italian
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Come colui che aspetta il momento e l'occasione giusta per nuocere, amore di nascosto riprese in mano l'arco, per vendicarsi amabilmente e punire in un sol colpo le mille offese a lui fatte. | Per fare una leggiadra sua vendetta e punire in un dí ben mille offese, celatamente amor l'arco riprese, come uom ch'a nocer luogo e tempo aspetta. |
e sulla Terra lasciai un tale ricordo, che persino gli uomini malvagi lo lodano, anche se poi non lo seguono | e in terra lasciai la mia memoria sì fatta, che le genti lì malvage commendan lei, ma non seguon la storia |
non ebbe riguardo né per il suo supremo ufficio, né per gli ordini sacerdotali, né per quel cordone francescano che era solito rendere magri quelli che lo indossano | né sommo officio né ordini sacri guardò in sé, né in me quel capestro che solea fare i suoi cinti più macri |
Ah dio, non so come comportarmi, se ogni giorno canto alla bella fascinosa senza che quella dia segno di volermi ascoltare, perché in lei non trovo nessuna buona propensione per me, affinché io osi dichiararmi umilmente a lei per invocare pietà. | Ahi deo, non so ch'e' faccia ni 'n qual guisa, ché ciascun giorno canto a l'avenente, e 'ntenderme non pare: ché 'n lei non trovo alcuna bona entisa und' ardisc' a mandare umilemente a lei merzé chiamare. |
ed è qui perché ebbe la presunzione di ridurre Siena in suo potere | ed è qui perché fu presuntuoso a recar Siena tutta a le sue mani |
Cerca di trovare qualcuno che sia noto per le gesta o per il nome, e mentre camminiamo volgi intorno lo sguardo | Fa che tu trovi alcun ch’al fatto o al nome si conosca, e li occhi, sì andando, intorno movi |
altrettante fiamme risplendevano nella ottava Bolgia, come io vidi non appena fui là da dove il fondo era visibile | di tante fiamme tutta risplendea l’ottava bolgia, sì com’io m’accorsi tosto che fui là ’ve ’l fondo parea |
Mi sembra di non possedere nulla, di dibattermi inutilmente, altre volte invece mi sembra di avere nelle mie mani il mondo intero. | E nulla stringo, e tutto 'l mondo abbraccio. |
Questo è il principio della mia fede, questa è la scintilla che poi si dilata in una fiamma viva, e brilla in me come una stella in cielo | Quest’è ’l principio, quest’è la favilla che si dilata in fiamma poi vivace, e come stella in cielo in me scintilla |
Se io cerco di reprimere questo pensiero, esso rinasce, ancor più grande di prima. | E s' io l'occido, piú forte rinasce. |
Desideroso ormai di esplorare all'interno e tutt'intorno la foresta divina, folta e rigogliosa, che temperava agli occhi i raggi del sole appena sorto, senza attendere oltre lasciai il margine roccioso e mi inoltrai a passo lento nella vegetazione, sul suolo che da ogni lato mandava dolci profumi | Vago già di cercar dentro e dintorno la divina foresta spessa e viva, ch’a li occhi temperava il novo giorno, sanza più aspettar, lasciai la riva, prendendo la campagna lento lento su per lo suol che d’ogne parte auliva |
Ora vattene | Or te ne va |
ma affinché in seguito ti basti vederli, ascolta in che modo e per quale ragione stanno insieme | ma perché poi ti basti pur la vista, intendi come e perché son costretti |
E quell'anima nobile, per cui Pietole è più famosa di ogni città del mantovano, si era liberato del peso della spiegazione che io gli avevo imposto | E quell’ombra gentil per cui si noma Pietola più che villa mantoana, del mio carcar diposta avea la soma |
ma ora è necessario che tu faccia professione della tua fede, e dichiari da dove essa ti è venuta | ma or conviene espremer quel che credi, e onde a la credenza tua s’offerse |
e il cerchio che aveva la fiamma più splendente era quello più vicino al punto luminoso, perché - credo - si sostanziava maggiormente della sua verità | e quello avea la fiamma più sincera cui men distava la favilla pura, credo, però che più di lei s’invera |
Ora punta lo sguardo verso quell'antico pantano, dove il vapore è più fitto | Or drizza il nerbo del viso su per quella schiuma antica per indi ove quel fummo è più acerbo |
Trova il modo di non far passare il tempo inutilmente | trova che ’l tempo non passi perduto |
L'Antico e il Nuovo Testamento indicano il termine, ed esso mi indica il fine, delle anime che hanno raggiunto la beatitudine | Le nove e le scritture antiche pongon lo segno, ed esso lo mi addita, de l’anime che Dio s’ha fatte amiche |
Essa precipita in questo pozzo infernale | Ella ruina in sì fatta cisterna |
Se tu spezzi qualche ramoscello da una di queste piante, i tuoi pensieri non avranno più ragion d'essere | Se tu tronchi qualche fraschetta d’una d’este piante, li pensier c’hai si faran tutti monchi |
Ma ai miei occhi bastano ostacoli più frequenti e di minor valore. | Ma puossi a voi celar la vostra luce per meno oggetto, perché meno interi siete formati, e di minor virtute. |
Quando mi fui alzato dissi: | diss’io quando fui dritto: |
ma io, che sono morto, devo condurlo attraverso l'Inferno di Cerchio in Cerchio per mostrargli pienamente questo luogo | ma per dar lui esperienza piena, a me, che morto son, convien menarlo per lo ’nferno qua giù di giro in giro |
poi, come se fossero inebriate dal profumo, si risprofondavano nel mirabile gorgo | poi, come inebriate da li odori, riprofondavan sé nel miro gurge |
Raccomandami a tuo figlio gesù cristo, verace uomo e verace dio, affinché accolga il mio ultimo spirito in pace. | Raccomandami al tuo figliuol, verace omo e verace dio, ch' accolga 'l mio spirto ultimo in pace. |
La luce e l'amore divino lo circondano, proprio come questo Cielo circonda gli altri | Luce e amor d’un cerchio lui comprende, sì come questo li altri |
e dopo essersela morsa per la gran rabbia, disse: "Questo deve andare tra i peccatori del fuoco che li sottrae alla vista" | e poi che per gran rabbia la si morse,disse: "Questi è d’i rei del foco furo" |
Perciò la mia donna mi disse: | Per che mia donna mi disse: |
Dapprima, cantando, si muovevano al ritmo del loro canto | Prima, cantando, a sua nota moviensi |
e strizzavano gli occhi verso di noi come fa il vecchio sarto per infilare l'ago nella cruna | e sì ver’ noi aguzzavan le ciglia come ’l vecchio sartor fa ne la cruna |
a quel punto tacque | e tacque a tanto |
Ci guidava una voce che cantava dall'altra parte | Guidavaci una voce che cantava di là |
Come talvolta i burchielli stanno a riva e tengono parte dello scafo in acqua e parte a terra, e come là fra i Tedeschi beoni il castoro si prepara a catturare la preda, così l'orribile bestia stava sull'orlo, che è in pietra e circonda il sabbione | Come tal volta stanno a riva i burchi, che parte sono in acqua e parte in terra, e come là tra li Tedeschi lurchi lo bivero s’assetta a far sua guerra, così la fiera pessima si stava su l’orlo ch’è di pietra e ’l sabbion serra |
E ormai le tenebre si dissolvevano da tutte le parti per le prime luci dell'alba, che sorgono tanto più gradite ai viaggiatori quanto più, durante il ritorno, essi sono vicini a casa | E già per li splendori antelucani, che tanto a’ pellegrin surgon più grati, quanto, tornando, albergan men lontani, le tenebre fuggian da tutti lati, e ‘l sonno mio con esse |
Beatrice chiama questa nobile virtù 'libero arbitrio', e dunque bada di ricordartene, se lei te ne dovesse parlare | La nobile virtù Beatrice intende per lo libero arbitrio, e però guarda che l’abbi a mente, s’a parlar ten prende |
Il primo si mostrava come uno dei seguaci di quel sommo Ippocrate che la Natura creò per gli esseri che ha più cari | L’un si mostrava alcun de’ famigliari di quel sommo Ipocràte che natura a li animali fé ch’ell’ha più cari |
Forse le mie parole sembrano troppo ardite, visto che pospongo la bellezza degli occhi di Beatrice guardando nei quali ogni mio desiderio si acquieta | Forse la mia parola par troppo osa, posponendo il piacer de li occhi belli, ne’ quai mirando mio disio ha posa |
Portaci dunque là dove dici che si può soggiornare con diletto | Menane dunque là ‘ve dici ch’aver si può diletto dimorando |
La speranza è la attesa sicura della futura beatitudine, la quale è prodotta dalla grazia divina e dai meriti acquisiti | Spene è uno attender certo de la gloria futura, il qual produce grazia divina e precedente merto |
Ma quell'anima nel Cielo che più è illuminata da Dio, quel Serafino che figge maggiormente il suo occhio in Dio, non potrebbe rispondere alla tua domanda, poiché ciò che chiedi si interna a tal punto nell'abisso del giudizio divino che è lontanissimo dallo sguardo di ogni creatura | Ma quell’alma nel ciel che più si schiara, quel serafin che ‘n Dio più l’occhio ha fisso, a la dimanda tua non satisfara, però che sì s’innoltra ne lo abisso de l’etterno statuto quel che chiedi, che da ogne creata vista è scisso |
Gli ho mostrato tutti i dannati | Mostrata ho lui tutta la gente ria |
Io la rivedo starsene tra le altre belle donne con umiltà, come una rosa tra fiori meno nobili. | I' la riveggio starsi umilemente tra belle donne, a guisa d' una rosa tra minor fior'. |
E come il cicognino che solleva l'ala per volontà di volare, e poi non osa lasciare il nido e la mette giù | E quale il cicognin che leva l’ala per voglia di volare, e non s’attenta d’abbandonar lo nido, e giù la cala |
Dopodiché la mia guida mi disse: | Appresso ciò lo duca mi disse: |
e voi uomini nascete con indole differente | e voi nascete con diverso ingegno |
Che cos'hai, che non ti reggi in piedi e hai camminato per più di mezza lega con gli occhi velati e le gambe impacciate, come qualcuno gravato dal vino o dal sonno | Che hai che non ti puoi tenere, ma se’ venuto più che mezza lega velando li occhi e con le gambe avvolte, a guisa di cui vino o sonno piega |
Le leggi dell'abisso sono così prive di valore | Son le leggi d’abisso così rotte |
E allo stesso modo è punito in questa fossa suo suocero, e tutti gli altri sacerdoti del Sinedrio che con la loro decisione causarono gravi sciagure al popolo dei Giudei | E a tal modo il socero si stenta in questa fossa, e li altri dal concilio che fu per li Giudei mala sementa |
Dopo aver rivolto uno sguardo riverente alla mia donna e dopo che lei mi ebbe rassicurato con un cenno, rivolsi gli occhi alla luce che tante promesse mi aveva fatto e dissi con la voce piena di grande affetto: | Poscia che li occhi miei si fuoro offerti a la mia donna reverenti, ed essa fatti li avea di sé contenti e certi, rivolsersi a la luce che promessa tanto s’avea, e |
Poi, piacevole a vedersi e a udirsi, lo spirito aggiunse a quanto aveva detto altre cose, tanto profonde che non riuscii a capirle | Indi, a udire e a veder giocondo, giunse lo spirto al suo principio cose, ch’io non lo ‘ntesi, sì parlò profondo |
E questo ti induca sempre a procedere coi piedi di piombo, con la cautela di chi cammina lentamente e stanco, quando giudichi di qualcosa che non riesci a comprendere:infatti è decisamente stolto colui che afferma o nega una cosa senza riflettere, sia in un caso che nell'altro | E questo ti sia sempre piombo a’ piedi, per farti mover lento com’uom lasso e al sì e al no che tu non vedi: ché quelli è tra li stolti bene a basso, che sanza distinzione afferma e nega ne l’un così come ne l’altro passo |
Non credo che la visione di tutto il popolo ammalato fosse più triste di quella dell'oscura fossa, dove gli spiriti languivano ammassati in mucchi | ch’era a veder per quella oscura valle languir li spirti per diverse biche |
E se tu ti ricordi bene e vedi chiaramente, riconoscerai di esser simile a quell'ammalata che non può trovare riposo nel letto, ma rigirandosi di continuo cerca di alleviare il dolore | E se ben ti ricordi e vedi lume, vedrai te somigliante a quella inferma che non può trovar posa in su le piume, ma con dar volta suo dolore scherma |
infatti il riso e il pianto seguono immediatamente il sentimento che li provoca, così che non seguono la volontà nelle persone più sincere | ché riso e pianto son tanto seguaci a la passion di che ciascun si spicca, che men seguon voler ne’ più veraci |
Papi originari di Cahors : o nobile principio, come sei destinato a cadere in basso | Del sangue nostro Caorsini e Guaschi s’apparecchian di bere: o buon principio, a che vil fine convien che tu caschi |
infatti tu dicevi: "Un uomo nasce sulle rive dell'Indo e qui nessuno parla o insegna o scrive di Cristo | ché tu dicevi: "Un uom nasce a la riva de l’Indo, e quivi non è chi ragioni di Cristo né chi legga né chi scriva |
Però, secondo me, non gli fu onorevole colpire me con una freccia mentre ero disarmato, e a voi laura che eravate "armata" non vi fu onorevole non mostrare l'arco. | Però, al mio parer, non li fu onore ferir me de saetta in quello stato, a voi armata non mostrar pur l'arco. |
o se stancasse gli altri Ciclopi senza posa nell'Etna, presso la nera fucina, gridando "Buon Vulcano, aiuto, aiuto | o s’elli stanchi li altri a muta a muta in Mongibello a la focina negra, chiamando "Buon Vulcano, aiuta, aiuta |
e perciò, prima di penetrare più a fondo in essa, guarda in basso e considera quanto tratto di Cielo hai già percorso sotto la mia guida | e però, prima che tu più t’inlei, rimira in giù, e vedi quanto mondo sotto li piedi già esser ti fei |
Questa dottrina, male interpretata, indusse all'errore quasi tutti i popoli, così che identificarono con i pianeti Giove, Mercurio, Marte | Questo principio, male inteso, torse già tutto il mondo quasi, sì che Giove, Mercurio e Marte a nominar trascorse |
E a questo punto la bella donna, come fa chi si scusa di una colpa, rispose: | E qui rispuose, come fa chi da colpa si dislega, la bella donna: |
tanto che manifestarono un gran desiderio di riavere i loro corpi morti:forse non solo per se stessi, ma per le madri, i padri e le altre persone che amarono prima di diventare fiamme eterne | che ben mostrar disio d’i corpi morti: forse non pur per lor, ma per le mamme, per li padri e per li altri che fuor cari anzi che fosser sempiterne fiamme |
Egli ci disse, muovendo quella barba dignitosa: | Chi siete voi che contro al cieco fiume fuggita avete la pregione etterna |
Ed intanto sospirando passo ad altri pensieri: | Ed in questa trapasso sospirando: |
Accontentatevi, uomini, di ciò che vi è stato rivelato | State contenti, umana gente, al quia |
facendo segno col dorso delle mani | coi dossi de le man faccendo insegna |
Poi disse a noi: | Poi disse a noi: |
Allora mi calmai per non rattristarli oltre | Queta’mi allor per non farli più tristi |
La cieca avarizia che vi seduce vi ha resi simili al bambino che muore di fame, e tuttavia manda via la nutrice | La cieca cupidigia che v’ammalia simili fatti v’ha al fantolino che muor per fame e caccia via la balia |
Perciò io atterrito dal fatto di dover sempre inseguire vani fantasmi, destinati a scomparire in breve tempo, vorrei tanto stringere tra le braccia cose vere, durature, abbandonando le vane apparenze. | Ond' io, perché pavento adunar sempre quel ch' un' ora sgombre, vorre' 'l ver abbracciar, lassando l' ombre. |
Colui dal quale deriva il tuo cognome e che gira da più di cent'anni nella I Cornice del Purgatorio, fu mio figlio e il tuo bisnonno: è opportuno che tu abbrevi la sua lunga fatica con le tue preghiere | Quel da cui si dice tua cognazione e che cent’anni e più e girato ha ‘l monte in la prima cornice, mio figlio fu e tuo bisavol fue: ben si convien che la lunga fatica tu li raccorci con l’opere tue |
L'angelo di Dio teneva su questo gradino entrambi i piedi, sedendo sulla soglia che mi sembrava fatta di diamante | Sovra questo tenea ambo le piante l’angel di Dio, sedendo in su la soglia, che mi sembiava pietra di diamante |
per cui essa diventò assai più lucente di quanto fosse prima | ond’ella fessi lucente più assai di quel ch’ell’era |
Qui i primi uomini furono innocenti | Qui fu innocente l’umana radice |
Quello era amore che, dopo averci trovato, si è trattenuto con me, venendo da lontano, come un rapido arciere della siria, equipaggiato unicamente per uccidere. | E' fu amore, che, trovando nui, meco ristette, che venia lontano, in guisa d'un arcier presto soriano acconcio sol per uccider altrui. |
Nel punto dove si getta in Arno e perde il suo nome, arrivai io con la gola trafitta, fuggendo a piedi e insanguinando la pianura | Là ‘ve ‘l vocabol suo diventa vano, arriva’ io forato ne la gola, fuggendo a piede e sanguinando il piano |
Ma come il carbone avvolto dalla fiamma la supera per il suo colore bianco incandescente, in modo tale da continuare ad essere visibile | Ma sì come carbon che fiamma rende, e per vivo candor quella soverchia, sì che la sua parvenza si difende |
e staremo qui immobili e stesi a terra tanto quanto piacerà al giusto Signore | e quanto fia piacer del giusto Sire, tanto staremo immobili e distesi |
Se mai avverrà che il poema sacro al quale hanno cooperato Cielo e Terra, e che mi ha consumato fisicamente per molti anni, vinca la crudeltà che mi bandisce dal bell'ovile, nemico ai lupi che gli fanno guerra | Se mai continga che ‘l poema sacro al quale ha posto mano e cielo e terra, sì che m’ha fatto per molti anni macro, vinca la crudeltà che fuor mi serra del bello ovile ov’io dormi’ agnello, nimico ai lupi che li danno guerra |
Lei è desiderosa di vedere i suoi begli occhi, tanto quanto lo sono io di agghindarmi con le mani | Ell’è d’i suoi belli occhi veder vaga com’io de l’addornarmi con le mani |
e nessun mastino sciolto fu tanto rapido a inseguire il ladro | e mai non fu mastino sciolto con tanta fretta a seguitar lo furo |
tu vuoi che ora io dichiari l'essenza della mia fede, e mi hai chiesto anche la sua origine | tu vuo’ ch’io manifesti la forma qui del pronto creder mio, e anche la cagion di lui chiedesti |
dunque io, che avevo raccolto nella mia mente le idee chiare sopra quelle questioni, stavo come un uomo che vaneggia nel sonno | per ch’io, che la ragione aperta e piana sovra le mie quistioni avea ricolta, stava com’om che sonnolento vana |
Alza la testa | Drizza la testa |
rivolgendo direttamente a me le sue parole che, anche indirettamente, mi erano sembrate aspre, ricominciò a parlare senza frapporre indugio: | volgendo suo parlare a me per punta, che pur per taglio m’era paruto acro, ricominciò, seguendo sanza cunta, |
ma noi siamo forestieri proprio come voi | ma noi siam peregrin come voi siete |
e tuttavia non mi faceva nulla, poiché la sua immagine non arrivava a me attraverso un mezzo fisico | ma nulla mi facea, ché sua effige non discendea a me per mezzo mista |
non sei forse Oderisi, l'onore di Gubbio e di quell'arte che a Parigi è chiamata 'enluminer' | non se’ tu Oderisi, l’onor d’Agobbio e l’onor di quell’arte ch’alluminar chiamata è in Parisi |
Ora, se io non dicessi altro, tu obietteresti: 'Dunque, come può essere che Salomone fu senza pari' | Or s’i’ non procedesse avanti più e, ‘Dunque, come costui fu sanza pare’, comincerebber le parole tue |
e lui si ergeva con la fronte e il petto alti, come se disprezzasse tutto l'Inferno | ed el s’ergea col petto e con la fronte com’avesse l’inferno a gran dispitto |
Perciò, se il mondo attuale pecca, la ragione è in voi e a voi deve essere attribuita | Però, se ’l mondo presente disvia, in voi è la cagione, in voi si cheggia |
La mescolanza delle genti ha sempre causato il male delle città, come l'aggiunta di cibo ad altro non digerito è fonte di malanni | Sempre la confusion de le persone principio fu del mal de la cittade, come del vostro il cibo che s’appone |
così dolcemente, che la dolcezza di quel canto risuona ancora dentro di me | che la dolcezza ancor dentro mi suona |
graffia, scuoia e fa a pezzi i dannati | graffia li spirti, ed iscoia ed isquatra |
Questo è il principio da dove nasce in voi il merito o il biasimo, a seconda che esamini e separi gli amori buoni e quelli cattivi | Quest’è ‘l principio là onde si piglia ragion di meritare in voi, secondo che buoni e rei amori accoglie e viglia |
La casata da cui nacquero le vostre disgrazie, per il giusto disdegno che vi ha mandati in rovina e pose fine al vostro vivere lieto, era onorata insieme alla sua consorteria: o Buondelmonte, quanto male facesti a sfuggire le nozze con una giovane di quella famiglia, seguendo i consigli altrui | La casa di che nacque il vostro fleto, per lo giusto disdegno che v’ha morti, e puose fine al vostro viver lieto, era onorata, essa e suoi consorti: o Buondelmonte, quanto mal fuggisti le nozze sue per li altrui conforti |
Il dolore prorompeva fuori dai loro occhi | Per li occhi fora scoppiava lor duolo |
Per me infelice ritornano i più dolorosi tormenti, che dal profondo del cuore muove colei che al cielo se ne portò le chiavi. | Ma per me, lasso, tornano i piú gravi sospiri, che del cor profondo tragge quella ch' al ciel se ne portò le chiavi. |
Quando fu presso il ponte, alzò il braccio con tutta la testa per rivolgerci le sue parole, che furono queste: | Quando diritto al piè del ponte fue, levò ’l braccio alto con tutta la testa, per appressarne le parole sue, che fuoro: |