italian
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e, unita al nostro Cielo, esso riceve l'impronta di lei al massimo grado | e a nostr’ordine congiunta, di lei nel sommo grado si sigilla |
se qualcuno di loro è giusto | s’alcun v’è giusto |
E quando fummo avanzati un poco, sentivo gridare: 'Maria, prega per noi': e poi 'Michele', 'Pietro' e 'Tutti i santi' | E poi che fummo un poco più avanti, udia gridar: ‘Maria, òra per noi’: gridar ‘Michele’ e ‘Pietro’, e ‘Tutti santi’ |
Come talvolta sulla Terra si vede l'affetto nello sguardo, se questo è tale che tutta l'anima sia presa da lui, così nello sfolgorio di quella luce santa verso cui mi voltai capii quanto il beato avesse ancora desiderio di parlarmi un poco | Come si vede qui alcuna volta l’affetto ne la vista, s’elli è tanto, che da lui sia tutta l’anima tolta, così nel fiammeggiar del folgór santo, a ch’io mi volsi, conobbi la voglia in lui di ragionarmi ancora alquanto |
e non appena il barattiere fu scomparso, rivolse gli artigli contro Alichino e lo ghermì proprio sopra il fossato | e come ’l barattier fu disparito, così volse li artigli al suo compagno, e fu con lui sopra ’l fosso ghermito |
Se la violenza sussiste quando colui che la subisce non asseconda in nulla colui che la compie, allora queste anime non furono scusate per essa | Se violenza è quando quel che pate niente conferisce a quel che sforza, non fuor quest’alme per essa scusate |
e mostrò uno spirito davanti a lui, | e additò un spirto innanzi, |
Ma dimmi il motivo per cui non hai timore nello scendere quaggiù, all'Inferno, dal luogo più ampio dove desideri tornare | Ma dimmi la cagion che non ti guardi de lo scender qua giuso in questo centro de l’ampio loco ove tornar tu ardi |
I Ghibellini facciano la loro politica sotto un altro simbolo | Faccian li Ghibellin, faccian lor arte sott’altro segno |
Mi accorsi di essere salito più in alto, perché la stella era rossa come il fuoco e brillava assai più del solito | Ben m’accors’io ch’io era più levato, per l’affocato riso de la stella, che mi parea più roggio che l’usato |
E uno dei dannati imprigionati nel ghiaccio ci gridò: | E un de’ tristi de la fredda crosta gridò a noi: |
Le mie parole sono rivolte anche al nasuto, non meno che all'altro, Pietro, che canta con lui, giacché il regno di Napoli e la Provenza già si dolgono del suo erede | Anche al nasuto vanno mie parole non men ch’a l’altro, Pier, che con lui canta, onde Puglia e Proenza già si dole |
Oh, questa è una novità tale che è un segno dell'amore che Dio ha per te | Oh, questa è a udir sì cosa nuova che gran segno è che Dio t’ami |
sono Vanni Fucci, detto la bestia, e Pistoia fu la tana dove sono vissuto | son Vanni Fucci bestia, e Pistoia mi fu degna tana |
I peccatori erano sul fondo della Bolgia, nudi | Nel fondo erano ignudi i peccatori |
E la virtù che s'irradiò a me dal suo sguardo mi portò via dalla costellazione dei Gemelli, spingendomi nel Cielo più veloce | E la virtù che lo sguardo m’indulse, del bel nido di Leda mi divelse, e nel ciel velocissimo m’impulse |
Essi ci dissero queste parole | Queste parole da lor ci fuor porte |
poi mi rivolsi indietro al mio maestro e dissi: | poi mi volsi al maestro mio, e dissi: |
La novità della sensazione provoca sospiri e impone che si contempli un oggetto che non ha ancora ricevuto forma dall'intelletto possibile, per cui si genera ira che fa avvampare (non lo può immaginare chi non lo prova direttamente), ed impone che non ci si muova, per quanto attratti da lui, e che non ci si distolga, al fine di trovarvi gioia, né tanto meno una sapienza piccola o grande. | La nova, qualità move sospiri e vol ch'om miri, 'n non formato loco, destandos'ira la qual manda foco (imaginar nol pote om che nol prova!) né mova, già però ch'a lui si tiri, e non si giri, per trovarvi gioco: né cert'ha mente gran saver, né poco. |
Ma se una donna beata, come dici, muove i tuoi passi, non servono lusinghe: è sufficiente pregarmi in suo nome | Ma se donna del ciel ti muove e regge, come tu di’, non c’è mestier lusinghe: bastisi ben che per lei mi richegge |
Sono tuttavia contento di aver cambiato situazione, prima avevo gli occhi bagnati di lacrime ora ho i piedi bagnati. | Piacemi almen d'aver cangiato stile dagli occhi a' pie'. |
Io sono Virgilio e ho perso la salvezza per nessun'altra colpa se non quella di non aver avuto fede | Io son Virgilio e per null’altro rio lo ciel perdei che per non aver fé |
e in quell'istante questa vecchia roccia, qui e altrove, crollò | e in quel punto questa vecchia roccia, qui e altrove, tal fece riverso |
non bisogna essere vili | ogne viltà convien che qui sia morta |
Siamo perduti per questa colpa e non per altri peccati, e la nostra unica pena è di vivere in un desiderio senza speranza | Per tai difetti, non per altro rio, semo perduti, e sol di tanto offesi, che sanza speme vivemo in disio |
Lasciategli il collo e ripariamoci dietro l'argine, così vedremo se tu da solo vali più di tutti noi | Lascisi ’l collo, e sia la ripa scudo, a veder se tu sol più di noi vali |
Noi salivamo lungo una via scavata nella roccia, che procedeva tortuosamente come un'onda che si avvicina e si allontana | Noi salavam per una pietra fessa, che si moveva e d’una e d’altra parte, sì come l’onda che fugge e s’appressa |
ma tu vuoi dire che vivesse come straniera in Italia | ma tu vuo’ dire che vivesse in Italia peregrina |
Io iniziai: | Comincia’ io: |
E la bella luce, ora che ne son tanto avari, risplendeva oltre misura in quegli occhi. | E 'l vago lume oltra misura ardea di quei begli occhi ch'or ne son sí scarsi. |
Tu sei ormai certo riguardo il punto principale | Tu se’ omai del maggior punto certo |
E mentre procedevamo verso il centro a cui tendono tutti pesi della Terra, e io tremavo in quel freddo eterno | E mentre ch’andavamo inver’ lo mezzo al quale ogne gravezza si rauna, e io tremava ne l’etterno rezzo |
Tu o mio dio che mi rendi completamente libero da tutti gli altri desideri terreni perché non togli dal mio volto questa vergogna di essere invischiato in tali due nodi? | Tu che dagli altri che 'n diversi modi legano 'l mondo in tutto mi disciogli, signor mio, ché non togli omai dal volto mio questa vergogna? |
China lo sguardo e osserva quanto tu hai ruotato con questo Cielo | Adima il viso e guarda come tu se’ vòlto |
Maestro, queste pene aumenteranno dopo la sentenza finale, o diminuiranno, o resteranno immutate | Maestro, esti tormenti crescerann’ei dopo la gran sentenza, o fier minori, o saran sì cocenti |
ma io riserverò ben altro trattamento al corpo | ma io farò de l’altro altro governo |
Quando le P che sono rimaste ancora sulla tua fronte, sia pure sbiadite, saranno cancellate come lo è stata la prima, i tuoi piedi saranno vinti dalla buona volontà al punto che non solo non sentiranno fatica, ma proveranno piacere a essere spinti in alto | Quando i P che son rimasi ancor nel volto tuo presso che stinti, saranno, com’è l’un, del tutto rasi, fier li tuoi piè dal buon voler sì vinti, che non pur non fatica sentiranno, ma fia diletto loro esser sù pinti |
Si avvia il vecchio con i capelli bianchi e pallido dal luogo pieno di cari ricordi, dove aveva trascorso sino a quel punto la sua esistenza e si allontana dalla famiglia sorpresa, che vede il caro padre in procinto di partire. | Movesi il vecchierel canuto e bianco del dolce loco ov'à sua età fornita e da la famigliuola sbigottita che vede il caro padre venir manco. |
Dopo che la gioia e la gran festa del canto e dello sfolgorio luminoso, fatto reciprocamente da quelle luci piene di felicità e di carità, si fermarono nello stesso istante e per una volontà concorde, proprio come gli occhi che, obbedendo al piacere, si aprono e si chiudono simultaneamente | Poi che ‘l tripudio e l’altra festa grande, sì del cantare e sì del fiammeggiarsi luce con luce gaudiose e blande, insieme a punto e a voler quetarsi, pur come li occhi ch’al piacer che i move conviene insieme chiudere e levarsi |
Ormai, figliuolo, si avvicina la città chiamata Dite, coi suoi afflitti abitanti, col grande stuolo di diavoli | Omai, figliuolo, s’appressa la città c’ha nome Dite, coi gravi cittadin, col grande stuolo |
Poi aggiunse: | Poi disse: |
e gli altri: | e l’altra: |
Poiché non spero più di poter tornare in toscana, tu oh ballata, veloce ed affidabile, va senza indugi, alla donna mia, che per via della sua gentilezza ti accoglierà con molto onore. | Perch'i' no spero di tornar giammai, ballatetta, in toscana, va' tu, leggera e piana, dritt' a la donna mia, che per sua cortesia ti farà molto onore. |
TI sarà inevitabile lasciare Firenze, come Ippolito lasciò Atene a causa della spietata e perfida matrigna | Qual si partio Ipolito d’Atene per la spietata e perfida noverca, tal di Fiorenza partir ti convene |
Poi proseguii: | E seguitai: |
Poi, appena ci fummo avvicinati, disse: | Poscia ci disse come noi li fummo presso: |
Dei cinque beati che formano il cerchio che mi fa da ciglio, colui che è più vicino al mio becco consolò la vedovella facendo giustizia del figlio :ora sa quanto costa caro non seguire Cristo, poiché ha sperimentato sia la vita in Paradiso sia quella all'Inferno | Dei cinque che mi fan cerchio per ciglio, colui che più al becco mi s’accosta, la vedovella consolò del figlio: ora conosce quanto caro costa non seguir Cristo, per l’esperienza di questa dolce vita e de l’opposta |
Non credo che esista al mondo una donna così bella e piena di virtù. | Non credo che nel mondo sia cristiana sì piena di biltate e di valore. |
Ella accese nel cuore fiamme d'amore e se la passione peccaminosa durò per molti anni, nell'attesa del giorno dell'appagamento fisico di tale sentimento, giorno che, per nostra salvezza spirituale, non è mai venuto, ora innalzati, o mente, verso una speranza ultraterrena che rende più felici. | Ella l' accese, e se l' ardor fallace durò molt' anni in aspettando un giorno che per nostra salute unqua non vene. |
Ma adesso vedo che la tua mente, di pensiero in pensiero, è stretta da un altro nodo, dal quale ha grande desiderio di essere sciolta | Ma io veggi’ or la tua mente ristretta di pensiero in pensier dentro ad un nodo, del qual con gran disio solver s’aspetta |
chi vi ha condotti qui | ov’è la scorta |
Allora io ebbi paura più che mai di morire e questo timore sarebbe stato sufficiente, se non avessi visto le catene | Allor temett’io più che mai la morte, e non v’era mestier più che la dotta, s’io non avessi viste le ritorte |
invece la schiera degli angeli, che volando vede e canta la gloria di Dio che la riempie d'amore, nonché la bontà che la rese così splendente, simile a uno sciame d'api che entra nel fiore e poi torna all'alveare dove trasforma in miele il suo lavoro, scendeva nella rosa dei beati che è adornata di tanti petali, per poi risalire da lì fino a Dio nella cui mente risiede sempre il suo amore | ma l’altra, che volando vede e canta la gloria di colui che la ‘nnamora e la bontà che la fece cotanta, sì come schiera d’ape, che s’infiora una fiata e una si ritorna là dove suo laboro s’insapora, nel gran fior discendeva che s’addorna di tante foglie, e quindi risaliva là dove ‘l suo amor sempre soggiorna |
E poiché io ho diviso persone così unite, porto il mio cervello, me misero | Perch’io parti’ così giunte persone, partito porto il mio cerebro, lasso |
se vuoi salvarti da questo luogo selvaggio | se vuo’ campar d’esto loco selvaggio |
Forse tu avrai da me quello che chiedi | Forse ch’avrai da me quel che tu chiedi |
e dopo che si fu messo in cammino intrapresi il percorso arduo e selvaggio | e poi che mosso fue, intrai per lo cammino alto e silvestro |
Io cerco un amore diverso, indirizzato verso dio, diverse fronde, occhi diversi, una strada diversa e un diverso cammino in salita, dato che è ormai il momento, e cerco di rivolgere i miei pensieri verso la contemplazione dei rami della croce. | Altr' amor, altre frondi ed altro lume, altro salir al ciel per altri poggi cerco, ché n'é ben tempo, ed altri rami. |
Giacomo e Federico hanno i suoi domini e nessuno dei due ha ereditato il valore dal padre | Iacomo e Federigo hanno i reami del retaggio miglior nessun possiede |
Io parlo per dire la verità non per partito preso per inimicizia verso qualcuno. | Io parlo per ver dire, non per odio d' altrui, né per disprezzo. |
Perciò il signore, amore, si deve compiacere di me che voglio agire correttamente, osando gloriarmi con orgoglio del fatto che, a dire la verità, sono ridotto a dipingere vanamente l'aria. | Donqua si dé gradire di me, che voglio ben fare, e ghirlanda portare di molto orgoglio ardire: che s'eo voglio ver dire, credo pinger l'aire. |
E lui, che comprese le mie velate parole, rispose: | E quei che ’ntese il mio parlar coverto, rispuose: |
Ora vedo bene che le vostre penne seguono strettamente la dettatura di Amore, mentre le nostre non fecero certo lo stesso | Io veggio ben come le vostre penne di retro al dittator sen vanno strette, che de le nostre certo non avvenne |
O navicella mia, come sei malamente carica | O navicella mia, com’mal se’ carca |
In una convivenza così pacifica e bella, in una comunità così unita di cittadini, in una così bella dimora mi fece nascere mia madre, invocando Maria nelle grida del parto | A così riposato, a così bello viver di cittadini, a così fida cittadinanza, a così dolce ostello, Maria mi diè, chiamata in alte grida |
Stai sbagliando strada | Mala via tieni |
Se io ho ancora un grande e mirabile amore per il corpo di laura, pensa come possa amare te, che sei una cosa gentile? | Ché se poca mortal terra caduca amar con sí mirabil fede soglio, che devrò far di te, cosa gentile? |
L'acqua che vedi non sgorga da una sorgente che sia alimentata da vapori che il gelo trasforma in pioggia, come un fiume che perde e acquista portata | L’acqua che vedi non surge di vena che ristori vapor che gel converta, come fiume ch’acquista e perde lena |
e io vi giuro che la vostra gente onorata non ha mai perso il pregio della borsa e della spada | e io vi giuro, s’io di sopra vada, che vostra gente onrata non si sfregia del pregio de la borsa e de la spada |
e se volete che io mi trattenga con voi lo farò, purché acconsenta costui che mi guida | e se volete che con voi m’asseggia, faròl, se piace a costui che vo seco |
Sotto un così bel cielo, come io lo descrivo, venivano ventiquattro vecchi, a due a due, coronati di gigli | Sotto così bel ciel com’io diviso, ventiquattro seniori, a due a due, coronati venien di fiordaliso |
Allora lo riconobbi e quell'affanno che mi affaticava un poco ancora il respiro non mi impedì di andare da lui | Conobbi allor chi era, e quella angoscia che m’avacciava un poco ancor la lena, non m’impedì l’andare a lui |
Rivolse le truppe contro la Spagna e poi verso Durazzo, e colpì Farsàlo a tal punto che il dolore arrivò sino al caldo Nilo | Inver’ la Spagna rivolse lo stuolo, poi ver’ Durazzo, e Farsalia percosse sì ch’al Nil caldo si sentì del duolo |
Chi furono i tuoi avi | Chi fuor li maggior tui |
I suoi seguaci, che prima seguivano dirittamente coi piedi le orme di Francesco, ora sono tanto deviati che camminano a ritroso | La sua famiglia, che si mosse dritta coi piedi a le sue orme, è tanto volta, che quel dinanzi a quel di retro gitta |
Gettatelo nella pece, mentre io torno nuovamente a quella città che è piena di barattieri: lo sono tutti tranne Bonturo Dati | Mettetel sotto, ch’i’ torno per anche a quella terra che n’è ben fornita: ogn’uom v’è barattier, fuor che Bonturo |
Custodisci questo tuo dono in me, cosicché la mia anima, che hai reso sana, si separi dal corpo nel modo che a te piacerà | La tua magnificenza in me custodi, sì che l’anima mia, che fatt’hai sana, piacente a te dal corpo si disnodi |
nondimeno le sue parole crearono in me paura, perché io interpretavo la frase interrotta con un senso forse peggiore di quanto non avesse in realtà | ma nondimen paura il suo dir dienne, perch’io traeva la parola tronca forse a peggior sentenzia che non tenne |
E il mio maestro: | E ‘l mio maestro: |
L'aria era tornata silenziosa | Già era l’aura d’ogne parte queta |
Come le tombe scavate a terra portano sopra i sepolti dei coperchi con l'effigie dei defunti, per ricordarli, per cui spesso lì si ha nostalgia dei propri cari per il dolore del ricordo che stimola solo gli uomini devoti | Come, perché di lor memoria sia, sovra i sepolti le tombe terragne portan segnato quel ch’elli eran pria, onde lì molte volte si ripiagne per la puntura de la rimembranza, che solo a’ pii dà de le calcagne |
poi l'amore che vi era dentro rispose: | poi rispuose l’amor che v’era dentro: |
e la mia dolce guida si fermò con me e acconsentì che tornassi un poco indietro | e ’l dolce duca meco si ristette, e assentio ch’alquanto in dietro gissi |
Come quando la nebbia si dirada e lo sguardo poco a poco distingue chiaramente ciò che il vapore cela nell'aria,così, trapassando con lo sguardo l'aria spessa e oscura, mentre ci avvicinavamo al limite del pozzo, svaniva in me l'errore e cresceva la mia paura | Come quando la nebbia si dissipa, lo sguardo a poco a poco raffigura ciò che cela ’l vapor che l’aere stipa, così forando l’aura grossa e scura, più e più appressando ver’ la sponda, fuggiemi errore e cresciemi paura |
Quante sono le lucciole che il contadino, quando si riposa sulla collina nella stagione in cui il sole tiene meno nascosta a noi la sua faccia, nell'ora in cui la mosca lascia il posto alla zanzara, vede giù nella valle dove egli vendemmia e ara | Quante ’l villan ch’al poggio si riposa, nel tempo che colui che ’l mondo schiara la faccia sua a noi tien meno ascosa, come la mosca cede alla zanzara, vede lucciole giù per la vallea, forse colà dov’e’ vendemmia e ara |
E mi sarebbe stata mostrata una parte maggiore di questa aiuola | E più mi fora discoverto il sito di questa aiuola |
E ciò avviene a giusta ragione, perché chi ha avuto la possibilità di stare in piedi camminando su una giusta strada e invece è voluto cadere durante il cammino si merita di rimanere, suo malgrado, disteso in terra. | E cosí per ragion conven che sia, ché chi, possendo star, cadde tra via degno è che mal suo grado a terra giaccia. |
Le bellezze sono frecce capaci di provocare le ferite, non però quelle ritrose, poiché il desiderio è messo alla prova solo dal timore | Non già selvagge, le bieltà son dardo, ché tal volere, per temere, è sperto. |
E se non puoi ricordartene, rammenta come oggi hai bevuto l'acqua del Lete | E se tu ricordar non te ne puoi, or ti rammenta come bevesti di Letè ancoi |
lui a me: | Ed elli a me: |
Finché l'amore è diretto verso il primo bene ed è equilibrato verso gli altri, non ci può essere alcun piacere peccaminoso | Mentre ch’elli è nel primo ben diretto, e ne’ secondi sé stesso misura, esser non può cagion di mal diletto |
E prima, subito dopo la fine di queste parole, sopra di noi si udì 'Sperino in Te' | E prima, appresso al fin d’este parole, ‘Sperent in te’ di sopr’a noi s’udì |
O lettore, adesso ascolterai una nuova farsa: ogni diavolo rivolse lo sguardo all'argine opposto, a cominciare da colui che era più restio a fare questo | O tu che leggi, udirai nuovo ludo: ciascun da l’altra costa li occhi volse, quel prima, ch’a ciò fare era più crudo |
null | null |
si cinge con la coda tante volte quanti sono i Cerchi che il dannato deve discendere | cignesi con la coda tante volte quantunque gradi vuol che giù sia messa |
Ma se Douai, Lille, Gand e Bruges potranno, la vendetta avverrà presto | Ma se Doagio, Lilla, Guanto e Bruggia potesser, tosto ne saria vendetta |
Allora mi apparve all'improvviso la morte, accompagnata da quelle sofferenze che sono solite consumare un uomo con il pianto. | Allor m'aparve di sicur la morte, acompagnata di quelli martiri che soglion consumare altru' piangendo. |
Forse tu, che appari senza valore a te stesso, a laura sei caro. | Forse a te stesso vile, altrui se' caro |
ma accadrà presto che i Padovani cambieranno col loro sangue l'acqua della palude che bagna Vicenza, scontando il fatto di essere restii al loro dovere | ma tosto fia che Padova al palude cangerà l’acqua che Vincenza bagna, per essere al dover le genti crude |
E iniziò a pronunciare questa santa preghiera: | E cominciò questa santa orazione: |