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---|---|---|---|
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo.
Inizio documento.
REGOLAMENTO (UE) N. 1005/2010 DELLA COMMISSIONE
dell'8 novembre 2010
relativo ai requisiti di omologazione per i dispositivi di rimorchio dei veicoli a motore, che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell'omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, sui requisiti dell'omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (1), in particolare l'articolo 14, paragrafo 1, lettera a),
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CE) n. 661/2009 è un regolamento particolare ai fini della procedura di omologazione comunitaria prevista dalla direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli («direttiva quadro») (2).
(2)
Il regolamento (CE) n. 661/2009 abroga la direttiva 77/389/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative ai dispositivi di rimorchio dei veicoli a motore (3). I requisiti stabiliti in tale direttiva vanno riportati nel presente regolamento e, se necessario, modificati per adeguarli all'evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche.
(3)
Il campo di applicazione del presente regolamento corrisponde a quello della direttiva 77/389/CEE e si limita perciò ai veicoli delle categorie M e N.
(4)
Il regolamento (CE) n. 661/2009 fissa disposizioni di base sui requisiti di omologazione dei veicoli a motore con riferimento ai dispositivi di rimorchio. È pertanto necessario stabilire le procedure, le prove e i requisiti specifici per tale omologazione.
(5)
Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato tecnico per i veicoli a motore,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Campo di applicazione
Il presente regolamento si applica ai veicoli a motore delle categorie M e N, definiti nell'allegato II della direttiva 2007/46/CE.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si intende per:
(1) «tipo di veicolo per quanto riguarda i dispositivi di rimorchio»: i veicoli che non differiscono per quanto concerne aspetti essenziali come le caratteristiche dei dispositivi di rimorchio;
(2) «dispositivo di rimorchio»: un dispositivo a forma di gancio, occhione o altro, a cui è può essere fissata una fune o barra da traino.
Articolo 3
Disposizioni relative all'omologazione CE di un veicolo per quanto riguarda i dispositivi di rimorchio
1. Il costruttore o un suo rappresentante presenta alle autorità competenti in materia di omologazione la domanda di omologazione CE per un veicolo per quanto riguarda i dispositivi di rimorchio.
2. La domanda è redatta secondo il modello della scheda informativa figurante nell'allegato I, parte 1.
3. Se i requisiti pertinenti stabiliti nell'allegato II del presente regolamento sono soddisfatti, l'autorità di omologazione rilascia l'omologazione CE e attribuisce un numero di omologazione in conformità al sistema di numerazione di cui all'allegato VII della direttiva 2007/46/CE.
Uno Stato membro non può assegnare lo stesso numero a un altro tipo di veicolo.
4. Ai fini del paragrafo 3, l'autorità di omologazione rilascia il certificato di omologazione CE conforme al modello figurante nell'allegato I, parte 2.
Articolo 4
Validità ed estensione delle omologazioni rilasciate a norma della direttiva 77/389/CEE
Le autorità nazionali autorizzano la vendita e la messa in circolazione dei veicoli omologati anteriormente alla data di cui all'articolo 13, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 661/2009 e continuano a concedere l'estensione dell'omologazione di tali veicoli in conformità alla direttiva 77/389/CEE.
Articolo 5
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, l'8 novembre 2010.
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1.
(2) GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1.
(3) GU L 154 del 13.6.1977, pag. 41.
ALLEGATO I
Documenti amministrativi per l'omologazione CE dei veicoli a motore per quanto riguarda i dispositivi di rimorchio
PARTE 1
Scheda informativa
MODELLO
Scheda informativa n. … relativa all’omologazione CE di un veicolo a motore per quanto riguarda i dispositivi di rimorchio.
Le seguenti informazioni vanno fornite in triplice copia e comprendono un indice. I disegni devono essere forniti in scala adeguata ed essere sufficientemente dettagliati, in formato A4 o in un pieghevole di tale formato. Eventuali fotografie devono contenere sufficienti dettagli.
Se i dispositivi, i componenti o le unità tecniche separate di cui alla presente scheda informativa sono controllati elettronicamente, vanno fornite informazioni sul loro funzionamento.
0. GENERALITÀ
0.1. Marca (ragione sociale del costruttore): …
0.2. Tipo: …
0.2.1. Eventuale/i denominazione/i commerciale/i: …
0.3. Mezzi d'identificazione del tipo, se indicati sul veicolo (1): …
0.3.1. Posizione dell'indicazione: …
0.4. Categoria del veicolo (2): …
0.5. Nome e indirizzo del costruttore: …
0.8. Nome e indirizzo dello o degli stabilimenti di montaggio: …
0.9. Nome e indirizzo dell'eventuale rappresentante del costruttore: …
1. CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE GENERALI DEL VEICOLO
1.1. Fotografie e/o disegni di un veicolo rappresentativo: …
2. MASSE E DIMENSIONI (3)
(4)
2.8. Massa massima a pieno carico tecnicamente ammissibile dichiarata dal costruttore (5): …
2.11.5. Il veicolo è/non è (6) idoneo a rimorchiare carichi
12. VARIE
12.3. Dispositivo/i di rimorchio
12.3.1. Anteriore: gancio/occhione/altro (6)
12.3.2. Posteriore: gancio/occhione/altro/nessuno (6)
12.3.3. Disegno o fotografia del telaio/parte della carrozzeria del veicolo, che illustri la posizione, la costruzione ed il montaggio del/i dispositivo/i di rimorchio: …
Note esplicative
PARTE 2
Certificato di omologazione CE
MODELLO
Formato: A4 (210 × 297 mm)
CERTIFICATO DI OMOLOGAZIONE CE
Comunicazione concernente:
—
l'omologazione CE (7)
—
l'estensione dell'omologazione CE (7)
—
il rifiuto dell'omologazione CE (7)
—
la revoca dell'omologazione CE (7)
di un tipo di veicolo per quanto riguarda i dispositivi di rimorchio
a norma del regolamento (UE) n. 1005/2010, modificato da ultimo dal regolamento (UE) n. …/… (7)
Numero di omologazione CE: …
Motivo dell'estensione: …
SEZIONE I
0.1. Marca (ragione sociale del costruttore): …
0.2. Tipo: …
0.2.1. Eventuale/i denominazione/i commerciale/i: …
0.3. Mezzi d'identificazione del tipo, se indicati sul veicolo (8): …
0.3.1. Posizione dell'indicazione: …
0.4. Categoria del veicolo (9): …
0.5. Nome e indirizzo del costruttore: …
0.8. Nome e indirizzo dello o degli stabilimenti di montaggio: …
0.9. Nome e indirizzo dell'eventuale rappresentante del costruttore: …
SEZIONE II
1. Informazioni supplementari: cfr. Addendum.
2. Servizio tecnico incaricato dell'esecuzione delle prove: …
3. Data del verbale di prova: …
4. Numero del verbale di prova: …
5. Eventuali osservazioni: cfr. Addendum.
6. Luogo: …
7. Data: …
8. Firma: …
Allegati
:
Fascicolo di omologazione.
Verbale di prova
(1) Se i mezzi d'identificazione del tipo contengono caratteri non attinenti alla descrizione dei tipi di veicoli, di componenti o di unità tecniche separate oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono sostituiti nella documentazione dal simbolo «?» (p.es. ABC??123??).
(2) Classificato secondo le definizioni figuranti nell'allegato II, parte A, della direttiva 2007/46/CE.
(3) Se esiste una versione con cabina normale e una versione con cabina a cuccetta, indicare le dimensioni e le masse per entrambe le versioni.
(4) Norma ISO 612: 1978 — Veicoli stradali — Dimensioni degli autoveicoli e dei veicoli rimorchiati — Termini e definizioni.
(5) Indicare i valori massimi e minimi di ogni variante.
(6) Cancellare la dicitura non pertinente.
(7) Cancellare la dicitura non pertinente.
(8) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri non attinenti alla descrizione dei tipi di veicoli, componenti o unità tecnica separata oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono sostituiti nella documentazione dal simbolo «?» (p. es. ABC??123??).
(9) Secondo le definizioni di cui all'allegato II, sezione A, della direttiva 2007/46/CE.
Addendum
al certificato di omologazione CE n. …
1.
Informazioni supplementari:
1.1.
Breve descrizione del tipo di veicolo con riferimento a struttura, dimensioni, linee e materiali: …
1.2.
Numero totale e posizione del/i dispositivo/i di rimorchio: …
1.3.
Metodo di aggancio al veicolo: …
1.4.
Massa massima a pieno carico tecnicamente ammissibile del veicolo (kg): …
2.
Dispositivo/i di rimorchio anteriore: gancio/occhione/altro (1) smontabile o non smontabile (1)
3.
Dispositivo/i di rimorchio posteriore: gancio/occhione/altro/nessuno (1) smontabile o non smontabile (1)
4.
Il veicolo è/non è (1) idoneo a rimorchiare carichi.
5.
Osservazioni: …
(1) Cancellare la dicitura non pertinente.
ALLEGATO II
Requisiti dei dispositivi di rimorchio
1. REQUISITI PARTICOLARI
1.1. Numero minimo di dispositivi.
1.1.1.
Tutti i veicoli a motore devono essere dotati di un dispositivo di rimorchio montato sulla parte anteriore.
1.1.2.
I veicoli della categoria M1 di cui all'allegato II, parte A, della direttiva 2007/46/CE, ad eccezione dei veicoli non idonei a rimorchiare un carico, devono essere dotati di un dispositivo di rimorchio sulla parte posteriore.
1.1.3.
Un dispositivo di rimorchio posteriore può essere sostituito da un dispositivo di attacco meccanico, come stabilito dal regolamento n. 55 della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite (UN/ECE) (1), a condizione che siano soddisfatte le prescrizioni del punto 1.2.1.
1.2. Carico e stabilità
1.2.1.
Ogni dispositivo di rimorchio montato sul veicolo deve poter sostenere una forza statica di trazione e compressione equivalente ad almeno la metà della massa massima a pieno carico tecnicamente ammissibile del veicolo.
2. PROCEDURA DI PROVA
2.1. I carichi per le prove di trazione e compressione sono applicati separatamente su ciascun dispositivo di rimorchio montato sul veicolo.
2.2. I carichi per le prove sono applicati in senso longitudinale e orizzontale rispetto al veicolo.
(1) GU L 373 del 27.12.2006, pag. 50.
Fine documento.
Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto: | Dispositivi di rimorchio dei veicoli a motore
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Stabilisce le norme relative all’omologazione dei dispositivi di rimorchio* dei veicoli a motore. Il suo scopo consiste nell’adattare i requisiti attuali agli sviluppi delle conoscenze scientifiche e tecniche. Rientra nel quadro di attuazione del regolamento (CE) n. 661/2009 sulla sicurezza generale dei veicoli a motore.
PUNTI CHIAVE
Tipi di veicoli interessati
Il presente regolamento si applica alle categorie di veicoli M e N, ossia:ai veicoli a motore progettati e costruiti per il trasporto di persone ed aventi almeno quattro ruote; ai veicoli a motore progettati e costruiti per il trasporto di merci ed aventi almeno quattro ruote. Requisiti per i dispositivi di rimorchioI costruttori hanno l’obbligo di dotare i veicoli di un dispositivo di rimorchio. Ogni dispositivo di rimorchio montato sul veicolo deve poter sostenere una forza statica di trazione e compressione equivalente ad almeno la metà della massa massima a pieno carico tecnicamente ammissibile del veicolo. Il regolamento fissa inoltre delle procedure di prova per testare il materiale. Norme per l’omologazione UE
Il fabbricante del veicolo deve presentare all’autorità di omologazione una domanda di omologazione UE. Tale domanda deve contenere determinate informazioni, nello specifico:la marca del veicolo e il tipo di veicolo; la massa massima a pieno carico tecnicamente ammissibile dichiarata dal costruttore; il disegno o la fotografia del telaio o della parte della carrozzeria del veicolo, che illustri la posizione, la costruzione ed il montaggio del dispositivo di rimorchio. Se l’autorità competente ritiene che il veicolo soddisfi tutti i requisiti relativi ai dispositivi di rimorchio, rilascerà l’omologazione UE e attribuirà un numero di omologazione in conformità alla direttiva 2007/46/CE.
DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Viene applicato dal 29 novembre 2010.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:Direttive e regolamenti sui veicoli a motore, i loro rimorchi, dispositivi e componenti (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Dispositivo di rimorchio: un dispositivo a forma di gancio, occhione o altro, a cui può essere fissata una fune o barra da traino.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) n. 1005/2010 della Commissione, dell’8 novembre 2010, relativo ai requisiti di omologazione per i dispositivi di rimorchio dei veicoli a motore, che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 291 del 9.11.2010, pag. 36).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativo ai requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 661/2009 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (Direttiva quadro) (GU L 263 del 9.10.2007, pgg. 1).
Si veda la versione consolidata. | 1 | 179 |
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo.
Inizio documento.
Direttiva 87/357/CEE del Consiglio del 25 giugno 1987 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative ai prodotti che, avendo un aspetto diverso da quello che sono in realtà, compromettono la salute o la sicurezza dei consumatori
Gazzetta ufficiale n. L 192 del 11/07/1987 pag. 0049 - 0050 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 7 pag. 0244 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 7 pag. 0244
*****DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 25 giugno 1987 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti che, avendo un aspetto diverso da quello che sono in realtà, compromettono la salute o la sicurezza dei consumatori (87/357/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), visto il parere del Comitato economico e sociale (2), considerando che in vari Stati membri esistono disposizioni legislative o regolamentari su taluni prodotti che, avendo un aspetto diverso da quello che sono in realtà, compromettono la sicurezza o la salute dei consumatori; che tali disposizioni differiscono tuttavia, per quanto riguarda il loro contenuto, la loro portata ed il loro campo d'applicazione; che tali disposizioni riguardano in particolare, in taluni Stati membri, l'insieme dei prodotti che assomigliano a prodotti alimentari senza essere tali e che, in altri Stati membri, esse riguardano prodotti particolari suscettibili di essere confusi con prodotti alimentari, in particolare con dolciumi; considerando che tale situazione crea ostacoli notevoli alla libera circolazione dei prodotti e condizioni di concorrenza ineguali all'interno della Comunità e non garantisce una tutela efficace del consumatore, in particolare i bambini; considerando che questi ostacoli all'instaurazione e al funzionamento del mercato comune devono essere eliminati e che deve essere assicurata un'adeguata tutela del consumatore conformemente alle risoluzioni del Consiglio del 14 aprile 1975 e del 19 maggio 1981 relative rispettivamente ad un programma preliminare (3) e a un secondo programma (4) della Comunità economica europea per una politica di protezione e d'informazione dei consumatori, nonché alla risoluzione del Consiglio del 23 giugno 1986 concernente un nuovo impulso per la politica di tutela dei consumatori (5); considerando che è opportuno che la salute e la sicurezza dei consumatori siano oggetto di un eguale livello di tutela nei diversi Stati membri; considerando che occorre pertanto vietare la commercializzazione, l'importazione, la fabbricazione e l'esportazione dei prodotti che possono essere confusi con prodotti alimentari e che quindi compromettono la sicurezza o la salute dei consumatori; considerando che occorre prevedere che le autorità competenti degli Stati membri effettuino controlli; considerando che, conformemente ai principi espressi nelle risoluzioni del Consiglio sulla tutela dei consumatori, i prodotti pericolosi debbono essere ritirati dal mercato; considerando che occorre prevedere la possibilità di procedere a scambi di opinioni sulle misure di divieto o di ritiro prese dagli Stati membri al fine di assicurare un'applicazione uniforme nella Comunità dei principi della presente direttiva ed a un esame delle suddette misure; che tali scambi di opinioni e tale esame possono svolgersi in seno al comitato consultivo istituito nella decisione 84/133/CEE (6); considerando che, nella prospettiva forse necessaria dell'estensione del campo d'applicazione della presente direttiva alle limitazioni pericolose diverse dalle imitazioni di prodotti alimentari e per valutare e rivedere le procedure stabilite nella presente direttiva, è opportuno prevedere che il Consiglio, due anni dopo la messa in applicazione di detto atto, deliberi in merito ad un eventuale adeguamento delle disposizioni della presente direttiva in base ad una relazione della Commissione sull'esperienza acquisita, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 1. La presente direttiva si applica ai prodotti definiti nel paragrafo 2 che, avendo un aspetto diverso da quello che sono in realtà, compromettono la sicurezza o la salute dei consumatori. 2. I prodotti di cui al paragrafo 1 sono quelli che, pur non essendo prodotti alimentari, hanno forma, odore, aspetto, imballaggio, etichettatura, volume o dimensioni tali da far prevedere che i consumatori, soprattutto i bambini, li possono confondere con prodotti alimentari e pertanto li portino alla bocca, li succhino o li ingeriscano con conseguente rischio di soffocamento, intossicazione, perforazione o ostruzione del tubo digerente. Articolo 2 Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie perché sia vietata la commercializzazione, l'importazione, la fabbricazione e l'esportazione dei prodotti di cui alla presente direttiva. Articolo 3 Gli Stati membri effettuano inoltre controlli sui prodotti presenti sul mercato per verificare che i prodotti oggetto della presente direttiva non vengano commercializzati e prendono le misure opportune affinché le rispettive autorità competenti ritirino o facciano ritirare i prodotti oggetto della presente direttiva che si trovino sul rispettivo mercato. Articolo 4 1. Se uno Stato membro prende una misura specifica in virtù degli articoli 2 e 3, esso ne informa la Commissione. Esso fornisce una descrizione del prodotto in questione ed indica il motivo della sua decisione. Se l'informazione relativa al prodotto è già prescritta in virtù della decisione 84/133/CEE, la presente direttiva non impone nessuna altra comunicazione. La Commissione trasmette quanto prima le informazioni agli altri Stati membri. 2. Il comitato istituito dalla decisione 84/133/CEE può essere adito dalla Commissione o da uno Stato membro per uno scambio di opinioni sui problemi relativi all'applicazione della presente direttiva. Articolo 5 Due anni dopo la data indicata all'articolo 6, il Consiglio, in base ad una relazione della Commissione sull'esperienza acquisita, corredata di adeguate proposte, delibera in merito all'eventuale adeguamento della presente direttiva, in particolare per estenderne il campo d'applicazione alle limitazioni pericolose, diverse dalle limitazioni di prodotti alimentari, nonché in merito all'eventuale revisione delle procedure previste all'articolo 4. Articolo 6 1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 26 giugno 1989 (due anni dopo l'adozione della presente direttiva). Essi ne informano immediatamente la Commissione. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo di tutte le disposizioni di diritto interno da essi adottate nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 7 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Lussemburgo, addì 25 giugno 1987. Per il Consiglio Il Presidente H. DE CROO (1) GU n. C 156 del 15. 6. 1987. (2) GU n. C 150 del 9. 6. 1987, pag. 1. (3) GU n. C 92 del 25. 4. 1975, pag. 1. (4) GU n. C 133 del 3. 6. 1981, pag. 1. (5) GU n. C 167 del 5. 7. 1986, pag. 1. (6) GU n. L 70 del 13. 3. 1984, pag. 16.
Fine documento.
Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto: | Prodotti pericolosi simili a prodotti alimentari: garantire la sicurezza dei consumatori
CHE COSA FA LA DIRETTIVA?
La direttiva si applica a tutti i prodotti non commestibili, quali cosmetici e prodotti detergenti per la casa, che per forma, odore, colore, aspetto, imballaggio, etichettatura o dimensione possono somigliare ad un prodotto alimentare. I bambini sono particolarmente vulnerabili e potrebbero provare a ingerirli.
PUNTI CHIAVE
I paesi dell’UE devono:
adottare tutte le misure necessarie per vietare la commercializzazione, l’importazione, l’esportazione e la fabbricazione di tutti i prodotti che rientrano nella direttiva;
effettuare controlli per garantire che non venga commercializzato nessun prodotto di questo tipo sul loro territorio;
ritirare tutti i prodotti pericolosi immessi sul mercato e comunicare alla Commissione europea il prodotto e la ragione della decisione.
La Commissione deve informare tutti i governi dei paesi dell’UE della decisione il più rapidamente possibile.
Entro il 26 giugno 1989, sulla base di una relazione della Commissione sull’attuazione della normativa, i governi dell’UE hanno dovuto decidere se la direttiva avrebbe dovuto essere estesa ad altri prodotti pericolosi.
Il 3 dicembre 2001 i governi dell’UE e il Parlamento europeo hanno concordato la legislazione in materia di sicurezza generale dei prodotti, che impone ai fabbricanti di garantire la sicurezza dei propri prodotti prima di commercializzarli.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
È in vigore dal 26 giugno 1987. I paesi dell’UE dovevano integrarla nella legislazione nazionale entro il 26 giugno 1989.
CONTESTO
In un parere adottato nel marzo 2011, il comitato scientifico della sicurezza dei consumatori ha rilevato che il rischio di intossicazione acuta per i bambini o gli anziani che ingeriscono accidentalmente cosmetici è lieve. Per quanto riguarda i prodotti per la casa, si riscontra un lieve aumento di conseguenze più gravi. Inoltre, mancano dati specifici relativi all’ingestione accidentale di prodotti di consumo simili a prodotti alimentari e/o aventi proprietà che possano attrarre i bambini.
ATTO
Direttiva 87/357/CEE del Consiglio, del 25 giugno 1987, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti che, avendo un aspetto diverso da quello che sono in realtà, compromettono la salute o la sicurezza dei consumatori (GU L 192 dell’11.7.1987, pag. 49-50)
ATTI COLLEGATI
Direttiva 2001/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 dicembre 2001, relativa alla sicurezza generale dei prodotti (GU L 11 del 15.1.2002, pag. 4-17)
Le successive modifiche alla direttiva 2001/95/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. | 0 | 938 |
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo.
Inizio documento.
Regolamento (CE) n. 1257/96 del Consiglio del 20 giugno 1996 relativo all'aiuto umanitario
Gazzetta ufficiale n. L 163 del 02/07/1996 pag. 0001 - 0006
REGOLAMENTO (CE) N. 1257/96 DEL CONSIGLIO del 20 giugno 1996 relativo all'aiuto umanitarioIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 130 W,vista la proposta della Commissione (1),deliberando conformemente alla procedura di cui all'articolo 189 C del trattato (2),considerando che le popolazioni in situazione di necessità, vittime di catastrofi naturali, di avvenimenti quali guerre e conflitti o di altre circostanze straordinarie di portata analoga, hanno il diritto di ricevere un'assistenza umanitaria internazionale qualora le autorità del loro paese non siano in grado di venire efficacemente in loro soccorso;considerando che le azioni civili di protezione delle vittime di conflitti o di circostanze eccezionali di portata analoga rientrano nel diritto umanitario internazionale e che è pertanto opportuno integrarle nell'attività umanitaria;considerando che l'assistenza umanitaria non comporta solo l'esecuzione di interventi di soccorso immediati finalizzati a salvare e proteggere vite umane in situazioni di emergenza o di post-emergenza, ma anche l'attuazione di tutte le misure intese ad agevolare o a consentire il libero accesso alle vittime e il libero transito dell'aiuto;considerando che l'assistenza umanitaria può essere seguita da interventi di sviluppo o di ricostruzione e che, di conseguenza, essa deve coprire l'intera durata di una situazione di crisi e dei suoi effetti; che in tale contesto, può comprendere elementi di ristrutturazione a breve termine finalizzati a facilitare l'arrivo a destinazione dei soccorsi, a prevenire l'acuirsi delle conseguenze della crisi e ad iniziare ad aiutare le popolazioni colpite a ritrovare un livello minimo di autosufficienza;considerando che è particolarmente opportuno intervenire a livello di prevenzione dei disastri al fine di assicurare una preparazione preliminare ai rischi che ne derivano; che di conseguenza occorre istituire un sistema di allarme e di intervento adeguato;considerando che occorre pertanto garantire ed aumentare l'efficacia e la coerenza dei dispositivi comunitari nazionali e internazionali di prevenzione e d'intervento mirati a rispondere alle esigenze create da catastrofi naturali o provocate dagli uomini o da circostanze eccezionali di portata analoga;considerando che l'aiuto umanitario, il cui solo obiettivo consiste nel prevenire e nell'alleviare la sofferenza umana, è concesso in base al principio della non discriminazione tra le vittime per motivi razziali, etnici, religiosi, inerenti al sesso o all'età, alla nazionalità o all'appartenenza politica e che non potrebbe essere retto da considerazioni di natura politica o subordinato ad esse;considerando che le decisioni relative all'aiuto umanitario devono essere prese in maniera imparziale ed esclusivamente in funzione delle esigenze e degli interessi delle vittime;considerando che l'instaurazione di uno stretto coordinamento tra gli Stati membri e la Commissione, sia a livello di decisione che in loco, si trova alla base dell'efficacia dell'azione umanitaria della Comunità;considerando che, nell'ambito del suo contributo all'efficacia dell'aiuto umanitario a livello internazionale, la Comunità deve ricercare attivamente la collaborazione e il coordinamento con paesi terzi;considerando che a tal fine occorre inoltre fissare i criteri per la cooperazione con le organizzazioni non governative, gli organismi e le organizzazioni internazionali specializzati nel settore dell'aiuto umanitario;considerando che è necessario preservare, rispettare ed incoraggiare l'indipendenza e l'imparzialità delle organizzazioni non governative e delle altre istituzioni umanitarie nell'attuazione dell'aiuto umanitario;considerando che è opportuno favorire, nel settore umanitario, la collaborazione tra organizzazioni non governative degli Stati membri e di altri paesi sviluppati e organizzazioni analoghe dei paesi terzi interessati;considerando che, date le caratteristiche peculiari dell'aiuto umanitario, è opportuno istituire procedure efficaci, flessibili, trasparenti e, quando sia necessario, rapide per le decisioni di finanziamento di azioni e progetti umanitari;considerando che occorre fissare le modalità d'esecuzione e di gestione dell'aiuto umanitario della Comunità finanziato dal bilancio generale della Comunità europea, fermo restando che gli interventi di aiuto d'urgenza previsti dalla quarta convenzione ACP-CE firmata a Lomé il 15 dicembre 1989, modificata dall'accordo che modifica la suddetta convenzione firmato a Maurizio il 4 novembre 1995 continuano ad essere disciplinati dalle procedure e dalle modalità stabilite dalla Convenzione suddetta,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:CAPITOLO I Obiettivi e orientamenti generali dell'aiuto umanitario Articolo 1 L'attività umanitaria della Comunità comporta azioni di assistenza, di soccorso e di protezione basate sul principio di non discriminazione, a favore delle popolazioni di paesi terzi, soprattutto le più vulnerabili, e con priorità quelle dei paesi in via di sviluppo vittime di catastrofi naturali o di eventi di origine umana, come guerre o conflitti, oppure da situazioni e avvenimenti eccezionali di portata analoga a calamità naturali o causate dall'uomo, per il periodo necessario a far fronte alle esigenze umanitarie che ne derivano.Tale aiuto comporta anche azioni di preparazione ai rischi, nonché attività di prevenzione delle catastrofi o delle circostanze eccezionali di portata analoga.Articolo 2 Le azioni di aiuto umanitario di cui all'articolo 1 si prefiggono gli obiettivi seguenti:a) salvare e proteggere vite nelle situazioni di emergenza o di post-emergenza immediata e in caso di disastri naturali che causano perdite di vite umane, sofferenze fisiche e psicosociali nonché gravi danni materiali;b) portare l'assistenza e i soccorsi necessari alle popolazioni colpite da crisi di più lunga durata, causate segnatamente da conflitti o da guerre che abbiano provocato conseguenze analoghe a quelle di cui alla lettera a), soprattutto qualora si constati che tali popolazioni non possono essere aiutate sufficientemente dalle loro autorità o in assenza di autorità competenti;c) contribuire al finanziamento dell'inoltro dell'aiuto e del suo accesso ai destinatari con tutti i mezzi logistici disponibili e garantendo la protezione dei beni e del personale umanitario, escluse le azioni che hanno implicazioni di difesa;d) sviluppare i lavori di ristrutturazione e di ricostruzione, segnatamente di infrastruttura e di attrezzature, a breve termine, in stretta collaborazione con le strutture locali, onde agevolare l'arrivo dei soccorsi, prevenire l'aggravarsi degli effetti della crisi ed aiutare le popolazioni colpite a ritrovare un livello minimo di autosufficienza, prendendo in considerazione, ove possibile, gli obiettivi di sviluppo a lungo termine;e) far fronte alle conseguenze degli esodi di popolazioni (profughi, sfollati e rimpatriati) determinati da catastrofi naturali o causate dall'uomo, nonché condurre a buon fine le azioni di rimpatrio e di aiuto al reinsediamento nei paesi d'origine, quando sussistono le condizioni previste dalle convenzioni internazionali in vigore;f) assicurare la preparazione preventiva al rischio di disastri o di circostanze eccezionali di portata analoga ed utilizzare un sistema adeguato di allarme rapido e di intervento;g) sostenere azioni civili di protezione delle vittime di conflitti o di circostanze eccezionali di portata analoga, in base alle convenzioni internazionali in vigore.Articolo 3 Gli aiuti comunitari di cui agli articoli 1, 2 e 4 possono servire a finanziare l'acquisto e la fornitura di qualsiasi prodotto o materiale necessario all'attuazione delle azioni umanitarie, compresa la costruzione di alloggi o di rifugi per le popolazioni in questione; le spese per il personale esterno, sia estero che locale, impegnato nell'ambito di tali azioni; il magazzinaggio, l'invio internazionale o nazionale, il sostegno logistico e la distribuzione degli aiuti nonché qualsiasi altra azione intesa a facilitare o a consentire il libero accesso ai destinatari dell'aiuto.Gli aiuti possono inoltre essere usati per finanziare tutte le altre spese direttamente connesse all'esecuzione delle azioni umanitarie.Articolo 4 Gli aiuti della Comunità di cui agli articoli 1 e 2 possono inoltre essere utilizzati per il finanziamento delle azioni seguenti:- studi preliminari di fattibilità delle azioni comunitarie, nonché la valutazione di progetti e piani umanitari,- azioni di monitoraggio dei progetti e piani umanitari,- su scala ridotta e, se si tratta di finanziamento pluriennale con carattere decrescente, azioni di formazione e studi di carattere generale relativi all'attività umanitaria,- spese relative a mettere in evidenza il carattere comunitario degli aiuti,- azioni di sensibilizzazione e informazione volte a favorire una maggiore conoscenza della problematica umanitaria, in particolare da parte dell'opinione pubblica europea nonché di quella dei paesi terzi nei quali la Comunità finanzia azioni umanitarie importanti,- azioni finalizzate a rafforzare il coordinamento con gli Stati membri, con altri paesi donatori, con le organizzazioni e istituzioni umanitarie internazionali e con le organizzazioni non governative nonché le organizzazioni rappresentative di queste ultime,- azioni di assistenza tecnica necessarie all'esecuzione di progetti umanitari, compreso lo scambio di conoscenze tecniche e di esperienze tra organizzazioni ed organismi umanitari europei o tra questi e quelli dei paesi terzi,- azioni umanitarie di sminamento, compresa la sensibilizzazione delle popolazioni locali nei confronti delle mine antiuomo.Articolo 5 Il finanziamento comunitario concesso ai sensi del presente regolamento viene stanziato sotto forma di aiuto non rimborsabile.Le operazioni di cui al presente regolamento sono esenti da imposte, tasse, diritti e dazi doganali.CAPITOLO II Modalità di esecuzione dell'aiuto umanitario Articolo 6 Le azioni di aiuto umanitario finanziate dalla Comunità possono essere attuate sia su richiesta di organismi e organizzazioni internazionali o non governativi, di uno Stato membro o del paese terzo beneficiario, sia su iniziativa della Commissione.Articolo 7 1. Le organizzazioni non governative che possono beneficiare di un finanziamento comunitario per l'attuazione delle azioni previste dal presente regolamento devono soddisfare i requisiti seguenti:a) essere costituite in organizzazioni autonome senza fini di lucro in uno Stato membro della Comunità secondo la legislazione vigente in tale Stato;b) avere la sede principale in uno Stato membro della Comunità o nei paesi terzi beneficiari dell'aiuto comunitario; detta sede deve rappresentare il centro effettivo di tutte le decisioni relative alle azioni finanziate in base al presente regolamento. A titolo eccezionale, tale sede può essere situata in un altro paese terzo donatore.2. Al fine di determinare se un'organizzazione non governativa possa avere accesso ai finanziamenti comunitari, si tiene conto degli elementi seguenti:a) le capacità di gestione amministrativa e finanziaria;b) le capacità tecniche e logistiche in relazione all'azione prevista;c) l'esperienza nel settore dell'aiuto umanitario;d) i risultati delle azioni precedenti eseguite dall'organizzazione interessata, in particolare con il finanziamento della Comunità;e) la disponibilità a partecipare, in caso di bisogno, al sistema di coordinamento stabilito nell'ambito di un'azione umanitaria;f) l'attitudine e la disponibilità a sviluppare rapporti di cooperazione con gli operatori umanitari e le comunità di base dei paesi terzi interessati;g) l'imparzialità nell'attuazione dell'aiuto umanitario;h) se del caso, la precedente esperienza nel paese terzo in cui è prevista l'azione umanitaria in questione.Articolo 8 La Comunità può finanziare inoltre le azioni umanitarie avviate da organismi e organizzazioni internazionali.Articolo 9 La Comunità può inoltre, quando necessario, finanziare azioni umanitarie attuate dalla Commissione o da organismi specializzati degli Stati membri.Articolo 10 1. Al fine di garantire e di migliorare l'efficacia e la coerenza dei dispositivi comunitari e nazionali di aiuto umanitario, la Commissione può adottare tutte le iniziative utili intese a promuovere uno stretto coordinamento tra le sue attività e quelle degli Stati membri sia a livello di decisioni che sul posto. A tal fine, gli Stati membri e la Commissione mantengono un sistema di scambio d'informazioni.2. La Commissione vigila affinché le azioni umanitarie finanziate dalla Comunità siano coordinate e coerenti con quelle delle organizzazioni ed organismi internazionali, in particolare quelle che fanno parte del sistema delle Nazioni Unite.3. La Commissione si adopera al fine di sviluppare la collaborazione e la cooperazione della Comunità e dei paesi terzi donatori nel settore dell'aiuto umanitario.Articolo 11 1. La Commissione stabilisce i termini relativi allo stanziamento, alla mobilitazione e all'esecuzione degli aiuti previsti dal presente regolamento.2. L'aiuto viene eseguito solo se il beneficiario rispetta tali termini.Articolo 12 Tutti i contratti di finanziamento conclusi in base al presente regolamento devono prevedere, in particolare, che la Commissione e la Corte dei conti possano effettuare controlli in loco e presso la sede dei partner umanitari secondo le modalità abituali definite dalla Commissione nel quadro delle disposizioni vigenti, in particolare quelle contenute nel regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee.CAPITOLO III Procedure di attuazione delle azioni umanitarie Articolo 13 La Commissione decide in merito agli interventi di emergenza per un importo non superiore a 10 milioni di ECU.Si ritiene necessario un intervento d'urgenza per le seguenti azioni:- azioni che rispondono ad un'esigenza umanitaria immediata e imprevedibile, in seguito a catastrofi naturali o causate dall'uomo, aventi carattere improvviso, quali inondazioni, terremoti e conflitti armati, o situazioni di portata analoga,- azioni, limitate nel tempo, in risposta a tale situazione di emergenza imprevedibile; i fondi corrispondenti coprono la risposta alle esigenze umanitarie di cui al primo trattino, per un periodo nella decisione di finanziamento non superiore a sei mesi.Per le azioni che rispondono a tali condizioni e che superano i 2 milioni di ECU, la Commissione:- prende una decisione in merito,- informa per iscritto gli Stati membri entro un termine di quarantotto ore,- rende conto della sua decisione nella successiva seduta del comitato, segnatamente fornendo la giustificazione per il ricorso alla procedura di urgenza.La Commissione, che agisce secondo la procedura di cui all'articolo 17, paragrafo 3, e nei limiti dell'articolo 15, paragrafo 2, secondo trattino, decide in merito al proseguimento delle azioni adottate secondo la procedura d'urgenza.Articolo 14 La Commissione è incaricata della preparazione, della decisione, della gestione, della sorveglianza e della valutazione delle azioni previste dal presente regolamento, secondo le procedure di bilancio e di altro genere in vigore, in particolare quelle contenute nel regolamento finanziario applicabile al bilancio generale della Comunità europea.Articolo 15 1. La Commissione, che agisce secondo la procedura di cui all'articolo 17, paragrafo 2:- decide in merito al finanziamento comunitario delle azioni di protezione di cui all'articolo 2, lettera c), nel quadro dell'attuazione dell'azione umanitaria,- adotta i regolamenti di applicazione del presente regolamento,- decide in merito agli interventi diretti della Commissione o al finanziamento degli interventi degli organismi specializzati degli Stati membri.2. La Commissione, che agisce secondo la procedura di cui all'articolo 17, paragrafo 3:- approva i piani globali, destinati a fornire un quadro coerente d'azione in un paese o in una regione determinata in cui la crisi umanitaria è tale da protrarsi, segnatamente a causa della sua entità e della sua complessità, nonché le relative dotazioni finanziarie. In tale contesto, la Commissione e gli Stati membri esaminano le priorità da accordare nel quadro dell'attuazione di tali piani globali,- decide in merito ai progetti di importo superiore a 2 milioni di ECU, fatte salve le disposizioni dell'articolo 13.Articolo 16 1. Una volta all'anno in sede di comitato di cui all'articolo 17 si procede ad uno scambio di opinioni, in base alla presentazione, da parte del rappresentante della Commissione, degli orientamenti generali dell'azione umanitaria per gli anni a venire e ad un esame della problematica generale del coordinamento delle azioni di aiuto umanitario comunitarie e nazionali, nonché eventuali questioni generali o specifiche relative all'aiuto comunitario nel settore in questione.2. La Commissione trasmette inoltre al comitato di cui all'articolo 17 informazioni sull'evoluzione degli strumenti di gestione delle azioni umanitarie, tra cui il contratto quadro di partenariato.3. Il comitato di cui all'articolo 17 è informato altresì delle intenzioni della Commissione riguardo alla valutazione delle azioni umanitarie e eventualmente al suo calendario di lavoro.Articolo 17 1. La Commissione è assistita da un comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.2. Quando si fa riferimento alla procedura definita nel presente paragrafo, il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato esprime il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è espresso alla maggioranza prevista dall'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni del comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri viene attribuita la ponderazione definita all'articolo precitato. Il presidente non partecipa alla votazione.La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato.Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.Se il Consiglio non ha deliberato entro un mese a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte.3. Quando si fa riferimento alla procedura definita nel presente paragrafo, il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato esprime il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è espresso alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione fissata nell'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto.La Commissione adotta misure che sono immediatamente applicabili. Tuttavia, se tali misure non sono conformi al parere espresso dal comitato, la Commissione le comunica immediatamente al Consiglio. In tal caso, la Commissione può differire di un mese, a decorrere da tale comunicazione, l'applicazione delle misure da essa decise.Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può prendere una decisione diversa entro il termine di cui al comma precedente.Articolo 18 1. La Commissione effettua ad intervalli regolari valutazioni di azioni di aiuto umanitario finanziate dalla Comunità, al fine di stabilire se siano stati raggiunti gli obiettivi che tali azioni si prefiggono e per ricavarne orientamenti finalizzati a migliorare l'efficacia delle azioni future. La Commissione presenta al comitato un sommario delle valutazioni effettuate che potrebbero, se del caso, essere da esso esaminate. Nel sommario figurano tra l'altro i regimi applicabili agli esperti assunti. Le relazioni di valutazione sono trasmesse agli Stati membri che ne facciano richiesta.2. La Commissione può altresì procedere, su richiesta degli Stati membri e con la loro partecipazione, a valutazioni sui risultati delle azioni e piani umanitari della Comunità europea.Articolo 19 Al termine di ciascun esercizio di bilancio la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione annuale contenente un sommario delle azioni finanziate durante l'esercizio.Nel sommario figurano segnatamente informazioni riguardo agli operatori tramite i quali le azioni umanitarie sono state attuate.La relazione include una sintesi delle valutazioni esterne effettuate, eventualmente, per quanto riguarda azioni specifiche.La Commissione informa gli Stati membri, al più tardi entro un mese dall'adozione della sua decisione e fatto salvo l'articolo 13 del presente regolamento, delle azioni approvate, indicandone l'importo, la natura, le popolazioni beneficiarie e i partner.Articolo 20 Tre anni dopo l'entrata in vigore del presente regolamento la Commissione sottoporrà al Parlamento europeo e al Consiglio una valutazione globale delle azioni finanziate dalla Comunità nel quadro del regolamento stesso, corredata di suggerimenti circa il futuro del presente regolamento, se del caso, di proposte di modifica.Articolo 21 Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Lussemburgo, addì 20 giugno 1996.Per il ConsiglioIl PresidenteP. BERSANI(1) GU n. C 180 del 14. 7. 1995, pag. 6.(2) Parere del Parlamento europeo del 30 novembre 1995 (GU n. C 339 del 18. 12. 1995, pag. 60), posizione comune del Consiglio del 29 gennaio 1996 (GU n. C 87 del 25. 3. 1996, pag. 46) e decisione del Parlamento europeo del 21 maggio 1996 (GU n. C 166 del 10. 6. 1996).
Fine documento.
Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto: | Strumento di aiuto umanitario dell’Unione europea
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
L’aiuto umanitario dell’UE mira a fornire assistenza, soccorso e protezione alle persone colpite da calamità naturali o indotte ed emergenze simili. L’attenzione maggiore è rivolta alle vittime più vulnerabili.
Il presente regolamento stabilisce i principali obiettivi, principi e procedure per attuare operazioni di aiuto umanitario dell’UE.
PRIORITÀ CHIAVE
Principi
L’assistenza dell’UE deve essere:
basata su reali necessità ;
rivolta a popolazioni in situazione di necessità , indipendentemente dalla nazionalità, dalla religione, dal genere, dall’età, dall’origine etnica o dall’affiliazione politica;
basata sui principi umanitari internazionali e sul consenso europeo sull’aiuto umanitario.
Beneficiari
L’assistenza dell’UE è coordinata dalla direzione generale della Commissione europea per la Protezione civile e le operazioni di aiuto umanitario (ECHO).
I finanziamenti sono rivolti ai paesi non appartenenti all'UE.
Settori interessati
L’aiuto umanitario può essere fornito in molti modi, ciascuno a seconda della natura della crisi, sotto forma di:
cibo e sostegno alimentare;
assistenza medica e supporto psico-sociale;
forniture d’acqua e di servizi igienici;
ricoveri;
riparazioni d’emergenza alle infrastrutture;
sminamento;
istruzione.
L’aiuto umanitario può inoltre essere volto alla riduzione del rischio di calamità .
Finanziamento
L’UE, insieme ai suoi Stati membri, è il primo donatore di aiuti umanitari al mondo. Nel 2014, circa 121 milioni di persone in oltre 80 paesi hanno ricevuto aiuto dall’UE, per una somma di oltre 1,27 miliardi di euro.
Gli aiuti hanno contribuito a fornire soccorso in tutte le principali regioni in crisi del mondo, fra cui Siria, Sud Sudan, Yemen e Ucraina.
Coordinamento con i partner
L’aiuto umanitario dell’UE viene attuato attraverso oltre 200 organizzazioni partner, quali le agenzie delle Nazioni Unite, le organizzazioni internazionali come la Croce Rossa e molte organizzazioni non governative (ONG).
Per ricevere finanziamenti per un progetto umanitario, le organizzazioni partner presentano proposte di finanziamento e si attengono a rigorose linee guida per la valutazione e il controllo dei progetti.
I partner devono comunicare il sostegno dell’Unione mostrando l’identità visiva dell’UE sui siti dei progetti.
Inoltre, devono coordinare da vicino i loro progetti, per garantire che l’assistenza sia pronta ed efficiente.
Azione a lungo termine
L’aiuto umanitario viene impiegato inoltre per aumentare la resilienza a futuri shock, fornendo sussidi allo sviluppo a lungo termine, in linea con:
L’approccio dell’UE alla resilienza;
il documento orientativo dell’UE sull’aiuto di emergenza, risanamento e sviluppo.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Si applica a partire dal 5 luglio 1996.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si veda:
Aiuto umanitario;
Scheda informativa sull’aiuto umanitario.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 1257/96 del Consiglio, del 20 giugno 1996, relativo all’aiuto umanitario (GU L 163 del 2.7.1996, pag. 1-6)
Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 1257/96 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. | 0 | 592 |
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo.
Inizio documento.
DIRETTIVA 2007/38/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
dell'11 luglio 2007
concernente l’installazione a posteriori di specchi sui veicoli commerciali pesanti immatricolati nella Comunità
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 71, paragrafo 1, lettera c),
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
Molti incidenti si verificano perché i conducenti di veicoli commerciali pesanti non si accorgono della presenza di altri utenti stradali nelle immediate vicinanze o a fianco del proprio veicolo. Questi incidenti avvengono spesso in corrispondenza di incroci, confluenze e rotatorie allorché il conducente, cambiando direzione, non si rende conto della presenza di altri utenti stradali negli angoli ciechi della zona immediatamente circostante il veicolo. Si calcola che circa 400 persone muoiano ogni anno in Europa in tali circostanze, trattandosi, nella maggior parte dei casi, di utenti stradali vulnerabili quali ciclisti, motociclisti e pedoni.
(2)
Nel libro bianco del 12 settembre 2001, dal titolo «La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte», la Commissione ha stabilito l’obiettivo di dimezzare il numero di vittime in incidenti stradali nell'Unione europea entro il 2010. Nel terzo programma d’azione sulla sicurezza stradale la Commissione ha assunto l’impegno di studiare la possibilità di installare nei veicoli commerciali pesanti già in circolazione dispositivi per la visione indiretta al fine di ridurre gli angoli ciechi, contribuendo in tal modo a ridurre il numero di vittime in incidenti stradali.
(3)
Il gruppo di alto livello CARS 21, nella tabella di marcia da applicare nell’arco di dieci anni contenuta nella relazione finale riguardante un quadro normativo competitivo nel settore automobilistico per il XXI secolo (A Competitive Automotive Regulatory System for the 21st century), raccomandava un approccio integrato in materia di sicurezza stradale, fondato in particolare sull'introduzione obbligatoria di nuovi dispositivi di sicurezza, quali gli specchi volti a ridurre gli angoli ciechi dei veicoli commerciali pesanti.
(4)
I dispositivi per la visione indiretta, quali gli specchi grandangolari e di accostamento, le telecamere, gli schermi o altri dispositivi omologati per la visione indiretta migliorano il campo di visibilità del conducente ed aumentano la sicurezza dei veicoli.
(5)
La direttiva 2003/97/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (3), concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'omologazione dei dispositivi per la visione indiretta e dei veicoli muniti di tali dispositivi, presenta un notevole potenziale di riduzione del numero delle vittime, ma riguarda soltanto i veicoli di nuova immatricolazione.
(6)
I veicoli già in circolazione non sono pertanto soggetti agli obblighi previsti dalla direttiva 2003/97/CE. Si calcola che non vi sarà una completa sostituzione di tali veicoli prima del 2023.
(7)
Per contribuire a ridurre il numero di incidenti stradali mortali o gravi causati da tali veicoli e nei quali sono coinvolti utenti stradali vulnerabili, occorre nel frattempo provvedere a che nei veicoli di cui trattasi siano installati a posteriori dispositivi perfezionati per la visione indiretta.
(8)
Nei veicoli già in circolazione dovrebbero essere installati specchi che riducano gli angoli ciechi laterali e siano nel contempo conformi alle prescrizioni tecniche della direttiva 2003/97/CE. Ciò è tecnicamente praticabile per la maggior parte dei veicoli in causa.
(9)
È tuttavia adeguato e proporzionato prevedere esenzioni e deroghe per i veicoli con rimanente durata di vita breve, per i veicoli dotati di specchi laterali il cui campo di visibilità è solo minimamente inferiore a quello previsto dalla direttiva 2003/97/CE e per i veicoli in cui l'installazione di specchi conformi a detta direttiva non sia economicamente sostenibile.
(10)
Gli automezzi appartenenti alle categorie N2 e N3 originariamente immatricolati e/o omologati e/o messi in servizio prima del 1o gennaio 2000 e che circolano principalmente per il loro interesse storico non dovrebbero essere soggetti alle norme e alle procedure contenute nella presente direttiva.
(11)
Per gli automezzi pesanti ai quali non si può imporre di adeguarsi interamente ai requisiti della presente direttiva per motivi tecnici e/o economici, le autorità competenti dovrebbero autorizzare e approvare soluzioni alternative. In questi casi gli Stati membri dovrebbero comunicare gli elenchi delle soluzioni tecniche consentite e approvate alla Commissione, la quale a sua volta dovrebbe metterli a disposizione di tutti gli Stati membri.
(12)
Per consentire al mercato di far fronte a una forte domanda di specchi durante un breve lasso di tempo, è opportuno prevedere un periodo transitorio.
(13)
I veicoli commerciali pesanti sui quali, prima delle date di attuazione della direttiva 2003/97/CE, sono stati installati a posteriori dispositivi per la visione indiretta che coprono ampiamente il campo di visibilità richiesto dalla suddetta direttiva dovrebbero essere esentati dagli obblighi della presente direttiva.
(14)
L'equipaggiamento dei veicoli già in circolazione dovrebbe essere accompagnato da misure adeguate volte a sensibilizzare sui pericoli legati all'esistenza di angoli ciechi nei veicoli commerciali pesanti, comprese attività di informazione rivolte agli utenti stradali vulnerabili sul corretto uso e posizionamento dei dispositivi per la visione indiretta.
(15)
Anche i veicoli diversi da quelli interessati dalla presente direttiva, quali i veicoli commerciali leggeri e gli autobus, che non dispongono di dispositivi adeguati per la visione indiretta sono coinvolti in incidenti dovuti agli angoli ciechi. La legislazione comunitaria sui requisiti di sicurezza attiva e passiva dovrebbe pertanto essere sottoposta a un riesame costante per migliorare e promuovere la sicurezza stradale.
(16)
Al fine di disporre di un'analisi più completa e di una futura strategia per la riduzione del numero di incidenti dovuti agli angoli ciechi, la Commissione, sulla base della decisione 93/704/CE del Consiglio, del 30 novembre 1993, relativa alla creazione di una banca di dati comunitaria sugli incidenti stradali (4), e di altri atti comunitari pertinenti, tra cui la decisione n. 2367/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2002, sul programma statistico comunitario 2003-2007 (5), dovrebbe raccogliere dagli Stati membri i dati attinenti e procedere ad una loro adeguata elaborazione.
(17)
La direttiva 96/96/CE del Consiglio, del 20 dicembre 1996, concernente il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relativa al controllo tecnico dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (6), dispone che sui veicoli a motore utilizzati per il trasporto di merci con una massa autorizzata massima superiore a 3,5 tonnellate debbano essere effettuati controlli tecnici periodici almeno su base annua. I veicoli commerciali pesanti dovrebbero, tra l'altro, installare specchi retrovisori che siano conformi ai requisiti della presente direttiva al fine di passare il controllo tecnico. I certificati di controllo tecnico rilasciati dagli Stati membri per i veicoli immatricolati nei rispettivi territori sono reciprocamente riconosciuti ai fini della libera circolazione dei veicoli sulle strade degli Stati membri.
(18)
Poiché l'obiettivo della presente direttiva, ossia l’equipaggiamento a posteriori dei veicoli già in circolazione nella Comunità, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell'intervento, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(19)
Conformemente al punto 34 dell'accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (7), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e rendere pubblici, nell'interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza fra la presente direttiva e i provvedimenti di attuazione,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
La presente direttiva stabilisce obblighi per l'installazione di sistemi per la visione indiretta nei veicoli delle categorie N2 e N3 di cui all'allegato II, punto 2, sezione A, della direttiva 70/156/CEE del Consiglio, del 6 febbraio 1970, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (8), che sono immatricolati nella Comunità.
Articolo 2
1. La presente direttiva si applica ai veicoli di categoria N2 e N3 che non sono omologati o non sono omologati come singoli veicoli ai sensi della direttiva 2003/97/CE.
2. La presente direttiva non si applica:
a)
ai veicoli di categoria N2 e N3 immatricolati prima del 1o gennaio 2000;
b)
ai veicoli di categoria N2 che abbiano una massa autorizzata totale massima che non supera le 7,5 tonnellate, nei quali è impossibile installare uno specchio di categoria V in modo tale da garantire il rispetto delle seguenti condizioni:
i)
nessuna parte dello specchio è situata a meno di 2 m (può applicarsi una tolleranza di +10 cm) dal suolo, indipendentemente dalla posizione in cui è regolato lo specchio, quando il veicolo si trova in condizioni di carico pari al peso totale tecnicamente ammissibile; e
ii)
lo specchio è completamente visibile dal posto di guida;
c)
ai veicoli di categoria N2 e N3 che sono soggetti a misure nazionali che sono entrate in vigore prima delle date di attuazione della direttiva 2003/97/CE e impongono il montaggio, dal lato del passeggero, di altri dispositivi per la visione indiretta che coprono almeno il 95 % del campo di visibilità totale a livello del suolo degli specchi di categoria IV e V definiti nella suddetta direttiva.
Articolo 3
1. A decorrere dal 6 agosto 2007 e non oltre il 31 marzo 2009 gli Stati membri prescrivono che in tutti i veicoli di cui all'articolo 2, paragrafo 1, siano installati, dal lato del passeggero, specchi grandangolari e di accostamento conformi a quanto rispettivamente prescritto per gli specchi di categoria IV e V dalla direttiva 2003/97/CE.
2. In deroga al paragrafo 1, le prescrizioni della presente direttiva sono ritenute rispettate se i veicoli sono dotati, dal lato del passeggero, di specchi grandangolari e di accostamento la cui combinazione di campi di visibilità copre almeno il 95 % del campo di visibilità totale a livello del suolo di uno specchio di categoria IV e almeno l'85 % del campo di visibilità totale a livello del suolo di uno specchio di categoria V ai sensi della direttiva 2003/97/CE.
3. I veicoli di cui all'articolo 2 che, a causa della mancanza di soluzioni tecniche disponibili ed economicamente sostenibili, non possono essere dotati di specchi conformi ai criteri di cui al paragrafo 1 o 2 del presente articolo possono essere dotati di specchi supplementari e/o di altri dispositivi di visione indiretta, purché la combinazione di tali dispositivi copra non meno del 95 % del campo di visibilità a livello del suolo di uno specchio di categoria IV e non meno dell'85 % del campo di visibilità a livello del suolo di uno specchio di categoria V ai sensi della direttiva 2003/97/CE.
4. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione un elenco di soluzioni tecniche conformi alle disposizioni del presente articolo. La Commissione mette a disposizione del pubblico di tutti gli Stati membri tali informazioni notificate mediante il suo sito web o qualsiasi altro mezzo appropriato.
Articolo 4
1. La conformità ai criteri di cui all'articolo 3, paragrafi 1, 2 e 3, è determinata in base alla prova fornita da uno Stato membro conformemente all'articolo 3 della direttiva 96/96/CE.
2. La Commissione, assistita dai comitati di cui all'articolo 8 della direttiva 96/96/CE e all'articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 70/156/CEE, nell'ambito dei rispettivi mandati, adotta le misure appropriate per garantire che i dispositivi di cui all'articolo 3 della presente direttiva siano installati e sottoposti a controllo tecnico di conformità e di idoneità su strada in accordo con i requisiti fissati dalla presente direttiva. Dette misure devono essere prese non oltre il 6 agosto 2008.
Articolo 5
Entro il 6 agosto 2011 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione della presente direttiva, unitamente a uno studio sugli incidenti dovuti agli angoli ciechi che riguardi tutti i veicoli e tutti i costi sostenuti, al fine di migliorare la sicurezza stradale. Sulla base di un'analisi costi-benefici più completa, la relazione della Commissione è accompagnata, se del caso, da una proposta relativa alla revisione della legislazione vigente.
Articolo 6
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 6 agosto 2008. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni nonché una tavola di concordanza tra queste ultime e la presente direttiva.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 7
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 8
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 11 luglio 2007.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
M. LOBO ANTUNES
(1) Parere del 14 marzo 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Parere del Parlamento europeo del 10 maggio 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 25 giugno 2007.
(3) GU L 25 del 29.1.2004, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2006/96/CE del Consiglio (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 81).
(4) GU L 329 del 30.12.1993, pag. 63. Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1).
(5) GU L 358 del 31.12.2002, pag. 1. Decisione modificata dalla decisione n. 787/2004/CE (GU L 138 del 30.4.2004, pag. 12).
(6) GU L 46 del 17.2.1997, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 1882/2003.
(7) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1.
(8) GU L 42 del 23.2.1970, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2007/37/CE (GU L 161 del 22.6.2007, pag. 60).
Fine documento.
Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto: | Installazione a posteriori di specchi sui veicoli commerciali pesanti
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
La presente direttiva stabilisce obblighi per l’installazione di sistemi per la visione indiretta nei veicoli destinati a trasportare merci con un peso superiore alle 3,5 tonnellate e immatricolati dopo il 1 gennaio 2000.
Ciò viene richiesto principalmente per migliorare la sicurezza di altri utenti della strada quali pedoni, ciclisti e motociclisti, che si trovano ad essere particolarmente esposti ai pericoli derivanti dall’angolo cieco che gli autocarri hanno dal lato del passeggero.
PUNTI CHIAVE
A partire dal 6 agosto 2007 e non oltre il 31 marzo 2009, su tutti i veicoli commerciali pesanti circolanti nell’Unione europea destinati a trasportare un carico superiore alle 3,5 tonnellate (categorie N2 e N3) devono venire installati a posteriori dal lato del passeggero specchi di classe IV (grandangolari) e di classe V (di accostamento).
La direttiva è una misura temporanea che si applica a veicoli immatricolati dopo il 1 gennaio 2000 ed è rivolta a migliorare il campo di visione indiretta per i veicoli non interessati dalle norme stabilite nel Regolamento (CE) n. 661/2009.
La direttiva non si applica direttamente, ma stabilisce che i governi degli stati membri introducano una legge che renda obbligatori tali specchi.
EccezioniLe prescrizioni della direttiva sono da ritenersi già rispettate per i veicoli che siano già stati dotati dal lato del passeggero di specchi che coprano almeno il 95 % del campo di visione di uno specchio di categoria IV, a livello del suolo, e almeno l’85 % del campo di visione di uno specchio di classe V. I veicoli che, a causa della mancanza di soluzioni tecniche disponibili ed economicamente sostenibili, non possono essere dotati di specchi conformi a questi criteri, possono venire dotati di specchi supplementari e/o di altri dispositivi di visione indiretta come ad es. videocamere, purché la combinazione di tali dispositivi soddisfi i requisiti. Non sono inclusi nella direttiva i veicoli autorizzati a trasportare un carico massimo di 7,5 tonnellate, nei quali sia impossibile installare uno specchio di categoria V a più di 2 m dal suolo, quando il veicolo si trova in condizioni di carico massimo, oppure lo specchio non sia completamente visibile dal posto di guida. Sono esenti inoltre i veicoli che siano soggetti a misure nazionali con prescrizioni minime simili entrate in vigore prima che la presente direttiva venisse recepita nella legislazione nazionale. I paesi membri devono comunicare alla Commissione europea una lista di soluzioni tecniche, che deve quindi rendere pubbliche tali informazioni. È responsabilità della Commissione, tramite i comitati competenti, garantire che i dispositivi siano installati e sottoposti a controllo tecnico di conformità e di idoneità su strada.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore il 3 agosto 2007. Doveva entrare in vigore nei paesi dell’UE il 6 agosto 2008.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:«Specchi per l’angolo morto» (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2007/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, concernente l’installazione a posteriori di specchi sui veicoli commerciali pesanti immatricolati nella Comunità (GU L 184 del 14.7.2007, pagg. 25-28)
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva 2014/45/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa ai controlli tecnici periodici dei veicoli a motore e dei loro rimorchi e recante abrogazione della direttiva 2009/40/CE. (GU L 127 del 29.4.2014, pagg. 51-128).
Regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativo ai requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 200 del 31.7.2009, pagg. 1-24)
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 661/2009 sono state integrate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale | 0 | 779 |
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo.
Inizio documento.
REGOLAMENTO (CE) N. 1222/2004 DEL CONSIGLIO
del 28 giugno 2004
relativo all'elaborazione e alla comunicazione di dati sul debito pubblico su base trimestrale
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 104, paragrafo 14, terzo comma,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
visto il parere della Banca Centrale europea (2),
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CE) n. 3605/93 del Consiglio, del 22 novembre 1993, relativo all'applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi, allegato al trattato che istituisce la Comunità europea (3), contiene la definizione di debito pubblico in essere alla fine dell'anno, pertinente ai fini della procedura per i disavanzi eccessivi, e fissa un calendario per la comunicazione alla Commissione dei dati annuali relativi al debito pubblico e di altre variabili dei conti pubblici.
(2)
La disponibilità di dati sui conti pubblici, compresi dati sul debito pubblico, con cadenza trimestrale è della massima importanza per l'analisi economica e l'adeguata sorveglianza della situazione di bilancio negli Stati membri. Il regolamento (CE) n. 264/2000 della Commissione, del 3 febbraio 2000, relativo all'attuazione del regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio con riferimento alle statistiche congiunturali della finanza pubblica (4), il regolamento (CE) n. 1221/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, per quanto riguarda i conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche (5) ed il regolamento (CE) n. 501/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, relativo ai conti finanziari trimestrali delle amministrazioni pubbliche (6) disciplinano l'elaborazione e la comunicazione di dati trimestrali sui conti non finanziari e finanziari delle amministrazioni pubbliche, ma non includono dati trimestrali sul debito pubblico.
(3)
Per chiarezza, e vista la funzione specifica del regolamento (CE) n. 3605/93 nell'applicazione della procedura per i disavanzi eccessivi, l'elaborazione e la comunicazione dei dati sul debito pubblico su base trimestrale dovrebbe essere disciplinata da un atto giuridico autonomo.
(4)
Occorre definire il debito pubblico su base trimestrale in modo da assicurare la coerenza con la definizione di debito pubblico in essere alla fine dell'anno contenuta nel regolamento (CE) n. 3605/93. Tale coerenza dovrebbe essere mantenuta anche qualora il Consiglio modifichi il regolamento (CE) n. 3605/93 o qualora la Commissione introduca in detto regolamento nuovi riferimenti al Sistema europeo dei conti («SEC 95»), istituito dal regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio, del 25 giugno 1996, relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità (7).
(5)
I regolamenti (CE) n. 264/2000, n. 1221/2002 e n. 501/2004 stabiliscono che i dati trimestrali sui conti non finanziari e finanziari delle amministrazioni pubbliche devono essere comunicati entro tre mesi dalla fine del trimestre cui si riferiscono. Questo termine è adeguato anche per i dati trimestrali sul debito pubblico,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si intende per:
«pubblico»: ciò che riguarda il settore «amministrazioni pubbliche» quale è definito nel Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità (denominato in seguito «SEC 95») adottato dal regolamento (CE) n. 2223/96. I codici tra parentesi si riferiscono al SEC 95.
«Debito pubblico su base trimestrale»: il valore nominale di tutte le passività (lorde) del settore «amministrazioni pubbliche» (S.13) in essere alla fine di ciascun trimestre, ad eccezione di quelle passività cui corrispondono attività finanziarie detenute dal settore «amministrazioni pubbliche» (S.13).
Il debito pubblico su base trimestrale è costituito dalle passività delle amministrazioni pubbliche classificate nelle categorie seguenti: biglietti, monete e depositi (AF.2), titoli diversi dalle azioni, esclusi gli strumenti finanziari derivati (AF.33), e prestiti (AF.4), secondo le definizioni del SEC 95.
Il valore nominale di una passività in essere alla fine di ciascun trimestre è il valore facciale.
Il valore nominale di una passività indicizzata corrisponde al valore facciale aumentato dell'incremento indicizzato del valore in conto capitale maturato alla fine di ciascun trimestre.
Le passività denominate in valuta estera o convertite da una valuta estera mediante accordi contrattuali in una o più valute estere sono convertite nelle altre valute estere al tasso convenuto nei predetti accordi e nella moneta nazionale al tasso di cambio rappresentativo del mercato in vigore l'ultimo giorno lavorativo di ciascun trimestre.
Le passività denominate nella moneta nazionale e convertite mediante accordi contrattuali in una valuta estera sono convertite nella valuta estera al tasso convenuto nei predetti accordi e nella moneta nazionale al tasso di cambio rappresentativo del mercato in vigore l'ultimo giorno lavorativo di ciascun trimestre.
Le passività denominate in valuta estera e convertite mediante accordi contrattuali nella moneta nazionale sono convertite nella moneta nazionale al tasso convenuto nei predetti accordi.
Articolo 2
Calendario
1. Gli Stati membri elaborano e comunicano alla Commissione i dati sul debito pubblico su base trimestrale entro tre mesi dalla fine del trimestre cui i dati si riferiscono.
Simultaneamente sono comunicate le eventuali revisioni dei dati trimestrali per i trimestri precedenti.
2. I dati sul debito pubblico su base trimestrale sono comunicati per la prima volta entro il 31 dicembre 2004.
3. La Commissione ha la facoltà di concedere una deroga, non superiore a un anno, per quanto riguarda la prima comunicazione dei dati trimestrali, qualora i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti.
Articolo 3
Dati retrospettivi
I dati retrospettivi relativi ai trimestri a partire dal primo trimestre 2000 sono comunicati entro il 31 dicembre 2004. Se necessario, tali dati possono essere elaborati secondo il principio della «migliore stima».
Articolo 4
Modifiche
1. Qualora il Consiglio decida di modificare il regolamento (CE) n. 3605/93 del Consiglio in base alle norme in materia di competenza e alle norme procedurali definite dal trattato, esso modifica contemporaneamente l'articolo 1 del presente regolamento, in modo che le definizioni in esso contenute continuino a essere coerenti.
2. Qualora la Commissione introduca nuovi riferimenti al SEC 95 nell'articolo 1, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 3605/93, conformemente all'articolo 7 del medesimo, essa introduce contemporaneamente questi stessi nuovi riferimenti nell'articolo 1 del presente regolamento, in modo che le definizioni in esso contenute continuino a essere coerenti.
Articolo 5
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Lussemburgo, addì 28 giugno 2004.
Per il Consiglio
Il presidente
M. CULLEN
(1) Parere espresso il 30 marzo 2004 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Parere espresso il 19 aprile 2004.
(3) GU L 332 del 31.12.1993, pag. 7. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 351/2002 della Commissione (GU L 55 del 26.2.2002, pag. 23).
(4) GU L 29 del 4.2.2000, pag. 4.
(5) GU L 179 del 9.7.2002, pag. 1.
(6) GU L 81 del 19.3.2004, pag. 1.
(7) GU L 310 del 30.11.1996, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1267/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 180 del 18.7.2003, pag. 1).
Fine documento.
Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto: | Dati sul debito pubblico su base trimestrale
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Il regolamento stabilisce che i paesi membri devono elaborare e comunicare alla Commissione europea (Eurostat) dati sul debito pubblico su base trimestrale*. In precedenza, i dati coprivano solamente il debito pubblico su base annuale.
PUNTI CHIAVE
I paesi membri devono trasmettere questi dati alla Commissione europea al più tardi entro tre mesi dalla fine del relativo trimestre.
I dati riguardano le seguenti passività delle amministrazioni pubbliche:biglietti, monete e depositi; titoli diversi dalle azioni, esclusi gli strumenti finanziari derivati, e i prestiti. A seconda del tipo di passività (indicizzate o denominate in valuta nazionale o estera) vanno applicate regole specifiche.
La scadenza per la trasmissione dei primi dati, comprendenti i dati dal 1o gennaio 2000, era il 31 dicembre 2004.
Nel caso della Croazia, la richiesta era di inviare i dati relativi al primo trimestre 2012 entro il 1o ottobre 2013 e i dati precedenti dal 1o gennaio 2002 al 31 dicembre 2011 entro la fine di dicembre 2015.
La Commissione ha facoltà di dare a un paese membro fino a un anno per la trasmissione dei primi dati se si rendessero necessari cambiamenti importanti al suo sistema statistico nazionale.
I governi dell’Unione europea devono inoltre fornire alla Commissione i dati trimestrali relativi a:statistiche congiunturali della finanza pubblica* (Regolamento (CE) n. 264/2000) conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche (Regolamento (CE) n. 1221/2002) conti trimestrali finanziari delle amministrazioni pubbliche, che non includono il debito pubblico trimestrale (Regolamento (CE) n. 501/2004).
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
È stato applicato dal 22 luglio 2004.
CONTESTO
Avere dati trimestrali aggiornati sulla finanza pubblica è essenziale per poter seguire e analizzare le tendenze economiche e monetarie. Il debito pubblico è uno dei criteri di convergenza previsti nel trattato di Maastricht per il monitoraggio della situazione economica di un paese.
All’interno della procedura per i disavanzi eccessivi del Patto di stabilità e crescita dell’Unione europea, i paesi della zona euro devono dimostrare di avere una solida finanza pubblica e soddisfare due criteri. Uno di questi sancisce che il debito pubblico non deve eccedere il 60% del prodotto interno lordo.
Il Regolamento (CE) n. 3605/93 del Consiglio, relativo all’applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi, ha definito il debito pubblico in essere alla fine dell’anno. Ha inoltre definito le scadenze originali entro le quali i paesi membri devono fornire i dati alla Commissione. Tale regolamento è stato abrogato e sostituito con il Regolamento (CE) n. 479/2009. Esso richiede ai paesi membri di dare comunicazione alla Commissione del loro disavanzo pubblico effettivo e previsto due volte all’anno (entro il 1o aprile e entro il 1o ottobre).
TERMINI CHIAVE
Debito pubblico su base trimestrale: il valore nominale di tutte le passività in essere alla fine di ciascun trimestre. «Pubblico», in quest’ambito, si riferisce agli enti di governo generale, centrale, statale e locale e ai fondi di sicurezza sociale.
Statistiche congiunturali della finanza pubblica: dati statistici congiunturali per le seguenti categorie di risorse e impieghi delle amministrazioni pubbliche:nella sezione delle risorse:imposte sulla produzione e sulle importazioni, econtributi sociali effettivi;nella sezione degli impieghi:prestazioni sociali diverse dai trasferimenti sociali in natura.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 1222/2004 del Consiglio, del 28 giugno 2004, relativo all’elaborazione e alla comunicazione di dati sul debito pubblico su base trimestrale (GU L 233 del 2.7.2004, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1222/2004 sono state integrate nel documento originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (CE) n. 479/2009 del Consiglio, del 25 maggio 2009, relativo all’applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi, allegato al trattato che istituisce la Comunità europea (versione codificata) (GU L 145 del 10.6.2009, pag. 1).
Si veda la versione consolidata
Regolamento (CE) n. 501/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, relativo ai conti finanziari trimestrali delle amministrazioni pubbliche (GU L 81 del 19.3.2004, pag. 1).
Si veda la versione consolidata
Regolamento (CE) n. 1221/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, per quanto riguarda i conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche (GU L 179 del 9.7.2002, pag. 1).
Si veda la versione consolidata
Regolamento (CE) n. 264/2000 della Commissione, del 3 febbraio 2000, relativo all’attuazione del regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio con riferimento alle statistiche congiunturali della finanza pubblica (GU L 29 del 4.2.2000, pag. 4). | 1 | 831 |
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo.
Inizio documento.
REGOLAMENTO (UE) 2015/479 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
dell'11 marzo 2015
relativo a un regime comune applicabile alle esportazioni
(codificazione)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 207, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (CE) n. 1061/2009 del Consiglio (3) ha subito modifiche sostanziali (4). A fini di chiarezza e razionalizzazione è opportuno procedere alla sua codificazione.
(2)
La politica commerciale comune dovrebbe essere basata su principi uniformi.
(3)
È quindi opportuno instaurare un regime comune applicabile alle esportazioni dell'Unione.
(4)
In tutti gli Stati membri le esportazioni sono quasi totalmente liberalizzate. In tali condizioni è possibile prendere in considerazione, sul piano unionale, il principio secondo cui le esportazioni destinate ai paesi terzi non sono soggette ad alcuna restrizione quantitativa, fatte salve le deroghe previste dal presente regolamento e le misure che gli Stati membri possono adottare conformemente al trattato.
(5)
La Commissione dovrebbe essere informata quando, a seguito di un'eccezionale evoluzione del mercato, uno Stato membro ritenga che possano essere necessarie misure di salvaguardia.
(6)
È essenziale, a livello unionale, segnatamente sulla base delle suddette informazioni, procedere all'esame delle condizioni delle esportazioni, della loro evoluzione e dei vari elementi della situazione economica e commerciale nonché, ove occorra, delle misure da adottare.
(7)
Può essere necessario esercitare un controllo di talune esportazioni o istituire, a titolo di precauzione, misure conservative, intese a far fronte a pratiche imprevedibili.
(8)
Le misure di salvaguardia rese necessarie dagli interessi dell'Unione dovrebbero essere adottate nel rispetto degli obblighi internazionali esistenti.
(9)
Appare necessario consentire agli Stati membri vincolati da impegni internazionali che prevedano, in caso di difficoltà di approvvigionamento reali o potenziali, un meccanismo di ripartizione dei prodotti petroliferi tra le parti contraenti, di adempiere ai conseguenti obblighi nei confronti dei paesi terzi, fatte salve le disposizioni unionali adottate al medesimo scopo. Tale autorizzazione dovrebbe essere applicata fino all'adozione, da parte del Parlamento europeo e del Consiglio, di misure appropriate a seguito di impegni assunti dall'Unione o da tutti gli Stati membri.
(10)
Il presente regolamento dovrebbe applicarsi a tutti i prodotti, sia industriali che agricoli. Esso dovrebbe essere applicato a titolo complementare con gli atti relativi all'organizzazione comune dei mercati agricoli nonché con gli atti specifici adottati a sensi dell'articolo 352 del trattato per le merci risultanti dalla trasformazione di prodotti agricoli. È tuttavia opportuno evitare che le disposizioni del presente regolamento si sovrappongano a quelle di detti atti e in particolare alle clausole di salvaguardia in essi previste.
(11)
L'esecuzione del presente regolamento esige condizioni uniformi per l'adozione delle misure di salvaguardia. Tali misure dovrebbero essere adottate dalla Commissione conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (5),
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
CAPO I
PRINCIPIO FONDAMENTALE
Articolo 1
Le esportazioni dell'Unione verso i paesi terzi sono libere, vale a dire non soggette a restrizioni quantitative, ad eccezione di quelle applicate conformemente al presente regolamento.
CAPO II
PROCEDURA UNIONALE DI INFORMAZIONE E DI CONSULTAZIONE
Articolo 2
Quando uno Stato membro, a seguito di un'eccezionale evoluzione del mercato, ritiene che potrebbero essere necessarie misure di salvaguardia ai sensi del capo III, ne dà comunicazione alla Commissione, che provvede ad informare gli altri Stati membri.
Articolo 3
1. La Commissione è assistita dal comitato per le misure di salvaguardia istituito dal regolamento (UE) 2015/478 del Parlamento europeo e del Consiglio (6). Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 8 del regolamento (UE) n. 182/2011 in combinato disposto con l'articolo 5 dello stesso.
Articolo 4
La Commissione può chiedere agli Stati membri di fornirle dati statistici sull'evoluzione del mercato di un determinato prodotto, al fine di determinarne la situazione economica e commerciale e di controllarne a tal fine le esportazioni, conformemente alle legislazioni nazionali e secondo modalità da essa indicate. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie per dar seguito alle domande della Commissione e le comunicano i dati richiesti. La Commissione ne informa gli altri Stati membri.
CAPO III
MISURE DI SALVAGUARDIA
Articolo 5
1. Al fine di prevenire una situazione critica dovuta a una penuria di prodotti essenziali o al fine di porvi rimedio e quando gli interessi dell'Unione richiedono un'azione immediata, la Commissione, su richiesta di uno Stato membro o di propria iniziativa e tenendo conto della natura dei prodotti e delle altre particolarità delle transazioni in causa, può subordinare l'esportazione di un prodotto alla presentazione di un'autorizzazione di esportazione da concedere secondo le modalità e nei limiti che essa definisce secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 3, paragrafo 2, o, in casi di urgenza, conformemente all'articolo 3, paragrafo 3.
2. Le misure adottate sono comunicate al Parlamento europeo, al Consiglio e agli Stati membri; esse sono di immediata applicazione.
3. Le misure possono essere limitate a talune destinazioni e alle esportazioni di talune regioni dell'Unione. Esse non riguardano i prodotti già avviati verso la frontiera dell'Unione.
4. Qualora l'intervento della Commissione sia stato richiesto da uno Stato membro, la Commissione si pronuncia ai sensi del paragrafo 1 entro un termine massimo di cinque giorni lavorativi a decorrere dalla data alla quale ha ricevuto la richiesta.
5. In caso di applicazione delle disposizioni del paragrafo 1 del presente articolo, la Commissione, entro dodici giorni lavorativi a decorrere dalla data di entrata in vigore della misura da essa adottata, decide l'eventuale adozione delle misure appropriate a norma dell'articolo 6. La misura si intende revocata se, entro sei settimane dalla data dell'entrata in vigore, non sono state adottate misure.
Articolo 6
1. Quando lo esigano gli interessi dell'Unione, la Commissione, che delibera secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 3, paragrafo 2, adotta le misure appropriate:
a)
per prevenire una situazione critica dovuta a una penuria di prodotti essenziali e per porvi rimedio;
b)
per permettere l'esecuzione degli impegni internazionali contratti dall'Unione o da tutti i suoi Stati membri, segnatamente in materia di commercio di prodotti di base.
2. Le misure di cui al paragrafo 1 possono essere limitate a determinate destinazioni e alle esportazioni da determinate regioni dell'Unione. Esse non interessano i prodotti avviati verso la frontiera dell'Unione.
3. Quando sono instaurate restrizioni quantitative all'esportazione, si tiene conto in particolare:
a)
da un lato, del volume dei contratti stipulati a condizioni normali prima dell'entrata in vigore di una misura di salvaguardia a norma del presente capo, e che lo Stato membro interessato ha notificato alla Commissione conformemente alle sue disposizioni interne; e
b)
dall'altro, del fatto che la realizzazione dello scopo perseguito con l'instaurazione delle restrizioni quantitative non deve essere compromessa.
Articolo 7
1. Durante il periodo d'applicazione di qualsiasi misura di cui agli articoli 5 e 6, la Commissione può, su richiesta di uno Stato membro o su propria iniziativa:
a)
valutare gli effetti della misura;
b)
verificare se sia necessario mantenere in vigore il provvedimento.
Se la Commissione ritiene che l'applicazione della misura sia ancora necessaria ne informa gli Stati membri.
2. Quando la Commissione ritiene necessaria la revoca o la modifica delle misure di cui agli articoli 5 e 6, essa delibera secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 3, paragrafo 2.
CAPO IV
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
Articolo 8
Per i prodotti di cui all'allegato I fino all'adozione, da parte del Parlamento europeo e del Consiglio, delle misure idonee derivanti dagli impegni internazionali assunti dall'Unione o da tutti gli Stati membri, fatte salve le regole adottate in materia dall'Unione, questi sono autorizzati ad applicare i meccanismi di crisi relativi a un obbligo di ripartizione nei confronti dei paesi terzi, conformemente agli impegni internazionali da essi assunti anteriormente all'entrata in vigore del presente regolamento.
Gli Stati membri informano la Commissione delle misure che intendono adottare. Le misure adottate sono comunicate dalla Commissione al Consiglio e agli altri Stati membri.
Articolo 9
La Commissione include informazioni sull'attuazione del presente regolamento nella sua relazione annuale sull'applicazione e sull'attuazione delle misure di difesa commerciale al Parlamento europeo e al Consiglio ai sensi dell'articolo 22 bis del regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio (7).
Articolo 10
Fatte salve altre disposizioni dell'Unione, il presente regolamento non osta all'adozione o all'applicazione, da parte degli Stati membri, di restrizioni quantitative all'esportazione giustificate da motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale, o di tutela della proprietà industriale e commerciale.
Articolo 11
Il presente regolamento non osta all'applicazione degli atti relativi alle organizzazioni comuni dei mercati agricoli nonché degli atti specifici adottati ai sensi dell'articolo 352 del trattato per le merci risultanti dalla trasformazione di prodotti agricoli. Esso si applica a titolo complementare.
Tuttavia, le disposizioni dell'articolo 5 del presente regolamento non sono applicabili ai prodotti soggetti a tali atti per i quali il regime unionale degli scambi con i paesi terzi preveda la possibilità di applicare restrizioni quantitative all'esportazione. L'articolo 4 non è applicabile ai prodotti soggetti a tali atti per i quali il regime unionale degli scambi con i paesi terzi preveda l'esibizione di un certificato o di un altro titolo di esportazione.
Articolo 12
Il regolamento (CE) n. 1061/2009 è abrogato.
I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell'allegato III.
Articolo 13
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Strasburgo, l'11 marzo 2015
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
Z. KALNIŅA-LUKAŠEVICA
(1) Parere del 10 dicembre 2014 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Posizione del Parlamento europeo dell'11 febbraio 2015 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 2 marzo 2015.
(3) Regolamento (CE) n. 1061/2009 del Consiglio, del 19 ottobre 2009, relativo all'instaurazione di un regime comune applicabile alle esportazioni (GU L 291 del 7.11.2009, pag. 1).
(4) Si veda l'allegato II.
(5) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13).
(6) Regolamento (UE) 2015/478 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2015, relativo al regime comune applicabile alle importazioni (Cfr. pagina 16 della presente Gazzetta ufficiale).
(7) Regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343 del 22.12.2009, pag. 51).
ALLEGATO I
Prodotti di cui all'articolo 8
Codice NC
Designazione delle merci
2709 00
Oli greggi di petrolio o di minerali bituminosi
2710
Oli di petrolio o di minerali bituminosi, diversi dagli oli greggi; preparazioni non nominate né comprese altrove, contenenti, in peso, il 70 % o più di oli di petrolio o di minerali bituminosi e delle quali tali oli costituiscono il componente base; oli usati:
da 2710 11 11 a 2710 11 90
Oli leggeri
da 2710 19 11 a 2710 19 29
Oli medi
da 2710 19 31 a 2710 19 99
Oli pesanti, esclusi gli oli di lubrificazione per l'orologeria e simili, presentati in piccoli recipienti contenenti fino a 250 g netti di olio
2711
Gas di petrolio e altri idrocarburi gassosi:
–
liquefatti:
2711 12
– –
Propano:
– – –
Propano di purezza uguale o superiore al 99 %
– – –
altro
2711 13
– –
Butani:
–
allo stato gassoso:
ex 2711 29 00
– –
altri:
– – –
propano
– – –
butani
ALLEGATO II
Regolamento abrogato e relativa modificazione
Regolamento (CE) n. 1061/2009 del Consiglio
(GU L 291 del 7.11.2009, pag. 1).
Regolamento (UE) n. 37/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 18 del 21.1.2014, pag. 1).
limitatamente al punto 21 dell'allegato
ALLEGATO III
Tavola di concordanza
Regolamento (CE) n. 1061/2009
Il presente regolamento
Articolo 1
Articolo 1
Articolo 2
Articolo 2
Articolo 4
Articolo 3
Articolo 5
Articolo 4
Articolo 6
Articolo 5
Articolo 7
Articolo 6
Articolo 8
Articolo 7
Articolo 9
Articolo 8
Articolo 9 bis
Articolo 9
Articolo 10
Articolo 10
Articolo 11
Articolo 11
Articolo 12
Articolo 12
Articolo 13
Articolo 13
Allegato I
Allegato I
Allegato II
Allegato II
Allegato III
Allegato III
Fine documento.
Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto: | Un regime europeo comune applicabile alle esportazioni
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Sancisce il principio fondamentale secondo cui l’esportazione di prodotti dai paesi dell’Unione europea verso altri paesi non è soggetta a restrizioni quantitative. Stabilisce anche le regole relative a una procedura per l’adozione di misure di salvaguardia.
PUNTI CHIAVE
Il regolamento si applica a tutti i prodotti, sia industriali sia agricoli.
Misure di salvaguardiaAl fine di prevenire una situazione critica dovuta a una penuria di prodotti essenziali, la Commissione europea può subordinare l’esportazione di un prodotto alla presentazione di un’autorizzazione di esportazione. Queste misure possono essere limitate a talune destinazioni e alle esportazioni di talune regioni dell’UE. Tuttavia, non riguardano i prodotti già avviati verso la frontiera dell’Unione. Ad esempio, come nel contesto dell’epidemia di Covid-19, il regolamento di esecuzione (UE) 2020/402, per un periodo di tempo limitato, ha richiesto che alcuni dispositivi di protezione individuale, originari o meno dell’Unione, fossero autorizzati dalle autorità competenti dei paesi dell’UE per l’esportazione al di fuori dell’Unione, ad eccezione dei paesi dell’Associazione europea di libero scambio, dei territori dipendenti dalle catene di approvvigionamento dell’Unione (ad esempio Andorra) e di alcuni territori d’oltremare. Il provvedimento cercava di garantire la disponibilità di dispositivi di protezione individuale nei paesi dell’UE per prevenire la diffusione della Covid-19. L’atto di esecuzione ha stabilito la procedura per richiedere l’autorizzazione e il suo allegato I elenca i prodotti che necessitano di autorizzazione (occhiali e visiere protettive, guanti, indumenti protettivi, dispositivi di protezione del naso e della bocca e schermi facciali). La Commissione deve adottare qualsiasi misura di salvaguardia resa necessaria dagli interessi dell’Unione nel rispetto degli obblighi internazionali esistenti (per esempio, derivante dall’appartenenza dell’UE all’Organizzazione mondiale del commercio).Informazioni e consultazioneSe un paese dell’UE ritiene possano essere necessarie misure di salvaguardia a seguito di un’eccezionale evoluzione del mercato, deve darne comunicazione alla Commissione, la quale provvede a informare gli altri paesi dell’UE. La Commissione può chiedere ai paesi dell’UE di fornirle dati statistici sull’evoluzione del mercato di un determinato prodotto, al fine di determinarne la situazione economica e commerciale.Attuazione
Il Comitato per le misure di salvaguardia, composto da rappresentanti dei paesi dell’UE e istituito dal regolamento (UE) 2015/478 relativo al regime comune applicabile alle importazioni, assiste la Commissione nell’attuazione del regolamento.
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
È in vigore dal 16 aprile 2015. Abroga il regolamento (CE) n. 1061/2009 con effetto immediato.
CONTESTO
Il regolamento codifica il regolamento (CE) n. 1061/2009 del Consiglio, che era stato modificato in maniera sostanziale diverse volte. Fa parte della politica commerciale comune dell’Unione, che si basa su principi uniformi per tutti i paesi dell’UE.
Per ulteriori informazioni consultare:Esportazioni dall’UE (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) 2015/479 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2015, sul regime comune applicabile alle esportazioni (codificazione) (GU L 83 del 27.3.2015, pag. 34).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento di esecuzione (UE) 2020/402 della Commissione, del 14 marzo 2020, che subordina l’esportazione di taluni prodotti alla presentazione di un’autorizzazione di esportazione (GU L 77I del 15.3.2020, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (UE) 2020/402 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha solo valore documentale.
Regolamento (UE) 2015/478 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2015, sul regime comune applicabile alle importazioni (GU L 83 del 27.3.2015, pag. 16). | 0 | 1,049 |
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo.
Inizio documento.
REGOLAMENTO DELEGATO (UE) 2015/2195 DELLA COMMISSIONE
del 9 luglio 2015
che integra il regolamento (UE) n. 1304/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo sociale europeo, per quanto riguarda la definizione di tabelle standard di costi unitari e di importi forfettari per il rimborso da parte della Commissione agli Stati membri delle spese sostenute
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (UE) n. 1304/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo sociale europeo e che abroga il regolamento (CE) n. 1081/2006 del Consiglio (1), in particolare l'articolo 14, paragrafo 1,
considerando quanto segue:
(1)
Le tabelle standard di costi unitari e gli importi forfettari da usare per i rimborsi agli Stati membri dovrebbero essere stabiliti in base a metodi proposti dagli Stati membri e valutati dalla Commissione, compresi i metodi di cui all'articolo 67, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (2) e all'articolo 14, paragrafi 2 e 3, del regolamento (UE) n. 1304/2013.
(2)
In considerazione dei diversi tipi di operazioni che possono ricevere sostegno dal Fondo sociale europeo, la definizione e la quantificazione delle tabelle standard di costi unitari e degli importi forfettari possono differire in base al tipo di operazione per rifletterne le specificità.
(3)
Per quanto riguarda il livello dei costi per ogni tipo di operazione esistono notevoli differenze tra gli Stati membri, e in certi casi tra regioni all'interno di uno stesso Stato membro. Nel rispetto del principio della sana gestione finanziaria del Fondo sociale europeo la definizione e la quantificazione delle tabelle standard di costi unitari e degli importi forfettari stabiliti dalla Commissione dovrebbero rispecchiare anche le specificità di ogni Stato membro e di ogni regione.
(4)
Affinché gli importi delle tabelle standard di costi unitari rispecchino il livello dei costi effettivamente sostenuti si introduce un metodo per provvedere al loro adeguamento,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto e campo di applicazione
Il presente regolamento stabilisce le tabelle standard di costi unitari e gli importi forfettari che la Commissione può usare per rimborsare le spese agli Stati membri.
Articolo 2
Tipi di operazioni
I tipi di operazioni per le quali è previsto il rimborso in base a tabelle standard di costi unitari e a importi forfettari in conformità all'articolo 14, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1304/2013 sono indicati negli allegati.
Articolo 3
Definizione e quantificazione delle tabelle standard di costi unitari e degli importi forfettari
La definizione e la quantificazione delle tabelle standard di costi unitari e degli importi forfettari in conformità all'articolo 14, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1304/2013 per ogni tipo di operazione sono indicati negli allegati.
Articolo 4
Adeguamento di valori numerici
1. I valori numerici di cui agli allegati sono adeguati applicando i metodi esposti negli allegati stessi.
2. Gli importi adeguati in conformità al paragrafo 1 si applicano per il rimborso delle spese relative alle parti di un'operazione eseguite alla data dell'adeguamento e successivamente a questa.
Articolo 5
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 9 luglio 2015
Per la Commissione
Il presidente
Jean-Claude JUNCKER
(1) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 470.
(2) Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320).
ALLEGATO I
Condizioni relative al rimborso alla Svezia delle spese in base a tabelle standard di costi unitari
1. Definizione delle tabelle standard di costi unitari
Tipo di operazioni (1)
Denominazione dell'indicatore
Categoria di costo
Unità di misura dell'indicatore
Valori
1.
Operazioni finanziate nell'ambito dell'asse prioritario 1 «Offerta di competenze» del Programma operativo (Nationellt socialfondsprogram för investering för tillväxt och sysselsättning 2014-2020) (CCI- 2014SE05M9OP001)
Ore lavorate
Salario del personale impiegato per l'operazione
Numero di ore lavorate (2)
Categoria salariale
(codice SSYK) (3)
Regione: Stoccolma (SE 11)
(costo unitario per ora, valore espresso in SEK (4)
Tutte le regioni esclusa Stoccolma (SE da 12 a 33)
(costo unitario per ora, valore espresso in SEK)
1 (912 – 913 –919 -921)
229
234
2 (414 415 – 421 – 422 -512 – 513 – 514 – 515 – 522 –611 – 612 –613 – 614 –826)
257
254
3 (331 – 348 – 411 – 412 – 413 – 419 – 711 – 712 – 713 – 714 – 721 – 722 – 723 – 724 – 731 – 732 – 734 – 741 – 742 – 743 – 811 – 812 – 813 – 814 – 815 – 816 – 817 – 821 – 822 – 823 –824 – 825 – 827 –828 –829 –831 – 832 – 833 – 834 – 914 – 915 – 931 – 932 – 933)
297
282
4 (223 – 232 – 233 – 234 – 235 – 243 – 249 – 313 – 322 – 323 – 324 – 332 – 342 – 343 – 344 – 345 – 346 – 347 – 511 – 011)
338
313
5 (213 – 221 – 231 – 241 – 244 – 245 – 246 – 247 – 248 – 311 – 312 – 315 – 321 – 341)
419
366
6 (211 – 212 – 214 – 222 – 242 – 314)
554
517
7 A (121)
739
739
7 B (111–123)
801
625
7 C (131–122)
525
429
2.
Operazioni finanziate nell'ambito dell'asse prioritario 1 «Offerta di competenze» del Programma operativo (Nationellt socialfondsprogram för investering för tillväxt och sysselsättning 2014-2020) (CCI- 2014SE05M9OP001)
Ore di partecipazione all'operazione
Salario del partecipante
Numero di ore di partecipazione (2)
Regione: Stoccolma (SE 11)
(costo unitario per ora, valore espresso in SEK)
Tutte le regioni esclusa Stoccolma (SE da 12 a 33)
(costo unitario per ora, valore espresso in SEK)
229
234
3.
Operazioni finanziate nell'ambito dell'asse prioritario 2 «Maggiore transizione verso l'occupazione» e dell'asse prioritario 3 «Iniziativa a favore dell'occupazione giovanile» del Programma operativo (Nationellt socialfondsprogram för investering för tillväxt och sysselsättning 2014-2020) (CCI- 2014SE05M9OP001)
Ore lavorate
Salario del personale impiegato per l'operazione
Numero di ore lavorate (2)
Categoria di attività
Regione: Stoccolma (SE 11)
(costo unitario per ora, valore espresso in SEK)
Tutte le regioni esclusa Stoccolma (SE da 12 a 33)
(costo unitario per ora, valore espresso in SEK)
Capo progetto, nelle operazioni per le quali l'importo totale ammissibile delle spese, come dichiarato nel documento che stabilisce le condizioni del finanziamento, è superiore a 20 milioni di SEK
535
435
Capo progetto, nelle operazioni per le quali l'importo totale ammissibile delle spese, come dichiarato nel documento che stabilisce le condizioni del finanziamento, è inferiore o uguale a 20 milioni di SEK/assistente del capo progetto, nelle operazioni per le quali l'importo totale ammissibile delle spese, come dichiarato nel documento che stabilisce le condizioni del finanziamento, è superiore a 20 milioni di SEK
478
405
Collaboratore del progetto
331
300
Economista del progetto
427
363
Amministratore
297
270
4.
Operazioni finanziate nell'ambito dell'asse prioritario 2 «Maggiore transizione verso l'occupazione» e dell'asse prioritario 3 «Iniziativa a favore dell'occupazione giovanile» del Programma operativo (Nationellt socialfondsprogram för investering för tillväxt och sysselsättning 2014-2020) (CCI- 2014SE05M9OP001)
Ore di partecipazione all'operazione
Indennità riconosciuta al partecipante
Numero di ore di partecipazione (2)
Assistenza finanziaria (costo unitario per ora)
Età
(in SEK)
18-24 anni
32
25-29 anni
40
30-64 anni
46
Sovvenzione per l'attività e indennità per lo sviluppo (costo unitario per ora)
Età
(in SEK)
15-19 anni
17
20-24 anni
33
25-29 anni
51
30-44 anni
55
45-69 anni
68
Contributi previdenziali e assicurazione malattie (costo unitario per ora)
Età
(in SEK)
19-29 anni (contributi previdenziali e assicurazione malattie per tale fascia di età)
51
30-64 anni (contributi previdenziali e assicurazione malattie per tale fascia di età)
58
Assistenza sanitaria, assicurazione malattie, prestazioni riabilitative e prestazioni per incidente sul lavoro o malattia professionale (costo unitario per ora)
Età
(in SEK)
– 19 anni
48
20-64 anni
68
2. Adeguamento degli importi
I costi unitari indicati nella tabella si applicano alle ore lavorate o di partecipazione nel 2015. Ad eccezione dei costi unitari relativi alle indennità riconosciute ai partecipanti (indicati al punto 4 della tabella), che non sono soggetti ad adeguamento, i valori indicati aumenteranno in modo automatico del 2 % al 1o gennaio di ogni anno a partire dal 2016 e fino al 2023.
(1) I valori numerici delle tabelle standard di costi unitari si applicano unicamente alle parti delle operazioni relative alle categorie di costi esposte nel presente allegato.
(2) Il numero totale delle ore dichiarate in un anno non può essere superiore al numero standard di ore lavorate all'anno in Svezia, pari a 1 862 ore.
(3) Codice delle attività lavorative in uso in Svezia.
(4) Valuta svedese.
ALLEGATO II
Condizioni relative al rimborso alla Francia delle spese in base a tabelle standard di costi unitari
1. Definizione delle tabelle standard di costi unitari
Tipo di operazioni
Denominazione dell'indicatore
Categoria di costo
Unità di misura dell'indicatore
Importi (in EUR)
«Garantie Jeunes» finanziata nell'ambito dell'asse prioritario 1 «Accompagner les jeunes NEET vers et dans l'emploi» del programma operativo «PROGRAMME OPÉRATIONNEL NATIONAL POUR LA MISE EN ŒUVRE DE L'INITIATIVE POUR L'EMPLOI DES JEUNES EN METROPOLE ET OUTRE-MER» (CCI-2014FR05M9OP001)
Giovani NEET (1) che riportino risultati positivi nell'ambito della «Garantie Jeunes» entro e non oltre 12 mesi dall'inizio del tutoraggio
—
indennità versate al partecipante;
—
costi di attivazione sostenuti dalle «missions locales»
Numero di giovani NEET che riportano uno dei seguenti risultati entro e non oltre 12 mesi dall'inizio del tutoraggio:
—
hanno iniziato una formazione professionale che ha per esito il rilascio di una certificazione, sia mediante:
—
adesione ad una formazione professionale di «apprendimento permanente»; oppure
—
iscrizione ad una formazione di base;
oppure
—
apertura di un'impresa; oppure
—
assunzione; oppure
—
occupazione durata minimo 80 giorni in un ambiente lavorativo (a titolo retribuito o gratuito)
3 600
2. Adeguamento degli importi
La tabella standard di costi unitari della tabella si basa in parte su una tabella standard di costi unitari finanziata interamente dalla Francia. L'importo complessivo di 3 600 EUR comprende 1 600 EUR corrispondenti alla tabella standard di costi unitari stabilita dall'«instruction ministérielle du 11 octobre 2013 relative à l'expérimentation Garantie Jeunes prise pour l'application du décret 2013-80 du 1er octobre 2013 ainsi que par l'instruction ministérielle du 20 mars 2014» a fini di copertura dei costi sostenuti dai servizi per l'occupazione giovanile «Missions Locales» per assicurare il tutoraggio ad ogni giovane NEET che aderisce alla «Garantie Jeunes».
La tabella standard di costi unitari definita nella sezione 1 sarà adeguata dallo Stato membro applicando gli adeguamenti previsti dalla normativa nazionale alla tabella standard di costi unitari in relazione ai 1 600 EUR di cui al paragrafo 1, che coprono i costi sostenuti dai servizi per l'occupazione giovanile.
(1) Giovane disoccupato o inattivo al di fuori di ogni ciclo di istruzione e formazione che partecipa ad un'operazione finanziata dal «PROGRAMME OPÉRATIONNEL NATIONAL POUR LA MISE EN ŒUVRE DE L'INITIATIVE POUR L'EMPLOI DES JEUNES EN METROPOLE ET OUTRE-MER».
Fine documento.
Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto: | Norme sul rimborso ai paesi dell’UE per le spese del Fondo sociale europeo
QUAL È LO SCOPO DI QUESTO REGOLAMENTO DELEGATO?
Stabilisce le tabelle standard di costi unitari e di importi forfettari che la Commissione europea può usare per rimborsare le spese ai paesi dell’UE. Integra il regolamento (UE) n. 1304/2013, il regolamento sul Fondo sociale europeo (regolamento sul FSE).
PUNTI CHIAVE
Regolamento (UE) n. 1304/2013, il regolamento sul FSE
Il regolamento sul FSE consente alla Commissione di adottare il regolamento delegato.
L’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento sul FSE consente alla Commissione di rimborsare le spese sostenute dai paesi dell’UE sulla base di tabelle standard di costi unitari e di importi forfettari definite dalla Commissione stessa. Gli importi calcolati sono considerati come sostegno pubblico pagato a beneficiari e spese ammissibili ai sensi delle norme comuni per i Fondi strutturali e d’investimento europei.
Ambito di applicazione del regolamento delegato
Gli allegati a questo regolamento delegato stabiliscono:il tipo di operazioni previste; le definizioni delle tabelle standard di costi unitari e di importi forfettari; gli importi; i metodi per regolare tali importi.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO DELEGATO?
Esso è in vigore dal 18 dicembre 2015.
CONTESTO
Fondo sociale europeo (Commissione Europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento delegato (UE) 2015/2195 della Commissione, del 9 luglio 2015, che integra il regolamento (UE) n. 1304/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo sociale europeo, per quanto riguarda la definizione di tabelle standard di costi unitari e di importi forfettari per il rimborso da parte della Commissione ai paesi dell’UE delle spese sostenute (GU L 313 del 28.11.2015, pagg. 22-28).
Successive modifiche al regolamento (UE) 2015/2195 sono state integrate nel testo originario. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pagg. 320-469).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (UE) n. 1304/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, relativo al Fondo sociale europeo e che abroga il regolamento (CE) n. 1081/2006 del Consiglio (GU L 347 20.12.2013, pagg. 470-486).
Si veda la versione consolidata. | 1 | 38 |
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Inizio documento.
Direttiva 90/428/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa agli scambi di equini destinati a concorsi e alla fissazione delle condizioni di partecipazione a tali concorsi
Gazzetta ufficiale n. L 224 del 18/08/1990 pag. 0060 - 0061 edizione speciale finlandese: capitolo 3 tomo 33 pag. 0178 edizione speciale svedese/ capitolo 3 tomo 33 pag. 0178
DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 26 giugno 1990 relativa agli scambi di equini destinati a concorsi e alla fissazione delle condizioni di partecipazione a tali concorsi (90/428/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare gli articoli 42 e 43, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che gli equini figurano in quanto animali vivi nell'elenco di prodotti contenuti nell'allegato II del trattato; considerando che, per favorire uno sviluppo razionale della produzione di equini e l'aumento della produttività del settore, occorre stabilire a livello comunitario norme in materia di scambi intracomunitari di equini destinati a concorsi; considerando che l'allevamento dei cavalli, e in particolare dei cavalli da corsa, rientra generalmente nell'ambito delle attività agricole; che esso costituisce una fonte di reddito per una parte della popolazione agricola; considerando che nella Comunità esistono disparità tra le norme che disciplinano l'accesso ai concorsi; che tali disparità possono costituire un ostacolo per gli scambi intracomunitari; considerando che gli scambi di equini destinati a concorsi e la partecipazione a tali concorsi possono essere compromessi dalle disparità esistenti nelle regolamentazioni concernenti la destinazione di una percentuale dell'importo delle vincite e dei proventi alla salvaguardia, alla promozione ed al miglioramento dell'allevamento negli Stati membri; che l'instaurazione di un libero accesso ai concorsi presuppone l'armonizzazione di dette regolamentazioni; considerando che, in attesa di questa armonizzazione, conviene, soprattutto per mantenere ed incrementare la produttività nel settore, autorizzare gli Stati membri a riservare una percentuale delle vincite e dei proventi alla salvaguardia, alla promozione ed al miglioramento dei loro allevamenti; che occorre tuttavia fissare un massimale per questa percentuale; considerando che è opportuno adottare le misure di applicazione in taluni settori di carattere tecnico; che è necessario, per l'attuazione delle misure previste, definire una procedura che instauri una cooperazione stretta ed efficace fra gli Stati membri e la Commissione in seno al comitato zootecnico permanente, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 La presente direttiva stabilisce le condizioni per gli scambi di equini destinati a concorsi e le condizioni di partecipazione di tali equini ai concorsi. Articolo 2 Ai fini della presente direttiva, sono applicabili le definizioni contenute nell'articolo 2 della direttiva 90/427/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa alle norme zootecniche e genealogiche che disciplinano gli scambi intracomunitari di equini (4). Inoltre, si intende per «concorso» qualsiasi competizione ippica, in particolare le corse e le prove di salto degli ostacoli (jumping), di «dressage», di tiro, di modello e di andatura. Articolo 3 1. Le norme dei concorsi non devono contenere discriminazioni fra equini registrati nello Stato membro in cui è organizzato il concorso ed equini registrati in un altro Stato membro. 2. Le norme dei concorsi non devono contenere discriminazioni tra equini originari dello Stato membro in cui è organizzato il concorso ed equini originari di un altro Stato membro. Articolo 4 1. Il disposto dell'articolo 3 concerne, in particolare: a) i criteri e in particolare i limiti, minimi o massimi, per l'iscrizione al concorso, b) la valutazione durante il concorso, c) le vincite o i proventi inerenti al concorso. 2. Tuttavia, - gli obblighi di cui all'articolo 3 lasciano impregiudicata la facoltà di organizzare: a) concorsi riservati agli equini iscritti in un determinato libro genealogico, ai fini di un miglioramento della razza; b) concorsi regionali, ai fini di una selezione degli equini; c) manifestazioni di carattere storico o tradizionale. Lo Stato membro che intende avvalersi di tale facoltà, ne informa preventivamente e in maniera generale, la Commissione; - gli Stati membri sono autorizzati a riservare, per ciascun concorso o tipo di concorso, tramite organismi ufficialmente abilitati o riconosciuti a tal fine, una determinata percentuale dell'importo delle vincite o dei proventi di cui al paragrafo 1, lettera c) per la salvaguardia, la promozione e il miglioramento dell'allevamento. Tale percentuale non dovrà superare il 30 % nel 1991, il 25 % nel 1992 e il 20 % dal 1993. I criteri per la distribuzione di tali fondi nello Stato membro interessato vengono comunicati alla Commissione e agli altri Stati membri nell'ambito del comitato zootecnico permanente. Anteriormente al 31 dicembre 1992, il Consiglio riesaminerà le condizioni di applicazione di queste disposizioni in base ad una relazione della Commissione che tenga conto dei progressi di armonizzazione realizzati sull'insieme dei problemi sollevati dalle condizioni di allevamento dei cavalli da concorso, corredata di proposte appropriate sulle quali il Consiglio delibererà a maggioranza qualificata. 3. Le modalità generali di applicazione del presente articolo sono stabilite secondo la procedura indicata all'articolo 6. Articolo 5 1. In attesa delle decisioni da adottare a norma dell'articolo 4 della direttiva 90/427/CEE, nell'ipotesi in cui venga negata l'iscrizione a un concorso ad un equino registrato in uno Stato membro, i motivi del diniego devono essere comunicati per iscritto al proprietario o al suo mandatario. 2. Nel caso contemplato dal paragrafo 1, il proprietario o il suo mandatario ha il diritto di ottenere il parere di un esperto, alle condizioni di cui all'articolo 8, paragrafo 2 della direttiva 89/662/CEE (5) che sono applicabili mutatis mutandis. 3. La Commissione stabilisce le modalità di applicazione del presente articolo, secondo la procedura prevista all'articolo 6. Articolo 6 Nel caso in cui si fa riferimento alla procedura prevista al presente articolo, il Comitato zootecnico permanente, istituito con la decisione 77/505/CEE (6), delibera conformemente alle regole fissate nell'articolo 11 della direttiva 88/661/CEE (7). Articolo 7 Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi il 1g luglio 1991. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Articolo 8 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Lussemburgo, addì 26 giugno 1990. Per il Consiglio Il Presidente M. O'KENNEDY (1) GU n. C 327 del 30. 12. 1989, pag. 61. (2) GU n. C 149 del 18. 6. 1990. (3) GU n. C 62 del 12. 3. 1990, pag. 46.(4) Vedi pagina 55 della presente Gazzetta ufficiale.(5) GU n. L 395 del 30. 12. 1989, pag. 13. (6) GU n. L 206 del 12. 8. 1977, pag. 11. (7) GU n. L 382 del 31. 12. 1988, pag. 16.
Fine documento.
Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto: | Norme sugli scambi di cavalli e asini destinati ai concorsi
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
La direttiva stabilisce le norme relative agli scambi intracomunitari di equini, ovvero gli animali domestici delle specie equine (cavallo) o asinine (asino), o delle razze incrociate (muli e bardotti), destinati ai concorsi.
Tali norme sono volte a superare gli ostacoli esistenti negli scambi di equini eliminando le disparità fra i paesi dell'UE per quanto riguarda le condizioni di partecipazione nei concorsi.
PUNTI CHIAVE
La presente direttiva stabilisce le condizioni per gli scambi di equini destinati a concorsi e le condizioni di partecipazione di tali equini ai concorsi nell'ambito dell'Unione europea (UE).
Il tipo di concorso
Si intende per «concorso» qualsiasi competizione ippica, in particolare le corse e le prove di salto degli ostacoli (jumping), di «dressage», di tiro, di modello e di andatura.
La partecipazione ai concorsi
Le norme dei concorsi non devono contenere discriminazioni fondate sul luogo di origine o di registrazione degli equini nell'UE. In altre parole, tutti gli equini dei paesi dell'UE vanno trattati alla stessa maniera per quanto riguarda:
i criteri d'iscrizione al concorso;
la valutazione durante il concorso;
le vincite o i proventi inerenti al concorso.
Tuttavia, tale obbligo lascia impregiudicata la facoltà di organizzare:
concorsi riservati agli equini iscritti in un determinato libro genealogico, ai fini di un miglioramento della razza;
concorsi regionali, ai fini di una selezione;
manifestazioni di carattere storico o tradizionale.
I paesi dell'UE sono autorizzati a riservare una determinata percentuale dell'importo delle vincite o dei proventi per la salvaguardia, la promozione e il miglioramento dell'allevamento nel paese in cui il concorso si svolge.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è in vigore dal 17 luglio 1990. I paesi dell'UE dovevano recepirla nel proprio diritto nazionale entro il 1o luglio 1991.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni si consulti:
«Informazione per gli Stati membri» sul sito Internet della Commissione europea
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 90/428/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa agli scambi di equini destinati a concorsi e alla fissazione delle condizioni di partecipazione a tali concorsi (GU L 224 del 18.8.1990, pag. 60-61)
Le successive modifiche alla direttiva 90/428/CEE sono state integrate al testo originario. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale.
ATTI COLLEGATI
Decisione 92/216/CEE della Commissione, del 26 marzo 1992, relativa alla raccolta di dati riguardanti i concorsi di equini di cui all'articolo 4, paragrafo 2 della direttiva 90/428/EEC (GU L 104 del 22.4.1992, pag. 77)
Si veda la versione consolidata. | 1 | 952 |
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Inizio documento.
REGOLAMENTO (UE) N. 1260/2013 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 20 novembre 2013
relativo alle statistiche demografiche europee
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 338, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (1),
considerando quanto segue:
(1)
Conformemente all’articolo 16, paragrafo 4, del trattato sull’Unione europea (TUE), a decorrere dal 1o novembre 2014, la maggioranza qualificata dei membri del Consiglio deve essere definita, tra l’altro, sulla base della popolazione degli Stati membri.
(2)
Il Consiglio Economia e finanza incarica regolarmente il Comitato di politica economica di valutare la sostenibilità a lungo termine e la qualità delle finanze pubbliche sulla base delle previsioni della popolazione elaborate da Eurostat.
(3)
Conformemente al regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (2), tutte le statistiche trasmesse dagli Stati membri alla Commissione che sono disaggregate per unità territoriali devono utilizzare la classificazione NUTS. Di conseguenza, allo scopo di assicurare la comparabilità delle statistiche regionali, le unità territoriali dovrebbero essere definite sulla base della classificazione NUTS.
(4)
Conformemente all’articolo 175, secondo comma, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), la Commissione deve presentare ogni tre anni al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni una relazione sui progressi compiuti nella realizzazione della coesione economica, sociale e territoriale. È necessario disporre di dati regionali annuali di livello NUTS 3 per la preparazione di tali relazioni e per il regolare monitoraggio dell’evoluzione demografica e delle eventuali future problematiche demografiche nelle regioni dell’Unione, comprese varie tipologie di regioni, quali le regioni frontaliere, le regioni metropolitane, le regioni rurali e le regioni montane e insulari. In considerazione delle forti disparità regionali che caratterizzano l’invecchiamento della popolazione, Eurostat è incaricata di predisporre regolarmente previsioni regionali al fine di integrare il quadro demografico delle regioni NUTS 2 nell’Unione.
(5)
Conformemente all’articolo 159 TFUE, la Commissione deve redigere una relazione annuale sugli sviluppi nella realizzazione degli obiettivi dell’articolo 151 TFUE, compresa la situazione demografica nell’Unione.
(6)
Nella comunicazione del 20 ottobre 2009 dal titolo «Solidarietà in materia di salute: riduzione delle disuguaglianze sanitarie nell’UE», la Commissione si è espressa a favore dell’ulteriore sviluppo e della rilevazione di dati, e dell’ulteriore sviluppo di indicatori in materia di salute secondo l’età, il sesso, la situazione socioeconomica e la dimensione geografica.
(7)
La strategia dell’Unione per lo sviluppo sostenibile, promossa dal Consiglio europeo di Göteborg nel 2001 e rilanciata nel giugno del 2006, ha come obiettivo il continuo miglioramento della qualità della vita per le attuali e le future generazioni. Il rapporto che la Commissione (Eurostat) pubblica ogni due anni in merito a tale strategia traccia, sulla base di una serie di indicatori dello sviluppo sostenibile dell’Unione, un quadro statistico obiettivo dei progressi realizzati.
(8)
Le statistiche demografiche annuali assumono un’importanza capitale ai fini dello studio e della definizione di una vasta serie di iniziative politiche, con particolare riguardo alle problematiche sociali ed economiche, a livello nazionale e regionale. Le statistiche sulla popolazione costituiscono un importante denominatore per una vasta gamma di indicatori.
(9)
L’obiettivo strategico H.3 del capo IV della Piattaforma d’azione di Pechino (1995) costituisce un quadro di riferimento per l’elaborazione e la diffusione di dati e informazioni disaggregati per genere ai fini della pianificazione e della valutazione delle politiche.
(10)
Le statistiche demografiche rappresentano un elemento fondamentale per la stima della popolazione totale nell’ambito del sistema europeo dei conti. È importante che i dati siano aggiornati e rivisti ai fini dell’elaborazione di statistiche a livello europeo.
(11)
Al fine di garantire la qualità e, in particolare, la comparabilità dei dati trasmessi dagli Stati membri, nonché allo scopo di consentire l’elaborazione a livello dell’Unione di quadri di sintesi attendibili, i dati utilizzati dovrebbero basarsi sugli stessi concetti e dovrebbero riferirsi a date o periodi di riferimento identici.
(12)
Il regolamento (CE) n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio (3) definisce un quadro di riferimento per le statistiche demografiche europee. In particolare, esso richiede il rispetto dei principi di indipendenza professionale, imparzialità, obiettività, affidabilità, segreto statistico e efficacia sotto il profilo dei costi.
(13)
I dati demografici dovrebbero essere coerenti con le pertinenti informazioni rilevate a norma del regolamento (CE) n. 862/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio (4) e del regolamento (CE) n. 763/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio (5). A tal fine, è opportuno valutare metodi statistici di stima basati su dati scientifici e ben documentati, e incoraggiarne l’uso.
(14)
In sede di sviluppo, produzione e diffusione delle statistiche europee, le autorità statistiche nazionali e l’autorità statistica europea nonché, se del caso, altre autorità competenti a livello nazionale e regionale, dovrebbero tener conto dei principi sanciti dal codice delle statistiche europee, riveduto e aggiornato dal comitato del sistema statistico europeo il 28 settembre 2011.
(15)
Il presente regolamento garantisce il diritto al rispetto della vita privata e della vita familiare e il diritto alla protezione dei dati di carattere personale sanciti dagli articoli 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
(16)
La direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (6) e il regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (7) si applicano con riguardo al trattamento dei dati personali nell’ambito del presente regolamento.
(17)
Poiché l’obiettivo del presente regolamento, vale a dire la definizione di un quadro giuridico comune per la produzione sistematica di statistiche demografiche europee negli Stati membri, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata e degli effetti dell’azione in questione, può essere conseguito meglio a livello dell’Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 TUE. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(18)
Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione del presente regolamento, dovrebbero essere attribuite alla Commissione competenze di esecuzione. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (8),
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto
Il presente regolamento definisce un quadro giuridico comune in vista dello sviluppo, della produzione e della diffusione di statistiche europee sulla popolazione e sugli eventi di stato civile.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:
a) «nazionale»: si riferisce al territorio di uno Stato membro ai sensi del regolamento (CE) n. 1059/2003 applicabile alla data di riferimento;
b) «regionale»: livello NUTS 1, NUTS 2 o NUTS 3 ai sensi del regolamento (CE) n. 1059/2003 applicabile alla data di riferimento; qualora tale termine sia utilizzato con riferimento a paesi che non sono membri dell’Unione, «regionale» si riferisce alle regioni statistiche al livello 1, 2 o 3, come concordato tra tali paesi e la Commissione (Eurostat), alla data di riferimento;
c) «popolazione dimorante abitualmente»: tutte le persone che hanno dimora abituale in uno Stato membro alla data di riferimento;
d) «dimora abituale»: il luogo in cui una persona trascorre normalmente il periodo di riposo giornaliero, indipendentemente da assenze temporanee per attività ricreative, vacanze, visite ad amici e parenti, affari, trattamenti sanitari o pellegrinaggi religiosi. Sono considerate dimoranti abitualmente in una specifica area geografica soltanto le persone:
i)
che hanno vissuto nel loro luogo di dimora abituale senza interruzione per un periodo di almeno dodici mesi prima della data di riferimento; oppure
ii)
che si sono stabilite nel loro luogo di dimora abituale nei dodici mesi precedenti la data di riferimento con l’intenzione di rimanervi per almeno un anno.
Qualora le circostanze di cui ai punti i) o ii) non possano essere verificate, per «dimora abituale» si intende il luogo di residenza legale o dichiarata nei registri, salvo ai fini dell’articolo 4.
Nell’applicare la definizione di «dimora abituale», gli Stati membri riservano ai casi speciali il trattamento previsto conformemente all’allegato del regolamento (CE) n. 1201/2009 della Commissione (9);
e) «nascita vitale»: la nascita di un bambino che, indipendentemente dalla durata della gestazione, respira o manifesta altro segno di vita, quale battito cardiaco, pulsazione del cordone ombelicale o determinati movimenti dei muscoli volontari;
f) «morte»: la permanente scomparsa di ogni segno di vita in un qualsiasi momento successivo alla nascita vitale (cessazione post-natale delle funzioni vitali senza possibilità di rianimazione);
g) «eventi di stato civile»: la nascita vitale e la morte come definiti alle lettere e) e f).
Articolo 3
Dati sulla popolazione e sugli eventi di stato civile
1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) dati sulla loro popolazione che dimora abitualmente alla data di riferimento. I dati forniti contemplano la popolazione in base all’età, al sesso e alla regione di residenza.
2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati sui loro eventi di stato civile verificatisi durante il periodo di riferimento. Gli Stati membri utilizzano la stessa definizione di popolazione che impiegano per i dati di cui al paragrafo 1. I dati forniti contemplano le seguenti variabili:
a)
nati vivi per sesso, mese di evento, ordine di nascita vitale, età della madre, anno di nascita della madre, paese di nascita della madre, paese di cittadinanza della madre e regione di residenza della madre;
b)
decessi per età, sesso, anno di nascita, regione di residenza, paese di nascita, paese di cittadinanza e mese di evento.
3. Gli Stati membri utilizzano la stessa definizione di popolazione per tutti i livelli nazionali e regionali definiti dal presente regolamento.
4. La Commissione adotta atti di esecuzione che stabiliscono condizioni uniformi per la disaggregazione dei dati di cui ai paragrafi 1 e 2, nonché i termini e le revisioni dei dati. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 10, paragrafo 2.
Articolo 4
Popolazione totale per scopi specifici dell’Unione
1. Ai fini della votazione a maggioranza qualificata in seno al Consiglio, entro otto mesi dalla fine dell’anno di riferimento gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) dati sulla popolazione totale a livello nazionale alla data di riferimento, conformemente all’articolo 2, lettera c).
2. Gli Stati membri possono stimare la popolazione totale di cui al paragrafo 1 sulla base della popolazione legalmente residente o dichiarata nei registri, utilizzando metodi statistici di stima basati su dati scientifici, ben documentati e pubblicamente disponibili.
Articolo 5
Frequenza e termini di riferimento
1. Ogni anno gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati statistici relativi alla loro popolazione e ai loro eventi di stato civile dell’anno precedente di cui all’articolo 3, paragrafo 1, e all’articolo 3, paragrafo 2, lettere a) e b).
2. Ogni anno gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati relativi alla popolazione totale a livello nazionale di cui all’articolo 4.
3. Ai fini del presente regolamento, per termini di riferimento si intendono la data di riferimento di cui al paragrafo 4 o il periodo di riferimento di cui al paragrafo 5, a seconda dei casi.
4. La data di riferimento per i dati sulla popolazione è la scadenza del periodo di riferimento (la mezzanotte del 31 dicembre). La prima data di riferimento è nel 2013 e l’ultima data di riferimento è nel 2027.
5. Il periodo di riferimento per i dati sugli eventi di stato civile è l’anno civile in cui gli eventi si sono verificati. Il primo periodo di riferimento è il 2013 e l’ultimo periodo di riferimento è il 2027.
Articolo 6
Trasmissione di dati e di metadati
Gli Stati membri mettono a disposizione della Commissione (Eurostat) i dati e i metadati di cui al presente regolamento conformemente alle norme di scambio di dati e metadati specificate dalla Commissione (Eurostat). Gli Stati membri forniscono tali dati e metadati tramite i servizi del punto di accesso unico in modo tale che la Commissione (Eurostat) possa recuperarli oppure li trasmettono utilizzando i servizi del punto di accesso unico.
Articolo 7
Fonti di dati
I dati sono basati sulle fonti di dati scelte dagli Stati membri conformemente al diritto e agli usi nazionali. Ove opportuno, sono utilizzati metodi di stima statistica ben documentati e fondati su basi scientifiche.
Articolo 8
Studi di fattibilità
1. Gli Stati membri effettuano studi di fattibilità sull’utilizzo della definizione di «dimora abituale» per la popolazione e gli eventi di stato civile di cui all’articolo 3, paragrafi 1 e 2.
2. I risultati degli studi di fattibilità di cui al paragrafo 1 sono trasmessi alla Commissione entro il 31 dicembre 2016.
3. Al fine di facilitare l’esecuzione degli studi di fattibilità di cui al paragrafo 1 del presente articolo, l’Unione può fornire sostegno finanziario agli istituti statistici nazionali e alle altre autorità nazionali di cui all’articolo 5 del regolamento (CE) n. 223/2009.
Articolo 9
Norme in materia di qualità
1. Gli Stati membri si assicurano della qualità dei dati trasmessi.
2. Ai fini del presente regolamento, ai dati da trasmettere si applicano i criteri di qualità di cui all’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 223/2009.
3. Gli Stati membri riferiscono alla Commissione (Eurostat) sui metadati di riferimento utilizzando gli standard del Sistema statistico europeo e, in particolare, sulle fonti di dati, le definizioni e i metodi di stima utilizzati per il primo anno di riferimento; gli Stati membri provvedono a informare la Commissione (Eurostat) in merito a qualsiasi loro modifica.
4. Su richiesta della Commissione (Eurostat), gli Stati membri le trasmettono tutte le informazioni necessarie a valutare la qualità delle informazioni statistiche.
5. Gli Stati membri si assicurano che i dati sulla popolazione di cui all’articolo 3 del presente regolamento siano coerenti con quelli richiesti dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (CE) n. 862/2007.
Articolo 10
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita dal Comitato del sistema statistico europeo istituito dal regolamento (CE) n. 223/2009. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.
Articolo 11
Clausola di revisione
1. La Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una prima relazione sull’attuazione del presente regolamento entro il 31 dicembre 2018 e una seconda relazione entro il 31 dicembre 2023. In tali relazioni la Commissione tiene conto delle informazioni pertinenti fornite dagli Stati membri e valuta la qualità dei dati trasmessi, i metodi utilizzati per la raccolta dei dati, l’onere supplementare gravante sugli Stati membri e sui partecipanti, nonché la comparabilità di tali statistiche. Tali relazioni valutano l’uso di metodi statistici di stima basati su dati scientifici e ben documentati, per la stima della «popolazione che dimora abitualmente» rispetto alla popolazione legalmente residente o dichiarata nei registri. La prima relazione ricomprende altresì i risultati degli studi di fattibilità di cui all’articolo 8.
2. Se del caso, dette relazioni sono corredate di proposte volte a migliorare ulteriormente il quadro giuridico comune per lo sviluppo, la produzione e la diffusione di statistiche europee sulla popolazione e sugli eventi di stato civile a norma del presente regolamento.
Articolo 12
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento cessa di applicarsi il 31 agosto 2028.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Strasburgo, il 20 novembre 2013
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
V. LEŠKEVIČIUS
(1) Posizione del Parlamento europeo del 22 ottobre 2013 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 15 novembre 2013.
(2) Regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, relativo all’istituzione di una classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (NUTS) (GU L 154 del 21.6.2003, pag. 1).
(3) Regolamento (CE) n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009, relativo alle statistiche europee e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1101/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo alla trasmissione all’Istituto statistico delle Comunità europee di dati statistici protetti dal segreto, il regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, relativo alle statistiche comunitarie, e la decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio, che istituisce un comitato del programma statistico delle Comunità europee (GU L 87 del 31.3.2009, pag. 164).
(4) Regolamento (CE) n. 862/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, relativo alle statistiche comunitarie in materia di migrazione e di protezione internazionale e che abroga il regolamento (CEE) n. 311/76 del Consiglio relativo all’elaborazione di statistiche riguardanti i lavoratori stranieri (GU L 199 del 31.7.2007, pag. 23).
(5) Regolamento (CE) n. 763/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, sull’igiene dei prodotti alimentari (GU L 218 del 13.8.2008, pag. 14).
(6) Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31).
(7) Regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1).
(8) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13).
(9) Regolamento (CE) n. 1201/2009 della Commissione, del 30 novembre 2009, recante attuazione del regolamento (CE) n. 763/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai censimenti della popolazione e delle abitazioni per quanto riguarda le specifiche tecniche delle variabili e delle loro classificazioni (GU L 329 del 15.12.2009, pag. 29).
Fine documento.
Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto: | Statistiche demografiche
QUAL È L'OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Stabilisce misure relative all'armonizzazione e alla raccolta di dati sulla popolazione e sugli eventi di stato civile (ad es. nascite e decessi).
Stabilisce le definizioni comuni, i temi trattati e le caratteristiche delle informazioni richieste, la copertura, i criteri di qualità e i termini di trasmissione e i risultati, sebbene i paesi dell'UE procedano alla compilazione dei dati secondo le proprie fonti e pratiche nazionali.
PUNTI CHIAVE
Perché queste statistiche sono importanti?
1.Stime di alta qualità sulla popolazione sono essenziali per il processo democratico dell'UE, ad es. sono importanti per il calcolo della ponderazione dei voti nel caso di una votazione a maggioranza qualificata in seno al Consiglio. Dal 1o novembre 2014, per maggioranza qualificata s'intende almeno il 55 % dei membri del Consiglio, con un minimo di 15 rappresentanti paesi dell'UE che totalizzino almeno il 65 % della popolazione dell'UE (doppia maggioranza).
2.La valutazioni a lungo termine sulla sostenibilità delle finanze pubbliche dei paesi dell'UE è, fra le altre cose, condotta sulla base delle proiezioni sulla popolazione di Eurostat, per la cui elaborazione sono necessarie serie storiche tempestive, accurate, attendibili e coerenti sulla popolazione, le nascite e i decessi, nonché valide ipotesi sulla futura evoluzione della fecondità, della speranza di vita e dei flussi migratori.
3.Il progresso della strategia di sviluppo sostenibile dell'UE è misurato tramite il rapporto redatto da Eurostat sulla base di serie storiche sugli indici di dipendenza degli anziani, sui tassi di fecondità e sulla speranza di vita nell'UE.
4.Le tendenze relative alla coesione economica, sociale e territoriale vengono valutate in base ai dati demografici regionali.
Regolamento di esecuzione (UE) n. 205/2014 della Commissione, del 4 marzo 2014, che stabilisce condizioni uniformi di applicazione del regolamento (UE) n. 1260/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche demografiche europee per quanto riguarda le disaggregazioni, i termini di trasmissione e le revisioni di dati.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
È applicata a partire dal 30 dicembre 2013.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si veda:
«Popolazione (demografia, migrazione e proiezioni)» sul sito Internet di Eurostat.
ATTO
Regolamento (UE) n. 1260/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, relativo alle statistiche demografiche europee (GU L 330, 10.12.2013, pag. 39-43)
ATTI COLLEGATI
Regolamento di esecuzione (UE) n. 205/2014 della Commissione, del 4 marzo 2014, che stabilisce condizioni uniformi di applicazione del regolamento (UE) n. 1260/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche demografiche europee per quanto riguarda le disaggregazioni, i termini di trasmissione e le revisioni di dati (GU L 65, 5.3.2014, pag. 10-26) | 1 | 1,357 |
Leggi e memorizza il seguente documento legislativo.
Inizio documento.
Direttiva 2003/94/CE della Commissione, dell'8 ottobre 2003, che stabilisce i principi e le linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione relative ai medicinali per uso umano e ai medicinali per uso umano in fase di sperimentazione (Testo rilevante ai fini del SEE)
Gazzetta ufficiale n. L 262 del 14/10/2003 pag. 0022 - 0026
Direttiva 2003/94/CE della Commissionedell'8 ottobre 2003che stabilisce i principi e le linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione relative ai medicinali per uso umano e ai medicinali per uso umano in fase di sperimentazione(Testo rilevante ai fini del SEE)LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità europea,vista la direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano(1), modificata da ultimo dalla direttiva 2003/63/CE(2), in particolare l'articolo 47,considerando quanto segue:(1) Tutti i medicinali per uso umano fabbricati o importati nella Comunità, compresi i medicinali destinati all'esportazione, devono essere prodotti conformemente ai principi e alle linee direttrici sulle buone prassi di fabbricazione.(2) Tali principi e linee direttrici sono stabiliti nella direttiva 91/356/CEE della Commissione, del 13 giugno 1991, che stabilisce i principi e le direttrici sulle buone prassi di fabbricazione dei medicinali per uso umano(3).(3) L'articolo 13, paragrafo 3, della direttiva 2001/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 aprile 2001, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative all'applicazione della buona pratica clinica nell'esecuzione della sperimentazione clinica di medicinali a uso umano(4), prescrive che siano elaborate, secondo le linee direttrici sulle buone prassi di fabbricazione, indicazioni dettagliate sugli elementi di cui tener conto nel valutare i medicinali in fase di sperimentazione prodotti per il rilascio dei lotti nella Comunità.(4) È perciò necessario ampliare e adeguare le norme della direttiva 91/356/CEE per comprendervi le buone prassi di fabbricazione dei medicinali in fase di sperimentazione.(5) Poiché occorre modificare la maggior parte delle disposizioni della direttiva 91/356/CEE, a fini di chiarezza l'intera direttiva deve essere sostituita.(6) Per garantire la conformità ai principi e alle linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione, è necessario stabilire norme dettagliate riguardanti le ispezioni delle autorità competenti e una serie di obblighi del fabbricante.(7) Tutti i fabbricanti devono sottoporre le operazioni di fabbricazione a un'efficace sistema di gestione della qualità; ciò richiede l'adozione di un sistema di garanzia della qualità farmaceutica.(8) È necessario stabilire principi e linee direttrici di buone prassi di fabbricazione anche per quanto riguarda gestione della qualità, personale, siti e impianti, documentazione, produzione, controllo di qualità, subappalto, reclami, richiami del prodotto e autoispezione.(9) Per tutelare le persone addette agli esperimenti clinici e garantire la possibilità di risalire all'origine dei medicinali in fase di sperimentazione, sono necessarie norme specifiche sull'etichettatura di tali prodotti.(10) I provvedimenti di cui alla presente direttiva sono conformi al parere del comitato permanente sui medicinali a uso umano, di cui all'articolo 121 della direttiva 2001/83/CE,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1Campo d'applicazioneLa presente direttiva fissa i principi e le linee direttrici relative alle buone prassi di fabbricazione dei medicinali per uso umano la cui fabbricazione è soggetta all'autorizzazione di cui all'articolo 40 della direttiva 2001/83/CE e dei medicinali per uso umano in fase di sperimentazione la cui fabbricazione è soggetta all'autorizzazione di cui all'articolo 13 della direttiva 2001/20/CE.Articolo 2DefinizioniAi fini della presente direttiva, si applicano le seguenti definizioni:1) "Medicinale", qualsiasi prodotto rispondente alla definizione di cui all'articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2001/83/CE.2) "Medicinale in fase di sperimentazione", qualsiasi prodotto rispondente alla definizione dell'articolo 2, lettera d), della direttiva 2001/20/CE.3) "Fabbricante", qualunque persona impegnata in attività per le quali è necessaria l'autorizzazione di cui all'articolo 40, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2001/83/CE, o di cui all'articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2001/20/CE.4) "Persona qualificata", la persona di cui all'articolo 48 della direttiva 2001/83/CE o di cui all'articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2001/20/CE.5) "Garanzia della qualità farmaceutica", la somma di tutte le precauzioni messe in atto per garantire che i medicinali o i medicinali in fase di sperimentazione abbiano la qualità richiesta per l'uso cui sono destinati.6) "Buone prassi di fabbricazione", la parte di garanzia della qualità che assicura che i medicinali siano prodotti e controllati secondo norme di qualità adeguate all'uso cui sono destinati.7) "Mascheramento", oscuramento intenzionale dell'identità di un medicinale in fase di sperimentazione secondo le istruzioni del garante.8) "Smascheramento", rivelazione dell'identità di un prodotto mascherato.Articolo 3Ispezioni1. Mediante le reiterate ispezioni, di cui all'articolo 111, paragrafo 1, della direttiva 2001/83/CE e di cui all'articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2001/20/CE, gli Stati membri fanno sì che i fabbricanti rispettino i principi e le linee direttrici delle buoni prassi di fabbricazione fissate dalla presente direttiva. Gli Stati membri tengono altresì conto della compilazione delle procedure comunitarie sulle ispezioni e lo scambio di informazioni pubblicata dalla Commissione.2. Per interpretare i principi e linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione, i fabbricanti e le autorità competenti tengono conto delle linee direttrici dettagliate di cui all'articolo 47, secondo comma, della direttiva 2001/83/CE, pubblicate dalla Commissione nella "Guida alle buone prassi di fabbricazione dei medicinali e dei medicinali in fase di sperimentazione".Articolo 4Conformità alle buone prassi di fabbricazione1. Il fabbricante fa sì che le operazioni di fabbricazione siano conformi alle buone prassi di fabbricazione e all'autorizzazione di fabbricazione. Questa disposizione si applica anche ai medicinali destinati esclusivamente all'esportazione.2. Per i medicinali e i medicinali in fase di sperimentazione importati da paesi terzi, l'importatore garantisce che essi rispondano a norme di fabbricazione almeno equivalenti a quelle valide nella Comunità.L'importatore di medicinali garantisce inoltre che tali medicinali siano prodotti da fabbricanti debitamente autorizzati allo scopo. L'importatore di medicinali in fase di sperimentazione garantisce che tali medicinali siano prodotti da fabbricanti notificati alle autorità competenti e da queste abilitati allo scopo.Articolo 5Conformità all'autorizzazione all'immissione in commercio1. Il fabbricante si accerta che tutte le operazioni di fabbricazione dei medicinali soggetti a un'autorizzazione di immissione in commercio siano eseguite in conformità alle informazioni fornite nella relativa domanda di autorizzazione approvata dalle competenti autorità.Per i medicinali in fase di sperimentazione, il fabbricante si accerta che tutte le operazioni di fabbricazione rispondano alle informazioni fornite dal garante ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2001/20/CE e accettate dalle competenti autorità.2. Il fabbricante riesamina a intervalli regolari i propri metodi di fabbricazione alla luce del progresso tecnico e scientifico e dello sviluppo dei medicinali in fase di sperimentazione.Quando sia necessario una modifica del fascicolo di autorizzazione all'immissione in commercio o della domanda di cui all'articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2001/20/CE, la richiesta di modifica va presentata alle competenti autorità.Articolo 6Sistema di garanzia della qualitàIl fabbricante istituisce e mette in opera un efficace sistema di garanzia della qualità farmaceutica, che implichi l'attiva partecipazione del personale direttivo e degli addetti ai vari dipartimenti.Articolo 7Personale1. In ogni sito produttivo, il fabbricante dispone di sufficiente personale, di competenza e qualifiche idonee, per realizzare l'obiettivo di garantire la qualità farmaceutica.2. I compiti del personale direttivo e di controllo, compresa la persona qualificata responsabile dell'applicazione della messa in opera delle buone prassi di fabbricazione sono definite in appositi mansionari. I rapporti gerarchici sono definiti in un organigramma. Organigrammi e mansionari sono approvati ai sensi delle procedure interne del fabbricante.3. Al personale di cui al paragrafo 2 è conferita l'autorità necessaria per il corretto esercizio delle sue funzioni.4. Il personale riceve una formazione iniziale e permanente, di cui è verificata l'efficacia, vertente in particolare sulla teoria e la pratica della nozione di garanzia della qualità e delle buone prassi di fabbricazione ed eventualmente su specifici requisiti della fabbricazione dei medicinali in fase di sperimentazione.5. Sono organizzati e seguiti corsi di igiene adeguati alle attività da svolgere. Essi riguardano soprattutto la salute, l'igiene e l'abbigliamento del personale.Articolo 8Stabilimenti e impianti1. L'ubicazione, la progettazione, la costruzione, la ristrutturazione e la manutenzione degli stabilimenti e degli impianti di produzione sono adeguate alle attività da svolgervi.2. Gli stabilimenti e gli impianti di produzione sono disposti, progettati e fatti funzionare in modo da minimizzare rischi di errore e da permettere pulizia e manutenzione efficaci onde evitare contaminazioni, contaminazioni incrociate e, in genere, effetti deleteri sulla qualità del prodotto.3. Gli stabilimenti e gli impianti da usare in fasi del processo produttivo decisive per la qualità dei prodotti sono sottoposti a adeguate prescrizioni e omologazione.Articolo 9Documentazione1. Il fabbricante istituisce e aggiorna un sistema di documentazione basato su specifiche, formule di fabbricazione, istruzioni di lavorazione e di imballaggio, procedure e registrazioni per ogni operazione produttiva eseguita. La documentazione è chiara, veritiera, aggiornata. Sono tenute a disposizione procedure prestabilite e condizioni della produzione generale e i documenti specifici alla produzione di ciascun lotto. Tale insieme di documenti permette di ricostruire l'iter di fabbricazione di ogni lotto e le modifiche introdotte durante lo sviluppo di un medicinale in fase di sperimentazione.La documentazione sui lotti di un medicinale è conservata per almeno un anno dalla data di scadenza dei lotti cui si riferisce o almeno per cinque anni dal rilascio degli attestati di cui all'articolo 51, paragrafo 3, della direttiva 2001/83/CE, qualunque sia il periodo più lungo.Per i medicinali in fase di sperimentazione, la documentazione dei lotti è conservata per almeno cinque anni dal completamento o dalla sospensione formale dell'ultimo esperimento clinico in cui il lotto è stato usato. Il garante o, se è diverso, il titolare dell'autorizzazione alla immissione in commercio è responsabile della conservazione dei documenti necessari a tale autorizzazione ai sensi dell'allegato I della direttiva 2001/83/CE se necessari a un'autorizzazione successiva.2. Se invece di documenti scritti si usano sistemi di elaborazione elettronici, fotografici o d'altro tipo, il fabbricante convalida preventivamente i sistemi, provando che i dati verranno adeguatamente memorizzati per il periodo previsto. I dati memorizzati da tali sistemi sono resi disponibili in forma semplice e leggibile e forniti alle autorità competenti su loro richiesta. I dati memorizzati in forma elettronica vanno protetti contro perdite o danneggiamenti, per esempio mediante metodi quali la duplicazione o la produzione di copie di riserva trasferite su altri sistemi di stoccaggio; sono inoltre conservate piste di controllo.Articolo 10Produzione1. Le varie operazioni di produzione sono effettuate secondo istruzioni e procedure prestabilite e in base a buone prassi di fabbricazione. Risorse adeguate e sufficienti sono destinate ai controlli durante la produzione. Procedure deviate e difetti di produzione vanno documentati e accuratamente investigati.2. Sono presi adeguati provvedimenti tecnico-organizzativi per evitare contaminazioni incrociate e miscele. Per i medicinali in fase di sperimentazione, particolare attenzione è prestata alla manipolazione dei prodotti durante e dopo ogni operazione di mascheramento.3. Per i medicinali, ogni nuova fabbricazione o modifica importante alla produzione di un medicinale è convalidata. Fasi critiche dei processi produttivi formano regolarmente oggetto di nuova convalida.4. Per i medicinali in fase di sperimentazione è eventualmente convalidato l'intero processo di fabbricazione tenendo conto della fase di sviluppo del prodotto. Sono convalidate almeno le fasi più importanti, per esempio la sterilizzazione. Tutte le fasi di progettazione e sviluppo del processo produttivo sono minuziosamente documentate.Articolo 11Controllo di qualità1. Il fabbricante istituisce e mantiene un sistema di controllo della qualità, posto sotto la responsabilità di una persona adeguatamente qualificata e indipendente dalla produzione.Tale persona dispone o può accedere a uno o più laboratori di controllo della qualità dotati di personale adeguato e di strumenti atti ad analizzare e testare le materie prime, i materiali da imballaggio e i prodotti intermedi e finali.2. Per i medicinali, compresi quelli importati da paesi terzi, si può ricorrere a laboratori esterni ai sensi dell'articolo 12 della presente direttiva e dell'articolo 20, lettera b), della direttiva 2001/83/CE.Per i medicinali in fase di sperimentazione, il garante fa sì che il laboratorio esterno si conformi ai requisiti di cui all'articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2001/20/CE, prescritti dalla competente autorità. Quando i prodotti sono importati da paesi terzi, le analisi non sono obbligatorie.3. Durante il controllo finale del prodotto finito, prima della distribuzione o dell'immissione in commercio o dell'utilizzazione per sperimentazione clinica, il sistema di controllo della qualità tiene conto, oltre che dei risultati delle analisi, anche di informazioni essenziali come le condizioni di produzione, i controlli nel corso del processo, l'esame dei documenti di fabbricazione, la conformità del prodotto alle specifiche e l'imballaggio definitivo.4. I campioni di ogni lotto di medicinale finito sono conservati per almeno un anno dalla data di scadenza.Per i medicinali in fase di sperimentazione, sono conservati, per almeno due anni dal completamento o dalla sospensione formale dell'ultimo esperimento clinico in cui il lotto è stato usato, qualunque sia il periodo più a lungo, campioni sufficienti di ogni lotto di prodotto alla rinfusa e delle principali componenti d'imballaggio usate per ogni lotto di prodotto finito.A meno che lo Stato membro di fabbricazione non richieda per legge un periodo più lungo, i campioni delle materie prime usate nel processo di fabbricazione, esclusi solventi, gas o acqua, sono conservati per almeno due anni dall'autorizzazione del medicinale. Tale periodo può essere abbreviato se il periodo di stabilità della materia prima, indicato nella specifica che la riguarda, è più breve. Tutti i campioni vanno tenuti a disposizione delle autorità competenti.D'accordo con l'autorità competente, si possono definire altre condizioni di campionamento e di conservazione delle materie prime e di taluni medicinali fabbricati singolarmente o in piccola quantità, ovvero se il loro immagazzinamento solleva particolari problemi.Articolo 12Appalto di operazioni1. Ogni operazione di fabbricazione, o operazione collegata, affidate contrattualmente a terzi, forma oggetto di un contratto scritto.2. Il contratto definisce chiaramente le responsabilità delle parti e in particolare l'obbligo dell'appaltatore di rispettare le buone prassi di fabbricazione e il modo in cui la persona qualificata responsabile della certificazione di ciascun lotto deve esercitare le proprie funzioni.3. L'appaltatore non può subappaltare alcun lavoro affidatogli senza una autorizzazione scritta del committente.4. L'appaltatore rispetta i principi e le linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione e si sottopone alle ispezioni effettuate dalle autorità competenti di cui all'articolo 111 della direttiva 2001/83/CE e all'articolo 15 della direttiva 2001/20/CE.Articolo 13Reclami, richiamo del prodotto e smascheramento d'emergenza1. Per i medicinali, il fabbricante mette in opera un sistema che registri ed esamini i reclami e un sistema efficace di richiamo rapido, in qualunque momento, dei medicinali nella rete di distribuzione. Egli registra ed esamina ogni reclamo relativo a difetti e informa l'autorità competente di tutti i difetti che possano dar luogo a richiami o ad anormali limitazioni delle forniture e, nei limiti del possibile, indica i paesi di destinazione.I richiami sono effettuati in conformità alle disposizioni di cui all'articolo 123 della direttiva 2001/83/CE.2. Per i medicinali in fase di sperimentazione, il fabbricante istituisce, insieme al garante, un sistema che registri ed esamini i reclami e un sistema efficace di richiamo rapido in qualunque momento dei medicinali in fase di sperimentazione già immessi nel circuito di distribuzione. Egli registra ed esamina ogni reclamo riguardante difetti e informa l'autorità competente di tutti i difetti che possano dar luogo a richiami o ad anormali limitazioni delle forniture.Per i medicinali in fase di sperimentazione vanno indicati tutti i siti di prova e nei limiti del possibile, anche i paesi di destinazione.In caso di medicinale in fase di sperimentazione di cui sia stata autorizzata l'immissione in commercio, il fabbricante di tale medicinale, insieme al garante, informa il titolare dell'autorizzazione di ogni possibile difetto del medicinale autorizzato.3. Se necessario ad accelerare un richiamo di cui al paragrafo 2, il garante predispone una procedura per lo smascheramento urgente di prodotti mascherati. La procedura garantisce che l'identità del prodotto mascherato sia rivelata solo nella misura del necessario.Articolo 14AutoispezioneIn seno al sistema di garanzia della qualità, il fabbricante effettua ripetute autoispezioni per controllare l'applicazione e il rispetto delle buone prassi di fabbricazione e proporre i necessari correttivi. Le autoispezioni sono registrate, come pure tutti i successivi correttivi.Articolo 15EtichettaturaL'etichettatura di un medicinale in fase di sperimentazione è tale da tutelarne l'oggetto e garantirne la rintracciabilità, da consentire l'identificazione dei prodotti e degli esami e da permettere l'uso adeguato del medicinale in fase di sperimentazione.Articolo 16Abrogazione della direttiva 91/356/CEELa direttiva 91/356/CEE è abrogata.I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva.Articolo 17Attuazione1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro e non oltre il 30 aprile 2004. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo delle norme e la tavola di concordanza tra tali norme e quelle della direttiva.Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione il testo delle principali disposizioni nazionali da essi adottate nella materia disciplinata dalla presente direttiva.Articolo 18Entrata in vigoreLa presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Articolo 19DestinatariGli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, l'8 ottobre 2003.Per la CommissioneErkki LiikanenMembro della Commissione(1) GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67.(2) GU L 159 del 27.6.2003, pag. 46.(3) GU L 193 del 17.7.1991, pag. 30.(4) GU L 121 dell'1.5.2001, pag. 34.
Fine documento.
Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto: | Medicinali per uso umano e medicinali per uso umano in fase di sperimentazione — Fabbricazione sicura
SINTESI
CHE COSA FA LA DIRETTIVA?
Stabilisce i principi e le linee direttrici sulle buone prassi di fabbricazione relative ai medicinali per uso umano e ai medicinali per uso umano in fase di sperimentazione*.
PUNTI CHIAVE
Le autorità nazionali devono organizzare ispezioni per garantire che i fabbricanti rispettino i principi e le linee direttrici definiti dalla normativa.
I fabbricanti devono:
garantire che le proprie attività siano correttamente autorizzate e rispettino le buone prassi di fabbricazione;
rivedere regolarmente i propri metodi di fabbricazione alla luce del progresso scientifico e tecnico;
istituire e mettere in opera un efficace sistema di garanzia della qualità farmaceutica, che implichi l’attiva partecipazione del personale direttivo e degli addetti;
disporre di sufficiente personale, di competenza e qualifiche idonee, per realizzare l’obiettivo di garantire la qualità farmaceutica;
definire i compiti del personale direttivo e di controllo e fornire loro una formazione adeguata;
stilare e tenere aggiornato un sistema di documentazione, un sistema di controllo della qualità posto sotto la responsabilità di una persona adeguatamente qualificata e corsi di igiene;
condurre frequenti ispezioni delle proprie operazioni e adottare ogni necessaria azione correttiva;
implementare un sistema per rispondere ai reclami, esaminarli e mettere in atto misure per richiamare tempestivamente qualsiasi medicinale, se necessario, informando al contempo le autorità competenti della loro azione.
I locali e le attrezzature utilizzate devono essere situati, progettati, costruiti, adattati e mantenuti per soddisfare il loro scopo, ridurre al minimo il rischio di errore e consentire una pulizia e una manutenzione efficaci.
Il sistema di documentazione deve contenere i dettagli di ciascun lotto di prodotti ed essere conservato per almeno un anno dopo la data di scadenza per i medicinali e, per i medicinali in fase di sperimentazione, per almeno cinque anni dal completamento dell’ultimo esperimento clinico in cui il lotto è stato usato. I dati elettronici devono essere protetti da eventuali perdite o danni.
Le diverse operazioni di produzione devono essere conformi alle istruzioni e alle procedure prestabilite.
Il sistema di controllo della qualità deve includere l’accesso ai laboratori di controllo della qualità e deve conservare i campioni di ciascun lotto di prodotti per almeno un anno dopo la data di scadenza per i medicinali e, per i medicinali in fase di sperimentazione, per almeno cinque anni dal completamento dell’ultimo esperimento clinico in cui il lotto è stato usato.
Qualsiasi lavoro appaltato deve essere autorizzato da un contratto scritto che definisca le responsabilità di entrambe le parti a rispettare le buone prassi di fabbricazione.
Gli importatori devono garantire che i prodotti importati rispondano a norme di fabbricazione almeno equivalenti a quelle valide nell’Unione europea (UE).
Una normativa a parte [regolamento (UE) n. 536/2014] stabilisce le condizioni che le sperimentazioni cliniche devono soddisfare.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Si applica dal 3 novembre 2003. I paesi dell’UE dovevano integrarla nel proprio diritto nazionale entro il 30 aprile 2004.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:
«Qualità dei medicinali e buone prassi di fabbricazione»
sul sito Internet della Commissione europea
«Conformità con le buone prassi di fabbricazione e le buone prassi di distribuzione»
sul sito Internet dell’Agenzia europea per i medicinali
TERMINE CHIAVE
* Medicinale in fase di sperimentazione: principio attivo in forma farmaceutica o placebo sottoposto a sperimentazione oppure utilizzato come riferimento nel corso di una sperimentazione clinica.
ATTO
Direttiva 2003/94/CE della Commissione, dell’8 ottobre 2003, che stabilisce i principi e le linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione relative ai medicinali per uso umano e ai medicinali per uso umano in fase di sperimentazione (GU L 262 del 14.10.2003, pagg. 22-26)
ATTI COLLEGATI
Regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’Agenzia europea per i medicinali (GU L 136 del 30.4.2004, pagg. 1-33).
Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 726/2004 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
Direttiva 2004/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che modifica la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU L 136 del 30.4.2004, pagg. 34-57)
Direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU L 311 del 28.11.2001, pagg. 67-128). Si veda la versione consolidata.
Regolamento (UE) n. 536/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, sulla sperimentazione clinica di medicinali per uso umano e che abroga la direttiva 2001/20/CE (GU L 158 del 27.5. 2014, pagg. 1-76) | 1 | 569 |
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Inizio documento.
DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 5 ottobre 2006
che istituisce un meccanismo d'informazione reciproca sulle misure degli Stati membri nei settori dell'asilo e dell'immigrazione
(2006/688/CE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 66,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
Il 4 novembre 2004 il Consiglio europeo ha approvato un programma pluriennale, noto come programma dell’Aia, per il rafforzamento dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, in cui sollecita l’avvio della seconda fase di sviluppo di una politica comune in materia di asilo, migrazione, visti e frontiere, che è iniziata il 1o maggio 2004 e si fonda, tra l'altro, su una più stretta cooperazione pratica fra gli Stati membri e un migliore scambio di informazioni.
(2)
Dall'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, lo sviluppo di politiche comuni in materia di asilo e immigrazione ha determinato un’interdipendenza maggiore fra le politiche degli Stati membri in questi settori, rendendo essenziale un maggiore coordinamento delle politiche nazionali ai fini del rafforzamento dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
(3)
Nelle conclusioni del 14 aprile 2005, il Consiglio «Giustizia e affari interni» ha chiesto l'istituzione di un sistema d'informazione reciproca tra i responsabili delle politiche di migrazione e di asilo degli Stati membri, fondato sulla necessità di comunicare informazioni relative alle misure che possono avere un impatto significativo su diversi Stati membri o sull’Unione europea in generale e atto a consentire uno scambio di opinioni tra Stati membri e Commissione su richiesta di uno degli Stati membri o della Commissione.
(4)
Il meccanismo d'informazione dovrebbe basarsi sulla solidarietà, la trasparenza e la fiducia reciproca e offrire un canale flessibile, rapido e snello per lo scambio d'informazioni e di opinioni, a livello di Unione europea, sulle misure nazionali in materia di asilo e di immigrazione.
(5)
Ai fini dell'applicazione della presente decisione, fra le misure nazionali nei settori dell'asilo e dell'immigrazione che possono avere un impatto significativo su diversi Stati membri o sull’Unione europea in generale si annoverano intenzioni politiche, programmazioni a lungo termine, normativa adottata e in fase di progetto, decisioni definitive dei supremi organi giurisdizionali che applicano o interpretano disposizioni di diritto interno e decisioni amministrative che si ripercuotono su un numero consistente di persone.
(6)
Le informazioni dovrebbero essere comunicate al più tardi quando le misure in questione diventano di dominio pubblico; tuttavia, s'incoraggiano gli Stati membri a trasmetterle il prima possibile.
(7)
Per motivi di efficienza e accessibilità, è opportuno che una rete basata sul web costituisca un elemento essenziale del meccanismo d’informazione sulle misure nazionali nei settori dell'asilo e dell'immigrazione.
(8)
La possibilità di scambiare opinioni sulle misure nazionali dovrebbe venire a integrare lo scambio d'informazioni attraverso una rete basata sul web.
(9)
Il meccanismo d'informazione istituito dalla presente decisione non dovrebbe pregiudicare il diritto degli Stati membri di chiedere in qualsiasi momento, a norma del regolamento interno del Consiglio, che si tenga nell'ambito del Consiglio una discussione ad hoc su misure nazionali.
(10)
Poiché gli obiettivi della presente decisione, ossia lo scambio d'informazioni sicuro e la consultazione fra gli Stati membri, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa degli effetti della presente decisione, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(11)
Il Regno Unito e l'Irlanda, a norma dell'articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda, allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, hanno notificato che desiderano partecipare all'adozione e all'applicazione della presente decisione.
(12)
A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca, allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all'adozione della presente decisione e non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Oggetto e campo di applicazione
1. La presente decisione istituisce un meccanismo di scambio reciproco di informazioni sulle misure nazionali nei settori dell’asilo e dell’immigrazione che possono avere un impatto significativo su diversi Stati membri o sull’Unione europea in generale.
2. Il meccanismo di cui al paragrafo 1 consente di preparare scambi di opinioni e dibattiti su dette misure.
Articolo 2
Informazioni da comunicare
1. Gli Stati membri comunicano alla Commissione e agli altri Stati membri informazioni sulle misure che intendono adottare, o hanno recentemente adottato, nei settori dell’asilo e dell’immigrazione, laddove dette misure siano di dominio pubblico e possano avere un impatto significativo su diversi Stati membri o sull'Unione europea in generale.
Le informazioni sono comunicate il prima possibile e, al più tardi, quando diventano di dominio pubblico. Ai fini del presente paragrafo valgono gli obblighi in materia di riservatezza e di protezione dei dati eventualmente applicabili ad una data misura.
Ciascuno Stato membro ha la responsabilità di valutare se le proprie misure nazionali possono avere un impatto significativo su diversi Stati membri o sull'Unione europea in generale.
2. Le informazioni a norma del paragrafo 1 sono comunicate attraverso la rete di cui all'articolo 3 mediante il modulo di segnalazione allegato alla presente decisione.
3. La Commissione o uno Stato membro possono chiedere ulteriori precisazioni riguardo alle informazioni che un altro Stato membro ha comunicato attraverso la rete. In tal caso, lo Stato membro in questione dispone di un mese per fornire ulteriori precisazioni.
Non possono essere chieste ulteriori precisazioni a norma del presente paragrafo riguardo alle informazioni relative a decisioni definitive dei supremi organi giurisdizionali che applicano o interpretano disposizioni di diritto interno.
4. Gli Stati membri possono avvalersi della possibilità di fornire ulteriori precisazioni, di cui al paragrafo 3, anche per comunicare, di propria iniziativa oppure su richiesta della Commissione o di un altro Stato membro, informazioni su misure che esulano dall'obbligo di cui al paragrafo 1.
Articolo 3
La rete
1. La rete per lo scambio di informazioni a norma della presente decisione è basata sul web.
2. La Commissione è responsabile dello sviluppo e della gestione della rete, compresi la struttura, i contenuti e l'accesso ad essa. Misure adeguate garantiscono la riservatezza di tutte le informazioni reperibili sulla rete o di parte di esse.
3. Per l'effettiva messa in opera della rete, la Commissione si avvale della piattaforma tecnica esistente nel quadro comunitario della rete telematica transeuropea per lo scambio di informazioni tra le autorità degli Stati membri.
4. Una funzionalità specifica della rete consentirà alla Commissione e agli Stati membri di chiedere ad uno o più Stati membri sia ulteriori precisazioni sulle misure comunicate, in conformità dell'articolo 2, paragrafo 3, sia altre informazioni, in conformità dell'articolo 2 paragrafo 4.
5. Gli Stati membri designano i referenti nazionali con accesso alla rete e ne informano la Commissione.
6. Laddove necessario per lo sviluppo della rete, la Commissione può concludere accordi con istituzioni della Comunità europea e con enti di diritto pubblico costituiti in virtù dei trattati che istituiscono le Comunità europee o costituiti nell'ambito dell'Unione europea.
La Commissione informa il Consiglio ogniqualvolta sia presentata una siffatta richiesta di accesso e ogniqualvolta sia autorizzato l'accesso dell'istituzione e/o ente in questione.
Articolo 4
Scambio di opinioni, relazione generale e discussioni a livello ministeriale
1. La Commissione elabora ogni anno una relazione generale per ricapitolare le principali informazioni comunicate dagli Stati membri. Al fine di predisporre tale relazione individuando gli elementi d'interesse comune, gli Stati membri si associano alla Commissione nel lavoro preparatorio, che può comprendere riunioni tecniche nell'arco del periodo coperto dalla relazione, durante le quali gli esperti degli Stati membri possono procedere ad uno scambio di opinioni sulle informazioni comunicate a norma dell'articolo 2.
La relazione generale è trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio.
2. Fatta salva la possibilità di tenere consultazioni ad hoc nell'ambito del Consiglio, la relazione generale della Commissione costituisce la base su cui si sviluppa il dibattito a livello ministeriale sulle politiche nazionali in materia di asilo e immigrazione.
Articolo 5
Valutazione e riesame
La Commissione valuta il funzionamento del meccanismo due anni dopo l’entrata in vigore della presente decisione e a intervalli regolari in seguito. La Commissione propone, se del caso, modifiche della presente decisione.
Articolo 6
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 7
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea.
Fatto a Lussemburgo, addì 5 ottobre 2006.
Per il Consiglio
Il presidente
K. RAJAMÄKI
(1) Parere emesso il 3 maggio 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
ALLEGATO
Fine documento.
Produci un riassunto strutturato del documento. Raissunto: | Meccanismo d’informazione reciproca sulle misure nazionali nei settori dell’asilo e dell’immigrazione
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
La decisione punta a intensificare lo scambio di informazioni tra gli Stati dell’UE sulle misure nazionali nei settori dell’asilo e dell’immigrazione.
Essa istituisce una procedura d’informazione formale tra i paesi dell’UE e la Commissione europea, con l’obiettivo di migliorare il coordinamento delle politiche di immigrazione e di asilo tra i paesi dell’UE.
PUNTI CHIAVE
Scambio e trasmissione delle informazioni
Il meccanismo d’informazione reciproca consente lo scambio di informazioni tra la Commissione e i paesi dell’UE sulle leggi nazionali in materia di asilo e di immigrazione.
I paesi dell’UE sono tenuti a trasmettere le misure che intendono adottare o che hanno recentemente adottato:attraverso una rete basata sul web; e mediante il modulo di segnalazione allegato alla decisione. Le informazioni sono comunicate il prima possibile e, al più tardi, quando diventano di dominio pubblico
I paesi dell’Unione europea sono tenuti a comunicare alla Commissione e agli altri paesi dell’UE soltanto le misure che potrebbero avere un impatto significativo:in altri paesi dell’UE; a livello dell’UE in generale. Sviluppo e gestione della rete
La Commissione è responsabile dello sviluppo e della gestione della rete. Per la messa in opera della rete, essa si avvale della piattaforma tecnica esistente nel quadro comunitario della rete telematica transeuropea per lo scambio di informazioni tra le autorità degli Stati membri (nota come CIRCA). La rete consente alla Commissione e agli Stati membri di chiedere a uno o più Stati membri ulteriori precisazioni sulle misure comunicate.
Le misure specifiche nazionali notificate in questo modo possono dare luogo ad uno scambio di opinioni tra esperti dei paesi dell’UE e la Commissione.
Oltre a queste discussioni tecniche, la Commissione elabora ogni anno una relazione per ricapitolare le principali informazioni comunicate dai paesi dell’UE. La relazione sarà presentata al Parlamento europeo e al Consiglio e costituirà la base su cui si sviluppa il dibattito a livello ministeriale sulle politiche nazionali in materia di asilo e di immigrazione.
Valutazione
Nel 2009 la Commissione ha pubblicato una relazione di valutazione del funzionamento del meccanismo d’informazione reciproca. Tra aprile 2007 e il 30 settembre 2009, solo 16 paesi dell’UE hanno trasmesso informazioni tramite il meccanismo d’informazione reciproca solo su 45 misure. Non sono state effettuate comunicazioni relative a decisioni definitive degli organi giurisdizionali di ultimo grado.
Il formato in cui sono state redatte le comunicazioni era raramente omogeneo e il modulo di segnalazione allegato alla decisione non veniva sempre utilizzato.
A volte venivano forniti solo il titolo inglese e il testo nella lingua originale, con conseguenti problemi di comprensione. Erano presenti inoltre differenze nel contenuto dei moduli di segnalazione presentati: alcuni erano relativamente completi, mentre altri fornivano solo una descrizione sommaria senza fornire un’indicazione della natura della misura.
La relazione concludeva che il meccanismo di informazione reciproca non aveva raggiunto i suoi obiettivi poiché la quantità di informazioni presentate era formale. Tuttavia, poiché era stato operativo solo per un breve periodo, la Commissione ha ritenuto prematuro proporre emendamenti alla decisione.
Il meccanismo di informazione reciproca per le misure nazionali in materia di asilo e immigrazione non è stato attivato né dalla Commissione né dai paesi dell’UE, nemmeno durante i due anni di intenso afflusso di migranti in Europa, nel 2015 e nel 2016. Invece, i paesi dell’UE (le presidenze dell’Unione europea) sembravano preferire utilizzare il meccanismo di informazione sulle crisi dell’Unione europea per scambiare dati sui flussi migratori. La richiesta di informazioni è stata poi gradualmente rilevata dalle agenzie competenti dell’Unione europea, EASO e FRONTEX, che oggi forniscono la maggior parte dei dati sulla migrazione necessari per gestire il flusso migratorio attuale. Ulteriori informazioni su importanti sviluppi nel campo della migrazione nei paesi dell’UE sono regolarmente aggiornate attraverso i bollettini della rete europea sulla migrazione che vengono regolarmente prodotti ogni trimestre.
Malgrado ciò, non si può escludere che il meccanismo di informazione reciproca possa rivelarsi utile nei futuri scambi di informazioni sulla migrazione tra i paesi dell’UE e la Commissione europea e quindi la sua esistenza è ancora giustificabile.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
È stata applicata a partire dal 3 novembre 2006.
CONTESTO
Le misure nazionali nei settori dell’immigrazione e dell’asilo potrebbero avere un impatto su altri paesi dell’UE. Ciò è dovuto:alla mancanza di controlli di frontiera nell’area Schengen; alle strette relazioni economiche e sociali tra i paesi dell’UE; e allo sviluppo di politiche comuni in materia di visti, immigrazione e asilo. Per maggiori informazioni, consultare:Rete europea delle migrazioni a livello nazionale (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2006/688/CE del Consiglio, del 5 ottobre 2006, che istituisce un meccanismo d’informazione reciproca sulle misure degli Stati membri nei settori dell’asilo e dell’immigrazione (GU L 283 del 14.10.2006, pag. 40).
DOCUMENTO CORRELATO
Relazione della Commissione ai sensi degli articoli 4 e 5 della decisione del Consiglio, del 5 ottobre 2006, che istituisce un meccanismo d’informazione reciproca sulle misure degli Stati membri nei settori dell’asilo e dell’immigrazione (COM/2009/0687 def. del 17.12.2009). | 0 | 771 |
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