italian
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Pasifae entra nella vacca di legno, perché il toro corra a soddisfare la sua lussuria | Ne la vacca entra Pasife, perché ’l torello a sua lussuria corra |
Credo di essermi stupito molto | Di maraviglia, credo, mi dipinsi |
Come i beati risorgeranno solleciti all'ultima chiamata, ognuno dalla sua tomba, cantando alleluia con la voce proveniente dal corpo di cui si saranno rivestiti, così sul carro divino si alzarono cento ministri e messaggeri di vita eterna, in risposta alla voce di un vecchio tanto autorevole | Quali i beati al novissimo bando surgeran presti ognun di sua caverna, la revestita voce alleluiando, cotali in su la divina basterna si levar cento, ad vocem tanti senis, ministri e messaggier di vita etterna |
Quel peccatore sollevò la bocca dal feroce pasto, pulendola coi capelli della testa che aveva addentato da dietro | La bocca sollevò dal fiero pasto quel peccator, forbendola a’capelli del capo ch’elli avea di retro guasto |
O compagnia invitata a partecipare all'alta cena dell'Agnello di Dio da cui proviene ciò che egli pensa | O sodalizio eletto a la gran cena del benedetto Agnello, il qual vi ciba sì, che la vostra voglia è sempre piena, se per grazia di Dio questi preliba di quel che cade de la vostra mensa, prima che morte tempo li prescriba, ponete mente a l’affezione immensa e roratelo alquanto: voi bevete sempre del fonte onde vien quel ch’ei pensa |
Costei chiese di parlare a Lucia e le disse: - Ora il tuo fedele ha bisogno di te e io a te lo raccomando - | Questa chiese Lucia in suo dimando e disse: - Or ha bisogno il tuo fedele di te, e io a te lo raccomando - |
La sua vista mi aveva abbagliato | L’aspetto suo m’avea la vista tolta |
Apri la mente a quello che ti spiego e fissalo nella memoria | Apri la mente a quel ch’io ti paleso e fermalvi entro |
Un tempo si faceva guerra di solito con le spade | Già si solea con le spade far guerra |
Le sue parole e il fatto che fosse tra gli Epicurei mi avevano fatto capire il nome di costui | Le sue parole e ’l modo de la pena m’avean di costui già letto il nome |
Il disappunto richiama con forza la ragione che si perde dietro alle passioni che coinvolgono i sensi. | E questo ad alta voce anco richiama la ragione sviata dietro ai sensi. |
E Dionigi Areopagita si mise con tanto desiderio a contemplare questi ordini, che li elencò e li nominò come ho fatto io | E Dionisio con tanto disio a contemplar questi ordini si mise, che li nomò e distinse com’io |
Anima tanto nobile che meriterebbe di esser regina, se non fossi fra noi scesa così tardi! | Alma real, dignissima d' impero se non fossi fra noi scesa sí tardo! |
la filosofia va in giro povera e nuda | Povera e nuda vai filosofia |
Credo che le differenze di luminosità degli astri siano causate dalla differente densità del corpo stellare | Ciò che n’appar qua sù diverso credo che fanno i corpi rari e densi |
infatti in Cielo, quanto più numerosi sono coloro che godono di un bene, tanto maggiore è il bene posseduto, e più carità arde in quel sacro luogo | ché, per quanti si dice più lì ‘nostro’, tanto possiede più di ben ciascuno, e più di caritate arde in quel chiostro |
Io iniziai: | Io cominciai: |
Bisogna parlare così al vostro ingegno, poiché apprende solo attraverso i sensi ciò che poi diventa oggetto di conoscenza intellettiva | Così parlar conviensi al vostro ingegno, però che solo da sensato apprende ciò che fa poscia d’intelletto degno |
Per questo il Vangelo e i libri dei Padri della Chiesa sono trascurati, e si leggono solo i Decretali, come appare dai loro margini sgualciti | Per questo l’Evangelio e i dottor magni son derelitti, e solo ai Decretali si studia, sì che pare a’ lor vivagni |
e affidai le armi al mio generale Belisario, che fu assistito dal cielo a tal punto che ciò fu segno che io dovessi fermarmi | e al mio Belisar commendai l’armi, cui la destra del ciel fu sì congiunta, che segno fu ch’i’ dovessi posarmi |
ma la natura presenta la materia sempre in modo imperfetto, operando come l'artista che ha la mano tremante mentre esercita la sua arte | ma la natura la dà sempre scema, similemente operando a l’artista ch’a l’abito de l’arte ha man che trema |
Da ciò puoi comprendere anche la vostra resurrezione della carne, se pensi che il corpo umano fu creato direttamente da Dio insieme ai primi progenitori | E quinci puoi argomentare ancora vostra resurrezion, se tu ripensi come l’umana carne fessi allora che li primi parenti intrambo fensi |
Allora l'altro rispose: | Ond’ei rispuose: |
Per favore, andiamo laggiù senza guida, se tu sai la strada | deh, sanza scorta andianci soli, se tu sa’ ir |
Benedetto sia tu, o Dio uno e trino, che sei tanto cortese verso il mio discendente | Benedetto sia tu, trino e uno, che nel mio seme se’ tanto cortese |
Quando fummo là dove la rugiada combatte col sole, poiché è in punto dove c'è ombra ed evapora poco, il mio maestro pose ambo le mani sull'erbetta, a palme aperte:allora io, che avevo capito cosa volesse fare, porsi verso di lui le guance ancora sporche di pianto: lui mi scoprì il colore del viso che l'Inferno aveva nascosto | Quando noi fummo là ‘ve la rugiada pugna col sole, per essere in parte dove, ad orezza, poco si dirada, ambo le mani in su l’erbetta sparte soavemente ‘l mio maestro pose: ond’io, che fui accorto di sua arte, porsi ver’ lui le guance lagrimose: ivi mi fece tutto discoverto quel color che l’inferno mi nascose |
Ma ormai seguimi, poiché penso che dobbiamo andare | Ma seguimi oramai, che ’l gir mi piace |
Non credano donna Berta e ser Martino che, se vedono un uomo che ruba e un altro che fa pie offerte, essi siano già giudicati da Dio | Non creda donna Berta e ser Martino, per vedere un furare, altro offerere, vederli dentro al consiglio divino |
Cresce come un arbusto e una pianta selvatica: le Arpie, poi, nutrendosi delle sue foglie provocano dolore, e aprono una via attraverso la quale il dolore fuoriesce | Surge in vermena e in pianta silvestra: l’Arpie, pascendo poi de le sue foglie, fanno dolore, e al dolor fenestra |
null | null |
Nessun tuo passo vada verso il basso | Nessun tuo passo caggia |
Io vidi nella stella di Giove le anime che vi erano ospitate e che sfolgoravano, formando delle lettere visibili ai miei occhi | Io vidi in quella giovial facella lo sfavillar de l’amor che lì era, segnare a li occhi miei nostra favella |
Se io fossi stato protetto dal fuoco, mi sarei gettato tra loro nel sabbione e credo che il maestro l'avrebbe tollerato | S’i’ fossi stato dal foco coperto, gittato mi sarei tra lor di sotto, e credo che ’l dottor l’avrìa sofferto |
Poi iniziò: | Poi cominciò: |
E lui a me: | Ed elli a me: |
Come il bue siciliano, che muggì per la prima volta coi lamenti di colui che l'aveva forgiato col suo lavoro, muggiva con la voce del torturato, tanto da sembrare trafitto dal dolore anche se era fatto di rame | Come ’l bue cicilian che mugghiò prima col pianto di colui, e ciò fu dritto, che l’avea temperato con sua lima,mugghiava con la voce de l’afflitto, sì che, con tutto che fosse di rame, pur el pareva dal dolor trafitto |
e il mio desiderio fu espresso, proprio come volle Beatrice | e come volle Beatrice, fu la mia voglia confessa |
O spiriti morti in grazia di Dio e scelti per la salvezza, in nome di quella pace che credo tutti voi attendiate, diteci dove la montagna è meno ripida, così che sia possibile salire | O ben finiti, o già spiriti eletti, per quella pace ch’i’ credo che per voi tutti s’aspetti, ditene dove la montagna giace sì che possibil sia l’andare in suso |
allora io vidi i beati scintillare per la gioia di rispondermi | mi pinse con la forza del suo peso: per ch’io di coruscar vidi gran feste |
Quelle pietose braccia del cristo crocifisso, alle quali desidero affidarmi, le vedo ancora aperte in segno di perdono e accoglienza. | Quelle pietose braccia in ch' io mi fido, veggio aperte ancora. |
Ed è necessario che porti questo peso a causa sua, finché a Dio piacerà, qui tra i morti, poiché non lo feci tra vivi | E qui convien ch’io questo peso porti per lei, tanto che a Dio si sodisfaccia, poi ch’io nol fe’ tra ‘ vivi, qui tra ‘ morti |
Stessa sorte è toccata ai suoi ondulati capelli d'oro fino e al suo luminoso sorriso angelico: con essi ella riproduceva qui in terra la gioia paradisiaca. | Le crespe chiome d' or puro lucente e 'l lampeggiar de l'angelico riso che solean fare in terra un paradiso, poca polvere son che nulla sente. |
Io mi fermai e vidi due dannati che con lo sguardo mostravano una gran fretta di raggiungermi, ma il peso delle cappe e la via stretta li ostacolava | Ristetti, e vidi due mostrar gran fretta de l’animo, col viso, d’esser meco, ma tardavali ’l carco e la via stretta |
Solo come una tortora me ne voglio andar, voglio separare la mia vita in disperazione per l'eccesso dell'ingiustizia così grave che mi è stata fatta. | Soletto come tortula voi' gire, solo partir – mia vita in disperanza, per arroganza – di così gran torto. |
Lui mi rispose: | Ed elli a me: |
Che andate pensando, voi tre soli | Che andate pensando sì voi sol tre |
Le foglie non erano verdi, ma di colore scuro | Non fronda verde, ma di color fosco |
Se io, lettore, avessi più ampio spazio per scrivere, io descriverei almeno in parte il dolce sapore dell'acqua dell'Eunoè che non mi avrebbe mai saziato | S’io avessi, lettor, più lungo spazio da scrivere, i’ pur cantere’ in parte lo dolce ber che mai non m’avrìa sazio |
Ricordati, spergiuro, del cavallo, e sia per te un tormento il fatto che lo sappia tutto il mondo | Ricorditi, spergiuro, del cavallo e sieti reo che tutto il mondo sallo |
Tuttavia, rimossa ogni menzogna, rendi manifesto tutto ciò che hai visto | Ma nondimen, rimossa ogne menzogna, tutta tua vision fa manifesta |
In quel luogo non può nulla, poiché esso è indipendente dai quattro elementi essenziali: risplende in lui l'eterna intellezione, non accoglie il piacere ma contempla, tanto da non produrre elementi di confronto. | In quella parte mai non ha pessanza perché da qualitate non descende: resplende, in sé perpetual effetto: non ha diletto, ma consideranza: sì che non pote largir simiglianza. |
infatti vengo dal Cerchio dove sono gli occhi puri di tua moglie Marzia, che a vederla sembra pregarti di considerarla ancora tua, o petto santo: in nome del suo amore, dunque, piegati a noi | ma son del cerchio ove son li occhi casti di Marzia tua, che ‘n vista ancor ti priega, o santo petto, che per tua la tegni: per lo suo amore adunque a noi ti piega |
E ciò che ora devo descrivere non fu mai pronunciato a voce, né scritto con l'inchiostro, né mai concepito dalla fantasia umana | E quel che mi convien ritrar testeso, non portò voce mai, né scrisse incostro, né fu per fantasia già mai compreso |
E iniziò: | E cominciò: |
Fu questa l'immagine che ebbi di lei l'ultima volta che la vidi in vita: ora sono assalito da tristi presentimenti e sogni e pensieri oscuri, e piaccia a dio che il mio sospettare risulti vano. | Cosí in dubbio lasciai la vita mia: or tristi auguri e sogni e penser' negri mi danno assalto, e piaccia a dio che 'nvano. |
Orsù, quando sarai tornato sulla Terra e avrai riposato per il lungo cammino | Deh, quando tu sarai tornato al mondo, e riposato de la lunga via |
O lettore, tu vedi bene come io innalzo la materia del mio canto, perciò non stupirti se io la rafforzo con un'arte più raffinata | Lettor, tu vedi ben com’io innalzo la mia matera, e però con più arte non ti maravigliar s’io la rincalzo |
Lei rispose sorridendo: | Sorridendo rispuose: |
Ora conosci il nostro comportamento e di cosa fummo colpevoli: se forse vuoi conoscere i nomi di tutti noi, non c'è il tempo di dirteli e io non saprei farlo | Or sai nostri atti e di che fummo rei: se forse a nome vuo’ saper chi semo, tempo non è di dire, e non saprei |
Venga per noi la pace del tuo regno, poiché noi non possiamo salire ad essa con le nostre forze, se non ci viene data, anche se ci impegniamo in ogni modo | Vegna ver’ noi la pace del tuo regno, ché noi ad essa non potem da noi, s’ella non vien, con tutto nostro ingegno |
Un altro dannato, che aveva la gola squarciata, il naso mozzo fin sotto le ciglia ed era privo di un orecchio, fermatosi a guardarmi stupito come gli altri, prima degli altri aprì la canna della gola che fuori da ogni parte era rossa di sangue ,e disse: | Un altro, che forata avea la gola e tronco ’l naso infin sotto le ciglia, e non avea mai ch’una orecchia sola, ristato a riguardar per maraviglia con li altri, innanzi a li altri aprì la canna, ch’era di fuor d’ogni parte vermiglia, e disse: |
che ti renderà piacevole la mia città, anche se tutti ne parlano male | che ti farà piacere la mia città, come ch’om la riprenda |
Osanna, o santo Dio degli eserciti, che illumini dall'alto con la tua luce i beati fuochi di questi regni | Osanna, sanctus Deus sabaòth, superillustrans claritate tua felices ignes horum malacòth |
Lo spazio fra loro era occupato da un carro trionfale, su due ruote, che procedeva trainato dal collo di un grifone | Lo spazio dentro a lor quattro contenne un carro, in su due rote, triunfale, ch’al collo d’un grifon tirato venne |
Quel cerchio che sembrava nascere come da un riflesso, dopo essere stato a lungo osservato dai miei occhi, mi sembrò che avesse dipinta in esso, dello stesso colore, l'immagine umana: per questo avevo penetrato all'interno tutto il mio sguardo | Quella circulazion che sì concetta pareva in te come lume reflesso, da li occhi miei alquanto circunspetta, dentro da sé, del suo colore stesso, mi parve pinta de la nostra effige: per che ‘l mio viso in lei tutto era messo |
Donna, l'amore mi spinge a dovervi confessare il mio amore, e ogni giorno che passa rafforza la mia passione: almeno ne ricevessi un compenso! | Donna, l'amor mi sforza ch'eo vi deggia contare com'eo so 'nnamorato, e ciascun giorno inforza la mia voglia d'amare: pur foss'eo meritato! |
allora un diavolo si mosse, mentre gli altri stavano fermi, e giunse a lui dicendogli: | per ch’un si mosse, e li altri stetter fermi, e venne a lui dicendo: |
e io canterò di quel secondo regno in cui l'anima umana si purifica e diventa degna di salire al cielo | e canterò di quel secondo regno dove l’umano spirito si purga e di salire al ciel diventa degno |
Sono rimasto in balia di una sorte avversa e mi sento come una nave alla deriva, ormai priva di alberi e vele, senza la guida luminosa che ho tanto amato. | Rimaso senza 'l lume ch' amai tanto in gran fortuna e 'n disarmato legno. |
Io sono colui che tenni entrambe le chiavi del cuore di Federico II, e che le usai così bene nel chiudere e nell'aprire che esclusi dai suoi segreti quasi tutti: fui fedele al mio alto incarico, al punto che persi per questo la pace e la vita | Io son colui che tenni ambo le chiavi del cor di Federigo, e che le volsi, serrando e diserrando, sì soavi, che dal secreto suo quasi ogn’uom tolsi: fede portai al glorioso offizio, tanto ch’i’ ne perde’ li sonni e ’ polsi |
Se dico la verità, i fatti non lo nascondono | S’io dico ‘l ver, l’effetto nol nasconde |
E io provo gioia a morire per il suo amore. | Onde mi piace morir per su' amore. |
Poi mi sembrò che la terra si aprisse fra le due ruote, e vidi che ne usciva un drago che conficcò la coda su per il carro | Poi parve a me che la terra s’aprisse tr’ambo le ruote, e vidi uscirne un drago che per lo carro sù la coda fisse |
Io ero abituato a questi ammonimenti per non perder tempo, così che su quell'argomento non poteva parlarmi in modo oscuro | Io era ben del suo ammonir uso pur di non perder tempo, sì che ‘n quella materia non potea parlarmi chiuso |
Dopo che ebbi riconosciuto qualcuno di loro, vidi e riconobbi l'ombra di colui che per viltà fece il grande rifiuto | Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto, vidi e conobbi l’ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto |
L'anima deve assai riconoscente per l'onore di cui fu creduta essere degna in quel momento. | Anima, assai ringraziar dei, che fosti a tanto onor degnata allora. |
O toscano, che sei venuto nella compagnia dei tristi ipocriti, non disdegnare di dirci chi sei | O Tosco, ch’al collegio de l’ipocriti tristi se’ venuto, dir chi tu se’ non avere in dispregio |
In seguito si fermarono nella 'M' della quinta parola | Poscia ne l’emme del vocabol quinto rimasero ordinate |
Tu pensi il vero | Tu credi ‘l vero |
Vuoi che lo colpisca sul groppone | Vuo’ che ’l tocchi in sul groppone |
Fin tanto che io fui in carne ed ossa, col corpo datomi da mia madre, le mie opere non furono improntate alla violenza ma all'astuzia | Mentre ch’io forma fui d’ossa e di polpe che la madre mi diè, l’opere mie non furon leonine, ma di volpe |
Ma il suo gregge è diventato ghiotto di nuovi cibi, per cui è inevitabile che si disperda in diversi pascoli | Ma ‘l suo pecuglio di nova vivanda è fatto ghiotto, sì ch’esser non puote che per diversi salti non si spanda |
parlano e ascoltano, poi sono precipitati giù | dicono e odono, e poi son giù volte |
dall'altra con la virtù di rafforzare il ricordo di ogni buona azione | da l’altra d’ogne ben fatto la rende |
Tu dovrai farle da marito, da padre: ogni aiuto si aspetta dalle tue mani, perché il pontefice è intento ad altre imprese. | Tu marito, tu padre: ogni soccorso di tua man s'attende, ché 'l maggior padre ad altr'opera intende. |
Non mi tiene come cosa sua né mi lascia andare. | E non m'ancide amore e non mi sferra |
poi si rivolse, piena di desiderio, a quella parte dove il mondo è più luminoso | poi si rivolse tutta disiante a quella parte ove ‘l mondo è più vivo |
e io non ne compresi il senso, tanto mi assordò il tuono | né io lo ‘ntesi, sì mi vinse il tuono |
Il buio dell'Inferno, o di una notte priva di qualunque stella, sotto un cielo oscuro quanto può esserlo quello di una notte coperta da nubi, non velò la mia vista come quel fumo che lì ci avvolse, né mi irritò gli occhi al punto da non poterli tenere aperti | Buio d’inferno e di notte privata d’ogne pianeto, sotto pover cielo, quant’esser può di nuvol tenebrata, non fece al viso mio sì grosso velo come quel fummo ch’ivi ci coperse, né a sentir di così aspro pelo, che l’occhio stare aperto non sofferse |
Penso proprio a questo | Vedi ch’a ciò penso |
Così vedrò chiaramente come spesso l'uomo si affatichi vanamente dietro cose incerte e quanto spesso si desiderino beni vani. | Sí vedrem chiaro poi come sovente per le cose dubbiose altri s'avanza, e come spesso indarno si sospira |
Non appena il vento li portò verso di noi, iniziai a parlare: | Sì tosto come il vento a noi li piega, mossi la voce: |
da me sono nati i Filippi e i Luigi da cui la Francia è stata governata di recente | di me son nati i Filippi e i Luigi per cui novellamente è Francia retta |
Il maestro mi disse: | Disse ’l maestro: |
il tuo arbitrio è libero dal peccato, giusto e sano, per cui sarebbe un errore non agire in base ad esso: dunque, io ti incorono signore di te stesso | libero, dritto e sano è tuo arbitrio, e fallo fora non fare a suo senno: per ch’io te sovra te corono e mitrio |
Sappi insomma che furono tutti chierici e importanti letterati di gran fama, la cui vita fu lercia dello stesso peccato | In somma sappi che tutti fur cherci e litterati grandi e di gran fama, d’un peccato medesmo al mondo lerci |
Barbariccia, avvilito insieme agli altri, ne fece volare quattro sull'altro argine con tutti gli uncini, e quelli scesero rapidamente da un lato e dall'altro nei punti loro assegnati | Barbariccia, con li altri suoi dolente, quattro ne fé volar da l’altra costa con tutt’i raffi, e assai prestamente di qua, di là discesero a la posta |
Ben presto sarai nel punto dove l'occhio ti darà la risposta, vedendo la causa che produce questo fenomeno | Avaccio sarai dove di ciò ti farà l’occhio la risposta, veggendo la cagion che ’l fiato piove |
La causa della caduta fu la maledetta superbia di colui che tu hai visto schiacciato da tutti i pesi del mondo, confitto al centro della Terra | Principio del cader fu il maladetto superbir di colui che tu vedesti da tutti i pesi del mondo costretto |
se si guarda con attenzione e con intelletto integro | se ben si guarda con la mente sana |