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Genesis
בראשית
Il Pentateuco. Traduzione italiana di Samuel David Luzzatto, 1872 [it]
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Genesis
Chapter 1
In principio creò Iddio il cielo e la terra.
E la terra era deserto e solitudine, ed oscurità era sulla faccia dell’abisso; ed un vento di Dio [cioè fortissimo] agitavasi sulla faccia dell’acqua.
Dio disse: Sia luce; e fu luce.
Iddio vide la luce essere buona cosa; e Iddio separò la luce dall’oscurità.
Dio chiamò la luce Giorno, e l’oscurità chiamò Notte. Così fu una sera, e fu una mattina; (cioè) un giorno.
Iddio disse: Siavi uno strato in mezzo alle acque, e separi acque da acque.
Iddio fece lo strato, il quale separò le acque che sono di sotto allo strato dalle acque che sono di sopra allo strato; e fu così.
Iddio chiamò lo strato Cielo. Così fu una sera, e fu una mattina; (cioè) un secondo giorno.
Iddio disse: Raccolgansi le acque di sotto al cielo in un luogo solo, in guisa che apparisca l’asciutto; e fu così.
Iddio chiamò l’asciutto Terra, ed il ricettacolo delle acque chiamò Mare. E Dio vide che (ciò era) bene.
Iddio disse: Produca la terra erba, erbaggi forniti di seme, alberi fruttiferi facienti frutto, di varie specie, aventi in sè il proprio seme, (col quale propagarsi) sopra la terra. E fu così.
La terra produsse erba, erbaggi forniti di seme, di varie specie, e molteplici alberi facienti frutto, aventi in sé il proprio seme. E Dio vide che (ciò era) bene.
Così fu una sera, e fu una mattina; (cioè) un terzo giorno.
Iddio disse: Siano luminari nello strato (detto) Cielo, per distinguere il giorno e la notte; e formino fenomeni, e periodi, e giorni ed anni.
E servano di luminari nello strato detto Cielo, in guisa da far luce sopra la terra. E fu così.
Iddio fece i due luminari grandi, il luminare maggiore pel governo del giorno, ed il luminare minore pel governo della notte; e le stelle.
Iddio li costituì nello strato (detto) Cielo, in guisa da far luce sulla terra;
E da presiedere al giorno ed alla notte, e da separare la luce dall’oscurità. E Dio vide che (ciò era) bene.
Così fu una sera, e fu una mattina; (cioè) un quarto giorno.
Iddio disse: Brulichi l’acqua di un brulicame d’esseri viventi, e volatili volino sulla terra, sulla faccia dello strato (detto) Cielo.
Iddio creò i grandi cetacei, e tutti gli esseri viventi striscianti, di cui l’acqua brulicò, di varie specie; come pure tutti i molteplici volatili alati. E Dio vide che (ciò era) bene.
Iddio li benedisse, con dire: prolificate, e moltiplicatevi, ed empite le acque nei mari; ed il volatile si moltiplichi nella terra.
Così fu una sera, e fu una mattina; (cioè) un quinto giorno.
Iddio disse: Dia fuori la terra esseri viventi di varie specie; bestiami, rettili e fiere selvagge, molteplici: e fu così.
Iddio fece le fiere selvagge di varie specie, i bestiami di varie specie, e tutti i moltiplici striscianti sullaterra; e Dio vide che (ciò era) bene.
Iddio disse: Facciamo l’uomo a nostra immagine, a simiglianza nostra; il quale domini sui pesci del mare, sul volatile del cielo, sui quadrupedi, e su tutta la terra, e sopra tutti i rettili che strisciano sulla terra.
Iddio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.
Iddio li benedisse, e disse loro Iddio: prolificate e moltiplicatevi, ed empite la terra e soggiogatela; e dominate sui pesci del mare, sul volatile del cielo, e sopra ogni animale che striscia sulla terra.
Iddio disse: Ecco io vi do ogni erbaggio fornito di seme, esistente sulla faccia di tutta la terra; ed ogni albero, in cui è frutto d’albero, fornito di seme: vostro sarà (tutto ciò) per cibarvene.
A tutte poi le bestie della terra, a tutti i volatili del cielo, e ad ogni strisciante sulla terra, in cui è respirazione vitale, (do) ogni verde erba da cibarsene. E fu così.
Iddio vide, che tutto ciò ch’egli aveva fatto era molto bene. Così fu una sera, e fu una mattina; (cioè) il sesto giorno.
Chapter 2
Furono così compiuti il cielo e la terra, e tutto l’esercito loro [ciò ch’è in essi].
Iddio avendo nel giorno settimo terminata l’opera ch’egli fece, cessò nel giorno settimo da tutta l’opera ch’egli aveva fatta.
Iddio benedisse il giorno settimo, e lo santificò ; poiché in esso cessò da tutta l’opera sua, che Dio aveva creata e fatta.
È questa la genesi del cielo e della terra, quando furono creati; quando (cioè) il Signore Iddio fece terra e cielo.
Alcun arbusto della campagna non era paranco nella terra, né alcun erbaggio della campagna vegetava ancora; perocchè il Signore Iddio non aveva fatto piovere sulla terra, mentre non esisteva alcun uomo per lavorare il terreno.
(Però) una umidità si alzava dalla terra, e adacquava tutta la superficie del terreno.
Il Signore Iddio formò l’uomo di terra (presa) dal terreno, ed inspirò nella faccia sua respirazione vitale: così l’uomo divenne un animale vivente.
Il Signore Iddio piantò un giardino in Eden, all’Oriente, e vi collocò l’uomo ch’egli avea formato.
Il Signore Iddio fece spuntare dal terreno ogni albero amabile a vedersi, e buono a mangiarsi. Eravi pure in mezzo al giardino l’albero della vita, e l’albero del discernere il bene ed il male.
Un fiume usciva di Eden, ad adacquare il giardino; e di là dividevasi, e formava quattro capi.
Il nome dell’uno è Pisciòn; è quello che gira per tutto il paese di Hhavilà, dove è l’oro.
L’oro di quel paese è ottimo. Ivi è pure la perla, e la pietra onice.
Il nome del secondo fiume è Ghihhòn: è quello che gira per tutt’il paese di Cush.
Il nome del terzo fiume è Hhiddèkel [Tigri]: è quello che scorre all’oriente dell’Assiria. Il quarto fiume poi è l’Eufrate.
Il Signore Iddio prese l’uomo, e lo collocò nel giardino di Eden, a coltivarlo e custodirlo.
Il Signore Iddio comandò all’uomo con dire: di tutti gli alberi del giardino puoi mangiare.
Ma dell’albero del discernere il bene ed il male non mangiare; perocchè qualora tu ne mangi devi morire.
Il Signore Iddio disse: non è bene che l’uomo sia solo; voglio fargli un aiuto analogo a lui.
Il Signore Iddio avendo formato dalla terra tutte le bestie selvagge, e tutti i volatili del cielo, li recò all’uomo, perché decidesse come avesse a nominarli; e quella qualunque denominazione che l’uomo imponesse a ciaschedun essere vivente, quella fosse il suo nome.
L’uomo impose nomi a tutte le bestie ed ai volatili del cielo, come pure a tutte le fiere selvagge; ma per Adamo non trovò alcun ajuto analogo a lui.
Il Signore Iddio fece cadere sopra l’uomo un sopore, sicchè dormì; ed egli prese una delle sue coste, e ne chiuse il sito con carne.
Il Signore Iddio costrusse, della costa che prese dall’uomo, una donna; e la recò all’uomo.
E l’uomo disse: questa finalmente è osso delle mie ossa, e carne della mia carne; questa deve chiamarsi Iscià [donna], poichè da Ish [uomo] fu tratta.
Quindi è che uno lascia suo padre e sua madre, e si attacca [con affetto costante] a sua moglie, e divengono una sola persona.
Erano amendue ignudi, l’uomo e sua moglie, né si vergognavano.
Chapter 3
Il serpente era scaltro, più di tutte le bestie selvagge che fatte aveva il Signore Iddio; e disse alla donna: C’è forse anche, che Dio abbia detto: “Non dovete mangiare d’alcun albero del giardino”?
La donna disse al serpente: delle frutta degli alberi del giardino possiamo mangiare.
Ma delle frutta dell’albero, ch’è in mezzo del giardino, Iddio ha detto: non ne mangiate, e non le toccate; altrimenti morrete.
Il serpente disse alla donna: voi non morrete.
Ma Iddio sa che qualora ne mangiaste, i vostri occhi si aprirebbero, e diverreste simili a Dio, conoscitori del bene e del male.
La donna, scorgendo che l’albero era buono a mangiare, ed era dilettevole alla vista; che l’albero (in somma) destava desiderio nel contemplarlo: prese delle sue frutta e ne mangiò, e ne diede anche a suo marito (da mangiare) con lei, ed egli ne mangiò.
Aprironsi gli occhi di amendue, e conobbero ch’erano ignudi; ed intrecciarono delle foglie di fico, e se ne fecero cinture.
Udirono il rumore del Signore Iddio camminante pel giardino dalla parte del giorno; e l’uomo e la sua moglie, per timore del Signore Iddio, si nascosero tra gli alberi del giardino.
Il Signore Iddio chiamò l’uomo, e gli disse: dove sei?
Quegli disse: il tuo rumore intesi pel giardino; quindi temei, essendo io ignudo, e mi nascosi.
Ed egli disse: chi ti spiegò che sei ignudo? Hai forse mangiato di quell’albero, di cui ti comandai di non mangiare?
L’uomo disse: la donna che mi ponesti accanto, essa mi diede di quell’albero, ed io ne mangiai.
Il Signore Iddio disse alla donna: che mai facesti? La donna disse: il serpente mi sedusse, ed io mangiai.
Il Signore Iddio disse al serpente: posciachè hai ciò fatto, sii tu il più maledetto [infelice] di tutti i bestiami e di tutte le fiere selvagge! Camminerai sul tuo petto, e terra mangerai tutto il tempo della tua vita.
Ed io porrò odio fra te e la donna, fra la tua progenie e la sua. Quella ti pesterà alla testa, e tu l’invilupperai al calcagno.
Alla donna disse: renderò grandi i tuoi travagli, quelli della tua gravidanza; con dolore partorirai figliuoli; tu avrai desiderio del tuo marito, ed egli dominerà sopra di te.
E ad Adamo disse: posciachè hai dato ascolto alla tua moglie, e mangiasti di quell’albero, di cui ti comandai con dire: Non mangiarne; sia la terra maledetta per te! Tu la godrai con travaglio tutto il tempo della tua vita.
E spine e triboli ti produrrà, e tu mangerai erbaggi agresti.
Col sudore del tuo volto mangerai pane, sino a che tornerai alla terra, poiché da quella fosti tratto. Sì, terra sei, ed alla terra tornerai.
L’uomo impose alla sua moglie il nome di Eva, poiché essa fu la madre d’ogni vivente.
Il Signore Iddio fece ad Adamo ed alla sua moglie tonache di pelle, e li vestì.
Il Signore Iddio disse: ecco, l’uomo è divenuto quasi uno di noi, discernendo il bene ed il male; ora non vorrei che porgesse la mano, e pigliasse anche dell’albero della vita, e ne mangiasse, ed avesse a viver sempre.
Il Signore Iddio lo mandò fuori del giardino di Eden, a coltivare la terra, dalla quale fu tratte.
Scacciato l’uomo, egli collocò all’oriente del giardino di Eden i Cherubini, e la fulgida spada roteante, per custodire la via dell’albero della vita.
Chapter 4
L’uomo poi avendo conosciuto Eva sua moglie, questa rimase incinta, e partorì Caino, e disse: ho acquistato un uomo col (l’ajuto del) Signore.
Indi partorì nuovamente suo fratello Abele. Abele fu pastore di bestiame minuto, e Caino fu agricoltore.
Al termine di qualche tempo Caino recò dei prodotti della terra un presente al Signore.
Ed Abele recò anch’egli dei primogeniti del suo bestiame minuto, e delle loro parti più adipose; ed il Signore mostrò gradimento ad Abele ed al suo presente.
Ed a Caino ed al suo presente non mostrò gradimento; e ne rincrebbe a Caino assai, e ne restò abbattuto.
Il Signore disse a Caino: perché ti rincresce, e perché sei abbattuto?
Già se opererai bene sarai esaltato; ma se tu non operi bene... Il peccato sta coricato alla porta; egli ha desiderio di te, ma tu domini sopra di lui.
Caino disse (ciò) ad Abele suo fratello... Indi mentre erano in campagna, Caino, alzatosi contro Abele suo fratello, l’uccise.
Il Signore disse a Caino: dov’è Abele tuo fratello? E quegli disse: non so. Sono io il custode del mio fratello?
Ed egli disse: Che mai facesti? Io sento il sangue del tuo fratello, che sclama a me dal suolo.
Or dunque maledetto sii tu, per effetto di quel medesimo suolo, che aprì la bocca a ricevere dalla tua mano il sangue del tuo fratello.
Quando lavorerai il terreno, esso non seguirà a darti la sua virtù [i suoi prodotti]: errante ed irrequieto sarai per la terra.
Caino disse al Signore: Il mio castigo è troppo grande per potersi sopportare.
Ecco tu ora mi scacci dalla faccia della terra, ed io sarò rimosso dal tuo cospetto [abbandonato dalla Provvidenza]; sarò errante ed irrequieto per la terra, ed allora chiunque mi troverà potrà uccidermi.
Il Signore gli disse: Ebbene, chiunque uccida Caino sarà punito a sette doppj. Così il Signore diede a Caino un segno, che nessuno ch’il trovasse l’ammazzerebbe.
Caino uscito dal cospetto del Signore, abitò nel paese di Nod [nome che vale: vita errante], all’oriente di Eden.
Caino conobbe sua moglie, e questa rimasa incinta, partorì Hhanòch. Datosi a fabbricare una città, impose alla città il nome di suo figlio Hhanòch.
A Hhanòch nacque Iràd, e Iràd generò Mehhujaèl, e Mehhujaèl generò Methusciaèl, e Methusciaèl generò Lèmech.
Lèmech prese due mogli, di cui l’una avea nome Adà, e l’altra Sillà.
Adà partorì Javàl. Egli fu il padre degli abitatori di tende, e degli armentieri.
Suo fratello chiamossi Juvàl. Egli fu il padre di ogni suonatore di cetra e salterio.
Sillà poi partorì Tuval-Cain, arrotatore di ogni strumento di rame e di ferro. Sorella di Tuval- Cain fu Naamà.
Lèmech disse alle sue mogli: Adà e Sillà, prestatemi ascolto; mogli di Lèmech, ascoltate il mio dire. Ho io con una ferita ucciso un uomo, un bambino con una percossa?
Se dunque Caino esser deve vendicato a sette doppi, Lèmech (lo sarà) a settanta sette.
Adamo avendo nuovamente conosciuto sua moglie, essa partorì un figlio, al quale impose nome Sceth, (con dire): Poichè il Signore mi costituì un’altra prole, in luogo di Abele, posciachè Caino l’uccise.
Anche a Sceth nacque un figlio, cui pose nome Enòsh. Allora fu incominciato a predicare il nome del Signore.
Chapter 5
Quest’è il registro della posterità di Adamo. Quando Iddio creò Adamo, lo fece a somiglianza di Dio.
Maschio e femmina li creò; e li benedisse, e loro pose nome Adamo, quando furono creati.
Adamo, dopo aver vissuto cento e trenta anni, generò (un figlio) a sua simiglianza, a sua immagine; e gli pose nome Sceth.
I giorni [la vita] di Adamo, dopo ch’ebbe generato Sceth, furono ottocento anni; e generò (altri) figliuoli e figliuole.
Tutti i giorni che Adamo visse furono novecento e trenta anni; indi morì.
Sceth visse cento e cinque anni, e generò Enòsh.
Sceth visse, dopo aver generato Enòsh, ottocento e sette anni; e generò figli e figlie.
Tutti i giorni di Sceth furono novecento e dodici anni, indi morì.
Enòsh visse novant’anni, e generò Kenàn.
Enòsh visse, dopo aver generato Kenàn, ottocento e quindici anni; e generò figli e figlie.
Tutti i giorni di Enòsh furono novecento e cinque anni, indi morì.
Kenàn visse settant’anni,e generò Mahalalèl.
Kenàn visse, dopo aver generato Mahalalèl, ottocento e quaranta anni; e generò figli e figlie.
Tutti i giorni di Kenàn furono novecento e dieci anni, indi morì.
Mahalalèl visse sessantacinque anni, e generò Jèred.
Mahalalèl visse, dopo aver generato Jèred, ottocento e trenta anni; e generò figli e figlie.
Tutti i giorni di Mahalalèl furono ottocento e novantacinque anni, indì morì.
Jèred visse cento e sessantadue anni, e generò Hhanòch.
Jèred visse, dopo aver generato Hhanòch, ottocento anni, e generò figli e figlie.
Tutti i giorni di Jèred furono novecento sessantadue anni, indi morì.
Hhanòch visse sessanta cinque anni, e generò Methuscèlahh.
Hhanòch camminò con Iddio [visse, seguendo sempre le vie del Signore], dopo aver generato Methuscèlahh, trecent’anni; e generò figli e figlie.
Tutti i giorni di Hhanòch furono trecento e sessantacinque anni.
Hhanòch (durante questi anni) camminò con Iddio, indi non fu più (tra gli uomini), poiché Iddio lo prese (a sè).
Methuscèlahh visse cento ed ottantasette anni, e generò Lèmech.
Methuscèlahh visse, dopo aver generato Lèmech, settecento e ottantadue anni e generò figli e figlie.
Tutti i giorni di Methuscèlahh furono novecento e sessantanove anni, indi morì.
Lèmech visse cento e ottantadue anni, e generò un figlio.
Gli pose nome Noè, con dire: Questi ci sarà di conforto, in mezzo al nostro lavoro, ed al travaglio delle nostre mani, proveniente dal terreno, che il Signore ha maledetto.
Lèmech visse, dopo aver generato Noè, cinquecento e novantacinque anni, e generòfigli e figlie.
Tutti i giorni di Lèmech furono settecento e settantasette anni, indi morì.
Noè, giuntall’età di cinquecento anni, generò Scem, Hham, e Jèfeth.
Chapter 6
Ora, poiché gli uomini [viventi in civile consorzio] incominciarono a moltiplicarsi sulla faccia della terra, e nate furono loro (anche molte) figliuole.
I (cosiddetti) figli di Dio [uomini agresti e più forti dei primi] avendo trovate belle le figlie degli uomini, si presero delle donne, tutte quelle che scelsero.
Il Signore disse: Lo spirito mio non resterà perpetuamente perplesso intorno all’uomo [se punirlo, perdonargli], nel pensiero ch’egli è di carne. Egli [l’uomo] abbiasi (ancora) cento e venti anni.
I giganti furono al mondo in quel tempo, ed anche in seguito; poichè i (cosiddetti) figli di Dio accompagnavansi colle figlie degli uomini, e queste aveano prole da quelli. Sono questi gli Eroi dei tempi antichi, quegli uomini di fama.
Il Signore vide che grande era sulla terra la malvagità dell’uomo, ed ogni macchinazione dei pensieri del suo cuore non era continuamente che male.
Ed il Signore si pentì d’aver fatto l’uomo in terra, e n’ebbe il cuore addolorato.
Il Signore disse: Voglio distruggere d’in su la faccia della terra l’uomo che creai: e gli uomini e le bestie, e i rettili e i volatili del cielo; poiché sono pentito d’averli fatti.
Noè però incontrò grazia agli occhi del Signore.
Questa è la storia di Noè. Noè era un uomo giusto ed integro, tra i suoi contemporanei. Noè camminava con Iddio.
Noè generò tre flgli: Scem, Hham, e Jèfeth....
La terra era si depravata in faccia a Dio, e la terra era piena di ingiustizie.
Iddio vide che la terra erasi depravata, che ogni mortale sulla terra aveva depravato la propria condotta.
E Dio disse a Noè: La fine d’ogni mortale è da me decisa, poiché la terra è per colpa loro piena d’ingiustizie; ed io sono per far guasto di essi e della terra.
Fatti un’arca di legno di pino. Divisa a stanze farai l’arca, e la spalmerai di dentro e di fuori colla pece.
Ed è così che la farai. Trecento braccia sarà la lunghezza dell’arca, cinquanta braccia la sua larghezza, e trenta braccia la sua altezza.
Una finestra farai all’arca, e farai sì che in alto finisca in un braccio; collocherai la porta dell’arca da un lato di essa; divisa in piani inferiori, secondi e terzi la farai.
Io poi son per far venire sulla terra il diluvio di acqua, a distruggere di sotto al cielo ogni carne in cui è alito di vita: tutto ciò ch’è in terra perirà.
Ed io fermerò la mia alleanza con te, ed entrerai nell’arca, tu e teco i tuoi figli, tua moglie, e le mogli dei figli tuoi.
Come pure di ogni vivente, di ogni sorta di mortale, due (paja) di ciascheduna specie introdurrai nell’arca, per conservarli in vita con te; maschio e femmina saranno.
Dei moltiplici volatili, dei moltiplici quadrupedi, di tutti i moltiplici rettili della terra, due (paja) di ciascheduna specie (farai che) vengano a te, per conservarli in vita.
Tu poi prenditi d’ogni cibo atto a mangiarsi, e raccogli presso di te; e servirà da mangiare per te e per essi.
Noè eseguì: secondo tutto ciò che Iddio gli comandò, così fece.
Chapter 7
Il Signore disse a Noè: Entra tu e tutta la tua famiglia nell’arca, poiché te io veggo probo innanzi a me in questa generazione.
D’ogni quadrupede mondo ti prenderai sette, ciascheduno colla rispettiva femmina; e dei quadrupedi che non sono mondi due, ciascheduno colla rispettiva femmina.
Anche dei volatili del cielo sette, ciascheduno maschio e femmina; perché mantengano razza sulla faccia di tutta la terra.
Imperocchè dopo ancora sette giorni io sono per far piovere sulla terra per quaranta giorni e per quaranta notti, e distruggerò d’in su la faccia della terra ogni essere vivente che feci.
Noè fece, secondo tutto ciò che gli comandò il Signore.
Noè aveva seicento anni, quando il diluvio, l’acqua cioè, fu sulla terra.
Noè, e con lui i suoi figli, la sua moglie, e le mogli dei figli suoi, entrarono nell’arca, a cagione delle acque del diluvio.
Dei quadrupedi mondi, e dei quadrupedi che non sono mondi, e dei volatili, e d’ogni strisciante sulla terra;
Due per ogni specie, ciascheduna maschio e femmina, entrarono appo Noè nell’arca, come Iddio avea comandato a Noè.
Ora in capo ai sette giorni le acque del diluvio furono sopra la terra.
Nell’anno seicentesimo della vita di Noè, nel mese secondo, ai diciasette del mese; in questo giorno scoppiarono tutte le fonti del grande abisso, e le cateratte del cielo aprironsi.
Cadde la pioggia sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti.
In questo medesimo giorno Noè, Scem, Hham e Jèfeth, figli di Noè, e con loro la moglie di Noè, e le tre mogli de’ figli suoi, entrarono nell’arca.
Essi e tutte le moltiplici fiere, tutti i moltiplici bestiami, tutti i moltiplici rettili striscianti sulla terra, e tutti i moltiplici volatili, ogni uccello, ogni essere alato,
Entrarono appo Noè nell’arca; due d’ogni specie, di ogni carne in cui è alito di vita.
Gli entranti entrarono ciascheduno colla rispettiva femmina, di tutte le specie d’animali, secondo che Iddio gli avea comandato. Indi il Signore chiuse intorno a lui [rese l’arca impenetrabile alle acque].
Il diluvio avendo continuato sulla terra quaranta giorni, le acque crebbero e sollevarono l’arca, e questa divenne alta da terra.
Le acque si alzarono e crebbero assai sulla terra, e l’arca camminava sulla superficie delle acque.
Le acque si alzarono grandemente sulla terra, e ne rimasero coperti tutti i più alti monti esistenti sotto tutto il cielo.
Quindici braccia al di sopra si alzarono le acque, dopo coperti i monti.
E perì ogni carne strisciante sulla terra [cioè ogni animale terrestre], tanto il volatile, quanto il bestiame e le fiere, ed ogni essere brulicante sulla terra; e tutti gli uomini.
Tutti quelli che hanno nella faccia respirazione d’alito di vita, fra tutti quelli che vivono nell’asciutto, morirono.
(Il diluvio) distrusse ogni essere vivente, esistente sulla faccia della terra, uomini, quadrupedi, rettili e volatili del cielo, e rimasero estinti dalla terra; e restò solo Noè, e quelli ch’erano con lui nell’arca.
Le acque furono alte sulla terra (durante) cento e cinquanta giorni.
Chapter 8
Iddio, memore di Noè, e di tutte le fiere e di tutti i bestiami, ch’erano con lui nell’area, fece [dopo i primi quaranta giorni] scorrere un vento sulla terra, e le acque si calmarono.
Si chiusero le fonti dell’abisso e le cateratte del cielo; e la pioggia cessò dal cielo.
Le acque andarono ritirandosi d’in su la terra, e le acque mancarono in capo a cento e cinquanta giorni.
Nel mese settimo, nel giorno decimosettimo del mese, l’arca posò sui monti d’Araràt.
Le acque andarono mancando sino al mese decimo: nel mese decimo, al primo del mese, apparirono le cime dei monti.
Ora al termine di quaranta giorni, Noè aprì la finestra che avea fatta nell’arca.
Lasciò andare il corvo; e questo uscì e ritornò più volte, sinchè le acque non si furono asciugate su la terra.
Mandò fuori la colomba, per vedere se le acque erano scemate sulla faccia della terra.
Ma la colomba non trovando riposo alla pianta del suo piede, tornò a lui nell’arca, poiché eravi acqua sulla faccia di tutta la terra. Egli porse la mano e la prese, e l’introdusse appo sè nell’arca.
Aspettò ancora altri sette giorni, indi tornò a mandar la colomba fuori dell’arca.
La colomba venne a lui in sul vespro, ed egli vide che aveva in bocca fogliame d’ulivo, una foglia fresca. Noè conobbe che le acque erano scemate su la terra.
Aspettò ancora altri sette giorni, indi mandò fuori la colomba, e questa non tornò più a lui.
Nell’anno seicentesimo primo [di Noè], nel primo mese, al primo del mese, le acque eransi asciugate d’in su la terra; e Noè, levato il coperchio dell’arca, vide che la superficie della terra era asciutta.
Nel mese poi secondo, ai ventisette del mese, la terra era divenuta secca.
Iddio parlò a Noè, con dire.
Esci dall’arca, tu e teco la tua moglie, e i tuoi figli, e le mogli de’ tuoi figli.
Tutti gli animali che sono con te, qualunque carne, i volatili, i quadrupedi, ed ogni rettile strisciante sulla terra, fa uscire con te; in guisa che si spargano per la terra, e prolifichino e si moltiplichino sulla terra.
Noè uscì, e con lui i suoi figli, e la sua moglie, e le mogli de’ figli suoi.
(Come pure) tutte le bestie, tutti i rettili, e tutti i volatili, qualunque essere strisciante sulla terra, divisi a famiglie, uscirono dall’arca.
Noè fabbricò un altare al Signore, e prese di tutti i quadrupedi mondi, e di tutti gli uccelli mondi, e ne fece olocausti sull’altare.
Il Signore, gradito l’odore propiziatorio, disse tra sè: Non voglio più maledire la terra a cagione dell’uomo, poiché i concetti del cuore dell’uomo sono rei sino dalla sua giovinezza. Non voglio più percuotere tutti i viventi, come feci.
Da qui innanzi, per tutta la durata della terra, seminagione e messe, e freddo e caldo, estate ed inverno, e giorno e notte, non cesseranno.
Chapter 9
Iddio benedisse Noè e i figli suoi, e disse loro: Prolificate, moltiplicatevi, ed empite la terra.
E tutte le bestie della terra, e tutti gli uccelli del cielo, avranno timore e spavento di voi. Tanto gli animali tutti che strisciano sulla terra, quanto i pesci tutti del mare, in vostro potere sono dati.
Qualunque strisciante che vive, vostro sarà, da cibarvene; come i verdi erbaggi, io ve li do tutti.
Però un animale mentre ha la sua vita, (cioè) il suo sangue, non dovete mangiare.
Del vostro sangue poi, di quello cioè della vita vostra, io esigerò conto. Da qualunque animale ne esigerò conto; e dall’uomo, dall’uomo suo fratello, esigerò conto della vita dell’uomo.
Chi versa il sangue dell’uomo, di lui il sangue verrà dall’uomo versato; poiché ad immagine di Dio egli ha fatto l’uomo.
E voi prolificate e moltiplicatevi; spargetevi nella terra, e moltiplicatevi in essa.
Iddio disse poi a Noè, ed ai suoi figli con lui, con dire:
Ed io ecco stabilisco la mia promessa con voi, e colla vostra discendenza dopo di voi.
E con ogni essere vivente ch’è con voi, sia volatile, sia bestiame, e sia ogni fiera della terra, insieme a voi: tutti in somma quelli che sono usciti dall’arca, tutti gli animali della terra.
E manterrò la mia promessa con voi, e non perirà più ogni carne per le acque del diluvio, né sarà più diluvio a far guasto della terra.
Iddio disse: Quest’è il segnale della promessa, ch’io pongo a perpetuità tra me e voi, ed ogni essere vivente ch’è con voi.
Il mio arco io colloco nelle nubi, ed esso sarà tra me e la terra il segnale della promessa.
Ora, quand’io stenderò le nuvole sopra la terra, si vedrà l’arcobaleno nelle nubi.
Ed io rammenterò la mia promessa, ch’è tra me e voi, ed ogni essere vivente d’ogni genere; né più avverrà che l’acqua divenga un diluvio, in guisa da distruggere ogni carne.
L’arcobaleno sarà nelle nuvole, ed io lo vedrò per rammentare la promessa perpetua ch’è tra Dio ed ogni essere vivente, ogni carne ch’è sulla terra.
Iddio disse a Noè: È questo il segnale della promessa, che stabilisco tra me ed ogni carne ch’è sulla terra.
I figli di Noè usciti dall’arca erano: Scem, Hham, e Jèfeth; e Hham è il padre di Cànaan.
Questi tre sono i figli di Noè, e di questi la progenie si sparse per tutta la terra.
Noè, uomo agricola, incominciò, e piantò una vigna.
E bevuto del vino, si ubbriacò, e si denudò entro la sua tenda.
Hham, padre di Cànaan, vide le vergogne di suo padre, e narrò la cosa ai due suoi fratelli al di fuori.
Scem e Jèfeth presero una coperta, e postala sulla schiena di amendue, camminarono a ritroso, e coprirono le vergogne del loro padre, tenendo il volto indietro, e le vergogne del loro padre non videro.
Svegliatosi Noè del suo vino, seppe ciò che gli fece il suo figlio minore.
E disse: Maledetto Cànaan! Infimo schiavo sia de’ suoi fratelli.
Indi disse: Benedetto il Signore, Iddio di Scem! E sia Cànaan schiavo a loro.
Estenda Iddio i confini di Jèfeth, e risieda nelle tende di Scem; e sia Cànaan schiavo a loro.
Noè visse dopo il diluvio trecento e cinquanta anni.
Tutta la vita di Noè fu novecento e cinquanta anni, indi morì.
Chapter 10
Questa è la discendenza dei figli di Noè: Scem, Hham, e Jèfeth, ai quali nacquero figliuoli dopo il diluvio.
I figli di Jèfeth sono: Gòmer, Magòg, Madai, Javàn, Tuvàl, Mèscech e Tiràs.
I figli di Gòmer: Ashkenàz, Ri fàth e Togarmà.
I figli di Javàn: Eliscià, Tarscìsh, Kittìm e Dodanìm.
Da questi si diramarono le genti transmarine [europee] nei loro paesi, ciascheduna avente la sua lingua, divise nelle loro famiglie, componenti le loro nazioni.
I figli poi di Hham sono: Cush, Misraim, Put e Cànaan.
I figli di Cush: Sevà, Hhavilà, Savtà, Raamà, e Savtechà; e i figli di Raamà: Scevà e Dedàn.
Cush generò Nimròd. Questi incominciò ad essere valoroso [conquistatore] nella terra.
Egli fu valoroso cacciatore innanzi al Signore [cioè senza l’eguale]; ond’è che si dice [per esaltare qualche prode guerriero]: simile a Nimròd, valoroso cacciatore innanzi al Signore.
Il principio del suo regno fu Babele, ed Erech, e Accàd, e Calnè, nel paese di Scinaàr.
Da quel paese passò in Assiria e fabbricò Ninive, e Rehhovòth-Ir, e Kelahh.
E Rèssen, tra Ninive e Kelahh. Quella [Ninive] è la grande città.
Misraim generò i Ludei, gli Anamei, i Lehavei e i Naftuhhei.
Come pure i Pathrussei, e i Casluhhei, dai quali ebbero origine i Filistei; ed i Caftorei.
Cànaan generò Sidòn suo primogenito, e Hheth.
I Jevussei, gli Emorei, ed i Ghirgascei.
Gli Hhivei, gli Arkei, od i Sinei.
Gli Arvadei, i Semarei, e gli Hhamathei. Poscia le famiglie dei Cananei si diffusero [per altre contrade].
Il territorio dei Cananei fu da Sidòn andando verso Gheràr, sino a Gaza; e andando verso Sodoma, Gomorra, Adma e Sevoim, sino a Lescia.
Questi sono i figli di Hham, divisi in varie famiglie e linguaggi, terre e nazioni.
Scem ebbe anch’egli [numerosa] discendenza; egli, che fu il progenitore di tutti i [cosiddetti] transfluviani [popoli di là dell’Eufrate]; egli che del fratel maggiore, Jèfeth, fu [il condegno] fratello.
I figli di Scem sono: Elàm, Asciùr, Arpachsciàd, Lud, e Aràm.
I figli di Aràm: Uss, Hhul, Ghèther, e Mash.
Arpachsciàd generò Scelahh, e Scelahh generò Ever.
Ad Ever nacquero due figli, dei quali uno ebbe nome Pèleg, perché ai suoi giorni si divise la terra [fu la divisione delle lingue e delle genti]; ed il suo fratello ebbe nome Joctàn.
Joctàn generò Almodàd, Scèlef, Hhassarmàvet, e Jerahh.
Hadoràm, Usàl, Diclà.
Ovàl, Avimaèl, Scevà.
Ofir, Hhavilà, Jovàv. Questi tutti sono i figli di Joctàn.
La loro sede fu da Mescià andando verso Sefàr, nella regione montuosa (detta) orientale.
Questi sono i figli di Scem, divisi nelle loro famiglie, nei loro linguaggi, nelle loro terre e nazioni.
Queste sono le famiglie dei figli di Noè, secondo la loro genealogia, divise nelle loro nazioni; e da queste si divisero le nazioni nella terra dopo il diluvio.
Chapter 11
La terra tutta aveva una sola favella, e le medesime espressioni.
Ora, movendo dall’oriente, trovarono una pianura nel paese di Scinaar ed abitarono ivi.
E dissersi l’uno all’altro: Or via fabbrichiamo mattoni, e cuociamoli. Il mattone servì loro di pietra, ed il bitume servì loro di malta.
Indi dissero: Or via, edifichiamo una città, ed una torre, di cui la cima giunga al cielo, e ci faremo un nome [oppure: un monumento]; affinché non avvenga che ci spargiamo sulla faccia di tutta la terra.
Il Signore discese a vedere la città e la torre che gli uomini fabbricavano.
Il Signore disse: Ecco, essi formano un popol solo, ed hanno tutti un solo linguaggio, e questo è quanto incominciarono a fare. Ora non sarà loro difficile d’eseguire quanto penseranno di fare.
Or via discendiamo, e confondiamo ivi la loro favella, in guisa che non intendano l’uno il linguaggio dell’altro.
Il Signore li disperse di là sulla faccia di tutta la terra, e quindi cessarono di edificare la città.
Perciò le fu dato nome Babèl, poichè ivi il Signore confuse il linguaggio di tutta la terra, e di là il Signore li disperse sulla faccia di tutta la terra.
Quest’è la discendenza di Scem: Scem nell’età di cento anni generò Arpachsciàd, due anni dopo il diluvio.
Scem visse dopo aver generato Arpachsciàd cinquecento anni; e generò figli e figlie.
Arpachsciàd visse trentacinque anni, e generò Scelahh.
Arpachsciàd visse dopo aver generato Scelahh quattrocento e tre anni; e generò figli e figlie.
Scelahh visse trent’anni, e generò Ever.
Scelahh visse dopo generato Ever quattrocento e tre anni; e generò figli e figlie.
Ever visse trentaquattro anni, e generò Pèleg.
Ever visse dopo generato Pèleg quattrocento e trenta anni; e generò figli e figlie.
Pèleg visse trent’anni, e generò Reù.
Pèleg visse dopo generato Reù duecento e nove anni; e generò figli e figlie.
Reù visse trentadue anni, e generò Serùg.
Reù visse dopo generato Serùg duecento e sette anni; e generò figli e figlie.
Serùg visse trent’anni, e generò Nahhòr.
Serùg visse dopo generato Nahhòr, duecento anni; e generò figli e figlie.
Nahhòr visse ventinove anni, e generò Terahh.
Nahhòr visse dopo generato Terahh cento e diciannove anni; e generò figli e figlie.
Terahh visse settant’anni, e generò Abramo, Nahhòr, e Haràn.
E questa è la discendenza di Terahh: Terahh generò Abramo, Nahhòr, e Haràn; e Haràn generò Lot.
Haràn morì in vita di Terahh suo padre, nella terra dov’era nato, (cioè) in Ur-Casdìm.
Abramo e Nahhòr presero mogli. La moglie d’Abramo avea nome Sarai, e la moglie di Nahhòr chiamavasi Milcà. Questa era figlia di Haràn, il quale fu padre di Milcà e di Iscà.
Sarai era sterile, non aveva prole.
Terahh prese Abramo suo figlio, Lot figlio di Haràn suo nipote, e Sarai sua nuora, moglie d’Abramo suo figlio; ed uscirono unitamente a quelli [cioè con Nahhòr e sua moglie] da Ur-Casdìm, per andare nel paese di Canaan; e andati sino a Hharàn, stettero ivi.
I giorni di Terahh furono duecento e cinque anni, indi Terahh morì in Haràn.
Chapter 12
Il Signore disse ad Abramo: Vanne dal tuo paese, dal tuo parentado, e dalla casa di tuo padre, al paese che ti farò vedere.
Ed io ti farò divenire una grande nazione, ti benedirò, e renderò grande il tuo nome; e sarai (tipo di) benedizione.
Benedirò quelli che ti benediranno, e chi ti maledirà maledirò; e si benediranno in te tutte le famiglie della terra [nel benedire chi che sia gli desidereranno fortuna pari alla tua].
Abramo si pose in viaggio, come gli parlò il Signore, e andò con lui Lot. Abramo aveva settantacinque anni quando uscì di Hharàn.
Abramo prese Sarai sua moglie, Lot figlio di suo fratello, e tutti gli averi che avevano acquistato, come pure le persone [di servizio] ch’eransi procacciate in Hharàn; ed usciti per recarsi nel paese di Canaan, entrarono nel paese di Canaan.
Abramo s’internò nel paese, sino al sito di Sichem, sino (cioè) al terebinto di Morè. I cananei erano (già) in allora nel paese.
Il Signore apparve ad Abramo, e (gli) disse: Alla tua discendenza darò questo paese. Ed egli fabbricò ivi un altare al Signore che gli era apparso.
Di là si trasferì verso il monte, all’oriente di Beth-El e tese il suo padiglione. Aveva Beth-El all’occidente, ed Ai all’oriente, e fabbricò ivi un altare al Signore, e predicò il nome del Signore [gli attributi di Dio].
Così Abramo viaggiava, movendo a varie riprese verso il Mezzodì [della Cananea].
Fu carestia nel paese, ed Abramo recossi in Egitto, per farvi dimora, la carestia essendo grave nel paese.
Ora, poiché fu vicino ad entrare in Egitto, disse a Sarai sua moglie: Or vedi: io comprendo che tu sei donna di bell’aspetto;
E che quando gli Egizj ti vedranno, e diranno: “Costei è sua moglie”, mi uccideranno, e serberanno te in vita.
Dì in grazia che sei mia sorella; affinché avvenga bene a me per causa tua, la mia vita (cioè) sia conservata in grazia di te.
Ora, poiché Abramo entrò in Egitto, gli Egizj videro che la donna era bella assai.
La videro i Grandi di Faraone, e la lodarono a Faraone; e la donna fu presa in casa di Faraone.
Il quale beneficò Abramo in grazia di lei; cosicché questi ebbe bestiame minuto e bovino, asini, schiavi, schiave, asine, e cammelli.
Il Signore piagò Faraone, e la (gente di) sua casa, con grandi piaghe, a cagione di Sarai moglie Abramo.
Faraone chiamò Abramo, e (gli) disse: Che mai mi facesti? Perché non mi dichiarasti ch’è tua moglie?
Perché dicesti: “È mia sorella”? ond’io me l’aveva presa per moglie. Ora, ecco tua moglie, prendila e vanne.
Faraone gli assegnò alcuni uomini, i quali scortarono lui e sua moglie, e quanto gli apparteneva.
Chapter 13
Abramo partì dall’Egitto, egli e sua moglie, e quanto gli apparteneva, avendo seco Lot; verso il Mezzodì [della Cananea.]
Abramo era molto carico [ricco] in bestiame, argento ed oro.
Viaggiò in varie mosse dal Mezzodì sino a Beth-El; sino a quel luogo (cioè), dove fu la sua tenda in addietro, tra Beth-El ed Ai.
Al luogo (cioè) dell’altare, che aveva ivi fatto in prima; ed Abramo predicò ivi il nome del Signore.
Anche Lot che viaggiava con Abramo, aveva bestiame minuto e bovino, e tende.
Il paese non li poteva comportare stando uniti; poiché i loro averi erano numerosi, ed eglino non potevano stare assieme.
Insorse discordia tra i pastori del bestiame d’Abramo, ed i pastori del bestiame di Lot. I Cananei ed i Perizei erano allora nel paese.
Abramo disse a Lot: Deh! non sia discordia fra me e te, tra i miei (cioè) e i tuoi pastori; perocchè siamo prossimi congiunti.
Tutto il paese è a tua disposizione: dividiti in grazia di me. Se tu alla sinistra, io andrò a destra; se tu alla destra, io andrò alla sinistra.
Lot, alzati gli occhi, e vista tutta la pianura del Giordano, la quale tutta era abbondante d’acqua; locchè era innanzi ch’il Signore distruggesse Sodoma e Gomorra; (era cioè) come il Giardino del Signore, come il paese d’Egitto; la pianura (dico) verso Sòar.
Lot si scelse tutta la pianura del Giordano, e mosse verso oriente: Così si divisero l’uno dall’altro.
Abramo restò nel paese di Canaan, e Lot abitò nelle città della pianura, e s’attendò vicino a Sodoma.
La gente di Sodoma era malvagia e peccatrice verso il Signore oltremodo.
Il Signore poi disse ad Abramo, dopo che Lot si fu diviso da lui: Alza gli occhi e vedi dal sito ove sei, verso il settentrione, verso il mezzodì, verso l’oriente e verso l’occidente.
Imperocchè tutto il paese che tu vedi, a te io lo darò; alla tua discendenza (cioè) in perpetuo.
Renderò la tua discendenza come la polvere della terra; chè se uno potrà numerare la polvere della terra, anche la tua discendenza potrà numerarsi.
Or via, spazia per lo paese, per largo e per lungo; perocchè a te io lo darò.
Abramo s’attendò , recossi (cioè) ad abitare nei terebinti di Mamrè, situati in Hhevròn, ed ivi fabbricò un altare al Signore.
Chapter 14
Avvenne ai tempi di Amrafèl re di Scinaàr [Babilonia], Arjòch re di Ellassàr, Kedorlaòmer re di Elàm [Persia], e Tidaàl re di Goìm;
Che questi fecero guerra con Bera re di Sodoma, Birscià re di Gomorra, Scinàv re di Admà, Scemèver re di Sevoìm, ed il re di Bela, oggidì Sòar.
Tutti questi si unirono nella valle di Siddìm, dove (in oggi) è il lago salso [il lago asfaltide o mare morto].
Per dodici anni avevano servito [pagato tributo] a Kedorlaòmer, e nel terzodecimo si ribellarono.
Nell’anno poi decimoquarto venne Kedorlaòmer, coi re a lui uniti, e batterono i Refaei in Ashterot-Carnaim, i Zuzei in Ham, e gli Emei in Sciavè-Kirjathaim.
E gli Hhorei nel loro monte Seìr, sino al terebinto di Paràn, ch’è presso al deserto.
Indi recaronsi a En-Mishpàt, ora Cadèsh, e batterono tutto il territorio degli Amaleciti; come ,pure gli Emorei, abitanti in Hhassasson-Tamàr.
Il re di Sodoma, il re di Gomorra, il re di Admà, il re di Sevoìm, e il re di Bela, oggidì Sòar, uscirono, e schierarono contro di essi battaglia nella valle di Siddim,
Contro (cioè) di Kedorlaòmer re di Elàm, Tidaàl re di Goim, Amrafèl re di Scinaàr, ed Arjòh re di Ellassàr; (questi) quattro re (trovavansi) contro quei cinque.
La valle di Siddìm conteneva molti pozzi di bitume, ed i re di Sodoma e di Gomorra fuggendo si gettarono ivi, e gli altri fuggirono al monte.
Quelli presero tutti gli averi di Sodoma e di Gomorra, e tutti i loro viveri, e se n’andarono.
Presero anche Lot nipote d’Abramo, e i suoi averi, e se n’andarono. Egli abitava (allora) in Sodoma.
Venuto un fuggitivo, narrò la cosa ad Abramo ebreo [vale a dire transeufratense, venuto dal paese detto Ever Hannahàr], il quale abitava nei terebinti dell’Emoreo Mamrè, fratello di Eshcòl, e fratello di Anèr, i quali erano confederati di Abramo.
Abramo, udito ch’il suo congiunto era stato menato in cattività, trasse fuori i (servi) da lui esercitati, nati in sua casa, (in numero di) trecento e diciotto; ed inseguì sino a Dan.
Divisosi contro di essi di notte, egli e i suoi servi, li battè, e gl’inseguì sino a Hhovà, ch’è alla sinistra di Damasco.
E fece restituire tutti gli averi: anche Lot suo congiunto e i suoi averi fece rendere, ed anche le donne e la gente.
Il re di Sodoma gli uscì incontro, alla valle detta Sciavè [piana], detta in oggi Valle regia; dopo ch’egli tornava d’aver battuto Kedorlaòmer ed i re ch’eran con lui.
Malkissèdek poi, re di Scialèm, arrecò pane e vino. Egli era sacerdote di Dio altissimo.
Lo benedisse, e disse: Benedetto sia Abramo dal Dio altissimo, padrone del cielo e della terra.
E benedetto Iddio altissimo che ti diede in mano i tuoi nemici. Ed (Abramo) gli diede la decima d’ogni cosa.
Il re di Sodoma disse ad Abramo: Dammi le persone, e gli averi tienti per te.
Abramo disse al re di Sodoma: Io alzo la mano [in giuramento] verso il Signore, Iddio altissimo, padrone del cielo e della terra;
Che nemmeno un filo, nemmeno una correggia da scarpa; che (in somma) non prenderò alcuna cosa di quanto t’appartiene. Non voglio che tu abbi a dire: Io ho arricchito Abramo.
Nulla, tranne quanto hanno mangiato i fanti, e la porzione degli uomini [liberi] che sono venuti con me, Anèr (cioè), Eshcòl e Mamrè, essi prendano la propria porzione.
Chapter 15
Dopo queste cose la parola del Signore fu ad Abramo in visione, con dire: Non temere, Abramo; io ti sono scudo, la tua ricompensa (sarà) oltremodo grande.
Abramo disse: Signore Iddio, che cosa mi vuoi dare? mentre io morrò senza prole, e l’uomo che ha il governo della mia casa è Dammèssek-Elièzer.
Abramo disse: Ecco, a me non hai dato prole; quindi il mio domestico deve ereditarmi.
Tosto la parola del Signore fu a lui con dire: Non ti erediterà costui; ma uno che uscirà dalle tue viscere, quegli ti erediterà,
Lo trasse fuori, e (gli) disse: Guarda verso il cielo, e numera le stelle, se puoi numerarle. Indi (gli) disse: Tale sarà la tua posterità.
Egli ebbe fede nel Signore, e (questi) gliela riputò a merito.
E gli disse: Son io il Signore, che ti trassi da Ur-Casdìm, per darti questo paese, da possederlo.
(Abramo) disse: Signore Iddio! Che cosa mi farà conoscere, esser io per possederlo?
Ed egli gli disse: Provvedimi una vitella terzogenita [pingue], una capra terzogenita, un montone terzogenito; una tortora, ed un piccione.
Egli gli provvide tutti questi (animali), li divise per mezzo, e pose l’una metà di ciascheduno in faccia alla sua simile; e gli uccelli non divise.
Calarono gli uccelli voraci sui corpi morti, ed Abramo gli sventolò via.
Quando il sole era per tramontare, un sopore cadde sopra Abramo, e tosto un terrore, un’oscurità grande gli sopravvenne.
Ed egli disse ad Abramo: Devi sapere che la tua discendenza sarà per quattrocento anni avventiccia in paese non suo, e sarà schiava di quei (popoli), e quelli la maltratteranno.
Anche però quella nazione, cui (i tuoi discendenti) serviranno, io punirò. E poscia usciranno con grandi averi.
Tu poi andrai presso ai tuoi padri in pace; sarai sepolto in felice vecchiaja.
Alla quarta generazione poi torneranno quì, poiché l’iniquità degli Emorei non è peranco piena.
Appena il sole tramontò, fu tenebre, ed ecco un forno fumante, ed una face ardente, che passarono tra quei brani.
In quel giorno il Signore stabilì con Abramo una promessa, con dire: Alla tua discendenza ho destinato questo paese, dal fiume d’Egitto sino al gran fiume, l’Eufrate.
I Kenei, i Kenizei, ed i Cadmonei.
I Hhittei, i Perizei ed i Refaei.
Gli Emorei, i Cananei, i Ghirgascei, ed i Jevussei.
Chapter 16
Sarai moglie d’Abramo non gli avea figliato; aveva però una schiava egizia, di nome Hagar.
Sarai disse ad Abramo: Or vedi, il Signore mi nega il figliare; prendi deh la mia schiava, forse avrò prole da lei. Abramo acconsentì a Sarai.
Sarai moglie di Abramo prese l’egizina sua schiava Hagar, in capo a dieci anni che Abramo abitava nel paese di Canaan, e la diede, in moglie ad Abramo suo marito.
Egli avendo preso Hagar, questa rimase incinta; e vedendosi incinta, ebbe a vile la sua signora.
Sarai disse ad Abramo: Ho a lagnarmi di te. Io stessa ti posi in seno la mia schiava, ed ella vedendosi incinta mi ha a vile. Giudichi il Signore fra me e te!
Abramo disse a Sarai: La tua schiava è in tua potestà, trattala come ti piace. Sarai la maltrattò, ed ella fuggì dal suo cospetto.
Un angelo del Signore la trovò presso una fonte d’acqua, nel deserto; presso la fonte (dico) ch’è sulla via di Sciur.
Egli (le) disse: Hagar, schiava di Sarai, onde vieni, e dove vai? Ella disse: Da Sarai mia signora io fuggo.
L’angelo del Signore le disse: Torna alla tua signora, e soffri d’esserne maltrattata.
L’angelo del Signore le disse: Io renderò numerosa la tua discendenza, cosicchè per la grande moltitudine non sarà numerabile.
L’angelo del Signore le disse: Tu sei incinta, e partorirai un figlio, e gli porrai nome Ismael, poichè il Signore ha prestato ascolto [attenzione] alla tua miseria.
Ed egli sarà l’onagro dell’umana specie: porterà la mano su tutti, e tutti porteranno la mano sopra di lui; ed al cospetto di tutti i suoi fratelli stabilirà la sua sede.
Ella pose nome al Signore che le parlò: Tu sei un Dio provvido; poiché disse: Avrei io creduto di vedere anche qui (provvidenza), dopo (lasciato) il mio provveditore [Abramo]?
Quindi è ch’il pozzo fu chiamato Pozzo dell’Immortale provvido. Esso è tra Cadèsh e Bèred.
Hagar partorì ad Abramo un figlìo; ed Abramo pose nome al figlio, che gli partorì Hagar, Ismael.
Abramo aveva ottantasei anni, quando Hagar gli partorì Ismael.
Chapter 17
Ora, essendo Abramo dell’età di novantanove anni, il Signore gli apparve e gli disse: Io sono Iddio onnipossente: cammina davanti a me [segui i miei cenni] e sii integro.
Ed io porrò il mio patto [la mia promessa] fra me e te, e ti renderò sommamente numeroso.
Abramo si gettò sulla sua faccia, e Dio gli parlò con dire:
Eccoti il mio patto [la mia promessa], e diverrai padre di moltitudine di genti.
Non sarai più chiamato Abram, ma il tuo nome sarà Abraham; poiché ad esser padre di moltitudine di genti io ti destino.
Ti farò grandemente prolificare, ti renderò nazioni, e re da te deriveranno.
Fermerò il mio patto fra me e te, e la tua discendenza dopo di te, per tutte le generazioni avvenire, patto perenne; per essere il Dio (tutelare) di te, e della tua discendenza dopo di te.
Io darò a te, alla tua discendenza (cioè) dopo di te, la terra delle tue pellegrinazioni, tutto il paese di Canaan, in possesso perpetuo, e sarò il loro Dio.
Iddio soggiunse ad Abramo: E tu osserverai il mio patto [la mia legge], tu, e la tua discendenza dopo di te, per tutte le generazioni avvenire.
Egli è questo il mio patto che osserverete, (patto) tra me e voi, (e te cioè) e la tua discendenza dopo di te: che abbia a circoncidersi tra voi ogni maschio.
Circonciderete la carne del vostro prepuzio: ciò sarà tra me e voi segno di alleanza.
Nell’età di otto giorni verrà circonciso tra voi ogni maschio, per tutte le generazioni avvenire; tanto il natovi in casa, quanto l’acquistato col danaro da qualsiasi straniero, il quale non sia della tua discendenza.
Circonciso dovrà essere chi nasce in casa tua, e chi avrai comprato col danaro: e la mia alleanza sarà nella vostra carne alleanza perenne.
Un incirconciso, un maschio che non si circonciderà la carne del prepuzio, quella persona sarà tagliata [tolta] di mezzo ai suoi popoli [non lascerà discendenza, e quindi il suo nome andrà estinto]: ha rotto il mio patto.
Iddio soggiunse ad Abramo: Sarai tua moglie, non la chiamerai più Sarai, ma Sara è [esser deve] il nome suo.
Io la benedirò, ed infatti ti darò da essa un figlio. La benedirò, sicchè diverrà nazioni, re di popoli da lei deriveranno.
Abramo si gettò sulla faccia, e rise; e disse nel suo cuore: Un uomo di cent’anni avrebb’egli prole? e Sara? una donna di novant’anni partorirebb’ella?
Abramo disse a Dio: Mi basterebbe che Ismael vivesse davanti a te [protetto da te].
Iddio (gli) disse: Ma Sara tua moglie deve partorirti un figlio, cui porrai nome Isacco; ed io fermerò la mia alleanza con lui, alleanza perenne, per la sua discendenza dopo di lui.
E quanto ad Ismael, ti esaudisco. Ecco, io lo benedico; lo farò prolificare, e divenire oltremodo numeroso: dodici principi genererà, e lo renderò una grande nazione.
Ma la mia alleanza la stabilirò con Isacco, che ti partorirà Sara di questa stagione nell’anno vegnente.
Terminato di parlargli, e Dio allontanatosi da Abramo;
Abramo prese Ismael suo figlio, e tutti i nati in casa sua, e tutti i da lui comprati per danaro, ogni maschio della gente della casa d’Abramo, e circoncise la carne del loro prepuzio, in quel medesimo giorno, come Iddio gli aveva parlato.
Abramo aveva novantanove anni, quando si circoncise la carne del suo prepuzio.
Ed Ismael suo figlio aveva tredici anni, quando si circoncise [si lasciò circoncidere] la carne del suo prepuzio.
In quel medesimo giorno si circoncise Abramo, ed Ismael suo figlio.
E tutta la gente di sua casa, tanto i nati in casa, quanto i comprati per danaro da gente straniera, vennero circoncisi con lui.
Chapter 18
Il Signore gli apparve nei terebinti di Mamrè, mentr’egli era seduto all’ingresso della tenda nel maggior caldo del giorno.
Egli (cioè) alzati gli occhi, vide tre uomini fermi non lungi da lui; ciò veduto, corse incontro di loro dall’ingresso della tenda, e si prostrò a terra.
E disse: Signore, se pure io trovo grazia appo te, deh! non trascorrere oltre al tuo servo.
Permettete che venga recato un poco d’acqua, da lavarvi i piedi; e adagiatevi sotto l’albero.
Ed io recherò una fetta di pane, onde confortiate il vostro cuore [stomaco]; indi passerete oltre: (e ciò) posciachè siete passati presso del vostro servo. Essi dissero: fa pure così, come hai parlato.sserete oltre: (e ciò) posciachè siete passati presso del vostro servo. Essi dissero: fa pure così, come hai parlato.
Abramo recassi sollecito nella tenda, appo Sara, e (le) disse: Piglia presto tre Seà di fior di farina, impasta, e fa focacce.
Abramo corse poi all’armento, e prese un giovenco tenero e bello, e lo diede al servitore, e ne sollecitò la preparazione.
Indi pigliò crema e latte, ed il giovenco che aveva preparato, e pose davanti a loro. Egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, ed essi mangiarono.
Gli dissero: Dov’è Sara tua moglie? Ed egli disse: È nella tenda [sta ritirata, perchè non ha prole].
E quegli disse: Tornerò appo te di qui a un anno, e Sara tua moglie avrà un figlio. Sara udiva all’ingresso della tenda, che era dietro di lui.
Abramo e Sara erano vecchi, avanzati in età; Sara aveva cessato di avere la consuetudine delle donne.
Sara rise entro di sè, con dire: Dopo essere logorata, riacquisterei io freschezza? Ed (oltre a ciò) il mio signore è vecchio.
Il Signore disse ad Abramo: Perché rise Sara, con dire: Sarebbe mai vero ch’io dovessi partorire, mentre io sono già vecchia?
È forse impossibile al Signore alcuna cosa? Al tempo fissato tornerò appo te, di qui (cioè) a un anno, e Sara avrà un figlio.
Sara negò, con dire: Non risi: poiché temè; e quegli disse: No, ma ridesti.
Quegli uomini alzaronsi di là, e guardarono verso Sodoma; ed Abramo andava con essi per accommiatarli.
Il Signore aveva detto: Dovrei io celare ad Abramo quello ch’io sono per fare?
Mentre Abramo divenir deve una nazione grande e potente, e si benediranno in lui tutte le genti della terra.
Perocchè io lo predilessi, affinché egli raccomandi ai proprj figli, ed alla propria famiglia dopo di sè, che attengansi alla via del Signore, esercitando umanità e giustizia; per quindi io effettuare sopra Abramo ciò che gli ho destinato.
Il Signore disse (ad Abramo): Il clamore contro Sodoma e Gomorra essendosi fatto grande, ed i loro peccati essendo gravi assai;
Voglio andar a vedere, se hanno assolutamente fatto conforme alle lagnanze giunte a me contro di essi; e se no, saprò (quel che ho da fare).
Quegli uomini, voltatisi via di là, andarono a Sodoma; ed Abramo stava ancora innanzi al Signore.
Abramo si fece innanzi, e disse: Sarebbe mai che tu facessi perire il giusto col malvagio?
Forse vi sono cinquanta giusti entro quella città: sarebbe mai che tu facessi eccidio, e non usassi indulgenza al paese, in grazia dei cinquanta giusti che vi son dentro?
Lungi da te di fare simil cosa, di far morire il giusto insieme al malvagio, in guisa che ugual sorte abbiano il giusto ed il malvagio! Lungi da te! Il giudice di tutta la terra non farebbe giustizia?
Il Signore disse: Se troverò in Sodoma cinquanta giusti entro la città, userò indulgenza a tutto il paese in grazia di essi.
Abramo rispose e disse: Ecco io proseguo a parlare al Signore, tuttochè io sia terra e cenere.
Forse i cinquanta giusti mancheranno di cinque: distruggeresti a cagione dei cinque tutta la città? Egli disse: Non distruggerò, se ne troverò là quarantacinque.
Proseguì ancora a parlargli, e disse: Forse se ne troveranno là quaranta. Ed egli disse: Nol farò, in grazia dei quaranta.
Disse: Deh, non dispiaccia al Signore, ch’io parli! Forse se ne troveranno là trenta. Ed egli disse: Nol farò, se ne troverò là trenta.
Disse: Ecco ch’io seguito a parlare al Signore: forse se ne troveranno là venti. Ed egli disse: Non distruggerò, in grazia dei venti.
Disse: Non incresca al Signore, ch’io parli questa sola volta. Forse se ne troveranno là dieci. Ed egli disse: Non distruggerò, in grazia dei dieci.
Il Signore andossene, poich’ebbe terminato di parlare ad Abramo; ed Abramo tornò al suo luogo.
Chapter 19
I due angeli entrarono in Sodoma, in sulla sera, mentre Lot si trovava alla porta di Sodoma. Lot, vedutili, si alzò ad incontrarli, e si prostrò colla faccia a terra.
E disse: Or bene, miei signori, piegate verso la casa del vostro servo, pernottate, e lavatevi i piedi; indi di buon mattino proseguirete il vostro viaggio. Essi dissero: No, ma vogliamo pernottare in piazza.
Egli gli stimolò assai, ed essi piegarono verso lui, ed entrarono in casa sua. Egli fece loro una refezione, e cosse pani azzimi, e mangiarono.
Essi non erano ancora andati a dormire, quando gli uomini della città, la gente di Sodoma, si posero intorno alla casa, e giovani e vecchi, tutta la popolazione, sin dalle estremità.
Chiamarono Lot, e gli dissero: Dove sono quegli uomini, che son venuti presso di te questa notte? Dalli fuori a noi, chè li vogliamo conoscere.
Lot uscì a loro all’ingresso, e chiuse l’uscio dietro di sè.
E disse: Deh! miei fratelli, non commettete una rea azione.
Ecco io ho due figliuole, che non han conosciuto uomo: lasciate ch’io le dia fuori a voi, e trattatele come v’aggrada. Però a questi uomini non fate cosa alcuna, poscia che son venuti sotto l’ombra del mio tetto.
Ed essi dissero: Va via! E soggiunsero: Vedi! uno che è venuto qui forastiere, osa pronunziare giudizi [censurando una misura da noi adottata per tener lontani i forastieri]. Ebbene, vogliam fare del male a te più che ad essi. Fecero grande insistenza contro l’uomò, Lot cioè, e si accostarono per romper l’uscio.
Ma gli uomini [gli angeli porsero la mano, e trassero a sè Lot in casa, e chiusero l’uscio.
E percossero d’abbarbagliamento gli uomini ch’erano all’ingresso della casa, e piccoli e grandi, sicchè tentarono inutilmente di trovare l’ingresso.
Gli uomini dissero poi a Lot: Chiunque tu abbi ancora qui, qualche genero cioè, figliuoli e figliuole, quanti (in somma) hai in questa città, fa ch’escano del paese.
Imperocchè noi siamo per distruggere questo paese, poiché grande è il clamore che contro di essi [dei suoi abitanti] si alza al cospetto del Signore, ed il Signore ci mandò per distruggerlo.
Lòt, uscito, parlò ai suoi generi che dovevano sposare le sue figlie, e disse: Alzatevi, uscite di questo paese, poiché il Signore è per distruggere la città. Ma egli sembrò ai suoi generi un uomo che scherzasse.
Tosto poi che l’alba spuntò, gli angeli pressarono Lot con dire: Su, prendi tua moglie, e le due tue figlie, che qui si trovano; se non vuoi perire nella punizione della città.
Egli indugiava; e gli uomini presolo per la mano, lui, sua moglie, e le due sue figlie, per la misericordia del Signore verso di lui, lo trassero, e miserlo fuori della città.
E poi che gli ebbero tratti fuori, (uno di essi) disse: Pensa a salvarti la vita, non guardarti indietro, e non fermarti in (alcun luogo di) tutta questa pianura: al monte rifuggi, se non vuoi perire.
Lot disse loro: Deh! non così, miei signori.
Ecco il tuo servo ha trovato grazia appo te, e tu mi usasti una grande misericordia, serbandomi in vita. Ora, io non potrei rifuggire al monte, poiché [pria ch’io vi arrivassi] il disastro mi raggiungerebbe, ed io morrei.
V’è pur cotesta città ch’è vicina, ove potermi rifuggire, ed è piccola cosa. Permetti ch’io mi rifugga colà, già è piccola cosa; e ch’io viva.
Egli gli disse: Ecco, io voglio compiacerti anche in questa cosa, di non sovvertire la città, di cui parlasti.
Rifuggi presto colà, poiché non posso far nulla sinchè tu non sii arrivato là. Perciò la città ebbe nome Sòar [cioè piccola cosa, mentre in addietro chiamavasi Bela].
Tosto ch’il sole spuntò sulla terra, e che Lot entrò in Sòar;
Il Signore fece piovere sopra Sodoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco, dal Signore, (cioè) dal cielo.
E sovvertì quelle città e tutta la pianura, e tutti gli abitanti delle città, e le produzioni dèl suolo.
Sua moglie guardò, stando dietro di lui, e divenne una statua di sale.
Abramo alla mattina recossi al luogo, dove era stato davanti al Signore.
E guardando verso Sodoma e Gomorra, e verso tutto il paese della pianura, vide alzarsi da quella terra un fumo, come il fumo d’una fornace.
Ora, quando Iddio distrusse le città della pianura, fu memore d’Abramo, e mandò Lot fuori della sovversione, sovvertendo le città in cui Lot abitava.
Lot poi partì da Sòar, e stette nel monte, avendo seco le due sue figlie; poiché temette di restare in Sòar. Stette in una caverna egli e le due sue flgliuole.
La maggiore disse alla minore: Nostro padre è vecchio, e nel paese non vi è alcun uomo da sposare, secondo il costume di tutto il mondo.
Or via diamo a ber vino a nostro padre, e giacciamo con lui; e così, mediante nostro padre, avremo discendenza.
Diedero in quella notte a ber vino al loro padre, e la maggiore andò a giacersi con suo padre, ed egli non s’accorse né quando si coricò né quando si alzò.
Alla dimane la maggiore disse alla minore: Ecco, io giacqui jersera con mio padre: diamogli a ber vino anche questa notte, e vatti a giacere con lui; e così mediante nostro padre avremo discendenza.
Diedero anche in quella notte a ber vino al padre loro; e la minore andò a giacersi con lui, ed egli non s’accorse né quando si coricò, né quando si alzò.
Le due figlie di Lot rimasero incinte del loro padre.
La maggiore partorì un figlio, e gli pose nome Moàb. Egli è il progenitore degli attuali Moabiti.
La minore partorì anch’ella un figlio, e gli pose nome Ben-Ammì. Egli è il progenitore degli attuali Ammoniti.
Chapter 20
Abramo trasferissi di là verso il Mezzodì, ed abitò tra Cadèsh e Sciur, e pellegrino in Gheràr.
Abramo disse di Sara sua moglie: È mia sorella; ed Abimèlech re di Gheràr mandò a prender Sara.
Iddio venne ad Abimèlech in un sogno della notte, e gli disse: Tu devi morire, a cagione della donna che hai presa, essendo ella maritata.
Abimèlech non era si avvicinato a lei; e disse: O Signore! uccideresti tu una nazione, benché innocente?
Vedi, egli m’ha detto: Ella è mia sorella; ed ella altresì disse: Egli è mio fratello. Io ho fatto la cosa con innocenza di cuore e purità di mani.
E Dio gli disse in sogno: Anch’io conosco che con innocenza di cuore hai ciò fatto, e t’ho quindi anch’io salvato dal peccare verso di me; perciò non permisi che tu la toccassi.
Or dunque restituisci la moglie di quell’uomo, poiché è profeta, e pregherà per te, e guarirai: ma se tu non la restituisci, sappi che devi morire tu e quanti t’appartengono.
Abimèlech di buon mattino chiamò tutti i suoi servi, ed espose loro tutte queste cose; e quegli uomini temettero grandemente.
Indi Abimèlech chiamò Abramo e gli disse: Che mai ci facesti? Ed in che cosa ho io mancato verso di te, per cui hai trascinato addosso a me ed al mio regno un grande peccato? Azioni che non sono da farsi facesti verso di me.
Abimèlech soggiunse ad Abramo: Che motivo avesti, per cui facesti questa cosa?
Abramo disse: Poiché pensai: certamente non v’è timore di Dio in questo paese, ed essi potranno uccidermi a cagione di mia moglie.
Ed anche invero ella è mia sorella, figlia di mio padre, non però figlia di mia madre; ed è divenuta mia moglie.
Ora, quando Iddio mi fece andare errante lungi dalla casa paterna, io le dissi: Questa è la grazia che devi farmi: in ogni paese, dove ci recheremo, dì di me: Egli è mio fratello.
Abimèlech prese bestiame minuto e bovino, e schiavi e schiave, e diede ad Abramo; e gli restituì Sara sua moglie.
Abimèlech (gli) disse: Il mio paese è a tua disposizione: abita dove ti piace.
A Sara poi disse: Ecco ho dato mille monete a tuo fratello. Or vedi che ciò [il dire ch’egli è tuo fratello senz’aggiungere ch’è tuo marito] ti attira gli occhi di tutti quelli che ti avvicinano, anzi di tutti. Ed ella accettò l’ammonizione.
Abramo pregò Dio, e Dio risanò Abimèlech e sua moglie, e le sue ancelle, e poterono generare.
Imperocchè il Signore avea chiuso ogni vulva della casa di Abimèlech, in grazia di Sara moglie d’Abramo.
Chapter 21
Il Signore si mostrò memore di Sara, come avea detto; ed il Signore fece a Sara quanto avea promesso.
Sara concepì di Abramo, e gli partorì un figliuolo, alla vecchiaja di lui, al tempo che Iddio avea detto.
Abramo impose nome al natogli figlio, partorito gli da Sara, Isacco.
Abramo circoncise Isacco suo figlio nell’età di otto giorni, come Iddio gli avea comandato.
Abramo aveva cent’anni, allorché gli nacque Isacco suo figlio.
Sara disse: Iddio mi operò una cosa da ridere; ognun che l’ode riderà intorno al mio caso.
E soggiunse: Chi avrebbe detto ad Abramo, che Sara allatterebbe figliuoli? mentre ho partorito un figlio alla sua vecchiaja.
Il bambino crebbe e fu spoppato; ed Abramo fece un gran convito, nel giorno che Isacco fu spoppato.
Sara vide che il figlio dell’egizia Hagar, cui partorito aveva ad Abramo, si faceva beffe [di quell’allegria];
E disse ad Abramo: Discaccia questa schiava e suo figlio; poiché il figlio di questa schiava non dev’essere l’erede a fronte di Isacco mio figlio.
La cosa spiacque assai ad Abramo, a motivo di suo figlio.
E Dio disse ad Abramo: Non ti dispiaccia pel giovinetto e per la tua schiava: acconsenti a Sara in tutto ciò che ti dirà, poiché da Isacco avrai discendenza portante il tuo nome [seguace della tua fede, ed erede delle tue benedizioni].
Ed anche il figlio della schiava farò che divenga una nazione, poiché è tua prole.
Abramo alzatosi alla dimane, prese del pane e un otre di acqua, cui diede ad Hagar, glieli pose cioè sul dorso, e (le diede anche) il fanciullo, e la mandò via. Ella andò, e si smarrì nel deserto di Beer-Sceva.
Finita l’acqua dall’otre, ella gittò il fanciullo sotto uno degli arboscelli.
Ella poi andò, e se ne stette in distanza, lungi circa un tiro d’arco; poiché disse: ch’io non vegga morire il fanciullo. Stette in distanza, e diede in sonoro pianto.
Iddio udì le grida del giovinetto, ed un angelo di Dio chiamò Hagar dal cielo, e le disse: Che hai Hagar? Non temere, poiché Iddio ha dato ascolto alle grida del giovinetto nel luogo stesso, ov’egli si trova.
Or via, solleva il giovinetto, e lo sostieni con mano forte; poiché io lo farò divenire una grande nazione.
Iddio le aperse gli occhi, ed ella vide un pozzo d’acqua, e andò, empì l’otre d’acqua, e diede a bere al giovinetto.
Iddio fu col giovinetto, il quale divenne grande, e stette nel deserto, e fu tiratore d’arco.
Stette nel deserto di Paràn, e sua madre gli prese una moglie del paese d’Egitto.
In quel tempo Abimèlech, accompagnato da Pichòl, capo del suo esercito, disse ad Abramo: Iddio è con te in tutto ciò che tu fai.
Or qui dunque, giurami per Iddio che non sarai ingrato a me, a mio figlio, o al mio nipote; ma che userai con me, e col paese dove facesti dimora, quella benivoglienza ch’io usai teco.
Abramo disse: lo giurerò.
Indi Abramo riprese Abimèlech, per un pozzo d’acqua, che i servi d’Abimèlech si erano usurpati.
Abimèlech disse: Non so chi abbia fatto questa cosa; né tu me l’hai narrata, né io n’intesi parlare, prima d’oggi.
Abramo prese bestiame minuto e bovino, e diede ad Abimèlech; ed amendue stabilirono alleanza.
Abramo collocò a parte sette pecorelle.
Abimèlech disse ad Abramo: Che significano queste sette pecorelle, che hai collocate a parte?
E (questi) disse: Voglio che tu riceva da me sette pecorelle, affinché ciò mi serva di testimonio, che son io che feci scavare questo pozzo.
Perciò quel luogo fu denominato Beer-Sceva, poiché ivi giurarono ambidue.
Così avendo stabilita alleanza in Beer-Sceva, Abimèleeh, e Pichòl Capo del suo esercito, alzatisi, tornarono al paese dei Filistei.
(Abramo) piantò un tamarisco in Beer-Sceva, e predicò ivi il nome del Signore, Dio eterno.
Abramo fece dimora nel paese dei Filistei lungo tempo.
Chapter 22
Ora, dopo queste cose, Iddio sperimentò Abramo, e gli disse: Abramo! ed egli disse: Eccomi.
E gli disse: Prendi tuo figlio, il tuo amato unigenito, Isacco; e vanne al paese di Morijà, e lo immola ivi in olocausto, sopra quello dei monti che ti dirò.
Abramo, alzatosi alla dimane, mise il basto al suo asino, prese seco i due suoi domestici ed Isacco suo figlio, spaccò le legna (occorrenti) per un olocausto, si alzò e andò verso il luogo che Iddio gli avea detto.
Nel giorno terzo, Abramo, alzati gli occhi, vide il luogo da lungi.
Abramo disse ai suoi domestici: Rimanetevi qui col somiere; ed io ed il giovinetto andremo sin colà, adoreremo, e torneremo a voi.
Abramo prese le legna dell’olocausto, e le pose addosso ad Isacco suo figlio; e tenne in mano il fuoco ed il coltello, e andarono amendue insieme.
Isacco disse ad Abramo suo padre: Padre mio! Questi disse: Eccomi, figlio mio. E quegli: Or vedi, qui è il fuoco e le legna, e dov’è l’agnello per l’olocausto?
Abramo disse: Iddio si provvederà l’agnello per olocausto, o mio figlio. E proseguirono il loro cammino amendue insieme.
Ed arrivati al luogo che Iddio gli avea detto, Abramo fabbricò ivi un altare, e dispose le legna, e legò mani e piedi ad Isacco suo figlio, e lo pose sull’altare, al di sopra della legna.
Abramo porse la mano, e prese il coltello, per iscannare suo figlio.
Ed un angelo del Signore lo chiamò dal cielo, e disse: Abramo, Abramo! E questi disse: Eccomi.
E quegli disse: Non portar la tua mano sul giovinetto, e non gli fare cosa alcuna; imperocchè ora conosco che sei temente di Dio, non avendomi negato tuo figlio, il tuo unigenito.
Abramo, alzati gli occhi, vide che c’era un montone; poscia questo rimase inviluppato in un macchione per le corna. Ed Abramo andò, prese il montone, e l’immolò in olocausto invece di suo figlio.
Abramo chiamò quel luogo Adonai irè [il Signore provvederà]: ond’è che dicesi oggidì: Nel monte del Signore è chi provvede.
L’angelo del Signore chiamò un’altra volta Abramo dal cielo.
E disse: In me giuro, dice il Signore, che poscia che hai fatta questa cosa, e non hai risparmiato il tuo figlio, il tuo unigenito:
Io ti benedirò, e renderò numerosa la tua progenie come le stelle del cielo, e come l’arena ch’è sulla riva del mare; e la tua progenie possederà le città de’ suoi nemici.
E tutte lo nazioni della terra si benediranno nella tua progenie; e ciò in premio che mi obedisti.
Abramo tornò presso a’ suoi domestici, ed alzatisi recaronsi insieme a Beer-Sceva; ed Abramo stette in Beer-Sceva.
Dopo queste cose fu narrato ad Abramo quanto segue: Milcà anch’essa ha partorito figliuoli a Nahhòr tuo fratello.
(Cioè): Uss, primogenito suo, e Buz suo fratello, e Kemuèl padre di Aràm.
E Kèssed e Uhazò, e Pildàsh e Idlàf e Bethuèl.
Il quale Bethuèl generò Rebecca. Questi otto partorì Milcà a Nahhòr fratello d’Abramo.
E la sua concubina, di nome Reumà, partorì anch’essa Tevahh e Gàhham e Tàhhash e Maachà.
Chapter 23
La vita di Sara fu cento ventisette anni; gli anni (son questi) della vita di Sara.
Sara morì in Kirjath-Arbà, ora Hhebròn, nel paese di Canaan; ed Abramo recassi (ivi) per far esequie a Sara e per piangerla.
Levatosi quindi Abramo d’appresso al suo morto, parlò agli Hhittei, con dire:
Io sono presso di voi un pellegrino ed avventiccio: accordatemi presso di voi una possessione ad uso di sepoltura, ond’io mi tolga d’innanzi e seppellisca il mio morto.
Gli Hhittei risposero ad Abramo, con dirgli:
Ascoltaci, Signore! Tu sei tra noi un principe di Dio [cioè veneratissimo], nel migliore dei nostri cimiterj seppellisci il tuo morto: alcuno di noi non ti negherà il suo cimiterio per seppellirvi il tuo morto.
Abramo tosto si prostrò innanzi alla gente del paese, (cioè) agli Hhittei.
E parlò loro, con dire: Se è vostra volontà di prestarvi perché il mio morto mi venga tolto d’innanzi e seppellito, ascoltatemi, e pregate per me Efròn figlio di Sòhhar;
Perché mi dia la grotta della Machpelà che gli appartiene, situata nell’estremità del suo campo. Me la dia (cioè) in mezzo a voi, per l’intero valore, in possessione ad uso di sepoltura.
Efròn trovavasi in mezzo agli Hhittei; e l’hhitteo Efròn rispose ad Abramo in presenza degli Hhittei, di tutti quelli (cioè) che entravano per la porta della sua città, con dire:
No, Signore, (ma) ascoltami. Il campo te lo do, e la grotta che v’è dentro a te la do: in presenza dei miei connazionali io te la do, seppellisci il tuo morto.
Abramo si prostrò innanzi alla gente del paese.
E parlò ad Efròn in presenza della gente del paese, con dire: Ma se tu deh! ... ascoltami. Io do il valore del campo, ricevilo da me; ed allora io vi seppellirò il mio morto.
Ed Efròn rispose ad Abramo, con dirgli:
Signore, ascoltami. Una terra di quattrocento sicli d’argento, (trattandosi) fra me e te, che cosa è? Ed il tuo morto seppellisci.
Abramo annuì ad Efròn. Abramo cioè pesò ad Efròn quell’argento ch’egli avea pronunziato in presenza degli Hhittei: quattrocento sicli d’argento correnti presso i mercadanti.
Così il campo di Efròn, situato nella Machpelà, dirimpetto a Mamrè; il campo (cioè) e la grotta ch’è in esso, e tutti gli alberi che sono in quel campo, entro tutto il confine che lo circonda;
Rimasero acquisto d’Abramo in presenza degli Hhittei, di tutti cioè quelli ch’entravano per la porta della sua città.
Indi Abramo seppellì Sara sua moglie nella grotta del campo di Machpelà, dirimpetto a Mamrè, ora Hhebròn, nel paese di Cànaan.
Il campo e la grotta ch’è in esso rimasero di Abramo, (che gli acquistò) dagli Hhittei, in possessione ad uso di sepoltura.
Chapter 24
Abramo era vecchio, avanzato in età, ed il Signore aveva benedetto Abramo in ogni cosa.
Abramo disse al suo servo, vecchio di sua casa, che aveva il governo di tutto il suo; Metti deh! la tua mano sotto la mia coscia.
E ti farò giurare pel Signore, Dio del cielo e Dio della terra, che non prenderai una moglie pel mio figlio delle figliuole dei Cananei, tra’ quali io abito.
Ma andrai al mio paese ed al mio parentado, e (ivi) prenderai moglie al mio figlio Isacco.
Il servo gli disse: Forse la donna non acconsentirà di seguirmi in questo paese: (in tal caso) potrò io far tornare tuo figlio al paese onde sei uscito?
Ed Abramo gli disse: Bada bene di non far che mio figlio torni colà.
Il Signore, Iddio del cielo, il quale mi prese dal mio casato e dalla mia terra natia, ed il quale mi promise e mi giurò, con dire: Alla tua progenie darò questo paese; egli manderà innanzi a te il suo angelo, e prenderai moglie a mio figlio di là.
E se la donna non acconsentirà di seguirti, sarai sciolto da questo giuramento che tu mi fai. Però mio figlio non far che ritorni colà.
Il servo pose la mano sotto la coscia d’Abramo suo padrone, e gli giurò intorno a questa cosa.
Il servo prese dieci dei cammelli del suo padrone, e partì, avendo seco i più preziosi oggetti del suo padrone; e sollecitamente si recò nella Mesopotamia, alla città di Nahhòr.
Fece che i cammelli si posassero sulle ginocchia, fuori della città, presso al pozzo dell’acqua, (ed era) verso sera, verso il tempo in cui uscir sogliono le donne che vanno ad attinger acqua.
E disse: Signore, Iddio del mio padrone Abramo, deh! fammi fare oggi (felice) incontro, ed usa benvoglienza verso il mio padrone Abramo.
Ecco io mi fermo presso alla fonte d’acqua, e le figliuole dei cittadini usciranno ad attigner acqua.
Ora la donzella, cui io dirò: “China in grazia il tuo vase, ch’io beva” e dirà: “Bevi, ed io darò a bere anche ai tuoi cammelli” quella (io crederò esser’colei che) tu assegnasti al tuo servo Isacco, e mediante di quella io conoscerò [crederò] che usasti benivoglienza verso il mio padrone.
Ora mentr’ egli non avea peranco terminato di parlare, ecco uscire Rebecca, nata a Bethuèl figlio di Milcà, moglie di Nahhòr fratello d’Abramo, col vase sul dosso.
La donzella era bellissima di aspetto, vergine, cui cioè nessun uomo aveva conosciuta. Ella scese al fonte, empì il suo vase e salì.
Il servo le corse incontro, e (le) disse: Lasciami deh! assaggiare un po’ d’acqua dal tuo vaso.
Ed ella disse: Bevi, mio signore. Calò presto il vaso sulla propria mano, e gli diede a bere.
Terminato di dargli a bere, disse: Attignerò anche pe’ tuoi cammelli, sino a che abbiano finito di bere [abbiano tutti bevuto il loro bisogno].
Ella vuotò presto il suo vaso nell’abbeveratojo, e corse al pozzo ad attingere nuovamente, ed attinse per tutti i suoi cammelli.
Quegli erane stupefatto, ma taceva [celava la sua gioja]; aspettando di sapere se il Signore aveva fatto prosperare la sua impresa o no.
Ora, poiché i cammelli ebbero terminato di bere, quegli prese un pendente d’oro, del peso di mezzo siclo; e due manigli (applicò) sopra le di lei braccia, del peso di dieci sicli d’oro.
E (le) disse: Figlia di chi sei tu? Dimmelo in grazia. Havvi in casa di tuo padre luogo per noi da pernottare?
Ed ella gli disse: Son figlia di Bethuèl figlio di Milcà, la quale lo partorì a Nahhòr.
E gli soggiunse: E di paglia e di foraggio è abbondanza presso di noi, come pure di luogo da pernottare.
Quegli, inchinatosi, si prostrò al Signore.
E disse: Benedetto sia il Signore, Iddio del mio padrone Abramo, che non lasciò la sua benevolenza e la sua fedeltà verso del mio padrone! Ecco ch’il Signore mi guidò direttamente in casa dei fratelli del mio padrone.
La donzella corse, e narrò tali cose in casa di sua madre.
Rebecca aveva un fratello, di nome Lavàn. Lavàn corse a (trovare) quell’uomo, fuori, alla fonte.
Avendo veduto il pendente, ed i manigli sulle braccia di sua sorella, e udite le parole di Rebecca sua sorella, la quale diceva: Così mi parlò quell’uomo - recossi presso quell’uomo, e lo trovò che stava presso i cammelli, vicino alla fonte.
E disse: Vieni, benedetto dal Signore. Perché stai qui fuori? mentre io ho sgomberata la casa, ed (anche) il luogo pei cammelli.
Quegli entrò in casa, e scaricò i cammelli; indi (Lavàn) diede paglia e foraggio ai cammelli, ed acqua da lavarsi i piedi, per lui e per gli uomini ch’eran con lui,
Indi venendogli presentato da mangiare, disse: Non mangerò sin ch’io non abbia parlato quel che ho da parlare. E (Lavàn) disse: Parla.
Ed egli disse: Io sono il servo d’Abramo.
Il Signore benedisse grandemente il mio padrone, sicchè divenne opulento. Gli diede bestiame minuto e bovino, argento, oro, schiavi, schiave, cammelli, ed asini.
Sara moglie del mio padrone partorì al mio padrone un figlio, dopo essere già vecchia; ed egli gli assegnò tutto il suo.
Ed il mio padrone mi fece giurare con dire: Non prendere in moglie pel mio figlio una delle figliuole dei Cananei, nel cui paese io abito.
Ma andrai al mio casato ed alla mia famiglia, e (ivi) prenderai moglie a mio figlio.
Io dissi al mio padrone: Forse la donna non mi seguirà.
Ed egli mi disse: Il Signore, davanti al quale camminai [del quale ho seguito i cenni], manderà teco il suo angelo, e prospererà la tua impresa; sicchè prenderai una moglie a mio figlio della mia famiglia e del mio casato.
Allora (soltanto) sarai sciolto dal mio scongiuro, quando sarai andato alla mia famiglia. Se, cioè, non te la daranno, sarai sciolto dal mio scongiuramento.
Arrivato oggi alla fonte, dissi: Signore, Iddio del mio padrone Abramo, se pur sei disposto a prosperare la bisogna, per la quale io m’adopero...
Ecco io mi fermo presso alla fonte d’acqua. Ora, quella giovine che uscirà per attignere, ed alla quale io dirò: Dammi a bere in grazia un po’ d’acqua dal tuo vaso;
E mi dirà: E tu bevi, ed anche pe’ tuoi cammelli attingerò - quella è la donna ch’il Signore assegnò al figlio del mio padrone.
Io non aveva ancora terminato di parlare nel mio cuore, quando Rebecca uscì col vase sul dosso, discese al fonte ed attinse; ed io le dissi: Dammi di grazia a bere.
Ella si calò presto il vase d’addosso, e disse: Bevi, ed io darò a bere anche ai tuoi cammelli. Io bevetti, ed ella diede a bere anche ai cammelli.
L’interrogai, e dissi: Di chi sei figlia? E disse: Figlia di Bethuèl figlio di Nahhòr, cui gli partorì Milcà. Io le posi il pendente sul naso, ed i manigli sulle braccia.
Ed inchinatomi, mi prostrai al Signore, e benedissi il Signore, Iddio del mio padrone Abramo, il quale mi guidò per diritta via a prendere la figlia [nipote] del fratello del mio padrone pel figlio di lui.
Or dunque, se voi siete disposti ad usare benevolenza e fedeltà verso il mio padrone, significatemelo; altrimenti, significatemelo, ed io mi volterò a destra, o a sinistra.
Lavàn e Bethuèl risposero e dissero: La parola è uscita dal Signore [l’accaduto dimostra che questo matrimonio è voluto da lui]: noi non dobbiamo parlarti né in male, né in bene [né pro, né contra: non dobbiamo che ubbidire].
Ecco Rebecca a tua disposizione: prendila, e vanne; e divenga moglie del figlio del tuo padrone, come il Signore ha decretato.
Ora, poiché il servo d’Abramo ebbe udite le loro parole, si prostrò a terra al Signore.
Il servo trasse fuori arredi d’argento e d’oro, ed abiti, e diede a Rebecca; e diede oggetti preziosi al fratello ed alla madre di lei.
Mangiarono e bevettero egli e gli uomini ch’erano con lui, e pernottarono; ed alzatisi alla dimane, disse: Lasciate ch’io vada al mio padrone.
Il fratello e la madre di lei dissero: Rimanga la donzella presso di noi un anno, o dieci mesi; indi andrà.
Ed egli disse loro: Non vogliate trattenermi, mentre il Signore ha prosperata la mia impresa. Accommiatatemi, ch’io vada al mio padrone.
Essi dissero: Chiamiamo la donzella, e chiediamo il suo voto.
Chiamarono Rebecca, e le dissero: Andresti con quest’uomo? Ed ella disse: Andrei.
Accommiatarono Rebecca loro sorella, e la sua nutrice, ed il servo d’Abramo, e la sua gente.
E benedissero Rebecca, e le dissero: Sorella nostra, possa tu dare origine a migliaja di miriadi, e possa la tua discendenza impossessarsi delle città de’ suoi nemici!
E tosto Rebecca e le sue donzelle montarono sui cammelli, e seguirono quell’uomo. Così il servo, presa Rebecca, se ne andò.
Isacco era venuto, dopo essere stato al pozzo detto Lahhai-Roì. Egli abitava nel paese del mezzodì.
Isacco uscì ad orare in campagna verso sera; ed alzati gli occhi, vide cammelli che venivano.
Rebecca alzati gli occhi e veduto Isacco, si gettò giù d’in sul cammello.
E disse al servo: Chi è quell’uomo lì, che cammina per la campagna incontro di noi? Il servo disse: È il mio padrone. Ed ella prese il velo e si coprì.
Il servo narrò ad Isacco tutte le cose che fatte aveva.
Isacco, condottala nella tenda di Sara sua madre, prese Rebecca in moglie, e l’amò. Così Isacco si confortò dopo (la morte di) sua madre.
Chapter 25
Abramo poi aveva presa un’altra donna, di nome Keturà.
La quale gli partorì Zimràn, Joksciàn, Medàn, Midjàn, Ishbàk, e Sciuahh.
Joksciàn generò Scevà e Dedàn. I discendenti di Dedàn sono gli Asciurei, i Letuscei ed i Leummei.
I figli di Midjàn furono: Efà, Efer, Hhannòch, Avidà, Eldaà. Tutti questi sono i discendenti di Keturà.
Abramo diede tutto il suo ad Isacco.
Ai figli poi delle sue concubine Abramo fece dei donativi: e li mandò, mentr’era vivo, lungi da Isacco suo figlio, verso levante, al paese (detto) orientale [denominazione, sotto la quale intendevasi l’Arabia, e la Mesopotamia].
Questa poi è la durata della vita che visse Abramo: centosettantacinque anni.
Abramo venne meno e morì in vecchiaja felice, attempato e contento; e si raccolse alla sua gente [in cielo].
E lo seppellirono Isacco ed Ismael suoi figli nella grotta della Machpelà, nel campo di Efròn figlio di Sòhhar, hhitteo, che è dirimpetto a Mamrè.
Nel campo (cioè) che Abramo comprò dagli Hhittei. Ivi fu sepolto Abramo e Sara sua moglie.
Ora, dopo la morte d’Abramo, Iddio benedisse Isacco suo figlio. Isacco abitò presso il pozzo detto Lahhai-Roì.
Questa è poi la discendenza d’Ismael figlio d’Abramo, cui l’egizia Hagar, schiava di Sara, partorì ad Abramo.
Son questi i nomi dei figli d’Ismael, registrati in ordine di nascita. Primogenito d’Ismael, Nevajòt; indi Kedàr, Adbeèl, Mivsàm.
Mishmà, Dumà, Massà.
Hhadàd, Temà, Jetùr, Nafìsh, Kedma.
Son questi i figli d’Ismael, e son questi i loro nomi; i quali abitarono in villaggi e castella; dodici principi d’altrettante nazioni.
E questi sono gli anni della vita d’Ismael: centotrentasette anni; indi venne meno, morì, e si raccolse alla sua gente.
Essi abitarono da Hhavilà sino a Sciur, ch’è in faccia all’Egitto, verso l’Assiria. Al cospetto di tutti i suoi fratelli si stabilì.
Questa è poi la discendenza d’Isacco figlio d’Abramo. Abramo generò Isacco.
Isacco aveva quarant’anni, quando prese in moglie Rebecca, figlia dell’arameo Bethuèl, di Padàn-Aràm, sorella dell’arameo Lavàn.
Isacco supplicò al Signore relativamente a sua moglie, poiché era sterile; ed il Signore l’esaudì, e Rebecca di lui moglie rimase incinta.
I figli si conquassavano nel suo ventre, ed ella disse: Se così è, a che pro son io (divenuta incinta)? Ed ella andò a ricorrere al Signore.
Ed il Signore le disse: Due genti sono nel tuo ventre, e due nazioni si dirameranno dalle tue viscere: l’un popolo sarà più dell’altro possente, ed il maggiore servirà il minore.
Quand’ebbe poi compiuto il tempo per partorire, si trovò che avea gemelli nel ventre.
Uscì il primo di pelo rosso, tutto a foggia d’una pelliccia; e lo chiamarono Esaù.
Indi uscì suo fratello, colla mano che teneva il calcagno di Esaù, e fu quindi chiamato Giacobbe. Isacco aveva sessant’anni quando nacquero.
Cresciuti i giovanetti, Esaù divenne abile nella caccia, uomo agreste [aspro e fiero], e Giacobbe era uomo placido, abitatore di tende [pastore].
Isacco prediligeva Esaù, poichè piacevagli mangiar selvaggina; e Rebecca prediligeva Giacobbe.
Giacobbe cucinò una minestra, ed Esaù venne dalla campagna, ed era spossato.
Esaù disse a Giacobbe: Fammi deh! trangugiare di queste tante cose rosse, poiché io sono spossato. Quindi è che fu chiamato Edòm.
Giacobbe disse: Vendimi prima la tua primogenitura.
Esaù disse: Io soglio espormi a morire, a che mi gioverebbe la primogenitura?
E Giacobbe disse: Giurami prima. Ed egli gli giurò, e vendette la sua primogenitura a Giacobbe.
E Giacobbe diede ad Esaù del pane, ed una minestra di lenti. Esaù mangiò e bebbe, si alzò e se ne andò, e disprezzò la primogenitura.
Chapter 26
Fu carestia nel paese, oltre alla carestia antecedente, che fu ai tempi d’Abramo; ed Isacco recossi a Gheràr, presso Abimèlech re dei Filistei.
Apparso a lui il Signore, gli disse: Non portarti in Egitto, soggiorna nel paese ch’io ti dirò.
Fa dimora in questo paese, ed io sarò teco e ti benedirò. Perocchè a te ed alla tua discendenza io darò tutta questa terra, e manterrò il giuramento che feci ad Abramo tuo padre.
Renderò la tua discendenza numerosa come le stelle del cielo, e darò alla tua progenie tutti questi paesi; in guisa che si benediranno nella tua prosapia tutte le nazioni della terra.
In premio che Abramo mi ubbidì, ed osservò quanto gl’imposi, i miei comandi, le mie prescrizioni, e le mie leggi.
Isacco rimase in Gheràr.
Interrogato dalla gente del luogo intorno alla sua donna, egli disse: È mia sorella; poiché temette di dire: È mia moglie, (pensando) la gente del luogo potrebbe uccidermi a causa di Rebecca, essendo essa di bell’aspetto.
Ora, poiché fu ivi lungo tempo, Abimèlech re dei Filistei guardando per la finestra, vide che Isacco scherzava con Rebecca sua moglie.
Abimèlech chiamò Isacco, e (gli) disse: Senza dubbio essa è tua moglie, e come hai tu detto: “È mia sorella”? - Isacco gli disse: Perché pensai, che potrei morire a cagione di lei.
Ed Abimèlech disse: Che mai ci hai fatto? Poco mancò che alcuno del popolo giacesse con tua moglie, ed allora tu ci avresti tratto addosso una colpa.
Quindi Abimèlech comandò a tutto il popolo con dire: Chi tocca [offende] quest’uomo, o la sua donna, sarà fatto morire.
Isacco seminò in quel paese, e trovò in quello stesso anno il centuplo: tanto lo benedisse il Signore.
L’uomo divenne grande [ricco]; e crebbe sempre più, in guisa che s’ingrandì oltremodo.
Ebbe gregge di bestiame minuto, ed armenti bovini, e servitù numerosa; ed i Filistei n’ebbero gelosia.
E quindi tutti i pozzi che scavati avevano i servi di suo padre in vita d’Abramo suo padre, i Filistei turarono, empiendoli di terra.
Abimèlech disse ad Isacco: Vanne via da noi, perocchè sei potente più assai di noi.
Isacco ritirossi di là, pose gli alloggiamenti nella pianura di Gheràr, ed abitò ivi.
Isacco tornò a scavare i pozzi che (i suoi) avevano scavato in vita d’Abramo suo padre, i quali i Filistei avevano turati dopo la morte d’Abramo; ed impose loro gli stessi nomi che aveva loro imposto suo padre.
I servi d’Isacco avendo scavato nella pianura, vi trovarono un pozzo d’acqua viva.
I pastori di Gheràr contesero con quelli d’Isacco, con dire: L’acqua è nostra. Ed egli denominò il pozzo Essek, poichè avevano contrastato con lui.
Scavarono un altro pozzo, e quelli contesero anche per esso; ed egli lo chiamò Sitnà.
Trasferitosi di là, scavò un altro pozzo, intorno al quale non contesero; ed egli lo chiamò Rehhovòt, e disse: Sì, ora il Signore vuol porci nell’agiatezza; e noi cresceremo [prospereremo] nel paese.
Di là recossi in Beer-Sceva.
Il Signore gli apparve in quella notte, e (gli) disse: Io sono il Dio d’Abramo tuo padre. Non temere, poiché teco son io, e ti benedirò, e renderò numerosa la tua discendenza, in grazia d’Abramo mio servo.
Egli fabbricò ivi un altare, predicò il nome del Signore, e tese ivi la sua tenda. I servi d’Isacco scavarono ivi un pozzo.
Abimèlech poi recossi presso di lui da Gheràr, con Ahhuzzàt suo amico, e Pichòl capo del suo esercito.
Isacco disse loro: Com’è che siete venuti da me, mentre voi m’odiate, e m’avete mandato via da voi?
Ed essi dissero: Abbiamo veduto ch’il Signore è con te, abbiamo quindi deciso che passi tra noi un giuramento, tra noi (cioè) e te, e si stringa da noi alleanza teco;
Che tu non abbi a farci del male, come noi non t’abbiamo toccato, e come noi non t’abbiamo fatto che del bene, e t’abbiamo mandato via in pace [illeso]. Sii tu pure benedetto dal Signore.
Egli fece loro una refezione, e mangiarono e bevettero.
Alzatisi alla dimane, giuraronsi l’uno all’altro. Isacco gli accommiatò, e si partirono da lui in pace.
In quel giorno vennero i servi d’Isacco, e gli narrarono di un pozzo che avevano scavato, e gli dissero: Abbiamo trovato acqua.
Egli lo denominò Scivà, quindi la città si chiama sino a quest’oggi Beer-Sceva.
Esaù essendo in età di quarant’anni prese in moglie Jehudìth, figlia dell’hhitteo Beerì, come pure Bassemàth, figlia dell’hhittèo Elòn.
Ed esse furono cagione d’amaritudine di spirito ad Isacco ed a Rebecca.
Chapter 27
Isacco divenuto vecchio, ed offuscatiglisi gli occhi, in guisa da non vedere, chiamò Esaù suo figlio maggiore, e gli disse: Figlio mio! ed egli gli disse: Eccomi.
E gli disse: Ecco io son divenuto vecchio, non so quando io abbia a morire.
Or dunque prendi deh! le tue armi, il tuo turcasso (cioè) ed il tuo arco, ed esci alla campagna, e prendi per me alla caccia qualche selvaggina.
E fammi dei manicaretti, quali io amo, e recami ch’io mangi; affinché il mio animo ti benedica innanzi ch’io muoja.
Rebecca udiva quando Isacco parlò ad Esaù suo figlio; e tosto ch’Esaù fu partito per la campagna, per prendere alla caccia qualche selvaggina da recare (al padre),
Rebecca disse a Giacobbe suo figlio: Ecco io ho udito tuo padre che parlava ad Esaù tuo fratello, con dire:
Portami della cacciagione, e fammi manicaretti, ch’io mangi; ed io ti benedirò innanzi al Signore prima della mia morte.
Or dunque, figlio mio, ubbidiscimi in ciò ch’io son per comandarti.
Va di grazia al bestiame minuto e recami di là due bei capretti, e ne farò manicaretti per tuo padre, quali egli ama;
E (li) porterai a tuo padre, ed egli mangerà - affinché ti benedica innanzi alla sua morte.
Giacobbe disse a Rebecca sua madre: Ecco, Esaù mio fratello è uomo peloso, ed io son uomo liscio.
Forse mio padre mi tasterà, ed io sarò ai suoi occhi un ingannatore, e mi attirerò addosso maledizione, anziché benedizione.
E sua madre gli disse: Sia sopra di me la tua maledizione, figliuol mio; ma ubbidiscimi, e vammeli a prendere.
Egli andò, pigliò, e recò a sua madre; e sua madre (ne) fece manicaretti, come amava suo padre.
Rebecca prese gli abiti di pregio di Esaù suo figlio maggiore, ch’ella aveva presso di sè in casa, e ne vestì Giacobbe suo figlio minore.
Delle pelli poi dei capretti gli vestì le braccia e la parte liscia del collo.
E diede i manicaretti ed il pane, che fece, in mano a Giacobbe suo figlio.
Questi recossi presso suo padre e disse: Padre mio! E quegli disse: Eccomi; chi sei tu, figlio mio?
E Giacobbe disse a suo padre: Io sono Esaù tuo primogenito; feci secondo che mi parlasti. Or via, siedi, e mangia della mia cacciagione, affinché l’animo tuo mi benedica.
Isacco disse a suo figlio: Che cosa è mai, figlio mio, che facesti sì presto a trovare? E quegli disse: Perché il Signore tuo Dio mi fece fare felice incontro.
Isacco disse a Giacobbe: Appressati deh! ch’io ti tasti, figliuol mio, se sei poi tu il mio figlio Esaù, o no.
Giacobbe si appressò ad Isacco suo padre, il quale lo tastò, e disse: La voce è quella di Giacobbe, ma le braccia sono quelle di Esaù.
E nol riconobbe, poiché avea le braccia pelose come quelle di Esaù suo fratello; e (quindi) lo benedisse.
Egli disse: Tu sei dunque mio figlio Esaù. E quegli disse: Sono.
Egli disse: Accostami, ch’io mangi della caccia di mio figlio, affinché l’animo mio ti benedica. Quegli gli accostò, ed egli mangiò; e gli recò del vino ed egli bevette.
Indi Isacco suo padre gli disse: Appressati, di grazia, e baciami, figlio mio.
Si appresso e lo baciò; ed egli, sentito l’odore de’ suoi abiti, lo benedisse, e disse: Ecco l’odore del mio figlio! Somiglia all’odore di un campo, cui il Signore benedisse.
Concedati Iddio (campi benedetti) per la rugiada del cielo, e pingue terreno; ed abbondanza di grano e mosto.
Popoli ti servano, nazioni a te si prostrino, sii superiore a’ tuoi fratelli, e prostrinsi a te i figli di tua madre. Chiunque ti maledice sia maledetto, e chiunque ti benedice sia benedetto.
Ora, poiché Isacco ebbe terminato di benedire Giacobbe, appena (cioè) Giacobbe era uscito dal cospetto d’Isacco suo padre, Esaù suo fratello venne dalla sua caccia.
Fece anch’egli manicaretti, e (li) portò a suo padre, e disse a suo padre: Si alzi mio padre, e mangi della caccia di suo figlio; affinché l’animo tuo mi benedica.
Isacco suo padre gli disse: Chi sei tu? E quegli disse: Io sono il tuo figlio primogenito Esaù.
Isacco fu colpito da uno sbalordimento grande oltremodo, e disse: Chi dunque è quegli che cacciò selvaggina, e mi recò, ed io mangiai d’ogni sorta, innanzi che tu venissi, e lo benedissi? Ed anche benedetto sarà.
Poi ch’Esaù ebbe udite la parole di suo padre, diede un grido grande e dolente oltremodo, e disse a suo padre: Benedici anche me, padre mio!
E quegli disse: È venuto tuo fratello con inganno, e si pigliò la tua benedizione.
E disse (Esaù): Fu egli dunque perciò chiamato Giacobbe? Infatti mi soppiantò già due volte. Tolta si ha la mia primogenitura, ed ora si tolse la mia benedizione. Indi disse: Non hai tu serbata per me alcuna benedizione?
(Isacco) rispondendo disse ad Esaù: Vedi, io l’ho costituito superiore a te, e tutti i tuoi fratelli ho costituiti suoi servi, e di grano e di mosto lo feci forte. Per te quindi, figlio mio, che posso io fare?
Esaù disse a suo padre: Hai tu forse, padre mio, una benedizione sola? Benedici anche me, padre mio! Ed Esaù proruppe in un sonoro pianto.
Isacco suo padre rispondendo dissegli: Or bene, un pingue terreno sarà la tua sede, e (benedetto) per la rugiada del cielo dall’alto.
Vivrai sulla tua spada, e servirai tuo fratello; quando però gemerai, ne scuoterai il giogo d’in sul collo.
Esaù odiò Giacobbe, a cagione della benedizione che gli diede suo padre; ed Esaù disse nel suo cuore [e poscia a qualche amico]: Non può tardare l’epoca del lutto di mio padre, ed (allora) ucciderò Giacobbe mio fratello.
Vennero narrate a Rebecca le parole di Esaù suo figlio maggiore, ed ella mandò a chiamare Giacobbe suo figlio minore, e gli disse: Ecco Esaù tuo fratello si conforta (coi suoi progetti) intorno a te, (pensando) d’ucciderti.
Or dunque, figlio mio, ubbidiscimi; ed alzati, e te ne fuggi presso Lavàn mio fratello, in Hharàn.
Starai presso di lui per qualche tempo, sino a che si calmi l’ira di tuo fratello.
Sino a che la collera di tuo fratello retroceda da te, ed egli dimentichi ciò che gli facesti; ed allora ti manderò a prendere di là. (E ciò) affinché io non abbia a perdervi entrambi in un giorno.
Rebecca disse ad Isacco: La vita mi è odiosa, a cagione delle donne hhittee. Se Giacobbe prende in moglie qualche donna hhittea, come son queste, alcuna (cioè) delle donne di questo paese, a che mi giova la vita ?
Chapter 28
Isacco chiamò Giacobbe, lo benedisse, gli comandò, e gli disse: Non prendere in moglie alcuna cananea.
Alzati, va in Paddan-Aràm, in casa di Bethuèl padre di tua madre; e prendi ivi in moglie una delle figlie di Lavàn fratello di tua madre.
E Iddio onnipotente ti benedica, ti faccia prolificare e divenir numeroso, sicchè tu dia origine ad un aggregato di popoli.
E ti conceda la benedizione d’Abramo, a te (dico) e con te alla tua discendenza; in guisa che tu possegga la terra delle tue pellegrinazioni, cui Iddio ha donato ad Abramo.
Giacobbe, mandato da Isacco, andò in Paddan-Aràm presso l’arameo Lavàn figlio di Bethuèl, fratello di Rebecca, madre di Giacobbe e d’Esaù.
Esaù avendo veduto che Isacco aveva benedetto Giacobbe, e l’avea mandato in Paddan-Aràm a pigliare ivi moglie; e che nel benedirlo gli aveva comandato con dire: Non prendere in moglie alcuna cananea;
E che Giacobbe aveva ubbidito a suo padre ed a sua madre, ed era andato in Paddan-Aràm:
Esaù s’avvide che le donne cananee spiacevano ad Isacco suo padre.
Esaù andò quindi presso Ismael, e prese in moglie, oltre alle (altre) sue mogli, Mahhalàth, figliuola d’Ismael figlio d’Abramo, sorella di Nevajòth.
Giacobbe, uscito di Beer-Sceva, si avviò verso Hharàn.
In un luogo ove s’abbattè, ivi pernottò, essendo tramontato il sole. Prese alcune pietre di quel luogo, se le pose per capezzale, e giacque in quel luogo.
Egli ebbe un sogno, in cui vedeva una scala situata in terra, colla cima che arrivava al cielo; e che gli angeli di Dio salivano e scendevano per quella.
Vide poi ch’il Signore stava sopra di essa, il quale (gli) disse: Io sono il Signore, Dio d’Abramo tuo progenitore, e Dio d’Isacco. Il suolo sul quale tu giaci, a te lo darò ed alla tua discendenza.
La tua progenie pareggerà la polvere della terra, e ti estenderai verso occidente, verso oriente, verso settentrione e verso mezzodì; ed in te e nella tua discendenza si benediranno tutte le famiglie della terra.
Io sono per esser teco, e ti custodirò dovunque andrai, e ti farò tornare in questo paese. Sì, io non ti abbandonerò sin ch’io non abbia effettuato quanto ti ho promesso.
Giacobbe svegliatosi dal suo sonno, disse: C’è dunque il Signore [la divina Provvidenza, anche] in questo luogo, ed io nol sapeva [e pareami sventura dover qui pernottare].
Egli temette, e disse: Oh com’è venerando questo luogo! Questo, non v’ha dubbio, è una Casa di Dio; questa è anzi la porta del cielo.
Giacobbe alzatosi alla dimane, prese quella pietra ch’erasi posta per capezzale, la eresse (a guisa di) monumento, e vi colò in cima dell’olio.
Impose a quel luogo il nome di Bet-El, però la città chiamavasi per lo innanzi Luz.
Giacobbe fece un voto, con dire: Se Iddio sarà meco, e mi custodirà in questo viaggio ch’io fa, e mi darà pane da mangiare, ed abito da vestire;
E tornerò incolume alla mia casa paterna, ed il Signore sarà il mio Dio (tutelare):
Allora (il sito di) questa pietra, ch’io eressi (a guisa di) monumento, sarà Casa di Dio [vi fabbricherò un altare]; e di tutto ciò che mi darai darò a te la decima.
Chapter 29
Giacobbe si pose in cammino, e recossi al paese (detto) degli orientali [la Mesopotamia].
Vide un pozzo nella campagna, ed ivi erano tre gregge di bestiame minuto coricate presso di quello, poiché da quel pozzo abbeveravano le mandre; e sulla bocca del pozzo eravi una pietra grande.
Ivi radunatesi tutte le gregge, veniva rotolata la pietra d’in su la bocca del pozzo, ed abbeverato il bestiame; indi si rimetteva la pietra al suo luogo, sulla bocca del pozzo.
Giacobbe disse a coloro [ai pastori]: Fratelli, di dove siete? Ed essi dissero: Siamo di Hharàn.
Egli disse loro: Conoscete Lavàn figlio di Nahhòr? Ed essi dissero: Conosciamo.
Egli disse loro: Sta egli bene? Ed essi dissero: Sta bene; anzi Rachele sua figlia deve tosto venire col bestiame.
Egli disse: Ecco avanza ancora molto della giornata, non è tempo ch’il bestiame si ritiri [nelle stalle]: abbeverate gli animali, e andate a pascolarli.
Ed eglino dissero: Non possiamo [non ci è lecito di farlo], sinchè non siansi radunate tutte le mandre; allora verrà rotolata la pietra d’in su la bocca del pozzo, ed abbevereremo il bestiame.
Egli ancora parlava con essi, quando Rachele venne col bestiame minuto di suo padre; perocchè ella facea la pastora.
Ora, poi che Giacobbe ebbe veduto Rachele figlia di Lavàn fratello di sua madre, ed il bestiame di Lavàn fratello di sua madre, Giacobbe si accostò, rotolò la pietra d’in su la bocca del pozzo, ed abbeverò gli animali di Lavàn fratello di sua madre.
Giacobbe baciò Rachele, e diede in sonoro pianto.
Giacobbe narrò a Rachele ch’egli era fratello di suo padre, ch’egli cioè era figlio di Rebecca; ed ella corse e narrò a suo padre.
Ora, poi che Lavàn udì nominare Giacobbe figlio di sua sorella, gli corse incontro, l’abbracciò, lo baciò, e lo condusse a casa sua. Egli poi narrò a Lavàn tutte queste (surriferite) cose.
E Lavàn gli disse: Tu sei del tutto osso mio e carne mia. Ed egli restò presso di lui pel corso d’un mese.
Indi Lavàn disse a Giacobbe: Forse perché sei mio fratello, hai da servirmi gratuitamente? Dichiarami quale debba essere la tua mercede.
Lavàn aveva due figlie: la maggiore chiamavasi Leà, e la minore Rachele.
Leà avea gli occhi languidi, e Rachele era di belle forme e di bell’aspetto.
Giacobbe amava Rachele, e disse: Ti servirò sett’anni, per (avere) Rachele tua figlia minore.
Lavàn disse: È meglio ch’io la dia a te, piuttosto che darla ad altr’uomo. Resta (quindi) presso di me.
Giacobbe servì per (avere) Rachele sett’anni, i quali gli parvero poco tempo, per l’amore che le portava.
(Indi) Giacobbe disse a Lavàn: Dammi mia moglie, ch’io la sposi; perocchè è compiuto il mio tempo.
Lavàn adunò tutta la gente del luogo, e fece un convito.
Alla sera poi prese Leà sua figlia, e la recò a lui, il quale usò con lei.
Lavàn le diede Zilpà sua serva, (la diede cioè) per serva a Leà sua figlia.
Ora, alla mattina vide ch’ell’era Leà, e disse a Lavàn : Che mai mi facesti? Non è egli per (avere) Rachele ch’io ho servito presso di te? E perché m’ingannasti?
E Lavàn disse: Non si fa così nel nostro paese, di dare (cioè) la minore prima della maggiore.
Compisci i sette giorni (di nozze) di questa; indi ti daremo anche l’altra, per la servitù che presterai presso di me ancora per altri sette anni;
Giacobbe fece così, e compì i sette giorni di quella, indi (Lavàn) gli diede in moglie sua figlia Rachele.
E Lavàn diede a Rachele sua figlia la sua serva Bilhà, per serva (cioè) di lei.
(Giacobbe) sposò anche Rachele, ed anche amò Rachele più di Leà; e servì presso di lui ancora altri sett’anni.
Il Signore vide che Leà era odiata [trascurata dal marito], e la rese feconda; e Rachele (fu) sterile.
Leà divenne incinta, e partorì un figlio, cui pose nome Ruben, poiché disse: Sì, il Signore ha veduto la mia miseria. Sì, ora mio marito mi amerà.
Rimasta nuovamente incinta, partorì un figlio, e disse: Sì, il Signore ha osservato ch’io sono trascurata, quindi mi diede anche questo. E lo chiamò Simeone....
Rimasta nuovamente incinta, partorì un figlio, e disse: Ora finalmente mio marito vivrà presso di me, poiché gli ho partorito tre figliuoli. Perciò gli pose nome Levi.
Rimasta nuovamente incinta, partorì un figlio, e disse: Finalmente renderò omaggio al Signore [conoscendo questo benefizio al di là dei miei meriti]; perciò gli pose nome Giuda. Indi si rimase di partorire.
Chapter 30
Rachele, vedendo che non figliava a Giacobbe, ebbe invidia di sua sorella, e disse a Giacobbe: Dammi figliuoli, altrimenti io muojo.
Giacobbe si adirò contro Rachele, e disse: Fo io forse le veci di Dio, il quale ti negò il frutto del ventre?
Ed ella disse: Evvi la mia serva Bilhà; sposala. Quand’ella figlierà, io ne riceverò la prole sulle mie ginocchia, e col suo mezzo sarò madre anch’io.
Ella gli diede in moglie Bilhà sua serva, e Giacobbe la sposò.
Bilhà rimasta incinta, partorì a Giacobbe un figlio.
Rachele disse: Iddio mi fece giustizia, e di fatti m’esaudì, e mi diede un figlio. Perciò gli pose nome Dan.
Bilhà serva di Rachele, rimasta nuovamente incinta, partorì un secondo figlio a Giacobbe.
Rachele disse: Una lotta di Dio [acerrima] lottai con mia sorella ed anche ho vinto. Quindi gli pose nome Naftalì.
Leà vedendo ch’erasi rimasta di figliare, prese la sua serva Zilpà, e la diede in moglie a Giacobbe.
Zilpà serva di Leà partorì a Giacobbe un figlio.
Leà disse: Con buona sorte! Quindi gli pose nome Gad.
Zilpà serva di Leà partorì un secondo figlio a Giacobbe.
Leà disse: Con mia felicità! Sì, le donne mi diran beata. Così gli pose nome Ascèr.
Ruben andando per la campagna nella stagione della messe del frumento, trovò dei Dudaìm [specie di fiori, secondo molti Mandragore], e li recò a Leà sua madre. Rachele disse a Leà: Dammi di grazia alcuni dei Dudaìm di tuo figlio.
Ella le disse: È dunque poco toglierti il mio marito, che vorresti prenderti anche i Dudaìm di mio figlio? E Rachele disse: Ebbene; giaccia egli teco questa notte, in cambio dei Dudaìm di tuo figlio.
Giacobbe venendo la sera dalla campagna, Leà gli uscì incontro, e disse: Appo me verrai, poiché io t’ebbi in prestito mediante i Dudaìm di mio figlio. Ed egli giacque con lei quella notte.
Iddio esaudì Leà, ed ella rimase incinta, e partorì a Giacobbe un quinto figlio.
Leà disse: Iddio m’ha dato il mio premio; perché ho dato la mia serva a mio marito. Quindi gli pose nome Issachàr.
Leà rimase nuovamente incinta, e partorì a Giacobbe un sesto figlio.
Leà disse: Iddio m’ha fornita d’una felice provvisione; finalmente mio marito abiterà meco, poiché gli ho partoriti sei figli. Quindi gli pose nome Zevulùn.
Poscia partorì una figlia, e le pose nome Dinà.
Iddio poi si mostrò memore di Rachele, l’esaudì, e la rese feconda.
Rimasta incinta, partorì un figlio, e disse: Iddio ha dato fine alla mia ignominia.
Gli pose nome Giuseppe, con dire: Il Signore m’aggiunga un altro figlio.
Ora, quando Rachele ebbe partorito Giuseppe, Giacobbe disse a Lavàn: Lascia ch’io vada al mio luogo (natio) ed al mio paese.
Dammi le mie mogli, ed i miei fanciulli, per cui t’ho servito; sicchè io men vada: poiché tu conosci la servitù ch’io ti prestai.
Lavàn gli disse: Se pure trovo grazia appo te (non volere andar via poiché) ho osservato ch’il Signore mi ha benedetto per cagion tua.
E soggiunse: Determina la mercede che vuoi da me, e io te la darò.
Ed egli gli disse: Tu sai come t’ho servito, e ciò ch’il tuo bestiame è divenuto stando con me.
Mentre il poco che tu avevi prima di me [della mia venuta] si è grandemente moltiplicato, ed il Signore ti benedisse in seguito a me [alla mia venuta]. Ora poi, quando farò anch’io per la mia famiglia?
Lavàn disse: Che cosa ho da darti? Giacobbe disse: Non mi darai alcuna cosa; se mi accorderai quanto io sono per dirti, io seguiterò a pascolare e custodire i tuoi animali.
Io passerò oggi per mezzo a tutto il tuo bestiame, togliendone via ogni animale pecorino punteggiato e variegato, come pure ogni bruno tra gli agnelli, ed ogni variegata e punteggiata fra le capre; e (i simili che nasceranno) saranno la mia mercede.
Così la mia onestà (o la mia slealtà) farà fede al tuo cospetto (in favore o) contro di me, qualunque volta tu venga per (esaminare ciò che mi sarò tenuto per) la mia mercede. Tutto ciò che non è punteggiato e variegato tra (le pecore e) le capre, e bruno tra gli agnelli, è un furto presso di me [se troverai ch’io mi sia appropriato agnelli o capre privi di questi distintivi, potrai dire ch’io te gli ho rubati].
Lavàn disse: Sì, sia pure come tu dici.
Egli tolse via in quel giorno i caproni segnati ai piedi, e variegati, e tutte le capre punteggiate e variegate, ogni animale che aveva del bianco, e tutti i bruni tra gli agnelli; e li consegnò ai proprj figli.
E frappose una distanza di tre giornate tra sè e Giacobbe, e Giacobbe pascolava il resto del bestiame di Lavàn.
Giacobbe poi si prese dei bastoni freschi di pioppo, nocciuolo e castagno, e vi fece delle scanalature bianche, scoprendo il bianco dei bastoni:
E collocò i bastoni che aveva scanalati, nei canali e nelle conche d’acqua, dove il bestiame andava a bere dirimpetto al bestiame, e andando a bere entrava in calore.
Il bestiame entrava in calore guardando i bastoni, indi le femine partorivano segnati ai piedi, punteggiati e variegati.
Gli agnelli poi [che ne nacquero] Giacobbe li divise, facendo in guisa che le femine del bestiame di Lavàn avesse-ro innanzi agli occhi i (maschi) segnati ai piedi e tutti i bruni. Egli (cioè) se ne fece delle gregge separate, e non li pose insieme col bestiame di Lavàn.
Ora, ogni volta ch’entravano in calore le femine che partorivano di primavera, Giacobbe metteva i bastoni nei canali, in faccia alle pecore, in guisa ch’entrassero in calore guardando i bastoni.
Nel parto poi autunnale non li poneva. Così i parti autunnali riuscivano di Lavàn, e quelli di primavera di Giacobbe.
Ed egli arricchì oltremodo, e possedette bestiame numeroso, e schiavi e schiave, e cammelli ed asini.
Chapter 31
Egli udì i discorsi dei figli di Lavàn, i quali dicevano: Giacobbe si tolse tutto quel ch’era di nostro padre, e da quel di nostro padre si è fatta tutta questa opulenza.
Giacobbe comprese eziandio dal volto di Lavàn, ch’egli non era verso di lui quello ch’egli era in addietro.
Ed il Signore disse a Giacobbe: Ritorna alla terra de’ tuoi padri, ed al tuo parentado; ed io sarò teco.
Giacobbe quindi mandò a chiamare Rachele e Leà in campagna, dov’era il suo bestiame.
E disse loro: Io veggo dal volto di vostro padre, ch’egli non è verso di me come in addietro; eppure (non ho altra colpa, se non se che) il Dio di mio padre fu meco [mi protesse e m’arricchì].
E voi sapete che con tutta la mia forza ho servito vostro padre.
Ma vostro padre s’è preso giuoco di me, e mi cangiò la mercede dieci volte; ma Iddio non gli permise di nuocermi.
S’egli diceva: “I punteggiati saranno la tua mercede” tutte le femine partorivano punteggiati; e s’egli diceva: “I segnati ai piedi saranno la tua mercede” tutte le femine partorivano segnati ai piedi.
Iddio (in somma) ha tolto il bestiame di vostro padre, e lo diede a me.
Quando gli animali entravano in calore, io, in sogno, alzati gli occhi, vidi che tutti i caproni che ammontavano le femmine erano segnati ai piedi, punteggiati e tempestati.
E un angelo di Dio mi disse in sogno: Giacobbe! Ed io dissi: Eccomi.
Ed egli disse: Alza gli occhi, e vedi che tutti i caproni che ammontan le femmine sono segnati ai piedi, punteggiati e tempestati; poiché ho veduto come Lavàn ti tratta.
Io sono il Dio di Bet-El, dove ungesti una lapide, dove mi facesti un voto. Or via, esci di questo paese, e torna alla tua terra natia.
Rachele e Leà rispondendo gli dissero: Abbiam noi ancora (a sperare) qualche parte o retaggio nella casa [nelle sostanze] di nostro padre?
Non ci ha egli trattate da straniere, vendendoci, e mangiandoci il nostro denaro [la mercede a te dovuta per 14 anni di servitù]?
Sì, tutta la ricchezza che Dio tolse a nostro padre, nostra è e dei figli nostri. Or dunque fa quanto Iddio t’ha detto.
Giacobbe tostamente pose i suoi figli e le sue mogli sui cammelli.
E menò via tutto il suo bestiame, e tutti gli averi che aveva ammassati; le sostanze di sua proprietà che aveva ammassato in Paddàn-Aràm; per recarsi presso Isacco suo padre, nella terra di Cànaan.
Lavàn era andato a tosare il suo bestiame, e Rachele involò i Terafìn di suo padre.
Giacobbe rubò [deluse] la mente dell’arameo Lavàn, non avendogli dichiarato che pensava d’andarsene.
Fuggì dunque, con quanto gli apparteneva, si alzò e passò il fiume, e si diresse verso il monte Galaad.
Fu narrato a Lavàn nel giorno terzo che Giacobbe era fuggito.
Prese seco i suoi congiunti, l’inseguì per un tratto di sette giornate di cammino, e lo raggiunse nel monte Galaad.
Iddio, venuto in sogno notturno all’arameo Lavàn, gli disse: Guardati di non parlare a Giacobbe nè in bene, nè in male.
Lavàn raggiunse Giacobbe. Giacobbe aveva fermata la sua tenda nel monte, e Lavàn fermò i suoi congiunti nel monte Galaad.
Lavàn disse a Giacobbe: Che mai facesti, deludendo la mia mente, e menando via le mie figlie quali prigioni di guerra?
Perehè ti ritirasti di soppiatto, ed ingannandomi? mentre se m’avessi comunicato (il tuo pensiero), t’avrei accompagnato con festa, con canti, col timpano e coll’arpa.
E non mi lasciasti baciare i miei figli e le mie figlie. Questa volta hai agito stoltamente.
Avrei il potere di farvi del male; ma il Dio di vostro padre mi disse jersera: Guardati di non parlare a Giacobbe nè in bene nè in male.
Or via, (ammetto che) te ne sii andato, perché sentivi desiderio della casa paterna. Perché rubasti i miei dèi?
Giacobbe rispondendo disse a Lavàn: (Mi ritirai di soppiatto,) perché temei, pensando non tu forse mi rapissi le tue figlie.
Chiunque poi, presso del quale troverai i tuoi dèi, non vivrà. Alla presenza dei nostri congiunti riconosci se v’ha qualche cosa del tuo presso di me e te la prendi - Giacobbe non sapeva che Rachele gli avea rubati.
Lavàn entrò nella tenda di Giacobbe, nella tenda di Leà, e nella tenda delle due serve, e non trovò; ed uscito della tenda di Leà, entrò in quella di Rachele.
Rachele però avea presi i Terafìm, e postili nella sella del cammello, vi si era seduta sopra. Lavàn frugò tutta la tenda, e non trovò.
Ed ella disse a suo padre: Non ti dispiaccia, mio signore; perocchè non posso alzarmi innanzi a te, mentre ho la consuetudine delle donne. Così egli investigò, ma non trovò i Terafìm.
Giacobbe dispiacente, contrastò con Lavàn. Incominciò Giacobbe e disse a Lavàn: Qual colpa commisi, qual mancamento, per cui m’inseguisti?
Dopo che hai tastato tutti i miei arnesi, che cosa hai trovato di tutti gli arnesi di casa tua? Ponila lì in faccia ai miei ed ai tuoi congiunti, e decidano tra noi due.
Son già vent’anni ch’io sono presso di te: delle tue pecore e delle tue capre non solevano morire i parti, nè io mangiava i montoni del tuo bestiame.
Io non ti recava [a mia giustifica-zione] gli (avanzi degli) animali rapiti [dalle fiere]: io te n’indennizzava, tu gli esigevi da me: rubati fossero di giorno, o rubati di notte.
Io stava di giorno a consumarmi al gran caldo, ed al gelo durante la notte; ed il sonno fuggiva dai miei occhi.
Ho scorsi vent’anni in casa tua: t’ho servito quattordici anni per le due tue figlie, e sei anni pel tuo bestiame; e tu mi cangiasti la mercede [i patti] dieci volte.
Ove stato non fosse il mio Dio paterno, il Dio (cioè) d’Abramo, e quegli che Isacco adora, che fu con me, a quest’ora m’avresti licenziato a mani vuote. Iddio vide la mia miseria, e le sostenute fatiche, e pronunciò sentenza jersera.
Lavàn rispondendo disse a Giacobbe: Le donne sono mie figliuole, i figli sono miei figli, il bestiame è il mio bestiame, e quanto tu vedi è mio [di mia provenienza]. Ora come potrei io nuocere a queste, alle mie figliuole, o ai figli da esse partoriti?
Or dunque, vieni e stringiamo alleanza io e tu, e (Iddio) sia testimonio fra me e te.
Giacobbe prese una pietra, e l’eresse (a guisa di) monumento.
Giacobbe disse ai congiunti di lui [di Lavàn]: Raccogliete pietre - Essi presero delle pietre, e ne fecero un mucchio. Indi [amendue le parti] mangiarono ivi presso a quel mucchio.
Lavàn gli pose nome Jegàr Sahaduthà, e Giacobbe lo denominò Gal-Ed [nomi, l’uno arameo, l’altro ebraico, significante il primo Mucchio di testimonianza, ed il secondo Mucchio testimonio].
Lavàn disse: Questo mucchio divenga oggi testimonio tra me e te. Perciò fu denominato Gal-Ed.
Ed anche Misspà, perciocchè disse: Il Signore osservi quel che passerà fra me e te, quando non saremo visibili l’uno all’altro.
Se tu maltratterai le mie figlie, o se prenderai mogli oltre alle mie figlie ... Non havvi alcuno presso di noi. Vedi, Iddio è testimonio fra me e te.
Lavàn soggiunse a Giacobbe: Ecco questo mucchio ed ecco questa lapide, ch’io stabilisco fra me e te.
Sia testimonio questo mucchio, e testimone questa lapide, se io - ciocchè non sia - passerò verso di te questo mucchio, e se tu - ciocchè non sia - oltrepasserai verso di me questo mucchio e questa lapide per male.
Il Dio d’Abramo e gli Dei di Nahhòr giudicheranno tra noi - Il Dio cioè del rispettivo progenitore. E Giacobbe giurò per Quello che Isacco suo padre adorava.
Giacobbe scannò degli animali sul monte, ed invitò i congiunti di lui [di Lavàn] a cibarsi. Si cibarono, e pernottarono nel monte.
Chapter 32
Lavàn alzatosi alla dimane, baciò i suoi figli [nipoti] e le sue figlie, e li benedisse; indi Lavàn, partitosi fece ritorno al suo paese.
Giacobbe poi seguì il suo viaggio ed incontrò angeli di Dio.
Giacobbe disse poiché li vide: Quest’è una schiera divina. Quindi denominò quel luogo Mahhanaim.
Giacobbe mandò innanzi a sè dei messi ad Esaù suo fratello, al paese di Seìr, (detto poscia) Campo di Edòm.
E comandò loro: Direte così al mio signore Esaù: Dice così il tuo servo Giacobbe: Feci dimora presso Lavàn, e mi trattenni sino ad ora.
Acquistai buoi ed asini, bestiame minuto, schiavi e schiave; locchè mando a notificare al mio signore, per incontrare la tua grazia.
I messi tornarono a Giacobbe, con dire: Ci siamo recati presso tuo fratello Esaù, ed anzi egli ti viene incontro con quattrocent’uomini.
Giacobbe temette assai, e fu in angustia; quindi divise in due schiere la gente che aveva seco, ed il bestiame minuto e bovino ed i cammelli.
Egli pensò: Se Esaù assalirà l’una schiera e la percoterà, la schiera rimanente potrà salvarsi.
Indi Giacobbe disse: O tu, Dio di mio padre Abramo, e Dio di mio padre Isacco! tu, Dio Signore, il quale mi dicesti: Torna al tuo paese ed al tuo parentado, ch’io voglio beneficarti.
Io sono indegno di tanti beneficii, e di tanta fedeltà, che usasti col tuo servo: mentre col (solo) mio bastone passai questo Giordano, ed ora divenni (padrone di) due schiere.
Liberami deh! dalla mano di mio fratello Esaù; perocchè io lo temo, ch’ei non venga e mi percuota (spietatamente, come chi uccide) la madre sopra i figli.
Mentre [al contrario] tu dicesti: Io ti beneficherò; e renderò la tua discendenza pari all’arena del mare, che per la gran moltitudine non può numerarsi.
Pernottò ivi quella notte, e prese di ciò che conduceva seco un presente per Esaù suo fratello.
Capre dugento, e caproni venti; pecore dugento, e montoni venti.
Cammelle allattanti trenta, e i loro figli; vacche quaranta, e tori dieci; asine venti, e puledri dieci.
Consegnò (tutto ciò) ai suoi servi, diviso in mandre separate; e disse ai suoi servi: Passate innanzi a me, e lasciate dello spazio tra una mandra e l’altra.
E comandò al primo con dire: Quando t’incontrerà Esaù mio fratello, e t’interrogherà, con dire: A chi appartieni, e dove vai, e per chi son questi (animali) che ti vanno innanzi?
Dirai: (Io appartengo) al tuo servo Giacobbe, e questo è un presente mandato al mio signore Esaù; ed egli pure ci vien dietro.
Comandò parimente al secondo ed al terzo, ed a tutti coloro che andavano dietro alle mandre, con dire: questo discorso terrete ad Esaù quando lo troverete.
E soggiungerete: Il tuo servo Giacobbe è anch’egli qui dietro a noi; avendo pensato: Voglio placarlo col presente che mi precede, indi me gli presenterò: forse mi si mostrerà favorevole.
Il presente gli passò davanti, ed egli restò quella notte nel campo.
Alzatosi nella stessa notte, prese le due sue mogli, le due sue ancelle, e gli undici suoi fanciulli, e passò il guado di Jabbòk.
Li prese, e fece loro passare il torrente; e fece passare quanto gli apparteneva;
Giacobbe rimasto solo, un uomo lottò con lui vicino allo spuntare dell’alba.
Vedendo che nol potea vincere, lo toccò [colpì] nell’estremità del femore; e l’estremità del femore di Giacobbe si slogò nel suo lottare con lui.
Quegli disse: Lasciami andare; poiché è spuntata l’alba. Ed egli [Giacobbe] disse: Non ti lascio andare, se prima non mi benedici.
Quegli disse: Che nome hai? Ed egli disse: Giacobbe.
E quegli disse: Il tuo nome non suonerà più Giacobbe, ma Israel: poiché lottando con dèi e con uomini, sarai vincitore [cioè: gli uomini, coi loro falsi dèi, non potranno nuocerti].
Giacobbe interrogandolo disse: Dichiarami, di grazia, il tuo nome. E quegli disse: Perché mai domandi del mio nome? Così quegli lo benedisse ivi.
Giacobbe pose nome al luogo Penièl, (dicendo): Poiché vidi Iddio [un angelo] faccia a faccia, e la mia vita rimase salva.
Il sole gli spuntò, poi ch’egli ebbe passato Penuèl; ed egli era zoppicante d’una coscia.
Egli è perciò che gl’Israeliti sino al giorno d’oggi non mangino il ligamento che ha ceduto, situato sull’estremità del femore: perocchè quegli ha colpito l’estremità del femore di Giacobbe, il ligamento (cioè) che ha ceduto.
Chapter 33
Giacobbe, alzati gli occhi, e veduto ch’Esaù veniva con quattrocent’uomini, divise i fanciulli tra Leà, Rachel, e le due ancelle.
Pose le due ancelle e i loro fanciulli innanzi, Leà e i suoi fanciulli di dietro, e Rachel e Giuseppe ultimi.
Egli poi li precedette, e si prostrò a terra sette volte prima di giungere presso a suo fratello.
Esaù gli corse incontro e l’abbracciò, e gittatoglisi sul collo lo baciò; e piansero.
Alzati gli occhi, e vedute le donne ed i fanciulli, disse: Chi son questi che tu hai? Ed egli disse: Sono i figliuoli, di cui Iddio ha graziato il tuo servo.
Appressaronsi le serve coi loro fanciulli, e si prostrarono.
Si appressò anche Leà coi suoi fanciulli, e si prostrarono; indi appressaronsi Giuseppe e Rachel e si prostrarono.
(Esaù) disse: A che destini tu tutta quella schiera che ho incontrata? E (Giacobbe) disse: Per trovar grazia agli occhi del mio signore.
Esaù disse: Io ho già molto: fratello, tienti il tuo.
E Giacobbe disse: Deh, non così! Se incontrai la tua grazia, tu accetterai da me il mio presente; posciachè mi sono a te presentato come uno si presenta innanzi a Dio [cioè con sacrifizi], e tu certamente mi gradirai.
Ricevi, di grazia, il mio tenue dono, che fu recato a te; poiché Iddio mi ha favorito, ed io ho di tutto - Lo stimolò, e quegli accettò.
(Esaù) disse: Moviamoci, e andiamo; ed io ti verrò a fianco.
Ed egli gli disse: Il mio signore sa, che i figliuoli sono teneri, ed io ho meco (anche) le femine del bestiame minuto e del bovino, in istato di allattanti. Se vengono spinte innanzi (anche) un solo giorno, tutto il bestiame minuto morrebbe.
Passi deh! il mio signore avanti al suo servo, e ch’io mi conduca lentamente, secondo il passo del bestiame che mi precede, ed il passo dei fanciulli, sino a tanto ch’io giunga appo il mio signore, in Seìr.
Esaù disse: Permetti dunque ch’io lasci presso di te una parte della gente che ho meco. Ed egli disse: Perché mai vorresti usarmi tanto favore?
Esaù tornò in quel giorno per la sua strada, verso Seìr.
E Giacobbe mosse verso Succòt, ove si fabbricò una casa, e fece delle capanne pel suo bestiame; perlochè denominò quel luogo Succòt.
Giacobbe, reduce da Paddàn-Aràm, arrivò incolume alla città di Sichem, situata nel paese di Cànaan; e si stanziò in faccia alla città.
E comprò quel pezzo di campagna, dove tese il suo padiglione, dai figli di Hhamòr padre di Sichem, per cento Kessità.
Eresse ivi un altare, e lo denominò: Egli è potente il Dio d’Israel.
Chapter 34
Dinà figlia di Leà, cui (questa) partorì a Giacobbe, uscì a vedere le donne del paese.
Vedutala l’hhiveo Sichem, figlio di Hhamòr principe del paese, la prese, e facendole violenza, giacque seco lei.
Il suo animo rimase attaccato a Dinà figlia di Giacobbe; amò la giovine, e le parlò al cuore.
Disse poi Sichem a Hhamòr suo padre: Prendimi per moglie questa fanciulla.
Giacobbe, mentre i suoi figli erano in campagna col suo bestiame, udì che colui contaminò Dinà sua figlia; ma Giacobbe stette cheto, aspettando il loro arrivo.
(Intanto) Hhamòr padre di Sichem uscì appo Giacobbe, per parlargli.
I figli poi di Giacobbe, udita la cosa, vennero dalla campagna, es’addolorarono, ed increbbe loro oltremodo; poiché quegli aveva fatto oltraggio alla famiglia d’Israel, stuprando la figlia di Giacobbe, cosa che non era da farsi.
Hhamòr parlò loro, con dire: Sichem mio figlio s’è invaghito della vostra figlia. Dategliela, di grazia, in moglie.
Ed imparentatevi con noi: le vostre figlie darete a noi, e le figlie nostre piglierete per voi.
Voi resterete presso di noi, ed il paese sarà a vostra disposizione; restate e giratelo, e stabilitevi in esso.
Sichem poi disse al padre ed ai fratelli di lei: Accordatemi questo favore, ed io darò quanto mi direte.
Imponetemi gran dote e regali, ed io darò secondo che mi direte; purché mi diate la giovane in moglie.
I figli di Giacobbe rispondendo a Sichem ed a Hhamòr suo padre, parlarono con inganno, posciachè quegli aveva contaminata Dinà loro sorella.
E dissero loro: Noi non possiam fare questa cosa, dare cioè nostra sorella ad uomo che abbia prepuzio: esso essendo per noi oggetto d’ignominia.
Soltanto a questa condizione aderiremo a voi: se voi diverrete simili a noi, quando (cioè) ogni maschio tra voi si circoncida.
(Allora) noi vi daremo le nostre figlie, e sposeremo le vostre; abiteremo con voi, e formeremo uno stesso popolo.
Se poi non ci darete ascolto in quanto al circoncidervi, prenderemo la nostra figlia, e ce n’andremo.
Le loro parole piacquero a Hhamòr, ed a Sichem figlio di Hhamòr.
Ed il giovine non tardò a fare la cosa, poiché desiderava la figlia di Giacobbe; ed egli era il più stimato fra tutto il suo casato.
Quindi Hhamòr e Sichem suo figlio, recatisi alla porta della loro città, parlarono alla gente della loro città come segue.
Questi uomini sono sinceri con noi: fate che restino nel paese, e lo girino: il paese è già ben ampio per essi. Le loro figlie noi sposeremo, e daremo loro le nostre.
Però a questa condizione i medesimi aderiranno a noi d’abitare con noi, e formare un sol popolo: quando (cioè) ogni maschio tra noi si circoncida, com’essi sono circoncisi.
Le loro gregge, i loro averi, ed ogni loro bestiame, già divengono cosa nostra. Però acconsentiamo ad essi, in guisa che restino presso di noi.
Diedero ascolto a Hhamòr, ed a Sichem suo figlio, tutti quelli che uscivano per la porta della sua città; e tutti quelli che uscivano per la porta della sua città si circoncisero, tutti (cioè) i maschi.
Ora, nel giorno terzo, mentre quelli erano in dolore, due dei figli di Giacobbe, Simeone e Levi, fratelli di Dina, presero ciascheduno la propria spada, assalirono a man salva la città, ed uccisero ogni maschio,
Uccisi a fil di spada Hhamòr, e Sichem suo figlio, presero Dinà dalla casa di Sichem e uscirono.
I figli di Giacobbe, recatisi appo gli uccisi, depredarono la città; posciachè coloro avevano contaminata la loro sorella.
Il loro bestiame minuto e ovino, e i loro asini, e quant’era nella città, e quant’era nella campagna, presero.
E tutti i loro averi, tutti i loro fanciulli, e le loro donne, menarono cattivi e predarono; come pure tutto ciò ch’era in casa.
Giacobbe disse a Simeone ed a Levi: Voi m’avete danneggiato rendendomi odioso agli abitanti del paese, ai Cananei (cioè) ed ai Perizzei. Io sono in poca gente, essi possono unirmisi contro e battermi, in guisa ch’io rimanga distrutto, colla mia famiglia.
Essi dissero: Doveva dunque egli trattar nostra sorella qual meretrice?
Chapter 35
Iddio disse a Giacobbe: Alzati, portati a Beth-El, e soffermati ivi; e fa ivi un altare al Dio che ti apparve quando fuggivi da Esaù tuo fratello.
E Giacobbe disse alla sua famiglia, ed a tutti quelli ch’eran con lui: Deponete gli dèi stranieri che avete tra voi, purificatevi, e cangiate le vesti,
Ed alziamci, e rechiamci a BethEl, e farò colà un altare al Dio che mi esaudì nel tempo della mia angustia, e fu meco nel viaggio che intrapresi.
Diedero a Giacobbe tutti gli dèi stranieri che avevano presso di sè, ed i pendenti che avevano agli orecchi; e Giacobbe li sotterrò sotto il terebinto situato presso Sichem.
Postisi essi in viaggio, un terrore di Dio [un forte spavento] colpì le città circonvicine in guisa che non corsero dietro ai figli di Giacobbe.
Giacobbe si recò a Luz, ora Beth-El, ch’è nel paese di Cànaan: egli, e tutta la gente ch’era con lui.
E fabbricò là un altare, e denominò il luogo El-Beth-El, [vi è Iddio in Beth-El]; poichè ivi gli si era appalesato Iddio, quando fuggiva da suo fratello.
Morì Debora, nutrice di Rebecca, e venne sepolta al di sotto di Beth-El, sotto un terebinto, il quale fu chiamato Terebinto del pianto.
Iddio apparve nuovamente a Giacobbe, reduce da Paddàn-Aràm, e lo benedisse.
Iddio gli disse: Tu hai nome Giacobbe: tu non sarai più chiamato Giacobbe, ma Israel sarà il tuo nome. Così gl’impose il nome d’Israel.
Iddio gli soggiunse: Io sono Iddio onnipotente: tu prolificherai e diverrai numeroso: una popolazione, anzi un aggregato di popolazioni, avrà origine da te; e regi usciranno dai lombi tuoi.
Ed il paese che ho assegnato ad Abramo e ad Isacco, a te lo darò; alla tua discendenza cioè dopo di te darò il paese.
Iddio gli scomparve, nel luogo stesso in cui parlò con lui.
E Giacobbe eresse un monumento, (ossia) una lapide, nel luogo ove gli parlò; versovvi sopra dei libamenti, e vi colò sopra dell’olio.
Giacobbe nominò il luogo dove Dio gli aveva parlato, Beth-El.
Partiti di Beth-El, e mancando un breve tratto di terra per arrivare ad Efràt, Rachel partorì, ed ebbe difficile parto.
Mentr’ella penava a partorire, la levatrice disse: Non temere, poiché anche questo è per te un figlio.
Nell’atto che spirava - imperocchè (indi) morì - gl’impose nome Ben-Onì [figlio del mio lutto]; e suo padre lo nominò Binjamìn [figlio della destra, caro come la man destra].
Rachel morì, e fu sepolta sulla strada d’Efràt, ora Betlemme.
E Giacobbe eresse una lapide sulla sua sepoltura: è quella che tuttora dicesi la lapide sepolcrale di Rachel.
Israel partì e tese il suo padiglione più in là di Migdal-Eder.
Ora, soggiornando Israel in quel paese, Ruben andò e giacque con Bilhà concubina di suo padre, del che Israel ebbe notizia. [Colla nascita di Binjamìn] i figli di Giacobbe furono dodici.
(Cioè:) figli di Leà: Ruben, primogenito di Giacobbe ; e Simeone e Levi e Giuda, e Issachàr e Zevulùn.
Figli di Rachel: Giuseppe e Binjamìn.
Figli poi di Bilhà serva di Rachel: Dan e Naftalì.
E figli di Zilpà serva di Leà: Gad e Ascèr. Son questi i figli di Giacobbe, che gli nacquero in Paddàn-Aràm.
Giacobbe sì recò presso Isacco suo padre, in Mamrè Kirjath-Arbà, ora Hhevròn, ove fecero dimora Abramo ed Isacco.
La vita d’Isacco fu di centottant’anni.
Isacco venne meno, morì, e si raccolse alla sua gente, vecchio e sazio di vita; e Esaù e Giacobbe suoi figli lo seppellirono.
Chapter 36
Questa poi è la discendenza di Esaù, detto Edòm.
Esaù prese le sue mogli tra le donne Cananee: Adà figlia d’Elòn hhitteo, ed Aholivamà figlia di Anà, (detta) figlia di Sivòn hhivveo.
E Bassemàt figlia d’Ismael, sorella di Nevajòt.
Adà partorì ad Esaù Elifàz, e Bassemàt partorì Reuèl.
Ed Aholivamà partorì Jeùsh, Jalàm e Corahh. Questi sono i figli di Esaù, che gli nacquero nel paese di Cànaan.
Esaù prese le sue mogli, i suoi figli, le sue figlie, e tutte le persone di sua casa; le sue gregge, e tutto il suo bestiame; e tutti gli averi che aveva ammassato nel paese di Cànaan: e andò in altra terra, a cagione di Giacobbe suo fratello.
Poiché le loro facoltà erano troppe per poter abitare insieme; e la terra della loro dimora non poteva comportarli, in causa delle loro gregge.
Esaù abitò nel monte di Seìr; Esaù, cioè (la nazione di) Edòm.
E quest’è la discendenza di Esaù, padre degl’Idumei, nel monte di Seìr.
Questi sono i nomi dei figli di Esaù: Elifàz figlio di Adà moglie di Esaù; Reuèl figlio di Bassemàth, moglie di Esaù.
I figli di Elifàz furono: Temàn, Omàr, Sefò, Gatàm, e Kenàz.
E Timnà fu concubina di Elifàz figlio di Esaù, e partorì ad Elifàz Amalèk. Questi sono i figli di Adà moglie di Esaù.
E questi sono i figli di Reuèl: Nàhhat, e Zerahh, Sciammà e Mizà. Questi furono i figli di Bassemàt moglie di Esaù.
E questi furono i figli di Aholivamà figlia di Anà, (detta) figlia di Sivòn, moglie di Esaù: essa partorì ad Esaù: Jeùsh, Jalàm e Corahh.
Queste sono le tribù dei figli di Esaù: figli di Elifàz, primogenito di Esaù: tribù di Temàn, tribù di Omàr, tribù di Sefò, tribù di Kenàz.
Tribù di Corahh, tribù di Gatàm, tribù di Amalèk. Queste sono le tribù di Elifàz nella terra di Edòm, questi sono i figli di Adà.
E questi sono i figli di Reuèl figlio di Esaù: tribù di Nàhhat, tribù di Zerahh, tribù di Sciammà, tribù di Mizà. Queste sono le tribù di Reuèl nella terra di Edòm, questi sono i figli di Bassemàt moglie di Esaù.
E questi sono i figli dì Aholivarnà moglie di Esaù: tribù di Jeùsh, tribù di Jalàm, tribù di Corahh. Queste sono le tribù di Aholivamà figlia di Anà, moglie di Esaù.
Sono questi i figli di Esaù, e son queste le loro tribù: quest’è la nazione idumea.
Questi sono i figli di Seìr hhorreo, (antichi) abitatori del paese: Lotàn, e Sciovàl, e Sivòn e Anà.
E Disciòn, e Esser, e Disciàn. Queste sono le tribù degli hhorrei, figli di Seìr, nella terra (detta poscia) di Edòm.
Figli di Lotàn furono Hhorì ed Hemàm, e sorella di Lotàn fu Timnà.
Questi poi sono i figli di Scioràl: Alvàn, e Manàhhat, e Evàl, Scefò e Onàm.
E questi sono i figli di Sivòn: e Ajà e Anà. Egli è questi quell’Anà, che trovò i muli nel deserto, pascolando gli asini di Sivòn suo padre [trovò, qualche asina aver concepito da un cavallo, quindi introdusse l’uso dei muli].
E questi sono i figli di Anà: Disciòn; Aholivamà essa pure era figlia di Anà.
E questi sono i figli di Disciòn [quello del testo 21]: Hhemdàn, e Eshbàn, e Ithràn, e Cheràn.
Questi sono i figli di Esser: Bilhàn, e Zaavàn, e Acàn.
Questi sono i figli di Disciàn: Uss, e Aràn.
Queste sono le tribù degli Hhorei: tribù di Lotàn, tribù di Sciovàl, tribù di Sivòn, tribù di Anà.
Tribù di Disciòn, tribù di Esser, tribù di Disciàn. Son queste le tribù degli Hhorei, divise in varie famiglie nel paese di Seìr.
Questi poi sono i re che regnarono nella terra di Edòm, innanzi che i figli d’Israel avessero alcun re.
Regnò nell’Idumea Bela figlio di Beòr, e la sua città avea nome Dinhàva.
Morto Bela, regnò in luogo suo Jovàv figlio di Zerahh di Bossrà.
Morto Jovàv, gli succedette Hhusciàm, del paese dei Temaniti.
Morto Hhusciàm, gli succedette Hadàd figlio di Bedàd, il quale battè i Madianiti nel territorio moabitico; e la sua città avea nome Avìt.
Morto Hadàd, gli succedette Samlà, di Masrecà.
Morto Samlà, gli succedette Sciaùl, di Rehhovot-hannahàr.
Morto Sciaùl, gli succedette Baal-Hhanàn, figlio di Achbòr.
Morto Baal-Hhanàn figlio di Achbòr, gli succedette Hadàr, della città di Pau; e la sua moglie chiamavasi Mehetavèl, figlia di Matrèd, figlia di Me-Zahàv.
Questi poi sono i nomi delle (attuali) tribù di Esaù [formanti a tempi di Mosè una confederazione, e indipendenti dal regno Idumeo, il quale invece abbracciava la maggior parte delle primitive, sopra mentovate tribù], divise in varie famiglie, ed in varie contrade, che da esse presero i nomi: tribù di Timnà, tribù di Alvà, tribù di Jethèt.
Tribù di Aholivamà, tribù di Elà, tribù di Pinòn.
Tribù di Kenàz, tribù di Temàn, tribù di Mivsàr.
Tribù di Magdièl, tribù di Iràm. Sono queste le tribù di Edòm, divise in varie sedi, nel paese di loro possessione. Quest’è (quanto concerne) Esaù, il padre degl’Idumei.
Chapter 37
Giacobbe poi restò nella terra delle pellegrinazioni di suo padre, nella terra cioè di Cànaan.
Quest’è (quanto concerne) la discendenza di Giacobbe. Giuseppe dell’età di diciassett’anni pasturava coi suoi fratelli il bestiame minuto, e faceva da famiglia coi figli di Bilhà e con quelli di Zilpà, mogli di suo padre; e Giuseppe recavane a suo padre relazioni sfavorevoli.
Israel poi amava Giuseppe più di tutti i suoi figli, siccome quello ch’era per lui un figlio della vecchiaja; e gli fece una veste talare.
I suoi fratelli, vedendo ch’il loro padre lo amava più di tutti i suoi fratelli, odiaronlo, nè potevano tollerare il suo parlare amichevole.
Giuseppe fece un sogno, e lo narrò a’ suoi fratelli; e questi presero a odiarlo maggiormente.
Egli disse loro: Udite, di grazia, questo sogno che ho veduto.
Parevami che noi legassimo dei covoni in mezzo la campagna, e che il mio covone si alzasse, ed anche restasse ritto; indi i vostri covoni si mettessero in circolo, e si prostrassero al mio covone.
I suoi fratelli gli dissero: Diverresti tu dunque re sopra di noi? avresti tu forse a signoreggiarci? Ed eglino presero a odiarlo maggiormente, a cagione de’ suoi sogni e dei suoi discorsi.
Egli fece un altro sogno, e lo raccontò a’ suoi fratelli. Disse cioè: Ecco vidi nuovamente un sogno, in cui parevami ch’il sole, la luna, ed undici stelle si prostrassero a me.
Narratolo a suo padre ed ai suoi fratelli, suo padre lo sgridò, e gli disse: Che sogno mai è egli questo che sognasti? Verremo dunque io, tua madre [già defunta], e i tuoi fratelli, a prostrarci a te a terra?
I suoi fratelli ebbero di lui gelosia, e suo padre stette in aspettazione della cosa.
Ora, i suoi fratelli essendo andati a pascolare il bestiame del loro padre in Sichem,
Israel disse a Giuseppe: I tuoi fratelli pasturano in Sichem: vieni, ch’io ti mandi ad essi. Ed egli gli disse: Eccomi.
Ed egli gli disse: Va, di grazia, osserva il benessere dei tuoi fratelli, e quello del bestiame, e rendimi risposta. Egli lo mandò dalla valle di Hhevròn, e quegli si recò a Sichem.
Taluno avendolo trovato, mentr’erasi smarrito per la campagna, l’interrogò con dire: Che cosa cerchi?
E (Giuseppe) disse: Io cerco i miei fratelli: additami deh! dov’è che pasturano.
E colui disse: Sonosi dilungati di qui; perocchè gli ho uditi, che dicevano: Vogliamo andare a Dothàn - E Giuseppe andò dietro a’ suoi fratelli, e li trovò in Dothàn.
Essi il videro da lungi; ed innanzi che si avvicinasse a loro, gli macchinarono contro per ucciderlo.
Si dissero l’uno all’altro: Ecco costà l’uomò dai sogni che viene.
Or via, uccidiamolo, e gettiamlo in qualche cisterna; indi diremo: Una belva lo divorò. Così vedremo qual effetto avranno i suoi sogni.
Ruben, ciò udito, lo sottrasse alla loro mano, e disse: Nol togliamo di vita.
Soggiunse loro Ruben: Non versate sangue. Gittatelo in codesta cisterna, ch’è nella campagna, invece di mettergli le mani addosso. (Ciò disse), affine di sottrarlo alla loro mano, per poi restituirlo a suo padre.
Giunto che fu Giuseppe preso a’ suoi fratelli, essi lo spogliarono della sua tonaca, (cioè) della tonaca talare che aveva in dosso.
E presolo, lo gittarono nella cisterna, e la cisterna era vuota, non c’era acqua.
Indi sedettero a prender cibo; ed, alzati gli occhi, videro una carovana d’Ismaeliti, che veniva da Galaad, coi cammelli carichi d’aromi, di balsamo, e di laudano; incamminata a portar (queste merci) in Egitto.
Giuda disse ai suoi fratelli: Qual profitto, quand’avremo ucciso nostro fratello, e n’avremo coperto il sangue [occultata la morte]?
Or via, vendiamlo agl’Ismaeliti, invece di portare sopra di esso la nostra mano, posciachè nostro fratello, nostra carne egli è. - E i suoi fratelli acconsentirono.
Ma passati alcuni Madianiti mercatanti, tirarono Giuseppe, trasserlo della cisterna, e lo vendettero per venti sicli d’argento agl’Ismaeliti, i quali lo condussero in Egitto.
Ruben, tornato alla cisterna, e vedendo che Giuseppe non vi era, si lacerò le vesti.
E tornato ai suoi fratelli, disse: Il fanciullo non v’è; ed io, che mai va ad accadermi!
Essi presero la tonaca di Giuseppe; e scannato un capro, infusero la tonaca in quel sangue.
Mandarono la tonaca talare, e la fecero recare al loro padre, con dirgli: Questa abbiam trovato: riconosci se è, o non è, la tonaca di tuo figlio.
Egli la riconobbe, e disse: E la tonaca di mio figlio - Una belva lo mangiò - Giuseppe fu dilaniato!
Giacobbe si lacerò le vesti, si pose (tela da) sacco ai lombi, e fece lutto per suo figlio lungo tempo.
Tutt’i suoi figli e tutte le sue figlie si accinsero a confortarlo, ma egli ricusò di darsi conforto; anzi disse: No; ch’io voglio per (la perdita di) mio figlio scendere in lutto alla tomba. - Così il padre seguitò a piangerlo.
I Madianiti poi lo vendettero (a chi viaggiava) verso l’Egitto, (in guisa che fu poi venduto) a Potifàr, ministro [o: eunuco] di Faraone, Capo dei carnefici.
Chapter 38
A quel tempo, Giuda, partitosi dai suoi fratelli, attendossi presso un uomo della città di Adullàm, di nome Hhirà.
Giuda, veduta colà la figlia d’un cananeo, nomato Sciua, la prese e la sposò.
Quella, divenuta incinta, partorì un figlio, cui egli nominò Er.
Divenuta nuovamente incinta, partorì un figlio, cui ella nominò Onàn.
Partorì un altro figlio, cui nominò Scela. (Giuda) trovavasi in Chezìv, quand’ella lo partorì.
Giuda prese moglie ad Er suo primogenito, di nome Tamàr.
Er, primogenito di Giuda, spiacendo al Signore, il Signore lo fece morire.
E Giuda disse ad Onàn: Sposa la moglie di tuo fratello, esercitando verso di lei il dovere del cognato, e fa sorger prole a tuo fratello.
Ma Onàrr, conoscendo che la prole non sarebbe appartenuta a lui, quando aveva commercio colla moglie di suo fratello, lo rendeva infruttuoso, affine di non procurar prole a suo fratello.
Tale suo procedere spiacque al Signore, il quale fece morire anche lui.
E Giuda disse a Tamàr sua nuora: Resta vedova in casa di tuo padre, sinchè divenga grande Scelà mio figlio poiché pensò: Potrebbe morire anch’egli, come i suoi fratelli. Tamàr andò, e stette in casa di suo padre.
Passato lungo tempo, morì la figlia di Sciua, moglie di Giuda. Or questi, volendo darsi conforto, si recò in Timnà, appo i tosatori del suo bestiame, in compagnia del suo amico adullamita Hhirà.
Fu narrato a Tamàr, con dire: Tuo suocero deve recarsi in Timnà a tosare il suo bestiame.
Ed ella ‘si levò di dosso gli abiti vedovili, si coprì con un velo e vi s’inviluppò, indi si pose alla porta di Enaim, (città) situata sulla via di Timnà; (e ciò) perché vedeva che Scelà era divenuto grande, e ch’ella non gli veniva data in moglie.
Giuda, vedutala, la giudicò una meretrice, poiché erasi coperta il volto.
Egli piegò verso di lei, (che stava) sulla strada, e disse: Or via, ch’io venga da te (in casa) - poiché non sapeva ch’era sua nuora. Ed ella disse: Che mi darai, se verrai da me?
Egli disse: Io manderò un capretto dalla greggia, Ed ella: (Sì,) se (mi) darai un pegno, sinchè (lo) mandi.
Ed egli disse: Qual è il pegno che t’ho da dare? Ed ella: Il tuo sigillo, il tuo cordoncino, ed il bastone che hai in mano. Egli glieli diede, e andò da lei, ed ella ne rimase incinta.
Indi prontamente andatasene, si tolse il velo di dosso, e si rivestì degli abiti vedovili.
Giuda poi mandò il capretto per mezzo del suo amico adullamita, per ritirare il pegno dalla donna; ma questi non la trovò.
Interrogò la gente di quel luogo, con dire: Dov’è la prostituta, che era in Enaim, sulla strada? E quelli dissero: Non fu mai qui prostituta.
Tornato a Giuda, (gli) disse: Non l’ho trovata; ed anche la gente di quel luogo (mi) disse: Non fu mai qui prostituta.
E Giuda disse: Se li tenga, affinché non ci esponghiamo all’altrui disprezzo. Vedi, io ho mandato questo capretto, e tu non l’hai trovata.
Ora, scorsi circa tre mesi, fu narrato a Giuda con dire: Tamar tua nuora ha fornicato, e di fatti è incinta per effetto di fornicazione. E Giuda disse: Traetela fuori, e si abbruci.
Mentr’ella veniva tratta fuori, mandò a dire a suo suocero: D’un tale, cui queste cose appartengono, io son gravida - soggiungendo: Riconosci, di grazia, di chi sono questo sigillo, questi cordoncini, e questo bastone.
Giuda li riconobbe, e disse: Essa fu più giusta di me, posciachè io non la diedi a Scelà mio figlio. Non seguì però ad aver commercio con lei.
Giunto il tempo del suo parto, si trovò che aveva gemelli nel ventre.
Partorendo ella, l’uno porse fuori un braccio, e la levatrice prese un filo scarlatto, e glielo legò alla mano, con dire: Questo è uscito prima.
Appena quegli ritirò la mano, ed ecco uscì suo fratello. E quella disse: Perchè ti spingi innanzi? Tu sei reo di violenza. Quindi fu chiamato Pères.
Poscia uscì suo fratello, che aveva sulla mano il filo scarlatto; e fu chiamato Zerahh.
Chapter 39
Giuseppe poi fu condotto in Egitto, e fu comprato da Potifàr, ministro di Faraone, capo dei carnefici, uomo egizio, dagl’Ismaeliti che aveanlo condotto colà.
Il Signore fu con Giuseppe, e questi fu uomo prosperoso; quindi rimase in casa dell’egizio suo padrone.
Il suo padrone vedendo ch’il Signore era con lui, e che quanto faceva il Signore gli facea prosperar nelle mani;
Giuseppe incontrò la sua grazia, e fu ammesso al servizio della sua persona. Indi quegli lo costituì governatore della sua casa, e quanto aveva gli affidò nelle mani.
Ora, dacchè lo costituì governatore di casa sua, ed amministratore di quanto possedeva, il Signore benedisse la casa dell’egizio in grazia di Giuseppe; e la divina benedizione mostravasi in tutto ciò che gli apparteneva, sì in casa, che in campagna.
Quindi abbandonò tutto il suo in mano di Giuseppe, e non ne sapeva di nulla con lui, tranne il cibo che mangiava. Giuseppe poi era di belle forme, e di bell’aspetto.
Ora, dopo queste cose, la moglie del suo padrone volse gli occhi verso Giuseppe, e disse: Giaci meco.
Ed egli ricusò; e disse alla moglie del suo padrone: Vedi, il mio signore non ne sa di nulla con me di quanto è in casa, e tutto il suo ha posto in mia mano.
Egli non è in questa casa niente più di me, nè havvi cosa ch’in mia potestà lasciato non abbia, fuorchè te, poichè sei sua moglie. Come dunque potrei commettere sì grande misfatto, e peccare [quando pure nessuno il venga a sapere] contro a Dio?
Ora, poi ch’ella gli ebbe parlato di giorno in giorno, e ch’egli non le diede ascolto di giacere presso di lei, di trattenersi seco lei.
Accadde un giorno, ch’egli essendo venuto a casa a fare le sue faccende, mentre nessuno della gente di casa trovavasi ivi nella stanza;
Ella lo afferrò per la veste, dicendo: Giaci meco. - Ma egli le lasciò in mano la veste, fuggì, ed uscì fuori.
Ora, poi ch’ell’ebbe veduto ch’egli le aveva lasciato la veste in mano, ed era fuggito fuori;
Chiamò la gente di casa, e disse loro: Vedete, egli [mio marito] ci ha recato un uomo ebreo ad insultarci. (Costui) venne a me per giacersi meco, ed io gridai ad alta voce.
E poi che udì ch’io mi posi a gridare ad alta voce, lasciò la sua veste presso di me, fuggì ed uscì fuori.
Ella serbò la veste presso di sè, sino a che il padrone di lui venne a casa.
E gli tenne lo stesso discorso, con dire: Lo schiavo ebreo che ci recasti, è venuto a me per insultarmi.
Ma poi ch’io ad alta voce gridai, lasciò la sua veste presso di me, e fuggì fuori.
Ora, quando il suo padrone ebbe udito il discorso che gli tenne sua moglie, con dire: Tali cose mi fece il tuo schiavo - si accese di sdegno.
Quindi il padrone di Giuseppe lo prese e lo pose nella casa detta Sòhar, luogo dove erano detenuti i carcerati del re; ed egli rimase ivi nella prigione.
Ed il Signore fu con Giuseppe, e lo rendette amabile, e lo mise in grazia del capo della prigione.
Ed il capo della prigione diede in mano di Giuseppe tutti i detenuti ch’erano nella prigione; e tutto ciò che colà facevasi, era egli che faceva [veniva fatto secondo i suoi ordini].
Il capo della prigione non gli teneva l’occhio adosso in nessuna cosa di quanto faceva; poichè il Signore era con lui, e quanto egli faceva, il Signore facea prosperare.
Chapter 40
Ora, dopo queste cose, il coppiere ed il panattiere del re d’Egitto commisero un mancamento verso del loro padrone, il re d’Egitto.
E Faraone sdegnossi contro i due suoi ministri, contro il capo dei coppieri e contro il capo dei panattieri.
E li pose in custodia in casa del capo dei carnefici, nella casa detta Sòhar, luogo dov’era detenuto Giuseppe.
Il capo dei carnefici commise a Giuseppe di averne cura, e questi li serviva. Eglino stettero un anno in custodia.
Sognarono amendue in una notte un sogno diverso, ciascheduno un sogno di particolare interpretazione; il coppiere (cioè) ed il panattiere del re d’Egitto, ch’erano detenuti in quella prigione.
Giuseppe, recatosi da loro la mattina, li vide turbati.
Ed interrogò i ministri di Faraone, eh’eran con lui in custodia in casa del suo padrone, con dire: Onde è ch’il vostro volto è oggi tristo?
E quelli gli dissero: Abbiam fatto un sogno, e non v’è chi possa interpretarlo. E Giuseppe disse loro: Appartengono a Dio le interpretazioni. Narrate, di grazia, a me.
Il capo dei coppieri narrò il suo sogno a Giuseppe, e gli disse: Nel mio sogno parevami d’avere innanzi una vite.
Quella vite aveva tre tralci; ed appena fioriva, e ne spuntava il germoglio, già i suoi grappoli avevano uva matura.
Io poi aveva in mano il nappo di Faraone; e prendeva l’uva, la spremeva dentro al nappo di Faraone, e metteva il nappo sulla palma di Faraone.
Giuseppe gli disse: È questa la sua interpretazione: i tre tralci sono [significano] tre giorni.
In capo a tre giorni Faraone si ricorderà di te, e ti rimetterà nel tuo posto, e tu darai il nappo in mano a Faraone, come per lo innanzi, quand’eri suo coppiere.
Ah! sì, se tu serberai appo te memoria di me, quando sarai felice, e vorrai deh! usarmi misericordia; mi menzionerai a Faraone, e mi farai uscire di questa casa.
Perocchè rubato io fui dal paese degli Ebrei; nè qui feci alcuna cosa, per la quale m’abbian posto in questa fossa.
Il capo dei panattieri, vedendo ch’egli aveva interpretato in bene, disse a Giuseppe: Anch’io nel mio sogno parevami d’aver sul capo tre canestri di focacce.
E nel canestro superiore eravi d’ogni sorta di cibi usati da Faraone, lavoro di pistore; ed il volatile gli andava mangiando dal canestro d’in sul mio capo.
E Giuseppe rispondendo disse: È questa la sua interpretazione: i tre canestri sono [significano] tre giorni.
Al termine di tre giorni Faraone ti decapiterà, e t’appiccherà sulla forca; ed il volatile ti mangerà la carne d’addosso.
Ora nel giorno terzo, giorno natalizio di Faraone, questi fece una refezione a tutti i suoi ministri, e nella rivista dei suoi ministri si ricordò del capo dei coppieri e del capo dei panattieri.
E rimise il capo dei coppieri nell’amministrazione delle sue bibite, sicchè pose il nappo sulla palma di Faraone.
Ed il capo dei panattieri impiccò, come aveva loro interpretato Giuseppe.
Il capo poi dei coppieri, lungi dal ricordarsi di Giuseppe, lo dimenticò.
Chapter 41
Ora, in capo a due anni interi, Faraone sognava, e parevagli di stare presso al Nilo.
E che dal Nilo salissero sette vacche, belle a vedersi e di corpo pingue, e pascolassero per l’erba palustre.
Che poi altre sette vacche salissero dietro a quelle dal Nilo, brutte a vedersi e di corpo magro; le quali si rimanessero presso alle (prime) vacche sulla riva del Nilo.
Indi le vacche brutte a vedersi e di magro corpo divorassero le sette vacche belle a vedersi e grasse. E Faraone si svegliò.
Indi addormentatosi, sognò nuovamente, e parevagli che sette spiche grasse e belle si alzassero in un medesimo gambo.
E poscia sette spiche sottili, e aduste da forte vento, spuntassero dietro di quelle.
E le spiche sottili ingojassero le sette spiche grasse e piene. Indi Faraone destatosi, ebbe fine il sogno.
Ora, alla mattina, trovandosi lo spirito agitato, mandò a chiamare tutti i maghi dell’Egitto, e tutt’i suoi savj. Faraone narrò loro il suo sogno, ma non vi fu chi gliel’interpretasse.
Il capo dei coppieri parlò a Faraone, con dire: I miei mancamenti io debbo oggi rammemorare.
Faraone si è sdegnato contro i suoi servi, e mi pose in custodia in casa del capo dei carnefici; me (dico), ed il capo dei panattieri.
Ed io e colui femmo in una medesima notte un sogno, ciascheduno un sogno di particolare interpretazione.
Ivi era con noi un giovine ebreo, servo del capo dei carnefici; e noi gli narrammo, ed egli c’interpretò i nostri sogni, dando ad ognuno un’interpretazione analoga al suo sogno.
Ora, com’egli c’interpretò, così accadde: me, egli [Faraone] rimise nel mio posto, e colui appiccò.
Faraone mandò a chiamare Giuseppe, il quale fu tostamente tratto dalla fossa, e si rase, e si cangiò di vestiti, e andò da Faraone.
Faraone disse a Giuseppe: Ho fatto un sogno, e non havvi chi l’interpreti; ed io intesi dire di te, che udito un sogno, sai interpretarlo.
Giuseppe rispondendo a Faraone, disse: Non più! Iddio rivelerà ciò che possa contribuire al benessere di Faraone.
Faraone disse a Giuseppe: Nel mio sogno parevami di stare sulla riva del Nilo.
Ed ecco che dal Nilo salivano sette vacche di corpo pingue e di belle forme, e pascolavano per l’erba palustre.
Ed ecco altre sette vacche, che salivano dietro di quelle, misere, di bruttissima figura, e di corpo smunto: simili alle quali non ne vidi di brutte in tutta la terra d’Egitto.
E le vacche smunte e brutte divoravano le prime sette vacche grasse.
E queste entrate nel loro ventre, non si conosceva che entrate fossero nel ventre loro, conservando l’aspetto brutto come prima. Allora mi svegliai.
Indi io vedeva nel mio sogno sette spiche piene e belle, che si alzavano in un medesimo gambo.
Ed ecco sette spiche secche, sottili, e aduste da forte vento, che spuntavano dietro di quelle.
E le spiche sottili ingojavano le sette spiche belle. Io (lo) dissi ai savj, nè vi è chi me ne dia la spiegazione.
Giuseppe disse a Faraone: Il sogno di Faraone non è che uno. Iddio ha indicato a Faraone ciò ch’egli è per fare.
Le sette vacche belle sono sette anni, e le sette spiche belle sono sette anni: il sogno non è che uno.
E le sette vacche smunte e brutte che salivano dietro di quelle, sono sette anni; e le sette spiche vuote, aduste da forte vento, saranno sette anni di carestia.
Appunto com’io diceva a Faraone, Iddio ha fatto vedere a Faraone ciò ch’egli è per fare.
Ecco, sette anni son per venire, di grande abbondanza in tutta la terra d’Egitto.
E dopo quelli sorgeranno sett’anni di carestia, tale che l’abbondanza verrà del tutto dimenticata nella terra d’Egitto, e la carestia consumerà il paese.
L’abbondanza (antecedente) non sarà riconoscibile nel paese, a cagione di quella carestia che le verrà dietro; poiché sarà oltremodo grave.
Quanto poi all’essersi il sogno ripetuto a Faraone due volte; ciò significa che la cosa è già stabilita per decreto di Dio, e che Dio è sollecito ad effettuarla.
Or dunque scelga Faraone un uomo intelligente e savio, e lo ponga alla testa del paese d’Egitto.
Faccia (anzi) Faraone (stesso), e nomini commissarj sul paese, e provvisioni il paese d’Egitto nei sett’anni d’abbondanza.
Incettino cioè tutti i viveri dei prossimi sett’anni buoni, ed accumulino e custodiscano il grano ed altri viveri nelle singole città, sotto la potestà di Faraone.
I viveri saranno in deposito ad uso del paese, pei sett’anni di carestia che saranno nella terra d’Egitto; onde il paese non perisca per la fame.
La cosa piacque a Faraone, ed a tutti i suoi ministri.
Faraone disse ai suoi ministri: Potremmo noi trovare un uomo simile, dotato di uno spirito divino?
E Faraone disse a Giuseppe: Dappoi che Iddio ti fece conoscere tutto ciò, non havvi alcuno intelligente e savio al pari di te.
Tu sarai soprantendente della mia casa, e dietro i tuoi ordini si governerà tutto il mio popolo: io non avrò di più di te, fuorché il trono.
Faraone disse a Giuseppe: Ecco io ti costituisco alla testa di tutto il paese d’Egitto.
E Faraone si tolse di mano l’anello, e lo pose sulla mano di Giuseppe; indi gli fece indossare abiti di bisso, e gli pose al collo la catena d’oro.
Lo fece montare sulla carrozza ch’egli aveva ad uso del vicerè, e venne proclamato innanzi a lui: Avréch! [in egizio Abe-Bek, il capo inchinare]; in guisa che fu posto alla testa di tutto il paese d’Egitto.
Faraone disse a Giuseppe: Io son Faraone; e senza di te [senza il tuo permesso] nessuno alzerà nè mano, nè piede, in tutta la terra d’Egitto.
Faraone impose a Giuseppe il nome di Safenàt-Paaneahh e gli diede in moglie Assenàth, figlia di Potifèra sacerdote di On [Eliopoli]: indi Giuseppe uscì a scorrere il paese d’Egitto.
Giuseppe aveva trent’anni, allorché fu presentato a Faraone re d’Egitto. Giuseppe, uscito d’innanzi a Faraone, percorse tutto il paese d’Egitto.
La terra nei sett’anni d’abbondanza produsse a manate.
Ed egli incettò tutt’i viveri dei sett’anni (d’abbondanza) che furono nel paese d’Egitto, mettendo viveri nelle varie città, ponendo dentro di ciascheduna città i prodotti della campagna del suo territorio.
Giuseppe accumulò [nei pubblici depositi] grano in grandissima quantità, come l’arena del mare; a segno che tralasciò di tenerne calcolo, essendo innumerabile.
Nacquero a Giuseppe due figli, innanzi che venisse l’anno della carestia; procreati a lui da Assenàth, figlia di Potifèra sacerdote di Ono.
Giuseppe pose nome al primogenito Manasse, (dicendo:) Poiché Iddio mi ha fatto dimenticare tutte le mie pene, e tutta la mia casa paterna [cioè l’invidia e l’odio dei fratelli].
Ed al secondo pose nome Efraim, (dicendo:) Poichè Iddio mi fece prolificare nel paese della mia miseria.
Terminati i sett’anni dell’abbondanza, che fu nel paese d’Egitto,
Incominciarono a venire i sett’anni di carestia, come aveva detto Giuseppe; e vi fu fame in tutt’i paesi, ed in tutta la terra d’Egitto v’era pane.
Tutt’il paese d’Egitto sentendo la carestia, il popolo sclamò a Faraone, chiedendo pane; e Faraone disse a tutti gli Egizii: Andate da Giuseppe, e fate quanto vi dirà.
La carestia essendo estesa sopra tutto il paese, Giuseppe aprì tutti i depositi e vendette agli Egizii, la carestia essendo forte nel paese d’Egitto.
E la gente (eziandio) di tutt’i paesi (limitrofi) recavasi in Egitto appo Giuseppe, per comprare, la carestia essendo forte in tutta la regione.
Chapter 42
Giacobbe scorgendo ch’eranvi in Egitto viveri vendibili, disse ai suoi figli: Perché vi guardate l’un l’altro?
E soggiunse: Ecco ho udito che trovansi viveri vendibili in Egitto: recatevi colà, e comprate per noi; e così, anziché morire, ci conserveremo in vita.
I fratelli di Giuseppe, dieci (cioè), andarono a comprar grano dall’Egitto.
Binjamìn però, fratello di Giuseppe, non fu da Giacobbe mandato co’suoi fratelli; perocchè disse: Potrebbe accadergli qualche sinistro.
I figli d’Israel andarono a comprare fra gli altri, la carestia essendo (anche) nella terra di Cànaan.
Ed essendo Giuseppe il Governatore del paese, e quegli che vendeva a tutta la moltitudine; i fratelli di Giuseppe vennero (a lui), e gli si prostrarono colla faccia a terra,
Giuseppe, veduti i suoi fratelli e riconosciutili, si finse loro straniero, parlò con essi aspramente, e disse loro: Onde venite? Ed essi dissero: Dal paese di Cànaan, per comprar viveri.
Giuseppe aveva conosciuti i suoi fratelli, ed essi non l’avean conosciuto.
Giuseppe si ricordò i sogni che avea sognato (e narrato) ad essi, e disse loro: Voi siete spie, siete venuti per vedere le vergogne [le cose secrete] del paese.
Ed essi gli dissero: No, signore; ma i tuoi servi son venuti per comprar viveri.
Noi tutti siam figli d’uno stesso uomo: noi siamo onest’uomini: i tuoi servi non furono mai spie.
Ed egli disse loro: No, ma siete venu-ti per vedere le cose secrete del paese.
Essi dissero: Noi tuoi servi siam dodici fratelli, figli di uno stesso uomo, (il quale è) nel paese di Cànaan. Il più piccolo è attualmente con nostro padre, e l’altro non è più.
Giuseppe disse loro: Quest’è appunto (una prova di) ciò ch’io vi diceva, che siete spie [poichè dimostrate facilità di fabbricar menzogne].
Ecco come sarete sperimentati. Viva Faraone, voi non uscirete di quì, se non viene quì il vostro fratello minore.
Mandate uno di voi, che prenda vostro fratello; e voi resterete in carcere, sino a che sia fatta prova delle vostre asserzioni, (e si conosca) se è vero quanto dite. Altrimenti [se non avete un altro fratello], viva Faraone, voi siete spie.
Ed egli li ritirò in luogo di custodia per tre giorni.
Però nel giorno terzo Giuseppe disse loro: Ecco ciò che avete a fare, per la vostra conservazione [per quella cioè della vostra famiglia] - Io temo Iddio -
Se siete onest’uomini, un vostro fratello resti detenuto nella casa, ove siete in custodia; e voi andate a portare i viveri per la fame delle vostre famiglie.
Indi recatemi il vostro fratello minore. Così potranno verificarsi le vostre asserzioni, senza che abbiate a perire [cioè senza che la famiglia rimanga nella penuria]. Ed essi fecero così.
Parlando poi tra di loro dissero: Ma noi siam colpevoli per (ciò che abbiam fatto soffrire il) nostro fratello, di cui abbiam veduto l’animo angosciato, mentr’egli ci supplicava, e non (gli) demmo ascolto. Ecco perché ci accade questa sventura.
E Ruben rispondendo disse loro: Non vi diss’io, che non commettiate un misfatto verso il giovinetto? Ma voi non (mi) deste ascolto. Or ecco, ci vien chiesto conto del suo sangue.
Essi non sapevano che Giuseppe comprendeva [quel che parlavano nella loro lingua], poiché tra essi e lui eravi l’interprete.
Egli scostassi da loro, e pianse; indi tornato ad essi, parlò con loro, e prese da loro Simeone, e lo incarcerò sotto i loro occhi.
Giuseppe comandò, e i loro arnesi vennero empiti di grano; come pure ordinò che i loro denari venissero rimessi a ciascheduno nel suo sacco, e che venisse data loro vettovaglia pel viaggio: e così fu fatto loro.
Ed essi, caricato sui loro asini il grano comprato, partirono di là.
Ed uno avendo aperto il proprio sacco, per dar da mangiare al suo asino nell’albergo, vide il suo denaro alla bocca del suo saccone.
Egli disse a’ suoi fratelli: Il mio denaro è stato restituito, e di fatti ecco ch’esso è nel mio saccone. Essi ne rimasero tramortiti, e si guardarono l’un l’altro attoniti, con dire: Che mai ci ha fatto Iddio?
Giunti che furono appo Giacobbe loro padre nella terra di Cànaan, gli narrarono tutte le cose accadute loro, come segue:
Colui ch’è il padrone del paese ci usò parole dure, e ci trattò da esploratori del paese.
Noi gli dicemmo: Noi siamo onest’uomini, non siamo mai stati spie.
Noi siamo dodici fratelli figli di nostro padre; uno non è più, ed il minore è attualmente con nostro padre nella terra di Cànaan.
E colui ch’è il padrone del paese ci disse: Ecco com’io conoscerò che siete onest’uomini: un vostro fratello lasciate presso di me, e voi prendete (quanto occorre per) la fame delle vostre famiglie, e andatevene.
E portatemi il vostro fratel minore, e conoscerò che non siete spie, ma siete onest’uomini. Allora vi renderò il vostro fratello, e voi potrete girare il paese.
Ora, mentr’essi vuotavano i loro sacchi, ciascheduno trovò il gruppo del proprio denaro nel suo sacco; ed essi ed il loro padre, al vedere i loro gruppi di denaro, s’impaurirono.
Giacobbe loro padre disse loro: Voi mi spogliate di figliuoli! Giuseppe non è più, Simeone non è, e volete prendere Binjamìn. (Le sventure) piombano tutte addosso a me!
Ruben disse a suo padre: Farai morire due dei miei figli; se non tel riconduco. Consegnalo a me, ed io tel renderò.
Ma quelli disse: Non voglio che mio figlio vada con voi; perocchè suo fratello è morto, ed egli solo è rimasto [di quella madre]; e se gli accade qualche sinistro nel viaggio che intraprenderete, voi sarete cagione che la mia vecchiaja scenda alla tomba (immersa) nel dolore.
Chapter 43
La carestia frattanto era grave nel paese.
Ora, poi ch’ebbero terminato di mangiare i viveri che aveano portati dall’Egitto, il loro padre disse loro: Tornate a comprare per noi un po’ di viveri.
E Giuda gli disse: Colui ci ha protestato, con dire: Non vedrete la mia faccia, senz’avere con voi il vostro fratello.
Se tu sei disposto a lasciar venire con noi nostro fratello, noi andremo, e ti compreremo viveri.
Ma se tu nol lasci venire, non andremo; poiché colui ci ha detto: Non vedrete la mia faccia senz’avere con voi il vostro fratello.
E Israel disse: Perché m’avete fatto il male di dichiarare a quell’uomo se avete ancora qualche fratello?
Ed eglino dissero: L’uomo chiese contezza di noi e del nostro parentado, dicendo: Vostro padre è egli ancora vivo? Avete voi qualche fratello? E noi gli dichiarammo (il tutto) a tenore di questi (suoi) discorsi. Potevam noi sapere che direbbe: “Recate vostro fratello”?
E Giuda disse ad Israel suo padre: Manda il giovinetto con me, e noi prontamente partiremo, e così avremo da vivere, mentre altrimenti morremo e noi e tu e la nostra figliuolanza.
Io ne sarò mallevadore, da me potrai esigerlo: s’io non tel riconduco, in guisa ch’ei rimanga presso di te, voglio essere (considerato) colpevole verso di te per tutta la vita.
Conciossiachè, se non avessimo indugiato, saremmo a quest’ora tornati (a casa) già due volte.
Israel loro padre disse loro: Fate dunque così. Prendete nei vostri arnesi dei prodotti più decantati di questo paese, e recatene un presente a quell’uomo: un poco (cioè) di balsamo, un po’ di miele [succo d’uva passa], aromi, laudano, pistacchi, e mandorle.
E prendete con voi doppio denaro, ripigliate cioè con esso voi il denaro che fu rimesso nella bocca dei vostri sacconi; forse è stato uno sbaglio.
Prendete anche vostro fratello, e tornate prontamente da quell’uomo.
E Iddio onnipotente inspiri a quell’uomo pietà verso di voi, sicché ponga in libertà l’altro vostro fratello, e Binjamìn. Quanto a me poi, se devo restare orbato, già lo sono.
Eglino presero l’accennato regalo, come pure presero seco doppio denaro, e Binjamìn; e prontamente andarono in Egitto, e si presentarono a Giuseppe.
Giuseppe, veduto ch’ebbe seco loro Binjamìn, disse al suo maggiordomo: Introduci quegli uomini in casa; scanna gli occorrenti animali, e prepara (un pranzo); perocchè quegli uomini devono fare con me il pasto del mezzogiorno.
Colui eseguì quanto disse Giuseppe, ed introdusse quegli uomini in casa di Giuseppe.
Eglino poi impauriti, vedendosi introdotti in casa di Giuseppe, dissero: Egli è a cagione del denaro ch’è tornato la prima volta nei nostri sacconi, che noi veniamo (qui) introdotti, (e ciò) nell’intenzione di assalirci con raggiri e pretesti, per poi tenerci schiavi, e (tenersi) i nostri asini.
Accostatisi quindi al maggiordomo di Giuseppe, gli parlarono alla porta della casa.
E dissero: Deh, signore! Noi siam venuti la prima volta per comprar viveri.
Indi quando entrammo nell’albergo, ed aprimmo i nostri sacconi, trovammo il denaro di ciascheduno alla bocca del rispettivo saccone; (v’era cioè) il nostro argento nel (preciso) suo peso; e l’abbiamo riportato con noi.
Ed altro denaro portammo con noi per comprar viveri. Non sappiamo chi abbia posto il nostro denaro nei nostri sacconi.
E quegli disse: È pace a voi [nessun male vi minaccia], non abbiate timore. Il vostro Dio e Dio de’ vostri padri vi ha dato nei vostri sacconi un tesoro nascosto. Il vostro denaro è stato da me ricevuto. - Indi trasse lor fuori Simeone.
Colui introdusse quegli uomini in casa di Giuseppe; diede acqua, e si lavarono i piedi; e diede foraggio ai loro asini.
Allestirono il presente, innanzi che venisse Giuseppe al mezzogiorno; avendo inteso che ivi doveano pranzare.
Giuseppe essendo venuto a casa, gli recarono nella stanza il presente che avevano con sè, e gli si prostrarono a terra.
Egli gl’interrogò del loro ben stare, e soggiunse: Sta egli bene il vostro vecchio padre, di cui faceste menzione? Viv’egli ancora?
Ed eglino dissero: Il tuo servo, nostro padre, sta bene; egli è ancora in vita. - E s’inchinarono e prostrarono.
Ed egli, alzati gli occhi, e visto Binjamìn suo fratello, figlio di sua madre, disse: È egli questo il vostro fratel minore, di cui mi parlaste? E saggiunse: Iddio ti sia propizio, figliuol mio.
E tosto Giuseppe, infiammatasi in lui la pietà verso suo fratello, e volendo piangere, entrò in camera, e pianse colà.
Lavassi il volto, ed uscì; e si fece forza; e disse: Ponete il cibo (in tavola).
Venne posto a lui da parte e ad essi da parte, ed agli Egizi che mangiavano con lui, da parte: poiché gli Egizi non possono pasteggiare insieme cogli Ebrei, perocchè tal cosa è per gli Egizi un’abbominazione.
Furono fatti sedere davanti a lui [in ordine di età], i primogeniti secondo la loro primogenitura ed i minori secondo la loro minore età; ed eglino guardaronsi l’un l’altro attoniti.
Egli offrì loro di quel che aveva davanti, e l’offerta fatta a Binjamìn fu cinque volte maggiore di quelle fatte a ciascheduno di essi. Eglino bevettero e s’ubbriacarono appo lui.
Chapter 44
Egli poi comandò al suo maggiordomo, con dire: Riempi di viveri i sacconi di quegli uomini, quanto possono portare, e poni il denaro di ciascuno alla bocca del rispettivo saccone.
Porrai poi il mio bicchiere, (cioè) il bicchiere d’argento, alla bocca del saccone del più giovine, oltre al denaro da lui recato per l’acquisto dei viveri. – E quegli fece secondo l’ordine pronunziato da Giuseppe.
La mattina seguente, tosto che fu chiaro, quegli uomini furono lasciati partire unitamente ai loro asini.
Erano appena usciti della città, senza esserne lontani, quando Giuseppe disse al suo maggiordomo: Corri prontamente dietro a quegli uomini, e, raggiuntili, dì loro: Perchè avete pagato male per bene?
Egli è pur questo [che avete rubato, il bicchiere], nel quale il mio signore suol bevere, ed egli ne tira presagio [la sua perdita è per lui di cattivo augurio]. Voi avete, ciò facendo, malvagiamente operato.
Quegli li raggiunse, e fece loro questi discorsi.
Ed essi gli dissero: Perché il signore parla in tal guisa? Lungi dai tuoi servi il fare una cosa simile!
Vedi, il denaro che abbiam trovato alla bocca dei nostri sacconi, te l’abbiamo riportato dal paese di Cànaan: e come mai ruberemmo dalla casa del tuo padrone argento od oro?
Colui dei tuoi servi, presso del quale (il bicchiere) sarà trovato, vogliam che muoja; ed anche noi saremo schiavi del signore.
E quegli disse: La cosa è ancora come voi dite [io vi credo ancora onest’uomini, ma uno di voi, a vostra insaputa, ha commesso un furto]. Quegli, presso del quale si troverà (il bicchiere), mi sarà schiavo, e voi sarete liberi.
Essi prontamente calarono a terra ognuno il proprio saccone, e ciascheduno aprì il suo.
E quegli frugò, incominciando dal maggiore, e terminando col minore; e si trovò il bicchiere nel saccone di Binjamìn.
Si lacerarono i vestiti; ciascheduno ricaricò il proprio asino, e tornarono in città.
Giuda e i suoi fratelli entrarono in casa di Giuseppe mentr’egli era ancora là; e si gettarono a terra davanti di lui.
E Giuseppe disse loro: Che azione è mai, questa che avete commessa? Non sapete voi che un uomo del mio grado suol tirare presagi?
Giuda disse: Che diremo al signore? Che giova parlare, e che giustificarci? Iddio ha scoperto il delitto dei tuoi servi. Eccoci schiavi del signore, tanto noi, quanto colui, presso del quale fu trovato il bicchiere.
Ed egli disse: Lungi da me di fare così! Quegli, presso cui fu trovato il bicchiere, egli sarà mio schiavo; e voi andate in pace presso vostro padre.
Allora Giuda, appressatosi a lui, disse: Deh, signore, permetti ch’il tuo servo diriga qualche parola al mio signore, senza ch’il tuo sdegno si accenda contro del tuo servo; poiché tu sei altrettanto che Faraone.
Il mio signore ha interrogati i suoi servi, con dire: Avete voi padre, o fratello?
E noi dicemmo al signore: Abbiamo un padre vecchio, con un figlio giovine natogli nella sua vecchiaja; il quale morto essendo un suo fratello [uterino], rimase unico di sua madre, e suo padre (quindi) lo predilige.
E tu dicesti ai tuoi servi: Conducetelo a me, ch’io gli dia un’occhiata.
Dicemmo allora al signore: Il giovinetto non può abbandonare suo padre; e s’egli abbandonasse suo padre, questi ne morrebbe.
Ma tu dicesti ai tuoi servi: Se il vostro fratel minore non viene con voi, non vedrete più la mia faccia.
Indi recatici appo tuo servo mio padre, gli narrammo le parole del signore.
Poscia nostro padre disse: Tornate a comprare per noi un po’ di viveri.
E noi dicemmo: Non possiamo andare. (Soltanto) se avremo con noi nostro fratello minore, andremo; perocchè non potremo vedere la faccia di quell’uomo, senz’avere con noi il nostro fratel minore.
Ed il tuo servo mio padre ci disse: Voi sapete, che mia moglie [prediletta] m’ha partorito due (soli) figliuoli.
Dei quali uno mi è mancato, in guisa che ho dovuto pensare che certamente sia stato dilaniato; nè sinora l’ho più veduto.
Se voi mi togliete dinanzi anche questo, e gli accada qualche sinistro, voi siete cagione che la mia vecchiaja scenda infelice alla tomba.
Ora, tosto ch’io venga appo il tuo servo mio padre, senza ch’il giovinetto sia con noi - e l’anima di quello è legata coll’anima di questo -
Quegli, visto ch’il giovinetto non è, morrà; ed i tuoi servi avranno fatto scendere la vecchiaja del tuo servo, nostro padre alla tomba (immersa) nel dolore.
Imperocchè il tuo servo si è fatto mallevadore del giovine presso mio padre, dicendo: Se non tel riconduco, voglio essere (considerato) colpevole verso mio padre per tutta la vita.
Or dunque permetti ch’il servo stia qui schiavo del mio signore in cambio del giovine ed il giovinetto riparta co’ suoi fratelli.
Poiché come potrei recarmi presso mio padre, senz’aver meco il giovinetto? (Accetta dunque il cambio) ond’io non sia testimonio del male che avverrebbe a mio padre.
Chapter 45
Giuseppe non potè più farsi violenza (secondo che richiedeasi) pei numerosi astanti, e gridò: Fate uscire ogni persona d’intorno me. - E nessuno rimase con lui quando Giuseppe si diede a conoscere a’ suoi fratelli.
Egli diede in sonoro pianto, sicchè l’udirono gli Egizi, e n’ebbe notizia la casa di Faraone.
Giuseppe disse ai suoi fratelli: Io sono Giuseppe. Mio padre viv’egli ancora? - Ma i suoi fratelli non gli poterono rispondere, poichè rimasero sbalorditi al suo cospetto.
Giuseppe allora disse ai suoi fratelli: Appressatevi di grazia me. - Eglino si appressarono, ed egli disse: Io son Giuseppe vostro fratello, che avete venduto (a chi viaggiava) verso l’Egitto.
Ora però non vi contristate, e non vi rincresca d’avermi venduto verso qui; perocchè Iddio ha voluto ch’io vi precedessi, ond’essere strumento della vostra conservazione.
Poiché son già due anni ch’è carestia nel paese, ed ancora per cinque anni non vi sarà nè arare, nè mietere.
E Iddio fece sì ch’io vi precedessi, per darvi alcun residuo sulla terra, ed anzi conservarvi in vita in numerosa gente scappata al pericolo.
Quindi non siete voi che m’avete mandato quì, ma è Iddio, il quale mi costituì qual padre a Faraone, e padrone di tutta la casa sua, e dominante su tutto il paese d’Egitto.
Andate prontamente da mio padre, e ditegli: Dice così tuo figlio Giuseppe: Iddio mi ha costituito padrone di tutto l’Egitto. Vieni a me, non indugiare.
Abiterai nel paese di Gòscen, e sarai vicino a me. (Vieni cioè) tu, co’ tuoi figli, i tuoi nipoti, il tuo bestiame minuto ed il bovino, e tutto quanto t’appartiene.
Io ti alimenterò colà, poiché vi sono ancora cinque anni di carestia. (Vieni,) onde non perisca tu, la tua famiglia, e tutto ciò che possiedi.
Ed ecco voi vedete coi vostri occhi, come pure mio fratello Binjamìn, ch’è la mia bocca che vi parla [cioè senza interprete].
Narrerete dunque a mio padre tutto l’onore ch’io godo in Egitto, e tutto ciò che avete veduto; e sollecitamente trasporterete mio padre qui.
Indi si gettò al collo di suo fratello Binjamìn e pianse; e Binjamìn pianse sul collo di lui.
Baciò tutti i suoi fratelli, e pianse sopra di essi: e [soltanto] dopo ciò i suoi fratelli parlarono con lui.
La voce si divulgò in casa di Faraone, con dire: Sono venuti i fratelli di Giuseppe - e (la cosa) piacque a Faraone, ed ai suoi ministri.
E Faraone disse a Giuseppe: Dì ai tuoi fratelli: Fate così: caricate le vostre bestie, e partite, e recatevi al paese di Cànaan.
E prendete vostro padre e le vostre famiglie, e venite a me; e vi darò il miglior sito della terra d’Egitto, e godrete la parte migliore del paese.
Io te l’impongo: Fate così: prendete dal paese d’Egitto dei carri, per la vostra figliuolanza e le vostre mogli; trasportate vostro padre, e venite.
Nè v’incresca di lasciare le vostre masserizie, poiché il meglio di tutto il paese d’Egitto è per voi.
I figli d’Israel eseguirono. Giuseppe diede loro dei carri, secondo l’ordine di Faraone, e diede loro viatico pel viaggio.
A tutti diede una muta d’abiti per ciascheduno; ed a Binjamìn diede trecento sicli d’argento, e cinque mute d’abiti.
Ed a suo padre mandò parimente dieci asini carichi del meglio dell’Egitto, e dieci asine cariche di grano, di pane e d’altri alimenti, per suo padre pel viaggio.
Accommiatò i suoi fratelli, e se n’andarono; e disse loro: Non v’inquietate per viaggio.
Partiti dall’Egitto, arrivarono al paese di Cànaan, presso Giacobbe loro padre.
E gli narrarono che Giuseppe è ancor vivo, e ch’egli domina su tutto il paese d’Egitto; ma il suo cuore rimase (com’era) abbattuto, poiché non gliel credeva.
Quando poi gli esposero tutti i discorsi che fatti aveva loro Giuseppe, e quando vide i carri, che Giuseppe avea mandati per trasportarlo, lo spirito di Giacobbe loro padre si ravvivò.
Israel disse: Basta! Giuseppe mio figlio è ancora vivo. Voglio andare a vederlo, innanzi ch’io muoia.
Chapter 46
Israel si pose in viaggio, con quanto gli apparteneva; e, giunto in Beer-Sceva, fece sagrifizi al Dio di suo padre Isacco.
E Dio in visione notturna disse ad Israel : Giacobbe! Giacobbe! e questi disse: Eccomi.
E quegli disse: Io sono Iddio, il Dio di tuo padre: non ti faccia paura l’andare in Egitto, poiché colà io ti farò divenire una grande nazione.
Io verrò teco in Egitto, ed io stesso ti farò anche tornar quì [cioè la tua discendenza]; e Giuseppe [quando morrai] ti porrà la mano sugli occhi.
Giacobbe partì di Beer-Sceva: i figli (cioè) d’Israel trasportarono Giacobbe loro padre, la loro figliuolanza e le loro mogli, nei carri che Faraone aveva mandato per trasportarlo.
Presero il loro bestiame, e gli averi che ammassarono nel paese di Cànaan, e recaronsi in Egitto, Giacobbe, e con lui tutta la sua progenie.
I suoi figli e i suoi nipoti con lui, le sue figlie, le figlie de’ suoi figli, tutta in somma la sua discendenza condusse seco in Egitto.
E questi sono i nomi degl’Israeliti recatisi in Egitto, Giacobbe (cioè) e i figli suoi: il primogenito di Giacobbe è Ruben.
E i figli di Ruben sono: Hhanòch, Pallù, Hhessròn e Carmì.
E i figli di Simeone sono: Jemuel, Jamìn, Ohad, Jachìn e Sòhhar, e Sciaùl figlio della Cananea.
E i figli di Levi sono: Gheresciòn, Kehàt e Merarì.
E i figli di Giuda furono: Er, Onàn, Scelà, Pèress e Zerahh; ma Er ed Onàn morirono nella terra di Cànaan. Figli di Pèress furono: Hhessròn e Hhamùl.
E i figli d’Issachàr sono: Tolà, Puvvà, Jov e Scimròn.
E i figli di Zevulùn sono: Sèred, Elòn e Jahhleèl.
Questi sono i figli di Leà, che procreò a Giacobbe in Paddàn-Aràm, oltre a Dinà sua figlia. Tutte le persone dei figli e delle figlie di lui [lui compreso] sono trentatrè.
E i figli di Gad: Sifjòn, Hhagghì, Sciunì, Esbòn, Erì, Arodì e Arelì.
E i figli di Ascèr: Imnà, Ishvà, Ishvì e Berià, e la loro sorella Serahh. Ei figli di Berià: Hhèver e Malkièl.
Questi sono i figli di Zilpà, che Lavàn diede a Leà sua figlia. Ella procreò questi a Giacobbe, (cioè) sedici persone.
I figli di Rachel, moglie (prediletta) di Giacobbe: Giuseppe e Binjamìn.
Nacquero a Giuseppe nel paese d’Egitto, partoriti a lui da Assenàth figlia di Potifèra sacerdote di On, Manasse ed Efraim.
E i figli di Binjamìn: Bela, Bècher, Ashbèl, Gherà, Naamàn, Ehhì, Rosh, Muppìm, Hhuppìm e Arde.
Questi sono i figli di Rachel, nati a Giacobbe: in tutto quattordici persone.
I figli di Dan: Hhuscìm.
E i figli di Naftalì: Jahhseèl, Gunì, Jèsser e Scillèm.
Son questi i figli di Bilhà, che Lavàn diede a Rachel sua figlia. Essa procreò questi a Giacobbe, in tutto sette persone.
Tutte le persone passate in Egitto, appartenenti a Giacobbe, uscite dalla coscia sua, oltre alle mogli dei figli di Giacobbe: in tutto persone sessantasei.
I figli poi di Giuseppe, nati a lui in Egitto, persone due. Le persone della casa di Giacobbe, andate in Egitto, [coi tre che già vi erano, e Giacobbe stesso] erano in tutto settanta.
(Giacobbe) mandò innanzi a sè Giuda appo Giuseppe, affinché questi gli additasse prima del suo arrivo (la via) verso Gòscen. Così arrivarono al paese di Gòscen.
Giuseppe, attaccata la sua carrozza, andò incontro a suo padre a Gòscen; e tosto che si mostrò a lui, questi gli si gettò al collo, e pianse sul suo collo lungamente.
Israel disse a Giuseppe: Posso finalmente morire, dopo ch’io ho veduta la tua faccia, (dopo cioè aver veduto) che sei ancor vivo.
Giuseppe disse ai suoi fratelli ed alla famiglia di suo padre: Voglio andare a narrare (la cosa) a Faraone, e dirgli: I miei fratelli e la famiglia di mio padre, ch’erano nel paese di Cànaan, sono venuti a me.
Eglino sono pastori di bestiame minuto, essendo (sempre) stati proprietarj di gregge; ed hanno recato (con sè) il loro bestiame minuto e bovino, e tutto ciò che possiedono.
Ora, quando Faraone vi chiamerà, e (vi) dirà: Quali sono le vostre occupazioni?
Direte: I tuoi servi furono proprietarj di gregge dalla nostra giovinezza fino ad ora, e noi e i nostri padri. - E ciò, affinché vi si faccia abitare nel paese di Gòscen; poiché ogni pastore di bestiame minuto è in abbominazione presso gli Egizi.
Chapter 47
Giuseppe andò e narrò (la cosa) a Faraone, e disse: Mio padre e i miei fratelli, col loro bestiame minuto e bovino, e tutto quello che possiedono, sono venuti dalla terra di Cànaan, e sono ora nel paese di Gòscen.
E tra i suoi fratelli prese cinque uomini, e li presentò a Faraone,
Faraone disse ai fratelli di lui: Quali sono le vostre occupazioni? Ed eglino dissero a Faraone: I tuoi servi sono pastori di bestiame minuto, come furono anche i nostri padri.
E soggiunsero a Faraone: Siamo venuti a far dimora in questo paese, poiché manca il pascolo al bestiame de’ tuoi servi, la carestia essendo grave nel paese di Cànaan: permetti quindi ch’i tuoi servi stiano nel paese di Gòscen.
Faraone disse a Giuseppe: Tuo padre e i tuoi fratelli sono venuti da te.
La terra d’Egitto è a tua disposizione: nel miglior sito del paese colloca tuo padre e i tuoi fratelli: stiano (quindi) nel paese di Gòscen. E se conosci che vi siano tra essi uomini di vaglia, costituiscili soprantendenti al mio bestiame.
Giuseppe fece venire Giacobbe suo padre, e lo presentò a Faraone; e Giacobbe benedisse Faraone.
Faraone disse a Giacobbe: Quanti sono gli anni della tua età?
E Giacobbe disse a Faraone: Gli anni del mio pellegrinaggio sono cento e trenta. Pochi ed infelici furono gli anni della mia vita, e non giunsero agli anni della vita de’ miei padri nel tempo del loro pellegrinaggio.
Giacobbe benedisse Faraone, ed uscì dal cospetto di Faraone.
Giuseppe collocò suo padre e i suoi fratelli, e diede loro delle terre in possesso nel paese d’Egitto, nella parte migliore del paese, nella terra (cioè) di Raamsès, come Faraone aveva comandato.
Giuseppe alimentò suo padre, i suoi fratelli, e tutta la casa paterna, (somministrando i) viveri secondo la quantità della figliuolanza.
I viveri mancavano in tutto il paese, la carestia essendo grave assai; ed i paesi d’Egitto e di Cànaan erano stanchi [languivano] per la carestia.
Giuseppe raccolse tutto il denaro esistente nei paesi d’Egitto e Cànaan, in cambio dei viveri ch’essi compravano; e Giuseppe fece entrare il denaro in casa di Faraone.
Finito il denaro nei paesi d’Egitto e Cànaan, tutti gli Egizi recaronsi a Giuseppe, dicendo: Somministraci viveri, se non vuoi vederci morire; poiché non c’è più argento.
E Giuseppe disse: Date il vostro bestiame, e vi darò in cambio del vostro bestiame, se non v’è più argento.
Ed eglino recarono il loro bestiame a Giuseppe, e Giuseppe diede loro i viveri in cambio dei cavalli, delle mandre di bestiame minuto e bovino, e degli asini; e li sostenne per quell’anno, somministrando loro il pane in cambio di tutto il loro bestiame.
Terminato quell’anno, recaronsi a lui nell’anno susseguente [ultimo della carestia], e gli dissero: Non occultiam nulla al signore [non abbiamo ricchezze nascoste]; ma è finito l’argento, e le mandre del bestiame sono presso il signore: non rimane a disposizione del signore, fuorché il nostro corpo ed il nostro terreno.
Perché vorresti vederci perire e noi ed il nostro terreno? Fa acquisto di noi e del nostro terreno mediante il pane, e noi ed il nostro terreno diverrem servi di Faraone; e somministraci la sementa, in guisa che noi, anziché perire, viviamo, ed il terreno non rimanga incolto.
Giuseppe acquistò per Faraone tutto il terreno dell’Egitto, gli Egizi avendo venduto ciascheduno il proprio campo, oppressi ch’erano dalla fame; e la terra divenne di Faraone.
E la popolazione fec’egli passare, divisa (com’era prima) nelle varie città, dall’una all’altra estremità del territorio d’Egitto [vale a dire: traslocò le popolazioni, senza però dividere gli abitanti d’alcuna città, ma mandandoli in massa in altra città lontana da quella].
Non acquistò però i terreni dei sacerdoti, perocchè i sacerdoti ricevevano una pensione da Faraone, e vivevano della pensione che loro passava Faraone: quindi non vendettero i loro terreni.
Giuseppe disse al popolo: Ecco, io v’ho adesso acquistati, voi e la vostra terra, per Faraone: eccovi la sementa, e seminate il terreno.
Ad ogni ricolto darete la quinta parte a Faraone; e le altre quattro parti saranno vostre, per la seminagione della campagna, pel vostro mantenimento, per quelli che avete in casa, e pel mantenimento della vostra figliuolanza.
Eglino dissero: Tu ci ridoni la vita. Possiamo (sempre così) trovar grazia presso il signore! Saremo [volentieri] servi di Faraone.
Giuseppe la stabilì [questa cosa] qual legge (sussistente) sino a quest’oggi, sul terreno dell’Egitto, a vantaggio di Faraone, che gli fosse (cioè) pagato il quinto (dei prodotti). Però il terreno dei soli sacerdoti non divenne di Faraone.
Gl’Israeliti rimasero nella terra d’Egitto, nel paese di Gòscen: vi si stabilirono, e prolificarono, e si moltiplicarono grandemente.
Giacobbe visse nella terra d’Egitto diciassette anni; e i giorni di Giacobbe, gli anni della sua vita, furono cento e quarantasette anni.
I giorni d’Israel avvicinandosi a (quello del) morire, egli chiamò suo figlio Giuseppe, e gli disse: Se pure trovo grazia appo te, metti deh! la mano sotto la mia coscia, promettendo di usarmi benevolenza e fedeltà: ti prego (cioè) di non mi seppellire in Egitto.
Ma tosto ch’io giacerò coi miei padri, mi trasporterai dall’Egitto, e mi seppellirai nella loro sepoltura. - E quegli disse: Io farò come tu dici.
Disse: Giurami. - E quegli gli giurò. Giacobbe allora (gli) s’inchinò stando sul letto.
Chapter 48
Dopo queste cose fu detto a Giuseppe: Ecco, tuo padre è ammalato. - Ed egli prese seco i due suoi figli, Manasse ed Efraim.
Fu narrato e detto a Giacobbe: Ecco, tuo figlio Giuseppe è venuto a te. - Israel si sforzò, e sedette sul letto.
Giacobbe disse a Giuseppe: Iddio onnipotente mi è apparso in Luz, nella terra di Cànaan, e mi benedisse.
E mi disse: Ecco io son per farti prolificare e divenir numeroso, e ti renderò un aggregato di popoli; e darò questo paese in perpetuo possesso alla tua discendenza dopo di te.
Ora, i tuoi due figli, nati a te nel paese d’Egitto, innanzi ch’io venissi appo te in Egitto, sono miei [voglio che siano riguardati come due tribù]. Efraim eManasse saranno miei, egualmente che Ruben e Simeone.
La prole poi che genererai dopo di essi, sarà tua: sotto il nome dei loro fratelli verranno chiamati nel (ricevere il) loro retaggio.
A me poi, quand’io veniva da Paddàn, morì Rachel nella terra di Cànaan, per viaggio, mentre mancava un breve tratto di terra per arrivare ad Efràt, ed io la seppellii colà sulla strada d’Efràt, ora Betlemme.
Israel, veduti i figli di Giuseppe, disse: Chi sono questi?
Giuseppe disse a suo padre: sono i miei figli, che Dio mi diede in questo paese. - E quegli disse: Me li reca quì, ch’io li benedica.
Israel avea per la vecchiaja la vista indebolita, non poteva vedere [distintamente]. Quegli glieli appressò, ed egli li baciò ed abbracciò.
Israel disse a Giuseppe: Io non avrei giudicato di (dover mai più) vedere la tua faccia, ed ecco che Dio mi fece vedere anche la tua prole.
Giuseppe li scostò dalle ginocchia di lui, e si prostrò colla faccia a terra.
Indi Giuseppe li prese amendue, Efraim colla destra, corrispondente alla sinistra d’Israel, e Manasse colla sinistra, corrispondente alla destra d’Israel; e glieli appressò.
Ma Israel porse la sua destra e la pose sul capo d’Efraim, il quale era il minore, e la sinistra sul capo di Manasse. Egli [apparentemente] sbagliò nel collocare le sue mani, poiché era Manasse il primogenito.
Benedisse Giuseppe, e disse: Quel Dio, davanti al quale camminarono i miei padri, Abramo ed Isacco; quel Dio ch’ebbe cura di me, dacché esisto sino ad oggi;
L’angelo, che mi ha liberato da ogni male, benedica questi giovanetti, in guisa che si perpetui in essi il mio nome, e quello de’ miei padri Abramo ed Isacco, e si propaghino in gran numero in mezzo al paese.
Giuseppe, vedendo che suo padre metteva la mano destra sul capo d’Efraim, n’ebbe dispiacere; e sollevò la mano di suo padre, per levarla d’in sul capo d’Efraim, (e porla) sul capo di Manasse.
Giuseppe disse a suo padre: Non così, padre mio; poiché questi è il primogenito; metti la tua destra sul capo suo.
Ma suo padre ricusò, e disse: Lo so, figlio mio, lo so: anche quello formerà un popolo, ed anche quello diverrà potente: però suo fratello minore diverrà più potente di lui, e la sua discendenza sarà un aggregato di popolazioni.
Egli li benedisse in quel giorno, con dire: Israel benedirà [cui vorrà benedire], nominando te, e dicendo: Ti faccia Dio simile ad Efraim ed a Manasse! - Egli così antepose Efraim a Manasse.
Indi Israel disse a Giuseppe: Io sono per morire; ma Dio sarà con voi, e vi farà tornare alla terra de’ vostri padri.
Io poi ti assegno una porzione di più de’ tuoi fratelli, (in ciò) ch’io debbo conquistare sugli Emorei colla mia spada e col mio arco.
Chapter 49
Giacobbe chiamò i suoi figli, e disse: Entrate, ch’io v’annunzii ciò che vi accadrà nei tempi avvenire.
Raccoglietevi (intorno a me), ed ascoltate, o figli di Giacobbe; e prestate attenzione ad Israel vostro padre.
Ruben, mio primogenito tu sei, mia virtù, e primizie del mio vigore; superiore in rango, e (insieme) superiormente fiero.
Impetuoso come l’acqua, non devi godere superiorità; perocchè salisti al letto di tuo padre. Allora disonorasti... Egli il mio strato salì!
Simeone e Levi son (del tutto) fratelli, strumenti d’ingiustizia sono le loro spade.
Nel loro consiglio non entri la mia persona; nel loro congresso non ti unire, o mio onore: perocchè nella loro collera uccidono un uomo, e nella loro calma storpiano un bue.
Maledetta la loro collera, poiché è feroce; e l’ira loro, poiché è inflessibile! Voglio dividerli in Giacobbe, e sparpagliarli in Israel.
Giuda, tu riceverai gli omaggi de’ tuoi fratelli, la tua mano coglierà la cervice de’ tuoi nemici, prostrerannosi a te i figli di tuo padre.
Qual giovine leone egli è Giuda - tu ritorni [illeso], figliuol mio, dopo aver fatto preda - egli si piega, si corica, a guisa di leone, o di leonessa, e chi lo farebbe alzare?
Non verrà a mancare lo scettro da Giuda, nè il Baston del comando dai piedi suoi; a segno che (anche allora che) si verrà a Scilò [a fare la distribuzione della terra conquistata, Giosuè Capo 18], a lui sarà l’obedienza dei popoli [una superiorità sulle altre tribù].
Egli lega alla vite il suo puledro, alla vite dell’uva migliore il figlio dell’asina sua; lava nel vino il suo vestito, e nel sangue delle uve i suoi panni.
Ha rubicondi gli occhi per l’abbondanza del vino, e candidi i denti per l’abbondanza del latte.
Zevulùn abiterà al lido del mare; egli (starà) al lido delle navi, ed il suo confine (sarà) presso a Sidòn.
Issachàr è un asino corpulento, che si corica tra i graticolati [in luoghi riparati].
Trova felice il riposo, ed ameno il suolo; piega quindi il dorso a portar la soma, e si fa obediente tributario.
Dan difenderà la sua gente, al pari di uno dei Capi d’Israel.
Sia Dan qual serpente sulla strada, qual cerasta sulla via; che morde le calcagna del cavallo, ed il cavalcatore ne cade all’indietro.
Da te, Dio Signore, io spero la salute.
Gad aggredito da orde nemiche, taglierà loro il calcagno.
D’Ascèr saranno pingui i prodotti: egli somministrerà regie delizie.
Naftalì è una cervia sciolta; egli, che tributa (a Dio) parole di contentezza.
Una pianta prosperosa è Giuseppe, pianta prosperosa (situata) presso una fonte; i cui rami si spaziano sopra il pergolato.
E lo amareggiarono, e lo saettarono; gli furono avversi i saettieri.
Ma resistè vigoroso l’arco suo, e furono agili le sue braccia; col (soccorso del) Dio tutelare di Giacobbe; di Lui, ch’è il pastore, anzi la rocca d’Israel.
Col favore (cioè) del Dio di tuo padre, il quale ti soccorrerà; dell’Onnipossente che ti benedirà, benedizioni provenienti dall’alto cielo, benedizioni dell’imogiacente abisso: benedizioni (dico, del cielo che fa l’uffizio) delle mammelle, e (del suolo, che fa l’uffizio) della matrice.
Le benedizioni che ti dà tuo padre si alzano ai beni provenienti dai monti, alle dolcezze delle alte colline. Verranno [tutte queste benedizioni] sul capo di Giuseppe, sulla testa di lui ch’è il distinto tra’ suoi fratelli.
Binjamìn è un lupo rapace, il quale la mattina mangia preda, e la sera divide bottino.
Tutti questi dodici sono i Capi tribù d’Israel, e questo è quanto disse loro il loro padre benedicendoli; a ciascheduno dei quali diede la sua speciale benedizione.
Indi diede loro suoi ordini, e disse loro: Io sono per raccogliermi alla mia gente: seppellitemi presso ai miei padri, nella grotta situata nel campo dell’hhitteo Efròn.
Nella grotta situata nel campo di Machpelà, ch’è dirimpetto a Mamrè, nella terra di Cànaan; campo che Abramo comprò dall’hhitteo Efròn, in possessione ad uso di cimitero.
Ivi seppellirono Abramo, e Sara sua moglie; ivi hanno seppellito Isacco e Rebecca sua moglie; ed ivi ho sepolto Leà.
L’acquisto del campo, e della grotta in esso situata, fu fatto col consenso degli Hhittei.
Giacobbe, terminato di dare gli ordini ai suoi figli, ritirò i piedi dentro del letto, indi spirò, e si raccolse alla sua gente.
Chapter 50
Giuseppe, gittatosi sulla faccia di suo padre, pianse sopra il suo corpo e lo baciò.
Indi Giuseppe comandò ai medici che aveva al suo servigio, d’imbalsamare suo padre; e i medici imbalsamarono Israel.
Impiegaronsi per lui quaranta dì, tale essendo il tempo in cui si compie l’imbalsamazione; e gli Egizi lo piansero per settanta giorni [cioè durante l’imbalsamazione, e trenta giorni dopo].
Passato il tempo del piangerlo, Giuseppe parlò alla famiglia di Faraone, con dire: Se pure ho incontrato grazia appo voi, esponete deh! a Faraone ciò che segue:
Mio padre mi fece giurare, dicendomi: Io son per morire: seppelliscimi nella sepoltura che mi sono scavato nella terra di Cànaan. - Permetti quindi ch’io vada a seppellir mio padre, indi ritorni.
E Faraone disse: Va a seppellir tuo padre, com’egli ti fece giurare.
Giuseppe andò a seppellir suo padre, e andarono con lui tutt’i ministri di Faraone, anziani della sua casa, e tutti gli anziani del paese d’Egitto.
Come pure tutta la famiglia di Giuseppe, i suoi fratelli, e la casa paterna. Soltanto la loro tenera prole, ed il loro minuto e grosso bestiame lasciarono nel paese di Gòscen.
Andarono con lui anche cocchi ed anche cavalieri, cosicchè la comitiva fu numerosa assai.
Arrivati all’aja (detta) dell’Atàd [degli spini], situata passato il Giordano, fecero ivi esequie grandi e solenni assai. Egli fece a suo padre un lutto di sette giorni.
I Cananei, abitanti del paese, vedendo il lutto nell’aja dell’Atàd, dissero: Egli è questo un grave lutto per gli Egizi. Ond’è ch’il luogo fu denominato Avèl-Missraim, il quale si trova passato il Giordano [cioè nella Cananea].
I suoi figli gli fecero appunto com’egli avea loro comandato.
I suoi figli cioè lo trasportarono nella terra di Cànaan, e lo seppellirono nella grotta del campo di Machpelà: campo che Abramo comprò dall’hhitteo Efròn in possessione ad uso di sepoltura, situato dirimpetto a Mamrè.
Giuseppe, dopo ch’ebbe seppellito suo padre, tornò in Egitto, co’ suoi fratelli e tutti quelli ch’erano andati con lui a seppellir suo padre.
I fratelli di Giuseppe, visto ch’era morto il loro padre, pensarono: Potrebb’essere che Giuseppe ci serbasse odio, e volesse renderci tutto il male che gli abbiam fatto.
Fecero quindi dire a Giuseppe: Tuo padre ha comandato innanzi di morire, con dire:
Direte così a Giuseppe: Deh! perdona di grazia la colpa dei tuoi fratelli ed il loro mancamento, mentre ti hanno trattato male; ed ora perdona deh! la colpa dei servi del Dio di tuo padre. - E Giuseppe pianse quando gli si parlò.
Indi andarono i suoi fratelli stessi, gli si gettarono innanzi, e dissero: Eccoci tuoi schiavi.
Ma Giuseppe disse loro: Non temete, perocchè fo io forse le veci di Dio [per poter quindi punire le intenzioni]?
Se voi avete avuto il pensiero di farmi del male, Iddio ha voluto per bene, per produrre ciò che si è effettuato, di mantenere (cioè) in vita numerosa gente.
Or dunque non abbiate timore: io alimenterò voi e la vostra figliuolanza. - Così li consolò, e parlò al loro cuore.
Giuseppe rimase in Egitto, egli (cioè) e la famiglia di suo padre; e Giuseppe visse cento e dieci anni.
Giuseppe vide i pronipoti di Efraim; ed anche i figli di Machìr, figlio di Manasse, nacquero sulle ginocchia di Giuseppe.
Giuseppe disse ai suoi fratelli: Io sono per morire; ma Dio si mostrerà memore di voi, e vi farà passare da questo paese al paese ch’egli ha giurato ad Abramo, Isacco e Giacobbe.
Indi Giuseppe fece giurare i figli d’Israel con dire: Quando Dio si mostrerà memore di voi, trasporterete le mie ossa di qui.
Giuseppe morì di cento e dieci anni; e fu imbalsamato, e posto in un’arca in Egitto.