti digitalizzati sono ancora relativamente elevati. Vista l’importanza della conservazione per l’uso futuro dei risultati di ricerca, è opportuno raccomandare agli Stati membri l’elaborazione o il rafforzamento di politiche in quest’area. (12) Le politiche che devono essere sviluppate dagli Stati membri dovrebbero essere definite a livello nazionale o subnazionale, in funzione della situazione costituzionale e della distribuzione delle responsabilità di elaborazione delle politiche sulla ricerca. (13) L’esistenza di infrastrutture elettroniche solide alla base del sistema di informazione scientifica permetterà di migliorare l’accesso all’informazione scientifica e la sua conservazione a lungo termine, che a loro volta potranno dare impulso alla ricerca collaborativa. Conformemente alla comunicazione della Commissione «Le infrastrutture TIC per la e-scienza» (6), per infrastruttura elettronica si intende «un ambiente in cui le risorse di ricerca (hardware, software e contenuti) sono agevolmente condivisibili e accessibili ogniqualvolta ciò sia necessario ai fini di una maggiore efficacia della ricerca». È quindi opportuno raccomandare l’ulteriore sviluppo di queste infrastrutture e la loro interconnessione a livello europeo. (14) L’impegno per la progressiva introduzione dell’accesso aperto è di portata mondiale, come dimostrano la «Strategia riveduta sul contributo dell’UNESCO alla promozione dell’accesso aperto all’informazione scientifica e alla ricerca» (7) e la «Dichiarazione OCSE sull’accesso ai dati della ricerca finanziata con fondi pubblici» (8). Gli Stati membri dovrebbero partecipare a questo sforzo mondiale e dare l’esempio rafforzando un ambiente di ricerca internazionale aperto e collaborativo, basato sulla reciprocità. (15) Stante la fase di transizione che vive il settore editoriale, le parti interessate devono lavorare insieme per accompagnare il processo di transizione e cercare soluzioni sostenibili per il processo editoriale delle pubblicazioni scientifiche. (16) Il 12 dicembre 2011, la Commissione ha adottato un pacchetto comprendente una comunicazione sui dati aperti, una proposta di direttiva che modifica la direttiva 2003/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 novembre 2003, relativa al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico (9) e nuove regole della Commissione sui documenti da essa detenuti. Il pacchetto presenta la strategia della Commissione in materia di dati aperti in un unico quadro coerente in cui rientrano azioni tra cui la presente raccomandazione. (17) La presente raccomandazione è accompagnata da una comunicazione in cui la Commissione definisce la propria politica e la propria concezione in materia di accesso aperto ai risultati di ricerca. Vi sono indicate schematicamente le azioni che la Commissione attuerà nella sua veste di organismo che finanzia la ricerca scientifica con risorse tratte dal bilancio dell’Unione europea. (18) Insieme alla presente raccomandazione e alla comunicazione che la accompagna, la Commissione sta adottando una comunicazione relativa a un partenariato rafforzato nello Spazio europeo della ricerca per l’eccellenza e la crescita, in cui sono definite le priorità fondamentali per il completamento dello Spazio europeo della ricerca; una di tali priorità è costituita dalla circolazione, dall’accesso e dal trasferimento ottimali del sapere scientifico, RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI: Accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche 1. Definire politiche chiare per la diffusione delle pubblicazioni scientifiche prodotte nell’ambito di attività di ricerca finanziate con fondi pubblici e l’accesso aperto alle stesse. Tali politiche dovrebbero prevedere: — obiettivi concreti e indicatori per misurare i progressi, — piani di attuazione in cui sia indicata tra l’altro l’assegnazione delle responsabilità, — la pianificazione finanziaria associata. Provvedere affinché, in esito a tali politiche: — sia assicurato un accesso aperto alle pubblicazioni prodotte nell’ambito di attività di ricerca finanziate con fondi pubblici quanto prima possibile, preferibilmente subito e comunque non più di sei mesi dopo la data di pubblicazione e di dodici mesi nel caso delle pubblicazioni nell’area delle scienze sociali e umane, — i sistemi di concessione in licenza contribuiscano ad assicurare in maniera equilibrata un accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche prodotte nell’ambito di attività di ricerca finanziate con fondi pubblici, fatta salva la legislazione applicabile sul diritto d’autore e nel rispetto della stessa, e incoraggino i ricercatori a mantenere il diritto d’autore pur concedendo licenze agli editori, — il sistema delle carriere universitarie sostenga e premi i ricercatori che aderiscono a una cultura di condivisione dei risultati delle proprie attività di ricerca, in particolare assicurando l’accesso aperto alle loro pubblicazioni nonché sviluppando, incoraggiando e utilizzando nuovi modelli alternativi di valutazione delle carriere, nuovi criteri di misurazione e nuovi indicatori, — sia migliorata la trasparenza, in particolare informando il pubblico in merito agli accordi conclusi tra enti pubblici o gruppi di enti pubblici ed editori per la messa a disposizione dell’informazione scientifica. A questo riguardo, dovrebbero essere inclusi gli accordi riguardanti le offerte cumulative di abbonamenti che permettono di accedere sia alla versione elettronica, sia alla versione stampata delle riviste a prezzo scontato, — le piccole e medie imprese e i ricercatori non affiliati abbiano il più ampio accesso possibile, alle condizioni più economiche, alle pubblicazioni scientifiche in cui sono riportati i risultati delle attività di ricerca finanziate con fondi pubblici. 2. Provvedere affinché gli organismi di finanziamento della ricerca responsabili della gestione dei finanziamenti pubblici alla ricerca e le istituzioni accademiche che ricevono finanziamenti pubblici attuino le politiche: — definendo politiche istituzionali per la diffusione delle pubblicazioni scientifiche e l’accesso aperto alle stesse; stabilendo piani di attuazione al livello di tali organismi di finanziamento, — mettendo a disposizione i finanziamenti necessari per la diffusione (incluso l’accesso aperto) prevedendo diversi canali di diffusione, tra cui infrastrutture elettroniche digitali, se del caso, e nuovi metodi sperimentali di comunicazione scientifica, — adeguando il sistema di reclutamento e valutazione delle carriere dei ricercatori e il sistema di valutazione per l’assegnazione di finanziamenti ai ricercatori in modo che siano premiati coloro che aderiscono alla cultura di condivisione dei risultati di ricerca. I sistemi migliorati dovrebbero tenere conto dei risultati della ricerca messi a disposizione in accesso aperto e sviluppare, promuovere e utilizzare nuovi modelli alternativi di valutazione delle carriere, nuovi criteri di misurazione e nuovi indicatori, — fornendo ai ricercatori indicazioni su come conformarsi alle politiche di accesso aperto, con particolare riferimento alla gestione dei diritti di proprietà intellettuale, per assicurare l’accesso aperto alle loro pubblicazioni, — conducendo trattative comuni con gli editori per ottenere le migliori condizioni possibili di accesso alle pubblicazioni, compresi l’utilizzo e il riutilizzo, — assicurando che i risultati di ricerche che ricevono finanziamenti pubblici siano facilmente identificabili mediante opportune soluzioni tecniche, anche attraverso metadati inseriti nelle versioni elettroniche dei risultati di ricerca. Accesso aperto ai dati di ricerca 3. Definire, per la diffusione dei dati di ricerca prodotti nell’ambito di attività di ricerca finanziate con fondi pubblici e l’accesso aperto agli stessi, politiche chiare che prevedano: — obiettivi concreti e indicatori per misurare i progressi, — piani di attuazione in cui sia indicata tra l’altro l’assegnazione delle responsabilità (e che prevedano anche la concessione di licenze secondo le modalità più opportune), — la pianificazione finanziaria associata. Assicurare che, in esito a tali politiche: — i dati di ricerca prodotti nell’ambito di attività di ricerca finanziate con fondi pubblici siano pubblicamente accessibili, utilizzabili e riutilizzabili per mezzo di infrastrutture elettroniche digitali. Occorre tener conto adeguatamente degli aspetti relativi in particolare alla protezione della vita privata, ai segreti commerciali, alla sicurezza nazionale, a legittimi interessi commerciali e a diritti di proprietà intellettuale. I dati, il know-how e/o le informazioni, in qualsiasi forma e di qualsiasi natura, detenuti da privati nell’ambito di un partenariato pubblico-privato prima delle attività di ricerca e identificati come tali non sono soggetti a questo obbligo, — gli insiemi di dati (dataset) siano resi facilmente identificabili e possano essere collegati ad altri insiemi di dati e pubblicazioni mediante opportuni meccanismi, e siano fornite ulteriori informazioni atte a consentirne una valutazione e un uso corretti, — gli organismi responsabili della gestione dei finanziamenti pubblici alla ricerca e le istituzioni accademiche beneficiarie di finanziamenti pubblici contribuiscano all’attuazione delle politiche nazionali istituendo meccanismi che rendano possibile e premino la condivisione dei dati di ricerca, — siano promossi e/o resi operativi corsi di laurea magistrale per la formazione di nuovi profili professionali nell’area delle tecnologie di trattamento dei dati. Conservazione e riutilizzo dell’informazione scientifica 4. Rafforzare la conservazione dell’informazione scientifica: — definendo e attuando politiche in cui si indicata tra l’altro l’assegnazione delle responsabilità in materia di conservazione dell’informazione scientifica, insieme alla pianificazione finanziaria associata, per garantire la curation e la conservazione a lungo termine dei risultati di ricerca (dati di ricerca primari e tutti gli altri risultati, tra cui le pubblicazioni), — assicurando l’esistenza di un sistema efficace di deposito dell’informazione scientifica elettronica che includa le pubblicazioni nate in formato digitale e, se pertinente, gli insiemi di dati collegati, — conservando l’hardware e il software necessari per leggere le informazioni in futuro, od operando su base regolare la migrazione delle informazioni verso nuovi ambienti software e hardware, — promuovendo la creazione di condizioni favorevoli affinché le parti interessate offrano servizi a valore aggiunto basati sul riutilizzo dell’informazione scientifica. Infrastrutture elettroniche 5. Sviluppare ulteriormente infrastrutture elettroniche su cui poggi il sistema di diffusione dell’informazione scientifica: — sostenendo le infrastrutture dei dati scientifici per la diffusione delle conoscenze, gli organismi di ricerca e gli organismi di finanziamento affinché coprano tutte le fasi del ciclo di vita dei dati. Tali fasi comprendono l’acquisizione, la curation, i metadati, l’origine, gli identificatori persistenti, l’autorizzazione, l’autenticazione e l’integrità dei dati. È necessario sviluppare metodologie che consentano di adottare un’impostazione comune nell’individuazione e nel reperimento dei dati (data discovery) nelle varie discipline, riducendo in questo modo la curva di apprendimento necessaria al conseguimento di una produttività adeguata, — sostenendo la nascita e la formazione di nuovi gruppi di esperti in scienza computazionale ad alta intensità di dati, tra cui specialisti in dati (data specialist), tecnici e responsabili della gestione di dati (data manager), — mettendo a frutto e facendo leva sulle risorse esistenti per essere efficienti sul piano economico e per innovare nelle aree degli strumenti di analisi, delle visualizzazioni, del supporto alle decisioni, dei modelli e degli strumenti di modellizzazione, delle simulazioni, dei nuovi algoritmi e del software scientifico, — rafforzando l’infrastruttura che consente l’accesso all’informazione scientifica e la sua conservazione a livello nazionale, e assegnando i fondi necessari, — assicurando la qualità e l’affidabilità dell’infrastruttura, anche attraverso il ricorso a meccanismi di certificazione per gli archivi, — assicurando l’interoperabilità tra le infrastrutture elettroniche a livello nazionale e mondiale. 6. Assicurare sinergie tra le infrastrutture elettroniche a livello europeo e mondiale: — contribuendo all’interoperabilità delle infrastrutture elettroniche, con riferimento in particolare allo scambio di dati scientifici, tenendo conto delle esperienze acquisite nell’ambito dei progetti, delle infrastrutture e dei software esistenti sviluppati a livello europeo e mondiale, — appoggiando attività di cooperazione transnazionali che promuovano l’uso e lo sviluppo di infrastrutture per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione per l’istruzione superiore e la ricerca. Dialogo tra le varie parti interessate a livello nazionale, europeo e internazionale 7. Partecipare al dialogo tra le varie parti interessate a livello nazionale, europeo e/o internazionale sui modi per promuovere l’accesso aperto all’informazione scientifica e la sua conservazione, concentrando l’attenzione in particolare sugli aspetti seguenti: — sistemi per collegare le pubblicazioni ai dati da cui hanno origine, — sistemi per migliorare l’accesso e contenere i costi, ad esempio attraverso trattative comuni con gli editori, — nuovi indicatori di ricerca e indicatori bibliometrici applicabili non soltanto alle pubblicazioni scientifiche, ma anche agli insiemi di dati e agli altri tipi di materiali prodotti dall’attività di ricerca, nonché ai risultati prodotti dai singoli ricercatori, — nuovi sistemi e strutture di premialità, — promozione dei principi dell’accesso aperto e loro applicazione a livello internazionale, specialmente nel contesto di iniziative di cooperazione bilaterali, multilaterali e internazionali. Coordinamento strutturato degli Stati membri a livello dell’UE e seguito dato alla raccomandazione 8. Designare entro la fine dell’anno un punto di riferimento nazionale incaricato di: — coordinare le misure indicate nella presente raccomandazione, — agire da interlocutore della Commissione europea in merito alle questioni legate all’accesso e alla conservazione dell’informazione scientifica, con particolare riguardo a migliori definizioni di principi e standard comuni, misure di attuazione e nuove modalità di diffusione e condivisione della ricerca nello Spazio europeo della ricerca, — presentare relazioni sul seguito dato alla presente raccomandazione. Valutazione e relazioni 9. Informare la Commissione, diciotto mesi dopo la data di pubblicazione della presente raccomandazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e successivamente ogni due anni, in merito ai provvedimenti presi in risposta ai diversi elementi della presente raccomandazione, nelle forme che saranno definite e decise. Sulla base delle informazioni trasmesse, la Commissione valuterà i progressi compiuti nell’UE per stabilire se siano necessarie ulteriori azioni atte a conseguire gli obiettivi fissati nella presente raccomandazione. Fatto a Bruxelles, il 17 luglio 2012 Per la Commissione Neelie KROES Vicepresidente (1) COM(2010) 2020 definitivo del 3.3.2010, disponibile all’indirizzo: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2010:2020:FIN:IT:PDF (2) COM(2010) 245 definitivo/2 del 26.8.2010, disponibile all’indirizzo: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2010:0245:FIN:IT:PDF (3) COM(2010) 546 definitivo del 6.10.2010, disponibile all’indirizzo: http://ec.europa.eu/research/innovation-union/pdf/innovation-union-communication_en.pdf#view=fit&pagemode=none (4) COM(2007) 56 definitivo del 14.2.2007; disponibile all’indirizzo: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:52007DC0056:IT:NOT (5) http://cordis.europa.eu/fp7/ict/e-infrastructure/docs/hlg-sdi-report.pdf (6) COM(2009) 108 definitivo. (7) http://www.unesco.org/new/fileadmin/MULTIMEDIA/HQ/CI/CI/images/GOAP/OAF2011/213342e.pdf (8) http://www.oecd.org/dataoecd/9/61/38500813.pdf (9) GU L 345 del 31.12.2003, pag. 90.
L'accesso all'informazione scientifica e la sua conservazione Le proposte volte all'aumento dell'accesso all'informazione scientifica e alla sua conservazione intendono dare ai cittadini la possibilità di fruire dei vantaggi delle scoperte scientifiche in modo migliore e più rapido. ATTO Raccomandazione 2012/417/UE della Commissione, del 17 luglio 2012, sull'accesso all'informazione scientifica e sulla sua conservazione. SINTESI A luglio 2012, la Commissione ha proposto delle modalità, destinate ai paesi UE, di miglioramento dell'accesso all'informazione scientifica prodotta in Europa. Grazie a un accesso più ampio e più rapido ai documenti e ai dati scientifici, ricercatori e imprese potranno approfondire e ampliare più facilmente le scoperte della ricerca a finanziamento pubblico. L'idea è che ne deriveranno un accrescimento della capacità di innovazione europea e un accesso più rapido ai vantaggi delle scoperte scientifiche per i cittadini. Le politiche di accesso aperto intendono offrire il più presto possibile, nel processo di diffusione, l'accesso gratuito alle pubblicazioni scientifiche valutate tra pari e ai dati della ricerca. Inoltre, esse intendono consentire l'utilizzo e il riutilizzo dei risultati della ricerca scientifica. Accesso aperto alle pubblicazioni La Commissione raccomanda agli Stati membri dell'UE di definire politiche chiare, volte a garantire la diffusione delle pubblicazioni scientifiche frutto della ricerca a finanziamento pubblico e il libero accesso a esse. Fra gli obiettivi di queste politiche figurano: l'accesso aperto alle pubblicazioni frutto della ricerca a finanziamento pubblico il più presto possibile, preferibilmente nell'immediato e comunque entro e non oltre 6 mesi dalla data di pubblicazione (entro 12 mesi per le discipline umanistiche e le scienze sociali); sistemi di licenze che contribuiscano ad assicurare l' accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche frutto della ricerca a finanziamento pubblico; un sistema delle carriere universitarie che sostenga e ricompensi i ricercatori che aderiscono ad una cultura di condivisione dei risultati delle proprie attività di ricerca; maggiore trasparenza, in particolare informando il pubblico in merito agli accordi fra enti pubblici o gruppi di enti pubblici e case editrici sulla distribuzione dell'informazione scientifica; un accesso alle pubblicazioni scientifiche relative ai risultati delle attività di ricerca a finanziamento pubblico che sia il più ampio e conveniente possibile per le piccole e medie imprese e per i ricercatori indipendenti (non affiliati). Conservazione e riutilizzo dell'informazione scientifica La Commissione prevede altresì una serie di proposte inerenti alla conservazione e al riutilizzo dell'informazione scientifica. Fra esse, la garanzia della conservazione a lungo termine dei risultati delle ricerche, assicurando l'esistenza di un sistema di deposito efficace dell'informazione scientifica in formato elettronico e conservando l'hardware e il software necessari per leggere l'informazione in futuro, oppure operando regolarmente la migrazione delle informazioni verso nuovi ambienti software e hardware. Le infrastrutture elettroniche La Commissione ha proposto altresì una serie di raccomandazioni per sviluppare ulteriormente le infrastrutture elettroniche, al fine di agevolare il flusso dell'informazione scientifica. Una di esse è il sostegno allo sviluppo e alla formazione di nuove classi di scienziati computazionali, che lavorino ad alta intensità di dati: fra questi, operatori specializzati in dati, tecnici e gestori di dati. Inoltre, la commissione suggerisce agli Stati membri di designare un polo di riferimento nazionale per: coordinare i provvedimenti della raccomandazione, fungere da interlocutore con la Commissione sulle questioni legate all'accesso all'informazione scientifica e alla sua conservazione, riferire sul seguito dato alla raccomandazione. RIFERIMENTI Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Raccomandazione 2012/417/UE della Commissione - - GU L 194 del 21.7.2012 DOCUMENTI CORRELATI Documento di lavoro dei servizi della Commissione: Sintesi della valutazione d'impatto che accompagna il documento «Raccomandazione sull'accesso all'informazione scientifica e sulla sua conservazione» [SWD(2012)221 final del 17.7.2012]. Documento di lavoro dei servizi della Commissione: Valutazione d'impatto che accompagna il documento «Raccomandazione sull'accesso all'informazione scientifica e sulla sua conservazione nell'era digitale» [SWD(2012)222 final del 17.7.2012].
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REGOLAMENTO (UE) 2015/479 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell'11 marzo 2015 relativo a un regime comune applicabile alle esportazioni (codificazione) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 207, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 1061/2009 del Consiglio (3) ha subito modifiche sostanziali (4). A fini di chiarezza e razionalizzazione è opportuno procedere alla sua codificazione. (2) La politica commerciale comune dovrebbe essere basata su principi uniformi. (3) È quindi opportuno instaurare un regime comune applicabile alle esportazioni dell'Unione. (4) In tutti gli Stati membri le esportazioni sono quasi totalmente liberalizzate. In tali condizioni è possibile prendere in considerazione, sul piano unionale, il principio secondo cui le esportazioni destinate ai paesi terzi non sono soggette ad alcuna restrizione quantitativa, fatte salve le deroghe previste dal presente regolamento e le misure che gli Stati membri possono adottare conformemente al trattato. (5) La Commissione dovrebbe essere informata quando, a seguito di un'eccezionale evoluzione del mercato, uno Stato membro ritenga che possano essere necessarie misure di salvaguardia. (6) È essenziale, a livello unionale, segnatamente sulla base delle suddette informazioni, procedere all'esame delle condizioni delle esportazioni, della loro evoluzione e dei vari elementi della situazione economica e commerciale nonché, ove occorra, delle misure da adottare. (7) Può essere necessario esercitare un controllo di talune esportazioni o istituire, a titolo di precauzione, misure conservative, intese a far fronte a pratiche imprevedibili. (8) Le misure di salvaguardia rese necessarie dagli interessi dell'Unione dovrebbero essere adottate nel rispetto degli obblighi internazionali esistenti. (9) Appare necessario consentire agli Stati membri vincolati da impegni internazionali che prevedano, in caso di difficoltà di approvvigionamento reali o potenziali, un meccanismo di ripartizione dei prodotti petroliferi tra le parti contraenti, di adempiere ai conseguenti obblighi nei confronti dei paesi terzi, fatte salve le disposizioni unionali adottate al medesimo scopo. Tale autorizzazione dovrebbe essere applicata fino all'adozione, da parte del Parlamento europeo e del Consiglio, di misure appropriate a seguito di impegni assunti dall'Unione o da tutti gli Stati membri. (10) Il presente regolamento dovrebbe applicarsi a tutti i prodotti, sia industriali che agricoli. Esso dovrebbe essere applicato a titolo complementare con gli atti relativi all'organizzazione comune dei mercati agricoli nonché con gli atti specifici adottati a sensi dell'articolo 352 del trattato per le merci risultanti dalla trasformazione di prodotti agricoli. È tuttavia opportuno evitare che le disposizioni del presente regolamento si sovrappongano a quelle di detti atti e in particolare alle clausole di salvaguardia in essi previste. (11) L'esecuzione del presente regolamento esige condizioni uniformi per l'adozione delle misure di salvaguardia. Tali misure dovrebbero essere adottate dalla Commissione conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (5), HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: CAPO I PRINCIPIO FONDAMENTALE Articolo 1 Le esportazioni dell'Unione verso i paesi terzi sono libere, vale a dire non soggette a restrizioni quantitative, ad eccezione di quelle applicate conformemente al presente regolamento. CAPO II PROCEDURA UNIONALE DI INFORMAZIONE E DI CONSULTAZIONE Articolo 2 Quando uno Stato membro, a seguito di un'eccezionale evoluzione del mercato, ritiene che potrebbero essere necessarie misure di salvaguardia ai sensi del capo III, ne dà comunicazione alla Commissione, che provvede ad informare gli altri Stati membri. Articolo 3 1. La Commissione è assistita dal comitato per le misure di salvaguardia istituito dal regolamento (UE) 2015/478 del Parlamento europeo e del Consiglio (6). Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 8 del regolamento (UE) n. 182/2011 in combinato disposto con l'articolo 5 dello stesso. Articolo 4 La Commissione può chiedere agli Stati membri di fornirle dati statistici sull'evoluzione del mercato di un determinato prodotto, al fine di determinarne la situazione economica e commerciale e di controllarne a tal fine le esportazioni, conformemente alle legislazioni nazionali e secondo modalità da essa indicate. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie per dar seguito alle domande della Commissione e le comunicano i dati richiesti. La Commissione ne informa gli altri Stati membri. CAPO III MISURE DI SALVAGUARDIA Articolo 5 1. Al fine di prevenire una situazione critica dovuta a una penuria di prodotti essenziali o al fine di porvi rimedio e quando gli interessi dell'Unione richiedono un'azione immediata, la Commissione, su richiesta di uno Stato membro o di propria iniziativa e tenendo conto della natura dei prodotti e delle altre particolarità delle transazioni in causa, può subordinare l'esportazione di un prodotto alla presentazione di un'autorizzazione di esportazione da concedere secondo le modalità e nei limiti che essa definisce secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 3, paragrafo 2, o, in casi di urgenza, conformemente all'articolo 3, paragrafo 3. 2. Le misure adottate sono comunicate al Parlamento europeo, al Consiglio e agli Stati membri; esse sono di immediata applicazione. 3. Le misure possono essere limitate a talune destinazioni e alle esportazioni di talune regioni dell'Unione. Esse non riguardano i prodotti già avviati verso la frontiera dell'Unione. 4. Qualora l'intervento della Commissione sia stato richiesto da uno Stato membro, la Commissione si pronuncia ai sensi del paragrafo 1 entro un termine massimo di cinque giorni lavorativi a decorrere dalla data alla quale ha ricevuto la richiesta. 5. In caso di applicazione delle disposizioni del paragrafo 1 del presente articolo, la Commissione, entro dodici giorni lavorativi a decorrere dalla data di entrata in vigore della misura da essa adottata, decide l'eventuale adozione delle misure appropriate a norma dell'articolo 6. La misura si intende revocata se, entro sei settimane dalla data dell'entrata in vigore, non sono state adottate misure. Articolo 6 1. Quando lo esigano gli interessi dell'Unione, la Commissione, che delibera secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 3, paragrafo 2, adotta le misure appropriate: a) per prevenire una situazione critica dovuta a una penuria di prodotti essenziali e per porvi rimedio; b) per permettere l'esecuzione degli impegni internazionali contratti dall'Unione o da tutti i suoi Stati membri, segnatamente in materia di commercio di prodotti di base. 2. Le misure di cui al paragrafo 1 possono essere limitate a determinate destinazioni e alle esportazioni da determinate regioni dell'Unione. Esse non interessano i prodotti avviati verso la frontiera dell'Unione. 3. Quando sono instaurate restrizioni quantitative all'esportazione, si tiene conto in particolare: a) da un lato, del volume dei contratti stipulati a condizioni normali prima dell'entrata in vigore di una misura di salvaguardia a norma del presente capo, e che lo Stato membro interessato ha notificato alla Commissione conformemente alle sue disposizioni interne; e b) dall'altro, del fatto che la realizzazione dello scopo perseguito con l'instaurazione delle restrizioni quantitative non deve essere compromessa. Articolo 7 1. Durante il periodo d'applicazione di qualsiasi misura di cui agli articoli 5 e 6, la Commissione può, su richiesta di uno Stato membro o su propria iniziativa: a) valutare gli effetti della misura; b) verificare se sia necessario mantenere in vigore il provvedimento. Se la Commissione ritiene che l'applicazione della misura sia ancora necessaria ne informa gli Stati membri. 2. Quando la Commissione ritiene necessaria la revoca o la modifica delle misure di cui agli articoli 5 e 6, essa delibera secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 3, paragrafo 2. CAPO IV DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI Articolo 8 Per i prodotti di cui all'allegato I fino all'adozione, da parte del Parlamento europeo e del Consiglio, delle misure idonee derivanti dagli impegni internazionali assunti dall'Unione o da tutti gli Stati membri, fatte salve le regole adottate in materia dall'Unione, questi sono autorizzati ad applicare i meccanismi di crisi relativi a un obbligo di ripartizione nei confronti dei paesi terzi, conformemente agli impegni internazionali da essi assunti anteriormente all'entrata in vigore del presente regolamento. Gli Stati membri informano la Commissione delle misure che intendono adottare. Le misure adottate sono comunicate dalla Commissione al Consiglio e agli altri Stati membri. Articolo 9 La Commissione include informazioni sull'attuazione del presente regolamento nella sua relazione annuale sull'applicazione e sull'attuazione delle misure di difesa commerciale al Parlamento europeo e al Consiglio ai sensi dell'articolo 22 bis del regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio (7). Articolo 10 Fatte salve altre disposizioni dell'Unione, il presente regolamento non osta all'adozione o all'applicazione, da parte degli Stati membri, di restrizioni quantitative all'esportazione giustificate da motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale, o di tutela della proprietà industriale e commerciale. Articolo 11 Il presente regolamento non osta all'applicazione degli atti relativi alle organizzazioni comuni dei mercati agricoli nonché degli atti specifici adottati ai sensi dell'articolo 352 del trattato per le merci risultanti dalla trasformazione di prodotti agricoli. Esso si applica a titolo complementare. Tuttavia, le disposizioni dell'articolo 5 del presente regolamento non sono applicabili ai prodotti soggetti a tali atti per i quali il regime unionale degli scambi con i paesi terzi preveda la possibilità di applicare restrizioni quantitative all'esportazione. L'articolo 4 non è applicabile ai prodotti soggetti a tali atti per i quali il regime unionale degli scambi con i paesi terzi preveda l'esibizione di un certificato o di un altro titolo di esportazione. Articolo 12 Il regolamento (CE) n. 1061/2009 è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell'allegato III. Articolo 13 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, l'11 marzo 2015 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente Z. KALNIŅA-LUKAŠEVICA (1) Parere del 10 dicembre 2014 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Posizione del Parlamento europeo dell'11 febbraio 2015 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 2 marzo 2015. (3) Regolamento (CE) n. 1061/2009 del Consiglio, del 19 ottobre 2009, relativo all'instaurazione di un regime comune applicabile alle esportazioni (GU L 291 del 7.11.2009, pag. 1). (4) Si veda l'allegato II. (5) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13). (6) Regolamento (UE) 2015/478 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2015, relativo al regime comune applicabile alle importazioni (Cfr. pagina 16 della presente Gazzetta ufficiale). (7) Regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343 del 22.12.2009, pag. 51). ALLEGATO I Prodotti di cui all'articolo 8 Codice NC Designazione delle merci 2709 00 Oli greggi di petrolio o di minerali bituminosi 2710 Oli di petrolio o di minerali bituminosi, diversi dagli oli greggi; preparazioni non nominate né comprese altrove, contenenti, in peso, il 70 % o più di oli di petrolio o di minerali bituminosi e delle quali tali oli costituiscono il componente base; oli usati: da 2710 11 11 a 2710 11 90 Oli leggeri da 2710 19 11 a 2710 19 29 Oli medi da 2710 19 31 a 2710 19 99 Oli pesanti, esclusi gli oli di lubrificazione per l'orologeria e simili, presentati in piccoli recipienti contenenti fino a 250 g netti di olio 2711 Gas di petrolio e altri idrocarburi gassosi: – liquefatti: 2711 12 – – Propano: – – – Propano di purezza uguale o superiore al 99 % – – – altro 2711 13 – – Butani: – allo stato gassoso: ex 2711 29 00 – – altri: – – – propano – – – butani ALLEGATO II Regolamento abrogato e relativa modificazione Regolamento (CE) n. 1061/2009 del Consiglio (GU L 291 del 7.11.2009, pag. 1). Regolamento (UE) n. 37/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 18 del 21.1.2014, pag. 1). limitatamente al punto 21 dell'allegato ALLEGATO III Tavola di concordanza Regolamento (CE) n. 1061/2009 Il presente regolamento Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2 Articolo 2 Articolo 4 Articolo 3 Articolo 5 Articolo 4 Articolo 6 Articolo 5 Articolo 7 Articolo 6 Articolo 8 Articolo 7 Articolo 9 Articolo 8 Articolo 9 bis Articolo 9 Articolo 10 Articolo 10 Articolo 11 Articolo 11 Articolo 12 Articolo 12 Articolo 13 Articolo 13 Allegato I Allegato I Allegato II Allegato II Allegato III Allegato III
Un regime europeo comune applicabile alle esportazioni QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Sancisce il principio fondamentale secondo cui l’esportazione di prodotti dai paesi dell’Unione europea verso altri paesi non è soggetta a restrizioni quantitative. Stabilisce anche le regole relative a una procedura per l’adozione di misure di salvaguardia. PUNTI CHIAVE Il regolamento si applica a tutti i prodotti, sia industriali sia agricoli. Misure di salvaguardiaAl fine di prevenire una situazione critica dovuta a una penuria di prodotti essenziali, la Commissione europea può subordinare l’esportazione di un prodotto alla presentazione di un’autorizzazione di esportazione. Queste misure possono essere limitate a talune destinazioni e alle esportazioni di talune regioni dell’UE. Tuttavia, non riguardano i prodotti già avviati verso la frontiera dell’Unione. Ad esempio, come nel contesto dell’epidemia di Covid-19, il regolamento di esecuzione (UE) 2020/402, per un periodo di tempo limitato, ha richiesto che alcuni dispositivi di protezione individuale, originari o meno dell’Unione, fossero autorizzati dalle autorità competenti dei paesi dell’UE per l’esportazione al di fuori dell’Unione, ad eccezione dei paesi dell’Associazione europea di libero scambio, dei territori dipendenti dalle catene di approvvigionamento dell’Unione (ad esempio Andorra) e di alcuni territori d’oltremare. Il provvedimento cercava di garantire la disponibilità di dispositivi di protezione individuale nei paesi dell’UE per prevenire la diffusione della Covid-19. L’atto di esecuzione ha stabilito la procedura per richiedere l’autorizzazione e il suo allegato I elenca i prodotti che necessitano di autorizzazione (occhiali e visiere protettive, guanti, indumenti protettivi, dispositivi di protezione del naso e della bocca e schermi facciali). La Commissione deve adottare qualsiasi misura di salvaguardia resa necessaria dagli interessi dell’Unione nel rispetto degli obblighi internazionali esistenti (per esempio, derivante dall’appartenenza dell’UE all’Organizzazione mondiale del commercio).Informazioni e consultazioneSe un paese dell’UE ritiene possano essere necessarie misure di salvaguardia a seguito di un’eccezionale evoluzione del mercato, deve darne comunicazione alla Commissione, la quale provvede a informare gli altri paesi dell’UE. La Commissione può chiedere ai paesi dell’UE di fornirle dati statistici sull’evoluzione del mercato di un determinato prodotto, al fine di determinarne la situazione economica e commerciale.Attuazione Il Comitato per le misure di salvaguardia, composto da rappresentanti dei paesi dell’UE e istituito dal regolamento (UE) 2015/478 relativo al regime comune applicabile alle importazioni, assiste la Commissione nell’attuazione del regolamento. DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? È in vigore dal 16 aprile 2015. Abroga il regolamento (CE) n. 1061/2009 con effetto immediato. CONTESTO Il regolamento codifica il regolamento (CE) n. 1061/2009 del Consiglio, che era stato modificato in maniera sostanziale diverse volte. Fa parte della politica commerciale comune dell’Unione, che si basa su principi uniformi per tutti i paesi dell’UE. Per ulteriori informazioni consultare:Esportazioni dall’UE (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) 2015/479 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2015, sul regime comune applicabile alle esportazioni (codificazione) (GU L 83 del 27.3.2015, pag. 34). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento di esecuzione (UE) 2020/402 della Commissione, del 14 marzo 2020, che subordina l’esportazione di taluni prodotti alla presentazione di un’autorizzazione di esportazione (GU L 77I del 15.3.2020, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (UE) 2020/402 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha solo valore documentale. Regolamento (UE) 2015/478 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2015, sul regime comune applicabile alle importazioni (GU L 83 del 27.3.2015, pag. 16).
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Direttiva 95/50/CE del Consiglio, del 6 ottobre 1995, sull'adozione di procedure uniformi in materia di controllo dei trasporti su strada di merci pericolose Gazzetta ufficiale n. L 249 del 17/10/1995 pag. 0035 - 0040 DIRETTIVA 95/50/CE DEL CONSIGLIO del 6 ottobre 1995 sull'adozione di procedure uniformi in materia di controllo dei trasporti su strada di merci pericoloseIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 75, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Comitato economico e sociale (2), deliberando in conformità alla procedura di cui all'articolo 189 C del trattato (3), considerando che la Comunità ha adottato una serie di misure destinate ad istituire un mercato interno che comporta la creazione di uno spazio senza frontiere e che garantisce la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali, secondo le disposizioni del trattato; considerando che i controlli sui trasporti su strada di merci pericolose si svolgono secondo le disposizioni del regolamento (CEE) n. 4060/89 del Consiglio, del 21 dicembre 1989, relativo all'eliminazione di controlli effettuati alle frontiere degli Stati membri nel settore dei trasporti su strada e per vie navigabili (4), e del regolamento (CEE) n. 3912/92 del Consiglio, del 17 dicembre 1992, relativo ai controlli effettuati all'interno della Comunità nel settore dei trasporti su strada e per vie navigabili per quanto riguarda i mezzi di trasporto immatricolati o ammessi a circolare in un paese terzo (5); considerando che il 21 novembre 1994 il Consiglio ha adottato la direttiva 94/55/CE, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose su strada (6), e che occorre, pertanto, armonizzare procedure di controllo relative a tali trasporti nonché le definizioni rispettive per rendere più efficace la verifica dell'osservanza delle norme di sicurezza stabilite dalla direttiva; considerando che gli Stati membri dovrebbero assicurare un sufficiente livello di controlli eseguiti su tutto il loro territorio pur evitando, nella misura del possibile, di moltiplicare oltremisura i controlli sui veicoli che ne sono oggetto; considerando che, alla luce del principio della sussidiarietà, appare necessaria un'azione della Comunità per migliorare il livello di sicurezza del trasporto di merci pericolose; considerando che è opportuno effettuare i controlli utilizzando una lista di elementi comuni, applicabile a questi trasporti in tutta la Comunità; considerando, inoltre, che occore stabilire una lista di infrazioni che siano ritenute da tutti gli Stati membri sufficientemente gravi da comportare, a carico dei veicoli che le avranno commesse, l'applicazione di misure adeguate alle circostanze o agli imperativi della sicurezza, compreso, se del caso, il rifiuto di far entrare tali veicoli nella Comunità; considerando che, per migliorare l'osservanza delle norme di sicurezza del trasporto su strada di merci pericolose, occorre prevedere controlli nelle imprese a titolo preventivo ovvero qualora siano state constatate, su strada, infrazioni gravi alla legislazione sul trasporto di merci pericolose; considerando che i controlli in questione devono estendersi a tutti i trasporti su strada di merci pericolose effettuati in tutto o in parte sul territorio degli Stati membri, indipendentemente dal luogo di provenienza o di destinazione della merce o dal paese di immatricolazione del veicolo; considerando che, in caso di infrazioni gravi o ripetute, può essere richiesto alle autorità competenti dello Stato membro di immatricolazione del mezzo o di stabilimento dell'impresa che siano adottate delle misure adeguate o che lo Stato membro richiedente sia informato sull'esito dato alla richiesta; considerando che è opportuno sorvegliare l'applicazione della presente direttiva sulla base di una relazione che sarà presentata dalla Commissione, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 1. La presente direttiva si applica ai controlli che gli Stati membri esercitano sui trasporti su strada di merci pericolose effettuati per mezzo di veicoli che circolano nel loro territorio o che vi entrano in provenienza da un paese terzo. Essa non si applica ai trasporti di merci pericolose effettuati da veicoli che appartengono alle forze armate o che si trovano sotto la responsabilità di queste ultime. 2. Tuttavia, le disposizioni della presente direttiva, non pregiudicano minimamente il diritto degli Stati membri di controllare, nel rispetto del diritto comunitario, i trasporti nazionali e internazionali di merci pericolose effettuati nel loro territorio da veicoli non contemplati nella presente direttiva. Articolo 2 Ai fini della presente direttiva si intendono per: - « veicolo »: qualsiasi veicolo a motore, completo o incompleto, destinato a circolare su strada, provvisto di almeno quattro ruote e avente una velocità massima per costruzione superiore a 25 km/h, nonché rimorchi, eccettuati i veicoli che si muovono su rotaie, i trattori agricoli e forestali e qualsiasi macchina mobile; - « merci pericolose »: le merci pericolose definite tali dalla direttiva 94/55/CE; - « trasporto »: qualsiasi operazione di trasporto su strada effettuata interamente o parzialmente da un veicolo, sulle pubbliche vie situate nel territorio di uno Stato membro, comprese le attività di carico e di scarico contemplate dalla direttiva 94/55/CE fatta salva la disciplina prevista dalle legislazioni degli Stati membri in merito alla responsabilità derivante da tali operazioni; - « imprese »: qualsiasi persona fisica o giuridica con o senza scopo di lucro, qualsiasi associazione o gruppo di persone senza personalità giuridica, con o senza scopo di lucro, nonché qualsiasi organismo di rilevanza pubblica, avente personalità giuridica propria, sia che ovvero dipendente da un'autorità avante tale personalità, che trasportano, caricano, scaricano o fanno trasportare merci pericolose, nonché quelle che immagazzinano temporaneamente, raccolgono, condizionano o ricevono tali merci nel corso di un'operazione di trasporto e che sono situate sul territorio della Comunità; - « controllo »: qualsiasi controllo, ispezione, verifica o formalità espletato dalle autorità competenti per ragioni di sicurezza inerenti al trasporto di merci pericolose. Articolo 3 1. Gli Stati membri si accertano che una proporzione rappresentativa dei trasporti su strada di merci pericolose sia sottoposta ai controlli previsti dalla presente direttiva per verificare la conformità dei medesimi alla legislazione in materia di trasporto su strada di merci pericolose. 2. Detti controlli sono effettuati nel territorio di uno Stato membro in conformità all'articolo 3 del regolamento (CEE) n. 4060/89 e all'articolo 1 del regolamento (CEE) n. 3912/92. Articolo 4 1. Per effettuare i controlli previsti nella presente direttiva gli Stati membri utilizzano la lista di controllo di cui all'allegato I. Un esemplare di tale lista o un documento che attesta l'esecuzione del controllo, compilato dall'autorità che ha eseguito il controllo, dev'essere consegnato al conducente del veicolo ed essere esibito a richiesta per semplificare o per evitare, nella misura del possibile, ulteriori controlli. Il presente paragrafo lascia impregiudicato il diritto degli Stati membri di effettuare appositi interventi specifici di controllo. 2. I controlli sono effettuati a campione e coprono nella misura del possibile un'ampia parte della rete stradale. 3. I luoghi scelti per questi controlli devono consentire di mettere in regola i veicoli per i quali si accerta un'infrazione o, qualora l'autorità che esegue il controllo lo reputi opportuno, di immobilizzarli sul luogo o in un luogo appositamente scelto da detta autorità senza mettere in pericolo la sicurezza. 4. Ove necessario, e a condizione che ciò non costituisca un pericolo per la sicurezza, possono essere prelevati campioni dei prodotti trasportati per farli esaminare da laboratori riconosciuti dall'autorità competente. 5. I controlli non devono superare una durata ragionevole. Articolo 5 Fatte salve altre eventuali sanzioni che potrebbero essere applicate, qualora una o più infrazioni elencate segnatamente all'allegato II, siano state constatate nel corso di trasporto su strada di merci pericolose elencate segnatamente all'allegato II, i veicoli in questione possono essere immobilizzati - sul posto o in luogo appositament scelto a tale scopo dalle autorità competenti per il controllo - e obbligati a mettersi in regola prima di proseguire il viaggio, oppure possono costituire oggetto di altre misure adeguate alle circostanze o agli imperativi della sicurezza, compreso, se del caso, il rifiuto di far entrare tali veicoli nella Comunità. Articolo 6 1. Si possono eseguire controlli anche nei locali delle imprese, a scopo preventivo a quando siano state constatate su strada infrazioni che compromettano la sicurezza del trasporto di merci pericolose. 2. Tali controlli devono mirare a garantire che le condizioni di sicurezza in cui si effettuano i trasporti su strada di merci pericolose siano conformi alla legislazione applicabile in materia. Qualora siano state constatate una o più infrazioni tra quelle che figurano segnatamente all'allegato II in materia di trasporti su strada di merci pericolose, i trasporti in questione devono essere messi in regola prima di lasciare l'impresa; in caso contrario saranno oggetto di altre misure adeguate. Articolo 7 1. Gli Stati membri si promettono reciproca assistenza per la proficua applicazione della presente direttiva. 2. Le infrazioni gravi o ripetute che compromettono la sicurezza del trasporto di merci pericolose, commesse da un veicolo o da un'impresa non residente, devono essere segnalate alle autorità competenti dello Stato membro in cui il veicolo è stato immatricolato o in cui è stabilita l'impresa. Le autorità competenti dello Stato membro in cui è stata constatata un'infrazione grave o ripetuta possono chiedere alle autorità competenti dello Stato membro in cui il veicolo è stato immatricolato o in cui è stabilita l'impresa che siano adottate delle misure adeguate a carico del contravventore o dei contravventori. Queste ultime comunicano alle autorità competenti dello Stato membro in cui sono state constatate le infrazioni le misure eventualmente adottate nei confronti del vettore o dell'impresa. Articolo 8 Se, in occasione del controllo su strada di un veicolo immatricolato in un altro Stato membro, le constatazioni effettuate fanno presumere che siano state commesse infrazioni gravi o ripetute non rilevabili durante il controllo per mancanza degli elementi necessari, le autorità competenti degli Stati membri interessati si promettono reciproca assistenza per chiarire la situazione. Nel caso in cui lo Stato membro competente proceda, a tal fine, ad un controllo nell'impresa, i risultati di tale controllo saranno resi noti all'altro Stato membro interessato. Articolo 9 1. Per ogni anno solare, e entro dodici mesi dal termine di quest'ultimo, ogni Stato membro trasmette alla Commissione, conformemente al modello di cui all'allegato III, una relazione sull'applicazione della presente direttiva comprendente le seguenti indicazioni: - se possibile il volume censito o stimato di trasporti di merci pericolose su strada (in tonnellate trasportate o in tonnellate/chilometro), - il numero di controlli effettuati, - il numero di veicoli controllati, secondo l'immatricolazione (veicoli immatricolati nel territorio nazionale, di altri Stati membri o di paesi terzi), - il numero di infrazioni constatate e il tipo di infrazione, - il numero e il tipo di sanzioni comminate. 2. Per la prima volta nel 1999 e successivamente almeno ogni tre anni, la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione della presente direttiva da parte degli Stati membri, in conformità alle informazioni di cui al paragrafo 1. Articolo 10 1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1° gennaio 1997 e ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 11 La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee. Articolo 12 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Lussemburgo, addì 6 ottobre 1995. Per il Consiglio Il Presidente J. BORRELL FONTELLES ALLEGATO I >INIZIO DI UN GRAFICO>LISTA DI CONTROLLO 1. Luogo di controllo 2. Data 3. Ora 4. Distintivo di nazionalità e n. di immatricolazione 5. Distintivo di nazionalità e n. di immatricolazione del rimorchio/semirimorchio 6. Tipo di veicolo autocarro autocarro con rimorchio autoarticolato a pianale 7. Impresa che effettua il trasporto, indirizzo 8. Nazionalità 9. Conducente 10. Trasportatore 11. Mittente, indirizzo, luogo di carico (1) 12. Destinatario, indirizzo, luogo di scarico (1) 13. Massa lorda per unità di trasporto 14. Limite quantità marginale della voce 10 011 superato sì no 15. Effettuato mediante: cisterna fissa cisterna amovibile container-cisterna batteria di recipienti alla rinfusa container colli Documento/i di bordo 16. Documento/i di trasporto/d'accompagnamento controllato constatata infrazione non ricorre 17. Disposizioni scritte controllato constatata infrazione non ricorre 18. Accordo bilaterale/multilaterale/autorizzazione nazionale controllato constatata infrazione non ricorre 19. Certificato di omologazione dei veicoli controllato constatata infrazione non ricorre 20. Certificato di formazione del conducente controllato constatata infrazione non ricorre Circolazione del veicolo 21. Merce autorizzata per il trasporto controllato constatata infrazione non ricorre 22. Trasporto alla rinfusa controllato constatata infrazione non ricorre 23. Trasporto in cisterna controllato constatata infrazione non ricorre 24. Trasporto in container controllato constatata infrazione non ricorre 25. Merce autorizzata per tipo di veicolo controllato constatata infrazione non ricorre 26. Divieto di carico misto controllato constatata infrazione non ricorre 27. Manipolazione e sistemazione (2) controllato constatata infrazione non ricorre 28. Fuga di materie o danneggiamento dei colli (2) controllato constatata infrazione non ricorre 29. Numero ONU/Etichettatura dei colli/codice di imballaggio ONU (1) (2) controllato constatata infrazione non ricorre 30. Segnaletica del veicolo e/o del container controllato constatata infrazione non ricorre 31. Etichetta/e di pericolo trasporto cisterna o alla rinfusa controllato constatata infrazione non ricorre Equipaggiamento del veicolo 32. Cassa di attrezzi per le riparazioni di emergenza controllato constatata infrazione non ricorre 33. Almeno un cuneo per veicolo controllato constatata infrazione non ricorre 34. Due fari di color arancione controllato constatata infrazione non ricorre 35. Estintore(i) controllato constatata infrazione non ricorre 36. Equipaggiamento di protezione del conducente controllato constatata infrazione non ricorre 37. Varie/osservazioni 38. Autorità che ha effettuato il controllo >FINE DI UN GRAFICO> ALLEGATO II INFRAZIONI Ai sensi della presente direttiva sono considerati come infrazione, in particolare, i seguenti casi: 1) merce non autorizzata al trasporto; 2) mancanza della dichiarazione del mittente sulla conformità della materia e dell'imballaggio per il trasporto; 3) veicoli che presentano, al controllo, fughe di materie pericolose dovute alla mancanza di tenuta stagna delle cisterne o degli imballaggi; 4) veicoli sprovvisti del certificato di omologazione o provvisti di certificato non regolamentare; 5) veicoli sprovvisti di pannelli arancione adeguati o dotati di pannelli arancione non regolamentari; 6) veicoli senza disposizioni di sicurezza o con disposizioni di sicurezza inadeguate; 7) veicolo o imballaggio inadeguato; 8) conducente senza certificato regolamentare di formazione professionale per il trasporto su strada di merci pericolose; 9) veicoli sprovvisti di estintori; 10) veicoli o colli sprovvisti di etichette regolamentari indicanti il pericolo; 11) veicoli sprovvisti di documenti di trasporto/accompagnamento o diciture relative alle merci pericolose trasportate non regolamentari; 12) veicoli sprovvisti di accordo bilaterale/multilaterale o accordo non regolamentare; 13) eccessivo riempimento della cisterna. ALLEGATO III MODELLO DI FORMULARIO NORMALIZZATO PER LA STESURA DELLA RELAZIONE DESTINATA ALLA COMMISSIONE E RELATIVA ALLE INFRAZIONI E SANZIONI >INIZIO DI UN GRAFICO>Stato: Anno: .................... Controlli effettuati su strada Veicoli immatricolati nel territorio (1) nazionale di altri Stati membri dell'UE di paesi terzi numero totale Numero dei veicoli controllati Numero di infrazioni constatate per tipo di infrazione Numero e tipo di sanzioni comminate (1) Ai fini del presente allegato il paese di immatricolazione è quello della motrice. >FINE DI UN GRAFICO>
Controllo dei trasporti su strada di merci pericolose QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Introduce un sistema uniforme a livello UE di controlli a campione dei veicoli che trasportano merci pericolose su strada per garantire elevati livelli di sicurezza. PUNTI CHIAVE La presente direttiva si applica ai controlli che i paesi dell’UE esercitano sui trasporti su strada di merci pericolose effettuati su veicoli che circolano nel loro territorio o che vi entrano in provenienza da un paese extra UE. Essa non si applica ai trasporti di merci pericolose effettuati da veicoli che si trovano sotto la responsabilità delle forze armate. Tali controlli vengono effettuati nel territorio di un paese dell’UE, purché essi non siano eseguiti come controlli di frontiera alle frontiere interne dell’UE, ma come parte di normali controlli non discriminatori. La direttiva ha tre allegati:Allegato I — la lista di controllo che deve essere compilata durante un’ispezione;Allegato II — un elenco e una categorizzazione delle infrazioni (ad esempio, la categoria I comprende il trasporto di merci non autorizzate al trasporto, la mancanza di una dichiarazione del mittente sulla conformità della materia e dell’imballaggio per il trasporto alla legislazione sui trasporti, veicolo o imballaggio inadeguato ecc.);Allegato III — modello di formulario normalizzato per la stesura della relazione che il paese dell’UE deve inviare alla Commissione europea in merito alle infrazioni e alle sanzioni registrate a livello nazionale. I controlli devono:comprendere almeno gli elementi che figurano nella lista di controllo dell’allegato I;essere effettuati in luoghi diversi, in qualsiasi momento della giornata; ecoprire una una parte sufficientemente estesa della rete stradale in modo da rendere difficilmente evitabili i posti di controllo. Le autorità dei paesi dell’UE possono bloccare le spedizioni non conformi. Possono obbligare il vettore a metterle in regola prima di proseguire il viaggio oppure possono assoggettarle ad altre misure adeguate alle circostanze o agli imperativi della sicurezza. Ciò può includere, se del caso, il rifiuto di far entrare tali veicoli nell’UE. Si possono eseguire controlli anche nei locali delle imprese. I paesi dell’UE si promettono reciproca assistenza per la proficua applicazione della presente direttiva (segnalazione di infrazioni al paese in cui è immatricolato il veicolo, scambio di informazioni, ecc.). Per ogni anno solare, ogni paese dell’UE deve trasmettere alla Commissione una relazione sull’applicazione della direttiva, comprendente le indicazioni elencate nella direttiva, come ad esempio:il volume stimato di trasporti di merci pericolose su strada (in tonnellate trasportate o in tonnellate/chilometro);il numero di controlli effettuati e il numero di veicoli controllati, secondo l’immatricolazione (veicoli immatricolati nel territorio nazionale, di altri paesi dell’UE o di paesi extra–UE);il numero e il tipo di infrazioni constatate;il tipo e il numero di sanzioni comminate. Ogni tre anni, la Commissione deve trasmettere al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione della presente direttiva da parte dei paesi dell’UE. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore dal 17 ottobre 1995 e doveva diventare legge nei paesi dell’UE entro il 1° gennaio 1997. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Merci pericolose (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 95/50/EC del Consiglio, del 6 ottobre 1995, sull’adozione di procedure uniformi in materia di controllo dei trasporti su strada di merci pericolose (GU L 249 del 17.10.1995, pag. 35). Le modifiche successive alla direttiva 95/50/CE sono state incorporate nel testo originario. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, sull’applicazione da parte dei paesi dell’UE della direttiva 95/50/CE del Consiglio sull’adozione di procedure uniformi in materia di controllo dei trasporti su strada di merci pericolose [COM(2017) 112 def. del 6.3.2017]. Direttiva 2008/68/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 settembre 2008, relativa al trasporto interno di merci pericolose (GU L 260 del 30.9.2008, pag. 13). Si veda la versione consolidata.
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Regolamento (CEE) n. 2821/71 del Consiglio, del 20 dicembre 1971, relativo all'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi, di decisioni e di pratiche concordate Gazzetta ufficiale n. L 285 del 29/12/1971 pag. 0046 - 0048 edizione speciale finlandese: capitolo 8 tomo 1 pag. 0043 edizione speciale danese: serie I capitolo 1971(III) pag. 0896 edizione speciale svedese/ capitolo 8 tomo 1 pag. 0043 edizione speciale inglese: serie I capitolo 1971(III) pag. 1032 edizione speciale greca: capitolo 08 tomo 1 pag. 0088 edizione speciale spagnola: capitolo 08 tomo 2 pag. 0014 edizione speciale portoghese: capitolo 08 tomo 2 pag. 0014 REGOLAMENTO (CEE) N. 2821/71 DEL CONSIGLIO del 20 dicembre 1971 relativo all'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi, di decisioni e di pratiche concordate IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 87, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo, visto il parere del Comitato economico e sociale, considerando che la dichiarazione di inapplicabilità delle disposizioni dell'articolo 85, paragrafo 1, del trattato può, conformemente alle disposizioni del paragrafo 3 dello stesso articolo, riguardare categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate che soddisfino alle condizioni richieste da tali disposizioni; considerando che le modalità di applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3, devono essere stabilite con regolamento basato sull'articolo 87; considerando che la creazione di un mercato comune esige l'adattamento delle imprese alle condizioni di tale mercato ampliato e che la cooperazione delle imprese può costituire un mezzo adeguato per conseguire tale scopo; considerando che gli accordi, le decisioni e le pratiche concordate in materia di cooperazione tra imprese, che permettono a queste di lavorare più razionalmente e di adattare la loro produttività e la loro competitività al mercato ampliato, possono, se rientrano nel divieto dell'articolo 85, paragrafo 1, esserne esentati a certe condizioni ; che la necessità di tale misura si impone particolarmente per gli accordi, le decisioni e le pratiche concordate che riguardano l'applicazione di norme e di tipi, la ricerca e lo sviluppo di prodotti o di procedimenti fino allo stadio dell'applicazione industriale e l'utilizzazione dei relativi risultati, nonché la specializzazione; considerando che è opportuno porre la Commissione in grado di dichiarare mediante regolamento inapplicabili le disposizioni dell'articolo 85, paragrafo 1, a talune categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate, per facilitare alle imprese una cooperazione economicamente auspicabile e senza inconvenienti sotto l'aspetto della politica della concorrenza; considerando che occorre precisare le condizioni in cui la Commissione potrà esercitare tale potere, in collegamento stretto e costante con le autorità competenti degli Stati membri; considerando che, in virtù dell'articolo 6 del regolamento n. 17 (1), la Commissione può disporre che una decisione adottata ai sensi dell'articolo 85, paragrafo 3, del trattato si applichi con effetto retroattivo ; che conviene che la Commissione possa adottare tale decisione anche in un regolamento; considerando che in virtù dell'articolo 7 del regolamento n. 17 possono essere sottratti al divieto, mediante decisione della Commissione, gli accordi, le decisioni e le pratiche concordate, specie se essi sono modificati in modo da soddisfare alle condizioni di applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3 ; che è opportuno che la Commissione possa accordare lo stesso beneficio, mediante regolamento, a tali accordi, decisioni e pratiche concordate qualora siano modificati in modo da rientrare in una categoria definita mediante regolamento di esecuzione; considerando che non è escluso che in un caso specifico le condizioni enumerate all'articolo 85 paragrafo 3, non siano riunite ; che la Commissione deve avere la facoltà di regolare tale caso in applicazione del regolamento n. 17 con decisione avente effetto futuro, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. Fatta salva l'applicazione del regolamento n. 17, la Commissione può dichiarare, mediante regolamento ed in conformità all'articolo 85, paragrafo 3, del trattato, che l'articolo 85, paragrafo 1, non è applicabile a categorie di accordi tra imprese, di decisioni di associazioni di imprese e di pratiche concordate che hanno come oggetto: a) l'applicazione di norme e di tipi; b) la ricerca e lo sviluppo di prodotti o di processi fino allo stadio dell'applicazione industriale, nonché l'utilizzazione dei relativi risultati, (1)GU n. 13 del 21.2.1962, pag. 204/62. comprese le disposizioni relative ai diritti di proprietà industriale e alle cognizioni tecniche segrete; c) la specializzazione, ivi compresi gli accordi necessari per la sua realizzazione. 2. Il regolamento deve comprendere una definizione delle categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate ai quali si applica e precisare in particolare: a) le restrizioni o le clausole che possono o che non possono figurare negli accordi, decisioni e pratiche concordate; b) le clausole che devono figurare negli accordi, decisioni e pratiche concordate o le altre condizioni che devono essere soddisfatte. Articolo 2 1. Un regolamento emanato in virtù dell'articolo 1 è adottato per una durata limitata. 2. Può essere abrogato o modificato, quando le circostanze si sono modificate relativamente ad un elemento che è stato essenziale per la sua adozione ; in tal caso, è previsto un periodo di adattamento per gli accordi, decisioni e pratiche concordate contemplati dal regolamento anteriore. Articolo 3 Un regolamento adottato in virtù dell'articolo 1 può applicarsi con effetto retroattivo agli accordi, decisioni e pratiche concordate che, al momento dell'entrata in vigore del regolamento, avrebbero potuto beneficiare di una decisione con effetto retroattivo in applicazione dell'articolo 6 del regolamento n. 17. Articolo 4 1. Un regolamento adottato in virtù dell'articolo 1 può disporre che il divieto di cui all'articolo 85, paragrafo 1 del trattato non si applica, per il periodo in esso stabilito, agli accordi, decisioni e pratiche concordate esistenti alla data del 13 marzo 1962 e che non soddisfano alle condizioni dell'articolo 85, paragrafo 3: - se sono modificati entro sei mesi dall'entrata in vigore del regolamento in modo da soddisfare a dette condizioni secondo le disposizioni del regolamento stesso e - se le modifiche sono portate a conoscenza della Commissione nel termine fissato dal regolamento. 2. Il paragrafo 1 è applicabile agli accordi, decisioni e pratiche concordate che dovevano essere notificati anteriormente al 1º febbraio 1963, conformemente all'articolo 5 del regolamento n. 17, solo se la notificazione è stata effettuata prima di tale data. 3. Il beneficio delle disposizioni adottate a norma del paragrafo 1 non può essere invocato nelle vertenze pendenti alla data dell'entrata in vigore di un regolamento adottato in virtù dell'articolo 1, né può essere invocato per motivare una domanda di risarcimento di danni nei confronti di terzi. Articolo 5 Quando la Commissione intende adottare un regolamento, ne pubblica il progetto, per consentire a tutte le persone ed organizzazioni interessate di comunicarle le loro osservazioni entro il termine da essa fissato, che non può essere inferiore ad un mese. Articolo 6 1. La Commissione consulta il Comitato consultivo in materia d'intese e di posizioni dominanti: a) prima di pubblicare un progetto di regolamento, b) prima di adottare un regolamento. 2. I paragrafi 5 e 6 dell'articolo 10 del regolamento n. 17, relativi alla consultazione del Comitato consultivo, sono applicabili, in quanto compatibili, restando inteso che le riunioni comuni con la Commissione avranno luogo al più presto un mese dopo l'invio della convocazione. Articolo 7 Se la Commissione costata d'ufficio o su richiesta di uno Stato membro o di persone fisiche o giuridiche che fanno valere un interesse che, in un caso determinato, accordi, decisioni o pratiche concordate previsti in un regolamento adottato in virtù dell'articolo 1 hanno tuttavia taluni effetti incompatibili con le condizioni previste dall'articolo 85, paragrafo 3, del trattato, essa può, revocando il beneficio dell'applicazione di tale regolamento, prendere una decisione in conformità degli articoli 6 e 8 del regolamento n. 17 senza che sia richiesta la notificazione di cui all'articolo 4, paragrafo 1 del regolamento n. 17. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 1971. Per il Consiglio Il Presidente M. PEDINI
Concorrenza: esenzione di taluni accordi fra società concorrenti SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? La Commissione europea può concedere delle esenzioni a titolo individuale a determinati accordi, decisioni e pratiche concordate che soddisfano le condizioni d'applicazione dell'articolo 81, paragrafo 3 del trattato che istituisce la Comunità europea (trattato CE) (attuale articolo 101, par. 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE)). Può altresì concedere, mediante regolamento, delle esenzioni per categoria. Il presente regolamento abilita la Commissione a concedere l'esenzione a taluni accordi, decisioni e pratiche concordate mediante un'esenzione per categoria. Campo d'applicazione Il presente regolamento abilita la Commissione ad applicare, mediante regolamento, l'articolo 101, paragrafo 3, del TFUE, a taluni accordi, decisioni e pratiche concordate che hanno per oggetto: la ricerca e lo sviluppo di prodotti o di processi, nonché l'utilizzazione dei relativi risultati, comprese le disposizioni relative ai diritti di proprietà industriale e alle cognizioni tecniche segrete; la specializzazione, ivi compresi gli accordi necessari per la sua realizzazione. Condizioni dei regolamenti d'esenzione I regolamenti di esenzione adottati dalla Commissione devono rispettare una serie di condizioni. Devono: contenere una definizione delle categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate ai quali si applicano e precisare le restrizioni, le clausole e le altre condizioni che vi possono figurare; essere applicabili per una durata limitata. Possono però essere abrogati o modificati; applicarsi con effetto retroattivo agli accordi che, al momento della loro entrata in vigore, avrebbero potuto beneficiare di una decisione con effetto retroattivo in applicazione dell'articolo 6 del regolamento n. 17 (CEE), che è stato sostituito dal regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio. Tuttavia non si applicano agli accordi esistenti alla data del 13 marzo 1962 né a quelli che avrebbero dovuto essere notificati entro il 1o febbraio 1963. I regolamenti così definiti devono rispettare la seguente procedura di approvazione : la proposta di regolamento deve essere pubblicata, per consentire a tutte le persone ed organizzazioni interessate di comunicare alla Commissione le loro osservazioni; la Commissione consulta il comitato consultivo in materia di intese e di posizioni dominanti prima di pubblicare un progetto di regolamento o di adottare un regolamento; se la Commissione constata d'ufficio o su richiesta di un paese dell’Unione europea (UE) o di persone fisiche o giuridiche che, in un caso determinato, accordi, decisioni o pratiche concordate previsti in un regolamento così definito hanno tuttavia taluni effetti incompatibili con le condizioni previste dall'articolo 101, paragrafo 3, essa può prendere una decisione revocando il beneficio dell'applicazione di tale regolamento. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento è entrato in vigore il 18 gennaio 1972. Nel caso dei paesi candidati all'adesione, il presente regolamento entra in vigore alla data dell'adesione del paese all’UE. ATTO Regolamento (CEE) n. 2821/71 del Consiglio, del 20 dicembre 1971, relativo all'applicazione dell'articolo 85, par. 3 del trattato a categorie di accordi, di decisioni e di pratiche consolidate (GU L 285 del 29.12.1971, pag. 46–48). Le successive modifiche al regolamento (CEE) n. 2821/71 sono state integrate al testo originario. La presente versione consolidata ha solo un scopo documentale. ATTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1–25). Si veda la versione consolidata.
4,012
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REGOLAMENTO (UE) N. 1003/2010 DELLA COMMISSIONE dell'8 novembre 2010 relativo ai requisiti di omologazione dell'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori dei veicoli a motore e dei loro rimorchi e che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell'omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (Testo rilevante ai fini del SEE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, visto il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, sui requisiti dell'omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (1), in particolare l'articolo 14, paragrafo 1, lettera a), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 661/2009 è un regolamento distinto ai fini della procedura di omologazione di cui alla direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli («direttiva quadro») (2). (2) Il regolamento (CE) n. 661/2009 abroga la direttiva 70/222/CEE del Consiglio, del 20 marzo 1970, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'alloggiamento ed al montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (3). I requisiti stabiliti in tale direttiva vanno riportati nel presente regolamento e, se necessario, modificati per adeguarli all'evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche. (3) Il regolamento (CE) n. 661/2009 stabilisce le disposizioni fondamentali relative all'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori. Occorre quindi stabilire anche le procedure, le prove e i requisiti specifici necessari per l'omologazione. (4) Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato tecnico per i veicoli a motore, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni: (1) «tipo di veicolo per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori»: i veicoli che non differiscono sostanzialmente fra loro per quanto riguarda, in particolare, i punti seguenti: le dimensioni dell'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori; la posizione dell'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori; la forma della superficie destinata all'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori; (2) «superficie piana»: una superficie di materiale solido, che può consistere anche di una rete o griglia, con un raggio di curvatura di almeno 5 000 mm; (3) «superficie di rete strutturata»: una superficie che consiste in una ripartizione uniforme di buchi (ad esempio di forma rotonda, ovale, a diamante, rettangolare o quadrata) ad intervalli non superiori a 15 mm; (4) «superficie grigliata»: una superficie di barre parallele ripartite uniformemente ad una distanza massima di 15 mm; (5) «superficie nominale»: la superficie teorica geometricamente perfetta che non tiene conto di irregolarità superficiali quali sporgenze o cavità; (6) «piano longitudinale mediano del veicolo»: il piano di simmetria del veicolo oppure, se il veicolo non è simmetrico, il piano verticale longitudinale che passa attraverso il centro degli assi del veicolo; (7) «inclinazione»: il grado di deviazione angolare in relazione al piano verticale. Articolo 2 Disposizioni relative all'omologazione CE di un veicolo a motore o di un rimorchio per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori 1. Il costruttore, o il suo rappresentante, presenta all'autorità di omologazione la domanda di omologazione CE di un veicolo per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori sui veicoli a motore e i loro rimorchi. 2. La domanda è redatta secondo il modello della scheda informativa figurante nell'allegato I, parte 1. 3. Se le prescrizioni pertinenti di cui all'allegato II del presente regolamento sono soddisfatte, l'autorità di omologazione rilascia l'omologazione CE e attribuisce un numero di omologazione in base sistema di numerazione di cui all'allegato VII della direttiva 2007/46/CE. Uno Stato membro non può assegnare lo stesso numero a un altro tipo di veicolo. 4. Ai fini del paragrafo 3, l'autorità di omologazione rilascia un certificato di omologazione CE conforme al modello di cui all'allegato I, parte 2. Articolo 3 Validità ed estensione delle omologazioni rilasciate a norma della direttiva 70/222/CEE Le autorità nazionali autorizzano la vendita e la messa in circolazione dei veicoli omologati anteriormente alla data di cui all'articolo 13, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 661/2009 e continuano a concedere l'estensione dell'omologazione di tali veicoli a norma della direttiva 70/222/CEE. Articolo 4 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, l'8 novembre 2010. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1. (2) GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1. (3) GU L 76 del 6.4.1970, pag. 25. ALLEGATO I Documenti amministrativi per l'omologazione CE dei veicoli a motore e dei loro rimorchi per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori PARTE 1 Scheda informativa MODELLO Scheda informativa n. … relativa all'omologazione CE di un veicolo a motore o di un rimorchio per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori. Le seguenti informazioni vanno fornite in triplice copia e comprendono un indice. I disegni devono essere forniti in scala adeguata ed essere sufficientemente dettagliati, in formato A4 o in un pieghevole di tale formato. Eventuali fotografie devono contenere sufficienti dettagli. Se i dispositivi, i componenti o le unità tecniche separate di cui alla presente scheda informativa sono controllati elettronicamente, vanno fornite informazioni sul loro funzionamento. 0. GENERALITÀ 0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): … 0.2. Tipo: … 0.2.1. Eventuali denominazioni commerciali: … 0.3. Mezzi d'identificazione del tipo, se indicati sul veicolo (1): … 0.3.1. Posizione della marcatura: … 0.4. Categoria del veicolo (2): … 0.5. Nome e indirizzo del costruttore: … 0.8. Nome e indirizzo dello o degli stabilimenti di montaggio: … 0.9. Nome e indirizzo dell'eventuale rappresentante del costruttore: … 1. CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE GENERALI DEL VEICOLO 1.1. Fotografie e/o disegni di un veicolo rappresentativo: … 2. MASSE E DIMENSIONI (3) (4) 2.4. Campo di dimensioni (fuori tutto) del veicolo 2.4.2. Per i telai carrozzati 2.4.2.3. Altezza (in ordine di marcia) (5) (per sospensioni regolabili in altezza, indicare la posizione normale di marcia): … 2.6. Massa in ordine di marcia Massa del veicolo carrozzato e, in caso di veicolo trattore di categoria diversa dalla categoria M1, con il dispositivo di aggancio, se fornito dal costruttore, in ordine di marcia, oppure massa del telaio o del telaio cabinato, senza carrozzeria e/o dispositivo di aggancio, se il costruttore non li fornisce, (compresi liquidi, attrezzi, ruota di scorta, se fornita, e conducente e, per gli autobus di linea e gran turismo, un accompagnatore, se il veicolo è munito dell'apposito sedile) (6) (massima e minima per ogni variante) … 9 CARROZZERIA 9.14. Alloggiamento per il montaggio della targa d'immatricolazione posteriore (indicare il campo delle dimensioni, servirsi eventualmente di disegni): … 9.14.1. Altezza dal suolo del bordo superiore: … 9.14.2. Altezza dal suolo del bordo inferiore: … 9.14.3. Distanza tra la linea centrale e il piano mediano longitudinale del veicolo: … 9.14.4. Distanza dal bordo sinistro del veicolo: … 9.14.5. Dimensioni (lunghezza x larghezza): … 9.14.6. Inclinazione del piano rispetto alla verticale: … 9.14.7. Angolo di visibilità sul piano orizzontale: … Note esplicative PARTE 2 Certificato di omologazione CE MODELLO Formato: A4 (210 × 297 mm) CERTIFICATO DI OMOLOGAZIONE CE Oggetto: — omologazione CE (7) — estensione dell'omologazione CE (7) — rifiuto dell'omologazione CE (7) — revoca dell'omologazione CE (7) di un tipo di veicolo a motore o di un rimorchio per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori visto il regolamento (UE) n. 1003/2010 [«il presente regolamento»], modificato da ultimo dal regolamento (UE) n. …/… (7) Numero di omologazione CE: … Motivo dell'estensione: … SEZIONE I 0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): … 0.2. Tipo: … 0.2.1. Eventuali denominazioni commerciali: … 0.3. Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sul veicolo (8): … 0.3.1. Posizione della marcatura: … 0.4. Categoria del veicolo (9): … 0.5. Nome e indirizzo del costruttore: … 0.8. Nome e indirizzo dello o degli stabilimenti di montaggio: … 0.9. Nome e indirizzo dell'eventuale rappresentante del costruttore: … SEZIONE II 1. Informazioni supplementari: cfr. Addendum. 2. Servizio tecnico incaricato dell'esecuzione delle prove: … 3. Data del verbale di prova: … 4. Numero del verbale di prova: … 5. Eventuali osservazioni: cfr. Addendum. 6. Luogo: … 7. Data: … 8. Firma: … Allegati : Fascicolo di omologazione. Verbale di prova (1) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri non attinenti alla descrizione dei tipi di veicoli, componenti o unità tecnica separata oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono sostituiti nella documentazione dal simbolo «?» (p. es. ABC??123??). (2) Classificato secondo le definizioni figuranti nell'allegato II, parte A, della direttiva 2007/46/CE (3) Se esiste una versione con cabina normale e una versione con cabina a cuccetta, indicare le dimensioni e le masse per entrambe le versioni. (4) Norma ISO 612: 1978 — Veicoli stradali — Dimensioni degli autoveicoli e dei veicoli rimorchiati — Termini e definizioni. (5) (g8) Termine n. 6.3. (6) La massa del conducente, ed eventualmente quella dell'accompagnatore, è valutata a 75 kg (di cui 68 kg per la massa dell'occupante e 7 kg per quella del bagaglio, in base alla norma ISO 2416-1992), il serbatoio del carburante è riempito al 90% e gli altri sistemi contenenti liquidi (esclusi quelli per le acque usate) al 100% della capacità indicata dal costruttore. (7) Cancellare la dicitura non pertinente. (8) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri non attinenti alla descrizione dei tipi di veicoli, componenti o unità tecnica separata oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono sostituiti nella documentazione dal simbolo «?» (p. es. ABC??123??). (9) Secondo le definizioni di cui all'allegato II, sezione A, della direttiva 2007/46/CE. Addendum al certificato di omologazione CE n. … 1. Informazioni supplementari: 1.1. Breve descrizione del tipo di veicolo con riferimento a struttura, dimensioni, linee e materiali: … 1.2. Descrizione dell'alloggiamento della targa d'immatricolazione posteriore … 2. L'alloggiamento per il montaggio della targa d'immatricolazione posteriore è adatto a una targa dalle dimensioni massime: 520 × 120/340 × 240 (1) 3. Posizione dell'alloggiamento della targa d'immatricolazione posteriore: a sinistra dal centro/centro (1) 4. L'alloggiamento della targa d'immatricolazione posteriore non è visibile se viene agganciato un dispositivo di attacco meccanico: sì/no (1) 5. Osservazioni: … (1) Cancellare la dicitura non pertinente. ALLEGATO II Prescrizioni relative all'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori 1. PRESCRIZIONI 1.1. Forma e dimensioni dell'alloggiamento per il montaggio della targa d'immatricolazione posteriore 1.1.1. L'alloggiamento per il montaggio della targa presenta una superficie rettangolare piana, o approssimativamente piana, con le seguenti dimensioni minime: a seconda dei casi larghezza : 520 mm altezza : 120 mm o larghezza : 340 mm altezza : 240 mm 1.1.2. La superficie coperta dalla targa d'immatricolazione può presentare buchi o aperture. 1.1.2.1. Nel caso di veicoli di categoria M1 la larghezza del buco o dell'apertura non deve superare i 40 mm, senza tenere conto della lunghezza. 1.1.3. La superficie coperta dalla targa d'immatricolazione può presentare sporgenze, a condizione che esse non sporgano oltre 5,0 mm rispetto alla superficie nominale. Le parti di materiali molto morbidi, come schiuma o feltro destinati ad eliminare le vibrazioni della targa d'immatricolazione, non vanno prese in considerazione. 1.2. Alloggiamento e montaggio della targa d'immatricolazione posteriore. 1.2.1. L'alloggiamento per il montaggio deve essere tale che la targa d'immatricolazione, dopo il montaggio secondo le istruzioni del fabbricante, presenti le seguenti caratteristiche: 1.2.1.1. Posizione della targa rispetto al piano mediano longitudinale del veicolo: 1.2.1.1.1. Il punto centrale della targa non deve essere situato a destra del piano mediano longitudinale del veicolo. 1.2.1.2. Posizione della targa rispetto al piano verticale longitudinale del veicolo: 1.2.1.2.1. La targa deve essere perpendicolare al piano longitudinale del veicolo. 1.2.1.2.2. Il bordo sinistro della targa non deve essere situato a sinistra del piano verticale che è parallelo al piano mediano longitudinale del veicolo e tocca il bordo esterno del veicolo. 1.2.1.3. Posizione della targa rispetto al piano verticale trasversale: 1.2.1.3.1. La targa può essere inclinata verticalmente: 1.2.1.3.1.1. tra un minimo di – 5° e massimo di 30°, a condizione che l'altezza del bordo superiore della targa non si trovi ad una distanza dal suolo superiore a 1,20 m; 1.2.1.3.1.2. tra un minimo di – 15° e un massimo di 5°, a condizione che l'altezza del bordo superiore della targa non si trovi ad una distanza dal suolo superiore a 1,20 m. 1.2.1.4. Altezza della targa rispetto al suolo: 1.2.1.4.1. L'altezza del bordo inferiore della targa dal suolo non deve essere inferiore a 0,3 m. 1.2.1.4.2. L'altezza del bordo superiore della targa dal suolo non deve essere superiore a 1,20 m. Tuttavia, se non è possibile rispettare la prescrizione dell'altezza a causa della costruzione del veicolo, l'altezza massima può superare 1,20 m, a condizione che si avvicini il più possibile a tale limite, compatibilmente con le caratteristiche costruttive del veicolo. In nessun caso può essere superiore a 2 m. 1.2.1.5. Visibilità geometrica: 1.2.1.5.1. Se l'altezza dal suolo del bordo superiore della targa non supera 1,20 m, la targa deve essere visibile in tutto lo spazio incluso entro i seguenti quattro piani: — due piani verticali che passano per i due bordi laterali della targa formando verso l'esterno un angolo di 30° col piano mediano longitudinale del veicolo, — un piano che passa per il bordo superiore della targa formando col piano orizzontale un angolo di 15° verso l'alto, — un piano orizzontale che passa per il bordo inferiore della targa. 1.2.1.5.2. Se l'altezza dal suolo del bordo superiore della targa supera 1,20 m, la targa deve essere visibile in tutto lo spazio incluso entro i seguenti quattro piani: — due piani verticali che passano per i due bordi laterali della targa formando verso l'esterno un angolo di 30° col piano mediano longitudinale del veicolo, — un piano che passa per il bordo superiore della targa formando col piano orizzontale un angolo di 15° verso l'alto, — un piano che passa per il bordo inferiore della targa formando col piano orizzontale un angolo di 15° verso il basso. 1.2.1.6. Lo spazio tra i bordi della targa d'immatricolazione montata e la superficie effettiva dell'alloggiamento della targa non deve essere superiore a 5,0 mm su tutto il bordo esterno della targa d'immatricolazione. 1.2.1.6.1. Lo spazio massimo prescritto può essere superato localmente se la differenza è misurata in prossimità di un buco o dell'apertura all'interno della superficie di rete o tra le barre parallele della superficie grigliata. 1.2.2. La posizione e la forma effettive della targa d'immatricolazione montata secondo il paragrafo 1.2, in particolare il risultante raggio di curvatura, devono essere prese in considerazione ai fini delle prescrizioni concernenti i dispositivi di illuminazione della targa d'immatricolazione posteriore. 1.2.3. Se lo spazio per il montaggio della targa d'immatricolazione posteriore non è visibile entro i piani di visibilità geometrica a causa dell'installazione di un dispositivo di aggancio meccanico, tale fatto è annotato nel verbale di prova e indicato nel certificato di omologazione CE. 2. PROCEDURA DI PROVA 2.1. Determinazione dell'inclinazione verticale e dell'altezza della targa d'immatricolazione dal suolo 2.1.1. Prima di effettuare le misurazioni il veicolo è posto su una superficie liscia e la massa del veicolo deve corrispondere alla massa dichiarata del fabbricante in ordine di marcia, ma senza il conducente. 2.1.2. Se il veicolo è dotato di sospensione idropneumatica, idraulica o pneumatica o di un dispositivo per il livellamento automatico a seconda del carico, deve essere sottoposto a prova con la sospensione o il dispositivo nelle normali condizioni di funzionamento specificate dal costruttore. 2.1.3. Se la targa d'immatricolazione è rivolta verso il basso, il risultato della misurazione dell'inclinazione è espresso con cifre negative. 2.2. Le misurazioni delle sporgenze vanno effettuate perpendicolarmente e direttamente verso la superficie nominale coperta dalla targa d'immatricolazione. 2.3. La misurazione dello spazio tra il bordo della targa montata e la superficie effettiva è effettuata perpendicolarmente e direttamente verso la superficie effettiva coperta dalla targa d'immatricolazione. 2.4. La targa d'immatricolazione utilizzata per il controllo della conformità deve essere delle dimensioni specificate al punto 1.1.1.
Targhe d’immatricolazione posteriori dei veicoli a motore QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Il presente regolamento stabilisce le disposizioni relative all’alloggiamento per il montaggio delle targhe d’immatricolazione posteriori dei veicoli a motore e dei loro rimorchi. L’obiettivo è modificare gli attuali requisiti per adeguarli all’evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche. Il regolamento (UE) n. 2015/166 modifica l’allegato II del regolamento per quanto concerne requisiti relativi all’alloggiamento per il montaggio delle targhe d’immatricolazione posteriori e le procedure per le relative prove. PUNTI CHIAVE Il regolamento fissa le regole relative all’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi per quanto concerne l’alloggiamento per il montaggio delle targhe d’immatricolazione posteriori. Fa parte dell’implementazione del regolamento (CE) 661/2009 per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi. Requisiti relativi all’alloggiamento per il montaggio delle targhe d’immatricolazione posterioriL’alloggiamento di una targa d’immatricolazione posteriore deve presentare una superficie rettangolare piana, o approssimativamente piana, che deve misurare, a seconda dei casi:520 millimetri di larghezza e 120 millimetri di altezza; oppure 340 millimetri di larghezza e 240 millimetri di altezza. Il regolamento modificativo (UE) 2015/166 chiarisce i requisiti riguardanti il montaggio della targa d’immatricolazione posteriore:la targa deve essere posizionata ad angoli retti (+/- 5°) rispetto al piano longitudinale del veicolo; L’altezza del bordo inferiore della targa dal suolo non deve essere inferiore a 0,3 m. la targa deve essere visibile in tutto lo spazio; le disposizioni specifiche sulla visibilità della targa dipendono dall’altezza del bordo superiore della targa, a seconda che sia maggiore di o non superiore a 1,20 m dal suolo. Il regolamento fissa inoltre delle procedure di prova per il controllo della conformità. Norme per l’omologazione UEIl fabbricante del veicolo deve presentare all’autorità di omologazione una domanda di omologazione UE. La domanda deve indicare:la marca del veicolo e il tipo di veicolo; il campo di dimensioni dell’alloggiamento per le targhe d’immatricolazione posteriori; l’altezza dal suolo dei bordi. Qualora l’autorità competente ritenga che il veicolo soddisfi tutti i requisiti relativi all’alloggiamento per il montaggio della targa d’immatricolazione posteriore, essa deve concedere l’omologazione UE per tipo e rilascia un numero di omologazione in conformità della direttiva 2007/46/CE. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È applicato dal 29 novembre 2010. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Direttive e regolamenti sui veicoli a motore, i loro rimorchi, dispositivi e componenti (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 1003/2010 della Commissione dell’8 novembre 2010 relativo ai requisiti di omologazione dell’alloggiamento per il montaggio delle targhe d’immatricolazione posteriori dei veicoli a motore e dei loro rimorchi e che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 291 del 9.11.2010, pag. 22). Le successive modifiche al Regolamento (UE) n. 1003/2010 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativo ai requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1). Consultare la versione consolidata. Direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (Direttiva quadro) (GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1). Consultare la versione consolidata.
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Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica federativa del Brasile Gazzetta ufficiale n. L 295 del 11/11/2005 pag. 0038 - 0043 Accordodi cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica federativa del BrasileLA COMUNITÀ EUROPEA (in appresso denominata "la Comunità"),da una parte,eIL GOVERNO DELLA REPUBBLICA FEDERATIVA DEL BRASILE (in appresso denominato "il Brasile"),dall’altra,in appresso denominate "le parti",HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo IObiettivoLe parti promuovono, sviluppano e agevolano attività di cooperazione in settori di interesse comune realizzando e finanziando attività di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico.Articolo IIDefinizioniAi fini del presente accordo, si intende per:a) "attività di cooperazione", ogni attività che le parti intraprendono o finanziano nel quadro del presente accordo, compresa la ricerca comune;b) "informazioni", dati scientifici o tecnici, risultati o metodi di ricerca e sviluppo frutto delle ricerche comuni e altri dati ritenuti necessari per le attività di cooperazione dai partecipanti e, eventualmente, dalle parti stesse;c) "proprietà intellettuale", la definizione di cui all'articolo 2 della convenzione che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, firmata a Stoccolma il 14 luglio 1967;d) "ricerca comune", progetti di ricerca, di sviluppo tecnologico o di dimostrazione condotti con o senza il sostegno finanziario di una o di entrambe le parti e che comportano la collaborazione tra partecipanti delle parti. Per "progetto di dimostrazione" si intende un progetto inteso a dimostrare la sostenibilità di nuove tecnologie che presentano un potenziale interesse economico ma che non possono essere commercializzate come tali. Le parti si tengono reciprocamente e regolarmente informate in merito alle rispettive attività considerate attività di ricerca comune ai sensi dell’articolo IV;e) "partecipante" o "organismo di ricerca", qualsiasi persona, gruppo di persone, istituto di ricerca o altro soggetto giuridico o impresa, avente sede in Brasile o nella Comunità, che partecipi ad attività di cooperazione, incluse le parti stesse.Articolo IIIPrincipiLe attività di cooperazione si svolgono sulla base dei seguenti principi:a) beneficio reciproco fondato su una ripartizione equilibrata dei vantaggi;b) accesso reciproco alle attività di ricerca e sviluppo tecnologico intraprese da ciascuna parte;c) scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sulle attività di cooperazione;d) tutela adeguata dei diritti di proprietà intellettuale.Articolo IVAmbito delle attività di cooperazioneLa cooperazione ai sensi del presente accordo può vertere su tutte le attività di interesse reciproco nelle quali entrambe le parti stiano realizzando o finanziando attività di ricerca e sviluppo tecnologico (in appresso denominate attività di "RST") ai sensi dell’articolo VI, paragrafo 3, lettera b). Tali attività devono essere finalizzate al progresso scientifico, alla competitività dell’industria e allo sviluppo economico e sociale, ed incentrarsi sui seguenti settori:- biotecnologie,- tecnologie dell’informazione e della comunicazione,- bioinformatica,- spazio,- micro e nanotecnologie,- ricerca sui materiali,- tecnologie pulite,- gestione ed uso sostenibile delle risorse ambientali,- biosicurezza,- salute e medicina,- aeronautica,- metrologia, normazione e valutazione della conformità, e- scienze umane.Articolo VModalità ed attività di cooperazione1. Le parti incoraggiano:a) la partecipazione degli organismi di ricerca alle attività di cooperazione previste dal presente accordo, nell'osservanza delle rispettive politiche e normative interne, per offrire opportunità simili di partecipazione alle rispettive attività di ricerca scientifica e di sviluppo tecnologico e alla valorizzazione dei risultati che ne derivano;b) l’accesso reciproco alle attività promosse da ciascuna parte nel quadro dei rispettivi programmi e politiche nazionali.2. Le attività di cooperazione possono assumere le forme seguenti:a) progetti comuni di RST;b) visite e scambi di scienziati, ricercatori ed esperti tecnici;c) organizzazione congiunta di seminari, conferenze, simposi e workshop scientifici e partecipazione di esperti a tali attività;d) azioni concertate quali il raggruppamento di progetti di RST già in atto, secondo le procedure previste dai programmi di RST di ciascuna parte, e di reti scientifiche;e) scambio e condivisione di apparecchiature e materiali;f) scambio di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi attinenti alla cooperazione prevista dal presente accordo, ivi comprese le indicazioni sulla politica scientifica e tecnologica;g) altre disposizioni raccomandate dal comitato direttivo da istituirsi in conformità dell’articolo IV e ritenute conformi alle politiche e procedure applicabili in entrambe le parti.3. I progetti comuni di RST sono realizzati solo una volta che i partecipanti hanno concluso un piano comune di gestione della tecnologia, come indicato nell’allegato del presente accordo.Articolo VICoordinamento ed attuazione delle attività di cooperazione1. Il compito di coordinare e di portare avanti le attività di cooperazione previste dal presente accordo è svolto, per la Comunità, dai servizi della Commissione europea e, per il Brasile, dal ministero degli Affari esteri, in qualità di agenti esecutivi.2. Gli agenti esecutivi istituiscono un comitato direttivo per la cooperazione scientifica e tecnica incaricato della gestione del presente accordo. Il comitato è composto da rappresentanti ufficiali di ciascuna parte e stabilisce il proprio regolamento interno.3. Il comitato direttivo svolge, in particolare, i seguenti compiti:a) proporre e finanziare le attività di cooperazione previste dall’articolo V del presente accordo;b) indicare per l’anno successivo, ai sensi dell’articolo V, paragrafo 1, lettera b), tra i possibili settori di cooperazione nel campo della RST, i settori o sottosettori prioritari di reciproco interesse in cui è opportuno cooperare;c) proporre ai ricercatori di entrambe le parti di raggruppare progetti di interesse reciproco o complementari;d) formulare raccomandazioni ai sensi dell’articolo V, paragrafo 2, lettera g);e) consigliare le parti sui metodi per valorizzare e migliorare la cooperazione in modo conforme ai principi enunciati nel presente accordo;f) verificare l’efficacia dell’applicazione e del funzionamento del presente accordo;g) presentare ogni anno alle parti una relazione sulla situazione, sui risultati e sull'efficacia della cooperazione intrapresa nel quadro del presente accordo. La relazione è trasmessa alla commissione comune istituita nell'ambito dell'accordo quadro di cooperazione tra la Comunità europea e il Brasile del 29 giugno 1992.4. Il comitato direttivo riferisce alla commissione comune e si riunisce di norma una volta l'anno, preferibilmente prima della riunione della commissione comune, secondo un calendario concordato precedentemente. Le riunioni si svolgono alternativamente nella Comunità e in Brasile. Su richiesta di una delle parti, possono essere convocate riunioni straordinarie.5. Le parti si fanno carico delle spese sostenute dai rispettivi rappresentanti alle riunioni del comitato direttivo.Articolo VIIDisposizioni finanziarieLe attività di cooperazione sono subordinate alla disponibilità di fondi sufficienti nonché alle disposizioni legislative e regolamentari, alle politiche e ai programmi di ciascuna parte. Le spese sostenute dai partecipanti alle attività di cooperazione non sono, di norma, coperte mediante trasferimento di fondi tra le parti.Articolo VIIICircolazione di personale ed apparecchiature1. Nel rispetto delle leggi e dei regolamenti applicabili nel proprio territorio, ciascuna parte prende tutte le misure ragionevoli e si adopera per agevolare l'entrata, il soggiorno e l'uscita dal proprio territorio di persone, materiali, dati e apparecchiature impegnati o impiegati nelle attività di cooperazione realizzate dalle parti in base alle disposizioni del presente accordo. Suddetti persone, materiali, dati ed apparecchiature beneficiano di esenzioni fiscali e doganali conformemente alle disposizioni legislative e regolamentari applicabili nel territorio di ciascuna parte.2. Laddove le specifiche disposizioni vigenti in una parte in materia di cooperazione prevedano la concessione di aiuti finanziari ai partecipanti dell’altra parte, tali sovvenzioni, contributi finanziari o simili concessi da una parte ai partecipanti dell’altra parte a sostegno delle attività di cooperazione beneficiano di esenzioni fiscali e doganali conformemente alle disposizioni legislative applicabili in ciascuna parte.Articolo IXProprietà intellettualeLe questioni attinenti alla proprietà intellettuale emerse nell’applicazione del presente accordo sono trattate conformemente alle disposizioni dell’allegato, che forma parte integrante dello stesso.Articolo XAttività della Comunità a sostegno dei paesi in via di sviluppoIl presente accordo lascia impregiudicata la partecipazione del Brasile, in quanto paese in via di sviluppo, alle attività della Comunità nel campo della ricerca ai fini dello sviluppo.Articolo XIEfficacia territorialeIl presente accordo si applica ai territori in cui vige il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni ivi stabilite, e al territorio della Repubblica federativa del Brasile.Articolo XIIEntrata in vigore, denuncia e composizione delle controversie1. Il presente accordo entra in vigore alla data in cui ciascuna parte ha notificato all'altra per iscritto l'avvenuto espletamento delle rispettive procedure interne necessarie.2. Il presente accordo è concluso per un periodo iniziale di cinque anni e può essere prorogato consensualmente di quinquennio in quinquennio previa valutazione effettuata dalle parti nel corso del penultimo anno di ogni quinquennio.3. Le parti possono concordare modifiche al presente accordo. Tali modifiche entrano in vigore secondo le modalità di cui al paragrafo 1.4. Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle parti con preavviso scritto di sei mesi inoltrato per via diplomatica. La cessazione o denuncia del presente accordo non pregiudica la validità e la durata di eventuali progetti comuni di ricerca in corso nel quadro dello stesso, né i diritti e gli obblighi specifici disciplinati dall'allegato.5. Tutte le questioni o controversie relative all'interpretazione o all'attuazione del presente accordo sono risolte consensualmente tra le parti.Fatto a Brasilia, il diciannove gennaio duemilaquattro, in duplice esemplare, nelle lingue danese, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese e tedesca, ciascun testo facente ugualmente fede. In caso di interpretazioni divergenti tra le lingue, prevale il testo in lingua inglese.Por la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftΓια την Ευρωπαϊκή ΚοινότηταFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnarPor la República Federativa de BrasilFor Den Føderative Republik BrasilienFür die Föderative Republik BrasilienΓια την Ομοσπονδιακή Δημοκρατία της ΒραζιλίαςFor the Federative Republic of BrazilPour la République fédérative du BrésilPer la Repubblica Federativa del BrasileVoor de Federale Republiek BraziliëPela República Federativa do BrasilBrasilian liittotasavallan puolestaFör Förbundsrepubliken Brasilien--------------------------------------------------ALLEGATOPROPRIETÀ INTELLETTUALEConformemente all’articolo IX:Le parti provvedono affinché la proprietà intellettuale generatasi nell’ambito del presente accordo goda di un’adeguata ed efficace tutela.Le parti si impegnano ad informarsi reciprocamente e prontamente in merito ad eventuali invenzioni o elaborati prodotti nell’ambito del presente accordo che potrebbero dar luogo a diritti di proprietà intellettuale.I. AMBITO DI APPLICAZIONEA. Ai fini del presente accordo, per "proprietà intellettuale" si intende la definizione di cui all’articolo 2 della convenzione che istituisce l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, firmata a Stoccolma il 14 luglio 1967.B. Il presente allegato lascia impregiudicata e non modifica altrimenti la ripartizione di diritti, interessi e proprietà intellettuale tra una parte e i suoi cittadini o partecipanti, che è stabilita dalle leggi e dalle pratiche vigenti nella parte in questione.C. Le controversie in materia di proprietà intellettuale derivanti dal presente accordo sono composte consultando gli istituti partecipanti interessati o, se del caso, le parti o i loro rappresentanti autorizzati. Se la parti lo concordano, la controversia può essere sottoposta ad un organo arbitrale, conformemente alle disposizioni di diritto internazionale applicabili nella fattispecie. Salvo diversa decisione approvata per iscritto dalle parti o dai loro rappresentanti autorizzati, si applicano le norme di arbitrato della commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale (UNCITRAL — United Nations Commission on International Trade Law).D. Qualora una delle parti ritenga che un particolare progetto comune di ricerca condotto nell’ambito del presente accordo abbia portato o possa portare alla creazione o alla concessione di un tipo di proprietà intellettuale non tutelato dalla legislazione applicabile nel territorio dell’altra parte, le parti si concertano immediatamente per definire una soluzione accettabile per entrambe e compatibile con la legislazione applicabile.II. ATTRIBUZIONE DI DIRITTIA. Ciascuna parte, compatibilmente con le disposizioni di legge nazionali, può ottenere per contratto una licenza non esclusiva, irrevocabile ed esente da royalties per tradurre, riprodurre, adattare, trasmettere e distribuire al pubblico articoli, relazioni e pubblicazioni tecniche e scientifiche generate direttamente nell’ambito delle attività di cooperazione previste dal presente accordo, purché siano osservate le disposizioni di legge relative alla proprietà e alla cessione dei diritti d’autore per la creazione dell’opera. Tutte le copie delle opere soggette a diritto d’autore realizzate secondo le suddette disposizioni e distribuite al pubblico devono riportare il nome degli autori, salvo laddove questi abbiano espressamente rinunciato a tale diritto.B. I diritti per le forme di proprietà intellettuale non descritte nella sezione II A del presente allegato saranno attribuiti in base alle modalità seguenti:1) I ricercatori in visita, quali gli scienziati che partecipano principalmente a scopo di perfezionamento, ottengono diritti di proprietà intellettuale definiti di concerto con l’istituto ospitante e conformemente alle disposizioni della legislazione nazionale applicabile. Inoltre, ogni ricercatore in visita designato come inventore è autorizzato, allo stesso titolo dei ricercatori dell’istituto ospitante, ad una quota proporzionale delle royalties percepite dall’istituto ospitante in virtù della licenza per l’uso della proprietà intellettuale.2) Per quanto riguarda la proprietà intellettuale che scaturisce o potrebbe scaturire dalla ricerca comune, i partecipanti elaborano un piano comune di gestione della tecnologia da negoziare nella forma di un contratto scritto tra i partecipanti ai progetti comuni di ricerca, nel quale sia preventivamente stabilita, in maniera equa ed equilibrata, la distribuzione dei proventi o di altri vantaggi derivanti dalla cooperazione, tenendo conto del contributo relativo delle parti o dei loro partecipanti ed attenendosi rigorosamente alla normativa sulla proprietà intellettuale vigente in ciascuna parte ed agli accordi internazionali sulla proprietà intellettuale di cui le parti sono firmatarie.a) Qualora le parti o i loro partecipanti non adottino un piano comune di gestione della tecnologia nella fase iniziale della cooperazione e qualora non riescano a giungere ad un accordo entro un periodo ragionevole, non superiore a sei mesi, successivo al momento in cui una parte sia a conoscenza del fatto che la ricerca comune abbia dato o possa dar luogo a proprietà intellettuale, esse sono tenute a concertarsi immediatamente per definire una soluzione accettabile per entrambe. In attesa di detta soluzione, la proprietà intellettuale è detenuta congiuntamente dalle parti o dai loro partecipanti, salvo altrimenti concordato dalle parti stesse.b) Qualora un progetto comune di ricerca realizzato nell’ambito del presente accordo risulti in una creazione suscettibile di essere tutelata da diritti di proprietà intellettuale non previsti dalla legislazione vigente in una delle parti, queste sono tenute a concertarsi immediatamente per definire una soluzione accettabile per entrambe e compatibile con la legislazione vigente.III. INFORMAZIONI RISERVATEA. Le parti e i rispettivi partecipanti devono tutelare le informazioni commerciali e/o industriali considerate riservate, che vengono generate o fornite nell’ambito del presente accordo, nel rispetto delle leggi, dei regolamenti e delle pratiche vigenti, come concordato tra le parti.B. Le parti e i rispettivi partecipanti non possono divulgare informazioni considerate riservate in mancanza di previa autorizzazione, salvo a persone appartenenti alle categorie di funzionari, contraenti e subcontraenti. La divulgazione di tali informazioni deve essere strettamente limitata alle parti coinvolte nel progetto comune di ricerca concordato tra i partecipanti e/o al personale autorizzato degli enti governativi associati al progetto o al presente accordo.C. Le informazioni possono essere divulgate solo previa autorizzazione scritta delle parti e la loro diffusione non può in alcun caso essere superiore a quanto strettamente necessario ai fini dell’esecuzione dei compiti, degli obblighi o dei contratti relativi alle informazioni divulgate.D. I destinatari devono impegnarsi per iscritto a tutelare la riservatezza delle informazioni ottenute e spetta alle parti provvedere all’adempimento di tale obbligo.E. Una parte che non è o probabilmente non sarà in grado di garantire la non divulgazione di informazioni riservate ne informa immediatamente l’altra parte. Le parti determinano di concerto le misure adeguate.--------------------------------------------------
Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e Brasile QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo stabilisce un sistema formale di cooperazione volto a incoraggiare, sviluppare e agevolare le attività negli ambiti scientifici e tecnologici di interesse comune. Con questa decisione, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo per conto della Comunità europea (attuale UE). PUNTI CHIAVE Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate su una serie di principi:beneficio reciproco; accesso reciproco; scambio tempestivo delle informazioni; tutela adeguata della proprietà intellettuale. Ambiti di cooperazione Le attività di cooperazione devono essere concepite per promuovere:il progresso scientifico; la competitività dell’industria; lo sviluppo economico e sociale. Un’enfasi particolare deve essere posta sui seguenti campi:biotecnologia; tecnologie dell’informazione e della comunicazione; bioinformatica; spazio; micro e nanotecnologie; ricerca sui materiali; tecnologie pulite; gestione ed uso sostenibile delle risorse ambientali; biosicurezza; salute e medicina; aeronautica; metrologia, normazione e valutazione della conformità; scienze umane. Attività Tra le attività di cooperazione possono figurare quelle elencate di seguito:progetti comuni di ricerca e sviluppo tecnologico (RST); visite e scambi di scienziati, ricercatori ed esperti tecnici; organizzazione congiunta di seminari, conferenze, simposi e workshop scientifici e partecipazione di esperti a tali attività; azioni concertate quali il raggruppamento di progetti di RST; scambio e condivisione di apparecchiature e materiali; scambio di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi attinenti alla cooperazione prevista dal presente accordo, ivi comprese le indicazioni sulla politica scientifica e tecnologica. DA QUANDO SI APPLICA L’ACCORDO? L’accordo è entrato in vigore il 7 agosto 2007 per un periodo iniziale di cinque anni. È stato rinnovato due volte, l’ultima nel 2017, per un periodo aggiuntivo di altri cinque anni. CONTESTO Le relazioni tra UE e Brasile si basano su un partenariato strategico istituito nel 2007, nonché sull’accordo di cooperazione tra l’UE e Mercosur. Per maggiori informazioni, consultare:Il Brasile e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna) Per maggiori informazioni sulla cooperazione nell’ambito della ricerca e dell’innovazione (R&I) con il Brasile, consultare:Cooperazione internazionale in materia di ricerca e innovazione con il Brasile (Commissione europea). DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica federativa del Brasile (GU L 295 dell’11.11.2005, pagg. 38-43) Decisione del Consiglio 2005/781/CE, del 6 giugno 2005, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica federativa del Brasile (GU L 295 dell’11.11.2005, pag. 37) DOCUMENTI CORRELATI Decisione (UE) del Consiglio 2018/343, del 5 marzo 2018, relativa al rinnovo dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica federativa del Brasile (GU L 67 del 9.3.2018, pag. 1-2) Decisione del Consiglio 2012/646/UE, del 10 ottobre 2012, relativa al rinnovo dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica federativa del Brasile (GU L 287 del 18.10.2012, pag. 4) Accordo quadro di cooperazione tra la Comunità economica europea e la Repubblica federativa del Brasile (GU L 262 dell’1.11.1995, pagg. 54-65)
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Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica sudafricana - Atto finale - Dichiarazione comune sull'accordo scientifico e tecnologico tra la Comunità europea e il Sudafrica Gazzetta ufficiale n. L 313 del 15/11/1997 pag. 0026 - 0037 ACCORDO di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica sudafricanaLA COMUNITÀ EUROPEA, in appresso denominata «la Comunità», da una parte, eIL GOVERNO DELLA REPUBBLICA SUD-AFRICANA, per conto della Repubblica Sudafricana (in appresso denominata «Sudafrica») dall'altra,in appresso denominati le «parti»;CONSIDERANDO l'importanza che riveste la ricerca scientifica e tecnologica per il loro sviluppo economico e sociale;CONSIDERANDO che la Comunità europea e il Sudafrica stanno attuando programmi di ricerca e di sviluppo tecnologico e dimostrazione in vari settori di interesse comune e che le parti possono trarre reciproco vantaggio agevolando ogni ulteriore cooperazione;CONSIDERANDO che detta cooperazione, ove possibile e giustificato, deve andare anche a vantaggio della Comunità per lo sviluppo dell'Africa meridionale;CONSIDERANDO che a tale scopo è auspicabile che sia istituito un quadro per la cooperazione;CONSIDERANDO che il presente accordo di cooperazione scientifica e tecnologica costituisce parte della cooperazione globale tra la Comunità ed i suoi Stati membri, da un lato, e il Sudafrica, dall'altro;CONSIDERANDO che con decisione n. 1110/94/CE il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea hanno adottato un programma quadro delle azioni della Comunità europea nel settore della ricerca, dello sviluppo tecnologico e della dimostrazione (1994-1998), in appresso denominato «Quarto programma quadro»;CONSIDERANDO che, fatte salve le pertinenti disposizioni del trattato che istituisce la Comunità europea, il presente accordo e le eventuali attività svolte in sua applicazione lasciano assolutamente impregiudicata la potestà degli Stati membri di intraprendere attività bilaterali con il Sudafrica in campo scientifico, tecnologico, della ricerca e sviluppo e di stipulare, se del caso, accordi a tal fine,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1 Obiettivi Le parti promuovono e agevolano la cooperazione tra la Comunità e il Sudafrica nei settori d'interesse comune in cui sostengono attività di ricerca, sviluppo e dimostrazione volte a far progredire la scienza e/o la tecnologia.Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente accordo, si intende per:a) «attività di cooperazione»: ogni attività svolta a norma del presente accordo, ivi compresa la ricerca congiunta;b) «informazioni»: dati scientifici o tecnici, risultati o metodi di ricerca e sviluppo derivanti dalla ricerca congiunta e qualsiasi altra informazione che i partecipanti impegnati in una ricerca congiunta e, eventualmente, le parti stesse ritengano necessaria;c) «proprietà intellettuale»: la definizione che ne dà l'articolo 2 della Convenzione che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, firmata a Stoccolma il 14 luglio 1967;d) «ricerca congiunta»: ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione condotti con o senza contributo finanziario di una delle due parti o di entrambe e che comporti la collaborazione dei partecipanti della Comunità e del Sudafrica;e) «partecipante» o «ente di ricerca»: qualsiasi persona fisica o giuridica, università, istituto di ricerca o altro organismo o impresa, nonché le Parti stesse, che si impegni a partecipare ad una attività di cooperazione.Articolo 3 Principi L'attività di cooperazione è svolta sulla base dei seguenti principi:a) la reciprocità dei vantaggi;b) lo scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sull'azione dei partecipanti nelle attività di cooperazione; ec) nell'ambito delle vigenti disposizioni legislative e regolamentari, la tutela efficace della proprietà intellettuale e l'equa distribuzione dei diritti di proprietà intellettuale, secondo quanto disposto nell'allegato, che costituisce parte integrante del presente accordo.Articolo 4 Portata della cooperazione La cooperazione a norma del presente accordo può coprire tutte le attività di ricerca e sviluppo tecnologico e dimostrazione (in appresso denominate RST) connesse al Quarto programma quadro e tutte le analoghe attività RST effettuate in Sudafrica.Articolo 5 Modalità della cooperazione La cooperazione può assumere le seguenti forme:a) i) la partecipazione di enti di ricerca sudafricani a progetti RST connessi con il Quarto programma quadro e reciprocamente la partecipazione di enti di ricerca della Comunità europea a progetti sudafricani in aree di ricerca analoghe; per quanto riguarda la partecipazione sudafricana ai progetti RST comunitari, essa è soggetta alle norme applicabili per la partecipazione di imprese, centri di ricerca e università agli specifici programmi RST della Comunità (1);ii) ai fini della partecipazione degli enti di ricerca sudafricani allo specifico programma di RST nell'ambito della cooperazione con i paesi terzi e le organizzazioni internazionali (1994-1998) il Sudafrica è considerato un paese in via di sviluppo;b) l'utilizzazione in comune delle strutture di ricerca;c) le visite e gli scambi di addetti alla ricerca, ingegneri e tecnici;d) la partecipazione di esperti a seminari, simposi e corsi pratici;e) le reti scientifiche e la formazione di ricercatori;f) lo scambio di informazioni sulle prassi, le leggi, le normative e i programmi che rientrano nell'ambito della cooperazione prevista dal presente accordo;g) altre attività che possono essere raccomandate dal comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, secondo le politiche ed i programmi delle parti.Ad esclusione dei progetti di cui alla lettera a) ii), i progetti RST saranno attuati solo dopo l'approvazione da parte dei partecipanti di un piano congiunto di gestione tecnologica, come indicato nell'allegato al presente accordo.Articolo 6 Comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia a) Il presente accordo è gestito dal comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia; esso è composto da rappresentanti della Commissione e del Sudafrica; esso adotta il proprio regolamento interno.b) I compiti del comitato consistono nel:1) promuovere e sottoporre a verifica le attività di cooperazione previste dal presente accordo;2) formulare raccomandazioni a norma dell'articolo 5, lettera g);3) fornire pareri alle parti sulle modalità di promuovere la cooperazione secondo i principi che ispirano il presente accordo;4) verificare se l'accordo funziona in maniera efficace ed efficiente;5) redigere una relazione annuale, destinata alle parti, relativa al livello, allo stato di avanzamento e all'efficacia delle attività di cooperazione intraprese a norma del presente accordo.c) Il comitato si riunisce di comune accordo alternativamente nella Comunità e nel Sudafrica.d) Le spese sostenute dal comitato o per suo conto sono a carico della parte nei cui confronti i membri sono responsabili. Le spese diverse da quelle di viaggio e alloggio occasionate direttamente dalle riunioni del comitato sono a carico della parte ospitante.Articolo 7 Finanziamento a) Le attività di cooperazione sono subordinate alla disponibilità di fondi e alle vigenti disposizioni legislative e regolamentari, alle politiche e ai programmi delle parti.b) Le spese sostenute dai partecipanti per le attività di cooperazione non richiedono alcun trasferimento di fondi da una parte all'altra, ad esclusione della partecipazione di cui all'articolo 5, lettera a) ii).Articolo 8 Circolazione del personale e delle attrezzature Ogni parte adotta ogni misura ragionevole e si adopera al meglio, nel rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti, al fine di agevolare l'entrata e l'uscita dal suo territorio del personale, del materiale e delle attrezzature del (dei) partecipante(i) destinati o impiegati nelle attività di cooperazione a norma del presente accordo.Articolo 9 Divulgazione ed utilizzazione delle informazioni Gli enti di ricerca con sede nel Sudafrica che partecipano a progetti RST della Comunità sono tenuti, in materia di proprietà, divulgazione e utilizzazione delle informazioni, nonché di diritti di proprietà intellettuale derivanti dalla loro partecipazione, a conformarsi alle regole previste per la divulgazione dei risultati della ricerca realizzati mediante gli specifici programmi RST della Comunità nonché a quanto stabilito nell'allegato al presente accordo.Gli enti di ricerca con sede nella Comunità che partecipano a progetti RST sudafricani godono, in materia di proprietà, divulgazione e utilizzazione delle informazioni, nonché di diritti di proprietà intellettuale derivanti dalla loro partecipazione, dei medesimi diritti e sono soggetti ai medesimi obblighi previsti per gli enti di ricerca sudafricana nonché a quanto stabilito nell'allegato al presente accordo.Articolo 10 Ambito di applicazione territoriale Il presente accordo si applica, da una parte, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità economica europea, alle condizioni in esso indicate, e, dall'altra, al territorio del Sudafrica.Articolo 11 Entrata in vigore, denuncia e soluzione delle controversie a) Il presente accordo entra in vigore alla data in cui le parti si notificano reciprocamente per iscritto che sono stati completati gli adempimenti richiesti dal loro ordinamento giuridico.b) Il presente accordo è concluso per la durata del Quarto programma quadro ed è prorogabile di comune accordo tra le parti (rinnovo tacito) per gli specifici programmi che danno esecuzione a successivi programmi quadro della Comunità.c) L'accordo può essere emendato dalle parti di comune accordo. Gli emendamenti entrano in vigore alla data in cui le parti si sono notificate per iscritto che sono stati completati gli adempimenti previsti dal loro ordinamento giuridico.d) Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle parti con un preavviso scritto di sei mesi. La scadenza o la denuncia del presente accordo lascia impregiudicata la validità e la durata delle intese concordate nel quadro dello stesso o i diritti e gli obblighi specifici maturati a norma dell'allegato.e) Qualsiasi questione o controversia connessa con l'interpretazione o l'attuazione del presente accordo è risolta per mutuo consenso delle parti.Articolo 12 Il presente accordo è redatto in duplice copia nelle lingue danese, finnica, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese e tedesca, ciascun testo facente ugualmente fede.Hecho en Bruselas, el cinco de diciembre de mil novecientos noventa y seis.Udfærdiget i Bruxelles den femte december nitten hundrede og seksoghalvfems.Geschehen zu Brüssel am fünften Dezember neunzehnhundertsechsundneunzig.¸ãéíå óôéò ÂñõîÝëëåò, óôéò ðÝíôå Äåêåìâñßïõ ÷ßëéá åííéáêüóéá åíåíÞíôá Ýîé.Done at Brussels on the fifth day of December in the year one thousand nine hundred and ninety-six.Fait à Bruxelles, le cinq décembre mil neuf cent quatre-vingt-seize.Fatto a Bruxelles, addì cinque dicembre millenovecentonovantasei.Gedaan te Brussel, de vijfde december negentienhonderd zesennegentig.Feito em Bruxelas, em cinco de Dezembro de mil novecentos e noventa e seis.Tehty Brysselissä viidentenä päivänä joulukuuta vuonna tuhatyhdeksänsataayhdeksänkymmentäkuusi.Som skedde i Bryssel den femte december nittonhundranittiosex.Por la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftÃéá ôçí ÅõñùðáúêÞ ÊïéíüôçôáFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>For the Government of the Republic of South Africa>RIFERIMENTO A UN FILM>(1) Decisione 94/763/CE del Consiglio, del 21 novembre 1994, relativa alle norme per la partecipazione delle imprese, dei centri di ricerca e delle università ai programmi specifici di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione della Comunità europea (GU L 306 del 30. 11. 1994, pag. 8).ALLEGATO DIVULGAZIONE ED UTILIZZAZIONE DELLE INFORMAZIONI, NONCHÉ GESTIONE, ATTRIBUZIONE E ESERCIZIO DEI DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE I. PROPRIETÀ, ATTRIBUZIONE ED ESERCIZIO DEI DIRITTI1. L'attività di ricerca svolta in base al presente accordo è «attività di ricerca congiunta». I partecipanti a detta ricerca congiunta elaborano programmi comuni di gestione della tecnologia (PCGT) (1) che contengono, almeno, i principi applicabili in materia di proprietà e di utilizzazione, inclusa la pubblicazione, delle informazioni e della proprietà intellettuale (PI) derivanti dalla ricerca congiunta.Tali programmi devono essere approvati dall'organismo finanziatore responsabile o dal dipartimento della parte che si occupa del finanziamento della ricerca prima che sia concluso qualsiasi contratto specifico di ricerca e sviluppo cui essi si riferiscono. I PCGT sono elaborati tenendo conto degli obiettivi della ricerca congiunta, dei contributi dei singoli partecipanti, dei vantaggi e degli svantaggi della concessione di licenze per territorio o campo di utilizzazione, dei requisiti imposti dalle norme legislative applicabili in materia, nonché della necessità di stabilire procedure di soluzione delle controversie e, infine, di altri fattori considerati rilevanti dai partecipanti. I PCGT disciplinano anche i diritti e gli obblighi in materia di PI relativi alle attività di ricerca e di informazione svolte dai ricercatori ospiti.2. Le informazioni o la PI derivanti da attività di ricerca congiunta e non disciplinate da un determinato PCGT sono attribuite secondo le procedure descritte alla sezione I, punto 1, applicando i principi stabiliti nel medesimo PCGT. In caso di disaccordo che non possa essere risolto con la procedura di soluzione delle controversie concordata, le informazioni o la PI non attribuite diventano di proprietà comune di tutti i partecipanti alla ricerca congiunta di cui esse sono il risultato e ciascun partecipante cui si applica questa disposizione ha il diritto di utilizzare in proprio le informazioni o la PI a scopi commerciali, senza limiti geografici.3. Secondo la normativa applicabile in materia, ciascuna parte provvede affinché l'altra parte e i partecipanti possano disporre dei diritti relativi alla PI loro attribuiti in base ai principi enunciati nella sezione I del presente allegato.4. Pur assicurando il mantenimento delle condizioni di concorrenza nei settori oggetto all'accordo, ciascuna parte si adopera per garantire che i diritti acquisiti a norma del presente accordo e delle intese stabilite nel quadro dello stesso siano esercitati in modo tale da promuovere in particolare:i) la divulgazione e l'utilizzazione delle informazioni create, divulgate o altrimenti rese disponibili nell'ambito del presente accordo;ii) l'adozione e l'attuazione di norme internazionali.II. OPERE OGGETTO DI DIRITTO D'AUTOREPer i diritti d'autore appartenenti alle parti o ai partecipanti si applica una disciplina conforme alla Convenzione di Berna (Atto di Parigi 1971).III. PUBBLICAZIONI SCIENTIFICHEFatta salva la sezione IV, se non altrimenti convenuto nel PCGT, i risultati della ricerca sono pubblicati congiuntamente dai partecipanti. Oltre a questa norma generale, si applica la seguente procedura:1. Nell'eventualità che una parte o un ente pubblico di tale parte pubblichi opere di carattere scientifico e tecnico (giornali, articoli, relazioni, libri, nonché cassette video e software) risultanti da una ricerca congiunta a norma del presente accordo, l'altra parte ha diritto, previa autorizzazione scritta rilasciata dall'editore, ad una licenza mondiale, non esclusiva, irrevocabile e gratuita per la traduzione, la riproduzione, l'adattamento, la trasmissione e la divulgazione di tali pubblicazioni al pubblico.2. Le parti si adoperano affinché sia data la massima divulgazione alle pubblicazioni scientifiche risultanti dalla ricerca congiunta svolta a norma del presente accordo e realizzate da editori indipendenti.3. Tutte le copie di un'opera tutelata dai diritti d'autore, destinata alla divulgazione al pubblico e redatta in base alla presente clausola, devono riportare i nomi dell'autore o degli autori, a meno che l'autore o gli autori non abbiano richiesto espressamente di non essere menzionati. Esse devono menzionare anche, in modo chiaramente visibile, il sostegno dato congiuntamente dalle parti.IV. INFORMAZIONI NON DIVULGABILIA. Informazioni documentarie non divulgabili1. Ciascuna parte o i partecipanti individuano senza indugio, e preferibilmente in sede di elaborazione del PCGT, le informazioni che essi desiderano non vengano divulgate nel quadro del presente accordo, tenendo conto, tra l'altro, dei seguenti criteri:- la segretezza dell'informazione, nel senso che l'informazione non è, nell'insieme o nella particolare configurazione o combinazione delle sue componenti, generalmente nota, o facilmente accessibile con mezzi leciti, agli esperti del settore;- il valore commerciale reale e potenziale dell'informazione in virtù della sua segretezza;- i precedenti provvedimenti di tutela dell'informazione, adeguati in rapporto alle circostanze, adottati dalla persona che ne aveva legalmente il controllo per mantenerne la segretezza.2. Di norma, ai partecipanti non è richiesto di fornire alle parti informazioni non divulgabili. Tuttavia, qualora dovessero venire a conoscenza di tali informazioni, le parti ne rispettano il carattere particolare e non le rivelano né all'esterno, né al loro interno, né tra di loro senza il consenso scritto del partecipante, o dei partecipanti, cui appartengono le informazioni. Queste limitazioni cessano automaticamente allorché le informazioni vengono divulgate dal proprietario senza restrizioni agli esperti del settore.3. Ciascuna parte provvede affinché le informazioni non divulgabili, scambiate tra di esse a norma del presente accordo e il loro carattere particolare siano facilmente riconoscibili in quanto tali dall'altra parte, ad esempio apponendovi un particolare contrassegno o una prescrizione restrittiva. La stessa disposizione si applica a qualsiasi riproduzione, totale o parziale, delle suddette informazioni.4. Le informazioni non divulgabili comunicate a norma del presente accordo e ricevute dall'altra parte possono essere divulgate dalla parte che le riceve a personale interno o da essa assunto, nonché ad altri suoi dipartimenti o uffici autorizzati ai fini specifici della ricerca congiunta in corso, a condizione che le informazioni non divulgabili così comunicate siano regolate da un accordo scritto sulla riservatezza e siano rese facilmente riconoscibili in quanto tali nel modo sopra indicato.5. Previo assenso scritto della parte che fornisce le informazioni non divulgabili a norma del presente accordo, la parte che le riceve può darvi divulgazione più ampia di quella consentita dal paragrafo 3. Le parti cooperano nell'istituire apposite procedure per richiedere e ottenere il suddetto assenso preliminare scritto. Ciascuna parte concede il suo assenso nei limiti consentiti dalle rispettive politiche, dai regolamenti e dalle legislazioni nazionali.B. Informazioni non documentarie non divulgabiliLe informazioni non documentarie non divulgabili, le altre informazioni riservate o confidenziali fornite in occasione di seminari e riunioni organizzati nel quadro del presente accordo o le informazioni raccolte in seguito al distacco di personale, all'utilizzazione di attrezzature o all'esecuzione di progetti comuni, sono trattate dalle parti o dai partecipanti in base ai principi stabiliti alla sezione IV, lettera A del presente allegato, a condizione tuttavia che chi riceve tali informazioni non divulgabili, riservate o confidenziali, sia informato del loro carattere particolare in anticipo e per iscritto.C. ControlloCiascuna parte si adopera per garantire che le informazioni non divulgabili da essa ricevute a norma del presente accordo siano sottoposte a controllo nel modo ivi previsto. Se una parte si rende conto che non è, o con molta probabilità non sarà in grado di conformarsi alle disposizioni sulla non divulgabilità di cui alle lettere A o B, ne informa immediatamente l'altra parte che può essere lesa da tale divulgazione. Le parti, quindi, si consultano per definire una linea d'azione appropriata.Appendice Caratteristiche indicative dei programmi comuni di gestione della tecnologia (PCGT) Il PCGT è un accordo specifico che i partecipanti concludono per eseguire la ricerca congiunta e stabilire i rispettivi diritti ed obblighi. Riguardo ai diritti di proprietà intellettuale, il PCGT, di norma, disciplina, tra l'altro, la proprietà, la tutela, i diritti d'uso ai fini della ricerca e dello sviluppo, lo sfruttamento e la divulgazione, ivi compresi le intese per la pubblicazione comune dei risultati, nonché i diritti e gli obblighi dei ricercatori ospiti e le procedure per la composizione delle controversie. Il PCGT può inoltre contenere disposizioni sulle conoscenze acquisite, sulle conoscenze di base, sulle norme che regolano la comunicazione di informazioni non divulgabili, sulla concessione di licenze e sulla consegna dei risultati finali.(1) Le caratteristiche indicative dei PCGT sono esposte nell'appendice.ATTO FINALE I plenipotenziariDEL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,da un lato, eDELLA REPUBBLICA SUDAFRICANA,dall'altro,riuniti a Bruxelles, addì cinque dicembre millenovecentonovantasei per la firma dell'accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica sudafricana,hanno, al momento di firmare l'accordo,- adottato la seguente dichiarazione comune delle parti contraenti:Dichiarazione comune sull'accordo scientifico e tecnologico tra la Comunità europea e il SudafricaLa dichiarazione di cui sopra è acclusa al presente atto finale.DICHIARAZIONE COMUNE SULL'ACCORDO SCIENTIFICO E TECNOLOGICO TRA LA COMUNITÀ EUROPEA E IL SUDAFRICA La Comunità europea e il Sudafrica ribadiscono la loro ferma volontà di rafforzare la cooperazione scientifica e tecnologica e si rallegrano della conclusione del presente accordo che consentirà una collaborazione ancor più stretta tra le due parti a vantaggio delle attività di ricerca e di sviluppo tecnologico, compresa la dimostrazione, in vari settori di interesse comune.La Comunità europea e il Sudafrica dichiarano il loro impegno ad adoperare le loro migliori energie affinché le attività svolte nell'ambito del presente accordo abbiano una ripercussione favorevole anche sulla più ampia regione dell'Africa australe, contribuendo così ad uno sviluppo economico e sociale armonioso e sostenibile, come previsto nella dichiarazione dell'Unione europea e della Comunità per lo sviluppo dell'Africa australe (SADC), adottata alla Conferenza ministeriale svoltasi a Berlino nel settembre 1994, e confermato alla Conferenza ministeriale che si è tenuta a Windhoek nell'ottobre 1996.Hecho en Bruselas, el cinco de diciembre de mil novecientos noventa y seis.Udfærdiget i Bruxelles den femte december nitten hundrede og seksoghalvfems.Geschehen zu Brüssel am fünften Dezember neunzehnhundertsechsundneunzig.¸ãéíå óôéò ÂñõîÝëëåò, óôéò ðÝíôå Äåêåìâñßïõ ÷ßëéá åííéáêüóéá åíåíÞíôá Ýîé.Done at Brussels on the fifth day of December in the year one thousand nine hundred and ninety-six.Fait à Bruxelles, le cinq décembre mil neuf cent quatre-vingt-seize.Fatto a Bruxelles, addì cinque dicembre millenovecentonovantasei.Gedaan te Brussel, de vijfde december negentienhonderd zesennegentig.Feito em Bruxelas, em cinco de Dezembro de mil novecentos e noventa e seis.Tehty Brysselissä viidentenä päivänä joulukuuta vuonna tuhatyhdeksänsataayhdeksänkymmentäkuusi.Som skedde i Bryssel den femte december nittonhundranittiosex.Por la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftÃéá ôçí ÅõñùðáúêÞ ÊïéíüôçôáFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>For the Government of the Republic of South Africa>RIFERIMENTO A UN FILM>
Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e Sud Africa QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo stabilisce un quadro formale per la cooperazione nel campo della scienza e della tecnologia volto a incoraggiare, sviluppare e agevolare le attività scientifiche e tecnologiche in settori di interesse comune. La decisione adotta l’accordo per conto della Comunità europea (ora Unione europea). PUNTI CHIAVE Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate su:beneficio reciproco; scambio tempestivo delle informazioni; tutela adeguata della proprietà intellettuale ed equa ripartizione dei diritti di proprietà intellettuale. Ambiti di cooperazione L’accordo riguarda tutte le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (RST) connesse al programma quadro di ricerca e innovazione dell’UE e tutte le analoghe attività RST effettuate in Sud Africa. Attività Le attività di cooperazione possono includere:la partecipazione reciproca degli enti di ricerca (ossia centri di ricerca, aziende, università) ai progetti; l’utilizzazione in comune delle strutture di ricerca; le visite e gli scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici; la partecipazione di esperti a seminari, simposi e laboratori; le reti scientifiche e la formazione di ricercatori; scambio di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi pertinenti alla cooperazione ai sensi del presente accordo; altre attività che possono essere raccomandate dal comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, istituito ai sensi del presente accordo. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore l’11 novembre 1997. È stato concluso per la durata del 4° programma quadro per la ricerca e l’innovazione e viene rinnovato per ogni nuovo programma quadro. CONTESTO Questo accordo completa l’accordo sugli scambi, lo sviluppo e la cooperazione. Per ulteriori informazioni, fare riferimento a:Il Sud Africa e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna). Per maggiori informazioni sulla cooperazione nell’ambito della ricerca e dell’innovazione (R&I) con il Sud Africa, consultare:Cooperazione internazionale R&I con il Sud Africa (Commissione europea) Tabella di marcia per la cooperazione S&T tra UE e Sud Africa (Commissione europea). DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica sudafricana (GU L 313 del 15.11.1997, pagg. 26-37). Decisione 97/763/CE del Consiglio, del 10 novembre 1997, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica sudafricana (GU L 313 del 15.11.1997, pag. 25). Informazioni sulla data di entrata in vigore dell’Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica sudafricana (GU L 313 del 15.11.1997, pag. 38).
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Decisione quadro del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa alle squadre investigative comuni Gazzetta ufficiale n. L 162 del 20/06/2002 pag. 0001 - 0003 Decisione quadro del Consigliodel 13 giugno 2002relativa alle squadre investigative comuni(2002/465/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 34, paragrafo 2, lettera b),vista l'iniziativa del Regno del Belgio, della Repubblica francese, del Regno di Spagna e del Regno Unito(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) Uno degli obiettivi dell'Unione è di offrire ai cittadini un elevato livello di sicurezza nell'ambito di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, obiettivo che va realizzato con la prevenzione e la lotta alla criminalità attraverso una più stretta cooperazione tra forze di polizia, autorità doganali e altre autorità competenti degli Stati membri, nel rispetto dei principi relativi ai diritti dell'uomo, le libertà fondamentali e lo stato di diritto sui quali si fonda l'Unione, principi che sono comuni agli Stati membri.(2) Il Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 ha chiesto di costituire senza indugio, ai sensi del trattato, squadre investigative comuni come primo passo per combattere il traffico di stupefacenti, la tratta degli esseri umani e il terrorismo.(3) L'articolo 13 della convenzione stabilita dal Consiglio a norma dell'articolo 34 del trattato sull'Unione europea relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea(3) prevede la costituzione e il funzionamento di squadre investigative comuni.(4) Il Consiglio raccomanda di adottare le misure per garantire che la presente convenzione sia ratificata prima possibile e, in ogni caso, nel corso del 2002.(5) Il Consiglio riconosce l'importanza di dare una risposta rapida all'invito del Consiglio europeo di costituire senza indugi squadre investigative comuni.(6) A giudizio del Consiglio, per lottare nel modo più efficace possibile contro la criminalità internazionale, è attualmente opportuno adottare, a livello di Unione, uno strumento specifico giuridicamente vincolante relativo alle squadre investigative comuni, da applicare nelle indagini congiunte in materia di traffico di stupefacenti, tratta di esseri umani e terrorismo.(7) Il Consiglio ritiene che tali squadre debbano essere costituite, in via prioritaria, per combattere i reati commessi da terroristi.(8) Gli Stati membri che costituiscono una squadra ne dovrebbero decidere la composizione, le finalità e la durata.(9) Gli Stati membri che costituiscono una squadra dovrebbero avere la possibilità di decidere, laddove possibile e conformemente al diritto applicabile, di far partecipare alle attività della squadra persone che non rappresentano le autorità competenti degli Stati membri e che possono includere, per esempio, rappresentanti dell'Europol, della Commissione (OLAF) o di Stati terzi, in particolare rappresentanti di autorità statunitensi preposte all'applicazione della legge. In tali casi, l'accordo istitutivo della squadra dovrebbe specificare le questioni relative all'eventuale responsabilità di tali rappresentanti.(10) Una squadra investigativa comune dovrebbe operare nel territorio di uno Stato membro in conformità del diritto applicabile in detto Stato.(11) La presente decisione quadro non pregiudica altre disposizioni o intese esistenti sulla costituzione o il funzionamento di squadre investigative comuni,HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE QUADRO:Articolo 1Squadre investigative comuni1. Le autorità competenti di due o più Stati membri possono costituire, di comune accordo, una squadra investigativa comune, per uno scopo determinato e una durata limitata che può essere prorogata con l'accordo di tutte le parti, per svolgere indagini penali in uno o più degli Stati membri che costituiscono la squadra. La composizione della squadra è indicata nell'accordo.Una squadra investigativa comune può in particolare essere costituita:a) quando le indagini condotte da uno Stato membro su reati comportano inchieste difficili e di notevole portata che hanno un collegamento con altri Stati membri;b) quando più Stati membri svolgono indagini su reati che, per le circostanze del caso, esigono un'azione coordinata e concertata negli Stati membri interessati.Una richiesta di costituzione di una squadra investigativa comune può essere presentata da qualsiasi Stato membro interessato. La squadra viene costituita in uno degli Stati membri in cui si svolgeranno presumibilmente le indagini.2. Oltre alle informazioni di cui all'articolo 14 della convenzione europea relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale e all'articolo 37 del trattato Benelux, del 27 giugno 1962, modificato dal protocollo dell'11 maggio 1974, le richieste di costituzione di una squadra investigativa comune contengono proposte in merito alla composizione della squadra.3. La squadra investigativa comune opera nel territorio degli Stati membri che la costituiscono alle seguenti condizioni generali:a) la squadra è diretta da un rappresentante dell'autorità competente che prende parte alle indagini penali dello Stato membro nel cui territorio la squadra interviene. Il direttore della squadra agisce entro i limiti delle sue competenze in conformità del diritto nazionale;b) la squadra opera in conformità del diritto dello Stato membro in cui interviene. Nello svolgimento delle loro funzioni, i membri della squadra rispondono alla persona di cui alla lettera a), tenendo conto delle condizioni stabilite dalle rispettive autorità nell'accordo sulla costituzione della squadra;c) lo Stato membro nel cui territorio la squadra investigativa interviene predispone le condizioni organizzative necessarie per consentirle di operare.4. Ai sensi della presente decisione quadro, per "distaccati" presso la squadra si intendono i membri della squadra investigativa comune degli Stati membri diversi da quelli dello Stato membro nel cui territorio essa interviene.5. I membri distaccati della squadra investigativa comune sono autorizzati ad essere presenti nello Stato membro dell'intervento qualora siano adottate misure investigative. Tuttavia, per ragioni particolari, il direttore della squadra può disporre altrimenti, in conformità del diritto dello Stato membro in cui la squadra interviene.6. I membri distaccati della squadra investigativa comune possono, in conformità del diritto dello Stato membro dell'intervento, essere incaricati dell'esecuzione di talune misure investigative dal direttore della squadra, qualora ciò sia stato approvato dalle autorità competenti dello Stato membro dell'intervento e dello Stato membro che li ha distaccati.7. Se la squadra investigativa comune ravvede la necessità che in uno degli Stati membri che hanno costituito la squadra siano adottate misure investigative, le persone distaccate da tale Stato membro possono farne direttamente richiesta alle proprie autorità competenti. Le misure in questione sono esaminate in tale Stato membro alle condizioni che si applicherebbero qualora fossero richieste nell'ambito di un'indagine svolta a livello nazionale.8. Se la squadra investigativa comune ha bisogno dell'assistenza di uno Stato membro che non ha partecipato alla costituzione della squadra, ovvero di un paese terzo, le autorità competenti dello Stato d'intervento ne possono fare richiesta alle autorità competenti dell'altro Stato interessato conformemente agli strumenti o disposizioni pertinenti.9. Ai fini di un'indagine penale svolta dalla squadra investigativa comune, i membri di quest'ultima possono, conformemente al loro diritto nazionale ed entro i limiti delle rispettive competenze, fornire alla squadra stessa le informazioni disponibili nello Stato membro che li ha distaccati.10. Le informazioni legalmente ottenute da un membro o da un membro distaccato durante la sua partecipazione a una squadra investigativa comune e non altrimenti disponibili per le autorità competenti dello Stato membro interessato possono essere utilizzate:a) per i fini previsti all'atto della costituzione della squadra;b) previo accordo dello Stato membro in cui le informazioni sono rese disponibili, per l'individuazione, l'indagine e il perseguimento di altri reati. Detto consenso può essere negato soltanto qualora l'uso in questione mettesse a repentaglio le indagini penali nello Stato membro interessato o qualora quest'ultimo potesse rifiutare l'assistenza giudiziaria ai fini di tale uso;c) per scongiurare una minaccia immediata e grave alla sicurezza pubblica, lasciando impregiudicata la lettera b) in caso di successivo avvio di un'indagine penale;d) per altri scopi entro i limiti convenuti dagli Stati membri che hanno costituito la squadra.11. La presente decisione quadro lascia impregiudicata ogni altra vigente disposizione o intesa concernente la costituzione o l'attività di squadre investigative comuni.12. Nella misura consentita dal diritto degli Stati membri interessati o dalla disposizione di qualunque strumento giuridico tra di essi applicabile, è possibile concordare che persone diverse dai rappresentanti delle autorità competenti degli Stati membri che costituiscono la squadra investigativa comune partecipino alle attività della stessa. È possibile includere ad esempio funzionari di organismi istituiti ai sensi del trattato. I diritti conferiti ai membri o ai membri distaccati della squadra ai sensi della presente decisione quadro non si applicano a tali persone, a meno che l'accordo non stabilisca espressamente altrimenti.Articolo 2Responsabilità penale riguardo ai funzionariNel corso delle operazioni di cui all'articolo 1, i funzionari di uno Stato membro diverso dallo Stato membro in cui si svolge l'operazione sono assimilati ai funzionari di quest'ultimo Stato membro per quanto riguarda i reati che dovessero subire o commettere.Articolo 3Responsabilità civile riguardo ai funzionari1. Quando, a norma dell'articolo 1, i funzionari di uno Stato membro operano in un altro Stato membro, il primo Stato membro è responsabile dei danni da essi causati nell'adempimento della missione, conformemente al diritto dello Stato membro nel cui territorio essi operano.2. Lo Stato membro nel cui territorio sono causati i danni di cui al paragrafo 1 provvede al risarcimento di tali danni alle condizioni applicabili ai danni causati dai propri funzionari.3. Lo Stato membro i cui funzionari abbiano causato danni a terzi nel territorio di un altro Stato membro rimborsa integralmente a quest'ultimo le somme versate alle vittime o ai loro aventi diritto.4. Fatto salvo l'esercizio dei propri diritti nei confronti di terzi e fatto salvo il paragrafo 3, ciascuno Stato membro rinuncia, nel caso previsto al paragrafo 1, a chiedere ad un altro Stato membro il risarcimento dei danni da esso subiti.Articolo 4Attuazione1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente decisione quadro entro il 1o gennaio 2003.2. Gli Stati membri trasmettono al Segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo delle disposizioni inerenti al recepimento nella legislazione nazionale degli obblighi imposti dalla presente decisione quadro. Sulla base di queste e di altre informazioni, la Commissione presenta al Consiglio, entro il 1o luglio 2004, una relazione sull'attuazione della presente decisione quadro. Il Consiglio esamina in quale misura gli Stati membri si siano conformati alla decisione stessa.Articolo 5Entrata in vigoreLa presente decisione quadro entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. I suoi effetti cesseranno allorché la convenzione relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea entrerà in vigore in tutti gli Stati membri.Fatto a Lussemburgo, addì 13 giugno 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteM. Rajoy Brey(1) GU C 295 del 20.10.2001, pag. 9.(2) Parere espresso il 13 novembre 2001 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU C 197 del 12.7.2000, pag. 1.
Squadre investigative comuni QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE QUADRO? Stabilisce le regole per la costituzione e il funzionamento delle squadre investigative comuni (SIC). La logica è che alcuni tipi di reati all’interno dell’Unione europea (UE) possono essere indagati in modo più efficace da squadre investigative comuni, costituite per un periodo determinato a seguito di un accordo tra paesi dell’UE. PUNTI CHIAVE La decisione quadro è da ricondurre a una riunione dei paesi dell’UE del 1999, che ha richiesto di costituire senza indugio tali squadre per combattere il traffico di stupefacenti, la tratta degli esseri umani e il terrorismo. La Convenzione sull’assistenza giudiziaria in materia penale, adottata nel maggio 2000, prevede la costituzione di squadre investigative comuni. Tuttavia, a causa di ritardi nelle ratifiche, l’attuazione della decisione quadro doveva concludersi entro il 1o gennaio 2003. La decisione quadro cesserà di avere effetto quando la Convenzione sarà entrata in vigore in tutti i paesi dell’UE. Qualora un’indagine penale all’interno dell’Unione europea richieda un’azione coordinata e concertata, almeno due paesi dell’UE possono costituire una SIC. A tal fine, le autorità competenti dei paesi dell’UE interessati concludono un accordo che stabilisce la procedura da seguire da parte della squadra. La squadra comune deve essere costituita per: uno scopo specifico; un periodo limitato (che può essere prorogato con l’accordo di tutte le parti coinvolte). I paesi dell’UE che costituiscono la squadra ne decidono la composizione, le finalità e la durata. La squadra è guidata da una persona di uno dei paesi dell’Unione europea in cui si svolge l’indagine. Può inoltre essere consentito a rappresentanti di Europol, Eurojust, OLAF e a rappresentanti di paesi extra-UE di partecipare alle attività della squadra. Tutti i membri della squadra devono svolgere i propri compiti nel rispetto delle leggi del paese in cui operano. Si può costituire una SIC anche con e tra paesi al di fuori dell’UE, a condizione che esista una base giuridica, come ad esempio un accordo internazionale o una legge nazionale. Il 1o dicembre 2014, il Regno Unito ha notificato alla Commissione europea la propria volontà di partecipare alla decisione quadro, confermata dalla decisione 2014/858/UE della Commissione. L’11 marzo 2016, l’Italia ha notificato alla Commissione di aver incorporato la decisione quadro nel proprio ordinamento nazionale. Ciò significa che tutti i paesi dell’UE hanno ora una base giuridica unionale su cui costituire le squadre investigative comuni. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE QUADRO? È entrata in vigore il 20 giugno 2002. I paesi dell’UE dovevano recepirla nel proprio diritto nazionale entro il 1o gennaio 2003. CONTESTO Nel luglio 2005 è stata istituita la rete di esperti nazionali in materia di squadre investigative comuni (rete SIC), per attuare il «Programma dell’Aia» e il suo impegno a far sì che ciascun paese dell’UE designi un esperto nazionale «al fine di incoraggiare l’uso di squadre investigative comuni e lo scambio esperienze sulle migliori pratiche» (documento del Consiglio 11037/05). Dal 2005 la rete SIC si riunisce una volta all’anno e da metà gennaio 2011 ha un segretariato, ospitato da Eurojust, che promuove le attività della rete SIC e assiste gli esperti nazionali nel loro lavoro. In questo senso, dal 2012, il segretariato della rete SIC ha sostenuto lo sviluppo di un modulo progettato per assistere gli operatori nella valutazione delle prestazioni delle SIC, che comprende i risultati raggiunti, le questioni giuridiche e le difficoltà pratiche incontrate. Una prima versione del modulo di valutazione SIC è stata sviluppata e messa a disposizione dei professionisti del settore nell’aprile del 2014. Il numero crescente di squadre investigative comuni create ogni anno dimostra che si tratta di strumenti chiave, che consentono di coordinare le indagini e che aumentano la fiducia reciproca tra le forze dell’ordine e le autorità giudiziarie dell’Unione europea. Per ulteriori informazioni, consultare: «Squadre investigative comuni — SIC» sul sito Internet di Europol; «Squadre investigative comuni — SIC» sul sito Internet di Eurojust. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione quadro 2002/465/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa alle squadre investigative comuni (GU L 162 del 20.6.2002, pag. 1-3) DOCUMENTI CORRELATI Decisione 2014/858/UE della Commissione, del 1o dicembre 2014, concernente la comunicazione, da parte del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, della volontà di partecipare ad atti dell’Unione nel settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale adottati prima dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona e che non fanno parte dell’acquis di Schengen (GU L 345 dell’1.12.2014, pag. 6-9)
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Direttiva 96/16/CE del Consiglio, del 19 marzo 1996, relativa alle indagini statistiche da effettuare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari Gazzetta ufficiale n. L 078 del 28/03/1996 pag. 0027 - 0029 DIRETTIVA 96/16/CE DEL CONSIGLIO del 19 marzo 1996 relativa alle indagini statistiche da effettuare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseariIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 43,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Parlamento europeo (2),considerando che la direttiva 72/280/CEE del Consiglio, del 31 luglio 1972, relativa alle indagini statistiche sul latte e sui prodotti lattiero-caseari da eseguirsi a cura degli Stati membri (3), è stata modificata a più riprese; che, in occasione di nuove modifiche, è opportuno, ai fini della chiarezza, procedere a una rielaborazione della succitata direttiva;considerando che la Commissione, per adempiere i compiti affidatile dal trattato e dalle disposizioni comunitarie relative all'organizzazione comune dei mercati nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, deve disporre di dati precisi sulla produzione del latte e sul suo impiego, nonché di dati precisi regolari e tempestivi sulla fornitura di latte alle imprese che trattano o trasformano il latte e sulla produzione di prodotti lattiero-caseari negli Stati membri;considerando che occorre unificare i criteri di esecuzione delle rilevazioni sulla produzione e sull'impiego del latte nelle aziende agricole, migliorarne l'esattezza ed eseguire rilevazioni mensili in tutti gli Stati membri presso le imprese che trattano o trasformano il latte;considerando che, per ottenere risultati comparabili, è necessario fissare criteri comuni per la delimitazione del campo d'indagine, le caratteristiche da rilevare e le modalità delle rilevazioni;considerando che l'esperienza acquisita nell'ambito della precedente normativa ha dimostrato che occorre procedere ad un alleggerimento delle disposizioni, in particolare sopprimendo la comunicazione dei dati settimanali;considerando che, data la crescente importanza dei componenti proteici del latte nei prodotti lattiero-caseari, occorre adottare le disposizioni corrispondenti;considerando che, per agevolare l'attuazione delle disposizioni della presente direttiva, è opportuno mantenere una stretta cooperazione fra gli Stati membri e la Commissione, soprattutto in seno al comitato permanente di statistica agraria, istituito dalla decisione 72/279/CEE (4),HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1 Gli Stati membri:1) svolgono, presso le unità di rilevazione definite all'articolo 2, indagini sui dati precisati all'articolo 4 e ne trasmettono alla Commissione i risultati mensili, annuali e triennali;2) effettuano annualmente presso le aziende agricole, definite in base alla procedura prevista all'articolo 7, la rilevazione della produzione di latte e sul relativo impiego;3) fatto salvo l'accordo della Commissione, sono autorizzati ad utilizzare dati provenienti da altre fonti ufficiali.Articolo 2 Le indagini di cui all'articolo 1, punto 1, riguardano:1) le imprese o le aziende agricole che acquistano latte intero - e, se del caso, prodotti lattiero-caseari - direttamente presso le aziende agricole o presso le imprese di cui al punto 2, ai fini della loro trasformazione in prodotti lattiero-caseari;2) le aziende che raccolgono latte o crema e li cedono interamente o in parte alle imprese di cui al punto 1, senza averli lavorati né trasformati.Gli Stati membri adottano le disposizioni atte ad evitare per quanto possibile inutili ripetizioni nella presentazione dei risultati.Articolo 3 1. È considerato latte ai sensi della presente direttiva il latte di vacca, di pecora, di capra e di bufala. Le indagini mensili eseguite ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, lettera a), si limitano al latte di vacca e ai prodotti fabbricati esclusivamente a partire dal latte di vacca.2. L'elenco dei prodotti lattiero-caseari sui quali verteranno le indagini è adottato secondo la procedura di cui all'articolo 7; detto elenco può essere modificato secondo la stessa procedura.3. Le definizioni uniformi da utilizzare nella comunicazione dei risultati sono stabilite secondo la procedura prevista dall'articolo 7.Articolo 4 1. Le indagini di cui all'articolo 1, punto 1, devono essere predisposte in modo da permettere almeno la comunicazione dei dati di cui alle seguenti lettere a), b) e c).I questionari devono essere redatti in modo da evitare inutili ripetizioni.I dati riguardano:a) mensilmente:i) la quantità di latte, il tenore di materia grassa del latte e della crema raccolti nonché il tenore di proteine del latte di vacca raccolto;ii) la quantità di taluni prodotti lattiero-caseari freschi lavorati e pronti per essere immessi al consumo nonché di taluni prodotti lattiero-caseari ottenuti dalla trasformazione del latte;b) annualmente:i) la quantità e il tenore di materia grassa e di proteine del latte e della crema raccolti;ii) la quantità di prodotti lattiero-caseari freschi lavorati e pronti per essere immessi al consumo e degli altri prodotti lattiero-caseari ottenuti, ripartiti per tipo;iii) l'impiego delle materie prime sotto forma di latte intero e di latte scremato nonché la quantità di materia grassa utilizzata nella fabbricazione dei prodotti lattiero-caseari;c) ogni tre anni (a partir dal 31 dicembre 1997):il numero delle unità di rilevazione di cui all'articolo 2, secondo certe classi di grandezza.2. Per analizzare, nei tre anni successivi all'entrata in vigore della presente direttiva, la possibilità di estendere le informazioni statistiche annuali di cui alla lettera b) al contenuto in proteine dei principali prodotti lattiero-caseari, gli Stati membri effettuano in questo periodo rilevazioni pilota o studi volti a raggiungere tale obiettivo. La Commissione stabilisce con la procedura prevista dall'articolo 7 un programma di lavoro per ciascun di detti tre anni.Gli Stati membri comunicano annualmente alla Commissione una relazione di esecuzione di tale programma, inclusi i dati statistici disponibili in materia e gli elementi necessari alla loro interpretazione.Articolo 5 1. Fatto salvo il secondo comma, le indagini di cui all'articolo 1, punto 1, devono essere esaustive presso le latterie che rappresentano almeno il 95 % della raccolta di latte vaccino effettuata dallo Stato membro; il saldo viene stimato mediante campioni rappresentativi o altre fonti.Gli Stati membri possono effettuare le indagini mensili di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera a), mediante campioni rappresentativi. In tal caso l'errore di campionamento non può essere superiore all'1 % (con un intervallo di fiducia del 68 %) della raccolta totale del paese.2. Gli Stati membri prendono tutti i provvedimenti che permettano di ottenere risultati completi e sufficientemente esatti. Essi comunicano alla Commissione sotto forma di relazione metodologica ogni informazione che consenta una valutazione dell'esattezza dei risultati trasmessi, in particolare:a) i questionari utilizzati;b) i metodi applicati per evitare la ripetizione dei risultati;c) i metodi di trasposizione dei dati ottenuti tramite i questionari nelle tabelle comunitarie.Le relazioni metodologiche, la disponibilità e l'attendibilità dei dati, nonché qualsiasi altra questione connessa all'applicazione della presente direttiva saranno esaminate una volta all'anno in seno al gruppo di lavoro competente del comitato permanente di statistica agraria. La prima relazione metodologica sarà trasmessa alla Commissione al più tardi entro la fine dell'anno successivo all'entrata in vigore della presente direttiva.Articolo 6 1. Le tabelle per la trasmissione dei dati sono stabilite secondo la procedura prevista dall'articolo 7.Le tabelle possono essere modificate con la medesima procedura.2. Gli Stati membri trasmettono i risultati di cui al paragrafo 3, inclusi i dati considerati riservati ai sensi delle loro legislazioni o pratiche nazionali in materia di segreto statistico, conformemente alle disposizioni del regolamento (Euratom, CEE) n. 1588/90 del Consiglio, dell'11 giugno 1990, relativo alla trasmissione all'Istituto statistico delle Comunità europee di dati statistici protetti dal segreto (5).3. Dopo avere riepilogato i dati, gli Stati membri trasmettono alla Commissione nel più breve tempo possibile e non oltre:a) quarantacinque giorni dopo la fine del mese di riferimento, i risultati mensili di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera a);b) il mese di giugno dell'anno successivo all'anno di riferimento:- i risultati annuali di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera b);- la relazione di esecuzione di cui all'articolo 4, paragrafo 2;c) il mese di settembre dell'anno successivo a quello della data di riferimento, i risultati di cui all'articolo 1, punto 2 e all'articolo 4, paragrafo 1, lettera c).4. La Commissione raccoglie i dati trasmessi dagli Stati membri e comunica loro il risultato complessivo.Articolo 7 1. Nei casi in cui viene fatto riferimento alla procedura definita nel presente articolo, il comitato permanente di statistica agraria, in appresso denominato «il comitato», viene investito della questione dal proprio presidente, sia su iniziativa di quest'ultimo, sia a richiesta del rappresentante di uno Stato membro.2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2, del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione fissata nell'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto.3. a) La Commissione adotta le misure progettate quando esse sono conformi al parere del comitato.b) Quando le misure progettate non sono conformi al parere formulato dal comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone immediatamente al Consiglio una proposta relativa alle misure da adottare. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.c) Se, al termine di un periodo di tre mesi a decorrere dal momento in cui la proposta è pervenuta al Consiglio, quest'ultimo non ha deliberato, le misure in questione sono adottate dalla Commissione.Articolo 8 La Commissione sottopone al Consiglio al più tardi entro il 1° luglio 1999 una relazione che illustra l'esperienza acquisita durante l'applicazione della presente direttiva. In tale occasione essa presenta in particolare i risultati dell'analisi di cui all'articolo 4, paragrafo 2, corredati, se del caso da proposte relative al periodo definitivo.Articolo 9 1. La direttiva 72/280/CEE è abrogata con effetto al 1° gennaio 1997.2. I riferimenti alla direttiva 72/280/CEE abrogata vanno considerati come riferimenti alla presente direttiva.Articolo 10 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1° gennaio 1997. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 11 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 12 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 19 marzo 1996.Per il ConsiglioIl PresidenteW. LUCHETTI(1) GU n. C 321 dell'1. 12. 1995, pag. 6.(2) GU n. C 32 del 5. 2. 1996.(3) GU n. L 179 del 7. 8. 1972, pag. 2. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(4) GU n. L 179 del 7. 8. 1972, pag. 1.(5) GU n. L 151 del 15. 6. 1990, pag. 1.
Indagini statistiche sui prodotti lattiero-caseari QUAL È LO SCOPO DI QUESTA DIRETTIVA? Essa definisce le regole dell’Unione europea sulla raccolta di dati statistici sul latte* e sui prodotti lattiero-caseari. È concepita per consentire il monitoraggio a breve e medio termine del mercato dell’UE del latte e dei prodotti lattiero-caseari - ciò richiede informazioni attendibili e tempestive sulla produzione e l’uso del latte crudo e dei suoi componenti (compresa la consegna del latte per il trattamento o la trasformazione e la successiva produzione di prodotti lattiero-caseari). Essa abroga la legislazione precedente (Direttiva 72/280/CEE) che era stata modificata a più riprese. PUNTI CHIAVE Gli Stati membri sono responsabili della raccolta dei dati e dell’organizzazione delle indagini. Le indagini riguardano le aziende agricole produttrici di latte e due gruppi di imprese:1.le imprese o le aziende agricole che acquistano latte intero (o, in alcuni casi, prodotti lattiero-caseari) presso le aziende agricole o presso le imprese del secondo gruppo (indicato di seguito), ai fini della loro trasformazione in prodotti lattiero-caseari; 2.le aziende che raccolgono latte o crema ma non li trattano e li cedono interamente o in parte alle imprese del primo gruppo (indicato sopra) per la trasformazione. A seconda delle informazioni che devono essere raccolte, gli Stati membri devono eseguire le indagini su base mensile, annuale o triennale. La direttiva stabilisce i termini entro i quali gli Stati membri dovrebbero inviare i risultati delle varie indagini alla Commissione europea (Eurostat). Nel 1997, la Commissione europea ha adottato la decisione 97/80/CE che stabilisce le modalità di applicazione della direttiva 96/16/CE. L’elenco dei prodotti lattiero-caseari di cui alla direttiva 96/16/CE è riportato nell’allegato I della decisione 97/80/CE. Questo allegato fornisce anche le definizioni per ciascuno dei prodotti. L’allegato II della decisione fornisce i modelli delle tabelle da utilizzare per la trasmissione dei dati a Eurostat. L’allegato III contiene il questionario sulla compilazione delle statistiche sul latte. Le indagini devono essere esaustive presso le latterie che rappresentano almeno il 95 % della raccolta di latte vaccino effettuata dallo Stato membro; il saldo viene stimato mediante campioni rappresentativi o altre fonti. Gli Stati membri sono responsabili di garantire risultati completi e sufficientemente esatti. Ogni anno gli Stati membri devono inviare una relazione a Eurostat, allegando il questionario e indicando la metodologia usata per la trasposizione dei dati nelle tabelle inviate ad Eurostat. Una volta all’anno un gruppo di esperti rivede l’operazione della direttiva. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è in applicazione dal mercoledì 1o gennaio 1997. Doveva entrare in vigore nei paesi dell’UE il 1o gennaio 1997. TERMINI CHIAVE Latte: latte di mucche, pecore, capre e bufale. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 96/16/CE del Consiglio del 19 marzo 1996 relativa alle indagini statistiche da effettuare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari (GU L 78, del 28.3.1996, pagg. 27-29) Le successive modifiche alla direttiva 96/16/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 1166/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativo alle indagini sulla struttura delle aziende agricole e all’indagine sui metodi di produzione agricola e che abroga il regolamento (CEE) n. 571/88 del Consiglio (GU L 321 del 1.12.2008, pagg. 14-34) Si veda la versione consolidata. Decisione 97/80/CE della Commissione del 18 dicembre 1996 recante norme d’applicazione della direttiva 96/16/CE del Consiglio, relativa alle indagini statistiche da effettuare nel settore del latte e dei prodotti lattiero- caseari (GU L 24, del 25.1.1997, pagg. 26-49) Si veda la versione consolidata.
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Regolamento (CE) n. 1484/95 della Commissione, del 28 giugno 1995, che stabilisce le modalità d'applicazione del regime relativo all'applicazione dei dazi addizionali all'importazione e fissa dazi addizionali all'importazione nei settori delle uova e del pollame nonché per l'ovoalbumina e che abroga il regolamento n. 163/67/CEE Gazzetta ufficiale n. L 145 del 29/06/1995 pag. 0047 - 0051 REGOLAMENTO (CE) N. 1484/95 DELLA COMMISSIONE del 28 giugno 1995 che stabilisce le modalità d'applicazione del regime relativo all'applicazione dei dazi addizionali all'importazione e fissa dazi addizionali all'importazione nei settori delle uova e del pollame nonché per l'ovoalbumina e che abroga il regolamento n. 163/67/CEELA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, visto il regolamento (CEE) n. 2771/75 del Consiglio, del 29 ottobre 1975, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore delle uova (1), modificato da ultimo dall'atto di adesione dell'Austria, della Finlandia e della Svezia e dal regolamento (CE) n. 3290/94 del Consiglio (2), in particolare l'articolo 5, paragrafo 4 e l'articolo 15, visto il regolamento (CEE) n. 2777/75 del Consiglio, del 29 ottobre 1975, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore del pollame (3), modificato da ultimo dall'atto di adesione dell'Austria, della Finlandia e della Svezia e dal regolamento (CE) n. 3290/94 del Consiglio, in particolare l'articolo 5, paragrafo 4 e l'articolo 15, visto il regolamento (CEE) n. 2783/75 del Consiglio, del 29 ottobre 1975, che instaura un regime comune di scambi per l'ovoalbumina e la lattoalbumina (4), modificato da ultimo dall'atto di adesione dell'Austria, della Finlandia e della Svezia e dal regolamento (CE) n. 3290/94, in particolare l'articolo 3, paragrafo 4 e l'articolo 10, considerando che, a decorrere dal 1° luglio 1995, i regolamenti (CEE) n. 2771/75, (CEE) n. 2777/75 e (CEE) n. 2783/75 assoggettano l'importazione, all'aliquota del dazio previsto nella tariffa doganale comune, di uno o più dei prodotti disciplinati dai suddetti regolamenti al pagamento di un dazio addizionale, se sono soddisfatte alcune condizioni derivanti dall'accordo sull'agricoltura concluso nell'ambito dei negoziati commerciali multilaterali dell'Uruguay Round, tranne qualora le importazioni rischino di perturbare il mercato comunitario o gli effetti siano sproporzionati rispetto all'obiettivo perseguito; che questi dazi all'importazione addizionali possono essere imposti in particolare quando i prezzi all'importazione sono inferiori al prezzo limite; considerando che è quindi necessario stabilire le modalità di applicazione di tale regime per i settori del pollame e delle uova nonché per l'ovoalbumina e pubblicare i rispettivi prezzi limite; considerando che i prezzi all'importazione di cui si deve tener conto per l'imposizione di un dazio all'importazione addizionale dovrebbero essere verificati in base ai prezzi rappresentativi del prodotto di cui trattasi sul mercato mondiale o sul mercato comunitario d'importazione; che è necessario disporre che gli Stati membri trasmettano a intervalli regolari i prezzi delle diverse fasi di commercializzazione per consentire la fissazione dei prezzi rappresentativi e dei dazi addizionali corrispondenti; considerando che l'importatore ha la possibilità di scegliere che il dazio addizionale sia calcolato su una base diversa dal prezzo rappresentativo; che tuttavia in tal caso è opportuno prevedere la costituzione di una cauzione pari all'importo dei dazi addizionali che l'importatore avrebbe pagato se il calcolo fosse stato effettuato sulla base dei prezzi rappresentativi; che la cauzione sarà svincolata se, entro determinati termini, verrà fornita la prova che sono state rispettate le condizioni di smercio della partita; che, nel quadro dei controlli a posteriori, è opportuno precisare che si procede al recupero dei dazi dovuti conformemente all'articolo 220 del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio (5), che istituisce un codice doganale comunitario; che è pertanto ragionevole prevedere che, nel quadro dei vari controlli, i dazi dovuti siano maggiorati di un interesse; considerando che le disposizioni del regolamento n. 163/67/CEE della Commissione, del 26 giugno 1967, che fissa l'importo supplementare applicabile alle importazioni di prodotti avicoli in provenienza dai paesi terzi (6), modificato da ultimo dal regolamento (CEE) n. 3821/92 (7), sono sostituite dalle disposizioni del presente regolamento; che è quindi opportuno abrogare il regolamento suddetto con effetto alla data di entrata in vigore dell'accordo sull'agricoltura dell'Uruguay Round; considerando che il controllo regolare dei dati sui quali è basata la verifica dei prezzi all'importazione per i prodotti dei settori delle uova e del pollame nonché per l'ovoalbumina evidenzia la necessità di sottoporre le importazioni di taluni prodotti ai dazi addizionali, tenendo conto delle variazioni dei prezzi secondo l'origine; che occorre quindi pubblicare i prezzi rappresentativi e i dazi addizionali corrispondenti per tali prodotti; considerando che i dazi addizionali non possono essere in particolare imposti alle importazioni effettuate su contingenti tariffari concessi nel quadro dei negoziati commerciali multilaterali dell'Uruguay Round; considerando che il comitato di gestione per il pollame e le uova non ha espresso un parere entro il termine stabilito dal presidente, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 I dazi all'importazione addizionali di cui all'articolo 5, paragrafo 1 dei regolamenti (CEE) n. 2771/75 e (CEE) n. 2777/75 e all'articolo 3, paragrafo 1 del regolamento (CEE) n. 2783/75, di seguito denominati « dazi addizionali », sono applicati ai prodotti elencati nell'allegato I e originari dei paesi ivi indicati. I corrispondenti prezzi limite di cui all'articolo 5, paragrafo 2 dei regolamenti (CEE) n. 2771/75 e (CEE) n. 2777/75 e all'articolo 3, paragrafo 2 del regolamento (CEE) n. 2783/75 figurano nell'allegato II. Articolo 2 1. I prezzi rappresentativi di cui all'articolo 5, paragrafo 3, secondo comma dei regolamenti (CEE) n. 2771/75 e (CEE) n. 2777/75 e all'articolo 3, paragrafo 3, secondo comma del regolamento (CEE) n. 2783/75 vengono stabiliti regolarmente tenendo conto in particolare: - dei prezzi praticati sui mercati dei paesi terzi, - dei prezzi franco frontiera della Comunità, - dei prezzi praticati nella Comunità nelle diverse fasi di commercializzazione dei prodotti importati. Essi figurano nell'allegato I. 2. Gli Stati membri comunicano ogni lunedì alla Commissione i prezzi di cui al paragrafo 1, terzo trattino per le partite rappresentative dei prodotti elencati nell'allegato II. Articolo 3 1. Per la determinazione del dazio addizionale l'importatore può chiedere che venga applicato il prezzo cif all'importazione della partita considerata, qualora quest'ultimo sia superiore al prezzo rappresentativo applicabile di cui all'articolo 2, paragrfo 1. L'applicazione del prezzo cif all'importazione alla spedizione considerata per la quale è calcolato il dazio addizionale è subordinata alla presentazione alle autorità competenti dello Stato membro, da parte dell'interessato, delle prove seguenti: - il contratto d'acquisto o prova equivalente, - il contratto di assicurazione, - la fattura, - il certificato di origine (se del caso), - il contratto di trasporto, - in caso di trasporto marittimo, la polizza di carico. 2. Nel caso contemplato al paragrafo 1, l'importatore deve costituire la cauzione di cui all'articolo 248 paragrafo 1 del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione (1), pari agli importi dei dazi addizionali che avrebbe pagato se questi ultimi fossero stati calcolati sulla base del prezzo rappresentativo applicabile al prodotto in questione. L'importatore dispone di un mese a decorrere dalla vendita dei prodotti di cui trattasi, entro un termine di quattro mesi dalla data di accettazione della dichiarazione di immissione in libera pratica, per fornire la prova che la partita è stata smerciata in condizioni tali da confermare la realtà dei prezzi di cui al paragrafo 1. In caso di inosservanza di uno dei due termini suddetti la cauzione costituita viene incamerata. Il termine di quattro mesi può essere tuttavia prorogato dall'autorità competente di non oltre tre mesi su richiesta debitamente motivata dell'importatore. La cauzione costituita è svincolata se vengono presentate alle autorità doganali prove adeguate sulle condizioni di smercio. In caso contrario la cauzione viene incamerata a titolo di pagamento dei dazi addizionali. Se in occasione di una verifica le autorità competenti constatano che le disposizioni del presente articolo non sono state rispettate, esse riscuotono i dazi dovuti conformemente all'articolo 220 del regolamento (CEE) n. 2913/92. Per fissare l'importo dei dazi da riscuotere o che rimangono da riscuotere, si tiene conto di un interesse calcolato dalla data di immissione della merce in libera pratica alla data di riscossione. Il tasso di interesse applicato è quello praticato nel diritto nazionale per le operazioni di recupero degli importi dovuti. 3. Se non è stata effettuata la richiesta di cui al paragrafo 1, il prezzo all'importazione da prendere in considerazione per l'imposizione di un dazio addizionale è il prezzo rappresentativo di cui all'articolo 2, paragrafo 1. Articolo 4 1. Qualora la differenza tra il prezzo limite di cui all'articolo 1, paragrafo 2 e il prezzo all'importazione da prendere in considerazione per fissare il dazio addizionale conformemente all'articolo 3, paragrafo 1 o 3 a) sia inferiore o pari al 10 % del prezzo limite, il dazio addizionale è uguale a zero; b) sia superiore al 10 % ma inferiore o pari al 40 % del prezzo limite, il dazio addizionale è uguale al 30 % dell'importo eccedente il 10 %; c) sia superiore al 40 % ma inferiore o pari al 60 % del prezzo limite, il dazio addizionale è uguale al 50 % dell'importo eccedente il 40 %, maggiorato del dazio addizionale di cui alla lettera b); d) sia superiore al 60 % ma inferiore o pari al 75 % del prezzo limite, il dazio addizionale è uguale al 70 % dell'importo eccedente il 60 %, maggiorato dai dazi addizionali di cui alle lettere b) e c); e) sia superiore al 75 % del prezzo limite, il dazio addizionale è pari al 90 % dell'importo eccedente il 75 %, maggiorato dei dazi addizionali di cui alle lettere b), c) e d). 2. I dazi addizionali corrispondenti ai prezzi rappresentativi fissati ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, figurano nell'allegato I. Articolo 5 In caso di necessità la Commissione, su richiesta di uno Stato membro o di sua iniziativa, può modificare l'allegato I. Tuttavia, essa può modificare i prezzi rappresentativi soltanto se variano almeno del 5 % rispetto ai prezzi stabiliti. Articolo 6 I dazi addizionali fissati nell'allegato I non si applicano alle importazioni effettuate ai sensi del regolamento (CE) n. 1431/94 della Commissione (1) e (CE) n. 1474/95 della Commissione (2). Articolo 7 Il regolamento n. 163/67/CEE è abrogato. Articolo 8 Il presente regolamento entra in vigore il 1° luglio 1995. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 28 giugno 1995. Per la Commissione Franz FISCHLER Membro della Commissione ALLEGATO I >SPAZIO PER TABELLA> ALLEGATO II >SPAZIO PER TABELLA>
Dazi all’importazione nei settori delle uova e del pollame QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce norme dettagliate per l’attuazione del regime relativo all’applicazione di dazi addizionali all’importazione e fissa dazi addizionali all’importazione nei settori delle uova e del pollame nonché per l’ovoalbumina. PUNTI CHIAVE Prezzi all’importazione, prezzi rappresentativi e prezzi limite I prezzi all’importazione da considerare quando si impone un dazio addizionale all’importazione si basano sul prezzo di costo, assicurazione e nolo (CIF). Si tratta del prezzo di un bene consegnato alla frontiera del paese importatore, al netto di ogni dazio o altra imposta sulle importazioni e di margini commerciali e di trasporto nel paese, verificato rispetto al prezzo rappresentativo* (di cui all’allegato I) che la Commissione europea determina sulla base dei dati forniti dagli Stati membridell’Unione europea (Unione). I prezzi limite, a cui il dazio addizionale all’importazione diventa esigibile, sono elencati nell’allegato II. Quando il prezzo CIF all’importazione per 100 kg di una spedizione è superiore al prezzo rappresentativo, l’importatore deve presentare alle autorità competenti dello Stato membro almeno le prove seguenti:il contratto di acquisto o documento equivalente; il contratto di assicurazione; la fattura; il certificato d’origine (se del caso); il contratto di trasporto; la polizza di carico (in caso di trasporto marittimo).L’importatore deve anche depositare una cauzione pari alla differenza tra l’importo del dazio addizionale all’importazione calcolato sulla base del prezzo rappresentativo e l’importo del dazio addizionale all’importazione calcolato sulla base del prezzo CIF all’importazione. L’importatore dispone di due mesi a decorrere dalla vendita dei prodotti di cui trattasi, entro un termine di nove mesi (estensibile di ulteriori 3 mesi in casi giustificati) dalla data di accettazione della dichiarazione di immissione in libera pratica, per fornire la prova che la partita è stata smerciata in condizioni tali da confermare la realtà dei prezzi di cui sopra. La cauzione costituita è svincolata se vengono presentate alle autorità doganali prove adeguate sulle condizioni di smercio. In caso contrario la cauzione, compresa di interessi, viene incamerata a titolo di pagamento dei dazi addizionali. Dazio esigibile Se la differenza tra il prezzo limite e il prezzo CIF all’importazione è:1.inferiore o pari al 10 % del prezzo limite, nessun dazio addizionale è esigibile; 2.superiore al 10 % ma inferiore o pari al 40 % del prezzo limite, il dazio addizionale è uguale al 30 % dell’importo eccedente il 10 %; 3.superiore al 40 % ma inferiore o pari al 60 % del prezzo limite, il dazio addizionale è uguale al 50 % dell’importo eccedente il 40 %, maggiorato del dazio addizionale di cui al punto 2; 4.superiore al 60 % ma inferiore o pari al 75 % del prezzo limite, il dazio addizionale è uguale al 70 % dell’importo eccedente il 60 % del prezzo limite, maggiorato dai dazi addizionali di cui al punto 2 e 3; 5.superiore al 75 % del prezzo limite, il dazio addizionale è pari al 90 % dell’importo eccedente il 75 %, maggiorato dei dazi addizionali di cui al punto 2, 3 e 4.Ambito di applicazione I dazi addizionali all’importazione si applicano ai prodotti elencati nell’allegato I del regolamento e originati nei paesi ivi indicati. Se necessario, la Commissione potrà, su richiesta di uno Stato membro o su sua iniziativa, aggiungere o eliminare i paesi di origine o i beni a cui si applicano i dazi addizionali all’importazione nell’allegato I e modificare i prezzi rappresentativi se questi variano almeno del 5 % rispetto ai prezzi stabiliti. Il regolamento abroga il regolamento n. 163/67/CEE. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento è in vigore dal 1° luglio 1995. CONTESTO Si veda anche:Pollame (Commissione europea) Condizioni di importazione nell’Unione per il pollame e i prodotti a base di pollame — scheda informativa (Commissione europea) Uova (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Prezzo rappresentativo. Un prezzo stabilito regolarmente tenendo conto in particolare:- dei prezzi praticati sul mercato dei paesi terzi;- dei prezzi franco frontiera della Comunità;- dei prezzi praticati nella Comunità nelle diverse fasi di commercializzazione dei prodotti importati. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1484/95 della Commissione, del 28 giugno 1995, che stabilisce le modalità d’applicazione del regime relativo all’applicazione dei dazi addizionali all’importazione e fissa dazi addizionali all’importazione nei settori delle uova e del pollame nonché per l’ovoalbumina e che abroga il regolamento n. 163/67/CEE (GU L 145 del 29.6.1995, pag. 47). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1484/95 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 2017/625 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2017, relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari, recante modifica dei regolamenti (CE) n. 999/2001, (CE) n. 396/2005, (CE) n. 1069/2009, (CE) n. 1107/2009, (UE) n. 1151/2012, (UE) n. 652/2014, (UE) 2016/429 e (UE) 2016/2031 del Parlamento europeo e del Consiglio, dei regolamenti (CE) n. 1/2005 e (CE) n. 1099/2009 del Consiglio e delle direttive 98/58/CE, 1999/74/CE, 2007/43/CE, 2008/119/CE e 2008/120/CE del Consiglio, e che abroga i regolamenti (CE) n. 854/2004 e (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 89/608/CEE, 89/662/CEE, 90/425/CEE, 91/496/CEE, 96/23/CE, 96/93/CE e 97/78/CE del Consiglio e la decisione 92/438/CEE del Consiglio (Regolamento sui controlli ufficiali) (GU L 95 del 7.4.2017, pag. 1). Si veda la versione consolidata. Regolamento (UE) n. 2016/429 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, relativo alle malattie animali trasmissibili e che modifica e abroga taluni atti in materia di sanità animale («normativa in materia di sanità animale») (GU L 84 del 31.3.2016, pag. 1). Si veda la versione consolidata. Regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 671). Si veda la versione consolidata.
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DIRETTIVA 2004/82/CE DEL CONSIGLIO del 29 aprile 2004 concernente l'obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 62, paragrafo 2, lettera a), e l'articolo 63, paragrafo 3, lettera b), vista la iniziativa del Regno di Spagna (1) visto il parere del Parlamento europeo, considerando quanto segue: (1) Per lottare efficacemente contro l'immigrazione illegale e migliorare il controllo alle frontiere è fondamentale che tutti gli Stati membri adottino disposizioni che istituiscano obblighi per i vettori aerei che trasportano passeggeri nel territorio degli Stati membri. Ai fini di una maggiore efficacia di tale obiettivo, occorre altresì armonizzare, per quanto possibile, le sanzioni pecuniarie previste dagli Stati membri in caso di violazione degli obblighi cui sono soggetti i vettori, tenendo conto delle differenze esistenti tra gli ordinamenti giuridici e le prassi degli Stati membri. (2) Il Consiglio europeo del 25 e 26 marzo 2004 ha adottato una dichiarazione sulla lotta al terrorismo sottolineando la necessità di accelerare l'esame del fascicolo e di portare avanti i lavori sulla proposta direttiva del Consiglio sull'obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate al fine di procedere ad una rapida conclusione in merito a tali misure. (3) È importante evitare un vuoto della Comunità nel combattere l'immigrazione illegale. (4) A partire dal 1o maggio 2004 il Consiglio non può più agire su iniziativa di uno Stato membro. (5) Il Consiglio ha esaurito tutte le possibilità di ottenere in tempo il parere del Parlamento europeo. (6) Vistele circostanze eccezionali la decisione dovrebbe essere adottata senza ilparere del Parlamento europeo. (7) Gli obblighi che devono essere imposti ai vettori ai sensi della presente direttiva sono complementari a quelli stabiliti a norma delle disposizioni dell'articolo 26 della convenzione di Schengen del 1990 di applicazione dell'accordo di Schengen del 14 giugno 1985, integrate dalla direttiva 2001/51/CE del Consiglio (2). I due tipi di obblighi perseguono infatti lo stesso obiettivo di controllare i flussi migratori e di combattere l'immigrazione illegale. (8) Fatte salve le disposizioni della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (3), è necessario non pregiudicare la libertà degli Stati membri di mantenere o introdurre obblighi supplementari per i vettori aerei o alcune categorie di altri vettori, comprese le informazioni o i dati riguardanti i biglietti di ritorno, che siano menzionati o meno nella presente direttiva. (9) Ai fini di una lotta più efficace contro l'immigrazione illegale e di una maggiore efficacia di tale obiettivo, è fondamentale che, fatte salve le disposizioni della direttiva 95/46/CE, si tenga conto al più presto possibile di qualsiasi innovazione tecnologica, in particolare riguardante l'integrazione e l'uso di elementi biometrici nelle informazioni che i vettori devono fornire. (10) Gli Stati membri dovrebbero assicurare che nell'ambito di qualsiasi procedimento avviato nei confronti di vettori e che potrebbe dar luogo all'applicazione di sanzioni possano essere effettivamente esercitati il diritto di difesa e il diritto di impugnazione avverso siffatte decisioni. (11) Le presenti misure riprendono le possibilità di controllo previste nella decisione del comitato esecutivo di Schengen [SCH/Com-ex (94) 17-4a Rev.], che mirano a intensificare i controlli alle frontiere e a prevedere un lasso di tempo sufficiente a effettuare un controllo dettagliato e approfondito di ogni passeggero, grazie alla trasmissione, alle autorità incaricate di effettuare tali controlli, dei dati relativi alle persone trasportate. (12) La direttiva 95/46/CE si applica al trattamento dei dati personali da parte delle autorità degli Stati membri. Ciò significa che, mentre sarebbe legittimo trattare i dati dei passeggeri trasmessi per l'espletamento dei controlli di frontiera anche per consentirne l'utilizzo come mezzi probatori in procedimenti diretti all'applicazione della normativa in materia di ingresso e immigrazione, incluse le relative disposizioni sulla tutela dell'ordine pubblico («ordrepublic») e della sicurezza nazionale, qualsiasi altro trattamento che non fosse compatibile con i suddetti fini sarebbe in contrasto con il principio enunciato all'articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 95/46/CE. Gli Stati membri dovrebbero prevedere un sistema di sanzioni da infliggere in caso di uso dei dati in contrasto con gli obiettivi della presente direttiva. (13) La Danimarca, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea ed al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all'adozione della presente direttiva e non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione. Dato che la presente direttiva sviluppa l'acquis di Schengen in applicazione delle disposizioni del titolo IV, parte terza, del trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca deciderà, a norma dell'articolo 5 del protocollo summenzionato, entro un periodo di sei mesi dall'adozione della presente direttiva da parte del Consiglio, se intende recepirla nel suo diritto interno. (14) Per quanto riguarda l'Islanda e la Norvegia, la presente direttiva costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen ai sensi dell'accordo concluso dal Consiglio dell'Unione europea con la Repubblica d'Islanda e il Regno di Norvegia sull'associazione di questi due Stati all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen (4), che rientrano nel settore di cui all'articolo 1, lettera E, della decisione 1999/437/CE del Consiglio, relativa a talune modalità di applicazione di tale accordo (5). (15) Il Regno Unito partecipa alla presente direttiva, conformemente all'articolo 5 del protocollo sull'integrazione dell'acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione europea allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea e all'articolo 8, paragrafo 2, della decisione 2000/365/CE del Consiglio, del 29 maggio 2000, riguardante la richiesta del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord di partecipare ad alcune disposizioni dell'acquis di Schengen (6). (16) L'Irlanda partecipa alla presente direttiva, conformemente all'articolo 5 del protocollo sull'integrazione dell'acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione europea allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea e all'articolo 6, paragrafo 2, della decisione 2002/192/CE del Consiglio, del 28 febbraio 2002, riguardante la richiesta dell'Irlanda di partecipare ad alcune disposizioni dell'acquis di Schengen (7). (17) La presente direttiva costituisce un atto basato sull'acquis di Schengen o ad esso altrimenti connesso ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, dell'atto di adesione del 2003, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Obiettivo La presente direttiva intende migliorare i controlli alle frontiere e combattere l'immigrazione illegale attraverso la trasmissione anticipata, da parte dei vettori, dei dati relativi alle persone trasportate alle competenti autorità nazionali. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si intende per: a) «vettore»: ogni persona fisica o giuridica che trasporta persone atitolo professionale per via aerea; b) «frontiere esterne»: le frontiere esterne degli Stati membri con i paesi terzi; c) «controllo alla frontiera»: il controllo, effettuato alla frontiera, esclusivamente come reazione ad una richiesta di attraversamento di tale frontiera, senza tener conto di qualsiasi altra considerazione; d) «valico di frontiera»: ogni valico di frontiera autorizzato dalle autorità competenti per l'attraversamento delle frontiere esterne; e) «dati personali,“trattamento di dati personali”» e “archivio di dati personali”: lo stesso significato di cui all'articolo 2 della direttiva 95/46/CE. Articolo 3 Trasmissione dei dati 1. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie per istituire l'obbligo per i vettori di trasmettere, entro il termine delle procedure di accettazione, su richiesta delle autorità incaricate di effettuare i controlli delle persone alle frontiere esterne, le informazioni relative alle persone che saranno trasportate a un valico di frontiera autorizzato attraverso il quale tali persone entreranno nel territorio di uno Stato membro. 2. Dette informazioni comprendono: — il numero e il tipo di documento di viaggio utilizzato, — la cittadinanza, — il nome completo, — la data di nascita, — il valico di frontiera di ingresso nel territorio degli Stati membri, — il numero del trasporto, — l'ora di partenza e di arrivo del mezzo di trasporto, — il numero complessivo di passeggeri trasportati con tale mezzo, — il primo punto di imbarco. 3. La trasmissione dei dati summenzionati non esonera in nessun caso i vettori dagli obblighi e dalle responsabilità stabiliti dalle disposizioni di cui all'articolo 26 della convenzione di Schengen, integrata dalla direttiva 2001/51/CE. Articolo 4 Sanzioni 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per imporre sanzioni ai vettori che per errore non hanno trasmesso i dati o hanno trasmesso dati incompleti o falsi. Gli Stati membri adottano le misure necessarie ad assicurare che le sanzioni siano dissuasive, effettive e proporzionate e che: a) il loro importo massimo non sia inferiore a 5 000 EUR, o all'equivalente in valuta nazionale al tasso di cambio pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea il giorno dell'entrata in vigore della presente direttiva, per ogni viaggio per il quale i dati delle persone trasportate non sono stati comunicati o sono stati comunicati in modo non corretto; oppure b) il loro importo minimo non sia inferiore a 3 000 EUR, o all'equivalente in valuta nazionale al tasso di cambio pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea il giorno dell'entrata in vigore della presente direttiva, per ogni viaggio per il quale i dati delle persone trasportate non sono stati comunicati o sono stati comunicati in modo non corretto. 2. La presente direttiva non osta a che gli Stati membri adottino o mantengano, nei confronti dei vettori responsabili di gravi violazioni degli obblighi risultanti dalla presente direttiva, altre sanzioni quali l'immobilizzazione, il sequestro e la confisca del mezzo di trasporto, oppure la sospensione temporanea o il ritiro della licenza di esercizio. Articolo 5 Impugnazioni Gli Stati membri assicurano che le loro disposizioni legislative, regolamentari e amministrative prevedano che i vettori nei cui confronti sia stato avviato un procedimento ai fini dell'applicazione di sanzioni abbiano diritti di difesa e di impugnazione effettivi. Articolo 6 Trattamento dei dati 1. I dati personali di cui all'articolo 3, paragrafo 1, sono trasmessi alle autorità incaricate di effettuare i controlli delle persone alle frontiere esterne attraverso le quali il passeggero entrerà nel territorio di uno Stato membro, al fine di agevolare l'esecuzione di tali controlli con l'obiettivo di combattere più efficacemente l'immigrazione illegale. Gli Stati membri provvedono a che tali dati siano raccolti dai vettori e trasmessi per via elettronica o, se ciò non fosse possibile, con altri mezzi appropriati alle autorità incaricate di effettuare i controlli alle frontiere al valico di frontiera autorizzato attraverso il quale il passeggero entrerà nel territorio di uno Stato membro. Le autorità incaricate di effettuare i controlli delle persone alle frontiere esterne salvano i dati in un file provvisorio. Dopo l'ingresso dei passeggeri tali autorità cancellano i dati entro 24 ore dalla loro trasmissione, a meno che i dati non siano necessari successivamente alle autorità incaricate di effettuare i controlli delle persone alle frontiere esterne per l'esercizio delle loro funzioni regolamentari in conformità della legislazione nazionale e fatte salve le disposizioni sulla protezione dei dati di cui alla direttiva 95/46/CE. Gli Stati membri adottano le misure necessarie perobbligare i vettori a cancellare, entro 24 ore dall'arrivo del mezzo ditrasporto ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, i dati personali raccolti etrasmessi alle autorità di frontiera ai fini della presente direttiva. Gli Stati membri possono altresì, in conformità della legislazione nazionale e fatte salve le disposizioni sulla protezione dei dati di cui alla direttiva 95/46/CE, utilizzare i dati personali di cui all'articolo 3, paragrafo 1 per finalità di applicazione normativa. 2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per obbligare i vettori a informare le persone trasportate in conformità delle disposizioni della direttiva 95/46/CE. Ciò comprende anche le informazioni di cui all'articolo 10, lettera c), e all'articolo 11, punto 1), lettera c) della direttiva 95/46/CE. Articolo 7 Recepimento 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 5 settembre 2006 . Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 8 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 9 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presentedirettiva conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea. Fatto a Lussemburgo, addì 29 aprile 2004. Per il Consiglio Il presidente M. McDOWELL (1) GU C 82 del 5.4.2003, pag. 23. (2) GU L 187 del 10.7.2001, pag. 45. (3) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31. (4) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 36. (5) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 31. (6) GU L 131 dell'1.6.2000, pag. 43. (7) GU L 64 del 7.3.2002, pag. 20.
Obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate La presente direttiva impone ai vettori aerei l'obbligo di raccogliere e trasmettere alle autorità dello Stato membro di arrivo incaricate del controllo di frontiera i dati relativi ai loro passeggeri. In caso di inosservanza, ai vettori possono essere applicate sanzioni, o, in caso di violazione grave, si può procedere alla confisca del mezzo di trasporto, oppure al ritiro della licenza di esercizio. ATTO Direttiva 2004/82/CE del Consiglio del 29 aprile 2004 concernente l'obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate. SINTESI In virtù della presente direttiva, i vettori aerei * devono comunicare le informazioni relative ai passeggeri diretti verso un valico di frontiera * dell'Unione europea. Tali dati sono forniti su richiesta delle autorità incaricate del controllo * delle persone alle frontiere esterne * dell'UE, per migliorare le verifiche e contrastare efficacemente l'immigrazione irregolare. I dati sono trasmessi alle autorità, generalmente per via elettronica, per la registrazione dei passeggeri. I vettori devono trasmettere in particolare le informazioni seguenti: numero e tipo di documento di viaggio utilizzato, cittadinanza, nome completo e data di nascita del passeggero, valico di frontiera di ingresso nell'UE, ora di partenza e di arrivo del mezzo di trasporto e numero complessivo di passeggeri trasportati. I dati sono di norma cancellati dalle autorità entro ventiquattro ore dalla loro trasmissione, dopo l'ingresso dei passeggeri nel territorio degli Stati membri. I dati personali sono cancellati dal vettore ventiquattro ore dopo l'arrivo del mezzo di trasporto. Se i vettori non rispettano tale obbligo, gli Stati membri adottano sanzioni dissuasive, effettive e proporzionate. Siffatte sanzioni si applicano ai vettori che per errore non hanno trasmesso i dati o hanno trasmesso dati incompleti o falsi. Il loro importo massimo è di almeno 5000 euro per viaggio; l'importo minimo di almeno 3000 euro per viaggio. Gli Stati membri possono prevedere anche altri tipi di sanzioni in caso di violazione grave dell'obbligo di comunicazione, che possono consistere: nell'immobilizzazione, nel sequestro e nella confisca del mezzo di trasporto, nella sospensione temporanea o nel ritiro della licenza di esercizio del vettore. I vettori possono impugnare le misure prese nei loro confronti. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie affinché questo diritto sia effettivo. Contesto Questa direttiva è stata adottata a seguito di una richiesta del Consiglio europeo del 25 e del 26 marzo 2004, riunitosi dopo gli attentati di Madrid. Gli obblighi previsti nella presente direttiva sono complementari a quelli stabiliti all'articolo 26 della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen integrato dalla direttiva 2001/51/CE, relativo all'obbligo dei vettori di ricondurre i cittadini di paesi terzi cui è stato negato l'ingresso dallo Stato membro di destinazione. Parole chiave dell'atto vettore: ogni persona fisica o giuridica che trasporta persone a titolo professionale per via aerea; frontiere esterne: le frontiere esterne degli Stati membri con i paesi terzi; controllo alla frontiera: il controllo, effettuato alla frontiera, esclusivamente come reazione ad una richiesta di attraversamento di tale frontiera; valico di frontiera: ogni valico di frontiera autorizzato dalle autorità competenti per l'attraversamento delle frontiere esterne. Riferimenti Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2004/82/CE 5.9.2004 5.9.2006 GU L 261 del 6.8.2004
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98/500/CE: Decisione della Commissione del 20 maggio 1998 che istituisce comitati di dialogo settoriale per promuovere il dialogo tra le parti sociali a livello europeo [notificata con il numero C(1998) 2334] (Testo rilevante ai fini del SEE) Gazzetta ufficiale n. L 225 del 12/08/1998 pag. 0027 - 0028 DECISIONE DELLA COMMISSIONE del 20 maggio 1998 che istituisce comitati di dialogo settoriale per promuovere il dialogo tra le parti sociali a livello europeo [notificata con il numero C(1998) 2334] (Testo rilevante ai fini del SEE) (98/500/CE)LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità europea,considerando che l'articolo 118 B del trattato stabilisce che la Commissione si sforzi di sviluppare a livello europeo un dialogo tra le parti sociali il quale possa sfociare, se le parti lo ritengono opportuno, in relazioni convenzionali;considerando che il punto 12 della Carta comunitaria dei Diritti sociali fondamentali dei lavoratori stabilisce che i datori di lavoro e le organizzazioni dei datori di lavoro da un lato e le organizzazioni dei lavoratori dall'altro devono avere il diritto, alle condizioni previste dalle legislazioni e dalle prassi nazionali, di negoziare e concludere contratti collettivi e che il dialogo che deve instaurarsi tra le parti sociali a livello europeo può giungere, se essi lo ritengono auspicabile, a rapporti contrattuali, soprattutto su scala interprofessionale e settoriale;considerando che, in risposta alla sua comunicazione del 18 settembre 1996, relativa allo sviluppo del dialogo sociale a livello comunitario (1), la Commissione ha ricevuto un forte appoggio da tutte le parti coinvolte nella sua proposta di rafforzare il dialogo sociale settoriale;considerando che il Parlamento europeo, nella sua risoluzione del 18 luglio 1997 (2), in risposta alla suddetta comunicazione della Commissione, ha chiesto che venga attribuita un'importanza specifica al dialogo sociale settoriale, poiché è nell'ambito del dialogo sociale che si può meglio valutare l'impatto della regolamentazione e/o deregolamentazione sull'occupazione nei vari settori economici;considerando che il Comitato economico e sociale, nel suo parere del 29 gennaio 1997 (3) in risposta alla stessa comunicazione della Commissione, ha dichiarato che il dialogo settoriale deve essere efficace, efficiente e correttamente gestito;considerando che la situazione nei vari Stati membri dimostra chiaramente la necessità che i datori di lavoro ed i lavoratori partecipino attivamente alle discussioni relative al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro nei rispettivi settori; considerando che il migliore strumento per garantire tale partecipazione è un comitato di dialogo settoriale collegato con la Commissione, che costituisca a livello comunitario un'istanza rappresentativa degli interessi socioeconomici coinvolti;considerando che la Commissione deve sforzarsi di garantire che la composizione e le attività dei comitati di dialogo settoriale contribuiscano alla promozione dell'eguaglianza tra le donne e gli uomini;considerando che i comitati paritari esistenti devono essere sostituiti dai comitati di dialogo settoriale; che deve pertanto procedersi all'abrogazione delle decisioni istitutive dei comitati paritari,DECIDE:Articolo 1 Con la presente decisione sono istituiti i comitati di dialogo settoriale (in prosieguo: «i comitati») nei settori in cui le parti sociali presentino richiesta congiunta di partecipare ad un dialogo a livello europeo, ed in cui le organizzazioni che rappresentano le due parti sociali dei settori interessati siano in possesso dei seguenti requisiti:a) siano collegate a specifici settori o categorie e dispongano di un'organizzazione a livello europeo;b) siano composte da organizzazioni che, a loro volta, formino parte integrante e riconosciuta delle strutture delle parti sociali degli Stati membri, siano abilitate a negoziare accordi e siano rappresentative in più Stati membri;c) dispongano di strutture adeguate a garantire la loro effettiva partecipazione all'attività dei comitati.Articolo 2 Nel settore di attività per il quale sono stati creati, i comitati:a) dovranno essere consultati sui progressi a livello comunitario che abbiano implicazioni sociali, eb) dovranno sviluppare e promuovere il dialogo sociale a livello settoriale.Articolo 3 Alle riunioni di ciascun comitato sono ammessi a partecipare complessivamente al massimo 40 rappresentanti dei datori di lavoro e dei sindacati, con un numero pari di rappresentanti per ciascuna delegazione.Articolo 4 La Commissione invita a partecipare alle riunioni dei comitati i rappresentanti proposti dalle organizzazioni delle parti sociali che abbiano presentato la richiesta di cui all'articolo 1.Articolo 5 1. Ciascun comitato stabilirà, di concerto con la Commissione, il proprio regolamento di procedura.2. I comitati sono presieduti da un rappresentante della delegazione dei datori di lavoro o della delegazione dei lavoratori o, su loro richiesta congiunta, da un rappresentante della Commissione.3. I comitati si riuniscono almeno una volta all'anno. Le spese di soggiorno e di viaggio sono rimborsate ad un massimo di 30 rappresentanti delle parti sociali partecipanti alle riunioni di un comitato.4. La Commissione esamina regolarmente, in consultazione con le parti sociali, il funzionamento dei comitati e lo svolgimento delle loro attività nei vari settori.Articolo 6 Se la Commissione informa un comitato del carattere confidenziale di un tema in discussione, i membri del comitato sono obbligati, salvo il disposto dell'articolo 214 del trattato, a mantenere il segreto su qualunque informazione acquisita durante le riunioni del comitato o del suo segretariato.Articolo 7 1. I comitati di dialogo settoriale sostituiscono i seguenti comitati paritari:a) comitato paritetico per i trasporti marittimi istituito con decisione 87/467/CEE della Commissione (4);b) comitato paritetico dell'aviazione civile istituito con decisione 90/449/CEE della Commissione (5);c) comitato paritetico per la navigazione interna istituito con decisione 80/991/CEE della Commissione (6);d) comitato paritetico dei trasporti stradali istituito con decisione 85/516/CEE della Commissione (7);e) comitato paritetico delle ferrovie istituito con decisione 85/13/CEE della Commissione (8);f) comitato paritetico delle telecomunicazioni istituito con decisione 90/450/CEE della Commissione (9);g) comitato paritetico per i problemi sociali dei salariati agricoli istituito con decisione 74/442/CEE della Commissione (10);h) comitato paritetico per i problemi sociali nella pesca marittima istituito con decisione 74/441/CEE della Commissione (11);i) comitato paritetico delle poste istituito con decisione 94/595/CE della Commissione (12).I comitati istituiti da tali decisioni restano in funzione sino all'entrata in funzione dei comitati settoriali istituiti dalla presente decisione, ovvero, al più tardi, fino al 31 dicembre 1998.2. Alle condizioni stabilite dall'articolo 1, i comitati di dialogo settoriale sostituiscono anche altri gruppi di lavoro informali per il cui mezzo la Commissione ha sino ad ora promosso il dialogo sociale in alcuni settori non compresi nell'ambito di applicazione delle decisioni della Commissione istitutive di comitati paritari.3. Le decisioni di cui alle lettere da a) ad i) del paragrafo 1 sono abrogate con effetto dal 1° gennaio 1999.Fatto a Bruxelles, il 20 maggio 1998.Per la CommissionePádraig FLYNNMembro della Commissione(1) COM(96) 448 def.(2) GU C 286 del 22. 9. 1997, pag. 338.(3) GU C 89 del 19. 3. 1997, pag. 27.(4) GU L 253 del 4. 9. 1987, pag. 20.(5) GU L 230 del 24. 8. 1990, pag. 22.(6) GU L 297 del 6. 11. 1980, pag. 28.(7) GU L 317 del 28. 11. 1985, pag. 33.(8) GU L 8 del 10. 1. 1985, pag. 26.(9) GU L 230 del 24. 8. 1990, pag. 25.(10) GU L 243 del 5. 9. 1974, pag. 22.(11) GU L 243 del 5. 9. 1974, pag. 19.(12) GU L 225 del 31. 8. 1994, pag. 31.
Dialogo sociale settoriale SINTESI CHE COSA FA LA DECISIONE? Fornisce la base per la creazione di comitati di dialogo sociale settoriale nelle diverse aree di attività dell’UE in cui i rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori (le cosiddette «parti sociali») possono incontrarsi per discutere di sviluppi politici. Tali comitati sono una caratteristica del più ampio dialogo sociale europeo*, elemento essenziale del modello sociale e della governance dell’Unione europea (UE). PUNTI CHIAVE I comitati di dialogo settoriale sono stati creati nei settori in cui le organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro hanno congiuntamente espresso l’esigenza di partecipare ad un dialogo a livello europeo. Essi devono: essere collegati a specifici settori economici, come quello bancario o dell’agricoltura; essere composti da organizzazioni riconosciute come parti sociali nazionali; essere abilitati a negoziare accordi; rappresentare le parti sociali di diversi paesi dell’UE; disporre di strutture e risorse per partecipare efficacemente ai lavori a livello comunitario. Ciascun comitato: viene consultato in merito ai progressi dell’UE che hanno implicazioni sociali nella sua area; sviluppa e promuove il dialogo sociale di sua competenza; ha un numero massimo di 66 membri, con un numero uguale di rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori; stabilisce, congiuntamente alla Commissione europea, il proprio regolamento di procedura; si riunisce almeno una volta all’anno; è presieduto da un rappresentante dei datori di lavoro o dei lavoratori o da un funzionario della Commissione; esamina regolarmente, con la Commissione, le proprie attività. I comitati di dialogo settoriale sostituiscono le precedenti forme di cooperazione settoriale tra le parti sociali. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Si applica a decorrere dal 20 maggio 1998. CONTESTO L’articolo 152 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea conferma l’impegno dell’UE a sostenere il dialogo sociale europeo e riconosce l’autonomia delle parti sociali europee. Dal 1998, la Commissione ha creato più di 40 comitati di dialogo sociale settoriale, che coinvolgono circa 150 milioni di lavoratori nell’UE in settori come i trasporti, l’agricoltura, l’edilizia, il commercio, i servizi pubblici, la costruzione di macchine e di attrezzature, alberghi e ristoranti, le banche. Il dialogo ha portato ad accordi su circa 900 testi di varia natura giuridica. Per maggiori informazioni, si consulti la pagina «Dialogo sociale settoriale» sul sito Internet della Commissione europea. TERMINE CHIAVE * Dialogo sociale europeo: discussioni, consultazioni, trattative e azioni congiunte tra le parti sociali (datori di lavoro e lavoratori). ATTO Decisione 98/500/CE della Commissione, del 20 maggio 1998, che istituisce comitati di dialogo settoriale per promuovere il dialogo tra le parti sociali a livello europeo (GU L 225 del 12.8.1998, pag. 27-28) Le modifiche successive alla decisione 98/500/CE sono state incorporate nel testo originario. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale. ATTI COLLEGATI Documento di lavoro dei servizi della Commissione sul funzionamento e sul potenziale del dialogo sociale settoriale a livello europeo, SEC(2010) 964 def. del 22.7.2010
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REGOLAMENTO (UE) 2015/477 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell'11 marzo 2015 relativo alle misure che l'Unione può adottare in merito all'effetto combinato dei dazi antidumping/compensativi e delle misure di salvaguardia (codificazione) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 207, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, previa consultazione del Comitato economico e sociale europeo, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (1), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 452/2003 del Consiglio (2) ha subito varie e sostanziali modifiche (3). A fini di chiarezza e razionalizzazione è opportuno procedere alla sua codificazione. (2) Con il regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio (4) sono state adottate norme comuni contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell'Unione. (3) Con il regolamento (CE) n. 597/2009 del Consiglio (5) sono state adottate norme comuni contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri dell'Unione. (4) Con il regolamento (CE) n. 260/2009 del Consiglio (6) e il regolamento (CE) n. 625/2009 del Consiglio (7), sono state adottate norme comuni riguardanti le misure di salvaguardia applicate alle importazioni da determinati paesi che non fanno parte dell'Unione. Le misure di salvaguardia possono consistere in dazi applicabili a tutte le importazioni oppure alle importazioni che superino un quantitativo prestabilito. L'applicazione delle misure di salvaguardia consente l'ingresso delle merci nel mercato unionale previo pagamento dei dazi corrispondenti. (5) Alle importazioni di determinati prodotti possono applicarsi sia dazi antidumping o compensativi che misure tariffarie di salvaguardia. I dazi servono a ovviare alle distorsioni del mercato dovute alle pratiche commerciali sleali, mentre le misure tariffarie di salvaguardia costituiscono una risposta all'aumento massiccio delle importazioni. (6) La combinazione di misure di salvaguardia con dazi antidumping o compensativi sulle stesse importazioni potrebbe avere un effetto superiore a quello auspicabile conformemente alla politica e agli obiettivi di difesa commerciale dell'Unione. Tale combinazione potrebbe comportare, in particolare, un onere eccessivo per determinati produttori esportatori, che in pratica sarebbero tagliati fuori dal mercato dell'Unione. (7) Occorre quindi evitare di imporre un onere eccessivo ai produttori esportatori che intendono esportare nell'Unione per garantire loro l'accesso a tale mercato. (8) Occorre pertanto conseguire gli obiettivi delle misure tariffarie di salvaguardia e dei dazi antidumping/compensativi senza escludere detti produttori esportatori dal mercato dell'Unione. Pertanto, è necessario introdurre disposizioni provvisorie affinché la Commissione possa intervenire, se lo ritiene opportuno, per evitare che la combinazione dei dazi antidumping o compensativi con le misure di salvaguardia abbia l'effetto suddetto. (9) Ammesso che si possa prevedere l'applicazione simultanea della misura di salvaguardia e del dazio antidumping/compensativo allo stesso prodotto, non è sempre possibile stabilire in anticipo il momento preciso in cui ciò si verificherà. La Commissione, pertanto, dovrebbe poter intervenire in modo tale da garantire prevedibilità e certezza giuridica sufficienti a tutti gli operatori interessati. (10) La Commissione potrebbe ritenere opportuno modificare, sospendere o abrogare i dazi antidumping e/o compensativi, concedere esenzioni totali o parziali dai dazi antidumping/compensativi che altrimenti sarebbero pagabili o adottare altre misure speciali. Le eventuali sospensioni, modifiche o esenzioni dai dazi antidumping/compensativi dovrebbero applicarsi solo per un periodo limitato. (11) È opportuno che tutte le misure adottate a norma del presente regolamento si applichino a decorrere dalla data di entrata in vigore, salvo diverse disposizioni, e pertanto non consentono il rimborso dei dazi riscossi prima di tale data. (12) Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione, alla Commissione dovrebbero essere attribuite competenze di esecuzione. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (8), HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. La Commissione, se ritiene che la combinazione dei dazi antidumping e/o compensativi con misure tariffarie di salvaguardia sulle stesse importazioni rischi di avere un effetto superiore a quello auspicabile conformemente alla politica e agli obiettivi di difesa commerciale dell'Unione, può adottare, secondo la procedura di esame di cui all'articolo 3, paragrafo 2, quelle fra le seguenti misure che ritiene appropriate: a) misure di modifica, sospensione o abrogazione dei dazi antidumping e/o compensativi in vigore; b) misure di esenzione totale o parziale delle importazioni dai dazi antidumping/compensativi che altrimenti sarebbero pagabili; c) qualsiasi altra misura speciale ritenuta appropriata. 2. Le eventuali modifiche, sospensioni o esenzioni di cui al paragrafo 1 rimangono in vigore per un periodo limitato durante l'applicazione delle misure di salvaguardia. Articolo 2 Tutte le misure prese a norma del presente regolamento si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore. Salvo diverse disposizioni, esse non consentono il rimborso dei dazi riscossi prima di tale data. Articolo 3 1. La Commissione è assistita dal comitato istituito dall'articolo 15, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1225/2009. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. Articolo 4 Il regolamento (CE) n. 452/2003 è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all'allegato II. Articolo 5 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, l'11 marzo 2015 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente Z. KALNIŅA-LUKAŠEVICA (1) Posizione del Parlamento europeo dell'11 febbraio 2015 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 2 marzo 2015. (2) Regolamento (CE) n. 452/2003 del Consiglio, del 6 marzo 2003, relativo alle misure che la Comunità può adottare in merito all'effetto combinato dei dazi antidumping/compensativi e delle misure di salvaguardia (GU L 69 del 13.3.2003, pag. 8). (3) Cfr. l'allegato I. (4) Regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343 del 22.12.2009, pag. 51). (5) Regolamento (CE) n. 597/2009 del Consiglio, dell'11 giugno 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri della Comunità europea (GU L 188 del 18.7.2009, pag. 93). (6) Regolamento (CE) n. 260/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, relativo al regime comune applicabile alle importazioni (GU L 84 del 31.3.2009, pag. 1). (7) Regolamento (CE) n. 625/2009 del Consiglio, del 7 luglio 2009, relativo al regime comune applicabile alle importazioni da alcuni paesi terzi (GU L 185 del 17.7.2009, pag. 1). (8) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13). ALLEGATO I Regolamento abrogato e sua modificazione successiva Regolamento (CE) n. 452/2003 del Consiglio (GU L 69 del 13.3.2003, pag. 8). Regolamento (UE) n. 37/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 18 del 21.1.2014, pag. 1). Limitatamente al punto 10 dell'allegato ALLEGATO II Tavola di concordanza Regolamento (CE) n. 452/2003 Presente regolamento Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2 Articolo 2 Articolo 2 bis Articolo 3 — Articolo 4 Articolo 3 Articolo 5 — Allegato I — Allegato II
Combinazione di diverse misure di protezione commerciale QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Consente alla Commissione europea di adottare misure di salvaguardia* volte a proteggere l’industria dell’Unione europea (UE) dalla concorrenza sleale provocata da un improvviso e imprevisto incremento delle importazioni. PUNTI CHIAVE Le misure di salvaguardia mirano a dare all’industria dell’UE una tregua temporanea per mettere in atto gli aggiustamenti necessari. Diversamente dai dazi antidumping* e compensativi*, le misure di salvaguardia non si concentrano sul grado di equità degli scambi, perciò le condizioni per imporle sono più rigide. L’UE deve dimostrare che l’incremento delle importazioni: è evidente; è dovuto a sviluppi imprevisti; provoca (o rischia di provocare) gravi danni all’industria dell’UE; e che le misure di salvaguardia sono nell’interesse dell’UE. Tali misure si applicano a tutte le importazioni dei prodotti pertinenti da tutti i paesi. La Commissione può adottare le seguenti misure di salvaguardia: misure di modifica, sospensione o abrogazione dei dazi antidumping e/o compensativi in vigore; misure di esenzione totale o parziale delle importazioni dai dazi antidumping/compensativi* che altrimenti sarebbero pagabili; qualsiasi altra misura speciale, quali tetti ai dazi sulle importazioni, ritenuta appropriata in base alle circostanze. Le eventuali modifiche, sospensioni o esenzioni devono rimanere in vigore per un periodo limitato durante l’applicazione delle misure di salvaguardia. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento (UE) 2015/477 è la versione codificata di un documento originale (regolamento (CE) n. 452/2003) e sue modifiche successive. È applicato dal 16 aprile 2015. * TERMINI CHIAVE Provvedimenti antidumping: provvedimenti, quali dazi specifici, applicati alle importazioni nell’UE di prodotti oggetto di dumping, ovvero esportati verso l’Unione a un prezzo più basso di quello nazionale e che provocano danno alle industrie comunitarie. Provvedimenti antisovvenzioni: provvedimenti, quali dazi di compensazione, imposti dall’UE sulle importazioni oggetto di sovvenzioni e che perciò danneggiano le industrie dell’Unione che producono lo stesso prodotto (ossia un prodotto simile). Misure di salvaguardia: misure introdotte quando la Commissione ritiene che le importazioni di un determinato prodotto siano incrementate a tal punto da provocare (o rischiare di farlo) gravi danni ai produttori dell’UE. Sono misure temporanee (ad esempio tetti alle importazioni o ai dazi) applicate alle importazioni al fine di dare ai produttori dell’UE il tempo per mettere in atto i necessari aggiustamenti strutturali. Dazi compensativi: dazi applicati alle merci che hanno ricevuto sovvenzioni governative nel paese di origine o esportatore, consentendo così di essere importate nell’UE a prezzi sostanzialmente più bassi del loro valore commerciale normale. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) 2015/477 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2015, relativo alle misure che l’Unione può adottare in merito all’effetto combinato dei dazi antidumping/compensativi e delle misure di salvaguardia (codificazione) (GU L 83 del 27.3.2015, pag. 11-15)
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 13 luglio 2010 a norma dell’articolo 140, paragrafo 2, del trattato, relativa all'adozione dell'euro da parte dell'Estonia il 1o gennaio 2011 (2010/416/UE) IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (il «trattato»), in particolare l'articolo 140, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, vista la relazione della Commissione europea, vista la relazione della Banca centrale europea, visto il parere del Parlamento europeo, visto il dibattito in seno al Consiglio europeo, vista la raccomandazione presentata dai membri del Consiglio che rappresentano gli Stati membri la cui valuta è l'euro, considerando quanto segue: (1) La terza fase dell'Unione economica e monetaria («UEM») è iniziata il 1o gennaio 1999. Con la decisione 1998/317/CE (1) il Consiglio, riunito a Bruxelles il 3 maggio 1998 nella composizione dei capi di Stato o di governo, ha stabilito che il Belgio, la Germania, la Spagna, la Francia, l'Irlanda, l'Italia, il Lussemburgo, i Paesi Bassi, l'Austria, il Portogallo e la Finlandia soddisfacevano le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica il 1o gennaio 1999. (2) Con la decisione 2000/427/CE (2) il Consiglio ha stabilito che la Grecia soddisfaceva le condizioni necessarie per adottare la moneta unica il 1o gennaio 2001. Con la decisione 2006/495/CE (3) il Consiglio ha stabilito che la Slovenia soddisfaceva le condizioni necessarie per adottare la moneta unica il 1o gennaio 2007. Con le decisioni 2007/503/CE (4) e 2007/504/CE (5) il Consiglio ha stabilito che Cipro e Malta, rispettivamente, soddisfacevano le condizioni necessarie per adottare la moneta unica il 1o gennaio 2008. Con la decisione 2008/608/CE (6) il Consiglio ha stabilito che la Slovacchia soddisfaceva le condizioni necessarie per adottare la moneta unica il 1o gennaio 2009. (3) A norma del paragrafo 1 del protocollo su talune disposizioni relative al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord allegato al trattato che istituisce la Comunità europea, il Regno Unito ha notificato al Consiglio che non intendeva passare alla terza fase dell'UEM il 1o gennaio 1999. Da allora tale notifica non è stata revocata. A norma del paragrafo 1 del protocollo su talune disposizioni relative alla Danimarca allegato al trattato che istituisce la Comunità europea e della decisione adottata a Edimburgo dai capi di Stato o di governo nel dicembre 1992, la Danimarca ha notificato al Consiglio che non intendeva partecipare alla terza fase dell'UEM. La Danimarca non ha chiesto l'avvio della procedura di cui all'articolo 140, paragrafo 2, del trattato. (4) A norma della decisione 98/317/CE la Svezia beneficia di una deroga di cui all'articolo 139, paragrafo 1, del trattato. Conformemente all'articolo 4 dell'atto di adesione del 2003, la Repubblica ceca, l'Estonia, la Lettonia, la Lituania, l'Ungheria e la Polonia beneficiano di una deroga di cui all'articolo 139, paragrafo 1, del trattato. A norma dell'articolo 5 dell’atto di adesione del 2005, la Bulgaria e la Romania beneficiano di una deroga di cui all'articolo 139, paragrafo 1, del trattato. (5) La Banca centrale europea («BCE») è stata istituita il 1o luglio 1998. Il sistema monetario europeo è stato sostituito da un meccanismo di cambio, la cui istituzione è stata decisa con una risoluzione del Consiglio europeo del 16 giugno 1997, sull'istituzione di un meccanismo di cambio nella terza fase dell'Unione economica e monetaria (7). Le procedure operative del meccanismo di cambio per la terza fase dell'Unione economica e monetaria (ERM II) sono state stabilite nell'accordo del 16 marzo 2006 tra la BCE e le banche centrali nazionali degli Stati membri non appartenenti all'area dell'euro, che stabilisce le procedure operative di un meccanismo di cambio per la terza fase dell'Unione economica e monetaria (8). (6) La procedura per l'abolizione della deroga degli Stati membri che ne beneficiano è stabilita nell'articolo 140, paragrafo 2, del trattato. Almeno una volta ogni due anni o a richiesta di uno Stato membro con deroga, la Commissione e la BCE riferiscono al Consiglio in conformità della procedura di cui all'articolo 140, paragrafo 1, del trattato. Le più recenti relazioni periodiche sulla convergenza della Commissione e della BCE sono state adottate nel maggio 2010. (7) La legislazione nazionale degli Stati membri, inclusi gli statuti delle banche centrali nazionali, deve essere adattata, se necessario, per garantire la compatibilità con gli articoli 130 e 131 del trattato e lo statuto del sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea («statuto del SEBC e della BCE»). Le relazioni della Commissione e della BCE forniscono una valutazione dettagliata della compatibilità della legislazione dell'Estonia con gli articoli 130 e 131 del trattato e lo statuto del SEBC e della BCE. (8) A norma dell'articolo 1 del protocollo n. 13 sui criteri di convergenza («il protocollo»), il criterio relativo alla stabilità dei prezzi di cui all'articolo 140, paragrafo 1, primo trattino, del trattato significa che uno Stato membro presenta un andamento dei prezzi sostenibile e un tasso medio d'inflazione che, osservato per un periodo di un anno anteriormente all'esame, non supera di oltre 1,5 punti percentuali quello dei tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi. Ai fini del criterio della stabilità dei prezzi l'inflazione si misura mediante indici dei prezzi al consumo armonizzati (IPCA) definiti nel regolamento (CE) n. 2494/95 del Consiglio, del 23 ottobre 1995, relativo agli indici dei prezzi al consumo armonizzati (9). Per valutare la stabilità dei prezzi, l'inflazione di uno Stato membro è stata misurata in base alla variazione percentuale della media aritmetica di 12 indici mensili rispetto alla media aritmetica dei 12 indici mensili precedenti. Nelle relazioni della Commissione e della BCE è stato considerato un valore di riferimento calcolato come media aritmetica semplice dei tassi di inflazione dei tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi, maggiorato di 1,5 punti percentuali. Nel periodo di un anno che è terminato a marzo 2010, il valore di riferimento dell’inflazione è stato calcolato all'1,0 %, con Portogallo, Estonia e Belgio che rappresentavano i tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi, con tassi di inflazione, rispettivamente, a – 0,8 %, – 0,7 % e – 0,1 %. Nelle attuali circostanze economiche caratterizzate da un forte shock negativo comune, in cui un numero significativo di paesi affrontano episodi di tassi di inflazione negativi, sembra giustificato escludere dall'elenco dei paesi che hanno conseguito i migliori risultati quelli il cui tasso medio d'inflazione differisce nettamente dalla media dell'area euro (0,3 % nel marzo 2010) — in linea con il precedente della relazione di convergenza del 2004 —, poiché tali paesi non possono essere ragionevolmente considerati quali paesi che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi e includendoli si influirebbe fortemente sul valore di riferimento e, conseguentemente, sull'equità del criterio. Per marzo 2010, tale ragionamento conduce all'esclusione dell'Irlanda, che è il solo paese il cui tasso d'inflazione medio su dodici mesi (a – 2,3 % nel marzo 2010) si differenziava nettamente rispetto a quello dell'area euro e degli altri Stati membri, soprattutto a causa del forte rallentamento economico. (9) A norma dell'articolo 2 del protocollo, il criterio relativo alla situazione di bilancio pubblico di cui all'articolo 140, paragrafo 1, secondo trattino, del trattato significa che al momento dell'esame lo Stato membro non è oggetto di una decisione del Consiglio a norma dell'articolo 126, paragrafo 6, del trattato circa l'esistenza di un disavanzo eccessivo. (10) A norma dell'articolo 3 del protocollo, il criterio relativo alla partecipazione al meccanismo di cambio del sistema monetario europeo di cui all'articolo 140, paragrafo 1, terzo trattino, del trattato, significa che lo Stato membro ha rispettato i normali margini di fluttuazione stabiliti dal meccanismo di cambio del sistema monetario europeo senza gravi tensioni per un periodo di almeno due anni prima dell'esame. In particolare, e per lo stesso periodo, non deve aver svalutato di propria iniziativa il tasso di cambio centrale bilaterale della sua moneta nei confronti dell'euro. Dal 1o gennaio 1999 l'ERM II fornisce il quadro di riferimento per la valutazione del rispetto del criterio relativo al tasso di cambio. Nel valutare nelle loro relazioni il rispetto di questo criterio, la Commissione e la BCE hanno preso in esame il periodo di due anni conclusosi il 23 aprile 2010. (11) A norma dell'articolo 4 del protocollo, il criterio relativo alla convergenza dei tassi d'interesse di cui all'articolo 140, paragrafo 1, quarto trattino del trattato, significa che il tasso medio d'interesse nominale a lungo termine di uno Stato membro, osservato nell'arco di un anno prima dell'esame, non ha superato di oltre due punti percentuali quello dei tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi. Ai fini del criterio relativo alla convergenza dei tassi d'interesse sono stati utilizzati i tassi d'interesse comparabili delle obbligazioni di riferimento a dieci anni emesse dallo Stato. L'Estonia, che era uno degli Stati membri con i risultati migliori in termini di stabilità dei prezzi nel marzo 2010, non dispone di obbligazioni di Stato di riferimento a lungo termine armonizzate, né di titoli comparabili che possano essere utilizzati per calcolare il valore di riferimento. Di conseguenza, conformemente al testo del protocollo (che menziona i «tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi»), per valutare il rispetto del criterio della convergenza dei tassi d'interesse, nelle relazioni della Commissione e della BCE è stato considerato un valore di riferimento calcolato come la media aritmetica semplice dei tassi d'interesse nominali degli altri due Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi, maggiorata di due punti percentuali. Su tale base, il valore di riferimento per il periodo di un anno che termina a marzo 2010 era pari al 6,0 %, la media dei tassi d'interesse del Portogallo (4,2 %) e del Belgio (3,8 %), maggiorata di due punti percentuali. (12) A norma dell'articolo 5 del protocollo, i dati statistici da usare per l'attuale valutazione del rispetto dei criteri di convergenza devono essere forniti dalla Commissione. La Commissione ha fornito i dati per l'elaborazione della presente decisione. I dati di bilancio sono stati forniti dalla Commissione in base alle informazioni comunicate dagli Stati membri entro il 1o aprile 2010 a norma del regolamento (CE) n. 479/2009 del Consiglio, del 25 maggio 2009, relativo all'applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi, allegato al trattato che istituisce la Comunità europea (10). (13) Sulla base delle relazioni presentate dalla Commissione e dalla BCE sui progressi compiuti dall'Estonia nell'adempimento dei suoi obblighi relativi alla realizzazione dell'UEM, la Commissione può concludere che: a) la legislazione nazionale estone, incluso lo statuto della banca centrale nazionale, è compatibile con gli articoli 130 e 131 del trattato e con lo statuto del SEBC e della BCE; b) per quanto riguarda il rispetto da parte dell'Estonia dei criteri di convergenza indicati nei quattro trattini dell'articolo 140, paragrafo 1, del trattato: — il tasso medio di inflazione dell'Estonia nei dodici mesi fino a marzo 2010 è stato pari a – 0,7 %, ossia ben inferiore al valore di riferimento, e dovrebbe mantenersi al di sotto di tale valore anche nei prossimi mesi, — l'Estonia non è oggetto di una decisione del Consiglio sull'esistenza di un disavanzo eccessivo con un disavanzo di bilancio nel 2009 pari all'1,7 % del PIL, — l'Estonia fa parte dell'ERM II dal 28 giugno 2004; nel biennio terminato il 23 aprile 2010, la corona estone non ha subito gravi tensioni e non si è registrata alcuna differenza in relazione alla sua parità centrale all'interno dell'ERM II dal momento della sua partecipazione al meccanismo, — dato il basso livello di debito pubblico lordo dell'Estonia, non sono disponibili obbligazioni statali a lungo termine o titoli analoghi da utilizzare come riferimento per valutare la sostenibilità della convergenza quale risulta dai tassi di interesse a lungo termine. La percezione del rischio sui mercati finanziari per quanto riguarda l'Estonia si è accresciuta all'apice della crisi, ma la sua evoluzione nel periodo di riferimento e una valutazione più globale della durabilità della convergenza, tenuto conto in particolare dei risultati della politica di bilancio dell'Estonia e della relativa flessibilità dell'economia, supporterebbe una valutazione positiva del rispetto da parte dell'Estonia del criterio dei tassi d'interesse a lungo termine; c) alla luce della valutazione della compatibilità della legislazione e del rispetto dei criteri di convergenza e dei fattori aggiuntivi, l'Estonia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 L'Estonia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro. La deroga nei confronti dell'Estonia di cui all’articolo 4 dell’atto di adesione del 2003, è abrogata a decorrere dal 1o gennaio 2011. Articolo 2 Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione. Articolo 3 La presente decisione entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 13 luglio 2010. Per il Consiglio Il presidente D. REYNDERS (1) GU L 139 dell'11.5.1998, pag. 30. (2) GU L 167 del 7.7.2000, pag. 19. (3) GU L 195 del 15.7.2006, pag. 25. (4) GU L 186 del 18.7.2007, pag. 29. (5) GU L 186 del 18.7.2007, pag. 32. (6) GU L 195 del 24.7.2008, pag. 24. (7) GU C 236 del 2.8.1997, pag. 5. (8) GU C 73 del 25.3.2006, pag. 21. (9) GU L 257 del 27.10.1995, pag. 1. (10) GU L 145 del 10.6.2009, pag. 1.
Adesione dell'Estonia all'euro (2011) L'Estonia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro. Essa adotterà quindi l'euro come moneta unica a partire dal 1º gennaio 2011. L'Estonia è il diciassettesimo Stato membro dell'Unione europea ad adottare l'euro. ATTO Decisione 2010/416/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010, a norma dell’articolo 140, paragrafo 2, del trattato, relativa all'adozione dell'euro da parte dell'Estonia il 1º gennaio 2011 [Gazzetta ufficiale L 196 del 28.7.2010]. SINTESI Con la presente decisione, il Consiglio accerta che l'Estonia soddisfa tutte le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro: l'Estonia soddisfa i requisiti stabiliti dai criteri di convergenza: la stabilità dei prezzi; la situazione delle finanze pubbliche; la partecipazione al meccanismo di cambio del sistema monetario europeo; la presenza di un tasso d'interesse a lungo termine soddisfacente; l'Estonia dispone di una legislazione nazionale compatibile con l'introduzione dell'euro. Pertanto l'Estonia adotterà l'euro a partire dal 1º gennaio 2011. Stabilità dei prezzi Gli Stati membri devono presentare un andamento dei prezzi sostenibile. Ai fini del criterio, il tasso d'inflazione annuale dello Stato membro dev'essere inferiore al valore di riferimento, che corrisponde alla media dei tassi di inflazione annuale dei tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi. Se il tasso d'inflazione dello Stato membro candidato non supera di oltre 1,5 punti percentuali il valore di riferimento e se il suo risultato in termini di stabilità dei prezzi è considerato sostenibile, allora il criterio di stabilità dei prezzi è soddisfatto. Il Consiglio constata che il tasso d'inflazione annuale medio in Estonia calcolato nel marzo 2010 (-0.7%) è ben inferiore al valore di riferimento (0.3%) e ritiene quindi sostenibile il suo risultato in termini di stabilità dei prezzi. Finanze pubbliche L'Estonia non presenta alcun disavanzo di bilancio eccessivo. La situazione delle finanze pubbliche del paese è quindi soddisfacente e permette l'introduzione dell'euro. Partecipazione al meccanismo di cambio del sistema monetario europeo Il meccanismo stabilisce un tasso di cambio centrale tra l'euro e le monete nazionali degli Stati membri e autorizza fluttuazioni moderate rispetto al tasso centrale. Ciascun paese candidato all'adozione dell'euro deve aver partecipato a tale meccanismo di cambio per almeno due anni senza aver subito gravi tensioni nel corso della sua moneta. Conformemente ai requisiti dei trattati, la corona estone ha adottato tale meccanismo di cambio nel giugno 2004 e non ha subito gravi tensioni nel biennio di esame della sua candidatura. Tassi d'interesse a lungo termine I tassi d'interesse a lungo termine sono calcolati in base ai tassi d'interesse delle obbligazioni a lungo termine emesse dagli Stati membri. Il Consiglio constata che il livello del debito pubblico dell'Estonia è molto basso e che non esistono quindi tassi di interesse a lungo termine appropriati per analizzare la sostenibilità della convergenza dell'Estonia. Il Consiglio ha quindi tenuto conto dell'analisi qualitativa di vari indicatori economici e finanziari nonché dei risultati della politica di bilancio dell'Estonia e della relativa flessibilità dell'economia per valutare il rispetto del criterio dei tassi d'interesse a lungo termine. Legislazione nazionale Oltre a soddisfare i criteri di convergenza, uno Stato membro candidato dell'euro deve anche disporre di una legislazione nazionale compatibile con l'introduzione della moneta unica. Nel caso specifico, il Consiglio constata che la legislazione interna dell'Estonia non pone alcun problema all'introduzione dell'euro. Essa è infatti compatibile con lo statuto della Banca centrale europea e del sistema europeo di banche centrali (SEBC). Si ricorda che il SEBC è composto dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali degli Stati membri. L'obiettivo principale del SEBC è mantenere la stabilità dei prezzi.
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ACCORDO QUADRO tra l'Unione europea e il Kosovo (*1) sui principi generali della partecipazione del Kosovo ai programmi dell'Unione L'UNIONE EUROPEA, in seguito denominata «Unione», da una parte, e il KOSOVO (*1), dall'altra, in seguito denominati «parti contraenti», considerando quanto segue: (1) Il 14 dicembre 2007 il Consiglio europeo ha sottolineato che l'Unione è pronta a svolgere un ruolo di primo piano nel rafforzare la stabilità della regione, ha dichiarato la disponibilità dell'Unione ad assistere il Kosovo nel cammino verso una stabilità sostenibile e ha confermato che l'Unione intende contribuire allo sviluppo economico e politico attraverso una chiara prospettiva europea, in linea con la prospettiva europea della regione. (2) Il 7 dicembre 2009 il Consiglio ha accolto con favore la comunicazione della Commissione europea del 14 ottobre 2009 intitolata «Realizzare la prospettiva europea del Kosovo» e ha invitato quest'ultima a prendere le misure necessarie per sostenere i progressi del Kosovo verso l'Unione, in linea con la prospettiva europea della regione. Esso ha attribuito importanza alle misure relative al commercio e ai visti e ha incoraggiato la Commissione europea a consentire al Kosovo di partecipare ai programmi dell'Unione, integrando il Kosovo nel sistema di sorveglianza economica e di bilancio, attivando la seconda componente dello strumento di assistenza preadesione e consolidando il dialogo nell'ambito del processo di stabilizzazione e di associazione. (3) Il 14 dicembre 2010 il Consiglio ha dichiarato di attendere con interesse una proposta della Commissione europea che consenta la partecipazione del Kosovo ai programmi dell'Unione. La Commissione europea ha presentato tale proposta nel marzo 2011. (4) Il 5 dicembre 2011 il Consiglio ha confermato il proprio impegno a trovare un accordo sulla partecipazione del Kosovo ai programmi dell'Unione, ferme restando le posizioni degli Stati membri sullo status. (5) Il 22 ottobre 2012 il Consiglio ha autorizzato la Commissione europea ad avviare negoziati a nome dell'Unione su un accordo quadro con il Kosovo riguardo alla sua partecipazione ai programmi dell'Unione. (6) Il Kosovo ha espresso il desiderio di partecipare a una serie di programmi dell'Unione. (7) L'articolo 212 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea fa riferimento ad azioni di cooperazione economica, finanziaria e tecnica con paesi terzi diversi dai paesi in via di sviluppo. (8) Le modalità e le condizioni specifiche, compreso il relativo contributo finanziario, della partecipazione del Kosovo a ciascun programma specifico dell'Unione dovrebbero essere stabilite nell'ambito di un accordo tra la Commissione europea, che agisce a nome dell'Unione, e le autorità del Kosovo. (9) La firma e la conclusione del presente accordo non pregiudicano la posizione degli Stati membri sullo status del Kosovo, posizione che ciascuno di essi deciderà conformemente alla rispettiva prassi nazionale e al diritto internazionale. Nessuna parola, formulazione o definizione utilizzata nel presente accordo, compreso il suo allegato, o nei programmi dell'Unione costituisce un riconoscimento del Kosovo come Stato indipendente da parte dell'Unione, né costituisce un riconoscimento del Kosovo come tale da parte dei singoli Stati membri che non abbiano proceduto in tal senso, HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE: Articolo 1 Il Kosovo è ammesso a partecipare ai seguenti programmi dell'Unione: a) a quegli attuali programmi dell'Unione elencati nell'allegato, e ai programmi che vi succederanno, che saranno aperti alla partecipazione del Kosovo, una volta entrato in vigore il presente accordo; b) ai programmi dell'Unione che saranno istituiti o prorogati dopo la firma del presente accordo che contengono una clausola di apertura relativa alla partecipazione del Kosovo. Il Kosovo può partecipare ai programmi dell'Unione conformemente ai suoi impegni di adottare e applicare norme nei settori pertinenti al programma in questione e con i progressi compiuti a tale riguardo. Articolo 2 Il Kosovo fornisce un contributo finanziario al bilancio generale dell'Unione europea in proporzione ai programmi specifici dell'Unione cui partecipa. Articolo 3 I rappresentanti del Kosovo possono partecipare, in veste di osservatori e per i punti che riguardano il Kosovo, ai comitati di gestione responsabili del controllo dei programmi dell'Unione ai quali il Kosovo contribuisce finanziariamente. Articolo 4 Alle iniziative e ai progetti presentati dai partecipanti del Kosovo si applicano, per quanto possibile, le stesse condizioni, norme e procedure applicate agli Stati membri per i programmi dell'Unione in questione. Articolo 5 Le modalità e le condizioni specifiche relative alla partecipazione del Kosovo a ciascun programma specifico dell'Unione, in particolare il contributo finanziario da versare, saranno stabilite nell'ambito di un accordo tra la Commissione europea, che agisce a nome dell'Unione, e le autorità del Kosovo. Gli accordi di questo tipo sono considerati parte integrante del presente accordo. Qualora il Kosovo chieda l'assistenza preadesione dell'Unione sulla base del regolamento (CE) n. 1085/2006 del Consiglio (1) o a norma di qualsiasi regolamento analogo che possa essere adottato in futuro e che preveda l'assistenza esterna dell'Unione al Kosovo, le condizioni che disciplinano l'impiego dell'assistenza dell'Unione da parte del Kosovo sono stabilite nel quadro di una convenzione di finanziamento. Articolo 6 Ogni accordo di cui all'articolo 5, primo comma, stabilisce che, conformemente al regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (2), il controllo finanziario o le verifiche contabili devono essere effettuati dalla Commissione europea, dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e dalla Corte dei conti, direttamente o sotto la loro autorità. Sono adottate disposizioni dettagliate in materia di controllo finanziario e verifiche contabili, misure amministrative, sanzioni e recupero che permettano di conferire alla Commissione europea, all'OLAF e alla Corte dei conti poteri equivalenti a quelli di cui dispongono nei confronti di beneficiari o contraenti stabiliti nell'Unione. Articolo 7 Il presente accordo si applica per un periodo indeterminato. Il presente accordo può essere denunciato da ciascuna delle parti contraenti mediante un preavviso di sei mesi notificato per iscritto. Articolo 8 Le parti contraenti possono rivedere il presente accordo per la prima volta entro tre anni dalla data della sua entrata in vigore e, successivamente, ogni tre anni, in base all'esperienza acquisita attraverso la partecipazione del Kosovo a uno o più programmi dell'Unione. Articolo 9 Il presente accordo si applica, da una parte, ai territori in cui si applica il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, alle condizioni in esso indicate, e, dall'altra, al territorio del Kosovo. Articolo 10 Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del primo mese successivo alla data in cui le parti contraenti si sono notificate reciprocamente l'avvenuto espletamento delle rispettive procedure necessarie per la sua entrata in vigore. Articolo 11 Il presente accordo è redatto in duplice esemplare nelle lingue bulgara, ceca, croata, danese, estone, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, lettone, lituana, maltese, neerlandese, polacca, portoghese, rumena, slovacca, slovena, spagnola, svedese, tedesca, ungherese, albanese e serba, tutti i testi facenti ugualmente fede. Съставено в Брюксел на двадесет и пети ноември през две хиляди и шестнадесета година. Hecho en Bruselas, el veinticinco de noviembre de dos mil dieciséis. V Bruselu dne dvacátého pátého listopadu dva tisíce šestnáct. Udfærdiget i Bruxelles den femogtyvende november to tusind og seksten. Geschehen zu Brüssel am fünfundzwanzigsten November zweitausendsechzehn. Kahe tuhande kuueteistkümnenda aasta novembrikuu kahekümne viiendal päeval Brüsselis. Έγινε στις Βρυξέλλες, στις είκοσι πέντε Νοεμβρίου δύο χιλιάδες δεκαέξι. Done at Brussels on the twenty fifth day of November in the year two thousand and sixteen. Fait à Bruxelles, le vingt cinq novembre deux mille seize. Sastavljeno u Bruxellesu dvadeset petog studenoga godine dvije tisuće šesnaeste. Fatto a Bruxelles, addì venticinque novembre duemilasedici. Briselē, divi tūkstoši sešpadsmitā gada divdesmit piektajā novembrī. Priimta du tūkstančiai šešioliktų metų lapkričio dvidešimt penktą dieną Briuselyje. Kelt Brüsszelben, a kétezer-tizenhatodik év november havának huszonötödik napján. Magħmul fi Brussell, fil-ħamsa u għoxrin jum ta‘ Novembru fis-sena elfejn u sittax. Gedaan te Brussel, vijfentwintig november tweeduizend zestien. Sporządzono w Brukseli dnia dwudziestego piątego listopada roku dwa tysiące szesnastego. Feito em Bruxelas, em vinte e cinco de novembro de dois mil e dezasseis. Întocmit la Bruxelles la douăzeci și cinci noiembrie două mii șaisprezece. V Bruseli dvadsiateho piateho novembra dvetisícšestnásť. V Bruslju, dne petindvajsetega novembra leta dva tisoč šestnajst. Tehty Brysselissä kahdentenakymmenentenäviidentenä päivänä marraskuuta vuonna kaksituhattakuusitoista. Som skedde i Bryssel den tjugofemte november år tjugohundrasexton. Në Bruksel, më njëzet e pesë nëntor të vitit dy mijë e gjashtëmbëdhjetë. U Briselu, dvadeset petog novembra godine dve hiljade šesnaeste. За Европейския съюз Рог la Unión Europea Za Evropskou unii For Den Europæiske Union Für die Europäische Union Euroopa Liidu nimel Για την Ευρωπαϊκή Ένωση For the European Union Pour l'Union européenne Za Europsku uniju Per l'Unione europea Eiropas Savienības vārdā – Europos Sąjungos vardu Az Európai Unió részéről Għall-Unjoni Ewropea Voor de Europese Unie W imieniu Unii Europejskiej Pela União Europeia Pentru Uniunea Europeană Za Európsku úniu Za Evropsko unijo Euroopan unionin puolesta För Europeiska unionen Për Bashkimin Evropian Za Evropsku uniju За Косово Por Kosovo Za Kosovo For Kosovo Für den Kosovo Kosovo nimel Για το Κοσσυφοπέδιο For Kosovo Pour le Kosovo Za Kosovo Per il Kosovo Kosovas vārdā – Kosovo vardu Koszovó részéről Għall-Kosovo Voor Kosovo W imieniu Kosowa Pelo Kosovo Pentru Kosovo Za Kosovo Za Kosovo Kosovon puolesta För Kosovo Për Kosovën Za Kosovo (*1) Tale designazione non pregiudica le posizioni riguardo allo status ed è in linea con la risoluzione 1244 (1999) dell'UNSC e con il parere della CIG sulla dichiarazione di indipendenza del Kosovo. (1) Regolamento (CE) n. 1085/2006 del Consiglio, del 17 luglio 2006, che istituisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA) (GU UE L 210 del 31.7.2006, pag. 82). (2) Regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 (GU UE L 298 del 26.10.2012, pag. 1). ALLEGATO ELENCO DEGLI ATTUALI PROGRAMMI DELL'UNIONE DI CUI ALL'ARTICOLO 1 — Fiscalis 2020 (1) — Dogana 2020 (2) — Hercule III (3) — Giustizia (4) — Programma Diritti, uguaglianza e cittadinanza (5) — Europa per i cittadini (6) — Meccanismo di protezione civile (7) — Soluzioni di interoperabilità per le pubbliche amministrazioni, le imprese e i cittadini europei (ISA2) (8) — COSME (9) — Programma per l'occupazione e l'innovazione sociale (EaSI) (10) — Erasmus+ (11) — Europa creativa (12) — Orizzonte 2020 (13) — Programma «Salute per la crescita» (14) — Programma per la tutela dei consumatori (15) — LIFE (16) — Copernicus (17) (1) Regolamento (UE) n. 1286/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce un programma di azione inteso a migliorare il funzionamento dei sistemi di imposizione nell'Unione europea per il periodo 2014-2020 (Fiscalis 2020) e che abroga la decisione n. 1482/2007/CE (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 25). (2) Regolamento (UE) n. 1294/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce un programma di azione doganale nell'Unione europea per il periodo 2014-2020 (Dogana 2020) e abroga la decisione n. 624/2007/CE (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 209). (3) Regolamento (UE) n. 250/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, che istituisce un programma per la promozione di azioni nel settore della tutela degli interessi finanziari dell'Unione europea (programma Hercule III) e che abroga la decisione n. 804/2004/CE (GU UE L 84 del 20.3.2014, pag. 6). (4) Regolamento (UE) n. 1382/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, che istituisce un programma Giustizia per il periodo 2014-2020 (GU UE L 354 del 28.12.2013, pag. 73). (5) Regolamento (UE) n. 1381/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, che istituisce un programma Diritti, uguaglianza e cittadinanza per il periodo 2014-2020 (GU UE L 354 del 28.12.2013, pag. 62). (6) Regolamento (UE) n. 390/2014 del Consiglio, del 14 aprile 2014, che istituisce il programma «L'Europa per i cittadini» per il periodo 2014-2020 (GU UE L 115 del 17.4.2014, pag. 3). (7) Decisione n. 1313/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, su un meccanismo unionale di protezione civile (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 924). (8) Decisione (UE) 2015/2240 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, che istituisce un programma sulle soluzioni di interoperabilità e quadri comuni per le pubbliche amministrazioni, le imprese e i cittadini europei (programma ISA2) come mezzo per modernizzare il settore pubblico (GU UE L 318 del 4.12.2015, pag. 1). (9) Regolamento (UE) n. 1287/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce un programma per la competitività delle imprese e le piccole e le medie imprese (COSME) (2014 — 2020) e abroga la decisione n. 1639/2006/CE (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 33). (10) Regolamento (UE) n. 1296/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, relativo a un programma dell'Unione europea per l'occupazione e l'innovazione sociale («EaSI») e recante modifica della decisione n. 283/2010/UE che istituisce uno strumento europeo Progress di microfinanza per l'occupazione e l'inclusione sociale (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 238). (11) Regolamento (UE) n. 1288/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce «Erasmus+»: il programma dell'Unione per l'istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport e che abroga le decisioni n. 1719/2006/CE, n. 1720/2006/CE e n. 1298/2008/CE (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 50). (12) Regolamento (UE) n. 1295/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce il programma Europa creativa (2014-2020) e che abroga le decisioni n. 1718/2006/CE, n. 1855/2006/CE e n. 1041/2009/CE (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 221). (13) Regolamento (UE) n. 1291/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce il programma quadro di ricerca e innovazione (2014 — 2020) — Orizzonte 2020 e abroga la decisione n. 1982/2006/CE (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 104). (14) Regolamento (UE) n. 282/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, sulla istituzione del terzo programma d'azione dell'Unione in materia di salute (2014-2020) e che abroga la decisione n. 1350/2007/CE (GU UE L 86 del 21.3.2014, pag. 1). (15) Regolamento (UE) n. 254/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, relativo a un programma pluriennale per la tutela dei consumatori per il periodo 2014-2020 e che abroga la decisione n. 1926/2006/CE (GU UE L 84 del 20.3.2014, pag. 42). (16) Regolamento (UE) n. 1293/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, sull'istituzione di un programma per l'ambiente e l'azione per il clima (LIFE) e che abroga il regolamento (CE) n. 614/2007 (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 185). (17) Regolamento (UE) n. 377/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, che istituisce il programma Copernicus e che abroga il regolamento (UE) n. 911/2010 (GU UE L 122, del 24.4.2014, pag. 44).
*Tale designazione non pregiudica le posizioni riguardo allo status ed è in linea con la risoluzione 1244/1999 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e con il parere della Corte internazionale di giustizi sulla dichiarazione di indipendenza del Kosovo. ai programmi dell’UE Partecipazione del Kosovo* ai programmi dell’UE QUAL È LO SCOPO DI QUESTO ACCORDO? Esso ammette il Kosovo a partecipare a programmi selezionati dell’UE e stabilisce le condizioni di tale partecipazione, quali l’integrazione all’interno del quadro di sorveglianza economica e di bilancio, e l’obbligo di soddisfare norme e di fornire gli opportuni contributi finanziari. PUNTI CHIAVE Nel 2007 il Consiglio europeo sottolineava che l’UE fosse pronta a svolgere un ruolo di primo piano nel rafforzamento della stabilità nella regione dei Balcani occidentali e dichiarò di essere disposto ad assistere il Kosovo sulla via della stabilità sostenibile. L’UE ha ribadito di essere pronta a favorire lo sviluppo economico e politico attraverso una chiara prospettiva europea, mentre il Kosovo ha espresso il desiderio di partecipare a una serie di programmi dell’UE. Questo quadro rende il Kosovo ammissibile alla partecipazione a determinati progetti dell’UE, come parte dell’attivazione della seconda fase dello strumento di assistenza preadesione (IPA II) e del rafforzamento del processo avviato dall’accordo di stabilizzazione e di associazione con il Kosovo, entrato in vigore il 1° aprile 2016. I punti principali dell’accordo quadro sono i seguenti.Il Kosovo è ammesso a partecipare a una serie di programmi dell’UE, elencati di seguito, nonché a ogni nuovo programma che preveda specificamente la partecipazione del Kosovo. La partecipazione dipende dall’impegno e dai progressi del Kosovo nell’applicazione delle norme nelle aree pertinenti. Il Kosovo contribuirà finanziariamente al bilancio generale dell’UE in proporzione ai programmi specifici cui parteciperà. I rappresentanti del Kosovo possono partecipare in qualità di osservatori, laddove il Kosovo sia coinvolto, nei comitati di gestione che monitorano i programmi ai quali il Kosovo contribuisce finanziariamente. I progetti e le iniziative presentate dai partecipanti del Kosovo sono soggetti alle stesse condizioni applicate per i paesi dell’UE. I termini della partecipazione del Kosovo a ciascun programma dell’UE, in particolare per quanto concerne il contributo finanziario, saranno definiti dalla Commissione europea insieme alle autorità del Kosovo. Ogni accordo stipulerà, in conformità al regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012, che il controllo finanziario o le verifiche contabili avvengano sotto l’autorità della Commissione, dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e della Corte dei conti europea, i quali avranno poteri equivalenti a quelli di cui godono nell’UE in merito a controllo finanziario e verifica dei conti, atti amministrativi, sanzioni penali e recupero; Se il Kosovo richiede l’assistenza preadesione dell’UE nell’ambito dell’IPA II, le condizioni saranno determinate in un accordo di finanziamento. L’accordo si applica ai territori nei quali è in vigore il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, alle condizioni ivi stabilite, e al territorio del Kosovo. Esso si applica per un periodo indeterminato, ma può essere terminato da entrambe le parti con preavviso di sei mesi. Deve essere rivisto ogni tre anni in base all’esperienza della partecipazione del Kosovo ai programmi dell’UE. Programmi dell’UE che consentono la partecipazione del Kosovo al momento della firma dell’accordoFiscalis 2020 Dogana 2020 Hercule III Giustizia Programma diritti, uguaglianza e cittadinanza L’Europa per i cittadini Meccanismo di protezione civile Soluzioni di interoperabilità per le pubbliche amministrazioni, le imprese e i cittadini europei (ISA2) COSME Programma per l’occupazione e la politica sociale (EaSI) Erasmus+ Europa creativa Orizzonte 2020 Programma Salute per la crescita Programma per la tutela dei consumatori LIFE Copernicus A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA L’ACCORDO? È in vigore dal 1o agosto 2017. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:Kosovo (Commissione europea) Il Kosovo e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna). DOCUMENTO PRINCIPALE Accordo quadro tra Unione europea e Kosovo* sui principi generali della partecipazione del Kosovo ai programmi dell’Unione (GU L 195 del 27.7.2017, pag. 3). DOCUMENTI CORRELATI Accordo di stabilizzazione e di associazione tra l’Unione europea e la Comunità europea dell’energia atomica, da un lato, e il Kosovo*, dall’altro (GU L 71 del 16.3.2016, pag. 3). Regolamento (UE) n. 231/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2014, che stabilisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA II) (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 11). *Tale designazione non pregiudica le posizioni riguardo allo status ed è in linea con la risoluzione 1244/1999 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e con il parere della Corte internazionale di giustizi sulla dichiarazione di indipendenza del Kosovo.
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Direttiva 2001/40/CE del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa al riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento dei cittadini di paesi terzi Gazzetta ufficiale n. L 149 del 02/06/2001 pag. 0034 - 0036 Direttiva 2001/40/CE del Consigliodel 28 maggio 2001relativa al riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento dei cittadini di paesi terziIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 63, punto 3,vista l'iniziativa della Repubblica francese(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) Il trattato dispone che il Consiglio adotti misure in materia di politica dell'immigrazione nei settori delle condizioni di ingresso e di soggiorno, ma anche dell'immigrazione clandestina e del soggiorno irregolare.(2) Il Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 ha ribadito la volontà di istituire uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia. A tal fine è necessario che una politica europea comune in materia di asilo e di migrazione si prefigga, nel contempo, un trattamento equo per i cittadini di paesi terzi e una migliore gestione dei flussi migratori.(3) La necessità di assicurare una maggiore efficacia nell'esecuzione delle decisioni di allontanamento, nonché una migliore cooperazione degli Stati membri implica il riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento.(4) Le decisioni di allontanamento dei cittadini di paesi terzi vanno adottate in conformità dei diritti fondamentali, quali garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, del 4 novembre 1950, in particolare dagli articoli 3 e 8, e dalla convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati, del 28 luglio 1951, e quali risultano dai principi costituzionali comuni agli Stati membri.(5) Secondo il principio di sussidiarietà, l'obiettivo dell'azione prevista, vale a dire una cooperazione tra Stati membri in materia di allontanamento dei cittadini di paesi terzi, non può essere sufficientemente realizzato dagli Stati membri e può dunque, a motivo degli effetti dell'azione in questione, essere realizzato meglio a livello comunitario. La presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo.(6) A norma dell'articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda, allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, con lettera in data 18 ottobre 2000 il Regno Unito ha notificato che desidera partecipare all'adozione e all'applicazione della presente direttiva.(7) La Danimarca, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea ed al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all'adozione della presente direttiva e, di conseguenza, non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione. Poiché la presente direttiva è volta a sviluppare l'acquis di Schengen in applicazione delle disposizioni del titolo IV del trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca, a norma dell'articolo 5 del protocollo summenzionato, deciderà, entro un periodo di sei mesi dall'adozione della presente direttiva da parte del Consiglio, se intende recepire o meno tale direttiva nel proprio diritto interno.(8) Quanto alla Repubblica d'Islanda e al Regno di Norvegia, la presente direttiva costituisce uno sviluppo dell'acquis di Schengen ai sensi dell'accordo concluso tra il Consiglio dell'Unione europea e questi due Stati il 18 maggio 1999. Osservate le procedure previste dall'accordo, i diritti e gli obblighi posti in essere dalla presente direttiva si applicheranno anche a questi due Stati e nelle relazioni tra questi due Stati e gli Stati membri della Comunità europea destinatari della presente direttiva,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 11. Fatti salvi, da un lato, gli obblighi derivanti dall'articolo 23 e dall'altro, l'applicazione dell'articolo 96 della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen del 14 giugno 1985, firmata a Schengen il 19 giugno 1990, in seguito denominata: "convenzione di Schengen", l'obiettivo della presente direttiva è consentire il riconoscimento di una decisione di allontanamento adottata da un'autorità competente di uno Stato membro, in seguito denominato "Stato membro autore", nei confronti di un cittadino di un paese terzo che si trovi nel territorio di un altro Stato membro, in seguito denominato "Stato membro di esecuzione".2. Qualsiasi decisione adottata a norma del paragrafo 1 è attuata secondo la legislazione applicabile dello Stato membro di esecuzione.3. La presente direttiva non si applica ai familiari dei cittadini dell'Unione che hanno esercitato il proprio diritto alla libera circolazione.Articolo 2Ai fini della presente direttiva:a) per "cittadino di un paese terzo" s'intende qualsiasi persona che non abbia la cittadinanza di uno degli Stati membri;b) per "decisione di allontanamento" s'intende qualsiasi decisione che ordina l'allontanamento adottata da un'autorità amministrativa competente di uno Stato membro autore;c) per "misura di esecuzione" s'intende qualsiasi misura adottata dallo Stato membro di esecuzione per attuare una decisione di allontanamento.Articolo 31. L'allontanamento di cui all'articolo 1 riguarda i seguenti casi:a) il cittadino di un paese terzo è oggetto di una decisione di allontanamento giustificata da una minaccia grave e attuale per l'ordine pubblico o la sicurezza nazionale, e adottata nei seguenti casi:- condanna del cittadino di un paese terzo da parte dello Stato membro autore per un reato punibile con una pena privativa della libertà di almeno un anno,- esistenza di seri motivi per ritenere che il cittadino di un paese terzo abbia commesso fatti punibili gravi o esistenza di indizi concreti che intende commettere fatti di tale natura nel territorio di uno Stato membro.Fatto salvo l'articolo 25, paragrafo 2, della convenzione di Schengen, se la persona interessata è titolare di un titolo di soggiorno rilasciato dallo Stato membro di esecuzione o da un altro Stato membro, lo Stato di esecuzione consulta lo Stato autore e lo Stato che ha rilasciato il titolo. L'esistenza di una decisione di allontanamento adottata ai sensi della presente lettera consente il ritiro del titolo di soggiorno, sempreché sia autorizzato dalla legislazione dello Stato che ha rilasciato il titolo;b) il cittadino di un paese terzo è oggetto di una decisione di allontanamento giustificata dal mancato rispetto delle normative nazionali relative all'ingresso o al soggiorno degli stranieri.Nei due casi di cui alle lettere a) e b) la decisione di allontanamento non deve essere revocata né sospesa dallo Stato membro autore.2. Gli Stati membri attuano la presente direttiva nel rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.3. L'applicazione della presente direttiva fa salve le disposizioni della convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità europee (convenzione di Dublino) e gli accordi di riammissione conclusi tra Stati membri.Articolo 4Gli Stati membri provvedono affinché il cittadino di un paese terzo interessato possa proporre, secondo la legislazione dello Stato membro di esecuzione, un ricorso avverso una misura prevista all'articolo 1, paragrafo 2.Articolo 5La protezione dei dati personali e la sicurezza dei dati sono garantite ai sensi della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati(3).Fatti salvi gli articoli 101 e 102 della convenzione di Schengen, gli archivi di dati personali possono essere utilizzati nell'ambito della presente direttiva soltanto ai fini previsti dalla stessa.Articolo 6Le autorità dello Stato membro autore e dello Stato membro di esecuzione ricorrono a qualsiasi canale adeguato di cooperazione e di scambio di informazioni per attuare la presente direttiva.Lo Stato membro autore fornisce allo Stato membro di esecuzione tutti i documenti necessari per comprovare il sussistere dell'esecutività della decisione attraverso i canali più rapidi, ove opportuno, ai sensi delle disposizioni pertinenti del manuale SIRENE.Lo Stato membro di esecuzione procede ad un esame preliminare della situazione della persona interessata per assicurarsi che né gli strumenti internazionali pertinenti, né la normativa nazionale applicabile ostino all'esecuzione della decisione di allontanamento.Successivamente all'attuazione della misura di esecuzione, lo Stato membro di esecuzione ne informa lo Stato membro autore.Articolo 7Gli Stati membri compensano tra di loro gli squilibri finanziari che possono risultare dall'applicazione della presente direttiva, qualora l'allontanamento non possa realizzarsi a spese del cittadino o dei cittadini di un paese terzo interessato/i.Per consentire l'applicazione del presente articolo il Consiglio adotterà, su proposta della Commissione, i criteri e le modalità pratiche appropriati entro il 2 dicembre 2002. Tali criteri e modalità pratiche saranno parimenti validi ai fini dell'attuazione dell'articolo 24 della convenzione di Schengen.Articolo 81. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 2 dicembre 2002. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 9La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 10Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva, in base al trattato che istituisce la Comunità europea.Fatto a Bruxelles, addì 28 maggio 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteT. Bodström(1) GU C 243 del 24.8.2000, pag. 1.(2) Parere espresso il 13 marzo 2001 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31.
Decisioni di allontanamento: riconoscimento reciproco da parte dei paesi dell’Unione europea QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Mira a garantire che la decisione, da parte di un paese dell’Unione europea (UE), di allontanare un cittadino di un paese extra UE presente in un altro paese dell’UE sia rispettata e adempiuta. PUNTI CHIAVE Gli ordini di allontanamento si applicano ai cittadini di paesi extra UE che: costituiscono una minaccia grave e attuale per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale; sono stati condannati per un reato punibile con una pena privativa della libertà di almeno un anno; si ritiene, sulla base di seri motivi o indizi concreti, abbiano commesso o intendano commettere fatti di tale natura; non rispettano le normative nazionali relative all’ingresso o al soggiorno. Se la persona interessata è titolare di un titolo di soggiorno valido, il paese che impone l’allontanamento deve consultare il paese che ha rilasciato il titolo. I paesi dell’UE che applicano la normativa devono: rispettare i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali; garantire che la persona interessata possa proporre un ricorso avverso l’ordine di allontanamento; proteggere i dati personali e la sicurezza dei dati; ricorrere a tutti i canali adeguati di cooperazione e di scambio di informazioni per attuare la normativa; compensarsi reciprocamente per i costi finanziari in cui incorrono. Le disposizioni sono stabilite nella decisione 2004/191/CE del Consiglio. Il paese autore dell’ordine di allontanamento deve fornire al paese di esecuzione tutti i documenti necessari il più rapidamente possibile. Il paese di esecuzione della decisione deve garantire che né la normativa nazionale né quella internazionale pertinente ostino all’esecuzione. La normativa non si applica ai familiari dei cittadini dell’UE. La direttiva 2003/110/CE del Consiglio stabilisce le disposizioni circa il transito di residenti irregolari di paesi terzi espulsi per via aerea attraverso un altro paese dell’UE. La direttiva 2008/115/CE stabilisce norme e procedure comuni per il rimpatrio di cittadini di paesi extra UE il cui soggiorno è irregolare. Il regolamento (UE) n. 604/2013 (regolamento Dublino III) stabilisce i criteri e le procedure volti a determinare quale paese dell’UE è competente per l’esame di una domanda di asilo. A settembre 2005, il Consiglio d’Europa ha pubblicato venti orientamenti sui rimpatri forzati. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è in vigore dal 2 giugno 2001. I paesi dell’UE dovevano integrarla nel proprio diritto nazionale entro il 2 dicembre 2002. CONTESTO Il Regno Unito (1) e l’Irlanda, pur non trovandosi nell’area Schengen di circolazione senza passaporto, applicano la normativa e partecipano alle relative disposizioni, così come l’Islanda e la Norvegia, mentre la Danimarca non vi aderisce. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2001/40/CE del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa al riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento dei cittadini di paesi terzi (GU L 149 del 2.6.2001, pagg. 34-36) DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 2003/110/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa all’assistenza durante il transito nell’ambito di provvedimenti di espulsione per via aerea (GU L 321 del 6.12.2003, pagg. 26-31) Decisione 2004/191/CE del Consiglio, del 23 febbraio 2004, che definisce i criteri e le modalità pratiche per la compensazione degli squilibri finanziari risultanti dall’applicazione della direttiva 2001/40/CE del Consiglio relativa al riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento dei cittadini di paesi terzi (GU L 60 del 27.2.2004, pagg. 55-57) Direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU L 348 del 24.12.2008, pagg. 98-107) Regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU L 180 del 29.6.2013, pagg. 31-59)
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Regolamento (CE) n. 450/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 febbraio 2003, relativo all'indice del costo del lavoro (Testo rilevante ai fini del SEE) Gazzetta ufficiale n. L 069 del 13/03/2003 pag. 0001 - 0005 Regolamento (CE) n. 450/2003 del Parlamento europeo e del Consigliodel 27 febbraio 2003relativo all'indice del costo del lavoro(Testo rilevante ai fini del SEE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 285, paragrafo 1,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale europeo(2),visto il parere della Banca centrale europea(3),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(4),considerando quanto segue:(1) Una serie di statistiche, di cui gli indici del costo del lavoro costituiscono un elemento essenziale, è importante per comprendere il processo inflazionistico e la dinamica del mercato del lavoro.(2) La Comunità e, in particolare, le autorità economiche e monetarie e le autorità responsabili dell'occupazione, devono disporre di indici del costo del lavoro regolari e tempestivi per seguire l'evoluzione del costo stesso.(3) Il piano d'azione relativo alle esigenze statistiche dell'Unione economica e monetaria, elaborato dalla Commissione europea (Eurostat) in stretta collaborazione con la Banca centrale europea, indica come prioritaria l'istituzione di una base giuridica per le statistiche congiunturali del costo del lavoro.(4) I vantaggi di una raccolta a livello comunitario di dati completi su tutti i segmenti dell'economia dovrebbero essere valutati in base alle possibilità di trasmetterli e agli oneri inerenti alla risposta per quanto riguarda le piccole e medie imprese (PMI).(5) Il regolamento è conforme al principio di sussidiarietà stabilito dall'articolo 5 del trattato. L'elaborazione di norme statistiche comuni per gli indici del costo del lavoro è possibile unicamente in base a un atto giuridico comunitario, in quanto solo la Commissione può coordinare la necessaria armonizzazione delle informazioni statistiche a livello comunitario, mentre la raccolta dei dati e l'elaborazione di indici del costo del lavoro comparabili possono essere organizzate dagli Stati membri.(6) Il regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie(5), fornisce il quadro generale per l'elaborazione degli indici del costo del lavoro nell'ambito del presente regolamento.(7) Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(6).(8) Il comitato del programma statistico istituito dalla decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio(7) è stato consultato a norma dell'articolo 3 di detta decisione,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1ObiettivoL'obiettivo del presente regolamento è la definizione di un quadro comune per l'elaborazione, la trasmissione e la valutazione di indici comparabili del costo del lavoro nella Comunità. Gli Stati membri elaborano indici del costo del lavoro per le attività economiche di cui all'articolo 4.Articolo 2Definizioni1. L'indice del costo del lavoro (ICL) è l'indice Laspeyres del costo del lavoro per ora lavorata; si tratta di un indice concatenato annualmente e basato su una struttura fissa dell'attività economica corrispondente al livello della sezione della NACE REV. 1, vale a dire la classificazione stabilita dal regolamento (CEE) n. 3037/90 del Consiglio, del 9 ottobre 1990, relativo alla classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee(8). Ulteriori disaggregazioni delle sezioni NACE REV. 1, da includere nella struttura fissa, sono definite a norma dell'articolo 4, paragrafo 1. La formula da utilizzare per il calcolo dell'ICL figura nell'allegato del presente regolamento.2. Il costo del lavoro rappresenta il complesso delle spese trimestrali sostenute dal datore di lavoro per l'impiego della manodopera. Le voci del costo del lavoro e il personale totale impiegato sono definiti in base all'allegato II, sezioni A e D (voci D.1, D.4 e D.5 e loro suddivisioni, escluse le voci D.2 e D.3) del regolamento (CE) n. 1726/1999 della Commissione, del 27 luglio 1999, recante applicazione del regolamento (CE) n. 530/1999 del Consiglio relativo alle statistiche sulla struttura delle retribuzioni e del costo del lavoro, per quanto riguarda la definizione e la trasmissione delle informazioni sul costo del lavoro(9).3. Le ore lavorate sono definite in base al regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio, del 25 giugno 1996, relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità(10), allegato A, capitolo 11, punti 11.26.-11.31.4. Le specifiche tecniche dell'indice, compresa la revisione del sistema di ponderazione, possono essere ridefinite secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2.Articolo 3Campo d'applicazione1. Il presente regolamento si applica a tutte le attività definite nelle sezioni C-O della NACE REV. 1.2. L'inclusione delle attività economiche definite nelle sezioni L, M, N ed O della NACE REV. 1 nel campo d'applicazione del presente regolamento è stabilita secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2, tenendo conto degli studi di fattibilità di cui all'articolo 10.3. L'ICL rappresenta tutte le unità statistiche definite nel regolamento (CEE) n. 696/93 del Consiglio, del 15 marzo 1993, relativo alle unità statistiche di osservazione e di analisi del sistema produttivo nella Comunità(11).Articolo 4Disaggregazione delle variabili1. I dati vengono disaggregati per attività economiche di cui alle sezioni della NACE REV. 1 e mediante ulteriori disaggregazioni non oltre il livello delle divisioni NACE REV. 1 (livello a due cifre) o raggruppamenti di divisioni, tenendo conto dei contributi all'occupazione complessiva ed ai costi del lavoro a livelli nazionali e di Comunità, quali definiti secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2. Gli indici del costo del lavoro sono forniti separatamente per le tre categorie di costi del lavoro riportate in appresso:a) costo totale del lavoro;b) retribuzioni lorde, definite sulla base della voce D.11 dell'allegato II del regolamento (CE) n. 1726/1999;c) contributi sociali a carico dei datori di lavoro e imposte pagate dai datori di lavoro al netto dei contributi da essi percepiti, definiti come la somma delle voci D.12 e D.4, meno la voce D.5, di cui all'allegato II del regolamento (CE) n. 1726/1999.2. Viene fornito un indice delle stime del costo totale del lavoro, escluse le gratifiche secondo la definizione che figura alla voce D.1111 2 dell'allegato II del regolamento (CE) n. 1726/1999, disaggregato per attività economiche, definite secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2, e basato sulla classificazione NACE REV. 1, tenendo conto degli studi di fattibilità di cui all'articolo 10.Articolo 5Frequenza e dati retrospettivi1. I dati per l'ICL vengono calcolati per la prima volta per il primo trimestre del 2003 e, successivamente, di trimestre in trimestre (con scadenza il 31 marzo, il 30 giugno, il 30 settembre e il 31 dicembre di ogni anno).2. I dati retrospettivi per il periodo compreso tra il primo trimestre del 1996 e il quarto trimestre del 2002 vengono messi a disposizione dagli Stati membri. Tali dati sono forniti per ciascuna delle sezioni C-K della NACE REV. 1, nonché per le componenti del costo del lavoro di cui all'articolo 4, paragrafo 1.Articolo 6Trasmissione dei risultati1. I dati di cui all'articolo 4 sono comunicati sotto forma di indice. Le ponderazioni utilizzate per il calcolo dell'indice, ai sensi dell'allegato del presente regolamento, sono allo stesso tempo messe a disposizione per la pubblicazione.Il formato tecnico appropriato da utilizzare per la trasmissione dei risultati di cui all'articolo 4 e le procedure di adeguamento da applicare ai dati sono definiti secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2.2. Entro 70 giorni dalla fine del periodo di riferimento gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati con la disaggregazione di cui all'articolo 4, nonché i metadati, definiti come le spiegazioni necessarie per interpretare le variazioni dei dati derivanti da cambiamenti metodologici o tecnici o dovute a mutamenti del mercato del lavoro.3. I dati retrospettivi di cui all'articolo 5 sono trasmessi alla Commissione (Eurostat) contemporaneamente agli ICL del primo trimestre del 2003.Articolo 7FontiGli Stati membri possono elaborare le stime necessarie combinando le fonti che seguono conformemente al principio della semplificazione amministrativa:a) indagini per le quali le unità statistiche definite dal regolamento (CEE) n. 696/93 devono fornire informazioni tempestive, precise e complete;b) altre fonti adeguate, compresi i dati amministrativi, se idonei in termini di tempestività e pertinenza;c) procedure di stima statistica adeguate.Articolo 8Qualità1. I dati attuali e retrospettivi trasmessi soddisfano criteri di qualità distinti che devono essere definiti secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2.2. A partire dal 2003 gli Stati membri presentano alla Commissione relazioni annuali sulla qualità, il cui contenuto è definito secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2.Articolo 9Periodi di transizione e deroghe1. Per l'attuazione del presente regolamento possono essere concessi, secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2, periodi di transizione non superiori a due anni a decorrere dalla sua data di entrata in vigore.2. Durante i periodi di transizione la Commissione può accettare deroghe alle disposizioni del presente regolamento nella misura in cui i sistemi statistici nazionali richiedono consistenti adeguamenti dei sistemi statistici nazionali.Articolo 10Studi di fattibilità1. Secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2, la Commissione determina una serie di studi di fattibilità che devono essere realizzati dagli Stati membri, in particolare da quelli che non sono in grado di fornire i dati per le sezioni L, M, N e O della NACE REV. 1 (articolo 3, paragrafo 2) o l'indice disaggregato delle stime del costo totale del lavoro, escluse le gratifiche (articolo 4, paragrafo 2).2. Tali studi sono svolti tenendo conto dei vantaggi prodotti dalla raccolta dei dati rispetto alle spese derivanti da tale raccolta e ai relativi oneri per le imprese, al fine di valutare:a) come possono essere ottenuti per le sezioni L, M, N ed O della NACE gli indici trimestrali del costo del lavoro di cui all'articolo 4, paragrafo 1; eb) come può essere ottenuto l'indice delle stime del costo totale del lavoro, escluse le gratifiche di cui all'articolo 4, paragrafo 2.3. Entro il 31 dicembre 2004 gli Stati membri che realizzano gli studi di fattibilità presentano alla Commissione una relazione provvisoria sui loro risultati. Entro il 31 dicembre 2005 tali Stati membri presentano alla Commissione una relazione definitiva sugli studi di fattibilità.4. Gli studi di fattibilità di cui al paragrafo 2, lettera a), tengono conto dei risultati degli studi pilota di cui agli allegati del regolamento (CE, Euratom) n. 58/97 del Consiglio, del 20 dicembre 1996, relativo alle statistiche strutturali sulle imprese(12).5. Le misure adottate a norma dell'articolo 11, lettera h), in relazione ai risultati degli studi di fattibilità rispettano il principio del rapporto costi/benefici di cui all'articolo 10 del regolamento (CE) n. 322/97, compresa la riduzione al minimo dell'onere dei dichiaranti.6. L'applicazione delle misure adottate a norma dell'articolo 11, lettera h), in relazione ai risultati degli studi di fattibilità rende possibile la trasmissione di dati per il primo trimestre del 2007, a condizione che i risultati dello studio di fattibilità consentano la produzione di dati di qualità sufficiente nel rispetto del rapporto costi/benefici.Articolo 11Misure di attuazioneLe misure di attuazione del presente regolamento, incluse quelle per tener conto dei mutamenti tecnici ed economici, sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2. Esse riguardano in particolare:a) la definizione, a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, delle disaggregazioni da includere nella struttura fissa;b) le specifiche tecniche dell'indice (articolo 2);c) l'inclusione delle sezioni L, M, N e O della NACE REV. 1 (articolo 3);d) la disaggregazione per attività economica degli indici (articolo 4);e) il formato per la trasmissione dei risultati e le procedure di adeguamento da applicare (articolo 6);f) i criteri distinti di qualità per i dati attuali e retrospettivi trasmessi e i contenuti delle relazioni sulla qualità (articolo 8);g) il periodo di transizione (articolo 9);h) la determinazione degli studi di fattibilità e le decisioni derivanti dai loro risultati (articolo 10); ei) la metodologia per il concatenamento dell'indice (allegato).Articolo 12Procedura1. La Commissione è assistita dal comitato del programma statistico istituito dall'articolo 1 della decisione 89/382/CEE, Euratom.2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE del Consiglio, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 13RelazioniOgni due anni la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'attuazione del presente regolamento. Tale relazione valuta in particolare la qualità dei dati di serie ICL trasmessi e la qualità dei dati restrospettivi trasmessi.La prima relazione viene presentata entro il 31 dicembre dell'anno successivo all'entrata in vigore del presente regolamento e si riferisce unicamente alle azioni poste in atto dagli Stati membri al fine di predisporre l'applicazione del presente regolamento.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 27 febbraio 2003.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteM. Chrisochoïdis(1) GU C 304 E del 30.10.2001, pag. 184.(2) GU C 48 del 21.2.2002, pag. 107.(3) GU C 295 del 20.10.2001, pag. 5.(4) Parere del Parlamento europeo del 28 febbraio 2002 (GU C 293 E del 28.11.2002, pag. 20), posizione comune del Consiglio del 23 settembre 2002 (GU C 269 E del 5.11.2002, pag. 10) e decisione del Parlamento europeo del 18 dicembre 2002 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(5) GU L 52 del 22.2.1997, pag. 1.(6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(7) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47.(8) GU L 293 del 24.10.1990, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 29/2002 della Commissione (GU L 6 del 10.1.2002, pag. 3).(9) GU L 203 del 3.8.1999, pag. 28.(10) GU L 310 del 30.11.1996, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 359/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 58 del 28.2.2002, pag. 1).(11) GU L 76 del 30.3.1993, pag. 1. Regolamento modificato dall'atto di adesione del 1994.(12) GU L 14 del 17.1.1997, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 2056/2002 (GU L 317 del 21.11.2002, pag. 1).ALLEGATOFormula da utilizzare per il calcolo dell'ICL:1) Definizioni:wit= costo della manodopera per ora lavorata dei dipendenti nell'attività economica i nel periodo thit= ore lavorate dai dipendenti nell'attività economica i nel periodo tWij= wij * hij = costo della manodopera dei dipendenti nell'attività economica i nel periodo annuale j2) La formula Laspeyres di base da utilizzare per il calcolo dell'ICL per il periodo t con periodo annuo di base j è definita come segue:>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>3) La metodologia per il concatenamento dell'indice sarà definita secondo la procedura di cui all'articolo 12, paragrafo 2.4) Il sistema di ponderazione utilizzato per il calcolo dell'indice e menzionato all'articolo 6, paragrafo 1, utilizza i valori seguenti:>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>ove Wij i e j vengono definiti al punto 1 del presente allegato. Tali ponderazioni dovrebbero essere utilizzate per il calcolo dell'indice entro due anni dal periodo a cui si riferiscono.
Statistiche comunitarie comparabili del costo del lavoro QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Il suo scopo è stabilire norme comuni per l’elaborazione, la trasmissione e la valutazione di indici comparabili del costo del lavoro* (ICL) nell’Unione europea (UE). Gli ICL misurano il costo del lavoro quale fattore produttivo. PUNTI CHIAVE Copertura Gli ICL riguardano tutte le imprese, indipendentemente dal numero di dipendenti, e tutte le attività economiche che rientrano nell’ambito della classificazione statistica delle attività economiche dell’Unione europea, la NACE*, salvo alcune eccezioni come l’agricoltura, la professione forestale, i nuclei familiari e le organizzazioni d’oltremare. Il primo calcolo dei dati per l’ICL è stato fatto secondo la NACE REV. 2 (vale a dire l’ultima versione della classificazione NACE) per il primo trimestre del 2009. Successivamente, sono stati calcolati di trimestre in trimestre, ogni anno. Fonti dei dati Su base trimestrale, gli istituti di statistica dei paesi dell’UE raccolgono dati da vari campioni che analizzano e da registri amministrativi tenuti dalle imprese. Devono trasmettere questi dati alla Commissione europea (Eurostat) entro 70 giorni dalla fine del relativo trimestre. Gli ICL devono essere forniti separatamente per le tre categorie di costi del lavoro riportate in appresso: costo totale del lavoro; retribuzioni lorde; contributi sociali dei dipendenti a carico dei datori di lavoro e imposte pagate dai datori di lavoro al netto dei contributi da essi percepiti. Garanzia della qualità Eurostat controlla tutti i dati ICL trasmessi dai paesi dell’UE per garantirne la completezza e la coerenza. Comitato Il comitato del sistema statistico europeo, composto da esperti nazionali, assiste e fornisce consulenza alla Commissione, anche per quanto riguarda le bozze di legge. Relazione Ogni due anni, la Commissione trasmette una relazione sull’attuazione del regolamento al Parlamento europeo e al Consiglio. Questa relazione valuta la qualità dei dati di serie ICL trasmessi e la qualità dei dati restrospettivi trasmessi (ad esempio, i dati per il periodo che va dal primo trimestre del 2000 al quarto trimestre del 2008). A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 2 aprile 2003. CONTESTO L’indice del costo del lavoro mostra lo sviluppo a breve termine del costo del lavoro e i costi totali su base oraria della manodopera per l’intera economia o per vari sottosettori. Per ulteriori informazioni, si veda: «Costo del lavoro» sul sito Internet di Eurostat. * TERMINI CHIAVE Costo del lavoro: il costo principale a carico dei datori di lavoro per impiegare il personale. Comprende le retribuzioni lorde, i contributi previdenziali dei dipendenti e le imposte sull’occupazione. Non comprende i costi della formazione professionale o le spese di assunzione. NACE: dal francese Nomenclature statistique des activités économiques dans la Communauté européenne (la classificazione statistica delle attività economiche nella Comunità europea). Sono state elaborate più versioni dal 1970. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 450/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 febbraio 2003, relativo all’indice del costo del lavoro (GU L 69 del 13.03.2003, pag. 1-5) Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 450/2003 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione del regolamento (CE) n. 450/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’indice del costo del lavoro (ICL), COM(2015) 42 final del 3.2.2015. Regolamento (CE) n. 1216/2003, del 7 luglio 2003, recante applicazione del regolamento (CE) n. 450/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’indice del costo del lavoro (GU L 169 dell’8.7.2003, pag. 37-43). Si veda la versione consolidata.
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Regolamento (CE) n. 693/2003 del Consiglio, del 14 aprile 2003, che istituisce un documento di transito agevolato (FTD) e un documento di transito ferroviario agevolato (FRTD) e modifica l'istruzione consolare comune e il manuale comune Gazzetta ufficiale n. L 099 del 17/04/2003 pag. 0008 - 0014 Regolamento (CE) n. 693/2003 del Consigliodel 14 aprile 2003che istituisce un documento di transito agevolato (FTD) e un documento di transito ferroviario agevolato (FRTD) e modifica l'istruzione consolare comune e il manuale comuneIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 62, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) Nel quadro dei preparativi per l'adesione di nuovi Stati membri la Comunità dovrebbe tener conto delle situazioni particolari che possono prodursi in seguito all'allargamento e prevedere in proposito una disciplina adeguata, onde evitare in futuro problemi relativi all'attraversamento delle frontiere esterne.(2) La Comunità dovrebbe in particolare affrontare la nuova situazione dei cittadini di paesi terzi che devono necessariamente attraversare il territorio di uno o più Stati membri per viaggiare tra due zone del proprio paese che geograficamente non sono contigue.(3) Per questo caso specifico di transito per via terrestre dovrebbero essere istituiti un documento di transito agevolato (Facilitated Transit Document - FTD) e un documento di transito ferroviario agevolato (Facilitated Rail Transit Document - FRTD).(4) L'FTD/FRTD dovranno costituire documenti con valore di visti di transito che autorizzano i loro titolari ad entrare per transitare attraverso i territori degli Stati membri ai sensi delle disposizioni dell'acquis di Schengen relativo all'attraversamento delle frontiere esterne.(5) Le condizioni e le procedure per il rilascio di tali documenti dovrebbero essere agevolate in linea con le disposizioni dell'acquis di Schengen.(6) In caso di abuso del regime al titolare dell'FTD/FRTD dovrebbero essere comminate le sanzioni contemplate dal diritto nazionale.(7) Poiché l'obiettivo dell'azione proposta, vale a dire il riconoscimento dell'FTD/FRTD rilasciato da uno Stato membro da parte degli altri Stati membri, vincolati dalle disposizioni dell'acquis di Schengen in materia di attraversamento delle frontiere esterne, non può essere sufficientemente realizzato dagli Stati membri e può dunque, a motivo delle dimensioni dell'azione, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può adottare tali misure in forza del principio di sussidiarietà di cui all'articolo 5 del trattato. In applicazione del principio di proporzionalità di cui allo stesso articolo, il presente regolamento non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento del suddetto obiettivo.(8) Il regolamento (CE) n. 694/2003(3) istituisce un modello uniforme per l'FTD e l'FRTD.(9) L'istruzione consolare comune(4) e il manuale comune(5) dovrebbero essere modificati di conseguenza.(10) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all'adozione del presente regolamento, non è da esso vincolata e non è soggetta alla sua applicazione. Dato che il presente regolamento si basa sull'acquis di Schengen in applicazione delle disposizioni della Parte terza, titolo IV del trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca decide, a norma dell'articolo 5 del suddetto protocollo, entro un periodo di sei mesi dall'adozione del presente regolamento da parte del Consiglio, se intende recepirlo nel proprio diritto interno.(11) Per quanto riguarda l'Islanda e la Norvegia, il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen ai sensi dell'accordo concluso dal Consiglio dell'Unione europea con la Repubblica d'Islanda e il Regno di Norvegia sull'associazione di questi due Stati all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen(6), che rientrano nel settore di cui all'articolo 1, punto B, della decisione 1999/437/CE del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativa a talune modalità di applicazione di tale accordo(7).(12) Il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen al quale il Regno Unito non partecipa ai sensi della decisione 2000/365/CE del Consiglio, del 29 maggio 2000, riguardante la richiesta del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord di partecipare ad alcune disposizioni dell'acquis di Schengen(8). Il Regno Unito non partecipa pertanto alla sua adozione, non è da esso vincolato e non è soggetto alla sua applicazione.(13) Il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen al quale l'Irlanda non partecipa ai sensi della decisione 2002/192/CE del Consiglio, del 28 febbraio 2002, riguardante la richiesta dell'Irlanda di partecipare ad alcune disposizioni dell'acquis di Schengen(9). L'Irlanda non partecipa pertanto alla sua adozione, non è da esso vincolata e non è soggetta alla sua applicazione.(14) Il presente regolamento costituisce un atto basato sull'acquis di Schengen o ad esso altrimenti connesso ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 2, dell'atto di adesione e diventerà pertanto applicabile soltanto dopo la soppressione dei controlli alle frontiere interne,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:CAPO IDISPOSIZIONI GENERALIArticolo 1Definizioni1. Il presente regolamento istituisce un documento di transito agevolato (Facilitated Transit Document - FTD) e un documento di transito ferroviario agevolato (Facilitated Rail Transit Document - FRTD) ai fini del transito agevolato.2. Per transito agevolato s'intende il transito specifico e diretto per via terrestre di un cittadino di un paese terzo che deve necessariamente attraversare il territorio di uno o più Stati membri, per viaggiare tra due zone del proprio paese che geograficamente non sono contigue.Articolo 2Autorizzazione particolare (FTD/FRTD)1. L'FTD è un'autorizzazione particolare che consente un transito agevolato; esso può essere rilasciato dagli Stati membri per una pluralità d'ingressi effettuati con qualsiasi mezzo di trasporto terrestre.2. L'FRTD è un'autorizzazione particolare che consente un transito agevolato; esso può essere rilasciato dagli Stati membri per un unico viaggio di andata e ritorno per ferrovia.3. L'FTD/FRTD è rilasciato utilizzando un modello uniforme ai sensi del regolamento (CE) n. 694/2003.Articolo 3Campo d'applicazione e validità1. L'FTD e l'FRTD hanno lo stesso valore dei visti di transito e hanno una validità territoriale limitata allo Stato membro che li ha rilasciati e agli altri Stati membri attraverso i quali il transito agevolato viene effettuato.2. L'FTD è valido per un periodo massimo di tre anni. Un transito effettuato con l'FTD non può superare ventiquattro ore.3. L'FRTD è valido per un periodo massimo non superiore a tre mesi. Un transito effettuato con l'FRTD non può superare sei ore.CAPO IIRILASCIO DI UN FTD/FRTDArticolo 4CondizioniPer ottenere un FTD/FRTD il richiedente deve:a) essere in possesso di un documento valido che lo autorizza ad attraversare le frontiere esterne, quali definite ai sensi dell'articolo 17, paragrafo 3, lettera a), della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen del 14 giugno 1985, firmata a Schengen il 19 giugno 1990(10);b) non essere segnalato ai fini della non ammissione;c) non essere considerato pericoloso per l'ordine pubblico, la sicurezza nazionale o le relazioni internazionali di uno degli Stati membri. Tuttavia, in relazione all'FRTD, non si applica la consultazione preliminare a norma dell'articolo 17, paragrafo 2, della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen;d) per l'FTD, giustificare la necessità di effettuare frequenti viaggi tra le due zone del territorio del suo paese.Articolo 5Procedura per la domanda1. La domanda di un FTD è presentata alle autorità consolari di uno Stato membro che ha comunicato la sua decisione di rilasciare l'FTD/FRTD a norma dell'articolo 12. Se la decisione di rilasciare l'FTD/FRTD è comunicata da più di uno Stato membro, la domanda è presentata alle autorità consolari dello Stato membro del primo ingresso. Questa procedura prevede la presentazione, se del caso, di una documentazione che attesti la necessità di viaggi frequenti, in particolare documenti comprovanti legami familiari o giustificazioni sociali, economiche o di altro tipo.2. Nel caso di un FRTD uno Stato membro può di norma accettare che le domande siano trasmesse tramite altre autorità o tramite terzi.3. La domanda di un FTD è presentata sul modulo standard definito nell'allegato I.4. I dati personali da comunicare per ottenere un FRTD sono forniti mediante il modulo contenente i dati personali definito nell'allegato II. Detto modulo può essere compilato a bordo del treno prima dell'apposizione dell'FRTD e in ogni caso prima dell'entrata nel territorio dello Stato membro attraversato dal treno, a condizione che i dati personali fondamentali - di cui all'allegato II - siano trasmessi per via elettronica alle autorità dello Stato membro competente al momento della presentazione della richiesta di acquisto del biglietto ferroviario.Articolo 6Procedura di rilascio1. L'FTD/FRTD è rilasciato dagli uffici consolari dello Stato membro e non è emesso alla frontiera. La decisione di rilascio dell'FRTD è presa dalle autorità consolari competenti al più tardi 24 ore dopo la trasmissione per via elettronica di cui all'articolo 5, paragrafo 4.2. Nessun FTD/FRTD è apposto su un documento di viaggio scaduto.3. Il periodo di validità del documento di viaggio sul quale è apposto l'FTD/FRTD è più lungo di quello dell'FTD/FRTD.4. Nessun FTD/FRTD è apposto su un documento di viaggio se tale documento non è valido per uno degli Stati membri. In questo caso esso è apposto dagli uffici consolari sul modello uniforme di foglio utilizzabile per l'apposizione di un visto, ai sensi del regolamento (CE) n. 333/2002(11). Se un documento di viaggio è valido soltanto per uno Stato membro o per alcuni Stati membri, l'FTD/FRTD è limitato allo Stato membro o agli Stati membri in questione.Articolo 7Costi amministrativi di un FTD/FRTD1. I diritti corrispondenti ai costi amministrativi inerenti all'esame della domanda di FTD sono pari a 5 EUR.2. L'FRTD è rilasciato gratuitamente.CAPO IIIDISPOSIZIONI COMUNI RELATIVE ALL'FTD/FRTDArticolo 8Irricevibilità della domanda1. Qualora la rappresentanza consolare di uno Stato membro rifiuti di esaminare una domanda o di rilasciare un FTD/FRTD, la procedura e i possibili mezzi di impugnazione sono disciplinati dalla legislazione nazionale di tale Stato membro.2. Qualora un FTD/FRTD sia rifiutato e la legislazione nazionale preveda la motivazione del rifiuto, tale motivazione è comunicata al richiedente.Articolo 9SanzioniIn caso di abuso del regime al titolare dell'FTD/FRTD dovrebbero essere comminate le sanzioni contemplate dalla legislazione nazionale.Tali sanzioni sono effettive, proporzionate e dissuasive e comprendono la possibilità di annullare o revocare l'FTD/FRTD.CAPO IVDISPOSIZIONI FINALIArticolo 10Fatte salve le norme specifiche stabilite nel presente regolamento, si applicano inoltre all'FTD/FRTD le disposizioni dell'acquis di Schengen in materia di visti.Articolo 111. L'istruzione consolare comune è modificata come segue:a) nella parte I è aggiunto il punto seguente:"2.5. Documenti aventi lo stesso valore di un visto, che autorizzano ad attraversare le frontiere esterne: FTD/FRTDPer il transito agevolato può essere rilasciato un FTD o un FRTD ai sensi dei regolamenti (CE) n. 693/2003(12) e (CE) n. 694/2003(13) del Consiglio (cfr. allegato 17).";b) il testo del presente regolamento e del regolamento (CE) n. 694/2003 sono acclusi in quanto allegato 17.2. Il manuale comune è modificato come segue:a) nella parte I è aggiunto il punto seguente:"3.4. DOCUMENTI AVENTI LO STESSO VALORE DI UN VISTO, CHE AUTORIZZANO AD ATTRAVERSARE LE FRONTIERE ESTERNE: FTD/FRTDPer il transito agevolato può essere rilasciato un FTD o un FRTD ai sensi dei regolamenti (CE) n. 693/2003(14) e (CE) n. 694/2003(15) del Consiglio (cfr. allegato 15).";b) il testo del presente regolamento e del regolamento (CE) n. 694/2003 sono acclusi in quanto allegato 15.Articolo 12Applicazione1. Gli Stati membri che decidono di rilasciare l'FTD e l'FRTD comunicano la loro decisione al Consiglio e alla Commissione. La decisione è pubblicata dalla Commissione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea ed entra in vigore alla data della sua pubblicazione.2. Qualora decidano di non rilasciare più l'FTD e l'FRTD, gli Stati membri comunicano la loro decisione al Consiglio e alla Commissione. La decisione è pubblicata dalla Commissione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea ed entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla sua pubblicazione.Articolo 13RendicontoLa Commissione riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio sul funzionamento del regime di transito agevolato entro tre anni dall'entrata in vigore della prima decisione di cui all'articolo 12, paragrafo 1.Articolo 14Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea.Fatto a Lussemburgo, addì 14 aprile 2003.Per il ConsiglioIl PresidenteA. Giannitsis(1) Non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale.(2) Parere espresso l'8.4.2003 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) Vedi pagina 15 della presente Gazzetta ufficiale.(4) GU C 313 del 16.12.2002, pag. 1. Istruzione modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 415/2003 (GU L 64 del 7.3.2003, pag. 1).(5) GU C 313 del 16.12.2002, pag. 97.(6) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 36.(7) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 31.(8) GU L 131 dell'1.6.2000, pag. 43.(9) GU L 64 del 7.3.2002, pag. 20.(10) GU L 239 del 22.9.2000, pag. 19. Convenzione modificata da ultimo dalla decisione 2003/170/GAI (GU L 67 del 12.3.2003, pag. 27).(11) GU L 53 del 23.2.2002, pag. 4.(12) GU L 99 del 17.4.2003, pag. 8.(13) GU L 99 del 17.4.2003, pag. 15.(14) GU L 99 del 17.4.2003, pag. 8.(15) GU L 99 del 17.4.2003, pag. 15.ALLEGATO I>PIC FILE= "L_2003099IT.001202.TIF">>PIC FILE= "L_2003099IT.001301.TIF">ALLEGATO II>PIC FILE= "L_2003099IT.001402.TIF">
Documento di transito agevolato (FTD) e documento di transito ferroviario agevolato (FRTD) QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? È volto a istituire un documento di transito agevolato (FTD)* e un documento di transito ferroviario agevolato (FRTD)* per il transito specifico e diretto per via terrestre di un cittadino di un paese terzo che deve necessariamente attraversare il territorio di uno o più paesi dell’Unione, per viaggiare tra due zone del proprio paese che geograficamente non sono contigue. PUNTI CHIAVE Campo d’applicazione e validità L’FTD e l’FRTD hanno lo stesso valore dei visti di transito e hanno una validità territoriale limitata al paese dell’Unione che li ha rilasciati. L’FTD è valido per un periodo massimo di tre anni. Un transito effettuato con l’FTD non può superare ventiquattro ore. L’FRTD è valido per un periodo massimo non superiore a tre mesi. Un transito effettuato con l’FRTD non può superare sei ore. L’FTD/FRTD non può essere apposto su un documento di viaggio scaduto o la cui validità è inferiore a quella dell’FTD o dell’FRTD.Condizioni e procedure per il rilascioPer ottenere un FTD o un FRTD il richiedente deve:essere in possesso di un documento valido che lo autorizza ad attraversare le frontiere esterne;non essere segnalato ai fini della non ammissione;non essere considerato pericoloso per l’ordine pubblico o le relazioni internazionali di uno dei paesi dell’Unione;per l’FTD, giustificare la necessità di effettuare frequenti viaggi tra le due zone del territorio del suo paese La domanda di un FTD/FRTD è presentata alle autorità consolari di un paese dell’Unione. I richiedenti devono presentare una documentazione che attesti la necessità di viaggi frequenti, in particolare documenti comprovanti legami familiari o giustificazioni sociali, economiche o di altro tipo. I diritti corrispondenti ai costi amministrativi per l’esame della domanda di FTD sono pari a 5 EUR. L’FRTD è rilasciato gratuitamente.Rilascio e irricevibilità della domandaGli FTD e gli FRTD sono rilasciati dagli uffici consolari dei paesi dell’Unione e non possono essere emessi alla frontiera. Qualora la rappresentanza consolare di un paese dell’Unione rifiuti di esaminare una domanda o di rilasciare un FTD/FRTD, la procedura e i possibili mezzi di impugnazione sono disciplinati dalla legislazione nazionale di tale paese dell’Unione. Qualora un FTD/FRTD sia rifiutato e la legislazione nazionale preveda la motivazione del rifiuto, tale motivazione è comunicata al richiedente. In caso di abuso del regime al titolare dell’FTD/FRTD vengono comminate sanzioni. Tali sanzioni sono effettive, proporzionate e dissuasive e comprendono la possibilità di annullare o revocare l’FTD/FRTD.Decisioni di rilasciare FTD/FRTDI paesi dell’Unione che decidono di rilasciare l’FTD e l’FRTD comunicano la loro decisione al Consiglio e alla Commissione europea, che la pubblica nella Gazzetta ufficiale (GU). Qualora decidano di non rilasciare più l’FTD e l’FRTD, i paesi dell’Unione comunicano la loro decisione al Consiglio e alla Commissione, che la pubblica nella Gazzetta ufficiale. La Commissione riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio sul funzionamento del regime di transito agevolato entro tre anni dall’entrata in vigore della prima decisione di un paese dell’Unione di rilasciare l’FTD e l’FRTD.Modello uniforme Gli FTD e FRTD sono costituiti da un modello uniforme (adesivo) e hanno lo stesso valore dei visti di transito. Essi sono conformi alle prescrizioni di cui agli allegati I e II del regolamento (CE) n. 694/2003, adottato in concomitanza con il regolamento (UE) n. 693/2003. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 18 aprile 2003. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Kaliningrad: La Commissione propone una serie di misure volte a facilitare il transito dopo l’allargamento — comunicato stampa (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Documento di transito agevolato (FTD): specifica autorizzazione che consente il transito agevolato; può essere rilasciato dai paesi dell’Unione per una pluralità di ingressi effettuati con qualsiasi mezzo di trasporto terrestre. L’FTD è rilasciato utilizzando un modello uniforme ai sensi del regolamento (CE) n. 694/2003. Documento di transito ferroviario agevolato (FRTD): specifica autorizzazione che consente il transito agevolato; può essere rilasciato dai paesi dell’Unione per un unico viaggio di andata e ritorno per ferrovia. L’FRTD è rilasciato utilizzando un modello uniforme ai sensi del regolamento (CE) n. 694/2003. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 693/2003 del Consiglio, del 14 aprile 2003, che istituisce un documento di transito agevolato (FTD) e un documento di transito ferroviario agevolato (FRTD) e modifica l’istruzione consolare comune e il manuale comune (GU L 99 del 17.4.2003, pag. 8). DOCUMENTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 694/2003 del Consiglio, del 14 aprile 2003, che stabilisce modelli uniformi per il documento di transito agevolato (FTD) e per il documento di transito ferroviario agevolato (FRTD) di cui al regolamento (CE) n. 693/2003 (GU L 99 del 17.4.2003, pag. 15).
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Regolamento (CE) n. 2271/96 del Consiglio del 22 novembre 1996 relativo alla protezione dagli effetti extraterritoriali derivanti dall'applicazione di una normativa adottata da un paese terzo, e dalle azioni su di essa basate o da essa derivanti Gazzetta ufficiale n. L 309 del 29/11/1996 pag. 0001 - 0006 REGOLAMENTO (CE) N. 2271/96 DEL CONSIGLIO del 22 novembre 1996 relativo alla protezione dagli effetti extraterritoriali derivanti dall'applicazione di una normativa adottata da un paese terzo, e dalle azioni su di essa basate o da essa derivantiIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 73 C, 113 e 235,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Parlamento europeo (1),considerando che fra gli obiettivi della Comunità europea vi è anche quello di contribuire allo sviluppo armonioso del commercio mondiale e alla graduale soppressione delle restrizioni agli scambi internazionali;considerando che la Comunità si sforza di conseguire, nella maggiore misura possibile, l'obiettivo della libera circolazione di capitali tra Stati membri e paesi terzi e l'eliminazione delle restrizioni agli investimenti diretti, inclusi gli investimenti in proprietà immobiliari, allo stabilimento, alla prestazione di servizi finanziari o all'ammissione di valori mobiliari nei mercati finanziari;considerando che un paese terzo ha approvato talune leggi, regolamenti e altri strumenti legislativi con l'intento di disciplinare l'attività di persone fisiche e giuridiche poste sotto la giurisdizione degli Stati membri;considerando che per i loro effetti extraterritoriali tali leggi, regolamenti e altri strumenti legislativi violano il diritto internazionale e ostacolano il conseguimento degli obiettivi sopra menzionati;considerando che tali atti normativi, ivi compresi regolamenti e altri strumenti legislativi, e le azioni su di essi basate o da essi derivanti, incidono o potrebbero incidere sull'ordinamento giuridico costituito e avere effetti negativi sugli interessi della Comunità e sugli interessi delle persone fisiche e giuridiche che esercitano i loro diritti conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea;considerando che, in presenza di tali circostanze eccezionali, è necessario avviare un'azione a livello comunitario per proteggere l'ordinamento giuridico costituito, gli interessi della Comunità e di dette persone, in particolare eliminando, neutralizzando, bloccando o altrimenti contrastando gli effetti della normativa estera interessata;considerando che la richiesta di fornire informazioni in virtù del presente regolamento non impedisce ad uno Stato membro di chiedere informazioni della stessa natura da comunicare alle autorità di tale Stato;considerando che il Consiglio ha adottato l'azione comune 96/668/PESC, del 22 novembre 1996 (2) per garantire che gli Stati membri prendano le misure necessarie per la protezione delle persone fisiche e giuridiche i cui interessi sono lesi dai suddetti atti normativi e azioni su di essi basate, qualora tali interessi non siano tutelati dal presente regolamento;considerando che la Commissione, nell'attuazione del presente regolamento, dovrebbe essere assistita da un comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri;considerando che le azioni previste nel presente regolamento sono necessarie per conseguire gli obiettivi del trattato che istituisce la Comunità europea;considerando che il trattato, per l'adozione di talune disposizioni del presente regolamento, prevede solo l'esercizio dei poteri contemplati dall'articolo 235,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1 Il presente regolamento fornisce protezione e neutralizza gli effetti dell'applicazione extraterritoriale degli atti normativi indicati nell'allegato del presente regolamento, compresi i regolamenti e gli altri strumenti legislativi e delle azioni su di essi basate o da essi derivanti, qualora tale applicazione leda gli interessi delle persone di cui all'articolo 11 che effettuano scambi internazionali e/o movimenti di capitali e attività commerciali connesse tra la Comunità e i paesi terzi.Il Consiglio, deliberando conformemente alle pertinenti disposizioni del trattato e nonostante le disposizioni dell'articolo 7, lettera c), può inserire o sopprimere atti normativi dall'allegato del presente regolamento.Articolo 2 Qualora gli interessi economici e/o finanziari di qualsiasi persona di cui all'articolo 11 siano lesi, direttamente o indirettamente, dagli atti normativi indicati nell'allegato o da azioni su di essi basate o da essi derivanti, tale persona ne informa la Commissione nei 30 giorni successivi alla data in cui le è pervenuta l'informazione; se sono lesi gli interessi di una persona giuridica, tale obbligo incombe ai direttori, dirigenti o altre persone aventi responsabilità direttive (3).A richiesta della Commissione, tale persona fornisce tutte le informazioni pertinenti ai fini del presente regolamento conformemente alla richiesta della Commissione entro 30 giorni dalla data di quest'ultima.Tutte le informazioni sono trasmesse alla Commissione direttamente o tramite le autorità competenti degli Stati membri. Se le informazioni sono trasmesse direttamente alla Commissione, questa ne informa immediatamente le autorità competenti dello Stato membro in cui la persona che ha fornito le informazioni è residente o registrata.Articolo 3 Tutte le informazioni fornite conformemente all'articolo 2 vengono utilizzate soltanto per gli scopi indicati.Le informazioni di carattere riservato o che sono state fornite su base confidenziale sono protette dall'obbligo del segreto professionale. Esse non vengono divulgate dalla Commissione senza l'esplicita autorizzazione della persona che le ha fornite.La Commissione può rivelare tali informazioni qualora obbligata o autorizzata a farlo, in particolare in relazione ad azioni giudiziarie. In questo caso si deve tener conto dell'interesse legittimo della persona interessata a che non siano divulgati i suoi segreti commerciali.Il presente articolo non preclude alla Commissione la possibilità di divulgare informazioni di carattere generale. La divulgazione di tali informazioni non è permessa qualora ciò sia incompatibile con il loro scopo originario.In caso di violazione della riservatezza, il mittente delle informazioni ha il diritto di ottenere, secondo il caso, che siano soppresse, rettificate o non prese in considerazione.Articolo 4 Nessuna sentenza di un tribunale e nessuna decisione di un'autorità amministrativa esterna alla Comunità che, direttamente o indirettamente, renda operative gli atti normativi indicati nell'allegato o azioni su di essi basate o da essi derivanti, è accettata o eseguita in alcun modo.Articolo 5 Nessuna delle persone di cui all'articolo 11 deve rispettare, direttamente o attraverso una consociata o altro intermediario, attivamente o per omissione deliberata, richieste o divieti, comprese le richieste di tribunali stranieri, basate o derivanti, direttamente o indirettamente, dagli atti normativi indicati nell'allegato o da azioni su di essi basate o da essi derivanti.Conformemente alle procedure di cui agli articoli 7 e 8, si può essere autorizzati a rispettare, completamente o in parte, le norme contestate se la loro inosservanza può danneggiare seriamente i propri interessi o quelli della Comunità. I criteri di applicazione della presente disposizione sono fissati secondo la procedura di cui all'articolo 8. Qualora sussistano prove sufficienti che l'inosservanza causerebbe gravi danni ad una persona fisica o giuridica, la Commissione sottopone senza indugio al comitato di cui all'articolo 8 un progetto delle misure adeguate da adottare a norma del presente regolamento.Articolo 6 Qualsiasi persona di cui all articolo 11, impegnata in un'attività di cui all'articolo 1 ha diritto al risarcimento dei danni, comprese le spese giudiziali, ad essa causati dall'applicazione degli atti normativi indicati nell'allegato o da azioni su di essi basate o da essi derivanti.Tale risarcimento può essere ottenuto dalla persona fisica o giuridica o da qualsiasi altra entità che ha causato danni o da qualsiasi persona che agisca per suo conto o altro intermediario.La convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale si applica ai procedimenti avviati ed alle sentenze rese ai sensi del presente articolo. Il risarcimento può essere ottenuto sulla base delle disposizioni delle sezioni da 2 a 6 del titolo II di tale convenzione, nonché, ai sensi dell'articolo 57, paragrafo 3 di tale convenzione, tramite procedimenti giudiziari avviati dinanzi ai tribunali di uno Stato membro in cui tale persona, entità, persona che agisce per suo conto o intermediario detiene dei beni.Fatti salvi altri mezzi disponibili e conformemente alla legislazione applicabile, il risarcimento potrebbe assumere la forma di sequestro e vendita di beni detenuti da tali persone, entità, persone che agiscono per loro conto o altri intermediari nella Comunità, comprese le azioni detenute in una persona giuridica registrata nella Comunità.Articolo 7 Per l'attuazione del presente regolamento la Commissione:a) informa immediatamente ed esaurientemente il Parlamento europeo e il Consiglio sugli effetti degli atti normativi, regolamenti e altri strumenti legislativi e azioni derivanti di cui all'articolo 1, in base alle informazioni ottenute ai sensi del presente regolamento, e prepara in merito periodicamente un'esauriente relazione pubblica;b) concede autorizzazioni alle condizioni stabilite nell'articolo 5, e, nello stabilire il termine entro il quale il comitato deve esprimere il suo parere, tiene interamente conto del termine che le persone soggette ad autorizzazione devono rispettare;c) inserisce o sopprime, se del caso, riferimenti a regolamenti o ad altri strumenti legislativi che derivano da atti normativi indicati nell'allegato e che rientrano nel campo di applicazione del presente regolamento;d) pubblica nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee un avviso sulle sentenze e decisioni a cui si applicano gli articoli 4 e 6;e) pubblica nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee il nome e l'indirizzo delle autorità competenti degli Stati membri cui si fa riferimento nell'articolo 2.Articolo 8 Nell'attuazione del disposto dell'articolo 7, lettere b) e c), la Commissione è assistita da un comitato composto da rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.Il rappresentante della Commissione presenta al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista dall'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni al comitato, viene attribuita ai voti dei rappresentanti degli Stati membri la ponderazione definita all'articolo precitato. Il presidente non partecipa alla votazione.La Commissione adotta le misure previste se sono conformi al parere del comitato.Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato o, in mancanza di parere, la Commissione presenta senza indugio al Consiglio una proposta relativa alle misure da prendere. Il Consiglio delibera alla maggioranza qualificata.Se al termine di un periodo di due settimane dalla data di presentazione al Consiglio quest'ultimo non ha deliberato, la Commissione adotta le misure proposte.Articolo 9 Ciascuno Stato membro decide le sanzioni da imporre in caso di violazione delle pertinenti disposizioni del presente regolamento. Tali sanzioni devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive.Articolo 10 La Commissione e gli Stati membri si informano reciprocamente sulle misure adottate conformemente al presente regolamento e si scambiano le informazioni connesse.Articolo 11 Il presente regolamento si applica a:1) qualsiasi persona fisica residente nella Comunità (4) e che ha la cittadinanza di uno Stato membro,2) qualsiasi persona giuridica registrata nella Comunità,3) qualsiasi persona fisica o giuridica di cui all'articolo 1, paragrafo 2 del regolamento (CEE) n. 4055/86 (5),4) qualsiasi altra persona fisica residente nella Comunità, fatto salvo il caso in cui tale persona si trovi nel paese di cui ha la cittadinanza,5) qualsiasi altra persona fisica nel territorio della Comunità, compresi le sue acque territoriali e il suo spazio aereo, e a bordo di qualsiasi aeromobile o nave soggetti alla giurisdizione o al controllo di uno Stato membro, nell'esercizio della sua attività professionale.Articolo 12 Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 22 novembre 1996.Per il ConsiglioIl PresidenteS. BARRETT(1) Parere espresso il 25 ottobre 1996 (GU n. C 347 del 18. 11. 1996).(2) Cfr. pagina 7 della presente Gazzetta ufficiale.(3) Le informazioni devono pervenire all'indirizzo seguente: Commissione europea, Direzione generale I, Rue de la Loi/Wetstraat 200, B-1049 Brussels [fax (32-2) 295 65 05].(4) Ai fini del presente regolamento, per «residente nella Comunità» si intende: legalmente stabilito nella Comunità per un periodo di almeno 6 mesi entro il periodo di 12 mesi immediatamente precedente la data in cui, ai sensi del presente regolamento, insorge un obbligo o viene esercitato un diritto.(5) Regolamento (CEE) n. 4055/86 del Consiglio, del 22 dicembre 1986, che applica il principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi tra Stati membri e tra Stati membri e paesi terzi (GU n. L 378 del 31. 12. 1986, pag. 1). Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 3573/90 (GU n. L 353 del 17. 12. 1990, pag. 16).ALLEGATO LEGGI, REGOLAMENTI E ALTRI STRUMENTI LEGISLATIVI (1) di cui all'articolo 1 PAESE: STATI UNITI D'AMERICAATTI LEGISLATIVI1. «National Defense Authorisation Act for Fiscal Year 1993» Title XVII - «Cuban Democracy Act 1992», sections 1704 and 1706Prescrizioni:Le prescrizioni sono consolidate nel titolo I del «Cuban Liberty and Democratic Solidarity Act» del 1996 (vedi in appresso).Possibili pregiudizi per gli interessi dell'UE:Gli obblighi imposti sono ora incorporati nel «Cuban Liberty and Democratic Solidarity Act» del 1996 (vedi in appresso).2. «Cuban Liberty and Democratic Solidarity Act» del 1996Titolo IPrescrizioni:Conformarsi all'embargo economico e finanziario imposto dagli Stati Uniti nei confronti di Cuba, in particolare non esportando negli Stati Uniti beni o servizi di origine cubana o contenenti materiali o beni provenienti da Cuba o direttamente o attraverso paesi terzi, non trattando merci che si trovano o si trovavano precedentemente a Cuba o che sono trasportate da o attraverso Cuba, non riesportando negli Stati Uniti zucchero originario di Cuba senza notifica dell'autorità nazionale competente dell'esportatore e non importando negli Stati Uniti prodotti a base di zucchero senza assicurarsi che non sono prodotti cubani, congelando beni cubani e le operazioni finanziarie con Cuba.Possibili pregiudizi per gli interessi dell'UE:Divieto di caricare o scaricare merci da un'imbarcazione in qualsivoglia luogo degli Stati Uniti o di entrare in un porto statunitense; rifiuto di importare prodotti o servizi originari di Cuba e di importare a Cuba prodotti o servizi originari degli Stati Uniti; blocco di operazioni finanziarie coinvolgenti Cuba.Titolo III e Titolo IVPrescrizioni:Porre fine a «operazioni» («trafficking») con beni precedentemente di proprietà di statunitensi (compresi cubani che hanno ottenuto la cittadinanza degli Stati Uniti) e espropriati dal regime cubano. (Le «operazioni» comprendono: uso, vendita, passaggio di proprietà, controllo, gestione e altre attività a vantaggio di una persona.)Possibili pregiudizi per gli interessi dell'UE:Procedimenti giudiziari negli Stati Uniti, basati su responsabilità venute a esistenza, contro cittadini o società dell'UE coinvolti in «operazioni» («trafficking»), terminantisi con sentenze o decisioni che impongono il pagamento di un indennizzo (multiplo) alla parte statunitense. Rifiuto di ingresso negli Stati Uniti per persone coinvolte in «operazioni» («trafficking»), compresi coniuge, figli minorenni e rappresentanti.3. «Iran and Libya Sanctions Act» del 1996Prescrizioni:Divieto di investire in Iran o Libia un importo superiore a 40 milioni di dollari USA durante un periodo di dodici mesi, che contribuisca in modo diretto e significativo ad accrescere la capacità dell'Iran o della Libia di sviluppare le rispettive risorse petrolifere. (Investimento destinato alla stipulazione d'un contratto per detto sviluppo, a garantire lo stesso, a trarne profitto, o ad acquistare parte della relativa proprietà.)N. B.: Non sono presi in considerazione gli investimenti fatti nel quadro di contratti esistenti prima del 5 agosto 1996.Rispetto dell'embargo nei confronti della Libia decretato dalle risoluzioni 748 (1992) e 883 (1993) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (2).Possibili pregiudizi per gli interessi dell'UE:Misure adottate dal presidente USA per limitare le importazioni negli Stati Uniti o i contratti d'appalto per tale paese; divieto di essere designati come operatore primario o depositario di fondi governativi statunitensi; diniego di accesso a prestiti erogati da enti finanziari statunitensi; restrizioni di esportazione imposte dagli Stati Uniti; rifiuto di assistenza da parte della Export-Import Bank.REGOLAMENTI1. 1 CFR (Code of Federal Regulations) Ch. V (ed. 7-1-95 edition) Part 515 - Cuban Assets Control Regulations, subpart B (Prohibitions), E (Licenses, Authorizations and Statements of Licensing Policy) and G (Penalties)Prescrizioni:I divieti sono consolidati nel titolo I del «Cuban Liberty and Democratic Solidarity Act» del 1996 (vedi sopra). Inoltre sono prescritte licenze e/o autorizzazioni per attività economiche concernenti Cuba.Possibili pregiudizi per gli interessi dell'UE:Sanzioni pecuniarie, confisca, carcerazione in caso di violazione.(1) Ulteriori informazioni quanto alle disposizioni e ai regolamenti di cui sopra possono essere ottenute presso la Commissione europea, Direzione generale I.E.3, rue de la Loi/Wetstraat 200, B-1049 Bruxelles [fax (32-2) 295 65 05].(2) Per l'attuazione di queste risoluzioni vedi il regolamento (CE) n. 3274/93 del Consiglio (GU n. L 295 del 30. 11. 1993, pag. 1).
Effetti della legislazione straniera sugli interessi finanziari dell’UE QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? L’obiettivo del regolamento è di proteggere gli interessi di persone fisiche o giuridiche dagli effetti extraterritoriali di una legislazione adottata da paesi terzi. PUNTI CHIAVE Le leggi coperte dal regolamento sono specificate nell’allegato. La protezione copre:gli scambi internazionali; e/o i movimenti di capitali; e le attività commerciali connesse tra l’Unione europea e i paesi terzi Il regolamento si applica a:persone fisiche residenti nell’Unione e cittadini di un paese dell’Unione; persone giuridiche costituite all’interno dell’Unione; cittadini di paesi membri che si siano stabiliti al di fuori dell’Unione e compagnie di trasporti stabilite al di fuori dell’Unione e controllate da cittadini di uno stato membro (ad es. un cittadino francese che lavori per una compagna di trasporti olandese in un paese non membro), se il loro aeromobile o nave sono registrati in quel paese in accordo con la sua legislazione; persone fisiche residenti nell’Unione, salvo il caso in cui si trovino nel loro paese di cittadinanza; ogni altra persona fisica che si trovi all’interno dell’Unione, incluse le sue acque territoriali e spazio aereo e in qualsiasi aeromobile o nave sotto la giurisdizione o il controllo di un paese membro, nell’esercizio della sua attività professionale. Qualora gli interessi economici e/o finanziari di qualsiasi persona siano lesi da una legislazione straniera, tale persona ne deve informare la Commissione europea entro 30 giorni. I 30 giorni decorrono dalla data in cui questa informazione è pervenuta alla persona.Nessuna sentenza di un tribunale e nessuna decisione di un’autorità amministrativa esterna alla Comunità che, direttamente o indirettamente, renda operativi gli atti normativi indicati nell’allegato (come ad esempio l’«Iran and Libya Sanctions Act» del 1996 degli USA) è accettata o eseguita in alcun modo. Nessuna delle persone cui si riferisce il regolamento deve rispettare richieste o divieti basati o derivanti dagli atti normativi indicati nell’allegato. Tuttavia, si può essere autorizzati a rispettare, completamente o in parte, tali norme o divieti se la loro inosservanza può danneggiare seriamente i propri interessi o quelli della Comunità. Questa autorizzazione viene concessa dalla Commissione, con l’assistenza di un comitato composto da rappresentanti dei paesi membri.I paesi membri determinano le sanzioni da imporre in caso di violazione delle pertinenti disposizioni del regolamento. Modifiche al regolamento Il regolamento (UE) n. 37/2014 dà alla Commissione il potere di adottare atti delegati. Stabilisce inoltre che l’attuazione del regolamento (CE) n. 2271/96 richiede condizioni uniformi per la definizione di criteri intesi ad autorizzare le persone a conformarsi integralmente o in parte a eventuali prescrizioni o divieti, tra cui le ingiunzioni di tribunali stranieri, nei casi in cui la loro inosservanza pregiudicherebbe gravemente i loro interessi o quelli dell’Unione. Tali misure dovrebbero essere adottate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011. (Ruolo dei comitati nelle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione europea). Il regolamento delegato (UE) 2018/1100 modifica l’allegato per tenere conto del fatto che nel maggio 2018 gli Stati Uniti hanno annunciato che non rinunceranno più ad applicare le loro misure restrittive nazionali nei confronti dell’Iran. Alcune di queste misure hanno un’applicazione extraterritoriale e possono avere effetti negativi sugli interessi dell’Unione e sugli interessi delle persone fisiche e giuridiche coinvolte in attività economiche con l’Iran. DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? È stato applicato a partire dal 29 novembre 1996. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 2271/96 del Consiglio del 22 novembre 1996 relativo alla protezione dagli effetti extraterritoriali derivanti dall’applicazione di una normativa adottata da un paese terzo, e dalle azioni su di essa basate o da essa derivanti (GU L 309 del 29.11.1996, pagg. 1–6). Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 2271/96 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 37/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2014 che modifica alcuni regolamenti in materia di politica commerciale comune per quanto riguarda le procedure di adozione di determinate misure (GU L 18, 21.1.2014, pagg. 1-51). Cfr. la versione consolidata. Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2011 che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55, 28.2.2011, pagg. 13-18).
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DECISIONE (UE) 2017/865 DEL CONSIGLIO dell'11 maggio 2017 relativa alla firma, a nome dell'Unione europea, della convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria in materia penale IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 82, paragrafo 2, e l'articolo 83, paragrafo 1, in combinato disposto con l'articolo 218, paragrafo 5, vista la proposta della Commissione europea, considerando quanto segue: (1) L'Unione europea ha partecipato insieme agli Stati membri in qualità di osservatore ai negoziati per la convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica («convenzione»), che è stata adottata dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa il 7 aprile 2011. La convenzione è stata aperta alla firma l'11 maggio 2011. (2) In conformità dell'articolo 75 della convenzione, la convenzione è aperta alla firma dell'Unione. (3) La convenzione istituisce un quadro giuridico completo e multiforme per tutelare le donne contro tutte le forme di violenza. Essa mira a prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e le ragazze e la violenza domestica. La convenzione contempla una vasta gamma di misure, dalla raccolta dei dati e la sensibilizzazione alle misure legali per qualificare come reati diverse forme di violenza contro le donne. Essa comprende misure per la protezione delle vittime e la messa a disposizione di servizi di sostegno, e affronta la dimensione della violenza di genere in materia di asilo e migrazione. La convenzione istituisce uno specifico meccanismo di controllo per garantire l'attuazione efficace delle sue disposizioni a opera delle parti. (4) La firma della convenzione a nome dell'Unione contribuirà alla realizzazione della parità tra uomini e donne in tutti gli ambiti, quale valore e obiettivo fondamentale dell'Unione che quest'ultima deve perseguire in tutte le sue attività, ai sensi degli articoli 2 e 3 del trattato sull'Unione europea (TUE), dell'articolo 8 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE)e dell'articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. La violenza contro le donne è una violazione dei loro diritti umani e una forma estrema di discriminazione, radicata nella disparità fra i generi e che contribuisce a mantenerla e rafforzarla. Impegnandosi ad attuare la convenzione, l'Unione conferma il proprio impegno a combattere la violenza contro le donne nel proprio territorio e a livello globale, e rafforza l'attuale azione politica e il quadro giuridico sostanziale esistente nel settore del diritto di procedura penale che è di particolare importanza per le donne e le ragazze. (5) Sia l'Unione che i suoi Stati membri hanno competenze nei settori contemplati dalla convenzione. (6) È opportuno firmare la convenzione a nome dell'Unione per quanto riguarda le materie ricadenti nella competenza dell'Unione nella misura in cui la convenzione può incidere su norme comuni o modificarne la portata. Ciò riguarda, in particolare, determinate disposizioni della convenzione relative alla cooperazione giudiziaria in materia penale e le disposizioni della convenzione relativa all'asilo e al non respingimento. Gli Stati membri mantengono le rispettive competenze nella misura in cui la convenzione non incide sulle norme comuni o ne modifica la portata. (7) L'Unione ha altresì competenza esclusiva per accettare gli obblighi stabiliti dalla convenzione per quanto riguarda le proprie istituzioni e l'amministrazione pubblica. (8) Poiché la competenza dell'Unione e le competenze degli Stati membri sono interconnesse, l'Unione dovrebbe aderire alla convenzione unitamente ai suoi Stati membri, così da poter adempiere insieme agli obblighi stabiliti dalla convenzione ed esercitare in maniera coerente i diritti loro conferiti. (9) La presente decisione riguarda le disposizioni della convenzione sulla cooperazione giudiziaria in materia penale nella misura in cui tali disposizioni incidono sulle norme comuni o ne modificano la portata. Non riguarda gli articoli 60 e 61 della convenzione, i quali sono oggetto di una distinta decisione del Consiglio relativa alla firma, che sarà adottata in parallelo alla presente decisione. (10) L'Irlanda e il Regno Unito sono vincolati dalle direttive 2011/36/UE (1) e 2011/93/UE (2) del Parlamento europeo e del Consiglio e partecipano quindi all'adozione della presente decisione. (11) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca, allegato al TUE e al TFUE, la Danimarca non partecipa all'adozione della presente decisione, non è da essa vincolata, né è soggetta alla sua applicazione. (12) È opportuno firmare la convenzione, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 È autorizzata, a nome dell'Unione europea, la firma della convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria in materia penale, con riserva della conclusione di tale convenzione (3). Articolo 2 Il presidente del Consiglio è autorizzato a designare la persona o le persone abilitate a firmare la convenzione a nome dell'Unione. Articolo 3 La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Bruxelles, l'11 maggio 2017 Per il Consiglio Il presidente R. GALDES (1) Direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI (GU L 101 del 15.4.2011, pag. 1). (2) Direttiva 2011/93/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, e che sostituisce la decisione quadro 2004/68/GAI del Consiglio (GU L 335 del 17.12.2011, pag. 1). (3) Il testo della convenzione sarà pubblicato unitamente alla decisione sulla sua conclusione.
Adesione dell’Unione europea alla convenzione di Istanbul QUAL È LO SCOPO DELLE DECISIONI? È autorizzata, a nome dell’Unione europea (Unione), la firma della convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul) per quanto riguarda le materie ricadenti nella competenza dell’Unione. Questo è un passo importante per l’Unione nel far parte interamente, insieme agli Stati membri dell’Unione, alla Convenzione di Istanbul. PUNTI CHIAVE Convenzione di Istanbul ricopre materie ricadenti nella competenza dell’Unione e dei suoi Stati membri.L’Unione dovrebbe dunque diventare parte della convenzione insieme agli Stati membri cosicché questi possano ottemperare efficacemente dagli obblighi stabiliti nella convenzione. È opportuno firmare la convenzione a nome dell’Unione per quanto riguarda le materie ricadenti nella competenza dell’Unione nella misura in cui la convenzione può incidere su norme comuni o modificarne la portata. Ciò riguarda, in particolare, determinate disposizioni della convenzione relative alla cooperazione giudiziaria in materia penale e le disposizioni della convenzione relativa all’asilo e al non respingimento (protezione di una persona contro l’espulsione o ritornare in un paese dove ci sarebbe ragione di paura per persecuzione, uno dei componenti essenziali di status di rifugiato e diritto di asilo). A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Esse si applicano dal 9 giugno 2017. CONTESTO La convenzione di Istanbul si è confermato come il regime internazionale del trattato nella prevenzione e la lotto contro la violenza sulle donne* e violenza domestica*. È stata presentata e aperta per la firma nel 2011 ed è entrata in vigore dall’agosto del 2014. È aperta alla firma da parte dell’Unione, il quale ha partecipato insieme agli stati membri come un osservatore nella sua negoziazione. Decisione (UE) 2017/865 e (UE) 2017/866 sono state adottate nel contesto del 2017 , essendo dichiarato dalla Commissione europea come anno incentrato sulle azione per combattere la violenze sulle donne. Per ulteriori informazioni, si veda:Giorno internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne- scheda (Commissione Europea) TERMINI CHIAVE Violenza domestica contro le donne Come definito nella convenzione di Istanbul, atti di violenza di genere (ossia violenza diretta sulla donna, perché identificata come donna, o che influisce sulle donne sproporzionatamente) che producono, o possa produrre danni o sofferenze fisica, psicologica, sessuale ed economica per le donne nonché la minaccia di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà sia nella vita pubblica che nella vita privata. Violenza domestica Come definito nella convenzione di Istanbul, tutti gli atti di violenza fisica, psicologica, sessuale ed economica che si verificano nel contesto domestico o familiare, tra ex o attuale coniuge, o compagni, se non autore di condivisioni o che abbia condiviso la stessa residenza con la vittima. DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione (UE) 2017/865 del Consiglio, dell’11 maggio 2017, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, della convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria in materia penale (GU L 131 del 20.5.2017, pag. 11). Decisione (UE) 2017/866 del Consiglio, dell’11 maggio 2017, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, della convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica per quanto riguarda l’asilo e il non-respingimento (GU L 131 del 20.5.2017, pag. 13). DOCUMENTI CORRELATI Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul), Strasbourg 12 aprile 2011.
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DECISIONE (UE) 2019/407 DEL CONSIGLIO del 4 marzo 2019 relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea, di un accordo volto a impedire la pesca non regolamentata nelle acque d'altura del Mar Glaciale Artico centrale IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 43, in combinato disposto con l'articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, lettera a) v), vista la proposta della Commissione europea, vista l'approvazione del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) L'Unione ha competenza esclusiva nel quadro della politica comune della pesca per l'adozione di misure di conservazione delle risorse biologiche marine, nonché, a tal riguardo, per la conclusione di accordi con altri paesi e con organizzazioni internazionali. (2) A norma della decisione 98/392/CE del Consiglio (2) e della decisione 98/414/CE (3) del Consiglio, l'Unione è parte contraente della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982 («la convenzione») e dell'accordo ai fini dell'applicazione delle disposizioni della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982 relative alla conservazione e alla gestione degli stock ittici transzonali e degli stock ittici altamente migratori («accordo sugli stock ittici»). Sia la convenzione sia l'accordo sugli stock ittici fanno obbligo a tutti gli Stati di collaborare ai fini della conservazione e della gestione delle risorse biologiche marine. L'accordo volto a impedire la pesca non regolamentata nelle acque d'altura del Mar Glaciale Artico centrale («accordo») adempie a tale obbligo. (3) Ai sensi del regolamento (UE) n. 1380/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (4), l'Unione conduce le relazioni esterne in materia di pesca conformemente ai suoi obblighi internazionali e ai suoi obiettivi strategici, nonché agli obiettivi e ai principi di cui agli articoli 2 e 3 del regolamento, al fine di assicurare lo sfruttamento e la gestione sostenibili e la conservazione delle risorse biologiche marine e dell'ambiente marino. L'accordo è coerente con tali obiettivi. (4) Il 31 marzo 2016 il Consiglio ha autorizzato la Commissione ad avviare negoziati a nome dell'Unione per la conclusione di un accordo internazionale volto a impedire la pesca non regolamentata nelle acque d'altura del Mar Glaciale Artico centrale. Il 30 novembre 2017 i suddetti negoziati si sono conclusi positivamente. Conformemente alla decisione del Consiglio (UE) 2018/1257 (5), l'accordo volto a impedire la pesca non regolamentata nelle acque d'altura del Mar Glaciale Artico centrale è stato firmato il 3 ottobre 2018, fatta salva la sua conclusione in una data successiva. (5) Diventare parte dell'accordo promuoverà la coerenza dell'approccio dell'Unione alla conservazione di tutti gli oceani e rinforzerà il suo impegno a favore della conservazione a lungo termine e dello sfruttamento sostenibile delle risorse biologiche marine a livello globale ed è pertanto nell'interesse dell'Unione. (6) È opportuno approvare l'accordo, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 L'accordo volto a impedire la pesca non regolamentata nelle acque d'altura del Mar Glaciale Artico centrale («accordo») è approvato a nome dell'Unione. Il testo dell'accordo è accluso alla presente decisione. Articolo 2 Il presidente del Consiglio designa la persona o le persone abilitate a depositare, a nome dell'Unione, gli strumenti di approvazione di cui all'articolo 15 dell'accordo. Articolo 3 La presente decisione entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Bruxelles, il 4 marzo 2019 Per il Consiglio Il presidente A. ANTON (1) Approvazione del 12 febbraio 2019 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (2) Decisione 98/392/CE del Consiglio, del 23 marzo 1998, concernente la conclusione, da parte della Comunità europea, della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, del 10 dicembre 1982, e dell'accordo del 28 luglio 1994 relativo all'attuazione della parte XI della convenzione (GU L 179 del 23.6.1998, pag. 1). (3) Decisione 98/414/CE del Consiglio, dell'8 giugno 1998, relativa alla ratifica, da parte della Comunità europea, dell'accordo ai fini dell'applicazione delle disposizioni della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982 relative alla conservazione e alla gestione degli stock ittici transzonali e degli stock ittici altamente migratori (GU L 189 del 3.7.1998, pag. 14). (4) Regolamento (UE) n. 1380/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, relativo alla politica comune della pesca, che modifica i regolamenti (CE) n. 1954/2003 e (CE) n. 1224/2009 del Consiglio e che abroga i regolamenti (CE) n. 2371/2002 e (CE) n. 639/2004 del Consiglio, nonché la decisione 2004/585/CE del Consiglio (GU L 354 del 28.12.2013, pag. 22). (5) Decisione (UE) 2018/1257 del Consiglio, del 18 settembre 2018, relativa alla firma, a nome dell'Unione europea, di un accordo volto a impedire la pesca non regolamentata nelle acque d'altura del Mar Glaciale Artico centrale (GU L 238 del 21.9.2018, pag. 1).
Accordo volto a impedire la pesca non regolamentata nelle acque d’altura del Mar Glaciale Artico centrale QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo è volto a impedire la pesca commerciale non regolamentata nella parte di acque d’altura (acque che non si trovano sotto la giurisdizione di alcun paese) del Mar Glaciale Artico centrale tramite l’attuazione di misure precauzionali di conservazione e gestione. La decisione conclude l’accordo a nome dell’Unione europea. PUNTI CHIAVE L’Artico copre la zona intorno al Polo Nord. Comprende il Mar Glaciale Artico e i territori di otto paesi artici: Canada, Danimarca (incluse Groenlandia e le Isole Fær Øer), Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia, Svezia e Stati Uniti. L’accordo è stato firmato da Canada, Cina, Danimarca (per conto delle Isole Fær Øer e della Groenlandia), Unione europea, Islanda, Giappone, Corea del Sud, Norvegia, Russia e Stati Uniti. L’accordo è precauzionale: fino a poco tempo fa, il ghiaccio copriva la parte di acque d’altura del Mar Glaciale Artico centrale per tutto l’anno, rendendo impossibile la pesca in tali acque. Tuttavia, il riscaldamento globale ha ridotto notevolmente l’estensione del ghiaccio e ciò potrebbe in futuro aprire tale zona alla pesca. L’accordo si basa sui principi stabiliti nella convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, nell’accordo per l’attuazione della convenzione delle Nazioni Unite riguardante la conservazione e la gestione degli stock ittici transzonali e delle specie altamente migratorie e nel codice di condotta per la pesca responsabile del 1995.Ambito di applicazioneL’accordo riguarda pesci, molluschi e crostacei, fatta eccezione per quelli appartenenti a specie sedentarie così come definite nella convenzione ONU sul diritto del mare. Le parti concordano di non intraprendere attività di pesca commerciale nella parte di acque d’altura del Mar Glaciale Artico centrale per un periodo iniziale di 16 anni successivo all’entrata in vigore dell’accordo. Tale periodo può essere esteso automaticamente ogni cinque anni, a meno che una parte presenti un’obiezione.Programma comune di ricerca scientifica e monitoraggio L’accordo istituirà un programma comune di ricerca scientifica e monitoraggio volto a migliorare la comprensione degli ecosistemi del Mar Glaciale Artico centrale e, in particolare, a stabilire se in tale zona potrebbero esistere stock ittici atti a essere catturati in modo sostenibile. Misure di conservazione e gestione Le parti possono autorizzare le imbarcazioni registrate nel loro paese a svolgere attività di pesca commerciale solo se rispettano:le misure di conservazione e gestione per la gestione sostenibile degli stock ittici riconosciute a livello internazionale e adottate da una o più organizzazioni o intese regionali o subregionali di gestione della pesca; oppure le misure provvisorie di conservazione e gestione che possono essere definite dalle parti.Revisione e ulteriore attuazioneAlmeno ogni due anni avrà luogo una revisione dell’accordo e delle informazioni scientifiche raccolte attraverso il programma comune. Entro tre anni dall’entrata in vigore dell’accordo saranno stabilite le misure di conservazione e gestione per la pesca sperimentale nella zona. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo entrerà in vigore una volta che tutti i dieci firmatari lo ratificheranno. La decisione è entrata in vigore il 18 marzo 2019. DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo volto a impedire la pesca non regolamentata nelle acque d’altura del Mar Glaciale Artico centrale (GU L 73 del 15.3.2019, pag. 3). Decisione (UE) 2019/407 del Consiglio, del 4 marzo 2019, relativa alla conclusione, a nome dell’Unione europea, di un accordo volto a impedire la pesca non regolamentata nelle acque d’altura del Mar Glaciale Artico centrale (GU L 73 del 15.3.2019, pag. 1).
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REGOLAMENTO (UE) N. 1218/2010 DELLA COMMISSIONE del 14 dicembre 2010 relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a talune categorie di accordi di specializzazione (Testo rilevante ai fini del SEE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, visto il regolamento (CEE) n. 2821/71 del Consiglio, del 20 dicembre 1971, relativo all’applicazione dell’articolo 85, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi, di decisioni e di pratiche concordate (1), pubblicato il progetto del presente regolamento, sentito il parere del comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti, considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CEE) n. 2821/71 conferisce alla Commissione il potere di applicare, mediante regolamento, l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (*1) a categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate rientranti nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato e aventi per oggetto la specializzazione, ivi compresi gli accordi necessari per realizzare la specializzazione stessa. (2) Il regolamento (CE) n. 2658/2000 della Commissione, del 29 novembre 2000, relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato a categorie di accordi di specializzazione (2) definisce le categorie di accordi di specializzazione che la Commissione ha considerato rispondenti, in linea di principio, alle condizioni stabilite nell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. In considerazione dell’esperienza complessivamente positiva acquisita nell’applicazione di tale regolamento — la cui scadenza è prevista il 31 dicembre 2010 — e di altre esperienze maturate successivamente all'adozione medesimo, è opportuno adottare un nuovo regolamento di esenzione per categoria. (3) Il presente regolamento deve soddisfare la duplice esigenza di assicurare l’efficace tutela della concorrenza e di offrire alle imprese la necessaria certezza del diritto. Nel perseguire tali obiettivi occorre tenere conto della necessità di semplificare per quanto possibile la vigilanza amministrativa e il quadro legislativo. Al di sotto di un certo livello di potere di mercato si può in genere presumere, ai fini dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato, che gli effetti positivi degli accordi di specializzazione prevalgano sugli eventuali effetti negativi per la concorrenza. (4) Ai fini dell’applicazione mediante regolamento dell’articolo 101 paragrafo 3, del trattato non è necessario definire gli accordi rientranti nel campo di applicazione del paragrafo 1 dello stesso articolo. Nella valutazione individuale degli accordi di cui all'articolo 101 paragrafo 1 del trattato si deve tenere conto di diversi fattori ed in particolare della struttura del mercato rilevante. (5) Il beneficio dell’esenzione stabilito mediante il presente regolamento deve essere limitato agli accordi che si possano, con sufficiente certezza, presumere conformi alle condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. (6) Gli accordi di specializzazione della produzione hanno maggiori possibilità di migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti quando le parti possiedono competenze, beni o attività complementari in quanto, concentrando la loro attività di fabbricazione su determinati prodotti, possono operare in modo più razionale e offrire i prodotti a prezzi ridotti. Lo stesso vale in linea generale per gli accordi di specializzazione relativi alla preparazione di servizi. È ragionevole presumere che, in presenza di una concorrenza effettiva, gli utilizzatori beneficeranno di una congrua parte dei vantaggi che ne derivano. (7) Tali vantaggi possono discendere dagli accordi in base ai quali una parte rinuncia parzialmente o totalmente, a favore di un’altra, a fabbricare determinati prodotti o a preparare determinati servizi («specializzazione unilaterale»), dagli accordi in base ai quali ciascuna parte rinuncia, parzialmente o totalmente, a favore di un’altra, a fabbricare determinati prodotti o a preparare determinati servizi («specializzazione reciproca») e dagli accordi in base ai quali le parti si impegnano a fabbricare determinati prodotti o a preparare determinati servizi in comune («produzione comune»). Nel contesto del presente regolamento, i concetti di specializzazione unilaterale e reciproca non presuppongono che parti riducano la propria capacità ma è sufficiente che riducano i propri volumi di produzione. Il concetto di produzione comune non presuppone che le parti riducano la loro produzione individuale al di fuori dell’ambito d'applicazione dell'accordo di produzione comune. (8) La natura degli accordi di specializzazione unilaterali e reciproci presuppone che le parti operino nel medesimo settore merceologico. Non è necessario che esse operino nel medesimo settore geografico. L’applicazione del presente regolamento ad accordi di specializzazione unilaterale e reciproca deve essere pertanto limitata alle situazioni in cui le parti operano negli stessi settori merceologici. Accordi di produzione in comune possono essere conclusi tra soggetti che operano già nel medesimo settore merceologico ma anche soggetti che desiderano entrare in un determinato settore merceologico mediante la conclusione dell’accordo. Gli accordi di produzione comune devono quindi essere inclusi nel campo d’applicazione del presente regolamento indipendentemente dal fatto che le parti operino già nello stesso settore merceologico. (9) Affinché i benefici della specializzazione vengano conseguiti senza che una delle parti abbandoni completamente il mercato a valle della produzione, gli accordi di specializzazione unilaterale e reciproca devono essere inclusi nell’ambito del presente regolamento solo qualora prevedano obblighi di fornitura e di acquisto o la distribuzione in comune. Gli obblighi di fornitura e di acquisto possono, ma non devono, avere carattere esclusivo. (10) Qualora la quota delle parti sul mercato rilevante dei prodotti oggetto dell'accordo di specializzazione non superi un determinato limite, si può presumere che gli accordi determinino di norma vantaggi economici in termini di economie di scala o di diversificazione, ovvero di migliori tecnologie produttive, e riservino agli utilizzatori una congrua parte di tali vantaggi. Tuttavia, qualora i prodotti fabbricati nell’ambito dell'accordo di specializzazione siano prodotti intermedi che una o più parti utilizzano, totalmente o parzialmente, per la fabbricazione di determinati prodotti a valle da esse successivamente venduti sul mercato, l’esenzione di cui al presente regolamento deve essere subordinata altresì alla condizione che la quota detenuta dalle parti sul mercato rilevante dei prodotti a valle non superi un determinato limite. In tal caso, prendendo in considerazione soltanto la quota di mercato delle parti a livello del prodotto intermedio non si terrebbe conto del rischio potenziale di esclusione dal mercato o di aumento dei prezzi dei fattori di produzione cui sarebbero esposti i concorrenti a livello dei prodotti a valle. Comunque, nemmeno in caso di superamento delle quote di mercato massime stabilite nel presente regolamento o di inadempimento di altre condizioni poste dal medesimo si deve presumere che gli accordi di specializzazione ricadano sotto il disposto dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato o non soddisfino le condizioni di cui all’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. (11) Il presente regolamento non deve esentare accordi che contengano restrizioni non indispensabili per il conseguimento degli effetti positivi prodotti dagli accordi di specializzazione. In linea generale, accordi recanti determinati tipi di gravi restrizioni della concorrenza, relative alla fissazione dei prezzi praticati nei confronti di terzi, alla limitazione della produzione o delle vendite ed alla ripartizione di mercati o clienti devono essere esclusi dal beneficio della esenzione indipendentemente dalla quota di mercato detenuta dalle parti. (12) La quota massima di mercato, l’esclusione di taluni accordi dall’esenzione e le condizioni previste dal presente regolamento garantiscono in linea di massima che gli accordi cui si applica l’esenzione per categoria non consentano ai partecipanti di eliminare la concorrenza in relazione ad una parte considerevole dei prodotti o dei servizi in questione. (13) La Commissione può revocare il beneficio del presente regolamento, a norma dell’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (3), qualora constati che, in un caso determinato, un accordo esentato a norma del presente regolamento produca effetti incompatibili con l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato. (14) A norma dell’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003, l’autorità responsabile della concorrenza dello Stato membro può revocare il beneficio del presente regolamento nel territorio dello Stato membro stesso o in una parte di esso quando ritenga, in un caso particolare, che un accordo esentato ai sensi del presente regolamento produca effetti incompatibili con l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato nel territorio medesimo o in una parte di esso, sempreché tale territorio si configuri come un settore geografico distinto. (15) Il beneficio del presente regolamento può essere revocato a norma dell’articolo 29 del regolamento (CE) n. 1/2003, in particolare qualora i mercati rilevanti siano molto concentrati e la concorrenza già scarsa a causa di posizioni individuali occupate da altri operatori economici del settore o di legami esistenti tra altri operatori economici per effetto di accordi paralleli di specializzazione. (16) Al fine di facilitare la conclusione di accordi di specializzazione, che possono avere per le parti incidenze di ordine strutturale, il periodo di vigenza del presente regolamento deve essere fissato in dodici anni, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Definizioni 1. Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni: a) per «accordo di specializzazione» s'intende un accordo di specializzazione unilaterale, un accordo di specializzazione reciproca o un accordo di produzione in comune; b) per «accordo di specializzazione unilaterale» s'intende qualsiasi accordo tra due soggetti operanti nello stesso settore merceologico, in forza del quale una parte si obbliga a cessare interamente o parzialmente la fabbricazione di determinati prodotti o ad astenersi dalla fabbricazione di determinati prodotti e ad acquistarli dall’altra parte, la quale si impegna a fabbricare e fornire i prodotti in questione; c) per «accordo di specializzazione reciproca» s'intende qualsiasi accordo tra due o più soggetti operanti nello stesso settore merceologico, in forza del quale due o più parti si obbligano reciprocamente a cessare interamente o parzialmente la fabbricazione di prodotti distinti e ad acquistarli dalle controparti le quali si impegnano a fabbricare e fornire i prodotti questione stessi; o d) per «accordo di produzione comune» s'intende qualsiasi accordo in forza del quale due o più parti convengono di fabbricare in comune determinati prodotti; e) per «accordo» s'intende qualsiasi accordo, decisione di associazioni d'imprese o pratica concordata; f) per «prodotto» s'intende qualsiasi bene o servizio, inclusi sia i beni o servizi intermedi che i beni o servizi finali, ad eccezione dei servizi di distribuzione e locazione; g) per «produzione» o «fabbricazione» s'intende la produzione di beni o la preparazione di servizi, anche nell'ambito della subfornitura; h) per «preparazione di servizi» s'intendono le attività a monte della prestazione di servizi ai clienti; i) per «mercato rilevante» s'intende il settore merceologico e geografico rilevante cui appartengono i prodotti di specializzazione nonché, qualora i prodotti di specializzazione siano prodotti intermedi utilizzati internamente da una o più parti, in modo totale o parziale, per la fabbricazione di prodotti a valle, anche il settore merceologico e geografico rilevante cui appartengono i prodotti a valle; j) per «prodotti di specializzazione» s'intendono i prodotti fabbricati in base ad un accordo di specializzazione; k) per «prodotti a valle» s'intendono i prodotti fabbricati da una o più parti utilizzando prodotti di specializzazione, e venduti dalle parti stesse sul mercato; l) per «impresa concorrente» s'intende qualsiasi concorrente effettivo o potenziale; m) per «concorrente effettivo» s'intende qualsiasi impresa che operi sullo stesso mercato rilevante; n) per «concorrente potenziale» s'intende qualsiasi impresa che, secondo quanto può presumersi in base a considerazioni realistiche e non a una semplice possibilità teorica, è disposta, in assenza dell'accordo di specializzazione e sul presupposto di un incremento modesto ma permanente dei prezzi relativi, ad effettuare entro un termine non superiore a tre anni gli investimenti supplementari necessari o altre spese di conversione necessarie al fine di penetrare sul mercato interessato; o) per «obbligo di fornitura esclusiva» s'intende l’obbligo di astenersi dal fornire il prodotto di specializzazione ad imprese concorrenti non partecipanti all’accordo; p) per «obbligo di acquisto esclusivo»s'intende l’obbligo di acquistare il prodotto di specializzazione esclusivamente presso una parte dell'accordo; q) per «distribuzione comune» si intende: i) la distribuzione dei prodotti effettuata dalle parti attraverso un gruppo, un organismo o un’impresa comuni; o ii) la distribuzione dei prodotti effettuata dalle parti mediante designazione di un terzo quale distributore, su base esclusiva o meno, purché questi non sia un’impresa concorrente; r) per «distribuzione» s'intende la distribuzione comprendente la vendita di beni e la prestazione di servizi. 2. Ai fini del presente regolamento i termini «impresa» e «parte» includono le imprese collegate. Per «imprese collegate» si intendono: a) le imprese nelle quali una parte dell’accordo di specializzazione detiene, direttamente o indirettamente: i) il potere di esercitare più della metà dei diritti di voto; o ii) il potere di nominare più della metà dei membri del consiglio di vigilanza o di amministrazione o degli organi che rappresentano legalmente l’impresa; o iii) il diritto di gestire gli affari dell’impresa; b) le imprese che, direttamente o indirettamente, detengono nei confronti di una delle parti dell’accordo di specializzazione i diritti o poteri di cui alla lettera a); c) le imprese nei confronti delle quali un’impresa di cui alla lettera b) detiene, direttamente o indirettamente, i diritti o poteri di cui alla lettera a); d) le imprese nelle quali una parte dell’accordo di specializzazione e una o più imprese di cui alle lettere a), b) o c), ovvero due o più di queste ultime imprese, detengono congiuntamente i diritti o poteri di cui alla lettera a); e) le imprese nelle quali i diritti o poteri di cui alla lettera a) sono detenuti congiuntamente: i) dalle parti dell’accordo di specializzazione o dalle imprese ad esse collegate ai sensi delle lettere da a) a d); o ii) da una o più parti dell’accordo di specializzazione, o da una o più imprese ad esse collegate ai sensi delle lettere da a) a d), e una o più imprese terze. Articolo 2 Esenzione 1. L’articolo 101, paragrafo 1, del trattato è dichiarato inapplicabile agli accordi di specializzazione conformemente al paragrafo 3 dello stesso articolo e alle condizioni stabilite dal presente regolamento. Tale esenzione si applica nella misura in cui gli accordi di specializzazione contengano restrizioni della concorrenza rientranti nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, del trattato. 2. L’esenzione di cui al paragrafo 1 si applica agli accordi di specializzazione contenenti disposizioni relative alla cessione o alla concessione in licenza di diritti di proprietà immateriale a favore di una o più parti, purché tali disposizioni non costituiscano l’oggetto principale di tali accordi, ma siano direttamente collegate e necessarie all'esecuzione degli stessi. 3. L’esenzione di cui al paragrafo 1 si applica agli accordi di specializzazione con i quali: a) le parti assumono obblighi di acquisto esclusivo o di fornitura esclusiva; o b) le parti convengono di non vendere in modo indipendente i prodotti fabbricati nel contesto dell’accordo di specializzazione, ma di effettuarne la distribuzione in comune. Articolo 3 Quota massima di mercato L’esenzione di cui all’articolo 2 si applica a condizione che la quota di mercato detenuta congiuntamente dalle parti non superi il 20 % su alcun mercato rilevante. Articolo 4 Restrizioni fondamentali L’esenzione di cui all’articolo 2 non si applica agli accordi di specializzazione che, direttamente o indirettamente, isolatamente o congiuntamente con altri fattori soggetti al controllo delle parti, hanno segue per oggetto quanto segue: a) la fissazione dei prezzi in caso di vendita di prodotti a terzi, ad eccezione della fissazione dei prezzi praticati nei confronti di clienti diretti nell'ambito della distribuzione comune; b) la limitazione della produzione o delle vendite, ad eccezione: i) delle disposizioni relative alle quantità di prodotti concordate nel contesto di accordi di specializzazione unilaterale o reciproca o relative alla fissazione della capacità e del volume di produzione nell'ambito di accordi di produzione comune; e ii) della fissazione di obiettivi di vendita nell'ambito della distribuzione comune; c) la ripartizione di mercati o clienti. Articolo 5 Applicazione della quota massima di mercato Ai fini dell’applicazione della quota massima di mercato di cui all’articolo 3, si applicano le norme seguenti: a) la quota di mercato è calcolata sulla base del valore delle vendite sul mercato; qualora non siano disponibili tali dati, la quota di mercato può essere determinata usando stime basate su altre informazioni di mercato attendibili, ivi compresi i volumi delle vendite sul mercato; b) la quota di mercato è calcolata sulla base dei dati relativi all’anno civile precedente; c) la quota di mercato detenuta dalle imprese di cui all’articolo 1, paragrafo 2, secondo comma, lettera e), è ripartita in eguale misura tra ciascuna delle imprese che possiedono i diritti o poteri elencati alla lettera a) dello stesso secondo comma; d) se inizialmente la quota di mercato di cui all’articolo 3 non è superiore al 20 %, ma successivamente supera tale limite senza tuttavia eccedere il 25 %, l’esenzione di cui all’articolo 2 continua ad applicarsi nei due anni civili successivi all’anno in cui il limite del 20 % è stato superato per la prima volta; e) se inizialmente la quota di mercato di cui all’articolo 3 non è superiore al 20 %, ma successivamente supera il 25 %, l’esenzione di cui all’articolo 2 continua ad applicarsi per tutto l’anno civile successivo all’anno in cui il limite del 25 % è stato superato per la prima volta; f) i benefici di cui alle lettere d) ed e) non possono essere cumulati in modo tale che il risultante periodo superi i due anni civili. Articolo 6 Periodo transitorio Il divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1, del trattato non si applica durante il periodo compreso tra il 1o gennaio 2011 ed il 31 dicembre 2012 agli accordi già in vigore al 31 dicembre 2010 che non rispondono alle condizioni di esenzione di cui al presente regolamento ma soddisfano quelle di cui al regolamento (CE) n. 2658/2000. Articolo 7 Periodo di vigenza Il presente regolamento entra in vigore il 1o gennaio 2011. Esso scade il 31 dicembre 2022. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 14 dicembre 2010. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 285 del 29.12.1971, pag. 46. (*1) A decorrere dal 1o dicembre 2009, l'articolo 81 del trattato CE è diventato l' articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea («TFUE»). Tali due articoli sono sostanzialmente identici. Ai fini del presente regolamento, i riferimenti all’articolo 101 del TFUE si intendono fatti, se del caso, all’articolo 81 del trattato CE. Il TFUE ha inoltre introdotto talune modifiche terminologiche, come la sostituzione di «Comunità» con «Unione» e «mercato comune» con «mercato interno». Nel presente regolamento sarà usata costantemente la terminologia del TFUE. (2) GU L 304 del 5.12.2000, pag. 3. (3) GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1.
Esenzione per accordi di specializzazione Il presente regolamento prevede un’esenzione per categoria e, attraverso tale esenzione, si propone di garantire una protezione efficace della concorrenza e offrire la necessaria certezza del diritto per le parti che contraggono accordi di specializzazione. ATTO Regolamento (UE) n. 1218/2010 della Commissione, del 14 dicembre 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a talune categorie di accordi di specializzazione. SINTESI L’articolo 101, paragrafo 1 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) non è applicabile agli accordi di specializzazione * (compresi gli accordi di produzione comune), purché l’accordo non preveda restrizioni fondamentali della concorrenza e la quota di mercato detenuta congiuntamente dalle parti non superi il 20 %. L’esenzione prevista dal regolamento (CEE) n. 2821/71 si estende anche agli accordi di specializzazione che contengono disposizioni relative alla cessione o alla concessione in licenza di diritti di proprietà intellettuale, purché tali disposizioni non costituiscano l’oggetto principale di tali accordi, ma siano invece direttamente collegate e necessarie all’esecuzione degli stessi. Inoltre, il presente regolamento prevede un’esenzione laddove le parti assumano obblighi di acquisto esclusivo o di fornitura esclusiva dei prodotti che fabbricano nel contesto dell’accordo di specializzazione o di produzione comune. La quota di mercato è calcolata sulla base del valore delle vendite sul mercato; qualora non siano disponibili tali dati, la quota di mercato detenuta dalle parti può essere determinata usando stime basate su altre informazioni di mercato attendibili. Se, dopo un certo periodo, la quota di mercato supera la soglia del 20 % senza tuttavia eccedere il 25 %, l’esenzione continua ad applicarsi per due anni. Tuttavia, se la quota di mercato supera il 25 %, l’esenzione si applica per tutto l’anno successivo. Restrizioni fondamentali L’esenzione non si applica agli accordi di specializzazione che, direttamente o indirettamente, hanno per oggetto: la fissazione dei prezzi; la limitazione della produzione o delle vendite; la ripartizione di mercati o clienti. Termini chiave dell'atto Accordo di specializzazione: Riferimenti Atto Data di entrata in vigore - Data di scadenza Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale Regolamento (UE) n. 1218/2010 1.1.2011 – 31.12.2022 - GU L 335, 18.12.2010
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REGOLAMENTO (UE) 2017/1130 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 14 giugno 2017 che definisce le caratteristiche dei pescherecci (rifusione) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 43, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione della proposta ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CEE) n. 2930/86 del Consiglio (3) ha subito sostanziali modifiche (4). Poiché si rendono necessarie nuove modifiche, a fini di chiarezza è opportuno procedere alla sua rifusione. (2) Nel contesto della politica comune della pesca, si fa riferimento alle caratteristiche dei pescherecci quali la lunghezza, la larghezza, la stazza, la data di entrata in servizio e la potenza del motore. (3) È della massima importanza utilizzare norme identiche per determinare le caratteristiche dei pescherecci al fine di uniformare le condizioni di esercizio di detta attività nell'Unione. Tali norme dovrebbero essere in linea con le norme della politica comune della pesca. (4) È opportuno che le definizioni stabilite nel presente regolamento tengano conto delle iniziative prese da organizzazioni internazionali specializzate. (5) Di conseguenza, è opportuno tener conto della convenzione delle Nazioni Unite sulla pesca e sulla conservazione delle risorse biologiche dell'alto mare, firmata a Ginevra il 29 aprile 1958, della convenzione internazionale sulla misurazione della stazza delle navi firmata il 23 giugno 1969 a Londra («convenzione del 1969») e della convenzione internazionale sulla sicurezza dei pescherecci, firmata il 2 aprile 1977 a Torremolinos. (6) Per i pescherecci di lunghezza fuori tutto inferiore a 15 m la metodologia esposta nell'allegato I della convenzione del 1969 appare, talvolta, inadeguata. Per tali pescherecci si rende pertanto opportuna una definizione più semplice della stazza lorda. (7) L'Organizzazione internazionale per l'unificazione (ISO) ha messo a punto norme per i motori a combustione interna che sono ampiamente applicate negli Stati membri. (8) Al fine di adattare al progresso tecnico il riferimento alla pertinente norma internazionale ISO che stabilisce i requisiti per la determinazione della potenza continua del motore, è opportuno delegare alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all'articolo 290 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea riguardo all'adozione delle necessarie modifiche al riferimento alla pertinente norma internazionale ISO. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti, nel rispetto dei principi stabiliti nell'accordo interistituzionale «Legiferare meglio» del 13 aprile 2016 (5). In particolare, al fine di garantire la parità di partecipazione alla preparazione degli atti delegati, il Parlamento europeo e il Consiglio ricevono tutti i documenti contemporaneamente agli esperti degli Stati membri e i loro esperti hanno sistematicamente accesso alle riunioni dei gruppi di esperti della Commissione incaricati della preparazione di tali atti, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Disposizioni di carattere generale Le definizioni delle caratteristiche dei pescherecci stabilite nel presente regolamento si applicano a tutta la normativa dell'Unione concernente la pesca. Articolo 2 Lunghezza 1. Per lunghezza di una nave si intende la lunghezza fuori tutto, ovvero la distanza, misurata in linea retta, tra il punto estremo anteriore della prua e il punto estremo posteriore della poppa. Ai fini della presente definizione: a) la prua comprende l'ossatura stagna dello scafo, il castello di prua, la ruota di prora e la murata, ove esista, ma non i bompressi e il parapetto; b) la poppa comprende l'ossatura stagna dello scafo, l'arcaccia, il casseretto, lo scivolo di poppa e la murata, ma non il parapetto, il buttafuori, l'apparato motore di propulsione, i timoni con l'apparecchio di governo, le scale d'immersione e le piattaforme. La lunghezza fuori tutto va misurata in metri con approssimazione ai due decimali. 2. Quando la normativa dell'Unione fa riferimento alla lunghezza tra le perpendicolari, quest'ultima equivale alla distanza misurata fra la perpendicolare anteriore e la perpendicolare posteriore quali sono definite dalla convenzione internazionale sulla sicurezza dei pescherecci. La lunghezza tra le perpendicolari va misurata in metri con approssimazione ai due decimali. Articolo 3 Larghezza La larghezza di una nave corrisponde alla larghezza massima quale definita nell'allegato I della Convenzione internazionale della misurazione della stazza delle navi («convenzione del 1969»). La larghezza fuori tutto va misurata in metri con approssimazione ai due decimali. Articolo 4 Stazza 1. La stazza lorda dei pescherecci aventi una lunghezza fuori tutto pari o superiore a 15 m dev'essere misurata conformemente all'allegato I della convenzione del 1969. 2. La stazza lorda dei pescherecci aventi una lunghezza fuori tutto inferiore a 15 m deve essere misurata secondo la formula esposta nell'allegato I del presente regolamento. 3. Quando la normativa dell'Unione fa riferimento alla stazza netta, quest'ultima è definita come indicato nell'allegato I della convenzione del 1969. Articolo 5 Potenza del motore 1. Per potenza del motore si intende la potenza massima continua ottenibile al volano di ciascun motore e che può essere applicata alla propulsione della nave per via meccanica, elettrica, idraulica o in altro modo. Tuttavia, quando un riduttore è integrato nel motore, la potenza è misurata alla flangia dell'apparato di trasmissione del riduttore. Non sarà fatta alcuna deduzione per le macchine ausiliarie azionate dal motore. L'unità di potenza del motore è espressa in kilowatt (kW). 2. La potenza continua del motore è determinata conformemente ai requisiti fissati dall'Organizzazione internazionale per l'unificazione nel quadro delle norme internazionali raccomandate ISO 3046/1, seconda edizione, ottobre 1981. 3. Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 7 riguardo alla modifica al paragrafo 2 del presente articolo al fine di adattare al progresso ternico il riferimento alla pertinente norma internazionale ISO. Articolo 6 Data di entrata in servizio La data di entrata in servizio corrisponde alla data del primo rilascio di un certificato ufficiale di sicurezza. In deroga al primo comma, la data di entrata in servizio corrisponde alla data della prima iscrizione in un registro ufficiale dei pescherecci: a) qualora non sia stato rilasciato alcun certificato ufficiale di sicurezza; o b) per i pescherecci entrati in servizio prima del 1o dicembre 1986. Articolo 7 Esercizio della delega 1. Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo. 2. Il potere di adottare atti delegati di cui all'articolo 5, paragrafo 3 è conferito alla Commissione per un periodo di cinque anni a decorrere dal 20 luglio 2017. La Commissione elabora una relazione sulla delega di potere al più tardi nove mesi prima della scadenza del periodo di cinque anni. La delega di potere è tacitamente prorogata per periodi di identica durata, a meno che il Parlamento europeo o il Consiglio non si oppongano a tale proroga al più tardi tre mesi prima della scadenza di ciascun periodo. 3. La delega di potere di cui all'articolo 5, paragrafo 3, può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore. 4. Prima dell'adozione dell'atto delegato la Commissione consulta gli esperti designati da ciascuno Stato membro nel rispetto dei principi stabiliti nell'accordo interistituzionale «Legiferare meglio» del 13 aprile 2016. 5. Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio. 6. L'atto delegato adottato ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 3, entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di due mesi dalla data in cui esso è stato loro notificato o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo sia il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di due mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio. Articolo 8 Abrogazione Il regolamento (CEE) n. 2930/86 è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato III. Articolo 9 Disposizioni finali Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, il 14 giugno 2017 Per il Parlamento europeo Il presidente A. TAJANI Per il Consiglio Il presidente H. DALLI (1) GU C 34 del 2.2.2017, pag. 140. (2) Posizione del Parlamento europeo del 4 aprile 2017 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 16 maggio 2017. (3) Regolamento (CEE) n. 2930/86 del Consiglio, del 22 settembre 1986, che definisce le caratteristiche dei pescherecci (GU L 274 del 25.9.1986, pag. 1). (4) Cfr. allegato II. (5) GU L 123 del 12.5.2016, pag. 1. ALLEGATO I PESCHERECCI DI NUOVA COSTRUZIONE DI LUNGHEZZA FUORI TUTTO INFERIORE A 15 METRI La stazza lorda dei pescherecci di nuova costruzione la cui lunghezza fuori tutto è inferiore a 15 metri è definita secondo la seguente formula: GT = K1 · V dove: K1 = 0,2 + 0,02 log10 V e V rappresenta il volume, ottenuto come segue: V = a1 (Loa · B1 · T1) dove: Loa = lunghezza fuori tutto (articolo 2 del presente regolamento) B1 = larghezza in metri, secondo la definizione della convenzione del 1969 T1 = altezza in metri, secondo la definizione della convenzione del 1969 a1 = funzione di Loa PESCHERECCI DI LUNGHEZZA FUORI TUTTO INFERIORE A 15 METRI GIÀ IN SERVIZIO IL 1O GENNAIO 1995 La stazza lorda dei pescherecci già in servizio il 1o gennaio 1995 la cui lunghezza fuori tutto è inferiore a 15 metri è così definita: GT = K1 · V dove: V rappresenta il volume, ottenuto come segue: V = a2 (Loa · B1 · T1) dove: Loa = lunghezza fuori tutto (articolo 2 del presente regolamento) B1 = larghezza in metri, secondo la definizione della convenzione del 1969 T1 = altezza in metri, secondo la definizione della convenzione del 1969 a2 = funzione di Loa Le funzioni a1 e a2 devono essere determinate in base a un'analisi statistica di un insieme di campioni rappresentativi delle flotte degli Stati membri. Esse devono essere specificate, unitamente alle definizioni delle dimensione B1 e T1, e alle norme dettagliate per l'applicazione delle formule, in una decisione della Commissione. ALLEGATO II REGOLAMENTO ABROGATO E SUA MODIFICA Regolamento (CEE) n. 2930/86 del Consiglio (GU L 274 del 25.9.1986, pag. 1) Regolamento (CE) n. 3259/94 del Consiglio (GU L 339 del 29.12.1994, pag. 11) ALLEGATO III TAVOLA DI CONCORDANZA Regolamento (CEE) n. 2930/86 Presente regolamento Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2 Articolo 2 Articolo 3 Articolo 3 Articolo 4, paragrafo 1, lettera a) — Articolo 4, paragrafo 1, lettera b) Articolo 4, paragrafo 1 Articolo 4, paragrafo 1, lettera c) Articolo 4, paragrafo 2 Articolo 4, paragrafo 1, lettera d) — Articolo 4, paragrafo 1, lettera e) — Articolo 4, paragrafo 2 Articolo 4, paragrafo 3 Articolo 5 Articolo 5 Articolo 6 Articolo 6 — Articolo 7 — Articolo 8 Articolo 7, paragrafo 1 Articolo 9 Articolo 7, paragrafo 2 — Allegato Allegato I — Allegato II — Allegato III
Caratteristiche dei pescherecci dell’UE QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento definisce le caratteristiche tecniche dei pescherecci dell’UE. Esso modifica e abroga il regolamento (CEE) n. 2930/86 in linea con l’impegno dell’UE di semplificare e chiarire il diritto comunitario. PUNTI CHIAVE Il regolamento stabilisce le norme per la lunghezza, l’ampiezza, la stazza, la potenza del motore e la data di messa in servizio dei pescherecci nell’UE. Tali definizioni sono in linea con quelle contenute nelle seguenti convenzioni internazionali:la Convenzione internazionale concernente la pesca e la conservazione delle risorse biologiche d’alto maredel 1958; la Convenzione internazionale sulla stazzatura delle navidel 1969; la Convenzione internazionale sulla sicurezza della navi da pescadel 1977. Lunghezza dell’imbarcazione — la lunghezza complessiva, definita come la distanza in linea retta tra il punto più avanzato dell’arco e quello più avanzato della poppa. La lunghezza complessiva è misurata in metri con una precisione di due cifre decimali. Ampiezza dell’imbarcazione — l’ampiezza massima come definita nell’Allegato I della convenzione internazionale sulla stazzatura delle navi. L’ampiezza complessiva è misurata in metri con una precisione di due cifre decimali. La stazza lorda di pescherecci di lunghezza complessiva pari o superiore a 15 metri viene definita come specificato nell’Allegato I della convenzione internazionale sulla stazzatura delle navi. La stazza lorda di pescherecci di lunghezza complessiva inferiore a 15 metri viene definita ai sensi della formula specificata nell’Allegato I del presente regolamento. La potenza del motore è il totale della potenza massima continua che può essere ottenuta al comando del volano di ciascun motore e che può essere applicata alla propulsione dell’imbarcazione mediante mezzi meccanici, elettrici, idraulici o di altra natura. Tuttavia, quando al motore è incorporato un cambio, la potenza viene misurata sulla flangia di uscita del cambio. Nessuna detrazione può essere fatta sulle macchine ausiliarie azionate dal motore. L’unità in cui viene espressa la potenza del motore è il chilowatt (kW). La potenza costante del motore è determinata in conformità ai requisiti adottati dall’Organizzazione internazionale per la standardizzazione definita nella norma internazionale ISO 3046/1, seconda edizione, ottobre 1981. La Commissione europea può adottare atti delegati per adeguare il riferimento alla pertinente norma internazionale ISO che stabilisce i requisiti per la determinazione della potenza continua del motore sulle basi del progresso tecnico. La data di messa in servizio è la data del primo rilascio di un certificato ufficiale di sicurezza. Tuttavia, potrebbe anche essere la data della prima iscrizione in un registro ufficiale dei pescherecci:se un certificato di sicurezza ufficiale non viene rilasciato; o: nel caso di pescherecci entrati in servizio prima del 1 dicembre 1986. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È stato applicato dal giovedì 20 luglio 2017. Il Regolamento (UE) 2017/1130 ha modificato e sostituito il Regolamento (CCE) N. 2930/86 (e le sue successive modifiche). CONTESTO GENERALE Poiché la legislazione UE che disciplina le caratteristiche delle navi da pesca è stata modificata varie volte, per motivi di chiarezza le norme sono state riformulate per garantire che le attività di pesca nell’UE possano essere svolte in condizioni uniformi. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) 2017/1130 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 giugno 2017 che definisce le caratteristiche dei pescherecci (riformulazione) (GU L 169, 30.6.2017, pag. 1). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento del Consiglio (CEE) N. 2930/86 del 22 settembre 1986 che definisce le caratteristiche dei pescherecci (GU L 274, 25.9.1986, pag. 1). Le successive modifiche al Regolamento (CEE) n. 2930/86 del Consiglio sono state integrate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale
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REGOLAMENTO (CE) N. 181/2008 DELLA COMMISSIONE del 28 febbraio 2008 che fissa talune misure d'applicazione del regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie della navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (Testo rilevante ai fini del SEE) (Versione codificata) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, visto il regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio, del 29 marzo 1999, relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie della navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (1), in particolare l'articolo 9, paragrafo 3, considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 805/1999 della Commissione, del 16 aprile 1999, che fissa talune misure d'applicazione del regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie della navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (2), è stato modificato in modo sostanziale e a più riprese (3). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale regolamento. (2) In virtù dell'articolo 7 del regolamento (CE) n. 718/1999, la Commissione fissa le modalità pratiche per l'esecuzione della politica di regolazione della capacità delle flotte comunitarie definita da detto regolamento. (3) È opportuno mantenere i tassi di contributi speciali e dei tonnellaggi equivalenti fissati dal regolamento (CEE) n. 1101/89 del Consiglio (4) e dal regolamento (CEE) n. 1102/89 della Commissione (5), che si sono dimostrati efficaci. (4) Per far agire la solidarietà finanziaria tra i fondi della navigazione interna, è opportuno che la Commissione, di concerto con le autorità dei fondi, proceda, all'inizio di ogni anno, alla contabilizzazione delle risorse disponibili nel fondo di riserva e alla perequazione dei conti in caso di una nuova azione di risanamento. (5) Le misure previste dal presente regolamento sono state discusse con gli Stati membri interessati e le organizzazioni rappresentative della navigazione interna a livello comunitario, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento determina l'aliquota dei contributi speciali di cui all'articolo 7 del regolamento (CE) n. 718/1999, i coefficienti del regime «vecchio per nuovo» nonché le modalità pratiche per l'esecuzione della politica di capacità delle flotte comunitarie. Articolo 2 Contributi speciali 1. L'importo dei contributi speciali per i vari tipi e categorie di battelli si situa in una forcella che va dal 70 % al 115 % delle seguenti aliquote: a) battelli da carico secco: i) automotori: 120 EUR/t; ii) Chiatte a spinta: 60 EUR/t; iii) Chiatte rimorchiate: 43 EUR/t; b) navi cisterna: i) automotori: 216 EUR/t; ii) chiatte a spinta: 108 EUR/t; iii) chiatte rimorchiate: 39 EUR/t; c) spintori: 180 EUR/kilowatt con aumento lineare fino a 240 EUR/kilowatt per una forza motrice pari o superiore a 1 000 kW. 2. Per i battelli di portata lorda inferiore a 450 t, le aliquote massime dei contributi speciali di cui al paragrafo 1 sono ridotte del 30 %. Per i battelli di portata lorda da 450 a 650 t, le aliquote massime dei contributi speciali sono ridotte dello 0,15 % per ciascuna tonnellata di portata lorda al di sotto delle 650 tonnellate. Per i battelli di portata lorda da 650 a 1 650 t, le aliquote massime dei contributi speciali subiscono un aumento lineare dal 100 al 115 %; fino ai battelli di portata lorda superiore a 1 650 t restano pari al 115 %. Articolo 3 Tonnellaggio equivalente 1. Quando un proprietario mette in servizio un battello di cui all'articolo 4 del regolamento (CEE) n. 718/1999 e presenta alla demolizione un altro tipo di attrezzature fluviali, il tonnellaggio equivalente da prendere in considerazione è determinato, nell'ambito di ciascuna delle due specie di battelli in appresso indicate, in base ai seguenti coefficienti di valutazione: a) battelli da carico secco: i) automotori di oltre 650 t: 1,00; ii) chiatte a spinta di oltre 650 t: 0,50; iii) chiatte rimorchiate di oltre 650 t: 0,36; b) navi cisterna: i) automotori di oltre 650 t: 1,00; ii) chiatte a spinta di oltre 650 t: 0,50; iii) chiatte rimorchiate di oltre 650 t: 0,18. 2. Per i battelli di portata lorda inferiore a 450 t, i coefficienti di cui al paragrafo 1 sono ridotti del 30 %. Per i battelli di portata lorda da 650 a 450 t, detti coefficienti sono ridotti dello 0,15 % per ciascuna tonnellata di portata lorda al di sotto delle 650 t. Per i battelli di portata lorda da 650 a 1 650 t, i coefficienti subiscono un aumento lineare dal 100 al 115 %. Articolo 4 Coefficienti del regime «Vecchio per nuovo» L'entrata in servizio dei battelli è subordinata alla condizione di cui all'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 718/1999: 1) trattandosi di battelli da carico secco il coefficiente è fissato a 0:1 (rapporto fra il tonnellaggio vecchio e quello nuovo); 2) trattandosi di navi cisterna il coefficiente è fissato a 0:1; 3) trattandosi di spintori, il coefficiente è fissato a 0:1. Articolo 5 Solidarietà finanziaria 1. Per contabilizzare le risorse disponibili nel fondo di riserva e per attuare la solidarietà finanziaria fra i conti dei diversi fondi di cui all'articolo 3, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 718/1999, all'inizio di ogni anno ciascun fondo comunica alla Commissione le seguenti informazioni: a) le entrate del fondo nel corso dell'anno precedente (Rdn) purché queste siano destinate al versamento dei premi di demolizione o a misure previste dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 718/1999; b) gli obblighi finanziari assunti dal fondo nel corso dell'anno precedente e relativi ai premi di demolizione o a misure previste dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 718/1999 (Pn); c) le rimanenze in data 1o gennaio dell'anno precedente, provenienti dalle entrate destinate al versamento dei premi di demolizione o da misure previste dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 718/1999 (Sn). 2. La Commissione determina, in collaborazione con le autorità dei fondi e in base ai dati di cui al paragrafo 1: a) l'importo totale degli obblighi finanziari assunti da tutti i fondi nel corso dell'anno precedente per il versamento di premi di demolizione o per misure previste dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 718/1999 (Pt); b) l'importo totale delle entrate realizzate da tutti i fondi nel corso dell'anno precedente (Rdt); c) la somma dei disavanzi di tutti i fondi al 1o gennaio dell'anno precedente (St); d) gli impegni annui normalizzati (Pnn) dei singoli fondi, calcolati secondo la seguente formula: Pnn = (Pt/(Rdt + St)) × (Rdn + Sn); e) per ciascun fondo, la differenza fra gli impegni annui (Pn) e gli impegni annui normalizzati (Pnn); f) gli importi che ciascun fondo i cui impegni annui siano inferiori agli impegni annui normalizzati (Pn < Pnn) versa a un fondo i cui impegni annui siano superiori agli impegni annui normalizzati (Pn > Pnn). 3. Anteriormente al 1o marzo dell'anno in corso ogni fondo versa agli altri fondi gli importi di cui al la lettera f) del paragrafo 2. Articolo 6 Consultazioni Per tutte le questioni concernenti la politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie e le modifiche del presente regolamento, la Commissione si avvale del parere di un gruppo composto di esperti delle organizzazioni professionali che rappresentano il settore della navigazione interna a livello comunitario e degli Stati membri interessati. Il gruppo è denominato «Gruppo di esperti — Politica di regolazione delle capacità e di promozione delle flotte comunitarie». Articolo 7 Abrogazione Il regolamento (CE) n. 805/1999 è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell’allegato II. Articolo 8 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 28 febbraio 2008. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 90 del 2.4.1999, pag. 1. (2) GU L 102 del 17.4.1999, pag. 64. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 411/2003 (GU L 62 del 6.3.2003, pag. 18). (3) Cfr. allegato I. (4) GU L 116 del 28.4.1989, pag. 25. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 742/98 della Commissione (GU L 103 del 3.4.1998, pag. 3). (5) GU L 116 del 28.4.1989, pag. 30. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 812/1999 (GU L 103 del 20.4.1999, pag. 5). ALLEGATO I Regolamento abrogato ed elenco delle sue modificazioni successive Regolamento (CE) n. 805/1999 della Commissione (GU L 102 del 17.4.1999, pag. 64) Regolamento (CE) n. 1532/2000 della Commissione (GU L 175 del 14.7.2000, pag. 74) Regolamento (CE) n. 997/2001 della Commissione (GU L 139 del 23.5.2001, pag. 11) Regolamento (CE) n. 336/2002 della Commissione (GU L 53 del 23.2.2002, pag. 11) Regolamento (CE) n. 411/2003 della Commissione (GU L 62 del 6.3.2003, pag. 18) ALLEGATO II Tavola di concordanza Regolamento (CE) n. 805/1999 Presente regolamento Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 2, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 2, paragrafo 1, primo trattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera a) Articolo 2, paragrafo 1, primo trattino, primo sottotrattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera a) i) Articolo 2, paragrafo 1, primo trattino, secondo sottotrattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera a) ii) Articolo 2, paragrafo 1, primo trattino, terzo sottotrattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera a) iii) Articolo 2, paragrafo 1, secondo trattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) Articolo 2, paragrafo 1, secondo trattino, primo sottotrattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) i) Articolo 2, paragrafo 1, secondo trattino, secondo sottotrattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) ii) Articolo 2, paragrafo 1, secondo trattino, terzo sottotrattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) iii) Articolo 2, paragrafo 1, terzo trattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera c) Articolo 2, paragrafo 2, primo trattino Articolo 2, paragrafo 2, primo comma Articolo 2, paragrafo 2, secondo trattino Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma Articolo 2, paragrafo 2, terzo trattino Articolo 2, paragrafo 2, terzo comma Articolo 2, paragrafo 3 — Articolo 3, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 3, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 3, paragrafo 1, primo trattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) Articolo 3, paragrafo 1, primo trattino, primo sottotrattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) i) Articolo 3, paragrafo 1, primo trattino, secondo sottotrattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) ii) Articolo 3, paragrafo 1, primo trattino, terzo sottotrattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) iii) Articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera b) Articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino, primo sottotrattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera b) i) Articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino, secondo sottotrattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera b) ii) Articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino, terzo sottotrattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera b) iii) Articolo 3, paragrafo 2 Articolo 3, paragrafo 2 Articolo 4 Articolo 4 Articolo 5, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 5, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 5, paragrafo 1, primo trattino Articolo 5, paragrafo 1, lettera a) Articolo 5, paragrafo 1, secondo trattino Articolo 5, paragrafo 1, lettera b) Articolo 5, paragrafo 1, terzo trattino Articolo 5, paragrafo 1, lettera c) Articolo 5, paragrafo 2, primo trattino Articolo 5, paragrafo 2, lettera a) Articolo 5, paragrafo 2, secondo trattino Articolo 5, paragrafo 2, lettera b) Articolo 5, paragrafo 2, terzo trattino Articolo 5, paragrafo 2, lettera c) Articolo 5, paragrafo 2, quarto trattino Articolo 5, paragrafo 2, lettera d) Articolo 5, paragrafo 2, quinto trattino Articolo 5, paragrafo 2, lettera e) Articolo 5, paragrafo 2, sesto trattino Articolo 5, paragrafo 2, lettera f) Articolo 5, paragrafo 3 Articolo 5, paragrafo 3 Articolo 6 Articolo 6 Articolo 7 — — Articolo 7 — Articolo 8 — Allegato I — Allegato II
Norme volte a promuovere il trasporto per via navigabile nell’Unione europea QUAL È L’OBIETTIVO DEI REGOLAMENTI? Insieme al regolamento (CE) n. 181/2008 e al regolamento (UE) n. 546/2014, il regolamento (CE) n. 718/1999 stabilisce le norme di regolazione delle capacità delle flotte dell’Unione europea (Unione). I regolamenti intendono incoraggiare lo sviluppo di un trasporto per via navigabile sostenibile e competitivo nell’Unione. PUNTI CHIAVE Regolamento (CE) n. 718/1999Il regolamento riguarda le navi che trasportano merci a fini commerciali e contempla alcune eccezioni, come ad esempio quelle per le navi che operano sul Danubio o adibite esclusivamente al magazzinaggio di merci o al dragaggio. I paesi dell’Unione le cui flotte dispongono di un tonnellaggio superiore a 100 000 tonnellate e con vie navigabili collegate ad altri paesi dell’Unione, sono tenuti a istituire un fondo di navigazione interna (con fondi di riserva separati per battelli da carico secco*, cisterne* e spintori*). Questi fondi dovevano essere amministrati dalle autorità nazionali e dovevano essere utilizzati in due situazioni:nel caso di «grave turbativa del mercato» nel mercato dei trasporti per via navigabile (ai sensi della direttiva 96/75/CE);se richiesti unanimemente dalle organizzazioni che rappresentano il trasporto per via navigabile. Fino all’inizio del 2014, questi fondi di riserva non erano mai stati utilizzati. Il regolamento in origine conteneva un regime «vecchio per nuovo» secondo il quale i proprietari che volevano introdurre un nuovo battello nella flotta dovevano demolire il tonnellaggio del battello precedente oppure versare un contributo. Questa regola fu eliminata dal regolamento (CE) n. 411/2003 [abrogata e sostituita dal regolamento (CE) n. 181/2008 della Commissione — si veda di seguito] e poteva essere ripristinata, accompagnata o meno da misure di risanamento strutturale, solo nel caso di grave turbativa del mercato, come definita nella direttiva 96/75/CE.Regolamento (CE) n. 181/2008 Il regolamento (CE) n. 181/2008 stabilisce le modalità di applicazione del regolamento di esecuzione (CE) n. 718/1999. Determina l’aliquota dei contributi speciali di cui al regolamento (CE) n. 718/1999 (articolo 7), i coefficienti del regime «vecchio per nuovo» nonché le modalità pratiche per l’esecuzione della politica di capacità delle flotte comunitarie. Regolamento di modifica (UE) n. 546/2014 Ai sensi del regolamento (UE) n. 546/2014, l’ambito di applicazione dei provvedimenti disponibili previsti dal regolamento (CE) n. 718/1999 è stato esteso. Tali provvedimenti includono:facilitare (ad esempio fornendo informazioni) ai trasportatori per via navigabile che si ritirano dall’attività il conseguimento del pensionamento anticipato oppure la riqualificazione in un’altra attività economica; organizzare corsi di formazione o di riqualificazione professionale per i lavoratori che lasciano l’attività; migliorare le competenze di navigazione interna e le conoscenze logistiche per salvaguardare lo sviluppo e il futuro della professione; promuovere il raggruppamento dei battellieri-artigiani in cooperative e rafforzare le organizzazioni rappresentative della navigazione interna a livello dell’Unione; incoraggiare l’adeguamento tecnico dei battelli per migliorare le condizioni di lavoro e la sicurezza; stimolare l’innovazione per quanto riguarda i battelli e il miglioramento delle loro prestazioni ambientali; promuovere l’uso dei fondi di riserva nonché di strumenti finanziari quali Orizzonte 2020 e il meccanismo per collegare l’Europa. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO I REGOLAMENTI? Il regolamento (CE) n. 718/1999 è in vigore dal 29 aprile 1999. Il regolamento (CE) n. 181/2008 è in vigore dal 20 marzo 2008. Il regolamento di modifica (UE) n. 546/2014 è in vigore dal 18 giugno 2014. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Vie navigabili interne (Commissione europea). PAROLE CHIAVE Battelli da carico secco: navi che trasportano carichi secchi (ad esempio cereali). Cisterne: navi che trasportano carichi umidi (ad esempio olio). Spintori: navi usate per spingere altre navi, come ad esempio chiatte, ma non per trasportare merci. DOCUMENTI PRINCIPALI Regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio, del 29 marzo 1999, relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie nella navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (GU L 90 del 2.4.1999, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 718/1999 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento (CE) n. 181/2008 della Commissione, del 28 febbraio 2008, che fissa talune misure d’applicazione del regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie della navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (versione codificata) (GU L 56 del 29.2.2008, pag. 8). Regolamento (UE) n. 546/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che modifica il regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio, relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie nella navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (GU L 163 del 29.5.2014, pag. 15). DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 96/75/CE del Consiglio, del 19 novembre 1996, relativa alle modalità di noleggio e di formazione dei prezzi nel settore dei trasporti nazionali ed internazionali di merci per via navigabile nella Comunità (GU L 304 del 27.11.1996, pag. 12). Si veda la versione consolidata.
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Regolamento (CE) n. 501/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, relativo ai conti finanziari trimestrali delle amministrazioni pubbliche (Testo rilevante ai fini del SEE) Gazzetta ufficiale n. L 081 del 19/03/2004 pag. 0001 - 0005 Regolamento (CE) n. 501/2004 del Parlamento europeo e del Consigliodel 10 marzo 2004relativo ai conti finanziari trimestrali delle amministrazioni pubbliche(Testo rilevante ai fini del SEE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 285,vista la proposta della Commissione,visto il parere della Banca centrale europea(1),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(2),considerando quanto segue:(1) Il regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio, del 25 giugno 1996, relativo al sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità(3) costituisce il quadro di riferimento di norme, definizioni, classificazioni e principi contabili comuni per l'elaborazione dei conti degli Stati membri ai fini delle esigenze statistiche della Comunità europea, per ottenere risultati comparabili fra gli Stati membri.(2) La relazione del comitato monetario sulle esigenze in materia di informazione, approvata dal Consiglio ECOFIN il 18 gennaio 1999, sottolinea che, per il buon funzionamento dell'Unione economica e monetaria e del mercato unico, la sorveglianza e il coordinamento efficaci delle politiche economiche rivestono grande importanza, e che ciò presuppone un sistema di informazione statistica completo che fornisca ai responsabili politici i dati necessari per le loro decisioni. La relazione afferma altresì che le statistiche congiunturali delle finanze pubbliche degli Stati membri dovrebbero essere considerate altamente prioritarie, in particolare quelle degli Stati membri che partecipano all'Unione economica e monetaria, e che l'obiettivo da raggiungere è quello di compilare conti finanziari trimestrali per il settore delle amministrazioni pubbliche, secondo un approccio graduale.(3) I dati nazionali trimestrali dei conti finanziari (operazioni e conti patrimoniali) delle amministrazioni pubbliche rappresentano una parte considerevole dell'insieme delle operazioni finanziarie e dei conti patrimoniali finanziari nella zona euro e forniscono informazioni importanti ai fini dell'attuazione della politica monetaria. A questo riguardo, e per le proprie necessità, il consiglio direttivo della Banca centrale europea ha adottato regolamenti e orientamenti intesi a garantire la trasmissione alla Banca centrale europea di dati infra-annuali sulle statistiche finanziarie e sui conti finanziari nazionali.(4) Informazioni relative al settore di contropartita per le operazioni finanziarie e i conti patrimoniali delle amministrazioni pubbliche sono necessarie per consentire un'analisi esaustiva dei finanziamenti e degli investimenti finanziari delle amministrazioni pubbliche per settore di contropartita e per strumento.(5) Il regolamento (CE) n. 264/2000 della Commissione, del 3 febbraio 2000, relativo all'attuazione del regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio con riferimento alle statistiche congiunturali della finanza pubblica(4) e il regolamento (CE) n. 1221/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, per quanto riguarda i conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche(5) specificano i dati trimestrali non finanziari per le amministrazioni pubbliche che gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat).(6) Gli articoli 2 e 3 del regolamento (CE) n. 2223/96 stabiliscono le condizioni alle quali la Commissione può adottare modifiche della metodologia del sistema europeo dei conti per chiarirne e migliorarne il contenuto. La compilazione di conti finanziari trimestrali delle amministrazioni pubbliche richiederà risorse supplementari negli Stati membri e non può pertanto essere oggetto di una decisione della Commissione, ma dovrebbe piuttosto essere adottata con un regolamento specifico del Parlamento europeo e del Consiglio.(7) Il comitato del programma statistico (CPS) istituito dalla decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio(6) e il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti (CMFB), istituito dalla decisione 91/115/CEE del Consiglio(7), si sono espressi a favore della presente proposta di regolamento,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1OggettoScopo del presente regolamento è quello di elencare e precisare le principali caratteristiche delle categorie di operazioni finanziarie e di attività e passività finanziarie del settore delle amministrazioni pubbliche e di ciascuno dei suoi sottosettori, come definite dal Sistema europeo dei conti (SEC 95), da trasmettere trimestralmente alla Commissione (Eurostat), secondo un approccio graduale.Articolo 2Compilazione dei dati trimestrali: fonti e metodi1. Per ottenere statistiche di alta qualità, i dati trimestrali relativi alle operazioni finanziarie e alle attività e passività finanziarie si basano, nella misura del possibile, su informazioni messe direttamente a disposizione dalle amministrazioni pubbliche. Tuttavia, i dati trimestrali relativi alle azioni non quotate (AF.512) e altre partecipazioni (AF.513), come definiti e codificati nel SEC 95 e detenuti dalle unità delle amministrazioni pubbliche, possono essere stimati per interpolazione e estrapolazione sulla base dei dati annuali corrispondenti.2. La compilazione dei dati trimestrali per le operazioni finanziarie e le attività e passività finanziarie è conforme alle regole del SEC 95, in particolare per quanto riguarda la classificazione settoriale delle unità istituzionali, le regole di consolidamento, la classificazione delle operazioni finanziarie e delle attività e passività finanziarie, il momento della registrazione e i criteri di valutazione.3. I dati trimestrali e i dati annuali corrispondenti trasmessi alla Commissione in conformità al regolamento (CE) n. 2223/96 sono tra loro coerenti.4. I dati trimestrali relativi alle attività e passività finanziarie si riferiscono agli importi delle attività e passività in essere alla fine di ogni trimestre.Articolo 3Trasmissione di dati trimestrali sulle operazioni finanziarie e sulle attività e passività finanziarie1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) dati trimestrali relativi alle operazioni finanziarie (F.) e alle consistenze di attività e passività finanziarie (AF.) per gli strumenti qui di seguito elencati, definiti e codificati nel SEC 95:a) oro monetario e diritti speciali di prelievo (DSP) (F.1 e AF.1);b) biglietti, monete e depositi (F.2 e AF.2);c) titoli a breve termine diversi dalle azioni, esclusi gli strumenti finanziari derivati (F.331 e AF.331);d) titoli a lungo termine diversi dalle azioni, esclusi gli strumenti finanziari derivati (F.332 e AF.332);e) strumenti finanziari derivati (F.34 e AF.34);f) prestiti a breve termine (F.41 e AF.41);g) prestiti a lungo termine (F.42 e AF.42);h) azioni e altre partecipazioni (F.5 e AF.5);i) diritti netti delle famiglie sulle riserve tecniche di assicurazione-vita e sulle riserve dei fondi pensione (F.61 e AF.61);j) riserve premi e riserve sinistri (F.62 e AF.62);k) altri conti attivi e passivi (F.7 e AF.7).2. Gli Stati membri trasmettono inoltre alla Commissione (Eurostat) i seguenti dati trimestrali per il sottosettore amministrazioni centrali (S.1311) di cui all'articolo 4:a) azioni quotate (F.511 e AF.511), per quanto riguarda le operazioni su attività finanziarie e lo stock di attività finanziarie;b) biglietti e monete (F.21 e AF.21), per quanto riguarda le operazioni su passività finanziarie e lo stock di passività finanziarie.Articolo 4Copertura del settore e dei sottosettori delle amministrazioni pubblicheGli Stati membri trasmettono dati trimestrali per il settore e i sottosettori delle amministrazioni pubbliche (S.13) come definiti e codificati dal SEC 95:- amministrazioni centrali (S.1311),- amministrazioni di Stati federati (S.1312),- amministrazioni locali (S.1313),- enti di previdenza e assistenza sociale (S.1314).Articolo 5Natura dei dati trimestrali coperti da trasmettere1. I dati trimestrali di cui all'articolo 3 sono trasmessi in forma consolidata per i sottosettori delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 4.2. I dati trimestrali di cui all'articolo 3 sono trasmessi in forma consolidata e non consolidata per il settore delle amministrazioni pubbliche (S.13) di cui all'articolo 4.3. I dati trimestrali ripartiti per settore di contropartita sono trasmessi per i sottosettori amministrazioni centrali (S.1311) e enti di previdenza e assistenza sociale (S.1314) di cui all'articolo 4 e all'allegato del presente regolamento.Articolo 6Calendario per la trasmissione dei dati trimestrali1. I dati trimestrali di cui agli articoli 3, 4 e 5 sono trasmessi alla Commissione (Eurostat) entro tre mesi dalla fine del trimestre a cui si riferiscono.2. Le eventuali revisioni dei dati trimestrali relativi ai trimestri precedenti sono trasmesse allo stesso tempo.3. La prima trasmissione dei dati trimestrali di cui all'articolo 3, ad eccezione di altri conti attivi e passivi (F.7 e AF.7), all'articolo 4 e all'articolo 5 avviene secondo il calendario seguente:a) per il sottosettore amministrazioni centrali (S.1311) e per il sottosettore enti di previdenza e assistenza sociale (S.1314), entro il 30 giugno 2004; la Commissione ha la facoltà di concedere una deroga non superiore a 18 mesi per quanto riguarda la data della prima trasmissione di dati ripartiti per settore di contropartita e di alcuni dati relativi ad operazione finanziarie e ad attività e passività finanziarie, qualora i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti;b) per i sottosettori amministrazioni di Stati federati (S.1312) e amministrazioni locali (S.1313):i) entro il 30 giugno 2004 per le operazioni su passività e le passività di cui all'articolo 3, paragrafo 1; la Commissione ha facoltà di concedere una deroga non superiore a 18 mesi per quanto riguarda la data della prima trasmissione di questi dati, qualora i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti;ii) entro il 30 giugno 2005 per le operazioni su attività e le attività di cui all'articolo 3, paragrafo 1; la Commissione ha facoltà di concedere una deroga non superiore a sei mesi per quanto riguarda la data della prima trasmissione di questi dati, qualora i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti;c) per il settore amministrazioni pubbliche (S.13), entro il 30 giugno 2005; la Commissione ha facoltà di concedere una deroga non superiore a sei mesi per quanto riguarda la data della prima trasmissione di questi dati, qualora i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti.4. La prima trasmissione alla Commissione (Eurostat) di dati trimestrali relativi agli altri conti attivi e passivi (F.7 e AF.7) per il settore amministrazioni pubbliche (S.13) e i suoi sottosettori di cui all'articolo 4 è effettuata entro il 30 giugno 2005; la Commissione ha facoltà di concedere una deroga non superiore a sei mesi per quanto riguarda la data della prima trasmissione di questi dati, qualora i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti.Articolo 7Trasmissione di dati pregressi1. I dati trimestrali di cui all'articolo 6 comprendono i dati pregressi relativi alle operazioni finanziarie dal primo trimestre 1999 e ai conti patrimoniali finanziari dal quarto trimestre 1998, secondo il calendario di cui all'articolo 6, paragrafi 3 e 4, per la prima trasmissione dei dati.2. Ove necessario, i dati pregressi possono essere basati sulle "migliori stime", rispettando in particolare le disposizioni di cui all'articolo 2, paragrafi 2 e 3.Articolo 8Applicazione1. Quando iniziano la trasmissione dei dati trimestrali secondo il calendario di cui all'articolo 6, paragrafi 3 e 4, gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) una descrizione delle fonti e dei metodi utilizzati per la compilazione dei dati trimestrali di cui all'articolo 3 (descrizione iniziale).2. Quando trasmettono i dati riveduti, gli Stati membri comunicano alla Commissione (Eurostat) ogni modifica apportata alla descrizione iniziale.3. La Commissione (Eurostat) informa il comitato del programma statistico (CPS) e il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti (CMFB) circa le fonti e i metodi utilizzati da ciascuno Stato membroArticolo 9RelazioneSulla base della trasmissione di dati di cui agli articoli 3, 4 e 5, e previa consultazione del CPS e del CMFB, la Commissione (Eurostat) trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio, entro il 31 dicembre 2005, una relazione contenente una valutazione dell'attendibilità dei dati trimestrali trasmessi dagli Stati membri.Articolo 10Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Strasburgo, addì 10 marzo 2004.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteD. Roche(1) GU C 165 del 16.7.2003, pag. 6.(2) Parere del Parlamento europeo del 21 ottobre 2003 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), posizione comune del Consiglio del 22 dicembre 2003 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e posizione del Parlamento europeo del 10 febbraio 2004 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 310 del 30.11.1996, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1267/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 180 del 18.7.2003, pag. 1).(4) GU L 29 del 4.2.2000, pag. 4.(5) GU L 179 del 9.7.2002, pag. 1.(6) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47.(7) GU L 59 del 6.3.1991, pag. 19. Decisione modificata dalla decisione 96/174/CE (GU L 51 dell'1.3.1996, pag. 48).ALLEGATORipartizione per settore di contropartita(1)Operazioni finanziarie e conti patrimoniali finanziari delle amministrazioni centrali (S.1311) e degli enti di previdenza e assistenza sociale (S.1314)(2)>PIC FILE= "L_2004081IT.000502.TIF">(1) I riquadri incorniciati indicano i dati da trasmettere.(2) I codici, tratti dal SEC 95, indicano: S: settori/sottosettori; F: operazioni finanziarie; AF: voci dei conti patrimoniali finanziari.
Statistiche finanziarie trimestrali delle amministrazioni pubbliche dei paesi dell’Unione europea QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Elenca e definisce le principali categorie delle operazioni finanziarie del settore pubblico* e delle attività * e passività finanziarie*, i cui dettagli devono essere comunicati alla Commissione europea (Eurostat) dai paesi dell’Unione europea (UE) ogni tre mesi. PUNTI CHIAVE Secondo Eurostat, la pubblica amministrazione è composta da quattro sottosettori: amministrazione centrale; amministrazione statale; amministrazione locale; enti di previdenza sociale. Le informazioni sulle operazioni finanziarie e sulle attività e passività finanziarie che gli istituti di statistica dei paesi dell’UE devono fornire trimestralmente a Eurostat sono stabilite nel SEC 95. Esso riguarda: oro e diritti speciali di prelievo*; biglietti, monete e depositi; titoli a breve* e a lungo termine*, diversi dalle azioni e dagli strumenti finanziari derivati*; strumenti finanziari derivati (un contratto tra una o più parti basato su attività finanziarie); prestiti a breve termine*; azioni e altre partecipazioni*; diritti netti delle famiglie sulle tecniche di assicurazione-vita e sui fondi pensione; riserve premi e riserve sinistri; altri conti attivi e passivi. I dati che i paesi dell’UE devono fornire a Eurostat riguardano l’amministrazione centrale, statale e locale e gli enti di previdenza sociale, nonché la pubblica amministrazione (consolidata e non consolidata). Esistono dei termini per la trasmissione dei dati. Ad esempio, in generale, devono essere inviati a Eurostat entro tre mesi dalla fine del trimestre a cui si riferiscono. I governi dell’UE devono illustrare ad Eurostrat le fonti e i metodi che utilizzano per la compilazione dei dati forniti. Eurostat deve informare il comitato del sistema statistico europeo e il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti delle fonti e dei metodi utilizzati da ogni governo dell’UE. La Commissione doveva presentare una relazione contenente una valutazione dell’attendibilità dei dati trimestrali nazionali al Parlamento europeo e al Consiglio entro il 31 dicembre 2005. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si è applicato dall’8 aprile 2004 al 31 agosto 2014. CONTESTO Il sistema europeo dei conti nazionali e regionali, noto come SEC 95 (sostituito ora dal SEC 2010), raccoglie informazioni comparabili, aggiornate e attendibili sulla struttura e sugli sviluppi delle economie nazionali e regionali nell’UE. * TERMINI CHIAVE Operazione finanziaria: accordo, comunicazione o trasferimento tra un venditore e un acquirente per scambiare un bene a fronte di un pagamento. Attività finanziaria: qualcosa posseduto, come ad esempio denaro, beni, terre, edifici o attrezzature, che può procurare dei futuri benefici. Passività finanziaria: obblighi che richiedono il pagamento di denaro o la prestazione di servizi. Diritti speciali di prelievo: un tipo di denaro internazionale, creato dal Fondo monetario internazionale, che si basa su una media ponderata di varie valute convertibili. Titoli a breve termine: attività che si prevedono scadere o essere liquidate entro un anno, con alcune eccezioni. Degli esempi sono i buoni del tesoro. Titolo a lungo termine: uno strumento finanziario, come ad esempio un’obbligazione. Strumento finanziario derivato: un contratto il cui valore proviene dalla prestazione di un’entità a monte, come ad esempio un’attività, un indice o un tasso d’interesse. Prestito a breve termine: un prestito che si prevede verrà restituito in meno di un anno. Azioni e altre partecipazioni: le azioni del capitale proprio di una società o altre forme di titoli che rappresentano una situazione giuridica di proprietà. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 501/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, relativo ai conti finanziari trimestrali delle amministrazioni pubbliche (GU L 81 del 19.3.2004, pag. 1-5) Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 501/2004 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
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REGOLAMENTO (CE) N. 1007/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 settembre 2009 sul commercio dei prodotti derivati dalla foca (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 95, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) Le foche sono esseri senzienti che possono provare dolore, angoscia, paura e altre forme di sofferenza. Nella sua dichiarazione sulla messa al bando dei prodotti derivati dalle foche nell’Unione europea (3), il Parlamento europeo ha invitato la Commissione a presentare senza indugio una proposta di regolamento al fine di vietare l’importazione, l’esportazione e la vendita di tutti i prodotti derivati da esemplari di foca groenlandica e cistofora crestata. Nella sua risoluzione del 12 ottobre 2006 su un programma d’azione comunitario per la protezione e il benessere degli animali 2006-2010 (4), il Parlamento europeo ha chiesto alla Commissione di proporre la totale messa al bando dei prodotti derivati dalla foca. Nella sua raccomandazione 1776 (2006) del 17 novembre 2006 sulla caccia alle foche, l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa invitava gli Stati membri del Consiglio d’Europa in cui è praticata la caccia alle foche a vietare tutti i metodi di caccia crudeli che non garantiscono la morte istantanea e senza sofferenza degli animali, a proibirne lo stordimento con strumenti come hakapik, randelli e armi da fuoco e a promuovere iniziative intese a vietare il commercio di prodotti derivati dalla foca. (2) L’importazione a fini commerciali negli Stati membri di pelli di cuccioli di foca groenlandica e di cuccioli di cistofora crestata, nonché di prodotti da esse derivati è vietata ai sensi della direttiva 83/129/CEE del Consiglio, del 28 marzo 1983, relativa all’importazione negli Stati membri di pelli di taluni cuccioli di foca e di prodotti da esse derivati (5). (3) Le foche sono cacciate dentro e fuori dalla Comunità e utilizzate per fabbricare prodotti e articoli, quali carne, olio, grasso, organi, pelli per pellicceria e articoli derivati, inclusi prodotti vari come le capsule di Omega-3 e gli indumenti in cui sono incorporate pelli e pellicce di foca lavorate. Tali prodotti sono commercializzati su vari mercati, tra cui quello della Comunità. Data la natura di tali prodotti, per i consumatori è difficile, se non impossibile, distinguerli da prodotti simili non derivati dalla foca. (4) La caccia alle foche ha sollevato vive preoccupazioni presso il pubblico e i governi sensibili al benessere degli animali in considerazione del dolore, dell’angoscia, della paura e delle altre forme di sofferenza che l’uccisione e la scuoiatura delle foche, nel modo in cui sono svolte più frequentemente, causano a tali animali. (5) In risposta alle preoccupazioni dei cittadini e dei consumatori sul benessere degli animali in relazione all’uccisione e alla scuoiatura delle foche e sulla possibile presenza sul mercato di prodotti derivati da animali uccisi e scuoiati con modalità che causano dolore, angoscia, paura e altre forme di sofferenza, diversi Stati membri hanno adottato, o intendono adottare, misure legislative di disciplina del commercio dei prodotti derivati dalla foca, vietandone l’importazione e la produzione, mentre in altri Stati membri il commercio di questi prodotti non è oggetto di alcuna limitazione. (6) Vi sono pertanto differenze tra le disposizioni nazionali che disciplinano il commercio, l’importazione, la produzione e la commercializzazione dei prodotti derivati dalla foca. Queste differenze incidono negativamente sul funzionamento del mercato interno in relazione ai prodotti che contengono o possono contenere prodotti derivati dalla foca e costituiscono una barriera al commercio di tali prodotti. (7) L’esistenza di disposizioni diverse può scoraggiare ulteriormente i consumatori dall’acquistare prodotti non derivati dalla foca, ma che possono non essere facilmente distinguibili da prodotti simili ottenuti dalla foca, o prodotti che possono contenere elementi o ingredienti derivati dalla foca senza che ciò sia chiaramente riconoscibile, come pellicce, capsule e oli contenenti Omega-3 e articoli in cuoio. (8) Le disposizioni del presente regolamento dovrebbero pertanto armonizzare le norme in vigore nella Comunità in materia di attività commerciali riguardanti i prodotti derivati dalla foca ed evitare in tal modo turbative del mercato interno per quanto riguarda i prodotti in questione, inclusi i prodotti equivalenti o sostituibili ai prodotti derivati dalla foca. (9) A norma del protocollo sulla protezione e il benessere degli animali allegato al trattato, la Comunità deve tenere nella massima considerazione i requisiti in materia di benessere degli animali nella formulazione e nell’attuazione, tra l’altro, della politica per il mercato interno. Le norme armonizzate contenute nel presente regolamento dovrebbero pertanto tenere pienamente conto del benessere degli animali. (10) Per superare l’attuale frammentazione del mercato interno, è necessario prevedere norme armonizzate, tenendo conto del benessere degli animali. Per eliminare gli ostacoli alla libera circolazione dei prodotti interessati in modo efficace e proporzionato, l’immissione sul mercato dei prodotti derivati dalla foca dovrebbe, in linea di principio, essere vietata al fine di ristabilire la fiducia dei consumatori, garantendo nel contempo che le preoccupazioni relative al benessere degli animali siano tenute pienamente in considerazione. Poiché le preoccupazioni dei cittadini e dei consumatori riguardano anche l’uccisione e la scuoiatura delle foche in quanto tali, è altresì necessario adottare misure intese a ridurre la domanda che porta alla commercializzazione dei prodotti derivati dalla foca e, di conseguenza, la domanda economica che stimola la caccia delle foche a fini commerciali. Per garantire un’applicazione efficace, a tali norme armonizzate dovrebbe essere data esecuzione al momento o nel luogo di importazione dei prodotti importati. (11) Benché l’uccisione e la scuoiatura delle foche potrebbero in teoria avvenire evitando dolore, angoscia, paura o altre forme di sofferenza inutili, considerate le condizioni in cui si svolge la caccia alle foche, una verifica e un controllo uniformi del rispetto dei requisiti in materia di benessere degli animali da parte dei cacciatori non sono fattibili nella pratica o sono perlomeno molto difficili da attuare in modo efficace, come concluso dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare il 6 dicembre 2007. (12) È altresì evidente che norme armonizzate di altra natura, ad esempio requisiti in materia di etichettatura, non consentirebbero di conseguire lo stesso risultato. Inoltre, l’obbligo di etichettare i prodotti interamente o parzialmente derivati dalla foca imposto ai produttori, ai distributori o ai commercianti al dettaglio rappresenterebbe un notevole onere a carico di tali operatori economici e comporterebbe un costo sproporzionato nei casi in cui i prodotti derivati dalla foca rappresentano solo una parte minore del prodotto in questione. Per contro, sarà più facile conformarsi alle misure contenute nel presente regolamento, consentendo nel contempo di rassicurare i consumatori. (13) Per garantire la piena efficacia delle norme armonizzate previste dal presente regolamento, esse dovrebbero applicarsi non solo ai prodotti derivati dalla foca provenienti dalla Comunità, ma anche a quelli immessi nella Comunità da paesi terzi. (14) È opportuno che non siano lesi gli interessi economici e sociali fondamentali delle comunità Inuit che praticano la caccia alle foche a fini di sostentamento. La caccia fa parte integrante della cultura e dell’identità dei membri della società Inuit e, in quanto tale, è riconosciuta dalla Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni. Pertanto, l’immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca provenienti dalla caccia praticata tradizionalmente dalle comunità Inuit e da altre comunità indigene e che contribuiscono al loro sostentamento dovrebbe essere consentita. (15) Il presente regolamento istituisce norme armonizzate relative all’immissione sul mercato dei prodotti derivati dalla foca. Esso lascia pertanto impregiudicate altre norme comunitarie o nazionali che regolamentano la caccia delle foche. (16) È opportuno che le misure adottate ai fini dell’attuazione del presente regolamento vengano adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (6). (17) In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di definire le condizioni per l’immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca, provenienti dalla caccia tradizionalmente praticata dagli Inuit e da altre comunità indigene e che contribuiscono alla loro sussistenza; di definire le condizioni per l’importazione di prodotti derivati dalla foca quando ha natura occasionale ed è costituita esclusivamente da merci destinate all’uso personale dei viaggiatori o dei loro familiari; nonché di definire le condizioni per l’immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca provenienti dalla caccia regolamentata da leggi nazionali al solo scopo di garantire una gestione sostenibile delle risorse marine. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento completandolo con nuovi elementi non essenziali devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE. (18) Per facilitare l’esecuzione della normativa da parte delle autorità nazionali competenti, la Commissione dovrebbe predisporre delle note tecniche orientative che forniscano indicazioni non vincolanti sui codici della nomenclatura combinata che possono riguardare i prodotti derivati dalla foca soggetti al presente regolamento. (19) È opportuno che gli Stati membri stabiliscano norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni del presente regolamento e vigilino sulla loro applicazione. Tali sanzioni dovrebbero essere efficaci, proporzionate e dissuasive. (20) È opportuno che gli Stati membri trasmettano regolarmente relazioni sulle misure adottate per attuare il presente regolamento. Sulla base di dette relazioni, la Commissione dovrebbe riferire al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione del presente regolamento. (21) Poiché l’obiettivo del presente regolamento, vale a dire l’eliminazione degli ostacoli al funzionamento del mercato interno mediante l’armonizzazione a livello comunitario dei divieti nazionali relativi al commercio dei prodotti derivati dalla foca, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può pertanto essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo, in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento fissa norme armonizzate in materia di immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: 1) «foca»: esemplare di tutte le specie di pinnipedi (Phocidae, Otariidae e Odobenidae); 2) «prodotto derivato dalla foca»: tutti i prodotti, trasformati o non trasformati, derivati o ottenuti dalla foca, tra cui carne, olio, grasso, organi, pelli da pellicceria gregge e pelli da pellicceria conciate e preparate, anche assemblate in tavole, traverse o altre forme simili, nonché gli articoli derivati dalle pelli; 3) «immissione sul mercato»: l’introduzione sul mercato comunitario e la messa a disposizione in favore di terzi, a titolo oneroso; 4) «Inuit»: i membri indigeni del territorio Inuit, vale a dire le regioni artiche e subartiche in cui gli Inuit detengono, attualmente o storicamente, diritti e interessi aborigeni, riconosciuti dagli Inuit come membri del loro popolo e appartenenti ai seguenti gruppi: Inupiat, Yupik (Alaska), Inuit, Inuvialuit (Canada), Kalaallit (Groenlandia) e Yupik (Russia); 5) «importazione»: qualunque ingresso di merci nel territorio doganale della Comunità. Articolo 3 Condizioni di immissione sul mercato 1. L’immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca è autorizzata solo quando i prodotti derivati dalla foca provengono dalla caccia tradizionalmente praticata dagli Inuit e da altre comunità indigene e contribuiscono alla loro sussistenza. Tali condizioni si applicano al momento o nel luogo di importazione dei prodotti importati. 2. In deroga al paragrafo 1: a) l’importazione di prodotti derivati dalla foca è altresì autorizzata quando ha natura occasionale ed è costituita esclusivamente da merci destinate all’uso personale dei viaggiatori o delle loro famiglie. Il tipo e la quantità di tali merci non sono tali da far ritenere che l’importazione possa avere finalità commerciali; b) l’immissione sul mercato è altresì autorizzata per i prodotti derivati dalla foca provenienti da sottoprodotti della caccia regolamentata dalla legislazione nazionale e praticata al solo scopo di garantire una gestione sostenibile delle risorse marine. Tale immissione sul mercato è autorizzata unicamente su basi non lucrative. Il tipo e la quantità di tali prodotti non sono tali da far ritenere che l’immissione sul mercato possa avere finalità commerciali. L’applicazione del presente paragrafo non pregiudica il conseguimento degli obiettivi del presente regolamento. 3. La Commissione, secondo la procedura di gestione di cui all’articolo 9, paragrafo 2, predispone note tecniche orientative contenenti un elenco indicativo dei codici della nomenclatura combinata che possono riguardare i prodotti derivati dalla foca soggetti al presente articolo. 4. Fatto salvo quanto disposto dal paragrafo 3, le misure per l’attuazione del presente articolo, intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento completandolo, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5, paragrafo 3. Articolo 4 Libera circolazione Gli Stati membri non impediscono l’immissione sul mercato dei prodotti derivati dalla foca che sono conformi al presente regolamento. Articolo 5 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato istituito ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio (7). Tale comitato può rivolgersi, se necessario, ad altri comitati regolamentari, come il comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali istituito dall’articolo 58, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (8). 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 4 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. Articolo 6 Sanzioni ed esecuzione Gli Stati membri stabiliscono le sanzioni da applicare in caso di violazione delle disposizioni del presente regolamento e adottano tutti i provvedimenti necessari per la loro attuazione. Le sanzioni previste sono efficaci, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano le relative disposizioni alla Commissione entro il 20 agosto 2010 e notificano senza ritardo le eventuali modifiche successive. Articolo 7 Relazioni 1. Entro il 20 novembre 2011, e successivamente ogni quattro anni, gli Stati membri trasmettono alla Commissione una relazione in cui illustrano le azioni intraprese per dare attuazione al presente regolamento. 2. Sulla base delle relazioni di cui al paragrafo 1, la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione del presente regolamento entro i dodici mesi che seguono la fine di ciascun periodo. Articolo 8 Entrata in vigore e applicabilità Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. L’articolo 3 si applica a decorrere dal 20 agosto 2010. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, addì 16 settembre 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente J. BUZEK Per il Consiglio La presidente C. MALMSTRÖM (1) Parere del 26 febbraio 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Parere del Parlamento europeo del 5 maggio 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 27 luglio 2009. (3) GU C 306 E del 15.12.2006, pag. 194. (4) GU C 308 E del 16.12.2006, pag. 170. (5) GU L 91 del 9.4.1983, pag. 30. (6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (7) GU L 61 del 3.3.1997, pag. 1. (8) GU L 31 dell’1.2.2002, pag. 1.
Commercio di prodotti derivati dalla foca SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Fissa norme armonizzate in merito all'immissione di prodotti derivati dalla foca sul mercato dell'UE. PUNTI CHIAVE I prodotti derivati dalla foca possono essere immessi sul mercato dell'UE soltanto se provenienti dalla caccia praticata tradizionalmente dalle comunità Inuit* o da altre comunità indigene. La caccia deve: essere praticata tradizionalmente dalla comunità; contribuire al sostentamento della comunità al fine di fornire cibo e reddito e non essere condotta principalmente per finalità commerciali; prestare debita attenzione al benessere degli animali, tenendo in considerazione lo stile di vita della comunità e la finalità di sostentamento della caccia; al momento della loro immissione sul mercato, un prodotto derivato dalla foca deve avere un certificato che attesti il rispetto di tutte le condizioni di cui sopra. Gli organismi autorizzati dalla Commissione europea rilasciano i certificati. I viaggiatori e i loro familiari possono importare prodotti derivati dalla foca per il loro uso personale. Qualora tali prodotti debbano essere importati in una data successiva, i viaggiatori devono essere in possesso della relativa documentazione. Qualora la Commissione dimostri che i prodotti derivano dalla caccia alle foche condotta principalmente per finalità commerciali, essa potrebbe vietare o limitare la loro immissione sul mercato dell'UE. La Commissione informa il pubblico, le autorità competenti e le autorità doganali in merito alle condizioni in base alle quali i prodotti derivati dalla foca possano essere immessi sul mercato dell'UE. Entro il 31 dicembre 2018 e successivamente ogni quattro anni, i paesi dell'UE riporteranno alla Commissione le misure adottate ai fini dell'attuazione della normativa. La Commissione, entro un anno dalla ricezione delle relazioni nazionali, fornirà una relazione complessiva al Parlamento europeo e al Consiglio. La prima relazione sarà presentata entro il 31 dicembre 2019. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È in vigore dal 20 novembre 2009. CONTESTO Le foche sono cacciate dentro e fuori dall'UE per scopi diversi. Esse sono utilizzate per fabbricare carne, olio, grasso, organi, pelli per pellicceria e articoli derivati, inclusi prodotti vari come le capsule di Omega-3 e gli indumenti. Commercio di prodotti derivati dalla foca TERMINE CHIAVE * Inuit: membri indigeni del territorio Inuit, vale a dire le regioni artiche e subartiche in cui gli Inuit detengono, attualmente o storicamente, diritti e interessi aborigeni, riconosciuti dagli Inuit come membri del loro popolo. Il termine comprende i gruppi Inupiat, Yupik (Alaska), Inuit, Inuvialuit (Canada), Kalaallit (Groenlandia) e Yupik (Russia). ATTO Regolamento (CE) n. 1007/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, relativo al commercio di prodotti derivati dalla foca (GU L 286 del 31.10.2009, pag. 36-39) Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 1007/2009 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata è da utilizzarsi a solo scopo di riferimento. ATTI COLLEGATI Regolamento (UE) di esecuzione 2015/1850 della Commissione, del 13 ottobre 2015, recante modalità di applicazione dettagliate del regolamento (CE) n. 1007/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sul commercio di prodotti derivati dalla foca (GU L 271 del 16.10.2015, pagg. 1-11)
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DIRETTIVA 2013/54/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 20 novembre 2013 relativa a talune responsabilità dello Stato di bandiera ai fini della conformità alla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e della sua applicazione (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 100, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) L’intervento dell’Unione nel settore dei trasporti marittimi è finalizzato, fra l’altro, a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei marittimi, la protezione e la sicurezza in mare degli stessi, e a prevenire l’inquinamento causato da incidenti marittimi. (2) L’Unione è consapevole che gran parte degli incidenti in mare sono direttamente causati da fattori umani, in particolare la stanchezza. (3) Uno dei principali obiettivi della politica di sicurezza marittima dell’Unione è quello di eliminare le navi non conformi alle norme. (4) Il 23 febbraio 2006 l’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) ha adottato la convenzione sul lavoro marittimo del 2006 (CLM 2006) al fine di creare un unico strumento coerente e aggiornato che incorporasse anche i principi fondamentali di altre convenzioni internazionali sul lavoro. (5) Conformemente al suo articolo VIII, la CLM 2006 entrerà in vigore dodici mesi dopo la data di registrazione delle ratifiche di almeno trenta membri dell’OIL rappresentanti un totale pari al 33 % della stazza lorda della flotta mercantile mondiale. Poiché tale condizione è stata soddisfatta il 20 agosto 2012, la CLM 2006 è, di conseguenza, entrata in vigore il 20 agosto 2013. (6) La decisione 2007/431/CE del Consiglio (3) ha autorizzato gli Stati membri a ratificare la CLM 2006 e gli Stati membri sono invitati a ratificarla il prima possibile. (7) La CLM 2006 stabilisce norme minime globali per garantire a tutti i marittimi il diritto a condizioni di vita e di lavoro dignitose, indipendentemente dalla loro nazionalità e dalla bandiera delle navi in cui prestano servizio, e creare condizioni di parità. (8) Varie parti della CLM 2006 sono state inserite in diversi strumenti dell’Unione per quanto riguarda sia gli obblighi dello Stato di bandiera sia gli obblighi dello Stato di approdo. Scopo della presente direttiva è introdurre talune disposizioni in materia di conformità e applicazione previste al titolo 5 della CLM 2006 che si riferiscono a quelle parti della CLM 2006 per le quali non sono ancora state adottate le necessarie disposizioni in materia di conformità e applicazione. Tali parti corrispondono agli elementi figuranti nell’allegato della direttiva 2009/13/CE del Consiglio (4). (9) La direttiva 2009/13/CE dà attuazione all’accordo concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 («accordo»), ad essa allegato. La presente direttiva fa salva la direttiva 2009/13/CE e dovrebbe pertanto garantire l’osservanza delle disposizioni più favorevoli del diritto dell’Unione, conformemente a tale direttiva. (10) Anche se la direttiva 2009/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5) disciplina le responsabilità dello Stato di bandiera incorporando nel diritto dell’Unione il sistema volontario di audit degli Stati membri dell’IMO e introducendo la certificazione di qualità delle autorità marittime nazionali, una direttiva separata relativa alle norme sul lavoro marittimo sarebbe più appropriata e in grado di riflettere con maggiore chiarezza le diverse finalità e procedure, senza arrecare pregiudizio alla direttiva 2009/21/CE. (11) La direttiva 2009/21/CE si applica alle convenzioni IMO. In ogni caso, gli Stati membri potrebbero sviluppare, attuare e mantenere un sistema di gestione della qualità per le parti operative delle attività dell’amministrazione marittima in quanto Stato di bandiera che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva. (12) Gli Stati membri dovrebbero garantire che le navi battenti la loro bandiera adempiano efficacemente ai loro obblighi quali Stati di bandiera in relazione all’attuazione delle parti pertinenti della CLM 2006. Nell’istituire un sistema efficace di meccanismi di controllo, comprese ispezioni, uno Stato membro potrebbe, ove opportuno, concedere autorizzazioni ad istituzioni pubbliche o ad altre organizzazioni ai sensi della regola 5.1.2 della CLM 2006, nel rispetto delle condizioni ivi stabilite. (13) L’articolo 2, paragrafo 3, lettera c), del regolamento (CE) n. 1406/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (6), stabilisce che il mandato dell’Agenzia europea per la sicurezza marittima comprende, tra i compiti fondamentali, quello di collaborare con gli Stati membri e di fornire, su loro richiesta, le opportune informazioni al fine di sostenere il controllo degli organismi riconosciuti che operano per conto degli Stati membri, fatti salvi i diritti e gli obblighi dello Stato di bandiera. (14) Poiché gli obiettivi della presente direttiva non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata e degli effetti dell’intervento, possono essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi, in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (15) L’applicazione della presente direttiva non dovrebbe in alcun caso comportare una riduzione del livello di tutela di cui godono attualmente i marittimi in virtù del diritto dell’Unione, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto La presente direttiva stabilisce norme intese ad assicurare che gli Stati membri adempiano efficacemente ai loro obblighi di Stati di bandiera per quanto riguarda l’attuazione delle parti pertinenti della CLM 2006. La presente direttiva fa salve le direttive 2009/13/CE e 2009/21/CE ed eventuali norme più rigorose ivi stabilite in materia di condizioni di vita e di lavoro dei marittimi. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si applica la seguente definizione in aggiunta alle pertinenti definizioni che figurano nell’allegato della direttiva 2009/13/CE: «parti pertinenti della CLM 2006»: le parti della CLM 2006 il cui contenuto è considerato corrispondente alle disposizioni di cui all’allegato della direttiva 2009/13/CE. Articolo 3 Controllo della conformità 1. Gli Stati membri garantiscono che siano istituiti efficaci e idonei meccanismi di attuazione e di controllo, comprese ispezioni da effettuare con la frequenza stabilita nella CLM 2006, allo scopo di assicurare che le condizioni di vita e di lavoro dei marittimi che lavorano a bordo di navi battenti la loro bandiera soddisfino e continuino a soddisfare le prescrizioni delle parti pertinenti della CLM 2006. 2. Riguardo alle navi la cui stazza lorda è inferiore a 200 tonnellate e che non effettuano viaggi internazionali, gli Stati membri possono decidere, in consultazione con le organizzazioni degli armatori e dei marittimi interessate, di adattare i meccanismi di controllo, comprese le ispezioni, al fine di tenere conto delle condizioni specifiche relative a tali navi, a norma dell’articolo II, paragrafo 6, della CLM 2006. 3. Nell’adempimento dei loro obblighi ai sensi del presente articolo, gli Stati membri possono, se del caso, autorizzare istituzioni pubbliche o altri organismi, compresi quelli di un altro Stato membro, se quest’ultimo acconsente, che riconoscono possedere le capacità, le competenze e l’indipendenza sufficienti a svolgere ispezioni. In ogni caso, uno Stato membro conserva la piena responsabilità dell’ispezione delle condizioni di vita e di lavoro dei marittimi a bordo delle navi battenti la bandiera di tale Stato membro. Questa disposizione fa salva la direttiva 2009/15/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (7). 4. Gli Stati membri definiscono chiari obiettivi e norme a disciplina della gestione dei loro sistemi ispettivi, nonché adeguate procedure generali che consentono loro di determinare in che misura detti obiettivi e norme sono stati realizzati. 5. Ciascuno Stato membro provvede affinché i marittimi che lavorano a bordo di navi battenti la bandiera di tale Stato membro abbiano accesso a una copia dell’accordo. L’accesso può essere fornito per via elettronica. Articolo 4 Personale responsabile del controllo di conformità 1. Gli Stati membri assicurano che il personale, compreso il personale delle istituzioni o altri organismi («organismi riconosciuti» ai sensi della CLM 2006), autorizzato ad effettuare le ispezioni di cui all’articolo 3, paragrafo 3, e incaricato di verificare la corretta attuazione delle parti pertinenti della CLM 2006, disponga della formazione, della competenza, del mandato, della piena autorità giuridica, della posizione e dell’indipendenza necessari o auspicabili per consentirgli di effettuare la verifica e di garantire la conformità a tali parti. Conformemente alla CLM 2006, gli ispettori sono autorizzati, se del caso, ad adottare provvedimenti allo scopo di vietare alla nave di lasciare il porto fino a quando non siano state adottate le misure necessarie. 2. Tutte le autorizzazioni rilasciate relativamente alle ispezioni conferiscono all’organismo riconosciuto, come minimo, il potere di esigere la correzione delle carenze da esso riscontrate nelle condizioni di vita e di lavoro dei marittimi e ad effettuare le relative ispezioni su richiesta dello Stato di approdo. 3. Ciascuno Stato membro predispone: a) un sistema atto a garantire l’adeguatezza del lavoro svolto dagli organismi riconosciuti, che comprende la fornitura di informazioni sull’insieme delle disposizioni applicabili della legislazione nazionale e degli strumenti internazionali pertinenti; e b) le procedure di comunicazione con tali organismi e il controllo del loro operato. 4. Ciascuno Stato membro fornisce all’Ufficio internazionale del lavoro l’elenco degli organismi riconosciuti autorizzati a svolgere attività per suo conto e provvede a tenere aggiornato tale elenco. L’elenco specifica i compiti che gli organismi riconosciuti sono autorizzati a svolgere. Articolo 5 Procedure relative ai reclami a bordo, trattamento dei reclami e misure correttive 1. Ciascuno Stato membro provvede affinché le proprie disposizioni legislative o regolamentari prevedano idonee procedure di reclamo a bordo. 2. Se uno Stato membro riceve un reclamo che non considera manifestamente infondato o ottiene le prove che una nave battente la sua bandiera non si conforma alle prescrizioni delle parti pertinenti della CLM 2006 o che le relative misure di attuazione presentano gravi carenze, tale Stato adotta le misure necessarie per indagare sulla questione e accertarsi che siano presi provvedimenti atti a rimediare alle carenze constatate. 3. Il personale che si occupa dei reclami o che ne viene a conoscenza considera riservata la fonte di qualsiasi rimostranza o reclamo concernente un pericolo o una carenza con riguardo alle condizioni di vita e di lavoro dei marittimi o una violazione delle norme e regolamentazioni e non fornisce alcuna indicazione all’armatore, al suo rappresentante o all’operatore della nave sul fatto che è stata effettuata un’ispezione a seguito di tale rimostranza o reclamo. Articolo 6 Relazioni 1. La Commissione tratta anche questioni rientranti nell’ambito di applicazione della presente direttiva nelle relazioni che deve presentare a norma dell’articolo 9 della direttiva 2009/21/CE. 2. Entro il 31 dicembre 2018, la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione e sull’applicazione della regola 5.3 della CLM 2006 relativa alle responsabilità del fornitore di manodopera. Se del caso, la relazione può contenere proposte di misure volte a migliorare le condizioni di vita e di lavoro nel settore marittimo. Articolo 7 Recepimento 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 31 marzo 2015. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni. Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 8 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 9 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, il 20 novembre 2013 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente V. LEŠKEVIČIUS (1) GU C 299 del 4.10.2012, pag. 153. (2) Posizione del Parlamento europeo dell’8 ottobre 2013 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 15 novembre 2013. (3) Decisione 2007/431/CE del Consiglio, del 7 giugno 2007, che autorizza gli Stati membri a ratificare, nell’interesse della Comunità europea, la convenzione sul lavoro marittimo del 2006 dell’Organizzazione internazionale del lavoro (GU L 161 del 22.6.2007, pag. 63). (4) Direttiva 2009/13/CE del Consiglio, del 16 febbraio 2009, recante attuazione dell’accordo concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e modifica della direttiva 1999/63/CE (GU L 124 del 20.5.2009, pag. 30). (5) Direttiva 2009/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa al rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera (GU L 131 del 28.5.2009, pag. 132). (6) Regolamento (CE) n. 1406/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2002, che istituisce un’Agenzia europea per la sicurezza marittima (GU L 208 del 5.8.2002, pag. 1). (7) Direttiva 2009/15/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa alle disposizioni e alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi e per le pertinenti attività delle amministrazioni marittime (GU L 131 del 28.5.2009, pag. 47). Dichiarazione della Commissione «La Commissione ritiene che il titolo della direttiva non rifletta in modo appropriato il campo di applicazione della stessa.»
Conformità e applicazione della convenzione sul lavoro marittimo da parte dei paesi dell’UE La presente direttiva dell’Unione europea (UE) definisce le responsabilità degli Stati di bandiera (paesi in cui le navi sono registrate) in merito all’applicazione della Convenzione sul lavoro marittimo (CLM) del 2006 stipulata dall’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL). ATTO Direttiva 2013/54/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, relativa a talune responsabilità dello Stato di bandiera ai fini della conformità sul lavoro marittimo del 2006 e della sua applicazione. SINTESI La direttiva mira a garantire che i paesi dell’UE rispettino i loro obblighi di Stati di bandiera per quanto riguarda l’esecuzione, da parte delle navi battenti la loro bandiera, delle parti pertinenti della direttiva 2009/13/CE che ha incorporato nel diritto unionale una parte importante della CLM 2006. La CLM 2006 stabilisce norme minime globali per garantire a tutti i marittimi il diritto a condizioni di vita e di lavoro dignitose, indipendentemente dalla loro nazionalità e dalla bandiera delle navi in cui prestano servizio. Essa mira inoltre a limitare il dumping sociale, al fine di garantire una concorrenza leale per gli armatori che rispettano i diritti dei marittimi. I punti principali della nuova direttiva sono: 1. Controllo della conformità I paesi dell’UE devono istituire meccanismi di attuazione e di controllo efficaci e idonei, comprese ispezioni da effettuare con specifica frequenza, allo scopo di assicurare che le condizioni di vita e di lavoro dei marittimi che lavorano a bordo di navi battenti la loro bandiera soddisfino e continuino a soddisfare le prescrizioni della CLM 2006. Questi meccanismi possono essere adattati per tener conto delle condizioni specifiche relative alle navi con stazza lorda inferiore a 200 tonnellate e che non effettuano viaggi internazionali. Pur rimanendo pienamente responsabili dell’ispezione, i paesi dell’UE possono autorizzare le organizzazioni con competenze specifiche nel settore (organizzazioni riconosciute) a realizzare tali ispezioni. 2. Ispettori Il personale autorizzato a effettuare le ispezioni e incaricato di verificare la corretta attuazione deve possedere le necessarie competenze professionali e indipendenza. Se non sono rispettate le norme CLM 2006, gli ispettori possono vietare alle navi di lasciare il porto fino a quando non siano prese le azioni necessarie. 3. Procedure relative ai reclami Ogni paese dell’UE deve garantire che siano predisposte idonee procedure di reclamo a bordo. Il personale che si occupa dei reclami o che ne viene a conoscenza deve considerare la fonte di qualsiasi rimostranza o reclamo come riservata. Le responsabilità degli Stati di approdo per l’applicazione della CLM 2006 sono disciplinate dalla direttiva 2013/38/UE adottata nel 2013. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 2013/54/UE 30.12.2013 31.3.2015 GU L 329 del 10.12.2013, pagg. 1-4 ATTI COLLEGATI Direttiva 2009/13/CE del Consiglio recante attuazione dell’accordo concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e modifica della direttiva 1999/63/CE [Gazzetta ufficiale L 124 del 20.5.2009]. Direttiva 2013/38/UE del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2009/16/CE relativa al controllo da parte dello Stato di approdo (GU L 218 del 14.8.2013).
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2002/348/GAI: Decisione del Consiglio, del 25 aprile 2002, concernente la sicurezza in occasione di partite di calcio internazionali Gazzetta ufficiale n. L 121 del 08/05/2002 pag. 0001 - 0003 Decisione del Consigliodel 25 aprile 2002concernente la sicurezza in occasione di partite di calcio internazionali(2002/348/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 30, paragrafo 1, lettere a) e b), e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera c),vista l'iniziativa del Regno del Belgio,visto il parere del Parlamento europeo(1),considerando quanto segue:(1) L'obiettivo che l'Unione si prefigge ai sensi dell'articolo 29 del trattato, è fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, in particolare sviluppando tra gli Stati membri un'azione comune nel settore della cooperazione di polizia.(2) Il fenomeno del calcio è caratterizzato da un'estrema internazionalizzazione, dovuta ai vari campionati europei ed internazionali e ai numerosi spostamenti di tifosi. Per quanto riguarda la sicurezza in occasione delle partite di calcio, tale internazionalizzazione rende necessario un approccio che trascende la dimensione nazionale.(3) È opportuno che il calcio non sia considerato esclusivamente come una possibile fonte di problemi connessi con perturbazioni dell'ordine, della tranquillità e della sicurezza pubblici, ma come un evento che, a prescindere dai rischi potenziali, deve essere gestito in modo efficiente.(4) In particolare per prevenire e combattere la violenza legata al calcio, è essenziale scambiare informazioni, in modo da consentire ai servizi di polizia ed alle autorità competenti negli Stati membri di provvedere ai preparativi del caso e di reagire in modo appropriato.(5) Ai fini dello scambio di informazioni in occasione di un evento calcistico e tenuto conto della cooperazione internazionale tra forze di polizia necessaria in caso di partite internazionali, è essenziale creare in ciascuno Stato membro un punto permanente di informazione sul calcio avente carattere di polizia.(6) Nell'ambito del Consiglio d'Europa sono state adottate: la convenzione sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati di carattere personale, del 28 gennaio 1981, la raccomandazione n. R (87)15 del Comitato dei Ministri, del 17 settembre 1987, tesa a regolamentare l'utilizzo dei dati a carattere personale nel settore della polizia, nonché la convenzione europea del 19 agosto 1985, sulla violenza e le intemperanze degli spettatori in occasione di manifestazioni sportive ed in particolare di incontri calcistici.(7) Il Consiglio ha adottato, il 26 maggio 1997, l'azione comune 97/339/GAI in materia di cooperazione nel settore dell'ordine pubblico e della pubblica sicurezza(2) e il 9 giugno 1997, la risoluzione sulla prevenzione e repressione di atti di teppismo in occasione delle partite di calcio, mediante lo scambio di esperienze, il divieto di accedere agli stadi e una politica in materia di mezzi di comunicazione di massa(3).(8) Il Consiglio, inoltre, ha adottato, il 6 dicembre 2001, una risoluzione concernente un manuale di raccomandazioni per la cooperazione internazionale tra forze di polizia e misure per prevenire e combattere la violenza e i disordini in occasione delle partite di calcio di dimensione internazionale alle quali è interessato almeno uno Stato membro(4),DECIDE:Articolo 1Creazione di un punto nazionale d'informazione sul calcio1. Ciascuno Stato membro crea o designa un punto nazionale d'informazione sul calcio avente carattere di polizia.2. Ciascuno Stato membro notifica per iscritto al Segretariato generale del Consiglio le coordinate del suo punto nazionale d'informazione sul calcio e ogni modica successiva in virtù della presente decisione. Il Segretariato generale del Consiglio provvede a pubblicarle nella Gazzetta ufficiale.3. Il punto nazionale d'informazione sul calcio funge da punto di contatto diretto e centrale per lo scambio delle informazioni pertinenti e l'agevolazione della cooperazione internazionale tra forze di polizia in relazione alle partite di calcio internazionali.Uno Stato membro può decidere di effettuare determinati contatti riguardanti aspetti legati al calcio tramite i servizi specificamente competenti per questi aspetti, a condizione che il punto nazionale d'informazione sul calcio ne sia quanto meno informato tempestivamente e in maniera adeguata.4. Ciascuno Stato membro provvede affinché il proprio punto nazionale d'informazione sul calcio sia in grado di assolvere con efficacia e rapidità i compiti assegnatigli.5. La presente decisione lascia impregiudicate le disposizioni nazionali in vigore, in particolare per quanto attiene alla ripartizione di competenze tra le varie autorità e i diversi servizi dello Stato membro interessato.Articolo 2Compiti del punto nazionale d'informazione sul calcio1. Il centro nazionale d'informazione sul calcio assicura ed agevola il coordinamento dello scambio di informazioni tra servizi di polizia in occasione delle partite di calcio internazionali. Possono essere scambiate informazioni anche con altre autorità incaricate dell'applicazione della legge che contribuiscono, conformemente alla ripartizione delle competenze vigente nel rispettivo Stato membro, alla pubblica sicurezza ed all'ordine pubblico.2. Il punto nazionale d'informazione sul calcio ha accesso, in conformità della legislazione nazionale ed internazionale applicabile in materia, alle informazioni relative ai dati di carattere personale concernenti tifosi a rischio.3. Il punto nazionale d'informazione sul calcio agevola, coordina o organizza l'attuazione della cooperazione internazionale tra forze di polizia per quanto riguarda le partite di calcio internazionali.4. Conformemente alle disposizioni nazionali vigenti, in particolare la ripartizione delle competenze tra le diverse autorità e i diversi servizi negli Stati membri interessati, il punto nazionale d'informazione sul calcio può assumersi il compito di fornire assistenza alle autorità nazionali competenti.5. Il punto nazionale d'informazione sul calcio fornisce, per le partite internazionali, per lo meno su richiesta di un altro punto nazionale d'informazione sul calcio di uno Stato membro interessato, un'analisi dei rischi dei propri club e della propria squadra nazionale.Articolo 3Scambio di informazioni di polizia tra i punti nazionali d'informazione sul calcio1. I punti nazionali d'informazione sul calcio, su richiesta di un punto nazionale d'informazione sul calcio interessato o di propria iniziativa, procedono a scambi d'informazioni generali e alle condizioni previste al paragrafo 3, di dati di carattere personale, prima, durante e dopo l'evento calcistico internazionale.2. Le informazioni generali scambiate in occasione di un incontro di calcio internazionale sono di tipo strategico, operativo e tattico. Si intende per:- "informazioni strategiche": i dati che descrivono l'evento in tutte le sue dimensioni, con particolare riguardo ai rischi per la sicurezza,- "informazioni operative": i dati che permettono di ottenere un quadro corretto dei fatti che si verificano nell'ambito dell'evento,- "informazioni tattiche": i dati che consentono ai responsabili operativi di agire in modo adeguato per quanto riguarda la salvaguardia dell'ordine e della sicurezza durante l'incontro.3. Lo scambio di dati di carattere personale avvengono conformemente alla legislazione nazionale e internazionale applicabile, tenendo conto dei principi della convenzione n. 108 del Consiglio d'Europa del 28 gennaio 1981 sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati di carattere personale nonché - se del caso - della Raccomandazione n. R(87) 15 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa del 17 settembre 1987 tesa a regolamentare l'utilizzo dei dati a carattere personale nel settore della polizia. Lo scambio è inteso a preparare e adottare le misure appropriate per mantenere l'ordine pubblico in occasione di un evento calcistico. In particolare, si può trattare di informazioni riguardanti individui che presentano o possono presentare una minaccia per l'ordine e la sicurezza pubblici.Articolo 4Modalità di comunicazione tra i punti nazionali d'informazione sul calcio1. Il trattamento delle informazioni relative a partite internazionali di calcio è coordinato tramite il punto nazionale d'informazione sul calcio, il quale fa sì che tutti i servizi di polizia interessati ricevano tempestivamente le informazioni necessarie. Dopo il trattamento l'informazione è sfruttata dal punto d'informazione stesso o trasmessa alle autorità e servizi di polizia interessati.2. Il punto nazionale d'informazione sul calcio dello Stato membro che organizza l'evento calcistico comunica, prima, durante e dopo il campionato o la partita con il(i) servizio(i) di polizia nazionale (nazionali) dello(degli) Stato(i) interessato(i), eventualmente tramite l'ufficiale di collegamento designato e messo a disposizione dallo(dagli) Stato(i) interessato(i). Si può ricorrere a tale ufficiale di collegamento per questioni riguardanti l'ordine pubblico e la sicurezza, la violenza connessa al calcio e la criminalità in generale, nella misura in cui esiste una relazione con la partita o il torneo in questione.3. I punti nazionali d'informazione sul calcio comunicano in modo da garantire la riservatezza dei dati. Le informazioni scambiate, purché non riguardino dati a carattere personale, sono archiviate e possono in seguito essere consultate da altri punti nazionali d'informazione interessati, a condizione che il punto nazionale d'informazione sul calcio che ha fornito le informazioni, abbia la possibilità di definire in via preliminare una posizione in materia.Articolo 5Regime linguisticoI vari punti nazionali d'informazione sul calcio comunicano nelle rispettive lingue, con copia in una lingua di lavoro comune alle parti interessate, salvo disposizioni contrarie convenute in materia tra le parti interessate.Articolo 6ValutazioneEntro due anni dall'adozione della presente decisione, il Consiglio ne valuta l'attuazione.Articolo 7Entrata in vigoreLa presente decisione ha efficacia il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.Fatto a Lussemburgo, addì 25 aprile 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteM. Rajoy Brey(1) Parere espresso il 9 aprile 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(2) GU L 147 del 5.6.1997, pag. 1.(3) GU C 193 del 24.6.1997, pag. 1.(4) GU C 22 del 24.1.2002, pag. 1.
Sicurezza in occasione di partite di calcio internazionali QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Mira a prevenire e a combattere la violenza legata al calcio al fine di garantire la sicurezza dei cittadini dell’Unione europea (UE) delineando metodi per la vigilanza coordinata a livello internazionale delle partite di calcio.Stabilisce punti nazionali d’informazione sul calcio per agevolare la condivisione delle informazioni, la cooperazione transfrontaliera e la vigilanza delle partite di calcio internazionali. PUNTI CHIAVE I paesi dell’UE devono creare un punto nazionale d’informazione sul calcio relativo alla vigilanza delle partite di calcio di carattere internazionale di alto livello, tra squadre di diversi paesi. Esso ha il compito di:coordinare e agevolare la cooperazione internazionale tra i servizi di polizia e lo scambio di informazioni;condividere informazioni sui tifosi a rischio;fornire potenziale assistenza alle autorità nazionali;mettere a disposizione degli altri paesi dell’UE una valutazione dei rischi dei propri club e della propria squadra nazionale. Le informazioni vengono condivise prima, durante e dopo un incontro di calcio, come segue:informazioni strategiche, che descrivono l’evento in tutte le sue dimensioni, con particolare riguardo ai rischi per la sicurezza;informazioni operative, che forniscono un quadro dei fatti che si verificano nell’ambito dell’evento;informazioni tattiche, che consentono di agire in modo adeguato per quanto riguarda la salvaguardia dell’ordine e della sicurezza, e feedback dopo l’evento.Le informazioni sono riservate e devono essere fornite in maniera tempestiva, con garanzia che lo scambio di dati personali rispetti la legislazione interna e internazionale in vigore.La decisione 2002/348/GAI è stata modificata nel 2007 dalla Decisione 2007/412/GAI concernente la sicurezza in occasione di partite di calcio internazionali.Una risoluzione del Consiglio del 2003 ha chiesto all’UE di valutare il divieto di accesso agli stadi da parte di individui che avessero precedentemente commesso atti di violenza in occasione di partite di calcio. Essa comprendeva la possibilità di estendere i divieti ad altri paesi dell’UE, accompagnata da sanzioni in caso di inadempienza.Il manuale per la cooperazione internazionale tra forze di polizia, il «manuale UE per il settore calcistico», originariamente introdotto nel 1999 e aggiornato dalle risoluzioni del Consiglio del 4 dicembre 2006, 3 giugno 2010 e 29 novembre 2016, costituisce un modello per la condivisione delle informazioni. Il manuale fornisce indicazioni dettagliate su:raccolta di intelligence;ricognizione;ruolo degli osservatori o informatori di polizia;controllo della folla;comunicazione con i tifosi e con i mediacondizioni in base alle quali gli operatori di polizia possono offrire assistenza diretta in altri paesi.Con una decisione del 2014, la Commissione europea e la Unione europea delle associazioni del calcio (UEFA) ha accettato di accelerare la cooperazione e il dialogo, inserendo azioni mirate ad aumentare gli sforzi di lotta alla violenza negli stadi. Esse organizzano incontri ad alto livello almeno una volta l’anno per valutare i progressi compiuti. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? Viene applicata dal giovedì 9 maggio 2002. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Supporting fair play and cooperation in sport — European and international federations (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione del Consiglio 2002/348/GAI, del 25 aprile 2002, concernente la sicurezza in occasione di partite di calcio internazionali (OJ L 121, 8.5.2002, pag. 1–3) Gli emendamenti successivi alla decisione 2002/348/GAI sono stati incorporati nel testo di base. Questa versione consolidata ha semplice valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Risoluzione del Consiglio del 17 novembre 2003 per l'adozione negli Stati membri del divieto di accesso agli impianti dove si svolgono partite di calcio di rilevanza internazionale (OJ C 281, 22.11.2003, pag. 1–2) Risoluzione del Consiglio concernente un manuale aggiornato di raccomandazioni per la cooperazione internazionale tra forze di polizia e misure per prevenire e combattere la violenza e i disordini in occasione delle partite di calcio di dimensione internazionale alle quali è interessato almeno uno Stato membro («manuale UE per il settore calcistico») (OJ C 444, 29.11.2016, pag. 1–36) Decisione della Commissione del 14 ottobre 2014 che adotta l’accordo per la cooperazione tra la Commissione europea e l’Unione europea delle associazioni del calcio (UEFA) (C(2014) 7378 final del 14.10.2014)
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Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica araba di Egitto Gazzetta ufficiale n. L 182 del 13/07/2005 pag. 0012 - 0019 Accordodi cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica araba di EgittoLA COMUNITÀ EUROPEA (in appresso denominata "Comunità"),da un lato,eLA REPUBBLICA ARABA DI EGITTO (in appresso denominata "Egitto"),dall’altro,in appresso denominate "le parti";VISTO il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 170, in combinato disposto con l’articolo 300, paragrafo 2, prima frase, e articolo 300, paragrafo 3, primo comma;VISTA la decisione n. 1513/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2002, relativa al sesto programma quadro di azioni comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione volto a contribuire alla realizzazione dello Spazio europeo della ricerca e all’innovazione (2002-2006) [1];CONSIDERANDO l’importanza che rivestono la scienza e la tecnologia per il loro sviluppo economico e sociale e il relativo riferimento di cui all’articolo 43 dell’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica araba di Egitto, dall’altra, firmato il 25 giugno 2001;HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1Campo d’applicazione e principi1. Le parti promuovono, sviluppano e agevolano attività di cooperazione tra la Comunità e l’Egitto in settori di interesse comune in cui esercitano attività di ricerca scientifica e di sviluppo tecnologico.2. Le attività di cooperazione si svolgono sulla base dei seguenti principi:- promozione di una società della conoscenza al servizio dello sviluppo economico e sociale delle due parti,- beneficio reciproco fondato su una ripartizione equilibrata dei vantaggi,- accesso reciproco alle attività dei programmi e ai progetti di ricerca svolti da ciascuna parte,- scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sulle attività di cooperazione,- scambio e tutela adeguati dei diritti di proprietà intellettuale.Articolo 2Mezzi di cooperazione1. I soggetti giuridici con sede in Egitto, conformemente alla definizione di cui all’allegato I, comprese persone fisiche e le persone giuridiche di diritto pubblico o privato, partecipano alle azioni indirette del programma quadro comunitario di azioni di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione volto a contribuire alla realizzazione dello Spazio europeo della ricerca (in appresso "il programma quadro CE"), alle stesse condizioni che si applicano ai soggetti giuridici degli Stati membri dell’Unione europea, fatte salve le modalità e condizioni stabilite o menzionate negli allegati I e II.2. I soggetti giuridici con sede negli Stati membri della Comunità partecipano ai programmi e progetti di ricerca dell’Egitto in settori analoghi a quelli del programma quadro CE alle stesse condizioni che si applicano ai soggetti giuridici egiziani, fatte salve le modalità e condizioni stabilite o menzionate negli allegati I e II.3. La cooperazione può anche svilupparsi con i mezzi e le modalità seguenti:- regolari scambi di opinioni sugli orientamenti e le priorità della politica dell’Egitto e della Comunità in materia di ricerca e sulla pianificazione di detta politica,- scambi di opinioni sulle prospettive e sullo sviluppo della cooperazione,- trasmissione tempestiva di informazioni sull’attuazione e i risultati dei programmi e progetti di ricerca dell’Egitto e della Comunità e riguardanti i risultati di lavori svolti nell’ambito del presente accordo,- riunioni congiunte,- visite e scambi di ricercatori, tecnici e ingegneri, anche a scopo di formazione,- lo scambio e la condivisione di attrezzature e di materiali,- contatti regolari tra responsabili di programmi o direttori di progetti di ricerca egiziani e comunitari,- partecipazione di esperti a seminari, simposi e gruppi di lavoro,- scambio di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi attinenti alla cooperazione prevista dal presente accordo,- formazione tramite progetti di ricerca e di sviluppo tecnologico,- accesso reciproco all’informazione scientifica e tecnologica oggetto della cooperazione in questione,- qualsiasi altra modalità adottata dal comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica CE-Egitto, di cui all’articolo 4, conformemente alle politiche e alle procedure applicabili alle due parti.Articolo 3Rafforzamento della cooperazione1. Le parti si impegnano a fare ogni possibile sforzo, nell’ambito delle proprie legislazioni vigenti, per facilitare la libera circolazione e il soggiorno dei ricercatori che partecipano alle attività oggetto del presente accordo, nonché per agevolare l’entrata e l’uscita dai loro territori di beni destinati a essere utilizzati in queste attività.2. Qualora, in applicazione della propria normativa, la Comunità europea conceda un finanziamento a un soggetto giuridico dell’Egitto che partecipi a un’azione indiretta comunitaria, l’Egitto garantisce che a questa transazione non saranno imposti oneri o prelievi fiscali o doganali.Articolo 4Gestione dell’accordoComitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica CE-Egitto1. Il coordinamento e l’agevolazione delle attività oggetto del presente accordo sono svolti, per l’Egitto, dall’Accademia per la ricerca scientifica e tecnologica, e, per la Comunità, dai servizi dalla Commissione delle Comunità europee responsabili del programma quadro, in qualità di agenti esecutivi delle parti (in appresso denominati "agenti esecutivi").2. Gli agenti esecutivi istituiscono un comitato congiunto denominato "Comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica CE-Egitto" (in appresso "il comitato misto"), le cui funzioni comprendono:- assicurare, valutare e riesaminare l’attuazione del presente accordo, nonché modificarne gli allegati o adottarne di nuovi per tenere conto degli sviluppi delle politiche scientifiche delle parti, nell’osservanza delle relative procedure interne di ciascuna delle due parti,- identificare annualmente i potenziali settori in cui risulti opportuno sviluppare e migliorare la cooperazione ed esaminare le relative misure,- esaminare periodicamente gli orientamenti e le priorità per il futuro delle politiche di ricerca e la loro programmazione in Egitto e nella Comunità, nonché le prospettive di cooperazioni future ai sensi del presente accordo.3. Il comitato misto è composto da rappresentanti degli agenti esecutivi; esso adotta il proprio regolamento interno.4. Il comitato misto si riunisce almeno una volta l’anno, alternativamente nella Comunità e in Egitto. Riunioni straordinarie possono essere convocate su richiesta di una delle due parti. Le conclusioni e raccomandazioni del comitato misto sono trasmesse per informazione al comitato d’associazione dell’accordo euromediterraneo tra l’Unione europea e la Repubblica araba di Egitto.Articolo 5FinanziamentoLa reciproca partecipazione ad attività di ricerca ai sensi del presente accordo avviene conformemente alle condizioni stabilite all’allegato I ed è disciplinata dalle leggi, dai regolamenti, dalle politiche e modalità di attuazione dei programmi in vigore sul territorio di ciascuna della parti.Articolo 6Diffusione e utilizzazione dei risultati e delle informazioniLa diffusione e l’uso dei risultati e delle informazioni acquisiti e/o scambiati, nonché la gestione, l’attribuzione e l’esercizio dei diritti di proprietà intellettuale derivanti dalle attività di ricerca svolte ai sensi del presente accordo, sono soggetti alle disposizioni di cui all’allegato II.Articolo 7Disposizioni finali1. Gli allegati I e II costituiscono parte integrante del presente accordo.Tutte le questioni o controversie relative all’interpretazione o all’attuazione del presente accordo sono risolte di comune accordo tra le parti.2. Il presente accordo entra in vigore dopo che le parti si sono notificate reciprocamente il completamento delle procedure interne per la conclusione dello stesso. In attesa del completamento delle procedure interne necessarie per la conclusione, le parti applicano il presente accordo a titolo provvisorio a decorrere dalla firma dello stesso.Qualora una parte notifichi all’altra parte l’intenzione di non concludere l’accordo, le parti concordano di comune accordo che i progetti e le attività avviati nel periodo di applicazione provvisoria e ancora in corso al momento della notifica summenzionata sono portati a termine alle condizioni stabilite nel presente accordo.3. Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle parti previo preavviso di dodici mesi.I progetti e le attività in corso al momento della denuncia del presente accordo devono essere portati a compimento alle condizioni concordate nel quadro dello stesso.4. Qualora una delle parti decida di modificare i suoi programmi e progetti di ricerca, di cui al paragrafo 1 dell’articolo 1, l’agente esecutivo della parte in questione notifica all’agente esecutivo dell’altra parte il contenuto preciso di dette modifiche.In deroga a quanto disposto dal secondo comma del paragrafo 2, il presente accordo può essere denunciato, alle condizioni stabilite di comune accordo, se una delle parti notifica all’altra, entro un mese dall’adozione delle modifiche di cui al primo comma, la sua intenzione di denunciare il presente accordo.5. Il presente accordo si applica, da una parte, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea e alle condizioni ivi stabilite e, dall’altra, al territorio della Repubblica araba di Egitto, fatta salva la possibilità di intraprendere attività di cooperazione in alto mare, nello spazio o nei territori di paesi terzi, conformemente al diritto internazionale.6. Il presente accordo è redatto in due esemplari in lingua danese, finnica, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese, tedesca e araba, ciascun testo facente ugualmente fede.Hecho en El Cairo, el veintiuno de junio de dos mil cinco.Udfærdiget i Kairo den enogtyvende juni to tusind og fem.Geschehen zu Kairo am einundzwanzigsten Juni zweitausendfünf.Έγινε στο Κάιρο, στις είκοσι μία Ιουνίου δύο χιλιάδες πέντε.Done at Cairo on the twenty-first day of June in the year two thousand and five.Fait au Caire, le vingt-et-un juin deux mille cinq.Fatto a il Cairo, addì ventuno giugno duemilacinque.Gedaan te Kaïro, de eenentwintigste juni tweeduizend vijf.Feito no Cairo, em vinte e um de Junho de dois mil e cinco.Tehty Kairossa kahdentenakymmenentenäensimmäisenä päivänä kesäkuuta vuonna kaksituhattaviisi.Som skedde i Kairo den tjugoförsta juni tjugohundrafern.Por la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftΓια την Ευρωπαϊκή ΚοινότηταFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaEuroopan yhteisön puolestaFör Europeiska gemenskapenPor el Gobierno de la República Árabe de EgiptoPå vegne af Den Arabiske Republik Egyptens regeringFür die Regierung der Arabischen Republik ÄgyptenΓια την Κυβέρνηση της Αραβικής Δημοκρατίας της ΑιγύπτουFor the Government of the Arab Republic of EgyptPour le gouvernement de la République arabe d’ÉgyptePer il Governo della Repubblica araba di EgittoVoor de regering van de Arabische Republiek EgyptePelo Governo da República Árabe do EgiptoEgyptin arabitasavallan hallituksen puolestaFör Arabrepubliken Egyptens regering[1] GU L 232 del 29.8.2002, pag. 1. Decisione modificata dalla decisione n. 786/2004/CE (GU L 138 del 30.4.2004, pag. 7).--------------------------------------------------ALLEGATO IModalità e condizioni di partecipazione di soggetti giuridici degli Stati membri dell’Unione europea e della Repubblica araba di EgittoAi fini del presente accordo, per "soggetto giuridico" si intende qualsiasi persona fisica, o qualsiasi persona giuridica costituita in conformità al diritto nazionale applicabile nel suo luogo di stabilimento o al diritto comunitario o al diritto internazionale, dotata di personalità giuridica e della capacità di essere titolare di diritti e di obblighi di qualsiasi natura.I. MODALITÀ E CONDIZIONI DI PARTECIPAZIONE DI SOGGETTI GIURIDICI STABILITI IN EGITTO ALLE AZIONI INDIRETTE DEL PROGRAMMA QUADRO CE-EGITTO1. La partecipazione dei soggetti giuridici stabiliti in Egitto alle azioni indirette del programma quadro CE è soggetta alle regole di partecipazione stabilite ai sensi dell’articolo 167 del trattato che istituisce la Comunità europea per l’attuazione del programma quadro.I soggetti giuridici stabiliti in Egitto possono inoltre partecipare alle azioni indirette attuate ai sensi dell’articolo 164 del trattato che istituisce la Comunità europea.2. La Comunità può accordare un finanziamento ai soggetti giuridici stabiliti in Egitto che partecipano alle azioni indirette menzionate al paragrafo 1, secondo le modalità e le condizioni stabilite dalla decisione del Parlamento europeo e del Consiglio conformemente all’articolo 167 del trattato che istituisce la Comunità europea, al regolamento finanziario della Comunità europea e alla legislazione comunitaria applicabile.3. I contratti conclusi dalla Comunità con i soggetti giuridici stabiliti in Egitto che partecipano ad un’azione indiretta devono prevedere il diritto della Commissione e della Corte dei conti delle Comunità europee di eseguire o di far eseguire controlli e verifiche.Le competenti autorità egiziane provvedono a prestare, in uno spirito di collaborazione e nel reciproco interesse, l’assistenza ragionevole e utile, qualora necessaria, per eseguire tali controlli e verifiche contabili.II. MODALITÀ E CONDIZIONI DI PARTECIPAZIONE DI SOGGETTI GIURIDICI DEGLI STATI MEMBRI DELL’UNIONE EUROPEA AI PROGRAMMI E AI PROGETTI DI RICERCA EGIZIANI1. I soggetti giuridici stabiliti nella Comunità europea, costituiti conformemente al diritto nazionale di uno degli Stati membri dell’Unione europea o al diritto comunitario, possono partecipare a progetti o programmi di ricerca e sviluppo egiziani in cooperazione con soggetti giuridici stabiliti in Egitto.2. Fatto salvo il paragrafo 1 e l’allegato II, i diritti e gli obblighi dei soggetti giuridici stabiliti nella Comunità, che partecipano a progetti egiziani di ricerca nell’ambito dei programmi di RST, e le condizioni applicabili in materia di presentazione e valutazione delle proposte, di aggiudicazione degli appalti e conclusione dei contratti per l’attuazione di detti progetti sono soggetti alle disposizioni legislative e regolamentari e alle direttive governative che disciplinano lo svolgimento di programmi di ricerca e sviluppo applicabili ai soggetti giuridici egiziani e tali da garantire un trattamento equanime, tenuto conto della natura della cooperazione fra l’Egitto e la Comunità in questo settore.Il finanziamento dei soggetti giuridici stabiliti nella Comunità europea che partecipano a progetti e programmi di ricerca e sviluppo dell’Egitto è disciplinato dalle disposizioni legislative e regolamentari e dalle direttive governative vigenti in Egitto, in materia di esecuzione dei programmi di ricerca e sviluppo, alle stesse condizioni che si applicano ai soggetti giuridici non egiziani che partecipano ai progetti e ai programmi di ricerca e sviluppo dell’Egitto.3. L’Egitto informa regolarmente i soggetti giuridici della Comunità e dell’Egitto in merito ai programmi egiziani in corso di svolgimento e alle possibilità di partecipazione per i soggetti giuridici stabiliti nella Comunità.--------------------------------------------------ALLEGATO IIPrincipi per l’attribuzione dei diritti di proprietà intellettualeI. APPLICAZIONEAi fini del presente accordo, per "proprietà intellettuale" si intende la definizione data dall’articolo 2 della convenzione che istituisce l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, conclusa a Stoccolma il 14 luglio 1967.Ai fini del presente accordo, per "conoscenze" si intendono i risultati, ivi comprese le informazioni, che possono essere protetti o no, nonché i diritti di autore o i diritti legati a detti risultati acquisiti in virtù di domanda o di rilascio di brevetti, disegni, modelli, specie vegetali, certificati complementari o di altre forme di tutela equiparabili.II. DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE DEI SOGGETTI GIURIDICI DELLE PARTI1. Ciascuna parte garantisce che i diritti di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici dell’altra parte che partecipano alle attività svolte conformemente al presente accordo e i diritti e gli obblighi derivanti da detta partecipazione siano compatibili con le convenzioni internazionali applicabili alle parti, compresi l’accordo TRIPS (Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio amministrato dall’Organizzazione mondiale del commercio), la convenzione di Berna (Atto di Parigi 1971) e la convenzione di Parigi (Atto di Stoccolma 1967).2. I soggetti giuridici stabiliti in Egitto che partecipano a un’azione indiretta del programma quadro CE hanno gli stessi diritti e obblighi di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici stabiliti nella Comunità, alle condizioni stabilite dalla decisione del Parlamento europeo e del Consiglio ai sensi dell’articolo 167 del trattato che istituisce la Comunità europea e nel relativo contratto concluso con la Comunità. Detti diritti e obblighi sono conformi alle disposizioni del paragrafo 1.3. I soggetti giuridici stabiliti nella Comunità europea che partecipano a programmi o a progetti di ricerca egiziani hanno gli stessi diritti e obblighi in materia di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici stabiliti in Egitto che partecipano a detti programmi o progetti di ricerca. Detti diritti e obblighi sono conformi alle disposizioni di cui al paragrafo 1.III. DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE DELLE PARTI1. Salvo accordi diversi stabiliti dalle parti, alle conoscenze generate dalle parti nel corso delle attività svolte ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, del presente accordo si applicano le regole specificate qui di seguito.a) La parte che genera le conoscenze è proprietaria delle stesse. Qualora risulti impossibile determinare il contributo delle rispettive parti, le parti sono congiuntamente proprietarie delle conoscenze.b) La parte proprietaria delle conoscenze concede all’altra parte dei diritti di accesso a queste conoscenze per lo svolgimento delle attività di cui all’articolo 2, paragrafo 2, del presente accordo. Tali diritti di accesso sono concessi a titolo gratuito.2. Salvo accordi diversi stabiliti dalle parti, alle pubblicazioni di carattere scientifico delle parti si applicano le regole specificate qui di seguito.a) In caso di pubblicazione ad opera di una parte di dati scientifici e tecnici, informazioni e risultati per mezzo di riviste, articoli, relazioni o libri, incluse opere audiovisive e software, che siano frutto di attività svolte ai sensi del presente accordo, l’altra parte ha diritto di ottenere una licenza non esclusiva, irrevocabile, a titolo gratuito e valida in tutti i paesi, che le consenta di tradurre, riprodurre, adattare, trasmettere e distribuire al pubblico tali opere.b) Tutte le riproduzioni, destinate al pubblico, di dati ed informazioni tutelati da diritto d’autore, prodotte a norma delle presenti disposizioni, devono indicare i nomi degli autori dell’opera, salvo quelli che espressamente richiedano di non essere citati. Devono inoltre contenere una menzione chiara e visibile del contributo delle parti alla cooperazione.3. Salvo accordi diversi stabiliti dalle parti, alle informazioni riservate delle parti si applicano le regole specificate qui di seguito.a) All’atto di comunicare all’altra parte le informazioni relative alle attività svolte ai sensi del presente accordo, ciascuna parte identifica le informazioni riservate che non desidera divulgare mediante segni o legende indicanti la riservatezza delle informazioni.b) La parte che riceve dette informazioni può comunicare sotto la propria responsabilità delle informazioni riservate ad organismi o persone sotto la sua autorità ai fini specifici dell’applicazione del presente accordo.c) Previo consenso scritto della parte che fornisce le informazioni riservate, l’altra parte può divulgarle in maniera più ampia di quanto consentito ai sensi della lettera b). Le parti collaborano al fine di stabilire le procedure in base alle quali può essere chiesta e ottenuta l’autorizzazione scritta preliminare per una divulgazione più ampia. Ciascuna parte si impegna a rilasciare tale autorizzazione nei limiti consentiti dalla propria legislazione e regolamentazione e dalle proprie politiche.d) Le informazioni riservate o le altre informazioni confidenziali non documentali fornite nel corso di seminari e di altre riunioni tra i rappresentanti delle parti, indette ai sensi del presente accordo, nonché le informazioni apprese attraverso il personale distaccato, l’uso di attrezzature o l’esecuzione di azioni indirette, rimangono confidenziali, a condizione che i soggetti che ricevono tali informazioni riservate o altre informazioni confidenziali siano resi edotti del carattere confidenziale delle informazioni all’atto della comunicazione delle stesse, ai sensi della lettera a).e) Ciascuna parte si impegna ad assicurare che le informazioni riservate ricevute ai sensi delle lettere a) e d) siano controllate come ivi previsto. Se una delle parti si rende conto che non è in grado o che presumibilmente non sarà in grado di osservare le disposizioni sull’obbligo del segreto di cui alle lettere a) e d), ne informa immediatamente l’altra parte. In seguito, le parti si consultano per definire un piano di azione adeguato.--------------------------------------------------
Cooperazione scientifica e tecnologica tra l’UE e l’Egitto QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo stabilisce un sistema formale di cooperazione volto a incoraggiare, sviluppare e agevolare le attività negli ambiti scientifici e tecnologici. Con questa decisione, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accorto per conto della Comunità europea (attuale UE). PUNTI CHIAVE Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate su una serie di principi:promozione di una società della conoscenza per lo sviluppo sociale ed economico delle due parti; benefici reciproci fondati su una ripartizione equilibrata dei vantaggi; accesso reciproco alle attività dei programmi e dei progetti di ricerca svolte da ciascuna parte; scambio tempestivo delle informazioni; protezione dei diritti di proprietà intellettuale.CooperazioneI soggetti giuridici* egiziani possono partecipare ad attività di cooperazione indiretta dei programmi quadro di ricerca e sviluppo tecnologico dell’UE e ad attività di dimostrazione alle stesse condizioni applicabili ai soggetti giuridici dell’UE, in conformità con i termini e le condizioni stabiliti negli allegati I e II dell’accordo. Le personalità giuridiche stabilite nei paesi dell’UE possono partecipare a programmi e progetti di ricerca egiziani che coprono settori simili a quelli del programma quadro alle stesse condizioni applicabili ai soggetti giuridici dell’Egitto in conformità con i termini e le condizioni di cui agli allegati I e II dell’accordo.Le attività di cooperazione possono assumere le forme seguenti:regolari scambi di opinioni sugli orientamenti e le priorità della politica dell’Egitto e dell’UE; discussioni su cooperazione, sviluppi e prospettive; fornitura tempestiva di informazioni sull’attuazione dei rispettivi programmi e progetti di ricerca; riunioni congiunte; visite e scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici, anche a fini di formazione; scambi o condivisione di attrezzature e materiali; contatti regolari e continui tra i responsabili dei programmi o dei progetti delle parti; partecipazione di esperti a seminari, conferenza («simposi») e workshop; scambi di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi rilevanti ai fini della cooperazione ai sensi del presente accordo; formazione nel campo della ricerca e dello sviluppo tecnologico; accesso reciproco all’informazione scientifica e tecnica nell’ambito della cooperazione; altre modalità adottate dal comitato misto di cooperazione scientifica e tecnica, istituito ai sensi del presente accordo. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 27 febbraio 2008 per un tempo indeterminato (provvisoriamente applicabile dalla data di sottoscrizione: 21 giugno 2005). Può essere risolto in qualsiasi momento da entrambe le parti con un preavviso scritto di 12 mesi. CONTESTO L’Egitto è uno dei paesi coperti dalla politica di vicinato dell’UE. Nel 2004, è entrato in vigore l’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica araba d’Egitto, dall’altra. Per maggiori informazioni, consultare:L’Egitto e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna) L’Egitto e la politica di vicinato (Commissione europea)Per maggiori informazioni sulla cooperazione nell’ambito della ricerca e dell’innovazione (RI) con l’Egitto, consultare:Cooperazione internazionale RI con l’Egitto (Commissione europea). Tabella di marcia per la cooperazione S&T tra vicinato meridionale e UE (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Soggetto giuridico: ogni persona fisica o giuridica costituita in conformità del diritto nazionale applicabile nel suo luogo di stabilimento o del diritto comunitario o internazionale, dotata di personalità giuridica e della capacità di essere titolare di diritti e di obblighi di qualsiasi natura a proprio nome. DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica araba di Egitto (GU L 182 del 13.7.2005, pag. 12). Decisione 2008/180/CE del Consiglio, del 25 febbraio 2008, concernente la conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica araba d’Egitto (GU L 59 del 4.3.2008, pag. 12).
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DECISIONE (UE) 2017/2307 DEL CONSIGLIO del 9 ottobre 2017 relativa alla conclusione dell'accordo tra l'Unione europea e la Repubblica del Cile sul commercio di prodotti biologici IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 207, paragrafo 4, primo comma, in combinato disposto con l'articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, lettera a), punto v), e l'articolo 218, paragrafo 7, vista la proposta della Commissione europea, vista l'approvazione del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) A norma della decisione (UE) 2017/436 del Consiglio (2), l'accordo tra l'Unione europea e la Repubblica del Cile sul commercio di prodotti biologici («accordo») è stato firmato il 27 aprile 2017, con riserva della sua conclusione. (2) Nell'accordo l'Unione e la Repubblica del Cile riconoscono l'equivalenza delle rispettive norme in materia di produzione biologica e dei sistemi di controllo relativi ai prodotti biologici. (3) L'accordo intende promuovere il commercio di prodotti biologici, contribuendo allo sviluppo e all'espansione del settore biologico nell'Unione e nella Repubblica del Cile e raggiungendo un elevato livello di rispetto per i principi in materia di produzione biologica, di garanzia dei sistemi di controllo e di integrità dei prodotti biologici. Esso intende altresì promuovere la tutela dei rispettivi marchi biologici dell'Unione e della Repubblica del Cile e rafforzare la cooperazione normativa tra le parti sulle questioni relative alla produzione biologica. (4) Il comitato misto sui prodotti biologici («comitato misto»), istituito a norma dell'articolo 8, paragrafo 1, dell'accordo, tratta determinati aspetti dell'attuazione dell'accordo. In particolare, esso può modificare gli elenchi dei prodotti negli allegati I e II dell'accordo. La Commissione dovrebbe essere autorizzata a rappresentare l'Unione nel comitato misto. (5) La Commissione dovrebbe avere il potere di approvare, a nome dell'Unione, modifiche degli elenchi di prodotti negli allegati I e II dell'accordo, a condizione che informi i rappresentanti degli Stati membri delle modifiche che intende approvare in sede di comitato misto e fornisca ai rappresentanti degli Stati membri tutte le informazioni pertinenti che l'hanno portata a concludere che l'equivalenza possa essere accettata. (6) Inoltre, per consentire una reazione tempestiva laddove le condizioni per l'equivalenza non siano più soddisfatte, la Commissione dovrebbe essere autorizzata a sospendere unilateralmente il riconoscimento dell'equivalenza, a condizione che informi i rappresentanti degli Stati membri prima di farlo. (7) Nel caso in cui i rappresentanti degli Stati membri che costituiscono una minoranza di blocco si oppongano alla posizione presentata dalla Commissione, quest'ultima non dovrebbe essere autorizzata ad approvare modifiche degli elenchi di prodotti negli allegati I e II o a sospendere il riconoscimento dell'equivalenza. In tali casi la Commissione dovrebbe presentare una proposta di decisione del Consiglio a norma dell'articolo 218, paragrafo 9, del trattato. (8) È opportuno approvare l'accordo, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 1. L'accordo tra l'Unione europea e la Repubblica del Cile sul commercio di prodotti biologici è approvato a nome dell'Unione. 2. Il testo dell'accordo è accluso alla presente decisione. Articolo 2 Il presidente del Consiglio procede, a nome dell'Unione, alla notifica prevista all'articolo 15, paragrafo 1, dell'accordo (3). Articolo 3 La Commissione rappresenta l'Unione nel comitato misto. Articolo 4 Le modifiche degli elecnhi di prodotti negli allegati I e II dell'accordo effettuate a norma dell'articolo 8, paragrafo 3, lettera b), dell'accordo sono approvate dalla Commissione a nome dell'Unione. Prima di approvare tali modifiche, la Commissione informa i rappresentanti degli Stati membri circa la posizione anticipata dell'Unione, mettendo a disposizione un documento informativo che stabilisce i risultati della valutazione dell'equivalenza effettuata in merito all'elenco di prodotti nuovo o aggiornato negli allegati I o II, che comprende: a) l'elenco dei prodotti interessati, insieme all'indicazione dei quantitativi previsti per l'esportazione verso l'Unione; b) le norme di produzione applicate ai prodotti interessati nella Repubblica del Cile, con un'indicazione delle modalità con cui le differenze sostanziali rispetto alle pertinenti disposizioni dell'Unione sono state risolte; c) se pertinente, il sistema di controllo nuovo o aggiornato applicato ai prodotti interessati, con un'indicazione delle modalità con cui le differenze sostanziali rispetto alle pertinenti disposizioni dell'Unione sono state risolte; d) qualsiasi altra informazione ritenuta pertinente dalla Commissione. Qualora un numero di rappresenatnti degli Stati membri che rappresenti una minoranza di blocco, a norma dell'articolo 238, paragrafo 3, lettera a), secondo comma, del trattato, si opponga, la Commissione presenta una proposta a norma dell'articolo 218, paragrafo 9, del trattato. Articolo 5 Qualunque decisione dell'Unione di sospendere unilateralmente, a norma dell'articolo 3, paragrafi 4 e 5, dell'accordo, il riconoscimento dell'equivalenza delle disposizioni legislative e regolamentari di cui all'allegato IV dell'accordo, comprese le versioni aggiornate e consolidate di tali disposizioni legislative e regolamentari di cui all'allegato V dell'accordo, è adottata dalla Commissione. Prima di adottare tale decisione, la Commissione informa i rappresentanti degli Stati membri secondo la procedura di cui all'articolo 4 della presente decisione. Articolo 6 La presente decisione entra in vigore il 1o gennaio 2018 Fatto a Lussemburgo, il 9 ottobre 2017 Per il Consiglio Il presidente S. KIISLER (1) Approvazione del 14 settembre (non ancora pubblicata nella Gazzetta Ufficiale) (2) Decisione (UE) 2017/436 del Consiglio, del 6 marzo 2017, relativa alla firma, a nome dell'Unione europea, dell'accordo tra l'Unione europea e la Repubblica del Cile sul commercio di prodotti biologici (GU L 67 del 14.3.2017, pag. 33). (3) La data di entrata in vigore dell'accordo sarà pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea a cura del segretariato generale del Consiglio.
Accordo UE-Cile sul commercio di prodotti biologici QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI? L’accordo intende incoraggiare il commercio di prodotti agricoli e alimentari biologici tra l’UE e il Cile e intende essere di stimolo al settore biologico dell’Unione. Delinea un sistema di cooperazione, scambio di informazioni e risoluzione delle controversie nel settore del commercio di prodotti biologici. Gli alimenti biologici prodotti nell’UE che rientrano nell’ambito dell’accordo possono essere commercializzati in Cile senza controlli aggiuntivi. Lo stesso vale per alcuni prodotti biologici cileni nell’UE. La decisione (UE) 2017/436 sancisce la firma, mentre la decisione (UE) 2017/2307 approva l’accordo a nome dell’UE. PUNTI CHIAVE EquivalenzaPer quanto riguarda la produzione biologica e i sistemi di controllo ad essa associati, l’UE e il Cile riconoscono l’equivalenza (capacità di conseguire gli stessi obiettivi) delle rispettive leggi e regolamenti, nonché dei sistemi di controllo e certificazione. I prodotti interessati sono elencati negli allegati dell’accordo. L’accordo riguarda prodotti dell’UE quali:prodotti vegetali non trasformati,animali vivi,prodotti animali non trasformati (compreso il miele),prodotti di acquacoltura e alghe,prodotti agricoli trasformati per l’uso come mangimi o alimenti (compreso il vino),materiali vegetali di moltiplicazione* esemi per coltivazione. Eventuali modifiche agli elenchi dei prodotti che rientrano nell’ambito di applicazione dell’accordo sono approvate dalla Commissione europea a nome dell’UE dopo aver consultato il Cile e i paesi dell’UE.Importazione ed esportazione Ciascuna parte accetta i prodotti elencati negli allegati dall’altra parte alle seguenti condizioni:le importazioni nell’UE devono rispettare le leggi e i regolamenti del Cile di cui all’allegato IV ed essere accompagnate da un certificato di controllo ai sensi del regolamento (CE) n. 1235/2008, un atto di esecuzione relativo agli accordi per le importazioni di prodotti biologici da paesi «terzi» (extra UE); le esportazioni verso il Cile devono rispettare le leggi e i regolamenti dell’UE di cui all’allegato III ed essere accompagnate da un certificato rilasciato da un’autorità cilena o dell’UE competente ai sensi delle norme stabilite dalla Direzione nazionale del Servizio per l’agricoltura e l’allevamento del Cile.EtichettaturaI prodotti devono rispettare i requisiti legali di etichettatura della parte importatrice e possono esibire il logo dei prodotti biologici dell’UE, del Cile o entrambi. Inoltre, i logo dei prodotti biologici attualmente in uso nell’UE e nel Cile per i loro prodotti sono protetti. Le parti si impegnano a non utilizzare in modo improprio i termini di etichettatura, compresi vocaboli derivati come «bio» ed «eco».Informazioni, relazioni e gestioneLe parti si scambiano relazioni annuali sull’applicazione dell’accordo, che comprendono:informazioni sui tipi e sulle quantità di prodotti biologici esportati nell’ambito dell’accordo;le attività di monitoraggio e supervisione effettuate dalle autorità competenti, i risultati ottenuti e le misure correttive adottate. Con un preavviso di almeno tre mesi, funzionari o esperti dell’altra parte effettuano verifiche tra pari per accertare l’applicazione dei controlli previsti dall’accordo. A un comitato misto sui prodotti biologici, composto da rappresentanti delle parti (cioè il Cile e l’UE), sono attribuite le seguenti responsabilità:gestire dell’accordo;esaminare le richieste per aggiornare o estendere l’elenco dei prodotti che rientrano nell’ambito di applicazione dell’accordo;migliorare la cooperazione in materia di leggi, regolamenti, norme e procedure di valutazione della conformità al fine di accrescere la convergenza;comporre le controversie tra le parti in materia di interpretazione o applicazione dell’accordo. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 1° gennaio 2018. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Commercio di prodotti biologici (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Materiali di moltiplicazione: le parti di piante e tutti i materiali di piante destinati alla selezione, alla riproduzione e alla produzione di piante da frutto, compresi i portainnesto. Fra gli esempi vi sono i bulbi, i rizomi, ecc. DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione (UE) 2017/436 del Consiglio, del 6 marzo 2017, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica del Cile sul commercio di prodotti biologici (GU L 67 del 14.3.2017, pag. 33). Decisione (UE) 2017/2307 del Consiglio, del 9 ottobre 2017, relativa alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica del Cile sul commercio di prodotti biologici (GU L 331 del 14.12.2017, pag. 1). Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica del Cile sul commercio di prodotti biologici (GU L 331 del 14.12.2017, pag. 4). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 1235/2008 della Commissione, dell’8 dicembre 2008, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio per quanto riguarda il regime di importazione di prodotti biologici dai paesi terzi (GU L 334 del 12.12.2008, pag. 25). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1235/2008 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio, del 28 giugno 2007, relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il regolamento (CEE) n. 2092/91 (GU L 189 del 20.7.2007, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 20 gennaio 2009 relativa all’assistenza finanziaria a medio termine della Comunità alla Lettonia (2009/290/CE) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, visto il regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (1), ed in particolare l’articolo 3, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione presentata previa consultazione del Comitato economico e finanziario (CEF), considerando quanto segue: (1) Con la decisione 2009/289/CE (2) il Consiglio ha concesso assistenza reciproca alla Lettonia. (2) In un contesto di fabbisogno di finanziamento esterno molto elevato, i mercati dei capitali e finanziari lettoni sono stati di recente oggetto di pressioni, che riflettono un deterioramento generale del clima sui mercati e crescenti preoccupazioni in merito alla salute dell’economia lettone dati i gravi squilibri dovuti all’ampio disavanzo e debito esterno, all’indebolimento della finanza pubblica e ad elevati tassi di inflazione dei costi e dei prezzi. Il settore bancario lettone registra gravi problemi di liquidità e di fiducia. Il livello delle riserve valutarie estere è sceso poiché la Banca centrale è intervenuta per preservare l’ancoraggio della valuta. (3) Il fabbisogno di finanziamento esterno complessivo della Lettonia fino al primo trimestre del 2011 è stimato a 7,5 miliardi di EUR. (4) È necessario fornire alla Lettonia un sostegno comunitario per un importo massimo di 3,1 miliardi di EUR nel quadro del meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri istituito con il regolamento (CE) n. 332/2002. Tale assistenza dovrebbe essere fornita in combinazione con un prestito del Fondo monetario internazionale (FMI) di 1,5 miliardi di DSP (circa 1,7 miliardi di EUR — ovvero approssimativamente il 1 200 % della quota della Lettonia nell’FMI) in virtù di un accordo di stand-by dell’FMI approvato il 23 dicembre 2008. I paesi nordici (Svezia, Danimarca, Finlandia, Estonia e Norvegia) dovrebbero apportare 1,9 miliardi di EUR in totale, la Banca mondiale 0,4 miliardi di EUR, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, la Repubblica ceca e la Polonia 0,4 miliardi di EUR complessivamente, il che porterebbe il totale a 7,5 miliardi di EUR nel periodo che si estende fino al primo trimestre del 2011. (5) L’assistenza comunitaria devono essere gestita dalla Commissione. Le condizioni di politica economica convenute con le autorità lettoni dopo la consultazione del Comitato economico e finanziario devono essere oggetto di un memorandum di intesa. Esse devono comprendere, tra l’altro, le misure intese ad alleggerire nell’immediato le pressioni sulla liquidità, a ricostituire la stabilità a lungo termine rafforzando il settore bancario, a correggere gli squilibri di bilancio e ad adottare le politiche interne volte a migliorare la competitività. Le misure devono consentire un risanamento di bilancio immediato e sostenuto, una strategia globale di sostegno al settore bancario, il rafforzamento della capacità di gestione delle crisi da parte delle autorità di regolamentazione, riforme strutturali globali nonché altre misure importanti. Le modalità finanziarie dettagliate devono essere fissate dalla Commissione nell’accordo sul prestito. (6) L’assistenza deve essere accordata al fine di alleggerire nell’immediato le pressioni sulla liquidità a condizione dell’applicazione di politiche volte a ricostituire la stabilità di lungo termine rafforzando il settore bancario, correggendo gli squilibri di bilancio e adottando politiche che consentano di migliorare la competitività, mantenendo il tasso di cambio all’interno della banda di oscillazione ristretta attorno all’attuale parità centrale, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 1. La Comunità mette a disposizione della Lettonia un prestito di medio termine per un importo massimo di 3,1 miliardi di EUR, con una scadenza media massima di sette anni. 2. L’assistenza finanziaria della Comunità copre un periodo di tre anni a decorrere dal primo giorno successivo all’entrata in vigore della presente decisione. Articolo 2 1. L’assistenza è gestita dalla Commissione in modo coerente con gli impegni della Lettonia e le raccomandazioni del Consiglio. Tali condizioni sono fissate in un memorandum d’intesa. Le condizioni finanziarie sono stabilite nel dettaglio dalla Commissione nell’accordo sul prestito. 2. La Commissione verifica periodicamente in collaborazione con il CEF che siano soddisfatte le condizioni di politica economica cui è subordinata l’assistenza. La Commissione tiene informato il CEF in merito al possibile rifinanziamento dei prestiti o alla ristrutturazione delle condizioni finanziarie. 3. La Lettonia è disposta ad adottare e ad applicare misure di risanamento supplementari per stabilizzare l’economia, se esse risulteranno necessarie durante l’applicazione del programma di assistenza. Le autorità lettoni consultano la Commissione prima di adottare tali misure supplementari. Articolo 3 1. La Commissione mette a disposizione della Lettonia l’assistenza finanziaria comunitaria in un massimo di sei quote, la cui entità sarà fissata nel memorandum d’intesa. 2. La prima quota è erogata con riserva dell’entrata in vigore dell’accordo sul prestito e del memorandum d’intesa. 3. Se necessario per finanziare il prestito, è consentito l’uso prudente di swap sui tassi di interesse con controparti appartenenti alla classe di merito di credito più elevata. 4. La Commissione decide in merito allo svincolo delle quote successive dopo aver ottenuto il parere del CEF. 5. L’esborso di ciascuna quota successiva avviene sulla base della soddisfacente attuazione del nuovo programma economico (programma di stabilizzazione economica e di rilancio della crescita) del governo lettone, incluso nel programma di convergenza, ed in particolare delle condizioni economiche specifiche stabilite nel memorandum d’intesa. Queste includono, tra l’altro: a) l’adozione di un programma di bilancio a medio termine chiaramente definito per riportare il disavanzo delle amministrazioni pubbliche al di sotto del valore di riferimento del 3 % del PIL previsto dal trattato entro il 2011; b) l’esecuzione del bilancio per il 2009 modificato dal bilancio suppletivo adottato il 12 dicembre 2008 (e che sarà sottoposto nel dettaglio entro la fine di marzo 2009) volto al contenimento del disavanzo di cash flow entro il 5 % del PIL o del 5,3 % in termini di SEC 95; c) la riduzione delle retribuzioni medie del settore pubblico di almeno il 15 % nel 2009 in termini nominali rispetto al bilancio iniziale del 14 novembre 2008 e di un ulteriore 2 % nel 2010-2011; d) la continuazione delle misure iniziate nel 2008 volte alla riduzione di almeno il 5 % dell’occupazione nell’amministrazione centrale entro la fine del 2008 ed alla riduzione totale del 10 % entro il 30 giugno 2009; e) il rafforzamento dell’organizzazione e dell’attuazione delle procedure di bilancio grazie all’adozione di un quadro di bilancio e di una legge di riforma di bilancio mediante una modifica alla legge vigente sulla gestione finanziaria e di bilancio; f) l’introduzione di un sistema di pagamento dei salari chiaro e trasparente per i dipendenti diretti delle amministrazioni pubbliche e l’istituzione di un sistema unico di pianificazione e di gestione delle risorse umane delle amministrazioni pubbliche; g) meccanismi destinati a stabilizzare maggiormente il sistema bancario a medio e lungo termine, in particolare un’ampia gamma di misure di vigilanza, prudenziali e di politica monetaria. Tali misure dovrebbero limitare la crescita del credito a livelli sostenibili ed evitare una dipendenza eccessiva da finanziamenti esterni non garantiti. Si effettuano controlli mirati nel sistema bancario per verificare che tutte le banche siano solvibili e dispongano di capitali sufficienti; h) misure appropriate riguardanti la ristrutturazione del debito nel settore privato. È rafforzata la base giuridica appropriata per la ristrutturazione del debito in termini di durata e di valuta. È inoltre data priorità al miglioramento delle procedure fallimentari e alla rapida attuazione dei programmi di risanamento; i) misure volte a garantire che i residui azionisti di minoranza della banca Parex non traggano vantaggio del piano di risanamento della banca e misure intese a rafforzare la stabilità finanziaria tramite una completa nazionalizzazione della banca Parex; j) misure di riforma strutturale nel contesto della strategia di Lisbona, attuate nel quadro del programma nazionale di riforma della Lettonia, in particolare politiche attive in materia di occupazione e di formazione permanente, un maggiore coinvolgimento degli operatori del settore privato nelle attività di R&S e di innovazione, misure di promozione delle esportazioni e la soppressione degli oneri amministrativi a carico delle imprese; k) l’attuazione di progetti finanziati dall’UE al livello previsto per migliorare il contributo del settore tradeable alla crescita economica; l) misure intese a migliorare l’accesso ai finanziamenti per le imprese e gli imprenditori le cui richieste di fondi strutturali siano state approvate o che prevedano eventualmente di presentare una domanda per l’ottenimento di fondi strutturali. Articolo 4 La Repubblica di Lettonia è destinataria della presente decisione. Articolo 5 La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 20 gennaio 2009. Per il Consiglio Il presidente M. KALOUSEK (1) GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1. (2) Cfr. pagina 37 della presente Gazzetta ufficiale.
Assistenza finanziaria alla Lettonia QUAL È LO SCOPO DELLE DECISIONI? L’Unione europea (UE) e varie organizzazioni internazionali hanno fornito assistenza finanziaria alla Lettonia tra il dicembre 2008 e la fine del 2011, sulla base del regolamento (CE) n. 332/2002, che consente all’Unione di fornire assistenza finanziaria a medio termine ai paesi dell’UE al di fuori della zona euro che hanno difficoltà con la bilancia dei pagamenti. PUNTI CHIAVE Nel gennaio 2009, è stata concordata un’assistenza finanziaria multilaterale per la Lettonia di 7,5 miliardi di euro per il periodo 2009-2011. Il finanziamento comprendeva: UE: 3,1 miliardi di euro nell’ambito del programma di assistenza per la bilancia dei pagamenti; Fondo monetario internazionale (FMI) : circa 1,7 miliardi di euro; Paesi nordici (Svezia, Danimarca, Finlandia, Norvegia) ed Estonia: 1,9 miliardi di euro; Banca Mondiale : 0,4 miliardi di euro; Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo , Repubblica ceca e Polonia: 0,4 miliardi di euro. In cambio dei prestiti, la Lettonia ha accettato di: ripristinare la stabilità finanziaria rafforzando il settore bancario; correggere gli squilibri di bilancio (ovvero nelle finanze pubbliche); adottare politiche nazionali per migliorare la competitività; migliorare la capacità di gestione delle crisi da parte delle autorità di regolamentazione; attuare riforme strutturali a livello globale. Alla fine, 4,5 miliardi di euro sono stati versati entro il termine del programma di assistenza (19 gennaio 2012). A partire dal 20 gennaio 2012, la Commissione europea ha avviato la sorveglianza post-programma, organizzando sei missioni di verifica nel paese. La sorveglianza si è conclusa nel gennaio 2015, dopo che la Lettonia aveva rimborsato il 75 % del prestito dell’UE. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LE DECISIONI? Le decisioni 2009/289/CE e 2009/290/CE hanno preso effetto il 23 gennaio 2009. CONTESTO Nel febbraio 2002, il Consiglio dell’Unione europea ha conferito all’Unione il potere di concedere prestiti ai paesi dell’UE che affrontano, o rischiano di affrontare, difficoltà con la bilancia dei pagamenti o con i movimenti di capitali. Tale assistenza finanziaria è disponibile solo per i paesi che non utilizzano l’euro. La Lettonia ha fatto richiesta di assistenza alla fine del 2008, dopo che i suoi capitali e mercati finanziari sono stati sottoposti a forti pressioni e il settore bancario ha subito gravi problemi di liquidità e di fiducia. Il 1o gennaio 2014, la Lettonia è entrata nella zona euro. Per ulteriori informazioni, consultare: «Assistenza alla Lettonia per la bilancia dei pagamenti: le basi del successo» sul sito Internet della Commissione europea; «Sorveglianza post-programma per la Lettonia» sul sito Internet della Commissione europea. DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione 2009/289/CE del Consiglio, del 20 gennaio 2009, relativa alla concessione di assistenza reciproca alla Lettonia (GU L 79 del 25.3.2009, pag. 37-38) Decisione 2009/290/CE del Consiglio, del 20 gennaio 2009, relativa all’assistenza finanziaria a medio termine della Comunità alla Lettonia (GU L 79 del 25.3.2009, pag. 39-41) Le modifiche successive alla direttiva 2009/290/CE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1-3) Si veda la versione consolidata.
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DIRETTIVA 2008/63/CE DELLA COMMISSIONE del 20 giugno 2008 relativa alla concorrenza sui mercati delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni (Testo rilevante ai fini del SEE) (Versione codificata) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 86, paragrafo 3, considerando quanto segue: (1) La direttiva 88/301/CEE della Commissione, del 16 maggio 1988, relativa alla concorrenza sui mercati dei terminali di telecomunicazioni (1), è stata modificata in modo sostanziale (2). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale direttiva. (2) In tutti gli Stati membri le telecomunicazioni erano oggetto in tutto o in parte del monopolio detenuto dallo Stato e in genere da questo delegato, mediante concessione di diritti speciali o esclusivi a uno o più organismi incaricati della realizzazione e dell'esercizio della rete, nonché la fornitura dei servizi ad essa afferenti. Tali diritti spesso riguardavano non solo la fornitura di servizi di uso della rete, ma anche la messa a disposizione per gli utenti di apparecchiature terminali allacciabili alla rete. Nel corso degli ultimi decenni il settore delle telecomunicazioni ha registrato un'evoluzione considerevole per quanto riguarda le caratteristiche tecniche della rete e in particolare per quanto riguarda l'apparecchiatura terminale. (3) L'evoluzione delle tecniche e dell'economia ha indotto gli Stati a rivedere il sistema dei diritti speciali o esclusivi nel settore delle telecomunicazioni; in particolare la rapida moltiplicazione dei vari tipi di apparecchiature terminali e la molteplice utilizzazione dei medesimi richiedono che gli utenti possano effettuare una libera scelta tra i medesimi per beneficiare integralmente dei progressi tecnologici nel settore. (4) L'esistenza di diritti esclusivi ha per effetto di restringere la libera circolazione delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni sia per quanto riguarda l'importazione e la commercializzazione di tali apparecchiature, comprese le apparecchiature via satellite, in quanto taluni prodotti non vengono commercializzati, sia per quanto concerne l'allacciamento, l'installazione o la manutenzione in quanto, tenendo conto delle caratteristiche del mercato, in particolare della diversità e della natura tecnica dei prodotti, un gestore in regime di monopolio non ha alcun incentivo a fornire detti servizi in relazione a prodotti che non ha commercializzato o importato né ad allineare i propri prezzi sui costi poiché non esiste alcun pericolo di concorrenza da parte di nuovi gestori. Tenendo conto del fatto che nella maggior parte dei mercati delle apparecchiature esiste in genere un'ampia gamma di apparecchiature terminali di telecomunicazioni, qualsiasi diritto speciale che direttamente o indirettamente limiti il numero di imprese autorizzate ad importare, commercializzare, allacciare, installare e provvedere alla manutenzione di detti apparati, rischia di produrre effetti aventi la stessa natura della concessione di diritti esclusivi. Tali diritti esclusivi essenziali costituiscono misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative contrarie all'articolo 28 del trattato. Di conseguenza, è necessario abolire tutti i diritti esclusivi che ancora esistono in relazione all'importazione, all'immissione in commercio, all'allacciamento, all'installazione e alla manutenzione delle apparecchiature terminali delle telecomunicazioni per collegamenti via satellite nonché i diritti che hanno effetti della stessa natura ossia tutti i diritti speciali, ad eccezione di quelli costituiti da vantaggi legali o regolamentari per una o più imprese che influiscono esclusivamente sulla capacità delle altre imprese di impegnarsi in una delle attività soprammenzionate nella stessa area geografica in condizioni sostanzialmente equivalenti. (5) L'esercizio di questi diritti speciali o esclusivi relativi alle apparecchiature terminali è tale da sfavorire in pratica le apparecchiature provenienti da altri Stati membri, in particolare impedendo agli utenti di scegliere liberamente le apparecchiature di cui hanno bisogno in funzione del prezzo e della qualità, a prescindere dalla loro provenienza. L'esercizio di questi diritti è quindi incompatibile con l'articolo 31 del trattato in tutti gli Stati membri. (6) I servizi afferenti all'allacciamento e alla manutenzione delle apparecchiature terminali sono uno degli elementi essenziali al momento dell'acquisto o della locazione di tali apparecchiature. Il mantenimento in essere di diritti esclusivi nel settore equivarrebbe al mantenimento dei diritti esclusi di commercializzazione. Occorre dunque sopprimere tali diritti affinché l'abolizione dei diritti esclusivi di importazione e di commercializzazione abbia un effetto reale. (7) La manutenzione delle apparecchiature terminali costituisce un servizio ai sensi dell'articolo 50 del trattato. Pertanto la prestazione di quest'ultimo servizio, il quale è sotto il profilo commerciale indissociabile dalla commercializzazione delle predette apparecchiature terminali, deve essere resa libera in conformità con l’articolo 49 del trattato, in particolare quando il servizio è eseguito da personale qualificato. (8) Nel mercato continuano a manifestarsi infrazioni alle regole di concorrenza del trattato. Inoltre lo sviluppo degli scambi ne risulta pregiudicato in misura contraria all'interesse della Comunità. Una maggiore intensità di concorrenza sul mercato delle apparecchiature terminali è subordinata alla trasparenza delle specifiche tecniche che consentono la libera circolazione dei terminali, pur nel rispetto delle esigenze essenziali menzionate nella direttiva 1999/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 1999, riguardante le apparecchiature radio e le apparecchiature terminali di telecomunicazioni e il reciproco riconoscimento della loro conformità (3). La trasparenza comporta necessariamente la pubblicazione delle specifiche tecniche. (9) I diritti speciali o esclusivi d’importazione e di commercializzazione delle apparecchiature determinano una situazione contraria allo scopo dell'articolo 3, lettera g), del trattato, a norma del quale è prevista la creazione di un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato interno e a fortiori che la concorrenza non sia eliminata. Gli Stati membri sono tenuti in forza dell'articolo 10 del trattato ad astenersi da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del trattato, tra cui quelli definiti all'articolo 3, lettera g). Di conseguenza tali diritti esclusivi vanno considerati incompatibili con l'articolo 82 del trattato in correlazione con l'articolo 3 e la concessione o il mantenimento in essere da parte dello Stato dei diritti in questione costituisce una misura vietata ai sensi dell'articolo 86, paragrafo 1, del trattato. (10) Per consentire agli utenti di servirsi delle apparecchiature terminali di loro scelta è necessario conoscere e rendere trasparenti le caratteristiche dell’interfaccia della rete pubblica su cui va allacciata l’apparecchiatura terminale. Quindi gli Stati membri debbono assicurarsi che dette caratteristiche siano pubblicate e che l’interfaccia della rete pubblica sia accessibile all'utente. (11) Per poter commercializzare le apparecchiature terminali è necessario che i produttori sappiano a quali specifiche tecniche devono rispondere i loro prodotti. Gli Stati membri devono quindi determinare e pubblicare le specifiche che essi devono notificare in fase di progetto alla Commissione conformemente alla direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione (4). Dette specifiche possono essere estese ai prodotti importati dagli altri Stati membri solo nella misura in cui sono necessarie per garantire il rispetto di esigenze essenziali legittime rispetto al diritto comunitario, quali precisate all'articolo 3 della direttiva 1999/5/CE. Comunque gli Stati membri debbono rispettare le disposizioni degli articoli 28 e 30 del trattato per cui lo Stato membro importatore è tenuto ad ammettere sul suo territorio un’apparecchiatura terminale legalmente fabbricata e commercializzata in un altro Stato membro. (12) Per garantire un’applicazione trasparente, obiettiva e non discriminatoria delle specifiche tecniche, il controllo della loro applicazione non può essere affidato ad uno degli operatori concorrenti sul mercato delle apparecchiature terminali, visto l'evidente conflitto di interessi. Occorre pertanto prevedere che gli Stati membri affidino il controllo a un ente indipendente da chi ha in esercizio la rete e da qualsiasi altro concorrente sul mercato in questione. (13) La presente direttiva deve far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione delle direttive indicati all’allegato II, parte B, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Ai sensi della presente direttiva si intendono per: 1) «apparecchiature terminali»: a) le apparecchiature allacciate direttamente o indirettamente all’interfaccia di una rete pubblica di telecomunicazioni per trasmettere, trattare o ricevere informazioni; in entrambi i casi di allacciamento, diretto o indiretto, esso può essere realizzato via cavo, fibra ottica o via elettromagnetica; un allacciamento è indiretto se l’apparecchiatura è interposta fra il terminale e l’interfaccia della rete pubblica; b) le apparecchiature delle stazioni terrestri per i collegamenti via satellite; 2) «apparecchiature delle stazioni terrestri per i collegamenti via satellite»: le apparecchiature che possono essere usate soltanto per trasmettere o per trasmettere e ricevere («ricetrasmittenti») o unicamente per ricevere («riceventi») segnali di radiocomunicazioni via satelliti o altri sistemi nello spazio; 3) «imprese»: gli enti pubblici o privati ai quali lo Stato concede diritti speciali o esclusivi di importazione, di commercializzazione, di allacciamento, di installazione e/o di manutenzione di apparecchiature terminali di telecomunicazione; 4) «diritti speciali»: i diritti concessi da uno Stato membro a un numero limitato di imprese, mediante qualsiasi atto legislativo, regolamentare o amministrativo che, all'interno di una determinata area geografica: a) limita a due o più il numero di dette imprese, non conformandosi a criteri di obiettività, proporzionalità e non discriminazione; o b) designa, non conformandosi ai criteri di cui alla lettera a), numerose imprese concorrenti; o c) conferisce a ciascuna impresa, non conformandosi ai criteri di cui alle lettere a) e b), vantaggi legali o regolamentari che influiscono sostanzialmente sulla capacità di qualsiasi altra impresa di importare, immettere in commercio, allacciare, installare e/o provvedere alla manutenzione di apparecchiature terminali di telecomunicazioni nella stessa area geografica in condizioni sostanzialmente equivalenti. Articolo 2 Gli Stati membri che hanno concesso alle imprese diritti speciali o esclusivi provvedono alla soppressione di tutti i diritti esclusivi nonché dei diritti speciali i quali: a) limitano a due o più il numero delle imprese non conformandosi a criteri di obiettività, proporzionalità e non discriminazione, o b) designano, non conformandosi ai criteri di cui alla lettera a), numerose imprese concorrenti. Essi comunicano alla Commissione le misure adottate e i progetti presentati a tal fine. Articolo 3 Gli Stati membri provvedono affinché gli operatori economici abbiano il diritto di importare, di commercializzare, di allacciare e di installare le apparecchiature terminali quali definite all'articolo 1 e di provvedere alla loro manutenzione. Tuttavia essi hanno facoltà a) per le apparecchiature delle stazioni terrestri per i collegamenti via satellite, di rifiutarne l'allacciamento alla rete pubblica di telecomunicazioni o l'installazione quando le apparecchiature non siano conformi alle pertinenti regolamentazioni tecniche comuni, adottate a norma della direttiva 1999/5/CE oppure, in assenza di tali regolamentazioni, quando tali apparecchiature non soddisfano i requisiti essenziali indicati nell'articolo 3 della suddetta direttiva; in assenza di regole tecniche comuni o di condizioni di regolamentazione armonizzate, le norme nazionali devono essere proporzionate ai suddetti requisiti essenziali e devono essere notificate alla Commissione nell'osservanza delle disposizioni della direttiva 98/34/CE; b) per le apparecchiature terminali, di rifiutarne l'allacciamento alla rete pubblica di telecomunicazioni quando tali apparecchiature non rispondono alle pertinenti regolamentazioni tecniche comuni, adottate a norma della direttiva 1999/5/CE o, in assenza di tali regolamentazioni, non soddisfino i requisiti essenziali stabiliti dall'articolo 3 di tale direttiva; c) di esigere dagli operatori economici un'idonea qualificazione tecnica per l'allacciamento, l'installazione e la manutenzione di apparecchiature terminali, qualificazione accertata in base a criteri oggettivi non discriminatori e resi pubblici. Articolo 4 Gli Stati membri vigilano affinché le nuove interfacce della rete pubblica siano accessibili all'utenza e le loro caratteristiche materiali siano pubblicate dagli operatori delle reti pubbliche di telecomunicazioni. Articolo 5 Gli Stati membri provvedono alla formulazione e alla pubblicazione di qualsiasi specifica delle apparecchiature terminali destinate a essere allacciate direttamente o indirettamente alla rete pubblica. Gli Stati membri notificano alla Commissione dette specifiche in fase di progetto, in conformità della direttiva 98/34/CE. Articolo 6 Gli Stati membri provvedono affinché il controllo dell’applicazione delle specifiche di cui all’articolo 5 sia svolto da un ente indipendente dalle imprese pubbliche e private che offrono beni o servizi nel settore delle telecomunicazioni. Articolo 7 Gli Stati membri trasmettono alla fine di ogni anno una relazione che consenta alla Commissione di constatare se le disposizioni degli articoli 2, 3, 4 e 6 sono rispettate. Un modello di relazione figura all'allegato I. Articolo 8 La direttiva 88/301/CEE, modificata dalle direttive di cui all'allegato II, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione indicati nell'allegato II, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell’allegato III. Articolo 9 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 10 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, il 20 giugno 2008. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 131 del 27.5.1988, pag. 73. Direttiva modificata dalla direttiva 94/46/CE (GU L 268 del 19.10.1994, pag. 15). (2) Cfr. allegato II, parte A. (3) GU L 91 del 7.4.1999, pag. 10. Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003 (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (4) GU L 204 del 21.7.1998, pag. 37. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2006/96/CE del Consiglio (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 81). ALLEGATO I Modello di relazione di cui all'articolo 7 Attuazione delle disposizioni dell'articolo 2 Apparecchiature terminali per i quali la legislazione ha subito modifiche o è in corso di modificazione. Per apparecchiatura terminale: — data di adozione del provvedimento, o — data di presentazione del progetto, o — data di entrata in vigore del provvedimento. Attuazione delle disposizioni dell’articolo 3 — apparecchiature terminali il cui allacciamento o installazione è soggetto a limitazioni, — qualificazioni tecniche richieste con indicazione della relativa pubblicazione. Attuazione delle disposizioni dell’articolo 4 — indicazione degli estremi di pubblicazione delle caratteristiche, — numero d’interfacce di rete pubblica esistenti, — numero d’interfacce di rete pubblica modificate. Attuazione delle disposizioni dell’articolo 6 — designazione dell'ente (degli enti) indipendente(i). ALLEGATO II PARTE A Direttiva abrogata e relativa modificazione (di cui all'articolo 8) Direttiva 88/301/CEE della Commissione (GU L 131 del 27.5.1988, pag. 73) Direttiva 94/46/CE della Commissione (GU L 268 del 19.10.1994, pag. 15) PARTE B Elenco dei termini di attuazione in diritto nazionale (di cui all'articolo 8) Direttiva Termine di attuazione 88/301/CEE — 94/46/CE 8 agosto 1995 ALLEGATO III Tavola di concordanza Direttiva 88/301/CEE Presente direttiva Articolo 1, alinea Articolo 1, alinea Articolo 1, primo trattino, prima e seconda frase Articolo 1, punto 1), lettera a) Articolo 1, primo trattino, ultima frase Articolo 1, punto 1), lettera b) Articolo 1, secondo trattino Articolo 1, punto 3) Articolo 1, terzo trattino, alinea Articolo 1, punto 4), alinea Articolo 1, terzo trattino, primo sottotrattino Articolo 1, punto 4), lettera a) Articolo 1, terzo trattino, secondo sottotrattino Articolo 1, punto 4), lettera b) Articolo 1, terzo trattino, terzo sottotrattino Articolo 1, punto 4), lettera c) Articolo 1, quarto trattino Articolo 1, punto 2) Articolo 2 Articolo 2 Articolo 3, primo comma Articolo 3, primo comma Articolo 3, secondo comma, alinea Articolo 3, secondo comma, alinea Articolo 3, secondo comma, primo trattino Articolo 3, secondo comma, lettera a) Articolo 3, secondo comma, secondo trattino Articolo 3, secondo comma, lettera b) Articolo 3, secondo comma, terzo trattino Articolo 3, secondo comma, lettera c) Articolo 4, primo comma Articolo 4 Articolo 4, secondo comma — Articolo 5, paragrafo 1 — Articolo 5, paragrafo 2, prima frase Articolo 5, primo comma Articolo 5, paragrafo 2, seconda frase Articolo 5, secondo comma Articolo 6 Articolo 6 Articolo 8 — Articolo 9 Articolo 7 Articolo 10 — — Articolo 8 — Articolo 9 Articolo 11 Articolo 10 Allegato I — Allegato II Allegato I — Allegato II — Allegato III
Eque condizioni di mercato per apparecchi telefonici e altre apparecchiature di comunicazione QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Essa è volta ad aprire alla concorrenza i mercati delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni*; essa intende inoltre migliorare le informazioni a disposizione dei consumatori sulle diverse apparecchiature per permettere agli utenti di trarre beneficio dai progressi tecnologici ed effettuare scelte informate da consumatori. PUNTI CHIAVE I paesi dell'UE non possono concedere diritti speciali o esclusivi in materia di importazione, commercializzazione, allacciamento, installazione o manutenzione di apparecchiature terminali di telecomunicazione; i paesi dell'UE non possono rifiutare l'allacciamento delle apparecchiature terminali alla rete pubblica di telecomunicazioni o l'installazione delle apparecchiature delle stazioni terrestri per i collegamenti via satellite* nel proprio paese, a meno che tali apparecchiature non soddisfino determinati requisiti essenziali; a partire dal 13 giugno 2016, i requisiti in materia di sicurezza e compatibilità elettromagnetica per le apparecchiature terminali radio sono definiti nella direttiva 2014/53/UE (ed eventuali atti delegati adottati in risposta alla presente direttiva) che prevede un periodo di transizione di 1 anno; I requisiti di sicurezza per le apparecchiature terminali sulla rete fissa (non-radio), a seconda delle caratteristiche, sono stabiliti nella direttiva sulla bassa tensione (2014/35/UE). Qualora l'apparecchiatura abbia una tensione nominale compresa tra 50 e 1000 V in corrente alternata e fra 75 e 1 500 V in corrente continua, i requisiti relativi alla compatibilità elettromagnetica sono stabiliti nella direttiva sulla compatibilità elettromagnetica (2014/30/UE); Per consentire agli utenti di servirsi delle apparecchiature terminali di loro scelta è necessario conoscere e rendere trasparenti le caratteristiche dell’interfaccia della rete pubblica su cui va allacciata l’apparecchiatura terminale (direttamente o indirettamente). I paesi dell'UE devono assicurarsi che gli operatori pubblichino dette caratteristiche e che l’interfaccia della rete pubblica sia accessibile all'utente; Gli organismi incaricati di controllare l'applicazione delle specifiche, designati dai paesi dell'Unione europea, devono essere indipendenti da organizzazioni pubbliche o private che offrono beni e/o servizi nel settore delle telecomunicazioni. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La presente direttiva è in vigore dall'11 luglio 2008. I paesi dell'UE hanno dovuto integrarla nel diritto nazionale entro l'8 agosto 1995, la data indicata nella direttiva 88/301/CEE, codificata dalla direttiva 2008/63/CE*. CONTESTO La presente direttiva ha rappresentato la prima fase di una politica di liberalizzazione dei mercati delle telecomunicazioni che ha portato alla completa liberalizzazione di questi mercati il 1o gennaio 1998. * TERMINI CHIAVE Apparecchiature terminali: apparecchiature allacciate direttamente o indirettamente all’interfaccia di una rete pubblica di telecomunicazioni per trasmettere, trattare o ricevere informazioni. Le apparecchiature delle stazioni terrestri sono incluse in questa categoria. Apparecchiature delle stazioni terrestri per i collegamenti via satellite: apparecchiature che possono essere usate soltanto per trasmettere («trasmittenti») o unicamente per ricevere («riceventi») o per trasmettere e ricevere («ricetrasmittenti») segnali di radiocomunicazioni via satelliti o altri sistemi nello spazio Codificazione: un nuovo atto giuridico che sostituisce un altro atto che è stato modificato in maniera sostanziale. Il nuovo atto preserva le norme contenute nell'atto in corso di codificazione e pertanto tratta rapidamente il processo decisionale mediante una procedura accelerata. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2008/63/CE della Commissione, del 20 giugno 2008, relativa alla concorrenza sui mercati delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni (versione codificata) (GU L 162 del 21.6.2008, pag. 20-26) DOCUMENTI COLLEGATI Direttiva 2014/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, concernente l'armonizzazione delle norme degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica (GU L 96 del 29.3.2014, pag. 79-106) Direttiva 2014/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato del materiale elettrico destinato a essere adoperato entro taluni limiti di tensione (GU L 96 del 29.3.2014, pag. 357–374) Direttiva 2014/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di apparecchiature radio e che abroga la direttiva 1999/5/CE (GU L 153 del 22.5.2014, pag. 62-106)
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Accordo, di cooperazione scientifica e tecnica tra la Comunità europea e l'Australia - Dichiarazione del Consiglio e della Commissione Gazzetta ufficiale n. L 188 del 22/07/1994 pag. 0018 - 0025 edizione speciale finlandese: capitolo 11 tomo 32 pag. 0102 edizione speciale svedese/ capitolo 11 tomo 32 pag. 0102 ACCORDO di cooperazione scientifica e tecnica tra la Comunità europea e l'Australia L'AUSTRALIA e la COMUNITÀ EUROPEA, in appresso denominate «Parti»,RICONOSCENDO che la Comunità europea, in appresso denominata «Comunità», e l'Australia stanno attuando programmi specifici di ricerca in settori di comune interesse,TENENDO CONTO dell'accordo tra il governo dell'Australia e la Commissione delle Comunità europee in materia di cooperazione scientifica e tecnologica, firmato a Canberra il 12 novembre 1986, il quale prevede la cooperazione nei settori scientifici e tecnologici di interesse reciproco attraverso lo scambio delle informazioni risultanti da ricerche in settori specifici;CONSIDERANDO l'importanza che riveste la ricerca scientifica per l'Australia e la Comunità e i reciproci vantaggi ottenibili se le parti faciliteranno ulteriormente la cooperazione reciproca, nonchéDESIDEROSE di creare un contesto favorevole per la collaborazione nel campo della ricerca scientifica e tecnica, onde approfondire ed intensificare la cooperazione in settori di comune interesse e promuovere l'applicazione dei risultati di tale cooperazione dando impulso allo sviluppo sociale ed economico dell'Australia e della Comunità,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1Definizioni1. «Attività di cooperazione»: ogni attività svolta ai sensi del presente accordo, compresa la ricerca congiunta.2. «Informazione»: dati scientifici o tecnici, risultati o metodi di ricerca e sviluppo risultanti dalla ricerca congiunta e qualsiasi altra informazione che le Parti e/o i partecipanti impegnati in una ricerca congiunta ritengano debba essere fornita o scambiata in virtù del presente accordo o dell'attività di ricerca svolta nel quadro dell'accordo stesso.3. «Proprietà intellettuale»: nel significato di cui all'articolo 2 della convenzione che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, conclusa a Stoccolma il 14 luglio 1967.4. «Ricerca congiunta»: ricerca condotta con i contributi congiunti delle Parti e/o basata su di essi, eventualmente con la collaborazione dei partecipanti di entrambe le Parti.5. «Partecipante»: qualsiasi persona fisica o giuridica, istituto di ricerca o altro organismo, nonché le Parti stesse, che partecipa ad un progetto di ricerca in virtù del presente accordo.Articolo 2ObiettiviLe Parti si impegnano a promuovere e a favorire, nei termini stabiliti dal presente accordo, la cooperazione tra l'Australia e la Comunità nei settori di comune interesse in cui le Parti appoggiano attività di ricerca e sviluppo al fine di dare impulso al progresso scientifico e/o tecnologico nei suddetti settori.Articolo 3PrincipiL'attività di cooperazione svolta in virtù del presente accordo è disciplinata dai principi seguenti:a) la reciprocità di vantaggi;b) lo scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sull'azione dei partecipanti nelle attività di cooperazione;c) nell'ambito delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di proprietà intellettuale, la tutela effettiva e la distribuzione equa dei diritti di proprietà intellettuale, in conformità a quanto disposto nell'allegato del presente accordo, che costituisce parte integrante di quest'ultimo; ed) il perseguimento dei benefici economici e sociali che la Comunità e l'Australia possono trarre dalle attività di cooperazione, tenuto conto dei contributi dati alle suddette attività dai rispettivi partecipanti e dalle Parti.Articolo 4Campo di applicazione1. La cooperazione comprende le attività seguenti:a) la partecipazione di persone fisiche e giuridiche, istituti di ricerca e altri organismi, comprese le Parti stesse, a progetti di ricerca condotti dall'Australia o dalla Comunità, conformemente alle procedure applicabili a ciascuna delle Parti;b) l'utilizzazione in comune delle infrastrutture di ricerca ai fini della cooperazione ai progetti di ricerca;c) le visite e gli scambi di personale scientifico, tecnico ed altro, ai fini della partecipazione a seminari, simposi e corsi pratici che rientrano nell'ambito della cooperazione prevista dal presente accordo;d) lo scambio di informazioni sulle prassi, le leggi, i regolamenti e i programmi che rientrano nell'ambito della cooperazione prevista dal presente accordo; ee) le altre attività che possono essere decise di comune accordo dal comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, conformemente alle politiche ed ai programmi applicati dalle Parti.2. Ai fini del presente accordo, la cooperazione è circoscritta alle attività che rientrano nei seguenti settori:a) biotecnologia;b) ricerca medica e sanitaria;c) scienza e tecnologia marina;d) ambiente;e) tecnologia dell'informazione;f) tecnologia delle comunicazioni.3. I progetti di ricerca possono essere avviati ai sensi del presente accordo solo dopo che le Parti abbiano approvato un programma di gestione della tecnologia, conforme alle norme contenute nell'appendice del presente accordo e accettato dai partecipanti.Articolo 5Comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia1. Le attività di cooperazione ai sensi del presente accordo sono gestite da un comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, in appresso denominato «comitato», composto di rappresentanti di ciascuna delle Parti.2. I compiti del comitato consistono nel:a) promuovere e sottoporre a verifica le attività previste dal presente accordo;b) autorizzare le attività di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera e) del presente accordo in quanto attività di cooperazione da esso disciplinate;c) consigliare le Parti sui mezzi atti ad intensificare la cooperazione secondo le finalità ed i principi enunciati nel presente accordo; ed) redigere una relazione annuale, destinata alle Parti, relativa al livello, allo stato di avanzamento e all'efficacia delle attività di cooperazione intraprese in virtù del presente accordo.3. Il comitato procura di riunirsi una volta all'anno, alternativamente in Europa e in Australia. Riunioni straordinarie possono essere convocate di comune accordo.4. Le decisioni del comitato vengono adottate per consenso. Ad ogni riunione viene redatto un verbale delle decisioni e dei principali punti discussi. Il suddetto verbale viene approvato dalle persone che le Parti hanno designato per presiedere in comune la riunione ed è disponibile, insieme alla relazione annuale, alla successiva riunione ministeriale tra l'Australia e la Comunità.Articolo 6Divulgazione ed utilizzazione delle informazioniLa divulgazione e l'utilizzazione delle informazioni, nonché la gestione, l'attribuzione e l'esercizio dei diritti di proprietà intellettuale, che risultano dalla ricerca congiunta promossa in virtù del presente accordo, sono assoggettati ai principi enunciati nell'allegato del presente accordo.Articolo 7Finanziamento1. Le attività di cooperazione sono subordinate alla disponibilità dei fondi e al rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari applicabili, delle politiche e dei programmi dell'Australia e della Comunità.2. Le spese sostenute dai partecipanti nelle attività di cooperazione disciplinate dal presente accordo non devono esigere alcun trasferimento di fondi da una Parte all'altra.3. Le spese sostenute da o per conto del comitato sono finanziate dalla Parte nei confronti della quale i membri sono responsabili. Le spese, diverse da quelle di viaggio e soggiorno, inerenti alle riunioni del comitato, sono finanziate dalla Parte ospite.Articolo 8Circolazione del personale e delle attrezzatureOgni Parte adotta tutte le misure necessarie e si adopera per facilitare l'entrata e l'uscita dal suo territorio del personale, del materiale e delle attrezzature dell'altra Parte impiegati nelle attività di cooperazione conformemente al presente accordo.Articolo 9Altri accordiIl presente accordo lascia impregiudicata ogni cooperazione intrapresa in virtù di altri accordi o intese tra le Parti.Articolo 10Applicazione territoriale del presente accordoIl presente accordo si applica, da una parte, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni in esso indicate, e, dall'altra, al territorio dell'Australia.Articolo 11Entrata in vigore e risoluzione1. Il presente accordo entra in vigore alla data in cui le Parti si notificano per iscritto l'avvenuto espletamento delle procedure necessarie a tal fine.2. Il presente accordo può essere modificato o prorogato dalle Parti in comune accordo. Le modifiche e le proroghe entrano in vigore alla data in cui le Parti si notificano per iscritto l'avvenuto espletamento delle procedure necessarie a tal fine.3. Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle Parti con un preavviso scritto di 12 mesi. La scadenza o la rinuncia del presente accordo non pregiudica la validità o la durata delle intese concordate nel quadro dello stesso, né i diritti e gli obblighi stabiliti in conformità dell'allegato del presente accordo.Articolo 12Il presente accordo è redatto in duplice copia nelle lingue danese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola e tedesca, ciascun testo facente ugualmente fede.En fe de lo cual, los abajo firmantes suscriben el presente Acuerdo.Til bekræftelse heraf har undertegnede underskrevet denne aftale.Zu Urkund dessen haben die Unterzeichneten dieses Abkommen unterschrieben.Óå ðßóôùóç ôùí áíùôÝñù, ïé õðïãñÜöïíôåò Ýèåóáí ôçí õðïãñáöÞ ôïõò êÜôù áðü ôçí ðáñïýóá óõìöùíßá.In witness whereof the undersigned have signed this Agreement.En foi de quoi, les soussignés ont apposé leur signature au bas du présent accord.In fede di che, i sottoscritti hanno firmato il presente accordo.Ten blijke waarvan de ondergetekenden hun handtekening onder deze overeenkomst hebben gezet.Em fé do que, os abaixo-assinados apuseram as suas assinaturas no final do presente acordo.Hecho en Canberra, el veintitrés de febrero de mil novecientos noventa y cuatro.Udfærdiget i Canberra den treogtyvende februar nitten hundrede og fireoghalvfems.Geschehen zu Canberra am dreiundzwanzigsten Februar neunzehnhundertvierundneunzig.¸ãéíå óôçí ÊáìðÝñá, óôéò åßêïóé ôñåéò Öåâñïõáñßïõ ÷ßëéá åííéáêüóéá åíåíÞíôá ôÝóóåñá.Done at Canberra on the twenty-third day of February in the year one thousand nine hundred and ninety-four.Fait à Canberra, le vingt-trois février mil neuf cent quatre-vingt-quatorze.Fatto a Canberra, addì ventitré febbraio millenovecentonovantaquattro.Gedaan te Canberra, de drieëntwintigste februari negentienhonderd vierennegentig.Feito em Camberra, em vinte e três de Fevereiro de mil novecentos e noventa e quatro.Por la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftÃéá ôçí ÅõñùðáúêÞ ÊïéíüôçôáFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaPor AustraliaFor AustralienFür AustralienÃéá ôçí ÁõóôñáëßáFor AustraliaPour l'AustraliePer l'AustraliaVoor AustraliëPela AustráliaALLEGATO DIVULGAZIONE ED UTILIZZAZIONE DELLE INFORMAZIONI, NONCHÉ GESTIONE, ATTRIBUZIONE E ESERCIZIO DEI DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE I. Proprietà, attribuzione ed esercizio dei diritti1. L'attività di ricerca svolta in conformità del presente accordo è «attività di ricerca congiunta». I partecipanti elaborano congiuntamente programmi di gestione comune della tecnologia (PGT) (1) per quanto riguarda la proprietà e l'utilizzazione, inclusa la pubblicazione delle informazioni e della proprietà intellettuale (PI) che risultano dalla ricerca congiunta. Tali programmi sono approvati dalle Parti prima che sia concluso qualsiasi contratto specifico di ricerca e sviluppo a cui essi si riferiscono. I PGT sono elaborati tenendo conto degli obiettivi della ricerca congiunta, dei contributi dei singoli partecipanti, dei vantaggi e degli svantaggi della concessione di licenze per territorio o campo di utilizzazione, delle norme legislative applicabili in materia, delle procedure di composizione delle controversie e di altri fattori considerati rilevanti dai partecipanti. I programmi di gestione comune della tecnologia disciplinano anche i diritti e gli obblighi in materia di PI relativi alle attività di ricerca svolte dai ricercatori ospiti.2. Le informazioni o la PI risultanti da attività di ricerca congiunta e non disciplinate dai programmi di gestione della tecnologia sono attribuite, con l'approvazione delle Parti, secondo i principi stabiliti dai suddetti programmi, compresa la composizione delle controversie. In caso di divergenza che per validi motivi non possa essere risolta secondo la procedura di composizione delle controversie concordata, è possibile adire il comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, il quale si adopera per mediare tra i partecipanti. Ove, una volta esaurite le procedure summenzionate, la divergenza dovesse persistere, le informazioni o la PI diventano di proprietà comune di tutti i partecipanti alla ricerca congiunta da cui esse provengono. Ciascun partecipante cui si applica questa disposizione ha il diritto di utilizzare in proprio le informazioni o la PI a scopi commerciali, senza limiti geografici.3. Ciascuna Parte garantisce che l'altra Parte e i suoi partecipanti possano disporre dei diritti relativi alla PI loro attribuiti conformemente ai principi enunciati nella parte I del presente allegato.4. Pur mantenendo le condizioni di concorrenza nei settori interessati dall'accordo, ciascuna Parte si adopera per garantire che i diritti acquisiti in virtù del presente accordo e delle intese stabilite nel quadro dello stesso siano esercitati in modo tale da incoraggiare in particolare:i) la divulgazione e l'utilizzazione delle informazioni create, divulgate o altrimenti rese disponibili nell'ambito del presente accordo;ii) l'adozione e l'applicazione di norme internazionali.II. Opere oggetto di diritto d'autorePer i diritti d'autore appartenenti alle Parti o ai loro partecipanti si applica la disciplina prevista dalla Convenzione di Berna (Atto di Parigi 1971).III. Pubblicazioni scientificheFatta salva la sezione IV, a meno che non sia convenuto altrimenti nel PGT, i risultati della ricerca sono pubblicati congiuntamente dalle Parti o dai partecipanti alla ricerca congiunta. Senza pregiudizio di questa norma generale, si applicano le seguenti regole:1) Nell'eventualità che una Parte o un ente pubblico di tale Parte pubblichi opere di carattere scientifico e tecnico (giornali, articoli, relazioni, libri, nonché cassette video e software) risultanti da una ricerca congiunta ai sensi del presente accordo, l'altra parte ha diritto ad una licenza mondiale, non esclusiva, irrevocabile e gratuita, per quanto riguarda la traduzione, la riproduzione, l'adattamento, la trasmissione e la divulgazione pubblica di tali pubblicazioni.2) Le Parti garantiscono che sia data la massima divulgazione alle pubblicazioni scientifiche, realizzate da editori indipendenti, risultanti dalla ricerca congiunta ai sensi del presente accordo.3) Tutte le copie di un'opera tutelata dai diritti d'autore destinata alla divulgazione pubblica e redatta in base alla presente clausola riportano i nomi dell'autore o degli autori a meno che l'autore o gli autori non abbiano richiesto espressamente di non essere menzionati. Esse devono contenere anche una menzione chiaramente visibile del sostegno cooperativo delle Parti.IV. Informazioni non divulgabiliA. Informazioni documentarie non divulgabili1. Ciascuna Parte o i partecipanti, secondo il caso, individuano al più presto, e preferibilmente in sede di elaborazione del programma di gestione della tecnologia, le informazioni che essi desiderano non vengano divulgate nel quadro del presente accordo, tenendo conto, tra l'altro, dei seguenti criteri:i) la segretezza dell'informazione, nel senso che l'informazione non è, nell'insieme o nella particolare configurazione o combinazione delle sue componenti, generalmente nota, o facilmente accessibile con mezzi leciti, agli esperti del settore;ii) il valore commerciale reale e potenziale dell'informazione in virtù della sua segretezza;iii) i precedenti provvedimenti di tutela dell'informazione, adeguati in rapporto alle circostanze, adottati dalla persona che ne aveva legalmente il controllo al fine di mantenerne la segretezza.In alcuni casi, le Parti ed i partecipanti possono convenire che, qualora non sia altrimenti indicato, le informazioni fornite, scambiate o create nel corso di una ricerca congiunta ai sensi del presente accordo non siano divulgate, né in tutto né in parte.2. Ciascuna Parte provvede affinché le informazioni non divulgabili ai sensi del presente accordo e il loro carattere particolare siano facilmente riconoscibili in quanto tali dall'altra Parte, ad esempio mediante un apposito contrassegno o una prescrizione restrittiva. La stessa disposizione si applica a qualsiasi riproduzione, totale o parziale, delle suddette informazioni.3. La Parte che riceve informazioni non divulgabili ai sensi del presente accordo ne rispetta il carattere particolare. Queste limitazioni cessano automaticamente allorché le informazioni vengono divulgate dal proprietario senza restrizioni agli esperti del settore.4. Le informazioni non divulgabili comunicate ai sensi del presente accordo possono essere rivelate dalla Parte che le riceve a persone del suo ambito o da essa assunte, nonché ad altri suoi dipartimenti o uffici autorizzati ai fini specifici della ricerca congiunta in corso, a condizione che le informazioni non divulgabili siano comunicate rispettando l'obbligo di riservatezza e siano rese facilmente riconoscibili in quanto tali, come sopra indicato.5. Previo consenso scritto della Parte che fornisce le informazioni non divulgabili ai sensi del presente accordo, la Parte che le riceve può darvi divulgazione più ampia di quella consentita dal paragrafo 4. Le Parti cooperano nell'istituire procedure per richiedere e ottenere l'assenso preventivo scritto a tal fine: ciascuna Parte concede il suo assenso nei limiti consentiti dalle rispettive politiche, dai regolamenti e dalle legislazioni nazionali.B. Informazioni non documentarie non divulgabiliLe informazioni non documentarie non divulgabili, le altre informazioni riservate o confidenziali fornite in occasione di seminari e riunioni organizzati nel quadro del presente accordo o le informazioni relative all'assegnazione di personale, all'utilizzazione di attrezzature o a progetti comuni, sono trattate dalle Parti o dai partecipanti conformemente ai principi stabiliti nel presente accordo per le informazioni documentarie, a condizione tuttavia che chi riceve tali informazioni non divulgabili, riservate o confidenziali, sia informato del loro carattere particolare nel momento in cui gli vengono comunicate.C. ControlloCiascuna Parte si adopera per garantire che le informazioni non divulgabili da essa ricevute in virtù del presente accordo siano controllate come ivi previsto. Se una Parte si rende conto che non è, o con molta probabilità non sarà, in grado di conformarsi alle disposizioni sulla non divulgabilità di cui ai punti A o B, ne informa immediatamente l'altra Parte. Le Parti, quindi, si consultano per definire una linea d'azione appropriata.(1) Le caratteristiche indicative dei PGT sono esposte nell'appendice.Appendice Caratteristiche indicative dei Programmi di gestione della tecnologia (PGT) Il PGT è un accordo specifico che i partecipanti concludono per eseguire la ricerca congiunta e stabilire i rispettivi diritti ed obblighi. Riguardo ai diritti di proprietà intellettuale, il PGT disciplina, tra l'altro, la proprietà, la tutela, i diritti d'uso ai fini della ricerca e dello sviluppo, lo sfruttamento e la divulgazione, ivi compresi gli accordi per la pubblicazione comune, nonché i diritti e gli obblighi dei ricercatori ospiti e le procedure per la composizione delle controversie. Il PGT può inoltre contenere informazioni sulle conoscenze acquisite, sulle conoscenze di base, sulla concessione di licenze e sulla consegna dei risultati finali.Dichiarazione del Consiglio e della Commissione Il Consiglio e la Commissione dichiarano che il presente accordo e qualsiasi attività decisa conformemente ad esso non pregiudicano in alcun modo la facoltà degli Stati membri di intraprendere attività bilaterali con l'Australia nel campo della scienza, tecnologia, ricerca e sviluppo e di concludere eventualmente accordi in tal senso.
Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e Australia QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI? L’accordo stabilisce un quadro formale di cooperazione in ambiti di interesse comune in cui le Parti appoggiano attività di ricerca e sviluppo al fine di dare impulso al progresso scientifico e/o tecnologico nei suddetti settori. L’accordo è stato modificato una volta nel 1999 e in particolare nel suo articolo 4, paragrafo 2, sull’ambito di applicazione. Con queste decisioni, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo e dei successivi emendamenti per conto della Comunità europea (oggi Unione europea — UE). PUNTI CHIAVE Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate su una serie di principi:reciprocità dei vantaggi; lo scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sull’azione dei partecipanti nelle attività di cooperazione; la tutela effettiva e la distribuzione equa dei diritti di proprietà intellettuale; e il perseguimento dei benefici economici e sociali che l’UE e l’Australia posso no trarre dalle attività di cooperazione.Ambito di applicazione I settori di cooperazione sono definiti come segue:Per l’UE, essi possono comprendere tutte le azioni di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione indicate dagli articoli 180, lettera a) (attuazione di programmi di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione, promuovendo la cooperazione con e tra le imprese, i centri di ricerca e le università) e 180 lettera d) (impulso alla formazione e alla mobilità dei ricercatori dell’UE) del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), con l’intesa che quest’ultima lettera si applica soltanto alle reti tra gestori di infrastrutture e ai relativi progetti di ricerca. Per l’Australia, i settori di cooperazione possono comprendere tutte le attività scientifiche e tecnologiche finanziate o condotte dal governo australiano, dai governi dei suoi Stati e territori, da organismi non governativi, ivi compresi istituti di ricerca privati e imprese, nonché da qualsiasi ente di ricerca interessato.Attività La cooperazione comprende le attività seguenti:la partecipazione di persone fisiche e giuridiche*, istituti di ricerca e altri organismi, comprese le Parti stesse, a progetti di ricerca condotti dall’Australia o dall’UE, conformemente alle procedure applicabili a ciascuna delle Parti; l’utilizzazione in comune delle infrastrutture di ricerca ai fini della cooperazione ai progetti di ricerca; le visite e gli scambi di personale scientifico, tecnico ed altro, ai fini della partecipazione a seminari, simposi e corsi pratici che rientrano nell’ambito della cooperazione prevista dal presente accordo; lo scambio di informazioni sulle prassi, le leggi, i regolamenti e i programmi che rientrano nell’ambito della cooperazione prevista dal presente accordo; e le altre attività che possono essere decise di comune accordo dal comitato misto di cooperazione tra l’UE e l’Australia per la scienza e la tecnologia. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 25 luglio 1994 e l’accordo di modifica il 9 dicembre 1999. È a tempo indeterminato e può essere risolto in qualsiasi momento da entrambe le parti con un preavviso scritto di 12 mesi. CONTESTO Questo accordo scientifico e tecnologico del 1994 è stato il primo accordo di cooperazione scientifica e tecnica concluso dalla Comunità europea con un paese industrializzato al di fuori dell’Europa. Esso fa parte delle più ampie relazioni bilaterali tra l’UE e l’Australia, che si basano attualmente sul quadro di partenariato del 2008 tra l’UE e l’Australia. Un nuovo accordo quadro più completo è stato firmato nel 2017 ed è applicato in via provvisoria a determinati settori dal 4 ottobre 2018. Per ulteriori informazioni consultare:L’Australia e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna)Per maggiori informazioni sulla cooperazione con l’Australia per la ricerca e l’innovazione (RI), consultare:Cooperazione internazionale RI con l’Australia (Commissione europea). Tabella di marcia per la cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e Australia (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Soggetti giuridici: società, organizzazioni e persone titolari di diritti e di obblighi di qualsiasi natura. DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e l’Australia (GU L 188 del 22.7.1994, pag. 18). Le modifiche successive sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Decisione 99/510/CE del Consiglio, del 29 aprile 1999, relativa alla conclusione dell’accordo che modifica l’accordo di cooperazione scientifica e tecnica tra la Comunità europea e l’Australia (GU L 195, del 28.7.1999, pag. 31). Decisione 94/457/CE del Consiglio, del 27 giugno 1994, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnica tra la Comunità europea e l’Australia (GU L 188, del 22.7.1994, pag. 17). DOCUMENTI CORRELATI Accordo quadro tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l’Australia, dall’altra (GU L 237 del 15.9.2017, pag. 7).
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2003/752/CE: Decisione n. 190, del 18 giugno 2003, concernente le caratteristiche tecniche della tessera europea di assicurazione malattia (Testo rilevante ai fini del SEE e dell'accordo UE/Svizzera.) Gazzetta ufficiale n. L 276 del 27/10/2003 pag. 0004 - 0018 Decisione n. 190del 18 giugno 2003concernente le caratteristiche tecniche della tessera europea di assicurazione malattia(Testo rilevante ai fini del SEE e dell'accordo UE/Svizzera)(2003/752/CE)LA COMMISSIONE AMMINISTRATIVA,vista la decisione n. 189 della commissione amministrativa, del 18 giugno 2003, volta a sostituire la tessera europea d'assicurazione malattia ai moduli necessari all'applicazione dei regolamenti (CEE) n. 1408/71 e (CEE) n. 574/72 del Consiglio per quanto riguarda l'accesso alle cure durante un soggiorno temporaneo in uno Stato membro diverso dallo Stato competente o di residenza,considerando quanto segue:(1) Il rilascio della tessera europea d'assicurazione malattia avviene a cura dell'istituzione dello stato competente o di residenza. Per facilitare l'assunzione a carico ed il rimborso delle cure dispensate sulla base della tessera europea, è necessario che i tre principali soggetti interessati, ovvero gli assicurati, i prestatori di cure e le istituzioni, possano riconoscere agevolmente ed accettare la tessera europea grazie ad un modello unico e a specificazioni uniformi.(2) I dati che dovranno figurare sulla tessera europea d'assicurazione malattia in maniera visibile sono definiti dall'articolo 6 della decisione n. 189 della commissione amministrativa. L'introduzione di una tessera europea d'assicurazione malattia dotata di menzioni scritte è la prima tappa di un processo che sfocerà nella soppressione degli attuali moduli cartacei e nell'utilizzo di un supporto elettronico per accedere alle cure sanitarie in occasione di un soggiorno temporaneo in uno Stato membro diverso dallo Stato competente o di residenza. Tuttavia le istituzioni competenti degli Stati membri che lo desiderassero possono comunque fin dalla prima tappa inserire i dati in questione anche in un supporto elettronico (chip o banda magnetica).(3) Quando circostanze eccezionali impediscono all'interessato di presentare la tessera europea, viene rilasciato un certificato provvisorio sostitutivo in base ad un modello uniforme,DECIDE:Articolo 1Il modello e le specificazioni della tessera europea d'assicurazione malattia sono stabiliti secondo le modalità definite all'allegato 1 della presente decisione.Articolo 2Il modello del certificato provvisorio sostitutivo è stabilito secondo le modalità definite dall'allegato 2 della presente decisione.Articolo 3La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Essa è applicabile a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello della sua pubblicazione.Il presidente della commissione amministrativaTheodora TsotsorouALLEGATO 1DISPOSIZIONI TECNICHE RIGUARDANTI IL MODELLO DI TESSERA EUROPEA D'ASSICURAZIONE MALATTIA1. IntroduzioneConcordemente alle decisioni in materia della commissione amministrativa per la sicurezza sociale dei lavoratori migranti, la tessera europea di assicurazione malattia contiene una serie "basilare" di dati leggibili "a occhio" da utilizzarsi in uno Stato membro diverso dallo Stato membro in cui si è assicurati o residenti, al fine di:- identificare la persona assicurata, l'istituzione competente e la tessera,- dichiarare il diritto ad ottenere cure durante una permanenza temporanea in un altro Stato membro.I modelli riprodotti qui di seguito sono basati sulle caratteristiche tecniche definite nel presente documento; tuttavia essi vanno considerati come esempi puramente indicativi.Illustrazione 1: Esempio per la parte frontale>PIC FILE= "L_2003276IT.000602.TIF">Illustrazione 2: Esempio per il retro>PIC FILE= "L_2003276IT.000603.TIF">Mentre l'ordine dei dati leggibili "a occhio nudo" è identico nei due modelli, ovvero a prescindere dal lato usato dalla tessera europea di assicurazione malattia, sono state definite strutture diverse per i due lati (fronte e retro). Ciò è il risultato del compromesso raggiunto tra il modello unico richiesto per la tessera europea e le differenze strutturali tra i due lati, nello sforzo di mantenere uno stile uniforme tra fronte e retro della tessera.2. Riferimenti normativi>SPAZIO PER TABELLA>3. Specificazioni3.1. DefinizioniLa parte frontale (fronte) è la parte nella quale è inserito l'eventuale microprocessore. La parte posteriore (retro) è la parte nella quale è applicata l'eventuale banda magnetica. Qualora non vi sia né un microprocessore né una banda magnetica, la parte frontale sarà quella in cui saranno presentate le informazioni elencate nel presente documento.3.2. Struttura globaleIl formato della tessera europea di assicurazione malattia è conforme al formato ID-1 (altezza 53,98 mm, larghezza 85,60 mm e spessore 0,76 mm). Tuttavia, qualora la tessera europea di assicurazione malattia assuma la forma di un adesivo da applicare sul retro di una tessera nazionale, il criterio ID-1 relativo allo spessore non è applicabile.3.2.1. Tessera europea di assicurazione malattia: parte frontale della tesseraLo sfondo è diviso in due parti da un'asse verticale che divide la superficie della tessera in due parti, la parte 1 sulla sinistra (larghezza 53 mm) e la parte 2 sulla destra.Si è provveduto a posizionare 4 marcatori tramite una serie di linee guida:- 3 linee guida verticali:a) a 5 mm dal margine sinistro della tessera;b) a 21,5 mm dal margine sinistro della tessera;c) a 1 mm dal margine destro della tessera;- 3 linee guida orizzontali:d) a 2 mm dal margine superiore della tessera;e) a 17 mm dal margine superiore della tessera;f) a 5 mm dal margine inferiore della tessera.a) Tessera senza microprocessore>PIC FILE= "L_2003276IT.000801.TIF">b) Tessera con microprocessore>PIC FILE= "L_2003276IT.000802.TIF">3.2.2. Tessera europea di assicurazione malattia: retro della tesseraLo sfondo è diviso in due parti da un'asse che taglia in due parti uguali la sezione orizzontale della tessera. La parte 1 è la parte superiore, la parte 2 quella inferiore.Si è provveduto a posizionare 5 marcatori tramite una serie di linee guida:- simmetrici:g) a 9 mm dal margine sinistro della tessera;h) al centro della tessera;i) a 9 mm dal margine destro della tessera;- verticali:j) a 3 mm dal margine sinistro della tessera;k) a 3 mm dal margine destro della tessera;- orizzontali:l) al centro della tessera;m) a 2 mm dal margine inferiore della tessera.c) Con banda magnetica>PIC FILE= "L_2003276IT.000901.TIF">d) Senza banda magnetica>PIC FILE= "L_2003276IT.000902.TIF">3.3. Sfondo ed elementi grafici3.3.1. Colori dello sfondoI colori dello sfondo sono disposti come segue(1):- la parte 1 è di colore blu scuro mescolato a porpora(2),- la parte 2 è di un tono grigio/blu(3) con sfumature leggermente più scure dal centro ai margini della tessera,- lo spazio per i dati è composto da strisce bianche da usare come sfondo per ciascuna delle righe individuali destinate ai dati (cfr. qui di seguito).Per la parte 2 e per lo spazio riservato ai dati è stato usato un effetto ombra al fine di creare un effetto rilievo in presenza di luce proveniente dall'angolo superiore sinistro della tessera. Lo spazio libero ha lo stesso colore della parte 2 (senza effetto ombra) o dello spazio dati.3.3.2. Marchio europeoIl marchio europeo è composto dalle stelle europee colorate in bianco:- quando si trova sul fronte della tessera, ha un diametro di 15 mm ed è posizionato verticalmente al di sotto della linea guida "d" nonché orizzontalmente sulla parte 2 dello sfondo,- quando si trova sul retro della carta, esso ha un diametro di 10 mm ed è posizionato simmetricamente lungo l'asse verticale "i" nonché allineato centralmente con lo spazio libero.Si utilizzerà un marchio alternativo per i paesi in cui una tessera europea deve essere rilasciata ma che non sono membri dell'Unione europea.3.3.3. Spazio per datiL'area riservata allo spazio per dati è composta da strisce bianche riservate ai dati (5 se sul fronte e 4 se sul retro) di altezza pari a 4 mm con interspazi di 2 mm:- qualora si trovi sul fronte della tessera, lo spazio per i dati è localizzato centralmente tra le linee guida verticali "b" e "c" e quelle orizzontali "e" ed "f",- qualora si trovi sul retro della tessera, lo spazio per i dati è collocato simmetricamente lungo l'asse verticale "h" e tra le linee guida verticali "j" e "k" nonché al di sopra di quella orizzontale "m".3.3.4. Spazio liberoLo spazio libero è un'area collocata sul retro della tessera europea ed è a disposizione degli Stati membri. Esso può ad esempio essere usato come striscia per la firma o per inserirvi testi, logo o altro. Il contenuto di tale spazio non ha tuttavia valore legale ma un mero valore informativo.Tale spazio è posizionato come segue:- qualora la tessera europea sia "applicata" sul fronte di una tessera, il retro è una zona libera, senza specifiche,- qualora la tessera europea sia "applicata" sul retro di un'altra tessera, uno spazio libero, con nessuna specifica a parte quella relativa alle sue dimensioni, rimane disponibile sul retro della carta (altezza 10 mm e larghezza 52 mm). Esso è collocato simmetricamente lungo l'asse verticale "h" nonché al centro dello spazio disponibile tra la banda magnetica e gli spazi previsti per i dati, e può essere utilizzato dall'autorità che rilascia la tessera per apporre una striscia o un testo,- qualora non vi sia banda magnetica, lo spazio libero è di 20 mm invece che di 10 mm.3.4. Elementi riguardanti dati predefiniti3.4.1. Denominazione della tessera>SPAZIO PER TABELLA>3.4.2. Didascalia>SPAZIO PER TABELLA>3.4.3. Stato che rilascia la tessera>SPAZIO PER TABELLA>3.5. Elementi riguardanti dati personaliGli elementi riguardanti i dati personali hanno le seguenti caratteristiche comuni:- conformità a EN 1387 per quanto riguarda il set di caratteri: alfabeto latino n. 1 (ISO 8859-1),- qualora fosse necessario abbreviare degli elementi a causa dello spazio limitato, ciò deve essere indicato mediante un punto fermo.I dati verranno stampati tramite laser o tramite trasferimento termico, ma comunque non impressi in rilievo.Ciascun elemento dei dati verrà disposto in base alla disposizione seguente:Illustrazione 3: Modello relativo al fronte dello spazio dati>PIC FILE= "L_2003276IT.001201.TIF">Illustrazione 4: Modello relativo al retro dello spazio dati>PIC FILE= "L_2003276IT.001202.TIF">3.5.1. Identificazione del modulo>SPAZIO PER TABELLA>3.5.2. Elementi relativi ai dati riguardanti il titolare della tesseraSi noti che il titolare della tessera può non essere l'assicurato, bensì un beneficiario, in quanto la tessera è individuale.>SPAZIO PER TABELLA>>SPAZIO PER TABELLA>>SPAZIO PER TABELLA>>SPAZIO PER TABELLA>3.5.3. Elementi relativi ai dati riguardanti l'istituzione competente>SPAZIO PER TABELLA>>SPAZIO PER TABELLA>3.5.4. Elementi relativi ai dati riguardanti la tessera>SPAZIO PER TABELLA>>SPAZIO PER TABELLA>3.6. Requisiti di sicurezzaL'autorità che rilascia la tessera conserva la piena responsabilità riguardo a tutte le misure di sicurezza, trovandosi nella posizione migliore per valutare i rischi ed attuare le contromisure del caso.Nei casi in cui sarà collocata sul retro di una tessera nazionale, la tessera europea beneficerà di tutte le misure di sicurezza applicate alla tessera nazionale. Tuttavia, come misura di sicurezza supplementare, si suggerisce di mantenere alcuni dati identici sui due lati della tessera.Qualora venissero giudicati necessari ulteriori accorgimenti di sicurezza (ad esempio, l'inserimento di una fotografia del titolare), essi verranno collocati sull'altra faccia della tessera.(1) I dettagli tecnici sulla disposizione dei colori sono disponibili su richiesta presso la segreteria della commissione amministrativa. Essi saranno forniti in un formato adatto alle pratiche in uso presso il settore tipografico professionale (ad esempio in forma di file Quark Xpress. Sono previsti 4 colori CYMK e tutte le immagini saranno in formato TIFF).(2) I riferimenti CMYK per questo colore sono C78 M65 Y21 K7.(3) I riferimenti CMYK per il grigio sono C33 M21 Y13 K1 e per il blu sono C64 M46 Y16 K2.ALLEGATO 2MODELLO DEL CERTIFICATO PROVVISORIO SOSTITUTIVO DELLA TESSERA EUROPEA D'ASSICURAZIONE MALATTIA1. IntroduzioneIl certificato europeo di assicurazione malattia (qui di seguito denominato "il certificato") può essere rilasciato alla persona assicurata esclusivamente su richiesta e per sostituire provvisoriamente la tessera europea.Il certificato ha il medesimo formato in tutti gli Stati membri e contiene, nello stesso ordine, gli stessi dati della tessera europea di assicurazione malattia (spazi 1-9) nonché i dati necessari per accertare l'origine e la validità del certificato (spazi a-d).2. Modello di certificatoCfr. pagina seguente.>PIC FILE= "L_2003276IT.001801.TIF">
Tessera europea d’assicurazione malattia SINTESI CHE COSA FANNO QUESTE DECISIONI? Introducono una tessera europea d’assicurazione malattia standard in sostituzione dei moduli E111 ed E111B utilizzati in precedenza. Permette ai cittadini che soggiornano temporaneamente in un altro paese dell’Unione europea (UE) di beneficiare di procedure di rimborso semplificate per tutte le prestazioni sanitarie ricevute. PUNTI CHIAVE La tessera viene emessa gratuitamente dall’autorità nazionale competente del titolare, che stabilisce il periodo di validità della tessera stessa. La tessera può essere utilizzata in tutti e 28 i paesi dell’UE, nonché in Islanda, in Liechtenstein, in Norvegia e in Svizzera, alle medesime condizioni applicabili ai cittadini di detti paesi. La tessera garantisce che l’istituzione che presta le cure mediche a un «residente temporaneo» sia rimborsata. Su di essa compaiono il nome, la data di nascita, un numero d’identificazione personale del titolare e i dettagli relativi all’organizzazione che fornisce l’assicurazione sanitaria al titolare. Qualora un assicurato non sia in grado di fornire la tessera, potrà richiedere un certificato sostitutivo provvisorio con validità limitata. La tessera è stata elaborata in base a un formato e specifiche uniformi al fine di assicurarne un riconoscimento agevole da parte del personale medico e delle compagnie di assicurazione. La tessera non costituisce un’alternativa valida all’assicurazione di viaggio e non copre alcuna spesa di assistenza sanitaria privata. CONTESTO Maggiori informazioni: Tessera europea d’assicurazione malattia ATTO 2003/751/CE: decisione n. 189, del 18 giugno 2003, volta a sostituire la tessera europea d’assicurazione malattia ai moduli necessari all’applicazione dei regolamenti (CEE) n. 1408/71 e (CEE) n. 574/72 del Consiglio per quanto riguarda l’accesso alle cure durante un soggiorno temporaneo in uno Stato membro diverso dallo Stato competente o di residenza 2003/752/CE: decisione n. 190, del 18 giugno 2003, concernente le caratteristiche tecniche della tessera europea di assicurazione malattia 2003/753/CE: decisione n. 191, del 18 giugno 2003, relativa alla sostituzione dei moduli E 111 ed E 111 B con la tessera europea d’assicurazione malattia RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea 2003/751/CE: decisione n. 189 18.6.2003 — GU L 276 del 27.10.2003, pagg. 1-3. 2003/752/CE: decisione n. 190 18.6.2003 — GU L 276 del 27.10.2003, pagg. 4-18. 2003/753/CE: decisione n. 191 18.6.2003 — GU L 276 del 27.10.2003, pagg. 19-21.
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 27 novembre 2009 relativa all’Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva (2011) (2010/37/CE) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 308, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) Il trattato istituisce la cittadinanza dell’Unione europea (UE), che costituisce un complemento della cittadinanza nazionale dei rispettivi Stati membri ed è un importante elemento per il rafforzamento e la salvaguardia del processo di integrazione europea. (2) La promozione della cittadinanza attiva costituisce un elemento fondamentale per rafforzare la coesione e lo sviluppo della democrazia. (3) L’Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva contribuirà a mettere in evidenza che il volontariato è una delle dimensioni fondamentali della cittadinanza attiva e della democrazia, nella quale assumono forma concreta valori europei quali la solidarietà e la non discriminazione e in tal senso contribuirà allo sviluppo armonioso delle società europee. (4) Le attività di volontariato costituiscono una ricca esperienza di apprendimento, permettono lo sviluppo di capacità e competenze sociali e contribuiscono alla solidarietà. L’attività svolta da volontari di ogni età è determinante ai fini dello sviluppo della democrazia, uno dei principi fondatori dell’UE. Le attività di volontariato hanno il potenziale per contribuire al benessere delle persone e allo sviluppo armonioso delle società europee. (5) Tenuto conto della situazione specifica di ciascuno Stato membro e di tutte le forme di volontariato, i termini «attività di volontariato» si riferiscono a tutti i tipi di attività di volontariato, formali, non formali o informali, intraprese in base alla libera volontà, scelta e motivazione di una persona e senza scopo di lucro. Esse arrecano beneficio al singolo volontario, alle comunità e alla società nel suo insieme. Sono inoltre un mezzo con cui le persone e le associazioni rispondono alle necessità e alle preoccupazioni di carattere umano, sociale, intergenerazionale o ambientale e sono spesso realizzate a sostegno di un’iniziativa di un’organizzazione senza scopo di lucro o basata sulla comunità. Le attività di volontariato non si sostituiscono a possibilità professionali o occupazionali remunerate ma aggiungono valore alla società. (6) Nelle società in rapida evoluzione è necessario garantire la presenza di misure efficaci di sostegno alle attività di volontariato per permettere ad un maggior numero di persone di parteciparvi. È dunque importante sostenere l’apprendimento fra pari e lo scambio e lo sviluppo di buone pratiche a livello locale, regionale, nazionale e comunitario. (7) La conferenza intergovernativa del 1997 ha adottato la dichiarazione 38 sul volontariato, allegata all’atto finale del trattato di Amsterdam; in essa viene riconosciuto l’importante contributo delle attività di volontariato allo sviluppo della solidarietà sociale. (8) Nella comunicazione del giugno 1997 sulla promozione del ruolo delle associazioni e delle fondazioni in Europa, la Commissione ne ha sottolineato i tre aspetti seguenti: l’aspetto economico (creazione di posti di lavoro), l’aspetto sociale (partecipazione alla definizione delle politiche sociali e, quindi, contributo al progresso sociale) e l’aspetto politico (rafforzamento della democrazia, della cittadinanza e della partecipazione civica). (9) Nelle risoluzioni del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio del 27 giugno 2002 e del 16 novembre 2007 e nella raccomandazione del 20 novembre 2008, il Consiglio e gli Stati membri hanno individuato nelle attività di volontariato un elemento fondamentale nel settore della gioventù e hanno concordato per le attività di volontariato dei giovani obiettivi comuni e convenuto sulla mobilità dei giovani nell’UE. (10) Nel parere del 13 dicembre 2006, «Le attività di volontariato, il loro ruolo nella società europea e il loro impatto» (2), il Comitato economico e sociale europeo ha invitato la Commissione a proclamare un Anno del volontariato e a pubblicare al più presto un Libro bianco sulle attività di volontariato e sulla cittadinanza attiva in Europa. (11) Nel marzo 2008 il Parlamento europeo ha adottato una «relazione sul contributo delle attività di volontariato alla coesione economica e sociale», nella quale ha incoraggiato gli Stati membri e le autorità regionali e locali a riconoscere il valore delle attività di volontariato nel promuovere la coesione sociale ed economica. (12) Nel luglio 2008 il Parlamento europeo ha adottato una dichiarazione scritta in cui si auspica la proclamazione di un Anno europeo del volontariato nel 2011. (13) Le attività di volontariato rientrano tra le finalità di numerosi programmi e reti comunitari incentrati tra l’altro sulla mobilità nelle attività di volontariato per persone di ogni età, tra cui il programma di apprendimento permanente (3), il programma «L’Europa per i cittadini» (4) e il Servizio volontario europeo del programma «Gioventù in azione» (5). (14) In Europa esiste un’ampia gamma di attività di volontariato che dovrebbe essere preservata e sviluppata. (15) Il potenziale delle attività di volontariato non è ancora sfruttato appieno. Un Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva fornirà l’occasione di dimostrare, in un contesto europeo, che le attività di volontariato rafforzano la partecipazione civica e possono contribuire a stimolare nei cittadini il senso di appartenenza alla società e il loro impegno sociale a tutti i livelli: locale, regionale, nazionale ed europeo. (16) L’anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva potrebbe anche contribuire ad affrontare la problematica delle ineguaglianze di genere nel settore del volontariato, per esempio per quanto riguarda i settori e le attività in cui partecipano uomini e donne o per quanto riguarda la misura in cui i generi sono rappresentati nei posti direttivi del volontariato. (17) L’anno 2011 coinciderà con il decimo anniversario dell’Anno internazionale dei volontari promosso dalle Nazioni Unite nel 2001. (18) La presente decisione stabilisce una dotazione finanziaria che costituirà per l’autorità di bilancio il riferimento privilegiato, ai sensi del punto 37 dell’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria (6). (19) Gli obiettivi del proposto Anno europeo non possono essere realizzati appieno dagli Stati membri a causa della necessità di scambiare informazioni a livello transnazionale e di diffondere le buone pratiche su scala comunitaria e possono dunque, a motivo delle dimensioni dell’intervento proposto, essere realizzati meglio a livello comunitario. In ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nell’articolo 5 del trattato, la presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Oggetto L’anno 2011 è proclamato Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono una cittadinanza attiva («l’Anno europeo»). Articolo 2 Obiettivi L’obiettivo generale dell’Anno europeo è quello di incoraggiare e sostenere — in particolare attraverso lo scambio di esperienze e di buone pratiche — gli sforzi della Comunità, degli Stati membri, delle autorità locali e regionali per creare per la società civile condizioni favorevoli al volontariato nell’Unione europea (UE) e per aumentare la visibilità delle attività di volontariato nell’UE. Gli obiettivi dell’Anno europeo sono i seguenti: 1) creare condizioni favorevoli al volontariato nell’Unione europea al fine di integrare il volontariato negli sforzi di promozione della partecipazione civica e delle attività interpersonali in un contesto UE e affrontare gli ostacoli esistenti alle attività di volontariato, se appropriato e necessario; 2) fornire agli organizzatori di attività di volontariato gli strumenti per migliorare la qualità delle attività di volontariato al fine di agevolare le attività di volontariato e aiutare gli organizzatori a introdurre nuovi tipi di attività di volontariato ed incoraggiare la collaborazione in rete, la mobilità, la cooperazione e la creazione di sinergie nella società civile nonché tra la società civile e altri settori in un contesto UE; 3) riconoscere le attività di volontariato al fine di promuovere incentivi appropriati per privati, imprese e organizzazioni che formano e sostengono i volontari e assicurare un riconoscimento del volontariato a livello di UE e negli Stati membri da parte dei responsabili politici, delle organizzazioni della società civile, delle istituzioni pubbliche, del settore dell’istruzione formale e non formale e dei datori di lavoro, sotto il profilo delle capacità e delle competenze acquisite nell’ambito di tali attività; 4) sensibilizzare l’opinione pubblica al valore e all’importanza del volontariato al fine di suscitare una presa di coscienza collettiva dell’importanza del volontariato in quanto espressione di partecipazione civica che contribuisce alla soluzione di problemi di interesse comune per tutti gli Stati membri, come lo sviluppo armonioso della società e la coesione sociale. Articolo 3 Iniziative 1. Le misure da adottare per conseguire gli obiettivi di cui all’articolo 2 possono comprendere le seguenti iniziative organizzate ai livelli comunitario, nazionale, regionale o locale in relazione agli obiettivi dell’Anno europeo: a) scambio di esperienze e di buone pratiche; b) realizzazione di studi e di lavori di ricerca e diffusione dei relativi risultati; c) conferenze ed eventi per promuovere il dibattito, sensibilizzare l’opinione pubblica all’importanza e al valore delle attività di volontariato che stimolano l’impegno dei cittadini e rendere omaggio all’azione svolta dai volontari e dalle loro associazioni; d) iniziative concrete negli Stati membri volte a promuovere gli obiettivi dell’Anno europeo; almeno il 25 % del bilancio totale dell’Anno sarà utilizzato per questo scopo; e) campagne d’informazione e di promozione per diffondere i messaggi chiave. Le misure di cui al primo comma sono esposte in dettaglio nell’allegato. 2. Il finanziamento comunitario per i progetti può essere elargito in base a programmi comunitari esistenti. Articolo 4 Cooperazione con gli Stati membri Entro il 28 febbraio 2010 ogni Stato membro designa un organismo incaricato di organizzare la sua partecipazione all’Anno europeo («l’organismo nazionale di coordinamento») e comunica alla Commissione la sua designazione. Nello svolgimento delle sue attività, in particolare nell’elaborazione del programma nazionale, l’organismo nazionale di coordinamento consulta e coopera strettamente con un’ampia pluralità di parti interessate, incluse le organizzazioni della società civile e se del caso le agenzie o i punti di contatto nazionali dei pertinenti programmi comunitari. Il programma e le priorità nazionali dell’Anno europeo sono definiti conformemente agli obiettivi enunciati all’articolo 2 e secondo i particolari delle misure indicati nell’allegato. Articolo 5 Coordinamento a livello comunitario e attuazione La Commissione convoca riunioni degli organismi nazionali di coordinamento per coordinare l’attuazione dell’Anno europeo e per scambiare informazioni sulla sua messa in atto a livello nazionale. La Commissione convoca inoltre riunioni delle parti interessate e dei rappresentanti di organizzazioni o di organismi europei attivi nel campo del volontariato affinché la assistano in sede di attuazione dell’Anno europeo a livello comunitario. La Commissione dà attuazione all’Anno europeo a livello comunitario. Gli Stati membri, il Parlamento europeo, il Comitato economico e sociale europeo e il Comitato delle regioni sono associati alle attività. Articolo 6 Disposizioni finanziarie 1. Le misure di portata comunitaria di cui alla parte A dell’allegato danno luogo a un appalto pubblico o alla concessione di sovvenzioni finanziate dal bilancio generale delle Comunità europee. 2. Le misure di portata comunitaria di cui alla parte B dell’allegato possono essere cofinanziate dal bilancio generale delle Comunità europee. 3. La Commissione concede una sovvenzione a ciascun organismo nazionale di coordinamento conformemente alla procedura di cui alla parte C dell’allegato. Articolo 7 Dotazione finanziaria 1. La dotazione finanziaria per l’attuazione della presente decisione per il periodo compreso tra il 1o gennaio 2011 e il 31 dicembre 2011 è di 8 000 000 EUR. 2. Gli stanziamenti annuali sono autorizzati dall’autorità di bilancio entro i limiti del quadro finanziario. Articolo 8 Cooperazione internazionale Ai fini dell’Anno europeo, la Commissione può cooperare con le pertinenti organizzazioni internazionali, in particolare con le Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa, contemporaneamente assicurando la visibilità della partecipazione dell’UE. Articolo 9 Coerenza e complementarità La Commissione, in cooperazione con gli Stati membri, garantisce la coerenza fra le azioni previste dalla presente decisione e gli altri programmi e iniziative comunitarie, nazionali e regionali che contribuiscono al conseguimento degli obiettivi dell’Anno europeo. Articolo 10 Tutela degli interessi finanziari della Comunità 1. La Commissione assicura che, quando sono attuate azioni finanziate nel quadro della presente decisione, gli interessi finanziari della Comunità siano salvaguardati mediante l’applicazione di misure preventive contro la frode, la corruzione e qualsiasi altra attività illegale, controlli efficaci e il recupero degli importi indebitamente versati e, quando sono accertate irregolarità, mediante sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, conformemente alle disposizioni del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità (7), del regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio, dell’11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (8), e del regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio per la lotta antifrode (OLAF) (9). 2. Quanto alle azioni comunitarie finanziate nell’ambito della presente decisione, il concetto di irregolarità di cui all’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 è da intendersi come qualsiasi violazione di una disposizione di diritto comunitario o qualsiasi inadempimento di un obbligo contrattuale derivante da un atto o da un’omissione di un operatore economico che abbia o possa avere l’effetto di arrecare pregiudizio al bilancio generale delle Comunità o ai bilanci da queste gestiti a causa di una spesa indebita. 3. La Commissione riduce, sospende o recupera l’importo del contributo finanziario a favore di un’azione qualora accerti l’esistenza di irregolarità, in particolare l’inosservanza delle disposizioni della presente decisione o della singola decisione o del contratto con cui è concesso il contributo finanziario in questione, o qualora, senza che sia stata chiesta l’approvazione della Commissione, siano state apportate all’azione modifiche rilevanti incompatibili con la natura o con le condizioni d’attuazione della stessa. 4. Qualora non siano state rispettate le scadenze o qualora la realizzazione di un’azione giustifichi solo una parte del sostegno finanziario concesso, la Commissione invita il beneficiario a comunicarle osservazioni entro un termine prestabilito. Qualora il beneficiario non fornisca spiegazioni adeguate, la Commissione può annullare il sostegno finanziario residuo e chiedere il rimborso degli importi già erogati. 5. Tutti gli importi indebitamente versati sono restituiti alla Commissione. Gli importi non restituiti a tempo debito sono maggiorati dei relativi interessi di mora, alle condizioni stabilite dal regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (10). Articolo 11 Monitoraggio e valutazione Entro il 31 dicembre 2012 la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni una relazione sull’attuazione, sui risultati e sulla valutazione globale delle iniziative previste dalla presente decisione. Articolo 12 Entrata in vigore La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione. Fatto a Bruxelles, addì 27 novembre 2009. Per il Consiglio La presidente L. ADELSOHN LILJEROTH (1) Parere del Parlamento europeo del 26 novembre 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) GU C 325 del 30.12.2006, pag. 46. (3) Decisione n. 1720/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2006, che istituisce un programma d’azione nel campo dell’apprendimento permanente (GU L 327 del 24.11.2006, pag. 45). (4) Decisione n. 1904/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, che istituisce, per il periodo 2007-2013, il programma Europa per i cittadini mirante a promuovere la cittadinanza europea attiva (GU L 378 del 27.12.2006, pag. 32). (5) Decisione n. 1719/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2006, che istituisce il programma Gioventù in azione per il periodo 2007-2013 (GU L 327 del 24.11.2006, pag. 30). (6) GU C 139 del 14.6.2006, pag. 1. (7) GU L 312 del 23.12.1995, pag. 1. (8) GU L 292 del 15.11.1996, pag. 2. (9) GU L 136 del 31.5.1999, pag. 1. (10) GU L 248 del 16.9.2002, pag. 1. ALLEGATO Particolari delle misure di cui all’articolo 3 In linea di principio, l’attuazione dell’Anno europeo si fonderà sulla responsabilità, sulla mobilitazione su vasta scala e sulla partecipazione attiva della società civile e di altre parti interessate. Inoltre, il progetto sarà realizzato tramite le seguenti misure: A. INIZIATIVE COMUNITARIE DIRETTE Il finanziamento avverrà generalmente sotto forma di acquisto diretto di beni e di servizi conformemente ai contratti quadro esistenti. Esso può anche essere costituito da sovvenzioni. 1. Campagne di informazione e di promozione comprendenti: — eventi ad alta visibilità e piattaforme per lo scambio di esperienze e di buone pratiche, — concorsi con o senza premi, — cooperazione con il settore privato, gli organismi di radiodiffusione e altri media come partner per diffondere informazioni sulle attività di volontariato e sull’Anno europeo, — produzione di strumenti e di supporti per i media disponibili in tutta l’UE e destinati a stimolare l’interesse del pubblico, — misure destinate a fare conoscere i risultati e rendere più visibili programmi, azioni ed iniziative comunitari che contribuiscano al conseguimento degli obiettivi dell’Anno europeo, — la creazione di un sito web d’informazione sul sito Europa, comprendente un portale per i promotori di progetti relativi al volontariato, per guidarli attraverso i programmi e le azioni comunitarie pertinenti. 2. Altre iniziative — Indagini e studi a livello comunitario per valutare e documentare la preparazione, l’efficacia, l’impatto e il monitoraggio a lungo termine dell’Anno europeo. B. COFINANZIAMENTO DI INIZIATIVE COMUNITARIE Gli eventi ad alta visibilità su scala europea finalizzati a sensibilizzare i cittadini agli obiettivi dell’Anno europeo, possibilmente organizzati in collaborazione con i paesi che nel 2011 assumeranno la presidenza, possono fruire di una sovvenzione comunitaria che copra fino all’80 % del costo complessivo ammissibile. C. COFINANZIAMENTO DI INIZIATIVE NAZIONALI Ogni organismo nazionale di coordinamento presenta un’unica domanda di finanziamento comunitario. Tale domanda di sovvenzione — finalizzata a promuovere l’Anno europeo — illustra il programma di lavoro dell’organismo nazionale di coordinamento o l’azione da finanziare. La domanda di sovvenzione è corredata di un bilancio dettagliato indicante il costo totale delle iniziative o del programma di lavoro proposti nonché l’importo e le fonti del cofinanziamento. La sovvenzione comunitaria può coprire fino ad un massimo dell’80 % dei costi complessivi ammissibili. La Commissione determina gli importi indicativi disponibili per le sovvenzioni a ciascun organismo nazionale di coordinamento e il termine per la presentazione delle domande. I criteri di selezione dovrebbero basarsi su elementi quali la popolazione, il costo della vita e un importo forfettario per Stato membro che garantisca un minimo di attività. Gli importi finali assegnati sono determinati sulla base delle singole domande di sovvenzione presentate dall’organismo nazionale di coordinamento. Il tasso massimo di cofinanziamento comunitario è fissato all’80 % del totale dei costi ammissibili. I programmi di lavoro o le misure possono prevedere: — incontri e eventi in relazione agli obiettivi dell’Anno europeo, tra cui manifestazioni nazionali per il lancio e la promozione dell’Anno europeo, destinate a creare un effetto catalizzatore e a offrire spazi aperti di discussione su iniziative concrete, — conferenze e seminari su scala nazionale, regionale e locale che consentano l’apprendimento reciproco e lo scambio di buone pratiche, — informazione, attività di ricerca e studi collegati, campagne educative e promozionali ai livelli nazionale, regionale e locale, tra cui anche l’organizzazione di premi e concorsi, — collaborazione con i media. D. AZIONI CHE NON FRUISCONO DI UN SOSTEGNO FINANZIARIO COMUNITARIO La Comunità concederà un sostegno non finanziario, compresa l’autorizzazione scritta di utilizzare il logo, una volta elaborato, e altri materiali associati all’Anno europeo, ad iniziative di organismi pubblici o privati che garantiscano alla Commissione che tali iniziative, attuate nel corso del 2011, contribuiranno in misura rilevante al raggiungimento degli obiettivi dell’Anno europeo.
Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva (2011) La presente decisione proclama il 2011 Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva. Nell’ottica di sviluppare la solidarietà sociale e la democrazia, l’Anno europeo ha lo scopo di creare per la società civile condizioni favorevoli al volontariato nonché aumentare la visibilità delle attività di volontariato. ATTO Decisione del Consiglio 2010/37/CE, del 27 novembre 2009, relativa all’Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva (2011). SINTESI La presente decisione proclama il 2011 Anno europeo delle attività di volontariato * che promuovono la cittadinanza attiva. Il volontariato è uno degli elementi centrali della cittadinanza attiva; la cittadinanza attiva rafforza la coesione sociale e sviluppa la democrazia. Il 2011 coincide inoltre con il decimo anniversario dell’Anno internazionale dei volontari delle Nazioni Unite (2001). Obiettivi dell’Anno europeo 2011 L’obiettivo generale dell’Anno europeo è migliorare la visibilità delle attività di volontariato nell’Unione europea (UE) e accrescere le opportunità per la società civile di parteciparvi. A tale scopo, l’Anno europeo offre sostegno alle autorità locali, regionali e nazionali per lo scambio di esperienze e di buone pratiche. In particolare, l’Anno europeo mira a: creare condizioni favorevoli al volontariato; fornire agli organizzatori gli strumenti per migliorare la qualità delle attività di volontariato; migliorare il riconoscimento delle attività di volontariato; sensibilizzare l’opinione pubblica al valore e all’importanza del volontariato. Iniziative dell’Anno europeo 2011 Per conseguire tali obiettivi, l’Anno europeo sostiene iniziative organizzate ai livelli comunitario, nazionale, regionale e locale, fra cui: scambi di esperienze e di buone pratiche; realizzazione di studi e di lavori di ricerca e diffusione dei relativi risultati; conferenze ed eventi di sensibilizzazione dell’opinione pubblica; iniziative concrete negli Stati membri volte a promuovere gli obiettivi dell’Anno europeo; campagne d’informazione e di promozione. Le iniziative a livello comunitario sono finanziate, in parte o interamente, dal bilancio generale dell’UE. Le iniziative a livello nazionale sono cofinanziate dall’UE ed è altresì disponibile un sostegno non finanziario. Il bilancio assegnato all’Anno europeo è pari a 8 000 000 di euro. Cooperazione nel corso dell’Anno europeo 2011 Ogni Stato membro designa un organismo nazionale di coordinamento incaricato di organizzare la sua partecipazione all’Anno europeo. Gli organismi nazionali di coordinamento hanno il compito di preparare i programmi e le priorità nazionali per l’Anno europeo. A tale scopo, consultano e cooperano con un’ampia pluralità di parti interessate. Ai fini dell’Anno europeo, la Commissione europea può cooperare con le pertinenti organizzazioni internazionali, in particolare con le Nazioni Unite o il Consiglio d’Europa. Coordinamento dell’Anno europeo 2011 La Commissione europea è responsabile della gestione dell’Anno europeo a livello comunitario. Essa convoca riunioni delle parti interessate attive nel campo del volontariato affinché la assistano nel suo lavoro. La Commissione organizza anche riunioni con gli organismi nazionali di coordinamento per coordinare le attività a livello nazionale. Contesto In un parere adottato nel dicembre 2006 il Comitato economico e sociale europeo ha invitato la Commissione europea a proclamare un Anno del volontariato. Nel luglio del 2008 il Parlamento europeo ha adottato una dichiarazione in cui si auspica la proclamazione di un Anno europeo del volontariato nel 2011. Termini chiave dell’atto Attività di volontariato: tutti i tipi di attività di volontariato, formali, non formali o informali, intraprese in base alla libera volontà, scelta e motivazione di una persona e senza scopo di lucro. Riferimenti Atto Entrata in vigore Termine ultimo di recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2010/37/CE 23.1.2010 - GU L 17 del 22.1.2010
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Regolamento (CE) n. 1257/96 del Consiglio del 20 giugno 1996 relativo all'aiuto umanitario Gazzetta ufficiale n. L 163 del 02/07/1996 pag. 0001 - 0006 REGOLAMENTO (CE) N. 1257/96 DEL CONSIGLIO del 20 giugno 1996 relativo all'aiuto umanitarioIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 130 W,vista la proposta della Commissione (1),deliberando conformemente alla procedura di cui all'articolo 189 C del trattato (2),considerando che le popolazioni in situazione di necessità, vittime di catastrofi naturali, di avvenimenti quali guerre e conflitti o di altre circostanze straordinarie di portata analoga, hanno il diritto di ricevere un'assistenza umanitaria internazionale qualora le autorità del loro paese non siano in grado di venire efficacemente in loro soccorso;considerando che le azioni civili di protezione delle vittime di conflitti o di circostanze eccezionali di portata analoga rientrano nel diritto umanitario internazionale e che è pertanto opportuno integrarle nell'attività umanitaria;considerando che l'assistenza umanitaria non comporta solo l'esecuzione di interventi di soccorso immediati finalizzati a salvare e proteggere vite umane in situazioni di emergenza o di post-emergenza, ma anche l'attuazione di tutte le misure intese ad agevolare o a consentire il libero accesso alle vittime e il libero transito dell'aiuto;considerando che l'assistenza umanitaria può essere seguita da interventi di sviluppo o di ricostruzione e che, di conseguenza, essa deve coprire l'intera durata di una situazione di crisi e dei suoi effetti; che in tale contesto, può comprendere elementi di ristrutturazione a breve termine finalizzati a facilitare l'arrivo a destinazione dei soccorsi, a prevenire l'acuirsi delle conseguenze della crisi e ad iniziare ad aiutare le popolazioni colpite a ritrovare un livello minimo di autosufficienza;considerando che è particolarmente opportuno intervenire a livello di prevenzione dei disastri al fine di assicurare una preparazione preliminare ai rischi che ne derivano; che di conseguenza occorre istituire un sistema di allarme e di intervento adeguato;considerando che occorre pertanto garantire ed aumentare l'efficacia e la coerenza dei dispositivi comunitari nazionali e internazionali di prevenzione e d'intervento mirati a rispondere alle esigenze create da catastrofi naturali o provocate dagli uomini o da circostanze eccezionali di portata analoga;considerando che l'aiuto umanitario, il cui solo obiettivo consiste nel prevenire e nell'alleviare la sofferenza umana, è concesso in base al principio della non discriminazione tra le vittime per motivi razziali, etnici, religiosi, inerenti al sesso o all'età, alla nazionalità o all'appartenenza politica e che non potrebbe essere retto da considerazioni di natura politica o subordinato ad esse;considerando che le decisioni relative all'aiuto umanitario devono essere prese in maniera imparziale ed esclusivamente in funzione delle esigenze e degli interessi delle vittime;considerando che l'instaurazione di uno stretto coordinamento tra gli Stati membri e la Commissione, sia a livello di decisione che in loco, si trova alla base dell'efficacia dell'azione umanitaria della Comunità;considerando che, nell'ambito del suo contributo all'efficacia dell'aiuto umanitario a livello internazionale, la Comunità deve ricercare attivamente la collaborazione e il coordinamento con paesi terzi;considerando che a tal fine occorre inoltre fissare i criteri per la cooperazione con le organizzazioni non governative, gli organismi e le organizzazioni internazionali specializzati nel settore dell'aiuto umanitario;considerando che è necessario preservare, rispettare ed incoraggiare l'indipendenza e l'imparzialità delle organizzazioni non governative e delle altre istituzioni umanitarie nell'attuazione dell'aiuto umanitario;considerando che è opportuno favorire, nel settore umanitario, la collaborazione tra organizzazioni non governative degli Stati membri e di altri paesi sviluppati e organizzazioni analoghe dei paesi terzi interessati;considerando che, date le caratteristiche peculiari dell'aiuto umanitario, è opportuno istituire procedure efficaci, flessibili, trasparenti e, quando sia necessario, rapide per le decisioni di finanziamento di azioni e progetti umanitari;considerando che occorre fissare le modalità d'esecuzione e di gestione dell'aiuto umanitario della Comunità finanziato dal bilancio generale della Comunità europea, fermo restando che gli interventi di aiuto d'urgenza previsti dalla quarta convenzione ACP-CE firmata a Lomé il 15 dicembre 1989, modificata dall'accordo che modifica la suddetta convenzione firmato a Maurizio il 4 novembre 1995 continuano ad essere disciplinati dalle procedure e dalle modalità stabilite dalla Convenzione suddetta,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:CAPITOLO I Obiettivi e orientamenti generali dell'aiuto umanitario Articolo 1 L'attività umanitaria della Comunità comporta azioni di assistenza, di soccorso e di protezione basate sul principio di non discriminazione, a favore delle popolazioni di paesi terzi, soprattutto le più vulnerabili, e con priorità quelle dei paesi in via di sviluppo vittime di catastrofi naturali o di eventi di origine umana, come guerre o conflitti, oppure da situazioni e avvenimenti eccezionali di portata analoga a calamità naturali o causate dall'uomo, per il periodo necessario a far fronte alle esigenze umanitarie che ne derivano.Tale aiuto comporta anche azioni di preparazione ai rischi, nonché attività di prevenzione delle catastrofi o delle circostanze eccezionali di portata analoga.Articolo 2 Le azioni di aiuto umanitario di cui all'articolo 1 si prefiggono gli obiettivi seguenti:a) salvare e proteggere vite nelle situazioni di emergenza o di post-emergenza immediata e in caso di disastri naturali che causano perdite di vite umane, sofferenze fisiche e psicosociali nonché gravi danni materiali;b) portare l'assistenza e i soccorsi necessari alle popolazioni colpite da crisi di più lunga durata, causate segnatamente da conflitti o da guerre che abbiano provocato conseguenze analoghe a quelle di cui alla lettera a), soprattutto qualora si constati che tali popolazioni non possono essere aiutate sufficientemente dalle loro autorità o in assenza di autorità competenti;c) contribuire al finanziamento dell'inoltro dell'aiuto e del suo accesso ai destinatari con tutti i mezzi logistici disponibili e garantendo la protezione dei beni e del personale umanitario, escluse le azioni che hanno implicazioni di difesa;d) sviluppare i lavori di ristrutturazione e di ricostruzione, segnatamente di infrastruttura e di attrezzature, a breve termine, in stretta collaborazione con le strutture locali, onde agevolare l'arrivo dei soccorsi, prevenire l'aggravarsi degli effetti della crisi ed aiutare le popolazioni colpite a ritrovare un livello minimo di autosufficienza, prendendo in considerazione, ove possibile, gli obiettivi di sviluppo a lungo termine;e) far fronte alle conseguenze degli esodi di popolazioni (profughi, sfollati e rimpatriati) determinati da catastrofi naturali o causate dall'uomo, nonché condurre a buon fine le azioni di rimpatrio e di aiuto al reinsediamento nei paesi d'origine, quando sussistono le condizioni previste dalle convenzioni internazionali in vigore;f) assicurare la preparazione preventiva al rischio di disastri o di circostanze eccezionali di portata analoga ed utilizzare un sistema adeguato di allarme rapido e di intervento;g) sostenere azioni civili di protezione delle vittime di conflitti o di circostanze eccezionali di portata analoga, in base alle convenzioni internazionali in vigore.Articolo 3 Gli aiuti comunitari di cui agli articoli 1, 2 e 4 possono servire a finanziare l'acquisto e la fornitura di qualsiasi prodotto o materiale necessario all'attuazione delle azioni umanitarie, compresa la costruzione di alloggi o di rifugi per le popolazioni in questione; le spese per il personale esterno, sia estero che locale, impegnato nell'ambito di tali azioni; il magazzinaggio, l'invio internazionale o nazionale, il sostegno logistico e la distribuzione degli aiuti nonché qualsiasi altra azione intesa a facilitare o a consentire il libero accesso ai destinatari dell'aiuto.Gli aiuti possono inoltre essere usati per finanziare tutte le altre spese direttamente connesse all'esecuzione delle azioni umanitarie.Articolo 4 Gli aiuti della Comunità di cui agli articoli 1 e 2 possono inoltre essere utilizzati per il finanziamento delle azioni seguenti:- studi preliminari di fattibilità delle azioni comunitarie, nonché la valutazione di progetti e piani umanitari,- azioni di monitoraggio dei progetti e piani umanitari,- su scala ridotta e, se si tratta di finanziamento pluriennale con carattere decrescente, azioni di formazione e studi di carattere generale relativi all'attività umanitaria,- spese relative a mettere in evidenza il carattere comunitario degli aiuti,- azioni di sensibilizzazione e informazione volte a favorire una maggiore conoscenza della problematica umanitaria, in particolare da parte dell'opinione pubblica europea nonché di quella dei paesi terzi nei quali la Comunità finanzia azioni umanitarie importanti,- azioni finalizzate a rafforzare il coordinamento con gli Stati membri, con altri paesi donatori, con le organizzazioni e istituzioni umanitarie internazionali e con le organizzazioni non governative nonché le organizzazioni rappresentative di queste ultime,- azioni di assistenza tecnica necessarie all'esecuzione di progetti umanitari, compreso lo scambio di conoscenze tecniche e di esperienze tra organizzazioni ed organismi umanitari europei o tra questi e quelli dei paesi terzi,- azioni umanitarie di sminamento, compresa la sensibilizzazione delle popolazioni locali nei confronti delle mine antiuomo.Articolo 5 Il finanziamento comunitario concesso ai sensi del presente regolamento viene stanziato sotto forma di aiuto non rimborsabile.Le operazioni di cui al presente regolamento sono esenti da imposte, tasse, diritti e dazi doganali.CAPITOLO II Modalità di esecuzione dell'aiuto umanitario Articolo 6 Le azioni di aiuto umanitario finanziate dalla Comunità possono essere attuate sia su richiesta di organismi e organizzazioni internazionali o non governativi, di uno Stato membro o del paese terzo beneficiario, sia su iniziativa della Commissione.Articolo 7 1. Le organizzazioni non governative che possono beneficiare di un finanziamento comunitario per l'attuazione delle azioni previste dal presente regolamento devono soddisfare i requisiti seguenti:a) essere costituite in organizzazioni autonome senza fini di lucro in uno Stato membro della Comunità secondo la legislazione vigente in tale Stato;b) avere la sede principale in uno Stato membro della Comunità o nei paesi terzi beneficiari dell'aiuto comunitario; detta sede deve rappresentare il centro effettivo di tutte le decisioni relative alle azioni finanziate in base al presente regolamento. A titolo eccezionale, tale sede può essere situata in un altro paese terzo donatore.2. Al fine di determinare se un'organizzazione non governativa possa avere accesso ai finanziamenti comunitari, si tiene conto degli elementi seguenti:a) le capacità di gestione amministrativa e finanziaria;b) le capacità tecniche e logistiche in relazione all'azione prevista;c) l'esperienza nel settore dell'aiuto umanitario;d) i risultati delle azioni precedenti eseguite dall'organizzazione interessata, in particolare con il finanziamento della Comunità;e) la disponibilità a partecipare, in caso di bisogno, al sistema di coordinamento stabilito nell'ambito di un'azione umanitaria;f) l'attitudine e la disponibilità a sviluppare rapporti di cooperazione con gli operatori umanitari e le comunità di base dei paesi terzi interessati;g) l'imparzialità nell'attuazione dell'aiuto umanitario;h) se del caso, la precedente esperienza nel paese terzo in cui è prevista l'azione umanitaria in questione.Articolo 8 La Comunità può finanziare inoltre le azioni umanitarie avviate da organismi e organizzazioni internazionali.Articolo 9 La Comunità può inoltre, quando necessario, finanziare azioni umanitarie attuate dalla Commissione o da organismi specializzati degli Stati membri.Articolo 10 1. Al fine di garantire e di migliorare l'efficacia e la coerenza dei dispositivi comunitari e nazionali di aiuto umanitario, la Commissione può adottare tutte le iniziative utili intese a promuovere uno stretto coordinamento tra le sue attività e quelle degli Stati membri sia a livello di decisioni che sul posto. A tal fine, gli Stati membri e la Commissione mantengono un sistema di scambio d'informazioni.2. La Commissione vigila affinché le azioni umanitarie finanziate dalla Comunità siano coordinate e coerenti con quelle delle organizzazioni ed organismi internazionali, in particolare quelle che fanno parte del sistema delle Nazioni Unite.3. La Commissione si adopera al fine di sviluppare la collaborazione e la cooperazione della Comunità e dei paesi terzi donatori nel settore dell'aiuto umanitario.Articolo 11 1. La Commissione stabilisce i termini relativi allo stanziamento, alla mobilitazione e all'esecuzione degli aiuti previsti dal presente regolamento.2. L'aiuto viene eseguito solo se il beneficiario rispetta tali termini.Articolo 12 Tutti i contratti di finanziamento conclusi in base al presente regolamento devono prevedere, in particolare, che la Commissione e la Corte dei conti possano effettuare controlli in loco e presso la sede dei partner umanitari secondo le modalità abituali definite dalla Commissione nel quadro delle disposizioni vigenti, in particolare quelle contenute nel regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee.CAPITOLO III Procedure di attuazione delle azioni umanitarie Articolo 13 La Commissione decide in merito agli interventi di emergenza per un importo non superiore a 10 milioni di ECU.Si ritiene necessario un intervento d'urgenza per le seguenti azioni:- azioni che rispondono ad un'esigenza umanitaria immediata e imprevedibile, in seguito a catastrofi naturali o causate dall'uomo, aventi carattere improvviso, quali inondazioni, terremoti e conflitti armati, o situazioni di portata analoga,- azioni, limitate nel tempo, in risposta a tale situazione di emergenza imprevedibile; i fondi corrispondenti coprono la risposta alle esigenze umanitarie di cui al primo trattino, per un periodo nella decisione di finanziamento non superiore a sei mesi.Per le azioni che rispondono a tali condizioni e che superano i 2 milioni di ECU, la Commissione:- prende una decisione in merito,- informa per iscritto gli Stati membri entro un termine di quarantotto ore,- rende conto della sua decisione nella successiva seduta del comitato, segnatamente fornendo la giustificazione per il ricorso alla procedura di urgenza.La Commissione, che agisce secondo la procedura di cui all'articolo 17, paragrafo 3, e nei limiti dell'articolo 15, paragrafo 2, secondo trattino, decide in merito al proseguimento delle azioni adottate secondo la procedura d'urgenza.Articolo 14 La Commissione è incaricata della preparazione, della decisione, della gestione, della sorveglianza e della valutazione delle azioni previste dal presente regolamento, secondo le procedure di bilancio e di altro genere in vigore, in particolare quelle contenute nel regolamento finanziario applicabile al bilancio generale della Comunità europea.Articolo 15 1. La Commissione, che agisce secondo la procedura di cui all'articolo 17, paragrafo 2:- decide in merito al finanziamento comunitario delle azioni di protezione di cui all'articolo 2, lettera c), nel quadro dell'attuazione dell'azione umanitaria,- adotta i regolamenti di applicazione del presente regolamento,- decide in merito agli interventi diretti della Commissione o al finanziamento degli interventi degli organismi specializzati degli Stati membri.2. La Commissione, che agisce secondo la procedura di cui all'articolo 17, paragrafo 3:- approva i piani globali, destinati a fornire un quadro coerente d'azione in un paese o in una regione determinata in cui la crisi umanitaria è tale da protrarsi, segnatamente a causa della sua entità e della sua complessità, nonché le relative dotazioni finanziarie. In tale contesto, la Commissione e gli Stati membri esaminano le priorità da accordare nel quadro dell'attuazione di tali piani globali,- decide in merito ai progetti di importo superiore a 2 milioni di ECU, fatte salve le disposizioni dell'articolo 13.Articolo 16 1. Una volta all'anno in sede di comitato di cui all'articolo 17 si procede ad uno scambio di opinioni, in base alla presentazione, da parte del rappresentante della Commissione, degli orientamenti generali dell'azione umanitaria per gli anni a venire e ad un esame della problematica generale del coordinamento delle azioni di aiuto umanitario comunitarie e nazionali, nonché eventuali questioni generali o specifiche relative all'aiuto comunitario nel settore in questione.2. La Commissione trasmette inoltre al comitato di cui all'articolo 17 informazioni sull'evoluzione degli strumenti di gestione delle azioni umanitarie, tra cui il contratto quadro di partenariato.3. Il comitato di cui all'articolo 17 è informato altresì delle intenzioni della Commissione riguardo alla valutazione delle azioni umanitarie e eventualmente al suo calendario di lavoro.Articolo 17 1. La Commissione è assistita da un comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.2. Quando si fa riferimento alla procedura definita nel presente paragrafo, il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato esprime il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è espresso alla maggioranza prevista dall'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni del comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri viene attribuita la ponderazione definita all'articolo precitato. Il presidente non partecipa alla votazione.La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato.Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.Se il Consiglio non ha deliberato entro un mese a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte.3. Quando si fa riferimento alla procedura definita nel presente paragrafo, il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato esprime il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è espresso alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione fissata nell'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto.La Commissione adotta misure che sono immediatamente applicabili. Tuttavia, se tali misure non sono conformi al parere espresso dal comitato, la Commissione le comunica immediatamente al Consiglio. In tal caso, la Commissione può differire di un mese, a decorrere da tale comunicazione, l'applicazione delle misure da essa decise.Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può prendere una decisione diversa entro il termine di cui al comma precedente.Articolo 18 1. La Commissione effettua ad intervalli regolari valutazioni di azioni di aiuto umanitario finanziate dalla Comunità, al fine di stabilire se siano stati raggiunti gli obiettivi che tali azioni si prefiggono e per ricavarne orientamenti finalizzati a migliorare l'efficacia delle azioni future. La Commissione presenta al comitato un sommario delle valutazioni effettuate che potrebbero, se del caso, essere da esso esaminate. Nel sommario figurano tra l'altro i regimi applicabili agli esperti assunti. Le relazioni di valutazione sono trasmesse agli Stati membri che ne facciano richiesta.2. La Commissione può altresì procedere, su richiesta degli Stati membri e con la loro partecipazione, a valutazioni sui risultati delle azioni e piani umanitari della Comunità europea.Articolo 19 Al termine di ciascun esercizio di bilancio la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione annuale contenente un sommario delle azioni finanziate durante l'esercizio.Nel sommario figurano segnatamente informazioni riguardo agli operatori tramite i quali le azioni umanitarie sono state attuate.La relazione include una sintesi delle valutazioni esterne effettuate, eventualmente, per quanto riguarda azioni specifiche.La Commissione informa gli Stati membri, al più tardi entro un mese dall'adozione della sua decisione e fatto salvo l'articolo 13 del presente regolamento, delle azioni approvate, indicandone l'importo, la natura, le popolazioni beneficiarie e i partner.Articolo 20 Tre anni dopo l'entrata in vigore del presente regolamento la Commissione sottoporrà al Parlamento europeo e al Consiglio una valutazione globale delle azioni finanziate dalla Comunità nel quadro del regolamento stesso, corredata di suggerimenti circa il futuro del presente regolamento, se del caso, di proposte di modifica.Articolo 21 Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Lussemburgo, addì 20 giugno 1996.Per il ConsiglioIl PresidenteP. BERSANI(1) GU n. C 180 del 14. 7. 1995, pag. 6.(2) Parere del Parlamento europeo del 30 novembre 1995 (GU n. C 339 del 18. 12. 1995, pag. 60), posizione comune del Consiglio del 29 gennaio 1996 (GU n. C 87 del 25. 3. 1996, pag. 46) e decisione del Parlamento europeo del 21 maggio 1996 (GU n. C 166 del 10. 6. 1996).
Strumento di aiuto umanitario dell’Unione europea QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? L’aiuto umanitario dell’UE mira a fornire assistenza, soccorso e protezione alle persone colpite da calamità naturali o indotte ed emergenze simili. L’attenzione maggiore è rivolta alle vittime più vulnerabili. Il presente regolamento stabilisce i principali obiettivi, principi e procedure per attuare operazioni di aiuto umanitario dell’UE. PRIORITÀ CHIAVE Principi L’assistenza dell’UE deve essere: basata su reali necessità ; rivolta a popolazioni in situazione di necessità , indipendentemente dalla nazionalità, dalla religione, dal genere, dall’età, dall’origine etnica o dall’affiliazione politica; basata sui principi umanitari internazionali e sul consenso europeo sull’aiuto umanitario. Beneficiari L’assistenza dell’UE è coordinata dalla direzione generale della Commissione europea per la Protezione civile e le operazioni di aiuto umanitario (ECHO). I finanziamenti sono rivolti ai paesi non appartenenti all'UE. Settori interessati L’aiuto umanitario può essere fornito in molti modi, ciascuno a seconda della natura della crisi, sotto forma di: cibo e sostegno alimentare; assistenza medica e supporto psico-sociale; forniture d’acqua e di servizi igienici; ricoveri; riparazioni d’emergenza alle infrastrutture; sminamento; istruzione. L’aiuto umanitario può inoltre essere volto alla riduzione del rischio di calamità . Finanziamento L’UE, insieme ai suoi Stati membri, è il primo donatore di aiuti umanitari al mondo. Nel 2014, circa 121 milioni di persone in oltre 80 paesi hanno ricevuto aiuto dall’UE, per una somma di oltre 1,27 miliardi di euro. Gli aiuti hanno contribuito a fornire soccorso in tutte le principali regioni in crisi del mondo, fra cui Siria, Sud Sudan, Yemen e Ucraina. Coordinamento con i partner L’aiuto umanitario dell’UE viene attuato attraverso oltre 200 organizzazioni partner, quali le agenzie delle Nazioni Unite, le organizzazioni internazionali come la Croce Rossa e molte organizzazioni non governative (ONG). Per ricevere finanziamenti per un progetto umanitario, le organizzazioni partner presentano proposte di finanziamento e si attengono a rigorose linee guida per la valutazione e il controllo dei progetti. I partner devono comunicare il sostegno dell’Unione mostrando l’identità visiva dell’UE sui siti dei progetti. Inoltre, devono coordinare da vicino i loro progetti, per garantire che l’assistenza sia pronta ed efficiente. Azione a lungo termine L’aiuto umanitario viene impiegato inoltre per aumentare la resilienza a futuri shock, fornendo sussidi allo sviluppo a lungo termine, in linea con: L’approccio dell’UE alla resilienza; il documento orientativo dell’UE sull’aiuto di emergenza, risanamento e sviluppo. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica a partire dal 5 luglio 1996. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda: Aiuto umanitario; Scheda informativa sull’aiuto umanitario. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1257/96 del Consiglio, del 20 giugno 1996, relativo all’aiuto umanitario (GU L 163 del 2.7.1996, pag. 1-6) Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 1257/96 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
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DECISIONE N. 234/2008/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell’11 marzo 2008 che istituisce il comitato consultivo europeo di statistica e che abroga la decisione 91/116/CEE del Consiglio (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 285, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) La consultazione degli utenti e dei produttori di informazioni statistiche e dei rispondenti alla richiesta di fornire tali informazioni è fondamentale ai fini della preparazione e dello sviluppo della politica dell’informazione statistica comunitaria. (2) Il comitato consultivo europeo dell’informazione statistica nei settori economico e sociale istituito con la decisione 91/116/CEE del Consiglio (3) assiste attualmente il Consiglio e la Commissione in sede di coordinamento degli obiettivi della politica dell’informazione statistica comunitaria, tenendo conto delle esigenze degli utenti e dei costi sostenuti dai produttori e dai fornitori di informazioni. (3) Sebbene il comitato consultivo europeo dell’informazione statistica nei settori economico e sociale abbia dato prova della propria utilità, i cambiamenti intervenuti nella Comunità, in particolare il suo allargamento a 27 Stati membri, rendono necessario apportare numerose modifiche al ruolo, al mandato, alla composizione e alle procedure di tale comitato. Nell’interesse della chiarezza è opportuno sostituirlo con un nuovo comitato consultivo europeo di statistica (di seguito «il comitato»). (4) Il comitato dovrebbe contribuire a una stretta cooperazione durante il processo di pianificazione del programma al fine di migliorare la governanza del Sistema statistico europeo e di accrescere la qualità delle statistiche comunitarie. A tal fine è opportuno che sia mantenuta una stretta collaborazione con il comitato del programma statistico, istituito con la decisione 89/382/CEE, Euratom (4) del Consiglio, e con il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti, istituito con la decisione 91/115/CEE del Consiglio (5). (5) È opportuno raggiungere un giusto equilibrio tra la necessità di una riduzione del numero dei componenti del comitato, onde consentirgli di operare con efficienza in una Comunità allargata, e l’esigenza di assicurare la rappresentanza di tutte le parti interessate alle statistiche comunitarie come richiesto dal Consiglio nelle sue conclusioni dell’8 novembre 2005. (6) Per conseguire gli obiettivi di migliorare la valutazione e l’equilibrio tra i benefici e i costi dei bisogni statistici comunitari e di riequilibrare e di ridurre l’onere imposto dalla normativa statistica comunitaria, facendo così meglio fronte alla crescita della domanda, il comitato dovrebbe svolgere un ruolo più incisivo in sede di preparazione e di attuazione del programma statistico comunitario. (7) Il comitato dovrebbe raccogliere i pareri degli utenti, dei rispondenti e dei produttori di informazioni statistiche sugli obiettivi della politica dell’informazione statistica comunitaria. (8) È pertanto opportuno abrogare la decisione 91/116/CEE, DECIDONO: Articolo 1 Comitato consultivo europeo di statistica 1. È istituito il comitato consultivo europeo di statistica (di seguito «il comitato»). 2. Il comitato assiste il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione garantendo che le esigenze degli utenti e i costi sostenuti dai produttori e dai fornitori di informazioni siano presi in considerazione in sede di coordinamento delle priorità e degli obiettivi strategici della politica dell’informazione statistica comunitaria. 3. Tale assistenza riguarda tutti i settori statistici pertinenti alla politica dell’informazione statistica comunitaria. Articolo 2 Compiti 1. La Commissione consulta il comitato nelle prime fasi del processo di preparazione del programma statistico comunitario. Il comitato formula un parere pronunciandosi in particolare: a) sulla pertinenza del programma statistico comunitario rispetto alle esigenze inerenti all’integrazione e allo sviluppo europei espresse dalle istituzioni comunitarie, dalle amministrazioni nazionali e regionali, dalle diverse categorie economiche e sociali e dal mondo scientifico; b) sulla pertinenza del programma statistico comunitario rispetto alle attività della Comunità, tenuto conto degli sviluppi economici, sociali e tecnici; c) sull’equilibrio, in termini di priorità e risorse, tra i diversi settori del programma statistico comunitario, il programma di lavoro statistico annuale della Commissione e la possibilità di ridefinire le priorità del lavoro statistico; d) sull’adeguatezza delle risorse necessarie per l’attuazione del programma statistico comunitario, compresi i costi direttamente sostenuti dalle autorità nazionali e comunitarie, e sull’appropriatezza alle esigenze degli utenti dell’ampiezza, del grado di dettaglio e dei costi delle statistiche comunitarie; e) sui costi connessi alla trasmissione dell’informazione statistica da parte dei fornitori di informazioni e sulle possibilità di ridurre l’onere della risposta, in particolare quello che grava sulle piccole e medie imprese. 2. Il comitato richiama inoltre l’attenzione della Commissione sui settori in cui può risultare necessario sviluppare nuove attività statistiche e consiglia la Commissione in merito al modo in cui migliorare la pertinenza delle statistiche comunitarie per gli utenti, tenuto conto dei costi gravanti sui produttori e sui fornitori di informazioni. Articolo 3 Relazioni con le istituzioni comunitarie e gli altri organi 1. Su richiesta del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, il comitato formula un parere su questioni inerenti alle esigenze degli utenti e ai costi sostenuti dai fornitori di dati, in merito allo sviluppo della politica dell’informazione statistica comunitaria, alle priorità del programma statistico comunitario, alla valutazione delle statistiche esistenti, alla qualità dei dati e alla politica di diffusione. 2. Il comitato formula pareri e presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione relazioni sulle esigenze degli utenti e sui costi sostenuti dai fornitori di dati in sede di produzione e diffusione delle statistiche comunitarie ogniqualvolta lo giudichi necessario per assolvere i suoi compiti. La Commissione riferisce annualmente sul modo in cui ha tenuto conto dei pareri del comitato. 3. Nello svolgimento dei propri compiti, il comitato collabora con il comitato del programma statistico e con il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti. Esso informa regolarmente questi due comitati sui suoi pareri relativi ai compiti descritti all’articolo 2 e trasmette loro i pareri e le relazioni di cui ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo. 4. Il comitato stabilisce contatti con i consigli nazionali degli utenti delle statistiche. Articolo 4 Composizione e procedura di nomina 1. Il comitato è composto di 24 membri, come segue: a) dodici membri sono nominati dalla Commissione previa consultazione del Parlamento europeo e del Consiglio. Essi agiscono in maniera indipendente. In vista della nomina di tali dodici membri ciascuno Stato membro comunica alla Commissione il nominativo di tre candidati altamente qualificati nel settore statistico. La Commissione si sforza di garantire che la selezione dei dodici membri rappresenti pariteticamente utenti, rispondenti e altri soggetti interessati alle statistiche comunitarie (compresa la comunità scientifica, le parti sociali e la società civile). I dodici membri esercitano le proprie funzioni a titolo personale; b) undici membri sono nominati direttamente dalle istituzioni e dagli organi cui appartengono, come segue: i) un membro rappresentante del Parlamento europeo; ii) un membro rappresentante del Consiglio; iii) un membro rappresentante del Comitato economico e sociale europeo; iv) un membro rappresentante del Comitato delle regioni; v) un membro rappresentante della Banca centrale europea; vi) due membri rappresentanti del comitato del programma statistico; vii) un rappresentante della confederazione delle industrie della Comunità europea (BusinessEurope); viii) un rappresentante della Confederazione europea dei sindacati (CES); ix) un rappresentante dell’Unione europea dell’artigianato e delle piccole e medie imprese; x) il garante europeo della protezione dei dati; c) il direttore generale di Eurostat è componente di diritto del comitato consultivo di statistica, ma non dispone di diritto di voto. 2. L’elenco dei membri del comitato è pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, serie C. Articolo 5 Durata del mandato 1. Il mandato conferito ai membri del comitato ha una durata di cinque anni, rinnovabile una volta. Alla scadenza del loro mandato i membri restano in carica fino alla loro sostituzione o al rinnovo della loro nomina. 2. Un membro che si dimetta prima della scadenza del suo mandato è sostituito per la parte rimanente del suo mandato da un membro nominato conformemente all’articolo 4. Articolo 6 Struttura e funzionamento 1. Il comitato elegge il proprio presidente tra i membri nominati dalla Commissione. Il mandato del presidente è di cinque anni, rinnovabile una volta. 2. Il presidente convoca il comitato almeno una volta all’anno, di propria iniziativa o su richiesta di almeno un terzo dei membri dello stesso. 3. Per la formulazione di pareri su questioni statistiche di particolare complessità, il comitato può, in accordo con la Commissione, istituire gruppi di lavoro temporanei presieduti da un membro del comitato. La composizione di ciascun gruppo di lavoro si presenta equilibrata sotto il profilo dell’esperienza professionale e della distribuzione geografica degli esperti di cui è costituito. I presidenti di tali gruppi illustrano i risultati dei loro lavori presentando una relazione in una riunione del comitato. 4. Per lo svolgimento dei suoi compiti, il comitato può commissionare studi e organizzare seminari. 5. I rappresentanti di tutti i servizi della Commissione interessati possono partecipare alle riunioni del comitato e dei gruppi di lavoro in qualità di osservatori. Il presidente può autorizzare altri osservatori a partecipare alle riunioni del comitato. 6. La Commissione provvede ai compiti di segreteria per il comitato e per i gruppi di lavoro. 7. Le spese del comitato sono incluse nelle stime di bilancio della Commissione. Articolo 7 Procedure decisionali Le procedure decisionali dettagliate del comitato sono specificate nel suo regolamento interno. Articolo 8 Riservatezza Fatto salvo l’articolo 287 del trattato, i membri del comitato sono tenuti a non divulgare informazioni cui hanno avuto accesso in ragione delle procedure del comitato o dei gruppi di lavoro, nel caso in cui la Commissione li informi che dette informazioni sono di carattere riservato per giustificati motivi o che rispondere a richieste di pareri o a questioni sollevate comporterebbe la divulgazione di dette informazioni riservate. Articolo 9 Regolamento interno Previa consultazione della Commissione il comitato adotta il proprio regolamento interno. Tale regolamento è trasmesso per informazione al Parlamento europeo e al Consiglio. Articolo 10 Abrogazione La decisione 91/116/CEE è abrogata. Articolo 11 Entrata in vigore La presente decisione entra in vigore il 15 giugno 2008. Fatto a Strasburgo, addì 11 marzo 2008. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente J. LENARČIČ (1) GU C 97 del 28.4.2007, pag. 1. (2) Parere del Parlamento europeo del 24 ottobre 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 14 febbraio 2008. (3) GU L 59 del 6.3.1991, pag. 21. Decisione modificata dalla decisione 97/255/CE (GU L 102 del 19.4.1997, pag. 32). (4) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47. (5) GU L 59 del 6.3.1991, pag. 19. Decisione sostituita dalla decisione 2006/856/CE (GU L 332 del 30.11.2006, pag. 21).
Comitato consultivo europeo di statistica QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Istituisce il comitato consultivo europeo di statistica, un organo consultivo che contribuisce allo sviluppo e all’attuazione della politica d’informazione statistica dell’UE. Essa abroga la decisione 91/116/CEE del Consiglio. PUNTI CHIAVE Il comitato contribuisce a una stretta cooperazione durante il processo di pianificazione del programma statistico al fine di migliorare la governance del sistema statistico europeo e di accrescere la qualità della statistica europea. Il comitato raccoglie i pareri di utenti, soggetti intervistati e produttori di informazioni statistiche sugli obiettivi della politica dell’informazione statistica dell’UE. Missione La Commissione europea deve consultare il comitato durante la preparazione del programma statistico dell’UE. Fornisce pareri sul programma, occupandosi in particolare:della rilevanza del programma rispetto ai requisiti di integrazione e sviluppo europei; della rilevanza del programma in relazione alle attività dell’UE in termini di sviluppo economico, sociale e tecnico; dell’equilibrio di priorità e risorse tra le diverse aree del programma; dell’adeguatezza delle risorse necessarie per attuare il programma; dei costi di produzione sostenuti dai fornitori di informazioni statistiche. Il comitato dà consigli e pareri alla Commissione in merito allo sviluppo e all’uso di informazioni statistiche dell’UE. Relazioni con altri organismi e istituzioni Su richiesta del Parlamento europeo, del Consiglio o della Commissione, il comitato rilascia pareri su:la politica d’informazione statistica dell’UE; le priorità del programma statistico comunitario; la valutazione delle statistiche esistenti; la qualità dei dati e la politica di diffusione. Assolve il suo compito cooperando con il comitato del sistema statistico europeo. Composizione Il comitato è composto da ventiquattro membri nominati per un mandato di cinque anni, rinnovabile una sola volta. I membri sono scelti in maniera equilibrata da:la Commissione, che nomina dodici membri dopo essersi consultata con il Parlamento europeo e il Consiglio, usando una lista fornita dai paesi dell’UE. La Commissione si impegna a garantire che la selezione dei dodici membri rappresenti, in egual misura, utenti, soggetti intervistati e altre parti interessate alle statistiche dell’UE; le istituzioni e gli organismi cui essi appartengono, che nominano undici membri (1 rappresentante per organizzazione: Parlamento europeo, Consiglio, Comitato economico e sociale europeo, Comitato delle regioni, Banca centrale europea, Comitato del sistema statistico europeo [2 rappresentanti], BusinessEurope, Confederazione europea dei sindacati, Unione europea dell’artigianato e delle piccole e medie imprese, Garante europeo della protezione dei dati. Il direttore generale di Eurostat è un membro ex-officio* senza diritto di voto). Il comitato elegge il proprio presidente per un mandato di cinque anni, rinnovabile una sola volta. La segreteria del Comitato è fornita dalla Commissione. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? È in vigore dal 15 giugno 2008. CONTESTO Il Comitato consultivo statistico europeo sostituisce il comitato consultivo europeo dell’informazione statistica nei settori economico e sociale. Per ulteriori informazioni consultare:Comitato consultivo europeo di statistica (Eurostat). TERMINI CHIAVE Ex-officio: in virtù della sua posizione o carica che, in questo caso, è quella di direttore generale. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione n. 234/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo, che istituisce il comitato consultivo europeo di statistica e abroga la decisione 91/116/CEE del Consiglio (GU L 73 del 15.3.2008, pag. 13).
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Regolamento n. 19/65/CEE del Consiglio, del 2 marzo 1965, relativo all'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3, del Trattato a categorie di accordi e pratiche concordate Gazzetta ufficiale n. 036 del 06/03/1965 pag. 0533 - 0535 edizione speciale finlandese: capitolo 8 tomo 1 pag. 0036 edizione speciale danese: serie I capitolo 1965-1966 pag. 0031 edizione speciale svedese/ capitolo 8 tomo 1 pag. 0036 edizione speciale inglese: serie I capitolo 1965-1966 pag. 0035 edizione speciale greca: capitolo 08 tomo 1 pag. 0059 edizione speciale spagnola: capitolo 08 tomo 1 pag. 0085 edizione speciale portoghese: capitolo 08 tomo 1 pag. 0085 REGOLAMENTO N. 19/63/CEE DEL CONSIGLIO del 2 marzo 1963 relative all'applicazione dell'articolo 63, paragrafo 3, del Trattato a categorie di accordi e pratiche concordateIL CONSIGLIO DELLA COMUNITÀ ECONOMICA EUROPEA,Visto il Trattato che istituisce la Comunità Economica Europea, e in particolare l'articolo 87,Vista la proposta della Commissione,Visto il parere del Parlamento Europeo (1),Visto il parere del Comitato economico e sociale (2),Considerando che la dichiarazione di inapplicabilità delle disposizioni dell'articolo 85, paragrafo 1 del Trattato può, conformemente alle disposizioni del paragrafo 3 dello stesso articolo, riguardare categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate che soddisfino alle condizioni-richieste da tali disposizioni;Considerando che le modalità d'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3 devono essere stabilite per regolamento basato sull'articolo 87;Considerando che, dato il gran numero di notifiche depositate in applicazione del regolamento n. 17 (3), è opportuno, al fine di facilitarne il compito, porre la Commissione in grado di dichiarare, mediante regolamento, inapplicabili a talune categorie di accordi e di pratiche concordate le disposizioni dell'articolo 85, paragrafo 1;Considerando che occorre precisare le condizioni in cui la Commissione potrà esercitare tale potere, in collegamento stretto e costante con le autorità competenti degli Stati membri, quando sarà stata acquisita un'esperienza sufficiente a seguito di decisioni individuali e sarà possibile definire le categorie di accordi e di pratiche concordate per le quali le condizioni dell'articolo 85, paragrafo 3 potranno essere considerate soddisfatte;Considerando che la Commissione ha indicato, con la propria azione e in particolare col regolamento n. 153 (4), che nessun alleggerimento delle procedure previste dal regolamento n. 17 può essere preso in considerazione per alcuni tipo di accordi o di pratiche concordate che siano particolarmente suscettibili di falsare il giuoco della concorrenza nel mercato comune;Considerando che, in virtù dell'articolo 6 del regolamento n. 17, la Commissione può decidere che una dicharazione rilasciata ai sensi dell'articolo 85, paragrafo 3, del Trattato abbia effetto retroattivo; che conviene che la Commissione possa prendere tale decisione anche in un regolamento;Considerando che, in virtù dell'articolo 7 del regolamento n. 17, mediante decisione della Commissione, possono essere sottratti al divieto di cui all'articolo 83, paragrafo 1, accordi, decisioni e pratiche concordate, specie se modificati in modo da soddisfare alle condizioni di applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3; che è opportuno che la Commissione possa accordare lo stesso beneficio mediante regolamento a tali accordi e pratiche concordate qualora siano modificati in modo da rientrare in una categoria definita mediante regolamento d'esenzione;Considerando che, se non si trovano riunite le condizioni menzionate all'articolo 85, paragrafo 3, un'esenzione non può restare acquisita; che, quindi, la Commissione deve avere la facoltà di stabilire, mediante decisione, le condizioni alle quali dovrà soddisfare un accordo o una pratica concordata che, a motivo di particolari circostanze, riveli effetti incompatibili con l'articolo 85, paragrafo 3,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 11. Fatta salva l'applicazione del regolamento n. 17 del Consiglio, la Commissione può dichiarare mediante regolamento e in conformità dell'articolo 85, paragrafo 3 del Trattato che l'articolo 85, paragrafo 1 non è applicabile a categorie di accordi ai quali partecipano soltanto due imprese ea) - nei quali l'una s'impegna nei confronti dell'altra a fornire determinati prodotti soltanto ad essa, ai fini della rivendita all'interno di una parte determinata del territorio del mercato comune, oppure- nei quali l'una s'impegna nei confronti dell'altra ad acquistare determinati prodotti soltanto da essa, ai fini della rivendita, oppure- nei quali sono stati conclusi tra le due imprese, ai fini della rivendita, impegni esclusivi di fornitura e di acquisto dello stesso tipo di quelli previsti nei due precedenti capoversi,b) che comportano limitazioni imposte in rapporto all'acquisto o all'utilizzazione di diritti relativi alla proprietà industriale - in particolare ai brevetti, modelli di utilità, modelli e disegni ornamentali o marchi - o ai diritti derivanti da contratti di cessione o di concessione di procedimenti di fabbricazione o di cognizioni relative all'utilizzazione o all'applicazione di tecniche industriali.2. Il regolamento deve comprendere una definizione delle categorie di accordi ai quali si applica e precisare in particolare:a) le restrizioni o le clausole che non possono figurare negli accordi;b) le clausole che devono figurare negli accordi o le altre condizioni che devono essere soddisfatte.3. I paragrafi 1 e 2 si applicano, in quanto compatibili, alle categorie di pratiche concordate alle quali partecipano soltanto due imprese.Articolo 21. Un regolamento, emanato in virtù dell'articolo 1, è adottato per una durata limitata.2. Può essere abrogato o modificato quando le circostanze si sono modificate relativamente ad un elemento che è stato essenziale per la sua adozione; in tal caso è previsto un periodo di adattamento per gli accordi e le pratiche concordate, contemplati dal regolamento anteriore.Articolo 3Un regolamento adottato in virtù dell'articolo 1 può applicarsi con effetto retroattivo agli accordi e pratiche concordate che, al momento dell'entrata in vigore del regolamento, avrebbero potuto beneficiare di una decisione con effetto retroattivo in applicazione dell'articolo 6 del regolamento n. 17.Articolo 41. Un regolamento adottato in virtù dell'articolo 1 può disporre che il divieto di cui all'articolo 85, paragrafo 1 del Trattato non si applica, per il periodo in esso stabilito, agli accordi e pratiche concordate esistenti alla data del 13 marzo 1962 e che non soddisfano alle condizioni dell'articolo 85, paragrafo 3:- se sono modificati entro tre mesi dall'entrata in vigore del regolamento, in modo da soddisfare a dette condizioni secondo le disposizioni del regolamento stesso e- se le modifiche sono portate a conoscenza della Commissione nel termine fissato dal regolamento.2. Il paragrafo 1 è applicabile agli accordi e pratiche concordate che dovevano essere notificati anteriormente al 1° febbraio 1963, conformemente all'articolo 5 del regolamento n. 17, solo se la notificazione è stata effettuata prima di tale data.3. Il beneficio delle disposizioni stabilite a norma del paragrafo 1 non può essere invocato nelle vertenze pendenti alla data dell'entrata in vigore di un regolamento adottato in virtù dell'articolo 1; né può essere invocato per motivare una domanda di risarcimento di danni nei confronti di terzi.Articolo 5Quando la Commissione intende adottare un regolamento, ne pubblica il progetto, invitando tutti gli interessati a comunicarle le loro osservazioni entro il termine da essa stabilito, che non può essere inferiore ad un mese.Articolo 61. La Commissione consulta il Comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti:a) prima di pubblicare un progetto di regolamento,b) prima di adottare un regolamento.2. L'articolo 10, paragrafi 5 e 6 del regolamento n. 17, relativo alla consultazione del Comitato consultivo, è applicabile, in quanto compatibile, restando inteso che le riunioni comuni con la Commissione avranno luogo al più presto un mese dopo l'invio della convocazione.Articolo 7Se la Commissione costata d'ufficio o su domanda di uno Stato membro o di persone fisiche o giuridiche che fanno valere un interesse che, in un caso determinato, accordi o pratiche concordate previsti in un regolamento, adottato in virtù dell'articolo 1, hanno tuttavia taluni effetti incompatibili con le condizioni previste all'articolo 85, paragrafo 3 del Trattato, essa può, ritirando il beneficio dell'applicazione di detto regolamento, prendere una decisione in conformità agli articoli 6 e 8 del regolamento n. 17, senza che sia richiesta la notificazione di cui all'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 17.Articolo 8La Commissione trasmette al Consiglio, prima del 1° gennaio 1970, una proposta di regolamento intesa ad apportare al presente regolamento le modifiche che appariranno necessarie in relazione all'esperienza acquisita.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 2 marzo 1965.Per il ConsiglioIl PresidenteM. COUVE DE MURVILLE
Norme UE su pratiche concordate e accordi tra società QUAL È LO SCOPO DELL’ARTICOLO 101 DEL TFUE E DEL REGOLAMENTO? L’articolo 101, paragrafo 1 del TFUE1 vieta gli accordi e le pratiche concordate* tra società e gruppi di società che possono incidere sugli scambi tra i paesi dell’UE e il cui scopo è prevenire, limitare o distorcere la concorrenza all’interno del mercato unico dell’UE. L’articolo 101, paragrafo 2 stabilisce che tutti gli accordi che rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, sono nulli a meno che non siano esentati ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3. L’articolo 101, paragrafo 3, tuttavia, consente eccezioni a questa regola quando tali accordi o pratiche:favoriscono la produzione o la distribuzione di beni; o promuovono il progresso economico o tecnico; e consentono ai consumatori una giusta quota del beneficio risultante. Il regolamento applica l’articolo 101, paragrafo 3, del TFUE a determinati tipi di accordi e pratiche concordate tra società in cui i loro benefici a favore della concorrenza sono superiori al loro impatto anticoncorrenziale. 1 Nota: L’articolo 101 era in precedenza l’articolo 81 del trattato che istituisce la Comunità europea, come modificato dal trattato di Amsterdam. In precedenza, era l’articolo 85 del trattato di Roma. PUNTI CHIAVE Il regolamento autorizza la Commissione europea ad applicare l’articolo 101, paragrafo 3, del TFUE mediante regolamento, a determinate categorie di accordi verticali* e alle pratiche concordate corrispondenti che rientrano nell’ambito dell’articolo 101, paragrafo 1, del TFUE. Esso stabilisce le condizioni in base alle quali la Commissione, previa consultazione delle parti interessate e del comitato consultivo in materia di pratiche restrittive e posizioni dominanti, può adottare un regolamento che dichiara che l’articolo 101, paragrafo 1, non si applica a un caso individuale o a categorie di accordi:stipulati da due o più imprese, ciascuna delle quali opera a un livello diverso della catena di produzione o di distribuzione, riguardanti le condizioni in base alle quali le parti possono acquistare, vendere o rivendere determinati beni o servizi; a cui partecipano solo due società e che contengono restrizioni in relazione all’acquisizione o all’utilizzo di diritti di proprietà industriale, quali brevetti, modelli di utilità, disegni o marchi commerciali, o diritti derivanti da contratti di cessione o diritti d’uso, di un metodo di fabbricazione o conoscenza relativo all’uso o all’applicazione di processi industriali. Il regolamento della Commissione definisce le categorie di accordi a cui si applica e stabilisce le restrizioni o le clausole che non possono essere contenute negli accordi. Le stesse regole si applicano in relazione alle categorie di pratiche concordate. Il regolamento può anche stabilire le condizioni che possono comportare l’esclusione dalla sua applicazione di determinate reti parallele di accordi simili o pratiche concordate che operano su un determinato mercato. Tali disposizioni:vengono adottate per un periodo determinato; possono essere modificate o abrogate se le circostanze sulle quali sono basate sono cambiate; possono essere emesse con effetto retroattivo. A seguito di un libro verde della Commissione del 1997 sulle restrizioni verticali nella politica di concorrenza dell’UE, il regolamento 19/65 è stato modificato, insieme al regolamento n. 17/62 (il primo regolamento sulla politica della concorrenza dell’UE adottato per attuare gli articoli 85 e 86 del trattato di Roma) a gettare le basi per un unico regolamento di esenzione per categoria (BER) per gli accordi verticali di fornitura e distribuzione (regolamento (UE) n. 330/2010). La Commissione ha inoltre emesso orientamenti sulle restrizioni verticali che chiariscono le condizioni per l’applicazione del regolamento BER. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento è in vigore dal 6 marzo 1965. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Accordi esentati (articolo 101, paragrafo 3 del TFUE) (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Pratiche concordate: pratiche che, con o senza un accordo formale concluso tra le parti, sono anticoncorrenziali. Esse possono derivare da contatti diretti o indiretti tra società la cui intenzione è quella di influenzare la condotta del mercato o di rivelare comportamenti futuri previsti ai concorrenti. Accordi verticali: accordi tra imprese che operano a diversi livelli della catena di fornitura, ad esempio, in cui una società fornisce i materiali di produzione della seconda società. DOCUMENTO PRINCIPALE Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo VII — Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni — Capo 1 — Regole di concorrenza Sezione 1: Regole applicabili alle imprese — Articolo 101 (ex articolo 81 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pagg. 88-89). Regolamento n. 19/65/CEE del Consiglio, del 2 marzo, relativo all’applicazione dell’articolo 85, paragrafo 3, del Trattato a categorie di accordi e pratiche concordate (edizione speciale inglese: serie I capitolo 1965-1966 pagg. 35-37) Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 19/65/EEC sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Orientamenti sulle restrizioni verticali (GU C 130, del 19.5.2010, pagg. 1-46) Regolamento (UE) n. 330/2010 della Commissione, del 20 aprile 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate (GU L 102 del 23.4.2010, pagg. 1-7) Si veda la versione consolidata. Libro verde sulle restrizioni verticali nella politica di concorrenza comunitaria (COM(96) 721 final, del 20.1.1997) CEE Consiglio:Regolamento n. 17 Primo regolamento d’applicazione degli articoli 85 e 86 del trattato (edizione speciale inglese: serie I capitolo 1959-1962 pagg. 87-93) Si veda la versione consolidata.
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REGOLAMENTO (UE) N. 115/2010 DELLA COMMISSIONE del 9 febbraio 2010 che stabilisce le condizioni di utilizzazione dell'allumina attivata per l'eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali e dalle acque di sorgente (Testo rilevante ai fini del SEE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, vista la direttiva 2009/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, sull'utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali (1), in particolare l'articolo 4, paragrafo 1, lettera c) e l'articolo 12, lettera d), visto il parere dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare, considerando quanto segue: (1) La direttiva 2003/40/CE della Commissione, del 16 maggio 2003, che determina l'elenco, i limiti di concentrazione e le indicazioni di etichettatura per i componenti delle acque minerali naturali, nonché le condizioni d'utilizzazione dell'aria arricchita di ozono per il trattamento delle acque minerali naturali e delle acque sorgive (2), prevede un limite massimo per il fluoro nelle acque minerali naturali. Per quanto riguarda l'acqua di sorgente, tale limite è fissato dalla direttiva 98/83/CE del Consiglio, del 3 novembre 1998, relativa alla qualità dell'acqua destinata al consumo umano (3). (2) Per consentire agli operatori di rispettare le suddette direttive è opportuno autorizzare un trattamento di eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali e dalle acque di sorgente attraverso l'impiego di allumina attivata (qui di seguito «il trattamento per l'eliminazione del fluoro»). (3) Il trattamento per l'eliminazione del fluoro non deve aggiungere all'acqua trattata residui in concentrazioni tali da costituire un rischio per la salute pubblica. (4) Il trattamento per l'eliminazione del fluoro va notificato alle autorità competenti affinché possano svolgere i controlli necessari a garantirne la corretta applicazione. (5) Quando viene eseguito il trattamento per l'eliminazione del fluoro, l'etichetta dell'acqua trattata deve contenere indicazioni al riguardo. (6) I provvedimenti previsti dal presente regolamento sono conformi al parere del comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali; essi non sono stati contestati né dal Parlamento europeo, né dal Consiglio, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. È consentito il trattamento delle acque minerali naturali e delle acque di sorgente con allumina attivata, destinato ad eliminare il fluoro, denominato qui di seguito «il trattamento per l'eliminazione del fluoro». Il termine «acqua» si riferisce qui di seguito complessivamente alle acque minerali naturali e alle acque di sorgente. 2. Il trattamento per l'eliminazione del fluoro viene effettuato nel rispetto delle prescrizioni tecniche di cui all'allegato. Articolo 2 La presenza di residui nell'acqua quale conseguenza del trattamento per l'eliminazione del fluoro si trova al livello minimo tecnicamente possibile secondo le prassi migliori e non costituisce un rischio per la salute pubblica. A tal fine l'operatore esegue e controlla le fasi principali del trattamento di cui all'allegato. Articolo 3 1. L'esecuzione del trattamento per l'eliminazione del fluoro è notificata alle autorità competenti con almeno tre mesi di anticipo. 2. Mediante la notifica l'operatore trasmette alle autorità competenti le informazioni e la documentazione pertinenti nonché i risultati analitici relativi al trattamento, dai quali emerga il rispetto delle prescrizioni dell'allegato. Articolo 4 L'etichetta dell'acqua che è stata sottoposta ad un trattamento di eliminazione del fluoro contiene, vicino alla dichiarazione relativa alla composizione chimica, l'indicazione «acqua sottoposta ad una tecnica di assorbimento autorizzata». Articolo 5 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. I prodotti immessi sul mercato entro il 10 agosto 2010 e che non rispettano le prescrizioni dell'allegato 4, possono continuare ad essere commercializzati fino al 10 agosto 2011. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 9 febbraio 2010. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 164 del 26.6.2009, pag. 45. (2) GU L 126 del 22.5.2003, pag. 34. (3) GU L 330 del 5.12.1998, pag. 32. ALLEGATO Prescrizioni tecniche relative all'utilizzazione dell'allumina attivata per l'eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali e dalle acque di sorgente Le seguenti fasi principali del trattamento devono essere realizzate e monitorate adeguatamente: 1) prima di utilizzare l'allumina attivata per il trattamento dell'acqua è necessario sottoporla ad una procedura di inizializzazione con prodotti chimici alcalini o acidi per rimuovere qualsiasi impurità e ad un controlavaggio per eliminare le particelle fini; 2) a seconda della qualità e del flusso dell'acqua va effettuata una procedura di rigenerazione ad intervalli che variano tra una e quattro settimane. La procedura di rigenerazione prevede l'impiego di prodotti chimici adeguati a rimuovere gli ioni assorbiti, onde ripristinare la capacità di assorbimento dell'allumina attivata ed eliminare eventuali biofilm formatisi. La procedura va eseguita in tre fasi: — trattamento all'idrossido di sodio per rimuovere gli ioni fluoro e sostituirli con ioni idrossido, — trattamento con acido per rimuovere i residui di idrossido di sodio ed attivare la sostanza, — risciacquo con acqua potabile o demineralizzata e condizionamento con acqua quale fase finale, onde garantire che il filtro non incida sul contenuto generale di minerali dell'acqua trattata; 3) i prodotti chimici e i reagenti utilizzati nei processi di inizializzazione e rigenerazione devono rispettare le norme europee pertinenti (1) o le norme nazionali applicabili relative alla purezza dei reagenti chimici impiegati nel trattamento dell'acqua destinata al consumo umano; 4) l'allumina attivata deve rispettare la norma europea applicabile ai test di lisciviazione (EN 12902) (2) per garantire che non vengano rilasciati residui nell'acqua in concentrazioni eccedenti i limiti stabiliti dalla direttiva 2003/40/CE o, in mancanza di limiti in tale direttiva, i limiti di cui alla direttiva 98/83/CE o alla legislazione nazionale applicabile. Il quantitativo totale di ioni alluminio presenti nell'acqua trattata in seguito al rilascio di alluminio, principale componente dell'allumina attivata, non deve eccedere 200 μg/l, come stabilito dalla direttiva 98/83/CE. Tale valore va controllato regolarmente, nel rispetto della direttiva del Consiglio; 5) alle fasi del trattamento vanno applicate le buone pratiche di fabbricazione e i principi HACCP di cui al regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (3) sull'igiene dei prodotti alimentari; 6) l'operatore deve stabilire un programma di monitoraggio volto a garantire il corretto svolgimento delle fasi del trattamento, in particolare per quanto concerne il mantenimento delle caratteristiche essenziali dell'acqua ed il suo contenuto di fluoro. (1) Norme europee elaborate dal CEN (Comitato europeo di normalizzazione). (2) Norma europea EN 12902 (2004): Prodotti utilizzati per il trattamento di acque destinate al consumo umano. Materiali inorganici di supporto e di filtrazione. (3) GU L 139 del 30.4.2004, pag. 1.
Utilizzazione dell’allumina per l’eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce le condizioni di utilizzazione dell’allumina attivata* per eliminare il fluoro* dalle acque minerali naturali e di sorgente, per soddisfare le direttive UE riguardanti la qualità dell’acqua potabile. PUNTI CHIAVE L’utilizzazione dell’allumina per l’eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali e di sorgente è consentito alle condizioni seguenti:La presenza di residui nell’acqua quale conseguenza del trattamento deve essere al livello minimo tecnicamente possibile e non deve costituire un rischio per la salute pubblica.L’esecuzione del trattamento deve essere notificata alle autorità competenti con almeno tre mesi di anticipo, con la documentazione e i dati dai quali emerga il rispetto del regolamento.Tutti i prodotti chimici utilizzati nel trattamento devono rispettare le norme applicabili al trattamento dell’acqua potabile.L’allumina attivata deve rispettare la norma europea applicabile per garantire che non vengano rilasciati nell’acqua residui eccessivi.Prima del suo utilizzo l’allumina attivata deve essere trattata per rimuovere i residui e le particelle fini.I filtri devono essere risciacquati quale fase finale, onde garantire che essi non incidano sul contenuto generale di minerali dell’acqua trattata.L’allumina attivata deve essere rigenerata a intervalli adeguati per ripristinare la sua efficacia.L’operatore deve monitorare i processi per garantire il mantenimento delle caratteristiche essenziali dell’acqua.L’utilizzo del trattamento per l’eliminazione del fluoro deve essere indicato nell’etichetta dell’acqua trattata, vicino alla dichiarazione relativa alla composizione chimica, nella forma seguente: «acqua sottoposta ad una tecnica di assorbimento autorizzata». DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? È stato applicato dal 2 marzo 2010. CONTESTO La direttiva 2009/54/CE fissa le regole dell’UE sui metodi consentiti per il trattamento delle acque minerali naturali e di sorgente. Essa autorizza la Commissione europea a stabilire le condizioni per l’utilizzo dei trattamenti dopo consultazioni con l’Autorità europea per la sicurezza alimentare. La direttiva 2003/40/CE della Commissione determina il limite della presenza di fluoro nelle acque minerali naturali. Il limite per le acque sorgive è fissato dalla direttiva 98/83/CE del Consiglio.I trattamenti chimici sono soggetti alle buone prassi di fabbricazione e ai principi definiti dal regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio sull’igiene dei prodotti alimentari.Per ulteriori informazioni, consultare: Acque minerali naturali e di sorgente (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Allumina attivata: forma altamente porosa di ossido di alluminio di elevata superficie. Può essere utilizzata come filtro per eliminare il fluoro dall’acqua potabile. Fluoro: un elemento naturalmente presente nelle acque di rete. Le concentrazioni variano sensibilmente tra uno Stato membro e l’altro. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 115/2010 della Commissione, del 9 febbraio 2010, che stabilisce le condizioni di utilizzazione dell’allumina attivata per l’eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali e dalle acque di sorgente (GU L 37 del 10.2.2010, pagg 13-15) DOCUMENTI COLLEGATI Direttiva 2009/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali (Rifusione) (GU L 164 del 26.6.2009, pagg 45-58) Regolamento (UE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sull’igiene dei prodotti alimentari (GU L 139 del 30.4.2004, pagg 1-54). Testo ripubblicato in rettifica (GU L 226 del 25.6.2004, pagg 3-21). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 852/2004 sono state incorporate nel testo base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Direttiva 2003/40/CE della Commissione, del 16 maggio 2003, che determina l’elenco, i limiti di concentrazione e le indicazioni di etichettatura per i componenti delle acque minerali naturali, nonché le condizioni d’utilizzazione dell’aria arricchita di ozono per il trattamento delle acque minerali naturali e delle acque sorgive (GU L 126 del 22.5.2003, pagg 34-39) Direttiva 98/83/CE del Consiglio, del 3 novembre 1998, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano (GU L 330 del 5.12.1998, pagg 32-54) Si veda la versione consolidata.
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RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO del 15 febbraio 2016 sull’inserimento dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro (2016/C 67/01) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292, in combinato disposto con l’articolo 148, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, considerando quanto segue: (1) Il tasso di disoccupazione nell’Unione, dopo essere aumentato fino a raggiungere un livello senza precedenti in seguito alla crisi economica e finanziaria del 2008-09, è attualmente in calo, mentre quello della disoccupazione di lungo periodo resta molto elevato. La disoccupazione di lungo periodo colpisce ogni Stato membro in misura diversa, in particolare in quanto l’impatto della crisi è stato disuguale e la situazione macroeconomica, la struttura economica e il funzionamento del mercato del lavoro differiscono da uno Stato membro all’altro. (2) Dopo anni di crescita debole e scarsa creazione di posti di lavoro, nel 2014 la disoccupazione di lungo periodo, definita da Eurostat come numero di persone che non hanno un lavoro e lo cercano attivamente da almeno un anno, ha colpito più di 12 milioni di persone, pari al 5 % della popolazione attiva dell’Unione, il 62 % delle quali era stato disoccupato per almeno due anni consecutivi. (3) La disoccupazione di lungo periodo sta colpendo le persone interessate, riducendo le potenzialità di crescita delle economie dell’Unione, aumentando il rischio di esclusione sociale, povertà e disuguaglianza e aggravando ulteriormente gli oneri sostenuti da servizi sociali e finanze pubbliche. Essa comporta perdita di reddito, decadimento delle competenze, maggiore incidenza dei problemi di salute e aumento della povertà delle famiglie. (4) Tra le persone più esposte alla disoccupazione di lungo periodo vi sono quelle con competenze o qualifiche scarse, i cittadini di paesi terzi, le persone con disabilità e le minoranze svantaggiate come i rom. Anche l’attività lavorativa svolta in precedenza da una persona svolge un ruolo importante, in quanto in alcuni paesi gli aspetti settoriali e ciclici sono fondamentali per spiegare la persistenza della disoccupazione di lungo periodo. (5) Ogni anno quasi un quinto dei disoccupati di lungo periodo nell’Unione si scoraggia e diventa inattivo perché la ricerca di un lavoro resta senza frutti. Gli ostacoli all’inserimento nel mercato del lavoro sono vari e spesso si sommano, cosicché per tale inserimento occorrono un approccio personalizzato e l’erogazione coordinata di servizi. (6) I disoccupati di lungo periodo rappresentano la metà del numero totale di disoccupati nell’Unione, ma meno di un quinto dei partecipanti a misure attive del mercato del lavoro. Di conseguenza solo una bassa percentuale di disoccupati di lungo periodo (in media il 24 %) beneficia del sussidio di disoccupazione. (7) Gli investimenti in capitale umano dovrebbero essere potenziati e resi più efficaci affinché possano conferire capacità e competenze utili e significative a un numero maggiore di persone, ovviare alle carenze di competenze e gettare le basi per una transizione agevole dall’apprendimento al lavoro e per il mantenimento dell’occupabilità. Migliorare l’efficacia e la pertinenza dei sistemi di istruzione e formazione contribuirà a ridurre il numero di nuovi disoccupati. A tal fine dovrebbe essere perseguita la modernizzazione dei sistemi di istruzione e di formazione in linea con gli obiettivi del semestre europeo, le conclusioni del Consiglio del 12 maggio 2009 su un quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione (ET 2020) (1) e la raccomandazione 2006/962/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente (2). (8) Al fine di sviluppare una strategia coordinata per l’occupazione, gli orientamenti del 2015 per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione (3) invitano a ridurre significativamente la disoccupazione strutturale e di lungo periodo ricorrendo a strategie globali in grado di sostenersi reciprocamente che includano un sostegno attivo personalizzato per il reinserimento nel mercato del lavoro. (9) Se da un lato gli Stati membri rimangono competenti per la scelta delle misure del mercato del lavoro più adeguate alla loro situazione specifica, dall’altro lato gli orientamenti invitano gli Stati membri a promuovere l’occupabilità investendo nel capitale umano attraverso sistemi di istruzione e formazione efficaci ed efficienti che innalzino il livello di competenza della forza lavoro, e invitano inoltre più specificamente gli Stati membri a incoraggiare i sistemi di apprendimento basati sul lavoro come l’apprendimento duale e a potenziare la formazione professionale. Più in generale, gli orientamenti invitano gli Stati membri a prendere in considerazione i principi della flessicurezza e a rafforzare le misure attive del mercato del lavoro aumentandone efficacia, obiettivi, portata, campo d’azione e interazione con il sostegno al reddito e l’erogazione di servizi sociali. (10) Le iniziative proposte nella presente raccomandazione dovrebbero risultare pienamente compatibili con le raccomandazioni specifiche per paese formulate nel contesto del semestre europeo e la loro attuazione dovrebbe avvenire nel pieno rispetto delle regole del patto di stabilità e crescita. (11) La raccomandazione 2008/867/CE della Commissione, del 3 ottobre 2008, relativa all’inclusione attiva delle persone escluse dal mercato del lavoro (4), delinea una strategia globale e integrata a favore dell’inclusione attiva di coloro che sono esclusi dal mercato del lavoro, combinando un adeguato sostegno al reddito, mercati del lavoro in grado di favorire l’inserimento e l’accesso a servizi di qualità. L’obiettivo è facilitare l’inserimento di coloro che sono in grado di lavorare in posti di lavoro sostenibili e di qualità e di fornire loro risorse sufficienti per vivere dignitosamente. (12) Il Fondo sociale europeo è il principale strumento finanziario dell’Unione per affrontare la disoccupazione di lungo periodo. Per il periodo 2014-2020, gli Stati membri hanno stanziato somme consistenti per sostenere l’inserimento dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro. Anche altri fondi, come il Fondo europeo di sviluppo regionale e il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, possono integrare le misure finanziate dal Fondo sociale europeo in conformità con gli stanziamenti per le pertinenti priorità di investimento per il periodo 2014-2020, in particolare sostenendo la creazione di posti di lavoro, la modernizzazione dei servizi pubblici dell’impiego e la formazione professionale, la formazione di competenze e l’apprendimento permanente. In questo contesto, le future discussioni in materia dovrebbero considerare le modalità per rafforzare ulteriormente l’inserimento dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro. (13) La raccomandazione del Consiglio del 20 dicembre 2012 sulla convalida dell’apprendimento non formale e informale (5) invita a prendere iniziative volte a offrire alle persone l’opportunità di dimostrare quanto hanno appreso al di fuori dell’istruzione e della formazione formali. (14) Le conclusioni del Consiglio europeo del 14-15 marzo 2013 hanno sottolineato che affrontare la disoccupazione è la sfida sociale più importante e che è di fondamentale importanza ridurre la disoccupazione di lungo periodo e garantire la piena partecipazione dei lavoratori anziani. (15) Il Parlamento europeo ha indicato la disoccupazione di lungo periodo come uno dei principali ostacoli alla crescita. (16) È opportuno intensificare le iniziative volte a inserire nel mercato del lavoro le persone più gravemente interessate dalla disoccupazione di lungo periodo tenendo conto delle pratiche nazionali, nonché aumentare il tasso di registrazione presso i servizi per l’impiego e altri organi competenti, cosa che permetterebbe di affrontare il problema della mancanza di copertura delle misure di sostegno. I paesi con un gran numero di disoccupati di lungo periodo registrati possono attribuire priorità nei loro interventi a coloro che sono già registrati. (17) Un approccio preventivo sarebbe vantaggioso in termini di efficienza ed efficacia. Dovrebbero essere rafforzate e, se del caso, completate misure di prevenzione e attivazione che si concentrino in particolare sull’inizio del periodo di disoccupazione. Iniziative specifiche per i disoccupati di lungo periodo registrati dovrebbero essere intraprese al più tardi al raggiungimento dei 18 mesi di disoccupazione: questo infatti è il momento in cui in molti Stati membri cambiano i meccanismi e i servizi di sostegno per questo particolare gruppo. (18) Gli approcci personalizzati per sostenere i disoccupati di lungo periodo dovrebbero affrontare gli ostacoli che hanno portato al persistere della disoccupazione, aggiornando e completando la valutazione iniziale effettuata al momento della registrazione. Ciò consentirà di orientare i disoccupati di lungo periodo verso servizi di sostegno sufficientemente adattati alle esigenze individuali, quali consulenza sulla gestione dei debiti, riabilitazione, servizi di assistenza sociale, servizi di assistenza, integrazione dei migranti, assistenza abitativa e per la mobilità, intesi ad affrontare gli ostacoli all’occupazione e consentire loro di raggiungere obiettivi chiari che conducano all’occupazione. (19) Il coinvolgimento dei datori di lavoro nell’inserimento dei disoccupati di lungo periodo è essenziale e andrebbe sostenuto attraverso l’erogazione di servizi ad hoc da parte dei servizi dell’impiego insieme a incentivi finanziari mirati e al coinvolgimento delle parti sociali. Un maggior coinvolgimento dei datori di lavoro, integrato da misure intese a rafforzare la creazione di posti di lavoro nell’economia, può accrescere ulteriormente l’efficacia delle misure di inserimento. (20) Recenti iniziative politiche, come la raccomandazione del Consiglio del 22 aprile 2013 sull’istituzione di una garanzia per i giovani (6), sollecitano la collaborazione nell’ambito di partnership come nuovo metodo per attuare le politiche sociali e occupazionali. L’erogazione coordinata di servizi è fondamentale, in particolare negli Stati membri in cui la responsabilità di sostenere i disoccupati di lungo periodo è ripartita tra i servizi pubblici per l’impiego, gli enti per la previdenza sociale e le amministrazioni locali. (21) Tale accordo di inserimento lavorativo, redatto in modo da riflettere la situazione di un singolo disoccupato di lungo periodo, dovrebbe contenere un pacchetto dettagliato delle misure personalizzate disponibili a livello nazionale (quali quelle relative a mercato del lavoro, istruzione, formazione e servizi di assistenza sociale) destinato a sostenere un disoccupato di lungo periodo e dargli gli strumenti per superare gli ostacoli specifici all’occupazione. Gli accordi dovrebbero definire obiettivi, calendari, obblighi dei disoccupati di lungo periodo e offerta del prestatore o dei prestatori di servizi e dovrebbero indicare le misure di inserimento disponibili. (22) Le iniziative proposte nella presente raccomandazione dovrebbero tener conto della diversità degli Stati membri e dei loro diversi punti di partenza per quanto riguarda la situazione macroeconomica, il livello della disoccupazione di lungo periodo e la relativa fluttuazione, le caratteristiche istituzionali, le differenze regionali e la capacità dei vari soggetti che intervengono sul mercato del lavoro. Tali azioni dovrebbero integrare e rafforzare l’approccio politico attualmente seguito in molti Stati membri, in particolare introducendo componenti flessibili come l’approccio personalizzato e l’erogazione coordinata di servizi, e coinvolgendo i datori di lavoro. (23) La presente raccomandazione rispetta, rafforza e migliora debitamente i diritti fondamentali, stabiliti in particolare dall’articolo 29 e dall’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI DI: sostenere la registrazione delle persone in cerca di lavoro e un maggiore orientamento al mercato del lavoro delle misure di inserimento, tra l’altro tramite un più stretto legame con i datori di lavoro; fornire una valutazione individuale ai disoccupati di lungo periodo; offrire un accordo di inserimento lavorativo specifico quando i disoccupati abbiano raggiunto al più tardi i 18 mesi di disoccupazione. Ai fini della presente raccomandazione, per «accordo di inserimento lavorativo» si intende un accordo scritto tra un disoccupato di lungo periodo registrato e un punto di contatto unico avente l’obiettivo di facilitare la transizione dell’interessato verso l’occupazione sul mercato del lavoro. A tal fine è necessario: Registrazione 1) Favorire la registrazione delle persone in cerca di lavoro presso un servizio per l’impiego, in particolare attraverso una migliore informazione sul sostegno disponibile. Valutazione e approccio individuale I servizi per l’impiego, unitamente ad altri partner che sostengono l’inserimento nel mercato del lavoro, forniscono un orientamento personalizzato ai soggetti interessati. 2) Garantire che ai disoccupati di lungo periodo registrati siano offerti approfonditi orientamenti e valutazioni individuali al più tardi al raggiungimento dei 18 mesi di disoccupazione. La valutazione dovrebbe illustrare le loro prospettive di occupabilità, gli ostacoli all’occupazione e i tentativi precedenti di cercare lavoro. 3) Informare i disoccupati di lungo periodo registrati delle offerte di lavoro e del sostegno disponibile nei diversi settori dell’economia e, ove opportuno, in regioni diverse e in altri Stati membri, in particolare mediante i servizi europei dell’occupazione (EURES). Accordi di inserimento lavorativo Ai disoccupati di lungo periodo registrati che non beneficiano della garanzia per i giovani viene offerto al più tardi, al raggiungimento dei 18 mesi di disoccupazione, un accordo di inserimento lavorativo che dovrebbe comprendere almeno un’offerta di servizio individuale volta a trovare un lavoro e l’individuazione di un punto di contatto unico. 4) Mirare ai bisogni specifici dei disoccupati di lungo periodo registrati mediante un accordo di inserimento lavorativo che combini interventi e servizi pertinenti forniti da organizzazioni diverse. a) L’accordo di inserimento lavorativo dovrebbe dettagliare esplicitamente gli obiettivi, i calendari e gli obblighi che il disoccupato di lungo periodo registrato deve rispettare, ad esempio la ricerca attiva di un lavoro, l’accettazione di offerte di lavoro adeguate e la partecipazione a misure di istruzione o formazione, riqualificazione o occupazione. b) L’accordo di inserimento lavorativo dovrebbe inoltre dettagliare l’offerta del prestatore o dei prestatori di servizi al disoccupato di lungo periodo. A seconda della disponibilità negli Stati membri e sulla base delle circostanze del singolo disoccupato di lungo periodo registrato, l’accordo di inserimento lavorativo potrebbe comprendere assistenza nella ricerca di un lavoro e nel posto di lavoro, convalida dell’apprendimento non formale e informale, riabilitazione, consulenza e orientamento, istruzione, istruzione e formazione professionale, esperienza di lavoro, assistenza sociale, educazione e cura della prima infanzia, servizi di assistenza sanitaria e di assistenza a lungo termine, consulenza per la gestione dei debiti, assistenza abitativa e per la mobilità. c) L’accordo di inserimento lavorativo dovrebbe essere periodicamente monitorato alla luce dell’evoluzione della situazione individuale del disoccupato di lungo periodo registrato e, se necessario, adattato per migliorare la transizione verso l’occupazione. 5) Mettere in atto le disposizioni necessarie a garantire continuità e individuare un punto di contatto unico, incaricato di sostenere il disoccupato di lungo periodo registrato attraverso un’offerta coordinata di servizi che coinvolge i servizi per l’impiego e di assistenza sociale disponibili. Tale punto di contatto potrebbe essere basato su un quadro di coordinamento interistituzionale e/o essere individuato nell’ambito di strutture esistenti. Facilitare la trasmissione agevole e sicura, fra i prestatori di servizi interessati, delle informazioni pertinenti relative al sostegno precedente ai disoccupati di lungo periodo registrati e alle valutazioni individuali nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati, garantendo in tal modo la continuità del servizio. Consentire una migliore diffusione delle informazioni pertinenti sulle offerte di lavoro e sulle opportunità di formazione ai fornitori di servizi coinvolti e far sì che tali informazioni raggiungano i disoccupati di lungo periodo. Legami più stretti con i datori di lavoro 6) Incoraggiare e sviluppare partnership tra datori di lavoro, parti sociali, servizi per l’impiego, autorità pubbliche, servizi sociali ed erogatori d’istruzione e formazione per fornire servizi che rispondano meglio alle esigenze delle imprese e dei disoccupati di lungo periodo registrati. 7) Sviluppare servizi per i datori di lavoro quali controllo delle offerte di lavoro, sostegno al collocamento, tutoraggio e formazione sul luogo di lavoro e sostegno post-collocamento, così da agevolare il reinserimento professionale dei disoccupati di lungo periodo registrati. 8) Concentrare gli eventuali incentivi finanziari sui regimi che sostengono l’inserimento nel mercato del lavoro, come le sovvenzioni alle assunzioni e la riduzione dei contributi di sicurezza sociale, per incrementare le opportunità di lavoro dei disoccupati di lungo periodo registrati. RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI E ALLA COMMISSIONE DI: Valutazione e monitoraggio 9) Monitorare in sede di comitato per l’occupazione, in stretta cooperazione con il comitato per la protezione sociale riguardo all’erogazione dei servizi sociali e di sostegno al reddito, l’attuazione della presente raccomandazione attraverso la sorveglianza multilaterale nel quadro del semestre europeo e attraverso il quadro di valutazione comune di indicatori. Il monitoraggio dovrebbe dare riscontri in merito alla percentuale di disoccupati di lungo periodo registrati che hanno ritrovato lavoro, alla sostenibilità del loro inserimento nel mercato del lavoro e all’uso fatto degli accordi di inserimento lavorativo. La rete europea dei servizi pubblici per l’impiego dovrebbe contribuire a tale monitoraggio. 10) Incoraggiare la valutazione della prestazione dei servizi pubblici per l’impiego per quanto riguarda l’inserimento nel mercato del lavoro dei disoccupati di lungo periodo registrati, la condivisione di esperienze e lo scambio di buone pratiche nel quadro del processo di apprendimento comparativo della rete europea dei servizi pubblici per l’impiego istituita dalla decisione n. 573/2014/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, su una cooperazione rafforzata tra i servizi pubblici per l’impiego (SPI) (7). 11) Cooperare per impiegare al meglio i fondi strutturali e di investimento europei, in particolare il Fondo sociale europeo, il Fondo europeo di sviluppo regionale e il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, in conformità con le pertinenti priorità di investimento dei programmi 2014-2020. RACCOMANDA ALLA COMMISSIONE DI: 12) Sostenere e coordinare le iniziative volontarie e le alleanze di imprese impegnate nell’inserimento sostenibile dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro. 13) Sostenere progetti di innovazione sociale per inserire i disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro, in particolare attraverso la sezione Progress del programma dell’Unione per l’occupazione e l’innovazione sociale (EaSI). 14) Valutare, in cooperazione con gli Stati membri e previa consultazione delle parti interessate, le iniziative prese in seguito alla presente raccomandazione, e presentare una relazione al Consiglio entro il 15 febbraio 2019 sui risultati della valutazione. Fatto a Bruxelles, il 15 febbraio 2016 Per il Consiglio Il presidente M.H.P. VAN DAM (1) GU C 119 del 28.5.2009, pag. 2. (2) GU L 394 del 30.12.2006, pag. 10. (3) Decisione (UE) 2015/1848 del Consiglio, del 5 ottobre 2015, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione per il 2015 (GU L 268 del 15.10.2015, pag. 28). (4) GU L 307 del 18.11.2008, pag. 11. (5) GU C 398 del 22.12.2012, pag. 1. (6) GU C 120 del 26.4.2013, pag. 1. (7) GU L 159 del 28.5.2014, pag. 32.
Reinserire i disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE? Oltre ai suoi effetti sui singoli, la disoccupazione di lungo periodo rallenta il potenziale di crescita delle economie dell’Unione europea (UE) e aumenta il rischio di esclusione sociale, di povertà e di disuguaglianza, aggiungendosi ai costi dei servizi sociali e delle finanze pubbliche. La raccomandazione intende offrire ai paesi dell’UE un modello per risolvere il problema. PUNTI CHIAVE Raccomandazioni per i paesi dell’UE Le persone in cerca di lavoro devono essere incoraggiate a registrarsi presso un servizio per l’impiego, attraverso una migliore informazione sul sostegno disponibile. Entro 18 mesi di disoccupazione, i disoccupati dovrebbero ricevere l’offerta di un accordo di inserimento lavorativo, che includa: un punto di contatto unico per aiutarli a trovare un’occupazione; una valutazione individuale che illustri le prospettive di occupabilità, gli ostacoli all’occupazione e i precedenti tentativi connessi alla ricerca di lavoro; una combinazione dei vari servizi pertinenti forniti dalle diverse organizzazioni; un orientamento individuale da parte dei servizi per l’impiego e di altri partner; obiettivi e obblighi chiari, ad esempio la ricerca attiva di un lavoro, l’accettazione di offerte di lavoro adeguate e la partecipazione a misure di istruzione o formazione. L’accordo di inserimento lavorativo dovrebbe riportare in dettaglio quali sono i servizi offerti al disoccupato. A seconda della disponibilità in ogni paese dell’UE, e delle circostanze individuali, l’accordo potrebbe anche includere: l’assistenza nella ricerca di un lavoro e sul posto di lavoro; la convalida dell’apprendimento non formale* e informale*; la riabilitazione, la consulenza e l’orientamento; l’istruzione in generale e l’istruzione e la formazione professionale; l’esperienza di lavoro; l’assistenza sociale; l’educazione e la cura della prima infanzia; i servizi di assistenza sanitaria e di assistenza a lungo termine; la consulenza per la gestione del debito; l’assistenza abitativa e per la mobilità. L’accordo di inserimento lavorativo dovrebbe essere periodicamente monitorato adattandosi ai cambiamenti delle circostanze. Fra i fornitori di servizi ci dovrebbero essere scambi sicuri e protetti delle informazioni relative al sostegno precedente e alle valutazioni, mentre per i disoccupati migliori informazioni sulle offerte di lavoro e sulle opportunità di formazione. Se del caso, tali opportunità possono trovarsi in regioni diverse e in altri paesi europei, in particolare tramite il portale europeo della mobilità professionale (EURES). Legami più stretti con i datori di lavoro I paesi dell’UE dovrebbero inoltre: incoraggiare e sviluppare partnership tra datori di lavoro, parti sociali, servizi per l’impiego, autorità pubbliche, servizi sociali ed erogatori d’istruzione e formazione; sviluppare servizi per i datori di lavoro come il controllo delle offerte di lavoro, il sostegno al collocamento, il tutoraggio e la formazione sul luogo di lavoro e il sostegno post-collocamento; concentrare gli incentivi finanziari sui regimi che sostengono l’inserimento nel mercato del lavoro, come le sovvenzioni alle assunzioni e la riduzione dei contributi di sicurezza sociale. Valutazione e monitoraggio L’attuazione dovrebbe essere monitorata all’interno del comitato per l’occupazione dell’UE, in particolare: la percentuale di disoccupati di lungo periodo registrati che hanno ritrovato lavoro; la sostenibilità del loro inserimento; l’uso fatto degli accordi di inserimento lavorativo. I servizi pubblici per l’impiego dovrebbero essere valutati e dovrebbe essere incoraggiata la condivisione di esperienze e lo scambio di buone pratiche. I paesi dell’UE e la Commissione dovrebbero cooperare per impiegare al meglio i fondi strutturali e di investimento europei, in particolare il Fondo sociale europeo, il Fondo europeo di sviluppo regionale e il Fondo europeo per lo sviluppo rurale. Raccomandazioni per la Commissione La Commissione è invitata a: sostenere e coordinare le iniziative volontarie e le alleanze di imprese impegnate nell’inserimento sostenibile dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro; sostenere progetti di innovazione sociale per inserire i disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro, in particolare attraverso la sezione Progress del programma dell’Unione per l’occupazione e l’innovazione sociale (EaSI); valutare le iniziative intraprese in seguito alla presente raccomandazione, e presentare una relazione al Consiglio entro il 15 febbraio 2019. CONTESTO Per maggiori informazioni, si veda: «Disoccupazione di lungo periodo» sul sito Internet della Commissione europea. * TERMINI CHIAVE Apprendimento non formale: apprendimento organizzato (ad esempio guidato da un insegnante o da una persona con più esperienza rispetto all’individuo cui si rivolge) che può anche non essere basato su un programma di studi. Si basa sulle competenze di un singolo studente ma non si traduce in una qualifica formale, come ad esempio il movimento scout. Apprendimento informale: apprendimento che non si basa su un programma di studi e che non si traduce in qualifiche. L’insegnante è qualcuno con più esperienza rispetto al discente, ad esempio un genitore che insegna l’alfabeto a un bambino. DOCUMENTO PRINCIPALE Raccomandazione del Consiglio, del 15 febbraio 2016, sull’inserimento dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro (GU C 67 del 20.2.2016, pagg. 1-5) DOCUMENTI CORRELATI Decisione (UE) 2015/1848 del Consiglio, del 5 ottobre 2015, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione per il 2015 (GU L 268 del 15.10.2015 pagg. 28-32)
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REGOLAMENTO (UE) N. 407/2010 DEL CONSIGLIO dell’11 maggio 2010 che istituisce un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), in particolare l’articolo 122, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, considerando quanto segue: (1) L’articolo 122, paragrafo 2, del trattato prevede la possibilità di concedere un’assistenza finanziaria dell’Unione ad uno Stato membro che si trovi in difficoltà o sia seriamente minacciato da gravi difficoltà causate da circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo. (2) Tali difficoltà possono essere causate da un grave deterioramento del contesto economico e finanziario internazionale. (3) La crisi finanziaria mondiale senza precedenti e la recessione economica che hanno colpito il mondo nel corso degli ultimi due anni hanno compromesso seriamente la crescita economica e la stabilità finanziaria e hanno provocato un grave deterioramento delle posizioni del disavanzo e del debito degli Stati membri. (4) L’aggravarsi della crisi finanziaria ha causato un grave deterioramento delle condizioni di prestito di diversi Stati membri al di là di quanto giustificato dai fondamentali economici. A questo punto, se non affrontata con urgenza, tale situazione potrebbe rappresentare una seria minaccia per la stabilità finanziaria dell'Unione europea nel suo complesso. (5) Al fine di affrontare questa situazione eccezionale che sfugge al controllo degli Stati membri, appare opportuno istituire immediatamente un meccanismo di stabilizzazione dell’Unione per preservare la stabilità finanziaria nell'Unione europea. Tale meccanismo dovrebbe consentire all’Unione di rispondere in maniera coordinata, rapida ed efficace a difficoltà gravi in un determinato Stato membro. La sua attivazione avverrà nel contesto di un sostegno congiunto UE/Fondo monetario internazionale (FMI). (6) Date le particolari implicazioni finanziarie che ne derivano, le decisioni di concedere l’assistenza finanziaria dell’Unione conformemente al presente regolamento richiedono l'esercizio di competenze di esecuzione che dovrebbero essere conferite al Consiglio. (7) In caso di attivazione del meccanismo occorre imporre condizioni forti di politica economica al fine di preservare la sostenibilità delle finanze pubbliche dello Stato membro beneficiario e di ripristinarne la capacità di finanziarsi sui mercati finanziari. (8) Occorre che la Commissione esamini regolarmente se sussistano ancora le circostanze eccezionali che minacciano la stabilità finanziaria dell’Unione europea nel suo complesso. (9) Occorre che resti in vigore l'attuale meccanismo di sostegno finanziario a medio termine degli Stati membri che non fanno parte della zona euro, istituito dal regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio (1), HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Obiettivo e ambito di applicazione Al fine di preservare la stabilità finanziaria dell'Unione europea, il presente regolamento fissa le condizioni e la procedura per la concessione dell’assistenza finanziaria dell’Unione a uno Stato membro che subisca o rischi seriamente di subire gravi perturbazioni economiche o finanziarie causate da circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo, tenendo conto della possibilità di applicare l'attuale meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri che non fanno parte della zona euro, istituito dal regolamento (CE) n. 332/2002. Articolo 2 Forma dell’assistenza finanziaria dell’Unione 1. L’assistenza finanziaria dell’Unione ai fini del presente regolamento prende la forma di un prestito o di una linea di credito concessi allo Stato membro interessato. A tal fine, conformemente a una decisione del Consiglio ai sensi dell’articolo 3, la Commissione è autorizzata a contrarre prestiti per conto dell’Unione europea sui mercati dei capitali o con le istituzioni finanziarie. 2. L'esposizione creditizia dei prestiti o delle linee di credito che si possono concedere agli Stati membri ai sensi del presente regolamento è limitata al margine disponibile sotto il massimale delle risorse proprie per gli stanziamenti di pagamento. Articolo 3 Procedura 1. Lo Stato membro che richiede l’assistenza finanziaria dell’Unione discute con la Commissione, in collegamento con la Banca centrale europea (BCE), una valutazione del suo fabbisogno di finanziamento e trasmette alla Commissione e al comitato economico e finanziario un programma di aggiustamento economico e finanziario. 2. L’assistenza finanziaria dell’Unione è concessa mediante decisione adottata dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione. 3. La decisione di concedere un prestito contiene: a) l’importo, la scadenza media, la formula del prezzo, il numero massimo di rate, il periodo di disponibilità dell’assistenza finanziaria dell’Unione e le altre regole dettagliate necessarie per l'attuazione dell’assistenza; b) le condizioni generali di politica economica alle quali è subordinata l’assistenza finanziaria dell’Unione al fine di ristabilire una situazione economica o finanziaria sana nello Stato membro beneficiario e di ripristinarne la capacità di finanziarsi sui mercati finanziari; tali condizioni saranno definite dalla Commissione in consultazione con la BCE, e c) l’approvazione del programma di aggiustamento elaborato dallo Stato membro beneficiario per soddisfare le condizioni economiche alle quali è subordinata l’assistenza finanziaria dell’Unione. 4. La decisione di concedere una linea di credito contiene: a) l’importo, le commissioni per la messa a disposizione della linea di credito, la formula del prezzo applicabile per lo svincolo dei fondi e il periodo di disponibilità dell’assistenza finanziaria dell’Unione e le altre regole dettagliate necessarie per l'attuazione dell’assistenza; b) le condizioni generali di politica economica alle quali è subordinata l’assistenza finanziaria dell’Unione al fine di ristabilire una situazione economica o finanziaria sana nello Stato membro beneficiario; tali condizioni saranno definite dalla Commissione in consultazione con la BCE, e c) l’approvazione del programma di aggiustamento elaborato dallo Stato membro beneficiario per soddisfare le condizioni economiche alle quali è subordinata l’assistenza finanziaria dell’Unione. 5. La Commissione e lo Stato membro beneficiario concludono un memorandum di intesa nel quale sono specificate le condizioni generali di politica economica fissate dal Consiglio. La Commissione trasmette il memorandum di intesa al Parlamento europeo e al Consiglio. 6. La Commissione, in consultazione con la BCE, riesamina le condizioni generali di politica economica di cui al paragrafo 3, lettera b), e al paragrafo 4, lettera b), almeno ogni sei mesi e discute con lo Stato membro beneficiario le modifiche del suo programma di aggiustamento che possano essere necessarie. 7. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, decide su eventuali aggiustamenti delle condizioni generali di politica economica fissate inizialmente e approva il programma di aggiustamento rivisto elaborato dallo Stato membro beneficiario. 8. Qualora sia previsto un finanziamento esterno all’Unione subordinato a condizioni di politica economica, in particolare da parte dell'FMI, lo Stato membro interessato consulta in via preliminare la Commissione. La Commissione esamina le possibilità disponibili nell'ambito del meccanismo di assistenza finanziaria dell’Unione e la compatibilità delle condizioni di politica economica previste con gli impegni assunti dallo Stato membro interessato per l’attuazione delle raccomandazioni e delle decisioni del Consiglio adottate conformemente all’articolo 121, all’articolo 126 e all’articolo 136 TFUE. La Commissione informa il comitato economico e finanziario. Articolo 4 Erogazione del prestito 1. Di regola il prestito è erogato in rate. 2. La Commissione verifica a scadenze regolari se la politica economica dello Stato membro beneficiario è conforme al suo programma di aggiustamento e alle condizioni fissate dal Consiglio conformemente all’articolo 3, paragrafo 3, lettera b). A tal fine, lo Stato membro fornisce alla Commissione tutte le informazioni necessarie e le presta la sua piena collaborazione. 3. Sulla base dei risultati di tale verifica, la Commissione decide sull’erogazione delle rate successive. Articolo 5 Svincolo dei fondi 1. Lo Stato membro beneficiario informa in anticipo la Commissione della sua intenzione di ritirare fondi dalla sua linea di credito. Le regole dettagliate in materia sono stabilite nella decisione di cui all'articolo 3, paragrafo 4. 2. La Commissione verifica a scadenze regolari se la politica economica dello Stato membro beneficiario è conforme al suo programma di aggiustamento e alle condizioni fissate dal Consiglio conformemente all’articolo 3, paragrafo 4, lettera b). A tal fine, lo Stato membro fornisce alla Commissione tutte le informazioni necessarie e le presta la sua piena collaborazione. 3. Sulla base dei risultati di tale verifica, la Commissione decide sullo svincolo dei fondi. Articolo 6 Operazioni di assunzione e di concessione di prestiti 1. Le operazioni di assunzione e di concessione dei prestiti di cui all’articolo 2 sono effettuate in euro. 2. Le caratteristiche delle rate successive erogate dall’Unione nell'ambito del meccanismo di assistenza finanziaria sono negoziate tra lo Stato membro beneficiario e la Commissione. 3. Dopo che il Consiglio ha deciso la concessione di un prestito, la Commissione è autorizzata a contrarre prestiti sui mercati dei capitali o con le istituzioni finanziarie nel momento più opportuno tra le erogazioni previste, in modo da ottimizzare i costi del finanziamento e salvaguardare la propria reputazione di emittente dell'Unione sui mercati. I fondi raccolti ma non ancora versati sono mantenuti permanentemente su appositi conti in contanti o depositi titoli, gestiti conformemente alle regole applicabili alle operazioni fuori bilancio, e non possono essere utilizzati per scopi diversi dalla concessione dell'assistenza finanziaria agli Stati membri nel quadro del presente meccanismo. 4. Se uno Stato membro che riceve un prestito che prevede una clausola di rimborso anticipato decide di esercitare tale opzione, la Commissione adotta le misure necessarie. 5. Su richiesta dello Stato membro beneficiario e se le circostanze consentono un miglioramento del tasso di interesse sul prestito, la Commissione può rifinanziare in toto o in parte il prestito da essa inizialmente assunto o ristrutturare le relative condizioni finanziarie. 6. Il comitato economico e finanziario è tenuto informato dell’andamento delle operazioni di cui al paragrafo 5. Articolo 7 Costi I costi sostenuti dall’Unione per la conclusione e l’esecuzione di ogni operazione sono a carico dello Stato membro beneficiario. Articolo 8 Amministrazione dei prestiti 1. La Commissione prende le necessarie disposizioni per l’amministrazione dei prestiti con la BCE. 2. Lo Stato membro beneficiario apre un conto speciale presso la sua banca centrale nazionale per la gestione dell’assistenza finanziaria dell’Unione ricevuta. Esso trasferisce inoltre il capitale e gli interessi dovuti per il prestito in un conto presso la BCE quattordici giorni lavorativi TARGET2 prima della data di scadenza corrispondente. 3. Fatto salvo l’articolo 27 dello statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, la Corte dei conti europea ha il diritto di effettuare nello Stato membro beneficiario i controlli o gli audit finanziari che ritiene necessari in relazione alla gestione dell’assistenza. La Commissione, ivi compreso l’Ufficio europeo per la lotta antifrode, ha in particolare il diritto di inviare i suoi funzionari o i suoi rappresentanti debitamente autorizzati per svolgere nello Stato membro beneficiario i controlli o gli audit tecnici o finanziari che ritiene necessari in relazione all’assistenza. Articolo 9 Riesame e adeguamento 1. Entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente regolamento, e se del caso successivamente ogni sei mesi, la Commissione trasmette al comitato economico e finanziario e al Consiglio una relazione sull’attuazione del presente regolamento e sulla persistenza delle condizioni eccezionali che ne hanno giustificato l’adozione. 2. Se del caso, la relazione è accompagnata da una proposta di modifica del presente regolamento volta ad adeguare la possibilità di concedere l’assistenza finanziaria senza incidere sulla validità di decisioni già adottate. Articolo 10 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addi 11 maggio 2010. Per il Consiglio La presidente Á. GONZÁLEZ-SINDE REIG (1) Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1).
Meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria La crisi finanziaria che ha colpito l'economia mondiale alla fine del 2008 ha richiesto l'istituzione di un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF) per aiutare i paesi dell’Unione europea (UE) in difficoltà, preservando in questo modo la stabilità finanziaria dell’Unione. ATTO Regolamento (UE) n. 407/2010 del Consiglio, dell’11 maggio 2010, che istituisce un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria SINTESI La crisi finanziaria che ha colpito l'economia mondiale alla fine del 2008 ha richiesto l'istituzione di un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF) per aiutare i paesi dell’Unione europea (UE) in difficoltà, preservando in questo modo la stabilità finanziaria dell’Unione. CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Stabilisce le condizioni e le procedure per concedere l’assistenza finanziaria dell’UE a un paese dell’Unione che, a causa di eventi estranei al suo controllo, si trova o rischia di trovarsi in una situazione di grave disordine economico o finanziario. PUNTI CHIAVE Assistenza finanziaria L’assistenza viene concessa sotto forma di un prestito o di una linea di credito* concessi al paese dell’UE interessato. A tal proposito, la Commissione europea può, per conto dell’UE, sottoscrivere prestiti sui mercati di capitali o da parte di istituzioni finanziarie, in linea con una decisione adottata dal Consiglio dell’UE a maggioranza qualificata. Procedura Insieme alla Commissione, e in collegamento con la Banca centrale europea (BCE), il paese dell’UE che necessita di aiuto procede a una valutazione del suo fabbisogno di finanziamento. Sottopone poi alla Commissione una bozza di programma di aggiustamento economico e finanziario. La decisione di concedere una linea di credito contiene le informazioni seguenti: le modalità dell’assistenza finanziaria; le condizioni generali di politica economica legate all’assistenza finanziaria dell’UE (ad esempio misure fiscali di consolidamento per ridurre il debito pubblico); l’approvazione del programma di aggiustamento predisposto dal paese destinatario. La Commissione verifica a scadenze regolari se la politica economica del paese beneficiario è conforme al suo programma di aggiustamento e alle condizioni stabilite dal Consiglio per continuare a ricevere l’aiuto finanziario, che viene concesso a rate. Compatibilità con altri meccanismi di sostegno finanziario Il meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria è compatibile con il meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti. Inoltre, non esclude il ricorso a un finanziamento esterno all’UE, per esempio da parte del Fondo monetario internazionale. Dotazione finanziaria del MESF Il MESF è finanziato dal bilancio dell’UE. La Commissione è autorizzata a prelevare fino a un totale di 60 miliardi di euro sui mercati finanziari per conto dell’UE. I prestiti sono garantiti dal bilancio dell’UE. Il MESF è stato attivato per Irlanda e Portogallo, per un importo totale di 46,8 miliardi di euro (22,5 miliardi di euro per l’Irlanda e 24,3 miliardi di euro per il Portogallo) erogati nell’arco di tre anni (2011-2014). A luglio 2015 il MESF è stato usato per fornire assistenza a breve termine (prestito ponte) di 7,16 miliardi di euro alla Grecia. Sono in vigore accordi specifici riguardanti l’esposizione dei paesi non appartenenti all’area euro. CONTESTO Il meccanismo europeo di stabilità (MES) consolida e riunisce il MESF e il fondo europeo per la stabilità finanziaria (FESF), i due strumenti istituiti temporaneamente sulla scia della crisi del debito sovrano con i quali oggi coesiste. Con il tempo, il MES diventerà il principale meccanismo di sostegno per i paesi dell’area euro temporaneamente in difficoltà nel richiedere prestiti sui mercati finanziari a causa dei loro livelli di debito. La sua capacità di prestito massima iniziale era di 500 miliardi di euro, basata su un capitale di 704,8 miliardi di euro. Il MES è finanziato dai paesi dell’UE in base al criterio di ripartizione* della BCE. I prestiti sono finanziati dal MES, che a sua volta chiede prestiti sui mercati finanziari, e sono garantiti dai partecipanti al capitale (paesi dell’area euro). I prestiti avvengono sulla base di condizioni rigide, compreso il ritorno delle finanze pubbliche a livelli sostenibili. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Dal 13 maggio 2010. Maggiori informazioni: Sito Internet della Commissione europea sul meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF) Sito Internet sul meccanismo europeo di stabilità TERMINI CHIAVE * Linea di credito: autorizzazione data dal Consiglio a un paese dell’UE, su proposta della Commissione, di attingere fondi dal MESF entro un tetto specificato per un determinato periodo di tempo. * Criterio di ripartizione della BCE: tale criterio viene calcolato in modo che la quota relativa di ogni paese rifletta la popolazione totale e il prodotto interno lordo dell’UE. Tali due determinanti hanno uguale coefficiente di ponderazione. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Regolamento (UE) n. 407/2010 13.5.2010 - GU L 118 del 12.5.2010, pagg. 1-4 Atto(i) modificatore(i) Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Regolamento (UE) 2015/1360 8.8.2015 - GU L 210 del 7.8.2015, pagg. 1-2
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RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE del 19 febbraio 2013 relativa a un piano coordinato di controllo volto a stabilire la prevalenza di pratiche fraudolente nella commercializzazione di determinati prodotti alimentari (2013/99/UE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, visto il regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (1), in particolare l’articolo 53, considerando quanto segue: (1) L’articolo 53 del regolamento (CE) n. 882/2004 autorizza la Commissione a raccomandare piani coordinati, se ritenuto necessario, organizzati ad hoc in particolare al fine di stabilire la prevalenza di rischi potenziali associati a mangimi, alimenti o animali. (2) La direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità (2) stabilisce regole dell’Unione in materia di etichettatura dei prodotti alimentari applicabili a tutti gli alimenti. (3) A norma della direttiva 2000/13/CE l’etichettatura e le relative modalità di realizzazione non devono essere tali da indurre in errore il consumatore, in particolare per quanto riguarda le caratteristiche del prodotto alimentare, compresa la sua reale natura e la sua identità. Inoltre, in mancanza di norme specifiche nazionali o dell’Unione, la denominazione di vendita del prodotto è costituita dal nome sancito dagli usi dello Stato membro in cui si effettua la vendita, o da una descrizione del prodotto alimentare che sia sufficientemente precisa da consentire all’acquirente di conoscerne l’effettiva natura. (4) Inoltre, sull’etichetta dei prodotti alimentari in imballaggio preconfezionato destinati al consumatore finale o alle collettività devono essere indicati tutti gli ingredienti. In particolare, i prodotti alimentari contenenti carne come ingrediente, se destinati al consumatore finale o alle collettività, devono inoltre indicare le specie animali da cui tale carne proviene direttamente sull’imballaggio o su un’etichetta apposta su di esso. Se nella denominazione del prodotto alimentare è citato un ingrediente, la sua quantità espressa in percentuale deve figurare anche nell’elenco degli ingredienti per evitare che il consumatore sia indotto in errore per quanto riguarda l’identità e la composizione del prodotto. (5) Il regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale (3), stabilisce ulteriori requisiti di etichettatura applicabili a prodotti alimentari specifici. In particolare, esso prevede che gli imballaggi destinati al consumatore finale contenenti carni macinate, tra l’altro, di solipedi debbano recare un avvertimento indicante che tali prodotti devono essere cotti prima del consumo, sempre che e nella misura in cui lo richiedano le disposizioni nazionali dello Stato membro nel cui territorio il prodotto è commercializzato. (6) L’allegato II, sezione III, del regolamento (CE) n. 853/2004 stabilisce che gli operatori del settore alimentare che gestiscono i macelli devono richiedere, ricevere e controllare le informazioni sulla catena alimentare, nonché intervenire di conseguenza, per tutti gli animali diversi dalla selvaggina selvatica, avviati o destinati ad essere avviati al macello. Le pertinenti informazioni sulla catena alimentare riguardano, in particolare, i medicinali veterinari somministrati agli animali nell’arco di un determinato periodo e con un tempo di sospensione superiore a zero giorni, come pure le date delle somministrazioni e i tempi di sospensione. Il regolamento (CE) n. 854/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche per l’organizzazione di controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano (4) stabilisce, tra l’altro, che il veterinario ufficiale svolga compiti ispettivi e di audit. In particolare, il veterinario ufficiale controlla ed analizza le informazioni pertinenti tratte dai registri tenuti presso l’azienda di provenienza degli animali destinati alla macellazione, comprese le informazioni sulla catena alimentare, e tiene conto dei risultati documentati di tali controlli ed analisi nell’effettuare le ispezioni ante e post mortem. (7) A seguito di controlli ufficiali eseguiti dal dicembre 2012 in diversi Stati membri, la Commissione è venuta a conoscenza del fatto che alcuni prodotti in imballaggio preconfezionato contenevano carni equine, non dichiarate nell’elenco degli ingredienti riportato direttamente sull’imballaggio o su un’etichetta apposta su di esso. La denominazione di alcuni di questi prodotti alimentari e/o il relativo elenco di ingredienti menzionavano invece in modo fuorviante solo la presenza di carni bovine. (8) A norma dell’articolo 17 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (5), spetta agli operatori del settore alimentare garantire che nelle imprese da essi controllate gli alimenti soddisfino le disposizioni della legislazione alimentare inerenti alle loro attività in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione e verificare che tali disposizioni siano soddisfatte. (9) Il cavallo è una specie animale la cui carne può essere utilizzata o no per la produzione alimentare. Il fenilbutazone è un medicinale veterinario il cui uso è consentito solo negli animali non destinati alla produzione alimentare, a norma del regolamento (UE) n. 37/2010 della Commissione, del 22 dicembre 2009, concernente le sostanze farmacologicamente attive e la loro classificazione per quanto riguarda i limiti massimi di residui negli alimenti di origine animale (6). Di conseguenza, i cavalli non destinati alla produzione alimentare, che sono stati trattati con fenilbutazone ad un certo punto della loro vita, non possono entrare nella catena alimentare. Tenuto conto delle pratiche fraudolente relative alle presenza non indicata di carni equine in determinati prodotti alimentari, è opportuno, a fini preventivi, verificare se siano entrati nella catena alimentare cavalli non destinati alla produzione alimentare che sono stati trattati con fenilibutazone. (10) È pertanto necessario che la Commissione raccomandi agli Stati membri di attuare un piano coordinato di controllo al fine di stabilire la prevalenza di pratiche fraudolente nella commercializzazione di determinati prodotti alimentari per un periodo di un mese. La durata di tale periodo può essere prorogata di altri due mesi. (11) Il piano di controllo raccomandato dovrebbe comportare due azioni. (12) La prima azione dovrebbe comprendere opportuni controlli, effettuati a livello della vendita al dettaglio, sui prodotti alimentari destinati al consumatore finale o alle collettività, commercializzati e/o etichettati come contenenti carni bovine. Questi controlli potrebbero anche essere estesi ad altri stabilimenti (ad esempio, depositi frigoriferi). L’obiettivo di tali controlli è stabilire se questi prodotti contengano carni equine, non indicate correttamente nell’etichettatura sull’imballaggio o, nel caso di prodotti alimentari senza imballaggio preconfezionato, se le informazioni relative alla presenza di carni equine non siano messe a disposizione del consumatore o delle collettività. Tali controlli dovrebbero essere effettuati su un campione rappresentativo. (13) Esistono metodi affidabili che consentono di rilevare con sufficiente accuratezza la presenza di proteine di specie non dichiarate in un campione. Il laboratorio di riferimento dell’Unione europea per le proteine animali nei mangimi può fornire utili indicazioni su tali metodi e sul loro uso. Le autorità competenti vanno invitate a basarsi sui pareri di tale laboratorio per quanto riguarda i metodi che possono essere utilizzati. (14) La seconda azione dovrebbe comprendere opportuni controlli effettuati negli stabilimenti che trattano carni equine destinate al consumo umano, compresi prodotti alimentari provenienti da paesi terzi, allo scopo di rilevare eventuali residui di fenilbutazone. Anche tali controlli dovrebbero essere effettuati su un campione rappresentativo, tenendo conto dei dati relativi alla produzione e alle importazioni. In questo caso è opportuno fare riferimento ai metodi previsti nella decisione 2002/657/CE della Commissione, del 12 agosto 2002, che attua la direttiva 96/23/CE del Consiglio relativa al rendimento dei metodi analitici e all’interpretazione dei risultati (7). (15) Gli Stati membri dovrebbero comunicare regolarmente i risultati di questi controlli alla Commissione, al fine di valutare i risultati e di decidere in merito agli interventi più appropriati. (16) Sentito il comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE: È opportuno che gli Stati membri applichino un piano coordinato di controllo, conformemente alle disposizioni dell’allegato della presente raccomandazione, comprendente le seguenti azioni: a) controlli ufficiali sui prodotti alimentari destinati al consumatore finale o alle collettività, commercializzati e/o etichettati come contenenti carni bovine; nonché b) controlli ufficiali su carni equine destinate al consumo umano al fine di rilevare la presenza di residui di fenilbutazone. Fatto a Bruxelles, il 19 febbraio 2013 Per la Commissione Tonio BORG Membro della Commissione (1) GU L 165 del 30.4.2004, pag. 1. (2) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29. (3) GU L 139 del 30.4.2004, pag. 55. (4) GU L 139 del 30.4.2004, pag. 206. (5) GU L 31 dell’1.2.2002, pag. 1. (6) GU L 15 del 20.1.2010, pag. 1. (7) GU L 221 del 17.8.2002, pag. 8. ALLEGATO Piano coordinato di controllo volto a stabilire la prevalenza di pratiche fraudolente nella commercializzazione di determinati prodotti alimentari I. AZIONI E CAMPO DI APPLICAZIONE DEL PIANO COORDINATO DI CONTROLLO Il piano coordinato di controllo comporta due azioni: AZIONE 1: Controlli dei prodotti alimentari commercializzati e/o etichettati come contenenti carni bovine A. Prodotti interessati 1. Prodotti alimentari commercializzati e/o etichettati come contenenti carni bovine (ad esempio, carni macinate, prodotti a base di carne, preparazioni di carni) che rientrano nelle seguenti categorie: a) prodotti alimentari in imballaggio preconfezionato destinati al consumatore finale o alle collettività, etichettati come contenenti carni bovine; b) prodotti alimentari messi in vendita al consumatore finale o alle collettività senza imballaggio preconfezionato e prodotti alimentari imballati nel punto vendita su richiesta del consumatore o preconfezionati per la vendita diretta, commercializzati e/o altrimenti presentati come contenenti carni bovine. 2. Ai fini di questo piano coordinato di controllo, si applica la definizione di «prodotto alimentare in imballaggio preconfezionato» di cui all’articolo 1, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2000/13/CE. 3. Ai fini di questo piano coordinato di controllo, si applicano le definizioni di «carni macinate», «preparazioni di carni» e «prodotti a base di carne» di cui ai punti 1.13, 1.15 e 7.1 dell’allegato I del regolamento (CE) n. 853/2004. B. Obiettivo Le autorità competenti effettuano controlli ufficiali per stabilire se i prodotti di cui al punto A contengano carni equine, non indicate correttamente nell’etichettatura sull’imballaggio o, nel caso di prodotti alimentari senza imballaggio preconfezionato, se le informazioni relative alla presenza di carni equine non siano messe a disposizione del consumatore o delle collettività, conformemente alle disposizioni dell’Unione e, se del caso, alle disposizioni nazionali. C. Punti e procedura di campionamento 1. Il campione deve essere rappresentativo dei prodotti interessati e coprire una serie di prodotti diversi. 2. Il campionamento dei prodotti è realizzato a livello della vendita al dettaglio (ad esempio, supermercati, piccoli negozi, macellai) e può essere esteso anche ad altri stabilimenti (ad esempio, depositi frigoriferi). D. Numero di campioni e modalità di campionamento La tabella che segue fornisce una panoramica del numero minimo indicativo raccomandato di campioni da raccogliere nel periodo stabilito nella sezione II. Le autorità competenti sono invitate a raccogliere, se possibile, un numero maggiore di campioni. La distribuzione dei campioni per Stato membro si basa sul numero di abitanti, con un numero minimo di 10 campioni dei prodotti interessati per Stato membro e per mese di calendario, come indicato nella sezione II. Prodotti alimentari commercializzati e/o etichettati come contenenti carni bovine Paese di vendita Numero indicativo mensile raccomandato di campioni Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Spagna, Polonia 150 Romania, Paesi Bassi, Belgio, Grecia, Portogallo, Repubblica ceca, Ungheria, Svezia, Austria, Bulgaria 100 Lituania, Slovacchia, Danimarca, Irlanda, Finlandia, Lettonia 50 Slovenia, Estonia, Cipro, Lussemburgo, Malta 10 E. Metodi Le autorità competenti utilizzano preferibilmente il/i metodo/i raccomandato/i dal laboratorio di riferimento dell’Unione europea per le proteine animali nei mangimi, al seguente indirizzo: http://eurl.craw.eu/en/164/legal-sources-and-sops. AZIONE 2: Controlli delle carni equine destinate al consumo umano A. Prodotti interessati Carni di animali delle specie equina, asinina o mulesca, fresche, refrigerate o congelate, classificate con il codice della nomenclatura combinata 0205 e destinate al consumo umano. B. Obiettivo Le autorità competenti effettuano controlli ufficiali per rilevare l’eventuale presenza di residui di fenilbutazone nei prodotti di cui al punto A. C. Punti e procedura di campionamento Il campionamento dei prodotti è realizzato negli stabilimenti che trattano i prodotti di cui al punto A (ad esempio, macelli, posti d’ispezione frontalieri). D. Numero di campioni e modalità di campionamento Il numero minimo raccomandato di campioni da prelevare nel periodo stabilito nella sezione II è fissato a 1 campione ogni 50 tonnellate di prodotti di cui al punto A, con un minimo di 5 campioni per Stato membro. E. Metodi Le autorità competenti utilizzano metodi convalidati a norma della decisione 2002/657/CE. Tali metodi sono consultabili sul sito web del laboratorio europeo di riferimento per i residui di medicinali veterinari e i contaminanti negli alimenti di origine animale per i residui elencati nell’allegato I, categoria A, punto 5) e categoria B, punto 2), lettere a), b) ed e), della direttiva 96/23/CE del Consiglio (1), al seguente indirizzo: http://fis-vl.bund.de/Public/irc/fis-vl/Home/main. II. DURATA DEL PIANO COORDINATO DI CONTROLLO Il piano coordinato di controllo è attuato per un periodo di un mese a decorrere dalla data di adozione della presente raccomandazione o al più tardi dal 1o marzo 2013. III. COMUNICAZIONE DEI RISULTATI 1. Le autorità competenti forniscono una sintesi delle seguenti informazioni per ciascuna delle azioni di cui alla sezione I del presente allegato: a) numero di campioni raccolti, per categoria di prodotti; b) metodo o metodi utilizzati per l’analisi e tipo di analisi effettuate; c) numero di risultati positivi; d) controlli di follow-up eseguiti in caso di risultati positivi nei prodotti di cui al punto A dell’azione 1, se il contenuto rilevato di carni equine supera l’1 %; e) controlli di follow-up eseguiti in caso di risultati positivi nei prodotti di cui al punto A dell’azione 2; f) risultati dei controlli di follow-up; g) per i risultati positivi nei prodotti di cui al punto A dell’azione 2, il paese in cui l’animale in questione è stato certificato da macello. Tale relazione è trasmessa alla Commissione entro 15 giorni dalla fine del periodo di un mese di cui alla sezione II. La relazione è presentata secondo il modello che sarà fornito dalla Commissione. 2. Le autorità competenti comunicano immediatamente alla Commissione eventuali risultati positivi dei controlli ufficiali effettuati in relazione alle azioni 1 e 2 di cui alla sezione I tramite il sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi. 3. Le autorità competenti riferiscono altresì alla Commissione i risultati di eventuali controlli effettuati dagli operatori del settore alimentare su richiesta delle autorità stesse. Tali informazioni sono corredate dei dati di cui al punto 1 e presentate secondo il modello che sarà fornito dalla Commissione. (1) GU L 125 del 23.5.1996, pag. 10.
Lotta alle frodi nella commercializzazione dei prodotti alimentari - Ricostruire la fiducia dei consumatori In caso di sospetto di frode nel campo dell'alimentazione umana e animale, la Commissione ha il potere di raccomandare piani coordinati a livello dell'UE, per stabilire la prevalenza di pericoli e rischi nei mangimi, nei prodotti alimentari o negli animali. ATTO Raccomandazione della Commissione, del 19 febbraio 2013, relativa a un piano coordinato di controllo volto a stabilire la prevalenza di pratiche fraudolente nella commercializzazione di determinati prodotti alimentari (2013/99/UE). SINTESI Ai primi del 2013, i controlli ufficiali in svariati Stati membri hanno rivelato che alcuni prodotti preconfezionati, come gli hamburger, contenevano carne di cavallo, non dichiarata nell'elenco degli ingredienti apposto direttamente sulla confezione o sull'etichettatura della stessa. L'etichettatura di questi prodotti alimentari alludeva in modo ingannevole soltanto alla presenza di manzo, ingrediente con un prezzo considerevolmente superiore a quello della carne di cavallo. La carne di cavallo è di per sé un ingrediente legittimo se proviene da cavalli per la produzione alimentare - macellati in impianti autorizzati - e se passa i necessari controlli veterinari. La problematica si era ulteriormente complicata per il fatto che fosse consentito l'uso del fenilbutazone, medicinale veterinario, nel caso dei cavalli non destinati alla produzione alimentare. Si temeva che nella catena alimentare umana fosse penetrata carne di cavallo proveniente da questi animali. Tali circostanze hanno portato a una stretta collaborazione fra le autorità europee (Commissione e Autorità europea per la sicurezza alimentare) e gli enti competenti degli Stati membri, con l'aiuto di Europol, per indagare sulla portata del problema, elaborare un piano per fronteggiarlo e ripristinare la fiducia dei consumatori negli alimenti acquistati. È stato stilato dalla Commissione un piano di controllo coordinato di portata europea, per stabilire la prevalenza delle pratiche fraudolente; le autorità nazionali dovevano compiere 2 interventi: controlli sui prodotti alimentari commercializzati e/o etichettati come contenenti manzo, per verificare se contenessero carne di cavallo; controlli sulla carne di cavallo destinata al consumo umano, per rilevare l'eventuale presenza di residui di fenilbutazone. Tutti gli esiti positivi andavano immediatamente notificati alla Commissione ed erano ritrasmessi in tutta l'Unione europea attraverso il sistema di allerta rapido per gli alimenti ed i mangimi (RASFF). Quest'azione coordinata a livello dell'UE ha prodotto risultati celeri, con l'individuazione dei soggetti coinvolti nella catena di produzione alimentare e un richiamo dei prodotti individuati. Fra gli altri interventi compiuti rientrano: la costituzione di un gruppo d'azione UE sulle frodi alimentari in seno all'unità della Commissione responsabile della salute e dei consumatori (DG Salute e consumatori); l'adozione da parte della Commissione, a maggio 2013, di un pacchetto di proposte atte a potenziare l'applicazione delle norme in materia di salute e sicurezza all'intera filiera agroalimentare. Fra l'altro, queste proposte imporrebbero ai paesi membri di integrare del tutto i controlli antifrode nei propri piani di controllo nazionali e di garantire che il livello delle sanzioni finanziarie applicato in caso di frode sia deterrente; è stata anticipata a dicembre 2013 una relazione sulla possibilità di estendere l'etichettatura d'origine obbligatoria alla carne utilizzata come ingrediente dei prodotti alimentari preconfezionati, che la Commissione doveva preparare nel quadro di una nuova legge dell'UE in materia di informazione sui prodotti alimentari, che entrerà in vigore a dicembre 2014. La Commissione sta valutando se presentare o meno una proposta legislativa. RIFERIMENTI Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Raccomandazione 2013/99/UE - - GU L 48 del 21.2.2013 Proposte Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla sanità animale [COM(2013)260 final del 6 maggio 2013 - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l'applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante, sul materiale riproduttivo vegetale, sui prodotti fitosanitari e recante modifica dei regolamenti (CE) n. 999/2001, 1829/2003, 1831/2003, 1/2005, 396/2005, 834/2007, 1099/2009, 1069/2009, 1107/2009, dei regolamenti (UE) 1151/2012 […]2013 e delle direttive 98/58/CE, 1999/74/CE, 2007/43/CE, 2008/119/CE, 2008/120/CE e 2009/128/CE (regolamento sui controlli ufficiali) [COM(2013)265 final del 6 maggio 2013 - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Comunicazione Comunicazione della Commissione europea al Consiglio e al Parlamento europeo: Animali e piante più sani e una filiera agroalimentare più sicura - Un quadro giuridico aggiornato per un'Unione europea più competitiva [COM(2013)264 final, del 6 maggio 2013 - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
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Regolamento (CE) n. 2195/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 novembre 2002 relativo al vocabolario comune per gli appalti pubblici (CPV) (Testo rilevante ai fini del SEE) Gazzetta ufficiale n. L 340 del 16/12/2002 pag. 0001 - 0562 Regolamento (CE) n. 2195/2002 del Parlamento europeo e del Consigliodel 5 novembre 2002relativo al vocabolario comune per gli appalti pubblici (CPV)(Testo rilevante ai fini del SEE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 47, paragrafo 2, e gli articoli 55 e 95,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),visto il parere del Comitato delle regioni(3),deliberando in conformità della procedura di cui all'articolo 251 del trattato(4),considerando quanto segue:(1) L'utilizzazione di diverse nomenclature compromette l'apertura e la trasparenza degli appalti pubblici europei. Il suo impatto sulla qualità e i termini di pubblicazione dei bandi di gara limita di fatto le possibilità di accesso agli appalti pubblici da parte degli operatori economici.(2) Nella sua raccomandazione 96/527/CE(5), la Commissione ha invitato le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori a utilizzare, per la descrizione dell'oggetto dei loro appalti, il vocabolario comune per gli appalti pubblici (Common Procurement Vocabulary - CPV), sviluppato sulla base di talune nomenclature già esistenti, per tener maggiormente conto delle specificità del settore degli appalti pubblici.(3) È opportuno unificare tramite un sistema di classificazione unico per gli appalti pubblici i riferimenti utilizzati dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli enti aggiudicatori per la descrizione dell'oggetto degli appalti.(4) È necessario che gli Stati membri dispongano di un sistema di riferimento unico, che utilizzi la stessa descrizione dei beni nelle lingue comunitarie ufficiali e uno stesso codice alfanumerico corrispondente che consenta di eliminare le barriere linguistiche a livello comunitario.(5) È pertanto opportuno adottare con il presente regolamento il CPV, in una versione riveduta, un sistema di classificazione unico per gli appalti pubblici applicabile ai sensi delle direttive relative al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici.(6) È altresì opportuno elaborare, a titolo indicativo, tavole di corrispondenza tra il CPV e la "Classificazione dei prodotti associati alle attività nella Comunità economica europea" (CPA), la "Classificazione centrale dei prodotti" (CPC Prov.) delle Nazioni Unite, la "Nomenclatura statistica delle attività economiche nella Comunità europea" (NACE Rev. 1) e la "Nomenclatura combinata" (NC).(7) La struttura e i codici del CPV possono richiedere degli adeguamenti o delle modifiche, in funzione dell'evoluzione degli appalti e dei fabbisogni degli utilizzatori. È pertanto necessario prevedere una procedura di revisione adeguata.(8) Le misure necessarie all'attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(6).(9) Poiché lo scopo dell'azione in questione, vale a dire l'istituzione di un sistema di classificazione applicabile agli appalti pubblici, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri, e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell'intervento, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale scopo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.(10) La scelta del ricorso ad un regolamento anziché ad una direttiva è motivata dal fatto che l'istituzione di un sistema di classificazione per gli appalti pubblici non richiede un recepimento da parte degli Stati membri.(11) Per familiarizzare gli utilizzatori con un sistema di classificazione unico obbligatorio entro un certo termine, è necessario che l'applicazione del presente regolamento sia preceduta da un periodo di adeguamento,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 11. È istituito un sistema di classificazione unico applicabile agli appalti pubblici «Vocabolario comune per gli appalti pubblici» (Common Procurement Vocabulary - CPV).2. Il testo del CPV figura nell'allegato I.3. Le tavole di corrispondenza, indicative, tra il CPV e le nomenclature "Classificazione dei prodotti associati alle attività nella Comunità economica europea" (CPA), "Classificazione centrale dei prodotti" (CPC Prov.) delle Nazioni Unite, "Nomenclatura statistica delle attività economiche nella Comunità europea" (NACE Rev. 1) e "Nomenclatura combinata" (NC) figurano rispettivamente negli allegati II, III, IV e V.Articolo 2Le misure necessarie alla revisione del CPV sono adottate dalla Commissione secondo la procedura di cui all'articolo 3, paragrafo 2.Articolo 31. La Commissione è assistita dal comitato consultivo per gli appalti pubblici, istituito dall'articolo 1 della decisione 71/306/CEE del Consiglio(7) (qui di seguito denominato "il comitato").2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 3 e 7 della decisione 1999/468/CE, nel rispetto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 4Il presente regolamento entra in vigore il 16 dicembre 2003.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 5 novembre 2002.Per il Parlamento europeoIl presidenteP. CoxPer il ConsiglioIl presidenteT. Pedersen(1) GU C 25 E del 29.1.2002, pag. 1.(2) GU C 48 del 21.2.2002, pag. 9.(3) GU C 192 del 12.8.2002, pag. 50.(4) Parere del Parlamento europeo del 13 marzo 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), posizione comune del Consiglio del 7 giugno 2002 (GU C 281 E del 19.11.2002, pag. 1) e decisione del Parlamento europeo del 25 settembre 2002 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(5) GU L 222 del 3.9.1996, pag. 10.(6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(7) GU L 185 del 16.8.1971, pag. 15. Decisione modificata dalla decisione 77/63/CEE (GU L 13 del 15.1.1977, pag. 15).ALLEGATO IVOCABOLARIO COMUNE PER GLI APPALTI PUBBLICI (CPV)Struttura del sistema di classificazione1. Il CPV comprende un vocabolario principale e un vocabolario supplementare.2. Il vocabolario principale poggia su una struttura ad albero di codici che possono avere fino a nove cifre, ai quali corrisponde una denominazione che descrive le forniture, i lavori o servizi, oggetto del mercato.Il codice numerico ha otto cifre ed è suddiviso in:- divisioni, identificate dalle due prime cifre del codice;- gruppi, identificati dalle tre prime cifre del codice;- classi, identificate dalle quattro prime cifre del codice;- categorie, identificate dalle prime cinque cifre del codice.Ciascuna delle tre ultime cifre fornisce un grado di precisione supplementare all'interno di ogni categoria.Una nona cifra serve alla verifica delle cifre precedenti.3. Il vocabolario supplementare può essere utilizzato per completare la descrizione dell'oggetto degli appalti. Esso è costituito da un codice alfanumerico, al quale corrisponde una denominazione che consente di fornire ulteriori dettagli sulla natura o la destinazione specifiche del bene da acquistare.Il codice alfanumerico comprende:- un primo livello costituito da una lettera corrispondente ad una sezione;- un secondo livello costituito da quattro cifre, le cui prime tre formano una suddivisione e le ultime tre cifre sono di controllo.>SPAZIO PER TABELLA>VOCABOLARIO SUPPLEMENTARE>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO IITAVOLA DI CORRISPONDENZA TRA IL CPV E LA CPA 96>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO IIITAVOLA DI CORRISPONDENZA TRA IL CPV E LA CPC prov.>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO IVTAVOLA DI CORRISPONDENZA TRA IL CPV E LA NACE Rev. 1>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO VTAVOLA DI CORRISPONDENZA TRA IL CPV E LA NC>SPAZIO PER TABELLA>
Vocabolario comune per gli appalti pubblici SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Intende standardizzare, attraverso un sistema unico di classificazione per gli appalti pubblici, i termini utilizzati dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli enti aggiudicatori per descrivere l'oggetto dei loro appalti. PUNTI CHIAVE Il regolamento fissa un sistema di classificazione unico, il vocabolario comune per gli appalti pubblici («common procurement vocabulary», CPV). Tale classificazione cerca di coprire le caratteristiche dei contratti legati a forniture, lavori e servizi. Normalizzando i riferimenti utilizzati dagli enti appaltanti nella descrizione dell'oggetto dei loro appalti, 'uso del CPV migliora la trasparenza degli appalti pubblici contemplati dalle direttive dell'UE. L'uso del CPV consente ai potenziali appaltatori, come ad esempio le aziende, di individuare più facilmente nuove opportunità commerciali e di ridurre il rischio di errori nella traduzione degli avvisi, poiché il CPV è disponibile in tutte le lingue ufficiali dell'UE. Il CPV associa a ogni codice numerico una descrizione di un oggetto di contratto, per la quale esiste una versione in ognuna delle lingue ufficiali dell'UE. Il CPV comprende: un vocabolario principale, basato su una struttura ad albero, contenente una serie di codici numerici, costituito ognuno da 8 cifre e una nona cifra per verificare le cifre precedenti; un vocabolario supplementare che completa la descrizione dell'oggetto dei contratti apportando precisazioni circa la natura e la destinazione dell'oggetto degli appalti. L'elenco dei codici CPV e le tavole di corrispondenza tra il CPV e altre nomenclature possono essere consultati sul sito Internet SIMAP, «informazione sugli appalti pubblici europei». L'attuale CPV intende migliorare la facilità d'uso di questo strumento concentrando l'attenzione meno sui materiali e più sui prodotti. Inoltre, la gerarchia del CPV è stata razionalizzata. Il sito Internet TED è destinata alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, serie «S», dei bandi di gara per appalti pubblici contemplati dalle direttive dell'UE. Dal 2003 la base dati TED utilizza i codici CPV, che sono diventati obbligatori con l'adozione della revisione delle direttive 2004/17/CE) e 2004/18/CE (successivamente abrogate rispettivamente dalle direttive 2014/25/UE e 2014/24/UE). ATTO Regolamento (CE) n. 2195/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, relativo al vocabolario comune per gli appalti pubblici (CPV) (CPV) (GU L 340 del 16.12.2002, pag. 1-562) Le modifiche e correzioni successive al regolamento (CE) n. 2195/2002 sono state integrate al testo di base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. ATTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 2151/2003 della Commissione, del 16 dicembre 2003 che modifica il regolamento (CE) n. 2195/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al vocabolario comune per gli appalti pubblici (CPV) (GU L 329 del 17.12.2003, pag. 1-270). Si veda la versione consolidata. Regolamento (CE) n. 451/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008 che definisce una nuova classificazione statistica dei prodotti associata alle attività (CPA) e abroga il regolamento (CEE) n. 3696/93 del Consiglio (GU L 145 del 4.6.2008, pag. 65-226). Si veda la versione consolidata.
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Direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale Gazzetta ufficiale n. L 006 del 10/01/1979 pag. 0024 - 0025 edizione speciale finlandese: capitolo 5 tomo 2 pag. 0111 edizione speciale greca: capitolo 05 tomo 3 pag. 0160 edizione speciale svedese/ capitolo 5 tomo 2 pag. 0111 edizione speciale spagnola: capitolo 05 tomo 2 pag. 0174 edizione speciale portoghese: capitolo 05 tomo 2 pag. 0174 ++++DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 19 dicembre 1978 relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale ( 79/7/CEE ) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE , visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea , in particolare l ' articolo 235 , vista la proposta della Commissione ( 1 ) , visto il parere del Parlamento europeo ( 2 ) , visto il parere del Comitato economico e sociale ( 3 ) , considerando che l ' articolo 1 , paragrafo 2 , della direttiva 76/207/CEE del Consiglio , del 9 febbraio 1976 , relativa all ' attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l ' accesso al lavoro , alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro ( 4 ) , prevede che , per garantire la graduale attuazione del principio della parità di trattamento in materia di sicurezza sociale , il Consiglio adotterà , su proposta della Commissione , disposizioni che ne precisino in particolare il contenuto , la portata e le modalità d ' applicazione ; che il trattato non ha previsto i poteri di azione specifici necessari a tale scopo ; considerando che occorre attuare il principio della parità di trattamento in materia di sicurezza sociale in primo luogo nei regimi legali che assicurano una protezione contro i rischi di malattia, d'invalidità, di vecchiaia, d'infortunio sul lavoro, di malattia professionale e di disoccupazione, nonché nelle disposizioni relative all ' assistenza sociale nella misura in cui sono destinate a completare detti regimi o a supplirvi ; considerando che l ' attuazione del principio della parità di trattamento in materia di sicurezza sociale non crea ostacoli alle disposizioni relative alla protezione della donna a causa della maternità e che , in questo contesto , talune disposizioni specifiche destinate a rimediare alle ineguaglianze di fatto possono essere adottate dagli Stati membri in favore delle donne , HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA : Articolo 1 Scopo della presente direttiva è la graduale attuazione , nel campo della sicurezza sociale e degli altri elementi di protezione sociale di cui all ' articolo 3 , del principio della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di sicurezza sociale , denominato qui appresso « principio della parità di trattamento » . Articolo 2 La presente direttiva si applica alla popolazione attiva - compresi i lavoratori indipendenti , i lavoratori la cui attività si trova interrotta per malattia , infortunio o disoccupazione involontaria e le persone in cerca di lavoro - , nonchù ai lavoratori pensionati o invalidi . Articolo 3 1 . La presente direttiva si applica : a ) ai regimi legali che assicurano una protezione contro i rischi seguenti : - malattia , - invalidità , - vecchiaia , - infortunio sul lavoro e malattia professionale , - disoccupazione ; b ) alle disposizioni concernenti l ' assistenza sociale , nella misura in cui siano destinate a completare i regimi di cui alla lettera a ) o a supplire ad essi . 2 . La presente direttiva non si applica alle disposizioni concernenti le prestazioni ai superstiti , nù a quelle concernenti le prestazioni familiari , a meno che non si tratti di prestazioni spettanti per i rischi di cui al paragrafo 1 , lettera a ) . 3 . Per garantire l ' attuazione del principio della parità di trattamento nei regimi professionali , il Consiglio adotterà , su proposta delle Commissione , disposizioni che ne precisino il contenuto , la portata e le modalità di applicazione . Articolo 4 1 . Il principio della parità di trattamento implica l ' assenza di qualsiasi discriminazione direttamente o indirettamente fondata sul sesso , in particolare mediante riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia , specificamente per quanto riguarda : - il campo di applicazione dei regimi e le condizioni di ammissione ad essi , - l ' obbligo di versare i contributi e il calcolo degli stessi , - il calcolo delle prestazioni , comprese le maggiorazioni da corrispondere per il coniuge e per le persone a carico , nonchù le condizioni relative alla durata e al mantenimento del diritto alle prestazioni . 2 . Il principio della parità di trattamento non pregiudica le disposizioni relative alla protezione della donna a motivo della maternità . Articolo 5 Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinchù siano soppresse le disposizioni legislative , regolamentari e amministrative contrarie al principio della parità di trattamento . Articolo 6 Gli Stati membri introducono nei rispettivi ordinamenti giuridici interni le misure necessarie per permettere a tutti coloro che si ritengono lesi dalla mancata applicazione del principio della parità di trattamento di far valere i propri diritti per via giudiziaria , eventualmente dopo aver fatto ricorso ad altre istanze competenti . Articolo 7 1 . La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di escludere dal suo campo di applicazione : a ) la fissazione dei limite di età per la concessione della pensione di vecchiaia e di fine lavoro e le conseguenze che possono derivarne per altre prestazioni ; b ) i vantaggi accordati in materia di assicurazione vecchiaia alle persone che hanno provveduto all ' educazione dei figli ; l ' acquisto di diritti alle prestazioni a seguito di periodi di interruzione del lavoro dovuti all ' educazione dei figli ; c ) la concessione di diritti a prestazioni di vecchiaia o di invalidità in base ai diritti derivati della consorte ; d ) la concessione di maggiorazioni delle prestazioni a lungo termine di invalidità , di vecchiaia , di infortunio sul lavoro o di malattia professionale per la consorte a carico ; e ) le conseguenze risultanti dall ' esercizio , anteriormente all ' adozione della presente direttiva , di un diritto di opzione allo scopo di non acquisire diritti o di non contrarre obblighi nell ' ambito di un regime legale . 2 . Gli Stati membri esaminano periodicamente le materie escluse ai sensi del paragrafo 1 al fine di valutare se , tenuto conto dell ' evoluzione sociale in materia , sia giustificato mantenere le esclusioni in questione . Articolo 8 1 . Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative , regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro un termine di sei anni a decorrere dalla notifica . Essi ne informano immediatamente la Commissione . 2 . Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni legislative , regolamentari ed amministrative che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva , comprese le misure adottate in applicazione dell ' articolo 7 , paragrafo 2 . Essi informano la Commissione dei motivi che giustificano l ' eventuale mantenimento delle disposizioni esistenti nelle materie di cui all ' articolo 7 , paragrafo 1 e delle possibilità di una loro ulteriore revisione . Articolo 9 Entro sette anni dalla notifica della presente direttiva , gli Stati membri trasmettono alla Commissione tutti i dati utili per consentirle di redigere una relazione , da sottoporre al Consiglio , sull ' applicazione della presente direttiva e di proporre ogni altra misura necessaria per l ' attuazione del principio della parità di trattamento . Articolo 10 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva . Fatto a Bruxelles , addì 19 dicembre 1978 . Per il Consiglio Il Presidente H.-D . GENSCHER ( 1 ) GU n . C 34 dell ' 11 . 2 . 1977 , pag . 3 . ( 2 ) GU n . C 299 del 12 . 12 . 1977 , pag . 13 . ( 3 ) GU n . C 180 del 28 . 7 . 1977 , pag . 36 . ( 4 ) GU n . L 39 del 14 . 2 . 1976 , pag . 40 . DECISIONE DEI RAPPRESENTANTI DEI GOVERNI DEGLI STATI MEMBRI DELLA COMUNITÀ ECONOMICA EUROPEA RIUNITI IN SEDE DI CONSIGLIO del 18 dicembre 1978 relativa alla soppressione di alcune tasse postali per la presentazione in dogana ( 79/8/CEE ) I RAPPRESENTANTI DEI GOVERNI DEGLI STATI MEMBRI DELLA COMUNITÀ ECONOMICA EUROPEA RIUNITI IN SEDE DI CONSIGLIO , considerando le proposte della Commissione ed i pareri del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale in materia ; considerando che occorre progredire nell ' attuazione della libera circolazione reale delle merci e di farne fruire direttamente i cittadini europei , DECIDONO : Articolo 1 Non sono più riscosse tasse per la presentazione in dogana delle spedizioni di merci che sono inviate da uno Stato membro e che beneficiano all ' importazione di una franchigia dalle tasse sulla cifra d ' affari e dalle accise . Articolo 2 Gli Stati membri prendono le misure necessarie per la messa in applicazione della presente decisione al più presto possibile , ma comunque entro il 1° luglio 1979 . Fatto a Bruxelles , addì 18 dicembre 1978 . Il Presidente H.-D . GENSCHER
Sicurezza sociale — parità di trattamento tra le donne e gli uomini QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? La direttiva punta a garantire il rispetto del principio di parità di trattamento tra donne e uomini in materia di sicurezza sociale. PUNTI CHIAVE La presente direttiva si applica:ai regimi legali di protezione sociale legati ai rischi per malattia, invalidità, infortunio sul lavoro e malattia professionale, disoccupazione e vecchiaia; all’assistenza sociale che interviene a completamento o in sostituzione dei regimi di base. Non si applica ai regimi concernenti le prestazioni ai superstiti e le prestazioni familiari. Principio di parità di trattamento Tale principio tutela i cittadini europei dalle discriminazioni fondate sul sesso, indipendentemente dal fatto che siano dirette* o indirette*, per quanto riguarda:il campo d’applicazione dei regimi e le condizioni di ammissione a essi; l’obbligo di versare i contributi e il calcolo degli stessi; il calcolo delle prestazioni e le condizioni relative alla durata e al mantenimento del diritto alle prestazioni. Possono essere adottate regole specifiche per assicurare la protezione delle donne in maternità. Pensioni di vecchiaia Gli Stati membri possono escludere dal campo d’applicazione della direttiva:la fissazione del limite di età per la concessione della pensione; i vantaggi accordati alle persone pensionate che hanno provveduto ad allevare figli, in particolare riguardanti i periodi di interruzione del lavoro; la concessione di prestazioni di vecchiaia o di invalidità in base ai diritti derivati del coniuge; le prestazioni a lungo termine concessi al coniuge in base a invalidità, vecchiaia, infortuni sul lavoro o malattie professionali del congiunto; il diritto di opzione, anteriormente all’adozione della presente direttiva, ovvero la possibilità di non acquisire diritti o non contrarre obblighi nell’ambito di un regime legale di protezione sociale. Gli Stati membri esaminano periodicamente la necessità di escludere tali categorie tenendo conto dell’evoluzione sociale. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Doveva diventare legge negli Stati dell’UE a partire dal 1984. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:Protezione sociale e pensioni (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Discriminazione diretta: sussiste discriminazione diretta quando una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga. Discriminazione indiretta: discriminazione che si verifica allorché una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere una persona in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone, a meno che essi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale. (GU L 6, 10.1.1979, pagg. 24–25)
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DECISIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO, DEL CONSIGLIO, DELLA COMMISSIONE, DELLA CORTE DI GIUSTIZIA, DELLA CORTE DEI CONTI, DEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E DEL COMITATO DELLE REGIONI del 26 giugno 2009 relativa all’organizzazione e al funzionamento dell’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea (2009/496/CE, Euratom) IL PARLAMENTO EUROPEO, IL CONSIGLIO, LA COMMISSIONE, LA CORTE DI GIUSTIZIA, LA CORTE DEI CONTI, IL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO, IL COMITATO DELLE REGIONI, visto il trattato sull’Unione europea, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica, considerando quanto segue: (1) L’articolo 8 della decisione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, dell’8 aprile 1965, relativa all’installazione provvisoria di talune istituzioni e di taluni servizi delle Comunità (1), ha disposto che venisse insediato a Lussemburgo l’Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee (di seguito denominato «l’Ufficio»). Questa disposizione ha trovato infine attuazione con la decisione 2000/459/CE, CECA, Euratom (2). (2) Dal momento che il personale dell’Ufficio è soggetto alle norme e ai regolamenti applicabili ai funzionari e altri agenti delle Comunità europee, è opportuno tener conto delle loro recenti modifiche. (3) Il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (3), di seguito denominato «regolamento finanziario», contempla specifiche disposizioni sul funzionamento dell’Ufficio. (4) Il settore editoriale è teatro di un considerevole sviluppo tecnologico, di cui occorre tener conto per il funzionamento dell’Ufficio. (5) Per motivi di chiarezza, è opportuno abrogare la decisione 2000/459/CE, CECA, Euratom e sostituirla con la presente decisione, DECIDONO: Articolo 1 L’Ufficio delle pubblicazioni 1. L’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea (di seguito denominato «l’Ufficio») è un organismo interistituzionale il cui compito è di provvedere, nelle migliori condizioni possibili, all’edizione delle pubblicazioni delle istituzioni delle Comunità europee e dell’Unione europea. A tal fine, l’Ufficio provvede, da un lato, affinché le istituzioni assolvano all’obbligo in materia di pubblicazione dei testi normativi e contribuisce, dall’altro, ad elaborare, sotto il profilo tecnico, e a realizzare le politiche di informazione e di comunicazione nei settori di sua competenza. 2. La gestione dell’Ufficio compete al direttore, che segue gli orientamenti strategici stabiliti dal comitato direttivo. Ad eccezione delle disposizioni specifiche attinenti alla vocazione interistituzionale dell’Ufficio contemplate dalla presente decisione, l’Ufficio segue le procedure amministrative e finanziarie della Commissione. Nel definire le suddette procedure, la Commissione tiene conto della natura specifica dell’Ufficio. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente decisione, valgono le seguenti definizioni: 1) «edizione»: qualsiasi azione necessaria alla concezione, alla verifica, all’attribuzione dei numeri internazionali normalizzati e/o dei numeri di catalogo, alla produzione, alla catalogazione, all’indicizzazione, alla diffusione, alla promozione, alla vendita, al deposito e all’archiviazione delle pubblicazioni, in qualsiasi forma e veste e secondo qualsiasi procedimento presente o futuro; 2) «pubblicazione»: testo pubblicato su qualsiasi supporto o formato recante un numero internazionale normalizzato e/o un numero di catalogo; 3) «pubblicazioni obbligatorie»: pubblicazioni la cui edizione è prevista dai trattati o da altri testi normativi; 4) «pubblicazioni non obbligatorie»: pubblicazioni la cui edizione è prerogativa di ciascuna istituzione; 5) «gestione dei diritti di autore»: conferma, da parte del servizio autore, della titolarità dei diritti di autore o di riutilizzazione e gestione, da parte dell’Ufficio, dei suddetti diritti per le pubblicazioni di cui esso cura l’edizione; 6) «proventi netti delle vendite»: totale degli importi fatturati al netto degli sconti commerciali concessi e delle spese di gestione, d’incasso e di banca; 7) «istituzioni»: istituzioni, organi e organismi istituiti dai trattati o sulla base dei trattati. Articolo 3 Competenze dell’Ufficio 1. L’Ufficio esplica le proprie competenze nei seguenti settori: a) edizione della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (di seguito denominata «Gazzetta ufficiale») di cui garantisce l’autenticità; b) edizione delle altre pubblicazioni obbligatorie; c) edizione o coedizione delle pubblicazioni non obbligatorie affidate all’Ufficio nell’ambito delle prerogative di ciascuna istituzione, in particolare delle attività di comunicazione delle istituzioni; d) edizione o coedizione di pubblicazioni su propria iniziativa, tra cui quelle intese a promuoverne i servizi; a tal fine, l’Ufficio può commissionare traduzioni stipulando contratti di servizio; e) sviluppo, manutenzione e aggiornamento dei servizi di edizione elettronica destinati al grande pubblico; f) messa a disposizione del pubblico di tutta la legislazione e degli altri testi ufficiali; g) conservazione e messa a disposizione del pubblico in formato elettronico di tutte le pubblicazioni delle istituzioni; h) attribuzione dei numeri internazionali normalizzati e/o dei numeri di catalogo per le pubblicazioni delle istituzioni; i) gestione dei diritti di riproduzione e di traduzione delle pubblicazioni delle istituzioni; j) promozione e vendita delle pubblicazioni e dei servizi da esso offerti al pubblico. 2. L’Ufficio fornisce consigli e assistenza alle istituzioni nei seguenti ambiti: a) programmazione e pianificazione dei loro programmi di pubblicazione; b) realizzazione dei loro progetti editoriali indipendentemente dalle modalità di edizione; c) impaginazione e concezione dei loro progetti editoriali; d) informazioni sulle tendenze del mercato editoriale negli Stati membri e sui temi e i titoli a più vasta diffusione; e) determinazione della tiratura e individuazione dei piani di diffusione; f) fissazione dei prezzi delle pubblicazioni e relativa vendita; g) promozione, diffusione e valutazione delle loro pubblicazioni gratuite o a pagamento; h) analisi, valutazione e costruzione dei siti e dei servizi Internet destinati al pubblico; i) elaborazione dei contratti quadro riguardanti le attività editoriali; j) sorveglianza tecnologica dei sistemi editoriali. Articolo 4 Responsabilità delle istituzioni 1. Ogni istituzione ha competenza esclusiva a decidere in materia di pubblicazione. 2. Le istituzioni si avvalgono dei servizi dell’Ufficio per procedere all’edizione delle loro pubblicazioni obbligatorie. 3. Le istituzioni possono procedere all’edizione delle loro pubblicazioni non obbligatorie senza l’intervento dell’Ufficio. In tal caso, le istituzioni chiedono l’attribuzione del numero internazionale normalizzato e/o del numero di catalogo all’Ufficio, cui trasmettono una copia elettronica della pubblicazione, quale che sia il formato, nonché eventualmente due copie cartacee. 4. Le istituzioni si impegnano a garantire la titolarità dei diritti di riproduzione, traduzione e diffusione di tutti gli elementi costitutivi di una pubblicazione. 5. Per le loro pubblicazioni le istituzioni si impegnano a definire un piano di diffusione, approvato dall’Ufficio. 6. Le istituzioni possono sottoscrivere con l’Ufficio convenzioni di servizio intese a definire le modalità di collaborazione. Articolo 5 Compiti dell’Ufficio 1. L’esecuzione dei compiti dell’Ufficio comporta in particolare le seguenti operazioni: a) raggruppamento dei documenti da editare; b) preparazione, concezione grafica, correzione, impaginazione e verifica dei testi e di altri elementi, indipendentemente dal formato o dal supporto, nel rispetto, da una parte, delle indicazioni fornite dalle istituzioni e, dall’altra, delle regole di presentazione grafica e linguistica stabilite in collaborazione con le istituzioni; c) indicizzazione e catalogazione delle pubblicazioni; d) analisi documentaria dei testi pubblicati nella Gazzetta ufficiale e dei testi ufficiali non pubblicati nella Gazzetta ufficiale; e) consolidazione dei testi legislativi; f) gestione, sviluppo, aggiornamento e diffusione del thesaurus multilingue Eurovoc; g) stampa per il tramite dei fornitori; h) controllo dell’esecuzione dei lavori; i) controllo della qualità; j) collaudo qualitativo e quantitativo; k) diffusione fisica ed elettronica della Gazzetta ufficiale, dei testi ufficiali non pubblicati nella Gazzetta ufficiale e delle altre pubblicazioni non obbligatorie; l) deposito; m) archiviazione fisica ed elettronica; n) ristampa delle pubblicazioni esaurite e stampa su richiesta; o) costituzione di un catalogo consolidato delle pubblicazioni istituzionali; p) vendita, comprese l’emissione di fatture, la riscossione e la devoluzione dei proventi e la gestione dei crediti; q) promozione; r) creazione, acquisto, gestione, aggiornamento, monitoraggio e supervisione delle mailing list delle istituzioni e creazione di mailing list mirate. 2. Nell’ambito delle sue competenze, o in forza di poteri di ordinatore su delega delle istituzioni, l’Ufficio provvede: a) all’aggiudicazione di appalti pubblici, definendone gli oneri giuridici; b) al monitoraggio finanziario dei contratti conclusi con i fornitori; c) alla liquidazione delle spese, che comprende in particolare la fase di collaudo qualitativo e quantitativo e l’apposizione della dicitura «visto per pagamento»; d) all’autorizzazione delle spese; e) alle operazioni di entrata. Articolo 6 Comitato direttivo 1. È istituito un comitato direttivo nel quale sono rappresentate le istituzioni firmatarie. Ne sono membri il cancelliere della Corte di giustizia, il segretario generale aggiunto del Consiglio e i segretari generali delle altre istituzioni, o i loro rappresentanti. La Banca centrale europea partecipa ai lavori del comitato direttivo in veste di osservatore. 2. Il comitato direttivo nomina il presidente tra i suoi membri per una durata di due anni. 3. Il comitato direttivo si riunisce almeno quattro volte l’anno su iniziativa del presidente o su domanda di un’istituzione. 4. Il comitato direttivo approva il proprio regolamento interno, pubblicato nella Gazzetta ufficiale. 5. Salvo disposizioni contrarie, le decisioni del comitato direttivo sono adottate a maggioranza semplice. 6. Ciascuna istituzione firmataria della presente decisione dispone di un voto in seno al comitato direttivo. Articolo 7 Compiti e responsabilità del comitato direttivo 1. In deroga alle disposizioni dell’articolo 6, il comitato direttivo adotta all’unanimità, nel comune interesse delle istituzioni e nell’ambito delle competenze dell’Ufficio, le seguenti decisioni: a) su proposta del direttore, definisce gli obiettivi strategici e le norme di funzionamento dell’Ufficio; b) definisce gli orientamenti di politica generale dell’Ufficio, in particolare per quanto riguarda la vendita, la diffusione e l’edizione, e garantisce il contributo dell’Ufficio alla messa a punto e alla realizzazione di politiche di informazione e comunicazione nei settori di sua competenza; c) in base ad un progetto elaborato dal direttore dell’Ufficio, approva una relazione annuale di gestione rivolta alle istituzioni in cui rende conto dell’attuazione della strategia e delle prestazioni dell’Ufficio. Anteriormente al 1o maggio di ogni anno trasmette la relazione sull’esercizio precedente alle istituzioni; d) approva lo stato di previsione delle entrate e delle spese dell’Ufficio nell’ambito della procedura di bilancio relativa al bilancio di esercizio dell’Ufficio; e) approva i criteri per la tenuta della contabilità analitica dell’Ufficio, che il direttore dell’Ufficio adotta; f) rivolge alle istituzioni suggerimenti intesi ad agevolare il buon andamento dell’Ufficio. 2. Il comitato direttivo tiene conto degli orientamenti emananti dalle istanze interistituzionali in materia di comunicazione e informazione istituite a tal fine. Il presidente del comitato direttivo incontra ogni anno le suddette istanze. 3. Il presidente del comitato direttivo, in qualità di rappresentate della cooperazione interistituzionale, è l’interlocutore dell’autorità di discarico per le decisioni strategiche negli ambiti di competenza dell’Ufficio. 4. Il presidente del comitato direttivo e il direttore dell’Ufficio definiscono di comune accordo le regole di informazione reciproca e di comunicazione che ne formalizzano i rapporti. L’accordo è trasmesso per informazione ai membri del comitato direttivo. Articolo 8 Direttore dell’Ufficio Il direttore dell’Ufficio, sotto l’autorità del comitato direttivo e nei limiti delle competenze di quest’ultimo, è responsabile del buon andamento dell’Ufficio. Per l’applicazione delle procedure amministrative e finanziarie, esso agisce sotto l’autorità della Commissione. Articolo 9 Compiti e responsabilità del direttore dell’Ufficio 1. Il direttore dell’Ufficio provvede al segretariato del comitato direttivo, al quale rende conto dell’esercizio delle proprie funzioni sulla base di relazioni trimestrali. 2. Il direttore dell’Ufficio rivolge al comitato direttivo qualsiasi suggerimento utile per il buon funzionamento dell’Ufficio. 3. Previa consultazione del comitato direttivo per un parere, il direttore dell’Ufficio definisce la natura e la tariffa delle prestazioni che l’Ufficio può effettuare a titolo oneroso per le istituzioni. 4. Il direttore dell’Ufficio adotta, previa approvazione del comitato direttivo, i criteri per la tenuta della contabilità analitica dell’Ufficio. Egli definisce, d’accordo con il contabile della Commissione, le modalità della cooperazione contabile tra l’Ufficio e le istituzioni. 5. Il direttore dell’Ufficio, nell’ambito della procedura di bilancio relativa al bilancio di esercizio dell’Ufficio, definisce un progetto di stato di previsione delle entrate e delle spese dell’Ufficio. Previa approvazione da parte del comitato direttivo, queste proposte sono trasmesse alla Commissione. 6. Il direttore dell’Ufficio decide se e in base a quali modalità possono essere effettuate le pubblicazioni provenienti da terzi. 7. Il direttore dell’Ufficio partecipa alle attività interistituzionali in materia di informazione e comunicazione negli ambiti di competenza dell’Ufficio. 8. Per quanto riguarda l’edizione della legislazione e i documenti ufficiali relativi alla procedura legislativa, compresa la Gazzetta ufficiale, il direttore dell’Ufficio: a) sollecita, presso le sedi competenti di ciascuna istituzione, le decisioni di massima da applicare congiuntamente; b) presenta proposte per il miglioramento della struttura e della veste della Gazzetta ufficiale e dei testi legislativi ufficiali; c) presenta alle istituzioni proposte sull’armonizzazione della veste dei testi da pubblicare; d) esamina le difficoltà riscontrate nelle operazioni correnti e, ai fini del loro superamento, formula le necessarie istruzioni nell’ambito dell’Ufficio e le opportune raccomandazioni per le istituzioni. 9. Conformemente al regolamento finanziario, il direttore dell’Ufficio redige una relazione annuale di attività in cui rende conto della gestione degli stanziamenti delegati dalla Commissione e da altre istituzioni in forza del regolamento finanziario. La relazione è indirizzata alla Commissione e alle istituzioni interessate, nonché, per informazione, al comitato direttivo. 10. Il direttore dell’Ufficio e i membri della Commissione responsabili dei rapporti con l’Ufficio stabiliscono di comune accordo le modalità di informazione e di consultazione nell’ambito della delega degli stanziamenti della Commissione e dell’esecuzione del bilancio. 11. Il direttore dell’Ufficio è responsabile del conseguimento degli obiettivi strategici approvati dal comitato direttivo e della buona gestione dell’Ufficio, delle sue attività e della gestione del bilancio. 12. In caso di assenza o impedimento del direttore dell’Ufficio si applicano le norme sulla supplenza in base al grado e all’anzianità, se non altrimenti disposto dal comitato direttivo, su proposta del presidente o del direttore dell’Ufficio. 13. Il direttore dell’Ufficio informa le istituzioni con una relazione trimestrale sulla pianificazione e l’utilizzo delle risorse e l’avanzamento dei lavori. Articolo 10 Personale 1. La Commissione provvede alla nomina del direttore generale e del direttore, previo parere favorevole unanime del comitato direttivo. Al direttore generale e ai direttori si applicano le norme della Commissione in materia di mobilità e valutazione dei quadri superiori (gradi AD 16/AD 15/AD 14). Quando, per un funzionario che riveste un tale incarico, stanno per decorrere i termini per la mobilità previsti di regola dalla normativa applicabile, la Commissione informa il comitato direttivo che può esprimersi sul caso con un parere unanime. 2. Il comitato direttivo partecipa attivamente alle procedure previste, eventualmente, prima della nomina dei funzionari e degli agenti dell’Ufficio chiamati a rivestire le funzioni di direttore generale (gradi AD 16/AD 15) e di direttore (gradi AD 15/AD 14) e, in particolare, per quanto riguarda la redazione degli avvisi di posto vacante, l’esame delle candidature e la designazione delle commissioni giudicatrici dei concorsi per tali posti. 3. Per quanto riguarda i funzionari e gli agenti assegnati all’Ufficio, le competenze dell’autorità investita del potere di nomina (AIPN) e dell’autorità abilitata a concludere i contratti di assunzione (AACC) sono esercitate dalla Commissione. La Commissione può delegare alcune delle sue competenze al suo interno e al direttore dell’Ufficio. Tale delega è soggetta alle stesse condizioni previste per i direttori generali della Commissione. 4. Fatto salvo il paragrafo 2, i funzionari e gli agenti assegnati all’Ufficio sono soggetti alle disposizioni e alle procedure adottate dalla Commissione per l’attuazione dello statuto e del regime applicabile agli altri agenti, alle stesse condizioni previste per i funzionari e gli agenti della Commissione in servizio a Lussemburgo. 5. I funzionari di tutte le istituzioni sono informati dei posti vacanti presso l’Ufficio, non appena l’AIPN e l’AACC decidono di coprire tali posti. 6. Il direttore dell’Ufficio informa, su base trimestrale, il comitato direttivo in merito alla gestione del personale. Articolo 11 Aspetti finanziari 1. Gli stanziamenti destinati all’Ufficio, il cui importo complessivo è iscritto su una linea di bilancio particolare all’interno della sezione del bilancio relativa alla Commissione, sono indicati in modo particolareggiato in un allegato della stessa sezione. Tale allegato reca uno stato delle entrate e delle spese, con suddivisioni identiche a quelle delle sezioni di bilancio. 2. La tabella dell’organico dell’Ufficio figura in un allegato della tabella dell’organico della Commissione. 3. Ogni istituzione svolge la funzione di ordinatore per gli stanziamenti del proprio bilancio riguardanti la linea «spese di pubblicazione». 4. Per gli stanziamenti iscritti nella propria sezione, ciascuna istituzione può delegare i poteri di ordinatore al direttore dell’Ufficio, stabilendo i limiti e le condizioni di tale delega, conformemente al regolamento finanziario. Il direttore dell’Ufficio informa, su base trimestrale, il comitato direttivo circa dette deleghe. 5. La gestione finanziaria e di bilancio dell’Ufficio è effettuata nel rispetto del regolamento finanziario e delle relative modalità di esecuzione e del quadro finanziario in vigore alla Commissione, compresi gli stanziamenti delegati dalle istituzioni diverse dalla Commissione. 6. La contabilità dell’Ufficio è conforme alle norme e ai metodi contabili approvati dal contabile della Commissione. L’Ufficio tiene conti distinti per la vendita della Gazzetta ufficiale e per la vendita delle pubblicazioni. I proventi netti delle vendite sono devoluti alle istituzioni. Articolo 12 Sorveglianza 1. La funzione di revisore interno è svolta nell’Ufficio dal revisore interno della Commissione, conformemente al regolamento finanziario. L’Ufficio assicura una capacità di audit interno, secondo modalità analoghe a quelle previste per le direzioni generali e i servizi della Commissione. Le istituzioni possono chiedere al direttore dell’Ufficio di inserire revisioni specifiche nel programma di lavoro delle revisioni interne elaborato dall’Ufficio. 2. Nell’ambito della missione dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), l’Ufficio risponde a qualsiasi quesito riguardante le sue competenze. Al fine di garantire la tutela degli interessi dell’Unione europea, il presidente del comitato direttivo e il direttore dell’OLAF siglano un accordo sulle modalità di informazione reciproca. Articolo 13 Reclami e domande 1. Nei limiti delle sue competenze, l’Ufficio è tenuto a rispondere alle domande del Mediatore europeo e del garante europeo della protezione dei dati. 2. Qualsiasi azione legale nei settori di competenza dell’Ufficio è intentata contro la Commissione. Articolo 14 Accesso del pubblico ai documenti 1. Il direttore dell’Ufficio prende le decisioni di cui all’articolo 7 del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (4). In caso di rifiuto, le decisioni riguardanti le domande di conferma sono prese dal segretariato generale della Commissione. 2. L’Ufficio istituisce un registro dei documenti conformemente all’articolo 11 del regolamento (CE) n. 1049/2001. Articolo 15 Abrogazione La decisione 2000/459/CE, CECA, Euratom è abrogata. I riferimenti alla decisione abrogata si intendono fatti alla presente decisione. Articolo 16 Entrata in vigore Gli effetti della presente decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles e a Lussemburgo, 26 giugno 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente K. SCHWARZENBERG Per la Commissione Il presidente J. M. BARROSO Per la Corte di giustizia Il presidente V. SKOURIS Per la Corte dei conti Il presidente V. M. SILVA CALDEIRA Per il Comitato economico e sociale europeo Il presidente M. SEPI Per il Comitato delle regioni Il presidente L. VAN DEN BRANDE (1) GU 152 del 13.7.1967, pag. 18. (2) GU L 183 del 22.7.2000, pag. 12. (3) GU L 248 del 16.9.2002, pag. 1. (4) GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43.
Ufficio delle pubblicazioni QUAL È LO SCOPO DI QUESTA DECISIONE? Specifica il ruolo, le responsabilità, i compiti e la struttura organizzativa dell’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea. PUNTI CHIAVE Ruolo L’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea (UP) è un organismo inter-istituzionale il cui compito è provvedere all’edizione delle pubblicazioni delle istituzioni dell’Unione europea (UE). L’UP è responsabile per la diffusione in vari formati cartacei ed elettronici di pubblicazioni di carattere normativo e generale, tra cui:La Gazzetta ufficiale dell’UE in 23 lingue (24 quando è richiesto anche l’irlandese); Una lista di siti web per cittadini, governi e aziende dell’UE, tra cui:EUR-Lex,Portale Open Data dell’UE,EU Bookshop,Tenders Electronic Daily,Servizio comunitario di informazione in materia di ricerca e sviluppo. L’UP garantisce anche la conservazione a lungo termine dei contenuti prodotti dalle istituzioni e dagli organismi dell’UE. Inoltre, l’UP fornisce consulenza e assistenza alle istituzioni dell’UE in diverse aree, tra cui:programmazione e pianificazione dei programmi di pubblicazione; informazioni sulle tendenze del mercato delle pubblicazioni nei paesi dell’UE e sugli argomenti di massimo interesse per il pubblico; supervisione tecnologica sui sistemi di publishing. Compiti L’UP ha diversi compiti specifici, tra cui:raccolta e ordinamento di documenti per la pubblicazione; preparazione, progettazione grafica, correzione, impaginazione e controllo dei testi per la pubblicazione; indicizzazione e catalogazione delle pubblicazioni; analisi documentale dei testi pubblicati nella Gazzetta ufficiale e su altri testi ufficiali; consolidamento di atti giuridici; gestione, sviluppo. aggiornamento e distribuzione di EuroVoc, il thesaurus multilingue dell’Unione europea; organizzazione della stampa delle pubblicazioni da parte dei fornitori dell’Ufficio; controllo di qualità di tutti gli aspetti inerenti alla produzione; distribuzione della Gazzetta ufficiale, di testi ufficiali al di fuori di quanto pubblicato nella Gazzetta ufficiale e altre pubblicazioni non obbligatorie (tramite EUR-Lex, Pubblicazioni dell’UE oppure come stampe fisiche); archiviazione fisica ed elettronica; creazione, acquisto, gestione, aggiornamento, monitoraggio e supervisione delle liste di distribuzione delle varie istituzioni e creazione di liste di distribuzione mirate. Responsabilità delle istituzioniOgni istituzione è tenuta ad utilizzare i servizi dell’UP per la pubblicazione delle proprie pubblicazioni obbligatorie. Per quanto riguarda le pubblicazioni facoltative, ciascuna istituzione dell’UE può decidere se utilizzare i servizi dell’UP o no. Quando un’istituzione dell’UE pubblica materiale senza il coinvolgimento dell’UP, è comunque tenuta a chiedere all’Ufficio un identificativo (ai fini della classificazione delle pubblicazioni in modo inequivocabile ed esclusivo) e a fornire all’Ufficio copie della pubblicazione. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? La decisione è stata applicata dal 1 luglio 2009. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:l’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea (Europa). DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2009/496/CE, Euratom del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale europeo e del Comitato delle regioni, del 26 giugno 2009, relativa all’organizzazione e al funzionamento dell’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea (GU L 168 del 30.6.2009, pagg. 41-47) Le successive modifiche alla direttiva 2009/496/UE sono state incorporate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
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1999/879/CE: Decisione del Consiglio, del 17 dicembre 1999, relativa all'immissione sul mercato e all'impiego della somatotropina bovina (BST) e che abroga la decisione 90/218/CEE Gazzetta ufficiale n. L 331 del 23/12/1999 pag. 0071 - 0072 DECISIONE DEL CONSIGLIOdel 17 dicembre 1999relativa all'immissione sul mercato e all'impiego della somatotropina bovina (BST) e che abroga la decisione 90/218/CEE(1999/879/CE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Parlamento europeo(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),considerando quanto segue:(1) ai sensi dell'articolo 1 della decisione 90/218/CEE del Consiglio, del 25 aprile 1990, relativa all'immissione sul mercato e all'impiego della somatotropina bovina (BST)(3), gli Stati membri devono provvedere affinché, fino al 31 dicembre 1999, non sia autorizzata nei rispettivi territori l'immissione sul mercato della somatotropina bovina ai fini della commercializzazione e della somministrazione, sotto qualsiasi forma, alle vacche da latte;(2) in virtù dell'articolo 2, paragrafo 2, della suddetta decisione, il Consiglio ha incaricato la Commissione di affidare ad un gruppo di personalità scientifiche indipendenti il compito di valutare, in collaborazione con gli Stati membri, gli effetti dell'impiego della BST tenendo conto del parere del comitato per i medicinali veterinari, in particolare per quanto concerne l'incidenza dell'impiego di tale prodotto sui casi di mastite;(3) l'articolo 2, paragrafo 1, della suddetta decisione autorizza gli Stati membri a procedere a prove pratiche limitate di impiego della somatotropina bovina, sotto il controllo di un veterinario ufficiale, al fine di ottenere altri dati scientifici che possano essere presi in considerazione dal Consiglio al momento della decisione finale; la Commissione non ha ricevuto alcuna informazione in merito a tali prove e, in considerazione del divieto stabilito dalla decisione, non è necessario che se ne autorizzi il proseguimento;(4) il protocollo sulla protezione e il benessere degli animali annesso al trattato invita la Comunità e gli Stati membri a tenere pienamente conto, nella formulazione e nell'attuazione della politica agricola comunitaria, delle esigenze in materia di salute e benessere degli animali;(5) con decisione 78/923/CEE(4), la Comunità ha approvato la convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti (in appresso denominata "la convenzione") ed ha depositato il relativo strumento di approvazione; tutti gli Stati membri hanno ratificato la suddetta convenzione;(6) ai sensi del punto 18 dell'allegato alla direttiva 98/58/CE del Consiglio, riguardante la protezione degli animali negli allevamenti(5), nessun'altra sostanza, ad eccezione di quelle somministrate a fini terapeutici o profilattici, deve essere somministrata ad un animale, a meno che gli studi scientifici sul benessere degli animali o l'esperienza acquisita ne abbiano dimostrato l'innocuità per la sua salute e il suo benessere;(7) la BST non viene prodotta per scopi terapeutici ma solo per aumentare la produzione di latte;(8) il 10 marzo 1999, il comitato scientifico per la salute e il benessere degli animali (CSSBA) ha adottato la relazione sull'impatto dell'utilizzazione di somatotropina bovina sulla salute e il benessere degli animali, in cui si afferma che la BST aumenta il rischio di mastite clinica e la durata della relativa cura, che aumenta l'incidenza di disturbi alle zampe e ai piedi, che può avere effetti negativi sulla riproduzione e indurre gravi reazioni nel punto di iniezione;(9) per salvaguardare la salute e la produttività dei bovini da latte, è importante ridurre al minimo i fattori di stress che possono produrre un aumento di malattie quali mastiti, lesioni dei piedi e reazioni nel punto di iniezione; il CSSBA è del parere che l'uso della BST provochi un aumento di tali patologie, che risultano dolorose e debilitanti e possono incidere negativamente sul benessere degli animali e provocare un aumento della morbilità degli stessi; il CSSBA ritiene dunque che la BST non dovrebbe essere somministrata alle vacche da latte,HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:Articolo 1Dal momento in cui la presente decisione ha effetto, gli Stati membri provvedono affinché sia proibita nel territorio della Comunità, l'immissione sul mercato di somatotropina bovina ai fini della commercializzazione e della somministrazione, sotto qualsiasi forma, alle vacche da latte.Articolo 2Le aziende che acquistano o producono sostanze a base di somatotropina bovina e le aziende autorizzate a commercializzare a qualsiasi titolo tali sostanze devono tenere registri in cui vengano specificati, in ordine cronologico, i quantitativi prodotti o acquistati e quelli venduti o utilizzati a fini diversi dall'immissione sul mercato di cui all'articolo 1 nonché i nomi delle persone a cui tali quantitativi sono stati venduti o da cui sono stati acquistati. Le informazioni di cui sopra devono essere messe a disposizione dell'autorità competente su richiesta di quest'ultima; nel caso dei registri informatizzati deve esserne fornita una versione stampata.Articolo 3Il divieto di cui all'articolo 1 non incide sulla produzione e sulle importazioni di somatotropina bovina negli Stati membri ai fini dell'esportazione di questo prodotto verso i paesi terzi.Articolo 4La decisione 90/218/CEE è abrogata.Articolo 5La presente decisione ha effetto il 1o gennaio 2000.Articolo 6Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.Fatto a Bruxelles, addì 17 dicembre 1999.Per il ConsiglioIl PresidenteK. HEMILÄ(1) Parere espresso il 16 dicembre 1999 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(2) Parere espresso il 9 dicembre 1999 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 116 dell'8.5.1990, pag. 27. Decisione modificata da ultimo dalla decisione 94/936/CE del Consiglio (GU L 366 del 31.12.1994, pag. 19).(4) GU L 323 del 17.11.1978, pag. 12.(5) GU L 221 dell'8.8.1998, pag. 23.
Norme dell'Unione europea sulla commercializzazione e l'impiego della somatotropina bovina QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Essa intende disciplinare l'immissione sul mercato e l'impiego, all'interno dell'Unione europea (UE), della somatotropina bovina, un ormone della crescita bovina che aumenta la produzione di latte. PUNTI CHIAVE La decisione vieta l'immissione sul mercato dell'UE della somatotropina bovina ai fini di commercializzazione e impiego nel trattamento delle vacche da latte, sotto qualsiasi forma. Resta autorizzata la produzione o importazione della somatotropina bovina nei paesi dell'UE ai fini dell'esportazione in paesi extra UE. Inoltre, le imprese che producono o sono autorizzate a commercializzare somatotropina, devono tenere dei registri in cui vengano specificati, in ordine cronologico, i quantitativi prodotti o acquistati e quelli venduti o utilizzatia fini diversi dall'immissione sul mercato, nonché i nomi delle persone a cui tali quantitativi sono stati venduti o da cui sono stati acquistati. CONTESTO Ai sensi della direttiva 2001/82/CE, nessuna sostanza, con l'eccezione di quelle somministrate a fini terapeutici o profilattici, deve essere somministrata ad un animale se non è stato dimostrato da studi scientifici di benessere degli animali o da consolidata esperienza che il suo effetto non è nocivo per la salute o il benessere degli animali. La somatotropina è prodotta solo per aumentare la produzione di latte e il Comitato scientifico dell'UE sulla salute e il benessere degli animali [sostituito dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare, istituita ai sensi del regolamento (CE) n. 178/2002] ha dichiarato, nel marzo 1999, che l'ormone ha aumentato il rischio di infezioni e potrebbe influire negativamente sulla riproduzione e indurre gravi reazioni nei bovini. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 1999/879/CE del Consiglio, del 17 dicembre 1999, relativa all'immissione sul mercato e all'impiego della somatotropina bovina (BST) e che abroga la decisione 90/218/CEE (GU L 331 del 23.12.1999, pag. 71-72)
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2001/528/CE: Decisione della Commissione, del 6 giugno 2001, che istituisce il comitato europeo dei valori mobiliari (Testo rilevante ai fini del SEE) [notificata con il numero C(2001) 1493] Gazzetta ufficiale n. L 191 del 13/07/2001 pag. 0045 - 0046 Decisione della Commissionedel 6 giugno 2001che istituisce il comitato europeo dei valori mobiliari[notificata con il numero C(2001) 1493](Testo rilevante ai fini del SEE)(2001/528/CE)LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità europea,considerando quanto segue:(1) La libera prestazione dei servizi e la libera circolazione dei capitali costituiscono obiettivi prioritari della Comunità, ai sensi degli articoli 49 e 56 del trattato.(2) La realizzazione di un autentico mercato interno dei servizi finanziari in conformità del principio dell'economia di mercato aperta e in condizioni di libera concorrenza è di importanza cruciale per la crescita economica e la creazione di posti di lavoro nella Comunità europea.(3) Il piano di azione per i servizi finanziari presentato dalla Commissione(1) individua una serie di misure necessarie al completamento del mercato unico per i servizi finanziari e evidenzia la necessità di istituire un comitato dei valori mobiliari con il compito di contribuire all'elaborazione della normativa comunitaria in materia di valori mobiliari.(4) In occasione del vertice di Lisbona del marzo 2000, il Consiglio europeo ha chiesto che si giunga alla piena attuazione del predetto piano di azione entro il 2005.(5) Il 17 luglio 2000 il Consiglio ha nominato il comitato dei saggi sulla regolamentazione dei mercati europei dei valori mobiliari.(6) Nella sua relazione finale, il comitato dei saggi ha chiesto la creazione di due comitati consultivi, il comitato europeo dei valori mobiliari, composto da alti rappresentanti degli Stati membri, e il comitato delle autorità europee di regolamentazione dei valori mobiliari, composto da rappresentanti ad alto livello delle autorità nazionali competenti nel settore dei valori mobiliari, con il compito, tra l'altro, di assistere la Commissione.(7) Nella risoluzione in favore di una più efficace regolamentazione dei mercati dei valori mobiliari nell'Unione europea, il consiglio europeo di Stoccolma esprime apprezzamento per il proposito della Commissione di procedere immediatamente all'istituzione di un comitato dei valori mobiliari composto di alti funzionari degli Stati membri e presieduto dalla Commissione.(8) La relazione finale del comitato dei saggi sottolinea il fatto che si renderà necessario adottare misure di esecuzione per dare applicazione alle direttive o ai regolamenti al fine di tener conto dei nuovi sviluppi che intervengono sui mercati finanziari.(9) Il comitato europeo dei valori mobiliari è chiamato ad agire come organismo di riflessione, dibattito e consulenza nei confronti della Commissione nel settore dei valori mobiliari.(10) Il comitato europeo dei valori mobiliari deve adottare il proprio regolamento interno.(11) La presente decisione istituisce il comitato europeo dei valori mobiliari quale organo consultivo. Previa adozione degli specifici atti legislativi da parte del Parlamento europeo e del Consiglio su proposta della Commissione, lo stesso comitato potrebbe altresì essere chiamato ad assumere funzioni di regolamentazione, conformemente alla decisione del 1999 recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione, per assistere la Commissione quando adotta decisioni nell'esercizio delle competenze di esecuzione conferitele a norma dell'articolo 202 del trattato CE,DECIDE:Articolo 1È istituito un comitato in materia di valori mobiliari nella Comunità, denominato il "comitato europeo dei valori mobiliari" (di seguito "il comitato").Articolo 2Il comitato ha il compito di assistere la Commissione nelle questioni inerenti alle politiche nel settore dei valori mobiliari nonché in merito ai progetti di proposte legislative che la Commissione decida di adottare in materia.Articolo 3Il comitato è costituito da rappresentanti ad alto livello degli Stati membri ed è presieduto da un rappresentante della Commissione.Il presidente del comitato delle autorità europee di regolamentazione dei valori mobiliari, istituito con decisione 2001/527/CE della Commissione(2), partecipa come osservatore alle riunioni del comitato.Il comitato può invitare esperti e osservatori ad assistere alle proprie riunioni.Articolo 4Il comitato può istituire gruppi di lavoro.Articolo 5Il comitato adotta il proprio regolamento interno.La segreteria del comitato è assicurata dalla Commissione.Articolo 6Il comitato entra in funzione il 7 giugno 2001.Fatto a Bruxelles, il 6 giugno 2001.Per la CommissioneFrederik BolkesteinMembro della Commissione(1) COM (1999) 232 def.(2) Vedi pagina 43 della presente Gazzetta ufficiale.
Mercati dei valori mobiliari: comitato consultivo di regolamentazione e di vigilanza La realizzazione di un mercato unico dei servizi finanziari richiede l’istituzione di un comitato consultivo che possa sostenere e prestare consulenza alla Commissione europea nel quadro della regolamentazione di tali mercati. Per quanto riguarda i mercati dei valori mobiliari, il comitato europeo dei valori mobiliari (CEVM) è direttamente insediato presso la Commissione. ATTO Decisione 2001/528/CE della Commissione, del 6 giugno 2001, che istituisce il comitato europeo dei valori mobiliari (Testo rilevante ai fini del SEE) [Cfr.atti modificativi]. SINTESI L’istituzione di comitati di ispezione e di regolamentazione ha come obiettivo quello di concretizzare ulteriormente la realizzazione del mercato unico dei servizi finanziari, conformemente al quadro elaborato dal piano d’azione per i servizi finanziari (PASF). Creazione del CEVM Il CEVM (DE) (EN) (FR) è stato creato nel 2001 per contribuire al miglioramento della regolamentazione e della vigilanza dei mercati dei valori mobiliari. La sua creazione risponde alle esigenze dell’approccio articolato su quattro livelli della regolamentazione dei servizi finanziari, auspicato nella relazione del comitato dei saggi, detta relazione Lamfalussy (DE) (EN) (FR) del 2001. In qualità di organo consultivo, il comitato interviene nell’elaborazione e nell’applicazione delle misure di esecuzione dei principi quadro definiti dalle direttive e dai regolamenti. La Commissione ha proceduto ad una revisione della procedura Lamfalussy nel 2007. Nell’ambito di tale revisione è emersa la necessità di rafforzare l’azione di tali comitati e di creare un quadro giuridico rafforzato. In qualità di guardiano dell’evoluzione dei mercati dei valori mobiliari, questo comitato consultivo contribuisce all’elaborazione delle misure di esecuzione dei principi quadro. Esso è altresì responsabile della valutazione dei rischi per la stabilità finanziaria. Ruolo del CEVM Il CEVM (DE) (EN) (FR) è innanzitutto un organismo di consultazione e di riflessione. Il compito principale del comitato è di consigliare la Commissione su questioni politiche e sui progetti di proposte che essa potrebbe adottare in materia di valori immobiliari. Composizione del CEVM Il CEVM è composto da rappresentanti di alto livello degli Stati membri ed è presieduto da un rappresentante della Commissione. Il comitato può invitare esperti ed osservatori a partecipare alle proprie riunioni. Contesto L’interdipendenza dei sistemi finanziari dell’Unione europea e l’assottigliamento della linea di demarcazione tra le attività delle imprese del settore bancario, mobiliare e assicurativo danno origine a sfide aggiuntive per la vigilanza a livello sia nazionale che comunitario. Per salvaguardare la stabilità finanziaria è dunque fondamentale creare un sistema che consenta di identificare i rischi potenziali, a livello sia transfrontaliero che intersettoriale, in una fase precoce. Riferimenti Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2001/528/CE 7.6.2001 - GU L 191, 13.7.2001 Atto(i) modificatore(i) Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2004/8/CE 13.4.2005 - GU L 3, 7.1.2004 See also Per ulteriori informazioni consultare il sito della direzione generale del Mercato interno e dei servizi: CEVM (DE) (EN) (FR)
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DIRETTIVA 2001/113/CE DEL CONSIGLIO del 20 dicembre 2001 relativa alle confetture, gelatine e marmellate di frutta e alla crema di marroni destinate all'alimentazione umana IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando quanto segue: (1) Occorre semplificare talune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari per tener conto unicamente dei requisiti fondamentali cui devono rispondere i prodotti disciplinati da tali direttive, affinché essi possano circolare liberamente nel mercato interno, conformemente alle conclusioni elaborate dal Consiglio europeo di Edimburgo dell'11-12 dicembre 1992, confermate dal Consiglio europeo di Bruxelles del 10-11 dicembre 1993. (2) La direttiva 79/693/CEE del Consiglio, del 24 luglio 1979, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti le confetture, gelatine e marmellate di frutta nonché la crema di marroni (4), è stata motivata dal fatto che disparità tra le legislazioni nazionali concernenti detti prodotti potevano creare condizioni di concorrenza sleale con la conseguenza di trarre in inganno il consumatore e avevano quindi un'incidenza diretta sull'instaurazione e il funzionamento del mercato comune. (3) Con detta direttiva si è mirato quindi a fissare definizioni e norme comuni per la composizione, le caratteristiche di fabbricazione e l'etichettatura di detti prodotti, al fine di garantirne la libera circolazione all'interno della Comunità. (4) La direttiva 79/693/CEE dovrebbe essere adeguata alla legislazione comunitaria generale applicabile a tutti i prodotti alimentari, in particolare a quella relativa all'etichettatura, ai coloranti, agli edulcoranti e agli altri additivi autorizzati e, per motivi di chiarezza, dovrebbe essere rifusa in un nuovo testo al fine di rendere più accessibili le norme relative alle condizioni di produzione e di immissione in commercio delle confetture, gelatine e marmellate di frutta e alla crema di marroni. (5) Le regole generali sull'etichettatura dei prodotti alimentari, enunciate dalla direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5), dovrebbero applicarsi fatte salve alcune condizioni. (6) Onde tener conto delle diverse tradizioni nazionali esistenti nella fabbricazione delle confetture, gelatine e marmellate, nonché della crema di marroni, è opportuno mantenere le disposizioni nazionali esistenti che autorizzano l'immissione in commercio dei prodotti che presentano un tenore ridotto di zucchero. (7) Secondo i principi di sussidiari età e di proporzionalità definiti dall'articolo 5 del trattato, l'obiettivo di stabilire definizioni e regole comuni per i prodotti interessati e di allineare le disposizioni alla normativa comunitaria generale sui prodotti alimentari non può essere sufficientemente realizzato dagli Stati membri e può dunque, data la natura della presente direttiva, essere realizzato meglio a livello comunitario. La presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo. (8) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate in base alla decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (6). (9) Per evitare che si creino nuovi ostacoli alla libera circolazione, occorre che gli Stati membri non adottino, per i prodotti indicati, disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 La presente direttiva si applica ai prodotti definiti nell'allegato I. Essa non si applica ai prodotti destinati alla fabbricazione dei prodotti da forno fini, pasticceria o biscotteria. Articolo 2 La direttiva 2000/13/CE si applica ai prodotti definiti nell'allegato I, alle condizioni in appresso: 1) Le denominazioni di vendita previste dall'allegato I sono riservate ai prodotti in esso definiti e sono utilizzate nel commercio per designarli. Tuttavia le denominazioni di cui all'allegato I possono essere utilizzate a titolo complementare e conformemente agli usi per designare altri prodotti che non possono essere confusi con i prodotti definiti nell'allegato I. 2) La denominazione di vendita è completata dall'indicazione del frutto o dei frutti utilizzati in ordine decrescente rispetto al peso delle materie prime utilizzate. Tuttavia, per i prodotti ottenuti da tre o più frutti, l'indicazione dei frutti utilizzati può essere sostituita dalla dicitura «frutti misti», da un'indicazione simile o da quella del numero di frutti utilizzati. 3) L'etichettatura indica il contenuto di frutta mediante la dicitura «… grammi di frutta per 100 grammi» di prodotto finito, se del caso previa detrazione del peso dell'acqua utilizzata per la preparazione degli estratti acquosi. 4) L'etichettatura indica il tenore totale di zuccheri mediante la dicitura «zuccheri … grammi per 100 grammi»; la cifra indicata rappresenta il valore rifratto metrico del prodotto finito, determinato a 20 °C, con una tolleranza di ± 3 gradi rifratto metrici. Tuttavia, tale indicazione non deve essere riportata allorché un'informazione nutrizionale sugli zuccheri figura nell'etichettatura in applicazione della direttiva 90/496/CEE (7). 5) Le indicazioni di cui al punto 3 e al punto 4, primo comma, figurano, a caratteri chiaramente leggibili, nello stesso campo visivo della denominazione di vendita. 6) Allorché il tenore residuo di anidride solforosa è superiore a 10 mg/kg, la sua presenza deve essere menzionata nell'elenco degli ingredienti in deroga all'articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 2000/13/CE. Articolo 3 Per i prodotti di cui all'allegato I, gli Stati membri si astengono dall'adottare disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva. Articolo 4 Fatte salve la direttiva 89/107/CEE (8) o le disposizioni adottate ai fini della sua attuazione, per la fabbricazione dei prodotti definiti nell'allegato I possono essere utilizzati soltanto gli ingredienti di cui all'allegato II e le materie prime conformi all'allegato III. Articolo 5 Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva concernenti i punti citati in seguito sono adottate conformemente alla procedura di regolamentazione di cui all'articolo 6, paragrafo 2: — gli adeguamenti della presente direttiva alle disposizioni comunitarie generali in materia di prodotti alimentari, — gli adeguamenti al progresso tecnico. Articolo 6 1. La Commissione è assistita dal comitato permanente per i prodotti alimentari (in seguito denominato «il comitato») istituito dall'articolo 1 della decisione 69/414/CEE (9). 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE. Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. 3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno. Articolo 7 La direttiva 79/693/CEE è abrogata a decorrere dal 12 luglio 2003. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva. Articolo 8 Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 12 luglio 2003. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Le disposizioni sono applicate in modo da: — autorizzare l'immissione in commercio dei prodotti definiti nell'allegato I se rispondono alle definizioni e alle norme previste dalla presente direttiva, a decorrere dal 12 luglio 2003, — vietare l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva, a decorrere dal 12 luglio 2004. Tuttavia, l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva, ma etichettati anteriormente al 12 luglio 2004 in conformità della direttiva 79/693/CEE, è autorizzata fino allo smaltimento delle scorte. Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui al primo comma, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento al momento della loro pubblicazione ufficiale. La procedura da seguire per il riferimento è adottata dagli Stati membri. Articolo 9 La presente direttiva entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Articolo 10 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 2001. Per il Consiglio Il Presidente C. PICQUÉ (1) GU C 231 del 9.8.1996, pag. 27. (2) GU C 279 dell'1.10.1999, pag. 95. (3) GU C 56 del 24.2.1997, pag. 20. (4) GU L 205 del 13.8.1979, pag. 5. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 88/593/CEE (GU L 318 del 25.11.1988, pag. 44). (5) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29. (6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (7) GU L 276 del 6.10.1990, pag. 40. (8) GU L 40 dell'11.12.1989, pag. 27. Direttiva modificata dalla direttiva 94/34/CE (GU L 237 del 10.9.1994, pag. 1). (9) GU L 291 del 19.11.1969, pag. 9. ALLEGATO I DENOMINAZIONI E DEFINIZIONI DEI PRODOTTI I. DEFINIZIONI — La «confettura» è la mescolanza, portata alla consistenza gelificata appropriata, di zuccheri, polpa e/o purea di una o più specie di frutta e acqua. Per gli agrumi, tuttavia, la confettura può essere ottenuta dal frutto intero tagliato e/o affettato. La quantità di polpa e/o purea utilizzata per la fabbricazione di 1 000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a: — 350 g in generale, — 250 g per ribes rosso, sorbe, olivello spinoso, ribes nero, cinorrodi e cotogne, — 150 g per lo zenzero, — 160 g per il pomo di acagiù, — 60 g per il frutto di granadiglia. — La «confettura extra» è la mescolanza, portata alla consistenza gelificata appropriata, di zuccheri e di polpa non concentrata di una o più specie di frutta e acqua. Tuttavia, la confettura extra di cinorrodi e la confettura extra senza semi di lamponi, more, ribes neri, mirtilli e ribes rossi può essere ottenuta parzialmente o totalmente dalla purea non concentrata di queste specie di frutta. Per gli agrumi, la confettura extra può essere ottenuta dal frutto intero tagliato e/o affettato. I frutti seguenti mescolati ad altri non possono essere impiegati per la produzione di confetture extra: mele, pere, prugne a nocciolo aderente, meloni, angurie, uva, zucche, cetrioli e pomodori. La quantità di polpa utilizzata per la fabbricazione di 1 000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a: — 450 g in generale, — 350 g per ribes rosso, sorbe, olivello spinoso, ribes nero, cinorrodi e cotogne, — 250 g per lo zenzero, — 230 g per il pomo di acagiù, — 80 g per il frutto di granadiglia. — La «gelatina» è la mescolanza, sufficientemente gelificata, di zuccheri e del succo e/o estratto acquoso di una o più specie di frutta. La quantità di succo e/o estratto acquoso utilizzata per la fabbricazione di 1 000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a quella fissata per la produzione della confettura. Dette quantità sono calcolate previa detrazione del peso dell'acqua impiegata per la preparazione degli estratti acquosi. — Tuttavia, nel caso della «gelatina extra», la quantità di succo di frutta e/o estratto acquoso utilizzata per la fabbricazione di 1 000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a quella fissata per la produzione della confettura extra. Dette quantità sono calcolate previa detrazione del peso dell'acqua impiegata per la preparazione degli estratti acquosi. I frutti seguenti mescolati ad altri non possono essere utilizzati per la produzione della gelatina extra: mele, pere, prugne a nocciolo aderente, meloni, angurie, uva, zucche, cetrioli e pomodori. — La «marmellata» è la mescolanza, portata alla consistenza gelificata appropriata, di acqua, zuccheri e di uno o più dei seguenti prodotti, ottenuti a partire da agrumi: polpa, purea, succo, estratti acquosi e scorze. La quantità di agrumi impiegata nella fabbricazione di 1 000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a 200 g, di cui almeno 75 g ottenuti dall'endocarpo. — La denominazione «marmellata-gelatina» designa il prodotto esente totalmente da sostanze insolubili, salvo eventualmente esigue quantità di scorza finemente tagliata. — La «crema di marroni» è la mescolanza, portata alla consistenza appropriata, di acqua, zuccheri e non meno di 380 g di purea di marroni (di Castanea Sativa) per 1 000 g di prodotto finito. II. I prodotti definiti nella parte I devono presentare un tenore di sostanza secca solubile, determinata al rifrattometro, uguale o superiore al 60 %, eccettuati i prodotti nei quali gli zuccheri sono stati totalmente o parzialmente sostituiti da edulcoranti. Fatto salvo l'articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2000/13/CE, gli Stati membri possono, tuttavia, autorizzare, per tener conto di taluni casi particolari, le denominazioni riservate per i prodotti definiti nella parte I, che presentano un tenore di sostanza secca solubile inferiore al 60 %. III. In caso di mescolanza, i tenori minimi fissati nella parte I, per le diverse specie di frutta sono ridotti in proporzione alle percentuali impiegate. ALLEGATO II Ai prodotti definiti nell'allegato I possono essere addizionati i seguente ingredienti: — miele, come definito nella direttiva 2001/110/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, relativa al miele (1): in tutti i prodotti in cui sostituisce totalmente o parzialmente gli zuccheri, — succo di frutta: solo nella confettura, — succo di agrumi: nei prodotti ottenuti da altri frutti: solo nella confettura, confettura extra, gelatina e gelatina extra, — succo di piccoli frutti rossi: solo nella confettura e confettura extra prodotte con cinorrodi, fragole, lamponi, uva spina, ribes rossi, prugne e rabarbaro, — succo di barbabietole rosse: solo nella confettura e gelatina prodotte con fragole, lamponi, uva spina, ribes rossi e prugne, — oli essenziali di agrumi: solo nelle marmellate e nelle marmellate-gelatine, — oli e grassi commestibili in quanto agenti antischiumogeni: in tutti i prodotti, — pectina liquida: in tutti i prodotti, — scorze di agrumi: nella confettura, confettura extra, gelatina e gelatina extra, — foglie di Pelargonium odoratissimum: nella confettura, confettura extra, gelatina e gelatina extra, quando sono ottenute da cotogne, — sostanze alcoliche, vino e vino liquoroso, noci, erbe aromatiche, spezie, vaniglia ed estratti di vaniglia: in tutti i prodotti, — vanillina: in tutti i prodotti. (1) Vedi pagina 47 della presente Gazzetta ufficiale. ALLEGATO III A. DEFINIZIONI Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni. 1) Frutto: — freschi, sani, esenti da qualsiasi alterazione, non privati di alcuno dei suoi componenti essenziali, giunti al grado di maturazione adeguato, dopo pulitura, mondatura e spuntatura, — sono equiparati alla frutta, ai fini della presente direttiva, i pomodori, le parti commestibili dei fusti del rabarbaro, le carote, le patate dolci, i cetrioli, le zucche, i meloni e le angurie, — il termine «zenzero» designa le radici commestibili dello zenzero, conservate o fresche. Lo zenzero può essere essiccato o conservato nello sciroppo. 2) Polpa (di frutta): si intende la parte commestibile del frutto intero, eventualmente sbucciato o privato dei semi; tale parte commestibile può essere tagliata in pezzi o schiacciata, ma non ridotta in purea. 3) Purea (di frutta): si intende la parte commestibile del frutto intero, se necessario sbucciato o privato dei semi; tale parte commestibile è ridotta in purea mediante setacciatura o altro procedimento simile. 4) Estratto acquoso (di frutta): si intende l'estratto acquoso di frutta che, fatte salve le perdite inevitabili dovute alle buone pratiche di fabbricazione, contiene tutti i costituenti solubili nell'acqua della frutta utilizzata. 5) Zuccheri Sono autorizzati: 1) gli zuccheri definiti nella direttiva 2001/111/CE (1); 2) lo sciroppo di fruttosio; 3) gli zuccheri estratti dalla frutta; 4) lo zucchero bruno. B. TRATTAMENTO DELLE MATERIE PRIME 1. I prodotti definiti nella parte A, punti da 1 a 4, possono subire i trattamenti seguenti: — trattamenti mediante il calore o il freddo, — liofilizzazione, — concentrazione, sempreché vi si prestino tecnicamente, — eccettuate le materie prime utilizzate per la fabbricazione di prodotti «extra»: uso di anidride solforosa (E 220) o di sali (E 221, E 222, E 223, E 224, E 226 e E 227) come ausilio per la fabbricazione, purché il tenore massimo di anidride solforosa fissato nella direttiva 95/2/CE non sia superato nei prodotti definiti nell'allegato I, parte I (Definizioni). 2. Le albicocche e le prugne destinate alla fabbricazione di confettura possono anche subire trattamenti di disidratazione diversi dalla liofilizzazione. 3. Le scorze di agrumi possono essere conservate in salamoia. (1) Vedi pagina 53 della presente Gazzetta ufficiale.
Marmellate e confetture La composizione e l’etichettatura delle confetture e della crema di marroni sono soggette a norme specifiche per quanto concerne il contenuto di frutta e zucchero, il tenore residuo di anidride solforosa e altri additivi. ATTO Direttiva 2001/113/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, relativa alle confetture, gelatine e marmellate di frutta e alla crema di marroni destinate all’alimentazione umana [Cfr. atti modificativi]. SINTESI La presente direttiva si applica alla confettura, alla confettura extra, alla gelatina, alla gelatina extra, alla marmellata, alla marmellata-gelatina e alla crema di marroni. La direttiva non si applica ai prodotti destinati alla fabbricazione dei prodotti da forno fini, pasticceria o biscotteria. I prodotti in questione sono definiti in base alla loro composizione per favorire un utilizzo commerciale corretto e non ingannevole delle loro denominazioni. La denominazione è completata dall'indicazione del frutto o dei frutti utilizzati, in ordine decrescente rispetto al peso delle materie prime utilizzate. Tuttavia, per i prodotti ottenuti da tre o più frutti, l’indicazione dei frutti utilizzati può essere sostituita dalla dicitura frutti misti, da un’indicazione simile o da quella del numero di frutti utilizzati. Inoltre, l’etichettatura delle confetture, delle gelatine, delle marmellate e della crema di marroni deve riportare: il tenore di frutta per 100 grammi di prodotto; il tenore totale di zucchero allorché nessuna informazione nutrizionale sugli zuccheri figura nell’etichettatura in applicazione della direttiva 90/496/CEE; il tenore residuo di anidride solforosa se è superiore a 10 mg/kg. L’allegato II della direttiva stabilisce una lista degli additivi autorizzati come il miele, lo zucchero, i succhi di frutta e alcune sostanze alcoliche. Gli Stati membri non possono ostacolare la commercializzazione dei prodotti conformi alle disposizioni della presente direttiva. Contesto La presente direttiva rientra in un quadro di semplificazione di alcune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari. Essa tiene conto della direttiva sull’etichettatura e pubblicità dei prodotti alimentari. RIFERIMENTI Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2001/113/CE 12.1.2002 11.7.2003 GU L 10 del 12.1.2002 Atto(i) modificatore(i) Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2004/84/CE 12.7.2004 - GU L 219 del 19.6.2004 Regolamento (CE) n. 1182/2007 6.11.2007 - GU L 273 del 17.10.2007 Le modifiche e correzioni successive della direttiva 2001/113/CE sono state integrate nel testo di base. Questa versione consolidata ha unicamente un valore documentale. ATTI COLLEGATI Regolamento (UE) n. 1021/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, recante modifica delle direttive 1999/4/CE e 2000/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e delle direttive 2001/111/CE, 2001/113/CE e 2001/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le competenze da conferire alla Commissione [Gazzetta ufficiale L 287 del 29.10.2013]. Il presente regolamento allinea gli attuali poteri di attuazione della Commissione stabiliti nelle cinque direttive sulla colazione, con il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), specificatamente con l'articolo 290 che consente alla Commissione di adottare atti delegati.
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DIRETTIVA 2009/55/CE DEL CONSIGLIO del 25 maggio 2009 relativa alle esenzioni fiscali applicabili all’introduzione definitiva di beni personali di privati provenienti da uno Stato membro (Versione codificata) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 93, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2), considerando quanto segue: (1) La direttiva 83/183/CEE del Consiglio, del 28 marzo 1983, relativa alle franchigie fiscali applicabili alle importazioni definitive di beni personali di privati provenienti da uno Stato membro (3), ha subito numerose e sostanziali modificazioni (4). È opportuno, per motivi di chiarezza e di razionalizzazione, procedere alla codificazione di tale direttiva. (2) Affinché la popolazione degli Stati membri diventi maggiormente consapevole delle attività della Comunità, occorre mantenere, a favore dei privati, l’azione intrapresa allo scopo di garantire, nella Comunità, le condizioni del mercato interno. (3) Gli ostacoli fiscali all’introduzione in uno Stato membro, da parte di privati, di beni personali che si trovano in un altro Stato membro sono tali, in particolare, da intralciare la libera circolazione delle persone nella Comunità; occorre perciò eliminarli, nei limiti del possibile, introducendo esenzioni fiscali. (4) Queste esenzioni fiscali possono essere applicate soltanto all’introduzione di beni che non hanno alcun carattere commerciale o speculativo e occorre fissarne pertanto i limiti e le condizioni d’applicazione. (5) In ragione delle disposizioni di armonizzazione adottate nei settori delle accise e dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), le regole relative agli esoneri e alle franchigie all’importazione sono ormai prive di oggetto in tali settori. (6) La presente direttiva fa salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive indicati nell’allegato I, parte B, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Ambito di applicazione 1. Gli Stati membri concedono, alle condizioni e nei casi indicati qui di seguito, un’esenzione dalle imposte sui consumi normalmente esigibili all’atto dell’introduzione definitiva, da parte di privati, di beni personali provenienti da un altro Stato membro. 2. Esulano dalla presente direttiva: a) l’imposta sul valore aggiunto; b) i diritti d’accisa; c) i diritti e le imposte specifici e/o periodici concernenti l’utilizzazione dei beni di cui al paragrafo 1 all’interno del paese, quali ad esempio i diritti riscossi all’atto dell’immatricolazione di autovetture, le tasse di circolazione stradale, i canoni televisivi. Articolo 2 Condizioni relative ai beni 1. Sono considerati «beni personali», a norma della presente direttiva, i beni destinati all’uso personale degli interessati o alle necessità della loro famiglia. Questi beni, per la loro natura o quantità, non debbono riflettere alcuna preoccupazione d’ordine commerciale, né debbono essere destinati a un’attività economica ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1 e degli articoli da 10 a 13 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (5). Sono tuttavia considerati beni personali anche gli strumenti delle arti meccaniche o delle libere professioni necessari all’esercizio della professione dell’interessato. 2. L’esenzione prevista all’articolo 1 è concessa per i beni personali che: a) sono stati acquistati alle condizioni fiscali generali del mercato interno di uno degli Stati membri e non beneficiano, in uscita dallo Stato membro di provenienza, di esenzioni o di rimborsi di imposte sui consumi. Per l’applicazione della presente direttiva si ritiene che abbiano soddisfatto tali condizioni i beni acquistati alle condizioni di cui all’articolo 151 della direttiva 2006/112/CE, fatto salvo il paragrafo 1, primo comma, lettera e); b) sono stati effettivamente destinati all’uso dell’interessato prima del trasferimento della residenza o dello stabilimento di una residenza secondaria. Gli Stati membri possono esigere che i veicoli stradali a motore (compresi i loro rimorchi), le roulotte da campeggio, le abitazioni trasportabili, le imbarcazioni da diporto e gli aerei da turismo siano destinati all’uso dell’interessato da almeno sei mesi prima del trasferimento di residenza. Per i beni di cui alla lettera a), seconda frase, gli Stati membri possono esigere: i) per quanto riguarda veicoli stradali a motore (compresi i loro rimorchi), roulotte da campeggio, abitazioni trasportabili, imbarcazioni da diporto e aerei da turismo, che siano destinati all’uso dell’interessato da almeno dodici mesi prima del trasferimento di residenza; ii) per quanto riguarda gli altri beni, che siano destinati all’uso dell’interessato da almeno sei mesi prima del trasferimento di residenza. 3. Le autorità competenti richiedono la dimostrazione del rispetto delle condizioni di cui al paragrafo 2 per i veicoli stradali a motore, compresi i loro rimorchi, le roulotte da campeggio, le abitazioni trasportabili, le imbarcazioni da diporto e gli aerei da turismo. Nel caso di beni di altro tipo detta dimostrazione è richiesta solo quando sussistono seri dubbi di frode. Articolo 3 Condizioni relative all’introduzione L’introduzione dei beni può effettuarsi in una o più volte entro i termini rispettivamente previsti agli articoli da 7 a 10. Articolo 4 Obblighi posteriori all’introduzione I veicoli stradali a motore (compresi i loro rimorchi), le roulotte da campeggio, le abitazioni trasportabili, le imbarcazioni da diporto e gli aerei da turismo introdotti non possono essere ceduti, dati in locazione o prestati durante i dodici mesi successivi alla loro introduzione in esenzione, salvo in casi debitamente giustificati e riconosciuti come tali dalle autorità competenti dello Stato membro di destinazione. Articolo 5 Condizioni specifiche relative a taluni beni L’esenzione all’introduzione dei cavalli da sella, dei veicoli stradali a motore, compresi i loro rimorchi, delle roulotte da campeggio, delle abitazioni trasportabili, delle imbarcazioni da diporto e degli aerei da turismo è concessa soltanto se il privato trasferisce la residenza normale nello Stato di destinazione. Articolo 6 Norme generali per la determinazione della residenza 1. Ai fini dell’applicazione della presente direttiva, si intende per «residenza normale» il luogo in cui una persona dimora abitualmente, ossia per almeno 185 giorni all’anno, a motivo di legami personali e professionali oppure, nel caso di una persona senza legami professionali, a motivo di legami personali che rivelano l’esistenza di una stretta correlazione tra la persona in questione e il luogo in cui abita. Tuttavia, nel caso di una persona i cui legami professionali siano situati in un luogo diverso da quello dei suoi legami personali e che pertanto sia indotta a soggiornare alternativamente in luoghi diversi situati in due o più Stati membri, si presume che la residenza normale sia quella del luogo dei legami personali, purché tale persona vi ritorni regolarmente. Questa condizione non è richiesta allorché la persona effettua un soggiorno in uno Stato membro per l’esecuzione di una missione di durata determinata. La frequenza di un’università o di una scuola non implica il trasferimento della residenza normale. 2. I privati forniscono la prova del luogo della loro residenza normale con tutti i mezzi, in particolare con la carta d’identità o mediante qualsiasi altro documento valido. 3. Le autorità competenti dello Stato membro di destinazione, qualora abbiano dubbi circa la validità della dichiarazione della residenza normale effettuata in conformità del paragrafo 2 o anche ai fini di taluni controlli specifici, possono chiedere qualsiasi elemento d’informazione o prove supplementari. CAPO II INTRODUZIONE DI BENI PERSONALI IN OCCASIONE DI UN TRASFERIMENTO DELLA RESIDENZA NORMALE Articolo 7 1. L’esenzione prevista all’articolo 1 è concessa alle condizioni di cui agli articoli da 2 a 5 per l’introduzione di beni personali effettuata da un privato in occasione del trasferimento della residenza abituale. La concessione dell’esenzione è subordinata, fatte salve le modalità eventualmente applicabili in materia di transito comunitario, alla compilazione, su carta libera, di un inventario dei beni e alla presentazione, se lo Stato lo richiede, di una dichiarazione il cui modello e contenuto siano conformi alla procedura prevista all’articolo 248 bis, paragrafo 2 del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (6). Nessuna menzione del valore può essere pretesa nell’inventario. 2. L’ultima introduzione deve essere effettuata non oltre i dodici mesi successivi al trasferimento della residenza normale. Quando, conformemente all’articolo 3, l’introduzione di beni avviene in più riprese nell’arco di detto periodo, gli Stati membri possono esigere la presentazione di un inventario globale cui un altro ufficio doganale può far riferimento anche in occasione dei successivi traslochi soltanto al momento della prima introduzione. Questo inventario globale può essere completato in accordo con le autorità competenti dello Stato membro di destinazione. CAPO III INTRODUZIONE DI BENI PERSONALI IN OCCASIONE DELL’ARREDAMENTO DI UNA RESIDENZA SECONDARIA O DELL’ABBANDONO DI QUEST’ULTIMA Articolo 8 1. L’esenzione di cui all’articolo 1 è concessa alle condizioni di cui agli articoli da 2 a 5 per l’introduzione di beni personali effettuata da un privato per l’arredamento di una residenza secondaria. L’esenzione è concessa solo qualora: a) la persona interessata sia proprietaria della residenza secondaria o locataria della medesima per un periodo di almeno dodici mesi; b) i beni introdotti corrispondano al mobilio normale della residenza secondaria. 2. L’esenzione viene concessa inoltre, alle condizioni di cui al paragrafo 1, in caso di introduzione di beni destinati alla residenza normale o a un’altra residenza secondaria in seguito all’abbandono di una residenza secondaria, sempre che detti beni siano stati effettivamente posseduti dall’interessato e destinati all’uso di quest’ultimo prima dello stabilimento di una seconda residenza. L’ultima introduzione deve essere effettuata non oltre i dodici mesi successivi all’abbandono della residenza secondaria. CAPO IV INTRODUZIONE DI BENI IN OCCASIONE DI MATRIMONIO Articolo 9 1. Fatti salvi gli articoli da 2 a 5, chiunque, in occasione del proprio matrimonio, può introdurre in esenzione dalle imposte di cui all’articolo 1, paragrafo 1 nello Stato membro ove conta di stabilire la propria residenza normale, beni personali acquistati o destinati a uso proprio, alle seguenti condizioni: a) l’introduzione deve essere effettuata durante un periodo che inizia due mesi prima della data prevista per il matrimonio e che termina quattro mesi dopo la data della celebrazione; b) il privato deve fornire la prova dell’avvenuta celebrazione del matrimonio o dell’avvio delle pratiche ufficiali a tal fine. 2. Sono parimenti ammessi in esenzione i regali abitualmente offerti in occasione di un matrimonio, ricevuti da una persona che soddisfa le condizioni di cui al paragrafo 1, da persone aventi la residenza normale in uno Stato membro diverso da quello di destinazione. L’esenzione è applicabile ai regali il cui valore unitario non superi 350 EUR. Gli Stati membri possono tuttavia accordare un’esenzione per un valore superiore, purché esso non superi, per singoli regali ammessi in esenzione, 1 400 EUR. 3. Per la concessione dell’esenzione gli Stati membri possono richiedere una garanzia adeguata, qualora l’importazione venga effettuata prima della data del matrimonio. 4. Nel caso in cui il privato non fornisca la prova del proprio matrimonio entro quattro mesi dalla data dichiarata per la celebrazione, sono dovute le imposte a decorrere dal giorno dell’introduzione. CAPO V INTRODUZIONE DI BENI PERSONALI DEL «DE CUIUS» ACQUISITI PER VIA SUCCESSORIA Articolo 10 In deroga all’articolo 2, paragrafi 2 e 3, all’articolo 4 e all’articolo 5, paragrafo 2, ma fatte salve le altre disposizioni contenute negli articoli 2, 3 e 5, qualunque privato che acquisisca per via successoria (mortis causa) la proprietà o l’usufrutto di beni personali del «de cuius», situati in uno Stato membro, può introdurre tali beni in esenzione dalle imposte di cui all’articolo 1, paragrafo 1 in un altro Stato membro in cui ha una residenza, alle seguenti condizioni: a) il privato deve presentare all’autorità competente dello Stato membro di destinazione un attestato rilasciato da un notaio o da altra autorità competente dello Stato membro di provenienza, comprovante l’acquisizione per via successoria dei beni introdotti; b) l’introduzione deve essere effettuata entro due anni a decorrere dall’immissione nel possesso di tali beni. CAPO VI DISPOSIZIONI FINALI Articolo 11 1. Gli Stati membri si sforzano di ridurre al massimo le formalità relative all’introduzione effettuata dai privati nei limiti e alle condizioni della presente direttiva e cercano di evitare che le formalità all’introduzione diano adito a controlli che provochino rotture importanti del carico all’entrata nello Stato di destinazione. 2. Gli Stati membri hanno la facoltà di mantenere e/o di prevedere condizioni di concessione dell’esenzione meno severe di quelle previste dalla presente direttiva, fatta eccezione per quelle di cui all’ articolo 2, paragrafo 2, lettera a). 3. Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 2, gli Stati membri non possono applicare, ai sensi della presente direttiva, esenzioni fiscali all’interno della Comunità che siano meno favorevoli di quelle che essi concederebbero per le importazioni di beni personali di privati provenienti da paesi terzi. Articolo 12 1. Gli Stati membri provvedono a comunicare alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva, in particolare quelle risultanti dall’applicazione dell’articolo 11, paragrafi 2 e 3. La Commissione ne informa gli altri Stati membri. 2. La Commissione, previa consultazione degli Stati membri, presenta ogni due anni al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione della presente direttiva negli Stati membri. Articolo 13 La direttiva 83/183/CEE, modificata dalle direttive di cui all’allegato I, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive indicati all’allegato I, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza dell’allegato II. Articolo 14 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 15 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 25 maggio 2009. Per il Consiglio Il presidente J. ŠEBESTA (1) Parere del 16 dicembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Parere del 17 settembre 2008 (GU C 77 del 31.3.2009, pag. 148). (3) GU L 105 del 23.4.1983, pag. 64. (4) V. allegato I, parte A. (5) GU L 347 dell’11.12.2006, pag. 1. (6) GU L 302 del 19.10.1992, pag. 1. ALLEGATO I PARTE A Direttiva abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive (di cui all’articolo 13) Direttiva 83/183/CEE del Consiglio (GU L 105 del 23.4.1983, pag. 64). Direttiva 89/604/CEE del Consiglio (GU L 348 del 29.11.1989, pag. 28). Direttiva 91/680/CEE del Consiglio, (GU L 376 del 31.12.1991, pag. 1). limitatamente all’articolo 2, paragrafo 2, terzo trattino Direttiva 92/12/CEE del Consiglio, (GU L 76 del 23.3.1992, pag. 1). limitatamente all’articolo 23, paragrafo 3, secondo trattino PARTE B Elenco dei termini di recepimento (di cui all’articolo 13) Direttiva Termine di recepimento 83/183/CEE 1o gennaio 1984 89/604/CEE 1o luglio 1990 91/680/CEE 1o gennaio 1993 (1) 92/12/CEE 1o gennaio 1993 (2) (1) Essi adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie affinché il loro regime così adattato alle disposizioni previste all’articolo 1, punti da 1 a 20 e punti 22, 23 e 24 e all’articolo 2 della direttiva 91/680/CEE sia messo in vigore al 1o gennaio 1993. (2) Tuttavia per quanto riguarda l’articolo 9, paragrafo 3, il Regno di Danimarca è autorizzato a mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi a questa disposizione entro e non oltre il 1o gennaio 1993. ALLEGATO II TAVOLA DI CONCORDANZA Direttiva 83/183/CEE Presente direttiva Articolo 1, paragrafo 1 Articolo 1, paragrafo 1 — Articolo 1, paragrafo 2, lettera a) — Articolo 1, paragrafo 2, lettera b) Articolo 1, paragrafo 2 Articolo 1, paragrafo 2, lettera c) Articolo 2, paragrafo 1 Articolo 2, paragrafo 1 Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, lettera a) Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, lettera a) Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, lettera b) Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, lettera b) Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, alinea Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, alinea Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, primo trattino Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, punto i) Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, secondo trattino Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, punto ii) Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, ultima frase — Articolo 2, paragrafo 3 Articolo 2, paragrafo 3 Articolo 3 Articolo 3 Articolo 4 Articolo 4 Articolo 5, paragrafo 1 — Articolo 5, paragrafo 2 Articolo 5 Articolo 6 Articolo 6 Articolo 7, paragrafo 1, lettera a) Articolo 7, paragrafo 1, primo comma Articolo 7, paragrafo 1, lettera b) Articolo 7, paragrafo 1, secondo comma Articolo 7, paragrafo 2 Articolo 7, paragrafo 2 Articolo 8, paragrafo 1, primo comma Articolo 8, paragrafo 1, primo comma Articolo 8, paragrafo 1, secondo comma, alinea Articolo 8, paragrafo 1, secondo comma, alinea Articolo 8, paragrafo 1, secondo comma, punti i) e ii) Articolo 8, paragrafo 1, secondo comma, lettere a) e b) Articolo 8, paragrafo 2 Articolo 8, paragrafo 2 Articoli 9, 10 e 11 Articoli 9, 10 e 11 Articolo 12, paragrafo 1 — Articolo 12, paragrafo 2 Articolo 12, paragrafo 1 Articolo 12, paragrafo 3 Articolo 12, paragrafo 2 — Articolo 13 — Articolo 14 Articolo 13 Articolo 15 — Allegato I — Allegato II
Franchigie fiscali: importazioni definitive di beni personali QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Mira a codificare la direttiva 83/183/CEE relativa alle franchigie fiscali applicabili alle importazioni definitive di beni personali di privati* provenienti da un altro paese dell’EU. PUNTI CHIAVE Questa direttiva prevede un’esenzione dalle imposte sui consumi normalmente esigibili all’atto dell’introduzione definitiva di beni personali provenienti da un altro paese dell’UE da parte di privati. Tali beni non devono essere di natura commerciale, né debbono essere destinati a un’attività economica. Sono tuttavia considerati beni personali anche gli strumenti delle arti meccaniche o delle libere professioni necessari all’esercizio della professione dell’interessato. L’esenzione all’introduzione dei cavalli da sella, dei veicoli stradali a motore (compresi i loro rimorchi), delle roulotte da campeggio, delle abitazioni trasportabili, delle imbarcazioni da diporto e degli aerei da turismo è concessa soltanto se il privato trasferisce la residenza normale* nel paese dell’UE di destinazione. I veicoli stradali a motore (compresi i loro rimorchi), le roulotte da campeggio, le abitazioni trasportabili, le imbarcazioni da diporto e gli aerei da turismo non possono essere ceduti, dati in locazione o prestati durante i 12 mesi successivi alla loro introduzione in esenzione, salvo in casi giustificati e riconosciuti come tali dalle autorità competenti del paese dell’UE di destinazione. L’introduzione dei beni può effettuarsi in una o più volte, e per qualsiasi delle seguenti ragioni:in occasione di un trasferimento della residenza normale: tutti i beni personali devono essere introdotti entro 12 mesi dal trasferimento della residenza normale; in occasione dell’arredamento di una residenza secondaria o dell’abbandono di quest’ultima: i beni personali devono corrispondere al mobilio normale della residenza secondaria e la persona interessata deve essere proprietaria della residenza secondaria o essere locataria della medesima per un periodo di almeno dodici mesi; in occasione di matrimonio: l’introduzione dei beni personali deve essere effettuata durante un periodo che inizia due mesi prima la data prevista per il matrimonio e termina quattro mesi dopo la data della celebrazione e deve essere fornita prova dell’avvenuta celebrazione del matrimonio; acquisiti per via successoria: l’introduzione dei beni personali deve essere effettuata entro due anni dalla data in cui l’interessato entra in possesso dei beni personali e deve essere fornita prova dell’avvenuta acquisizione per via successoria dei beni introdotti. Con l’eccezione di talune merci, i paesi dell’UE hanno il diritto di mantenere o prevedere condizioni di concessione dell’esenzione meno severe di quelle previste dalla presente direttiva. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? È in vigore dal 30 giugno 2009. La direttiva 2009/55/CE codifica e sostituisce la direttiva 83/183/CEE, che doveva entrare in vigore nei paesi dell’UE entro il 1° gennaio 1984. PAROLE CHIAVE Beni personali: beni destinati all’uso personale degli interessati o alle necessità della loro famiglia. Residenza normale: il luogo in cui una persona dimora abitualmente (per almeno 185 giorni all’anno), a motivo di legami personali e professionali oppure, nel caso di una persona senza legami professionali, a motivo di legami personali che rivelano l’esistenza di una stretta correlazione tra la persona in questione e il luogo in cui abita. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2009/55/CE del Consiglio, del 25 maggio 2009, relativa alle esenzioni fiscali applicabili all’introduzione definitiva di beni personali di privati provenienti da un paese dell’UE (Versione codificata) (GU L 145 del 10.6.2009, pagg. 36-41).
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Raccomandazione del Consiglio del 4 marzo 1996 sulla cooperazione consolare del livello locale in materia di visti Gazzetta ufficiale n. C 080 del 18/03/1996 pag. 0001 - 0001 RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIOdel 4 marzo 1996sulla cooperazione consolare del livello locale in materia di visti(96/C 80/01) IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo K.1, punto 3, considerando che occorre predisporre una maggiore armonizzazione in materia di politica e di prassi per il rilascio dei visti; considerando che il rilascio dei visti, fino ad una eventuale elaborazione di istruzioni comuni in materia, è disciplinato dalla legislazione nazionale di ciascuno Stato membro; considerando che, ai fini del rilascio dei visti da parte di ogni Stato membro, occorre disporre delle informazioni necessarie per potere tener conto degli interessi degli altri Stati membri, in particolare della tutela della sicurezza nazionale e dell'ordine pubblico nonché della prevenzione contro l'immigrazione clandestina, RACCOMANDA AI GOVERNI DEGLI STATI MEMBRI: di prendere le misure necessarie per far sì che, laddove se ne senta l'esigenza pratica: 1) i rispettivi servizi consolari istituiscano una cooperazione consolare a livello locale in materia di visti, consistente nello scambio di informazioni sui criteri procedurali per la concessione dei visti e in uno scambio d'informazioni sui rischi per la sicurezza nazionale e l'ordine pubblico o inerenti all'immigrazione clandestina; 2) i capi dei servizi consolari e i loro collaboratori in materia di visti tengano riunioni ai fini dello scambio d'informazioni di cui al punto 1; 3) i servizi consolari organizzino tra loro visite di funzionari incaricati della procedura per il rilascio dei visti per migliorare lo scambio d'informazioni e la reciproca conoscenza; 4) i servizi consolari elaborino, su richiesta del Consiglio, relazioni congiunte sui problemi incontrati a livello locale in materia di visti che possano presentare interesse per i lavori del Consiglio; 5) i servizi consolari adottino congiuntamente le misure appropriate per verficare se domande di visto sono state presentate simultaneamente o a catena, nonché per accertare, eventualmente, se il visto è stato rifiutato da un altro Stato membro; 6) i servizi consolari scambino informazioni che contribuiscano a verificare la buona fede dei richiedenti e la reputazione di cui essi godono, restando inteso che il fatto che il richiedente abbia ottenuto un visto valido per uno Stato membro non esime gli altri Stati membri dalla responsabilità di procedere ad un esame individuale della domanda di visto e alle verifiche necessarie per motivi di sicurezza e di ordine pubblico e per il rischio di immigrazione clandestina. Lo scambio d'informazioni previsto dalla presente raccomandazione dovrà tenere conto delle norme pertinenti in materia di protezione dei dati. Fatto a Bruxelles, addì 4 marzo 1996. Per il ConsiglioIl presidenteP. BARATTA
Cooperazione consolare in materia di visti a livello locale L'obiettivo di questa raccomandazione è facilitare lo scambio di informazioni in materia di visti tra i servizi consolari dei paesi dell'Unione europea (UE), al fine di armonizzare le politiche e le pratiche relative al rilascio dei visti. ATTO Raccomandazione del Consiglio, del 4 marzo 1996, sulla cooperazione consolare del livello locale in materia di visti [Gazzetta ufficiale C 80 del 18.3.1996]. SINTESI Quando se ne senta l'esigenza pratica, i paesi dell'Unione europea (UE) sono incoraggiati a istituire una cooperazione tra i loro servizi consolari, al fine di scambiare informazioni: sui criteri procedurali per la concessione dei visti; sui rischi per la sicurezza nazionale e l'ordine pubblico o inerenti all'immigrazione clandestina; per aiutare a verificare la buona fede dei richiedenti del visto e la loro reputazione. Le norme in materia di protezione dei dati si applicano a questi scambi di informazioni. Per facilitare questi scambi di informazioni, i servizi consolari devono organizzare: incontri tra i responsabili dei servizi consolari e i loro assistenti competenti in materia di visti; visite reciproche dei loro funzionari responsabili per il rilascio dei visti. Inoltre, i servizi consolari dei paesi dell'UE devono elaborare relazioni congiunte sui problemi incontrati a livello locale in materia di visti, su richiesta del Consiglio. Essi devono inoltre adottare congiuntamente le misure necessarie per determinare se domande di visto sono state presentate simultaneamente e se il visto è stato rifiutato da un altro paese dell'UE. ATTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti) [Gazzetta ufficiale L 243 del 15.9.2009]. Regolamento (CE) n. 767/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, concernente il sistema di informazione visti (VIS) e lo scambio di dati tra Stati membri sui visti per soggiorni di breve durata (regolamento VIS) [Gazzetta ufficiale L 218 del 13.8.2008]. Regolamento (CE) n. 539/2001 del Consiglio, del 15 marzo 2001, che adotta l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo [Gazzetta ufficiale L 81 del 21.3.2001].
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2002/956/GAI: Decisione del Consiglio, del 28 novembre 2002, relativa all'istituzione di una rete europea di protezione delle personalità Gazzetta ufficiale n. L 333 del 10/12/2002 pag. 0001 - 0002 Decisione del Consigliodel 28 novembre 2002relativa all'istituzione di una rete europea di protezione delle personalità(2002/956/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 30, paragrafo 1, lettere a) e c), e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera c),vista l'iniziativa del Regno di Spagna(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) Fatta salva la raccomandazione del Consiglio, del 6 dicembre 2001, riguardante la determinazione di una scala di valutazione comune delle minacce nei confronti di personalità in visita nell'Unione europea(3), non esistono una legislazione, norme o manuali dell'Unione europea che disciplinino in generale la protezione delle personalità, sia che si tratti di personalità a livello nazionale sia di personalità comunitarie o straniere.(2) L'eventualità che si verifichino aggressioni e attentati a dette personalità non può essere esclusa.(3) La protezione delle personalità è compito dello Stato membro della visita. Le misure di protezione dello Stato membro della visita sono basate unicamente sulle disposizioni di legge vigenti in detto Stato membro e sui pertinenti accordi internazionali.(4) L'aumento degli spostamenti di personalità all'interno dell'Unione rende necessario predisporre una struttura formale per la comunicazione e la consultazione tra autorità nazionali,DECIDE:Articolo 11. È istituita una rete europea di protezione delle personalità, in seguito denominata "la rete".2. La rete è composta dei servizi di polizia nazionali e di altri servizi competenti in materia di protezione delle personalità. Ogni Stato membro designa un unico punto di contatto. Le informazioni relative ai punti di contatto nazionali designati, comprese eventuali successive modifiche, sono trasmesse al segretariato generale del Consiglio, che provvede a farle pubblicare nella Gazzetta ufficiale.Articolo 2Ai fini della presente decisione per "personalità" si intende la persona che, conformemente alla legislazione nazionale di uno Stato membro o in virtù della regolamentazione di un'organizzazione o un'istituzione internazionale o sovranazionale, abbia diritto a un servizio di protezione.Articolo 31. Le attività della rete sono promosse dallo Stato membro che esercita la presidenza del Consiglio.2. Anche gli Stati candidati e l'Europol possono designare un punto di contatto ai fini della loro partecipazione alla rete.La presidenza esamina, caso per caso, la partecipazione della Commissione e del segretariato generale del Consiglio alle attività della rete di cui all'articolo 4, lettere a), b), c) e d).Articolo 4La rete ha i seguenti obiettivi:a) promuovere lo scambio di informazioni tra i servizi che partecipano alla rete, soprattutto:- le informazioni di carattere generale e tecnico e le esperienze in materia di protezione delle personalità,- le informazioni sui più opportuni criteri di selezione e di formazione del personale competente dei servizi responsabili della protezione delle personalità;b) promuovere l'elaborazione di un insieme di buone pratiche comuni per quanto attiene alle attività operative intraprese dai servizi che partecipano alla rete;c) promuovere il comando reciproco di funzionari dei servizi che partecipano alla rete;d) consentire ai servizi che partecipano alla rete di scambiarsi informazioni, comunicare ed elaborare opinioni comuni per quanto riguarda:- le procedure e le domande di autorizzazione da parte dello Stato membro della visita, per la presenza nel suo territorio dei servizi addetti alla protezione dello Stato richiedente che accompagnano una personalità,- i metodi d'intervento congiunto per la prevenzione di aggressioni e di attentati, incluse le modalità di spiegamento di funzionari e risorse,- i protocolli sulla priorità stradale da accordare alla personalità protetta negli spostamenti delle delegazioni,- la collaborazione con i competenti servizi incaricati dell'applicazione della legge e altri servizi pubblici,- le raccomandazioni relative ai mezzi di comunicazione;e) promuovere lo scambio, conformemente al diritto nazionale, delle informazioni operative tra i punti di contatto o direttamente tra i servizi competenti, in base alle informazioni fornite dai punti di contatto, in merito all'applicazione di misure di sicurezza nei casi in cui la protezione di una personalità debba essere garantita in due o più Stati membri.Articolo 5La rete presenta ogni anno al Consiglio una relazione sull'evoluzione delle sue attività. Il Consiglio valuterà le attività della rete ogni tre anni.Articolo 6La presente decisione ha effetto il giorno successivo all'adozione da parte del Consiglio.Fatto a Bruxelles, addì 28 novembre 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteB. Haarder(1) GU C 42 del 15.2.2002, pag. 14.(2) Parere espresso il 30 maggio 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU C 356 del 14.12.2001, pag. 1.
Rete europea di protezione delle personalità La responsabilità della protezione delle personalità da aggressioni e attentati durante le visite nell’Unione europea (EU) compete agli Stati membri. In seguito all’aumento degli spostamenti di personalità all'interno dell'Unione, tale decisione istituisce una rete europea di protezione delle personalità che funge da struttura formale per la comunicazione e la consultazione tra autorità nazionali. ATTO Decisione 2002/956/GAI del Consiglio, del 28 novembre 2002, relativa all'istituzione di una rete europea di protezione delle personalità [Cfr. atti modificativi]. SINTESI La protezione delle personalità è compito dello Stato membro della visita. Fatta salva la raccomandazione del Consiglio, del 6 dicembre 2001, riguardante la determinazione di una scala di valutazione comune delle minacce nei confronti di personalità in visita nell'Unione europea e un’iniziativa della Spagna, il Consiglio ha adottato tale decisione per colmare le lacune esistenti nella legislazione sulla protezione delle personalità. Tale decisione istituisce una rete europea per la protezione delle personalità. La rete è composta dai servizi di polizia nazionali e da altri servizi competenti in materia di protezione delle personalità. Ogni Stato membro designa un unico punto di contatto nazionale per la rete. Anche gli Stati candidati all’UE e l’Europol possono designare i punti di contatto. Per «personalità» si intende la persona che visita l’UE, nell’esercizio o meno di incarichi ufficiali e abbia diritto a un servizio di protezione conformemente alla legislazione nazionale di uno Stato membro o in virtù della regolamentazione di un’organizzazione o un’istituzione internazionale o sopranazionale. Le attività della rete sono promosse dallo Stato membro che esercita la presidenza del Consiglio. La rete ha i seguenti obiettivi promuovere lo scambio di informazioni di carattere generale e tecnico e le esperienze tra i servizi nazionali che partecipano alla rete; promuovere l'elaborazione di un insieme di buone pratiche comuni per quanto attiene alle attività operative intraprese dai servizi nazionali; promuovere il comando reciproco di funzionari dei servizi che partecipano alla rete; consentire ai servizi nazionali che partecipano alla rete di scambiarsi informazioni, comunicare ed elaborare opinioni comuni per quanto riguarda le procedure e i metodi di protezione delle personalità; promuovere lo scambio delle informazioni operative in merito all'applicazione di misure di sicurezza nei casi in cui la protezione di una personalità debba essere garantita in due o più Stati membri; promuovere la collaborazione tra le autorità dei servizi di protezione nazionali in merito all’applicazione di misure di protezione nei casi in cui la protezione delle personalità debba essere garantita in due o più Stati membri. La rete presenta ogni anno al Consiglio una relazione sull'evoluzione delle sue attività. Il Consiglio valuterà le attività della rete ogni tre anni. Riferimenti Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2002/956/GAI 29.11.2002 - GU L 333 del 10.12.2002 Atto/i modificatore/i Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2009/796/GAI 19.11.2009 - GU L 283 del 30.10.2009
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DIRETTIVA 2009/24/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 aprile 2009 relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore (Versione codificata) (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) Il contenuto della direttiva 91/250/CEE del Consiglio, del 14 maggio 1991, relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore (3), è stato modificato (4). A fini di razionalità e chiarezza è opportuno provvedere alla codificazione di tale direttiva. (2) Per creare programmi per elaboratore è necessario investire considerevoli risorse umane, tecniche e finanziarie, mentre è possibile copiarli a un costo minimo rispetto a quello necessario per crearli autonomamente. (3) I programmi per elaboratore hanno un ruolo sempre più importante in una vasta gamma di industrie e, di conseguenza, si può affermare che la tecnologia dei programmi per elaboratore riveste una fondamentale importanza per lo sviluppo industriale della Comunità. (4) Alcune differenze esistenti nella tutela giuridica dei programmi per elaboratore conferita dalle leggi degli Stati membri hanno effetti diretti e negativi sul funzionamento del mercato interno dei programmi per elaboratore. (5) È necessario eliminare le differenze esistenti che producono tali effetti e impedire che ne sorgano di nuove, mentre non occorre eliminare, o impedire che sorgano, quelle differenze che non pregiudicano in misura sostanziale il funzionamento del mercato interno. (6) La disciplina giuridica comunitaria della tutela dei programmi per elaboratore può quindi limitarsi, in una prima fase, a stabilire che gli Stati membri sono tenuti ad attribuire ai programmi per elaboratore la tutela riconosciuta dalle leggi sul diritto di autore alle opere letterarie, nonché a determinare i soggetti e gli oggetti tutelati, i diritti esclusivi dei quali i soggetti tutelati devono potersi avvalere per autorizzare o vietare determinati atti, e la durata della tutela medesima. (7) Ai sensi della presente direttiva, il termine «programma per elaboratore» indica programmi in qualsiasi forma, compresi quelli incorporati nell'hardware; questo termine comprende anche i lavori preparatori di progettazione per realizzare un programma, a condizione che siano di natura tale da consentire la realizzazione di un programma per elaboratore in una fase successiva. (8) Per quanto riguarda i criteri da applicare per determinare se un programma per elaboratore costituisca o meno un'opera originale, non dovrebbero essere valutati i meriti qualitativi o estetici del programma. (9) La Comunità è pienamente impegnata nella promozione della normalizzazione internazionale. (10) I programmi per elaboratore svolgono la funzione di comunicare e operare con altri componenti di un sistema informatico e con gli utenti; a tale scopo è necessaria un'interconnessione e un'interazione logica e, ove opportuno, materiale per consentire a tutti i componenti software e hardware di operare con altri software e hardware e con gli utenti in tutti i modi in cui sono destinati a funzionare. Le parti del programma che assicurano tale interconnessione e interazione fra gli elementi del software e dell'hardware sono generalmente denominate «interfacce». Tale interconnessione e interazione funzionale è generalmente denominata «interoperabilità»; l'interoperabilità può essere definita come la capacità di due o più sistemi di scambiare informazioni e di usare reciprocamente le informazioni scambiate. (11) Per dissipare ogni dubbio, occorre precisare che solo l'espressione di un programma per elaboratore è oggetto di tutela e che le idee e i principi alla base di qualsiasi elemento di un programma, compresi quelli alla base delle sue interfacce, non sono tutelati dal diritto d'autore a norma della presente direttiva. Conformemente a detto principio del diritto d'autore, le idee e i principi che sono alla base della logica, degli algoritmi e dei linguaggi di programmazione non sono tutelati a norma della presente direttiva. Conformemente alla legislazione e alla giurisprudenza degli Stati membri, nonché alle convenzioni internazionali sul diritto d'autore, l'espressione di tali idee e principi deve essere tutelata dal diritto d'autore. (12) Ai fini della presente direttiva, per «locazione» s'intende il mettere a disposizione per l'utilizzazione, per un periodo limitato e per fini di lucro, un programma per elaboratore o una copia dello stesso; tale termine non comprende il prestito pubblico, che esula pertanto dagli obiettivi della presente direttiva. (13) I diritti esclusivi dell'autore di impedire la riproduzione non autorizzata della sua opera dovrebbero essere oggetto di un'eccezione di portata limitata nel caso di un programma per elaboratore, al fine di consentire la riproduzione tecnicamente necessaria all'uso di tale programma da parte del legittimo acquirente; ciò significa che il contratto non può vietare gli atti di caricamento e di svolgimento necessari per l'utilizzazione di una copia di un programma legittimamente acquisita e l'atto di correzione dei suoi errori. In assenza di clausole contrattuali specifiche, in particolare nel caso di vendita di una copia di un programma, il legittimo acquirente di detta copia può eseguire qualsiasi altro atto necessario per l'utilizzazione di detta copia, conformemente allo scopo previsto della stessa. (14) A una persona avente il diritto di utilizzare un programma per elaboratore non si deve impedire di eseguire gli atti necessari per osservare, studiare o sperimentare il funzionamento del programma, a condizione che tali atti non costituiscano una violazione del diritto d'autore sul programma stesso. (15) La riproduzione, la traduzione, l'adattamento o la trasformazione non autorizzati della forma del codice in cui è stata messa a disposizione una copia di un programma per elaboratore costituiscono una violazione dei diritti esclusivi dell'autore. Possono comunque sussistere circostanze in cui tale riproduzione del codice e la traduzione della sua forma sono indispensabili per ottenere le informazioni necessarie per conseguire l'interoperabilità con altri programmi di un programma creato autonomamente. Si deve pertanto ritenere che, solo in tali limitate circostanze l'esecuzione degli atti di riproduzione e traduzione della forma del codice, da parte o per conto di una persona avente il diritto di usare una copia del programma, è legittima e compatibile con una prassi corretta e pertanto essa non richiede l'autorizzazione del titolare del diritto. Uno degli obiettivi di tale eccezione è di consentire l'interconnessione di tutti gli elementi di un sistema informatico, compresi quelli di fabbricanti differenti, perché possano funzionare insieme. L'applicazione della suddetta eccezione ai diritti esclusivi dell'autore non deve arrecare pregiudizio agli interessi legittimi del titolare del diritto o entrare in conflitto con il normale impiego del programma. (16) La tutela dei programmi per elaboratore a norma delle leggi sul diritto d'autore non deve pregiudicare l'applicazione, in casi opportuni, di altre forme di tutela; tuttavia qualsiasi disposizione contrattuale non conforme alle disposizioni della presente direttiva riguardanti la decompilazione o alle eccezioni di cui alla presente direttiva relative alla possibilità di fare una copia di riserva o all’osservazione, studio o sperimentazione del funzionamento di un programma dovrebbe essere considerata nulla. (17) Le disposizioni della presente direttiva non ostano all'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato se un fornitore in posizione dominante rifiuta di mettere a disposizione l'informazione necessaria all'interoperatività, quale definita nella presente direttiva. (18) Le disposizioni della presente direttiva non ostano a specifiche norme del diritto comunitario già in vigore per quanto riguarda la pubblicazione delle interfacce nel settore delle telecomunicazioni né a decisioni del Consiglio relative alla normalizzazione nel campo delle tecnologie dell'informazione e delle telecomunicazioni. (19) La presente direttiva non pregiudica le deroghe previste dalle normative nazionali, in virtù della convenzione di Berna, riguardo ai punti non contemplati dalla direttiva. (20) La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione nel diritto nazionale delle direttive di cui all'allegato I, parte B, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto della tutela 1. Conformemente alle disposizioni della presente direttiva, gli Stati membri tutelano i programmi per elaboratore, mediante diritto d'autore, come opere letterarie ai sensi della convenzione di Berna sulla tutela delle opere letterarie e artistiche. Ai fini della presente direttiva, il termine «programma per elaboratore» comprende il materiale preparatorio per la progettazione di un programma. 2. La tutela ai sensi della presente direttiva si applica a qualsiasi forma di espressione di un programma per elaboratore. Le idee e i principi alla base di qualsiasi elemento di un programma per elaboratore, compresi quelli alla base delle sue interfacce, non sono tutelati dal diritto d'autore a norma della presente direttiva. 3. Un programma per elaboratore è tutelato se originale, ossia se è il risultato della creazione intellettuale dell'autore. Per determinare il diritto alla tutela non sono presi in considerazione altri criteri. 4. Le disposizioni della presente direttiva si applicano anche ai programmi creati prima del 1o gennaio 1993, fatti salvi tutti gli atti conclusi e i diritti acquisiti prima di quella data. Articolo 2 Titolarità dei programmi 1. L'autore di un programma per elaboratore è la persona fisica o il gruppo di persone fisiche che ha creato il programma o, qualora la legislazione degli Stati membri lo permetta, la persona giuridica designata da tale legislazione come titolare del diritto. Qualora la legislazione di uno Stato membro riconosca le opere collettive, la persona considerata creatrice dell'opera dalla legislazione di tale Stato ne è ritenuto l'autore. 2. Allorché un programma per elaboratore è creato congiuntamente da un gruppo di persone fisiche, esse sono congiuntamente titolari dei diritti esclusivi. 3. Qualora i programmi siano creati da un lavoratore dipendente nell'esecuzione delle sue mansioni o su istruzioni del suo datore di lavoro, il datore di lavoro gode dell'esercizio esclusivo di tutti i diritti economici sul programma creato, salvo disposizioni contrattuali contrarie. Articolo 3 Beneficiari della tutela La tutela è riconosciuta a tutte le persone fisiche o giuridiche aventi i requisiti previsti dalla legislazione nazionale sul diritto di autore applicata alle opere letterarie. Articolo 4 Attività riservate 1. Fatte salve le disposizioni degli articoli 5 e 6, i diritti esclusivi del titolare, ai sensi dell'articolo 2, comprendono il diritto di effettuare o autorizzare: a) la riproduzione, permanente o temporanea, totale o parziale di un programma per elaboratore con qualsivoglia mezzo, in qualsivoglia forma. Nella misura in cui operazioni come il caricamento, la visualizzazione, l'esecuzione, la trasmissione o la memorizzazione del programma per elaboratore richiedono una riproduzione, tali operazioni devono essere sottoposte ad autorizzazione da parte del titolare del diritto; b) la traduzione, l'adattamento, l'adeguamento e ogni altra modifica di un programma per elaboratore e la riproduzione del programma che ne risulti, fatti salvi i diritti della persona che modifica il programma; c) qualsiasi forma di distribuzione al pubblico, compresa la locazione, del programma per elaboratore originale e di copie dello stesso. 2. La prima vendita della copia di un programma nella Comunità da parte del titolare del diritto o con il suo consenso esaurisce il diritto di distribuzione della copia all'interno della Comunità, ad eccezione del diritto di controllare l'ulteriore locazione del programma o di una copia dello stesso. Articolo 5 Deroghe relative alle attività riservate 1. Salvo disposizioni contrattuali specifiche, non sono soggetti all'autorizzazione del titolare del diritto gli atti indicati nell'articolo 4, paragrafo 1, lettere a) e b), allorché tali atti sono necessari per un uso del programma per elaboratore conforme alla sua destinazione, da parte del legittimo acquirente, nonché per la correzione di errori. 2. Il contratto non può impedire che una persona abilitata a usare il programma faccia una copia di riserva qualora tale uso lo richieda. 3. La persona che ha il diritto di utilizzare una copia di un programma può, senza chiederne l'autorizzazione al titolare del diritto, osservare, studiare o sperimentare il funzionamento del programma, allo scopo di determinare le idee e i principi su cui è basato ogni elemento del programma, quando essa effettua le operazioni di caricamento, visualizzazione, esecuzione, trasmissione o memorizzazione del programma che ha il diritto di effettuare. Articolo 6 Decompilazione 1. Per gli atti di riproduzione del codice e di traduzione della sua forma ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, lettere a) e b), non è necessaria l'autorizzazione del titolare dei diritti qualora l'esecuzione di tali atti al fine di modificare la forma del codice sia indispensabile per ottenere le informazioni necessarie per conseguire l'interoperabilità con altri programmi di un programma per elaboratore creato autonomamente, purché sussistano le seguenti condizioni: a) tali atti siano eseguiti dal licenziatario o da un'altra persona che abbia il diritto di utilizzare una copia del programma o, per loro conto, da una persona abilitata a tal fine; b) le informazioni necessarie per ottenere l'interoperabilità non siano già facilmente e rapidamente accessibili alle persone indicate alla lettera a); e c) gli atti in questione siano limitati alle parti del programma originale necessarie per conseguire l'interoperabilità. 2. Le disposizioni del paragrafo 1 non consentono che le informazioni ottenute in virtù della sua applicazione: a) siano utilizzate a fini diversi dalla realizzazione dell'interoperabilità del programma creato autonomamente; b) siano comunicate a terzi, fatta salva la necessità di consentire l'interoperabilità del programma creato autonomamente; c) siano utilizzate per lo sviluppo, la produzione o la commercializzazione di un programma sostanzialmente simile nella sua espressione, o per ogni altro atto che violi il diritto di autore. 3. Conformemente alla convenzione di Berna sulla tutela delle opere letterarie e artistiche, le disposizioni del presente articolo non possono essere interpretate in modo da consentire che la loro applicazione arrechi indebitamente pregiudizio agli interessi legittimi del titolare del diritto o entri in conflitto con il normale impiego del programma. Articolo 7 Misure speciali di tutela 1. Fatte salve le disposizioni degli articoli 4, 5 e 6, gli Stati membri stabiliscono, conformemente alle legislazioni nazionali, appropriate misure nei confronti della persona che compie uno degli atti seguenti: a) ogni atto di messa in circolazione di una copia di un programma per elaboratore da parte di chi sappia o abbia motivo di ritenere che si tratta di copia illecita; b) la detenzione a scopo commerciale di una copia di un programma per elaboratore da parte di chi sappia o abbia motivo di ritenere che si tratta di copia illecita; c) ogni atto di messa in circolazione, o la detenzione a scopo commerciale, di qualsiasi mezzo unicamente inteso a facilitare la rimozione non autorizzata o l'elusione di dispositivi tecnici eventualmente applicati a protezione di un programma. 2. Ogni copia illecita di un programma per elaboratore è passibile di sequestro, conformemente alla legislazione dello Stato membro interessato. 3. Gli Stati membri possono prevedere il sequestro di qualsiasi mezzo contemplato dal paragrafo 1, lettera c). Articolo 8 Applicazione continuata di altre disposizioni giuridiche Le disposizioni della presente direttiva non ostano all'applicazione di altre eventuali disposizioni giuridiche come quelle in materia di diritti brevettuali, marchi commerciali, concorrenza sleale, segreto industriale, tutela dei prodotti che incorporano semiconduttori, nonché in materia di diritto contrattuale. Qualsiasi disposizione contrattuale non conforme all'articolo 6 o alle eccezioni di cui all'articolo 5, paragrafi 2 e 3 è nulla. Articolo 9 Comunicazione Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno adottate nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 10 Abrogazione La direttiva 91/250/CEE, modificata dalla direttiva di cui all'allegato I, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione indicati all'allegato I, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all'allegato II. Articolo 11 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 12 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente P. NEČAS (1) GU C 204 del 9.8.2008, pag. 24. (2) Parere del Parlamento europeo del 17 giugno 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 23 marzo 2009. (3) GU L 122 del 17.5.1991, pag. 42. (4) Cfr. allegato I, parte A. ALLEGATO I PARTE A Direttiva abrogata e relativa modifica (di cui all’articolo 10) Direttiva 91/250/CEE del Consiglio (GU L 122 del 17.5.1991, pag. 42) Direttiva 93/98/CEE del Consiglio (GU L 290 del 24.11.1993, pag. 9) limitatamente all’articolo 11, paragrafo 1 PARTE B Elenco dei termini di attuazione nel diritto nazionale (di cui all’articolo 10) Direttiva Termine di attuazione 91/250/CEE 31 dicembre 1992 93/98/CEE 30 giugno 1995 ALLEGATO II Tavola di concordanza Direttiva 91/250/CEE Presente direttiva Articolo 1, paragrafi 1, 2 e 3 Articolo 1, paragrafi 1, 2 e 3 Articolo 2, paragrafo 1, prima frase Articolo 2, paragrafo 1, primo comma Articolo 2, paragrafo 1, seconda frase Articolo 2, paragrafo 1, secondo comma Articolo 2, paragrafi 2 e 3 Articolo 2, paragrafi 2 e 3 Articolo 3 Articolo 3 Articolo 4, frase introduttiva Articolo 5, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 4, lettera a) Articolo 4, paragrafo 1, lettera a) Articolo 4, lettera b) Articolo 4, paragrafo 1, lettera b) Articolo 4, lettera c), prima frase Articolo 4, paragrafo 1, lettera c) Articolo 4, lettera c), seconda frase Articolo 4, paragrafo 2 Articoli 5, 6 e 7 Articoli 5, 6 e 7 Articolo 9, paragrafo 1, prima frase Articolo 8, primo comma Articolo 9, paragrafo 1, seconda frase Articolo 8, secondo comma Articolo 9, paragrafo 2 Articolo 1, paragrafo 4 Articolo 10, paragrafo 1 — Articolo 10, paragrafo 2 Articolo 9 — Articolo 10 — Articolo 11 Articolo 11 Articolo 12 — Allegato I — Allegato II
Tutela giuridica dei programmi per elaboratore QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Mira a chiarire ed eliminare le differenze esistenti nella tutela giuridica dei programmi per elaboratore nei diversi paesi dell’Unione europea (UE), onde contribuire al buon funzionamento del mercato interno. PUNTI CHIAVE I paesi dell’UE sono tenuti a tutelare i programmi per elaboratore mediante il diritto d’autore. Questi programmi devono essere protetti come opere letterarie ai sensi della Convenzione di Berna sulla tutela delle opere letterarie e artistiche. I programmi per elaboratore comprendono il materiale preparatorio per la loro progettazione. Ambito di applicazione La tutela ai sensi della presente direttiva si applica: a qualsiasi forma di espressione di un programma per elaboratore, ma non alle idee e ai principi su cui si basa un programma per elaboratore o qualsiasi elemento in esso contenuto; a un programma per elaboratore originale in quanto risultato della creazione intellettuale dell’autore; ai programmi per elaboratore creati prima del 1o gennaio 1993, fatti salvi gli eventuali atti conclusi e i diritti acquisiti anteriormente a tale data. Titolarità L’autore di un programma per elaboratore è la persona fisica o il gruppo di persone fisiche che ha creato il programma o, qualora la legislazione nazionale lo permetta, una persona giuridica, ovvero una società o altra entità giuridica. Allorché un programma è creato congiuntamente da un gruppo di persone, esse sono congiuntamente titolari dei diritti esclusivi. Qualora il programma sia creato da un lavoratore dipendente nell’ambito delle sue mansioni su istruzioni del suo datore di lavoro, il datore di lavoro gode dell’esercizio esclusivo di tutti i diritti economici sul programma creato. Diritti esclusivi del titolare Il titolare dei diritti di un programma per elaboratore può effettuare o autorizzare: la riproduzione, permanente o temporanea, totale o parziale, del programma; la traduzione, l’adattamento, l’adeguamento e ogni altra modifica del programma; la distribuzione del programma. Limitazioni ai diritti esclusivi del titolare (senza bisogno di previa autorizzazione del titolare dei diritti) Un legittimo acquirente di un programma può riprodurre, tradurre, adattare, organizzare o modificare il programma, nella misura in cui ciò sia necessario per utilizzare il programma in conformità alla sua destinazione. La persona che ha il diritto di utilizzare un programma per elaboratore può farne una copia di riserva qualora tale uso lo richieda. Detta persona può altresì osservare, studiare o sperimentare il funzionamento del programma, allo scopo di determinare le idee e i principi su cui è basato qualsiasi elemento del programma. Decompilazione * La previa autorizzazione del titolare dei diritti non è necessaria qualora la riproduzione del codice o la traduzione della sua forma sia indispensabile per ottenere le informazioni necessarie per conseguire l’interoperabilità * con altri programmi di un nuovo programma per elaboratore. Si applicano le seguenti condizioni: tali atti sono eseguiti dal licenziatario o da un’altra persona che ha il diritto di utilizzare una copia del programma; le informazioni necessarie per ottenere l’interoperabilità non sono già facilmente e rapidamente accessibili; gli atti in questione sono limitati alle parti del programma originale necessarie per conseguire l’interoperabilità. Misure speciali di tutela I paesi dell’UE stabiliscono appropriate misure nei confronti della persona che compie uno degli atti seguenti: messa in circolazione di una copia illecita di un programma per elaboratore; detenzione a scopo commerciale di una copia del programma; messa in circolazione a scopo commerciale di qualsiasi mezzo unicamente inteso a facilitare la rimozione non autorizzata o l’elusione di dispositivi tecnici a protezione del programma. Ogni copia illecita di un programma per elaboratore è passibile di sequestro conformemente alle disposizioni nazionali dei paesi dell’UE. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? È in vigore dal 25 maggio 2009. I paesi dell’UE dovevano integrarla nel proprio diritto nazionale entro il 31 dicembre 1992, ossia la data indicata nella direttiva 91/250/CEE, codificata dalla direttiva 2009/24/CE. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare: Tutela dei programmi per elaboratore. * TERMINI CHIAVE Decompilazione: la conversione del codice di programma in un linguaggio di programmazione di livello superiore che può essere letto da un essere umano. Interoperabilità: la capacità di un sistema o di un prodotto di lavorare con altri sistemi o prodotti senza la necessità di ulteriori interventi da parte del consumatore. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2009/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore (versione codificata) (GU L 111 del 5.5.2009, pag. 16-22)
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DECISIONE N. 235/2008/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell’11 marzo 2008 che istituisce il Comitato consultivo europeo per la governanza statistica (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 285, vista la proposta della Commissione, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (1), considerando quanto segue: (1) In ragione della necessità di istituire standard europei sull’indipendenza, sull’integrità e sulla responsabilità delle autorità statistiche nazionali e dell’autorità statistica comunitaria, il comitato del programma statistico, istituito dalla decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio (2), ha approvato all’unanimità il Codice delle statistiche europee (di seguito «il Codice») nel corso della sua riunione del 24 febbraio 2005, come esposto nella raccomandazione della Commissione del 25 maggio 2005 relativa all’indipendenza, all’integrità e alla responsabilità delle autorità statistiche nazionali e dell’autorità statistica comunitaria. (2) Il Codice persegue il duplice obiettivo, da una parte, di accrescere la fiducia nelle autorità statistiche proponendo talune disposizioni istituzionali e organizzative e, dall’altra, di migliorare la qualità delle statistiche da esse prodotte. (3) Nella comunicazione del 25 maggio 2005 al Parlamento europeo e al Consiglio sull’indipendenza, integrità e responsabilità delle autorità statistiche nazionali e dell’autorità statistica comunitaria, la Commissione ha riconosciuto l’utilità di un organismo consultivo esterno che potrebbe svolgere un ruolo attivo di sorveglianza sulle modalità di attuazione del codice da parte del sistema statistico europeo nel suo complesso. Nella sua raccomandazione del 25 maggio 2005, la Commissione ha affermato che intende valutare l’ipotesi di proporre l’istituzione di tale organismo consultivo esterno. (4) L’8 novembre 2005 il Consiglio ha concluso che un nuovo organismo consultivo ad alto livello promuoverebbe l’indipendenza, l’integrità e la responsabilità della Commissione (Eurostat) e, nella valutazione a pari livello dell’attuazione del Codice, del sistema statistico europeo. Il Consiglio ha raccomandato che l’organismo sia composto da un gruppo ridotto di persone indipendenti, nominate in base alla loro competenza. (5) I membri di tale organismo dovrebbero garantire un insieme di competenze ed esperienze complementari fra loro, in quanto persone, ad esempio, provenienti dal mondo accademico e persone che abbiano maturato esperienza professionale a livello nazionale e/o internazionale in campo statistico. (6) L’organismo dovrebbe predisporre per la Commissione (Eurostat) una valutazione sull’attuazione del Codice analoga a quella a pari livello degli istituti nazionali di statistica. (7) Ove opportuno, dovrebbe essere incoraggiato un dialogo sul Codice con il Comitato del programma statistico e con il Comitato consultivo europeo di statistica, istituito con decisione n. 234/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (3), nonché con gli organismi interessati degli Stati membri. (8) È pertanto opportuno istituire un organismo consultivo e definirne i compiti e la struttura, fatto salvo l’articolo 5 del protocollo sullo statuto del sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, DECIDONO: Articolo 1 Comitato consultivo È istituito il Comitato consultivo europeo per la governanza statistica (di seguito «il Comitato»). Lo scopo del Comitato è di fornire una supervisione indipendente del sistema statistico europeo per quanto riguarda l’attuazione del Codice delle statistiche europee (di seguito «il Codice»). Articolo 2 Compiti 1. I compiti del Comitato sono: a) predisporre una relazione annuale per il Parlamento europeo e il Consiglio sull’attuazione del Codice delle statistiche europee per quanto riguarda la Commissione (Eurostat) e trasmettere tale relazione alla Commissione prima di sottoporla al Parlamento europeo e al Consiglio; b) includere in tale relazione annuale una valutazione dell’attuazione del Codice nel sistema statistico europeo nel suo complesso; c) consigliare la Commissione sulle misure appropriate per facilitare l’attuazione del Codice per quanto riguarda la Commissione (Eurostat) e il sistema statistico europeo nel suo complesso; d) consigliare la Commissione (Eurostat) per quanto riguarda la comunicazione del Codice agli utenti e ai fornitori dei dati; e) consigliare la Commissione (Eurostat) e il Comitato del programma statistico per quanto riguarda l’aggiornamento del Codice. 2. Il Comitato può consigliare la Commissione e risponde a quest’ultima sulle questioni che riguardano la fiducia degli utenti nelle statistiche europee, conformemente ai compiti di cui al paragrafo 1. Articolo 3 Composizione del Comitato 1. Il Comitato è costituito da sette membri, compreso il presidente. I membri del Comitato operano in modo autonomo. La Commissione (Eurostat) è rappresentata in qualità di osservatore. 2. I membri del Comitato sono scelti fra gli esperti in possesso di competenze di eccellenza nel settore statistico, svolgono le proprie mansioni a titolo personale e sono scelti per garantire un insieme di competenze ed esperienze complementari fra loro. 3. Previa consultazione della Commissione, il Consiglio sceglie il presidente del Comitato e il Parlamento europeo ne approva la designazione. Il presidente non deve essere membro in carica di un istituto nazionale di statistica o della Commissione né aver ricoperto un siffatto incarico negli ultimi due anni. Previa consultazione della Commissione, il Parlamento europeo e il Consiglio nominano ciascuno tre membri del Comitato. 4. La durata del mandato del presidente e dei membri del Comitato è di tre anni, rinnovabile una volta. 5. Se un membro presenta le dimissioni prima della scadenza del suo mandato, è sostituito da un nuovo membro nominato in conformità del presente articolo con un mandato completo. Articolo 4 Procedure 1. Il Comitato adotta il proprio regolamento interno. Tale regolamento è reso pubblico. 2. La relazione annuale del Comitato di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), è resa pubblica previa presentazione al Parlamento europeo e al Consiglio. Inoltre, il Comitato può decidere di pubblicare qualunque conclusione, conclusione parziale o documento di lavoro, purché i relativi testi siano stati preventivamente trasmessi al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione (Eurostat) e a qualsiasi altro organismo interessato, lasciando un adeguato margine per le osservazioni. 3. Fermo restando l’articolo 287 del trattato, i membri del comitato sono tenuti a non divulgare informazioni cui hanno avuto accesso in ragione delle procedure del Comitato nel caso in cui la Commissione li informi che dette informazioni sono di carattere riservato per giustificati motivi o che rispondere a richieste di pareri o a questioni sollevate comporterebbe la divulgazione di dette informazioni riservate. 4. Il Comitato è assistito da un segretariato, assicurato dalla Commissione, ma che deve operare in modo autonomo. Il segretario è nominato dalla Commissione previa consultazione del Comitato. Il segretario agisce su istruzione del Comitato. 5. Le spese del Comitato sono incluse nelle stime di bilancio della Commissione. Articolo 5 Tre anni dopo l’istituzione del Comitato è effettuata una revisione del suo ruolo e della sua efficacia. Articolo 6 La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Strasburgo, addi 11 marzo 2008. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente J. LENARČIČ (1) Parere del Parlamento europeo del 24 ottobre 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 14 febbraio 2008. (2) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47. (3) Cfr. pagina 13 della presente Gazzetta ufficiale.
Comitato consultivo europeo per la governance statistica QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? La decisione istituisce il Comitato consultivo europeo per la governance statistica, il cui scopo è fornire una panoramica indipendente del sistema statistico europeo. PUNTI CHIAVE Missione Il comitato svolge la sua missione:attraverso una relazione annuale per il Parlamento europeo e il Consiglio sull’attuazione del codice di buone pratiche da parte dell’Ufficio statistico dell’UE (Eurostat); attraverso la valutazione del modo in cui il codice viene attuato nel sistema statistico europeo nel suo insieme, che viene quindi registrato nella relazione annuale; fornendo consigli sull’attuazione del codice da parte di Eurostat e del sistema statistico europeo nel suo insieme; fornendo consigli sulle modalità di distribuzione del codice agli utenti e ai fornitori di dati; fornendo consigli sull’aggiornamento del codice. Il comitato consultivo può anche fornire consigli alla Commissione europea su come costruire la fiducia degli utenti in merito alle statistiche europee. Composizione Il comitato include sette membri indipendenti che sono esperti nel campo delle statistiche. Il Parlamento europeo e il Consiglio nominano ciascuno tre membri dopo aver consultato la Commissione; il loro mandato è di tre anni, e può essere rinnovato una sola volta. Dopo aver consultato la Commissione, il presidente è selezionato dal Consiglio e approvato dal Parlamento. Anche il mandato del presidente è di tre anni, e rinnovabile una sola volta. Il presidente non può essere scelto né tra i membri dell’ufficio statistico nazionale, né tra quelli della Commissione; inoltre non può avere già ricoperto tale incarico negli ultimi due anni. Se un membro si dimette prima della scadenza del suo mandato, il sostituto resta in carica per la durata dell’intero mandato. Eurostat è un membro osservatore del comitato consultivo. Attività Il comitato è assistito da un segretariato indipendente scelto dalla Commissione. Un segretario viene nominato dalla Commissione, dopo una consultazione del comitato. Il pubblico può avere accesso alla relazione annuale sull’attuazione del codice di condotta. Le spese relative all’operato del comitato sono incluse nelle stime di bilancio della Commissione. DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Si applica dal 16 marzo 2008. CONTESTO GENERALE Il Codice di condotta europeo sulle statistiche è stato elaborato nel 2005 dal comitato del programma statistico (ora comitato del sistema statistico europeo). È presentato nella raccomandazione della Commissione del 25 maggio 2005. Il codice definisce gli standard in materia di indipendenza, integrità e responsabilità delle autorità statistiche nazionali e dell’UE. Contribuisce pertanto a migliorare la governance, la qualità dei dati statistici e la fiducia degli utenti nelle autorità interessate. Per ulteriori informazioni, si veda:Comitato consultivo europeo sulla governance statistica (Eurostat). DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione n. 235/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2008, che istituisce il Comitato consultivo europeo per la governance statistica (GU L 73 del 15.3.2008, pag. 17). DOCUMENTI CORRELATI Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’indipendenza, l’integrità e la responsabilità delle autorità statistiche nazionali e comunitarie [COM(2005) 217 final del 25.5.2005]
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REGOLAMENTO (UE) N. 284/2011 DELLA COMMISSIONE del 22 marzo 2011 che stabilisce condizioni particolari e procedure dettagliate per l’importazione di utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari della Repubblica popolare cinese e della regione amministrativa speciale di Hong Kong, Cina, o da esse provenienti LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, visto il regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti ed alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (1), in particolare l’articolo 48, paragrafo 1, considerando quanto segue: (1) La direttiva 2002/72/CE della Commissione (2) fissa disposizioni specifiche riguardanti i materiali e gli oggetti di materia plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari, ivi comprese prescrizioni relative alla loro composizione, nonché restrizioni e specifiche per le sostanze che possono essere utilizzate nella loro fabbricazione. (2) Tramite il sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi di cui all’articolo 50 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (3), sono state ricevute varie notifiche e allerte riguardanti materiali in contatto con gli alimenti importati nell’Unione dalla Repubblica popolare cinese (di seguito «Cina») e dalla regione amministrativa speciale di Hong Kong della Repubblica popolare cinese (di seguito «Hong Kong»), che rilasciano nei prodotti alimentari o nei loro simulanti quantità di sostanze chimiche non conformi alla legislazione dell’Unione. (3) Le notifiche e le allerte riguardano principalmente utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina che non sono conformi ai requisiti relativi al rilascio di amine aromatiche primarie e di formaldeide nei prodotti alimentari, figuranti rispettivamente nell’allegato V, parte A, e nell’allegato II, sezione A, della direttiva 2002/72/CE. (4) Le amine aromatiche primarie sono una famiglia di composti, alcuni dei quali sono cancerogeni e altri sono sospetti cancerogeni. Le amine aromatiche primarie possono presentarsi in materiali destinati a entrare in contatto con prodotti alimentari per effetto della presenza di impurità o di prodotti di degradazione. (5) Sono stati segnalati casi di utensili per cucina in poliammide originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong che rilasciano nei prodotti alimentari amine aromatiche primarie in quantità elevate. (6) La direttiva 2002/72/CE autorizza l’utilizzo della formaldeide nella fabbricazione di materie plastiche, a condizione che tali materie plastiche non rilascino nei prodotti alimentari più di 15 mg/kg di formaldeide (limite di migrazione specifica espresso come somma di formaldeide ed esamentilentetrammina). (7) Sono stati segnalati casi di utensili per cucina in melammina originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong che rilasciano nei prodotti alimentari formaldeide in quantità superiori a quelle autorizzate. (8) Negli ultimi anni, per migliorare la conoscenza dei requisiti stabiliti dalla legislazione dell’Unione per i materiali in contatto con gli alimenti importati nell’Unione, la Commissione ha preso varie iniziative, tra cui sessioni di formazione per le autorità di controllo cinesi e l’industria interessata. (9) Nonostante queste iniziative, le missioni effettuate in Cina e a Hong Kong dall’Ufficio alimentare e veterinario nel 2009 hanno permesso di constatare gravi carenze nel sistema di controllo ufficiale per quanto riguarda le materie plastiche in contatto con gli alimenti destinate a essere importate nell’Unione e grandi quantità di utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong che sono stati controllati non rispondono ancora ai requisiti stabiliti dalla legislazione dell’Unione. (10) Il regolamento (CE) n. 1935/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (4) contiene disposizioni specifiche riguardanti i materiali e gli oggetti destinati ad entrare in contatto, direttamente o indirettamente, con gli alimenti e stabilisce alcuni requisiti generali e particolari a cui questi materiali e oggetti devono conformarsi. A norma dell’articolo 24 del suddetto regolamento, gli Stati membri effettuano controlli ufficiali per garantire l’osservanza del regolamento conformemente alle pertinenti disposizioni della normativa dell’Unione relativa ai controlli ufficiali dei prodotti alimentari e dei mangimi. Tali disposizioni sono contenute nel regolamento (CE) n. 882/2004. (11) In particolare, l’articolo 48, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 882/2004 dispone che, se la normativa dell’Unione non prevede le condizioni e le procedure dettagliate da rispettare all’atto di importare merci da paesi terzi, esse sono stabilite, se necessario, dalla Commissione. (12) L’articolo 48, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 882/2004 prevede la possibilità di imporre condizioni speciali di importazione per particolari prodotti provenienti da certi paesi terzi, tenendo conto dei rischi associati a tali prodotti. (13) Per ridurre al minimo i rischi sanitari che possono derivare dagli utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong, ogni partita di questi prodotti deve essere accompagnata da una documentazione appropriata, comprendente i risultati di analisi da cui risulti che la partita è conforme ai requisiti relativi al rilascio rispettivamente di amine aromatiche policicliche e di formaldeide, stabiliti dalla direttiva 2002/72/CE. (14) Per garantire un’organizzazione più efficiente dei controlli degli utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong, gli importatori o i loro rappresentanti devono notificare preventivamente l’arrivo e il contenuto delle partite. Inoltre, gli Stati membri devono avere la possibilità di designare punti di ingresso specifici attraverso i quali le partite di questi articoli possono essere introdotte nell’Unione. Queste informazioni devono essere accessibili al pubblico. (15) Per garantire l’uniformità al livello dell’Unione dei controlli sugli utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong, è necessario stabilire nel presente regolamento la procedura da seguire per i controlli ufficiali, come definiti all’articolo 2 del regolamento (CE) n. 882/2004. Tali controlli devono consistere in controlli documentali, controlli di identità e controlli fisici. (16) Se nel corso dei controlli fisici è constatata una non conformità, gli Stati membri devono immediatamente informare la Commissione tramite il sistema di allarme rapido per i prodotti alimentari e i mangimi. (17) Gli Stati membri devono avere la possibilità, in casi specifici, di autorizzare l’inoltro dal punto di ingresso di partite di utensili di cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong, a condizione che siano adottate disposizioni, d’intesa con l’autorità competente del luogo di destinazione, atte a garantire la tracciabilità delle partite in attesa dei risultati dei controlli fisici, per consentire all’autorità competente di gestire in modo efficace ed efficiente la procedura di importazione di queste partite. (18) L’immissione in libera pratica di utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong deve avvenire soltanto dopo che sono stati ultimati tutti i controlli e i risultati sono stati resi noti. A questo scopo, prima che le merci possano essere immesse in libera pratica, i risultati dei controlli devono essere messi a disposizione delle autorità doganali. (19) È necessario istituire una procedura per la registrazione delle informazioni ottenute per mezzo di questi controlli. Tali informazioni devono essere regolarmente comunicate alla Commissione. (20) Le disposizioni del presente regolamento devono essere periodicamente riesaminate, tenendo conto delle informazioni ricevute degli Stati membri. (21) Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento stabilisce condizioni specifiche e procedure dettagliate per l’importazione di utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari della Repubblica popolare cinese (di seguito «Cina») e della regione amministrativa speciale di Hong Kong della Repubblica popolare cinese (di seguito «Hong Kong») o da esse provenienti. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: a) utensili per cucina in plastica, oggetti di materie plastiche come definiti all’articolo 1, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2002/72/CE e classificati sotto il codice NC ex 3924 10 00; b) partita, una quantità di utensili per cucina in plastica a base di poliammide o di melammina oggetto dello stesso documento o degli stessi documenti, trasportata con lo stesso mezzo di trasporto e proveniente dallo stesso paese terzo; c) autorità competenti, le autorità competenti designate a norma dell’articolo 4 del regolamento (CE) n. 882/2004; d) punto di ingresso, il punto di ingresso nell’Unione di una partita; e) controllo documentale, la verifica dei documenti di cui all’articolo 3 del presente regolamento; f) controllo di identità, la verifica, mediante ispezione visiva, della concordanza tra i documenti che accompagnano la partita e il contenuto della partita stessa; g) controllo fisico, il prelievo di campioni da sottoporre ad analisi e prove di laboratorio e qualsiasi altro controllo necessario per verificare la conformità ai requisiti relativi al rilascio di amine aromatiche policicliche e di formaldeide stabiliti dalla direttiva 2002/72/CE. Articolo 3 Condizioni di importazione 1. Gli utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong sono importati negli Stati membri soltanto se l’importatore presenta all’autorità competente, per ogni partita, una dichiarazione, debitamente compilata, attestante la sua conformità ai requisiti relativi al rilascio di amine aromatiche primarie e di formaldeide indicati rispettivamente nell’allegato V, parte A e nell’allegato II, sezione A, della direttiva 2002/72/CE. 2. Un modello della dichiarazione di cui al paragrafo 1 è riportato nell’allegato del presente regolamento. La dichiarazione è redatta nella lingua ufficiale o in una delle lingue ufficiali dello Stato membro nel quale la partita è importata. 3. La dichiarazione di cui al paragrafo 1 è accompagnata da un rapporto di laboratorio che contiene: a) per quanto riguarda gli utensili per cucina in poliammide, risultati di analisi che dimostrano che essi non rilasciano amine aromatiche primarie in quantità rilevabili in prodotti alimentari o simulanti di prodotti alimentari. Il limite di rilevazione è riferito alla somma delle amine aromatiche primarie. Ai fini dell’analisi, il limite di rilevazione per le amine aromatiche primarie è fissato a 0,01 mg/kg di prodotti alimentari o simulanti di prodotti alimentari; b) per quanto riguarda gli utensili per cucina in melammina, risultati di analisi che dimostrano che essi non rilasciano formaldeide in quantità superiore a 15 mg/kg di prodotti alimentari. 4. L’autorità competente indica nella dichiarazione riportata nell’allegato del presente regolamento se le merci possono o no essere immesse in libera pratica, secondo che siano o no conformi ai requisiti previsti dalla direttiva 2002/72/CE, di cui al paragrafo 1. Articolo 4 Notifica preliminare delle partite Gli importatori o i loro rappresentanti notificano all’autorità competente del punto di ingresso, con almeno due giorni lavorativi di anticipo, la data e l’ora previste dell’arrivo delle partite originarie o provenienti dalla Cina e da Hong Kong. Articolo 5 Notifica del punto di ingresso Se gli Stati membri decidono di designare punti di ingresso specifici per le partite originarie o provenienti dalla Cina e da Hong Kong, pubblicano su Internet un elenco aggiornato di tali punti e comunicano l’indirizzo Internet alla Commissione. La Commissione pubblica nel suo sito web, per informazione, i link verso gli elenchi nazionali dei punti di ingresso specifici. Articolo 6 Controlli al punto di ingresso 1. L’autorità competente effettua al punto di ingresso: a) controlli documentali su tutte le partite entro due giorni lavorativi dal loro arrivo; b) controlli di identità e fisici, tra cui analisi di laboratorio sul 10 % delle partite, eseguiti in modo da non permettere agli importatori o ai loro rappresentanti di prevedere quale particolare partita sarà sottoposta a tali controlli; i risultati dei controlli fisici devono essere resi noti non appena tecnicamente possibile. 2. Se l’analisi di laboratorio di cui al paragrafo 1, lettera b), accerta una non conformità, le autorità competenti comunicano immediatamente i risultati alla Commissione tramite il sistema di allarme rapido per i prodotti alimentari e i mangimi di cui all’articolo 50 del regolamento (CE) n. 178/2002. Articolo 7 Inoltro delle partite L’autorità competente del punto di ingresso può autorizzare l’inoltro delle partite originarie o provenienti dalla Cina e da Hong Kong, in attesa dei risultati dei controlli di cui all’articolo 6, paragrafo 1, lettera b). Se l’autorità competente concede l’autorizzazione di cui al primo comma, informa l’autorità competente del luogo di destinazione e fornisce una copia della dichiarazione riportata nell’allegato, debitamente completata come previsto all’articolo 3, e dei risultati dei controlli di cui all’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), non appena essi sono disponibili. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché le partite restino sotto il controllo costante delle autorità competenti e non possano in alcun modo essere manomesse in attesa dei risultati dei controlli di cui all’articolo 6, paragrafo 1, lettera b). Articolo 8 Immissione in libera pratica L’immissione in libera pratica degli utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari o provenienti dalla Cina e da Hong Kong è subordinata alla presentazione alle autorità doganali della dichiarazione riportata nell’allegato, debitamente completata come previsto all’articolo 3. Articolo 9 Trasmissione di un rapporto alla Commissione 1. Quando sono effettuati i controlli di cui all’articolo 6, paragrafo 1, le autorità competenti registrano le seguenti informazioni: a) i dati relativi a ogni partita controllata, in particolare: i) dimensione (numero di articoli); ii) paese d’origine; b) il numero di partite da cui sono stati prelevati e analizzati campioni; c) i risultati dei controlli di cui all’articolo 6. 2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione un rapporto trimestrale contenente le informazioni di cui al paragrafo 1 entro il mese seguente ciascun trimestre. Articolo 10 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento si applica a decorrere dal 1o luglio 2011. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri conformemente ai trattati. Fatto a Bruxelles, il 22 marzo 2011. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 165 del 30.4.2004, pag. 1. (2) GU L 220 del 15.8.2002, pag. 18. (3) GU L 31 dell’1.2.2002, pag. 1. (4) GU L 338 del 13.11.2004, pag. 4. ALLEGATO Dichiarazione da fornire per ogni partita di utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originaria della Repubblica popolare cinese e della regione amministrativa speciale di Hong Kong, Cina, o da esse proveniente
Importazione di utensili da cucina in plastica dalla Cina QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Esso fissa condizioni specifiche e procedure per l’importazione nell’UE di utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari della Cina o di Hong Kong. PUNTI CHIAVE Condizioni di importazioneL'autorità competente al primo punto di ingresso nell’UE dovrà eseguire controlli documentali su tutte le partite e controlli di identità e controlli fisici sul 10 % delle partite. Solo allora le merci possono essere immesse sul mercato.Per dimostrare la conformità e facilitare le procedure di controllo, l’importatore deve fornire all’autorità competente una dichiarazione per ogni partita. Ciò attesta che la partita soddisfa i requisiti relativi al rilascio di composti organici amine aromatiche primarie e di formaldeide. La dichiarazione è accompagnata da un rapporto di laboratorio che dimostra: che gli utensili per cucina in poliammide non rilasciano amine aromatiche primarie in quantità rilevabili in prodotti alimentari o simulanti di prodotti alimentari (il limite di rilevazione è fissato a 0,01 mg/kg);che gli utensili per cucina in melammina non rilasciano formaldeide in quantità superiore a 15 mg/kg in prodotti alimentari o simulanti di prodotti alimentari.L'autorità completa i controlli fisici non appena ciò sia tecnicamente fattibile; da quel momento è consentito il trasporto ma solo in determinate condizioni.L’autorità competente indica nella dichiarazione se le merci possono o no essere immesse in libera pratica nell’UE.Se l’analisi di laboratorio accerta una non conformità con le condizioni per l’importazione, la Commissione europea deve essere immediatamente informata tramite il sistema di allarme rapido per i prodotti alimentari e i mangimi.Agli utensili da cucina si applica anche il regolamento (UE) n. 10/2011.NotificaGli importatori devono notificare all’autorità competente del punto di ingresso, con almeno due giorni lavorativi di anticipo, la data e l’ora previste dell’arrivo delle loro partite.Se uno Stato membro designa punti di ingresso specifici, pubblica su Internet un elenco aggiornato di tali punti e comunica l’indirizzo Internet alla Commissione.La Commissione pubblica nel suo sito web, per informazione, i link verso gli elenchi nazionali dei punti di ingresso.Trasmissione dei rapportiLe autorità competenti registrano le seguenti informazioni: il paese di origine della partita,il numero di articoli di ogni partita,il numero di partite controllate,i risultati dei controlli eseguiti.Un rapporto contenente queste informazioni viene trasmesso trimestralmente alla Commissione. DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? È stato applicato dal 1 luglio 2011. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Materiale a contatto con gli alimenti — Legislazione (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 284/2011 della Commissione, del 22 marzo 2011, che stabilisce condizioni particolari e procedure dettagliate per l’importazione di utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari della Repubblica popolare cinese e della regione amministrativa speciale di Hong Kong, Cina, o da esse provenienti (GU L 77, 23.3.2011, pagg. 25-29). DOCUMENTI COLLEGATI Regolamento (UE) 2017/625 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2017, relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari, recante modifica dei regolamenti (CE) n. 999/2001, (CE) n. 396/2005, (CE) n. 1069/2009, (CE) n. 1107/2009, (UE) n. 1151/2012, (UE) n. 652/2014, (UE) 2016/429 e (UE) 2016/2031 del Parlamento europeo e del Consiglio, dei regolamenti (CE) n. 1/2005 e (CE) n. 1099/2009 del Consiglio e delle direttive 98/58/CE, 1999/74/CE, 2007/43/CE, 2008/119/CE e 2008/120/CE del Consiglio, e che abroga i regolamenti (CE) n. 854/2004 e (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 89/608/CEE, 89/662/CEE, 90/425/CEE, 91/496/CEE, 96/23/CE, 96/93/CE e 97/78/CE del Consiglio e la decisione 92/438/CEE del Consiglio (regolamento sui controlli ufficiali) (GU L 95 del 7.4.2017, pag. 1-142). Cfr. la versione consolidata. Regolamento (UE) n. 10/2011 della Commissione, del 14 gennaio 2011, riguardante i materiali e gli oggetti di materia plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari (GU L 12, 15.1.2011, pagg. 1-89). Le successive modifiche Regolamento (CE) n. 10/2011 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento (CE) n. 1935/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 ottobre 2004, riguardante i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari e che abroga le direttive 80/590/CEE e 89/109/CEE. Si veda la versione consolidata. Regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (GU L 165, 30.4.2004, pagg. 1-141). Testo ripubblicato nella rettifica (GU L 191, 28.5.2004, pagg. 1-52). Si veda la versione consolidata. Linee guida dell'UE per l’importazione di utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina originari della cina e Hong Kong Linee guida tecniche riguardanti gli utensili per cucina in plastica a base di poliammide e di melammina e il campionamento e i metodi di analisi
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 6 maggio 2009 relativa alla concessione di un sostegno finanziario comunitario a medio termine alla Romania (2009/459/CE) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, visto il regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (1), in particolare l’articolo 3, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione presentata previa consultazione del comitato economico e finanziario (CEF), considerando quanto segue: (1) Con decisione 2009/458/CE (2) il Consiglio ha deciso di concedere il concorso reciproco alla Romania. (2) Nonostante il previsto miglioramento delle partite correnti, per il periodo fino al primo trimestre del 2011 la Romania dovrà far fronte ad un fabbisogno di finanziamento estero importante [stimato dalla Commissione, il Fondo monetario internazionale (FMI) e le autorità rumene a circa 20 miliardi di EUR nel marzo 2009]; a causa dei recenti sviluppi dei mercati finanziari il conto capitale e il conto finanziario potrebbero registrare un notevole deterioramento. (3) È opportuno fornire alla Romania un sostegno comunitario per un importo massimo di 5 miliardi di EUR nel quadro del meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri istituito con il regolamento (CE) n. 332/2002. Tale sostegno dovrebbe essere fornito in combinazione con un prestito dell’FMI di 11,443 miliardi di DSP (circa 12,95 miliardi di EUR) nel quadro di un accordo di stand-by che dovrebbe essere approvato il 6 maggio 2009. La Banca mondiale ha altresì acconsentito a fornire alla Romania un prestito di 1 miliardo di EUR e la Banca europea per gli investimenti (BEI) e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) contribuiranno con un ulteriore supporto per un ammontare totale di 1 miliardo di EUR. (4) L’aiuto comunitario dovrebbe essere gestito dalla Commissione. Le condizioni specifiche di politica economica convenute con le autorità rumene in seguito alla consultazione del CEF dovrebbero essere specificate in un protocollo d’intesa. Le modalità finanziarie dettagliate dovrebbero essere fissate dalla Commissione nell’accordo sul prestito. (5) Attraverso missioni e relazioni periodiche delle autorità rumene, la Commissione dovrebbe verificare periodicamente che siano soddisfatte le condizioni di politica economica cui è subordinato il sostegno. (6) Durante l’intero periodo di attuazione del programma, la Commissione fornirà anche consulenza politica e assistenza tecnica in settori specifici. (7) La Corte dei conti europea ha la facoltà di effettuare tutti i controlli di natura tecnica o finanziaria che essa ritenga necessari nel quadro della gestione di detto sostegno. La Commissione, nonché l’Ufficio europeo per la lotta antifrode, hanno la facoltà di inviare i propri agenti o rappresentanti debitamente autorizzati perché effettuino tutti i controlli di natura tecnica o finanziaria che essi ritengano necessari nel quadro della gestione del sostegno finanziario comunitario a medio termine. (8) Oltre alle condizioni di politica economica a cui è subordinato il programma, la Commissione continuerà anche a monitorare i progressi realizzati nel campo della riforma giudiziaria e della lotta alla corruzione attraverso il meccanismo di cooperazione e verifica. La durata di detto meccanismo è indipendente dalla durata del programma di sostegno. In aggiunta alle condizioni di politica economica a cui è subordinato il programma, la Commissione continuerà a monitorare l’uso appropriato dei trasferimenti UE pre- e postadesione, anche attraverso valutazioni di conformità ed esami periodici. (9) È opportuno fornire l’assistenza per favorire la sostenibilità della bilancia dei pagamenti in Romania ed in questo modo contribuire all’efficace attuazione del programma di politica economica del governo, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 1. La Comunità mette a disposizione della Romania un prestito a medio termine per un importo massimo di 5 miliardi di EUR, con una scadenza media massima di sette anni. 2. Il sostegno finanziario della Comunità verrà messo a disposizione per un periodo di tre anni a decorrere dal primo giorno successivo all’entrata in vigore della presente decisione. Articolo 2 1. Il sostegno è gestito dalla Commissione in modo coerente con gli impegni assunti dalla Romania e le raccomandazioni del Consiglio, in particolare le raccomandazioni per ciascun paese, nel contesto dell’attuazione del programma nazionale di riforme e del programma di convergenza. 2. La Commissione concorda con le autorità rumene, previa consultazione del CEF, le condizioni specifiche di politica economica cui subordinare il sostegno finanziario come previsto all’articolo 3, paragrafo 5. Tali condizioni sono fissate in un protocollo d’intesa coerente con gli impegni e le raccomandazioni di cui al paragrafo 1. Le condizioni finanziarie sono stabilite nel dettaglio dalla Commissione nell’accordo sul prestito. 3. La Commissione verifica periodicamente, in collaborazione con il CEF, che siano soddisfatte le condizioni di politica economica cui è subordinato il sostegno. A tal scopo, le autorità rumene mettono tutte le informazioni necessarie a disposizione della Commissione e collaborano pienamente con essa. La Commissione tiene informato il CEF in merito al possibile rifinanziamento dei prestiti o alla ristrutturazione delle condizioni finanziarie. 4. La Romania è disposta ad adottare e ad applicare misure di risanamento supplementari al fine di garantire la stabilità macrofinanziaria, qualora esse risultassero necessarie durante l’applicazione del programma di sostegno. Prima di adottare tali misure le autorità rumene consultano la Commissione. Articolo 3 1. La Commissione mette a disposizione della Romania il sostegno finanziario comunitario in un massimo di cinque rate, la cui entità sarà fissata nel protocollo d’intesa. 2. La prima rata è erogata con riserva dell’entrata in vigore dell’accordo sul prestito e del protocollo d’intesa. 3. Se necessario per finanziare il prestito, è consentito l’uso prudente di swap sui tassi di interesse con controparti appartenenti alla classe di merito di credito più elevata. 4. La Commissione decide in merito allo svincolo delle rate successive dopo aver ricevuto il parere del CEF. 5. Il pagamento di ciascuna rata successiva avviene sulla base di un’attuazione efficace del nuovo programma economico del governo rumeno da integrare nel programma di convergenza della Romania, nel programma nazionale di riforme e, in particolare, nelle condizioni economiche specifiche stabilite nel protocollo d’intesa. Esse comprendono, fra l’altro: a) l’adozione di un programma di bilancio a medio termine chiaramente definito per riportare il disavanzo delle amministrazioni pubbliche al disotto del valore di riferimento del 3 % del PIL previsto dal trattato entro il 2011; b) l’adozione e l’esecuzione di un bilancio modificato per il 2009, entro il secondo trimestre 2009, che abbia come obiettivo il contenimento del disavanzo pubblico entro il 5,1 % del PIL in termini SEC 95; c) la riduzione in termini nominali, rispetto ai risultati del 2008, della spesa retributiva nel settore pubblico rinunciando agli aumenti retributivi (per un totale del 5 % in termini nominali) previsti per il 2009 (o ulteriori tagli equivalenti nell’occupazione) o riducendo i posti nel pubblico impiego (compreso il fatto di bandire un solo posto vacante su sette); d) ulteriori riduzioni della spesa per beni e servizi e per sovvenzioni alle imprese pubbliche; e) il miglioramento della gestione delle finanze pubbliche attraverso l’adozione e l’applicazione di un quadro di bilancio vincolante a medio termine, la fissazione di limiti alle revisioni di bilancio possibili durante l’esercizio in corso, ivi compreso tramite regole di bilancio, e l’istituzione di un consiglio sul bilancio incaricato di effettuare un controllo qualificato e indipendente; f) una riforma del sistema retributivo del settore pubblico che includerà una parificazione e semplificazione delle tabelle salariali e una riforma del sistema dei bonus; g) la riforma dei parametri fondamentali del sistema pensionistico tramite il passaggio a un’indicizzazione delle pensioni ai prezzi al consumo piuttosto che alle retribuzioni, un graduale aumento dell’età pensionabile oltre quanto attualmente previsto, in particolare per le donne, e la graduale affiliazione a un regime pensionistico contributivo per le categorie di dipendenti pubblici che ancora non vi partecipano; h) una modifica del diritto bancario e in materia di liquidazione affinché sia in grado di rispondere in maniera efficace e tempestiva in caso di difficoltà per le banche. Uno degli obiettivi cardine delle modifiche consisterà nel rafforzare i poteri degli amministratori delle banche sottoposte a procedura di amministrazione straordinaria. Oltre agli impegni delle banche, altre disposizioni saranno volte a rafforzare i poteri della Banca nazionale rumena concedendole la facoltà di richiedere ai grandi azionisti delle banche di aumentare la loro quota di capitale sociale e di sostenere finanziariamente la banca, o ancora di proibire o limitare la distribuzione degli utili. In conformità con la legislazione comunitaria in materia, la vigilanza finanziaria sarà aumentata. Inoltre, gli obblighi in materia di informazione sulla liquidità saranno resi più precisi e, a tempo debito, il livello minimo regolamentare del coefficiente di adeguatezza patrimoniale passerà dall’8 % al 10 %. In più, le procedure che reggono l’attivazione delle garanzie sui depositi saranno modificate al fine di semplificare e accelerare i pagamenti. In virtù della nuova normativa, le suddette garanzie saranno attivate entro 21 giorni dalla decisione della Banca nazionale rumena. Infine, per assicurare un adeguato di liquidità, la Banca nazionale rumena si è impegnata ad allargare la gamma di attività che possono essere accettate in garanzia; i) misure di riforma strutturale nei settori strategici evocati nelle raccomandazioni per ciascun paese formulate dal Consiglio nel contesto della strategia di Lisbona. Tra le riforme figureranno anche politiche indirizzate a rafforzare l’efficienza e l’efficacia della pubblica amministrazione, ad accrescere la qualità della spesa pubblica e un uso sano e un accresciuto assorbimento dei fondi UE; esse sono volte altresì a ridurre gli oneri amministrativi e fiscali e i vincoli giuridici a carico delle imprese e ad affrontare il problema del lavoro sommerso, allargando in tal modo la base imponibile. 6. Perché sia assicurata un’agevole attuazione delle condizioni a cui è subordinato il programma, la Commissione fornirà orientamento e assistenza continui sulla riforma fiscale, strutturale e dei mercati finanziari. 7. Ai fini della gestione del sostegno finanziario comunitario a medio termine, la Romania aprirà un conto speciale presso la Banca nazionale rumena. Articolo 4 La Romania è destinataria della presente decisione. Articolo 5 La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 6 maggio 2009. Per il Consiglio Il presidente V. TOŠOVSKÝ (1) GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1. (2) Cfr. pag. 6 della presente Gazzetta ufficiale.
Sostegno finanziario alla Romania QUAL È LO SCOPO DI QUESTE DECISIONI? Mirano a fornire sostegno finanziario alla Romania. Tra il 2009 e il 2015, l’Unione europea (UE) e il Fondo monetario internazionale (FMI), con il sostegno di altre organizzazioni internazionali, hanno fornito assistenza finanziaria alla Romania. La base per l’azione dell’Unione europea è il regolamento (CE) n. 332/2002 che consente di fornire sostegno finanziario a medio termine ai paesi dell’UE che non fanno parte della zona euro e che hanno problemi con la bilancia dei pagamenti. PUNTI CHIAVE Nel 2009, l’UE ha concordato un sostegno finanziario per un valore massimo di 20 miliardi di euro a favore della Romania per il periodo 2009-2011. A norma del regolamento (CE) n. 332/2002, l’assistenza era legata all’adozione da parte della Romania di misure di politica economica volte a ristabilire una bilancia dei pagamenti sostenibile. Il finanziamento era fornito da: UE: 5 miliardi di euro nell’ambito del programma di sostegno alla bilancia dei pagamenti; FMI : circa 12,95 miliardi di euro tramite un accordo stand-by; Banca mondiale : 1 miliardo di euro; Banca europea per gli investimenti e Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo: 1 miliardo di euro congiuntamente. Nel 2011, l’UE ha accettato di concedere alla Romania a titolo precauzionale un sostegno finanziario per un importo massimo di 1,4 miliardi di euro per il periodo 2011-2013. La decisione affermava che: la Romania non avrebbe richiesto l’erogazione delle rate del prestito dell’Unione, a meno che non si trovasse in difficoltà con la bilancia dei pagamenti (partite correnti o movimenti di capitali); la Commissione europea avrebbe preso in considerazione la richiesta della Romania di ricevere tutto o una parte del prestito alla luce della realizzazione da parte del governo del suo programma di riforme economiche; il sostegno era uno sforzo congiunto con l’FMI, che ha erogato circa 3,6 miliardi di euro nell’ambito di un accordo stand-by precauzionale; la Banca Mondiale aveva promesso un ulteriore sostegno finanziario. Nel 2013, la UE ha approvato un nuovo programma precauzionale per la bilancia dei pagamenti a favore della Romania per il periodo 2013-2015. Sono stati promessi 2 miliardi di euro e l’FMI ha promesso un importo analogo. Questo finanziamento intendeva aiutare il paese a: consolidare la stabilità a livello macroeconomico, di bilancio e finanziario; aumentare la resilienza e il potenziale di crescita dell’economia; rafforzare la capacità amministrativa; riformare l’amministrazione fiscale, migliorare la gestione delle finanze pubbliche e ristrutturare le imprese statali. Il sostegno finanziario nell’ambito del programma 2011-2013 e del programma 2013-2015 non è mai stato attivato. Con la fine del terzo programma di sostegno finanziario il 30 settembre 2015, l’UE ha avviato la sorveglianza post-programma il 1o ottobre 2015. Tale sorveglianza: si concentra sul programma di sostegno alla bilancia dei pagamenti 2009-2011, nell’ambito del quale restano in sospeso 3,5 miliardi di euro su un totale di 5 miliardi di euro di prestiti erogati; prevede visite regolari in Romania per valutare la situazione economica, fiscale e finanziaria del paese; durerà probabilmente fino al maggio 2018, quando si prevede che sarà restituito il 70 % del prestito iniziale. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LE DECISIONI? La decisione 2009/459 del Consiglio è entrata in vigore l’11 maggio 2009. La decisione 2011/288/UE del Consiglio è entrata in vigore il 13 maggio 2011. La decisione 2013/531/UE del Consiglio è entrata in vigore il 25 ottobre 2013. CONTESTO Nel febbraio 2002, il Consiglio dell’UE ha conferito all’Unione europea il potere di concedere prestiti ai paesi membri che affrontano o rischiano di affrontare difficoltà con la bilancia dei pagamenti o i movimenti di capitale. Tale assistenza finanziaria è disponibile solo per i paesi che non utilizzano l’euro. La Romania ha richiesto per la prima volta il sostegno nel 2009, dopo che la sua moneta era scesa del 30 % nei confronti dell’euro negli ultimi 15 mesi e i deficit di bilancio e delle partite correnti erano aumentati rapidamente a causa della crisi finanziaria. Per ulteriori informazioni, consultare: «Sostegno alla bilancia dei pagamenti della Romania» sul sito Internet della Commissione europea. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2009/459/CE del Consiglio, del 6 maggio 2009, relativa alla concessione di un sostegno finanziario comunitario a medio termine alla Romania (GU L 150 del 13.6.2009, pag. 8-10) Le modifiche successive alla decisione 2009/459/CE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale. Decisione 2011/288/UE del Consiglio, del 12 maggio 2011, relativa alla concessione a titolo precauzionale di un sostegno finanziario a medio termine dell’Unione europea a favore della Romania (GU L 132 del 19.5.2011, pag. 15-17) Decisione 2013/531/UE del Consiglio, del 22 ottobre 2013, relativa alla concessione a titolo precauzionale di un sostegno finanziario a medio termine dell’Unione a favore della Romania (GU L 286 del 29.10.2013, pag. 1-3) DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1-3) Si veda la versione consolidata.
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Regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità Gazzetta ufficiale n. L 312 del 23/12/1995 pag. 0001 - 0004 REGOLAMENTO (CE, EURATOM) N. 2988/95 DEL CONSIGLIO del 18 dicembre 1995 relativo alla tutela degli interessi finanziari delle ComunitàIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 235, visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, in particolare l'articolo 203, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), considerando che all'esecuzione del bilancio generale delle Comunità europee, finanziato con risorse proprie, provvede la Commissione nei limiti degli stanziamenti concessi e in conformità dei principi di una buona gestione finanziaria; che, per assolvere tale compito, la Commissione coopera strettamente con gli Stati membri; considerando che oltre la metà delle spese della Comunità è versata ai destinatari tramite gli Stati membri; considerando che le modalità di tale gestione decentrata e di sistemi di controllo sono regolate da disposizioni dettagliate diverse a seconda delle politiche comunitarie in questione; che occorre tuttavia combattere in tutti i settori contro le lesioni agli interessi finanziari delle Comunità; considerando che l'efficacia di tale lotta contro gli atti lesivi degli interessi finanziari delle Comunità richiede la predisposizione di un contesto giuridico comune a tutti i settori contemplati dalle politiche comunitarie; considerando che le condotte che danno luogo a irregolarità nonché le misure e sanzioni amministrative relative sono previste in normative settoriali conformi al presente regolamento; considerando che le condotte di cui sopra comprendono le condotte fraudolente, quali definite nella convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee; considerando che le sanzioni amministrative comunitarie debbono assicurare un'adeguata tutela di tali interessi; che occorre stabilire regole generali da applicarsi a tali sanzioni; considerando che il diritto comunitario prevede sanzioni amministrative comunitarie nel quadro della politica agricola comune; che tali sanzioni dovranno anche essere previste in altri campi; considerando che le misure e sanzioni comunitarie adottate nel quadro della realizzazione degli obiettivi della politica agricola comune costituiscono parte integrante dei regimi di aiuto; che esse hanno una finalità propria la quale lascia impregiudicata, sul piano del diritto penale, la valutazione da parte delle autorità competenti degli Stati membri della condotta degli operatori economici interessati; che la loro efficacia deve essere garantita dall'applicazione immediata della norma comunitaria nonché dalla piena applicazione di tutte le misure comunitarie, giacché l'adozione di misure conservative non abbia consentito di conseguire tale obiettivo; considerando che, in virtù dell'esigenza generale di equità e del principio di proporzionalità, nonché alla luce del principio « ne bis in idem » occorre prevedere, nel rispetto dell'« acquis » comunitario e delle disposizioni previste dalle normative comunitarie specifiche esistenti al momento dell'entrata in vigore del presente regolamento, adeguate disposizioni per evitare il cumulo delle sanzioni pecuniarie comunitarie e delle sanzioni penali nazionali irrogate per gli stessi fatti alla stessa persona; considerando che, ai fini dell'applicazione del presente regolamento, un procedimento penale può essere considerato concluso qualora l'autorità nazionale competente e l'interessato abbiano concluso una transazione; considerando che il presente regolamento si applica lasciando impregiudicata l'applicazione del diritto penale degli Stati membri; considerando che il diritto comunitario obbliga la Commissione e gli Stati membri di vigilare acché le risorse di bilancio delle Comunità siano utilizzate ai fini previsti; che è opportuno prevedere regole comuni che si applichino in via complementare rispetto alla normativa vigente; considerando che i trattati non prevedono poteri specifici necessari ai fini dell'adozione di disposizioni materiali di portata orizzontale relative ai controlli, alle misure e alle sanzioni al fine di assicurare la tutela degli interessi finanziari delle Comunità; che pertanto occorre far ricorso all'articolo 235 del trattato CE e all'articolo 203 del trattato CEEA; considerando che le disposizioni generali aggiuntive relative ai controlli e alle verifiche in loco saranno adottate successivamente, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: TITOLO I Principi generali Articolo 1 1. Ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee è adottata una normativa generale relativa a dei controlli omogenei e a delle misure e sanzioni amministrative riguardanti irregolarità relative al diritto comunitario. 2. Costituisce irregolarità qualsiasi violazione di una disposizione del diritto comunitario derivante da un'azione o un'omissione di un operatore economico che abbia o possa avere come conseguenza un pregiudizio al bilancio generale delle Comunità o ai bilanci da queste gestite, attraverso la diminuzione o la soppressione di entrate provenienti da risorse proprie percepite direttamente per conto delle Comunità, ovvero una spesa indebita. Articolo 2 1. I controlli e le misure e sanzioni amministrative sono istituiti solo qualora risultino necessari per garantire la corretta applicazione del diritto comunitario. Essi devono avere carattere effettivo, proporzionato e dissuasivo per assicurare un'adeguata tutela degli interessi finanziari delle Comunità. 2. Nessuna sanzione amministrativa può essere irrogata se non è stata prevista da un atto comunitario precedente all'irregolarità. In caso di successiva modifica delle disposizioni relative a sanzioni amministrative contenute in una normativa comunitaria si applicano retroattivamente le disposizioni meno rigorose. 3. Le disposizioni del diritto comunitario determinano la natura e la portata delle misure e sanzioni amministrative necessarie alla corretta applicazione della normativa considerata, in funzione della natura e della gravità dell'irregolarità, del beneficio concesso o del vantaggio ricevuto e del grado di responsabilità. 4. Fatto salvo il diritto comunitario applicabile, le procedure relative all'applicazione dei controlli, delle misure e sanzioni comunitari sono disciplinate dal diritto degli Stati membri. Articolo 3 1. Il termine di prescrizione delle azioni giudiziarie è di quattro anni a decorrere dall'esecuzione dell'irregolarità di cui all'articolo 1, paragrafo 1. Tuttavia, le normative settoriali possono prevedere un termine inferiore e comunque non inferiore a tre anni. Per le irregolarità permanenti o ripetute, il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui cessa l'irregolarità. Per i programmi pluriennali, il termine di prescrizione vale comunque fino alla chiusura definitiva del programma. La prescrizione delle azioni giudiziarie è interrotta per effetto di qualsiasi atto dell'autorità competente, portato a conoscenza della persona interessata, che abbia natura istruttoria o che sia volto a perseguire l'irregolarità. Il termine di prescrizione decorre nuovamente dal momento di ciascuna interruzione. Tuttavia, la prescrizione è acquisita al più tardi il giorno in cui sia giunto a scadenza un termine pari al doppio del termine di prescrizione senza che l'autorità competente abbia irrogato una sanzione, fatti salvi i casi in cui la procedura amministrativa sia stata sospesa a norma dell'articolo 6, paragrafo 1. 2. Il termine di esecuzione della decisione che irroga sanzioni amministrative è di tre anni. Esso decorre dal giorno in cui la decisione diventa definitiva. I casi di interruzione e di sospensione sono disciplinati dalle pertinenti disposizioni di diritto nazionale. 3. Gli Stati membri mantengono la possibilità di applicare un termine più lungo di quello previsto rispettivamente al paragrafo 1 e al paragrafo 2. TITOLO II Misure e sanzioni amministrative Articolo 4 1. Ogni irregolarità comporta, in linea generale, la revoca del vantaggio indebitamente ottenuto: - mediante l'obbligo di versare o rimborsare gli importi dovuti o indebitamente percetti; - mediante la perdita totale o parziale della garanzia costituita a sostegno della domanda di un vantaggio concesso o al momento della percezione di un anticipo. 2. L'applicazione delle misure di cui al paragrafo 1 è limitata alla revoca del vantaggio indebitamente ottenuto aumentato, se ciò è previsto, di interessi che possono essere stabiliti in maniera forfettaria. 3. Gli atti per i quali si stabilisce che hanno per scopo il conseguimento di un vantaggio contrario agli obiettivi del diritto comunitario applicabile nella fattispecie, creando artificialmente le condizioni necessarie per ottenere detto vantaggio, comportano, a seconda dei casi, il mancato conseguimento oppure la revoca del vantaggio stesso. 4. Le misure previste dal presente articolo non sono considerate sanzioni. Articolo 5 1. Le irregolarità intenzionali o causate da negligenza possono comportare le seguenti sanzioni amministrative: a) il pagamento di una sanzione amministrativa; b) il versamento di un importo superiore alle somme indebitamente percette o eluse aumentato, se del caso, di interessi; tale importo complementare, determinato in base a una percentuale da stabilire nelle pertinenti normative, non può superare il livello assolutamente necessario a conferirgli carattere dissuasivo; c) la privazione, totale o parziale, di un vantaggio concesso dalla normativa comunitaria anche se l'operatore ne ha beneficiato indebitamente soltanto in parte; d) l'esclusione o la revoca dell'attribuzione del vantaggio per un periodo successivo a quello dell'irregolarità; e) la revoca temporanea di un'autorizzazione o di un riconoscimento necessari per poter beneficiare di un regime di aiuti comunitari; f) la perdita di una garanzia o cauzione costituita ai fini dell'osservanza delle condizioni previste da una normativa o la ricostituzione dell'importo di una garanzia indebitamente liberata; g) altre sanzioni, di carattere esclusivamente economico, aventi natura e portata equivalenti, contemplate dalle normative settoriali adottate dal Consiglio in funzione delle necessità proprie del settore di cui trattasi e nel rispetto delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione del Consiglio. 2. Fatte salve le disposizioni delle normative settoriali vigenti al momento dell'entrata in vigore del presente regolamento, le altre irregolarità possono unicamente dar luogo alle sanzioni non assimilabili ad una sanzione penale previste al paragrafo 1, purché tali sanzioni siano indispensabili per la corretta applicazione della normativa. Articolo 6 1. Fatte salve le misure e sanzioni amministrative comunitarie adottate sulla base dei regolamenti settoriali esistenti all'entrata in vigore del presente regolamento, l'imposizione delle sanzioni pecuniarie, quali le sanzioni amministrative, può essere sospesa con decisione dell'autorità competente qualora sia stato avviato, per gli stessi fatti, un procedimento penale contro la persona interessata. La sospensione del procedimento amministrativo sospende il termine di prescrizione di cui all'articolo 3. 2. Se il procedimento penale non è proseguito, riprende corso il procedimento amministrativo già sospeso. 3. Allorché il procedimento penale è concluso, riprende corso il procedimento amministrativo già sospeso purché ciò non sia contrario ai principi generali del diritto. 4. Allorché il procedimento amministrativo è ripreso, l'autorità amministrativa provvede affinché sia irrogata una sanzione almeno equivalente a quella prevista dalla normativa comunitaria, potendo tener conto di qualsiasi sanzione irrogata dall'autorità penale per gli stessi fatti alla stessa persona. 5. Le disposizioni di cui ai paragrafi da 1 a 4 non si applicano alle sanzioni pecuniarie che costituiscono parte integrante dei regimi di sostegno finanziario e possono essere applicate indipendentemente ad eventuali sanzioni penali se, e nella misura in cui, non sono assimilabili a tali sanzioni. Articolo 7 Le misure e sanzioni amministrative comunitarie possono applicarsi agli operatori economici di cui all'articolo 1, ossia alle persone fisiche o giuridiche, nonché agli altri organismi cui il diritto nazionale riconosce capacità giuridica, che abbiano commesso l'irregolarità. Possono parimenti applicarsi alle persone che hanno partecipato all'esecuzione dell'irregolarità, nonché a quelle tenute a rispondere della medesima o a evitare che sia commessa. TITOLO III Controlli Articolo 8 1. Gli Stati membri adottano, secondo le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali, le misure necessarie per assicurare la regolarità e l'effettività delle operazioni che coinvolgono gli interessi finanziari delle Comunità. 2. Le misure di controllo sono adeguate alle specificità di ciascun settore e sono proporzionate agli obiettivi perseguiti. Esse tengono conto delle prassi e delle strutture amministrative esistenti negli Stati membri e sono stabilite in modo tale da non dar luogo a vincoli economici e a costi amministrativi eccessivi. La natura e la frequenza dei controlli e delle verifiche in loco che gli Stati membri debbono eseguire, nonché le relative modalità della loro esecuzione sono stabilite, se del caso, dalle normative settoriali, al fine di garantire l'applicazione uniforme ed efficace delle normative in questione e, in particolare, di prevenire ed individuare le irregolarità. 3. Le normative settoriali contengono le disposizioni necessarie per assicurare un controllo equivalente mediante il ravvicinamento delle procedure e dei metodi di controllo. Articolo 9 1. Fatti salvi i controlli eseguiti dagli Stati membri secondo le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali e fatti salvi i controlli eseguiti dalle istituzioni comunitarie secondo le disposizioni del trattato CE, in particolare l'articolo 188 C, la Commissione fa eseguire, sotto la propria responsabilità, la verifica: a) della conformità delle pratiche amministrative con le norme comunitarie; b) dell'esistenza dei documenti giustificativi necessari e della loro concordanza con le entrate e le spese delle Comunità di cui all'articolo 1; c) delle condizioni in cui sono eseguite e verificate tali operazioni finanziarie. 2. Inoltre, essa può effettuare controlli e verifiche sul posto alle condizioni previste dalle normative settoriali. Prima di effettuare i controlli e le verifiche, secondo la normativa in vigore, la Commissione ne informa lo Stato membro interessato in modo da ottenere tutta l'assistenza necessaria. Articolo 10 Saranno successivamente adottate disposizioni generali supplementari in materia di controlli e verifiche in loco secondo le procedure di cui all'articolo 235 del trattato CE e all'articolo 203 del trattato CEEA. Articolo 11 Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 18 dicembre 1995. Per il Consiglio Il Presidente J. BORRELL FONTELLES
Lotta contro la frode: controlli nei paesi dellUnione europea I cittadini dell’Unione europea (UE) devono poter aver fiducia nel fatto che il bilancio dell’UE sia correttamente utilizzato. Nel 1995, l’Unione europea ha introdotto norme [regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995] relative ai controlli nei paesi dell’UE e all’imposizione di sanzioni in caso di irregolarità*. ATTO Regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee SINTESI I cittadini dell’Unione europea (UE) devono poter aver fiducia nel fatto che il bilancio dell’UE sia correttamente utilizzato. Nel 1995, l’Unione europea ha introdotto norme [regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995] relative ai controlli nei paesi dell’UE e all’imposizione di sanzioni in caso di irregolarità*. CHE COSA FA IL PRESENTE REGOLAMENTO? — Mira a combattere le frodi contro gli interessi finanziari dell’Unione europea (il bilancio dell’UE - denaro dei contribuenti). — Stabilisce un insieme comune di norme giuridiche per tutti i settori contemplati dalle politiche dell’UE. — In particolare, prevede controlli, misure e sanzioni amministrative nel caso in cui le regole di finanziamento UE non siano rispettate. PUNTI CHIAVE Più della metà della spesa dell’UE è corrisposta ai beneficiari attraverso i governi e le agenzie dei paesi dell’UE. Sia questo sistema di gestione decentrata che il monitoraggio dell’utilizzo della spesa sono regolati da norme dettagliate che variano a seconda del settore interessato. I paesi dell’UE devono adottare le misure necessarie per garantire che le operazioni che coinvolgono gli interessi finanziari dell’Unione europea siano corrette e regolari. Le misure in materia di controlli devono essere proporzionate agli obiettivi perseguiti in modo da non comportare eccessivi vincoli economici o costi amministrativi. Devono anche tener conto delle prassi e delle strutture amministrative presenti nei paesi dell’UE. La Commissione europea è responsabile di verificare che: — le pratiche amministrative siano conformi alle norme UE; — siano presenti i documenti giustificativi necessari e che coincidano con le entrate e le spese dell’Unione europea; — le operazioni finanziarie siano eseguite e verificate in circostanze appropriate. Inoltre, ai sensi del regolamento (CE, Euratom) n. 2185/96, la Commissione europea potrà effettuare controlli e verifiche sul posto. Revoca del vantaggio indebitamente ottenuto In generale, se viene rilevata un’irregolarità, il vantaggio indebitamente ottenuto deve essere rimborsato e una quota di accompagnamento di interessi potrebbe essere calcolata su base forfettaria. Il provvedimento di revoca del vantaggio può consistere: — nell’obbligo di versare o rimborsare gli importi dovuti o indebitamente percepiti; — nella perdita totale o parziale della garanzia costituita a sostegno della domanda di un vantaggio concesso o al momento della percezione di un anticipo. Le irregolarità intenzionali o causate da negligenza possono comportare sanzioni amministrative, come ad esempio: — il pagamento di una sanzione amministrativa; — il pagamento di una somma aggiuntiva; tuttavia, questo non deve superare un livello che è strettamente necessario a conferirgli un carattere dissuasivo; — la privazione, totale o parziale, di un vantaggio concesso, anche se l’operatore ne ha beneficiato indebitamente soltanto in parte; o l’esclusione o la revoca dell’attribuzione del vantaggio per un periodo successivo a quello dell’irregolarità; — altre sanzioni di carattere esclusivamente economico previste dal diritto comunitario. Principi generali I controlli amministrativi, le misure e le sanzioni devono essere — efficaci, — proporzionati, — dissuasivi. Devono tener conto della natura e della gravità dell’irregolarità, del beneficio concesso o ricevuto e del grado di responsabilità. Una sanzione amministrativa può essere irrogata solo se, prima dell’irregolarità, un atto o una legge dell’UE l’ha specificatamente autorizzata. Il termine di prescrizione delle azioni giudiziarie è di quattro anni a decorrere dall’esecuzione dell’irregolarità. Per le irregolarità permanenti o ripetute, il termine di prescrizione decorre dal giorno in cui cessa l’irregolarità. Per i programmi pluriennali, il termine di prescrizione vale comunque fino alla chiusura definitiva del programma. TERMINI CHIAVE * Irregolarità : qualsiasi atto o omissione da parte di un destinatario del finanziamento UE, che si traduce in un pregiudizio al bilancio generale dell’Unione europea, attraverso la diminuzione o la soppressione di entrate provenienti da risorse proprie percepite direttamente per conto delle Comunità, ovvero una spesa indebita. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 26.12.1995 - GU L 312 del 23.12.1995, pag. 1-4 ATTI COLLEGATI Regolamento (CE, Euratom) n. 2185/96 del Consiglio, dell’11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (GU L 292 del 15.11.1996, pag. 2-5)
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DECISIONE 2014/75/PESC DEL CONSIGLIO del 10 febbraio 2014 sull’Istituto dell’Unione europea per gli studi sulla sicurezza IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 28 e l’articolo 31, paragrafo 1, vista la proposta dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, considerando quanto segue: (1) Il 20 luglio 2001 il Consiglio ha adottato l’azione comune 2001/554/PESC (1). (2) L’Istituto dell’Unione europea per gli studi sulla sicurezza («l’Istituto») dovrebbe assistere l’Unione europea e i suoi Stati membri nell’attuazione della politica estera e di sicurezza comune (PESC), compresa la politica di difesa e di sicurezza comune (PSDC), nonché altre azioni esterne dell’Unione, sotto la supervisione politica del Consiglio e il controllo operativo dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR). (3) L’Istituto dovrebbe avere personalità giuridica e operare in completa indipendenza intellettuale, fatte salve le responsabilità del Consiglio e dell’AR. (4) Il 20 settembre 2011 l’AR ha presentato, a norma dell’articolo 19 dell’azione comune 2001/554/PESC, una relazione al Consiglio sul riesame del funzionamento dell’Istituto. Il 1o febbraio 2012 il comitato politico e di sicurezza ha preso atto della relazione e ha raccomandato al Consiglio di modificare l’azione comune 2001/554/PESC. (5) È opportuno, per motivi di certezza del diritto, consolidare le modifiche precedenti e quelle aggiuntive proposte in un’unica nuova decisione e abrogare l’azione comune 2001/554/PESC, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Continuità e ubicazione 1. L’Istituto dell’Unione europea per gli studi sulla sicurezza, istituito dall’azione comune 2001/554/PESC («l’Istituto»), continua a svolgere le proprie attività conformemente alla presente decisione. 2. Tutti i diritti e gli obblighi esistenti e tutte le norme adottate nell’ambito dell’azione comune 2001/554/PESC rimangono inalterati. In particolare, rimangono validi tutti i contratti di lavoro esistenti e tutti i diritti che ne discendono. 3. L’istituto ha sede a Parigi. Al fine di agevolare l’organizzazione di attività a Bruxelles, l’Istituto un ufficio di collegamento in loco. L’Istituto ha un’organizzazione flessibile e rivolge particolare attenzione alla qualità e all’efficienza, anche riguardo ai livelli di organico. Articolo 2 Funzioni e compiti 1. L’Istituto, in stretta collaborazione con gli Stati membri, contribuisce allo sviluppo della riflessione strategica dell’UE in materia di politica estera e di sicurezza comune (PESC) e di politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC), compresi la prevenzione dei conflitti e il consolidamento della pace, nonché in materia di altra azione esterna dell’Unione, con l’obiettivo di rafforzare la capacità di analisi, di previsione e di collegamento in rete dell’UE nell’azione esterna. 2. Le attività dell’Istituto vertono sullo svolgimento di analisi orientate alle politiche, sull’informazione, sulla divulgazione e sul dibattito, sull’organizzazione di eventi e seminari di collegamento in rete e sulla raccolta di pertinente documentazione per i funzionari e gli esperti dell’Unione e degli Stati membri. 3. L’Istituto promuove altresì contatti con il mondo accademico, con i gruppi di riflessione e con pertinenti attori della società civile in tutto il continente europeo, nella comunità atlantica e nella comunità internazionale in genere, fungendo da interfaccia tra le istituzioni dell’Unione e l’ambito degli esperti esterni, compresi gli attori nel settore della sicurezza. Articolo 3 Supervisione politica e direzione operativa 1. Il comitato politico e di sicurezza (CPS), sotto la responsabilità del Consiglio, assicura la supervisione politica delle attività dell’Istituto. L’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR), conformemente alle responsabilità dell’AR per la PESC e, in particolare, per la PSDC, assicura la direzione operativa all’Istituto. 2. Questa supervisione politica e direzione operativa sono esercitate senza interferire con l’indipendenza intellettuale e l’autonomia operativa di cui gode l’Istituto stesso nello svolgimento della propria missione e dei propri compiti. Articolo 4 Personalità giuridica L’Istituto ha la personalità giuridica necessaria a svolgere le sue funzioni e a raggiungere i suoi obiettivi. Esso può in particolare stipulare contratti, acquistare o alienare beni mobili e immobili e stare in giudizio. L’Istituto è un organismo senza scopo di lucro. Gli Stati membri adottano, ove necessario, misure per attribuire all’Istituto la capacità giuridica riconosciuta alle persone giuridiche dalle rispettive legislazioni nazionali. Articolo 5 Consiglio di amministrazione 1. L’Istituto ha un consiglio di amministrazione che approva il suo programma di lavoro annuale e a lungo termine, nonché il bilancio appropriato. Il consiglio di amministrazione costituisce un centro di discussione per i punti connessi alle funzioni, ai compiti, al funzionamento e al personale dell’Istituto. 2. Il consiglio di amministrazione è presieduto dall’AR o da un suo rappresentante. Il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) svolge le funzioni di segretariato del comitato. 3. Il consiglio di amministrazione è composto da un rappresentante designato da ciascuno Stato membro. Ogni membro del consiglio di amministrazione può essere rappresentato o accompagnato da un supplente. La Commissione, che partecipa ai lavori del consiglio di amministrazione, designa altresì un rappresentante. 4. Il direttore dell’Istituto o il rappresentante del direttore assiste di norma alle riunioni del consiglio di amministrazione. Possono inoltre assistervi il direttore generale dello Stato maggiore e il presidente del Comitato militare o i loro rappresentanti. 5. Le decisioni del consiglio di amministrazione sono adottate mediante votazione dai rappresentanti degli Stati membri a maggioranza qualificata e ai voti è attribuita la ponderazione ai sensi dell’articolo 16, paragrafi 4 e 5, del trattato sull’Unione europea (TUE), fatto salvo l’articolo 11, paragrafi 2 e 3, della presente decisione. Il consiglio di amministrazione adotta il suo regolamento interno. 6. Il consiglio di amministrazione può decidere di creare gruppi di lavoro ad hoc o comitati permanenti per trattare temi o problemi specifici nell’ambito della sua responsabilità generale e sotto la sua supervisione. La decisione di creare tali gruppi di lavoro o comitati ne precisa il mandato, la composizione e la durata. 7. Il consiglio di amministrazione è convocato dal presidente almeno due volte l’anno. Esso è convocato su richiesta di almeno un terzo dei suoi membri. Articolo 6 Direttore 1. Il consiglio di amministrazione nomina il direttore dell’Istituto tra i cittadini degli Stati membri, dietro raccomandazione dell’AR. Il direttore è nominato per un periodo di tre anni, periodo che può essere prorogato di due anni. 2. I candidati per il posto di direttore dovrebbero essere soggetti dotati di riconosciuta competenza ed esperienza consolidata in materia di relazioni esterne, politica di sicurezza e diplomazia, e nella ricerca in tali materie. Gli Stati membri sottopongono candidature all’AR, che ne informa il consiglio di amministrazione. La procedura di preselezione è organizzata sotto la responsabilità dell’AR. La commissione di preselezione è composta da tre rappresentanti del SEAE e da tre rappresentanti degli Stati membri tra il trio di presidenza ed è presieduta dall’AR o dal rappresentante dell’AR. Sulla base dei risultati della preselezione, l’AR deve fornire al consiglio di amministrazione una raccomandazione con un elenco ristretto di almeno tre candidati, redatto in ordine di preferenza dalla commissione di preselezione. 3. Il direttore assicura la rappresentanza giuridica dell’Istituto. 4. Il direttore è responsabile dell’assunzione del resto del personale dell’Istituto. I membri del consiglio di amministrazione sono informati in anticipo della nomina di analisti. 5. Previa approvazione del consiglio di amministrazione e tenendo conto delle implicazioni finanziarie in seguito all’adozione del bilancio annuale dell’Istituto, il direttore può nominare un vicedirettore. Il vicedirettore è nominato per un periodo massimo di tre anni, che può essere prorogato un’unica volta per due anni. 6. Il direttore assicura l’esecuzione delle funzioni e dei compiti dell’Istituto conformemente all’articolo 2. Il direttore garantisce l’elevato grado di competenza e professionalità dell’Istituto, nonché assicura l’efficacia e l’efficienza nello svolgimento delle attività dell’Istituto. Il direttore è inoltre responsabile: a) dell’elaborazione del programma di lavoro annuale dell’Istituto e della relazione annuale sulle attività dell’Istituto; b) della preparazione delle attività del consiglio di amministrazione; c) dell’amministrazione corrente dell’Istituto; d) di tutte le questioni relative al personale; e) della preparazione dello stato delle entrate e delle spese e dell’esecuzione del bilancio dell’Istituto, f) dell’informazione del CPS sul programma di lavoro annuale, g) dei contatti e della stretta collaborazione con le istituzioni dell’Unione, nazionali e internazionali in campi correlati. Il direttore, previa consultazione del consiglio di amministrazione, dovrebbe inoltre esplorare le possibilità di contributi aggiuntivi al bilancio dell’Istituto. 7. Nell’ambito del programma di lavoro e del bilancio concordati dell’Istituto, il direttore è abilitato a concludere contratti, assumere il personale approvato nel bilancio e effettuare ogni spesa necessaria al funzionamento dell’Istituto. 8. Il direttore predispone una relazione annuale sulle attività dell’Istituto entro il 31 marzo dell’anno successivo. La relazione annuale è trasmessa al consiglio di amministrazione e, tramite l’AR, al Consiglio, il quale la trasmette al Parlamento europeo, alla Commissione e agli Stati membri. 9. Il direttore risponde della sua gestione al consiglio di amministrazione. Articolo 7 Personale 1. Il personale dell’Istituto, composto di analisti e di personale amministrativo, ha lo status di agente contrattuale ed è reclutato tra i cittadini degli Stati membri. Gli analisti dell’Istituto sono assunti in base a meriti intellettuali, esperienza e competenza pertinenti alla missione e ai compiti dell’Istituto di cui all’articolo 2, e mediante una procedura di concorso equa e trasparente. Le norme relative al personale dell’Istituto sono adottate dal Consiglio su raccomandazione del direttore. 2. I ricercatori e i tirocinanti possono essere assunti su una base ad hoc e di breve durata. Con l’accordo del direttore e dopo aver informato il consiglio di amministrazione, i ricercatori possono essere distaccati presso l’Istituto per un periodo determinato, in posti all’interno della struttura organizzativa dell’Istituto o per compiti e progetti specifici pertinenti alla missione dell’Istituto e ai compiti di cui all’articolo 2. I membri del personale possono essere distaccati per un posto all’esterno dell’Istituto, per un periodo determinato, nell’interesse del servizio, conformemente allo statuto del personale dell’Istituto. Le disposizioni relative al distacco sono adottate dal consiglio di amministrazione su proposta del direttore. Articolo 8 Indipendenza e autonomia Nello svolgimento delle attività dell’Istituto, il direttore e gli analisti dispongono dell’indipendenza intellettuale e dell’autonomia operativa necessarie. Articolo 9 Programma di lavoro 1. Entro il 31 ottobre di ogni anno, il direttore elabora un progetto di programma di lavoro annuale per l’anno successivo, corredato di prospettive indicative a lungo termine per gli anni successivi e lo presenta al consiglio di amministrazione per l’approvazione. 2. Entro il 30 novembre di ogni anno, il consiglio di amministrazione approva il programma di lavoro annuale. Articolo 10 Bilancio 1. Tutte le voci di entrata e di spesa dell’Istituto sono indicate in stime da elaborare per ciascun esercizio finanziario, che corrisponde all’anno civile, e sono illustrate nel bilancio dell’Istituto, che include un elenco del personale. 2. Le entrate e le spese contenute nel bilancio dell’Istituto sono in pareggio. 3. Le entrate dell’Istituto consistono in contributi degli Stati membri in base al criterio del prodotto nazionale lordo (PNL). Su proposta del direttore e previa approvazione del consiglio di amministrazione, contributi aggiuntivi per progetti specifici pertinenti alla missione dell’Istituto e ai compiti di cui all’articolo 2 possono essere accettati da altre fonti, in particolare dai singoli Stati membri o dalle istituzioni dell’Unione. Articolo 11 Procedura di bilancio 1. Entro il 31 ottobre di ogni anno, il direttore presenta al consiglio di amministrazione un progetto di bilancio annuale per l’Istituto comprendente le spese amministrative, le spese operative e una previsione di entrate, tra cui i contributi aggiuntivi per i progetti specifici di cui all’articolo 10, paragrafo 3. 2. Entro il 30 novembre di ogni anno, il consiglio di amministrazione approva il bilancio annuale dell’Istituto all’unanimità dei rappresentanti degli Stati membri. 3. In caso di circostanze inevitabili, eccezionali o impreviste il direttore può proporre al consiglio di amministrazione un progetto di bilancio rettificativo. Il consiglio di amministrazione, tenendo debitamente conto dell’urgenza, approva il bilancio rettificativo all’unanimità dei rappresentanti degli Stati membri. 4. Entro il 31 marzo di ogni anno, il direttore sottopone al Consiglio e al consiglio di amministrazione i conti dettagliati di tutte le entrate e le spese dell’esercizio finanziario precedente, nonché una relazione sulle attività dell’Istituto. 5. Il consiglio di amministrazione dà scarico al direttore per l’esecuzione del bilancio dell’Istituto. Articolo 12 Norme finanziarie Previo assenso del Consiglio, il consiglio di amministrazione elabora, su proposta del direttore, norme finanziarie dettagliate che precisano in particolare la procedura da seguire per l’elaborazione, l’esecuzione e il controllo del bilancio dell’Istituto. Articolo 13 Privilegi e immunità 1. I privilegi e le immunità del direttore e dei membri del personale dell’Istituto sono previsti nella decisione dei rappresentanti dei Governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 15 ottobre 2001, sui privilegi e sulle immunità accordati all’Istituto per gli studi sulla sicurezza e al centro satellitare dell’Unione europea nonché ai loro organi e al loro personale. In attesa dell’entrata in vigore di tale decisione, lo Stato ospitante può concedere al direttore e al personale dell’Istituto i privilegi e le immunità previsti nella stessa. 2. I privilegi e le immunità dell’Istituto sono previsti nel protocollo (n. 7) sui privilegi e sulle immunità dell’Unione europea allegato al TUE e al trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Articolo 14 Responsabilità giuridica 1. La responsabilità contrattuale dell’Istituto è disciplinata dalla legge applicabile al contratto in questione. 2. La Corte di giustizia dell’Unione europea è competente a giudicare in virtù di eventuali clausole compromissorie contenute nei contratti stipulati dall’Istituto. 3. La responsabilità personale degli agenti nei confronti dell’Istituto è disciplinata dalle pertinenti disposizioni applicabili al personale dell’Istituto. Articolo 15 Accesso ai documenti Su proposta del direttore, il consiglio di amministrazione adotta le norme relative all’accesso del pubblico ai documenti dell’Istituto, tenendo conto dei principi e dei limiti stabiliti nel regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (2). Articolo 16 Protezione di informazioni classificate UE L’Istituto applica la decisione 2013/488/UE del Consiglio (3). Articolo 17 Cooperazione con gli Stati membri, le istituzioni, gli organi e le agenzie dell’Unione Per svolgere le funzioni e i compiti di cui all’articolo 2, l’Istituto coopera strettamente con gli Stati membri e con il SEAE. Se necessario, l’Istituto stabilisce altresì relazioni di lavoro con le istituzioni dell’Unione, nonché con i pertinenti organi e agenzie dell’Unione, compresa l’Accademia europea per la sicurezza e la difesa (AESD), al fine di scambiare conoscenze specialistiche e consulenza nei settori di reciproco interesse. L’Istituto può anche intraprendere progetti comuni con le istituzioni, gli organi e le agenzie dell’Unione. Articolo 18 Protezione dei dati Su proposta del direttore, il consiglio di amministrazione adotta norme di esecuzione concernenti il regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (4). Articolo 19 Relazione Entro il 31 luglio 2016, l’AR presenta al Consiglio una relazione sull’attuazione della presente decisione corredata, se necessario, di raccomandazioni adeguate. Articolo 20 Abrogazione L’azione comune 2001/554/PESC è abrogata. Articolo 21 Entrata in vigore La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione. Fatto a Bruxelles, il 10 febbraio 2014 Per il Consiglio Il presidente C. ASHTON (1) Azione comune 2001/554/PESC del Consiglio, del 20 luglio 2001, relativa alla creazione di un Istituto dell’Unione europea per gli studi sulla sicurezza (GU L 200 del 25.7.2001, pag. 1). (2) Regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43). (3) Decisione 2013/488/UE del Consiglio, del 23 settembre 2013, sulle norme di sicurezza per la protezione delle informazioni classificate UE (GU L 274 del 15.10.2013, pag. 1). (4) Regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1).
Istituto dell'Unione europea per gli studi sulla sicurezza L'Istituto dell'Unione europea (UE) per gli studi sulla sicurezza fornisce ricerche e analisi su questioni internazionali per aiutare l'UE a sviluppare la sua politica estera e di sicurezza. ATTO Decisione 2014/75/PESC del Consiglio, del 10 febbraio 2014, sull'Istituto dell'Unione europea per gli studi sulla sicurezza. SINTESI Grazie a questa decisione del Consiglio, l'UE ha deciso di continuare a delineare le competenze dell'Istituto dell'Unione europea per gli studi sulla sicurezza (IUESS) onde fornire ricerche e analisi su questioni internazionali per la politica estera e di sicurezza comune (PESC) dell'UE. L'Istituto è stato originariamente fondato nel gennaio 2002. Ha sede a Parigi e ha un ufficio di collegamento a Bruxelles. Attraverso la ricerca e l'analisi, l'Istituto contribuisce al processo decisionale europeo nel settore della PESC. In particolare, conduce analisi e fornisce un centro di discussione sulla strategia esterna dell'UE in settori che comprendono la prevenzione dei conflitti e il consolidamento della pace. Le sue attività comprendono l'organizzazione di eventi e seminari di collegamento e la raccolta di informazioni pertinenti per i funzionari e gli esperti dell’UE. Inoltre funge da interfaccia tra le istituzioni dell'UE e l'ambito degli esperti esterni, compresi gli attori nel settore della sicurezza. L'Istituto è amministrato da un Consiglio di amministrazione e da un direttore: Il consiglio di amministrazione: la principale responsabilità del consiglio di amministrazione è approvare il programma di lavoro annuale e a lungo termine dell’Istituto, nonché il bilancio appropriato. Entro il 30 novembre di ogni anno, il consiglio deve approvare il programma di lavoro annuale dell'Istituto. Il consiglio di amministrazione è composto da un rappresentante di ciascuno Stato membro e da un rappresentante della Commissione. Si riunisce almeno due volte l'anno ed è presieduto dall'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Il Direttore generale dello Stato maggiore dell'UE può partecipare alle riunioni del consiglio. Il consiglio può decidere di creare gruppi di lavoro ad hoc o comitati permanenti per affrontare temi specifici. Il direttore: il direttore è nominato dal Consiglio su raccomandazione dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, per un periodo di 3 anni, con una possibile proroga di 2 anni. Il direttore è responsabile tra le altre cose dell'amministrazione corrente dell'Istituto, dell'elaborazione del programma di lavoro annuale dell'Istituto e della relazione annuale e della preparazione dei lavori del consiglio. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Decisione 2014/75/PESC del Consiglio 10.2.2014 - GU L 41 del 12.2.2014
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Accordo tra la Comunità europea e il governo della Federazione russa in materia di cooperazione nel settore della pesca e di conservazione delle risorse biologiche marine nel Mar Baltico Gazzetta ufficiale n. L 129 del 28/05/2009 pag. 0002 - 0007 Accordotra la Comunità europea e il governo della Federazione russa in materia di cooperazione nel settore della pesca e di conservazione delle risorse biologiche marine nel Mar BalticoLa COMUNITÀ EUROPEA,eil GOVERNO DELLA FEDERAZIONE RUSSA,di seguito denominati "le parti",PRENDENDO ATTO che la Convenzione sulla pesca e sulla conservazione delle risorse biologiche nel Mar Baltico e nei Belt (Convenzione di Danzica), del 1973, cesserà di essere applicata il 1o gennaio 2007,RICONOSCENDO che, a seguito dell’adesione alla Comunità della Svezia e della Finlandia il 1o gennaio 1995 e dell’Estonia, della Lettonia, della Lituania e della Polonia il 1o maggio 2004, alcuni elementi degli accordi di pesca relativi alla pesca marittima nel Mar Baltico conclusi, rispettivamente, dai governi della Repubblica di Lettonia, del Regno di Svezia, della Repubblica di Finlandia, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Polonia e della Repubblica di Lituania con il governo della Federazione russa sono ora gestiti dalla Comunità,RICONOSCENDO la necessità di sostituire tali accordi di pesca, nella misura in cui riguardano la pesca marittima nel Mar Baltico, e la Convenzione di Danzica del 1973 con un nuovo accordo tra la Comunità europea e il governo della Federazione russa,AFFERMANDO l’intento comune di assicurare la conservazione e la gestione e lo sfruttamento sostenibili a lungo termine degli stock ittici nel Mar Baltico,ISPIRANDOSI alle disposizioni della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, del 10 dicembre 1982, e dell’accordo delle Nazioni Unite ai fini dell’applicazione delle disposizioni della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, del 10 dicembre 1982, relative alla conservazione e alla gestione degli stock ittici transzonali e degli stock ittici altamente migratori, del 4 dicembre 1995,ISPIRANDOSI all’Accordo di partenariato e di cooperazione, del 24 giugno 1994, che istituisce un partenariato tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Federazione russa, dall’altra, di seguito denominato "APC", e nell’intento comune di intensificare tali relazioni,TENENDO CONTO del codice di condotta per una pesca responsabile adottato dal Consiglio dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura alla conferenza della FAO del 1995,TENENDO CONTO della dichiarazione di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile adottata in occasione del vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile tenutosi nel settembre 2002,CONSIDERANDO che alcune delle risorse biologiche marine del Mar Baltico sono costituite da stock transzonali che migrano tra le zone economiche esclusive delle due parti e da stock associati e dipendenti e che, pertanto, solo la cooperazione fra le parti nella gestione della pesca nonché il controllo e l’esecuzione delle norme possono garantire una conservazione efficace e uno sfruttamento sostenibile di tali stock,RICONOSCENDO l’impegno delle parti ad elaborare un’impostazione ecosistemica della gestione della pesca, fondata sui migliori pareri scientifici disponibili e sul rispetto dell’obbligo che incombe allo Stato costiero di assicurare misure di conservazione e di gestione adeguate per mantenere le risorse biologiche nella propria zona economica esclusiva, in conformità della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982,DESIDEROSI di proseguire la cooperazione nell’ambito delle organizzazioni internazionali competenti per la pesca in un impegno congiunto di conservazione, di sfruttamento sostenibile e di gestione di tutte le principali risorse di pesca e confermando l’intenzione delle parti di continuare a sviluppare i principi sanciti dalla Convenzione di Danzica,RICONOSCENDO l’importanza della ricerca scientifica per la conservazione, lo sfruttamento sostenibile e la gestione delle risorse di pesca, segnatamente nell’ambito del Consiglio internazionale per l’esplorazione del mare (CIEM), e desiderosi di promuovere ulteriormente la collaborazione in questo campo,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1DefinizioniAi fini del presente accordo valgono le seguenti definizioni:a) "zona economica esclusiva delle parti" : la zona economica esclusiva della Federazione russa e le zone economiche esclusive degli Stati membri della Comunità europea, rispettivamente;b) "mare territoriale delle parti" : il mare territoriale della Federazione russa e il mare territoriale degli Stati membri della Comunità europea, rispettivamente;c) "risorse biologiche marine" : le specie biologiche marine presenti, comprese le specie anadrome e catadrome;d) "pescherecci delle parti" : i pescherecci che battono bandiera della Federazione russa e i pescherecci che battono bandiera degli Stati membri della Comunità europea, rispettivamente, attrezzati per lo sfruttamento commerciale della pesca delle risorse biologiche marine;e) "sfruttamento sostenibile" : lo sfruttamento di uno stock in condizioni tali che il suo sfruttamento futuro non sia compromesso e che non si ripercuota negativamente sugli ecosistemi marini;f) "stock transzonali" : stock ittici che migrano periodicamente oltrepassando i limiti delle zone economiche esclusive delle parti nel Mar Baltico;g) "sforzo di pesca" : il prodotto della capacità e dell’attività di un peschereccio; per un gruppo di navi, è costituito dalla somma dello sforzo di pesca di tutte le navi del gruppo;h) "approccio precauzionale di gestione della pesca" : la mancanza di dati scientifici adeguati non deve giustificare il rinvio o la mancata adozione di misure di gestione per la conservazione delle specie bersaglio, delle specie associate o delle specie dipendenti, nonché delle specie non bersaglio e del relativo habitat.Articolo 2Area geografica di applicazione dell’accordoL’area geografica di applicazione dell’accordo, di seguito denominata "Mar Baltico", comprende le acque del Mar Baltico e dei Belt, escluse le acque interne, limitate ad ovest da una linea che collega Capo Hasenore a Punta Gniben, Korshage a Spodsbjerg e Capo Gilbjerg a Kullen.Articolo 3Applicazione territorialeIl presente accordo si applica, da un lato, ai territori in cui è d’applicazione il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni ivi stabilite e, dall’altro, alla Federazione russa.Articolo 4Obiettivi1. Il presente accordo mira ad assicurare una stretta cooperazione fra le parti secondo il principio del beneficio equo e reciproco ai fini della conservazione, dello sfruttamento sostenibile e della gestione di tutti gli stock transzonali, associati e dipendenti presenti nel Mar Baltico.2. L’accordo stabilisce i principi e le procedure relativi alla stretta cooperazione tra le parti allo scopo di garantire che lo sfruttamento degli stock transzonali, associati e dipendenti nel Mar Baltico preveda condizioni economiche, ambientali e sociali sostenibili.3. Le parti fondano la loro cooperazione sui migliori pareri scientifici disponibili e su altri dati pertinenti, applicano l’approccio precauzionale e si accordano per elaborare un’impostazione ecosistemica della gestione della pesca.Articolo 5Misure di gestione comuni1. In base al principio del beneficio reciproco e in conformità della propria legislazione, ciascuna parte può autorizzare pescherecci dell’altra parte a pescare nella propria zona economica esclusiva nel Mar Baltico.2. Le parti possono scambiare, su base reciproca, contingenti relativi al Mar Baltico.3. Per conseguire gli obiettivi del presente accordo le parti adottano misure intese a disciplinare lo sfruttamento degli stock transzonali nel Mar Baltico, tenendo conto delle specie associate e dipendenti. Tali misure possono in particolare riguardare:a) i totali ammissibili di catture (TAC) per gli stock transzonali e i gruppi di stock transzonali nonché le ripartizioni fra le parti. I quantitativi assegnati alle parti si basano sulla ripartizione storica delle possibilità di pesca tenendo conto dell’esigenza di una gestione più mirata ai diversi stock, come raccomandato dal CIEM;b) i piani di gestione a lungo termine per la pesca degli stock transzonali;c) la limitazione dello sforzo di pesca;d) le misure tecniche.4. L’applicazione delle disposizioni di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 del presente articolo è di competenza del comitato misto per la pesca nel Mar Baltico menzionato all’articolo 14 del presente accordo.Articolo 6Misure di gestione autonome adottate dalle parti1. Ciascuna parte stabilisce i totali ammissibili di catture e i piani di gestione a lungo termine degli stock non transzonali presenti nel Mar Baltico, tenendo conto delle specie associate e dipendenti.2. Se, nell’ambito del comitato misto per la pesca nel Mar Baltico di cui all’articolo 14 del presente accordo, le parti non hanno potuto convenire misure di gestione adeguate da raccomandare alle rispettive autorità, esse adottano misure autonome al fine di garantire il conseguimento degli obiettivi indicati all’articolo 4 del presente accordo per quanto riguarda la gestione dello sfruttamento e la conservazione delle risorse biologiche marine nel Mar Baltico, tenendo conto delle specie associate e dipendenti.3. Le misure adottate ai sensi del paragrafo 2 del presente articolo sono fondate su criteri scientifici oggettivi e non comportano alcuna discriminazione, di fatto o di diritto, nei confronti dell’altra parte.4. Oltre alle raccomandazioni formulate dal comitato misto per la pesca nel Mar Baltico sulle misure da prendere, ciascuna parte può adottare le misure di conservazione e di gestione che ritiene necessarie per conseguire gli obiettivi enunciati all’articolo 4 del presente accordo.5. Le misure intese a disciplinare le attività di pesca, adottate da ciascuna parte nella propria zona economica esclusiva e nel proprio mare territoriale a fini di conservazione, sono fondate su criteri scientifici oggettivi, tengono conto delle specie associate e dipendenti e non comportano alcuna discriminazione, di fatto o di diritto, nei confronti dell’altra parte.Articolo 7Rilascio di licenze1. Ciascuna parte subordina al rilascio di una licenza (permesso) l’esercizio della pesca in settori specificati della propria zona economica esclusiva del Mar Baltico da parte dei pescherecci dell’altra parte.2. L’autorità competente di ciascuna parte comunica in tempo debito all’altra parte il nome, il numero di immatricolazione e gli altri elementi di identificazione dei pescherecci autorizzati ad esercitare la loro attività nei settori specificati della zona economica esclusiva del Mar Baltico dell’altra parte.3. L’applicazione delle condizioni relative al rilascio delle licenze è conforme alle raccomandazioni formulate dal comitato misto per la pesca nel Mar Baltico di cui all’articolo 14 del presente accordo.4. Al ricevimento della domanda di licenza (permesso), ciascuna parte rilascia, in conformità alle disposizioni applicabili della normativa vigente, la licenza (permesso) necessaria per esercitare la pesca nei settori specificati della propria zona economica esclusiva del Mar Baltico.Articolo 8Rispetto delle misure di conservazione e di gestione nonché delle altre regolamentazioni in materia di pesca1. Ciascuna parte adotta, in conformità delle proprie leggi, regolamentazioni e norme amministrative, le misure necessarie per garantire il rispetto, da parte dei suoi pescherecci, delle norme e delle regolamentazioni che disciplinano, nella normativa dell’altra parte, lo sfruttamento delle risorse ittiche nella zona economica esclusiva di quest’ultima nel Mar Baltico.2. Con riguardo alla propria zona economica esclusiva del Mar Baltico e in conformità della normativa applicabile e del diritto internazionale, ciascuna parte può adottare le misure necessarie per garantire il rispetto delle disposizioni del presente accordo da parte dei pescherecci dell’altra parte.3. Ciascuna parte comunica preventivamente all’altra parte, secondo le modalità più appropriate, le regolamentazioni e le misure intese a disciplinare l’attività di pesca, nonché eventuali modifiche delle stesse.4. Ciascuna parte adotta le misure che ritiene necessarie per assicurare il rispetto delle disposizioni del presente accordo nella propria zona economica esclusiva e nel proprio mare territoriale.Articolo 9Cooperazione per il controllo e l’esecuzione delle normeLe parti cooperano per il controllo e l’applicazione delle norme nel Mar Baltico. A tal fine esse convengono di elaborare un piano per lo scambio delle strategie in materia di controllo ed applicazione delle norme.Articolo 10IspezioniCiascuna parte autorizza l’ispezione dei propri pescherecci da parte degli organi competenti dell’altra parte responsabili delle operazioni di pesca nella propria zona economica esclusiva del Mar Baltico. Ciascuna delle parti agevola tali ispezioni, intese a controllare il rispetto delle misure e delle regolamentazioni di cui all’articolo 8 del presente accordo.Articolo 11Fermo e sequestro di pescherecci1. In caso di fermo o di sequestro di pescherecci dell’altra parte, gli organi competenti di ciascuna parte notificano prontamente agli organi competenti di tale parte, per via diplomatica o mediante altri canali ufficiali, le azioni intraprese e ogni sanzione conseguentemente applicata.2. Gli organi competenti di ciascuna parte rilasciano rapidamente i pescherecci e gli equipaggi in stato di fermo dietro versamento, da parte del proprietario della nave o del suo rappresentante, di una cauzione adeguata o su presentazione da parte degli stessi di altre garanzie, da determinarsi in base alla legislazione vigente della Federazione russa e degli Stati membri della Comunità europea.Articolo 12Cooperazione scientifica1. Le parti chiedono al CIEM di fornire pareri scientifici con riguardo agli stock transzonali, associati e dipendenti nel Mar Baltico; tali pareri costituiscono la base per l’adozione delle misure di gestione comuni relative a tali stock.2. Le parti si impegnano a cooperare nell’ambito del CIEM per lo svolgimento della ricerca scientifica utile ai fini del presente accordo.3. Le parti promuovono la collaborazione fra i propri ricercatori ed esperti sulle questioni di interesse comune nel settore della pesca, compresa l’acquacoltura.Articolo 13Specie anadrome e catadrome1. Le parti cooperano ai fini della conservazione delle specie anadrome e catadrome in conformità della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare e nell’ambito del presente accordo e di accordi internazionali pertinenti, allo scopo di promuovere la conservazione, la ricostituzione, il rafforzamento e la gestione razionale di tali stock nel Mar Baltico.2. Nonostante la definizione della zona geografica di applicazione del presente accordo di cui all’articolo 2, le parti possono convenire di estendere la cooperazione con riguardo alla gestione delle specie anadrome e catadrome, escludendo tuttavia quelle che trascorrono l’intero ciclo vitale nelle acque interne.Articolo 14Comitato misto per la pesca nel Mar Baltico1. Ai fini del conseguimento degli obiettivi del presente accordo le parti istituiscono un Comitato misto per la pesca nel Mar Baltico (di seguito denominato "comitato").2. Ciascuna parte nomina il proprio rappresentante al comitato e il suo assistente e ne informa l’altra parte per via ufficiale.3. Il comitato tratta tutte le questioni rientranti nell’ambito di applicazione del presente accordo e formula raccomandazioni per le parti.4. In particolare il comitato:a) esamina lo sviluppo e la dinamica degli stock transzonali, associati e dipendenti presenti nel Mar Baltico e le attività di pesca che li sfruttano;b) supervisiona l’applicazione, l’interpretazione e il buon funzionamento dell’accordo, segnatamente per quanto riguarda le disposizioni relative al controllo e all’esecuzione delle norme e alle ispezioni;c) coordina le questioni di interesse comune in materia di pesca;d) funge da sede per la composizione amichevole di qualsiasi controversia inerente all’interpretazione o all’applicazione del presente accordo.5. Il comitato si riunisce, secondo quanto convenuto dalle parti, almeno una volta all’anno alternativamente nel territorio di ciascuna delle parti, al fine di raccomandare misure alle rispettive autorità responsabili della pesca e degli stock interessati nel Mar Baltico, conformemente a quanto disposto all’articolo 5 del presente accordo. Il comitato si riunisce in seduta straordinaria su richiesta di una delle parti.6. Ove necessario, il comitato istituisce organi supplementari per svolgere le funzioni ad esso affidate.7. Il comitato adotta il proprio regolamento interno alla prima riunione.Articolo 15Consultazioni fra le partiLe parti si consultano su questioni relative all’applicazione e all’adeguato funzionamento del presente accordo o qualora sorga una controversia in merito alla sua interpretazione o applicazione.Articolo 16Cooperazione internazionaleLe parti cooperano, nell’ambito delle organizzazioni internazionali competenti, su questioni di interesse comune inerenti alla gestione e alla conservazione degli stock che vengano trattate dalle suddette organizzazioni.Articolo 17Clausola di salvaguardia1. Le disposizioni del presente accordo non condizionano o pregiudicano in alcun modo le posizioni o le opinioni di ciascuna parte sui rispettivi diritti o obblighi previsti dagli accordi di pesca internazionali o su qualunque questione attinente al diritto del mare.2. Il presente accordo lascia impregiudicata la delimitazione delle zone economiche esclusive delle parti.Articolo 18Entrata in vigore1. Il presente accordo si applica a titolo provvisorio a decorrere dalla data della firma ed entra in vigore a decorrere dalla data in cui le parti si notificano per iscritto la conclusione di tutte le procedure interne all’uopo necessarie.2. Alla data di entrata in vigore il presente accordo si sostituisce ai seguenti accordi di pesca, nella misura in cui essi riguardano la pesca marittima nel Mar Baltico, conclusi, rispettivamente, tra il governo della Repubblica di Lettonia e il governo della Federazione russa, firmato il 21 luglio 1992, tra il governo del Regno di Svezia e il governo della Federazione russa, firmato l’ 11 dicembre 1992, tra il governo della Repubblica di Finlandia e il governo della Federazione russa, firmato l’ 11 marzo 1994, tra il governo della Repubblica di Estonia e il governo della Federazione russa, firmato il 4 maggio 1994, tra il governo della Repubblica di Polonia e il governo della Federazione russa, firmato il 5 luglio 1995, e tra il governo della Repubblica di Lituania e il governo della Federazione russa, firmato il 29 giugno 1999.Articolo 19Durata dell’accordoIl presente accordo è concluso per un periodo iniziale di sei anni decorrente dalla data della sua entrata in vigore. Qualora una delle parti non receda mediante notifica trasmessa almeno nove mesi prima della scadenza di detto periodo, l’accordo è prorogato per ulteriori periodi di tre anni, salvo recesso notificato almeno nove mesi prima della fine di ciascun periodo.Articolo 20Regime linguisticoFatto a Bruxelles in duplice esemplare, addì ventotto aprile 2009, in bulgaro, ceco, danese, estone, finlandese, francese, greco, inglese, italiano, lettone, lituano, olandese, polacco, portoghese, rumeno, slovacco, sloveno, spagnolo, svedese, tedesco, ungherese e russo, ciascun testo facente ugualmente fede. In caso di controversia sono determinanti i testi dell’accordo nelle lingue inglese e russa.За Европейската общностPor la Comunidad EuropeaZa Evropské společenstvíFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftEuroopa Ühenduse nimelΓια την Ευρωπαϊκή ΚοινότηταFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaEiropas Kopienas vārdāEuropos bendrijos varduAz Európai Közösség részérőlGħall-Komunità EwropeaVoor de Europese GemeenschapW imieniu Wspólnoty EuropejskiejPela Comunidade EuropeiaPentru Comunitatea EuropeanăZa Európske spoločenstvoZa Evropsko skupnostEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnarЗа Европейское сообшество+++++ TIFF ++++++++++ TIFF +++++За правителството на Руската федерацияPor el Gobierno de la Federación de RusiaZa vládu Ruské federacePå regeringen for Den Russiske Føderations vegneFür die Regierung der Russischen FöderationVenemaa Föderatsiooni valitsuse nimelΓια την Κυβέρνηση της Ρωσικής ΟμοσπονδίαςFor the Government of the Russian FederationPour le gouvernement de la Fédération de RussiePer il Governo della Federazione russaKrievijas Federācijas valdības vārdāRusijos Federacijos Vyriausybės varduAz Orosz Föderáció részérőlGħall-Gvern tal-Federazzjoni RussaVoor de regering van de Russische FederatieW imieniu rządu Federacji RosyjskiejPelo Governo da Federação da RússiaPentru Guvernul Federației RuseZa vládu Ruskej federácieZa Vlado Ruske federacijeVenäjän federaation hallituksen puolestaFör Ryska federationens regeringЗа Правителъство Российской Федерации+++++ TIFF +++++--------------------------------------------------
Accordo sulla pesca e la conservazione dell’ambiente marino nella zona del Baltico QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DEL REGOLAMENTO? L’accordo mira a garantire una stretta cooperazione tra l’UE e la Russia, basata su un beneficio equo e reciproco ai fini della conservazione, dell’uso sostenibile e della gestione della vita marina che migra tra i territori di pesca esclusivi delle due parti (insieme alle specie associate e dipendenti) nel Mar Baltico. Sostituisce la Convenzione di Danzica su cui si basa. Il regolamento adotta l’accordo per conto della Comunità europea (ora Unione europea). PUNTI CHIAVE Principi e procedure L’accordo garantisce la cooperazione tra le due parti nei casi in cui i pesci migrano tra le rispettive zone economiche esclusive* ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. Stabilisce i principi e le procedure per tale cooperazione, tra cui:misure di gestione congiunta; accordi di licenza; il rispetto delle misure di conservazione e di gestione e altre norme in materia di pesca; la cooperazione in materia di misure di controllo e di esecuzione; ispezioni; l’arresto e il fermo delle imbarcazioni; la cooperazione scientifica; la cooperazione per la conservazione delle specie anadrome e catadrome*. Comitato misto per la pesca nel Mar Baltico L’accordo prevede che le parti istituiscano un comitato misto per garantire il raggiungimento degli obiettivi dell’accordo. Prende in considerazione tutti gli aspetti dell’ambito di applicazione dell’accordo e fornisce raccomandazioni alle parti. In particolare, il comitato:esamina lo sviluppo e la dinamica degli stock ittici presenti nel Mar Baltico e le attività di pesca che li sfruttano; supervisiona l’applicazione, l’interpretazione e il buon funzionamento dell’accordo, segnatamente per quanto riguarda le norme relative al controllo, all’esecuzione e alle ispezioni; garantisce la cooperazione su questioni di interesse comune in materia di pesca; funge da sede per la composizione amichevole di qualsiasi controversia inerente all’interpretazione o all’applicazione dell’accordo. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento e l’accordo si applicano dal 4 giugno 2009. CONTESTO Le relazioni politiche, culturali ed economiche tra l’UE e la Russia si basano su un Accordo di partenariato e di cooperazione. Per ulteriori informazioni:Pesca (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Zona economica esclusiva: un’area al di là e in prossimità delle acque territoriali, per la quale il paese costiero gode di speciali diritti e competenza giurisdizionale. Specie anadrome e catadrome: specie marine che si muovono tra acqua dolce e acqua salata per la riproduzione. DOCUMENTI PRINCIPALI Regolamento (CE) n. 439/2009 del Consiglio, del 23 marzo 2009, relativo alla conclusione dell’accordo tra la Comunità europea e il governo della Federazione russa in materia di cooperazione nel settore della pesca e di conservazione delle risorse biologiche marine nel Mar Baltico (GU L 129 del 28.5.2009, pag. 1). Accordo tra la Comunità europea e il governo della Federazione russa in materia di cooperazione nel settore della pesca e di conservazione delle risorse biologiche marine nel Mar Baltico (GU L 129 del 28.5.2009, pag. 2). DOCUMENTI CORRELATI Decisione 2004/890/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2004, relativa al ritiro della Comunità europea dalla Convenzione sulla pesca e sulla conservazione delle risorse biologiche nel mar Baltico e nei Belt (GU L 375 del 23.12.2004, pag. 27). Decisione 98/392/CE del Consiglio, del 23 marzo 1998, concernente la conclusione, da parte della Comunità europea, della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982 e dell’accordo del 28 luglio 1994 relativo all’attuazione delle parte XI della convenzione (GU L 179 del 23.6.1998, pag. 1). Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare e accordo sull’attuazione della parte XI della convenzione — Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (GU L 179 del 23.6.1998, pag. 3). Accordo di partenariato e di cooperazione che istituisce un partenariato tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Federazione russa, dall’altra — Protocollo n. 1 relativo alla creazione di un gruppo di contatto del carbone e dell’acciaio — Protocollo n. 2 relativo all’assistenza amministrativa reciproca per la corretta applicazione della legislazione doganale — Atto finale (GU L 327 del 28.11.1997, pag. 3). Convenzione sulla pesca e sulla conservazione delle risorse biologiche nel mar Baltico e nei Belt (GU L 237 del 26.8.1983, pag. 5).
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Regolamento (CEE) n. 315/93 del Consiglio, dell'8 febbraio 1993, che stabilisce procedure comunitarie relative ai contaminanti nei prodotti alimentari Gazzetta ufficiale n. L 037 del 13/02/1993 pag. 0001 - 0003 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 12 pag. 0078 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 12 pag. 0078 REGOLAMENTO (CEE) N. 315/93 DEL CONSIGLIO dell'8 febbraio 1993 che stabilisce procedure comunitarie relative ai contaminanti nei prodotti alimentariIL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il Trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100 A, vista la proposta della Commissione (1), in cooperazione con il Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che occorre adottare, nel corso di un periodo che termina il 31 dicembre 1992, le misure volte ad instaurare gradualmente il mercato interno; che detto mercato comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali; considerando che le disparità fra le disposizioni adottate dagli Stati membri possono ostacolare il buon funzionamento del mercato comune e che è necessario prevedere una procedura di adozione di norme comunitarie armonizzate; considerando che i contaminanti possono penetrare nei prodotti alimentari in qualsiasi fase della catena alimentare, dalla produzione al consumo; considerando che, per tutelare la salute pubblica, è essenziale mantenere i contaminanti a livelli accettabili sul piano tossicologico; considerando che si dovrebbero fissare livelli più severi quando è possibile pervenirvi attraverso buone pratiche professionali; che il controllo sull'osservanza di tali pratiche può essere esercitato con la dovuta efficienza dalla pubblica amministrazione, vista la preparazione e l'esperienza del suo personale; considerando che l'applicazione del presente regolamento non pregiudica le disposizioni adottate nel quadro di regolamentazioni comunitarie più specifiche; considerando che, sotto il profilo della salute, occorre privilegiare la ricerca di un'impostazione globale della questione dei contaminanti nei prodotti alimentari; considerando che il comitato scientifico dell'alimentazione umana, istituito con la decisione 74/234/CEE (4), deve essere consultato per tutte le questioni che possono riguardare la salute pubblica, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. Il presente regolamento riguarda i contaminanti contenuti nei prodotti alimentari. Per contaminante si intende ogni sostanza non aggiunta intenzionalmente ai prodotti alimentari, ma in essi presente quale residuo della produzione (compresi i trattamenti applicati alle colture e al bestiame e nella prassi della medecina veterinaria), della fabbricazione, della trasformazione, della preparazione, del trattamento, del condizionamento, dell'imballaggio, del trasporto o dello stoccaggio di tali prodotti, o in seguito alla contaminazione dovuta all'ambiente. I corpi estranei quali, ad esempio, frantumi di insetti, peli di animali e altri non rientrano nella presente definizione. 2. Il presente regolamento non si applica ai contaminanti oggetto di regolamentazioni comunitarie più specifiche. Fin dall'entrata in vigore del presente regolamento, la Commissione pubblica a titolo informativo, nella serie C della Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, un elenco delle suddette regolamentazioni. Detto elenco è eventualmente aggiornato dalla Commissione. 3. Le disposizioni relative ai contaminanti sono adottate in conformità del presente regolamento, fatte salve quelle previste nelle regolamentazioni di cui al paragrafo 2. Articolo 2 1. Un prodotto alimentare non può essere commercializzato se contiene contaminanti in quantitativi inaccettabili sotto l'aspetto della salute pubblica e in particolare sul piano tossicologico. 2. I contaminanti devono essere mantenuti ai livelli più bassi che si possono ragionevolmente ottenere attraverso buone pratiche in tutte le fasi elencate all'articolo 1. 3. Per tutelare la salute pubblica e in applicazione del paragrafo 1, tolleranze massime eventualmente necessarie per contaminanti specifici devono essere stabilite secondo la procedura prevista all'articolo 8. Tali tolleranze sono adottate sotto forma di elenchi comunitari non esaurienti e possono indicare: - valori massimi per gli stessi contaminanti a seconda dei diversi prodotti alimentari; - i valori massimi rilevabili con il metodo adottato; - il metodo di campionamento e di analisi da applicare. Articolo 3 Le disposizioni che possono incidere sulla salute pubblica sono adottate previa consultazione del comitato scientifico dell'alimentazione umana. Articolo 4 1. Qualora uno Stato membro, in seguito a nuove informazioni o ad una nuova valutazione di dati già noti, abbia motivi per sospettare che un contaminante presente in prodotti alimentari, sebbene conforme al presente regolamento o ai regolamenti specifici adottati ai sensi del medesimo, costituisca un rischio sanitario, può sospendere o limitare temporaneamente l'applicazione delle misure ad esso relative nel proprio territorio. Esso ne informa immediatamente gli altri Stati membri e la Commissione fornendo la motivazione della sua decisione. 2. La Commissione esamina, nel più breve tempo possibile e nell'ambito del comitato permanente per i prodotti alimentari istituito dalla decisione 69/314/CEE (5), i motivi forniti dallo Stato membro, di cui al paragrafo 1, esprime immediatamente il proprio parere in merito ed adotta le misure del caso secondo la procedura prevista all'articolo 8. Articolo 5 1. Gli Stati membri non possono proibire, limitare od ostacolare, per motivi attinenti al tenore di contaminanti dei prodotti alimentari, l'immissione in commercio di tali prodotti qualora essi siano conformi al presente regolamento o alle disposizioni specifiche adottate in virtù di esso. 2. Qualora le disposizioni comunitarie relative alle tolleranze massime di cui all'articolo 2, paragrafo 3 non siano state adottate, le disposizioni nazionali in materia sono applicabili nel rispetto delle disposizioni del trattato. 3. a) Se uno Stato membro mantiene le disposizioni nazionali, esso ne informa la Commissione e gli altri Stati membri entro sei mesi dall'adozione del presente regolamento. b) Se uno Stato membro ritiene necessario adottare una nuova legislazione, esso comunica alla Commissione e agli altri Stati membri le misure previste, precisandone i motivi. La Commissione consulta gli Stati membri in sede di comitato permanente per i prodotti alimentari, qualora lo ritenga utile o a richiesta d'uno Stato membro. Lo Stato membro può adottare le misure previste soltanto tre mesi dopo tale comunicazione e purché non abbia ricevuto parere contrario della Commissione. In quest'ultimo caso la Commissione, prima della scadenza del termine di cui al secondo comma, avvia la procedura prevista dall'articolo 8, affinché venga deciso se le misure previste possono essere applicate, eventualmente mediante opportune modifiche. Articolo 6 La Commissione presenta annualmente al comitato permanente per i prodotti alimentari una relazione sull'evoluzione globale della legislazione comunitaria in materia di contaminanti. Articolo 7 Quattro anni dopo l'entrata in vigore del presente regolamento la Commissione trasmette al Consiglio una relazione sull'esperienza acquisita, eventualmente accompagnata da proposte appropriate. Articolo 8 La Commissione è assistita dal comitato permanente per i prodotti alimentari, in appresso denominato « comitato ». Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista dall'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni al comitato, viene attribuita ai voti dei rappresentanti degli Stati membri la ponderazione definita all'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto. La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato. Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata. Se il Consiglio non ha deliberato entro un termine di tre mesi a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte, tranne nel caso in cui il Consiglio si sia pronunciato a maggioranza semplice contro tali misure. Articolo 9 Il presente regolamento entra in vigore il 1o marzo 1993. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 8 febbraio 1993. Per il Consiglio Il Presidente J. TROEJBORG (1) GU n. C 57 del 4. 3. 1992, pag. 11. (2) GU n. C 129 del 20. 5. 1991, pag. 104 e decisione del 20 gennaio 1993 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (3) GU n. C 223 del 31. 8. 1992, pag. 24. (4) GU n. L 136 del 20. 5. 1974, pag. 1. (5) GU n. L 291 del 19. 11. 1969, pag. 9.
Contaminanti nei prodotti alimentari: ridurre al minimo gli effetti nocivi SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Intende tutelare la salute pubblica, vietando l’immissione in commercio di prodotti alimentari contenenti quantitativi inaccettabili di sostanze residue note come «contaminanti». PUNTI CHIAVE I contaminanti sono presenti negli alimenti come conseguenza dei trattamenti successivi alla produzione o attraverso la contaminazione ambientale. L’Unione europea (UE) regola i livelli di contaminanti accettabili sul piano tossicologico e li mantiene al minimo. I contaminanti soggetti a norme più specifiche e i corpi estranei, quali frantumi di insetti, peli di animali e altro, non sono contemplati in questo regolamento. Qualora sospetti la presenza di un contaminante pericoloso per la salute pubblica, un paese dell’UE può adottare misure restrittive sulla base di questo regolamento. In tal caso, dovrà informare immediatamente gli altri paesi dell’UE e la Commissione europea, motivando la propria decisione. La Commissione deve esaminare quanto prima le ragioni fornite dal paese dell’UE e prendere i provvedimenti necessari dopo avere consultato il comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali (oggi comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi). Questo comitato assiste la Commissione su tutte le questioni relative ai contaminanti, compresa la determinazione delle tolleranze massime autorizzate. Il regolamento impone la determinazione di soglie massime per certi contaminanti al fine di tutelare la salute pubblica. I paesi dell’UE non devono vietare il commercio dei prodotti alimentari conformi a questo regolamento. Il regolamento (CE) n. 1881/2006 della Commissione stabilisce i livelli massimi per determinati contaminanti presenti negli alimenti, quali ad esempio nitrati, piombo, cadmio, mercurio, arsenico, melammina e così via. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 1o marzo 1993. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare anche la pagina «Contaminanti» sul sito Internet della Commissione europea. ATTO Regolamento (CEE) n. 315/93 del Consiglio, dell’8 febbraio 1993, che stabilisce procedure comunitarie relative ai contaminanti nei prodotti alimentari (GU L 37 del 13.2.1993, pagg. 1-3) Successive modifiche e correzioni al regolamento (CEE) n. 315/93 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. ATTI COLLEGATI Regolamento (CEE) n. 1881/2006 del Consiglio, del 19 dicembre 2006, che definisce i tenori massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari (GU L 364 del 20.12.2006, pagg. 5-24). Si veda la versione consolidata.
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DIRETTIVA 2009/21/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 aprile 2009 relativa al rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 80, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), visto il parere del Comitato delle regioni (2), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (3), considerando quanto segue: (1) La sicurezza dei trasporti marittimi comunitari e dei cittadini che li utilizzano e la protezione dell’ambiente dovrebbero essere garantiti in via permanente. (2) Con riferimento al trasporto marittimo internazionale, l’adozione di varie convenzioni, di cui l’Organizzazione marittima internazionale (IMO) è depositaria, ha consentito di istituire un quadro generale di regole che migliora la sicurezza marittima e la protezione dell’ambiente contro l’inquinamento provocato dalle navi. (3) A norma delle disposizioni della convenzione delle Nazioni Unite del 1982 sul diritto del mare (UNCLOS) e delle convenzioni di cui è depositaria l’IMO (convenzioni IMO), rientra fra le responsabilità degli Stati che sono parti di questi strumenti adottare norme legislative e regolamentari e adottare tutti gli altri provvedimenti necessari per dare piena e completa attuazione a detti strumenti affinché, dal punto di vista della sicurezza della vita in mare e della protezione dell’ambiente marino, le navi siano idonee al servizio cui sono destinate ed equipaggiate con personale marittimo competente. (4) Occorre tenere nella dovuta considerazione la convenzione sul lavoro marittimo, adottata dall’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) nel 2006, che disciplina anche gli obblighi connessi allo Stato di bandiera. (5) Il 9 ottobre 2008 gli Stati membri hanno adottato una dichiarazione in cui riconoscevano all’unanimità l’importanza dell’applicazione delle convenzioni internazionali relative agli obblighi degli Stati di bandiera al fine di migliorare la sicurezza marittima e di contribuire alla prevenzione dell’inquinamento provocato dalle navi. (6) L’attuazione delle procedure raccomandate dall’IMO nella circolare MSC/Circ. 1140/MEPC/Circ. 424 del 20 dicembre 2004 sul trasferimento delle navi fra Stati dovrebbe rafforzare le disposizioni delle convenzioni IMO e della normativa comunitaria sulla sicurezza marittima relative al cambiamento di bandiera e migliorare la trasparenza dei rapporti fra gli Stati di bandiera, a tutto vantaggio della sicurezza marittima. (7) La disponibilità di informazioni sulle navi battenti la bandiera di uno Stato membro e sulle navi che sono state cancellate dal registro di uno Stato membro dovrebbe migliorare la trasparenza delle prestazioni di una flotta di qualità elevata e contribuire a monitorare meglio il rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera, nonché ad assicurare parità di condizioni fra le amministrazioni. (8) Per aiutare gli Stati membri a migliorare ulteriormente i loro risultati in quanto Stati di bandiera, le loro amministrazioni dovrebbero essere sottoposte periodicamente ad audit. (9) Una certificazione di qualità delle procedure amministrative in conformità delle norme dell’Organizzazione internazionale per la standardizzazione (ISO) o di norme equivalenti dovrebbe ulteriormente assicurare parità di condizioni fra le amministrazioni. (10) Le misure necessarie per l’esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (4). (11) Poiché gli obiettivi della presente direttiva, vale a dire l’introduzione e l’attuazione di misure adeguate nel settore della politica dei trasporti marittimi, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell’intervento, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto 1. La presente direttiva ha lo scopo di: a) assicurare che gli Stati membri ottemperino con efficacia e coerenza ai loro obblighi in quanto Stati di bandiera; e b) migliorare la sicurezza e prevenire l’inquinamento provocato dalle navi battenti bandiera di uno Stato membro. 2. La presente direttiva lascia impregiudicata la normativa marittima comunitaria elencata all’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, che istituisce un comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell’inquinamento provocato dalle navi (comitato COSS) (5), nonché la direttiva 1999/63/CE del Consiglio, del 21 giugno 1999, relativa all’accordo sull’organizzazione dell’orario di lavoro della gente di mare concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei trasportatori dell’Unione europea (FST) (6). Articolo 2 Ambito di applicazione La presente direttiva si applica all’amministrazione dello Stato membro di cui la nave batte bandiera. Articolo 3 Definizioni Ai fini della presente direttiva si applicano le definizioni seguenti: a) «nave» una nave o un’imbarcazione battente bandiera di uno Stato membro che rientra nell’ambito di applicazione delle pertinenti convenzioni IMO e per la quale è richiesto un certificato; b) «amministrazione» le autorità competenti dello Stato membro di cui la nave batte bandiera; c) «organismo riconosciuto» un organismo riconosciuto conformemente al regolamento (CE) n. 391/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativo alle disposizioni ed alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi (rifusione) (7); d) «certificati» i certificati previsti dalla legge rilasciati in relazione alle pertinenti convenzioni IMO; e) «audit IMO» un audit condotto in conformità delle disposizioni della risoluzione A.974(24) adottata dall’assemblea dell’IMO il 1o dicembre 2005. Articolo 4 Condizioni per consentire l’esercizio di una nave al momento della concessione del diritto di battere bandiera di uno Stato membro 1. Prima di consentire l’esercizio di una nave cui è stato concesso il diritto di battere la sua bandiera, lo Stato membro interessato adotta le misure che ritiene necessarie per assicurare che la nave in questione ottemperi alle norme e alle regolamentazioni internazionali applicabili. In particolare verifica i precedenti relativi alla sicurezza della nave con ogni mezzo ragionevole. Se necessario, consulta l’amministrazione del precedente Stato di bandiera per accertarsi se sussistano ancora anomalie o problemi di sicurezza da questo individuati e rimasti irrisolti. 2. Quando un altro Stato di bandiera richiede informazioni su una nave che ha in precedenza battuto bandiera di uno Stato membro, quest’ultimo fornisce tempestivamente allo Stato di bandiera richiedente i dettagli riguardanti anomalie irrisolte e ogni altra pertinente informazione connessa alla sicurezza. Articolo 5 Fermo di una nave battente bandiera di uno Stato membro Quando l’amministrazione di uno Stato membro è informata che una nave battente la sua bandiera è stata sottoposta a fermo da uno Stato di approdo, sovrintende, secondo le procedure da essa stabilite a tal fine, a che la nave sia resa conforme alle pertinenti convenzioni IMO. Articolo 6 Misure di accompagnamento Gli Stati membri assicurano che almeno le seguenti informazioni concernenti le navi battenti la loro bandiera siano prontamente accessibili ai fini della presente direttiva: a) estremi di riconoscimento della nave (nome, numero IMO, ecc.); b) date delle visite di controllo, comprese eventualmente quelle addizionali e supplementari, e date degli audit; c) identificazione degli organismi riconosciuti coinvolti nella certificazione e nella classificazione della nave; d) identificazione dell’autorità competente che ha ispezionato la nave conformemente alle disposizioni in materia di controllo da parte dello Stato di approdo e date delle ispezioni; e) risultato delle ispezioni nel quadro del controllo da parte dello Stato di approdo (deficienze: sì o no, fermi: sì o no); f) informazioni sui sinistri marittimi; g) identificazione delle navi che hanno cessato di battere la bandiera dello Stato membro in questione negli ultimi dodici mesi. Articolo 7 Procedura di audit dello Stato di bandiera Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le loro amministrazioni siano sottoposte ad un audit dell’IMO almeno ogni sette anni, subordinatamente a una risposta positiva dell’IMO ad una tempestiva richiesta dello Stato membro interessato, e pubblicano i risultati dell’audit in conformità della pertinente legislazione nazionale in materia di riservatezza. Il presente articolo cessa di avere vigore al più tardi il 17 giugno 2017, o prima di tale data, come stabilito dalla Commissione secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 10, paragrafo 2, se è entrato in vigore un sistema obbligatorio di audit degli Stati membri dell’IMO. Articolo 8 Sistema di gestione della qualità e valutazione interna 1. Entro il 17 giugno 2012 ciascuno Stato membro sviluppa, attua e mantiene un sistema di gestione della qualità per le parti operative delle attività dell’amministrazione in quanto Stato di bandiera. Tale sistema è certificato conformemente alle norme di qualità internazionali applicabili. 2. Gli Stati membri che figurano nella lista nera o che figurano per due anni consecutivi nella lista grigia pubblicata nella relazione annuale più recente del protocollo d’intesa di Parigi relativo al controllo delle navi da parte dello Stato d’approdo (MOU di Parigi) presentano alla Commissione una relazione sui loro risultati in quanto Stati di bandiera entro quattro mesi dalla pubblicazione della relazione del MOU di Parigi. La relazione individua e analizza le ragioni principali della mancata conformità che ha condotto ai fermi e alle deficienze all’origine dell’iscrizione nelle liste nera o grigia. Articolo 9 Relazioni Con frequenza quinquennale e per la prima volta il 17 giugno 2012, la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione della presente direttiva. Tale relazione contiene una valutazione dei risultati degli Stati membri in quanto Stati di bandiera. Articolo 10 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell’inquinamento provocato dalle navi (COSS) istituito dall’articolo 3 del regolamento (CE) n. 2099/2002. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. Il periodo di cui all’articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a due mesi. Articolo 11 Attuazione 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 17 giugno 2011. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 12 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 13 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente P. NEČAS (1) GU C 318 del 23.12.2006, pag. 195. (2) GU C 229 del 22.9.2006, pag. 38. (3) Parere del Parlamento europeo del 29 marzo 2007 (GU C 27 E del 31.1.2008, pag. 140), posizione comune del Consiglio del 9 dicembre 2008 (GU C 330 E del 30.12.2008, pag. 13) e posizione del Parlamento europeo dell’11 marzo 2009 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (4) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (5) GU L 324 del 29.11.2002, pag. 1. (6) GU L 167 del 2.7.1999, pag. 33. (7) Cfr. pagina 11 della presente Gazzetta ufficiale.
Rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera La presente direttiva ha lo scopo di assicurare che gli Stati membri dell'Unione europea ottemperino con più efficacia e coerenza ai loro obblighi in quanto Stati di bandiera. Mira inoltre a rafforzare la sicurezza marittima e a prevenire l’inquinamento provocato dalle navi battenti bandiera di uno Stato membro. ATTO Direttiva 2009/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa al rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera. SINTESI La presente direttiva istituisce un quadro giuridico volto a migliorare i risultati degli Stati membri in quanto Stati di bandiera. Ambito di applicazione La presente direttiva si applica all’amministrazione * dello Stato membro di cui la nave * batte bandiera. Autorizzazione di esercizio delle navi battenti bandiera di uno Stato membro Ciascuno Stato membro deve verificare, prima del rilascio dell’autorizzazione di esercizio, che una nave autorizzata a battere la sua bandiera ottemperi alle norme e alle regolamentazioni internazionali applicabili. In particolare verifica i precedenti relativi alla sicurezza della nave. Se necessario, consulta il precedente Stato di bandiera per accertarsi se sussistano ancora anomalie o problemi di sicurezza irrisolti. In tal caso, lo Stato membro consultato deve fornire tempestivamente i dettagli richiesti. Fermo di una nave battente bandiera di uno Stato membro Quando l’amministrazione di uno Stato membro è informata che una nave battente la sua bandiera è stata sottoposta a fermo da uno Stato di approdo, sovrintende le procedure stabilite a che la nave sia resa conforme alle convenzioni dell’IMO (Organizzazione marittima internazionale) (EN). Misure di accompagnamento Gli Stati membri assicurano che le seguenti informazioni siano prontamente accessibili e disponibili: estremi di riconoscimento della nave (nome, numero IMO, ecc.); date delle visite di controllo (comprese eventualmente quelle addizionali e supplementari) e date degli audit; identificazione degli organismi riconosciuti * coinvolti nella certificazione * e nella classificazione della nave, nonché dell’autorità competente che ha ispezionato la nave conformemente alle disposizioni in materia di controllo da parte dello Stato di approdo; risultato delle ispezioni nel quadro del controllo da parte dello Stato di approdo e, se del caso, informazioni su deficienze e fermi o sui sinistri marittimi; identificazione delle navi che hanno cessato di battere la bandiera dello Stato membro in questione. Procedura di audit dello Stato di bandiera Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le loro amministrazioni siano sottoposte ad un audit dell’IMO almeno ogni sette anni. I risultati dell’audit vengono pubblicati in conformità della pertinente legislazione nazionale in materia di riservatezza. Questa disposizione resta in applicazione sino all’entrata in vigore di un sistema obbligatorio dell’IMO. Gestione della qualità e valutazione interna Entro il 17 giugno 2012 ciascuno Stato membro deve avere sviluppato un sistema di gestione della qualità per le parti operative delle attività dell’amministrazione in quanto Stato di bandiera. Gli Stati membri che figurano nella lista nera o che figurano per due anni consecutivi nella lista grigia pubblicata nella relazione annuale più recente del protocollo d’intesa di Parigi (MOU di Parigi), devono presentare alla Commissione una relazione sui loro risultati in quanto Stati di bandiera. Questa relazione deve pervenire alla Commissione entro quattro mesi dalla pubblicazione della relazione del MOU di Parigi. La relazione deve presentare le ragioni che hanno condotto ai fermi e all’iscrizione nelle liste nera o grigia. Relazioni La Commissione trasmetterà al Parlamento europeo e al Consiglio, con frequenza quinquennale e per la prima volta il 17 giugno 2012, una relazione sull’applicazione della presente direttiva. Procedura di comitato La Commissione è assistita dal comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (COSS). Contesto La presente direttiva risponde alla necessità di un trasporto marittimo più sicuro e più rispettoso dell’ambiente. Si basa sul quadro giuridico sviluppato a livello internazionale dall’IMO nel settore della sicurezza marittima e della protezione dell’ambiente contro l’inquinamento marittimo. Termini chiave dell’atto «nave», una nave o un’imbarcazione battente bandiera di uno Stato membro che rientra nell’ambito di applicazione delle pertinenti convenzioni IMO e per la quale è richiesto un certificato; «amministrazione», le autorità competenti dello Stato membro di cui la nave batte bandiera; «organismo riconosciuto», un organismo riconosciuto conformemente al regolamento (CE) n. 391/2009 «certificati», i certificati previsti dalla legge rilasciati in relazione alle pertinenti convenzioni IMO. Riferimenti Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2009/21/CE 29.5.2009 17.6.2009 GU L 131 del 28.5.2009
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REGOLAMENTO (CE) N. 1921/2006 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 18 dicembre 2006 relativo alla trasmissione di dati statistici sugli sbarchi di prodotti della pesca negli Stati membri e che abroga il regolamento (CEE) n. 1382/91 del Consiglio (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 285, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (1), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CEE) n. 1382/91 del Consiglio, del 21 maggio 1991, relativo alla trasmissione di dati sugli sbarchi di prodotti della pesca negli Stati membri (2), prescrive la trasmissione da parte di questi ultimi di dati sulle quantità e sui prezzi medi dei prodotti della pesca sbarcati nei rispettivi porti. (2) L'esperienza ha dimostrato che la trasmissione in forza della normativa comunitaria di dati con cadenza annuale anziché mensile non comporterebbe conseguenze negative per le analisi del mercato dei prodotti della pesca e per le altre analisi economiche. (3) Le analisi trarrebbero un miglioramento da una disaggregazione dei dati secondo lo Stato di cui battono bandiera le navi da pesca che effettuano gli sbarchi. (4) Il regolamento (CEE) n. 1382/91 prescrive un limite nella misura in cui le tecniche di campionamento sono consentite se la rilevazione e l'elaborazione dei dati comportano oneri eccessivi per talune autorità nazionali. Allo scopo di migliorare e di semplificare il sistema di trasmissione dei dati, è opportuno sostituire detto regolamento con un nuovo strumento. Di conseguenza, il regolamento (CEE) n. 1382/91 dovrebbe essere abrogato. (5) Poiché l'obiettivo del presente regolamento, vale a dire l'istituzione di un quadro giuridico per la produzione sistematica di statistiche comunitarie sugli sbarchi di prodotti della pesca negli Stati membri, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (6) Il regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie (3), fissa un quadro di riferimento per le statistiche nel settore della pesca. In particolare impone il rispetto dei principi di imparzialità, affidabilità, pertinenza, rapporto costi/benefici, segreto statistico e trasparenza. (7) È importante garantire l'applicazione uniforme del presente regolamento e adottare a tal fine una procedura comunitaria che consenta di definirne le modalità d'applicazione secondo un calendario appropriato e di procedere agli adeguamenti tecnici necessari. (8) Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (4). (9) Poiché i dati statistici sugli sbarchi di prodotti della pesca costituiscono uno strumento essenziale per la gestione della politica comune della pesca, è opportuno prevedere la possibilità di far ricorso alla procedura di gestione di cui alla decisione 1999/468/CE onde concedere periodi transitori agli Stati membri per l'attuazione del presente regolamento e deroghe che permettano loro di escludere dati statistici relativi ad un particolare settore dell'industria della pesca dai dati statistici nazionali presentati. (10) D'altro lato, la Commissione dovrebbe avere il potere di stabilire le condizioni in base alle quali dovrebbero essere adeguati tecnicamente gli allegati. Queste misure di portata generale e concepite per modificare gli elementi non essenziali del presente regolamento, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: 1) «navi da pesca della Comunità», le navi da pesca che battono bandiera di uno Stato membro e che sono registrate nella Comunità; 2) «navi da pesca dell'EFTA», le navi da pesca che battono bandiera di un paese dell'EFTA o che sono registrate in un paese dell'EFTA; 3) «valore unitario»: a) il valore alla prima vendita dei prodotti della pesca sbarcato (in valuta nazionale) diviso per quantità sbarcata (in tonnellate), o b) per i prodotti della pesca non venduti immediatamente, il prezzo medio per tonnellata in valuta nazionale stimato utilizzando un metodo appropriato. Articolo 2 Obblighi degli Stati membri 1. Ogni anno ciascuno Stato membro trasmette alla Commissione i dati statistici sui prodotti della pesca sbarcati sul proprio territorio da navi da pesca della Comunità e dell'EFTA (in seguito denominati «dati statistici»). 2. Ai fini del presente regolamento si intendono sbarcati sul territorio dello Stato membro dichiarante i seguenti prodotti della pesca: a) prodotti sbarcati nei porti nazionali da pescherecci o da altre componenti della flotta di pesca in seno alla Comunità; b) i prodotti sbarcati da navi da pesca dello Stato membro dichiarante in porti non comunitari, per i quali è emesso il documento T2M riportato nell'allegato 43 del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni d'applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario (5). Articolo 3 Compilazione dei dati statistici 1. I dati statistici riguardano il totale degli sbarchi sul territorio nazionale in seno alla Comunità. 2. È ammesso il ricorso a tecniche di campionamento in quei casi in cui, in considerazione delle caratteristiche strutturali di un particolare comparto del settore della pesca di uno Stato membro, la rilevazione esaustiva di dati comporterebbe difficoltà per le autorità nazionali sproporzionate rispetto all'importanza di tale comparto. Articolo 4 Dati statistici I dati statistici si riferiscono ai quantitativi totali e ai valori unitari dei prodotti della pesca sbarcati nell'anno civile di riferimento. Le variabili per le quali sono da trasmettere dati statistici, le loro definizioni e le nomenclature pertinenti sono precisate negli allegati II, III e IV. Articolo 5 Trasmissione dei dati statistici Gli Stati membri trasmettono i dati statistici alla Commissione su base annua conformemente al formato specificato nell'allegato I e utilizzando i codici precisati negli allegati II, III e IV. I dati statistici vanno trasmessi entro i sei mesi successivi alla fine dell'anno di riferimento. Articolo 6 Metodologia 1. Entro il 19 gennaio 2008 ciascuno Stato membro trasmette alla Commissione una relazione metodologica dettagliata in cui descrive le modalità di rilevazione dei dati e di compilazione delle statistiche. La relazione illustra in dettaglio le eventuali tecniche di campionamento e contiene una valutazione della qualità delle stime risultanti. 2. La Commissione esamina le relazioni e presenta le sue conclusioni al competente gruppo di lavoro del comitato permanente di statistica agraria (in seguito denominato il «comitato»), istituito dall'articolo 1 della decisione 72/279/CEE del Consiglio (6). 3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione ogni modifica delle informazioni fornite a norma del paragrafo 1 entro tre mesi dal momento in cui essa è stata apportata e ragguagliano inoltre la Commissione in merito a qualsiasi cambiamento significativo dei metodi di rilevazione utilizzati. Articolo 7 Periodi di transizione Per l'attuazione del presente regolamento possono essere accordati agli Stati membri, secondo la procedura di cui all'articolo 11, paragrafo 2, periodi di transizione di durata non superiore a tre anni a decorrere dalla sua entrata in vigore. Articolo 8 Deroghe 1. Qualora l'inclusione nelle statistiche di un particolare comparto del settore della pesca di uno Stato membro comporti difficoltà per le autorità nazionali sproporzionate rispetto all'importanza di tale comparto, allo Stato membro in questione può essere accordata una deroga secondo la procedura di cui all'articolo 11, paragrafo 2, consentendogli di escludere i dati statistici riguardanti tale comparto dai dati statistici nazionali trasmessi. 2. Quando chiede una deroga a norma del paragrafo 1, uno Stato membro, per motivare la sua richiesta, trasmette alla Commissione una relazione sui problemi incontrati nell'applicazione del presente regolamento al complesso degli sbarchi sul proprio territorio. Articolo 9 Aggiornamento degli allegati Le misure relative all'adeguamento tecnico degli allegati sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 11, paragrafo 3. Articolo 10 Valutazione Entro il 19 gennaio 2010, e successivamente ogni tre anni, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione di valutazione sui dati statistici definiti in applicazione del presente regolamento e, in particolare, sulla loro pertinenza e qualità. Tale relazione procede, inoltre, ad un'analisi costi — benefici del sistema istituito per la raccolta e l'elaborazione dei dati statistici ed indica le migliori prassi che consentano di ridurre l'onere di lavoro per gli Stati membri e di accrescere l'utilità e la qualità di tali dati statistici. Articolo 11 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo si applicano gli articoli 4 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa. Il periodo di cui all'articolo 4, paragrafo 3 della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l'articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa. Articolo 12 Abrogazione Il regolamento (CEE) n. 1382/91 è abrogato. Articolo 13 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 18 dicembre 2006 Per il Parlamento europeo Il presidente J. BORREL FONTELLES Per il Consiglio Il presidente J.-E. ENESTAM (1) Parere del Parlamento europeo del 15 giugno 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), posizione comune del Consiglio del 14 novembre 2006 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e posizione del Parlamento europeo del 12 dicembre 2006 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (2) GU L 133 del 28.5.1991, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (3) GU L 52 del 22.2.1997, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1882/2003. (4) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Decisione modificata dalla decisione 2006/512/CE (GU L 200 del 22.7.2006, pag. 11). (5) GU L 253 dell'11.10.1993, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 402/2006 (GU L 70 del 9.3.2006, pag. 35). (6) GU L 179 del 7.8.1972, pag. 1. ALLEGATO I FORMATO DEI DATI STATISTICI TRASMESSI Formato del file di dati statistici I dati statistici vanno trasmessi in un file in cui ciascun record include i campi sottoindicati. Tali campi sono separati da una virgola («,»). Campo Nota Allegato Anno di riferimento 4 cifre (ad esempio, 2003) Paese dichiarante Codice alfabetico a tre caratteri Allegato II Specie o gruppi di specie Codice internazionale alfabetico a tre caratteri (1) - Stato di bandiera Codice alfabetico a tre caratteri Allegato II Presentazione Allegato III Uso previsto Allegato IV Quantità Tonnellate sbarcate (arrotondate a una cifra decimale) Valore unitario Valuta nazionale per tonnellata Le quantità sbarcate inferiori a 50 chili vanno registrate come«0,0». (1) Per l’elenco completo dei codici internazionali alfabetici a tre caratteri delle specie si veda il file ASFIS della FAO (http://www.fao.org/fi/statist/fisoft/asfis/asfis.asp). ALLEGATO II ELENCO DEI CODICI DEI PAESI Stato Codice Belgio BEL Repubblica ceca CZE Danimarca DNK Germania DEU Estonia EST Grecia GRC Spagna ESP Francia FRA Irlanda IRL Italia ITA Cipro CYP Lettonia LVA Lituania LTU Lussemburgo LUX Ungheria HUN Malta MLT Paesi Bassi NLD Austria AUT Polonia POL Portogallo PRT Slovenia SVN Slovacchia SVK Finlandia FIN Svezia SWE Regno Unito GBR Islanda ISL Norvegia NOR Altro OTH ALLEGATO III ELENCO DEI CODICI DI PRESENTAZIONE Parte A Elenco Presentazione Codice Fresco (non specificato) 10 Fresco (intero) 11 Fresco (eviscerato) 12 Fresco (code) 13 Fresco (filetti) 14 Fresco (eviscerato e decapitato) 16 Fresco (vivo) 18 Fresco (altro) 19 Congelato (non specificato) 20 Congelato (intero) 21 Congelato (eviscerato) 22 Congelato (code) 23 Congelato (filetti) 24 Congelato (non a filetti) 25 Congelato (eviscerato e decapitato) 26 Congelato (pulito) 27 Congelato (non pulito) 28 Congelato (altro) 29 Salato (non specificato) 30 Salato (intero) 31 Salato (eviscerato) 32 Salato (filetti) 34 Salato (eviscerato e decapitato) 36 Salato (altro) 39 Affumicato 40 Cotto 50 Cotto (congelato e confezionato) 60 Essiccato (non specificato) 70 Essiccato (intero) 71 Essiccato (eviscerato) 72 Essiccato (filetti) 74 Essiccato (eviscerato e decapitato) 76 Essiccato (spellato) 77 Essiccato (altro) 79 Intero (non specificato) 91 Chele 80 Uova 85 Presentazione non nota 99 Parte B Note 1. Filetti: i pezzi di carne tagliati parallelamente alla spina dorsale di un pesce; consistono nella parte laterale destra o sinistra del pesce, purché ne siano state ritirate la testa, le interiora, le pinne (dorsale, anale, caudale, ventrale, pettorale) e le spine (vertebre o spina dorsale larga, spine ventrali o costali, bronchiali o staffe, ecc.), e le due parti laterali non siano collegate, per esempio, per la schiena o lo stomaco del pesce. 2. Pesce intero: pesce non eviscerato. 3. Pulito: termine riferito ai calamari privati di tentacoli, testa e interiora. 4. Pesce congelato: pesce trattato mediante congelazione in modo da conservarne inalterata la qualità, attraverso l'abbassamento a -18 oC o oltre e il mantenimento a -18 oC o oltre della temperatura media. 5. Pesce fresco: pesce che non è stato messo in conserva, né affumicato o congelato, né ha subito alcun trattamento, a parte la refrigerazione. Tale tipo di pesce è generalmente presentato intero o eviscerato, 6. Pesce salato: pesce, spesso eviscerato e decapitato, conservato sotto sale o in salamoia. ALLEGATO IV ELENCO DEI CODICI PER L'USO PREVISTO DEI PRODOTTI DELLA PESCA Parte A Elenco Destinazione Codice Natura delle trasmissioni Consumo umano 1 Obbligatoria Impieghi industriali 2 Obbligatoria Ritirato dal mercato 3 Facoltativa Esca 4 Facoltativa Mangimi per animali 5 Facoltativa Cascami 6 Facoltativa Uso previsto non noto 9 Facoltativa Parte B Note 1. Consumo umano: tutti i prodotti della pesca venduti inizialmente per il consumo umano o sbarcati per conto terzi per essere destinati al consumo umano. Sono escluse le quantità di prodotti originariamente destinati al consumo umano che, al momento della prima vendita, a causa delle condizioni di mercato, di regolamenti sanitari o di altri motivi analoghi, siano stati ritirati dal mercato sul quale erano destinati al consumo umano. 2. Impieghi industriali: tutti i prodotti della pesca specificamente sbarcati per essere trasformati in farine e in olio destinati al consumo animale, nonché le quantità di prodotti che, sebbene originariamente destinati al consumo umano, non sono più venduti a tal fine al momento della prima vendita. 3. Ritirato dal mercato: le quantità inizialmente destinate al consumo umano ma che, al momento della prima vendita, sono ritirate dal mercato a causa di condizioni del mercato, di regolamenti sanitari o di motivi analoghi. 4. Esca: le quantità di pesce fresco destinate ad essere utilizzate come esca nel quadro di altre attività di pesca. Un esempio è costituito dall'esca utilizzata nella pesca al tonno con lenze e canne. 5. Mangimi per animali: le quantità di pesce fresco destinate all'alimentazione diretta degli animali. Ne sono escluse le quantità destinate alla trasformazione in farina o in olio di pesce. 6. Cascami: i pesci o le parti di pesce che, a causa del loro stato, devono essere distrutti prima dello sbarco. 7. Uso previsto non noto: le quantità di pesce che non rientrano in alcuna delle suddette categorie.
Statistiche sugli sbarchi di prodotti della pesca QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Intende garantire un metodo uniforme a livello europeo per la raccolta e la compilazione di dati statistici sui prodotti della pesca sbarcati sui territori nazionali. Tali statistiche sono un importante strumento per la politica comune della pesca, che ha istituito limiti di cattura ai fini della sostenibilità e per contribuire a garantire il mantenimento a lungo termine delle risorse ittiche. Abroga il regolamento (CEE) n. 1382/91. PUNTI CHIAVE Ogni anno, ciascun paese dell’UE deve presentare alla Commissione europea (Eurostat) i dati sui prodotti della pesca sbarcati sul proprio territorio tramite navi registrate in (o che battono bandiera di) un paese dell’UE o dell’EFTA. I dati riguardano il totale degli sbarchi sul territorio nazionale in seno all’UE. I dati si riferiscono ai quantitativi totali e ai valori unitari* dei prodotti della pesca sbarcati nell’anno civile. Il formato, le variabili e i codici per la trasmissione dei dati sono indicati negli allegati del regolamento. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Esso si applica dal 19 gennaio 2007. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:Pesca — panoramica (Eurostat). TERMINI CHIAVE Valore unitario: il valore della vendita dei prodotti della pesca diviso per la quantità o, per i prodotti della pesca non venduti immediatamente, il prezzo medio per tonnellata, stimato utilizzando un metodo appropriato. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1921/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativo alla trasmissione di dati statistici sugli sbarchi di prodotti della pesca nei paesi dell’UE e che abroga il regolamento (CEE) n. 1382/91 del Consiglio (GU L 403 del 30.12.2006, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1921/2006 sono state integrate nel documento originale. La versione consolidata ha solo valore documentario. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 1380/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, relativo alla politica comune della pesca, che modifica i regolamenti (CE) n. 1954/2003 e (CE) n. 1224/2009 del Consiglio e che abroga i regolamenti (CE) n. 2371/2002 e (CE) n. 639/2004 del Consiglio, nonché la decisione 2004/585/CE del Consiglio (GU L 354 del 28.12.2013, pag. 22). Si veda la versione consolidata. Decisione 72/279/CEE del Consiglio, del 31 luglio 1972, che istituisce un Comitato permanente di statistica agraria (GU L 179 del 7.8.1972, pag. 1).
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Direttiva 1999/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 febbraio 1999 relativa agli estratti di caffè e agli estratti di cicoria Gazzetta ufficiale n. L 066 del 13/03/1999 pag. 0026 - 0029 DIRETTIVA 1999/4/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 22 febbraio 1999 relativa agli estratti di caffè e agli estratti di cicoriaIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 100 A,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Comitato economico e sociale (2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 B del trattato (3), visto il progetto comune approvato l'8 dicembre 1998 dal comitato di conciliazione,considerando che occorre semplificare talune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari per tener conto soltanto dei requisiti essenziali ai quali i prodotti contemplati da queste direttive devono conformarsi affinché possano circolare liberamente nel mercato interno, in base alle conclusioni del Consiglio europeo di Edimburgo dell'11-12 dicembre 1992, confermate da quelle del Consiglio europeo di Bruxelles del 10-11 dicembre 1993;considerando che la direttiva 77/436/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1977, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di estratti di caffè o di cicoria (4), è stata motivata dal fatto che disparità tra le legislazioni nazionali in materia di estratti di caffè e di estratti di cicoria potevano creare condizioni di concorrenza sleale con la conseguenza di indurre in errore il consumatore e avevano quindi un'incidenza diretta sull'instaurazione e il funzionamento del mercato comune;considerando che detta direttiva aveva pertanto l'obiettivo di definire gli estratti di caffè e gli estratti di cicoria, di determinare le sostanze che possono essere aggiunte in fase di fabbricazione e di stabilire norme comuni per il loro condizionamento e la loro etichettatura, nonché di precisare le condizioni alle quali possono essere utilizzate denominazioni particolari per taluni di questi prodotti, al fine di garantire la libera circolazione all'interno della Comunità;considerando che la direttiva 77/436/CEE deve essere adeguata alla normativa comunitaria generale applicabile ai prodotti alimentari, in particolare a quella sull'etichettatura ed i metodi di analisi;considerando che la Commissione prevede di proporre quanto prima e, in ogni caso, entro il 1° luglio 2000, l'inserimento nella direttiva 80/232/CEE (5) di una gamma di pesi nominali dei prodotti definiti dalla presente direttiva;considerando che, a determinate condizioni, devono applicarsi le norme generali sull'etichettatura dei prodotti alimentari, stabilite dalla direttiva 79/112/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1978, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonché la relativa pubblicità (6);considerando che, in applicazione del principio di proporzionalità, la presente direttiva non va al di là di quanto è necessario per il raggiungimento delle sue finalità, a norma dell'articolo 3 B, terzo comma del trattato;considerando che in occasione di futuri adeguamenti della presente direttiva alle disposizioni generali in materia di prodotti alimentari, la Commissione sarà assistita dal Comitato permanente per i prodotti alimentari istituito con la decisione 69/414/CEE (7);considerando che, per evitare che si creino nuovi ostacoli alla libera circolazione, occorre che gli Stati membri non adottino, per i prodotti indicati, disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1 La presente direttiva si applica agli estratti di caffè ed agli estratti di cicoria definiti nell'allegato.La presente direttiva non si applica al «café torrefacto soluble».Articolo 2 La direttiva 79/112/CEE si applica ai prodotti definiti nell'allegato, alle seguenti condizioni:a) Le denominazioni previste nell'allegato sono riservate ai prodotti in esso indicati e devono essere utilizzate nel commercio per designarli. Se del caso, le denominazioni di vendita sono completate dai termini:- «in pasta» o «in forma pastosa» o- «liquido» o «in forma liquida».Tuttavia le denominazioni di vendita possono essere completate dal termine «concentrato»:- nel caso del prodotto definito al punto 1, lettera c) dell'allegato, a condizione che il tenore di sostanza secca ottenuta dal caffè sia superiore al 25 % in peso;- nel caso del prodotto definito al punto 2, lettera c) dell'allegato, a condizione che il tenore di sostanza secca ottenuta dalla cicoria sia superiore al 45 % in peso.b) L'etichettatura reca la dicitura «decaffeinato» per i prodotti definiti al punto 1 dell'allegato il cui tenore di caffeina anidra non sia superiore, in peso, allo 0,3 % della sostanza secca ottenuta dal caffè. Tale dicitura deve figurare nello stesso campo visivo della denominazione di vendita.c) Per i prodotti definiti al punto 1, lettera c) e al punto 2, lettera c) dell'allegato, l'etichettatura reca la dicitura «con . . .» o «conservato con . . .» o «con aggiunta di . . .» o «torrefatto con . . » seguita dal tipo/dai dipi di zucchero utilizzato.Tali diciture devono figurare nello stesso campo visivo della denominazine di vendita.d) Per i prodotti definiti al punto 1, lettere b) e c) dell'allegato, l'etichettatura indica il tenore minimo di sostanza secca ottenuta dal caffè oppure, per i prodotti definiti al punto 2, lettere b) e c) dell'allegato, essa indica il tenore minimo di sostanza secca ottenuta dalla cicoria. Tali tenori sono espressi in percentuale del peso del prodotto finito.Articolo 3 Per i prodotti definiti nell'allegato, gli Stati membri non adottano disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva.Articolo 4 Gli adeguamenti della presente direttiva alle disposizioni comunitarie generali in materia di prodotti alimentati sono decisi secondo la procedura di cui all'articolo 5.Articolo 5 1. La Commissione è assistita dal comitato permanente per i prodotti alimentari, in prosieguo denominato «comitato», composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista dall'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni al comitato, viene attribuita ai voti dei rappresentanti degli Stati membri la ponderazione definita all'articolo precitato. Il Presidente non partecipa alla votazione.La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato.Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.Se il Consiglio non ha deliberato entro tre mesi a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte.Articolo 6 La direttiva 77/436/CEE è abrogata a decorrere dal 13 settembre 2000.I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva.Articolo 7 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 13 settembre 2000. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Dette disposizioni sono applicate in modo da:- autorizzare l'immissione in commercio dei prodotti definiti nell'allegato se conformi alle definizioni e alle norme previste dalla presente direttiva, a decorrere dal 13 settembre 2000;- vietare l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva, a decorrere dal 13 settembre 2001. Tuttavia, l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva, etichettati anteriormente al 13 settembre 2001 a norma della direttiva 77/436/CEE, è autorizzata fino all'esaurimento delle scorte.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da siffatto riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle principali disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 8 La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 9 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 22 febbraio 1999.Per il Parlamento europeoIl PresidenteJ. M. GIL-ROBLESPer il ConsiglioIl PresidenteK.-H. FUNKE(1) GU C 231 del 9. 8. 1996, pag. 24.(2) GU C 56 del 24. 2. 1997, pag. 20.(3) Parere del Parlamento europeo del 23 ottobre 1997 (GU C 339 del 10. 11. 1997, pag. 129), posizione comune del Consiglio del 30 aprile 1998 (GU C 204 del 30. 6. 1998, pag. 25) e decisione del Parlamento europeo del 16 settembre 1998 (GU C 313 del 12. 10. 1998, pag. 90). Decisione del Consiglio del 25 gennaio 1999. Decisione del Parlamento europeo dell'11 febbraio 1999.(4) GU L 172 del 12. 7. 1977, pag. 20. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1985.(5) GU L 51 del 25. 2. 1980, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 87/356/CEE (GU L 192 dell'11. 7. 1978, pag. 48).(6) GU L 33 dell'8. 2. 1979, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 97/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 43 del 14. 2. 1997, pag. 21).(7) GU L 291 del 19. 11. 1969, pag. 9.ALLEGATO DENOMINAZIONI, DEFINIZIONI E CARATTERISTICHE DEI PRODOTTI 1. «Estratto di caffè», «estratto di caffè solubile»., «caffè solubile» o «caffè istantaneo» Designa il prodotto concentrato, ottenuto mediante estrazione dai grani di caffè torrefatti, utilizzando l'acqua come unico agente di estrazione, ad esclusione di qualsiasi procedimento di idrolisi con aggiunta di acido o di base. Oltre alle sostanze insolubili, tecnicamente ineliminabili e gli olii non solubili provenienti dal caffè, esso deve contenere esclusivamente i principi solubili e aromatici del caffè. Gli Stati membri accertano che i metodi utilizzati per la determinazione del tenore di idrati di carbonio liberi e totali dei caffè solubili siano conformi ai paragrafi 1 e 2 dell'allegato della direttiva 85/591/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, concernente l'istituzione di modalità di prelievo dei campioni e di metodi d'analisi comunitari per il controllo dei prodotti destinati all'alimentazione umana (1), e siano omologati o normalizzati o lo diventino quanto prima.Il tenore di sostanza secca ottenuta dal caffè deve essere:a) uguale o superiore al 95 % in peso per l'estratto di caffè;b) compreso tra il 70 e l'85 % in peso per l'estratto di caffè in pasta;c) compreso tra il 15 e il 55 % in peso per l'estratto di caffè liquido.L'estratto di caffè solido o in pasta non deve contenere altre sostanze se non quelle ottenute dall'estrazione del caffè. L'estratto di caffè liquido può contenere zuccheri alimentari, torrefatti o meno, in quantità non eccedente il 12 % in peso.2. «Estratto di cicoria», «cicoria solubile» o «cicoria istantanea» Designa il prodotto concentrato, ottenuto mediante estrazione dalla cicoria torrefatta, utilizzando l'acqua come unico agente di estrazione, ad esclusione di qualsiasi procedimento di idrolisi con aggiunta di acido o di base.Per cicoria si intendono le radici di Cichorium Intybus L., non utilizzate per la produzione di cicoria witloof, opportunamente pulite per essere essiccate e torrefatte in vista della preparazione di bevande.Il tenore di sostanza secca ottenuta dalla cicoria deve essere:a) uguale o superiore al 95 % in peso per l'estratto di cicoria;b) compreso tra il 70 e l'85 % in peso per l'estratto di cicoria in pasta;c) compreso tra il 25 e il 55 % in peso per l'estratto di cicoria liquido.L'estratto di cicoria o in pasta non può contenere quantità eccedenti l'1 % in peso di sostanze non ottenute dalla cicoria.L'estratto di cicoria liquido può contenere zuccheri alimentari, torrefatto o non, in quantità non eccedenti il 35 % in peso.(1) GU L 372 del 31. 12. 1985, pag. 50.
Estratti di caffè e cicoria L'armonizzazione della normativa sul commercio di estratti di caffè ed estratti di cicoria promuove il mercato comune per i prodotti afferenti a questo settore, proteggendo al contempo gli interessi di produttori e consumatori. ATTO Direttiva 1999/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 febbraio 1999, relativa agli estratti di cicoria e agli estratti di caffè [Si vedano gli atti modificatori]. SINTESI La presente direttiva semplifica la normativa, precedentemente disciplinata dalla direttiva 77/436/CEE, relativa agli estratti di caffè e agli estratti di cicoria. Il suo obiettivo è quello di proteggere gli interessi dei consumatori e dei produttori stabilendo regole sulla descrizione, sulla definizione e sulle caratteristiche di questi prodotti. Ambito di applicazione La direttiva concerne i seguenti prodotti: estratto di caffè ed estratto di caffè solubile; caffè solubile o istantaneo (eccetto il caffè solubile da torrefazione); estratto di cicoria; cicoria solubile; cicoria istantanea. Tali prodotti devono rispettare alcuni requisiti minimi di composizione, in particolare per quanto attiene al tenore di materia secca. Etichettatura Gli estratti di caffè e cicoria devono essere etichettati in conformità alle disposizioni di cui alla direttiva 2000/13/CE, che riguarda l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità di prodotti alimentari. Tuttavia, soltanto le descrizioni sopra menzionate possono essere utilizzate nel commercio di questi prodotti, possibilmente accompagnate dalle informazioni concernenti la forma (pastosa, liquida, concentrata, ecc.), eventuali sostanze aggiunte e il tenore di caffeina. È altresì obbligatorio indicare il tenore minimo di materia secca a base di caffè o cicoria in percentuale del peso del prodotto finito. Altre disposizioni Il commercio di estratti di caffè o cicoria in conformità alle disposizioni della presente direttiva non può essere ostacolato da disposizioni nazionali contrastanti. La Commissione deve essere assistita dal Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali nell'applicazione della presente direttiva. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Direttiva 1999/4/CE 13.3.1999 13.9.2000 GU L 66 del 13.3.1999 Atto/i modificatore/i Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Regolamento (CE) n. 1882/2003 20.11.2003 - GU L 284 del 31.10.2003 Regolamento (CE) n. 1137/2008 11.12.2008. - GU L 311 del 21.11.2008 ATTI COLLEGATI Direttiva della Commissione 2002/67/CE del 18 luglio 2002 sull'etichettatura dei prodotti alimentari contenenti chinina e dei prodotti alimentari contenenti caffeina [GU L 191, 19.7.2002]. Regolamento (UE) n. 1021/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013 , recante modifica delle direttive 1999/4/CE e 2000/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e delle direttive 2001/111/CE, 2001/113/CE e 2001/114/CE del Consiglio per quanto riguarda le competenze da conferire alla Commissione Testo rilevante ai fini del SEE [Gazzetta ufficiale L 287 del 29.10.2013]. Il presente regolamento allinea i poteri di attuazione esistenti della Commissione previsti nelle cinque direttive cosiddette prima colazione con il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) e in particolare con l'articolo 290, che consente alla Commissione di adottare atti delegati.
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RACCOMANDAZIONE (UE) 2015/914 DELLA COMMISSIONE dell'8 giugno 2015 relativa a un programma di reinsediamento europeo LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 292, quarta frase, considerando quanto segue: (1) Il Consiglio europeo, riunito in sessione straordinaria il 23 aprile 2015, ha ricordato la gravità della situazione nel Mediterraneo e ha espresso la sua determinazione a far sì che l'Unione si adoperi con ogni mezzo a sua disposizione per evitare ulteriori perdite di vite umane in mare e per affrontare le cause profonde dell'emergenza umana. Il Consiglio europeo si è inoltre impegnato a istituire un primo progetto pilota volontario in materia di reinsediamento in tutta l'Unione che offra posti alle persone ammissibili alla protezione (1). (2) Nella risoluzione del 29 aprile 2015 il Parlamento europeo invita gli Stati membri a potenziare i loro contributi a favore dei programmi di reinsediamento esistenti e sottolinea la necessità di garantire un accesso sicuro e legale al sistema di asilo dell'Unione (2). (3) Attualmente esiste un notevole squilibrio tra Stati membri per quanto riguarda l'impegno a favore del reinsediamento. Solo quindici Stati membri e tre Stati associati hanno un proprio programma di reinsediamento (più un ulteriore Stato membro che ne ha annunciato l'avvio) e tre Stati membri e uno Stato associato hanno provveduto a reinsediare persone su base ad hoc, contrariamente a tutti gli altri che non hanno mai effettuato reinsediamenti. (4) Nel 2014 il numero di richiedenti asilo nell'Unione ha raggiunto un picco di 626 000 persone e sono stati reinsediati nell'Unione 6 380 cittadini di paesi terzi bisognosi di protezione internazionale (3). Nel 2013, per la prima volta dalla seconda guerra mondiale, il numero dei rifugiati, richiedenti asilo e sfollati in tutto il mondo ha superato i 50 milioni di persone (4). (5) Le conclusioni del Consiglio «Giustizia e affari interni» del 10 ottobre 2014 riconoscono che «[…] tenendo presenti gli sforzi compiuti dagli Stati membri interessati da flussi migratori, tutti gli Stati membri dovrebbero dare il loro contributo [al reinsediamento] in modo equo ed equilibrato» (5). (6) Il 13 maggio 2015 la Commissione ha presentato l'Agenda europea sulla migrazione (6), un documento completo che definisce, fra l'altro, una serie di misure immediate in risposta alla tragedia umana in atto in tutto il Mediterraneo. (7) Per evitare che profughi bisognosi di protezione internazionale debbano ricorrere a reti criminali di trafficanti, l'agenda invita l'Unione europea a intensificare gli sforzi di reinsediamento. La Commissione emette dunque la presente raccomandazione in cui propone un programma di reinsediamento dell'UE per offrire 20 000 posti sulla base di una chiave di distribuzione. (8) Nell'ipotesi che gli Stati associati decidano di partecipare, la chiave di distribuzione e la ripartizione per singolo Stato membro e Stato associato partecipante saranno adeguate di conseguenza. (9) Sulla scorta delle discussioni tenutesi nella riunione del 25 novembre 2014 durante il Forum su reinsediamento e ricollocazione, è auspicabile che la chiave di distribuzione si basi sui seguenti elementi: a) popolazione (40 %); b) PIL totale (40 %); c) media delle domande di asilo presentate spontaneamente e numero di rifugiati reinsediati per milione di abitanti nel periodo 2010-2014 (10 %) e d) tasso di disoccupazione (10 %). (10) Le persone da ammettere nell'Unione su un periodo di due anni di applicazione del programma da parte degli Stati membri dovrebbero essere 20 000 in totale. La responsabilità di accogliere tali persone dovrebbe spettare esclusivamente agli Stati partecipanti, in linea con le pertinenti norme internazionali e dell'Unione. Si risponderebbe in tal modo all'appello lanciato dall'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), che ha esortato i paesi europei a impegnarsi maggiormente nell'accoglienza dei rifugiati con programmi di reinsediamento sostenibili, nell'ambito della campagna dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni e di cinque organizzazioni non governative. (11) Nell'individuare le regioni prioritarie è opportuno tener conto della situazione nei paesi vicini e dei flussi migratori attuali, in particolare dei collegamenti con i programmi di sviluppo e protezione regionale nel Medio Oriente, nel Nord Africa e nel Corno d'Africa. (12) È auspicabile fare appello all'esperienza e alla competenza dell'UNHCR e di altri organismi rilevanti, tra cui l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo, affinché prestino assistenza nell'attuazione del programma di reinsediamento. (13) Andrebbero disposte misure per evitare i movimenti secondari dei reinsediati dallo Stato di reinsediamento verso altri Stati membri e Stati associati partecipanti. (14) La Commissione prevede di erogare a favore del programma un contributo supplementare di 50 milioni di EUR nel 2015 e nel 2016 nell'ambito del programma di reinsediamento dell'Unione di cui all'articolo 17 del regolamento (UE) n. 516/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (7). Per sfruttare al meglio gli incentivi finanziari, la Commissione adeguerà le somme forfettarie e le priorità di reinsediamento previste in quest'ultimo programma con atto delegato, a norma dell'articolo 17, paragrafi 4 e 10, del regolamento (UE) n. 516/2014. Qualora gli Stati associati decidano di partecipare al programma di reinsediamento, non potranno beneficiare di somme forfettarie in forza del regolamento (UE) n. 516/2014 a titolo di compensazione per gli impegni assunti, HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE: PROGRAMMA EUROPEO DI REINSEDIAMENTO 1. La Commissione raccomanda che gli Stati membri reinsedino 20 000 persone bisognose di protezione internazionale sulla base delle condizioni e della chiave di distribuzione di cui alla presente raccomandazione. DEFINIZIONE E PORTATA DEL PROGRAMMA DI REINSEDIAMENTO 2. Per «reinsediamento» si intende il trasferimento di singoli profughi con evidente bisogno di protezione internazionale, effettuato su richiesta dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, da un paese terzo in uno Stato membro consenziente, allo scopo di proteggerli dal respingimento e di riconoscere loro il diritto di soggiorno e tutti gli altri diritti analoghi a quelli riconosciuti ai beneficiari di protezione internazionale. 3. Il programma europeo di reinsediamento dovrebbe riguardare tutti gli Stati membri. CONTENUTO DEL PROGRAMMA DI REINSEDIAMENTO 4. Il programma dovrebbe consistere in un impegno europeo unico di 20 000 posti di reinsediamento per le persone da reinsediare. Dovrebbe avere una durata di due anni a decorrere dalla data di adozione della raccomandazione. 5. Il totale dei posti di reinsediamento offerti andrebbe ripartito tra gli Stati membri in base alla chiave di distribuzione di cui all'allegato. Nell'ipotesi che gli Stati associati decidano di partecipare al programma, la chiave di distribuzione cambierebbe di conseguenza. 6. Le regioni prioritarie per il reinsediamento dovrebbero ricomprendere il Nord Africa, il Medio Oriente e il Corno d'Africa, con particolare attenzione ai paesi di attuazione dei programmi di sviluppo e protezione regionale. 7. Gli Stati membri e gli Stati associati partecipanti dovrebbero conservare la responsabilità delle singole decisioni di ammissione, previ controlli medici e di sicurezza adeguati, mentre all'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati spetterebbe la responsabilità di valutare i candidati al reinsediamento nelle regioni prioritarie e di presentare proposte per il reinsediamento negli Stati membri e negli Stati associati partecipanti. 8. Allorché una persona reinsediata è ammessa nel territorio di uno Stato membro o di uno Stato associato partecipante, detto Stato dovrebbe provvedere a espletare una procedura formale di protezione internazionale, anche rilevando le impronte digitali, rapidamente e in conformità alla normativa vigente, in particolare al regolamento (UE) n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (8), alla direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (9), alla direttiva 2005/85/CE del Consiglio (10), alla direttiva 2003/9/CE del Consiglio (11) e, a partire dal 20 luglio 2015, alle direttive 2013/32/UE (12) e 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (13). 9. Al termine di tale processo, se uno Stato membro riconosce la protezione internazionale o uno status di protezione nazionale a un reinsediato, questi dovrebbe beneficiare, nello Stato membro di reinsediamento, dei diritti riconosciuti ai beneficiari di protezione internazionale ai sensi della direttiva 2011/95/UE o di diritti analoghi garantiti dalla legislazione nazionale. In tale contesto la libera circolazione all'interno dell'Unione soggiacerebbe alle medesime condizioni e restrizioni che si applicano ai cittadini di paesi terzi legalmente residenti negli Stati membri. Nel caso della partecipazione di Stati associati, si applicherebbe la legislazione nazionale equivalente. 10. I candidati al reinsediamento dovrebbero essere informati dei loro diritti e obblighi, nell'ambito del programma di reinsediamento nonché a norma della pertinente legislazione nazionale e dell'Unione in materia di asilo, prima di essere ammessi nel territorio degli Stati membri o degli Stati associati partecipanti, in particolare delle conseguenze di movimenti successivi all'interno dell'Unione e/o degli Stati associati partecipanti e del fatto che sono legittimati solo ai diritti collegati allo status di protezione internazionale o nazionale nello Stato di reinsediamento. 11. I reinsediati che entrano nel territorio di uno Stato membro o di uno Stato associato diverso dallo Stato di reinsediamento senza autorizzazione, in attesa dell'espletamento della procedura formale di protezione internazionale o dopo il riconoscimento della protezione internazionale, dovrebbero essere rinviati nello Stato di reinsediamento in conformità al combinato disposto del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (14) e della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (15). 12. È opportuno che l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo partecipi effettivamente all'attuazione del programma, in particolare per dare un sostegno speciale agli Stati membri e agli Stati associati partecipanti e soprattutto a quelli che non hanno esperienza di reinsediamento. L'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo dovrebbe monitorare l'attuazione del programma e riferire periodicamente sulla sua attuazione. 13. È opportuno prevedere una dotazione finanziaria a favore degli Stati membri, proporzionale al numero di reinsediati nel loro territorio e in conformità alle somme forfettarie di cui all'articolo 17 del regolamento (UE) n. 516/2014, adeguate dal regolamento delegato (UE) n. xxx/2015 (16). DESTINATARI 14. Gli Stati membri sono destinatari della presente raccomandazione. Fatto a Bruxelles, l'8 giugno 2015 Per la Commissione Dimitris AVRAMOPOULOS Membro della Commissione (1) Punto 3, lettera q), della dichiarazione del Consiglio europeo del 23 aprile 2015, EUCO 18/15. (2) Punti 8 e 10 della risoluzione del Parlamento europeo del 29 aprile 2015, 2015/2660 (RSP). (3) Fonte: Eurostat. (4) Fonte: Global Trend 2013 Report, UNHCR (5) Conclusioni del Consiglio «Adoperarsi per una migliore gestione dei flussi migratori», Consiglio «Giustizia e affari interni» del 10 ottobre 2014. (6) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Agenda europea sulla migrazione, 13 maggio 2015 COM(2015) 240 final. (7) Regolamento (UE) n. 516/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014 che istituisce il Fondo Asilo, migrazione e integrazione, che modifica la decisione 2008/381/CE del Consiglio e che abroga le decisioni n. 573/2007/CE e n. 575/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la decisione 2007/435/CE del Consiglio (GU L 150 del 20.5.2014, pag. 168). (8) Regolamento (UE) n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che istituisce l'«Eurodac» per il confronto delle impronte digitali per l'efficace applicazione del regolamento (UE) n. 604/2013 che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide e per le richieste di confronto con i dati Eurodac presentate dalle autorità di contrasto degli Stati membri e da Europol a fini di contrasto, e che modifica il regolamento (UE) n. 1077/2011 che istituisce un'agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi IT su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (rifusione) (GU L 180 del 29.6.2013, pag. 1). (9) Direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU L 337 del 20.12.2011, pag. 9). (10) Direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1o dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (GU L 326 del 13.12.2005, pag. 13). (11) Direttiva 2003/9/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003, recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (GU L 31 del 6.2.2003, pag. 18). (12) Direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU L 180 del 29.6.2013, pag. 60). (13) Direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (GU L 180 del 29.6.2013, pag. 96). (14) Regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU L 180 del 29.6.2013, pag. 31). (15) Articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU L 348 del 24.12.2008, pag. 98). (16) Da presentare. ALLEGATO Stati membri Chiave (%) Ripartizione Austria 2,22 444 Belgio 2,45 490 Bulgaria 1,08 216 Croazia 1,58 315 Cipro 0,34 69 Repubblica ceca 2,63 525 Danimarca 1,73 345 Estonia 1,63 326 Finlandia 1,46 293 Francia 11,87 2 375 Germania 15,43 3 086 Grecia 1,61 323 Ungheria 1,53 307 Irlanda 1,36 272 Italia 9,94 1 989 Lettonia 1,10 220 Lituania 1,03 207 Lussemburgo 0,74 147 Malta 0,60 121 Paesi Bassi 3,66 732 Polonia 4,81 962 Portogallo 3,52 704 Romania 3,29 657 Slovacchia 1,60 319 Slovenia 1,03 207 Spagna 7,75 1 549 Svezia 2,46 491 Regno Unito 11,54 2 309 La chiave si basa sui seguenti criteri (1) (2): a) la popolazione (dati 2014, ponderazione del 40 %). Questo criterio rispecchia la capacità di uno Stato membro di assorbire un determinato numero di rifugiati; b) PIL totale (dati 2013, ponderazione del 40 %). Questo criterio rispecchia la ricchezza in termini assoluti di un paese e pertanto la capacità di un'economia di assorbire e integrare rifugiati; c) media delle domande di asilo presentate spontaneamente e numero di rifugiati reinsediati per milione di abitanti nel periodo 2010-2014 (ponderazione del 10 %). Questo criterio rispecchia gli sforzi compiuti dagli Stati membri negli ultimi anni; d) tasso di disoccupazione (dati 2014, ponderazione del 10 %). Questo criterio rispecchia la capacità di integrare i rifugiati. (1) I calcoli si basano sui dati statistici forniti da Eurostat (consultati l'8 aprile 2015). (2) Le percentuali sono state calcolate al quinto decimale e arrotondate per eccesso o per difetto al secondo decimale per la presentazione nella tabella; la ripartizione numerica è stata calcolata sulla base delle cifre complete al quinto decimale.
Programma europeo di reinsediamento dei rifugiati QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE? Questa raccomandazione relativa a un programma di reinsediamento* fa parte di una prima serie di misure che rientrano nell’Agenda europea sulla migrazione, presentata dalla Commissione europea nel maggio 2015. Invita i paesi dell’Unione europea (UE) a reinsediare 20 000 persone bisognose di protezione internazionale sul proprio territorio e a offrire loro forme di protezione internazionale, come ad esempio lo status di rifugiato, al fine di evitare che questi profughi debbano ricorrere ai trafficanti per raggiungere l’UE. PUNTI CHIAVE Che cos’è una misura di reinsediamento? Il reinsediamento è il processo mediante il quale, dietro proposta dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), i profughi bisognosi di protezione internazionale vengono trasferiti da un paese extra UE e stabiliti in un paese dell’UE con una forma di protezione legale. Ciascun paese dell’UE rimane responsabile per le singole decisioni di ammissione. Il reinsediamento non va confuso con le misure di ricollocazione*, sempre proposte dall’Agenda sulla migrazione, che fornisce un meccanismo di distribuzione delle persone bisognose di protezione internazionale all’interno dell’UE. Le regioni prioritarie di origine delle persone da reinsediare nell’UE nel quadro di questa raccomandazione includono il Nord Africa, il Medio Oriente e il Corno d’Africa. Chiave di distribuzione I posti di reinsediamento devono essere distribuiti tra i paesi dell’UE in funzione di una chiave di distribuzione basata sui seguenti criteri: il prodotto interno lordo del paese dell’UE, per valutare la sua capacità economica di ospitare rifugiati (40 %); la popolazione, per considerare la sua capacità di assorbire un determinato numero di rifugiati (40 %); il tasso di disoccupazione, come indicatore della sua capacità di integrare rifugiati (10 %); il numero di richieste di asilo presentate in passato e il numero di rifugiati reinsediati per milione di abitanti tra il 2010 e il 2014, dati che rispecchiano gli sforzi fatti dal paese dell’UE nel passato recente (10 %). Sulla base di questa chiave, la Germania reinsedierà il maggior numero di persone (3 086 ovvero il 15,4 %), seguita da Francia (2 375 ovvero l’11,8 %), Regno Unito (2 309 ovvero l’11,5 %) e Italia (1 989 ovvero il 9,9 %). Dotazione finanziaria Per supportare questo programma, verranno utilizzati altri 50 milioni di EUR del bilancio UE per il 2015. Verranno aggiunti altri fondi dal programma UE di reinsediamento (distribuiti uniformemente tra il 2015 e il 2016) dallo speciale Fondo Asilo, migrazione e integrazione. Attuazione La partecipazione al programma di reinsediamento è volontaria. Ai paesi dell’UE è stato richiesto di rispettare i posti di reinsediamento consigliati entro settembre 2015. L’UNHCR e altre organizzazioni coinvolte assisteranno l’UE nell’attuazione del programma (con misure quali l’identificazione e il trasferimento dei richiedenti asilo). Anche l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo verrà coinvolto nel programma. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA RACCOMANDAZIONE? La durata proposta per il programma è pari a due anni a partire dalla data di adozione della raccomandazione (8 giugno 2015). CONTESTO A seguito di varie tragedie nelle quali hanno perso la vita migliaia di persone cercando di raggiungere le coste europee del Mediterraneo, l’UE ha messo a punto una risposta congiunta alla migrazione. Nel maggio 2015, la Commissione ha presentato l’Agenda UE sulla migrazione, che istituisce un approccio completo comprensivo di un primo pacchetto di misure di attuazione, ovvero: questo schema di reinsediamento per 20 000 persone provenienti da paesi extra UE; la ricollocazione di 40 000 richiedenti asilo a vantaggio di Italia e Grecia; un piano d’azione sul traffico di migranti; l’attuazione delle operazioni in mare Triton e Poseidon, dirette da Frontex, per salvare più vite nel Mar Mediterraneo. Questa raccomandazione ha preceduto un incontro sulle Conclusioni del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, tenutosi il 20 luglio 2015 per reinsediare, attraverso programmi multilaterali e nazionali, 22 504 persone bisognose di protezione internazionale. I posti di reinsediamento sono stati distribuiti tra i paesi dell’UE e Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera, in base agli impegni indicati nell’allegato alle conclusioni e non in funzione della chiave di distribuzione esposta nella raccomandazione. La Commissione ha proposto un’ulteriore serie di misure sulla migrazione nel settembre 2015. Queste comprendono una proposta di ricollocazione d’emergenza per 120 000 persone bisognose di protezione (da Grecia, Ungheria e Italia) e un meccanismo permanente di gestione delle crisi di ricollocazione per tutti i paesi dell’UE. Per maggiori informazioni, si veda: Migrazione - Kit per la stampa; Scheda descrittiva sulla ricollocazione e il reinsediamento nell’UE. * TERMINI CHIAVE Reinsediamento: programma attraverso il quale i paesi dell’UE forniscono protezione internazionale e una soluzione a lungo termine nei propri territori ai rifugiati e ai profughi. L’UNHCR identifica queste persone come idonee per il reinsediamento con l’intento di garantire loro lo status legale di rifugiati. I paesi dell’UE rimangono responsabili per le singole decisioni di ammissione. Ricollocazione: il trasferimento di persone che hanno bisogno, o che stanno già usufruendo di una forma di protezione internazionale in un paese dell’UE, verso un altro paese dell’UE in cui possano ottenere un livello di protezione simile. La ricollocazione è una misura di solidarietà dell’UE concepita per aiutare i paesi dell’UE che si trovano a dovere far fronte a un grande flusso di richiedenti asilo o rifugiati. DOCUMENTO PRINCIPALE Raccomandazione (UE) 2015/914 della Commissione, dell’8 giugno 2015, relativa a un programma di reinsediamento europeo (GU L 148 del 13.6.2015, pag. 32-37) DOCUMENTI CORRELATI Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Agenda europea sulla migrazione [COM(2015) 240 final del 13.5.2015]
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Regolamento (CEE) n. 2219/89 del Consiglio, del 18 luglio 1989, relativo alle condizioni particolari d'esportazione dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali dopo un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva Gazzetta ufficiale n. L 211 del 22/07/1989 pag. 0004 - 0005 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 9 pag. 0088 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 9 pag. 0088 *****REGOLAMENTO (CEE) N. 2219/89 DEL CONSIGLIO del 18 luglio 1989 relativo alle condizioni particolari d'esportazione dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali dopo un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 113, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo, considerando che la Commissione deve essere informata di ogni incidente nucleare o di livelli insolitamente elevati di radioattività in virtù della decisione 87/600/Euratom del Consiglio, del 14 dicembre 1987, concernente le modalità comunitarie di uno scambio rapido d'informazioni in caso di emergenza radioattiva (2) o in virtù della convenzione del 26 settembre 1986 sulla rapida notificazione di un incidente nucleare; considerando il regolamento (Euratom) n. 3954/87 del Consiglio, del 22 dicembre 1987, che fissa i livelli massimi ammissibili di radioattività per i prodotti alimentari e per gli alimenti per animali in caso di livelli anormali di radioattività a seguito di un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva (3), modificato da ultimo dal regolamento (Euratom) n. 2218/89 (4); considerando che tali livelli massimi ammissibili fissati dal regolamento precitato tengono debitamente conto dei più recenti pareri scientifici attualmente disponibili a livello internazionale e riflettono l'esigenza di evitare divergenze nelle prassi normative internazionali; considerando che la risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 22 dicembre 1987, adottata in occasione dell'approvazione del regolamento (Euratom) n. 3954/87, prevede l'adozione di un regolamento specifico in materia d'esportazione dei prodotti alimentari; considerando che dopo un incidente nucleare o in qualsiasi altra situazione d'emergenza radiologica non è accettabile permettere l'esportazione, verso i paesi terzi, di prodotti il cui livello di contaminazione superi i livelli massimi ammissibili applicabili ai prodotti destinati al consumo nella Comunità e che è difficile in tali circostanze particolari trattare su un piano pratico in modo differente i prodotti in funzione della loro destinazione finale; considerando che le disposizioni in materia di esportazione debbono riferirsi anche agli alimenti per gli animali, giacché tali prodotti, per motivi di salute pubblica, costituiscono l'oggetto del regolamento (Euratom) n. 3954/87; considerando che è opportuno quindi precisare le condizioni d'esportazione dei prodotti alimentari e degli alimenti per gli animali dopo un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva e applicare a tali prodotti i livelli massimi ammissibili di contaminazione radioattiva fissati dal regolamento (Euratom) n. 3954/87, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. Il presente regolamento fissa le condizioni d'esportazione dei prodotti alimentari e degli alimenti per gli animali dopo un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva che possa causare una contaminazione radioattiva grave dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali. 2. Ai fini del presente regolamento, per prodotti alimentari si intendono i prodotti destinati all'alimentazione umana, sia direttamente sia dopo trasformazione, e per « alimenti per gli animali » i prodotti destinati esclusivamente all'alimentazione animale. Articolo 2 I prodotti alimentari e gli alimenti per gli animali, la cui contaminazione radioattiva ecceda i livelli massimi ammissibili resi applicabili in virtù delle disposizioni di cui agli articoli 2 e 3 del regolamento (Euratom) n. 3954/87, non possono essere esportati. Articolo 3 Gli Stati membri procedono a controlli sul rispetto dei livelli massimi ammissibili di cui all'articolo 2. Articolo 4 Ciascuno Stato membro comunica alla Commissione tutte le informazioni riguardanti l'applicazione del presente regolamento, in particolare i casi di superamento dei livelli massimi ammissibili. La Commissione trasmette tali informazioni agli altri Stati membri. Articolo 5 Le modalità di applicazione del presente regolamento sono stabilite in conformità della procedura prevista all'articolo 7 del regolamento (Euratom) n. 3954/87. A tal fine è istituito un comitato ad hoc. Articolo 6 Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 18 luglio 1989. Per il Consiglio Il Presidente R. DUMAS (1) GU n. C 214 del 16. 8. 1988, pag. 31. (2) GU n. L 371 del 30. 12. 1987, pag. 76. (3) GU n. L 371 del 30. 12. 1987, pag. 11. (4) Vedi pagina 1 della presente Gazzetta ufficiale.
Regime d'esportazione dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali dopo un incidente nucleare Il presente regolamento è volto a impedire l'esportazione, verso i paesi terzi, di prodotti il cui livello di contaminazione ecceda i livelli massimi ammissibili nella Comunità dopo un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva. ATTO Regolamento (CEE) n. 2219/89 del Consiglio, del 18 luglio 1989, relativo alle condizioni particolari d'esportazione dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali dopo un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva. SINTESI I prodotti alimentari e gli alimenti per gli animali la cui contaminazione radioattiva ecceda i livelli massimi ammissibili, resi applicabili sul mercato interno in virtù del regolamento (EURATOM) n. 3954/87, non possono essere esportati. Gli Stati membri garantiscono controlli sul rispetto dei livelli massimi ammissibili. Ciascuno Stato membro comunica alla Commissione tutte le informazioni riguardanti l'applicazione del presente regolamento. La Commissione trasmette tali informazioni agli altri Stati membri. Riferimenti Atto Entrata in vigore Termine ultimo di recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Regolamento (CEE) n. 2219/1989 25.7.1989 - GU L 211 del 22.7.1989 ATTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 733/2008 del Consiglio, del 15 luglio 2008, relativo alle condizioni d'importazione di prodotti agricoli originari dei paesi terzi a seguito dell'incidente verificatosi nella centrale nucleare di Cernobil [Gazzetta ufficiale L 201 del 30.7.2008].
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Direttiva 89/117/CEE del Consiglio del 13 febbraio 1989 relativa agli obblighi in materia di pubblicità dei documenti contabili delle succursali, stabilite in uno Stato membro, di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale fuori di tale Stato membro Gazzetta ufficiale n. L 044 del 16/02/1989 pag. 0040 - 0042 edizione speciale finlandese: capitolo 6 tomo 2 pag. 0200 edizione speciale svedese/ capitolo 6 tomo 2 pag. 0200 *****DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 13 febbraio 1989 relativa agli obblighi in materia di pubblicità dei documenti contabili delle succursali, stabilite in uno Stato membro, di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale fuori di tali Stato membro (89/117/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 54, vista la proposta della Commissione (1), in cooperazione con il Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che la creazione di un mercato interno europeo presuppone che le succursali di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale in un altro Stato membro vengano trattate allo stesso modo delle succursali di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale nello stesso Stato membro; che, per quanto riguarda la pubblicazione di documenti relativi ai conti annuali, ciò significa che è sufficiente che le succursali di istituti con sede sociale in un altro Stato membro pubblichino i documenti relativi ai conti annuali della propria impresa nel loro insieme; considerando che, nell'ambito di un diverso strumento di coordinamento degli obblighi di pubblicità concernenti le succursali, è previsto che alcuni tipi di società, comprese le banche e altri istituti finanziari, soggetti al diritto di uno Stato membro pubblichino alcuni atti ed alcune informazioni concernenti le succursali stabilite in un altro Stato membro; che, per quanto concerne la pubblicità dei documenti contabili, si fa riferimento a disposizioni specifiche che devono essere adottate per le banche e per gli altri istituti finanziari; considerando che dopo l'adozione della direttiva 86/635/CEE del Consiglio, dell'8 dicembre 1986, relativa ai conti annuali ed ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari (4), non appare più giustificata la prassi attuale di alcuni Stati membri consistente nell'esigere, dalle succursali di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale fuori di tali Stati membri, la pubblicazione di conti annuali concernenti la loro attività; che inoltre la pubblicazione dei conti annuali di succursali non permette di dare al pubblico, in particolare ai creditori, un'idea sufficiente della situazione finanziaria dell'impresa, poiché non si può percepire isolatamente una parte di un tutto organico; considerando d'altra parte che nell'attuale stadio di integrazione non può essere trascurata la necessità di talune informazioni sull'attività delle succursali, stabilite in uno Stato membro, di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale fuori di tale Stato membro; che tuttavia occorre limitare l'ampiezza di queste informazioni per evitare distorsioni di concorrenza; considerando tuttavia che la presente direttiva riguarda soltanto gli obblighi di pubblicità per i conti annuali, ma non riguarda in alcun modo gli obblighi di informazione che incombono alle succursali di enti creditizi ed istituti finanziari in virtù di altre disposizioni, nell'ambito, per esempio, del diritto sociale, per quanto riguarda il diritto all'informazione dei dipendenti, del diritto di sorveglianza bancaria per gli enti creditizi e gli istituti finanziari del paese ospite, e del diritto fiscale, nonché per scopi statistici; considerando che, per le succursali di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale in un paese terzo, la parità delle condizioni di concorrenza significa, da un lato, che tali succursali devono osservare, per la pubblicazione di documenti relativi ai conti annuali, un livello eguale o equivalente a quello vigente nella Comunità, ma anche, d'altro lato, che queste succursali non devono essere obbligate a pubblicare conti annuali concernenti la loro attività qualora esse soddisfino la suddetta condizione; considerando che l'equivalenza dei documenti relativi ai conti annuali degli enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale in un paese terzo, richiesta dalla presente direttiva, può porre problemi di valutazione; che pertanto l'esame di questi e di altri problemi che si presentano nella materia oggetto della presente direttiva, in particolare per quanto riguarda l'applicazione della stessa, richiede che i rappresentanti degli Stati membri e quelli della Commissione cooperino in seno ad un comitato di contatto; che, per evitare la proliferazione di questi comitati, è auspicabile che la suddetta cooperazione avvenga in seno al comitato previsto all'articolo 52 della direttiva 78/660/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1978, relativa ai conti annuali di taluni tipi di società (1), modificata, da ultimo, dalla direttiva 84/569/CEE (2); che tuttavia, ove si tratti di esaminare problemi relativi agli enti creditizi, il comitato dovrà avere una composizione appropriata, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Campo d'applicazione 1. Le misure di coordinamento stabilite dalla presente direttiva sono applicabili alle succursali, stabilite in uno Stato membro, di enti creditizi ed istituti finanziari che sono quali quelli previsti all'articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b) della direttiva 86/635/CEE e che hanno la propria sede sociale fuori di detto Stato membro. Se un ente creditizio o istituto finanziario hanno la propria sede sociale in un paese terzo, la presente direttiva è applicabile nella misura in cui detto ente creditizio o istituto finanziario abbiano una forma giuridica comparabile a quelle menzionate alle precitate lettere a) e b). 2. L'articolo 1, terzo trattino della direttiva 77/780/CEE (3) è applicabile mutatis mutandis alle succursali degli enti creditizi e degli istituti finanziari previsti alla presente direttiva. Articolo 2 Disposizioni relative alle succursali di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale in un altro Stato membro 1. Gli Stati membri prevedono che le succursali di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale in un altro Stato membro pubblichino, conformemente all'articolo 44 della direttiva 86/635/CEE, i documenti del proprio ente creditizio o del proprio istituto finanziario previsti nel suddetto articolo (conti annuali, conti consolidati, rapporto di gestione, rapporto di gestione consolidato, relazioni stabilite dalla persona incaricata del controllo dei conti annuali e dei conti consolidati). 2. Questi documenti devono essere redatti e controllati secondo le modalità previste, conformemente alla direttiva 86/635/CEE, dalla legislazione dello Stato membro in cui l'ente creditizio o l'istituto finanziario ha la propria sede sociale. 3. Le succursali non possono essere tenute a pubblicare conti annuali concernenti la propria attività. 4. Fino ad ulteriore coordinamento, gli Stati membri possono esigere che le succursali pubblichino le informazioni supplementari seguenti: - i proventi e gli oneri della succursale menzionati nelle voci 1, 3, 4, 6, 7, 8 e 15 dell'articolo 27 della direttiva 86/635/CEE o delle A4, A9, da B1 a B4 e B7 dell'articolo 28 della medesima direttiva; - il numero di persone impiegato in media dalla succursale; - il totale dei crediti e dei debiti imputabili alla succursale, ripartiti tra quelli sugli enti creditizi a quelli sui clienti, nonché l'importo complessivo di tali crediti e debiti espressi nella moneta dello Stato membro in cui è stabilita la succursale; - il totale dell'attivo e degli importi corrispondenti alle voci dell'attivo 2, 3, 4, 5 e 6, alle voci del passivo 1, 2 e 3 ed alle voci fuori bilancio 1 e 2 secondo la definizione che figura all'articolo 4 ed agli articoli analoghi direttiva 86/635/CEE nonché, per le voci dell'attivo 2, 5 e 6, la ripartizione dei titoli secondo che siano o non siano considerati « immobilizzazioni finanziarie » ai sensi dell'articolo 35 della direttiva 86/635/CEE. Se sono richieste queste informazioni, la loro esattezza e corrispondenza ai conti annuali devono essere verificate da una o più persone abilitate al controllo dei conti annuali in virtù della legislazione dello Stato membro in cui è stabilita la succursale. Articolo 3 Disposizioni relative alle succursali di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale in un paese terzo 1. Gli Stati membri prevedono che le succursali di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale in un paese terzo pubblichino, conformemente all'articolo 2, paragrafo 1, i documenti che vi sono indicati e che sono stati redatti e verificati secondo la legislazione del paese della sede sociale. 2. L'articolo 2, paragrafo 3 è applicabile se i documenti in questione sono stati redatti conformemente alla direttiva 86/635/CEE o in modo equivalente e se la condizione della reciprocità per gli enti creditizi e gli istituti finanziari della Comunità è soddisfatta nel paese terzo in cui si trova la sede sociale. 3. Nei casi diversi da quelli di cui al paragrafo 2, gli Stati membri possono esigere che le succursali pubblichino conti annuali concernenti la loro attività. 4. Nei casi di cui ai paragrafi 2 e 3, gli Stati membri possono esigere che le succursali pubblichino le informazioni previste all'articolo 2, paragrafo 4 e l'importo del capitale di dotazione. 5. L'articolo 9, paragrafi 1 e 3 della direttiva 77/780/CEE è applicabile per analogia alle succursali degli enti creditizi e degli istituti finanziari di cui alla presente direttiva. Articolo 4 Lingue di pubblicazione Gli Stati membri possono esigere che i documenti previsti dalla presente direttiva vengano pubblicati nella o nelle lingue ufficiali nazionali e che la traduzione di detti documenti venga autenticata. Articolo 5 Compito del comitato di contatto Il comitato di contatto istituito dall'articolo 52 della direttiva 78/660/CEE, nella composizione appropriata, ha altresì il compito: a) di agevolare, senza pregiudizio degli articoli 169 e 170 del trattato, un'applicazione armonizzata della presente direttiva mediante una concertazione regolare, in particolare sui problemi concreti dell'applicazione della stessa, quali la valutazione dell'equivalenza dei documenti, e di agevolare le decisioni relative alla comparabilità e all'equivalenza delle forme giuridiche indicate all'articolo 1, paragrafo 1; b) di consigliare, se necessario, la Commissione in merito ai complementi o alle modifiche da apportare alla presente direttiva. Disposizioni finali Articolo 6 (1) Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1o gennaio 1991. Essi ne informano immediatamente la Commissione. (2) Gli Stati membri possono prevedere che le disposizioni di cui al paragrafo 1 si applichino per la prima volta ai conti annuali dell'esercizio che inizia il 1o gennaio 1993 o nel corso del 1993. (3) Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 7 Cinque anni dopo la data prevista all'articolo 6, paragrafo 2, il Consiglio procede, in base a una relazione della Commissione, all'esame e, se del caso, su proposta della Commissione e in cooperazione con il Parlamento europeo alla revisione dell'articolo 2, paragrafo 4, in funzione all'esperienza acquisita nell'applicazione della presente direttiva e dell'obiettivo di ridurre le informazioni supplementari di cui all'articolo 2, paragrafo 4, tenendo conto dei progressi realizzati verso una maggiore armonizzazione dei conti delle banche e degli altri istituti finanziari. Articolo 8 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 13 febbraio 1989. Per il Consiglio Il Presidente C. SOLCHAGA CATALAN (1) GU n. C 230 dell'11. 9. 1986, pag. 4. (2) GU n. C 319 del 30. 11. 1987, pag. 64 e GU n. C 290 del 14. 11. 1988, pag. 66. (3) GU n. C 345 del 21. 12. 1987, pag. 73. (4) GU n. L 372 del 31. 12. 1986, pag. 1. (1) GU n. L 222 del 14. 8. 1978, pag. 11. (2) GU n. L 314 del 4. 12. 1984, pag. 28. (3) GU n. L 322 del 17. 12. 1977, pag. 30.
Documenti contabili delle succursali di enti creditizi e istituti finanziari con sede sociale fuori dallo stato QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA? Lo scopo della direttiva è quello di eliminare l’obbligo per le succursali di banche estere e altri istituti finanziari aventi sede sociale in un altro Stato membro (UE o paese terzo) di pubblicare documenti separati relativi ai conti annuali. PUNTI CHIAVE La direttiva si applica a tutte le succursali UE di banche e altri istituti finanziari aventi sede al di fuori dello Stato membro in cui la succursale è stabilita.La direttiva elimina l’obbligo di pubblicare conti annuali separati. I documenti che devono essere pubblicati dalle succursali di enti creditizi e istituti finanziari aventi sede in un altro Stato membro comprendono i conti annuali, i conti consolidati, rapporti di gestione ecc. Essi devono essere pubblicati e controllati come richiesto dalla legge del paese UE in cui si trova la sede sociale. Fino a ulteriore coordinamento, gli Stati membri possono esigere che le succursali pubblichino informazioni supplementari quali i proventi e gli oneri e l'importo complessivo di crediti e debiti della succursale.I documenti che devono essere pubblicati dalle succursali di enti creditizi e istituti finanziari aventi sede in un paese terzo sono gli stessi di quelli delle succursali che hanno la loro sede in uno Stato membro. Essi devono essere redatti e controllati secondo le modalità previste dalla legislazione del paese terzo. Tuttavia, se le regole in questione non sono conformi con i requisiti di contabilità, gli Stati membri possono esigere che le succursali pubblichino conti annuali concernenti la loro attività.Gli Stati membri possono esigere che la traduzione autenticata di detti documenti venga pubblicata nella o nelle loro lingue ufficiali. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DIRETTIVA? È stata applicata dal 14 gennaio 1989. II paesi dell’UE dovevano recepirla nelle rispettive legislazioni nazionali entro il 1 gennaio 1991. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 89/117/CEE del Consiglio del 13 febbraio 1989 relativa agli obblighi in materia di pubblicità dei documenti contabili delle succursali, stabilite in uno Stato membro, di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale fuori di tale Stato membro (GU L 44, 16.2.1989, pp. 40–42)
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2000/57/CE: Decisione della Commissione, del 22 dicembre 1999, sul sistema di allarme rapido e di reazione per la prevenzione e il controllo delle malattie trasmissibili, previsto dalla decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio [notificata con il numero C(1999) 4016] Gazzetta ufficiale n. L 021 del 26/01/2000 pag. 0032 - 0035 DECISIONE DELLA COMMISSIONEdel 22 dicembre 1999sul sistema di allarme rapido e di reazione per la prevenzione e il controllo delle malattie trasmissibili, previsto dalla decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio[notificata con il numero C(1999) 4016](2000/57/CE)LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità europea,vista la decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 settembre 1998, che istituisce una rete di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili nella Comunità(1), in particolare l'articolo 1 e l'articolo 7,considerando quanto segue:(1) Secondo la decisione n. 2119/98/CE, occorre istituire una rete comunitaria per promuovere la cooperazione e il coordinamento tra gli Stati membri, con l'assistenza della Commissione, al fine di migliorare la prevenzione e il controllo nella Comunità delle categorie di malattie trasmissibili indicate nell'allegato di detta decisione. Tale rete deve essere usata per la sorveglianza epidemiologica di dette malattie e per un sistema di allarme rapido e di reazione.(2) Le malattie e i problemi sanitari speciali da assoggettare al sistema comunitario di allarme rapido e di reazione deve rispecchiare le esigenze attuali della Comunità, in particolare il valore aggiunto rappresentato da una reazione a livello comunitario.(3) Il sistema di allarme rapido e di reazione deve affrontare le questioni sollevate dalle competenti autorità sanitarie pubbliche in ciascuno Stato membro, oppure messe in evidenza su dati raccolti a norma dell'articolo 4 della decisione n. 2119/98/CE.(4) La presente decisione deve agevolare l'integrazione di questa rete comunitaria con altre reti di allarme rapido istituite a livello nazionale e comunitario, per malattie e settori speciali coperti dal sistema di allarme rapido e di reazione. Di conseguenza, ai fini della sua esecuzione, la rete comunitaria deve operare in primo luogo tramite il sistema EUPHIN-HSSCD (sistema di sorveglianza sanitaria per le malattie trasmissibili nell'ambito della rete europea d'informazione sanitaria pubblica), il quale consiste di tre componenti:a) un sistema di allarme rapido e di reazione per casi di minacce specificate al pubblico, trasmessi dalle competenti autorità sanitarie pubbliche di ciascuno Stato membro, responsabili della decisione delle misure che possono essere necessarie per la protezione della sanità pubblica;b) scambio di informazioni tra strutture riconosciute ed autorità degli Stati membri competenti per la sanità pubblica;c) reti specifiche per malattie selezionate per la sorveglianza epidemiologica, composte di strutture riconosciute e autorità degli Stati membri.(5) Lo sviluppo di nuove tecnologie utili deve essere seguito regolarmente, tenendone conto per il miglioramento del sistema operativo EUPHIN-HSSCD.(6) Le misure di cui alla presente decisione sono conformi al parere del comitato istituito dall'articolo 7 della decisione n. 2119/98/CE,HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:Articolo 11. Il sistema di allarme rapido e di reazione della rete comunitaria è riservato ai casi di cui all'allegato I (in prosieguo: "i casi"), o alle indicazioni dei medesimi, i quali, da soli o in associazione con altri casi simili, rappresentano una minaccia reale o potenziale per la sanità pubblica.2. Le strutture o autorità in ciascuno Stato membro raccolgono e si scambiano tutte le informazioni necessarie relative ai casi, ad esempio attraverso il sistema nazionale di sorveglianza, l'elemento di sorveglianza epidemiologica della rete comunitaria o qualsiasi altro sistema comunitario di raccolta.Articolo 21. Le procedure di scambio di informazioni indicanti un caso sono descritte nell'allegato II, sezione 1 (livello 1: scambio d'informazioni).2. Le procedure da seguire qualora un caso rappresenti una minaccia sanitaria potenziale o reale sono descritti nell'allegato II, sezione 2 (livello 2: minaccia potenziale) e sezione 3 (livello 3: minaccia reale).3. Le procedure da seguire per la fornitura di informazioni al pubblico in generale e degli addetti interessati sono descritte nell'allegato II, sezione 4.Articolo 31. Ogni anno, entro il 31 marzo, le autorità competenti degli Stati membri presentano alla Commissione un rapporto analitico sui casi intervenuti e sulle procedure applicate nell'ambito del sistema di allarme rapido e di reazione. Inoltre le autorità competenti degli Stati membri possono presentare rapporti specifici sui casi di particolare rilevanza.2. La Commissione, sulla base dei rapporti, esamina l'esercizio del sistema di allarme rapido e di reazione in un rapporto annuale, e, se del caso, propone modificazioni.Articolo 4La presente decisione ha effetto a decorrere dal 1o gennaio 2000.Articolo 5Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.Fatto a Bruxelles, il 22 dicembre 1999.Per la CommissioneDavid BYRNEMembro della Commissione(1) GU L 268 del 3.10.1998, pag. 1.ALLEGATO ICasi da riferire nel quadro del sistema di allarme rapido e di reazione1. Focolai di malattie trasmissibili che interessano più di uno Stato membro della Comunità.2. Aggregazioni spaziali o temporali di casi di malattie di tipo analogo, se agenti patogeni ne sono una possibile causa ed esiste un rischio di propagazione tra Stati membri della Comunità.3. Aggregazioni spaziali o temporali di casi di malattie di tipo analogo fuori della Comunità, se agenti patogeni ne sono una possibile causa ed esiste un rischio di propagazione alla Comunità.4. L'insorgere o il risorgere di una malattia trasmissibile o di un agente infettivo che potrebbe imporre un'azione coordinata e tempestiva della Comunità per contenerlo.ALLEGATO IIProcedure di informazione, consulenza e cooperazione nel quadro del sistema di allarme rapido e di reazione1. Livello di attivazione 1: scambio d'informazioni1) Qualora informazioni raccolte in uno o più Stati membri o provenienti da altre fonti riconosciute indichino la probabilità dell'insorgere di un caso, l'autorità preposta alla determinazione di misure volte a tutelare la sanità pubblica in ciascuno Stato membro interessato fornisce senza indugio, tramite la rete, informazioni sulle circostanze e il quadro generale alle sue controparti in altri Stati membri e alla Commissione. Una volta ricevute dette informazioni, le autorità competenti degli Stati membri interessati si pronunciano riguardo alla necessità di azioni da parte di altri Stati membri o di azioni comunitarie coordinate con l'assistenza della Commissione.2) La Commissione e gli Stati membri interessati provvedono a un tempestivo scambio reciproco delle informazioni ricevute, e tengono aggiornati altri Stati membri.3) Le autorità sanitarie pubbliche competenti dello(gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) provvedono senza indugio, in collaborazione con le strutture e/o autorità, a valutare le informazioni raccolte, al fine di accertare se sussista un caso implicante una minaccia alla sanità pubblica.4) La Commissione può convocare una riunione straordinaria del comitato di rete o di esperti proposti dal comitato, al fine di assicurare la trasparenza e l'efficacia di qualsiasi eventuale azione.2. Livello di attivazione 2: minaccia potenzialeQualora le informazioni riguardo a un caso o le indicazioni relative a un simile evento indichino una potenziale minaccia per la sanità pubblica, le competenti autorità sanitarie pubbliche dello(gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) informano senza indugio le loro controparti in altri Stati membri e la Commissione sulla natura e la portata della minaccia potenziale nonché sulle misure che intendono prendere autonomamente o in associazione con altri Stati membri interessati, con la Commissione, o con altri soggetti.2.1. Verifica e valutazioneLe autorità sanitarie pubbliche competenti dello(gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) provvedono senza indugio, in collaborazione con le strutture e/o autorità, a valutare le informazioni raccolte, al fine di accertare se sussista un caso implicante una minaccia alla sanità pubblica.Per qualsiasi ulteriore indagine negli Stati membri saranno disponibili forme di assistenza tecnica quali consulenze epidemiologiche in loco, strutture di laboratorio e altre consulenze indispensabili. Esse saranno assicurate dalla Comunità o da singoli Stati membri, su richiesta da parte dello Stato membro interessato.La Commissione fornirà la propria assistenza per il coordinamento delle misure precauzionali volte ad affrontare qualsiasi possibile minaccia per la sanità pubblica.La Commissione può convocare una riunione straordinaria del comitato di rete o di esperti proposti dal comitato, al fine di coordinare le azioni necessarie.2.2. DeattivazioneQualora la valutazione finale dei rischi concluda che non si è sviluppata una minaccia alla sanità pubblica, e qualora non sia necessaria nessuna azione ad eccezione di quelle locali, le competenti autorità sanitarie pubbliche in ciascuno Stato membro interessato comunicano senza indugio alle loro controparti negli altri Stati membri e alla Commissione la natura e la portata delle misure che hanno preso o intendono prendere.Qualora entro tre giorni non vi siano obiezioni da parte di altri Stati membri o della Commissione, non è necessaria alcuna ulteriore azione nel quadro del sistema di allarme rapido e di reazione.3. Livello di attivazione 3: minaccia realeQualora un caso risulti una minaccia per la sanità pubblica, le competenti autorità sanitarie pubbliche dello(gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) comunicano senza indugio alle loro controparti negli altri Stati membri e alla Commissione la natura e la portata della minaccia potenziale e le misure che intendono prendere autonomamente o in associazione con altri Stati membri interessati, con la Commissione, o con altri soggetti.3.1. Coordinamento delle misureLe competenti autorità sanitarie pubbliche nello(gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) comunicano senza indugio agli altri Stati membri e alla Commissione i progressi effettuati e i risultati delle misure adottate.Gli Stati membri e la Commissione coordinano le ulteriori misure da prendere a livello comunitario conformemente agli articoli 3 e 6 della decisione n. 2119/98/CE.La Commissione assiste gli Stati membri nel coordinamento degli sforzi volti ad affrontare la minaccia per la sanità pubblica e ad assicurare la protezione della popolazione.La Commissione può convocare una riunione straordinaria del comitato di rete o di delegati nominati dal comitato, al fine di coordinare le azioni.3.2. DeattivazioneIl sistema viene disattivato previo accordo degli Stati membri interessati, che ne informano gli altri Stati membri e la Commissione.4. Informazioni al pubblico generale e agli operatori interessatiQualora si verifichi un caso, gli Stati membri trasmettono senza indugio materiali informativi appropriati agli addetti interessati e al pubblico in generale e li informano sulle misure adottate.La Commissione e gli Stati membri informano gli addetti interessati e il pubblico in generale su tutti gli orientamenti concordati a livello comunitario e comunicano loro senza indugio l'avvenuta cessazione della minaccia per la sanità pubblica.
Sistema di allerta precoce e di reazione per la prevenzione e il controllo delle malattie trasmissibili Il sistema di allarme rapido e di reazione è un elemento della rete generale di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili istituita nella Comunità nel 1998. Il presente regolamento prevede l’utilizzo del sistema solo nei casi che rappresentano una minaccia sanitaria potenziale a livello comunitario. Stabilisce inoltre le procedure che regolano il funzionamento del sistema. Le disposizioni di questo regolamento garantiscono la protezione dei dati personali quando la ricerca di contatti viene effettuata su scala europea. ATTO Decisione 2000/57/CE della Commissione, del 22 dicembre 1999, sul sistema di allarme rapido e di reazione per la prevenzione e il controllo delle malattie trasmissibili, previsto dalla decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio [Gazzetta ufficiale L 21 del 26.1.2000] [Cfr. atti modificativi]. SINTESI CASI DA RIFERIRE Il sistema di allarme rapido e di reazione (EWRS) della rete comunitaria è riservato ai casi di portata comunitaria, o alle indicazioni dei medesimi, i quali rappresentano una minaccia reale o potenziale per la sanità pubblica. Gli Stati membri notificano tali casi, poi raccolgono e si scambiano tutte le informazioni necessarie relative a questi casi. Il campo d’applicazione dell’EWRS comprende anche la notifica e il coordinamento delle contromisure progettate o adottate per rispondere ai casi che rappresentano una minaccia sanitaria. Il coordinamento fra gli Stati membri avviene con l’assistenza della Commissione. I casi di malattie trasmissibili e le misure sanitarie prese per porvi rimedio devono essere notificati contemporaneamente all'EWRS e all'Organizzazione mondiale della sanità (OMS)(EN) se costituiscono un’emergenza di portata internazionale in virtù del regolamento sanitario internazionale (RSI 2005). I casi da riferire nel quadro del sistema di allarme rapido e di reazione sono i seguenti: focolai di malattie trasmissibili che interessano più di uno Stato membro della Comunità; aggregazioni spaziali o temporali di malattie di tipo analogo, se agenti patogeni ne sono una possibile causa ed esiste un rischio di propagazione tra Stati membri della Comunità; aggregazioni spaziali o temporali di casi di malattie di tipo analogo fuori della Comunità, se agenti patogeni ne sono una possibile causa ed esiste un rischio di propagazione alla Comunità; l’insorgere o il risorgere di una malattia trasmissibile o di un agente infettivo che potrebbe imporre un’azione coordinata e tempestiva della Comunità per contenerlo; manifestazioni patologiche o eventi che creano un rischio di malattia trasmissibile e misure associate, riferiti all’OMS conformemente all’RSI 2005. Le autorità competenti di ciascuno Stato membro raccolgono e si scambiano tutte le informazioni necessarie relative ai casi, a tutte le misure progettate o adottate per rimediarvi o alle indicazioni di tali casi, ad esempio attraverso il sistema nazionale di sorveglianza o l’elemento di sorveglianza epidemiologica della rete comunitaria. RICERCA DI CONTATTI Quando le autorità competenti degli Stati membri attuano misure allo scopo di rintracciare persone che sono state esposte ad una fonte di agenti infettivi e che corrono potenzialmente il rischio di sviluppare, o che hanno sviluppato, una malattia trasmissibile di rilevanza comunitaria («ricerca di contatti»), vengono talvolta scambiati in seno all’EWRS dati personali. Per lo scambio dei dati personali, gli Stati membri coinvolti nella ricerca di contatti devono imperativamente utilizzare un canale di comunicazione selettivo. Questo canale di comunicazione assicura garanzie adeguate alla comunicazione dei dati di carattere personale nel quadro dell’EWRS e dovrebbe assicurare che circolino solo i dati personali adeguati, pertinenti e non eccessivi nel quadro dell’EWRS. Per la ricerca di contatti è stato specificamente compilato un elenco indicativo dei dati personali. L’elenco include informazioni: sul viaggiatore; sugli accompagnatori; sui recapiti delle persone da contattare in caso di emergenza. Fa fede in questo caso la legislazione europea sulla protezione dei dati personali (direttiva 96/45/CE e regolamento 45/2001/CE). PROCEDURE La decisione prevede procedure d’informazione, consulenza e cooperazione fra gli Stati membri da un lato, e con la Commissione. Tali procedure si applicano a tre livelli: Livello di attivazione 1: scambio d’informazioni Il livello di attivazione 1 si applica quando informazioni raccolte a livello nazionale indicano la probabilità dell’insorgere di un caso che minaccia la salute. In questo caso, devono intercorrere scambi rapidi di informazioni fra la Commissione e gli Stati membri interessati. Le informazioni raccolte devono essere valutate senza indugio dalle autorità sanitarie nazionali competenti. Livello di attivazione 2: minaccia potenziale In caso di minaccia potenziale per la sanità pubblica devono essere adottate procedure di informazione, consulenza e cooperazione analoghe. Sono previste fasi di verifica e valutazione delle informazioni e di deattivazione del sistema. Livello di attivazione 3: minaccia reale Nel caso di una minaccia reale, le autorità sanitarie interessate comunicano senza indugio alle loro controparti negli altri Stati membri e alla Commissione la natura e la portata della minaccia potenziale e le misure che intendono prendere autonomamente o in associazione con altri Stati membri. Coordinamento delle misure Le autorità sanitarie interessate comunicano senza indugio agli altri Stati membri e alla Commissione i progressi effettuati e i risultati delle misure adottate. Gli Stati membri e la Commissione possono adottare ulteriori misure da prendere a livello comunitario. La Commissione assiste gli Stati membri nel coordinamento degli sforzi volti ad affrontare la minaccia per la sanità pubblica e ad assicurare la protezione della popolazione. Deattivazione Il sistema viene disattivato previo accordo degli Stati membri interessati, che ne informano gli altri Stati membri e la Commissione. Informazioni al pubblico generale e agli operatori interessati Qualora si verifichi un caso, gli Stati membri trasmettono senza indugio materiali informativi appropriati agli addetti interessati e al pubblico in generale e li informano sulle misure adottate. Riferimenti Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2000/57/CE 23.12.1999 - GU L 21 del 26.1.2000 Atto(i) modificatore(i) Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 351/2008/CE 1.5.2008 - GU L 117 dell’1.5.2008 Decisione 2009/547/CE - - GU L 181 del 14.7.2009 ATTI COLLEGATI Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo Funzionamento del sistema di allarme rapido e di reazione (EWRS) della rete di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili nella Comunità durante il 2006 e il 2007 (decisione 2000/57/CE) (Testo rilevante ai fini del SEE) [COM(2009) 228 def. – Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, del 20 marzo 2007, sul funzionamento durante il 2004 ed il 2005 del sistema di allarme rapido e di reazione (SARR) della rete comunitaria di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili (Decisione 2000/57/CE) [COM(2007) 121 def. – Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo del 29 marzo 2005 – Relazione sul funzionamento del sistema di allarme rapido e di reazione della rete comunitaria di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili (decisione 2000/57/CE) nel 2002 e 2003 [COM(2005) 104 def. – Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 settembre 1998, che istituisce una rete di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili nella Comunità. See also Per maggiori informazioni si rimanda al sito «Sanità pubblica» (EN) della Commissione europea.
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Convenzione per la protezione delle Alpi (Convenzione alpina) Gazzetta ufficiale n. L 061 del 12/03/1996 pag. 0032 - 0036 CONVENZIONE per la protezione delle Alpi (Convenzione alpina)LA REPUBBLICA D'AUSTRIA,LA CONFEDERAZIONE ELVETICA,LA REPUBBLICA FRANCESE,LA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA,LA REPUBBLICA ITALIANA,LA REPUBBLICA DI SLOVENIA,IL PRINCIPATO DI LIECHTENSTEIN,nonchéLA COMUNITÀ ECONOMICA EUROPEA,CONSAPEVOLI che le Alpi costituiscono uno dei più grandi spazi naturali continui in Europa, un habitat naturale e uno spazio economico, culturale e ricreativo nel cuore dell'Europa, che si distingue per la sua specifica e multiforme natura, cultura e storia, e al quale hanno parte numerosi popoli e Paesi,RICONOSCENDO che le Alpi costituiscono l'ambiente naturale e lo spazio economico delle popolazioni locali e rivestono inoltre grandissima importanza per le regioni extraalpine, tra l'altro quale area di transito di importanti vie di comunicazione,RICONOSCENDO il fatto che le Alpi costituiscono un indispensabile rifugio e habitat per molte specie animali e vegetali minacciate,CONSAPEVOLI delle grandi differenze esistenti tra i singoli ordinamenti giuridici, gli assetti naturali del territorio, gli insediamenti umani, le attività agricole e forestali, i livelli e le condizioni di sviluppo economico, l'incidenza del traffico, nonché le forme e l'intensità della utilizzazione turistica,CONSIDERANDO che il crescente sfruttamento da parte dell'uomo minaccia l'area alpina e le sue funzioni ecologiche in misura sempre maggiore e che la riparazione dei danni o è impossibile o è possibile soltanto con un grande dispendio di mezzi, costi notevoli e tempi generalmente lunghi,CONVINTI che gli interessi economici debbano essere armonizzati con le esigenze ecologiche,A SEGUITO dei risultati della prima Conferenza delle Alpi dei ministri dell'ambiente tenutasi a Berchtesgaden dal 9 all'11 ottobre 1989,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1 Campo d'applicazione 1. Oggetto della presente convenzione è la regione delle Alpi, com'è descritta e rappresentata nell'allegato.2. Ciascuna parte contraente all'atto del deposito del proprio strumento di ratifica o di accettazione o di approvazione, ovvero in qualsiasi momento successivo, può, tramite una dichiarazione indirizzata alla Repubblica d'Austria in qualità di depositario, estendere l'applicazione della presente convenzione ad ulteriori parti del proprio territorio, qualora ciò sia ritenuto necessario per l'attuazione delle disposizioni della presente convenzione.3. Ogni dichiarazione rilasciata ai sensi del paragrafo 2 può essere revocata per quanto riguarda ciascun territorio in essa citato, tramite una notifica indirizzata al depositario. La revoca ha efficacia dal primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di sei mesi, calcolato a partire dalla data di ricezione della notifica da parte del depositario.Articolo 2 Obblighi generali 1. Le parti contraenti, in ottemperanza ai principi della prevenzione, della cooperazione e della responsabilità di chi causa danni ambientali, assicurano una politica globale per la conservazione e la protezione delle Alpi, tenendo equamente conto degli interessi di tutti i paesi alpini e delle loro regioni alpine, nonché della Comunità economica europea, ed utilizzando le risorse in maniera responsabile e durevole. La cooperazione transfrontaliera a favore dell'area alpina viene intensificata nonché ampliata sul piano geografico e tematico.2. Per il raggiungimento dell'obiettivo di cui al paragrafo 1, le parti contraenti prenderanno misure adeguate in particolare nei seguenti campi:a) Popolazioni e cultura - al fine di rispettare, conservare e promuovere l'identità culturale e sociale delle popolazioni locali, e di assicurarne le risorse vitali di base, in particolare gli insediamenti e lo sviluppo economico compatibili con l'ambiente, nonché al fine di favorire la comprensione reciproca e le relazioni di collaborazione tra le popolazioni alpine ed extraalpine.b) Pianificazione territoriale - al fine di garantire l'utilizzazione contenuta e razionale e lo sviluppo sano ed armonioso dell'intero territorio, tenendo in particolare considerazione i rischi naturali, la prevenzione di utilizzazioni eccessive o insufficienti, nonché il mantenimento o il ripristino di ambienti naturali, mediante l'identificazione e la valutazione complessiva delle esigenze di utilizzazione, la pianificazione integrata e a lungo termine e l'armonizzazione delle misure conseguenti.c) Salvaguardia delle qualità dell'aria - al fine di ridurre drasticamente le emissioni inquinanti e i loro effetti negativi nella regione alpina, nonché le trasmissioni di sostanze inquinanti provenienti dall'esterno, ad un livello che non sia nocivo per l'uomo, la fauna e la flora.d) Difesa del suolo - al fine di ridurre il degrado quantitativo e qualitativo del suolo, in particolare impiegando tecniche di produzione agricola e forestale che rispettino il suolo, utilizzando in misura contenuta suoli e terreno, limitando l'erosione e l'impermeabilizzazione dei suoli.e) Idroeconomia - al fine di conservare o di ristabilire la qualità naturale delle acque e dei sistemi idrici, in particolare salvaguardandone la qualità, realizzando opere idrauliche compatibili con la natura e sfruttando l'energia idrica in modo da tenere parimenti conto degli interessi della popolazione locale e dell'interesse alla conservazione dell'ambiente.f) Protezione della natura e tutela del paesaggio - al fine di proteggere, di tutelare e, se necessario, di ripristinare l'ambiente naturale e il paesaggio, in modo da garantire stabilmente l'efficienza degli ecosistemi, la conservazione della flora e della fauna e dei loro habitat, la capacità rigenerativa e la continuità produttiva delle risorse naturali, nonché la diversità, l'unicità e la bellezza della natura e del paesaggio nel loro insieme.g) Agricoltura di montagna - al fine di assicurare, nell'interesse della collettività, la gestione del paesaggio rurale tradizionale, nonché una agricoltura adeguata ai luoghi e in armonia con l'ambiente, ed al fine di promuoverla tenendo conto delle condizioni economiche più difficoltose.h) Foreste montane - al fine di conservare, rafforzare e ripristinare le funzioni della foresta, in particolare quella protettiva, migliorando la resistenza degli ecosistemi forestali, in particolare attuando una silvicoltura adeguata alla natura e impedendo utilizzazioni che possano danneggiare le foreste, tenendo conto delle condizioni economiche più difficoltose nella regione alpina.i) Turismo e attività di tempo libero - al fine di armonizzare le attività turistiche e del tempo libero con le esigenze ecologiche e sociali, limitando le attività che danneggino l'ambiente e stabilendo, in particolare, zone di rispetto.j) Trasporti - al fine di ridurre gli effetti negativi e i rischi derivanti dal traffico interalpino e transalpino ad un livello che sia tollerabile per l'uomo, la fauna, la flora e il loro habitat, tra l'altro attuando un più consistente trasferimento su rotaia dei trasporti e in particolare del trasporto merci, soprattutto mediante la creazione di infrastrutture adeguate e di incentivi conformi al mercato, senza discriminazione sulla base della nazionalità.k) Energia - al fine di ottenere forme di produzione, distribuzione e utilizzazione dell'energia che rispettino la natura e il paesaggio, e di promuovere misure di risparmio energetico.l) Economia dei rifiuti - al fine di assicurare la raccolta, il riciclaggio e il trattamento dei rifiuti in maniera adeguata alle specifiche esigenze topografiche, geologiche e climatiche dell'area alpina, tenuto conto in particolare della prevenzione della produzione dei rifiuti.3. Le parti contraenti concluderanno protocolli in cui verranno definiti gli aspetti particolari per l'attuazione della presente convenzione.Articolo 3 Ricerca e osservazione sistematica Nei settori di cui all'articolo 2, le parti contraenti convengono:a) di effettuare lavori di ricerca e valutazioni scientifiche collaborando insieme;b) di sviluppare programmi comuni o integrati di osservazione sistematica;c) di armonizzare ricerche ed osservazioni nonché la relativa raccolta dati.Articolo 4 Collaborazione in campo giuridico, scientifico, economico e tecnico 1. Le parti contraenti agevolano e promuovono lo scambio di informazioni di natura giuridica, scientifica, economica e tecnica che siano rilevanti per la presente convenzione.2. Le parti contraenti, al fine della massima considerazione delle esigenze transfrontaliere e regionali, si informano reciprocamente sui previsti provvedimenti di natura giuridica ed economica, dai quali possano derivare conseguenze specifiche per la regione alpina o parte di essa.3. Le parti contraenti collaborano con organizzazioni internazionali, governative o non governative, ove necessario per attuare in modo efficace la presente convenzione e i protocolli dei quali esse sono parti contraenti.4. Le parti contraenti provvedono in modo adeguato ad informare regolarmente l'opinione pubblica sui risultati delle ricerche e osservazioni, nonché sulle misure adottate.5. Gli obblighi derivanti alle parti contraenti della presente convenzione nel campo dell'informazione hanno effetto, fatte salve le leggi nazionali sulla riservatezza. Le informazioni definite riservate debbono essere trattate come tali.Articolo 5 Conferenza delle parti contraenti (Conferenza delle Alpi) 1. I problemi di interesse comune delle parti contraenti e la loro collaborazione formano oggetto di sessioni a scadenze regolari della Conferenza delle parti contraenti (Conferenza delle Alpi).La prima sessione della Conferenza delle Alpi viene convocata da una parte contraente designata di comune accordo, al più tardi un anno dopo l'entrata in vigore della presente convenzione.2. In seguito, le sessioni ordinarie della Conferenza delle Alpi hanno luogo di norma ogni due anni presso la parte contraente che detiene la presidenza. La presidenza e la sede si alternano dopo ogni sessione ordinaria della Conferenza delle Alpi. Entrambe sono stabilite dalla Conferenza delle Alpi.3. La parte contraente che detiene la presidenza propone di volta in volta l'ordine del giorno per la sessione della Conferenza delle Alpi. Ciascuna parte contraente ha il diritto di far inserire punti ulteriori nell'ordine del giorno.4. Le parti contraenti trasmettono alla Conferenza delle Alpi informazioni sulle misure da esse adottate per l'attuazione della presente convenzione e dei protocolli dei quali esse sono parti contraenti, fatte salve le leggi nazionali sulla riservatezza.5. L'Organizzazione delle Nazioni Unite, le sue istituzioni specializzate, il Consiglio d'Europa nonché ogni altri Stato europeo possono partecipare in qualità di osservatori alle sessioni della Conferenza delle Alpi. Lo stesso vale per le comunità transfrontaliere di enti territoriali della regione alpina. La Conferenza delle Alpi può inoltre ammettere come osservatori organizzazioni internazionali non governative che svolgano un'attività in materia.6. Ha luogo una sessione straordinaria della Conferenza delle Alpi ogniqualvolta essa la deliberi oppure qualora, nel periodo tra due sessioni, un terzo delle parti contraenti ne faccia domanda scritta presso la parte contraente che esercita la presidenza.Articolo 6 Compiti della Conferenza delle Alpi La Conferenza delle Alpi esamina lo stato di attuazione della convenzione, nonché dei protocolli con gli allegati e espleta nelle sue sessioni in particolare i seguenti compiti:a) adotta le modifiche della presente convenzione in conformità con la procedura di cui all'articolo 10;b) adotta i protocolli e i loro allegati, nonché le loro modifiche in conformità con la procedura di cui all'articolo 11;c) adotta il proprio regolamento interno;d) prende le necessarie decisioni in materia finanziaria;e) decide la costituzione di gruppi di lavoro ritenuti necessari all'attuazione della convenzione;f) prende atto delle valutazioni derivanti dalle informazioni scientifiche;g) delibera o raccomanda misure per la realizzazione degli obiettivi previsti dagli articoli 3 e 4, stabilisce la forma, l'oggetto e la frequenza della trasmissione delle informazioni da presentare ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 4, e prende atto delle informazioni medesime nonché delle relazioni presentate dai gruppi di lavoro;h) assicura l'espletamento delle necessarie attività di segretariato.Articolo 7 Delibere della Conferenza delle Alpi 1. Salvo quanto stabilito diversamente qui di seguito, la Conferenza delle Alpi delibera per consenso. Riguardo ai compiti indicati all'articolo 6, lettere c), f) e g), qualora risultino esauriti tutti i tentativi di raggiungere il consenso e il presidente ne prenda atto espressamente, si delibera a maggioranza di tre quarti delle parti contraenti presenti e votanti.2. Nella Conferenza delle Alpi ciascuna parte contraente dispone di un voto. La Comunità economica europea esercita il diritto di voto nell'ambito delle proprie competenze, esprimendo un numero di voti corrispondente al numero dei suoi Stati membri che sono parti contraenti della presente convenzione; la Comunità economica europea non esercita il diritto di voto qualora i rispettivi Stati membri esercitino il proprio diritto di voto.Articolo 8 Comitato permanente 1. È istituito quale organo esecutivo il Comitato permanente della Conferenza delle Alpi, formato dai delegati delle parti contraenti.2. Le parti firmatarie che non abbiano ancora ratificato la convenzione partecipano alle sessioni del Comitato permanente con status di osservatori. Lo stesso status può inoltre essere concesso ad ogni paese alpino che non abbia ancora firmato la presente convenzione e ne faccia richiesta.3. Il Comitato permanente adotta il proprio regolamento interno.4. Il Comitato permanente delibera inoltre sulle modalità dell'eventuale partecipazione alle proprie sessioni di rappresentanti di organizzazioni governative e non governative.5. Le parte contraente che presiede la Conferenza delle Alpi assume la presidenza del Comitato permanente.6. Il Comitato permanente espleta in particolare i seguenti compiti:a) esamina le informazioni trasmesse dalle parti contraenti ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 4 per presentarne rapporto alla Conferenza delle Alpi;b) raccoglie e valuta la documentazione relativa all'attuazione della convenzione e dei protocolli con gli allegati, e la sottopone all'esame della Conferenza delle Alpi ai sensi dell'articolo 6;c) riferisce alla Conferenza delle Alpi sull'attuazione delle delibere da essa adottate;d) prepara le sessioni della Conferenza delle Alpi nei loro contenuti, e può proporre punti dell'ordine del giorno nonché ulteriori misure relative all'attuazione della convenzione e dei rispettivi protocolli;e) insedia i gruppi di lavoro per l'elaborazione di protocolli e raccomandazioni ai sensi dell'articolo 6, lettera e) e coordina la loro attività;f) esamina e armonizza i contenuti dei progetti di protocollo in una visione unitaria e li sottopone alla Conferenza delle Alpi;g) propone alla Conferenza delle Alpi misure e raccomandazioni per la realizzazione degli obiettivi contenute nella convenzione e nei protocolli.7. Le delibere nel Comitato permanente vengono adottate in conformità con le disposizioni di cui all'articolo 7.Articolo 9 Segretariato La Conferenza delle Alpi può deliberare per consenso l'istituzione di un segretariato permanente.Articolo 10 Modifiche della convenzione Ciascuna parte può presentare alla parte contraente che presiede la Conferenza delle Alpi proposte di modifica della convenzione. Tali proposte saranno trasmesse dalla parte contraente che presiede la Conferenza delle Alpi alle parti contraenti e alle parti firmatarie almeno sei mesi prima dell'inizio della sessione della Conferenza delle Alpi in cui saranno prese in esame.Le modifiche della convenzione entrano in vigore in conformità con le disposizioni di cui ai paragrafi 2, 3 e 4 dell'articolo 12.Articolo 11 Protocolli e loro modifiche 1. I progetti di protocollo di cui all'articolo 2, paragrafo 3 vengono trasmessi dalla parte che presiede la Conferenza delle Alpi alle parti contraenti e alle parti firmatarie almeno sei mesi prima dell'inizio della sessione della Conferenza delle Alpi che li prenderà in esame.2. I protocolli adottati dalla Conferenza delle Alpi vengono firmati in occasione delle sue sessioni o successivamente presso il depositario. Essi entrano in vigore per quelle parti contraenti che li abbiano ratificati o accettati o approvati. Per l'entrata in vigore di un protocollo sono necessarie almeno tre ratifiche o accettazioni o approvazioni. Gli strumenti suddetti vengono depositati presso la Repubblica d'Austria in qualità di depositario.3. Qualora i protocolli non contengano disposizioni diverse per l'entrata in vigore e per la denuncia, si applicano per analogia le disposizioni degli articoli 10, 13 e 14.4. Per le modifiche dei protocolli si applicano le corrispondenti disposizioni dei paragrafi 1, 2 e 3.Articolo 12 Firma e ratifica 1. La presente convenzione è depositata per la firma presso la Repubblica d'Austria in qualità di depositario, a decorrere dal 7 novembre 1991.2. La convenzione deve essere sottoposta a ratifica o accettazione o approvazione. Gli strumenti di ratifica o di accettazione o approvazione vengono depositati presso il depositario.3. La convenzione entra in vigore tre mesi dopo il giorno in cui tre Stati abbiano espresso la propria adesione alla convenzione in conformità con le disposizioni del paragrafo 2.4. Per ciascuna parte firmataria che esprime successivamente la propria adesione alla convenzione in conformità con le disposizioni del paragrafo 2, la convenzione entra in vigore tre mesi dopo il deposito dello strumento di ratifica o di accettazione o di approvazione.Articolo 13 Denuncia 1. Ciascuna parte contraente può denunciare in qualsiasi momento la presente convenzione mediante una notifica indirizzata al depositario.2. La denuncia avrà effetto il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di sei mesi a partire dalla data di ricevimento della notifica da parte del depositario.Articolo 14 Notifiche Il depositario notifica alle parti contraenti ed alle parti firmatarie:a) gli atti di firma;b) i depositi di strumenti di ratifica o di accettazione o di approvazione;c) la data di entrata in vigore della presente convenzione ai sensi dell'articolo 12;d) le dichiarazioni rilasciate ai sensi dell'articolo 1, paragrafi 2 e 3;e) le notifiche effettuate ai sensi dell'articolo 13 e le date in cui le denunce hanno effetto.In fede di ciò la presente convenzione è stata sottoscritta dai firmatari debitamente autorizzati.Fatto a Salisburgo, il 7 novembre 1991, in lingua francese, italiana, slovena e tedesca, laddove ciascuno dei quattro testi fa ugualmente fede, in un originale depositato presso l'Archivio di Stato Austriaco. Il depositario trasmette copie certificate conformi alle parti firmatarie.
Convenzione per la protezione delle Alpi QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE E DELLA CONVENZIONE? La decisione è relativa alla conclusione della Convenzione sulla protezione delle Alpi (Convenzione alpina), approvata allora per conto della Comunità europea Lo scopo della Convenzione alpina è la tutela a lungo termine dell’ecosistema naturale delle Alpi e lo sviluppo sostenibile della zona, nonché la protezione degli interessi economici dei residenti. I principi guida della Convenzione sono la prevenzione, «chi inquina paga» e la cooperazione transfrontaliera. PUNTI CHIAVE Le parti della convenzione sono Austria, Francia, Germania, Italia, Liechtenstein, Monaco, Slovenia, Svizzera e l’Unione europea (UE). Per raggiungere gli obiettivi della convenzione in maniera efficace, le parti agiscono nei settori della pianificazione territoriale, della protezione della natura e tutela del paesaggio, dell’agricoltura di montagna, delle foreste montane, della difesa del suolo, del turismo e attività di tempo libero, dell’energia, dei trasporti, della salvaguardia della qualità dell’aria, dell’idroeconomia, delle popolazioni e cultura e dell’economia dei rifiuti. La convenzione prevede la redazione e l’adozione di protocolli di attuazione per ciascuno di tali settori, nonché per la risoluzione di controversie fra le parti. Le parti hanno l’obbligo di collaborare nei campi della ricerca e dell’osservazione territoriale, nonché su questioni giuridiche, economiche e tecniche. La Conferenza delle parti contraenti («la Conferenza alpina») si riunisce regolarmente (in linea di principio ogni due anni) per affrontare le questioni di interesse comune per le parti contraenti, per prendere decisioni e formulare raccomandazioni. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LA DECISIONE E LA CONVENZIONE? La decisione è applicata dal 26 febbraio 1996. La convenzione è entrata in vigore, per la Comunità europea, il 14 aprile 1998. DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione 96/191/CE del Consiglio, del 26 febbraio 1996, relativa alla conclusione della Convenzione sulla protezione delle Alpi (Convenzione alpina) (GU L 61 del 12.3.1996, pag. 31) Convenzione per la protezione delle Alpi (Convenzione alpina) (GU L 61 del 12.3.1996, pag. 32-36) DOCUMENTI CORRELATI Decisione 98/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 1997, concernente la conclusione del protocollo di adesione del Principato di Monaco alla convenzione per la protezione delle Alpi (GU L 33 del 7.2.1998, pag. 21) Decisione 2005/923/CE del Consiglio, del 2 dicembre 2005, relativa alla firma, a nome della Comunità europea, del protocollo Difesa del suolo, del protocollo Energia e del protocollo Turismo della Convenzione delle Alpi (GU L 337 del 22.12.2005, pag. 27-28) Decisione 2006/516/CE del Consiglio, del 27 giugno 2006, sulla conclusione, a nome della Comunità europea, del protocollo Difesa del suolo, del protocollo Energia e del protocollo Turismo della Convenzione alpina (GU L 201 del 25.7.2006, pag. 31-33) Decisione 2006/655/CE del Consiglio, del 19 giugno 2006, sull’approvazione, a nome della Comunità europea, del protocollo di attuazione della Convenzione delle Alpi del 1991 nell’ambito dell’agricoltura di montagna (GU L 271 del 30.9.2006, pag. 61-62) Decisione 2007/799/CE del Consiglio, del 12 ottobre 2006, relativa alla firma, a nome della Comunità, del protocollo di attuazione della convenzione alpina nel settore dei trasporti (GU L 323 dell’8.12.2007, pag. 13-14) Decisione 2013/332/UE del Consiglio, del 10 giugno 2013, sulla conclusione, a nome dell’Unione europea, del protocollo di attuazione della convenzione delle Alpi del 1991 nell’ambito dei trasporti (GU L 177 del 28.6.2013, pag. 13)
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Regolamento (CE) n. 2866/98 del Consiglio del 31 dicembre 1998 sui tassi di conversione tra l'euro e le monete degli Stati membri che adottano l'euro Gazzetta ufficiale n. L 359 del 31/12/1998 pag. 0001 - 0002 REGOLAMENTO (CE) N. 2866/98 DEL CONSIGLIO del 31 dicembre 1998 sui tassi di conversione tra l'euro e le monete degli Stati membri che adottano l'euroIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 109 L, paragrafo 4, prima frase,vista la proposta della Commissione,visto il parere della Banca centrale europea (1),(1) considerando che a norma dell'articolo 109 J, paragrafo 4, del trattato, la terza fase dell'Unione economica e monetaria avrà inizio il 1 gennaio 1999; che il Consiglio riunito nella composizione dei capi di Stato o di governo ha confermato, il 3 maggio 1998, che Belgio, Germania, Spagna, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria, Portogallo e Finlandia soddisfano le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica in data 1 gennaio 1999 (2);(2) considerando che a partire dal 1 gennaio 1999 l'euro sarà la moneta degli Stati membri partecipanti, in conformità al regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all'introduzione dell'euro (3); che l'introduzione dell'euro presuppone l'adozione dei tassi di conversione ai quali l'euro sostituirà le monete nazionali ed in base ai quali l'euro sarà diviso in unità monetarie nazionali; che i tassi di conversione indicati nell'articolo 1 sono quelli definiti nell'articolo 1, terzo trattino, del regolamento (CE) n. 974/98;(3) considerando che a norma del regolamento (CE) n. 1103/97 del Consiglio, del 17 giugno 1997, relativo a talune disposizioni per l'introduzione dell'euro (4), ogni riferimento all'ecu contenuto in uno strumento giuridico è sostituito da un riferimento all'euro ad un tasso di un euro per un ecu; che l'articolo 109 L, paragrafo 4, seconda frase, stabilisce che l'adozione dei tassi di conversione non deve di per sé modificare il valore esterno dell'ecu; che ciò viene garantito adottando, come tassi di conversione, i tassi di cambio delle monete degli Stati membri rispetto all'ecu determinati dalla Commissione il 31 dicembre 1998, in base alla procedura consueta per il calcolo dei tassi ufficiali giornalieri relativi all'ecu;(4) considerando che i ministri degli Stati membri che adottano l'euro come loro moneta unica, i governatori delle banche centrali degli stessi Stati membri, la Commissione e l'Istituto monetario europeo/la Banca centrale europea hanno emesso, il 3 maggio 1998 (5) ed il 26 settembre 1998, due comunicati sulla determinazione e sull'adozione dei tassi di conversione fissati irrevocabilmente per l'euro;(5) considerando che il regolamento (CE) n. 1103/97 stabilisce che i tassi di conversione sono adottati con riferimento ad un euro espresso in ciascuna delle monete nazionali degli Stati membri partecipanti; che, per garantire un alto grado di precisione, tali tassi saranno formati da sei cifre significative e non verranno definiti tassi inversi o bilaterali tra le monete degli Stati membri partecipanti,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1I tassi di conversione fissati irrevocabilmente tra l'euro e le monete degli Stati membri che adottano l'euro sono i seguenti:1 euro // = 40,3399 franchi belgi // = 1,95583 marchi tedeschi // = 166,386 pesete spagnole // = 6,55957 franchi francesi // = 0,787564 sterline irlandesi // = 1 936,27 lire italiane // = 40,3399 franchi lussemburghesi // = 2,20371 fiorini olandesi // = 13,7603 scellini austriaci // = 200,482 escudi portoghesi // = 5,94573 marchi finlandesiArticolo 2Il presente regolamento entra in vigore il 1 gennaio 1999.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 31 dicembre 1998.Per il ConsiglioIl presidenteR. EDLINGER
Tassi di conversione fra l'euro e le valute nazionali QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento fissa irrevocabilmente i tassi di conversione tra l'euro e le monete dei paesi della zona euro. Tali tassi sono stati adottati il 31 dicembre 1998 quando i primi undici paesi dell'UE hanno adottato l'euro (Belgio, Germania, Spagna, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria, Portogallo e Finlandia). PUNTI CHIAVE Per diventare un membro della zona euro, la terza fase dell'unione economica e monetaria dell'UE, un paese dell'UE deve soddisfare determinate condizioni economiche e legali, note come criteri di convergenza. Tali criteri sono stati pensati per garantire che tali paesi possano dimostrare stabilità (entro determinati limiti) di prezzi, di posizione finanziaria del loro governo, del tasso di scambio e dei tassi d'interesse nel lungo termine. Il regolamento è stato modificato a più riprese per determinare i tassi di conversione dei nuovi paesi che sono entrati nella zona euro: Grecia nel 2001; Slovenia nel 2007; Cipro e Malta nel 2008; Slovacchia nel 2009; Estonia nel 2011; Lettonia nel 2014; Lituania nel 2015. Ai sensi dell'articolo 140 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, i tassi di conversione tra l'euro e le monete dei paesi dell'UE sono fissati dal Consiglio dell'UE. Il Consiglio delibera all'unanimità dei paesi della zona euro e del paese interessato, su proposta della Commissione e previa consultazione della Banca centrale europea. I tassi di conversione sono fissati irrevocabilmente: 1 euro = Tasso di cambio Vecchia moneta nazionale 40,34 franchi belgi 1,96 marchi tedeschi 15,65 corone estoni 340,75 dracme greche 166,39 pesete spagnole 6,56 franchi francesi 0,79 sterline irlandesi 1 936,27 lire italiane 0,59 lire sterline cipriote 40,34 franchi lussemburghesi 0,43 lire maltesi 2,20 fiorini olandesi 13,76 scellini austriaci 200,48 escudi portoghesi 239,64 tàlleri sloveni 30,13 corone slovacche 5,95 marchi finlandesi 0.70 Lats lettone 3.45 Litas lituano A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento è in vigore dal 1o gennaio 1999. CONTESTO Per ulteriori informazioni si consulti: «Adozione dell'euro» sul sito Internet della Commissione europea «Utilizzo dell'euro» sul sito Internet della Banca centrale europea DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 2866/98 del Consiglio, del 31 dicembre 1998, sui tassi di conversione tra l'euro e le monete degli Stati membri che adottano l'euro (GU L 359 del 31.12.1998, pag. 1–2) Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 2866/98 sono state integrate al testo di base. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
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Raccomandazione del Consiglio, del 2 dicembre 2002, sulla prevenzione del fumo e su iniziative per rafforzare la lotta contro il tabagismo Gazzetta ufficiale n. L 022 del 25/01/2003 pag. 0031 - 0034 Raccomandazione del Consigliodel 2 dicembre 2002sulla prevenzione del fumo e su iniziative per rafforzare la lotta contro il tabagismo(2003/54/CE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 152, paragrafo 4, secondo comma,vista la proposta della Commissione(1),considerando quanto segue:(1) L'articolo 152 del trattato stabilisce che l'azione della Comunità, che deve completare le politiche nazionali, sia volta al miglioramento della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattie e affezioni e all'eliminazione delle fonti di pericolo per la salute umana.(2) La risoluzione del Consiglio e dei ministri della Sanità degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 18 luglio 1989, relativa al divieto di fumare nei luoghi accessibili al pubblico(2), fornisce agli Stati membri orientamenti per la protezione dei non fumatori dal fumo ambientale. In seguito a una relazione della Commissione sulla reazione degli Stati membri a quest'iniziativa(3), la presente raccomandazione intende rafforzare questa protezione e identificare i gruppi particolarmente vulnerabili.(3) La risoluzione del Consiglio, del 26 novembre 1996, sulla riduzione del fumo nella Comunità europea(4) riconosce la necessità di sviluppare un'efficace strategia di lotta contro il consumo di tabacco, comprendente alcuni degli elementi contenuti nella presente raccomandazione.(4) Le conclusioni del Consiglio, del 18 novembre 1999, sulla lotta contro il consumo del tabacco(5) hanno sottolineato la necessità di sviluppare una strategia globale, comprendente alcune misure definite nella presente raccomandazione per la protezione dei minori (norme sulle condizioni di vendita, sulle vendite tramite mezzi elettronici e distributori automatici).(5) La risoluzione del Consiglio, del 29 giugno 2000, sull'azione relativa ai fattori determinanti per la salute(6) ha preso atto del risultato dei dibattiti in sede di conferenza europea sui fattori determinanti per la salute nell'Unione europea, tenutasi a Evora il 15 e 16 marzo 2000, che ha dato particolare risalto, tra l'altro, al tabacco, raccomandando una serie di provvedimenti pratici e mirati per affrontare le sfide in questi settori.(6) Le azioni raccomandate sono necessarie considerati i 500000 decessi connessi al fumo che si registrano annualmente nella Comunità europea e il preoccupante aumento del numero di bambini ed adolescenti dediti al fumo. Fumare danneggia la salute umana, perché i fumatori diventano dipendenti dalla nicotina e sono colpiti da gravi malattie come il cancro ai polmoni e ad altri organi, la cardiopatia ischemica e altre malattie circolatorie e respiratorie come l'enfisema.(7) La prevenzione del tabagismo e la lotta contro il consumo di tabacco sono già obiettivi prioritari delle politiche sanitarie degli Stati membri e della Comunità europea. Tuttavia, il tabagismo rimane la principale causa di mortalità evitabile nell'UE e i progressi nella riduzione del consumo del tabacco e delle conseguenze del fumo sono ancora deludenti. Inoltre, la pubblicità, la distribuzione e le strategie promozionali utilizzate dall'industria del tabacco incentivano il consumo di tabacco, aumentando così il livello già elevato di mortalità e morbilità dovuto al consumo di prodotti del tabacco. Alcune di queste strategie sembrano rivolgersi ai giovani negli anni della crescita, allo scopo di sostituire il gran numero di fumatori che muoiono annualmente. È un dato di fatto che il 60 % dei fumatori iniziano a fumare ad un'età inferiore ai 13 anni e il 90 % prima dei 18 anni.(8) Con il programma "L'Europa contro il cancro"(7), la Comunità europea ha incluso fra i suoi obiettivi il contributo al miglioramento della salute dei suoi cittadini tramite la riduzione del numero di casi di cancro e di altre malattie legate al fumo.(9) La direttiva 2001/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2001, relativa alla lavorazione, presentazione e vendita dei prodotti del tabacco(8) e la proposta di direttiva sulla pubblicità e sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco(9) riguardano la lotta contro il tabagismo nel contesto della realizzazione e del consolidamento del mercato interno e l'eliminazione degli ostacoli al suo buon funzionamento, basandosi su un livello di protezione elevato della salute pubblica.(10) Alcune misure che dovrebbero far parte di una politica globale di lotta contro il tabagismo, come il divieto di pubblicità su tabelloni e manifesti o della pubblicità nei cinema, attualmente non possono essere oggetto di un'armonizzazione nell'ambito delle norme del mercato interno comunitario a livello di singolo provvedimento antitabagismo.(11) Tutti i fatti sopra menzionati dimostrano la necessità di una strategia globale di lotta contro il tabagismo, al fine di ridurre nella Comunità l'incidenza delle malattie dovute al fumo.(12) Nel contesto di una politica globale antitabagismo, è essenziale adottare misure destinate in particolare a ridurre la domanda di prodotti del tabacco da parte dei bambini e degli adolescenti. Queste misure possono comprendere azioni volte a ridurre la fornitura di tabacco a bambini ed adolescenti e a vietare determinate forme di pubblicità, di distribuzione e di strategie promozionali per i prodotti del tabacco, considerando che queste strategie hanno un impatto indiscriminato sui giovani e su altri gruppi di persone.(13) Certe forme di vendita e di distribuzione dei prodotti del tabacco facilitano l'accesso dei bambini e degli adolescenti a questi prodotti e dovrebbero quindi essere regolamentate dagli Stati membri.(14) Dato che i distributori automatici sono visibili sia ai consumatori che ai non consumatori di prodotti del tabacco, essi dovrebbero recare solo la pubblicità strettamente necessaria per indicare i prodotti offerti in vendita.(15) Altre due misure importanti a livello comunitario riguardano la pubblicità e la sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco. La direttiva del 1989 sulla "televisione senza frontiere"(10) vieta qualsiasi forma di pubblicità televisiva per i prodotti del tabacco e stabilisce che i programmi televisivi non possono essere sponsorizzati da persone fisiche o giuridiche la cui attività principale consiste nella produzione o vendita di prodotti del tabacco. L'attuale proposta di direttiva sulla pubblicità e sulla sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco prevede il divieto della pubblicità del tabacco sulla stampa e in altre pubblicazioni, via radio e tramite i servizi della società dell'informazione. Questa proposta prevede anche il divieto di sponsorizzazione, da parte delle industrie del tabacco, di programmi radiofonici e di eventi a cui partecipano o che si svolgono in vari Stati membri o aventi ripercussioni transfrontaliere.(16) La presente raccomandazione tratta di altre forme di pratiche pubblicitarie, commerciali o promozionali utilizzate dall'industria per promuovere il consumo del tabacco, che possono raggiungere indiscriminatamente bambini e adolescenti. Queste pratiche comprendono l'utilizzazione dei marchi per prodotti o servizi diversi dal tabacco ("brand-stretching") e/o per l'abbigliamento ("merchandising"), il ricorso ad articoli promozionali (oggetti comuni come i posacenere, agli accendini, i parasole ed altri oggetti simili) e di campioni di tabacco, l'utilizzazione e la comunicazione di promozioni di vendita (quali sconti, regali, premi o opportunità di partecipare a gare o giochi promozionali), l'uso di tabelloni manifesti e altre tecniche pubblicitarie interne o esterne (come la pubblicità sui distributori automatici di prodotti del tabacco), l'uso della pubblicità a favore del tabacco nei cinema, e qualsiasi altra forma di pubblicità, sponsorizzazione o di pratiche volte a promuovere i prodotti del tabacco direttamente o indirettamente. Di fatto le autorità degli Stati membri dovrebbero adottare disposizioni legislative e/o amministrative destinate specificamente a vietare conformemente alle norme o ai principi costituzionali nazionali, tali attività, che costituiscono mezzi di promozione dei prodotti del tabacco che aggirano i divieti della pubblicità diretta per il tabacco già in vigore per certi media.(17) L'Organizzazione mondiale della sanità e la Banca mondiale raccomandano agli Stati di vietare ogni forma di pubblicità e di promozione del tabacco. Nei casi in cui sono vietate solo certe forme di pubblicità diretta del tabacco, l'industria del tabacco trasferisce frequentemente le sue spese pubblicitarie ad altre strategie di commercializzazione, sponsorizzazione e promozione, utilizzando modi creativi ed indiretti per promuovere i prodotti del tabacco, specialmente tra i giovani. In questo modo può essere limitato l'effetto dei divieti parziali della pubblicità per il consumo di tabacco. Inoltre, la Banca mondiale ha concluso che la pubblicità aumenta il consumo di sigarette e che la normativa che vieta la pubblicità ridurrebbe il consumo se fosse generale e coprisse tutti i media e l'utilizzo di marchi e logotipi. Questa riduzione del consumo di sigarette avrebbe per la salute pubblica effetti immediati a breve e a lungo termine. L'informazione sulla spesa globale dell'industria del tabacco per la promozione dei prodotti del tabacco è quindi una condizione importante per il controllo dell'efficacia delle politiche di lotta contro il tabagismo dal punto di vista della salute pubblica. Quest'informazione permette di determinare se le restrizioni imposte sono aggirate, in particolare dirigendo la spesa verso forme promozionali nuove e non limitate. L'industria del tabacco dovrebbe essere tenuta a dichiarare regolarmente queste spese.(18) A causa dei rischi per la salute derivanti dal fumo passivo, gli Stati membri dovrebbero mirare a proteggere i fumatori e i non fumatori dal fumo ambientale.(19) Gli Stati membri dovrebbero continuare a sviluppare strategie e misure per ridurre la prevalenza del tabagismo, come il rafforzamento dei programmi di educazione sanitaria per migliorare la consapevolezza dei rischi del fumo e altri programmi di prevenzione per scoraggiare l'uso dei prodotti del tabacco.(20) La convenzione quadro dell'Organizzazione mondiale della sanità per la lotta contro il tabagismo attualmente in fase di negoziazione tratta molte questioni toccate nella presente raccomandazione. È importante quindi garantire la coerenza delle misure contenute in questa raccomandazione con gli elementi previsti dalla convenzione quadro attualmente in discussione,RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI:1. di adottare appropriate disposizioni legislative e/o amministrative conformemente alle prassi e alle condizioni nazionali per impedire la vendita di tabacco a bambini ed adolescenti, tra l'altro:a) imponendo l'obbligo per i venditori di prodotti del tabacco di accertare che gli acquirenti abbiano raggiunto l'età prescritta dalla legge nazionale per l'acquisto di tali prodotti, qualora tale limite d'età esista;b) ritirando i prodotti del tabacco dagli espositori self-service nei negozi di vendita al dettaglio;c) limitando l'accesso ai distributori automatici di prodotti del tabacco a luoghi accessibili a persone di età superiore a quella prescritta dalla legge nazionale per l'acquisto dei prodotti del tabacco, ove tale limite esista, oppure regolando in modo altrettanto efficace l'accesso ai prodotti venduti tramite distributori;d) limitando la vendita di tabacco a distanza per la fornitura generale al dettaglio, ad esempio via Internet, agli adulti ricorrendo a mezzi tecnici adeguati;e) vietando la vendita di dolciumi e giocattoli destinati ai bambini e fabbricati con il chiaro intento di conferire al prodotto e/o all'imballaggio l'aspetto di un prodotto del tabacco;f) vietando la vendita di sigarette al pezzo o in pacchetti di meno di 19 pezzi;2. di adottare appropriate disposizioni legislative e/o amministrative per proibire conformemente alle norme o ai principi costituzionali nazionali le seguenti forme di pubblicità e di promozione:a) l'utilizzazione di marchi di tabacco per prodotti o servizi diversi dal tabacco;b) l'utilizzazione di articoli promozionali (posacenere, accendini, parasole, ecc.) e di campioni di tabacco;c) l'utilizzo e la comunicazione di promozioni di vendita quali sconti, regali, premi o opportunità di partecipare a gare o giochi promozionali;d) l'utilizzazione di tabelloni, manifesti e altre tecniche pubblicitarie interne o esterne (come la pubblicità sui distributori automatici di prodotti del tabacco);e) l'utilizzazione della pubblicità nei cinema;f) qualsiasi altra forma di pubblicità, sponsorizzazione o pratiche destinate alla promozione diretta o indiretta dei prodotti del tabacco;3. di adottare appropriate disposizioni, con l'introduzione di norme o di altri metodi conformi alle pratiche e alle condizioni nazionali, per prescrivere a fabbricanti, importatori e commercianti all'ingrosso di prodotti del tabacco e di prodotti e servizi recanti lo stesso marchio dei prodotti del tabacco di fornire agli Stati membri informazioni sulle spese sostenute per la pubblicità, il marketing, le sponsorizzazioni e le campagne di promozione non vietate dalla normativa nazionale o comunitaria;4. di applicare le norme di legge, e/o altre misure efficaci all'appropriato livello governativo o non governativo, conformemente alle prassi e alle condizioni nazionali, che garantiscono una protezione dall'esposizione al fumo di tabacco negli ambienti interni dei luoghi di lavoro, nei luoghi pubblici e sui mezzi di trasporto pubblici. Dovrebbe essere accordata priorità, tra l'altro, ai centri di insegnamento, alle strutture sanitarie e ai luoghi in cui si forniscono servizi ai bambini;5. di continuare a sviluppare strategie e misure per ridurre la prevalenza del tabagismo, come il rafforzamento dell'educazione sanitaria in generale, segnatamente nelle scuole, e dei programmi generali per scoraggiare l'uso iniziale dei prodotti del tabacco e vincere la dipendenza dal tabacco;6. di avvalersi pienamente dei contributi dei giovani alle politiche e alle azioni inerenti alla sanità, segnatamente nel settore dell'informazione, e promuovere attività specifiche avviate, progettate, attuate e valutate dai giovani;7. di adottare ed attuare appropriate misure in materia di prezzi dei prodotti del tabacco al fine di scoraggiare il consumo di tabacco;8. di applicare tutte le procedure necessarie ed appropriate per verificare il rispetto delle misure stabilite nella presente raccomandazione;9. di informare la Commissione ogni due anni dopo la data di adozione della presente raccomandazione sulle azioni intraprese in risposta a questa raccomandazione.INVITA LA COMMISSIONE:1. a seguire e a valutare gli sviluppi e le azioni intraprese negli Stati membri e a livello comunitario;2. a riferire sull'attuazione delle misure proposte, in base alle informazioni fornite dagli Stati membri, entro un anno dalla data di ricevimento delle informazioni trasmesse dagli Stati membri in conformità della presente raccomandazione;3. a esaminare in quale misura le disposizioni di cui alla presente raccomandazione risultano efficaci e a considerare la necessità di ulteriori azioni, in particolare se nel mercato interno dovessero apparire disparità nei settori oggetto della presente raccomandazione.Fatto a Bruxelles, addì 2 dicembre 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteB. Bendtsen(1) Proposta del 18.6.2002 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(2) GU C 189 del 26.7.1989, pag. 1.(3) COM(96) 573 def.(4) GU C 374 dell'11.12.1996, pag. 4.(5) GU C 86 del 24.3.2000, pag. 4.(6) GU C 218 del 31.7.2000, pag. 8.(7) GU L 95 del 16.4.1996, pag. 9.(8) GU L 194 del 18.7.2001, pag. 26.(9) GU C 270 del 25.9.2001, pag. 97.(10) GU L 298 del 17.10.1989, pag. 23.
Prevenzione del fumo SINTESI CHE COSA FA LA RACCOMANDAZIONE? Esorta i paesi dell’Unione europea (UE) ad applicare una serie di disposizioni normative e/o di altra natura al fine di dissuadere le persone, soprattutto i giovani, dall’iniziare a fumare. Tali disposizioni comprendono controlli sulla vendita del tabacco e sulla pubblicità e sponsorizzazione in suo favore. PUNTI CHIAVE Per impedire la vendita di tabacco a bambini ed adolescenti, i paesi dell’UE sono esortati a: imporre ai venditori di prodotti del tabacco l’obbligo di accertare che gli acquirenti non abbiano un’età inferiore a quella prescritta; garantire il ritiro dei prodotti del tabacco dagli espositori self-service nei negozi; limitare l’accesso ai distributori automatici di prodotti del tabacco a persone di età inferiore a quella prescritta; limitare l’accesso alle vendite a distanza, ad esempio via Internet, agli adulti; vietare la vendita di dolciumi e giocattoli destinati ai bambini che abbiano l’aspetto di prodotti del tabacco; vietare la vendita di sigarette al pezzo o in pacchetti di meno di 19 pezzi. Per limitare le attività pubblicitarie e promozionali, i paesi dell’UE sono esortati a proibire l’utilizzazione di: marchi di tabacco per prodotti o servizi diversi dal tabacco; articoli promozionali quali posacenere, accendini, parasole e di campioni di tabacco; sconti, regali, premi o opportunità di partecipare a gare o giochi promozionali legati ai prodotti del tabacco; tabelloni, manifesti e altre forme pubblicitarie interne o esterne che promuovano il tabacco o prodotti correlati; la pubblicità di tabacco o prodotti correlati nei cinema; altre forme di pubblicità e sponsorizzazione diretta o indiretta dei prodotti del tabacco. I paesi dell’UE sono inoltre esortati a: prescrivere a fabbricanti, importatori e commercianti all’ingrosso di fornire loro informazioni sulle spese sostenute per la pubblicità, il marketing, le sponsorizzazioni e le campagne di promozione; intraprendere azioni contro gli effetti del fumo passivo negli ambienti interni dei luoghi di lavoro, nei luoghi pubblici e sui mezzi di trasporto pubblici. Dovrebbe essere accordata priorità ai centri di insegnamento, alle strutture sanitarie e ai luoghi in cui si forniscono servizi ai bambini; continuare a sviluppare strategie per ridurre il tabagismo, soprattutto attraverso l’educazione sanitaria; coinvolgere i giovani nelle attività volte a ridurre il tabagismo; adottare una politica in materia di prezzi al fine di scoraggiare il consumo di tabacco; verificare il rispetto delle misure stabilite; informare la Commissione europea ogni due anni sulle azioni intraprese. La Commissione viene esortata a: seguire e valutare le azioni intraprese; produrre una relazione entro un anno dalla data di ricevimento delle informazioni nazionali; considerare la necessità di ulteriori azioni. La Commissione ha intrapreso diverse iniziative al fine di promuovere la prevenzione del fumo, tra cui campagne, come «Gli ex-fumatori sono irresistibili», e l’eliminazione progressiva di sovvenzioni ai produttori di tabacco. Una normativa vincolante, adottata nel 2003 (direttiva 2003/33/CE) e sostituita nel 2014 (direttiva 2014/40/UE), stabilisce requisiti comunitari relativi alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita del tabacco e dei prodotti correlati, quali le sigarette elettroniche. Nel 2009, un’ulteriore raccomandazione esortava i paesi dell’UE a incrementare le misure volte a tutelare le persone dal fumo passivo sul lavoro, nei luoghi pubblici e sui mezzi di trasporto pubblici. CONTESTO Un quarto (26 %) degli europei fuma. Il fumo è la maggiore causa di morte e malattia evitabile nell’UE, con circa 700 000 decessi correlati al fumo all’anno. Per maggiori informazioni, si veda la pagina sulla politica relativa al tabacco sul sito Internet della Commissione europea. ATTO Raccomandazione del Consiglio, del 2 dicembre 2002, sulla prevenzione del fumo e su iniziative per rafforzare la lotta contro il tabagismo (GU L 22 del 25.1.2003, pag. 31-34) ATTI COLLEGATI Direttiva 2003/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità e di sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco (GU L 152 del 20.6.2003, pag. 16-19). Le successive modifiche alla direttiva 2003/33/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. Direttiva 2014/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati e che abroga la direttiva 2001/37/CE (GU L 127 del 29.4.2014, pag. 1-38). Si veda la versione consolidata. Raccomandazione del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativa agli ambienti senza fumo (GU C 296 del 5.12.2009, pag. 4-14)
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Direttiva 97/81/CE del Consiglio del 15 dicembre 1997 relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES - Allegato : Accordo quadro sul lavoro a tempo parziale Gazzetta ufficiale n. L 014 del 20/01/1998 pag. 0009 - 0014 DIRETTIVA 97/81/CE DEL CONSIGLIO del 15 dicembre 1997 relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CESIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto l'accordo sulla politica sociale allegato al protocollo (n. 14) sulla politica sociale del trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 4, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione,(1) considerando che, sulla base del protocollo (n. 14) sulla politica sociale, gli Stati membri, ad eccezione del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (qui di seguito denominati «Stati membri»), desiderosi di attuare la Carta sociale del 1989 hanno convenuto un accordo sulla politica sociale;(2) considerando che le parti sociali, in forza dell'articolo 4, paragrafo 2 dell'accordo sulla politica sociale, possono richiedere congiuntamente che gli accordi a livello comunitario siano attuati in base a una decisione del Consiglio, su proposta della Commissione;(3) considerando che il punto 7 della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori stabilisce tra l'altro che «la realizzazione del mercato interno deve portare ad un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori nella Comunità europea. Tale processo avverrà mediante il ravvicinamento di tali condizioni, soprattutto per quanto riguarda le forme di lavoro diverse dal lavoro a tempo indeterminato, come il lavoro a tempo determinato, il lavoro a tempo parziale, il lavoro temporaneo e il lavoro stagionale»;(4) considerando che il Consiglio non ha deliberato sulla proposta di direttiva relativa a determinati rapporti di lavoro per quanto riguarda le distorsioni di concorrenza (1), né sulla modifica a tale proposta (2), né sulla proposta di direttiva relativa a determinati rapporti di lavoro per quanto riguarda le condizioni di lavoro (3);(5) considerando che le conclusioni del Consiglio europeo di Essen hanno sottolineato la necessità di provvedimenti per promuovere l'occupazione e la parità di opportunità tra donne e uomini e hanno richiamato l'esigenza di adottare misure volte ad incrementare l'intensità occupazionale della crescita, in particolare mediante un'organizzazione più flessibile del lavoro, che risponda sia ai desideri dei lavoratori che alle esigenze della competitività;(6) considerando che la Commissione, in ottemperanza all'articolo 3 paragrafo 2 dell'accordo sulla politica sociale, ha consultato le parti sociali sul possibile orientamento di un'azione comunitaria relativa alla flessibilità dell'orario di lavoro e alla sicurezza dei lavoratori;(7) considerando che la Commissione, convinta a seguito di tale consultazione che un'azione comunitaria era opportuna, ha nuovamente consultato le parti sociali sul contenuto della proposta in questione, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 3 di detto accordo;(8) considerando che le organizzazioni intercategoriali a carattere generale [Unione delle confederazioni europee dell'industria e dei datori di lavoro (UNICE), Centro europeo dell'impresa pubblica (CCEP), Confederazione europea dei sindacati (CES)] hanno informato la Commissione, con lettera congiunta del 19 giugno 1996, che intendevano avviare il procedimento previsto all'articolo 4 dell'accordo sulla politica sociale; che esse hanno chiesto alla Commissione, con lettera congiunta del 12 marzo 1997, un periodo supplementare di tre mesi; che la Commissione ha concesso tale periodo;(9) considerando che il 6 giugno 1997 dette organizzazioni intercategoriali hanno concluso un accordo quadro sul lavoro a tempo parziale e che esse hanno trasmesso alla Commissione la loro domanda congiunta affinché sia data attuazione a tale accordo quadro, conformemente all'articolo 4, paragrafo 2 dell'accordo sulla politica sociale;(10) considerando che il Consiglio, nella sua risoluzione del 6 dicembre 1994 relativa ad alcune prospettive di una politica sociale dell'Unione europea: contributo alla convergenza economica e sociale dell'Unione (4), ha invitato le parti sociali a sfruttare le possibilità di concludere convenzioni, in quanto sono di norma più vicine alla realtà sociale e ai problemi sociali;(11) considerando che le parti firmatarie hanno inteso concludere un accordo quadro sul lavoro a tempo parziale enunciante i principi generali e le prescrizioni minime in materia di lavoro a tempo parziale; che esse hanno espresso la volontà di stabilire un quadro generale per l'eliminazione delle discriminazioni verso i lavoratori a tempo parziale e di contribuire allo sviluppo delle possibilità di lavoro a tempo parziale su basi accettabili sia ai datori di lavoro che ai lavoratori;(12) considerando che le parti sociali hanno voluto attribuire particolare attenzione al lavoro a tempo parziale, pur dichiarando di voler di esaminare l'esigenza di accordi analoghi per altre forme di lavoro;(13) considerando che nelle conclusioni del Consiglio europeo di Amsterdam i Capi di Stato e di governo dell'Unione europea si sono vivamente rallegrati dell'accordo concluso dalle parti sociali in materia di lavoro a tempo parziale;(14) considerando che l'atto appropriato per l'attuazione dell'accordo quadro è costituito dalla direttiva del Consiglio ai sensi dell'articolo 189 del trattato; che tale atto vincola gli Stati membri per quanto riguarda il risultato da raggiungere, ma lascia alle autorità nazionali la scelta della forma e dei mezzi;(15) considerando che gli obiettivi della presente direttiva non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque essere meglio realizzati a livello comunitario, ai sensi dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità enunciati nell'articolo 3 B del trattato; che la presente direttiva non eccede quanto è necessario per raggiungere tali obiettivi;(16) considerando che, per quanto riguarda i termini impiegati nell'accordo quadro e non precisamente definiti in materia specifica, la presente direttiva lascia agli Stati membri il compito di definirli in conformità del diritto e/o delle prassi nazionali, come nel caso di altre direttive adottate in materia sociale che adoperano termini simili, a condizione che le definizioni rispettino il contenuto dell'accordo quadro;(17) considerando che la Commissione ha elaborato la sua proposta di direttiva del Consiglio, conformemente alle proprie comunicazioni del 14 dicembre 1993 sull'attuazione del protocollo sulla politica sociale e del 18 settembre 1996 sull'andamento e sul futuro del dialogo sociale a livello comunitario, tenendo conto del carattere rappresentativo delle parti contraenti e della legalità di ciascuna clausola dell'accordo quadro;(18) considerando che la Commissione ha elaborato la propria proposta di direttiva in ottemperanza all'articolo 2, paragrafo 2 dell'accordo sulla politica sociale, il quale prevede che la legislazione in campo sociale «evita d'imporre obblighi amministrativi, finanziari e giuridici tali da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese»;(19) considerando che la Commissione, in linea con la sua comunicazione del 14 dicembre 1993 riguardante l'attuazione del protocollo (n. 14) sulla politica sociale, ha informato il Parlamento europeo sottoponendogli il testo della sua proposta di direttiva contenente l'accordo quadro;(20) considerando che la Commissione ha inoltre informato il Comitato economico e sociale;(21) considerando che la clausola 6, paragrafo 1 dell'accordo quadro dispone che gli Stati membri e/o le parti sociali possono mantenere o introdurre disposizioni più favorevoli;(22) considerando che la clausola 6, paragrafo 2 dell'accordo quadro dispone che l'attuazione della presente direttiva non può giustificare alcun regresso rispetto alla situazione vigente in ciascuno Stato membro;(23) considerando che la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori riconosce l'importanza della lotta contro tutte le forme di discriminazione, in particolare quelle basate sul sesso, sul colore, sulla razza, sulle opinioni e sulle credenze;(24) considerando che l'articolo F, paragrafo 2 del trattato sull'Unione europea afferma che l'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario;(25) considerando che gli Stati membri possono affidare alle parti sociali, su loro richiesta congiunta, l'attuazione della presente direttiva a condizione che essi prendano tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di garantire i risultati prestabiliti dalla stessa;(26) considerando che l'attuazione dell'accordo quadro concorre alla realizzazione degli obiettivi di cui all'articolo 1 dell'accordo sulla politica sociale,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1 La presente direttiva è intesa ad attuare l'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso il 6 giugno 1997 tra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale (UNICE, CEEP e CES) riportato nell'allegato.Articolo 2 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi il 20 gennaio 2000 o procurano che entro tale data le parti sociali mettano in atto le disposizioni necessarie mediante accordi; gli Stati membri devono prendere tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di garantire i risultati prescritti dalla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Gli Stati membri possono fruire di un periodo supplementare non superiore ad un anno, ove sia necessario in considerazione di difficoltà particolari o dell'attuazione mediante contratto collettivo.Essi devono informare immediatamente la Commissione di tali circostanze.Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui al primo comma, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi hanno adottato o adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 3 La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 4 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 15 dicembre 1997.Per il ConsiglioIl presidenteJ.-C. JUNCKER(1) GU C 224 dell'8. 9. 1990, pag. 6.(2) GU C 305 del 5. 12. 1990, pag. 8.(3) GU C 224 dell'8. 9. 1990, pag. 4.(4) GU C 368 del 23. 12. 1994, pag. 6.ALLEGATO UNIONE DELLE CONFEDERAZIONI DELL'INDUSTRIA E DEI DATORI DI LAVORO DELL'EUROPA CONFEDERAZIONE EUROPEA DEI SINDACATI CENTRO EUROPEO DELLE IMPRESE A PARTECIPAZIONE STATALE ACCORDO QUADRO SUL LAVORO A TEMPO PARZIALE PreamboloIl presente accordo quadro è un contributo alla strategia globale europea per l'occupazione. Il lavoro a tempo parziale ha avuto, negli ultimi anni, importanti effetti sull'occupazione. Pertanto, le parti firmatarie del presente accordo hanno dedicato un'attenzione particolare a questa forma di lavoro. Le parti hanno intenzione di prendere in considerazione la necessità di ricercare accordi analoghi per altre forme di lavoro flessibili.Riconoscendo la diversità delle situazioni nei diversi Stati membri e riconoscendo che il lavoro a tempo parziale è caratteristico dell'occupazione in certi settori ed attività, il presente accordo enuncia principi generali e prescrizioni minime relative al part-time. Esso rappresenta la volontà delle parti sociali di definire un quadro generale per l'eliminazione delle discriminazioni nei confronti dei lavoratori a tempo parziale e per contribuire allo sviluppo delle possibilità di lavoro a tempo parziale, su basi che siano accettabili sia per i datori di lavoro, sia per i lavoratori.Il presente accordo riguarda le condizioni di lavoro dei lavoratori a tempo parziale, riconoscendo che le questioni relative ai regimi legali di sicurezza sociale rinviano alle decisioni degli Stati membri. Nel quadro del principio di non-discriminazione, le parti firmatarie hanno tenuto conto della dichiarazione sull'occupazione del Consiglio europeo di Dublino del dicembre 1996, dichiarazione nella quale il Consiglio sottolineava, tra l'altro, la necessità di rendere i sistemi di sicurezza sociale più favorevoli all'occupazione, sviluppando «sistemi di protezione sociale capaci di adattarsi ai nuovi modelli di lavoro e di offrire una tutela sociale appropriata alle persone assunte nel quadro di queste nuove forme di lavoro». Le parti firmatarie ritengono che tale dichiarazione debba essere resa operativa.La CES, l'UNICE e il CEEP chiedono alla Commissione di sottomettere il presente accordo quadro al Consiglio, affinché questi, mediante una decisione, renda vincolanti queste prescrizioni negli Stati membri che hanno aderito all'accordo sulla politica sociale annesso al protocollo sulla politica sociale annesso al trattato che istituisce la Comunità europea.Le parti firmatarie del presente accordo domandano che la Commissione, nella sua proposta finalizzata all'attuazione del presente accordo, chieda agli Stati membri che adottino le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla decisione del Consiglio al più tardi due anni dopo l'adozione della decisione o di assicurarsi (1) che le parti sociali mettano in essere le disposizioni necessarie attraverso un accordo prima della fine del periodo indicato. Gli Stati membri possono, per tener conto, se necessario, di difficoltà particolari o di un'attuazione mediante contratto collettivo, disporre al massimo di un anno supplementare per conformarsi alla presente disposizione.Senza pregiudizio per il ruolo dei tribunali nazionali e della Corte di giustizia, le parti firmatarie del presente accordo chiedono che ogni questione relativa all'interpretazione del presente accordo a livello europeo venga rimessa in primo luogo a loro da parte della Commissione perché possano fornire il loro parere.Considerazioni generali1. Visto l'accordo sulla politica sociale annesso al protocollo (n. 14) sulla politica sociale annesso al trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 3, paragrafo 4 e l'articolo 4, paragrafo 2;2. considerando che l'articolo 4, paragrafo 2 dell'accordo sulla politica sociale prevede che gli accordi conclusi a livello comunitario siano messi in atto, su richiesta congiunta delle parti firmatarie, attraverso una decisione del Consiglio su proposta della Commissione;3. considerando che la Commissione, nel suo secondo documento di consultazione sulla flessibilità dell'orario di lavoro e la sicurezza dei lavoratori ha annunciato la sua intenzione di proporre una misura comunitaria giuridicamente vincolante;4. considerando che le conclusioni del Consiglio europeo di Essen hanno sottolineato la necessità di promuovere l'occupazione e le pari opportunità tra donne e uomini e hanno auspicato l'assunzione di misure che abbiano come obiettivo un «aumento dell'intensità occupazionale della crescita, in particolare attraverso un'organizzazione del lavoro più flessibile che risponda tanto agli auspici dei lavoratori quanto alle esigenze della concorrenza»;5. considerando che le parti firmatarie del presente accordo attribuiscono importanza alle misure che facilitino l'accesso al tempo parziale per uomini e donne che si preparano alla pensione, che vogliono conciliare vita professionale e familiare e approfittare delle possibilità di istruzione e formazione per migliorare le loro competenze e le loro carriere, nell'interesse reciproco di datori di lavoro e lavoratori e secondo modalità che favoriscano lo sviluppo delle imprese;6. considerando che il presente accordo rinvia agli Stati membri e alle parti sociali la definizione delle modalità di applicazione di tali principi generali, delle prescrizioni minime e delle disposizioni ivi contenute, al fine di tener conto della situazione in ogni Stato membro;7. considerando che il presente accordo prende in conto la necessità di rispondere alle esigenze della politica sociale, di favorire la competitività dell'economia della Comunità e di evitare l'imposizione di vincoli amministrativi, finanziari e giuridici che impediscano la creazione e lo sviluppo delle piccole e medie imprese;8. considerando che le parti sociali si trovano nella posizione migliore per trovare soluzioni corrispondenti ai bisogni dei datori di lavoro e dei lavoratori e che, di conseguenza, deve essere loro assegnato un ruolo centrale nell'attuazione e nell'applicazione del presente accordo,LE PARTI FIRMATARIE HANNO CONCLUSO IL PRESENTE ACCORDO:Clausola 1: OggettoIl presente accordo quadro ha per oggetto:a) di assicurare la soppressione delle discriminazioni nei confronti dei lavoratori a tempo parziale e di migliorare la qualità del lavoro a tempo parziale;b) di facilitare lo sviluppo del lavoro a tempo parziale su base volontaria e di contribuire all'organizzazione flessibile dell'orario di lavoro in modo da tener conto dei bisogni degli imprenditori e dei lavoratori.Clausola 2: Campo di applicazione1. Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo parziale che hanno un contratto o un rapporto di lavoro definito per legge, contratto collettivo o in base alle prassi in vigore in ogni Stato membro.2. Gli Stati membri, dopo aver consultato le parti sociali conformemente alla legge, ai contratti collettivi o alle prassi nazionali, e/o le parti sociali a livello appropriato conformemente alle prassi nazionali relative alle relazioni industriali, possono, per ragioni obiettive, escludere totalmente o parzialmente dalle disposizioni del presente accordo i lavoratori a tempo parziale che lavorano su base occasionale. Queste esclusioni dovrebbero essere riesaminate periodicamente al fine di stabilire se le ragioni obiettive che le hanno determinate rimangono valide.Clausola 3: DefinizioniAi fini del presente accordo si intende per:1) «lavoratore a tempo parziale», il lavoratore il cui orario di lavoro normale, calcolato su base settimanale o in media su un periodo di impiego che può andare fino ad un anno, è inferiore a quello di un lavoratore a tempo pieno comparabile;2) «lavoratore a tempo pieno comparabile», il lavoratore a tempo pieno dello stesso stabilimento, che ha lo stesso tipo di contratto o di rapporto di lavoro e un lavoro/occupazione identico o simile, tenendo conto di altre considerazioni che possono includere l'anzianità e le qualifiche/competenze.Qualora non esistesse nessun lavoratore a tempo pieno comparabile nello stesso stabilimento, il paragone si effettuerebbe con riferimento al contratto collettivo applicabile o, in assenza di contratto collettivo applicabile, conformemente alla legge, ai contratti collettivi o alle prassi nazionali.Clausola 4: Principio di non-discriminazione1. Per quanto attiene alle condizioni di impiego, i lavoratori a tempo parziale non devono essere trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo pieno comparabili per il solo motivo di lavorare a tempo parziale, a meno che un trattamento differente sia giustificato da ragioni obiettive.2. Dove opportuno, si applica il principio «pro rata temporis».3. Le modalità di applicazione della presente clausola sono definite dagli Stati membri e/o dalle parti sociali, tenuto conto della legislazione europea e delle leggi, dei contratti collettivi e delle prassi nazionali.4. Quando ragioni obiettive lo giustificano, gli Stati membri, dopo aver consultato le parti sociali conformemente alla legge, ai contratti collettivi o alle prassi nazionali, e/o le parti sociali possono, se del caso, subordinare l'accesso a condizioni di impiego particolari ad un periodo di anzianità, ad una durata del lavoro o a condizioni salariali. I criteri di accesso dei lavoratori a tempo parziale a condizioni di impiego particolari dovrebbero essere riesaminati periodicamente tenendo conto del principio di non-discriminazione previsto alla clausola 4.1.Clausola 5: Possibilità di lavoro a tempo parziale1. Nel quadro della clausola 1 del presente accordo e del principio di non-discriminazione tra lavoratori a tempo parziale e lavoratori a tempo pieno:a) gli Stati membri, dopo aver consultato le parti sociali conformemente alla legge o alle prassi nazionali, dovrebbero identificare ed esaminare gli ostacoli di natura giuridica o amministrativa che possono limitare le possibilità di lavoro a tempo parziale e, se del caso, eliminarli;b) le parti sociali, agendo nel quadro delle loro competenze a delle procedure previste nei contratti collettivi, dovrebbero identificare ed esaminare gli ostacoli che possono limitare le possibilità di lavoro a tempo parziale e, se del caso, eliminarli.2. Il rifiuto di un lavoratore di essere trasferito da un lavoro a tempo pieno ad uno a tempo parziale, o viceversa, non dovrebbe, in quanto tale, costituire motivo valido per il licenziamento, senza pregiudizio per la possibilità di procedere, conformemente alle leggi, ai contratti collettivi e alle prassi nazionali, a licenziamenti per altre ragioni, come quelle che possono risultare da necessità di funzionamento dello stabilimento considerato.3. Per quanto possibile, i datori di lavoro dovrebbero prendere in considerazione:a) le domande di trasferimento dei lavoratori a tempo pieno ad un lavoro a tempo parziale che si renda disponibile nello stabilimento;b) le domande di trasferimento dei lavoratori a tempo parziale ad un lavoro a tempo pieno o di aumento dell'orario, se tale opportunità si presenta;c) la diffusione in tempo utile di informazioni sui posti a tempo parziale e a tempo pieno disponibili nello stabilimento, in modo da facilitare il trasferimento da un lavoro a tempo pieno ad uno a tempo parziale e viceversa;d) le misure finalizzate a facilitare l'accesso al lavoro a tempo parziale a tutti i livelli dell'impresa, ivi comprese le posizioni qualificate e con responsabilità direzionali, e nei casi appropriati, le misure finalizzate a facilitare l'accesso dei lavoratori a tempo parziale alla formazione professionale per favorire carriera e mobilità professionale;e) la diffusione, agli organismi esistenti rappresentanti i lavoratori, di informazioni adeguate sul lavoro a tempo parziale nell'impresa.Clausola 6: Disposizioni per l'attuazione1. Gli Stati membri e/o le parti sociali possono mantenere o introdurre disposizioni più favorevoli rispetto a quelle previste nel presente accordo.2. L'attuazione delle disposizioni del presente accordo non costituisce giustificazione valida per ridurre il livello generale di protezione dei lavoratori nell'ambito coperto dal presente accordo e ciò senza pregiudizio per il diritto degli Stati membri e/o le parti sociali di sviluppare, tenuto conto dell'evoluzione della situazione, disposizioni legislative, normative o contrattuali differenti, e senza pregiudizio per l'applicazione della clausola 5.1 purché il principio di non-discriminazione contemplato alla clausola 4.1 sia rispettato.3. Il presente accordo non reca pregiudizio al diritto delle parti sociali di concludere, a livello appropriato, ivi compreso il livello europeo, contratti che adattino e/o integrino le sue disposizioni in modo da tener conto dei bisogni specifici delle parti sociali interessate.4. Il presente accordo non reca pregiudizio alle disposizioni comunitarie più specifiche, in particolare a quelle relative alla parità di trattamento o alle pari opportunità uomo/donna.5. La prevenzione e la composizione di controversie e ricorsi che derivino dall'applicazione del presente accordo saranno affrontate conformemente alla legge, ai contratti collettivi e alle prassi nazionali.6. Se una delle parti ne fa richiesta, le parti firmatarie rivedranno il presente accordo cinque anni dopo la data della decisione del Consiglio.(1) Ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 4 dell'accordo sulla politica sociale del trattato che istituisce la Comunità europea.
Lavoro a tempo parziale QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Si propone di attuare l’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concordato tra datori di lavoro e sindacati (le parti sociali) dell’Unione europea (UE). L’accordo si propone di eliminare la discriminazione ingiustificata dei lavoratori a tempo parziale e di migliorare la qualità del lavoro a tempo parziale. Mira inoltre a contribuire allo sviluppo di lavoro a tempo parziale su base volontaria e consente ai dipendenti e ai datori di lavoro di organizzare l’orario di lavoro in modo da adattarsi alle esigenze di entrambe le parti. PUNTI CHIAVE A chi si applica? Si applica ai lavoratori a tempo parziale che hanno un contratto o un rapporto di lavoro definito per legge in ogni paese dell’UE. Chi lavora solo su base occasionale può essere escluso per ragioni oggettive, previa consultazione tra il paese dell’UE interessato e le sue parti sociali. Non discriminazione I lavoratori a tempo parziale non possono essere trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo pieno per il solo motivo di lavorare a tempo parziale, a meno che un trattamento differente sia giustificato da ragioni obiettive. Condizioni di impiego particolari possono essere subordinate ad un periodo di anzianità, ad una durata del lavoro o a condizioni salariali, a seguito di una consultazione tra i paesi dell’UE e le parti sociali. Accesso al lavoro a tempo parziale I paesi dell'UE e le parti sociali dovrebbero identificare, rivedere e, se del caso, eliminare qualsiasi ostacolo di natura giuridica o amministrativa che possa ridurre le possibilità di lavoro a tempo parziale. Il rifiuto di un lavoratore di essere trasferito da un lavoro a tempo pieno ad uno a tempo parziale o viceversa non dovrebbe costituire motivo valido per il suo licenziamento. Il ruolo dei datori di lavoro I datori di lavoro dovrebbero prendere in considerazione interamente: le domande di trasferimento dei lavoratori a tempo pieno ad un lavoro a tempo parziale che si renda disponibile; le domande di trasferimento dei lavoratori a tempo parziale ad un lavoro a tempo pieno o di aumento dell’orario, se tale opportunità si presenta; la diffusione in tempo utile di informazioni sui posti a tempo parziale e a tempo pieno; le misure finalizzate a facilitare l’accesso al lavoro a tempo parziale a tutti i livelli dell’impresa; la diffusione, agli organismi esistenti rappresentanti i lavoratori, di informazioni adeguate sul lavoro a tempo parziale nell’impresa. Attuazione I paesi dell’UE o le parti sociali possono introdurre norme più favorevoli di quelle previste nell’accordo. Tuttavia, l’attuazione dell’accordo non è un motivo valido per ridurre il livello generale di tutela offerto ai lavoratori a tempo parziale. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? E in vigore dal 20 gennaio 1998. I paesi dell'UE dovevano integrarla nel diritto nazionale entro il 20 gennaio 2000. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare la pagina relativa alle condizioni di lavoro e al avoro a tempo parziale sul sito Internet della Commissione europea. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 97/81/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1997, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES - Allegato: Accordo quadro sul lavoro a tempo parziale (GU L 14 del 20.1.1998, pag. 9-14) Modifiche successive alla direttiva 97/81/CE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. DOCUMENTI COLLEGATI Misure nazionali di attuazione Relazione dei servizi della Commissione sull’attuazione della direttiva 97/81/CE del Consiglio, del 17 dicembre 1997, relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES, 21.1.2003 Questa relazione è integrata da due studi: Relazione della Commissione - Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES (Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Slovacchia e Slovenia) (2007) Relazioni (sintesi esecutive) sull’attuazione della direttiva 1997/81/CE in Bulgaria e in Romania (2009)
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DECISIONE DELLA COMMISSIONE del 16 giugno 2008 relativa alla creazione di un comitato consultivo per le pari opportunità tra donne e uomini (Versione codificata) (2008/590/CE) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, considerando quanto segue: (1) La decisione 82/43/CEE della Commissione, del 9 dicembre 1981, relativa alla creazione di un comitato consultivo per l’uguaglianza delle possibilità tra le donne e gli uomini (1), è stata modificata in modo sostanziale e a più riprese (2). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale decisione. (2) La parità tra donne e uomini è un elemento irrinunciabile della dignità umana e della democrazia e costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario, delle costituzioni e delle leggi degli Stati membri, nonché delle convenzioni internazionali ed europee. (3) L’attuazione pratica del principio di parità di trattamento tra donne e uomini deve essere stimolata da una migliore collaborazione e da scambi di opinioni e di esperienze tra gli organi che negli Stati membri sono preposti alla promozione delle pari opportunità e la Commissione. (4) La piena attuazione pratica delle direttive, delle raccomandazioni e delle risoluzioni adottate dal Consiglio nel campo delle pari opportunità può essere considerevolmente accelerata mediante il contributo di organi nazionali che dispongano di una rete di informazioni specifiche. (5) L’elaborazione e l’applicazione di misure comunitarie in materia di lavoro delle donne, il miglioramento della situazione delle donne che esercitano attività autonome e agricole e la promozione delle pari opportunità richiedono una stretta collaborazione con gli organi specializzati negli Stati membri. (6) Pertanto è necessario un quadro istituzionalizzato al fine di avere regolari consultazioni con detti organi, DECIDE: Articolo 1 Presso la Commissione è istituito un comitato consultivo per le pari opportunità tra donne e uomini, in appresso denominato il «comitato». Articolo 2 1. Il comitato ha il compito di assistere la Commissione nell’elaborazione e nell’attuazione delle azioni della Comunità intese a promuovere le pari opportunità tra donne e uomini e di favorire lo scambio permanente di esperienze, politiche e prassi pertinenti in materia tra gli Stati membri e tra i vari attori interessati. 2. Per conseguire gli obiettivi di cui al paragrafo 1 il comitato: a) assiste la Commissione nell’elaborazione di strumenti di controllo, di valutazione e di diffusione dei risultati delle misure adottate a livello comunitario per promuovere le pari opportunità; b) contribuisce all’attuazione dei programmi di azione comunitaria in materia, segnatamente procedendo all’esame dei loro risultati e proponendo miglioramenti delle misure adottate; c) contribuisce grazie ai suoi pareri all’elaborazione della relazione annuale della Commissione sui progressi realizzati in materia di pari opportunità tra donne e uomini; d) stimola lo scambio di informazioni sulle misure adottate a tutti i livelli per promuovere le pari opportunità e, se del caso, presenta proposte sul seguito che potrebbe essere dato a dette misure; e) emette pareri o invia relazioni alla Commissione, sia su richiesta di quest’ultima, sia di propria iniziativa, su tutti i problemi pertinenti riguardanti la promozione delle pari opportunità nella Comunità. 3. Le modalità di diffusione dei pareri e delle relazioni del comitato sono determinate di concerto con la Commissione. Essi possono essere oggetto di una pubblicazione sotto forma di allegato alla relazione annuale della Commissione sulle pari opportunità tra uomini e donne. Articolo 3 1. Il comitato è composto da 68 membri: a) un (una) rappresentante per Stato membro dei ministeri o servizi governativi incaricati a livello nazionale di promuovere le pari opportunità tra donne e uomini; questo (questa) rappresentante è designato(a) dal governo di ciascuno Stato membro; b) un (una) rappresentante per Stato membro dei comitati od organismi nazionali creati da un atto ufficiale e incaricati specificamente delle pari opportunità tra donne e uomini a titolo di rappresentanza dei settori interessati. Qualora in uno Stato membro esistano più comitati od organismi che si occupano di questi problemi, la Commissione determina l’organismo che con i suoi obiettivi, la sua struttura, la sua rappresentatività e il suo grado di indipendenza ha la maggiore vocazione a essere rappresentato nel comitato; la partecipazione degli Stati membri che non dispongono di tali comitati verrà esercitata da persone rappresentanti organismi considerati dalla Commissione come esercitanti missioni analoghe. Questo (questa) rappresentante è nominato(a) dalla Commissione su proposta del comitato od organismo nazionale pertinente; c) sette membri rappresentanti le organizzazioni dei datori di lavoro a livello comunitario; d) sette membri rappresentanti le organizzazioni dei lavoratori a livello comunitario. Questi (queste) rappresentanti sono nominati(e) dalla Commissione su proposta delle parti sociali a livello comunitario. 2. Alle riunioni del comitato partecipano in veste di osservatori due rappresentanti della lobby europea delle donne. 3. Possono essere ammessi in veste di osservatori i rappresentanti di organizzazioni internazionali, professionali o associative che ne facciano domanda, debitamente motivata, alla Commissione. Articolo 4 Per ciascuno dei membri del comitato si procede, nelle stesse condizioni stabilite all’articolo 3, alla nomina di un (una) supplente. Fatto salvo l’articolo 7, il (la) supplente non assiste alle riunioni del comitato e non partecipa ai suoi lavori, se non in caso di impedimento del membro che sostituisce. Articolo 5 Il mandato di membro del comitato ha una durata di tre anni. Esso è rinnovabile. Allo scadere dei tre anni, i membri del comitato restano in funzione finché non si sia provveduto alla loro sostituzione o al rinnovo del loro mandato. Il mandato di un membro cessa prima dello scadere dei tre anni o per dimissioni o per cessazione delle attività presso l’organismo che rappresenta o in seguito a decesso. Si può altresì mettere fine al mandato di un membro quando l’organismo che ha presentato la sua candidatura ne chiede la sostituzione. Egli è sostituito per la durata del mandato ancora in corso secondo la procedura di cui all’articolo 4. Le funzioni esercitate non formano oggetto di retribuzione; le spese di viaggio e di soggiorno per le riunioni del comitato e per i gruppi di lavoro istituiti secondo l’articolo 8 sono a carico della Commissione in applicazione delle vigenti norme amministrative. Articolo 6 Il comitato è presieduto da un (una) presidente eletto(a) tra i membri provenienti dagli Stati membri e designati in conformità dell’articolo 3, paragrafo 3, lettere a) e b). Il suo mandato ha la durata di un anno. L’elezione ha luogo a maggioranza dei due terzi dei membri presenti; tuttavia è richiesta a favore almeno la metà del totale dei voti. Due vicepresidenti saranno eletti(e) con la stessa maggioranza e alle stesse condizioni. Essi (esse) hanno il compito di sostituire il (la) presidente in caso di impedimento. I (le) presidenti e vicepresidenti devono provenire da Stati membri diversi. Essi (esse) costituiscono l’ufficio di presidenza del comitato che si riunisce prima di ciascuna riunione del comitato stesso. L’organizzazione del lavoro del comitato è effettuata dalla Commissione in stretto collegamento con il (la) presidente. L’ordine del giorno delle riunioni del comitato è fissato dalla Commissione di concerto con il (la) presidente. Il segretariato del comitato è svolto dall’unità della Commissione competente per le pari opportunità tra donne e uomini. Il resoconto delle riunioni del comitato è redatto dai servizi della Commissione e sottoposto per approvazione al comitato. Articolo 7 Il (la) presidente può invitare a partecipare ai lavori del comitato, in qualità di esperto, qualsiasi persona avente particolare competenza su un argomento iscritto all’ordine del giorno. Gli esperti partecipano ai lavori esclusivamente per il punto che ne ha motivato la presenza. Articolo 8 1. Il comitato può costituire gruppi di lavoro. 2. Per elaborare i suoi pareri, il comitato può chiedere rapporti a un relatore o esperto esterno, secondo modalità da determinare. 3. Uno o più membri del comitato possono partecipare in veste di osservatori alle attività di altri comitati consultivi della Commissione e informarne il comitato. Articolo 9 Le misure prese in applicazione degli articoli 7 e 8, aventi implicazione finanziaria per il bilancio delle Comunità europee, sono soggette all’accordo preliminare della Commissione e devono essere attuate secondo le vigenti norme amministrative. Articolo 10 Il comitato si riunisce nella sede della Commissione su convocazione di quest’ultima. Esso terrà almeno due riunioni all’anno. Articolo 11 Le deliberazioni del comitato vertono sulle domande di parere formulate dalla Commissione o sui pareri che il comitato formula di propria iniziativa. Esse non sono seguite da votazione. Nel chiedere il parere del comitato, la Commissione ha facoltà di fissare il termine entro il quale il parere dovrà essere espresso. Le prese di posizione di ciascuna delle categorie rappresentate figurano in un resoconto delle deliberazioni trasmesso alla Commissione. Qualora il parere richiesto sia espresso all’unanimità dal comitato, questo redige conclusioni comuni che vengono allegate al resoconto. Articolo 12 Fatto salvo l’articolo 287 del trattato, i membri del comitato sono tenuti a non divulgare le informazioni di cui hanno avuto conoscenza tramite i lavori del comitato o dei gruppi di lavoro, qualora la Commissione comunichi loro che un parere o una domanda verte su una materia avente carattere riservato. In tal caso, assistono alle sedute unicamente i membri del comitato e i rappresentanti della Commissione. Articolo 13 La decisione 82/43/CEE è abrogata. I riferimenti alla decisione abrogata si intendono fatti alla presente decisione e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell’allegato II. Fatto a Bruxelles, il 16 giugno 2008. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 20 del 28.1.1982, pag. 35. Decisione modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 1792/06 (GU L 362 del 20.12.2006, pag. 1). (2) Cfr. allegato I. ALLEGATO I Decisione abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive Decisione 82/43/CEE della Commissione (GU L 20 del 28.1.1982, pag. 35) Punto VIII.12 dell’allegato I dell’atto di adesione del 1985 (GU L 302 del 15.11.1985, pag. 209) Punto IV.C dell’allegato I dell’atto di adesione del 1994 (GU C 241 del 29.8.1994, pag. 115) Decisione 95/420/CE della Commissione (GU L 249 del 17.10.1995, pag. 43) Punto 11.4 dell’allegato II dell’atto di adesione del 2003 (GU L 236 del 23.9.2003, pag. 585) Regolamento (CE) n. 1792/2006 della Commissione (GU L 362 del 20.12.2006, pag. 1) Limitatamente al riferimento alla decisione 82/43/CEE fatto nel sesto trattino dell’articolo 1, paragrafo 2 e all’allegato punto 9.1. ALLEGATO II Tavola di concordanza Decisione 82/43/CEE Presente decisione Articoli 1 e 2 Articoli 1 e 2 Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera a) Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera a) Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera b) Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera b) Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera c), primo trattino Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera c) Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera c), secondo trattino Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera d) Articolo 3, paragrafo 1, secondo comma Articolo 3, paragrafo 1, secondo comma Articolo 3, paragrafi 2 e 3 Articolo 3, paragrafi 2 e 3 Articolo 4, prima frase Articolo 4, primo comma Articolo 4, seconda frase Articolo 4, secondo comma Articoli da 5 a 12 Articoli da 5 a 12 Articolo 13 — — Articolo 13 — Allegato I — Allegato II
Comitato consultivo per le pari opportunità tra donne e uomini SINTESI CHE COSA FA QUESTA DECISIONE? Istituisce un comitato volto a garantire consultazioni e scambi regolari tra gli enti e le istituzioni che promuovono le pari opportunità tra donne e uomini dei paesi dell'UE. PUNTI CHIAVE Il comitato consultivo per le pari opportunità tra donne e uomini ha lo scopo di aiutare la Commissione europea a formulare e attuare misure volte a promuovere le pari opportunità tra donne e uomini. Esso svolge tale compito incoraggiando lo scambio di esperienze, politiche e prassi pertinenti in materia tra i paesi dell'UE e le varie parti interessate. Il comitato è composto di 70 membri con un mandato rinnovabile di durata triennale, fra i quali: un rappresentante di ciascun paese dell'UE di un ministero o servizio governativo incaricato di promuovere le pari opportunità, nominato dal proprio governo; un rappresentante di ciascun paese dell'UE nominato dalla Commissione e scelto fra i membri di un comitato o organismo nazionale incaricato delle pari opportunità, su proposta dell'organizzazione interessata; sette membri rappresentanti le organizzazioni dei datori di lavoro a livello comunitario; sette membri rappresentanti le organizzazioni dei lavoratori a livello comunitario. La lobby europea delle donne è rappresentata alle riunioni del comitato da due membri in veste di osservatori. Possono essere ammessi in veste di osservatori i rappresentanti di organizzazioni internazionali, professionali o associative che ne facciano domanda, debitamente motivata, alla Commissione. Il comitato è presieduto da un presidente e da due vicepresidenti eletti tra i suoi membri; il loro mandato ha la durata di un anno. Il presidente può invitare a partecipare ai lavori del comitato, in qualità di esperto, qualsiasi persona avente particolare competenza su un argomento iscritto all'ordine del giorno. Il comitato si riunisce nella sede della Commissione su convocazione di quest'ultima e tiene almeno due riunioni all'anno. Le discussioni del comitato si basano sulle domande di parere formulate dalla Commissione e sui pareri che il comitato formula di propria iniziativa. Non sono seguite da votazione. CONTESTO La decisione 2008/590/CE della Commissione codifica e abroga la decisione 82/43/CEE, che originariamente istituiva un comitato consultivo per le pari opportunità tra donne e uomini e che è stata modificata varie volte. Per maggiori informazioni, si veda la pagina sulla Parità di genere sul sito Internet della Commissione europea. ATTO Decisione 2008/590/CE della Commissione, del 16 giugno 2008, relativa alla creazione di un comitato consultivo per le pari opportunità tra donne e uomini (versione codificata) (GU L 190 del 18.7.2008, pag. 17-21) Le successive modifiche alla decisione 2008/590/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
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Accordo quadro di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee ed il Regno di Norvegia Gazzetta ufficiale n. L 078 del 24/03/1986 pag. 0027 - 0028 *****ACCORDO QUADRO di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee ed il Regno di Norvegia IL GOVERNO NORVEGESE, che agisce a nome del Regno di Norvegia, in seguito denominato « Norvegia », da un lato, IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, che agisce a nome della Comunità economica europea e LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, che agisce a nome della Comunità europea dell'energia atomica, dall'altro, considerando che, fatte salve le disposizioni pertinenti dei trattati che istituiscono le Comunità europee, il presente accordo quadro e qualsiasi azione avviata ai sensi di detto accordo non pregiudicheranno in alcun modo i poteri che spettano agli stati membri delle Comunità di avviare attività bilaterali con la Norvegia nei settori della scienza, della tecnologia, della ricerca e dello sviluppo e di concludere eventuali accordi a tal fine; considerando l'importanza della ricerca scientifica e tecnica per la Norvegia e le Comunità ed il loro interesse reciproco a cooperare in detto settore, per meglio utilizzare le risorse impiegate ed evitare inutili doppioni; considerando che in occasione della riunione di Lussemburgo del 9 aprile 1984 i ministri degli stati membri delle Comunità, i ministri degli stati membri dell'associazione europea di libera scambio (EFTA) e la Commissione hanno ritenuto che la sempre crescente interdipendenza economica tra le Comunità ed i paesi dell'EFTA giustificassero in particolare una cooperazione nel settore della ricerca e dello sviluppo ed hanno sottolineato la necessità di intensificare tali sforzi, in particolare per promuovere la mobilità dei ricercatori; che i ministri hanno peraltro auspicato che una particolare attenzione fosse riservata a determinati settori industriali e tecnologici d'avvenire; considerando che la Norvegia e la Comunità cooperano nell'ambito di differenti programmi di ricerca e nell'ambito di azioni comunitarie; considerando che la Norvegia e la Comunità economica europea hanno concluso, il 19 settembre 1985, un accordo di cooperazione relativo ad un programma di ricerca e sviluppo nel settore dei metalli e delle sostanze minerali; considerando che la Comunità economica europea e l'Ente nazionale per la ricerca e le librerie speciali in Norvegia hanno concluso il 19 dicembre 1984 un accordo di cooperazione sull'interconnessione della rete comunitaria per la trasmissione dati (DIANE) e la rete dati norvegese a fini di ricerca informazioni; considerando che la Norvegia e la Comunità economica europea cooperano anche nel quadro della cooperazione europea per la ricerca scientifica e tecnica (COST) e che esse intendono proseguire i propri sforzi in tale contesto; considerando che la Norvegia e la Comunità realizzano attualmente importanti programmi di ricerca in settori prioritari e che gli obiettivi di tali programmi coincidono in larga misura; considerando che la Norvegia e la Comunità sono interessate a cooperare nel quadro di un grande numero di questi programmi; considerando che a tal fine è auspicabile stabilire un quadro che comprenda la totalità della cooperazione tra la Norvegia e le Comunità nel settore della ricerca e che permetta di associare a detta cooperazione enti ed imprese private; che inoltre tale accordo quadro deve prevedere procedure semplici ed efficaci e rivestire un carattere dinamico, HANNO CONVENUTO LE DISPOSIZIONI SEGUENTI: A. Obiettivo dell'accordo Articolo 1 Il presente accordo definisce il quadro per lo sviluppo della cooperazione scientifica e tecnica tra la Norvegia e le Comunità nei settori di interesse comune oggetto di programmi di ricerca e sviluppo comunitari e norvegesi. Articolo 2 La cooperazione può essere realizzate tramite enti ed imprese, pubblici o privati, che partecipano in Norvegia e nelle Comunità ai programmi di ricerca di cui all'arti- colo 1. Articolo 3 La cooperazione tra la Norvegia e le Comunità deve basarsi su progetti e programmi concreti. Essa può assumere le forme seguenti: - regolari scambi di opinioni sugli orientamenti e le priorità della politica di ricerca in Norvegia e nelle Comunità e sulla pianificazione di detta politica, - scambi di opinioni sulle prospettive e sullo sviluppo della cooperazione, - trasmissione di informazioni risultanti dalla cooperazione instaurata nel presente accordo, - coordinamento di programmi e progetti realizzati in Norvegia e nelle Comunità, - partecipazione a programmi o sottoprogrammi comuni e realizzazione di azioni comuni in Norvegia e nelle Comunità. Articolo 4 La cooperazione può essere attuata con i mezzi seguenti: - riunioni comuni, - visite e scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici, - contatti regolari e continui tra i responsabili dei programmi o progetti, - partecipazione di esperti ai seminari, simposi e gruppi di lavoro, - partecipazione a programmi o sottoprogrammi comuni ad azioni comuni, - messa a disposizione di documenti e comunicazione dei risultati dei lavori avviati nell'ambito della cooperazione. Articolo 5 Le parti contraenti possono, in qualsiasi momento, di comune accordo adattare e sviluppare la cooperazione. B. Realizzazione della cooperazione Articolo 6 La cooperazione di cui al presente accordo è realizzata attraverso accordi opportuni. Articolo 7 Gli accordi di cui all'articolo 6 specificheranno le forme ed i mezzi delle azioni di cooperazione, nonché: - gli obiettivi e il contenuto scientifico e tecnico, - le norme relative alla diffusione delle conoscenze e alla proprietà intellettuale, - le disposizioni relative alla mobilità del personale ed alla partecipazione di rappresentanti di una parte contraente agli enti dell'altra parte, - le modalità di partecipazione finanziaria agli accordi, - ogni altra opportuna modalità. Articolo 8 Gli accordi di cui all'articolo 6 saranno conclusi conformemente alle procedure in vigore per le parti contraenti. Articolo 9 Le parti si comunicano il nome degli enti e delle imprese previsti all'articolo 2, che partecipano alla cooperazione. C. Comitato misto Articolo 10 È istituito un comitato misto, denominato « Comitato di ricerca Norvegia/Comunità », incaricato di: - identificare i settori che possono prestarsi alla cooperazione ed esaminare qualsiasi misura tale da migliorare e sviluppare la cooperazione, - avere scambi regolari di opinioni sugli orientamenti e sulle priorità delle politiche in materia di ricerca, nonché sulla pianificazione della ricerca in Norvegia e nelle Comunità e sulle prospettive della cooperazione, - curare la buona esecuzione del presente accordo. Articolo 11 Il comitato misto composto da rappresentanti della Commissione e della Norvegia adotta il proprio regolamento interno. Esso si riunisce su richiesta di una parte contraente ed almeno una volta all'anno. D. Comunità europea del carbone e dell'acciaio Articolo 12 Un protocollo separato può essere concluso tra la Comunità europea del carbone e dell'acciaio ed i suoi stati membri, da un lato, e il Regno di Norvegia, dall'altro, qualora si constati un reciproco interesse alla cooperazione nei settori oggetto del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio. E. Disposizioni finali Articolo 13 Il presente accordo sarà approvato dalle parti contraenti, nell'ambito delle procedure in vigore per ciascuna parte contraente. Esso entrerà in vigore alla data in cui le parti contraenti si saranno notificate l'espletamento delle procedure necessarie a tal fine. Articolo 14 Il presente accodo si applica, da un lato, ai territori in cui è applicabile il trattato che istituisce la Comunità economica europea, alle condizioni in esso previste e, dall'altro, al territorio del Regno di Norvegia. Articolo 15 Il presente accordo ha una durata illimitata. Ogni parte contraente può in qualsiasi momento denunciarlo o richiederne la revisione con un preavviso di dodici mesi. Articolo 16 Il presente accordo è redatto in duplice copia in lingua danese, francese, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, tedesca e norvegese, ciascun testo facente egualmente fede. Per il Consiglio e la Commissione delle Comunità europee Per il Regno di Norvegia
Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE, Euratom e la Norvegia QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI? L’accordo stabilisce un quadro formale per lo sviluppo della cooperazione scientifica e tecnologica tra la Norvegia e le Comunità europee (oggi Unione europea (UE) ed Euratom) in settori di interesse comune che sono oggetto di programmi di ricerca e sviluppo. Con la sua decisione 86/88/CEE, Euratom, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo per conto dell’UE e di Euratom. Con la decisione 97/183/Euratom, la Commissione europea ha approvato la conclusione definitiva dell’accordo a nome della Comunità europea dell’energia atomica (Euratom). PUNTI CHIAVE Cooperazione La cooperazione può assumere le seguenti forme:regolari scambi di opinioni sulla direzione e le priorità delle politiche e della pianificazione della ricerca in Norvegia, nell’UE e nell’Euratom; scambi di opinioni sulle prospettive e sullo sviluppo della cooperazione; la trasmissione delle informazioni derivanti dalla cooperazione ai sensi del presente accordo; coordinamento di programmi e progetti realizzati in Norvegia e nell’UE (UE ed Euratom); la partecipazione a programmi o sottoprogrammi comuni e la realizzazione di azioni comuni tra la Norvegia e l’UE e l’Euratom.Attività La cooperazione può essere attuata nei seguenti modi:riunioni congiunte; visite e scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici; contatti regolari tra i pianificatori di programmi o progetti e i rispettivi responsabili; partecipazione di esperti a seminari, simposi e laboratori; partecipazione a programmi o sottoprogrammi comuni e azioni comuni; disponibilità di documenti e comunicazione dei risultati del lavoro svolto nel contesto della cooperazione. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 17 luglio 1987 per un periodo indeterminato. Può essere revocato e riesaminato in qualsiasi momento da entrambe le parti con un preavviso scritto di 12 mesi. CONTESTO Le relazioni tra l’UE e la Norvegia sono disciplinate principalmente dall’Accordo sullo Spazio economico europeo, che ha creato una zona di libera circolazione di persone, servizi, beni e capitali che comprende i paesi dell’UE, l’Islanda, il Liechtenstein e la Norvegia. Per ulteriori informazioni, si consulti:La Norvegia e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna). DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo quadro di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee ed il Regno di Norvegia (GU L 78 del 24.3.1986, pag. 27). Decisione 86/88/CE del Consiglio, del 10 marzo 1986, relativa alla conclusione dell’accordo quadro di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee ed il Regno di Norvegia (GU L 78 del 24.3.1986, pag. 26). Decisione 87/183/Euratom della Commissione, del 9 marzo 1987, concernente la conclusione definitiva, a nome della Comunità europea dell’energia atomica, degli accordi di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee ed il Regno di Svezia, la Confederazione svizzera, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Norvegia e la Repubblica d’Austria (GU L 71 del 14.3.1987, pag. 36).
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Direttiva 2001/111/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, relativa a determinati tipi di zucchero destinati all'alimentazione umana Gazzetta ufficiale n. L 010 del 12/01/2002 pag. 0053 - 0057 Direttiva 2001/111/CE del Consigliodel 20 dicembre 2001relativa a determinati tipi di zucchero destinati all'alimentazione umanaIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),visto il parere del Comitato economico e sociale(3),considerando quanto segue:(1) Occorre semplificare talune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari per tener conto soltanto dei requisiti essenziali ai quali i prodotti contemplati da tali direttive devono conformarsi, affinché essi possano circolare liberamente nel mercato interno, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Edimburgo dell'11-12 dicembre 1992, confermate dal Consiglio europeo di Bruxelles del 10-11 dicembre 1993.(2) La direttiva 73/437/CEE del Consiglio, dell'11 dicembre 1973, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti determinati tipi di zucchero destinati all'alimentazione umana(4), è stata motivata dal fatto che talune disparità tra le legislazioni nazionali relative a determinati tipi di zucchero potevano creare condizioni di concorrenza sleale, con la conseguenza di trarre in inganno il consumatore, e avevano quindi un'incidenza diretta sull'instaurazione e il funzionamento del mercato comune.(3) Con la direttiva 73/437/CEE si è mirato a fissare definizioni e norme comuni per le caratteristiche di fabbricazione, il confezionamento e l'etichettatura di detti prodotti, al fine di garantirne la libera circolazione all'interno della Comunità.(4) La Commissione prevede di proporre quanto prima e, in ogni caso, entro il 1o luglio 2000, l'inserimento nella direttiva 80/232/CEE del Consiglio, del 15 gennaio 1980, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla gamma di quantità nominali e capacità nominali ammesse per taluni prodotti in imballaggi preconfezionati(5) di una gamma di pesi nominali dei prodotti definiti dalla presente direttiva.(5) È opportuno procedere alla sostituzione della direttiva 73/437/CEE al fine di rendere più accessibili le norme relative alle condizioni di fabbricazione e commercializzazione di alcuni tipi di zucchero destinati all'alimentazione umana e, inoltre, al fine di adeguarla alla legislazione comunitaria generale applicabile a tutti i prodotti alimentari e, in particolare, a quella relativa all'etichettatura, ai coloranti e agli altri additivi autorizzati, ai solventi di estrazione e ai metodi di analisi.(6) Le regole generali sull'etichettatura dei prodotti alimentari, enunciate dalla direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio(6), dovrebbero applicarsi fatte salve talune condizioni.(7) Conformemente ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità definiti dall'articolo 5 del trattato, l'obiettivo di stabilire definizioni e regole comuni per i prodotti interessati e di allineare le disposizioni alla normativa comunitaria sui prodotti alimentari non può essere sufficientemente realizzato dagli Stati membri e può dunque, data la natura della direttiva, essere realizzato meglio a livello comunitario. la presente direttiva non va al di là di quanto è necessario per il raggiungimento di tale obiettivo.(8) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate in base alla decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(7).(9) Per evitare che si creino nuovi ostacoli alla libera circolazione, occorre che gli Stati membri non adottino, per i prodotti indicati, disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1La presente direttiva si applica ai prodotti definiti nella parte A dell'allegato.Essa non si applica ai prodotti definiti nella parte A dell'allegato, qualora si tratti di zucchero impalpabile, zucchero candito e di zucchero in pani.Articolo 2La direttiva 2000/13/CE si applica ai prodotti definiti nella parte A dell'allegato, in base alle seguenti condizioni e deroghe:1) Fatto salvo il punto 5, le denominazioni di cui alla parte A dell'allegato sono riservate ai prodotti in esso definiti e sono utilizzate nel commercio per designarli.La denominazione di cui alla parte A, punto 2, dell'allegato può essere altresì utilizzata per designare il prodotto di cui alla parte A, punto 3, dello stesso.Tuttavia:- i prodotti definiti nella parte A dell'allegato possono recare, oltre alla denominazione obbligatoria, specificazioni abituali esistenti nei vari Stati membri,- queste denominazioni possono anche essere utilizzate in denominazioni elaborate per designare, conformemente all'uso, altri prodotti,a condizione che le stesse non siano tali da indurre in errore il consumatore.2) Per i prodotti preimballati di peso inferiore a 20 g, non occorre indicare il peso netto nell'etichettatura.3) L'etichettatura indica i contenuti di sostanza secca e di zucchero invertito per lo zucchero liquido, lo zucchero liquido invertito e lo sciroppo di zucchero invertito.4) L'etichettatura reca l'aggettivo "cristallizzato" per lo sciroppo di zucchero invertito che contiene cristalli nella soluzione.5) Qualora i prodotti di cui ai punti 7 e 8 dell'allegato, parte A, contengano fruttosio in quantità superiore al 5 % in rapporto alla sostanza secca, nel rispetto della loro denominazione e in quanto ingredienti, essi sono etichettati rispettivamente come "sciroppo di glucosio-fruttosio" o "sciroppo di fruttosio-glucosio", e "sciroppo disidratato di glucosio-fruttosio" o "sciroppo disidratato di fruttosio-glucosio" a seconda che prevalga la componente glucosio o fruttosio.Articolo 3Per i prodotti di cui alla presente direttiva, gli Stati membri non adottano disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva.Articolo 4Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva concernenti i punti citati in seguito sono adottate conformemente alla procedura di regolamentazione di cui all'articolo 5, paragrafo 2:- gli adeguamenti della presente direttiva alle disposizioni comunitarie generali in materia di prodotti alimentari,- gli adeguamenti al progresso tecnico.Articolo 51. La Commissione è assistita da un comitato permanente per i prodotti alimentari (in prosieguo: "il comitato") istituito dall'articolo 1 della decisione 69/414/CEE(8).2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il Comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 6La direttiva 73/437/CEE è abrogata a decorrere dal 12 luglio 2003.I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva.Articolo 7Gli Stati membri mettono in vigore entro il 12 luglio 2003 le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative per conformarsi alla presente direttiva e ne informano immediatamente la Commissione.Dette disposizioni sono applicate in modo da:- autorizzare l'immissione in commercio dei prodotti di cui alla parte A dell'allegato, se conformi alle definizioni e alle norme previste dalla presente direttiva, a decorrere dal 12 luglio 2003,- vietare l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva a decorrere dal 12 luglio 2004.Tuttavia l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva ma etichettati entro il 12 luglio 2004, in conformità della direttiva 73/437/CEE, è autorizzata fino ad esaurimento delle scorte.Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui sopra, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di siffatto riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.Articolo 8La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 9Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteC. Picqué(1) GU C 231 del 9.8.1996, pag. 6.(2) GU C 279 dell'1.10.1999, pag. 90.(3) GU C 56 del 24.2.1997, pag. 20.(4) GU L 356 del 27.12.1973, pag. 71. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1985.(5) GU L 51 del 25.2.1980, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 87/356/CEE (GU L 192 dell'11.7.1987, pag. 48).(6) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29.(7) GU L 184 del 7.7.1999, pag. 23.(8) GU L 291 del 19.11.1969, pag. 9.ALLEGATOA. DENOMINAZIONE E DEFINIZIONE DEI PRODOTTI1. Zucchero di fabbricaIl saccarosio depurato e cristallizzato, di qualità sana, leale e mercantile, rispondente alle caratteristiche seguenti:>SPAZIO PER TABELLA>2. Zucchero o zucchero biancoIl saccarosio depurato e cristallizzato, di qualità sana, leale e mercantile, rispondente alle caratteristiche seguenti:>SPAZIO PER TABELLA>3. Zucchero raffinato o zucchero bianco raffinatoIl prodotto rispondente alle caratteristiche di cui al punto 2, lettere a), b) e c) e il cui numero totale di punti, determinato conformemente alle disposizioni della parte B, non supera 8 né:- 4, per il tipo di colore- 6, per il contenuto di ceneri- 3, per la colorazione della soluzione.4. Zucchero liquido(1)La soluzione acquosa di saccarosio rispondente alle caratteristiche seguenti:>SPAZIO PER TABELLA>5. Zucchero liquido invertito(2)La soluzione acquosa di saccarosio parzialmente invertito mediante idrolisi, nella quale la proporzione di zucchero invertito non è preponderante e che risponde alle caratteristiche seguenti:>SPAZIO PER TABELLA>6. Sciroppo di zucchero invertito(3)La soluzione acquosa, eventualmente cristallizzata, di saccarosio parzialmente invertito mediante idrolisi, nella quale il tenore di zucchero invertito (quoziente del fruttosio per il destrosio: 1+/-0,1) deve essere superiore al 50 % in peso in rapporto alla sostanza secca e che soddisfa inoltre i requisiti di cui al punto 5, lettere a) e c).7. Sciroppo di glucosioLa soluzione acquosa depurata e concentrata di saccaridi alimentari, ottenuta da amido/fecola e/o da inulina e che risponde alle caratteristiche seguenti:>SPAZIO PER TABELLA>8. Sciroppo di glucosio disidratatoLo sciroppo di glucosio parzialmente essiccato con un tenore minimo di sostanza secca del 93 % in peso e che soddisfa i requisiti di cui al punto 7, lettere b) e c).9. Destrosio o destrosio monoidratoIl D-glucosio depurato e cristallizzato contenente una molecola d'acqua di cristallizzazione e rispondente alle caratteristiche seguenti:>SPAZIO PER TABELLA>10. Destrosio o destrosio anidroD-glucosio depurato e cristallizzato non contenente acqua di cristallizzazione, con un tenore minimo di sostanza secca del 98 % in peso e che soddisfa i requisiti di cui al punto 9, lettere a) e c).11. FruttosioD-fruttosio depurato e cristallizzato rispondente alle caratteristiche seguenti:>SPAZIO PER TABELLA>B. METODO DI DETERMINAZIONE DEL TIPO DI COLORE, DEL CONTENUTO DI CENERI CONDUTTIMETRICHE E DELLA COLORAZIONE DELLA SOLUZIONE DELLO ZUCCHERO (BIANCO) E DELLO ZUCCHERO (BIANCO) RAFFINATO DEFINITI NELLA PARTE A, PUNTI 2 E 3Un "punto" corrisponde:a) per quanto riguarda il tipo di colore, a 0,5 unità determinate secondo il metodo dell'Istituto per la tecnologia agraria e l'industria saccarifera di Braunschweig, di cui al capitolo A, punto 2, dell'allegato del regolamento (CEE) n. 1265/69 della Commissione, del 1o luglio 1969, relativo ai metodi di determinazione di qualità applicabili allo zucchero acquistato dagli organismi d'intervento(4);b) per quanto riguarda il contenuto di ceneri, allo 0,0018 % determinato secondo il metodo dell'International Commission for Uniform Methods of Sugar Analyses (ICUMSA), di cui al capitolo A, punto 1, dell'allegato del regolamento (CEE) n. 1265/69;c) per quanto riguarda la colorazione della soluzione, a 7,5 unità determinate secondo il metodo ICUMSA di cui al capitolo A, punto 3, dell'allegato del regolamento (CEE) n. 1265/69.(1) L'aggettivo "bianco" è riservato:a) allo zucchero liquido il cui colore della soluzione non superi le 25 unità ICUMSA determinate secondo il metodo di cui all'allegato, parte B, lettera c);b) allo zucchero liquido invertito ed allo sciroppo di zucchero invertito:- il cui contenuto di ceneri conduttimetriche non sia superiore allo 0,1 %,- la cui colorazione della soluzione non superi le 25 unità ICUMSA determinate secondo il metodo di cui all'allegato, parte B, lettera c).(2) L'aggettivo "bianco" è riservato:a) allo zucchero liquido il cui colore della soluzione non superi le 25 unità ICUMSA determinate secondo il metodo di cui all'allegato, parte B, lettera c);b) allo zucchero liquido invertito ed allo sciroppo di zucchero invertito:- il cui contenuto di ceneri conduttimetriche non sia superiore allo 0,1 %,- la cui colorazione della soluzione non superi le 25 unità ICUMSA determinate secondo il metodo di cui all'allegato, parte B, lettera c).(3) L'aggettivo "bianco" è riservato:a) allo zucchero liquido il cui colore della soluzione non superi le 25 unità ICUMSA determinate secondo il metodo di cui all'allegato, parte B, lettera c);b) allo zucchero liquido invertito ed allo sciroppo di zucchero invertito:- il cui contenuto di ceneri conduttimetriche non sia superiore allo 0,1 %,- la cui colorazione della soluzione non superi le 25 unità ICUMSA determinate secondo il metodo di cui all'allegato, parte B, lettera c).(4) GU L 163 dell'1.7.1969, pag. 1.
Zuccheri L’Unione europea (UE) fissa norme comuni per taluni zuccheri destinati all’alimentazione umana, nel rispetto della legislazione generale applicabile ai prodotti alimentari. Tali norme riguardano la composizione, le denominazioni di vendita, l’etichettatura e la presentazione. ATTO Direttiva 2001/111/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, relativa a determinati tipi di zucchero destinati all’alimentazione umana. SINTESI La direttiva 2001/111/CE migliora l’etichettatura di taluni zuccheri alimentari per informare meglio i consumatori ed evitare di indurli in errore sui prodotti che essi acquistano. La direttiva si applica ferme restando le disposizioni generali relative all’etichettatura dei prodotti alimentari. Gli zuccheri La direttiva 2001/111/CE definisce undici varietà di zuccheri: zucchero di fabbrica, zucchero (zucchero bianco), zucchero raffinato (zucchero bianco raffinato), zucchero liquido, zucchero liquido invertito, sciroppo di zucchero invertito, sciroppo di glucosio, sciroppo di glucosio disidratato, destrosio monoidrato, destrosio (destrosio anidro) e fruttosio. Per ciascuna varietà corrispondono diverse caratteristiche di composizione e norme relative al confezionamento e all’etichettatura. L’etichettatura La direttiva 2001/111/CE fissa alcune disposizioni specifiche per i prodotti preimballati di peso inferiore a 20 grammi, per lo zucchero liquido, per lo sciroppo di zucchero invertito contenente cristalli nonché per alcuni prodotti che contengono più del 5% di fruttosio. Il peso netto dei prodotti preimballati di peso inferiore a 20 grammi non deve figurare sull’etichetta. Per contro, l’etichetta dello zucchero liquido invertito e dello sciroppo di zucchero invertito deve menzionare il tenore di sostanza secca e di zucchero invertito. Inoltre, l’etichetta dello sciroppo di zucchero invertito contenente cristalli deve recare l’aggettivo cristallizzato. Infine, gli sciroppi di glucosio (ivi inclusi gli sciroppi di glucosio disidratato) che contengono più del 5% di fruttosio (sostanza secca) devono recare la dicitura sciroppo di glucosio-fruttosio o sciroppo di fruttosio-glucosio e sciroppo disidratato di glucosio-fruttosio o sciroppo disidratato di fruttosio-glucosio, a seconda che prevalga la componente glucosio o fruttosio. Per i prodotti di cui alla presente direttiva, gli Stati membri non adottano disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva. Contesto Questa direttiva rientra in un quadro di semplificazione di alcune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari per tenere conto soltanto dei requisiti essenziali ai quali i prodotti contemplati da tali direttive devono conformarsi, affinché essi possano circolare liberamente nel mercato interno. RIFERIMENTI Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2001/111/CE 12.1.2002 11.7.2003 GU L 10 del 12.1.2002 ATTI COLLEGATI Regolamento (UE) n. 1021/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, recante modifica delle direttive 1999/4/CE e 2000/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e delle direttive 2001/111/CE, 2001/113/CE e 2001/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le competenze da conferire alla Commissione [Gazzetta ufficiale L 287 del 29.10.2013]. Il presente regolamento allinea gli attuali poteri di attuazione della Commissione stabiliti nelle cinque direttive sulla colazione, con il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), specificatamente con l'articolo 290 che consente alla Commissione di adottare atti delegati.
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Direttiva 94/11/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 marzo 1994, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'etichettatura dei materiali usati nelle principali componenti delle calzature destinate alla vendita al consumatore Gazzetta ufficiale n. L 100 del 19/04/1994 pag. 0037 - 0041 edizione speciale finlandese: capitolo 13 tomo 26 pag. 0039 edizione speciale svedese/ capitolo 13 tomo 26 pag. 0039 DIRETTIVA 94/11/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 marzo 1994 sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'etichettatura dei materiali usati nelle principali componenti delle calzature destinate alla vendita al consumatoreIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 100 A, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Comitato economico e sociale (2), deliberando conformemente alla procedura prevista all'articolo 189 B del trattato, considerando che in alcuni Stati membri esiste una normativa sull'etichettatura delle calzature, intesa a tutelare e informare il pubblico nonché a assicurare i legittimi interessi dell'industria; considerando che la disparità tra tali normative rischia di creare ostacoli agli scambi intracomunitari e di pregiudicare il funzionamento del mercato interno; considerando che è opportuno, per evitare i problemi dovuti alla coesistenza di sistemi diversi, specificare gli elementi esatti di un sistema comune di etichettatura per le calzature; considerando che la risoluzione del Consiglio, del 9 novembre 1989, sulle future priorità per il rilancio della politica di protezione dei consumatori (3), invita a compiere degli sforzi per migliorare l'informazione sui prodotti destinati ai consumatori; considerando che è nell'interesse reciproco dei consumatori e dell'industria della calzatura introdurre un sistema che riduca i rischi di frode, indicando la natura esatta dei materiali impiegati nelle componenti principali delle calzature; considerando che nella risoluzione del Consiglio del 5 aprile 1993, sulle future misure in materia di etichettatura dei prodotti nell'interesse dei consumatori (4), l'etichettatura è considerata un mezzo importante per garantire una migliore informazione e una maggiore trasparenza per i consumatori nonché per garantire il funzionamento armonioso del mercato interno; considerando che l'armonizzazione delle legislazioni nazionali costituisce il mezzo idoneo per sopprimere questi ostacoli al libero scambio; che tale obiettivo non può essere raggiunto in modo soddisfacente dai singoli Stati membri; che la presente direttiva stabilisce soltanto i requisiti indispensabili alla libera circolazione dei prodotti ai quali si applica, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 1. La presente direttiva si applica all'etichettatura dei materiali usati nelle principali componenti delle calzature destinate alla vendita al consumatore finale. Ai fini della presente direttiva, si intendono per «calzature»: tutti i prodotti dotati di suole intesi a proteggere o coprire il piede, comprese le parti messe in commercio separatamente di cui all'allegato I. Un elenco non esaustivo dei prodotti contemplati dalla presente direttiva figura all'allegato II. Sono esclusi dalla presente direttiva: - le calzature d'occasione, usate; - le calzature di protezione che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva del Consiglio 89/686/CEE (5); - le calzature contemplate dalla direttiva 76/769/CEE del Consiglio (6); - le calzature aventi il carattere di giocattoli. 2. L'etichetta contiene le informazioni sulla composizione delle calzature secondo le modalità di cui all'articolo 4. i) L'etichetta deve fornire informazioni sulle tre parti della calzatura quali definite nell'allegato I, e cioè a) tomaia, b) rivestimento della tomaia e suola interna, c) suola esterna. ii) La composizione delle calzature deve essere indicata conformemente al disposto dell'articolo 4 mediante simboli o informazioni scritte per i materiali indicati nell'allegato I. iii) Per la tomaia, la determinazione dei materiali ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo 4, paragrafo 1 e all'allegato I verrà effettuata senza tener conto degli accessori o dei rinforzi quali bordure proteggicaviglia, ornamenti, fibbie, linguette, occhielli o accessori simili. iv) Per la suola esterna la classificazione si basa sul volume dei materiali in essa contenuti secondo il disposto dell'articolo 4. Articolo 2 1. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per assicurare che solo le calzature conformi ai requisiti di etichettatura della presente direttiva possano avere accesso al mercato, fatte salve altre disposizioni comunitarie in materia. 2. Qualora vengano immesse sul mercato calzature non conformi alle disposizioni in materia di etichettatura, lo Stato membro competente adotta le opportune misure previste nella legislazione nazionale. Articolo 3 Fatti salvi altri obblighi contenuti nella normativa comunitaria, gli Stati membri non possono vietare o impedire la commercializzazione sul loro territorio di calzature conformi ai requisiti di etichettatura della presente direttiva, applicando disposizioni nazionali non armonizzate che disciplinano l'etichettatura di determinate calzature o di calzature in generale. Articolo 4 1. L'etichetta fornisce informazioni sul materiale determinato ai sensi dell'allegato I che costituisce almeno l'80 % della superficie della tomaia, del rivestimento della tomaia e suola interna della calzatura e almeno l'80 % del volume della suola esterna. Se nessun materiale raggiunge almeno l'80 % è opportuno fornire informazioni sulle due componenti principali. 2. Tali informazioni sono fornite sulle calzature. Il fabbricante o il suo rappresentante con sede nella Comunità può scegliere simboli o informazioni scritte almeno nella (nelle) lingua (lingue) che può (possono) essere determinata (determinate) dallo Stato membro di consumo in conformità del trattato, definiti e illustrati nell'allegato I. Nelle disposizioni nazionali gli Stati membri fanno in modo che i consumatori siano correttamente informati del significato dei simboli. Essi vigilano affinché tali disposizioni non creino ostacoli agli scambi. 3. Ai sensi della presente direttiva l'etichettatura consiste nel munire almeno uno degli articoli di ciascun paio di calzature delle indicazioni prescritte. L'etichetta può essere stampata, incollata, goffrata o applicata a un supporto attaccato. 4. L'etichetta deve essere visibile, saldamente applicata e accessibile e la dimensione dei simboli deve essere sufficiente a rendere agevole la comprensione delle informazioni contenute sull'etichetta. L'etichetta non deve poter indurre in errore il consumatore. 5. Il fabbricante o il suo rappresentante con sede nella Comunità ha l'obbligo di fornire l'etichetta ed è responsabile dell'esattezza delle informazioni in essa contenute. Se né il fabbricante, né il suo rappresentante hanno sede nella Comunità, tale obbligo incombe alla persona responsabile della prima immissione nella Comunità. Il venditore al dettaglio deve assicurarsi della presenza sulle calzature in vendita dell'idonea etichetta prescritta dalla presente direttiva. Articolo 5 Informazioni scritte supplementari apposte se del caso sull'etichetta potranno accompagnare le indicazioni richieste ai sensi della presente direttiva. Gli Stati membri tuttavia non possono vietare od ostacolare l'immissione sul mercato di calzature conformi al disposto della presente direttiva, come previsto all'articolo 3. Articolo 6 1. Gli Stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative per conformarsi alla presente direttiva entro il 23 settembre 1995 e ne informano immediatamente la Commissione. 2. Essi applicano le disposizioni di cui al paragrafo 1 a decorrere dal 23 marzo 1996. Lo stock fatturato consegnato al venditore al dettaglio prima di questa data non è soggetto a queste disposizioni fino al 23 settembre 1997. 3. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri. 4. La Commissione sottopone al Consiglio, tre anni dopo l'applicazione della presente direttiva, una relazione valutativa che tenga conto delle eventuali difficoltà incontrate dagli operatori nell'applicazione delle disposizioni della presente direttiva e presenta, se del caso, adeguate proposte di revisione. Articolo 7 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 23 marzo 1994. Per il Parlamento europeo Il Presidente E. KLEPSCH Per il Consiglio Il Presidente Th. PANGALOS (1) GU n. C 74 del 25. 3. 1992, pag. 10. (2) GU n. C 287 del 4. 11. 1992, pag. 36. (3) GU n. C 294 del 22. 11. 1989, pag. 1. (4) GU n. C 110 del 20. 4. 1993, pag. 3. (5) GU n. L 399 del 30. 12. 1989, pag. 18. (6) GU n. L 262 del 27. 9. 1976, pag. 201. ALLEGATO I 1. Definizione delle parti di calzature da identificare e simboli o informazioni scritte corrispondenti Simbolo Informazione scritta a) Tomaia La tomaia è la superficie esterna dell'elemento strutturale attaccato alla suola esterna. >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>F Tige D Obermaterial IT Tomaia NL Bovendeel EN Upper DK Overdel GR AAÐÁÍÙ ÌAAÑÏÓ ES Empeine P Parte superior b) Rivestimento della tomaia e suola interna Si tratta della fodera e del sottopiede che costituiscono l'interno della calzatura. >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>F Doublure et semelle de propreté D Futter und Decksohle IT Fodera e sottopiede NL Voering en inlegzool EN Lining and sock DK Foring og bindsaal GR OEÏAEÑAAÓ ES Forro y plantilla P Forro e Palmilha c) Suola esterna Si tratta della superficie inferiore della calzatura soggetta ad usura abrasiva e attaccata alla tomaia. >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>F Semelle extérieure D Laufsohle IT Suola esterna NL Buitenzool EN Sole DK Ydersaal GR ÓÏËÁ ES Suela P Sola 2. Definizione dei materiali e simboli corrispondenti I simboli dei materiali devono figurare sull'etichetta, vicino ai simboli che si riferiscono alle tre parti della calzatura, come specificato all'articolo 4 e al punto 1 di questo allegato. Simbolo Informazione scritta a) i) Cuoio Termine generale per designare la pelle o il pellame di un animale che ha conservato la sua struttura fibrosa originaria più o meno intatta, conciato in modo che non marcisca. I peli o la lana possono essere stati asportati o no. Il cuoio è anche ottenuto da pelli o pellame tagliati in strati o in segmenti, prima o dopo la conciatura. Se però la pelle o il pellame conciati sono disintegrati meccanicamente e/o ridotti chimicamente in particelle fibrose, pezzetti o polveri e, successivamente, con o senza l'aggiunta di un elemento legante, vengono trasformati in fogli o in altre forme, detti fogli o forme non possono essere denominati «cuoio». Se il cuoio ha uno strato di rivestimento, indipendentemente da come sia stato applicato, o uno strato accoppiato a colla, tali strati non devono essere superiori a 0,15 mm. In questa maniera, tutti i tipi di cuoio sono coperti, fatti salvi altri obblighi giuridici, ad esempio, la Convenzione di Washington. Qualora, nell'ambito delle informazioni scritte supplementari facoltative di cui all'articolo 5, venga utilizzata la dicitura «cuoio pieno fiore», essa si applica alla pelle che comporta la grana originaria quale si presenta quando l'epidermide sia stata ritirata e senza che nessuna pellicola di superficie sia stata eliminata mediante sfioratura, scarnatura o spaccatura. >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>F Cuir D Leder IT Cuoio NL Leder EN Leather DK Laeder GR AEAAÑÌÁ ES Cuero P Couros e peles curtidas Simbolo Informazione scritta a) ii) Cuoio rivestito Un prodotto nel quale lo strato di rivestimento o l'accoppiatura a colla non superano un terzo dello spessore totale del prodotto, ma sono superiori a 0,15 mm. >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>F Cuir enduit D Beschichtetes Leder IT Cuoio rivestito NL Gecoat leder EN Coated leather DK Overtrukket laeder GR AAÐAAÍAEAAAEÕÌAAÍÏ AEAAÑÌÁ ES Cuero untado P Couro revestido b) Materie tessili naturali e materie tessili sintetiche o non tessute Per «materie tessili» s'intendono tutti i prodotti che rientrano nella direttiva 71/307/CEE, tenendo conto di tutte le sue modifiche. >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>F Textile D Textil IT Tessili NL Textiel EN Textile DK Tekstilmaterialer GR ÕÑÁÓÌÁ ES Textil P Téxteis c) Altre materie >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>F Autres matériaux D Sonstiges Material IT Altre materie NL Overige materialen EN Other materials DK Andre materialer GR ÁËËÁ ÕËÉÊÁ ES Otros materiales P Outros materiais ALLEGATO II ESEMPI DI CALZATURE CONTEMPLATE DALLA PRESENTE DIRETTIVA L'espressione «calzature» può coprire tutti gli articoli, dai sandali la cui superficie esterna è fatta semplicemente di lacci o strisce regolabili fino agli stivali la cui superficie esterna copre gamba e coscia. Sono pertanto inclusi tra questi prodotti: i) scarpe con o senza tacco da portare all'interno o all'esterno; ii) stivali fino alla caviglia, stivali a metà gamba, stivali fino al ginocchio e stivali che coprono le cosce; iii) sandali di vario tipo, «espadrilles» (scarpe con tomaia in tela e suole in materia vegetale intrecciata), scarpe da tennis, scarpe da jogging e per altre attività sportive, scarpe da bagno e altre calzature di tipo sportivo; iv) calzature speciali concepite per un'attività sportiva e che sono o possono essere munite di punte, ramponi, attacchi, barrette o accessori simili, calzature per il pattinaggio, lo sci, la lotta, il pugilato e il ciclismo. Sono anche comprese le calzature cui sono fissati dei pattini, da ghiaccio o a rotelle; v) scarpe da ballo; vi) calzature in un unico pezzo formato in gomma o plastica, esclusi gli articoli «usa e getta» in materiale poco resistente (carta, fogli di plastica, ecc., senza suole riportate); vii) calosce portate sopra altre calzature, in alcuni casi prive di tacco; viii) calzature «usa e getta» con suole riportate concepite in genere per essere usate soltanto una volta; ix) calzature ortopediche. Per motivi di chiarezza e di omogeneità e fatte salve le disposizioni citate nella descrizione dei prodotti contemplati nella presente direttiva, i prodotti cui si riferisce il capitolo 64 della nomenclatura combinata («NC») possono in linea di massima considerarsi come rientranti nell'ambito di applicazione della presente direttiva.
Etichettatura delle calzature L’etichettatura delle calzature e dei relativi componenti fornisce ai clienti le informazioni necessarie per consentire loro di operare scelte informate all’atto dell’acquisto. Contribuisce inoltre a proteggere il settore dalla concorrenza sleale e a migliorare il funzionamento del mercato interno nell’Unione europea (UE). ATTO Direttiva 94/11/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 marzo 1994, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’etichettatura dei materiali usati nelle principali componenti delle calzature destinate alla vendita al consumatore SINTESI L’etichettatura delle calzature e dei relativi componenti fornisce ai clienti le informazioni necessarie per consentire loro di operare scelte informate all’atto dell’acquisto. Contribuisce inoltre a proteggere il settore dalla concorrenza sleale e a migliorare il funzionamento del mercato interno nell’Unione europea (UE). CHE COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA? Stabilisce le regole relative all’etichettatura delle calzature per quanto riguarda: il contenuto e la forma dell’etichetta; la responsabilità dell’etichettatura. PUNTI CHIAVE Devono essere etichettati solo i materiali che costituiscono almeno l’80 % della superficie della tomaia, del rivestimento della tomaia e della suola interna della calzatura e almeno l’80 % del volume della suola esterna. Se nessun materiale raggiunge almeno l’80 % è opportuno fornire informazioni sui due materiali principali. L’etichetta deve fornire informazioni sui tre componenti della calzatura: tomaia; rivestimento della tomaia e suola interna; suola esterna. L’etichetta può recare informazioni scritte o simboli. L’etichetta deve essere visibile, ben fissata e accessibile. L’etichetta deve essere: stampata o goffrata sulla calzatura; attaccata alla calzatura, ad esempio per mezzo di un’etichetta adesiva; fissata, ad esempio tramite un elemento di chiusura o un laccio. L’etichetta deve apparire almeno su uno dei due articoli che compongono il paio di scarpe, stivali ecc. I produttori dell’UE hanno l’obbligo di fornire l’etichetta e sono responsabili dell’esattezza delle informazioni in essa contenute o, se la calzatura è importata, la responsabilità è della prima persona che introduce la calzatura nel mercato dell’UE. I venditori sono comunque tenuti ad assicurarsi che le calzature che vendono rechino l’adeguata etichettatura. Gli allegati specificano: le definizioni (ad esempio la tomaia, la suola ecc.) e i simboli corrispondenti o le indicazioni scritte relative alle parti della calzatura da identificare (allegato I); gli esempi di calzature contemplate dalla direttiva sono contenuti nell’allegato II. La direttiva non riguarda, ad esempio, le calzature utilizzate dai dipendenti al fine di garantire la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro, che invece rientrano tra le norme unionali sull’equipaggiamento di protezione personale. Nell’UE esiste inoltre un marchio Ecolabel volontario per le calzature. Questo marchio aiuta i consumatori a identificare le calzature il cui ciclo di vita (produzione, uso e smaltimento) ha un impatto ridotto sull’ambiente. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 94/11/CE 9.5.1994 23.09.1995 GU L 100 del 19.4.1994, pag. 37-41 Atti modificatori Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 2006/96/CE 1.1.2007 1.1.2007 GU L 363 del 20.12.2006, pag. 81-106 Direttiva 2013/15/UE 1.7.2013 1.7.2013 GU L 158 del 10.6.2013, pag. 172-183 Le modifiche successive alla direttiva 94/11/CE sono state incorporate nel testo base. Questa versione consolidata è da utilizzarsi a solo scopo di riferimento.
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DIRETTIVA 2009/126/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 21 ottobre 2009 relativa alla fase II del recupero di vapori di benzina durante il rifornimento dei veicoli a motore nelle stazioni di servizio IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 175, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) La decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002, che istituisce il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente (3), ha sancito la necessità di ridurre l’inquinamento atmosferico a livelli tali che limitino al minimo gli effetti nocivi per la salute umana e per l’ambiente. (2) Il protocollo di Ginevra concernente la lotta contro le emissioni di composti organici volatili o i loro flussi transfrontalieri fissa obiettivi di riduzione delle emissioni dei composti organici volatili (COV) e il protocollo di Göteborg relativo alla riduzione dell’acidificazione, dell’eutrofizzazione e dell’ozono troposferico (4) stabilisce limiti nazionali per le emissioni di quattro inquinanti, biossido di zolfo, ossidi di azoto, COV e ammoniaca, e richiede che siano utilizzate le migliori tecniche disponibili onde limitare le emissioni. (3) La direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa (5), fissa una serie di obiettivi di qualità dell’aria per l’ozono troposferico e il benzene, mentre la direttiva 2001/81/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2001, relativa ai limiti nazionali di emissione di alcuni inquinanti atmosferici (6), stabilisce limiti nazionali di emissione per i COV che contribuiscono alla formazione dell’ozono troposferico. Le emissioni di COV, compresi i vapori di benzina, prodotte in uno Stato membro possono contribuire ad aggravare i problemi di qualità dell’aria in altri Stati membri. (4) L’ozono è anche un gas ad effetto serra e contribuisce al riscaldamento atmosferico e al cambiamento climatico. (5) La direttiva 94/63/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, sul controllo delle emissioni di composti organici volatili (COV) derivanti dal deposito della benzina e dalla sua distribuzione dai terminali alle stazioni di servizio (7) (fase I del recupero dei vapori di benzina), è intesa a recuperare i vapori di benzina emessi dal deposito e dalla distribuzione della benzina fra i terminal petroliferi e le stazioni di servizio. (6) I vapori di benzina sono emessi anche durante il rifornimento dei veicoli a motore nelle stazioni di servizio e dovrebbero essere recuperati secondo modalità conformi alle disposizioni della direttiva 94/63/CE. (7) Vari strumenti comunitari sono stati sviluppati e messi in atto per limitare le emissioni di COV. Sono tuttavia necessarie ulteriori azioni per conseguire gli obiettivi in materia di salute e ambiente stabiliti dal sesto programma di azione comunitaria per l’ambiente e dalla direttiva 2001/81/CE. (8) Allo scopo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra durante il ciclo di vita dei combustibili destinati al trasporto su strada, la direttiva 98/70/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 1998, relativa alla qualità della benzina e del combustibile diesel (8), permetterà, a partire dal 1o gennaio 2011, l’immissione sul mercato di benzina contenente una percentuale maggiore di componenti costituiti da biocarburanti rispetto al passato. Ciò potrà determinare un aumento di emissioni di COV, a causa della possibilità che gli Stati membri pongano in essere deroghe limitate ai requisiti in materia di tensione di vapore previsti da detta direttiva. (9) È possibile che le stazioni di servizio esistenti debbano adattare le infrastrutture attualmente in uso ed è preferibile installare attrezzature di recupero dei vapori in caso di ristrutturazioni complete del sistema di alimentazione (vale a dire una significativa modifica o il rinnovo dell’infrastruttura della stazione, in particolare dei serbatoi e delle tubazioni), poiché ciò riduce notevolmente il costo dei necessari adeguamenti. Tuttavia, le stazioni di servizio di dimensioni maggiori possono essere adattate con minori difficoltà e sarebbe opportuno che installassero le attrezzature di recupero dei vapori più rapidamente, visto che producono maggiori emissioni. Le stazioni di servizio nuove possono integrare le attrezzature di recupero dei vapori di benzina in fase di progettazione e costruzione della stazione di servizio e quindi possono installare immediatamente le attrezzature in questione. (10) I serbatoi di carburante dei veicoli a motore di nuova fabbricazione non contengono vapori di benzina. È pertanto opportuna una deroga per il primo rifornimento di tali veicoli. (11) Sebbene vari Stati membri prevedano requisiti nazionali in materia di sistemi della fase II del recupero dei vapori di benzina, non vi è alcuna legislazione comunitaria. È quindi opportuno stabilire un livello minimo uniforme di recupero dei vapori di benzina per garantire un beneficio elevato per l’ambiente e incentivare il commercio di attrezzature per il recupero dei vapori di benzina. (12) Per assicurare che le attrezzature di recupero dei vapori di benzina permettano effettivamente di ridurre le emissioni, è opportuno sottoporre a controlli periodici tutte le attrezzature installate per la fase II del recupero dei vapori di benzina. Gli Stati membri possono decidere che i controlli debbano essere eseguiti da uno o più dei seguenti soggetti: servizi ufficiali di ispezione, l’operatore stesso o un terzo. Nel caso di ispezioni ufficiali, gli Stati membri dovrebbero tener conto della raccomandazione 2001/331/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 aprile 2001, che stabilisce i criteri minimi per le ispezioni ambientali negli Stati membri (9). (13) Le attrezzature di recupero dei vapori di benzina di fase II dovrebbero essere sottoposte a verifiche regolari. Si dovrebbe incoraggiare il comitato europeo di normalizzazione (CEN) a sviluppare una metodologia di verifica armonizzata. (14) È opportuno che gli Stati membri stabiliscano norme relative alle sanzioni da applicare in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate a norma della presente direttiva e ne garantiscano l’attuazione. Tali sanzioni dovrebbero essere effettive, proporzionate e dissuasive, in quanto il mancato rispetto delle disposizioni può comportare danni alla salute umana e all’ambiente. (15) Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (10), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e a rendere pubblici, nell’interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di recepimento. (16) Poiché è adottata ai sensi dell’articolo 175 del trattato, la presente direttiva non impedisce agli Stati membri di mantenere o di introdurre misure di protezione più rigorose che siano compatibili con il trattato. Ai sensi dell’articolo 176 del trattato, gli Stati membri devono notificare alla Commissione siffatte misure. (17) Le misure necessarie per l’esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (11). (18) In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di adottare misure di attuazione in materia di armonizzazione di norme e metodi. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, anche completandola con nuovi elementi non essenziali, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE. (19) Poiché l’obiettivo della presente direttiva, vale a dire ridurre le emissioni di vapori di benzina nell’atmosfera, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a motivo della natura transfrontaliera dell’inquinamento atmosferico, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto La presente direttiva stabilisce misure intese a ridurre la quantità di vapori di benzina emessi nell’atmosfera durante il rifornimento dei veicoli a motore nelle stazioni di servizio. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si intende per: 1) «benzina», la benzina ai sensi della definizione di cui all’articolo 2, lettera a), della direttiva 94/63/CE; 2) «vapori di benzina», composti gassosi che evaporano dalla benzina; 3) «stazione di servizio», una stazione di servizio ai sensi dell’articolo 2, lettera f), della direttiva 94/63/CE; 4) «stazione di servizio esistente», una stazione di servizio che è già costruita o per la quale, prima del 1o gennaio 2012, è concessa un’autorizzazione specifica di progettazione, una licenza di costruzione o di esercizio; 5) «stazione di servizio nuova», una stazione di servizio che è già costruita o per la quale, il 1o gennaio 2012 o successivamente a tale data, è concessa un’autorizzazione specifica di progettazione, una licenza di costruzione o di esercizio; 6) «sistema della fase II del recupero dei vapori di benzina», l’attrezzatura per recuperare i vapori di benzina spostati dal serbatoio del carburante di un veicolo a motore durante il rifornimento in una stazione di servizio e che li trasferisce in una cisterna di stoccaggio nella stazione di servizio o li riconvoglia al distributore di benzina per rimetterli in vendita; 7) «efficienza della cattura di vapori di benzina», la quantità di vapori di benzina catturati dal sistema della fase II del recupero dei vapori di benzina rispetto alla quantità di vapori di benzina che sarebbero stati emessi nell’atmosfera in assenza di tale sistema, espressa in percentuale; 8) «rapporto vapori/benzina», il rapporto fra il volume dei vapori di benzina, a pressione atmosferica, che passano attraverso il sistema della fase II del recupero dei vapori di benzina e il volume della benzina distribuita; 9) «flusso», la quantità totale annua di benzina scaricata da cisterne mobili in una stazione di servizio. Articolo 3 Stazioni di servizio 1. Gli Stati membri assicurano che le stazioni di servizio nuove siano equipaggiate con un sistema della fase II del recupero dei vapori di benzina se: a) il flusso effettivo o previsto è superiore a 500 m3/anno; ovvero b) il flusso effettivo o previsto è superiore a 100 m3/anno e tali stazioni sono situate in edifici utilizzati in modo permanente come luoghi di residenza o di lavoro. 2. Gli Stati membri assicurano che le stazioni di servizio esistenti, oggetto di una ristrutturazione completa, siano equipaggiate con un sistema della fase II del recupero dei vapori di benzina al momento della ristrutturazione se: a) il flusso effettivo o previsto è superiore a 500 m3/anno; ovvero b) il flusso effettivo o previsto è superiore a 100 m3/anno e sono situate in edifici utilizzati in modo permanente come luoghi di residenza o di lavoro. 3. Gli Stati membri assicurano che tutte le stazioni di servizio esistenti con un flusso superiore a 3 000 m3/anno siano equipaggiate con un sistema della fase II del recupero dei vapori di benzina entro il 31 dicembre 2018. 4. I paragrafi 1, 2 e 3 non si applicano alle stazioni di servizio utilizzate esclusivamente in associazione alla produzione e alla consegna di nuovi veicoli a motore. Articolo 4 Livello minimo di recupero dei vapori di benzina 1. Gli Stati membri assicurano, con effetto a decorrere dalla data in cui i sistemi della fase II del recupero dei vapori di benzina diventano obbligatori ai sensi dell’articolo 3, che l’efficienza della cattura dei vapori di benzina di tali sistemi sia pari o superiore all’85 % come certificato dal costruttore conformemente alle pertinenti norme tecniche o secondo le procedure di omologazione europee di cui all’articolo 8 o, in mancanza di tali norme o procedure, di qualsiasi norma nazionale. 2. Con effetto dalla data in cui i sistemi della fase II del recupero dei vapori di benzina diventano obbligatori ai sensi dell’articolo 3, laddove i vapori recuperati siano trasferiti in una cisterna di stoccaggio nella stazione di servizio, il rapporto vapori/benzina è uguale o superiore a 0,95 ma inferiore o uguale a 1,05. Articolo 5 Controlli periodici e informativa per il consumatore 1. Gli Stati membri assicurano che l’efficienza della cattura in servizio dei vapori di benzina dei sistemi della fase II del recupero dei vapori di benzina sia verificata almeno una volta all’anno, o controllando che il rapporto vapori/benzina, in condizioni di simulazione di flusso di benzina, rispetti le disposizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 2, o utilizzando qualsiasi altro metodo adeguato. 2. In caso di installazione di un sistema di controllo automatico, gli Stati membri assicurano che l’efficienza della cattura dei vapori di benzina sia verificata almeno una volta ogni tre anni. Un tale sistema di controllo automatico rileva automaticamente i guasti nel corretto funzionamento del sistema della fase II del recupero dei vapori di benzina così come nel sistema stesso di controllo automatico, indica i guasti al gestore della stazione di servizio e arresta automaticamente il flusso di benzina dal distributore difettoso se il guasto non è riparato entro sette giorni. 3. Qualora una stazione di servizio abbia installato un sistema della fase II del recupero dei vapori di benzina, gli Stati membri assicurano che sul distributore di benzina, o nelle sue vicinanze, sia esposto un cartello, un adesivo o qualsiasi altra forma di notifica che ne informi i consumatori. Articolo 6 Sanzioni Gli Stati membri determinano le disposizioni relative alle sanzioni da irrogare in caso di violazione delle norme nazionali adottate conformemente alla presente direttiva e adottano tutte le misure necessarie per assicurarne l’attuazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano tali disposizioni alla Commissione entro il 1o gennaio 2012 e le notificano tempestivamente ogni ulteriore modifica di tali disposizioni. Articolo 7 Riesame Entro il 31 dicembre 2014 la Commissione riesamina l’attuazione della presente direttiva e, in particolare: a) la soglia di 100 m3/anno di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 2, lettera b), della presente direttiva, nonché all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 94/63/CE; b) la rilevazione della conformità in servizio dei sistemi della fase II del recupero dei vapori di benzina; e c) la necessità di dispositivi di controllo automatico. Essa comunica i risultati di tale riesame al Parlamento europeo e al Consiglio, corredati, se del caso, di una proposta legislativa. Articolo 8 Adeguamenti tecnici I metodi e le norme armonizzati possono essere adottati ai fini degli articoli 4 e 5. Se necessario ai fini della coerenza con le pertinenti norme elaborate dal comitato europeo di normalizzazione (CEN), tali articoli, ad eccezione dell’efficienza della cattura dei vapori di benzina e del rapporto vapori/benzina di cui all’articolo 4 e dei termini di cui all’articolo 5, possono essere adattati al progresso tecnico. Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, anche completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 9, paragrafo 2. Articolo 9 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita da un comitato. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. Articolo 10 Recepimento 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1o gennaio 2012. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 11 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 12 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 21 ottobre 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente J. BUZEK Per il Consiglio La presidente C. MALMSTRÖM (1) Parere del 13 maggio 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Parere del Parlamento europeo del 5 maggio 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 24 settembre 2009. (3) GU L 242 del 10.9.2002, pag. 1. (4) GU L 179 del 17.7.2003, pag. 3. (5) GU L 152 dell’11.6.2008, pag. 1. (6) GU L 309 del 27.11.2001, pag. 22. (7) GU L 365 del 31.12.1994, pag. 24. (8) GU L 350 del 28.12.1998, pag. 58. (9) GU L 118 del 27.4.2001, pag. 41. (10) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1. (11) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
Recupero dei vapori di benzina nelle stazioni di servizio per un’aria più pulita I vapori di benzina emessi durante il rifornimento dei veicoli a motore sono nocivi per la salute umana e l’ambiente. Con una direttiva del 2009, l’Unione europea (UE) sta intervenendo per recuperare tali vapori. ATTO Direttiva 2009/126/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativa alla fase II del recupero di vapori di benzina durante il rifornimento dei veicoli a motore nelle stazioni di servizio SINTESI I vapori di benzina emessi durante il rifornimento dei veicoli a motore sono nocivi per la salute umana e l’ambiente. Con una direttiva del 2009, l’Unione europea (UE) sta intervenendo per recuperare tali vapori. CHE COSA FA LA DIRETTIVA? Assicura il recupero di vapori di benzina nocivi che possono essere emessi durante il rifornimento di un veicolo a motore in una stazione di servizio. Le pompe di benzina di molte stazioni di servizio dell’UE dovranno essere dotate di sistemi per il recupero di questo vapore. PUNTI CHIAVE La presente direttiva si applica alle stazioni di servizio nuove o oggetto di una ristrutturazione completa che hanno un flusso annuo di oltre 500 m3 di benzina, nonché alle stazioni di servizio con un flusso annuo di oltre 100 m3 situate in edifici utilizzati in modo permanente come luoghi di residenza. Esse hanno l’obbligo di installare dei sistemi di recupero dei vapori di benzina di fase II (sistemi PVR, petrol vapour recovery). Le stazioni di servizio esistenti più grandi, il cui flusso è superiore a 3 000 m3 devono installare sistemi PVR entro il 2018. L’apparecchiatura PVR deve essere certificata dal produttore in conformità con le norme tecniche pertinenti, e deve essere in grado di catturare almeno l’85 % dei vapori di benzina. L’efficienza delle apparecchiature PVR deve essere verificata almeno una volta l’anno oppure ogni tre anni se la stazione di servizio dispone di attrezzature di controllo automatico. Le stazioni di servizio che abbiano installato un sistema di recupero dei vapori di benzina di fase II devono informarne i consumatori collocando un cartello, un adesivo o qualsiasi altra forma di notifica sul distributore di benzina o nelle sue vicinanze. I metodi di verifica e le norme utilizzate per determinare l’efficienza dei sistemi PVR sono armonizzati ai sensi della direttiva 2014/99/UE. CONTESTO La benzina è una miscela complessa di composti organici volatili che evaporano facilmente nell’aria, dove contribuiscono all’insorgenza di diversi problemi di inquinamento. Questi includono livelli eccessivi di benzene tossico nell’aria e la formazione fotochimica di ozono, un inquinante atmosferico in grado di provocare malattie respiratorie come l’asma. Inoltre, l’ozono è un gas serra. Per maggiori informazioni, consultare il sito Internet della Commissione europea sullo stoccaggio e la distribuzione di benzina. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2009/126/CE 31.10.2009 1.1.2012 GU L 285 del 31.10.2009, pag. 36-39 Atto(i) modificatore(i) Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2014/99/UE 12.11.2014 12.5.2016 GU L 304 del 23.10.2014, pag. 89-90
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DECISIONE DEL CONSIGLIO dell'11 luglio 2006 a norma dell'articolo 122, paragrafo 2, del trattato CE per l’adozione da parte della Slovenia della moneta unica il 1o gennaio 2007 (2006/495/CE) IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 122, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione, vista la relazione della Commissione (1), vista la relazione della Banca centrale europea (2), visto il parere del Parlamento europeo (3), viste le deliberazioni del Consiglio, riunito nella composizione dei capi di Stato o di governo, considerando quanto segue: (1) La terza fase dell'Unione economica e monetaria (UEM) è iniziata il 1o gennaio 1999. Il Consiglio, riunito a Bruxelles il 3 maggio 1998 nella composizione dei capi di Stato o di governo, ha deciso che il Belgio, la Germania, la Spagna, la Francia, l'Irlanda, l'Italia, il Lussemburgo, i Paesi Bassi, il Portogallo, l'Austria e la Finlandia soddisfacevano le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica il 1o gennaio 1999 (4). (2) Il 19 giugno 2000 il Consiglio ha deciso che la Grecia soddisfaceva le condizioni necessarie per adottare la moneta unica il 1o gennaio 2001 (6). (3) A norma del paragrafo 1 del protocollo su talune disposizioni relative al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord del trattato, il Regno Unito ha notificato al Consiglio che non intende passare alla terza fase dell'UEM il 1o gennaio 1999. Tale notifica non è stata revocata. A norma del paragrafo 1 del protocollo su talune disposizioni relative alla Danimarca del trattato e della decisione adottata a Edimburgo dai capi di Stato e di governo nel dicembre 1992, la Danimarca ha notificato al Consiglio che non intende partecipare alla terza fase dell'UEM. La Danimarca non ha chiesto la messa in atto della procedura di cui all'articolo 122, paragrafo 2, del trattato. (4) A norma della decisione 98/317/CE la Svezia beneficia di una deroga ai sensi dell'articolo 122 del trattato. Conformemente all’articolo 4 dell'atto di adesione del 2003 (7), la Repubblica ceca, l'Estonia, Cipro, la Lettonia, la Lituania, l'Ungheria, Malta, la Polonia, la Slovenia e la Slovacchia sono Stati membri con deroga ai sensi dell'articolo 122 del trattato. (5) La Banca centrale europea (BCE) è stata istituita il 1o luglio 1998. Il sistema monetario europeo è stato sostituito da un meccanismo di cambio, la cui istituzione è stata decisa con risoluzione del Consiglio europeo del 16 giugno 1997 sull'istituzione di un meccanismo di cambio nella terza fase dell'unione economica e monetaria (8). Le procedure operative del meccanismo di cambio per la terza fase dell'Unione economica e monetaria (ERM2) sono state stabilite nell'accordo del 1o settembre 1998 tra la BCE e le banche centrali nazionali degli Stati membri non appartenenti all'area dell'euro che stabilisce le procedure operative di un meccanismo di cambio per la terza fase dell'unione economica e monetaria (9). (6) La procedura per l'abolizione della deroga degli Stati membri che ne sono soggetti è stabilita nell'articolo 122, paragrafo 2, del trattato, ai sensi del quale, almeno una volta ogni due anni o a richiesta di uno Stato membro con deroga, la Commissione e la BCE riferiscono al Consiglio conformemente alla procedura di cui all'articolo 121, paragrafo 1, del trattato. Il 2 marzo 2006 la Slovenia ha chiesto ufficialmente la valutazione sulla convergenza. (7) La legislazione nazionale degli Stati membri, inclusi gli statuti delle banche centrali nazionali, deve essere adattata, per quanto necessario, per garantire la compatibilità con gli articoli 108 e 109 del trattato e lo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, in prosieguo «Statuto del SEBC». Le relazioni della Commissione e della BCE forniscono una valutazione dettagliata della compatibilità della legislazione della Slovenia con gli articoli 108 e 109 del trattato e lo statuto del SEBC. (8) A norma dell'articolo 1 del protocollo sui criteri di convergenza di cui all'articolo 121 del trattato, il criterio relativo alla stabilità dei prezzi di cui all'articolo 121, paragrafo 1, primo trattino del trattato significa che uno Stato membro presenta un andamento dei prezzi sostenibile e un tasso medio d'inflazione che, osservato per un periodo di un anno anteriormente all'esame, non supera di oltre 1,5 punti percentuali quello dei tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi. Ai fini del criterio della stabilità dei prezzi l'inflazione si misura mediante indici dei prezzi al consumo armonizzati (IPCA) definiti nel regolamento (CE) n. 2494/95 del Consiglio (10). Per valutare la stabilità dei prezzi, l'inflazione di uno Stato membro è stata misurata in base alla variazione percentuale della media aritmetica degli indici di dodici mesi rispetto alla media aritmetica degli indici dei dodici mesi precedenti. Nel periodo di dodici mesi fino al marzo 2006, i tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi sono stati la Svezia, la Finlandia e la Polonia, con tassi di inflazione, rispettivamente, dello 0,9 %, dell’1 % e dell’1,5 %. Nelle relazioni della Commissione e della BCE è stato considerato un valore di riferimento calcolato come media aritmetica semplice dei tassi di inflazione dei tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi, maggiorato di 1,5 punti percentuali. Su tale base, il valore di riferimento nel periodo di dodici conclusosi nel marzo 2006 è pari al 2,6 %. (9) A norma dell'articolo 2 del protocollo sui criteri di convergenza, il criterio relativo alla situazione di bilancio pubblico di cui all'articolo 121, paragrafo 1, secondo trattino del trattato significa che al momento della valutazione da parte del Consiglio lo Stato membro non è oggetto di una decisione del Consiglio a norma dell'articolo 104, paragrafo 6, del trattato circa l'esistenza di un disavanzo eccessivo. (10) A norma dell'articolo 3 del protocollo sui criteri di convergenza, il criterio relativo alla partecipazione al meccanismo di cambio del sistema monetario europeo di cui all'articolo 121, paragrafo 1, terzo trattino del trattato, significa che lo Stato membro ha rispettato i normali margini di fluttuazione stabiliti dal meccanismo di cambio del sistema monetario europeo senza gravi tensioni per almeno due anni prima dell'esame. In particolare, e per lo stesso periodo, lo Stato membro non deve aver svalutato di propria iniziativa il tasso di cambio centrale bilaterale della sua moneta nei confronti della moneta di qualsiasi altro Stato membro. Dal 1o gennaio 1999 il nuovo meccanismo di cambio (ERM2) fornisce il quadro di riferimento per la valutazione del rispetto del criterio relativo al tasso di cambio. Nel valutare il rispetto di questo criterio nelle loro relazioni la Commissione e la BCE hanno preso in esame il periodo di due anni avente termine nell’aprile 2006. (11) A norma dell'articolo 4 del protocollo sui criteri di convergenza, il criterio relativo alla convergenza dei tassi d'interesse di cui all'articolo 121, paragrafo 1, quarto trattino del trattato, significa che il tasso medio d'interesse nominale a lungo termine di uno Stato membro, osservato nell'arco di un anno prima dell'esame, non ha ecceduto di oltre 2 punti percentuali quello dei tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi. Ai fini del criterio della convergenza dei tassi d'interesse sono stati utilizzati tassi d'interesse comparabili delle obbligazioni di riferimento a 10 anni emesse dallo Stato. Per valutare il rispetto del criterio della convergenza dei tassi d'interesse, nelle relazioni della Commissione e della BCE è stato considerato un valore di riferimento calcolato come la media aritmetica semplice dei tassi d'interesse nominali dei tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi, maggiorata di due punti percentuali. Su tale base, il valore di riferimento nel periodo di dodici mesi fino al marzo 2006 è pari al 5,9 %. (12) A norma dell'articolo 5 del protocollo sui criteri di convergenza, i dati statistici da usare per l'attuale valutazione del rispetto dei criteri di convergenza sono forniti dalla Commissione. La Commissione ha fornito dati per l'elaborazione della presente decisione. I dati di bilancio sono stati forniti dalla Commissione in base alle cifre comunicate dagli Stati membri entro il 1o aprile 2006, ai sensi del regolamento (CE) n. 3605/93 del Consiglio, del 22 novembre 1993, relativo all'applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi allegato al trattato che istituisce la Comunità europea (11). (13) Sulla base delle relazioni presentate dalla Commissione e dalla BCE sui progressi compiuti dalla Slovenia nell'adempimento dei suoi obblighi relativi alla realizzazione dell'Unione economica e monetaria, la Commissione può concludere che: la legislazione nazionale slovena, incluso lo statuto della banca centrale nazionale, è compatibile con gli articoli 108 e 109 del trattato e con lo statuto del SEBC; per quanto riguarda il rispetto da parte della Slovenia dei criteri di convergenza indicati nell'articolo 121, paragrafo 1, primo, secondo, terzo e quarto trattino del trattato: — il tasso medio di inflazione in Slovenia nei dodici mesi fino al marzo 2006 è stato del 2,3 %, ossia inferiore al valore di riferimento, ed è probabile che questa tendenza proseguirà nei mesi a venire, — la Slovenia non è oggetto di una decisione del Consiglio sull'esistenza di un disavanzo pubblico eccessivo, — la Slovenia fa parte del nuovo meccanismo di cambio (ERM2) dal 28 giugno 2004; nel periodo di due anni avente termine nell’aprile 2006 il tolar sloveno (SIT) non ha conosciuto gravi tensioni e la Slovenia non ha svalutato di propria iniziativa il tasso centrale bilaterale del SIT nei confronti dell'euro, — nei dodici mesi fino al marzo 2006 il tasso medio di interesse a lungo termine in Slovenia è stato del 3,8 %, vale a dire inferiore al valore di riferimento. La Slovenia ha realizzato un alto grado di convergenza sostenibile in relazione a tutti i criteri. Di conseguenza la Slovenia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica. (14) A norma dell'articolo 122, paragrafo 2, del trattato il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, deve decidere quali Stati membri con deroga soddisfino le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica e abolisce le deroghe degli Stati membri in questione, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 La Slovenia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica. La deroga nei confronti della Slovenia, di cui all’articolo 4 dell’atto di adesione del 2003, è abrogata con decorrenza 1o gennaio 2007. Articolo 2 Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione. Articolo 3 La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 11 luglio 2006. Per il Consiglio Il presidente E. HEINÄLUOMA (1) Relazione adottata il 16 maggio 2006. (2) Relazione adottata il 15 maggio 2006. (3) Parere reso il 15 giugno 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (4) Decisione 98/317/CE del Consiglio, del 3 maggio 1998 a norma dell'articolo 121, paragrafo 4 () del trattato (GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 30). (5) NOTA: il titolo della decisione 98/317/CE è stato adattato per tener conto della rinumerazione degli articoli del trattato che istituisce la Comunità europea, conformemente all'articolo 12 del trattato di Amsterdam; il riferimento originale era all'articolo 109j, paragrafo 4 del trattato. (6) Decisione 2000/427/CE del Consiglio, del 19 giugno 2000 a norma dell'articolo 122, paragrafo 2 del trattato per l'adozione da parte della Grecia della moneta unica il 1o gennaio 2001 (GU L 167 del 7.7.2000, pag. 19). (7) GU L 236 del 23.9.2003, pag. 33. (8) GU C 236 del 2.8.1997, pag. 5. (9) GU C 345 del 13.11.1998, pag. 6. Accordo modificato dall’accordo del 14 settembre 2000 (GU C 362 del 16.12.2000, pag. 11). (10) Regolamento (CE) n. 2494/95 del Consiglio, del 23 ottobre 1995, relativo agli indici dei prezzi al consumo armonizzati (GU L 257 del 27.10.1995, pag. 1). Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (11) GU L 332 del 31.12.1993, pag. 7. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2103/2005 (GU L 337 del 22.12.2005, pag. 1).
Adesione della Slovenia all'euro (2007) Il Consiglio dell'Unione europea (UE) constata che la Slovenia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro a decorrere dal 1° gennaio 2007. La Slovenia è il primo fra i dieci Stati diventati membri dell'Unione europea (UE), il 1° maggio 2004, ad introdurre la moneta unica. ATTO Decisione del Consiglio, dell'11 luglio 2006, a norma dell'articolo 122, paragrafo 2, del trattato CE per l'adozione da parte della Slovenia della moneta unica il 1° gennaio 2007 [Gazzetta ufficiale L 195 del 15.07.2006]. SINTESI Con la presente decisione il Consiglio dà il via libera all'introduzione dell'euro in Slovenia il 1° gennaio 2007. Il Consiglio constata che il paese soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro, cioè i criteri di convergenza. Soddisfare i criteri di convergenza Il 2 marzo 2006 la Slovenia chiede ufficialmente che si proceda ad una valutazione di convergenza. La Commissione europea conclude che: la legislazione nazionale della Slovenia, compreso lo statuto della sua Banca centrale nazionale, è compatibile con gli articoli 108 e 109 del trattato che istituisce la Comunità europea e con lo statuto del Sistema europeo delle banche centrali (SEBC); il tasso medio d'inflazione della Slovenia durante l'anno terminatosi nel marzo 2006 è stato pari al 2,3 %, cioè un livello inferiore al valore di riferimento, e dovrebbe mantenersi al di sotto di questo livello nel corso dei mesi futuri; la Slovenia non è oggetto di una decisione del Consiglio sull'esistenza di un disavanzo eccessivo; il paese partecipa dal 28 giugno 2004 al meccanismo di cambio europeo (ERM II) ed il tolar sloveno non è stato soggetto ad alcuna tensione grave; il tasso d'interesse a lungo termine si è attestato in media al 3,8 %, ovvero ad un livello inferiore al valore di riferimento. La Commissione europea constata che la Slovenia ha realizzato un grado elevato di convergenza duratura sotto il profilo dei criteri di convergenza. Il paese soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica. Adottare la moneta unica Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, constata con la presente decisione che la Slovenia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro. La deroga nei confronti di questo paese di cui all'articolo 4 (EN) [PDF] dell'atto di adesione del 2003 è abrogata a partire dal 1° gennaio 2007. Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione. Riferimenti Atto Data di entrata in vigore - Data di scadenza Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2006/495/CE 15.07.2006 - GU C 195 del 15.07.2006 See also Per informazioni complementari, consultare i seguenti siti Internet: le facce nazionali delle monete in euro slovene (sito Internet della Banca centrale europea); Introduzione riuscita dell'euro in Slovenia (esdeenfr) Opinioni pubbliche: l'introduzione dell'euro in Slovenia e nei nuovi Stati membri (EN); Commissione europea, Direzione generale per gli affari economici e monetari: l'euro (EN).
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Direttiva 89/108/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1988 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri sugli alimenti surgelati destinati all'alimentazione umana Gazzetta ufficiale n. L 040 del 11/02/1989 pag. 0034 - 0037 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 9 pag. 0049 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 9 pag. 0049 DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 21 dicembre 1988 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sugli alimenti surgelati destinati all'alimentazione umana (89/108/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100 A, vista la proposta della Commissione, in cooperazione con il Parlamento europeo (1), visto il parere del Comitato economico e sociale (2), considerando che la fabbricazione e lo smercio dei prodotti surgelati destinati all'alimentazione umana, in appresso denominati «alimenti surgelati», rivestono un'importanza sempre maggiore nella Comunità: considerando che le differenze fra le legislazioni nazionali riguardanti gli alimenti surgelati ne ostacolano la libera circolazione; che dette differenze possono creare condizioni di concorrenza ineguali e pertanto incidere direttamente sull'instaurazione e suI funzionamento del mercato comune; considerando che, di conseguenza, è necessario ravvicinare dette legislazioni; considerando che a tale scopo occorre dare alla legislazione comunitaria il campo d'applicazione più vasto possibile, che si estenda a tutti i surgelati per l'alimentazione umana e includa non soltanto i prodotti destinati a essere forniti tali e quali al consumatore finale nonché ai ristoranti, agli ospedali, alle mense ed altre collettività analoghe, ma anche quelli che subiranno trasformazioni o entreranno a far parte di successive preparazioni; considerando tuttavia che questa regolamentazione non deve applicarsi a prodotti che non siano presentati in commercio come alimenti surgelati; considerando che in ogni caso è opportuno stabilire i criteri generali cui deve essere conforme qualsiasi alimento surgelato; considerando che in seguito potranno essere emanate all'occorrenza, per taluni gruppi di alimenti surgelati, disposizioni speciali a complemento dei criteri generali, secondo la procedura applicabile a ciascuno di questi gruppi; considerando che il surgelamento mira a conservare le caratteristiche intrinseche degli alimenti mediante un processo di congelamento rapido e che é necessario raggiungere in tutti i punti del prodotto una temperatura pari o inferiore a -18 oC; considerando che ad una temperatura di - 18 oC qualsiasi attività microbiologica in grado di alterare la qualità di un prodotto alimentare è sospesa e che ne deriva la necessità di mantenere almeno questa temperatura, sia pure con una certa tolleranza tecnicamente inevitabile, durante l'immagazzinamento e la distribuzione degli alimenti surgelati prima della loro immissione sul mercato per il consumatore finale; considerando che taluni aumenti della temperatura sono inevitabili per motivi tecnici e che quindi possono essere tollerati a condizione che non nuocciano alla qualità dei prodotti, cosa questa che può essere garantita se si osservano le buone prassi di conservazione e di distribuzione, tenuto conto in particolare del livello di rotazione delle scorte; considerando che le prestazioni di alcuni impianti tecnici attualmente utilizzati per la distribuzione locale degli alimenti surgelati non sono tali da garantire sempre il rispetto integrale dei limiti di temperatura imposti dalla presente direttiva e che si deve pertanto prevedere un regime transitorio che consenta di ammortizzare normalmente il materiale esistente; considerando che la presente direttiva può limitarsi ad enunciare gli obiettivi da raggiungere per quanto riguarda tanto l'attrezzatura utilizzata per l'operazione di surgelamento, quanto le temperature da rispettare nelle installazioni e nelle attrezzature di immagazzinamento, di manipolazione, di trasporto e di distribuzione; considerando che è compito degli Stati membri di garantire, mediante controlli ufficiali, che il materiale utilizzato sia tale da soddisfare questi obiettivi; considerando che siffatto controllo rende inutile qualsiasi sistema di accertamento ufficiale negli scambi commercial: considerando che è opportuno prevedere la possibilità di utilizzare fluidi criogeni, il che implica il loro contatto diretto con gli alimenti surgelati; che, pertanto, detti fluidi debbono essere sufficientemente inerti per non cedere agli alimenti un quantitativo di costituenti che possa presentare un pericolo per la salute umana, modificare in modo inaccettabile la composizione degli alimenti od alterare le loro caratteristiche organolettiche; considerando che per conseguire questo obiettivo occorre definire l'elenco delle sostanze in questione e fissarne i criteri di purezza nonché le condizioni di impiego; considerando che gli alimenti surgelati destinati al consumatore finale nonché ai ristoranti, agli ospedali, alle mense e ad altre collettività analoghe sono soggetti, per quanto riguarda l'etichettatura, alle norme istituite dalla direttiva 79/112/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1978, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura, la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale e la relativa pubblicità (3), modificata da ultimo dalla direttiva 86/197/CEE (4); che la presente direttiva deve pertanto limitarsi a prescrivere le diciture specifiche per gli alimenti surgelati; considerando che al fine di agevolare gli scambi è opportuno fissare anche le norme sull'etichettatura degli alimenti surgelati non destinati ad essere venduti tal quali al consumatore finale né ai ristoranti, agli ospedali, alle mense e ad altre collettività analoghe; considerando che per semplificare ed accelerare la procedura, è opportuno affidare alla Commissione l'adozione di misure esecutive di carattere tecnico; considerando che, in tutti i casi per i quali il Consiglio conferisce alla Commissione competenze per l'esecuzione di norme stabilite nel settore dei prodotti alimentari, occorre fissare una procedura che instauri una stretta cooperazione . tra gli Stati membri e la Commissione irt sede di comitato permanente per i prodotti alimentari, istituito dalla decisione 69/414/CEE del Consiglio (5), HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 1. La presente direttiva riguarda i prodotti surgelati destinati all'alimentazione umana, denominati qui di seguito «alimenti surgelati». 2. Ai sensi della presente direttiva, si intendono per «alimenti surgelati» i prodotti alimentari: - che sono stati sottoposti ad un processo speciale di congelamento, detto «surgelamento», che permette di superare con la rapidità necessaria in funzione della natura del prodotto la zona di cristallizzazione massima del prodotto e di far sì che la temperatura del prodotto in tutti i suoi punti - dopo la stabilizzazione termica - sia mantenuta ininterrottamente a valori pari o inferiori a -18oCe - che sono commercializzati in modo che risulti che hanno questa caratteristica. I gelati non sono considerati alimenti surgelati ai sensi della presente direttiva. 3. L'applicazione della presente direttiva lascia impregiudicate Ie disposizioni comunitarie derivanti: a) da una organizzazione comune dei mercati nei settori dell'agricoltura e della pesca; b) dall'igiene veterinaria. Articolo 2 Solo i prodotti definiti all'articolo 1, paragrafo 2 possono avere le denominazioni previste agli articoli 8 e 9. Articolo 3 1. Le materie prime usate per la fabbricazione degli alimenti surgelati devono essere di qualità sana, leale e commerciale e possedere il necessario grado di freschezza. 2. La preparazione dei prodotti da trattare e l'operazione di surgelamento devono essere effettuate senza indiigio mediante attrezzature tecniche idonee a ridurre al minimo le modifiche chimiche, biochimiche e microbiologiche. Articolo 4 I mezzi criogeni il cui uso a contatto diretto con i surgelati è autorizzato, ad esclusione di tutti gli altri, sono i seguenti: - aria, - azoto, - anidride carbonica. In deroga al primo comma, gli Stati membri possono mantenere sino al 31 dicembre 1992 le legislazioni nazionali che autorizzano l'utilizzazione del diclorodifluormetano (R 12). I criteri di purezza cui tali mezzi criogeni devono rispondere sono fissati, se del caso, secondo la procedura prevista all'articolo 12. Articolo 5 1. La temperatura degli alimenti surgelati deve essere stabile e mantenuta, in tutti i punti del prodotto, a -18 oC o meno, con eventuali brevi fluttuazioni verso l'alto di 3 oC al massimo durante il trasporto. 2. Tuttavia, entro i limiti delle buone prassi di conservazione e di distribuzione, durante la distribuzione locale e negli armadi e banconi frigoriferi per la vendita al consumatore finale sono ammesse tolleranze della temperatura del prodotto, alle condizioni seguenti: a) tali tolleranze non devono superare i 3oC: b) esse possono tuttavia raggiungere i 6oC negli armadi e banconi frigoriferi per la vendita al consumatore finale, se ed in quanto gli Stati membri lo decidano. In questo caso gli Stati membri scelgono la temperatura in base alla rotazione delle scorte o dei prodotti nel commercio al dettaglio e informano la Commissione sulle misure prese e sui motivi che le giustificano. La Commissione riesaminerà la tolleranza prevista dalla presente lettera sulla scorta delle innovazioni tecniche e, se del caso, presenterà al Consiglio, entro il 31 dicembre 1992, proposte in merito. 3. Durante un periodo di otto anni a decorrere dalla notifica della presente direttiva gli Stati membri possono, per la distribuzione locale, autorizzare tolleranze fino a 6 oC. Articolo 6 1. Gli Stati membri: a) si assicurano che gli impianti usati per il surgelamento, l'immagazzinamento, il trasporto, la distribuzione locale e gli armadi e i banconi frigoriferi di vendita siano tali da garantire il rispetto dei requisiti previsti dalla presente direttiva; b) effettuano un controllo ufficiale mediante sondaggio delle temperature degli alimenti surgelati. 2. Gli Stati membri si astengono dall'esigere che, in vista o all'atto della commercializzazione degli alimenti surgelati, il rispetto delle disposizioni del paragrafo 1 sia attestato da un certificato ufficiale. Articolo 7 Gli alimenti surgelati destinati al consumatore finale debbono essere condizionati dal fabbricante oppure dal condizionatore negli imballaggi preliminari appropriati atti a proteggerli dalle contaminazioni esterne microbiche o di altro genere e dalla disseccazione. Articolo 8 1. La direttiva 79/112/CEE si applica ai prodotti contemplati dalla presente direttiva e destinati tal quali al consumatore finale nonché ai ristoranti, agli ospedali, alle mense ed altre collettività analoghe, alle seguenti condizioni: a) la denominazione di vendita è completata dalla o dalle seguenti menzioni: - in spagnolo «ultracongelado» o «congelado rapidamente», - in danese «dybfrossen», - in tedesco «tiefgefroren» o «Tiefkuehlkost» o «tiefgekuehlt» o «gefrostet», - in greco «baqeíaw katácyjhw» o «taxeíaw yperkatecygména», - in inglese «quick-frozen», - in francese «surgelé», - in italiano «surgelato», - in neerlandese «diepvries», - in portoghese «ultracongelado»; b) l'indicazione della data di conservazione minima deve essere corredata dell'indicazione del periodo in cui i surgelati possono essere immagazzinati presso il destinatario e dell'indicazione della temperatura di conservazione e/o dell'attrezzatura richiesta per la conservazione; c) l'etichettatura di qualsiasi alimento surgelato deve recare un'indicazione che permetta di individuare la partita; d) l'etichettatura di qualsiasi alimento surgelato deve recare una chiara avvertenza del tipo «non ricongelare dopo scongelamento». Articolo 9 1. L'etichettatura dei prodotti definiti nell'articolo 1, paragrafo 2 e non destinati ad essere forniti al consumatore finale né ai ristoranti, agli ospedali, alle mense e ad altre collettività analoghe comporta soltanto le diciture obbligatorie seguenti: a) la denominazione di vendita completata conformemente all'articolo 8, paragrafo 1, lettera a); b) il contenuto netto espresso in unità di massa; c) una dicitura che consenta di individuare la partita; d) il nome o la ragione sociale e l'indirizzo del produttore o del confezionatore oppure di un rivenditore stabilito all'interno della Comunità. 2. Le indicazioni di cui al paragrafo 1 figurano sull'imballaggio, sul recipiente o sulla confezione o su un'etichetta ivi apposta. 3. II presente articolo lascia impregiudicate eventuali disposizioni comunitarie più precise o più ampie in materia di metrologia. Articolo 10 Gli Stati membri non possono, per ragioni riguardanti le caratteristiche di fabbricazione, la confezione o letichettatu- ra, vietare o limitare la commercializzazione dei prodotti definiti all'articolo 1, paragrafo 2, conformi alla presente direttiva e alle misure prese per la sua applicazione. Articolo 11 Le modalità relative al prelievo di campioni, al controllo delle temperature degli alimenti surgelati ed al controllo delle temperature nei mezzi di trasporto e delle attrezzature di immagazzinamento e di conservazione sono determinate secondo la procedura prevista all'articolo 12, prima dello scadere di un termine di ventiquattro mesi a decorrere dalla notifica della presente direttiva. Articolo 12 1. Ove si faccia riferimento alla procedura definita nel presente articolo, il comitato permanente per i prodotti alimentari è chiamato a pronunciarsi dal suo presidente, su iniziativa di quest'ultimo oppure su richiesta del rappresentante di uno Stato membro. 2. Il rappresentante della Commissione presenta al comitato un progetto delle misure da attuare. Il comitato esprime il suo parere sul progetto nel termine che il presidente può stabilire in relazione all'urgenza del problema in esame. II comitato si pronuncia alla maggioranza qualificata prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato. II presidente non partecipa al voto. 3. a) La Commissione adotta le misure proposte quando sono conformi al parere del comitato. b) Quando le misure proposte non sono conformi al parere del comitato, oppure in mancanza di detto parere, la Commissione presenta immediatamente al Consiglio una proposta relativa alle misure da prendere. II Consiglio delibera a maggioranza qualificata. c) Se allo scadere di un termine di tre mesi a decorrere dalla data in cui è stato adito il Consiglio non ha adottato misure, la Commissione adotta le misure proposte. Anrticolo 13 Gli Stati membri prendono le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Dette misure devono: - permettere, al più tardi diciotto mesi dopo la notifica (6) della direttiva, il commercio di prodotti conformi alla presente direttiva; - vietare, al più tardi ventiquattro mesi dopo la notifica della direttiva, il commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva. 2. per quanto riguarda gli armadi e i banconi frigoriferi per la vendita al consumatore finale, gli Stati membri possono, diirante un periodo di otto anni a decorrere dalla notifica della presente direttiva, mantenere le legislazioni esistenti al momento dell'applicazione della presente direttiva. In tal caso gli Stati membri ne informano la Commissione precisando i motivi che giustificano la loro decisione. Articolo 14 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 21 dicembre 1988. Per il Consiglio Il Presidente V. PAPANDREOU (1) GU n. C 175 del 15. 7. 1985, pag. 296 e GU n. C 12 del l6. 1. 1989. (2) GU n. C 104 del 25. 4. 1985, pag. 17.(3) GU n. L 33 dell'8. 2. 1979, pag. 1 (4) GU n. L 144 del 29. 5. 1986, pag. 38. (5) GU n. L 291 del 19. 11. 1969, pag. 9.(6) La presente direttiva è stata notificata agli Stati membri il 10 gennaio 1989.
Alimenti surgelati QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Stabilisce norme a livello UE che disciplinano il congelamento rapido, l’imballaggio, l’etichettatura e l’ispezione dei prodotti alimentari surgelati. PUNTI CHIAVE Processo di congelamento rapidoGli alimenti surgelati sono quelli sottoposti al processo di «surgelamento», in cui la zona di temperatura di massima cristallizzazione viene superata il più rapidamente possibile e il prodotto viene quindi mantenuto (dopo la stabilizzazione termica) a una temperatura di -18 °C o inferiore. Il congelamento rapido deve essere effettuato senza indugio, mediante attrezzature tecniche idonee, con materie prime di qualità sana, leale e commerciale. Solo aria, azoto e anidride carbonica che soddisfano specifici criteri di purezza possono essere utilizzati come mezzi criogeni (cioè a temperature molto basse). La Commissione europea stabilisce i criteri di purezza. Deviazioni dalla temperatura di -18 °C per gli alimenti surgelati sono consentite durante il trasporto e la distribuzione locale e negli espositori al dettaglio. In tali casi le fluttuazioni verso l’alto non devono superare i 3 °C.Imballaggio dei prodottiGli alimenti surgelati destinati al consumatore finale debbono essere imballati in un preconfezionamento atto a proteggerli dalle contaminazioni esterne microbiche e dalla disseccazione. L’etichettatura degli alimenti surgelati deve includere la denominazione di vendita, l’indicazione «surgelato» e l’identificazione della partita. Le altre informazioni obbligatorie variano in base al consumatore previsto per il prodotto.Consumatori finali, ristoranti, ospedali, mense: data di conservazione minima, indicazione del periodo durante il quale i surgelati possono essere conservati presso l’acquirente, indicazione della temperatura di conservazione e dell’attrezzatura richiesta per la conservazione.Altre: il contenuto netto e l’identità del produttore, confezionatore o rivenditore.Controlli ufficialiGli Stati membri devono garantire che le apparecchiature utilizzate per gli alimenti surgelati siano conformi alla direttiva e devono effettuare controlli ufficiali casuali sulla temperatura del prodotto.Alla Commissione è conferito il potere di adottare misure dettagliate per il campionamento e il monitoraggio della temperatura nei modi di trasporto, deposito e conservazione. DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore dal 10 gennaio 1989 e doveva diventare legge negli Stati membri entro il 10 luglio 1990 per il commercio di prodotti conformi alla direttiva. Gli Stati membri dovevano vietare il commercio di prodotti non conformi alla direttiva entro il 10 gennaio 1991. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 89/108/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sugli alimenti surgelati destinati all’alimentazione umana (GU L 40 dell’11.2.1989, pag. 34). Le successive modifiche alla direttiva 89/108/CEE sono state incorporate nell’atto originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 37/2005 della Commissione, del 12 gennaio 2005, sul controllo delle temperature nei mezzi di trasporto e nei locali di immagazzinamento e di conservazione degli alimenti surgelati destinati all’alimentazione umana (GU L 10 del 13.1.2005, pag. 18). Si veda la versione consolidata. Direttiva 92/2/CEE della Commissione, del 13 gennaio 1992, che fissa le modalità di campionamento e il metodo comunitario di analisi per il controllo delle temperature degli alimenti surgelati destinati all’alimentazione umana (GU L 34 dell’11.2.1992, pag. 30).
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REGOLAMENTO DELEGATO (UE) 2015/2195 DELLA COMMISSIONE del 9 luglio 2015 che integra il regolamento (UE) n. 1304/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo sociale europeo, per quanto riguarda la definizione di tabelle standard di costi unitari e di importi forfettari per il rimborso da parte della Commissione agli Stati membri delle spese sostenute LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, visto il regolamento (UE) n. 1304/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo sociale europeo e che abroga il regolamento (CE) n. 1081/2006 del Consiglio (1), in particolare l'articolo 14, paragrafo 1, considerando quanto segue: (1) Le tabelle standard di costi unitari e gli importi forfettari da usare per i rimborsi agli Stati membri dovrebbero essere stabiliti in base a metodi proposti dagli Stati membri e valutati dalla Commissione, compresi i metodi di cui all'articolo 67, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (2) e all'articolo 14, paragrafi 2 e 3, del regolamento (UE) n. 1304/2013. (2) In considerazione dei diversi tipi di operazioni che possono ricevere sostegno dal Fondo sociale europeo, la definizione e la quantificazione delle tabelle standard di costi unitari e degli importi forfettari possono differire in base al tipo di operazione per rifletterne le specificità. (3) Per quanto riguarda il livello dei costi per ogni tipo di operazione esistono notevoli differenze tra gli Stati membri, e in certi casi tra regioni all'interno di uno stesso Stato membro. Nel rispetto del principio della sana gestione finanziaria del Fondo sociale europeo la definizione e la quantificazione delle tabelle standard di costi unitari e degli importi forfettari stabiliti dalla Commissione dovrebbero rispecchiare anche le specificità di ogni Stato membro e di ogni regione. (4) Affinché gli importi delle tabelle standard di costi unitari rispecchino il livello dei costi effettivamente sostenuti si introduce un metodo per provvedere al loro adeguamento, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto e campo di applicazione Il presente regolamento stabilisce le tabelle standard di costi unitari e gli importi forfettari che la Commissione può usare per rimborsare le spese agli Stati membri. Articolo 2 Tipi di operazioni I tipi di operazioni per le quali è previsto il rimborso in base a tabelle standard di costi unitari e a importi forfettari in conformità all'articolo 14, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1304/2013 sono indicati negli allegati. Articolo 3 Definizione e quantificazione delle tabelle standard di costi unitari e degli importi forfettari La definizione e la quantificazione delle tabelle standard di costi unitari e degli importi forfettari in conformità all'articolo 14, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1304/2013 per ogni tipo di operazione sono indicati negli allegati. Articolo 4 Adeguamento di valori numerici 1. I valori numerici di cui agli allegati sono adeguati applicando i metodi esposti negli allegati stessi. 2. Gli importi adeguati in conformità al paragrafo 1 si applicano per il rimborso delle spese relative alle parti di un'operazione eseguite alla data dell'adeguamento e successivamente a questa. Articolo 5 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 9 luglio 2015 Per la Commissione Il presidente Jean-Claude JUNCKER (1) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 470. (2) Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320). ALLEGATO I Condizioni relative al rimborso alla Svezia delle spese in base a tabelle standard di costi unitari 1. Definizione delle tabelle standard di costi unitari Tipo di operazioni (1) Denominazione dell'indicatore Categoria di costo Unità di misura dell'indicatore Valori 1. Operazioni finanziate nell'ambito dell'asse prioritario 1 «Offerta di competenze» del Programma operativo (Nationellt socialfondsprogram för investering för tillväxt och sysselsättning 2014-2020) (CCI- 2014SE05M9OP001) Ore lavorate Salario del personale impiegato per l'operazione Numero di ore lavorate (2) Categoria salariale (codice SSYK) (3) Regione: Stoccolma (SE 11) (costo unitario per ora, valore espresso in SEK (4) Tutte le regioni esclusa Stoccolma (SE da 12 a 33) (costo unitario per ora, valore espresso in SEK) 1 (912 – 913 –919 -921) 229 234 2 (414 415 – 421 – 422 -512 – 513 – 514 – 515 – 522 –611 – 612 –613 – 614 –826) 257 254 3 (331 – 348 – 411 – 412 – 413 – 419 – 711 – 712 – 713 – 714 – 721 – 722 – 723 – 724 – 731 – 732 – 734 – 741 – 742 – 743 – 811 – 812 – 813 – 814 – 815 – 816 – 817 – 821 – 822 – 823 –824 – 825 – 827 –828 –829 –831 – 832 – 833 – 834 – 914 – 915 – 931 – 932 – 933) 297 282 4 (223 – 232 – 233 – 234 – 235 – 243 – 249 – 313 – 322 – 323 – 324 – 332 – 342 – 343 – 344 – 345 – 346 – 347 – 511 – 011) 338 313 5 (213 – 221 – 231 – 241 – 244 – 245 – 246 – 247 – 248 – 311 – 312 – 315 – 321 – 341) 419 366 6 (211 – 212 – 214 – 222 – 242 – 314) 554 517 7 A (121) 739 739 7 B (111–123) 801 625 7 C (131–122) 525 429 2. Operazioni finanziate nell'ambito dell'asse prioritario 1 «Offerta di competenze» del Programma operativo (Nationellt socialfondsprogram för investering för tillväxt och sysselsättning 2014-2020) (CCI- 2014SE05M9OP001) Ore di partecipazione all'operazione Salario del partecipante Numero di ore di partecipazione (2) Regione: Stoccolma (SE 11) (costo unitario per ora, valore espresso in SEK) Tutte le regioni esclusa Stoccolma (SE da 12 a 33) (costo unitario per ora, valore espresso in SEK) 229 234 3. Operazioni finanziate nell'ambito dell'asse prioritario 2 «Maggiore transizione verso l'occupazione» e dell'asse prioritario 3 «Iniziativa a favore dell'occupazione giovanile» del Programma operativo (Nationellt socialfondsprogram för investering för tillväxt och sysselsättning 2014-2020) (CCI- 2014SE05M9OP001) Ore lavorate Salario del personale impiegato per l'operazione Numero di ore lavorate (2) Categoria di attività Regione: Stoccolma (SE 11) (costo unitario per ora, valore espresso in SEK) Tutte le regioni esclusa Stoccolma (SE da 12 a 33) (costo unitario per ora, valore espresso in SEK) Capo progetto, nelle operazioni per le quali l'importo totale ammissibile delle spese, come dichiarato nel documento che stabilisce le condizioni del finanziamento, è superiore a 20 milioni di SEK 535 435 Capo progetto, nelle operazioni per le quali l'importo totale ammissibile delle spese, come dichiarato nel documento che stabilisce le condizioni del finanziamento, è inferiore o uguale a 20 milioni di SEK/assistente del capo progetto, nelle operazioni per le quali l'importo totale ammissibile delle spese, come dichiarato nel documento che stabilisce le condizioni del finanziamento, è superiore a 20 milioni di SEK 478 405 Collaboratore del progetto 331 300 Economista del progetto 427 363 Amministratore 297 270 4. Operazioni finanziate nell'ambito dell'asse prioritario 2 «Maggiore transizione verso l'occupazione» e dell'asse prioritario 3 «Iniziativa a favore dell'occupazione giovanile» del Programma operativo (Nationellt socialfondsprogram för investering för tillväxt och sysselsättning 2014-2020) (CCI- 2014SE05M9OP001) Ore di partecipazione all'operazione Indennità riconosciuta al partecipante Numero di ore di partecipazione (2) Assistenza finanziaria (costo unitario per ora) Età (in SEK) 18-24 anni 32 25-29 anni 40 30-64 anni 46 Sovvenzione per l'attività e indennità per lo sviluppo (costo unitario per ora) Età (in SEK) 15-19 anni 17 20-24 anni 33 25-29 anni 51 30-44 anni 55 45-69 anni 68 Contributi previdenziali e assicurazione malattie (costo unitario per ora) Età (in SEK) 19-29 anni (contributi previdenziali e assicurazione malattie per tale fascia di età) 51 30-64 anni (contributi previdenziali e assicurazione malattie per tale fascia di età) 58 Assistenza sanitaria, assicurazione malattie, prestazioni riabilitative e prestazioni per incidente sul lavoro o malattia professionale (costo unitario per ora) Età (in SEK) – 19 anni 48 20-64 anni 68 2. Adeguamento degli importi I costi unitari indicati nella tabella si applicano alle ore lavorate o di partecipazione nel 2015. Ad eccezione dei costi unitari relativi alle indennità riconosciute ai partecipanti (indicati al punto 4 della tabella), che non sono soggetti ad adeguamento, i valori indicati aumenteranno in modo automatico del 2 % al 1o gennaio di ogni anno a partire dal 2016 e fino al 2023. (1) I valori numerici delle tabelle standard di costi unitari si applicano unicamente alle parti delle operazioni relative alle categorie di costi esposte nel presente allegato. (2) Il numero totale delle ore dichiarate in un anno non può essere superiore al numero standard di ore lavorate all'anno in Svezia, pari a 1 862 ore. (3) Codice delle attività lavorative in uso in Svezia. (4) Valuta svedese. ALLEGATO II Condizioni relative al rimborso alla Francia delle spese in base a tabelle standard di costi unitari 1. Definizione delle tabelle standard di costi unitari Tipo di operazioni Denominazione dell'indicatore Categoria di costo Unità di misura dell'indicatore Importi (in EUR) «Garantie Jeunes» finanziata nell'ambito dell'asse prioritario 1 «Accompagner les jeunes NEET vers et dans l'emploi» del programma operativo «PROGRAMME OPÉRATIONNEL NATIONAL POUR LA MISE EN ŒUVRE DE L'INITIATIVE POUR L'EMPLOI DES JEUNES EN METROPOLE ET OUTRE-MER» (CCI-2014FR05M9OP001) Giovani NEET (1) che riportino risultati positivi nell'ambito della «Garantie Jeunes» entro e non oltre 12 mesi dall'inizio del tutoraggio — indennità versate al partecipante; — costi di attivazione sostenuti dalle «missions locales» Numero di giovani NEET che riportano uno dei seguenti risultati entro e non oltre 12 mesi dall'inizio del tutoraggio: — hanno iniziato una formazione professionale che ha per esito il rilascio di una certificazione, sia mediante: — adesione ad una formazione professionale di «apprendimento permanente»; oppure — iscrizione ad una formazione di base; oppure — apertura di un'impresa; oppure — assunzione; oppure — occupazione durata minimo 80 giorni in un ambiente lavorativo (a titolo retribuito o gratuito) 3 600 2. Adeguamento degli importi La tabella standard di costi unitari della tabella si basa in parte su una tabella standard di costi unitari finanziata interamente dalla Francia. L'importo complessivo di 3 600 EUR comprende 1 600 EUR corrispondenti alla tabella standard di costi unitari stabilita dall'«instruction ministérielle du 11 octobre 2013 relative à l'expérimentation Garantie Jeunes prise pour l'application du décret 2013-80 du 1er octobre 2013 ainsi que par l'instruction ministérielle du 20 mars 2014» a fini di copertura dei costi sostenuti dai servizi per l'occupazione giovanile «Missions Locales» per assicurare il tutoraggio ad ogni giovane NEET che aderisce alla «Garantie Jeunes». La tabella standard di costi unitari definita nella sezione 1 sarà adeguata dallo Stato membro applicando gli adeguamenti previsti dalla normativa nazionale alla tabella standard di costi unitari in relazione ai 1 600 EUR di cui al paragrafo 1, che coprono i costi sostenuti dai servizi per l'occupazione giovanile. (1) Giovane disoccupato o inattivo al di fuori di ogni ciclo di istruzione e formazione che partecipa ad un'operazione finanziata dal «PROGRAMME OPÉRATIONNEL NATIONAL POUR LA MISE EN ŒUVRE DE L'INITIATIVE POUR L'EMPLOI DES JEUNES EN METROPOLE ET OUTRE-MER».
Norme sul rimborso ai paesi dell’UE per le spese del Fondo sociale europeo QUAL È LO SCOPO DI QUESTO REGOLAMENTO DELEGATO? Stabilisce le tabelle standard di costi unitari e di importi forfettari che la Commissione europea può usare per rimborsare le spese ai paesi dell’UE. Integra il regolamento (UE) n. 1304/2013, il regolamento sul Fondo sociale europeo (regolamento sul FSE). PUNTI CHIAVE Regolamento (UE) n. 1304/2013, il regolamento sul FSE Il regolamento sul FSE consente alla Commissione di adottare il regolamento delegato. L’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento sul FSE consente alla Commissione di rimborsare le spese sostenute dai paesi dell’UE sulla base di tabelle standard di costi unitari e di importi forfettari definite dalla Commissione stessa. Gli importi calcolati sono considerati come sostegno pubblico pagato a beneficiari e spese ammissibili ai sensi delle norme comuni per i Fondi strutturali e d’investimento europei. Ambito di applicazione del regolamento delegato Gli allegati a questo regolamento delegato stabiliscono:il tipo di operazioni previste; le definizioni delle tabelle standard di costi unitari e di importi forfettari; gli importi; i metodi per regolare tali importi. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO DELEGATO? Esso è in vigore dal 18 dicembre 2015. CONTESTO Fondo sociale europeo (Commissione Europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento delegato (UE) 2015/2195 della Commissione, del 9 luglio 2015, che integra il regolamento (UE) n. 1304/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo sociale europeo, per quanto riguarda la definizione di tabelle standard di costi unitari e di importi forfettari per il rimborso da parte della Commissione ai paesi dell’UE delle spese sostenute (GU L 313 del 28.11.2015, pagg. 22-28). Successive modifiche al regolamento (UE) 2015/2195 sono state integrate nel testo originario. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pagg. 320-469). Si veda la versione consolidata. Regolamento (UE) n. 1304/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, relativo al Fondo sociale europeo e che abroga il regolamento (CE) n. 1081/2006 del Consiglio (GU L 347 20.12.2013, pagg. 470-486). Si veda la versione consolidata.
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 23 luglio 2012 indirizzata alla Spagna su misure specifiche atte a rafforzare la stabilità finanziaria (2012/443/UE) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 136, paragrafo 1, lettera b), in combinato disposto con l’articolo 126, paragrafo 6, vista la proposta della Commissione europea, considerando quanto segue: (1) L’articolo 136, paragrafo 1, lettera b), del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) prevede la possibilità di elaborare orientamenti di politica economica specifici concernenti gli Stati membri la cui moneta è l’euro. (2) Nella raccomandazione sul programma nazionale di riforma 2012 della Spagna e nel parere sul programma di stabilità della Spagna 2012-2015 (1), il Consiglio ha raccomandato alla Spagna di adottare provvedimenti al fine di «attuare la riforma del settore finanziario, e in particolare completare la ristrutturazione del settore bancario affrontando il problema delle istituzioni deboli rimanenti, presentando una strategia generale per gestire efficacemente le attività preesistenti nei bilanci delle banche e definendo un orientamento chiaro per il finanziamento e l’uso degli strumenti di sostegno». (3) L’abbondante disponibilità di finanziamento esterno a basso costo ha alimentato in Spagna negli anni 2000 una domanda interna trainata dal credito e una bolla speculativa, che si sono concentrate soprattutto sul settore immobiliare. Lo scoppio della bolla edilizia e immobiliare e la conseguente recessione economica hanno prodotto effetti negativi sul settore bancario spagnolo. Pertanto, alle banche spagnole è ormai ampiamente precluso, a eccezione di pochi enti creditizi di grandi dimensioni e diversificati sul piano internazionale, un accesso a prezzi abbordabili ai mercati del finanziamento all’ingrosso; esse sono pertanto estremamente dipendenti dal rifinanziamento dell’Eurosistema. Inoltre, la loro capacità di contrarre prestiti è ormai considerevolmente limitata dagli effetti dei declassamenti del rating sulla disponibilità di garanzie reali. (4) La considerevole contrazione dell’economia registrata negli ultimi anni, che influisce molto negativamente su occupazione e disoccupazione, ha determinato un grave deterioramento della posizione di bilancio della Spagna. Secondo l’aggiornamento delle previsioni della primavera 2012, preparato dai servizi della Commissione, le proiezioni indicano un disavanzo pubblico al 6,3 % del PIL nel 2012, rispetto al 5,3 % previsto nel programma di stabilità 2012 e nel progetto di legge finanziaria 2012. Nel 2011 il debito pubblico lordo è salito al 68,5 % del PIL e, stando all’aggiornamento delle previsioni della primavera 2012 preparato dai servizi della Commissione, si prevede che, a politiche invariate, aumenti all’80,9 % del PIL nel 2012 e all’86,8 % nel 2013, superando quindi il valore di riferimento del trattato ogni anno. I rischi associati allo scenario macroeconomico e agli obiettivi di bilancio, così come a ulteriori misure di salvataggio finanziario, potranno concorrere a un ulteriore aumento del debito pubblico. Alla luce di tale evoluzione il 10 luglio 2012 il Consiglio ha rivolto alla Spagna una raccomandazione a norma della procedura per i disavanzi eccessivi (PDE), volta a far cessare l’attuale situazione di disavanzo eccessivo entro il 2014. (5) Le autorità spagnole hanno adottato una serie di misure importanti per affrontare i problemi del settore bancario, fra cui: ripulitura dei bilanci delle banche, aumento dei requisiti patrimoniali minimi, ristrutturazione del settore delle casse di risparmio, innalzamento consistente degli obblighi di accantonamento per i prestiti connessi allo Sviluppo immobiliare (Real Estate Development — RED) e alle attività vincolate. Le misure si sono tuttavia rivelate insufficienti ad allentare la pressione dei mercati. (6) Nel febbraio 2011 le autorità spagnole hanno innalzato il requisito del coefficiente minimo di capitale («capital principal») all’8 % delle attività ponderate per il rischio delle banche, cui hanno concesso fino al settembre 2011 per conformarsi alla nuova regolamentazione. Per le banche più dipendenti dal finanziamento all’ingrosso e caratterizzate da un accesso limitato al mercato, il coefficiente minimo di capitale è stato portato al 10 %. Nel febbraio e nel maggio 2012 una nuova normativa ha imposto alle banche di costituire riserve e margini patrimoniali più consistenti per tutelarsi dalle eventuali perdite sui prestiti sia redditizi sia in sofferenza relativamente alle attività edilizie e immobiliari accumulate in passato. Il volume complessivo previsto di questi nuovi obblighi di copertura ammontava a circa 84 miliardi di EUR. (7) Fino all’aprile 2012 il contributo finanziario complessivo lordo dello Stato spagnolo (escluse le garanzie sulle emissioni di titoli) ammontava a circa 15 miliardi di EUR. Il sostegno finanziario è stato fornito attraverso il Fondo per la ristrutturazione bancaria ordinata (FROB), cui è stato conferito un capitale di 15 miliardi di EUR di cui 9 miliardi già versati. Lo Stato ha inoltre fornito garanzie alle emissioni di obbligazioni bancarie privilegiate per un importo intorno agli 86 miliardi di EUR (di cui garanzie in essere per circa 58 miliardi). Nonostante le capacità residue del FROB pari a tre volte la sua allocazione di capitale, le disponibilità del settore pubblico non saranno sufficienti a garantire un sostegno abbastanza ampio da permettere la richiesta ripulitura a livello sistemico nel settore bancario. (8) I timori relativi alla necessità di un’ulteriore ricapitalizzazione del settore bancario hanno contribuito ad aumentare le pressioni del mercato sui titoli di Stato spagnoli. I rendimenti dei titoli sovrani hanno raggiunto livelli abbondantemente superiori ai 500 punti base fra fine giugno e inizio luglio 2012, con conseguente aumento dei costi di finanziamento del settore sovrano spagnolo. L’aumento dell’onere per interessi rende più impegnativa la sfida del risanamento delle finanze pubbliche spagnole e della correzione del disavanzo eccessivo. La ristrutturazione completa e la ricapitalizzazione del settore bancario sono pertanto elementi importanti per l’alleggerimento della pressione sulle finanze pubbliche. (9) Il 25 giugno 2012 le autorità spagnole hanno chiesto ufficialmente assistenza finanziaria nel contesto del processo in corso di ristrutturazione e ricapitalizzazione del settore bancario del paese. L’assistenza è chiesta a titolo di assistenza finanziaria alla ricapitalizzazione degli istituti finanziari del Fondo europeo di stabilità finanziaria. L’assistenza fornita è subordinata a condizioni specifiche al settore finanziario, come previsto nel memorandum d’intesa (MoU) negoziato tra il governo spagnolo e la Commissione, di concerto con la Banca centrale europea (BCE) e l’Autorità bancaria europea (ABE), con l’assistenza tecnica del Fondo monetario internazionale (FMI). Essa comprenderà sia una condizionalità specifica per le banche, in linea con le norme in materia di aiuti di Stato, sia una condizionalità orizzontale. Parallelamente, la Spagna dovrà conformarsi pienamente ai propri impegni e obblighi nel quadro della PDE e delle raccomandazioni, volte ad affrontare gli squilibri macroeconomici, formulate nell’ambito del Semestre europeo. (10) Il miglioramento della resilienza a lungo termine del settore bancario spagnolo è essenziale per mantenere la stabilità finanziaria in Spagna e contenere il contagio dello stress finanziario preservando le altre economie della zona euro e, quindi, per scongiurare effetti negativi sul buon funzionamento dell’economia e dell’Unione economica e monetaria. Le misure significative adottate finora per risolvere tali problemi non si sono rivelate del tutto adeguate. Sono pertanto necessarie ulteriori misure. La Spagna dovrebbe, in particolare, attuare altre misure specifiche per risolvere in modo efficace la questione delle attività accumulate in passato, ripristinare la capacità di finanziamento sui mercati, limitare il ricorso al sostegno alla liquidità della banca centrale da parte delle banche e potenziare i meccanismi di individuazione dei rischi e gestione delle crisi. (11) Nell’ambito della strategia globale è fondamentale gestire efficacemente le attività accumulate in passato, imponendo una segregazione netta delle attività problematiche delle banche beneficiarie di sostegno mediante estromissione dai loro bilanci, in particolare per i prestiti connessi al comparto RED e per le attività vincolate. Tale segregazione fugherebbe gli ultimi dubbi sulla qualità dei bilanci delle banche, cui consentirebbe così di adempiere meglio la loro funzione di intermediazione finanziaria. (12) Un siffatto miglioramento della trasparenza dei bilanci delle banche può inoltre agevolare un ridimensionamento ordinato delle esposizioni delle banche nei confronti del settore immobiliare, ripristinare la capacità di finanziamento sui mercati e limitare il ricorso al sostegno alla liquidità della banca centrale da parte delle banche. (13) La definizione di un quadro solido per il settore bancario spagnolo implica il potenziamento dei meccanismi di individuazione dei rischi e di gestione delle crisi. Una strategia efficace dovrebbe prevedere modifiche atte a rafforzare il quadro di regolamentazione e di vigilanza alla luce delle esperienze maturate con la crisi finanziaria. Occorre inoltre potenziare il governo societario in linea con le migliori pratiche internazionali, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 1. La Commissione, in consultazione con la BCE, l’ABE e l’FMI, ha convenuto con le autorità spagnole le condizioni specifiche di politica nel settore finanziario cui è collegata l’assistenza finanziaria. Tali condizioni figurano nel memorandum d’intesa (MoU) che dovrà essere firmato dalla Commissione europea e dalle autorità spagnole. Le condizioni finanziarie sono stabilite nel dettaglio in un accordo sullo strumento di assistenza finanziaria. La Spagna procede a una ricapitalizzazione adeguata e a una ristrutturazione profonda del suo sistema bancario. A tale scopo la Spagna sviluppa, coordinandosi con la Commissione europea e consultandosi con la BCE, una strategia per la struttura, il funzionamento e la sostenibilità economica futuri delle banche spagnole, che stabilirà in che modo garantire che siano in grado di operare senza ulteriore sostegno statale. Tale strategia sarà precisata ulteriormente nel MoU, in cui saranno ulteriormente elaborate le condizioni di politica contenute nella presente decisione. 2. Le componenti essenziali di tale strategia sono una revisione approfondita dei segmenti deboli del settore bancario spagnolo e il rafforzamento dei quadri di regolamentazione e di vigilanza nel settore bancario. 3. La revisione approfondita dei segmenti deboli del settore bancario spagnolo si articola nei tre elementi seguenti: a) individuazione del fabbisogno di capitale di ogni singola banca mediante un esame completo della qualità delle attività nel settore bancario e, su tale base, una prova di stress sulle singole banche. In base ai risultati della prova di stress, le banche che necessitano di un apporto di capitale saranno divise in tre gruppi, ognuno dei quali sarà soggetto all’obbligo di presentare piani di ristrutturazione e risoluzione e tutte le misure complementari e successive, come previsto nel MoU; b) per le banche deboli, ricapitalizzazione, ristrutturazione e/o risoluzione ordinata della crisi in base a piani atti a colmare gli eventuali deficit di capitale individuati nella prova di stress. Tali piani si fonderanno sui principi di sostenibilità economica, riducendo al minimo i costi per i contribuenti (ripartizione degli oneri) e limitando le distorsioni della concorrenza. A tal fine la Spagna adotterà atti legislativi intesi a i) consentire l’attuazione di piani riguardanti i crediti subordinati, comprese forme obbligatorie di ripartizione degli oneri, ii) potenziare il quadro di risoluzione nel settore bancario in modo da integrare i pertinenti poteri del FROB e del Fondo di garanzia dei depositi (FGD) in materia di risoluzione e tenendo conto della proposta di regolamentazione dell’UE sulla gestione delle crisi e la risoluzione nel settore bancario, compresi strumenti speciali di risoluzione delle banche non economicamente sostenibili; c) per le banche beneficiarie di sostegno pubblico nel processo di ricapitalizzazione, segregazione delle attività e cessione delle attività deteriorate a una società di gestione patrimoniale esterna, per realizzare il loro valore a lungo termine. La Spagna, in stretta consultazione con la Commissione, la BCE e l’ABE, nonché avvalendosi dell’assistenza tecnica dell’FMI, metterà a punto un quadro legislativo globale per l’istituzione e il funzionamento della società di gestione patrimoniale, al fine di renderla pienamente operativa entro il novembre 2012. 4. Per definire un quadro solido nel settore bancario, la Spagna provvede inoltre al rafforzamento dei quadri di regolamentazione e di vigilanza e al potenziamento della governance. La strategia e la condizionalità, delineate con precisione nel MoU, comprendono tra l’altro le misure seguenti: a) gli enti creditizi spagnoli sono tenuti ad aumentare ad almeno il 9 % il coefficiente del capitale di base di classe 1 conformemente alla definizione di capitale di cui all’esercizio di ricapitalizzazione dell’ABE; b) a partire dal 1o gennaio 2013, gli enti creditizi spagnoli sono tenuti ad applicare la definizione di capitale contenuta nel regolamento sui requisiti patrimoniali (Capital Requirements Regulation — CRR); c) è riveduto il quadro giuridico inerente al fondo perdite su crediti. Alla luce delle esperienze maturate con la crisi finanziaria, le autorità spagnole presentano, in particolare, proposte per rinnovare il quadro permanente del fondo perdite su crediti, tenendo conto sia delle misure temporanee introdotte negli ultimi mesi sia del quadro contabile dell’UE; d) è rafforzata ulteriormente l’autonomia operativa del Banco de España; in linea con le raccomandazioni e norme internazionali, i poteri di sanzionamento e di conferimento delle autorizzazioni nel settore bancario attualmente attribuiti al ministero dell’economia sono trasferiti al Banco de España; e) sono ulteriormente rafforzate le procedure di vigilanza del Banco de España sulla base di un audit interno; f) i dispositivi di governance delle agenzie della rete di sicurezza finanziaria (FROB e FGD) sono riveduti per evitare potenziali conflitti d’interesse; g) sono potenziate le norme sulla governance nel settore delle casse di risparmio e delle banche di proprietà delle casse di risparmio; h) è modificata la normativa sulla protezione dei consumatori e sui titoli al fine di limitare la vendita da parte delle banche di strumenti di debito subordinati (o di strumenti non coperti dall’FGD) a clienti al dettaglio non qualificati, ed è rafforzato il controllo di conformità da parte delle autorità; i) sono adottati provvedimenti per ridurre al minimo i costi per i contribuenti derivanti dalla ristrutturazione bancaria. Dopo l’attribuzione delle perdite agli azionisti, le autorità spagnole imporranno misure di ripartizione degli oneri ai detentori di capitale ibrido e di titoli di debito subordinato nelle banche che ricevono capitale pubblico; j) sono fissati massimali per i livelli di remunerazione dei membri dei consigli direttivi e di sorveglianza di tutte le banche che beneficiano di aiuti di Stato; k) è potenziato il registro pubblico dei crediti. 5. Le autorità forniscono alla Commissione, alla BCE, all’ABE e all’FMI, in condizioni di massima riservatezza, i dati necessari ai fini del controllo del settore bancario. 6. La Commissione, di concerto con la BCE e l’ABE, verifica a intervalli regolari, attraverso controlli in loco e relazioni periodiche elaborate dalle autorità spagnole, su base trimestrale, che siano soddisfatte le condizioni di politica cui è collegata l’assistenza finanziaria. Il monitoraggio delle attività del FROB nel contesto del programma avrà luogo a scadenze regolari. Articolo 2 Il Regno di Spagna è destinatario della presente decisione. Fatto a Bruxelles, il 23 luglio 2012 Per il Consiglio La presidente C. ASHTON (1) GU C 219 del 24.7.2012, pag. 81.
Assistenza finanziaria alla Spagna QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Ha approvato un programma di assistenza finanziaria volto ad aiutare la Spagna a ricapitalizzare e ristrutturare il proprio settore bancario. PUNTI CHIAVE Il programma di assistenza finanziaria concordato dai ministri delle Finanze della zona euro a luglio 2012 prevedeva finanziamenti da parte dei paesi della zona euro alla Spagna fino a 100 miliardi di euro per 18 mesi. Quando il programma è terminato, a gennaio 2014, la Spagna aveva usato solo circa 38,9 miliardi di euro degli aiuti per ricapitalizzare le proprie banche e altri 2,5 miliardi di euro per capitalizzare la società spagnola di gestione patrimoniale, Sareb. In cambio degli aiuti la Spagna, in consultazione con la Banca centrale europea (BCE), l’Autorità bancaria europea (ABE) e il Fondo monetario internazionale (FMI), doveva: individuare il fabbisogno di capitale di ogni singola banca mediante un esame completo della qualità delle attività nel settore e una prova di stress sulle singole banche; ricapitalizzare, ristrutturare e/o effettuare una risoluzione ordinata delle banche deboli, riducendo al minimo i costi per i contribuenti; segregare le attività deteriorate delle banche beneficiarie di sostegno pubblico e cederle alla società di gestione patrimoniale Sareb; rafforzare i suoi quadri di regolamentazione e di vigilanza e potenziare la governance. Ogni tre mesi, la Commissione europea, la BCE e l’ABE hanno verificato che la Spagna rispettasse le condizioni cui gli aiuti erano subordinati. Dopo che la Spagna ha abbandonato il programma nel dicembre del 2013, la Commissione ha continuato a monitorare l’economia e il settore finanziario spagnoli nell’ambito delle misure di vigilanza successive al programma stabilite nel regolamento (UE) n. 472/2013. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Si applica dal 24 luglio 2012. CONTESTO Il 25 giugno 2012, il governo spagnolo ha richiesto assistenza finanziaria esterna a titolo del programma di assistenza finanziaria per la ricapitalizzazione degli istituti finanziari del Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF). I capi di Stato e di governo presenti al Vertice della zona euro del 29 giugno 2012 hanno concordato che l’assistenza sarebbe di conseguenza arrivata dal meccanismo europeo di stabilità (MES), ma senza ottenere le stesse priorità per il rimborso di altri prestiti MES. Il memorandum d’intesa è stato firmato il 23 luglio. La sua piena attuazione ha tenuto conto di tutte le altre considerazioni pertinenti contenute nella dichiarazione del Vertice della zona euro del 29 giugno 2012. Il funzionamento del programma è stato monitorato da vicino dalla Commissione e dalla BCE, parzialmente anche dall’ABE e dal FESF. È stato fortemente coinvolto anche l’FMI. Per ulteriori informazioni, si veda: «Il programma di aggiustamento del settore finanziario per la Spagna» (Commissione europea) «Vigilanza successiva al programma per la Spagna» (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2012/443/UE del Consiglio, del 23 luglio 2012, indirizzata alla Spagna su misure specifiche atte a rafforzare la stabilità finanziaria (GU L 202 del 28.7.2012, pagg. 17-20) DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 407/2010 del Consiglio, dell’11 maggio 2010, che istituisce un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (GU L 118 del 12.5.2010, pagg. 1-4) Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 407/2010 sono state integrate nel documento di base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento (UE) n. 472/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria (GU L 140 del 27.5.2013, pagg. 1-10)
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Accordo di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese Gazzetta ufficiale n. L 250 del 19/09/1985 pag. 0002 - 0007 edizione speciale finlandese: capitolo 11 tomo 11 pag. 0227 edizione speciale svedese/ capitolo 11 tomo 11 pag. 0227 edizione speciale spagnola: capitolo 11 tomo 22 pag. 0159 edizione speciale portoghese: capitolo 11 tomo 22 pag. 0159 *****ACCORDO di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE, PRENDENDO ATTO con soddisfazione dello sviluppo dei rapporti amichevoli tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese, RITENENDO che l'attuazione dell'accordo commerciale tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese, firmato il 3 aprile 1978, abbia dato risultati soddisfacenti, ANIMATI dalla volontà comune di instaurare una nuova fase nei loro rapporti commerciali ed economici, DESIDEROSI, sulla base dell'uguaglianza e dei vantaggi reciproci, di intensificare e di diversificare i loro scambi commerciali e di sviluppare attivamente una cooperazione economica e tecnica conforme ai rispettivi interessi, HANNO DECISO DI CONCLUDERE IL PRESENTE ACCORDO CONTENENTE LE SEGUENTI DISPOSIZIONI: Articolo 1 Le due parti contraenti cercheranno, nel contesto delle rispettive leggi e regolamentazioni in vigore, conformemente ai principi di eguaglianza e di reciproco vantaggio: - di promuovere e di intensificare i loro scambi commerciali, - di favorire una continua espansione della cooperazione economica. CAPITOLO I Cooperazione commerciale Articolo 2 Le due parti contraenti ribadiscono la loro volontà: a) di prendere tutte le misure opportune per creare condizioni favorevoli ai loro scambi commerciali; b) di adoperarsi con la massima sollecitudine per migliorare la struttura degli scambi commerciali per pervenire ad una più vasta diversificazione degli stessi; c) di esaminare, ciascuna per proprio conto e con uno spirito positivo, le proposte formulate dall'altra parte contraente, in particolare in sede di commissione mista, allo scopo di agevolare i loro scambi commerciali. Articolo 3 1. Le due parti contraenti si concedono nei loro rapporti commerciali il trattamento della nazione più favorita per quanto concerne: a) i dazi doganali e le imposizioni di qualsiasi natura applicati all'importazione, all'esportazione, alla riesportazione o al transito dei prodotti, ivi comprese le modalità di riscossione di tali dazi e imposizioni; b) le normative, le procedure e le formalità in materia di sdoganamento, transito, deposito in magazzino e trasbordo dei prodotti importati o esportati; c) le tasse e altre imposizioni interne che colpiscono direttamente o indirettamente i prodotti e servizi importati od esportati; d) le formalità amministrative per il rilascio delle licenze d'importazione o di esportazione. 2. Il paragrafo 1 non si applica quando si tratta: a) di vantaggi concessi da una delle parti contraenti agli stati che fanno parte con la stessa di un'unione doganale o di una zona di libero scambio; b) di vantaggi accordati da una delle parti contraenti ai paesi limitrofi per facilitare il commercio di frontiera; c) di misure che possano essere attuate da una o dall'altra parte contraente per far fronte agli obblighi inerenti agli accordi internazionali sui prodotti di base. Articolo 4 Le due parti contraenti faranno ogni sforzo per agevolare l'espansione armoniosa dei reciproci scambi commerciali e per contribuire secondo i rispettivi mezzi ad equilibrarli. Qualora si manifestasse uno squilibrio evidente, il problema deve formare oggetto di un esame in sede di commissione mista per raccomandare le misure necessarie al miglioramento della situazione. Articolo 5 1. La Repubblica popolare cinese prenderà favorevolmente in considerazione le importazioni provenienti dalla Comunità economica europea. A tal fine, le competenti autorità cinesi provvederanno affinché gli esportatori della Comunità abbiano la possibilità di partecipare pienamente alle occasioni di commercio con la Cina. 2. La Comunità economica europea tenderà verso una sempre maggiore liberalizzazione delle importazioni in provenienza dalla Repubblica popolare cinese. A tal fine essa si adopererà per prendere progressivamente misure volte ad estendere l'elenco dei prodotti la cui importazione in provenienza dalla Cina è liberalizzata e ad aumentare il volume dei contingenti. Le modalità di applicazione verranno esaminate nel quadro della commissione mista. Articolo 6 1. Le due parti contraenti sono tenute a scambiare informazioni sui problemi che potrebbero manifestarsi nei loro scambi commerciali e ad avviare, con l'intento di promuovere gli scambi commerciali, consultazioni amichevoli volte alla ricerca di una soluzione di detti problemi reciprocamente soddisfacente. Ciascuna delle due parti contraenti si asterrà dall'attuare misure prima delle consultazioni. 2. Se tuttavia, eccezionalmente, la situazione non consente alcun indugio, ogni parte contraente può prendere misure, ma prima deve cercare, per quanto possibile, di procedere ad una consultazione amichevole. 3. Nell'adottare le misure menzionate al paragrafo 2, ogni parte contraente cercherà di non compromettere gli obiettivi generali del presente accordo. Articolo 7 Le due parti contraenti si impegnano a promuovere le visite di persone, gruppi e delegazioni degli ambienti economici, commerciali e industriali, a facilitare gli scambi e i contatti industriali e tecnici a carattere commerciale, a favorire l'organizzazione reciproca delle fiere e delle esposizioni, nonché la prestazione dei servizi ad esse inerenti. Esse devono concedersi per quanto possibile le agevolazioni concernenti le attività summenzionate. Articolo 8 Lo scambio di merci e la prestazione di servizi tra le due parti contraenti si svolgeranno secondo i prezzi e le tariffe conformi ai mercati. Articolo 9 Le parti contraenti convengono che i pagamenti delle transazioni si effettuino, conformemente alle rispettive leggi e regolamentazioni in vigore, nelle monete degli stati membri della Comunità, in renminbi oppure in qualsiasi moneta convertibile accettata dalle due parti interessate alle transazioni. CAPITOLO II Cooperazione economica Articolo 10 Nell'ambito delle rispettive competenze e in particolare con l'intento di favorire lo sviluppo dell'industria e dell'agricoltura nella Comunità economica europea e nella Repubblica popolare cinese, diversificare i rapporti economici, incoraggiare il progresso scientifico e tecnico, aprire nuove fonti di approvvigionamento e nuovi mercati, contribuire allo sviluppo delle loro economie e al miglioramento del loro tenore di vita, le parti contraenti convengono di sviluppare la cooperazione economica in tutti i settori definiti di comune accordo, in particolare: - industria e miniere, - agricoltura e settore agro-industriale, - scienze e tecnologia, - energia, - trasporti e comunicazioni, - protezione dell'ambiente, - cooperazione nei paesi terzi. Articolo 11 In funzione dei rispettivi bisogni e compatibilmente con i propri mezzi d'azione le parti contraenti favoriranno la cooperazione industriale e tecnica nei suoi vari aspetti, a vantaggio dei relativi organismi o imprese. Per realizzare gli obiettivi del presente accordo, le due parti contraenti si adopereranno per agevolare e promuovere, tra l'altro: - la coproduzione e le imprese comuni; - lo sfruttamento in comune; - il trasferimento di tecnologia; - la cooperazione tra istituzioni finanziarie; - le visite, i contatti e le attività di promozione per la cooperazione tra persone, delegazioni e organismi economici; - l'organizazione di seminari e simposi; - i servizi di consultazione; - l'assistenza tecnica, compresa quella destinata alla formazione del personale; - lo scambio continuo di informazioni e opinioni inerenti alla cooperazione commerciale ed economica. Articolo 12 1. Per realizzare gli obiettivi del presente accordo, nel contesto delle rispettive leggi, regolamentazioni e politiche, le due parti contraenti convengono di promuovere e incrementare gli investimenti di reciproco interesse. 2. Le parti cercheranno inoltre di migliorare l'attuale clima favorevole agli investimenti, soprattutto incoraggiando l'estensione, da parte degli stati membri della Comunità economica europea e della Repubblica popolare cinese, degli accordi in materia di promozione e protezione degli investimenti in base a principi di equità e reciprocità. Articolo 13 Dato il diverso livello di sviluppo delle due parti contraenti, la Comunità economica europea è disposta, nell'ambito della sua azione di aiuto allo sviluppo a continuare gli interventi a favore dello sviluppo cinese, compatibilmente con le proprie disponibilità e normative. Essa si conferma disposta ad aumentare e diversificare questi interventi. Articolo 14 Salve restando le disposizioni applicabili in materia dei trattati che istituiscono le Comunità europee, il presente accordo, come qualsiasi azione intrapresa nell'ambito dello stesso, lasciano inalterata la capacità degli stati membri delle Comunità di intraprendere azioni bilaterali con la Repubblica popolare cinese nel settore della cooperazione economica e di concludere eventuali nuovi accordi di cooperazione economica con la Repubblica popolare cinese. CAPITOLO III Commissione mista Articolo 15 1. Nell'ambito del presente accordo di cooperazione commerciale ed economica le due parti contraenti istituiscono una commissione mista composta da rappresentanti della Comunità economica europea e da rappresentanti della Repubblica popolare cinese. 2. La commissione mista è incaricata: - di sorvegliare e di esaminare il funzionamento del presente accordo e di passare in rassegna le varie azioni di cooperazione realizzate; - di esaminare tutte le questioni che potrebbero sorgere nel corso dell'applicazione del presente accordo; - di esaminare i problemi che possono costituire un ostacolo allo sviluppo della cooperazione commerciale ed economica tra le due parti contraenti; - di studiare i mezzi e le nuove possibilità di sviluppo della cooperazione commerciale ed economica; - di formulare raccomandazioni che possano contribuire alla realizzazione degli obiettivi del presente accordo nei settori di comune interesse. 3. La commissione mista si riunisce una volta all'anno, alternativamente a Bruxelles e a Beijing. Possono essere convocate di comune accordo riunioni straordinarie, su richiesta di una delle due parti contraenti. La presidenza della commissione mista viene esercitata a turno da una delle due parti contraenti. Qualora le due parti lo ritengano necessario, la commissione mista può istituire gruppi di lavoro incaricati di assisterla nei suoi compiti. CAPITOLO IV Disposizioni finali Articolo 16 Per quanto riguarda la Comunità economica europea, il presente accordo si applica ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità economica europea, alle condizioni in esso indicate. Articolo 17 Il presente accordo sostituisce l'accordo commerciale tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese del 3 aprile 1978, entrato in vigore il 1o giugno dello stesso anno. Articolo 18 Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla data alla quale le due parti contraenti si notificano l'avvenuto espletamento delle procedure giuridiche necessarie a tal fine. Esso è concluso per un periodo di cinque anni. L'accordo viene tacitamente rinnovato da un anno all'altro se nessuna delle due parti contraenti ne notifica per iscritto la denuncia all'altra parte, sei mesi prima della sua scadenza. Possono tuttavia essere apportate modifiche di comune accordo tra le due parti contraenti, per tener conto di nuove situazioni.
Rapporti dell’UE con la Cina QUAL È LO SCOPO DEI DOCUMENTI? Pongono le basi per il partenariato strategico UE-Cina, che si è sviluppato dalla cooperazione commerciale ed economica fino a comprendere gli affari esteri e questioni relative alla sicurezza, oltre ad affrontare sfide internazionali quali i cambiamenti climatici e la governance economica mondiale. PUNTI CHIAVE L’agenda strategica UE-Cina fino al 2020 è il documento guida per i rapporti fra le due parti. È suddivisa in quattro categorie principali: Pace e sicurezza: l’Unione europea (UE) e la Cina sostengono la cooperazione rafforzata e hanno consolidato i dialoghi sulle questioni di sicurezza internazionale e regionale con implicazioni mondiali. Prosperità : l’UE e la Cina si concentrano su iniziative chiave, quali: scambi e investimenti più aperti; scambi di informazioni industriali; cooperazione nella ricerca agricola; ulteriore cooperazione nello sviluppo dei trasporti e delle infrastrutture. Sviluppo sostenibile: l’UE e la Cina si concentrano sulla loro responsabilità congiunta rispetto ai progressi nello sviluppo mondiale attraverso la cooperazione nei settori di: scienza, tecnologia e innovazione; energia; urbanizzazione sostenibile; cambiamenti climatici e tutela dell’ambiente; conoscenze in ambito marino; politiche regionali e pubbliche. Scambi interpersonali: insieme, l’UE e la Cina rappresentano oltre un quarto della popolazione mondiale, perciò espandere i contatti fra le persone da entrambe le parti è importante per migliorare una comprensione comune. Di conseguenza, vi è particolare attenzione ai dialoghi sulla cultura, l’istruzione e i giovani. L’UE e la Cina sono impegnate in oltre 60 dialoghi regolari in importanti settori di politica estera, nonché su tematiche tecniche quali la politica industriale, l’istruzione, le dogane, l’energia nucleare e la tutela dei consumatori. Nuovo approccio La strategia e la politica per l’impegno dell’UE con la Cina nei prossimi cinque anni si basano su: una comunicazione congiunta del 2016 dell’alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza e della Commissione europea dal titolo «Elementi per una nuova strategia dell’UE per la Cina» Conclusioni del Consiglio su una strategia dell’UE per la Cina adottate a luglio 2016. Insieme, tali strumenti mirano a: far sentire una voce forte, chiara e unica dell’UE nel suo approccio con la Cina, che promuova la democrazia, lo stato di diritto, i diritti dell’uomo, il rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale; la promozione degli scambi e degli investimenti attraverso la conclusione di un accordo globale sugli investimenti. Ciò dovrebbe creare condizioni di parità e aprire opportunità di mercato sia per l’UE che per la Cina, conducendo auspicabilmente, quando le condizioni saranno favorevoli, ad ambizioni commerciali più ampie, quali un accordo di libero scambio come prospettiva a lungo termine. L’UE prevede inoltre di concludere un accordo sulle indicazioni geografiche basato sul più elevato livello internazionale di protezione; di accrescere la cooperazione di principio, concreta e pragmatica fra le politiche estere e di sicurezza cinese e dell’UE. Entrambe le parti lavoreranno insieme a più stretto contatto, sia a livello bilaterale sia nelle organizzazioni multilaterali come l’ONU, per affrontare questioni globali come la migrazione, l’assistenza allo sviluppo e la lotta ai cambiamenti climatici. CONTESTO Le relazioni diplomatiche fra l’UE (allora CEE) e la Cina sono state avviate nel 1975. Da allora, il partenariato si è evoluto per affrontare un’ampia gamma di sfide globali che vanno dalla non proliferazione delle armi di distruzione di massa alla situazione della sicurezza in Asia, dal riscaldamento globale alla lotta contro la migrazione illegale e la tratta di esseri umani. Come partner strategici, la cooperazione fra UE e Cina su questioni internazionali e regionali cruciali sta aumentando e le due parti condividono la responsabilità di promuovere la pace, la prosperità e lo sviluppo sostenibile a vantaggio di tutti. L’UE è il maggiore partner commerciale della Cina, mentre la Cina è il secondo maggiore partner commerciale dell’Unione. Le relazioni di scambio e investimento fra le due rappresentano un’importante fonte di benessere, posti di lavoro, sviluppo e innovazione per entrambe. Per ulteriori informazioni, consultare: «Cina e UE» sul sito Internet del servizio europeo per l’azione esterna. DOCUMENTI PRINCIPALI Regolamento (CEE) n. 2616/85 del Consiglio, del 16 settembre 1985, relativo alla conclusione dell’accordo di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese (GU L 250 del 19.9.1985, pag. 1) Accordo di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese (GU L 250 del 19.9.1985, pag. 2-7) Agenda strategica per la cooperazione UE-Cina fino al 2020 Comunicazione congiunta al Parlamento europeo e al Consiglio — Elementi per una nuova strategia dell’UE sulla Cina [JOIN(2016) 30 final del 22.6.2016] Strategia dell’UE sulla Cina — Conclusioni del Consiglio (Bruxelles, 18.7.2016)
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Regolamento (CE) n. 856/1999 del Consiglio, del 22 aprile 1999, relativo ad una disciplina speciale per l'assistenza ai fornitori ACP tradizionali di banane Gazzetta ufficiale n. L 108 del 27/04/1999 pag. 0002 - 0006 REGOLAMENTO (CE) N. 856/1999 DEL CONSIGLIOdel 22 aprile 1999relativo ad una disciplina speciale per l'assistenza ai fornitori ACP tradizionali di bananeIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 130 W,vista la proposta della Commissione(1),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 C del trattato(2),(1) considerando che l'Unione europea è vincolata dagli impegni contratti nei confronti dei paesi ACP in base ai termini della convenzione di Lomé e, più particolarmente, del suo protocollo n. 5 che punta a garantire agli Stati ACP il mantenimento dei vantaggi di cui beneficiano sul mercato europeo, l'accesso a tale mercato a condizioni che non possono essere meno favorevoli di quelle di cui hanno beneficiato in precedenza e il miglioramento delle condizioni di produzione e di commercializzazione delle banane ACP;(2) considerando che l'organizzazione comune dei mercati nel settore della banana, istituita dal regolamento (CEE) n. 404/93(3), ha creato un quadro che consente ai fornitori ACP tradizionali di continuare a fruire, sul mercato comunitario, degli stessi vantaggi di cui hanno già fruito in passato;(3) considerando che, in particolare, il regime degli scambi con i paesi terzi stabilito dal titolo IV di detto regolamento prevede che le banane originarie dei paesi ACP, che sono fornitori tradizionali della Comunità, siano commercializzate sul mercato comunitario a condizioni tali da garantire un congruo reddito ai produttori, in base agli impegni contratti dalla Comunità;(4) considerando che tale regime degli scambi è stato modificato dal regolamento (CE) n. 1637/98;(5) considerando che le modifiche degli scambi hanno alterato in misura sostanziale le condizioni di mercato per i fornitori ACP tradizionali e potrebbero in particolare costituire un pregiudizio per i fornitori più svantaggiati;(6) considerando che i fornitori ACP tradizionali dovranno compiere particolari sforzi per adattarsi alle nuove condizioni di mercato al fine di rimanere presenti sul mercato comunitario e salvaguardare la competitività delle forniture ACP tradizionali;(7) considerando che è quindi necessario prestare ai fornitori ACP tradizionali un'assistenza tecnica e finanziaria complementare a quella prevista dalla quarta convenzione ACP-CE di Lomé, per aiutarli ad adattarsi alle nuove condizioni di mercato e in particolare a migliorare la loro capacità di concorrenza; che è opportuno promuovere nel contempo metodi di produzione e di commercializzazione delle banane compatibili con le esigenze di tutela dell'ambiente e che altresì osservino norme sociali;(8) considerando che è opportuno stabilire criteri oggettivi per determinare l'entità di tale assistenza, la quale dovrebbe essere proporzionata allo sforzo richiesto in conseguenza delle nuove condizioni di mercato;(9) considerando che, per garantirne l'efficacia in rapporto agli obiettivi perseguiti, è opportuno che l'assistenza sia temporanea e gradualmente decrescente;(10) considerando che, per agevolare l'attuazione delle presenti disposizioni, è opportuno istituire una procedura che preveda una stretta collaborazione tra gli Stati membri e la Commissione,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 11. È istituita una disciplina speciale per l'assistenza tecnica e finanziaria ai fornitori ACP tradizionali di banane, volta a facilitarne l'adattamento alle nuove condizioni di mercato conseguenti alle modifiche apportate all'organizzazione comune dei mercati nel settore della banana dal regolamento (CE) n. 1637/98.2. La suddetta disciplina speciale è attuata per un periodo massimo di dieci anni a decorrere dal 1o gennaio 1999.Articolo 2Ai fini del presente regolamento si intende per:- "fornitori ACP tradizionali": gli Stati ACP elencati nell'allegato,- "banane": le banane fresche o essiccate di cui al codice NC 0803, ad eccezione delle banane da cuocere.Articolo 31. I fornitori ACP tradizionali sono ammissibili ad un'assistenza tecnica e finanziaria.2. L'assistenza tecnica e finanziaria è concessa su richiesta degli ACP allo scopo di facilitare l'esecuzione di programmi destinati:a) a promuovere la competitività nel settore della banana, in particolare mediante i seguenti provvedimenti:- aumento della produttività, senza causare danni all'ambiente,- miglioramento della qualità, comprese misure fitosanitarie,- adattamento dei metodi di produzione, di distribuzione o di commercializzazione alle norme qualitative stabilite dall'articolo 2 del regolamento (CEE) n. 404/93,- costituzione di organizzazioni di produttori aventi come finalità di migliorare le condizioni di commercializzazione e di concorrenza dei loro prodotti e di promuovere sistemi di certificazione dei metodi di produzione rispettosi dell'ambiente, incluse le banane del commercio equo,- sviluppo di una strategia produttiva e/o commerciale rispondente alle esigenze del mercato in base all'organizzazione comune del mercato comunitaria nel settore della banana,- promozione della formazione, della prospezione del mercato, dell'introduzione di metodi di produzione rispettosi dell'ambiente, incluse le banane del commercio equo, dell'adeguamento dell'infrastruttura di distribuzione e della prestazione di moderni servizi commerciali e finanziari ai produttori di banane;b) a sostenere la diversificazione ove il miglioramento della competitività nel settore della banana non sia sostenibile.Articolo 4La Commissione decide in merito all'ammissibilità dei programmmi di cui all'articolo 3, previa consultazione dei fornitori ACP tradizionali interessati, secondo le procedure di cui all'articolo 6, e tenendo particolare conto della situazione individuale di ciascun fornitore ACP, con particolare riguardo all'esigenza di soluzioni specifiche per la Somalia. Essa tiene conto inoltre della compatibilità del programma previsto con gli obiettivi generali di sviluppo del paese ACP in causa e della sua coerenza sul piano della cooperazione regionale con altri produttori di banane, in particolare i produttori comunitari.Articolo 51. La Commissione è incaricata di istruire, adottare decisioni sulle azioni effettuate in base al presente regolamento e gestirle secondo le procedure di bilancio e le altre procedure in vigore, in particolare quelle previste dal regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee.2. Le decisioni riguardanti ogni azione finanziata in base al presente regolamento ad un costo superiore a 2 milioni di euro, od ogni adeguamento di tale azione che comporti un incremento superiore al 20 % dell'importo inizialmente proposto e le proposte di modifiche sostanziali da apportare a seguito di difficoltà riscontrate nell'attuazione di progetti già avviati sono adottate secondo la procedure di cui all'articolo 6.Quando il superamento di cui al primo paragrafo è superiore a 4 milioni di euro ma inferiore al 20 % dell'impiego originario il parere del comitato, definito all'articolo 6, può essere espresso con il ricorso a procedure semplificate e accelerate.La Commissione fornisce concise informazioni al comitato in ordine alle decisioni di finanziamento che intende adottare e che riguardano progetti e programmi di valore inferiore a 2 milioni di euro. Tali informazioni sono fornite almeno una settimana prima dell'adozione della decisione.3. Ogni convenzione e contratto di finanziamento concluso in base al presente regolamento prevede che la Commissione e la Corte dei conti effettuino controlli in loco secondo le abituali modalità stabilite dalla Commissione in base alle norme in vigore, in particolare quelle del regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee.4. Quando le azioni sono oggetto di convenzioni di finanziamento tra la Comunità e il paese beneficiario, queste prevedono che il pagamento di tasse, dazi e altri eventuali oneri non sia a carico della Comunità.5. La partecipazione alle gare e ai contratti d'appalto è aperta, a parità di condizioni, a tutte le persone fisiche e giuridiche degli Stati membri, del paese beneficiario e degli Stati ACP. Essa può essere estesa ad altri paesi in via di sviluppo al fine di garantire il miglior rapporto costi/benefici in casi debitamente giustificati.6. Le forniture sono originarie degli Stati membri o degli Stati ACP. In casi eccezionali, debitamente giustificati, le forniture possono essere originarie di altri Stati.7. Un'attenzione particolare sarà rivolta:- alla ricerca della miglior redditività e di un impatto durevole nell'elaborazione dei progetti;- alla chiara definizione e al monitoraggio degli obiettivi e degli indicatori di realizzazione per tutti i progetti.8. L'assistenza fornita in base al presente regolamento completa e rafforza quella fornita nel quadro di altri strumenti di cooperazione allo sviluppo.Articolo 61. La Commissione è assistita dal comitato geografico competente per lo sviluppo, composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, viene attribuita ai voti dei rappresentanti degli Stati membri la ponderazione definita all'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto.3. La Commmissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato.Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.Se il Consiglio non ha deliberato entro un termine di un mese a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte.Articolo 71. Nell'ambito della dotazione globale stanziata per un determinato anno, la Commissione fissa l'importo massimo di cui ciascun fornitore ACP tradizionale può disporre per il finanziamento dei programmi di cui al paragrafo 2 dell'articolo 3, tenendo conto del grado di competitività riscontrato e dell'importanza della produzione bananiera per l'economia del paese considerato. Quando sono attuati esclusivamente i programmi definiti alla lettera b) del paragrafo 2 dell'articolo 3, la Commissione assegnerà un importo comparabile a quello fornito ad altri fornitori tradizionali.2. A decorrere dall'anno 2004 e in seguito per ogni successivo anno, si applica un coefficiente di riduzione pari ad un massimo del 15 % al livello di assistenza messo a disposizione dei singoli fornitori tradizionali ACP. Se sono attuati i programmi definiti a norma della lettera a) del paragrafo 2 dell'articolo 3, tale coefficiente di riduzione è ridotto allo stesso livello di un aumento della competitività riscontrato rispetto all'anno precedente.3. La Commissione stabilisce le modalità di applicazione secondo la procedura di cui all'articolo 8.Articolo 81. La Commissione adotta le modalità di applicazione del presente regolamento.2. La Commissione è assistita da un comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.3. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, viene attribuita ai voti dei rappresentanti degli Stati membri la ponderazione definita all'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto.4. La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato.Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.Se il Consiglio non ha deliberato entro un termine di tre mesi a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte.Articolo 9Entro il 31 dicembre 2000, e successivamente ogni due anni, la Commissione presenta una relazione, sul funzionamento del presente regolamento, corredata eventualmente da proposte, al Parlamento europeo e al Consiglio.Articolo 10Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Lussemburgo, il 22 aprile 1999.Per il ConsiglioIl PresidenteW. MÜLLER(1) GU C 364 del 25.11.1998, pag. 14.(2) Parere del Parlamento europeo del 19 giugno 1998 (GU C 210 del 6.7.1998), posizione comune del Consiglio del 5 ottobre 1998 (GU C 364 del 25.11.1998), e decisione del Parlamento europeo del 28 gennaio 1999 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 47 del 25.2.1993, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1637/98 (GU L 210 del 28.7.1998, pag. 28).ALLEGATOELENCO DI CUI AL PRIMO TRATTINO DELL'ARTICOLO 2Fornitori ACP tradizionali di bananeBelizeCamerunCapo VerdeCosta d'AvorioDominicaGrenadaGiamaicaMadagascarSaint LuciaSaint Vincent e GrenadineSomaliaSuriname
Assistenza a favore dei fornitori ACP tradizionali di banane - EUR-Lex Dal 1994 al 2008 l'Unione europea (UE) ha fornito un’assistenza tecnica e finanziaria temporanea a favore dei fornitori tradizionali di banane dei paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP). Questa assistenza doveva facilitarne l’adattamento alle nuove condizioni di mercato nel settore delle banane e doveva aiutare i paesi beneficiari ad essere più competitivi e/o a diversificare le loro economie. ATTO Regolamento (CE) n. 2686/94 del Consiglio, del 31 ottobre 1994, che istituisce un sistema speciale di assistenza in favore dei fornitori tradizionali ACP di banane. Regolamento (CE) n. 856/1999 del Consiglio, del 22 aprile 1999, relativo ad una disciplina speciale per l’assistenza ai fornitori ACP tradizionali di banane. SINTESI I paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) fornitori tradizionali di banane hanno beneficiato di un quadro di aiuti per migliorare la competitività e la diversificazione della loro produzione agricola. Il termine«fornitore ACP tradizionale di banane» non designa tutti i fornitori ACP attuali di banane. I paesi interessati (definiti in funzione di riferimenti storici) sono: Belize, Camerun, Capo Verde, Costa d’Avorio, Dominica, Grenada, Giamaica, Madagascar, Santa Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Somalia e Suriname. Ai fini del presente regolamento si intende per «banane» le banane fresche o essiccate, ad eccezione delle banane da legume. La disciplina speciale temporanea è istituita dal regolamento (CE) n. 856/1999 per un periodo di dieci anni a decorrere dal 1o gennaio 1999. Attività che possono beneficiare dell’assistenza Le misure di assistenza sono volte a: accrescere la produttività e migliorare la qualità dei prodotti, anche nel settore fitosanitario; adattare i metodi di produzione, di distribuzione o di commercializzazione alle norme stabilite dal regolamento (CEE) n. 404/93 e (CE) n. 1234/2007; costituire organizzazioni di produttori per migliorare le condizioni di commercializzazione e di concorrenza dei loro prodotti; sviluppare il commercio equo, nonché un sistema di certificazione dei metodi di produzione rispettosi dell’ambiente; sviluppare strategie produttive e/o commerciali rispondenti alle esigenze del mercato; promuovere la formazione, la prospezione del mercato, l’introduzione di metodi di produzione rispettosi dell’ambiente ed equi; sostenere la diversificazione della produzione ove il miglioramento della competitività nel settore della banana non sia sostenibile. Finanziamento dei programmi L'assistenza finanziaria è intesa a completare e rafforzare l’assistenza fornita nel quadro di altri strumenti di cooperazione allo sviluppo. L’importo massimo a disposizione di ogni fornitore è fissato annualmente dalla Commissione tenendo conto del grado di competitività riscontrato e dell’importanza della produzione bananiera per l’economia del paese considerato. Il regolamento prevede dei meccanismi volti a ridurre gradualmente l’aiuto comunitario. A decorrere dall’anno 2004, si applica ogni anno un coefficiente di riduzione pari ad un massimo del 15 % al livello di assistenza messo a disposizione dei singoli paesi. Quando i programmi sono attuati, tale coefficiente di riduzione è ridotto allo stesso livello di aumento della competitività. I progetti finanziati dalla linea di bilancio «Banana» sono stati decentrati presso le delegazioni della Commissione europea nell’ultimo trimestre del 2005. Questo decentramento ha permesso alle delegazioni di gestire i progetti in maniera più efficace e di recuperare alcuni ritardi negli impegni o nei pagamenti. Valutazione La Commissione doveva presentare una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’esecuzione del regolamento entro il 31 dicembre 2000 e in seguito ogni due anni. La Commissione ha presentato la sua prima relazione biennale nel febbraio 2001 e la sua seconda relazione biennale nel dicembre 2002. Contesto I paesi ACP hanno beneficiato di un regime commerciale preferenziale per l’esportazione di banane verso l'UE, da quando, nel 1993, è stata istituita l’organizzazione comune del mercato (OCM) della banana. Pertanto: dal 1993 al 2005 le importazioni di banane provenienti dai paesi non ACP erano soggette a quote e dazi doganali. I paesi ACP non erano soggetti a dazi doganali nel quadro di una quota e beneficiavano di dazi ridotti per le importazioni fuori quota; a partire dal 2006 il regime generale d’importazione è stato sostituito con un sistema basato unicamente sui dazi doganali, salvo per i paesi ACP che beneficiavano di un sistema di quote esonerato dai dazi doganali; dal 2008 i paesi ACP che hanno negoziato un accordo di partenariato economico (APE) (EN), beneficiano di un accesso senza quote e senza dazi doganali. Gli APE sostituiscono le disposizioni commerciali dell’accordo di Cotonou che scadevano il 31 dicembre 2007; dal 15 dicembre 2009 il dazio doganale applicabile alle importazioni dai paesi terzi (non ACP) ammonta a 148€/tonnellata. La disciplina speciale di assistenza a favore dei fornitori ACP, istituita nel 1999, si è conclusa nel 2008; tuttavia molti progetti sono ancora in fase di esecuzione. RIFERIMENTI Atto Entrata in vigore Recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Regolamento (CE) n. 2686/94 5.11.1994 - GU L 286 del 5.11.1994 Regolamento (CE) n. 856/1999 30.4.1999 - GU L 108 del 27.4.1999 ATTI COLLEGATI Decisione 2010/314/UE del Consiglio-relativa alla firma e all’applicazione provvisoria dell’accordo di Ginevra sul commercio delle banane tra l’Unione europea e Brasile, Colombia, Costa Rica, Ecuador, Guatemala, Honduras, Messico, Nicaragua, Panama, Perù e Venezuela, e dell’accordo sul commercio delle banane tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America. Regolamento (CE) n. 1882/2003 recante adeguamento alla decisione 1999/468/CE del Consiglio delle disposizioni relative ai comitati che assistono la Commissione nell'esercizio delle sue competenze di esecuzione previste negli atti soggetti alla procedura prevista all'articolo 251 del trattato CE [GU L 284 del 31.10.2003]. Regolamento (CE) n. 1609/1999 della Commissione recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 856/1999 del Consiglio [Gazzetta ufficiale L 190 del 23.7.1999]. Questo regolamento stabilisce le modalità di applicazione della disciplina speciale di assistenza, ad esempio i termini, i metodi di calcolo del prezzo di riferimento, le quantità di riferimento e il divario di competitività. Le richieste di assistenza devono basarsi su una strategia coerente a lungo termine per il settore della banana. I programmi proposti devono essere elaborati in base a questa strategia e nella forma di piani d’azione annuali. I fondi assegnati ai paesi che non hanno presentato la richiesta di assistenza entro i termini fissati vengono distribuiti agli altri paesi. RELAZIONI Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo «Relazione biennale sulla disciplina speciale per l’assistenza ai fornitori ACP tradizionali di banane» [ COM(2010) 103 def. -Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. La disciplina speciale per l’assistenza si è conclusa il 31 dicembre 2008. La sua istituzione ha consentito ai paesi ACP produttori tradizionali di banane di compiere progressi in termini di: competitività e adattamento alle esigenze del mercato europeo, alle norme e alle politiche dell’UE nell’ottica di uno sviluppo economico sostenibile; diversificazione della produzione agricola, integrandola maggiormente e in maniera più strategica nella pianificazione di sviluppo del paese. Ciononostante, la maggior parte di questi paesi resta vulnerabile agli choc esterni e deve sempre far fronte ad importanti sfide per adattarsi alle pressioni del commercio mondiale. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio -Disciplina speciale per l’assistenza ai fornitori ACP tradizionali di banane (regolamento n. 856/1999 del Consiglio) -Relazione biennale della Commissione 2006 [ COM(2006) 806 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio -Disciplina speciale per l’assistenza ai fornitori ACP tradizionali di banane (regolamento n. 856/1999 del Consiglio) -Relazione biennale della Commissione 2004 [ COM(2004) 823 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Il regime commerciale dell’UE non è cambiato dall’ultima relazione e sono state prese delle misure nel quadro dell’allargamento. Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo del 23 dicembre 2002 - Disciplina speciale per l’assistenza ai fornitori ACP tradizionali di banane (regolamento n. 856/1999 del Consiglio) -Relazione biennale della Commissione 2002 [ COM(2002) 763 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Nell’aprile 2001 la Comunità ha elaborato un nuovo regime per conformarsi alle norme dell'OMC, ponendo fine al 'conflitto della banana' tra gli Stati Uniti e la Comunità europea. Il sistema modificato rappresenta un compromesso e comporta notevoli modifiche, introdotte in diverse fasi, del regime di importazione delle banane dell’UE: il sistema di contingenti deve essere sostituito con un regime esclusivamente tariffario; nel frattempo, il mercato comunitario delle banane continuerà ad essere gestito attraverso un sistema di contingenti in base al metodo di riferimenti storici, anch’esso discusso con i paesi ACP. Dal 1999 al 2002, la Commissione ha principalmente constatato una riduzione degli importi destinati all’aumento della produttività delle piantagioni di banane a vantaggio di azioni volte a sostenere la diversificazione. Sono state introdotte alcune modifiche della struttura operativa e delle modalità di utilizzazione dei crediti. Tali modifiche corrispondono alla volontà della Commissione di migliorare le condizioni di gestione dei crediti segnatamente per quanto riguarda la trasparenza, la sicurezza e la determinazione delle responsabilità dei diversi partecipanti. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo del 7 febbraio 2001 -Disciplina speciale per l’assistenza ai fornitori ACP tradizionali di banane (Regolamento n. 856/1999 del Consiglio) -Relazione biennale della Commissione 2000 [ COM(2001) 67 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Le condizioni del mercato sono state difficili per i fornitori ACP tradizionali di banane negli anni 1999 e 2000. Il mercato è dominato dalle banane dell’America latina il cui prezzo è più basso. Inoltre, nel 1999 il prezzo delle banane è calato e nel 2000 è sceso ad un livello eccezionalmente basso. Infine, in seguito alle conclusioni sfavorevoli dell’OMC relative ai regimi d’importazione della Commissione, nel 1999 la Commissione ha apportato modifiche importanti al proprio regime d’importazione.
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Regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, relativo all'applicazione di principi contabili internazionali Gazzetta ufficiale n. L 243 del 11/09/2002 pag. 0001 - 0004 Regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consigliodel 19 luglio 2002relativo all'applicazione di principi contabili internazionaliIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95, paragrafo 1,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3),considerando quanto segue:(1) Il Consiglio europeo di Lisbona del 23-24 marzo 2000 ha sottolineato l'esigenza di accelerare il completamento del mercato interno dei servizi finanziari, ha stabilito la scadenza del 2005 per la messa in atto del piano d'azione per i servizi finanziari della Commissione e ha invitato a prendere misure per migliorare la comparabilità dell'informativa finanziaria pubblicata dalle società i cui titoli sono negoziati in mercati pubblici.(2) Ai fini di un migliore funzionamento del mercato interno, occorre obbligare le società i cui titoli sono negoziati in mercati pubblici ad applicare un insieme unico di principi contabili internazionali di elevata qualità per la redazione dei loro bilanci consolidati. Inoltre, è importante che i principi dell'informativa finanziaria applicati dalle società comunitarie attive nei mercati finanziari siano accettate a livello internazionale e costituiscano principi di carattere veramente globale. Ciò implica una maggiore convergenza dei principi contabili attualmente utilizzati a livello internazionale, con l'obiettivo finale di conseguire un insieme unico di principi contabili su scala mondiale.(3) La direttiva 78/660/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1978, relativa ai conti annuali di taluni tipi di società(4), la direttiva 83/349/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1983, relativa ai conti consolidati(5), la direttiva 86/635/CEE del Consiglio, dell'8 dicembre 1986, relativa ai conti annuali e ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari(6), e la direttiva 91/674/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1991, relativa ai conti annuali e ai conti consolidati delle imprese di assicurazione(7), sono altresì rivolte alle società comunitarie i cui titoli sono negoziati in mercati pubblici. Gli obblighi in materia informativa stabiliti da queste direttive non possono garantire l'elevato livello di trasparenza e comparabilità dell'informativa finanziaria da parte di tutte le società comunitarie i cui titoli sono negoziati in mercati pubblici, che costituisce una condizione necessaria per creare un mercato dei capitali integrato operante in modo efficace, agevole ed efficiente. È quindi necessario integrare il quadro giuridico applicabile alle società i cui titoli sono negoziati in mercati pubblici.(4) Il presente regolamento mira a contribuire ad un funzionamento efficiente, sotto il profilo operativo e dei costi, dei mercati dei capitali. La tutela degli investitori e il mantenimento della fiducia sono anch'essi aspetti importanti del completamento del mercato interno nel settore finanziario. Il presente regolamento rafforza la libertà di movimento dei capitali nel mercato interno e contribuisce a mettere le imprese comunitarie nelle condizioni di competere ad armi pari per l'allocazione delle risorse finanziarie disponibili nei mercati comunitari dei capitali nonché in quelli mondiali.(5) È fondamentale per la competitività dei mercati comunitari dei capitali promuovere la convergenza dei principi seguiti in Europa per redigere i bilanci, introducendo l'uso di principi contabili internazionali che possano essere riconosciuti su scala mondiale, al fine di realizzare operazioni transfrontaliere o di ottenere l'ammissione alla quotazione ovunque nel mondo.(6) Il 13 giugno 2000 la Commissione ha pubblicato la comunicazione "La strategia dell'UE in materia di informativa finanziaria: la via da seguire" nella quale propone che tutte le società comunitarie i cui titoli sono negoziati in mercati pubblici preparino i loro conti consolidati conformemente ad un insieme unico di principi contabili, gli International Accounting Standards (IAS), al più tardi nel 2005.(7) Gli International Accounting Standards (IAS) sono messi a punto dall'International Accounting Standards Committee (IASC), che si propone di sviluppare un unico insieme di principi contabili validi su scala mondiale. Il 1o aprile 2001, oltre alla ristrutturazione dello IASC, il nuovo Consiglio, adottando una delle sue prime decisioni, ha ridenominato lo IASC International Accounting Standards Board (IASB) e, per quanto riguarda i futuri principi contabili internazionali, gli IAS sono stati ridenominati International Financial Reporting Standards (IFRS). L'uso di questi principi contabili, se possibile e a condizione che assicurino un grado elevato di trasparenza e di comparabilità dell'informativa finanziaria nella Comunità, andrebbe reso obbligatorio per tutte le società comunitarie i cui titoli sono negoziati in un mercato pubblico.(8) Le misure necessarie per l'applicazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(8) e tenuto debito conto della dichiarazione rilasciata dalla Commissione al Parlamento europeo il 5 febbraio 2002 sull'attuazione della legislazione relativa ai servizi finanziari.(9) Per adottare un principio contabile internazionale da applicare nella Comunità, è necessario in primo luogo che esso rispetti il requisito di base stabilito dalle direttive del Consiglio sopra menzionate, vale a dire che la sua applicazione comporti un'autentica ed equa visione della posizione finanziaria e delle prestazioni di un'impresa - principio che occorre valutare alla luce delle suddette direttive del Consiglio senza implicare un rigoroso adeguamento a tutte le disposizioni di tali direttive. In secondo luogo, è necessario che, in ossequio alle conclusioni del Consiglio del 17 luglio 2000, il principio contribuisca all'interesse pubblico europeo e, infine, rispetti i criteri fondamentali per quanto riguarda la qualità dell'informazione prevista per le dichiarazioni finanziarie di cui si avvalgono gli utenti.(10) Un comitato tecnico di contabilità provvederà a fornire alla Commissione il supporto e la consulenza tecnica necessari per la valutazione dei principi contabili internazionali.(11) Il meccanismo di omologazione dovrebbe essere in grado di decidere rapidamente in merito ai principi contabili internazionali proposti e costituire altresì una sede di deliberazione, di riflessione e di scambio di informazioni in merito ai principi contabili internazionali per le principali parti interessate, in particolare gli organi di normazione contabile a livello nazionale, le autorità di vigilanza del settore dei valori mobiliari, del settore bancario e delle assicurazioni, le banche centrali compresa la BCE, i contabili e gli utilizzatori e gli estensori dei conti. Il meccanismo dovrebbe favorire un'interpretazione comune dei principi contabili internazionali adottati nella Comunità.(12) Conformemente al principio di proporzionalità, le disposizioni del presente regolamento, che prescrivono alle società i cui titoli sono negoziati in un mercato pubblico di conformarsi ad un insieme unico di principi contabili internazionali, sono necessarie per contribuire all'efficienza, in termini operativi e di costi, dei mercati comunitari dei capitali e quindi per il completamento del mercato interno.(13) Conformemente allo stesso principio, è necessario che, per quanto riguarda i conti annuali, sia data agli Stati membri la facoltà di permettere o di imporre alle società i cui titoli sono negoziati in un mercato pubblico di redigere i conti annuali conformemente ai principi contabili internazionali adottati secondo la procedura stabilita nel presente regolamento. Gli Stati membri possono decidere di estendere tale facoltà o tale obbligo anche ad altre società per quanto riguarda la redazione dei loro conti consolidati e/o dei loro conti annuali.(14) Per facilitare lo scambio di opinioni e consentire agli Stati membri di coordinare le proprie posizioni, la Commissione dovrebbe informare a intervalli regolari il comitato di regolamentazione contabile sui progetti attivi, i documenti oggetto di discussione, i progetti preliminari e le successive proposte di principi contabili emessi dallo IASB e sui relativi lavori tecnici effettuati dal comitato tecnico di contabilità. È altresì importante che il Comitato di regolamentazione contabile sia informato tempestivamente qualora la Commissione intenda non proporre l'adozione di un principio contabile internazionale.(15) Nelle deliberazioni volte a definire le sue posizioni sui documenti pubblicati dallo IASB nel quadro dello sviluppo dei principi contabili internazionali (IFRS e SIC-IFRIC), la Commissione dovrebbe tener conto del fatto che occorrerebbe evitare svantaggi concorrenziali per le società europee che operano sul mercato globale e, nella massima misura possibile, del punto di vista delle delegazioni in seno al comitato di regolamentazione contabile. La Commissione deve essere rappresentata negli organi costituenti dello IASB.(16) Un sistema di esecuzione adeguato e rigoroso è fondamentale al fine di rafforzare la fiducia degli investitori nei mercati finanziari. A norma dell'articolo 10 del trattato, gli Stati membri devono adottare misure adeguate per garantire il rispetto dei principi contabili internazionali. La Commissione deve mantenere il contatto con gli Stati membri, in particolare per il tramite del comitato delle autorità europee di regolamentazione dei valori mobiliari (CAERVM), per stabilire un approccio comune in merito all'applicazione.(17) È inoltre necessario autorizzare gli Stati membri a differire al 2007 l'applicazione di talune disposizioni per le società i cui titoli sono negoziati in un mercato pubblico nella Comunità e in un mercato regolamentato di un paese terzo e che già applicano un altro insieme di principi internazionalmente riconosciuti come base principale dei loro conti consolidati, nonché per le società i cui titoli di debito sono negoziati unicamente in un mercato regolamentato. È nondimeno cruciale che, al più tardi nel 2007, un insieme unico di principi contabili internazionali (IAS) sia applicato a tutte le società comunitarie i cui titoli sono negoziati in un mercato pubblico regolamentato della Comunità.(18) Per consentire agli Stati membri e alle imprese di effettuare gli adeguamenti necessari per rendere possibile l'applicazione dei principi contabili internazionali, è necessario che talune disposizioni del presente regolamento entrino in applicazione solo nel 2005. È opportuno stabilire disposizioni adeguate per la prima applicazione degli IAS da parte delle società, a seguito dell'entrata in vigore del presente regolamento. Tali disposizioni dovrebbero essere stabilite a livello internazionale, onde garantire il riconoscimento sul piano internazionale delle sanzioni adottate,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1ObiettivoIl presente regolamento ha come obiettivo l'adozione e l'utilizzazione di principi contabili internazionali nella Comunità per armonizzare l'informazione finanziaria presentata dalle società di cui all'articolo 4, al fine di garantire un elevato livello di trasparenza e comparabilità dei bilanci e quindi l'efficiente funzionamento del mercato comunitario dei capitali e del mercato interno.Articolo 2DefinizioniAi fini del presente regolamento, si intendono per "principi contabili internazionali" gli International Accounting Standards (IAS), gli International Financial Reporting Standards (IFRS) e le relative Interpretazioni (interpretazioni SIC/IFRIC), le successive modifiche di detti principi e le relative interpretazioni, i principi e le relative interpretazioni che saranno emessi o adottati in futuro dall'International Accounting Standards Board (IASB).Articolo 3Adozione e utilizzo di principi contabili internazionali1. Secondo la procedura di cui all'articolo 6, paragrafo 2, la Commissione decide in merito all'applicabilità di principi contabili internazionali all'interno della Comunità.2. I principi contabili internazionali possono essere adottati solo se:- non sono contrari al principio di cui all'articolo 2, paragrafo 3, della direttiva 78/660/CEE e all'articolo 16, paragrafo 3, della direttiva 83/349/CEE e contribuiscono all'interesse pubblico europeo,- rispondono ai criteri di comprensibilità, pertinenza, affidabilità e comparabilità richiesti dall'informazione finanziaria necessaria per adottare le decisioni economiche e valutare l'idoneità della gestione.3. Al più tardi il 31 dicembre 2002, la Commissione, secondo la procedura di cui all'articolo 6, paragrafo 2, decide in merito all'applicazione nella Comunità dei principi contabili internazionali esistenti al momento dell'entrata in vigore del presente regolamento.4. I principi contabili internazionali adottati sono pubblicati in versione integrale, in ognuna delle lingue ufficiali della Comunità, come regolamento della Commissione, nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 4Conti consolidati delle società i cui titoli sono negoziati in un mercato pubblicoPer ogni esercizio finanziario avente inizio il 1o gennaio 2005, o in data successiva, le società soggette al diritto di uno Stato membro redigono i loro conti consolidati conformemente ai principi contabili internazionali adottati secondo la procedura di cui all'articolo 6, paragrafo 2, qualora, alla data del bilancio, i loro titoli siano ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato di un qualsiasi Stato membro, ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 13, della direttiva 93/22/CEE del Consiglio, del 10 maggio 1993, relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari(9).Articolo 5Opzioni relative ai conti annuali e alle società i cui titoli non sono negoziati in un mercato pubblicoGli Stati membri possono consentire o prescriverea) alle società di cui all'articolo 4, di redigere i loro conti annualib) alle società diverse da quelle di cui all'articolo 4, di redigere i loro conti consolidati e/o i loro conti annualiconformemente ai principi contabili internazionali adottati secondo la procedura di cui all'articolo 6, paragrafo 2.Articolo 6Procedura di comitatologia1. La Commissione è assistita da un comitato di regolamentazione contabile, in seguito denominato "il comitato".2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 7Informativa e coordinamento1. La Commissione mantiene un contatto regolare con il comitato sullo stato dei progetti attivi IASB e su qualsiasi altro documento relativo emesso dallo IASB, al fine di coordinare le posizioni ed agevolare la discussione sull'adozione dei principi che potrebbero derivare da tali progetti e documenti.2. La Commissione comunica debitamente e tempestivamente al comitato quando intende non proporre l'adozione di un principio.Articolo 8ComunicazioneGli Stati membri che adottano misure ai sensi dell'articolo 5 le comunicano immediatamente alla Commissione e agli altri Stati membri.Articolo 9Disposizioni transitorieIn deroga all'articolo 4, gli Stati membri possono disporre che i requisiti di cui a detto articolo siano applicabili unicamente a ogni esercizio finanziario avente inizio nel gennaio 2007, o dopo tale data, alle società:a) i cui soli titoli di debito sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato di un qualsiasi Stato membro, ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 13, della direttiva 93/22/CEE; ob) i cui titoli sono ammessi alla negoziazione pubblica in un paese terzo e che, a tal fine, hanno applicato principi riconosciuti internazionalmente a partire da un esercizio finanziario iniziato prima della data di pubblicazione del presente regolamento nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 10Informazione e riesameLa Commissione esamina l'applicazione del presente regolamento e riferisce in merito al Parlamento europeo e al Consiglio entro il 1o luglio 2007.Articolo 11Entrata in vigoreIl regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 19 luglio 2002.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteT. Pedersen(1) GU C 154 E del 29.5.2001, pag. 285.(2) GU C 260 del 17.9.2001, pag. 86.(3) Parere del Parlamento europeo del 12 marzo 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 7 giugno 2002.(4) GU L 222 del 14.8.1978, pag. 11. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2001/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 283 del 27.10.2001, pag. 28).(5) GU L 193 del 18.7.1983, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2001/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.(6) GU L 372 del 31.12.1986, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2001/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.(7) GU L 374 del 31.12.1991, pag. 7.(8) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(9) GU L 141 dell'11.6.1993, pag. 27. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2000/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 290 del 17.11.2000, pag. 27).
Principi internazionali d’informativa finanziaria (IFRS) QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Esso richiede che le società i cui titoli sono negoziati in un mercato pubblico (cioè società dell’UE che hanno emesso titoli su un mercato regolamentato dell’UE (incluse banche e compagnie assicurative), redigano i loro conti consolidati in conformità con i principi di informativa finanziaria (IFRS)* dal 2005 in poi. L’applicazione di principi contabili comunitari ha contribuito ad aumentare la trasparenza e la comparabilità delle dichiarazioni finanziarie, riducendo il costo della raccolta di capitali per le società. PUNTI CHIAVE I paesi dell’UE hanno la facoltà di permettere o di imporre alle società i cui titoli sono negoziati in un mercato pubblico di redigere i conti annuali conformemente agli IFRS adottati secondo la procedura stabilita nel presente regolamento. Possono inoltre decidere di estendere questo permesso o requisito ad altre società per quanto concerne la preparazione dei loro conti consolidati o conti annuali. Al fine di garantire una supervisione politica appropriata, il regolamento istituisce un nuovo meccanismo UE volto a valutare gli IFRS adottati dall’Organismo internazionale di normalizzazione contabile (IASB), con sede a Londra, per fornire una convalida (approvazione) legale per l’utilizzo all’interno dell’UE. Il regolamento prevede l’istituzione di due organi incaricati di favorire il processo:il comitato di regolamentazione contabile (ARC) presieduto dalla Commissione e composto dai rappresentanti dei paesi dell’UE, decide se convalidare o meno gli IFRS in base alle proposte della Commissione; Il gruppo consultivo per l’informazione finanziaria in Europa (EFRAG) offre supporto e competenze alla Commissione per quanto riguarda la valutazione degli IFRS. Si compone di esperti contabili del settore privato provenienti da vari paesi dell’UE. Il meccanismo di omologazione prevede un processo formato da due livelli:un processo di regolamentazione, in cui l’ARC decide, sulla base della proposta della Commissione, se adottare gli IFRS; un processo tecnico nel quale l’EFRAG offre il supporto e le competenze necessarie per valutare gli IFRS e consigliare la Commissione in merito all’adozione degli IFRS in esame. Il regolamento (CE) n. 1126/2008 identifica i principi contabili internazionali e le relative interpretazioni. Questo regolamento è stato modificato varie volte per includere tutti i principi presentati dall’IASB dal 2008 in poi, comprese alcune revisioni del 2012 relative ai bilanci consolidati e alle informazioni da fornire in merito alle partecipazioni detenute in altre entità. Sul sito web della Commissione viene pubblicata e aggiornata regolarmente una tabella che elenca tutte le modifiche apportate al regolamento n. 1126/2008. Nel mese di giugno 2015, la Commissione europea ha adottato una relazione di valutazione del funzionamento del regolamento. Essa conclude principalmente che gli IFRS hanno contribuito efficacemente ad aumentare l’efficienza dei mercati comunitari dei capitali e a incrementare la trasparenza e la comparabilità delle dichiarazioni finanziarie. Sono state tuttavia individuati alcuni margini di miglioramento, come ad esempio il miglioramento della collaborazione tra gli attori del processo di omologazione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È stato applicato dal sabato 14 settembre 2002. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Informativa finanziaria (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Principi internazionali d’informativa finanziaria: precedentemente noti come Principi contabili internazionali (IAS), Principi internazionali d’informativa finanziaria (IFRS) e le relative interpretazioni (interpretazioni SIC-IFRIC*), successive modifiche di detti principi e le relative interpretazioni, i principi e le relative interpretazioni che saranno emessi o adottati in futuro dall’International Accounting Standards Board (IASB). SIC-IFRIC: il Comitato permanente di interpretazione (SIC) era il predecessore dell’International Financial Reporting Interpretations Committee (IFRIC). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, relativo all’applicazione di principi contabili internazionali (GU L 243 dell’11.9.2002, pagg. 1-4). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1606/2002 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI COLLEGATI Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Valutazione del regolamento (CE) n. 1606/2002, del 19 luglio 2002, relativo all’applicazione di principi contabili internazionali (COM(2015) 301 final del 18.6.2015). Regolamento (CE) n. 1126/2008 della Commissione, del 3 novembre 2008, che adotta taluni principi contabili internazionali conformemente al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 320 del 29.11.2008, pagg. 1-481). Si veda la versione consolidata.
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 4 novembre 2008 relativa ad un sostegno finanziario comunitario a medio termine all’Ungheria (2009/102/CE) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, visto il regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (1), in particolare l’articolo 3, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione presentata previa consultazione del Comitato economico e finanziario (CEF), considerando quanto segue: (1) Con decisione 2009/103/CE (2) il Consiglio ha deciso di concedere il concorso reciproco all’Ungheria. (2) Nonostante il previsto miglioramento delle partite correnti l’Ungheria deve far fronte ad un fabbisogno di finanziamento esterno importante per il 2008 e il 2009 stimato in circa 20 miliardi di EUR, dato che a causa dei recenti sviluppi dei mercati finanziari il conto capitale e finanziario potrebbero registrare un importante deterioramento, con un accelerazione dei flussi netti in uscita dei portafogli di capitali. (3) È opportuno fornire all’Ungheria un sostegno comunitario fino a 6,5 miliardi di EUR nel quadro del meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri che è stato istituito con il regolamento (CE) n. 332/2002. È opportuno che tale assistenza sia fornita in combinazione con un prestito del Fondo monetario internazionale di 10,5 miliardi di DSP (circa 12,5 miliardi di EUR) nel quadro di un accordo stand-by che dovrebbe essere approvato il 6 novembre 2008. Anche la Banca mondiale ha accettato di fornire all’Ungheria un prestito di 1 miliardo di EUR. (4) È opportuno che l’assistenza sia gestita dalla Commissione, la quale, previa consultazione del CEF, dovrebbe convenire con le autorità ungheresi le condizioni specifiche di politica economica cui subordinare il sostegno finanziario. Tali condizioni dovrebbero essere fissate in un memorandum d’intesa. Le condizioni finanziarie dovrebbero essere stabilite nel dettaglio dalla Commissione nell’accordo sul prestito. (5) È opportuno fornire l’assistenza per favorire la sostenibilità della bilancia dei pagamenti in Ungheria ed in questo modo contribuire all’attuazione del programma di politica economica del governo nell'ambito delle attuali condizioni economiche e finanziarie, DECIDE: Articolo 1 1. La Comunità mette a disposizione dell’Ungheria un prestito di medio termine per un importo massimo di 6,5 miliardi di EUR, con una scadenza media massima di cinque anni. 2. Questo sostegno finanziario della Comunità copre un periodo di due anni a decorrere dal primo giorno successivo all’entrata in vigore della presente decisione. Articolo 2 1. La Commissione gestisce l'assistenza in modo coerente con gli impegni dell’Ungheria e con le raccomandazioni del Consiglio, in particolare nel contesto dell’attuazione del programma nazionale di riforme, del programma di convergenza e della procedura relativa ai disavanzi eccessivi. 2. La Commissione concorda con le autorità ungheresi, previa consultazione del CEF, le condizioni specifiche di politica economica cui subordinare l’assistenza finanziaria come previsto all’articolo 3, paragrafo 4. Tali condizioni sono fissate in un memorandum d’intesa coerente con gli impegni e le raccomandazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo. Le condizioni finanziarie devono essere stabilite nel dettaglio dalla Commissione nell’accordo sul prestito. 3. La Commissione, in collaborazione con il CEF, verifica periodicamente che siano soddisfatte le condizioni di politica economica cui è subordinata l’assistenza. La Commissione tiene informato il CEF in merito al possibile rifinanziamento dei prestiti o la ristrutturazione delle condizioni finanziarie. Articolo 3 1. La Commissione mette a disposizione il sostegno finanziario comunitario all’Ungheria in un massimo di cinque quote, la cui entità è fissata nel memorandum d’intesa. 2. La prima quota è erogata con riserva dell’entrata in vigore dell’accordo sul prestito e del memorandum d’intesa, nonché sulla base della proposta del Parlamento ungherese di modifiche legislative del progetto preliminare del bilancio 2009, che mira a raggiungere un deficit del 2,6 % del PIL e che comprende le misure di previsione degli obiettivi di bilancio. 3. Se necessario per finanziare il prestito, è consentito l’uso prudente di swap sui tassi di interesse con controparti appartenenti alla classe di merito di credito più elevata. 4. La Commissione, dopo aver ottenuto il parere del CEF, decide in merito allo svincolo delle quote successive. L’esborso di ciascuna quota successiva avviene sulla base di un’attuazione efficace del nuovo programma economico del governo ungherese rafforzato dall'accordo dell’FMI e incluso altresì nel prossimo programma di convergenza dell’Ungheria ed in particolare nelle condizioni economiche specifiche stabilite nel memorandum d’intesa. Tali condizioni politiche dovrebbero includere, tra l'altro: a) i progressi nel risanamento di bilancio previsto dal governo nell'ambito del nuovo programma che è in linea con la raccomandazione del Consiglio a titolo della procedura per i disavanzi eccessivi del 10 ottobre 2006, nonché con il parere del Consiglio del novembre 2007 relativo all’aggiornamento del programma di convergenza, con particolare riguardo agli obiettivi in materia di disavanzo per il 2009; b) misure specifiche di controllo della spesa sottostanti il programmato processo di risanamento; c) progressi nel processo di riforma della governance di bilancio attraverso il rafforzamento del quadro istituzionale e l'introduzione a medio termine di norme fiscali sulla falsariga del progetto preliminare attualmente in discussione dinanzi al Parlamento ungherese; d) riforme della regolamentazione e del controllo del settore finanziario e miglioramento della capacità delle autorità di affrontare efficacemente questioni relative alla solvibilità e alla liquidità; e e) altre riforme strutturali sostenute nel contesto della strategia di Lisbona, come il rafforzamento degli incentivi a lavorare al fine di sostenere l’occupazione e contribuire alla sostenibilità delle finanze pubbliche a lungo termine. La Repubblica di Ungheria è destinataria della presente decisione. Essa è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 4 novembre 2008. Per il Consiglio Il presidente A. VONDRA (1) GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1. (2) Cfr. pagina 7 della presente Gazzetta ufficiale.
Sostegno finanziario all’Ungheria QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? L’Unione europea (UE) e varie organizzazioni internazionali hanno fornito un sostegno finanziario all’Ungheria tra il 2008 e il 2010, sulla base del regolamento (CE) n. 332/2002 che consente all’Unione di fornire assistenza finanziaria a medio termine ai paesi dell’UE al di fuori della zona euro che hanno difficoltà con la bilancia dei pagamenti. PUNTI CHIAVE Nel novembre 2008, l’UE ha stabilito che l’Ungheria avrebbe dovuto ricevere 20 miliardi di EUR per il periodo 2008-2009. Il finanziamento è stato erogato da: UE: 6,5 miliardi di euro nell’ambito del programma di assistenza per la bilancia dei pagamenti; Fondo monetario internazionale (FMI): circa 12,5 miliardi di euro; Banca mondiale: 1 miliardo di euro. In cambio dei prestiti, l’Ungheria ha accettato di fare progressi: nel consolidamento fiscale* e nel controllo delle spese; nella riforma della governance di bilancio; nella stabilità dei prezzi; nella stabilità del settore bancario; nelle riforme della regolamentazione e del controllo del settore finanziario; in varie riforme strutturali. Complessivamente l’Ungheria ha ricevuto 5,5 miliardi di euro dall’UE e 8,7 miliardi di euro dall’FMI. Non ha richiesto il sostegno della Banca mondiale. Con la fine del programma nel novembre 2010, la Commissione europea ha avviato la sorveglianza post-programma, organizzando sei missioni di verifica nel paese. La sorveglianza si è conclusa nel gennaio 2015, dopo che l’Ungheria aveva rimborsato più del 70 % del prestito dell’UE. Nel novembre 2011, l’Ungheria ha chiesto una seconda tornata di aiuti finanziari all’UE ma alla fine non si sono rivelati necessari perché il paese è stato in grado di finanziarsi da solo sui mercati internazionali. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Si applica dal 5 novembre 2008. CONTESTO Nel febbraio 2002, il Consiglio dell’Unione europea ha conferito all’Unione il potere di concedere prestiti ai paesi dell’UE che affrontano, o rischiano di affrontare, difficoltà con la bilancia dei pagamenti o con i movimenti di capitali. Tale assistenza finanziaria è disponibile solo per i paesi che non utilizzano l’euro. L’Ungheria ha avanzato una prima richiesta di assistenza nell’ottobre 2008 in seguito a gravi turbolenze sui mercati e alle difficoltà del governo a rifinanziare il proprio debito. Per ulteriori informazioni, consultare: «Assistenza per la bilancia dei pagamenti all’Ungheria» sul sito Internet della Commissione europea. * TERMINI CHIAVE Consolidamento fiscale: il processo di riduzione del disavanzo pubblico e dell’accumulo del debito. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2009/102/CE del Consiglio, del 4 novembre 2008, relativa ad un sostegno finanziario comunitario a medio termine all’Ungheria (GU L 37 del 6.2.2009, pagg. 5-6) DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (GU L 53 del 23.2.2002, pagg. 1-3) Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 332/2002 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
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Direttiva 98/59/CE del Consiglio del 20 luglio 1998 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi Gazzetta ufficiale n. L 225 del 12/08/1998 pag. 0016 - 0021 DIRETTIVA 98/59/CE DEL CONSIGLIO del 20 luglio 1998 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettiviIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 100,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Parlamento europeo (1),visto il parere del Comitato economico e sociale (2),(1) considerando che, a fini di razionalità e chiarezza, occorre procedere alla codificazione della direttiva 75/129/CEE del Consiglio, del 17 febbraio 1975, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi (3);(2) considerando che occorre rafforzare la tutela dei lavoratori in caso di licenziamenti collettivi, tenendo conto della necessità di uno sviluppo economico-sociale equilibrato nella Comunità;(3) considerando che, nonostante un'evoluzione convergente, sussistono differenze tra le disposizioni in vigore negli Stati membri della Comunità per quanto riguarda le modalità e la procedura dei licenziamenti collettivi e le misure che possono attenuare per i lavoratori le conseguenze di tali licenziamenti;(4) considerando che tali differenze possono ripercuotersi direttamente sul funzionamento del mercato interno;(5) considerando che la risoluzione del Consiglio del 21 gennaio 1974 relativa ad un programma di azione sociale (4) ha previsto una direttiva sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri per quanto riguarda i licenziamenti collettivi;(6) considerando che nella carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata dai capi di Stato o di governo di undici Stati membri il 9 dicembre 1989 al Consiglio europeo di Strasburgo, si dichiara in particolare al punto 7, primo comma, prima frase, e secondo comma, al punto 17, primo comma, e al punto 18, terzo trattino:«7. La realizzazione del mercato interno deve portare ad un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori nella Comunità europea (. . .).Tale miglioramento deve consentire, dove necessario, di sviluppare taluni aspetti della regolamentazione del lavoro, come le procedure per il licenziamento collettivo o quelle concernenti i fallimenti.(. . .)17. Occorre sviluppare l'informazione, la consultazione e la partecipazione dei lavoratori, secondo modalità adeguate, tenendo conto delle prassi vigenti nei diversi Stati membri.(. . .)18. L'informazione, la consultazione e la partecipazione devono essere realizzate tempestivamente, in particolare nei casi seguenti:(- . . .)(- . . .)- in occasione di procedure di licenziamenti collettivi;(- . . .)»;(7) considerando che è quindi necessario promuovere tale ravvicinamento nel progresso, ai sensi dell'articolo 117 del trattato;(8) considerando che, per calcolare il numero di licenziamenti previsti nella definizione di licenziamenti collettivi ai sensi della presente direttiva occorre assimilare ai licenziamenti altre forme di cessazione del contratto di lavoro per iniziativa del datore di lavoro, purché i licenziamenti siano almeno cinque;(9) considerando che occorre prevedere che la presente direttiva sia applicabile in linea di massima anche ai licenziamenti collettivi determinati dalla cessazione della attività dello stabilimento conseguente ad una decisione giudiziaria;(10) considerando che occorre lasciare agli Stati membri la facoltà di prevedere che i rappresentanti dei lavoratori possano ricorrere ad esperti a motivo della complessità tecnica delle materie che potrebbero formare oggetto di informazione e consultazione;(11) considerando che occorre garantire l'adempimento degli obblighi del datore di lavoro in materia di informazione, consultazione e comunicazione indipendentemente dal fatto che le decisioni riguardanti i licenziamenti collettivi siano prese dal datore di lavoro o da un'impresa che lo controlli;(12) considerando che occorre che gli Stati membri provvedano a che i rappresentanti dei lavoratori e/o i lavoratori dispongano di procedure amministrative e/o giurisdizionali per adempiere agli obblighi previsti dalla presente direttiva;(13) considerando che la presente direttiva deve lasciare impregiudicati gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione delle direttive indicati all'allegato I, parte B,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:SEZIONE I Definizione e campo di applicazione Articolo 1 1. Ai fini dell'applicazione della presente direttiva:a) per licenziamento collettivo si intende ogni licenziamento effettuato da un datore di lavoro per uno o più motivi non inerenti alla persona del lavoratore se il numero dei licenziamenti effettuati è, a scelta degli Stati membri:i) per un periodo di 30 giorni:- almeno pari a 10 negli stabilimenti che occupano abitualmente più di 20 e meno di 100 lavoratori;- almeno pari al 10 % del numero dei lavoratori negli stabilimenti che occupano abitualmente almeno 100 e meno di 300 lavoratori;- almeno pari a 30 negli stabilimenti che occupano abitualmente almeno 300 lavoratori;ii) oppure, per un periodo di 90 giorni, almeno pari a 20, indipendentemente dal numero di lavoratori abitualmente occupati negli stabilimenti interessati;b) per rappresentanti dei lavoratori si intendono i rappresentanti dei lavoratori previsti dal diritto o dalla pratica in vigore negli Stati membri.Per il calcolo del numero dei licenziamenti previsti nel primo comma, lettera a), sono assimilate ai licenziamenti le cessazioni del contratto di lavoro verificatesi per iniziativa del datore di lavoro per una o più ragioni non inerenti alla persona del lavoratore, purché i licenziamenti siano almeno cinque.2. La presente direttiva non si applica:a) ai licenziamenti collettivi effettuati nel quadro di contratti di lavoro a tempo determinato o per un compito determinato, a meno che tali licenziamenti non avvengano prima della scadenza del termine o dell'espletamento del compito previsto nei suddetti contratti;b) ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni o degli enti di diritto pubblico (o, negli Stati membri in cui tale nozione è sconosciuta, degli enti equivalenti);c) agli equipaggi di navi marittime.SEZIONE II Informazione e consultazione Articolo 2 1. Quando il datore di lavoro prevede di effettuare licenziamenti collettivi, deve procedere in tempo utile a consultazioni con i rappresentanti dei lavoratori al fine di giungere ad un accordo.2. Nelle consultazioni devono essere almeno esaminate le possibilità di evitare o ridurre i licenziamenti collettivi, nonché di attenuarne le conseguenze ricorrendo a misure sociali di accompagnamento intese in particolare a facilitare la riqualificazione e la riconversione dei lavoratori licenziati.Gli Stati membri possono disporre che i rappresentanti dei lavoratori possano far ricorso ad esperti in conformità delle legislazioni e/o prassi nazionali.3. Affinché i rappresentanti dei lavoratori possano formulare proposte costruttive, il datore di lavoro deve in tempo utile nel corso delle consultazioni:a) fornire loro tutte le informazioni utili eb) comunicare loro, comunque, per iscritto:i) le ragioni del progetto di licenziamento,ii) il numero e le categorie dei lavoratori da licenziare,iii) il numero e le categorie dei lavoratori abitualmente impiegati,iv) il periodo in cui si prevede di effettuare i licenziamenti,v) i criteri previsti per la selezione dei lavoratori da licenziare, qualora le legislazioni e/o le prassi nazionali ne attribuiscano la competenza al datore di lavoro,vi) il metodo di calcolo previsto per qualsiasi eventuale indennità di licenziamento diversa da quella derivante dalle legislazioni e/o prassi nazionali.Il datore di lavoro deve trasmettere all'autorità pubblica competente almeno una copia degli elementi della comunicazione scritta, previsti al primo comma, lettera b), punti da i) a v).4. Gli obblighi di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 sono applicabili indipendentemente dal fatto che le decisioni riguardanti i licenziamenti collettivi siano prese dal datore di lavoro o da un'impresa che lo controlli.Nell'esame delle pretese violazioni degli obblighi di informazione, consultazione e notifica previsti nella presente direttiva, non si deve tener conto dei mezzi di difesa del datore di lavoro basati sul fatto che l'impresa che ha preso la decisione determinante il licenziamento collettivo non gli ha trasmesso le informazioni necessarie.SEZIONE III Procedura di licenziamento collettivo Articolo 3 1. Il datore di lavoro deve notificare per iscritto ogni progetto di licenziamento collettivo all'autorità pubblica competente.Tuttavia, gli Stati membri possono prevedere che in caso di un progetto di licenziamento collettivo determinato dalla cessazione delle attività dello stabilimento conseguente ad una decisione giudiziaria, il datore di lavoro debba notificarlo per iscritto all'autorità pubblica competente soltanto dietro richiesta di quest'ultima.La notifica dovrà contenere tutte le informazioni utili concernenti il progetto di licenziamento collettivo e le consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori previste all'articolo 2, segnatamente i motivi del licenziamento, il numero dei lavoratori che dovranno essere licenziati, il numero dei lavoratori abitualmente occupati ed il periodo nel corso del quale s'effettueranno i licenziamenti.2. Il datore di lavoro deve trasmettere ai rappresentanti dei lavoratori copia della notifica prevista al paragrafo 1.I rappresentanti dei lavoratori possono presentare le loro eventuali osservazioni all'autorità pubblica competente.Articolo 4 1. I licenziamenti collettivi il cui progetto è stato notificato all'autorità pubblica competente avranno effetto non prima di 30 giorni dalla notifica prevista all'articolo 3, paragrafo 1, ferme restando le disposizioni che disciplinano i diritti individuali in materia di termini di preavviso.Gli Stati membri possono accordare all'autorità pubblica competente la facoltà di ridurre il termine fissato al primo comma.2. L'autorità pubblica competente si avvale del termine di cui al paragrafo 1 per cercare soluzioni ai problemi posti dai licenziamenti collettivi prospettati.3. Se il termine iniziale fissato nel paragrafo 1 è inferiore a 60 giorni, gli Stati membri possono accordare all'autorità pubblica competente la facoltà di prorogare il termine iniziale fino a 60 giorni dalla notifica, quando esista il rischio che i problemi posti dai licenziamenti collettivi prospettati non possano essere risolti entro il termine iniziale.Gli Stati membri possono accordare all'autorità pubblica competente più ampie facoltà di proroga.Il datore di lavoro deve essere informato della proroga e dei motivi che l'hanno determinata, prima della scadenza del termine iniziale previsto al paragrafo 1.4. Gli Stati membri non sono tenuti ad applicare il presente articolo ai licenziamenti collettivi determinati dalla cessazione delle attività di uno stabilimento conseguente ad una decisione giudiziaria.SEZIONE IV Disposizioni finali Articolo 5 La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare o di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori o favorire o consentire l'applicazione di disposizioni contrattuali più favorevoli ai lavoratori.Articolo 6 Gli Stati membri provvedono affinché i rappresentanti dei lavoratori e/o i lavoratori dispongano di procedure amministrative e/o giurisdizionali per far rispettare gli obblighi previsti dalla presente direttiva.Articolo 7 Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano o hanno già adottato nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 8 1. Le direttive che figurano all'allegato I, parte A, sono abrogate, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione che figurano all'allegato I, parte B.2. I riferimenti fatti alle direttive abrogate si devono intendere come fatti alla presente direttiva e devono essere letti secondo la tavola di concordanza che figura all'allegato II.Articolo 9 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 10 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 20 luglio 1998.Per il ConsiglioIl presidenteW. MOLTERER(1) GU C 210 del 6. 7. 1998.(2) GU C 158 del 26. 5. 1997, pag. 11.(3) GU L 48 del 22. 2. 1975, pag. 29. Direttiva modificata dalla direttiva 92/56/CEE (GU L 245 del 26. 8. 1992, pag. 3).(4) GU C 13 del 12. 2. 1974, pag. 1.ALLEGATO I PARTE A Direttive abrogate (previste all'articolo 8) Direttiva 75/129/CEE del Consiglio e la seguente modifica:Direttiva 92/56/CEE del Consiglio.PARTE B Elenco dei termini di attuazione nel diritto nazionale (previsti all'articolo 8) >SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO II >SPAZIO PER TABELLA>
Licenziamenti collettivi: informazione e consultazione del personale QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Obbliga i datori di lavoro a informare e consultare i rappresentanti del personale in caso di licenziamento collettivo*. Specifica i punti da trattare nell’ambito di tali consultazioni nonché le informazioni che i datori di lavoro devono fornire. Essa stabilisce inoltre le norme procedurali di licenziamento collettivo. PUNTI CHIAVE La direttiva non si applica: ai licenziamenti collettivi effettuati nel quadro di contratti di lavoro a tempo determinato o per un compito determinato, a meno che tali licenziamenti non avvengano prima della scadenza del termine o dell’espletamento del compito previsto nei suddetti contratti; ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni o degli enti di diritto pubblico. Inoltre, i diritti dei lavoratori in presenza di un passaggio di proprietà dell’impresa oppure di insolvenza da parte dell’azienda sono disciplinati da altre leggi dell’Unione europea (UE). Consultazioni I datori di lavoro che prevedono di effettuare licenziamenti collettivi devono tenere consultazioni con i rappresentanti dei lavoratori in tempo utile al fine di giungere ad un accordo. Nelle consultazioni devono almeno essere esaminate le possibilità di: evitare o ridurre i licenziamenti collettivi; attenuarne le conseguenze ricorrendo a misure sociali di accompagnamento intese in particolare a facilitare la riqualificazione e la riconversione dei lavoratori licenziati. Il comitato aziendale europeo migliora i diritti dei lavoratori per quanto riguarda l’informazione e la consultazione transnazionale con le aziende che operano in tutta l’UE. Informazioni che devono essere fornite dal datore di lavoro I paesi dell’UE possono attuare misure che consentono ai rappresentanti dei lavoratori di ricorrere ai servizi di esperti in conformità con i regolamenti nazionali. Il datore di lavoro deve fornire ai rappresentanti dei lavoratori tutte le informazioni utili durante lo svolgimento delle consultazioni e comunicare loro in forma scritta quanto segue: i motivi del licenziamento; il periodo nel corso del quale si effettueranno i licenziamenti; il numero e le categorie di lavoratori abitualmente occupati; il numero e le categorie di lavoratori che dovranno essere licenziati; i criteri previsti per la selezione dei lavoratori da licenziare; il metodo usato per calcolare l’indennità di licenziamento (laddove applicabile). Procedura di licenziamento collettivo Il datore di lavoro deve attenersi alla seguente procedura: Notificare per iscritto ogni progetto di licenziamento collettivo all’autorità pubblica competente. La notifica dovrà contenere tutte le informazioni utili concernenti il progetto di licenziamento collettivo e le consultazioni tenute, fatta eccezione per il metodo usato per calcolare l’indennità di licenziamento. Qualora i lavoratori coinvolti siano i membri dell’equipaggio di una nave marittima, il datore di lavoro invierà la notifica all’autorità competente dello Stato di cui la nave batte bandiera. Trasmettere una copia della notifica ai rappresentanti dei lavoratori, i quali potranno inviare i loro commenti all’autorità pubblica competente. I licenziamenti collettivi avranno effetto non prima di 30 giorni dalla notifica; l’autorità pubblica competente si avvarrà di questo termine per cercare soluzioni. I paesi dell’UE possono conferire all’autorità pubblica la facoltà di ridurre tale periodo o di estenderlo a 60 giorni dalla notifica, nel caso in cui i problemi non risultino risolvibili entro il periodo iniziale, nonché accordare più ampie facoltà di proroga. Il datore di lavoro deve essere informato della proroga e dei motivi che l’hanno determinata, prima della scadenza del termine iniziale. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Si applica a partire dal 1o settembre 1998. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare: «Coinvolgimento dei lavoratori: licenziamenti collettivi» sul sito Internet della Commissione europea. * TERMINI CHIAVE Licenziamento collettivo: la situazione in cui un datore di lavoro decide di licenziare un gruppo di lavoratori. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi (GU L 225 del 12.8.1998, pag. 16-21) Le successive modifiche alla direttiva 98/59/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
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Accordo di cooperazione e di assistenza amministrativa reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e Hong Kong (Cina) Gazzetta ufficiale n. L 151 del 18/06/1999 pag. 0021 - 0026 ACCORDOdi cooperazione e di assistenza amministrativa reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e Hong Kong (Cina)LA COMUNITÀ EUROPEA E HONG KONG (CINA)(1) (in seguito denominate "parti contraenti"),VISTA l'importanza dei legami commerciali tra la Comunità europea e Hong Kong (Cina), e desiderose di contribuire, a vantaggio di entrambe le parti contraenti, allo sviluppo armonioso di detti legami;CONVINTE che, per conseguire tale obiettivo, occorra impegnarsi a sviluppare la cooperazione doganale;TENENDO CONTO dello sviluppo della cooperazione doganale tra le parti contraenti per quanto riguarda le procedure doganali;CONSIDERANDO che le operazioni che violano la legislazione doganale ledono agli interessi economici, fiscali e commerciali di entrambe le parti contraentri, e riconoscendo l'importanza di valutare in modo accurato i dazi doganali e gli altri oneri;PERSUASE che la cooperazione tra le loro autorità amministrative competenti renderà più efficaci gli interventi contro tali operazioni;VISTI gli obblighi imposti dalle convenzioni internazionali a cui le parti contraenti hanno già aderito e che hanno già applicato, nonché dalla raccomandazione del Consiglio di cooperazione doganale del 5 dicembre 1953 sull'assistenza amministrativa reciproca,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:TITOLO IDISPOSIZIONI GENERALIArticolo 1DefinizioniAi fini del presente accordo si intende per:a) "normativa doganale", qualsiasi disposizione legale o regolamentare o altro strumento giurdidicamente vincolante adottato dalla Comunità europea o da Hong Kong (Cina) che disciplini l'importazione, l'esportazione, il transito delle merci e la loro collocazione sotto qualsiasi altro regime o procedura doganale, comprese le misure di divieto, di restrizione e di controllo di competenza delle autorità doganali e di altre autorità amministrative;b) "autorità doganale", nella Comunità europea, i servizi competenti della Commissione delle Comunità europee e le autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea e, ad Hong Kong (Cina), il Servizio dogane e accise;c) "autorità richiedente", l'autorità amministrativa competente, all'uopo designata da una parte contraente, che presenta una domanda di assistenza in base al presente accordo;d) "autorità interpellata", l'autorità amministrativa competente, all'uopo designata da una parte contraente, che riceve una richiesta di assistenza in base al presente accordo;e) "dati di carattere personale", tutte le informazioni relative ad una persona fisica identificata o identificabile;f) "operazione contraria alla normativa doganale", qualsiasi violazione o tentativo di violazione della normativa doganale;g) "persona", persona fisica o giuridica.Articolo 2Applicazione territorialeIl presente accordo si applica, da un lato, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni ivi stabilite e, dall'altro, ad Hong Kong (Cina).Articolo 3Sviluppi futuriLa parti contraenti possono, di comune intesa, ampliare il presente accordo per potenziare e integrare la cooperazione doganale, ai sensi delle rispettive normative doganali, mediante accordi su settori o temi specifici.Articolo 4Portata della cooperazione1. Le autorità doganali si impegnano a sviluppare la cooperazione doganale e, in particolare, si adoperano a cooperare per:a) stabilire e mantenere canali di comunicazione tra le rispettive autorità doganali per agevolare uno scambio rapido e sicuro di informazioni;b) agevolare un coordinamento efficace tra le rispettive autorità doganali;c) occuparsi di qualsiasi questione amministrativa collegata al presente accordo che possa richiedere, in determinate circostanze, la loro azione comune.2. Ai sensi del presente accordo, la cooperazione doganale riguarda tutti gli aspetti relativi all'applicazione della normativa doganale.Articolo 5Portata dell'assistenza1. Le parti contraenti si prestano reciproca assistenza, nei settori di loro competenza e compatibilmente con le risorse disponibili e secondo le modalità e alle condizioni specificate nel presente accordo, per garantire la corretta applicazione della normativa doganale, in particolare per prevenire, individuare e perseguire le operazioni contrarie alla normativa doganale.2. L'assistenza nel settore doganale prevista dal presente accordo viene prestata da ogni autorità doganale e amministrativa delle parti contraenti competente per l'applicazione del presente accordo. Essa non pregiudica le norme che disciplinano l'assistenza reciproca in materia penale e non si applica alle informazioni ottenute in virtù delle facoltà esercitate a richiesta dell'autorità giudiziaria.3. L'assistenza in materia di riscossione di diritti, tasse o contravvenzioni non rientra nel presente accordo.Articolo 6Obblighi imposti da altri accordi1. Tenendo conto delle competenze rispettive della Comunità europea e degli Stati membri, le disposizioni del presente accordo:a) non pregiudicano gli obblighi delle parti contraenti derivanti da altri accordi o convenzioni internazionali;b) vanno considerate un complemento agli accordi di cooperazione doganale e di reciproca assistenza amministrativa già conclusi o che potranno essere conclusi tra singoli Stati membri e Hong Kong (Cina);c) non pregiudicano le disposizioni comunitarie in materia di comunicazione tra i servizi competenti della Commissione e le autorità doganali degli Stati membri di qualsiasi informazione ottenuta ai sensi del presente accordo che possa essere di interesse comunitario.2. Nonostante le disposizioni del paragrafo 1, le disposizioni del presente accordo prevalgono su quelle dgli accordi bilaterali di cooperazione doganale e di reciproca assistenza amministrativa già conclusi o che potrebbero essere conclusi tra singoli Stati membri e Hong Kong (Cina), qualora le disposizioni di questi ultimi risultassero incompatibili con quelle del presente accordo.3. Per quanto riguarda le questioni relative all'applicabilità del presente accordo, le parti contraenti si consultano per trovare una soluzione nell'ambito del comitato misto di cooperazione doganale istituito a norma dell'articolo 21 del presente accordo.TITOLO IICOOPERAZIONE DOGANALEArticolo 7Cooperazione in materia di procedure doganaliLe parti contraenti dichiarano il proprio impegno ad agevolare la legittima circolazione delle merci e si scambiano informazioni e consulenze su misure volte a migliorare le tecniche e le procedure doganali, nonché su sistemi informatizzati, al fine di conseguire tale obiettivo ai sensi delle disposizioni del presente accordo.Articolo 8Assistenza tecnica1. Le autorità doganali possono prestarsi assistenza tecnica e procedere a scambi di personale quando ciò risulti reciprocamente vantaggioso, e compatibilmente con le risorse disponibili, per favorire una migliore comprensione delle rispettive tecniche e procedure doganali e dei relativi sistemi informatizzati.2. Esse possono altresì scambiarsi, all'occorrenza, informazioni in materia di assistenza tecnica prestata ad altre amministrazioni doganali.Articolo 9Discussioni in sede di organizzazioni internazionaliLe autorità doganali si adoperano per sviluppare e potenziare la cooperazione in settori di interesse comune per agevolare le discussioni in campo doganale nell'ambito di organizzazioni internazionali quali il Consiglio di cooperazione doganale.TITOLO IIIASSISTENZA AMMINISTRATIVA RECIPROCAArticolo 10Assistenza a richiesta1. A richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata fornisce a detta autorità qualsiasi informazione utile che le consenta di accertare che la normativa doganale è correttamente applicata, comprese le informazioni riguardanti le azioni accertate o programmate che violino o possano violare detta normativa.2. A richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata comunica a quest'ultima:a) se le merci esprotate dal territorio di una delle parti contraenti sono state correttamente importate nel territorio dell'altra parte contraente, precisando, se del caso, il regime doganale applicato alle stesse;b) se le merci nel territorio di una delle parti contraenti sono state correttamente esportate dal territorio dell'altra parte, precisando, se del caso, il regime doganale applicato alle merci.3. A richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata adotta le misure necessarie, nell'ambito delle sue disposizioni legali o regolamentari o di altri strumenti giuridicamente vincolanti, per assicurare che sia esercitata una sorveglianza:a) sulle persone nei confronti delle quali sussistono fondati motivi di ritenere che compiano o abbiano compiuto operazioni contrarie alla normativa doganale;b) sui luoghi in cui sono costituiti o possono essere costituiti depositi di merci a condizioni tali da far ragionevolmente ritenere che dette merci siano destinate ad essere utilizzate in operazioni contrarie alla normativa doganale;c) sulle merci trasportate o che possono essere trasportate a condizioni tali da far ragionevolmente ritenere che siano destinate ad essere utilizzate in operazioni contrarie alla normativa doganale;d) sui mezzi di trasporto che sono o che possono essere utilizzati a condizioni tali da far ragionevolmente ritenere che siano destinati ad essere utilizzati in operazioni contrarie alla normativa doganale.Articolo 11Assistenza spontaneaLe parti contraenti si assistono reciprocamente, di propria iniziativa e conformemente alle loro disposizioni legali e regolamentari o ad altri strumenti giuridicamente vincolanti, qualora lo ritengano necessario per la corretta applicazione della normativa doganale, in particolare fornendo le informazioni ottenute riguardanti:a) azioni che sono o che sembrano loro essere operazioni contrarie alla normativa doganale e che possono interessare l'altra parte contraente;b) nuovi mezzi o metodi utilizzati per effettuare operazioni contrarie alla normativa doganale;c) merci note per essere oggetto di operazioni contrarie alla normativa doganale;d) persone nei confronti delle quali sussistono fondati motivi di ritenere che siano o siano state coinvolte in operazioni contrarie alla normativa doganale;e) mezzi di trasporto per i quali vi sono fondati motivi di ritenere che siano stati, siano ovvero possano essere utilizzati in operazioni contrarie alla normativa doganale.Articolo 12Consegna, Notifica1. A richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata adotta, conformemente alle disposizioni legali e regolamentari o ad altri strumenti giuridicamente vincolanti, tutte le misure necesarie per:a) consegnare tutti i documenti di tipo amministrativo ob) notificare tutte le decisioni,provenienti dall'autorità richiedente e rientranti nell'ambito di applicazione del presente accordo, ad un destinatario residente o stabilito nella giurisdizione dell'autorità richiedente.2. Le domande di consegna di documenti o di notifica di decisioni devono essere presentate per iscritto nella lingua ufficiale dell'autorità interpellata o in una lingua accettabile per quest'ultima. Questo requisito non si applica ai documenti da consegnare ai sensi del paragrafo 1.Articolo 13Forma e contenuto delle domande di assistenza1. Le domande formulate ai sensi del presente accordo sono presentate per iscritto. Esse vengono corredate dei documenti ritenuti utili per la loro evasione. Qualora l'urgenza della situazione lo esiga, possono essere accettate anche domande orali le quali, tuttavia, devono essere immediatamente confermate per iscritto.2. Le domande presentate a norma del paragrafo 1 devono contenere le seguenti informazioni:a) autorità richiedente;b) misura richiesta;c) oggetto e motivo della domanda;d) disposizioni legali e regolamentari e altri strumenti giuridicamente vincolanti in causa;e) ragguagli il più possibile precisi ed esaurienti sulle persone oggetto d'indagine;f) esposizione succinta dei fatti pertinenti e delle indagini già effettuate.3. Le domande sono presentate nella lingua ufficiale dell'autorità interpellata o in una lingua accettabile per quest'ultima. Questo requisito non si applica ai documenti di cui è corredata la domanda di cui al paragrafo 1.4. Se la domanda non risponde ai requisiti formali di cui sopra, possono esserne richiesti la correzione o il completamento; nel frattempo possono essere disposte misure cautelative.Articolo 14Espletamento delle domande1. Per evadere le domande di assistenza l'autorità interpellata procede, nell'ambito delle sue competenze e compatibilmente con le risorse disponibili, come se agisse per proprio conto o a richiesta di altre autorità della stessa parte contraente, fornendo informazioni già in suo possesso, svolgendo adeguate indagini e precedendo o facendo procedere alle indagini appropriate. La presente disposizione si applica anche alle altre autorità alle quali la domanda è stata indirizzata dall'autorità interpellata in virtù del presente accordo qualora questa non possa agire direttamente.2. Le domande di assistenza sono evase conformemente alle disposizioni legali o regolamentari o ad altri strumenti giuridicamente vincolanti della parte contraente interpellata.3. I funzionari debitamente autorizzati di una parte contraente possono, d'intesa con l'altra parte contraente e alle condizioni da questa stabilite, essere presenti e ottenere negli uffici dell'autorità interpellata o di qualsiasi altra autorità interessata a norma del paragrafo 1 informazioni sulle azioni che costituiscono o che possono costituire operazioni contrarie alla normativa doganale, che occorrano all'autorità richiedente ai fini del presente accordo.4. I funzionari debitamente autorizzati di una parte contraente, d'intesa con l'altra parte contraente e alle condizioni da questa stabilite, possono essere presenti alle indagini su casi specifici condotte nella giurisdizione di quest'ultima.5. Qualora la richiesta non possa essere soddisfatta, il fatto viene tempestivamente notificato all'autorità richiedente, unitamente alle motivazioni ed a qualsiasi altra informazione che l'autorità interpellata ritiene possa essere utile all'autorità richiedente.Articolo 15Forma in cui devono essere comunicate le informazioni1. L'autorità interpellata comunica i risultati delle indagini all'autorità richiedente per iscritto unitamente a documenti, copie autenticate o altro materiale pertinente.2. Tale informazione può essere computerizzata.3. Gli originali delle pratiche e dei documenti sono trasmessi solo su richiesta qualora siano insufficienti le copie autenticate. Gli originali sono resi appena possibile. I diritti dell'autorità interpellata o di eventuali terzi in merito a tali originali rimangono inalterati.Articolo 16Deroghe all'obbligo di prestare assistenza1. L'assistenza può essere rifiutata o essere subordinata all'assolvimento di talune condizioni o esigenze qualora una parte ritenga che l'assistenza a titolo del presente accordo:a) possa pregiudicare gli interessi vitali di Hong Kong (Cina) o di uno Stato membro tenuto a prestare assistenza ai sensi del presente accordo, ob) possa pregiudicare l'ordine pubblico, la sicurezza o altri principi fondamentali, in particolare nei casi di cui all'articolo 17, paragrafo 2, oc) violi un segreto industriale, commerciale o d'ufficio.2. L'assistenza può essere rinviata dall'autorità interpellata qualora interferisca in un'indagine, in un'azione giudiziaria o in un procedimento in corso. In tal caso l'autorità interpellata consulta l'autorità richiedente per stabilire se l'assistenza possa essere fornita secondo le modalità o alle condizioni che l'autorità interpellata può esigere.3. Se l'autorità richiedente domanda un'assistenza che non sarebbe in grado di fornire se le venisse richiesta, lo fa presente nella sua domanda. Spetta quindi all'autorità interpellata decidere il seguito da dare a tale domanda.4. Nei casi di cui ai paragrafi 1 e 2, la decisione dell'autorità interpellata e le relative motivazioni devono essere comunicate senza indugio all'autorità richiedente.Articolo 17Scambi di informazioni e riservatezza1. Tutte le informazioni comunicate, sotto qualsiasi forma, ai sensi del presente accordo sono di carattere riservato o soggette a determinate restrizioni, a seconda delle norme applicabili da ciascuna parte contraente. Esse sono coperte dal segreto d'ufficio e beneficiano della tutela accordata a similari informazioni ai sensi delle rispettive leggi della parte contraente che le ha ricevute e delle corrispondenti disposizioni cui debbono conformarsi le autorità comunitarie.2. I dati di carattere personale possono essere scambiati solo se la parte contraente cui potrebbero essere destinati s'impegna a tutelarli in modo almeno equivalente a quello applicabile al caso specifico nella parte contraente che li può fornire. La parte contraente che potrebbe fornire informazioni, non stipula condizioni più onerose di quelle ad essa applicabili nella sua giurisdizione.Le parti contraenti si comunicano le informazioni relative alle norme in esse applicabili, comprese eventualmente le disposizioni legali vigenti negli Stati membri della Comunità.3. L'utilizzazione, nell'ambito di azioni giudiziarie o amministrative promosse in seguito all'accertamento di operazioni contrarie alla normativa doganale, di informazioni ottenute in virtù del presente accordo è considerata conforme ai fini del presente accordo. Pertanto, le parti contraenti, nei documenti probatori, nelle relazioni e testimonianze, nonché nei procedimenti e nelle azioni penali promossi dinanzi ad un tribunale, possono utilizzare le informazioni ottenute e i documenti consultati ai sensi delle disposizioni del presente accordo. L'autorità competente che ha fornito dette informazioni o dato accesso ai documenti viene informata di tale uso.4. Le informazioni ottenute sono utilizzate solo ai fini del presente accordo. Una parte contraente che voglia utilizzare tali informazioni per altri fini deve ottenere l'accordo scritto preliminare dell'autorità che le ha fornite. Tale utilizzazione è quindi soggetta a tutte le restrizioni imposte da detta autorità.5. Le disposizioni pratiche per l'attuazione del presente articolo vengono stabilite dal comitato misto di cooperazione doganale istituito ai sensi dell'articolo 21.Articolo 18Periti e testimoniUn funzionario dell'autorità interpellata può essere autorizzato a comparire, nei limiti dell'autorizzazione concessa, in qualità di perito o testimone dinanzi ad un'autorità nella giurisdizione dell'altra parte contraente in azioni giudiziarie o amministrative riguardanti le materie di cui al presente accordo e produrre oggetti, documenti ovvero loro copie autenticate che possano occorrere nel procedimento. Nella richiesta di comparizione deve essere precisato davanti a quale autorità, su quale argomento e a quale titolo il funzionario sarà ascoltato.Articolo 19Spese di assistenzaLe parti contraenti rinunciano reciprocamente ad ogni pretesa concernente il rimborso delle spese sostenute in virtù del presente accordo escluse, se del caso, le spese per periti e testimoni e quelle per interpreti e traduttori che non dipendano da pubblici servizi.TITOLO IVDISPOSIZIONI FINALIArticolo 20Attuazione1. L'attuazione del presente accordo è affidata, da un lato, ai competenti servizi della Commissione delle Comunità europee ed eventualmente alle autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea e, dall'altro, al servizio dogane e accise di Hong Kong (Cina). Essi decidono in merito a tutte le misure e disposizioni pratiche necessarie per l'applicazione tenendo conto delle norme vigenti in particolare in materia di protezione dei dati. Essi possono proporre agli organi competenti le modifiche che a loro parere andrebbero apportate al presente accordo.2. Le parti contraenti si consultano e si tengono reciprocamente informate in merito alle disposizioni di attuazione dettagliate adottate ai sensi delle disposizioni del presente accordo.Articolo 21Comitato misto di cooperazione doganale1. È istituito un comitato misto di cooperazione doganale composto da rappresentanti della Comunità europea e di Hong Kong (Cina). Il comitato si riunisce nel luogo, alla data e con l'ordine del giorno stabiliti di comune accordo.2. Il comitato misto di cooperazione doganale garantisce il corretto funzionamento dell'accordo ed esamina tutte le questioni inerenti alla sua applicazione. A tal fine, esso provvede principalmente a:a) valutare l'andamento della cooperazione doganale ai sensi del presente accordo e individuare nuovi settori specifici per estendere tale cooperazione;b) scambiare opinioni su tutti i punti di comune interesse riguardanti la cooperazione doganale, comprese le misure future e le relative risorse;c) in generale, raccomandare soluzioni volte al conseguimento degli obiettivi del presente accordo.3. Il comitato misto di cooperazione doganale adotta il proprio regolamento interno.Articolo 22Entrata in vigore e durata1. Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla data in cui le parti contraenti si notificano reciprocamente l'avvenuto espletamento delle procedure all'uopo necessarie.2. Ciascuna parte contraente può denunciare il presente accordo, mediante notifica scritta all'altra parte. La denuncia entra in vigore tre mesi dopo la data della notifica. Le richieste di assistenza ricevute prima della denuncia dell'accordo vengono evase ai sensi delle disposizioni del medesimo.Articolo 23Testi facenti fedeIl presente accordo è redatto in duplice esemplare in lingua danese, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese, tedesca e cinese, tutti i testi facenti ugualmente fede.In fede di che, i plenipotenziari sottoscritti hanno apposto le loro firme in calce al presente accordo.Fatto a Hong Kong, Cina, addì tredici maggio millenovecentonovantanove.Per la Comunità europea>PIC FILE= "L_1999151IT.002601.EPS">Per Hong Kong (Cina)>PIC FILE= "L_1999151IT.002602.EPS">(1) Ai sensi dell'aticolo 151 della legge fondamentale della regione ad amministrazione speciale Hong Kong della Repubblica popolare cinese.
Accordo con Hong Kong sulla cooperazione e assistenza reciproca in materia doganale QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo mira a migliorare la cooperazione tra le autorità amministrative responsabili dell’applicazione della normativa doganale*. Oltre a prevedere diverse tipologie di cooperazione, contiene articoli finalizzati a sviluppare e migliorare ulteriormente la cooperazione doganale mediante accordi su questioni specifiche. La decisione conclude l’accordo per conto della Comunità europea (ora Unione europea). PUNTI CHIAVE Cooperazione doganale Le parti si impegnano a sviluppare la cooperazione doganale:promuovendo un coordinamento e canali di comunicazione efficaci tra le rispettive autorità doganali per agevolare uno scambio rapido e sicuro di informazioni; favorendo la circolazione delle merci; scambiando le informazioni e le competenze necessarie per migliorare le procedure doganali; prestandosi reciprocamente assistenza tecnica; scambiandosi il personale, quando ciò rappresenta un vantaggio per entrambe le parti. Assistenza amministrativa reciproca Sono due le tipologie di assistenza amministrativa reciproca:assistenza a richiesta: l’ autorità interpellata* è tenuta a fornire all’autorità richiedente* qualsiasi informazione utile che le consenta di accertare che la normativa doganale è correttamente applicata. Le informazioni possono riguardare azioni accertate o programmate che possano violare detta normativa oppure anche la regolarità delle procedure di esportazione e importazione tra i due paesi. L’accordo comprende inoltre una sorveglianza speciale in tutti i casi sospetti, applicabile ad ogni persona fisica o giuridica, luogo, movimento di merci o mezzo di trasporto che è o potrebbe essere collegato o utilizzato per perpetrare operazioni contrarie alla normativa doganale.assistenza spontanea: le parti possono assistersi reciprocamente, di propria iniziativa, qualora lo ritengano necessario per la corretta applicazione della normativa doganale e in particolare se ricevono informazioni che potrebbero interessare l’altra parte. Aspetti formali e deroghe all’obbligo di prestare assistenza Le richieste devono essere presentate per iscritto, ad eccezione dei casi urgenti in cui possono essere presentate richieste orali, confermate successivamente per iscritto. Le richieste devono contenere:i dati dell’autorità richiedente; la misura richiesta; l’oggetto e il motivo della richiesta; la normativa in causa; le persone fisiche o giuridiche interessate; un’esposizione succinta dei fatti pertinenti e delle indagini già effettuate. La parte interpellata può rifiutarsi di ottemperare a una richiesta nel caso in cui ciò possa pregiudicare la sovranità, l’ordine pubblico, la sicurezza o altri interessi essenziali di una delle parti. È possibile una deroga all’obbligo di fornire assistenza qualora tale assistenza violi un segreto professionale, commerciale o industriale. L’accordo contiene clausole di riservatezza in relazione alle informazioni fornite. Ai dati personali è riservato un alto livello di tutela.L’accordo prevede l’istituzione di un comitato misto di cooperazione doganale che provvede al buon funzionamento dell’accordo ed esamina tutte le questioni derivanti dalla sua applicazione. DATA DI ENTRATA IN VIGORE È entrato in vigore il 1° giugno 1999. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Cooperazione doganale tra UE e Hong Kong (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Normativa doganale: include qualsiasi disposizione legale o regolamentare ovvero qualsiasi altro strumento giuridico vincolante adottato dall’UE e da Hong Kong che disciplini l’importazione, esportazione e transito delle merci e la loro collocazione sotto qualsiasi altra procedura doganale, comprese le misure di divieto, restrizione e controllo di competenza delle autorità doganali e di altre autorità amministrative. Autorità interpellata: l’autorità doganale competente che riceve una domanda di assistenza. Autorità richiedente: l’autorità doganale competente che presenta una domanda di assistenza. DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione 1999/400/CE del Consiglio, dell’11 maggio 1999, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione e di assistenza reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e Hong Kong (Cina) (GU L 151 del 18.6.1999, pag. 20). Accordo di cooperazione e di assistenza amministrativa reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e Hong Kong (Cina) (GU L 151 del 18.6.1999, pag. 21).
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DECISIONE QUADRO 2008/675/GAI DEL CONSIGLIO del 24 luglio 2008 relativa alla considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell’Unione europea in occasione di un nuovo procedimento penale IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 31 e l’articolo 34, paragrafo 2, lettera b), vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) L’Unione europea si è prefissa l’obiettivo di mantenere e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Questo obiettivo presuppone che le informazioni relative alle decisioni di condanna pronunciate negli Stati membri possano essere prese in considerazione al di fuori dello Stato membro di condanna per prevenire nuovi reati e in occasione dell’apertura di un nuovo procedimento penale. (2) Il 29 novembre 2000, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere, il Consiglio ha adottato il programma di misure per l’attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali (2), il quale prevede «l’adozione di uno o più strumenti volti ad introdurre il principio secondo cui il giudice di uno Stato membro deve essere in grado di tener conto delle decisioni penali definitive rese negli altri Stati membri per valutare i precedenti penali del delinquente, prendere in considerazione la recidiva e determinare la natura delle pene e le modalità di esecuzione applicabili». (3) La presente decisione quadro è intesa a stabilire un obbligo minimo per gli Stati membri di prendere in considerazione le decisioni di condanna pronunciate in altri Stati membri. Essa non dovrebbe impedire pertanto agli Stati membri di prendere in considerazione, conformemente alle rispettive legislazioni ed allorché dispongono di informazioni pertinenti, ad esempio, le decisioni definitive di autorità amministrative le cui decisioni possono dar luogo a un ricorso dinanzi a una giurisdizione competente in materia penale, che stabilisca la colpevolezza di una persona per un reato o per un atto punibile in base al diritto nazionale perché configura una violazione di legge. (4) Alcuni Stati membri attribuiscono effetti alle condanne penali pronunciate in altri Stati membri, mentre altri prendono in considerazione soltanto le decisioni di condanna nazionali. (5) È opportuno stabilire il principio secondo il quale a una decisione di condanna pronunciata in uno Stato membro dovrebbero attribuirsi negli altri Stati membri effetti equivalenti a quelli attribuiti alle condanne nazionali conformemente al diritto nazionale, sia che si tratti di effetti di fatto sia che si tratti di effetti di diritto processuale o sostanziale esistenti nel diritto nazionale. Tuttavia, la presente decisione quadro non mira ad armonizzare le conseguenze attribuite dalle diverse legislazioni nazionali all’esistenza di condanne precedenti e l’obbligo di prendere in considerazione decisioni di condanna precedenti pronunciate in altri Stati membri è previsto soltanto nella misura in cui le condanne nazionali precedenti siano prese in considerazione in base al diritto nazionale. (6) A differenza di altri strumenti, la presente decisione quadro non mira a far eseguire in uno Stato membro decisioni giudiziarie prese in altri Stati membri, quanto a far sì che, in occasione dell’apertura di un nuovo procedimento penale in un altro Stato membro, si attribuiscano delle conseguenze a una condanna precedentemente comminata in uno Stato membro nella misura in cui, in base al diritto dell’altro Stato membro in questione, siffatte conseguenze vengano attribuite alle precedenti condanne nazionali. Pertanto, la presente decisione quadro non prevede alcun obbligo di prendere in considerazione decisioni di condanna precedenti, ad esempio qualora le informazioni ottenute ai sensi degli strumenti applicabili non siano sufficienti, qualora una decisione di condanna nazionale non sia stata possibile riguardo all’atto per cui la condanna precedente è stata emessa, o qualora la pena comminata in precedenza non sia contemplata dall’ordinamento giuridico nazionale. (7) Gli effetti attribuiti alle decisioni di condanna degli altri Stati membri dovrebbero essere equivalenti a quelli attribuiti alle decisioni nazionali, sia nella fase precedente al processo penale, sia nel processo penale vero e proprio, sia nella fase di esecuzione della pena. (8) Se nel corso di un procedimento penale in uno Stato membro sono disponibili informazioni su una decisione di condanna precedente in un altro Stato membro, occorrerebbe nella misura del possibile evitare che la persona abbia un trattamento meno favorevole di quello che avrebbe se la condanna precedente fosse stata pronunciata da un giudice nazionale. (9) L’articolo 3, paragrafo 5, dovrebbe essere interpretato, conformemente tra l’altro al considerando 8, in modo che se in occasione di un nuovo procedimento penale il tribunale nazionale, tenendo conto di una pena irrogata precedentemente in un altro Stato membro, ritiene che l’irrogazione di una pena di un certo livello entro i limiti del diritto nazionale sia sproporzionatamente dura per l’autore del reato in considerazione della sua situazione, e se lo scopo della pena può essere raggiunto con una condanna più mite, esso può ridurre di conseguenza il livello della pena qualora ciò fosse stato possibile in casi meramente nazionali. (10) La presente decisione quadro deve sostituire le disposizioni dell’articolo 56 della convenzione europea del 28 maggio 1970 sulla validità internazionale delle sentenze penali relative alla presa in considerazione delle condanne penali nelle relazioni tra gli Stati membri firmatari di detta convenzione. (11) La presente decisione quadro rispetta il principio di sussidiarietà previsto dall’articolo 2 del trattato sull’Unione europea e dall’articolo 5 del trattato che istituisce la Comunità europea nella misura in cui persegue l’obiettivo di ravvicinare le disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri. Tale obiettivo non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri con un’azione unilaterale e presuppone un’azione concertata a livello dell’Unione europea. In ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nell’articolo 5 del trattato che istituisce la Comunità europea, la presente decisione quadro si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo. (12) La presente decisione quadro rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea e contenuti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. (13) La presente decisione quadro rispetta la varietà delle soluzioni e delle procedure nazionali necessarie per tener conto di precedenti decisioni di condanna pronunciate in un altro Stato membro. L’esclusione della possibilità di riesame di una precedente decisione di condanna non dovrebbe impedire agli Stati membri di pronunciare, se necessario, una decisione che produca effetti giuridici equivalenti a quelli della precedente decisione di condanna. Tuttavia, l’iter di emissione di tale decisione non dovrebbe rendere impossibile, dati i tempi e le procedure o formalità necessari, pronunciare una decisione che produca effetti equivalenti a quelli di una precedente decisione di condanna pronunciata in un altro Stato membro. (14) L’interferenza con una decisione di condanna o la sua esecuzione comprende tra l’altro situazioni in cui, secondo la legislazione nazionale del secondo Stato membro, la sanzione comminata da una precedente decisione di condanna deve essere assorbita o inclusa in un’altra sanzione, che deve quindi essere effettivamente eseguita, nella misura in cui la prima sentenza non sia già stata eseguita o la sua esecuzione non sia stata trasferita al secondo Stato membro, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE QUADRO: Articolo 1 Oggetto 1. La presente decisione quadro è intesa a stabilire le condizioni secondo le quali, nel corso di un procedimento penale in uno Stato membro nei confronti di una persona, sono prese in considerazione le precedenti decisioni di condanna pronunciate nei confronti della stessa persona per fatti diversi in altri Stati membri. 2. La presente decisione quadro non ha l’effetto di modificare l’obbligo di rispettare i diritti e i principi giuridici fondamentali sanciti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente decisione quadro per «condanna» si intende ogni decisione definitiva di una giurisdizione penale che stabilisca la colpevolezza di una persona per un reato. Articolo 3 Considerazione, in occasione dell’apertura di un nuovo procedimento penale, di una condanna pronunciata in un altro Stato membro 1. Ciascuno Stato membro assicura che, nel corso di un procedimento penale nei confronti di una persona, le precedenti decisioni di condanna pronunciate in un altro Stato membro nei confronti della stessa persona per fatti diversi, riguardo alle quali sono state ottenute informazioni in virtù degli strumenti applicabili all’assistenza giudiziaria reciproca o allo scambio di informazioni estratte dai casellari giudiziari, siano prese in considerazione nella misura in cui sono a loro volta prese in considerazione precedenti condanne nazionali, e che sono attribuiti ad esse effetti giuridici equivalenti a quelli derivanti da precedenti condanne nazionali conformemente al diritto nazionale. 2. Il paragrafo 1 si applica nella fase precedente al processo penale, in quella del processo penale stesso e in occasione dell’esecuzione della condanna, in particolare per quanto riguarda le norme di procedura applicabili, comprese quelle relative alla detenzione cautelare, alla qualifica del reato, al tipo e al livello della pena comminata nonché alle norme che disciplinano l’esecuzione della decisione. 3. Il fatto di prendere in considerazione precedenti decisioni di condanna pronunciate in altri Stati membri come previsto nel paragrafo 1 non comporta né interferenza con tali decisioni di condanna precedenti, né con qualsiasi altra decisione relativa alla loro esecuzione da parte dello Stato membro che avvia il nuovo procedimento, né di revocarle o di riesaminarle. 4. A norma del paragrafo 3, il paragrafo 1 non si applica nella misura in cui, se la precedente decisione di condanna è una condanna nazionale nello Stato membro che avvia il nuovo procedimento, il fatto di prendere in considerazione la precedente decisione di condanna comporterebbe, a norma della legislazione di detto Stato membro, interferenze con la precedente decisione di condanna o con qualsiasi altra decisione relativa alla sua esecuzione, né con la loro revoca o riesame. 5. Se il reato per il quale è in corso un nuovo procedimento è stato commesso prima che sia stata pronunciata o completamente eseguita la precedente condanna, i paragrafi 1 e 2 non comportano per gli Stati membri richiesti di applicare la legislazione nazionale sulla comminazione delle pene qualora l’applicazione di tali norme a condanne pronunciate all’estero limiti il giudice all’atto di irrogare una pena in un nuovo procedimento. Tuttavia, gli Stati membri garantiscono che in tali casi i propri tribunali possano tener conto in altro modo di condanne precedenti pronunciate in altri Stati membri. Articolo 4 Rapporti con altri strumenti giuridici La presente decisione quadro sostituisce, nell’ambito degli Stati membri parti della convenzione, l’articolo 56 della convenzione europea del 28 maggio 1970 sulla validità internazionale delle sentenze penali, fatta salva la sua applicazione tra gli Stati membri e i paesi terzi. Articolo 5 Recepimento 1. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per conformarsi alla presente decisione quadro entro il 15 agosto 2010. 2. Gli Stati membri comunicano al segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo delle disposizioni che recepiscono nella legislazione nazionale gli obblighi imposti loro a norma della presente decisione quadro. 3. In base alle informazioni ricevute, la Commissione presenta, entro il 15 agosto 2011, una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione della presente decisione quadro, corredata, se del caso, di proposte legislative. Articolo 6 Entrata in vigore La presente decisione quadro entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 24 luglio 2008. Per il Consiglio Il presidente B. HORTEFEUX (1) Parere del 27 settembre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) GU C 12 del 15.1.2001, pag. 10.
Le decisioni di condanna in altri paesi hanno valore in occasione di un nuovo procedimento penale Un paese dell’Unione europea (UE) dovrebbe dare peso equivalente alle decisioni di condanna emesse in altri paesi dell’Unione rispetto a quelle emesse dai propri tribunali. ATTO Decisione quadro 2008/675/GAI del Consiglio, del 24 luglio 2008, relativa alla considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell’Unione europea in occasione di un nuovo procedimento penale. SINTESI CHE COSA FA LA DECISIONE QUADRO? La presente decisione quadro stabilisce i criteri per i quali le decisioni di condanna emesse precedentemente in un paese dell’UE vengono tenute in considerazione durante un nuovo procedimento penale in un altro paese dell’Unione contro la stessa persona, ma per fatti diversi. PUNTI CHIAVE Nell’ambito di un nuovo procedimento penale, i paesi dell’UE devono garantire che le decisioni di condanna emesse precedentemente in un altro paese dell’Unione vengano tenute in considerazione alle stesse condizioni delle decisioni di condanna interne emesse precedentemente. Tali decisioni di condanna emesse precedentemente devono essere tenute in considerazione nella fase preliminare e processuale, nonché al momento di esecuzione della sentenza. Dovrebbero essere tenute in debita considerazione soprattutto rispetto alle norme di procedura applicabili riguardanti: la detenzione preventiva; la definizione del reato; il tipo e il grado della sentenza; le norme che regolano l’esecuzione della decisione. Nel caso in cui decisioni di condanna emesse precedentemente siano tenute in considerazione dal paese dell’UE che ha avviato il nuovo procedimento penale, ciò non deve risultare in un’interferenza, in una revoca o in un riesame delle decisioni di condanna emesse precedentemente. L’effetto della decisione quadro può inoltre essere limitato se il reato per il quale è in atto il nuovo procedimento penale è stato commesso prima che la decisione di condanna precedente venisse emessa o resa pienamente esecutiva. I paesi dell’UE non devono applicare le loro norme nazionali sulla comminazione delle pene qualora l’applicazione di tali norme a condanne pronunciate all’estero limiti il giudice all’atto di irrogare una pena in un nuovo procedimento. Tuttavia, i tribunali devono garantire di tenere in considerazione per altri scopi tali decisioni di condanna emesse precedentemente. Una relazione del 2014 sull’attuazione della decisione quadro ha riportato il valore aggiunto nel promuovere la fiducia nella legislazione penale e nelle decisioni giudiziarie nel settore europeo della giustizia. Tuttavia, fra i paesi dell’UE che avevano attuato la decisione, sono state riscontrate considerevoli differenze di adeguamento alla normativa. 13 paesi dell’UE su 22 sono stati valutati positivamente in merito all’attuazione delle clausole della normativa. Il 1o dicembre 2014 il Regno Unito (1) ha notificato alla Commissione la propria volontà di partecipare alla decisione quadro. Tale volontà è stata confermata dalla decisione 2014/858/UE della Commissione. CONTESTO Il Sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS) è un sistema computerizzato istituito nel 2012 dalla decisione 2009/316/GAI del Consiglio. Consente ai paesi dell’UE di scambiarsi rapidamente e facilmente informazioni sulle decisioni di condanna penale. ECRIS garantisce il funzionamento pratico della presente decisione quadro. Per maggiori informazioni, consultare le pagine riguardanti il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS) sul sito Internet della Commissione europea. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Decisione quadro 2008/675/GAI del Consiglio 15.8.2008 15.8.2010 GU L 220 del 15.8.2008, pag. 32-34 ATTI COLLEGATI Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione negli Stati membri della decisione quadro 2008/675/GAI, del 24 luglio 2008, relativa alla considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell’Unione europea in occasione di un nuovo procedimento penale, COM(2014) 312 final del 2.6.2014. Decisione 2014/858/UE della Commissione, del 1o dicembre 2014, concernente la comunicazione, da parte del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, della volontà di partecipare ad atti dell’Unione nel settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale adottati prima dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona e che non fanno parte dell’acquis di Schengen (GU L 345 dell’1.12.2014, pag. 6-9).
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Regolamento (CE) n. 1185/2003 del Consiglio, del 26 giugno 2003, relativo all'asportazione di pinne di squalo a bordo dei pescherecci Gazzetta ufficiale n. L 167 del 04/07/2003 pag. 0001 - 0003 Regolamento (CE) n. 1185/2003 del Consigliodel 26 giugno 2003relativo all'asportazione di pinne di squalo a bordo dei pescherecciIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) Conformemente al regolamento (CE) n. 2371/2002 del Consiglio, del 20 dicembre 2002, relativo alla conservazione e allo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nell'ambito della politica comune della pesca(3), quest'ultima garantisce lo sfruttamento delle risorse acquatiche vive in condizioni sostenibili dal punto di vista sia economico che ambientale e sociale, e il Consiglio deve stabilire misure comunitarie che disciplinano l'accesso alle acque e alle risorse e l'esercizio sostenibile delle attività di pesca.(2) I pesci del taxon Elasmobranchii, che comprende gli squali, i raiformi e specie affini sono, per le caratteristiche del loro ciclo biologico, generalmente molto vulnerabili allo sfruttamento. La maggior parte di queste specie costituisce spesso una cattura accessoria durante le attività di pesca comunitaria di altre specie più pregiate.(3) Dai dati scientifici attualmente disponibili, generalmente basati sulla valutazione dei tassi di cattura, risulta che numerosi stock di squali sono gravemente minacciati.(4) In attesa di dati più precisi sulla dinamica delle popolazioni di squali e su come tali stock reagiscono allo sfruttamento, in base ai quali elaborare programmi di gestione esaurienti e specifici, ogni misura che impedisca il diffondersi di pratiche non sostenibili o contribuisca a ridurre lo sfruttamento degli squali è destinata ad avere effetti positivi sulla conservazione di questi pesci.(5) La pratica dello "spinnamento" degli squali, che consiste nell'asportare le pinne dagli squali rigettando poi i loro corpi in mare, può contribuire alla mortalità eccessiva degli squali in misura tale da provocare l'esaurimento di numerosi stock di squali compromettendone lo sfruttamento sostenibile per il futuro.(6) È urgente adottare misure per limitare o evitare l'ulteriore diffondersi della pratica dello spinnamento degli squali e occorre quindi vietare l'asportazione delle loro pinne a bordo dei pescherecci. Considerate le difficoltà pratiche inerenti all'identificazione delle specie in base alle pinne asportate, è opportuno che tale divieto si applichi a tutti gli Elasmobranchii, fatta eccezione per l'asportazione delle ali di razza.(7) L'asportazione delle pinne da squali morti a bordo può essere tuttavia consentita qualora tale operazione consenta un'utilizzazione più razionale di tutte le parti dell'animale mediante la lavorazione separata a bordo delle pinne e delle restanti parti degli animali. In tal caso è necessario che lo Stato membro di bandiera rilasci e gestisca, in base alle relative modalità, un permesso di pesca speciale conformemente al regolamento (CE) n. 1627/94, del 27 giugno 1994, che stabilisce le disposizioni generali relative ai permessi di pesca speciali(4).(8) Per garantire che, dopo l'asportazione delle pinne, tutte le parti dello squalo vengano tenute a bordo, occorre che i comandanti dei pescherecci in possesso di un permesso di pesca speciale valido annotino le quantità delle pinne e delle restanti parti del corpo dello squalo dopo l'eviscerazione e la decapitazione. Tali annotazioni vanno fatte nel giornale di bordo, secondo quanto stabilisce il regolamento (CEE) n. 2847/93 del Consiglio, del 12 ottobre 1993 che istituisce un regime di controllo applicabile nell'ambito della politica comune della pesca(5), o, se del caso, in un registro speciale.(9) La pratica dello spinnamento degli squali è un problema che si estende ben al di là delle acque comunitarie. È opportuno che la Comunità dimostri pari impegno a favore della conservazione degli stock in tutte le acque marittime. Occorre quindi che il presente regolamento si applichi a tutti i pescherecci comunitari.(10) In base al principio di proporzionalità, per realizzare l'obiettivo fondamentale della conservazione degli stock di squali è necessario e opportuno disciplinare l'asportazione delle pinne di squalo a bordo di pescherecci. Il presente regolamento non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo, in conformità dell'articolo 5, terzo comma del trattato,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1Campo d'applicazioneIl presente regolamento si applica all'asportazione delle pinne di squalo, nonché alla detenzione a bordo, al trasbordo e allo sbarco di squalo o di pinne di squalo:1) da parte di pescherecci in acque marittime soggette alla sovranità o alla giurisdizione degli Stati membri;2) da parte di pescherecci battenti bandiera di Stati membri o immatricolati in Stati membri in altre acque marittime.Articolo 2DefinizioniAi fini del presente regolamento si intende per:1) "pinne di squalo": tutte le pinne degli squali comprese le pinne caudali, ma ad eccezione delle pinne pettorali delle razze che fanno parte delle ali di razze;2) "squalo": un pesce del taxon Elasmobranchii;3) "permesso di pesca speciale": un'autorizzazione di pesca preventiva rilasciata e gestita conformemente al regolamento (CE) n. 1627/94.Articolo 3Attività proibite1. È proibito asportare le pinne di squalo a bordo dei pescherecci, nonché detenere a bordo, trasbordare o sbarcare pinne di squalo.2. È proibito acquistare, mettere in vendita o vendere pinne di squalo che siano state asportate, tenute a bordo, trasbordate o sbarcate in violazione del presente regolamento.Articolo 4Deroga e relative modalità1. In deroga all'articolo 3, paragrafo 1, e fatti salvi i paragrafi 2, 3, 4 e 5 del presente articolo, i pescherecci in possesso di un permesso di pesca speciale valido possono essere autorizzati ad asportare le pinne da squali morti a bordo, nonché a detenere a bordo, trasbordare o sbarcare pinne di squalo.2. Il permesso di pesca speciale è rilasciato solamente a quei pescherecci per i quali è stata dimostrata la capacità di utilizzare tutte le parti dello squalo ed è stata motivata la necessità di lavorare separatamente a bordo le pinne dello squalo e le parti restanti dell'animale.3. È proibito gettare in mare le restanti parti dello squalo, una volta avvenuta l'asportazione delle pinne, eccettuate quelle parti risultanti dalle operazioni base di lavorazione, come la decapitazione, l'eviscerazione e la spellatura.4. Il peso delle pinne asportate dagli squali catturati non è mai superiore al peso teorico delle pinne che corrisponderebbe alle restanti parti degli animali presenti a bordo, trasbordati o sbarcati.5. Allo scopo di verificare l'applicazione del paragrafo 4, la corrispondenza teorica tra il peso delle pinne e quello degli animali è stabilita dagli Stati membri, tenendo conto del tipo di pesca, della composizione delle specie e del tipo di lavorazione e di magazzinaggio. In nessun caso il peso teorico delle pinne supera il 5 % del peso vivo degli squali catturati.Articolo 5Registrazione1. I comandanti dei pescherecci in possesso di un permesso di pesca speciale valido registrano il peso delle pinne di squalo e delle restanti parti, degli squali detenuti a bordo e trasbordati o sbarcati.Queste registrazioni sono effettuate nel giornale di bordo di cui all'articolo 6, paragrafo 1, del regolamento (CEE) n. 2847/93 ove applicabile. Per i pescherecci cui non si applica l'articolo 6, paragrafo 1, di tale regolamento, le registrazioni sono effettuate in un registro speciale fornito dall'autorità competente che rilascia il permesso di pesca speciale.Quando la cattura di squali non è sbarcata nel suo insieme, i comandanti dei pescherecci completano queste registrazioni sul giornale di bordo con una documentazione valida relativa agli sbarchi, ai trasbordi e alle vendite di pinne di squali o di parti restanti degli squali.Gli Stati membri definiscono il tipo di documentazione giudicato valido a tal fine e controllano sistematicamente le registrazioni sul giornale di bordo.2. Allo scopo di agevolare il controllo sugli sbarchi da parte delle autorità portuali e nella documentazione prevista al paragrafo 1, i comandanti dei pescherecci o i loro rappresentanti in possesso di un permesso di pesca speciale valido che intendono sbarcare pinne di squalo o parti restanti degli squali in porti non comunitari, comunicano alle autorità dello Stato di bandiera e alle autorità competenti dello Stato del quale desiderano utilizzare i porti o i luoghi di sbarco, almeno 72 ore prima dell'ora di arrivo prevista nel porto, le catture detenute a bordo, le catture destinate allo sbarco e l'ora di arrivo nel porto di sbarco.Articolo 6Relazioni e riesame1. Gli Stati membri inviano alla Commissione, entro e non oltre il 1o maggio, una relazione annuale complessiva sull'attuazione del presente regolamento nell'anno precedente. La relazione illustra la verifica dell'osservanza da parte delle navi dei requisiti di cui agli articoli 3, 4 e 5 e riporta in dettaglio, in particolare, il numero di permessi speciali rilasciati, la base tecnica per stabilire la corrispondenza teorica tra il peso delle pinne e dei corpi e della documentazione ritenuta valida ai fini del controllo dello sbarco separato di pinne e corpi.2. Successivamente alla presentazione, da parte degli Stati membri, della loro seconda relazione annuale, la Commissione, entro il 1o gennaio 2006, riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio in merito al funzionamento del presente regolamento e agli sviluppi internazionali nel settore, e, ove opportuno, propone qualsiasi modifica al presente regolamento. Se le modifiche proposte sono suscettibili di incidere sulla corrispondenza teorica tra il peso delle pinne e dei corpi, tali modifiche sono effettuate alla luce del parere del comitato scientifico, tecnico ed economico per la pesca.Articolo 7Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il sessantesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Lussemburgo, addì 26 giugno 2003.Per il ConsiglioIl PresidenteG. Drys(1) GU C 331 E del 31.12.2002, pag. 121.(2) Parere formulato il 27.3.2003 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 358 del 31.12.2002, pag. 59.(4) GU L 171 del 6.7.1994, pag. 7.(5) GU L 261 del 20.10.1993, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 806/2003 della Commissione (GU L 122 del 16.5.2003, pag. 1).
Asportazione di pinne di squalo QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? L’obiettivo del regolamento è vietare la pratica dello «spinnamento» degli squali, che consiste nell’asportare le pinne dagli squali rigettando poi i loro corpi in mare. Il regolamento è stato modificato dal regolamento (UE) n. 605/2013 al fine di eliminare le esenzioni al divieto. PUNTI CHIAVE Ambito di applicazione Il regolamento si applica a:tutti i pescherecci che operano nelle acque dell’UE; i pescherecci dell’UE che operano al di fuori di tali acque marittime ma che rientrano nella giurisdizione dei paesi dell’UE.Esso proibisce:l’asportazione di pinne di squalo* a bordo dei pescherecci, nonché la detenzione a bordo, il trasbordo* o lo sbarco delle stesse; l’acquisto o la vendita di pinne di squalo che siano state asportate, tenute a bordo, trasbordate o sbarcate in violazione del regolamento.Tale divieto si applica ai pesci del taxon Elasmobranchii (che comprende squali, raie, razze e specie simili), ad eccezione dell’asportazione delle ali di razze. Condizioni Per agevolare il magazzinaggio a bordo, le pinne possono essere parzialmente tagliate e ripiegate contro la carcassa, ma non devono essere asportate dalla carcassa prima dello sbarco. Relazioni Nell’ambito del presente regolamento, il paese di cui i pescherecci battono bandiera, conformemente al regime di controllo della pesca dell’UE, deve inviare alla Commissione europea una relazione annuale sul rispetto del regolamento, che riporti le seguenti informazioni:il numero di sbarchi di squali; il numero, la data e il luogo delle ispezioni effettuate; il numero e la natura dei casi di inadempienza riscontrati, compresa l’identificazione completa della nave o delle navi coinvolte e la sanzione applicata per ciascun caso di inadempienza; e il totale degli sbarchi per specie (peso/numero) e per porto.Nel 2016, la Commissione ha pubblicato una relazione sul funzionamento del regolamento in seguito alla modifica del 2013, nonché sugli sviluppi internazionali in questo settore. DA QUANDO VIENE APPLICATO IL REGOLAMENTO? Si applica dal 2 settembre 2003. CONTESTO Il sistema UE di controlli sulla pesca (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Pinne di squalo: tutte le pinne degli squali comprese le pinne caudali, ma ad eccezione delle pinne pettorali delle razze che fanno parte delle ali di razze. Trasbordo: il trasferimento di una cattura da un peschereccio più piccolo a uno più grande che a sua volta lo incorpora in un lotto di spedizione più grande. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1185/2003 del Consiglio, del 26 giugno 2003, relativo all’asportazione di pinne di squalo a bordo dei pescherecci (GU L 167 del 4.7.2003, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1185/2003 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTO COLLEGATO Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sul funzionamento del regolamento (CE) n. 1185/2003 del Consiglio relativo all’asportazione di pinne di squalo a bordo dei pescherecci, modificato dal regolamento (UE) n. 605/2013, e sugli sviluppi internazionali in questo settore [COM(2016) 207 final del 15.4.2016].
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 25 febbraio 2010 relativa all'istituzione del comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna (2010/131/UE) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 240, paragrafo 3, considerando quanto segue: (1) Ai sensi dell'articolo 71 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea è istituito in seno al Consiglio un comitato permanente al fine di assicurare all'interno dell'Unione la promozione e il rafforzamento della cooperazione operativa in materia di sicurezza interna. (2) È pertanto opportuno adottare una decisione relativa all'istituzione di tale comitato e definirne i compiti, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 È istituito nell'ambito del Consiglio il comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna (di seguito «comitato permanente») previsto dall'articolo 71 del trattato. Articolo 2 Il comitato permanente facilita, promuove e rafforza il coordinamento delle azioni operative delle autorità degli Stati membri competenti in materia di sicurezza interna. Articolo 3 1. Fatti salvi i mandati degli organismi di cui all'articolo 5, il comitato permanente facilita ed assicura l'efficace cooperazione e coordinamento operativi ai sensi della parte terza, titolo V del trattato, anche in settori che rientrano nella cooperazione di polizia e doganale nonché tra le autorità preposte al controllo e alla protezione delle frontiere esterne. Vi rientra anche, se del caso, la cooperazione giudiziaria in materia penale per quanto riguarda l'aspetto operativo nell'ambito della sicurezza interna. 2. Il comitato permanente valuta altresì l'orientamento generale e l'efficacia della cooperazione operativa, individua eventuali carenze o mancanze e adotta le appropriate raccomandazioni concrete per farvi fronte. 3. Il comitato permanente assiste il Consiglio ai sensi delle disposizioni dell'articolo 222 del trattato. Articolo 4 1. Il comitato permanente non partecipa alla condotta delle operazioni che rimangono compito degli Stati membri. 2. Il comitato permanente non partecipa all'elaborazione di atti legislativi. Articolo 5 1. Se del caso, saranno invitati ad assistere alle riunioni del comitato permanente, in qualità di osservatori, rappresentanti di Eurojust, di Europol, dell'Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'UE (Frontex) e di altri organismi pertinenti. 2. Il comitato permanente contribuirà ad assicurare la coerenza dell'operato di detti organismi. Articolo 6 1. Il comitato permanente presenta periodicamente al Consiglio una relazione sulle sue attività. 2. Il Consiglio informa il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali dei lavori del comitato permanente. Articolo 7 La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione. Essa è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 25 febbraio 2010. Per il Consiglio Il presidente A. PÉREZ RUBALCABA
Comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna La presente decisione istituisce un comitato permanente volto a promuovere e rafforzare la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna nell'ambito dell'Unione europea (UE) e delinea le responsabilità del comitato. ATTO Decisione del Consiglio 2010/131/UE, del 25 febbraio 2010, relativa all'istituzione del comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna. SINTESI La decisione istituisce un comitato permanente per facilitare, promuovere e rafforzare il coordinamento delle azioni operative delle autorità degli Stati membri competenti in materia di sicurezza interna. Il comitato permanente assicura l'efficace cooperazione e coordinamento nella cooperazione di polizia e doganale nonché tra le autorità preposte al controllo e alla protezione delle frontiere esterne. Vi rientra anche, se del caso, la cooperazione giudiziaria in materia penale per quanto riguarda l'aspetto operativo nell'ambito della sicurezza interna. Il comitato permanente valuta altresì l'efficacia della cooperazione operativa, individua eventuali carenze e adotta le appropriate raccomandazioni concrete per farvi fronte. Il comitato permanente non partecipa alla condotta delle operazioni e all'elaborazione di atti legislativi. Nell’eventualità che si verifichi all'interno dell'Unione europea un attacco terroristico o un disastro naturale o causato dall'uomo, il comitato permanente assisterà il Consiglio nel rispetto della clausola di solidarietà riportata nell'articolo 222 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). Il comitato permanente contribuirà ad assicurare la coerenza dell'operato di Eurojust, di Europol, dell'Agenzia europea alle frontiere esterne (Frontex) e di altri organismi pertinenti. Se del caso, questi saranno invitati ad assistere alle riunioni del comitato permanente in qualità di osservatori. Riferimenti Atto Entrata in vigore Termine ultimo di recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione del Consiglio 2010/131 25.2.2010 - GU L 52 del 3.3.2010
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Direttiva 2003/94/CE della Commissione, dell'8 ottobre 2003, che stabilisce i principi e le linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione relative ai medicinali per uso umano e ai medicinali per uso umano in fase di sperimentazione (Testo rilevante ai fini del SEE) Gazzetta ufficiale n. L 262 del 14/10/2003 pag. 0022 - 0026 Direttiva 2003/94/CE della Commissionedell'8 ottobre 2003che stabilisce i principi e le linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione relative ai medicinali per uso umano e ai medicinali per uso umano in fase di sperimentazione(Testo rilevante ai fini del SEE)LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità europea,vista la direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano(1), modificata da ultimo dalla direttiva 2003/63/CE(2), in particolare l'articolo 47,considerando quanto segue:(1) Tutti i medicinali per uso umano fabbricati o importati nella Comunità, compresi i medicinali destinati all'esportazione, devono essere prodotti conformemente ai principi e alle linee direttrici sulle buone prassi di fabbricazione.(2) Tali principi e linee direttrici sono stabiliti nella direttiva 91/356/CEE della Commissione, del 13 giugno 1991, che stabilisce i principi e le direttrici sulle buone prassi di fabbricazione dei medicinali per uso umano(3).(3) L'articolo 13, paragrafo 3, della direttiva 2001/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 aprile 2001, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative all'applicazione della buona pratica clinica nell'esecuzione della sperimentazione clinica di medicinali a uso umano(4), prescrive che siano elaborate, secondo le linee direttrici sulle buone prassi di fabbricazione, indicazioni dettagliate sugli elementi di cui tener conto nel valutare i medicinali in fase di sperimentazione prodotti per il rilascio dei lotti nella Comunità.(4) È perciò necessario ampliare e adeguare le norme della direttiva 91/356/CEE per comprendervi le buone prassi di fabbricazione dei medicinali in fase di sperimentazione.(5) Poiché occorre modificare la maggior parte delle disposizioni della direttiva 91/356/CEE, a fini di chiarezza l'intera direttiva deve essere sostituita.(6) Per garantire la conformità ai principi e alle linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione, è necessario stabilire norme dettagliate riguardanti le ispezioni delle autorità competenti e una serie di obblighi del fabbricante.(7) Tutti i fabbricanti devono sottoporre le operazioni di fabbricazione a un'efficace sistema di gestione della qualità; ciò richiede l'adozione di un sistema di garanzia della qualità farmaceutica.(8) È necessario stabilire principi e linee direttrici di buone prassi di fabbricazione anche per quanto riguarda gestione della qualità, personale, siti e impianti, documentazione, produzione, controllo di qualità, subappalto, reclami, richiami del prodotto e autoispezione.(9) Per tutelare le persone addette agli esperimenti clinici e garantire la possibilità di risalire all'origine dei medicinali in fase di sperimentazione, sono necessarie norme specifiche sull'etichettatura di tali prodotti.(10) I provvedimenti di cui alla presente direttiva sono conformi al parere del comitato permanente sui medicinali a uso umano, di cui all'articolo 121 della direttiva 2001/83/CE,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1Campo d'applicazioneLa presente direttiva fissa i principi e le linee direttrici relative alle buone prassi di fabbricazione dei medicinali per uso umano la cui fabbricazione è soggetta all'autorizzazione di cui all'articolo 40 della direttiva 2001/83/CE e dei medicinali per uso umano in fase di sperimentazione la cui fabbricazione è soggetta all'autorizzazione di cui all'articolo 13 della direttiva 2001/20/CE.Articolo 2DefinizioniAi fini della presente direttiva, si applicano le seguenti definizioni:1) "Medicinale", qualsiasi prodotto rispondente alla definizione di cui all'articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2001/83/CE.2) "Medicinale in fase di sperimentazione", qualsiasi prodotto rispondente alla definizione dell'articolo 2, lettera d), della direttiva 2001/20/CE.3) "Fabbricante", qualunque persona impegnata in attività per le quali è necessaria l'autorizzazione di cui all'articolo 40, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2001/83/CE, o di cui all'articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2001/20/CE.4) "Persona qualificata", la persona di cui all'articolo 48 della direttiva 2001/83/CE o di cui all'articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2001/20/CE.5) "Garanzia della qualità farmaceutica", la somma di tutte le precauzioni messe in atto per garantire che i medicinali o i medicinali in fase di sperimentazione abbiano la qualità richiesta per l'uso cui sono destinati.6) "Buone prassi di fabbricazione", la parte di garanzia della qualità che assicura che i medicinali siano prodotti e controllati secondo norme di qualità adeguate all'uso cui sono destinati.7) "Mascheramento", oscuramento intenzionale dell'identità di un medicinale in fase di sperimentazione secondo le istruzioni del garante.8) "Smascheramento", rivelazione dell'identità di un prodotto mascherato.Articolo 3Ispezioni1. Mediante le reiterate ispezioni, di cui all'articolo 111, paragrafo 1, della direttiva 2001/83/CE e di cui all'articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2001/20/CE, gli Stati membri fanno sì che i fabbricanti rispettino i principi e le linee direttrici delle buoni prassi di fabbricazione fissate dalla presente direttiva. Gli Stati membri tengono altresì conto della compilazione delle procedure comunitarie sulle ispezioni e lo scambio di informazioni pubblicata dalla Commissione.2. Per interpretare i principi e linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione, i fabbricanti e le autorità competenti tengono conto delle linee direttrici dettagliate di cui all'articolo 47, secondo comma, della direttiva 2001/83/CE, pubblicate dalla Commissione nella "Guida alle buone prassi di fabbricazione dei medicinali e dei medicinali in fase di sperimentazione".Articolo 4Conformità alle buone prassi di fabbricazione1. Il fabbricante fa sì che le operazioni di fabbricazione siano conformi alle buone prassi di fabbricazione e all'autorizzazione di fabbricazione. Questa disposizione si applica anche ai medicinali destinati esclusivamente all'esportazione.2. Per i medicinali e i medicinali in fase di sperimentazione importati da paesi terzi, l'importatore garantisce che essi rispondano a norme di fabbricazione almeno equivalenti a quelle valide nella Comunità.L'importatore di medicinali garantisce inoltre che tali medicinali siano prodotti da fabbricanti debitamente autorizzati allo scopo. L'importatore di medicinali in fase di sperimentazione garantisce che tali medicinali siano prodotti da fabbricanti notificati alle autorità competenti e da queste abilitati allo scopo.Articolo 5Conformità all'autorizzazione all'immissione in commercio1. Il fabbricante si accerta che tutte le operazioni di fabbricazione dei medicinali soggetti a un'autorizzazione di immissione in commercio siano eseguite in conformità alle informazioni fornite nella relativa domanda di autorizzazione approvata dalle competenti autorità.Per i medicinali in fase di sperimentazione, il fabbricante si accerta che tutte le operazioni di fabbricazione rispondano alle informazioni fornite dal garante ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2001/20/CE e accettate dalle competenti autorità.2. Il fabbricante riesamina a intervalli regolari i propri metodi di fabbricazione alla luce del progresso tecnico e scientifico e dello sviluppo dei medicinali in fase di sperimentazione.Quando sia necessario una modifica del fascicolo di autorizzazione all'immissione in commercio o della domanda di cui all'articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2001/20/CE, la richiesta di modifica va presentata alle competenti autorità.Articolo 6Sistema di garanzia della qualitàIl fabbricante istituisce e mette in opera un efficace sistema di garanzia della qualità farmaceutica, che implichi l'attiva partecipazione del personale direttivo e degli addetti ai vari dipartimenti.Articolo 7Personale1. In ogni sito produttivo, il fabbricante dispone di sufficiente personale, di competenza e qualifiche idonee, per realizzare l'obiettivo di garantire la qualità farmaceutica.2. I compiti del personale direttivo e di controllo, compresa la persona qualificata responsabile dell'applicazione della messa in opera delle buone prassi di fabbricazione sono definite in appositi mansionari. I rapporti gerarchici sono definiti in un organigramma. Organigrammi e mansionari sono approvati ai sensi delle procedure interne del fabbricante.3. Al personale di cui al paragrafo 2 è conferita l'autorità necessaria per il corretto esercizio delle sue funzioni.4. Il personale riceve una formazione iniziale e permanente, di cui è verificata l'efficacia, vertente in particolare sulla teoria e la pratica della nozione di garanzia della qualità e delle buone prassi di fabbricazione ed eventualmente su specifici requisiti della fabbricazione dei medicinali in fase di sperimentazione.5. Sono organizzati e seguiti corsi di igiene adeguati alle attività da svolgere. Essi riguardano soprattutto la salute, l'igiene e l'abbigliamento del personale.Articolo 8Stabilimenti e impianti1. L'ubicazione, la progettazione, la costruzione, la ristrutturazione e la manutenzione degli stabilimenti e degli impianti di produzione sono adeguate alle attività da svolgervi.2. Gli stabilimenti e gli impianti di produzione sono disposti, progettati e fatti funzionare in modo da minimizzare rischi di errore e da permettere pulizia e manutenzione efficaci onde evitare contaminazioni, contaminazioni incrociate e, in genere, effetti deleteri sulla qualità del prodotto.3. Gli stabilimenti e gli impianti da usare in fasi del processo produttivo decisive per la qualità dei prodotti sono sottoposti a adeguate prescrizioni e omologazione.Articolo 9Documentazione1. Il fabbricante istituisce e aggiorna un sistema di documentazione basato su specifiche, formule di fabbricazione, istruzioni di lavorazione e di imballaggio, procedure e registrazioni per ogni operazione produttiva eseguita. La documentazione è chiara, veritiera, aggiornata. Sono tenute a disposizione procedure prestabilite e condizioni della produzione generale e i documenti specifici alla produzione di ciascun lotto. Tale insieme di documenti permette di ricostruire l'iter di fabbricazione di ogni lotto e le modifiche introdotte durante lo sviluppo di un medicinale in fase di sperimentazione.La documentazione sui lotti di un medicinale è conservata per almeno un anno dalla data di scadenza dei lotti cui si riferisce o almeno per cinque anni dal rilascio degli attestati di cui all'articolo 51, paragrafo 3, della direttiva 2001/83/CE, qualunque sia il periodo più lungo.Per i medicinali in fase di sperimentazione, la documentazione dei lotti è conservata per almeno cinque anni dal completamento o dalla sospensione formale dell'ultimo esperimento clinico in cui il lotto è stato usato. Il garante o, se è diverso, il titolare dell'autorizzazione alla immissione in commercio è responsabile della conservazione dei documenti necessari a tale autorizzazione ai sensi dell'allegato I della direttiva 2001/83/CE se necessari a un'autorizzazione successiva.2. Se invece di documenti scritti si usano sistemi di elaborazione elettronici, fotografici o d'altro tipo, il fabbricante convalida preventivamente i sistemi, provando che i dati verranno adeguatamente memorizzati per il periodo previsto. I dati memorizzati da tali sistemi sono resi disponibili in forma semplice e leggibile e forniti alle autorità competenti su loro richiesta. I dati memorizzati in forma elettronica vanno protetti contro perdite o danneggiamenti, per esempio mediante metodi quali la duplicazione o la produzione di copie di riserva trasferite su altri sistemi di stoccaggio; sono inoltre conservate piste di controllo.Articolo 10Produzione1. Le varie operazioni di produzione sono effettuate secondo istruzioni e procedure prestabilite e in base a buone prassi di fabbricazione. Risorse adeguate e sufficienti sono destinate ai controlli durante la produzione. Procedure deviate e difetti di produzione vanno documentati e accuratamente investigati.2. Sono presi adeguati provvedimenti tecnico-organizzativi per evitare contaminazioni incrociate e miscele. Per i medicinali in fase di sperimentazione, particolare attenzione è prestata alla manipolazione dei prodotti durante e dopo ogni operazione di mascheramento.3. Per i medicinali, ogni nuova fabbricazione o modifica importante alla produzione di un medicinale è convalidata. Fasi critiche dei processi produttivi formano regolarmente oggetto di nuova convalida.4. Per i medicinali in fase di sperimentazione è eventualmente convalidato l'intero processo di fabbricazione tenendo conto della fase di sviluppo del prodotto. Sono convalidate almeno le fasi più importanti, per esempio la sterilizzazione. Tutte le fasi di progettazione e sviluppo del processo produttivo sono minuziosamente documentate.Articolo 11Controllo di qualità1. Il fabbricante istituisce e mantiene un sistema di controllo della qualità, posto sotto la responsabilità di una persona adeguatamente qualificata e indipendente dalla produzione.Tale persona dispone o può accedere a uno o più laboratori di controllo della qualità dotati di personale adeguato e di strumenti atti ad analizzare e testare le materie prime, i materiali da imballaggio e i prodotti intermedi e finali.2. Per i medicinali, compresi quelli importati da paesi terzi, si può ricorrere a laboratori esterni ai sensi dell'articolo 12 della presente direttiva e dell'articolo 20, lettera b), della direttiva 2001/83/CE.Per i medicinali in fase di sperimentazione, il garante fa sì che il laboratorio esterno si conformi ai requisiti di cui all'articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2001/20/CE, prescritti dalla competente autorità. Quando i prodotti sono importati da paesi terzi, le analisi non sono obbligatorie.3. Durante il controllo finale del prodotto finito, prima della distribuzione o dell'immissione in commercio o dell'utilizzazione per sperimentazione clinica, il sistema di controllo della qualità tiene conto, oltre che dei risultati delle analisi, anche di informazioni essenziali come le condizioni di produzione, i controlli nel corso del processo, l'esame dei documenti di fabbricazione, la conformità del prodotto alle specifiche e l'imballaggio definitivo.4. I campioni di ogni lotto di medicinale finito sono conservati per almeno un anno dalla data di scadenza.Per i medicinali in fase di sperimentazione, sono conservati, per almeno due anni dal completamento o dalla sospensione formale dell'ultimo esperimento clinico in cui il lotto è stato usato, qualunque sia il periodo più a lungo, campioni sufficienti di ogni lotto di prodotto alla rinfusa e delle principali componenti d'imballaggio usate per ogni lotto di prodotto finito.A meno che lo Stato membro di fabbricazione non richieda per legge un periodo più lungo, i campioni delle materie prime usate nel processo di fabbricazione, esclusi solventi, gas o acqua, sono conservati per almeno due anni dall'autorizzazione del medicinale. Tale periodo può essere abbreviato se il periodo di stabilità della materia prima, indicato nella specifica che la riguarda, è più breve. Tutti i campioni vanno tenuti a disposizione delle autorità competenti.D'accordo con l'autorità competente, si possono definire altre condizioni di campionamento e di conservazione delle materie prime e di taluni medicinali fabbricati singolarmente o in piccola quantità, ovvero se il loro immagazzinamento solleva particolari problemi.Articolo 12Appalto di operazioni1. Ogni operazione di fabbricazione, o operazione collegata, affidate contrattualmente a terzi, forma oggetto di un contratto scritto.2. Il contratto definisce chiaramente le responsabilità delle parti e in particolare l'obbligo dell'appaltatore di rispettare le buone prassi di fabbricazione e il modo in cui la persona qualificata responsabile della certificazione di ciascun lotto deve esercitare le proprie funzioni.3. L'appaltatore non può subappaltare alcun lavoro affidatogli senza una autorizzazione scritta del committente.4. L'appaltatore rispetta i principi e le linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione e si sottopone alle ispezioni effettuate dalle autorità competenti di cui all'articolo 111 della direttiva 2001/83/CE e all'articolo 15 della direttiva 2001/20/CE.Articolo 13Reclami, richiamo del prodotto e smascheramento d'emergenza1. Per i medicinali, il fabbricante mette in opera un sistema che registri ed esamini i reclami e un sistema efficace di richiamo rapido, in qualunque momento, dei medicinali nella rete di distribuzione. Egli registra ed esamina ogni reclamo relativo a difetti e informa l'autorità competente di tutti i difetti che possano dar luogo a richiami o ad anormali limitazioni delle forniture e, nei limiti del possibile, indica i paesi di destinazione.I richiami sono effettuati in conformità alle disposizioni di cui all'articolo 123 della direttiva 2001/83/CE.2. Per i medicinali in fase di sperimentazione, il fabbricante istituisce, insieme al garante, un sistema che registri ed esamini i reclami e un sistema efficace di richiamo rapido in qualunque momento dei medicinali in fase di sperimentazione già immessi nel circuito di distribuzione. Egli registra ed esamina ogni reclamo riguardante difetti e informa l'autorità competente di tutti i difetti che possano dar luogo a richiami o ad anormali limitazioni delle forniture.Per i medicinali in fase di sperimentazione vanno indicati tutti i siti di prova e nei limiti del possibile, anche i paesi di destinazione.In caso di medicinale in fase di sperimentazione di cui sia stata autorizzata l'immissione in commercio, il fabbricante di tale medicinale, insieme al garante, informa il titolare dell'autorizzazione di ogni possibile difetto del medicinale autorizzato.3. Se necessario ad accelerare un richiamo di cui al paragrafo 2, il garante predispone una procedura per lo smascheramento urgente di prodotti mascherati. La procedura garantisce che l'identità del prodotto mascherato sia rivelata solo nella misura del necessario.Articolo 14AutoispezioneIn seno al sistema di garanzia della qualità, il fabbricante effettua ripetute autoispezioni per controllare l'applicazione e il rispetto delle buone prassi di fabbricazione e proporre i necessari correttivi. Le autoispezioni sono registrate, come pure tutti i successivi correttivi.Articolo 15EtichettaturaL'etichettatura di un medicinale in fase di sperimentazione è tale da tutelarne l'oggetto e garantirne la rintracciabilità, da consentire l'identificazione dei prodotti e degli esami e da permettere l'uso adeguato del medicinale in fase di sperimentazione.Articolo 16Abrogazione della direttiva 91/356/CEELa direttiva 91/356/CEE è abrogata.I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva.Articolo 17Attuazione1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro e non oltre il 30 aprile 2004. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo delle norme e la tavola di concordanza tra tali norme e quelle della direttiva.Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione il testo delle principali disposizioni nazionali da essi adottate nella materia disciplinata dalla presente direttiva.Articolo 18Entrata in vigoreLa presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Articolo 19DestinatariGli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, l'8 ottobre 2003.Per la CommissioneErkki LiikanenMembro della Commissione(1) GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67.(2) GU L 159 del 27.6.2003, pag. 46.(3) GU L 193 del 17.7.1991, pag. 30.(4) GU L 121 dell'1.5.2001, pag. 34.
Medicinali per uso umano e medicinali per uso umano in fase di sperimentazione — Fabbricazione sicura SINTESI CHE COSA FA LA DIRETTIVA? Stabilisce i principi e le linee direttrici sulle buone prassi di fabbricazione relative ai medicinali per uso umano e ai medicinali per uso umano in fase di sperimentazione*. PUNTI CHIAVE Le autorità nazionali devono organizzare ispezioni per garantire che i fabbricanti rispettino i principi e le linee direttrici definiti dalla normativa. I fabbricanti devono: garantire che le proprie attività siano correttamente autorizzate e rispettino le buone prassi di fabbricazione; rivedere regolarmente i propri metodi di fabbricazione alla luce del progresso scientifico e tecnico; istituire e mettere in opera un efficace sistema di garanzia della qualità farmaceutica, che implichi l’attiva partecipazione del personale direttivo e degli addetti; disporre di sufficiente personale, di competenza e qualifiche idonee, per realizzare l’obiettivo di garantire la qualità farmaceutica; definire i compiti del personale direttivo e di controllo e fornire loro una formazione adeguata; stilare e tenere aggiornato un sistema di documentazione, un sistema di controllo della qualità posto sotto la responsabilità di una persona adeguatamente qualificata e corsi di igiene; condurre frequenti ispezioni delle proprie operazioni e adottare ogni necessaria azione correttiva; implementare un sistema per rispondere ai reclami, esaminarli e mettere in atto misure per richiamare tempestivamente qualsiasi medicinale, se necessario, informando al contempo le autorità competenti della loro azione. I locali e le attrezzature utilizzate devono essere situati, progettati, costruiti, adattati e mantenuti per soddisfare il loro scopo, ridurre al minimo il rischio di errore e consentire una pulizia e una manutenzione efficaci. Il sistema di documentazione deve contenere i dettagli di ciascun lotto di prodotti ed essere conservato per almeno un anno dopo la data di scadenza per i medicinali e, per i medicinali in fase di sperimentazione, per almeno cinque anni dal completamento dell’ultimo esperimento clinico in cui il lotto è stato usato. I dati elettronici devono essere protetti da eventuali perdite o danni. Le diverse operazioni di produzione devono essere conformi alle istruzioni e alle procedure prestabilite. Il sistema di controllo della qualità deve includere l’accesso ai laboratori di controllo della qualità e deve conservare i campioni di ciascun lotto di prodotti per almeno un anno dopo la data di scadenza per i medicinali e, per i medicinali in fase di sperimentazione, per almeno cinque anni dal completamento dell’ultimo esperimento clinico in cui il lotto è stato usato. Qualsiasi lavoro appaltato deve essere autorizzato da un contratto scritto che definisca le responsabilità di entrambe le parti a rispettare le buone prassi di fabbricazione. Gli importatori devono garantire che i prodotti importati rispondano a norme di fabbricazione almeno equivalenti a quelle valide nell’Unione europea (UE). Una normativa a parte [regolamento (UE) n. 536/2014] stabilisce le condizioni che le sperimentazioni cliniche devono soddisfare. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Si applica dal 3 novembre 2003. I paesi dell’UE dovevano integrarla nel proprio diritto nazionale entro il 30 aprile 2004. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare: «Qualità dei medicinali e buone prassi di fabbricazione» sul sito Internet della Commissione europea «Conformità con le buone prassi di fabbricazione e le buone prassi di distribuzione» sul sito Internet dell’Agenzia europea per i medicinali TERMINE CHIAVE * Medicinale in fase di sperimentazione: principio attivo in forma farmaceutica o placebo sottoposto a sperimentazione oppure utilizzato come riferimento nel corso di una sperimentazione clinica. ATTO Direttiva 2003/94/CE della Commissione, dell’8 ottobre 2003, che stabilisce i principi e le linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione relative ai medicinali per uso umano e ai medicinali per uso umano in fase di sperimentazione (GU L 262 del 14.10.2003, pagg. 22-26) ATTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’Agenzia europea per i medicinali (GU L 136 del 30.4.2004, pagg. 1-33). Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 726/2004 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. Direttiva 2004/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che modifica la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU L 136 del 30.4.2004, pagg. 34-57) Direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU L 311 del 28.11.2001, pagg. 67-128). Si veda la versione consolidata. Regolamento (UE) n. 536/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, sulla sperimentazione clinica di medicinali per uso umano e che abroga la direttiva 2001/20/CE (GU L 158 del 27.5. 2014, pagg. 1-76)
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