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@Scribis @Italiano. Descrivi un celebre dipinto.
### Titolo: Donna nera con bambino. ### Introduzione: Donna nera con bambino è un ritratto a olio a figura intera, opera del pittore olandese Albert Eckhout. Datato 1650 circa, è attualmente esposto allo Statens Museum for Kunst di Copenaghen. ### Descrizione. Il dipinto, realizzato a olio su tela, rappresenta una donna e un bambino di etnia africana. I soggetti non sono identificabili, in quanto lo scopo dell'artista non era rappresentare un soggetto specifico, ma mostrare genericamente l'aspetto di una delle etnie del Nuovo Mondo. La donna, in piedi, indossa un pareo e un cappello in stile africano Bakongo ed è a seno scoperto e a piedi nudi. Indossa gioielli europei, così come è europea la pipa infilata nella fascia del pareo. Con la sua mano destra sorregge un cesto di tessuto etnico Bakongo contenente un assortimento di frutti tropicali. La mano sinistra poggia sulla testa del figlio, dipinto in piedi accanto a lei. Il bambino è rappresentato nudo e con la pelle più chiara della madre, a indicare il fatto che la carnagione può scurirsi con l'età. Nella mano destra impugna un pugnale dorato, di foggia europea. Il paesaggio che fa da sfondo è da identificare, probabilmente, col porto di Mauritsstad (oggi Recife). La composizione dell'opera è bilanciata da un albero sul lato sinistro, ripreso dalle stampe etniche della Guinea, opera di Pieter de Marees.
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### Titolo: Luigi Cherubini e la musa della poesia lirica. ### Introduzione: Luigi Cherubini e la musa della poesia lirica (Luigi Cherubini et la Muse de la poésie lyrique) è un dipinto realizzato nel 1842 da Jean-Auguste-Dominique Ingres, assistito dal suo alunno Henri Lehmann. Si tratta di un ritratto allegorico del compositore Luigi Cherubini. Il quadro fa parte delle collezioni di dipinti francesi del museo del Louvre. ### Descrizione. Frutto di una lunga gestazione (furono realizzati diciotto disegni preparatori), questo quadro è considerato una variazione di un ritratto precedente del compositore che Ingres aveva realizzato nel 1833, del quale una replica, dipinta a Roma prima del 1841, si conserva nel museo d'arte di Cincinnati. La musa che qui accompagna il compositore fu dipinta probabilmente da Lehmann, e la crettatura che ha deteriorato l'aspetto di questa figura, legata a un eccesso di olio e all'uso di una vernice a base di bitume, indica una mano diversa da quella di Ingres, che non usava queste tecniche.Ingres era un amante del violino e un grande violinista. Ammirava Mozart e conobbe musicisti e compositori eccezionali del diciannovesimo secolo come Franz Liszt o Niccolò Paganini. A Roma conobbe un altro compositore importante, Luigi Cherubini, che compose per il pittore un'Ode a Ingres in risposta al ritratto che il francese aveva fatto di un amico comune dei due, lo scultore Lorenzo Bartolini. Ingres lo ritrasse poco prima della sua morte con un'espressione melanconica, in quanto Cherubini soffriva spesso di depressione. In questa variante successiva del dipinto originale integrò il ritratto in questa composizione, dove la figura con un gesto assorto, come se fosse concentrata nei suoi pensieri, riceve l'ispirazione dalla figura monumentale e classica che dietro di lui allunga la sua mano sopra la sua testa. La modella che diede il proprio volto a Euterpe, musa della lirica, era Clémence de Rayneval, la sorella di un diplomatico francese, caratterizzata da una leggera peluria sopra la bocca e dalle sopracciglia folte. Quando Cherubini vide l'opera non disse una parola, e Ingres ne rimase offeso, ma dopo la morte del compositore poté ascoltare l'ode scritta per lui e si sciolse in lacrime di pentimento.
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### Titolo: Le tre Grazie (van Loo 1763). ### Introduzione: La tre Grazie (Les trois Grâces) è un dipinto del pittore Charles-André van Loo, realizzato nel 1763 e conservato nel museo d'Arte della Contea di Los Angeles, negli Stati Uniti.Il pittore, specializzato in ritratti, in questa occasione si orientò verso un tema mitologico, uno dei più rappresentati nell'arte. Quello delle Cariti o Grazie era stato trattato nelle celebri rappresentazioni di Rubens, Lucas Cranach il Vecchio o Raffaello Sanzio, dipinte da sole o in compagnia di altri dei (come la Primavera di Botticelli). ### Descrizione. Ancora una volta, le tre Grazie sono rappresentate praticamente nude, come è d'uopo dal IV secolo a.C., mentre si prendono per mano formando un semicerchio e sono protette da una gran tela a mo' di coperta appesa all'albero che le protegge. Due guardano in una direzione, mentre l'altra volge il suo sguardo nella direzione opposta rispetto alle altre. La Grazia al centro ha un'espressione rassegnata, e sembra che sia contesa dalle altre due e che stia aspettando colei che l'amerà.Le tre figure sono l'incarnazione del canone di bellezza accettato all'epoca, oltre ad essere una scusa eccellente per mostrare dei nudi femminili in una società poco tollerante a questo proposito.
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### Titolo: Le tre Grazie (van Loo 1765). ### Introduzione: La tre Grazie (Les trois Grâces) è un dipinto del pittore Charles-André van Loo, realizzato nel 1765 e conservato nel castello di Chenonceau, in Francia. ### Descrizione. Le Grazie sono delle figure della mitologia greco-romana ed erano le figlie di Zeus (Giove per i romani) ed Eurinome. Queste dee legate alla vegetazione e alla bellezza erano rappresentate molto spesso nella storia dell'arte occidentale, come dimostrano le opere di artisti quali Lucas Cranach il Vecchio, Antonio Allegri da Correggio e Pietro Paolo Rubens. Come nel dipinto originale, le tre Grazie sono raffigurate in un ambiente pastorale, con un cielo azzurro sullo sfondo, ma non è presente la tela appesa tra i rami dell'albero che sovrastava il trio dell'altro dipinto. Le ragazze si tengono per mano formando un semicerchio, e la Grazia centrale non è di spalle come nella maggior parte delle opere del periodo, anticipando un espediente presente nella versione scultorea realizzata nel secolo successivo dal Canova. Tutte e tre sono nude, e solo dei panni bianchi coprono le parti intime delle Grazie di destra. I loro capelli sono adornati dai gioielli e nelle mani reggono delle piante, inclusa una rosa.Tradizionalmente si credeva di riconoscere nei volti di queste fanciulle i ritratti delle signorine Mailly-Nesle, che furono delle favorite durante il regno di Luigi XV, ma è molto improbabile che sia così in quanto tutte e tre erano già morte all'epoca della realizzazione dell'opera: Pauline Félicité de Mailly-Nesle era deceduta nel 1741, Marie-Anne de Mailly-Nesle nel 1744 e Louise Julie de Mailly-Nesle nel 1751.
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### Titolo: Le tre Grazie (Regnault). ### Introduzione: Le tre Grazie (Les trois Grâces) è un dipinto attribuito al pittore francese Jean-Baptiste Regnault, realizzato tra il 1793 e il 1794 ed esposto al museo del Louvre di Parigi. L'opera venne esposta per la prima volta nel 1800. ### Descrizione. Le tre Grazie è un quadro che rivela appieno il gusto per l'antichità di cui si appassionarono i francesi nel diciottesimo secolo. Regnault interpreta proprio in questa opera, non senza una certa maestria, una scultura antica alla quale restituisce i colori, l'incanto e il fascino degli esseri viventi. Le tre Grazie, figlie di Zeus e di Eurinome, simboleggiano la castità, la bellezza e l'amore. Tra le rappresentazioni più celebri di questo gruppo si possono evidenziare quelle di Raffaello, la Primavera di Botticelli, l'opera del Rubens, così come un gruppo scolpito nel 1812 da Antonio Canova. Gli artisti si ispirarono a un affresco di Pompei e ritrassero le Grazie nude e abbracciate come simbolo dell'armonia suprema che le unisce.Aglaia, Eufrosine e Talia si stagliano davanti a uno sfondo interamente nero, mentre calpestano un prato con i loro piedi nudi. Come nella maggior parte delle raffigurazioni di questo tema artistico, la Grazia al centro è ritratta di schiena, mentre abbraccia le sue compagne. La Grazia di sinistra è ritratta di profilo, mentre quella di destra volge il proprio sguardo nei confronti dello spettatore. I loro capelli sono cinti da diademi floreali, e una rosa rossa nel caso della Grazia di destra. Si ipotizza che una fonte di ispirazione per le Grazie possano essere anche le statue della dea Venere: la Grazia centrale ricorda molto la Venere Callipigia, una statua della dea dell'amore conservata a Napoli, mentre le altre due richiamano la Venere Medici nella galleria degli Uffizi fiorentina.
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### Titolo: L'esecuzione di Lady Jane Grey. ### Introduzione: L'esecuzione di Lady Jane Grey nella Torre di Londra nell'anno 1554, abbreviato in L'esecuzione di Lady Jane Grey e citato anche come Il supplizio di Giovanna Grey (in francese: Le Supplice de Jane Grey; in inglese: The Execution of Lady Jane Grey), è un dipinto a olio su tela realizzato dal pittore francese Paul Delaroche nel 1833 e conservato nella National Gallery di Londra. ### Descrizione. Delaroche dipinse il tema dell'esecuzione di Lady Jane nel 1833, quasi 300 anni dopo il già detto avvenimento, tenendo in conto delle fonti storiche contemporanee per poter rifletterlo con precisione. Delaroche era riuscito a forgiare la sua reputazione al Salone di Parigi grazie a dei dipinti realisti dal formato grande su delle vicende storiche famose, sebbene, nonostante la familiarità dell'artista con questi temi, esistono alcuni aspetti della tela che probabilmente non seguono la realtà. La tela rappresenta il momento nel quale Lady Jane, con gli occhi bendati, viene aiutata a collocare la propria testa sopra il blocco per la decapitazione da un uomo che si è identificato come il barone John Brydges o con John Feckenham, il decano della chiesa di San Paolo. Durante il suo incarceramento, Jane contò sui servizi delle sue dame di compagnia, una delle quali era stata la sua infermiera durante la sua infanzia. Due di loro sono rappresentate nell'ombra, mentre mostrano il dolore che provano per quello che è sul punto di succedere. Per quanto riguarda la figura di Lady Jane, questa è vestita con un corpetto e una sottoveste di colore bianco. Ciononostante, è molto poco probabile che fosse questo il colore del suo vestiario, dato che allora il bianco era riservato per le donne celibi. Inoltre, è anche altamente improbabile che Jane avesse i capelli sciolti, dato che sicuramente li portava legati per facilitare il compito del boia. Per quanto riguarda le dame d'onore, quella che è seduta tiene tra le mani un rosario cattolico, il che probabilmente non concorda con la realtà, dato che Lady Jane era protestante. L'esecuzione avvenne all'aperto tra i terreni situati nella torre verde, all'interno della torre di Londra, dove due delle mogli di Enrico VIII, Anna Bolena e Caterina Howard, sarebbero state giustiziate anni dopo. L'opera indica che: o Delaroche non aveva familiarità con questo aspetto, elaborando il luogo in base alle sue conoscenze storiche dell'evento, o si prese una libertà artistica.Nel quadro, l'esecuzione si svolge sopra una pedana di legno simile a quelle utilizzate nelle esecuzioni realizzate durante la rivoluzione francese. Il bordo di questa piattaforma si può osservare nel primo piano dell'immagine, coperto con un panno nero. Nella parte destra dell'opera, sullo sfondo, si trovano le scale del patibolo e la punta di due armi che indicano la presenza delle guardie, dato che l'esecuzione, pur essendo privata, vide la partecipazione di vari testimoni e in un numero molto più grande di quanto viene mostrato nell'opera. Presumibilmente, Delaroche sapeva che la torre di Londra fosse stata fondata da Guglielmo I d'Inghilterra. Nel dipinto, delle colonne normanne robuste con i capitelli, un'arcata e un grande arco creano una scenografia che indica l'antichità del luogo. Tuttavia, gli edifici della torre di Londra abbracciano i regni di vari monarchi. Di fatto, l'esecuzione avvenne fuori della cappella reale di San Pietro ad Vincula, costruita per ordine di Enrico VIII, che mostra uno stile architettonico di quasi 500 anni posteriore al suo corrispettivo nell'opera. Risulta difficile decifrare dalla decorazione e dalla luce se l'intenzione dell'artista fosse dare l'impressione che la scena sia ambientata fuori o dentro un edificio. L'architettura raffigurata nell'opera può trovarsi tanto all'interno quanto all'esterno degli edifici normanni. L'oscurità della parte superiore del quadro suggerisce un interno, mentre la luce del giorno che invade la figure centrale suggerisce l'opposto. L'oscurità intensa che avvolge gran parte dell'opera gioca un ruolo importante nel dramma che rappresenta la scena, e non contribuisce soltanto il buio della sezione in alto del quadro, ma anche il panno che copre la pedana, il vestito della donna di spalle, il mantello del barone Chandos e le maniche del boia. Solo tre capi di abbigliamento hanno dei colori caldi nella scena: il vestito marrone della donna seduta, la pelliccia arancione del colletto del mantello del barone e i pantaloni color rosso sangue del boia. In contrasto con l'oscurità dell'opera, la pelle pallida di Lady Jane, così come il suo corsetto e la sua sottoveste di raso bianco riflettono potentemente la luce. L'artista cattura l'attenzione dello spettatore collocando le pennellate di colore bianco più intense sul fazzoletto che copre gli occhi di Jane, così come nella zona della sua sottoveste tra la mano sinistra e il bordo del blocco. Delaroche fece ugualmente uso dei piccoli dettagli per aumentare la drammaticità della tela. I personaggi hanno delle espressioni diverse, come i gesti di dolore e disperazione delle dame di compagnia, la tenerezza quasi paterna con la quale il decano assiste Lady Jane e il disgusto riflesso sul volto del carnefice nel dover eseguire l'esecuzione. Degli altri dettagli che spiccano sono i grossi anelli di metallo del blocco della decapitazione, che lo fissano saldamente al suolo mediante delle corde, così come il bordo affilato e a tratti logorato dell'ascia. Ghislaine Kenyon, vicedirettrice di educazione alla National Gallery, indica che la paglia pulita, collocata normalmente vicino il luogo dell'esecuzione così da assorbire il sangue, come pure il vestito bianco, sono degli elementi utilizzati dall'artista per lasciare intendere allo spettatore cosa succederà in seguito.
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### Titolo: Scena dell'Inquisizione in Spagna. ### Introduzione: Scena dell'inquisizione in Spagna (Scène de l'inquisition en Espagne), anche noto come L'autodafé, è un dipinto a olio su tela del pittore francese Gabriel Ferrier, realizzato nel 1879. L'opera fa parte delle collezioni dell'accademia di belle arti di Parigi ed è in deposito presso il museo d'Orsay. ### Descrizione. La scena ritrae un autodafé (che significa 'atto di fede' in portoghese), ossia una cerimonia pubblica nella quale l'Inquisizione, in particolare quella spagnola, puniva o condannava a morte la gente ritenuta eretica, spesso tramite il rogo. Tre uomini, due carnefici e un domenicano, circondano una giovane donna a torso nudo e la legano a una pira situata su un basamento di pietra, rialzato rispetto al livello del suolo. Un boia ha in mano una fiaccola con la quale sta per bruciare la pira. La donna spaventata, il cui corpo candido contrasta con le vesti marroni dei carnefici, incontra con il proprio sguardo il religioso con il volto coperto da un cappuccio (anche se quest'ultimo elemento riguardo la figura dei boia è un'invenzione ottocentesca). Il cielo azzurro con qualche nuvola fa da sfondo all'autodafé che sta per avere luogo.
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### Titolo: Psiche abbandonata (David). ### Introduzione: Psiche abbandonata (Psyché abandonnée) è un dipinto del 1795 circa del pittore francese Jacques-Louis David, attualmente conservato in una collezione privata. Ritrae Psiche come un nudo femminile accovacciato davanti a un cielo blu, con una collina sullo sfondo. Ella guarda lo spettatore con un'espressione di perdita, di dolore e di tradimento. Si pensa che sia stato dipinto durante l'imprigionamento di David durante la rivoluzione francese, e si daterebbe tra il 1794 e il 1795. Di formato verticale, si allontana dalle convenzioni accademiche per rappresentare il nudo femminile. Per molto tempo l'opera era nota solo tramite le annotazioni di David nelle liste dei propri dipinti, dove era descritto come uno 'studio dipinto di Psiche' e come un pendant della Vestale. Per molto tempo ritenuta perduta, fu riscoperta nel 1911 ed esposta alla mostra del Louvre L’Antiquité rêvée nel 2010. ### Descrizione. Il mito di Psiche era stato reso popolare in Francia nel Seicento tramite la versione della storia di La Fontaine. Nel mito, Psiche non poteva guardare direttamente il suo amante Amore, pertanto poteva incontrarlo solo al buio. Avendolo intravisto con l'ausilio di una lampada, Amore l'abbandona, portandosi con sé il suo palazzo, i suoi beni e i suoi servitori. La scultura di marmo Psiche abbandonata di Pajou è ritenuta un antecedente importante per il dipinto davidiano. Si pensa che David si sia ispirato a Pajou nell'esprimere le proprie sofferenze attraverso la figura di Psiche. Nel dipinto, ella è stata appena abbandonata dal suo amante Amore e siede sconvolta, nuda e impotente. ### Stile. Degli studiosi hanno paragonato l'espressione sconvolta di Psiche con gli stessi sentimenti di abbandono di David. Si pensa che David avesse sperimentato un disagio mentale notevole come conseguenza del suo arresto e della sua reputazione pubblica in declino. David espresse questi sentimenti di abbandono in una lettera al suo ex-compagno di cella M. de Mainbourg. Gli studiosi hanno inoltre osservato una mancanza di sessualità nella raffigurazione di Psiche. La sua espressione e la sua posa trasmettono più un senso di disperazione che un senso di perdita, con il corpo accovacciato, le braccia che coprono il petto e nessun segno di sensualità eccetto per la mancanza dei vestiti. La storica dell'arte Ewa Lajer-Burcharth ha ipotizzato che l'indeterminatezza sessuale di Psiche si ricolleghi alla crisi d'identità dello stesso David durante la sua prigionia, quando il suo senso di stoicismo mascolino iniziò ad erodersi.
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### Titolo: Il Paesaggio con la Creazione degli animali. ### Introduzione: Il Paesaggio con la Creazione degli animali è un dipinto realizzato con la tecnica dell'olio su tavola. Le dimensioni sono di 71,9 x 143,5 cm, l'opera è stata realizzata da Jan Brueghel il Vecchio o da un allievo della sua bottega, nel 1610. Attualmente l’opera si trova nella Galleria Doria Pamphjli a Roma. ### Descrizione e stile. L’opera raffigura Dio che crea gli animali e la vita sulla terra; è ben dettagliata, c’è grande abbondanza di animali e non mancano effetti di luci e di ombre. Tuttavia, alcuni vi hanno riconosciuto mani diverse e si ipotizza che il paesaggio e gli animali siano opera di due autori distinti, Brill e Brueghel il vecchio. Il colore si conserva bene, eccettuate le striature corrispondenti alle cerniere dell’antico strumento musicale.
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### Titolo: Susanna e i vecchioni (Annibale Carracci). ### Introduzione: Susanna e i vecchioni è un dipinto, datato 1604, del bolognese Annibale Carracci, realizzato come olio su tela, (56,8 x 86,1 cm). Attualmente è conservato presso la Galleria Doria Pamphilj di Roma. ### Descrizione e stile. Al centro della storia e anche della scena c’è Susanna, una donna casta, cinta da una tunica candida, quasi quanto la sua pelle e dai tratti opulenti che si accinge a lavarsi. Su di lei, da destra, in atto di spiarla, si avventano, prendendole la veste e intimandole il silenzio, due anziani, che sono 'i vecchioni' del titolo appunto. Tutta l’opera, sia dal punto di vista cromatico che dal punto di vista del significante, si basa sulla dicotomia tra bene e male, tra chiaro e scuro: i vecchioni sono figure negative, contraltare della virtuosa Susanna. Tanto lei è pura, impaurita e desiderosa di libertà, tanto i vecchioni sono impuri, lussuriosi e i loro sguardi carichi di libidine. L'opera appartiene pienamente al Barocco, uno stile fortemente influenzato dal classicismo di cui però esagera gli attributi. L'enfasi sul naturalismo e il ritorno alle soluzioni classiche sul piano dell’impostazione strutturale sono finalizzati, coerentemente con lo spirito del Barocco, al coinvolgimento e alla partecipazione emotiva dello spettatore. Notevole l’uso dei colori che sembrano accendersi e quasi fuoriuscire dalla tela.
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### Titolo: Madonna che adora il Bambino. ### Introduzione: Madonna che adora il Bambino è un dipinto olio su tela (92,5 x 110,5 cm) realizzato da Guido Reni. È datato tra il 1625 e il 1627 ed è conservato presso la Galleria Doria Pamphilj, a Roma. ### Descrizione e stile. L’intera scena si svolge al centro del dipinto. La Madonna, con le mani giunte, è rappresentata di tre quarti. Il suo sguardo, benevolo, amorevole e pacato, è rivolto al bambino. Indossa una veste blu con una tunica rossa al di sotto mentre il capo è coperto da un velo. Le mani sono giunte, in posizione di preghiera. In primo piano c’è il bambino; egli è rappresentato nudo mentre dorme, tranquillamente sdraiato su dei drappi. Il suo sguardo, dolce e sereno, non ricambia quello della madre: infatti è sì indirizzato verso l’alto, verso la sua destra, ma gli occhi sono socchiusi. Insomma; l’autore crea un gioco di sguardi in cui Maria si protende verso il bambinello che a sua volta alza lo sguardo al cielo. Il viso è incorniciato da morbidi ricci biondi; il suo braccio destro è piegato, invece quello sinistro è disteso lungo il corpo. Le gambe sono accostate ma non distese. Difatti, una è sopra l’altra, ed entrambe sono leggermente piegate. Sullo sfondo sono rappresentate delle tende, le stesse sulle quali è disteso il bambino. Nonostante la forma ovale della cornice, nel quadro si notano linee compositive triangolari: uno è quello formato dalle mani giunte di Maria, un altro è quello i cui vertici sono la testa della Madonna, i piedini e il braccio sinistro del bambinello.
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### Titolo: Gli ultimi istanti di Michel Lepeletier. ### Introduzione: Gli ultimi istanti di Michel Lepeletier (Les Derniers Moments de Michel Lepeletier) era un dipinto di Jacques-Louis David, realizzato nel 1793 e ritraente il deputato Louis-Michel le Peletier de Saint-Fargeau sul suo letto di morte. Si tratta di un omaggio del pittore al convenzionale assassinato per aver votato la morte del re Luigi XVI. Il quadro costituiva con La morte di Marat un dittico che fu installato nella sala delle sedute della convenzione nazionale. Rimosso e ridato all''artista (che lo conserverà fino alla morte a Bruxelles) nel 1795, il dipinto fu venduto dalla sua famiglia alla figlia del convenzionale, Louise Suzanne de Mortefontaine. Dopo questa vendita il dipinto scomparve, e l'ipotesi più probabile è che sia stato distrutto dalla figlia, che voleva far scomparire il passato rivoluzionario di suo padre, distruggendo il quadro e le incisioni che ne erano state tratte. È noto solo grazie a un disegno di Anatole Desvosge e una stampa di un'incisione di Tardieu che è scappata parzialmente alla distruzione. Questo quadro costituisce con il Marat assassinato e La morte del giovane Barra una serie consacrata dal pittore ai martiri della rivoluzione.Una copia si trova al museo Carnavalet di Parigi, mentre una ricostruzione moderna si trova nel castello dei discendenti dell'effigiato. ### Descrizione. David dispose il corpo disteso all'antica come nell'Ettore, circondato da candelabri e incensieri. La sua ferità è molto esposta. Le Peletier giace seminudo sul suo divano, con un ammasso di cuscini, e una spada (quella di Pâris) è sospesa al di sopra di lui e il cui sangue gocciola sul cadavere. L'arma reca un giglio per mostrare chiaramente da chi sia stato sferrato il colpo (il giglio era il simbolo del regno di Francia). Una fonte di ispirazione fu l'iconografia cinquecentesca della Pietà, un espediente che ritornerà nel Marat assassinato.È chiaramente un atto di propaganda in cui è esaltato l'eroismo repubblicano. L'opera venne accolta entusiasticamente, la sua diffusione venne autorizzata tramite delle incisioni e degli arazzi e David ricevette la somma di 11.000 livre che donò alle vedove e agli orfani della patria. Il dipinto colpiva per la 'forza della simbologia' e in basso recava la dedica: 'David a Lepeletier'.Nella sua opera Histoire de la ville et du comté de Saint-Fargeau (1856), Aristide Déy descrisse il quadro scomparso e diede una testimonianza di un artista datata 1825.
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### Titolo: Il massaggio. ### Introduzione: Il massaggio all'hammam o Il massaggio (Le Massage, scène de Hammam) è un dipinto a olio su tela realizzato dall'artista francese Édouard Debat-Ponsan nel 1883 ed esposto al musée des Augustins di Tolosa. ### Descrizione. Il direttore del musée des Augustins, Axel Hémery, ci vide 'uno dei dipinti più belli di Debat-Ponsan (...) un'icona internazionale dell'orientalismo'. I personaggi si trovano in una stanza decorata con la ceramica blu-turchese di İznik. Il quadro ritrae una donna nuda, allungata su un tavolo di marmo grigio, che non è altro che una rappresentazione della moglie del pittore. La bagnante si abbandona alle mani di una massaggiatrice nera semisvestita, con un turbante in testa, che le tende il braccio sinistro. La carne perlacea della donna bianca, in situazione di riposo e benessere, contrasta con il corpo muscoloso della donna nera, trattato in maniera più realistica e che, secondo Axel Hémery, testimonia una certa malinconia nello sguardo. A sinistra c'è un lavandino il cui aspetto richiama una nicchia antica.
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### Titolo: Ratto delle Sabine (Pietro da Cortona). ### Introduzione: Il Ratto delle Sabine è un dipinto di Pietro da Cortona che rappresenta l'episodio mitico omonimo. Venne realizzato tra il 1629 e il 1630 circa ed è conservato alla pinacoteca dei musei Capitolini, a Roma.Inizialmente questa tela era destinata alla famiglia dei suoi primi mecenati, i ricchi banchieri fiorentini Sacchetti. Il cardinale Sacchetti aveva commissionato quest'opera perché desiderava evidenziare l'antichità della propria famiglia, installatasi da poco a Roma. Questo quadro è considerato come il primo 'manifesto' della pittura barocca. ### Descrizione. Questo episodio è raccontato da Plutarco e Tito Livio e si riferisce alle origini mitiche di Roma. Pietro Berrettini da Cortona pone la scena davanti a un'architettura antica, con l'obelisco e un tempio sulla destra (che si riconosce dal frontone triangolare) che è quello di Nettuno. Nella mitologia romana Nettuno era il dio dei mari, degli oceani, delle fonti e dei fiumi: Berrettini lo rappresenta in alto a sinistra della sua composizione, come una statua riconoscibile grazie al suo attributo, il tridente. Si nota ai suoi piedi la presenza di un vaso che potrebbe essere il simbolo di quello che rappresenta (l'acqua), poiché la scena non si svolge presso il mare. Il Cortona decise senza dubbio di rappresentare questa scena in questa ambientazione per riferirsi ai 'giochi di Nettuno' organizzati da Romolo per attirare i Sabini e rapirne le mogli e le figlie. Nientedimeno, tutta questa architettura antica è nascosta da una massa di vegetali delle stesse tonalità di colore. Quest'ultima lascia intravedere un cielo molto tempestoso e turbolento che riprende la scena che si svolge in primo piano.
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### Titolo: Principessa Luigi del Liechtenstein, nata Elisabetta Arciduchessa d'Austria. ### Introduzione: Principessa Luigi del Liechtenstein, nata Elisabetta Arciduchessa d'Austria è un dipinto del pittore ungherese Philip de László, realizzato nel 1903 e ubicato nel castello di Vaduz come parte delle collezioni dei principi del Liechtenstein. ### Descrizione. In questo dipinto Elisabetta Amalia d'Asburgo-Lorena è ritratta in posizione eretta, con il volto visto di tre quarti e indirizzato alla sinistra dello spettatore. L'abito da lei indossato è di colori chiari e attorno alla vita è presente una fusciacca, mentre le spalle sono avvolte da una stola di organza legata nella parte anteriore. Il braccio sinistro poggia sullo schienale di una poltroncina a destra, sul cui sedile è presente un cappello di paglia decorato con piume. In basso a sinistra è leggibile un'iscrizione: 'László F / Wien 1903 XII'.
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### Titolo: Enea col cadavere di Lauso. ### Introduzione: Enea col cadavere di Lauso è un'incisione ad acquaforte di Bartolomeo Pinelli. ### Descrizione. L'opera fa parte di una serie di incisioni in cui sono rappresentati episodi tratti dall' Eneide. Qui è mostrata la morte di Lauso, il giovane principe etrusco che nel decimo libro del poema, in piena guerra fra troiani e italici, eroicamente si frappone tra suo padre Mezenzio ed Enea. Invano ammonito dal capo troiano, Lauso reagisce con un atteggiamento baldanzoso tale da provocare l'ira del nemico, che lo uccide con un colpo di spada; ma subito dopo Enea, improvvisamente commosso, rivolgerà parole di elogio per la vittima. I personaggi che appaiono sono in tutto cinque: Enea, il suo scudiero Acate, Lauso (di cui è possibile vedere la ferita mortale al petto) e due compagni del principe, uno dei quali porta uno scudo su cui è effigiata la testa di Medusa. Al centro della scena c'è Enea - in piedi - che sorregge Lauso con l'aiuto di Acate, chinato sul corpo del giovane eroe.
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### Titolo: Re Candaule. ### Introduzione: Re Candaule (in francese: Le Roi Candaule; in spagnolo: El rey Candaules) è un dipinto a olio su tela dell’artista francese Jean-Léon Gérôme, realizzato nel 1859 e conservato nel museo d'arte di Ponce, a Porto Rico.Una seconda versione dell'opera si trova nel museo Puškin, mentre uno schizzo preparatorio si trova al museo Dahesh. Esiste inoltre uno studio a figura intera per la regina della Lidia. ### Descrizione. Il quadro, esposto al Salone del 1859, si ispira alla storia di Gige e Candaule, raccontata dallo storico greco Erodoto di Alicarnasso nel primo libro delle sue Storie e ripresa da Théophile Gautier per una novella del 1844. Candaule era il re della Lidia e aveva come moglie una regina bellissima (che non ha un nome nel racconto originale erodoteo, ma che venne chiamata Nissia da alcuni autori successivi). Il re si vantava con la sua guardia Gige della bellezza della moglie, ma visto che quest'ultimo non sembrava credergli, decise che egli l'avrebbe vista nuda per provarlo. Gige non voleva disonorare la sua sovrana, ma dovette accettare perché temeva una punizione in caso avesse rifiutato. La composizione è ambientata in una stanza ellenizzante e piena di dettagli archeologici, tipici dello stile neogreco adoperato da Gérôme. Il soffitto è decorato a cassettoni con dei motivi floreali. Attaccato al soffitto e al muro, un enorme letto a baldacchino occupa gran parte della scena: esso si trova su un piedistallo bianco dal quale partono anche le due colonne ioniche che fanno da estremità e reggono il baldacchino, decorato con dei cerchi aurei e una composizione floreale. In effetti, la novella di Gautier si soffermava molto sulla descrizione della camera da letto.Quasi al centro della scena, la vera protagonista è la regina. La donna si trova in piedi davanti al letto matrimoniale, dove si trova già il marito Candaule, fiero del suo stratagemma, e si spoglia lentamente per entrarvi. 'Nissia' poggia i piedi su una pelliccia di leone e ha appena appoggiato una veste rossa su una sedia, mentre si accinge a togliersi anche l'altra, rivelandosi in tutta la sua casta nudità. Tuttavia, mentre la donna solleva la veste bianca, nota che qualcuno la sta spiando dalla soglia della porta, ovvero Gige.Qui le interpretazioni si dividono, perché la scena potrebbe rappresentare Gige che spia la regina o la fine della vicenda. Infatti, la regina si accorse di Gige e non disse nulla, ma il giorno dopo lo convocò e lo mise davanti a una scelta: morire o uccidere Candaule. Alla fine la guardia scelse di uccidere il re della Lidia: pertanto, questa scena potrebbe raffigurare la sovrana che dà a Gige il segnale per attaccare.
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### Titolo: Diogene (Gérôme). ### Introduzione: Diogene (Diogène) è un dipinto a olio su tela dell’artista francese Jean-Léon Gérôme, realizzato nel 1860 e conservato nel Walters Art Museum di Baltimora. Questo quadro si ispira al filosofo greco Diogene di Sinope. Si tratta di un dipinto storico e in stile accademico. ### Descrizione. Il quadro raffigura il filosofo Diogene (404-323 a.C.) seduto su una cuccetta di paglia, in quella che lui chiamava la sua dimora, ossia una giara enorme adagiata su un fianco, all'angolo di un edificio del Metroon, ad Atene. Diogene indossa un semplice tribon legato intorno alla vita ed è scalzo. Questi illumina una lampada alla luce del giorno. Il suo bastone da pellegrino e la sua bisaccia sono poggiati a lato della sua giara. Di fronte a lui si trovano quattro cani che lo osservano (è un riferimento al suo soprannome di 'Cinico', che deriva dal termine greco κύων, kýōn, che significa 'cane'), mentre a destra c'è la città semivuota sullo sfondo. La giara è incastrata tra il marciapiede e un grosso masso ed è addossata al muro di un edificio. La firma dell'artista si trova sul muro, in alto a destra: J. L. GEROME - MDCCCLX. Il dipinto presenta una gamma cromatica dominante di tinte brune e terrose, che riflettono le dure condizioni di vita scelte dal filosofo.È facile riconoscere il filosofo: egli scelse di vivere nell'indigenza, rifiutò le convenzioni sociali e i codici della società. Sopravviveva solo attraverso la carità. Secondo Seneca, era divertito dalle reazioni di disprezzo e di repulsione che suscitava. Il filosofo aveva l'abitudine di errare nelle strade alla luce della sua lampada che avvicinava al volto dei passanti, cercando invano un 'uomo virtuoso'. Egli preferiva la compagnia dei cani dei quali aveva scelto uno stile di vita semplice. I cani fungevano da emblema per la sua filosofia del cinismo.La visione di Gérôme può essere vista come un omaggio a quello spirito fuori dal tempo della sua epoca, proprio come l'avanguardia del pittore, ma anche come una domanda sul futuro della civiltà per la sua tristezza apparente e la solitudine intellettuale del soggetto.
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### Titolo: Venere russa. ### Introduzione: Venere russa (in russo Русская Венера?, Russkaja Venera) è un dipinto a olio su tela realizzato dall'artista russo Boris Michajlovič Kustodiev nel 1925-1926. L'opera è attualmente conservata nel museo d'arte di Nižnij Novgorod. ### Descrizione. Il dipinto è ambientato in una banja rurale, un tipo di sauna diffuso in Russia. Le pareti sono composte da assi in legno e una porta conduce a un'altra stanza, dalla cui finestra si intravedono delle case innevate. Sotto questa finestra si trovano dei vestiti e delle scarpe, che appartengono alla ragazza in primo piano che è appena entrata nella sauna. Questa giovane completamente nuda è ritratta mentre china la testa, dalla quale scende una cascata di capelli dorati e lunghissimi, e sorride mentre guarda lo spettatore. Con la mano impugna un ramoscello tipico usato nelle banja (in russo банный веник?, bannyj venik). Accanto a lei si trovano dei gradini noti come parilka, sui quali si trovano del sapone e un catino pieno di acqua che ribolle, data la temperatura elevata della sauna. La schiuma del sapone e le bolle rimandano alla schiuma del mare dalla quale, secondo il mito, nacque la dea Venere. Kustodiev vedeva nelle donne formose l'ideale della bellezza, infatti anni prima aveva notato un'attrice teatrale in carne e voleva immortalarla in un quadro intitolato Bellezza, che venne realizzato nel 1915. Se si è certi dell'identità della modella di Bellezza, non si sa esattamente chi abbia posato per la Venere russa: si pensa che possa essere stata Irina Borisovna Kustodieva, la figlia del pittore, o Elena Grigor'evna Nikolaeva, un'ex-modella d'arte dell'accademia di belle arti della Russia.
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### Titolo: Il bagno (Serebrjakova). ### Introduzione: Il bagno o Banja (in russo Баня?) è un dipinto della pittrice Zinaida Evgen'evna Serebrjakova, realizzato nel 1913. Appartiene alla collezione del museo russo di San Pietroburgo. Le dimensioni del dipinto sono di 135 × 174 centimetri, infatti questa è la prima tela di grandi dimensioni dell'artista.Zinaida Serebjakova realizzò il quadro negli anni 1912-1913, soprattutto a San Pietroburgo, nel suo studio situato nell'isola Vasil'evskij. Dopo averlo terminato nell'ottobre del 1913 lo presentò alla mostra Mir iskusstva, che si svolgeva a Mosca e San Pietroburgo tra il novembre e il dicembre del 1913.Il critico d'arte Sergej Ėrnst considera che con il suo dipinto Il bagno 'realizza interamente il sogno d'armonia di Serebrjakova nella pittura'. Egli osserva che in questa realizzazione 'le è stato dato di sentire e trasmettere un'espressione perfetta della femminilità, grazie al suo disegno, così dolce e semplice'. Secondo la critica d'arte Valentina Knjazeva, questo quadro 'è la creazione di un'immagine sublime, monumentale, e che è là che si trova finalmente l'originalità della sua interpretazione di un tema della vita di campagna'. ### Descrizione. Nella prima variante, Zinaida Serebrjakova utilizzò un formato verticale, mentre per la seconda scelse quello orizzontale. Undici giovani nude sono raffigurate mentre si lavano dentro una banja, una tipica sauna russa. Quando le si compara con quelle della prima versione, si constata che l'artista abbia addolcito le caratteristiche troppo appariscenti delle modelle, abbia allungato le proporzioni e reso più dettagliati i volti. Nel trattamento dei corpi nudi c'è una certa idealizzazione dovuta al sogno dell'artista sul soggetto della bellezza delle donne, 'l'immagine della contadina russa è esaltata e con quella sintetizza lo studio dal vero e i tratti ideali ricercati'. Serebrjakova presta un'attenzione particolare alla 'posizione rispettiva e alla coerenza ritmica dei corpi femminili le cui fattezze sono studiate alla perfezione'. Le figure di diverse modelle appaiono ciascuna in delle posizioni diverse e utilizzano tutto lo spazio della tela. Le fanciulle si occupano delle attività tipiche della banja: lavarsi, portare dell'acqua, versare l'acqua dai secchi, asciugarsi i capelli, sedersi sulle panche. Alcune non fanno niente e sembrano immerse nella loro contemplazione. Ma malgrado il carattere quotidiano della loro occupazione sembra che loro 'stiano compiendo tutte un rituale solenne'. Le dimensioni delle figure diminuiscono verso lo sfondo rispetto al primo piano e ciò crea quest'impressione di profondità spaziale.Le figure centrali sono disposte secondo uno schema di forma triangolare che permette di evitare che una nasconda l'altra (più o meno). Al contrario dei canoni accademici, i contorni della scena sono tagliati per dare l'impressione di una vista frammentaria e colta rapidamente dallo spettatore. Questa tecnica è tipica della pittura degli inizi del ventesimo secolo. Le donne rappresentate in primo piano hanno delle proporzioni belle e generose, sono ben illuminate e il più vicino possibile allo spettatore. Le altre donne nello sfondo sono rappresentate mentre si lavano, mentre i personaggi centrali non sono coinvolti nell'azione. Lo testimoniano i loro volti, con il sorriso misterioso sulle labbra e il loro sguardo talvolta distante ed espressivo.Aleksej Savinov ritiene che in verità l'obiettivo principale della pittrice non fosse trascrivere la realtà con precisione. 'Non c'è vapore nell'aria, l'utilizzo dei bagni del villaggio di questa dimensione non si giustifica, il corpo delle donne ignude resta asciutto malgrado la presenza dell'acqua in una banja'. Savinov ritiene che l'artista prese questo soggetto come un pretesto per mostrare delle donne in pose e comportamenti diversi.
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### Titolo: La bella Nani. ### Introduzione: La bella Nani, noto anche come ritratto di nobildonna veneziana, è un dipinto raffigurante una ricca ragazza veneziana appartenente al ceto nobiliare, realizzato da Paolo Veronese intorno al 1560 circa e attualmente conservato al Museo del Louvre. ### Descrizione. La ragazza, dipinta a mezzo busto, indossa abiti che rappresentano la moda della Venezia dell'epoca, in particolare l'ampia scollatura ed i ricchi ornamenti. L'atteggiamento riservato e l'anello alla mano sinistra stanno ad indicare che si tratta di una donna sposata, la cui identità resta tuttavia ignota. Il nome di Nani è quello della famiglia che un tempo era presumibilmente proprietaria del quadro, e una leggenda vuole che il soggetto facesse parte proprio di quella famiglia. L'opera è considerata come uno dei ritratti femminili più belli del XVI secolo. Veronese ha realizzato pochi ritratti di soggetti femminili: se ne conoscono, infatti, soltanto sei.
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### Titolo: Paesaggio di Marghera. ### Introduzione: Paesaggio di Marghera è un dipinto di Sergio Franzoi eseguito nel 1953. Appartiene oggi alla collezione della Fondazione dei Musei Civici di Venezia sita nel palazzo di Ca' Pesaro nella Galleria Internazionale D'arte Moderna. ### Descrizione. L'opera è collocabile nel primo periodo di produzione pittorica di Franzoi. In particolare il dipinto rappresenta plasticamente con spessi contorni neri e colori vividi una veduta paesaggistica del polo industriale di Marghera vicino a Venezia.
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### Titolo: Amanti (Franzoi). ### Introduzione: Amanti è un dipinto di Sergio Franzoi eseguito nel 1960. Appartiene oggi alla collezione della Fondazione musei civici di Venezia sita nel palazzo di Ca' Pesaro nella Galleria Internazionale D'arte Moderna. ### Descrizione. L'opera rappresenta uno dei primi tentativi di superamento dell'arte puramente figurativa in favore di una pittura dal respiro più ampio con spessi contorni neri e figure che occupano sempre più l'intera superficie della tela ottenendo una scena di profonda liricità tra le due figure.
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### Titolo: Il clown (Franzoi). ### Introduzione: Il clown è un dipinto di Sergio Franzoi eseguito nel 1961. Appartiene oggi alla collezione della Fondazione dei Musei Civici di Venezia sita nel palazzo di Ca' Pesaro nella Galleria Internazionale D'arte Moderna. ### Descrizione. L'opera rappresenta una figura centrale in primo piano scontornata con spesse pennellate nere e completata con schizzi colorati sui toni del rosso, giallo, blu e azzurro. Il dipinto realista risulta evidentemente influenzato dall'espressionismo nordico con figure dai toni scarni.
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### Titolo: Dopo la catastrofe (Franzoi). ### Introduzione: Dopo la catastrofe è un dipinto di Sergio Franzoi eseguito nel 1962. Appartiene oggi alla collezione della Fondazione dei musei civici di Venezia sita nel palazzo di Ca' Pesaro nella Galleria internazionale d'arte moderna. ### Descrizione. L'Opera presenta una netta semplificazione delle forme pur rimanendo evidentemente un dipinto di arte figurativa. In particolare l'opera presenta quattro figure scontornate con spesse pennellate nere visibili in primo piano, di cui tre distese ed una in piedi, che riempiono quasi completamente la tela. Il quadro, come nel caso dell'opera precedente di Franzoi Il clown presenta delle pennellate sui toni del blu e del rosso sull'intera superficie.
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### Titolo: La serva dell'harem. ### Introduzione: La serva dell'harem (La Servante du harem) è un dipinto realizzato da Paul-Désiré Trouillebert nel 1874. Questo ritratto a olio su tela si trova al museo di belle arti di Nizza, anche noto come museo Jules Chéret.La Serva dell'harem divenne rapidamente uno dei dipinti più emblematici dell'orientalismo, movimento al quale appartiene l'opera. ### Descrizione. Il titolo del dipinto, La serva dell'harem, indica che la donna ritratta è probabilmente un'odalisca, anche se è molto probabile che la modella fosse una giovane parigina travestita e non una vera donna orientale. All'epoca il termine veniva utilizzato per designare delle donne classificate come 'schiave vergini' in Medio Oriente, che potevano raggiungere lo status di concubine o di donne nei serragli ottomani, la maggior parte delle quali erano delle 'serve dell'harem'. Quest'odalisca è rappresentata come una donna fatale orientale di una purezza ieratica. Lo sguardo dell'osservatore viene guidato dapprima verso l'abisso oscuro dei grandi occhi neri di quest'odalisca. Nel dipinto si osserva anche una deformazione corporale: il busto è molto stretto, laddove il copricapo si incurva e ispessisce il volto.Allo stesso modo, il narghilè, posto in primo piano nel dipinto, è raffigurato con ostentazione, rafforzando così un contrasto tra la luce e l'oscurità. Dietro la ragazza si trova una pianta verde a sinistra, portando a un'illuminazione ulteriore nel dipinto. Quanto al mistero, alimentato da un lato dalla bellezza singolare di questa fanciulla orientale, viene rafforzato e si chiude dietro le tende scure dell'entrata sulla destra a forma di buco della serratura. La serratura rappresenta simbolicamente un luogo nel quale allo spettatore è impedito accedervi, e questo alimenta il mistero e lascia spazio all'immaginazione dello spettatore. È possibile che l'entrata porti all'harem. Questa composizione rappresenta il mistero, la seduzione, il lusso ma anche la fantasia. Qui Paul-Désiré Trouillebert dipinse tutti gli archetipi dell'Oriente: la ricchezza dei costumi e l'originalità del copricapo, l'esotismo degli oggetti, la raffinatezza dei gioielli, o anche la beltà della donna venuta da Oriente, per la quale i pittori del movimento orientalista si affascinavano realmente. Nella Serva dell'harem, l'harem simboleggia dei costumi e delle pratiche che erano agli antipodi di quelli allora noti nell'Occidente. Per esempio, era tollerata la schiavitù e veniva incoraggiata la poligamia. Così queste tolleranze in Oriente alimentarono la creatività, che fosse sotto forma di fascino o di repulsione, dei pittori europei. == Note ==.
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### Titolo: Busto di giovane. ### Introduzione: Il Busto di giovane di Giovanni Gerolamo Savoldo, è un dipinto olio su tela realizzato tra il 1525 e il 1530, e conservato nella pinacoteca della Galleria Borghese romana nella Sala dell'Aurora. ### Descrizione e stile. Il dipinto raffigura un giovane uomo a tre quarti da molto vicino che ricorda dall'intesità dello sguardo i dipinti del Giorgione. La considerazione che raffiguri san Giovanni come lavoro preparatorio per la pala della deposizione, non ha conferma se non nel libro aperto che si vede sullo sfondo che potrebbe indicare proprio l'evangelista. Ma questa rimane l'unica considerazione, non sufficiente per intitolare il dipinto. L'opera è rappresentativo dello studio dell'artista alla ricerca di espressività volendo proporre un personaggio poeticamente molto espressivo. Ma particolare cura Salvoldo ha messo nella raffigurazione della camicia con le numerose pieghe, nonché la cura nella mano posta in primo piano che pare voler colunicare il messaggio dell'opera. Savoldo ha raffigurato un uomo che desidera spiegare, e comprendere qualche cosa di importante.Alcune considerazioni metterebbero in evidenza la probabile mancanza di una parte destra della tela. Sembra infatti apparire un'asta che non avrebbe motivo di esistere se non vi fosse un proseguo del dipinto.
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### Titolo: Giuditta con la sua ancella (Artemisia Gentileschi Cannes). ### Introduzione: Giuditta con la sua ancella è un dipinto realizzato da Artemisia Gentileschi tra il 1645 ed il 1650 e attualmente conservato al Museo de la Castre di Cannes. ### Descrizione. La vicenda è tratta dal libro deuterocanonico di Giuditta, nel quale Giuditta seduce il generale Oloferne per poi assassinarlo. Il momento esatto raffigurato è quello in cui, in seguito all'omicidio, l'ancella ripone la testa del generale in un sacco, mentre Giuditta si guarda intorno. Si tratta della seconda di tre opere realizzate con lo stesso soggetto ed impostazione notevolmente somigliante. Il primo, datato tra il 1623 ed il 1625, è conservato al Detroit Institute of Arts, mentre il terzo, realizzato tra il 1645 ed il 1650, è ora esposto al Museo nazionale di Capodimonte di Napoli.
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### Titolo: Mario prigioniero a Minturno. ### Introduzione: Mario prigioniero a Minturno (Marius prisonnier à Minturnes), o più brevemente Mario a Minturno (Marius à Minturnes), è un dipinto di storia realizzato nel 1786 da Jean-Germain Drouais. Raffigura il tentativo di esecuzione del console Gaio Mario, prigioniero a Minturno. Con il suo tema austero dipinto nella maniera neoclassica della scuola di David, il quadro omaggia Il giuramento degli Orazi del suo maestro Jacques-Louis David. Il quadro fa parte delle collezioni pittoriche del museo del Louvre. ### Descrizione. Con il suo tema di rincontro austero tra la vecchiaia e la giovinezza, il quadro omaggia Il giuramento degli Orazi. Drouais aveva assistito il suo maestro nella realizzazione del quadro. In molti disegni preparatori, Jean-Germain Drouais raffigurò Mario come un vecchio barbuto, ma uno schizzo a olio successivo mostra un volto radicalmente diverso, con un altro aspetto. La composizione è neoclassica: come il suo soggetto, gli aspetti formali del quadro lo avvicinano al Giuramento degli Orazi davidiano e ne fa un'opera tipica del neoclassicismo. Jean-Germain Drouais seguì il pregiudizio per la concisione del suo maestro con dei personaggi a grandezza naturale disposti sullo stesso piano in uno spazio cubico. Riprese inoltre la costruzione dei corpi seguendo delle linee rette, per lo più oblique. Il braccio teso di Gaio Mario, pieno di significati, risalta tanto di più perché è orizzontale. Le forme sono parallele al piano del quadro: il palmo nella mano di Mario lo è pure, in un modo un po' forzato. Jean-Germain Drouais è andato anche oltre David in termini di severità e di rigore. I contrasti luminosi sono violenti. I colori hanno un effetto metallico.
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### Titolo: Sant'Apollonia (Artemisia Gentileschi). ### Introduzione: Sant'Apollonia è un dipinto attribuito ad Artemisia Gentileschi e datato tra il 1642 ed il 1644. Attualmente è conservato al Museo Soumaya di Città del Messico. ### Descrizione. L'opera raffigura Apollonia, martire che morì, secondo la tradizione, ad Alessandria d'Egitto, durante una rivolta contro i cristiani del 249. Il ritratto mostra la figura della santa dalla vita in su, immersa in uno sfondo scuro. Apollonia ha lo sguardo e la sua mano sinistra rivolti verso l'alto, come se tendessero al cielo; la mano destra, invece, impugna delle tenaglie con un dente, attributo iconografico che rende possibile l'identificazione della donna con Apollonia di Alessandria.La santa indossa un abito color malva con maniche azzurrine (tale scelta cromatica permette di apprezzare maggiormente il drappeggio del tessuto); queste ultime ed il collo, inoltre, sono adornati di perle. Un aspetto importante che emerge dalla tela è l'utilizzo del chiaroscuro, tecnica pittorica fortemente apprezzata dall'arte barocca - tipica dello stile del Caravaggio - che conferisce all'immagine maggiore drammaticità.
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### Titolo: Ninfa e satiro (Cabanel). ### Introduzione: Ninfa e satiro (Nymphe et Satyr) è un dipinto di Alexandre Cabanel, realizzato nel 1860 e attualmente esposto al Palais des Beaux-Arts de Lille, a Lilla. ### Descrizione. Facente parte del periodo d'arte accademica di Cabanel, il dipinto raffigura un satiro mentre tenta di rapire una ninfa in una selva (di cui si intravede solo parte di prato e un fogliame), chiaro riferimento alla mitologia greca tanto amata dall'artista. Da notare, nella ninfa, lo stesso incarnato, eleganza nelle forme e colore di capelli della Venere nel celebre La nascita di Venere, sempre di Cabanel, e i tratti tipici del satiro greco nel satiro, con zampe di capro, busto d'uomo e legato al fianco un classico flauto di Pan. È evidente che codesto si tratti di un rapimento, vista la resistenza posta con le braccia incrociate, e quanto più allontanamento possibile da parte della ninfa, che però al tempo stesso viene sollevata dal satiro, quasi come se questi stesse cercando di farla sedere sulla sua gamba\zampa. == Note ==.
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### Titolo: Fedra (Cabanel). ### Introduzione: Fedra (Phèdre) è un dipinto di Alexandre Cabanel, realizzato nel 1880 e attualmente conservato al Museo Fabre, a Montpellier. ### Descrizione. Il quadro, chiaro riferimento alla mitologia greca e alla tragedia greca di Euripide, ritrae il personaggio appunto mitologico di Fedra, distesa su un fianco su un letto decorato con motivi orientaleggianti, per simboleggiare che la scena è ambientata in territorio straniero a quello originario di Fedra (Atene, in Grecia): ella ha il braccio destro piegato a sostenerle la testa, mentre quello sinistro accasciato fuori dal letto, mentre quasi sfiora il fine velo nero con fili d'oro che sottostà alla testa di Fedra. Questa posizione offre un senso di stanchezza, forse causata dalla depressione, come se il corpo fosse privo di forze.A lato della tela, il viso oscuro e risoluto della donna, assieme agli occhi persi contornati da occhiaie suggeriscono un sentimento di malinconia o forse frustrazione; mentre i capelli rossi, in parte raccolti in trecce fissate sulla testa e in parte spettinati e sfuggiti all'acconciatura, sono sparsi sul cuscino (di color turchese), dando un senso di trascuratezza alla figura. In contrasto con i toni scuri del rosso carminio e del nero dello sfondo, emerge al centro del quadro il corpo pallido (in confronto ai volti più scuri delle due ancelle a destra) di Fedra, di cui la parte inferiore è coperta da un lenzuolo bianco di lino, mentre il busto è completamente a nudo. Intanto a destra vi sono due ancelle, forse sue dame di compagnia: di queste, una è in piedi al limite destro del quadro, in parte anche tagliata, col viso rivolto verso Fedra e visibilmente preoccupato per la ragazza; si presenta accovacciata verso di lei, con le mani giunte sulle ginocchia, come se stesse implorando la donna di alzarsi. L'altra ancella, invece, è seduta ai piedi del letto di Fedra, chiaramente mentre sta dormendo, ma con un'espressione tutt'altro che tranquilla, ma anzi esausta (se non svenuta), come se fosse stata appena sfinita da una forte emozione.
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### Titolo: Il tempo pugnalato. ### Introduzione: Il tempo pugnalato (La durée poignardée) è un dipinto del pittore surrealista belga René Magritte del 1938, conservato nell'Art Institute di Chicago. ### Descrizione. L’opera raffigura una locomotiva a carbone che esce a tutta velocità da un caminetto all’interno di una sala da pranzo borghese. L’inquadratura della scena è leggermente angolata e la locomotiva fuoriesce dalla presa d’aria come se sbucasse da un tunnel ferroviario, emettendo un pennacchio di fumo bianco. Il pavimento è rivestito da un parquet di rovere a liste parallele e sulla parete c’è una boiserie. Il camino marmoreo è sormontato da uno specchio con una cornice dorata. Sull’architrave del camino si trova un orologio nero a pendolo posto al centro, ai due lati del quale vi sono due candelabri in ottone privi di candela. ### Stile. Le linee del dipinto sono nette e chiare, le figure nitide e ben delineate. La locomotiva è posizionata in modo parallelo rispetto alle assi del parquet e risulta in miniatura in confronto alle dimensioni del camino. Il fumo emesso viene aspirato dalla cappa, dando un’impressione di staticità alla scena. Lo specchio riflette solamente l’orologio e il candelabro sinistro, mentre la parte superiore è ombreggiata. L’opera presenta una gamma di colori piuttosto ristretta; il nero metallico della locomotiva è messo in risalto dai colori tenui della stanza.
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### Titolo: Ritratto della famiglia di Sir Thomas More. ### Introduzione: Il Ritratto della famiglia di Sir Thomas More era un acquerello su tela eseguito da Hans Holbein il Giovane nel 1527; è un'opera d'arte perduta, distrutta nel 1752 dall'incendio del Palazzo arcivescovile di Kroměříž, di cui restano lo studio preparatorio e tre copie del tardo XVI secolo dipinte da Rowland Lockey. ### Descrizione. Nello schizzo di Holbein Thomas More siede circondato dai propri famigliari, che sono, da sinistra a destra: la figlia Elizabeth, la figlia adottiva Margaret Giggs, il padre Sir John, seduto accanto a Thomas, alle spalle del quale stanno in piedi la nuora Anne Cresacre e il figlio John, erede di More; le tre donne sedute sulla destra sono la figlia minore Cecily, la figlia Margaret e la moglie Alice, sulla cui gonna si arrampica una scimmietta addomesticata. In piedi accanto all'uscita, sulla destra, è infine Henry Patenson (o Patensen), il giullare al servizio della famiglia. La disposizione dei personaggi è leggermente diversa nella prima copia di Lockey, ed è presumibile che questa e altre differenze fossero già state inserite nel dipinto originale di Holbein, in parte su richiesta del committente.In generale, la composizione produce un effetto centrifugo dal punto in cui sono collocati Thomas More e il padre verso le parti laterali, dominate dal più vivace mondo femminile. L'orologio appeso in posizione centrale, presente già nel disegno, fornisce una simmetria che nel dipinto perduto aumentava l'effetto di magnificenza, come risulta evidente attraverso le copie di Lockey.In particolare, l'artista può avere interpretato un'epistola intitolata proprio 'ritratto' e inviata da Erasmo a Ulrich von Hutten otto anni prima, in cui vengono descritte caratteristiche di More e curiosità del suo entourage familiare, come l'amore per gli animali e i movimenti della scimmietta. Allo stesso modo, la presenza di Henry confermerebbe la simpatia dell'umanista per i buffoni e gli scherzi. Holbein sembra avere colto il calore e l'intimità dell'ambiente familiare, il cui raccoglimento rappresenterebbe il vero soggetto del quadro. La connessione con la lettera di Erasmo è parallela a una nuova concezione della ritrattistica, intesa quale equivalente pittorico della biografia, differente dalle convenzioni che avevano contraddistinto fino ad allora il cerimoniale rinascimentale di tale tipo di dipinti.Il ritratto costituirebbe quindi la prima scena di conversazione inglese ante litteram, per l'atmosfera informale e l'ambientazione domestica che si ritroveranno soltanto più tardi, ad esempio nelle opere di William Hogarth o di Johann Zoffany. L'ipotesi, avanzata da qualche critico, che Holbein abbia tratto ispirazione dalla Camera degli Sposi di Andrea Mantegna non è suffragata da documenti che accertino la presenza a Mantova dell'artista. Inoltre l'intento narrativo espresso dall'affresco è differente da quello contenuto nell'opera di Holbein, in grado di risvegliare in Erasmo il ricordo degli amici lontani.Il quadro costituisce un omaggio al profilo intellettuale non solo dell'umanista, ma anche della sua famiglia, rappresentata come una sorta di accademia, nella quale le donne hanno parità di trattamento. Gli strumenti musicali sulla sinistra, più visibili nel dipinto che nel disegno, indicherebbero sia l'amore per la musica che l'armonia della famiglia. In maniera analoga potrebbero essere intesi i libri sparsi sul pavimento: forse un riferimento alla tendenza al disordine che Erasmo attribuiva a More, ma più probabilmente un omaggio alla cultura e alla passione per la lettura che accomuna i personaggi raffigurati. L'ipotesi che si tratti invece di un momento di preghiera non risulterebbe attendibile, o forse un'impostazione iniziale poi abbandonata dall'artista e dal committente, tanto più per la presenza desacralizzante della scimmia. Come nella riproduzione di Lockey, anche nel dipinto perduto di Holbein è probabile che i libri sul pavimento fossero già stati sostituiti dai cagnolini, che, insieme alla scimmia più disciplinata, contribuiscono a fornire un senso di ordine e meglio si addicono alla solennità del ritratto.In ogni caso il dipinto non intende fornire un semplice frammento della vita quotidiana della famiglia More, bensì presenta una costruzione studiata appositamente per far emergere caratteristiche nascoste dei protagonisti, in cui anche gli oggetti veicolano raffinate allusioni simboliche, ora soltanto in parte comprensibili. Lo dimostra anzitutto l'assenza di parte dei congiunti, che pur condividevano lo stesso tetto: omissione non dovuta a incompatibilità di carattere, bensì ad esigenze dinastiche, che escludono i discendenti diretti, e che giustificano la posizione decentrata della moglie di More. Inoltre la postura e l'atteggiamento di quest'ultimo evocano l'atmosfera di una stanza del trono, alla pari del suo abbigliamento, che ripropone quello ufficiale del ritratto singolo. In tal modo il pittore riproduce l'identità sociale dell'uomo, e non solo la sua realtà domestica. All'epoca, del resto, la differenza fra profilo pubblico e privato non è marcata come lo diverrà in futuro, e ciò giustifica l'analogia fra i due ritratti, coerenti con il gusto rinascimentale per il cerimoniale.
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### Titolo: Polittico di Sant'Elena. ### Introduzione: ll Polittico di Sant'Elena è un'opera del pittore bolognese Michele di Matteo da Bologna, realizzata tra il 1426 e il 1436. L'opera è entrata a far parte della collezione delle Gallerie dell'Accademia di Venezia nel 1812, dove è conservato. L'opera in origine venne realizzata per la cappella di Sant'Elena, della chiesa di Sant'Elena ubicata sull'omonima isola a Venezia. ### Descrizione. Il polittico presenta tre registri: nella predella sono raffigurate scene della leggenda del ritrovamento della vera croce; nello specifico, nella prima scena sant' Elena è alla fine del suo viaggio innanzi alle mura di Gerusalemme; nella seconda scena convoca i giudei che tengono consiglio; nella terza Giuda non vuole indicare dov'è la Croce, ma calato in un pozzo lo rivela e scava egli stesso per trovarla; nella quarta la prova della vera Croce che resuscita un fanciullo; nell'ultima è raffigurata il disappunto del diavolo per il ritrovamento della Croce e la conversione di Giuda. Nel registro centrale è raffigurata al centro la Madonna con il Bambino e negli scomparti laterali quattro sante, Lucia ed Elena a sinistra, Maddalena e Caterina D'Alessandria a destra. Nell'ordine superiore la Crocifissione è collocata al centro e gli evangelisti Matteo e Marco a sinistra, Giovanni e Luca a destra. Nei peducci sopra gli archi dell'ordine centrale isolati in cornici polilobati ci sono i dottori della Chiesa; subito sotto in una fascia rettilinea trova posto Cristo al centro accompagnato da 16 santi. Il polittico terminava lateralmente con due pilieri, come testimoniato da un disegno del‘700 conservato in un manoscritto presso la Biblioteca Marciana, costituiti da 16 tavolette con santi per piliere; probabilmente, per come è raffigurato, la fascia tra primo secondo registro con mezzo busto di santi continuava sui pilieri per un totale di santi raffigurati sui pilieri di 42. Si può leggere nella composizione delle scene e nell'uso del colore da parte di Michele di Matteo ancora l'influenza artistica di ambito bolognese legato alla figura di Giovanni da Modena; ma nella leggerezza di alcuni preziosismi vi è richiamano all'influenza della pittura di Venezia e a quegli artisti che nel primo ventennio del Quattrocento passarono e lavorarono a Venezia.Lo stato conservativo del polittico è buono anche a seguito all' ultimo intervento di restauro eseguito nel 2005. Gli interventi conservativi eseguiti nel Ottocento e nella prima metà del Novecento hanno riguardato la revisione del sistema di sostegno del supporto, infatti tracce di almeno due restauri non databili sono state individuate sul retro. Il sistema originale era basato su tre traverse vincolate con chiodi ribattuti sul verso che sono state inizialmente sostituite con listelli inchiodati dal verso e in un secondo tempo sostituiti tre longheroni montati nella posizione delle traverse originali. Nel 1830 ci fu una campagna di restauro che riguardò sia la cornice che la ripresa cromatica delle policromie e dei fondo oro, non si hanno notizie invece di operazioni conservative antecedenti a questa data. Gli interventi del 1830 vennero eseguiti da Andrea Gomez a cui l'Accademia era solita rivolgersi e consistettero nel rifacimento della guglia centrale realizzata sul modello delle altre superstiti, il rifacimento seguendo il modello di quello esistente di otto colonne tortili, cinque nel comparto superiore e tre in quello inferiore, l'esecuzione di altri interventi e l'intera doratura, veniva infine precisato che dovevano essere risparmiate dalla doratura le conchiglie che sormontava gli archi dell'ordine superiore perché le scanalature delle cape che coprono gli archi superiori dovevano essere dipinte a “biadetto” come erano in antico, ovvero dovevano essere dipinti di un colore azzurro. I rifacimenti degli intagli della cornice vennero eseguiti con legno cirmolo differenziandosi dal tiglio usato in origine. Molto probabilmente dopo l'intervento di Gomez si intervenne nuovamente in epoca successiva perché la conchiglia centrale è oggi dorata, e l'intera cornice è stata rigessata e ridorata. Purtroppo non vi è alcuna documentazione conservata degli interventi eseguiti tra il 1830 e 2005.
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### Titolo: Ofelia (Cabanel). ### Introduzione: Ofelia (Ophélie) è un dipinto di Alexandre Cabanel, realizzato nel 1883 e attualmente è in una collezione privata. ### Descrizione. Opera del periodo d'Arte accademica di Cabanel, il dipinto rappresenta la protagonista femminile dell'Amleto di William Shakespeare, Ofelia, nel momento immediatamente precedente al suo suicidio nel lago, ormai accecata dalla pazzia. Nel quadro la ragazza si sta abbandonando al suo triste destino, con la testa inclinata all'indietro, gli occhi stanchi, la mano destra e la schiena accasciate su un ramo spezzato, e la mano sinistra che stringe un ramo di salice piangente. Il vestito di colore celeste che indossa pare così leggero da galleggiare sull'acqua. Sull'acqua ferma del lago sono adagiati anche dei fiori, tra cui margherite e primule, le stesse che compongono la corona di fiori che Ofelia ha tra i capelli biondi: questa nota floreale si può notare anche nell'Ophelia di John Everett Millais. La candida pelle della ragazza emerge nel contrastante buio della selva e dell'acquitrino, quasi illuminandosi di luce propria, che presto svanirà per sempre, con la sua morte. == Note ==.
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### Titolo: Oreste (Cabanel). ### Introduzione: Oreste (Oreste) è un dipinto di Alexandre Cabanel, realizzato nel 1846 e attualmente esposto al Musée des Beaux-Arts, a Béziers in Occitania. ### Descrizione. il dipinto raffigura uno dei tre figli di Agamennone, Oreste, seduto in una posizione inclinata all'indietro, come se il giovane fosse seduto su un triclinio. Il protagonista presenta diversi elementi che ricordano molto le raffigurazioni degli eroi e imperatori tipiche l'arte greca e romana: prima tra tutti è presente la classica corona d'alloro, simbolo di eroicità e sapienza, che qui Oreste indossa; è evidente il nudo maschile, anche se qui in parte 'censurato' poiché con il pube coperto, e il soggetto mitologico, entrambi simboli della Grecia. La tunica bianca legata al polso di Oreste fa pensare che egli si sia appena svestito, ma al contempo il braccio destro del giovane, fortemente piegato e contratto, suggeriscono sia appena stato svegliato da qualcosa o qualcuno: infatti ha girato profondamente la testa e rivolto lo sguardo nel buio, cose da cui si deduce la sua preoccupazione e allarme. Il suo volto è rivolto all'angolo destro della stanza, dove si intravedono quattro figure, tutte donne: la prima, la più esposta allo spettatore, è sdraiata con gli occhi serrati e la fronte corrugata, ed entrambe le mani sulle orecchie, come per placare un rumore incessante dietro di lei; vi è un'altra ragazza, assopita tra le restanti due. La terza, verso sinistra, avvolta maggiormente dal buio, ha due occhi 'da serpente' rivolti verso Oreste, pieni d'ira. Infine, vi è, appoggiata al muro, la quarta, in assoluto la più inquietante, nonché, indubbiamente, la fonte di paura di Oreste: ella, in contrasto con le prime due ragazze dagli occhi chiusi, ha due occhi spalancati, che emergono dall'oscurità illuminati di luce propria, con tanto di pupille rosse fuoco che saettano di follia e furia contro Oreste, come se la donna stesse per aggredirlo da un momento all'altro. Si deduce perciò che questi quattro soggetti femminili siano le Erinni (le Furie della tradizione romana), secondo la mitologia greca la personificazione della vendetta contro chi oltraggia ed è ingrato alla famiglia, e infatti qui venute a perseguitare Oreste poiché egli si è macchiato dell'omicidio di sua madre Clitemnestra, per vendicare il padre Agamennone, ucciso dalla donna. A confermare questa teoria è la spada, simbolo del delitto, abbandonata sul pavimento di marmo accanto ad Oreste. == Note ==.
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### Titolo: San Girolamo (Annibale Carracci). ### Introduzione: San Girolamo é un dipinto realizzato secondo la tecnica dell'olio su tela (127,5x161cm), da Annibale Carracci tra il 1590 e il 1595. Attualmente è conservato presso la Galleria Doria Pamphilj di Roma. ### Descrizione e stile. In primo piano vi è la figura di San Girolamo con indosso una tunica rossa che sta con la testa adagiata delicatamente sulla mano sinistra. Il braccio è a sua volta appoggiato su una pila di libri mentre il braccio sinistro, e soprattutto la sua grande mano, tengono ferma la pagina di un libro aperto. Il santo si presenta sulla scena con una posa che non appare comoda, con alcune parti del corpo in grande evidenza (il braccio destro, la posizione del ginocchio) e un'espressione contemplativa, quasi malinconica. In secondo piano, invece, possiamo ammirare un paesaggio naturale in cui spiccano una grande presenza di alberi e un piccolo fiume che scorre a lato rispetto al soggetto. I colori, a un primo sguardo, possono apparire piuttosto spenti, soprattutto nello sfondo. Ma con una differenziazione, in quanto nel primo piano vengono utilizzati colori più caldi come il rosso della tunica, che presenta un panneggio leggero che porta un chiaroscuro molto forte e prepotente, e l'aranciato per la pelle; mentre nello sfondo vengono utilizzati colori più freddi (caratteristica tipica del tonalismo). Il cielo presenta una gradazione di colore (dal bianco al colorato), peculiarità che sembra rimandare alla pittura del Perugino in cui spesso il bianco sfuma con l'azzurro del cielo.
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### Titolo: Endimione col cannocchiale. ### Introduzione: Endimione col cannocchiale è un dipinto a olio su tela (125x105 cm) di Giovanni Francesco Barbieri detto 'Il Guercino'. La datazione risale al 1647. Attualmente è conservato presso la Galleria Doria Pamphilj di Roma. ### Descrizione e stile. Al centro della composizione, in primo piano, domina la scena, quasi a figura intera, Endimione. Il pastore diletto da Artemide, dea della luna, è raffigurato addormentato, ma ciò che cattura l’attenzione dello spettatore è l'oggetto adagiato sopra le sue gambe. Si tratta di un cannocchiale, simile a quello che Galileo utilizzava per le sue osservazioni: la sua presenza, che sarebbe incompatibile dal punto di vista filologico con l’ambientazione mitologica, va letta nell’ottica di un omaggio abbastanza esplicito al celebre scienziato. Tra l’altro, in un altro ambito, il parallelismo tra la figura di Endimione e quella di Galileo, era già stato avanzato in letteratura da Giambattista Marino che, nell'opera “Adone”, pronuncia una lode a Galileo, definito 'novello Endimione'. Il soggetto principale si staglia su uno sfondo cupo: a sinistra sono presenti delle fitte nuvole scure che, piano piano, andando verso destra, si aprono, lasciando progressivamente spazio a un cielo azzurro, più nitido, in cui si scorge la luna. Il pastore addormentato è rappresentato con le braccia appoggiate su un masso su cui adagia la testa: ha i capelli ricci castani scuro, un’espressione serena e priva di pensieri. Metà spalla sinistra è scoperta poiché la tunica di colore rosso e bianco gli scende delicatamente; le pieghe che inevitabilmente si formano, le conferiscono volume e una certa dinamicità rendendola, alla vista, quasi morbida e reale. Sulle sue ginocchia è poggiato il cannocchiale, sottile, di forma allungata e marroncino. In alcune fonti si dice che esso possa essere stato aggiunto in un secondo tempo da un'altra mano, quella di Pier Francesco Mola.
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### Titolo: Erminia ritrova Tancredi ferito. ### Introduzione: Erminia ritrova Tancredi ferito è un dipinto olio su tela (145 x 185 cm) realizzato da Giovanni Francesco Barbieri, soprannominato il Guercino, tra il 1618 e il 1619. È attualmente collocato presso Galleria Doria Pamphilj di Roma. ### Descrizione e stile. Il dipinto, che trae chiaramente spunto dal poema eroico di Torquato Tasso “La Gerusalemme Liberata”, rappresenta il celebre episodio in cui la principessa Erminia ritrova il corpo ferito del valoroso cavaliere Tancredi, di cui è innamorata. La scena si sviluppa in primo piano, dove i soggetti appaiono soavemente illuminati dalla luna in un’atmosfera calda e passionale. Sullo sfondo si apre un cielo notturno carico di nubi e si notano in lontananza degli alberi che coprono la parte centrale destra del dipinto. L’artista utilizza colori scuri e freddi, che denotano la tragicità dell’episodio e che, contrastando con i colori caldi del primo piano, lo mettono in risalto. Nell’opera si possono osservare gli elementi principali della produzione artistica di Guercino, quali l’utilizzo della luce e del chiaroscuro caravaggesco.
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### Titolo: Porzia che si ferisce alla coscia. ### Introduzione: Porzia che si ferisce alla coscia è un dipinto di Elisabetta Sirani, realizzato nel 1664 e attualmente conservato a Casa Saraceni, sede delle Collezioni d'arte e di storia della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna. ### Descrizione. In questo dipinto la Sirani ritrae un episodio di carattere storico e in parte anche leggendario della storia romana, narrato da Plutarco. Nell'Antica Roma, Porzia, nobildonna famosa per il suo coraggio e buon cuore, e moglie di Marco Giunio Bruto (il celebre Bruto, figlio adottivo e uno degli assassini di Cesare), rendendosi conto del grande turbamento e ansia che affligge il marito proprio per via del malefico piano che deve attuare, estrae un pugnale e si ferisce una coscia per dimostrare il suo enorme coraggio e lealtà, e quindi trasmetterne al marito per portare al termine la sua 'missione'. È anche un atto di devozione che mostra la condivisione di qualsiasi cosa, che siano gioie o, come in questo caso, dolori, all'interno della coppia: Porzia, con questo gesto, vuole mostrare la sua fedeltà e dedizione a condividere l'evento che si avvicina, che coinvolgerà il marito, e che continua ad agitarlo.Nell'atto di ferirsi la sua stessa coscia, Porzia, vestita con una sontuosa veste cremisi che le scende sulla spalla sinistra, non lascia trasparire la minima preoccupazione o dolore fisico, ma anzi ha la mano destra ferma e avvolta stretta al pugnale, e non ha paura che i tre soggetti sullo sfondo, forse tre sue ancelle, la vedano; nella mano sinistra stringe invece il fodero del pugnale. Si pensa che questa rappresentazione forte e impavida di Porzia sia un richiamo al reale carattere della sua autrice, Elisabetta Sirani, appunto.
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### Titolo: Venere che benda amore. ### Introduzione: Venere che benda amore è un dipinto in olio su tela (116x184 cm) realizzato da Tiziano attorno al 1565. Il dipinto è conservato nella Galleria Borghese, a Roma. ### Descrizione. La composizione del quadro si svolge in orizzontale; il centro non è occupato da nessuno dei personaggi, ma da una visuale su un tramonto. La composizione è quasi simmetrica, con due figure sulla destra e due a sinistra. La figura in primo piano in basso a destra è l'unico soggetto a voltare le spalle a chi guarda. All'osservatore si mostra una scena prevalentemente al femminile. A sinistra si trova la figura identificata come Venere: una donna seduta, mostrata solo di tre quarti, come la maggior parte delle altre figure. La donna è agghindata con un leggero drappo bianco che, insieme al mantello azzurro che porta sulle spalle, crea contrasto con lo sfondo scuro. Come nella Venere di Urbino, i capelli sono biondi e in parte sono sciolti e in parte raccolti da una corona d'oro. La figura si volge, senza però guardarlo veramente, verso un putto che, collocato all'estrema sinistra del dipinto e appoggiato delicatamente sulla spalla, è l'unica figura intera di tutto il dipinto. Il putto rivolge l'attenzione alla mano con cui Venere tiene il lembo più in alto della fascia con cui viene bendato il putto collocato al centro della scena. Del putto che viene bendato è visibile solo la schiena. In primo piano si trovano due leggerissime ali che lo caratterizzano; il volto è nascosto tra le gambe della Venere che gli copre gli occhi con una benda gialla. A destra si trovano altre due figure femminili. Quella all'estrema destra sembra arrivare improvvisamente, come suggerisce il movimento del drappo rosso che porta sulla spalla. Questa figura è anche l'unica ad avere i capelli completamente raccolti; con la mano sinistra tiene saldamente un arco, come se lo stesse offrendo alle figure principali, a cui rivolge il suo sguardo. La seconda figura a destra appare invece in attaggiamento sensuale; a differenza delle altre ha i capelli sciolti e l'abito, retto solamente dal braccio, porta fino alla nudità verso il seno sinistro. La donna si rivolge completamente con lo sguardo e il corpo verso il centro del dipinto.
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### Titolo: Timoclea uccide il capitano di Alessandro Magno. ### Introduzione: Timoclea uccide il capitano di Alessandro Magno è un dipinto di Elisabetta Sirani, realizzato nel 1659 e esposto al Museo nazionale di Capodimonte, a Napoli. ### Descrizione. Il quadro rappresenta un reale personaggio storico della Grecia narrato da Plutarco: Timoclea, nobildonna di Tebe la quale, dopo essere stata violentata da un comandante della Tracia alleato di Alessandro Magno, per ottenere la sua vendetta portò lo stesso ad un pozzo facendogli credere che al suo interno fossero nascosti i preziosi tesori della sua città: così l'uomo stupidamente si sporse per guardare meglio, e Timoclea lo spinse dentro il pozzo, per poi gettargli dei sassi contro fino a farlo morire. Con questo gesto si guadagnerà il rispetto e la magnanimità di Alessandro Magno che, sbalordito dal coraggio e la fierezza della donna, le concesse la vita e la libertà nonostante fosse una nemica. Il dipinto raffigura proprio il momento culmine della vendetta di Timoclea, con ella che gli afferra le caviglie alzate in aria per spingerlo con forza del buco, mentre l'uomo tenta di opporre resistenza, piegando un braccio e afferrando l'orlo del pozzo marmoreo, in un'espressione terrorizzata: da notare la minuziosità e perfezione con cui l'autrice ha dipinto i muscoli fortemente contratti degli arti di entrambi i soggetti. Nel gettare e uccidere il suo stupratore, Timoclea, come suggerisce la sua espressione, si dimostra decisa e per nulla trattenuta nell'agire, proprio come la storia tramanda fosse il carattere della donna. Un dettaglio molto particolare da osservare è il bassorilievo con cui è decorato il pozzo: esso raffigura non a caso la famosa e fittizia battaglia tra Centauri e Lapìti che si scatenò durante le nozze di Piritoo e Deidamia, durante la quale i Centauri con una furia bestiale si gettarono contro le Lapitesse, tentando di stuprarle, ma venendo fortemente sconfitti da queste ultime con l'aiuto di Teseo. Questo è un chiaro collegamento alla vicenda di Timoclea che, nonostante non sia riuscita a sfuggire alla violenza come loro, ottiene la sua vendetta e sconfigge l'aggressore. Sotto il bassorilievo è visibile la scritta 'Elisab. Sirani F.'. == Note ==.
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### Titolo: Galatea (Elisabetta Sirani). ### Introduzione: Galatea è un dipinto di Elisabetta Sirani, realizzato nel 1664 e oggi esposto al Museo civico di Modena. ### Descrizione. Questo quadro rappresenta una Nereide della mitologia greca, Galatea, dipinta già nel 1512 da Raffaello nel Trionfo di Galatea, e due amorini: il primo le offre delle perle su un piattino d'argento, mentre il secondo è appoggiato all'enorme conchiglia trainata da delfini su cui è seduta Galatea, e guarda curioso verso lo spettatore. La scena è ambientata in mezzo al mar Egeo, come secondo il mito, visibilmente in burrasca, ed in lontananza si può scorgere un monte, scuro quanto le nuvole nel cielo sullo sfondo. Galatea, con una veste bianca che le copre il ventre e per il resto nuda, accoglie l'offerta del primo e con due dita afferra una perla, mentre con l'altra mano si regge sulla conchiglia: su quest'ultima è sistemato un cuscino cremisi, del medesimo colore del mantello legato al braccio sinistro di Galatea, e rigonfiato dal vento. Tra i decori dorati ai bordi del cuscino è visibile anche la firma dell'artista e la data: 'Elisab. Sirani F. 1664'. La pittrice non raffigura Galatea come una bella ragazza adulta, in trionfo e con accanto il suo amato Aci (come fece Raffaello), ma molto giovane e da sola come protagonista assoluta: infatti ella si mostra quasi bambina, dai lineamenti molto dolci e con un'acconciatura fissata con un cerchietto, tipica della moda dell'epoca della Sirani. Infine, l'intera tela è circondata da una cornice che richiama i temi marini del soggetto, con delfini e conchiglie intagliate: il dipinto oggi esposto al Museo di Modena presenta ancora la preziosa cornice originale.
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### Titolo: Giuditta e Oloferne (Vernet). ### Introduzione: Giuditta e Oloferne (Judith et Holopherne) è un dipinto a olio su tela realizzato dal pittore francese Horace Vernet nel 1829. La scena rappresentata riprende l'iconografia della decapitazione di Oloferne da parte di Giuditta, prima che quest'ultima la compia. Presentato al Salone del 1831, il quadro venne acquistato dalla direzione dei musei reali: in seguito venne assegnato al dipartimento di pittura del museo del Louvre e dal 1912 si conserva al museo di belle arti di Pau. ### Descrizione. Horace Vernet si occupa di un'iconografia tratta dal libro di Giuditta, dall'Antico Testamento: Giuditta, una giovane della città di Betulia, si reca all'accampamento di Oloferne, il generale dell'esercito di Nabucodonosor, che assedia la città. Ella si guadagna la sua confidenza e, dopo che quest'ultimo si addormenta, lo decapita con una sciabola. Tuttavia, il pittore rappresenta l'instante che precede l'azione finale, quando Giuditta si prepara a colpire Oloferne. La donna è in piedi e indossa un abito adornato riccamente, che lascia scoperte le spalle. In mano ella impugna la sciabola con la quale si prepara a uccidere il generale assiro, che è sdraiato sul suo letto. Giuditta è determinata a uccidere il nemico, eppure sul suo volto traspare una certa emozione che viene letta nel suo sguardo. La barba di Oloferne è tagliata a punta come quella di Pan, ma anche quella del diavolo in alcune rappresentazioni. La luce proviene da un angolo della tenda in alto a sinistra e ricade diagonalmente sui busti dei due, illuminando le vesti bianche che indossano. Il resto della tenda, eccezion fatta per un drappo rosso che la chiude, rimane in ombra.Sono noti due studi a olio per l'opera. Il primo ritrae Olympe Pélissier all'altezza del busto, con i capelli raccolti e a torso nudo, mentre gira il volto di tre quarti. Questo studio è conservato al museo di belle arti di Boston. Il secondo studio si avvicina di più alla composizione finale ed è conservato al museo di belle arti di Houston, negli Stati Uniti d'America.Una copia dell'opera, realizzata da un pittore chiamato 'Rouede' o 'Rouche', forse un allievo di Horace Vernet, venne ritrovata negli anni 1990 tra i bidoni della spazzatura di un tolosano.
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### Titolo: La barricata. ### Introduzione: La barricata (The Barricade) è un dipinto a olio del pittore statunitense George Bellows, realizzato nel 1918. Il dipinto fa parte della collezione del museo d'arte di Birmingham, in Alabama. Dall'opera è stata tratta anche una litografia su carta, oggi conservata all'istituto d'arte di Minneapolis. ### Descrizione. L'opera raffigura i cittadini di un paese belga, uomini, donne e bambini, usati come scudi umani da una soldataglia di invasori tedeschi. Nel dipinto queste persone che fanno da scudi umani sono nude, anche se questo non corrisponde esattamente alla realtà: infatti, i rapporti di questi incidenti provano che gli invasori non avevano sottoposto le loro vittime a una tale forma di umiliazione. L'artista, comunque, decise di rappresentare così queste figure per sottolineare la loro fragilità e accostarle alle raffigurazioni dei santi martiri nei dipinti dei secoli passati. Le mani rivolte verso l'alto, ossia verso il cielo, richiamano l'attenzione degli spettatori sulla loro condizione di sottomissione. I soldati dell'esercito imperiale tedesco (riconoscibili per le uniformi verde scuro e l'elmetto prussiano) si trovano dietro di loro e puntano le loro armi e le loro baionette. Sullo sfondo si trovano degli alberi e una casa. == Note ==.
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### Titolo: Madonna del Rosario (Smet). ### Introduzione: La Madonna del Rosario, altresì nota come Quadro della Regina Giovanna, è un'opera presente nella Cattedrale di Muro Lucano, nella provincia di Potenza in Basilicata, opera del pittore fiammingo Cornelis Smet, detto Cornelio Ferraro, attivo a Napoli verso la fine del XVI secolo, dove morì nel 1592. ### Descrizione. Nella metà superiore del quadro è rappresentata la Madonna del Rosario, incoronata da quattro angeli, San Domenico, riconoscibile dal saio dell'Ordine dei domenicani, l'ordine da lui fondato, e Santa Caterina da Siena; nell'altra metà della composizione, in basso, sono raffigurate a destra colei che la tradizione ha ormai identificato come la sovrana Giovanna I, da cui l'opera ha ereditato il suo secondo nome, presentata in abito bianco e con corona regale, assieme ad una dama di corte; a sinistra l'antipapa Clemente VII, Ottone di Brunswick quarto ed ultimo marito della Regina, un terzo cortigiano, e presumibilmente il vescovo dell'arcidiocesi di Muro Lucano al tempo della composizione del dipinto.
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### Titolo: Scena del Diluvio (Joseph-Désiré Court). ### Introduzione: La Scena del Diluvio (Une scène du Déluge o Le Déluge) è un dipinto di Joseph-Désiré Court realizzato a partire dal 1826. Illustra il mito cataclismico del diluvio universale, ispirato dal libro della Genesi, 7, 1-12. Fu esposto al Salone del 1827 al Louvre (il museo nazionale della Francia), il 4 novembre, e Court vi partecipò come vincitore del premio di Roma, ragion per cui non poté concorrere per le medaglie assegnate alla fine di questo Salone. Lo stato comprò l'opera per 3000 franchi. Il quadro fa parte delle collezioni del museo di belle arti di Lione. ### Descrizione. Court scelse di rappresentare una scena limitata a un quadro ristretto, con un'azione incentrata su quattro personaggi. Un uomo nudo si trova su un macigno e allunga una mano per provare ad afferrare quelle di un vecchio trascinato dall'acqua. A destra, una donna semisommersa si aggrappa a un ramo e, con le lacrime agli occhi, solleva il proprio bambino, nella speranza che l'uomo lo salvi. Si ritiene che i personaggi facciano parte della stessa famiglia, pertanto l'opera ritrarrebbe un uomo costretto a scegliere se salvare suo figlio o suo padre, e dal gesto sembra che abbia scelto quest'ultimo. Un'interpretazione popolare vede nel dipinto un'allegoria dell'uomo che rimane attaccato al passato (l'anziano), finendo per non concentrarsi sul futuro (il bambino).Si distinguono due insiemi: la coppia della donna e del bambino, ridotta alla metà inferiore dell'inquadratura, caratterizzata da una gamma cromatica molto chiara e da delle forme tonde che contrastano con le linee precise dei muscoli e dei tendini degli uomini; la seconda coppia è quella dell'uomo e del vecchio, che attraversa quasi per intero l'inquadratura, riuniti dall'asse del braccio teso e caratterizzata dalle tinte più calde. La luce si concentra sulla scena, tutta la roccia non è illuminata allo stesso modo e sotto il corpo dell'uomo la si vede coperta d'ombre. I personaggi a sinistra, in profondità, prendono appena forma nell'oscurità. La profondità è introdotta orizzontalmente: il ramo a destra sembra essere il punto più vicino allo spettatore, come se uscisse dall'inquadratura, e viceversa il lato sinistro non offre che un piano molto più scuro nel quale si definisce appena la linea di un macigno, illuminato molto poco da delle tinte rosso granito che si intonano alla capigliatura del personaggio centrale. == Note ==.
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### Titolo: La giovane martire. ### Introduzione: La giovane martire (La Jeune Martyre) è un dipinto a olio su tela del pittore francese Paul Delaroche. Ne esistono due versioni, una del 1853 e l'altra del 1855, e si basa sullo stile romantico dei dipinti di genere. La seconda versione si conserva al museo del Louvre di Parigi, mentre la prima fa parte delle collezioni del museo dell'Ermitage di San Pietroburgo. ### Descrizione. Il quadro raffigura in primo piano una giovane con le mani legate, alla deriva, nelle acque di un fiume identificato con il Tevere. Sullo sfondo, nella penombra, si distinguono una barca e due figure raggruppate in atteggiamento lacrimoso (forse i genitori della donzella) che osservano dalla riva il corpo senza vita della giovane martire. La scena si svolge al crepuscolo e la penombra avvolge tutto lo sfondo. Una luce bianca illumina la parte superiore del corpo della giovane e pone così un contrasto potente che rafforza il dramma della scena. La sua origine deriva sicuramente dall'aureola che aleggia sopra il volto della martire. Théophile Gautier definì il quadro 'un'Ofelia cristiana' e ammirò il viso della fanciulla, che per lui era di una 'purezza verginale' e di una 'bellezza divina'.
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### Titolo: La ninfa sorpresa. ### Introduzione: La ninfa sorpresa (in francese: La nymphe surprise; in spagnolo: La ninfa sorprendida) è un dipinto realizzato da Édouard Manet tra il 1859 e il 1861. Oggi la tela è esposta al museo delle belle arti dell'Argentina di Buenos Aires.La compagna del pittore, Suzanne Leenhoff, vi è raffigurata con l'aspetto di una ninfa. ### Descrizione. La ninfa sorpresa di Manet raffigura una donna giovane seduta in un paesaggio silvestre vicino a un lago, mentre guarda sorpresa lo spettatore. C'è un iris blu che cresce ai suoi piedi, e lei non porta nulla addosso al suo corpo eccetto per la collana di perle al collo e un anello su un suo ditino. Lo sguardo della ninfa, al contrario di quello provocante dell'Olympia del dipinto omonimo, è sorpreso e timido, come se avesse appena visto lo spettatore che la osserva, invadendo la sua riservatezza e disturbandola.Molti autori pensano che la composizione sia simile al quadro Susanna e i vecchioni di Rembrandt, prendendo in considerazione che il nome della modella è Suzanne, che lei era neerlandese e che la posa della figura è identica a quella del dipinto. D'altro canto, Françoise Cachin afferma che Manet si ispirò probabilmente al quadro del 1704 di Jean-Baptiste Santerre sullo stesso soggetto, facendo notare la posizione del braccio e il trattamento del materiale. Il quadro è stato anche paragonato a un affresco di Giulio Romano sul tema di Betsabea al bagno al palazzo Te, che Manet potrebbe aver conosciuto grazie a delle incisioni francesi, o a un'incisione di Marcantonio Raimondi chiamata Ninfa e satiro.
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### Titolo: Pigmalione e Galatea (Girodet). ### Introduzione: Pigmalione e Galatea (Pygmalion amoureux de sa statue o Pygmalion et Galatée) è un dipinto di Anne-Louis Girodet del 1819 che riprende il mito di Pigmalione e Galatea, descritto da Ovidio nelle sue Metamorfosi. Si tratta dell'ultima opera di Girodet e si trova al museo del Louvre. ### Descrizione. Il quadro raffigura il momento nel quale la scultura di Galatea viene tramutata in donna dalla dea Venere, davanti agli occhi increduli del suo autore. La scena è ambientata in un luogo all'aperto, avvolto da una nuvola di incenso. Una lira, che si trova proprio dietro allo scultore, senza dubbio richiama le Muse, l'ispirazione artistica e l'arte stessa. A sinistra si trova una scultura della dea dell'amore, la cui testa è illuminata da un bagliore. Seminuda e coperta a metà da una veste, ella tiene nella mano sinistra una colomba, un uccello che nell'antichità le veniva offerto in sacrificio, richiamando la preghiera di Pigmalione.
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### Titolo: Sermone alla cappella Sistina. ### Introduzione: Il Sermone alla cappella Sistina (El sermón en la capilla Sixtina) è un dipinto a olio del pittore spagnolo Vicente Palmaroli. Fa parte della collezione privata Caja Duero, che si trova a Salamanca. ### Descrizione. Il quadro mostra una scena di genere a tema religioso e raffigura il momento nel quale un domenicano predica davanti un pontefice e la sua corte nella cappella Sistina, il tutto ambientato approssimativamente nella seconda metà del sedicesimo secolo. Sullo sfondo si trova il Giudizio universale dipinto da Michelangelo Buonarroti, mentre nel lato destro della tela si notano gli altri affreschi della parete nord (il Battesimo di Cristo di Pietro Perugino e le Prove di Cristo di Sandro Botticelli). La composizione e il tema del quadro sono molto influenzati dall'opera Interno della cappella Sistina dell'artista francese Jean-Auguste-Dominique Ingres (1814): il dipinto ingresiano ritraeva il papa Pio VII che pronunciava un discorso davanti al clero. L'opera si colloca nel periodo realista del pittore ed è stato qualificato dalla critica come uno dei migliori dipinti di composizione di Palmaroli. Secondo Rosa Pérez, il quadro deve il suo risalto alla luce, che secondo questa autrice 'cade casualmente sul posto che occupa nella cappella'.
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### Titolo: Salomè (Henri Regnault). ### Introduzione: Salomè (Salomé) è un dipinto orientalista realizzato nel 1870 circa dall'artista francese Henri Regnault. L'opera fa parte delle collezioni del museo Metropolitano di New York. ### Descrizione. Realizzata con l'olio su tela, l'opera rappresenta il personaggio biblico di Salomè. Con i capelli arruffati e i vestiti disordinati, Salomè ha appena danzato per il suocero Erode, il governatore della Giudea. Il piatto e il coltello alludono alla sua ricompensa: la testa tagliata di Giovanni il Battista. Il personaggio incarna lo stereotipo della 'bella giudea', che all'epoca raffigurava le donne ebree come delle vere e proprie seduttrici. Questo dipinto segna una svolta importante nell'iconografia del personaggio, in quanto in passato ella era stata rappresentata o mentre danzava per Erode, o mentre reggeva la testa mozzata del Battista: qui non c'è nemmeno quest'ultima.L'arte francese era stata circonfusa dall'orientalismo per tutto il XIX secolo, e Regnault aveva viaggiato anche in Spagna e nell'Africa settentrionale, spinto da questa ricerca dell'esotico. In questa tela, in un certo senso, l'Africa è evocata dal tappeto decorato e dalla pelle di leopardo sulla quale la ragazza poggia i piedi. Salomè indossa degli indumenti e dei gioielli esotici, come una gonna dorata semitrasparente, e delle ciabatte scure.
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### Titolo: Victory Boogie Woogie. ### Introduzione: Victory Boogie Woogie (in italiano: 'Boogie Woogie della vittoria') è un quadro dipinto da Mondrian durante il periodo in cui si trovava a New York (1940 - 1944).Si tratta dell'ultima opera prodotta dall'artista, rimasta però incompiuta poiché vi stava ancora lavorando nei giorni precedenti alla sua morte. ### Descrizione. L'opera appare molto simile alla coeva Broadway Boogie Woogie sempre di Mondrian (assenza delle linee nere per delimitare la struttura delle forme, uso di forme molto più piccole), ma presenta allo stesso tempo delle importanti differenze: la tela è inclinata di 45° a formare un rombo (disposizione già usata dall'artista stesso in alcune opere del passato) e, soprattutto, il colore predominante non è più il giallo, ma appaiono tutti i colori primari con grande intensità, eliminando il 'linearismo' dell'altra tela sul Boogie Woogie e conferendo la massima vivacità possibile, tipica dell'atmosfera ritmata della grande mela, in un grido di speranza per la vittoria nella seconda guerra mondiale.
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### Titolo: La moglie del re Candaule. ### Introduzione: La moglie del re Candaule (in tedesco: Die Frau des Kandaules entdeckt den versteckten Gyges, 'La moglie di Candaule scopre Gige nascosto') è un dipinto a olio su tela del pittore olandese Eglon Hendrik van der Neer. Si trova al Museum Kunstpalast di Düsseldorf. ### Descrizione. Eglon van der Neer ricreò molto fedelmente la storia di Candaule. Egli scelse il momento in cui la moglie si toglie l'ultima veste e si denuda di fronte al marito. Si trova davanti a Candaule, ma allo stesso tempo osserva Gige che la guarda dietro una tenda sulla sinistra. È questo il momento nel quale ella capisce il piano di suo marito. Il resto dei suoi indumenti giace su una sedia alla sinistra di lei. L'abito in raso scintillante contrasta con il velluto del baldacchino. La scena si svolge in una camera ricca del diciassettesimo secolo, a simboleggiare l'epoca d'oro della pittura olandese, ed è uno dei pochi quadri olandesi del periodo che raffigura un nudo in un interno. Un altro motivo per questa ambientazione contemporanea al pittore potrebbe essere legato al fatto che all'epoca si conosceva la civiltà della Lidia solo attraverso le fonti letterarie, e non quelle archeologiche, dato che i primi scavi sarebbero stati realizzati qualche secolo dopo. Il quadro si può datare con precisione anche grazie alla capigliatura della regina, che si basa su quelle che andavano di moda all'epoca del pittore.
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### Titolo: Fantasia su un'aria del Faust. ### Introduzione: La Fantasia su un'aria del Faust o Fantasia di Faust (Fantasía sobre Fausto) è un dipinto a olio su tela realizzato dal pittore spagnolo Marià Fortuny i Marsal nel 1866. ### Descrizione. L'artista realizzò vari studi sul compositore davanti al suo strumento, nei quali appare un pianoforte di legno color mogano nella stessa posizione del dipinto un olio, con una pedaliera a lira, le gambe scanalate e le ruote, di marca Pleyel o Erard.La scena raffigurata nell'opera si svolge nel giardino della casa di Margherita: la soavità del colore dei vestiti di Fausto e Margherita e lo sfondo illuminato contrasta con i toni scuri delle figure del resto dei personaggi, rappresentati con un'esecuzione moderata, cosicché è il pennello stesso quello che disegna le balze del vestito di Marta e il mantello di Mefistofele. Questa figura, grazie alla sua teatralità, è quella principale della scena, con un abbigliamento molto fedele al testo con il quale si presenta nell'opera letteraria di Johann Wolfgang von Goethe; con l'aspetto di un cavaliere nobile, con un abito rosso, ornato d'oro, la mantellina di seta liscia, una piuma di gallo nel cappello e uno stocco affilato alla cintura. L'artista aveva già rappresentato questo personaggio in precedenza ed è connesso con le illustrazioni realizzate da Gustave Doré per il romanzo di Théophile Gautier Il Capitan Fracassa. Quest'opera potrebbe avere a sua volta ispirato Federico de Madrazo, il suocero del pittore, che qualche mese dopo realizzò un dipinto la cui composizione è simile, Il sogno di Atropo. ### Stile. Secondo Sans i Cabot, il carattere e il genio dell'artista possono essere visti meglio nei bozzetti e nelle opere realizzate 'alla prima' che nei suoi dipinti più rifiniti. Riferendosi a questo quadro affermò che dovrebbe essere considerato un'improvvisazione, poiché venne concepito e realizzato in poche ore. Qui, questa libertà d'esecuzione è parallela allo spirito impetuoso della scena, al quale allude il disordine nel quale si intravedono le partiture sui martelletti del pianoforte, sul pavimento e nelle cartelle impilate sopra il tavolo. Attraverso dei tocchi vibranti del pennello, l'artista mise in risalto la luminosità e la luce delle superfici in legno della sedia e del pianoforte, l'oro tenue della cornucopia e i colori accesi nella cornice dell'acquerello. Nonostante la sua esecuzione disinvolta, Fortuny è riuscito a catturare le diverse qualità. Anche la sottigliezza del trattamento delle campiture aeree, con un impasto maggiore a sinistra, e il suo passaggio alla parete della casa, che è stata dipinta con un pennello asciutto, è una caratteristica dell'artista. Lo è anche il modo con il quale, distinguendosi dall'equilibro di toni caldi e freddi, adopera un rosso brillante (che appare anche nelle larghe pennellate al suolo e nella dedica e la firma) così da mettere in rilievo la pittura centrale.
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### Titolo: Ritratto della giornalista Sylvia von Harden. ### Introduzione: Ritratto della giornalista Sylvia von Harden (Bildnis der Journalistin Sylvia von Harden) è un dipinto del pittore tedesco Otto Dix del 1926. ### Descrizione. Nel ritratto della giornalista Sylvia von Harden la donna è raffigurata mentre è seduta al tavolo di un caffè ed e collocata di fronte a uno sfondo rosso e rosa senza nessuna decorazione, porta o finestra. La donna ha una carnagione pallida, occhiaie profonde, dita lunghe e ossute, un taglio corto di moda negli anni venti, un naso lungo e appuntito e un volto spigoloso che, nell'insieme, le conferiscono un aspetto androgino. La bocca, leggermente socchiusa, è accentuata dalle labbra rosse scure e dal pallore del volto. Von Harden indossa un tubino a quadri rossi e neri e un monocolo sull'occhio destro, delle calze leggere e tiene una sigaretta russa nella mano destra. Gli unici due mobili rappresentati sono la sedia dorata su cui è seduta e il tavolino in marmo, sopra il quale sono collocati un portasigarette con il nome della giornalista, una scatola di fiammiferi con il simbolo dell'aquila tedesca e un bicchiere di Spritz. L'ambiente scarno conferisce maggiore importanza al soggetto ritratto, i colori vibranti danno all'insieme un senso di tensione e suspense, mentre la piega sulla calza introduce un elemento sensuale. Lo sguardo della donna, che è girato di tre quarti, sembra rivolgersi allo spettatore.
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### Titolo: Sant'Ambrogio rientra a Milano. ### Introduzione: Sant'Ambrogio rientra a Milano è un dipinto murale di Giovanni Francesco Lampugnani e Giovanni Battista Lampugnani realizzato nel 1618 e conservato presso la Chiesa di Sant’Ambrogio a Legnano. ### Descrizione. Il grande affresco ubicato nella navata sinistra raffigura Sant'Ambrogio in groppa a un cavallo bianco mentre entra a Milano, accolto dai dignitari della città dopo la sua nomina a Vescovo.La scena raffigurata nasce dalla storia della fuga di Sant'Ambrogio dalla città per evitare la consacrazione. Paolino di Milano scrive nella sua biografia come Ambrogio fece di tutto per allontanare da sé l'investitura episcopale. Egli racconta come, per dimostrare di non essere degno del ruolo a cui lo avevano eletto, Ambrogio ordinò di torturare alcuni prigionieri, annunciò di volersi dedicare a tempo pieno alla filosofia, finse una condotta morale indegna per un vescovo facendo entrare nel suo palazzo delle prostitute. infine, poiché tutto questo non era servito a nulla, fuggì dalla città, ma per due volte fu poi ricondotto indietro. La raffigurazione più celebre di questo episodio è quella di Vuolvino su una formella dell'altare d'oro della basilica ambrosiana.Stando al racconto di Paolino la porta alle spalle di Sant'Ambrogio è presumibilmente Porta romana da cui si intravede una vista della città di Milano con la facciata del Duomo allora in costruzione. ### Stile. Le prime opere dei Lampugnani, datate all'inizio del secondo decennio del Seicento, rivelano i forti legami e le suggestioni derivanti dalla matrice pittorica lombarda e cinqucentesca che aveva preso le mosse all'inizio del secolo precedente con Bernardino Luini.Nella prima metà del XVII secolo, la pittura lombarda conobbe un periodo di intenso fervore, durante il quale emerse un linguaggio pittorico nuovo e originale, che contribuì a posizionare Milano tra i centri più significativi dell'arte italiana dell'epoca. Si sviluppò così una distintiva scuola regionale caratterizzata da uno stile maestoso e appassionato, con notevoli contrasti di luce e una disposizione scenografica che caratterizzava l'intera arte lombarda. La scelta dei colori e la composizione riflettevano una peculiare serenità tipica della provincia lombarda, priva dell'intensità espressiva tipica del barocco. È quindi possibile leggere nei muri e nelle forme della chiesa di S. Ambrogio il gusto sobrio di una cittadina tranquilla, la raffinatezza die particolari decorativi, la compostezza dei personaggi con espressioni dolci e contemplative.
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### Titolo: Minerva in atto di abbigliarsi. ### Introduzione: Minerva in atto di abbigliarsi è un dipinto di Lavinia Fontana, realizzato nel 1613 e oggi esposto nella Galleria Borghese di Roma. ### Descrizione. Nella Minerva in atto di abbigliarsi si trova al centro della scena la divinità romana Minerva (Atena per i Greci) viene 'sorpresa' completamente nuda, a figura intera, mentre si accinge ad indossare un mantello. Mentre il corpo tenta di coprirsi le nudità, il volto della dea è inclinato e volutamente diretto verso lo spettatore, ammaliante e seducente; l'acconciatura della giovane era una delle più in voga non nell'Antica Roma, ma bensì nell'epoca storica della pittrice Lavinia Fontana, il Seicento. Probabilmente in parte Minerva è proprio un autoritratto dell'autrice, fatto davanti allo specchio. Altra caratteristica, in questo caso lampante, tipica dell'arte del Seicento è lo sfondo scuro, qui completamente nero, per accentuare al massimo i soggetti ritratti che, perciò, risultano il pieno centro della scena e sembrano brillare di luce propria: in particolare qui il nero accentua le forme della dea, in un forte atto di seduzione e quasi erotismo. Non è invece deliberatamente messo in risalto il piccolo Cupido, fra l'altro proprio dio dell'erotismo, collocato sulla porta, avvolto da un rosso vermiglione con cui quasi si fonde e disperde: per offrirgli fattezze più umane che divine, l'autrice omette le ali al piccolo e lo ritrae invece mentre gioca con un elmo. La 'vestaglia' che la dea tiene delicatamente in mano appare preziosa e riccamente decorata: questo indumento femminile tipico delle donne appartenenti alla nobiltà romana si contrappone fortemente ad altri elementi presenti nella scena, come l'elmo, la lancia e lo scudo, tutti simboli di Minerva come dea vergine guerriera e della saggezza.
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### Titolo: La principessa Tarakanova (Flavickij). ### Introduzione: La principessa Tarakanova (in russo Княжна Тараканова?, Knjažna Tarakanova) è il dipinto più famoso dell'artista russo Konstantin Dmitrievič Flavickij. Completato nel 1864, il quadro raffigura la storia della principessa Tarakanova, che venne imprigionata durante il regno dell'imperatrice Caterina II. L'utilizzo della luce e delle ombre e l'attenzione ai dettagli nella tela da parte del Flavickij gli garantirono il titolo di professore di dipinti storici, e questa rimane una delle sue opere più celebri. ### Descrizione. La storia della principessa Tarakanova, un'arrampicatrice sociale che proclamava di essere la figlia dell'imperatrice Elisabetta Petrovna, funse da base per la creazione del quadro. Per ordine dell'imperatrice Caterina II, ella venne arrestata e nel maggio del 1775 venne portata alla fortezza di Pietro e Paolo, dove fu sottoposta a un lungo interrogatorio dal feldmaresciallo principe Golicyn, nel quale rese varie testimonianze. Morì di tisi il 4 dicembre 1775, nascondendo il segreto della sua nascita persino a un prete. Lo stesso nome Tarakanova le venne attribuito dopo la morte e deriva dal termine tarakan (in cirillico: таракан?), che significa 'scarafaggio' in russo.La trama del dipinto si basa su una leggenda riguardante la morte della principessa Tarakanova durante l'inondazione di San Pietroburgo del 21 settembre del 1777, nonostante ella fosse morta due anni prima di questo evento. Il quadro raffigura una casamatta nella fortezza di Pietro e Paolo, e le acque dell'inondazione infuriano al di fuori delle mura. Su un letto, la giovane donna si erge mentre prova a scappare dall'acqua che sta scorrendo da una finestra sbarrata, riempiendo l'intera stanza. Dei ratti bagnati emergono dall'acqua, strisciando verso i piedi della prigioniera. L'usurpatrice indossa un abito di seta che contrasta con il materasso e il cuscino del letto, molto sporchi.Anche se la leggenda sulla morte di Tarakanova durante la tempesta non è vera, fu questa versione della sua morte che si stabilizzò nella memoria popolare, grazie a Flavickij. Per esempio, nella poesia Anima (in russo Душа?, Duša), Boris Pasternak scrive: 'combatti come combatté la principessa Tarakanova quando il rivellino venne inondato a febbraio.'.
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### Titolo: Metropolis (Grosz). ### Introduzione: Metropolis è un dipinto del pittore tedesco George Grosz dipinto tra il 1916 e il 1917 e conservato presso il museo Thyssen-Bornemisza di Madrid. ### Descrizione. La trasformazione delle città in gigantesche metropoli era uno dei temi preferiti dagli artisti del primo Novecento. Nel tentativo di catturare questo cambiamento, Grosz ritrae Berlino nel mezzo della prima guerra mondiale attraverso il suo stile espressionista, servendosi soprattutto del colore rosso, in una scena molto caotica. La scena, che segue i dettami del cubismo e del futurismo, presenta una prospettiva esagerata e figure che si sovrappongono al fine di ricreare il ritmo febbrile della vita cittadina. Ma, a dispetto di quello che avrebbero fatto altri artisti che elogiavano la modernità e il progresso, Grosz conferì all'opera una dimensione apocalittica per rivelare la follia e i desideri autopunitivi dell'uomo. == Note ==.
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### Titolo: Alla toletta. ### Introduzione: Alla toletta o Al tavolo da toletta (in russo За туалетом. Автопортрет?, Za tualetom. Avtoportret) è un dipinto della pittrice russa Zinaida Evgen'evna Serebrjakova, realizzato nel 1909. Fa parte delle collezioni della galleria Tret'jakov di Mosca.Questo quadro fu realizzato alla fine dell'anno 1909, quando la pittrice viveva nel villaggio di Neskučne (nell'odierno oblast' di Charkiv, in Ucraina). Secondo l'artista, l'inverno era arrivato in anticipo quell'anno e tutto intorno era ricoperto di neve, ma in casa sua faceva caldo ed era accogliente, e lei si divertiva a dipingere davanti allo specchio dopo aver raccolto i suoi ninnoli sul suo tavolo.Su insistenza del pittore Eugène Lanceray (o Evgenij Evgen'evič Lanceray), il fratello di Zinaida, l'autoritratto venne spedito a San Pietroburgo, dove venne esposto alla settima mostra dell'unione dei pittori russi, che si era installata nella città all'inizio del 1910, dopo essere stata fondata a Mosca. Il quadro venne ben accolto dal pubblico e dalla critica. Il pittore Valentin Aleksandrovič Serov, in particolare, espresse la sensazione che l'autoritratto allo specchio fosse un'opera molto fresca e molto dolce. Quanto al critico Aleksandr Nikolaevič Benois, egli scrisse che Serebrjakova aveva offerto al pubblico russo un regalo tanto meraviglioso con il suo sorriso su tutto il volto che non la si poteva che ringraziare. Il quadro venne acquistato direttamente alla mostra per la galleria Tret'jakov. ### Descrizione. A livello compositivo, il quadro rappresenta l'artista che si riflette nel proprio specchio. La cornice dello specchio è visibile sulla tela e la candela a sinistra si vede due volte, una delle quali è il suo riflesso. La giovane si guarda nello specchio e si pettina mentre sorride. La sua posa è rilassata con 'il movimento grazioso delle mani nude, il movimento leggero del suo busto che si gira, ben proporzionato'. Sebbene il motivo dello specchio adoperato sia abbastanza semplice, l'immagine della candela vera ripetuta dal suo riflesso dà un tocco di originalità e ingegnosità alla composizione.I colori della tela sono di tonalità vive e allegre. I colori più intensi si trovano in primo piano, sul tavolo da toeletta. Vi si trovano dei flaconi di profumo in vetro con delle tinte gialle e verdi, un cuscinetto blu con degli spilloni, una scatola dipinta piena di perle e altri oggetti, tutti intrisi di colori che scintillano come dei gioielli. Dei toni attenuati si trovano nello stesso gioco di colori in altre parti della tela. Sullo sfondo, c'è un muro bianco davanti al quale si trova un tavolo sul quale è posata una bacinella con una brocca d'acqua per lavarsi.I colori caldi della figura femminile collegano i colori vivaci del primo piano allo sfondo blu-verdastro e bianco. Secondo la storica dell'arte Valentina Knjazeva, l'opera incanta per la sua saturazione della luce. Sembra che la figura della donna in primo piano, i mobili e lo sfondo del quadro non siano soltanto bagnati dalla luce, ma che la emettano essi stessi. La cornice dello specchio funge da cornice della composizione stessa e rafforza l'effetto della profondità spaziale dell'immagine. Il suo colore scuro mette in risalto la luminosità della tavolozza dell'artista.La realizzazione della tela venne suddivisa in più sedute. Serebrjakova dipinse in più strati, modellò accuratamente le forme, studiò con precisione qualunque dettaglio. Per il suo volto, le sue braccia e le spalle ella utilizzò le tinte piatte. Il suo stile pittorico permette di valorizzare la profondità del colore e di creare delle transizioni sottili tra i toni scelti.
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### Titolo: Alexander Pope mentre dichiara il suo amore a lady Montagu. ### Introduzione: Alexander Pope mentre dichiara il suo amore a lady Montagu (Pope Makes Love To Lady Mary Wortley Montagu) è un dipinto a olio su tela dell'artista inglese William Powell Frith. Venne realizzato nel 1852 e oggi si trova alla galleria d'arte di Auckland, in Nuova Zelanda. ### Descrizione. Alexander Pope si era invaghito di Mary Wortley Montagu, un'aristocratica nota per i suoi viaggi nel vicino Oriente e che coltivava una grande passione letteraria. Secondo quanto racconta Lady Louisa Stuart, anche se Mary era già sposata, un giorno Pope provò a dichiararle il proprio amore con una dichiarazione intrisa di passione (infatti nel titolo originale inglese, l'espressione makes love è una forma oggi antiquata per declares his love, 'dichiara il suo amore'): eppure, per quanto questa potesse essere seria, Montagu si mise immediatamente a ridere in faccia al poeta, trovandola esagerata come dichiarazione. Da allora i rapporti tra i due peggiorarono, e le lettere che prima si scambiavano spesso divennero più rare.Alexander Pope è seduto su una sedia e rivolge le spalle alla donna: egli si porta la mano sinistra al mento, stringe la destra in un pugno e la sua espressione, visibile negli occhi spalancati, sembra unire in una sola emozione la rabbia, la furia e la vergogna. Il volto del poeta si rifà, come disse lo stesso artista nelle sue memorie, a un busto di Louis-François Roubillac. Esiste inoltre uno schizzo a matita e carboncino del poeta che si chiude nella sua rabbia, conservato a Londra. Mary Montagu si appoggia a un tavolino pieno di libri e lettere ed è ritratta mentre ride con ilarità, con la testa inclinata leggermente all'indietro. È importante far notare che il pittore idealizzò leggermente la scena rispetto alla realtà, perché il volto di Mary Montagu non presenta i segni del vaiolo, che aveva contratto in precedenza e contro il quale avrebbe lottato, e anche la gobba del poeta non si vede dato che egli è seduto.Il salotto nel quale si svolge la scena presenta vari oggetti di arredamento che testimoniano la posizione sociale di Lady Mary, mentre gli utensili di scrittura e la sciarpa che le cinge la vita indicano la sua posizione come moglie dell'ambasciatore britannico presso l'impero ottomano e la sua fama di scrittrice. Sopra una candela appesa al muro tramite una cornice è presente una coroncina, che rimanda alle origini aristocratiche di Wortley Montagu. Al centro esatto del quadro è presente una statuetta con due amanti che si baciano, come una sorta di beffa alla dichiarazione di Pope. Alla sinistra della donna è presente un tulipano, un altro simbolo dell'amore profondo che qui contrasta con il rifiuto del poeta. == Note ==.
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### Titolo: Il sogno della regina Caterina. ### Introduzione: Il sogno della regina Caterina (in inglese: The Vision of Catherine of Aragon o Queen Catherine's Vision) è un quadro dell'artista svizzero Johann Heinrich Füssli, realizzato nel 1781. Oggi l'opera è conservata in una collezione d'arte di Lytham St Annes, nel borough di Fylde, nel Lancashire, in Inghilterra. ### Descrizione. Quest'olio su tela rappresenta un passaggio dell'opera teatrale Enrico VIII, di William Shakespeare, nel quale Caterina d'Aragona fa il sogno macabro della propria fine dopo essere stata bandita in favore di Anna Bolena: stesa sul suo letto di morte, ella alza il proprio braccio sinistro verso la corona che le porgono delle apparizioni spettrali femminili parzialmente nude in un'emozione che sorprende la sua servitrice seduta al suo capezzale, ai piedi di una lira e di una scultura. Nel testo scespiriano gli spiriti indossano delle ghirlande e delle maschere ovali note come visard, mentre impugnano dei rami di palma o d'alloro, ma il Füssli omise questi dettagli. Nello sfondo si trova il carceriere della ex sovrana, quasi nascosto dall'oscurità.Esiste un quadro che raffigura la sola Caterina (probabilmente si tratta di uno studio per l'opera) che si trova al Victoria and Albert Museum di Londra. Nello stesso museo si trova anche una tela che si focalizza esclusivamente sulle anime muliebri.
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### Titolo: Il giuramento del Grütli. ### Introduzione: Il giuramento del Grütli o Il giuramento dei tre confederati sul Rütli (in tedesco svizzero: Die drei Eidgenossen beim Schwur auf dem Rütli, 'I tre confederati prestano giuramento sul Grütli') è un dipinto dell'artista svizzero Johann Heinrich Füssli, realizzato tra il 1779 e il 1781. Commissionata dalla città di Zurigo, l'opera oggi è conservata nella sua Kunsthaus. Esistono inoltre diversi schizzi e studi preparatori conservati in vari musei del mondo. ### Descrizione. Quest'olio su tela è un dipinto di storia che illustra il momento del giuramento del Grütli, il quale vide i delegati dei cantoni di Uri, dello Svitto e di Untervaldo giurare di liberarsi dal giogo degli Asburgo sul prato di Grütli (Rütli in tedesco), nel 1307. I tre individui sono rappresentati con le mani al centro, una sopra l'altra, e mentre guardano verso il cielo alzando l'altro braccio. I tre personaggi indossano delle armature e la figura al centro brandisce una spada. Dietro di loro un raggio di luce squarcia il cielo pieno di nubi nere. Le figure sono viste di sotto in su e sembrano allungate, mentre in alto al centro tra le nubi spunta una luce soprannaturale: Füssli aveva fatto un viaggio in Italia in quel periodo e aveva potuto studiare le opere dei manieristi, in particolare i dipinti del Parmigianino, di Jacopo da Pontormo e del Rosso Fiorentino. L'opera si distacca rispetto ai canoni artistici che avevano caratterizzato l'arte tardobarocca e che erano alla base dell'arte neoclassica, allora nascente, in quanto Füssli non delineò dei contorni precisi per le figure, adoperò delle pennellate larghe e lasciò uno sfondo abbastanza vago. L'opera spesso viene messa in confronto con un'altra celebre opera di quel periodo, Il giuramento degli Orazi di Jacques-Louis David, del 1784, in quanto il tema che unisce queste opere è un giuramento effettuato da tre guerrieri. Tuttavia, se la tela davidiana appartiene allo stile neoclassico, l'opera dell'artista svizzero si avvicina di più a uno stile che ricerca il sublime.
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### Titolo: La lotta di Thor con il serpente del Midgard. ### Introduzione: La lotta di Thor con il serpente del Midgard (in inglese: Thor Battering the Midgard Serpent) è un dipinto realizzato dall'artista Johann Heinrich Füssli nel 1790. Venne dipinto come opera di ammissione del pittore alla Royal Academy of Arts ('accademia reale delle arti'), a Londra, al momento della sua elezione al rango di membro effettivo. Oggi l'opera si conserva sempre lì. ### Descrizione. Questo dipinto a olio a tema mitologico rappresenta il dio norreno Thor in piedi, sulla prua di un'imbarcazione al cui timone c'è Hymir, mentre sta per sferrare un colpo di spada nei confronti del serpente marino di Miðgarðr, lo Jörmungandr (o Miðgarðsormr), che tiene stretto con una catena conficcatagli nella bocca probabilmente con un arpione. Sullo sfondo è presente un vecchio che osserva la scena: si tratta del padre di Thor, il dio Odino. Eccetto per un elmo e un mantello, l'eroe è nudo come gli eroi neoclassici e il suo corpo è muscoloso, messo ulteriormente in risalto dal fatto che emerge dallo sfondo nerastro. Egli viene raffigurato dal basso verso l'alto e con un'inclinazione accentuata che da al dipinto un'atmosfera un po' più 'sinistra'. Lo Jörmungandr può richiamare in senso letterale la linea serpentinata che era tanto presente nell'arte manierista italiana, studiata dal pittore svizzero. La scena, infine, è ambientata tra le onde alte di un mare in tempesta, nel mezzo della notte, rendendo l'opera un notturno nel quale la naturalità viene meno in favore della mostruosità e della fantasia.
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### Titolo: Diana di Efeso e gli schiavi. ### Introduzione: Diana di Efeso e gli schiavi è un dipinto a olio su tela del pittore italiano Giulio Aristide Sartorio. Venne dipinto tra il 1895 circa e il 1899 e oggi si conserva alla galleria nazionale d'arte moderna di Roma. Assieme al quadro La Gorgone e gli eroi, l'opera costituisce un dittico. ### Descrizione. Il dipinto è ambientato in un paesaggio roccioso vicino al mare, davanti a dei tronchi secchi e sotto un cielo pieno di nuvole grigie. Nel lato sinistro della tela si trova un grande idolo che raffigura Diana, o Artemide per i greci, la dea della caccia nella mitologia classica. La statua di Diana si ispira all'Artemide Efesia, una copia romana della scultura che veniva venerata nel tempio di Artemide ad Efeso, conservata al museo archeologico nazionale di Napoli. La Diana efesina presenta le aggiunte ottocentesche in bronzo (mani e testa) ed è caratterizzata da una moltitudine di mammelle, che simboleggiano la fertilità. Accanto all'idolo di Efeso si trova una testa di cavallo e davanti a lei una tigre morta, in quanto si trova in una pozzanghera di sangue. Tutt'intorno a lei si trova una massa di donne e di uomini, gli 'schiavi' del titolo: sdraiati per terra, nudi, mentre stringono tra le mani 'i simboli delle proprie ambizioni', essi sono tutti immersi in un sonno profondo. Un uomo regge una statuetta di una Nike, mentre un altro che è sdraiato sul ventre impugna una spada. Tra di loro si trovano un rapace, un toro e, accanto ai tronchi bianchi, una chimera con un folto felino e delle ali da uccello. Tra tutti questi personaggi, uno solo sta in piedi: si tratta di una donna nel lato destro dell'opera, ritratta di schiena, mentre si appoggia a una parete di roccia. Il tema dell'opera, a detta dell'autore, è 'la profonda vanità dell'esistenza umana': la Diana di Efeso è una dea dell'abbondanza, e tutti gli uomini traggono nutrimento da lei per soddisfare i loro desideri e le loro illusioni. Alla Biennale veneziana, l'opera venne criticata per il suo significato misterioso e difficile da decodificare, oppure per la sua interpretazione della vanità dell'esistenza, che l'autore, nel determinarla, aveva alterata.
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### Titolo: La Gorgone e gli eroi. ### Introduzione: La Gorgone e gli eroi è un dipinto a olio su tela del pittore italiano Giulio Aristide Sartorio. Venne dipinto tra il 1895 circa e il 1899 e oggi si conserva alla galleria nazionale d'arte moderna di Roma. Assieme al quadro Diana di Efeso e gli schiavi, l'opera costituisce un dittico. ### Descrizione. La protagonista della composizione è la Gorgone, probabilmente Medusa, che domina il lato destro dell'opera. Invece di avere l'intera chioma composta da dei serpenti, i suoi capelli sono lunghissimi e biondi e solo alcuni hanno un aspetto serpentino. Ai lati della testa ella ha due piccole ali nere, mentre un altro paio di colore bianco spunta dalle sue caviglie (in modo molto simile ai calzari alati di Ermete, che secondo il mito furono indossati da Perseo per andare a uccidere la Medusa). La posa della figura richiama il dipinto La ninfa del bosco di Giovanni Costa, conservato nella Galleria Comunale d'Arte Moderna di Roma. La posizione del suo corpo, infatti, segue una linea a S, dato che il capo e il busto sono inclinati verso sinistra, il ventre sporge verso destra e la gamba destra sembra inclinarsi nella direzione opposta. Secondo Apollodoro, le Gorgoni venivano descritte come delle creature orribili, con i capelli serpentini, delle zanne da cinghiale, le mani di bronzo e la pelle squamosa: qui invece, a parte per qualche ciuffo ofidico e per la presenza delle ali, Medusa è una donna splendida il cui corpo svestito non presenta alcuna mostruosità. Ed è proprio qui che risiede il significato della tela. Il tema dell'opera è la bellezza, rappresentata allo stesso tempo sia come vita che come morte, in chiave decadentista. Medusa infatti sovrasta tre guerrieri muscolosi stramazzati al suolo e schiaccia la testa di uno di questi con il piede. L'uomo dalla pelle 'ramata' indossa una corona, mentre un altro con la pelle scura tiene un serpente con una mano. L'illuminazione fa quasi sembrare pietroso il corpo del terzo uomo, dalla pelle bianca: di qualsiasi etnia siano, questi eroi sono stati tutti vinti dalla Gorgone seduttrice, che guarda soddisfatta mentre si sistema i capelli. Questa interpretazione del mito si sposa bene con la figura della donna fatale (femme fatale), molto presente nella letteratura decadentista. Sullo sfondo si trova il mare, sovrastato da un cielo pieno di nubi scure.
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### Titolo: Circe (Elisabetta Sirani). ### Introduzione: Circe è un dipinto della pittrice italiana Elisabetta Sirani, realizzato nel 1664 circa. ### Descrizione. La giovane maga è ritratta a mezza figura e in primo piano, come dinanzi a un proscenio a sottolineare la sua rilevanza nella padronanza del soprannaturale. Indossa un raffinato copricapo dalla conformazione orientale e una lussuosa veste di broccato con un drappeggio di velluto che le avvolge le spalle. Con la mano destra impugna una bacchetta e con la sinistra tiene saldamente un libro degli incantesimi.Sebbene l'artista scrisse nel 1657, in Nota delle pitture fatte da me Elisabetta Sirani, di 'una Circe' in coppia con 'un Ulisse' in un insieme di 'mezze figure', l'opera è da attribuire agli ultimi anni di attività dell'artista e quindi al suo stile più maturo. In particolare gli accentuati chiaroscuri hanno contribuito a datare l'opera intorno al 1664.Per Adelina Modesti, Elisabetta Sirani rimandava attraverso le sue opere alla tradizione delle donne bolognesi istruite e anche alla sua stessa cultura. Tale dipinto va perciò interpretato, secondo Irene Graziani, come la rappresentazione di una saggezza remota propria delle donne, in questo caso attraverso Circe che si appresta a mettere in pratica le sue competenze. == Note ==.
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### Titolo: La Terra dona a Nettuno i bulbi di tulipano. ### Introduzione: La Terra dona a Nettuno i bulbi di tulipano è un dipinto del pittore italiano Giovanni Andrea Sirani, realizzato nel 1635 e ubicato presso la Collezione BPER Banca. ### Descrizione. Sul lato destro del dipinto vediamo Nettuno in atteggiamento imponente, su un cocchio a conchiglia spinto da Zefiro e trainato da cavalli marini guidati dai tritoni. Accoglie i bulbi di tulipano in dono dalla Terra, situata a sinistra in veste di cacciatrice.Il dipinto testimonia l'entusiasmo che interessò il XVII secolo in Europa per la diffusione della floricoltura. Stilisticamente si distingue per la finezza dei soggetti, le pennellate morbide e i colori squillanti.Proprio i protagonisti del dipinto sono tratti da un disegno del maestro dell'artista, Guido Reni, per il De florum cultura (1633) di Giovanni Battista Ferrari, poi inciso su rame da Johann Friedrich Greuter.
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### Titolo: Ritratto di Antonietta Gonzales. ### Introduzione: Ritratto di Antonietta Gonzales è un dipinto della pittrice italiana Lavinia Fontana, realizzato tra il 1594 e il 1595 e ubicato presso la collezione del castello di Blois. ### Descrizione. Il soggetto ritratto è Antonietta Gonsalvus, figlia del nobile Petrus, uno dei cortigiani di Enrico II di Francia. La piccola Antonietta, come le tre sorelle e il padre stesso, soffriva di ipertricosi, ovvero di aumento della pelosità, che le copriva tutto il volto. In quest'opera però, ciò che l'autrice volle evidenziare fu la raffinatezza degli ornamenti che decorano l'elegante vestito indossato dalla giovane. Allo stesso tempo cercò di mettere in risalto le mani, candide e affusolate, facendo così passare quasi in secondo piano l'eccessiva peluria del volto.
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### Titolo: Virgilio legge l'Eneide ad Augusto e Ottavia. ### Introduzione: Virgilio legge l'Eneide ad Augusto e Ottavia è un dipinto della pittrice svizzera Angelika Kauffmann, realizzato nel 1788 e conservato presso l'Ermitage di San Pietroburgo. ### Descrizione. L'episodio rappresentato ci mostra Ottavia, sorella di Augusto, che sviene per la commozione dopo che Virgilio le ha letto i versi dell'Eneide dedicati a suo figlio Marcello (libro VI, vv. 868 - 886), che se non fosse prematuramente deceduto avrebbe ereditato il trono.I soggetti storici riguardanti il mondo classico furono sempre cari alla Kauffmann, che se ne interessava soprattutto durante i suoi soggiorni a Roma, spronata dal patrimonio storico-artistico della città. Tutta la scena fu infatti concepita e realizzata secondo i criteri neoclassicisti, con delle figure caratterizzate da espressioni di forte sentimento, ma comunque contenute (in opposizione alla teatralità barocca), e inserite nell'equilibrio dell'architettura classica.Le protagoniste, al centro della tela, sono Ottavia e due sue ancelle,. una delle quali allontana Virgilio, che, all'estrema destra, mantiene fra le mani il testo che stava leggendo, mentre Augusto figura a sinistra, intento a soccorrere la sorella. Lo stesso poeta è ritratto con aria sbigottita, incredulo nel vedere Ottavia così afflitta per aver ascoltato la lettura dei suoi versi. Sullo sfondo è visibile il Tempio di Giove Tonante sul Campidoglio.
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### Titolo: Il rinoceronte (Longhi). ### Introduzione: Il rinoceronte è un dipinto del pittore italiano Pietro Longhi, ubicato presso il palazzo Ca' Rezzonico di Venezia, nel Museo del Settecento Veneziano. ### Descrizione. Il soggetto raffigurato nel dipinto è la rinocerontessa indiana Clara, divenuta famosa nell'Europa del XVIII secolo per il giro delle più importanti città del continente, che compì in 17 anni della sua vita, dove fu condotta direttamente dal Bengala dall'impresario di Leida Douwe Mout van der Meer, un capitano dell'India olandese.L'ironica descrizione del declino dell'aristocrazia, tipica delle opere di Longhi, è visibile anzitutto nel mucchio di letame che sta ai piedi del rinoceronte, rappresentato in primo piano in tutta la sua grandezza, in netto contrasto, quindi, con le regole di un dignitoso buon gusto. Gli aristocratici che sono sulle gradinate ad osservare l'animale, intento a mangiare la paglia con un'aria ormai rassegnata, presentano sia espressioni indifferenti che di totale assenza. Guardando, da sinistra verso destra, i nobili della prima gradinata, si può vedere il primo uomo, proprietario dell'animale, che solleva una frusta con il braccio destro e che mostra nella mano dello stesso arto il corno segato del rinoceronte, che ne è infatti privo. Nel quarto nobile si possono vedere abiti tipicamente veneziani, infatti quest'ultimo indossa la bauta, un tricorno e un mantello. L'ultimo giovane invece è raffigurato nell'azione di fumare. Nella fila della seconda gradinata vediamo sempre un caratteristico abbigliamento veneziano, con la nobildonna al centro indossante la moretta, una maschera nera di forma circolare, affiancata da una giovane a destra e da una donna più matura a sinistra, avvolta in un mantello verde. A destra, sulla parete lignea, è inchiodato un cartiglio che ci permette di leggere la seguente iscrizione: 'Vero Ritratto / di un Rinocerotto / condotto in Venezia / l'anno 1751 / fatto per mano di / Pietro Longhi / per commissione / del N.O. Giovanni Grimani / dei Servi di Patrizio Veneto'.Il nobiluomo citato nella scritta, Giovanni Grimani, che all'epoca del dipinto aveva 23 anni, non a caso commissionò a Longhi un'opera con tale soggetto: possedeva infatti una sorta di zoo privato, costituito da tanti animali esotici, all'interno della sua villa. Inoltre venne raffigurato all'interno dell'opera: è il secondo aristocratico visibile nella prima gradinata. La persona che è ritratta alla sua sinistra è invece Caterina Contarini, sua moglie, che morì all'indomani della realizzazione del dipinto, dopo la nascita della loro unica bambina.
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### Titolo: La buona ventura. ### Introduzione: La buona ventura è un dipinto del pittore francese Georges de La Tour, realizzato nel 1630 e conservato presso il Metropolitan Museum of Art di New York. ### Descrizione. Il dipinto, nel rappresentare quattro zingare e un giovane damerino che si sta facendo leggere la mano, ha un fine ironico, datoci dal contrasto che c'è fra il comportamento altezzoso del giovane e la sua stessa ingenuità. Egli infatti, fin troppo attento nel guardare con aria boriosa la zingara più anziana, ossia la chiromante, non si accorge che una delle due ragazze a sinistra lo sta derubando di un sacchetto di monete dalla tasca dei pantaloni. Allo stesso modo la donna al centro, dipinta con occhi avveduti e circospetti, sta per strappargli la medaglia dorata appesa alla catena che porta al collo. Il senso della tela è quindi basato sul dinamico scambio di questi sguardi, tanto che i volti del damerino e della donna al centro sono i più illuminati dalla luce, mentre della zingara più anziana risalta il suo volto scimmiesco e caricaturale.
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### Titolo: Viso paranoico. ### Introduzione: Viso paranoico è un dipinto del pittore spagnolo Salvador Dalí, realizzato nel 1935 e facente parte di una collezione privata. ### Descrizione. Questo dipinto risente dell'influenza di Giuseppe Arcimboldo, la cui opera venne studiata da Dalí con molta attenzione. Il pittore spagnolo riprende così la ricostruzione della figura umana attraverso elementi bizzarri, che nella produzione di Arcimboldo sono soprattutto frutta e fiori. La tela, complice il suo essere un'illusione ottica, può essere tranquillamente guardata sia in orizzontale, rivelando delle figure umane sedute dinanzi ad una capanna, che in verticale, mostrandoci un volto di donna. Con quest'opera Dalí vuole far comprendere che la natura, se osservata senza concetti precostituiti e limitazioni, può rivelarsi tramite immagini molto ambigue. Non a caso il dipinto venne concepito secondo il metodo paranoico-critico, maturato dall'artista proprio all'inizio degli anni '30, secondo cui la mente, se lasciata libera di viaggiare, può dare origine a immagini, pensieri e accostamenti di cui non riesce a dare spiegazione.
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### Titolo: Ritratto della signora M. Willink-Van der Meulen. ### Introduzione: Ritratto della signora M. Willink-Van der Meulen è un dipinto del pittore olandese Carel Willink, realizzato nel 1928 e conservato presso il Gemeentemuseum Den Haag all'Aia. ### Descrizione. La donna ritratta è l'insegnante Mies van der Meulen (1900-1988), ovvero la prima delle quattro mogli del pittore. Il dipinto è uno dei primi di Willink, se non il primo stesso, a presentarci uno stile realistico e personale, in seguito alle adesioni ad astrattismo, costruttivismo, futurismo e cubismo. Questo ritratto mostra così caratteristiche che distinguerrano Willink in tutta la sua produzione successiva. Oltre ad essere ritratta con un aspetto d'innocenza, nonostante l'abbigliamento esuberante con una volpe che fa da drappeggio attorno al collo, lo sfondo è caratteristico del realismo magico dipinto da Willink. Infatti la donna, che è seduta su un'architettura rocciosa attorniata da foglie di edera, ha dietro di sé uno scenario dominato da un mare turbinoso e oscuro, sotto un cielo nubiloso che contribuisce a rendere il paesaggio denso d'inquietudine.La visibile attenzione che è stata data dall'artista per i dettagli dei vestiti indossati dalla moglie è un altro elemento fondamentale da osservare per distinguere la sua produzione.
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### Titolo: Gli occhi negli occhi. ### Introduzione: Gli occhi negli occhi è un dipinto del pittore norvegese Edvard Munch, realizzato nel 1894 e conservato presso il Museo Munch di Oslo. ### Descrizione. In quest'opera pittorica, parte della sezione Nascita dell'amore del Fregio della vita, il pittore propose un amore permeato da incertezza. Lo si può vedere innanzitutto nel giovane ragazzo in piedi a sinistra. Possiede un volto piatto, riempito da un bianco cadaverico e dallo sguardo angosciato, con gli occhi infossati e fermi a guardare la compagna immobile a destra.La ragazza, i cui occhi non sono ben definiti, presenta dei colori sicuramente più vispi, dai lunghi capelli rossi e spettinati alla veste decorata. Sono proprio i suoi capelli che si estendono come tentacoli verso il ragazzo, alludendo a una cattura da parte di un sentimento malato. I tratti dei volti incompleti e la mancanza delle bocche simboleggiano l'oppressione e l'angoscia che nascono dalle parole non gridate.Non solo i due giovani sono dipinti con aria tetra: lo sfondo è composto da una tavolozza di verdi scuri, spenti e turbolenti, e vuole annullare qualsiasi romanticismo. A completare il senso di amore malato è l'abitazione che si vede in lontananza. In quanto simbolo di solidità, di un qualcosa che pianta le sue radici per stabilizzarsi, rappresenta l'immobilità che può nascere da un sentimento insano, altrimenti rimanderebbe al desiderio di creare una famiglia a cui i due amanti aspiravano prima che l'attrazione fra di loro si spegnesse.A dividere la tela c'è un albero dal tronco lucido, che separa i protagonisti dalla casa e, soprattutto, li divide simbolicamente l'una dall'altro. Inoltre, avvalendosi di una simbologia cristiana, l'albero rappresenta i due giovani come se fossero i moderni Adamo ed Eva: il ragazzo, accogliendo l'amore di lei, rimarrà vittima di un destino fatale.
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### Titolo: Venere e Cupido con due satiri in un paesaggio. ### Introduzione: Venere e Cupido con due satri in un paesaggio è un dipinto del pittore Simone Peterzano, eseguito con la tecnica dell'olio su tela, conservato nella pinacoteca di Brera milanese. ### Descrizione e stile. La tela raffigura Venere nuda dormiente sdraiata accanto al figlio Cupido, il quale sta preparando l'arco strumento con il quale lancia i dardi d'amore. La dea è distesa su alcuni drappi che si sovrappongono dai colori rosa e azzurro intenso, appoggiati su di un fondo erboso. I due satiri sono raffigurati sul lato destro della tela, in atteggiamento lussurioso volendo insidiarla. La scena si svolge in un paesaggio lussureggiante; la dea è luminosa nel suo pallore in contrapposizione con i colori scuri dei due satiri riconoscibili dalle orecchie allungate e le zampe caprine. Il primo, raffigurato quasi centrale, si volge verso la donna sollevando un lembo del lenzuolo che la copriva, mentre il secondo pone ai suoi piedi frutta tra cui il melograno. Lontane appaiono le montagne azzurre, forse, a ricordo delle montagne bergamasche, che finiscono nella luce dorata del tramonto.Il soggetto raffigurato presenta una intensa carica erotica, volendo celebrare i piaceri dell'amore carnale e in un contesto naturalistico che protegge la scena rendendola intima. Interessante è la natura morta posta sul prato ai piedi della dea dove primeggiano alcune melagrane simbolo di fertilità e prosperità, ma anche di passione, che si uniscono con l'immagine della dea. Il dipinto presenta assonanze con la Venere con Cupido e suonatore di organo e la Venere del Pardo di Tiziano, questo voleva documentare la mostra bergamasca del 2020, e proprio nello studio dei colori che Peterzano riprende l'arte veneta avvicinandosi a Tiziano e al Tintoretto con il contrasto dal pallore della dea e i colori caldi e accesi dei due satiri. Particolare attenzione l'artista ha dedicato anche alla natura facendo una minuziosa descrizione dell'erbetta e dell fronde del bosco. Questa particolare attenzione alla natura e in particolare alla natura morta posta ai piedi di Venere riporta al Caravvio e alla sua natura morta, confermando quando era stato messo in dubbio dal critico Roberto Longhi circa il periodo di alunnato del giovane Caravaggio presso il Peterzano.Il dipinto si ricollega con la pittura profana mitologica iniziata dal Giorgione e proseguita da Tiziano che aveva avuto grande successo a Venezia.
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### Titolo: Ivan il terribile e suo figlio Ivan. ### Introduzione: Ivan il Terribile e suo figlio Ivan il 16 novembre 1581 (in russo Иван Грозный и сын его Иван 16 ноября 1581 года?, Ivan Groznyj i syn ego Ivan 16 nojabrja 1581 goda) è un dipinto a olio su tela di Il'ja Efimovič Repin databile al 1870. Il dipinto è attualmente conservato alla Galleria Tret'jakov, a Mosca. ### Descrizione. Il quadro rappresenta Ivan Ivanovič tra le braccia del padre, incredulo e afflitto, mentre appoggia la mano destra sulla spalla del genitore. Il volto dello zar esprime l’orrore di un padre che realizza l’irrimediabilità del gesto appena compiuto, mentre il volto del figlio esprime incredulità, paura, dolore. All’artista Grigorij Mjasoedov venne chiesto di posare per Ivan il Terribile e lo scrittore Vsevolod Garšin prestò la propria fisionomia allo zarevic:.
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### Titolo: Mattino in una pineta. ### Introduzione: Mattino in una pineta (Утро в сосновом лесу) è un dipinto a olio su tela dei pittori russi Ivan Ivanovič Šiškin e Konstantin Apollonovič Savickij databile al 1889. Il dipinto è attualmente conservato alla Galleria Tret'jakov, a Mosca. ### Descrizione. La tela raffigura una pineta con un albero spezzato sull'orlo di un burrone. Le radici degli alberi sradicati e i rami rotti sono ricoperti di muschio. I raggi del sole nascente illuminano le cime dei pini e la nebbia mattutina. I soggetti sono i cuccioli di orso sul tronco spezzato, e la loro madre che fa loro la guardia. Uno dei cuccioli, dopo essersi arrampicato sul tronco più vicino al burrone, si è alzato sulle zampe posteriori.
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### Titolo: Allegoria della Divina Sapienza. ### Introduzione: L'Allegoria della Divina Sapienza è un affresco di Andrea Sacchi realizzato tra il 1629 e il 1633 nella volta di una sala del piano nobile di palazzo Barberini a Roma. Si tratta di una delle maggiori realizzazioni del pittore, nonché uno dei capisaldi della pittura barocca. ### Descrizione. La decorazione ideata dal Sacchi occupa l’intera superficie della volta con un’armonia di figure femminili allegoriche che sembrano volteggiare nel cielo. La finta cornice in stucco che delimita lo spazio vede in ciascun angolo una figura (sempre femminile) che solleva un sole, simbolo appunto dei committenti Barberini.La trattazione del ciclo non è scandita attraverso l’uso di partiture dipinte o mediante la successione dei cosiddetti 'quadri riportati', ossia di scene incorniciate da finti rilievi; una scelta compositiva che si discosta infatti dal modello di Annibale Carracci negli affreschi della Galleria Farnese, ma anche da quello di poco successivo, e con cui andò in 'contrapposizione', nello stesso palazzo compiuto da Pietro da Cortona, dove realizzò nel salone grande il Trionfo della Divina Provvidenza. Questa del Sacchi è dunque un'opera barocca puramente classicista, dove l'apertura celeste del soffitto richiama lo stile di Giovanni Lanfranco nel Concilio degli dei (1624-1625) della villa Borghese o quello di Francesco Albani nella Caduta di Fetonte (1609) di palazzo Giustiniani a Bassano Romano. Il tema raffigurato è quello del trionfo della Sapienza che, assieme ad altre virtù, guida il pontefice eletto nel nome di Dio al governo della Chiesa. Probabilmente la fonte di ispirazione è quella del libro di Salomone, saggio e sapiente eroe biblico d'Israele.Le figure sono dipinte con simboli allegorici richiamanti la virtù che rappresentano. Quindi, da in alto a sinistra, la Regalità (con la corona di Arianna), l'Eternità (con il serpente), la Divinità (con il triangolo), l'Armonia (con la lira), la Beneficenza (con la spiga di grano), la Giustizia (con la bilancia) e la Fortezza (con la clava). La figura al centro su trono decorato sul dossale con le api Barberini e contornata da una forte luce solare posta alle spalle è la Divina Sapienza, fulcro centrale della composizione. In alto sono due angeli che simboleggiano il percorso che conduce alla saggezza, quindi l'Amore di Dio (a sinistra che cavalca un leone in procinto di scagliare una freccia d'oro sulla terra) e dal Timore di Dio (a destra che guida una lepre in atto di scagliare una freccia d'argento sul globo). Seguono a destra le figure della Purezza (con il cigno), della Santità (con l'altare), della Bellezza (con la chioma di Berenice) e della Perspicacia (con l'aquila). Ai quattro angoli sono invece quattro busti di figure femminili recanti il Sole Barberini. L'intera composizione dimostra infine quanto il pittore abbia assimilato le nuove concezioni galileiane, dove la Terra appare decentrata e orientata su un movimento di rotazione rispetto al Sole, che invece è centrale e statico, lasciando intendere quindi che è il globo a ruotargli intorno. I leoni posti alla basa del trono su cui siede la Sapienza, inoltre, danno un ulteriore significato astrologico alla composizione, dove le figure allegoriche sono identificate come costellazioni che rimandano al giorno dell'elezione a pontefice di Urbano VIII, il 6 agosto 1623, quando il Sole era nella casa del Leone.
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### Titolo: San Matteo e l'angelo (Caravaggio opera d'arte perduta). ### Introduzione: San Matteo e l'angelo era un'opera di Caravaggio, realizzata nel 1602 per la cappella Contarelli nella chiesa di San Luigi dei Francesi di Roma. Fu distrutta nel 1945 a Berlino ed è nota attraverso delle fotografie in bianco e nero, da cui sono state ricavate riproduzioni a colori. ### Descrizione. ### Stile. Caravaggio era noto per uno stile pittorico realistico, che portava a preferire, per i soggetti delle sue opere, dei modelli dal vivo anziché delle figure idealizzate e convenzionali. I suoi personaggi risultano realistici e riconoscibili, contrariamente a quanto ottenuto con pose irrealistiche o finte. In questo caso, tuttavia, i committenti chiesero un'idealizzazione del beneamato santo, qualcuno che gli spettatori potessero ammirare e prendere come riferimento. Non volevano un goffo contadino che sembrava in quel momento sorpreso per la strada, come poteva apparire in questa prima versione.
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### Titolo: Bolero/Torero. ### Introduzione: Bolero / Torero è un pastello su carta applicata su tela di seta, opera di Antonio Mancini (Roma 1852 - Roma 1930), firmata e iscritta in basso a sinistra “A. Mancini / Frascati”. L’opera misura cm 100x60 ed è custodita in una collezione privata milanese. L’iscrizione fa pensare alla sua realizzazione tra il 1911 e il 1917, quando l’artista fu ospite a Frascati di Fernand du Chéne de Vère, industriale francese naturalizzato italiano pioniere della pubblicità sui mezzi pubblici. ### Stile. La modella qui è presentata seduta di tre quarti, con il gomito sinistro che sembra bucare la bidimensionalità del supporto. Indossa un cappello nero simile a quello del Torero del 1914 e a quello databile tra il 1915 e il 1917, e un bolero rosso carminio con decorazioni in oro. Nella mano destra stringe un mazzolino di fiori dello stesso rosso. Ritratta leggermente di sotto in su, la torera rivolge lo sguardo all’osservatore. == Note ==.
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### Titolo: La ballerina nuda. ### Introduzione: La ballerina nuda (La bailarina desnuda) è un dipinto dell'artista messicano Ángel Zárraga, realizzato tra il 1907 e il 1909. ### Descrizione. L'opera raffigura una donna giovane, coperta solo da un velo nero spagnolo che le avvolge la testa, che si muove su una terrazza eseguendo un passo leggero di danza. Ella mantiene una compostezza ieratica che da alla figura un sentimento di castità, quasi paradossale data la sua nudità. I suoi vestiti e lo scialle si trovano sopra il parapetto della terrazza che da su un paesaggio collinare, che presenta un paesino in collina al centro della tela. Allo stesso tempo, gli occhi della ragazza sembrano carichi di stanchezza o di tristezza, nonostante ella sorrida. Alla sua destra si trova una donna anziana seduta, che ha un'espressione triste, raffigurata mentre osserva lo spettatore forse per vedere quale effetto avrà in lui la danza della ballerina. Secondo Panichi, in quest'opera si ritrovano alcune caratteristiche tipiche delle opere di Zárraga realizzate in questo periodo, ossia l'ambientazione paesaggistica e luminosa e i contrasti tra i personaggi (da un lato una giovane e dall'altro una vecchia, da un lato una donna nuda e dall'altro una vestita). L'opera inoltre è molto simile a un altro quadro dipinto dall'artista in quel periodo, ossia La donna e il burattino. == Note ==.
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### Titolo: Ex voto (Zárraga). ### Introduzione: L'Ex voto (in spagnolo: Exvoto o San Sebastián), anche noto come Ex voto per San Sebastiano, è un dipinto realizzato tra il 1910 e il 1912 dall'artista messicano Ángel Zárraga. È un olio su tela che appartiene al genere pittorico dell'arte sacra e del modernismo. Le sue dimensioni sono di 1,85 metri per 1,34. L'Ex voto per San Sebastiano fa parte delle collezioni del museo nazionale d'arte del Messico dal 1982. ### Descrizione. Il San Sebastiano è un dipinto simbolista. Sono presenti due figure. Alla sinistra si trova una donna in ginocchio davanti a un uomo seminudo, il quale denota della sensualità. La freccia che trafigge il suo petto lo identifica come san Sebastiano. L'opera ha come titolo Ex voto per il foglietto che si trova in basso a destra, sullo sfondo, e anche per la posa e il comportamento di entrambi i personaggi.Zárraga rappresentò la donna con dei vestiti scuri, in contrasto con il santo, che è interamente illuminato. Entrambi gli elementi opposti, a sua volta, bilanciano la composizione. Il quadro non è solo religioso, ma si connette alla letteratura e alla filosofia, che creano un'atmosfera melancolica e poetica, con la quale si possono generare delle riflessioni intorno alle virtù e i vizi dell'essere umano.La figura di Sebastiano si trova legato a un palo. La figura umana seminuda è languido, indossa dei sandali e si può vedere un'aureola con delle stelle sopra la sua testa. Una grande freccia con delle piume all'estremità gli trapassa il capezzolo destro. La donna inginocchiata sta pregando, con delle vesti da lutto. Lo sfondo è neutro, una parete grigia che colloca ambo i personaggi dentro una specie di cubo. Il santo assume una posa 'leggermente femminile', anche perché san Sebastiano viene spesso associato all'omosessualità nell'arte.Ángel Zárraga era un artista appassionato cattolico, e la possibilità di dipingere era un talento che doveva impiegare, dando onore e rappresentando 'le verità essenziali che abbiamo dentro'. Per questo nel suo dipinto sul tema degli ex voto e del martirio di san Sebastiano si può leggere la dedica seguente:. La rappresentazione del corpo umano è di proporzioni idonee, alludendo e riferendosi al divino. Zárraga usava sempre il corpo umano impiegando la bellezza classica e delle proporzioni perfette poiché riteneva che l'essere umano fosse la massima espressione del divino; nelle sue opere realizzò molti contrasti tra la gioventù e la vecchiaia, la bellezza e il declino, sempre in senso fisico. Qui si può notare il suo interesse per il disegno e la forma umana, la linea e il chiaroscuro come un'espressione della sua spiritualità. Esiste inoltre una seconda versione dell'opera che venne venduta all'asta da Christie's. == Note ==.
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### Titolo: Gabrielle d'Estrées e sua sorella. ### Introduzione: Gabrielle d'Estrées e sua sorella, o Gabrielle d'Estrées e una delle sue sorelle (Gabrielle d'Estrées et une de ses sœurs), è un dipinto di un autore sconosciuto della scuola di Fontainebleau, creato intorno al 1594. Quest'olio su tavola di quercia è conservato dal 1937 al museo del Louvre, che lo acquistò dalla collezione della signora Goubert de Guestre. ### Descrizione. Due grandi tende di seta rossa aperte (probabilmente di un baldacchino) incornicia due giovani donne nude in una vasca da bagno riempita probabilmente di vino o di latte per le loro proprietà ringiovanenti e non d'acqua, perché in quell'epoca della 'toeletta secca' la società di corte evitava questo elemento accusato di 'trasmettere delle malattie aprendo i pori della pelle'. La vasca da bagno è ricoperta da un telo bianco leggero e tradizionale che ammorbidisce il contatto e il cui colore attenua la freddezza della pelle di porcellana delle due donne che mettono in mostra il loro fascino. La donna a sinistra, forse la duchessa di Villars Julienne d'Estrées, come menzionato in un'iscrizione su una copia successiva del quadro, pizzica il seno dal capezzolo roseo di sua sorella Gabrielle d'Estrées, mentre il braccio destro è appoggiato sul bordo della vasca. Gabrielle d'Estrées tiene con la punta delle dita della mano destra quello che potrebbe essere l'anello di incoronazione di Enrico IV, che glielo offrì il 2 marzo 1599 (come promessa di matrimonio, che fece scandalo alla corte), mentre l'altra mano riposa sul bordo della vasca. Le due donne dal volto ovale hanno il collo nudo, senza delle collane, il che rinforza il loro aspetto altezzoso, ma le perle degli orecchini ne sottolineano il rango. Le loro capigliature sono molto simili e differiscono solo per il colore naturale dei capelli (bruni per Julienne, biondi per Gabrielle). Dietro le due donne c'è un'altra tenda rossa che nasconde parzialmente lo sfondo nel quale si trova una sarta, forse una nutrice. Si vedono anche dei mobili ricoperti da un lenzuolo di velluto verde nonché un camino con il fuoco ardente. Sopra il camino è appeso un quadro parzialmente visibile che mostra la parte inferiore del corpo di un uomo nudo con una striscia rossa che nasconde i genitali.
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### Titolo: Dante e Virgilio nel nono cerchio dell'Inferno. ### Introduzione: Dante e Virgilio nel nono cerchio dell'Inferno (Dante et Virgile dans le neuvième cercle de l'Enfer) è un dipinto a olio su tela realizzato dal pittore francese Gustave Doré nel 1861. L'opera si trova al museo di Brou, nel monastero reale di Brou, a Bourg-en-Bresse, nell'Ain. Venne acquistata ad un'asta nel 1982. ### Descrizione. Fin da giovane Gustave Dorè si era appassionato alla Divina Commedia di Dante Alighieri, e nel 1855 incominciò a realizzare delle illustrazioni per le tre cantiche di quest'opera letteraria. Oltre alle illustrazioni realizzò anche questo quadro, tratto dai canti trentaduesimo e trentatreesimo dell'Inferno, la prima cantica della Commedia. Quando egli presentò l'opera al Salone del 1861, l'accoglienza fu un po' fredda in Francia ma entusiasta a Londra e negli Stati Uniti d'America.L'opera di grandi dimensioni raffigura Virgilio (dalle vesti blu) e Dante (dalle vesti rosse) nel più profondo dei cerchi dell'Inferno, dove osservano dei dannati, nudi e semimmersi nel ghiaccio del Cocito. I due poeti hanno appena visitato l'Antenora (dove si puniscono i traditori della patria) e incontrato Bocca degli Abati, quando si imbattono in una scena raccapricciante, che rimanda al cannibalismo: un dannato sta mordendo ferocemente la testa di un altro, affondando i denti nel suo 'fero pasto' (Inferno, XXXIII, v. 1). Si tratta del conte Ugolino della Gherardesca, che sfoga così la sua rabbia per essere stato imprigionato e condannato a morire di fame con i nipoti dall'arcivescovo pisano Ruggieri degli Ubaldini, che è il secondo dannato. La posa dei due dannati riprende direttamente una delle illustrazioni che Doré aveva realizzato per l'Inferno. La scena è avvolta dall'oscurità, soprattutto nello sfondo, e quel poco di luce che c'è colora il ghiaccio del Cocito di un colore blu-verdastro. A rendere più inquietante questo quadro sono dei dettagli realistici e cruenti, come il sangue di Ruggieri che cola sulla superficie ghiacciata dell'ultimo cerchio infernale.
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### Titolo: Epopea del popolo messicano. ### Introduzione: L'Epopea del popolo messicano (in spagnolo: Epopeya del pueblo mexicano) è un murale dell'artista messicano Diego Rivera dipinto tra il 1929 e il 1934-1935, presso il Palazzo Nazionale a Città del Messico. ### Descrizione. Esso si compone di un trittico suddiviso sulle tre pareti della sala della scalinata d'ingresso del Palazzo Nazionale, con il tema dominante che è la lotta di classe del popolo messicano contro i tiranni e i colonizzatori che di volta in volta si sono succeduti nel corso della sua storia:. México prehispánico ('Messico preispanico'), descrive il popolo indigeno azteco in una ideale Valle del Messico. De la conquista a 1930 ('Dalla conquista al 1930'), il singolo murale più grande, descrive gli aztechi e i coloni che lottano attraverso i secoli contro i vari tiranni, fino all'esecuzione di Massimiliano I e al rovesciamento di Porfirio Diaz. México de hoy y mañana ('Messico di oggi e di domani') descrive un ipotetico Messico moderno e futuro.
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### Titolo: Principe cinese e indovino. ### Introduzione: Principe cinese e indovino è uno degli affreschi eseguiti da Giandomenico Tiepolo per la foresteria della Villa Valmarana 'Ai Nani' di Vicenza. Si trova nella Stanza delle Cineserie. ### Descrizione. L'affresco mostra una scena all'aperto con l'incontro tra il figlio di un imperatore cinese e un venditore di spezie, che afferma di essere anche un indovino suscitando così la curiosità del giovane. I personaggi raffigurati nell'opera sono in tutto quattro: l'indovino, seduto in basso a sinistra, il principe, in piedi al centro verso destra, e i due accompagnatori di costui, alle sue spalle. Un albero alquanto storto è l'unica nota che spicca nella rappresentazione del grigio e desolato paesaggio.
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### Titolo: La proclamazione dell'abolizione della schiavitù nelle colonie francesi il 27 aprile 1848. ### Introduzione: La proclamazione dell'abolizione della schiavitù nelle colonie francesi il 27 aprile 1848 (L'Abolition de l'esclavage dans les colonies françaises en 1848) è un dipinto a olio su tela del pittore francese François-Auguste Biard. Alto 260 centimetri e largo 392, venne realizzato tra il 1848 e il 1849 e oggi è conservato nel museo di storia della Francia, alla reggia di Versailles.L'opera rappresenta una società coloniale nella quale è appena stato proclamato il decreto del 27 aprile 1848 che procede all'abolizione della schiavitù nell'impero francese. Si assiste alla scena dell'emancipazione degli ex schiavi. La scena si sofferma su due schiavi neri che si abbracciano, con le catene spezzate, un simbolo della loro libertà appena acquisita.Oltre al titolo 'ufficiale', l'opera è nota in francese anche con altri tre titoli: L'Émancipation des Noirs ('L'emancipazione dei neri'); Proclamation de la liberté des Noirs aux colonies ('Proclamazione della libertà dei neri nelle colonie'); Proclamation de la libération des Noirs aux Antilles ('Proclamazione della liberazione dei neri nelle Antille'). ### Descrizione. Il luogo nel quale si svolge l'azione non viene precisato, ma si tratta presumibilmente di un'isola colonizzata, tenendo conto del paesaggio e della vegetazione, composta soprattutto dalle palme. I personaggi rappresentati nel quadro sono divisi in gruppi diversi. A sinistra, su una strada, delle truppe della marina brandiscono la bandiera della Francia dietro il delegato del governo venuto a proclamare il decreto. Questi, con una fascia tricolore legata intorno alla vita, solleva il suo cappello con il braccio sinistro per mostrare la bandiera, mentre tiene il decreto nella sua mano destra. Il resto del quadro è occupato dalla società coloniale per la quale il decreto venne proclamato. Al centro, emerge una coppia di schiavi liberati, con gli occhi rivolti verso il cielo: la donna abbraccia l'uomo, che brandisce le catene spezzate, il simbolo della libertà che hanno appena ottenuto. Attorno a loro, dei piantatori e le loro famiglie assistono alla scena, mentre gli schiavi seduti o inginocchiati si prostrano ai piedi del delegato del governo o, per una di loro, davanti a due donne vestite di bianco, le sue ex padrone. Gli schiavi sono per lo più a torso o a seno nudo. Si possono vedere delle persone di colore libere tra la folla.
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### Titolo: Le Baiser enfantin. ### Introduzione: Le Baiser enfantin ('Il bacio infantile') è un dipinto realizzato dal pittore francese Jacques-Eugène Feyen nel 1865. Dopo essere stato esposto a Parigi al Salone del 1865, venne acquisito dal palazzo di belle arti di Lilla. Venne esposto al Mémorial ACTe, in Guadalupa, per la mostra Le Modèle noir, de Géricault à Matisse. ### Descrizione. Due bambini si trovano tra le braccia di due giovani donne, che probabilmente sono le loro nutrici. L'una bianca, l'altra nera, sono sedute fianco a fianco sul medesimo posto a sedere. Uno dei due bimbi, una bambina, dà un bacio all'altro, un maschietto, che sembra sorpreso. La bimba indossa una cuffia bianca, mentre il bimbo porta un berretto blu scuro con una piuma rossa. La nutrice bianca è vestita all'alsaziana e indossa una cuffia nera. La nutrice nera indossa degli abiti rossi, degli orecchini dorati e un fazzoletto giallo in testa. Nello sfondo grigio con un paesaggio, al di là di una barriera, si intravedono alcuni alberi e una coppia di statue a sinistra. La firma del pittore (EUG. FEYEN), che si trova sopra la data (1865), è scritta sul muro di pietra a destra. La nutrice nera potrebbe essere stata dipinta prendendo come modella Laure, la stessa donna ritratta da Manet nel suo dipinto Olympia.
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### Titolo: Caduta dei Titani. ### Introduzione: La caduta dei Titani (in danese: Titanernes fald), anche noto con il titolo Titanomachia, è un dipinto a olio del pittore neerlandese Cornelis van Haarlem, realizzato tra il 1588 e il 1590. L'opera fa parte della collezione della galleria nazionale d'arte (Statens Museum) di Copenaghen, in Danimarca. È un'opera ambiziosa del manierismo di Haarlem, nonché una dimostrazione dell'abilità dell'artista di ideare e raffigurare un gran numero di pose per dei nudi maschili.L'opera venne acquistata dal re Cristiano IV di Danimarca nel 1621 e, assieme alla maggior parte della collezione reale, divenne di proprietà pubblica dello Statens Museum nel diciannovesimo secolo. ### Descrizione. Nella mitologia greca, i Titani appartenevano alla seconda generazione degli esseri viventi, in quanto discendenti dalle divinità primordiali e nati prima degli Olimpi. Stabilitisi sul monte Otri, tra i Titani figuravano i primi dodici figli di Gaia (la madre Terra) e Urano (il padre Cielo). Governarono durante la leggendaria età dell'oro, e costituirono anche il primo pantheon di divinità greche.Così come il titano Crono aveva rovesciato suo padre Urano, i Titani furono rovesciati dai figli di Crono (Zeus, Ade, Poseidone, Estia, Era e Demetra), le divinità principali dell'Olimpo, nella Titanomachia, alla fine della quale vennero imprigionati nel Tartaro, l'inferno della mitologia greca. Il dipinto raffigura il loro arrivo nel Tartaro. I Titani cadono dal cielo, simboleggiato dalla luce in alto, e precipitano negli abissi bui e infernali: l'intera scena è piena di figure maschili nude dipinte in stile manierista, alcune in primo piano e altre che cadono sullo sfondo. Uno di loro impugna un bastone dalla punta accesa, come una torcia. Le figure hanno dei fisici scultorei, dai muscoli e dai glutei gonfi, e sui loro volti si leggono delle espressioni spaventate e confuse. La fauna dell'oltretomba comprende almeno due cani (rispettivamente in basso a sinistra e in basso a destra) e alcuni insetti, farfalle o libellule, che per lo più coprono le parti intime dei Titani. Questi insetti hanno delle dimensioni più grandi del normale e costituiscono un rovesciamento del simbolismo classico, dato che nell'antica Grecia la farfalla era un simbolo dell'anima. Secondo una curatrice del museo copenaghense, Eva de la Fuente Pedersen, un tempo gli insetti erano associati al fuoco e si credeva che nascessero dalle fiamme in quanto sono attratti dalla luce.
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### Titolo: Cacciata di Eliodoro dal tempio (Francesco Solimena). ### Introduzione: La Cacciata di Eliodoro dal tempio è un affresco (9×12 m) eseguito nel 1725 da Francesco Solimena per la controfacciata della chiesa del Gesù Nuovo di Napoli. ### Descrizione e stile. Il soggetto non era particolarmente in voga nella storia dell'arte, di cui è diventato noto solo tramite l'affresco eseguito da Raffaello nelle stanze vaticane. Il tema fu scelto dai gesuiti per simboleggiare la protezione offerta da Dio alla chiesa rispetto ai suoi nemici, e più nello specifico, la condanna verso chi avrebbe provato a derubare il tesoro della chiesa del Gesù. La storia è riportata nel secondo libro dei Maccabei: Eliodoro ministro di Seleuco IV, recatosi nel tempio di Salomone con l’incarico di rubarne il tesoro, viene fermato e scacciato da un cavaliere a cavallo e da due compagni mandato da Dio. Grazie alle invocazioni del sommo sacerdote Onia III Eliodoro avrà salva la vita, infatti lo stesso sacerdote prima prega il signore affinché Dio eviti che il furto si compia, poi le stesse preghiere le invocherà per lasciare in vita Eliodoro ormai steso a terra esanime. Il giovane farà dunque ritorno dal re Seuleco IV e rivelerà a questi la potenza di Dio nel difendere Gerusalemme. La grande opera muraria appare eseguita con un'intensa tonalità cromatica, strutturata su impianto compositivo organizzato sullo sfondo da imponenti architetture che esaltano ancora di più la folla di personaggi concitati e convulsi che si muovono armoniosamente all'interno della narrazione. Le figure vengono descritte minuziosamente nel loro atteggiamento e nelle loro espressioni: mentre alcuni portano nel tempio i vassoi contenenti l'oro trafugato, altri osservano con spavento la difesa del tempio da parte del cavaliere inviato da Dio, mentre nella parte alta sulla destra è il sacerdote Onia III in preghiera di fronte a un altare coperto, con una scritta ebraica sulla balaustra e la menorah dinanzi a lui. In mezzo a tutta questa composizione, come fosse un palcoscenico teatrale, trova il suo fulcro il cavaliere su un cavallo impennato al centro della scalinata; sotto di lui Eliodoro è in terra con la mano alta intento a proteggersi dai colpi. Accanto al cavaliere il Solimena colloca due angeli armati, discostandosi dal racconto biblico che invece vedeva due giovani condottieri. L'affresco è firmato e datato in basso a sinistra sulla base di un gradino. Dell'opera di Solimena sono note numerose copie su tela realizzate da lui stesso o da pittori della sua cerchia, forse seguaci di futura generazione, nonché svariati bozzetti autografi, di cui uno per il re Vittorio Amedeo di Savoia (oggi conservato a Torino nella galleria Sabauda), uno conservato a palazzo Barberini di Roma, uno al Louvre di Parigi (sin dal 1786 e in collezione Luigi XVI), un altro negli Stati Uniti al Museum of Art di Toledo. Sono noti anche numerosi disegni di studi dell'affresco, alcuni conservati al dipartimento arti grafiche del Louvre, altri all'Albertina di Vienna, all'Harvard University, al Fogg Art Museum di Cambridge e infine quelli in collezione del duca di Devonshire in Inghilterra. Alcune versioni dell'affresco riadattate su tela (come nel caso di quello del Louvre) consentono di evidenziare un ripensamento del pittore rispetto alla sua idea originaria, ossia la cancellazione di un gruppo di tre uomini dipinti nella parte centrale della scena, appena al di sopra del cavaliere in sella al cavallo, successivamente coperti da una nube. Non si sa se questa variazione sia stata operata dal Solimena in fase di ultimazione dell'opera oppure nel successivo intervento di restauro realizzato sempre nel Settecento. Di certo si sa che nel 1760-1761 l'affresco appariva già com'è oggi, poiché Jean Honoré Fragonard ne fece una incisione da cui si evince l'esistenza della nube al posto delle tre figure.
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### Titolo: La Giustizia e la Vendetta divina che perseguitano il Crimine. ### Introduzione: La Giustizia e la Vendetta divina che perseguitano il Crimine, o La Giustizia e la Vendetta di Dio perseguitano il Delitto (La Justice et la Vengeance divine poursuivant le Crime), è un quadro a olio su tela di Pierre-Paul Prud'hon realizzato tra il 1806 e il 1808.Questo quadro venne creato su commissione di Nicolas Frochot, prefetto della Senna sotto il primo Impero, che lo destinò a ornare la sala del tribunale penale del palazzo di Giustizia di Parigi. Attualmente il quadro si trova al museo del Louvre a Parigi. ### Descrizione. Tre dei quattro personaggi del quadro sono in movimento, e il quarto giace inanime per terra. Essi sono illuminati dalla luce della Luna, dando un aspetto abbastanza scuro alla composizione. La Giustizia e la Vendetta divina sono personificate da grandi figure alate che inseguono il Crimine, rappresentato da un uomo a piedi che fugge davanti a loro. La Giustizia, dall'aspetto sereno, tiene una bilancia, a simboleggiare che il caso è stato giudicato, e brandisce la spada per colpire l'appiedato. Al contrario, i capelli al vento e la bocca della Vendetta divina che si appresta ad afferrare il colpevole (e che impugna una torcia) trasmettono una collera forte. Il Crimine è rappresentato da un uomo maturo che impugna un pugnale e una borsa e che si volta mentre fugge. La vittima è rappresentata da un giovane nudo sdraiato per terra, con le braccia distese che danno un'impressione di fragilità e di innocenza.Una replica di questo quadro, commissionata al pittore dal ricchissimo ammiratore italiano Gian Battista Sommariva, un grande collezionista della pittura francese, è più leggera al tatto e molto più chiara della versione conservata al museo del Louvre.
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### Titolo: Attraversamento del Chaco da parte dell'esercito brasiliano. ### Introduzione: L'Attraversamento del Chaco da parte dell'esercito brasiliano (Passagem do Chaco) è un dipinto di Pedro Américo, del 1871. L'opera appartiene al genere della pittura storica e si trova al museo storico nazionale del Brasile. Raffigura un episodio della guerra paraguaiana, avvenuto nel 1867, che coinvolse Manuel Luís Osório. Il quadro mira a 'glorificare' l'azione bellica brasiliana nel conflitto paraguaiano, soprattutto la manovra del Piquisiry. ### Descrizione. L'opera venne creata con la pittura a olio e le sue dimensioni sono: 198 centimetri di altezza e 240 centimetri di larghezza. La scena si svolge in una foresta tropicale dagli alberi alti, nel mezzo della quale scorre un torrente: un manipolo di uomini dell'esercito brasiliano, guidati dal loro generale, sta per attraversarlo per attaccare un accampamento nemico situato sullo sfondo. La rappresentazione privilegia la natura, con la campagna militare brasiliana, guidata da Osório, relegata ad un'importanza pittorica secondaria. Esiste inoltre un bozzetto a olio nel quale la scena è dipinta con delle tonalità più scure. Sull'opera si scrisse questo:. La foresta rappresenta il territorio brasiliano, mentre l'area paludosa è il Paraguai. Il fiume attraversato si trova nel territorio del Gran Chaco, che allora segnava il confine tra l'Impero del Brasile e la repubblica paraguagia. Nella radura si vede l'accampamento militare paraguagio e, dato ciò, sembra che la battaglia stia per iniziare.
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### Titolo: La follia di Titania. ### Introduzione: La follia di Titania (La Folie de Titania) è un dipinto a olio su tela, realizzato nel 1897 dall'artista tolosano Paul Gervais. L'opera è conservata ed esposta al musée des Augustins di Tolosa. È un'opera di grandi dimensioni, dalle tonalità rilassanti e incantevoli, e il cui soggetto potrebbe sorprendere, a prima vista, se non si conosce il riferimento al Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare. ### Descrizione. Al centro della tela, sotto dei cipressi alti e davanti a un lago delimitato da dei boschi e delle colline, Bottom, un uomo giovane dalla testa d'asino, è seduto su una panca di pietra. Una coroncina di fiori è posta sulla sua testa (che allo spettatore appare di profilo, girata verso la sua destra) e sul suo collo. Egli tiene con una mano la gamba destra, incrociata sulla gamba sinistra, mentre porta la sua mano sinistra sul petto. Egli indossa un abito bianco semplice e una cintura. Titania, una donna giovane, in piedi e nuda, cinge tra le braccia la testa d'asino di Bottom, con gli occhi sollevati verso il cielo. Altre quattro donne, nude come lei, la contemplano in pose diverse: solo una è in piedi e osserva loro, sotto un cipresso, mentre regge dei nastri e dei rami con delle foglie in mano. Altre due, a destra, sono appoggiate a degli alberi, mentre l'ultima, a sinistra, è accovacciata e tocca con la sua mano sinistra le rose che si trovano a terra, osservando la coppia strana. Il suolo è pieno di viole ed è cosparso di rose tagliate. Il quadro è firmato 'P. GERVAIS 1897' nell'angolo inferiore sinistro.
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### Titolo: Titania e Bottom. ### Introduzione: Titania e Bottom (in inglese: Titania and Bottom) è un dipinto a olio del pittore anglo-svizzero Johann Heinrich Füssli. È datato al 1790 circa ed è esposto al Tate Britain di Londra. Fu commissionato per la galleria Boydell Shakespeare e raffigura una scena dal Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare. ### Descrizione. Il quadro ritrae un momento tratto dalla prima scena del quarto atto dell'opera teatrale scespiriana. Titania, la regina delle fate, è sotto l'influenza di una pozione d'amore, datagli da suo marito Oberon per punirla a causa del suo orgoglio. La pozione l'ha fatta innamorare del tessitore Nick Bottom, che a sua volta è vittima di un incantesimo che ha trasformato la sua testa in quella di un asino. Titania si trova in piedi accanto al Bottom seduto. La sua mano destra è alzata e impugna una bacchetta, mentre la sinistra è poggiata sulla testa dell'asino. Essi sono circondati da un gruppo di creature di dimensioni diverse, chiamate da Titania per occuparsi di Bottom. Un piccolo servitore fatato gratta la testa di Bottom e un altro si trova sulla sua mano, mentre cerca di aiutarlo. Una ragazza a destra ha portato un cestino di piselli secchi. Una donna incappucciata a destra regge un changeling fatto di cera, e a sinistra c'è un gruppo di bambini creato artificialmente dalle streghe. La posa seducente di Titania è ripresa dalla Leda col cigno di Leonardo da Vinci (o meglio, da una copia, trattandosi di un'opera perduta). Due fate che si tuffano in dei calici a destra si ispirano a una delle illustrazioni di Sandro Botticelli per il canto XXX del Paradiso, della Divina Commedia. In basso a sinistra c'è una bimba con una testa a farfalla, che segue un tipo di ritratto di bambino sviluppato da Joshua Reynolds, nel quale un bambino che posava con un animale da compagnia ha delle caratteristiche di quell'animale. Una donna a destra richiama la Mangiatrice di ostriche sessualmente allusiva di Jan Steen, ma invece di offrire un'ostrica la donna tiene un piccolo vecchio al guinzaglio, insinuando una dominazione sessuale femminile. Come Il risveglio di Titania, anche questo quadro riprende delle figure dalle opere del pittore neerlandese Abraham Bloemaert.
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### Titolo: La fidanzata di Belus. ### Introduzione: La fidanzata di Belus (La Fiancée de Bélus) è un dipinto dell'artista francese Henri-Paul Motte, del 1885. Nel 2013, il quadro fu acquistato dal museo d'Orsay di Parigi, dove è conservato attualmente. In precedenza si trovava nella galleria Vincent Lecuyer, vicino il museo d'Orsay, e venne esposta alla Brafa di Bruxelles e alla PAD di Parigi. ### Descrizione. Il dipinto si basa su un rituale babilonese di fantasia associato al dio Bēl, noto in latino come Belus. Secondo questo rituale, a Bel veniva offerta una giovane che si sedeva sulle ginocchia della sua statua, durante la notte, per poi essere sostituita da un'altra, e tutte queste fanciulle erano come delle vincitrici di un concorso di bellezza. Motte dipinse questa tela basandosi su una frase che lui attribuiva allo storico greco Erodoto, ma in seguito si scoprì che la citazione da lui ripresa era stata inventata. Perciò, non si hanno vere attestazioni di questa pratica nel mondo babilonese. L'opera è ambientata all'interno di tempio babilonese immerso nell'oscurità: al centro si trova una statua colossale del dio Bel, raffigurato in trono e con uno scettro in mano; ai suoi piedi si trovano due leoni, uno dei quali guarda lo spettatore; sullo sfondo, delle figure dalle vesti rosse, forse dei sacerdoti, escono dal santuario salendo delle scale, accompagnando una figura muliebre vestita di bianco. Il quadro è dipinto con dei colori scuri che gli danno un'atmosfera cupa, eccetto per la figura al centro, che viene risaltata maggiormente grazie a questo contrasto: si tratta della fanciulla che è stata scelta come 'fidanzata' o 'sposa' per il dio e che si trova su un cuscino dorato poggiato sulle ginocchia del colosso. Questa giovane ignuda sembra rannicchiarsi con ansia e rivolge gli occhi al cielo. È probabile che la figura vestita di bianco sullo sfondo sia la 'sposa' precedente che ha finito il suo 'turno'. La fidanzata di Belus è dipinto in uno stile accademico sovradimensionato e presenta Babilonia come una civiltà misteriosa basata sul culto di idoli imponenti. Per ricreare l'interno del tempio babilonese, Motte copiò quello di un tempio greco di Olimpia, mentre la scultura è ispirata ai lamassù, anche se in quel caso si tratta di tori alati con una testa umana. == Note ==.
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### Titolo: Soldati fra colonne. ### Introduzione: Soldati fra colonne è un affresco realizzato nel 1757 da Giambattista Tiepolo per la Villa Valmarana 'Ai Nani', a Vicenza. ### Descrizione. Situato nel corpo principale della villa, il dipinto occupa una delle porzioni nella Sala di Ifigenia ed è pertanto direttamente collegato al Sacrificio d'Ifigenia, che si trova sulla parete al centro. Vi sono rappresentati un cane e alcuni soldati achei che assistono al sacrificio della figlia di Agamennone, voluto da Artemide, che però all'ultimo momento salverà la fanciulla.
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### Titolo: Abaporu. ### Introduzione: Abaporu è un dipinto a olio dell'artista brasiliana Tarsila do Amaral. È una delle opere principali del periodo antropofago del movimento modernista del Brasile e uno dei quadri più importanti della storia dell'arte brasiliana.È il dipinto brasiliano dal valore più alto nel mercato mondiale dell'arte, con un valore stimato di 40 milioni di dollari statunitensi, essendo stata comprato dal collezionista argentino Eduardo Costantini per 1,5 milioni di dollari statunitensi, nel 1995, a un'asta organizzata da Christie's. Costantini, il creatore del Museo d'Arte Latinoamericana di Buenos Aires (MALBA), donò la sua collezione al museo, incluso Abaporu. In precedenza l'opera apparteneva all'uomo d'affari brasiliano Raul Forbes, che l'aveva acquisita nel 1985. ### Itinerario dell'opera. Dipinto inizialmente come regalo di compleanno per l'allora marito Oswald de Andrade, quando Tarsila e lui si separarono, lo scrittore accettò di scambiare il quadro per uno con un valore più alto all'epoca, L'enigma di un giorno di Giorgio de Chirico. Abaporu rimase con la sua autrice. La tela fu esposta pubblicamente varie volte negli anni seguenti: la prima volta nel 1928, a Parigi, l'anno successivo, fu esposto nelle due prime mostre individuali di Tarsila, una a San Paolo e l'altra a Rio. Di nuovo, nel 1933, a Rio de Janeiro, nel 1950 e nel 1952 al museo d'arte moderna (MAM) di San Paolo. Abaporu fu esposto anche alla settima Biennale Internazionale d'Arte di San Paolo nel 1963, e alla ventiduesima Biennale di Venezia nel 1964. Nel 1969, l'opera venne esposto in un tour in varie città brasiliane nella mostra 'Tarsila: 50 Anos de Pintura'. Nel 1972, fu esposto alla commemorazione dei 50 anni della Settimana d'Arte Moderna del 1922. Negli anni 1960, Tarsila aveva venduto il quadro al collezionista, fondatore e direttore del museo d'arte di San Paolo (MASP), Pietro Maria Bardi. Tarsila sperava che il quadro entrasse nella collezione del museo, data la sua importanza come opera capitale dell'arte brasiliana. Bardi, tuttavia, rivendette l'opera al collezionista Érico Stickel. Nel 1984, il gallerista Raul Forbes comprò il quadro per 250 mila dollari statunitensi, allora il valore più alto mai pagato per un dipinto brasiliano. Nel 1995, Forbes decise di mettere all'asta Abaporu presso la casa d'aste Christie's, a Nuova York. L'opera fu comprata dall'uomo d'affari argentino Eduardo F. Costantini per 1,35 milioni di dollari statunitensi, di nuovo un primato mondiale. Costantini creò il Museo d'Arte Latinoamericana bonaerense, il MALBA, al quale donò la collezione. Abaporu verrà esposto nuovamente in Brasile nel 2008, nella mostra della pinacoteca dello stato di San Paolo, nel 2011, al palazzo Planalto, a Brasilia, e nel 2016, a Rio de Janeiro. Nell'aprile del 2019, l'opera fu esposta finalmente al MASP, nella mostra retrospettiva 'Tarsila Popular'. ### Descrizione. L'opera raffigura una figura umana estremamente stilizzata che occupa quasi tutto lo spazio: questa creatura ha una testa piccolissima e priva di naso e bocca, il corpo allungato e un piede gigantesco. L'Abaporu porta una mano al mento come se stesse meditando. Il paesaggio è composto da un prato, un sole e un cactus molto semplificati.La scelta dei colori, delle forme e della prospettiva dell'opera riflettono il desiderio di mostrare il Brasile per davvero. 'Tarsila sbarcava dalla Massilia, una nave di lusso che proveniva da Parigi, portando nel suo bagaglio delle tinte belle, molti vestiti eleganti e tanto rinnovamento.' Il quadro fa parte della fase antropofaga di Tarsila che, così come la sua fase pau-brasil, è considerata una delle più importanti nella vita della pittrice. Influenzata dal cubismo, questo periodo della carriera dell'artista le permise di dare una lettura visuale delle strutture dalla società brasiliana.Alcuni studiosi collegano la posa di Abaporu al Pensatore di Rodin. Nella sua tesi A tessitura da textualidade em Abaporu, Nádia Regina Maffi Reckel afferma che in Abaporu la riscrittura del Pensatore non si deve soltanto dalla posizione del corpo del personaggio, ma anche dall'estetica del frammento e del blocco. E, se a questo si aggiunge la riscrittura della brasilianità, si può capire il soggetto non soltanto dalla sua forma o dal contenuto, come è letto comunemente dai critici d'arte e dagli educatori.Un altro legame tra le opere è esemplificato dal piccolo sole. Nella composizione, la luce è esterna e si riflette sul corpo del personaggio e sul cactus. Il sole è un riferimento al sole brasiliano, alla brasilianità dell'opera.