italian
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e poiché l'usuraio percorre un'altra strada, egli disprezza la natura in quanto tale e riguardo all'operosità, dal momento che ripone in altro la sua speranza | e perché l’usuriere altra via tene, per sé natura e per la sua seguace dispregia, poi ch’in altro pon la spene |
Vedo bene come entrambi i desideri ti attraggono, così che la tua ansia frena se stessa e non traspare al di fuori | Io veggio ben come ti tira uno e altro disio, sì che tua cura sé stessa lega sì che fuor non spira |
Come un fulmine erompe dalla nube perché si dilata, al punto che la nube non lo può contenere, e cade a terra contro la sua natura, così la mia mente, divenuta più grande fra quelle vivande, uscì da se stessa e non è in grado ora di ricordare cosa fece in quel momento | Come foco di nube si diserra per dilatarsi sì che non vi cape, e fuor di sua natura in giù s’atterra, la mente mia così, tra quelle dape fatta più grande, di sé stessa uscìo, e che si fesse rimembrar non sape |
poi li uccide come un'antica belva | poscia li ancide come antica belva |
e attendo qui Carlino che faccia apparire meno grave la mia colpa | e aspetto Carlin che mi scagioni |
e di qui, poi, stilla sopra il sangue della donna nella matrice naturale | e quindi poscia geme sovr’altrui sangue in natural vasello |
Ah, quanto mi sembrava feroce nell'aspetto | Ahi quant’elli era ne l’aspetto fero |
Mi sarà meno duro da sopportare, perché amore fa proclamare proprio che ogni forma di scortesia venga messa al bando e minaccia di togliere la sua protezione su denuncia di chi riceve il male: ma voi non intendo certo biasimarvi. | Fiemi forse men danno a sofferire, ch'amor pur fa bandire che tutta scanoscenza sia in bando, e che ritrae 'l comando a l'acusanza di cului c'ha 'l male: ma voi non blasmeria. |
Ahimè, devi scendere | Omè, tu cali |
e Beatrice le ascoltava, sospirando devota, con aspetto tale che Maria trasfigurò in modo simile ai piedi della croce | e Beatrice sospirosa e pia, quelle ascoltava sì fatta, che poco più a la croce si cambiò Maria |
E io, che ero pronto a rispondere, iniziai a parlare senza esitazioni: | E io, ch’avea già pronta la risposta, sanza indugio a parlare incominciai: |
Noi tutti siamo stati uccisi violentemente e siamo stati peccatori fino all'ultima ora | Noi fummo tutti già per forza morti, e peccatori infino a l’ultima ora |
Se la costellazione dei Gemelli fosse congiunta con quello specchio che fa salire e scendere la luce, tu vedresti lo Zodiaco rosseggiante ruotare ancora più vicino al nord, a meno che non uscisse dal suo consueto cammino | Se Castore e Poluce fossero in compagnia di quello specchio che sù e giù del suo lume conduce, tu vedresti il Zodiaco rubecchio ancora a l’Orse più stretto rotare, se non uscisse fuor del cammin vecchio |
Che avevano per molti anni tenuto nascosto il loro vero significato, e distolse giovanni e piero dal loro mestiere di pescatori, facendoli partecipi del regno dei cieli. | Di sé, nascendo a roma non fe' grazia, a giudea sí, tanto sovr'ogni stato umiltate essaltar sempre gli piacque! |
In seguito quel padre e quel maestro se ne va con la sua donna e con la sua famiglia, che già cingeva i fianchi con l'umile cinto | Indi sen va quel padre e quel maestro con la sua donna e con quella famiglia che già legava l’umile capestro |
Io vidi l'uomo che ritraeva le braccia nelle ascelle, e le due zampe dell'animale, che erano corte, allungarsi tanto quanto le braccia si accorciavano | Io vidi intrar le braccia per l’ascelle, e i due piè de la fiera, ch’eran corti, tanto allungar quanto accorciavan quelle |
cosicché, non appena vide coi suoi occhi questo Cielo, rise di se stesso | onde, sì tosto come li occhi aperse in questo ciel, di sé medesmo rise |
Hai attraversato il cielo e sei venuto fino a me, e mi hai usato come termine di paragone per un amore vano, profano: perché le lodi spettano solo a me e alla madonna, regina del cielo, grazie alla quale cessa ogni peccato | Lo ciel passasti e 'nfin a me venisti e desti in vano amor me per semblanti: ch'a me conven le laude e a la reina del regname degno, per cui cessa onne fraude |
E io: | E io: |
E io gli dissi: | E io a lui: |
E se osservi bene la casa di dio, oggi tutta in fiamme, spegnendo pochi motivi di ostilità, si placheranno le bramosie, che ora si mostrano tanto accese, così che alla fine saranno lodate in cielo le tue azioni. | E se ben guardi a la magion di dio, ch' arde oggi tutta, assai poche faville spegnendo, fien tranquille le voglie che si mostran sí 'nfiammate: onde fien l'opre tue nel ciel laudate. |
ma le mie ali non erano adatte a un volo simile : senonché la mia mente fu colpita da una folgorazione, grazie alla quale poté soddisfare il suo desiderio | ma non eran da ciò le proprie penne: se non che la mia mente fu percossa da un fulgore in che sua voglia venne |
Qui si vedono tra i tuoi personaggi Antigone, Deifile e Argia, e Ismene così triste come fu | Quivi si veggion de le genti tue Antigone, Deifile e Argia, e Ismene sì trista come fue |
soltanto questo ci permette Dio | cotanto ancor ne splende il sommo duce |
Perché vi opponete a quel volere che non può mai non andare a buon fine, e che più volte ha accresciuto le vostre pene | Perché recalcitrate a quella voglia a cui non puote il fin mai esser mozzo, e che più volte v’ha cresciuta doglia |
e fui figlio legittimo dell'orsa, talmente avido per avvantaggiare i miei parenti che in vita misi in borsa il denaro, qui ho messo in borsa me stesso | e veramente fui figliuol de l’orsa, cupido sì per avanzar li orsatti, che sù l’avere e qui me misi in borsa |
Dunque, se io devo soddisfare ogni mio desiderio di conoscenza in questo mirabile tempio degli angeli come suo confine, è necessario che io comprenda come mai la copia e il modello sono discordanti, in quanto io vanamente cerco di risolvere la questione | Onde, se ‘l mio disir dee aver fine in questo miro e angelico templo che solo amore e luce ha per confine, udir convienmi ancor come l’essemplo e l’essemplare non vanno d’un modo, ché io per me indarno a ciò contemplo |
e certo è presente, ma la profondità glielo nasconde | e nondimeno èli, ma cela lui l’esser profondo |
O splendore di Dio, grazie al quale io vidi l'alto trionfo del regno verace, concedimi la virtù necessaria a riferire la mia visione | O isplendor di Dio, per cu’ io vidi l’alto triunfo del regno verace, dammi virtù a dir com’io il vidi |
Costui è quello che mise la testa sul petto di Cristo, e fu scelto dalla croce all'alto compito | Questi è colui che giacque sopra ‘l petto del nostro pellicano, e questi fue di su la croce al grande officio eletto |
Qui smise di parlare con tono lamentoso | Qui puose fine al lagrimabil suono |
Egli iniziò così a rispondermi: | Cotal principio, rispondendo, femmi: |
e come mi pareva crudele nei suoi atti, mentre correva agilmente coi piedi e le ali spalancate | e quanto mi parea ne l’atto acerbo, con l’ali aperte e sovra i piè leggero |
né la mia vedova Giovanna né gli altri miei congiunti si curano di me | Giovanna o altri non ha di me cura |
Non uscirono, come tu credi, dai loro corpi pagani, ma Cristiani, Rifeo con fede nel futuro martirio di Cristo e Traiano in quello già avvenuto | D’i corpi suoi non uscir, come credi, Gentili, ma Cristiani, in ferma fede quel d’i passuri e quel d’i passi piedi |
Il sole saettava il giorno da ogni parte, avendo già cacciato con le infallibili frecce il Capricorno dal punto mediano del cielo,quando i nuovi arrivati si rivolsero a noi, dicendoci: | Da tutte parti saettava il giorno lo sol, ch’avea con le saette conte di mezzo ‘l ciel cacciato Capricorno, quando la nova gente alzò la fronte ver’ noi, dicendo a noi: |
Io mi voltai verso di lui e lo guardai attentamente: era biondo, bello e di nobile aspetto, ma uno dei sopraccigli era diviso da un colpo | Io mi volsi ver lui e guardail fiso: biondo era e bello e di gentile aspetto, ma l’un de’ cigli un colpo avea diviso |
ma chi parlava sembrava che si stesse muovendo | ma chi parlava ad ire parea mosso |
e se tu leggi bene la Fisica, troverai quasi all'inizio che la vostra operosità segue quella di Dio come può, come il discepolo segue il maestro | e se tu ben la tua Fisica note, tu troverai, non dopo molte carte, che l’arte vostra quella, quanto pote, segue, come ’l maestro fa ’l discente |
Sei stata fondata nella povertà e nell'umiltà, contro gesù e contro gli apostoli che ti hanno fondata, ti ribelli con superbia, prostituta sfacciata: dove sta la causa di tanto marcio? | Fondata in casta e umil povertate contra tuoi fondatori alzi le corna, putta sfacciata: e dove ài posto spene? |
Un dolce colore di zaffiro orientale, che si raccoglieva nell'aspetto sereno dell'aria pura fino all'orizzonte, restituì gioia ai miei occhi non appena io uscii fuori dall'aria morta, che mi aveva rattristato gli occhi e il cuore | Dolce color d’oriental zaffiro, che s’accoglieva nel sereno aspetto del mezzo, puro infino al primo giro, a li occhi miei ricominciò diletto, tosto ch’io usci’ fuor de l’aura morta che m’avea contristati li occhi e ‘l petto |
Perciò, se vuoi evitare che ti straziamo, non emergere al di sopra della pece | Però, se tu non vuo’ di nostri graffi, non far sopra la pegola soverchio |
Voi riuscite a vedere il mio cuore ferito dallo sguardo, dal piacere e dall'umiltà: io vi prego di consolare il mio cuore, che a forza di soffrire sta perdendo tutte le sue virtù. | Deh, voi vedete che 'l core ha ferite di sguardo e di piacer e d'umiltate: deh, i' vi priego che voi 'l consoliate che son da lui le sue vertù partite. |
Allora lui disse: | diss’elli allora: |
Gentile fanciulla che tutti conoscono per il suo valore, degna di lode e di tutto l'onore, non era ancora nata una come voi, così perfetta nella sua virtù, pare che in voi trovi riscontro ogni parola della divinità dell'alto dio dell'amore. | Gentil donzella, di pregio nomata, degna di laude e di tutto onore, ché par de voi non fu ancora nata né sì compiuta de tutto valore, pare che 'n voi dimori onne fïata la deïta de l'alto deo d'amore. |
Sono rispettivamente padre e suocero del male della Francia: conoscono la sua vita piena di colpe e di vizi, e da qui proviene il dolore che li tormenta così | Padre e suocero son del mal di Francia: sanno la vita sua viziata e lorda, e quindi viene il duol che sì li lancia |
O Padre nostro, che sei nei Cieli, non limitato da essi, ma per il maggiore amore che provi per le tue prime creature,sia lodato il tuo nome e la tua potenza da ogni creatura, come è giusto rendere grazie alla tua dolce sapienza | O Padre nostro, che ne’ cieli stai, non circunscritto, ma per più amore ch’ai primi effetti di là sù tu hai, laudato sia ‘l tuo nome e ‘l tuo valore da ogni creatura, com’è degno di render grazie al tuo dolce vapore |
così era il peccatore dopo essersi rialzato | tal era il peccator levato poscia |
Le quattro stelle splendenti che vedevi stamattina sono calate dietro il monte, e queste sono sorte al loro posto | Le quattro chiare stelle che vedevi staman, son di là basse, e queste son salite ov’eran quelle |
O Alberto d'Asburgo, che abbandoni questa bestia divenuta indomabile e selvaggia, mentre dovresti inforcare i suoi arcioni, possa cadere dal cielo contro di te e la tua famiglia un giusto castigo, e sia straordinario ed evidente, così che il tuo successore ne abbia timore | O Alberto tedesco ch’abbandoni costei ch’è fatta indomita e selvaggia, e dovresti inforcar li suoi arcioni, giusto giudicio da le stelle caggia sovra ‘l tuo sangue, e sia novo e aperto, tal che ‘l tuo successor temenza n’aggia |
poi gridò forte: | poi gridò forte: |
Ma poiché il tempo vola e gli anni fuggono, sicché in un attimo si giunge alla morte, da giovane o da vecchio, io continuerò a seguire la dolce ombra di quel lauro, attraverso il sole più infuocato, e attraverso le distese di neve, finché l'ultimo giorno della mia vita chiuderò questi miei occhi. | Ma perché vola il tempo e fuggon gli anni sí ch'a la morte in un punto s'arriva o colle brune o colle bianche chiome seguirò l'ombra di quel dolce lauro per lo piú ardente sole e per la neve, fin che l'ultimo dí chiuda quest'occhi. |
Ma quella riverenza che si impossessa tutta di me, al solo sentire le sillabe 'Be' e 'ice', mi faceva chinare la testa come colui che è preso dal sonno | Ma quella reverenza che s’indonna di tutto me, pur per Be e per ice, mi richinava come l’uom ch’assonna |
Il maestro domandò poi al dannato chi fosse, per cui rispose: | Lo duca il domandò poi chi ello era, per ch’ei rispuose: |
E sii certo che io ti sarò sempre al fianco, se mai avverrà ancora che il destino ti conduca dove ci siano genti che litigano in questo modo: infatti, voler ascoltare certe risse è volontà vile | E fa ragion ch’io ti sia sempre allato, se più avvien che fortuna t’accoglia dove sien genti in simigliante piato: ché voler ciò udire è bassa voglia |
Sì, e di questo non chiedo spiegazioni | Sì, e qui ragion non cheggio |
Io ho già visto all'inizio del giorno la parte orientale tutta di colore roseo, e il resto del cielo adornato da un bel colore sereno | Io vidi già nel cominciar del giorno la parte oriental tutta rosata, e l’altro ciel di bel sereno addorno |
Il mio maestro non disse nulla, finché apparve che il primo biancore erano delle ali | Lo mio maestro ancor non facea motto, mentre che i primi bianchi apparver ali |
Nella speranza che la mia vita riesca a trovare riparo da questo grande tormento, tanto da riuscire a vedere, in virtù dell'età avanzata, o donna, spenta la luce dei vostri occhi belli, e i capelli color d'oro diradarsi e farsi bianchi, e abbandonare le ghirlande e i segni della gioventù, e scolorire il viso che mi ha reso timoroso e incerto a lamentarmi dei miei dolori. | Se la mia vita da l'aspro tormento si può tanto schermire, e dagli affanni, ch' i' veggia per vertù de gli ultimi anni, donna, de' be' vostr'occhi il lume spento, e i cape' d'oro fin farsi d'argento, e lassar le ghirlande e i verdi panni, e 'l viso scolorir, che ne' miei danni a lamentar mi fa pauroso e lento. |
Ora, sappi che l'avarizia fu troppo lontana da me, e questo eccesso è stato punito da migliaia di mesi trascorsi in Purgatorio | Or sappi ch’avarizia fu partita troppo da me, e questa dismisura migliaia di lunari hanno punita |
Vedevo lui che si chinava a terra ormai quasi morente, ma rivolgeva gli occhi verso il cielo e pregava il Signore, nonostante tanta violenza, di perdonare i suoi persecutori, con quell'aspetto che genera pietà | E lui vedea chinarsi, per la morte che l’aggravava già, inver’ la terra, ma de li occhi facea sempre al ciel porte, orando a l’alto Sire, in tanta guerra, che perdonasse a’ suoi persecutori, con quello aspetto che pietà diserra |
Qui è mattino, quando nell'altro emisfero è sera | Qui è da man, quando di là è sera |
Quando essi si furono placati un poco, il mio maestro chiese subito al dannato, che ancora guardava la sua ferita | Quand’elli un poco rappaciati fuoro, a lui, ch’ancor mirava sua ferita, domandò ’l duca mio sanza dimoro: |
Dobbiamo salire una scala ben più ardua, non è sufficiente esserci separati da questi dannati e se mi capisci fa' in modo che ciò ti giovi | Più lunga scala convien che si saglia, non basta da costoro esser partito e se tu mi ’ntendi, or fa sì che ti vaglia |
ma per la mia vista che si accresceva man mano che guardavo, al mio mutare interiore quell'unico aspetto si trasformava ai miei occhi | ma per la vista che s’avvalorava in me guardando, una sola parvenza, mutandom’io, a me si travagliava |
Quindi giungemmo al punto dove il secondo girone si divide dal terzo, e dove si vede la terribile punizione divina | Indi venimmo al fine ove si parte lo secondo giron dal terzo, e dove si vede di giustizia orribil arte |
Parlerò solo del primo, poiché elogiando uno dei due è come se si parlasse di entrambi, in quanto le loro opere ebbero il medesimo fine | De l’un dirò, però che d’amendue si dice l’un pregiando, qual ch’om prende, perch’ad un fine fur l’opere sue |
E da questa fede dobbiamo fare deduzioni logiche, senza avere prove tangibili: dunque prende il nome di dimostrazione | E da questa credenza ci convene silogizzar, sanz’avere altra vista: però intenza d’argomento tene |
infatti, se la Gorgone si mostrasse e tu la vedessi, non avresti alcuna speranza di tornare sulla Terra | ché‚ se ’l Gorgón si mostra e tu ’l vedessi, nulla sarebbe di tornar mai suso |
Allora il mio maestro, meravigliato, disse: | Allora il mio segnor, quasi ammirando, disse: |
e se rimane, ditegli in che modo, dopo esservi rivestiti del vostro corpo, essa non potrà danneggiare la vostra vista | e se rimane, dite come, poi che sarete visibili rifatti, esser porà ch’al veder non vi nòi |
Allora mi rivolsi al poeta, e lui disse: | Allor mi volsi al poeta, e quei disse: |
Voi chi siete | Voi, chi siete |
e anche le altre anime la seguirono con devozione e dolcezza per la durata intera dell'inno, fissando il cielo | e l’altre poi dolcemente e devote seguitar lei per tutto l’inno intero, avendo li occhi a le superne rote |
Solo in una spiaggia solitaria, in riva ad un fiume o presso una fonte o in una valle ombrosa posta tra due alture, solo lì trova quiete la mia anima turbata. | Se 'n solitaria piaggia, rivo o fonte, se 'nfra duo poggi siede ombrosa valle, ivi s' acqueta l' alma sbigottita. |
Figlio mio, cerca di arrivare fin qui | Figliuol mio, infin quivi ti tira |
Io dissi: | diss’io, |
Adesso tu hai un dubbio, e dubitando resti in silenzio | Or dubbi tu e dubitando sili |
e mi mostrò di essersi rivolta ad altro, dato che ricominciò a danzare in tondo come faceva in precedenza | e fecemi sembiante che fosse ad altro volta, per la rota in che si mise com’era davante |
Beatrice guardava in alto e io in lei | Beatrice in suso, e io in lei guardava |
Noi procederemo in questa giornata quanto più potremo | Noi anderem con questo giorno innanzi quanto più potremo omai |
Passate oltre senza avvicinarvi: più in alto, nell'Eden, c'è un altro albero il cui frutto fu morso da Eva e questo è nato da quella pianta | Trapassate oltre sanza farvi presso: legno è più sù che fu morso da Eva, e questa pianta si levò da esso |
Se le tue dita non sono in grado di sciogliere questo nodo, non c'è da stupirsi: a tal punto esso è stretto, poiché nessuno ha mai tentato di sbrogliarlo | Se li tuoi diti non sono a tal nodo sufficienti, non è maraviglia: tanto, per non tentare, è fatto sodo |
poi aggiunse: | poi disse: |
E nella mente di Dio che è perfetta di per sé, non sono determinate solo le varie nature, ma insieme ad esse anche il loro fine:infatti, qualunque cosa sia indirizzata dagli influssi celesti, si attua con un fine ben preciso e determinato, proprio come una freccia diretta contro un bersaglio | E non pur le nature provedute sono in la mente ch’è da sé perfetta, ma esse insieme con la lor salute: per che quantunque quest’arco saetta disposto cade a proveduto fine, sì come cosa in suo segno diretta |
e non vidi nulla, e tornai a guardare avanti negli occhi della mia dolce guida, che, sorridendo, ardeva nel suo sguardo pieno di santità | e nulla vidi, e ritorsili avanti dritti nel lume de la dolce guida, che, sorridendo, ardea ne li occhi santi |
allo stesso modo Beatrice eliminò ogni impurità dai miei occhi col fulgore dei suoi, che risplendeva a mille miglia di distanza:così vidi meglio di prima | così de li occhi miei ogni quisquilia fugò Beatrice col raggio d’i suoi, che rifulgea da più di mille milia: onde mei che dinanzi vidi poi |
e la notte aveva fatto due dei passi con cui sale, nel luogo dove noi eravamo, e il terzo era quasi compiuto | e la notte, de’ passi con che sale, fatti avea due nel loco ov’eravamo, e ‘l terzo già chinava in giuso l’ale |
Mi disse: - Beatrice, autentica lode di Dio, perché non soccorri colui che ti amò al punto da elevarsi al di sopra della schiera volgare | Disse: - Beatrice, loda di Dio vera, ché‚ non soccorri quei che t’amò tanto, ch’uscì per te de la volgare schiera |
La città di Buggea e quella dove nacqui, che versò tanto sangue nel porto, hanno quasi la stessa alba e lo stesso orizzonte | Ad un occaso quasi e ad un orto Buggea siede e la terra ond’io fui, che fé del sangue suo già caldo il porto |
Ieri, cinque ore più tardi dell'ora presente, si compirono anni da quando il ponte è crollato | Ier, più oltre cinqu’ore che quest’otta, mille dugento con sessanta sei anni compié che qui la via fu rotta |
Padre del cielo, dopo i giorni passati inutilmente, dopo le notti trascorse in pensieri fuorvianti, tormentato da quel desiderio spietato che divampò nel mio cuore contemplando i gesti di lei, tanto affascinanti per mia sventura, fa sì che ormai, aiutato dalla tua grazia, io mi rivolga a una vita più degna e ad azioni più dignitose, in modo che il demonio, mio inesorabile avversario, dopo aver cercato senza successo di irretirmi, fallisca nel suo intento. | Padre del ciel, dopo i perduti giorni, dopo le notti vaneggiando spese con quel fero desio ch' al cor s'accese, mirando gli atti per mio mal sí adorni, piacciati omai, col tuo lume, ch' io torni ad altra vita e a piú belle imprese, sí ch' avendo le reti indarno tese, il mio duro avversario se ne scorni. |
Il terzo, che è più alto di tutti, mi sembrava di porfido ed era così fiammeggiante che sembrava sangue che zampilla da una vena | Lo terzo, che di sopra s’ammassiccia, porfido mi parea, sì fiammeggiante, come sangue che fuor di vena spiccia |
dal quale non era possibile scansarsi | né da quello era loco da cansarsi |
Il punto in cui eravamo non era un percorso agevole come in un palazzo, ma una cavità sotterranea che aveva il suolo impervio e ben poca luce | Non era camminata di palagio là ’v’eravam, ma natural burella ch’avea mal suolo e di lume disagio |
Oh, quanto è grande la ricchezza che è contenuta in quelle arche, che furono in Terra buone contadine a seminare il bene | Oh quanta è l’ubertà che si soffolce in quelle arche ricchissime che fuoro a seminar qua giù buone bobolce |
Sembra presente in lei ogni dote. | Tutto valor in lei par che si metta. |
Beatrice mi guardò con gli occhi pieni di scintille di amore così vive, che la mia virtù visiva, vinta, venne meno e per poco non mi smarrii con gli occhi bassi | Beatrice mi guardò con li occhi pieni di faville d’amor così divini, che, vinta, mia virtute diè le reni, e quasi mi perdei con li occhi chini |
O Ugolino dei Fantolini, il tuo nome è sicuro dal momento che, non avendo eredi degeneri, non teme di diventare oscuro | O Ugolin de’ Fantolin, sicuro è il nome tuo, da che più non s’aspetta chi far lo possa, tralignando, scuro |
Allora non potevo né volevo dirtelo. | I' non tel potei dir allor né volli. |