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Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica argentina Gazzetta ufficiale n. L 006 del 11/01/2000 pag. 0032 - 0038 ACCORDOdi cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica argentinaLa COMUNITÀ EUROPEA (in seguito denominata "la Comunità"),da una parte, ela REPUBBLICA ARGENTINA (in seguito denominata "Argentina"),dall'altra,in seguito denominate le "parti",CONSIDERATO l'accordo quadro di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica argentina del 2 aprile 1990;CONSIDERATA l'importanza che riveste la ricerca scientifica e tecnologica per lo sviluppo economico e sociale delle parti;CONSIDERATA la cooperazione scientifica e tecnologica in atto tra la Comunità e l'Argentina;CONSIDERATO che la Comunità europea e l'Argentina stanno conducendo ricerche e attività tecnologiche, ivi compresi progetti di dimostrazione secondo la definizione dell'articolo 2, lettera d), in alcuni settori di interesse comune e che le parti possono trarre reciproco vantaggio dalla partecipazione alle rispettive attività di ricerca e sviluppo a condizioni di reciprocità;DESIDERANDO stabilire una base formale per la cooperazione nel campo della ricerca scientifica e tecnologica che consenta di ampliare e rafforzare le attività di cooperazione in settori di interesse comune e di promuovere l'applicazione dei risultati di tale cooperazione a vantaggio del loro sviluppo economico e sociale;CONSIDERATO che il presente accordo di cooperazione scientifica e tecnologica si colloca nel contesto della cooperazione globale tra l'Argentina e la Comunità,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1ObiettivoLe parti promuovono, sviluppano e agevolano attività di cooperazione tra la Comunità e l'Argentina in settori d'interesse comune in cui conducono attività di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico.Articolo 2DefinizioniAi fini del presente accordo, si intende per:a) "attività di cooperazione", qualunque attività che le parti intraprendono o finanziano ai sensi del presente accordo, compresa la ricerca congiunta;b) "informazioni", dati scientifici o tecnici, risultati o metodi di ricerca e sviluppo frutto della ricerca congiunta e qualsiasi altro dato ritenuto necessario dai partecipanti alle attività di cooperazione, incluse, se del caso, le parti stesse;c) "proprietà intellettuale", la definizione data dall'articolo 2 della convenzione che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, conclusa a Stoccolma il 14 luglio 1967;d) "ricerca congiunta", ricerca, sviluppo tecnologico o dimostrazione condotta con o senza il finanziamento di una delle parti o di entrambe, che comporti la collaborazione di partecipanti sia della Comunità che dell'Argentina e che sia designata per iscritto come ricerca congiunta dalle parti o da agenzie e organismi delle parti che attuino programmi di ricerca scientifica. Se il finanziamento è erogato da una sola parte, la designazione spetta alla parte finanziatrice e ai partecipanti al progetto. Per "progetti di dimostrazione" si intendono progetti che sono destinati a comprovare l'efficienza economico-finanziaria di nuove tecnologie che offrono un potenziale beneficio economico, ma che non possono essere commercializzate direttamente;e) "partecipante" o "organismo" di ricerca, qualsiasi persona fisica o giuridica, istituto di ricerca o qualunque altro soggetto giuridico o impresa avente sede nella Comunità o in Argentina, che partecipi ad attività di cooperazione, incluse le parti stesse.Articolo 3PrincipiLe attività di cooperazione sono svolte sulla base dei principi seguenti:a) il vantaggio reciproco fondato su una ripartizione equilibrata dei vantaggi;b) l'accesso reciproco alle attività di ricerca e sviluppo tecnologico intraprese dalle parti;c) lo scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sulle attività di cooperazione;d) una tutela adeguata dei diritti di proprietà intellettuale.Articolo 4Settori di cooperazioneLa cooperazione ai sensi del presente accordo può estendersi a tutte le azioni di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione, in seguito denominate "RST", rientranti nella prima azione del programma quadro e definite dall'articolo 164 del trattato che istituisce la Comunità europea e a tutte le azioni di RST analoghe condotte in Argentina nei corrispondenti settori scientifici e tecnici.Il presente accordo lascia impregiudicata la partecipazione dell'Argentina, in quanto paese in via di sviluppo, alle attività della Comunità nel campo della ricerca ai fini dello sviluppo.Articolo 5Modalità delle attività di cooperazionea) Le Parti favoriscono la partecipazione degli organismi di ricerca alle attività di cooperazione ai sensi del presente accordo, in conformità delle rispettive politiche interne e legislazioni, con l'obiettivo di offrire opportunità comparabili di partecipazione alle rispettive attività di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico.b) Le attività di cooperazione possono assumere le forme seguenti:- partecipazione di organismi di ricerca argentini a progetti di RST previsti dalla prima azione del programma quadro e reciproca partecipazione di organismi di ricerca aventi sede nella Comunità a progetti argentini intrapresi in settori analoghi di RST. Tale partecipazione è soggetta alle regole e alle procedure applicabili previste dai programmi di RST di ciascuna delle parti;- collaborazione in progetti di RST già in atto in conformità delle procedure previste dai programmi di RST delle parti;- visite e scambi di personale scientifico e personale tecnico;- organizzazione in comune di seminari, conferenze, simposi e workshop e partecipazione di esperti a tali attività;- azioni concertate;- scambi o condivisione di attrezzature e materiali;- scambi di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi rilevanti ai fini della cooperazione ai sensi del presente accordo;- qualsiasi altra modalità raccomandata dal comitato direttivo previsto dall'articolo 6, lettera b), e ritenuta conforme alle politiche e alle procedure applicabili in entrambe le parti.I progetti congiunti di RST sono attuati dopo che i partecipanti hanno elaborato un piano di gestione della tecnologia, secondo quanto indicato nell'allegato del presente accordo.Articolo 6Coordinamento e agevolazione delle attività di cooperazionea) Ai fini del presente accordo, le parti designano le seguenti autorità, quali organi esecutivi incaricati del coordinamento e dell'agevolazione delle attività di cooperazione: per conto dell'Argentina, il segretariato di scienza e tecnologia del ministero della Cultura e dell'Istruzione, o altra autorità che l'Argentina potrà notificare in qualsiasi momento con preavviso scritto e, per conto della Comunità, i rappresentanti della Commissione delle Comunità europee.b) Gli organi esecutivi istituiscono un comitato direttivo per la cooperazione nella RST (in seguito denominato "comitato direttivo") a cui è affidata la gestione del presente accordo. Il comitato direttivo è formato da un numero pari di rappresentanti ufficiali per ciascuna parte; esso adotta il proprio regolamento interno.c) Il comitato direttivo svolge, tra l'altro, le seguenti funzioni:1) promuove e controlla le varie attività di cooperazione menzionate all'articolo 4 del presente accordo, nonché le attività eventualmente intraprese a titolo di cooperazione nel quadro della RST ai fini dello sviluppo;2) indica, tra i possibili settori di cooperazione ai sensi dell'articolo 5, lettera b), primo trattino, quali sono i settori e i sottosettori prioritari di reciproco interesse in cui è opportuno cooperare;3) propone, ai sensi dell'articolo 5, lettera b), secondo trattino, ai ricercatori di entrambe le parti le collaborazioni nei progetti da loro attuati che possono essere reciprocamente vantaggiose e complementari;4) formula raccomandazioni ai sensi dell'articolo 5, lettera b), settimo trattino;5) consiglia alle parti metodi per valorizzare e rafforzare la cooperazione, coerenti con i principi stabiliti dal presente accordo;6) esamina l'efficienza e l'applicazione dell'accordo;7) compila ogni anno una relazione destinata alle parti sullo stato della cooperazione intrapresa in virtù del presente accordo, sul livello raggiunto dalla stessa e sui suoi risultati. Tale relazione è inviata al comitato misto istituito dall'accordo quadro di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica argentina del 2 aprile 1990.d) Il comitato direttivo si riunisce normalmente una volta all'anno, preferibilmente prima della riunione del comitato misto istituito dall'accordo quadro di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica argentina del 2 aprile 1990, nelle date concordate, e informa detto comitato dell'esito delle riunioni. Le riunioni si tengono alternativamente nella Comunità e in Argentina. Su richiesta di una delle parti, possono essere convocate riunioni straordinarie.e) Ciascuna parte si fa carico delle spese relative alla propria partecipazione alle riunioni del comitato direttivo. I costi diversi dalle spese di viaggio e di soggiorno direttamente connessi alle riunioni del comitato direttivo sono a carico della parte ospitante.Articolo 7Finanziamentoa) Le attività di cooperazione sono subordinate alla disponibilità di fondi sufficienti e all'osservanza delle leggi, delle politiche e dei programmi applicabili nelle parti. I costi sostenuti dai partecipanti alle attività di cooperazione non possono comportare trasferimenti di fondi da una parte all'altra.b) Qualora programmi specifici di cooperazione di una delle parti prevedano il finanziamento dei partecipanti dell'altra parte, qualsiasi sovvenzione, contributo finanziario o di altro tipo erogato da una parte ai partecipanti dell'altra a favore di tali attività deve essere esentato da tasse e dazi doganali, in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari applicabili nel territorio di ciascuna parte.Articolo 8Circolazione del personale e delle apparecchiatureOgni parte adotta le misure necessarie e si adopera, nel rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari applicabili nel territorio di ciascuna delle parti, al fine di agevolare l'entrata, il soggiorno e l'uscita dal suo territorio di persone, materiali, dati e apparecchiature inerenti o impiegati in attività di cooperazione individuate dalle parti ai sensi delle disposizioni del presente accordo.Articolo 9Divulgazione e utilizzazione di informazioniPer quanto riguarda la titolarità, la divulgazione e l'uso di informazioni nonché la proprietà intellettuale sorta nel contesto della partecipazione a progetti comunitari di RST, gli organismi di ricerca aventi sede in Argentina, che partecipano a progetti comunitari di RST, sono tenuti ad osservare le norme sulla diffusione dei risultati della ricerca derivanti da programmi specifici comunitari di RST e le disposizioni dell'allegato del presente accordo.Gli organismi di ricerca aventi sede nella Comunità, che partecipano a progetti di RST argentini, hanno, per quanto riguarda la titolarità, la divulgazione e l'uso di informazioni nonché la proprietà intellettuale sorta nell'ambito di tale partecipazione, gli stessi diritti ed obblighi degli organismi di ricerca argentini e sono soggetti alle disposizioni dell'allegato del presente accordo.L'allegato sui diritti di proprietà intellettuale forma parte integrante del presente accordo.Articolo 10Ambito d'applicazione territorialeIl presente accordo si applica ai territori cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni previste da detto trattato, e al territorio della Repubblica argentina.Articolo 11Entrata in vigore, denuncia e composizione delle controversiea) Il presente accordo entra in vigore alla data dell'ultima delle comunicazioni scritte mediante le quali le parti si sono notificate l'avvenuto espletamento delle procedure previste dai rispettivi ordinamenti per l'entrata in vigore dell'accordo.b) Il presente accordo è concluso per un periodo iniziale di cinque anni e può essere tacitamente prorogato di quinquennio in quinquennio, previa valutazione effettuata nel corso del penultimo anno di ogni quinquennio.c) Il presente accordo può essere modificato con il consenso delle parti. Le modificazioni entrano in vigore secondo le stesse modalità di cui alla lettera a).d) Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle parti con preavviso scritto di sei mesi inoltrato per via diplomatica. La cessazione o la denuncia del presente accordo lasciano impregiudicati la validità e la durata degli accordi stipulati nel suo contesto, nonché i diritti e gli obblighi attribuiti a norma dell'allegato.e) Qualsiasi questione o controversia relativa all'interpretazione o all'attuazione del presente accordo sarà composta consensualmente tra le parti.In fede di che, i plenipotenziari sottoscritti hanno apposto le loro firme in calce al presente accordo.Fatto a Bruxelles, il venti settembre millenovecentonovantanove, in duplice copia, nelle lingue danese, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese e tedesca, ciascun testo facente ugualmente fede.Per la Comunità europea>PIC FILE= "L_2000006IT.003501.EPS">Per la Repubblica argentina>PIC FILE= "L_2000006IT.003502.EPS">ALLEGATODIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALEL'allegato forma parte integrante dell' "Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica argentina", in seguito denominato "accordo".I diritti di proprietà intellettuale sorti o ceduti in virtù dell'accordo sono attribuiti secondo le disposizioni del presente allegato.I. Ambito di applicazioneIl presente allegato si applica alla ricerca congiunta condotta ai sensi dell'accordo, salvo che sia diversamente convenuto tra le parti.II. Titolarità, attribuzione ed esercizio dei diritti1. Agli effetti del presente allegato, la definizione di "proprietà intellettuale" è quella data dall'articolo 2, lettera c) dell'accordo.2. Il presente allegato disciplina l'attribuzione dei diritti, degli interessi e delle royalties alle parti e ai partecipanti. Ciascuna delle parti e i suoi partecipanti provvedono affinché l'altra parte e i partecipanti dell'altra parte ottengano i diritti di proprietà intellettuale loro spettanti a norma dell'allegato. Il presente allegato non modifica né pregiudica altrimenti la ripartizione di diritti, interessi e royalties tra una parte ed i suoi cittadini o partecipanti, che è disciplinata dalle norme e dalle procedure previste dall'ordinamento di ciascuna parte.3. Le parti si attengono inoltre ai seguenti principi, che devono essere riportati nei contratti conclusi in base al presente accordo:a) protezione effettiva della proprietà intellettuale. Le parti e/o i partecipanti, secondo il caso, si impegnano a darsi reciproca comunicazione, entro un termine ragionevole, di qualunque proprietà intellettuale sorta nell'ambito dell'accordo e a provvedere tempestivamente alla protezione di tale diritto;b) sfruttamento effettivo dei risultati, tenendo conto dei contributi delle parti e dei loro partecipanti;c) trattamento non discriminatorio dei partecipanti dell'altra parte rispetto al trattamento accordato ai propri partecipanti;d) protezione delle informazioni commerciali riservate.4. I partecipanti elaborano congiuntamente un piano di gestione della tecnologia che determina la titolarità e l'uso, inclusa la pubblicazione, delle informazioni e delle invenzioni od opere oggetto di proprietà intellettuale che dovessero essere create nell'ambito della ricerca congiunta. Il piano di gestione della tecnologia deve essere approvato dal dipartimento o dall'agenzia che eroga i fondi della parte finanziatrice della ricerca, prima della conclusione dei contratti specifici di cooperazione nelle attività di ricerca e sviluppo, ai quali deve essere allegato. Il piano di gestione della tecnologia deve essere elaborato tenendo conto delle finalità della ricerca congiunta, del relativo finanziamento e degli altri contributi delle parti e dei partecipanti, della convenienza di stabilire un regime di licenze territoriali o per campi di utilizzazione, del trasferimento di dati, beni o servizi la cui esportazione è controllata, dei requisiti prescritti dalle leggi applicabili e di ogni altro fattore che i partecipanti ritengano rilevante. Il piano di gestione della tecnologia definisce anche i diritti e gli obblighi in materia di proprietà intellettuale per quanto riguarda le ricerche condotte da ricercatori ospiti (cioè ricercatori che non provengono dalle parti né sono partecipanti).Il piano di gestione della tecnologia è un accordo specifico sottoscritto dai partecipanti al fine di regolare l'attuazione della ricerca congiunta ed i rispettivi diritti ed obblighi.Normalmente, per quanto riguarda la proprietà intellettuale, il piano di gestione della tecnologia disciplina, tra l'altro, i seguenti aspetti: la titolarità, la protezione e l'oggetto dei diritti di utilizzazione a fini di ricerca e sviluppo, di sfruttamento e di divulgazione, inclusa la pubblicazione in comune, i diritti e gli obblighi dei ricercatori ospiti e le procedure di composizione delle controversie. Il piano di gestione della tecnologia può disciplinare anche le conoscenze di base e le nuove conoscenze, le licenze e gli elementi da fornire.5. Se nel corso della ricerca congiunta sono ottenute conoscenze o sorgono diritti di proprietà intellettuale non contemplati dal piano di gestione della tecnologia, la titolarità di tali conoscenze o diritti è attribuita, con il consenso di entrambe le parti, in conformità dei principi stabiliti dal piano di gestione della tecnologia. In caso di disaccordo, la titolarità di tali conoscenze o diritti spetta in comune a tutti partecipanti alla ricerca congiunta che ha generato le conoscenze o i diritti. Ciascun partecipante a cui si applica la presente disposizione ha diritto di sfruttare economicamente tali conoscenze e diritti di proprietà intellettuale senza limiti geografici.6. Ciascuna parte provvede affinché siano attribuiti all'altra parte ed ai partecipanti di questa i diritti di proprietà intellettuale loro spettanti in conformità di tali principi.7. Compatibilmente con il mantenimento della concorrenza nei settori in cui opererà l'accordo, ciascuna parte fa il possibile per assicurare che i diritti acquistati in base al presente protocollo e ai contratti stipulati nel suo contesto siano esercitati in modo tale da promuovere:i) la divulgazione e l'utilizzazione delle informazioni create, rivelate o altrimenti rese disponibili ai sensi dell'accordo, eii) l'adozione e l'applicazione di norme tecniche internazionali.8. La cessazione o la denuncia dell'accordo lasciano impregiudicati i diritti e gli obblighi attribuiti a norma del presente allegato.III. Opere oggetto di diritto d'autore e letteratura scientificaAi diritti d'autore spettanti alle parti o ai partecipanti si applica la disciplina della Convenzione di Berna (Atto di Parigi 1971). Il diritto d'autore può avere per oggetto soltanto espressioni e non idee, procedure, metodi operativi o concetti matematici in quanto tali. Le limitazioni o le deroghe ai diritti di esclusiva sono ammesse solo in casi speciali e non possono impedire il normale sfruttamento dell'opera né pregiudicare gli interessi del titolare del diritto.Salvo diverse disposizioni del piano di gestione della tecnologia e quanto previsto alla sezione II, i risultati della ricerca sono pubblicati in comune dalle parti o dai partecipanti alla ricerca congiunta. Fermo restando tale principio generale, si applicano le seguenti disposizioni:1) in caso di pubblicazione ad opera di una parte o di un organismo pubblico facente capo a una parte di riviste, articoli, relazioni o libri di carattere scientifico o tecnico, inclusi video e software, che siano frutto di una ricerca congiunta condotta ai sensi dell'accordo, l'altra parte ha diritto di ottenere una licenza non esclusiva, irrevocabile, a titolo gratuito e valida in tutti i paesi, che le consenta di tradurre, riprodurre, adattare, trasmettere e distribuire al pubblico tali opere.2) Le parti assicurano che le opere di letteratura scientifica frutto di una ricerca congiunta condotta ai sensi dell'accordo e pubblicate da editori indipendenti abbiano la più ampia diffusione possibile.3) Ogni riproduzione destinata al pubblico di un'opera tutelata da diritto d'autore, prodotta a norma delle presenti disposizioni, deve indicare i nomi degli autori dell'opera, salvo quelli che espressamente richiedano di non essere citati. Deve inoltre contenere una menzione chiara e visibile del contributo di cooperazione erogato dalle parti.IV. Invenzioni, scoperte ed altri ritrovati scientifici e tecnologiciLe invenzioni, le scoperte ed altri ritrovati scientifici e tecnologici creati nell'ambito di attività di cooperazione svolte direttamente dalle parti sono di proprietà delle parti stesse, salvo diverso accordo tra le parti.V. Informazioni esclusiveA. Informazioni esclusive documentali1. Ciascuna delle parti e, se del caso, le agenzie e i partecipanti di questa devono indicare quanto prima possibile, preferibilmente nel piano di gestione della tecnologia, le informazioni esclusive che esse intendono mantenere segrete con riferimento all'accordo, sulla base, tra l'altro, dei seguenti criteri:a) segretezza delle informazioni, nel senso che non deve trattarsi di informazioni già note o conoscibili con mezzi leciti da esperti del settore nella loro individualità o nell'esatta configurazione o insieme degli elementi che le compongono;b) il valore commerciale reale o potenziale dell'informazione in virtù della sua segretezza;c) protezione precedente delle informazioni, nel senso che esse devono essere state oggetto delle precauzioni richieste dalle circostanze e poste in essere dal loro legittimo detentore per mantenerne la segretezza.Le parti ed i loro partecipanti possono convenire in taluni casi che, salvo diversa indicazione, tutte o parte delle informazioni fornite, scambiate o create nel corso di una ricerca congiunta condotta ai sensi dell'accordo devono essere tenute segrete.2. Ciascuna parte identifica o assicura che i propri partecipanti identifichino chiaramente le informazioni esclusive, per esempio mediante apposito timbro o menzione. Ciò vale anche per le riproduzioni, integrali o parziali, di dette informazioni.La parte che riceve informazioni esclusive ai sensi dell'accordo si impegna ad osservare l'obbligo del segreto. Tale obbligo cessa automaticamente quando le informazioni sono rese di pubblico dominio dal titolare.3. Le informazioni esclusive comunicate ai sensi dell'accordo possono essere rivelate dalla parte che le riceve a personale interno o da essa assunto, nonché ad altri suoi dipartimenti o uffici autorizzati ai fini specifici della ricerca congiunta in corso, a condizione che le informazioni esclusive così comunicate siano regolate da un accordo scritto sulla riservatezza e siano rese facilmente riconoscibili in quanto tali nel modo sopra indicato.4. Previo consenso scritto della parte che fornisce le informazioni esclusive, la parte che riceve dette informazioni può divulgarle in maniera più ampia di quanto consentito ai sensi del paragrafo 3. Le parti collaborano al fine di stabilire le procedure in base alle quali può essere chiesto ed ottenuto il consenso scritto preliminare a una più ampia divulgazione delle informazioni esclusive. Ciascuna parte si impegna a rilasciare tale consenso nei limiti consentiti dalla propria legislazione e dalle proprie politiche.B. Informazioni esclusive non documentaliAlle informazioni esclusive non documentali e ad ogni altra informazione confidenziale fornita nel corso di seminari o altre riunioni indette ai sensi dell'accordo, nonché alle informazioni apprese attraverso il personale distaccato, l'uso di strutture o l'esecuzione di progetti congiunti, le parti ed i loro partecipanti applicano le disposizioni previste per le informazioni documentali, a condizione che i soggetti che ricevono tali informazioni esclusive, confidenziali o segrete siano resi edotti del carattere confidenziale o segreto delle informazioni all'atto della comunicazione delle stesse.C. ControlloCiascuna parte si impegna a controllare l'osservanza delle disposizioni dell'accordo per quanto riguarda l'obbligo di mantenere il segreto sulle informazioni esclusive. Se una delle parti si rende conto che non è in grado o presumibilmente non sarà in grado di osservare le disposizioni sull'obbligo del segreto contenute nelle sezioni A e B, ne informa immediatamente l'altra parte. Le parti quindi si consultano per definire gli interventi del caso.
Cooperazione scientifica e tecnologica tra l’UE e l’Argentina QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo stabilisce un quadro formale di cooperazione volto a incoraggiare, sviluppare e agevolare attività negli ambiti scientifici e tecnologici di comune interesse. Con questa decisione, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo per conto della Comunità europea (attuale UE). PUNTI CHIAVE Le attività condotte nell’ambito dell’accordo si basano su una serie di principi:beneficio reciproco fondato su una ripartizione equilibrata dei vantaggi; accesso reciproco alle attività; scambio tempestivo delle informazioni; tutela adeguata dei diritti di proprietà intellettuale.Settori di cooperazione L’accordo può riguardare le attività nell’ambito dell’attuazione dei programmi di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione di entrambe le parti. Attività Le attività di cooperazione possono assumere le forme seguenti:partecipazione di organismi di ricerca argentini a progetti di RST nell’ambito del programma quadro di ricerca e innovazione dell’UE (R&I) e reciproca partecipazione di organismi di ricerca aventi sede nell’UE a progetti argentini intrapresi in settori analoghi; collaborazione in progetti di RST già in atto in conformità delle procedure previste dai programmi di R&I delle parti; visite e scambi di personale scientifico e personale tecnico; organizzazione congiunta di seminari scientifici, conferenze, simposi e workshop e partecipazione di esperti a tali attività; azioni concertate; scambi o condivisione di attrezzature e materiali; scambi di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi rilevanti ai fini della cooperazione ai sensi del presente accordo; qualsiasi altra modalità raccomandata dal comitato direttivo come previsto dall’articolo 6 dell’accordo. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 28 maggio 2001 per un periodo iniziale di 5 anni e potrebbe essere tacitamente rinnovato a seguito di una valutazione durante il penultimo anno di ogni quinquennio successivo. Può essere risolto in qualsiasi momento da entrambe le parti con un preavviso scritto di sei mesi. CONTESTO La base di una più ampia cooperazione politica tra l’UE e l’Argentina è l’Accordo quadro di cooperazione commerciale ed economica del 1990 che stabilisce le basi per la cooperazione nel commercio estero, nell’economia, nell’agricoltura e nell’industria. Per ulteriori informazioni, si veda:Relazioni UE- Argentina (Servizio europeo per l’azione esterna).Per maggiori informazioni sulla cooperazione nell’ambito della ricerca e dell’innovazione (R&I) con l’Argentina, consultare:Cooperazione internazionale R&I con l’Argentina (Commissione europea). DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica argentina (GU L 6 dell’11.1.2000, pag. 32). Decisione 2000/15/CE del Consiglio, del 2 dicembre 1999, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica argentina (GU L 6 dell’11.1.2000, pag. 31).
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31992R3577
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Regolamento (CEE) n. 3577/92 del Consiglio, del 7 dicembre 1992, concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo) Gazzetta ufficiale n. L 364 del 12/12/1992 pag. 0007 - 0010 edizione speciale finlandese: capitolo 6 tomo 3 pag. 0203 edizione speciale svedese/ capitolo 6 tomo 3 pag. 0203 REGOLAMENTO (CEE) N. 3577/92 DEL CONSIGLIO del 7 dicembre 1992 concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo)IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 84, paragrafo 2, vista la proposta modificata della Commissione (1), visti i pareri del Parlemento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che, il 12 giugno 1992, il Parlamento europeo ha adottato la risoluzione sulla liberalizzazione del cabotaggio marittimo e sulle sue conseguenze economiche e sociali; considerando che, secondo l'articolo 61 del trattato, la libera prestazione dei servizi in materia di trasporti marittimi è regolata dalle disposizioni del titolo relativo ai trasporti; considerando che è necessario abolire le restrizioni alla libera prestazione di servizi tra Stati membri nel settore dei trasporti marittimi per poter realizzare il mercato interno; che il mercato interno comporta una spazio nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali; considerando che pertanto il principio della libera prestazione dei servizi va applicato ai trasporti marittimi fra Stati membri; considerando che beneficiari di tale libertà dovrebbero essere gli armatori comunitari che impiegano navi registrate in uno Stato membro e battenti bandiera del medesimo Stato membro, a prescindere dal fatto che abbia una fascia costiera; considerando che tale libertà sarà estesa alle navi iscritte anche nel registro EUROS, non appena quest'ultimo sarà stato approvato; considerando che, al fine di evitare distorsioni di concorrenza, gli armatori comunitari che esercitano la libera prestazione dei servizi di cabotaggio dovrebbero soddisfare tutti i requisiti necessari per effettuare il cabotaggio nello Stato membro in cui le loro navi sono registrate; che gli armatori comunitari che impiegano navi registrate in uno Stato membro e non hanno il diritto di effettuare il cabotaggio in tale Stato dovrebbero comunque beneficiare del presente regolamento durante un periodo transitorio; considerando che l'attuazione di questa libertà dovrebbe essere graduale e non necessariamente applicata in modo uniforme per tutti i servizi interessati, tenuto conto della natura di alcuni servizi specifici e dei notevoli sforzi che talune economie della Comunità, in cui si rilevano disparità di sviluppo, dovranno compiere; considerando che l'istituzione di pubblici servizi che comportano determinati diritti ed obblighi per gli armatori interessati può essere giustificata per garantire adeguati servizi di trasporto regolari verso, da e tra le isole, sempreché non si effettuino discriminazioni basate sulla cittadinanza o sulla residenza; considerando che dovrebbero essere adottate disposizioni in modo che sia possibile prendere misure di salvaguardia per quanto riguarda i mercati dei trasporti marittimi colpiti da gravi perturbazioni o in caso di emergenza; che a tale scopo dovrebbero essere istituite le opportune procedure decisionali; considerando che, vista la necessità di garantire il corretto funzionamento del mercato interno e nella prospettiva di eventuali adattamenti alla luce dell'esperienza, la Commissione dovrebbe presentare una relazione sull'attuazione sull'attuazione del presente regolamento nonché ulteriori proposte, eventualmente necessarie, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. A decorrere dal 1o gennaio 1993 la libera prestazione di servizi di trasporto marittimo in uno Stato membro (cabotaggio marittimo) è applicabile agli armatori comunitari che impiegano navi che sono registrate in uno Stato membro e che battono bandiera del medesimo Stato membro, sempre che tali navi soddisfino tutti i requisiti necessari per l'ammissione al cabotaggio in detto Stato membro, incluse le navi iscritte nel registro EUROS, non appena quest'ultimo sarà stato approvato dal Consiglio. 2. Mediante deroga, la disposizione di cui al paragrafo 1 secondo cui le navi debbono soddisfare tutti i requisiti necessari per l'ammissione al cabotaggio nello Stato membro in cui sono registrate in quel momento è temporaneamente sospesa fino al 31 dicembre 1996. Articolo 2 Ai fini del presente regolamento: 1) per « servizi di trasporto marittimo in uno Stato membro (cabotaggio marittimo) » si intendono i servizi normalmente assicurati dietro compenso e comprendenti in particolare: a) cabotaggio continentale: il trasporto via mare di passeggeri o merci fra i porti situati sul continente o sul territorio principale di un solo e medesimo Stato membro senza scali su isole; b) servizi di approvvigionamento « off-shore »: il trasporto via mare di passeggeri o merci fra i porti di uno Stato membro nonché le attrezzature o strutture situate sulla piattaforma continentale di tale Stato membro; c) cabotaggio con le isole: il trasporto via mare di passeggeri o merci fra: - porti situati sul continente e su una o più isole di un solo e medesimo Stato membro; - porti situati sulle isole di un solo e medesimo Stato membro. Ceuta e Melilla sono trattati nello stesso modo dei porti situati su un'isola; 2) si intendono per « armatori comunitari »: a) i cittadini di uno Stato membro che sono stabiliti in uno Stato membro conformemente alla legislazione di quest'ultimo e che svolgono attività di navigazione; b) le compagnie di navigazione che sono stabilite conformemente alla legislazione di uno Stato membro ed il cui centro d'attività principale è situato ed il cui controllo effettivo è esercitato in uno Stato membro; oppure c) i cittadini di uno Stato membro stabiliti fuori della Comunità o le compagnie di navigazione stabilite fuori della Comunità e controllate da cittadini di uno Stato membro se le loro navi sono registrate in uno Stato membro e battono bandiera del medesimo Stato membro conformemente alla legislazione di quest'ultimo; 3) per « contratto di servizio pubblico » s'intende un contratto concluso fra le autorità comeptenti di uno Stato membro e un armatore comunitario allo scopo di fornire alla collettività servizi di trasporto sufficienti. In particolare il contratto di servizio pubblico può comprendere: - servizi di trasporto conformi a determinate norme di continuità, regolarità, capacità e qualità; - servizi di trasporto complementari; - servizi di trasporto a determinate tariffe e condizioni, in particolare per talune categorie di passeggeri o per taluni percorsi; - adeguamenti dei servizi alle reali esigenze; 4) per « obblighi di servizio pubblico » si intendono gli obblighi che l'armatore comunitario, ove considerasse il proprio interesse commerciale, non assumerebbe o non assumerebbe nella stessa misura né alle stesse condizioni; 5) per « grave perturbazione del mercato interno dei trasporti » si intende il manifestarsi sul mercato di problemi, specifici di tale mercato, - tali da provocare un'eccedenza grave, suscettibile di persistere, dell'offerta rispetto alla domanda, - dovuti alle attività di cabotaggio marittimo, o aggravati da tali attività e - comportanti una seria minaccia per l'equilibrio finanziario e la sussistenza di un numero elevato di armatori comunitari, sempre che le previsioni a breve e medio termine sul mercato considerato non indichino miglioramenti sostanziali e durevoli. Articolo 3 1. Per le navi che effettuano cabotaggio continentale e per le navi da crociera, tutte le questioni relative all'equipaggio sono di competenza dello Stato in cui la nave è registrata (Stato di bandiera), eccetto per le navi di meno di 650 tonnellate lorde, alle quali possono applicarsi le condizioni dello Stato ospitante. 2. Per le navi che effettuano il cabotaggio con le isole, tutte le questioni relative all'equipaggio sono di competenza dello Stato in cui la nave effettua un servizio di trasporto marittimo (Stato ospitante). 3. Tuttavia, a decorrere dal 1o gennaio 1999, per le navi da carico di oltre 650 tonnellate lorde che effettuano il cabotaggio con le isole, quando il viaggio in questione segue o precede un viaggio in provenienza da o diretto verso un altro Stato, tutte le questioni relative all'equipaggio sono di competenza dello Stato in cui la nave è registrata (Stato di bandiera). 4. La Commissione effettua un esame approfondito delle ripercussioni economiche e sociali della liberalizzazione del cabotaggio con le isole e presenta una relazione al Consiglio entro e non oltre il 1o gennaio 1997. Sulla base di tale relazione la Commissione sottopone una proposta al Consiglio, la quale può comprendere modifiche delle disposizioni relative alla cittadinanza dell'equipaggio previste ai paragrafi 2 e 3, di modo che il sistema definitivo venga approvato dal Consiglio in tempo utile, anteriormente al 1o gennaio 1999. Articolo 4 1. Uno Stato membro può concludere contratti di servizio pubblico, o imporre obblighi di servizio pubblico come condizione per la fornitura di servizi di cabotaggio, alle compagnie di navigazione che partecipano ai servizi regolari da, tra e verso le isole. Uno Stato membro, se conclude contratti di servizio pubblico o impone obblighi di servizio pubblico, lo fa su base non discriminatoria per tutti gli armatori comunitari. 2. Nell'imporre obblighi di servizio pubblico gli Stati membri si limitano alle esigenze relative ai porti che devono essere serviti, alla regolarità, alla continuità, alla frequenza, alla capacità di fornitura del servizio, alle tariffe richieste ed all'equipaggio della nave. Qualsiasi compenso dovuto per obblighi di servizio pubblico, se previsto, deve essere reso disponibile a tutti gli armatori comunitari. 3. I contratti di servizio pubblico esistenti rimangono in vigore fino alle rispettive date di scadenza. Articolo 5 1. In caso di grave perturbazione del mercato interno dei trasporti dovuta alla liberalizzazione del cabotaggio, uno Stato membro può chiedere alla Commissione che adotti misure di salvaguardia. La Commissione, dopo aver consultato gli altri Stati membri, decide se del caso in merito alle misure di salvaguardia necessarie, entro trenta giorni lavorativi a decorrere dal ricevimento della pertinente richiesta dello Stato membro. Queste misure possono comprendere l'esclusione temporanea della zona in questione dal campo d'applicazione del presente regolamento, per un periodo non superiore a dodici mesi. La Commissione comunica al Consiglio e agli Stati membri qualsiasi decisione relativa alle misure di salvaguardia. Se, trascorsi trenta giorni lavorativi, la Commissione non ha adottato nessuna decisione al riguardo, lo Stato membro interessato ha il diritto di applicare le misure richieste finché la Commissione non abbia preso una decisione. Tuttavia, in caso di emergenza, gli Stati membri possono adottare unilateralmente le misure provvisorie appropriate, che possono rimanere in vigore per un periodo non superiore a tre mesi. In tal caso essi ne informano senza indugio la Commissione. La Commissione può abrogare dette misure o confermarle con o senza modifiche finché non abbia preso una decisione definitiva conformemente al secondo comma. 2. La Commissione può altresì adottare misure di salvaguardia di propria iniziativa, previa consultazione degli Stati membri. Articolo 6 1. Mediante deroga sono temporaneamente esentati dall'applicazione del presente regolamento i seguenti servizi di trasporto marittimo nel Mediterraneo e lungo la costa della Spagna, del Portogallo e della Francia: - servizi di crociera, sino al 1o gennaio 1995; - trasporto di merci strategiche (petrolio e prodotti petroliferi, nonché acqua potabile), sino al 1o gennaio 1997; - servizi con navi di meno di 650 tonnellate lorde, sino al 1o gennaio 1998; - servizi regolari di passeggeri e di traghetto, sino al 1o gennaio 1999. 2. Mediante deroga sono temporaneamente esentati dall'applicazione del presente regolamento sino al 1o gennaio 1999 i servizi di cabotaggio tra le isole nel Mediterraneo e il cabotaggio per quanto riguarda gli arcipelaghi delle Canarie, delle Azzorre e di Madera, nonché Ceuta e Melilla, le isole francesi lungo la costa atlantica e i dipartimenti francesi d'oltremare. 3. Per motivi di coesione socioeconomica la deroga di cui al paragrafo 2 è prorogata per la Grecia fino al 1o gennaio 2004 per i servizi regolari di passeggeri e di traghetto e per quelli effettuati con navi di meno di 650 tonnellate lorde. Articolo 7 Alle materie disciplinate dal presente regolamento si applica l'articolo 62 del trattato. Articolo 8 Salve le disposizioni del trattato relative al diritto di stabilimento e fatto salvo il presente regolamento, le persone che prestino servizi di trasporto marittimo possono a tale fine esercitare temporaneamente la loro attività nello Stato membro in cui è prestato il servizio, alle stesse condizioni imposte da tale Stato ai propri cittadini. Articolo 9 Prima di adottare le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in attuazione del presente regolamento, gli Stati membri consultano la Commissione. Essi comunicano a quest'ultima le disposizioni adottate. Articolo 10 Anteriormente al 1o gennaio 1995, e in seguito ogni due anni, la Commissione presenta al Consiglio una relazione sull'attuazione del presente regolamento nonché, se del caso, le proposte necessarie. Articolo 11 Il presente regolamento entra in vigore il 1o gennaio 1993. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 7 dicembre 1992. Per il Consiglio Il Presidente J. MacGREGOR (1) GU n. C 73 del 19. 3. 1991, pag. 27. (2) GU n. C 295 del 26. 11. 1990, pag. 687 e parere reso il 20 novembre 1992 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) GU n. C 56 del 7. 3. 1990, pag. 70.
La libera prestazione dei servizi all'interno dell'UE (cabotaggio marittimo) Lo scopo di questo regolamento è di eliminare le restrizioni alla libera prestazione dei servizi di trasporto marittimo all'interno dell'Unione europea (UE). ATTO Regolamento del Consiglio (CEE) n. 3577/92, del 7 dicembre 1992, concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo). SINTESI Ambito di applicazione Questa legge garantisce che, in un determinato paese dell'UE, le compagnie di navigazione o i cittadini con sede in altri paesi dell'UE hanno il diritto di offrire servizi di trasporto marittimo (noto come cabotaggio marittimo) a condizione che soddisfino tutti i requisiti per effettuare il cabotaggio in tale paese. Anche le compagnie di navigazione con sede in paesi al di fuori dell'UE, ma controllate da cittadini dell'UE, possono offrire tali servizi. Il regolamento definisce i «servizi di trasporto marittimo in uno Stato membro (cabotaggio marittimo)», gli «armatori comunitari», il «contratto di servizio pubblico», gli «obblighi di servizio pubblico», e la «grave perturbazione del mercato interno dei trasporti». Equipaggio A seconda del tipo di servizio di trasporto, le questioni relative all'equipaggio sono di competenza o del paese di immatricolazione dell'UE (Stato di bandiera) o del paese in cui viene effettuato il servizio di cabotaggio (Stato ospitante). Servizio pubblico I paesi dell'UE possono subordinare il diritto di fornire servizi di trasporto a obblighi di servizio pubblico o possono concludere contratti di servizio pubblico nell'interesse del mantenimento di adeguati servizi di cabotaggio tra il continente e le sue isole e tra le isole stesse. Misure di salvaguardia Nei casi in cui l'apertura del mercato al cabotaggio comporti problemi (come ad esempio un'eccedenza grave dell'offerta rispetto alla domanda) che minacciano la sopravvivenza finanziaria delle compagnie di navigazione, la Commissione può introdurre misure di salvaguardia. Queste possono includere l'esclusione temporanea della zona in questione dal campo di applicazione del regolamento. Non discriminazione I prestatori di servizi di trasporto marittimo in un paese dell'UE diverso dal proprio possono farlo temporaneamente alle stesse condizioni di quelle applicate da tale paese ai propri cittadini. Calendario Il cabotaggio marittimo è stato liberalizzato il 1o gennaio 1993. Per la Francia, l'Italia, la Grecia, il Portogallo e la Spagna, il cabotaggio continentale è stato gradualmente liberalizzato secondo un calendario specifico per ogni tipo di servizio di trasporto. Il cabotaggio continente-isola e tra le isole per questi paesi è stato liberalizzato nel 1999. Questa esenzione è stata prorogata per la Grecia fino al 2004 per il trasporto passeggeri di linea, i servizi più leggeri e i servizi che coinvolgono navi di peso inferiore a 650 tonnellate lorde (TSL). Sono state inoltre concesse esenzioni alla Croazia fino al 31 dicembre 2016 per i contratti di servizio pubblico esistenti e per i servizi di crociera tra i porti croati con navi di peso inferiore a 650 tonnellate lorde, che sono riservati per navi croate fino al 31 dicembre 2014. Contesto Ulteriori informazioni sono disponibili su questo sito web. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Regolamento (UE) n. 3577/92 1.1.1993 - L 364 del 12.12.1992 Atto modificatore Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Atto relativo alle condizioni di adesione della Croazia 1.7.2013 - GU L 112 del 24.4.2012 ATTI COLLEGATI Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sull'interpretazione del regolamento (CEE) del Consiglio n. 3577/92 concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo) ( COM(2003) 595 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Decisione 93/125/CEE in merito alla richiesta, presentata dalla Spagna, relativa all'adozione di misure di salvaguardia da parte della Commissione ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CEE) del Consiglio n. 3577/92 concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo) - (Gazzetta ufficiale L 49 del 27.2.1993). La presente decisione autorizza la Spagna ad escludere la Spagna continentale, per sei mesi a decorrere dalla data di notifica della presente decisione, dal campo di applicazione del regolamento (CEE) n. 3577/92. L'esclusione non si applica ai servizi di adduzione o «feederaggio». Qualora non sia disponibile alcuna nave spagnola per soddisfare la richiesta di servizi di trasporto di cabotaggio, le navi di altri paesi dell'UE potranno offrire tali servizi. Relazione della Commissione al Consiglio: Quinta relazione sull'attuazione del regolamento (CEE) n. 3577/92 del Consiglio concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi al cabotaggio marittimo (2001-2010) (COM(2014) 231 final del 22.4.2014 - non pubblicata nella Gazzetta ufficiale) . Questa relazione è suddivisa in 4 capitoli: 1. Giurisprudenza recente e sviluppi legislativi nei paesi dell'UE e dell'EFTA; 2. Le tendenze del mercato nei paesi dell'UE e dell'EFTA; 3. I dati disponibili sull'occupazione nel settore del cabotaggio marittimo (a causa della mancanza di dati affidabili e conclusivi questa parte non contiene più le statistiche sui costi di equipaggio); 4. Conclusione: il regolamento è adatto allo scopo e non necessita di revisione. Alcune questioni sollevate nel corso della consultazione indicano che ci sono problemi di interpretazione e di attuazione. Queste sono state affrontate nella comunicazione sul cabotaggio marittimo (si veda voce successiva). Comunicazione della Commissione sull'interpretazione del regolamento (CEE) n. 3577/92 del Consiglio concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi all'interno degli Stati membri (cabotaggio marittimo) [ COM(2014) 232 final del 22.4.2014 - non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Sulla base di oltre 20 anni di esperienza di applicazione pratica del regolamento (CEE) n. 3577/92, nell'interesse della trasparenza e della certezza del diritto, la Commissione ha deciso di aggiornare e modificare la sua interpretazione delle disposizioni del regolamento. La comunicazione modifica e sostituisce le precedenti comunicazioni interpretative della Commissione del 2003 e del 2006. Ha un mero scopo informativo, ovvero aiuta a spiegare il regolamento, specificando come la Commissione intende applicare il regolamento. Non si propone né di rivedere il regolamento né di invadere la competenza della Corte di giustizia in materia di interpretazione. Inizia specificando il campo di applicazione della libera prestazione dei servizi nel settore del cabotaggio marittimo. Specifica poi chi gode di quella libertà e ricorda quali servizi sono disciplinati dal regolamento. La comunicazione precisa, in seguito, la portata delle tre deroghe alla libera prestazione di servizi previste dal regolamento: — I paesi dell'UE possono decidere le norme sull’equipaggio applicabili alle navi di peso inferiore a 650 tonnellate lorde e le navi che effettuano servizi di cabotaggio con le isole tra due porti del loro territorio. — I paesi dell'UE possono imporre obblighi di servizio pubblico e concludere contratti di servizio pubblico al fine di garantire un adeguato servizio di trasporto di linea da, tra e verso le isole. — I paesi dell'UE possono chiedere alla Commissione di adottare misure di salvaguardia per porre rimedio a una grave perturbazione del mercato interno. In ultimo, fornisce una guida sull'applicazione del regolamento (CE) n. 1370/2007 concernente i servizi pubblici di trasporto di passeggeri, per ferrovia e su strada, ai servizi di cabotaggio marittimo.
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32012R1026
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REGOLAMENTO (UE) N. 1026/2012 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 25 ottobre 2012 relativo a talune misure ai fini della conservazione degli stock ittici relative ai paesi che autorizzano una pesca non sostenibile IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 43, paragrafo 2, e l’articolo 207, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Secondo quanto previsto dalla convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982 («UNCLOS») e dall’accordo delle Nazioni Unite ai fini dell’applicazione delle disposizioni della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, del 10 dicembre 1982, relative alla conservazione e alla gestione degli stock ittici transzonali e degli stock ittici altamente migratori, del 4 agosto 1995 («UNFSA»), la gestione di taluni stock ittici condivisi, transzonali e altamente migratori richiede la cooperazione di tutti i paesi nelle cui acque si trovano gli stock (gli Stati costieri) e dei paesi le cui flotte sfruttano tali stock (gli Stati pescatori). Tale cooperazione può essere istituita nel quadro delle organizzazioni regionali di gestione della pesca («ORGP») o, nel caso in cui le ORGP non siano competenti per lo stock in questione, mediante accordi ad hoc tra i paesi che hanno un interesse alla pesca. (2) Qualora un paese terzo che ha un interesse alla pesca relativa a uno stock di interesse comune per tale paese e per l’Unione consenta, senza tenere in debito conto i modelli di pesca esistenti o i diritti, i doveri e gli interessi degli altri paesi e dell’Unione, attività di pesca che mettano a rischio la sostenibilità di detto stock, e non collabori con altri paesi e con l’Unione, alla gestione dello stock medesimo, è opportuno adottare misure specifiche al fine di incoraggiare tale paese a contribuire alla conservazione di detto stock. (3) Lo stato degli stock ittici dovrebbe essere ritenuto insostenibile quando essi non sono mantenuti in permanenza a livelli in grado di produrre il rendimento massimo sostenibile o al di sopra di tali livelli oppure, se tali livelli non possono essere stimati, quando gli stock non sono mantenuti in permanenza entro limiti biologici sicuri. (4) Occorre stabilire le condizioni alle quali è possibile considerare che un paese autorizza attività di pesca non sostenibili ed è soggetto alle misure a norma del presente regolamento, in particolare un processo che conceda ai paesi interessati il diritto di presentare le proprie osservazioni e consenta loro di adottare misure correttive. (5) Inoltre, è necessario definire il tipo di misure che possono essere adottate nei confronti dei paesi che autorizzano una pesca non sostenibile e stabilire le condizioni generali per l’adozione di tali misure, in modo che esse siano fondate su criteri oggettivi e che siano eque, efficienti sotto il profilo dei costi e compatibili con il diritto internazionale, in particolare con l’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio. (6) Tali misure dovrebbero essere volte ad eliminare gli incentivi per i paesi che autorizzano una pesca non sostenibile a sfruttare gli stock di interesse comune. Tale obiettivo può essere realizzato, tra l'altro, limitando le importazioni di prodotti della pesca catturati da navi che svolgono attività di pesca su uno stock di interesse comune sotto il controllo del paese che autorizza una pesca non sostenibile, limitando l'accesso ai porti per tali navi o impedendo che pescherecci dell'Unione o attrezzature da pesca dell'Unione siano utilizzate per sfruttare gli stock di interesse comune sotto il controllo del paese che autorizza una pesca non sostenibile. (7) Al fine di garantire l’efficacia e la coerenza dell’azione dell’Unione per la conservazione degli stock ittici, è importante tenere in considerazione le misure previste dal regolamento (CE) n. 1005/2008 del Consiglio, del 29 settembre 2008, che istituisce un regime comunitario per prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (3). (8) Al fine di garantire che le misure adottate nei confronti di un paese a norma del presente regolamento siano rispettose dell'ambiente, efficaci, proporzionate e compatibili con le norme internazionali, è necessario che l’adozione di tali misure sia preceduta da una valutazione degli effetti ambientali, commerciali, economici e sociali previsti. (9) Se le misure adottate nei confronti di un paese a norma del presente regolamento sono inefficaci e tale paese continua ad essere considerato un paese che autorizza una pesca non sostenibile, possono essere adottate ulteriori misure in conformità del presente regolamento. (10) È opportuno che le misure adottate nei confronti di un paese a norma del presente regolamento cessino di applicarsi quando il paese che autorizza una pesca non sostenibile ha adottato le misure necessarie per il suo contributo alla conservazione dello stock di interesse comune. (11) Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione del presente regolamento, dovrebbero essere attribuite alla Commissione competenze di esecuzione riguardo all'individuazione di un paese che autorizza una pesca non sostenibile, all'adozione di misure nei confronti di tale paese nonché alla decisione che tali misure debbano cessare di applicarsi. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (4). (12) Ove sussistano, in casi debitamente giustificati connessi alla fine dell’applicazione delle misure adottate a norma del presente regolamento, imperativi motivi di urgenza, la Commissione dovrebbe adottare atti di esecuzione immediatamente applicabili, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto e ambito di applicazione 1. Il presente regolamento istituisce un quadro per l'adozione di talune misure relative alle attività e alle politiche di pesca di paesi terzi al fine di garantire la conservazione a lungo termine degli stock di interesse comune per l'Unione e tali paesi terzi. 2. Le misure adottate a norma del presente regolamento possono essere applicate in tutti i casi in cui la cooperazione tra i paesi terzi e l’Unione è necessaria ai fini della gestione congiunta degli stock di interesse comune, anche nel caso in cui tale cooperazione avviene nell’ambito di un’ORGP o di un organismo analogo. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: a) «stock di interesse comune», uno stock ittico la cui distribuzione geografica lo rende accessibile sia all'Unione sia ai paesi terzi e la cui gestione richiede la cooperazione tra tali paesi e l’Unione, in contesti bilaterali o multilaterali; b) «specie associata», ogni specie ittica appartenente al medesimo ecosistema dello stock di interesse comune e che si alimenta di detto stock, gli serve da alimento, compete con esso per il cibo e lo spazio vitale o si trova nella stessa zona di pesca e che è sfruttata o catturata accidentalmente nell'ambito della stessa o delle stesse attività di pesca; c) «organizzazione regionale di gestione della pesca» o «ORGP», un’organizzazione subregionale, regionale o simile competente, ai sensi del diritto internazionale, a stabilire misure di conservazione e di gestione per le risorse biologiche marine soggette alla sua responsabilità in virtù della convenzione o dell’accordo che l'ha istituita; d) «importazione», l’introduzione nel territorio dell’Unione di pesce o prodotti della pesca, anche ai fini del trasbordo nei porti ivi situati; e) «trasbordo», lo scarico, per intero o in parte, dei pesci o dei prodotti della pesca detenuti a bordo di un peschereccio verso un altro peschereccio; f) «stato insostenibile», la situazione in cui lo stock non è mantenuto in permanenza a livelli in grado di produrre il rendimento massimo sostenibile o al di sopra di tali livelli oppure, se tali livelli non possano essere stimati, quando lo stock non è mantenuto in permanenza entro limiti biologici sicuri; i livelli dello stock che determinano se esso si trova in uno stato insostenibile devono essere stabiliti sulla base dei migliori pareri scientifici disponibili; g) «limiti biologici sicuri», i limiti dimensionali di uno stock entro i quali esso può ricostituirsi con un alto grado di probabilità pur consentendo attività di pesca ad alto rendimento del medesimo; h) «paese», un paese terzo, compresi i territori che godono di un regime di autonomia e sono dotati di competenze in materia di conservazione e gestione delle risorse marine viventi. Articolo 3 Paesi che autorizzano una pesca non sostenibile Un paese può essere considerato un paese che autorizza una pesca non sostenibile se: a) non coopera nella gestione di uno stock di interesse comune in piena conformità delle disposizioni dell'UNCLOS e dell'UNFSA, o di qualunque altro accordo internazionale o norma di diritto internazionale; e b) o: i) non ha adottato le necessarie misure di gestione della pesca; o ii) adotta misure di gestione della pesca senza tenere in debito conto i diritti, gli interessi e i doveri degli altri paesi e dell’Unione e tali misure di gestione della pesca, considerate in combinazione con quelle adottate da altri paesi e dall’Unione, danno luogo ad attività di pesca che potrebbero causare uno stato insostenibile dello stock. Tale condizione si considera soddisfatta anche quando le misure di gestione della pesca adottate da tale paese non hanno portato a uno stato insostenibile dello stock unicamente grazie alle misure adottate da altri. Articolo 4 Misure nei confronti di paesi che autorizzano una pesca non sostenibile 1. La Commissione può adottare, mediante atti di esecuzione, le seguenti misure nei confronti di un paese che autorizza una pesca non sostenibile: a) identificando tale paese come un paese che autorizza una pesca non sostenibile; b) identificando, ove necessario, le navi o le flotte specifiche di tale paese cui si devono applicare determinate misure; c) imponendo restrizioni quantitative alle importazioni di pesce proveniente da stock di interesse comune che è stato catturato sotto il controllo di tale paese e alle importazioni di prodotti della pesca costituiti da tale pesce o contenenti tale pesce; d) imponendo restrizioni quantitative alle importazioni di pesce di ogni specie associata e di prodotti della pesca costituiti da tale pesce o contenenti tale pesce, che sono stati catturati durante operazioni di pesca sullo stock di interesse comune sotto il controllo di tale paese; nell'adottare tale misura, la Commissione, conformemente all'articolo 5, paragrafo 4, del presente regolamento, in applicazione del principio di proporzionalità, determina quali specie e relative catture rientrano nell'ambito di applicazione della misura; e) imponendo restrizioni sull’uso dei porti dell’Unione per i pescherecci battenti bandiera di tale paese che sfruttano lo stock di interesse comune e/o specie associate e per i pescherecci che trasportano pesce e prodotti della pesca derivanti dallo stock di interesse comune e/o da specie associate che sono stati catturati da pescherecci battenti bandiera di tale paese o da pescherecci autorizzati da tale paese pur battendo un’altra bandiera; tali restrizioni non si applicano in caso di forza maggiore o di difficoltà ai sensi dell’articolo 18 dell’UNCLOS per i servizi strettamente necessari al fine di rimediare a tali situazioni; f) vietando l’acquisto, da parte degli operatori economici dell’Unione, di un peschereccio battente bandiera di tale paese; g) vietando ai pescherecci battenti bandiera di uno Stato membro di cambiare bandiera a favore della bandiera di tale paese; h) vietando agli Stati membri di autorizzare la conclusione di accordi di nolo mediante i quali operatori economici dell’Unione noleggiano i loro pescherecci ad operatori economici di tale paese; i) vietando l'esportazione verso tale paese di pescherecci battenti bandiera di uno Stato membro o di attrezzature e forniture da pesca necessarie per la pesca degli stock di interesse comune; j) vietando la conclusione di accordi commerciali privati tra operatori economici dell’Unione e di tale paese, che consentano a un peschereccio battente bandiera di uno Stato membro di far uso delle possibilità di pesca di tale paese; k) vietando le operazioni di pesca congiunta tra i pescherecci battenti bandiera di uno Stato membro e quelli battenti bandiera di tale paese. 2. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 8, paragrafo 2. Articolo 5 Requisiti generali relativi alle misure adottate a norma del presente regolamento 1. Le misure di cui all'articolo 4 sono: a) connesse alla conservazione dello stock di interesse comune; b) applicate congiuntamente a limitazioni delle attività di pesca da parte delle navi dell’Unione o della produzione o del consumo all’interno dell’Unione applicabili al pesce e ai prodotti della pesca costituiti da tale pesce o contenenti tale pesce, delle specie in relazione alle quali le misure sono state adottate; c) proporzionate agli obiettivi perseguiti e compatibili con gli obblighi imposti dagli accordi internazionali di cui l’Unione è parte e con ogni altra norma pertinente del diritto internazionale. 2. Le misure di cui all'articolo 4 tengono conto delle misure già adottate a norma del regolamento (CE) n. 1005/2008. 3. Le misure di cui all'articolo 4 non sono applicate secondo modalità tali da costituire un mezzo di discriminazione arbitraria o ingiustificata tra i paesi in cui esistono identiche condizioni, o una restrizione dissimulata del commercio internazionale. 4. Nell’adottare le misure di cui all'articolo 4, la Commissione, al fine di garantire che tali misure siano rispettose dell'ambiente, efficaci, proporzionate e compatibili con le norme internazionali, valuta gli effetti ambientali, commerciali, economici e sociali di tali misure a breve e lungo termine nonché l’onere amministrativo associato alla loro attuazione. 5. Le misure di cui all'articolo 4 prevedono un sistema adeguato per la loro esecuzione da parte delle autorità competenti. Articolo 6 Procedure preliminari all’adozione di misure nei confronti di paesi che autorizzano una pesca non sostenibile 1. Se lo ritiene necessario per adottare le misure di cui all’articolo 4, la Commissione notifica al paese interessato l’intenzione di identificarlo come un paese che autorizza una pesca non sostenibile. In tal caso, il Parlamento europeo e il Consiglio ne sono immediatamente informati. 2. La notifica include informazioni sui motivi dell’identificazione di tale paese come un paese che autorizza una pesca non sostenibile e descrive le misure possibili che possono essere adottate nei suoi confronti a norma del presente regolamento. 3. Prima di adottare le misure di cui all’articolo 4, la Commissione offre al paese interessato una possibilità ragionevole di rispondere per iscritto alla notifica e di porre rimedio alla situazione entro un mese dalla ricezione di tale notifica. Articolo 7 Periodo di applicazione delle misure nei confronti di paesi che autorizzano una pesca non sostenibile 1. Le misure di cui all'articolo 4 cessano di applicarsi quando il paese che autorizza una pesca non sostenibile adotta misure correttive adeguate necessarie per la conservazione e la gestione dello stock di interesse comune e tali misure correttive: a) sono state adottate in maniera autonoma o sono state concordate nel quadro di consultazioni con l’Unione e, se del caso, con altri paesi interessati; e b) non compromettono gli effetti delle misure adottate dall’Unione in maniera autonoma o in cooperazione con altri paesi ai fini della conservazione degli stock ittici interessati. 2. La Commissione adotta atti di esecuzione che determinano se le condizioni fissate al paragrafo 1 sono state rispettate e, se necessario, dispongono che le misure adottate nei confronti del paese interessato a norma dell’articolo 4 cessano di applicarsi. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all’articolo 8, paragrafo 2. Per imperativi motivi di urgenza debitamente giustificati connessi a perturbazioni economiche o sociali impreviste, la Commissione adotta atti di esecuzione immediatamente applicabili secondo la procedura di esame di cui all’articolo 8, paragrafo 3, per decidere che le misure adottate a norma dell’articolo 4 devono cessare di applicarsi. Articolo 8 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita da un comitato. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 8 del regolamento (UE) n. 182/2011, in combinato disposto con il suo articolo 5. 4. I risultati della valutazione di cui all'articolo 5, paragrafo 4, sono messi a disposizione del Parlamento europeo e del Consiglio conformemente alla procedura di cui all'articolo 10, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 182/2011, insieme ai documenti ivi previsti. Articolo 9 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, il 25 ottobre 2012 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente A. D. MAVROYIANNIS (1) GU C 229 del 31.7.2012, pag. 112. (2) Posizione del Parlamento europeo del 12 settembre 2012 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 25 settembre 2012. (3) GU L 286 del 29.10.2008, pag. 1. (4) GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13.
Conservazione degli stock ittici in Paesi che praticano la pesca non sostenibile QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento istituisce un sistema che consente all’UE di adottare misure in relazione alle attività e alle politiche di alcuni Paesi terzi che permettono la pesca non sostenibile. Tali misure sono state concepite per sostenere la conservazione degli stock ittici di interesse comune* sia per l’UE che per i Paesi terzi del caso. PUNTI CHIAVE L’identificazione di un Paese che permette la pesca non sostenibile si applica laddove:un Paese terzo non fornisce la sua cooperazione nella gestione di uno stock di interesse comune nel pieno rispetto delle norme concordate nella convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 e nell’accordo sulle risorse alieutiche sancito dalle Nazioni Unite del 1995, o in qualsiasi altro accordo o normativa relativa a leggi internazionali; e oppure:non adotta le necessarie misure di gestione della pesca; oadotta misure di gestione della pesca senza tenere debitamente conto dei diritti, degli interessi e dei doveri di altri Paesi e dell’UE che, quando cumulati con le misure adottate da altri Paesi e dall’UE, portano alla pratica di attività ittiche che potrebbero arrecare danni insostenibili agli stock ittici. Misure a disposizione dell’UE Tra le misure che la Commissione europea può adottare nei confronti di un Paese che consente la pesca non sostenibile si annoverano:quote sulle importazioni di pesce dallo stock di interesse comune pescato sotto il controllo di tale Paese e sulle importazioni di prodotti ittici che includono tale pesce; restrizioni sull’utilizzo di porti EU da parte di certe imbarcazionibattenti bandiera del Paese che pesca o trasporta pesce o prodotti ittici derivati dallo stock di interesse comune e/o specie associate,battenti un’altra bandiera, che sono autorizzati da quel Paese; divieti relativi all’ acquisto da parte di aziende ittiche dell’UE di un peschereccio battente bandiera di tale Paese; divieti relativi alla sostituzione da parte di un peschereccio della bandiera di un Paese UE con la bandiera del dato Paese; divieti relativi all’ esportazione nel dato Paese di pescherecci battenti bandiera di un Paese dell’UE o di attrezzature e equipaggiamento necessari per la pesca delle risorse alieutiche di interesse comune; divieti in merito alla conclusione di accordi commerciali privati tra gli operatori ittici dell’UE e di quel Paese specifico, che consentono ad un peschereccio battente bandiera di un Paese UE di sfruttare le possibilità offerte da tale Paese nel campo ittico; divieto di praticare operazioni di pesca congiunte che coinvolgono pescherecci dell’UE e quelli battenti bandiera del dato Paese. Tutte le misure devono:riferirsi alla conservazione dello stock di interesse comune; essere vigenti in concomitanza con le restrizioni alla pesca da parte delle imbarcazioni UE, o alla produzione o al consumo all’interno dell’UE, di pesce e prodotti ittici relativi alle specie per le quali sono state adottate le misure; proporzionato agli obiettivi perseguiti e compatibile con gli obblighi imposti dagli accordi internazionali di cui l’UE è parte e di ogni altra norma pertinente di diritto internazionale; Prima di adottare misure, la Commissione deve comunicare al Paese interessato la sua intenzione di identificarlo come Paese che permette la pesca non sostenibile. In tali circostanze, la Commissione si fa anche carico di informare tempestivamente il Parlamento europeo e il Consiglio. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È in vigore dal 17 novembre 2012. TERMINI CHIAVE Stock di interesse comune: uno stock ittico la cui distribuzione geografica lo rende disponibile sia ai Paesi dell’UE che quelli non UE e la cui gestione richiede la cooperazione tra tali Paesi e l’UE, in contesti bilaterali o multilaterali. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) No 1026/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012 su talune misure ai fini della conservazione delle risorse ittiche in relazione ai Paesi che autorizzano la pesca non sostenibile (GU L 316, 14.11.2012, pag. 34-37)
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Posizione comune del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativa all'applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo Gazzetta ufficiale n. L 344 del 28/12/2001 pag. 0093 - 0096 Posizione comune del Consigliodel 27 dicembre 2001relativa all'applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo(2001/931/PESC)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare gli articoli 15 e 34,considerando quanto segue:(1) Nella riunione straordinaria del 21 settembre 2001 il Consiglio europeo ha dichiarato che il terrorismo rappresenta una vera sfida per il mondo e per l'Europa e la lotta al terrorismo costituirà un obiettivo prioritario per l'Unione europea.(2) Il 28 settembre 2001 il Consiglio di sicurezza ha adottato la risoluzione 1373(2001) che stabilisce strategie di ampio respiro per la lotta al terrorismo e in particolare al finanziamento dello stesso.(3) L'8 ottobre 2001, il Consiglio ha ricordato la determinazione dell'Unione a colpire le fonti di finanziamento del terrorismo, in stretta concertazione con gli Stati Uniti.(4) Ai sensi della risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1333(2000), il 26 febbraio 2001 il Consiglio ha adottato la posizione comune 2001/154/PESC(1) che prevede tra l'altro il congelamento dei fondi di Usama Bin Laden e dei soggetti e delle entità associate a quest'ultimo. Di conseguenza tali persone, gruppi ed entità non sono contemplati dalla presente posizione comune.(5) L'Unione europea dovrebbe adottare ulteriori misure per attuare la risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1373(2001).(6) Gli Stati membri hanno trasmesso all'Unione europea le informazioni necessarie per attuare alcune di dette ulteriori misure.(7) È necessaria un'azione della Comunità volta ad attuare alcune di dette ulteriori misure. È altresì necessaria un'azione degli Stati membri, in particolare per quanto riguarda l'attuazione di forme di cooperazione di polizia e giudiziarie in materia penale,HA ADOTTATO LA PRESENTE POSIZIONE COMUNE:Articolo 11. La presente posizione comune si applica, in conformità delle disposizioni dei seguenti articoli, alle persone, gruppi ed entità, elencati nell'allegato, coinvolti in atti terroristici.2. Ai fini della presente posizione comune per "persone, gruppi ed entità coinvolti in atti terroristici" si intendono:- persone che compiono, o tentano di compiere, atti terroristici o vi prendono parte o li agevolano,- gruppi ed entità posseduti o controllati direttamente o indirettamente da tali persone; e persone, gruppi ed entità che agiscono a nome o sotto la guida di tali persone, gruppi ed entità, inclusi i capitali provenienti o generati da beni posseduti o controllati direttamente o indirettamente da tali persone o da persone, gruppi ed entità ad esse associate.3. Ai fini della presente posizione comune per "atto terroristico" si intende uno degli atti intenzionali di seguito indicati, che, per la sua natura o contesto possa recare grave danno a un paese o un'organizzazione internazionale, definito reato in base al diritto nazionale, quando è commesso al fine di:i) intimidire seriamente la popolazione; oii) costringere indebitamente i poteri pubblici o un'organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto; oiii) destabilizzare gravemente o distruggere le strutture politiche, costituzionali, economiche o sociali fondamentali di un paese o un'organizzazione internazionale:a) attentati alla vita di una persona che possono causarne il decesso;b) attentati gravi all'integrità fisica di una persona;c) sequestro di persona e cattura di ostaggi;d) distruzioni massicce di strutture governative o pubbliche, sistemi di trasporto, infrastrutture, compresi i sistemi informatici, piattaforme fisse situate sulla piattaforma continentale ovvero di luoghi pubblici o di proprietà private, che possono mettere a repentaglio vite umane o causare perdite economiche considerevoli;e) sequestro di aeromobili o navi o di altri mezzi di trasporto collettivo di passeggeri o di trasporto di merci;f) fabbricazione, detenzione, acquisto, trasporto, fornitura o uso di armi da fuoco, esplosivi, armi atomiche, biologiche o chimiche, nonché, per le armi biologiche e chimiche, ricerca e sviluppo;g) diffusione di sostanze pericolose, cagionamento di incendi, inondazioni o esplosioni il cui effetto metta in pericolo vite umane;h) manomissione o interruzione della fornitura di acqua, energia o altre risorse naturali fondamentali il cui effetto metta in pericolo vite umane;i) minaccia di mettere in atto uno dei comportamenti elencati alle lettere da a) a h);j) direzione di un gruppo terroristico;k) partecipazione alle attività di un gruppo terroristico, anche fornendo informazioni o mezzi materiali o finanziandone in qualsiasi forma le attività, nella consapevolezza che tale partecipazione contribuirà alle attività criminose del gruppo.Ai fini del presente paragrafo, per "gruppo terroristico" s'intende l'associazione strutturata di più di due persone, stabilita nel tempo, che agisce in modo concertato allo scopo di commettere atti terroristici. Il termine "associazione strutturata" designa un'associazione che non si è costituita fortuitamente per la commissione estemporanea di un reato e che non deve necessariamente prevedere ruoli formalmente definiti per i suoi membri, continuità nella composizione o una struttura articolata.4. L'elenco è redatto sulla base di informazioni precise o di elementi del fascicolo da cui risulta che un'autorità competente ha preso una decisione nei confronti delle persone, gruppi ed entità interessati, si tratti dell'apertura di indagini o di azioni penali per un atto terroristico, il tentativo di commetterlo, la partecipazione a tale atto o la sua agevolazione, basate su prove o indizi seri e credibili, o si tratti di una condanna per tali fatti. Nell'elenco possono essere inclusi persone, gruppi ed entità individuati dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite come collegati al terrorismo e contro i quali esso ha emesso sanzioni.Ai fini dell'applicazione del presente paragrafo, per "autorità competente" s'intende un'autorità giudiziaria o, se le autorità giudiziarie non hanno competenza nel settore di cui al presente paragrafo, un'equivalente autorità competente nel settore.5. Il Consiglio si adopera affinché nell'elenco, in allegato, delle persone fisiche e giuridiche, dei gruppi o delle entità siano inseriti dettagli sufficienti a consentire l'effettiva identificazione di esseri umani, persone giuridiche, entità o organismi, in modo da discolpare più agevolmente coloro che hanno un nome identico o simile.6. I nomi delle persone ed entità riportati nell'elenco in allegato sono riesaminati regolarmente almeno una volta per semestre onde accertarsi che il loro mantenimento nell'elenco sia giustificato.Articolo 2La Comunità europea, nei limiti dei poteri che le sono conferiti dal trattato che istituisce la Comunità europea, ordina il congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie o economiche delle persone, gruppi ed entità elencati nell'allegato.Articolo 3La Comunità europea, nei limiti dei poteri che le sono conferiti dal trattato che istituisce la Comunità europea, garantisce che i capitali, le risorse finanziarie o economiche o i servizi finanziari o altri servizi connessi non siano messi a disposizione, direttamente o indirettamente, delle persone, gruppi ed entità elencati nell'allegato.Articolo 4Gli Stati membri si prestano, nell'ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale prevista dal titolo VI del trattato sull'Unione europea, la massima assistenza possibile ai fini della prevenzione e della lotta contro gli atti terroristici. A questo scopo, per quanto riguarda le indagini e le azioni penali condotte dalle loro autorità nei confronti di persone, gruppi ed entità di cui all'allegato, essi si avvalgono appieno, su richiesta, dei poteri di cui dispongono in virtù di atti dell'Unione europea e di altri accordi, intese e convenzioni internazionali vincolanti per gli Stati membri.Articolo 5La presente posizione comune ha efficacia dalla data di adozione.Articolo 6La presente posizione comune è costantemente riesaminata.Articolo 7La presente posizione comune è pubblicata nella Gazzetta ufficiale.Fatto a Bruxelles, addì 27 dicembre 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteL. Michel(1) GU L 57 del 27.2.2001, pag. 1.ALLEGATOElenco delle persone, gruppi ed entità di cui all'articolo 1(1)1. PERSONE*- ABAUNZA MARTINEZ, Javier (attivista dell'ETA) nato il 1o.1.1965 a Guernica (Guascogna), carta di identità n. 78.865.882*- ALBERDI URANGA, Itziar (attivista dell'ETA) nato il 7.10.1963 a Durango (Guascogna), carta di identità n. 78.865.693*- ALBISU IRIARTE, Miguel (attivista dell'ETA, membro di Gestoras Pro-amnistía) nato il 7.6.1961 a San Sebastián (Guipúzcoa), carta di identità n. 15.954.596*- ALCALDE LINARES, Angel (attivista dell'ETA, membro di Herri Batasuna/E.H./Batasuna) nato il 2.5.1943 a Portugalete (Vizcaya), carta di identità n. 14.390.353- AL-MUGHASSIL, Ahmad Ibrahim (pseudonimo ABU OMRAN, pseudonimo AL-MUGHASSIL, Ahmed Ibrahim) nato il 26.6.1967 a Qatif-Bab al Shamal, Arabia Saudita, cittadino saudita- AL-NASSER, Abdelkarim Hussein Mohamed, nato a Al Ihsa, Arabia Saudita, cittadino saudita- AL YACOUB, Ibrahim Salih Mohammed, nato il 16.10.1996 a Tarut, Arabia Saudita, cittadino saudita*- ARZALLUZ TAPIA, Eusebio (attivista dell'ETA), nato l'8.11.1957 a Regil (Guipúzcoa), carta di identità n. 15.927.207- ATWA, Ali (pseudonimo BOUSLIM, Ammar Mansour; pseudonimo SALIM, Hassan Rostom), Libano, nato nel 1960 in Libano, cittadino libanese*- ELCORO AYASTUY, Paulo (attivista dell'ETA, membro di Jarrai/Haika/Segi) nato il 22.10.1973 a Vergara (Guipúzcoa), carta di identità n. 15.394.062- EL-HOORIE, Ali Saed Bin Ali (pseudonimo AL-HOURI, Ali Saed Bin Ali; pseudonimo EL-HOURI, Ali Saed Bin Ali) nato il 10.7.1965 oppure l'11.7.1965 a El Dibabiya, Arabia Saudita, cittadino saudita*- FIGAL ARRANZ, Antonio Agustín (attivista dell'ETA, membro di Kas/Ekin) nato il 2.12.1972 a Baracaldo (Guascogna), carta di identità n. 20.172.692*- GOGEASCOECHEA ARRONATEGUI, Eneko (attivista dell'ETA) nato il 29.4.1967 a Guernica (Guascogna), carta di identità n. 44.556.097*- GOIRICELAYA GONZALEZ, Cristina (attivista dell'ETA, membro di Herri Batasuna/E.H./Batasuna), nata il 23.12.1967 a Vegara (Guipúzcoa), carta di identità n. 16.282.556*- IPARRAGUIRRE GUENECHEA, Ma Soledad (attivista dell'ETA), nata il 25.4.1961 a Escoriaza (Navarra), carta di identità n. 16.255.819- IZZ-AL-DIN, Hasan (pseudonimo GARBAYA, Ahmed; pseudonimo SA-ID, pseudonimo SALWWAN, Samir), Libano, nato nel 1963 in Libano, cittadino libanese- MOHAMMED, Khalid Shaikh (pseudonimo ALI, Salem; pseudonimo BIN KHALID, Fahd Bin Abdallah; pseudonimo HENIN, Ashraf Refaat Nabith; pseudonimo WADOOD, Khalid Adbul) nato il 14.4.1965 oppure l'1.3.1964 in Kuwait, cittadino kuwaitiano*- MORCILLO TORRES, Gracia (attivista dell'ETA, membro di Kas/Ekin) nato il 15.3.1967 a San Sebastián (Guipúzcoa), carta di identità n. 72.439.052*- MÚGICA GOÑI, Ainhoa (attivista dell'ETA) nata il 27.6.1970 a San Sebastián (Guipúzcoa), carta di identità n. 34.101.243- MUGHNIYAH, Imad Fa'iz (pseudonimo MUGHNIYAH, Imad Fayiz), ufficiale superiore dei servizi di intelligence dell'HEZBOLLAH, nato il 7.12.1962 a Tayr Dibba, Libano, passaporto n. 432298 (Libano)*- MUÑOA ORDOZGOITI, Aloña (attivista dell'ETA, membro di Kas/Ekin) nata il 6.7.1976 a Segura (Guipúzcoa), carta di identità n. 35.771.259*- NARVAEZ GOÑI, Juan Jesús (attivista dell'ETA), nato il 23.2.1961 a Pamplona (Navarra), carta di identità n. 15.841.101*- OLARRA GURIDI, Juan Antonio (attivista dell'ETA), nato l'11.9.1967 a San Sebastián (Guipúzcoa), carta di identità n. 34.084.504*- ORBE SEVILLANO, Zigor (attivista dell'ETA, membro di Jarrai/Haika/Segi) nato il 22.9.1972 a Basauri (Guascogna), carta di identità n. 45.622.851*- OTEGUI UNANUE, Mikel (attivista dell'ETA, membro di Jarrai/Haika/Segi) nato l'8.10.1972 a Itsasondo (Guipúzcoa), carta di identità n. 44.132.976*- PEREZ ARAMBURU, Jon Iñaki (attivista dell'ETA, membro di Jarrai/Haika/Segi) nato il 18.9.1964 a San Sebastián (Guipúzcoa), carta di identità n. 15.976.521*- SAEZ DE EGUILAZ MURGUIONDO, Carlos (attivista dell'ETA, membro di Kas/Ekin) nato il 9.12.1963 a San Sebastián (Guipúzcoa), carta di identità n. 15.962.687*- URANGA ARTOLA, Kemen (attivista dell'ETA, membro di Herri Batasuna/E.H./Batasuna) nato il 25.5.1969 a Ondarroa (Guascogna), carta di identità n. 30.627.290*- VILA MICHELENA, Fermín (attivista dell'ETA, membro di Kas/Ekin) nato il 12.3.1970 a Irún (Guipúzcoa), carta di identità n. 15.254.2142. GRUPPI O ENTITÀ*- Continuity Irish Republican Army (CIRA)*- Euskadi Ta Askatasuna/Tierra Vasca y Libertad/Patria basca e libertà (E.T.A.)(Le seguenti organizzazioni fanno parte del gruppo terroristico E.T.A.: K.a.s., Xaki, Ekin, Jarrai-Haika-Segi, Gestoras pro-amnistía)*- Grupos de Resistencia Antifascista Primero de Octubre/Gruppo di resistenza antifascista 1o ottobre (G.R.A.P.O.)- Hamas-Izz al-Din al-Qassem (ala terroristica di Hamas)*- Loyalist Volunteer Force (LVF)*- Orange Volunteers (OV)- Jihad islamica palestinese (PIJ)*- Real IRA*- Red Hand Defenders (RHD)*- Nuclei rivoluzionari/Epanastatiki Pirines*- Organizzazione rivoluzionaria 17 novembre/Dekati Evdomi Noemvri*- Lotta popolare rivoluzionaria/Epanastatikos Laikos Agonas (ELA)*- Ulster Defence Association/Ulster Freedom Fighters (UDA/UFF)(1) Le persone contraddistinte da * sono soggette al solo articolo 4.
Congelamento delle risorse: elenco delle persone e dei gruppi coinvolti in atti terroristici Questa posizione comune prevede che sia redatto un elenco delle persone, dei gruppi e delle entità coinvolti in atti terroristici cui si applica la misura del congelamento dei capitali e delle risorse finanziarie. ATTO Posizione comune 2001/931/PESC del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativa all'applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo. SINTESI Il Consiglio europeo straordinario del 21 settembre 2001 ha definito il terrorismo come una delle principali sfide per il mondo e ha individuato la lotta al terrorismo come uno degli obiettivi prioritari dell’Unione europea (UE). Obiettivo di questa posizione comune è applicare ulteriori misure di lotta al terrorismo, in aggiunta alla risoluzione 1373 (2001) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. In particolare, essa istituisce un elenco di persone, gruppi ed entità coinvolti in atti terroristici, cui si applica la misura del congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie nell’ambito della lotta contro il finanziamento del terrorismo. Definizioni Per «persone, gruppi ed entità coinvolti in atti terroristici» si intendono soggetti per i quali sia provato, sulla base di informazioni precise, che hanno già commesso, che tentano di commettere o che agevolano atti terroristici. Gli «atti terroristici» sono definiti come atti intenzionali che possano recare grave danno a un paese o a un'organizzazione internazionale intimidendo seriamente la popolazione, imponendo costrizioni di ogni genere, destabilizzando o distruggendo le strutture fondamentali, costituzionali, sociali ed economiche. In questo elenco sono compresi gli atti seguenti: attentato alla vita o all’integrità fisica di una persona; sequestro di persona e cattura di ostaggi; distruzione massiccia di strutture pubbliche o private, compresi i sistemi informatici; sequestro di mezzi di trasporto collettivo (aeromobili o navi); fabbricazione, detenzione, acquisto, trasporto o uso di armi da fuoco, esplosivi, armi atomiche, biologiche o chimiche; diffusione di sostanze pericolose o cagionamento di inondazioni, esplosioni o incendi; manomissione o interruzione della fornitura di acqua, energia o altre risorse naturali fondamentali; direzione di un gruppo terroristico o partecipazione alle sue attività, anche sotto forma di finanziamento o di fornitura di mezzi logistici. La semplice minaccia di commettere uno dei crimini di cui sopra è da considerarsi anch’essa come un atto terroristico. La posizione comune definisce altresì i gruppi terroristici come associazioni strutturate di persone, che agiscono in modo concertato allo scopo di commettere atti terroristici, indipendentemente dalla loro composizione e dal grado di complessità della loro struttura. Elenco delle persone ed entità L’elenco figurante all’allegato della posizione comune è redatto sulla base delle inchieste condotte dalle autorità competenti, giudiziarie o di polizia nei paesi dell’UE. L’elenco deve essere riesaminato almeno ogni semestre ai fini di un aggiornamento. L’elenco comprende i gruppi di attivisti rivoluzionari, nonché i nomi delle persone che ne fanno parte, fra cui: CIRA (Continuity Irish Republican Army); E.T.A (Patria basca e libertà); G.R.A.P.O (Gruppo di resistenza antifascista 1° ottobre); Hamas-Izz al-Din al-Qassem (ala terroristica di Hamas); LVF (Loyalist Volunteer Force); PIJ (Jihad islamica palestinese). Il nome di Osama Bin Laden e quello dei soggetti e delle entità associate a quest'ultimo non figurano in tale elenco in quanto rientrano già nella posizione comune 2002/402/PESC del Consiglio, del 27 maggio 2002, concernente misure restrittive nei confronti di Osama Bin Laden, dei membri dell'Organizzazione Al-Qaida e dei Taliban e di altri individui, gruppi, imprese ed entità ad essi associate. Le misure previste da questa posizione comune vengono applicate dal regolamento (CE) n. 881/2002, adottato lo stesso giorno. Misure che devono essere adottate da parte dell’UEe dei suoi paesi L’UE, nei limiti dei suoi poteri e delle sue competenze, ordina il congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie o economiche delle persone, dei gruppi e delle entità figuranti nell’elenco e garantisce che tali persone e gruppi non abbiano accesso ai fondi e ai capitali congelati. I paesi dell’UE, nell'ambito di una cooperazione di polizia e giudiziaria adeguata, si prestano assistenza reciproca ai fini della prevenzione e della lotta contro gli atti terroristici. Al fine di condurre le indagini e le azioni penali nei confronti di persone ed entità figuranti nell’elenco, le loro autorità si avvalgono appieno dei poteri di cui dispongono in virtù di atti dell'UE o di altri accordi bilaterali o internazionali. Analogamente a questa posizione comune, la posizione comune 2001/930/PESC del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativa alla lotta al terrorismo, prevede il congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie o economiche delle persone o delle entità che agevolano, tentano di compiere o compiono atti terroristici sul territorio dell’UE. Riferimenti Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale Posizione comune 2001/931/PESC 27.12.2001 - GU L 344 del 28.12.2001 ATTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 2580/2001 del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo [Gazzetta ufficiale L 344 del 28.12.2001]. Il regolamento in questione costituisce una misura necessaria a livello UE ed integra le procedure amministrative e giudiziarie relative alle organizzazioni terroristiche nei paesi UE e nei paesi terzi. Con il regolamento si intende lottare contro qualsiasi forma di finanziamento delle attività terroristiche. A tal fine, il regolamento definisce la nozione di “capitali e altre attività finanziarie” da congelare, quella di “servizi bancari e altri servizi finanziari” e quella di “controllo di una persona giuridica”. Il regolamento prevede inoltre deroghe che permettono, in taluni casi specifici, di scongelare i capitali. Il regolamento prevede l’elaborazione, il riesame e la modifica di un elenco di persone, gruppi o entità ai quali esso si applica. Questo elenco è stato aggiornato da successivi regolamenti e decisioni. Decisione 2005/671/GAI del Consiglio , del 20 settembre 2005, concernente lo scambio di informazioni e la cooperazione in materia di reati terroristici [Gazzetta ufficiale L 253 del 29.9.2005]. See also Sito web sulla lotta alla minaccia terroristica (EN) della direzione generale degli Affari interni della Commissione europea
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Regolamento (CE) n. 789/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativo al trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra registri all'interno della Comunità e che abroga il regolamento (CEE) n. 613/91 del Consiglio (Testo rilevante ai fini del SEE) Gazzetta ufficiale n. L 138 del 30/04/2004 pag. 0019 - 0023 Regolamento (CE) n. 789/2004 del Parlamento europeo e del Consigliodel 21 aprile 2004relativo al trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra registri all'interno della Comunità e che abroga il regolamento (CEE) n. 613/91 del Consiglio(Testo rilevante ai fini del SEE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 80, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Comitato economico e sociale europeo [1],previa consultazione del Comitato delle regioni,deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato [2],considerando quanto segue:(1) L'istituzione e il funzionamento del mercato interno implicano l'eliminazione degli ostacoli tecnici al trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra i registri degli Stati membri. Sono inoltre necessarie misure per facilitare il trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra i registri all'interno della Comunità volte a ridurre i costi e le procedure amministrative collegati a tale trasferimento, migliorando così le condizioni operative e la competitività del settore marittimo comunitario.(2) Nel contempo è necessario garantire un elevato livello di sicurezza delle navi e protezione ambientale, in conformità con le convenzioni internazionali.(3) I requisiti stabiliti dalla convenzione internazionale del 1974 per la salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS 1974), dalla convenzione internazionale del 1966 sul bordo libero (LL 66) e dalla convenzione internazionale del 1973, modificata dal protocollo del 1978, sulla prevenzione dell'inquinamento causato da navi (MARPOL 73/78) impongono un elevato livello di sicurezza delle navi e di protezione ambientale. La convenzione internazionale del 1969 per la stazzatura delle navi prevede un sistema uniforme per la misurazione del tonnellaggio delle navi mercantili.(4) Il regime internazionale applicabile alle navi passeggeri è stato rafforzato e perfezionato con l'adozione di un numero considerevole di emendamenti alla convenzione SOLAS 1974 da parte dell'Organizzazione marittima internazionale (IMO) e una maggiore convergenza delle interpretazioni delle regole e norme della convenzione SOLAS 1974.(5) Il trasferimento di navi da carico e passeggeri battenti bandiera di uno Stato membro tra i registri di Stati membri non dovrebbe essere intralciato da ostacoli tecnici, a condizione che le navi siano state certificate quali rispondenti alle disposizioni delle convenzioni internazionali pertinenti dagli Stati membri o, in loro nome, dalle organizzazioni riconosciute ai sensi della direttiva 94/57/CE del Consiglio, del 22 novembre 1994, relativa alle disposizioni e alle norme comuni per gli organi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi e per le pertinenti attività delle amministrazioni marittime [3].(6) Uno Stato membro che accoglie una nave dovrebbe tuttavia rimanere in grado di applicare norme che differiscano, in portata e natura, da quelle di cui nelle convenzioni citate all'articolo 2, lettera a).(7) Per garantire una decisione rapida e basata su dati concreti da parte dello Stato membro del registro di accoglienza, lo Stato membro del registro di provenienza della nave dovrebbe fornire all'altra amministrazione tutte le informazioni pertinenti disponibili sulle condizioni e l'equipaggiamento della nave. Lo Stato membro del registro di accoglienza dovrebbe tuttavia avere la possibilità di sottoporre la nave a un'ispezione per verificare le condizioni dichiarate e l'equipaggiamento.(8) Le navi alle quali è stato negato l'accesso ai porti degli Stati membri a norma della direttiva 95/21/CE del Consiglio, del 19 giugno 1995, relativa all'attuazione di norme internazionali per la sicurezza delle navi, la prevenzione dell'inquinamento e le condizioni di vita e di lavoro a bordo, per le navi che approdano nei porti comunitari e che navigano nelle acque sotto la giurisdizione degli Stati membri (controllo dello Stato di approdo) [4] o che sono state trattenute più di una volta a seguito di un'ispezione portuaria, nel corso dei tre anni precedenti la richiesta di iscrizione, non dovrebbero poter beneficiare della possibilità di essere trasferite a un altro registro all'interno della Comunità, secondo la procedura semplificata.(9) Le pertinenti convenzioni internazionali lasciano alcuni importanti punti di interpretazione dei requisiti alla discrezione delle parti. Sulla base delle loro interpretazioni individuali, gli Stati membri rilasciano a tutte le navi battenti la loro bandiera, soggette alle disposizioni delle pertinenti convenzioni internazionali, certificati che attestano la loro conformità con queste disposizioni. Gli Stati membri applicano i regolamenti tecnici nazionali, alcune disposizioni dei quali prevedono requisiti diversi da quelli fissati nelle convenzioni e nelle norme tecniche associate. È pertanto necessario istituire una procedura idonea per conciliare le diverse interpretazioni dei requisiti esistenti che possono insorgere a seguito di una domanda di cambio di registro.(10) Per consentire di monitorare l'attuazione del presente regolamento, gli Stati membri dovrebbero trasmettere alla Commissione brevi relazioni annuali. Nella loro prima relazione annuale, gli Stati membri dovrebbero indicare gli eventuali provvedimenti adottati per agevolare l'attuazione del presente regolamento.(11) Le disposizioni del regolamento (CEE) n. 613/91 del Consiglio, del 4 marzo 1991, relativo al cambiamento di registro delle navi all'interno della Comunità [5], sono rafforzate ed estese in misura significativa dal presente regolamento. Di conseguenza, il regolamento (CEE) n. 613/91 dovrebbe essere abrogato.(12) Le misure necessarie all'applicazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione [6],HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1FinalitàIl presente regolamento intende eliminare gli ostacoli tecnici al trasferimento delle navi da carico e passeggeri battenti bandiera di uno Stato membro tra i registri degli Stati membri, assicurando al contempo un livello elevato di sicurezza delle navi e di protezione ambientale, in conformità con le convenzioni internazionali.Articolo 2DefinizioniAi fini del presente regolamento si intende per:"convenzioni" la convenzione internazionale del 1974 per la salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS 1974), la convenzione internazionale del 1966 sul bordo libero (LL 66), la convenzione internazionale del 1969 per la stazzatura delle navi e la convenzione internazionale del 1973, modificata dal protocollo del 1978, per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi modificata dal relativo protocollo del 1978 (MARPOL 73/78) nelle loro versioni aggiornate, unitamente ai codici vincolanti adottati nell'ambito dell'Organizzazione marittima internazionale (IMO) nonché i protocolli e loro modifiche, nelle loro versioni aggiornate;"requisiti" i requisiti di sicurezza e di prevenzione dell'inquinamento in ordine alla costruzione e all'equipaggiamento delle navi stabiliti nelle convenzioni e, per le navi passeggeri in servizio interno, quelli di cui alla direttiva 98/18/CE del Consiglio, del 17 marzo 1998, relativa alle disposizioni e norme di sicurezza per le navi da passeggeri [7];"certificati" i certificati, i documenti e le dichiarazioni di conformità rilasciati da uno Stato membro o da un'organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome in conformità delle convenzioni e, per le navi passeggeri in servizio interno, in conformità dell'articolo 11 della direttiva 98/18/CE;"nave passeggeri" una nave capace di trasportare più di dodici passeggeri;i) il comandante e i membri dell'equipaggio o le altre persone impiegate o occupate con qualsiasi funzione a bordo di una nave per le operazioni della nave; eii) i bambini di età inferiore a un anno;"viaggio interno" un viaggio via mare da un porto di uno Stato membro allo stesso porto o a un altro porto all'interno dello stesso Stato membro;"viaggio internazionale" un viaggio via mare da un porto di uno Stato membro a un porto al di fuori dei suoi confini o viceversa;"nave da carico" una nave che non sia una nave passeggeri;"organizzazione riconosciuta" un'organizzazione riconosciuta ai sensi dell'articolo 4 della direttiva 94/57/CE.Articolo 3Ambito di applicazione1. Il presente regolamento si applica:i) costruite il 25 maggio 1980 o successivamente; oppureii) costruite prima di questa data, ma certificate da uno Stato membro o da un'organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome, quali conformi alle norme per le navi nuove definite nella convenzione SOLAS 1974, o, per le navi cisterna adibite al trasporto di prodotti chimici e per le navi adibite al trasporto di gas, ai codici normativi pertinenti per le navi costruite il 25 maggio 1980 o successivamente;i) costruite il 1o luglio 1998 o successivamente; oppure- nella direttiva 98/18/CE, per le navi in servizio interno,- nella convenzione SOLAS 1974, per le navi in servizio internazionale.2. Il presente regolamento non si applica:a) alle navi consegnate previa ultimazione dei lavori di costruzione che non siano corredate da certificati definitivi in corso di validità rilasciati dallo Stato membro del registro precedente;b) alle navi alle quali è negato l'accesso ai porti degli Stati membri ai sensi della direttiva 95/21/CE nel corso dei tre anni precedenti la domanda di iscrizione né alle navi che sono state trattenute più di una volta nei tre anni precedenti la domanda di iscrizione a seguito di un'ispezione effettuata nel porto di uno Stato firmatario del Memorandum di intesa di Parigi del 1982 sul controllo da parte dello Stato di approdo e per le ragioni connesse ai requisiti di cui all'articolo 2, lettera b). Gli Stati membri esaminano nondimeno con attenzione e a tempo debito le domande relative a tali navi;c) alle navi da guerra o destinate al trasporto di truppe né alle altre navi appartenenti a uno Stato membro o da esso noleggiate e utilizzate esclusivamente a fini governativi non commerciali;d) alle navi senza mezzi di propulsione meccanica , a quelle in legno di costruzione primitiva, agli yacht da diporto utilizzati a fini non commerciali e alle imbarcazioni da pesca;e) alle navi da carico di stazza lorda inferiore a 500 tonnellate.Articolo 4Trasferimento di registro1. Gli Stati membri non negano, per motivi tecnici derivanti dalle convenzioni, l'iscrizione a una nave da carico iscritta in un altro Stato membro che sia conforme ai requisiti, che sia munita di certificati validi e che disponga di equipaggiamento oggetto di una omologazione o di una omologazione di tipo ai sensi della direttiva 96/98/CE del Consiglio, del 20 dicembre 1996, sull'equipaggiamento marittimo [8].Per adempiere agli obblighi previsti dagli strumenti ambientali regionali ratificati prima del 1o gennaio 1992, gli Stati membri possono imporre regole supplementari in conformità con gli allegati opzionali delle convenzioni.2. Il presente articolo si applica fatti salvi, ove opportuno, gli eventuali requisiti specifici fissati per l'utilizzo della nave conformemente all'articolo 7 della direttiva 98/18/CE e all'articolo 6 della direttiva 2003/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 aprile 2003, concernente requisiti specifici di stabilità per le navi ro/ro da passeggeri [9].3. Al momento del ricevimento della richiesta di trasferimento, lo Stato membro del registro di provenienza della nave fornisce allo Stato membro del registro di accoglienza o mette a disposizione dell'organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome tutte le informazioni pertinenti sulla nave, in particolare sulle sue condizioni e attrezzature. Le informazioni includono la documentazione cronologica della nave e, ove opportuno, un elenco dei miglioramenti richiesti dal registro di provenienza per iscrivere la nave o rinnovarne i certificati nonché un elenco delle ispezioni in ritardo. Esse includono altresì tutti i certificati e i dati relativi alla nave prescritti dalle convenzioni e dai pertinenti strumenti comunitari, nonché le registrazioni relative alla ispezioni effettuate dallo Stato di bandiera e ai controlli effettuati dallo Stato di approdo. Gli Stati membri cooperano per assicurare la corretta applicazione delle disposizioni del presente paragrafo.4. Prima di iscrivere una nave, lo Stato membro del registro di accoglienza, o l'organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome, può sottoporre la nave a ispezione per verificare che lo stato della nave e delle sue attrezzature corrisponda effettivamente ai certificati di cui all'articolo 3. L'ispezione viene eseguita entro una scadenza ragionevole.5. Se, a seguito dell'ispezione, e dopo aver dato al proprietario della nave una possibilità ragionevole di rettificare le carenze, lo Stato membro del registro di accoglienza o l'organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome non è in grado di confermare la corrispondenza con i certificati della nave, esso lo comunica alla Commissione ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1.Articolo 5Certificati1. Al momento del trasferimento della nave e fatta salva la direttiva 94/57/CE, lo Stato membro del registro di accoglienza o l'organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome rilascia alla nave certificati secondo le stesse condizioni previste per la bandiera dello Stato membro del registro precedente sempreché sussistano i motivi o le cause che hanno indotto lo Stato membro del registro di provenienza a imporre condizioni o accordare una esenzione o una deroga.2. Al momento del rinnovo, della proroga o della revisione dei certificati, lo Stato membro del registro di accoglienza o l'organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome si astiene dall'imporre requisiti diversi da quelli prescritti per il primo rilascio di certificati definitivi sempreché i requisiti applicabili alle navi esistenti e le relative condizioni permangano immutati.Articolo 6Rifiuto di trasferimento e interpretazione1. Lo Stato membro del registro di accoglienza notifica immediatamente alla Commissione qualsiasi rifiuto di rilasciare o di autorizzare il rilascio di nuovi certificati a una nave basato su divergenze di interpretazione dei requisiti o su disposizioni che le convenzioni o strumenti comunitari pertinenti lasciano alla discrezione delle parti.A meno che non sia stata informata di un accordo tra gli Stati membri interessati entro il termine di un mese, la Commissione avvia le iniziative necessarie per prendere una decisione secondo la procedura di cui all'articolo 7, paragrafo 2.2. Se uno Stato membro ritiene che una nave non possa essere iscritta a norma dell'articolo 4 per ragioni attinenti a gravi rischi per la sicurezza o l'ambiente non rientranti fra quelli citati al paragrafo 1, l'iscrizione può essere sospesa.Lo Stato membro sottopone senza indugio il problema alla Commissione, con la relativa motivazione di sospensione dell'iscrizione. La decisione di non iscrivere la nave viene confermata o meno secondo la procedura di cui all'articolo 7, paragrafo 2.3. La Commissione può consultare il comitato di cui all'articolo 7 su qualsiasi problema connesso all'applicazione e interpretazione del presente regolamento e, in particolare, per garantire che non siano pregiudicate le norme relative alla sicurezza e alla protezione dell'ambiente.Articolo 7Procedura di comitato1. La Commissione è assistita dal comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (COSS) istituito dall'articolo 3 del regolamento (CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, che istituisce un comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (comitato COSS) e recante modifica dei regolamenti in materia di sicurezza marittima e di prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi [10] (comitato).2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE del Consiglio, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a due mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 8Relazioni1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione una breve relazione annuale sull'attuazione del presente regolamento. La relazione fornisce dati statistici sul trasferimento di navi, elaborati conformemente al presente regolamento, ed elenca le eventuali difficoltà incontrate nell'attuazione.2. Entro il 20 maggio 2008 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione del presente regolamento basata in parte sulle relazioni trasmesse dagli Stati membri. In tale relazione essa valuta, tra l'altro, l'opportunità di una revisione del regolamento.Articolo 9Emendamenti1. Le definizioni di cui all'articolo 2 possono essere modificate secondo la procedura di cui all'articolo 7, paragrafo 2, per tener conto degli sviluppi a livello internazionale, soprattutto in seno all'IMO, e per rendere il presente regolamento più efficace tenuto conto dell'esperienza acquisita e del progresso tecnico sempreché tali modifiche non ne estendano il campo di applicazione.2. Qualsiasi modifica apportata alle convenzioni può essere esclusa dal campo di applicazione del presente regolamento, ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 2099/2002.Articolo 10AbrogazioneIl presente regolamento abroga il regolamento (CEE) n. 613/91.Articolo 11Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è vincolante in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in tutti gli Stati membri.Fatto a Strasburgo, addì 21 aprile 2004.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteD. Roche[1] GU C 80 del 30.3.2004, pag. 88.[2] Parere del Parlamento europeo del 13 gennaio 2004 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 6 aprile 2004.[3] GU L 319 del 12.12.1994, pag. 20. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2002/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 324 del 29.11.2002, pag. 53).[4] GU L 157 del 7.7.1995, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2002/84/CE.[5] GU L 68 del 15.3.1991, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 324 del 29.11.2002, pag. 1).[6] GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.[7] GU L 144 del 15.5.1998, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva della Commissione 2003/75/CE (GU L 190 del 30.7.2003, pag. 6).[8] GU L 46 del 17.2.1997, pag. 25. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2002/84/CE.[9] GU L 123 del 17.5.2002, pag. 22.[10] GU L 324 del 29.11.2002, pag. 1.--------------------------------------------------
Trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra registri all’interno dell’Unione europea QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Esso intende eliminare gli ostacoli tecnici al trasferimento delle navi da carico e passeggeri battenti bandiera di uno Stato membro tra i registri degli Stati membri, assicurando al contempo un livello elevato di sicurezza delle navi e di protezione ambientale, in conformità con le convenzioni internazionali. PUNTI CHIAVE Ambito di applicazioneIl regolamento si applica alle navi passeggeri costruite il 1o luglio 1998 o successivamente e alle navi da carico costruite il 25 maggio 1980 o successivamente o a navi costruite prima di questa data, ma certificate quali rispondenti alle disposizioni pertinenti europee e dell’Organizzazione marittima internazionale. Tuttavia, il regolamento non si applica a:alle navi consegnate previa ultimazione dei lavori di costruzione che non siano corredate da certificati definitivi in corso di validità rilasciati dallo Stato membro del registro precedente;alle navi alle quali è negato l’accesso ai porti degli Stati membri ai sensi della direttiva 2009/16/CE relativa al controllo da parte dello Stato di approdo (si veda la sintesi) nel corso dei tre anni precedenti la domanda di iscrizione a seguito di un’ispezione effettuata nel porto di uno Stato firmatario del Memorandum di intesa di Parigi del 1982 sul controllo da parte dello Stato di approdo;alle navi da guerra o destinate al trasporto di truppe né alle altre navi appartenenti a uno Stato membro o da esso noleggiate e utilizzate esclusivamente a fini governativi non commerciali;alle navi senza mezzi di propulsione meccanica, a quelle in legno di costruzione primitiva, agli yacht da diporto utilizzati a fini non commerciali e alle imbarcazioni da pesca;alle navi da carico di stazza lorda inferiore a 500 tonnellate.Trasferimento di registroGli Stati membri non negano, per motivi tecnici derivanti dalle convenzioni, l’iscrizione a una nave da carico iscritta in un altro Stato membro che sia conforme ai requisiti, che sia munita di certificati validi e che disponga di equipaggiamento marittimo conforme alla direttiva 2014/90/UE (si veda la sintesi). Al momento del ricevimento della richiesta di trasferimento, lo Stato membro del registro di provenienza della nave fornisce allo Stato membro del registro di accoglienza tutte le informazioni pertinenti sulla nave, in particolare sulle sue condizioni e attrezzature. Le informazioni includono la documentazione cronologica della nave, un elenco dei miglioramenti richiesti dal registro di provenienza per iscrivere la nave o rinnovarne i certificati nonché un elenco delle ispezioni in ritardo. Prima di iscrivere una nave, lo Stato membro del registro di accoglienza sottopone la nave a ispezione per verificare che lo stato della nave e delle sue attrezzature corrisponda effettivamente ai certificati.CertificatiAl momento del trasferimento, lo Stato membro del registro di accoglienza o l’organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome rilascia alla nave certificati secondo le stesse condizioni previste per la bandiera dello Stato membro del registro precedente. Al momento del rinnovo, della proroga o della revisione dei certificati, lo Stato membro del registro di accoglienza o l’organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome si astiene dall’imporre requisiti diversi da quelli prescritti per il primo rilascio di certificati definitivi.Rifiuto di trasferimento e interpretazioneLo Stato membro del registro di accoglienza notifica immediatamente alla Commissione europea qualsiasi rifiuto di rilasciare o di autorizzare il rilascio di nuovi certificati a una nave. Se uno Stato membro ritiene che una nave non possa essere iscritta per ragioni attinenti a gravi rischi per la sicurezza o l’ambiente, l’iscrizione può essere sospesa.Relazioni Ogni anno, gli Stati membri trasmettono alla Commissione una breve relazione annuale sull’attuazione del regolamento. Nel 2015 la Commissione ha presentato una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione del regolamento. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 20 maggio 2004. CONTESTO Sono necessarie misure per facilitare il trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra i registri all’interno dell’Unione europea (UE) volte a ridurre i costi e le procedure amministrative. Il regolamento concilia considerazioni relative al mercato interno (eliminazione degli ostacoli tecnici al trasferimento di navi tra i registri degli Stati membri) e requisiti relativi alla sicurezza marittima (livelli elevati di sicurezza delle navi e protezione ambientale). Riconosce l’adeguatezza per l’UE degli standard di sicurezza stabiliti nelle convenzioni dell’Organizzazione marittima internazionale. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 789/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004 relativo al trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra registri all’interno della Comunità e che abroga il regolamento (CEE) n. 613/91 del Consiglio (GU L 138 del 30.4.2004, pag. 19). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 789/2004 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTO CORRELATO Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione del regolamento (CE) n. 789/2004 relativo al trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra registri all’interno della Comunità [COM(2015) 195 final dell’ 8.5.2015].
7,609
821
32001L0110
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Direttiva 2001/110/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, concernente il miele Gazzetta ufficiale n. L 010 del 12/01/2002 pag. 0047 - 0052 Direttiva 2001/110/CE del Consigliodel 20 dicembre 2001concernente il mieleIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),visto il parere del Comitato economico e sociale(3),considerando quanto segue:(1) Occorre semplificare talune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari per tener conto soltanto dei requisiti essenziali ai quali devono conformarsi i prodotti disciplinati da tali direttive, affinché essi possano circolare liberamente nel mercato interno, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Edimburgo dell'11-12 dicembre 1992, confermate dal Consiglio europeo di Bruxelles del 10-11 dicembre 1993.(2) La direttiva 74/409/CEE del Consiglio, del 22 luglio 1974, relativa all'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri concernenti il miele(4), è stata motivata dal fatto che disparità tra le legislazioni nazionali relativamente alla nozione di miele, alle sue varietà e alle caratteristiche che esso deve avere, potevano creare condizioni di concorrenza sleale con la conseguenza di trarre in inganno il consumatore, e avevano quindi un'incidenza diretta sull'instaurazione e il funzionamento del mercato comune.(3) La direttiva 74/409/CEE con le relative modifiche, ha pertanto fissato definizioni, specificato le diverse varietà di miele che possono essere immesse sul mercato con adeguate denominazioni, stabilito norme comuni per la composizione e determinato le principali diciture che devono figurare sull'etichettatura, al fine di garantirne la libera circolazione all'interno della Comunità.(4) Per ragioni di chiarezza è opportuno provvedere alla rifusione della direttiva 74/409/CEE al fine di rendere più accessibili le norme relative alle condizioni di produzione e di commercializzazione del miele e per adeguarla alla normativa comunitaria generale relativa a tutti i prodotti alimentari, in particolare a quella sull'etichettatura, gli agenti patogeni e i metodi di analisi.(5) Le regole generali sull'etichettatura dei prodotti alimentari, enunciate dalla direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio(5) dovrebbero applicarsi fatte salve talune condizioni. Tenuto conto dello stretto legame esistente tra qualità e origine del miele, è necessario garantire un'informazione completa su questi punti per evitare di indurre in errore il consumatore sulla qualità del prodotto. Gli interessi specifici del consumatore concernenti le caratteristiche geografiche del miele e la piena trasparenza a tale proposito rendono necessaria l'indicazione, sull'etichetta, del paese d'origine in cui il miele è stato raccolto.(6) Non deve essere ritirato né il polline né alcun altro costituente particolare del miele, a meno che ciò sia inevitabile al momento dell'eliminazione di materie organiche e inorganiche estranee. Quest'operazione può essere realizzata mediante filtraggio. Qualora il filtraggio porti all'eliminazione di una quantità importante di polline, è necessario informarne correttamente il consumatore con un'appropriata menzione sull'etichetta.(7) Il miele, la cui denominazione sia completata con indicazioni concernenti l'origine floreale o vegetale, regionale, territoriale o topografica, o con criteri di qualità specifici, non può essere addizionato con miele filtrato. Al fine di migliorare la trasparenza del mercato, l'etichettatura dei mieli filtrati o destinati all'industria deve essere obbligatoria per qualsiasi transazione sul mercato alla rinfusa.(8) Come sottolineato nella comunicazione, del 24 giugno 1994, al Parlamento europeo e al Consiglio sulla situazione dell'apicoltura europea, la Commissione può adottare metodi di analisi per garantire il rispetto delle caratteristiche di composizione e di qualsiasi indicazione specifica supplementare per qualsiasi tipo di miele commercializzato nella Comunità.(9) È opportuno tenere conto dei risultati dei lavori relativi alla nuova norma Codex per il miele, adeguata, ove necessario, alle esigenze specifiche della Comunità.(10) Conformemente ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità definiti dall'articolo 5 del trattato, l'obiettivo di stabilire definizioni e regole comuni per i prodotti interessati e di allineare le disposizioni alla normativa comunitaria generale sui prodotti alimentari non può essere sufficientemente realizzato dagli Stati membri e può dunque, data la natura della presente direttiva, essere realizzato meglio a livello comunitario. La presente direttiva non va al di là di quanto è necessario per il raggiungimento di tale obiettivo.(11) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate in base alla decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(6).(12) Onde evitare la creazione di nuovi ostacoli alla libera circolazione, gli Stati membri dovrebbero astenersi dall'adottare, per i prodotti di cui trattasi, disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1La presente direttiva si applica ai prodotti definiti nell'allegato I. Questi prodotti soddisfano i requisiti di cui all'allegato II.Articolo 2La direttiva 2000/13/CE si applica ai prodotti definiti nell'allegato I, alle seguenti condizioni:1) Il termine "miele" è riservato al prodotto definito nell'allegato I, punto 1 ed è utilizzato nel commercio per designare tale prodotto;2) le denominazioni di vendita di cui all'allegato I, punti 2 e 3, sono riservate ai prodotti in esso definiti e sono utilizzate nel commercio per designarli. Queste denominazioni possono essere sostituite dalla semplice denominazione di vendita "miele", a eccezione del miele filtrato, del miele di favo, del miele in pezzi di favo o favo tagliato nel miele e del miele per uso industriale.Tuttavia,a) ove si tratti di miele per uso industriale, la menzione "unicamente ad uso culinario" deve essere riportata in immediata prossimità della denominazione del prodotto;b) a esclusione del miele filtrato e del miele per uso industriale, le denominazioni possono essere completate da indicazioni che fanno riferimento:- all'origine floreale o vegetale, se il prodotto è interamente o principalmente ottenuto dalla pianta indicata e ne possiede le caratteristiche organolettiche, fisicochimiche e microscopiche,- all'origine regionale, territoriale o topografica, se il prodotto proviene interamente dall'origine indicata,- a criteri di qualità specifici;3) se il miele per uso industriale è utilizzato come ingrediente di un prodotto alimentare composto, il termine "miele" può essere utilizzato nella denominazione di vendita di tale prodotto alimentare composto invece del termine "miele per uso industriale". Tuttavia, l'elenco degli ingredienti riporta la denominazione completa di cui all'allegato I, punto 3;4) a) il paese o i paesi d'origine in cui il miele è stato raccolto devono essere indicati sull'etichetta.Tuttavia, se il miele è originario di più Stati membri o paesi terzi l'indicazione può essere sostituita da una delle seguenti, a seconda del caso:- "miscela di mieli originari della CE",- "miscela di mieli non originari della CE",- "miscela di mieli originari e non originari della CE".b) Ai fini della direttiva 2000/13/CE e in particolare degli articoli 13, 14, 16 e 17 della medesima, i dettagli da fornire conformemente alla precedente lettera a) sono considerati indicazioni ai sensi dell'articolo 3 di tale direttiva.Articolo 3Ove si tratti di miele filtrato e di miele per uso industriale, i contenitori per merce alla rinfusa, gli imballaggi e i documenti commerciali indicano chiaramente la denominazione completa del prodotto di cui all'allegato I, parte 2, lettera b), punto VIII e parte 3.Articolo 4La Commissione può adottare metodi per verificare la conformità del miele alle disposizioni della presente direttiva. Tali metodi sono adottati secondo la procedura di cui all'articolo 7, paragrafo 2. Sino all'adozione di tali metodi gli Stati membri di avvalgono, ogniqualvolta possibile, di metodi convalidati internazionalmente riconosciuti, quali i metodi approvati del Codex Alimentarius, per verificare il rispetto delle disposizioni della presente direttiva.Articolo 5Per i prodotti definiti nell'allegato I, gli Stati membri non adottano disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva.Articolo 6Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva concernenti i punti citati in appresso sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 7, paragrafo 2:- l'adeguamento della presente direttiva alla legislazione comunitaria generale in materia di prodotti alimentari,- gli adeguamenti al progresso tecnico.Articolo 71. La Commissione è assistita dal comitato permanente per i prodotti alimentari (in appresso denominato "il comitato") istituito dall'articolo 1 della decisione 69/414/CEE(7).2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 8La direttiva 74/409/CEE è abrogata a decorrere dal 1o agosto 2003.I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva.Articolo 9Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva, anteriormente al 1o agosto 2003. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Dette disposizioni sono applicate in modo da:- autorizzare la commercializzazione dei prodotti di cui all'allegato I, conformi alle definizioni e alle norme previste dalla presente direttiva, a decorrere dal 1o agosto 2003,- vietare l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva, a decorrere dal 1o agosto 2004.Tuttavia l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva, etichettati anteriormente al 1o agosto 2004 in conformità della direttiva 74/409/CEE, è autorizzata fino allo smaltimento delle scorte.Quando gli Stati membri adottano dette disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva oppure sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.Articolo 10La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 11Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteC. Picqué(1) GU C 231 del 9.8.1996, pag. 10.(2) GU C 279 dell'1.10.1999, pag. 91.(3) GU C 56 del 24.2.1997, pag. 20.(4) GU L 221 del 12.8.1974, pag. 10. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1985 della Spagna e del Portogallo.(5) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29.(6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(7) GU L 291 del 19.11.1969, pag. 9.ALLEGATO IDENOMINAZIONI E DEFINIZIONI DEI PRODOTTI1. Il miele è la sostanza dolce naturale che le api (Apis mellifera) producono dal nettare di piante o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o dalle sostanze secrete da insetti succhiatori che si trovano su parti vive di piante che esse bottinano, trasformano combinandole con sostanze specifiche proprie, depositano, disidratano, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell'alveare.2. Le principali varietà di miele sono:a) secondo l'origine:i) miele di fiori o miele di nettare:miele ottenuto dal nettare di piante;ii) miele di melata:miele ottenuto principalmente dalle sostanze secrete da insetti succhiatori (Hemiptera) che si trovano su parti vive di piante o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante.b) secondo il metodo di produzione e/o di estrazione:iii) miele di favo:miele immagazzinato dalle api negli alveoli opercolati di favi da esse appena costruiti o di sottili fogli cerei realizzati unicamente con cera d'api, non contenenti covata e venduto in favi anche interi;iv) miele con pezzi di favo o sezioni di favo nel miele:miele che contiene uno o più pezzi di miele in favo;v) miele scolato:miele ottenuto mediante scolatura dei favi disopercolati non contenenti covata;vi) miele centrifugato:miele ottenuto mediante centrifugazione dei favi disopercolati non contenenti covata;vii) miele torchiato:miele ottenuto mediante pressione dei favi non contenenti covata, senza riscaldamento o con riscaldamento moderato a un massimo di 45 °C;viii) miele filtrato:miele ottenuto eliminando sostanze organiche o inorganiche estranee in modo da avere come risultato un'eliminazione significativa dei pollini.3. Miele per uso industriale:miele che a) è adatto all'uso industriale o come ingrediente in altri prodotti alimentari destinati ad essere successivamente lavorati e che b) può:- avere un gusto o un odore anomali, o- avere iniziato un processo di fermentazione, o essere effervescente,- essere stato surriscaldato.ALLEGATO IICARATTERISTICHE DI COMPOSIZIONE DEL MIELEIl miele è essenzialmente composto da diversi zuccheri, soprattutto da fruttosio e glucosio nonché da altre sostanze quali acidi organici, enzimi e particelle solide provenienti dalla raccolta del miele. Il colore del miele può variare da una tinta quasi incolore al marrone scuro. Esso può avere una consistenza fluida, densa o cristallizzata (totalmente o parzialmente). Il sapore e l'aroma variano ma risultano dalla pianta d'origine.Al miele immesso sul mercato in quanto tale o utilizzato in prodotti destinati al consumo umano non è aggiunto alcun ingrediente alimentare, neppure gli additivi, e non è effettuata nessun'altra aggiunta se non di miele. Nei limiti del possibile, il miele deve essere privo di sostanze organiche e inorganiche estranee alla sua composizione. Fatto salvo il punto 3 dell'allegato I, esso non deve avere un sapore o odore anomali, né avere iniziato un processo di fermentazione, né presentare un grado di acidità modificato artificialmente, né essere stato riscaldato in modo da distruggerne o inattivarne sensibilmente gli enzimi naturali.Fermo restando il punto viii), parte 2 dell'allegato I, è vietato estrarre polline o componenti specifiche del miele, salvo qualora sia inevitabile nell'estrazione di sostanze estranee inorganiche o organiche.Al momento dell'immissione sul mercato in quanto tale e utilizzato in prodotti destinati al consumo umano, il miele deve presentare le seguenti caratteristiche di composizione:1. Tenore di zuccheri1.1. Tenore di fruttosio e glucosio (somma dei due):>SPAZIO PER TABELLA>1.2. Tenore di saccarosio:>SPAZIO PER TABELLA>2. Tenore d'acqua:>SPAZIO PER TABELLA>3. Tenore di sostanze insolubili nell'acqua:>SPAZIO PER TABELLA>4. Conduttività elettrica:>SPAZIO PER TABELLA>5. Acido libero:>SPAZIO PER TABELLA>6. Indice diastasico e tenore di idrossimetilfurfurale (HMF), determinati dopo trattamento e miscela:a) indice diastasico (scala di Schade):>SPAZIO PER TABELLA>b) HMF:>SPAZIO PER TABELLA>
Norme di etichettatura dell’Unione europea per il miele L’Unione europea (UE) definisce norme specifiche per il miele a completamento delle norme sugli alimenti. ATTO Direttiva 2001/110/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, concernente il miele. SINTESI L’Unione europea (UE) definisce norme specifiche per il miele a completamento delle norme sugli alimenti. CHE COSA FA LA DIRETTIVA? Oltre a norme sulla composizione e la definizione del miele, specifica i tipi di prodotti del miele che possono essere venduti con determinate denominazioni e le norme sull’etichettatura, la presentazione e le informazioni sull’origine. PUNTI CHIAVE La direttiva completa le norme generali dell’Unione sull’etichettatura alimentare, stabilite nel regolamento (UE) n. 1169/2011. Le informazioni essenziali per i consumatori devono essere presenti sulle etichette e, in particolare, le etichette devono contenere il paese d’origine del miele e le denominazioni del prodotto, come stabilito nell’allegato I. Definizione Il miele è una sostanza dolce naturale che le api (Apis mellifera) producono dal nettare di piante o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o dalle sostanze secrete da insetti succhiatori che si trovano sulle piante che esse bottinano, trasformano combinandole con sostanze specifiche proprie, depositano, disidratano, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell’alveare. Composizione Il miele, immesso sul mercato in quanto tale o utilizzato in prodotti destinati al consumo umano, deve rispettare i criteri di composizione stabiliti nell’allegato II della direttiva. La direttiva 2014/63/UE chiarisce che il polline è un componente naturale, piuttosto che un ingrediente del miele. Etichette La direttiva 2014/63/UE chiarisce inoltre i requisiti per l’etichettatura qualora il miele sia originario di più di un paese dell’UE o di un paese terzo. In tali casi, l’indicatore del paese d’origine può essere sostituito da una delle seguenti indicazioni, a seconda del caso: «miscela di mieli originari dell’UE»; «miscela di mieli non originari dell’UE»; «miscela di mieli originari e non originari dell’UE». In determinati casi, queste denominazioni possono essere sostituite dalla semplice denominazione di vendita «miele» (a eccezione del «miele filtrato», del «miele di favo», del «del miele in pezzi di favo o favo tagliato nel miele» e del «miele per uso industriale»). Le informazioni sull’origine regionale, territoriale o topografica, sull’origine floreale o vegetale, oppure su criteri di qualità specifici possono completare tale etichettatura (a eccezione del «miele filtrato» e del «miele per uso industriale»). La direttiva 2014/63/UE consente alla Commissione europea di adottare ulteriori norme (atti delegati) che stabiliscono due parametri per il criterio di «principalmente» per quanto concerne l’origine floreale o vegetale del miele e per il contenuto minimo di polline del miele filtrato in seguito all’estrazione di sostanze estranee inorganiche o organiche. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva 2001/110/CE si applica a decorrere dal 1o febbraio 2002. La direttiva 2014/63/UE si applica a decorrere dal 23 giugno 2014. Il miele per la vendita o etichettato prima del 24 giugno 2015 può continuare a essere venduto fino all’esaurimento delle scorte. TERMINI CHIAVE Miele filtrato: miele ottenuto eliminando sostanze organiche o inorganiche estranee in modo da avere come risultato un’eliminazione significativa dei pollini. Miele di favo: miele immagazzinato dalle api negli alveoli opercolati di favi da esse appena costruiti o di sottili fogli cerei realizzati unicamente con cera d’api, non contenenti covata e venduto in favi anche interi. Miele con pezzi di favo o sezioni di favo nel miele: miele che contiene uno o più pezzi di miele in favo. Miele per uso industriale: la menzione «unicamente ad uso culinario» deve essere riportata in immediata prossimità della denominazione del prodotto. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 2001/110/CE 1.2.2002 31.7.2003 GU L 10 del 12.1.2002, pag. 47-52 Atto(i) modificatore(i) Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 2014/63/UE 23.6.2014 24.6.2015 GU L 164 del 3.6.2014, pag. 1-5 ATTI COLLEGATI Regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, che modifica i regolamenti (CE) n. 1924/2006 e (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga la direttiva 87/250/CEE della Commissione, la direttiva 90/496/CEE del Consiglio, la direttiva 1999/10/CE della Commissione, la direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 2002/67/CE e 2008/5/CE della Commissione e il regolamento (CE) n. 608/2004 della Commissione (GU L 304 del 22.11.2011, pag. 18-63).
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INDIRIZZO (UE) 2015/280 DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA del 13 novembre 2014 sull'istituzione del Sistema di produzione e appalto di banconote in euro dell'Eurosistema (BCE/2014/44) IL CONSIGLIO DIRETTIVO DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 128, paragrafo 1, visto lo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, in particolare gli articoli 12.1, 14.3 e l'articolo 16, considerando quanto segue: (1) L'articolo 128 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (di seguito, «il trattato») e l'articolo 16 dello Statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea (di seguito «lo statuto del SEBC») attribuiscono al Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) il diritto esclusivo di autorizzare l'emissione di banconote in euro all'interno dell'Unione. Tale diritto esclusivo comprende la competenza a definire il quadro giuridico per la produzione e l'appalto delle banconote in euro. La BCE può attribuire la responsabilità di produrre le banconote in euro alle banche centrali nazionali degli Stati membri che hanno adottato l'euro (di seguito «le BCN») secondo le quote percentuali detenute dalle BCN nel capitale sottoscritto della BCE per l'esercizio finanziario di riferimento, calcolate applicando le ponderazioni nello schema di cui all'articolo 29.1 dello statuto del SEBC (di seguito «lo schema di capitale»). Il quadro giuridico per la produzione e l'appalto delle banconote in euro deve, da un lato, rispettare i requisiti previsti dall'articolo 127, paragrafo 1, del trattato e dall'articolo 2 dello statuto del SEBC, perché l'Eurosistema agisca in conformità al principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza, favorendo un'efficace allocazione delle risorse e, d'altro lato, tener conto della particolare natura delle banconote in euro, che sono prodotte al fine di essere emesse dall'Eurosistema come mezzo di pagamento sicuro. Inoltre, il quadro giuridico per la produzione e l'appalto delle banconote in euro deve altresì tenere in considerazione il fatto che alcune BCN si avvalgono di proprie stamperie interne per produrre le banconote in euro. (2) In considerazione dei summenzionati principi, il 10 luglio 2003 il Consiglio direttivo ha deciso che un approccio concorrenziale in materia di appalti, comune all'Eurosistema (di seguito «procedura unica d'appalto dell'Eurosistema»), dovesse applicarsi all'appalto di banconote in euro a partire dal 1o gennaio 2012, come stabilito nell'Indirizzo BCE/2004/18 (1). Nel marzo 2011, il Consiglio direttivo ha deciso di posticipare l'avvio della procedura unica d'appalto dell'Eurosistema al 1o gennaio 2014, salvo che fosse determinata una data diversa nel frattempo e fatta salva un'ulteriore verifica della situazione (2). Nel dicembre del 2013, il Consiglio direttivo ha deciso ulteriormente che la procedura unica d'appalto dell'Eurosistema sarebbe iniziata in una data da stabilirsi a causa del mutamento dei presupposti sulla base dei quali la data di inizio della procedura unica d'appalto dell'Eurosistema era stata fissata (3). (3) Tenuto conto del fatto che il mercato è divenuto più competitivo rispetto al 2004 e che al momento non sussiste alcun vantaggio tangibile nell'utilizzo della procedura unica d'appalto dell'Eurosistema invece degli attuali strumenti, il Consiglio direttivo ha deciso che un sistema di produzione e appalto di banconote in euro dell'Eurosistema (di seguito «SPAE») debba essere considerato una possibile alternativa. (4) Al fine di garantire la continuità della fornitura, mantenere le competenze maturate all'interno dell'Eurosistema, promuovere la concorrenza e ridurre i costi a livello dell'Eurosistema, nonché trarre vantaggio dalle innovazioni nel settore privato e pubblico, lo SPAE dovrebbe essere composto da due pilastri: un gruppo di BCN che producono le proprie banconote in euro utilizzando una stamperia interna (di seguito «BCN del gruppo con stamperia interna»), e un gruppo di BCN che affidano in appalto la produzione delle proprie banconote in euro (di seguito «BCN del gruppo appaltante»). Lo SPAE dovrebbe promuovere la produzione efficiente di banconote in euro nell'Eurosistema. Inoltre, lo SPAE richiederà l'ulteriore allineamento dei requisiti legali applicabili alle BCN del gruppo appaltante, quali quelli relativi all'uso di criteri di idoneità nella procedura d'appalto e di termini e condizioni contrattuali. I requisiti fissati in relazione allo SPAE dovrebbero essere volti a garantire condizioni paritarie negli appalti per la produzione di banconote in euro. (5) Le BCN del gruppo appaltante rimarranno responsabili della produzione e appalto delle banconote in euro loro attribuite conformemente allo schema di capitale. Per adempiere i propri obblighi, tali BCN affideranno in appalto la produzione di banconote in euro e bandiranno procedure d'appalto, singolarmente o congiuntamente ad altre BCN, in conformità alle norme in materia di appalti applicabili. Al fine di garantire condizioni paritarie, le BCN del gruppo appaltante dovrebbero cercare di allineare i propri requisiti in materia di appalti, in conformità ai requisiti previsti dalla normativa nazionale e dell'Unione sugli appalti. (6) Le BCN del gruppo con stamperia interna rimarranno responsabili della produzione delle banconote in euro loro attribuite conformemente allo schema di capitale. Tenuto conto della necessità di garantire condizioni paritarie tra tutte le stamperie, tali BCN dovrebbero assicurare che le stamperie interne non partecipino a procedure d'appalto per la produzione di banconote in euro organizzate e realizzate all'interno dell'Unione e non accettino ordini per la produzione di banconote in euro da terzi estranei alle BCN del gruppo con stamperia interna. (7) Qualora intraprendano forme di cooperazione, le BCN del gruppo con stamperia interna devono rispettare le normative nazionali applicabili e il diritto dell'Unione. Ove sia costituita una persona giuridica distinta al fine di realizzare tale cooperazione, una BCN può diventare una BCN del gruppo con stamperia interna se esercita congiuntamente il controllo su tale persona giuridica ai sensi del presente indirizzo. (8) Le banconote in euro presentano caratteristiche tecnologicamente avanzate e di natura sensibile. Pertanto, esse devono essere prodotte in un ambiente completamente sicuro, controllato e riservato, che garantisca una fornitura affidabile, di elevata qualità e continuata nel tempo. Inoltre, l'Eurosistema deve tenere in debito conto il possibile impatto della produzione delle banconote in euro sulla sanità e sicurezza pubbliche nonché sull'ambiente. (9) Il Consiglio direttivo effettuerà un controllo sistematico degli sviluppi relativi alle materie prime essenziali e ai fattori di produzione coinvolti nell'appalto e nella produzione delle banconote in euro e, se necessario, adotterà le misure adeguate al fine di assicurare che essi siano selezionati e/o forniti in modo da garantire la continuità della fornitura delle banconote in euro e impedire l'abuso di posizione dominante sul mercato da parte di qualunque appaltatore o fornitore, fatti salvi la disciplina dell'Unione in materia di concorrenza e i poteri della Commissione europea. (10) Le disposizioni del presente indirizzo dovrebbero essere interpretate, laddove necessario, in conformità alle regole contenute nella direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4) e, a decorrere dal 18 aprile 2016, nella direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (5), HA ADOTTATO IL PRESENTE INDIRIZZO: TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente indirizzo, si applicano le seguenti definizioni. 1. Per «principio di piena concorrenza» si intendono disposizioni interne effettive che assicurino piena separazione tra i conti di una stamperia pubblica e quelli della rispettiva autorità pubblica e il rimborso da parte di una stamperia pubblica dei costi di tutto il sostegno amministrativo e organizzativo che essa riceve dalla rispettiva autorità pubblica. Al fine di garantire una leale concorrenza quando le stamperie pubbliche partecipano a bandi di gara, è necessario che le attività di stampa delle banconote in euro siano completamente separate dal punto di vista finanziario dalle altre attività, al fine di garantire che non sia fornito, né direttamente né indirettamente, alcun aiuto di Stato che sia in qualunque modo incompatibile con il trattato. Tale separazione finanziaria è verificata e certificata annualmente da un revisore esterno indipendente, e ne è informato il Consiglio direttivo. 2. Per «stamperia interna» si intende qualsiasi stamperia che sia a) giuridicamente e organizzativamente parte di una BCN; o b) una persona giuridica separata, purché siano soddisfatte le seguenti condizioni cumulative: i) la BCN o le BCN esercitino sulla persona giuridica in questione un controllo analogo a quello esercitato sulle proprie articolazioni interne; ii) la persona giuridica controllata svolga più dell'80 % delle proprie attività nell'esecuzione di compiti a essa affidati dalla BCN o dalle BCN controllanti; iii) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta da parte di privati. Per determinare la percentuale delle attività di cui alla lettera b), punto ii), si prende in considerazione il fatturato totale medio, o un'idonea misura alternativa basata sull'attività, quali i costi sostenuti dalla persona giuridica in questione per servizi, forniture e lavori nei tre anni precedenti l'aggiudicazione del contratto. Se, a causa della data di costituzione o di inizio dell'attività della persona giuridica in questione, ovvero a causa della riorganizzazione delle sue attività, il fatturato, o la misura alternativa basata sull'attività, quali i costi, non è disponibile per i tre anni precedenti o non è più pertinente, è sufficiente dimostrare, segnatamente in base a proiezioni dell'attività, che la misura dell'attività è credibile. Si ritiene che una BCN eserciti su una persona giuridica un controllo analogo a quello da essa esercitato sulle proprie articolazioni interne, ai sensi del primo comma, lettera b), punto i), quando essa esercita un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della persona giuridica controllata. Si ritiene che le BCN esercitino congiuntamente un controllo su una persona giuridica qualora siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni cumulative: a) gli organi decisionali della persona giuridica controllata sono composti da rappresentanti di tutte le BCN partecipanti; singoli rappresentanti possono rappresentare diverse o tutte le BCN partecipanti; b) tali BCN sono in grado di esercitare congiuntamente un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della persona giuridica controllata; e c) la persona giuridica controllata non persegue interessi contrari a quelli delle BCN controllanti. 3. Per «autorità pubbliche» si intendono tutte le autorità pubbliche, ivi inclusi lo Stato e le autorità regionali, locali o altre autorità territoriali, e le banche centrali. 4. Per «stamperia pubblica» si intende qualsiasi stamperia sulla quale le autorità pubbliche possano, direttamente o indirettamente, esercitare un'influenza dominante in virtù della proprietà di essa, della loro partecipazione finanziaria o delle norme che la governano. L'influenza dominante da parte delle autorità pubbliche si presume qualora rispetto a una data stamperia tali autorità, direttamente o indirettamente: a) detengano la maggioranza del capitale sottoscritto: b) controllino la maggioranza dei voti collegati alle azioni emesse dalla stessa; ovvero c) possano nominare oltre la metà dei membri dei suoi organi amministrativi, direzionali o di supervisione. Articolo 2 Ambito di applicazione 1. Lo SPAE istituisce un modello per la produzione e l'appalto di banconote in euro basato su due pilastri. Esso include l'appalto della produzione di banconote in euro da parte delle BCN del gruppo appaltante, nonché la produzione di banconote in euro da parte delle BCN del gruppo con stamperia interna, che utilizzano una stamperia interna. 2. Le BCN sono responsabili della produzione e appalto delle banconote in euro loro attribuite conformemente allo schema di capitale. TITOLO II BCN DEL GRUPPO APPALTANTE Articolo 3 Principi generali Le BCN che non hanno stamperie interne fanno parte del gruppo appaltante (BCN del gruppo appaltante). Articolo 4 Procedure d'appalto 1. Ciascuna delle BCN del gruppo appaltante è responsabile dell'appalto della produzione di banconote in euro e svolge procedure d'appalto singolarmente o congiuntamente con altre BCN del gruppo appaltante, secondo le norme sugli appalti applicabili e in linea con i requisiti dettati dal presente indirizzo. 2. Al fine di preservare la concorrenza nel mercato della produzione di banconote in euro, in linea di principio e fatta salva la normativa nazionale sugli appalti applicabile, le BCN del gruppo appaltante suddividono gli appalti in diversi lotti, e al medesimo offerente o ai medesimi offerenti non dovrebbero essere aggiudicati più lotti. 3. Le BCN del gruppo appaltante dichiarano nella documentazione di gara dell'appalto che le stamperie pubbliche, per essere idonee ad un appalto, devono aver dato attuazione al principio di piena concorrenza prima di partecipare allo stesso. Articolo 5 Armonizzazione dei requisiti Al fine di garantire condizioni paritarie, le BCN del gruppo appaltante cercano di allineare i propri requisiti in materia di appalto, inclusi i criteri di idoneità, conformemente ai requisiti della normativa nazionale e dell'Unione sugli appalti. TITOLO III BCN DEL GRUPPO CON STAMPERIA INTERNA Articolo 6 Principi generali 1. Le BCN che producono banconote in euro utilizzando una stamperia interna fanno parte del gruppo con stamperia interna (BCN del gruppo con stamperia interna). 2. Le BCN del gruppo con stamperia interna assicurano che le proprie stamperie interne non partecipino a nessuna procedura d'appalto per la produzione di banconote in euro organizzata e realizzata all'interno dell'Unione e non accettino ordini per la produzione di banconote in euro da terzi estranei alle BCN del gruppo con stamperia interna. Articolo 7 Cooperazione tra BCN del gruppo con stamperia interna 1. Per migliorare il rapporto costo/efficienza della produzione di banconote in euro, le BCN del gruppo con stamperia interna prendono in considerazione l'instaurazione di forme di cooperazione appropriate, quali acquisti congiunti e la condivisione e attuazione di buone prassi per i processi produttivi, al fine di adempiere nel miglior modo possibile la loro funzione pubblica di produzione di banconote. 2. Le BCN del gruppo con stamperia interna possono decidere di partecipare o meno a tali forme di cooperazione, a condizione che, nel caso lo facciano, si impegnino a rimanere coinvolte nelle iniziative in questione per almeno tre anni (salvo che, in tale periodo, diventino una BCN del gruppo appaltante), data la necessità di garantire continuità e in considerazione degli investimenti compiuti dalle parti. Articolo 8 Costituzione di una persona giuridica distinta, o di una cooperazione orizzontale non istituzionalizzata, per assolvere congiuntamente funzioni pubbliche 1. Per assolvere congiuntamente funzioni pubbliche, le BCN del gruppo con stamperia interna valutano a) la costituzione di una persona giuridica distinta composta dalle loro stamperie interne; oppure b) l'instaurazione di una cooperazione orizzontale non istituzionalizzata sulla base di un accordo di cooperazione. 2. Alle forme di cooperazione di cui al paragrafo 1 si applicano le seguenti condizioni: a) qualora una persona giuridica, costituita ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, lettera a), si aggiudichi direttamente un contratto per la produzione di banconote in euro, essa deve essere controllata congiuntamente dalle BCN interessate, secondo la definizione di controllo congiunto di cui al punto 2 dell'articolo 1; b) gli accordi conclusi ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, lettera b), rispettano le seguenti condizioni cumulative: i) l'accordo istituisce o dà attuazione alla cooperazione tra BCN del gruppo con stamperia interna con lo scopo di garantire che i servizi pubblici che esse devono svolgere siano forniti con il fine di raggiungere i comuni obiettivi; ii) l'attuazione di tale cooperazione è governata esclusivamente da considerazioni riguardanti l'interesse pubblico; iii) le BCN del gruppo con stamperia interna svolgono sul mercato aperto meno del 20 % delle attività interessate dalla cooperazione. Per determinare la percentuale delle attività summenzionate si applicano coerentemente il secondo e il terzo paragrafo del punto 2 dell'articolo 1. TITOLO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 9 Abrogazione L'Indirizzo BCE/2004/18 è abrogato a decorrere dal 1o gennaio 2015. Articolo 10 Efficacia e attuazione Gli effetti del presente indirizzo decorrono dal giorno della notifica alle banche centrali nazionali degli Stati membri la cui moneta è l'euro. Le banche centrali dell'Eurosistema si conformano al presente indirizzo dal 1o gennaio 2015. Articolo 11 Periodo transitorio relativo all'applicazione dell'articolo 4, paragrafo 3 In deroga all'articolo 4, paragrafo 3, le procedure d'appalto bandite prima del 1o luglio 2015 possono applicare requisiti diversi circa l'esclusione di partecipanti alla gara d'appalto. Articolo 12 Revisione Il Consiglio direttivo procede alla revisione del presente indirizzo all'inizio del 2017 e successivamente ogni due anni. Articolo 13 Destinatari Tutte le banche centrali dell'Eurosistema sono destinatarie del presente indirizzo. Fatto a Francoforte sul Meno, il 13 novembre 2014 Per il Consiglio direttivo della BCE Il presidente della BCE Mario DRAGHI (1) Indirizzo BCE/2004/18, del 16 settembre 2004, sull'appalto di banconote in euro (GU L 320 del 21.10.2004, pag. 21). (2) Indirizzo BCE/2011/3, del 18 marzo 2011, sull'appalto di banconote in euro (GU L 86 dell'1.4.2011, pag. 77). (3) Indirizzo BCE/2013/49, del 18 dicembre 2013, che modifica l'indirizzo BCE/2004/18 sull'appalto di banconote in euro (GU L 32 dell'1.2.2014, pag. 36). (4) Direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134 del 30.4.2004, pag. 114). (5) Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la Direttiva 2004/18/CE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 65).
Quadro per l’appalto dell’Eurosistema QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE E DELL’INDIRIZZO? La decisione stabilisce le regole e le pratiche per l’appalto congiunto da parte di banche centrali nazionali (BCN) di beni e servizi necessari allo svolgimento dei compiti dell’Eurosistema e i ruoli dell’Ufficio di coordinamento dell’appalto dell’Eurosistema (EPCO) e delle altre autorità pubbliche coinvolte. L’indirizzo definisce le regole per garantire che le diverse tipologie di stamperie nel settore privato e pubblico possano partecipare alle procedure di appalto per la produzione di banconote in euro organizzate ed eseguite all’interno dell’Unione europea (UE) a condizioni paritarie. PUNTI CHIAVE Quando l’EPCO vede la necessità di un appalto congiunto per beni e servizi (per l’efficienza in termini di costi e di effettività, o per le norme e i requisiti armonizzati) invita le BCN a partecipare a procedure congiunte di appalto. Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) approva la procedura e la banca centrale capofila proposta dall’EPCO. La banca centrale capofila attua la procedura d’appalto congiunto a beneficio delle banche centrali che vi partecipano, in linea con le regole d’appalto alle quali è sottoposta la banca centrale capofila. La partecipazione delle BCN nelle attività dell’EPCO e nelle procedure d’appalto congiunto* è volontaria. L’EPCO è ospitato da una BCN nominata dal Consiglio direttivo della BCE ogni cinque anni. La BCN del Lussemburgo detiene attualmente questa posizione (dal 1o gennaio 2020 al 31 dicembre 2024). Le banche centrali finanziano il bilancio preventivo dell’EPCO su base annuale o pluriennale. Per la produzione e l’appalto di banconote in euro, viene istituito il Sistema di produzione e appalto dell’Eurosistema. Esso copre la produzione di banconote in euro da parte delle BCN che utilizzano una stamperia interna e la produzione e l’appalto di banconote in euro da parte delle BCN che non utilizzano stamperie interne. Le BCN sono responsabili della produzione e dell’appalto delle banconote in euro loro attribuite secondo le quote detenute dalle BCN nel capitale della BCE. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LA DECISIONE E L’INDIRIZZO? La decisione 2008/893/UE si applica dal 1o dicembre 2008. Le banche centrali dell’Eurosistema si conformano al presente indirizzo dal 1o gennaio 2015. CONTESTO Il Consiglio direttivo della BCE ha il potere, ai sensi dello statuto della BCE (articolo 12, paragrafo 1), di adottare indirizzi e prendere decisioni per assicurare l’efficace funzionamento dell’Eurosistema. Esso ha inoltre il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote in euro all’interno dell’UE e di attribuire la responsabilità della produzione di banconote in euro alle BCN. Nel luglio 2007 il Consiglio direttivo della BCE ha deciso di istituire l’EPCO con l’obiettivo di rafforzare la cooperazione all’interno dell’Eurosistema nel campo degli appalti. Lo ha reso permanente nel 2019. TERMINI CHIAVE Procedura d’appalto congiunto: procedura per l’appalto congiunto di beni e servizi messa a punto dalla banca centrale capofila a beneficio delle banche centrali che partecipano alla procedura d’appalto congiunto. DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione 2008/893/CE della Banca centrale europea, del 17 novembre 2008, che definisce il quadro per l’appalto congiunto dell’Eurosistema (BCE/2008/17) (GU L 319 del 29.11.2008, pag. 76). Le modifiche successive alla decisione 2008/893/CE sono state incorporate nel testo originario. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Indirizzo (UE) 2015/280 della Banca centrale europea, del 13 novembre 2014, sull’istituzione del Sistema di produzione e appalto di banconote in euro dell’Eurosistema (BCE/2014/44) (GU L 47 del 20.2.2015, pag. 29). Si veda la versione consolidata. DOCUMENTI CORRELATI Decisione (UE) 2020/628 della Banca centrale europea, del 4 maggio 2020, che modifica la decisione BCE/2008/17 che definisce il quadro per l’appalto congiunto dell’Eurosistema (BCE/2020/27) (GU L 146 dell’8.5.2020, pag. 11).
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1999/879/CE: Decisione del Consiglio, del 17 dicembre 1999, relativa all'immissione sul mercato e all'impiego della somatotropina bovina (BST) e che abroga la decisione 90/218/CEE Gazzetta ufficiale n. L 331 del 23/12/1999 pag. 0071 - 0072 DECISIONE DEL CONSIGLIOdel 17 dicembre 1999relativa all'immissione sul mercato e all'impiego della somatotropina bovina (BST) e che abroga la decisione 90/218/CEE(1999/879/CE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Parlamento europeo(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),considerando quanto segue:(1) ai sensi dell'articolo 1 della decisione 90/218/CEE del Consiglio, del 25 aprile 1990, relativa all'immissione sul mercato e all'impiego della somatotropina bovina (BST)(3), gli Stati membri devono provvedere affinché, fino al 31 dicembre 1999, non sia autorizzata nei rispettivi territori l'immissione sul mercato della somatotropina bovina ai fini della commercializzazione e della somministrazione, sotto qualsiasi forma, alle vacche da latte;(2) in virtù dell'articolo 2, paragrafo 2, della suddetta decisione, il Consiglio ha incaricato la Commissione di affidare ad un gruppo di personalità scientifiche indipendenti il compito di valutare, in collaborazione con gli Stati membri, gli effetti dell'impiego della BST tenendo conto del parere del comitato per i medicinali veterinari, in particolare per quanto concerne l'incidenza dell'impiego di tale prodotto sui casi di mastite;(3) l'articolo 2, paragrafo 1, della suddetta decisione autorizza gli Stati membri a procedere a prove pratiche limitate di impiego della somatotropina bovina, sotto il controllo di un veterinario ufficiale, al fine di ottenere altri dati scientifici che possano essere presi in considerazione dal Consiglio al momento della decisione finale; la Commissione non ha ricevuto alcuna informazione in merito a tali prove e, in considerazione del divieto stabilito dalla decisione, non è necessario che se ne autorizzi il proseguimento;(4) il protocollo sulla protezione e il benessere degli animali annesso al trattato invita la Comunità e gli Stati membri a tenere pienamente conto, nella formulazione e nell'attuazione della politica agricola comunitaria, delle esigenze in materia di salute e benessere degli animali;(5) con decisione 78/923/CEE(4), la Comunità ha approvato la convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti (in appresso denominata "la convenzione") ed ha depositato il relativo strumento di approvazione; tutti gli Stati membri hanno ratificato la suddetta convenzione;(6) ai sensi del punto 18 dell'allegato alla direttiva 98/58/CE del Consiglio, riguardante la protezione degli animali negli allevamenti(5), nessun'altra sostanza, ad eccezione di quelle somministrate a fini terapeutici o profilattici, deve essere somministrata ad un animale, a meno che gli studi scientifici sul benessere degli animali o l'esperienza acquisita ne abbiano dimostrato l'innocuità per la sua salute e il suo benessere;(7) la BST non viene prodotta per scopi terapeutici ma solo per aumentare la produzione di latte;(8) il 10 marzo 1999, il comitato scientifico per la salute e il benessere degli animali (CSSBA) ha adottato la relazione sull'impatto dell'utilizzazione di somatotropina bovina sulla salute e il benessere degli animali, in cui si afferma che la BST aumenta il rischio di mastite clinica e la durata della relativa cura, che aumenta l'incidenza di disturbi alle zampe e ai piedi, che può avere effetti negativi sulla riproduzione e indurre gravi reazioni nel punto di iniezione;(9) per salvaguardare la salute e la produttività dei bovini da latte, è importante ridurre al minimo i fattori di stress che possono produrre un aumento di malattie quali mastiti, lesioni dei piedi e reazioni nel punto di iniezione; il CSSBA è del parere che l'uso della BST provochi un aumento di tali patologie, che risultano dolorose e debilitanti e possono incidere negativamente sul benessere degli animali e provocare un aumento della morbilità degli stessi; il CSSBA ritiene dunque che la BST non dovrebbe essere somministrata alle vacche da latte,HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:Articolo 1Dal momento in cui la presente decisione ha effetto, gli Stati membri provvedono affinché sia proibita nel territorio della Comunità, l'immissione sul mercato di somatotropina bovina ai fini della commercializzazione e della somministrazione, sotto qualsiasi forma, alle vacche da latte.Articolo 2Le aziende che acquistano o producono sostanze a base di somatotropina bovina e le aziende autorizzate a commercializzare a qualsiasi titolo tali sostanze devono tenere registri in cui vengano specificati, in ordine cronologico, i quantitativi prodotti o acquistati e quelli venduti o utilizzati a fini diversi dall'immissione sul mercato di cui all'articolo 1 nonché i nomi delle persone a cui tali quantitativi sono stati venduti o da cui sono stati acquistati. Le informazioni di cui sopra devono essere messe a disposizione dell'autorità competente su richiesta di quest'ultima; nel caso dei registri informatizzati deve esserne fornita una versione stampata.Articolo 3Il divieto di cui all'articolo 1 non incide sulla produzione e sulle importazioni di somatotropina bovina negli Stati membri ai fini dell'esportazione di questo prodotto verso i paesi terzi.Articolo 4La decisione 90/218/CEE è abrogata.Articolo 5La presente decisione ha effetto il 1o gennaio 2000.Articolo 6Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.Fatto a Bruxelles, addì 17 dicembre 1999.Per il ConsiglioIl PresidenteK. HEMILÄ(1) Parere espresso il 16 dicembre 1999 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(2) Parere espresso il 9 dicembre 1999 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 116 dell'8.5.1990, pag. 27. Decisione modificata da ultimo dalla decisione 94/936/CE del Consiglio (GU L 366 del 31.12.1994, pag. 19).(4) GU L 323 del 17.11.1978, pag. 12.(5) GU L 221 dell'8.8.1998, pag. 23.
Norme dell'Unione europea sulla commercializzazione e l'impiego della somatotropina bovina QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Essa intende disciplinare l'immissione sul mercato e l'impiego, all'interno dell'Unione europea (UE), della somatotropina bovina, un ormone della crescita bovina che aumenta la produzione di latte. PUNTI CHIAVE La decisione vieta l'immissione sul mercato dell'UE della somatotropina bovina ai fini di commercializzazione e impiego nel trattamento delle vacche da latte, sotto qualsiasi forma. Resta autorizzata la produzione o importazione della somatotropina bovina nei paesi dell'UE ai fini dell'esportazione in paesi extra UE. Inoltre, le imprese che producono o sono autorizzate a commercializzare somatotropina, devono tenere dei registri in cui vengano specificati, in ordine cronologico, i quantitativi prodotti o acquistati e quelli venduti o utilizzatia fini diversi dall'immissione sul mercato, nonché i nomi delle persone a cui tali quantitativi sono stati venduti o da cui sono stati acquistati. CONTESTO Ai sensi della direttiva 2001/82/CE, nessuna sostanza, con l'eccezione di quelle somministrate a fini terapeutici o profilattici, deve essere somministrata ad un animale se non è stato dimostrato da studi scientifici di benessere degli animali o da consolidata esperienza che il suo effetto non è nocivo per la salute o il benessere degli animali. La somatotropina è prodotta solo per aumentare la produzione di latte e il Comitato scientifico dell'UE sulla salute e il benessere degli animali [sostituito dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare, istituita ai sensi del regolamento (CE) n. 178/2002] ha dichiarato, nel marzo 1999, che l'ormone ha aumentato il rischio di infezioni e potrebbe influire negativamente sulla riproduzione e indurre gravi reazioni nei bovini. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 1999/879/CE del Consiglio, del 17 dicembre 1999, relativa all'immissione sul mercato e all'impiego della somatotropina bovina (BST) e che abroga la decisione 90/218/CEE (GU L 331 del 23.12.1999, pag. 71-72)
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Raccomandazione del Consiglio del 4 marzo 1996 sulla cooperazione consolare del livello locale in materia di visti Gazzetta ufficiale n. C 080 del 18/03/1996 pag. 0001 - 0001 RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIOdel 4 marzo 1996sulla cooperazione consolare del livello locale in materia di visti(96/C 80/01) IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo K.1, punto 3, considerando che occorre predisporre una maggiore armonizzazione in materia di politica e di prassi per il rilascio dei visti; considerando che il rilascio dei visti, fino ad una eventuale elaborazione di istruzioni comuni in materia, è disciplinato dalla legislazione nazionale di ciascuno Stato membro; considerando che, ai fini del rilascio dei visti da parte di ogni Stato membro, occorre disporre delle informazioni necessarie per potere tener conto degli interessi degli altri Stati membri, in particolare della tutela della sicurezza nazionale e dell'ordine pubblico nonché della prevenzione contro l'immigrazione clandestina, RACCOMANDA AI GOVERNI DEGLI STATI MEMBRI: di prendere le misure necessarie per far sì che, laddove se ne senta l'esigenza pratica: 1) i rispettivi servizi consolari istituiscano una cooperazione consolare a livello locale in materia di visti, consistente nello scambio di informazioni sui criteri procedurali per la concessione dei visti e in uno scambio d'informazioni sui rischi per la sicurezza nazionale e l'ordine pubblico o inerenti all'immigrazione clandestina; 2) i capi dei servizi consolari e i loro collaboratori in materia di visti tengano riunioni ai fini dello scambio d'informazioni di cui al punto 1; 3) i servizi consolari organizzino tra loro visite di funzionari incaricati della procedura per il rilascio dei visti per migliorare lo scambio d'informazioni e la reciproca conoscenza; 4) i servizi consolari elaborino, su richiesta del Consiglio, relazioni congiunte sui problemi incontrati a livello locale in materia di visti che possano presentare interesse per i lavori del Consiglio; 5) i servizi consolari adottino congiuntamente le misure appropriate per verficare se domande di visto sono state presentate simultaneamente o a catena, nonché per accertare, eventualmente, se il visto è stato rifiutato da un altro Stato membro; 6) i servizi consolari scambino informazioni che contribuiscano a verificare la buona fede dei richiedenti e la reputazione di cui essi godono, restando inteso che il fatto che il richiedente abbia ottenuto un visto valido per uno Stato membro non esime gli altri Stati membri dalla responsabilità di procedere ad un esame individuale della domanda di visto e alle verifiche necessarie per motivi di sicurezza e di ordine pubblico e per il rischio di immigrazione clandestina. Lo scambio d'informazioni previsto dalla presente raccomandazione dovrà tenere conto delle norme pertinenti in materia di protezione dei dati. Fatto a Bruxelles, addì 4 marzo 1996. Per il ConsiglioIl presidenteP. BARATTA
Cooperazione consolare in materia di visti a livello locale L'obiettivo di questa raccomandazione è facilitare lo scambio di informazioni in materia di visti tra i servizi consolari dei paesi dell'Unione europea (UE), al fine di armonizzare le politiche e le pratiche relative al rilascio dei visti. ATTO Raccomandazione del Consiglio, del 4 marzo 1996, sulla cooperazione consolare del livello locale in materia di visti [Gazzetta ufficiale C 80 del 18.3.1996]. SINTESI Quando se ne senta l'esigenza pratica, i paesi dell'Unione europea (UE) sono incoraggiati a istituire una cooperazione tra i loro servizi consolari, al fine di scambiare informazioni: sui criteri procedurali per la concessione dei visti; sui rischi per la sicurezza nazionale e l'ordine pubblico o inerenti all'immigrazione clandestina; per aiutare a verificare la buona fede dei richiedenti del visto e la loro reputazione. Le norme in materia di protezione dei dati si applicano a questi scambi di informazioni. Per facilitare questi scambi di informazioni, i servizi consolari devono organizzare: incontri tra i responsabili dei servizi consolari e i loro assistenti competenti in materia di visti; visite reciproche dei loro funzionari responsabili per il rilascio dei visti. Inoltre, i servizi consolari dei paesi dell'UE devono elaborare relazioni congiunte sui problemi incontrati a livello locale in materia di visti, su richiesta del Consiglio. Essi devono inoltre adottare congiuntamente le misure necessarie per determinare se domande di visto sono state presentate simultaneamente e se il visto è stato rifiutato da un altro paese dell'UE. ATTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti) [Gazzetta ufficiale L 243 del 15.9.2009]. Regolamento (CE) n. 767/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, concernente il sistema di informazione visti (VIS) e lo scambio di dati tra Stati membri sui visti per soggiorni di breve durata (regolamento VIS) [Gazzetta ufficiale L 218 del 13.8.2008]. Regolamento (CE) n. 539/2001 del Consiglio, del 15 marzo 2001, che adotta l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo [Gazzetta ufficiale L 81 del 21.3.2001].
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92/441/CEE: Raccomandazione del Consiglio, del 24 giugno 1992, in cui si definiscono i criteri comuni in materia di risorse e prestazioni sufficienti nei sistemi di protezione sociale Gazzetta ufficiale n. L 245 del 26/08/1992 pag. 0046 - 0048 RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO del 24 giugno 1992 in cui si definiscono i criteri comuni in materia di risorse e prestazioni sufficienti nei sistemi di protezione sociale (92/441/CEE)IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 235, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3); (1) considerando che per il rafforzamento della coesione sociale nella Comunità occorre favorire la solidarietà nei confronti delle persone più svantaggiate e vulnerabili; (2) considerando che il rispetto della dignità umana costituisce uno dei diritti fondamentali su cui è basato il diritto comunitario, riconosciuti nel preambolo dell'atto unico europeo; (3) considerando che nell'ultimo decennio si sono potenziati e diversificati i processi di emarginazione sociale ed i rischi di caduta in condizioni di precarietà, soprattutto a seguito dell'evoluzione combinata, da un lato, del mercato del lavoro, con particolare riguardo all'aumento della disoccupazione protratta e, dall'altro, delle strutture familiari, con particolare riguardo al moltiplicarsi delle situazioini d'isolamento; (4) considerando che alla politica generale di sviluppo, la quale può contribuire a frenare le evoluzioni strutturali indicate, occorre abbinare politiche di integrazione specifiche, sistematiche e coerenti; (5) considerando che è pertanto opportuno perseverare negli sforzi e consolidare i progressi finora compiuti nelle politiche sociali e adeguare tali politiche al carattere pluridimensionale dell'emarginazione sociale, il che implica la necessità di affiancare alle varie forme necessarie di sostegno immediato altre misure volte a fovorire con decisione l'integrazione economica e sociale dei cittadini interessati; (6) considerando che coloro che soffrono di penuria, irregolarità e precarietà delle risorse non sono in grado di partecipare attivamente alla vita economica e sociale della società in cui vivono né d'inserirsi con possibilità di riuscita nel processo d'integrazione economica e sociale e che di conseguenza ai soggetti più svantaggiati, nell'ambito di una politica globale e coerente di sostegno al loro inserimento, va riconosciuto il diritto a risorse sufficienti, stabili e prevedibili; (7) considerando che il Consiglio ed i ministri degli Affari sociali riuniti in sede di Consiglio il 29 settembre 1989 hanno adottato una risoluzione riguardante la lotta contro l'esclusione sociale (4) in cui si afferma che la lotta all'emarginazione sociale può considerarsi una componente importante della dimensione sociale del mercato interno; (8) considerando che la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata dai capi di Stato o di governo di undici Stati membri nel Consiglio europeo di Strasburgo del 9 dicembre 1989, proclama, nell'ottavo considerando e ai punti 10 e 25: «considerando che (. . .) in uno spirito di solidarietà, si deve combattere l'emarginazione sociale;» «Secondo le modalità specifiche di ciascun paese: 10. Ogni lavoratore della Comunità europea ha diritto ad una protezione sociale adeguata e deve beneficiare, a prescindere dal regime e dalla dimensione dell'impresa in cui lavora, di prestazioni di sicurezza sociale ad un livello sufficiente. Le persone escluse dal mercato del lavoro, o perché non hanno potuto accedervi o perché non hanno potuto reinserirvisi, e che sono prive di mezzi di sostentamento devono poter beneficiare di prestazioni e di risorse sufficienti adeguate alla loro situazione personale.» «25. Ogni persona che ha raggiunto l'età del pensionamento, ma alla quale sia precluso il diritto alla pensione, e che non abbia altri mezzi di sostentamento, deve poter beneficiare di risorse sufficienti e di un assistenza sociale e sanitaria commisurate alle sue specifiche necessità»; (9) considerando che questo aspetto fondamentale della lotta contro l'emarginazione sociale è stato recepito dalla Commissione nel suo programma d'azione per l'attuazione della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, nell'ambito del quale particolare risalto è attribuito ad un'iniziativa comunitaria rivolta, in spirito di solidarietà, ai cittadini meno favoriti della Comunità, compresi gli anziani, la cui situazione troppo di frequente è equiparabile a quella degli esclusi dal mercato del lavoro; (10) considerando che l'attuazione di una garanzia di risorse e di prestazioni rientra nell'ambito della protezione sociale e che spetta gli Stati membri qualificare, a questo proposito, la natura giuridica delle disposizioni atte ad assicurare detta garanzia, le quali tuttavia, nella maggior parte degli Stati membri, non fanno parte della sicurezza sociale; (11) considerando che nell'attuazione progressiva della raccomandazione occorre tener conto della disponibilità di risorse finanziarie, delle priorità nazionali e degli equilibri all'interno dei sistemi nazionali di protezione sociale; che negli Stati membri sussistono disparità di sviluppo per quanto concerne la protezione sociale; (12) considerando che il Parlamento europeo, nella sua risoluzione concernente la lotta contro la povertà nella Comunità europea (5), ha auspicato l'introduzione in tutti gli Stati membri di un reddito minimo garantito, inteso quale fattore d'inserimento nella società dei cittadini più poveri; (13) considerando che il Comitato economico e sociale, nel suo parere del 12 luglio 1989 in merito alla povertà (6), ha anch'esso raccomandato l'introduzione di un minimo sociale, concepito ad un tempo come rete di sicurezza per i poveri e strumento del loro reinserimento sociale; (14) considerando che la presente raccomandazione non pregiudica le disposizioni nazionali e comunitarie in materia di diritto di soggiorno; (15) considerando che per il conseguimento degli obiettivi della presente raccomandazione il trattato prevede quale strumento d'azione soltanto l'articolo 235, I. RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI: A. di riconoscere, nell'ambito d'un dispositivo globale e coerente di lotta all'emarginazione sociale, il diritto fondamentale della persona a risorse e a prestazioni sufficienti per vivere conformemente alla dignità umana e di adeguare di conseguenza, se e per quanto occorra, i propri sistemi di protezione sociale ai principi e agli orientamenti esposti in appresso; B. di attuare il riconoscimento di tale diritto in base ai criteri generali seguenti: 1. affermazione di un diritto fondato sul rispetto della dignità della persona umana; 2. definizione del campo di applicazione individuale di tale diritto, in considerazione della residenza legale e della nazionalità, conformemente alle disposizioni pertinenti in materia di residenza e/o di soggiorno, con l'obiettivo di comprendere progressivamente nella misura più ampia possibile, secondo le modalità previste dagli Stati membri, tutte le situazioni di emarginazione; 3. possibilità di fruire del diritto per tutti coloro che non dispongono essi stessi, o nell'ambito del nucleo familiare in cui vivono, di risorse sufficienti, - fatta salva una disponibilità attiva al lavoro o alla formazione professionale finalizzata all'ottenimento di un lavoro per coloro la cui età, salute e situazione familiare permettano una siffatta disponibilità attiva, oppure, se del caso, fatte salve misure di integrazione economica e sociale per le altre persone, e - fatta salva la facoltà degli Stati membri di non permettere alle persone aventi un'attività a tempo pieno o agli studenti di fruire di questo diritto; 4. accesso al diritto senza limiti di durata, purché il titolare resti in possesso dei requisiti prescritti e nell'intesa che, in concreto, il diritto può essere previsto per periodi limitati, ma rinnovabili; 5. carattere ausiliario di questo diritto rispetto agli altri diritti in materia sociale tenendo presente contemporaneamente la necessità di perseguire il reinserimento delle persone più povere nei sistemi di diritti generali; 6. attuazione, a fianco del diritto in oggetto, delle politiche ritenute necessarie, a livello nazionale, per l'integrazione economica e sociale dei cittadini interessati, quali previste nella risoluzione del Consiglio del 29 settembre 1989, riguardante la lotta contro l'esclusione sociale; C. di organizzare l'attuazione del diritto in oggetto in base agli orientamenti pratici seguenti: 1. a) fissare, tenendo conto del livello di vita e dei prezzi nello Stato membro interessato e in rapporto a differenti tipi e dimensioni di nuclei familiari, l'entità delle risorse giudicate sufficienti a coprire i bisogni essenziali per il rispetto della dignità umana; b) adeguare o integrare gli importi per soddisfare bisogni specifici; c) per la fissazione degli importi, fare riferimento ad indicatori ritenuti appropriati quali, per esempio, la statistica del reddito medio disponibile nello Stato membro, la statistica dei consumi dei nuclei familiari, il salario minimo legale se questo esiste o il livello dei prezzi; d) garantire un incentivo alla ricerca di un'occupazione per i soggetti in età lavorativa e abili al lavoro; e) definire modalità di revisione periodica degli importi in oggetto, in rapporto agli indicatori sopra indicati, ai fini di garantire in permanenza la copertura dei bisogni; 2. prevedere per le persone le cui risorse, valutate a livello d'individuo o di nucleo familiare, restano al di sotto dell'importo in tal modo determinato, adeguato o integrato, la concessione di un sostegno finanziario differenziale che consenta loro di disporre effettivamente di tale importo; 3. adottare le disposizioni necessarie affinché, per quanto riguarda l'entità del sostegno monetario così accordato, l'applicazione delle norme in vigore nei settori del fisco, delle obbligazioni civili e della sicurezza sociale tenga conto del livello delle risorse e prestazioni sufficienti richieste per vivere conformemente alla dignità umana; 4. adottare tutte le disposizioni necessarie per offrire ai cittadini interessati una serie di adeguate misure sociali di accompagnamento, quali attività di consulenza, informazione e assistenza per far valere i propri diritti; 5. adottare, per i soggetti in età lavorativa e abili al lavoro, le opportune disposizioni, se necessario anche nel campo della formazione professionale, per aiutarli in modo efficace a integrarsi o reintegrarsi nella vita attiva; 6. adottare le misure necessarie affinché le persone più bisognose siano effettivamente informate del loro diritto; semplificare al massimo le procedure amministrative e le modalità d'esame delle risorse e delle situazioni che fanno beneficiare di tale diritto; prevedere, per quanto possibile e conformemente alle disposizioni nazionali, modalità di ricorso presso enti indipendenti, come i tribunali, che siano facilmente accessibili per gli interessati; D. di prevedere questa garanzia di risorse e prestazioni nell'ambito dei regimi di protezione sociale; specificarne le modalità, finanziarne i costi ed organizzarne la gestione e l'attuazione in conformità della legislazione e/o delle prassi vigenti in campo nazionale; E. di attuare le misure previste dalla presente raccomandazione sin d'ora e progressivamente, in modo da poter stabilire un bilancio al termine di cinque anni: - tenendo conto della disponibilità delle risorse economiche e finanziarie nonché delle priorità stabilite dalle autorità nazionali e degli equilibri interni dei regimi di protezione sociale, e - modulando, se dal caso, il campo della loro applicazione per fasce d'età o per situazione familiare; F. di adottare disposizioni idonee: - per raccogliere informazioni sistematiche sulle modalità effettive di accesso della popolazione interessata alle misure previste e - per effettuare una valutazione metodica della loro attuazione e dei risultati; II. E, A QUESTO SCOPO, DÀ MANDATO ALLA COMMISSIONE: 1. di favorire e di organizzare, d'intesa con gli Stati membri, lo scambio sistematico delle informazioni e delle esperienze e la valutazione in continuo delle normative nazionali adottate; 2. di presentare periodicamente al Consiglio, al Parlamento europeo ed al Comitato economico e sociale un rapporto in cui, sulla scorta delle informazioni ricevute dagli Stato membri, sia fatto il punto dei progressi compiuti e degli impedimenti incontrati nell'attuazione della presente raccomandazione. Fatto a Lussemburgo, addì 24 giugno 1992. Per il Consiglio Il presidente José da SILVA PENEDA (1) GU n. C 163 del 22. 6. 1991, pag. 3.(2) GU n. C 150 del 15. 6. 1992.(3) GU n. C 14 del 20. 1. 1992, pag. 1.(4) GU n. C 277 del 31. 10. 1989, pag. 1.(5) GU n. C 262 del 10. 10. 1988, pag. 194.(6) GU n. C 221 del 28. 8. 1989, pag. 10.
Risorse e prestazioni sufficienti Le persone con residenza nell'Unione europea (UE) dovrebbero avere accesso a risorse e prestazioni sufficienti per vivere conformemente alla dignità umana. La presente raccomandazione definisce i principi comuni per l'attuazione di tale diritto negli Stati membri con l'obiettivo di comprendere progressivamente tutte le situazioni di esclusione. ATTO Raccomandazione 92/441/CEE del Consiglio, del 24 giugno 1992, in cui si definiscono i criteri comuni in materia di risorse e prestazioni sufficienti nei sistemi di protezione sociale [pubblicata nella Gazzetta ufficiale L 245 del 26.08.1992]. SINTESI Gli Stati membri dell'Unione europea (UE) devono riconoscere il diritto fondamentale della persona a risorse e prestazioni sufficienti per vivere conformemente alla dignità umana. Tale diritto dovrà essere realizzato nel quadro di strategie politiche nazionali di lotta contro l’esclusione sociale. Riguarda tutti coloro che risiedono nel territorio dell’UE che non dispongono essi stessi, o nell'ambito del nucleo familiare in cui vivono, di risorse sufficienti. Il livello di risorse sufficienti dovrà essere fissato tenendo conto della situazione personale delle persone, in particolare le dimensioni del loro nucleo familiare, i bisogni specifici e il costo della vita nello Stato membro interessato. L’accesso dei richiedenti a tale diritto non può essere limitato nel tempo purché sussistano le condizioni all'accesso stesso. Tuttavia, gli Stati membri possono definire limitazioni riguardanti gli studenti, le persone aventi un'attività a tempo pieno e le persone capaci di esercitare un'attività professionale. L'attuazione di tale diritto dovrà essere assicurata nel quadro dei regimi di protezione sociale. Inoltre, gli Stati membri dovranno in particolare: semplificare le procedure amministrative e i ricorsi giudiziari; prevedere misure sociali di accompagnamento; informare sui loro diritti le persone più vulnerabili; garantire incentivi alla ricerca di un'occupazione; adattare il fisco, le norme in materia di sicurezza sociale e delle obbligazioni civili delle persone. ATTI COLLEGATI Relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni, del 25 gennaio 1999, sull'attuazione della raccomandazione 92/441/CEE, del 24 giugno 1992, in cui si definiscono i criteri comuni in materia di risorse e prestazioni sufficienti nei sistemi di protezione sociale [COM(98) 774 def. – Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Allo scopo di migliorare ulteriormente la situazione dei beneficiari del reddito minimo, la Commissione propone di: ottimizzare la protezione sociale, per una migliore copertura dei bisogni essenziali; pervenire a una maggiore coerenza tra i minimi sociali e le prestazioni sociali, in particolare per il mantenimento del reddito minimo a completamento dei redditi di lavoro; migliorare l'accesso all'occupazione e alla formazione; migliorare l'integrazione economica e sociale dei beneficiari diretti dei redditi minimi.
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Direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti Gazzetta ufficiale n. L 082 del 22/03/2001 pag. 0016 - 0020 Direttiva 2001/23/CE del Consigliodel 12 marzo 2001concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimentiIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 94,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Parlamento europeo(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),considerando quanto segue:(1) La direttiva 77/187/CEE del Consiglio, del 14 febbraio 1977, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti(3) è stata modificata in maniera sostanziale(4) ed è, perciò, opportuno, per motivi di chiarezza, procedere alla sua codificazione.(2) L'evoluzione economica implica, sul piano nazionale e comunitario, modifiche delle strutture delle imprese effettuate, tra l'altro, con trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti a nuovi imprenditori in seguito a cessioni contrattuali o a fusioni.(3) Occorre adottare le disposizioni necessarie per proteggere i lavoratori in caso di cambiamento di imprenditore, in particolare per assicurare il mantenimento dei loro diritti.(4) Sussistono differenze negli Stati membri per quanto riguarda l'entità della protezione dei lavoratori in questo settore e occorre attenuare tali differenze.(5) La carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata il 9 dicembre 1989 ("Carta sociale"), nei punti 7, 17 e 18 dispone in particolare che la realizzazione del mercato interno deve portare ad un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori nella Comunità europea. Tale miglioramento deve consentire, ove necessario, di sviluppare taluni aspetti della regolamentazione del lavoro, come le procedure per il licenziamento collettivo o quelle concernenti i fallimenti. Occorre sviluppare l'informazione, la consultazione e la partecipazione dei lavoratori, secondo modalità adeguate, tenendo conto delle prassi vigenti nei diversi Stati membri. L'informazione, la consultazione e la partecipazione devono essere realizzate tempestivamente, in particolare in occasione di ristrutturazioni o fusioni di imprese che incidono sull'occupazione dei lavoratori.(6) Nel 1977 il Consiglio ha adottato la direttiva 77/187/CEE per promuovere l'armonizzazione delle legislazioni nazionali relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori e chiedere ai cedenti e ai cessionari di informare e consultare in tempo utile i rappresentanti dei lavoratori.(7) Detta direttiva è stata in seguito modificata alla luce dell'impatto del mercato interno, delle tendenze legislative degli Stati membri per quanto riguarda il salvataggio delle imprese con difficoltà economiche, della giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, della direttiva 75/129/CEE del Consiglio, del 17 febbraio 1975, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi(5), e delle norme legislative già in vigore nella maggior parte degli Stati membri.(8) La sicurezza e la trasparenza giuridiche hanno richiesto un chiarimento della nozione giuridica di trasferimento alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia. Tale chiarimento non ha modificato la sfera di applicazione della direttiva 77/187/CEE, quale interpretata dalla Corte di giustizia.(9) La Carta sociale riconosce l'importanza della lotta contro tutte le forme di discriminazione, in particolare quelle basate sul sesso, sul colore, sulla razza, sulle opinioni e sulle credenze.(10) La presente direttiva deve far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione indicati nell'allegato I, parte B,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:CAPO IAmbito di applicazione e definizioniArticolo 11. a) La presente direttiva si applica ai trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti ad un nuovo imprenditore in seguito a cessione contrattuale o a fusione.b) Fatta salva la lettera a) e le disposizioni seguenti del presente articolo, è considerato come trasferimento ai sensi della presente direttiva quello di un'entità economica che conserva la propria identità, intesa come insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un'attività economica, sia essa essenziale o accessoria.c) La presente direttiva si applica alle imprese pubbliche o private che esercitano un'attività economica, che perseguano o meno uno scopo di lucro. Una riorganizzazione amministrativa di enti amministrativi pubblici o il trasferimento di funzioni amministrative tra enti amministrativi pubblici, non costituisce trasferimento ai sensi della presente direttiva.2. La presente direttiva si applica se e nella misura in cui l'impresa, lo stabilimento o la parte di impresa o di stabilimento da trasferire si trovi nell'ambito d'applicazione territoriale del trattato.3. La presente direttiva non si applica alle navi marittime.Articolo 21. Ai sensi della presente direttiva si intende:a) per "cedente", ogni persona fisica o giuridica che, in conseguenza di un trasferimento a norma dell'articolo 1, paragrafo 1, perde la veste di imprenditore rispetto all'impresa, allo stabilimento o a parte dell'impresa o dallo stabilimento;b) per "cessionario", ogni persona fisica o giuridica che, in conseguenza di un trasferimento a norma dell'articolo 1, paragrafo 1, acquisisce la veste di imprenditore rispetto all'impresa, allo stabilimento o a parte dell'impresa o dello stabilimento;c) per "rappresentanti dei lavoratori" ed espressioni connesse, i rappresentanti dei lavoratori previsti dalla legislazione o dalla prassi degli Stati membri;d) per "lavoratore", ogni persona che nello Stato membro interessato è tutelata come tale nell'ambito del diritto nazionale del lavoro.2. La presente direttiva non lede il diritto nazionale per quanto riguarda la definizione di contratto o di rapporto di lavoro.Tuttavia, gli Stati membri non potranno escludere dall'ambito di applicazione della presente direttiva i contratti o i rapporti di lavoro a motivo unicamente:a) del numero di ore di lavoro prestate o da prestare;b) di rapporti di lavoro disciplinati da un contratto di lavoro di durata determinata a norma dell'articolo 1, punto 1, della direttiva 91/383/CEE del Consiglio, del 25 giugno 1991, che completa le misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute durante il lavoro dei lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di lavoro interinale(6); oc) di rapporti di lavoro interinali a norma dell'articolo 1, punto 2, della direttiva 91/383/CEE e del fatto che l'impresa, lo stabilimento o la parte d'impresa o di stabilimento trasferita è l'agenzia di lavoro interinale che è il datore di lavoro o parte di essa.CAPO IIMantenimento dei diritti dei lavoratoriArticolo 31. I diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento sono, in conseguenza di tale trasferimento, trasferiti al cessionario.Gli Stati membri possono prevedere che il cedente, anche dopo la data del trasferimento, sia responsabile, accanto al cessionario, degli obblighi risultanti prima della data del trasferimento da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento.2. Gli Stati membri possono adottare i provvedimenti necessari per garantire che il cedente notifichi al cessionario tutti i diritti e gli obblighi che saranno trasferiti al cessionario a norma del presente articolo, nella misura in cui tali diritti e obblighi siano o avessero dovuto essere noti ai cedente al momento del trasferimento. Il fatto che il cedente ometta di notificare al cessionario tali diritti e obblighi non incide sul trasferimento di detto diritto o obbligo e dei diritti di qualsiasi lavoratore nei confronti del cessionario e/o del cedente in relazione a detto diritto o obbligo.3. Dopo il trasferimento, il cessionario mantiene le condizioni di lavoro convenute mediante contratto collettivo nei termini previsti da quest'ultimo per il cedente fino alla data della risoluzione o della scadenza del contratto collettivo o dell'entrata in vigore o dell'applicazione di un altro contratto collettivo.Gli Stati membri possono limitare il periodo del mantenimento delle condizioni di lavoro, purché esso non sia inferiore ad un anno.4. a) A meno che gli Stati membri dispongano diversamente, i paragrafi 1 e 3 non si applicano ai diritti dei lavoratori a prestazioni di vecchiaia, di invalidità o per i superstiti dei regimi complementari di previdenza professionali o interprofessionali, esistenti al di fuori dei regimi legali di sicurezza sociale degli Stati membri.b) Anche quando essi non prevedono, a norma della lettera a), che i paragrafi 1 e 3 si applichino a tali diritti, gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per tutelare gli interessi dei lavoratori e di coloro che hanno già lasciato lo stabilimento del cedente al momento del trasferimento per quanto riguarda i diritti da essi maturati o in corso di maturazione, a prestazioni di vecchiaia, comprese quelle per i superstiti, dei regimi complementari di cui alla lettera a) del presente paragrafo.Articolo 41. Il trasferimento di un'impresa, di uno stabilimento o di una parte di impresa o di stabilimento non è di per sé motivo di licenziamento da parte del cedente o del cessionario. Tale dispositivo non pregiudica i licenziamenti che possono aver luogo per motivi economici, tecnici o d'organizzazione che comportano variazioni sul piano dell'occupazione.Gli Stati membri possono prevedere che il primo comma non si applichi a talune categorie delimitate di lavoratori non coperti dalla legislazione o dalla prassi degli Stati membri in materia di tutela contro il licenziamento.2. Se il contratto di lavoro o il rapporto di lavoro è risolto in quanto il trasferimento comporta a scapito del lavoratore una sostanziale modifica delle condizioni di lavoro, la risoluzione del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro è considerata come dovuta alla responsabilità del datore di lavoro.Articolo 51. A meno che gli Stati membri dispongano diversamente, gli articoli 3 e 4 non si applicano ad alcun trasferimento di imprese, stabilimenti o parti di imprese o di stabilimenti nel caso in cui il cedente sia oggetto di una procedura fallimentare o di una procedura di insolvenza analoga aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso e che si svolgono sotto il controllo di un'autotità pubblica competente (che può essere il curatore fallimentare autorizzato da un'autorità pubblica competente).2. Quando gli articoli 3 e 4 si applicano ad un trasferimento nel corso di una procedura di insolvenza aperta nei confronti del cedente (indipendentemente dal fatto che la procedura sia stata aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso) e a condizione che tali procedure siano sotto il controllo di un'autorità pubblica competente (che può essere un curatore fallimentare determinato dal diritto nazionale), uno Stato membro può disporre che:a) nonostante l'articolo 3, paragrafo 1, gli obblighi del cedente risultanti da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro e pagabili prima dei trasferimento o prima dell'apertura della procedura di insolvenza non siano trasferiti al cessionario, a condizione che tali procedure diano adito, in virtù della legislazione dello Stato membro, ad una protezione almeno equivalente a quella prevista nelle situazioni contemplate dalla direttiva 80/987/CEE del Consiglio, del 20 ottobre 1980, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro(7); e/ob) il cessionario, il cedente o la persona o le persone che esercitano le funzioni del cedente, da un lato, e i rappresentanti dei lavoratori, dall'altro, possano convenire, nella misura in cui la legislazione o le prassi in vigore lo consentano, modifiche delle condizioni di lavoro dei lavoratori intese a salvaguardare le opportunità occupazionali garantendo la sopravvivenza dell'impresa, dello stabilimento o di parti di imprese o di stabilimenti.3. Uno Stato membro ha facoltà di applicare il paragrafo 2, lettera b), a trasferimenti in cui il cedente sia in una situazione di grave crisi economica quale definita dal diritto nazionale, purché tale situazione sia dichiarata da un'autorità pubblica competente e sia aperta al controllo giudiziario, a condizione che tali disposizioni fossero già vigenti nel diritto nazionale il 17 luglio 1998.La Commissione presenterà una relazione sugli effetti della presente disposizione entro il 17 luglio 2003 e sottoporrà eventuali proposte adeguate al Consiglio.4. Gli Stati membri adottano gli opportuni provvedimenti al fine di impedire che l'abuso delle procedure di insolvenza privi i lavoratori dei diritti loro riconosciuti a norma della presente direttiva.Articolo 61. Qualora l'impresa, lo stabilimento o parte di un'impresa o di uno stabilimento conservi la propria autonomia, sussistono lo status e la funzione dei rappresentanti o della rappresentanza dei lavoratori interessati dal trasferimento, secondo le stesse modalità e alle stesse condizioni esistenti prima della data del trasferimento, previsti dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative o da accordi, a patto che siano soddisfatte le condizioni necessarie per la costituzione della rappresentanza dei lavoratori.Il primo comma non si applica se, in virtù delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative o della prassi degli Stati membri o si termini di un accordo con i rappresentanti dei lavoratori, esistono le condizioni necessarie per la nuova designazione dei rappresentanti dei lavoratori o la nuova costituzione della rappresentanza dei lavoratori.Nel caso in cui il cedente sia oggetto di una procedura fallimentare o di una procedura di insolvenza analoga aperta in vista della liquidazione dei beni del cedente stesso e che si svolge sotto il controllo di un'autorità pubblica competente (che può essere il curatore fallimentare autorizzato da un'autorità pubblica competente), gli Stati membri possono adottare i provvedimenti necessari al fine di garantire che i lavoratori trasferiti siano adeguatamente rappresentati fino alla nuova elezione o designazione di rappresentanti dei lavoratori.Qualora l'impresa, lo stabilimento o la parte di un'impresa o di uno stabilimento non conservi la propria autonomia, gli Stati membri adotteranno i provvedimenti necessari per garantire che i lavoratori trasferiti, che erano rappresentati prima del trasferimento, continuino ad essere adeguatamente rappresentati per il periodo necessario a provvedere ad una nuova costituzione o designazione della rappresentanza dei lavoratori, conformemente alla legislazione o alla prassi nazionale.2. Qualora il mandato dei rappresentanti dei lavoratori interessati dal trasferimento scada a causa del trasferimento, questi rappresentanti continuano a beneficiare delle misure di protezione previste dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative o dalla prassi degli Stati membri.CAPO IIIInformazione e consultazioneArticolo 71. Il cedente e il cessionario sono tenuti ad informare i rappresentanti dei rispettivi lavoratori interessati da un trasferimento sui seguenti punti:- data o data proposta del trasferimento,- motivi del trasferimento,- conseguenze giuridiche, economiche e sociali, del trasferimento per i lavoratori,- misure previste nei confronti dei lavoratori.Il cedente è tenuto a comunicare tali informazioni ai rappresentanti dei suoi lavoratori in tempo utile prima dell'attuazione del trasferimento.Il cessionario è tenuto a comunicare tali informazioni ai rappresentanti dei suoi lavoratori in tempo utile ed in ogni caso prima che i suoi lavoratori siano direttamente lesi dal trasferimento nelle loro condizioni d'impiego e di lavoro.2. Se il cedente o il cessionario prevedono misure nei confronti dei rispettivi lavoratori, essi sono tenuti ad avviare in tempo utile consultazioni in merito a tali misure con i rappresentanti dei rispettivi lavoratori al fine di ricercare un accordo.3. Gli Stati membri le cui disposizioni legislative, regolamentari e amministrative prevedono la possibilità per i rappresentanti dei lavoratori di ricorrere ad un'istanza di arbitrato per ottenere una decisione su misure da adottare nei confronti dei lavoratori, possono limitare gli obblighi previsti nei paragrafi 1 e 2 ai casi in cui il trasferimento realizzato comporta una modifica a livello dello stabilimento che può implicare svantaggi sostanziali per una parte consistente dei lavoratori.L'informazione e la consultazione devono almeno riferirsi alle misure previste nei confronti dei lavoratori.L'informazione e la consultazione devono aver luogo in tempo utile prima dell'attuazione della modifica a livello dello stabilimento di cui al primo comma.4. Gli obblighi di cui al presente articolo si applicano indipendentemente dal fatto che la decisione riguardante il trasferimento sia presa dal datore di lavoro o da un'impresa che lo controlla.Nell'esame delle pretese violazioni degli obblighi in materia di informazione e di consultazione previsti nella presente direttiva, non si deve tener conto quale mezzo di difesa del fatto che tale violazione è avvenuta in quanto l'impresa che controlla il datore di lavoro non gli ha trasmesso le informazioni necessarie.5. Gli Stati membri possono limitare gli obblighi previsti nei paragrafi 1, 2 e 3 alle imprese o agli stabilimenti che soddisfano, per quanto riguarda il numero dei lavoratori occupati, le condizioni per l'elezione o la designazione di un organo collegiale che rappresenti i lavoratori.6. Gli Stati membri possono prevedere che, qualora in un'impresa o in uno stabilimento non vi siano rappresentanti dei lavoratori per motivi indipendenti dalla volontà degli stessi, i lavoratori interessati debbano essere informati in precedenza:- della data o della data proposta del trasferimento,- dei motivi del trasferimento,- delle conseguenze giuridiche, economiche e sociali del trasferimento per i lavoratori,- delle misure previste nei confronti dei lavoratori.CAPO IVDisposizioni finaliArticolo 8La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare o di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori o di incoraggiare o consentire l'applicazione di accordi collettivi o di accordi tra le parti sociali più favorevoli ai lavoratori.Articolo 9Gli Stati membri introducono nelle loro normative nazionali i provvedimenti atti a consentire a tutti i lavoratori e ai loro rappresentanti che si ritengono lesi dall'inosservanza degli obblighi derivanti dalla presente direttiva, di tutelare i loro diritti con un'azione in giudizio dopo eventuali ricorsi ad altri organi competenti.Articolo 10La Commissione presenta al Consiglio una relazione sugli effetti delle disposizioni della presente direttiva entro il 17 luglio 2006. Essa propone le modifiche che risultano necessarie.Articolo 11Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 12La direttiva 77/187/CEE come modificata dalla direttiva di cui all'allegato I, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini d'attuaziune indicati all'allegato I, parte B.I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato II.Articolo 13La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla data della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 14Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 12 marzo 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteB. Ringholm(1) Parere espresso il 25 ottobre 2000 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(2) GU C 367 del 20.12.2000, pag. 21.(3) GU L 61 del 5.3.1977, pag. 26.(4) Cfr. allegato I, parte A.(5) GU L 48 del 22.2.1975, pag. 29. Direttiva sostituita dalla direttiva 98/59/CE (GU L 225 del 12.8.1998, pag. 16).(6) GU L 206 del 29.7.1991, pag. 19.(7) GU L 283 del 20.10.1980, pag. 23. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.ALLEGATO IPARTE ADirettiva abrogata e modificazione successiva(articolo 12)Direttiva 77/187/CEE del Consiglio (GU L 61 del 5.3.1977, pag. 26)Direttiva 98/50/CE del Consiglio (GU L 201 del 17.7.1998, pag. 88)PARTE BElenco dei termini per l'attuazione in diritto nazionale(articilo 12)>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO IITAVOLA DI CONCORDANZA>SPAZIO PER TABELLA>
Tutela dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento della proprietà di un’impresa SINTESI CHE COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA? Stabilisce i diritti dei lavoratori a livello dell’UE in casi di trasferimento della proprietà dell’impresa in cui lavorano, nonché gli obblighi di cedenti e cessionari. PUNTI CHIAVE Ambito di applicazione La direttiva si applica a tutti i tipi di rapporto di lavoro, senza distinzioni per quanto riguarda: — il numero di ore di lavoro prestate o da prestare; — il tipo di contratto di lavoro (a durata indeterminata, determinata o interinale). Si applica a tutte le imprese, pubbliche o private, che esercitano un’attività economica a scopo lucrativo o non lucrativo. Trasferimento della proprietà — Il trasferimento della proprietà può risultare da una cessione contrattuale o da una fusione. — La persona o l’impresa destinataria del trasferimento diventa il datore di lavoro dell’impresa a essa trasferita. Trasferimento del rapporto di lavoro — Il trasferimento di un’impresa non costituisce un motivo di licenziamento. I licenziamenti possono unicamente intervenire per ragioni economiche, tecniche o di organizzazione. — Quando la proprietà viene trasferita i lavoratori mantengono i propri diritti e obblighi, legati all’esistenza di un contratto di lavoro o di un rapporto di lavoro. — I termini e le condizioni di lavoro dei dipendenti vengono mantenute per la durata di validità del contratto collettivo dell’impresa trasferita. Tuttavia, tale periodo può essere limitato dai governi nazionali, ma non può essere inferiore a un anno. — I diritti e gli obblighi dei lavoratori, esistenti a titolo dei regimi complementari di protezione sociale, non vengono trasferiti. Tuttavia, i governi nazionali possono prendere misure per proteggere i diritti alle prestazioni di vecchiaia acquisiti a titolo di tali regimi. — I diritti e gli obblighi dei lavoratori non vengono mantenuti quando il trasferimento avviene nel corso di una procedura fallimentare o d’insolvenza. I governi nazionali possono prendere tutte le misure necessarie per evitare ricorsi abusivi a procedure d’insolvenza, miranti a privare i lavoratori dei loro diritti. Rappresentanti dei lavoratori — Al momento del trasferimento, i rappresentanti dei lavoratori mantengono le loro funzioni finché non sia possibile un loro rinnovo. I lavoratori devono continuare ad essere rappresentati, anche in caso di procedura fallimentare o d’insolvenza. — I rappresentanti sindacali devono essere consultati prima dell’adozione di misure riguardanti i lavoratori. — Il precedente e il nuovo datore di lavoro devono informare per tempo i lavoratori o i loro rappresentanti: — della data fissata o proposta per il trasferimento; — dei motivi del trasferimento; — delle conseguenze giuridiche, economiche e sociali del trasferimento per i lavoratori; — di qualsiasi misura prevista nei confronti dei lavoratori. — Se nel paese dell’UE interessato esiste un’istanza di arbitrato, l’obbligo d’informazione e consultazione può essere limitato ai casi in cui il trasferimento determini svantaggi per una parte importante dei lavoratori. CONTESTO Condizioni di lavoro: trasferimento di imprese. ATTO Direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 2001/23/CE del Consiglio 11.4.2001 16.2.1979 GU L 82 del 22.3.2001, pagg. 16-20 Le modifiche successive alla direttiva 2001/23/CE sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
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RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE del 10 aprile 2008 relativa alla gestione della proprietà intellettuale nelle attività di trasferimento delle conoscenze e al codice di buone pratiche destinato alle università e ad altri organismi pubblici di ricerca [notificata con il numero C(2008) 1329] (Testo rilevante ai fini del SEE) (2008/416/CE) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 165, considerando quanto segue: (1) Nel rilanciare la strategia di Lisbona nel 2005, i capi di Stato e di governo hanno sottolineato l’importanza di un migliore collegamento tra gli organismi pubblici di ricerca, comprese le università, e l’industria, per facilitare la circolazione e l’uso delle idee in una società della conoscenza dinamica e per migliorare la competitività e il benessere. (2) È necessario prodigarsi per migliorare il processo di conversione delle conoscenze in benefici socioeconomici. È necessario pertanto che gli organismi pubblici di ricerca divulghino e valorizzino con maggiore efficacia i risultati delle ricerche finanziate con fondi pubblici, allo scopo di trasformarli in nuovi prodotti e servizi. Questo obiettivo può essere conseguito con modalità diverse e, in particolare, mediante collaborazioni tra università e industria — ricerca collaborativa o a contratto condotta o cofinanziata con il settore privato — la concessione di licenze o la creazione di spin-off. (3) La valorizzazione efficace dei risultati della ricerca finanziata con fondi pubblici dipende da una gestione adeguata della proprietà intellettuale (ovvero della conoscenza nell’accezione più ampia del termine, comprendente, ad esempio, invenzioni, software, banche dati e microrganismi, protetti o meno da strumenti giuridici quali i brevetti), dallo sviluppo di una cultura imprenditoriale e delle competenze a essa associate negli organismi pubblici di ricerca, come pure da una comunicazione e interazione migliori tra i settori pubblico e privato. (4) La partecipazione attiva degli organismi pubblici di ricerca nella gestione della proprietà intellettuale e nel trasferimento delle conoscenze è essenziale per generare benefici socioeconomici e per attirare studenti, ricercatori e ulteriori finanziamenti per la ricerca. (5) Negli ultimi anni gli Stati membri hanno adottato iniziative per facilitare il trasferimento delle conoscenze a livello nazionale; tuttavia le significative discrepanze che esistono tra i quadri normativi, le politiche e le pratiche nazionali, come pure le norme differenti che disciplinano la proprietà intellettuale all’interno degli organismi pubblici di ricerca, impediscono o ostacolano il trasferimento delle conoscenze a livello transnazionale in Europa e la realizzazione dello Spazio europeo della ricerca. (6) A seguito della comunicazione della Commissione del 2007 (1) che illustrava le modalità per istituire un quadro comune europeo per il trasferimento delle conoscenze, il Consiglio europeo del giugno 2007 ha invitato la Commissione a elaborare orientamenti per la gestione della proprietà intellettuale da parte degli organismi pubblici di ricerca sotto forma di una raccomandazione agli Stati membri. (7) La presente raccomandazione mira a fornire agli Stati membri e alle loro regioni orientamenti strategici per l’elaborazione o l’aggiornamento di linee guida e quadri nazionali e agli organismi pubblici di ricerca un Codice di buone pratiche per consentire loro una migliore gestione della proprietà intellettuale e del trasferimento delle conoscenze. (8) La cooperazione nel campo della ricerca e dello sviluppo, come pure le attività di trasferimento delle conoscenze tra la Comunità e i paesi terzi, dovrebbe essere basata su pratiche e raccomandazioni chiare e uniformi che garantiscano un accesso equo e corretto alla proprietà intellettuale generata nell’ambito di collaborazioni internazionali nel campo della ricerca, con benefici per tutti i partecipanti. In tale ambito dovrebbe essere usato come riferimento il Codice di buone pratiche allegato. (9) È stata individuata una serie di buone pratiche che dovrebbero aiutare gli Stati membri a applicare la presente raccomandazione. Ogni Stato membro è libero di adottare le procedure e pratiche che ritiene più adeguate per garantire il rispetto dei principi della presente raccomandazione, tenendo conto della propria situazione specifica, dal momento che le pratiche che sono efficaci in uno Stato membro non sono necessariamente altrettanto efficaci in un altro. Dovrebbero inoltre essere presi in considerazione gli orientamenti esistenti a livello della Comunità e dell’OCSE. (10) La Commissione e gli Stati membri dovrebbero monitorare l’attuazione e l’impatto della presente raccomandazione e migliorare lo scambio di buone pratiche in materia di trasferimento delle conoscenze RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI DI: 1) garantire che tutti gli organismi pubblici di ricerca considerino il trasferimento delle conoscenze come una missione strategica; 2) incoraggiare gli organismi pubblici di ricerca a definire e divulgare politiche e procedure per la gestione della proprietà intellettuale in linea con il codice di buone pratiche di cui all’allegato I; 3) sostenere lo sviluppo di capacità e competenze per il trasferimento delle conoscenze negli organismi pubblici di ricerca, oltre a misure per rafforzare la consapevolezza e le competenze degli studenti — soprattutto nei settori della scienza e della tecnologia — in materia di proprietà intellettuale, trasferimento delle conoscenze e imprenditorialità; 4) promuovere un’ampia diffusione delle conoscenze generate grazie a finanziamenti pubblici, adottando misure atte a incoraggiare il libero accesso ai risultati della ricerca e garantendo al contempo che sia tutelata, laddove necessario, la proprietà intellettuale degli stessi; 5) cooperare e adottare misure per migliorare la coerenza dei rispettivi regimi per quanto attiene ai diritti di proprietà individuale, in modo da facilitare la cooperazione e il trasferimento transfrontalieri di conoscenze nell’ambito della ricerca e dello sviluppo; 6) applicare i principi delineati nella presente raccomandazione come base per introdurre o adeguare gli orientamenti e le normative nazionali in materia di gestione della proprietà intellettuale e di trasferimento delle conoscenze nonché per stipulare accordi di cooperazione nel campo della ricerca con paesi terzi, o ancora in relazione a altre misure destinate a promuovere il trasferimento di conoscenze o a istituire politiche o regimi di finanziamento nuovi nel rispetto della normativa sugli aiuti di Stato; 7) adottare misure destinate a garantire un’applicazione il più possibile ampia del codice di buone pratiche, sia in modo diretto sia mediante norme stabilite dagli enti nazionali o regionali di finanziamento della ricerca; 8) garantire un trattamento equo e corretto dei soggetti degli Stati membri e dei paesi terzi che partecipano a progetti di ricerca, per quanto riguarda la proprietà e l’accesso ai diritti di proprietà intellettuale, a vantaggio di tutti i partecipanti; 9) designare un referente a livello nazionale incaricato, tra l’altro, di coordinare le misure relative al trasferimento di conoscenze tra gli organismi pubblici di ricerca e il settore privato e di gestire gli aspetti transnazionali in collegamento con i suoi omologhi di altri Stati membri; 10) esaminare e utilizzare le migliori pratiche illustrate nell’allegato II, tenendo conto del contesto nazionale; 11) informare la Commissione entro il 15 luglio 2010, e successivamente ogni due anni, delle misure adottate sulla base della presente raccomandazione come pure del loro impatto. Fatto a Bruxelles, il 10 aprile 2008. Per la Commissione Janez POTOČNIK Membro della Commissione (1) COM(2007) 182. ALLEGATO I Codice di buone pratiche per le università e altri organismi pubblici di ricerca in materia di gestione della proprietà intellettuale e di trasferimento delle conoscenze Il presente codice di buone pratiche è costituito da tre serie fondamentali di principi. I principi di una politica della proprietà intellettuale interna (di seguito «PI») costituiscono la serie di principi di base che gli organismi pubblici di ricerca dovrebbero attuare per gestire in modo efficace la proprietà intellettuale derivante dalle attività — proprie o frutto di una collaborazione — nel settore della ricerca e dello sviluppo. I principi di una politica di trasferimento delle conoscenze (di seguito «TC») integrano quelli relativi alla politica della PI, essendo mirati più specificamente al trasferimento attivo e alla valorizzazione della proprietà intellettuale, sia essa o meno tutelata dai relativi diritti. I principi della ricerca collaborativa o a contratto dovrebbero riguardare tutti i tipi di attività di ricerca condotte o finanziate congiuntamente da un organismo pubblico di ricerca e dal settore privato e, in particolare, la ricerca collaborativa (in cui tutte le parti svolgono compiti di R&S) e la ricerca a contratto (in cui un’impresa privata appalta le attività di R&S a un organismo pubblico di ricerca). Principi di una politica della proprietà intellettuale interna 1. Sviluppare una politica della PI come parte integrante di una strategia e di una missione di lungo termine degli organismi pubblici di ricerca e divulgarla a livello interno ed esterno, designando un referente unico. 2. Questa politica dovrebbe indicare regole chiare per il personale e gli studenti, per quanto attiene in particolare alla diffusione di nuove idee con potenziale interesse commerciale, alla proprietà dei risultati della ricerca, alla tenuta di registri, alla gestione dei conflitti di interesse e ai rapporti con i terzi. 3. Promuovere l’individuazione, la valorizzazione e, dove opportuno, la protezione della proprietà intellettuale, in linea con la strategia e la missione degli organismi pubblici di ricerca e allo scopo di massimizzare i benefici socioeconomici. A tal fine possono essere adottate strategie differenti — adeguandole eventualmente ai rispettivi ambiti tecnico-scientifici — ad esempio gli approcci «dominio pubblico» o «innovazione aperta». 4. Fornire adeguati incentivi per garantire che tutto il personale svolga un ruolo attivo nell’attuazione della politica della proprietà intellettuale. Gli incentivi non dovrebbero essere soltanto di natura finanziaria ma favorire anche l’avanzamento di carriera, tenendo conto nelle procedure di valutazione della proprietà intellettuale e del trasferimento delle conoscenze, oltre che dei criteri accademici. 5. Prendere in considerazione l’istituzione di portafogli coerenti della proprietà intellettuale da parte degli organismi pubblici di ricerca — ad esempio in settori specifici della tecnologia — e, se opportuno, di comunità di brevetti/IP che comprendano anche la proprietà intellettuale di altri organismi pubblici di ricerca. Una tale iniziativa potrebbe facilitare la valorizzazione dei risultati, permettendo di creare una massa critica e di ridurre i costi di transazione per i terzi. 6. Rafforzare la consapevolezza e le competenze di base in materia di proprietà intellettuale e trasferimento delle conoscenze mediante azioni di formazione per gli studenti e i ricercatori e garantire che il personale responsabile della gestione di PI/TC possieda le qualifiche necessarie e riceva una formazione adeguata. 7. Mettere a punto e divulgare una politica di pubblicazione/diffusione, promuovendo un’ampia diffusione dei risultati delle attività di ricerca e sviluppo (ad esempio mediante la pubblicazione con accesso aperto), anche accettando eventuali ritardi — che dovrebbero tuttavia essere di entità minima — quando è in gioco la protezione della proprietà intellettuale. Principi di una politica di trasferimento delle conoscenze 8. Allo scopo di promuovere l’uso dei risultati della ricerca finanziata con fondi pubblici e di massimizzarne l’impatto socioeconomico, prendere in considerazione tutti i possibili tipi di meccanismi di valorizzazione (quali concessioni di licenze e creazione di spin-off) e tutti i possibili partner (quali spin-off o imprese esistenti, altri organismi pubblici di ricerca, investitori o servizi o agenzie di sostegno all’innovazione) e selezionare i più adeguati. 9. Benché una politica proattiva di PI/TC possa generare entrate supplementari per gli organismi pubblici di ricerca, ciò non dovrebbe essere considerato come un obiettivo primario. 10. Garantire che gli organismi pubblici di ricerca possiedano o abbiano accesso a servizi professionali di trasferimento delle conoscenze, come servizi di consulenza legale, finanziaria, commerciale e in materia di protezione e applicazione dei diritti di proprietà intellettuale, oltre a personale tecnicamente qualificato. 11. Elaborare e divulgare una politica di concessione di licenze allo scopo di armonizzare le pratiche degli organismi pubblici di ricerca e garantire la correttezza di tutte le transazioni. In particolare, il trasferimento dei diritti di proprietà intellettuale detenuti dagli organismi pubblici di ricerca e la concessione di licenze esclusive (1) dovrebbero essere accuratamente valutati, soprattutto in relazione a terzi parti non europei. Le licenze concesse a fini di valorizzazione dovrebbero comportare un’adeguata compensazione di tipo finanziario o di altro tipo. 12. Elaborare e divulgare una politica per la creazione di spin-off per incoraggiare (e dotare di opportuni mezzi) il personale degli organismi pubblici di ricerca a partecipare alla creazione di spin-off, laddove ciò si riveli appropriato. 13. Definire principi chiari relativamente alla ripartizione delle entrate ottenute grazie al trasferimento delle conoscenze tra organismi pubblici di ricerca, i dipartimenti e gli inventori. 14. Monitorare le attività di protezione della proprietà intellettuale e di trasferimento delle conoscenze e dei relativi risultati, e divulgare questi ultimi con cadenza regolare. I risultati ottenuti dagli organismi pubblici di ricerca, le relative competenze e i diritti di proprietà intellettuale dovrebbero essere resi maggiormente visibili al settore privato al fine di favorirne la valorizzazione. Principi relativi alla ricerca collaborativa e a contratto (2) 15. Le norme che disciplinano le attività di ricerca collaborativa o a contratto dovrebbero essere compatibili con la missione di ciascuna parte. Esse dovrebbero tenere conto del livello dei finanziamenti privati ed essere conformi agli obiettivi delle attività di ricerca, in particolare per massimizzare l’impatto commerciale e socioeconomico della ricerca, sostenere l’obiettivo degli organismi pubblici di ricerca di attirare finanziamenti privati per la ricerca, mantenere una posizione in materia di proprietà intellettuale che consenta di proseguire la ricerca collaborativa e accademica e non ostacolare la diffusione dei risultati di R&S 16. Gli aspetti relativi alla proprietà intellettuale dovrebbero essere chiariti a livello del management e nelle prime fasi del progetto di ricerca — ma idealmente prima che quest’ultimo abbia inizio. Tra questi aspetti figurano la ripartizione dei diritti di proprietà intellettuale generati nell’ambito del progetto (di seguito «nuove conoscenze»), l’individuazione dei diritti di proprietà intellettuale detenuti dalle parti prima dell’inizio del progetto (di seguito «conoscenze preesistenti») e necessari per l’esecuzione del progetto o per la valorizzazione dei risultati, i diritti di accesso (3) alle conoscenze nuove o preesistenti per tali scopi e la ripartizione degli utili. 17. In un progetto di ricerca collaborativa, la proprietà delle nuove conoscenze dovrebbe restare di pertinenza della parte che le ha generate ma potrà essere attribuita alle diverse parti sulla base di un accordo contrattuale concluso preliminarmente che rifletta adeguatamente gli interessi e i compiti delle parti e i contributi finanziari o di altra natura al progetto. Nel caso della ricerca a contratto le nuove conoscenze generate dall’organismo pubblico di ricerca sono di proprietà del partner privato, mentre il progetto non dovrebbe incidere sulla proprietà delle conoscenze preesistenti. 18. I diritti di accesso (3) dovrebbero essere chiariti dalle parti nelle prime fasi del progetto di ricerca — idealmente prima che quest’ultimo abbia inizio. Se necessario per la conduzione del progetto di ricerca o per la valorizzazione delle nuove conoscenze da parte di uno dei soggetti, dovrebbero essere concessi i diritti di accesso alle conoscenze nuove e preesistenti delle altre parti, con modalità che dovrebbero riflettere adeguatamente gli interessi e i compiti delle parti e i contributi finanziari o di altra natura al progetto. (1) Per quanto riguarda i risultati di R&S con diversi sbocchi pratici possibili, si dovrebbe evitare di concedere licenze esclusive senza alcuna limitazione a un settore specifico. Inoltre, di norma, gli organismi pubblici di ricerca dovrebbero riservare i diritti necessari a facilitare la divulgazione e a proseguire la ricerca. (2) Quando un organismo pubblico di ricerca si impegna in attività di ricerca collaborativa o a contratto con un partner industriale, la Commissione ritiene automaticamente (ovvero senza che sia necessaria alcuna notifica) che non sia stato concesso alcun aiuto di Stato indiretto al partner industriale per il tramite dell’organismo pubblico, se sono rispettate le condizioni di cui alla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione (GU C 323 del 30.12.2006, in particolare i punti 3.2.1 e 3.2.2). (3) Con «diritti di accesso» si intendono i diritti che le parti si sono conferite reciprocamente e che sono distinti dalle licenze assegnate a terzi. I diritti di accesso dovrebbero determinare quali parti possano utilizzare determinate conoscenze nuove o preesistenti a fini di ricerca e/o di valorizzazione e a quali condizioni. ALLEGATO II Pratiche seguite dalle autorità pubbliche che facilitano la gestione della proprietà intellettuale in attività di trasferimento delle conoscenze da parte di università e altri organismi pubblici di ricerca Trasferimento delle conoscenze come missione strategica degli organismi pubblici di ricerca 1. Il trasferimento delle conoscenze tra le università e l’industria costituisce una priorità politica permanente e operativa per tutti gli organismi pubblici di finanziamento della ricerca in uno Stato membro, sia a livello nazionale che regionale. 2. Si tratta di un aspetto che rientra chiaramente tra le competenze di un ministero incaricato di coordinare con altri ministeri le iniziative di promozione del trasferimento delle conoscenze. 3. Tutti i ministeri e gli enti regionali che effettuano attività di trasferimento delle conoscenze designano un funzionario responsabile di monitorarne l’impatto. I funzionari designati si incontrano regolarmente per scambiarsi informazioni e discutere delle modalità per migliorare il trasferimento delle conoscenze. Politiche di gestione della proprietà intellettuale 4. Viene incoraggiata la corretta gestione della proprietà intellettuale frutto di finanziamenti pubblici; tale gestione deve essere basata su principi consolidati che tengano conto degli interessi legittimi dell’industria (ad esempio, obblighi temporanei di riservatezza). 5. La politica della ricerca favorisce il ricorso al settore privato per contribuire a individuare le esigenze in campo tecnologico, per potenziare gli investimenti privati nella ricerca e incoraggiare la valorizzazione dei risultati della ricerca finanziata con fondi pubblici. Capacità e competenze per il trasferimento di conoscenze 6. Gli organismi pubblici di ricerca e il loro personale dispongono di risorse e incentivi sufficienti per svolgere attività di trasferimento delle conoscenze. 7. Sono adottate misure per garantire la disponibilità e facilitare l’assunzione di personale qualificato (ad esempio, personale responsabile del trasferimento di tecnologie) da parte degli organismi pubblici di ricerca. 8. Viene messa a disposizione una serie di contratti tipo, come pure uno strumento che consenta di selezionare il contratto tipo più adeguato sulla base di un certo numero di parametri. 9. Prima di mettere a punto nuovi meccanismi per promuovere il trasferimento di conoscenze (ad esempio, regimi di mobilità o finanziamento) vengono consultati i soggetti interessati, comprese le PMI, le grandi imprese e gli organismi pubblici di ricerca. 10. Viene incoraggiata la messa in comune delle risorse da parte degli organismi pubblici di ricerca a livello locale o regionale, quando detti organismi non raggiungano una massa critica in materia di spesa di ricerca tale da giustificare la presenza di un ufficio che si occupi del trasferimento delle conoscenze o di un responsabile della proprietà intellettuale. 11. Vengono avviati programmi di sostegno alle spin-off nel campo della ricerca che prevedano una formazione all’imprenditorialità, come pure una forte interazione degli organismi pubblici di ricerca con gli incubatori, i finanziatori e le agenzie di sostegno economico locali, ecc. 12. I governi erogano finanziamenti a sostegno del trasferimento di conoscenze e dell’impegno delle imprese negli organismi pubblici di ricerca, anche mediante l’assunzione di esperti. Coerenza nella cooperazione transnazionale 13. Per promuovere il trasferimento delle conoscenze a livello transnazionale e facilitare la cooperazione con soggetti di altri paesi, il detentore della proprietà intellettuale frutto di ricerche realizzate con finanziamenti pubblici è determinato da norme chiare e questa informazione, come pure quelle relative alle condizioni di finanziamento che possono incidere sul trasferimento delle conoscenze, deve essere facilmente accessibile. Nella maggior parte degli Stati membri dell’UE la proprietà istituzionale — in opposizione al regime del «privilegio del professore» — è considerata automaticamente come il regime giuridico che disciplina la proprietà intellettuale negli organismi pubblici di ricerca. 14. Quando vengono firmati accordi internazionali di cooperazione nella ricerca, i termini e le condizioni relativi ai progetti finanziati nell’ambito dei regimi di entrambi i paesi assegnano diritti analoghi a tutti i partecipanti, soprattutto per quanto riguarda l’accesso alla proprietà intellettuale e le relative restrizioni d’uso. Divulgazione delle conoscenze 15. Gli organismi di finanziamento pubblico della ricerca prevedono l’accesso aperto per quanto concerne le pubblicazioni scientifiche oggetto di esame inter pares e risultanti da ricerche finanziate con fondi pubblici. 16. Viene favorito l’accesso aperto ai dati della ricerca in linea con i principi e orientamenti per l’accesso ai dati delle ricerca finanziata con fondi pubblici dell’OCSE e tenendo conto delle restrizioni relative alla loro valorizzazione commerciale. 17. Mediante finanziamenti pubblici e in linea con le politiche di accesso aperto, vengono messi a punto sistemi di archiviazione dei risultati della ricerca (come, ad esempio, banche dati accessibili via Internet). Controllo dell’attuazione 18. Sono attuati i meccanismi necessari per monitorare e riesaminare i progressi compiuti degli organismi pubblici di ricerca nazionali nelle attività di trasferimento delle conoscenze, ad esempio mediante relazioni annuali di tali organismi. Queste informazioni, unitamente alle migliori pratiche, sono inoltre messe a disposizione degli altri Stati membri.
La gestione della proprietà intellettuale da parte delle università e degli organismi pubblici di ricerca QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE? La raccomandazione ha lo scopo di migliorare la gestione della proprietà intellettuale e il trasferimento delle conoscenze da parte delle università e degli organismi pubblici di ricerca nei paesi dell’UE. In questa raccomandazione, la Commissione europea esorta i paesi dell’UE a introdurre politiche od orientamenti rivolti ad assicurare che i risultati della ricerca scientifica finanziata con fondi pubblici siano usati commercialmente o per ulteriori ricerche, per favorire la diffusione delle innovazioni. PUNTI CHIAVE Viene raccomandato alle università e agli organismi pubblici di ricerca di gestire la loro proprietà intellettuale in modo da facilitare il trasferimento delle conoscenze, in particolare attraverso la concessione di licenze e la creazione di spin-off. Al fine di migliorare la gestione e la conoscenza della proprietà intellettuale da parte delle università europee e degli organismi pubblici di ricerca, tale raccomandazione stabilisce diversi principi che gli stati membri sono chiamati a seguire durante la fase di preparazione dei loro orientamenti o regole. In conformità a tali principi, la Commissione sollecita i paesi membri a: far sì che il trasferimento della conoscenza sia una priorità per le università e per gli organismi pubblici di ricerca; invitare le università e gli organismi pubblici di ricerca a preparare e mettere in atto misure riguardanti la gestione della proprietà intellettuale in linea con il codice di buone pratiche specificato nell’Allegato I della raccomandazione; incoraggiare lo sviluppo delle capacità e delle abilità nella proprietà intellettuale, nel trasferimento delle conoscenze e nella cultura dell’imprenditorialità nelle università e negli organismi pubblici di ricerca; consentire la diffusione dei risultati delle ricerche finanziate con fondi pubblici, pur garantendo una protezione adeguata della proprietà intellettuale; collaborare al fine di migliorare la coerenza dei loro rispettivi programmi in materia di proprietà intellettuale, per facilitare la cooperazione e il trasferimento delle conoscenze su scala internazionale in ambito di ricerca e sviluppo; utilizzare i principi previsti in tale raccomandazione come base per preparare o adattare le linee guida e le norme sulla gestione della proprietà intellettuale, sul trasferimento delle conoscenze o sulle nuove strategie per l’erogazione di fondi, o per concludere accordi di cooperazione con paesi non membri nel campo della ricerca; monitorare l’adempimento del codice di buone pratiche; garantire un trattamento equo e corretto per i progetti di ricerca internazionale in termini di diritti di proprietà intellettuale, nell’interesse comune di tutti i partner coinvolti; designare un contatto nazionale responsabile per il coordinamento delle misure sul trasferimento delle conoscenze tra gli organismi pubblici di ricerca e il settore privato; esaminare e adottare le migliori pratiche previste nell’Allegato II della raccomandazione, tenendo conto del contesto nazionale; informare la Commissione, entro il 15 luglio 2010 e successivamente ogni 2 anni, delle misure adottate sulla base di questa raccomandazione e del loro impatto. Il codice di buone pratiche per le università e gli organismi pubblici di ricerca propone i principi operativi che gli organismi pubblici e le università devono usare nel definire e nel rivedere le loro politiche istituzionali. Le università dovrebbero, in particolare, incoraggiare l’utilizzo e la divulgazione dei risultati della ricerca finanziata con fondi pubblici, pur nel rispetto della protezione della proprietà intellettuale. CONTESTO Tale raccomandazione è una delle cinque iniziative strategiche pianificate dalla commissione nel 2008 che fanno seguito al suo Libro Verde rivolto a creare un autentico Spazio europeo della ricerca. Si basa anche sulla comunicazione della Commissione del 2007 sul trasferimento delle conoscenze. Per maggiori informazioni, consultare: Spazio europeo della ricerca (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Raccomandazione 2008/416/CE della Commissione, del 10 aprile 2008 relativa alla gestione della proprietà intellettuale nelle attività di trasferimento delle conoscenze e al codice di buone pratiche destinato alle università e ad altri organismi pubblici di ricerca (GU L 146 del 5.6.2008, pagg. 19–24)
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DECISIONE (UE) 2015/772 DEL CONSIGLIO dell'11 maggio 2015 che istituisce il comitato per l'occupazione e che abroga la decisione 2000/98/CE IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 150, visto il parere del Parlamento europeo, considerando quanto segue: (1) L'articolo 5 del trattato stabilisce che l'Unione debba prendere misure per assicurare il coordinamento delle politiche occupazionali degli Stati membri al fine di accrescerne l'efficacia con lo sviluppo di una strategia coordinata per l'occupazione. (2) Il titolo IX della parte terza del trattato stabilisce le procedure attraverso le quali gli Stati membri e l'Unione dovrebbero adoperarsi per sviluppare una strategia coordinata a favore dell'occupazione, e in particolare a favore della promozione di una forza lavoro competente, qualificata, adattabile e di mercati del lavoro in grado di rispondere ai mutamenti economici. (3) Nell'adempimento dei suoi compiti, tra i quali rientrano l'attività di consulenza e il contributo ai lavori del Consiglio e della Commissione, il comitato per l'occupazione («comitato») dovrebbe contribuire a far sì che la strategia europea per l'occupazione, il coordinamento delle politiche macroeconomiche e il processo di riforme economiche siano formulati e attuati in modo coerente e reciprocamente vantaggioso. (4) Il comitato dovrebbe collaborare strettamente con le parti sociali, in particolare con quelle rappresentate al Vertice sociale trilaterale per la crescita e l'occupazione istituito dalla decisione 2003/174/CE del Consiglio (1). (5) Nelle conclusioni del 27 e 28 giugno 2013 il Consiglio europeo ha affermato che la dimensione sociale dell'Unione economica e monetaria dovrebbe essere rafforzata. Innanzitutto è importante monitorare meglio e prendere in considerazione la situazione sociale e del mercato del lavoro in seno all'Unione economica e monetaria, in particolare utilizzando gli opportuni indicatori sociali e dell'occupazione nell'ambito del semestre europeo. È altresì importante assicurare un migliore coordinamento delle politiche occupazionali e sociali pur rispettando pienamente le competenze nazionali. (6) Nelle conclusioni del 24 e 25 ottobre 2013 il Consiglio europeo ha stabilito che il coordinamento delle politiche economiche, occupazionali e sociali sarà ulteriormente potenziato secondo le procedure esistenti, pur nel pieno rispetto delle competenze nazionali. Il Consiglio europeo ritiene che ciò richieda maggiore impegno per rafforzare la cooperazione tra le diverse formazioni del Consiglio, al fine di assicurare la coerenza di tali politiche in linea con i comuni obiettivi. (7) È opportuno che la presente decisione rispecchi lo sviluppo del semestre europeo e il ruolo del comitato stesso in tale processo. In particolare, il regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio (2) prevede che il comitato economico e finanziario, il comitato di politica economica, il comitato per l'occupazione e il comitato per la protezione sociale debbano essere consultati nell'ambito del semestre europeo laddove opportuno. Inoltre, il regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (3) stabilisce che gli esami approfonditi debbano tenere conto, ove opportuno, delle raccomandazioni o degli inviti rivolti dal Consiglio agli Stati membri. Esso prevede inoltre che un piano d'azione correttivo per ogni Stato membro per il quale sia stata avviata una procedura per gli squilibri eccessivi debba tenere conto dell'impatto economico e sociale delle azioni politiche e debba essere coerente con gli indirizzi di massima per le politiche economiche e gli orientamenti in materia di occupazione. (8) È opportuno che il comitato e gli organi dell'Unione impegnati nel coordinamento delle politiche sociali ed economiche, in particolare il comitato economico e finanziario, il comitato di politica economica e il comitato per la protezione sociale, operino in stretta collaborazione. Se del caso e ove convenuto di comune accordo tra i comitati interessati, la cooperazione del comitato con il comitato per la protezione sociale, il comitato economico e finanziario e il comitato di politica economica può includere l'organizzazione di riunioni congiunte, in particolare nel contesto dei rispettivi ruoli dei comitati nell'ambito del semestre europeo. (9) Per adempiere efficacemente al mandato conferito dal trattato e consentire la necessaria flessibilità per adattarsi al calendario delle attività del comitato, in particolare nell'ambito del ciclo del semestre europeo, le disposizioni in materia di governance riguardo al funzionamento del comitato dovrebbero essere riesaminate al fine di assicurare efficienza e continuità. (10) È opportuno abrogare la decisione 2000/98/CE del Consiglio (4), HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Istituzione È istituito un comitato per l'occupazione («comitato») a carattere consultivo per promuovere il coordinamento in materia di politiche dell'occupazione e del mercato del lavoro fra gli Stati membri, nel pieno rispetto del trattato e tenendo debitamente conto delle competenze delle istituzioni e degli organi dell'Unione Articolo 2 Compiti 1. I compiti del comitato sono i seguenti: a) seguire la situazione dell'occupazione e le politiche in materia di occupazione negli Stati membri e nell'Unione; b) fatto salvo l'articolo 240 del trattato, formulare pareri su richiesta del Consiglio o della Commissione o di propria iniziativa e contribuire alla preparazione dei lavori del Consiglio di cui all'articolo 148 del trattato. 2. Ai fini del paragrafo 1, il comitato si adopera, in particolare, per: a) promuovere la presa in considerazione dell'obiettivo di un elevato livello di occupazione nella formulazione e nell'attuazione delle politiche e azioni dell'Unione; b) contribuire alla procedura di adozione degli indirizzi di massima per le politiche economiche onde assicurare la coerenza tra gli orientamenti in materia di occupazione e tali indirizzi di massima e contribuire alle sinergie tra la strategia europea per l'occupazione, il coordinamento delle politiche macroeconomiche e il processo di riforma economica in modo che si sostengano mutualmente; c) partecipare attivamente al dialogo macroeconomico a livello dell'Unione; d) contribuire a tutti gli aspetti del semestre europeo nell'ambito del proprio mandato e riferire al Consiglio al riguardo; e) promuovere gli scambi di informazioni e di esperienze fra gli Stati membri e con la Commissione. 3. Ogni anno, il comitato adotta un programma di lavoro, tenendo conto delle priorità strategiche del Consiglio e della Commissione. Il programma di lavoro è trasmesso al Consiglio. 4. Il comitato può far ricorso a esperti esterni qualora ciò risulti appropriato per lo svolgimento dei suoi lavori. Articolo 3 Composizione 1. Ciascuno Stato membro e la Commissione nominano due membri titolari del comitato. Possono del pari nominare due membri supplenti. 2. I membri titolari del comitato e i membri supplenti sono scelti fra funzionari o esperti di alto livello e di comprovata esperienza in materia di politiche dell'occupazione e del mercato del lavoro negli Stati membri. 3. Gli Stati membri e la Commissione si adoperano con ogni mezzo per raggiungere un equilibrio di genere nella composizione del comitato. Articolo 4 Funzionamento 1. Il comitato elegge fra i membri nominati dagli Stati membri il suo presidente, che resta in carica per un periodo di due anni. Il presidente può essere rieletto una sola volta per un ulteriore periodo di due anni. In casi debitamente giustificati, il comitato può decidere di prorogare il mandato del presidente per un periodo massimo di otto mesi al fine di garantire l'efficienza e la continuità del suo lavoro. Il presidente può rimanere in carica per un periodo totale di quattro anni e otto mesi. 2. Il presidente è assistito da quattro vicepresidenti, dei quali due sono eletti dal comitato tra i suoi membri per un periodo di due anni, rinnovabile una volta. Il terzo vicepresidente è un rappresentante dello Stato membro che in quel momento detiene la presidenza del Consiglio. Il quarto vicepresidente è un rappresentante dello Stato membro che succederà alla presidenza. 3. Il presidente delega il suo diritto di voto al suo supplente. 4. Le riunioni del comitato sono convocate dal presidente, di sua iniziativa o su richiesta della maggioranza dei membri del comitato. 5. Il comitato stabilisce il proprio regolamento interno. 6. Le spese sono rimborsate secondo le norme amministrative in vigore. 7. La Commissione fornisce al comitato il sostegno analitico e organizzativo adeguato. La Commissione nomina segretario un membro del suo personale, il quale agisce, insieme al personale che lo coadiuva, su istruzioni del comitato quando assiste quest'ultimo nello svolgimento dei suoi compiti. Il segretario cura i contatti con il segretariato generale del Consiglio per l'organizzazione delle riunioni. 8. Il comitato lavora, ove opportuno, in cooperazione con altri organi e comitati pertinenti, che trattano questioni di politica sociale ed economica, quali il comitato per la protezione sociale, il comitato economico e finanziario, il comitato di politica economica, il comitato dell'istruzione e il consiglio di direzione della rete europea di servizi pubblici per l'impiego. Articolo 5 Gruppi di lavoro 1. Il comitato può commissionare lo studio di questioni specifiche ai propri membri supplenti oppure può istituire a tal fine gruppi di lavoro. La presidenza di un tale gruppo di lavoro è assunta da uno dei vicepresidenti del comitato, da un membro titolare o da un membro supplente del comitato, da un funzionario della Commissione o da un membro del gruppo di lavoro stesso nominato dal comitato. 2. La Commissione fornisce ai gruppi di lavoro il sostegno analitico e organizzativo adeguato. 3. I gruppi di lavoro possono far ricorso all'aiuto di esperti. 4. Il comitato può parimenti istituire con altri comitati o organi gruppi di lavoro congiunti, le cui norme di funzionamento sono determinate congiuntamente. Articolo 6 Consultazione delle parti sociali Nell'adempimento del proprio mandato il comitato consulta le parti sociali. In tale contesto, stabilisce contatti con le parti sociali rappresentate al Vertice sociale trilaterale per la crescita e l'occupazione. Articolo 7 Disposizioni transitorie Il mandato dei membri eletti conformemente all'articolo 3 della decisione 2000/98/CE prosegue fino al termine del periodo stabilito conformemente all'articolo 4 della presente decisione. La data d'inizio di tale periodo è considerata la data dell'elezione avvenuta conformemente all'articolo 3 della decisione 2000/98/CE. Articolo 8 Abrogazione La decisione 2000/98/CE è abrogata a decorrere dalla data della prima riunione del comitato successiva all'entrata in vigore della presente decisione. La riunione ha luogo entro quattro mesi dalla data di adozione della presente decisione. Articolo 9 Entrata in vigore La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Bruxelles, l'11 maggio 2015 Per il Consiglio Il presidente J. DŪKLAVS (1) Decisione 2003/174/CE del Consiglio, del 6 marzo 2003, che istituisce un Vertice sociale trilaterale per la crescita e l'occupazione (GU L 70 del 14.3.2003, pag. 31). (2) Regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997, per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche (GU L 209 del 2.8.1997, pag. 1). (3) Regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 25). (4) Decisione del Consiglio, del 24 gennaio 2000, che istituisce il comitato per l'occupazione (GU L 29 del 4.2.2000, pag. 21).
Comitato per l’occupazione Il Comitato per l’occupazione fornisce alla Commissione europea e al Consiglio dell’Unione europea pareri volti a promuovere il coordinamento in materia di politiche dell’occupazione e del mercato del lavoro fra i paesi dell’Unione europea (UE). ATTO Decisione (UE) 2015/772 del Consiglio, dell’11 maggio 2015, che istituisce il comitato per l’occupazione e che abroga la decisione 2000/98/CE SINTESI Il Comitato per l’occupazione fornisce alla Commissione europea e al Consiglio dell’Unione europea pareri volti a promuovere il coordinamento in materia di politiche dell’occupazione e del mercato del lavoro fra i paesi dell’Unione europea (UE). CHE COSA FA LA DECISIONE? Essa stabilisce i compiti del comitato per l’occupazione, che deve contribuire alla procedura che ha portato all’adozione degli indirizzi di massima per le politiche economiche onde assicurare la coerenza di tali politiche con gli orientamenti sull’occupazione. Il Comitato deve contribuire anche alle sinergie tra la strategia europea per l’occupazione, il coordinamento delle politiche macroeconomiche e il processo di riforma economica in modo che si sostengano mutualmente. Essa stabilisce altresì le norme riguardanti la composizione, il funzionamento e i gruppi di lavoro del Comitato. PUNTI CHIAVE I compiti del Comitato sono i seguenti: seguire la situazione dell’occupazione e le politiche in materia di occupazione nei paesi dell’UE; contribuire alla preparazione dei lavori del Consiglio sulla stesura degli indirizzi di massima che i paesi dell’UE devono tener conto nelle loro politiche occupazionali; formulare pareri su richiesta del Consiglio o della Commissione o di propria iniziativa. Nello svolgimento di tali compiti, il Comitato deve tenere presente l’obiettivo di un elevato livello di occupazione nella formulazione delle politiche dell’UE. Deve altresì cercare di: contribuire a tutti gli aspetti del semestre europeo nell’ambito del proprio mandato e riferire al Consiglio al riguardo; promuovere gli scambi di informazioni e di esperienze fra i paesi dell’UE e con la Commissione. Esso adotta un programma di lavoro ogni anno e invia una copia alla Commissione. Ciascun paese dell’UE e la Commissione nominano due membri del comitato. Tali membri sono scelti fra funzionari o esperti di alto livello e di comprovata esperienza in materia di politiche dell’occupazione e del mercato del lavoro. I membri eleggono un presidente e quattro vicepresidenti. La Commissione fornisce al comitato il sostegno analitico e organizzativo adeguato e designa un membro del personale con funzioni di segretario. Nell’esercizio delle sue funzioni, il comitato deve consultare le parti sociali. In questo contesto, stabilisce contatti con le parti sociali rappresentate al Vertice sociale trilaterale per la crescita e l’occupazione. Il Comitato opera in stretta collaborazione con il comitato per la protezione sociale, il comitato economico e finanziario e il comitato di politica economica. Ciò può includere l’organizzazione di riunioni congiunte nel contesto del semestre europeo. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? A decorrere dal 15 maggio 2015. CONTESTO Il trattato sul funzionamento dell’Unione europea (titolo IX) stabilisce le procedure attraverso le quali i paesi dell’UE dovrebbero lavorare insieme per sviluppare una strategia coordinata a favore dell’occupazione, e in particolare per la promozione di una forza lavoro qualificata, adeguatamente formata e adattabile per rispondere ai mutamenti economici. La creazione di un comitato per l’occupazione consultivo è inscritta in questo contesto. La presente decisione sostituisce la precedente decisione 2000/98/CE che istituiva il comitato per l’occupazione, al fine di tener conto degli sviluppi del semestre europeo e del ruolo del Comitato in questo processo. Per maggiori informazioni, consultare il sito Internet della Commissione europea sul comitato per l’occupazione. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione (UE) 2015/772 15.5.2015 - GU L 121 del 14.5.2015, pag. 12-15 ATTI COLLEGATI Raccomandazione di Raccomandazione del Consiglio relativa agli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell’Unione [COM (2015) 99 final del 2.3.2015]
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REGOLAMENTO (UE) N. 1260/2013 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 20 novembre 2013 relativo alle statistiche demografiche europee (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 338, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (1), considerando quanto segue: (1) Conformemente all’articolo 16, paragrafo 4, del trattato sull’Unione europea (TUE), a decorrere dal 1o novembre 2014, la maggioranza qualificata dei membri del Consiglio deve essere definita, tra l’altro, sulla base della popolazione degli Stati membri. (2) Il Consiglio Economia e finanza incarica regolarmente il Comitato di politica economica di valutare la sostenibilità a lungo termine e la qualità delle finanze pubbliche sulla base delle previsioni della popolazione elaborate da Eurostat. (3) Conformemente al regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (2), tutte le statistiche trasmesse dagli Stati membri alla Commissione che sono disaggregate per unità territoriali devono utilizzare la classificazione NUTS. Di conseguenza, allo scopo di assicurare la comparabilità delle statistiche regionali, le unità territoriali dovrebbero essere definite sulla base della classificazione NUTS. (4) Conformemente all’articolo 175, secondo comma, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), la Commissione deve presentare ogni tre anni al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni una relazione sui progressi compiuti nella realizzazione della coesione economica, sociale e territoriale. È necessario disporre di dati regionali annuali di livello NUTS 3 per la preparazione di tali relazioni e per il regolare monitoraggio dell’evoluzione demografica e delle eventuali future problematiche demografiche nelle regioni dell’Unione, comprese varie tipologie di regioni, quali le regioni frontaliere, le regioni metropolitane, le regioni rurali e le regioni montane e insulari. In considerazione delle forti disparità regionali che caratterizzano l’invecchiamento della popolazione, Eurostat è incaricata di predisporre regolarmente previsioni regionali al fine di integrare il quadro demografico delle regioni NUTS 2 nell’Unione. (5) Conformemente all’articolo 159 TFUE, la Commissione deve redigere una relazione annuale sugli sviluppi nella realizzazione degli obiettivi dell’articolo 151 TFUE, compresa la situazione demografica nell’Unione. (6) Nella comunicazione del 20 ottobre 2009 dal titolo «Solidarietà in materia di salute: riduzione delle disuguaglianze sanitarie nell’UE», la Commissione si è espressa a favore dell’ulteriore sviluppo e della rilevazione di dati, e dell’ulteriore sviluppo di indicatori in materia di salute secondo l’età, il sesso, la situazione socioeconomica e la dimensione geografica. (7) La strategia dell’Unione per lo sviluppo sostenibile, promossa dal Consiglio europeo di Göteborg nel 2001 e rilanciata nel giugno del 2006, ha come obiettivo il continuo miglioramento della qualità della vita per le attuali e le future generazioni. Il rapporto che la Commissione (Eurostat) pubblica ogni due anni in merito a tale strategia traccia, sulla base di una serie di indicatori dello sviluppo sostenibile dell’Unione, un quadro statistico obiettivo dei progressi realizzati. (8) Le statistiche demografiche annuali assumono un’importanza capitale ai fini dello studio e della definizione di una vasta serie di iniziative politiche, con particolare riguardo alle problematiche sociali ed economiche, a livello nazionale e regionale. Le statistiche sulla popolazione costituiscono un importante denominatore per una vasta gamma di indicatori. (9) L’obiettivo strategico H.3 del capo IV della Piattaforma d’azione di Pechino (1995) costituisce un quadro di riferimento per l’elaborazione e la diffusione di dati e informazioni disaggregati per genere ai fini della pianificazione e della valutazione delle politiche. (10) Le statistiche demografiche rappresentano un elemento fondamentale per la stima della popolazione totale nell’ambito del sistema europeo dei conti. È importante che i dati siano aggiornati e rivisti ai fini dell’elaborazione di statistiche a livello europeo. (11) Al fine di garantire la qualità e, in particolare, la comparabilità dei dati trasmessi dagli Stati membri, nonché allo scopo di consentire l’elaborazione a livello dell’Unione di quadri di sintesi attendibili, i dati utilizzati dovrebbero basarsi sugli stessi concetti e dovrebbero riferirsi a date o periodi di riferimento identici. (12) Il regolamento (CE) n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio (3) definisce un quadro di riferimento per le statistiche demografiche europee. In particolare, esso richiede il rispetto dei principi di indipendenza professionale, imparzialità, obiettività, affidabilità, segreto statistico e efficacia sotto il profilo dei costi. (13) I dati demografici dovrebbero essere coerenti con le pertinenti informazioni rilevate a norma del regolamento (CE) n. 862/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio (4) e del regolamento (CE) n. 763/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio (5). A tal fine, è opportuno valutare metodi statistici di stima basati su dati scientifici e ben documentati, e incoraggiarne l’uso. (14) In sede di sviluppo, produzione e diffusione delle statistiche europee, le autorità statistiche nazionali e l’autorità statistica europea nonché, se del caso, altre autorità competenti a livello nazionale e regionale, dovrebbero tener conto dei principi sanciti dal codice delle statistiche europee, riveduto e aggiornato dal comitato del sistema statistico europeo il 28 settembre 2011. (15) Il presente regolamento garantisce il diritto al rispetto della vita privata e della vita familiare e il diritto alla protezione dei dati di carattere personale sanciti dagli articoli 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. (16) La direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (6) e il regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (7) si applicano con riguardo al trattamento dei dati personali nell’ambito del presente regolamento. (17) Poiché l’obiettivo del presente regolamento, vale a dire la definizione di un quadro giuridico comune per la produzione sistematica di statistiche demografiche europee negli Stati membri, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata e degli effetti dell’azione in questione, può essere conseguito meglio a livello dell’Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 TUE. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (18) Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione del presente regolamento, dovrebbero essere attribuite alla Commissione competenze di esecuzione. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (8), HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento definisce un quadro giuridico comune in vista dello sviluppo, della produzione e della diffusione di statistiche europee sulla popolazione e sugli eventi di stato civile. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni: a) «nazionale»: si riferisce al territorio di uno Stato membro ai sensi del regolamento (CE) n. 1059/2003 applicabile alla data di riferimento; b) «regionale»: livello NUTS 1, NUTS 2 o NUTS 3 ai sensi del regolamento (CE) n. 1059/2003 applicabile alla data di riferimento; qualora tale termine sia utilizzato con riferimento a paesi che non sono membri dell’Unione, «regionale» si riferisce alle regioni statistiche al livello 1, 2 o 3, come concordato tra tali paesi e la Commissione (Eurostat), alla data di riferimento; c) «popolazione dimorante abitualmente»: tutte le persone che hanno dimora abituale in uno Stato membro alla data di riferimento; d) «dimora abituale»: il luogo in cui una persona trascorre normalmente il periodo di riposo giornaliero, indipendentemente da assenze temporanee per attività ricreative, vacanze, visite ad amici e parenti, affari, trattamenti sanitari o pellegrinaggi religiosi. Sono considerate dimoranti abitualmente in una specifica area geografica soltanto le persone: i) che hanno vissuto nel loro luogo di dimora abituale senza interruzione per un periodo di almeno dodici mesi prima della data di riferimento; oppure ii) che si sono stabilite nel loro luogo di dimora abituale nei dodici mesi precedenti la data di riferimento con l’intenzione di rimanervi per almeno un anno. Qualora le circostanze di cui ai punti i) o ii) non possano essere verificate, per «dimora abituale» si intende il luogo di residenza legale o dichiarata nei registri, salvo ai fini dell’articolo 4. Nell’applicare la definizione di «dimora abituale», gli Stati membri riservano ai casi speciali il trattamento previsto conformemente all’allegato del regolamento (CE) n. 1201/2009 della Commissione (9); e) «nascita vitale»: la nascita di un bambino che, indipendentemente dalla durata della gestazione, respira o manifesta altro segno di vita, quale battito cardiaco, pulsazione del cordone ombelicale o determinati movimenti dei muscoli volontari; f) «morte»: la permanente scomparsa di ogni segno di vita in un qualsiasi momento successivo alla nascita vitale (cessazione post-natale delle funzioni vitali senza possibilità di rianimazione); g) «eventi di stato civile»: la nascita vitale e la morte come definiti alle lettere e) e f). Articolo 3 Dati sulla popolazione e sugli eventi di stato civile 1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) dati sulla loro popolazione che dimora abitualmente alla data di riferimento. I dati forniti contemplano la popolazione in base all’età, al sesso e alla regione di residenza. 2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati sui loro eventi di stato civile verificatisi durante il periodo di riferimento. Gli Stati membri utilizzano la stessa definizione di popolazione che impiegano per i dati di cui al paragrafo 1. I dati forniti contemplano le seguenti variabili: a) nati vivi per sesso, mese di evento, ordine di nascita vitale, età della madre, anno di nascita della madre, paese di nascita della madre, paese di cittadinanza della madre e regione di residenza della madre; b) decessi per età, sesso, anno di nascita, regione di residenza, paese di nascita, paese di cittadinanza e mese di evento. 3. Gli Stati membri utilizzano la stessa definizione di popolazione per tutti i livelli nazionali e regionali definiti dal presente regolamento. 4. La Commissione adotta atti di esecuzione che stabiliscono condizioni uniformi per la disaggregazione dei dati di cui ai paragrafi 1 e 2, nonché i termini e le revisioni dei dati. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 10, paragrafo 2. Articolo 4 Popolazione totale per scopi specifici dell’Unione 1. Ai fini della votazione a maggioranza qualificata in seno al Consiglio, entro otto mesi dalla fine dell’anno di riferimento gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) dati sulla popolazione totale a livello nazionale alla data di riferimento, conformemente all’articolo 2, lettera c). 2. Gli Stati membri possono stimare la popolazione totale di cui al paragrafo 1 sulla base della popolazione legalmente residente o dichiarata nei registri, utilizzando metodi statistici di stima basati su dati scientifici, ben documentati e pubblicamente disponibili. Articolo 5 Frequenza e termini di riferimento 1. Ogni anno gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati statistici relativi alla loro popolazione e ai loro eventi di stato civile dell’anno precedente di cui all’articolo 3, paragrafo 1, e all’articolo 3, paragrafo 2, lettere a) e b). 2. Ogni anno gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati relativi alla popolazione totale a livello nazionale di cui all’articolo 4. 3. Ai fini del presente regolamento, per termini di riferimento si intendono la data di riferimento di cui al paragrafo 4 o il periodo di riferimento di cui al paragrafo 5, a seconda dei casi. 4. La data di riferimento per i dati sulla popolazione è la scadenza del periodo di riferimento (la mezzanotte del 31 dicembre). La prima data di riferimento è nel 2013 e l’ultima data di riferimento è nel 2027. 5. Il periodo di riferimento per i dati sugli eventi di stato civile è l’anno civile in cui gli eventi si sono verificati. Il primo periodo di riferimento è il 2013 e l’ultimo periodo di riferimento è il 2027. Articolo 6 Trasmissione di dati e di metadati Gli Stati membri mettono a disposizione della Commissione (Eurostat) i dati e i metadati di cui al presente regolamento conformemente alle norme di scambio di dati e metadati specificate dalla Commissione (Eurostat). Gli Stati membri forniscono tali dati e metadati tramite i servizi del punto di accesso unico in modo tale che la Commissione (Eurostat) possa recuperarli oppure li trasmettono utilizzando i servizi del punto di accesso unico. Articolo 7 Fonti di dati I dati sono basati sulle fonti di dati scelte dagli Stati membri conformemente al diritto e agli usi nazionali. Ove opportuno, sono utilizzati metodi di stima statistica ben documentati e fondati su basi scientifiche. Articolo 8 Studi di fattibilità 1. Gli Stati membri effettuano studi di fattibilità sull’utilizzo della definizione di «dimora abituale» per la popolazione e gli eventi di stato civile di cui all’articolo 3, paragrafi 1 e 2. 2. I risultati degli studi di fattibilità di cui al paragrafo 1 sono trasmessi alla Commissione entro il 31 dicembre 2016. 3. Al fine di facilitare l’esecuzione degli studi di fattibilità di cui al paragrafo 1 del presente articolo, l’Unione può fornire sostegno finanziario agli istituti statistici nazionali e alle altre autorità nazionali di cui all’articolo 5 del regolamento (CE) n. 223/2009. Articolo 9 Norme in materia di qualità 1. Gli Stati membri si assicurano della qualità dei dati trasmessi. 2. Ai fini del presente regolamento, ai dati da trasmettere si applicano i criteri di qualità di cui all’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 223/2009. 3. Gli Stati membri riferiscono alla Commissione (Eurostat) sui metadati di riferimento utilizzando gli standard del Sistema statistico europeo e, in particolare, sulle fonti di dati, le definizioni e i metodi di stima utilizzati per il primo anno di riferimento; gli Stati membri provvedono a informare la Commissione (Eurostat) in merito a qualsiasi loro modifica. 4. Su richiesta della Commissione (Eurostat), gli Stati membri le trasmettono tutte le informazioni necessarie a valutare la qualità delle informazioni statistiche. 5. Gli Stati membri si assicurano che i dati sulla popolazione di cui all’articolo 3 del presente regolamento siano coerenti con quelli richiesti dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (CE) n. 862/2007. Articolo 10 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita dal Comitato del sistema statistico europeo istituito dal regolamento (CE) n. 223/2009. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. Articolo 11 Clausola di revisione 1. La Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una prima relazione sull’attuazione del presente regolamento entro il 31 dicembre 2018 e una seconda relazione entro il 31 dicembre 2023. In tali relazioni la Commissione tiene conto delle informazioni pertinenti fornite dagli Stati membri e valuta la qualità dei dati trasmessi, i metodi utilizzati per la raccolta dei dati, l’onere supplementare gravante sugli Stati membri e sui partecipanti, nonché la comparabilità di tali statistiche. Tali relazioni valutano l’uso di metodi statistici di stima basati su dati scientifici e ben documentati, per la stima della «popolazione che dimora abitualmente» rispetto alla popolazione legalmente residente o dichiarata nei registri. La prima relazione ricomprende altresì i risultati degli studi di fattibilità di cui all’articolo 8. 2. Se del caso, dette relazioni sono corredate di proposte volte a migliorare ulteriormente il quadro giuridico comune per lo sviluppo, la produzione e la diffusione di statistiche europee sulla popolazione e sugli eventi di stato civile a norma del presente regolamento. Articolo 12 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento cessa di applicarsi il 31 agosto 2028. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, il 20 novembre 2013 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente V. LEŠKEVIČIUS (1) Posizione del Parlamento europeo del 22 ottobre 2013 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 15 novembre 2013. (2) Regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, relativo all’istituzione di una classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (NUTS) (GU L 154 del 21.6.2003, pag. 1). (3) Regolamento (CE) n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009, relativo alle statistiche europee e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1101/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo alla trasmissione all’Istituto statistico delle Comunità europee di dati statistici protetti dal segreto, il regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, relativo alle statistiche comunitarie, e la decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio, che istituisce un comitato del programma statistico delle Comunità europee (GU L 87 del 31.3.2009, pag. 164). (4) Regolamento (CE) n. 862/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, relativo alle statistiche comunitarie in materia di migrazione e di protezione internazionale e che abroga il regolamento (CEE) n. 311/76 del Consiglio relativo all’elaborazione di statistiche riguardanti i lavoratori stranieri (GU L 199 del 31.7.2007, pag. 23). (5) Regolamento (CE) n. 763/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, sull’igiene dei prodotti alimentari (GU L 218 del 13.8.2008, pag. 14). (6) Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31). (7) Regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1). (8) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13). (9) Regolamento (CE) n. 1201/2009 della Commissione, del 30 novembre 2009, recante attuazione del regolamento (CE) n. 763/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai censimenti della popolazione e delle abitazioni per quanto riguarda le specifiche tecniche delle variabili e delle loro classificazioni (GU L 329 del 15.12.2009, pag. 29).
Statistiche demografiche QUAL È L'OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce misure relative all'armonizzazione e alla raccolta di dati sulla popolazione e sugli eventi di stato civile (ad es. nascite e decessi). Stabilisce le definizioni comuni, i temi trattati e le caratteristiche delle informazioni richieste, la copertura, i criteri di qualità e i termini di trasmissione e i risultati, sebbene i paesi dell'UE procedano alla compilazione dei dati secondo le proprie fonti e pratiche nazionali. PUNTI CHIAVE Perché queste statistiche sono importanti? 1.Stime di alta qualità sulla popolazione sono essenziali per il processo democratico dell'UE, ad es. sono importanti per il calcolo della ponderazione dei voti nel caso di una votazione a maggioranza qualificata in seno al Consiglio. Dal 1o novembre 2014, per maggioranza qualificata s'intende almeno il 55 % dei membri del Consiglio, con un minimo di 15 rappresentanti paesi dell'UE che totalizzino almeno il 65 % della popolazione dell'UE (doppia maggioranza). 2.La valutazioni a lungo termine sulla sostenibilità delle finanze pubbliche dei paesi dell'UE è, fra le altre cose, condotta sulla base delle proiezioni sulla popolazione di Eurostat, per la cui elaborazione sono necessarie serie storiche tempestive, accurate, attendibili e coerenti sulla popolazione, le nascite e i decessi, nonché valide ipotesi sulla futura evoluzione della fecondità, della speranza di vita e dei flussi migratori. 3.Il progresso della strategia di sviluppo sostenibile dell'UE è misurato tramite il rapporto redatto da Eurostat sulla base di serie storiche sugli indici di dipendenza degli anziani, sui tassi di fecondità e sulla speranza di vita nell'UE. 4.Le tendenze relative alla coesione economica, sociale e territoriale vengono valutate in base ai dati demografici regionali. Regolamento di esecuzione (UE) n. 205/2014 della Commissione, del 4 marzo 2014, che stabilisce condizioni uniformi di applicazione del regolamento (UE) n. 1260/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche demografiche europee per quanto riguarda le disaggregazioni, i termini di trasmissione e le revisioni di dati. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È applicata a partire dal 30 dicembre 2013. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda: «Popolazione (demografia, migrazione e proiezioni)» sul sito Internet di Eurostat. ATTO Regolamento (UE) n. 1260/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, relativo alle statistiche demografiche europee (GU L 330, 10.12.2013, pag. 39-43) ATTI COLLEGATI Regolamento di esecuzione (UE) n. 205/2014 della Commissione, del 4 marzo 2014, che stabilisce condizioni uniformi di applicazione del regolamento (UE) n. 1260/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche demografiche europee per quanto riguarda le disaggregazioni, i termini di trasmissione e le revisioni di dati (GU L 65, 5.3.2014, pag. 10-26)
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REGOLAMENTO (CE) N. 1986/2006 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 20 dicembre 2006 sull'accesso al sistema d'informazione Schengen di seconda generazione (SIS II) dei servizi competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di circolazione IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 71, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) La direttiva 1999/37/CE del Consiglio, del 29 aprile 1999, relativa ai documenti di immatricolazione dei veicoli (3), dispone che gli Stati membri si prestano reciproca assistenza per l'attuazione della direttiva e possono comunicarsi informazioni sul piano bilaterale o multilaterale, in particolare per verificare, prima dell'immatricolazione di un veicolo, la situazione legale dello stesso nello Stato membro in cui era precedentemente immatricolato. Per tale verifica è possibile ricorrere a una rete elettronica. (2) Il regolamento (CE) n. …/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del …, e la decisione 2006/…/GAI del Consiglio, del … sull’istituzione, l’esercizio e l’uso del sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II) (4) (5), costituiscono la base giuridica necessaria per disciplinare il SIS II, che costituisce una banca dati comune degli Stati membri contenente, fra l'altro, dati relativi a veicoli a motore di cilindrata superiore a 50 cc., dati relativi a rimorchi di peso a vuoto superiore a 750 kg e a roulotte e dati relativi a certificati di immatricolazione per veicoli e a targhe per veicoli rubati, altrimenti sottratti, smarriti o falsificati. (3) Il regolamento (CE) n. …/2006 e la decisione 2006/…/GAI sostituiscono gli articoli da 92 a 119 della convenzione del 19 giugno 1990 di applicazione dell’accordo di Schengen del 14 giugno 1985 tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni (6) («la convenzione di Schengen»), salvo l’articolo 102 bis. Quest’ultimo riguarda l’accesso al sistema d’informazione Schengen da parte delle autorità e dei servizi competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di circolazione per i veicoli. (4) È necessario ora adottare un terzo strumento, basato sul titolo V del trattato a complemento del regolamento (CE) n. …/2006 e della decisione 2006/…/GAI, per consentire l'accesso al SIS II dei servizi competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di circolazione per i veicoli e sostituire l’articolo 102 bis della convenzione di Schengen. (5) Le segnalazioni di oggetti, fra cui i veicoli a motore, sono inserite nel SIS II a fini di sequestro o di prova in un procedimento penale, a norma della decisione 2006/…/GAI. (6) A norma della decisione 2006/…/GAI, l’accesso alle segnalazioni di oggetti inserite nel SIS II è prerogativa esclusiva delle autorità responsabili del controllo delle frontiere e degli altri controlli doganali e di polizia, delle autorità giudiziarie e di Europol. (7) È opportuno che i servizi statali e non statali chiaramente identificati a questo scopo e competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di circolazione per i veicoli abbiano accesso ai dati immessi nel SIS II concernenti veicoli a motore di cilindrata superiore a 50 cc, rimorchi di peso a vuoto superiore a 750 kg, roulotte e carte di circolazione e targhe per i veicoli che siano stati rubati, altrimenti sottratti, smarriti o falsificati, per verificare se i veicoli di cui è richiesta l'immatricolazione non siano stati rubati, altrimenti sottratti o smarriti. (8) A tal fine è necessario concedere a detti servizi l'accesso a tali dati e consentire loro di utilizzarli a fini amministrativi per il regolare rilascio delle carte di circolazione. (9) Nella misura in cui i servizi competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di circolazione non sono organi statali, l’accesso dovrebbe essere accordato in modo indiretto, per il tramite di un’autorità con diritto di accesso a norma della decisione 2006/…/GAI, che sia garante della conformità alle norme di sicurezza e riservatezza degli Stati membri di cui alla decisione suddetta. (10) La decisione 2006/…/GAI stabilisce la linea di condotta da seguire quando l’accesso al SIS II rivela la segnalazione di un oggetto nel SIS II. (11) La direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (7), disciplina il trattamento dei dati personali a cura dei servizi competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di circolazione. Le disposizioni specifiche della decisione 2006/…/GAI concernenti la protezione dei dati personali, la sicurezza, la riservatezza e i registri integrano o chiariscono i principi sanciti nella richiamata direttiva quando quei servizi elaborano dati personali nell’ambito del SIS II. (12) Poiché l'obiettivo dell’azione proposta, vale a dire garantire l’accesso al SIS II ai servizi competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di circolazione per i veicoli, per agevolarne i compiti ai sensi della direttiva 1999/37/CE, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa dell'effettiva natura del SIS II in quanto sistema comune d’informazione, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (13) Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti in particolare dalla carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. (14) Per quanto riguarda l'Islanda e la Norvegia, il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen ai sensi dell'accordo concluso dal Consiglio dell'Unione europea con la Repubblica d'Islanda e il Regno di Norvegia sulla loro associazione all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen (8), che rientrano nel settore di cui all'articolo 1, punto G della decisione 1999/437/CE del Consiglio, del 17 maggio 1999 (9), relativa a talune modalità di applicazione dell'accordo. (15) Per quanto riguarda la Svizzera, il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen ai sensi dell'accordo firmato dall’Unione europea, dalla Comunità europea e dalla Confederazione svizzera riguardante l’associazione della Confederazione svizzera all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen, che rientrano nel settore di cui all’articolo 1, punto G della decisione 1999/437/CE, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 1 delle decisioni 2004/849/CE (10) e 2004/860/CE (11). (16) Il presente regolamento costituisce un atto basato sull'acquis di Schengen o ad esso altrimenti connesso ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 2 dell'atto di adesione del 2003, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. Fatti salvi gli articoli 38, 40 e 46, paragrafo 1 della decisione 2006/…/GAI, i servizi competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di circolazione per i veicoli ai sensi della direttiva 1999/37/CE hanno accesso ai seguenti dati inseriti nel SIS II a norma dell’articolo 38, paragrafo 2, lettere a), b) e f) di detta decisione, al solo scopo di verificare se i veicoli di cui è richiesta l'immatricolazione non siano stati rubati, altrimenti sottratti o smarriti o non siano ricercati a fini di prova in un procedimento penale: a) ai dati relativi a veicoli a motore di cilindrata superiore a 50 cc; b) ai dati relativi ai rimorchi di peso a vuoto superiore a 750 kg e alle roulotte; c) ai dati relativi a certificati di immatricolazione per veicoli e a targhe per veicoli rubati, altrimenti sottratti, smarriti o falsificati. Fatto salvo il paragrafo 2, la legge di ciascuno Stato membro disciplina l'accesso dei servizi di quello Stato membro a tali dati. 2. I servizi di cui al paragrafo 1 che siano servizi statali hanno il diritto di consultare direttamente i dati inseriti nel SIS II. 3. I servizi di cui al paragrafo 1 che non siano servizi statali accedono ai dati inseriti nel SIS II soltanto per il tramite di un'autorità di cui all'articolo 40 della decisione menzionata al paragrafo 1. Questa autorità ha il diritto di consultare i dati direttamente e di trasmetterli al servizio competente. Lo Stato membro interessato provvede affinché il servizio in questione e il suo personale siano tenuti al rispetto di tutte le restrizioni sull'uso consentito dei dati trasmessi loro da detta autorità. 4. L’articolo 39 di tale decisione non si applica all’accesso ottenuto a norma del presente articolo. La comunicazione alle autorità giudiziarie o di polizia, ad opera dei servizi di cui al paragrafo 1, di informazioni emerse durante la consultazione del SIS II che diano motivo di sospettare che sia stato commesso un reato è disciplinata dalla legislazione nazionale. Articolo 2 Il presente regolamento sostituisce l’articolo 102 bis della convenzione di Schengen. Articolo 3 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Esso si applica dalla data fissata ai sensi dell’articolo 71, paragrafo 2 della decisione 2006/…/GAI. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 2006 Per il Parlamento europeo Il presidente J. BORRELL FONTELLES Per il Consiglio Il presidente J. KORKEAOJA (1) GU C 65 del 17.3.2006, pag. 27. (2) Parere del Parlamento europeo del 25 ottobre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 19 dicembre 2006 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (3) GU L 138 dell'1.6.1999, pag. 57. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2003/127/CE della Commissione (GU L 10 del 16.1.2004, pag. 29). (4) GU L … (5) GU L … (6) GU L 239 del 22.9.2000, pag. 19. Convenzione modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 1160/2005 (GU L 191 del 22.7.2005, pag. 18). (7) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31. Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003 (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (8) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 36. (9) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 31. (10) Decisione 2004/849/CE del Consiglio, del 25 ottobre 2004, relativa alla firma, a nome dell'Unione europea, nonché all'applicazione provvisoria di alcune disposizioni dell'accordo tra l'Unione europea, la Comunità europea e la Confederazione svizzera riguardante l'associazione della Confederazione svizzera all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen (GU L 368 del 15.12.2004, pag. 26). (11) Decisione 2004/860/CE del Consiglio, del 25 ottobre 2004, relativa alla firma, a nome della Comunità, nonché all'applicazione provvisoria di alcune disposizioni dell'accordo tra l'Unione europea, la Comunità europea e la Confederazione svizzera riguardante l'associazione della Confederazione svizzera all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen (GU L 370 del 17.12.2004, pag. 78).
Accesso al SIS II per i servizi di immatricolazione dei veicoli QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Consente ai servizi responsabili per il rilascio delle carte di circolazione nei paesi dell’Unione europea (UE) di accedere al sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II). Lo scopo consiste nel verificare che un veicolo presentato all’immatricolazione non sia stato rubato e/o non risulti ricercato a fini di prova in un procedimento penale. PUNTI CHIAVE Il regolamento consente ai servizi addetti al rilascio delle carte di circolazione di accedere ai dati contenuti nel SIS II per quanto concerne: veicoli a motore di cilindrata superiore a 50 cc (centimetri cubici); rimorchi di peso a vuoto superiore a 750 kg e roulotte; certificati di immatricolazione per veicoli e targhe per veicoli rubati, altrimenti sottratti, smarriti o falsificati. I servizi addetti al rilascio delle carte di circolazione che non siano servizi pubblici possono accedere ai dati contenuti nel SIS II solo attraverso le autorità indicate nella decisione relativa al SIS II (ovvero la decisione del Consiglio 2007/533/GAI). Tra queste autorità compaiono le autorità di frontiera, quelle di polizia e quelle doganali. La decisione relativa al SIS II stabilisce le misure da intraprendere nel caso in cui il SIS II riconosca un veicolo rubato o ricercato a fini di prova in un procedimento penale. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica a partire dal 17 gennaio 2007. CONTESTO I paesi dell’UE devono assistersi a vicenda nell’esecuzione della direttiva 1999/37/CE del Consiglio relativa ai documenti di immatricolazione dei veicoli. Possono scambiarsi informazioni per verificare la situazione legale di un veicolo nel paese in cui era precedentemente immatricolato. Il regolamento (CE) n. 1987/2006 e la decisione 2007/533/GAI relativa all’istituzione, l’esercizio e l’uso del SIS II (regolamento e decisione relativi al SIS II) hanno sostituito tutti gli articoli tranne uno della convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen del 14 giugno 1985. Tale articolo riguarda l’accesso al sistema d’informazione Schengen da parte delle autorità e dei servizi nei paesi dell’UE responsabili per il rilascio delle carte di circolazione. Questo terzo atto completa il quadro giuridico del SIS II, consentendo l’accesso al SIS II da parte dei servizi competenti nei paesi dell’UE per il rilascio delle carte di circolazione per i veicoli, non appena sarà operativo. Per maggiori informazioni, si veda: «Il sistema d’informazione Schengen» sul sito Internet della Commissione europea. ATTO Regolamento (CE) n. 1986/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, sull’accesso al sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II) dei servizi competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di circolazione (GU L 381 del 28.12.2006, pag. 1-3) Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 1986/2006 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
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32004L0082
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DIRETTIVA 2004/82/CE DEL CONSIGLIO del 29 aprile 2004 concernente l'obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 62, paragrafo 2, lettera a), e l'articolo 63, paragrafo 3, lettera b), vista la iniziativa del Regno di Spagna (1) visto il parere del Parlamento europeo, considerando quanto segue: (1) Per lottare efficacemente contro l'immigrazione illegale e migliorare il controllo alle frontiere è fondamentale che tutti gli Stati membri adottino disposizioni che istituiscano obblighi per i vettori aerei che trasportano passeggeri nel territorio degli Stati membri. Ai fini di una maggiore efficacia di tale obiettivo, occorre altresì armonizzare, per quanto possibile, le sanzioni pecuniarie previste dagli Stati membri in caso di violazione degli obblighi cui sono soggetti i vettori, tenendo conto delle differenze esistenti tra gli ordinamenti giuridici e le prassi degli Stati membri. (2) Il Consiglio europeo del 25 e 26 marzo 2004 ha adottato una dichiarazione sulla lotta al terrorismo sottolineando la necessità di accelerare l'esame del fascicolo e di portare avanti i lavori sulla proposta direttiva del Consiglio sull'obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate al fine di procedere ad una rapida conclusione in merito a tali misure. (3) È importante evitare un vuoto della Comunità nel combattere l'immigrazione illegale. (4) A partire dal 1o maggio 2004 il Consiglio non può più agire su iniziativa di uno Stato membro. (5) Il Consiglio ha esaurito tutte le possibilità di ottenere in tempo il parere del Parlamento europeo. (6) Vistele circostanze eccezionali la decisione dovrebbe essere adottata senza ilparere del Parlamento europeo. (7) Gli obblighi che devono essere imposti ai vettori ai sensi della presente direttiva sono complementari a quelli stabiliti a norma delle disposizioni dell'articolo 26 della convenzione di Schengen del 1990 di applicazione dell'accordo di Schengen del 14 giugno 1985, integrate dalla direttiva 2001/51/CE del Consiglio (2). I due tipi di obblighi perseguono infatti lo stesso obiettivo di controllare i flussi migratori e di combattere l'immigrazione illegale. (8) Fatte salve le disposizioni della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (3), è necessario non pregiudicare la libertà degli Stati membri di mantenere o introdurre obblighi supplementari per i vettori aerei o alcune categorie di altri vettori, comprese le informazioni o i dati riguardanti i biglietti di ritorno, che siano menzionati o meno nella presente direttiva. (9) Ai fini di una lotta più efficace contro l'immigrazione illegale e di una maggiore efficacia di tale obiettivo, è fondamentale che, fatte salve le disposizioni della direttiva 95/46/CE, si tenga conto al più presto possibile di qualsiasi innovazione tecnologica, in particolare riguardante l'integrazione e l'uso di elementi biometrici nelle informazioni che i vettori devono fornire. (10) Gli Stati membri dovrebbero assicurare che nell'ambito di qualsiasi procedimento avviato nei confronti di vettori e che potrebbe dar luogo all'applicazione di sanzioni possano essere effettivamente esercitati il diritto di difesa e il diritto di impugnazione avverso siffatte decisioni. (11) Le presenti misure riprendono le possibilità di controllo previste nella decisione del comitato esecutivo di Schengen [SCH/Com-ex (94) 17-4a Rev.], che mirano a intensificare i controlli alle frontiere e a prevedere un lasso di tempo sufficiente a effettuare un controllo dettagliato e approfondito di ogni passeggero, grazie alla trasmissione, alle autorità incaricate di effettuare tali controlli, dei dati relativi alle persone trasportate. (12) La direttiva 95/46/CE si applica al trattamento dei dati personali da parte delle autorità degli Stati membri. Ciò significa che, mentre sarebbe legittimo trattare i dati dei passeggeri trasmessi per l'espletamento dei controlli di frontiera anche per consentirne l'utilizzo come mezzi probatori in procedimenti diretti all'applicazione della normativa in materia di ingresso e immigrazione, incluse le relative disposizioni sulla tutela dell'ordine pubblico («ordrepublic») e della sicurezza nazionale, qualsiasi altro trattamento che non fosse compatibile con i suddetti fini sarebbe in contrasto con il principio enunciato all'articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 95/46/CE. Gli Stati membri dovrebbero prevedere un sistema di sanzioni da infliggere in caso di uso dei dati in contrasto con gli obiettivi della presente direttiva. (13) La Danimarca, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea ed al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all'adozione della presente direttiva e non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione. Dato che la presente direttiva sviluppa l'acquis di Schengen in applicazione delle disposizioni del titolo IV, parte terza, del trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca deciderà, a norma dell'articolo 5 del protocollo summenzionato, entro un periodo di sei mesi dall'adozione della presente direttiva da parte del Consiglio, se intende recepirla nel suo diritto interno. (14) Per quanto riguarda l'Islanda e la Norvegia, la presente direttiva costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen ai sensi dell'accordo concluso dal Consiglio dell'Unione europea con la Repubblica d'Islanda e il Regno di Norvegia sull'associazione di questi due Stati all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen (4), che rientrano nel settore di cui all'articolo 1, lettera E, della decisione 1999/437/CE del Consiglio, relativa a talune modalità di applicazione di tale accordo (5). (15) Il Regno Unito partecipa alla presente direttiva, conformemente all'articolo 5 del protocollo sull'integrazione dell'acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione europea allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea e all'articolo 8, paragrafo 2, della decisione 2000/365/CE del Consiglio, del 29 maggio 2000, riguardante la richiesta del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord di partecipare ad alcune disposizioni dell'acquis di Schengen (6). (16) L'Irlanda partecipa alla presente direttiva, conformemente all'articolo 5 del protocollo sull'integrazione dell'acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione europea allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea e all'articolo 6, paragrafo 2, della decisione 2002/192/CE del Consiglio, del 28 febbraio 2002, riguardante la richiesta dell'Irlanda di partecipare ad alcune disposizioni dell'acquis di Schengen (7). (17) La presente direttiva costituisce un atto basato sull'acquis di Schengen o ad esso altrimenti connesso ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, dell'atto di adesione del 2003, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Obiettivo La presente direttiva intende migliorare i controlli alle frontiere e combattere l'immigrazione illegale attraverso la trasmissione anticipata, da parte dei vettori, dei dati relativi alle persone trasportate alle competenti autorità nazionali. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si intende per: a) «vettore»: ogni persona fisica o giuridica che trasporta persone atitolo professionale per via aerea; b) «frontiere esterne»: le frontiere esterne degli Stati membri con i paesi terzi; c) «controllo alla frontiera»: il controllo, effettuato alla frontiera, esclusivamente come reazione ad una richiesta di attraversamento di tale frontiera, senza tener conto di qualsiasi altra considerazione; d) «valico di frontiera»: ogni valico di frontiera autorizzato dalle autorità competenti per l'attraversamento delle frontiere esterne; e) «dati personali,“trattamento di dati personali”» e “archivio di dati personali”: lo stesso significato di cui all'articolo 2 della direttiva 95/46/CE. Articolo 3 Trasmissione dei dati 1. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie per istituire l'obbligo per i vettori di trasmettere, entro il termine delle procedure di accettazione, su richiesta delle autorità incaricate di effettuare i controlli delle persone alle frontiere esterne, le informazioni relative alle persone che saranno trasportate a un valico di frontiera autorizzato attraverso il quale tali persone entreranno nel territorio di uno Stato membro. 2. Dette informazioni comprendono: — il numero e il tipo di documento di viaggio utilizzato, — la cittadinanza, — il nome completo, — la data di nascita, — il valico di frontiera di ingresso nel territorio degli Stati membri, — il numero del trasporto, — l'ora di partenza e di arrivo del mezzo di trasporto, — il numero complessivo di passeggeri trasportati con tale mezzo, — il primo punto di imbarco. 3. La trasmissione dei dati summenzionati non esonera in nessun caso i vettori dagli obblighi e dalle responsabilità stabiliti dalle disposizioni di cui all'articolo 26 della convenzione di Schengen, integrata dalla direttiva 2001/51/CE. Articolo 4 Sanzioni 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per imporre sanzioni ai vettori che per errore non hanno trasmesso i dati o hanno trasmesso dati incompleti o falsi. Gli Stati membri adottano le misure necessarie ad assicurare che le sanzioni siano dissuasive, effettive e proporzionate e che: a) il loro importo massimo non sia inferiore a 5 000 EUR, o all'equivalente in valuta nazionale al tasso di cambio pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea il giorno dell'entrata in vigore della presente direttiva, per ogni viaggio per il quale i dati delle persone trasportate non sono stati comunicati o sono stati comunicati in modo non corretto; oppure b) il loro importo minimo non sia inferiore a 3 000 EUR, o all'equivalente in valuta nazionale al tasso di cambio pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea il giorno dell'entrata in vigore della presente direttiva, per ogni viaggio per il quale i dati delle persone trasportate non sono stati comunicati o sono stati comunicati in modo non corretto. 2. La presente direttiva non osta a che gli Stati membri adottino o mantengano, nei confronti dei vettori responsabili di gravi violazioni degli obblighi risultanti dalla presente direttiva, altre sanzioni quali l'immobilizzazione, il sequestro e la confisca del mezzo di trasporto, oppure la sospensione temporanea o il ritiro della licenza di esercizio. Articolo 5 Impugnazioni Gli Stati membri assicurano che le loro disposizioni legislative, regolamentari e amministrative prevedano che i vettori nei cui confronti sia stato avviato un procedimento ai fini dell'applicazione di sanzioni abbiano diritti di difesa e di impugnazione effettivi. Articolo 6 Trattamento dei dati 1. I dati personali di cui all'articolo 3, paragrafo 1, sono trasmessi alle autorità incaricate di effettuare i controlli delle persone alle frontiere esterne attraverso le quali il passeggero entrerà nel territorio di uno Stato membro, al fine di agevolare l'esecuzione di tali controlli con l'obiettivo di combattere più efficacemente l'immigrazione illegale. Gli Stati membri provvedono a che tali dati siano raccolti dai vettori e trasmessi per via elettronica o, se ciò non fosse possibile, con altri mezzi appropriati alle autorità incaricate di effettuare i controlli alle frontiere al valico di frontiera autorizzato attraverso il quale il passeggero entrerà nel territorio di uno Stato membro. Le autorità incaricate di effettuare i controlli delle persone alle frontiere esterne salvano i dati in un file provvisorio. Dopo l'ingresso dei passeggeri tali autorità cancellano i dati entro 24 ore dalla loro trasmissione, a meno che i dati non siano necessari successivamente alle autorità incaricate di effettuare i controlli delle persone alle frontiere esterne per l'esercizio delle loro funzioni regolamentari in conformità della legislazione nazionale e fatte salve le disposizioni sulla protezione dei dati di cui alla direttiva 95/46/CE. Gli Stati membri adottano le misure necessarie perobbligare i vettori a cancellare, entro 24 ore dall'arrivo del mezzo ditrasporto ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, i dati personali raccolti etrasmessi alle autorità di frontiera ai fini della presente direttiva. Gli Stati membri possono altresì, in conformità della legislazione nazionale e fatte salve le disposizioni sulla protezione dei dati di cui alla direttiva 95/46/CE, utilizzare i dati personali di cui all'articolo 3, paragrafo 1 per finalità di applicazione normativa. 2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per obbligare i vettori a informare le persone trasportate in conformità delle disposizioni della direttiva 95/46/CE. Ciò comprende anche le informazioni di cui all'articolo 10, lettera c), e all'articolo 11, punto 1), lettera c) della direttiva 95/46/CE. Articolo 7 Recepimento 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 5 settembre 2006 . Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 8 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 9 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presentedirettiva conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea. Fatto a Lussemburgo, addì 29 aprile 2004. Per il Consiglio Il presidente M. McDOWELL (1) GU C 82 del 5.4.2003, pag. 23. (2) GU L 187 del 10.7.2001, pag. 45. (3) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31. (4) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 36. (5) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 31. (6) GU L 131 dell'1.6.2000, pag. 43. (7) GU L 64 del 7.3.2002, pag. 20.
Obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate La presente direttiva impone ai vettori aerei l'obbligo di raccogliere e trasmettere alle autorità dello Stato membro di arrivo incaricate del controllo di frontiera i dati relativi ai loro passeggeri. In caso di inosservanza, ai vettori possono essere applicate sanzioni, o, in caso di violazione grave, si può procedere alla confisca del mezzo di trasporto, oppure al ritiro della licenza di esercizio. ATTO Direttiva 2004/82/CE del Consiglio del 29 aprile 2004 concernente l'obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate. SINTESI In virtù della presente direttiva, i vettori aerei * devono comunicare le informazioni relative ai passeggeri diretti verso un valico di frontiera * dell'Unione europea. Tali dati sono forniti su richiesta delle autorità incaricate del controllo * delle persone alle frontiere esterne * dell'UE, per migliorare le verifiche e contrastare efficacemente l'immigrazione irregolare. I dati sono trasmessi alle autorità, generalmente per via elettronica, per la registrazione dei passeggeri. I vettori devono trasmettere in particolare le informazioni seguenti: numero e tipo di documento di viaggio utilizzato, cittadinanza, nome completo e data di nascita del passeggero, valico di frontiera di ingresso nell'UE, ora di partenza e di arrivo del mezzo di trasporto e numero complessivo di passeggeri trasportati. I dati sono di norma cancellati dalle autorità entro ventiquattro ore dalla loro trasmissione, dopo l'ingresso dei passeggeri nel territorio degli Stati membri. I dati personali sono cancellati dal vettore ventiquattro ore dopo l'arrivo del mezzo di trasporto. Se i vettori non rispettano tale obbligo, gli Stati membri adottano sanzioni dissuasive, effettive e proporzionate. Siffatte sanzioni si applicano ai vettori che per errore non hanno trasmesso i dati o hanno trasmesso dati incompleti o falsi. Il loro importo massimo è di almeno 5000 euro per viaggio; l'importo minimo di almeno 3000 euro per viaggio. Gli Stati membri possono prevedere anche altri tipi di sanzioni in caso di violazione grave dell'obbligo di comunicazione, che possono consistere: nell'immobilizzazione, nel sequestro e nella confisca del mezzo di trasporto, nella sospensione temporanea o nel ritiro della licenza di esercizio del vettore. I vettori possono impugnare le misure prese nei loro confronti. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie affinché questo diritto sia effettivo. Contesto Questa direttiva è stata adottata a seguito di una richiesta del Consiglio europeo del 25 e del 26 marzo 2004, riunitosi dopo gli attentati di Madrid. Gli obblighi previsti nella presente direttiva sono complementari a quelli stabiliti all'articolo 26 della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen integrato dalla direttiva 2001/51/CE, relativo all'obbligo dei vettori di ricondurre i cittadini di paesi terzi cui è stato negato l'ingresso dallo Stato membro di destinazione. Parole chiave dell'atto vettore: ogni persona fisica o giuridica che trasporta persone a titolo professionale per via aerea; frontiere esterne: le frontiere esterne degli Stati membri con i paesi terzi; controllo alla frontiera: il controllo, effettuato alla frontiera, esclusivamente come reazione ad una richiesta di attraversamento di tale frontiera; valico di frontiera: ogni valico di frontiera autorizzato dalle autorità competenti per l'attraversamento delle frontiere esterne. Riferimenti Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2004/82/CE 5.9.2004 5.9.2006 GU L 261 del 6.8.2004
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32014R0522
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REGOLAMENTO DELEGATO (UE) N. 522/2014 DELLA COMMISSIONE dell'11 marzo 2014 che integra il regolamento (UE) n. 1301/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne le norme dettagliate riguardo ai principi relativi alla selezione e alla gestione delle azioni innovative nel settore dello sviluppo urbano sostenibile che saranno sostenute dal Fondo europeo di sviluppo regionale LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, visto il regolamento (UE) n. 1301/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e a disposizioni specifiche concernenti l'obiettivo «Investimenti a favore della crescita e dell'occupazione» e che abroga il regolamento (CE) n. 1080/2006 (1), in particolare l'articolo 8, paragrafo 3, considerando quanto segue: (1) A norma dell'articolo 4, paragrafo 7, del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (2), la Commissione dovrebbe dare esecuzione alle risorse dei fondi strutturali per l'obiettivo Investimenti in favore della crescita e dell'occupazione destinate alle azioni innovative nel settore dello sviluppo urbano sostenibile (nel seguito «azioni innovative»). (2) L'articolo 92, paragrafo 8, del regolamento (UE) n. 1303/2013 consente alla Commissione di eseguire le risorse destinate alle azioni innovative nell'ambito della gestione indiretta di cui all'articolo 60 del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (3). (3) Occorre stabilire norme dettagliate riguardo ai principi relativi alla gestione delle azioni innovative da parte di un'entità o di un organismo a cui sono affidati compiti di esecuzione del bilancio a norma dell'articolo 58, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (UE) n. 966/2012. (4) Occorre stabilire norme dettagliate riguardo ai principi relativi alla selezione delle azioni innovative che saranno sostenute dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR). Per far sì che siano selezionate proposte di qualità elevata, è opportuno fissare le procedure e i criteri per la selezione delle azioni innovative tenendo conto della diversità territoriale delle aree urbane dell'Unione. (5) La Commissione dovrebbe definire i temi per la selezione delle azioni innovative in modo da garantire che gli inviti a presentare proposte affrontino questioni urbane che potranno diventare sempre più importanti per l'Unione nei prossimi anni, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Gestione delle azioni innovative 1. La Commissione designa una o più entità o uno o più organismi a cui sono affidati compiti di esecuzione del bilancio per le azioni innovative a livello dell'Unione a norma dell'articolo 58, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (nel seguito «entità delegata»). Oltre a soddisfare le prescrizioni di cui all'articolo 60, paragrafo 1, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012, l'entità delegata dispone di comprovata esperienza nella gestione dei fondi dell'Unione in diversi Stati membri. 2. La Commissione stipula un accordo di delega con l'entità delegata conformemente all'articolo 61, paragrafo 3, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 e tale accordo di delega, oltre alle prescrizioni di cui all'articolo 40 del regolamento delegato (UE) n. 1268/2012 della Commissione (4), contiene disposizioni relative: a) a orientamenti per i richiedenti e i beneficiari; b) a un programma di lavoro annuale da sottoporre per approvazione alla Commissione; c) all'organizzazione degli inviti per selezionare le azioni innovative; d) alla valutazione dell'ammissibilità dei richiedenti; e) alla creazione di un gruppo di esperti, di concerto con la Commissione, al fine di valutare e classificare le proposte; f) alla selezione delle azioni innovative sulla base della raccomandazione del gruppo di esperti, di concerto con la Commissione; g) all'obbligo di fornire al beneficiario un documento che precisi le condizioni per il sostegno, secondo le indicazioni della Commissione; h) all'analisi delle relazioni presentate dai beneficiari e dei pagamenti ai beneficiari; i) al monitoraggio delle singole azioni innovative; j) all'organizzazione di eventi di comunicazione; k) alla diffusione dei risultati, di concerto con la Commissione; l) all'audit delle singole azioni innovative per garantire che esse utilizzino la sovvenzione conformemente ai principi della sana gestione finanziaria; m) a un contributo finanziario a sostegno dei compiti di gestione dell'entità delegata che deve essere fornito sotto forma di contributo forfettario ai costi operativi dell'entità delegata e stabilito sulla base dell'importo dei fondi dell'Unione, destinati a sovvenzioni, conferiti a tale entità. 3. L'entità delegata fornisce alla Commissione i documenti di cui all'articolo 60, paragrafo 5, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 nonché tutte le informazioni necessarie per la valutazione dell'attuazione delle azioni innovative. Articolo 2 Selezione delle azioni innovative 1. L'entità delegata seleziona le azioni innovative sulla base di inviti a presentare proposte, tenendo conto dei temi definiti ogni anno dai servizi della Commissione. 2. Le seguenti autorità possono chiedere un sostegno per la realizzazione di azioni innovative: a) qualsiasi autorità urbana di un'unità amministrativa locale definita in base al grado di urbanizzazione come grande città, città o periferia e comprendente almeno 50 000 abitanti; b) qualsiasi associazione o gruppo di autorità urbane di unità amministrative locali, definite in base al grado di urbanizzazione come grande città, città o periferia, con una popolazione totale di almeno 50 000 abitanti; può trattarsi anche di associazioni o gruppi transfrontalieri, associazioni o gruppi di diverse regioni e/o Stati membri. 3. Il gruppo di esperti di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettera e), formula raccomandazioni riguardanti le azioni innovative da selezionare. Il gruppo di esperti ha una composizione equilibrata dal punto di vista geografico ed è presieduto dalla Commissione. Nel formulare le sue raccomandazioni il gruppo di esperti considera, in particolare, i seguenti criteri: a) contenuto innovativo della proposta e capacità della proposta di identificare o sperimentare nuove soluzioni; b) qualità della proposta; c) coinvolgimento dei partner pertinenti nella preparazione della proposta; d) capacità di dimostrare risultati misurabili; e) trasferibilità delle soluzioni proposte. Il gruppo di esperti garantisce che nelle sue raccomandazioni si tenga conto della diversità territoriale delle aree urbane dell'Unione. 4. L'entità delegata seleziona le azioni innovative sulla base della raccomandazione del gruppo di esperti e di concerto con la Commissione. 5. L'importo concesso a ogni azione innovativa non può essere superiore a 5 000 000 EUR. 6. Ogni azione innovativa è realizzata entro un periodo massimo di tre anni. Articolo 3 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, l'11 marzo 2014 Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 289. (2) Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320). (3) Regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2012 (GU L 298 del 26.10.2012, pag. 1). (4) Regolamento delegato (UE) n. 1268/2012 della Commissione, del 29 ottobre 2012, recante le modalità di applicazione del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione (GU L 362 del 31.12.2012, pag. 1).
Sviluppo urbano sostenibile: progetti innovativi QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento dettaglia come le azioni innovative portate avanti da città di paesi membri nel settore dello sviluppo urbano sostenibile vengono selezionate per finanziamenti del Fondo europeo di sviluppo regionale (ERDF), e come tale processo di selezione viene gestito. PUNTI CHIAVE Il Regolamento (UE) n. 1301/2013 dà disposizioni specifiche concernenti l’obiettivo dell’UE sugli investimenti a favore della crescita e dell’occupazione, mentre il Regolamento (UE) n. 1303/2013 (disposizioni comuni sul FESR, sul FSE, sul Fondo di coesione, sul FEASR e sul FEAMP (2014-2020) attribuisce alla Commissione europea la responsabilità di investire risorse in azioni innovative nel settore dello sviluppo urbano sostenibile. Queste iniziative aderiscono ai principi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, della Nuova agenda urbana, e della Politica regionale e urbana dell’UE. Il Regolamento delegato (UE) n. 522/2014 fornisce dettagli sulle modalità di applicazione dei suddetti regolamenti.I progetti saranno selezionati attraverso inviti alla presentazione di proposte su temi definiti ogni anno dalla Commissione. Possono candidarsi aree urbane aventi più di 50 000 abitanti. Nelle aree di paesi dell’Unione in cui non sono presenti grandi città, le autorità urbane possono associarsi e presentare una proposta comune. Il FESR contribuisce fino a 5 milioni di EUR per progetto. La durata massima di ogni progetto prevista inizialmente era di tre anni, tuttavia questa è stata successivamente portata a quattro anni per consentire lo sviluppo completo delle iniziative. La Commissione designa un organismo a livello dell’Unione a cui affidare la supervisione del bilancio per il programma di azioni innovative, e la responsabilità di:fornire orientamenti per i richiedenti; valutare l’ammissibilità dei richiedenti; creare un gruppo di esperti al fine di valutare le proposte; selezionare le azioni innovative; emettere i pagamenti ai beneficiari; monitorare le singole azioni innovative; organizzare eventi di comunicazione; diffondere i risultati; attivare controlli sulla solidità della gestione finanziaria. Criteri di selezione Nel formulare le sue raccomandazioni su quali azioni innovative finanziare, il gruppo di esperti considera i seguenti criteri:contenuto altamente innovativo della proposta, in particolare riguardo a soluzioni nuove per l’Europa; progetti che abbiano obiettivi chiaramente definiti, dimostrino un adeguato lavoro di preparazione e tempi di realizzazione e aspettative di finanziamento realistici; i progetti potranno beneficiare di fonti esterne di competenza quali università, ONG e società private; risultati che siano misurabili, trasferibili e potenzialmente applicabili ad altre aree urbane. DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? Il regolamento è stato applicato dal 9 giugno 2014. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Sviluppo urbano sostenibile (Commissione europea) L’agenda urbana per l’UE (Commissione europea) Iniziativa Urban Innovative Actions (Hauts-de-France) DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento delegato (UE) n. 522/2014 della Commissione, dell’ 11 marzo 2014, che integra il regolamento (UE) n. 1301/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne le norme dettagliate riguardo ai principi relativi alla selezione e alla gestione delle azioni innovative nel settore dello sviluppo urbano sostenibile che saranno sostenute dal Fondo europeo di sviluppo regionale (GU L 148 del 20.5.2014, pag. 1). Le modifiche successive al regolamento (UE) n. 522/2014 sono state integrate nel testo di base. La versione consolidata ha unicamente un valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 1301/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e a disposizioni specifiche concernenti l’obiettivo «Investimenti a favore della crescita e dell’occupazione» e che abroga il regolamento (CE) n. 1080/2006 (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 289). Cfr. la versione consolidata. Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320). Cfr. la versione consolidata.
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Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica di Corea Gazzetta ufficiale n. L 106 del 24/04/2007 pag. 0044 - 0050 Accordodi cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica di CoreaLA COMUNITÀ EUROPEA,(di seguito "la Comunità"), eIL GOVERNO DELLA REPUBBLICA DI COREA,(di seguito "la Corea"),(di seguito "le parti");CONSIDERANDO che la Comunità e la Corea stanno attualmente svolgendo attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione in vari settori di interesse comune e che sono consapevoli del rapido sviluppo delle conoscenze scientifiche e del loro contributo positivo alla promozione della cooperazione bilaterale ed internazionale;DESIDERANDO ampliare la portata della cooperazione scientifica e tecnologica in alcuni settori di interesse comune mediante la creazione di un partenariato fruttuoso per fini pacifici e vantaggi reciproci;RILEVANDO che tale cooperazione e l’applicazione dei relativi risultati contribuiranno allo sviluppo economico e sociale delle parti; eDESIDERANDO stabilire un quadro ufficiale per l’attuazione delle attività di cooperazione globali che rafforzeranno la cooperazione scientifica e tecnologica tra le parti,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1Obiettivo e principi1. Le parti promuovono, sviluppano e agevolano, nell’ambito del presente accordo, attività di cooperazione scientifica e tecnologica per fini pacifici, in conformità del presente accordo e delle disposizioni legislative e regolamentari delle due parti.2. Le attività di cooperazione nell’ambito del presente accordo si svolgono sulla base dei seguenti principi:a) contributi e vantaggi reciproci ed equi;b) reciproco accesso ai programmi e ai progetti di ricerca e di sviluppo tecnologico di ciascuna delle parti per i ricercatori ospiti dell’altra parte;c) scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sulle attività di cooperazione;d) promozione di una società della conoscenza al servizio dello sviluppo economico e sociale delle due parti; ee) protezione della proprietà intellettuale in conformità dell’allegato II del presente accordo.Articolo 2DefinizioniAi fini del presente accordo si intendono per:1) "attività di cooperazione dirette", le attività di cooperazione tra le parti;2) "attività di cooperazione indirette", le attività di cooperazione tra soggetti giuridici stabiliti in Corea e nella Comunità mediante la partecipazione di soggetti giuridici coreani al programma quadro comunitario ai sensi dell’articolo 166 del trattato che istituisce la Comunità europea (di seguito "il programma quadro") e la reciproca partecipazione di soggetti giuridici stabiliti nella Comunità a programmi o progetti coreani di ricerca in settori scientifici e tecnologici simili a quelli contemplati dal programma quadro;3) "attività di cooperazione", le attività di cooperazione sia dirette che indirette;4) "soggetto giuridico": ogni persona fisica o giuridica costituita in conformità del diritto nazionale applicabile nel suo luogo di stabilimento o del diritto comunitario, dotata di personalità giuridica e della capacità di essere titolare di diritti e di obblighi di qualsiasi natura.Articolo 3Attività di cooperazione1. Le attività di cooperazione dirette ai sensi del presente accordo possono consistere in:a) riunioni di vario tipo, comprese le riunioni di esperti, al fine di esaminare e scambiare informazioni su argomenti scientifici e tecnologici di natura generale o specifica, e di determinare i progetti e i programmi di ricerca e di sviluppo che possono essere effettuati in cooperazione;b) scambi di informazioni sulle attività, le politiche, le pratiche, le disposizioni legislative e regolamentari in materia di ricerca e sviluppo;c) visite e scambi di scienziati, di personale tecnico e di altri esperti su argomenti generali o specifici;d) attuazione di progetti e programmi di cooperazione che vengano stabiliti dal comitato misto di cui all’articolo 6, in conformità delle rispettive disposizioni legislative e regolamentari delle parti; ee) altri tipi di attività nel settore della scienza e della tecnologia che vengano stabilite dal comitato misto di cui all’articolo 6, conformemente alle rispettive disposizioni legislative e regolamentari delle parti.2. Ai fini dello sviluppo di attività di cooperazione indirette, e fatti salvi gli allegati del presente accordo, ogni soggetto giuridico stabilito in Corea o nella Comunità può partecipare ai programmi o ai progetti di ricerca condotti dall’altra parte ed aperti ai suoi soggetti giuridici, in conformità delle rispettive disposizioni legislative e regolamentari delle parti.Articolo 4Procedure di attuazione1. Le parti possono stabilire modalità di attuazione che definiscono le procedure applicabili alle attività di cooperazione condotte nell’ambito del presente accordo.2. Ciascuna delle parti può delegare l’attuazione delle attività di cooperazione scientifica e tecnologica delle parti ad istituzioni specifiche, per l’attuazione diretta o per un sostegno alle attività di cooperazione scientifica e tecnologica tra le parti.3. Le attività di cooperazione scientifica e tecnologica non basate su accordi specifici che le parti hanno promosso, sviluppato e facilitato, già iniziate e non ancora completate alla data di entrata in vigore del presente accordo, sono incorporate nel presente accordo a partire dalla suddetta data d’entrata in vigore.Articolo 5Rafforzamento della cooperazione1. Ciascuna delle parti si adopera per dare ai soggetti giuridici che svolgono attività di cooperazione nell’ambito del presente accordo tutte le agevolazioni possibili al fine di facilitare i lavori e le visite dei ricercatori che partecipano a tali attività di cooperazione nonché l’entrata e l’uscita dal proprio territorio di materiali, dati e attrezzature destinate ad essere utilizzate nell’ambito di dette attività di cooperazione.2. Le parti possono autorizzare, se necessario ed a fini pacifici, la partecipazione di ricercatori e di organismi di tutta la comunità di ricerca, compreso il settore privato, alle attività di cooperazione condotte nell’ambito del presente accordo.Articolo 6Comitato misto1. Il compito di coordinare e di agevolare le attività di cooperazione previste dal presente accordo spetta per la Corea ai ministeri coreani della scienza e della tecnologia e per la Comunità ai servizi della Commissione delle Comunità europee (direzione generale Affari scientifici, ricerca e sviluppo), in qualità di agenti esecutivi.2. Per garantire l’efficace attuazione del presente accordo, gli agenti esecutivi istituiscono un comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica (di seguito "il comitato misto"). Il comitato misto si compone di rappresentanti ufficiali di ciascuna delle due parti ed è copresieduto dai rappresentanti delle due parti. Il comitato misto stabilisce il proprio regolamento interno per consenso.3. Il comitato misto espleta le seguenti funzioni:1) scambio di idee e di informazioni su questioni di politica scientifica e tecnologica;2) esame e discussione dei risultati delle attività di cooperazione svolte e dei risultati raggiunti nell’ambito del presente accordo;3) formulazione di raccomandazioni alle parti circa l’attuazione del presente accordo, il che può comprendere la definizione e la proposta delle attività di cooperazione da condurre nell’ambito del presente accordo e la promozione della loro attuazione;4) presentazione alle parti di una relazione sui progressi, i risultati e l’efficacia delle attività di cooperazione condotte nell’ambito del presente accordo. Detta relazione sarà presentata al comitato misto UE-Corea istituito nell’ambito dell’accordo-quadro sul commercio e la cooperazione.4. Le decisioni del comitato misto sono adottate per mutuo consenso.5. Le spese di partecipazione alle riunioni del comitato misto (spese di viaggio e di alloggio) sono a carico delle parti a cui si riferiscono. Gli altri costi relativi alle riunioni suddette sono a carico della parte ospitante.6. Il comitato misto si riunisce alternativamente in Corea e nella Comunità, secondo un calendario fissato di comune accordo, preferibilmente ogni anno.Articolo 7Disposizioni finanziarie1. L’attuazione del presente accordo è soggetta alla disponibilità di finanziamenti adeguati e alle disposizioni legislative e regolamentari di ciascuna delle parti.2. I costi delle attività di cooperazione condotte nell’ambito del presente accordo sono sostenuti secondo quanto deciso per consenso.3. Se i regimi di cooperazione specifici di una delle parti prevedono un aiuto finanziario per i partecipanti dell’altra parte, tutte le sovvenzioni, i contributi finanziari o di altra natura erogati a questo titolo da una parte ai partecipanti dell’altra parte sono esentati da tasse e dazi, in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari applicabili sul territorio di ciascuna delle parti nel momento in cui si effettuano tali sovvenzioni e contributi finanziari o di altra natura.Articolo 8Informazioni e diritti di proprietà intellettuale1. Le informazioni scientifiche e tecnologiche non di proprietà riservata derivanti dalle attività di cooperazione dirette possono essere messe a disposizione del pubblico da una o dall’altra parte per i canali abituali, secondo le procedure generali della parte.2. Ai diritti di proprietà intellettuali e agli altri diritti di proprietà generati o introdotti nel corso delle attività di cooperazione condotte nell’ambito del presente accordo si applicano le disposizioni contenute nell’allegato II del presente accordo.Articolo 9Applicazione territorialeIl presente accordo si applica, da un lato, ai territori in cui è d’applicazione il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni ivi stabilite e, dall’altro, al territorio della Corea. Questa disposizione non esclude le attività di cooperazione condotte in alto mare, nello spazio extratmosferico o sul territorio di paesi terzi, in conformità del diritto internazionale.Articolo 10Composizione delle controversie1. Le disposizioni del presente accordo lasciano impregiudicati i diritti e gli obblighi derivanti da accordi esistenti e/o futuri di cooperazione tra le parti o tra i governi di uno Stato membro della Comunità ed il governo della Corea.2. Tutte le questioni o le controversie relative all’interpretazione o all’attuazione del presente accordo sono risolte tramite consultazione tra le parti.Articolo 11AllegatiGli allegati I (sulle modalità e condizioni di partecipazione) e II (sui diritti di proprietà intellettuale) sono parte integrante del presente accordo.Articolo 12Entrata in vigore e denuncia1. Il presente accordo entra in vigore alla data in cui le parti scambiano note diplomatiche per informarsi reciprocamente che le rispettive procedure interne necessarie per la sua entrata in vigore sono state portate a termine.2. Il presente accordo è concluso per un periodo di cinque anni e resta in vigore negli anni successivi salvo denuncia da parte di una delle parti.3. Il presente accordo può essere denunciato alla fine del periodo iniziale di cinque anni o in qualsiasi momento successivo, previo preavviso di sei mesi notificato per iscritto all’altra parte.4. Le parti possono procedere ad una valutazione dell’impatto del presente accordo ogni cinque anni. Ciascuna delle due parti si adopera per facilitare la valutazione effettuata dall’altra parte e la parte che effettua la valutazione comunica all’altra parte i risultati della suddetta valutazione.5. Il presente accordo può essere consensualmente modificato dalle parti mediante scambio di note diplomatiche. Le modifiche entrano in vigore secondo la stessa procedura di cui al paragrafo 1, salvo diversa decisione delle parti.6. La denuncia del presente accordo lascia impregiudicate le attività di cooperazione condotte ai sensi del presente accordo e non portate a compimento al momento della denuncia del medesimo, nonché i diritti e gli obblighi specifici derivanti dall’attuazione degli allegati del presente accordo.IN FEDE DI CHE, i sottoscritti all’uopo autorizzati, rispettivamente dalla Comunità europea e dal governo della Repubblica di Corea, hanno firmato il presente accordo.FATTO in duplice copia a Bruxelles, addì ventidue novembre duemilasei, in ceco, danese, estone, finlandese, francese, greco, inglese, italiano, lettone, lituano, maltese, neerlandese, polacco, portoghese, slovacco, sloveno, spagnolo, svedese, tedesco, ungherese e coreano, ciascun testo facente ugualmente fede.Por la Comunidad EuropeaZa Evropské společenstvíFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftEuroopa Ühenduse nimelΓια την Ευρωπαϊκή ΚοινότηταFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaEiropas Kopienas vārdāEuropos bendrijos varduaz Európai Közösség részérőlGħall-Kominità EwropeaVoor de Europese GemeenschapW imieniu Wspólnoty EuropejskiejPela Communidade EuropeiaZa Európske spoločenstvoZa Evropsko skupnostEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnar+++++ TIFF ++++++++++ TIFF ++++++++++ TIFF +++++Por el Gobierno de la República de CoreaZa vládu Korejské republikyFor Republikken Koreas regeringFür die Regierung der Republik KoreaKorea Vabariigi Valitsuse nimelΓια την Κυβέρνηση της Δημοκρατίας της ΚορέαςFor the Government of the Republic of KoreaPour le gouvernement de la République de CoréePer il governo della Repubblica di CoreaKorejas Republikas vārdāKorėjos Respublikos Vyriausybės varduA Koreai Köztársaság kormánya részérőlGħall-Gvern tar-Repubblíka tal-KoreaVoor de Regering van de Republiek KoreaW imieniu Rządu Republiki KoreiPelo Governo da República da CoreiaZa vládu Kórejskej republikyZa Vlado Republike KorejeKorean tasavallan hallituksen puolestaPå Republiken Koreas regerings vägnar+++++ TIFF ++++++++++ TIFF +++++--------------------------------------------------ALLEGATO IModalità e condizioni per la partecipazione di soggetti giuridici stabiliti nella Comunità europea e in CoreaNel quadro del presente accordo, qualora una parte concluda un contratto per un’attività di cooperazione indiretta con un soggetto giuridico dell’altra parte, quest’ultima si impegna a fornire su richiesta, secondo le circostanze, tutta l’assistenza necessaria o utile alla prima parte per un’agevole attuazione di tale contratto.1. MODALITÀ E CONDIZIONI PER LA PARTECIPAZIONE DI SOGGETTI GIURIDICI STABILITI IN COREA AD ATTIVITÀ DI COOPERAZIONE INDIRETTE DEL PROGRAMMA QUADRO COMUNITARIO DI RICERCA (DI SEGUITO "IL PROGRAMMA QUADRO")a) I soggetti giuridici stabiliti in Corea possono partecipare ad attività di cooperazione indirette del programma quadro di azioni comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione fatte salve le condizioni e i limiti fissati dal regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle norme per la partecipazione delle imprese, dei centri di ricerca e delle università e per la divulgazione dei risultati della ricerca in vista dell’attuazione del programma quadro della Comunità europea.b) Fatto salvo la lettera a), la partecipazione di soggetti giuridici stabiliti in Corea ad attività di cooperazione indirette del programma quadro deve essere conforme alle norme.2. MODALITÀ E CONDIZIONI PER LA PARTECIPAZIONE DI SOGGETTI GIURIDICI STABILITI NELLA COMUNITÀ EUROPEA A PROGRAMMI E PROGETTI DI RICERCA DELLA COREAa) I soggetti giuridici stabiliti nella Comunità possono partecipare a progetti o programmi di ricerca e sviluppo finanziati dal governo coreano.b) I soggetti giuridici stabiliti nella Comunità partecipano ai programmi o progetti coreani di ricerca e sviluppo in conformità delle leggi e dei regolamenti coreani applicabili, nonché delle pertinenti norme di partecipazione a tali programmi o progetti.--------------------------------------------------ALLEGATO IIPrincipi di attribuzione dei diritti di proprietà intellettuale1. DEFINIZIONEAi fini del presente accordo, per "proprietà intellettuale" si intende la definizione data dall’articolo 2 della Convenzione che istituisce l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, conclusa a Stoccolma il 14 luglio 1967.2. DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE DELLE PARTI NELLE ATTIVITÀ DI COOPERAZIONE DIRETTEa) Salvo accordi diversi stabiliti dalle parti, ai diritti di proprietà intellettuale, ad eccezione dei diritti d’autore e dei diritti connessi, generati dalle parti nel corso delle attività di cooperazione dirette svolte ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del presente accordo si applicano le regole specificate qui di seguito:1) la parte che genera la proprietà intellettuale è proprietaria della stessa. Qualora la proprietà intellettuale venga generata congiuntamente e il rispettivo contributo delle parti ai lavori non possa essere verificato, la proprietà intellettuale è di proprietà comune delle parti;2) la parte proprietaria della proprietà intellettuale concede all’altra parte i diritti di accesso per lo svolgimento di qualsiasi attività di cooperazione diretta. Tali diritti di accesso sono concessi a titolo gratuito.b) Salvo accordi diversi stabiliti dalle parti, ai diritti d’autore e ai diritti connessi delle parti si applicano le regole specificate qui di seguito:1) in caso di pubblicazione ad opera di una parte di dati scientifici e tecnici, di informazioni e risultati per mezzo di un supporto adeguato, quali riviste, articoli, relazioni, libri o altro, incluse opere audiovisive e software, che siano frutto di attività di cooperazione svolte ai sensi del presente accordo, o siano connesse ad esse, tale parte si impegna al massimo per ottenere, per l’altra parte, una licenza non esclusiva, irrevocabile, a titolo gratuito e valida in tutti i paesi che prevedano una tutela del diritto di autore, che le consenta di tradurre, riprodurre, adattare, trasmettere e distribuire al pubblico tali opere;2) tutti gli esemplari, destinati al pubblico, di un’opera tutelata da diritto d’autore di cui alle disposizioni della lettera b), punto 1, devono indicare i nomi degli autori dell’opera, salvo quelli che espressamente richiedano di non essere citati. Devono inoltre contenere una menzione chiara e visibile del contributo delle parti alla cooperazione.c) Salvo accordi diversi stabiliti dalle parti, alle informazioni riservate delle parti si applicano le regole specificate qui di seguito:1) all’atto di comunicare all’altra parte le informazioni necessarie per lo svolgimento di attività di cooperazione dirette, ciascuna parte stabilisce quali siano le informazioni riservate che non desidera divulgare;2) la parte che riceve dette informazioni può comunicare, sotto la propria responsabilità, informazioni riservate a proprie agenzie o a persone assunte tramite tali agenzie ai fini specifici dell’applicazione del presente accordo;3) previo consenso scritto della parte che fornisce le informazioni riservate, l’altra parte può divulgarle in maniera più ampia di quanto consentito ai sensi della lettera c), punto 2. Le parti cooperano all’elaborazione di procedure per chiedere e ottenere il consenso scritto preventivo per tale diffusione più ampia e ciascuna delle parti concede tale approvazione nella misura consentita dalle sue leggi e dai suoi regolamenti;4) le informazioni fornite nel corso di seminari e riunioni, nonché le informazioni apprese attraverso il personale distaccato e l’uso di attrezzature nel quadro del presente accordo rimangono confidenziali, a condizione che i soggetti che ricevono tali informazioni siano invitati da chi le fornisce a tutelarne il carattere confidenziale o privilegiato all’atto della comunicazione delle stesse, ai sensi della lettera c), punto 1;5) se una delle parti si rende conto che non sarà in grado, oppure potrebbe ragionevolmente non essere in grado, di rispettare le restrizioni e le condizioni di divulgazione di cui all’articolo 2, lettera c), essa ne informa immediatamente l’altra parte. In seguito, le parti si consultano per definire un piano di azione adeguato.3. DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE DEI SOGGETTI GIURIDICI DELLE PARTI NELLE ATTIVITÀ DI COOPERAZIONE INDIRETTEa) Ciascuna delle parti garantisce che i diritti di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici di una parte che partecipano ai programmi di ricerca e sviluppo gestiti dall’altra parte, nonché i diritti e obblighi connessi derivanti da tale partecipazione, siano coerenti con le leggi e i regolamenti, nonché le convenzioni internazionali applicabili, compreso l’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, allegato 1C dell’accordo di Marrakech che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, nonché l’atto di Parigi, del 24 luglio 1971, della convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche, e l’atto di Stoccolma, del 14 luglio 1967, della convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale.b) Ciascuna delle parti garantisce che, nel quadro delle leggi e dei regolamenti applicabili, i soggetti giuridici di una parte che partecipano ai programmi di ricerca e sviluppo gestiti dall’altra parte, abbiano gli stessi diritti e gli stessi obblighi in materia di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici dell’altra parte nelle stesse attività di cooperazione indirette.--------------------------------------------------
Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e Corea del Sud QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo stabilisce un sistema formale di cooperazione volto a incoraggiare, sviluppare e agevolare le attività negli ambiti scientifici e tecnologici a fini pacifici. Con questa decisione, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo per conto della Comunità europea (attuale UE). PUNTI CHIAVE Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate su una serie di principi:contributi e vantaggi reciproci ed equi; reciproco accesso ai programmi e ai progetti di ricerca e di sviluppo tecnologico di ciascuna delle parti per i ricercatori ospiti dell’altra parte; scambio tempestivo delle informazioni; promozione di una società della conoscenza al servizio dello sviluppo economico e sociale delle due parti; tutela dei diritti di proprietà intellettuale. Cooperazione L’accordo contempla due forme di attività di cooperazione:attività di cooperazione dirette tra le parti; attività di cooperazione indirette tra soggetti giuridici* stabiliti in Corea e nella Comunità mediante la partecipazione di soggetti giuridici coreani al programma quadro comunitario per la ricerca e l’innovazione e la reciproca partecipazione di soggetti giuridici stabiliti nella Comunità a programmi o progetti coreani di ricerca. Attività di cooperazione dirette Tra le attività di cooperazione dirette possono figurare quelle elencate di seguito:riunioni volte a esaminare e scambiare informazioni su argomenti scientifici e tecnologici di natura generale o specifica, e di determinare i progetti e i programmi di ricerca e di sviluppo che possono essere effettuati in cooperazione; scambi di informazioni sulle attività, le politiche, le pratiche, le disposizioni legislative e regolamentari in materia di ricerca e sviluppo; visite e scambi di scienziati, di personale tecnico e di altri esperti su argomenti generali o specifici; attuazione di progetti e programmi di cooperazione, altri tipi di attività che vengano stabiliti dal comitato misto sulla cooperazione scientifica e tecnologica. Attività di cooperazione indirette Ogni soggetto giuridico stabilito in Corea del sud o nella Comunità può partecipare ai programmi o ai progetti di ricerca condotti dall’altra parte e aperti ai suoi soggetti giuridici, in conformità delle rispettive disposizioni legislative e regolamentari delle parti. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 29 marzo 2007 per un periodo iniziale di cinque anni. Successivamente, esso resta in vigore salvo denuncia da parte di una delle parti. CONTESTO Le relazioni tra l’UE e la Corea del Sud sono disciplinate da tre accordi chiave:Accordo quadro politico Accordo di libero scambio Accordo quadro per la partecipazione. Per ulteriori informazioni, consultare:La Repubblica di Corea e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna). Per maggiori informazioni sulla cooperazione per la ricerca e l’innovazione (R&I) con la Repubblica di Corea, si veda:Cooperazione internazionale R&I con la Repubblica di Corea (Commissione europea). Tabella di marcia per la cooperazione scientifica e tecnologica tra l’UE e la Repubblica di Corea (Commissione europea) TERMINI CHIAVE Soggetto giuridico: ogni persona fisica o giuridica costituita in conformità del diritto nazionale applicabile nel suo luogo di stabilimento o del diritto comunitario, dotata di personalità giuridica e della capacità di essere titolare di diritti e di obblighi di qualsiasi natura a proprio nome. DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica di Corea (GU L 106 del 24.4.2007, pag. 44). Decisione del Consiglio 2007/241/CE del 27 marzo 2007, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica di Corea (GU L 106 del 24.4.2007, pag. 43). DOCUMENTI CORRELATI Accordo quadro tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra (GU L 20 del 23.1.2013, pag. 2). Accordo di libero scambio tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra (GU L 127 del 14.5.2011, pag. 6). Si veda la versione consolidata. Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica di Corea che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica di Corea alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 166 del 5.6.2014, pag. 3).
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RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE del 27 marzo 2013 relativa alla presenza di tossine T-2 e HT-2 nei cereali e nei prodotti a base di cereali (Testo rilevante ai fini del SEE) (2013/165/UE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292, considerando quanto segue: (1) Le tossine T-2 e HT-2 sono micotossine prodotte da diverse specie di Fusarium. La tossina T-2 è metabolizzata rapidamente in un gran numero di prodotti e la tossina HT-2 è uno dei principali metaboliti. (2) Il gruppo di esperti scientifici sui contaminanti nella catena alimentare (gruppo CONTAM) dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), su richiesta della Commissione, ha adottato un parere sui rischi per la salute pubblica e degli animali legati alla presenza delle tossine T-2 e HT-2 negli alimenti per l’uomo e per gli animali (1). (3) Il gruppo CONTAM ha stabilito una dose giornaliera tollerabile (TDI-Tolerable Daily Intake) di gruppo pari a 100 ng/kg di peso corporeo per la somma delle tossine T-2 e HT-2. Le stime dell’esposizione alimentare cronica dell’uomo alla somma delle tossine T-2 e HT-2, sulla base dei dati disponibili sull’occorrenza sono inferiori a tale TDI per le popolazioni di tutti i gruppi di età; esse non rappresentano quindi una minaccia immediata per la salute. (4) Per quanto riguarda il rischio per la salute degli animali, il gruppo CONTAM ha concluso che è da ritenersi improbabile che per i ruminanti, i conigli e i pesci l’attuale esposizione stimata alle tossine T-2 e HT-2 costituisca un problema per la salute. Per i suini, il pollame, i cavalli e i cani, le stime dell’esposizione alle tossine T-2 e HT-2 indicano che il rischio di effetti negativi sulla salute è basso. I gatti sono tra le specie animali più sensibili. A causa della scarsità di dati e dei gravi effetti nocivi per la salute osservati a dosi basse, non è stato possibile definire NOAEL o LOAEL. Pertanto, la presente raccomandazione non si applica ai mangimi per gatti, per i quali saranno stabilite misure più rigorose. (5) Il gruppo CONTAM ha concluso altresì che la migrazione delle tossine T-2 e HT-2 dai mangimi agli alimenti di origine animale è limitata e contribuisce quindi solo in misura trascurabile all’esposizione umana. (6) Alla luce delle conclusioni del parere scientifico, nonché delle forti variazioni osservate nell’occorrenza delle tossine T-2 e HT-2, è opportuno raccogliere dati supplementari sulla presenza di tali tossine nei cereali e nei prodotti a base di cereali e maggiori informazioni sugli effetti della trasformazione alimentare (ad esempio, la cottura) e ai fattori agronomici sulla presenza delle tossine T-2 e HT-2. Inoltre, è necessario ottenere maggiori informazioni riguardo ai diversi fattori che determinano tenori relativamente elevati di T2 e HT-2 nei cereali e nei prodotti a base di cereali per poter determinare le misure da adottare per evitare o ridurre la presenza di tali tossine nei cereali e nei prodotti a base di cereali. Occorre effettuare indagini per raccogliere informazioni sui fattori che determinano tenori relativamente elevati di tossine T2 e HT-2 nei cereali e nei prodotti a base di cereali, nonché sugli effetti della trasformazione dei mangimi e dei prodotti alimentari. Sulla base dei dati disponibili, risulta che le tossine T-2 e HT-2 non sono presenti — o lo sono a livelli molto bassi — nel riso e nei prodotti a base di riso; è pertanto opportuno escludere tali prodotti dal campo di applicazione della presente raccomandazione. (7) I risultati del monitoraggio dei cereali e dei prodotti a base di cereali saranno utilizzati per valutare le variazioni e le tendenze nell’esposizione umana e animale alle tossine T-2 e HT-2. È perciò opportuno usare metodi di analisi sufficientemente sensibili. (8) Al fine di fornire indicazioni sui casi nei quali sarebbe opportuno effettuare tali indagini, occorre stabilire valori indicativi superati i quali si dovrebbe procedere a tali indagini. Per determinare tali valori indicativi sono stati utilizzati i dati sull’occorrenza disponibili nella banca dati dell’EFSA. La tracciabilità è un elemento importante nella realizzazione delle indagini. (9) Occorre intraprendere nel 2015 una valutazione delle informazioni raccolte nel quadro della presente raccomandazione. I dati di monitoraggio ottenuti in base alla presente raccomandazione consentiranno inoltre di comprendere meglio la variazione da un anno all’altro e la presenza delle tossine T2 e HT-2 nell’ampia gamma di prodotti a base di cereali, i fattori che determinano tenori più elevati e le possibili misure da adottare per prevenire o limitare la presenza delle tossine T-2 e HT-2, tenendo conto anche dei fattori agronomici e della trasformazione, HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE: (1) È opportuno che gli Stati membri, con la partecipazione attiva degli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti, svolgano un’attività di monitoraggio della presenza delle tossine T-2 e HT-2 nei cereali e nei prodotti a base di cereali. Ai fini della presente raccomandazione, il riso non è incluso nella categoria dei cereali e i prodotti a base di riso non sono inclusi nei prodotti a base di cereali. (2) Gli Stati membri dovrebbero incoraggiare l’analisi simultanea dei campioni per accertare la presenza di T-2 e HT-2 e di altre tossine da Fusarium quali il deossinivalenolo, lo zearalenone e le fumonisine B1 + B2, al fine di poterne valutare il grado di co-occorrenza. Se il metodo di analisi applicato lo consente, sarebbe opportuno analizzare anche le micotossine mascherate, in particolare i coniugati mono- e di-glicosilati delle tossine T-2 e HT-2. (3) Il prelievo e l’analisi dei campioni di cereali e di prodotti a base di cereali destinati al consumo umano dovrebbero essere effettuati in conformità alle disposizioni del regolamento (CE) n. 401/2006 della Commissione, del 23 febbraio 2006, relativo ai metodi di campionamento e di analisi per il controllo ufficiale dei tenori di micotossine nei prodotti alimentari (2), in particolare: — l’allegato I, parte B, per il campionamento dei cereali e dei prodotti a base di cereali, — l’allegato II, punto 4.3.1, lettera g) «Criteri di rendimento per le tossine T-2 e HT-2». Il limite di quantificazione (LOQ) per la tossina T-2 e la tossina HT-2 non dovrebbe preferibilmente superare i 5 μg/kg per ciascuna, tranne per i cereali non trasformati per i quali il LOQ per la tossina T-2 e la tossina HT-2 non dovrebbe preferibilmente superare i 10 μg/kg per ciascuna. Qualora si utilizzi una tecnica analitica di screening, il limite di rilevabilità per la somma delle tossine T-2 e HT-2 non dovrebbe preferibilmente superare i 25 μg/kg. La procedura di campionamento applicata dagli operatori del settore alimentare può derogare alle disposizioni del regolamento (CE) n. 401/2006, ma deve essere rappresentativa per la partita campionata. (4) Il prelievo e l’analisi dei campioni di cereali e di prodotti a base di cereali destinati ai mangimi e ai mangimi composti dovrebbero essere effettuati conformemente alle disposizioni del regolamento (CE) n. 152/2009 della Commissione, del 27 gennaio 2009, che fissa i metodi di campionamento e d’analisi per i controlli ufficiali degli alimenti per gli animali (3). Il limite di quantificazione (LOQ) per la tossina T-2 e la tossina HT-2 non dovrebbe preferibilmente superare i 10 μg/kg per ciascuna. Qualora si utilizzi una tecnica analitica di screening, il limite di rilevabilità per la somma delle tossine T-2 e HT-2 non dovrebbe preferibilmente superare i 25 μg/kg. La procedura di campionamento applicata dagli operatori del settore alimentare può derogare alle disposizioni del regolamento (CE) n. 401/2006, ma deve essere rappresentativa per la partita campionata. (5) È opportuno che gli Stati membri, con la partecipazione attiva degli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti, effettuino indagini per individuare i fattori che determinano tenori superiori al livello indicativo e stabilire le misure da adottare per evitare o ridurre in futuro la loro presenza. Tali indagini dovranno essere effettuate soprattutto qualora, nell’arco di un dato periodo, si riscontrino ripetutamente tenori di tossine T-2 e HT-2 superiori ai livelli indicativi nei cereali e nei prodotti a base di cereali figuranti nell’allegato della presente raccomandazione. Occorre che il prelievo e l’analisi dei campioni finalizzati ad ottenere maggiori informazioni sui diversi fattori, compresi quelli agronomici, che determinano tenori relativamente elevati di T2 e HT-2 nei cereali e nei prodotti a base di cereali, riguardino essenzialmente i cereali e i prodotti a base di cereali di prima trasformazione. (6) È opportuno che gli Stati membri, con la partecipazione attiva degli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti, effettuino indagini sugli effetti della trasformazione dei mangimi e dei prodotti alimentari sulla presenza delle tossine T-2 e HT-2. Tali indagini dovrebbero essere effettuate soprattutto qualora, nell’arco di un dato periodo, si riscontrino ripetutamente tenori superiori ai livelli indicativi delle tossine T-2 e HT-2 nei prodotti a base di cereali. (7) È opportuno che gli Stati membri provvedano a che i risultati delle analisi siano forniti all’EFSA su base regolare ai fini di un loro inserimento in un’unica banca dati e che il risultato delle indagini sia comunicato alla Commissione europea ogni anno, la prima volta entro il dicembre 2013. Per assicurare l’applicazione uniforme della presente raccomandazione e garantire la comparabilità dei risultati delle indagini comunicati sarà elaborata una nota di orientamento. Fatto a Bruxelles, il 27 marzo 2013 Per la Commissione Tonio BORG Membro della Commissione (1) Gruppo di esperti scientifici dell’EFSA sui contaminanti nella catena alimentare (CONTAM); Scientific Opinion on risks for animal and public health related to the presence of T-2 and HT-2 toxin in food and feed (Parere scientifico sui rischi per la salute pubblica e degli animali legati alla presenza delle tossine T-2 e HT-2 negli alimenti per l’uomo e per gli animali). The EFSA Journal 2011; 9(12):2481. [187 pagg.]. doi:10.2903/j.efsa.2011.2481. Disponibile on line all’indirizzo: www.efsa.europa.eu/efsajournal (2) GU L 70 del 9.3.2006, pag. 12. (3) GU L 54 del 26.2.2009, pag. 1. ALLEGATO Livelli indicativi per i cereali e i prodotti a base di cereali (1) (2) Livelli indicativi per la somma delle tossine T-2 e HT-2 (μg/kg) a partire dai quali/superati i quali occorre effettuare indagini, soprattutto in caso di riscontri ripetuti (1) 1. Cereali non trasformati (3) 1.1. orzo (compreso l’orzo da birra) e granturco 200 1.2. avena (non decorticata) 1 000 1.3. frumento, segale e altri cereali 100 2. Grani di cereali destinati al consumo umano diretto (4) 2.1. avena 200 2.2. granturco 100 2.3. altri cereali 50 3. Prodotti a base di cereali destinati al consumo umano 3.1. crusca d’avena e fiocchi d’avena 200 3.2. crusche di cereali ad eccezione della crusca d’avena, prodotti di macinazione dell’avena diversi dalla crusca d’avena e dai fiocchi d’avena e prodotti di macinazione del granturco 100 3.3. altri prodotti di macinazione dei cereali 50 3.4. cereali da colazione, anche sotto forma di fiocchi 75 3.5. prodotti di panetteria (compresi i piccoli prodotti da forno), pasticceria, biscotteria, merende a base di cereali, paste alimentari 25 3.6. alimenti a base di cereali destinati ai lattanti e ai bambini 15 4. Prodotti a base di cereali per mangimi e mangimi composti (5) 4.1. prodotti di macinazione dell’avena (pula) 2 000 4.2. altri prodotti a base di cereali 500 4.3. mangimi composti, ad eccezione dei mangimi per gatti 250 (1) i livelli di cui al presente allegato sono livelli indicativi superati i quali, soprattutto in caso di riscontri ripetuti, occorre effettuare indagini sui fattori che determinano la presenza delle tossine T-2 e HT-2 o sugli effetti della trasformazione dei mangimi e dei prodotti alimentari. I livelli indicativi si basano sui dati sull’occorrenza disponibili nella banca dati dell’EFSA come da questa illustrato nel suo parere. I livelli indicativi non corrispondono ai livelli di sicurezza dei mangimi e degli alimenti. (2) Ai fini della presente raccomandazione, il riso non è incluso nei cereali e prodotti a base di riso non sono inclusi nei prodotti a base di cereali. (3) I cereali non trasformati sono cereali che non hanno subito alcun trattamento fisico o termico ad eccezione dell’essiccazione, della pulitura e della cernita. (4) I grani di cereali destinati al consumo umano diretto sono i grani di cereali sottoposti ai processi di essiccazione, di pulizia, di decorticazione e di cernita, che non saranno più sottoposti ad altri processi di pulizia e di cernita prima della loro ulteriore trasformazione nella catena alimentare. (5) I livelli indicativi per i cereali e i prodotti a base di cereali destinati ai mangimi e ai mangimi composti si riferiscono a mangimi con un tasso di umidità del 12 %.
Micotossine nei cereali QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE? Intende incoraggiare le autorità e le imprese del settore alimentare e dei mangimi dell’UE a:monitorare la presenza delle tossine T-2 e HT-2* nei cereali e nei prodotti a base di cereali; e effettuare delle analisi qualora vengano riscontrati dei risultati superiori al livello indicativo* in più di un lotto dello stesso prodotto («riscontri ripetuti»). PUNTI CHIAVE Il prelievo e l’analisi devono essere effettuati in conformità al regolamento (CE) n. 401/2006 per quanto concerne i cereali e i prodotti a base di cereali destinati al consumo umano e in conformità al regolamento (CE) n. 152/2009 per quanto concerne quelli utilizzati come mangime per animali. Questi regolamenti hanno stabilito dei criteri di rendimento per l’analisi delle tossine T-2 e HT-2. La raccomandazione invita i paesi dell’UE a incoraggiare l’analisi simultanea dei campioni per accertare la presenza di T-2 e HT-2 e di altre tossine di Fusarium, al fine di valutare il grado di co-occorrenza. Il riso non è incluso nella categoria dei cereali e i prodotti a base di riso non sono inclusi nei prodotti a base di cereali nella presente raccomandazione. Qualora i livelli indicativi vengano superati, le autorità competenti dell’UE, con la partecipazione attiva degli operatori delle imprese del settore alimentare e dei mangimi, devono effettuare delle indagini:per individuare i fattori che determinano tenori superiori al livello indicativo e stabilire le misure da adottare per evitare o ridurre in futuro la loro presenza; eper esaminare gli effetti della trasformazione dei mangimi e dei prodotti alimentari sulla presenza delle tossine T-2 e HT-2. Le autorità competenti e le imprese devono garantire di fornire su base regolare i risultati delle analisi all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), che li inserisce in una banca dati. Ogni anno, le autorità competenti comunicano alla Commissione europea una relazione con i risultati delle indagini. Documento d’orientamento La Commissione ha preparato un documento d’orientamento per i paesi dell’UE e le imprese del settore alimentare e dei mangimi. Esso è concepito per assicurare l’applicazione coerente della raccomandazione in tutta l’UE. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:Fusarium (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Tossine T-2 e HT-2: muffe spontanee del fungo Fusarium, riscontrabili in certi cereali, con effetti tossici sulla salute degli esseri umani e animali. I funghi Fusarium sono dei comuni funghi che producono tossine e si trovano normalmente nei cereali coltivati nelle regioni temperate di Europa, America e Asia. Livello indicativo: non si tratta né di livelli per la sicurezza degli alimenti o dei mangimi, né di livelli massimi o limiti che, se superati, determinano l’intervento di autorità incaricate dell’applicazione della legge al fine di imporre delle sanzioni. Sono volti a fornire orientamenti sui casi in cui sarebbe opportuno effettuare delle indagini. I livelli indicativi per i vari cereali e prodotti a base di cereali sono elencati nell’allegato. DOCUMENTO PRINCIPALE Raccomandazione 2013/165/UE della Commissione, del 27 marzo 2013, relativa alla presenza di tossine T-2 e HT-2 nei cereali e nei prodotti a base di cereali (GU L 91 del 3.4.2013, pag. 12). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 401/2006 della Commissione, del 23 febbraio 2006, relativo ai metodi di campionamento e di analisi per il controllo ufficiale dei tenori di micotossine nei prodotti alimentari (GU L 70 del 9.3.2006, pag. 12). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 401/2006 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento (CE) n. 152/2009 della Commissione, del 27 gennaio 2009, che fissa i metodi di campionamento e d’analisi per i controlli ufficiali degli alimenti per gli animali (GU L 54 del 26.2.2009, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
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DECISIONE 2005/671/GAI DEL CONSIGLIO del 20 settembre 2005 concernente lo scambio di informazioni e la cooperazione in materia di reati terroristici IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 29, l’articolo 30, paragrafo 1, l’articolo 31 e l’articolo 34, paragrafo 2, lettera c), vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) Nella riunione straordinaria del 21 settembre 2001, il Consiglio europeo ha dichiarato che il terrorismo rappresenta una vera sfida per il mondo e per l’Europa e che la lotta al terrorismo costituirà un obiettivo prioritario per l’Unione europea. (2) Il 19 ottobre 2001, il Consiglio europeo ha dichiarato che è determinato a combattere il terrorismo in tutte le sue forme e ovunque nel mondo e proseguirà gli sforzi volti a rafforzare la coalizione della comunità internazionale nella lotta contro il terrorismo in tutti i suoi aspetti, ad esempio attraverso il rafforzamento della cooperazione tra i servizi operativi incaricati della lotta al terrorismo: l’Europol, l’Eurojust, i servizi di informazione, le forze di polizia e le autorità giudiziarie. (3) In materia di lotta contro il terrorismo, è fondamentale che tutti i servizi interessati possano disporre di informazioni il più possibile complete e aggiornate, secondo i loro settori di competenza: i servizi nazionali specializzati degli Stati membri, le autorità giudiziarie e le istanze competenti a livello dell’Unione europea, quali l’Europol e l’Eurojust, hanno un’esigenza imperativa di informazioni per portare a termine i loro compiti. (4) La decisione 2003/48/GAI del Consiglio, del 19 dicembre 2002, relativa all’applicazione di misure specifiche di cooperazione di polizia e giudiziaria per la lotta al terrorismo a norma dell’articolo 4 della posizione comune 2001/931/PESC (2), costituisce una tappa importante. Il persistere della minaccia terroristica e la complessità del fenomeno rendono necessari maggiori scambi di informazioni. Il campo d’applicazione degli scambi di informazioni deve essere esteso a tutte le fasi dei procedimenti penali, comprese le condanne, e a tutte le persone, gruppi o entità oggetto di un’indagine, di un’azione penale o di una condanna per reati di terrorismo. (5) Poiché gli obiettivi della presente decisione non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri su base unilaterale, e possono dunque, vista la necessaria reciprocità, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato; la presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (6) Nell’esecuzione dello scambio d’informazioni, la presente decisione lascia impregiudicati gli interessi essenziali di sicurezza nazionale e non dovrebbe compromettere la sicurezza dei singoli o attività specifiche di informazione in materia di sicurezza dello Stato, né il successo di indagini in corso. (7) La presente decisione rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti, segnatamente nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, DECIDE: Articolo 1 Definizioni Ai fini della presente decisione, si intende per: a) «reati terroristici»: i reati contemplati agli articoli 1, 2 e 3 della decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, sulla lotta contro il terrorismo (3); b) «convenzione Europol»: la convenzione del 26 luglio 1995 che istituisce un ufficio europeo di polizia (4); c) «decisione Eurojust»: la decisione 2002/187/GAI del Consiglio, del 28 febbraio 2002, che istituisce l’Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità (5); d) «gruppo o entità»: le «organizzazioni terroristiche» ai sensi dell’articolo 2 della decisione quadro 2002/475/GAI, così come i «gruppi o entità» figuranti nell’elenco allegato alla posizione comune 2001/931/PESC del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo (6). Articolo 2 Trasmissione di informazioni relative ai reati terroristici all’Eurojust, all’Europol e agli Stati membri 1. Ciascuno Stato membro designa un servizio specializzato tra i suoi servizi di polizia o le altre autorità incaricate dell’applicazione della legge che, nel rispetto della legislazione nazionale, abbia accesso a tutte le informazioni pertinenti in merito alle indagini penali riguardanti i reati terroristici, effettuate dalle sue autorità incaricate dell’applicazione della legge e che riunisca tali informazioni inviandole all’Europol conformemente ai paragrafi 3 e 4. 2. Ciascuno Stato membro designa una o, qualora sia previsto dal proprio ordinamento giuridico, più autorità, quale corrispondente nazionale dell’Eurojust per le questioni legate al terrorismo, ovvero un’autorità giudiziaria o altra autorità competente che, nel rispetto della legislazione nazionale, abbia accesso a tutte le informazioni pertinenti in merito ai procedimenti e alle condanne penali riguardanti reati di terrorismo e che riunisca tali informazioni inviandole all’Eurojust conformemente al paragrafo 5. 3. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per garantire che almeno le informazioni di cui al paragrafo 4 riguardanti le indagini penali e le informazioni di cui al paragrafo 5 concernenti le azioni penali o le condanne penali per reati terroristici, che toccano o possono toccare due o più Stati membri, raccolte dall’autorità competente, siano trasmesse: a) all’Europol, conformemente alla legislazione nazionale e alle disposizioni della Convenzione Europol, per essere elaborate; e b) all’Eurojust, conformemente alla legislazione nazionale e nei limiti di quanto consentito nella decisione Eurojust, al fine di consentirle di svolgere le sue funzioni. 4. Le informazioni da trasmettere all’Europol, conformemente al paragrafo 3, sono le seguenti: a) i dati per l’identificazione della persona, del gruppo o dell’entità; b) gli atti oggetto dell’indagine e relative circostanze specifiche; c) la qualificazione del reato perseguito; d) il collegamento con altri casi pertinenti; e) il ricorso a tecnologie di comunicazione; f) la minaccia rappresentata dal possesso di armi di distruzione di massa. 5. Le informazioni da trasmettere all’Eurojust, a norma del paragrafo 3, sono le seguenti: a) i dati per l’identificazione della persona, del gruppo o dell’entità interessati oggetto di un’indagine o azione penale; b) la qualificazione del reato perseguito e le relative circostanze specifiche; c) informazioni sulle condanne definitive per reati terroristici e le circostanze specifiche relative a tali reati; d) il collegamento con altri casi pertinenti; e) le richieste di assistenza giudiziaria esistenti, comprese le rogatorie, presentate a un altro Stato membro o da quest’ultimo, nonché i relativi risultati. 6. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per garantire che qualsiasi informazione pertinente contenuta in documenti, fascicoli, dati, oggetti o altri mezzi di prova sequestrati o confiscati durante indagini o procedimenti penali collegati a reati terroristici sia accessibile il più rapidamente possibile, tenuto conto della necessità di non compromettere le indagini in corso, alle autorità degli altri Stati membri interessati, conformemente alla legislazione nazionale e ai pertinenti strumenti giuridici internazionali, quando si svolgono o potrebbero essere avviate indagini o quando è avviata un’azione penale in relazione a reati terroristici. Articolo 3 Squadre investigative comuni Gli Stati membri, se del caso, adottano le misure necessarie ad istituire squadre investigative comuni per svolgere indagini penali riguardanti i reati terroristici. Articolo 4 Richieste di assistenza giudiziaria e di esecuzione di sentenze Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per garantire che le richieste di assistenza giudiziaria e di riconoscimento ed esecuzione di sentenze, presentate da uno Stato membro in merito a reati terroristici, siano trattate con urgenza e in via prioritaria. Articolo 5 Abrogazione di disposizioni esistenti La decisione 2003/48/GAI è abrogata. Articolo 6 Applicazione Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente decisione entro il 30 giugno 2006. Articolo 7 Applicazione territoriale La presente decisione si applica a Gibilterra. Articolo 8 Entrata in vigore La presente decisione prende effetto il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 20 settembre 2005. Per il Consiglio La presidente M. BECKETT (1) Parere reso il 7 giugno 2005 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) GU L 16 del 22.1.2003, pag. 68. (3) GU L 164 del 22.6.2002, pag. 3. (4) GU C 316 del 27.11.1995, pag. 2. Convenzione modificata da ultimo dal protocollo del 27.11.2003 (GU C 2 del 6.1.2004, pag. 3). (5) GU L 63 del 6.3.2002, pag. 1. Decisione modificata dalla decisione 2003/659/GAI (GU L 245 del 29.9.2003, pag. 44). (6) GU L 344 del 28.12.2001, pag. 93. Posizione comune modificata da ultimo dalla posizione comune 2005/220/PESC (GU L 69 del 16.3.2005, pag. 59).
Scambio di informazioni e cooperazione in materia di reati terroristici CHE COSA FA LA DECISIONE? La lotta al terrorismo rappresenta uno degli obiettivi prioritari dell’Unione europea (UE). Questa decisione stabilisce una procedura per lo scambio di informazioni relative a indagini, procedimenti e condanne penali per reati terroristici tra i paesi dell’UE. PUNTI CHIAVE Per combattere il terrorismo, è fondamentale che i servizi interessati possano disporre di informazioni il più possibile complete e aggiornate. I paesi dell’UE devono raccogliere informazioni riguardanti le indagini, i procedimenti e le condanne penali per reati terroristici che coinvolgano due o più paesi dell’UE e trasmetterle all’Europol o all’Eurojust, ove appropriato. Un servizio specializzato designato tra le autorità di contrasto di un paese si occupa di inviare all’Europol tutte le informazioni pertinenti in merito alle indagini penali riguardanti i reati terroristici, ivi comprese: l’identità della persona o del gruppo; gli atti oggetto dell’indagine e le circostanze; la qualificazione del reato; il collegamento con altri casi pertinenti; il ricorso a tecnologie di comunicazione; la minaccia rappresentata dal possesso di armi di distruzione di massa. In ciascun paese verrà designata almeno un’autorità come corrispondente nazionale dell’Eurojust per le questioni legate al terrorismo, che si occuperà di inviare all’Eurojust tutte le informazioni pertinenti in merito ai procedimenti e alle condanne penali riguardanti reati di terrorismo, ivi comprese: l’identità della persona o del gruppo oggetto di indagine o procedimento penale; il reato interessato e le circostanze specifiche; le informazioni sulle condanne definitive per reati terroristici e le circostanze specifiche relative a tali reati; il collegamento con altri casi pertinenti; le richieste di assistenza giudiziaria presentate da/a un paese dell’UE, nonché i relativi risultati. Ciascun paese dell’UE garantisce che le informazioni pertinenti tratte da documenti e altre prove ottenute durante le indagini o i procedimenti per reati terroristici siano rese disponibili quanto prima agli altri paesi dell’UE. Laddove appropriato, i paesi sono tenuti ad adottare squadre investigative comuni addette alla conduzione delle indagini. Le richieste di assistenza giudiziaria e di esecuzione di sentenze presentate da altri paesi dell’UE devono avere la massima priorità. La decisione non deve compromettere la sicurezza dei singoli né il successo di indagini o attività specifiche di informazione in corso e si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi. La raccomandazione 2007/562/CE del Consiglio riguarda lo scambio di informazioni relative ai sequestri di persona a sfondo terroristico tra i paesi dell’UE. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Si applica a partire dal 30 settembre 2005. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare: «Crisi e terrorismo» sul sito Internet della Commissione europea «Lotta al terrorismo» sul sito Internet del Consiglio dell’Unione europea. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2005/671/GAI del Consiglio, del 20 settembre 2005, concernente lo scambio di informazioni e la cooperazione in materia di reati terroristici (GU L 253 del 29.9.2005, pag. 22-24) DOCUMENTI CORRELATI Raccomandazione del Consiglio, del 12 giugno 2007, sullo scambio di informazioni relative ai sequestri di persona a sfondo terroristico (GU L 214 del 17.8.2007, pag. 9-12)
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Direttiva 98/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 novembre 1998 sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato Gazzetta ufficiale n. L 320 del 28/11/1998 pag. 0054 - 0057 DIRETTIVA 98/84/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 20 novembre 1998 sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 57, paragrafo 2, l'articolo 66 e l'articolo 100 A,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Comitato economico e sociale (2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 B del trattato (3),(1) considerando che, in base al trattato, la Comunità è chiamata a porre le fondamenta di un'unione sempre più stretta fra i popoli europei e ad assicurare il progresso economico e sociale eliminando le barriere che dividono l'Europa;(2) considerando che la prestazione transfrontaliera di servizi di radiodiffusione e dei servizi della società dell'informazione può contribuire, a livello individuale, alla piena attuazione della libertà di espressione in quanto diritto fondamentale e, a livello collettivo, al raggiungimento degli obiettivi definiti nel trattato;(3) considerando che il trattato prevede la libera circolazione di tutti i servizi normalmente forniti dietro retribuzione; che questo diritto, applicato ai servizi di radiodiffusione e ai servizi della società dell'informazione, costituisce inoltre una traduzione specifica nel diritto comunitario del più generale principio della libertà di espressione sancito dall'articolo 10 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali; che questo articolo riconosce esplicitamente il diritto dei cittadini di ricevere o di comunicare informazioni senza tener conto delle frontiere e che eventuali restrizioni di tale diritto si giustificano solo se determinate da altri interessi giuridicamente riconosciuti degni di tutela;(4) considerando che la Commissione ha condotto ampie consultazioni basate sul Libro verde intitolato «La protezione giuridica dei servizi criptati nel mercato interno»; che il risultato di dette consultazioni ha confermato l'esigenza di uno strumento giuridico comunitario che tuteli tutti quei servizi la cui remunerazione è correlata ad un accesso condizionato;(5) considerando che il Parlamento europeo, nella risoluzione del 13 maggio 1997 sul Libro verde (4), ha invitato la Commissione a presentare una proposta di direttiva che includa tutti i servizi criptati nei quali la criptazione è impiegata per garantire il pagamento di un corrispettivo e ha convenuto che la direttiva dovrebbe estendersi anche ai servizi della società dell'informazione prestati a distanza, per via elettronica e su richiesta individuale di un destinatario di servizi, nonché ai servizi di radiodiffusione;(6) considerando che le opportunità dischiuse dalle tecnologie digitali potrebbero ampliare le possibilità di scelta dei consumatori e contribuire al pluralismo culturale grazie alla creazione di una gamma ancora più ampia di servizi ai sensi degli articoli 59 e 60 del trattato; che la redditività di questi servizi dipende spesso dal ricorso a tecniche di accesso condizionato al fine di garantire la remunerazione del prestatore del servizio; che risulta pertanto necessario, per assicurare la redditività di tali servizi, la protezione giuridica dei prestatori di servizi contro i dispositivi illeciti che consentono l'accesso senza pagamento del servizio;(7) considerando che l'importanza di questa tematica è stata riconosciuta dalla Commissione nella sua comunicazione «Un'iniziativa europea in materia di commercio elettronico»;(8) considerando che, secondo l'articolo 7 A del trattato, il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci e dei servizi; che secondo l'articolo 128, paragrafo 4, del trattato la Comunità tiene conto degli aspetti culturali nell'azione che svolge ai sensi di altre disposizioni del trattato; che, in conformità dell'articolo 130, paragrafo 3, del trattato, la Comunità contribuisce alla realizzazione delle condizioni necessarie alla competitività della sua industria attraverso politiche ed azioni da essa attuate;(9) considerando che la presente direttiva fa salve eventuali disposizioni future a livello comunitario o nazionale intese a garantire che determinati servizi di radiodiffusione riconosciuti di pubblico interesse non si basino su un accesso condizionato;(10) considerando che la presente direttiva lascia impregiudicati gli aspetti culturali di successive azioni comunitarie nel settore dei nuovi servizi;(11) considerando che le disparità esistenti fra le disposizioni nazionali in materia di tutela dei servizi ad accesso condizionato o dei servizi di accesso condizionato potrebbero ostacolare la libera circolazione di beni e servizi;(12) considerando che l'applicazione del trattato non è sufficiente ad eliminare questi ostacoli nel mercato interno; che essi andrebbero pertanto eliminati garantendo un livello di tutela equivalente in tutti gli Stati membri; che questo implica il ravvicinamento delle disposizioni nazionali relative alle attività commerciali che hanno per oggetto dispositivi illeciti;(13) considerando che appare necessario far sì che gli Stati membri forniscano un'adeguata tutela giuridica contro l'immissione sul mercato, ai fini di un profitto economico diretto o indiretto, di un dispositivo illecito che renda possibile o facile eludere, senza esservi autorizzato, qualsiasi misura tecnologica a protezione della remunerazione di un servizio fornito in modo lecito;(14) considerando che tra le attività commerciali relative a dispositivi illeciti si annoverano le comunicazioni commerciali che abbracciano tutte le forme di pubblicità, commercializzazione diretta, sponsorizzazioni, promozione delle vendite e pubbliche relazioni a promozione dei prodotti e servizi in questione;(15) considerando che queste attività commerciali sono dannose per i consumatori che sono indotti in errore circa l'origine del dispositivo illecito; che è necessario un alto livello di protezione del consumatore per combattere questo tipo di frode a suo danno; che l'articolo 129 A, paragrafo 1, del trattato prevede che la Comunità contribuisca al conseguimento di un livello elevato di protezione dei consumatori mediante misure adottate in applicazione dell'articolo 100 A;(16) considerando che il contesto giuridico per la creazione di uno spazio audiovisivo unico istituito dalla direttiva 89/552/CEE del Consiglio, del 3 ottobre 1989, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive (5), dovrebbe pertanto essere integrato estendendolo anche alle tecniche di accesso condizionato secondo quanto stabilito dalla presente direttiva, anche al fine di garantire parità di trattamento ai fornitori di trasmissioni transfrontaliere, indipendentemente dal luogo di stabilimento;(17) considerando che, in base alla risoluzione del Consiglio del 29 giugno 1995 sull'applicazione uniforme ed efficace del diritto comunitario e sulle sanzioni applicabili alle violazioni di tale diritto nel campo del mercato interno (6), gli Stati membri devono adottare misure che conducano ad un'applicazione del diritto comunitario altrettanto efficace e rigorosa di quella della legislazione nazionale;(18) considerando che, in virtù dell'articolo 5 del trattato, gli Stati membri devono adottare tutte le misure necessarie per assicurare l'attuazione e l'efficacia della legislazione comunitaria, in particolare prevedendo sanzioni effettive, dissuasive e proporzionate e mezzi di tutela adeguati;(19) considerando che il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri non dovrebbero andare al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del mercato interno, conformemente al principio di proporzionalità sancito all'articolo 3 B, terzo comma, del trattato;(20) considerando che la distribuzione di dispositivi illeciti comprende il trasferimento con qualsiasi mezzo e l'immissione sul mercato di tali dispositivi per farli circolare all'interno della Comunità o fuori di essa;(21) considerando che la presente direttiva fa salva l'applicazione delle disposizioni nazionali che vietano il possesso a fini privati di dispositivi illeciti, l'applicazione delle regole comunitarie sulla concorrenza e l'applicazione delle norme comunitarie in materia di diritti di proprietà intellettuale;(22) considerando che il diritto interno in materia di sanzioni e mezzi di tutela previsti per contrastare le attività commerciali illecite può richiedere che tali attività siano svolte con la consapevolezza, o in presenza di fondati motivi per cui essere consapevoli, che i dispositivi in questione sono illeciti;(23) considerando che le sanzioni e i mezzi di tutela previsti dalla presente direttiva lasciano impregiudicate le altre sanzioni o gli altri mezzi di tutela eventualmente previsti dal diritto interno, quali le misure preventive in generale o il sequestro dei dispositivi illeciti; che gli Stati membri non sono tenuti a prevedere sanzioni penali per le attività illecite di cui alla presente direttiva; che le disposizioni degli Stati membri in materia di azioni per risarcimento danni devono essere conformi ai rispettivi sistemi legislativi e giudiziari nazionali;(24) considerando che la presente direttiva fa salva l'applicazione delle disposizioni nazionali che non rientrano nel settore coordinato dalla presente direttiva, come quelle concernenti la tutela dei minori comprese quelle adottate in conformità della direttiva 89/552/CEE, ovvero disposizioni nazionali inerenti all'ordine e alla sicurezza pubblici,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1 Campo di applicazione L'oggetto della presente direttiva è il ravvicinamento delle disposizioni degli Stati membri riguardanti misure contro i dispositivi illeciti che forniscono l'accesso non autorizzato a servizi protetti.Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si intende per:a) servizio protetto, uno dei servizi seguenti laddove sia fornito a pagamento e mediante un sistema di accesso condizionato:- trasmissioni televisive, ai sensi dell'articolo 1, lettera a), della direttiva 89/552/CEE;- trasmissioni radiofoniche, cioè la trasmissione via cavo o via etere, anche via satellite, di programmi radiofonici destinati al pubblico;- servizi della società dell'informazione, ai sensi dell'articolo 1, punto 2, della direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione (7);o la prestazione di un accesso condizionato ai servizi suesposti, considerato servizio in quanto tale;b) accesso condizionato, misure e/o sistemi tecnici in base ai quali l'accesso in forma intelligibile al servizio protetto sia subordinato a preventiva autorizzazione individuale;c) dispositivo per l'accesso condizionato, apparecchiature o programmi per elaboratori elettronici concepiti o adattati al fine di consentire l'accesso in forma intelligibile ad un servizio protetto;d) servizio connesso, l'installazione, la manutenzione o la sostituzione di dispositivi di accesso condizionato, nonché la prestazione di servizi di comunicazione commerciale relativi a detti dispositivi o a servizi protetti;e) dispositivo illecito, apparecchiature o programmi per elaboratori elettronici concepiti o adattati al fine di rendere possibile l'accesso ad un servizio protetto in forma intelligibile senza l'autorizzazione del prestatore del servizio;f) settore coordinato dalla presente direttiva, quello disciplinato da qualunque disposizione concernente le attività illecite di cui all'articolo 4.Articolo 3 Principi relativi al mercato interno 1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie a vietare sul loro territorio le attività di cui all'articolo 4 ed a prevedere le sanzioni e i mezzi di tutela di cui all'articolo 5.2. Salvo il disposto del paragrafo 1, gli Stati membri non possono:a) limitare la prestazione di servizi protetti o di servizi connessi aventi origine in un altro Stato membro; oppureb) limitare la libera circolazione dei dispositivi per l'accesso condizionato,per motivi rientranti nel settore coordinato dalla presente direttiva.Articolo 4 Attività illecite Gli Stati membri vietano sul loro territorio le seguenti attività:a) la fabbricazione, l'importazione, la distribuzione, la vendita, il noleggio o il possesso a fini commerciali di dispositivi illeciti;b) l'installazione, la manutenzione o la sostituzione a fini commerciali di dispositivi illeciti;c) l'impiego di comunicazioni commerciali per promuovere dispositivi illeciti.Articolo 5 Sanzioni e mezzi di tutela 1. Le sanzioni sono efficaci, dissuasive e proporzionate al potenziale impatto dell'attività illecita.2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per provvedere a che i prestatori di servizi protetti i cui interessi vengano pregiudicati da un'attività illecita, quale specificata all'articolo 4, svolta sul loro territorio abbiano accesso a mezzi di tutela adeguati, compresa la possibilità di promuovere un'azione per il risarcimento del danno e ottenere un'ingiunzione o altro provvedimento cautelare e, ove opportuno, chiedere che i dispositivi illeciti siano eliminati dai circuiti commerciali.Articolo 6 Attuazione 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 28 maggio 2000. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore coordinato dalla presente direttiva.Articolo 7 Relazioni Entro tre anni dall'entrata in vigore della presente direttiva e, successivamente, ogni due anni la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale una relazione sull'attuazione della presente direttiva corredata di eventuali proposte in particolare per quanto riguarda le definizioni dell'articolo 2, per il suo adeguamento agli sviluppi tecnici ed economici e alle consultazioni tenute dalla Commissione.Articolo 8 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 9 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 20 novembre 1998.Per il Parlamento europeoIl PresidenteJ. M. GIL-ROBLESPer il ConsiglioIl PresidenteE. HOSTASCH(1) GU C 314 del 16. 10. 1997, pag. 7 eGU C 203 del 30. 6. 1998, pag. 12.(2) GU C 129 del 27. 4. 1998, pag. 16.(3) Parere del Parlamento europeo del 30 aprile 1998 (GU C 152 del 18. 5. 1998, pag. 59), posizione comune del Consiglio del 29 giugno 1998 (GU C 262 del 19. 8. 1998, pag. 34), e decisione del Parlamento europeo dell'8 ottobre 1998 (GU C 328 del 26. 10. 1998). Decisione del Consiglio del 9 novembre 1998.(4) GU C 167 del 2. 6. 1997, pag. 31.(5) GU L 298 del 17. 10. 1989, pag. 23. Direttiva modificata dalla direttiva 97/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 202 del 30. 7. 1997, pag. 60).(6) GU C 188 del 22. 7. 1995, pag. 1.(7) GU L 204 del 21. 7. 1998, pag. 37. Direttiva modificata dalla direttiva 98/48/CE (GU L 217 del 5. 8. 1998, pag. 18).
Tutela dei servizi elettronici a pagamento dalla pirateria SINTESI COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA? — L'obiettivo della presente direttiva è la tutela giuridica dei servizi ad accesso condizionato (ossia l'accesso in cambio di un'iscrizione); — Cerca di proteggere i servizi elettronici a pagamento contro la pirateria; — Vieta a tutte le attività commerciali che coinvolgono la produzione, distribuzione o commercializzazione di smart card (schede di plastica con microprocessori o microchip integrati) e altri dispositivi che rendono possibile aggirare l'accesso protetto a televisione, radio e servizi internet a pagamento. PUNTI CHIAVE Ambito di applicazione La direttiva riguarda tutti i servizi forniti mediante un sistema di accesso condizionato, quali ad esempio servizi televisivi e radiofonici a pagamento, contenuti video e audio on demand, editoria elettronica e un’ampia gamma di servizi online offerti al pubblico su abbonamento o in modalità pay-per-view. Attività illecite Ciascun paese dell’UE deve farsi carico dell’introduzione di leggi finalizzate a proibire: — la produzione, l’importazione, la vendita, il noleggio o il possesso a fini commerciali di apparecchiature o programmi illeciti e in grado di consentire l’accesso non autorizzato a servizi protetti; — l’installazione, la manutenzione o la sostituzione a fini commerciali di dispositivi illeciti; — l’impiego di comunicazioni pubblicitarie inteso a promuovere apparecchiature o programmi illeciti. Sanzioni e mezzi di tutela Ciascun paese dell’UE deve promulgare misure volte a: — introdurre sanzioni efficaci, dissuasive e proporzionate al potenziale impatto dell’attività illecita; — fare sì che i prestatori di servizi i cui interessi vengano danneggiati da un’attività illecita possano rivolgersi a un tribunale per ottenere il risarcimento del danno e un’ingiunzione nonché, laddove appropriato, richiedere la confisca dei dispositivi illeciti. Principi relativi al mercato interno I paesi dell’UE non possono limitare: — la prestazione di servizi protetti o di servizi connessi aventi origine in un altro paese dell’UE; — la libera circolazione dei dispositivi per l’accesso condizionato, fatta eccezione per i dispositivi considerati illeciti ai sensi della direttiva (qualsiasi apparecchiatura o programma concepito o adattato al fine di consentire l’accesso in forma intelligibile ad un servizio protetto senza l’autorizzazione del prestatore del servizio). Convenzione del Consiglio d’Europa Nel 2015, il Consiglio dell'Unione europea ha approvato, per conto dell'UE, la convenzione del Consiglio d’Europa sulla tutela giuridica dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato entrata in vigore il 1o luglio 2003. La sottoscrizione effettuata dall’UE potrebbe incoraggiare altri membri del Consiglio d’Europa a ratificare la convenzione. Ciò estenderebbe l’applicazione di disposizioni simili a quelle della direttiva 98/84/CE al di là delle frontiere dell’UE, contribuendo così a istituire un diritto dei servizi ad accesso condizionato applicabile in tutto il continente europeo. CONTESTO Tutela giuridica dei servizi ad accesso condizionato ATTO Direttiva 98/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 1998, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato (GU L 320 del 28.11.1998, pag. 54-57) ATTI COLLEGATI Decisione 2014/243/UE del Consiglio, del 14 aprile 2014, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, della convenzione europea sulla tutela giuridica dei servizi ad accesso condizionato e di accesso condizionato (GU L 128 del 30.4.2014, pag. 61) Decisione (UE) 2015/1293 del Consiglio, del 20 luglio 2015, sulla conclusione, per conto dell'Unione europea, della Convenzione europea sulla tutela giuridica dei servizi ad accesso condizionato e di accesso condizionato (GU L 199 del 29.7.2015, pag. 3-5) Relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Seconda relazione sull’attuazione della direttiva 98/84/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 20 novembre 1998, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato (COM(2008) 593 def. del 30 settembre 2008) La tutela giuridica dei servizi elettronici a pagamento - Relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo sull’attuazione della direttiva 98/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 1998, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato (COM(2003) 198 def. del 24 aprile 2003)
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Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2001, sulla collaborazione europea per la valutazione della qualità dell'insegnamento scolastico Gazzetta ufficiale n. L 060 del 01/03/2001 pag. 0051 - 0053 Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consigliodel 12 febbraio 2001sulla collaborazione europea per la valutazione della qualità dell'insegnamento scolastico(2001/166/CE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 149, paragrafo 4, e 150, paragrafo 4,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Comitato economico e sociale(1),visto il parere del Comitato delle regioni(2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3),considerando quanto segue:(1) È necessario dare impulso ad una dimensione europea dell'insegnamento, in quanto ciò costituisce un obiettivo essenziale nella costruzione di un'Europa dei cittadini.(2) Un'istruzione di qualità costituisce uno degli obiettivi principali dell'insegnamento primario e secondario, anche professionale, per tutti gli Stati membri nell'ambito della società dell'apprendimento.(3) La qualità dell'insegnamento scolastico deve essere garantita in tutte le fasi e in tutti i settori dell'insegnamento, indipendentemente dalle differenze attinenti agli obiettivi, ai metodi e alle esigenze educative e a prescindere dalle eventuali classifiche di eccellenza dei vari istituti scolastici.(4) Negli ultimi decenni le risorse destinate all'istruzione sono aumentate in tutti i paesi industrializzati. L'istruzione è vista non solo come un arricchimento personale, ma anche come un contributo alla coesione sociale, all'inclusione sociale e alla soluzione dei problemi della disoccupazione. L'apprendimento lungo tutto l'arco della vita è un mezzo importante per controllare il futuro professionale e personale. Un insegnamento di qualità è essenziale per le politiche occupazionali, la libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità e il riconoscimento di diplomi e di abilitazioni all'insegnamento.(5) Spetta agli Stati membri garantire, quando possibile, che i programmi scolastici tengano conto dell'evoluzione della società.(6) Gli Stati membri dovrebbero aiutare gli istituti scolastici a rispondere alle esigenze nel settore dell'istruzione e in campo sociale nel nuovo millennio e a stare al passo con gli sviluppi che ne derivano. Gli Stati membri dovrebbero pertanto aiutare gli istituti scolastici al fine di migliorare la qualità dei servizi da loro prestati sostenendoli nello sviluppo di nuove iniziative intese a garantire la qualità dell'insegnamento e aiutandoli a promuovere la mobilità degli individui da un paese all'altro e lo scambio di conoscenze.(7) Nel campo delle politiche del mercato del lavoro il Consiglio adotta ogni anno una serie di orientamenti in materia di occupazione basati su obiettivi quantitativi ed indicatori. L'orientamento 7 degli orientamenti in materia di occupazione per il 2000, di cui all'allegato della decisione 2000/228/CE(4), invita gli Stati membri a "migliorare la qualità del loro sistema scolastico, in modo da ridurre sostanzialmente il numero dei giovani che abbandonano prematuramente gli studi. Particolare attenzione dovrà inoltre essere rivolta ai giovani che hanno difficoltà di apprendimento".(8) Nell'orientamento 8 dei suddetti orientamenti, viene rivolta particolare attenzione all'esigenza di sviluppare le conoscenze informatiche, di dotare le scuole della necessaria attrezzatura informatica e di agevolare l'accesso degli studenti a Internet entro la fine del 2002, in modo da esercitare un impatto positivo sulla qualità dell'insegnamento e preparare i giovani all'era digitale.(9) La promozione della mobilità, contemplata come obiettivo della Comunità negli articoli 149 e 150 del trattato, deve essere favorita da un'istruzione di qualità.(10) La cooperazione europea e gli scambi transnazionali di esperienze contribuiranno a individuare e a diffondere metodi efficaci e accettabili per valutare la qualità.(11) I sistemi per garantire la qualità devono restare flessibili e poter essere adattati alle nuove realtà create dagli sviluppi attinenti alle strutture e agli obiettivi degli istituti scolastici, tenendo conto della dimensione culturale dell'istruzione.(12) I sistemi per assicurare la qualità variano nei diversi Stati membri e istituti scolastici, date le diverse dimensioni, strutture, condizioni finanziarie, caratteristiche istituzionali e impostazioni pedagogiche degli istituti stessi.(13) La valutazione della qualità e l'autovalutazione degli istituti scolastici in particolare sono strumenti altamente adeguati per combattere l'abbandono prematuro degli studi da parte dei giovani e l'esclusione sociale in generale.(14) Per conseguire l'obiettivo di un'istruzione di qualità è possibile avvalersi di un'ampia gamma di strumenti. La valutazione della qualità è uno di essi e rappresenta un valido contributo al fine di assicurare e sviluppare la qualità dell'insegnamento nelle scuole a carattere generale e professionale. La valutazione della qualità dell'istruzione dovrà mirare, tra l'altro, a valutare la capacità degli istituti scolastici di tener conto dell'uso delle nuove tecnologie dell'informazione che si stanno diffondendo.(15) La creazione a livello europeo di una rete di istituti associati nella valutazione della qualità dell'insegnamento scolastico riveste un'importanza fondamentale. Le reti esistenti, come la rete europea dei responsabili per la valutazione dei sistemi d'istruzione istituita dagli Stati membri nel 1995, possono fornire un aiuto inestimabile ai fini dell'attuazione della presente raccomandazione.(16) Nel 1994 e nel 1995, la Commissione ha realizzato un progetto pilota sulla valutazione della qualità dell'istruzione superiore. La raccomandazione 98/561/CE del Consiglio, del 24 settembre 1998, sulla cooperazione europea in materia di garanzia della qualità nell'istruzione superiore(5), sottolinea l'importanza dello scambio di informazioni ed esperienze e della collaborazione tra gli Stati membri in questo campo.(17) Il programma Socrate(6), in particolare l'azione 6.1, invita la Commissione a promuovere scambi di informazioni e di esperienze su questioni d'interesse comune. La valutazione della qualità dell'insegnamento scolastico rientra tra i temi prioritari di detta azione.(18) Dal marzo 1996 la Commissione ha avviato diversi studi ed attività operative per esaminare il problema della valutazione dell'insegnamento da diversi punti di vista, in modo da definire la notevole varietà e ricchezza di approcci e metodologie di valutazione dell'insegnamento in uso a diversi livelli.(19) Nell'anno scolastico 1997/1998, la Commissione ha realizzato un progetto pilota in centouno scuole secondarie inferiori e superiori dei paesi partecipanti al programma Socrate, che ha sviluppato la sensibilità nei confronti dei problemi della qualità e ha contribuito a migliorare la qualità dell'insegnamento in queste stesse scuole. La relazione finale del giugno 1999, intitolata "Progetto pilota europeo per la valutazione della qualità dell'insegnamento scolastico", sottolinea una serie di elementi metodologici per una proficua autovalutazione.(20) Nelle conclusioni del 16 dicembre 1997(7), il Consiglio ha affermato che la valutazione è un elemento importante per garantire ed eventualmente migliorare la qualità.(21) Nelle conclusioni del Consiglio europeo straordinario di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000, la presidenza del Consiglio ha dichiarato che i sistemi europei di istruzione e formazione devono adeguarsi sia alle esigenze della società dell'informazione, sia alla necessità di aumentare il livello occupazionale e migliorare la qualità.(22) In vista dell'allargamento dell'Unione, i paesi candidati all'adesione dovrebbero essere coinvolti nella cooperazione europea in materia di valutazione della qualità.(23) È necessario tener conto del principio di sussidiarietà e della competenza esclusiva degli Stati membri in materia di organizzazione e struttura dei rispettivi ordinamenti scolastici, in modo da poter soddisfare le specificità culturali e le tradizioni pedagogiche di ogni Stato,I. RACCOMANDANO CHE GLI STATI MEMBRI:nei rispettivi contesti economici, sociali e culturali, tenuto debito conto della dimensione europea, promuovano il miglioramento della valutazione della qualità dell'insegnamento scolastico nel modo seguente:1) Sostenendo ed eventualmente istituendo sistemi trasparenti di valutazione della qualità al fine di:a) garantire un'istruzione di qualità, promuovendo nel contempo l'inclusione sociale e pari opportunità per ragazze e ragazzi;b) salvaguardare la qualità dell'insegnamento scolastico come base per l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita;c) incoraggiare l'autovalutazione da parte degli istituti scolastici come metodo per fare delle scuole un luogo di apprendimento e di perfezionamento, associando con equilibrio autovalutazione e valutazione esterna;d) utilizzare le tecniche volte a migliorare la qualità in quanto strumento per meglio adeguarsi alle esigenze di un mondo in rapida e continua evoluzione;e) chiarire lo scopo e le condizioni dell'autovalutazione delle scuole e far sì che l'approccio a tale autovalutazione sia coerente con altre forme di regolamentazione;f) sviluppare la valutazione esterna allo scopo di fornire un sostegno metodologico all'autovalutazione e fornire un'analisi esterna della scuola che incentivi un processo costante di miglioramento, facendo attenzione a non limitarsi al solo controllo amministrativo.2) Incoraggiando ed eventualmente sostenendo la partecipazione di tutti gli operatori scolastici, compresi docenti, alunni, direzione, genitori ed esperti, al processo di valutazione esterna e di autovalutazione nelle scuole per favorire la condivisione della responsabilità del miglioramento della scuola.3) Sostenendo la formazione alla gestione e all'utilizzazione di strumenti di autovalutazione allo scopo di:a) far sì che l'autovalutazione scolastica diventi effettivamente uno strumento per rafforzare la capacità delle scuole di perfezionarsi;b) garantire un'efficace divulgazione di esperienze positive e di nuove modalità di autovalutazione.4) Sostenendo la capacità delle scuole di apprendere l'una dall'altra a livello nazionale ed europeo al fine di:a) individuare e divulgare esperienze positive e validi strumenti, quali indicatori e parametri nel settore della valutazione della qualità dell'insegnamento scolastico;b) costituire reti tra le scuole, a tutti i livelli appropriati, che consentano di aiutarsi a vicenda e forniscano un impulso esterno al processo valutativo.5) Favorendo la collaborazione tra tutte le autorità competenti per la valutazione della qualità dell'insegnamento scolastico e promuovendone il collegamento in una rete europea.Tale collaborazione potrebbe riguardare i seguenti aspetti:a) scambio di informazioni ed esperienze, specie su sviluppi metodologici ed esempi di esperienze positive, in particolare avvalendosi delle moderne tecnologie dell'informazione e della comunicazione e, se del caso, tramite l'organizzazione di conferenze, seminari e gruppi di lavoro europei;b) raccolta di dati ed elaborazione di strumenti quali indicatori e parametri di particolare importanza per la valutazione della qualità delle scuole;c) pubblicazione dei risultati della valutazione dell'insegnamento scolastico conformemente alle pertinenti politiche dei singoli Stati membri e dei loro istituti di insegnamento, da mettere a disposizione delle autorità competenti degli Stati membri;d) promozione dei contatti tra esperti per costruire la competenza europea in questo campo;e) utilizzazione dei risultati di indagini internazionali per lo sviluppo della valutazione della qualità negli istituti scolastici.II. INVITANO LA COMMISSIONE:1) a favorire, in stretta collaborazione con gli Stati membri e sulla base dei programmi comunitari esistenti, la collaborazione di cui ai precedenti punti 4 e 5 della parte I, prevedendo anche la partecipazione delle pertinenti organizzazioni e associazioni che dispongano della necessaria esperienza in materia.In tale contesto, la Commissione dovrebbe assicurare che la competenza della rete Euridice di cui all'azione 6.1 del programma Socrate sia sfruttata appieno;2) a predisporre sulla base dei programmi comunitari esistenti, una banca dati per la divulgazione di mezzi e strumenti efficaci di valutazione della qualità delle scuole, che contenga anche esempi di esperienze positive effettuate in questo campo e che sia accessibile su Internet, assicurandone un uso interattivo;3) ad utilizzare le risorse disponibili nell'ambito dei programmi comunitari esistenti, a integrare l'esperienza acquisita in tali programmi e a sviluppare le reti esistenti;4) a redigere, come primo passo, un inventario degli strumenti e delle strategie per la valutazione della qualità dell'insegnamento primario e secondario già utilizzati nei vari Stati membri. Quando sarà stato redatto l'inventario, la Commissione elaborerà con gli Stati membri le ulteriori iniziative appropriate. Il Parlamento europeo, il Consiglio, il Comitato economico e sociale ed il Comitato delle regioni dovranno essere regolarmente tenuti informati su tali iniziative;5) a presentare ogni tre anni al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni una relazione dettagliata basata sui contributi degli Stati membri, relativa all'attuazione della presente raccomandazione;6) a redigere conclusioni e a presentare proposte in base a queste relazioni.Fatto a Bruxelles, addì 12 febbraio 2001.Per il Parlamento europeoLa PresidenteN. FontainePer il ConsiglioIl PresidenteT. Östros(1) GU C 168 del 16.6.2000, pag. 30.(2) GU C 317 del 6.11.2000, pag. 56.(3) Parere del Parlamento europeo, del 6 luglio 2000 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), posizione comune del Consiglio, del 9 novembre 2000 (GU C 375 del 28.12.2000, pag. 38) e decisione del Parlamento europeo, del 16 gennaio 2001 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(4) GU L 72 del 21.3.2000, pag. 15.(5) GU L 270 del 7.10.1998, pag. 56.(6) GU L 28 del 3.2.2000, pag. 1.(7) GU C 1 del 3.1.1998, pag. 4.
Valutazione della qualità dell’insegnamento scolastico QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE? Essa punta a favorire la creazione di una rete tra le autorità degli Stati dell’UE al fine di sviluppare pratiche e strumenti per la valutazione della qualità dell’insegnamento scolastico. PUNTI CHIAVE Sebbene non si possa definire la qualità di un sistema scolastico in termini assoluti, è comunque possibile fissare degli obiettivi e analizzare i modi per raggiungerli. Gli obiettivi comprendono comunque la lotta all’abbandono prematuro degli studi e all’esclusione sociale in generale; la raccomandazione distingue due forme di valutazione qualitativa:valutazione esterna eautovalutazione. La raccomandazione invita i soggetti coinvolti nel sistema scolastico (docenti, alunni, genitori ed esperti) a prendere parte ai processi di autovalutazione e di valutazione esterna. Vi si afferma che lo scopo della valutazione esterna è quello di fornire un sostegno metodologico all’autovalutazione e una visione obiettiva della scuola. Una delle caratteristiche principali del sistema di istruzione europeo è la sua diversificazione. Di conseguenza non è possibile definire metodi di valutazione standard che possano essere applicati a tutti gli Stati membri. Ogni valutazione qualitativa a livello dell’Unione europea deve prendere in considerazione i fattori politici, storici e socioculturali specifici di ciascuno Stato membro. La raccomandazione evidenzia il fatto che la condivisione delle informazioni costituisce la maggior parte del valore aggiunto dell’Unione europea. Lo scambio di informazioni dovrebbe concentrarsi in particolare sugli sviluppi metodologici e sugli esempi di buone pratiche, in particolare:attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie;tramite l’organizzazione di conferenze, seminari e raccolte di dati;con l’elaborazione di strumenti e la pubblicazione dei risultati. Il Parlamento europeo e il Consiglio invitano la Commissione europea a:creare una banca dati su Internet per la divulgazione di mezzi, esempi di buone pratiche e strumenti efficaci di valutazione della qualità delle scuole;redigere un inventario degli strumenti e delle strategie per la valutazione della qualità dell’insegnamento primario e secondario già utilizzati nei vari Stati membri;incorporare i risultati ottenuti nei programmi esistenti e sviluppare le reti esistenti;presentare una relazione ogni tre anni al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato europeo delle regioni;formulare proposte in base a queste relazioni. Conclusioni del Consiglio del 2014Nelle conclusioni del maggio 2014, i ministri per l’istruzione degli Stati membri hanno sottolineato l’importante ruolo svolto dai meccanismi di garanzia della qualità nell’aiutare gli istituti di istruzione nonché i responsabili politici a fornire istruzione e formazione di qualità. Un’istruzione e una formazione di qualità sono di importanza vitale ai fini dell’occupabilità, dell’inclusione sociale e dello sviluppo economico. I ministri hanno sottolineato l’importanza di adottare approcci alla garanzia della qualità basati su principi che vadano oltre l’impostazione «elenco di controllo» a favore dello sviluppo di una cultura del miglioramento della qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento. Studi Nel 2015 sono stati pubblicati due studi sull’argomento:una relazione di eurydice che rivede le modalità in cui 32 Paesi europei valutano la qualità dei loro istituti scolastici, mettendo a confronto gli approcci, le strutture e il ruolo svolto dai sistemi di valutazione scolastica; uno studio comparativo della Commissione europea sulla garanzia della qualità nei sistemi di istruzione scolastica dell’Unione europea. Esso riguarda le politiche di garanzia della qualità, le procedure, le attività e le pratiche ai livelli primario, secondario inferiore e secondario superiore. Lo studio considera il modo in cui le azioni dell’UE in questo campo possano aggiungere valore a ciò che accade a livello nazionale. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:Istruzione: definizione degli obiettivi e misurazione dei progressi compiuti (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Raccomandazione 2001/166/EC del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 febbraio 2001, sulla collaborazione europea per la valutazione della qualità dell’insegnamento scolastico (GU L 60 dell’1.3.2001, pag. 51). DOCUMENTI CORRELATI Conclusioni del Consiglio, del 20 maggio 2014, sulla garanzia della qualità a sostegno dell’istruzione e della formazione (GU C 183 del 14.6.2014, pag. 30).
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32001L0113
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DIRETTIVA 2001/113/CE DEL CONSIGLIO del 20 dicembre 2001 relativa alle confetture, gelatine e marmellate di frutta e alla crema di marroni destinate all'alimentazione umana IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando quanto segue: (1) Occorre semplificare talune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari per tener conto unicamente dei requisiti fondamentali cui devono rispondere i prodotti disciplinati da tali direttive, affinché essi possano circolare liberamente nel mercato interno, conformemente alle conclusioni elaborate dal Consiglio europeo di Edimburgo dell'11-12 dicembre 1992, confermate dal Consiglio europeo di Bruxelles del 10-11 dicembre 1993. (2) La direttiva 79/693/CEE del Consiglio, del 24 luglio 1979, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti le confetture, gelatine e marmellate di frutta nonché la crema di marroni (4), è stata motivata dal fatto che disparità tra le legislazioni nazionali concernenti detti prodotti potevano creare condizioni di concorrenza sleale con la conseguenza di trarre in inganno il consumatore e avevano quindi un'incidenza diretta sull'instaurazione e il funzionamento del mercato comune. (3) Con detta direttiva si è mirato quindi a fissare definizioni e norme comuni per la composizione, le caratteristiche di fabbricazione e l'etichettatura di detti prodotti, al fine di garantirne la libera circolazione all'interno della Comunità. (4) La direttiva 79/693/CEE dovrebbe essere adeguata alla legislazione comunitaria generale applicabile a tutti i prodotti alimentari, in particolare a quella relativa all'etichettatura, ai coloranti, agli edulcoranti e agli altri additivi autorizzati e, per motivi di chiarezza, dovrebbe essere rifusa in un nuovo testo al fine di rendere più accessibili le norme relative alle condizioni di produzione e di immissione in commercio delle confetture, gelatine e marmellate di frutta e alla crema di marroni. (5) Le regole generali sull'etichettatura dei prodotti alimentari, enunciate dalla direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5), dovrebbero applicarsi fatte salve alcune condizioni. (6) Onde tener conto delle diverse tradizioni nazionali esistenti nella fabbricazione delle confetture, gelatine e marmellate, nonché della crema di marroni, è opportuno mantenere le disposizioni nazionali esistenti che autorizzano l'immissione in commercio dei prodotti che presentano un tenore ridotto di zucchero. (7) Secondo i principi di sussidiari età e di proporzionalità definiti dall'articolo 5 del trattato, l'obiettivo di stabilire definizioni e regole comuni per i prodotti interessati e di allineare le disposizioni alla normativa comunitaria generale sui prodotti alimentari non può essere sufficientemente realizzato dagli Stati membri e può dunque, data la natura della presente direttiva, essere realizzato meglio a livello comunitario. La presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo. (8) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate in base alla decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (6). (9) Per evitare che si creino nuovi ostacoli alla libera circolazione, occorre che gli Stati membri non adottino, per i prodotti indicati, disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 La presente direttiva si applica ai prodotti definiti nell'allegato I. Essa non si applica ai prodotti destinati alla fabbricazione dei prodotti da forno fini, pasticceria o biscotteria. Articolo 2 La direttiva 2000/13/CE si applica ai prodotti definiti nell'allegato I, alle condizioni in appresso: 1) Le denominazioni di vendita previste dall'allegato I sono riservate ai prodotti in esso definiti e sono utilizzate nel commercio per designarli. Tuttavia le denominazioni di cui all'allegato I possono essere utilizzate a titolo complementare e conformemente agli usi per designare altri prodotti che non possono essere confusi con i prodotti definiti nell'allegato I. 2) La denominazione di vendita è completata dall'indicazione del frutto o dei frutti utilizzati in ordine decrescente rispetto al peso delle materie prime utilizzate. Tuttavia, per i prodotti ottenuti da tre o più frutti, l'indicazione dei frutti utilizzati può essere sostituita dalla dicitura «frutti misti», da un'indicazione simile o da quella del numero di frutti utilizzati. 3) L'etichettatura indica il contenuto di frutta mediante la dicitura «… grammi di frutta per 100 grammi» di prodotto finito, se del caso previa detrazione del peso dell'acqua utilizzata per la preparazione degli estratti acquosi. 4) L'etichettatura indica il tenore totale di zuccheri mediante la dicitura «zuccheri … grammi per 100 grammi»; la cifra indicata rappresenta il valore rifratto metrico del prodotto finito, determinato a 20 °C, con una tolleranza di ± 3 gradi rifratto metrici. Tuttavia, tale indicazione non deve essere riportata allorché un'informazione nutrizionale sugli zuccheri figura nell'etichettatura in applicazione della direttiva 90/496/CEE (7). 5) Le indicazioni di cui al punto 3 e al punto 4, primo comma, figurano, a caratteri chiaramente leggibili, nello stesso campo visivo della denominazione di vendita. 6) Allorché il tenore residuo di anidride solforosa è superiore a 10 mg/kg, la sua presenza deve essere menzionata nell'elenco degli ingredienti in deroga all'articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 2000/13/CE. Articolo 3 Per i prodotti di cui all'allegato I, gli Stati membri si astengono dall'adottare disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva. Articolo 4 Fatte salve la direttiva 89/107/CEE (8) o le disposizioni adottate ai fini della sua attuazione, per la fabbricazione dei prodotti definiti nell'allegato I possono essere utilizzati soltanto gli ingredienti di cui all'allegato II e le materie prime conformi all'allegato III. Articolo 5 Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva concernenti i punti citati in seguito sono adottate conformemente alla procedura di regolamentazione di cui all'articolo 6, paragrafo 2: — gli adeguamenti della presente direttiva alle disposizioni comunitarie generali in materia di prodotti alimentari, — gli adeguamenti al progresso tecnico. Articolo 6 1. La Commissione è assistita dal comitato permanente per i prodotti alimentari (in seguito denominato «il comitato») istituito dall'articolo 1 della decisione 69/414/CEE (9). 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE. Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. 3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno. Articolo 7 La direttiva 79/693/CEE è abrogata a decorrere dal 12 luglio 2003. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva. Articolo 8 Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 12 luglio 2003. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Le disposizioni sono applicate in modo da: — autorizzare l'immissione in commercio dei prodotti definiti nell'allegato I se rispondono alle definizioni e alle norme previste dalla presente direttiva, a decorrere dal 12 luglio 2003, — vietare l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva, a decorrere dal 12 luglio 2004. Tuttavia, l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva, ma etichettati anteriormente al 12 luglio 2004 in conformità della direttiva 79/693/CEE, è autorizzata fino allo smaltimento delle scorte. Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui al primo comma, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento al momento della loro pubblicazione ufficiale. La procedura da seguire per il riferimento è adottata dagli Stati membri. Articolo 9 La presente direttiva entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Articolo 10 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 2001. Per il Consiglio Il Presidente C. PICQUÉ (1) GU C 231 del 9.8.1996, pag. 27. (2) GU C 279 dell'1.10.1999, pag. 95. (3) GU C 56 del 24.2.1997, pag. 20. (4) GU L 205 del 13.8.1979, pag. 5. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 88/593/CEE (GU L 318 del 25.11.1988, pag. 44). (5) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29. (6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (7) GU L 276 del 6.10.1990, pag. 40. (8) GU L 40 dell'11.12.1989, pag. 27. Direttiva modificata dalla direttiva 94/34/CE (GU L 237 del 10.9.1994, pag. 1). (9) GU L 291 del 19.11.1969, pag. 9. ALLEGATO I DENOMINAZIONI E DEFINIZIONI DEI PRODOTTI I. DEFINIZIONI — La «confettura» è la mescolanza, portata alla consistenza gelificata appropriata, di zuccheri, polpa e/o purea di una o più specie di frutta e acqua. Per gli agrumi, tuttavia, la confettura può essere ottenuta dal frutto intero tagliato e/o affettato. La quantità di polpa e/o purea utilizzata per la fabbricazione di 1 000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a: — 350 g in generale, — 250 g per ribes rosso, sorbe, olivello spinoso, ribes nero, cinorrodi e cotogne, — 150 g per lo zenzero, — 160 g per il pomo di acagiù, — 60 g per il frutto di granadiglia. — La «confettura extra» è la mescolanza, portata alla consistenza gelificata appropriata, di zuccheri e di polpa non concentrata di una o più specie di frutta e acqua. Tuttavia, la confettura extra di cinorrodi e la confettura extra senza semi di lamponi, more, ribes neri, mirtilli e ribes rossi può essere ottenuta parzialmente o totalmente dalla purea non concentrata di queste specie di frutta. Per gli agrumi, la confettura extra può essere ottenuta dal frutto intero tagliato e/o affettato. I frutti seguenti mescolati ad altri non possono essere impiegati per la produzione di confetture extra: mele, pere, prugne a nocciolo aderente, meloni, angurie, uva, zucche, cetrioli e pomodori. La quantità di polpa utilizzata per la fabbricazione di 1 000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a: — 450 g in generale, — 350 g per ribes rosso, sorbe, olivello spinoso, ribes nero, cinorrodi e cotogne, — 250 g per lo zenzero, — 230 g per il pomo di acagiù, — 80 g per il frutto di granadiglia. — La «gelatina» è la mescolanza, sufficientemente gelificata, di zuccheri e del succo e/o estratto acquoso di una o più specie di frutta. La quantità di succo e/o estratto acquoso utilizzata per la fabbricazione di 1 000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a quella fissata per la produzione della confettura. Dette quantità sono calcolate previa detrazione del peso dell'acqua impiegata per la preparazione degli estratti acquosi. — Tuttavia, nel caso della «gelatina extra», la quantità di succo di frutta e/o estratto acquoso utilizzata per la fabbricazione di 1 000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a quella fissata per la produzione della confettura extra. Dette quantità sono calcolate previa detrazione del peso dell'acqua impiegata per la preparazione degli estratti acquosi. I frutti seguenti mescolati ad altri non possono essere utilizzati per la produzione della gelatina extra: mele, pere, prugne a nocciolo aderente, meloni, angurie, uva, zucche, cetrioli e pomodori. — La «marmellata» è la mescolanza, portata alla consistenza gelificata appropriata, di acqua, zuccheri e di uno o più dei seguenti prodotti, ottenuti a partire da agrumi: polpa, purea, succo, estratti acquosi e scorze. La quantità di agrumi impiegata nella fabbricazione di 1 000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a 200 g, di cui almeno 75 g ottenuti dall'endocarpo. — La denominazione «marmellata-gelatina» designa il prodotto esente totalmente da sostanze insolubili, salvo eventualmente esigue quantità di scorza finemente tagliata. — La «crema di marroni» è la mescolanza, portata alla consistenza appropriata, di acqua, zuccheri e non meno di 380 g di purea di marroni (di Castanea Sativa) per 1 000 g di prodotto finito. II. I prodotti definiti nella parte I devono presentare un tenore di sostanza secca solubile, determinata al rifrattometro, uguale o superiore al 60 %, eccettuati i prodotti nei quali gli zuccheri sono stati totalmente o parzialmente sostituiti da edulcoranti. Fatto salvo l'articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2000/13/CE, gli Stati membri possono, tuttavia, autorizzare, per tener conto di taluni casi particolari, le denominazioni riservate per i prodotti definiti nella parte I, che presentano un tenore di sostanza secca solubile inferiore al 60 %. III. In caso di mescolanza, i tenori minimi fissati nella parte I, per le diverse specie di frutta sono ridotti in proporzione alle percentuali impiegate. ALLEGATO II Ai prodotti definiti nell'allegato I possono essere addizionati i seguente ingredienti: — miele, come definito nella direttiva 2001/110/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, relativa al miele (1): in tutti i prodotti in cui sostituisce totalmente o parzialmente gli zuccheri, — succo di frutta: solo nella confettura, — succo di agrumi: nei prodotti ottenuti da altri frutti: solo nella confettura, confettura extra, gelatina e gelatina extra, — succo di piccoli frutti rossi: solo nella confettura e confettura extra prodotte con cinorrodi, fragole, lamponi, uva spina, ribes rossi, prugne e rabarbaro, — succo di barbabietole rosse: solo nella confettura e gelatina prodotte con fragole, lamponi, uva spina, ribes rossi e prugne, — oli essenziali di agrumi: solo nelle marmellate e nelle marmellate-gelatine, — oli e grassi commestibili in quanto agenti antischiumogeni: in tutti i prodotti, — pectina liquida: in tutti i prodotti, — scorze di agrumi: nella confettura, confettura extra, gelatina e gelatina extra, — foglie di Pelargonium odoratissimum: nella confettura, confettura extra, gelatina e gelatina extra, quando sono ottenute da cotogne, — sostanze alcoliche, vino e vino liquoroso, noci, erbe aromatiche, spezie, vaniglia ed estratti di vaniglia: in tutti i prodotti, — vanillina: in tutti i prodotti. (1) Vedi pagina 47 della presente Gazzetta ufficiale. ALLEGATO III A. DEFINIZIONI Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni. 1) Frutto: — freschi, sani, esenti da qualsiasi alterazione, non privati di alcuno dei suoi componenti essenziali, giunti al grado di maturazione adeguato, dopo pulitura, mondatura e spuntatura, — sono equiparati alla frutta, ai fini della presente direttiva, i pomodori, le parti commestibili dei fusti del rabarbaro, le carote, le patate dolci, i cetrioli, le zucche, i meloni e le angurie, — il termine «zenzero» designa le radici commestibili dello zenzero, conservate o fresche. Lo zenzero può essere essiccato o conservato nello sciroppo. 2) Polpa (di frutta): si intende la parte commestibile del frutto intero, eventualmente sbucciato o privato dei semi; tale parte commestibile può essere tagliata in pezzi o schiacciata, ma non ridotta in purea. 3) Purea (di frutta): si intende la parte commestibile del frutto intero, se necessario sbucciato o privato dei semi; tale parte commestibile è ridotta in purea mediante setacciatura o altro procedimento simile. 4) Estratto acquoso (di frutta): si intende l'estratto acquoso di frutta che, fatte salve le perdite inevitabili dovute alle buone pratiche di fabbricazione, contiene tutti i costituenti solubili nell'acqua della frutta utilizzata. 5) Zuccheri Sono autorizzati: 1) gli zuccheri definiti nella direttiva 2001/111/CE (1); 2) lo sciroppo di fruttosio; 3) gli zuccheri estratti dalla frutta; 4) lo zucchero bruno. B. TRATTAMENTO DELLE MATERIE PRIME 1. I prodotti definiti nella parte A, punti da 1 a 4, possono subire i trattamenti seguenti: — trattamenti mediante il calore o il freddo, — liofilizzazione, — concentrazione, sempreché vi si prestino tecnicamente, — eccettuate le materie prime utilizzate per la fabbricazione di prodotti «extra»: uso di anidride solforosa (E 220) o di sali (E 221, E 222, E 223, E 224, E 226 e E 227) come ausilio per la fabbricazione, purché il tenore massimo di anidride solforosa fissato nella direttiva 95/2/CE non sia superato nei prodotti definiti nell'allegato I, parte I (Definizioni). 2. Le albicocche e le prugne destinate alla fabbricazione di confettura possono anche subire trattamenti di disidratazione diversi dalla liofilizzazione. 3. Le scorze di agrumi possono essere conservate in salamoia. (1) Vedi pagina 53 della presente Gazzetta ufficiale.
Marmellate e confetture La composizione e l’etichettatura delle confetture e della crema di marroni sono soggette a norme specifiche per quanto concerne il contenuto di frutta e zucchero, il tenore residuo di anidride solforosa e altri additivi. ATTO Direttiva 2001/113/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, relativa alle confetture, gelatine e marmellate di frutta e alla crema di marroni destinate all’alimentazione umana [Cfr. atti modificativi]. SINTESI La presente direttiva si applica alla confettura, alla confettura extra, alla gelatina, alla gelatina extra, alla marmellata, alla marmellata-gelatina e alla crema di marroni. La direttiva non si applica ai prodotti destinati alla fabbricazione dei prodotti da forno fini, pasticceria o biscotteria. I prodotti in questione sono definiti in base alla loro composizione per favorire un utilizzo commerciale corretto e non ingannevole delle loro denominazioni. La denominazione è completata dall'indicazione del frutto o dei frutti utilizzati, in ordine decrescente rispetto al peso delle materie prime utilizzate. Tuttavia, per i prodotti ottenuti da tre o più frutti, l’indicazione dei frutti utilizzati può essere sostituita dalla dicitura frutti misti, da un’indicazione simile o da quella del numero di frutti utilizzati. Inoltre, l’etichettatura delle confetture, delle gelatine, delle marmellate e della crema di marroni deve riportare: il tenore di frutta per 100 grammi di prodotto; il tenore totale di zucchero allorché nessuna informazione nutrizionale sugli zuccheri figura nell’etichettatura in applicazione della direttiva 90/496/CEE; il tenore residuo di anidride solforosa se è superiore a 10 mg/kg. L’allegato II della direttiva stabilisce una lista degli additivi autorizzati come il miele, lo zucchero, i succhi di frutta e alcune sostanze alcoliche. Gli Stati membri non possono ostacolare la commercializzazione dei prodotti conformi alle disposizioni della presente direttiva. Contesto La presente direttiva rientra in un quadro di semplificazione di alcune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari. Essa tiene conto della direttiva sull’etichettatura e pubblicità dei prodotti alimentari. RIFERIMENTI Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2001/113/CE 12.1.2002 11.7.2003 GU L 10 del 12.1.2002 Atto(i) modificatore(i) Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2004/84/CE 12.7.2004 - GU L 219 del 19.6.2004 Regolamento (CE) n. 1182/2007 6.11.2007 - GU L 273 del 17.10.2007 Le modifiche e correzioni successive della direttiva 2001/113/CE sono state integrate nel testo di base. Questa versione consolidata ha unicamente un valore documentale. ATTI COLLEGATI Regolamento (UE) n. 1021/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, recante modifica delle direttive 1999/4/CE e 2000/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e delle direttive 2001/111/CE, 2001/113/CE e 2001/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le competenze da conferire alla Commissione [Gazzetta ufficiale L 287 del 29.10.2013]. Il presente regolamento allinea gli attuali poteri di attuazione della Commissione stabiliti nelle cinque direttive sulla colazione, con il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), specificatamente con l'articolo 290 che consente alla Commissione di adottare atti delegati.
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Atto relativo all'elezione dei rappresentanti nell'assemblea a suffragio universale diretto Gazzetta ufficiale n. L 278 del 08/10/1976 pag. 0005 - 0011 ++++ATTO relativo all ' elezione dei rappresentanti nell ' Assemblea a suffragio universale diretto Articolo 1 I rappresentanti , all ' Assembla , dei popoli degli Stati riuniti nella Comunità sono eletti a suffragio universale diretto . Articolo 2 Il numero dei rappresentanti eletti in ogni Stato membro è fissato come segue : Belgio : 24 , Danimarca : 16 , Germania : 81 , Francia : 81 , Irlanda : 15 , Italia : 81 . Lussemburgo : 6 , Paesi Bassi : 25 , Regno Unito : 81 . Articolo 3 1 . I rappresentanti sono eletti per un periodo di cinque anni . 2 . Tale periodo quinquennale inizia con l ' apertura delle prima sessione tenuta dopo ciascuna elezione . Esso può essere prolungato o abbreviato in applicazione dell ' articolo 10 , paragrafo 2 , seconda comma . 3 . Il mandato di ogni rappresentante inizia e scade contemporaneamente al periodo di cui al paragrafo 2 . Articolo 4 1 . I rappresentanti votano individualmente e personalmente . Non possono essere vincolati da istruzioni nù ricevere mandato imperativo , 2 . I rappresentanti beneficiano dei privilegi e delle immunità applicabili ai membri dell ' Assemblea in virtù del protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee allegato al trattato che istituisce un Consiglio unico ed una Commissione unica delle Comunità europee . Articolo 5 La carica da rappresentante all ' Assemblea è compatibile con quella di membro del Parlamento di uno Stato membro , Articolo 6 1 . La carica di rappresentante all ' Assembla è incompatibile con quella di : - membro del governo di uno Stato membro ; - membro della Commissione delle Comunità europee ; - giudice , avvocato generale o cancelliere della Corte di giustizia delle Comunità europee ; - membro della Corte dei conti delle Comunità europee ; - membro del comitato della Comunità europea del carbone e dell ' acciaio o membro del Comitato economico e sociale della Comunità economica europea e della Comunità europea dell ' energia atomica ; - membro dei comitati od organismi creati in virtù o in applicazione dei tratti che istituiscono la Comunità europea del carbone e dell ' acciaio , la Comunità economica europea e la Comunità europea dell ' energia atomica , per provvedere all ' amministrazione di fondi delle Comunità o all ' espletamento di un compito permanente e diritto di gestione amministrativa ; - membro del consiglio d ' amministrazione , del comitato direttivo ovvero impiegato della Banca europea per gli investimenti ; - funzionario o agente , in attività di servizio , delle Istituzioni delle Comunità europee o degli organismi specializzati che vi si ricollegano . 2 . Ogni Stato membro può inoltre fissare le incompatibilit applicabili sul piano nazionale , alle condizioni di cui all ' articolo 7 , paragrafo 2 , 3 . I rappresentanti all ' Assemblea ai quali , nel corso del periodo quinquennale di cui all ' articolo 3 , sono applicabili i paragrafi 1 e 2 , sono sostituiti conformemente all ' articolo 12 . Articolo 7 1 . Conformemente all ' articolo 21 , paragrafo 3 , del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell ' acciaio , dell ' articolo 138 , paragrafo 3 , del trattato che istituisce la Comunità economica europea e dell ' articolo 108 , paragrafo 3 , del trattato che istituisce la Comunità europea dell ' energia atomica , l ' Assemblea elabora un progetto di procedura elettorale uniforme . 2 . Fino all ' entrata in vigore di una procedura elettorale uniforme , e con riserva delle altre disposizioni del presente atto , la procedura elettorale è disciplinata in ciascuno Stato membro della disposizioni nazionali . Articolo 8 Per l ' elezione dei rappresentanti all ' Assemblea ciascun elettore può votare una sola volta . Articolo 9 1 . L ' elezione per l ' Assemblea ha luogo alla data fissata da ciascuno Stato membro ; tale data deve cadere per tutti gli Stati membri entro uno stesso lasso di tempo compreso tra la mattina del giovedì e la domenica immediatamente successiva . 2 . Le operazioni di spoglio delle schede di voto possono avere inizio soltanto dopo la chiusura dei seggi nello Stato membro in cui gli elettori votano per ultimi nel periodo di cui al paragrafo 1 . 3 . Qualora uno Stato membro adotti per l ' elezione all ' Assemblea uno scrutinio a due taluni , il primo turno dovrà avvenire nel periodo previsto al paragrafo 1 . Articolo 10 1 . Il periodo di cui all ' articolo 9 , paragrafo 1 , è precisato , per la prima elezione , dal Consiglio , che delibera all ' unanimità , previa consultazione dell ' Assemblea . 2 . Le elezioni successive hanno luogo nello stesso periodo dell ' ultimo anno del periodo quinquennale di cui all ' articolo 3 . Qualora si riveli impossibile tenere le elezioni nella Comunità nel corso di detto periodo , il Consiglio , che delibera all ' unanimità , previa consultazione dell ' Assemblea , fissa un altro periodo che , al massimo , può essere anteriore o posteriore di un mese al periodo di cui al comma precedente . 3 . Fatti salvi l ' articolo 22 del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell ' acciaio , l ' articolo 139 del trattato che istituisce la Comunità economica europea e l ' articolo 109 del trattato che istituisce la Comunità europea dell ' energia atomica , l ' Assemblea si riunisce di diritto il primo martedì successivo alla scadenza del termine di un mese dalla fine del periodo di cui all ' articolo 9 , paragrafo 1 . 4 . L ' Assemblea uscente decade al momento della prima sessione della nuova Assemblea . Articolo 11 Fino all ' entrata in vigore della procedura uniforme prevista all ' articolo 7 , paragrafo 1 , l 'Assemblea verifica i poteri dei rappresentanti . A tal fine , essa prende atto dei risultati proclamati ufficialmente dagli Stati membri , e decide sulle contestazioni che potrebbero essere eventualmente presentate in base alle disposizioni del presente atto , fatta eccezione delle disposizioni nazionali cui tale atto rinvia . Articolo 12 1 . Fino all ' entrata in vigore della procedura uniforme prevista all ' articolo 7 , paragrafo 1 , e con riserva delle altre disposizioni del presente atto , ciascuno Stato membro stabilisce le opportune procedure per coprire i seggi , resisi vacanti durante il periodo quinquennale di cui all ' articolo 3 , per la restante durata di detto periodo . 2 . Quando la vacanza risulta dall ' applicazione delle disposizioni nazionali in vigore in uno Stato membro , quest ' ultimo ne informa l ' Assemblea che ne prende atto . In tutti gli casi , l ' Assemblea costata la vacanza e ne informa lo Stato membro . Articolo 13 Qualora risultino necessarie misure per l ' applicazione del presente atto il Consiglio , deliberando all ' unanimità su proposta dell ' Assemblea e previa consultazione della Commissione , adotta tali misure , dopo avere cercato un accordo con l' Assemblea nell ' ambito di una Commissione di concentrazione che riunisca il Consiglio e i rappresentanti dell ' Assemblea . Articolo 14 L ' articolo 21 , paragrafi 1 e 2 , del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell ' acciaio , l ' articolo 138 , paragrafi 1 e 2 , del trattato che istituisce la Comunità economica europea nonchù l ' articolo 108 , paragrafi 1 e 2 , del trattato che istituisce la Comunità europea dell ' energia atomica decadono alla data delle sessione tenuta , conformemente all ' articolo 10 , paragrafo 3 , della prima Assemblea eletta in applicazione del presente atto . Articolo 15 Il presente atto è redatto nelle lingue danese , francese , inglese , irlandese , italiana , olandese e tedesca , tutti i testi facenti ugualmente fede . Gli allegati I , II e III formano parte integrante del presente atto . È unita una dichiarazione del governo della Repubblica federale di Germania . Articolo 16 Le disposizioni del presente atto entrano in vigore il primo giorno del mese successivo al ricevimento dell ' ultima notifica prevista dalla decisione . ALLEGATO I Le autorità danesi possono stabilire le date in cui si procederà , in Groenlandia , alle elezioni dei membri dell ' Assemblea . ALLEGATO II Il Regno Unito applicherà le disposizioni di questo atto soltanto nei confronti del Regno Unito . ALLEGATO III Dichiarazione ad articolo 13 Si conviene che , per la procedura da seguire nell ' ambito della Commissione di concertazione , si farà ricorso alle disposizioni dei paragrafi 5 , 6 e 7 della procedura stabilita mediante dichiarazione comune del Parlamento europeo , del Consiglio e della Commissione in data 4 marzo 1975 ( 1 ) . ( 1 ) GU n . C 89 del 22 . 4 . 1975 , pag . 1 . Dichiarazione del governo della Repubblica federale di Germania Il governo della Repubblica federale di Germania dichiara che l ' atto relativo all ' elezione a suffragio universale diretto dei membri del Parlamento europeo è applicabile anche al Land di Berlino . Tenendo conto dei diritti e responsabilità della Francia , del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e degli Stati Uniti d ' America , la Camera dei deputati di Berlino eleggerà i rappresentanti per i seggi che , nei limiti del contingente della Repubblica federale di Germania , spettano al Land di Berlino .
Il Parlamento europeo QUAL È LO SCOPO DEGLI ARTICOLI DEI TRATTATI DELL’UNIONE, DELL’ATTO E DELLA DECISIONE? L’articolo 14 del trattato sull’Unione europea e gli articoli 223 e 234 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) stabiliscono il suolo, le competenze, la composizione, il mandato e la procedura elettorale del Parlamento europeo (di seguito il Parlamento). La legge elettorale, che risale originariamente al 1976 ed è stata modificata più volte (in particolare in linea con le revisioni dei trattati dell’Unione e l’adesione di nuovi Stati membri dell’Unione), stabilisce le regole per l’elezione dei membri del Parlamento (deputati ) con suffragio universale diretto. La decisione (UE, Euratom) 2018/994 (non ancora in vigore) aggiorna la legge elettorale del 1976 e mira a:incoraggiare la partecipazione dei cittadini;rafforzare la dimensione europea delle elezioni;Adeguare le soglie elettorali; emigliorare la gestione delle elezioni, in particolare consentendo metodi di voto alternativi e semplificando la cooperazione tra le autorità nazionali. PUNTI CHIAVE Il Parlamento è l’unica istituzione dell’Unione europea (UE) eletto direttamente dai cittadini dell’Unione europea, per i cittadini dell’Unione europea. Esso rappresenta quasi 450 milioni di cittadini europei e in questo senso rappresenta il potere democratico. Ha la propria sede a Strasburgo, in Francia. I membri del Parlamento vengono eletti per un mandato di cinque anni tramite elezione diretta (dal 1979) con scrutinio segreto e in numero definito per ciascuno Stato membro. Il Parlamento, così come lo conosciamo oggi, è in realtà il risultato della fusione di tre precedenti assemblee: la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, la Comunità economica europea e la Comunità europea dell’energia atomica (Trattato di fusione, 1965 — si veda la sintesi). PoteriI poteri del Parlamento sono stati definiti tramite successive revisioni dei Trattati dell’Unione. Tali metodi comprendono:Poteri decisionali (poteri di delibera):esercizio di potere legislativo insieme al Consiglio nella maggior parte delle aree di competenza dell’Unione;Facoltà di richiedere alla Commissione europea di presentare una proposta di legge (Articolo 225 TFUE);prendere decisioni relativamente al bilancio dell’Unione insieme al Consiglio;le azioni esterne all’Unione europea (decisioni dell’Unione sulla conclusione di accordi esterni) richiedono il consenso o la consultazione del Parlamento. Poteri di controllo sulle istituzioni esecutive dell’Unione (Consiglio e Commissione) principalmente assicurando il controllo politico sulla Commissione (tramite una mozione di censura) o presentando interrogazioni orali o scritte al Consiglio. Il Parlamento può inoltre esercitare il proprio controllo sulle altre istituzioni dell’Unione europea come la Banca centrale europea (Articolo 284 TFUE). Poteri di nomina, partecipando alla designazione dei membri della Commissione, dei membri della Corte dei conti e del Mediatore europeo.CompetenzeLegislazioneSecondo la procedura legislativa ordinaria (Articolo 294 TFUE), il Parlamento si trova sullo stesso piano del Consiglio. Tale procedura è utilizzata nella maggior parte delle aree politiche tra cui:trasportiambienteagricolturasicurezza energeticaimmigrazionegiustiziasalute pubblica. Il Parlamento interviene sulle leggi adottate in base alla procedura legislativa speciale dando il proprio parere (procedura di consultazione) o il suo consenso (procedura di approvazione). L’approvazione da parte del Parlamento è necessaria per numerosi tipi di accordi con paesi terzi o organizzazioni internazionali, quali gli accordi di associazione o gli accordi nei settori contemplati dalla procedura legislativa ordinaria (ad esempio, accordi commerciali). Il Parlamento deve anche essere consultato in merito a tutti gli altri tipi di accordi internazionali (Articolo 218 TFUE).Bilancio Il Parlamento e il Consiglio operano su un piano di parità per l’intera procedura di approvazione del bilancio annuale dell’Unione europea. La procedura di bilancio consiste in una lettura unica del Parlamento e del Consiglio e sottoposta, se necessario, a un comitato di conciliazione per raggiungere un accordo su un testo congiunto (Articolo 314 TFUE). Supervisione dell’esecutivo Il Parlamento esercita una serie di controlli sulla Commissione, l’esecutivo dell’Unione europea:il Presidente della Commissione è eletto dal Parlamento su proposta del Consiglio europeo, e i risultati delle elezioni del Parlamento europeo devono essere presi in considerazione. l’inaugurazione della Commissione dipende dall’approvazione da parte del Parlamento. Tale approvazione comporta anche la nomina dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, che è contemporaneamente vice-presidente della Commissione europea; il Parlamento può anche forzare la Commissione a dimettersi, attraverso una mozione di sfiducia.Revisione dei trattatiIl Parlamento ha un diritto di iniziativa e può quindi proporre una revisione dei trattati (articolo 48 del TUE). Partecipa alla Convenzione che esamina i progetti presentati nell’ambito della procedura di revisione ordinaria dei trattati. Dev’essere consultato per la modifica dei trattati nell’ambito della procedura di revisione semplificata.Regole elettorali La legge elettorale dell’Unione del 1976 si basa su principi comuni dell’Unione, ma riconosce anche l’importanza delle norme nazionali nel campo delle procedure elettorali.I paesi dell’Unione devono utilizzare un sistema di voto proporzionale, ma sono liberi di utilizzare un sistema a scrutinio di lista o con voto singolo trasferibile. L’elezione si svolge a suffragio universale diretto, libero e segreto. Le persone possono votare una sola volta in una data elezione al Parlamento. Ciascuno Stato membro può stabilire una soglia massima per le spese dei candidati per la campagna. Gli Stati membri sono liberi di istituire circoscrizioni o di decidere come suddividere l’area elettorale, a condizione che sia mantenuta la natura proporzionale del sistema di voto. Sono inoltre liberi di fissare soglie per la ripartizione dei seggi non superiori al 5%. I membri del Parlamento votano su base individuale e personale. Non devono essere vincolati da alcuna istruzione né ricevere un mandato vincolante. Dalle elezioni del 2004, i deputati al Parlamento europeo non possono essere contemporaneamente membri del parlamento nazionale (a parte le eccezioni temporanee previste per il Regno Unito e l’Irlanda, ormai scadute). La carica di membro del Parlamento è inoltre ritenuta incompatibile con quella di membro del governo di un paese dell’Unione, membro della Commissione, giudice della Corte di giustizia dell’Unione europea, membro del consiglio di amministrazione della Banca centrale europea o della Banca europea per gli investimenti, membro della Corte dei conti, un membro del Comitato economico e sociale europeo o del Comitato europeo delle regioni, o di Mediatore. I paesi dell’Unione hanno le loro procedure per coprire un seggio quando diventa vacante a seguito delle dimissioni, del decesso o della revoca del mandato.La decisione (UE, Euratom) 2018/994, una volta approvata da ciascuno degli Stati membri in conformità con i rispettivi requisiti costituzionali, introdurrà le seguenti modifiche:quando si utilizza lo scrutinio di lista, gli Stati membri in questione fissano una soglia minima tra il 2 % e il 5 % di voti validamente espressi per l’attribuzione dei seggi nelle circoscrizioni con più di 35 seggi; il termine per la presentazione delle candidature è di almeno tre settimane prima della data fissata dallo Stato membro interessato per tenere le elezioni del Parlamento europeo; gli Stati membri possono consentire l’apposizione, sulle schede elettorali, del nome o del logo del partito politico europeo al quale è affiliato il partito politico nazionale o il singolo candidato; la possibilità di introdurre il voto elettronico e per corrispondenza, e la possibilità per gli Stati membri di adottare misure adeguate per consentire ai cittadini europei residenti in paesi terzi di votare alle elezioni del Parlamento europeo; le sanzioni per il doppio voto; La designazione di un’autorità di contatto in ciascuno Stato membro responsabile dello scambio di dati concernenti gli elettori e i candidati con le sue omologhe degli altri Stati membri.Composizione La ripartizione dei seggi tra gli Stati membri prende in considerazione una serie di fattori:deve mantenere una proporzionalità adeguata tra i seggi assegnati agli Stati membri e la loro popolazione; deve permettere al Parlamento di riflettere su importanti questioni politiche, anche per gli Stati membri meno popolati; il numero totale dei parlamentari non deve superare una certa soglia per non danneggiare l’efficacia del lavoro del Parlamento.Su iniziativa del Parlamento e con la sua approvazione, il Consiglio europeo adotta all’unanimità la decisione sulla composizione del Parlamento (Articolo 14(2) TUE). I trattati stabiliscono le regole di base che riguardano la composizione del Parlamento:Il Parlamento è composto da rappresentanti dei cittadini dell’Unione; il numero massimo di deputati è fissato a 750, oltre al Presidente del Parlamento europeo; la soglia minima di seggi per Stato membro è pari a sei; la soglia massima di seggi per Stato membro è 96; la ripartizione dei seggi dovrebbe essere basata sul principio della «proporzionalità decrescente», che significa che tanto più popolato è uno stato, tanti più deputati avrà a disposizione; il numero di cittadini rappresentati da un deputato di tale stato è proporzionalmente maggiore rispetto a uno stato meno popolato.TABELLA RIASSUNTIVA Trattato Articoli Oggetto Trattato sull’Unione europea (TUE) 14 Ruolo e composizione del Parlamento Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) 223, 224, 225, 226, 227, 228, 229, 230, 231, 232, 233, 234 Funzionamento e attribuzioni del Parlamento CONTESTO Dal 31 gennaio 2020, quando il Regno Unito ha lasciato ufficialmente l’Unione Europea (Brexit), i deputati al Parlamento europeo sono 705, una riduzione di 46 rispetto al numero precedente. DOCUMENTI PRINCIPALI Versione consolidata del Trattato sull’Unione europea — Titolo III — Disposizioni relative alle istituzioni Articolo 14 (GU C 202, 7.6.2016, pag. 22). Versione consolidata del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 1). Atto relativo all’elezione dei rappresentanti nell’assemblea a suffragio universale diretto (GU L 278 dell’8.10.1976, pag. 5). Si veda la versione consolidata. Decisione (UE, Euratom) 2018/994 del Consiglio, del 13 luglio 2018, che modifica l’atto relativo all’elezione dei membri del Parlamento europeo a suffragio universale diretto, allegato alla decisione 76/787/CECA, CEE, Euratom del Consiglio del 20 settembre 1976 (GU L 178 del 16.7.2018, pag. 1). Decisione 76/787/CECA, CEE, Euratom dei rappresentanti degli stati membri riuniti in sede di Consiglio concernente l’Atto relativo all’elezione dei rappresentanti nell’Assemblea a suffragio universale diretto (GU L 278 dell’8.10.1976, pag. 1). DOCUMENTI CORRELATI Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Protocollo (n. 6) sulle sedi delle istituzioni e di determinati organi, organismi e servizi dell’Unione europea (GU L 202 del 7.6.2016, pag. 265). Decisione (UE) 2018/937 del Consiglio europeo, del 28 giugno 2018, che stabilisce la composizione del Parlamento europeo (GU L 1651 del 2.7.2018, pag. 1).
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Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra il Canada e la Comunità europea Gazzetta ufficiale n. L 074 del 22/03/1996 pag. 0026 - 0033 ACCORDO di cooperazione scientifica e tecnologica tra il Canada e la Comunità europeaIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, a nome della Comunità europea, da una parte, e IL GOVERNO DEL CANADA, dall'altra, qui di seguito denominati le «parti»;CONSIDERANDO l'importanza che riveste la ricerca scientifica e tecnologica per il loro sviluppo economico e sociale;RICONOSCENDO che la Comunità europea, qui di seguito denominata «la Comunità», e il Canada stanno attuando programmi di ricerca e di sviluppo tecnologico in alcuni settori di interesse comune e che le parti possono trarre reciproco vantaggio agevolando ogni ulteriore cooperazione;PRESO ATTO dell'attiva cooperazione e dello scambio di informazioni che vi sono stati in alcuni settori scientifici e tecnologici nell'ambito dell'Accordo quadro tra le Comunità europee il Canada per la cooperazione commerciale ed economica sottoscritto nel 1976;VISTA la dichiarazione sulle relazioni Comunità europea-Canada, adottata il 22 novembre 1990, eDESIDEROSI di stabilire una base formale di cooperazione nel campo della ricerca scientifica e tecnologica, che consentirà di estendere e rafforzare le attività di cooperazione svolte in settori di interesse comune e di promuovere l'applicazione dei risultati di tale cooperazione a vantaggio del loro sviluppo economico e sociale,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1 Obiettivo L'obiettivo del presente Accordo è promuovere e agevolare la cooperazione tra la Comunità e il Canada nei settori d'interesse comune in cui le parti sostengono attività di ricerca e sviluppo volte a dare impulso al progresso scientifico e/o tecnologico nei suddetti settori.Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente Accordo, si intende per:a) «attività di cooperazione»: ogni attività svolta a norma del presente Accordo, ivi compresa la ricerca congiunta;b) «informazioni»: dati scientifici o tecnici, risultati di ricerca e sviluppo derivanti dalla ricerca congiunta e qualsiasi altra informazione che i partecipanti impegnati in una ricerca congiunta e, eventualmente, le parti stesse ritengano necessaria;c) «proprietà intellettuale»: la definizione che ne dà l'articolo 2 della Convenzione che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, firmata a Stoccolma il 14 luglio 1967;d) «ricerca congiunta»: ricerca condotta con il contributo finanziario di una delle due parti o di entrambe e che comporti la collaborazione dei partecipanti della Comunità e del Canada;e) «partecipante»: qualsiasi persona fisica o giuridica, università, istituto di ricerca o altro organismo o impresa, ivi comprese le parti stesse, che partecipi ad una attività di cooperazione.Articolo 3 Principi L'attività di cooperazione è svolta sulla base dei seguenti principi:a) la reciprocità dei vantaggi;b) lo scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sull'azione dei partecipanti nelle attività di cooperazione;c) nell'ambito delle vigenti disposizioni legislative e regolamentari, la tutela efficace della proprietà intellettuale e la distribuzione equa dei diritti di proprietà intellettuale, in conformità di quanto disposto nell'allegato che costituisce parte integrante del presente accordo; ed) l'equilibrio nella realizzazione di benefici economici e sociali da parte della Comunità e del Canada alla luce delle attività di cooperazione dei rispettivi partecipanti e/o delle parti.Articolo 4 Settori di cooperazione a) La cooperazione può essere perseguita nei seguenti settori:1) agricoltura e pesca;2) ricerca medica e sanitaria;3) energia non nucleare;4) ambiente, ivi compresa l'osservazione della Terra;5) foreste;6) tecnologie dell'informazione;7) tecnologie della comunicazione;8) telematica applicata allo sviluppo economico e sociale;9) trattamento dei minerali.b) A questo elenco si possono aggiungere altri settori in seguito a riesame e su raccomandazione del comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia in conformità delle vigenti procedure di ciascuna delle parti.Articolo 5 Modalità della cooperazione a) La cooperazione può comprendere le attività seguenti:1) la partecipazione di persone fisiche e giuridiche, comprese le parti stesse, università, istituti di ricerca, imprese ed altri organismi, a progetti di ricerca nella Comunità o nel Canada, conformemente alle procedure vigenti di ciascuna delle parti;2) l'utilizzazione in comune delle infrastrutture di ricerca;3) le visite e gli scambi di scienziati, ingegneri o altro personale qualificato, ai fini della partecipazione a seminari, simposi e corsi pratici che rientrano nell'ambito della cooperazione prevista dal presente accordo;4) lo scambio di informazioni sulle prassi, le leggi, i regolamenti e i programmi che rientrano nell'ambito della cooperazione prevista dal presente accordo;5) altre attività, che possono essere decise di comune accordo dal comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, conformemente alle politiche ed ai programmi delle parti.b) I progetti di ricerca congiunta saranno attuati nell'ambito del presente accordo solo dopo l'approvazione da parte dei partecipanti di un piano congiunto di gestione tecnologica, come indicato nell'allegato al presente accordo.Articolo 6 Comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia a) Il presente accordo è gestito dal comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, in appresso, per brevità «il comitato», composto da rappresentanti di ciascuna delle parti.b) i compiti del comitato consistono nel:1) promuovere e sottoporre a verifica le attività previste dal presente accordo;2) formulare raccomandazioni ai sensi dell'articolo 4, lettera b);3) autorizzare le attività di cui all'articolo 5, lettera a), punto 5, del presente Accordo in quanto attività di cooperazione da esso disciplinate;4) consigliare le parti sui mezzi atti ad intensificare la cooperazione secondo i principi enunciati nel presente Accordo;5) redigere una relazione annuale, destinata alle parti, relativa al livello, allo stato di avanzamento e all'efficacia delle attività di cooperazione intraprese in virtù del presente Accordo;6) verificare se l'Accordo funziona in maniera efficace ed efficiente;c) il comitato si riunisce approssimativamente una volta all'anno, alternativamente nella Comunità e nel Canada. Riunioni straordinarie possono essere convocate di comune accordo.d) Le decisioni del comitato sono adottate per consensus. È redatto un verbale di ogni riunione che comprende l'elenco delle decisioni e dei principali punti discussi. Tale verbale è approvato dalle persone che le parti hanno designato per presiedere in comune la riunione. La relazione annuale del comitato è tenuta a disposizione del comitato misto di cooperazione istituito dall'Accordo quadro Comunità europee-Canada per la cooperazione commerciale ed economica sottoscritto nel 1976 e dei competenti ministri delle due parti.Articolo 7 Finanziamento a) Le attività di cooperazione sono subordinate alla disponibilità di fondi e alle vigenti disposizioni legislative e regolamentari, alle politiche e ai programmi della Comunità e del Canada.b) Le spese sostenute dai partecipanti per le attività di cooperazione disciplinate dal presente accordo non richiedono alcun trasferimento di fondi da una parte all'altra.Articolo 8 Circolazione del personale e delle attrezzature Ogni parte adotta le ragionevoli misure e si adopera al meglio, nel rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti, al fine di agevolare l'entrata e l'uscita dal suo territorio del personale, del materiale e delle attrezzature dell'altra parte impiegati nelle attività di cooperazione a norma del presente Accordo.Articolo 9 Divulgazione ed utilizzazione delle informazioni La divulgazione e l'utilizzazione delle informazioni, nonché la gestione, l'attribuzione e l'esercizio dei diritti di proprietà intellettuale derivanti dalla ricerca congiunta promossa in virtù del presente accordo, sono assoggettati alle condizioni stabilite nell'allegato del presente Accordo.Articolo 10 Altri accordi e disposizioni transitorie a) Il presente Accordo sostituisce le disposizioni dell'Accordo quadro Comunità europee-Canada per la cooperazione commerciale ed economica che disciplinano le attività di collaborazione scientifica e tecnologica esistenti.b) Le parti si adoperano per ricondurre nei termini del presente Accordo le intese esistenti in materia di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità e il Canada che rientrano nell'ambito di applicazione dell'articolo 4.c) Fatto salvo l'articolo 10, lettera a), il presente Accordo non pregiudica l'applicazione di altri accordi o intese esistenti tra le parti, né di altri accordi o intese tra le parti e terze parti.Articolo 11 Ambito di applicazione territoriale Il presente Accordo si applica, da una parte, al territorio in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni in esso indicate, e dall'altra, al territorio del Canada.Articolo 12 Entrata in vigore e denuncia a) Il presente Accordo entra in vigore alla data in cui le parti si notificano per iscritto che sono state soddisfatte le condizioni giuridiche richieste dal loro ordinamento per l'entrata in vigore dell'Accordo stesso.b) L'Accordo può essere modificato dalle parti di comune accordo. Le modificazioni entrano in vigore alla data in cui le parti si sono notificate per iscritto che le proprie condizioni giuridiche sono state soddisfatte.c) Il presente Accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle parti con un preavviso scritto di 12 mesi. La scadenza o la denuncia del presente Accordo non pregiudica la validità e la durata delle intese concordate nel quadro dello stesso, né i diritti e gli obblighi specifici maturati in conformità dell'allegato.Articolo 13 Il presente Accordo è redatto in duplice copia nelle lingue danese, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese e tedesca, ciascun testo facente ugualmente fede.IN FEDE DI CHE, i sottoscritti hanno firmato il presente accordo.Hecho en Halifax, el diecisiete de junio de mil novecientos noventa y cinco.Udfærdiget i Halifax den syttende juni nittenhundrede og femoghalvfems.Geschehen zu Halifax am siebzehnten Juni neunzehnhundertfünfundneunzig.¸ãéíå óôï ×Üëéöáî, óôéò äÝêá åðôÜ Éïõíßïõ ÷ßëéá åííéáêüóéá åíåíÞíôá ðÝíôå.Done at Halifax on the seventeenth day of June in the year one thousand nine hundred and ninety-five.Fait à Halifax, le dix-sept juin mil neuf cent quatre-vingt-quinze.Fatto a Halifax, addì diciassette giugno millenovecentonovantacinque.Gedaan te Halifax, de zeventiende juni negentienhonderd vijfennegentig.Feito em Halifax, em dezassete de Junho de mil novecentos e noventa e cinco.Tehty Halifaxissa seitsemäntenätoista päivänä kesäkuuta vuonna tuhatyhdeksänsataayhdeksänkymmentäviisi.Som skedde i Halifax den sjuttonde juni nittonhundranittiofem.Por la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftÃéá ôçí ÅõñùðáúêÞ ÊïéíüôçôáFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>Por el Gobierno de CanadáFor Canadas regeringFür die Regierung KanadasÃéá ôçí ÊõâÝñíçóç ôïõ ÊáíáäÜFor the Government of CanadaPour le gouvernement du CanadaPer il governo del CanadaVoor de Regering van CanadaPelo Governo do CanadáKanadan hallituksen puolestaPå Canadas regerings vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>ALLEGATO DIVULGAZIONE ED UTILIZZAZIONE DELLE INFORMAZIONI, NONCHÉ GESTIONE, ATTRIBUZIONE E ESERCIZIO DEI DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE I. PROPRIETÀ, ATTRIBUZIONE ED ESERCIZIO DEI DIRITTI 1. L'attività di ricerca svolta in conformità del presente Accordo è «attività di ricerca congiunta». I partecipanti elaborano congiuntamente programmi comuni di gestione della tecnologia, in appresso, per brevità «PCGT» (1) che contengono, almeno, i principi applicabili in materia di proprietà ed utilizzazione, inclusa la pubblicazione, delle informazioni e della proprietà intellettuale (PI) derivanti dalla ricerca congiunta. Tali programmi possono essere riesaminati dalle parti e devono essere approvati dall'organismo finanziatore della parte che partecipa al finanziamento della ricerca prima che sia concluso qualsiasi contratto specifico di ricerca e sviluppo cui essi si riferiscono. I PCGT sono elaborati tenendo conto degli obiettivi della ricerca congiunta, dei contributi dei singoli partecipanti, dei vantaggi e degli svantaggi della concessione di licenze per territorio o campo di utilizzazione, dei requisiti imposti dalle norme legislative applicabili in materia, nonché della necessità di stabilire procedure di soluzione delle controversie e, infine, di altri fattori considerati rilevanti dai partecipanti. I PCGT disciplinano anche i diritti e gli obblighi in materia di PI relativi alle attività di ricerca svolte dai ricercatori ospiti.2. Le informazioni o la PI derivanti da attività di ricerca congiunta e non disciplinate da un determinato PCGT sono attribuite in base alla procedura descritta alla sezione I, punto 1, applicando i principi stabiliti nel medesimo PCGT. In caso di disaccordo che non possa essere risolto con la procedura di soluzione delle controversie concordata, le informazioni o la PI diventano di proprietà comune di tutti i partecipanti alla ricerca congiunta di cui esse sono il risultato e ciascun partecipante cui si applica questa disposizione ha il diritto di utilizzare in proprio le informazioni o la PI a scopi commerciali, senza limiti geografici.3. Conformemente alla normativa applicabile in materia, ciascuna parte provvede affinché l'altra parte e i suoi partecipanti possano disporre dei diritti relativi alla PI loro attribuiti conformemente ai principi enunciati nella sezione I del presente allegato.4. Pur mantenendo le condizioni di concorrenza nei settori oggetto all'Accordo, ciascuna parte si adopera per garantire che i diritti acquisiti in virtù del presente Accordo e delle intese stabilite nel quadro dello stesso siano esercitati in modo tale da promuovere in particolare:i) la divulgazione e l'utilizzazione delle informazioni create, divulgate o altrimenti rese disponibili nell'ambito del presente Accordo;ii) l'adozione e l'applicazione di norme internazionali.II. OPERE OGGETTO DI DIRITTO D'AUTORE Per i diritti d'autore appartenenti alle parti o ai loro partecipanti si applica una disciplina conforme alla Convenzione di Berna (Atto di Parigi del 1971).III. PUBBLICAZIONI SCIENTIFICHE Fatta salva la sezione IV, se non altrimenti convenuto nel PCGT, i risultati della ricerca sono pubblicati congiuntamente dai partecipanti. Oltre a questa norma generale, si applica la seguente procedura:1. Nell'eventualità che una parte o un ente pubblico di tale parte pubblichi opere di carattere scientifico e tecnico (giornali, articoli, relazioni, libri, nonché cassette video e software) risultanti da una ricerca congiunta ai sensi del presente Accordo, l'altra parte ha diritto, previa autorizzazione scritta rilasciata dall'editore, ad una licenza mondiale, non esclusiva, irrevocabile e gratuita, per la traduzione, la riproduzione, l'adattamento, la trasmissione e la divulgazione di tali pubblicazioni al pubblico.2. Le parti si adoperano affinché sia data la massima divulgazione alle pubblicazioni scientifiche risultanti dalla ricerca congiunta svolta ai sensi del presente Accordo e realizzate da editori indipendenti.3. Tutte le copie di un'opera tutelata dai diritti d'autore, destinata alla divulgazione al pubblico e redatta in base alla presente clausola, devono riportare i nomi dell'autore o degli autori, a meno che l'autore o gli autori non abbiano richiesto espressamente di non essere menzionati. Esse devono menzionare anche, in modo chiaramente visibile, il sostegno dato congiuntamente dalle Parti.IV. INFORMAZIONI NON DIVULGABILI A. Informazioni documentarie non divulgabili 1. Ciascuna parte o i partecipanti individuano al più presto, e preferibilmente in sede di elaborazione del PCGT, le informazioni che essi desiderano non vengano divulgate nel quadro del presente Accordo, tenendo conto, tra l'altro, dei seguenti criteri:- la segretezza dell'informazione, nel senso che l'informazione non è, nell'insieme o nella particolare configurazione o combinazione delle sue componenti, generalmente nota, o facilmente accessibile con mezzi leciti, agli esperti del settore;- il valore commerciale reale e potenziale dell'informazione in virtù della sua segretezza;- i precedenti provvedimenti di tutela dell'informazione, adeguati in rapporto alle circostanze, adottati dalla persona che ne aveva legalmente il controllo per mantenerne la segretezza.2. Di norma, ai partecipanti non è richiesto di fornire alle parti informazioni non divulgabili. Tuttavia, qualora queste ultime dovessero venire a conoscenza di tali informazioni, le parti ne rispettano il carattere particolare e non le rivelano né all'esterno, né al loro interno, né tra di loro senza il consenso scritto del partecipante, o dei partecipanti, cui appartengono le informazioni. Queste limitazioni cessano automaticamente allorché le informazioni sono divulgate dal proprietario senza restrizioni agli esperti del settore.3. Ciascuna parte provvede affinché le informazioni non divulgabili, scambiate tra di esse in applicazione del presente Accordo e il loro carattere particolare siano facilmente riconoscibili in quanto tali dall'altra parte, ad esempio apponendovi un particolare contrassegno o una prescrizione restrittiva. La stessa disposizione si applica a qualsiasi riproduzione, totale o parziale, delle suddette informazioni.4. Le informazioni non divulgabili comunicate ai sensi del presente accordo possono essere rivelate dalla parte che le riceve a personale interno o da essa assunto, nonché ad altri suoi dipartimenti o uffici autorizzati ai fini specifici della ricerca congiunta in corso, a condizione che le informazioni non divulgabili così comunicate siano regolate da un accordo scritto sulla riservatezza e siano rese facilmente riconoscibili in quanto tali nel modo sopra indicato.5. Previo assenso scritto della parte che fornisce le informazioni non divulgabili ai sensi del presente Accordo, la parte che le riceve può darvi divulgazione più ampia di quella consentita dal paragrafo 3. Le parti cooperano nell'istituire apposite procedure per richiedere e ottenere il suddetto assenso preliminare scritto. Ciascuna parte concede il suo assenso nei limiti consentiti dalle rispettive politiche, dai regolamenti e dalle legislazioni nazionali.B. Informazioni non documentarie non divulgabili Le informazioni non documentarie non divulgabili, le altre informazioni riservate o confidenziali fornite in occasione di seminari e riunioni organizzati nel quadro del presente Accordo o le informazioni raccolte in seguito al distacco di personale, all'utilizzazione di attrezzature o all'esecuzione di progetti comuni, sono trattate dalle parti o dai partecipanti conformemente ai principi stabiliti alla lettera A del presente allegato, a condizione tuttavia che chi riceve tali informazioni non divulgabili, riservate o confidenziali, sia informato del loro carattere particolare in anticipo e per iscritto.C. Controllo Ciascuna parte si adopera per garantire che le informazioni non divulgabili da essa ricevute in virtù del presente Accordo siano sottoposte a controllo nel modo ivi previsto. Se una parte si rende conto che non è, o con molta probabilità non sarà, in grado di conformarsi alle disposizioni sulla non divulgabilità di cui alle lettere A o B, ne informa immediatamente l'altra parte che può essere lesa da tale divulgazione. Le parti, quindi, si consultano per definire una linea d'azione appropriata.Appendice CARATTERISTICHE INDICATIVE DEI PROGRAMMI COMUNI DI GESTIONE DELLA TECNOLOGIA (PCGT) Il PCGT è un contratto specifico che i partecipanti concludono per eseguire la ricerca congiunta e stabilire i rispettivi diritti ed obblighi. Riguardo ai diritti di proprietà intellettuale, il PCGT, di norma, disciplina, tra l'altro, la proprietà, la tutela, i diritti d'uso ai fini della ricerca e dello sviluppo, lo sfruttamento e la divulgazione, ivi compresi le intese per la pubblicazione comune dei risultati, nonché i diritti e gli obblighi dei ricercatori ospiti e le procedure per la soluzione delle controversie. Il PCGT può inoltre contenere disposizioni sulle conoscenze acquisite, sulle conoscenze di base, sulle norme che regolano la comunicazione di informazioni non divulgabili, sulla concessione di licenze e sulla consegna dei risultati finali.(1) Le caratteristiche indicative dei PCGT sono esposte nell'appendice.
Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e Canada QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo stabilisce un quadro formale di cooperazione volto a incoraggiare e agevolare le attività negli ambiti scientifici e tecnologici di interesse comune. La decisione adotta l’accordo per conto della Comunità europea (ora Unione europea). PUNTI CHIAVE Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate su:beneficio reciproco; scambio tempestivo delle informazioni; equilibrio nella realizzazione di benefici economici e sociali da parte dell’UE e del Canada; tutela adeguata della proprietà intellettuale ed equa ripartizione dei diritti di proprietà intellettuale. Settori di cooperazione Per l’UE, essi includono tutte le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione che rientrano nell’ambito di applicazione di:articolo 180, lettera a) del TFUE: attuazione di programmi di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione, promuovendo la cooperazione con e tra le imprese, i centri di ricerca e le università; articolo 180, lettera d), del TFUE: impulso alla formazione e alla mobilità dei ricercatori dell’Unione, ma solo per quanto riguarda le reti fra gli operatori di infrastrutture e i relativi progetti di ricerca. Per il Canada, essi includono tutte le attività scientifiche e tecnologiche non relative alla difesa finanziate o realizzate da dipartimenti o agenzie del governo del Canada e possono comprendere attività finanziate o realizzate dalle amministrazioni provinciali o territoriali del Canada, qualora queste ultime si accordino in tal senso. Attività Le attività di cooperazione possono includere:la partecipazione di persone fisiche e giuridiche, comprese le parti stesse, università, istituti di ricerca, imprese ed altri organismi, a progetti di ricerca nell’UE o nel Canada, conformemente alle procedure vigenti di ciascuna delle parti; l’utilizzo condiviso delle strutture di ricerca; le visite e gli scambi di scienziati, ingegneri o altro personale qualificato, ai fini della partecipazione a seminari, simposi e corsi pratici; scambio di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi pertinenti alla cooperazione ai sensi del presente accordo; altre attività che possono essere decise dal comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, istituito ai sensi del presente accordo. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 27 febbraio 1996 e ha una durata indeterminata. CONTESTO L’accordo si basa sulla cooperazione stabilita fra l’UE e il Canada nell’ambito dell’accordo quadro di cooperazione commerciale ed economica del 1976. Le più ampie relazioni economiche e commerciali fra l’UE e il Canada sono regolamentate dall’accordo economico e commerciale globale (CETA). Per ulteriori informazioni, consultare:Il Canada e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna) Per maggiori informazioni sulla cooperazione nell’ambito della ricerca e dell’innovazione (R&I) con il Canada, consultare:Cooperazione internazionale: Canada (Commissione europea). Tabella di marcia per la cooperazione S&T tra UE e Canada (Commissione europea). DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra il Canada e la Comunità europea (GU L 74 del 22.3.1996, pag. 26). Decisione 96/219/CE del Consiglio, del 26 febbraio 1996, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra il Canada e la Comunità europea (GU L 74 del 22.3.1996, pag. 25). Accordo che modifica l’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra il Canada e la Comunità europea (GU L 156 del 23.6.1999, pag. 24). Versione consolidata dell’accordo modificato (si tratta di un semplice strumento di documentazione). Decisione 1999/408/CE del Consiglio, del 29 aprile 1999, relativa alla conclusione di un accordo che modifica l’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra il Canada e la Comunità europea (GU L 156 del 23.6.1999, pag. 23). DOCUMENTI CORRELATI Accordo economico e commerciale globale (CETA) tra il Canada, da una parte, e l’Unione europea e i suoi Stati membri, dall’altra (GU L 11 del 14.1.2017, pag. 23). Accordo quadro di cooperazione commerciale ed economica tra il Canada e la Comunità europea (GU L 260 del 24.9.1976, pag. 2).
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 25 febbraio 2010 relativa all'istituzione del comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna (2010/131/UE) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 240, paragrafo 3, considerando quanto segue: (1) Ai sensi dell'articolo 71 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea è istituito in seno al Consiglio un comitato permanente al fine di assicurare all'interno dell'Unione la promozione e il rafforzamento della cooperazione operativa in materia di sicurezza interna. (2) È pertanto opportuno adottare una decisione relativa all'istituzione di tale comitato e definirne i compiti, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 È istituito nell'ambito del Consiglio il comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna (di seguito «comitato permanente») previsto dall'articolo 71 del trattato. Articolo 2 Il comitato permanente facilita, promuove e rafforza il coordinamento delle azioni operative delle autorità degli Stati membri competenti in materia di sicurezza interna. Articolo 3 1. Fatti salvi i mandati degli organismi di cui all'articolo 5, il comitato permanente facilita ed assicura l'efficace cooperazione e coordinamento operativi ai sensi della parte terza, titolo V del trattato, anche in settori che rientrano nella cooperazione di polizia e doganale nonché tra le autorità preposte al controllo e alla protezione delle frontiere esterne. Vi rientra anche, se del caso, la cooperazione giudiziaria in materia penale per quanto riguarda l'aspetto operativo nell'ambito della sicurezza interna. 2. Il comitato permanente valuta altresì l'orientamento generale e l'efficacia della cooperazione operativa, individua eventuali carenze o mancanze e adotta le appropriate raccomandazioni concrete per farvi fronte. 3. Il comitato permanente assiste il Consiglio ai sensi delle disposizioni dell'articolo 222 del trattato. Articolo 4 1. Il comitato permanente non partecipa alla condotta delle operazioni che rimangono compito degli Stati membri. 2. Il comitato permanente non partecipa all'elaborazione di atti legislativi. Articolo 5 1. Se del caso, saranno invitati ad assistere alle riunioni del comitato permanente, in qualità di osservatori, rappresentanti di Eurojust, di Europol, dell'Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'UE (Frontex) e di altri organismi pertinenti. 2. Il comitato permanente contribuirà ad assicurare la coerenza dell'operato di detti organismi. Articolo 6 1. Il comitato permanente presenta periodicamente al Consiglio una relazione sulle sue attività. 2. Il Consiglio informa il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali dei lavori del comitato permanente. Articolo 7 La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione. Essa è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 25 febbraio 2010. Per il Consiglio Il presidente A. PÉREZ RUBALCABA
Comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna La presente decisione istituisce un comitato permanente volto a promuovere e rafforzare la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna nell'ambito dell'Unione europea (UE) e delinea le responsabilità del comitato. ATTO Decisione del Consiglio 2010/131/UE, del 25 febbraio 2010, relativa all'istituzione del comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna. SINTESI La decisione istituisce un comitato permanente per facilitare, promuovere e rafforzare il coordinamento delle azioni operative delle autorità degli Stati membri competenti in materia di sicurezza interna. Il comitato permanente assicura l'efficace cooperazione e coordinamento nella cooperazione di polizia e doganale nonché tra le autorità preposte al controllo e alla protezione delle frontiere esterne. Vi rientra anche, se del caso, la cooperazione giudiziaria in materia penale per quanto riguarda l'aspetto operativo nell'ambito della sicurezza interna. Il comitato permanente valuta altresì l'efficacia della cooperazione operativa, individua eventuali carenze e adotta le appropriate raccomandazioni concrete per farvi fronte. Il comitato permanente non partecipa alla condotta delle operazioni e all'elaborazione di atti legislativi. Nell’eventualità che si verifichi all'interno dell'Unione europea un attacco terroristico o un disastro naturale o causato dall'uomo, il comitato permanente assisterà il Consiglio nel rispetto della clausola di solidarietà riportata nell'articolo 222 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). Il comitato permanente contribuirà ad assicurare la coerenza dell'operato di Eurojust, di Europol, dell'Agenzia europea alle frontiere esterne (Frontex) e di altri organismi pertinenti. Se del caso, questi saranno invitati ad assistere alle riunioni del comitato permanente in qualità di osservatori. Riferimenti Atto Entrata in vigore Termine ultimo di recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione del Consiglio 2010/131 25.2.2010 - GU L 52 del 3.3.2010
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ACCORDO TRA L’UFFICIO EUROPEO DI POLIZIA (EUROPOL) E LA BANCA CENTRALE EUROPEA (BCE) (2015/C 123/01) IL PRESENTE ACCORDO è stipulato TRA l’Ufficio europeo di polizia (Europol), con sede in Eisenhowerlaan 73, 2517 KK L’Aja, Paesi Bassi, rappresentato dal suo direttore, Rob Wainwright E la Banca centrale europea (BCE), con sede in Kaiserstraße 29, 60311 Francoforte sul Meno, Germania, rappresentata dal suo presidente, Mario Draghi (in seguito anche denominati congiuntamente le «Parti» e ciascuna individualmente la «Parte»). Considerando che: 1. le parti hanno concluso un accordo in data 13 dicembre 2001 per cooperare nella lotta alla falsificazione dell’euro (in seguito «Accordo del 13 dicembre 2001») (1); 2. Tale cooperazione rientra nell’obiettivo comune delle parti di combattere le minacce derivanti dalla falsificazione dell’euro e di svolgere un ruolo centrale in tale lotta; in questo contesto esse cooperano, nell’ambito delle rispettive competenze, con le Banche centrali nazionali (BCN) del Sistema europeo di banche centrali, le Unità nazionali dell’Europol, i Centri nazionali di analisi, i Centri nazionali di analisi delle monete, il Centro tecnico-scientifico europeo, la Commissione europea e altre autorità nazionali ed europee e altre organizzazioni internazionali. 3. L’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio definisce talune misure necessarie alla protezione dell’euro contro la falsificazione (2) e prevede che l’Europol e la BCE concludano un accordo in base al quale l’Europol avrà accesso ai dati tecnici e statistici della BCE relativi alle banconote e alle monete false scoperte sia negli Stati membri sia nei paesi terzi; inoltre, il regolamento (CE) n. 1339/2001 del Consiglio estende l’applicazione del regolamento (CE) n. 1338/2001 agli Stati membri la cui moneta non è l’euro (3). 4. L’8 novembre 2001 la BCE ha adottato la decisione BCE/2001/11 relativa a determinate condizioni in materia di accesso al Sistema di monitoraggio della contraffazione (SMC) (4), ossia il sistema gestito dalla BCE contenente informazioni tecniche e statistiche sulla falsificazione delle banconote e delle monete in euro, provenienti sia dagli Stati membri sia da paesi terzi; la suddetta decisione fa riferimento alla conclusione di un accordo tra le parti in relazione all’accesso dell’Europol al SMC. 5. In qualità di agenzia dell’Unione europea, l’Europol è incaricata di operare quale ufficio centrale per la lotta alla falsificazione dell’euro in conformità con la decisione 2005/511/GAI del Consiglio, del 12 luglio 2005, relativa alla protezione dell’euro contro la falsificazione attraverso la designazione dell’Europol quale ufficio centrale competente per la lotta contro la falsificazione dell’euro (5). Inoltre, conformemente alla decisione 2009/371/GAI del Consiglio, del 6 aprile 2009, che istituisce l’Ufficio europeo di polizia (6), l’Europol può altresì promuovere il coordinamento delle misure applicate dalle autorità competenti degli Stati membri per lottare contro la falsificazione dell’euro o nel quadro di squadre investigative comuni, se del caso in collegamento con altri organi europei. 6. Ai sensi dell’articolo 22 della decisione 2009/371/GAI, l’Europol può instaurare e mantenere relazioni di cooperazione con le istituzioni, gli organi e gli organismi istituiti dal trattato sull’Unione europea e dai trattati che istituiscono le Comunità europee, o sulla base di essi. 7. Poiché l’accordo del 13 dicembre 2001 non include la cooperazione nella lotta ai reati relativi ai sistemi di pagamento e ai mezzi di pagamento diversi dai contanti, le parti desiderano estendere ulteriormente la loro cooperazione: (a) alla lotta alle frodi nei sistemi di pagamento in generale e (b) alla prevenzione della falsificazione dei mezzi di pagamento diversi dai contanti nell’ambito della rispettiva competenza e del mandato delle parti. Inoltre, le parti desiderano sviluppare ulteriormente la loro cooperazione nel campo della lotta alla falsificazione dell’euro. 8. Il Consiglio di amministrazione dell’Europol ha approvato il contenuto del presente accordo rivisto il 2 ottobre 2014. 9. Il Consiglio direttivo della BCE ha approvato il contenuto del presente accordo rivisto il 30 maggio 2014 e, in quella data, ha autorizzato il presidente della BCE a sottoscriverlo a nome e per conto della BCE, Le parti hanno convenuto quanto segue: CAPITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Finalità dell’accordo La finalità del presente accordo è quella di stabilire un quadro per un’effettiva cooperazione tra le parti nell’ambito delle rispettive competenze e in conformità dei rispettivi regolamenti e norme. Tale cooperazione comprende: a) misure per prevenire, individuare e combattere le minacce derivanti da attività illecite correlate alle banconote e monete in euro, ai mezzi di pagamento diversi dai contanti e alla sicurezza dei pagamenti; b) assistenza in tali ambiti fornita da entrambe le parti alle autorità nazionali, europee e internazionali. Articolo 2 Consultazione e scambio di informazioni 1. Le parti, agendo in conformità delle rispettive competenze, si consultano reciprocamente, in modo regolare, riguardo alle politiche da adottare e attuare in questioni di interesse comune, come indicato all’articolo 1, al fine di realizzare i loro obiettivi, coordinare le loro attività ed evitare la duplicazione degli sforzi. Il presidente della BCE e il direttore dell’Europol, o le persone da essi designate, si incontrano almeno una volta all’anno per riesaminare l’attuazione del presente accordo. 2. Lo scambio di informazioni tra le parti avviene ai fini e in conformità delle disposizioni del presente accordo e non comprende dati relativi ad un soggetto identificato o a soggetti identificabili. 3. Le parti possono concordare uno scambio di personale in regime di distacco. I dettagli relativi a tale scambio sono stabiliti in un protocollo d’intesa separato. Articolo 3 Referenti 1. Ai fini dell’applicazione del presente accordo: — i referenti della BCE sono il direttore della Direzione Banconote della BCE (per quanto riguarda la cooperazione nel campo della lotta alla falsificazione di banconote e monete in euro) e il direttore generale della Direzione Generale Infrastrutture di mercato e pagamenti della BCE (per quanto riguarda la cooperazione nel campo della lotta alle frodi nei sistemi di pagamento e alla falsificazione di mezzi di pagamento diversi dai contanti), — il referente dell’Europol è il vicedirettore delle operazioni. Modifiche alla lista dei referenti di cui al presente paragrafo possono essere concordate, in un momento successivo, per mezzo di uno scambio di lettere tra il direttore dell’Europol e il presidente della BCE. 2. Ai fini dell’articolo 5, paragrafo 1, l’Europol può nominare ulteriori referenti e comunicare in forma scritta ai referenti della BCE i loro nomi e qualunque modifica degli stessi. CAPITOLO II DISPOSIZIONI SPECIFICHE IN MATERIA DI FALSIFICAZIONE DELL’EURO Articolo 4 Scambio di informazioni, coordinamento di politiche e attività e assistenza reciproca 1. Le parti si forniscono reciprocamente, sollecitamente e regolarmente, informazioni relative alla falsificazione di banconote in euro e di altre valute. Tali informazioni comprendono, nel caso di informazioni che l’Europol fornisce alla BCE, quelle provenienti da autorità nazionali, europee e internazionali incaricate dell’applicazione della legge e, nel caso di informazioni che la BCE fornisce all’Europol, quelle ottenute da autorità nazionali, europee e internazionali. 2. Le parti si impegnano a coordinare le proprie politiche, attività di formazione, campagne pubbliche di informazione e pubblicazioni che rientrano nel campo di applicazione del presente accordo. Esse si informano reciprocamente riguardo alle rispettive dichiarazioni pubbliche e alla loro politica di comunicazione esterna in relazione alla falsificazione dell’euro, fatta eccezione per le informazioni operative. 3. L’Europol assiste la BCE in tutti i rapporti con le organizzazioni nazionali, europee e internazionali preposte all’applicazione della legge, in questioni connesse alla falsificazione dell’euro. 4. Le parti assicurano il coordinamento dei propri sistemi di preallarme. Articolo 5 Accesso alla banca dati del SMC e disposizioni correlate 1. La BCE garantisce ai funzionari dell’Europol designati quali referenti a tale scopo in base all’articolo 3, paragrafo 2, l’accesso in linea in sola lettura alla banca dati del SMC. Tale accesso non consente ai funzionari dell’Europol di introdurre direttamente dati nella banca dati del SMC. Le modalità di accesso, inclusi i necessari accordi relativi al sistema, sono ulteriormente specificate per mezzo di uno scambio di lettere tra il presidente della BCE e il direttore dell’Europol. 2. Inoltre, la BCE informa sollecitamente l’Europol relativamente alla creazione di ogni nuova classe di falsificazione nell’ambito del SMC e alla scoperta di qualsiasi grande quantità di banconote in euro contraffatte. 3. La BCE fornisce all’Europol un campione di banconote in euro genuine e le descrizioni tecniche correlate, oltre ad almeno un campione di ogni tipo di banconota in euro contraffatta a cui è stato assegnato un nuovo indicativo di classe nel SMC. La presente disposizione è applicata in modo tale da non impedire alle banconote che si sospettano contraffatte di essere utilizzate o conservate come prova in procedimenti penali. Articolo 6 Richieste di assistenza 1. Le parti si comunicano reciprocamente tutte le richieste di perizie tecniche o testimonianze in procedimenti giudiziari con riguardo alla falsificazione dell’euro e stabiliscono adeguate procedure per coordinare le rispettive risposte a ciascuna di tali richieste. 2. Le parti cooperano per istituire un canale di comunicazione libero da ostacoli per le richieste di assistenza nell’applicazione della legge prestata attraverso l’Europol. Articolo 7 Analisi tecniche 1. La BCE mette direttamente a disposizione dell’Europol i risultati di ciascuna analisi tecnica. 2. L’Europol mette a disposizione della BCE le analisi tecniche delle falsificazioni eseguite dall’Europol stesso o da terze parti per conto dell’Europol. CAPITOLO III DISPOSIZIONE SPECIFICA SULLA PREVENZIONE DELLE FRODI E DELLA FALSIFICAZIONE DEI MEZZI DI PAGAMENTO DIVERSI DAI CONTANTI Articolo 8 Scambio di informazioni Le parti, agendo in conformità delle rispettive competenze e al fine di promuovere la prevenzione delle frodi e la lotta alla falsificazione dei mezzi di pagamento diversi dai contanti, possono scambiare le seguenti informazioni, sulla base delle esigenze del caso specifico: (a) relazioni e dati statistici aggregati; (b) informazioni sui principali incidenti relativi alla sicurezza, sulle valutazioni del rischio e della tecnologia e (c) risultati delle attività rilevanti della BCE e dell’Europol, nel rispetto delle regole di riservatezza applicabili. La BCE può inoltrare informazioni rilevanti provenienti dall’Europol agli altri membri del SEBC, sulla base del principio della «necessità di sapere», a meno che l’Europol dichiari espressamente che le informazioni non devono essere trasmesse. La BCE può trasmettere informazioni rilevanti provenienti dagli altri membri del SEBC all’Europol, subordinatamente all’accordo delle banche centrali nazionali interessate. CAPITOLO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 9 Riservatezza 1. Ciascuna parte assicura che le informazioni ricevute dall’altra in base al presente accordo siano soggette ai propri standard di riservatezza e sicurezza per il trattamento delle informazioni e ricevano un grado di protezione equivalente almeno a quello offerto dalle misure applicate a quelle informazioni dall’altra parte. 2. Le parti stabiliscono una equiparazione tra i rispettivi standard di riservatezza e sicurezza in uso mediante uno scambio di lettere. 3. La parte che fornisce l’informazione è responsabile della scelta del grado di riservatezza appropriato per l’informazione fornita e assicura che tale grado sia indicato chiaramente. In conformità del principio di proporzionalità, i gradi di riservatezza sono attribuiti al più basso livello possibile da ciascuna parte e, modificati di conseguenza, ogni volta che ciò sia possibile. 4. Entrambe le parti possono richiedere in ogni momento una modifica del grado di riservatezza scelto per le informazioni fornite, compresa l’eventuale rimozione integrale del grado di riservatezza. La parte ricevente è tenuta a modificare conseguentemente il grado di riservatezza. 5. Ciascuna parte può, per motivi di riservatezza, specificare restrizioni relative all’utilizzo dei dati forniti all’altra parte. La parte ricevente si conforma a tali restrizioni. 6. Ciascuna delle parti elabora i dati personali ricevuti in relazione all’attuazione amministrativa del presente accordo in conformità con le norme in materia di protezione dei dati ad essa applicabili. Ciascuna delle parti utilizza i dati personali ricevuti con l’unico scopo di gestire l’accordo. Articolo 10 Responsabilità Qualora venga causato un danno ad una parte o a un individuo in conseguenza di un trattamento non autorizzato o scorretto delle informazioni di cui al presente accordo ad opera dell’altra parte, intenzionalmente o per negligenza, tale ultima parte è responsabile per il suddetto danno. La determinazione ed il risarcimento del danno tra le parti ai sensi del presente articolo sono stabiliti in conformità della procedura di cui all’articolo 11. Articolo 11 Composizione delle controversie 1. Tutte le controversie che possono sorgere in relazione all’interpretazione o all’applicazione del presente accordo vengono composte per mezzo di consultazioni e negoziati tra i rappresentanti delle parti. 2. In caso di grave inosservanza ad opera di una delle parti delle disposizioni del presente accordo, o qualora una delle parti ritenga che tale inosservanza possa verificarsi in un futuro prossimo, ciascuna parte può sospendere temporaneamente l’applicazione del presente accordo, in attesa dell’applicazione del paragrafo 1 riportato sopra. Rimangono tuttavia in vigore gli obblighi che incombono alle parti in virtù dell’accordo. Articolo 12 Varie 1. Ogni parte sopporta le proprie spese derivanti dall’attuazione del presente accordo, salvo laddove diversamente stipulato. 2. Le parti possono modificare il presente accordo consensualmente. 3. Ciascuna parte può recedere dal presente accordo dandone un preavviso di 12 mesi per iscritto. In caso di estinzione dell’accordo, le parti concludono un accordo in merito al proseguimento dell’utilizzo e all’archiviazione delle informazioni che sono già state reciprocamente comunicate tra di esse. Se non viene raggiunto alcun accordo, a ciascuna delle parti spetta il diritto di richiedere che le informazioni da essa comunicate siano distrutte o restituite alla parte che le ha trasmesse. 4. L’accordo del 13 dicembre 2001 è abrogato e ogni riferimento al suddetto accordo s’intende come riferimento al presente accordo. 5. Il presente accordo entra in vigore il giorno successivo alla sua sottoscrizione. 6. Il presente accordo è pubblicato nella serie C della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto in due copie in lingua inglese. Fatto a L’Aja, il 7 novembre 2014 Per l’Europol Rob WAINWRIGHT Fatto a Francoforte sul Meno, il 2 dicembre 2014 Per la BCE Mario DRAGHI (1) GU C 23 del 25.1.2002, pag. 9. (2) GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6. (3) GU L 181 del 4.7.2001, pag. 11. (4) GU L 337 del 20.12.2001, pag. 49. (5) GU L 185 del 16.7.2005, pag. 35. (6) GU L 121 del 15.5.2009, pag. 37.
Contraffazione e frode: accordo fra Europol e la Banca centrale europea QUAL È LO SCOPO DEL PRESENTE ACCORDO? Esso fornisce norme di cooperazione fra la Banca centrale europea (BCE) e l’Ufficio europeo di polizia (Europol) nel campo della lotta alla falsificazione dell’euro ed estende questa collaborazione: alla lotta alle frodi nei sistemi di pagamento in generale; alla prevenzione della falsificazione dei mezzi di pagamento diversi dai contanti. PUNTI CHIAVE Cooperazione tra la BCE e l’Europol La cooperazione comprende: misure per prevenire, individuare e combattere le minacce derivanti da attività illegali correlate alle banconote e monete in euro, ai mezzi di pagamento diversi dai contanti e alla sicurezza dei pagamenti; assistenza in tali ambiti fornita da entrambe le parti alle autorità nazionali, europee e internazionali. Consultazione e scambio di informazioni La BCE e l’Europol si impegnano a: consultarsi reciprocamente, in modo regolare, riguardo alle politiche da adottare e attuare in questioni di interesse comune; scambiarsi regolarmente e tempestivamente le informazioni relative alla falsificazione dell’euro; scambiarsi informazioni, sulla base delle esigenze del caso specifico, al fine di favorire la prevenzione delle frodi e la lotta contro la falsificazione di mezzi di pagamento diversi dai contanti, come ad esempio: relazioni e statistiche, informazioni sui principali incidenti relativi alla sicurezza, risultati delle proprie rispettive attività rilevanti; coordinare le proprie politiche, attività di formazione, campagne pubbliche di informazione e pubblicazioni sulla falsificazione dell’euro. Inoltre l’Europol accetta di assistere la BCE in tutti i suoi rapporti con le organizzazioni nazionali, europee e internazionali preposte all’applicazione della legge, in questioni connesse alla falsificazione dell’euro. Banca dati del Sistema di monitoraggio della contraffazione (SMC) La BCE accetta di fornire l’accesso in linea in sola lettura alla banca dati del SMC ai funzionari dell’Europol, nel quadro della lotta alla falsificazione dell’euro. I funzionari dell’Europol non sono autorizzati a introdurre direttamente dati nella banca dati. La BCE si impegna a informare prontamente l’Europol per quanto riguarda la creazione di qualsiasi nuova classe di falsificazione nell’ambito del SMC e la scoperta di qualsiasi grosso quantitativo di banconote in euro contraffatte. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA L’ACCORDO? È in vigore dal 3 dicembre 2014. CONTESTO La BCE ed Europol lavorano insieme a stretto contatto dal 2001 per la lotta contro la falsificazione dell’euro. Nel 2014, con la firma di questo accordo, le organizzazioni hanno deciso di estendere questa cooperazione in materia di frodi nei sistemi di pagamento alle falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti. Per maggiori informazioni, consultare: Lotta alla falsificazione sul sito Internet della Commissione europea Normativa contro la falsificazione dell’euro sul sito Internet della Commissione europea DOCUMENTO PRINCIPALE Accordo tra l’Ufficio europeo di polizia (Europol) e la Banca centrale europea (BCE) (GU C 123 del 17.4.2015, pagg. 1-5)
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Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica araba di Egitto Gazzetta ufficiale n. L 182 del 13/07/2005 pag. 0012 - 0019 Accordodi cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica araba di EgittoLA COMUNITÀ EUROPEA (in appresso denominata "Comunità"),da un lato,eLA REPUBBLICA ARABA DI EGITTO (in appresso denominata "Egitto"),dall’altro,in appresso denominate "le parti";VISTO il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 170, in combinato disposto con l’articolo 300, paragrafo 2, prima frase, e articolo 300, paragrafo 3, primo comma;VISTA la decisione n. 1513/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2002, relativa al sesto programma quadro di azioni comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione volto a contribuire alla realizzazione dello Spazio europeo della ricerca e all’innovazione (2002-2006) [1];CONSIDERANDO l’importanza che rivestono la scienza e la tecnologia per il loro sviluppo economico e sociale e il relativo riferimento di cui all’articolo 43 dell’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica araba di Egitto, dall’altra, firmato il 25 giugno 2001;HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1Campo d’applicazione e principi1. Le parti promuovono, sviluppano e agevolano attività di cooperazione tra la Comunità e l’Egitto in settori di interesse comune in cui esercitano attività di ricerca scientifica e di sviluppo tecnologico.2. Le attività di cooperazione si svolgono sulla base dei seguenti principi:- promozione di una società della conoscenza al servizio dello sviluppo economico e sociale delle due parti,- beneficio reciproco fondato su una ripartizione equilibrata dei vantaggi,- accesso reciproco alle attività dei programmi e ai progetti di ricerca svolti da ciascuna parte,- scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sulle attività di cooperazione,- scambio e tutela adeguati dei diritti di proprietà intellettuale.Articolo 2Mezzi di cooperazione1. I soggetti giuridici con sede in Egitto, conformemente alla definizione di cui all’allegato I, comprese persone fisiche e le persone giuridiche di diritto pubblico o privato, partecipano alle azioni indirette del programma quadro comunitario di azioni di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione volto a contribuire alla realizzazione dello Spazio europeo della ricerca (in appresso "il programma quadro CE"), alle stesse condizioni che si applicano ai soggetti giuridici degli Stati membri dell’Unione europea, fatte salve le modalità e condizioni stabilite o menzionate negli allegati I e II.2. I soggetti giuridici con sede negli Stati membri della Comunità partecipano ai programmi e progetti di ricerca dell’Egitto in settori analoghi a quelli del programma quadro CE alle stesse condizioni che si applicano ai soggetti giuridici egiziani, fatte salve le modalità e condizioni stabilite o menzionate negli allegati I e II.3. La cooperazione può anche svilupparsi con i mezzi e le modalità seguenti:- regolari scambi di opinioni sugli orientamenti e le priorità della politica dell’Egitto e della Comunità in materia di ricerca e sulla pianificazione di detta politica,- scambi di opinioni sulle prospettive e sullo sviluppo della cooperazione,- trasmissione tempestiva di informazioni sull’attuazione e i risultati dei programmi e progetti di ricerca dell’Egitto e della Comunità e riguardanti i risultati di lavori svolti nell’ambito del presente accordo,- riunioni congiunte,- visite e scambi di ricercatori, tecnici e ingegneri, anche a scopo di formazione,- lo scambio e la condivisione di attrezzature e di materiali,- contatti regolari tra responsabili di programmi o direttori di progetti di ricerca egiziani e comunitari,- partecipazione di esperti a seminari, simposi e gruppi di lavoro,- scambio di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi attinenti alla cooperazione prevista dal presente accordo,- formazione tramite progetti di ricerca e di sviluppo tecnologico,- accesso reciproco all’informazione scientifica e tecnologica oggetto della cooperazione in questione,- qualsiasi altra modalità adottata dal comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica CE-Egitto, di cui all’articolo 4, conformemente alle politiche e alle procedure applicabili alle due parti.Articolo 3Rafforzamento della cooperazione1. Le parti si impegnano a fare ogni possibile sforzo, nell’ambito delle proprie legislazioni vigenti, per facilitare la libera circolazione e il soggiorno dei ricercatori che partecipano alle attività oggetto del presente accordo, nonché per agevolare l’entrata e l’uscita dai loro territori di beni destinati a essere utilizzati in queste attività.2. Qualora, in applicazione della propria normativa, la Comunità europea conceda un finanziamento a un soggetto giuridico dell’Egitto che partecipi a un’azione indiretta comunitaria, l’Egitto garantisce che a questa transazione non saranno imposti oneri o prelievi fiscali o doganali.Articolo 4Gestione dell’accordoComitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica CE-Egitto1. Il coordinamento e l’agevolazione delle attività oggetto del presente accordo sono svolti, per l’Egitto, dall’Accademia per la ricerca scientifica e tecnologica, e, per la Comunità, dai servizi dalla Commissione delle Comunità europee responsabili del programma quadro, in qualità di agenti esecutivi delle parti (in appresso denominati "agenti esecutivi").2. Gli agenti esecutivi istituiscono un comitato congiunto denominato "Comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica CE-Egitto" (in appresso "il comitato misto"), le cui funzioni comprendono:- assicurare, valutare e riesaminare l’attuazione del presente accordo, nonché modificarne gli allegati o adottarne di nuovi per tenere conto degli sviluppi delle politiche scientifiche delle parti, nell’osservanza delle relative procedure interne di ciascuna delle due parti,- identificare annualmente i potenziali settori in cui risulti opportuno sviluppare e migliorare la cooperazione ed esaminare le relative misure,- esaminare periodicamente gli orientamenti e le priorità per il futuro delle politiche di ricerca e la loro programmazione in Egitto e nella Comunità, nonché le prospettive di cooperazioni future ai sensi del presente accordo.3. Il comitato misto è composto da rappresentanti degli agenti esecutivi; esso adotta il proprio regolamento interno.4. Il comitato misto si riunisce almeno una volta l’anno, alternativamente nella Comunità e in Egitto. Riunioni straordinarie possono essere convocate su richiesta di una delle due parti. Le conclusioni e raccomandazioni del comitato misto sono trasmesse per informazione al comitato d’associazione dell’accordo euromediterraneo tra l’Unione europea e la Repubblica araba di Egitto.Articolo 5FinanziamentoLa reciproca partecipazione ad attività di ricerca ai sensi del presente accordo avviene conformemente alle condizioni stabilite all’allegato I ed è disciplinata dalle leggi, dai regolamenti, dalle politiche e modalità di attuazione dei programmi in vigore sul territorio di ciascuna della parti.Articolo 6Diffusione e utilizzazione dei risultati e delle informazioniLa diffusione e l’uso dei risultati e delle informazioni acquisiti e/o scambiati, nonché la gestione, l’attribuzione e l’esercizio dei diritti di proprietà intellettuale derivanti dalle attività di ricerca svolte ai sensi del presente accordo, sono soggetti alle disposizioni di cui all’allegato II.Articolo 7Disposizioni finali1. Gli allegati I e II costituiscono parte integrante del presente accordo.Tutte le questioni o controversie relative all’interpretazione o all’attuazione del presente accordo sono risolte di comune accordo tra le parti.2. Il presente accordo entra in vigore dopo che le parti si sono notificate reciprocamente il completamento delle procedure interne per la conclusione dello stesso. In attesa del completamento delle procedure interne necessarie per la conclusione, le parti applicano il presente accordo a titolo provvisorio a decorrere dalla firma dello stesso.Qualora una parte notifichi all’altra parte l’intenzione di non concludere l’accordo, le parti concordano di comune accordo che i progetti e le attività avviati nel periodo di applicazione provvisoria e ancora in corso al momento della notifica summenzionata sono portati a termine alle condizioni stabilite nel presente accordo.3. Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle parti previo preavviso di dodici mesi.I progetti e le attività in corso al momento della denuncia del presente accordo devono essere portati a compimento alle condizioni concordate nel quadro dello stesso.4. Qualora una delle parti decida di modificare i suoi programmi e progetti di ricerca, di cui al paragrafo 1 dell’articolo 1, l’agente esecutivo della parte in questione notifica all’agente esecutivo dell’altra parte il contenuto preciso di dette modifiche.In deroga a quanto disposto dal secondo comma del paragrafo 2, il presente accordo può essere denunciato, alle condizioni stabilite di comune accordo, se una delle parti notifica all’altra, entro un mese dall’adozione delle modifiche di cui al primo comma, la sua intenzione di denunciare il presente accordo.5. Il presente accordo si applica, da una parte, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea e alle condizioni ivi stabilite e, dall’altra, al territorio della Repubblica araba di Egitto, fatta salva la possibilità di intraprendere attività di cooperazione in alto mare, nello spazio o nei territori di paesi terzi, conformemente al diritto internazionale.6. Il presente accordo è redatto in due esemplari in lingua danese, finnica, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese, tedesca e araba, ciascun testo facente ugualmente fede.Hecho en El Cairo, el veintiuno de junio de dos mil cinco.Udfærdiget i Kairo den enogtyvende juni to tusind og fem.Geschehen zu Kairo am einundzwanzigsten Juni zweitausendfünf.Έγινε στο Κάιρο, στις είκοσι μία Ιουνίου δύο χιλιάδες πέντε.Done at Cairo on the twenty-first day of June in the year two thousand and five.Fait au Caire, le vingt-et-un juin deux mille cinq.Fatto a il Cairo, addì ventuno giugno duemilacinque.Gedaan te Kaïro, de eenentwintigste juni tweeduizend vijf.Feito no Cairo, em vinte e um de Junho de dois mil e cinco.Tehty Kairossa kahdentenakymmenentenäensimmäisenä päivänä kesäkuuta vuonna kaksituhattaviisi.Som skedde i Kairo den tjugoförsta juni tjugohundrafern.Por la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftΓια την Ευρωπαϊκή ΚοινότηταFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaEuroopan yhteisön puolestaFör Europeiska gemenskapenPor el Gobierno de la República Árabe de EgiptoPå vegne af Den Arabiske Republik Egyptens regeringFür die Regierung der Arabischen Republik ÄgyptenΓια την Κυβέρνηση της Αραβικής Δημοκρατίας της ΑιγύπτουFor the Government of the Arab Republic of EgyptPour le gouvernement de la République arabe d’ÉgyptePer il Governo della Repubblica araba di EgittoVoor de regering van de Arabische Republiek EgyptePelo Governo da República Árabe do EgiptoEgyptin arabitasavallan hallituksen puolestaFör Arabrepubliken Egyptens regering[1] GU L 232 del 29.8.2002, pag. 1. Decisione modificata dalla decisione n. 786/2004/CE (GU L 138 del 30.4.2004, pag. 7).--------------------------------------------------ALLEGATO IModalità e condizioni di partecipazione di soggetti giuridici degli Stati membri dell’Unione europea e della Repubblica araba di EgittoAi fini del presente accordo, per "soggetto giuridico" si intende qualsiasi persona fisica, o qualsiasi persona giuridica costituita in conformità al diritto nazionale applicabile nel suo luogo di stabilimento o al diritto comunitario o al diritto internazionale, dotata di personalità giuridica e della capacità di essere titolare di diritti e di obblighi di qualsiasi natura.I. MODALITÀ E CONDIZIONI DI PARTECIPAZIONE DI SOGGETTI GIURIDICI STABILITI IN EGITTO ALLE AZIONI INDIRETTE DEL PROGRAMMA QUADRO CE-EGITTO1. La partecipazione dei soggetti giuridici stabiliti in Egitto alle azioni indirette del programma quadro CE è soggetta alle regole di partecipazione stabilite ai sensi dell’articolo 167 del trattato che istituisce la Comunità europea per l’attuazione del programma quadro.I soggetti giuridici stabiliti in Egitto possono inoltre partecipare alle azioni indirette attuate ai sensi dell’articolo 164 del trattato che istituisce la Comunità europea.2. La Comunità può accordare un finanziamento ai soggetti giuridici stabiliti in Egitto che partecipano alle azioni indirette menzionate al paragrafo 1, secondo le modalità e le condizioni stabilite dalla decisione del Parlamento europeo e del Consiglio conformemente all’articolo 167 del trattato che istituisce la Comunità europea, al regolamento finanziario della Comunità europea e alla legislazione comunitaria applicabile.3. I contratti conclusi dalla Comunità con i soggetti giuridici stabiliti in Egitto che partecipano ad un’azione indiretta devono prevedere il diritto della Commissione e della Corte dei conti delle Comunità europee di eseguire o di far eseguire controlli e verifiche.Le competenti autorità egiziane provvedono a prestare, in uno spirito di collaborazione e nel reciproco interesse, l’assistenza ragionevole e utile, qualora necessaria, per eseguire tali controlli e verifiche contabili.II. MODALITÀ E CONDIZIONI DI PARTECIPAZIONE DI SOGGETTI GIURIDICI DEGLI STATI MEMBRI DELL’UNIONE EUROPEA AI PROGRAMMI E AI PROGETTI DI RICERCA EGIZIANI1. I soggetti giuridici stabiliti nella Comunità europea, costituiti conformemente al diritto nazionale di uno degli Stati membri dell’Unione europea o al diritto comunitario, possono partecipare a progetti o programmi di ricerca e sviluppo egiziani in cooperazione con soggetti giuridici stabiliti in Egitto.2. Fatto salvo il paragrafo 1 e l’allegato II, i diritti e gli obblighi dei soggetti giuridici stabiliti nella Comunità, che partecipano a progetti egiziani di ricerca nell’ambito dei programmi di RST, e le condizioni applicabili in materia di presentazione e valutazione delle proposte, di aggiudicazione degli appalti e conclusione dei contratti per l’attuazione di detti progetti sono soggetti alle disposizioni legislative e regolamentari e alle direttive governative che disciplinano lo svolgimento di programmi di ricerca e sviluppo applicabili ai soggetti giuridici egiziani e tali da garantire un trattamento equanime, tenuto conto della natura della cooperazione fra l’Egitto e la Comunità in questo settore.Il finanziamento dei soggetti giuridici stabiliti nella Comunità europea che partecipano a progetti e programmi di ricerca e sviluppo dell’Egitto è disciplinato dalle disposizioni legislative e regolamentari e dalle direttive governative vigenti in Egitto, in materia di esecuzione dei programmi di ricerca e sviluppo, alle stesse condizioni che si applicano ai soggetti giuridici non egiziani che partecipano ai progetti e ai programmi di ricerca e sviluppo dell’Egitto.3. L’Egitto informa regolarmente i soggetti giuridici della Comunità e dell’Egitto in merito ai programmi egiziani in corso di svolgimento e alle possibilità di partecipazione per i soggetti giuridici stabiliti nella Comunità.--------------------------------------------------ALLEGATO IIPrincipi per l’attribuzione dei diritti di proprietà intellettualeI. APPLICAZIONEAi fini del presente accordo, per "proprietà intellettuale" si intende la definizione data dall’articolo 2 della convenzione che istituisce l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, conclusa a Stoccolma il 14 luglio 1967.Ai fini del presente accordo, per "conoscenze" si intendono i risultati, ivi comprese le informazioni, che possono essere protetti o no, nonché i diritti di autore o i diritti legati a detti risultati acquisiti in virtù di domanda o di rilascio di brevetti, disegni, modelli, specie vegetali, certificati complementari o di altre forme di tutela equiparabili.II. DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE DEI SOGGETTI GIURIDICI DELLE PARTI1. Ciascuna parte garantisce che i diritti di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici dell’altra parte che partecipano alle attività svolte conformemente al presente accordo e i diritti e gli obblighi derivanti da detta partecipazione siano compatibili con le convenzioni internazionali applicabili alle parti, compresi l’accordo TRIPS (Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio amministrato dall’Organizzazione mondiale del commercio), la convenzione di Berna (Atto di Parigi 1971) e la convenzione di Parigi (Atto di Stoccolma 1967).2. I soggetti giuridici stabiliti in Egitto che partecipano a un’azione indiretta del programma quadro CE hanno gli stessi diritti e obblighi di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici stabiliti nella Comunità, alle condizioni stabilite dalla decisione del Parlamento europeo e del Consiglio ai sensi dell’articolo 167 del trattato che istituisce la Comunità europea e nel relativo contratto concluso con la Comunità. Detti diritti e obblighi sono conformi alle disposizioni del paragrafo 1.3. I soggetti giuridici stabiliti nella Comunità europea che partecipano a programmi o a progetti di ricerca egiziani hanno gli stessi diritti e obblighi in materia di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici stabiliti in Egitto che partecipano a detti programmi o progetti di ricerca. Detti diritti e obblighi sono conformi alle disposizioni di cui al paragrafo 1.III. DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE DELLE PARTI1. Salvo accordi diversi stabiliti dalle parti, alle conoscenze generate dalle parti nel corso delle attività svolte ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, del presente accordo si applicano le regole specificate qui di seguito.a) La parte che genera le conoscenze è proprietaria delle stesse. Qualora risulti impossibile determinare il contributo delle rispettive parti, le parti sono congiuntamente proprietarie delle conoscenze.b) La parte proprietaria delle conoscenze concede all’altra parte dei diritti di accesso a queste conoscenze per lo svolgimento delle attività di cui all’articolo 2, paragrafo 2, del presente accordo. Tali diritti di accesso sono concessi a titolo gratuito.2. Salvo accordi diversi stabiliti dalle parti, alle pubblicazioni di carattere scientifico delle parti si applicano le regole specificate qui di seguito.a) In caso di pubblicazione ad opera di una parte di dati scientifici e tecnici, informazioni e risultati per mezzo di riviste, articoli, relazioni o libri, incluse opere audiovisive e software, che siano frutto di attività svolte ai sensi del presente accordo, l’altra parte ha diritto di ottenere una licenza non esclusiva, irrevocabile, a titolo gratuito e valida in tutti i paesi, che le consenta di tradurre, riprodurre, adattare, trasmettere e distribuire al pubblico tali opere.b) Tutte le riproduzioni, destinate al pubblico, di dati ed informazioni tutelati da diritto d’autore, prodotte a norma delle presenti disposizioni, devono indicare i nomi degli autori dell’opera, salvo quelli che espressamente richiedano di non essere citati. Devono inoltre contenere una menzione chiara e visibile del contributo delle parti alla cooperazione.3. Salvo accordi diversi stabiliti dalle parti, alle informazioni riservate delle parti si applicano le regole specificate qui di seguito.a) All’atto di comunicare all’altra parte le informazioni relative alle attività svolte ai sensi del presente accordo, ciascuna parte identifica le informazioni riservate che non desidera divulgare mediante segni o legende indicanti la riservatezza delle informazioni.b) La parte che riceve dette informazioni può comunicare sotto la propria responsabilità delle informazioni riservate ad organismi o persone sotto la sua autorità ai fini specifici dell’applicazione del presente accordo.c) Previo consenso scritto della parte che fornisce le informazioni riservate, l’altra parte può divulgarle in maniera più ampia di quanto consentito ai sensi della lettera b). Le parti collaborano al fine di stabilire le procedure in base alle quali può essere chiesta e ottenuta l’autorizzazione scritta preliminare per una divulgazione più ampia. Ciascuna parte si impegna a rilasciare tale autorizzazione nei limiti consentiti dalla propria legislazione e regolamentazione e dalle proprie politiche.d) Le informazioni riservate o le altre informazioni confidenziali non documentali fornite nel corso di seminari e di altre riunioni tra i rappresentanti delle parti, indette ai sensi del presente accordo, nonché le informazioni apprese attraverso il personale distaccato, l’uso di attrezzature o l’esecuzione di azioni indirette, rimangono confidenziali, a condizione che i soggetti che ricevono tali informazioni riservate o altre informazioni confidenziali siano resi edotti del carattere confidenziale delle informazioni all’atto della comunicazione delle stesse, ai sensi della lettera a).e) Ciascuna parte si impegna ad assicurare che le informazioni riservate ricevute ai sensi delle lettere a) e d) siano controllate come ivi previsto. Se una delle parti si rende conto che non è in grado o che presumibilmente non sarà in grado di osservare le disposizioni sull’obbligo del segreto di cui alle lettere a) e d), ne informa immediatamente l’altra parte. In seguito, le parti si consultano per definire un piano di azione adeguato.--------------------------------------------------
Cooperazione scientifica e tecnologica tra l’UE e l’Egitto QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo stabilisce un sistema formale di cooperazione volto a incoraggiare, sviluppare e agevolare le attività negli ambiti scientifici e tecnologici. Con questa decisione, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accorto per conto della Comunità europea (attuale UE). PUNTI CHIAVE Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate su una serie di principi:promozione di una società della conoscenza per lo sviluppo sociale ed economico delle due parti; benefici reciproci fondati su una ripartizione equilibrata dei vantaggi; accesso reciproco alle attività dei programmi e dei progetti di ricerca svolte da ciascuna parte; scambio tempestivo delle informazioni; protezione dei diritti di proprietà intellettuale.CooperazioneI soggetti giuridici* egiziani possono partecipare ad attività di cooperazione indiretta dei programmi quadro di ricerca e sviluppo tecnologico dell’UE e ad attività di dimostrazione alle stesse condizioni applicabili ai soggetti giuridici dell’UE, in conformità con i termini e le condizioni stabiliti negli allegati I e II dell’accordo. Le personalità giuridiche stabilite nei paesi dell’UE possono partecipare a programmi e progetti di ricerca egiziani che coprono settori simili a quelli del programma quadro alle stesse condizioni applicabili ai soggetti giuridici dell’Egitto in conformità con i termini e le condizioni di cui agli allegati I e II dell’accordo.Le attività di cooperazione possono assumere le forme seguenti:regolari scambi di opinioni sugli orientamenti e le priorità della politica dell’Egitto e dell’UE; discussioni su cooperazione, sviluppi e prospettive; fornitura tempestiva di informazioni sull’attuazione dei rispettivi programmi e progetti di ricerca; riunioni congiunte; visite e scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici, anche a fini di formazione; scambi o condivisione di attrezzature e materiali; contatti regolari e continui tra i responsabili dei programmi o dei progetti delle parti; partecipazione di esperti a seminari, conferenza («simposi») e workshop; scambi di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi rilevanti ai fini della cooperazione ai sensi del presente accordo; formazione nel campo della ricerca e dello sviluppo tecnologico; accesso reciproco all’informazione scientifica e tecnica nell’ambito della cooperazione; altre modalità adottate dal comitato misto di cooperazione scientifica e tecnica, istituito ai sensi del presente accordo. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 27 febbraio 2008 per un tempo indeterminato (provvisoriamente applicabile dalla data di sottoscrizione: 21 giugno 2005). Può essere risolto in qualsiasi momento da entrambe le parti con un preavviso scritto di 12 mesi. CONTESTO L’Egitto è uno dei paesi coperti dalla politica di vicinato dell’UE. Nel 2004, è entrato in vigore l’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica araba d’Egitto, dall’altra. Per maggiori informazioni, consultare:L’Egitto e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna) L’Egitto e la politica di vicinato (Commissione europea)Per maggiori informazioni sulla cooperazione nell’ambito della ricerca e dell’innovazione (RI) con l’Egitto, consultare:Cooperazione internazionale RI con l’Egitto (Commissione europea). Tabella di marcia per la cooperazione S&T tra vicinato meridionale e UE (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Soggetto giuridico: ogni persona fisica o giuridica costituita in conformità del diritto nazionale applicabile nel suo luogo di stabilimento o del diritto comunitario o internazionale, dotata di personalità giuridica e della capacità di essere titolare di diritti e di obblighi di qualsiasi natura a proprio nome. DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica araba di Egitto (GU L 182 del 13.7.2005, pag. 12). Decisione 2008/180/CE del Consiglio, del 25 febbraio 2008, concernente la conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica araba d’Egitto (GU L 59 del 4.3.2008, pag. 12).
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Atto relativo all'elezione dei rappresentanti nell'assemblea a suffragio universale diretto Gazzetta ufficiale n. L 278 del 08/10/1976 pag. 0005 - 0011 ++++ATTO relativo all ' elezione dei rappresentanti nell ' Assemblea a suffragio universale diretto Articolo 1 I rappresentanti , all ' Assembla , dei popoli degli Stati riuniti nella Comunità sono eletti a suffragio universale diretto . Articolo 2 Il numero dei rappresentanti eletti in ogni Stato membro è fissato come segue : Belgio : 24 , Danimarca : 16 , Germania : 81 , Francia : 81 , Irlanda : 15 , Italia : 81 . Lussemburgo : 6 , Paesi Bassi : 25 , Regno Unito : 81 . Articolo 3 1 . I rappresentanti sono eletti per un periodo di cinque anni . 2 . Tale periodo quinquennale inizia con l ' apertura delle prima sessione tenuta dopo ciascuna elezione . Esso può essere prolungato o abbreviato in applicazione dell ' articolo 10 , paragrafo 2 , seconda comma . 3 . Il mandato di ogni rappresentante inizia e scade contemporaneamente al periodo di cui al paragrafo 2 . Articolo 4 1 . I rappresentanti votano individualmente e personalmente . Non possono essere vincolati da istruzioni nù ricevere mandato imperativo , 2 . I rappresentanti beneficiano dei privilegi e delle immunità applicabili ai membri dell ' Assemblea in virtù del protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee allegato al trattato che istituisce un Consiglio unico ed una Commissione unica delle Comunità europee . Articolo 5 La carica da rappresentante all ' Assemblea è compatibile con quella di membro del Parlamento di uno Stato membro , Articolo 6 1 . La carica di rappresentante all ' Assembla è incompatibile con quella di : - membro del governo di uno Stato membro ; - membro della Commissione delle Comunità europee ; - giudice , avvocato generale o cancelliere della Corte di giustizia delle Comunità europee ; - membro della Corte dei conti delle Comunità europee ; - membro del comitato della Comunità europea del carbone e dell ' acciaio o membro del Comitato economico e sociale della Comunità economica europea e della Comunità europea dell ' energia atomica ; - membro dei comitati od organismi creati in virtù o in applicazione dei tratti che istituiscono la Comunità europea del carbone e dell ' acciaio , la Comunità economica europea e la Comunità europea dell ' energia atomica , per provvedere all ' amministrazione di fondi delle Comunità o all ' espletamento di un compito permanente e diritto di gestione amministrativa ; - membro del consiglio d ' amministrazione , del comitato direttivo ovvero impiegato della Banca europea per gli investimenti ; - funzionario o agente , in attività di servizio , delle Istituzioni delle Comunità europee o degli organismi specializzati che vi si ricollegano . 2 . Ogni Stato membro può inoltre fissare le incompatibilit applicabili sul piano nazionale , alle condizioni di cui all ' articolo 7 , paragrafo 2 , 3 . I rappresentanti all ' Assemblea ai quali , nel corso del periodo quinquennale di cui all ' articolo 3 , sono applicabili i paragrafi 1 e 2 , sono sostituiti conformemente all ' articolo 12 . Articolo 7 1 . Conformemente all ' articolo 21 , paragrafo 3 , del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell ' acciaio , dell ' articolo 138 , paragrafo 3 , del trattato che istituisce la Comunità economica europea e dell ' articolo 108 , paragrafo 3 , del trattato che istituisce la Comunità europea dell ' energia atomica , l ' Assemblea elabora un progetto di procedura elettorale uniforme . 2 . Fino all ' entrata in vigore di una procedura elettorale uniforme , e con riserva delle altre disposizioni del presente atto , la procedura elettorale è disciplinata in ciascuno Stato membro della disposizioni nazionali . Articolo 8 Per l ' elezione dei rappresentanti all ' Assemblea ciascun elettore può votare una sola volta . Articolo 9 1 . L ' elezione per l ' Assemblea ha luogo alla data fissata da ciascuno Stato membro ; tale data deve cadere per tutti gli Stati membri entro uno stesso lasso di tempo compreso tra la mattina del giovedì e la domenica immediatamente successiva . 2 . Le operazioni di spoglio delle schede di voto possono avere inizio soltanto dopo la chiusura dei seggi nello Stato membro in cui gli elettori votano per ultimi nel periodo di cui al paragrafo 1 . 3 . Qualora uno Stato membro adotti per l ' elezione all ' Assemblea uno scrutinio a due taluni , il primo turno dovrà avvenire nel periodo previsto al paragrafo 1 . Articolo 10 1 . Il periodo di cui all ' articolo 9 , paragrafo 1 , è precisato , per la prima elezione , dal Consiglio , che delibera all ' unanimità , previa consultazione dell ' Assemblea . 2 . Le elezioni successive hanno luogo nello stesso periodo dell ' ultimo anno del periodo quinquennale di cui all ' articolo 3 . Qualora si riveli impossibile tenere le elezioni nella Comunità nel corso di detto periodo , il Consiglio , che delibera all ' unanimità , previa consultazione dell ' Assemblea , fissa un altro periodo che , al massimo , può essere anteriore o posteriore di un mese al periodo di cui al comma precedente . 3 . Fatti salvi l ' articolo 22 del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell ' acciaio , l ' articolo 139 del trattato che istituisce la Comunità economica europea e l ' articolo 109 del trattato che istituisce la Comunità europea dell ' energia atomica , l ' Assemblea si riunisce di diritto il primo martedì successivo alla scadenza del termine di un mese dalla fine del periodo di cui all ' articolo 9 , paragrafo 1 . 4 . L ' Assemblea uscente decade al momento della prima sessione della nuova Assemblea . Articolo 11 Fino all ' entrata in vigore della procedura uniforme prevista all ' articolo 7 , paragrafo 1 , l 'Assemblea verifica i poteri dei rappresentanti . A tal fine , essa prende atto dei risultati proclamati ufficialmente dagli Stati membri , e decide sulle contestazioni che potrebbero essere eventualmente presentate in base alle disposizioni del presente atto , fatta eccezione delle disposizioni nazionali cui tale atto rinvia . Articolo 12 1 . Fino all ' entrata in vigore della procedura uniforme prevista all ' articolo 7 , paragrafo 1 , e con riserva delle altre disposizioni del presente atto , ciascuno Stato membro stabilisce le opportune procedure per coprire i seggi , resisi vacanti durante il periodo quinquennale di cui all ' articolo 3 , per la restante durata di detto periodo . 2 . Quando la vacanza risulta dall ' applicazione delle disposizioni nazionali in vigore in uno Stato membro , quest ' ultimo ne informa l ' Assemblea che ne prende atto . In tutti gli casi , l ' Assemblea costata la vacanza e ne informa lo Stato membro . Articolo 13 Qualora risultino necessarie misure per l ' applicazione del presente atto il Consiglio , deliberando all ' unanimità su proposta dell ' Assemblea e previa consultazione della Commissione , adotta tali misure , dopo avere cercato un accordo con l' Assemblea nell ' ambito di una Commissione di concentrazione che riunisca il Consiglio e i rappresentanti dell ' Assemblea . Articolo 14 L ' articolo 21 , paragrafi 1 e 2 , del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell ' acciaio , l ' articolo 138 , paragrafi 1 e 2 , del trattato che istituisce la Comunità economica europea nonchù l ' articolo 108 , paragrafi 1 e 2 , del trattato che istituisce la Comunità europea dell ' energia atomica decadono alla data delle sessione tenuta , conformemente all ' articolo 10 , paragrafo 3 , della prima Assemblea eletta in applicazione del presente atto . Articolo 15 Il presente atto è redatto nelle lingue danese , francese , inglese , irlandese , italiana , olandese e tedesca , tutti i testi facenti ugualmente fede . Gli allegati I , II e III formano parte integrante del presente atto . È unita una dichiarazione del governo della Repubblica federale di Germania . Articolo 16 Le disposizioni del presente atto entrano in vigore il primo giorno del mese successivo al ricevimento dell ' ultima notifica prevista dalla decisione . ALLEGATO I Le autorità danesi possono stabilire le date in cui si procederà , in Groenlandia , alle elezioni dei membri dell ' Assemblea . ALLEGATO II Il Regno Unito applicherà le disposizioni di questo atto soltanto nei confronti del Regno Unito . ALLEGATO III Dichiarazione ad articolo 13 Si conviene che , per la procedura da seguire nell ' ambito della Commissione di concertazione , si farà ricorso alle disposizioni dei paragrafi 5 , 6 e 7 della procedura stabilita mediante dichiarazione comune del Parlamento europeo , del Consiglio e della Commissione in data 4 marzo 1975 ( 1 ) . ( 1 ) GU n . C 89 del 22 . 4 . 1975 , pag . 1 . Dichiarazione del governo della Repubblica federale di Germania Il governo della Repubblica federale di Germania dichiara che l ' atto relativo all ' elezione a suffragio universale diretto dei membri del Parlamento europeo è applicabile anche al Land di Berlino . Tenendo conto dei diritti e responsabilità della Francia , del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e degli Stati Uniti d ' America , la Camera dei deputati di Berlino eleggerà i rappresentanti per i seggi che , nei limiti del contingente della Repubblica federale di Germania , spettano al Land di Berlino .
Il Parlamento europeo QUAL È LO SCOPO DEGLI ARTICOLI DEI TRATTATI DELL’UNIONE, DELL’ATTO E DELLA DECISIONE? L’articolo 14 del trattato sull’Unione europea e gli articoli 223 e 234 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) stabiliscono il suolo, le competenze, la composizione, il mandato e la procedura elettorale del Parlamento europeo (di seguito il Parlamento). La legge elettorale, che risale originariamente al 1976 ed è stata modificata più volte (in particolare in linea con le revisioni dei trattati dell’Unione e l’adesione di nuovi Stati membri dell’Unione), stabilisce le regole per l’elezione dei membri del Parlamento (deputati ) con suffragio universale diretto. La decisione (UE, Euratom) 2018/994 (non ancora in vigore) aggiorna la legge elettorale del 1976 e mira a:incoraggiare la partecipazione dei cittadini;rafforzare la dimensione europea delle elezioni;Adeguare le soglie elettorali; emigliorare la gestione delle elezioni, in particolare consentendo metodi di voto alternativi e semplificando la cooperazione tra le autorità nazionali. PUNTI CHIAVE Il Parlamento è l’unica istituzione dell’Unione europea (UE) eletto direttamente dai cittadini dell’Unione europea, per i cittadini dell’Unione europea. Esso rappresenta quasi 450 milioni di cittadini europei e in questo senso rappresenta il potere democratico. Ha la propria sede a Strasburgo, in Francia. I membri del Parlamento vengono eletti per un mandato di cinque anni tramite elezione diretta (dal 1979) con scrutinio segreto e in numero definito per ciascuno Stato membro. Il Parlamento, così come lo conosciamo oggi, è in realtà il risultato della fusione di tre precedenti assemblee: la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, la Comunità economica europea e la Comunità europea dell’energia atomica (Trattato di fusione, 1965 — si veda la sintesi). PoteriI poteri del Parlamento sono stati definiti tramite successive revisioni dei Trattati dell’Unione. Tali metodi comprendono:Poteri decisionali (poteri di delibera):esercizio di potere legislativo insieme al Consiglio nella maggior parte delle aree di competenza dell’Unione;Facoltà di richiedere alla Commissione europea di presentare una proposta di legge (Articolo 225 TFUE);prendere decisioni relativamente al bilancio dell’Unione insieme al Consiglio;le azioni esterne all’Unione europea (decisioni dell’Unione sulla conclusione di accordi esterni) richiedono il consenso o la consultazione del Parlamento. Poteri di controllo sulle istituzioni esecutive dell’Unione (Consiglio e Commissione) principalmente assicurando il controllo politico sulla Commissione (tramite una mozione di censura) o presentando interrogazioni orali o scritte al Consiglio. Il Parlamento può inoltre esercitare il proprio controllo sulle altre istituzioni dell’Unione europea come la Banca centrale europea (Articolo 284 TFUE). Poteri di nomina, partecipando alla designazione dei membri della Commissione, dei membri della Corte dei conti e del Mediatore europeo.CompetenzeLegislazioneSecondo la procedura legislativa ordinaria (Articolo 294 TFUE), il Parlamento si trova sullo stesso piano del Consiglio. Tale procedura è utilizzata nella maggior parte delle aree politiche tra cui:trasportiambienteagricolturasicurezza energeticaimmigrazionegiustiziasalute pubblica. Il Parlamento interviene sulle leggi adottate in base alla procedura legislativa speciale dando il proprio parere (procedura di consultazione) o il suo consenso (procedura di approvazione). L’approvazione da parte del Parlamento è necessaria per numerosi tipi di accordi con paesi terzi o organizzazioni internazionali, quali gli accordi di associazione o gli accordi nei settori contemplati dalla procedura legislativa ordinaria (ad esempio, accordi commerciali). Il Parlamento deve anche essere consultato in merito a tutti gli altri tipi di accordi internazionali (Articolo 218 TFUE).Bilancio Il Parlamento e il Consiglio operano su un piano di parità per l’intera procedura di approvazione del bilancio annuale dell’Unione europea. La procedura di bilancio consiste in una lettura unica del Parlamento e del Consiglio e sottoposta, se necessario, a un comitato di conciliazione per raggiungere un accordo su un testo congiunto (Articolo 314 TFUE). Supervisione dell’esecutivo Il Parlamento esercita una serie di controlli sulla Commissione, l’esecutivo dell’Unione europea:il Presidente della Commissione è eletto dal Parlamento su proposta del Consiglio europeo, e i risultati delle elezioni del Parlamento europeo devono essere presi in considerazione. l’inaugurazione della Commissione dipende dall’approvazione da parte del Parlamento. Tale approvazione comporta anche la nomina dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, che è contemporaneamente vice-presidente della Commissione europea; il Parlamento può anche forzare la Commissione a dimettersi, attraverso una mozione di sfiducia.Revisione dei trattatiIl Parlamento ha un diritto di iniziativa e può quindi proporre una revisione dei trattati (articolo 48 del TUE). Partecipa alla Convenzione che esamina i progetti presentati nell’ambito della procedura di revisione ordinaria dei trattati. Dev’essere consultato per la modifica dei trattati nell’ambito della procedura di revisione semplificata.Regole elettorali La legge elettorale dell’Unione del 1976 si basa su principi comuni dell’Unione, ma riconosce anche l’importanza delle norme nazionali nel campo delle procedure elettorali.I paesi dell’Unione devono utilizzare un sistema di voto proporzionale, ma sono liberi di utilizzare un sistema a scrutinio di lista o con voto singolo trasferibile. L’elezione si svolge a suffragio universale diretto, libero e segreto. Le persone possono votare una sola volta in una data elezione al Parlamento. Ciascuno Stato membro può stabilire una soglia massima per le spese dei candidati per la campagna. Gli Stati membri sono liberi di istituire circoscrizioni o di decidere come suddividere l’area elettorale, a condizione che sia mantenuta la natura proporzionale del sistema di voto. Sono inoltre liberi di fissare soglie per la ripartizione dei seggi non superiori al 5%. I membri del Parlamento votano su base individuale e personale. Non devono essere vincolati da alcuna istruzione né ricevere un mandato vincolante. Dalle elezioni del 2004, i deputati al Parlamento europeo non possono essere contemporaneamente membri del parlamento nazionale (a parte le eccezioni temporanee previste per il Regno Unito e l’Irlanda, ormai scadute). La carica di membro del Parlamento è inoltre ritenuta incompatibile con quella di membro del governo di un paese dell’Unione, membro della Commissione, giudice della Corte di giustizia dell’Unione europea, membro del consiglio di amministrazione della Banca centrale europea o della Banca europea per gli investimenti, membro della Corte dei conti, un membro del Comitato economico e sociale europeo o del Comitato europeo delle regioni, o di Mediatore. I paesi dell’Unione hanno le loro procedure per coprire un seggio quando diventa vacante a seguito delle dimissioni, del decesso o della revoca del mandato.La decisione (UE, Euratom) 2018/994, una volta approvata da ciascuno degli Stati membri in conformità con i rispettivi requisiti costituzionali, introdurrà le seguenti modifiche:quando si utilizza lo scrutinio di lista, gli Stati membri in questione fissano una soglia minima tra il 2 % e il 5 % di voti validamente espressi per l’attribuzione dei seggi nelle circoscrizioni con più di 35 seggi; il termine per la presentazione delle candidature è di almeno tre settimane prima della data fissata dallo Stato membro interessato per tenere le elezioni del Parlamento europeo; gli Stati membri possono consentire l’apposizione, sulle schede elettorali, del nome o del logo del partito politico europeo al quale è affiliato il partito politico nazionale o il singolo candidato; la possibilità di introdurre il voto elettronico e per corrispondenza, e la possibilità per gli Stati membri di adottare misure adeguate per consentire ai cittadini europei residenti in paesi terzi di votare alle elezioni del Parlamento europeo; le sanzioni per il doppio voto; La designazione di un’autorità di contatto in ciascuno Stato membro responsabile dello scambio di dati concernenti gli elettori e i candidati con le sue omologhe degli altri Stati membri.Composizione La ripartizione dei seggi tra gli Stati membri prende in considerazione una serie di fattori:deve mantenere una proporzionalità adeguata tra i seggi assegnati agli Stati membri e la loro popolazione; deve permettere al Parlamento di riflettere su importanti questioni politiche, anche per gli Stati membri meno popolati; il numero totale dei parlamentari non deve superare una certa soglia per non danneggiare l’efficacia del lavoro del Parlamento.Su iniziativa del Parlamento e con la sua approvazione, il Consiglio europeo adotta all’unanimità la decisione sulla composizione del Parlamento (Articolo 14(2) TUE). I trattati stabiliscono le regole di base che riguardano la composizione del Parlamento:Il Parlamento è composto da rappresentanti dei cittadini dell’Unione; il numero massimo di deputati è fissato a 750, oltre al Presidente del Parlamento europeo; la soglia minima di seggi per Stato membro è pari a sei; la soglia massima di seggi per Stato membro è 96; la ripartizione dei seggi dovrebbe essere basata sul principio della «proporzionalità decrescente», che significa che tanto più popolato è uno stato, tanti più deputati avrà a disposizione; il numero di cittadini rappresentati da un deputato di tale stato è proporzionalmente maggiore rispetto a uno stato meno popolato.TABELLA RIASSUNTIVA Trattato Articoli Oggetto Trattato sull’Unione europea (TUE) 14 Ruolo e composizione del Parlamento Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) 223, 224, 225, 226, 227, 228, 229, 230, 231, 232, 233, 234 Funzionamento e attribuzioni del Parlamento CONTESTO Dal 31 gennaio 2020, quando il Regno Unito ha lasciato ufficialmente l’Unione Europea (Brexit), i deputati al Parlamento europeo sono 705, una riduzione di 46 rispetto al numero precedente. DOCUMENTI PRINCIPALI Versione consolidata del Trattato sull’Unione europea — Titolo III — Disposizioni relative alle istituzioni Articolo 14 (GU C 202, 7.6.2016, pag. 22). Versione consolidata del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 1). Atto relativo all’elezione dei rappresentanti nell’assemblea a suffragio universale diretto (GU L 278 dell’8.10.1976, pag. 5). Si veda la versione consolidata. Decisione (UE, Euratom) 2018/994 del Consiglio, del 13 luglio 2018, che modifica l’atto relativo all’elezione dei membri del Parlamento europeo a suffragio universale diretto, allegato alla decisione 76/787/CECA, CEE, Euratom del Consiglio del 20 settembre 1976 (GU L 178 del 16.7.2018, pag. 1). Decisione 76/787/CECA, CEE, Euratom dei rappresentanti degli stati membri riuniti in sede di Consiglio concernente l’Atto relativo all’elezione dei rappresentanti nell’Assemblea a suffragio universale diretto (GU L 278 dell’8.10.1976, pag. 1). DOCUMENTI CORRELATI Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Protocollo (n. 6) sulle sedi delle istituzioni e di determinati organi, organismi e servizi dell’Unione europea (GU L 202 del 7.6.2016, pag. 265). Decisione (UE) 2018/937 del Consiglio europeo, del 28 giugno 2018, che stabilisce la composizione del Parlamento europeo (GU L 1651 del 2.7.2018, pag. 1).
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DECISIONE 2014/75/PESC DEL CONSIGLIO del 10 febbraio 2014 sull’Istituto dell’Unione europea per gli studi sulla sicurezza IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 28 e l’articolo 31, paragrafo 1, vista la proposta dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, considerando quanto segue: (1) Il 20 luglio 2001 il Consiglio ha adottato l’azione comune 2001/554/PESC (1). (2) L’Istituto dell’Unione europea per gli studi sulla sicurezza («l’Istituto») dovrebbe assistere l’Unione europea e i suoi Stati membri nell’attuazione della politica estera e di sicurezza comune (PESC), compresa la politica di difesa e di sicurezza comune (PSDC), nonché altre azioni esterne dell’Unione, sotto la supervisione politica del Consiglio e il controllo operativo dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR). (3) L’Istituto dovrebbe avere personalità giuridica e operare in completa indipendenza intellettuale, fatte salve le responsabilità del Consiglio e dell’AR. (4) Il 20 settembre 2011 l’AR ha presentato, a norma dell’articolo 19 dell’azione comune 2001/554/PESC, una relazione al Consiglio sul riesame del funzionamento dell’Istituto. Il 1o febbraio 2012 il comitato politico e di sicurezza ha preso atto della relazione e ha raccomandato al Consiglio di modificare l’azione comune 2001/554/PESC. (5) È opportuno, per motivi di certezza del diritto, consolidare le modifiche precedenti e quelle aggiuntive proposte in un’unica nuova decisione e abrogare l’azione comune 2001/554/PESC, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Continuità e ubicazione 1. L’Istituto dell’Unione europea per gli studi sulla sicurezza, istituito dall’azione comune 2001/554/PESC («l’Istituto»), continua a svolgere le proprie attività conformemente alla presente decisione. 2. Tutti i diritti e gli obblighi esistenti e tutte le norme adottate nell’ambito dell’azione comune 2001/554/PESC rimangono inalterati. In particolare, rimangono validi tutti i contratti di lavoro esistenti e tutti i diritti che ne discendono. 3. L’istituto ha sede a Parigi. Al fine di agevolare l’organizzazione di attività a Bruxelles, l’Istituto un ufficio di collegamento in loco. L’Istituto ha un’organizzazione flessibile e rivolge particolare attenzione alla qualità e all’efficienza, anche riguardo ai livelli di organico. Articolo 2 Funzioni e compiti 1. L’Istituto, in stretta collaborazione con gli Stati membri, contribuisce allo sviluppo della riflessione strategica dell’UE in materia di politica estera e di sicurezza comune (PESC) e di politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC), compresi la prevenzione dei conflitti e il consolidamento della pace, nonché in materia di altra azione esterna dell’Unione, con l’obiettivo di rafforzare la capacità di analisi, di previsione e di collegamento in rete dell’UE nell’azione esterna. 2. Le attività dell’Istituto vertono sullo svolgimento di analisi orientate alle politiche, sull’informazione, sulla divulgazione e sul dibattito, sull’organizzazione di eventi e seminari di collegamento in rete e sulla raccolta di pertinente documentazione per i funzionari e gli esperti dell’Unione e degli Stati membri. 3. L’Istituto promuove altresì contatti con il mondo accademico, con i gruppi di riflessione e con pertinenti attori della società civile in tutto il continente europeo, nella comunità atlantica e nella comunità internazionale in genere, fungendo da interfaccia tra le istituzioni dell’Unione e l’ambito degli esperti esterni, compresi gli attori nel settore della sicurezza. Articolo 3 Supervisione politica e direzione operativa 1. Il comitato politico e di sicurezza (CPS), sotto la responsabilità del Consiglio, assicura la supervisione politica delle attività dell’Istituto. L’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR), conformemente alle responsabilità dell’AR per la PESC e, in particolare, per la PSDC, assicura la direzione operativa all’Istituto. 2. Questa supervisione politica e direzione operativa sono esercitate senza interferire con l’indipendenza intellettuale e l’autonomia operativa di cui gode l’Istituto stesso nello svolgimento della propria missione e dei propri compiti. Articolo 4 Personalità giuridica L’Istituto ha la personalità giuridica necessaria a svolgere le sue funzioni e a raggiungere i suoi obiettivi. Esso può in particolare stipulare contratti, acquistare o alienare beni mobili e immobili e stare in giudizio. L’Istituto è un organismo senza scopo di lucro. Gli Stati membri adottano, ove necessario, misure per attribuire all’Istituto la capacità giuridica riconosciuta alle persone giuridiche dalle rispettive legislazioni nazionali. Articolo 5 Consiglio di amministrazione 1. L’Istituto ha un consiglio di amministrazione che approva il suo programma di lavoro annuale e a lungo termine, nonché il bilancio appropriato. Il consiglio di amministrazione costituisce un centro di discussione per i punti connessi alle funzioni, ai compiti, al funzionamento e al personale dell’Istituto. 2. Il consiglio di amministrazione è presieduto dall’AR o da un suo rappresentante. Il Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) svolge le funzioni di segretariato del comitato. 3. Il consiglio di amministrazione è composto da un rappresentante designato da ciascuno Stato membro. Ogni membro del consiglio di amministrazione può essere rappresentato o accompagnato da un supplente. La Commissione, che partecipa ai lavori del consiglio di amministrazione, designa altresì un rappresentante. 4. Il direttore dell’Istituto o il rappresentante del direttore assiste di norma alle riunioni del consiglio di amministrazione. Possono inoltre assistervi il direttore generale dello Stato maggiore e il presidente del Comitato militare o i loro rappresentanti. 5. Le decisioni del consiglio di amministrazione sono adottate mediante votazione dai rappresentanti degli Stati membri a maggioranza qualificata e ai voti è attribuita la ponderazione ai sensi dell’articolo 16, paragrafi 4 e 5, del trattato sull’Unione europea (TUE), fatto salvo l’articolo 11, paragrafi 2 e 3, della presente decisione. Il consiglio di amministrazione adotta il suo regolamento interno. 6. Il consiglio di amministrazione può decidere di creare gruppi di lavoro ad hoc o comitati permanenti per trattare temi o problemi specifici nell’ambito della sua responsabilità generale e sotto la sua supervisione. La decisione di creare tali gruppi di lavoro o comitati ne precisa il mandato, la composizione e la durata. 7. Il consiglio di amministrazione è convocato dal presidente almeno due volte l’anno. Esso è convocato su richiesta di almeno un terzo dei suoi membri. Articolo 6 Direttore 1. Il consiglio di amministrazione nomina il direttore dell’Istituto tra i cittadini degli Stati membri, dietro raccomandazione dell’AR. Il direttore è nominato per un periodo di tre anni, periodo che può essere prorogato di due anni. 2. I candidati per il posto di direttore dovrebbero essere soggetti dotati di riconosciuta competenza ed esperienza consolidata in materia di relazioni esterne, politica di sicurezza e diplomazia, e nella ricerca in tali materie. Gli Stati membri sottopongono candidature all’AR, che ne informa il consiglio di amministrazione. La procedura di preselezione è organizzata sotto la responsabilità dell’AR. La commissione di preselezione è composta da tre rappresentanti del SEAE e da tre rappresentanti degli Stati membri tra il trio di presidenza ed è presieduta dall’AR o dal rappresentante dell’AR. Sulla base dei risultati della preselezione, l’AR deve fornire al consiglio di amministrazione una raccomandazione con un elenco ristretto di almeno tre candidati, redatto in ordine di preferenza dalla commissione di preselezione. 3. Il direttore assicura la rappresentanza giuridica dell’Istituto. 4. Il direttore è responsabile dell’assunzione del resto del personale dell’Istituto. I membri del consiglio di amministrazione sono informati in anticipo della nomina di analisti. 5. Previa approvazione del consiglio di amministrazione e tenendo conto delle implicazioni finanziarie in seguito all’adozione del bilancio annuale dell’Istituto, il direttore può nominare un vicedirettore. Il vicedirettore è nominato per un periodo massimo di tre anni, che può essere prorogato un’unica volta per due anni. 6. Il direttore assicura l’esecuzione delle funzioni e dei compiti dell’Istituto conformemente all’articolo 2. Il direttore garantisce l’elevato grado di competenza e professionalità dell’Istituto, nonché assicura l’efficacia e l’efficienza nello svolgimento delle attività dell’Istituto. Il direttore è inoltre responsabile: a) dell’elaborazione del programma di lavoro annuale dell’Istituto e della relazione annuale sulle attività dell’Istituto; b) della preparazione delle attività del consiglio di amministrazione; c) dell’amministrazione corrente dell’Istituto; d) di tutte le questioni relative al personale; e) della preparazione dello stato delle entrate e delle spese e dell’esecuzione del bilancio dell’Istituto, f) dell’informazione del CPS sul programma di lavoro annuale, g) dei contatti e della stretta collaborazione con le istituzioni dell’Unione, nazionali e internazionali in campi correlati. Il direttore, previa consultazione del consiglio di amministrazione, dovrebbe inoltre esplorare le possibilità di contributi aggiuntivi al bilancio dell’Istituto. 7. Nell’ambito del programma di lavoro e del bilancio concordati dell’Istituto, il direttore è abilitato a concludere contratti, assumere il personale approvato nel bilancio e effettuare ogni spesa necessaria al funzionamento dell’Istituto. 8. Il direttore predispone una relazione annuale sulle attività dell’Istituto entro il 31 marzo dell’anno successivo. La relazione annuale è trasmessa al consiglio di amministrazione e, tramite l’AR, al Consiglio, il quale la trasmette al Parlamento europeo, alla Commissione e agli Stati membri. 9. Il direttore risponde della sua gestione al consiglio di amministrazione. Articolo 7 Personale 1. Il personale dell’Istituto, composto di analisti e di personale amministrativo, ha lo status di agente contrattuale ed è reclutato tra i cittadini degli Stati membri. Gli analisti dell’Istituto sono assunti in base a meriti intellettuali, esperienza e competenza pertinenti alla missione e ai compiti dell’Istituto di cui all’articolo 2, e mediante una procedura di concorso equa e trasparente. Le norme relative al personale dell’Istituto sono adottate dal Consiglio su raccomandazione del direttore. 2. I ricercatori e i tirocinanti possono essere assunti su una base ad hoc e di breve durata. Con l’accordo del direttore e dopo aver informato il consiglio di amministrazione, i ricercatori possono essere distaccati presso l’Istituto per un periodo determinato, in posti all’interno della struttura organizzativa dell’Istituto o per compiti e progetti specifici pertinenti alla missione dell’Istituto e ai compiti di cui all’articolo 2. I membri del personale possono essere distaccati per un posto all’esterno dell’Istituto, per un periodo determinato, nell’interesse del servizio, conformemente allo statuto del personale dell’Istituto. Le disposizioni relative al distacco sono adottate dal consiglio di amministrazione su proposta del direttore. Articolo 8 Indipendenza e autonomia Nello svolgimento delle attività dell’Istituto, il direttore e gli analisti dispongono dell’indipendenza intellettuale e dell’autonomia operativa necessarie. Articolo 9 Programma di lavoro 1. Entro il 31 ottobre di ogni anno, il direttore elabora un progetto di programma di lavoro annuale per l’anno successivo, corredato di prospettive indicative a lungo termine per gli anni successivi e lo presenta al consiglio di amministrazione per l’approvazione. 2. Entro il 30 novembre di ogni anno, il consiglio di amministrazione approva il programma di lavoro annuale. Articolo 10 Bilancio 1. Tutte le voci di entrata e di spesa dell’Istituto sono indicate in stime da elaborare per ciascun esercizio finanziario, che corrisponde all’anno civile, e sono illustrate nel bilancio dell’Istituto, che include un elenco del personale. 2. Le entrate e le spese contenute nel bilancio dell’Istituto sono in pareggio. 3. Le entrate dell’Istituto consistono in contributi degli Stati membri in base al criterio del prodotto nazionale lordo (PNL). Su proposta del direttore e previa approvazione del consiglio di amministrazione, contributi aggiuntivi per progetti specifici pertinenti alla missione dell’Istituto e ai compiti di cui all’articolo 2 possono essere accettati da altre fonti, in particolare dai singoli Stati membri o dalle istituzioni dell’Unione. Articolo 11 Procedura di bilancio 1. Entro il 31 ottobre di ogni anno, il direttore presenta al consiglio di amministrazione un progetto di bilancio annuale per l’Istituto comprendente le spese amministrative, le spese operative e una previsione di entrate, tra cui i contributi aggiuntivi per i progetti specifici di cui all’articolo 10, paragrafo 3. 2. Entro il 30 novembre di ogni anno, il consiglio di amministrazione approva il bilancio annuale dell’Istituto all’unanimità dei rappresentanti degli Stati membri. 3. In caso di circostanze inevitabili, eccezionali o impreviste il direttore può proporre al consiglio di amministrazione un progetto di bilancio rettificativo. Il consiglio di amministrazione, tenendo debitamente conto dell’urgenza, approva il bilancio rettificativo all’unanimità dei rappresentanti degli Stati membri. 4. Entro il 31 marzo di ogni anno, il direttore sottopone al Consiglio e al consiglio di amministrazione i conti dettagliati di tutte le entrate e le spese dell’esercizio finanziario precedente, nonché una relazione sulle attività dell’Istituto. 5. Il consiglio di amministrazione dà scarico al direttore per l’esecuzione del bilancio dell’Istituto. Articolo 12 Norme finanziarie Previo assenso del Consiglio, il consiglio di amministrazione elabora, su proposta del direttore, norme finanziarie dettagliate che precisano in particolare la procedura da seguire per l’elaborazione, l’esecuzione e il controllo del bilancio dell’Istituto. Articolo 13 Privilegi e immunità 1. I privilegi e le immunità del direttore e dei membri del personale dell’Istituto sono previsti nella decisione dei rappresentanti dei Governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 15 ottobre 2001, sui privilegi e sulle immunità accordati all’Istituto per gli studi sulla sicurezza e al centro satellitare dell’Unione europea nonché ai loro organi e al loro personale. In attesa dell’entrata in vigore di tale decisione, lo Stato ospitante può concedere al direttore e al personale dell’Istituto i privilegi e le immunità previsti nella stessa. 2. I privilegi e le immunità dell’Istituto sono previsti nel protocollo (n. 7) sui privilegi e sulle immunità dell’Unione europea allegato al TUE e al trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). Articolo 14 Responsabilità giuridica 1. La responsabilità contrattuale dell’Istituto è disciplinata dalla legge applicabile al contratto in questione. 2. La Corte di giustizia dell’Unione europea è competente a giudicare in virtù di eventuali clausole compromissorie contenute nei contratti stipulati dall’Istituto. 3. La responsabilità personale degli agenti nei confronti dell’Istituto è disciplinata dalle pertinenti disposizioni applicabili al personale dell’Istituto. Articolo 15 Accesso ai documenti Su proposta del direttore, il consiglio di amministrazione adotta le norme relative all’accesso del pubblico ai documenti dell’Istituto, tenendo conto dei principi e dei limiti stabiliti nel regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (2). Articolo 16 Protezione di informazioni classificate UE L’Istituto applica la decisione 2013/488/UE del Consiglio (3). Articolo 17 Cooperazione con gli Stati membri, le istituzioni, gli organi e le agenzie dell’Unione Per svolgere le funzioni e i compiti di cui all’articolo 2, l’Istituto coopera strettamente con gli Stati membri e con il SEAE. Se necessario, l’Istituto stabilisce altresì relazioni di lavoro con le istituzioni dell’Unione, nonché con i pertinenti organi e agenzie dell’Unione, compresa l’Accademia europea per la sicurezza e la difesa (AESD), al fine di scambiare conoscenze specialistiche e consulenza nei settori di reciproco interesse. L’Istituto può anche intraprendere progetti comuni con le istituzioni, gli organi e le agenzie dell’Unione. Articolo 18 Protezione dei dati Su proposta del direttore, il consiglio di amministrazione adotta norme di esecuzione concernenti il regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (4). Articolo 19 Relazione Entro il 31 luglio 2016, l’AR presenta al Consiglio una relazione sull’attuazione della presente decisione corredata, se necessario, di raccomandazioni adeguate. Articolo 20 Abrogazione L’azione comune 2001/554/PESC è abrogata. Articolo 21 Entrata in vigore La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione. Fatto a Bruxelles, il 10 febbraio 2014 Per il Consiglio Il presidente C. ASHTON (1) Azione comune 2001/554/PESC del Consiglio, del 20 luglio 2001, relativa alla creazione di un Istituto dell’Unione europea per gli studi sulla sicurezza (GU L 200 del 25.7.2001, pag. 1). (2) Regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43). (3) Decisione 2013/488/UE del Consiglio, del 23 settembre 2013, sulle norme di sicurezza per la protezione delle informazioni classificate UE (GU L 274 del 15.10.2013, pag. 1). (4) Regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1).
Istituto dell'Unione europea per gli studi sulla sicurezza L'Istituto dell'Unione europea (UE) per gli studi sulla sicurezza fornisce ricerche e analisi su questioni internazionali per aiutare l'UE a sviluppare la sua politica estera e di sicurezza. ATTO Decisione 2014/75/PESC del Consiglio, del 10 febbraio 2014, sull'Istituto dell'Unione europea per gli studi sulla sicurezza. SINTESI Grazie a questa decisione del Consiglio, l'UE ha deciso di continuare a delineare le competenze dell'Istituto dell'Unione europea per gli studi sulla sicurezza (IUESS) onde fornire ricerche e analisi su questioni internazionali per la politica estera e di sicurezza comune (PESC) dell'UE. L'Istituto è stato originariamente fondato nel gennaio 2002. Ha sede a Parigi e ha un ufficio di collegamento a Bruxelles. Attraverso la ricerca e l'analisi, l'Istituto contribuisce al processo decisionale europeo nel settore della PESC. In particolare, conduce analisi e fornisce un centro di discussione sulla strategia esterna dell'UE in settori che comprendono la prevenzione dei conflitti e il consolidamento della pace. Le sue attività comprendono l'organizzazione di eventi e seminari di collegamento e la raccolta di informazioni pertinenti per i funzionari e gli esperti dell’UE. Inoltre funge da interfaccia tra le istituzioni dell'UE e l'ambito degli esperti esterni, compresi gli attori nel settore della sicurezza. L'Istituto è amministrato da un Consiglio di amministrazione e da un direttore: Il consiglio di amministrazione: la principale responsabilità del consiglio di amministrazione è approvare il programma di lavoro annuale e a lungo termine dell’Istituto, nonché il bilancio appropriato. Entro il 30 novembre di ogni anno, il consiglio deve approvare il programma di lavoro annuale dell'Istituto. Il consiglio di amministrazione è composto da un rappresentante di ciascuno Stato membro e da un rappresentante della Commissione. Si riunisce almeno due volte l'anno ed è presieduto dall'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Il Direttore generale dello Stato maggiore dell'UE può partecipare alle riunioni del consiglio. Il consiglio può decidere di creare gruppi di lavoro ad hoc o comitati permanenti per affrontare temi specifici. Il direttore: il direttore è nominato dal Consiglio su raccomandazione dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, per un periodo di 3 anni, con una possibile proroga di 2 anni. Il direttore è responsabile tra le altre cose dell'amministrazione corrente dell'Istituto, dell'elaborazione del programma di lavoro annuale dell'Istituto e della relazione annuale e della preparazione dei lavori del consiglio. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Decisione 2014/75/PESC del Consiglio 10.2.2014 - GU L 41 del 12.2.2014
6,628
488
31998F0699
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98/699/GAI: Azione comune del 3 dicembre 1998 sul riciclaggio di denaro e sull'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato adottata dal Consiglio in base all'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea Gazzetta ufficiale n. L 333 del 09/12/1998 pag. 0001 - 0003 AZIONE COMUNE del 3 dicembre 1998 sul riciclaggio di denaro e sull'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato adottata dal Consiglio in base all'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea (98/699/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo K.3, paragrafo 2, lettera b),vista l'iniziativa del Regno Unito,visto il piano d'azione del Gruppo ad alto livello «Criminalità organizzata» approvato dal Consiglio europeo di Amsterdam del 16-17 giugno 1997 e, in particolare, la raccomandazione n. 26, lettera b), riguardante il potenziamento della ricerca e del sequestro dei proventi di reato,visto il parere formulato dal Parlamento europeo in seguito alla consultazione effettuata dalla presidenza a norma dell'articolo K.6 del trattato sull'Unione europea,viste l'azione comune del 5 dicembre 1997, che istituisce un meccanismo di valutazione dell'applicazione e dell'attuazione a livello nazionale degli impegni internazionali in materia di lotta contro la criminalità organizzata (1), nonché quella del 19 marzo 1998, che stabilisce un programma di scambi, di formazione e di cooperazione destinato alle persone responsabili della lotta contro la criminalità organizzata (programma Falcone) (2),considerando l'adesione degli Stati membri ai principi della convenzione del Consiglio d'Europa del 1990 sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato,vista la proposta di azione comune relativa alla punibilità della partecipazione a un'organizzazione criminale negli Stati membri dell'Unione europea, con particolare riguardo ai reati contemplati nella presente azione comune,considerando le disposizioni della direttiva 91/308/CEE del Consiglio, del 10 giugno 1991, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite (3), nonché le quaranta raccomandazioni contro il riciclaggio dei capitali come formulate dal gruppo di azione finanziaria internazionale sul riciclaggio dei capitali (FATF) nel 1996, in particolare la raccomandazione n. 4,vista l'azione comune del 17 dicembre 1996 relativa al ravvicinamento delle legislazioni e delle prassi degli Stati membri dell'Unione europea ai fini della lotta contro la tossicodipendenza e della prevenzione e lotta contro il traffico illecito di droga (4),tenendo a mente l'obiettivo comune di migliorare il coordinamento tra le autorità incaricate dell'applicazione della legge,rammentando l'azione comune che istituisce una rete giudiziaria europea, adottata dal Consiglio il 29 giugno 1998 (5),considerando che il potenziale di smantellamento delle attività criminali della criminalità organizzata viene considerevolmente migliorato da una più efficace cooperazione tra gli Stati membri nell'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca dei proventi di reato;considerando che prassi reciprocamente compatibili stanno rendendo più efficiente la cooperazione europea in materia di individuazione, rintracciamento, congelamento o sequestro e confisca dei proventi di reato;considerando che la raccomandazione n. 16 del piano d'azione del 28 aprile 1997 contro la criminalità organizzata ha sottolineato la necessità di accelerare le procedure di cooperazione giudiziaria nei settori connessi alla criminalità organizzata e di ridurre considerevolmente i termini di trasmissione e di risposta alle richieste;considerando l'adesione degli Stati membri alla convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 1959;alla luce della convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope del 1988 e della sessione straordinaria dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite in materia di droga del 1998;riconoscendo i risultati del seminario di Dublino del 1996 sulla confisca dei beni per quanto riguarda l'individuazione degli ostacoli ad un'efficace cooperazione;fermo restando che le forme di cooperazione indicate nella presente azione comune non pregiudicano altre forme di cooperazione bilaterale o multilaterale,HA ADOTTATO LA PRESENTE AZIONE COMUNE:Articolo 1 1. Al fine di potenziare l'azione efficace contro la criminalità organizzata gli Stati membri garantiscono che non sia fatta o accolta alcuna riserva sui seguenti articoli della convenzione del Consiglio d'Europa del 1990 sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato (in prosieguo denominata «la convenzione del 1990»):a) Articolo 2: se il reato è punibile con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà di durata massima superiore ad un anno.b) Articolo 6: se si tratta di reati gravi. Tali reati includono in ogni caso i reati punibili con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà di durata massima superiore ad un anno ovvero, per gli Stati il cui ordinamento giuridico prevede una soglia minima per i reati, i reati punibili con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà di durata minima superiore a sei mesi.La lettera a) lascia impregiudicate le riserve fatte relativamente alla confisca dei proventi derivanti da reati punibili ai sensi della legislazione fiscale.2. Ciascuno Stato membro garantisce che la sua legislazione e le sue procedure in materia di confisca dei proventi di reato gli consentano anche di confiscare la proprietà di beni per un valore corrispondente a siffatti proventi, sia nei procedimenti nazionali che in quelli avviati su richiesta di un altro Stato membro, comprese le richieste di confisca straniere. Gli Stati membri possono comunque escludere la confisca di beni per un valore corrispondente ai proventi di reato in casi non gravi. Le parole «proprietà di beni», «proventi» e «confisca» hanno un significato identico a quello di cui all'articolo 1 della convenzione del 1990.3. Ciascuno Stato membro assicura che la sua legislazione e le sue procedure interne gli consentano, su richiesta di un altro Stato membro, l'individuazione e il rintracciamento di probabili proventi di attività illecite, qualora vi sia un valido motivo di sospettare che sia stato commesso un reato. Siffatte legislazioni e procedure dovrebbero consentire di fornire assistenza nelle primissime fasi di un'investigazione e a tal fine gli Stati membri si adoperano per limitare il ricorso ai motivi facoltativi di rifiuto nei confronti di altri Stati membri di cui ai paragrafi 2 e 3 dell'articolo 18 della convenzione del 1990.Articolo 2 1. Nel quadro del funzionamento della rete giudiziaria europea, ciascuno Stato membro appronta una guida di facile uso, che indichi in che modo sia possibile ottenere informazioni e precisi il tipo di assistenza che può essere fornita al fine di individuare, rintracciare, congelare o sequestrare e confiscare gli strumenti e i proventi di reato. La guida specifica inoltre eventuali restrizioni importanti a tale assistenza e le informazioni che lo Stato richiedente dovrebbe fornire.2. Il Segretariato generale del Consiglio dell'Unione europea riceve le guide di cui al paragrafo 1 e provvede alla loro traduzione nelle lingue ufficiali della Comunità europea. Il Segretariato generale trasmette le guide agli Stati membri, alla rete giudiziaria europea e all'Europol.3. Ciascuno Stato membro assicura che la guida di cui al paragrafo 1 sia tenuta aggiornata e che eventuali modifiche siano inviate al Segretariato generale del Consiglio per essere tradotte e distribuite a norma del paragrafo 2.Articolo 3 Gli Stati membri accordano alle richieste di altri Stati membri relative all'individuazione, al rintracciamento, al congelamento o al sequestro e alla confisca dei proventi di reato la stessa priorità che accordano a tali misure nell'ambito delle procedure nazionali.Articolo 4 1. Gli Stati membri incoraggiano i contatti diretti tra inquirenti, magistrati inquirenti e pubblici ministeri avvalendosi degli accordi di cooperazione esistenti, per far sì che le richieste di assistenza per via formale siano presentate solo se necessario. Qualora occorra una richiesta formale, lo Stato richiedente provvede affinché tale richiesta sia adeguatamente elaborata e rispetti le disposizioni dello Stato richiesto.2. Laddove non sia possibile eseguire una richiesta di assistenza come previsto dallo Stato richiedente, lo Stato richiesto si adopera per soddisfarla in un modo alternativo, previa consultazione con lo Stato richiedente e nel pieno rispetto della legislazione nazionale e degli obblighi internazionali.3. Gli Stati membri presentano le richieste di assistenza non appena viene individuata la natura precisa dell'assistenza e, se la richiesta reca l'indicazione «urgente» o un termine di esecuzione, precisano i motivi dell'urgenza o il termine in questione.Articolo 5 1. Ove compatibile con la loro legislazione, gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per ridurre al minimo il rischio di dissipazione dei proventi. Tali provvedimenti comprendono le misure eventualmente necessarie per garantire che i beni oggetto di una richiesta di un altro Stato membro possano essere congelati o sequestrati tempestivamente in modo da non rendere vana una successiva richiesta di confisca.2. Qualora l'attuazione di una richiesta di assistenza giudiziaria in una zona di uno Stato membro conduca alla necessità di ulteriori indagini in un'altra zona dello stesso Stato membro, esso, compatibilmente con la propria legislazione nazionale, si adopera per assicurare l'assistenza necessaria senza che sia necessaria una lettera di richiesta in tal senso.3. Qualora l'esecuzione di una richiesta conduca alla necessità di ulteriori indagini su una questione connessa e lo Stato richiedente invii una lettera supplementare di richiesta, lo Stato richiesto, compatibilmente con la propria legislazione nazionale, si adopera per accelerare l'esecuzione di detta richiesta supplementare.Articolo 6 1. Gli Stati membri provvedono a stabilire accordi per rendere i membri dei loro organi giurisdizionali edotti delle migliori prassi di cooperazione internazionale nell'individuazione, rintracciamento, congelamento o sequestro e confisca degli strumenti e dei proventi di reato.2. Gli Stati membri assicurano un'adeguata formazione, che rispecchi le migliori prassi, a tutti gli inquirenti, compresi i magistrati inquirenti, pubblici ministeri e altri funzionari coinvolti nella cooperazione internazionale nei settori dell'individuazione, rintracciamento, congelamento o sequestro e confisca.3. La presidenza e gli Stati membri interessati, se del caso in cooperazione con la rete giudiziaria europea e l'Europol, possono organizzare seminari per i funzionari degli Stati membri e altri beneficiari interessati, volti a promuovere e a sviluppare la migliore prassi e ad incoraggiare la compatibilità delle procedure.Articolo 7 Entro la fine del 2000 il Consiglio riesamina la presente azione comune alla luce dei risultati del funzionamento dell'azione comune del 5 dicembre 1997, che istituisce un meccanismo di valutazione dell'applicazione e dell'attuazione a livello nazionale degli impegni internazionali in materia di lotta contro la criminalità organizzata.Articolo 8 1. Fatto salvo il paragrafo 2, gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie ad attuare la presente azione comune non appena entra in vigore e garantiscono che il suo contenuto sia portato a conoscenza delle pertinenti autorità nazionali e locali.2. Appropriate proposte relative all'attuazione dell'articolo 1 vengono sottoposte dagli Stati membri entro tre anni dall'entrata in vigore della presente azione comune all'esame delle autorità competenti ai fini della relativa adozione.Articolo 9 La presente azione comune è pubblicata nella Gazzetta ufficiale ed entra in vigore il giorno della sua pubblicazione.Fatto a Bruxelles, addì 3 dicembre 1998.Per il ConsiglioIl presidenteK. SCHLÖGL(1) GU L 344 del 15. 12. 1997, pag. 7.(2) GU L 99 del 31. 3. 1998, pag. 8.(3) GU L 166 del 28. 6. 1991, pag. 77.(4) GU L 342 del 31. 12. 1996, pag. 6.(5) GU L 191 del 7. 7. 1998, pag. 4.
Individuazione e confisca degli strumenti e dei proventi di reato L'Unione europea (UE) mira a rendere più efficace la cooperazione tra i paesi dell’UE nei settori dell'individuazione, del rintracciamento, del congelamento o del sequestro e della confisca dei proventi di reato, al fine di combattere le attività illecite della criminalità organizzata. ATTO Azione comune 98/699/GAI, del 3 dicembre 1998, adottata dal Consiglio in base all'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea, sul riciclaggio di denaro e l'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o il sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato [Cfr. atto/i modificatore/i]. SINTESI Per migliorare la cooperazione tra i paesi dell’Unione europea (UE) nella lotta contro il crimine organizzato, la presente azione comune provvede alla preparazione, nell’ambito delle operazioni della Rete giudiziaria europea, di guide di facile uso per individuare, rintracciare, congelare o sequestrare e confiscare gli strumenti e i proventi di reato. Ciascuno Stato membro deve garantire che la propria guida sia aggiornata e contenga informazioni relative a: dove ottenere assistenza; il tipo di assistenza che è pronto a fornire e le eventuali restrizioni; le informazioni che è tenuto a fornire un paese che chiede assistenza. Le guide devono essere inviate al Segretariato generale del Consiglio che provvede a tradurle e a distribuirle ai paesi dell’UE, alla rete giudiziaria europea e ad Europol. I paesi dell’UE promuovono i contatti diretti attraverso gli attuali accordi di cooperazione tra i loro inquirenti, i magistrati inquirenti e i pubblici ministeri degli Stati membri per far sì che le richieste di assistenza per via formale siano presentate solo se necessario. Per presentare una richiesta di assistenza in via formale, il paese dell’UE richiedente deve individuare la natura precisa dell'assistenza di cui necessita. La richiesta di assistenza deve essere adeguatamente elaborata e deve rispettare le disposizioni che il paese dell’UE oggetto della richiesta ha stabilito per tali richieste. Se la richiesta reca l'indicazione «urgente», il paese richiedente devono precisare i motivi dell'urgenza. Se il paese richiesto non può eseguire la richiesta di assistenza in un modo previsto dal paese richiedente, esso deve consultare il paese richiedente e cercare di eseguire la richiesta in un modo alternativo. I paesi dell’UE si adoperano affinché la loro amministrazione giudiziaria sia resa edotta sulle migliori prassi di cooperazione internazionale in materia di individuazione, rintracciamento, congelamento o sequestro e confisca degli strumenti e dei proventi di reato e per assicurare un'adeguata formazione a tutti i funzionari coinvolti nella cooperazione internazionale in tali settori. Riferimenti Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Azione comune 98/699/GAI 9.12.1998 - GU L 333, 9.12.1998 Atto/i modificatore/i Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione quadro 2001/500/GAI 5.7.2001 31.12.2002 GU L182, 5.7.2001 Le modifiche e correzioni successive all’azione comune 98/699/GAI sono state integrate nel testo di base. Questa versione consolidata ha solo valore documentale. ATTI CONNESSI Decisione quadro 2005/212/GAI del Consiglio, del 24 febbraio 2005, relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato [Gazzetta ufficiale L 68 del 15.3.2005]. La decisione quadro è destinata ad integrare il dispositivo previsto dalla decisione quadro 2001/500/JHA relativa al riciclaggio, individuazione, rintracciamento, congelamento o sequestro e confisca degli strumenti e dei proventi di reato. Obbliga ciascuno paese dell’UE ad adottare le misure necessarie per consentire la confisca di strumenti e di prodotti, o parti di essi, provenienti da reati penali che sono punibili con una pena privativa della libertà di durata superiore a un anno oppure di beni di valore equivalente a questi. Per quanto riguarda i reati fiscali, i paesi dell’UE possono servirsi di procedimenti non penali per privare l'autore dei proventi di tali reati. La decisione quadro mira a garantire che tutti i paesi dell’UE dispongano di una normativa efficace in materia di confisca dei proventi di reato, in particolare per quanto concerne l'onere della prova relativamente all'origine dei beni detenuti da una persona riconosciuta colpevole di un reato legato alla criminalità organizzata.
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32013L0054
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DIRETTIVA 2013/54/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 20 novembre 2013 relativa a talune responsabilità dello Stato di bandiera ai fini della conformità alla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e della sua applicazione (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 100, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) L’intervento dell’Unione nel settore dei trasporti marittimi è finalizzato, fra l’altro, a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei marittimi, la protezione e la sicurezza in mare degli stessi, e a prevenire l’inquinamento causato da incidenti marittimi. (2) L’Unione è consapevole che gran parte degli incidenti in mare sono direttamente causati da fattori umani, in particolare la stanchezza. (3) Uno dei principali obiettivi della politica di sicurezza marittima dell’Unione è quello di eliminare le navi non conformi alle norme. (4) Il 23 febbraio 2006 l’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) ha adottato la convenzione sul lavoro marittimo del 2006 (CLM 2006) al fine di creare un unico strumento coerente e aggiornato che incorporasse anche i principi fondamentali di altre convenzioni internazionali sul lavoro. (5) Conformemente al suo articolo VIII, la CLM 2006 entrerà in vigore dodici mesi dopo la data di registrazione delle ratifiche di almeno trenta membri dell’OIL rappresentanti un totale pari al 33 % della stazza lorda della flotta mercantile mondiale. Poiché tale condizione è stata soddisfatta il 20 agosto 2012, la CLM 2006 è, di conseguenza, entrata in vigore il 20 agosto 2013. (6) La decisione 2007/431/CE del Consiglio (3) ha autorizzato gli Stati membri a ratificare la CLM 2006 e gli Stati membri sono invitati a ratificarla il prima possibile. (7) La CLM 2006 stabilisce norme minime globali per garantire a tutti i marittimi il diritto a condizioni di vita e di lavoro dignitose, indipendentemente dalla loro nazionalità e dalla bandiera delle navi in cui prestano servizio, e creare condizioni di parità. (8) Varie parti della CLM 2006 sono state inserite in diversi strumenti dell’Unione per quanto riguarda sia gli obblighi dello Stato di bandiera sia gli obblighi dello Stato di approdo. Scopo della presente direttiva è introdurre talune disposizioni in materia di conformità e applicazione previste al titolo 5 della CLM 2006 che si riferiscono a quelle parti della CLM 2006 per le quali non sono ancora state adottate le necessarie disposizioni in materia di conformità e applicazione. Tali parti corrispondono agli elementi figuranti nell’allegato della direttiva 2009/13/CE del Consiglio (4). (9) La direttiva 2009/13/CE dà attuazione all’accordo concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 («accordo»), ad essa allegato. La presente direttiva fa salva la direttiva 2009/13/CE e dovrebbe pertanto garantire l’osservanza delle disposizioni più favorevoli del diritto dell’Unione, conformemente a tale direttiva. (10) Anche se la direttiva 2009/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5) disciplina le responsabilità dello Stato di bandiera incorporando nel diritto dell’Unione il sistema volontario di audit degli Stati membri dell’IMO e introducendo la certificazione di qualità delle autorità marittime nazionali, una direttiva separata relativa alle norme sul lavoro marittimo sarebbe più appropriata e in grado di riflettere con maggiore chiarezza le diverse finalità e procedure, senza arrecare pregiudizio alla direttiva 2009/21/CE. (11) La direttiva 2009/21/CE si applica alle convenzioni IMO. In ogni caso, gli Stati membri potrebbero sviluppare, attuare e mantenere un sistema di gestione della qualità per le parti operative delle attività dell’amministrazione marittima in quanto Stato di bandiera che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva. (12) Gli Stati membri dovrebbero garantire che le navi battenti la loro bandiera adempiano efficacemente ai loro obblighi quali Stati di bandiera in relazione all’attuazione delle parti pertinenti della CLM 2006. Nell’istituire un sistema efficace di meccanismi di controllo, comprese ispezioni, uno Stato membro potrebbe, ove opportuno, concedere autorizzazioni ad istituzioni pubbliche o ad altre organizzazioni ai sensi della regola 5.1.2 della CLM 2006, nel rispetto delle condizioni ivi stabilite. (13) L’articolo 2, paragrafo 3, lettera c), del regolamento (CE) n. 1406/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (6), stabilisce che il mandato dell’Agenzia europea per la sicurezza marittima comprende, tra i compiti fondamentali, quello di collaborare con gli Stati membri e di fornire, su loro richiesta, le opportune informazioni al fine di sostenere il controllo degli organismi riconosciuti che operano per conto degli Stati membri, fatti salvi i diritti e gli obblighi dello Stato di bandiera. (14) Poiché gli obiettivi della presente direttiva non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata e degli effetti dell’intervento, possono essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi, in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (15) L’applicazione della presente direttiva non dovrebbe in alcun caso comportare una riduzione del livello di tutela di cui godono attualmente i marittimi in virtù del diritto dell’Unione, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto La presente direttiva stabilisce norme intese ad assicurare che gli Stati membri adempiano efficacemente ai loro obblighi di Stati di bandiera per quanto riguarda l’attuazione delle parti pertinenti della CLM 2006. La presente direttiva fa salve le direttive 2009/13/CE e 2009/21/CE ed eventuali norme più rigorose ivi stabilite in materia di condizioni di vita e di lavoro dei marittimi. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si applica la seguente definizione in aggiunta alle pertinenti definizioni che figurano nell’allegato della direttiva 2009/13/CE: «parti pertinenti della CLM 2006»: le parti della CLM 2006 il cui contenuto è considerato corrispondente alle disposizioni di cui all’allegato della direttiva 2009/13/CE. Articolo 3 Controllo della conformità 1. Gli Stati membri garantiscono che siano istituiti efficaci e idonei meccanismi di attuazione e di controllo, comprese ispezioni da effettuare con la frequenza stabilita nella CLM 2006, allo scopo di assicurare che le condizioni di vita e di lavoro dei marittimi che lavorano a bordo di navi battenti la loro bandiera soddisfino e continuino a soddisfare le prescrizioni delle parti pertinenti della CLM 2006. 2. Riguardo alle navi la cui stazza lorda è inferiore a 200 tonnellate e che non effettuano viaggi internazionali, gli Stati membri possono decidere, in consultazione con le organizzazioni degli armatori e dei marittimi interessate, di adattare i meccanismi di controllo, comprese le ispezioni, al fine di tenere conto delle condizioni specifiche relative a tali navi, a norma dell’articolo II, paragrafo 6, della CLM 2006. 3. Nell’adempimento dei loro obblighi ai sensi del presente articolo, gli Stati membri possono, se del caso, autorizzare istituzioni pubbliche o altri organismi, compresi quelli di un altro Stato membro, se quest’ultimo acconsente, che riconoscono possedere le capacità, le competenze e l’indipendenza sufficienti a svolgere ispezioni. In ogni caso, uno Stato membro conserva la piena responsabilità dell’ispezione delle condizioni di vita e di lavoro dei marittimi a bordo delle navi battenti la bandiera di tale Stato membro. Questa disposizione fa salva la direttiva 2009/15/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (7). 4. Gli Stati membri definiscono chiari obiettivi e norme a disciplina della gestione dei loro sistemi ispettivi, nonché adeguate procedure generali che consentono loro di determinare in che misura detti obiettivi e norme sono stati realizzati. 5. Ciascuno Stato membro provvede affinché i marittimi che lavorano a bordo di navi battenti la bandiera di tale Stato membro abbiano accesso a una copia dell’accordo. L’accesso può essere fornito per via elettronica. Articolo 4 Personale responsabile del controllo di conformità 1. Gli Stati membri assicurano che il personale, compreso il personale delle istituzioni o altri organismi («organismi riconosciuti» ai sensi della CLM 2006), autorizzato ad effettuare le ispezioni di cui all’articolo 3, paragrafo 3, e incaricato di verificare la corretta attuazione delle parti pertinenti della CLM 2006, disponga della formazione, della competenza, del mandato, della piena autorità giuridica, della posizione e dell’indipendenza necessari o auspicabili per consentirgli di effettuare la verifica e di garantire la conformità a tali parti. Conformemente alla CLM 2006, gli ispettori sono autorizzati, se del caso, ad adottare provvedimenti allo scopo di vietare alla nave di lasciare il porto fino a quando non siano state adottate le misure necessarie. 2. Tutte le autorizzazioni rilasciate relativamente alle ispezioni conferiscono all’organismo riconosciuto, come minimo, il potere di esigere la correzione delle carenze da esso riscontrate nelle condizioni di vita e di lavoro dei marittimi e ad effettuare le relative ispezioni su richiesta dello Stato di approdo. 3. Ciascuno Stato membro predispone: a) un sistema atto a garantire l’adeguatezza del lavoro svolto dagli organismi riconosciuti, che comprende la fornitura di informazioni sull’insieme delle disposizioni applicabili della legislazione nazionale e degli strumenti internazionali pertinenti; e b) le procedure di comunicazione con tali organismi e il controllo del loro operato. 4. Ciascuno Stato membro fornisce all’Ufficio internazionale del lavoro l’elenco degli organismi riconosciuti autorizzati a svolgere attività per suo conto e provvede a tenere aggiornato tale elenco. L’elenco specifica i compiti che gli organismi riconosciuti sono autorizzati a svolgere. Articolo 5 Procedure relative ai reclami a bordo, trattamento dei reclami e misure correttive 1. Ciascuno Stato membro provvede affinché le proprie disposizioni legislative o regolamentari prevedano idonee procedure di reclamo a bordo. 2. Se uno Stato membro riceve un reclamo che non considera manifestamente infondato o ottiene le prove che una nave battente la sua bandiera non si conforma alle prescrizioni delle parti pertinenti della CLM 2006 o che le relative misure di attuazione presentano gravi carenze, tale Stato adotta le misure necessarie per indagare sulla questione e accertarsi che siano presi provvedimenti atti a rimediare alle carenze constatate. 3. Il personale che si occupa dei reclami o che ne viene a conoscenza considera riservata la fonte di qualsiasi rimostranza o reclamo concernente un pericolo o una carenza con riguardo alle condizioni di vita e di lavoro dei marittimi o una violazione delle norme e regolamentazioni e non fornisce alcuna indicazione all’armatore, al suo rappresentante o all’operatore della nave sul fatto che è stata effettuata un’ispezione a seguito di tale rimostranza o reclamo. Articolo 6 Relazioni 1. La Commissione tratta anche questioni rientranti nell’ambito di applicazione della presente direttiva nelle relazioni che deve presentare a norma dell’articolo 9 della direttiva 2009/21/CE. 2. Entro il 31 dicembre 2018, la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione e sull’applicazione della regola 5.3 della CLM 2006 relativa alle responsabilità del fornitore di manodopera. Se del caso, la relazione può contenere proposte di misure volte a migliorare le condizioni di vita e di lavoro nel settore marittimo. Articolo 7 Recepimento 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 31 marzo 2015. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni. Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 8 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 9 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, il 20 novembre 2013 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente V. LEŠKEVIČIUS (1) GU C 299 del 4.10.2012, pag. 153. (2) Posizione del Parlamento europeo dell’8 ottobre 2013 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 15 novembre 2013. (3) Decisione 2007/431/CE del Consiglio, del 7 giugno 2007, che autorizza gli Stati membri a ratificare, nell’interesse della Comunità europea, la convenzione sul lavoro marittimo del 2006 dell’Organizzazione internazionale del lavoro (GU L 161 del 22.6.2007, pag. 63). (4) Direttiva 2009/13/CE del Consiglio, del 16 febbraio 2009, recante attuazione dell’accordo concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e modifica della direttiva 1999/63/CE (GU L 124 del 20.5.2009, pag. 30). (5) Direttiva 2009/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa al rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera (GU L 131 del 28.5.2009, pag. 132). (6) Regolamento (CE) n. 1406/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2002, che istituisce un’Agenzia europea per la sicurezza marittima (GU L 208 del 5.8.2002, pag. 1). (7) Direttiva 2009/15/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa alle disposizioni e alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi e per le pertinenti attività delle amministrazioni marittime (GU L 131 del 28.5.2009, pag. 47). Dichiarazione della Commissione «La Commissione ritiene che il titolo della direttiva non rifletta in modo appropriato il campo di applicazione della stessa.»
Conformità e applicazione della convenzione sul lavoro marittimo da parte dei paesi dell’UE La presente direttiva dell’Unione europea (UE) definisce le responsabilità degli Stati di bandiera (paesi in cui le navi sono registrate) in merito all’applicazione della Convenzione sul lavoro marittimo (CLM) del 2006 stipulata dall’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL). ATTO Direttiva 2013/54/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, relativa a talune responsabilità dello Stato di bandiera ai fini della conformità sul lavoro marittimo del 2006 e della sua applicazione. SINTESI La direttiva mira a garantire che i paesi dell’UE rispettino i loro obblighi di Stati di bandiera per quanto riguarda l’esecuzione, da parte delle navi battenti la loro bandiera, delle parti pertinenti della direttiva 2009/13/CE che ha incorporato nel diritto unionale una parte importante della CLM 2006. La CLM 2006 stabilisce norme minime globali per garantire a tutti i marittimi il diritto a condizioni di vita e di lavoro dignitose, indipendentemente dalla loro nazionalità e dalla bandiera delle navi in cui prestano servizio. Essa mira inoltre a limitare il dumping sociale, al fine di garantire una concorrenza leale per gli armatori che rispettano i diritti dei marittimi. I punti principali della nuova direttiva sono: 1. Controllo della conformità I paesi dell’UE devono istituire meccanismi di attuazione e di controllo efficaci e idonei, comprese ispezioni da effettuare con specifica frequenza, allo scopo di assicurare che le condizioni di vita e di lavoro dei marittimi che lavorano a bordo di navi battenti la loro bandiera soddisfino e continuino a soddisfare le prescrizioni della CLM 2006. Questi meccanismi possono essere adattati per tener conto delle condizioni specifiche relative alle navi con stazza lorda inferiore a 200 tonnellate e che non effettuano viaggi internazionali. Pur rimanendo pienamente responsabili dell’ispezione, i paesi dell’UE possono autorizzare le organizzazioni con competenze specifiche nel settore (organizzazioni riconosciute) a realizzare tali ispezioni. 2. Ispettori Il personale autorizzato a effettuare le ispezioni e incaricato di verificare la corretta attuazione deve possedere le necessarie competenze professionali e indipendenza. Se non sono rispettate le norme CLM 2006, gli ispettori possono vietare alle navi di lasciare il porto fino a quando non siano prese le azioni necessarie. 3. Procedure relative ai reclami Ogni paese dell’UE deve garantire che siano predisposte idonee procedure di reclamo a bordo. Il personale che si occupa dei reclami o che ne viene a conoscenza deve considerare la fonte di qualsiasi rimostranza o reclamo come riservata. Le responsabilità degli Stati di approdo per l’applicazione della CLM 2006 sono disciplinate dalla direttiva 2013/38/UE adottata nel 2013. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 2013/54/UE 30.12.2013 31.3.2015 GU L 329 del 10.12.2013, pagg. 1-4 ATTI COLLEGATI Direttiva 2009/13/CE del Consiglio recante attuazione dell’accordo concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e modifica della direttiva 1999/63/CE [Gazzetta ufficiale L 124 del 20.5.2009]. Direttiva 2013/38/UE del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2009/16/CE relativa al controllo da parte dello Stato di approdo (GU L 218 del 14.8.2013).
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32006L0116
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DIRETTIVA 2006/116/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 12 dicembre 2006 concernente la durata di protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi (versione codificata) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 47, paragrafo 2, e gli articoli 55 e 95, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) La direttiva 93/98/CEE del Consiglio, del 29 ottobre 1993, concernente l'armonizzazione della durata di protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi (3), è stata modificata in modo sostanziale (4). Per ragioni di chiarezza e razionalizzazione è opportuno procedere alla codificazione di tale direttiva. (2) La convenzione di Berna per la tutela delle opere letterarie e artistiche e la convenzione internazionale per la protezione degli artisti, interpreti o esecutori, dei produttori di fonogrammi e degli organismi di radiodiffusione (convenzione di Roma) contemplano soltanto durate di protezione minime, lasciando agli Stati contraenti la facoltà di tutelare i diritti in questione per periodi più lunghi. Alcuni Stati membri si sono avvalsi di tale facoltà. Inoltre, alcuni Stati membri non hanno aderito alla convenzione di Roma. (3) Di conseguenza tra le legislazioni nazionali che disciplinano la durata della protezione del diritto d'autore e dei diritti connessi sussistono difformità che possono ostacolare la libera circolazione delle merci e la libera prestazione dei servizi, nonché falsare le condizioni della concorrenza nel mercato comune. È pertanto necessario, nella prospettiva del buon funzionamento del mercato interno, armonizzare le legislazioni degli Stati membri in modo che le durate di protezione siano identiche in tutta la Comunità. (4) È importante stabilire non soltanto la durata dei periodi di protezione, ma anche talune modalità di attuazione quali il momento a decorrere dal quale ciascuna durata di protezione è calcolata. (5) Le disposizioni della presente direttiva dovrebbero lasciare impregiudicata l'applicazione, da parte degli Stati membri, dell'articolo 14 bis, paragrafo 2, lettere b), c) e d) e paragrafo 3 della convenzione di Berna. (6) Il periodo di protezione minimo di cinquant'anni dopo la morte dell'autore contemplato dalla convenzione di Berna era destinato a proteggere l'autore e le due prime generazioni dei suoi discendenti. In seguito all'allungamento della vita media nella Comunità questa durata non è più sufficiente per coprire due generazioni. (7) Alcuni Stati membri hanno disposto proroghe del periodo di protezione oltre il cinquantesimo anno dalla morte dell'autore per compensare gli effetti delle guerre mondiali sull'utilizzazione commerciale delle opere. (8) Per quanto attiene alla durata della protezione dei diritti connessi, alcuni Stati membri hanno optato per una tutela di cinquant'anni dalla lecita pubblicazione o dalla lecita comunicazione al pubblico. (9) La conferenza diplomatica tenutasi nel dicembre 1996 sotto gli auspici dell'Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale (OMPI) ha concluso i suoi lavori con l'adozione del trattato dell'OMPI sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi, relativo alla protezione degli artisti interpreti o esecutori e dei produttori di fonogrammi. Tale trattato rappresenta un importante aggiornamento della protezione internazionale dei diritti connessi. (10) Il rispetto dei diritti acquisiti è uno dei principi generali del diritto tutelati dall'ordinamento giuridico comunitario. Quindi, la durata dei periodi di protezione del diritto d'autore e dei diritti connessi istituiti dal diritto comunitario non può avere l'effetto di ridurre la protezione di cui fruivano gli aventi diritto nella Comunità prima dell’entrata in vigore della direttiva 93/98/CEE. Allo scopo di limitare al minimo gli effetti dei provvedimenti transitori e consentire il corretto funzionamento del mercato interno, è opportuno armonizzare le durate della protezione su periodi lunghi. (11) Il livello di protezione del diritto d’autore e dei diritti connessi dovrebbe essere elevato, in quanto questi diritti sono indispensabili alla creazione intellettuale. La loro protezione permette di assicurare il mantenimento e lo sviluppo della creatività nell'interesse degli autori, delle industrie culturali, dei consumatori e dell'intera collettività. (12) Per istituire un livello di protezione elevato che risponda tanto alle esigenze del mercato interno quanto alla necessità di creare un quadro normativo favorevole allo sviluppo armonioso della creatività letteraria e artistica nella Comunità, è opportuno armonizzare la durata della protezione dei diritti d'autore portandola a settant'anni dalla morte dell'autore o dalla data in cui l'opera è stata lecitamente messa a disposizione del pubblico e, per i diritti connessi, a cinquant'anni dall'evento che fa decorrere la protezione. (13) Le raccolte sono protette conformemente all'articolo 2, paragrafo 5 della convenzione di Berna, quando, per la scelta e la disposizione del loro contenuto, costituiscono creazioni intellettuali. Tali opere sono protette in quanto tali, fatti salvi i diritti d'autore su ognuna delle opere che compongono tali raccolte. Di conseguenza, durate specifiche di protezione possono essere applicate alle opere incluse nelle raccolte. (14) In tutti i casi in cui una o più persone fisiche siano identificate come autori, è opportuno che la durata della protezione decorra dalla loro morte. La questione dell'appartenenza in tutto o in parte di un'opera a un autore è una questione di fatto che all'occorrenza deve essere risolta dai giudici nazionali. (15) La durata della protezione dovrebbe essere calcolata a decorrere dal 1o gennaio dell'anno successivo a quello in cui ha luogo il fatto costitutivo del diritto, come nelle convenzioni di Berna e di Roma. (16) La protezione delle opere fotografiche negli Stati membri è soggetta a regolamentazioni diverse. Un'opera fotografica ai sensi della convenzione di Berna deve essere considerata originale se è il risultato della creazione intellettuale dell'autore e rispecchia la personalità di quest'ultimo, indipendentemente da qualsiasi altro criterio quale il pregio o lo scopo. È opportuno affidare la protezione delle altre fotografie alla legislazione nazionale. (17) Al fine di evitare differenze nella durata di protezione per quanto riguarda i diritti connessi, è necessario prevedere uno stesso punto d'inizio per il calcolo della durata in tutta la Comunità. Per calcolare la durata della protezione è opportuno prendere in considerazione l'esecuzione, la fissazione, la trasmissione, la pubblicazione lecita e la lecita comunicazione al pubblico, vale a dire i mezzi che pongono in ogni modo appropriato l'oggetto di un diritto connesso alla portata di chiunque, a prescindere dal paese in cui ha luogo tale esecuzione, fissazione, trasmissione, pubblicazione lecita o lecita comunicazione al pubblico. (18) I diritti degli organismi di radiodiffusione nelle loro emissioni, siano esse trasmesse su filo o via etere, incluse le emissioni via cavo o via satellite, non dovrebbero essere perpetui. È dunque necessario che la durata della protezione cominci a decorrere soltanto dalla prima diffusione di una specifica emissione. Questa disposizione si propone di evitare che un nuovo periodo di protezione decorra per un'emissione identica a una precedente. (19) Gli Stati membri dovrebbero conservare la facoltà di mantenere o introdurre altri diritti connessi al diritto d'autore, in particolare in ordine alla protezione delle pubblicazioni critiche e scientifiche. Al fine di garantire la trasparenza a livello comunitario, è tuttavia necessario che gli Stati membri che introducono nuovi diritti connessi ne diano notifica alla Commissione. (20) Va precisato che la presente direttiva non si applica ai diritti morali. (21) Per le opere il cui paese di origine ai sensi della convenzione di Berna sia un paese terzo e il cui autore non sia un cittadino della Comunità, occorre applicare il confronto delle durate di protezione, fermo restando che la durata concessa nella Comunità non deve superare quella prevista dalla presente direttiva. (22) Qualora un titolare di diritti che non sia cittadino comunitario soddisfi le condizioni per poter beneficiare di una protezione in virtù di un accordo internazionale, è opportuno che la durata di protezione dei diritti connessi sia identica a quella prevista dalla presente direttiva. Tuttavia tale durata non dovrebbe superare quella prevista per il paese di cui il titolare ha la nazionalità. (23) Il confronto delle durate di protezione non dovrebbe comportare, per gli Stati membri, conflitti con i rispettivi obblighi internazionali. (24) Gli Stati membri dovrebbero conservare la facoltà di adottare disposizioni sull'interpretazione, l'adeguamento e l'ulteriore esecuzione di contratti relativi all'utilizzazione di opere e altri soggetti protetti, conclusi anteriormente all'estensione della durata di protezione risultante dalla presente direttiva. (25) I diritti acquisiti e le lecite aspettative dei terzi sono tutelati nell'ambito dell'ordinamento giuridico comunitario. Gli Stati membri hanno segnatamente la facoltà di prevedere che in determinate circostanze i diritti d'autore e i diritti connessi ripristinati conformemente alla presente direttiva non possano dar luogo a pagamenti da parte di persone che avevano intrapreso in buona fede lo sfruttamento delle opere nel momento in cui dette opere erano di dominio pubblico. (26) La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione e di applicazione indicati nell'allegato I, parte B, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Durata dei diritti d'autore 1. I diritti d'autore di opere letterarie ed artistiche ai sensi dell'articolo 2 della convenzione di Berna durano tutta la vita dell'autore e sino al termine del settantesimo anno dopo la sua morte indipendentemente dal momento in cui l'opera è stata resa lecitamente accessibile al pubblico. 2. Se il diritto d'autore appartiene congiuntamente ai coautori di un'opera il periodo di cui al paragrafo 1 decorre dalla morte del coautore che muore per ultimo. 3. Per le opere anonime o pseudonime la durata della protezione termina settant'anni dopo che l'opera è stata resa lecitamente accessibile al pubblico. Tuttavia, quando lo pseudonimo assunto dall'autore non lascia alcun dubbio sulla sua identità, ovvero se l'autore rivela la propria identità durante il termine indicato nella prima frase, la durata di protezione è quella prevista nel paragrafo 1. 4. Qualora uno Stato membro preveda disposizioni particolari sul diritto d'autore per quanto riguarda le opere collettive oppure disponga che una persona giuridica sia designata come titolare del diritto, la durata di protezione è calcolata in base alle disposizioni del paragrafo 3, salvo che le persone fisiche che hanno creato l'opera siano identificate in quanto tali nelle versioni dell'opera rese accessibili al pubblico. Il presente paragrafo lascia impregiudicati i diritti degli autori identificati i cui contributi riconoscibili sono stati inseriti in siffatte opere. A tali contributi si applicano i paragrafi 1 o 2. 5. Per le opere pubblicate in volumi, parti, fascicoli, numeri o episodi, il cui termine di protezione decorre dal momento in cui l'opera è stata lecitamente resa accessibile al pubblico, il termine della protezione decorre separatamente per ogni singolo elemento. 6. La protezione cessa di essere attribuita alle opere la cui durata di protezione non è calcolata a partire dalla morte dell'autore o degli autori e che non sono state rese lecitamente accessibili al pubblico entro settant'anni dalla loro creazione. Articolo 2 Opere cinematografiche o audiovisive 1. Si considera come autore o uno degli autori il regista principale di un'opera cinematografica o audiovisiva. Gli Stati membri hanno la facoltà di riconoscere altri coautori. 2. La durata di protezione di un'opera cinematografica o audiovisiva scade decorsi settant'anni dalla morte dell'ultima persona sopravvissuta fra le seguenti persone, a prescindere dal fatto che esse siano o meno riconosciute quali coautori: il regista principale, l'autore della sceneggiatura, l'autore del dialogo e il compositore della musica specificamente creata per essere utilizzata nell'opera cinematografica o audiovisiva. Articolo 3 Durata dei diritti connessi 1. I diritti degli artisti interpreti o esecutori scadono cinquant'anni dopo l'esecuzione. Tuttavia, se una fissazione dell'esecuzione è lecitamente pubblicata o lecitamente comunicata al pubblico durante detto periodo, i diritti scadono cinquant'anni dopo la data della prima pubblicazione o, se è anteriore, dopo quella della prima comunicazione al pubblico. 2. I diritti dei produttori di fonogrammi scadono cinquant'anni dopo la fissazione. Tuttavia, se il fonogramma è lecitamente pubblicato durante tale periodo, i diritti scadono cinquant'anni dopo la data della prima pubblicazione lecita. Se nel periodo indicato nella prima frase non sono effettuate pubblicazioni lecite e se il fonogramma è lecitamente comunicato al pubblico durante detto periodo, i diritti scadono cinquant'anni dopo la data di tale prima comunicazione al pubblico. Tuttavia, il presente paragrafo non produce l'effetto di proteggere nuovamente i diritti dei produttori di fonogrammi, che per effetto della scadenza della durata della protezione loro riconosciuta in forza dell’articolo 3, paragrafo 2 della direttiva 93/98/CEE nella versione precedente alla modifica operata dalla direttiva 2001/29, alla data del 22 dicembre 2002 non erano più protetti. 3. I diritti dei produttori della prima fissazione di una pellicola scadono cinquant'anni dopo la fissazione. Tuttavia, se la pellicola è lecitamente pubblicata o comunicata al pubblico durante tale periodo, i diritti scadono cinquant'anni dopo la data della prima pubblicazione o, se è anteriore, dopo quella della prima comunicazione al pubblico. Il termine «pellicola» designa un'opera cinematografica o audiovisiva o sequenza di immagini in movimento, sia essa sonora o meno. 4. I diritti degli organismi di radiodiffusione scadono cinquant'anni dopo la prima diffusione di un'emissione, sia essa trasmessa su filo o via etere, incluse le emissioni via cavo o via satellite. Articolo 4 Protezione di opere non pubblicate anteriormente Chiunque, dopo la scadenza della protezione del diritto d'autore, per la prima volta pubblichi lecitamente o comunichi lecitamente al pubblico un'opera non pubblicata anteriormente beneficia di una protezione pari a quella dei diritti patrimoniali dell'autore. La durata di protezione di tali diritti è di venticinque anni a decorrere dal momento in cui l'opera è stata per la prima volta lecitamente pubblicata o lecitamente comunicata al pubblico. Articolo 5 Edizioni critiche e scientifiche Gli Stati membri possono proteggere le edizioni critiche e scientifiche di opere diventate di dominio pubblico. La durata della protezione di tali diritti è di trent'anni al massimo a decorrere dalla data in cui per la prima volta l'opera è stata lecitamente pubblicata. Articolo 6 Protezione di opere fotografiche Le fotografie che sono opere originali, ossia sono il risultato della creazione intellettuale dell'autore, fruiscono della protezione prevista dall'articolo 1. Per determinare il diritto alla protezione non sono presi in considerazione altri criteri. Gli Stati membri possono prevedere la protezione di altre fotografie. Articolo 7 Protezione nei confronti dei paesi terzi 1. La tutela riconosciuta negli Stati membri alle opere il cui paese di origine ai sensi della convenzione di Berna sia un paese terzo e il cui autore non sia un cittadino comunitario cessa alla data in cui cessa la protezione nel paese di origine dell'opera e non può comunque superare la durata prevista dall'articolo 1. 2. Le durate di protezione di cui all'articolo 3 valgono anche per titolari che non siano cittadini comunitari, purché la protezione stessa sia loro riconosciuta dagli Stati membri. Tuttavia, fatti salvi gli obblighi internazionali degli Stati membri, la protezione riconosciuta dagli Stati membri cessa al più tardi alla data in cui cessa la protezione nel paese di cui è cittadino il titolare e la sua durata non può superare la durata prevista dall'articolo 3. 3. Gli Stati membri che, alla data del 29 ottobre 1993, in particolare conformemente ai loro obblighi internazionali, garantivano una durata di protezione più lunga di quella che consegue dai paragrafi 1 e 2 possono mantenere tale protezione sino alla conclusione di accordi internazionali sulla durata di protezione del diritto d'autore o dei diritti connessi. Articolo 8 Calcolo dei termini I termini previsti dalla presente direttiva sono calcolati dal 1o gennaio dell'anno successivo a quello in cui ha luogo il fatto costitutivo del diritto. Articolo 9 Diritti morali La presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni degli Stati membri in materia di diritti morali. Articolo 10 Applicazione nel tempo 1. Qualora in uno Stato membro, alla data del 1o luglio 1995, fosse già in corso un periodo di protezione di durata superiore a quella prevista nella presente direttiva, quest'ultima non ha per effetto di abbreviare la durata della protezione in detto Stato membro. 2. Le durate di protezione di cui alla presente direttiva si applicano a qualsiasi opera e soggetto protetti in almeno uno Stato membro alla data di cui al paragrafo 1, secondo le disposizioni nazionali sul diritto d'autore o sui diritti connessi, o che soddisfano i criteri per la protezione secondo le disposizioni della direttiva [92/100/CEE del Consiglio, del 19 novembre 1992, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale] (5). 3. La presente direttiva lascia impregiudicata l'utilizzazione in qualsiasi forma, effettuata anteriormente alla data di cui al paragrafo 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie al fine di proteggere segnatamente i diritti acquisiti dei terzi. 4. Gli Stati membri non devono necessariamente applicare l'articolo 2, paragrafo 1 alle opere cinematografiche o audiovisive realizzate anteriormente al 1o luglio 1994. Articolo 11 Notifica e comunicazione 1. Gli Stati membri notificano immediatamente alla Commissione ogni progetto governativo relativo a nuovi diritti connessi, compresi i motivi fondamentali dell'introduzione e la durata prevista dalla relativa protezione. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 12 Abrogazione La direttiva 93/98/CEE è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione e di applicazione indicati all'allegato I, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza dell'allegato II. Articolo 13 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo a quello di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 14 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, del 12 dicembre 2006. Per il Parlamento europeo Il presidente J. BORRELL FONTELLES Per il Consiglio Il presidente M. PEKKARINEN (1) Parere del 26 ottobre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Parere del Parlamento europeo del 12 ottobre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 30 novembre 2006. (3) GU L 290 del 24.11.1993, pag. 9. Direttiva modificata dalla direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 167 del 22.6.2001, pag. 10). (4) Cfr. allegato I, parte A. (5) GU L 346 del 27.11.1992, pag. 61. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2001/29/CE. ALLEGATO I PARTE A Direttiva abrogata e sua modifica Direttiva 93/98/CEE del Consiglio (GU L 290 del 24.11.1993, pag. 9) soltanto l’articolo 11, paragrafo 2 Direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 167 del 22.6.2001, pag. 10) PARTE B Elenco dei termini di attuazione e di applicazione in diritto interno (di cui all'articolo 12) Direttiva Termine di attuazione Termine di applicazione 93/98/CEE 1o luglio 1995 (dall’articolo 1 all’articolo 11) 19 novembre 1993 (articolo 12) entro il 1o luglio 1997, con riferimento all’articolo 2, paragrafo 1 (articolo 10, paragrafo 5) 2001/29/CE 22 dicembre 2002 ALLEGATO II tavola di concordanza Direttiva 93/98/CEE Presente direttiva Articoli 1-9 Articolo 10, paragrafi 1-4 Articolo 10, paragrafo 5 Articolo 11 Articolo 12 Articolo 13, paragrafo 1, primo comma Articolo 13, paragrafo 1, secondo comma Articolo 13, paragrafo 1, terzo comma Articolo 13, paragrafo 2 — — Articolo 14 — — Articoli 1-9 Articolo 10, paragrafi 1-4 — — Articolo 11, paragrafo 1 — — Articolo 11, paragrafo 2 — Articolo 12 Articolo 13 Articolo 14 Allegato I Allegato II
Diritto d’autore e diritti connessi: durata di protezione QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Mira ad armonizzare la durata di protezione del diritto d’autore* e di alcuni diritti connessi*. Essa codifica e abroga la direttiva 93/98/CEE che armonizzava la durata di protezione del diritto d’autore e di alcuni diritti connessi. PUNTI CHIAVE La durata di protezione del diritto d’autore per un’opera letteraria o artistica è fissato a 70 anni da:la morte dell’autore dell’opera, o la morte dell’ultimo autore sopravvissuto nel caso di un’opera in comproprietà; la data in cui l’opera è stata resa lecitamente accessibile al pubblico se è anonima o se è stata realizzata sotto uno pseudonimo. La durata di protezione per un film o un’opera audiovisiva è fissata a 70 anni dopo la morte dell’ultimo sopravvissuto tra i seguenti:il regista principale; l’autore della sceneggiatura; l’autore dei dialoghi; e il compositore di musica appositamente creata per l’uso nel film o nell’opera audiovisiva. La direttiva è stata modificata dalla direttiva 2011/77/UE che ha esteso la durata della tutela per le registrazioni musicali. Questo perché gli artisti spesso iniziano la loro carriera in giovane età, e il termine di 50 anni per le fissazioni delle esecuzioni, come le registrazioni, era insufficiente a proteggere le loro esecuzioni per tutta la durata della loro vita. Perciò essa estende i diritti degli artisti e dei produttori di fonogrammi sulle registrazioni musicali da 50 a 70 anni. La direttiva 2011/77/UE armonizza anche il modo di calcolare la durata di protezione per le canzoni e altre composizioni musicali con le parole, create da diversi autori. La durata di protezione scade 70 anni dopo la morte dell’ultima persona sopravvissuta (cioè dell’autore dei testi o del compositore della musica). Diritti connessi La durata di protezione dei diritti connessi (produttori cinematografici e organismi di radiodiffusione) è di 50 anni. Questa è calcolata caso per caso dalla data dell’esecuzione, dalla pubblicazione o dalla comunicazione della sua fissazione. La durata di protezione degli artisti e dei produttori di fonogrammi è stata estesa a 70 anni dalla direttiva 2011/77/UE. Calcolo della durata La durata di protezione inizia contemporaneamente in tutti i paesi dell’UE. Viene calcolata a partire dal 1 gennaio dell’anno successivo all’evento che l’ha generata. Protezione di opere provenienti da paesi non appartenenti all’UE Se l’opera è originaria di un paese non UE e l’autore non è un cittadino dell’UE, la protezione concessa nell’UE termina nella data ultima di protezione nel paese di origine, ma non deve superare il termine stabilito nell’UE. Notifica I paesi dell’UE devono comunicare immediatamente alla Commissione europea qualsiasi piano per nuovi diritti connessi. DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? È in vigore dal 16 gennaio 2007. La direttiva 2006/116/CE codifica e sostituisce la direttiva 93/98/CEE del Consiglio, che doveva entrare in vigore nei paesi dell’UE entro il 1995. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Legislazione sul diritto d’autore dell’UE (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Diritto d’autore: tutela gli interessi dei creatori dando loro diritti di proprietà sulle loro creazioni o opere. Diritti connessi: tutelano gli interessi giuridici di persone e organismi che:contribuiscono a rendere le opere disponibili al pubblico; oproducono materiali che, sebbene non si qualifichino come «opere» soggette ai sistemi del diritto d’autore di tutti i paesi, esprimono creatività o abilità tecniche e organizzative sufficienti a giustificare il riconoscimento di un diritto di proprietà simile al diritto d’autore. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2006/116/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente la durata di protezione del diritto d’autore e di alcuni diritti connessi (versione codificata) (GU L 372 del 27.12.2006, pag. 12). Le successive modifiche alla direttiva 2006/116/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
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Direttiva 98/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 novembre 1998 sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato Gazzetta ufficiale n. L 320 del 28/11/1998 pag. 0054 - 0057 DIRETTIVA 98/84/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 20 novembre 1998 sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 57, paragrafo 2, l'articolo 66 e l'articolo 100 A,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Comitato economico e sociale (2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 B del trattato (3),(1) considerando che, in base al trattato, la Comunità è chiamata a porre le fondamenta di un'unione sempre più stretta fra i popoli europei e ad assicurare il progresso economico e sociale eliminando le barriere che dividono l'Europa;(2) considerando che la prestazione transfrontaliera di servizi di radiodiffusione e dei servizi della società dell'informazione può contribuire, a livello individuale, alla piena attuazione della libertà di espressione in quanto diritto fondamentale e, a livello collettivo, al raggiungimento degli obiettivi definiti nel trattato;(3) considerando che il trattato prevede la libera circolazione di tutti i servizi normalmente forniti dietro retribuzione; che questo diritto, applicato ai servizi di radiodiffusione e ai servizi della società dell'informazione, costituisce inoltre una traduzione specifica nel diritto comunitario del più generale principio della libertà di espressione sancito dall'articolo 10 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali; che questo articolo riconosce esplicitamente il diritto dei cittadini di ricevere o di comunicare informazioni senza tener conto delle frontiere e che eventuali restrizioni di tale diritto si giustificano solo se determinate da altri interessi giuridicamente riconosciuti degni di tutela;(4) considerando che la Commissione ha condotto ampie consultazioni basate sul Libro verde intitolato «La protezione giuridica dei servizi criptati nel mercato interno»; che il risultato di dette consultazioni ha confermato l'esigenza di uno strumento giuridico comunitario che tuteli tutti quei servizi la cui remunerazione è correlata ad un accesso condizionato;(5) considerando che il Parlamento europeo, nella risoluzione del 13 maggio 1997 sul Libro verde (4), ha invitato la Commissione a presentare una proposta di direttiva che includa tutti i servizi criptati nei quali la criptazione è impiegata per garantire il pagamento di un corrispettivo e ha convenuto che la direttiva dovrebbe estendersi anche ai servizi della società dell'informazione prestati a distanza, per via elettronica e su richiesta individuale di un destinatario di servizi, nonché ai servizi di radiodiffusione;(6) considerando che le opportunità dischiuse dalle tecnologie digitali potrebbero ampliare le possibilità di scelta dei consumatori e contribuire al pluralismo culturale grazie alla creazione di una gamma ancora più ampia di servizi ai sensi degli articoli 59 e 60 del trattato; che la redditività di questi servizi dipende spesso dal ricorso a tecniche di accesso condizionato al fine di garantire la remunerazione del prestatore del servizio; che risulta pertanto necessario, per assicurare la redditività di tali servizi, la protezione giuridica dei prestatori di servizi contro i dispositivi illeciti che consentono l'accesso senza pagamento del servizio;(7) considerando che l'importanza di questa tematica è stata riconosciuta dalla Commissione nella sua comunicazione «Un'iniziativa europea in materia di commercio elettronico»;(8) considerando che, secondo l'articolo 7 A del trattato, il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci e dei servizi; che secondo l'articolo 128, paragrafo 4, del trattato la Comunità tiene conto degli aspetti culturali nell'azione che svolge ai sensi di altre disposizioni del trattato; che, in conformità dell'articolo 130, paragrafo 3, del trattato, la Comunità contribuisce alla realizzazione delle condizioni necessarie alla competitività della sua industria attraverso politiche ed azioni da essa attuate;(9) considerando che la presente direttiva fa salve eventuali disposizioni future a livello comunitario o nazionale intese a garantire che determinati servizi di radiodiffusione riconosciuti di pubblico interesse non si basino su un accesso condizionato;(10) considerando che la presente direttiva lascia impregiudicati gli aspetti culturali di successive azioni comunitarie nel settore dei nuovi servizi;(11) considerando che le disparità esistenti fra le disposizioni nazionali in materia di tutela dei servizi ad accesso condizionato o dei servizi di accesso condizionato potrebbero ostacolare la libera circolazione di beni e servizi;(12) considerando che l'applicazione del trattato non è sufficiente ad eliminare questi ostacoli nel mercato interno; che essi andrebbero pertanto eliminati garantendo un livello di tutela equivalente in tutti gli Stati membri; che questo implica il ravvicinamento delle disposizioni nazionali relative alle attività commerciali che hanno per oggetto dispositivi illeciti;(13) considerando che appare necessario far sì che gli Stati membri forniscano un'adeguata tutela giuridica contro l'immissione sul mercato, ai fini di un profitto economico diretto o indiretto, di un dispositivo illecito che renda possibile o facile eludere, senza esservi autorizzato, qualsiasi misura tecnologica a protezione della remunerazione di un servizio fornito in modo lecito;(14) considerando che tra le attività commerciali relative a dispositivi illeciti si annoverano le comunicazioni commerciali che abbracciano tutte le forme di pubblicità, commercializzazione diretta, sponsorizzazioni, promozione delle vendite e pubbliche relazioni a promozione dei prodotti e servizi in questione;(15) considerando che queste attività commerciali sono dannose per i consumatori che sono indotti in errore circa l'origine del dispositivo illecito; che è necessario un alto livello di protezione del consumatore per combattere questo tipo di frode a suo danno; che l'articolo 129 A, paragrafo 1, del trattato prevede che la Comunità contribuisca al conseguimento di un livello elevato di protezione dei consumatori mediante misure adottate in applicazione dell'articolo 100 A;(16) considerando che il contesto giuridico per la creazione di uno spazio audiovisivo unico istituito dalla direttiva 89/552/CEE del Consiglio, del 3 ottobre 1989, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive (5), dovrebbe pertanto essere integrato estendendolo anche alle tecniche di accesso condizionato secondo quanto stabilito dalla presente direttiva, anche al fine di garantire parità di trattamento ai fornitori di trasmissioni transfrontaliere, indipendentemente dal luogo di stabilimento;(17) considerando che, in base alla risoluzione del Consiglio del 29 giugno 1995 sull'applicazione uniforme ed efficace del diritto comunitario e sulle sanzioni applicabili alle violazioni di tale diritto nel campo del mercato interno (6), gli Stati membri devono adottare misure che conducano ad un'applicazione del diritto comunitario altrettanto efficace e rigorosa di quella della legislazione nazionale;(18) considerando che, in virtù dell'articolo 5 del trattato, gli Stati membri devono adottare tutte le misure necessarie per assicurare l'attuazione e l'efficacia della legislazione comunitaria, in particolare prevedendo sanzioni effettive, dissuasive e proporzionate e mezzi di tutela adeguati;(19) considerando che il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri non dovrebbero andare al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del mercato interno, conformemente al principio di proporzionalità sancito all'articolo 3 B, terzo comma, del trattato;(20) considerando che la distribuzione di dispositivi illeciti comprende il trasferimento con qualsiasi mezzo e l'immissione sul mercato di tali dispositivi per farli circolare all'interno della Comunità o fuori di essa;(21) considerando che la presente direttiva fa salva l'applicazione delle disposizioni nazionali che vietano il possesso a fini privati di dispositivi illeciti, l'applicazione delle regole comunitarie sulla concorrenza e l'applicazione delle norme comunitarie in materia di diritti di proprietà intellettuale;(22) considerando che il diritto interno in materia di sanzioni e mezzi di tutela previsti per contrastare le attività commerciali illecite può richiedere che tali attività siano svolte con la consapevolezza, o in presenza di fondati motivi per cui essere consapevoli, che i dispositivi in questione sono illeciti;(23) considerando che le sanzioni e i mezzi di tutela previsti dalla presente direttiva lasciano impregiudicate le altre sanzioni o gli altri mezzi di tutela eventualmente previsti dal diritto interno, quali le misure preventive in generale o il sequestro dei dispositivi illeciti; che gli Stati membri non sono tenuti a prevedere sanzioni penali per le attività illecite di cui alla presente direttiva; che le disposizioni degli Stati membri in materia di azioni per risarcimento danni devono essere conformi ai rispettivi sistemi legislativi e giudiziari nazionali;(24) considerando che la presente direttiva fa salva l'applicazione delle disposizioni nazionali che non rientrano nel settore coordinato dalla presente direttiva, come quelle concernenti la tutela dei minori comprese quelle adottate in conformità della direttiva 89/552/CEE, ovvero disposizioni nazionali inerenti all'ordine e alla sicurezza pubblici,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1 Campo di applicazione L'oggetto della presente direttiva è il ravvicinamento delle disposizioni degli Stati membri riguardanti misure contro i dispositivi illeciti che forniscono l'accesso non autorizzato a servizi protetti.Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si intende per:a) servizio protetto, uno dei servizi seguenti laddove sia fornito a pagamento e mediante un sistema di accesso condizionato:- trasmissioni televisive, ai sensi dell'articolo 1, lettera a), della direttiva 89/552/CEE;- trasmissioni radiofoniche, cioè la trasmissione via cavo o via etere, anche via satellite, di programmi radiofonici destinati al pubblico;- servizi della società dell'informazione, ai sensi dell'articolo 1, punto 2, della direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione (7);o la prestazione di un accesso condizionato ai servizi suesposti, considerato servizio in quanto tale;b) accesso condizionato, misure e/o sistemi tecnici in base ai quali l'accesso in forma intelligibile al servizio protetto sia subordinato a preventiva autorizzazione individuale;c) dispositivo per l'accesso condizionato, apparecchiature o programmi per elaboratori elettronici concepiti o adattati al fine di consentire l'accesso in forma intelligibile ad un servizio protetto;d) servizio connesso, l'installazione, la manutenzione o la sostituzione di dispositivi di accesso condizionato, nonché la prestazione di servizi di comunicazione commerciale relativi a detti dispositivi o a servizi protetti;e) dispositivo illecito, apparecchiature o programmi per elaboratori elettronici concepiti o adattati al fine di rendere possibile l'accesso ad un servizio protetto in forma intelligibile senza l'autorizzazione del prestatore del servizio;f) settore coordinato dalla presente direttiva, quello disciplinato da qualunque disposizione concernente le attività illecite di cui all'articolo 4.Articolo 3 Principi relativi al mercato interno 1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie a vietare sul loro territorio le attività di cui all'articolo 4 ed a prevedere le sanzioni e i mezzi di tutela di cui all'articolo 5.2. Salvo il disposto del paragrafo 1, gli Stati membri non possono:a) limitare la prestazione di servizi protetti o di servizi connessi aventi origine in un altro Stato membro; oppureb) limitare la libera circolazione dei dispositivi per l'accesso condizionato,per motivi rientranti nel settore coordinato dalla presente direttiva.Articolo 4 Attività illecite Gli Stati membri vietano sul loro territorio le seguenti attività:a) la fabbricazione, l'importazione, la distribuzione, la vendita, il noleggio o il possesso a fini commerciali di dispositivi illeciti;b) l'installazione, la manutenzione o la sostituzione a fini commerciali di dispositivi illeciti;c) l'impiego di comunicazioni commerciali per promuovere dispositivi illeciti.Articolo 5 Sanzioni e mezzi di tutela 1. Le sanzioni sono efficaci, dissuasive e proporzionate al potenziale impatto dell'attività illecita.2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per provvedere a che i prestatori di servizi protetti i cui interessi vengano pregiudicati da un'attività illecita, quale specificata all'articolo 4, svolta sul loro territorio abbiano accesso a mezzi di tutela adeguati, compresa la possibilità di promuovere un'azione per il risarcimento del danno e ottenere un'ingiunzione o altro provvedimento cautelare e, ove opportuno, chiedere che i dispositivi illeciti siano eliminati dai circuiti commerciali.Articolo 6 Attuazione 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 28 maggio 2000. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore coordinato dalla presente direttiva.Articolo 7 Relazioni Entro tre anni dall'entrata in vigore della presente direttiva e, successivamente, ogni due anni la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale una relazione sull'attuazione della presente direttiva corredata di eventuali proposte in particolare per quanto riguarda le definizioni dell'articolo 2, per il suo adeguamento agli sviluppi tecnici ed economici e alle consultazioni tenute dalla Commissione.Articolo 8 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 9 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 20 novembre 1998.Per il Parlamento europeoIl PresidenteJ. M. GIL-ROBLESPer il ConsiglioIl PresidenteE. HOSTASCH(1) GU C 314 del 16. 10. 1997, pag. 7 eGU C 203 del 30. 6. 1998, pag. 12.(2) GU C 129 del 27. 4. 1998, pag. 16.(3) Parere del Parlamento europeo del 30 aprile 1998 (GU C 152 del 18. 5. 1998, pag. 59), posizione comune del Consiglio del 29 giugno 1998 (GU C 262 del 19. 8. 1998, pag. 34), e decisione del Parlamento europeo dell'8 ottobre 1998 (GU C 328 del 26. 10. 1998). Decisione del Consiglio del 9 novembre 1998.(4) GU C 167 del 2. 6. 1997, pag. 31.(5) GU L 298 del 17. 10. 1989, pag. 23. Direttiva modificata dalla direttiva 97/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 202 del 30. 7. 1997, pag. 60).(6) GU C 188 del 22. 7. 1995, pag. 1.(7) GU L 204 del 21. 7. 1998, pag. 37. Direttiva modificata dalla direttiva 98/48/CE (GU L 217 del 5. 8. 1998, pag. 18).
Tutela dei servizi elettronici a pagamento dalla pirateria SINTESI COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA? — L'obiettivo della presente direttiva è la tutela giuridica dei servizi ad accesso condizionato (ossia l'accesso in cambio di un'iscrizione); — Cerca di proteggere i servizi elettronici a pagamento contro la pirateria; — Vieta a tutte le attività commerciali che coinvolgono la produzione, distribuzione o commercializzazione di smart card (schede di plastica con microprocessori o microchip integrati) e altri dispositivi che rendono possibile aggirare l'accesso protetto a televisione, radio e servizi internet a pagamento. PUNTI CHIAVE Ambito di applicazione La direttiva riguarda tutti i servizi forniti mediante un sistema di accesso condizionato, quali ad esempio servizi televisivi e radiofonici a pagamento, contenuti video e audio on demand, editoria elettronica e un’ampia gamma di servizi online offerti al pubblico su abbonamento o in modalità pay-per-view. Attività illecite Ciascun paese dell’UE deve farsi carico dell’introduzione di leggi finalizzate a proibire: — la produzione, l’importazione, la vendita, il noleggio o il possesso a fini commerciali di apparecchiature o programmi illeciti e in grado di consentire l’accesso non autorizzato a servizi protetti; — l’installazione, la manutenzione o la sostituzione a fini commerciali di dispositivi illeciti; — l’impiego di comunicazioni pubblicitarie inteso a promuovere apparecchiature o programmi illeciti. Sanzioni e mezzi di tutela Ciascun paese dell’UE deve promulgare misure volte a: — introdurre sanzioni efficaci, dissuasive e proporzionate al potenziale impatto dell’attività illecita; — fare sì che i prestatori di servizi i cui interessi vengano danneggiati da un’attività illecita possano rivolgersi a un tribunale per ottenere il risarcimento del danno e un’ingiunzione nonché, laddove appropriato, richiedere la confisca dei dispositivi illeciti. Principi relativi al mercato interno I paesi dell’UE non possono limitare: — la prestazione di servizi protetti o di servizi connessi aventi origine in un altro paese dell’UE; — la libera circolazione dei dispositivi per l’accesso condizionato, fatta eccezione per i dispositivi considerati illeciti ai sensi della direttiva (qualsiasi apparecchiatura o programma concepito o adattato al fine di consentire l’accesso in forma intelligibile ad un servizio protetto senza l’autorizzazione del prestatore del servizio). Convenzione del Consiglio d’Europa Nel 2015, il Consiglio dell'Unione europea ha approvato, per conto dell'UE, la convenzione del Consiglio d’Europa sulla tutela giuridica dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato entrata in vigore il 1o luglio 2003. La sottoscrizione effettuata dall’UE potrebbe incoraggiare altri membri del Consiglio d’Europa a ratificare la convenzione. Ciò estenderebbe l’applicazione di disposizioni simili a quelle della direttiva 98/84/CE al di là delle frontiere dell’UE, contribuendo così a istituire un diritto dei servizi ad accesso condizionato applicabile in tutto il continente europeo. CONTESTO Tutela giuridica dei servizi ad accesso condizionato ATTO Direttiva 98/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 1998, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato (GU L 320 del 28.11.1998, pag. 54-57) ATTI COLLEGATI Decisione 2014/243/UE del Consiglio, del 14 aprile 2014, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, della convenzione europea sulla tutela giuridica dei servizi ad accesso condizionato e di accesso condizionato (GU L 128 del 30.4.2014, pag. 61) Decisione (UE) 2015/1293 del Consiglio, del 20 luglio 2015, sulla conclusione, per conto dell'Unione europea, della Convenzione europea sulla tutela giuridica dei servizi ad accesso condizionato e di accesso condizionato (GU L 199 del 29.7.2015, pag. 3-5) Relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Seconda relazione sull’attuazione della direttiva 98/84/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 20 novembre 1998, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato (COM(2008) 593 def. del 30 settembre 2008) La tutela giuridica dei servizi elettronici a pagamento - Relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo sull’attuazione della direttiva 98/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 1998, sulla tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato (COM(2003) 198 def. del 24 aprile 2003)
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Convenzione per la protezione delle Alpi (Convenzione alpina) Gazzetta ufficiale n. L 061 del 12/03/1996 pag. 0032 - 0036 CONVENZIONE per la protezione delle Alpi (Convenzione alpina)LA REPUBBLICA D'AUSTRIA,LA CONFEDERAZIONE ELVETICA,LA REPUBBLICA FRANCESE,LA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA,LA REPUBBLICA ITALIANA,LA REPUBBLICA DI SLOVENIA,IL PRINCIPATO DI LIECHTENSTEIN,nonchéLA COMUNITÀ ECONOMICA EUROPEA,CONSAPEVOLI che le Alpi costituiscono uno dei più grandi spazi naturali continui in Europa, un habitat naturale e uno spazio economico, culturale e ricreativo nel cuore dell'Europa, che si distingue per la sua specifica e multiforme natura, cultura e storia, e al quale hanno parte numerosi popoli e Paesi,RICONOSCENDO che le Alpi costituiscono l'ambiente naturale e lo spazio economico delle popolazioni locali e rivestono inoltre grandissima importanza per le regioni extraalpine, tra l'altro quale area di transito di importanti vie di comunicazione,RICONOSCENDO il fatto che le Alpi costituiscono un indispensabile rifugio e habitat per molte specie animali e vegetali minacciate,CONSAPEVOLI delle grandi differenze esistenti tra i singoli ordinamenti giuridici, gli assetti naturali del territorio, gli insediamenti umani, le attività agricole e forestali, i livelli e le condizioni di sviluppo economico, l'incidenza del traffico, nonché le forme e l'intensità della utilizzazione turistica,CONSIDERANDO che il crescente sfruttamento da parte dell'uomo minaccia l'area alpina e le sue funzioni ecologiche in misura sempre maggiore e che la riparazione dei danni o è impossibile o è possibile soltanto con un grande dispendio di mezzi, costi notevoli e tempi generalmente lunghi,CONVINTI che gli interessi economici debbano essere armonizzati con le esigenze ecologiche,A SEGUITO dei risultati della prima Conferenza delle Alpi dei ministri dell'ambiente tenutasi a Berchtesgaden dal 9 all'11 ottobre 1989,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1 Campo d'applicazione 1. Oggetto della presente convenzione è la regione delle Alpi, com'è descritta e rappresentata nell'allegato.2. Ciascuna parte contraente all'atto del deposito del proprio strumento di ratifica o di accettazione o di approvazione, ovvero in qualsiasi momento successivo, può, tramite una dichiarazione indirizzata alla Repubblica d'Austria in qualità di depositario, estendere l'applicazione della presente convenzione ad ulteriori parti del proprio territorio, qualora ciò sia ritenuto necessario per l'attuazione delle disposizioni della presente convenzione.3. Ogni dichiarazione rilasciata ai sensi del paragrafo 2 può essere revocata per quanto riguarda ciascun territorio in essa citato, tramite una notifica indirizzata al depositario. La revoca ha efficacia dal primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di sei mesi, calcolato a partire dalla data di ricezione della notifica da parte del depositario.Articolo 2 Obblighi generali 1. Le parti contraenti, in ottemperanza ai principi della prevenzione, della cooperazione e della responsabilità di chi causa danni ambientali, assicurano una politica globale per la conservazione e la protezione delle Alpi, tenendo equamente conto degli interessi di tutti i paesi alpini e delle loro regioni alpine, nonché della Comunità economica europea, ed utilizzando le risorse in maniera responsabile e durevole. La cooperazione transfrontaliera a favore dell'area alpina viene intensificata nonché ampliata sul piano geografico e tematico.2. Per il raggiungimento dell'obiettivo di cui al paragrafo 1, le parti contraenti prenderanno misure adeguate in particolare nei seguenti campi:a) Popolazioni e cultura - al fine di rispettare, conservare e promuovere l'identità culturale e sociale delle popolazioni locali, e di assicurarne le risorse vitali di base, in particolare gli insediamenti e lo sviluppo economico compatibili con l'ambiente, nonché al fine di favorire la comprensione reciproca e le relazioni di collaborazione tra le popolazioni alpine ed extraalpine.b) Pianificazione territoriale - al fine di garantire l'utilizzazione contenuta e razionale e lo sviluppo sano ed armonioso dell'intero territorio, tenendo in particolare considerazione i rischi naturali, la prevenzione di utilizzazioni eccessive o insufficienti, nonché il mantenimento o il ripristino di ambienti naturali, mediante l'identificazione e la valutazione complessiva delle esigenze di utilizzazione, la pianificazione integrata e a lungo termine e l'armonizzazione delle misure conseguenti.c) Salvaguardia delle qualità dell'aria - al fine di ridurre drasticamente le emissioni inquinanti e i loro effetti negativi nella regione alpina, nonché le trasmissioni di sostanze inquinanti provenienti dall'esterno, ad un livello che non sia nocivo per l'uomo, la fauna e la flora.d) Difesa del suolo - al fine di ridurre il degrado quantitativo e qualitativo del suolo, in particolare impiegando tecniche di produzione agricola e forestale che rispettino il suolo, utilizzando in misura contenuta suoli e terreno, limitando l'erosione e l'impermeabilizzazione dei suoli.e) Idroeconomia - al fine di conservare o di ristabilire la qualità naturale delle acque e dei sistemi idrici, in particolare salvaguardandone la qualità, realizzando opere idrauliche compatibili con la natura e sfruttando l'energia idrica in modo da tenere parimenti conto degli interessi della popolazione locale e dell'interesse alla conservazione dell'ambiente.f) Protezione della natura e tutela del paesaggio - al fine di proteggere, di tutelare e, se necessario, di ripristinare l'ambiente naturale e il paesaggio, in modo da garantire stabilmente l'efficienza degli ecosistemi, la conservazione della flora e della fauna e dei loro habitat, la capacità rigenerativa e la continuità produttiva delle risorse naturali, nonché la diversità, l'unicità e la bellezza della natura e del paesaggio nel loro insieme.g) Agricoltura di montagna - al fine di assicurare, nell'interesse della collettività, la gestione del paesaggio rurale tradizionale, nonché una agricoltura adeguata ai luoghi e in armonia con l'ambiente, ed al fine di promuoverla tenendo conto delle condizioni economiche più difficoltose.h) Foreste montane - al fine di conservare, rafforzare e ripristinare le funzioni della foresta, in particolare quella protettiva, migliorando la resistenza degli ecosistemi forestali, in particolare attuando una silvicoltura adeguata alla natura e impedendo utilizzazioni che possano danneggiare le foreste, tenendo conto delle condizioni economiche più difficoltose nella regione alpina.i) Turismo e attività di tempo libero - al fine di armonizzare le attività turistiche e del tempo libero con le esigenze ecologiche e sociali, limitando le attività che danneggino l'ambiente e stabilendo, in particolare, zone di rispetto.j) Trasporti - al fine di ridurre gli effetti negativi e i rischi derivanti dal traffico interalpino e transalpino ad un livello che sia tollerabile per l'uomo, la fauna, la flora e il loro habitat, tra l'altro attuando un più consistente trasferimento su rotaia dei trasporti e in particolare del trasporto merci, soprattutto mediante la creazione di infrastrutture adeguate e di incentivi conformi al mercato, senza discriminazione sulla base della nazionalità.k) Energia - al fine di ottenere forme di produzione, distribuzione e utilizzazione dell'energia che rispettino la natura e il paesaggio, e di promuovere misure di risparmio energetico.l) Economia dei rifiuti - al fine di assicurare la raccolta, il riciclaggio e il trattamento dei rifiuti in maniera adeguata alle specifiche esigenze topografiche, geologiche e climatiche dell'area alpina, tenuto conto in particolare della prevenzione della produzione dei rifiuti.3. Le parti contraenti concluderanno protocolli in cui verranno definiti gli aspetti particolari per l'attuazione della presente convenzione.Articolo 3 Ricerca e osservazione sistematica Nei settori di cui all'articolo 2, le parti contraenti convengono:a) di effettuare lavori di ricerca e valutazioni scientifiche collaborando insieme;b) di sviluppare programmi comuni o integrati di osservazione sistematica;c) di armonizzare ricerche ed osservazioni nonché la relativa raccolta dati.Articolo 4 Collaborazione in campo giuridico, scientifico, economico e tecnico 1. Le parti contraenti agevolano e promuovono lo scambio di informazioni di natura giuridica, scientifica, economica e tecnica che siano rilevanti per la presente convenzione.2. Le parti contraenti, al fine della massima considerazione delle esigenze transfrontaliere e regionali, si informano reciprocamente sui previsti provvedimenti di natura giuridica ed economica, dai quali possano derivare conseguenze specifiche per la regione alpina o parte di essa.3. Le parti contraenti collaborano con organizzazioni internazionali, governative o non governative, ove necessario per attuare in modo efficace la presente convenzione e i protocolli dei quali esse sono parti contraenti.4. Le parti contraenti provvedono in modo adeguato ad informare regolarmente l'opinione pubblica sui risultati delle ricerche e osservazioni, nonché sulle misure adottate.5. Gli obblighi derivanti alle parti contraenti della presente convenzione nel campo dell'informazione hanno effetto, fatte salve le leggi nazionali sulla riservatezza. Le informazioni definite riservate debbono essere trattate come tali.Articolo 5 Conferenza delle parti contraenti (Conferenza delle Alpi) 1. I problemi di interesse comune delle parti contraenti e la loro collaborazione formano oggetto di sessioni a scadenze regolari della Conferenza delle parti contraenti (Conferenza delle Alpi).La prima sessione della Conferenza delle Alpi viene convocata da una parte contraente designata di comune accordo, al più tardi un anno dopo l'entrata in vigore della presente convenzione.2. In seguito, le sessioni ordinarie della Conferenza delle Alpi hanno luogo di norma ogni due anni presso la parte contraente che detiene la presidenza. La presidenza e la sede si alternano dopo ogni sessione ordinaria della Conferenza delle Alpi. Entrambe sono stabilite dalla Conferenza delle Alpi.3. La parte contraente che detiene la presidenza propone di volta in volta l'ordine del giorno per la sessione della Conferenza delle Alpi. Ciascuna parte contraente ha il diritto di far inserire punti ulteriori nell'ordine del giorno.4. Le parti contraenti trasmettono alla Conferenza delle Alpi informazioni sulle misure da esse adottate per l'attuazione della presente convenzione e dei protocolli dei quali esse sono parti contraenti, fatte salve le leggi nazionali sulla riservatezza.5. L'Organizzazione delle Nazioni Unite, le sue istituzioni specializzate, il Consiglio d'Europa nonché ogni altri Stato europeo possono partecipare in qualità di osservatori alle sessioni della Conferenza delle Alpi. Lo stesso vale per le comunità transfrontaliere di enti territoriali della regione alpina. La Conferenza delle Alpi può inoltre ammettere come osservatori organizzazioni internazionali non governative che svolgano un'attività in materia.6. Ha luogo una sessione straordinaria della Conferenza delle Alpi ogniqualvolta essa la deliberi oppure qualora, nel periodo tra due sessioni, un terzo delle parti contraenti ne faccia domanda scritta presso la parte contraente che esercita la presidenza.Articolo 6 Compiti della Conferenza delle Alpi La Conferenza delle Alpi esamina lo stato di attuazione della convenzione, nonché dei protocolli con gli allegati e espleta nelle sue sessioni in particolare i seguenti compiti:a) adotta le modifiche della presente convenzione in conformità con la procedura di cui all'articolo 10;b) adotta i protocolli e i loro allegati, nonché le loro modifiche in conformità con la procedura di cui all'articolo 11;c) adotta il proprio regolamento interno;d) prende le necessarie decisioni in materia finanziaria;e) decide la costituzione di gruppi di lavoro ritenuti necessari all'attuazione della convenzione;f) prende atto delle valutazioni derivanti dalle informazioni scientifiche;g) delibera o raccomanda misure per la realizzazione degli obiettivi previsti dagli articoli 3 e 4, stabilisce la forma, l'oggetto e la frequenza della trasmissione delle informazioni da presentare ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 4, e prende atto delle informazioni medesime nonché delle relazioni presentate dai gruppi di lavoro;h) assicura l'espletamento delle necessarie attività di segretariato.Articolo 7 Delibere della Conferenza delle Alpi 1. Salvo quanto stabilito diversamente qui di seguito, la Conferenza delle Alpi delibera per consenso. Riguardo ai compiti indicati all'articolo 6, lettere c), f) e g), qualora risultino esauriti tutti i tentativi di raggiungere il consenso e il presidente ne prenda atto espressamente, si delibera a maggioranza di tre quarti delle parti contraenti presenti e votanti.2. Nella Conferenza delle Alpi ciascuna parte contraente dispone di un voto. La Comunità economica europea esercita il diritto di voto nell'ambito delle proprie competenze, esprimendo un numero di voti corrispondente al numero dei suoi Stati membri che sono parti contraenti della presente convenzione; la Comunità economica europea non esercita il diritto di voto qualora i rispettivi Stati membri esercitino il proprio diritto di voto.Articolo 8 Comitato permanente 1. È istituito quale organo esecutivo il Comitato permanente della Conferenza delle Alpi, formato dai delegati delle parti contraenti.2. Le parti firmatarie che non abbiano ancora ratificato la convenzione partecipano alle sessioni del Comitato permanente con status di osservatori. Lo stesso status può inoltre essere concesso ad ogni paese alpino che non abbia ancora firmato la presente convenzione e ne faccia richiesta.3. Il Comitato permanente adotta il proprio regolamento interno.4. Il Comitato permanente delibera inoltre sulle modalità dell'eventuale partecipazione alle proprie sessioni di rappresentanti di organizzazioni governative e non governative.5. Le parte contraente che presiede la Conferenza delle Alpi assume la presidenza del Comitato permanente.6. Il Comitato permanente espleta in particolare i seguenti compiti:a) esamina le informazioni trasmesse dalle parti contraenti ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 4 per presentarne rapporto alla Conferenza delle Alpi;b) raccoglie e valuta la documentazione relativa all'attuazione della convenzione e dei protocolli con gli allegati, e la sottopone all'esame della Conferenza delle Alpi ai sensi dell'articolo 6;c) riferisce alla Conferenza delle Alpi sull'attuazione delle delibere da essa adottate;d) prepara le sessioni della Conferenza delle Alpi nei loro contenuti, e può proporre punti dell'ordine del giorno nonché ulteriori misure relative all'attuazione della convenzione e dei rispettivi protocolli;e) insedia i gruppi di lavoro per l'elaborazione di protocolli e raccomandazioni ai sensi dell'articolo 6, lettera e) e coordina la loro attività;f) esamina e armonizza i contenuti dei progetti di protocollo in una visione unitaria e li sottopone alla Conferenza delle Alpi;g) propone alla Conferenza delle Alpi misure e raccomandazioni per la realizzazione degli obiettivi contenute nella convenzione e nei protocolli.7. Le delibere nel Comitato permanente vengono adottate in conformità con le disposizioni di cui all'articolo 7.Articolo 9 Segretariato La Conferenza delle Alpi può deliberare per consenso l'istituzione di un segretariato permanente.Articolo 10 Modifiche della convenzione Ciascuna parte può presentare alla parte contraente che presiede la Conferenza delle Alpi proposte di modifica della convenzione. Tali proposte saranno trasmesse dalla parte contraente che presiede la Conferenza delle Alpi alle parti contraenti e alle parti firmatarie almeno sei mesi prima dell'inizio della sessione della Conferenza delle Alpi in cui saranno prese in esame.Le modifiche della convenzione entrano in vigore in conformità con le disposizioni di cui ai paragrafi 2, 3 e 4 dell'articolo 12.Articolo 11 Protocolli e loro modifiche 1. I progetti di protocollo di cui all'articolo 2, paragrafo 3 vengono trasmessi dalla parte che presiede la Conferenza delle Alpi alle parti contraenti e alle parti firmatarie almeno sei mesi prima dell'inizio della sessione della Conferenza delle Alpi che li prenderà in esame.2. I protocolli adottati dalla Conferenza delle Alpi vengono firmati in occasione delle sue sessioni o successivamente presso il depositario. Essi entrano in vigore per quelle parti contraenti che li abbiano ratificati o accettati o approvati. Per l'entrata in vigore di un protocollo sono necessarie almeno tre ratifiche o accettazioni o approvazioni. Gli strumenti suddetti vengono depositati presso la Repubblica d'Austria in qualità di depositario.3. Qualora i protocolli non contengano disposizioni diverse per l'entrata in vigore e per la denuncia, si applicano per analogia le disposizioni degli articoli 10, 13 e 14.4. Per le modifiche dei protocolli si applicano le corrispondenti disposizioni dei paragrafi 1, 2 e 3.Articolo 12 Firma e ratifica 1. La presente convenzione è depositata per la firma presso la Repubblica d'Austria in qualità di depositario, a decorrere dal 7 novembre 1991.2. La convenzione deve essere sottoposta a ratifica o accettazione o approvazione. Gli strumenti di ratifica o di accettazione o approvazione vengono depositati presso il depositario.3. La convenzione entra in vigore tre mesi dopo il giorno in cui tre Stati abbiano espresso la propria adesione alla convenzione in conformità con le disposizioni del paragrafo 2.4. Per ciascuna parte firmataria che esprime successivamente la propria adesione alla convenzione in conformità con le disposizioni del paragrafo 2, la convenzione entra in vigore tre mesi dopo il deposito dello strumento di ratifica o di accettazione o di approvazione.Articolo 13 Denuncia 1. Ciascuna parte contraente può denunciare in qualsiasi momento la presente convenzione mediante una notifica indirizzata al depositario.2. La denuncia avrà effetto il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di sei mesi a partire dalla data di ricevimento della notifica da parte del depositario.Articolo 14 Notifiche Il depositario notifica alle parti contraenti ed alle parti firmatarie:a) gli atti di firma;b) i depositi di strumenti di ratifica o di accettazione o di approvazione;c) la data di entrata in vigore della presente convenzione ai sensi dell'articolo 12;d) le dichiarazioni rilasciate ai sensi dell'articolo 1, paragrafi 2 e 3;e) le notifiche effettuate ai sensi dell'articolo 13 e le date in cui le denunce hanno effetto.In fede di ciò la presente convenzione è stata sottoscritta dai firmatari debitamente autorizzati.Fatto a Salisburgo, il 7 novembre 1991, in lingua francese, italiana, slovena e tedesca, laddove ciascuno dei quattro testi fa ugualmente fede, in un originale depositato presso l'Archivio di Stato Austriaco. Il depositario trasmette copie certificate conformi alle parti firmatarie.
Convenzione per la protezione delle Alpi QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE E DELLA CONVENZIONE? La decisione è relativa alla conclusione della Convenzione sulla protezione delle Alpi (Convenzione alpina), approvata allora per conto della Comunità europea Lo scopo della Convenzione alpina è la tutela a lungo termine dell’ecosistema naturale delle Alpi e lo sviluppo sostenibile della zona, nonché la protezione degli interessi economici dei residenti. I principi guida della Convenzione sono la prevenzione, «chi inquina paga» e la cooperazione transfrontaliera. PUNTI CHIAVE Le parti della convenzione sono Austria, Francia, Germania, Italia, Liechtenstein, Monaco, Slovenia, Svizzera e l’Unione europea (UE). Per raggiungere gli obiettivi della convenzione in maniera efficace, le parti agiscono nei settori della pianificazione territoriale, della protezione della natura e tutela del paesaggio, dell’agricoltura di montagna, delle foreste montane, della difesa del suolo, del turismo e attività di tempo libero, dell’energia, dei trasporti, della salvaguardia della qualità dell’aria, dell’idroeconomia, delle popolazioni e cultura e dell’economia dei rifiuti. La convenzione prevede la redazione e l’adozione di protocolli di attuazione per ciascuno di tali settori, nonché per la risoluzione di controversie fra le parti. Le parti hanno l’obbligo di collaborare nei campi della ricerca e dell’osservazione territoriale, nonché su questioni giuridiche, economiche e tecniche. La Conferenza delle parti contraenti («la Conferenza alpina») si riunisce regolarmente (in linea di principio ogni due anni) per affrontare le questioni di interesse comune per le parti contraenti, per prendere decisioni e formulare raccomandazioni. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LA DECISIONE E LA CONVENZIONE? La decisione è applicata dal 26 febbraio 1996. La convenzione è entrata in vigore, per la Comunità europea, il 14 aprile 1998. DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione 96/191/CE del Consiglio, del 26 febbraio 1996, relativa alla conclusione della Convenzione sulla protezione delle Alpi (Convenzione alpina) (GU L 61 del 12.3.1996, pag. 31) Convenzione per la protezione delle Alpi (Convenzione alpina) (GU L 61 del 12.3.1996, pag. 32-36) DOCUMENTI CORRELATI Decisione 98/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 1997, concernente la conclusione del protocollo di adesione del Principato di Monaco alla convenzione per la protezione delle Alpi (GU L 33 del 7.2.1998, pag. 21) Decisione 2005/923/CE del Consiglio, del 2 dicembre 2005, relativa alla firma, a nome della Comunità europea, del protocollo Difesa del suolo, del protocollo Energia e del protocollo Turismo della Convenzione delle Alpi (GU L 337 del 22.12.2005, pag. 27-28) Decisione 2006/516/CE del Consiglio, del 27 giugno 2006, sulla conclusione, a nome della Comunità europea, del protocollo Difesa del suolo, del protocollo Energia e del protocollo Turismo della Convenzione alpina (GU L 201 del 25.7.2006, pag. 31-33) Decisione 2006/655/CE del Consiglio, del 19 giugno 2006, sull’approvazione, a nome della Comunità europea, del protocollo di attuazione della Convenzione delle Alpi del 1991 nell’ambito dell’agricoltura di montagna (GU L 271 del 30.9.2006, pag. 61-62) Decisione 2007/799/CE del Consiglio, del 12 ottobre 2006, relativa alla firma, a nome della Comunità, del protocollo di attuazione della convenzione alpina nel settore dei trasporti (GU L 323 dell’8.12.2007, pag. 13-14) Decisione 2013/332/UE del Consiglio, del 10 giugno 2013, sulla conclusione, a nome dell’Unione europea, del protocollo di attuazione della convenzione delle Alpi del 1991 nell’ambito dei trasporti (GU L 177 del 28.6.2013, pag. 13)
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32005L0047
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DIRETTIVA 2005/47/CE DEL CONSIGLIO del 18 luglio 2005 concernente l’accordo tra la Comunità delle ferrovie europee (CER) e la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) su taluni aspetti delle condizioni di lavoro dei lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera nel settore ferroviario IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 139, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione, considerando quanto segue: (1) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali ed è conforme ai principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e mira a garantire il pieno rispetto dell’articolo 31 di tale Carta, secondo il quale ogni lavoratore ha diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose, a una limitazione della durata massima del lavoro e a periodi di riposo giornalieri e settimanali, nonché a ferie annuali retribuite. (2) Ai sensi dell’articolo 139, paragrafo 2, del trattato, le parti sociali possono richiedere congiuntamente che gli accordi conclusi a livello comunitario siano attuati da una decisione del Consiglio su proposta della Commissione. (3) Il Consiglio ha adottato la direttiva 93/104/CE, del 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (1). I trasporti ferroviari sono tra i settori di attività esclusi dal campo di applicazione di tale direttiva. Il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato la direttiva 2000/34/CE (2), che modifica la direttiva 93/104/CE, al fine di coprire settori di attività precedentemente esclusi. (4) Il Parlamento europeo ed il Consiglio hanno adottato la direttiva 2003/88/CE, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, che codifica e abroga la direttiva 93/104/CE (3). (5) La direttiva 2003/88/CE prevede deroghe a quanto stabilito nei suoi articoli 3, 4, 5, 8 e 16, riguardo al personale che lavora nel settore dei trasporti ferroviari per il servizio prestato a bordo dei treni. (6) La Comunità delle ferrovie europee (CER) e la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) hanno informato la Commissione della loro volontà di avviare negoziati ai sensi dell’articolo 139, paragrafo 1, del trattato. (7) Il 27 gennaio 2004, le suddette organizzazioni hanno concluso un accordo relativo a taluni aspetti delle condizioni di utilizzazione dei lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera (di seguito «accordo»). (8) L’accordo comprende una richiesta congiunta che invita la Commissione ad attuare l’accordo tramite decisione del Consiglio su proposta della Commissione ai sensi dell’articolo 139, paragrafo 2, del trattato. (9) La direttiva 2003/88/CE si applica ai lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera, fatte salve le disposizioni più specifiche contenute nella presente direttiva e nell’accordo. (10) Ai sensi dell’articolo 249 del trattato, l’atto appropriato per l’attuazione dell’accordo è una direttiva. (11) Poiché, nella prospettiva del mercato interno del settore dei trasporti ferroviari e della concorrenza che lo caratterizzano, gli obiettivi della presente direttiva, cioè la tutela della salute e della sicurezza, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito all’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi, in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (12) L’evoluzione del settore ferroviario europeo implica un attento controllo del ruolo delle parti interessate attuali e di quelle nuove, per garantire uno sviluppo armonioso nell’insieme della Comunità. Il dialogo sociale europeo in questo settore dovrebbe poter riflettere questa evoluzione e tenerne conto per quanto possibile. (13) La presente direttiva lascia agli Stati membri la facoltà di definire i termini dell’accordo non specificamente definiti dall’accordo stesso in conformità delle legislazioni e delle prassi nazionali, come è il caso per altre direttive in materia di politica sociale che utilizzano termini analoghi, a condizione che le definizioni utilizzate siano compatibili con l’accordo. (14) La Commissione ha elaborato la sua proposta di direttiva conformemente alla comunicazione del 20 maggio 1998 intitolata «Adeguare e promuovere il dialogo sociale a livello comunitario», tenendo conto del carattere rappresentativo delle parti contraenti e della legalità di ogni clausola dell’accordo; le parti firmatarie hanno una sufficiente rappresentatività per i lavoratori mobili del settore ferroviario addetti a servizi di interoperabilità transfrontaliera effettuati da imprese ferroviarie. (15) La Commissione ha elaborato la proposta di direttiva ai sensi dell’articolo 137, paragrafo 2, del trattato che prevede che le direttive in materia sociale devono evitare di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici di natura tale da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese. (16) La presente direttiva e l’accordo fissano norme minime; gli Stati membri e/o le parti sociali dovrebbero poter mantenere o introdurre disposizioni più favorevoli. (17) La Commissione ha informato il Parlamento europeo, il Comitato economico sociale europeo e il Comitato delle regioni, trasmettendo loro la proposta di direttiva per l’attuazione dell’accordo. (18) Il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sull’accordo delle parti sociali in data 26 maggio 2005. (19) L’attuazione dell’accordo contribuisce alla realizzazione degli obiettivi di cui all’articolo 136 del trattato. (20) Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (4), si incoraggiano gli Stati membri a redigere e rendere pubblici, nell’interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la direttiva e i provvedimenti di recepimento, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Scopo della presente direttiva è quello di attuare l’accordo concluso il 27 gennaio 2004 tra la Comunità delle ferrovie europee (CER) e la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) su taluni aspetti delle condizioni di utilizzazione dei lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera. Il testo dell’accordo è allegato alla presente direttiva. Articolo 2 1. Gli Stati membri possono mantenere o introdurre disposizioni più favorevoli di quelle previste dalla presente direttiva. 2. In nessun caso l’attuazione della presente direttiva costituisce una ragione sufficiente per giustificare una riduzione del livello generale di protezione dei lavoratori nei settori rientranti nel suo campo d’applicazione. La sua attuazione lascia impregiudicato il diritto degli Stati membri e/o della direzione e dei lavoratori, tenuto conto di eventuali cambiamenti della situazione, di emanare disposizioni legislative, regolamentari o contrattuali diverse da quelle che esistono al momento dell’adozione della presente direttiva, purché i requisiti minimi previsti dalla presente direttiva siano rispettati. Articolo 3 Fatte salve le disposizioni dell’accordo sul seguito e la valutazione dell’accordo da parte delle parti firmatarie, la Commissione, previa consultazione delle parti sociali a livello comunitario, riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione della presente direttiva nel contesto dell’evoluzione del settore ferroviario entro il 27 luglio 2011. Articolo 4 Gli Stati membri determinano il regime delle sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni nazionali emanate in applicazione della presente direttiva e adottano ogni misura necessaria a garantirne l’attuazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano queste disposizioni alla Commissione entro il 27 luglio 2008 e comunicano tempestivamente ogni successiva modifica. Articolo 5 Gli Stati membri mettono in vigore, previa consultazione delle parti sociali, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 27 luglio 2008 o si accertano che le parti sociali abbiano adottato le disposizioni necessarie per mezzo di accordi entro questa data. Essi comunicano immediatamente alla Commissione tali disposizioni. Gli Stati membri adottano tutte le disposizioni necessarie per poter garantire in ogni momento i risultati imposti dalla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. Articolo 6 La presente direttiva entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 7 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 18 luglio 2005. Per il Consiglio La presidente M. BECKETT (1) GU L 307 del 13.12.1993, pag. 18. Direttiva modificata dalla direttiva 2000/34/CE. (2) GU L 195 dell’1.8.2000, pag. 41. (3) GU L 299 del 18.11.2003, pag. 9. (4) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1. ACCORDO su taluni aspetti delle condizioni di lavoro del personale mobile che effettua servizi di interoperabilità transfrontaliera concluso dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) e dalla Comunità delle ferrovie europee (CER) CONSIDERANDO: — lo sviluppo del trasporto ferroviario che esige l’ammodernamento del sistema e lo sviluppo del traffico transeuropeo e quindi dei servizi di interoperabilità, — la necessità di sviluppare un traffico transfrontaliero sicuro e di proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera, — l’importanza di evitare una concorrenza basata esclusivamente sulle differenze delle condizioni di lavoro, — l’importanza di sviluppare i trasporti ferroviari all’interno dell’Unione europea, — l’idea che questi obiettivi saranno raggiunti creando regole comuni relative alle condizioni minime di lavoro standard del personale mobile che effettua servizi di interoperabilità transfrontaliera, — la convinzione che il numero delle persone interessate aumenterà negli anni a venire, — il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 138 e 139, paragrafo 2, — la direttiva 93/104/CE (modificata dalla direttiva 2000/34/CE) e in particolare gli articoli 14 e 17, — la convenzione sulla legge applicabile agli obblighi contrattuali (Roma, 19 giugno 1980), — il fatto che l’articolo 139, paragrafo 2, del trattato dispone che gli accordi conclusi a livello comunitario sono attuati a richiesta congiunta delle parti firmatarie, in base ad una decisione del Consiglio su proposta della Commissione, — il fatto che il presente documento rappresenta la richiesta congiunta delle parti firmatarie. LE PARTI FIRMATARIE CONVENGONO QUANTO SEGUE: Clausola 1 Campo d’applicazione Il presente accordo si applica ai lavoratori mobili delle ferrovie addetti a servizi di interoperabilità transfrontaliera effettuati da imprese ferroviarie. Per il traffico di passeggeri transfrontaliero locale e regionale e per il traffico merci transfrontaliero che non superi i 15 chilometri al di là della frontiera, nonché per il traffico tra stazioni di frontiera ufficiali la cui lista figura in allegato, l’applicazione del presente accordo è facoltativa. Il presente accordo è altresì facoltativo per i treni sugli assi transfrontalieri che iniziano e finiscono sull’infrastruttura dello stesso Stato membro e utilizzano l’infrastruttura di un altro Stato membro senza effettuare fermate (operazioni che possono pertanto essere considerate come operazioni di trasporto nazionale). Per quanto riguarda i lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera, la direttiva 93/104/CE non si applicherà agli aspetti per i quali il presente accordo prevede disposizioni più specifiche. Clausola 2 Definizioni Ai fini del presente accordo, si intende per: 1) «servizi di interoperabilità transfrontaliera»: i servizi transfrontalieri per i quali le imprese ferroviarie necessitano di almeno due certificati di sicurezza, come disposto dalla direttiva 2001/14/CE; 2) «lavoratore mobile che effettua servizi di interoperabilità transfrontaliera»: ogni lavoratore membro dell’equipaggio di un treno, addetto a servizi di interoperabilità transfrontaliera per più di un’ora sulla base di una prestazione giornaliera; 3) «orario di lavoro»: qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali; 4) «periodo di riposo»: qualsiasi periodo che non rientra nell’orario di lavoro; 5) «periodo notturno»: qualsiasi periodo di almeno 7 ore, come definito dalla legislazione nazionale, e che comprenda in ogni caso l’intervallo fra le ore 24 e le ore 5; 6) «prestazione notturna»: qualsiasi prestazione di almeno 3 ore di lavoro durante il periodo notturno; 7) «riposo fuori residenza»: riposo giornaliero che non può essere effettuato nella normale sede di residenza del personale mobile; 8) «macchinista»: il lavoratore incaricato di guidare una macchina di trazione; 9) «tempo di guida»: la durata di un’attività programmata nel corso della quale il macchinista è responsabile della guida di una macchina di trazione, escluso il tempo previsto per la messa in servizio e per la messa fuori servizio della macchina, comprese le interruzioni programmate nel corso delle quali il macchinista resta responsabile della guida della macchina di trazione. Clausola 3 Riposo giornaliero in residenza Il riposo giornaliero in residenza ha una durata minima di 12 ore consecutive nel corso di un periodo di 24 ore. Può essere ridotto a un minimo di 9 ore consecutive una volta ogni 7 giorni. In tal caso, le ore corrispondenti alla differenza tra il riposo ridotto e le 12 ore saranno aggiunte al successivo riposo giornaliero in residenza. Un riposo giornaliero ridotto in modo significativo non potrà essere fissato tra due riposi giornalieri fuori residenza. Clausola 4 Riposo giornaliero fuori residenza Il riposo giornaliero fuori residenza ha una durata minima di 8 ore consecutive nel corso di un periodo di 24 ore. Un riposo giornaliero fuori residenza deve essere seguito da un riposo giornaliero in residenza (1). Si raccomanda di provvedere a che il lavoratore mobile in riposo fuori residenza sia ospitato in alloggi confortevoli. Clausola 5 Pause a) Macchinisti Se la durata dell’orario di lavoro di un macchinista è superiore a 8 ore, sarà assicurata una pausa di almeno 45 minuti nel corso della giornata lavorativa; oppure qualora l’orario di lavoro sia compreso tra 6 e 8 ore, tale pausa sarà di almeno 30 minuti e sarà assicurata nel corso della giornata lavorativa. La collocazione temporale e la durata della pausa dovranno consentire l’effettivo recupero da parte del lavoratore. Le pause possono essere adattate nel corso della giornata lavorativa in caso di ritardo dei treni. Una parte della pausa dovrà situarsi tra la 3a e la 6a ora di lavoro. La clausola 5 a) non si applica nel caso in cui sia presente un secondo macchinista. In tal caso, le condizioni sono fissate a livello nazionale. b) Personale di accompagnamento Per il personale di accompagnamento, sarà assicurata una pausa di 30 minuti se l’orario di lavoro è superiore a 6 ore. Clausola 6 Riposo settimanale Il lavoratore mobile che effettua servizi di interoperabilità transfrontaliera ha diritto, per ogni periodo di 7 giorni, ad un periodo minimo di riposo settimanale ininterrotto di 24 ore, alle quali si aggiungono le 12 ore di riposo giornaliero di cui alla clausola 3. Ogni anno il lavoratore mobile dispone di 104 periodi di riposo di 24 ore, nei quali sono inclusi i periodi di 24 ore dei 52 riposi settimanali comprendenti: — 12 periodi di riposo doppi (di 48 ore più il riposo giornaliero di 12 ore) che includono il sabato e la domenica, e — 12 periodi di riposo doppi (di 48 ore più il riposo giornaliero di 12 ore) senza garanzia di inclusione di un sabato o di una domenica. Clausola 7 Tempo di guida La durata del tempo di guida, come definito nella clausola 2, non può essere superiore a 9 ore per una prestazione diurna e a 8 ore per una prestazione notturna tra due riposi giornalieri. La durata massima del tempo di guida per ogni periodo di 2 settimane è limitata a 80 ore. Clausola 8 Controllo Al fine di consentire la verifica del rispetto delle disposizioni del presente accordo, deve essere custodita una scheda di servizio indicante le ore quotidiane di lavoro e i periodi di riposo del personale mobile. Devono essere disponibili informazioni relative alle ore effettive di lavoro. La scheda di servizio sarà conservata dall’impresa per almeno 1 anno. Clausola 9 Clausola di non regressione L’applicazione del presente accordo non costituisce in alcun caso un valido motivo per ridurre il livello generale di protezione dei lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera. Clausola 10 Seguito dato all’accordo I firmatari del presente accordo seguiranno la sua attuazione e applicazione nel quadro del Comitato di dialogo settoriale «ferrovie» istituito in base alla decisione 98/500/CE della Commissione. Clausola 11 Valutazione Le parti valutano le disposizioni del presente accordo due anni dopo la firma, alla luce delle prime esperienze di sviluppo del trasporto interoperabile transfrontaliero. Clausola 12 Revisione Le parti riesamineranno le disposizioni di cui sopra due anni dopo la fine del periodo di attuazione fissato dalla decisione del Consiglio relativa all’accordo. Bruxelles, 27 gennaio 2004. Per il CER Giancarlo CIMOLI Presidente Johannes LUDEWIG Direttore esecutivo Francesco FORLENZA Presidente del gruppo dei direttori delle risorse umane Jean-Paul PREUMONT Consigliere per gli affari sociali Per l’ETF Norbert HANSEN Presidente della sezione Ferrovie Jean-Louis BRASSEUR Vicepresidente della sezione Ferrovie Doro ZINKE Segretaria generale Sabine TRIER Segretaria politica (1) Le parti convengono che negoziati su un secondo riposo fuori residenza consecutivo e per la compensazione del riposo fuori residenza possono aver luogo tra le parti sociali a livello dell’impresa ferroviaria o a livello nazionale, se più adeguato. A livello europeo, la questione del numero di riposi consecutivi fuori residenza e della compensazione dei riposi fuori residenza sarà rinegoziata due anni dopo la firma del presente accordo. ALLEGATO Elenco delle stazioni di frontiera ufficiali situate oltre il limite dei 15 km per le quali l’accordo è facoltativo RZEPIN (PL) TUPLICE (PL) ZEBRZYDOWICE (PL) DOMODOSSOLA (IT)
Personale dei treni transfrontalieri: condizioni di lavoro QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? La direttiva è volta ad attuare l'accordo su taluni aspetti delle condizioni di lavoro dei lavoratori mobili* che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera*. L'accordo è stato concluso tra le parti sociali europee del settore, ovvero la Comunità delle ferrovie europee e la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti. PUNTI CHIAVE L'accordo stabilisce un equilibrio tra: l'esigenza di proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori mobili nei servizi di interoperabilità transfrontaliera nel settore ferroviario; l'esigenza di flessibilità di funzionamento delle imprese di trasporto ferroviario nella prospettiva di uno spazio ferroviario integrato dell'Unione europea (UE). L'accordo riconosce ai lavoratori un periodo di riposo giornaliero di 12 ore consecutive e pause da 30 a 45 minuti. L'accordo limita il tempo di guida giornaliera a 9 ore per una prestazione diurna e a 8 ore per una prestazione notturna. I datori di lavoro godono invece di una maggiore flessibilità perché possono eccezionalmente ridurre i periodi di riposo giornaliero a 9 ore invece delle 11 previste dalla direttiva 2003/88/CE sull'organizzazione dell'orario di lavoro. I paesi dell'UE possono mantenere o introdurre norme più favorevoli rispetto a quelle previste dalla direttiva. La direttiva non può servire a giustificare una minore protezione nei confronti dei lavoratori interessati quando questa sia accordata dalla legislazione nazionale esistente. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è in vigore dal 27 luglio 2005. I paesi dell'UE dovevano integrarla nel diritto nazionale entro il 27 luglio 2008. CONTESTO La presente direttiva si inscrive nel quadro generale dell’interoperabilità dei sistemi ferroviari dell'UE. Una rete ferroviaria più integrata deve permettere all'UE di ridurre l'utilizzo del trasporto su strada e gli effetti nefasti che ne conseguono. Coinvolgendo le parti sociali, essa mira a garantire condizioni di lavoro soddisfacenti per i lavoratori impiegati nei servizi di interoperabilità ferroviaria. * TERMINI CHIAVE Lavoratore mobile: qualsiasi membro del personale ferroviario assegnato a servizi di interoperabilità transfrontaliera per più di un'ora per ciascuna prestazione giornaliera. Servizio di interoperabilità transfrontaliera: funzionamento dei treni appartenenti a un paese sulle linee di un altro paese. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2005/47/CE del Consiglio, del 18 luglio 2005, concernente l’accordo tra la Comunità delle ferrovie europee (CER) e la Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) su taluni aspetti delle condizioni di lavoro dei lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera nel settore ferroviario (GU L 195 del 27.7.2005, pag. 15-17) DOCUMENTI COLLEGATI Comunicazione della Commissione al Consiglio: Impatto economico e sociale dell'accordo allegato alla direttiva 2005/47/CE, concluso tra le parti sociali il 27 gennaio 2004, su taluni aspetti delle condizioni di lavoro dei lavoratori mobili che effettuano servizi di interoperabilità transfrontaliera nel settore ferroviario [COM(2008) 855 def. del 15.12.2008] Direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro (GU L 299 del 18.11.2003, pag. 9-19)
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32002R1221
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Regolamento (CE) n. 1221/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, per quanto riguarda i conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche Gazzetta ufficiale n. L 179 del 09/07/2002 pag. 0001 - 0005 Regolamento (CE) n. 1221/2002 del Parlamento europeo e del Consigliodel 10 giugno 2002per quanto riguarda i conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubblicheIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 285,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere della Banca centrale europea(2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3),considerando quanto segue:(1) Il regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio, del 25 giugno 1996, relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità (SEC 95)(4), costituisce il quadro di riferimento di norme, definizioni, classificazioni e principi contabili comuni per l'elaborazione dei conti degli Stati membri alla luce delle esigenze statistiche della Comunità, al fine di ottenere risultati confrontabili fra Stati membri.(2) La relazione del comitato monetario sulle esigenze informative, approvata dal Consiglio Ecofin del 18 gennaio 1999, ha sottolineato che, per il corretto funzionamento dell'Unione economica e monetaria e del mercato unico, l'effettiva sorveglianza e coordinamento delle politiche economiche costituiscono fattori di primaria importanza, che a loro volta richiedono un sistema completo di informazioni statistiche in grado di fornire ai responsabili politici i dati necessari per la formulazione delle decisioni. Tale relazione ha inoltre sottolineato la necessità di attribuire un'elevata priorità alle statistiche a breve termine della finanza pubblica degli Stati membri, in particolare di quelli che partecipano all'Unione economica e monetaria, e che l'obiettivo è la compilazione di conti trimestrali non finanziari semplificati per il settore delle amministrazioni pubbliche mediante un approccio graduale.(3) È opportuno definire i conti trimestrali semplificati non finanziari delle amministrazioni pubbliche alla luce dell'elenco di categorie del SEC 95 per le entrate e le spese delle amministrazioni definite dal regolamento (CE) n. 1500/2000 della Commissione, del 10 luglio 2000, recante applicazione del regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio per quanto riguarda le spese e le entrate delle amministrazioni(5).(4) Nell'ambito del citato approccio graduale, è stata attribuita la priorità alle imposte, ai contributi sociali effettivi e alle prestazioni sociali diverse dai trasferimenti sociali in natura come categorie che rappresentano attendibili indicatori delle tendenze della finanza pubblica già resi disponibili (prima fase).(5) La trasmissione di tale prima serie di categorie su base trimestrale, dal giugno 2000, in tutti gli Stati membri, costituisce l'oggetto del regolamento (CE) n. 264/2000 della Commissione, del 3 febbraio 2000, relativo all'attuazione del regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio con riferimento alle statistiche congiunturali della finanza pubblica(6).(6) È necessario integrare la prima fase con una seconda serie di categorie al fine di ottenere l'elenco completo delle categorie comprese nelle spese e nelle entrate delle amministrazioni pubbliche.(7) L'attendibilità dei dati trimestrali trasmessi ai sensi del presente regolamento dovrebbe essere verificata per quanto concerne i dati annuali. Una relazione sulla qualità dei dati trimestrali andrebbe quindi effettuata prima della fine del 2005.(8) Gli articoli 2 e 3 del regolamento (CE) n. 2223/96 stabiliscono le condizioni alle quali la Commissione ha facoltà di adottare emendamenti alla metodologia del SEC 95 per chiarirne e migliorarne il contenuto. La compilazione di conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche richiederà risorse addizionali negli Stati membri. La trasmissione di tali dati alla Commissione non può dunque essere soggetta ad una decisione della Commissione stessa.(9) Il comitato del programma statistico (CPS), istituito ai sensi della decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio(7), e il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti (CMFB), istituito ai sensi della decisione 91/115/CEE del Consiglio(8), sono stati consultati a norma dell'articolo 3 delle suddette decisioni,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1ObiettivoL'obiettivo del presente regolamento è la definizione del contenuto dei conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche, nonché la redazione dell'elenco delle categorie del SEC 95 che devono essere trasmesse dagli Stati membri a partire dal 30 giugno 2002, e la specificazione delle principali caratteristiche di tali categorie.Articolo 2Contenuto dei conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubblicheIl contenuto dei conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche è definito in allegato in riferimento ad un elenco di categorie del SEC 95 che costituiscono le spese e le entrate delle amministrazioni pubbliche.Articolo 3Categorie interessate dalla trasmissione dei dati trimestrali1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati trimestrali per le categorie o gruppi di categorie comprese nell'elenco in allegato, ad eccezione delle categorie per le quali i dati devono essere trasmessi ai sensi del regolamento (CE) n. 264/2000.2. I dati trimestrali vengono trasmessi per le seguenti categorie (o gruppi di categorie) di spese ed entrate delle amministrazioni pubbliche:a) Dal lato delle spese:- consumi intermedi (P.2)- investimenti lordi + acquisizioni meno cessioni di attività non finanziarie non prodotte (P.5 + K.2)- investimenti fissi lordi (P.51)- redditi da lavoro dipendente (D.1)- altre imposte sulla produzione (D.29)- contributi erogati (D.3)- redditi da capitale (D.4)- interessi (D.41)- imposte correnti sul reddito, sul patrimonio, ecc. (D.5)- trasferimenti sociali in natura corrispondenti a spese per prodotti forniti alle famiglie attraverso produttori di beni e servizi destinabili alla vendita (D.6311 + D.63121 + D.63131)- altri trasferimenti correnti (D.7)- rettifica per variazione dei diritti netti delle famiglie sulle riserve dei fondi pensione (D.8)- imposte in conto capitale + contributi agli investimenti + altri trasferimenti in conto capitale (D.91 + D.92 + D.99);b) Sul lato delle entrate:- produzione di beni e servizi destinabili alla vendita + produzione di beni e servizi per proprio uso finale + pagamenti per altra produzione di beni e servizi non destinabili alla vendita (P.11 + P.12 + P.131)- altri contributi alla produzione ricevuti (D.39)- redditi da capitale (D.4)- contributi sociali figurativi (D.612)- altri trasferimenti correnti (D.7)- contributi agli investimenti + altri trasferimenti in conto capitale (D.92 + D.99).3. Le transazioni D.41, D.7, D.92 e D.99 vengono consolidate nell'ambito del settore delle amministrazioni pubbliche. Le altre transazioni non vengono consolidate.Articolo 4Compilazione dei dati trimestrali: fonti e metodi1. I dati trimestrali relativi al primo trimestre 2001 e successivi vengono compilati in base alle norme seguenti:a) i dati trimestrali si basano, per quanto possibile, su informazioni dirette provenienti da fonti primarie, allo scopo di ridurre al minimo, per ciascun trimestre, le differenze fra le stime preliminari e quelle finali;b) le informazioni dirette vengono eventualmente integrate da rettifiche finalizzate ad ottenere un grado di copertura completo e da rettifiche concettuali finalizzate ad allineare i dati trimestrali con i concetti del SEC 95;c) i dati trimestrali e i corrispondenti dati annuali devono essere coerenti.2. I dati trimestrali relativi ai trimestri compresi tra il primo del 1999 ed il quarto del 2000 vengono compilati mediante fonti e metodi tali da assicurare la coerenza fra i dati trimestrali e i corrispondenti dati annuali.Articolo 5Scadenze per la trasmissione dei dati trimestrali1. I dati trimestrali di cui all'articolo 3 vengono trasmessi alla Commissione (Eurostat) entro tre mesi dalla fine del trimestre a cui si riferiscono.Le eventuali revisioni dei dati trimestrali relativi ai trimestri precedenti vengono trasmesse contemporaneamente.2. La prima trasmissione di dati trimestrali è costituita dai dati relativi al primo trimestre 2002. Gli Stati membri trasmettono tali dati entro il 30 giugno 2002.Tuttavia, la Commissione ha facoltà di concedere una deroga non superiore a un anno per quanto riguarda la data della prima trasmissione dei dati trimestrali per il primo trimestre 2002 e successivi, nella misura in cui i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti.Articolo 6Trasmissione di dati pregressi1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati trimestrali pregressi per le categorie di cui all'articolo 3 a partire dal primo trimestre del 1999.2. I dati trimestrali relativi ai trimestri dal primo del 1999 al quarto del 2001 vengono trasmessi alla Commissione (Eurostat) entro il 30 giugno 2002.Tuttavia, la Commissione ha facoltà di concedere una deroga non superiore a un anno per quanto riguarda la data della prima trasmissione dei dati trimestrali per il primo trimestre 1999 e successivi, nella misura in cui i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti.Articolo 7Applicazione1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) una descrizione delle fonti e dei metodi utilizzati per la compilazione dei dati trimestrali di cui all'articolo 3 (descrizione iniziale), alla stessa data in cui iniziano la trasmissione dei dati trimestrali conformemente alla scadenza di cui all'articolo 5, paragrafo 2.2. Le eventuali revisioni della descrizione iniziale delle fonti e dei metodi utilizzati per la compilazione dei dati trimestrali vengono trasmessi alla Commissione (Eurostat) quando vengono comunicati i dati riveduti.3. La Commissione (Eurostat) informa i comitati CPS e CMFB sulle fonti e sui metodi utilizzati da ciascuno Stato membro.Articolo 8RelazioneSulla base dei dati trasmessi per le categorie di cui all'articolo 3, e previa consultazione del CPS, la Commissione (Eurostat) trasmette al Parlamento europeo ed al Consiglio, entro il 31 dicembre 2005, una relazione contenente una valutazione dell'attendibilità dei dati trimestrali trasmessi dagli Stati membri.Articolo 9Disposizioni transitorie1. Gli Stati membri che non sono in grado, durante il periodo di transizione di cui al paragrafo 4, di trasmettere i dati trimestrali a partire dal primo trimestre 2001 conformemente alle fonti e ai metodi di cui all'articolo 4, paragrafo 1, e alle scadenze di cui all'articolo 5, paragrafo 1, applicano il paragrafo 2.2. Gli Stati membri di cui al paragrafo 1 trasmettono alla Commissione (Eurostat) le loro "migliori stime trimestrali" (vale a dire, comprendenti tutte le nuove informazioni progressivamente disponibili nel corso del processo di compilazione del sistema dei conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche) conformemente alla scadenza di cui all'articolo 5, paragrafo 1.Essi indicano allo stesso tempo le operazioni che devono essere ancora portate a termine per rispettare le fonti ed i metodi di cui all'articolo 4, paragrafo 1.3. Durante il periodo di transizione di cui al paragrafo 4, la Commissione (Eurostat) esamina il progresso compiuto dagli Stati membri per l'applicazione integrale dell'articolo 4, paragrafo 1.4. Il periodo di transizione inizia a partire dalla data della prima trasmissione di cui all'articolo 5, paragrafo 2, e termina al più tardi il 31 marzo 2005.Articolo 10Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Lussemburgo, addì 10 giugno 2002.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteJ. Piqué I Camps(1) GU C 154 E del 29.5.2001, pag. 300.(2) GU C 131 del 3.5.2001, pag. 6.(3) Parere del Parlamento europeo del 3 luglio 2001 (GU C 65 E del 14.3.2002, pag. 33) e decisione del Consiglio del 7 maggio 2002.(4) GU L 310 del 30.11.1996, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 359/2002 (GU L 58 del 28.2.2002, pag. 1).(5) GU L 172 del 12.7.2000, pag. 3.(6) GU L 29 del 4.2.2000, pag. 4.(7) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47.(8) GU L 59 del 6.3.1991, pag. 19. Decisione modificata da ultimo dalla decisione 96/174/CE (GU L 51 dell'1.3.1996, pag. 48).ALLEGATOCONTENUTO DEI CONTI TRIMESTRALI NON FINANZIARI DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHEI conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche vengono definiti in riferimento all'elenco delle spese e delle entrate delle amministrazioni pubbliche di cui al regolamento (CE) n. 1500/2000 della Commissione.Le spese delle amministrazioni pubbliche comprendono le categorie del SEC 95 riportate dal lato degli impieghi, o nelle variazioni delle attività, o nelle variazioni delle passività e del patrimonio netto della sequenza dei conti delle amministrazioni pubbliche, ad eccezione della categoria D.3, compresa nella sezione delle risorse dei conti delle amministrazioni pubbliche.Le entrate delle amministrazioni pubbliche comprendono le categorie del SEC 95 riportate dal lato delle risorse o nelle variazioni delle passività e del patrimonio netto della sequenza dei conti non finanziari delle amministrazioni pubbliche, ad eccezione della categoria D.39, compresa nel lato degli impieghi dei conti delle amministrazioni pubbliche.Per definizione, la differenza fra entrate delle amministrazioni pubbliche e spese delle amministrazioni pubbliche, ai sensi delle definizioni di cui sopra, costituisce l'accreditamento netto (+)/indebitamento netto (-) del settore delle amministrazioni pubbliche.Le transazioni D.41, D.7, D.92 e D.99 sono consolidate internamente al settore delle amministrazioni pubbliche. Le altre transazioni non sono consolidate.La tabella che segue illustra le categorie del SEC 95 che costituiscono le spese e le entrate delle amministrazioni pubbliche. Le categorie riportate in corsivo costituiscono già oggetto di trasmissione su base trimestrale in virtù del regolamento (CE) n. 264/2000 della Commissione.>SPAZIO PER TABELLA>>SPAZIO PER TABELLA>
Raccolta delle statistiche trimestrali non finanziarie delle amministrazioni da parte dei paesi dell’UE QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Definisce le principali categorie dei conti pubblici non finanziari come stabilite nel SEC 95, i cui dettagli devono essere comunicati dagli istituti statistici dei paesi dell’Unione europea (UE) alla Commissione europea (Eurostat) ogni tre mesi. PUNTI CHIAVE I dati trimestrali riguardano sia le spese che le entrate delle amministrazioni pubbliche. Secondo Eurostat, la pubblica amministrazione è composta da quattro sottosettori: amministrazione centrale; amministrazione statale; amministrazione locale; enti di previdenza sociale. Spese: consumi intermedi*; investimenti lordi*; investimenti fissi lordi*; redditi da lavoro dipendente*; altre imposte sulla produzione; contributi erogati; redditi da capitale; interessi; imposte sul reddito e sul patrimonio; trasferimenti sociali* e di altro tipo forniti alle famiglie; contributi agli investimenti e altri trasferimenti in conto capitale. Entrate: produzione di beni e servizi destinati alla vendita (tutti i prodotti ceduti sul mercato o destinati a essere ceduti sul mercato) e altri pagamenti di tipo amministrativo per la produzione delle amministrazioni pubbliche; imposte: sulla produzione e sulle importazioni, sul reddito e sul capitale, imposte in conto capitale; altri contributi alla produzione; redditi da capitale; contributi sociali effettivi e figurativi (laddove per contributi «figurativi» si intendono i contributi sociali pagati dai datori di lavoro a nome dei loro lavoratori dipendenti); altri trasferimenti correnti; contributi agli investimenti e altri trasferimenti in conto capitale. I primi dati trimestrali trasmessi ai sensi della legislazione riguardavano il primo trimestre 2002. Le disposizioni transitorie sono state precedentemente applicate a partire dall’inizio del 1999. I paesi dell’UE devono: trasmettere i dati entro tre mesi dalla fine del trimestre a cui si riferiscono; informare Eurostat delle fonti e dei metodi utilizzati per la compilazione dei dati. La Commissione deve: informare il comitato del sistema statistico europeo e il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti in merito alle fonti e ai metodi nazionali; presentare una relazione entro il 31 dicembre 2005 contenente una valutazione dell’attendibilità dei dati trimestrali nazionali. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È entrato in vigore il 29 luglio 2002. CONTESTO Il sistema europeo dei conti nazionali e regionali, noto come SEC 95 (sostituito ora dal SEC 2010), raccoglie informazioni comparabili, aggiornate e attendibili sulla struttura e sugli sviluppi delle economie nazionali e regionali nell’UE. * TERMINI CHIAVE Consumi intermedi: un concetto che misura il valore dei beni e dei servizi consumati in quanto fattori dei processi produttivi. Investimenti lordi: il valore complessivo degli investimenti fissi lordi, della variazione delle scorte e delle acquisizioni meno le cessioni di oggetti di valore. Investimenti fissi lordi: acquisizioni di capitali fissi nuovi ed esistenti quali beni, macchinari o attrezzature, spese per il miglioramento fondiario e per la costruzione di edifici. Redditi da lavoro dipendente: il salario lordo complessivo e i contributi sociali dei datori di lavoro pagati dai datori di lavoro ai loro dipendenti per i lavori svolti. Trasferimenti sociali: assistenza sociale da parte di enti pubblici e civici diretta a persone che vivono o che sono in pericolo di cadere in condizioni di povertà. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1221/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, per quanto riguarda i conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche (GU L 179 del 9.7.2002, pag. 1-5) Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1221/2002 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
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31990R3037
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Regolamento (CEE) n. 3037/90 del Consiglio, del 9 ottobre 1990, relativo alla classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee Gazzetta ufficiale n. L 293 del 24/10/1990 pag. 0001 - 0026 edizione speciale finlandese: capitolo 2 tomo 7 pag. 0152 edizione speciale svedese/ capitolo 2 tomo 7 pag. 0152 REGOLAMENTO (CEE) N. 3037/90 DEL CONSIGLIOdel 9 ottobre 1990relativo alla classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europeeIL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100 A, vista la proposta della Commissione (1), in cooperazione con il Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che il funzionamento del mercato interno della Comunità richiede l'applicazione di norme statistiche per la raccolta, la trasmissione e la pubblicazione dei dati statistici nazionali e comunitari, al fine di mettere a disposizione delle imprese, delle istituzioni finanziarie, delle amministrazioni nazionali e di tutti gli altri operatori del mercato unico dati statistici attendibili e comparabili; considerando che tali informazioni sono necessarie alle imprese affinché esse possano valutare la propria competitività ed utili alle istituzioni comunitarie per prevenire alterazioni della concorrenza; considerando che solo se gli Stati membri faranno uso, per le attività economiche, di classificazioni connesse con la classificazione comunitaria sarà possibile fornire informazioni integrate con l'attendibilità, la rapidità, la flessibilità ed il grado di dettaglio necessari per la gestione del mercato interno; considerando che è opportuno prevedere che gli Stati membri possano, per soddisfare esigenze di carattere nazionale, mantenere o inserire nelle classificazioni nazionali suddivisioni supplementari basate sulla classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee; considerando che la compatibilità internazionale delle statistiche economiche implica che gli Stati membri e leistituzioni comunitarie utilizzino classificazioni delle attività economiche direttamente collegate con la «International Standard Industrial Classification» (ISIC) delle Nazioni Unite; considerando che l'utilizzazione della classificazione delle attività economiche nella Comunità richiede che la Commissione sia assistita dal comitato del programma statistico, istituito con la decisione 89/382/CEE, Euratom (4), per qualsiasi questione relativa all'applicazione del presente regolamento, segnatamente per quanto concerne l'interpretazione di tale classificazione, le modifiche minori da apportarvi, la formulazione e l'aggiornamento delle relative note esplicative e la definizione degli orientamenti per la classificazione delle unità statistiche conformemente a detta classificazione; considerando che è indispensabile che il contenuto delle categorie della classificazione delle attività economiche nelle Comunità europee sia interpretato in modo uniforme in tutti gli Stati membri; considerando che l'introduzione di una nuova classificazione richiede un periodo di transizione, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 11. Il presente regolamento ha lo scopo di stabilire una classificazione statistica comune delle attività economiche nella Comunità europea, che garantisca la comparabilità tra classificazioni nazionali e comunitarie e, pertanto, tra statistiche nazionali e comunitarie. 2. Il presente regolamento riguarda unicamente l'impiego di classificazioni per scopi statistici. 3. Il presente regolamento non contiene, di per sé, disposizioni che obbligano gli Stati membri a raccogliere, pubblicare o fornire dati e non concerne alcun obbligo relativo al carattere particolareggiato e al tipo di unità statistiche da utilizzare nelle indagini e nelle analisi statistiche. Articolo 21. È istituita una base comune per le classificazioni statistiche delle attività economiche nelle Comunità europee, qui di seguito denominata NACE (Rev. 1); essa comprende: - un primo livello costituito da voci contraddistinte da un codice alfabetico (sezioni); - un livello intermedio costituito da voci contraddistinte da un codice alfabetico a due caratteri (sottosezioni); - un secondo livello costituito da voci contraddistinte da un codice numerico a due cifre (divisioni); - un terzo livello costituito da voci contraddistinte da un codice numerico a tre cifre (gruppi); - un quarto livello costituito da voci contraddistinte da un codice numerico a quattro cifre (classi). 2. La NACE (Rev. 1) è allegata al presente regolamento. Articolo 31. La NACE (Rev. 1) è utilizzata dai servizi della Commissione per tutte le statistiche articolate per attività economiche. 2. Le statistiche articolate per attività economiche degli Stati membri saranno elaborate utilizzando la NACE (Rev. 1) o una classificazione nazionale che ne deriva, nell'osservanza delle seguenti regole: a) le classificazioni nazionali contengono livelli corrispondenti ai livelli della NACE (Rev. 1); ognuno dei livelli delle classificazioni nazionali è costituito o dalle stesse voci del corrispondente livello della NACE (Rev. 1) o da voci che costituiscono un'esatta scomposizione delle stesse; b)possono essere introdotti livelli supplementari; c)per ciascuno dei livelli, ad eccezione del livello più elevato, i dati aggregati coincidono esattamente con quelli corrispondenti del livello immediatamente superiore della NACE (Rev. 1); d)la codificazione può essere diversa. 3. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione, per approvazione e prima della pubblicazione, i progetti di testi che definiscono o modificano la loro classificazione nazionale. La Commissione verifica la conformità di questi progetti di testi con il paragrafo 2 del presente articolo. La Commissione trasmette agli Stati membri, per informazione, la classificazione nazionale da essa approvata. La pubblicazione degli Stati membri riporta la tabella di corrispondenza tra la classificazione nazionale e la NACE (Rev. 1). 4. Gli Stati membri che desiderano utilizzare una classificazione nazionale derivata dalla NACE (Rev. 1) adottano quanto prima e non oltre il 31 dicembre 1992 le misure necessarie per l'adozione di una classificazione nazionale in conformità del presente articolo. Articolo 4Oltre alle disposizioni di cui all'articolo 3, in caso d'incompatibilità tra talune voci della NACE (Rev. 1) e la struttura dell'economia nazionale, la Commissione può autorizzare uno Stato membro ad utilizzare, per settori specifici, un raggruppamento della NACE (Rev. 1) ad un livello specifico. Per ottenere tale autorizzazione, lo Stato membro interessato deve fornire alla Commissione ogni informazione necessaria che le consenta di valutare la sua richiesta. Tuttavia, nonostante le disposizioni dell'articolo 3, paragrafo 2, lettera a), tale autorizzazione non può consentire agli Stati membri di scomporre la voce aggregata in un modo diverso da quello previsto dalla NACE (Rev. 1). La Commissione, unitamente allo Stato membro interessato, procede al riesame periodico dell'applicazione delle presenti disposizioni, al fine di verificare se siano ancora giustificate. Articolo 5La Commissione adotta tutte le misure necessarie per verificare l'attuazione e la gestione della NACE (Rev. 1). Articolo 6La Commissione, su richiesta di uno Stato membro o su propria iniziativa e previa consultazione del comitato di cui all'articolo 7, adotta le disposizioni necessarie per garantire l'applicazione uniforme della NACE (Rev. 1). Articolo 7La Commissione è assistita dal comitato del programma statistico, in appresso denominato «comitato», composto di rappresentanti degli Stati membri e presieduto da un rappresentante della Commissione. Articolo 8Il comitato può esaminare tutte le questioni relative alla NACE (Rev. 1) sollevate dal proprio presidente, sia su iniziativa di questi, sia su richiesta del rappresentante di uno Stato membro, ed aventi per oggetto l'applicazione del presente regolamento, in particolare per quanto riguarda: a) l'interpretazione della NACE (Rev. 1); b) le modifiche minori da apportare alla NACE (Rev. 1): - per tenere conto dell'evoluzione tecnologica o economica, - per uniformare e chiarire i testi, - derivanti dalle modifiche apportate ad altre classificazioni economiche, in particolare dall'ISIC (Rev. 3); c)la preparazione e il coordinamento dei lavori di revisione della NACE (Rev. 1); d)la stesura e l'aggiornamento delle note esplicative relative alla NACE (Rev. 1); e)la definizione degli orientamenti per la classificazione delle unità statistiche conformemente alla NACE (Rev. 1); f)l'esame dei problemi connessi con l'applicazione della NACE (Rev. 1) nell'ambito delle classificazioni delle attività economiche degli Stati membri; g)i lavori per preparare, se del caso, una posizione comune in merito all'attività svolta da organizzazioni internazionali in materia di classificazioni delle attività economiche, in particolare per quanto riguarda la ISIC e le relative note esplicative. Le misure di cui alle lettere da a) a g) sono adottate secondo la procedura prevista all'articolo 9. Articolo 91. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il proprio parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione fissata nell'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto. 2. La Commissione adotta misure che sono immediatamente applicabili. Tuttavia, se tali misure non sono conformi al parere espresso dal comitato, la Commissione le comunica immediatamente al Consiglio. In tal caso la Commissione differisce di tre mesi, a decorrere dalla data di tale comunicazione, l'applicazione delle misure da essa decise. 3. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può prendere una decisione diversa entro il termine di cui al paragrafo 2. Articolo 101. Le statistiche raccolte dagli Stati membri dopo il 1° gennaio 1993, che contengono una classificazionearticolata per attività economiche, sono elaborate avvalendosi della NACE (Rev. 1) o di una classificazione nazionale che ne deriva, conformemente all'articolo 3. 2. Gli Stati membri utilizzano la NACE (Rev. 1) per trasmettere alla Commissione le statistiche raccolte dopo il 1° gennaio 1993, articolate per attività economiche. Articolo 111. È previsto un periodo di transizione che inizia il 1° gennaio 1993 e termina il 31 dicembre 1994. Durante tale periodo la Commissione può, per alcuni dati raccolti dopo il 1° gennaio 1993, autorizzare uno Stato membro, per motivi tecnici o operativi debitamente giustificati, ad utilizzare una classificazione diversa da quella di cui all'articolo 3. 2. La Commissione, su richiesta di uno Stato membro, può prorogare la durata del periodo di transizione. Articolo 121. In caso di trasmissione alla Commissione dei dati di cui all'articolo 11, gli Stati membri faranno in modo, su richiesta di quest'ultima, di trasmetterli adeguandoli alla NACE (Rev. 1). 2. Gli Stati membri forniscono alla Commissione (Eurostat) le necessarie informazioni sulle tavole di corrispondenza utilizzate per stabilire tali dati. La Commissione provvede a pubblicare tali tavole di corrispondenza. Articolo 13La Commissione pubblica la tavola di corrispondenza tra la NACE attuale e la NACE (Rev. 1) entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente regolamento. Articolo 14Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Lussemburgo, addì 9 ottobre 1990. Per il ConsiglioIl PresidenteP. ROMITA(1) GU n. C 58 dell'8. 3. 1990, pag. 25. (2) GU n. C 175 del 16. 7. 1990, pag. 84 e decisione del 12 settembre 1990 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (3) GU n. C 182 del 23. 7. 1990, pag. 1. (4) GU n. L 181 del 28. 6. 1989, pag. 47. ALLEGATO NACE (Rev. 1)>SPAZIO PER TABELLA>
Classificazione statistica delle attività economiche QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Esso definisce una classificazione delle attività economiche da utilizzare in tutta l’Unione europea per garantire che le statistiche raccolte siano comparabili. Il regolamento è stato modificato più volte. La modifica principale è rappresentata dal Regolamento (CE) n. 1893/2006 che definisce la NACE Revisione 2, attualmente applicata. PUNTI CHIAVE Il regolamento definisce una classificazione a quattro cifre delle attività economiche, comunemente nota come NACE*. Il regolamento nella sua forma originale si riferisce a NACE revisione 1. Tuttavia, la NACE Revisione 2 è in vigore dal 2008. La NACE, che fu introdotta per la prima volta nel 1970, è coerente con la classificazione delle attività delle Nazioni Unite ISIC (International Standard Industrial Classification of All Economic Activities). Ciò consente la comparazione di statistiche tra paesi e in diversi settori. La struttura alfanumerica di NACE è gerarchica e organizzata su quattro livelli, descritti in dettaglio nell’allegato al regolamento, come segue:voci contraddistinte da un codice alfabetico (sezioni), ad esempio sezione A: agricoltura, silvicoltura e pesca;voci identificate da un codice numerico a due cifre (divisioni); ad esempio divisione 01: produzioni vegetali e animali, caccia e servizi connessi e divisione 02: silvicoltura e utilizzo di aree forestali;voci identificate da un codice numerico a tre cifre (gruppi); ad esempio gruppo 01.2: coltivazione di colture permanentivoci identificate da un codice numerico a quattro cifre (classi); ad esempio gruppo 01.21: coltivazione di uva. Nel 2009, the Comitato del sistema statistico europeo ha sostituito il Comitato del programma statistico. Esso è responsabile dell’attuazione e della gestione della NACE e di garantirne l’applicazione in tutti gli Stati membri. È composto dai rappresentanti dei paesi dell’UE ed è presieduto dalla Commissione. DA QUANDO VIENE APPLICATO IL REGOLAMENTO? Il regolamento (CEE) n. 3037/90 si applica dal 13 novembre 1990. Con l’adozione del regolamento (CE) n. 1893/2006 che modifica il regolamento (CEE) n. 3037/90, la NACE Revisione 2 viene applicata dal 1o gennaio 2008 in tutti i settori ad eccezione delle statistiche a breve termine e dell’indice del costo del lavoro al quale viene applicata dal 1o gennaio 2009. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:NACE Rev. 2 — Classificazione statistica delle attività economiche — panoramica (Eurostat). NACE Rev. 2 — Classificazione statistica delle attività economiche — pubblicazione (Eurostat). TERMINI CHIAVE NACE: abbreviazione del nome della classificazione delle attività economiche dell’UE, che ha origine dalla versione francese Nomenclature statistique des activités économiques. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1893/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 2006 e che definisce la classificazione statistica delle attività economiche NACE Revisione 2 e modifica il regolamento del Consiglio (CEE) n. 3037/90 del Consiglio nonché alcuni regolamenti CE relativi a settori statistici specifici (GU L 393, del 30.12.2006, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1893/2006 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento del Consiglio (CEE) n. 3037/90 del 9 ottobre 1990 relativo alla classificazione statistica delle attività economiche nella Comunità europea (GU L 293, del 24.10.1990, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
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32004R2182
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REGOLAMENTO (CE) N. 2182/2004 DEL CONSIGLIO del 6 dicembre 2004 relativo a medaglie e gettoni simili alle monete metalliche in euro IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 123, paragrafo 4, terza frase, vista la proposta della Commissione, visto il parere della Banca centrale europea (1), considerando quanto segue: (1) Il 1o gennaio 1999 l’euro è diventato la moneta legale degli Stati membri partecipanti ai sensi delle disposizioni del regolamento (CE) n. 974/1998 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all’introduzione dell’euro (2), e dei paesi terzi che hanno concluso un accordo con la Comunità sull’introduzione dell’euro, ossia Monaco, San Marino e Città del Vaticano. (2) Il regolamento (CE) n. 975/1998 del Consiglio, del 3 maggio 1998, riguardante i valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete metalliche in euro destinate alla circolazione (3), ha definito le caratteristiche essenziali delle monete metalliche in euro. Queste ultime, dopo l’introduzione nel gennaio 2002, sono in circolazione in tutta l’area dell’euro come moneta legale unica in forma metallica. (3) Nella raccomandazione 2002/664/CE della Commissione, del 19 agosto 2002, relativa a medaglie e gettoni simili alle monete metalliche in euro (4), si suggerivano determinate caratteristiche estetiche da evitare nella vendita, nella produzione, nello stoccaggio, nell’importazione e nella distribuzione a fini di vendita o ad altri fini commerciali, di medaglie e gettoni di dimensioni analoghe a quelle delle monete metalliche in euro. (4) La comunicazione della Commissione, del 23 luglio 1997, relativa all’uso del simbolo euro, ha stabilito il simbolo «€» e ha invitato gli utilizzatori della moneta ad usare il simbolo per indicare gli importi monetari denominati in euro. (5) La comunicazione della Commissione, del 22 ottobre 2001, concernente la tutela dei diritti d’autore relativi ai disegni della faccia comune delle monete in euro (5), ha definito le disposizioni da applicare per quanto riguarda la riproduzione dei disegni della faccia comune delle monete metalliche in euro. (6) Le caratteristiche estetiche delle monete euro sono state pubblicate dalla Commissione il 28 dicembre 2001 (6). (7) I cittadini potrebbero essere portati a credere che medaglie e gettoni recanti impressi i termini «euro» o «euro cent», il simbolo euro, ovvero un disegno simile a quello figurante sulla faccia comune o su una qualsiasi di quelle nazionali delle monete metalliche in euro, abbiano corso legale in qualunque Stato membro che ha adottato l’euro come moneta unica, ovvero in un paese terzo partecipante. (8) Si registra un rischio sempre crescente che medaglie e gettoni di dimensioni e proprietà del metallo simili alle monete metalliche in euro possano essere usati illegalmente al posto delle monete metalliche in euro. (9) È pertanto opportuno che medaglie e gettoni aventi caratteristiche estetiche, dimensioni o proprietà del metallo simili alle monete metalliche in euro non siano vendute, fabbricate, importate o distribuite a fini di vendita o a altri fini commerciali. (10) Spetta a ciascuno Stato membro introdurre sanzioni applicabili alle violazioni, al fine di conseguire una protezione equivalente dell'euro nei confronti di medaglie e gettoni simili in tutta la Comunità, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni: a) «euro»: la moneta legale degli Stati membri partecipanti quali definiti nell'articolo 1 del regolamento (CE) n. 974/98 e dei paesi terzi partecipanti che hanno concluso un accordo con la Comunità sull’introduzione dell’euro, in seguito denominati «paesi terzi partecipanti»; b) «simbolo euro»: il simbolo che rappresenta l’euro «€», come raffigurato e descritto nell’allegato I; c) «medaglie e gettoni»: gli oggetti metallici, diversi dai tondelli destinati alla coniazione delle monete, aventi la parvenza e/o le caratteristiche tecniche di una moneta, ma non emessi in base a disposizioni legislative nazionali o dei paesi terzi partecipanti o in base ad altre disposizioni estere e che non costituiscono pertanto né uno strumento legale di pagamento né sono provvisti di corso legale; d) «oro», «argento» e «platino»: le leghe contenenti oro, argento e platino con purezza in millesimi di peso di almeno 375, 500 e 850 rispettivamente. La presente definizione non riguarda le convenzioni sulla punzonatura applicabili negli Stati membri; e) «Centro tecnico-scientifico europeo» (in seguito denominato «CTSE»): l’ente istituito dalla decisione della Commissione del 29 ottobre 2004; f) «banda di riferimento»: rientra nel significato attribuitovi nella sezione 1 dell'allegato II. Articolo 2 Disposizioni protettive In base agli articoli 3 e 4, la produzione e la vendita di medaglie e gettoni, nonché la relativa importazione e distribuzione a fini di vendita o ad altri fini commerciali, sono vietate nelle seguenti circostanze: a) quando i termini «euro» o «euro cent» ovvero il simbolo euro sono impressi sulla superficie; oppure b) quando le loro dimensioni rientrano nella banda di riferimento; oppure c) quando un disegno, figurante sulla superficie di medaglie e gettoni, è simile ad uno qualsiasi dei disegni nazionali del diritto o al rovescio comune delle monete metalliche in euro, oppure è identico o simile al disegno del bordo della moneta da 2 euro. Articolo 3 Eccezioni 1. Non sono vietati medaglie e gettoni recanti impressi i termini «euro» o «euro cent» ovvero il simbolo euro senza un associato valore nominale quando le relative dimensioni non rientrano nella banda di riferimento. 2. Non devono essere vietati medaglie e gettoni di dimensioni rientranti nella banda di riferimento quando: a) al centro degli oggetti vi è un foro superiore a 6 millimetri, oppure la loro forma è poligonale ma non eccede i sei bordi, fermo restando il rispetto dei requisiti di cui alla lettera c, punto ii); oppure b) sono fabbricati in oro, argento o platino; oppure c) soddisfano le seguenti condizioni: i) i valori combinati di diametro e altezza del bordo di medaglie e gettoni sono abbondantemente al di fuori dei margini previsti in ciascuno dei casi riportati nella sezione 2 dell’allegato II; e ii) i valori combinati di diametro e proprietà del metallo di medaglie e gettoni sono abbondantemente al di fuori dei margini previsti in ciascuno dei casi riportati nella sezione 3 dell’allegato II. Articolo 4 Deroghe autorizzate 1. La Commissione può concedere autorizzazioni specifiche ad usare i termini «euro» o «euro cent» o il simbolo euro in condizioni di utilizzo controllate ove non sussista il rischio di confusione. In tali casi, il relativo operatore economico di uno Stato membro deve essere chiaramente identificabile sulla superficie di medaglie o gettoni, che devono recare impressa su una delle due facce la dicitura «non avente corso legale». 2. La Commissione è competente a dichiarare la «similitudine» di un disegno ai sensi della definizione di cui all'articolo 2, lettera c). Articolo 5 Medaglie e gettoni esistenti Medaglie e gettoni emessi prima dell’entrata in vigore del presente regolamento che non soddisfano i requisiti di cui agli articoli 2, 3 e 4 possono continuare ad essere utilizzati fino alla fine del 2009, che costituisce un termine ultimo, a meno che non possano essere utilizzati al posto delle monete metalliche in euro. Tali medaglie e gettoni devono essere registrati, se opportuno, in base alle procedure applicabili negli Stati membri e comunicati al CTSE. Articolo 6 Sanzioni 1. Gli Stati membri definiscono le norme in materia di sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni del presente regolamento e adottano tutte le misure necessarie a garantirne l’applicazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. 2. Gli Stati membri adottano entro il 1o luglio 2005 le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per l’applicazione del presente articolo. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Articolo 7 Applicabilità Il presente regolamento si applica negli Stati membri partecipanti quali definiti nel regolamento (CE) n. 974/98. Articolo 8 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea. Fatto a Bruxelles, addì 6 dicembre 2004. Per il Consiglio Il presidente H. HOOGERVORST (1) GU C 134 del 12.5.2004, pag. 11. (2) GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 2596/2000 (GU L 300 del 29.11.2000, pag. 2). (3) GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 6. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 423/1999 (GU L 52 del 27.2.1999, pag. 2). (4) GU L 225 del 22.8.2002, pag. 34. (5) GU C 318 del 13.11.2001, pag. 3. (6) GU C 373 del 28.12.2001, pag. 1. ALLEGATO I RAFFIGURAZIONE DEL SIMBOLO EURO DI CUI ALL’ARTICOLO 1 ALLEGATO II 1. Definizione della banda di riferimento di cui all’articolo 1 a) La banda di riferimento relativa alle dimensioni di medaglie e gettoni è costituita dall’insieme delle combinazioni dei valori per diametro e dei valori per altezza del bordo compresi rispettivamente nel margine di riferimento per diametro e nel margine di riferimento per altezza del bordo. b) Il margine di riferimento per diametro è quello compreso tra 19,00 millimetri e 28,00 millimetri. c) Il margine di riferimento per altezza del bordo è quello compreso tra il 7,00 % e il 12,00 % di ciascun valore rientrante nel margine di riferimento per diametro. 2. Margini di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettera c), punto i) Margini definiti Diametro (mm) Altezza del bordo (mm) 1. 19,45-20,05 1,63-2,23 2. 21,95-22,55 1,84-2,44 3. 22,95-23,55 2,03-2,63 4. 23,95-24,55 2,08-2,68 5. 25,45-26,05 1,90-2,50 3. Margini di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettera c), punto ii) Diametro (mm) Proprietà del metallo 1. 19,00-21,94 Conduttività elettrica compresa tra 14,00 e 18,00 % IACS 2. 21,95-24,55 Conduttività elettrica compresa tra: — 14,00 e 18,00 % IACS; oppure — 4,50 e 6,50 % IACS, a meno che medaglie o gettoni non siano realizzati in un'unica lega e il loro momento magnetico non sia situato al di fuori del margine compreso tra 1,0 e 7,0 μVs.cm 3. 24,56-26,05 Conduttività elettrica compresa tra: — 15,00 e 18,00 % IACS; oppure — 13,00 e 15,00 % IACS, a meno che medaglie o gettoni non siano realizzati in un'unica lega e il loro momento magnetico non sia situato al di fuori del margine compreso tra 1,0 e 7,0 μVs.cm 4. 26,06-28,00 Conduttività elettrica compresa tra 13,00 e 15,00 % IACS, a meno che medaglie o gettoni non siano realizzati in un'unica lega e il loro momento magnetico non sia situato al di fuori del margine compreso tra 1,0 e 7,0 μVs.cm 4. Rappresentazione grafica Il seguente grafico fornisce un’illustrazione indicativa delle definizioni riportate nel presente allegato:
Medaglie e gettoni che assomigliano alle monete dell'euro QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce condizioni uniformi per la produzione di medaglie e gettoni simili alle monete metalliche in euro, al fine di proteggere i cittadini dal rischio di confusione e di frode. Definisce l'uso dei termini relativi all'euro, da una parte, e il grado di somiglianza tecnica fra medaglie/gettoni e monete metalliche in euro, dall'altra. PUNTI CHIAVE Il regolamento è finalizzato a proteggere i cittadini dal rischio di confusione e di frode derivato da oggetti metallici, come le medaglie o i gettoni, che hanno una forte somiglianza con le monete dell'euro. Non solo tali medaglie o gettoni possono essere confusi con quelle aventi corso legale (e quindi accettati qualora vengano offerti come pagamento come le monete metalliche o le banconote), ma possono anche essere utilizzati illegalmente al posto delle monete in euro. Ai fini del regolamento, le medaglie e i gettoni sono definiti come oggetti metallici che hanno l'aspetto e/o le proprietà tecniche delle monete metalliche in euro, ma che non sono emessi ai sensi di misure legislative nazionali o di paesi terzi partecipanti né da altre misure legislative straniere e che perciò non costituiscono mezzi legali di pagamento né hanno corso legale. Il regolamento vieta la produzione, la vendita, l'importazione e la distribuzione (a fini di vendita o ad altri fini commerciali) di medaglie e gettoni aventi caratteristiche o proprietà estetiche simili alla moneta unica. Le medaglie e i gettoni non devono recare impressi i termini «euro» o «euro cent»; il simbolo euro sulla loro superficie. Inoltre non possono recare impresso un disegno simile a quello riprodotto sulle monete dell'euro, i simboli rappresentanti la sovranità dei paesi dell'Unione europea (UE), le forme e i disegni dei bordi delle monete in euro o il simbolo dell'euro. In ultimo, le medaglie e i gettoni non devono avere le stesse dimensioni delle monete in euro. La Commissione europea preciserà se un oggetto metallico può essere considerato una medaglia o un gettone e se rientra nel divieto del presente regolamento. Non sono vietati medaglie e gettoni recanti impressi i termini «euro» o «euro cent» ovvero il simbolo euro senza un associato valore nominale, quando le relative dimensioni sono sufficientemente diverse dalle monete in euro e quando non rappresentino un disegno simile ai disegni e ai simboli di cui sopra. Se però la loro dimensione è simile, devono o possedere al loro centro un foro, oppure la loro forma è poligonale ma non eccede i sei bordi, oppure sono fabbricati in oro, argento o platino; oppure sono abbondantemente al di fuori dei margini previsti. La Commissione può concedere autorizzazioni specifiche ad usare i termini «euro» o «euro cent» o il simbolo euro ove non sussista il rischio di confusione. In tali casi, il relativo operatore economico di un paese dell'UE deve essere chiaramente identificabile sulla superficie di medaglie o gettoni. Se la medaglia o il gettone possiede anche un associato valore nominale, dovrà recare impressa su una delle due facce la dicitura «non avente corso legale». I valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete in euro, l'unica coniatura avente corso legale nella zona euro, sono definiti nel regolamento (UE) n. 729/2014 del Consiglio. Medaglie e gettoni emessi prima dell’entrata in vigore del presente regolamento, potevano continuare ad essere utilizzati fino alla fine del 2009, purché non fossero utilizzati al posto delle monete metalliche in euro. Tali medaglie e gettoni devono essere registrati, se opportuno, in base alle procedure applicabili nei paesi dell'UE e comunicati al Centro tecnico-scientifico europeo. Il presente regolamento si applica in tutti i paesi dell'UE che hanno introdotto l'euro nel 2002 (Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna). Il suo ambito è stato esteso dal regolamento (CE) n. 2183/2004, modificato dal regolamento (CE) n. 47/2009, ai paesi dell'UE che non hanno ancora introdotto l'euro. I paesi dell'UE dovevano stabilire e attuare le norme in materia di sanzioni applicabili alle violazioni del regolamento entro il 1o luglio 2005. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 21 dicembre 2004. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 2182/2004 del Consiglio, del 6 dicembre 2004, relativo a medaglie e gettoni simili alle monete metalliche in euro (GU L 373 del 21.12.2004, pag. 1-6) Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 2182/2004 sono state integrate nel documento originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
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REGOLAMENTO (UE) 2015/476 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell'11 marzo 2015 relativo ai provvedimenti che l'Unione può prendere facendo seguito a una relazione adottata dall'organo di conciliazione dell'OMC (DSB) in materia di misure antidumping e antisovvenzioni (codificazione) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 207, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 1515/2001 del Consiglio (3) ha subito varie e sostanziali modifiche (4). A fini di chiarezza e razionalizzazione è opportuno procedere alla sua codificazione. (2) Con regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio (5) sono state adottate norme comuni relative alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell'Unione europea. (3) Con regolamento (CE) n. 597/2009 del Consiglio (6) sono state adottate norme comuni relative alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni da parte di paesi non membri dell'Unione europea. (4) Nel quadro dell'accordo di Marrakech che istituisce l'Organizzazione mondiale del commercio («OMC»), è stata raggiunta un'intesa sulle norme e procedure che disciplinano la risoluzione delle controversie («Dispute Settlement Understanding– DSU»). Ai sensi della DSU, è stato istituito l'organo di conciliazione («Dispute Settlement Body — DSB»). (5) Al fine di consentire all'Unione, ove lo ritenga opportuno, di conformare una misura adottata in forza del regolamento (CE) n. 1225/2009 o del regolamento (CE) n. 597/2009 alle raccomandazioni e decisioni contenute in una relazione adottata dal DSB, è opportuno introdurre disposizioni specifiche. (6) Al fine di tener conto delle interpretazioni giuridiche formulate in una relazione adottata dal DSB, la Commissione può ritenere opportuno abrogare o modificare le misure adottate in forza del regolamento (CE) n. 1225/2009 o del regolamento (CE) n. 597/2009, o adottare qualsiasi altra misura speciale al riguardo, anche nei confronti di quelle misure che non abbiano formato oggetto di un procedimento di risoluzione delle controversie nel quadro della DSU. Inoltre, la Commissione dovrebbe, se del caso, poter sospendere o riesaminare tali misure. (7) Il ricorso alla DSU non è soggetto a limiti temporali. Le raccomandazioni contenute nelle relazioni adottate dal DSB non hanno un effetto retroattivo. Di conseguenza, è opportuno specificare che, salvo indicazione contraria, qualsiasi misura adottata ai sensi del presente regolamento avrà effetto soltanto a partire dalla data di entrata in vigore della misura stessa, e, quindi, non può servire in alcun modo da base per ottenere il rimborso dei dazi riscossi prima di tale data. (8) L'attuazione del presente regolamento richiede condizioni uniformi per l'adozione di misure a seguito di una relazione adottata dal DSB in materia di misure antidumping e antisovvenzioni. Tali misure dovrebbero essere adottate in conformità del regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (7). (9) È opportuno ricorrere alla procedura consultiva per la sospensione delle misure per un periodo di tempo limitato, dati gli effetti di tali misure, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. Ogniqualvolta il DSB adotta una relazione riguardante una misura dell'Unione adottata in forza del regolamento (CE) n. 1225/2009, del regolamento (CE) n. 597/2009 o del presente regolamento («misura contestata»), la Commissione può prendere uno o più dei seguenti provvedimenti, a seconda di quale ritenga più appropriato, secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 4, paragrafo 3: a) abrogare o modificare la misura contestata; o b) adottare qualsiasi altra misura speciale ritenuta appropriata date le circostanze per rendere l'Unione conforme alle raccomandazioni e decisioni contenute nella relazione. 2. Ai fini dell'adozione di un provvedimento di cui al paragrafo 1, la Commissione può chiedere alle parti interessate di fornire tutte le informazioni necessarie per poter completare quelle ottenute durante l'inchiesta che ha portato all'adozione della misura contestata. 3. Nella misura in cui è opportuno effettuare un riesame prima dell'adozione o contemporaneamente all'adozione di qualsiasi provvedimento previsto dal paragrafo 1, tale riesame viene avviato dalla Commissione. La Commissione fornisce informazioni agli Stati membri una volta che abbia stabilito di avviare un riesame. 4. Nella misura in cui è opportuno sospendere la misura contestata o modificata, la sospensione viene concessa per un periodo di tempo limitato dalla Commissione, che delibera secondo la procedura consultiva di cui all'articolo 4, paragrafo 2. Articolo 2 1. La Commissione può inoltre, qualora lo ritenga opportuno, adottare qualsiasi provvedimento previsto dall'articolo 1, paragrafo 1, al fine di tener conto delle interpretazioni giuridiche formulate in una relazione adottata dal DSB in merito a una misura non contestata. 2. Ai fini dell'adozione di un provvedimento di cui al paragrafo 1, la Commissione può chiedere alle parti interessate di fornire tutte le informazioni necessarie per poter completare quelle ottenute durante l'inchiesta che ha portato all'adozione della misura non contestata. 3. Nella misura in cui è opportuno effettuare un riesame prima dell'adozione o contemporaneamente all'adozione di qualsiasi provvedimento previsto dal paragrafo 1, tale riesame viene avviato dalla Commissione. La Commissione fornisce informazioni agli Stati membri una volta che abbia stabilito di avviare un riesame. 4. Nella misura in cui è opportuno sospendere la misura non contestata o modificata, la sospensione viene concessa per un periodo di tempo limitato dalla Commissione, che delibera secondo la procedura consultiva di cui all'articolo 4, paragrafo 2. Articolo 3 Salvo indicazione contraria, qualsiasi misura adottata ai sensi del presente regolamento ha effetto soltanto a partire dalla data di entrata in vigore della misura stessa e non può servire in alcun modo da base per ottenere il rimborso dei dazi riscossi prima di tale data. Articolo 4 1. La Commissione è assistita dal comitato istituito dall'articolo 15, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1225/2009. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 4 del regolamento (UE) n. 182/2011. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. Articolo 5 La Commissione include informazioni sull'attuazione del presente regolamento nella sua relazione annuale sull'applicazione e sull'attuazione delle misure di difesa commerciale presentata al Parlamento europeo e al Consiglio ai sensi dell'articolo 22 bis del regolamento (CE) n. 1225/2009. Articolo 6 Il regolamento (CE) n. 1515/2001 è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato II. Articolo 7 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, l'11 marzo 2015 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente Z. KALNIŅA-LUKAŠEVICA (1) Parere del 10 dicembre 2014 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Posizione del Parlamento europeo dell'11 febbraio 2015 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 2 marzo 2015. (3) Regolamento (CE) n. 1515/2001 del Consiglio, del 23 luglio 2001, relativo ai provvedimenti che la Comunità può prendere facendo seguito a una relazione adottata dall'organo di conciliazione dell'OMC (DSB) in materia di misure antidumping e antisovvenzioni (GU L 201 del 26.7.2001, pag. 10). (4) Si veda l'allegato I. (5) Regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343 del 22.12.2009, pag. 51). (6) Regolamento (CE) n. 597/2009 del Consiglio, dell'11 giugno 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri della Comunità europea (GU L 188 del 18.7.2009, pag. 93). (7) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13). ALLEGATO I Regolamento abrogato e relativa modificazione Regolamento (CE) n. 1515/2001 del Consiglio (GU L 201 del 26.7.2001, pag. 10). Regolamento (UE) n. 37/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 18 del 21.1.2014, pag. 1). limitatamente al punto 7 dell'allegato ALLEGATO II Tavola di concordanza Regolamento (CE) n. 1515/2001 Presente regolamento Articoli 1, 2 e 3 Articoli 1, 2 e 3 Articolo 3 bis Articolo 4 Articolo 3 ter Articolo 5 — Articolo 6 Articolo 4 Articolo 7 — Allegato I — Allegato II
Adattare le misure di difesa degli scambi dell'Unione europea facendo seguito a una decisione dell'OMC QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Abroga il regolamento (CE) n. 1515/2001 relativo ai provvedimenti che possono essere presi dall’Unione europea (UE) a seguito di una relazione adottata dall’organo di conciliazione (DSB) dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) in materia di misure antidumping e antisovvenzioni. Consente all’UE, se del caso, di prendere un provvedimento ai sensi del regolamento (CE) n. 1225/2009 (provvedimenti anti-dumping*) o del regolamento (CE) n. 597/2009 (provvedimenti antisovvenzioni*), in linea con una relazione dell’organo di conciliazione dell’OMC. PUNTI CHIAVE Nello specifico, la Commissione europea può: abrogare o modificare la misura contestata; o adottare qualsiasi altra misura speciale ritenuta appropriata, date le circostanze, per essere conforme alla relazione dell’OMC; se del caso, sospendere o riesaminare tali misure. Le misure adottate ai sensi del presente regolamento generalmente hanno effetto a partire dalla data di entrata in vigore delle stesse. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL PRESENTE REGOLAMENTO? Si applica dal 16 aprile 2015. CONTESTO Qualora il governo di un membro dell’OMC ritenga che un altro membro stia violando un accordo o un impegno preso in seno all’organizzazione, la controversia è rinviata all’organo di conciliazione dell’OMC. * TERMINI CHIAVE Provvedimenti anti-dumping: provvedimenti, quali dazi specifici, applicati alle importazioni nell’UE di prodotti oggetto di dumping, ovvero prodotti esportati verso l’Unione a un prezzo più basso di quello nazionale. Provvediment antisovvenzioni: provvedimenti, quali dazi di compensazione (che rendono nulli gli effetti negativi delle sovvenzioni), imposti dall’UE sulle importazioni oggetto di sovvenzioni e che perciò danneggiano le industrie dell’Unione che producono lo stesso prodotto. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) 2015/476 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2015, relativo ai provvedimenti che l’Unione può prendere facendo seguito a una relazione adottata dall’organo di conciliazione dell’OMC (DSB) in materia di misure antidumping e antisovvenzioni (GU L 83 del 27.3.2015, pag. 6-10)
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32013H0165
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RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE del 27 marzo 2013 relativa alla presenza di tossine T-2 e HT-2 nei cereali e nei prodotti a base di cereali (Testo rilevante ai fini del SEE) (2013/165/UE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292, considerando quanto segue: (1) Le tossine T-2 e HT-2 sono micotossine prodotte da diverse specie di Fusarium. La tossina T-2 è metabolizzata rapidamente in un gran numero di prodotti e la tossina HT-2 è uno dei principali metaboliti. (2) Il gruppo di esperti scientifici sui contaminanti nella catena alimentare (gruppo CONTAM) dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), su richiesta della Commissione, ha adottato un parere sui rischi per la salute pubblica e degli animali legati alla presenza delle tossine T-2 e HT-2 negli alimenti per l’uomo e per gli animali (1). (3) Il gruppo CONTAM ha stabilito una dose giornaliera tollerabile (TDI-Tolerable Daily Intake) di gruppo pari a 100 ng/kg di peso corporeo per la somma delle tossine T-2 e HT-2. Le stime dell’esposizione alimentare cronica dell’uomo alla somma delle tossine T-2 e HT-2, sulla base dei dati disponibili sull’occorrenza sono inferiori a tale TDI per le popolazioni di tutti i gruppi di età; esse non rappresentano quindi una minaccia immediata per la salute. (4) Per quanto riguarda il rischio per la salute degli animali, il gruppo CONTAM ha concluso che è da ritenersi improbabile che per i ruminanti, i conigli e i pesci l’attuale esposizione stimata alle tossine T-2 e HT-2 costituisca un problema per la salute. Per i suini, il pollame, i cavalli e i cani, le stime dell’esposizione alle tossine T-2 e HT-2 indicano che il rischio di effetti negativi sulla salute è basso. I gatti sono tra le specie animali più sensibili. A causa della scarsità di dati e dei gravi effetti nocivi per la salute osservati a dosi basse, non è stato possibile definire NOAEL o LOAEL. Pertanto, la presente raccomandazione non si applica ai mangimi per gatti, per i quali saranno stabilite misure più rigorose. (5) Il gruppo CONTAM ha concluso altresì che la migrazione delle tossine T-2 e HT-2 dai mangimi agli alimenti di origine animale è limitata e contribuisce quindi solo in misura trascurabile all’esposizione umana. (6) Alla luce delle conclusioni del parere scientifico, nonché delle forti variazioni osservate nell’occorrenza delle tossine T-2 e HT-2, è opportuno raccogliere dati supplementari sulla presenza di tali tossine nei cereali e nei prodotti a base di cereali e maggiori informazioni sugli effetti della trasformazione alimentare (ad esempio, la cottura) e ai fattori agronomici sulla presenza delle tossine T-2 e HT-2. Inoltre, è necessario ottenere maggiori informazioni riguardo ai diversi fattori che determinano tenori relativamente elevati di T2 e HT-2 nei cereali e nei prodotti a base di cereali per poter determinare le misure da adottare per evitare o ridurre la presenza di tali tossine nei cereali e nei prodotti a base di cereali. Occorre effettuare indagini per raccogliere informazioni sui fattori che determinano tenori relativamente elevati di tossine T2 e HT-2 nei cereali e nei prodotti a base di cereali, nonché sugli effetti della trasformazione dei mangimi e dei prodotti alimentari. Sulla base dei dati disponibili, risulta che le tossine T-2 e HT-2 non sono presenti — o lo sono a livelli molto bassi — nel riso e nei prodotti a base di riso; è pertanto opportuno escludere tali prodotti dal campo di applicazione della presente raccomandazione. (7) I risultati del monitoraggio dei cereali e dei prodotti a base di cereali saranno utilizzati per valutare le variazioni e le tendenze nell’esposizione umana e animale alle tossine T-2 e HT-2. È perciò opportuno usare metodi di analisi sufficientemente sensibili. (8) Al fine di fornire indicazioni sui casi nei quali sarebbe opportuno effettuare tali indagini, occorre stabilire valori indicativi superati i quali si dovrebbe procedere a tali indagini. Per determinare tali valori indicativi sono stati utilizzati i dati sull’occorrenza disponibili nella banca dati dell’EFSA. La tracciabilità è un elemento importante nella realizzazione delle indagini. (9) Occorre intraprendere nel 2015 una valutazione delle informazioni raccolte nel quadro della presente raccomandazione. I dati di monitoraggio ottenuti in base alla presente raccomandazione consentiranno inoltre di comprendere meglio la variazione da un anno all’altro e la presenza delle tossine T2 e HT-2 nell’ampia gamma di prodotti a base di cereali, i fattori che determinano tenori più elevati e le possibili misure da adottare per prevenire o limitare la presenza delle tossine T-2 e HT-2, tenendo conto anche dei fattori agronomici e della trasformazione, HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE: (1) È opportuno che gli Stati membri, con la partecipazione attiva degli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti, svolgano un’attività di monitoraggio della presenza delle tossine T-2 e HT-2 nei cereali e nei prodotti a base di cereali. Ai fini della presente raccomandazione, il riso non è incluso nella categoria dei cereali e i prodotti a base di riso non sono inclusi nei prodotti a base di cereali. (2) Gli Stati membri dovrebbero incoraggiare l’analisi simultanea dei campioni per accertare la presenza di T-2 e HT-2 e di altre tossine da Fusarium quali il deossinivalenolo, lo zearalenone e le fumonisine B1 + B2, al fine di poterne valutare il grado di co-occorrenza. Se il metodo di analisi applicato lo consente, sarebbe opportuno analizzare anche le micotossine mascherate, in particolare i coniugati mono- e di-glicosilati delle tossine T-2 e HT-2. (3) Il prelievo e l’analisi dei campioni di cereali e di prodotti a base di cereali destinati al consumo umano dovrebbero essere effettuati in conformità alle disposizioni del regolamento (CE) n. 401/2006 della Commissione, del 23 febbraio 2006, relativo ai metodi di campionamento e di analisi per il controllo ufficiale dei tenori di micotossine nei prodotti alimentari (2), in particolare: — l’allegato I, parte B, per il campionamento dei cereali e dei prodotti a base di cereali, — l’allegato II, punto 4.3.1, lettera g) «Criteri di rendimento per le tossine T-2 e HT-2». Il limite di quantificazione (LOQ) per la tossina T-2 e la tossina HT-2 non dovrebbe preferibilmente superare i 5 μg/kg per ciascuna, tranne per i cereali non trasformati per i quali il LOQ per la tossina T-2 e la tossina HT-2 non dovrebbe preferibilmente superare i 10 μg/kg per ciascuna. Qualora si utilizzi una tecnica analitica di screening, il limite di rilevabilità per la somma delle tossine T-2 e HT-2 non dovrebbe preferibilmente superare i 25 μg/kg. La procedura di campionamento applicata dagli operatori del settore alimentare può derogare alle disposizioni del regolamento (CE) n. 401/2006, ma deve essere rappresentativa per la partita campionata. (4) Il prelievo e l’analisi dei campioni di cereali e di prodotti a base di cereali destinati ai mangimi e ai mangimi composti dovrebbero essere effettuati conformemente alle disposizioni del regolamento (CE) n. 152/2009 della Commissione, del 27 gennaio 2009, che fissa i metodi di campionamento e d’analisi per i controlli ufficiali degli alimenti per gli animali (3). Il limite di quantificazione (LOQ) per la tossina T-2 e la tossina HT-2 non dovrebbe preferibilmente superare i 10 μg/kg per ciascuna. Qualora si utilizzi una tecnica analitica di screening, il limite di rilevabilità per la somma delle tossine T-2 e HT-2 non dovrebbe preferibilmente superare i 25 μg/kg. La procedura di campionamento applicata dagli operatori del settore alimentare può derogare alle disposizioni del regolamento (CE) n. 401/2006, ma deve essere rappresentativa per la partita campionata. (5) È opportuno che gli Stati membri, con la partecipazione attiva degli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti, effettuino indagini per individuare i fattori che determinano tenori superiori al livello indicativo e stabilire le misure da adottare per evitare o ridurre in futuro la loro presenza. Tali indagini dovranno essere effettuate soprattutto qualora, nell’arco di un dato periodo, si riscontrino ripetutamente tenori di tossine T-2 e HT-2 superiori ai livelli indicativi nei cereali e nei prodotti a base di cereali figuranti nell’allegato della presente raccomandazione. Occorre che il prelievo e l’analisi dei campioni finalizzati ad ottenere maggiori informazioni sui diversi fattori, compresi quelli agronomici, che determinano tenori relativamente elevati di T2 e HT-2 nei cereali e nei prodotti a base di cereali, riguardino essenzialmente i cereali e i prodotti a base di cereali di prima trasformazione. (6) È opportuno che gli Stati membri, con la partecipazione attiva degli operatori del settore dei mangimi e degli alimenti, effettuino indagini sugli effetti della trasformazione dei mangimi e dei prodotti alimentari sulla presenza delle tossine T-2 e HT-2. Tali indagini dovrebbero essere effettuate soprattutto qualora, nell’arco di un dato periodo, si riscontrino ripetutamente tenori superiori ai livelli indicativi delle tossine T-2 e HT-2 nei prodotti a base di cereali. (7) È opportuno che gli Stati membri provvedano a che i risultati delle analisi siano forniti all’EFSA su base regolare ai fini di un loro inserimento in un’unica banca dati e che il risultato delle indagini sia comunicato alla Commissione europea ogni anno, la prima volta entro il dicembre 2013. Per assicurare l’applicazione uniforme della presente raccomandazione e garantire la comparabilità dei risultati delle indagini comunicati sarà elaborata una nota di orientamento. Fatto a Bruxelles, il 27 marzo 2013 Per la Commissione Tonio BORG Membro della Commissione (1) Gruppo di esperti scientifici dell’EFSA sui contaminanti nella catena alimentare (CONTAM); Scientific Opinion on risks for animal and public health related to the presence of T-2 and HT-2 toxin in food and feed (Parere scientifico sui rischi per la salute pubblica e degli animali legati alla presenza delle tossine T-2 e HT-2 negli alimenti per l’uomo e per gli animali). The EFSA Journal 2011; 9(12):2481. [187 pagg.]. doi:10.2903/j.efsa.2011.2481. Disponibile on line all’indirizzo: www.efsa.europa.eu/efsajournal (2) GU L 70 del 9.3.2006, pag. 12. (3) GU L 54 del 26.2.2009, pag. 1. ALLEGATO Livelli indicativi per i cereali e i prodotti a base di cereali (1) (2) Livelli indicativi per la somma delle tossine T-2 e HT-2 (μg/kg) a partire dai quali/superati i quali occorre effettuare indagini, soprattutto in caso di riscontri ripetuti (1) 1. Cereali non trasformati (3) 1.1. orzo (compreso l’orzo da birra) e granturco 200 1.2. avena (non decorticata) 1 000 1.3. frumento, segale e altri cereali 100 2. Grani di cereali destinati al consumo umano diretto (4) 2.1. avena 200 2.2. granturco 100 2.3. altri cereali 50 3. Prodotti a base di cereali destinati al consumo umano 3.1. crusca d’avena e fiocchi d’avena 200 3.2. crusche di cereali ad eccezione della crusca d’avena, prodotti di macinazione dell’avena diversi dalla crusca d’avena e dai fiocchi d’avena e prodotti di macinazione del granturco 100 3.3. altri prodotti di macinazione dei cereali 50 3.4. cereali da colazione, anche sotto forma di fiocchi 75 3.5. prodotti di panetteria (compresi i piccoli prodotti da forno), pasticceria, biscotteria, merende a base di cereali, paste alimentari 25 3.6. alimenti a base di cereali destinati ai lattanti e ai bambini 15 4. Prodotti a base di cereali per mangimi e mangimi composti (5) 4.1. prodotti di macinazione dell’avena (pula) 2 000 4.2. altri prodotti a base di cereali 500 4.3. mangimi composti, ad eccezione dei mangimi per gatti 250 (1) i livelli di cui al presente allegato sono livelli indicativi superati i quali, soprattutto in caso di riscontri ripetuti, occorre effettuare indagini sui fattori che determinano la presenza delle tossine T-2 e HT-2 o sugli effetti della trasformazione dei mangimi e dei prodotti alimentari. I livelli indicativi si basano sui dati sull’occorrenza disponibili nella banca dati dell’EFSA come da questa illustrato nel suo parere. I livelli indicativi non corrispondono ai livelli di sicurezza dei mangimi e degli alimenti. (2) Ai fini della presente raccomandazione, il riso non è incluso nei cereali e prodotti a base di riso non sono inclusi nei prodotti a base di cereali. (3) I cereali non trasformati sono cereali che non hanno subito alcun trattamento fisico o termico ad eccezione dell’essiccazione, della pulitura e della cernita. (4) I grani di cereali destinati al consumo umano diretto sono i grani di cereali sottoposti ai processi di essiccazione, di pulizia, di decorticazione e di cernita, che non saranno più sottoposti ad altri processi di pulizia e di cernita prima della loro ulteriore trasformazione nella catena alimentare. (5) I livelli indicativi per i cereali e i prodotti a base di cereali destinati ai mangimi e ai mangimi composti si riferiscono a mangimi con un tasso di umidità del 12 %.
Micotossine nei cereali QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE? Intende incoraggiare le autorità e le imprese del settore alimentare e dei mangimi dell’UE a:monitorare la presenza delle tossine T-2 e HT-2* nei cereali e nei prodotti a base di cereali; e effettuare delle analisi qualora vengano riscontrati dei risultati superiori al livello indicativo* in più di un lotto dello stesso prodotto («riscontri ripetuti»). PUNTI CHIAVE Il prelievo e l’analisi devono essere effettuati in conformità al regolamento (CE) n. 401/2006 per quanto concerne i cereali e i prodotti a base di cereali destinati al consumo umano e in conformità al regolamento (CE) n. 152/2009 per quanto concerne quelli utilizzati come mangime per animali. Questi regolamenti hanno stabilito dei criteri di rendimento per l’analisi delle tossine T-2 e HT-2. La raccomandazione invita i paesi dell’UE a incoraggiare l’analisi simultanea dei campioni per accertare la presenza di T-2 e HT-2 e di altre tossine di Fusarium, al fine di valutare il grado di co-occorrenza. Il riso non è incluso nella categoria dei cereali e i prodotti a base di riso non sono inclusi nei prodotti a base di cereali nella presente raccomandazione. Qualora i livelli indicativi vengano superati, le autorità competenti dell’UE, con la partecipazione attiva degli operatori delle imprese del settore alimentare e dei mangimi, devono effettuare delle indagini:per individuare i fattori che determinano tenori superiori al livello indicativo e stabilire le misure da adottare per evitare o ridurre in futuro la loro presenza; eper esaminare gli effetti della trasformazione dei mangimi e dei prodotti alimentari sulla presenza delle tossine T-2 e HT-2. Le autorità competenti e le imprese devono garantire di fornire su base regolare i risultati delle analisi all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), che li inserisce in una banca dati. Ogni anno, le autorità competenti comunicano alla Commissione europea una relazione con i risultati delle indagini. Documento d’orientamento La Commissione ha preparato un documento d’orientamento per i paesi dell’UE e le imprese del settore alimentare e dei mangimi. Esso è concepito per assicurare l’applicazione coerente della raccomandazione in tutta l’UE. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:Fusarium (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Tossine T-2 e HT-2: muffe spontanee del fungo Fusarium, riscontrabili in certi cereali, con effetti tossici sulla salute degli esseri umani e animali. I funghi Fusarium sono dei comuni funghi che producono tossine e si trovano normalmente nei cereali coltivati nelle regioni temperate di Europa, America e Asia. Livello indicativo: non si tratta né di livelli per la sicurezza degli alimenti o dei mangimi, né di livelli massimi o limiti che, se superati, determinano l’intervento di autorità incaricate dell’applicazione della legge al fine di imporre delle sanzioni. Sono volti a fornire orientamenti sui casi in cui sarebbe opportuno effettuare delle indagini. I livelli indicativi per i vari cereali e prodotti a base di cereali sono elencati nell’allegato. DOCUMENTO PRINCIPALE Raccomandazione 2013/165/UE della Commissione, del 27 marzo 2013, relativa alla presenza di tossine T-2 e HT-2 nei cereali e nei prodotti a base di cereali (GU L 91 del 3.4.2013, pag. 12). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 401/2006 della Commissione, del 23 febbraio 2006, relativo ai metodi di campionamento e di analisi per il controllo ufficiale dei tenori di micotossine nei prodotti alimentari (GU L 70 del 9.3.2006, pag. 12). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 401/2006 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento (CE) n. 152/2009 della Commissione, del 27 gennaio 2009, che fissa i metodi di campionamento e d’analisi per i controlli ufficiali degli alimenti per gli animali (GU L 54 del 26.2.2009, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
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Accordo concernente la cooperazione in materia di lotta contro l'inquinamento del Mare del Nord causato dagli idrocarburi e da altre sostanze pericolose (Accordo di Bonn) Gazzetta ufficiale n. L 188 del 16/07/1984 pag. 0009 - 0016 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 4 pag. 0191 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 4 pag. 0191 edizione speciale spagnola: capitolo 15 tomo 5 pag. 0035 edizione speciale portoghese: capitolo 15 tomo 5 pag. 0035 TRADUZIONE ACCORDO concernente la cooperazione in materia di lotta contro l'inquinamento del Mare del Nord causato dagli idrocarburi e da altre sostanze pericolose (Accordo di Bonn) I GOVERNI DEL REGNO DEL BELGIO, DEL REGNO DI DANIMARCA, DELLA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA, DELLA REPUBBLICA FRANCESE, DEL REGNO DEI PAESI BASSI, DEL REGNO DI NORVEGIA, DEL REGNO DI SVEZIA, DEL REGNO UNITO DI GRAN BRETAGNA E IRLANDA DEL NORD E LA COMUNITÀ ECONOMICA EUROPEA, RICONOSCENDO che l'inquinamento delle acque dovuto agli idrocarburi e ad altre sostanze pericolose nella regione del Mare del Nord può rappresentare un pericolo per l'ambiente marino e per gli interessi degli Stati costieri, PRENDENDO ATTO del fatto che l'inquinamento di cui trattasi ha diverse fonti e che i sinistri e gli altri eventi che interessano le acque marittime suscitano vive inquietudini, CONVINTI che l'attiva cooperazione e la reciproca assistenza fra gli Stati, insieme alla loro capacità di combattere contro l'inquinamento, sono indispensabili per proteggere le coste di questi stessi Stati ed i loro interessi ad esse connessi, FELICITANDOSI dei progressi già realizzati nel quadro dell'accordo concernente la cooperazione nel campo della lotta contro l'inquinamento delle acque del Mare del Nord causato dagli idrocarburi, firmato a Bonn il 9 giugno 1969, DESIDERANDO promuovere l'assistenza reciproca e la cooperazione in materia di lotta contro l'inquinamento, HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE: Articolo 1 Il presente accordo si applica quando la presenza o la minaccia di idrocarburi o di altre sostanze pericolose che inquinano o possono inquinare le acque nella regione del Mare del Nord, qual è definita all'articolo 2 del presente accordo, costituisce un pericolo grave ed imminente per le coste o per gli interessi ad esse connessi di una o più parti contraenti. Articolo 2 Agli effetti del presente accordo, per regione del Mare del Nord s'intende il Mare del Nord propriamente detto a sud del 61° grado di latitudine nord nonché: a) lo Skagerrak, il cui limite meridionale è determinato dalla latitudine 57°44'00",8 N a est del capo di Skagen; b) la Manica e i suoi accessi ad est di una linea tracciata ad una distanza di 50 miglia marine ad ovest di una linea che unisce le isole Scilly all'isola di Ouessant. Articolo 3 1. Le parti contraenti ritengono che la protezione contro l'inquinamento, quale esso è descritto all'articolo 1 del presente accordo, richieda un'attiva cooperazione fra loro. 2. Le parti contraenti elaborano e stabiliscono insieme linee direttrici per quanto riguarda gli aspetti pratici, operativi e tecnici di un'azione congiunta. Articolo 4 Le parti contraenti si impegnano a fornire alle altre parti contraenti informazioni concernenti: a) l'organismo nazionale competente in materia di lotta contro l'inquinamento ai sensi dell'articolo 1 del presente accordo; b) l'autorità competente per ricevere e trasmettere le informazioni relative all'inquinamento e per trattare le questioni di reciproca assistenza fra le parti contraenti; c) i mezzi nazionali che si potrebbero mettere a disposizione nel quadro dell'assistenza internazionale al fine di far fronte all'inquinamento o di prevenirlo; d) i nuovi metodi che permettono di evitare l'inquinamento ed i procedimenti nuovi ed efficaci per farvi fronte; e) i principali incidenti cui si è fatto fronte in relazione al tipo di inquinamento di cui trattasi. Articolo 5 1. Ogniqualvolta una parte contraente viene a conoscenza di un incidente o della presenza nella regione del Mare del Nord di idrocarburi o di altre sostanze pericolose che potrebbero costituire una grave minaccia per le coste o per gli interessi ad esse connessi di un'altra parte contraente, essa ne informa immediatamente quest'ultima tramite la sua autorità competente. 2. Le parti contraenti si impegnano a invitare i capitani di tutte le navi battenti la loro bandiera nazionale ed i piloti degli aerei immatricolati nel loro paese a segnalare immediatamente con i mezzi più pratici e più adeguati tenuto conto delle circostanze: a) tutti gli incidenti che causano o possono causare un inquinamento marino; b) la presenza, la natura e l'estensione degli idrocarburi o di altre sostanze pericolose che possono costituire una grave minaccia per le coste o per gli interessi ad esse connessi di una o più parti contraenti. 3. Le parti contraenti predispongono un formulario tipo per segnalare l'inquinamento come previsto al paragrafo 1 del presente articolo. Articolo 6 1. Ai soli effetti del presente accordo la regione del Mare del Nord è suddivisa in zone, come indicato nell'allegato al presente accordo. 2. La parte contraente nella cui zona sopravviene un evento del tipo descritto all'articolo 1 del presente accordo, esegue le valutazioni necessarie per quanto riguarda la natura e l'entità dell'incidente o, se del caso, il tipo e la quantità approssimativa degli idrocarburi o delle altre sostanze pericolose, nonché la loro direzione e velocità di spostamento. 3. La parte contraente interessata trasmette immediatamente a tutte le altre parti contraenti, tramite l'autorità competente di quest'ultima, informazioni in merito alle valutazioni da essa eseguite, come pure in ordine agli interventi decisi per combattere contro detti idrocarburi o altre sostanze pericolose ; essa continua a tenere sotto controllo tali sostanze per tutto il tempo in cui esse si trovano nella sua zona. 4. Gli obblighi che incombono alle parti contraenti conformemente al disposto del presente articolo per quanto riguarda le cosiddette zone di responsabilità comune formano oggetto di specifici accordi tecnici tra le parti interessate. Detti accordi sono comunicati alle altre parti contraenti. Articolo 7 Le parti contraenti che abbiano bisogno di assistenza per far fronte ad un inquinamento o ad una minaccia di inquinamento nel mare o sulle loro coste possono chiedere la collaborazione delle altre parti contraenti. Le parti che chiedono assistenza precisano il tipo di aiuto di cui hanno bisogno. Le parti contraenti di cui è richiesta la collaborazione a norma del presente articolo compiono tutti gli sforzi possibili per collaborare nei limiti dei propri mezzi e tenendo conto - segnatamente nel caso di inquinamento dovuto a sostanze pericolose diverse dagli idrocarburi - delle possibilità tecnologiche a loro disposizione. Articolo 8 1. Le disposizioni del presente accordo non vanno interpretate in modo da arrecare pregiudizio ai diritti e agli obblighi delle parti contraenti in conformità del diritto internazionale, in particolare per quanto riguarda la prevenzione e la lotta contro l'inquinamento marino. 2. In nessun caso la suddivisione in zone di cui all'articolo 6 del presente accordo può essere invocata come precedente o come argomento in materia di sovranità o di giurisdizione. Articolo 9 1. In mancanza di un accordo sulle disposizioni finanziarie applicabili agli interventi compiuti dalle parti contraenti per combattere contro l'inquinamento - accordo che potrebbe essere concluso a livello bilaterale o multilaterale, o in occasione di un'operazione congiunta di lotta - le parti contraenti sostengono, conformemente a quanto è disposto dalle lettere a) o b) qui appresso, le spese derivanti dalle loro azioni rispettive per far fronte all'inquinamento: a) quando l'intervento è compiuto da una parte contraente dietro espressa richiesta di un'altra parte contraente, la parte contraente che ha richiesto l'assistenza rimborsa alla parte contraente che l'ha prestata le spese inerenti all'esecuzione dell'intervento di cui trattasi; b) quando l'intervento è compiuto per iniziativa esclusiva di una parte contraente, le spese relative sono a carico di quest'ultima. 2. La parte contraente che ha richiesto l'assistenza é libera di revocare in qualunque momento la sua richiesta, ma in tale caso assume a proprio carico le spese già sostenute o impegnate dalla parte contraente che è venuta in suo aiuto. Articolo 10 Salvo accordo contrario, le spese derivanti da un intervento deciso da una parte contraente dietro richiesta di un'altra parte contraente sono calcolate secondo le disposizioni legislative e le prassi che nel paese che presta il suo aiuto sono applicabili al rimborso di spese del genere da parte di una persona fisica o di un organismo responsabile. Articolo 11 L'articolo 9 del presente accordo non può essere interpretato in modo da pregiudicare il diritto delle parti contraenti di recuperare presso terzi le spese derivanti da azioni intraprese per far fronte, in forza di altre disposizioni o norme applicabili nell'ambito del diritto interno e internazionale, ad eventi inquinanti o alla minaccia di inquinamento. Articolo 12 1. Le riunioni delle parti contraenti si svolgono a intervalli regolari e in qualunque momento in cui, per particolari circostanze, sia così deciso conformemente al regolamento interno. 2. In occasione della prima riunione le parti contraenti stabiliscono un regolamento interno ed un regolamento finanziario da adottarsi all'unanimità dei voti. 3. Il governo depositario convoca la prima riunione delle parti contraenti non appena possibile dopo l'entrata in vigore del presente accordo. Articolo 13 Nei settori di sua competenza la Comunità economica europea esercita il diritto di voto con un numero di voti pari al numero degli Stati membri che sono parti contraenti del presente accordo. La Comunità economica europea non esercita il diritto di voto allorché i suoi Stati membri esercitino il loro e viceversa. Articolo 14 Nel corso delle riunioni spetta alle parti contraenti: a) esercitare una sorveglianza generale sull'attuazione del presente accordo; b) esaminare regolarmente l'efficacia delle misure prese in forza del presente accordo; c) assumere qualunque altra funzione che possa rivelarsi necessaria conformemente alle disposizioni del presente accordo. Articolo 15 1. Le parti contraenti prendono le necessarie disposizioni per provvedere all'assolvimento delle funzioni di segreteria inerenti al presente accordo, tenendo conto delle disposizioni che allo stesso fine sono già previste da altri accordi internazionali in materia di prevenzione dell'inquinamento marino in vigore nella stessa regione in cui si applica il presente accordo. 2. Ciascuna parte contraente contribuisce in ragione del 2,5 % alle spese annuali derivanti dall'accordo. Il saldo delle spese è ripartito tra le parti contraenti diverse dalla Comunità economica europea, in proporzione al loro prodotto nazionale lordo, conformemente alla tabella di ripartizione regolarmente votata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite. In nessun caso il contributo di una parte contraente al regolamento del saldo può essere superiore al 20 % del saldo stesso. Articolo 16 1. Salve restando le disposizioni dell'articolo 17 del presente accordo, le proposte di emendamento del presente accordo o del relativo allegato, presentate da una parte contraente, sono esaminate nel corso di una riunione delle parti contraenti. Dopo l'adozione della proposta con voto unanime, il governo depositario notifica l'emendamento alle parti contraenti. 2. L'emendamento entra in vigore il primo giorno del secondo mese successivo alla data in cui il governo depositario ha ricevuto notifica della sua approvazione da parte di tutte le parti contraenti. Articolo 17 1. Due o più parti contraenti possono modificare i limiti comuni delle loro zone quali sono definite nell'allegato al presente accordo. 2. La relativa modifica entrerà in vigore per tutte le parti contraenti il primo giorno del sesto mese successivo alla data dell'avvenuta notifica ad opera del governo depositario, a meno che, entro un termine di tre mesi a decorrere da detta notifica, una parte contraente abbia sollevato un'obiezione o abbia chiesto consultazioni in materia. Articolo 18 1. Il presente accordo potrà essere firmato dai governi degli Stati invitati a partecipare alla conferenza sull'accordo concernente la cooperazione nel campo della lotta contro l'inquinamento da idrocarburi e da altre sostanze pericolose delle acque del Mare del Nord, riunita a Bonn il 13 settembre 1983, nonché dalla Comunità economica europea. 2. Questi stessi Stati e la Comunità economica europea potranno divenire parti del presente accordo sia mediante firma senza riserva di ratifica, di accettazione o di approvazione, sia mediante firma con riserva di ratifica, di accettazione o di approvazione seguita dall'atto di ratifica, di accettazione o di approvazione. 3. Gli strumenti di ratifica, di accettazione o di approvazione saranno depositati presso il governo della Repubblica federale di Germania. Articolo 19 1. Il presente accordo entrerà in vigore il primo giorno del secondo mese successivo alla data in cui i governi di tutti gli Stati di cui all'articolo 18 del presente accordo e la Comunità economica europea l'avranno firmato senza riserva di ratifica, di accettazione o di approvazione o avranno depositato uno strumento di ratifica, di accettazione o di approvazione. 2. All'entrata in vigore del presente accordo, l'accordo concernente la cooperazione nel campo della lotta contro l'inquinamento da idrocarburi nelle acque del Mare del Nord, firmato a Bonn il 9 giugno 1969, cesserà di essere in vigore. Articolo 20 1. Le parti contraenti possono invitare all'unanimità qualunque altro Stato costiero dell'Atlantico nordorientale ad aderire al presente accordo. 2. In tal caso, l'articolo 2 del presente accordo ed il relativo allegato saranno emendati in conformità. Gli emendamenti saranno adottati con voto unanime in occasione di una riunione delle parti contraenti e prenderanno effetto al momento dell'entrata in vigore del presente accordo per lo Stato aderente. Articolo 21 1. Per ciascuno Stato che aderisce al presente accordo, quest'ultimo entrerà in vigore il primo giorno del secondo mese successivo alla data in cui lo Stato aderente avrà presentato lo strumento di adesione. 2. Gli strumenti di adesione saranno depositati presso il governo della Repubblica federale di Germania. Articolo 22 1. Il presente accordo può essere denunciato da qualunque parte contraente allo scadere di un periodo di cinque anni a decorrere dalla data dell'entrata in vigore. 2. Alla denuncia si fa luogo mediante notifica scritta, da inviarsi al governo depositario, che a sua volta notifica a tutte le altre parti contraenti la denuncia ricevuta e la datta della relativa ricezione. 3. La denuncia ha effetto un anno dopo la data in cui la notifica è ricevuta dal governo depositario. Articolo 23 Il governo depositario informa le parti contraenti e quelle di cui all'articolo 18 del presente accordo in merito: a) alle firme del presente accordo; b) al deposito degli strumenti di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione, nonché in ordine alla ricezione di una notifica di denuncia; c) alla data di entrata in vigore del presente accordo; d) alla ricezione delle notifiche di approvazione relative agli emendamenti apportati al presente accordo o al suo allegato, nonché alla data di entrata in vigore di detti emendamenti. Articolo 24 L'originale del presente accordo, redatto in lingua francese, inglese e tedesca, tutti i testi facenti ugualmente fede, sarà depositato presso il governo della Repubblica federale di Germania, che ne rimette una copia certificata conforme alle parti contraenti, nonché al segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, ai fini della registrazione e della pubblicazione conformemente all'articolo 102 della Carta delle Nazioni Unite. In fede di che i sottoscritti, debitamente autorizzati dai rispettivi governi, hanno firmato il presente accordo. Fatto a Bonn, il 13 settembre 1983. FÜR DIE REGIERUNG DES KÖNIGREICHS BELGIEN, FOR THE GOVERNMENT OF THE KINGDOM OF BELGIUM, POUR LE GOUVERNEMENT DU ROYAUME DE BELGIQUE: Vorbehaltlich der Ratifikation, Subject to ratification, Sous réserve de ratification. FÜR DIE REGIERUNG DES KÖNIGREICHS DÄNEMARK, FOR THE GOVERNMENT OF THE KINGDOM OF DENMARK, POUR LE GOUVERNEMENT DU ROYAUME DE DANEMARK: Vorbehaltlich der Genehmigung, Subject to approval, Sous réserve d'approbation. FÜR DIE REGIERUNG DER FRANZÖSISCHEN REPUBLIK, FOR THE GOVERNMENT OF THE FRENCH REPUBLIC, POUR LE GOUVERNEMENT DE LA RÉPUBLIQUE FRANÇAISE: FÜR DIE REGIERUNG DER BUNDESREPUBLIK DEUTSCHLAND, FOR THE GOVERNMENT OF THE FEDERAL REPUBLIC OF GERMANY, POUR LE GOUVERNEMENT DE LA RÉPUBLIQUE FÉDÉRALE D'ALLEMAGNE: FÜR DIE REGIERUNG DES KÖNIGREICHS DER NIEDERLANDE, FOR THE GOVERNMENT OF THE KINGDOM OF THE NETHERLANDS, POUR LE GOUVERNEMENT DU ROYAUME DES PAYS-BAS: Vorbehaltlich der Annahme, Subject to acceptance, Sous réserve d'acceptation. FÜR DIE REGIERUNG DES KÖNIGREICHS NORWEGEN, FOR THE GOVERNMENT OF THE KINGDOM OF NORWAY, POUR LE GOUVERNEMENT DU ROYAUME DE NORVÈGE: Vorbehaltlich der Ratifikation, Subject to ratification, Sous réserve de ratification. FÜR DIE REGIERUNG DES KÖNIGREICHS SCHWEDEN, FOR THE GOVERNMENT OF THE KINGDOM OF SWEDEN, POUR LE GOUVERNEMENT DU ROYAUME DE SUÈDE: FÜR DIE REGIERUNG DES VEREINIGTEN KÖNIGREICHS GROSSBRITANNIEN UND NORDIRLAND, FOR THE GOVERNMENT OF THE UNITED KINGDOM OF GREAT BRITAIN AND NORTHERN IRELAND, POUR LE GOUVERNEMENT DU ROYAUME-UNI DE GRANDE-BRETAGNE ET D'IRLANDE DU NORD: Vorbehaltlich der Ratifikation, Subject to ratification, Sous réserve de ratification. FÜR DIE EUROPÄISCHE WIRTSCHAFTSGEMEINSCHAFT, FOR THE EUROPEAN ECONOMIC COMMUNITY, POUR LA COMMUNAUTÉ ÉCONOMIQUE EUROPÉENNE: Vorbehaltlich der Annahme, Subject to acceptance, Sous réserve d'acceptation. ALLEGATO DESCRIZIONE DELLE ZONE DI CUI ALL'ARTICOLO 6 DEL PRESENTE ACCORDO Le zone, eccetto le zone cosiddette di responsabilità comune, sono delimitate dalle linee che uniscono i seguenti punti: >PIC FILE= "T0026030"> Le zone cosiddette di responsabilità comune sono delimitate come segue: 1. Belgio, Francia e Regno Unito La regione marina situata fra i paralleli 51°32' N e 51°06' N. 2. Francia e Regno Unito La Manica a sud-ovest del parallelo 51°06' N fino ad una linea che unisce i punti 49°52' N 07°44' O e 48°27' N 06°25' O. 3. Danimarca e Svezia La regione dello Skagerrak situata fra i seguenti punti: >PIC FILE= "T0026031">
Accordo di Bonn concernente la lotta contro l’inquinamento del Mare del Nord causato dagli idrocarburi e da altre sostanze pericolose, compreso l’inquinamento atmosferico provocato dalla navigazione QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI? L’accordo stabilisce un sistema di cooperazione tra le parti contraenti a favore della lotta contro l’inquinamento del Mare del Nord causato dagli idrocarburi e da altre sostanze pericolose. La decisione 84/358/CEE conclude l’accordo a nome della Comunità economica europea (attualmente Unione europea). Nel 2019 le parti contraenti hanno approvato l’adesione della Spagna e l’estensione dell’ambito di applicazione dell’accordo all’inquinamento atmosferico prodotto dalle navi come disciplinato nell’allegato VI della convenzione internazionale dell’organizzazione marittima internazionale per la prevenzione dell’inquinamento causato da navi (convenzione MARPOL). La decisione (UE) 2021/176 attesta la conclusione da parte dell’Unione europea relativa all’estensione dell’ambito di applicazione dell’accordo e all’adesione della Spagna. PUNTI CHIAVE Parti contraenti Le parti contraenti dell’accordo di Bonn, la cui modifica più recente risale al 2021, sono i governi di Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Irlanda, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna e Svezia, nonché l’Unione europea (Unione). Tratti di mare contemplati dall’accordo L’accordo riguarda il grande Mare del Nord e i suoi accessi più estesi: si tratta di uno dei tratti marittimi più trafficati al mondo. Dall’adesione della Spagna all’accordo, comprende:il Mare del Nord propriamente detto, a sud della latitudine 61° 0' 00,00" N; lo Skagerrak, il cui limite meridionale è determinato a est del capo di Skagen dalla latitudine 57° 44' 43,00" N; il golfo di Guascogna, delimitato a sud e a ovest dalla linea definita nella parte I dell’allegato dell’accordo; le altre acque, che comprendono il Mare d’Irlanda, il Mar Celtico, il Mare Malin, il grande Minch, il piccolo Minch, una parte del Mare di Norvegia e parti dell’Atlantico nordorientale, delimitate a ovest e a nord dalla linea definita nella parte II dell’allegato dell’accordo.Ambito di applicazione Sviluppandosi sulla scia di un accordo precedente sottoscritto nel 1969, che verteva sull’inquinamento provocato da sversamenti di petrolio greggio, l’accordo di Bonn del 1984 si concentrava altresì sugli sversamenti di altre sostanze pericolose responsabili dell’inquinamento o che minacciavano di inquinare le acque nella regione del Mare del Nord. Nel 2019, le parti contraenti hanno convenuto di modificare l’accordo affinché contemplasse la cooperazione sul monitoraggio in conformità ai requisiti dell’allegato VI della convenzione MARPOL. L’allegato VI introduce limiti più severi riguardo al tenore di zolfo delle emissioni di ossido di zolfo nelle regioni di controllo, tra cui il Mare del Nord. La direttiva (UE) 2016/802 relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi incorpora le modifiche principali presenti nel diritto internazionale in materia di prevenzione dell’inquinamento atmosferico prodotto dalle navi nel diritto dell’Unione (si veda la sintesi). Settori di attività Le parti contraenti concordano:sulla cooperazione attiva reciproca; sull’elaborazione e sulla definizione congiunte delle linee guida riguardo agli aspetti pratici, operativi e tecnici di un’azione congiunta; sulla condivisione di informazioni concernentil’organizzazione nazionale che si occupa del tipo di inquinamento preso in esame dall’accordo;l’autorità competente responsabile della ricezione e della trasmissione di relazioni di tale inquinamento e di trattare le questioni riguardanti le misure di assistenza reciproca;i mezzi nazionali che si potrebbero mettere a disposizione nel quadro dell’assistenza internazionale al fine di far fronte all’inquinamento o di prevenirlo;i nuovi metodi di prevenzione di tale inquinamento e di nuove misure efficaci per contrastarlo;i principali incidenti ambientali di questo tipo a cui hanno fatto fronte.Comunicazione degli incidenti e assistenza reciprocaLe parti contraenti concordano di fornire l’una all’altra segnalazioni di qualsiasi incidente o della presenza nella regione del Mare del Nord di idrocarburi o di altre sostanze pericolose che potrebbero costituire una grave minaccia per le coste o per gli interessi ad esse connessi di un’altra parte contraente. Le parti contraenti hanno predisposto un formulario tipo per la segnalazione di incidenti ambientali. Una parte che si trova ad affrontare un incidente ambientale può richiedere l’assistenza delle altre parti. In linea generale, la parte contraente richiedente rimborsa alle parti che le prestano assistenza i costi di qualsiasi azione intrapresa.Attuazione Le parti contraenti attuano l’accordo tramite:il costante monitoraggio delle proprie zone di responsabilità al fine di rilevare la presenza di minacce di inquinamento marino, compreso il coordinamento del monitoraggio aereo e satellitare; l’allerta reciproca su qualsiasi minaccia; l’adozione di approcci operativi comuni affinché possano fare affidamento le une sulle altre per raggiungere gli standard necessari di prevenzione e ripulitura; il sostegno reciproco, ove richiesto, nelle operazioni di risposta; la condivisione di attività di ricerca e sviluppo; l’esecuzione di esercitazioni congiunte.Bilancio e segretariato Ciascuna parte contraente contribuisce in ragione del 2,5 % alle spese annuali derivanti dall’accordo e il saldo delle spese è ripartito tra le parti contraenti (diverse dall’Unione), in proporzione al loro prodotto nazionale lordo. Il segretariato dell’accordo ha sede a Londra. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo di Bonn del 1984 è entrato in vigore il 28 giugno 1984. CONTESTO Per maggiori informazioni, si veda:A proposito dell’accordo di Bonn (sito web dell’accordo di Bonn). DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo concernente la cooperazione in materia di lotta contro l’inquinamento del Mare del Nord causato dagli idrocarburi e da altre sostanze pericolose (accordo di Bonn) (GU L 188 del 16.7.1984, pag. 9). Decisione 84/358/CEE del Consiglio del 28 giugno 1984 relativa alla conclusione dell’accordo concernente la cooperazione in materia di lotta contro l’inquinamento del Mare del Nord causato dagli idrocarburi e da altre sostanze pericolose (GU L 188 del 16.7.1984, pag. 7). Decisione (UE) 2021/176 del Consiglio del 5 febbraio 2021 relativa alla conclusione degli emendamenti dell’accordo concernente la cooperazione in materia di lotta contro l’inquinamento del Mare del Nord causato dagli idrocarburi e da altre sostanze pericolose (accordo di Bonn) in merito all’estensione dell’ambito di applicazione di tale accordo e l’adesione del Regno di Spagna a detto accordo (GU L 54 del 16.2.2021, pag. 1). DOCUMENTI CORRELATI Direttiva (UE) 2016/802 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2016, relativa alla riduzione del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi (GU L 132 del 21.5.2016, pag. 58).
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Decisione del Consiglio, del 19 dicembre 2002, che autorizza gli Stati membri a firmare, nell’interesse della Comunità, la convenzione dell’Aia del 1996 concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di potestà genitoriale e di misure di protezione dei minori Gazzetta ufficiale n. L 048 del 21/02/2003 pag. 0001 - 0002 Decisione del Consigliodel 19 dicembre 2002che autorizza gli Stati membri a firmare, nell'interesse della Comunità, la convenzione dell'Aia del 1996 concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di potestà genitoriale e di misure di protezione dei minori(2003/93/CE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 61, lettera c) e l'articolo 300,vista la proposta della Commissione,considerando quanto segue:(1) La Comunità sta operando al fine di creare uno spazio giudiziario comune basato sul principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie.(2) La convenzione concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di potestà genitoriale e di misure di protezione dei minori, conclusa il 19 ottobre 1996 nel contesto della conferenza dell'Aia di diritto internazionale privato (in prosieguo denominata la "convenzione"), apporta un valido contributo alla protezione dei minori a livello internazionale ed è pertanto auspicabile che le sue disposizioni siano applicate al più presto.(3) Alcuni articoli della convenzione hanno ripercussioni sul diritto comunitario derivato in materia di competenza giurisdizionale, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni di cui specialmente al regolamento (CE) n. 1347/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei genitori sui figli di entrambi i coniugi(1).(4) La Comunità ha competenza esclusiva per le pertinenti disposizioni della convenzione nella misura in cui tali articoli abbiano ripercussioni sulla normativa comunitaria in materia. Gli Stati membri dovrebbero conservare le loro competenze nelle materie disciplinate dalla convenzione che non incidono sul diritto comunitario.(5) Il testo della convenzione riconosce soltanto agli Stati sovrani la qualità di parti contraenti. Attualmente, quindi, la Comunità non può firmare o ratificare tale convenzione né aderirvi.(6) È pertanto opportuno che, nell'interesse della Comunità e alle condizioni di cui alla presente decisione, il Consiglio autorizzi in via eccezionale gli Stati membri a firmare la convenzione dell'Aia del 1996.(7) In base agli articoli 23, 26 e 52 della convenzione una decisione presa in uno Stato membro in una delle materie contemplate dalla medesima può essere riconosciuta ed eseguita in un altro Stato membro conformemente alle pertinenti norme interne del diritto comunitario.(8) Il Regno Unito e l'Irlanda partecipano all'adozione e all'applicazione della presente decisione.(9) La Danimarca, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all'adozione della presente decisione e di conseguenza non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione,HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:Articolo 11. Il Consiglio autorizza gli Stati membri a firmare la convenzione concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di potestà genitoriale e di misure di protezione dei minori, conclusa il 19 ottobre 1996, in appresso denominata "la convenzione", nell'interesse della Comunità, fatte salve le condizioni stabilite negli articoli in appresso.2. Il testo della convenzione è allegato alla presente decisione(2).3. Ai fini della presente decisione si intende per "Stato membro" tutti gli Stati membri ad eccezione della Danimarca.Articolo 2All'atto della firma della convenzione gli Stati membri presentano la seguente dichiarazione:"Gli articoli 23, 26 e 52 della convenzione concedono alle parti contraenti una certa flessibilità ai fini della semplicità e della rapidità del regime di riconoscimento ed esecuzione delle decisioni. La normativa comunitaria prevede un sistema di riconoscimento ed esecuzione che è almeno altrettanto favorevole quanto le norme stabilite dalla convenzione. Di conseguenza, una decisione emanante da un organo giurisdizionale di uno Stato membro dell'Unione europea su una questione relativa alla convenzione è riconosciuta ed eseguita in ...(3) in applicazione delle pertinenti norme interne del diritto comunitario(4)."Articolo 3Gli Stati membri prendono le disposizioni necessarie affinché la convenzione sia firmata anteriormente al 1o giugno 2003.Articolo 4All'atto della firma della convenzione gli Stati membri informano per iscritto il ministero degli Affari esteri del Regno dei Paesi Bassi che la firma è avvenuta in conformità della presente decisione.Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea.Fatto a Bruxelles, addì 19 dicembre 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteL. Espersen(1) GU L 160 del 30.6.2000, pag. 19. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1185/2002 della Commissione (GU L 173 del 3.7.2002, pag. 3).(2) Cfr. pagina 3 della presente Gazzetta ufficiale.(3) Stato membro che procede alla dichiarazione.(4) In questo settore il regolamento (CE) n. 1347/2000 svolge un ruolo speciale per quanto riguarda la competenza, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei genitori sui figli di entrambi i coniugi.
Responsabilità genitoriale e protezione dei minori (convenzione dell’Aia) CHE COSA FA LA PRESENTE DECISIONE? Autorizza i paesi dell’UE a firmare la convenzione dell’Aia. La convenzione stabilisce norme volte a migliorare la protezione dei minori nelle situazioni internazionali e a evitare conflitti fra sistemi giuridici nazionali diversi. Tutti i paesi dell’UE sono parte della convenzione dell’Aia. Ciò significa che possono fare affidamento su norme giuridiche comuni quando si confrontano con paesi esterni all’UE parte della convenzione al fine di proteggere i minori coinvolti in controversie internazionali. PUNTI CHIAVE La convenzione è stata conclusa ai sensi della Conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato. e riguarda la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale. Che cosa vi rientra? La convenzione mira a dare protezione internazionale ai minori di 18 anni, stabilendo: il paese competente ad assumere misure per la protezione di un minore o dei suoi beni; la legge applicabile per l’esercizio di tale competenza; la legge applicabile alla responsabilità genitoriale; il riconoscimento e l’esecuzione delle misure di protezione in tutti i paesi firmatari; la cooperazione fra i paesi firmatari. Le misure volte a proteggere i minori si riferiscono: alla responsabilità genitoriale; ai diritti di affidamento; alla tutela; alla rappresentanza del minore; all’affidamento del minore in una famiglia di accoglienza o altra assistenza; alla supervisione delle cure fornite; all’amministrazione dei beni del minore. Quale paese è responsabile? Il paese competente a fornire misure di protezione è generalmente il paese di residenza abituale del minore. Si tratta del paese in cui si trovano: nel caso di minori rifugiati o minori sfollati a livello internazionale; nel caso di minori il cui paese di residenza abituale non può essere stabilito; in caso di emergenza (facoltativo). Eccezione In un caso particolare, se un altro paese sembra essere in una posizione migliore per valutare l’interesse superiore del minore, può essere consentito che ne assuma la competenza. Quale legge si applica? Il paese che esercita la competenza lo fa ai sensi del proprio diritto. In via eccezionale, esso può applicare o prendere in considerazione il diritto di un altro paese strettamente connesso alla situazione (se ciò è nell’interesse superiore del minore). Un paese può rifiutare di applicare il diritto indicato dalla convenzione solo per motivi giustificati di ordine pubblico e nell’interesse superiore del minore. Riconoscimento ed esecuzione Le misure che un paese firmatario adotta ai sensi della presente convenzione per proteggere un minore o i suoi beni devono essere riconosciute in tutti gli altri paesi firmatari. Solo in un numero limitato di casi, come specificato nella convenzione, un paese può rifiutarne il riconoscimento. Quando le misure di protezione sono dichiarate applicabili in un altro paese, tale paese deve applicarle come se le avesse adottate esso stesso, in conformità con il proprio diritto interno. Cooperazione Ciascun paese firmatario deve designare una o più autorità centrali incaricate di far fronte agli obblighi che gli sono imposti dalla convenzione. Tali autorità devono cooperare e scambiarsi reciprocamente informazioni, nonché promuovere la cooperazione in tali casi presso le autorità nazionali. CONTESTO Proteggere i diritti dei minori: informazioni dell’UE. ATTO Decisione 2003/93/CE del Consiglio, del 19 dicembre 2002, che autorizza gli Stati membri a firmare, nell’interesse della Comunità, la convenzione dell’Aia del 1996 concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di potestà genitoriale e di misure di protezione dei minori (GU L 48 del 21.2.2003, pag. 1-2) ATTI COLLEGATI Decisione 2008/431/CE del Consiglio, del 5 giugno 2008, che autorizza alcuni Stati membri a ratificare la convenzione dell’Aia del 1996 sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, ovvero ad aderirvi, nell’interesse della Comunità europea e che autorizza alcuni Stati membri a presentare una dichiarazione sull’applicazione delle pertinenti norme interne del diritto comunitario — Convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori (GU L 151 dell’11.6.2008, pag. 36-48)
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DIRETTIVA 2014/62/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 15 maggio 2014 sulla protezione mediante il diritto penale dell'euro e di altre monete contro la falsificazione e che sostituisce la decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 83, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere della Banca centrale europea (1), visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (3), considerando quanto segue: (1) L'euro, in quanto moneta unica condivisa dagli Stati membri della zona euro, è diventato un elemento importante dell'economia dell'Unione e della vita quotidiana dei suoi cittadini. Tuttavia, da quando è stato introdotto nel 2002, poiché è una valuta che continua a essere nel mirino di gruppi della criminalità organizzata attivi nel settore della falsificazione monetaria, la sua contraffazione ha provocato danni finanziari per almeno 500 milioni di EUR. È nell'interesse dell'Unione nel suo complesso contrastare e reprimere le attività che possono compromettere l'autenticità dell'euro mediante falsificazione. HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto La presente direttiva stabilisce le norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in materia di falsificazione dell'euro e di altre valute. Essa introduce anche disposizioni comuni per rafforzare la lotta avverso tali reati, migliorare le indagini al riguardo e assicurare una migliore cooperazione nella lotta alla falsificazione. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni: a) «valuta»: le banconote e le monete metalliche la cui circolazione sia legalmente autorizzata, comprese le banconote e le monete metalliche la cui immissione in circolazione è legalmente autorizzata ai sensi del regolamento (CE) n. 974/98; b) «persona giuridica»: soggetto avente personalità giuridica in forza del diritto applicabile, a eccezione degli Stati o di altre istituzioni pubbliche nell'esercizio dei pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche. Articolo 3 Reati 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che costituiscano reato le condotte seguenti, se compiute intenzionalmente: a) contraffazione o alterazione fraudolenta di monete, qualunque ne sia il modo; b) immissione in circolazione fraudolenta di monete falsificate; c) importazione, esportazione, trasporto, ricettazione o procacciamento di monete falsificate, riconosciute tali, per la loro immissione in circolazione; d) fabbricazione fraudolenta, ricettazione, procacciamento o possesso di: i) strumenti, oggetti, programmi informatici e dati nonché ogni altro mezzo che per loro natura sono particolarmente atti alla contraffazione o all'alterazione di monete; o ii) elementi di sicurezza quali ologrammi, filigrane o altri componenti della valuta che servono ad assicurarne la protezione contro la falsificazione. 2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le condotte di cui al paragrafo 1, lettere a), b) e c), siano punibili anche per quanto riguarda banconote o monete metalliche fabbricate usando strumenti o materiali legali in violazione dei diritti o delle condizioni a cui le autorità competenti possono emettere banconote o monete metalliche. 3. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le condotte di cui ai paragrafi 1 e 2 siano punibili anche per quanto riguarda banconote e monete metalliche non ancora emesse, ma destinate a essere immesse in circolazione con corso legale. Articolo 4 Induzione, favoreggiamento, concorso e tentativo 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che l'induzione, il favoreggiamento e il concorso in relazione ai reati di cui all'articolo 3 siano punibili come reati. 2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che il tentativo di commettere i reati di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere a), b) o c), all'articolo 3, paragrafi 2 o 3, in relazione alle condotte di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere a), b) e c), sia punibile come reato. Articolo 5 Sanzioni per le persone fisiche 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le condotte di cui agli articoli 3 e 4 siano punibili con sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive. 2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i reati di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera d), e all'articolo 3, paragrafi 2 e 3, in relazione alle condotte di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera d), siano punibili con una sanzione massima che preveda la reclusione. 3. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i reati di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), e all'articolo 3, paragrafo 3, in relazione alle condotte di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), siano punibili con la pena della reclusione per una durata massima di almeno otto anni. 4. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i reati di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere b) e c), e all'articolo 3, paragrafo 3, in relazione alle condotte di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettere b) e c), siano punibili con la pena della reclusione per una durata massima di almeno cinque anni. 5. Per quanto riguarda il reato di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), gli Stati membri possono prevedere sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive diverse da quelle di cui al paragrafo 4 del presente articolo, tra cui multe e reclusione, qualora la valuta falsificata sia stata ricevuta senza sapere che era falsa ma fatta poi circolare anche se riconosciuta tale. Articolo 6 Responsabilità delle persone giuridiche 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le persone giuridiche possano rispondere in relazione ai reati di cui agli articoli 3 e 4 commessi a loro vantaggio da qualsiasi persona che agisca individualmente ovvero in quanto membro di un organo della persona giuridica e che detenga una posizione apicale all'interno della persona giuridica, basata: a) sul potere di rappresentanza di detta persona giuridica; b) sul potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica; oppure c) sul potere di esercitare il controllo all'interno della persona giuridica. 2. Gli Stati membri assicurano che una persona giuridica possa essere ritenuta responsabile quando la carenza di vigilanza o controllo da parte di una delle persone di cui al paragrafo 1 del presente articolo abbia reso possibile la commissione, a proprio vantaggio, di uno dei reati di cui agli articoli 3 e 4 a opera di una persona sottoposta alla sua autorità. 3. La responsabilità delle persone giuridiche ai sensi dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo non esclude l'azione penale nei confronti delle persone fisiche che siano autori, istigatori o concorrenti in relazione ai reati di cui agli articoli 3 e 4. Articolo 7 Sanzioni per le persone giuridiche Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che la persona giuridica ritenuta responsabile ai sensi dell'articolo 6 sia sottoposta a sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, che comprendono sanzioni pecuniarie di natura penale o non penale ed eventualmente altre sanzioni, quali: a) l'esclusione dal godimento di contributi o sovvenzioni pubblici; b) l'interdizione temporanea o permanente dall'esercizio di un'attività d'impresa; c) l'assoggettamento a vigilanza giudiziaria; d) la liquidazione giudiziaria; e) la chiusura temporanea o permanente dei locali usati per commettere il reato. Articolo 8 Competenza giurisdizionale 1. Ogni Stato membro adotta le misure necessarie a stabilire la propria competenza giurisdizionale per i reati di cui agli articoli 3 e 4 quando: a) il reato è stato commesso in tutto o in parte nel proprio territorio; o b) l'autore del reato sia un proprio cittadino. 2. Ogni Stato membro la cui valuta è l'euro adotta le misure necessarie per definire la propria competenza giurisdizionale sui reati di cui agli articoli 3 e 4 commessi al di fuori del proprio territorio, almeno nella misura in cui riguardino l'euro e quando: a) l'autore del reato si trova nel territorio di tale Stato membro e non sia estradato; o b) le banconote o le monete metalliche in euro falsificate connesse con il reato sono state rinvenute nel territorio di tale Stato membro. Ai fini dell'azione penale avverso i reati di cui all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), e all'articolo 3, paragrafi 2 e 3, qualora si riferiscano all'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), nonché a induzione, favoreggiamento e concorso, e tentativo di commettere tali reati, ogni Stato membro adotta le misure necessarie per assicurare che la propria competenza giurisdizionale non sia subordinata alla condizione che gli atti costituiscano reato nel luogo in cui sono stati commessi. Articolo 9 Strumenti di indagine Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le persone, le unità o i servizi preposti alle indagini o all'azione penale per i reati di cui agli articoli 3 e 4 dispongano di efficaci strumenti di indagine, come quelli usati per le indagini riguardanti la criminalità organizzata o altre forme gravi di criminalità. Articolo 10 Obbligo di trasmettere le banconote e le monete metalliche in euro falsificate per l'analisi e il rinvenimento dei falsi Gli Stati membri assicurano che durante il procedimento penale sia consentito senza indugio, da parte del centro nazionale di analisi e del centro nazionale di analisi delle monete metalliche, l'esame di banconote e monete metalliche in euro di cui si sospetta la falsificazione ai fini dell'analisi e dell'individuazione e rinvenimento degli altri falsi. Le autorità competenti trasmettono senza indugio i necessari campioni al più tardi una volta raggiunta una decisione definitiva riguardo al procedimento penale. Articolo 11 Statistiche Gli Stati membri, almeno ogni due anni, trasmettono alla Commissione dati concernenti il numero di reati di cui agli articoli 3 e 4 e il numero di persone perseguite e condannate per i reati di cui agli articoli 3 e 4. Articolo 12 Presentazione di relazioni da parte della Commissione e riesame Entro il 23 maggio 2019, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione della presente direttiva. La relazione valuta in che misura gli Stati membri abbiano adottato le disposizioni necessarie per conformarsi alla presente direttiva. La relazione è corredata, se necessario, di una proposta legislativa. Articolo 13 Sostituzione della decisione quadro 2000/383/GAI La decisione quadro 2000/383/GAI è sostituita dalla presente direttiva per quanto riguarda gli Stati membri vincolati da quest'ultima, fatti salvi gli obblighi di tali Stati membri relativi al termine per il recepimento della decisione quadro 2000/383/GAI nell'ordinamento nazionale. Per gli Stati membri vincolati dalla presente direttiva, i riferimenti alla decisione quadro 2000/383/GAI si intendono fatti alla presente direttiva. Articolo 14 Recepimento 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 23 maggio 2016. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni. Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 15 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 16 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva conformemente ai trattati. Fatto a Bruxelles, il 15 maggio 2014 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente D. KOURKOULAS (1) GU C 179 del 25.6.2013, pag. 9. (2) GU C 271 del 19.9.2013, pag. 42. (3) Posizione del Parlamento europeo del 16 aprile 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 6 maggio 2014. (4) Regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all'introduzione dell'euro (GU L 139 dell'11.5.1998, pag. 1). (5) Regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001, che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazione (GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6). (6) Regolamento (CE) n. 1339/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001, che estende agli Stati membri che non hanno adottato l'euro quale moneta unica gli effetti del regolamento (CE) n. 1338/2001 che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazione (GU L 181 del 4.7.2001, pag. 11). (7) Società delle Nazioni, raccolta dei trattati (1931) n. 2623, pag. 372. (8) Decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativa al rafforzamento della tutela per mezzo di sanzioni penali e altre sanzioni contro la falsificazione di monete in relazione all'introduzione dell'euro (GU L 140 del 14.6.2000, pag. 1).
Sanzioni penali contro la falsificazione monetaria Secondo la Banca centrale europea, dall’introduzione della moneta unica nel 2002, la falsificazione ha provocato danni finanziari per almeno 500 milioni di euro all’economia dell’Unione europea (UE). È stata adottata una nuova legge per proteggere l’euro e le altre valute dalla falsificazione. ATTO Direttiva 2014/62/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, sulla protezione mediante il diritto penale dell’euro e di altre monete contro la falsificazione e che sostituisce la decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio. SINTESI La nuova direttiva dell’UE stabilisce le norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in materia di falsificazione monetaria. Essa introduce disposizioni comuni per combattere la falsificazione, migliorare le indagini al riguardo e assicurare una migliore cooperazione tra i paesi dell’UE nella lotta alla falsificazione. Reati I paesi dell’UE devono introdurre misure per garantire che ogni fabbricazione, ricezione, procacciamento o possesso di strumenti, oggetti, programmi informatici ed elementi per la sicurezza (quali ologrammi o filigrane), se intenzionalmente fraudolenti, siano punibili. La condotta intenzionale dovrebbe essere punibile anche in relazione a banconote e monete metalliche non ancora emesse, ma destinate a essere immesse in circolazione con corso legale, come dovrebbero esserlo l’induzione, il favoreggiamento e il concorso . Sanzioni individuali (persone fisiche) Le sanzioni introdotte devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive. Inoltre, devono prevedere la reclusione. Il termine massimo per la pena di reclusione (da 5 a 8 anni, a seconda dei casi) deve essere applicato almeno alle forme più gravi del reato di falsificazione. Benché far circolare intenzionalmente la valuta falsificata ricevuta in buona fede, rappresenti una condotta punibile con sanzioni, tra cui le multe, si ritiene opportuno prevedere la reclusione come sanzione massima stabilita dalla legge nazionale degli Stati membri dell’UE. Responsabilità e sanzioni per le entità giuridiche I paesi dell’UE devono assicurare che le entità giuridiche (ad esempio le aziende e le associazioni) possano rispondere in relazione ai reati in alternativa ai singoli (persone fisiche) e applicare sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive alle persone giuridiche. La gamma delle sanzioni applicate deve essere stabilita, comprendendo l’esclusione dal godimento di contributi o sovvenzioni pubblici, l’interdizione temporanea o perpetua dall’esercizio di un’attività d’impresa, l’assoggettamento a vigilanza giudiziaria. Analisi e rinvenimento di banconote e monete metalliche falsificate in euro I paesi dell’UE devono garantire che i propri centri nazionali di analisi e i propri centri nazionali di analisi delle monete metalliche possano esaminare banconote e monete metalliche in euro di cui si sospetta la falsificazione ed essere disponibili per i procedimenti penali in corso ai fini del rinvenimento di ulteriori falsi. Applicazione L’Irlanda ha aderito alla presente direttiva. La Danimarca e il Regno Unito (1), tuttavia, non sono vincolati dalla stessa. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 2014/62/UE 22.5.2014 23.5.2016 GU L 151 del 21.5.2014
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211
31991L0412
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Direttiva 91/412/CEE della Commissione, del 23 luglio 1991, che stabilisce i principi e le direttrici sulle buone prassi di fabbricazione dei medicinali veterinari Gazzetta ufficiale n. L 228 del 17/08/1991 pag. 0070 - 0073 edizione speciale finlandese: capitolo 3 tomo 38 pag. 0156 edizione speciale svedese/ capitolo 3 tomo 38 pag. 0156 DIRETTIVA DELLA COMMISSIONE del 23 luglio 1991 che stabilisce i principi e le direttrici sulle buone prassi di fabbricazione dei medicinali veterinari (91/412/CEE) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, vista la direttiva 81/581/CEE del Consiglio, del 28 settembre 1981, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai medicinali veterinari (1), modificata da ultimo dalla direttiva 90/676/CEE (2), in particolare l'articolo 27 bis, vista la direttiva 90/677/CEE del Consiglio, del 13 dicembre 1990, che estende il campo di applicazione della direttiva 81/851/CEE per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai medicinali veterinari e che stabilisce disposizioni complementari per i medicinali veterinari ad azione immunologica (3), considerando che tutti i medicinali veterinari fabbricati o importati nella Comunità, compresi i medicinali destinati all'esportazione, devono essere fabbricati secondo principi e direttrici sulle buone prassi di fabbricazione; considerando che in conformità della legislazione nazionale gli Stati membri possono richiedere l'osservanza dei principi sulle buone prassi di fabbricazione nella produzione dei medicinali destinati alle prove cliniche; considerando che dettagliate linee guida previste all'articolo 27 bis della direttiva 81/851/CEE sono state pubblicate dalla Commissione, dopo la consultazione dei servizi d'ispezione farmaceutica degli Stati membri, nella forma di una guida alle buone prassi di fabbricazione dei medicinali; considerando l'esigenza che tutti i fabbricanti provvedano ad un'efficace gestione della qualità delle singole fasi di fabbricazione ; che ciò comporta l'attuazione di un sistema di assicurazione della qualità farmaceutica; considerando che i funzionari che rappresentano le autorità competenti devono accertarsi che il fabbricante applichi correttamente le norme di buona fabbricazione e che i risultati di tali accertamenti devono essere comunicati su motivata richiesta alle autorità competenti di qualsiasi altro Stato membro; considerando che i principi e le direttrici sulle buone prassi di fabbricazione devono riguardare in primo luogo il personale, i locali e le apparecchiature di fabbricazione, la documentazione, il processo produttivo, il controllo di qualità, gli appalti, i reclami e i casi di ritiro del prodotto, nonché il sistema di autoispezione; considerando che i principi. e le diretrici previsti dalla presente direttiva sono conformi al parere del comitato per l'adeguamento al progresso tecnico delle direttive volte all'eliminazione degli ostacoli tecnici negli scambi nel settore dei medicinali veterinari, istituito all'articolo 2 ter della direttiva 81/852/CEE del Consiglio, del 28 settembre 1981, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle norme e ai protocolli analitici, tossico-farmacologici e clinici in materia di prove effettuate su medicinali veterinari (4), modificata da ultimo dalla direttiva 87/20/CEE (5), HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 La presente direttiva stabilisce i principi e le direttrici sulle buone prassi di fabbricazione dei medicinali veterinari la cui fabbricazione sia soggetta all'autorizzazione di cui all'articolo 24 della direttiva 81/851/CEE. Articolo 2 Ai fini della presente direttiva valgono la definizione di medicinale stabilita all'articolo 1, punto 2 della direttiva 65/65/CEE del Consiglio (6), e la definizione di medicinale veterinario stabilita all'articolo 1, paragrafo 2 della direttiva 81/851/CEE. Inoltre, si intende per: - «fabbricante» : il titolare dell'autorizzazione di cui all'articolo 24 della direttiva 81/851/CEE; - «persona qualificata» : la persona di cui all'articolo 29 della direttiva 81/851/CEE; (1) GU n. L 317 del 6.11.1981, pag. 1. (2) GU n. L 373 del 31.12.1990, pag. 15. (3) GU n. L 373 del 31.12.1990, pag. 26. (4) GU n. L 317 del 6.11.1981, pag. 16. (5) GU n. L 15 del 17.1.1987, pag. 34. (6) GU n. 22 del 9.2.1965, pag. 369/65. - «assicurazione della qualità farmaceutica» : il complesso di tutte le misure prese allo scopo di garantire che i medicinali veterinari abbiano le qualità richieste per l'impiego cui sono destinati; - «buone prassi di fabbricazione» : quella parte della assicurazione della qualità che assicura che i prodotti siano costantemente fabbricati e controllati in modo da soddisfare le norme di qualità appropriate all'uso cui sono destinati. Articolo 3 Mediante ripetute ispezioni ai sensi dell'articolo 34 della direttiva 81/851/CEE, gli Stati membri accertano che i fabbricanti rispettino i principi e le direttrici sulle buone prassi di fabbricazione stabiliti dalla presente direttiva. Ai fini dell'interpretazione dei principi e delle direttrici sulle buone prassi di fabbricazione i fabbricanti e gli agenti delle autorità competenti fanno riferimento alle linee guida dettagliate di cui all'articolo 27 bis della direttiva 81/851/CEE. Tali linee guida sono pubblicate dalla Commissione nella guida alle buone prassi di fabbricazione dei medicinali e nei suoi allegati (Ufficio delle pubblicazioni delle Comunità europee. Norme che disciplinano i medicinali nella Comunità europea, volume IV). Articolo 4 Il fabbricante provvede a che tutte le fasi di produzione siano svolte secondo le buone prassi di fabbricazione e secondo l'autorizzazione di produzione. L'importatore si accerta che i medicinali veterinari importati da paesi terzi siano stati fabbricati da produttori debitamente autorizzati e soggetti a norme di buona prassi di fabbricazione perlomeno equivalenti a quelle stabilite dalla Comunità. Articolo 5 Il fabbricante provvede affinché tutte le operazioni di fabbricazione dei medicinali soggetti ad autorizzazione d'immissione sul mercato siano svolte secondo i dati indicati nella domanda di autorizzazione d'immissione sul mercato approvata dalle autorità competenti. Il fabbricante riesamina regolarmente i metodi di fabbricazione alla luce del progresso scientifico e tecnico. Qualora risulti necessario apportare una modifica al fascicolo di autorizzazione all'immissione sul mercato, egli presenta la proposta di modifica alle autorità competenti. CAPITOLO II PRINCIPI E DIRETTRICI SULLE BUONE PRASSI DI FABBRICAZIONE Articolo 6 Gestione della qualità Il fabbricante istituisce ed applica un efficace sistema di assicurazione della qualità farmaceutica, il quale implichi l'attiva partecipazione della direzione e di tutto il personale dei diversi servizi interessati. Articolo 7 Personale 1. Presso ogni stabilimento il fabbricante deve disporre di personale competente, adeguatamente qualificato e in numero sufficiente a perseguire la finalità dell'assicurazione della qualità farmaceutica. 2. I compiti del personale direttivo e di controllo inclusa la persona qualificata, responsabile dell'attuazione e dell'applicazione della buona prassi di fabbricazione sono specificati nella descrizione delle mansioni. I relativi rapporti gerarchici devono essere definiti nell'organigramma. Questo e le descrizioni delle mansioni devono essere approvati secondo le procedure interne del fabbricante. 3. Il personale di cui al paragrafo 2 deve essere investito dell'autorità necessaria al corretto esercizio delle sue responsabilità. 4. Il personale deve ricevere una formazione iniziale e permanente, teorica e pratica, sulla nozione di assicurazione della qualità e sulle buone prassi di fabbricazione. 5. Devono essere istituiti ed osservati programmi d'igiene adeguati alle attività svolte. Tali programmi devono comprendere procedure concernenti lo stato di salute, l'igiene e l'abbigliamento del personale. Articolo 8 Locali ed apparecchiature 1. L'ubicazione, progettazione, costruzione, adattamento e manutenzione dei locali e delle apparecchiature di produzione devono essere conformi alle operazioni cui sono destinati. 2. La disposizione, la struttura ed il funzionamento dei locali e delle apparecchiature devono essere volti a minimizzare il rischio di errori e a consentire operazioni di pulizia e di manutenzione efficaci che evitino la contaminazione, la contaminazione crociata ed in generale altri effetti negativi per la qualità del prodotto. 3. I locali e le apparecchiature utilizzati per le fasi di produzione, particolarmente importanti ai fini della qualità del prodotto, devono essere sottoposti a qualificazione adeguata. Articolo 9 Documentazione 1. Ogni fabbricante deve disporre di un sistema di documentazione composto dalle specifiche, formule di fabbricazione e istruzioni per la fabbricazione ed il confezionamento, procedimenti e resoconti delle diverse fasi di fabbricazione eseguite. I documenti devono essere chiari, esatti ed aggiornati. Devono essere disponibili documenti prestampati relativi alle fasi e condizioni generali di fabbricazione, unitamente a documenti specifici per la fabbricazione di ogni lotto. La documentazione deve consentire di ripercorrere l'intero iter della fabbricazione di ogni lotto. La documentazione riguardante un determinato lotto deve essere conservata per almeno un anno dalla data di scadenza del lotto in questione e per almeno cinque anni dall'attestazione di cui all'articolo 30, paragrafo 2 della direttiva 81/851/CEE. 2. Se in luogo di documenti scritti sono utilizzati sistemi informatizzati, fotografici o di altro tipo, il fabbricante deve aver provveduto a far convalidare il sistema dimostrando che i dati saranno memorizzati per il periodo di archiviazione previsto. I dati memorizzati con questi sistemi devono essere immediatamente disponibili in forma leggibile. I dati memorizzati con sistema elettronici devono essere protetti contro un'eventuale loro perdita o danneggiamento (per esempio mediante duplicazione o back-up o trasferimento verso un altro sistema di memorizzazione). Articolo 10 Produzione Le singole fasi di produzione devono essere svolte secondo le istruzioni e procedure previste nell'osservanza delle buone prassi di fabbricazione. Devono essere disponibili le risorse necessarie per effettuare i controlli in corso di fabbricazione. Devono essere adottate le misure tecniche e/o organizzative necessarie per evitare la contaminazione crociata e le sostituzioni. Ogni nuova fabbricazione e ogni importante modifica di un processo di fabbricazione devono essere convalidate. Le fasi più importanti del processo di fabbricazione devono essere riconvalidate periodicamente. Articolo 11 Controllo di qualità 1. Ogni fabbricante deve disporre di un servizio di controllo di qualità, posto sotto la responsabilità di una persona in possesso delle qualifiche necessarie e indipendente dagli altri servizi. 2. Il servizio controllo di qualità deve disporre di uno o più laboratori di controllo dotati di personale necessario ed attrezzati adeguatamente per eseguire gli esami e i controlli necessari per le materie prime, i materiali utilizzati per il confezionamento e i prodotti intermedi e finiti. Tale compito può essere affidato a laboratori esterni, secondo il disposto dell'articolo 12 della presente direttiva e previo rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 10, paragrafo 2 della direttiva 81/851/CEE. 3. Durante il controllo finale del prodotto finito, prima che questo sia messo in vendita o distribuito, il servizio di controllo di qualità, oltre che dei risultati delle analisi, deve tener conto di tutte le informazioni rilevanti quali le condizioni di produzione, i risultati dei controlli in corso di fabbricazione, l'esame dei documenti di fabbricazione e la conformità del prodotto finito alle specifiche (compresa la confezione finale). 4. Campioni di ogni lotto di prodotto finito devono essere conservati per almeno un anno a decorrere dalla data di scadenza. Salvo che nello Stato membro dove ha luogo la fabbricazione sia richiesto un periodo più lungo i campioni delle materie prime utilizzate (tranne solventi, gas e acqua) devono essere conservati per almeno due anni a decorrere dalla produzione del prodotto finito. Tale periodo può essere abbriaviato se la loro stabilità nel tempo, secondo quanto indicato nelle relative specifiche, è inferiore. Tutti i campioni devono essere tenuti a disposizione delle autorità competenti. Per determinati medicinali fabbricati singolarmente o in piccole quantità, o la cui conservazione sollevi problemi specifici, d'accordo con l'autorità competente può essere previsto un sistema di campionatura e di conservazione diverso. Articolo 12 Appalti 1. Tutte le fasi di fabbricazione o a questa collegate che siano date in appalto devono formare oggetto di un contratto scritto tra le parti. 2. Nel contratto devono essere indicate chiaramente le obbligazioni di ciascuna parte, in particolare il rispetto delle buone prassi di fabbricazione da parte dell'appaltatore e il modo nel quale la persona qualificata del rilascio finale di ogni lotto assolve alle proprie responsabilità. 3. L'appaltatore non può subappaltare parte del lavoro che gli è stato affidato dal committente senza l'autorizzazione scritta del committente stesso. 4. L'appaltatore deve rispettare i principi e le direttrici sulle buone prassi di fabbricazione e sottoporsi alle ispezioni eseguite dalle autorità competenti e previste dall'articolo 34 della direttiva 81/851/CEE. Articolo 13 Reclami e ritiro del prodotto Il fabbricante deve istituire ed applicare un sistema di registrazione e di esame dei reclami, nonché un sistema per ritirare immediatamente e in qualsiasi momento un medicinale immesso nel circuito di distribuzione. Tutti i reclami relativi a difetti di qualità devono essere registrati e esaminati dal fabbricante. Egli deve informare l'autorità competente di eventuali difetti di qualità che possono portare al ritiro o a un'anomala restrizione della distribuzione del prodotto. Per quanto possibile devono essere indicati anche i paesi di destinazione. Ogni ritiro del prodotto deve essere effettuato secondo il disposto dell'articolo 42 della direttiva 81/851/CEE. Articolo 14 Autoispezione L'autoispezione fa parte del sistema di assicurazione della qualità e deve essere reiterata al fine di controllare l'applicazione e il rispetto delle buone prassi di fabbricazione e, se del caso, proporre le misure correttive necessarie. Devono essere conservate le relazioni delle autoispezioni e delle misure correttive successivamente adottate. CAPITOLO III DISPOSIZIONI FINALI Articolo 15 Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente direttiva entro il 23 luglio 1993. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contegono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri. Articolo 16 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, il 23 luglio 1991. Per la Commissione Martin BANGEMANN Vicepresidente
Medicinali veterinari: buone prassi di fabbricazione SINTESI CHE COSA FA LA DIRETTIVA? Stabilisce i principi e le linee direttrici sulle buone prassi di fabbricazione relative ai medicinali veterinari. PUNTI CHIAVE Le autorità nazionali devono organizzare regolari ispezioni per garantire che i fabbricanti rispettino i principi e le linee direttrici definiti dalla normativa. I costruttori devono: garantire che le proprie attività siano correttamente autorizzate e rispettino le buone prassi di fabbricazione; rivedere regolarmente i propri metodi di fabbricazione alla luce del progresso scientifico e tecnico; istituire e mettere in opera un efficace sistema di garanzia della qualità farmaceutica, che implichi l’attiva partecipazione del personale direttivo e degli addetti; disporre di sufficiente personale, di competenza e qualifiche idonee, per realizzare l’obiettivo di garantire la qualità farmaceutica; definire i compiti del personale direttivo e di controllo e fornire loro una formazione adeguata; stilare e tenere aggiornato un sistema di documentazione, un sistema di controllo della qualità posto sotto la responsabilità di una persona adeguatamente qualificata e corsi di igiene; condurre frequenti ispezioni delle proprie operazioni e adottare ogni necessaria misura correttiva; implementare un sistema per rispondere ai reclami, esaminarli e mettere in atto misure per richiamare tempestivamente qualsiasi medicinale, se necessario, informando al contempo le autorità competenti della loro azione. I locali e le attrezzature utilizzate devono essere situati, progettati, costruiti, adattati e mantenuti per soddisfare il loro scopo, ridurre al minimo il rischio di errore e consentire una pulizia e una manutenzione efficaci. Il sistema di controllo della qualità deve includere l’accesso ai laboratori di controllo della qualità e deve conservare i campioni di ciascun lotto di medicinali per almeno un anno dopo la data di scadenza. Qualsiasi lavoro appaltato deve essere autorizzato da un contratto scritto che definisca le responsabilità di entrambe le parti a rispettare le buone prassi di fabbricazione. Gli importatori devono garantire che i prodotti importati rispondano a norme di fabbricazione almeno equivalenti a quelle valide nell’UE. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Si applica dal 23 luglio 1991. I paesi dell’UE dovevano integrarla nel proprio diritto nazionale entro il 23 luglio 1993. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare: «Qualità dei medicinali e buone prassi di fabbricazione» sul sito Internet della Commissione europea. «Conformità con le buone prassi di fabbricazione e le buone prassi di distribuzione» sul sito Internet dell’Agenzia europea per i medicinali. ATTO Direttiva 91/412/CEE della Commissione, del 23 luglio 1991, che stabilisce i principi e le direttrici sulle buone prassi di fabbricazione dei medicinali veterinari (GU L 228 del 17.8.1991, pag. 70-73) ATTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’Agenzia europea per i medicinali (GU L 136 del 30.4.2004, pag. 1-33). Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 726/2004 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. Direttiva 2004/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che modifica la direttiva 2001/82/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali veterinari (GU L 136 del 30.4.2004, pag. 58-84). Direttiva 2001/82/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali veterinari (GU L 311 del 28.11.2001, pag. 1-66). Si veda la versione consolidata.
5,983
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Direttiva 85/374/CEE del Consiglio del 25 luglio 1985 relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati Membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi Gazzetta ufficiale n. L 210 del 07/08/1985 pag. 0029 - 0033 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 6 pag. 0239 edizione speciale spagnola: capitolo 13 tomo 19 pag. 0008 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 6 pag. 0239 edizione speciale portoghese: capitolo 13 tomo 19 pag. 0008 *****DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 25 luglio 1985 relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi (85/374/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che il ravvicinamento delle legislazioni nazionali in materia di responsabilità del produttore per i danni causati dal carattere difettoso dei suoi prodotti è necessario perché le disparità esistenti fra tali legislazioni possono falsare il gioco della concorrenza e pregiudicare la libera circolazione delle merci all'interno del mercato comune determinando disparità nel grado di protezione del consumatore contro i danni causati alla sua salute e ai suoi beni da un prodotto difettoso; considerando che solo la responsabilità del produttore, indipendente dalla sua colpa, costituisce un'adeguata soluzione del problema, specifico di un'epoca caratterizzata dal progresso tecnologico, di una giusta attribuzione dei rischi inerenti alla produzione tecnica moderna; considerando che la responsabilità si applica solo ai beni mobili che sono oggetto di una produzione industriale; che pertanto occorre escludere da detta responabilità i prodotti agricoli e i prodotti della caccia, salvo che siano stati sottoposti ad una trasformazione di carattere industriale che possa provocarne un difetto; che la responsabilità contemplata dalla presente direttiva vale anche per le cose mobili impiegate nei lavori di costruzione d'immobili o incorporate a beni immobili; considerando che ai fini della protezione del consumatore è necessario considerare responsabili tutti i partecipanti al processo produttivo se il prodotto finito o la parte componente o la materia prima da essi fornita sono difettosi: che per lo stesso motivo è necessario che sia impegnata la responsabilità dell'importatore che introduca prodotti nella Comunità europea e quella di chiunque si presenti come produttore apponendo il suo nome, marchio o altro segno distintivo o fornisca un prodotto il cui produttore non possa essere identificato; considerando che, se dello stesso danno sono responsabili più persone, la protezione del consumatore implica che il danneggiato possa chiedere il risarcimento integrale del danno ad uno qualsiasi dei responsabili; considerando che per proteggere il consumatore nella sua integrità fisica e nei suoi beni è necessario che il carattere difettoso di un prodotto sia determinato non già in base alla carenza del prodotto dal punto di vista del suo uso, bensì in base alla mancanza della sicurezza che il grande pubblico può legittimamente attendersi; che questa sicurezza è valutata esludendo qualsiasi uso abusivo del prodotto che nella fattispecie fosse irragionevole; considerando che una giusta ripartizione dei rischi tra il danneggiato e il produttore implica che quest'ultimo possa esimersi dalla responsabilità se prova l'esistenza di alcuni fatti che lo liberano; considerando che la protezione del consumatore esige che la responsabilità del produttore non risenta dell'intervento di altre persone che abbiano contribuito a causare il danno; che tuttavia la colpa concorrente del danneggiato può essere presa in considerazione per ridurre o sopprimere tale responsabilità; considerando che la protezione del consumatore esige il risarcimento dei danni risultanti dalla morte e dalle lesioni personali nonché il risarcimento dei danni materiali; che esso deve tuttavia essere limitato agli oggetti per uso privato o per consumo privato e soggetto a detrazione di uno franchigia di importo fisso, per evitare un eccessivo numero di controversie; che la direttiva non pregiudica il risarcimento del pretium doloris e di altri danni morali eventualmente previsto dalla legge applicabile nella fattispecie; considerando che un termine di prescrizione uniforme dell'azione di risarcimento è nell'interesse sia del danneggiato sia del produttore; considerando che nel corso del tempo i prodotti si deteriorano, le norme di sicurezza diventano più rigorose e le conoscenze tecnologiche e scientifiche migliorano; che non sarebbe perciò equo pretendere che il produttore fosse responsabile, senza limiti di tempo, dei difetti dei suoi prodotti; che la sua responsabilità deve quindi estinguersi dopo un periodo di durata ragionevole, lasciando tuttavia impregiudicate le azioni pendenti; considerando che ai fini di una efficace protezione del consumatore deve essere esclusa la possibilità di derogare con clausola contrattuale alla responsabilità del produttore nei confronti del danneggiato; considerando che secondo i sistemi giuridici degli stati membri il danneggiato può avere diritto al risarcimento in base alla responsabilità contrattuale o ad un titolo fondato sulla responsabilità extracontrattuale diverso da quello previsto dalla presente direttiva; che, nella misura in cui tali disposizioni perseguono anch'esse l'obiettivo di un'efficace protezione dei consumatori, esse non devono essere pregiudicate dalla presente direttiva; che, nella misura in cui una protezione efficace dei consumatori nel settore dei prodotti farmaceutici sia già garantita in uno stato membro anche mediante un regime speciale di responsabilità, devono ugualmente continuare ad essere possibili azioni basate su questo regime; considerando che, nella misura in cui la responsabilità per danni nucleari è già sottoposta in tutti gli stati membri ad adeguate regolamentazioni speciali, è possibile escludere dal campo di applicazione della presente direttiva danni di tale natura; considerando che l'esclusione dei prodotti agricoli e dei prodotti della caccia dal campo d'applicazione della presente direttiva può essere considerata in taluni stati membri, tenuto conto delle esigenze della protezione dei consumatori, come una ingiustificata restrizione di tale protezione; che deve perciò essere possibile ad uno stato membro estendere la responsabilità a questi prodotti; considerando che per analoghe ragioni la possibilità ad un produttore di liberarsi dalla responsabilità se prova che lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento in cui ha messo il prodotto in circolazione non permetteva di scoprire l'esistenza del difetto, può essere considerata in taluni stati membri come una restrizione ingiustificata della protezione dei consumatori; che deve quindi essere possibile ad uno Stato membro mantenere nella sua legislazione o prescrivere con una nuova legislazione l'inammissibilità di tale prova liberatoria; che in caso di nuova legislazione il ricorso a questa deroga deve tuttavia essere subordinato ad una procedura di statu quo comunitaria per aumentare, se possibile, in modo uniforme il grado di protezione della Comunità; considerando che, tenuto conto delle tradizioni giuridiche della maggior parte degli stati membri, non è appropriato stabilire un tetto finanziario alla responsabilità del produttore, indipendente dalla sua colpa; che tuttavia, nella misura in cui esistono tradizioni diverse, sembra possibile ammettere che uno stato membro possa derogare al principio della responsabilità illimitata prescrivendo un limite alla responsabilità globale del produttore per la morte e i danni personali causati da articoli identici che presentino lo stesso difetto, a condizione che tale limite sia fissato ad un livello sufficientemente elevato da garantire un'adeguata protezione dei consumatori e il corretto funzionamento del mercato comune; considerando che l'armonizzazione risultante dalla presente direttiva non può per ora essere totale ma apre la strada verso una maggiore armonizzazione; che è opportuno quindi che al Consiglio siano sottoposte ad intervalli regolari relazioni della Commissione sull'applicazione della presente direttiva, accompagnate eventualmente da proposte appropriate; considerando che a questo proposito è particolarmente importante procedere ad un riesame delle disposizioni della presente direttiva concernenti le deroghe consentite agli stati membri, alla scadenza di un periodo sufficientemente lungo per poter disporre di un'esperienza pratica sugli effetti di tali deroghe sulla protezione dei consumatori e sul funzionamento del mercato comune, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Il produttore è responsbile del danno causato da un difetto del suo prodotto. Articolo 2 Ai fini della presente direttiva, per « prodotto » si intende ogni bene mobile, ad eccezione dei prodotti agricoli naturali e dei prodotti della caccia, anche se forma parte di un altro bene mobile o immobile. Per « prodotti agricoli naturali » si intendono i prodotti del suolo, dell'allevamento e della pesca, ad esclusione dei prodotti che hanno subito una prima trasformazione. Per « prodotto » si intende anche l'elettricità. Articolo 3 1. Il termine « produttore » designa il fabbricante di un prodotto finito, il produttore di una materia prima o il fabbricante di una parte componente, nonché ogni persona che, apponendo il proprio nome, marchi marchio o altro segno distintivo sul prodotto, si presenta come produttore dello stesso. 2. Senza pregiudizio della responsabilità del produttore, chiunque importi un prodotto nella Comunità europea ai fini della vendita, della locazione, del « leasing » o di qualsiasi altra forma di distribuzione nell'ambito della sua attività commerciale, è considerato produttore del medesimo ai sensi della presente direttiva ed è responsabile allo stesso titolo del produttore. 3. Quando non può essere individuato il produttore del prodotto si considera tale ogni fornitore a meno che quest'ultimo comunichi al danneggiato, entro un termine regionevole, l'identità del produttore o della persona che gli ha fornito il prodotto. Le stesse disposizioni si applicano ad un prodotto importato, qualora questo non rechi il nome dell'importatore di cui al paragrafo 2, anche se è indicato il nome del produttore. Articolo 4 Il danneggiato deve provare il danno, il difetto e la connessione causale tra difetto e danno. Articolo 5 Se, in applicazione della presente direttiva, più persone sono responsabili dello stesso danno, esse rispondono in solido, fatte salve le disposizioni nazionali in materia di diritto di rivalsa. Articolo 6 1. Un prodotto è difettoso quando non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere tenuto conto di tutte le circostanze, tra cui: a) la presentazione del prodotto, b) l'uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato, c) il momento della messa in circolazione del prodotto. 2. Un prodotto non può essere considerato difettoso per il solo fatto che un prodotto più perfezionato sia stato messo in circolazione successivamente ad esso. Articolo 7 Il produttore non è responsabile ai sensi della presente direttiva se prova: a) che non ha messo il prodotto in circolazione; b) che, tenuto conto delle circostanze, è lecito ritenere che il difetto che ha causato il danno non esistesse quando l'aveva messo in circolazione o sia sorto successivamente; c) che non ha fabbricato il prodotto per la vendita o qualsiasi altra forma di distribuzione a scopo economico, né l'ha fabbricato o distribuito nel quadro della sua attività professionale; d) che il difetto è dovuto alla conformità del prodotto a regole imperative emanate dai poteri pubblici; e) che lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento in cui ha messo in circolazione il prodotto non permetteva di scoprire l'esistenza del difetto; f) nel caso del produttore di una parte componente, che il difetto è dovuto alla concezione del prodotto in cui è stata incorporata la parte o alle istruzione date dal produttore del prodotto. Articolo 8 1. Fatte salve le disposizioni nazionali in materia di diritto di rivalsa, la responsabilità del produttore non risulta diminuita quando il danno è provocato congiuntamente da un difetto del prodotto e dall'intervento di un terzo. 2. La responsabilità del produttore può essere ridotta o soppressa, tenuto conto di tutte le circostanze, quando il danno è provocato congiuntamente da un difetto del prodotto e per colpa del danneggiato o di una persona di cui il danneggiato è responsabile. Articolo 9 Ai sensi dell'articolo 1, per « danno » si intende: a) il danno causato dalla morte o da lesioni personali, b) il danno o la distruzione di una cosa diversa dal prodotto difettoso, previa detrazione di una franchigia di 500 ECU, purché la cosa i) sia del tipo normalmente destinato all'uso o consumo privato e ii) sia stata utilizzata dal danneggiato principalmente per proprio uso o consumo privato. Il presente articolo lascia impregiudicate le disposizioni nazionali relative ai danni morali. Articolo 10 1. Gli stati membri prevedono nella loro legislazione che l'azione di risarcimento prevista in forza della presente direttiva cade in prescrizione dopo un termine di tre anni a decorrere dalla data in cui il ricorrente ha avuto o avrebbe dovuto aver conoscenza del danno, del difetto e dell'identità del produttore. 2. La presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni degli stati membri che disciplinano la sospensione o l'interruzione della prescrizione. Articolo 11 Gli stati membri prevedono nella loro legislazione che i diritti conferiti al danneggiato in applicazione della presente direttiva si estinguono alla scadenza di dieci anni dalla data in cui il produttore ha messo in circolazione il prodotto che ha causato il danno, a meno che il danneggiato non abbia avviato, durante tale periodo, un procedimento giudiziario contro il produttore. Articolo 12 La responsabilità del produttore derivante dalla presente direttiva non può essere soppressa o limitata, nei confronti del danneggiato, da una clausola esonerativa o limitativa di responsabilità. Articolo 13 La presente direttiva lascia impregiudicati i diritti che il danneggiato può esercitare in base al diritto relativo alla responsabilità contrattuale o extracontrattuale o in base ad un regime speciale di responsabilità esistente al momento della notifica della direttiva. Articolo 14 La presente direttiva non si applica ai danni risultanti da incidenti nucelari e coperti da convenzioni internazionali ratificate dagli stati membri. Articolo 15 1. Ciascuno stato membro può: a) in deroga all'articolo 2, prevedere nella propria legislazione che, ai sensi dell'articolo 1 della presente direttiva, il termine « prodotto » designi anche i prodotti agricoli naturali e i prodotti della caccia; b) in deroga all'articolo 7, lettera e), mantenere o, fatta salva la procedura di cui al paragrafo 2 del presente articolo, prevedere nella propria legislazione che il produttore è responsabile anche se prova che lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento in cui ha messo in circolazione il prodotto non permetteva di scoprire l'esistenza del difetto. 2. Lo stato membro che desideri applicare la misura prevista al paragrafo 1, lettera b), ne comunica il testo alla Commissione, la quale ne informa gli altri stati membri. Lo stato membro interessato sospende l'adozione della misura prevista durante un periodo di nove mesi a decorrere dall'informazione della Commissione e a condizione che quest'ultima non abbia nel frattempo presentato al Consiglio una proposta di modifica della presente direttiva riguardante la materia presa in considerazione. Tuttavia, se entro tre mesi dal giorno in cui ha ricevuto l'informazione la Commissione non comunica allo stato membro interessato l'intenzione di presentare siffatta proposta al Consiglio, tale stato membro può adottare immediatamente la misura prevista. Qualora la Commissione presenti al Consiglio la proposta di modifica della presente direttiva entro il periodo di nove mesi sopra menzionato, lo stato membro sospende l'adozione della misura prevista per un ulteriore periodo di diciotto mesi a decorrere dal giorno della presentazione. 3. Dieci anni dopo la data di notifica della presente direttiva, la Commissione sottopone al Consiglio una relazione sull'incidenza, per quanto attiene alla protezione dei consumatori e al funzionamento del mercato comune, dell'applicazione data dai tribunali all'articolo 7, lettera e), e al paragrafo 1, lettera b), del presente articolo. In base a tale relazione il Consiglio, deliberando su proposta della Commissione alle condizioni previste dall'articolo 100 del trattato, decide se abrogare l'articolo 7, lettera e). Articolo 16 1. Ciascuno stato membro può stabilire che la responsabilità totale del produttore per i danni risultanti dalla morte o da lesioni personali a causa di articoli identici aventi lo stesso difetto sia limitato ad un determinato importo, non inferiore a 70 milioni di ECU. 2. Dieci anni dopo la data di notifica della direttiva, la Commissione sottopone al Consiglio una relazione sull'incidenza, per quanto attiene alla protezione dei consumatori e al funzionamento del mercato comune, dell'applicazione del limite finanziario della responsabilità da parte degli stati membri che hanno fatto uso della facoltà prevista al paragrafo 1. Alla luce di tale relazione, il Consiglio, deliberando su proposta della Commissione alle condizioni previste dall'articolo 100 del trattato, decide se abrogare il paragrafo 1. Articolo 17 La presente direttiva non si applica ai prodotti messi in circolazione prima della data di entrata in vigore delle disposizioni previste dall'articolo 19. Articolo 18 1. Ai sensi della presente direttiva, l'ECU è quella definita dal regolamento (CEE) n. 3180/78 (1), modificato dal regolamento (CEE) n. 2626/84 (2). Il controvalore in moneta nazionale è inizialmente quello applicabile il giorno dell'adozione della presente direttiva. 2. Il Consiglio, su proposta della Commissione procede ogni cinque anni all'esame e, se del caso, alla revisione degli importi della presente direttiva, tenendo conto dell'evoluzione economica e monetaria nella Comunità. Articolo 19 1. Gli stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro un termine di tre anni dalla sua notifica (1) e ne informano immediatamente la Commissione. 2. La procedura di cui all'articolo 15, paragrafo 2, si applica a decorrere dalla notifica della presente direttiva. Articolo 20 Gli stati membri provvedono a comunicare alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 21 La Commissione trasmette ogni cinque anni al Consiglio una relazione sull'applicazione della presente direttiva e gli presenta, se necessario, proposte appropriate. Articolo 22 Gli stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 25 luglio 1985. Per il Consiglio Il Presidente J. POOS (1) GU n. C 241 del 14. 10. 1976, pag. 9 e GU n. C 271 del 26. 10. 1979, pag. 3. (2) GU n. C 127 del 21. 5. 1979, pag. 61. (3) GU n. C 114 del 7. 5. 1979, pag. 15. (1) GU n. L 379 del 30. 12. 1978, pag. 1. (2) GU n. L 247 del 16. 9. 1984, pag. 1. (1) La presente direttiva è stata notificata agli stati membri il 30 luglio 1985.
Prodotti difettosi: responsabilità SINTESI CHE COSA FA LA DIRETTIVA? Stabilisce il principio della responsabilità indipendentemente dalla colpa, applicabile ai produttori europei. Se un prodotto difettoso* provoca danni al consumatore, il produttore può essere responsabile anche senza negligenza o colpa da parte sua. PUNTI CHIAVE Danni coperti La direttiva si applica a danni: — causati dalla morte o da lesioni personali; — causati alla proprietà privata. I paesi dell’Unione europea (UE) possono fissare un limite per la responsabilità totale di un produttore in caso di morte o di lesione personale derivanti da articoli identici aventi lo stesso difetto. Responsabilità Il termine produttore designa: — il produttore di una materia prima, il fabbricante di un prodotto finito o di una parte componente; — l’importatore del prodotto; — qualsiasi persona che appone il proprio nome, marchio o altro segno distintivo sul prodotto; — qualsiasi persona che fornisce un prodotto il cui produttore o importatore non può essere identificato. Qualora due o più persone siano responsabili dello stesso danno, esse risponderanno in solido. Prova del danno Un prodotto è difettoso quando non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere tenuto conto di tutte le circostanze, tra cui: — la presentazione del prodotto; — l’uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato; — il momento della messa in circolazione del prodotto. L’onere della prova spetta alla persona danneggiata. Essa deve dimostrare: — il danno effettivo; — un difetto nel prodotto; — un nesso di causalità tra il danno e il difetto. Tuttavia, essa non deve dimostrare la negligenza o la colpa del produttore o dell’importatore. Esclusione di responsabilità Una serie di fattori può esonerare il produttore dalla responsabilità, nel caso in cui: — non abbia messo in circolazione il prodotto; — il difetto sia comparso dopo che il prodotto è stato messo in circolazione; — il prodotto non sia stato fabbricato per essere venduto o distribuito a scopo di lucro; — il prodotto non sia stato fabbricato o distribuito per qualsiasi scopo nel quadro delle normali operazioni e pratiche della sua attività; — il difetto sia dovuto alla conformità del prodotto rispetto a norme vincolanti emanate da autorità pubbliche; — il difetto di un componente sia stato causato durante la fabbricazione di un prodotto finale. Quando il danneggiato ha colpa, la responsabilità del produttore può essere ridotta. Scadenza della responsabilità — Il danneggiato dispone di tre anni entro i quali chiedere un risarcimento. Il periodo decorre dalla data in cui il danneggiato ha avuto conoscenza del danno, del difetto e dell’identità del produttore. — Il produttore non è più responsabile dopo dieci anni dalla data di immissione sul mercato del prodotto. — Nessuna clausola contrattuale può permettere al produttore di limitare la sua responsabilità in relazione alla persona danneggiata. — Le norme nazionali sulla responsabilità civile sono ancora applicabili. A PARTIRE DA QUANDO ENTRA IN VIGORE LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 30 luglio 1985. I paesi dell’UE dovevano recepirla nella legislazione nazionale entro il 30 luglio 1988. CONTESTO Responsabilità dei prodotti difettosi TERMINI CHIAVE * Prodotto: qualsiasi bene mobile, anche se parte di un altro bene mobile o immobile. Esso include l’elettricità, i prodotti agricoli naturali (prodotti del suolo, dell’allevamento e della pesca, ad esclusione dei prodotti che hanno subito una prima trasformazione, ovvero taglio, spelatura e congelazione di frutta e verdura) e i giochi. ATTO Direttiva 85/374/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1985, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi (GU L 210 del 7.8.1985, pagg. 29-33)
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Azione comune del Consiglio, del 12 luglio 2002, sul contributo dell'Unione europea alla lotta contro l'accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi portatili e di armi leggere e che abroga l'azione comune 1999/34/PESC Gazzetta ufficiale n. L 191 del 19/07/2002 pag. 0001 - 0004 Azione comune del Consigliodel 12 luglio 2002sul contributo dell'Unione europea alla lotta contro l'accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi portatili e di armi leggere e che abroga l'azione comune 1999/34/PESC(2002/589/PESC)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 14,considerando quanto segue:(1) Il 17 dicembre 1998 il Consiglio ha adottato l'azione comune 1999/34/PESC sul contributo dell'Unione europea alla lotta contro l'accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi portatili e di armi leggere(1).(2) Nella relazione del gruppo di esperti governativi sulle armi leggere si riconosce che le munizioni costituiscono motivo di preoccupazione nei conflitti in cui si fa ricorso ad armi portatili e armi leggere.(3) Una nuova azione comune dovrebbe essere adottata per comprendere, se del caso, le munizioni delle armi portatili e delle armi leggere e l'azione comune 1999/34/PESC dovrebbe di conseguenza essere abrogata,HA ADOTTATO LA SEGUENTE AZIONE COMUNE:Articolo 11. La presente azione comune è volta:- a contrastare l'accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi leggere e a contribuire a porvi termine,- a contribuire a ridurre le accumulazioni esistenti di siffatte armi e delle relative munizioni a livelli compatibili con le legittime esigenze di sicurezza dei paesi e- a contribuire a risolvere i problemi provocati da tali accumuli.2. La presente azione comune contiene i seguenti elementi:- raggiungimento di un consenso sui principi e sulle misure di cui al titolo I,- apporto di un contributo articolato come indicato al titolo II.3. La presente azione comune si applica alle armi elencate in allegato.TITOLO IPrincipi inerenti agli aspetti della prevenzione e della reazioneArticolo 2L'Unione intensifica il suo impegno per raggiungere un consenso, nelle competenti sedi regionali e internazionali (quali le Nazioni Unite e l'OSCE), e fra gli Stati interessati, sui principi e sulle misure stabiliti all'articolo 3 e su quelli stabiliti agli articoli 4 e 5 quale base per approcci regionali e apportatori di progressivi contributi al problema e, se opportuno, per strumenti globali internazionali in materia di armi leggere.Articolo 3Nel perseguire gli obiettivi di cui all'articolo 1 l'Unione europea mira al raggiungimento di un consenso nell'ambito delle competenti sedi internazionali, e se del caso in un contesto regionale, per l'attuazione dei seguenti principi e misure volti a prevenire l'ulteriore accumulazione destabilizzante di armi leggere:a) impegno di tutti i paesi a importare o a detenere armi leggere soltanto per legittime esigenze di sicurezza a un livello commisurato alle stesse nonché alle esigenze legittime di autodifesa, inclusa la capacità di partecipare alle operazioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite;b) impegno dei paesi esportatori a fornire armi leggere soltanto a governi (direttamente o attraverso organi muniti di regolare licenza autorizzati all'approvvigionamento di armi a loro nome), conformemente ai pertinenti criteri internazionali e regionali in materia di restrizioni alle esportazioni di armi come previsto in particolare nel codice di condotta dell'Unione europea, compresi i certificati ufficiali di utilizzazione finale, o se del caso altre informazioni pertinenti circa tale utilizzazione finale;c) impegno di tutti i paesi a produrre armi leggere soltanto ai fini di cui alla lettera a) o per le esportazioni di cui alla lettera b);d) ai fini di controllo, creazione e aggiornamento di inventari nazionali, conservati dalle autorità del paese, di armi legalmente detenute, nonché adozione di una legislazione nazionale restrittiva sulle armi leggere, che contempli sanzioni penali e un controllo amministrativo efficace;e) adozione di misure miranti a rafforzare la fiducia, comprese misure di promozione di una maggiore trasparenza e apertura, mediante registri nazionali sulle armi leggere e scambi periodici delle informazioni disponibili su esportazioni, importazioni, produzione e detenzione di armi leggere, e sulla legislazione nazionale in materia di armi nonché mediante consultazioni fra le parti interessate sulle informazioni scambiate;f) impegno a contrastare il traffico illecito di armi leggere attraverso l'attuazione di controlli nazionali efficaci, quali meccanismi efficienti alle frontiere e doganali, cooperazione regionale e internazionale e potenziamento dello scambio di informazioni;g) impegno ad affrontare e sconfiggere la "cultura della violenza" rafforzando il coinvolgimento dell'opinione pubblica attraverso l'istruzione e programmi di sensibilizzazione.Articolo 4Nel perseguire gli obiettivi di cui all'articolo 1, l'impegno dell'Unione è volto al raggiungimento di un consenso nell'ambito delle competenti sedi internazionali, e se del caso in un contesto regionale, per l'attuazione dei seguenti principi e misure volti a ridurre l'attuale accumulazione di armi leggere e delle relative munizioni:a) adeguata assistenza ai paesi che chiedono sostegno ai fini del controllo o dell'eliminazione dell'eccedenza di armi leggere e delle relative munizioni nel loro territorio, in particolare qualora ciò possa contribuire a prevenire conflitti armati oppure in caso di situazioni post-belliche;b) promozione di misure miranti a rafforzare la fiducia e incentivi volti ad incoraggiare la consegna volontaria delle armi leggere e delle relative munizioni eccedenti o detenute illegalmente, la smobilitazione dei combattenti e la loro successiva reintegrazione e reinserimento, misure idonee a garantire il rispetto degli accordi di pace e sul controllo degli armamenti sotto una sorveglianza congiunta o di una parte terza, il rispetto dei diritti dell'uomo e del diritto umanitario, la salvaguardia dello Stato di diritto, in particolare per quanto riguarda l'incolumità degli ex combattenti e il condono dei reati connessi alla detenzione di armi leggere, nonché progetti di sviluppo incentrati sulle singole comunità ed altri incentivi economici e sociali;c) soppressione effettiva delle eccedenze di armi leggere, compresi l'immagazzinamento in condizioni sicure nonché la distruzione rapida ed effettiva di tali armi e delle relative munizioni, di preferenza sotto la supervisione internazionale;d) fornitura di assistenza attraverso organizzazioni internazionali, programmi e agenzie appropriati nonché accordi regionali.Articolo 5Nel contesto della composizione dei conflitti armati, gli Stati membri promuoveranno ove opportuno:a) l'inclusione, negli accordi di pace fra le parti in conflitto, nei mandati delle operazioni di sostegno della pace o di altre missioni a sostegno della composizione pacifica dei conflitti, di disposizioni relative alla smobilitazione, all'eliminazione delle eccedenze di armi e delle relative munizioni e all'integrazione degli ex combattenti;b) l'esame della possibilità di prevedere misure che garantiscano la soppressione, nel contesto della smobilitazione, delle armi leggere e delle relative munizioni da parte del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite qualora il paese o le parti coinvolte non fossero in grado di ottemperare agli obblighi in materia.TITOLO IIContributo dell'Unione alle azioni specificheArticolo 61. L'Unione fornisce assistenza finanziaria e tecnica ai programmi e progetti che contribuiscono in modo diretto e tangibile all'attuazione dei principi e delle misure di cui al titolo I, inclusi i pertinenti programmi o progetti delle Nazioni Unite, del comitato internazionale della Croce Rossa, di altre organizzazioni internazionali e accordi regionali e di ONG. Tali progetti possono comprendere, fra l'altro, la raccolta di armi, la riforma del settore della sicurezza e programmi di smobilitazione e reinserimento nonché programmi specifici di assistenza alle vittime.2. Nel fornire tale assistenza l'Unione tiene conto, in particolare, dell'impegno, da parte dei beneficiari, di conformarsi ai principi di cui all'articolo 3; del loro rispetto dei diritti umani; della loro osservanza del diritto internazionale umanitario e della salvaguardia dello stato di diritto; nonché della loro ottemperanza agli obblighi internazionali assunti, in particolare per quanto concerne i vigenti trattati di pace e accordi internazionali in materia di controllo delle armi.Articolo 71. Il Consiglio decide circa:- l'assegnazione del contributo finanziario e tecnico di cui all'articolo 6,- le priorità per l'uso di tali fondi,- le condizioni per l'attuazione di azioni specifiche dell'Unione, compresa la possibilità di designare, in taluni casi, una persona responsabile dell'attuazione.2. Il Consiglio decide sul merito, sui meccanismi e sul finanziamento di siffatti progetti caso per caso e sulla base di progetti concreti e accompagnati da un'adeguata stima dei costi, lasciando impregiudicati i contributi bilaterali degli Stati membri e l'azione della Comunità europea.3. Nel rispetto delle condizioni di cui all'articolo 18, paragrafo 2, del trattato, la presidenza:- garantisce i collegamenti con le Nazioni Unite e con le altre pertinenti organizzazioni coinvolte,- stabilisce, con gli accordi regionali e i paesi terzi, i contatti necessari per l'attuazione delle azioni specifiche dell'Unione.Essa informa il Consiglio.Articolo 8Il Consiglio prende atto che la Commissione intende orientare la sua azione verso la realizzazione degli obiettivi e delle priorità della presente azione comune, se del caso con pertinenti misure comunitarie.Articolo 91. Il Consiglio e la Commissione sono responsabili della coerenza delle attività dell'Unione nel settore delle armi leggere, in particolare per quanto concerne le politiche di sviluppo dell'Unione. A tal fine gli Stati membri e la Commissione presentano agli organi competenti del Consiglio tutte le informazioni pertinenti. Il Consiglio e la Commissione garantiscono l'attuazione delle rispettive azioni, conformemente alle rispettive competenze.2. Gli Stati membri si adoperano altresì per aumentare l'efficacia delle loro azioni nazionali nel settore delle armi leggere. Nella misura del possibile le azioni adottate ai sensi dell'articolo 6 sono coordinate con quelle degli Stati membri e della Comunità europea.Articolo 10L'azione comune 1999/34/PESC è abrogata.Articolo 11Il Consiglio esamina ogni anno le azioni adottate nel quadro della presente azione comune.Articolo 12La presente azione comune entra in vigore il giorno della sua adozione.Articolo 13La presente azione comune è pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Fatto a Bruxelles, addì 12 luglio 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteT. Pedersen(1) GU L 9 del 15.1.1999, pag. 1.ALLEGATOL'azione comune si applica alle seguenti categorie di armi, lasciando impregiudicata un'eventuale futura definizione, convenuta a livello internazionale, di armi portatili e di armi leggere. Dette categorie potranno essere ulteriormente chiarite e rivedute alla luce di siffatta eventuale futura definizione convenuta a livello internazionale.a) Armi portatili e accessori appositamente progettate per impiego militare:- mitragliatrici (comprese le mitragliatrici pesanti),- pistole mitragliatrici, compresi i moschetti mitragliatori,- fucili automatici,- fucili semiautomatici, se sviluppati e/o presentati quali modelli per le forze armate,- silenziatori.b) Armi leggere portatili di tipo individuale o collettivo:- cannoni (compresi i cannoni automatici), obici e mortai di calibro inferiore a 100 mm,- lanciabombe,- armi anticarro, lanciatori senza rinculo (razzi lanciati con dispositivi da spalla),- missili anticarro e lanciatori,- missili contraerei/sistemi di difesa antiaerea portatili (MANPAD).
Combattere l’accumulazione delle armi leggere e di piccolo calibro QUAL È LO SCOPO DELLA STRATEGIA? Prevede un piano d’azione per combattere la minaccia associata all’accumulazione e al traffico illegali delle armi leggere e di piccolo calibro (SALW)* e relative munizioni, approfittando dell’ampio ventaglio di meccanismi a disposizione dell’UE. PUNTI CHIAVE La strategia contro le SALW riunisce le capacità civili e militari dei paesi dell’UE, gli strumenti della politica estera e di sicurezza comune (PESC) e della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) e l’azione della polizia, delle dogane e della magistratura all’interno dell’UE per il perseguimento dei suoi obiettivi. Per elaborare meccanismi internazionali, regionali e nazionali serve un multilateralismo efficace. A livello internazionale, si attribuisce la priorità all’attuazione del programma d’azione delle Nazioni Unite sulle SALW; alla tracciabilità delle SALW attraverso un meccanismo mondiale di segnalazione (iTrace II) e alla ratifica del protocollo contro la fabbricazione e il traffico illeciti di armi da fuoco, loro parti e componenti e munizioni. L’UE cercherà altresì di persuadere i paesi extra-UE esportatori di SALW ad aderire a quanto sopra. A livello regionale, l’UE offre sostegno finanziario ai programmi concreti intesi a contrastare le minacce alla sicurezza connesse alle SALW illegali in Libia, Europa sud-orientale e nell’ambito dell’organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Fa progredire la strategia anche lo strumento che contribuisce alla stabilità e alla pace, che aiuta a prevenire e rispondere alle crisi, in modo da creare un ambiente sicuro e stabile in tutto il mondo. Il Consiglio dell’Unione europea monitora ininterrottamente l’attuazione della strategia dell’UE contro le SALW. Ogni sei mesi, il servizio europeo per l’azione esterna presenta una relazione sui progressi compiuti al Consiglio per ottenerne l’approvazione. CONTESTO Le conseguenze dell’eccessiva accumulazione e della diffusione incontrollata delle SALW sono al centro di quattro delle cinque sfide (il terrorismo, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, i conflitti regionali, il fallimento dello Stato e la criminalità organizzata) individuate nella strategia di sicurezza europea. Per ulteriori informazioni, consultare: «La lotta all’eccessiva accumulazione e al traffico illecito delle SALW e delle relative munizioni» sul sito Internet del servizio europeo per l’azione esterna. * TERMINI CHIAVE Armi leggere e di piccolo calibro (SALW): Qualsiasi arma letale portatile individuale. Le armi di piccolo calibro includono pistole, fucili da caccia, fucili d’assalto e mitragliatrici leggere. Le armi leggere includono mitragliatrici pesanti, lanciagranate e cannoni anticarro. DOCUMENTO PRINCIPALE Strategia dell’UE volta a combattere l’accumulazione e il traffico illeciti delle SALW e relative munizioni, Bruxelles, 13 gennaio 2006. ATTI COLLEGATI Regolamento (UE) n. 230/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2014, che istituisce uno strumento inteso a contribuire alla stabilità e alla pace (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 1-10). Decisione (PESC) del Consiglio 2015/1908, del 22 ottobre 2015, a sostegno di un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali volto a ridurre il rischio del loro commercio illegale («iTrace II») (GU L 278 del 23.10.2015, pag. 15-25).
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Regolamento (CE) n. 733/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 aprile 2002, relativo alla messa in opera del dominio di primo livello .eu (Testo rilevante ai fini del SEE) Gazzetta ufficiale n. L 113 del 30/04/2002 pag. 0001 - 0005 Regolamento (CE) n. 733/2002 del Parlamento europeo e del Consigliodel 22 aprile 2002relativo alla messa in opera del dominio di primo livello.eu(Testo rilevante ai fini del SEE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 156,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),previa consultazione del Comitato delle regioni,deliberando in conformità della procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3),considerando quanto segue:(1) La creazione del dominio di primo livello.eu fa parte degli obiettivi intesi ad accelerare il commercio elettronico nel quadro dell'iniziativa eEurope, approvata dal Consiglio europeo di Lisbona del 23-24 marzo 2000.(2) La comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sull'organizzazione e la gestione di Internet fa riferimento alla creazione di un dominio di primo livello.eu e la risoluzione del Consiglio, del 3 ottobre 2000, relativa all'organizzazione e alla gestione di Internet(4) incarica la Commissione di incoraggiare il coordinamento delle politiche legate alla gestione di Internet.(3) I domini di primo livello costituiscono parte integrante dell'infrastruttura di Internet e svolgono un ruolo di primo piano ai fini dell'interoperabilità del World Wide Web ("WWW" o "Web") su scala mondiale. Grazie al collegamento e alla presenza consentiti dall'assegnazione dei nomi di dominio e dei relativi indirizzi, gli utilizzatori sono in grado di rintracciare gli elaboratori e i siti web sulla rete. I domini di primo livello costituiscono inoltre parte integrante di ogni indirizzo Internet di posta elettronica.(4) Il dominio di primo livello.eu dovrebbe agevolare l'uso e l'accesso alle reti e al mercato virtuale basato su Internet, in conformità dell'articolo 154, paragrafo 2, del trattato, predisponendo un dominio di registrazione complementare rispetto agli esistenti domini di primo livello geografici (ccTLDs) o una registrazione globale tra i domini di primo livello generici, e, di conseguenza, dovrebbe creare maggiori opportunità di scelta e di concorrenza.(5) Il dominio di primo livello.eu dovrebbe migliorare l'interoperabilità delle reti transeuropee, in conformità degli articoli 154 e 155 del trattato, garantendo la disponibilità dei server di nomi.eu nella Comunità. Ciò avrà effetti favorevoli sulla topologia e sull'infrastruttura tecnica di Internet in Europa, che trarranno beneficio dall'esistenza di un nuovo gruppo di server di nomi nella Comunità.(6) Grazie al dominio di primo livello.eu, il mercato interno dovrebbe godere di maggiore visibilità nell'ambito del centro di scambi commerciali virtuale basato su Internet. Il dominio di primo livello.eu dovrebbe offrire un nesso chiaramente identificabile con la Comunità, con il quadro normativo associato e con il mercato europeo. Esso dovrebbe inoltre consentire alle imprese, alle organizzazioni e alle persone fisiche della Comunità di registrarsi in un dominio specifico che renda evidente tale nesso. Pertanto, il dominio di primo livello.eu non soltanto costituirà una pietra miliare per l'evoluzione del commercio elettronico in Europa, ma favorirà anche la realizzazione degli obiettivi dell'articolo 14 del trattato.(7) Il dominio di primo livello.eu può accelerare i benefici della società dell'informazione nell'intera Europa, svolgere un ruolo nell'integrazione dei futuri Stati membri nell'Unione europea e contribuire a ridurre il rischio di divario digitale con i paesi limitrofi. È pertanto prevedibile che il regolamento sia esteso allo Spazio economico europeo e che siano richieste modifiche degli accordi vigenti tra l'Unione europea e Stati terzi europei, allo scopo di adeguare i requisiti del dominio di primo livello.eu per consentire la partecipazione degli organismi di tali paesi.(8) Il presente regolamento non pregiudica la normativa comunitaria nel settore della protezione dei dati personali. La sua applicazione dovrebbe avvenire nel rispetto dei principi relativi al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali.(9) La gestione di Internet si è in genere ispirata ai principi di non ingerenza, autogestione e autoregolamentazione. Nella misura del possibile e fatta salva la normativa comunitaria, tali principi dovrebbero altresì applicarsi al dominio di primo livello geografico.eu. A questo riguardo, nella messa in opera del dominio di primo livello.eu possono essere prese in considerazione le migliori prassi, affiancate, laddove opportuno, da orientamenti o codici di condotta su base volontaria.(10) La creazione del dominio di primo livello.eu dovrebbe contribuire alla promozione dell'immagine dell'Unione europea sulle reti globali dell'informazione e apportare valore aggiunto al sistema di nomi Internet oltre ai domini di primo livello geografici nazionali.(11) Il presente regolamento è inteso a stabilire le condizioni di messa in opera del dominio di primo livello.eu in maniera tale da designare un registro e determinare il quadro di politica generale entro cui il registro stesso dovrà operare. Il presente regolamento non disciplina i domini di primo livello geografici nazionali.(12) Il Registro è l'organismo incaricato dell'organizzazione, amministrazione e gestione del dominio di primo livello.eu, tra cui la manutenzione delle corrispondenti basi dati e dei servizi correlati di interrogazione destinati al pubblico, il riconoscimento dei Conservatori del Registro (Registrars), la registrazione dei nomi di dominio richiesta da parte di Conservatori riconosciuti, la gestione dei server dei nomi di dominio di primo livello e la diffusione dei file di zona relativi ai domini di primo livello. I servizi di interrogazione destinati al pubblico associati al dominio di primo livello sono denominati interrogazioni " Who is". Le basi di dati di tipo "Who is" dovrebbero essere conformi alla normativa comunitaria sulla protezione dei dati e il rispetto della vita privata. L'accesso a tali basi fornisce informazioni sui detentori dei nomi di dominio e costituisce uno strumento fondamentale per rafforzare la fiducia degli utilizzatori.(13) Dopo aver pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee un invito alla manifestazione di interesse, la Commissione dovrebbe designare un Registro servendosi di una procedura di selezione aperta, trasparente e non discriminatoria. La Commissione dovrebbe stipulare con il Registro selezionato un contratto che specificherà le condizioni applicabili al Registro stesso per l'organizzazione, l'amministrazione e la gestione del dominio di primo livello.eu e che sarà limitato nel tempo e rinnovabile.(14) La Commissione, in rappresentanza della Comunità europea, ha chiesto la delega per il codice UE, con lo scopo di creare un dominio di primo livello geografico Internet. Il 25 settembre 2000 l'Internet Corporation for Assigned Names and Numbers (ICANN) ha adottato una risoluzione, secondo cui "i codici alfanumerici a 2 elementi sono delegabili in quanto domini di primo livello geografici solo nei casi in cui l'Agenzia di aggiornamento della norma ISO 3166 abbia stabilito, nel proprio elenco eccezionale di nomi riservati, la destinazione esclusiva (reservation) del codice destinata a coprire qualsiasi utilizzo della norma ISO 3166-1 in cui sia necessaria una rappresentazione codificata della denominazione del paese, territorio o regione in questione". Il codice UE adempie a tali condizioni ed è quindi "delegabile" alla Comunità europea.(15) L'Internet Corporation for Assigned Names and Numbers (ICANN) è attualmente responsabile del coordinamento della delega dei codici che rappresentano i domini di primo livello geografici presso i Registri. La risoluzione del Consiglio, del 3 ottobre 2000, incoraggia la messa in opera dei principi applicabili ai Registri dei domini di primo livello geografici adottati dal Comitato GAC (Governmental Advisory Committee). Il Registro dovrebbe concludere un contratto con l'ICANN nel rispetto dei principi del GAC.(16) L'adozione di misure in materia di registrazione abusiva e a fini di speculazione dei nomi di dominio dovrebbe prevedere per i titolari di diritti preesistenti riconosciuti o stabiliti dalla legislazione nazionale e/o comunitaria, nonché per gli organismi pubblici, un determinato periodo di tempo (periodo "sunrise") in cui la registrazione dei loro nomi di dominio è riservata esclusivamente a detti titolari di diritti preesistenti riconosciuti o stabiliti dalla legislazione nazionale e/o comunitaria e organismi pubblici.(17) La revoca dei nomi di dominio non dovrebbe essere effettuata in maniera arbitraria. È tuttavia possibile ottenere una revoca in particolare qualora il nome di dominio fosse manifestamente contrario all'ordine pubblico. La politica in materia di revoca dovrebbe comunque prevedere un meccanismo opportuno ed efficace.(18) Occorrerebbe adottare norme in materia di "bona vacantia" per regolamentare lo status dei nomi di dominio la cui registrazione non è rinnovata o che, ad esempio per effetto del diritto di successione, restano senza detentore.(19) Il nuovo Registro del dominio di primo livello.eu non dovrebbe essere autorizzato a creare domini di secondo livello utilizzando i codici alfanumerici a 2 elementi che rappresentano i paesi.(20) Nell'ambito stabilito dal presente regolamento, dalle regole di politica pubblica relative alla messa in opera e al funzionamento del dominio di primo livello.eu e dai principi di politica pubblica in materia di registrazione, sarebbe opportuno esaminare, in sede di definizione della politica di registrazione, diverse opzioni, compreso il metodo del "primo arrivato, primo servito".(21) Quando si fa riferimento alle parti interessate, dovrebbe essere prevista una consultazione che comprenda in particolare le autorità pubbliche, le imprese, le organizzazioni e le persone fisiche. Il Registro potrebbe istituire un organo consultivo incaricato di organizzare tale consultazione.(22) Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento tra cui i criteri della procedura di selezione del Registro, la designazione del Registro e l'adozione di regole di politica generale sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione, le misure di attuazione del presente regolamento(5).(23) Poiché lo scopo dell'azione proposta, cioè la messa in opera del dominio di primo livello.eu, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell'intervento, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto necessario per conseguire tali scopi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1Obiettivo e campo d'applicazione1. Obiettivo del presente regolamento è la messa in opera del dominio di primo livello geografico (ccTLD).eu nella Comunità. Il regolamento stabilisce le condizioni di tale messa in opera, in particolare per quanto riguarda la designazione di un Registro, e definisce il quadro di politica generale entro il quale opererà tale Registro.2. Il presente regolamento si applica fatte salve le disposizioni adottate negli Stati membri per quanto concerne i domini di primo livello geografici nazionali.Articolo 2DefinizioniAi fini del presente regolamento si intende per:a) "Registro" l'organismo al quale sono affidate l'organizzazione, l'amministrazione e la gestione del dominio di primo livello.eu, tra cui la manutenzione delle corrispondenti banche dati e dei servizi correlati di interrogazione destinati al pubblico, la registrazione dei nomi di dominio, la gestione del Registro dei nomi di dominio, la gestione dei server dei nomi di dominio di primo livello del Registro e la diffusione dei file di zona relativi ai domini di primo livello;b) "Conservatore del Registro (Registrar)" una persona o organismo che, attraverso la stipulazione di un contratto con il Registro, presta servizi di registrazione del nome di dominio ai registranti.Articolo 3Caratteristiche del Registro1. La Commissione:a) definisce, conformemente alla procedura di cui all'articolo 6, paragrafo 3, i criteri e la procedura per la designazione del Registro;b) designa, conformemente alla procedura di cui all'articolo 6, paragrafo 2, il Registro dopo aver pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee un invito alla manifestazione di interesse e una volta conclusa la procedura di invito alla manifestazione di interesse;c) conclude, conformemente alla procedura di cui all'articolo 6, paragrafo 2, un contratto che stabilisce le condizioni secondo cui essa supervisiona l'organizzazione, l'amministrazione e la gestione del dominio di primo livello.eu attuate dal Registro. Il contratto concluso tra la Commissione e il Registro è limitato nel tempo e rinnovabile.Il Registro non può accettare registrazioni finché non è definita la politica di registrazione.2. Il Registro è un organismo senza scopo di lucro istituito conformemente alla legislazione di uno Stato membro. Esso ha la propria sede legale, amministrazione centrale e sede di affari principale nel territorio della Comunità europea.3. Dopo aver ottenuto il consenso della Commissione, il Registro conclude il contratto che prevede la delega del codice del dominio di primo livello geografico.eu. A tal fine si terrà conto dei pertinenti principi adottati dal comitato GAC (Governmental Advisory Committee).4. Il Registro del dominio di primo livello.eu non agisce direttamente in quanto Conservatore.Articolo 4Obblighi del Registro1. Il Registro rispetta le regole, le politiche e le procedure stabilite nel presente regolamento e i contratti di cui all'articolo 3. Il Registro applica procedure trasparenti e non discriminatorie.2. Il Registro:a) organizza, amministra e gestisce il dominio di primo livello.eu secondo criteri di interesse pubblico e conformemente ai principi di qualità, efficienza, affidabilità e accessibilità;b) registra nel dominio di primo livello.eu, a cura di qualsiasi conservatore del Registro accreditato, i nomi di dominio richiesti da:i) qualsiasi impresa che abbia la propria sede legale, amministrazione centrale o sede di affari principale nel territorio della Comunità europea; oii) qualsiasi organizzazione stabilita nel territorio della Comunità europea, fatta salva l'applicazione della normativa nazionale; oiii) qualsiasi persona fisica residente nel territorio della Comunità europea;c) applica diritti, direttamente connessi ai costi sostenuti;d) mette in applicazione la politica e la procedura di risoluzione delle controversie in sede extragiudiziale basata sul recupero dei costi al fine di risolvere prontamente i conflitti tra titolari di nomi di dominio concernenti i diritti connessi a detti nomi, ivi compresi i diritti di proprietà intellettuale, nonché le controversie inerenti a singole decisioni prese dal Registro. Tale politica è adottata conformemente all'articolo 5, paragrafo 1 e prende in considerazione le raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale (OMPI). Detta politica prevede adeguate garanzie di carattere procedurale per le parti interessate e si applica lasciando impregiudicate le possibili vie di ricorso giurisdizionale;e) adotta ed espleta le procedure per il riconoscimento dei Conservatori del dominio.eu e garantisce condizioni di concorrenza effettive ed eque tra detti Conservatori;f) assicura l'integrità delle basi di dati dei nomi di dominio.Articolo 5Quadro politico1. La Commissione, previa consultazione del Registro e applicando la procedura di cui all'articolo 6, paragrafo 3, adotta regole di politica pubblica relative alla messa in opera e al funzionamento del dominio di primo livello.eu e i principi di politica pubblica in materia di registrazione. Tale politica include segnatamente:a) una politica per la risoluzione delle controversie in sede extragiudiziale;b) una politica pubblica in materia di registrazione abusiva e a fini di speculazione dei nomi di dominio, compresa la possibilità di procedere per fasi alla registrazione di nomi di dominio per assicurare ai titolari di diritti preesistenti riconosciuti o stabiliti dalla legislazione nazionale e/o comunitaria e agli organismi pubblici un adeguato lasso di tempo per la registrazione dei loro nomi;c) una politica relativa all'eventuale revoca di nomi di dominio, comprendente la questione "bona vacantia";d) questioni di lingua e di concetti geografici;e) trattamento dei diritti di proprietà intellettuale e altri diritti.2. Entro tre mesi dall'entrata in vigore del presente regolamento, gli Stati membri possono comunicare alla Commissione e agli altri Stati membri un elenco limitato di nomi generalmente riconosciuti in relazione ai concetti geografici e/o geopolitici che interessano la loro organizzazione politica o territoriale e che possono:a) non essere registrati, oppureb) essere registrati solo in un dominio di secondo livello conformemente alle regole di politica pubblica.La Commissione comunica immediatamente al Registro l'elenco dei nomi notificati cui si applicano detti criteri. La Commissione procede alla pubblicazione dell'elenco contestualmente alla comunicazione al Registro.Qualora entro 30 giorni dalla data della pubblicazione uno Stato membro o la Commissione sollevino un'obiezione riguardo a una menzione contenuta in un elenco notificato, la Commissione adotta provvedimenti per ovviare alla situazione, conformemente alla procedura stabilita all'articolo 6, paragrafo 3.3. Prima di cominciare le operazioni di registrazione, il Registro adotta la politica iniziale di registrazione per il dominio di primo livello.eu in consultazione con la Commissione e le altre parti interessate. Il Registro applica, nella politica di registrazione, le regole di politica pubblica adottate a norma del paragrafo 1, tenendo conto dell'elenco di eccezioni di cui al paragrafo 2.4. La Commissione informa periodicamente il Comitato di cui all'articolo 6 delle attività di cui al paragrafo 3 del presente articolo.Articolo 6Comitato1. La Commissione è assistita dal comitato per le comunicazioni istituito dall'articolo 22, paragrafo 1, della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro)(6). Fino all'istituzione del comitato per le comunicazioni, conformemente alla decisione 1999/468/CE, la Commissione è assistita dal comitato istituito dall'articolo 9 della direttiva 90/387/CEE del Consiglio, del 28 giugno 1990, sull'istituzione del mercato interno per i servizi delle telecomunicazioni mediante la realizzazione della fornitura di una rete aperta di telecomunicazioni (Open Network Provision - ONP)(7).2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 3 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.4. Il Comitato adotta il suo regolamento interno.Articolo 7Mantenimento di dirittiLa Comunità mantiene tutti i diritti connessi con il dominio di primo livello.eu, in particolare i diritti di proprietà intellettuale e gli altri diritti relativi alle banche dati del Registro atti a garantire l'attuazione del presente regolamento, nonché il diritto di ridesignare il Registro.Articolo 8Relazione sull'attuazioneLa Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione, l'efficacia e il funzionamento del dominio di primo livello.eu un anno dopo l'adozione del presente regolamento e successivamente ogni due anni.Articolo 9Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Lussemburgo, addì 22 aprile 2002.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteM. Arias Cañete(1) GU C E 96 del 27.3.2001, pag. 333.(2) GU C 155 del 29.5.2001, pag. 10.(3) Parere del Parlamento europeo del 4 luglio 2001 (GU C 65 E, 14.3.2002, pag. 147), posizione comune del Consiglio del 6 novembre 2001 (GU C 45 E del 19.2.2002, pag. 53) e decisione del Parlamento europeo del 28 febbraio 2002 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Decisione del Consiglio del 25 marzo 2002.(4) GU C 293 del 14.10.2000, pag. 3.(5) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(6) GU L 108 del 24.4.2002, pag. 33.(7) GU L 192 del 24.7.1990, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 97/51/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 295 del 29.10.1997, pag. 23).
Il dominio di primo livello .eu (fino al 2022) QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Esso stabilisce le condizioni di messa in opera dell’indirizzo Internet «.eu», noto come dominio di primo livello. In particolare, il regolamento prevede la creazione di un registro e fissa le regole generali sul funzionamento di tale registro. PUNTI CHIAVE Il dominio di primo livello «.eu» dà all’Unione europea (UE) la propria identità su Internet. Mira a promuovere la visibilità dell’UE su Internet, ad aumentare la scelta di nomi di dominio da parte degli utenti e a favorire lo sviluppo del commercio elettronico nel mercato interno. La creazione del dominio di primo livello «.eu» è uno degli obiettivi stabiliti nel piano d’azione eEurope 2002 al fine di favorire il commercio elettronico e promuovere l’uso di Internet. Il dominio «.eu» è aggiuntivo rispetto a quelli già esistenti nell’UE e non li sostituisce. Esso consente agli utenti di avere su Internet un’identità paneuropea (sito web principale o indirizzo e-mail). Scopi La messa in opera del dominio di primo livello «.eu» persegue diversi obiettivi:agevolare l’uso delle reti su Internet e aumentare le possibilità di scelta degli utenti predisponendo un’alternativa rispetto agli esistenti domini di primo livello geografici (ad esempio «.fr» per la Francia o «.it» per l’Italia) o una registrazione globale tra i domini di primo livello generici (ad esempio «.com», «.net»); migliorare l’interoperabilità delle reti transeuropee (cioè la loro capacità di operare le une con le altre e di scambiare e utilizzare informazioni) garantendo la disponibilità dei server di nomi .eu nell’Unione europea; aumentare la visibilità del mercato interno dell’Unione europea nella rete globale e promuovere l’immagine dell’UE sulle reti di informazione globale.Registro Il registro viene tenuto da un’organizzazione non governativa con cui la Commissione europea stipula un contratto.Ha i seguenti compiti:registrare nel dominio di primo livello .eu, a cura dei conservatori del registro accreditato, i nomi di dominio richiesti da imprese, organizzazioni o persone fisiche con sede legale o residenti nell’Unione europea; adottare la politica di registrazione per il dominio di primo livello .eu consultando la Commissione e altre parti interessate, ai sensi delle regole di politica pubblica; applicare diritti, direttamente connessi ai costi sostenuti; applicare la politica di risoluzione delle controversie in sede extragiudiziale al fine di risolvere le controversie inerenti nomi di dominio o decisioni prese dal registro; adottare ed espletare le procedure per il riconoscimento dei conservatori del dominio .eu; assicurare l’integrità delle banche dati dei nomi di dominio.Regole sulla politica La Commissione è responsabile dell’adozione di regole di politica pubblica relative alla messa in opera e al funzionamento del dominio di primo livello .eu e i principi di politica pubblica in materia di registrazione. Tali regole includono in particolare:una politica per la risoluzione delle controversie in sede extragiudiziale; una politica pubblica in materia di registrazione abusiva e a fini di speculazione dei nomi di dominio; una politica relativa all’eventuale revoca di nomi di dominio; questioni di lingua e di concetti geografici; trattamento dei diritti di proprietà intellettuale e altri diritti.Mantenimento di diritti L’Unione europea mantiene tutti i diritti connessi con il dominio di primo livello «.eu», in particolare i diritti di proprietà intellettuale e gli altri diritti relativi alle banche dati del registro. Attuazione La Commissione deve presentare una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione, l’efficacia e il funzionamento del dominio di primo livello .eu ogni due anni. Abrogazione Il regolamento (CE) n. 733/2002 è abrogato dal regolamento (UE) 2019/517 relativo al dominio di primo livello .eu. Il regolamento (CE) n. 733/2002 sarà in vigore fino al 12 ottobre 2022. DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? È in vigore dal 30 aprile 2002. CONTESTO Nel mese di aprile del 2016, il dominio di primo livello .eu ha festeggiato il suo decimo anniversario. Per ulteriori informazioni, consultare:Il dominio di primo livello .eu (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 733/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 aprile 2002, relativo alla messa in opera del dominio di primo livello .eu (GU L 113 del 30.4.2002, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 733/2002 sono state incorporate nel testo base. Questa versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) 2019/517 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2019, relativo alla messa in opera e al funzionamento del nome di dominio di primo livello .eu, che modifica e abroga il regolamento (CE) n. 733/2002 e abroga il regolamento (CE) n. 874/2004 della Commissione (GU L 91 del 29.3.2019, pag. 25). Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla messa in opera, il funzionamento e l’efficacia del dominio di primo livello .eu [COM(2017)0725 final del 4.12.2017]. Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla messa in opera, il funzionamento e l’efficacia del dominio di primo livello .eu [COM(2015) 680 final del 18.12.2015]. Regolamento (CE) n. 874/2004 della Commissione, del 28 aprile 2004, che stabilisce le disposizioni applicabili alla messa in opera e alle funzioni del dominio di primo livello .eu e i principi relativi alla registrazione (GU L 162 del 30.4.2004, pag. 40). Si veda la versione consolidata.
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31997R2027
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Regolamento (CE) n. 2027/97 del Consiglio del 9 ottobre 1997 sulla responsabilità del vettore aereo in caso di incidenti Gazzetta ufficiale n. L 285 del 17/10/1997 pag. 0001 - 0003 REGOLAMENTO (CE) N. 2027/97 DEL CONSIGLIO del 9 ottobre 1997 sulla responsabilità del vettore aereo in caso di incidentiIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 84, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Comitato economico e sociale (2),deliberando in conformità della procedura prevista dall'articolo 189 C del trattato (3),(1) considerando che, nel contesto della politica comune dei trasporti, è necessario migliorare il livello di protezione dei passeggeri coinvolti in incidenti aerei;(2) considerando che il regime della responsabilità in caso di incidenti è disciplinato dalla convenzione per l'unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo internazionale, firmata a Varsavia il 12 ottobre 1929, ovvero dalla convenzione stessa emendata all'Aia il 28 settembre 1955 e dalla convenzione di Guadalajara del 18 settembre 1961 a seconda della convenzione applicabile nella fattispecie, ognuna di esse, laddove applicabile, menzionata in prosieguo come «convenzione di Varsavia»; che la convenzione di Varsavia è applicata a livello mondiale a beneficio sia dei passeggeri che dei vettori aerei;(3) considerando che il limite massimo di responsabilità fissato dalla convenzione di Varsavia è troppo basso rispetto alle condizioni economiche e sociali attuali e determina spesso lunghe vertenze giudiziarie che danneggiano l'immagine dei trasporti aerei; che di conseguenza gli Stati membri hanno aumentato in vario modo il limite massimo di responsabilità determinando così condizioni di trasporto diverse nel mercato interno dell'aviazione;(4) considerando inoltre che la convenzione di Varsavia si applica soltanto ai trasporti internazionali; che nel mercato interno dell'aviazione è stata eliminata la distinzione tra trasporto nazionale ed internazionale; che è pertanto opportuno avere il medesimo livello e il medesimo tipo di responsabilità sia nei trasporti nazionali che in quelli internazionali;(5) considerando che si avverte da tempo l'esigenza di un riesame e di una revisione completi della convenzione di Varsavia che rappresenterebbero a lungo temine una risposta più uniforme e applicabile, a livello internazionale, alla questione della responsabilità dei vettori aerei in caso di incidenti; che gli sforzi per aumentare i limiti massimi di responsabilità imposti dalla convenzione di Varsavia dovrebbero continuare attraverso negoziati multilaterali;(6) considerando che, conformemente al principio di sussidiarietà, è auspicabile un'azione comunitaria per una completa armonizzazione del settore della responsabilità dei vettori aerei e che tale azione potrebbe fungere da linea di orientamento per migliorare la protezione dei passeggeri su scala mondiale;(7) considerando che è opportuno eliminare qualsiasi limite monetario di responsabilità ai sensi dell'articolo 22, paragrafo 1 della convenzione di Varsavia e qualsiasi altro limite legale o contrattuale, in conformità delle attuali tendenze internazionali;(8) considerando che, per evitare che le vittime di incidenti non siano indennizzate, i vettori aerei comunitari, relativamente alle richieste di risarcimento danni da morte, ferite o altre lesioni personali subite da un passeggero ai sensi dell'articolo 17 della convenzione di Varsavia, dovrebbero rinunciare ad avvalersi della difesa di cui all'articolo 20, paragrafo 1 della convenzione di Varsavia fino ad un certo limite massimo;(9) considerando che i vettori aerei comunitari possono essere esonerati dalla loro responsabilità qualora sia accertato che la negligenza del passeggero interessato ha contribuito al danno;(10) considerando che è necessario precisare gli obblighi del presente regolamento alla luce dell'articolo 7 del regolamento (CEE) n. 2407/92 del Consiglio, del 23 luglio 1992, sul rilascio delle licenze ai vettori aerei (4); che a tale proposito i vettori aerei comunitari dovrebbero essere assicurati fino a copertura di un certo limite massimo previsto nel presente regolamento;(11) considerando che i vettori aerei comunitari dovrebbero sempre avere titolo a rivalersi contro terzi;(12) considerando che il versamento sollecito di anticipi può rappresentare un aiuto considerevole per i passeggeri feriti o le persone fisiche aventi titolo ad indennità al fine di far fronte alle spese immediate conseguenti ad un incidente aereo;(13) considerando che le norme relative alla natura e alla limitazione della responsabilità in caso di morte, ferite o altre lesioni personali subite da un passeggero fanno parte delle condizioni di trasporto contenute nel contratto di trasporto aereo tra il vettore e il passeggero; che al fine di ridurre il rischio di distorsioni della concorrenza i vettori aerei dei paesi terzi dovrebbero informare adeguatamente i passeggeri delle loro condizioni di trasporto;(14) considerando che è opportuno e necessario che i limiti monetari indicati nel presente regolamento siano riveduti per tener conto dell'evoluzione della situazione economica e degli sviluppi in sede internazionale;(15) considerando che l'Organizzazione per l'aviazione civile internazionale (ICAO) è attualmente impegnata nella revisione della convenzione di Varsavia; che nell'attesa dei risultati di detta revisione, la Comunità aumenterà, mediante azioni temporanee, la protezione dei passeggeri; che dopo la revisione della convezione da parte dell'ICAO, il Consiglio dovrebbe riesaminare il presente regolamento con la massima sollecitudine,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1 Il presente regolamento stabilisce gli obblighi dei vettori aerei comunitari verso i passeggeri relativamente alla responsabilità in caso di incidenti per danni da morte o ferite di un passeggero o di qualsiasi altra lesione personale subita da un passeggero se l'incidente che ha provocato il danno è avvenuto a bordo dell'aeromobile o nel corso delle operazioni di imbarco o di sbarco.Il presente regolamento precisa inoltre determinati requisiti assicurativi per i vettori aerei comunitari.Il presente regolamento stabilisce inoltre determinati requisiti relativamente alle informazioni che debbono fornire i vettori aerei stabiliti al di fuori della Comunità che operano da, per o all'interno della Comunità.Articolo 2 1. Ai fini del presente regolamento si intende per:a) «vettore aereo», qualsiasi impresa di trasporti munita di valida licenza d'esercizio;b) «vettore aereo comunitario», qualsiasi vettore aereo munito di valida licenza d'esercizio rilasciata da uno Stato membro in conformità del disposto del regolamento (CEE) n. 2407/92;c) «persona avente titolo ad indennità», il passeggero o qualsiasi persona avente titolo a richiedere il risarcimento per quel passeggero, secondo il diritto applicabile;d) «ecu», l'unità di conto adottata in occasione della fissazione del bilancio generale delle Comunità europee, ai sensi degli articoli 207 e 209 del trattato;e) «DSP», i diritti speciali di prelievo quali sono definiti dal Fondo monetario internazionale;f) «convenzione di Varsavia», la convenzione per l'unificazione di alcune regole relative al trasporto aereo internazionale, firmata a Varsavia il 12 ottobre 1929, o la convenzione di Varsavia come modificata all'Aia il 28 settembre 1955 e la convenzione addizionale di Guadalajara del 18 settembre 1961 laddove applicabili al contratto di trasporto di passeggeri, nonché l'insieme dei vigenti strumenti internazionali che la integrano e sono ad essa connessi.2. Le nozioni contenute nel presente regolamento che non sono definite nel paragrafo 1 sono equivalenti a quelle usate nella convenzione di Varsavia.Articolo 3 1. a) La responsabilità del vettore aereo comunitario per i danni da morte, ferite o qualsiasi altra lesione personale subita da un passeggero in caso di incidente non è soggetta ad alcun limite finanziario, sia esso stabilito dalla legge, da una convenzione o in via contrattuale.b) L'obbligo di copertura assicurativa di cui all'articolo 7 del regolamento (CEE) n. 2407/92 è inteso come l'obbligo del vettore aereo comunitario ad essere assicurato fino a copertura del limite di responsabilità previsto dal paragrafo 2 e, al di là di tale limite, fino ad un livello ragionevole.2. Per i danni fino a concorrenza di un importo pari all'equivalente in ecu di 100 000 DSP in vettori aerei comunitari non possono escludere o limitate la loro responsabilità provando che essi ed i loro dipendenti hanno adottato tutte le misure necessarie ad evitare il danno o che era loro impossibile adottarle.3. Fatto salvo il disposto del paragrafo 2, se il vettore aereo comunitario dimostra che la negligenza del passeggero ferito o deceduto ha provocato il danno o ha contribuito al danno, esso può essere esonerato totalmente o in parte dalla sua responsabilità, secondo il diritto applicabile.Articolo 4 In caso di morte, ferite o di qualsiasi altra lesione personale subita dal passeggero in caso di incidente, il presente regolamento nona) implica che un vettore aereo comunitario sia l'unico responsabile tenuto a risarcire i danni, néb) limita il diritto un vettore comunitario di agire per ottenere contributi o risarcimenti da altre parti, secondo il diritto applicabile.Articolo 5 1. Il vettore aereo comunitario deve senza indugio, e comunque entro quindici giorni dall'identificazione della persona fisica avente titolo ad indennità, provvedere agli anticipi di pagamento che si rendano necessari per far fronte ad immediate necessità economiche ed in proporzione al danno subito.2. Fatto salvo il paragrafo 1, in caso di morte gli anticipi non saranno inferiori all'equivalente in ecu di 15 000 DSP per passeggero.3. Un anticipo di pagamento non costituisce riconoscimento di responsabilità e può essere detratto da qualsiasi ulteriore importo dovuto sulla base della responsabilità del vettore aereo comunitario, ma non è restituito, salvo nei casi previsti dall'articolo 3, paragrafo 3, o in circostanze in cui venga successivamente dimostrato che il beneficiario dell'anticipo di pagamento ha provocato il danno o contribuito ad esso con la sua negligenza o non è la persona avente titolo ad indennità.Articolo 6 1. Le disposizioni degli articoli 3 e 5 devono essere inserite nelle condizioni di trasporto del vettore aereo comunitario.2. A loro richiesta, sono fornite ai passeggeri adeguate informazioni sulle disposizioni degli articoli 3 e 5 presso le agenzie di viaggio del vettore aereo comunitario, le agenzie di viaggio e gli sportelli di registrazione e presso i punti di vendita. Il biglietto, o un documento ad esso equivalente, contiene una sintesi di tali disposizioni in linguaggio chiaro e comprensibile.3. I vettori aerei stabiliti al di fuori della Comunità che operano da, per o all'interno della Comunità e che non applicano le disposizioni degli articoli 3 e 5 devono informare espressamente e chiaramente i passeggeri di tale situazione al momento dell'acquisto del biglietto presso le agenzie del vettore aereo, le agenzie di viaggio o gli sportelli di registrazione situati nel territorio di uno Stato membro. I vettori aerei forniscono ai passeggeri un modulo che riporta le loro condizioni. Il fatto che solo il limite massimo di responsabilità sia indicato sul biglietto o su un documento equivalente non costituisce un'informazione sufficiente.Articolo 7 Entro due anni dall'entrata in vigore del presente regolamento la Commissione redige una relazione sull'applicazione del regolamento che tenga contro tra l'altro dell'evoluzione della situazione economica e degli sviluppi intervenuti in sede internazionale. Tale relazione può essere corredata di proposte di revisione del presente regolamento.Articolo 8 Il presente regolamento entra in vigore un anno dopo la data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Lussemburgo, addì 9 ottobre 1997.Per il ConsiglioIl presidenteM. DELVAUX-STEHRES(1) GU C 104 del 10. 4. 1996, pag. 18 e GU C 29 del 30. 1. 1997, pag. 10.(2) GU C 212 del 22. 7. 1996, pag. 38.(3) Parere del Parlamento europeo del 17 settembre 1996 (GU C 320 del 28. 10. 1996, pag. 30), posizione comune del Consiglio del 24 febbraio 1997 (GU C 123 del 21. 4. 1997, pag. 89) e decisione del Parlamento europeo del 29 maggio 1997 (GU C 182 del 16. 6. 1997).(4) GU L 240 del 24. 8. 1992, pag. 1.
Responsabilità del vettore aereo in materia di passeggeri e bagagli QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento attua la convezione di Montreal del 1999 per quanto concerne la responsabilità e le questioni relative ai risarcimenti dei passeggeri del trasporto aereo e i loro bagagli (si veda la sintesi). Nota: il regolamento originale [prima della modifica da parte del regolamento (CE) n. 889/2002] riguardava la responsabilità del vettore aereo dell’Unione europea (Unione) in caso di morte o di lesioni ai passeggeri a causa di incidenti. Il regolamento di modifica del 2002 ha allineato il regolamento originale alle nuove norme internazionali presenti nella convenzione di Montreal, al fine di comprendere anche la responsabilità relativa ai bagagli e ai ritardi. PUNTI CHIAVE Responsabilità del vettore aereo in materia di passeggeri e bagagli Il regolamento opera una sintesi delle norme sulla responsabilità dei vettori aerei dell’Unione nell’ambito della legislazione dell’Unione, della convenzione di Montreal e della legislazione nazionale degli Stati membri dell’Unione. Il risarcimento è espresso come valore approssimativo in valuta locale di diritti speciali di prelievo (DSP)*. Assicurazione e notifica dei passeggeri I vettori aerei dell’Unione devono:disporre di un’assicurazione fino ad un livello adeguato per garantire che tutte le persone aventi diritto ad un risarcimento ricevano l’intero importo cui hanno diritto in virtù del regolamento; garantire la disponibilità di una sintesi di tutte le disposizioni principali che disciplinano la responsabilità nei confronti dei passeggeri e dei loro bagagli presso tutti i punti di vendita, anche via telefono o internet; utilizzare un avviso basato sull’allegato del regolamento.I vettori aerei dell’Unione devono inoltre fornire a ogni passeggero/a un’indicazione scritta in merito ai propri limiti di responsabilità per il volo per quanto concerne:morte o lesioni; distruzione, perdita o danni al bagaglio; danni provocati da ritardi.I limiti sopramenzionati sono quelli stabiliti dal regolamento, a meno che il vettore aereo non applichi di propria volontà limiti superiori. Per il trasporto non operato da vettori aerei dell’Unione, tali requisiti si applicano solo ai voli con arrivo e partenza o operanti all’interno dell’Unione. Risarcimento in caso di morte o lesioni Non sussistono limiti economici alla responsabilità per lesioni o morte dei passeggeri. Per i danni fino a 100 000 DSP, il vettore aereo non può contestare le richieste di risarcimento. Al di là di tale importo, il vettore aereo può contestare una richiesta di risarcimento fornendo prove attestanti la mancanza di negligenza o colpevolezza. Pagamenti anticipati In caso di lesioni o morte del passeggero, il vettore aereo deve eseguire un pagamento anticipato per far fronte a immediate esigenze economiche, entro i 15 giorni dall’identificazione della persona, in presenza delle seguenti condizioni:in caso di morte, tale pagamento anticipato non può essere inferiore a 16 000 DSP; il pagamento anticipato non costituisce il riconoscimento di responsabilità e deve essere compensato con eventuali somme successive pagate per la responsabilità del vettore aereo; non è rimborsabile a meno che il vettore non dimostri che il danno è stato provocato o favorito dalla negligenza o omissione esercitata dalla persona che richiede il risarcimento, o nel caso in cui la persona che ha ricevuto il pagamento anticipato non ne avesse diritto.Ritardi a danno dei passeggeri Se i passeggeri subiscono ritardi, il vettore aereo è responsabile dei danni tranne quando ha preso tutte le misure ragionevoli possibili per evitarli. La responsabilità è limitata a 4 150 DSP. Ritardi dei bagagli Se i bagagli subiscono ritardi, il vettore aereo è responsabile dei danni tranne quando ha preso tutte le misure ragionevoli possibili per evitarli. La responsabilità è limitata a 1 000 DSP. Distruzione, perdita o danni ai bagagli La responsabilità del vettore in caso di distruzione, perdita o danni ai bagagli è limitata alla somma di 1 000 DSP. Nel caso di bagagli registrati, è altresì responsabile anche se il suo comportamento è esente da colpa, salvo difetto inerente al bagaglio stesso. Nel caso di bagagli non registrati, il vettore è responsabile solo se il danno gli è imputabile. Limiti più elevati per i bagagli I passeggeri possono beneficiare di un limite di responsabilità più elevato rilasciando una dichiarazione speciale al momento della consegna del bagaglio al vettore, pagando un supplemento. Il supplemento deve rispecchiare i costi aggiuntivi superiori a quelli per i bagagli valutati entro il limite di responsabilità e deve essere comunicato su richiesta. Reclami sui bagagli Se i bagagli consegnati risultano danneggiati, persi, distrutti o subiscono un ritardo, il passeggero deve scrivere e presentare un reclamo al vettore aereo il prima possibile, entro sette giorni in caso di danni ed entro 21 giorni in caso di ritardo in seguito al ricevimento. Eventuali azioni legali devono essere intraprese entro due anni dalla data di arrivo dell’aeromobile o dalla data in cui quest’ultimo doveva arrivare. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento è in vigore dal 17 ottobre 1998. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda:Politica di sicurezza aerea in Europa (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Diritti speciali di prelievo: credito potenziale sulle valute utilizzabili liberamente dai membri del Fondo monetario internazionale. Esiste la possibilità di scambiare i DSP con tali valute (come definito dal Fondo monetario internazionale). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 2027/97 del Consiglio, del 9 ottobre 1997, sulla responsabilità del vettore aereo in caso di incidenti (GU L 285 del 17.10.1997, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 2027/97 sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 261/2004 che istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato e il regolamento (CE) n. 2027/97 sulla responsabilità del vettore aereo in merito al trasporto aereo di passeggeri e dei loro bagagli [COM(2013) 130 final, del 13.3.2013]. Convenzione per l’unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo internazionale (convenzione di Montreal) (GU L 194 del 18.7.2001, pag. 39). Decisione 2001/539/CE del Consiglio, del 5 aprile 2001, relativa alla conclusione da parte della Comunità europea della convenzione per l’unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo (convenzione di Montreal) (GU L 194 del 18.7.2001, pag. 38).
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98/561/CE: Raccomandazione del Consiglio del 24 settembre 1998 sulla cooperazione in materia di garanzia della qualità nell'istruzione superiore Gazzetta ufficiale n. L 270 del 07/10/1998 pag. 0056 - 0059 RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO del 24 settembre 1998 sulla cooperazione in materia di garanzia della qualità nell'istruzione superiore (98/561/CE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 126 e 127,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Comitato economico e sociale (1),visto il parere del Comitato delle regioni (2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 C del trattato (3),(1) considerando che tutti gli Stati membri hanno l'obiettivo di garantire la qualità dell'istruzione e della formazione e che la Comunità è invitata a contribuire a questo sforzo permanente incoraggiando la cooperazione fra gli Stati membri e, se necessario, sostenendone e completandone l'azione, nel pieno rispetto della responsabilità di questi ultimi per quanto riguarda il contenuto dell'istruzione e l'organizzazione dei sistemi d'istruzione e di formazione, nonché della loro diversità culturale e linguistica;(2) considerando che, nelle sue conclusioni del 25 novembre 1991 (4), il Consiglio ha indicato che il miglioramento della qualità dell'istruzione superiore è una preoccupazione condivisa da tutti gli Stati membri e da tutti gli istituti di istruzione superiore della Comunità europea; che, tenuto conto della diversità dei metodi utilizzati su scala nazionale, l'esperienza accumulata sul piano nazionale potrebbe essere completata dall'esperienza europea, acquisita in particolare nel quadro di progetti pilota volti ad avviare una cooperazione in questo campo o a rafforzare la cooperazione esistente;(3) considerando che le risposte al memorandum della Commissione sull'istruzione superiore sottolineano fra l'altro che la qualità dovrebbe essere garantita a tutti i livelli e in tutti i settori e che gli istituti dovrebbero differenziarsi soltanto per gli obiettivi; i metodi e la domanda di formazione; che in generale viene considerata positivamente l'introduzione di metodi efficaci e condivisibili di valutazione della qualità che tengano conto delle esperienze europee e internazionali e della possibilità di cooperazione;(4) considerando che uno studio realizzato dalla Commissione sulla situazione in materia di valutazione della qualità negli Stati membri ha rivelato che i nuovi sistemi di valutazione della qualità comportano taluni elementi comuni; che i due progetti pilota realizzati successivamente si basavano su un tronco comune di elementi dei sistemi nazionali esistenti; che essi hanno messo tale metodo comune alla prova con successo, dimostrando che l'insieme degli attori in questo campo desidererebbe vivamente proseguire gli scambi di esperienze che attestano la diversità delle culture nazionali sotto il profilo della valutazione nonché l'importanza della garanzia della qualità in generale;(5) considerando che, vista la grande diversità dei sistemi di istruzione nella Comunità, la definizione del termine «istituto di istruzione superiore» utilizzata nella presente raccomandazione comprende tutti i tipi di istituti che conferiscono qualifiche o titoli di tale livello, indipendentemente dalla loro denominazione negli Stati membri; che tale definizione è usata nella decisione che istituisce il programma Socrates;(6) considerando che gli istituti di istruzione superiore devono soddisfare i nuovi bisogni educativi e sociali di una «società conoscitiva» mondiale, e gli sviluppi che ad essa conseguono; che, di conseguenza, essi devono sforzarsi di migliorare le qualità richieste ai servizi da loro proposti mettendo a punto, se del caso, nuove iniziative (individualmente o grazie alla collaborazione nel quadro di associazioni a livello di istruzione superiore), volte ad accrescere la qualità dell'insegnamento e dell'apprendimento;(7) considerando che i cambiamenti tecnologici ed economici, nonché le loro conseguenze per il mercato del lavoro, comportano nuove sfide per gli studi di istruzione superiore e che, da un lato, le sfide risultanti dall'apertura del mercato mondiale e, dall'altro, l'afflusso sempre crescente di studenti verso gli istituti di istruzione superiore pongono gli Stati membri davanti alla necessità di organizzare i rispettivi sistemi d'istruzione superiore e il rapporto di questi ultimi con lo Stato e la società nel rispetto delle norme accademiche esistenti, degli obiettivi della formazione, degli standard qualitativi, dell'autonomia e/o dell'indipendenza a seconda delle strutture pertinenti di ciascuno Stato membro degli istituti di istruzione superiore, tenendo altresì presente la necessità di rendere conto al pubblico e di informarlo;(8) considerando che la discussione sulla comunicazione della Commissione del 13 febbraio 1994 ha dimostrato che i sistemi di garanzia della qualità potrebbero contribuire al reciproco riconoscimento delle qualifiche accademiche e professionali a livello comunitario;(9) considerando che il libro bianco della Commissione «Crescita, competitività e occupazione», il libro bianco «Insegnare e apprendere. Verso la società conoscitiva» nonché il libro verde «Istruzione, formazione, ricerca - Gli ostacoli alla mobilità transnazionale» rilevano l'importanza di un'istruzione di qualità per l'occupazione e la crescita nell'ambito della Comunità e per la sua competitività a livello mondiale; che questi documenti mettono in evidenza il nesso esistente tra le funzioni sociali e culturali dell'istruzione e della formazione, da un lato, e le loro funzioni economiche, dall'altro, e dunque il carattere poliedrico del concetto di qualità; che emerge chiaramente che ai fini della mobilità transnazionale occorrono sistemi di istruzione trasparenti;(10) considerando che l'incentivazione della mobilità è uno degli obiettivi della cooperazione comunitaria nei settori dell'istruzione e della formazione; che il libro verde della Commissione «Istruzione, formazione, ricerca - Gli ostacoli alla mobilità transnazionale» analizza i principali ostacoli giuridici, amministrativi e pratici con cui debbono confrontarsi gli studenti che intendano studiare in un altro Stato membro, propone misure per migliorare la mobilità e sottolinea che questo tipo di mobilità giova ad un'istruzione di elevata qualità che offra alle persone la possibilità di competere a livello internazionale e di profittare della libera circolazione nella Comunità;(11) considerando che le dimensioni, la struttura e il finanziamento dei sistemi di istruzione superiore negli Stati membri sono diversi e che le loro finalità continueranno ad evolvere; che in taluni Stati membri il sistema di istruzione superiore include università e altri istituti di istruzione superiore, spesso a indirizzo professionale; che il concetto, la portata e i metodi di valutazione della qualità saranno definiti dagli Stati membri e resteranno flessibili e modulabili a seconda delle nuove circostanze e/o strutture;(12) considerando le responsabilità esclusive degli Stati membri in materia di organizzazione e struttura dei rispettivi sistemi di istruzione superiore e i loro vincoli di bilancio nonché l'autonomia e/o l'indipendenza, a seconda delle strutture competenti di ciascuno Stato membro, degli istituti di istruzione superiore,I. RACCOMANDA agli Stati membri:A. di sostenere e, se del caso, istituire sistemi trasparenti di valutazione della qualità, al fine di:- salvaguardare la qualità dell'istruzione superiore nelle condizioni economiche, sociali e culturali specifiche di ogni paese, tenendo conto della dimensione europea e della rapida evoluzione del mondo;- incoraggiare ed aiutare gli istituti di istruzione superiore a basarsi su misure appropriate e in particolare sulla valutazione per migliorare la qualità dell'insegnamento e dell'apprendimento in un mondo in rapida evoluzione nonché della formazione alla ricerca, altro campo importante della loro missione;- promuovere gli scambi reciproci di informazioni per quanto riguarda la qualità e la garanzia della qualità a livello comunitario e mondiale e incoraggiare la cooperazione tra gli istituti di istruzione superiore in questo settore;B. di basare i sistemi di valutazione della qualità sui seguenti elementi, illustrati nell'allegato:- autonomia e/o indipendenza, a seconda delle strutture competenti ciascuno Stato membro, degli organismi incaricati della valutazione della qualità nella scelta delle procedure e dei metodi;- adeguamento delle procedure e dei metodi di valutazione della qualità al profilo e alla missione degli istituti di istruzione superiore, nel rispetto della loro autonomia, e/o indipendenza, a seconda delle strutture competenti di ciascuno Stato membro;- utilizzazione, in funzione degli obiettivi, di elementi di valutazione interna e/o esterna della qualità adattati alle procedure e ai metodi utilizzati;- partecipazione delle varie parti interessate a seconda dell'oggetto della valutazione;- pubblicazione dei risultati della valutazione in una forma adeguata a ciascuno Stato membro;C. di incoraggiare, se necessario, gli istituti d'istruzione superiore, in cooperazione con le strutture competenti degli Stati membri, ad adottare le misure di controllo adeguate;D. di invitare le autorità competenti e gli istituti di istruzione superiore ad annettere particolare importanza allo scambio di esperienze e alla cooperazione in materia di valutazione della qualità con gli altri Stati membri, nonché con le organizzazioni e le associazioni internazionali che operano nel settore dell'istruzione superiore;E. di promuovere una cooperazione tra le autorità responsabili della valutazione o della garanzia della qualità nell'istruzione superiore e di favorire il loro inserimento in rete.Questa cooperazione potrebbe riguardare, del tutto o in parte, i seguenti aspetti:a) favorire e potenziare lo scambio di informazioni e di esperienze, in particolare per quanto attiene gli sviluppi metodologici e agli esempi di buone prassi;b) rispondere alle richieste di valutazione e consulenza delle autorità interessate degli Stati membri;c) sostenere gli istituti di istruzione superiore che desiderano cooperare, su base transnazionale, in materia di valutazione;d) favorire i contatti con esperti internazionali.Nel perseguimento di tali obiettivi, dovrebbe essere preso in considerazione il nesso che si stabilisce tra la valutazione della qualità e altre attività comunitarie, in particolare quelle esistenti nel quadro dei programmi Socrates e Leonardo da Vinci, nonché l'«acquis» comunitario nel settore del riconoscimento delle qualifiche a fini professionali.II. RACCOMANDA:alla Commissione di adoperarsi, in stretta cooperazione con gli Stati membri, sulla base dei programmi esistenti e secondo gli obiettivi e le procedure abituali; aperte e trasparenti di tali programmi, per favorire la cooperazione di cui al punto I.E tra le autorità responsabili in materia di valutazione e garanzia della qualità nell'istruzione superiore e per integrarvi le organizzazioni e associazioni di istituti di istruzione superiore a vocazione europea che posseggano l'esperienza richiesta nel campo della valutazione e della garanzia della qualità.III. INVITA:la Commissione a presentare ogni tre anni, al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni relazioni sui progressi compiuti per quanto riguarda lo sviluppo dei sistemi di valutazione della qualità nei vari Stati membri, sulle attività di cooperazione a livello europeo in tale campo, compresi i progressi compiuti in merito ai suddetti obiettivi.Fatto a Bruxelles, addì 24 settembre 1998.Per il ConsiglioIl PresidenteJ. FARNLEITNER(1) GU C 19 del 21. 1. 1998, pag. 39.(2) GU C 64 del 27. 2. 1998, pag. 63.(3) Parere espresso dal Parlamento europeo del 18 novembre 1997 (GU C 371 dell'8. 12. 1997, pag. 33), posizione comune del Consiglio del 26 febbraio 1998 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Parlamento europeo del 28 maggio 1998 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(4) GU C 321 del 12. 12. 1991, pag. 2.ALLEGATO Elementi indicativi della valutazione della qualità Gli elementi menzionati in appresso sono comuni ai sistemi di valutazione esistenti in Europa. I progetti pilota europei per la valutazione della qualità nell'istruzione superiore hanno dimostrato che tutti gli attori che operano in tale settore possono trarre giovamento dallo studio di questi elementi.L'autonomia e/o l'indipendenza, a seconda delle strutture pertinenti di ciascuno Stato membro, dell'organismo incaricato della valutazione della qualità (sul piano delle procedure e dei metodi) possono contribuire all'efficacia delle procedure di valutazione e all'accettazione dei loro risultati.I criteri per la valutazione della qualità sono strettamente legati agli obiettivi assegnati a ciascun istituto in considerazione dei bisogni della società e del mercato del lavoro; le varie procedure di valutazione implicano dunque necessariamente che si tenga conto della specificità dell'istituto. La conoscenza degli obiettivi istituzionali, sia a livello dell'istituto nel suo insieme, che di un dipartimento o di una sola unità, è essenziale a tal fine.Le procedure di valutazione della qualità dovrebbero comportare, di norma, un elemento interno di autoriflessione e un elemento esterno basato sul parere di esperti esterni.L'elemento interno di autoriflessione dovrebbe puntare alla partecipazione di tutti gli attori, in particolare il corpo insegnante e, se del caso, gli amministratori responsabili dell'orientamento accademico e professionale, nonché gli studenti. L'elemento esterno dovrebbe essere un processo di cooperazione, di consultazione e di consulenza fra esperti indipendenti esterni ed attori appartenenti all'istituto in questione.In funzione degli obiettivi e dei criteri utilizzati nella procedura di valutazione nonché delle strutture dell'istruzione superiore degli Stati membri, le associazioni professionali, le parti sociali e gli ex studenti potrebbero essere rappresentati nei gruppi di esperti.Sarebbe auspicabile che esperti stranieri partecipassero alle procedure, al fine di favorire lo scambio delle esperienze acquisite in altri paesi.Le relazioni sui risultati delle procedure di valutazione della qualità dovrebbero essere pubblicate in una forma adeguata a ciascuno Stato membro e costituire un materiale di riferimento utile per i partner e per l'informazione dei cittadini in generale.
Qualità nell’istruzione superiore L’Europa è leader mondiale per quanto riguarda l’istruzione. Per mantenere tale posizione di avanguardia, i ministri europei dell’Istruzione hanno raccomandato l’introduzione di valutazioni della qualità e di meccanismi di certificazione della qualità nei sistemi di istruzione superiore. ATTO Raccomandazione del Consiglio 98/561/CE sulla cooperazione in materia di certificazione della qualità nell’istruzione superiore. SINTESI Nel 1998, i paesi dell’Unione europea (UE) si sono accordati per stabilire sistemi trasparenti di valutazione e di certificazione nel settore dell’istruzione superiore. Per salvaguardare e migliorare la qualità dell’istruzione superiore, tenendo conto delle condizioni di ogni paese, della dimensione europea e dei requisiti internazionali, questi sistemi devono integrare i seguenti elementi: autonomia e indipendenza degli organismi incaricati della valutazione e della certificazione della qualità; adeguamento delle procedure di valutazione a quelle previste dalle istituzioni scolastiche; valutazione interna ed esterna; coinvolgimento di tutte le parti interessate (insegnanti, amministratori, studenti, ex studenti, parti sociali, associazioni professionali, esperti stranieri); pubblicazione delle valutazioni. Nel 2006, una raccomandazione congiunta del Parlamento europeo e del Consiglio richiedeva l’ introduzione di sistemi interni di certificazione della qualità , in linea con gli standard e le linee guida adottate a Bergen nell’ambito del Processo di Bologna, oltre alla creazione di un registro europeo delle agenzie di certificazione della qualità (EQAR).La raccomandazione invitava gli Stati membri a consentire agli istituti d’istruzione superiore di scegliere un’agenzia di certificazione della qualità o accreditamento, tra quelle iscritte nel registro europeo, corrispondente alle loro necessità e alle loro caratteristiche, a condizione che questa fosse compatibile con la loro legislazione nazionale o consentita dalle loro autorità nazionali. Relazioni triennali Vengono redatte relazioni per monitorare i progressi in materia di certificazione della qualità negli istituti di istruzione superiore. Nonostante i progressi compiuti, sono state rilevate alcune mancanze. La relazione del 2014 evidenzia le lacune esistenti nel modo in cui la certificazione della qualità contribuisce alle riforme dell’istruzione superiore, come l’ampliamento dell’accesso, il rafforzamento dell’occupabilità e dell’internazionalizzazione o il miglioramento della formazione dottorale e delle strategie in materia di risorse umane. Per colmare queste lacune, la certificazione della qualità deve diventare un sostegno alla creazione di una cultura interna della qualità negli istituti di istruzione superiore e non essere una procedura puramente formale. È necessario un approccio settoriale alla certificazione della qualità che individui alcuni principi e orientamenti di base validi per tutti i settori e applicabili a tutte le qualifiche. Azioni pianificate Le azioni a favore di una migliore cooperazione europea in materia di certificazione della qualità per l’ apprendimento permanente comprendono: consultare le parti interessate sulla necessità e fattibilità di un rafforzamento della coerenza in materia di certificazione della qualità nei vari sottosettori dell’istruzione; revisione approfondita delle norme e degli indirizzi europei che si concentri sull’innalzamento degli standard qualitativi piuttosto che sugli aspetti procedurali, e che estenda il campo di applicazione; migliorare le sinergie tra gli strumenti esistenti: continuare a promuovere la trasparenza degli strumenti che sostengono la certificazione della qualità, quali l’EQF, l’ECTS, l’EQUAVET ed Europass; collaborare con gli Stati membri per incoraggiare un maggior numero di agenzie di certificazione della qualità a chiedere la registrazione nell’EQAR e per permettere alle agenzie straniere registrate nell’EQAR di operare nel quadro dei loro sistemi di istruzione superiore; promuovere la cooperazione in materia di certificazione della qualità a livello internazionale, mediante il dialogo politico con partner internazionali e al fine di porre le basi della costituzione di partenariati con gli istituti di istruzione superiore di tutto il mondo (tramite ERASMUS+). RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Raccomandazione 98/561/CE - - GU L 270 del 7.10.1998 ATTI COLLEGATI Raccomandazione 2006/143/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sul proseguimento della cooperazione europea in materia di certificazione della qualità nell’istruzione superiore [Gazzetta ufficiale L 64 del 4.3.2006]. Relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Relazione sui progressi in tema di certificazione della qualità nell’istruzione superiore [COM(2009)487 def. del 21.9.2009]. Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Relazione sui progressi in tema di certificazione della qualità nell’istruzione superiore [COM(2014) 29 final del 28.1.2014 - non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Conclusioni del Consiglio, del 20 maggio 2014, sulla certificazione della qualità a sostegno dell’istruzione e della formazione [Gazzetta ufficiale C 183 del 14.06.2014].
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 20 gennaio 2009 relativa all’assistenza finanziaria a medio termine della Comunità alla Lettonia (2009/290/CE) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, visto il regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (1), ed in particolare l’articolo 3, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione presentata previa consultazione del Comitato economico e finanziario (CEF), considerando quanto segue: (1) Con la decisione 2009/289/CE (2) il Consiglio ha concesso assistenza reciproca alla Lettonia. (2) In un contesto di fabbisogno di finanziamento esterno molto elevato, i mercati dei capitali e finanziari lettoni sono stati di recente oggetto di pressioni, che riflettono un deterioramento generale del clima sui mercati e crescenti preoccupazioni in merito alla salute dell’economia lettone dati i gravi squilibri dovuti all’ampio disavanzo e debito esterno, all’indebolimento della finanza pubblica e ad elevati tassi di inflazione dei costi e dei prezzi. Il settore bancario lettone registra gravi problemi di liquidità e di fiducia. Il livello delle riserve valutarie estere è sceso poiché la Banca centrale è intervenuta per preservare l’ancoraggio della valuta. (3) Il fabbisogno di finanziamento esterno complessivo della Lettonia fino al primo trimestre del 2011 è stimato a 7,5 miliardi di EUR. (4) È necessario fornire alla Lettonia un sostegno comunitario per un importo massimo di 3,1 miliardi di EUR nel quadro del meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri istituito con il regolamento (CE) n. 332/2002. Tale assistenza dovrebbe essere fornita in combinazione con un prestito del Fondo monetario internazionale (FMI) di 1,5 miliardi di DSP (circa 1,7 miliardi di EUR — ovvero approssimativamente il 1 200 % della quota della Lettonia nell’FMI) in virtù di un accordo di stand-by dell’FMI approvato il 23 dicembre 2008. I paesi nordici (Svezia, Danimarca, Finlandia, Estonia e Norvegia) dovrebbero apportare 1,9 miliardi di EUR in totale, la Banca mondiale 0,4 miliardi di EUR, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, la Repubblica ceca e la Polonia 0,4 miliardi di EUR complessivamente, il che porterebbe il totale a 7,5 miliardi di EUR nel periodo che si estende fino al primo trimestre del 2011. (5) L’assistenza comunitaria devono essere gestita dalla Commissione. Le condizioni di politica economica convenute con le autorità lettoni dopo la consultazione del Comitato economico e finanziario devono essere oggetto di un memorandum di intesa. Esse devono comprendere, tra l’altro, le misure intese ad alleggerire nell’immediato le pressioni sulla liquidità, a ricostituire la stabilità a lungo termine rafforzando il settore bancario, a correggere gli squilibri di bilancio e ad adottare le politiche interne volte a migliorare la competitività. Le misure devono consentire un risanamento di bilancio immediato e sostenuto, una strategia globale di sostegno al settore bancario, il rafforzamento della capacità di gestione delle crisi da parte delle autorità di regolamentazione, riforme strutturali globali nonché altre misure importanti. Le modalità finanziarie dettagliate devono essere fissate dalla Commissione nell’accordo sul prestito. (6) L’assistenza deve essere accordata al fine di alleggerire nell’immediato le pressioni sulla liquidità a condizione dell’applicazione di politiche volte a ricostituire la stabilità di lungo termine rafforzando il settore bancario, correggendo gli squilibri di bilancio e adottando politiche che consentano di migliorare la competitività, mantenendo il tasso di cambio all’interno della banda di oscillazione ristretta attorno all’attuale parità centrale, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 1. La Comunità mette a disposizione della Lettonia un prestito di medio termine per un importo massimo di 3,1 miliardi di EUR, con una scadenza media massima di sette anni. 2. L’assistenza finanziaria della Comunità copre un periodo di tre anni a decorrere dal primo giorno successivo all’entrata in vigore della presente decisione. Articolo 2 1. L’assistenza è gestita dalla Commissione in modo coerente con gli impegni della Lettonia e le raccomandazioni del Consiglio. Tali condizioni sono fissate in un memorandum d’intesa. Le condizioni finanziarie sono stabilite nel dettaglio dalla Commissione nell’accordo sul prestito. 2. La Commissione verifica periodicamente in collaborazione con il CEF che siano soddisfatte le condizioni di politica economica cui è subordinata l’assistenza. La Commissione tiene informato il CEF in merito al possibile rifinanziamento dei prestiti o alla ristrutturazione delle condizioni finanziarie. 3. La Lettonia è disposta ad adottare e ad applicare misure di risanamento supplementari per stabilizzare l’economia, se esse risulteranno necessarie durante l’applicazione del programma di assistenza. Le autorità lettoni consultano la Commissione prima di adottare tali misure supplementari. Articolo 3 1. La Commissione mette a disposizione della Lettonia l’assistenza finanziaria comunitaria in un massimo di sei quote, la cui entità sarà fissata nel memorandum d’intesa. 2. La prima quota è erogata con riserva dell’entrata in vigore dell’accordo sul prestito e del memorandum d’intesa. 3. Se necessario per finanziare il prestito, è consentito l’uso prudente di swap sui tassi di interesse con controparti appartenenti alla classe di merito di credito più elevata. 4. La Commissione decide in merito allo svincolo delle quote successive dopo aver ottenuto il parere del CEF. 5. L’esborso di ciascuna quota successiva avviene sulla base della soddisfacente attuazione del nuovo programma economico (programma di stabilizzazione economica e di rilancio della crescita) del governo lettone, incluso nel programma di convergenza, ed in particolare delle condizioni economiche specifiche stabilite nel memorandum d’intesa. Queste includono, tra l’altro: a) l’adozione di un programma di bilancio a medio termine chiaramente definito per riportare il disavanzo delle amministrazioni pubbliche al di sotto del valore di riferimento del 3 % del PIL previsto dal trattato entro il 2011; b) l’esecuzione del bilancio per il 2009 modificato dal bilancio suppletivo adottato il 12 dicembre 2008 (e che sarà sottoposto nel dettaglio entro la fine di marzo 2009) volto al contenimento del disavanzo di cash flow entro il 5 % del PIL o del 5,3 % in termini di SEC 95; c) la riduzione delle retribuzioni medie del settore pubblico di almeno il 15 % nel 2009 in termini nominali rispetto al bilancio iniziale del 14 novembre 2008 e di un ulteriore 2 % nel 2010-2011; d) la continuazione delle misure iniziate nel 2008 volte alla riduzione di almeno il 5 % dell’occupazione nell’amministrazione centrale entro la fine del 2008 ed alla riduzione totale del 10 % entro il 30 giugno 2009; e) il rafforzamento dell’organizzazione e dell’attuazione delle procedure di bilancio grazie all’adozione di un quadro di bilancio e di una legge di riforma di bilancio mediante una modifica alla legge vigente sulla gestione finanziaria e di bilancio; f) l’introduzione di un sistema di pagamento dei salari chiaro e trasparente per i dipendenti diretti delle amministrazioni pubbliche e l’istituzione di un sistema unico di pianificazione e di gestione delle risorse umane delle amministrazioni pubbliche; g) meccanismi destinati a stabilizzare maggiormente il sistema bancario a medio e lungo termine, in particolare un’ampia gamma di misure di vigilanza, prudenziali e di politica monetaria. Tali misure dovrebbero limitare la crescita del credito a livelli sostenibili ed evitare una dipendenza eccessiva da finanziamenti esterni non garantiti. Si effettuano controlli mirati nel sistema bancario per verificare che tutte le banche siano solvibili e dispongano di capitali sufficienti; h) misure appropriate riguardanti la ristrutturazione del debito nel settore privato. È rafforzata la base giuridica appropriata per la ristrutturazione del debito in termini di durata e di valuta. È inoltre data priorità al miglioramento delle procedure fallimentari e alla rapida attuazione dei programmi di risanamento; i) misure volte a garantire che i residui azionisti di minoranza della banca Parex non traggano vantaggio del piano di risanamento della banca e misure intese a rafforzare la stabilità finanziaria tramite una completa nazionalizzazione della banca Parex; j) misure di riforma strutturale nel contesto della strategia di Lisbona, attuate nel quadro del programma nazionale di riforma della Lettonia, in particolare politiche attive in materia di occupazione e di formazione permanente, un maggiore coinvolgimento degli operatori del settore privato nelle attività di R&S e di innovazione, misure di promozione delle esportazioni e la soppressione degli oneri amministrativi a carico delle imprese; k) l’attuazione di progetti finanziati dall’UE al livello previsto per migliorare il contributo del settore tradeable alla crescita economica; l) misure intese a migliorare l’accesso ai finanziamenti per le imprese e gli imprenditori le cui richieste di fondi strutturali siano state approvate o che prevedano eventualmente di presentare una domanda per l’ottenimento di fondi strutturali. Articolo 4 La Repubblica di Lettonia è destinataria della presente decisione. Articolo 5 La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 20 gennaio 2009. Per il Consiglio Il presidente M. KALOUSEK (1) GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1. (2) Cfr. pagina 37 della presente Gazzetta ufficiale.
Assistenza finanziaria alla Lettonia QUAL È LO SCOPO DELLE DECISIONI? L’Unione europea (UE) e varie organizzazioni internazionali hanno fornito assistenza finanziaria alla Lettonia tra il dicembre 2008 e la fine del 2011, sulla base del regolamento (CE) n. 332/2002, che consente all’Unione di fornire assistenza finanziaria a medio termine ai paesi dell’UE al di fuori della zona euro che hanno difficoltà con la bilancia dei pagamenti. PUNTI CHIAVE Nel gennaio 2009, è stata concordata un’assistenza finanziaria multilaterale per la Lettonia di 7,5 miliardi di euro per il periodo 2009-2011. Il finanziamento comprendeva: UE: 3,1 miliardi di euro nell’ambito del programma di assistenza per la bilancia dei pagamenti; Fondo monetario internazionale (FMI) : circa 1,7 miliardi di euro; Paesi nordici (Svezia, Danimarca, Finlandia, Norvegia) ed Estonia: 1,9 miliardi di euro; Banca Mondiale : 0,4 miliardi di euro; Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo , Repubblica ceca e Polonia: 0,4 miliardi di euro. In cambio dei prestiti, la Lettonia ha accettato di: ripristinare la stabilità finanziaria rafforzando il settore bancario; correggere gli squilibri di bilancio (ovvero nelle finanze pubbliche); adottare politiche nazionali per migliorare la competitività; migliorare la capacità di gestione delle crisi da parte delle autorità di regolamentazione; attuare riforme strutturali a livello globale. Alla fine, 4,5 miliardi di euro sono stati versati entro il termine del programma di assistenza (19 gennaio 2012). A partire dal 20 gennaio 2012, la Commissione europea ha avviato la sorveglianza post-programma, organizzando sei missioni di verifica nel paese. La sorveglianza si è conclusa nel gennaio 2015, dopo che la Lettonia aveva rimborsato il 75 % del prestito dell’UE. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LE DECISIONI? Le decisioni 2009/289/CE e 2009/290/CE hanno preso effetto il 23 gennaio 2009. CONTESTO Nel febbraio 2002, il Consiglio dell’Unione europea ha conferito all’Unione il potere di concedere prestiti ai paesi dell’UE che affrontano, o rischiano di affrontare, difficoltà con la bilancia dei pagamenti o con i movimenti di capitali. Tale assistenza finanziaria è disponibile solo per i paesi che non utilizzano l’euro. La Lettonia ha fatto richiesta di assistenza alla fine del 2008, dopo che i suoi capitali e mercati finanziari sono stati sottoposti a forti pressioni e il settore bancario ha subito gravi problemi di liquidità e di fiducia. Il 1o gennaio 2014, la Lettonia è entrata nella zona euro. Per ulteriori informazioni, consultare: «Assistenza alla Lettonia per la bilancia dei pagamenti: le basi del successo» sul sito Internet della Commissione europea; «Sorveglianza post-programma per la Lettonia» sul sito Internet della Commissione europea. DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione 2009/289/CE del Consiglio, del 20 gennaio 2009, relativa alla concessione di assistenza reciproca alla Lettonia (GU L 79 del 25.3.2009, pag. 37-38) Decisione 2009/290/CE del Consiglio, del 20 gennaio 2009, relativa all’assistenza finanziaria a medio termine della Comunità alla Lettonia (GU L 79 del 25.3.2009, pag. 39-41) Le modifiche successive alla direttiva 2009/290/CE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1-3) Si veda la versione consolidata.
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 6 maggio 2009 relativa alla concessione di un sostegno finanziario comunitario a medio termine alla Romania (2009/459/CE) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, visto il regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (1), in particolare l’articolo 3, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione presentata previa consultazione del comitato economico e finanziario (CEF), considerando quanto segue: (1) Con decisione 2009/458/CE (2) il Consiglio ha deciso di concedere il concorso reciproco alla Romania. (2) Nonostante il previsto miglioramento delle partite correnti, per il periodo fino al primo trimestre del 2011 la Romania dovrà far fronte ad un fabbisogno di finanziamento estero importante [stimato dalla Commissione, il Fondo monetario internazionale (FMI) e le autorità rumene a circa 20 miliardi di EUR nel marzo 2009]; a causa dei recenti sviluppi dei mercati finanziari il conto capitale e il conto finanziario potrebbero registrare un notevole deterioramento. (3) È opportuno fornire alla Romania un sostegno comunitario per un importo massimo di 5 miliardi di EUR nel quadro del meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri istituito con il regolamento (CE) n. 332/2002. Tale sostegno dovrebbe essere fornito in combinazione con un prestito dell’FMI di 11,443 miliardi di DSP (circa 12,95 miliardi di EUR) nel quadro di un accordo di stand-by che dovrebbe essere approvato il 6 maggio 2009. La Banca mondiale ha altresì acconsentito a fornire alla Romania un prestito di 1 miliardo di EUR e la Banca europea per gli investimenti (BEI) e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) contribuiranno con un ulteriore supporto per un ammontare totale di 1 miliardo di EUR. (4) L’aiuto comunitario dovrebbe essere gestito dalla Commissione. Le condizioni specifiche di politica economica convenute con le autorità rumene in seguito alla consultazione del CEF dovrebbero essere specificate in un protocollo d’intesa. Le modalità finanziarie dettagliate dovrebbero essere fissate dalla Commissione nell’accordo sul prestito. (5) Attraverso missioni e relazioni periodiche delle autorità rumene, la Commissione dovrebbe verificare periodicamente che siano soddisfatte le condizioni di politica economica cui è subordinato il sostegno. (6) Durante l’intero periodo di attuazione del programma, la Commissione fornirà anche consulenza politica e assistenza tecnica in settori specifici. (7) La Corte dei conti europea ha la facoltà di effettuare tutti i controlli di natura tecnica o finanziaria che essa ritenga necessari nel quadro della gestione di detto sostegno. La Commissione, nonché l’Ufficio europeo per la lotta antifrode, hanno la facoltà di inviare i propri agenti o rappresentanti debitamente autorizzati perché effettuino tutti i controlli di natura tecnica o finanziaria che essi ritengano necessari nel quadro della gestione del sostegno finanziario comunitario a medio termine. (8) Oltre alle condizioni di politica economica a cui è subordinato il programma, la Commissione continuerà anche a monitorare i progressi realizzati nel campo della riforma giudiziaria e della lotta alla corruzione attraverso il meccanismo di cooperazione e verifica. La durata di detto meccanismo è indipendente dalla durata del programma di sostegno. In aggiunta alle condizioni di politica economica a cui è subordinato il programma, la Commissione continuerà a monitorare l’uso appropriato dei trasferimenti UE pre- e postadesione, anche attraverso valutazioni di conformità ed esami periodici. (9) È opportuno fornire l’assistenza per favorire la sostenibilità della bilancia dei pagamenti in Romania ed in questo modo contribuire all’efficace attuazione del programma di politica economica del governo, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 1. La Comunità mette a disposizione della Romania un prestito a medio termine per un importo massimo di 5 miliardi di EUR, con una scadenza media massima di sette anni. 2. Il sostegno finanziario della Comunità verrà messo a disposizione per un periodo di tre anni a decorrere dal primo giorno successivo all’entrata in vigore della presente decisione. Articolo 2 1. Il sostegno è gestito dalla Commissione in modo coerente con gli impegni assunti dalla Romania e le raccomandazioni del Consiglio, in particolare le raccomandazioni per ciascun paese, nel contesto dell’attuazione del programma nazionale di riforme e del programma di convergenza. 2. La Commissione concorda con le autorità rumene, previa consultazione del CEF, le condizioni specifiche di politica economica cui subordinare il sostegno finanziario come previsto all’articolo 3, paragrafo 5. Tali condizioni sono fissate in un protocollo d’intesa coerente con gli impegni e le raccomandazioni di cui al paragrafo 1. Le condizioni finanziarie sono stabilite nel dettaglio dalla Commissione nell’accordo sul prestito. 3. La Commissione verifica periodicamente, in collaborazione con il CEF, che siano soddisfatte le condizioni di politica economica cui è subordinato il sostegno. A tal scopo, le autorità rumene mettono tutte le informazioni necessarie a disposizione della Commissione e collaborano pienamente con essa. La Commissione tiene informato il CEF in merito al possibile rifinanziamento dei prestiti o alla ristrutturazione delle condizioni finanziarie. 4. La Romania è disposta ad adottare e ad applicare misure di risanamento supplementari al fine di garantire la stabilità macrofinanziaria, qualora esse risultassero necessarie durante l’applicazione del programma di sostegno. Prima di adottare tali misure le autorità rumene consultano la Commissione. Articolo 3 1. La Commissione mette a disposizione della Romania il sostegno finanziario comunitario in un massimo di cinque rate, la cui entità sarà fissata nel protocollo d’intesa. 2. La prima rata è erogata con riserva dell’entrata in vigore dell’accordo sul prestito e del protocollo d’intesa. 3. Se necessario per finanziare il prestito, è consentito l’uso prudente di swap sui tassi di interesse con controparti appartenenti alla classe di merito di credito più elevata. 4. La Commissione decide in merito allo svincolo delle rate successive dopo aver ricevuto il parere del CEF. 5. Il pagamento di ciascuna rata successiva avviene sulla base di un’attuazione efficace del nuovo programma economico del governo rumeno da integrare nel programma di convergenza della Romania, nel programma nazionale di riforme e, in particolare, nelle condizioni economiche specifiche stabilite nel protocollo d’intesa. Esse comprendono, fra l’altro: a) l’adozione di un programma di bilancio a medio termine chiaramente definito per riportare il disavanzo delle amministrazioni pubbliche al disotto del valore di riferimento del 3 % del PIL previsto dal trattato entro il 2011; b) l’adozione e l’esecuzione di un bilancio modificato per il 2009, entro il secondo trimestre 2009, che abbia come obiettivo il contenimento del disavanzo pubblico entro il 5,1 % del PIL in termini SEC 95; c) la riduzione in termini nominali, rispetto ai risultati del 2008, della spesa retributiva nel settore pubblico rinunciando agli aumenti retributivi (per un totale del 5 % in termini nominali) previsti per il 2009 (o ulteriori tagli equivalenti nell’occupazione) o riducendo i posti nel pubblico impiego (compreso il fatto di bandire un solo posto vacante su sette); d) ulteriori riduzioni della spesa per beni e servizi e per sovvenzioni alle imprese pubbliche; e) il miglioramento della gestione delle finanze pubbliche attraverso l’adozione e l’applicazione di un quadro di bilancio vincolante a medio termine, la fissazione di limiti alle revisioni di bilancio possibili durante l’esercizio in corso, ivi compreso tramite regole di bilancio, e l’istituzione di un consiglio sul bilancio incaricato di effettuare un controllo qualificato e indipendente; f) una riforma del sistema retributivo del settore pubblico che includerà una parificazione e semplificazione delle tabelle salariali e una riforma del sistema dei bonus; g) la riforma dei parametri fondamentali del sistema pensionistico tramite il passaggio a un’indicizzazione delle pensioni ai prezzi al consumo piuttosto che alle retribuzioni, un graduale aumento dell’età pensionabile oltre quanto attualmente previsto, in particolare per le donne, e la graduale affiliazione a un regime pensionistico contributivo per le categorie di dipendenti pubblici che ancora non vi partecipano; h) una modifica del diritto bancario e in materia di liquidazione affinché sia in grado di rispondere in maniera efficace e tempestiva in caso di difficoltà per le banche. Uno degli obiettivi cardine delle modifiche consisterà nel rafforzare i poteri degli amministratori delle banche sottoposte a procedura di amministrazione straordinaria. Oltre agli impegni delle banche, altre disposizioni saranno volte a rafforzare i poteri della Banca nazionale rumena concedendole la facoltà di richiedere ai grandi azionisti delle banche di aumentare la loro quota di capitale sociale e di sostenere finanziariamente la banca, o ancora di proibire o limitare la distribuzione degli utili. In conformità con la legislazione comunitaria in materia, la vigilanza finanziaria sarà aumentata. Inoltre, gli obblighi in materia di informazione sulla liquidità saranno resi più precisi e, a tempo debito, il livello minimo regolamentare del coefficiente di adeguatezza patrimoniale passerà dall’8 % al 10 %. In più, le procedure che reggono l’attivazione delle garanzie sui depositi saranno modificate al fine di semplificare e accelerare i pagamenti. In virtù della nuova normativa, le suddette garanzie saranno attivate entro 21 giorni dalla decisione della Banca nazionale rumena. Infine, per assicurare un adeguato di liquidità, la Banca nazionale rumena si è impegnata ad allargare la gamma di attività che possono essere accettate in garanzia; i) misure di riforma strutturale nei settori strategici evocati nelle raccomandazioni per ciascun paese formulate dal Consiglio nel contesto della strategia di Lisbona. Tra le riforme figureranno anche politiche indirizzate a rafforzare l’efficienza e l’efficacia della pubblica amministrazione, ad accrescere la qualità della spesa pubblica e un uso sano e un accresciuto assorbimento dei fondi UE; esse sono volte altresì a ridurre gli oneri amministrativi e fiscali e i vincoli giuridici a carico delle imprese e ad affrontare il problema del lavoro sommerso, allargando in tal modo la base imponibile. 6. Perché sia assicurata un’agevole attuazione delle condizioni a cui è subordinato il programma, la Commissione fornirà orientamento e assistenza continui sulla riforma fiscale, strutturale e dei mercati finanziari. 7. Ai fini della gestione del sostegno finanziario comunitario a medio termine, la Romania aprirà un conto speciale presso la Banca nazionale rumena. Articolo 4 La Romania è destinataria della presente decisione. Articolo 5 La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 6 maggio 2009. Per il Consiglio Il presidente V. TOŠOVSKÝ (1) GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1. (2) Cfr. pag. 6 della presente Gazzetta ufficiale.
Sostegno finanziario alla Romania QUAL È LO SCOPO DI QUESTE DECISIONI? Mirano a fornire sostegno finanziario alla Romania. Tra il 2009 e il 2015, l’Unione europea (UE) e il Fondo monetario internazionale (FMI), con il sostegno di altre organizzazioni internazionali, hanno fornito assistenza finanziaria alla Romania. La base per l’azione dell’Unione europea è il regolamento (CE) n. 332/2002 che consente di fornire sostegno finanziario a medio termine ai paesi dell’UE che non fanno parte della zona euro e che hanno problemi con la bilancia dei pagamenti. PUNTI CHIAVE Nel 2009, l’UE ha concordato un sostegno finanziario per un valore massimo di 20 miliardi di euro a favore della Romania per il periodo 2009-2011. A norma del regolamento (CE) n. 332/2002, l’assistenza era legata all’adozione da parte della Romania di misure di politica economica volte a ristabilire una bilancia dei pagamenti sostenibile. Il finanziamento era fornito da: UE: 5 miliardi di euro nell’ambito del programma di sostegno alla bilancia dei pagamenti; FMI : circa 12,95 miliardi di euro tramite un accordo stand-by; Banca mondiale : 1 miliardo di euro; Banca europea per gli investimenti e Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo: 1 miliardo di euro congiuntamente. Nel 2011, l’UE ha accettato di concedere alla Romania a titolo precauzionale un sostegno finanziario per un importo massimo di 1,4 miliardi di euro per il periodo 2011-2013. La decisione affermava che: la Romania non avrebbe richiesto l’erogazione delle rate del prestito dell’Unione, a meno che non si trovasse in difficoltà con la bilancia dei pagamenti (partite correnti o movimenti di capitali); la Commissione europea avrebbe preso in considerazione la richiesta della Romania di ricevere tutto o una parte del prestito alla luce della realizzazione da parte del governo del suo programma di riforme economiche; il sostegno era uno sforzo congiunto con l’FMI, che ha erogato circa 3,6 miliardi di euro nell’ambito di un accordo stand-by precauzionale; la Banca Mondiale aveva promesso un ulteriore sostegno finanziario. Nel 2013, la UE ha approvato un nuovo programma precauzionale per la bilancia dei pagamenti a favore della Romania per il periodo 2013-2015. Sono stati promessi 2 miliardi di euro e l’FMI ha promesso un importo analogo. Questo finanziamento intendeva aiutare il paese a: consolidare la stabilità a livello macroeconomico, di bilancio e finanziario; aumentare la resilienza e il potenziale di crescita dell’economia; rafforzare la capacità amministrativa; riformare l’amministrazione fiscale, migliorare la gestione delle finanze pubbliche e ristrutturare le imprese statali. Il sostegno finanziario nell’ambito del programma 2011-2013 e del programma 2013-2015 non è mai stato attivato. Con la fine del terzo programma di sostegno finanziario il 30 settembre 2015, l’UE ha avviato la sorveglianza post-programma il 1o ottobre 2015. Tale sorveglianza: si concentra sul programma di sostegno alla bilancia dei pagamenti 2009-2011, nell’ambito del quale restano in sospeso 3,5 miliardi di euro su un totale di 5 miliardi di euro di prestiti erogati; prevede visite regolari in Romania per valutare la situazione economica, fiscale e finanziaria del paese; durerà probabilmente fino al maggio 2018, quando si prevede che sarà restituito il 70 % del prestito iniziale. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LE DECISIONI? La decisione 2009/459 del Consiglio è entrata in vigore l’11 maggio 2009. La decisione 2011/288/UE del Consiglio è entrata in vigore il 13 maggio 2011. La decisione 2013/531/UE del Consiglio è entrata in vigore il 25 ottobre 2013. CONTESTO Nel febbraio 2002, il Consiglio dell’UE ha conferito all’Unione europea il potere di concedere prestiti ai paesi membri che affrontano o rischiano di affrontare difficoltà con la bilancia dei pagamenti o i movimenti di capitale. Tale assistenza finanziaria è disponibile solo per i paesi che non utilizzano l’euro. La Romania ha richiesto per la prima volta il sostegno nel 2009, dopo che la sua moneta era scesa del 30 % nei confronti dell’euro negli ultimi 15 mesi e i deficit di bilancio e delle partite correnti erano aumentati rapidamente a causa della crisi finanziaria. Per ulteriori informazioni, consultare: «Sostegno alla bilancia dei pagamenti della Romania» sul sito Internet della Commissione europea. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2009/459/CE del Consiglio, del 6 maggio 2009, relativa alla concessione di un sostegno finanziario comunitario a medio termine alla Romania (GU L 150 del 13.6.2009, pag. 8-10) Le modifiche successive alla decisione 2009/459/CE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale. Decisione 2011/288/UE del Consiglio, del 12 maggio 2011, relativa alla concessione a titolo precauzionale di un sostegno finanziario a medio termine dell’Unione europea a favore della Romania (GU L 132 del 19.5.2011, pag. 15-17) Decisione 2013/531/UE del Consiglio, del 22 ottobre 2013, relativa alla concessione a titolo precauzionale di un sostegno finanziario a medio termine dell’Unione a favore della Romania (GU L 286 del 29.10.2013, pag. 1-3) DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1-3) Si veda la versione consolidata.
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REGOLAMENTO (CE) N. 1007/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 settembre 2009 sul commercio dei prodotti derivati dalla foca (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 95, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) Le foche sono esseri senzienti che possono provare dolore, angoscia, paura e altre forme di sofferenza. Nella sua dichiarazione sulla messa al bando dei prodotti derivati dalle foche nell’Unione europea (3), il Parlamento europeo ha invitato la Commissione a presentare senza indugio una proposta di regolamento al fine di vietare l’importazione, l’esportazione e la vendita di tutti i prodotti derivati da esemplari di foca groenlandica e cistofora crestata. Nella sua risoluzione del 12 ottobre 2006 su un programma d’azione comunitario per la protezione e il benessere degli animali 2006-2010 (4), il Parlamento europeo ha chiesto alla Commissione di proporre la totale messa al bando dei prodotti derivati dalla foca. Nella sua raccomandazione 1776 (2006) del 17 novembre 2006 sulla caccia alle foche, l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa invitava gli Stati membri del Consiglio d’Europa in cui è praticata la caccia alle foche a vietare tutti i metodi di caccia crudeli che non garantiscono la morte istantanea e senza sofferenza degli animali, a proibirne lo stordimento con strumenti come hakapik, randelli e armi da fuoco e a promuovere iniziative intese a vietare il commercio di prodotti derivati dalla foca. (2) L’importazione a fini commerciali negli Stati membri di pelli di cuccioli di foca groenlandica e di cuccioli di cistofora crestata, nonché di prodotti da esse derivati è vietata ai sensi della direttiva 83/129/CEE del Consiglio, del 28 marzo 1983, relativa all’importazione negli Stati membri di pelli di taluni cuccioli di foca e di prodotti da esse derivati (5). (3) Le foche sono cacciate dentro e fuori dalla Comunità e utilizzate per fabbricare prodotti e articoli, quali carne, olio, grasso, organi, pelli per pellicceria e articoli derivati, inclusi prodotti vari come le capsule di Omega-3 e gli indumenti in cui sono incorporate pelli e pellicce di foca lavorate. Tali prodotti sono commercializzati su vari mercati, tra cui quello della Comunità. Data la natura di tali prodotti, per i consumatori è difficile, se non impossibile, distinguerli da prodotti simili non derivati dalla foca. (4) La caccia alle foche ha sollevato vive preoccupazioni presso il pubblico e i governi sensibili al benessere degli animali in considerazione del dolore, dell’angoscia, della paura e delle altre forme di sofferenza che l’uccisione e la scuoiatura delle foche, nel modo in cui sono svolte più frequentemente, causano a tali animali. (5) In risposta alle preoccupazioni dei cittadini e dei consumatori sul benessere degli animali in relazione all’uccisione e alla scuoiatura delle foche e sulla possibile presenza sul mercato di prodotti derivati da animali uccisi e scuoiati con modalità che causano dolore, angoscia, paura e altre forme di sofferenza, diversi Stati membri hanno adottato, o intendono adottare, misure legislative di disciplina del commercio dei prodotti derivati dalla foca, vietandone l’importazione e la produzione, mentre in altri Stati membri il commercio di questi prodotti non è oggetto di alcuna limitazione. (6) Vi sono pertanto differenze tra le disposizioni nazionali che disciplinano il commercio, l’importazione, la produzione e la commercializzazione dei prodotti derivati dalla foca. Queste differenze incidono negativamente sul funzionamento del mercato interno in relazione ai prodotti che contengono o possono contenere prodotti derivati dalla foca e costituiscono una barriera al commercio di tali prodotti. (7) L’esistenza di disposizioni diverse può scoraggiare ulteriormente i consumatori dall’acquistare prodotti non derivati dalla foca, ma che possono non essere facilmente distinguibili da prodotti simili ottenuti dalla foca, o prodotti che possono contenere elementi o ingredienti derivati dalla foca senza che ciò sia chiaramente riconoscibile, come pellicce, capsule e oli contenenti Omega-3 e articoli in cuoio. (8) Le disposizioni del presente regolamento dovrebbero pertanto armonizzare le norme in vigore nella Comunità in materia di attività commerciali riguardanti i prodotti derivati dalla foca ed evitare in tal modo turbative del mercato interno per quanto riguarda i prodotti in questione, inclusi i prodotti equivalenti o sostituibili ai prodotti derivati dalla foca. (9) A norma del protocollo sulla protezione e il benessere degli animali allegato al trattato, la Comunità deve tenere nella massima considerazione i requisiti in materia di benessere degli animali nella formulazione e nell’attuazione, tra l’altro, della politica per il mercato interno. Le norme armonizzate contenute nel presente regolamento dovrebbero pertanto tenere pienamente conto del benessere degli animali. (10) Per superare l’attuale frammentazione del mercato interno, è necessario prevedere norme armonizzate, tenendo conto del benessere degli animali. Per eliminare gli ostacoli alla libera circolazione dei prodotti interessati in modo efficace e proporzionato, l’immissione sul mercato dei prodotti derivati dalla foca dovrebbe, in linea di principio, essere vietata al fine di ristabilire la fiducia dei consumatori, garantendo nel contempo che le preoccupazioni relative al benessere degli animali siano tenute pienamente in considerazione. Poiché le preoccupazioni dei cittadini e dei consumatori riguardano anche l’uccisione e la scuoiatura delle foche in quanto tali, è altresì necessario adottare misure intese a ridurre la domanda che porta alla commercializzazione dei prodotti derivati dalla foca e, di conseguenza, la domanda economica che stimola la caccia delle foche a fini commerciali. Per garantire un’applicazione efficace, a tali norme armonizzate dovrebbe essere data esecuzione al momento o nel luogo di importazione dei prodotti importati. (11) Benché l’uccisione e la scuoiatura delle foche potrebbero in teoria avvenire evitando dolore, angoscia, paura o altre forme di sofferenza inutili, considerate le condizioni in cui si svolge la caccia alle foche, una verifica e un controllo uniformi del rispetto dei requisiti in materia di benessere degli animali da parte dei cacciatori non sono fattibili nella pratica o sono perlomeno molto difficili da attuare in modo efficace, come concluso dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare il 6 dicembre 2007. (12) È altresì evidente che norme armonizzate di altra natura, ad esempio requisiti in materia di etichettatura, non consentirebbero di conseguire lo stesso risultato. Inoltre, l’obbligo di etichettare i prodotti interamente o parzialmente derivati dalla foca imposto ai produttori, ai distributori o ai commercianti al dettaglio rappresenterebbe un notevole onere a carico di tali operatori economici e comporterebbe un costo sproporzionato nei casi in cui i prodotti derivati dalla foca rappresentano solo una parte minore del prodotto in questione. Per contro, sarà più facile conformarsi alle misure contenute nel presente regolamento, consentendo nel contempo di rassicurare i consumatori. (13) Per garantire la piena efficacia delle norme armonizzate previste dal presente regolamento, esse dovrebbero applicarsi non solo ai prodotti derivati dalla foca provenienti dalla Comunità, ma anche a quelli immessi nella Comunità da paesi terzi. (14) È opportuno che non siano lesi gli interessi economici e sociali fondamentali delle comunità Inuit che praticano la caccia alle foche a fini di sostentamento. La caccia fa parte integrante della cultura e dell’identità dei membri della società Inuit e, in quanto tale, è riconosciuta dalla Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni. Pertanto, l’immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca provenienti dalla caccia praticata tradizionalmente dalle comunità Inuit e da altre comunità indigene e che contribuiscono al loro sostentamento dovrebbe essere consentita. (15) Il presente regolamento istituisce norme armonizzate relative all’immissione sul mercato dei prodotti derivati dalla foca. Esso lascia pertanto impregiudicate altre norme comunitarie o nazionali che regolamentano la caccia delle foche. (16) È opportuno che le misure adottate ai fini dell’attuazione del presente regolamento vengano adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (6). (17) In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di definire le condizioni per l’immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca, provenienti dalla caccia tradizionalmente praticata dagli Inuit e da altre comunità indigene e che contribuiscono alla loro sussistenza; di definire le condizioni per l’importazione di prodotti derivati dalla foca quando ha natura occasionale ed è costituita esclusivamente da merci destinate all’uso personale dei viaggiatori o dei loro familiari; nonché di definire le condizioni per l’immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca provenienti dalla caccia regolamentata da leggi nazionali al solo scopo di garantire una gestione sostenibile delle risorse marine. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento completandolo con nuovi elementi non essenziali devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE. (18) Per facilitare l’esecuzione della normativa da parte delle autorità nazionali competenti, la Commissione dovrebbe predisporre delle note tecniche orientative che forniscano indicazioni non vincolanti sui codici della nomenclatura combinata che possono riguardare i prodotti derivati dalla foca soggetti al presente regolamento. (19) È opportuno che gli Stati membri stabiliscano norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni del presente regolamento e vigilino sulla loro applicazione. Tali sanzioni dovrebbero essere efficaci, proporzionate e dissuasive. (20) È opportuno che gli Stati membri trasmettano regolarmente relazioni sulle misure adottate per attuare il presente regolamento. Sulla base di dette relazioni, la Commissione dovrebbe riferire al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione del presente regolamento. (21) Poiché l’obiettivo del presente regolamento, vale a dire l’eliminazione degli ostacoli al funzionamento del mercato interno mediante l’armonizzazione a livello comunitario dei divieti nazionali relativi al commercio dei prodotti derivati dalla foca, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può pertanto essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo, in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento fissa norme armonizzate in materia di immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: 1) «foca»: esemplare di tutte le specie di pinnipedi (Phocidae, Otariidae e Odobenidae); 2) «prodotto derivato dalla foca»: tutti i prodotti, trasformati o non trasformati, derivati o ottenuti dalla foca, tra cui carne, olio, grasso, organi, pelli da pellicceria gregge e pelli da pellicceria conciate e preparate, anche assemblate in tavole, traverse o altre forme simili, nonché gli articoli derivati dalle pelli; 3) «immissione sul mercato»: l’introduzione sul mercato comunitario e la messa a disposizione in favore di terzi, a titolo oneroso; 4) «Inuit»: i membri indigeni del territorio Inuit, vale a dire le regioni artiche e subartiche in cui gli Inuit detengono, attualmente o storicamente, diritti e interessi aborigeni, riconosciuti dagli Inuit come membri del loro popolo e appartenenti ai seguenti gruppi: Inupiat, Yupik (Alaska), Inuit, Inuvialuit (Canada), Kalaallit (Groenlandia) e Yupik (Russia); 5) «importazione»: qualunque ingresso di merci nel territorio doganale della Comunità. Articolo 3 Condizioni di immissione sul mercato 1. L’immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca è autorizzata solo quando i prodotti derivati dalla foca provengono dalla caccia tradizionalmente praticata dagli Inuit e da altre comunità indigene e contribuiscono alla loro sussistenza. Tali condizioni si applicano al momento o nel luogo di importazione dei prodotti importati. 2. In deroga al paragrafo 1: a) l’importazione di prodotti derivati dalla foca è altresì autorizzata quando ha natura occasionale ed è costituita esclusivamente da merci destinate all’uso personale dei viaggiatori o delle loro famiglie. Il tipo e la quantità di tali merci non sono tali da far ritenere che l’importazione possa avere finalità commerciali; b) l’immissione sul mercato è altresì autorizzata per i prodotti derivati dalla foca provenienti da sottoprodotti della caccia regolamentata dalla legislazione nazionale e praticata al solo scopo di garantire una gestione sostenibile delle risorse marine. Tale immissione sul mercato è autorizzata unicamente su basi non lucrative. Il tipo e la quantità di tali prodotti non sono tali da far ritenere che l’immissione sul mercato possa avere finalità commerciali. L’applicazione del presente paragrafo non pregiudica il conseguimento degli obiettivi del presente regolamento. 3. La Commissione, secondo la procedura di gestione di cui all’articolo 9, paragrafo 2, predispone note tecniche orientative contenenti un elenco indicativo dei codici della nomenclatura combinata che possono riguardare i prodotti derivati dalla foca soggetti al presente articolo. 4. Fatto salvo quanto disposto dal paragrafo 3, le misure per l’attuazione del presente articolo, intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento completandolo, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5, paragrafo 3. Articolo 4 Libera circolazione Gli Stati membri non impediscono l’immissione sul mercato dei prodotti derivati dalla foca che sono conformi al presente regolamento. Articolo 5 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato istituito ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio (7). Tale comitato può rivolgersi, se necessario, ad altri comitati regolamentari, come il comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali istituito dall’articolo 58, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (8). 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 4 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. Articolo 6 Sanzioni ed esecuzione Gli Stati membri stabiliscono le sanzioni da applicare in caso di violazione delle disposizioni del presente regolamento e adottano tutti i provvedimenti necessari per la loro attuazione. Le sanzioni previste sono efficaci, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano le relative disposizioni alla Commissione entro il 20 agosto 2010 e notificano senza ritardo le eventuali modifiche successive. Articolo 7 Relazioni 1. Entro il 20 novembre 2011, e successivamente ogni quattro anni, gli Stati membri trasmettono alla Commissione una relazione in cui illustrano le azioni intraprese per dare attuazione al presente regolamento. 2. Sulla base delle relazioni di cui al paragrafo 1, la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione del presente regolamento entro i dodici mesi che seguono la fine di ciascun periodo. Articolo 8 Entrata in vigore e applicabilità Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. L’articolo 3 si applica a decorrere dal 20 agosto 2010. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, addì 16 settembre 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente J. BUZEK Per il Consiglio La presidente C. MALMSTRÖM (1) Parere del 26 febbraio 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Parere del Parlamento europeo del 5 maggio 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 27 luglio 2009. (3) GU C 306 E del 15.12.2006, pag. 194. (4) GU C 308 E del 16.12.2006, pag. 170. (5) GU L 91 del 9.4.1983, pag. 30. (6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (7) GU L 61 del 3.3.1997, pag. 1. (8) GU L 31 dell’1.2.2002, pag. 1.
Commercio di prodotti derivati dalla foca SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Fissa norme armonizzate in merito all'immissione di prodotti derivati dalla foca sul mercato dell'UE. PUNTI CHIAVE I prodotti derivati dalla foca possono essere immessi sul mercato dell'UE soltanto se provenienti dalla caccia praticata tradizionalmente dalle comunità Inuit* o da altre comunità indigene. La caccia deve: essere praticata tradizionalmente dalla comunità; contribuire al sostentamento della comunità al fine di fornire cibo e reddito e non essere condotta principalmente per finalità commerciali; prestare debita attenzione al benessere degli animali, tenendo in considerazione lo stile di vita della comunità e la finalità di sostentamento della caccia; al momento della loro immissione sul mercato, un prodotto derivato dalla foca deve avere un certificato che attesti il rispetto di tutte le condizioni di cui sopra. Gli organismi autorizzati dalla Commissione europea rilasciano i certificati. I viaggiatori e i loro familiari possono importare prodotti derivati dalla foca per il loro uso personale. Qualora tali prodotti debbano essere importati in una data successiva, i viaggiatori devono essere in possesso della relativa documentazione. Qualora la Commissione dimostri che i prodotti derivano dalla caccia alle foche condotta principalmente per finalità commerciali, essa potrebbe vietare o limitare la loro immissione sul mercato dell'UE. La Commissione informa il pubblico, le autorità competenti e le autorità doganali in merito alle condizioni in base alle quali i prodotti derivati dalla foca possano essere immessi sul mercato dell'UE. Entro il 31 dicembre 2018 e successivamente ogni quattro anni, i paesi dell'UE riporteranno alla Commissione le misure adottate ai fini dell'attuazione della normativa. La Commissione, entro un anno dalla ricezione delle relazioni nazionali, fornirà una relazione complessiva al Parlamento europeo e al Consiglio. La prima relazione sarà presentata entro il 31 dicembre 2019. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È in vigore dal 20 novembre 2009. CONTESTO Le foche sono cacciate dentro e fuori dall'UE per scopi diversi. Esse sono utilizzate per fabbricare carne, olio, grasso, organi, pelli per pellicceria e articoli derivati, inclusi prodotti vari come le capsule di Omega-3 e gli indumenti. Commercio di prodotti derivati dalla foca TERMINE CHIAVE * Inuit: membri indigeni del territorio Inuit, vale a dire le regioni artiche e subartiche in cui gli Inuit detengono, attualmente o storicamente, diritti e interessi aborigeni, riconosciuti dagli Inuit come membri del loro popolo. Il termine comprende i gruppi Inupiat, Yupik (Alaska), Inuit, Inuvialuit (Canada), Kalaallit (Groenlandia) e Yupik (Russia). ATTO Regolamento (CE) n. 1007/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, relativo al commercio di prodotti derivati dalla foca (GU L 286 del 31.10.2009, pag. 36-39) Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 1007/2009 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata è da utilizzarsi a solo scopo di riferimento. ATTI COLLEGATI Regolamento (UE) di esecuzione 2015/1850 della Commissione, del 13 ottobre 2015, recante modalità di applicazione dettagliate del regolamento (CE) n. 1007/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sul commercio di prodotti derivati dalla foca (GU L 271 del 16.10.2015, pagg. 1-11)
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Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica popolare cinese Gazzetta ufficiale n. L 006 del 11/01/2000 pag. 0040 - 0045 ACCORDOdi cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica popolare cineseLA COMUNITÀ EUROPEA in seguito denominata "la Comunità",da una parte, eIL GOVERNO DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE,dall'altra,in seguito denominati "le parti",VISTO l'accordo di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese stipulato nel 1985,CONSIDERATA l'importanza che riveste la ricerca scientifica e tecnologica per lo sviluppo economico e sociale delle parti;CONSIDERATA la cooperazione scientifica e tecnologica in atto tra la Comunità e la Cina;CONSIDERATO che la Comunità europea e la Cina stanno conducendo ricerche e attività tecnologiche, incluse attività di dimostrazione, in alcuni settori di interesse comune e che le parti possono trarre reciproco vantaggio dalla partecipazione alle rispettive attività di ricerca e sviluppo a condizione di reciprocità;DESIDERANDO stabilire una base formale per la cooperazione nel campo della ricerca scientifica e tecnologica che consenta di ampliare e rafforzare le attività di cooperazione in settori di interesse comune e di promuovere l'applicazione dei risultati di tale cooperazione a vantaggio del loro sviluppo economico e sociale;CONSIDERATO che il presente accordo di cooperazione scientifica e tecnologica si colloca nel contesto della cooperazione globale tra la Cina e la Comunità,CONVENGONO QUANTO SEGUE:Articolo 1ObiettivoLe parti promuovono, sviluppano e agevolano attività di cooperazione in settori d'interesse comune in cui conducono attività di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico.Articolo 2DefinizioniAi fini del presente accordo, si intende per:a) "attività di cooperazione", qualunque attività che le parti intraprendono o finanziano ai sensi del presente accordo, compresa la ricerca congiunta;b) "informazioni", dati scientifici o tecnici, risultati o metodi di ricerca e sviluppo frutto di ricerche congiunte e qualsiasi altro dato ritenuto necessario dai partecipanti alle attività di cooperazione, incluse, se del caso, le parti stesse;c) "proprietà intellettuale", la definizione data dall'articolo 2 della convenzione che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, conclusa a Stoccolma il 14 luglio 1967;d) "ricerca congiunta", ricerca, sviluppo tecnologico o dimostrazione attuata con o senza il finanziamento di una delle parti o di entrambe, che comporti la collaborazione di partecipanti sia della Comunità che della Cina e che sia designata per iscritto come ricerca congiunta dalle parti o da agenzie e organismi scientifici e tecnologici delle parti, che attuino programmi di ricerca scientifica. Se il finanziamento è erogato da una sola parte, la designazione spetta alla parte finanziatrice e ai partecipanti al progetto;e) "partecipante" o "organismo di ricerca", qualsiasi persona fisica o giuridica, istituto di ricerca o qualunque altro soggetto giuridico o impresa avente sede nella Comunità o in Cina, che partecipi ad attività di cooperazione, incluse le parti stesse.Articolo 3PrincipiLe attività di cooperazione sono svolte sulla base dei principi seguenti:a) il vantaggio reciproco fondato su una ripartizione equilibrata dei vantaggi;b) l'accesso reciproco alle attività di ricerca e sviluppo tecnologico intraprese dalle parti;c) lo scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sulle attività di cooperazione;d) una tutela adeguata dei diritti di proprietà intellettuale.Articolo 4Settori di cooperazioneLa cooperazione ai sensi del presente accordo può avere per oggetto tutte le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione, in seguito denominate "RST", comprese nella prima azione del programma quadro e descritte all'articolo 130 G del trattato che istituisce la Comunità europea nonché tutte le attività di RST analoghe intraprese in Cina nei corrispondenti settori scientifici e tecnologici.Il presente accordo lascia impregiudicata la partecipazione della Cina, in quanto paese in via di sviluppo, alle attività della Comunità nel campo della ricerca ai fini dello sviluppo.Articolo 5Modalità delle attività di cooperazionea) Nell'osservanza delle leggi, dei regolamenti e delle politiche applicabili, le parti favoriscono nella massima misura possibile l'adesione di partecipanti alle attività di cooperazione ai sensi del presente accordo, con l'obiettivo di offrire opportunità comparabili di partecipazione alle rispettive attività di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico.b) Le attività di cooperazione possono assumere le forme seguenti:- partecipazione di organismi di ricerca cinesi a progetti di RST previsti dalla prima azione del programma quadro e reciproca partecipazione di organismi di ricerca aventi sede nella Comunità a progetti cinesi intrapresi in settori analoghi di RST. Tale partecipazione è soggetta alle norme e alle procedure applicabili in ciascuna delle parti;- collaborazione in progetti di RST già in atto in conformità delle procedure previste dai programmi di RST delle parti;- visite e scambi di personale scientifico e personale tecnico;- organizzazione in comune di seminari, conferenze, simposi e workshop e partecipazione di esperti a tali attività;- azioni concertate;- scambi o condivisione di attrezzature e materiali;- scambi di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi rilevanti ai fini della cooperazione ai sensi del presente accordo;- qualsiasi altra modalità raccomandata dal comitato direttivo e ritenuta conforme alle politiche e procedure applicabili in entrambe le parti.I progetti congiunti di RST sono attuati dopo che i partecipanti hanno elaborato un piano di gestione della tecnologia, secondo quanto indicato nell'allegato al presente accordo.Articolo 6Coordinamento e agevolazione delle attività di cooperazionea) Il coordinamento e la promozione delle attività di cooperazione ai sensi del presente accordo sono di competenza del Ministero della scienza e della tecnologia, per conto della Cina, e dei servizi della Commissione delle Comunità europee in veste di organi esecutivi delle parti, per conto della Comunità.b) Gli organi istituiscono un comitato direttivo per la cooperazione nel campo della RST (in seguito denominato "comitato direttivo") a cui è affidata la gestione del presente accordo. Il comitato direttivo è formato da un numero pari di rappresentanti per ciascuna parte; esso adotta il proprio regolamento interno.c) Il comitato direttivo svolge, tra l'altro, le seguenti funzioni:1) promuove e controlla le varie attività di cooperazione menzionate all'articolo 4 nonché le attività eventualmente intraprese a titolo di cooperazione nel campo della RST ai fini dello sviluppo;2) indica anno per anno, tra i possibili settori di cooperazione ai sensi dell'articolo 5, lettera b), primo trattino, quali sono i settori e i sottosettori prioritari di reciproco interesse in cui è opportuno cooperare;3) propone ai sensi dell'articolo 5, lettera b), secondo trattino, ai ricercatori di entrambe le parti le collaborazioni nei progetti da loro attuati che possono essere reciprocamente vantaggiose e complementari;4) formula raccomandazioni ai sensi dell'articolo 5, lettera b), settimo trattino;5) consiglia alle parti metodi per valorizzare e rafforzare la cooperazione coerenti con i principi stabiliti dal presente accordo;6) esamina l'efficienza e l'applicazione dell'accordo;7) compila ogni anno una relazione destinata alle parti sullo stato della cooperazione intrapresa in virtù del presente accordo, sul livello raggiunto dalla stessa e sui suoi risultati. Tale relazione è inviata alla Commissione mista istituita dall'accordo di cooperazione commerciale ed economica del 1985 tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese.d) Il comitato direttivo si riunisce normalmente una volta all'anno, preferibilmente prima della riunione della Commissione mista istituita dall'accordo di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese del 1985, nelle date concordate tra le parti. Le riunioni si tengono alternativamente nella Comunità e in Cina. Su richiesta di una delle parti, possono essere convocate riunioni straordinarie.e) I costi del comitato direttivo e le spese effettuate a suo nome sono a carico della parte a cui i membri si riferiscono. I costi diversi dalle spese di viaggio e di soggiorno direttamente connessi con le riunioni del comitato direttivo sono a carico della parte ospitante.Articolo 7Finanziamentoa) Le attività di cooperazione sono subordinate alla disponibilità di fondi sufficienti e all'osservanza delle leggi, delle politiche e dei programmi applicabili nelle parti. I costi sostenuti dai partecipanti alle attività di cooperazione non possono comportare trasferimenti di fondi da una parte all'altra.b) Qualora determinati programmi di cooperazione di una parte prevedano il finanziamento di partecipanti dell'altra parte, qualsiasi sovvenzione, contributo finanziario o di altro tipo erogato da una parte ai partecipanti dell'altra parte a favore di tali attività deve essere esentato da imposte, tasse e dazi doganali conformemente alla legge applicabile nel territorio di ciascuna parte.Articolo 8Circolazione del personale e delle apparecchiatureCiascuna delle parti adotta le misure necessarie e si adopera, nel rispetto delle leggi vigenti nel territorio di ciascuna parte, al fine di agevolare l'entrata e l'uscita dal territorio del personale, del materiale, delle informazioni e delle apparecchiature impiegati in attività di cooperazione individuate dalle parti in conformità del presente accordo.Articolo 9Divulgazione e utilizzazione di informazioniPer quanto riguarda la titolarità, la divulgazione e l'uso di informazioni nonché la proprietà intellettuale sorta nel contesto della partecipazione a progetti comunitari di RST, gli organismi di ricerca aventi sede in Cina, che partecipano a progetti comunitari di RST, sono tenuti ad osservare le norme sulla diffusione dei risultati della ricerca derivanti da programmi specifici comunitari di RST e le disposizioni dell'allegato al presente accordo.Per quanto riguarda la titolarità, la divulgazione e l'uso di informazioni nonché la proprietà intellettuale sorta nell'ambito della partecipazione ad attività di cooperazione, gli organismi di ricerca aventi sede nella Comunità, che partecipano a progetti cinesi di RST, hanno gli stessi diritti ed obblighi spettanti agli organismi di ricerca cinesi, fermo restando l'obbligo di osservare le disposizioni dell'allegato al presente accordo.L'allegato sulla proprietà intellettuale forma parte integrante del presente accordo.Articolo 10Ambito d'applicazione territorialeIl presente accordo si applica nei territori in cui è applicabile il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni da esso indicate, e nel territorio della Repubblica popolare cinese, fatta salva la possibilità di intraprendere attività di cooperazione in alto mare, nello spazio atmosferico, o in territori di paesi terzi, conformemente al diritto internazionale.Articolo 11Entrata in vigore, denuncia e composizione delle controversiea) Il presente accordo entra in vigore alla data in cui entrambe le parti si sono notificate per iscritto l'avvenuto espletamento delle procedure previste dai rispettivi ordinamenti per l'entrata in vigore dell'accordo.b) Il presente accordo è concluso per un periodo iniziale di cinque anni e può essere prorogato su accordo delle parti (proroga tacita) dopo una valutazione effettuata nel penultimo anno di ogni quinquennio.c) L'accordo può essere consensualmente modificato dalle parti. Le modificazioni entrano in vigore alla data in cui entrambe le parti si sono notificate per iscritto l'avvenuto espletamento delle procedure previste dai rispettivi ordinamenti per la modificazione dell'accordo.d) Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle parti con preavviso scritto di sei mesi. La cessazione o la denuncia del presente accordo lasciano impregiudicati la validità e la durata dei contratti stipulati nel suo contesto, nonché i diritti e gli obblighi attribuiti a norma dell'allegato.e) Qualsiasi questione o controversia relativa all'interpretazione o all'attuazione del presente accordo sarà composta consensualmente tra le parti.In fede di che, i plenipotenziari sottoscritti hanno apposto le loro firme in calce al presente accordo.Fatto a Bruxelles, il 22 dicembre 1999, in duplice copia, nelle lingue danese, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese, tedesca e cinese, ciascun testo facente ugualmente fede.Per il Consiglio dell'Unione europea>PIC FILE= "L_2000006IT.004201.EPS">Per il Governo della Repubblica popolare cinese>PIC FILE= "L_2000006IT.004202.EPS">ALLEGATOPROPRIETÀ INTELLETTUALEI diritti di proprietà intellettuale sorti o conferiti in virtù del presente accordo sono attribuiti secondo le disposizioni del presente allegato.I. ApplicabilitàIl presente allegato si applica alla ricerca congiunta condotta ai sensi dell'accordo, salvo che sia diversamente convenuto tra le parti.II. Titolarità, attribuzione ed esercizio dei diritti1. Agli effetti del presente allegato, la definizione di "proprietà intellettuale" è quella data dall'articolo 2, lettera c), dell'accordo.2. Il presente allegato disciplina l'attribuzione dei diritti, degli interessi e delle royalties alle parti e ai partecipanti. Ciascuna delle parti provvede affinché l'altra parte e i partecipanti dell'altra parte ottengano i diritti di proprietà intellettuale loro spettanti a norma del presente allegato. Il presente allegato non modifica né pregiudica altrimenti la ripartizione di diritti, interessi e royalties tra una parte e i suoi cittadini che è disciplinata dalle norme e procedure previste dall'ordinamento di ciascuna parte.3. Le parti si attengono inoltre ai seguenti principi che devono essere riportati nei contratti conclusi in base al presente accordo:a) protezione effettiva dei diritti di proprietà intellettuale. Ciascuna parte si impegna a notificare all'altra e/o ad assicurare che i propri partecipanti notifichino alle proprie controparti entro un termine ragionevole qualunque diritto di proprietà intellettuale sorto nel contesto del presente accordo e a provvedere tempestivamente alla protezione di tale diritto.b) Sfruttamento effettivo dei risultati, tenendo conto dei contributi delle parti e dei loro partecipanti.c) Trattamento non discriminatorio dei partecipanti dell'altra parte rispetto al trattamento accordato ai propri partecipanti.d) Protezione delle informazioni commerciali riservate.4. I partecipanti elaborano congiuntamente un piano di gestione della tecnologia che determina la titolarità e l'uso, inclusa la pubblicazione, delle informazioni e delle invenzioni od opere oggetto di proprietà intellettuale che dovessero essere create nell'ambito della ricerca congiunta. Il piano di gestione della tecnologia deve essere approvato dal dipartimento o agenzia che eroga i fondi della parte finanziatrice della ricerca, prima della conclusione dei contratti specifici di cooperazione nelle attività di ricerca e sviluppo, ai quali deve essere allegato. Il piano di gestione della tecnologia deve essere elaborato nell'osservanza della legislazione vigente in ciascuna delle parti, tenendo conto delle finalità della ricerca congiunta, del relativo finanziamento e degli altri contributi delle parti e dei partecipanti, della convenienza di stabilire un regime di licenze territoriali o per campi di applicazione, del trasferimento di dati, beni o servizi soggetti a controlli di esportazione, dei requisiti prescritti dalle leggi applicabili e di ogni altro fattore che i partecipanti ritengano rilevante. Il piano di gestione della tecnologia definisce anche i diritti e gli obblighi in materia di proprietà intellettuale per quanto riguarda le ricerche condotte da ricercatori ospiti (cioè ricercatori che non provengono dalle parti né sono partecipanti).Il piano di gestione della tecnologia è un accordo specifico sottoscritto dai partecipanti al fine di regolare l'attuazione della ricerca congiunta ed i rispettivi diritti ed obblighi.Normalmente, per quanto riguarda la proprietà intellettuale il piano di gestione della tecnologia disciplina, tra l'altro, i seguenti aspetti: la titolarità, la tutela e l'oggetto dei diritti di utilizzazione a fini di ricerca e sviluppo, di sfruttamento e di divulgazione, inclusa la pubblicazione in comune, i diritti e gli obblighi dei ricercatori ospiti e le.procedure di composizione delle controversie. Il piano di gestione della tecnologia può definire anche il regime delle informazioni preliminari o di base, delle licenze e degli elaborati.5. Se nel corso della ricerca congiunta sono ottenute informazioni o sorgono diritti di proprietà intellettuale non contemplati dal piano di gestione della tecnologia, la titolarità di tali informazioni o diritti è attribuita, con il consenso di entrambe le parti, in conformità dei principi stabiliti dal piano di gestione della tecnologia. In caso di disaccordo, la titolarità di tali informazioni o diritti spetta in comune a tutti i partecipanti alla ricerca congiunta che ha dato origine alle informazioni o ai diritti. Ciascun partecipante a cui si applica la presente disposizione ha diritto di sfruttare economicamente tali informazioni e diritti di proprietà intellettuale senza limiti geografici.6. Ciascuna parte provvede affinché siano attribuiti all'altra parte ed ai partecipanti di questa i diritti di proprietà intellettuale loro spettanti in virtù del presente accordo.7. Compatibilmente con il mantenimento della concorrenza nei settori in cui opererà il presente accordo, ciascuna parte fa il possibile per assicurare che i diritti acquistati in base al presente accordo e ai contratti stipulati nel suo contesto siano esercitati in modo da promuovere i) la divulgazione e l'utilizzazione delle informazioni create, rivelate o altrimenti rese disponibili ai sensi dell'accordo e ii) l'adozione e l'applicazione di norme tecniche internazionali.8. La cessazione o la denuncia dell'accordo lasciano impregiudicati i diritti e gli obblighi attribuiti a norma del presente allegato.III. Opere oggetto di diritto d'autore e letteratura scientificaAi diritti d'autore spettanti alle parti o ai partecipanti si applica la disciplina della convenzione di Berna (atto di Parigi 1971). II diritto d'autore può avere per oggetto soltanto espressioni e non idee, procedure, metodi operativi o concetti matematici in quanto tali. Le limitazioni o le deroghe ai diritti di esclusiva sono ammesse solo in casi speciali e non possono impedire il normale sfruttamento dell'opera né pregiudicare la posizione del titolare del diritto.Salvo diverse disposizioni del piano di gestione della tecnologia e quanto previsto alla sezione II, i risultati della ricerca sono pubblicati in comune dalle parti o dai partecipanti alla ricerca congiunta. Fermo restando tale principio generale, si applicano le seguenti disposizioni:1) In caso di pubblicazione ad opera di una parte o di un organismo pubblico di una parte di riviste, articoli, relazioni o libri di carattere scientifico o tecnico, inclusi video o software, che siano frutto di una ricerca congiunta condotta ai sensi dell'accordo, l'altra parte ha diritto di ottenere una licenza non esclusiva, irrevocabile, a titolo gratuito e valida in tutti i paesi, che le consenta di tradurre, riprodurre, adattare, trasmettere e distribuire al pubblico tali opere.2) Le parti assicurano che le opere di letteratura scientifica frutto di una ricerca congiunta condotta ai sensi dell'accordo e pubblicate da editori indipendenti abbiano la più ampia diffusione possibile.3) Ogni riproduzione destinata al pubblico di un'opera tutelata da diritto d'autore, prodotta a norma delle presenti disposizioni deve indicare i nomi degli autori dell'opera, salvo quelli che espressamente richiedano di non essere citati. Deve inoltre contenere una menzione chiara e visibile del contributo delle parti alla cooperazione.IV. Invenzioni, scoperte ed altri ritrovati scientifici e tecnologiciLe invenzioni, le scoperte ed altri ritrovati scientifici e tecnologici creati nell'ambito di attività di cooperazione svolte direttamente dalle parti sono di proprietà delle parti stesse, salvo diverso accordo tra le parti.V. Informazioni esclusiveA. Informazioni esclusive documentali1. Ciascuna delle parti e, se del caso, le agenzie e i partecipanti di questa devono indicare quanto prima possibile, preferibilmente nel piano di gestione della tecnologia, le informazioni esclusive che esse intendono mantenere segrete con riferimento all'accordo, sulla base, tra l'altro, dei seguenti criteri:a) segretezza delle informazioni, nel senso che non deve trattarsi di informazioni già note o conoscibili con mezzi leciti da esperti del settore nella loro individualità o nell'esatta configurazione o insieme degli elementi che le compongono,b) valore economico effettivo o potenziale delle informazioni in virtù della loro segretezza,c) protezione precedente delle informazioni, nel senso che esse devono essere state oggetto delle precauzioni richieste dalle circostanze e poste in essere dal loro legittimo detentore per mantenerne la segretezza.Le parti e i loro partecipanti possono convenire in taluni casi che, salvo diversa indicazione, tutte o parte delle informazioni fornite, scambiate o create nel corso di una ricerca congiunta condotta ai sensi dell'accordo devono essere tenute segrete.2. Ciascuna parte identifica o assicura che i propri partecipanti identifichino chiaramente le informazioni esclusive, per esempio mediante apposito timbro o menzione. Ciò vale anche per le riproduzioni, integrali o parziali, di dette informazioni.La parte che riceve informazioni esclusive ai sensi dell'accordo si impegna ad osservare l'obbligo del segreto. Tale obbligo cessa automaticamente quando le informazioni sono rese di pubblico dominio dal titolare.3. Le informazioni esclusive comunicate a norma dell'accordo possono essere rivelate dalla parte che le riceve a propri funzionari e dipendenti e ad altri dipartimenti ed agenzie che le fanno capo, specificamente autorizzati ai fini della ricerca congiunta in corso, sempreché la rivelazione delle informazioni esclusive avvenga in base ad un contratto in cui è fatto obbligo di mantenerle segrete ed esse siano riconoscibili come tali, nella maniera sopra indicata.4. Previo consenso scritto della parte che fornisce le informazioni esclusive, la parte che riceve dette informazioni può divulgarle in maniera più ampia di quanto consentito ai sensi del punto 3. Le parti collaborano al fine di stabilire le procedure in base alle quali può essere chiesto ed ottenuto il consenso scritto per una più ampia divulgazione delle informazioni esclusive. Ciascuna parte si impegna a rilasciare tale consenso nei limiti consentiti dalla propria legislazione e dalle proprie politiche.B. Informazioni esclusive non documentaliAlle informazioni esclusive non documentali e ad ogni altra informazione confidenziale fornita nel corso di seminari o altre riunioni indette ai sensi dell'accordo, nonché alle informazioni apprese attraverso il personale distaccato, l'uso di strutture o l'esecuzione di progetti congiunti, le parti ed i loro partecipanti applicano le disposizioni previste dal presente accordo per le informazioni documentali, a condizione che i soggetti che ricevono tali informazioni esclusive, confidenziali o segrete siano resi edotti del carattere confidenziale o segreto delle informazioni all'atto della comunicazione delle stesse.C. ControlloCiascuna parte si impegna a controllare l'osservanza delle disposizioni dell'accordo per quanto riguarda l'obbligo di mantenere il segreto sulle informazioni esclusive. Se una delle parti si rende conto che non è in grado o che presumibilmente non sarà in grado di osservare le disposizioni sull'obbligo del segreto contenute nelle sezioni A e B, ne informa immediatamente l'altra parte. Le parti quindi si consultano per definire gli interventi del caso.
Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra l’Unione e la Cina QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo stabilisce un quadro formale per la cooperazione tra la Comunità europea, oggi Unione Europea (Unione), e Cina, mirando al supporto, allo sviluppo e all’agevolazione della ricerca cooperative e attività di sviluppo nei settori della scienza e della tecnologia di interesse comune. Con decisione, il Consiglio dell’Unione Europea approvò la conclusione dell’accordo a nome della Comunità europea. PUNTI CHIAVE Le attività svolte secondo l’accordo sono basate su un numero di principi:vantaggio reciproco; accesso reciproco alle attività; scambio tempestivo delle informazioni; tutela adeguata dei diritti di proprietà intellettuale.Settori di cooperazione L’accordo copre tutte le aree di ricerca, di sviluppo tecnologico e di dimostrazione. Attività Le attività di cooperazione possono assumere le forme seguenti:la partecipazione degli enti di ricerca cinesi nella ricerca, nello sviluppo tecnologico e la dimostrazione di progetti sotto il programma quadro europeo per la ricerca e l’innovazione, e la reciproca partecipazione degli enti di ricerca in l’Unione; gli sforzi di ricerca, di sviluppo tecnologico e progetti dimostrativi; visite e scambi di personale scientifico e personale tecnico; l’organizzazione congiunta di seminari scientifici, conferenze, convegni e laboratori, e partecipazione degli esperti in queste attività; azioni concertate; lo scambio e la condivisione di materiali e attrezzature; lo scambio di informazioni sulle pratiche, leggi, norme e programmi relative alla cooperazione secondo questo accordo. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è stato firmato il 22 dicembre 1998 ed è entrato in vigore il 14 dicembre 1999 per un periodo iniziale di 5 anni. È stato rinnovato dopo la valutazione nel corso del quarto anno di ogni periodo successivo di cinque anni. È stato rinnovato tacitamento recentemente nel 2019 per un periodo addizionale di 5 anni. CONTESTO La cooperazione tra Cina e l’Unione sono rafforzate nel 2012 con la firma di una dichiarazione comune istituendo un dialogo di cooperazione e innovazione di alto livello tra EU-Cina. Relazioni tra l’Unione e la Cina sono più ampiamente governate dal 2013 UE-Cina 2020 agenda strategica per cooperazione. Per ulteriori informazioni, si veda:Cina e l’Unione Europea (Servizio di azione esterna dell’Unione europea)Per ulteriori informazioni sulla cooperazione di ricerca e innovazione con la Cina, vedi:Cina (Commissione Europea) DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione del consiglio 2000/16/CE, del 2 dicembre 1999, concludendo l’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica popolare cinese (GU L 6 del 11.1.2000, pag. 39). Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica popolare cinese (GU L 6 del 11.1.2000, pag. 40). DOCUMENTI CORRELATI Accordo di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese (GU L 250 del 19.9.1985, pag. 2).
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32015R0479
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REGOLAMENTO (UE) 2015/479 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell'11 marzo 2015 relativo a un regime comune applicabile alle esportazioni (codificazione) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 207, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 1061/2009 del Consiglio (3) ha subito modifiche sostanziali (4). A fini di chiarezza e razionalizzazione è opportuno procedere alla sua codificazione. (2) La politica commerciale comune dovrebbe essere basata su principi uniformi. (3) È quindi opportuno instaurare un regime comune applicabile alle esportazioni dell'Unione. (4) In tutti gli Stati membri le esportazioni sono quasi totalmente liberalizzate. In tali condizioni è possibile prendere in considerazione, sul piano unionale, il principio secondo cui le esportazioni destinate ai paesi terzi non sono soggette ad alcuna restrizione quantitativa, fatte salve le deroghe previste dal presente regolamento e le misure che gli Stati membri possono adottare conformemente al trattato. (5) La Commissione dovrebbe essere informata quando, a seguito di un'eccezionale evoluzione del mercato, uno Stato membro ritenga che possano essere necessarie misure di salvaguardia. (6) È essenziale, a livello unionale, segnatamente sulla base delle suddette informazioni, procedere all'esame delle condizioni delle esportazioni, della loro evoluzione e dei vari elementi della situazione economica e commerciale nonché, ove occorra, delle misure da adottare. (7) Può essere necessario esercitare un controllo di talune esportazioni o istituire, a titolo di precauzione, misure conservative, intese a far fronte a pratiche imprevedibili. (8) Le misure di salvaguardia rese necessarie dagli interessi dell'Unione dovrebbero essere adottate nel rispetto degli obblighi internazionali esistenti. (9) Appare necessario consentire agli Stati membri vincolati da impegni internazionali che prevedano, in caso di difficoltà di approvvigionamento reali o potenziali, un meccanismo di ripartizione dei prodotti petroliferi tra le parti contraenti, di adempiere ai conseguenti obblighi nei confronti dei paesi terzi, fatte salve le disposizioni unionali adottate al medesimo scopo. Tale autorizzazione dovrebbe essere applicata fino all'adozione, da parte del Parlamento europeo e del Consiglio, di misure appropriate a seguito di impegni assunti dall'Unione o da tutti gli Stati membri. (10) Il presente regolamento dovrebbe applicarsi a tutti i prodotti, sia industriali che agricoli. Esso dovrebbe essere applicato a titolo complementare con gli atti relativi all'organizzazione comune dei mercati agricoli nonché con gli atti specifici adottati a sensi dell'articolo 352 del trattato per le merci risultanti dalla trasformazione di prodotti agricoli. È tuttavia opportuno evitare che le disposizioni del presente regolamento si sovrappongano a quelle di detti atti e in particolare alle clausole di salvaguardia in essi previste. (11) L'esecuzione del presente regolamento esige condizioni uniformi per l'adozione delle misure di salvaguardia. Tali misure dovrebbero essere adottate dalla Commissione conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (5), HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: CAPO I PRINCIPIO FONDAMENTALE Articolo 1 Le esportazioni dell'Unione verso i paesi terzi sono libere, vale a dire non soggette a restrizioni quantitative, ad eccezione di quelle applicate conformemente al presente regolamento. CAPO II PROCEDURA UNIONALE DI INFORMAZIONE E DI CONSULTAZIONE Articolo 2 Quando uno Stato membro, a seguito di un'eccezionale evoluzione del mercato, ritiene che potrebbero essere necessarie misure di salvaguardia ai sensi del capo III, ne dà comunicazione alla Commissione, che provvede ad informare gli altri Stati membri. Articolo 3 1. La Commissione è assistita dal comitato per le misure di salvaguardia istituito dal regolamento (UE) 2015/478 del Parlamento europeo e del Consiglio (6). Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 8 del regolamento (UE) n. 182/2011 in combinato disposto con l'articolo 5 dello stesso. Articolo 4 La Commissione può chiedere agli Stati membri di fornirle dati statistici sull'evoluzione del mercato di un determinato prodotto, al fine di determinarne la situazione economica e commerciale e di controllarne a tal fine le esportazioni, conformemente alle legislazioni nazionali e secondo modalità da essa indicate. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie per dar seguito alle domande della Commissione e le comunicano i dati richiesti. La Commissione ne informa gli altri Stati membri. CAPO III MISURE DI SALVAGUARDIA Articolo 5 1. Al fine di prevenire una situazione critica dovuta a una penuria di prodotti essenziali o al fine di porvi rimedio e quando gli interessi dell'Unione richiedono un'azione immediata, la Commissione, su richiesta di uno Stato membro o di propria iniziativa e tenendo conto della natura dei prodotti e delle altre particolarità delle transazioni in causa, può subordinare l'esportazione di un prodotto alla presentazione di un'autorizzazione di esportazione da concedere secondo le modalità e nei limiti che essa definisce secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 3, paragrafo 2, o, in casi di urgenza, conformemente all'articolo 3, paragrafo 3. 2. Le misure adottate sono comunicate al Parlamento europeo, al Consiglio e agli Stati membri; esse sono di immediata applicazione. 3. Le misure possono essere limitate a talune destinazioni e alle esportazioni di talune regioni dell'Unione. Esse non riguardano i prodotti già avviati verso la frontiera dell'Unione. 4. Qualora l'intervento della Commissione sia stato richiesto da uno Stato membro, la Commissione si pronuncia ai sensi del paragrafo 1 entro un termine massimo di cinque giorni lavorativi a decorrere dalla data alla quale ha ricevuto la richiesta. 5. In caso di applicazione delle disposizioni del paragrafo 1 del presente articolo, la Commissione, entro dodici giorni lavorativi a decorrere dalla data di entrata in vigore della misura da essa adottata, decide l'eventuale adozione delle misure appropriate a norma dell'articolo 6. La misura si intende revocata se, entro sei settimane dalla data dell'entrata in vigore, non sono state adottate misure. Articolo 6 1. Quando lo esigano gli interessi dell'Unione, la Commissione, che delibera secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 3, paragrafo 2, adotta le misure appropriate: a) per prevenire una situazione critica dovuta a una penuria di prodotti essenziali e per porvi rimedio; b) per permettere l'esecuzione degli impegni internazionali contratti dall'Unione o da tutti i suoi Stati membri, segnatamente in materia di commercio di prodotti di base. 2. Le misure di cui al paragrafo 1 possono essere limitate a determinate destinazioni e alle esportazioni da determinate regioni dell'Unione. Esse non interessano i prodotti avviati verso la frontiera dell'Unione. 3. Quando sono instaurate restrizioni quantitative all'esportazione, si tiene conto in particolare: a) da un lato, del volume dei contratti stipulati a condizioni normali prima dell'entrata in vigore di una misura di salvaguardia a norma del presente capo, e che lo Stato membro interessato ha notificato alla Commissione conformemente alle sue disposizioni interne; e b) dall'altro, del fatto che la realizzazione dello scopo perseguito con l'instaurazione delle restrizioni quantitative non deve essere compromessa. Articolo 7 1. Durante il periodo d'applicazione di qualsiasi misura di cui agli articoli 5 e 6, la Commissione può, su richiesta di uno Stato membro o su propria iniziativa: a) valutare gli effetti della misura; b) verificare se sia necessario mantenere in vigore il provvedimento. Se la Commissione ritiene che l'applicazione della misura sia ancora necessaria ne informa gli Stati membri. 2. Quando la Commissione ritiene necessaria la revoca o la modifica delle misure di cui agli articoli 5 e 6, essa delibera secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 3, paragrafo 2. CAPO IV DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI Articolo 8 Per i prodotti di cui all'allegato I fino all'adozione, da parte del Parlamento europeo e del Consiglio, delle misure idonee derivanti dagli impegni internazionali assunti dall'Unione o da tutti gli Stati membri, fatte salve le regole adottate in materia dall'Unione, questi sono autorizzati ad applicare i meccanismi di crisi relativi a un obbligo di ripartizione nei confronti dei paesi terzi, conformemente agli impegni internazionali da essi assunti anteriormente all'entrata in vigore del presente regolamento. Gli Stati membri informano la Commissione delle misure che intendono adottare. Le misure adottate sono comunicate dalla Commissione al Consiglio e agli altri Stati membri. Articolo 9 La Commissione include informazioni sull'attuazione del presente regolamento nella sua relazione annuale sull'applicazione e sull'attuazione delle misure di difesa commerciale al Parlamento europeo e al Consiglio ai sensi dell'articolo 22 bis del regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio (7). Articolo 10 Fatte salve altre disposizioni dell'Unione, il presente regolamento non osta all'adozione o all'applicazione, da parte degli Stati membri, di restrizioni quantitative all'esportazione giustificate da motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale, o di tutela della proprietà industriale e commerciale. Articolo 11 Il presente regolamento non osta all'applicazione degli atti relativi alle organizzazioni comuni dei mercati agricoli nonché degli atti specifici adottati ai sensi dell'articolo 352 del trattato per le merci risultanti dalla trasformazione di prodotti agricoli. Esso si applica a titolo complementare. Tuttavia, le disposizioni dell'articolo 5 del presente regolamento non sono applicabili ai prodotti soggetti a tali atti per i quali il regime unionale degli scambi con i paesi terzi preveda la possibilità di applicare restrizioni quantitative all'esportazione. L'articolo 4 non è applicabile ai prodotti soggetti a tali atti per i quali il regime unionale degli scambi con i paesi terzi preveda l'esibizione di un certificato o di un altro titolo di esportazione. Articolo 12 Il regolamento (CE) n. 1061/2009 è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell'allegato III. Articolo 13 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, l'11 marzo 2015 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente Z. KALNIŅA-LUKAŠEVICA (1) Parere del 10 dicembre 2014 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Posizione del Parlamento europeo dell'11 febbraio 2015 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 2 marzo 2015. (3) Regolamento (CE) n. 1061/2009 del Consiglio, del 19 ottobre 2009, relativo all'instaurazione di un regime comune applicabile alle esportazioni (GU L 291 del 7.11.2009, pag. 1). (4) Si veda l'allegato II. (5) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13). (6) Regolamento (UE) 2015/478 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2015, relativo al regime comune applicabile alle importazioni (Cfr. pagina 16 della presente Gazzetta ufficiale). (7) Regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343 del 22.12.2009, pag. 51). ALLEGATO I Prodotti di cui all'articolo 8 Codice NC Designazione delle merci 2709 00 Oli greggi di petrolio o di minerali bituminosi 2710 Oli di petrolio o di minerali bituminosi, diversi dagli oli greggi; preparazioni non nominate né comprese altrove, contenenti, in peso, il 70 % o più di oli di petrolio o di minerali bituminosi e delle quali tali oli costituiscono il componente base; oli usati: da 2710 11 11 a 2710 11 90 Oli leggeri da 2710 19 11 a 2710 19 29 Oli medi da 2710 19 31 a 2710 19 99 Oli pesanti, esclusi gli oli di lubrificazione per l'orologeria e simili, presentati in piccoli recipienti contenenti fino a 250 g netti di olio 2711 Gas di petrolio e altri idrocarburi gassosi: – liquefatti: 2711 12 – – Propano: – – – Propano di purezza uguale o superiore al 99 % – – – altro 2711 13 – – Butani: – allo stato gassoso: ex 2711 29 00 – – altri: – – – propano – – – butani ALLEGATO II Regolamento abrogato e relativa modificazione Regolamento (CE) n. 1061/2009 del Consiglio (GU L 291 del 7.11.2009, pag. 1). Regolamento (UE) n. 37/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 18 del 21.1.2014, pag. 1). limitatamente al punto 21 dell'allegato ALLEGATO III Tavola di concordanza Regolamento (CE) n. 1061/2009 Il presente regolamento Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2 Articolo 2 Articolo 4 Articolo 3 Articolo 5 Articolo 4 Articolo 6 Articolo 5 Articolo 7 Articolo 6 Articolo 8 Articolo 7 Articolo 9 Articolo 8 Articolo 9 bis Articolo 9 Articolo 10 Articolo 10 Articolo 11 Articolo 11 Articolo 12 Articolo 12 Articolo 13 Articolo 13 Allegato I Allegato I Allegato II Allegato II Allegato III Allegato III
Un regime europeo comune applicabile alle esportazioni QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Sancisce il principio fondamentale secondo cui l’esportazione di prodotti dai paesi dell’Unione europea verso altri paesi non è soggetta a restrizioni quantitative. Stabilisce anche le regole relative a una procedura per l’adozione di misure di salvaguardia. PUNTI CHIAVE Il regolamento si applica a tutti i prodotti, sia industriali sia agricoli. Misure di salvaguardiaAl fine di prevenire una situazione critica dovuta a una penuria di prodotti essenziali, la Commissione europea può subordinare l’esportazione di un prodotto alla presentazione di un’autorizzazione di esportazione. Queste misure possono essere limitate a talune destinazioni e alle esportazioni di talune regioni dell’UE. Tuttavia, non riguardano i prodotti già avviati verso la frontiera dell’Unione. Ad esempio, come nel contesto dell’epidemia di Covid-19, il regolamento di esecuzione (UE) 2020/402, per un periodo di tempo limitato, ha richiesto che alcuni dispositivi di protezione individuale, originari o meno dell’Unione, fossero autorizzati dalle autorità competenti dei paesi dell’UE per l’esportazione al di fuori dell’Unione, ad eccezione dei paesi dell’Associazione europea di libero scambio, dei territori dipendenti dalle catene di approvvigionamento dell’Unione (ad esempio Andorra) e di alcuni territori d’oltremare. Il provvedimento cercava di garantire la disponibilità di dispositivi di protezione individuale nei paesi dell’UE per prevenire la diffusione della Covid-19. L’atto di esecuzione ha stabilito la procedura per richiedere l’autorizzazione e il suo allegato I elenca i prodotti che necessitano di autorizzazione (occhiali e visiere protettive, guanti, indumenti protettivi, dispositivi di protezione del naso e della bocca e schermi facciali). La Commissione deve adottare qualsiasi misura di salvaguardia resa necessaria dagli interessi dell’Unione nel rispetto degli obblighi internazionali esistenti (per esempio, derivante dall’appartenenza dell’UE all’Organizzazione mondiale del commercio).Informazioni e consultazioneSe un paese dell’UE ritiene possano essere necessarie misure di salvaguardia a seguito di un’eccezionale evoluzione del mercato, deve darne comunicazione alla Commissione, la quale provvede a informare gli altri paesi dell’UE. La Commissione può chiedere ai paesi dell’UE di fornirle dati statistici sull’evoluzione del mercato di un determinato prodotto, al fine di determinarne la situazione economica e commerciale.Attuazione Il Comitato per le misure di salvaguardia, composto da rappresentanti dei paesi dell’UE e istituito dal regolamento (UE) 2015/478 relativo al regime comune applicabile alle importazioni, assiste la Commissione nell’attuazione del regolamento. DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? È in vigore dal 16 aprile 2015. Abroga il regolamento (CE) n. 1061/2009 con effetto immediato. CONTESTO Il regolamento codifica il regolamento (CE) n. 1061/2009 del Consiglio, che era stato modificato in maniera sostanziale diverse volte. Fa parte della politica commerciale comune dell’Unione, che si basa su principi uniformi per tutti i paesi dell’UE. Per ulteriori informazioni consultare:Esportazioni dall’UE (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) 2015/479 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2015, sul regime comune applicabile alle esportazioni (codificazione) (GU L 83 del 27.3.2015, pag. 34). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento di esecuzione (UE) 2020/402 della Commissione, del 14 marzo 2020, che subordina l’esportazione di taluni prodotti alla presentazione di un’autorizzazione di esportazione (GU L 77I del 15.3.2020, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (UE) 2020/402 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha solo valore documentale. Regolamento (UE) 2015/478 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2015, sul regime comune applicabile alle importazioni (GU L 83 del 27.3.2015, pag. 16).
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REGOLAMENTO DELEGATO (UE) 2015/2195 DELLA COMMISSIONE del 9 luglio 2015 che integra il regolamento (UE) n. 1304/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo sociale europeo, per quanto riguarda la definizione di tabelle standard di costi unitari e di importi forfettari per il rimborso da parte della Commissione agli Stati membri delle spese sostenute LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, visto il regolamento (UE) n. 1304/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo sociale europeo e che abroga il regolamento (CE) n. 1081/2006 del Consiglio (1), in particolare l'articolo 14, paragrafo 1, considerando quanto segue: (1) Le tabelle standard di costi unitari e gli importi forfettari da usare per i rimborsi agli Stati membri dovrebbero essere stabiliti in base a metodi proposti dagli Stati membri e valutati dalla Commissione, compresi i metodi di cui all'articolo 67, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (2) e all'articolo 14, paragrafi 2 e 3, del regolamento (UE) n. 1304/2013. (2) In considerazione dei diversi tipi di operazioni che possono ricevere sostegno dal Fondo sociale europeo, la definizione e la quantificazione delle tabelle standard di costi unitari e degli importi forfettari possono differire in base al tipo di operazione per rifletterne le specificità. (3) Per quanto riguarda il livello dei costi per ogni tipo di operazione esistono notevoli differenze tra gli Stati membri, e in certi casi tra regioni all'interno di uno stesso Stato membro. Nel rispetto del principio della sana gestione finanziaria del Fondo sociale europeo la definizione e la quantificazione delle tabelle standard di costi unitari e degli importi forfettari stabiliti dalla Commissione dovrebbero rispecchiare anche le specificità di ogni Stato membro e di ogni regione. (4) Affinché gli importi delle tabelle standard di costi unitari rispecchino il livello dei costi effettivamente sostenuti si introduce un metodo per provvedere al loro adeguamento, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto e campo di applicazione Il presente regolamento stabilisce le tabelle standard di costi unitari e gli importi forfettari che la Commissione può usare per rimborsare le spese agli Stati membri. Articolo 2 Tipi di operazioni I tipi di operazioni per le quali è previsto il rimborso in base a tabelle standard di costi unitari e a importi forfettari in conformità all'articolo 14, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1304/2013 sono indicati negli allegati. Articolo 3 Definizione e quantificazione delle tabelle standard di costi unitari e degli importi forfettari La definizione e la quantificazione delle tabelle standard di costi unitari e degli importi forfettari in conformità all'articolo 14, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1304/2013 per ogni tipo di operazione sono indicati negli allegati. Articolo 4 Adeguamento di valori numerici 1. I valori numerici di cui agli allegati sono adeguati applicando i metodi esposti negli allegati stessi. 2. Gli importi adeguati in conformità al paragrafo 1 si applicano per il rimborso delle spese relative alle parti di un'operazione eseguite alla data dell'adeguamento e successivamente a questa. Articolo 5 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 9 luglio 2015 Per la Commissione Il presidente Jean-Claude JUNCKER (1) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 470. (2) Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320). ALLEGATO I Condizioni relative al rimborso alla Svezia delle spese in base a tabelle standard di costi unitari 1. Definizione delle tabelle standard di costi unitari Tipo di operazioni (1) Denominazione dell'indicatore Categoria di costo Unità di misura dell'indicatore Valori 1. Operazioni finanziate nell'ambito dell'asse prioritario 1 «Offerta di competenze» del Programma operativo (Nationellt socialfondsprogram för investering för tillväxt och sysselsättning 2014-2020) (CCI- 2014SE05M9OP001) Ore lavorate Salario del personale impiegato per l'operazione Numero di ore lavorate (2) Categoria salariale (codice SSYK) (3) Regione: Stoccolma (SE 11) (costo unitario per ora, valore espresso in SEK (4) Tutte le regioni esclusa Stoccolma (SE da 12 a 33) (costo unitario per ora, valore espresso in SEK) 1 (912 – 913 –919 -921) 229 234 2 (414 415 – 421 – 422 -512 – 513 – 514 – 515 – 522 –611 – 612 –613 – 614 –826) 257 254 3 (331 – 348 – 411 – 412 – 413 – 419 – 711 – 712 – 713 – 714 – 721 – 722 – 723 – 724 – 731 – 732 – 734 – 741 – 742 – 743 – 811 – 812 – 813 – 814 – 815 – 816 – 817 – 821 – 822 – 823 –824 – 825 – 827 –828 –829 –831 – 832 – 833 – 834 – 914 – 915 – 931 – 932 – 933) 297 282 4 (223 – 232 – 233 – 234 – 235 – 243 – 249 – 313 – 322 – 323 – 324 – 332 – 342 – 343 – 344 – 345 – 346 – 347 – 511 – 011) 338 313 5 (213 – 221 – 231 – 241 – 244 – 245 – 246 – 247 – 248 – 311 – 312 – 315 – 321 – 341) 419 366 6 (211 – 212 – 214 – 222 – 242 – 314) 554 517 7 A (121) 739 739 7 B (111–123) 801 625 7 C (131–122) 525 429 2. Operazioni finanziate nell'ambito dell'asse prioritario 1 «Offerta di competenze» del Programma operativo (Nationellt socialfondsprogram för investering för tillväxt och sysselsättning 2014-2020) (CCI- 2014SE05M9OP001) Ore di partecipazione all'operazione Salario del partecipante Numero di ore di partecipazione (2) Regione: Stoccolma (SE 11) (costo unitario per ora, valore espresso in SEK) Tutte le regioni esclusa Stoccolma (SE da 12 a 33) (costo unitario per ora, valore espresso in SEK) 229 234 3. Operazioni finanziate nell'ambito dell'asse prioritario 2 «Maggiore transizione verso l'occupazione» e dell'asse prioritario 3 «Iniziativa a favore dell'occupazione giovanile» del Programma operativo (Nationellt socialfondsprogram för investering för tillväxt och sysselsättning 2014-2020) (CCI- 2014SE05M9OP001) Ore lavorate Salario del personale impiegato per l'operazione Numero di ore lavorate (2) Categoria di attività Regione: Stoccolma (SE 11) (costo unitario per ora, valore espresso in SEK) Tutte le regioni esclusa Stoccolma (SE da 12 a 33) (costo unitario per ora, valore espresso in SEK) Capo progetto, nelle operazioni per le quali l'importo totale ammissibile delle spese, come dichiarato nel documento che stabilisce le condizioni del finanziamento, è superiore a 20 milioni di SEK 535 435 Capo progetto, nelle operazioni per le quali l'importo totale ammissibile delle spese, come dichiarato nel documento che stabilisce le condizioni del finanziamento, è inferiore o uguale a 20 milioni di SEK/assistente del capo progetto, nelle operazioni per le quali l'importo totale ammissibile delle spese, come dichiarato nel documento che stabilisce le condizioni del finanziamento, è superiore a 20 milioni di SEK 478 405 Collaboratore del progetto 331 300 Economista del progetto 427 363 Amministratore 297 270 4. Operazioni finanziate nell'ambito dell'asse prioritario 2 «Maggiore transizione verso l'occupazione» e dell'asse prioritario 3 «Iniziativa a favore dell'occupazione giovanile» del Programma operativo (Nationellt socialfondsprogram för investering för tillväxt och sysselsättning 2014-2020) (CCI- 2014SE05M9OP001) Ore di partecipazione all'operazione Indennità riconosciuta al partecipante Numero di ore di partecipazione (2) Assistenza finanziaria (costo unitario per ora) Età (in SEK) 18-24 anni 32 25-29 anni 40 30-64 anni 46 Sovvenzione per l'attività e indennità per lo sviluppo (costo unitario per ora) Età (in SEK) 15-19 anni 17 20-24 anni 33 25-29 anni 51 30-44 anni 55 45-69 anni 68 Contributi previdenziali e assicurazione malattie (costo unitario per ora) Età (in SEK) 19-29 anni (contributi previdenziali e assicurazione malattie per tale fascia di età) 51 30-64 anni (contributi previdenziali e assicurazione malattie per tale fascia di età) 58 Assistenza sanitaria, assicurazione malattie, prestazioni riabilitative e prestazioni per incidente sul lavoro o malattia professionale (costo unitario per ora) Età (in SEK) – 19 anni 48 20-64 anni 68 2. Adeguamento degli importi I costi unitari indicati nella tabella si applicano alle ore lavorate o di partecipazione nel 2015. Ad eccezione dei costi unitari relativi alle indennità riconosciute ai partecipanti (indicati al punto 4 della tabella), che non sono soggetti ad adeguamento, i valori indicati aumenteranno in modo automatico del 2 % al 1o gennaio di ogni anno a partire dal 2016 e fino al 2023. (1) I valori numerici delle tabelle standard di costi unitari si applicano unicamente alle parti delle operazioni relative alle categorie di costi esposte nel presente allegato. (2) Il numero totale delle ore dichiarate in un anno non può essere superiore al numero standard di ore lavorate all'anno in Svezia, pari a 1 862 ore. (3) Codice delle attività lavorative in uso in Svezia. (4) Valuta svedese. ALLEGATO II Condizioni relative al rimborso alla Francia delle spese in base a tabelle standard di costi unitari 1. Definizione delle tabelle standard di costi unitari Tipo di operazioni Denominazione dell'indicatore Categoria di costo Unità di misura dell'indicatore Importi (in EUR) «Garantie Jeunes» finanziata nell'ambito dell'asse prioritario 1 «Accompagner les jeunes NEET vers et dans l'emploi» del programma operativo «PROGRAMME OPÉRATIONNEL NATIONAL POUR LA MISE EN ŒUVRE DE L'INITIATIVE POUR L'EMPLOI DES JEUNES EN METROPOLE ET OUTRE-MER» (CCI-2014FR05M9OP001) Giovani NEET (1) che riportino risultati positivi nell'ambito della «Garantie Jeunes» entro e non oltre 12 mesi dall'inizio del tutoraggio — indennità versate al partecipante; — costi di attivazione sostenuti dalle «missions locales» Numero di giovani NEET che riportano uno dei seguenti risultati entro e non oltre 12 mesi dall'inizio del tutoraggio: — hanno iniziato una formazione professionale che ha per esito il rilascio di una certificazione, sia mediante: — adesione ad una formazione professionale di «apprendimento permanente»; oppure — iscrizione ad una formazione di base; oppure — apertura di un'impresa; oppure — assunzione; oppure — occupazione durata minimo 80 giorni in un ambiente lavorativo (a titolo retribuito o gratuito) 3 600 2. Adeguamento degli importi La tabella standard di costi unitari della tabella si basa in parte su una tabella standard di costi unitari finanziata interamente dalla Francia. L'importo complessivo di 3 600 EUR comprende 1 600 EUR corrispondenti alla tabella standard di costi unitari stabilita dall'«instruction ministérielle du 11 octobre 2013 relative à l'expérimentation Garantie Jeunes prise pour l'application du décret 2013-80 du 1er octobre 2013 ainsi que par l'instruction ministérielle du 20 mars 2014» a fini di copertura dei costi sostenuti dai servizi per l'occupazione giovanile «Missions Locales» per assicurare il tutoraggio ad ogni giovane NEET che aderisce alla «Garantie Jeunes». La tabella standard di costi unitari definita nella sezione 1 sarà adeguata dallo Stato membro applicando gli adeguamenti previsti dalla normativa nazionale alla tabella standard di costi unitari in relazione ai 1 600 EUR di cui al paragrafo 1, che coprono i costi sostenuti dai servizi per l'occupazione giovanile. (1) Giovane disoccupato o inattivo al di fuori di ogni ciclo di istruzione e formazione che partecipa ad un'operazione finanziata dal «PROGRAMME OPÉRATIONNEL NATIONAL POUR LA MISE EN ŒUVRE DE L'INITIATIVE POUR L'EMPLOI DES JEUNES EN METROPOLE ET OUTRE-MER».
Norme sul rimborso ai paesi dell’UE per le spese del Fondo sociale europeo QUAL È LO SCOPO DI QUESTO REGOLAMENTO DELEGATO? Stabilisce le tabelle standard di costi unitari e di importi forfettari che la Commissione europea può usare per rimborsare le spese ai paesi dell’UE. Integra il regolamento (UE) n. 1304/2013, il regolamento sul Fondo sociale europeo (regolamento sul FSE). PUNTI CHIAVE Regolamento (UE) n. 1304/2013, il regolamento sul FSE Il regolamento sul FSE consente alla Commissione di adottare il regolamento delegato. L’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento sul FSE consente alla Commissione di rimborsare le spese sostenute dai paesi dell’UE sulla base di tabelle standard di costi unitari e di importi forfettari definite dalla Commissione stessa. Gli importi calcolati sono considerati come sostegno pubblico pagato a beneficiari e spese ammissibili ai sensi delle norme comuni per i Fondi strutturali e d’investimento europei. Ambito di applicazione del regolamento delegato Gli allegati a questo regolamento delegato stabiliscono:il tipo di operazioni previste; le definizioni delle tabelle standard di costi unitari e di importi forfettari; gli importi; i metodi per regolare tali importi. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO DELEGATO? Esso è in vigore dal 18 dicembre 2015. CONTESTO Fondo sociale europeo (Commissione Europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento delegato (UE) 2015/2195 della Commissione, del 9 luglio 2015, che integra il regolamento (UE) n. 1304/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo sociale europeo, per quanto riguarda la definizione di tabelle standard di costi unitari e di importi forfettari per il rimborso da parte della Commissione ai paesi dell’UE delle spese sostenute (GU L 313 del 28.11.2015, pagg. 22-28). Successive modifiche al regolamento (UE) 2015/2195 sono state integrate nel testo originario. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pagg. 320-469). Si veda la versione consolidata. Regolamento (UE) n. 1304/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, relativo al Fondo sociale europeo e che abroga il regolamento (CE) n. 1081/2006 del Consiglio (GU L 347 20.12.2013, pagg. 470-486). Si veda la versione consolidata.
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32001L0113
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DIRETTIVA 2001/113/CE DEL CONSIGLIO del 20 dicembre 2001 relativa alle confetture, gelatine e marmellate di frutta e alla crema di marroni destinate all'alimentazione umana IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando quanto segue: (1) Occorre semplificare talune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari per tener conto unicamente dei requisiti fondamentali cui devono rispondere i prodotti disciplinati da tali direttive, affinché essi possano circolare liberamente nel mercato interno, conformemente alle conclusioni elaborate dal Consiglio europeo di Edimburgo dell'11-12 dicembre 1992, confermate dal Consiglio europeo di Bruxelles del 10-11 dicembre 1993. (2) La direttiva 79/693/CEE del Consiglio, del 24 luglio 1979, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti le confetture, gelatine e marmellate di frutta nonché la crema di marroni (4), è stata motivata dal fatto che disparità tra le legislazioni nazionali concernenti detti prodotti potevano creare condizioni di concorrenza sleale con la conseguenza di trarre in inganno il consumatore e avevano quindi un'incidenza diretta sull'instaurazione e il funzionamento del mercato comune. (3) Con detta direttiva si è mirato quindi a fissare definizioni e norme comuni per la composizione, le caratteristiche di fabbricazione e l'etichettatura di detti prodotti, al fine di garantirne la libera circolazione all'interno della Comunità. (4) La direttiva 79/693/CEE dovrebbe essere adeguata alla legislazione comunitaria generale applicabile a tutti i prodotti alimentari, in particolare a quella relativa all'etichettatura, ai coloranti, agli edulcoranti e agli altri additivi autorizzati e, per motivi di chiarezza, dovrebbe essere rifusa in un nuovo testo al fine di rendere più accessibili le norme relative alle condizioni di produzione e di immissione in commercio delle confetture, gelatine e marmellate di frutta e alla crema di marroni. (5) Le regole generali sull'etichettatura dei prodotti alimentari, enunciate dalla direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5), dovrebbero applicarsi fatte salve alcune condizioni. (6) Onde tener conto delle diverse tradizioni nazionali esistenti nella fabbricazione delle confetture, gelatine e marmellate, nonché della crema di marroni, è opportuno mantenere le disposizioni nazionali esistenti che autorizzano l'immissione in commercio dei prodotti che presentano un tenore ridotto di zucchero. (7) Secondo i principi di sussidiari età e di proporzionalità definiti dall'articolo 5 del trattato, l'obiettivo di stabilire definizioni e regole comuni per i prodotti interessati e di allineare le disposizioni alla normativa comunitaria generale sui prodotti alimentari non può essere sufficientemente realizzato dagli Stati membri e può dunque, data la natura della presente direttiva, essere realizzato meglio a livello comunitario. La presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo. (8) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate in base alla decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (6). (9) Per evitare che si creino nuovi ostacoli alla libera circolazione, occorre che gli Stati membri non adottino, per i prodotti indicati, disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 La presente direttiva si applica ai prodotti definiti nell'allegato I. Essa non si applica ai prodotti destinati alla fabbricazione dei prodotti da forno fini, pasticceria o biscotteria. Articolo 2 La direttiva 2000/13/CE si applica ai prodotti definiti nell'allegato I, alle condizioni in appresso: 1) Le denominazioni di vendita previste dall'allegato I sono riservate ai prodotti in esso definiti e sono utilizzate nel commercio per designarli. Tuttavia le denominazioni di cui all'allegato I possono essere utilizzate a titolo complementare e conformemente agli usi per designare altri prodotti che non possono essere confusi con i prodotti definiti nell'allegato I. 2) La denominazione di vendita è completata dall'indicazione del frutto o dei frutti utilizzati in ordine decrescente rispetto al peso delle materie prime utilizzate. Tuttavia, per i prodotti ottenuti da tre o più frutti, l'indicazione dei frutti utilizzati può essere sostituita dalla dicitura «frutti misti», da un'indicazione simile o da quella del numero di frutti utilizzati. 3) L'etichettatura indica il contenuto di frutta mediante la dicitura «… grammi di frutta per 100 grammi» di prodotto finito, se del caso previa detrazione del peso dell'acqua utilizzata per la preparazione degli estratti acquosi. 4) L'etichettatura indica il tenore totale di zuccheri mediante la dicitura «zuccheri … grammi per 100 grammi»; la cifra indicata rappresenta il valore rifratto metrico del prodotto finito, determinato a 20 °C, con una tolleranza di ± 3 gradi rifratto metrici. Tuttavia, tale indicazione non deve essere riportata allorché un'informazione nutrizionale sugli zuccheri figura nell'etichettatura in applicazione della direttiva 90/496/CEE (7). 5) Le indicazioni di cui al punto 3 e al punto 4, primo comma, figurano, a caratteri chiaramente leggibili, nello stesso campo visivo della denominazione di vendita. 6) Allorché il tenore residuo di anidride solforosa è superiore a 10 mg/kg, la sua presenza deve essere menzionata nell'elenco degli ingredienti in deroga all'articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 2000/13/CE. Articolo 3 Per i prodotti di cui all'allegato I, gli Stati membri si astengono dall'adottare disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva. Articolo 4 Fatte salve la direttiva 89/107/CEE (8) o le disposizioni adottate ai fini della sua attuazione, per la fabbricazione dei prodotti definiti nell'allegato I possono essere utilizzati soltanto gli ingredienti di cui all'allegato II e le materie prime conformi all'allegato III. Articolo 5 Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva concernenti i punti citati in seguito sono adottate conformemente alla procedura di regolamentazione di cui all'articolo 6, paragrafo 2: — gli adeguamenti della presente direttiva alle disposizioni comunitarie generali in materia di prodotti alimentari, — gli adeguamenti al progresso tecnico. Articolo 6 1. La Commissione è assistita dal comitato permanente per i prodotti alimentari (in seguito denominato «il comitato») istituito dall'articolo 1 della decisione 69/414/CEE (9). 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE. Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. 3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno. Articolo 7 La direttiva 79/693/CEE è abrogata a decorrere dal 12 luglio 2003. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva. Articolo 8 Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 12 luglio 2003. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Le disposizioni sono applicate in modo da: — autorizzare l'immissione in commercio dei prodotti definiti nell'allegato I se rispondono alle definizioni e alle norme previste dalla presente direttiva, a decorrere dal 12 luglio 2003, — vietare l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva, a decorrere dal 12 luglio 2004. Tuttavia, l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva, ma etichettati anteriormente al 12 luglio 2004 in conformità della direttiva 79/693/CEE, è autorizzata fino allo smaltimento delle scorte. Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui al primo comma, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento al momento della loro pubblicazione ufficiale. La procedura da seguire per il riferimento è adottata dagli Stati membri. Articolo 9 La presente direttiva entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Articolo 10 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 2001. Per il Consiglio Il Presidente C. PICQUÉ (1) GU C 231 del 9.8.1996, pag. 27. (2) GU C 279 dell'1.10.1999, pag. 95. (3) GU C 56 del 24.2.1997, pag. 20. (4) GU L 205 del 13.8.1979, pag. 5. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 88/593/CEE (GU L 318 del 25.11.1988, pag. 44). (5) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29. (6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (7) GU L 276 del 6.10.1990, pag. 40. (8) GU L 40 dell'11.12.1989, pag. 27. Direttiva modificata dalla direttiva 94/34/CE (GU L 237 del 10.9.1994, pag. 1). (9) GU L 291 del 19.11.1969, pag. 9. ALLEGATO I DENOMINAZIONI E DEFINIZIONI DEI PRODOTTI I. DEFINIZIONI — La «confettura» è la mescolanza, portata alla consistenza gelificata appropriata, di zuccheri, polpa e/o purea di una o più specie di frutta e acqua. Per gli agrumi, tuttavia, la confettura può essere ottenuta dal frutto intero tagliato e/o affettato. La quantità di polpa e/o purea utilizzata per la fabbricazione di 1 000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a: — 350 g in generale, — 250 g per ribes rosso, sorbe, olivello spinoso, ribes nero, cinorrodi e cotogne, — 150 g per lo zenzero, — 160 g per il pomo di acagiù, — 60 g per il frutto di granadiglia. — La «confettura extra» è la mescolanza, portata alla consistenza gelificata appropriata, di zuccheri e di polpa non concentrata di una o più specie di frutta e acqua. Tuttavia, la confettura extra di cinorrodi e la confettura extra senza semi di lamponi, more, ribes neri, mirtilli e ribes rossi può essere ottenuta parzialmente o totalmente dalla purea non concentrata di queste specie di frutta. Per gli agrumi, la confettura extra può essere ottenuta dal frutto intero tagliato e/o affettato. I frutti seguenti mescolati ad altri non possono essere impiegati per la produzione di confetture extra: mele, pere, prugne a nocciolo aderente, meloni, angurie, uva, zucche, cetrioli e pomodori. La quantità di polpa utilizzata per la fabbricazione di 1 000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a: — 450 g in generale, — 350 g per ribes rosso, sorbe, olivello spinoso, ribes nero, cinorrodi e cotogne, — 250 g per lo zenzero, — 230 g per il pomo di acagiù, — 80 g per il frutto di granadiglia. — La «gelatina» è la mescolanza, sufficientemente gelificata, di zuccheri e del succo e/o estratto acquoso di una o più specie di frutta. La quantità di succo e/o estratto acquoso utilizzata per la fabbricazione di 1 000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a quella fissata per la produzione della confettura. Dette quantità sono calcolate previa detrazione del peso dell'acqua impiegata per la preparazione degli estratti acquosi. — Tuttavia, nel caso della «gelatina extra», la quantità di succo di frutta e/o estratto acquoso utilizzata per la fabbricazione di 1 000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a quella fissata per la produzione della confettura extra. Dette quantità sono calcolate previa detrazione del peso dell'acqua impiegata per la preparazione degli estratti acquosi. I frutti seguenti mescolati ad altri non possono essere utilizzati per la produzione della gelatina extra: mele, pere, prugne a nocciolo aderente, meloni, angurie, uva, zucche, cetrioli e pomodori. — La «marmellata» è la mescolanza, portata alla consistenza gelificata appropriata, di acqua, zuccheri e di uno o più dei seguenti prodotti, ottenuti a partire da agrumi: polpa, purea, succo, estratti acquosi e scorze. La quantità di agrumi impiegata nella fabbricazione di 1 000 g di prodotto finito non deve essere inferiore a 200 g, di cui almeno 75 g ottenuti dall'endocarpo. — La denominazione «marmellata-gelatina» designa il prodotto esente totalmente da sostanze insolubili, salvo eventualmente esigue quantità di scorza finemente tagliata. — La «crema di marroni» è la mescolanza, portata alla consistenza appropriata, di acqua, zuccheri e non meno di 380 g di purea di marroni (di Castanea Sativa) per 1 000 g di prodotto finito. II. I prodotti definiti nella parte I devono presentare un tenore di sostanza secca solubile, determinata al rifrattometro, uguale o superiore al 60 %, eccettuati i prodotti nei quali gli zuccheri sono stati totalmente o parzialmente sostituiti da edulcoranti. Fatto salvo l'articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2000/13/CE, gli Stati membri possono, tuttavia, autorizzare, per tener conto di taluni casi particolari, le denominazioni riservate per i prodotti definiti nella parte I, che presentano un tenore di sostanza secca solubile inferiore al 60 %. III. In caso di mescolanza, i tenori minimi fissati nella parte I, per le diverse specie di frutta sono ridotti in proporzione alle percentuali impiegate. ALLEGATO II Ai prodotti definiti nell'allegato I possono essere addizionati i seguente ingredienti: — miele, come definito nella direttiva 2001/110/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, relativa al miele (1): in tutti i prodotti in cui sostituisce totalmente o parzialmente gli zuccheri, — succo di frutta: solo nella confettura, — succo di agrumi: nei prodotti ottenuti da altri frutti: solo nella confettura, confettura extra, gelatina e gelatina extra, — succo di piccoli frutti rossi: solo nella confettura e confettura extra prodotte con cinorrodi, fragole, lamponi, uva spina, ribes rossi, prugne e rabarbaro, — succo di barbabietole rosse: solo nella confettura e gelatina prodotte con fragole, lamponi, uva spina, ribes rossi e prugne, — oli essenziali di agrumi: solo nelle marmellate e nelle marmellate-gelatine, — oli e grassi commestibili in quanto agenti antischiumogeni: in tutti i prodotti, — pectina liquida: in tutti i prodotti, — scorze di agrumi: nella confettura, confettura extra, gelatina e gelatina extra, — foglie di Pelargonium odoratissimum: nella confettura, confettura extra, gelatina e gelatina extra, quando sono ottenute da cotogne, — sostanze alcoliche, vino e vino liquoroso, noci, erbe aromatiche, spezie, vaniglia ed estratti di vaniglia: in tutti i prodotti, — vanillina: in tutti i prodotti. (1) Vedi pagina 47 della presente Gazzetta ufficiale. ALLEGATO III A. DEFINIZIONI Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni. 1) Frutto: — freschi, sani, esenti da qualsiasi alterazione, non privati di alcuno dei suoi componenti essenziali, giunti al grado di maturazione adeguato, dopo pulitura, mondatura e spuntatura, — sono equiparati alla frutta, ai fini della presente direttiva, i pomodori, le parti commestibili dei fusti del rabarbaro, le carote, le patate dolci, i cetrioli, le zucche, i meloni e le angurie, — il termine «zenzero» designa le radici commestibili dello zenzero, conservate o fresche. Lo zenzero può essere essiccato o conservato nello sciroppo. 2) Polpa (di frutta): si intende la parte commestibile del frutto intero, eventualmente sbucciato o privato dei semi; tale parte commestibile può essere tagliata in pezzi o schiacciata, ma non ridotta in purea. 3) Purea (di frutta): si intende la parte commestibile del frutto intero, se necessario sbucciato o privato dei semi; tale parte commestibile è ridotta in purea mediante setacciatura o altro procedimento simile. 4) Estratto acquoso (di frutta): si intende l'estratto acquoso di frutta che, fatte salve le perdite inevitabili dovute alle buone pratiche di fabbricazione, contiene tutti i costituenti solubili nell'acqua della frutta utilizzata. 5) Zuccheri Sono autorizzati: 1) gli zuccheri definiti nella direttiva 2001/111/CE (1); 2) lo sciroppo di fruttosio; 3) gli zuccheri estratti dalla frutta; 4) lo zucchero bruno. B. TRATTAMENTO DELLE MATERIE PRIME 1. I prodotti definiti nella parte A, punti da 1 a 4, possono subire i trattamenti seguenti: — trattamenti mediante il calore o il freddo, — liofilizzazione, — concentrazione, sempreché vi si prestino tecnicamente, — eccettuate le materie prime utilizzate per la fabbricazione di prodotti «extra»: uso di anidride solforosa (E 220) o di sali (E 221, E 222, E 223, E 224, E 226 e E 227) come ausilio per la fabbricazione, purché il tenore massimo di anidride solforosa fissato nella direttiva 95/2/CE non sia superato nei prodotti definiti nell'allegato I, parte I (Definizioni). 2. Le albicocche e le prugne destinate alla fabbricazione di confettura possono anche subire trattamenti di disidratazione diversi dalla liofilizzazione. 3. Le scorze di agrumi possono essere conservate in salamoia. (1) Vedi pagina 53 della presente Gazzetta ufficiale.
Marmellate e confetture La composizione e l’etichettatura delle confetture e della crema di marroni sono soggette a norme specifiche per quanto concerne il contenuto di frutta e zucchero, il tenore residuo di anidride solforosa e altri additivi. ATTO Direttiva 2001/113/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, relativa alle confetture, gelatine e marmellate di frutta e alla crema di marroni destinate all’alimentazione umana [Cfr. atti modificativi]. SINTESI La presente direttiva si applica alla confettura, alla confettura extra, alla gelatina, alla gelatina extra, alla marmellata, alla marmellata-gelatina e alla crema di marroni. La direttiva non si applica ai prodotti destinati alla fabbricazione dei prodotti da forno fini, pasticceria o biscotteria. I prodotti in questione sono definiti in base alla loro composizione per favorire un utilizzo commerciale corretto e non ingannevole delle loro denominazioni. La denominazione è completata dall'indicazione del frutto o dei frutti utilizzati, in ordine decrescente rispetto al peso delle materie prime utilizzate. Tuttavia, per i prodotti ottenuti da tre o più frutti, l’indicazione dei frutti utilizzati può essere sostituita dalla dicitura frutti misti, da un’indicazione simile o da quella del numero di frutti utilizzati. Inoltre, l’etichettatura delle confetture, delle gelatine, delle marmellate e della crema di marroni deve riportare: il tenore di frutta per 100 grammi di prodotto; il tenore totale di zucchero allorché nessuna informazione nutrizionale sugli zuccheri figura nell’etichettatura in applicazione della direttiva 90/496/CEE; il tenore residuo di anidride solforosa se è superiore a 10 mg/kg. L’allegato II della direttiva stabilisce una lista degli additivi autorizzati come il miele, lo zucchero, i succhi di frutta e alcune sostanze alcoliche. Gli Stati membri non possono ostacolare la commercializzazione dei prodotti conformi alle disposizioni della presente direttiva. Contesto La presente direttiva rientra in un quadro di semplificazione di alcune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari. Essa tiene conto della direttiva sull’etichettatura e pubblicità dei prodotti alimentari. RIFERIMENTI Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2001/113/CE 12.1.2002 11.7.2003 GU L 10 del 12.1.2002 Atto(i) modificatore(i) Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2004/84/CE 12.7.2004 - GU L 219 del 19.6.2004 Regolamento (CE) n. 1182/2007 6.11.2007 - GU L 273 del 17.10.2007 Le modifiche e correzioni successive della direttiva 2001/113/CE sono state integrate nel testo di base. Questa versione consolidata ha unicamente un valore documentale. ATTI COLLEGATI Regolamento (UE) n. 1021/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, recante modifica delle direttive 1999/4/CE e 2000/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e delle direttive 2001/111/CE, 2001/113/CE e 2001/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le competenze da conferire alla Commissione [Gazzetta ufficiale L 287 del 29.10.2013]. Il presente regolamento allinea gli attuali poteri di attuazione della Commissione stabiliti nelle cinque direttive sulla colazione, con il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), specificatamente con l'articolo 290 che consente alla Commissione di adottare atti delegati.
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DIRETTIVA 2009/102/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 16 settembre 2009 in materia di diritto delle società, relativa alle società a responsabilità limitata con un unico socio (versione codificata) (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 44, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) La dodicesima direttiva 89/667/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, in materia di diritto delle società relativa alle società a responsabilità limitata con un unico socio (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). È opportuno, per ragioni di chiarezza e di razionalizzazione, procedere alla codificazione di tale direttiva. (2) Occorre coordinare, al fine di renderle equivalenti in tutta la Comunità, certe garanzie che sono richieste negli Stati membri alle società ai sensi dell’articolo 48, secondo comma, del trattato, per proteggere gli interessi tanto dei soci quanto dei terzi. (3) In tale settore, da un lato la prima direttiva 68/151/CEE del Consiglio, del 9 marzo 1968, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all’articolo 58, secondo comma, del trattato, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi (5), la quarta direttiva 78/660/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1978, fondata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del trattato e riguardante i conti annuali di taluni tipi di società (6), e la settima direttiva 83/349/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1983, fondata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del trattato, riguardante i conti consolidati (7), riguardanti rispettivamente la pubblicità, la validità degli obblighi e la nullità delle società, nonché i conti annuali e i conti consolidati, si applicano a tutte le società di capitali. Dall’altro lato, la seconda direttiva 77/91/CEE del Consiglio, del 13 dicembre 1976, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all’articolo 58, secondo comma, del trattato, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa (8), la terza direttiva 78/855/CEE del Consiglio, del 9 ottobre 1978, fondata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del trattato e riguardante le fusioni delle società anonime (9), e la sesta direttiva 82/891/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1982, fondata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del trattato e riguardante le scissioni delle società anonime (10), riguardanti rispettivamente la costituzione e il capitale, nonché le fusioni e le scissioni, si applicano soltanto alle società anonime. (4) È necessario uno strumento giuridico che consenta di limitare la responsabilità dell’imprenditore unico in tutta la Comunità, ferme restando le disposizioni degli Stati membri che, in casi eccezionali, prescrivono la responsabilità di siffatto imprenditore per le obbligazioni dell’impresa. (5) Una società a responsabilità limitata può avere un socio unico all’atto della sua costituzione o in seguito alla riunione di tutte le sue quote in capo a un unico socio. In attesa del coordinamento delle disposizioni nazionali in materia di diritto dei gruppi, gli Stati membri hanno facoltà di prevedere disposizioni speciali o sanzioni quando una persona fisica sia il socio unico di più società oppure quando il socio unico di una società sia una società unipersonale o qualsivoglia altra persona giuridica. L’unico obiettivo di tale facoltà è di tener conto delle particolarità esistenti in talune legislazioni nazionali. A tal fine, gli Stati membri possono, per casi specifici, prevedere limitazioni all’accesso alla società unipersonale oppure una responsabilità illimitata per il socio unico. Gli Stati membri sono liberi di elaborare norme per far fronte ai rischi che una società unipersonale può presentare data l’esistenza di un unico socio, in particolare per assicurare la liberazione del capitale sottoscritto. (6) La riunione di tutte le quote in capo a un unico socio e l’identità del socio unico dovrebbero essere oggetto di pubblicità in un registro accessibile al pubblico. (7) È necessario che tutte le decisioni prese dal socio unico in qualità di assemblea dei soci rivestano la forma scritta. (8) Anche i contratti tra il socio unico e la società da lui rappresentata dovrebbero essere redatti per iscritto, sempreché non riguardino operazioni correnti concluse a condizioni normali. (9) La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione nel diritto nazionale e di applicazione indicati nell’allegato II, parte B, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Le misure di coordinamento prescritte dalla presente direttiva si applicano alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri riguardanti le forme di società di cui all’allegato I. Articolo 2 1. La società può avere un socio unico al momento della costituzione, nonché quando tutte le quote siano cumulate in capo a un unico socio (società unipersonale). 2. In attesa del coordinamento delle disposizioni nazionali in materia di diritto dei gruppi, le legislazioni degli Stati membri possono prevedere disposizioni speciali o sanzioni: a) quando una persona fisica sia il socio unico di più società; ovvero b) quando il socio unico di una società sia una società unipersonale o qualsivoglia altra persona giuridica. Articolo 3 Quando la società diventa unipersonale in seguito al cumulo di tutte le sue quote in capo a un unico socio, un’indicazione in tal senso e l’identità del socio unico devono figurare nel fascicolo o essere trascritte nel registro di cui all’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva 68/151/CEE, ovvero essere trascritte in un registro tenuto presso la società e accessibile al pubblico. Articolo 4 1. Il socio unico esercita i poteri demandati all’assemblea dei soci. 2. Le decisioni prese dal socio unico nelle materie di cui al paragrafo 1 sono iscritte a verbale o redatte per iscritto. Articolo 5 1. I contratti stipulati tra il socio unico e la società che egli rappresenta sono iscritti a verbale o redatti per iscritto. 2. Gli Stati membri possono non applicare il paragrafo 1 alle operazioni correnti concluse in condizioni normali. Articolo 6 Quando uno Stato membro permette la società unipersonale, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, anche per la società per azioni, si applica la presente direttiva. Articolo 7 Uno Stato membro può non permettere la società unipersonale quando la sua legislazione preveda, a favore degli imprenditori unici, la possibilità di costituire imprese a responsabilità limitata a un patrimonio destinato a una determinata attività, purché per questo tipo di impresa siano previste garanzie equivalenti a quelle imposte dalla presente direttiva, nonché dalle altre disposizioni comunitarie applicabili alle società di cui all’articolo 1. Articolo 8 Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 9 La direttiva 89/667/CEE, modificata dagli atti di cui all’allegato II, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione nel diritto nazionale e di applicazione di cui all’allegato II, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all’allegato III. Articolo 10 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 11 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 16 settembre 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente J. BUZEK Per il Consiglio La presidente C. MALMSTRÖM (1) GU C 77 del 31.3.2009, pag. 42. (2) Parere del Parlamento europeo del 18 novembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 13 luglio 2009. (3) GU L 395 del 30.12.1989, pag. 40. (4) Cfr. allegato II, parte A. (5) GU L 65 del 14.3.1968, pag. 8. (6) GU L 222 del 14.8.1978, pag. 11. (7) GU L 193 del 18.7.1983, pag. 1. (8) GU L 26 del 31.1.1977, pag. 1. (9) GU L 295 del 20.10.1978, pag. 36. (10) GU L 378 del 31.12.1982, pag. 47. ALLEGATO I Forme di società di cui all’articolo 1 — per il Belgio: société privée à responsabilité limitée/besloten vennootschap met beperkte aansprakelijkheid; — per la Bulgaria: дружество с ограничена отговорност, акционерно дружество; — per la Repubblica ceca: společnost s ručením omezeným; — per la Danimarca: anpartsselskaber; — per la Germania: Gesellschaft mit beschränkter Haftung; — per l’Estonia: aktsiaselts, osaühing; — per l’Irlanda: private company limited by shares or by guarantee; — per la Grecia: εταιρεία περιορισμένης ευθύνης; — per la Spagna: sociedad de responsabilidad limitada; — per la Francia: société à responsabilité limitée; — per l’Italia: società a responsabilità limitata; — per Cipro: ιδιωτική εταιρεία περιορισμένης ευθύνης με μετοχές ή με εγγύηση; — per la Lettonia: sabiedrība ar ierobežotu atbildību; — per la Lituania: uždaroji akcinė bendrovė; — per il Lussemburgo: société à responsabilité limitée; — per l’Ungheria: korlátolt felelősségű társaság, részvénytársaság; — per Malta: kumpannija privata/private limited liability company; — per i Paesi Bassi: besloten vennootschap met beperkte aansprakelijkheid; — per l’Austria: Aktiengesellschaft, Gesellschaft mit beschränkter Haftung; — per la Polonia: spółka z ograniczoną odpowiedzialnością; — per il Portogallo: sociedade por quotas; — per la Romania: societate cu răspundere limitată; — per la Slovenia: družba z omejeno odgovornostjo; — per la Slovacchia: spoločnosť s ručením obmedzeným; — per la Finlandia: osakeyhtiö/aktiebolag; — per la Svezia: aktiebolag; — per il Regno Unito: private company limited by shares or by guarantee. ALLEGATO II PARTE A Direttiva abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive (di cui all’articolo 9) Direttiva 89/667/CEE del Consiglio (GU L 395 del 30.12.1989, pag. 40). Allegato I, punto XI, lettera A, dell’atto di adesione del 1994 (GU C 241 del 29.8.1994, pag. 194). Allegato II, punto 4, lettera A, dell’atto di adesione del 2003 (GU L 236 del 23.9.2003, pag. 338). Direttiva 2006/99/CE del Consiglio (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 137). limitatamente alla lettera A, punto 4, dell’allegato PARTE B Elenco dei termini di attuazione nel diritto nazionale e di applicazione (di cui all’articolo 9) Direttiva Termine di attuazione Data di applicazione 89/667/CEE 31 dicembre 1991 Soltanto dal 1o gennaio 1993 per le società già esistenti il 1o gennaio 1992. 2006/99/CE 1o gennaio 2007 ALLEGATO III TAVOLA DI CONCORDANZA Direttiva 89/667/CEE Presente direttiva Articolo 1, alinea Articolo 1 Articolo 1, dal primo al ventisettesimo trattino Allegato I Articoli da 2 a 7 Articoli da 2 a 7 Articolo 8, paragrafo 1 — Articolo 8, paragrafo 2 — Articolo 8, paragrafo 3 Articolo 8 — Articolo 9 — Articolo 10 Articolo 9 Articolo 11 — Allegato I — Allegato II — Allegato III
Società a responsabilità limitata unipersonale QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Crea uno strumento giuridico che permette di limitare la responsabilità dell’imprenditore individuale all’interno dell’Unione europea (UE). Stabilisce le norme applicabili alle società a responsabilità limitata con un unico socio. Codifica e abroga la Dodicesima direttiva 89/667/CEE in materia di diritto delle società. PUNTI CHIAVE La società può avere un unico socio all’atto della costituzione nonché in seguito al cumulo di tutte le sue quote in un’unica mano (società unipersonale). Quando la società diventa unipersonale in seguito al cumulo di tutte le sue quote in un’unica mano, la relativa indicazione e l’identità del socio unico devono sia essere trascritte in un registro tenuto presso la società e accessibile al pubblico, sia figurare nel fascicolo o essere trascritte nel registro centrale, nel registro di commercio o nel registro delle imprese. Il socio unico esercita i poteri demandati all’assemblea dei soci. Le decisioni del socio unico e i contratti stipulati tra tale persona e la società da lui o da lei rappresentata sono iscritti a verbale o redatti per iscritto. Se un paese dell’UE permette la società per azioni unipersonale, si applicano le norme della presente direttiva. La direttiva 2013/24/UE ha adattato la direttiva, aggiungendo la Croazia all’elenco dei paesi presenti nell’allegato I in seguito all’adesione di tale paese all’UE. DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Si applica dal 21 ottobre 2009. La direttiva 2009/102/CE codifica e sostituisce la direttiva 89/667/CEE e successive modifiche. La direttiva originale 89/667/UE doveva essere recepita pei paesi dell’UE entro il 1992. CONTESTO Per ulteriori informazioni sul diritto delle società dell’UE si consulti:Diritto delle società e direzione d’azienda (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2009/102/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, in materia di diritto delle società, relativa alle società a responsabilità limitata con un unico socio (GU L 258 dell’1.10.2009, pag. 20). Le successive modifiche alla direttiva 2009/102/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentario.
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REGOLAMENTO (UE) N. 115/2010 DELLA COMMISSIONE del 9 febbraio 2010 che stabilisce le condizioni di utilizzazione dell'allumina attivata per l'eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali e dalle acque di sorgente (Testo rilevante ai fini del SEE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, vista la direttiva 2009/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, sull'utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali (1), in particolare l'articolo 4, paragrafo 1, lettera c) e l'articolo 12, lettera d), visto il parere dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare, considerando quanto segue: (1) La direttiva 2003/40/CE della Commissione, del 16 maggio 2003, che determina l'elenco, i limiti di concentrazione e le indicazioni di etichettatura per i componenti delle acque minerali naturali, nonché le condizioni d'utilizzazione dell'aria arricchita di ozono per il trattamento delle acque minerali naturali e delle acque sorgive (2), prevede un limite massimo per il fluoro nelle acque minerali naturali. Per quanto riguarda l'acqua di sorgente, tale limite è fissato dalla direttiva 98/83/CE del Consiglio, del 3 novembre 1998, relativa alla qualità dell'acqua destinata al consumo umano (3). (2) Per consentire agli operatori di rispettare le suddette direttive è opportuno autorizzare un trattamento di eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali e dalle acque di sorgente attraverso l'impiego di allumina attivata (qui di seguito «il trattamento per l'eliminazione del fluoro»). (3) Il trattamento per l'eliminazione del fluoro non deve aggiungere all'acqua trattata residui in concentrazioni tali da costituire un rischio per la salute pubblica. (4) Il trattamento per l'eliminazione del fluoro va notificato alle autorità competenti affinché possano svolgere i controlli necessari a garantirne la corretta applicazione. (5) Quando viene eseguito il trattamento per l'eliminazione del fluoro, l'etichetta dell'acqua trattata deve contenere indicazioni al riguardo. (6) I provvedimenti previsti dal presente regolamento sono conformi al parere del comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali; essi non sono stati contestati né dal Parlamento europeo, né dal Consiglio, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. È consentito il trattamento delle acque minerali naturali e delle acque di sorgente con allumina attivata, destinato ad eliminare il fluoro, denominato qui di seguito «il trattamento per l'eliminazione del fluoro». Il termine «acqua» si riferisce qui di seguito complessivamente alle acque minerali naturali e alle acque di sorgente. 2. Il trattamento per l'eliminazione del fluoro viene effettuato nel rispetto delle prescrizioni tecniche di cui all'allegato. Articolo 2 La presenza di residui nell'acqua quale conseguenza del trattamento per l'eliminazione del fluoro si trova al livello minimo tecnicamente possibile secondo le prassi migliori e non costituisce un rischio per la salute pubblica. A tal fine l'operatore esegue e controlla le fasi principali del trattamento di cui all'allegato. Articolo 3 1. L'esecuzione del trattamento per l'eliminazione del fluoro è notificata alle autorità competenti con almeno tre mesi di anticipo. 2. Mediante la notifica l'operatore trasmette alle autorità competenti le informazioni e la documentazione pertinenti nonché i risultati analitici relativi al trattamento, dai quali emerga il rispetto delle prescrizioni dell'allegato. Articolo 4 L'etichetta dell'acqua che è stata sottoposta ad un trattamento di eliminazione del fluoro contiene, vicino alla dichiarazione relativa alla composizione chimica, l'indicazione «acqua sottoposta ad una tecnica di assorbimento autorizzata». Articolo 5 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. I prodotti immessi sul mercato entro il 10 agosto 2010 e che non rispettano le prescrizioni dell'allegato 4, possono continuare ad essere commercializzati fino al 10 agosto 2011. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 9 febbraio 2010. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 164 del 26.6.2009, pag. 45. (2) GU L 126 del 22.5.2003, pag. 34. (3) GU L 330 del 5.12.1998, pag. 32. ALLEGATO Prescrizioni tecniche relative all'utilizzazione dell'allumina attivata per l'eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali e dalle acque di sorgente Le seguenti fasi principali del trattamento devono essere realizzate e monitorate adeguatamente: 1) prima di utilizzare l'allumina attivata per il trattamento dell'acqua è necessario sottoporla ad una procedura di inizializzazione con prodotti chimici alcalini o acidi per rimuovere qualsiasi impurità e ad un controlavaggio per eliminare le particelle fini; 2) a seconda della qualità e del flusso dell'acqua va effettuata una procedura di rigenerazione ad intervalli che variano tra una e quattro settimane. La procedura di rigenerazione prevede l'impiego di prodotti chimici adeguati a rimuovere gli ioni assorbiti, onde ripristinare la capacità di assorbimento dell'allumina attivata ed eliminare eventuali biofilm formatisi. La procedura va eseguita in tre fasi: — trattamento all'idrossido di sodio per rimuovere gli ioni fluoro e sostituirli con ioni idrossido, — trattamento con acido per rimuovere i residui di idrossido di sodio ed attivare la sostanza, — risciacquo con acqua potabile o demineralizzata e condizionamento con acqua quale fase finale, onde garantire che il filtro non incida sul contenuto generale di minerali dell'acqua trattata; 3) i prodotti chimici e i reagenti utilizzati nei processi di inizializzazione e rigenerazione devono rispettare le norme europee pertinenti (1) o le norme nazionali applicabili relative alla purezza dei reagenti chimici impiegati nel trattamento dell'acqua destinata al consumo umano; 4) l'allumina attivata deve rispettare la norma europea applicabile ai test di lisciviazione (EN 12902) (2) per garantire che non vengano rilasciati residui nell'acqua in concentrazioni eccedenti i limiti stabiliti dalla direttiva 2003/40/CE o, in mancanza di limiti in tale direttiva, i limiti di cui alla direttiva 98/83/CE o alla legislazione nazionale applicabile. Il quantitativo totale di ioni alluminio presenti nell'acqua trattata in seguito al rilascio di alluminio, principale componente dell'allumina attivata, non deve eccedere 200 μg/l, come stabilito dalla direttiva 98/83/CE. Tale valore va controllato regolarmente, nel rispetto della direttiva del Consiglio; 5) alle fasi del trattamento vanno applicate le buone pratiche di fabbricazione e i principi HACCP di cui al regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (3) sull'igiene dei prodotti alimentari; 6) l'operatore deve stabilire un programma di monitoraggio volto a garantire il corretto svolgimento delle fasi del trattamento, in particolare per quanto concerne il mantenimento delle caratteristiche essenziali dell'acqua ed il suo contenuto di fluoro. (1) Norme europee elaborate dal CEN (Comitato europeo di normalizzazione). (2) Norma europea EN 12902 (2004): Prodotti utilizzati per il trattamento di acque destinate al consumo umano. Materiali inorganici di supporto e di filtrazione. (3) GU L 139 del 30.4.2004, pag. 1.
Utilizzazione dell’allumina per l’eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce le condizioni di utilizzazione dell’allumina attivata* per eliminare il fluoro* dalle acque minerali naturali e di sorgente, per soddisfare le direttive UE riguardanti la qualità dell’acqua potabile. PUNTI CHIAVE L’utilizzazione dell’allumina per l’eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali e di sorgente è consentito alle condizioni seguenti:La presenza di residui nell’acqua quale conseguenza del trattamento deve essere al livello minimo tecnicamente possibile e non deve costituire un rischio per la salute pubblica.L’esecuzione del trattamento deve essere notificata alle autorità competenti con almeno tre mesi di anticipo, con la documentazione e i dati dai quali emerga il rispetto del regolamento.Tutti i prodotti chimici utilizzati nel trattamento devono rispettare le norme applicabili al trattamento dell’acqua potabile.L’allumina attivata deve rispettare la norma europea applicabile per garantire che non vengano rilasciati nell’acqua residui eccessivi.Prima del suo utilizzo l’allumina attivata deve essere trattata per rimuovere i residui e le particelle fini.I filtri devono essere risciacquati quale fase finale, onde garantire che essi non incidano sul contenuto generale di minerali dell’acqua trattata.L’allumina attivata deve essere rigenerata a intervalli adeguati per ripristinare la sua efficacia.L’operatore deve monitorare i processi per garantire il mantenimento delle caratteristiche essenziali dell’acqua.L’utilizzo del trattamento per l’eliminazione del fluoro deve essere indicato nell’etichetta dell’acqua trattata, vicino alla dichiarazione relativa alla composizione chimica, nella forma seguente: «acqua sottoposta ad una tecnica di assorbimento autorizzata». DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? È stato applicato dal 2 marzo 2010. CONTESTO La direttiva 2009/54/CE fissa le regole dell’UE sui metodi consentiti per il trattamento delle acque minerali naturali e di sorgente. Essa autorizza la Commissione europea a stabilire le condizioni per l’utilizzo dei trattamenti dopo consultazioni con l’Autorità europea per la sicurezza alimentare. La direttiva 2003/40/CE della Commissione determina il limite della presenza di fluoro nelle acque minerali naturali. Il limite per le acque sorgive è fissato dalla direttiva 98/83/CE del Consiglio.I trattamenti chimici sono soggetti alle buone prassi di fabbricazione e ai principi definiti dal regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio sull’igiene dei prodotti alimentari.Per ulteriori informazioni, consultare: Acque minerali naturali e di sorgente (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Allumina attivata: forma altamente porosa di ossido di alluminio di elevata superficie. Può essere utilizzata come filtro per eliminare il fluoro dall’acqua potabile. Fluoro: un elemento naturalmente presente nelle acque di rete. Le concentrazioni variano sensibilmente tra uno Stato membro e l’altro. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 115/2010 della Commissione, del 9 febbraio 2010, che stabilisce le condizioni di utilizzazione dell’allumina attivata per l’eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali e dalle acque di sorgente (GU L 37 del 10.2.2010, pagg 13-15) DOCUMENTI COLLEGATI Direttiva 2009/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali (Rifusione) (GU L 164 del 26.6.2009, pagg 45-58) Regolamento (UE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sull’igiene dei prodotti alimentari (GU L 139 del 30.4.2004, pagg 1-54). Testo ripubblicato in rettifica (GU L 226 del 25.6.2004, pagg 3-21). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 852/2004 sono state incorporate nel testo base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Direttiva 2003/40/CE della Commissione, del 16 maggio 2003, che determina l’elenco, i limiti di concentrazione e le indicazioni di etichettatura per i componenti delle acque minerali naturali, nonché le condizioni d’utilizzazione dell’aria arricchita di ozono per il trattamento delle acque minerali naturali e delle acque sorgive (GU L 126 del 22.5.2003, pagg 34-39) Direttiva 98/83/CE del Consiglio, del 3 novembre 1998, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano (GU L 330 del 5.12.1998, pagg 32-54) Si veda la versione consolidata.
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DECISIONE 2013/233/PESC DEL CONSIGLIO del 22 maggio 2013 sulla missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia) Il CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 28, l’articolo 42, paragrafo 4, e l’articolo 43, paragrafo 2, vista la proposta dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, considerando quanto segue: (1) Il 23 luglio 2012 il Consiglio, riconoscendo i gravi problemi di sicurezza in Libia, ha ribadito la disponibilità dell’Unione a fornire assistenza, anche attraverso la politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC), nei settori della sicurezza e della gestione delle frontiere, in stretto partenariato con le autorità libiche. (2) Il 9 gennaio 2013 il Ministro libico degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha indirizzato una lettera all’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR) nella quale accoglie con favore la proposta in ambito PSDC dell’Unione di fornire alle autorità libiche sostegno per sviluppare la capacità di accrescere la sicurezza delle frontiere libiche a breve termine e assistenza per sviluppare un concetto più ampio di gestione integrata delle frontiere a più lungo termine. (3) Il 31 gennaio 2013 il Consiglio ha approvato il concetto di gestione della crisi per una eventuale missione civile di PSDC in Libia. (4) La capacità di vigilanza dovrebbe essere attivata per la missione istituita dalla presente decisione. (5) La missione sarà condotta nel contesto di una situazione che potrebbe deteriorarsi e ostacolare il conseguimento degli obiettivi dell’azione esterna dell’Unione enunciati nell’articolo 21 del trattato sull’Unione europea (TUE), HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Missione L’Unione istituisce una missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia). Articolo 2 Obiettivi Gli obiettivi dell’EUBAM Libia sono di fornire alle autorità libiche sostegno per sviluppare la capacità di accrescere la sicurezza delle frontiere terrestri, marine e aeree libiche a breve termine e per sviluppare una strategia più ampia di gestione integrata delle frontiere a più lungo termine. Articolo 3 Compiti 1. Al fine di conseguire gli obiettivi di cui all’articolo 2 i compiti dell’l’EUBAM Libia sono: a) sostenere le autorità libiche nel rafforzare, attraverso attività di formazione e accompagnamento, i servizi di frontiera conformemente alle norme internazionali e alle migliori prassi; b) fornire consulenza alle autorità libiche in merito all’evoluzione di una strategia nazionale libica di gestione integrata delle frontiere; c) sostenere le autorità libiche nel rafforzamento delle loro capacità operative istituzionali. 2. L’EUBAM Libia non svolge alcuna funzione esecutiva. Articolo 4 Catena di comando e struttura 1. In quanto operazione di gestione delle crisi, l’EUBAM Libia dispone di una catena di comando unificata. 2. L’EUBAM Libia si compone di un comando avente sede a Tripoli. 3. L’EUBAM Libia è strutturata conformemente ai relativi documenti di pianificazione. 4. L’EUBAM Libia dispone di una capacità di progetto per individuare, pianificare e attuare i progetti. Ove opportuno e se invitata a farlo, l’EUBAM Libia può inoltre coordinare, agevolare e fornire consulenza sui progetti realizzati dagli Stati membri e da Stati terzi sotto la loro responsabilità, in settori connessi all’EUBAM Libia e a sostegno dei suoi obiettivi. Articolo 5 Comandante civile dell’operazione 1. Il direttore della capacità civile di pianificazione e condotta (CPCC) funge da comandante civile dell’operazione dell’EUBAM Libia. 2. Il comandante civile dell’operazione, sotto il controllo politico e la direzione strategica del Comitato politico e di sicurezza (CPS) e l’autorità generale dell’AR, esercita il comando e il controllo a livello strategico dell’EUBAM Libia. 3. Il comandante civile dell’operazione assicura, con riguardo alla condotta delle operazioni, l’attuazione corretta ed efficace delle decisioni del Consiglio nonché di quelle del CPS, anche impartendo le necessarie istruzioni a livello strategico al capomissione e fornendo al capomissione consulenza e sostegno tecnico. 4. Il comandante civile dell’operazione riferisce al Consiglio tramite l’AR. 5. Tutto il personale distaccato resta pienamente subordinato alle autorità nazionali dello Stato d’origine conformemente alla normativa nazionale, all’istituzione dell’Unione interessata o al Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE). Tali autorità trasferiscono al comandante civile dell’operazione il controllo operativo (OPCON) del personale, delle squadre e delle unità rispettivi. 6. Il comandante civile dell’operazione assume la responsabilità generale di assicurare che il dovere di diligenza dell’Unione sia correttamente assolto. 7. Se necessario, il comandante civile dell’operazione, il rappresentante speciale dell’Unione europea (RSUE) per la regione del Mediterraneo meridionale, il capo delegazione dell’Unione in Libia e il capomissione dell’EUBAM Libia si consultano reciprocamente. Articolo 6 Capomissione 1. Il capomissione assume la responsabilità ed esercita il comando e il controllo dell’EUBAM Libia a livello di teatro delle operazioni e risponde direttamente al comandante civile dell’operazione. 2. Il capomissione esercita il comando e il controllo del personale, delle squadre e delle unità degli Stati contributori assegnati dal comandante civile dell’operazione, unitamente alla responsabilità amministrativa e logistica che si estende anche ai mezzi, alle risorse e alle informazioni messi a disposizione dell’EUBAM Libia. 3. Il capomissione impartisce istruzioni a tutto il personale dell’EUBAM Libia, inclusi la componente di sostegno a Bruxelles e gli ufficiali di collegamento regionali, se del caso, per la condotta efficace dell’EUBAM Libia nel teatro delle operazioni, assumendone il coordinamento e la gestione quotidiana secondo le istruzioni a livello strategico del comandante civile dell’operazione. 4. Il capomissione è responsabile dell’esecuzione del bilancio dell’EUBAM Libia. A tal fine il capomissione sottoscrive un contratto con la Commissione. 5. Il capomissione è responsabile del controllo disciplinare sul personale. Per quanto concerne il personale distaccato, i poteri disciplinari sono esercitati dall’autorità nazionale conformemente alla normativa nazionale, dall’istituzione dell’Unione interessata o dal SEAE. 6. Il capomissione rappresenta l’EUBAM Libia nell’area delle operazioni e assicura un’adeguata visibilità dell’EUBAM Libia. 7. Il capomissione assicura il coordinamento sul terreno, ove opportuno, con altri attori dell’Unione. Fatta salva la catena di comando, il capomissione riceve orientamento politico locale dal RSUE per la regione del Mediterraneo meridionale, in consultazione con il capo delegazione dell’Unione in Libia. 8. Nell’ambito della capacità di progetto, il capomissione è autorizzato a far ricorso ai contributi finanziari degli Stati membri o di Stati terzi per l’attuazione di progetti individuati che completino in modo coerente le altre azioni dell’EUBAM Libia, se il progetto è: a) previsto nella scheda di incidenza sul bilancio relativa alla presente decisione; o b) incluso nel corso dell’EUBAM Libia nella scheda di incidenza sul bilancio su richiesta del capomissione. In tal caso il capomissione conclude un accordo con gli Stati interessati, riguardante in particolare le procedure specifiche concernenti la risposta a qualsiasi azione emanante da terzi riguardante danni subiti a causa di atti od omissioni del capomissione nell’utilizzo dei fondi messi a sua disposizione dagli Stati contributori. Né l’Unione né l’AR sono in alcun caso ritenuti responsabili dagli Stati contributori per atti od omissioni del capomissione nell’utilizzo dei fondi forniti dagli Stati contributori. Articolo 7 Personale 1. L’EUBAM Libia è costituita essenzialmente da personale distaccato dagli Stati membri, dalle istituzioni dell’Unione o dal SEAE. 2. Ogni Stato membro, l’istituzione dell’Unione o il SEAE sostengono i costi connessi con ciascun membro del personale che hanno distaccato, incluse le spese di viaggio per e dal luogo di schieramento, gli stipendi, la copertura sanitaria e le indennità diverse da quelle giornaliere. 3. Ogni Stato membro, l’istituzione dell’Unione e il SEAE sono competenti per eventuali azioni connesse al distacco, proposte dal membro del personale da essi distaccato o che lo riguardano, nonché a proporre eventuali azioni nei confronti di tale persona. 4. L’EUBAM Libia può altresì assumere personale internazionale o locale su base contrattuale se le mansioni richieste non possono essere fornite da personale distaccato dagli Stati membri, dalle istituzioni dell’Unione o dal SEAE. In via eccezionale, in casi debitamente giustificati, laddove non siano disponibili candidati qualificati provenienti dagli Stati membri, i cittadini degli Stati terzi partecipanti possono essere assunti su base contrattuale, ove opportuno. 5. Le condizioni d’impiego nonché i diritti e gli obblighi del personale internazionale e del personale locale sono stabiliti nei contratti conclusi tra il capomissione e tale personale. Articolo 8 Status dell’EUBAM Libia e del relativo personale Lo status dell’EUBAM Libia e del relativo personale, compresi, se del caso, i privilegi, le immunità e le altre garanzie necessarie ai fini del compimento e del buon funzionamento della missione stessa, è oggetto di un accordo concluso ai sensi dell’articolo 37 TUE e secondo la procedura di cui all’articolo 218 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Articolo 9 Controllo politico e direzione strategica 1. Il CPS, sotto la responsabilità del Consiglio e dell’AR, esercita il controllo politico e la direzione strategica dell’EUBAM Libia. Il Consiglio autorizza il CPS ad assumere le decisioni all’uopo pertinenti a norma dell’articolo 38, terzo comma, TUE. Tale autorizzazione include le competenze necessarie per nominare un capomissione, su proposta dell’AR, e di modificare il concetto operativo Plus (CONOPS Plus) e il piano operativo (OPLAN). Le competenze decisionali riguardanti gli obiettivi e la conclusione dell’EUBAM Libia restano attribuite al Consiglio. 2. Il CPS riferisce periodicamente al Consiglio. 3. Il CPS riceve periodicamente e secondo necessità relazioni dal comandante civile dell’operazione e dal capomissione sulle questioni di loro competenza. Articolo 10 Partecipazione di Stati terzi 1. Fatti salvi l’autonomia decisionale dell’Unione e il suo quadro istituzionale unico, Stati terzi possono essere invitati a contribuire all’EUBAM Libia, a condizione che sostengano i costi relativi al distacco del loro personale, inclusi gli stipendi, l’assicurazione che copre tutti i rischi, le indennità giornaliere e le spese di viaggio per e dalla Libia, e contribuiscano, ove opportuno, ai costi operativi dell’EUBAM Libia. 2. Gli Stati terzi che contribuiscono all’EUBAM Libia hanno diritti e obblighi identici, in termini di gestione quotidiana della missione stessa, a quelli degli Stati membri che prendono parte all’EUBAM Libia. 3. Il Consiglio autorizza il CPS a prendere le decisioni pertinenti in merito all’accettazione dei contributi proposti e a istituire un comitato dei contributori. 4. Le modalità particolareggiate concernenti la partecipazione degli Stati terzi sono oggetto di accordi conclusi a norma dell’articolo 37 TUE e, se necessario, di disposizioni tecniche supplementari. Se l’Unione e uno Stato terzo concludono o hanno concluso un accordo che istituisce un quadro per la partecipazione di tale Stato terzo a operazioni dell’Unione di gestione delle crisi, le disposizioni di detto accordo si applicano nell’ambito dell’EUBAM Libia. Articolo 11 Sicurezza 1. Il comandante civile dell’operazione dirige, a norma dell’articolo 5, il capomissione nella pianificazione delle misure di sicurezza e garantisce l’attuazione corretta ed efficace di tali misure da parte dell’EUBAM Libia. 2. Il capomissione è responsabile della sicurezza dell’EUBAM Libia e della conformità ai requisiti minimi di sicurezza applicabili all’EUBAM Libia, in linea con la politica dell’Unione in materia di sicurezza del personale schierato al di fuori dell’Unione nel quadro di una capacità operativa ai sensi del titolo V TUE e relativi documenti giustificativi. 3. Il capomissione è assistito da un alto responsabile della sicurezza della missione, che riferisce al capomissione e mantiene anche uno stretto rapporto di lavoro con il SEAE. 4. Il personale dell’EUBAM Libia è sottoposto a una formazione obbligatoria in materia di sicurezza prima di assumere le funzioni conformemente all’OPLAN. Riceve altresì corsi periodici di aggiornamento sul posto, organizzati dal responsabile della sicurezza della missione. 5. Il capomissione assicura la protezione delle informazioni classificate dell’UE conformemente alla decisione 2011/292/UE del Consiglio, del 31 marzo 2011, sulle norme di sicurezza per la protezione delle informazioni classificate UE (1). Articolo 12 Capacità di vigilanza La capacità di vigilanza è attivata per l’EUBAM Libia. Articolo 13 Disposizioni finanziarie 1. L’importo di riferimento finanziario destinato a coprire la spesa relativa all’EUBAM Libia per i primi dodici mesi successivi all’entrata in vigore della presente decisione è pari a 30 300 000 EUR. L’importo di riferimento finanziario per i periodi successivi è deciso dal Consiglio. 2. Tutte le spese sono gestite conformemente alle regole e secondo le procedure applicabili al bilancio generale dell’Unione. 3. Le gare d’appalto sono aperte ai cittadini degli Stati terzi partecipanti e ai cittadini del paese ospitante e dei paesi vicini. Con l’approvazione della Commissione il capomissione può concludere accordi tecnici con gli Stati membri, con gli Stati terzi partecipanti e con altri attori internazionali per quanto riguarda la fornitura di equipaggiamento, servizi e locali all’EUBAM Libia. 4. Le disposizioni finanziarie rispettano i requisiti operativi dell’EUBAM Libia, compresa la compatibilità delle attrezzature e l’interoperabilità delle sue squadre. 5. Il capomissione riferisce dettagliatamente alla Commissione ed è soggetto a supervisione, da parte della stessa, sulle attività intraprese nell’ambito del contratto del capomissione. 6. Le spese connesse all’EUBAM Libia sono ammissibili a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente decisione. Articolo 14 Coerenza della risposta dell’Unione e coordinamento 1. L’AR garantisce la coerenza dell’attuazione della presente decisione con l’azione esterna dell’Unione nel suo complesso, inclusi i programmi di sviluppo dell’Unione. 2. Fatta salva la catena di comando, il capomissione agisce in stretto coordinamento con la delegazione dell’Unione a Tripoli al fine di garantire la coerenza dell’azione dell’Unione in Libia. 3. Il capomissione si coordina strettamente con i capimissione degli Stati membri presenti in Libia. 4. Il capomissione si coordina con i terzi pertinenti in Libia. Articolo 15 Comunicazione di informazioni 1. L’AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione, se opportuno e in funzione delle esigenze dell’EUBAM Libia, informazioni classificate dell’UE fino al livello «CONFIDENTIEL UE/EU CONFIDENTIAL» prodotte ai fini dell’EUBAM Libia, a norma della decisione 2011/292/UE. 2. Qualora insorgano necessità operative precise e immediate, l’AR è parimenti autorizzato a comunicare allo Stato ospitante informazioni classificate dell’UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» prodotte ai fini dell’EUBAM Libia, a norma della decisione 2011/292/UE. A tale effetto sono conclusi accordi tra l’AR e le competenti autorità dello Stato ospitante. 3. L’AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione documenti non classificati dell’UE connessi alle deliberazioni del Consiglio relative all’EUBAM Libia, coperti dall’obbligo del segreto professionale ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento interno del Consiglio (2). 4. L’AR può delegare i poteri di cui ai paragrafi 1, 2 e 3, nonché la capacità di concludere gli accordi di cui al paragrafo 2 a persone poste sotto l’autorità dell’AR, al comandante civile dell’operazione e/o al capomissione. Articolo 16 Entrata in vigore e durata La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione. Essa si applica per un periodo di ventiquattro mesi. Fatto a Bruxelles, il 22 maggio 2013 Per il Consiglio Il presidente E. GILMORE (1) GU L 141 del 27.5.2011, pag. 17. (2) Decisione 2009/937/UE del Consiglio, del 1o dicembre 2009, relativa all'adozione del suo regolamento interno (GU L 325 dell'11.12.2009, pag. 35).
Missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia) QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Essa autorizza una missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia) attraverso la politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC). EUBAM Libia punta a:aiutare le autorità libiche a sviluppare la capacità di accrescere la sicurezza delle frontiere terrestri, marine e aeree libiche a breve termine; e per sviluppare una strategia più ampia di gestione integrata delle frontiere a più lungo termine. PUNTI CHIAVE Mandato Il primo mandato di EUBAM Libia (fino al 31 dicembre 2018) era di:prestare assistenza nella pianificazione di una riforma globale del settore della sicurezza civile per preparare un’eventuale missione civile PSDC; cooperare strettamente e contribuire alla missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia (UNSMIL); impegnarsi e assistere le legittime autorità libiche nei settori della gestione delle frontiere, dell’applicazione della legge e del più ampio sistema di giustizia penale.La decisione (PESC) 2018/2009 ha modificato e prorogato il mandato di EUBAM Libia dal 1o gennaio 2019 fino al 30 giugno 2020. L’obiettivo di EUBAM Libia è assistere attivamente le autorità libiche nella negli sforzi volti a smantellare le reti della criminalità organizzata coinvolte segnatamente nel traffico di migranti, nella tratta di esseri umani e nel terrorismo.Compiti EUBAM Libia ha i seguenti compiti:sviluppare un quadro più ampio di gestione delle frontiere in Libia, che comprende l’elaborazione di una strategia per la sicurezza marittima e l’esecuzione di progetti concreti per le agenzie libiche preposte; sviluppare le capacità e la pianificazione strategica nell’ambito del ministero degli interni per quanto riguarda l’applicazione della legge, inclusa l’assistenza a UNSMIL nel suo impegno per sviluppare le capacità di polizia; sostenere la riforma istituzionale e fornire assistenza alla pianificazione strategica al ministero della giustizia e allo sviluppo più ampio di capacità agli operatori della giustizia penale competenti; e sostenere il coordinamento strategico tra i donatori e l’attuazione dei progetti in risposta alle esigenze libiche nei settori summenzionati.Catena di comandoIl direttore della capacità civile di pianificazione e condotta funge da comandante civile dell’operazione (COC) dell’EUBAM Libia. Il COC comanda e controlla EUBAM Libia a livello strategico, sotto il controllo politico e la direzione strategica del Comitato politico e di sicurezza (CPS) e dell’autorità generale dell’alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Il COC riferisce al Consiglio tramite l’alto rappresentante. Il capomissione è responsabile di, comanda e controlla EUBAM Libia sul campo ed è direttamente responsabile nei confronti del COC. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? Viene applicata a partire dal 22 maggio 2013. La validità della decisione è stata estesa fino al 30 giugno 2020. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:EUBAM Libia (Servizio europeo per l’azione esterna). DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2013/233/PESC del Consiglio, del 22 maggio 2013, sulla missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia) (GU L 138 del 24.5.2013, pag. 15). Le modifiche successive alla decisione 2013/233/PESC sono state incorporate nel testo originario. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
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DECISIONE DELLA COMMISSIONE del 29 ottobre 2004 che istituisce il centro tecnico-scientifico europeo (CTSE) e prevede il coordinamento delle azioni tecniche al fine di proteggere le monete in euro contro la falsificazione (2005/37/CE) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 211, vista la decisione 2003/861/CE del Consiglio, dell’8 dicembre 2003, relativa all'analisi e alla cooperazione in materia di falsificazione delle monete in euro (1), e vista la decisione 2003/862/CE del Consiglio, dell'8 dicembre 2003, che estende agli Stati membri che non hanno adottato l'euro quale moneta unica gli effetti della decisione 2003/861/CE relativa all'analisi e alla cooperazione in materia di falsificazione delle monete in euro (2), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001, che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazione (3), in particolare l’articolo 5, prevede che l'analisi tecnica e la classificazione delle monete metalliche false denominate in euro siano effettuate dai Centri nazionali di analisi delle monete (CNAC) di ciascuno Stato membro e dal Centro tecnico-scientifico europeo (CTSE). Il regolamento (CE) n. 1339/2001 del Consiglio (4) estende agli Stati membri che non hanno adottato l'euro quale moneta unica l’applicazione degli articoli da 1 a 11 del regolamento (CE) n. 1338/2001. (2) Dall’ottobre 2001 il CTSE esercita provvisoriamente le sue attività presso la zecca di Parigi beneficiando della struttura e dell’assistenza amministrativa della Commissione, come stabilito negli scambi di corrispondenza tra il presidente del Consiglio e il ministro francese delle Finanze avvenuti il 28 febbraio e il 9 giugno 2000. (3) Il CTSE contribuisce alla realizzazione degli obiettivi del programma «Pericle», conformemente alla decisione 2001/923/CE del Consiglio, del 17 dicembre 2001, che istituisce un programma di azione in materia di scambi, assistenza e formazione per la protezione dell'euro contro la contraffazione monetaria (5), e alla decisione 2001/924/CE che estende gli effetti della decisione che istituisce un programma d'azione in materia di scambi, assistenza e formazione per la protezione dell'euro contro la contraffazione monetaria (programma «Pericle») agli Stati membri che non hanno adottato l'euro come moneta unica (6). (4) Ai sensi dell’articolo 1 della decisione 2003/861/CE, la Commissione provvede ad istituire il Centro tecnico-scientifico europeo e a garantire il suo funzionamento, nonché a coordinare le attività delle autorità tecniche competenti per proteggere le monete in euro contro la falsificazione. L’articolo 1 della decisione 2003/862/CE stabilisce che la decisione 2003/861/CE sia estesa agli Stati membri che non hanno adottato l'euro quale moneta unica. (5) Con una lettera del ministro delle Finanze del 6 settembre 2004 le autorità francesi si sono impegnate a mantenere l’attuale suddivisione dei costi tra la zecca di Parigi e la Commissione. In uno scambio di corrispondenza tra il membro della Commissione incaricato della lotta antifrode e il ministro francese delle Finanze, relativamente all’istituzione permanente del CTSE per l’analisi e la classificazione delle falsificazioni delle monete in euro, saranno riportati i principi di organizzazione del CTSE emanati in occasione dell’esercizio, a titolo provvisorio, da parte del CTSE delle sue attività presso la zecca di Parigi, come stabilito nello scambio di corrispondenza tra la presidenza del Consiglio e il ministro francese delle Finanze del 28 febbraio e 9 giugno 2000. (6) È necessario che il Comitato economico e finanziario (CEF), la Banca centrale europea, Europol e le autorità nazionali competenti continuino ad essere informati con regolarità delle attività del CTSE e della situazione relativa alla falsificazione delle monete in euro. (7) È opportuno quindi istituire il CTSE nell'ambito della Commissione a Bruxelles, come organo facente capo all’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF). (8) Il coordinamento da parte della Commissione delle azioni condotte da tutte le autorità tecniche competenti al fine di proteggere le monete in euro dalla falsificazione comprende i metodi d’analisi delle false monete in euro, lo studio dei nuovi casi di false monete e la valutazione delle conseguenze, lo scambio reciproco di informazioni sulle attività dei CNAC e del CTSE, la comunicazione esterna in materia di monete false, l'individuazione delle monete false con le apparecchiature per il trattamento delle monete, nonché lo studio di tutti i problemi tecnici in materia in monete false. (9) Tale coordinamento richiede la prosecuzione, in seno al Comitato consultivo per il coordinamento nel settore della lotta contro le frodi (7), dei lavori del gruppo di esperti sulla falsificazione delle monete, composto dai responsabili dei CNAC e del CTSE che la Commissione amministra e presiede, assicurando al tempo stesso la trasmissione regolare di informazioni al CEF. (10) Al fine di attuare le decisioni 2003/861/CE e 2003/862/CE, DECIDE: Articolo 1 È istituito il centro tecnico-scientifico europeo (CTSE) nell’ambito della Commissione a Bruxelles; esso fa capo all’OLAF. Articolo 2 Il CTSE analizza e classifica tutti i nuovi tipi di monete false, come stabilito all’articolo 5 del regolamento (CE) 1338/2001. Esso contribuisce al conseguimento degli obiettivi del programma d'azione comunitaria «Pericle», conformemente all’articolo 4 della decisione 2001/923/CE. Il CTSE presta assistenza ai Centri nazionali di analisi delle monete (CNAC) e alle autorità di polizia; esso collabora con le autorità competenti al fine di analizzare le monete in euro false e di rafforzare la protezione. Articolo 3 I principi di organizzazione del CTSE sono i seguenti: — ai fini dell'analisi delle monete, la Commissione può distaccare membri del suo personale presso la zecca di Parigi per utilizzarne le attrezzature, — per adempiere alla sua missione, il CTSE si serve del personale e del materiale del Centro nazionale di analisi delle monete francese e del laboratorio della zecca di Parigi, situati a Pessac. Le autorità francesi mettono a disposizione del CTSE in via prioritaria il personale e il materiale adatti, — conformemente ai regolamenti finanziari applicabili, la parte di spese imputabile ai compiti del CTSE è a carico del bilancio generale delle Comunità europee. Dato che la Francia mette a disposizione il personale, i locali e il materiale suddetti e si incarica della loro manutenzione, il bilancio delle Comunità copre il trattamento degli agenti della Commissione, le spese di viaggio e diverse spese correnti di modesta entità. L’OLAF è incaricato di definire, in collaborazione con la zecca di Parigi, il regolamento delle modalità amministrative del CTSE. Articolo 4 La Commissione coordina le azioni necessarie per la protezione delle monete in euro contro la falsificazione attraverso riunioni periodiche di esperti sulla falsificazione delle monete. Il Comitato economico e finanziario, la Banca centrale europea, Europol e le autorità nazionali competenti sono informati con regolarità delle attività del CTSE e della situazione relativa alla falsificazione delle monete. Fatto a Bruxelles, il 29 ottobre 2004. Per la Commissione Michaele SCHREYER Membro della Commissione (1) GU L 325 del 12.12.2003, pag. 44. (2) GU L 325 del 12.12.2003, pag. 45. (3) GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6. (4) GU L 181 del 4.7.2001, pag. 11. (5) GU L 339 del 21.12.2001, pag. 50. (6) GU L 339 del 21.12.2001, pag. 55. (7) Decisione della Commissione 94/140/CE (GU L 61 del 4.3.1994, pag. 27).
Proteggere l’euro contro la falsificazione - Centro tecnico-scientifico europeo QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? La decisione 2005/37/CE istituisce il Centro tecnico-scientifico europeo (CTSE) nell’ambito della Commissione europea a Bruxelles. Originariamente legato all’Ufficio europeo per la lotta antifrode, l’emendamento della decisione (UE) 2017/1507 istituisce il CTSE nell’ambito della direzione generale Affari economici e finanziari DG ECFIN (si veda la sintesi). Il ruolo del CTSE è quello di proteggere le monete in euro contro la falsificazione. A questo scopo, analizza e classifica le falsificazioni delle monete in euro e presta assistenza alle autorità nazionali degli Stati membri dell’Unione europea. PUNTI CHIAVE Compiti del centro Il CTSE:analizza e classifica ogni nuovo tipo di falsificazione delle monete in euro in conformità con il regolamento (CE) n. 1338/2001 concernente la protezione dell’euro contro la falsificazione (si veda la sintesi); contribuisce al conseguimento degli obiettivi del programma Pericle; svolge alcuni compiti ai sensi dei regolamenti (UE) n. 1210/2010, che definisce le misure per il controllo dell’autenticità delle monete in euro (si veda la sintesi), e (CE) n. 2182/2004, che riguarda medaglie e gettoni simili alle monete in euro (si veda la sintesi); presta assistenza ai centri nazionali di analisi delle monete e alle autorità di polizia nello svolgimento dei loro compiti e collabora con le autorità competenti al fine di analizzare le monete in euro false e di rafforzare la protezione.Per l’analisi tecnica e scientifica delle monete false in euro il CTSE si può servire del personale e delle strutture messi a disposizione dalla zecca francese, in particolare del suo laboratorio. Attività di coordinamento e di informazioneLa Commissione coordina le azioni delle autorità tecniche competenti per la protezione delle monete in euro, in particolare attraverso riunione regolari del gruppo di esperti sulla falsificazione delle monete. Presieduto dalla Commissione, tale gruppo consente la condivisione delle diverse esperienze e competenze tecniche degli Stati membri in relazione alla falsificazione di monete in euro e permette il coordinamento delle azioni tecniche necessarie per proteggere l’euro.Il comitato economico e finanziario, la Banca centrale europea, l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto e le autorità nazionali competenti vengono regolarmente aggiornati sulle attività del centro e sulla situazione della falsificazione delle monete. Autenticazione delle monete in euroIl regolamento (UE) n. 1210/2010 introduce norme e procedure comuni nell’ambito dell’area euro per quanto attiene l’autenticità delle monete in euro in circolazione (processo di autenticazione) e per il trattamento e il rimborso di quelle non adatte alla circolazione. Stabilisce che il CTSE sia responsabile della definizione, tra l’altro, di:specifiche tecniche per i test delle apparecchiature il trattamento delle monete impiegate per verificare l’autenticità delle monete in euro;prassi di formazione per il personale incaricato di verificare le monete in euro;Il periodo di validità delle relazioni sui test;informazioni contenute nell’elenco, pubblicato sul sito Internet della Commissione, delle apparecchiature per il trattamento delle monete che hanno superato un test di individuazione;linee guida per controlli annuali sul posto della capacità dei soggetto che operano con il contante di autenticare le monete in euro;norme per correggere la non conformità al regolamento da parte delle apparecchiature per il trattamento delle monete. Le decisioni 2003/861/CE e 2003/862/CE prevedono l’istituzione, da parte della Commissione, del CTSE e del suo funzionamento nell’area dell’euro e negli Stati membri non appartenenti all’area dell’euro, rispettivamente. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? La decisione 2005/37/UE si applica dal 10 febbraio 2005. La decisione di modifica (UE) 2017/1507 è in vigore dal 18 settembre 2017. CONTESTO Per maggiori informazioni, si veda:Il Centro tecnico-scientifico europeo (CTSE) (Commissione europea) DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2005/37/CE della Commissione, del 29 ottobre 2004, che istituisce il centro tecnico-scientifico europeo (CTSE) e prevede il coordinamento delle azioni tecniche al fine di proteggere le monete in euro contro la falsificazione (GU L 19 del 21.1.2005, pag. 73). Le modifiche successive alla decisione 2005/37/CE sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Decisione della Commissione, del 19 ottobre 2015, che istituisce il gruppo di esperti sulla falsificazione delle monete nell’ambito della politica della Commissione e della regolamentazione in materia di protezione delle monete in euro contro la falsificazione (GU L 347 del 20.10.2015, pag. 4). Regolamento (UE) n. 1210/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2010, relativo all’autenticazione delle monete in euro e al trattamento delle monete non adatte alla circolazione (GU L 339 del 22.12.2010, pag. 1). Regolamento (CE) n. 2182/2004 del Consiglio, del 6 dicembre 2004, relativo a medaglie e gettoni simili alle monete metalliche in euro (GU L 373 del 21.12.2004, pag. 1). Si veda la versione consolidata. Decisione 2003/861/CE del Consiglio, dell’8 dicembre 2003, relativa all’analisi e alla cooperazione in materia di falsificazione delle monete in euro (GU L 325 del 12.12.2003, pag. 44). Decisione 2003/862/CE del Consiglio, dell’8 dicembre 2003, che estende agli Stati membri che non hanno adottato l’euro quale moneta unica gli effetti della decisione 2003/861/CE relativa all’analisi e alla cooperazione in materia di falsificazione delle monete in euro (GU L 325 del 12.12.2003, pag. 45). Regolamento (UE) n. 1338/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001, che definisce talune misure necessarie alla protezione dell’euro contro la falsificazione (GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6). Si veda la versione consolidata.
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Direttiva 1999/63/CE del Consiglio, del 21 giugno 1999, relativa all'accordo sull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare concluso dall'Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei trasportatori dell'Unione europea (FST) - Allegato: Accordo europeo sull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare Gazzetta ufficiale n. L 167 del 02/07/1999 pag. 0033 - 0037 DIRETTIVA 1999/63/CE DEL CONSIGLIOdel 21 giugno 1999relativa all'accordo sull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare concluso dall'Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei trasportatori dell'Unione europea (FST)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 139, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione,considerando quanto segue:(1) che, in seguito all'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, le disposizioni dell'accordo in materia di politica sociale allegato al protocollo (n. 14) sulla politica sociale, allegato al trattato che istituisce la Comunità europea, quale modificato dal trattato di Maastricht, sono state incorporate negli articoli da 136 a 139 del trattato che istituisce la Comunità europea;(2) che i datori di lavoro e i lavoratori ("le parti sociali"), a norma dell'articolo 139, paragrafo 2 del trattato, possono richiedere congiuntamente che gli accordi a livello europeo siano attuati in base a una decisione del Consiglio, su proposta della Commissione;(3) che il Consiglio ha adottato la direttiva 93/104/CE, del 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro(1); che il trasporto marittimo è uno dei settori di attività esclusi dall'ambito di applicazione di tale direttiva;(4) che si dovrebbe tener conto delle convenzioni dell'Organizzazione internazionale del lavoro in materia di organizzazione dell'orario di lavoro, tra cui in particolare quelle relative all'orario di lavoro della gente di mare;(5) che la Commissione, a norma dell'articolo 3, paragrafo 2 dell'accordo sulla politica sociale, ha consultato le parti sociali sul possibile orientamento di un'azione comunitaria riguardo ai settori ed alle attività esclusi dalla direttiva 93/104/CE;(6) che a seguito di tale consultazione la Commissione ha giudicato auspicabile un'azione comunitaria in materia e ha nuovamente consultato le parti sociali a livello comunitario sul contenuto della proposta in questione, a norma dell'articolo 3, paragrafo 3 di detto accordo;(7) che l'Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e la Federazione dei sindacati dei trasportatori dell'Unione europea (FST) hanno informato la Commissione del proprio desiderio di iniziare negoziati, ai sensi dell'articolo 4 dell'accordo sulla politica sociale;(8) che il 30 settembre 1998 dette organizzazioni hanno concluso l'accordo sull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare; che tale accordo contiene una richiesta alla Commissione, formulata congiuntamente, di applicare l'accordo attraverso una decisione del Consiglio su proposta della Commissione, a norma dell'articolo 4, paragrafo 2 dell'accordo sulla politica sociale;(9) che nella risoluzione del 6 dicembre 1994 relativa ad alcune prospettive di una politica sociale dell'Unione europea: contributo alla convergenza economica e sociale dell'Unione(2) il Consiglio ha invitato le parti sociali a sfruttare le possibilità di concludere convenzioni, poiché esse sono di norma più vicine alla realtà sociale e ai problemi sociali;(10) che l'accordo si applica alla gente di mare a bordo di tutte le navi marittime, sia di proprietà pubblica che privata, registrate nel territorio di qualsiasi Stato membro e normalmente destinate ad operazioni di marina mercantile;(11) che lo strumento idoneo per l'attuazione dell'accordo è una direttiva ai sensi dell'articolo 249 del trattato; che, pertanto, essa vincola gli Stati membri per quanto riguarda i risultati da raggiungere, lasciando alle autorità nazionali la scelta della forma e dei metodi;(12) che, secondo i principi di sussidiarietà e di proporzionalità di cui all'articolo 5 del trattato, gli obiettivi della presente direttiva non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque essere realizzati meglio a livello comunitario; che la presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tali obiettivi;(13) che, per quanto riguarda i termini dell'accordo che non sono specificamente definiti da quest'ultimo, la presente direttiva lascia agli Stati membri la possibilità di definirli conformemente alle legislazioni e pratiche nazionali, come accade per altre direttive in materia di politica sociale che utilizzano termini simili, a condizione che le suddette definizioni siano conformi al contenuto dell'accordo;(14) che la Commissione ha elaborato la proposta di direttiva, conformemente alla comunicazione del 20 maggio 1998 che adegua e promuove il dialogo sociale a livello comunitario, tenendo conto del carattere rappresentativo delle parti contraenti e della legalità di ciascuna clausola dell'accordo;(15) che la Commissione ha informato il Parlamento europeo ed il Comitato economico e sociale, conformemente alla sua comunicazione del 14 dicembre 1993 riguardante l'applicazione dell'accordo sulla politica sociale, sottoponendo loro il testo della proposta di direttiva contenente l'accordo;(16) che l'attuazione dell'accordo contribuisce alla realizzazione degli obiettivi di cui all'articolo 136 del trattato,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1L'obiettivo della presente direttiva è l'attuazione dell'accordo, riportato in allegato, relativo all'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare, concluso il 30 settembre 1998 tra le organizzazioni rappresentanti i datori di lavoro e i lavoratori del settore marittimo (ECSA e FST).Articolo 2Requisiti minimi1. Gli Stati membri possono mantenere o introdurre disposizioni più favorevoli di quelle previste nella presente direttiva.2. L'attuazione delle disposizioni della presente direttiva non costituisce in nessun caso motivo sufficiente per giustificare una riduzione del livello generale di protezione dei lavoratori nell'ambito coperto dalla stessa, fatto comunque salvo il diritto degli Stati membri e/o delle parti sociali di sviluppare, alla luce dell'evolversi della situazione, disposizioni legislative, regolamentari o contrattuali diverse rispetto a quelle esistenti al momento dell'adozione della presente direttiva, a patto che i requisiti minimi previsti nella presente direttiva siano rispettati.Articolo 3Recepimento1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 30 giugno 2002 o si assicurano che entro tale data le organizzazioni padronali e sindacali pongano in atto le disposizioni necessarie mediante accordi. Gli Stati membri devono adottare tutte le disposizioni necessarie che consentano loro di essere sempre in grado di garantire i risultati imposti dalla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione.2. Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui al paragrafo 1, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.Articolo 4DestinatariGli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Lussemburgo, addì 21 giugno 1999.Per il ConsiglioIl PresidenteL. SCHOMERUS(1) GU L 307 del 13.12.1993, pag. 18.(2) GU C 368 del 23.12.1994, pag. 6.ALLEGATOACCORDO EUROPEOsull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mareVisto l'accordo sulla politica sociale accluso al trattato che istituisce la Comunità europea e in particolare gli articoli 3.4 e 4.2;considerando che l'articolo 4, paragrafo 2 dell'Accordo sulla politica sociale prevede che gli accordi conclusi a livello europeo siano attuati a richiesta congiunta delle parti firmatarie, in base a una decisione del Consiglio su proposta della Commissione,considerando che le parti firmatarie avanzano richiesta in tal senso,LE PARTI FIRMATARIE HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Clausola 11. L'accordo si applica alla gente di mare presente a bordo di ogni nave marittima, di proprietà pubblica o privata, registrata nel territorio di uno Stato membro e impegnata normalmente in operazioni di marina mercantile. Ai fini del presente accordo una nave iscritta sul registro di due Stati è ritenuta registrata nel territorio dello Stato di cui batte bandiera.2. In caso di dubbio se una nave vada considerata nave marittima o impegnata in operazioni di marina mercantile ai fini del presente accordo, la questione sarà risolta dalle autorità competenti dello Stato membro. Andranno consultate le organizzazioni interessate degli armatori e della gente di mare.Clausola 2Ai fini del presente accordo:a) per "ore di lavoro" si intende il periodo durante il quale la gente di mare è tenuta a svolgere un lavoro sulla nave;b) per "ore di riposo" si intende il periodo libero dalle ore di lavoro; questo termine non include brevi interruzioni;c) per "gente di mare" si intende ogni persona occupata o impegnata a qualunque titolo a bordo di una nave marittima cui trova applicazione l'accordo;d) per "armatore" si intende il proprietario della nave o ogni altro organismo o persona, quali l'imprenditore o il noleggiatore della sola nave, che hanno rilevato dall'armatore la responsabilità per l'esercizio della nave e, ciò facendo, hanno accettato di assumersi i relativi obblighi e responsabilità.Clausola 3Entro i limiti definiti nella clausola 5 si dovrà stabilire sia un numero massimo di ore di lavoro da non superare in un dato lasso di tempo ovvero un numero minimo di ore di riposo che dovrà essere concesso in un dato lasso di tempo.Clausola 4Fatta salva la clausola 5, il modello normale di orario di lavoro della gente di mare si basa in linea di massima su una durata di otto ore al giorno con un giorno di riposo per settimana e riposo nei giorni festivi. Gli Stati membri possono introdurre procedure per autorizzare o registrare accordi collettivi che stabiliscono l'orario normale di lavoro della gente di mare sulla base di modalità che non devono essere meno favorevoli di detto modello.Clausola 51. La durata dell'orario di lavoro o di riposo si configura come segue:a) il numero massimo di ore di lavoro non deve superare:i) 14 ore su un periodo di 24 ore; eii) 72 ore su un periodo di 7 giorni;ob) il numero minimo di ore di riposo non dev'essere inferiore a:i) 10 ore su un periodo di 24 ore; eii) 77 ore su un periodo di 7 giorni.2. Le ore di risposo possono essere ripartite in non più di due periodi, uno dei quali dovrà essere almeno della durata di 6 ore e l'intervallo tra periodi consecutivi di riposo non dovrà superare 14 ore.3. Gli appelli, le esercitazioni antincendio e di salvataggio e le esercitazioni prescritte da regolamenti e normative nazionali e da testi internazionali sono svolti in modo da ridurre al minimo il disturbo nei periodi di riposo e non provocare affaticamento.4. Riguardo a situazioni in cui la gente di mare è a disposizione, come nel caso di un reparto macchine incustodito, essa beneficia di un periodo compensativo di riposo qualora il normale periodo di riposo sia disturbato da ordini di lavoro.5. Riguardo ai paragrafi 3 e 4, in assenza di accordi collettivi e di arbitrati ovvero se le autorità competenti stabiliscono che le disposizioni nell'accordo o nell'arbitrato sono inadeguate, spetta alle autorità competenti definire dette disposizioni per garantire che la gente di mare interessata benefici di sufficiente riposo.6. Col dovuto rispetto dei principi generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, gli Stati membri possono applicare normative nazionali, regolamenti o procedure che consentono alle autorità competenti di autorizzare o registrare contratti collettivi che consentono deroghe ai limiti fissati ai paragrafi 1 e 2. Tali deroghe debbono, nella misura del possibile, rispettare i modelli fissati ma possono tener conto di congedi più frequenti o più lunghi o della concessione di congedi compensativi per la gente di mare addetta alla guardia o operante a bordo di navi su brevi rotte.7. In un posto facilmente accessibile, unitamente alle modalità di lavoro a bordo, è apposta una tabella indicante per ciascuna mansione almeno:a) il programma di servizio in mare e in porto; nonchéb) il numero massimo di ore di lavoro o il numero minimo di ore di riposo richiesti da normtive, regolamenti o accordi collettivi vigenti negli Stati membri.8. La tabella di cui al paragrafo 7 è configurata secondo un modello standard nella lingua o nelle lingue di lavoro della nave, oltre che in inglese.Clausola 6La gente di mare di età inferiore a 18 anni non deve svolgere lavoro notturno. Ai fini di questa clausola per "notte" si intende un periodo di almeno 9 ore consecutive, compreso l'intervallo dalla mezzanotte alle cinque del mattino. Questa disposizione non trova applicazione quando la formazione effettiva del giovane di età compresa tra 16 e 18 anni fosse pregiudicata rispetto ai piani e ai programmi fissati.Clausola 71. Il comandante di una nave ha il diritto di esigere dalla gente di mare lo svolgimento di ore di lavoro necessarie per la sicurezza immediata della nave, delle persone imbarcate e del carico o per fornire assistenza ad altre navi o persone in pericolo in mare.2. In conformità del paragrafo 1 il comandante può sospendere il programma di ore di lavoro o di ore di riposo ed esigere dalla gente di mare lo svolgimento delle ore di lavoro necessarie fino al ristabilimento della situazione normale.3. Non appena possibile dopo che è stata ristabilita la situazione normale, il comandante deve far sì che la gente di mare che ha svolto lavoro in un periodo previsto di riposo benefici di un adeguato periodo di riposo.Clausola 81. Si devono tenere registri su cui riportare le ore giornaliere di lavoro o le ore giornaliere di riposo della gente di mare per verificare il rispetto delle disposizioni di cui alla clausola 5. La gente di mare riceve una copia del registro che la riguarda, che dovrà essere firmata dal comandante o dalla persona da lui autorizzata e dal membro della gente di mare.2. Si devono definire procedure per la tenuta di tali registri a bordo, nonché gli intervalli con cui rilevare le informazioni. Il modello dei registri delle ore di lavoro o di riposo della gente di mare è stabilito tenendo conto degli orientamenti internazionali vigenti. Il modello è nella lingua o nelle lingue di cui alla clausola 5, paragrafo 8.3. Una copia delle disposizioni pertinenti della normativa nazionale riguardante il presente accordo e i relativi accordi collettivi dev'essere tenuta a bordo ed essere facilmente accessibile per l'equipaggio.Clausola 9I registri di cui alla clausola 8 saranno esaminati e vistati a intervalli adeguati per verificare il rispetto delle disposizioni che disciplinano le ore di lavoro o di riposo in attuazione del presente accordo.Clausola 101. Nel determinare, approvare o rivedere gli effettivi dell'equipaggio, è necessario tener conto della necessità di evitare o ridurre al minimo, per quanto possibile, orari eccessivi di lavoro al fine di garantire riposo sufficiente e limitare l'affaticamento.2. Se i registri o altri indizi evidenziano la violazione delle disposizioni relative all'orario di lavoro o ai periodi di riposo, sono adottati provvedimenti per evitare ulteriori violazioni, compresa, se necessaria, la revisione degli effettivi della nave.3. Tutte le navi cui si applica il presente accordo devono disporre di sufficienti membri dell'equipaggio per garantire la sicurezza e l'efficienza in conformità del documento riguardante gli effettivi minimi di sicurezza o documento equivalente rilasciato dalle competenti autorità.Clausola 11Sulla nave non devono lavorare persone di età inferiore a 16 anni.Clausola 12L'armatore fornisce al comandante le necessarie risorse per poter ottemperare agli obblighi derivanti dal presente accordo, compresi quelli riguardanti l'equipaggiamento adeguato della nave. Il comandante adotta tutti i provvedimenti necessari per far sì che le prescrizioni riguardanti l'orario di lavoro della gente di mare e i periodi di riposo derivanti dal presente accordo siano rispettate.Clausola 131. Tutta la gente di mare dev'essere in possesso di un certificato attestante l'idoneità al lavoro per il quale è impiegata in mare.La natura della valutazione della salute da effettuare e i dettagli da inserire nel certificato medico devono essere stabiliti previa consultazione con l'armatore e le organizzazioni interessate della gente di mare.Tutta la gente di mare deve sottoporsi a esami periodici della salute. Gli addetti ai turni di guardia che presentano problemi alla salute imputati da un medico al fatto che essi svolgono lavoro notturno, devono essere assegnati, nella misura del possibile, al lavoro diurno che loro si confà.2. L'esame della salute di cui al paragrafo 1 è gratuito e rispetta il segreto medico. Questo tipo di esame può essere svolto nell'ambito del sistema sanitario nazionale.Clausola 14Gli armatori devono fornire informazioni riguardo agli addetti ai turni di guardia e ad altri lavoratori notturni alle autorità nazionali competenti, qualora esse lo chiedano.Clausola 15La gente di mare beneficia di una tutela della salute e della sicurezza adeguata alla natura delle sue mansioni. Devono essere disponibili servizi o strutture equivalenti di protezione e di prevenzione riguardo alla salute e alla sicurezza della gente di mare che svolge lavoro diurno o notturno.Clausola 16La gente di mare ha diritto di beneficiare di ferie annuali retribuite di almeno due settimane, o di una parte corrispondente a periodi di attività inferiori ad un anno, in conformità delle condizioni previste dalla legislazione nazionale e/o dalla prassi ai fini e a garanzia di queste ferie.Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un'indennità, eccetto nel caso che il rapporto di lavoro sia terminato.Fatto a Bruxelles, 30 settembre 1998.Federazione dei sindacati dei trasportatori dell'Unione europea (FST)Associazione armatori della Comunità europea (ECSA)
Orario di lavoro della gente di mare QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Colloca all’interno di una normativa l’accordo sull’orario di lavoro della gente di mare* concluso tra l’Associazione armatori* della Comunità europea e la Federazione dei sindacati dei trasportatori dell’Unione europea, il 30 settembre 1998. Tiene conto della Convenzione sul lavoro marittimo del 2006, dell’Organizzazione internazionale del lavoro relativamente all’orario di lavoro della gente di mare. PUNTI CHIAVE Tutte le navi marittime, sia di proprietà pubblica che privata, registrate nel territorio di qualsiasi Stato membro dell’Unione europea (UE) normalmente destinate a operazioni di marina mercantile, devono rispettare la normativa. La direttiva specifica un numero massimo di ore di lavoro o un numero minimo di ore di riposo su un dato periodo. Orario di lavorouna giornata di lavoro standard è di 8 ore, con un giorno di riposo e riposo nei giorni festivi;il numero massimo di ore di lavoro non deve superare 14 ore su un periodo di 24 ore o 72 ore su un periodo di 7 giorni. Periodo di riposo:non deve essere inferiore a 10 ore su un periodo di 24 ore o 77 ore su un periodo di 7 giorni;può essere ripartito in non più di due periodi, uno dei quali dovrà essere almeno della durata di 6 ore;l’intervallo tra periodi consecutivi di riposo non dovrà superare 14 ore;deve essere disturbato il meno possibile da esercitazioni di sicurezza, quali appelli, esercitazioni antincendio e di salvataggio;deve includere un adeguato risarcimento per i marittimi chiamati a lavorare a riposo. Si devono tenere registri su cui riportare le ore giornaliere di lavoro o le ore giornaliere di riposo della gente di mare. La gente di mare di età inferiore a 18 anni non deve svolgere lavoro di notte* con l’eccezione di compiti specifici o attività di formazione. L’assunzione o il lavoro da parte di minori di 18 anni non è consentito se può potenzialmente mettere a rischio la loro salute e la loro sicurezza. Il comandante della nave ha il diritto di richiedere il lavoro dell’equipaggio se necessario per garantire la sicurezza immediata della nave, delle persone imbarcate, del carico e di altri in difficoltà. I dettagli sull’organizzazione del lavoro a bordo e le disposizioni normative devono essere accessibili e visualizzati. I livelli dell’equipaggio devono evitare o ridurre al minimo orari eccessivi di lavoro al fine di garantire riposo sufficiente e limitare l’affaticamento. Tutta la gente di mare:deve essere in possesso di un certificato medico attestante l’idoneità al lavoro per il quale è impiegata in mare. La direttiva stabilisce i dettagli di tali certificati, comprese le regole di rilascio, la validità e la natura della valutazione sanitaria. Sono ammesse alcune eccezioni:ha diritto a ferie annuali retribuite. Queste si basano su un minimo di 2,5 giorni per ciascun mese di lavoro e su una quantità proporzionale per i mesi incompleti. Gli Stati membri possonoconsentire deroghe alle ore di lavoro specificate e di riposo, a determinate condizioni;applicare condizioni più, ma non meno, favorevoli per i marittimi rispetto a quelle contenute nella direttiva.Modifiche alla direttiva 1999/63/CELa direttiva è stata modificata dalla direttiva 2009/13/CE in seguito alla firma della Convenzione sul lavoro marittimo nel 2006. La direttiva 2009/13/CE è stata a sua volta modificata dalla direttiva (UE) 2018/131, a seguito delle modifiche apportate alla Convenzione sul lavoro marittimo nel 2014, che si concentrano sui diritti della gente di mare in caso di abbandono in porti esteri e contiene norme aggiornate in materia di rimpatrio, sicurezza finanziaria e responsabilità degli armatori.Legislazione correlata L’applicazione della direttiva è disciplinata da una normativa separata (direttiva 1999/95/EC) sull’applicazione dell’orario di lavoro a bordo delle navi che fanno scalo nei porti comunitari, e dalla direttiva 2013/54/UE sul rispetto generale e sull’applicazione della Convenzione sul lavoro marittimo (si veda la sintesi). A PARTIRE DA QUANDO È IN VIGORE LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 22 luglio 1999 e doveva diventare legge negli Stati membri entro il 30 giugno 2002. CONTESTO La gente di mare, per la specificità del suo lavoro è esclusa dal campo di applicazione della direttiva 2003/88/CE sull’organizzazione dell’orario di lavoro (si veda la sintesi) e richiedono regole separate. Per ulteriori informazioni, si veda:Condizioni di lavoro — Normativa settoriale sull’orario di lavoro (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Gente di mare. Chiunque sia impiegato a qualsiasi titolo a bordo di una nave marittima. Armatore. Il proprietario della nave o qualsiasi altra organizzazione o persona che assume tale responsabilità. Notte. Un periodo di almeno 9 ore consecutive, che inizi non più tardi di mezzanotte e che termini non prima delle cinque del mattino. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 1999/63/CE del Consiglio del 21 giugno 1999 relativa all’accordo sull’organizzazione dell’orario di lavoro della gente di mare concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei trasportatori dell’Unione europea (FST)— Allegato: Accordo europeo sull’organizzazione dell’orario di lavoro della gente di mare (GU L 167 del 2.7.1999, pag. 33). Le modifiche successive alla direttiva 1999/63/CE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 2013/54/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, relativa a talune responsabilità dello Stato di bandiera ai fini della conformità alla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e della sua applicazione (GU L 329, del 10.12.2013, pag. 1). Direttiva 2009/13/CE del Consiglio, del 16 febbraio 2009, recante attuazione dell’accordo concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e modifica della direttiva 1999/63/CE (GU L 124 del 20.5.2009, pag. 30). Si veda la versione consolidata. Direttiva 1999/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 1999, concernente l’applicazione delle disposizioni relative all’orario di lavoro della gente di mare a bordo delle navi che fanno scalo nei porti della Comunità (GU L 14 del 20.1.2000, pag. 29).
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ACCORDO QUADRO tra l'Unione europea e il Kosovo (*1) sui principi generali della partecipazione del Kosovo ai programmi dell'Unione L'UNIONE EUROPEA, in seguito denominata «Unione», da una parte, e il KOSOVO (*1), dall'altra, in seguito denominati «parti contraenti», considerando quanto segue: (1) Il 14 dicembre 2007 il Consiglio europeo ha sottolineato che l'Unione è pronta a svolgere un ruolo di primo piano nel rafforzare la stabilità della regione, ha dichiarato la disponibilità dell'Unione ad assistere il Kosovo nel cammino verso una stabilità sostenibile e ha confermato che l'Unione intende contribuire allo sviluppo economico e politico attraverso una chiara prospettiva europea, in linea con la prospettiva europea della regione. (2) Il 7 dicembre 2009 il Consiglio ha accolto con favore la comunicazione della Commissione europea del 14 ottobre 2009 intitolata «Realizzare la prospettiva europea del Kosovo» e ha invitato quest'ultima a prendere le misure necessarie per sostenere i progressi del Kosovo verso l'Unione, in linea con la prospettiva europea della regione. Esso ha attribuito importanza alle misure relative al commercio e ai visti e ha incoraggiato la Commissione europea a consentire al Kosovo di partecipare ai programmi dell'Unione, integrando il Kosovo nel sistema di sorveglianza economica e di bilancio, attivando la seconda componente dello strumento di assistenza preadesione e consolidando il dialogo nell'ambito del processo di stabilizzazione e di associazione. (3) Il 14 dicembre 2010 il Consiglio ha dichiarato di attendere con interesse una proposta della Commissione europea che consenta la partecipazione del Kosovo ai programmi dell'Unione. La Commissione europea ha presentato tale proposta nel marzo 2011. (4) Il 5 dicembre 2011 il Consiglio ha confermato il proprio impegno a trovare un accordo sulla partecipazione del Kosovo ai programmi dell'Unione, ferme restando le posizioni degli Stati membri sullo status. (5) Il 22 ottobre 2012 il Consiglio ha autorizzato la Commissione europea ad avviare negoziati a nome dell'Unione su un accordo quadro con il Kosovo riguardo alla sua partecipazione ai programmi dell'Unione. (6) Il Kosovo ha espresso il desiderio di partecipare a una serie di programmi dell'Unione. (7) L'articolo 212 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea fa riferimento ad azioni di cooperazione economica, finanziaria e tecnica con paesi terzi diversi dai paesi in via di sviluppo. (8) Le modalità e le condizioni specifiche, compreso il relativo contributo finanziario, della partecipazione del Kosovo a ciascun programma specifico dell'Unione dovrebbero essere stabilite nell'ambito di un accordo tra la Commissione europea, che agisce a nome dell'Unione, e le autorità del Kosovo. (9) La firma e la conclusione del presente accordo non pregiudicano la posizione degli Stati membri sullo status del Kosovo, posizione che ciascuno di essi deciderà conformemente alla rispettiva prassi nazionale e al diritto internazionale. Nessuna parola, formulazione o definizione utilizzata nel presente accordo, compreso il suo allegato, o nei programmi dell'Unione costituisce un riconoscimento del Kosovo come Stato indipendente da parte dell'Unione, né costituisce un riconoscimento del Kosovo come tale da parte dei singoli Stati membri che non abbiano proceduto in tal senso, HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE: Articolo 1 Il Kosovo è ammesso a partecipare ai seguenti programmi dell'Unione: a) a quegli attuali programmi dell'Unione elencati nell'allegato, e ai programmi che vi succederanno, che saranno aperti alla partecipazione del Kosovo, una volta entrato in vigore il presente accordo; b) ai programmi dell'Unione che saranno istituiti o prorogati dopo la firma del presente accordo che contengono una clausola di apertura relativa alla partecipazione del Kosovo. Il Kosovo può partecipare ai programmi dell'Unione conformemente ai suoi impegni di adottare e applicare norme nei settori pertinenti al programma in questione e con i progressi compiuti a tale riguardo. Articolo 2 Il Kosovo fornisce un contributo finanziario al bilancio generale dell'Unione europea in proporzione ai programmi specifici dell'Unione cui partecipa. Articolo 3 I rappresentanti del Kosovo possono partecipare, in veste di osservatori e per i punti che riguardano il Kosovo, ai comitati di gestione responsabili del controllo dei programmi dell'Unione ai quali il Kosovo contribuisce finanziariamente. Articolo 4 Alle iniziative e ai progetti presentati dai partecipanti del Kosovo si applicano, per quanto possibile, le stesse condizioni, norme e procedure applicate agli Stati membri per i programmi dell'Unione in questione. Articolo 5 Le modalità e le condizioni specifiche relative alla partecipazione del Kosovo a ciascun programma specifico dell'Unione, in particolare il contributo finanziario da versare, saranno stabilite nell'ambito di un accordo tra la Commissione europea, che agisce a nome dell'Unione, e le autorità del Kosovo. Gli accordi di questo tipo sono considerati parte integrante del presente accordo. Qualora il Kosovo chieda l'assistenza preadesione dell'Unione sulla base del regolamento (CE) n. 1085/2006 del Consiglio (1) o a norma di qualsiasi regolamento analogo che possa essere adottato in futuro e che preveda l'assistenza esterna dell'Unione al Kosovo, le condizioni che disciplinano l'impiego dell'assistenza dell'Unione da parte del Kosovo sono stabilite nel quadro di una convenzione di finanziamento. Articolo 6 Ogni accordo di cui all'articolo 5, primo comma, stabilisce che, conformemente al regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (2), il controllo finanziario o le verifiche contabili devono essere effettuati dalla Commissione europea, dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e dalla Corte dei conti, direttamente o sotto la loro autorità. Sono adottate disposizioni dettagliate in materia di controllo finanziario e verifiche contabili, misure amministrative, sanzioni e recupero che permettano di conferire alla Commissione europea, all'OLAF e alla Corte dei conti poteri equivalenti a quelli di cui dispongono nei confronti di beneficiari o contraenti stabiliti nell'Unione. Articolo 7 Il presente accordo si applica per un periodo indeterminato. Il presente accordo può essere denunciato da ciascuna delle parti contraenti mediante un preavviso di sei mesi notificato per iscritto. Articolo 8 Le parti contraenti possono rivedere il presente accordo per la prima volta entro tre anni dalla data della sua entrata in vigore e, successivamente, ogni tre anni, in base all'esperienza acquisita attraverso la partecipazione del Kosovo a uno o più programmi dell'Unione. Articolo 9 Il presente accordo si applica, da una parte, ai territori in cui si applica il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, alle condizioni in esso indicate, e, dall'altra, al territorio del Kosovo. Articolo 10 Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del primo mese successivo alla data in cui le parti contraenti si sono notificate reciprocamente l'avvenuto espletamento delle rispettive procedure necessarie per la sua entrata in vigore. Articolo 11 Il presente accordo è redatto in duplice esemplare nelle lingue bulgara, ceca, croata, danese, estone, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, lettone, lituana, maltese, neerlandese, polacca, portoghese, rumena, slovacca, slovena, spagnola, svedese, tedesca, ungherese, albanese e serba, tutti i testi facenti ugualmente fede. Съставено в Брюксел на двадесет и пети ноември през две хиляди и шестнадесета година. Hecho en Bruselas, el veinticinco de noviembre de dos mil dieciséis. V Bruselu dne dvacátého pátého listopadu dva tisíce šestnáct. Udfærdiget i Bruxelles den femogtyvende november to tusind og seksten. Geschehen zu Brüssel am fünfundzwanzigsten November zweitausendsechzehn. Kahe tuhande kuueteistkümnenda aasta novembrikuu kahekümne viiendal päeval Brüsselis. Έγινε στις Βρυξέλλες, στις είκοσι πέντε Νοεμβρίου δύο χιλιάδες δεκαέξι. Done at Brussels on the twenty fifth day of November in the year two thousand and sixteen. Fait à Bruxelles, le vingt cinq novembre deux mille seize. Sastavljeno u Bruxellesu dvadeset petog studenoga godine dvije tisuće šesnaeste. Fatto a Bruxelles, addì venticinque novembre duemilasedici. Briselē, divi tūkstoši sešpadsmitā gada divdesmit piektajā novembrī. Priimta du tūkstančiai šešioliktų metų lapkričio dvidešimt penktą dieną Briuselyje. Kelt Brüsszelben, a kétezer-tizenhatodik év november havának huszonötödik napján. Magħmul fi Brussell, fil-ħamsa u għoxrin jum ta‘ Novembru fis-sena elfejn u sittax. Gedaan te Brussel, vijfentwintig november tweeduizend zestien. Sporządzono w Brukseli dnia dwudziestego piątego listopada roku dwa tysiące szesnastego. Feito em Bruxelas, em vinte e cinco de novembro de dois mil e dezasseis. Întocmit la Bruxelles la douăzeci și cinci noiembrie două mii șaisprezece. V Bruseli dvadsiateho piateho novembra dvetisícšestnásť. V Bruslju, dne petindvajsetega novembra leta dva tisoč šestnajst. Tehty Brysselissä kahdentenakymmenentenäviidentenä päivänä marraskuuta vuonna kaksituhattakuusitoista. Som skedde i Bryssel den tjugofemte november år tjugohundrasexton. Në Bruksel, më njëzet e pesë nëntor të vitit dy mijë e gjashtëmbëdhjetë. U Briselu, dvadeset petog novembra godine dve hiljade šesnaeste. За Европейския съюз Рог la Unión Europea Za Evropskou unii For Den Europæiske Union Für die Europäische Union Euroopa Liidu nimel Για την Ευρωπαϊκή Ένωση For the European Union Pour l'Union européenne Za Europsku uniju Per l'Unione europea Eiropas Savienības vārdā – Europos Sąjungos vardu Az Európai Unió részéről Għall-Unjoni Ewropea Voor de Europese Unie W imieniu Unii Europejskiej Pela União Europeia Pentru Uniunea Europeană Za Európsku úniu Za Evropsko unijo Euroopan unionin puolesta För Europeiska unionen Për Bashkimin Evropian Za Evropsku uniju За Косово Por Kosovo Za Kosovo For Kosovo Für den Kosovo Kosovo nimel Για το Κοσσυφοπέδιο For Kosovo Pour le Kosovo Za Kosovo Per il Kosovo Kosovas vārdā – Kosovo vardu Koszovó részéről Għall-Kosovo Voor Kosovo W imieniu Kosowa Pelo Kosovo Pentru Kosovo Za Kosovo Za Kosovo Kosovon puolesta För Kosovo Për Kosovën Za Kosovo (*1) Tale designazione non pregiudica le posizioni riguardo allo status ed è in linea con la risoluzione 1244 (1999) dell'UNSC e con il parere della CIG sulla dichiarazione di indipendenza del Kosovo. (1) Regolamento (CE) n. 1085/2006 del Consiglio, del 17 luglio 2006, che istituisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA) (GU UE L 210 del 31.7.2006, pag. 82). (2) Regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 (GU UE L 298 del 26.10.2012, pag. 1). ALLEGATO ELENCO DEGLI ATTUALI PROGRAMMI DELL'UNIONE DI CUI ALL'ARTICOLO 1 — Fiscalis 2020 (1) — Dogana 2020 (2) — Hercule III (3) — Giustizia (4) — Programma Diritti, uguaglianza e cittadinanza (5) — Europa per i cittadini (6) — Meccanismo di protezione civile (7) — Soluzioni di interoperabilità per le pubbliche amministrazioni, le imprese e i cittadini europei (ISA2) (8) — COSME (9) — Programma per l'occupazione e l'innovazione sociale (EaSI) (10) — Erasmus+ (11) — Europa creativa (12) — Orizzonte 2020 (13) — Programma «Salute per la crescita» (14) — Programma per la tutela dei consumatori (15) — LIFE (16) — Copernicus (17) (1) Regolamento (UE) n. 1286/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce un programma di azione inteso a migliorare il funzionamento dei sistemi di imposizione nell'Unione europea per il periodo 2014-2020 (Fiscalis 2020) e che abroga la decisione n. 1482/2007/CE (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 25). (2) Regolamento (UE) n. 1294/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce un programma di azione doganale nell'Unione europea per il periodo 2014-2020 (Dogana 2020) e abroga la decisione n. 624/2007/CE (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 209). (3) Regolamento (UE) n. 250/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, che istituisce un programma per la promozione di azioni nel settore della tutela degli interessi finanziari dell'Unione europea (programma Hercule III) e che abroga la decisione n. 804/2004/CE (GU UE L 84 del 20.3.2014, pag. 6). (4) Regolamento (UE) n. 1382/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, che istituisce un programma Giustizia per il periodo 2014-2020 (GU UE L 354 del 28.12.2013, pag. 73). (5) Regolamento (UE) n. 1381/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, che istituisce un programma Diritti, uguaglianza e cittadinanza per il periodo 2014-2020 (GU UE L 354 del 28.12.2013, pag. 62). (6) Regolamento (UE) n. 390/2014 del Consiglio, del 14 aprile 2014, che istituisce il programma «L'Europa per i cittadini» per il periodo 2014-2020 (GU UE L 115 del 17.4.2014, pag. 3). (7) Decisione n. 1313/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, su un meccanismo unionale di protezione civile (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 924). (8) Decisione (UE) 2015/2240 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, che istituisce un programma sulle soluzioni di interoperabilità e quadri comuni per le pubbliche amministrazioni, le imprese e i cittadini europei (programma ISA2) come mezzo per modernizzare il settore pubblico (GU UE L 318 del 4.12.2015, pag. 1). (9) Regolamento (UE) n. 1287/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce un programma per la competitività delle imprese e le piccole e le medie imprese (COSME) (2014 — 2020) e abroga la decisione n. 1639/2006/CE (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 33). (10) Regolamento (UE) n. 1296/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, relativo a un programma dell'Unione europea per l'occupazione e l'innovazione sociale («EaSI») e recante modifica della decisione n. 283/2010/UE che istituisce uno strumento europeo Progress di microfinanza per l'occupazione e l'inclusione sociale (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 238). (11) Regolamento (UE) n. 1288/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce «Erasmus+»: il programma dell'Unione per l'istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport e che abroga le decisioni n. 1719/2006/CE, n. 1720/2006/CE e n. 1298/2008/CE (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 50). (12) Regolamento (UE) n. 1295/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce il programma Europa creativa (2014-2020) e che abroga le decisioni n. 1718/2006/CE, n. 1855/2006/CE e n. 1041/2009/CE (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 221). (13) Regolamento (UE) n. 1291/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce il programma quadro di ricerca e innovazione (2014 — 2020) — Orizzonte 2020 e abroga la decisione n. 1982/2006/CE (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 104). (14) Regolamento (UE) n. 282/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, sulla istituzione del terzo programma d'azione dell'Unione in materia di salute (2014-2020) e che abroga la decisione n. 1350/2007/CE (GU UE L 86 del 21.3.2014, pag. 1). (15) Regolamento (UE) n. 254/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, relativo a un programma pluriennale per la tutela dei consumatori per il periodo 2014-2020 e che abroga la decisione n. 1926/2006/CE (GU UE L 84 del 20.3.2014, pag. 42). (16) Regolamento (UE) n. 1293/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, sull'istituzione di un programma per l'ambiente e l'azione per il clima (LIFE) e che abroga il regolamento (CE) n. 614/2007 (GU UE L 347 del 20.12.2013, pag. 185). (17) Regolamento (UE) n. 377/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, che istituisce il programma Copernicus e che abroga il regolamento (UE) n. 911/2010 (GU UE L 122, del 24.4.2014, pag. 44).
*Tale designazione non pregiudica le posizioni riguardo allo status ed è in linea con la risoluzione 1244/1999 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e con il parere della Corte internazionale di giustizi sulla dichiarazione di indipendenza del Kosovo. ai programmi dell’UE Partecipazione del Kosovo* ai programmi dell’UE QUAL È LO SCOPO DI QUESTO ACCORDO? Esso ammette il Kosovo a partecipare a programmi selezionati dell’UE e stabilisce le condizioni di tale partecipazione, quali l’integrazione all’interno del quadro di sorveglianza economica e di bilancio, e l’obbligo di soddisfare norme e di fornire gli opportuni contributi finanziari. PUNTI CHIAVE Nel 2007 il Consiglio europeo sottolineava che l’UE fosse pronta a svolgere un ruolo di primo piano nel rafforzamento della stabilità nella regione dei Balcani occidentali e dichiarò di essere disposto ad assistere il Kosovo sulla via della stabilità sostenibile. L’UE ha ribadito di essere pronta a favorire lo sviluppo economico e politico attraverso una chiara prospettiva europea, mentre il Kosovo ha espresso il desiderio di partecipare a una serie di programmi dell’UE. Questo quadro rende il Kosovo ammissibile alla partecipazione a determinati progetti dell’UE, come parte dell’attivazione della seconda fase dello strumento di assistenza preadesione (IPA II) e del rafforzamento del processo avviato dall’accordo di stabilizzazione e di associazione con il Kosovo, entrato in vigore il 1° aprile 2016. I punti principali dell’accordo quadro sono i seguenti.Il Kosovo è ammesso a partecipare a una serie di programmi dell’UE, elencati di seguito, nonché a ogni nuovo programma che preveda specificamente la partecipazione del Kosovo. La partecipazione dipende dall’impegno e dai progressi del Kosovo nell’applicazione delle norme nelle aree pertinenti. Il Kosovo contribuirà finanziariamente al bilancio generale dell’UE in proporzione ai programmi specifici cui parteciperà. I rappresentanti del Kosovo possono partecipare in qualità di osservatori, laddove il Kosovo sia coinvolto, nei comitati di gestione che monitorano i programmi ai quali il Kosovo contribuisce finanziariamente. I progetti e le iniziative presentate dai partecipanti del Kosovo sono soggetti alle stesse condizioni applicate per i paesi dell’UE. I termini della partecipazione del Kosovo a ciascun programma dell’UE, in particolare per quanto concerne il contributo finanziario, saranno definiti dalla Commissione europea insieme alle autorità del Kosovo. Ogni accordo stipulerà, in conformità al regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012, che il controllo finanziario o le verifiche contabili avvengano sotto l’autorità della Commissione, dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e della Corte dei conti europea, i quali avranno poteri equivalenti a quelli di cui godono nell’UE in merito a controllo finanziario e verifica dei conti, atti amministrativi, sanzioni penali e recupero; Se il Kosovo richiede l’assistenza preadesione dell’UE nell’ambito dell’IPA II, le condizioni saranno determinate in un accordo di finanziamento. L’accordo si applica ai territori nei quali è in vigore il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, alle condizioni ivi stabilite, e al territorio del Kosovo. Esso si applica per un periodo indeterminato, ma può essere terminato da entrambe le parti con preavviso di sei mesi. Deve essere rivisto ogni tre anni in base all’esperienza della partecipazione del Kosovo ai programmi dell’UE. Programmi dell’UE che consentono la partecipazione del Kosovo al momento della firma dell’accordoFiscalis 2020 Dogana 2020 Hercule III Giustizia Programma diritti, uguaglianza e cittadinanza L’Europa per i cittadini Meccanismo di protezione civile Soluzioni di interoperabilità per le pubbliche amministrazioni, le imprese e i cittadini europei (ISA2) COSME Programma per l’occupazione e la politica sociale (EaSI) Erasmus+ Europa creativa Orizzonte 2020 Programma Salute per la crescita Programma per la tutela dei consumatori LIFE Copernicus A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA L’ACCORDO? È in vigore dal 1o agosto 2017. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:Kosovo (Commissione europea) Il Kosovo e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna). DOCUMENTO PRINCIPALE Accordo quadro tra Unione europea e Kosovo* sui principi generali della partecipazione del Kosovo ai programmi dell’Unione (GU L 195 del 27.7.2017, pag. 3). DOCUMENTI CORRELATI Accordo di stabilizzazione e di associazione tra l’Unione europea e la Comunità europea dell’energia atomica, da un lato, e il Kosovo*, dall’altro (GU L 71 del 16.3.2016, pag. 3). Regolamento (UE) n. 231/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2014, che stabilisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA II) (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 11). *Tale designazione non pregiudica le posizioni riguardo allo status ed è in linea con la risoluzione 1244/1999 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e con il parere della Corte internazionale di giustizi sulla dichiarazione di indipendenza del Kosovo.
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32003R1059
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Regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, relativo all'istituzione di una classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (NUTS) Gazzetta ufficiale n. L 154 del 21/06/2003 pag. 0001 - 0041 Regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consigliodel 26 maggio 2003relativo all'istituzione di una classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (NUTS)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 285,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale europeo(2),visto il parere del Comitato delle regioni(3),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(4),considerando quanto segue:(1) Gli utenti delle statistiche manifestano una sempre maggiore necessità di armonizzazione, al fine di disporre di dati comparabili in tutta l'Unione europea. Per funzionare, il mercato interno necessita di standard statistici applicabili alla raccolta, alla trasmissione e alla pubblicazione di statistiche nazionali e comunitarie, in modo da fornire a tutti gli operatori del mercato unico dati statistici comparabili. In tale contesto le classificazioni costituiscono uno strumento importante per la rilevazione, la compilazione e la diffusione di statistiche comparabili.(2) Le statistiche regionali sono un elemento fondamentale del sistema statistico europeo. Esse sono utilizzate per molteplici scopi. Per molti anni le statistiche regionali europee sono state rilevate, compilate e diffuse in base a una classificazione regionale comune detta "Nomenclatura delle unità territoriali per la statistica" (in seguito denominata NUTS). È opportuno che tale classificazione regionale sia ora fissata in un quadro giuridico e siano stabilite regole chiare per le sue future modifiche. La classificazione NUTS non dovrebbe precludere l'esistenza di altre suddivisioni e classificazioni.(3) Di conseguenza, tutte le statistiche che gli Stati membri trasmettono alla Commissione, suddivise in unità territoriali, dovrebbero avvalersi della classificazione NUTS, ove opportuno.(4) Per l'analisi e la diffusione la Commissione dovrebbe ricorrere alla classificazione NUTS per tutte le statistiche classificate per unità territoriali, ove opportuno.(5) Per le statistiche regionali sono necessari vari livelli, a seconda della finalità per cui sono elaborate a livello nazionale ed europeo. È quindi opportuno disporre di almeno tre livelli gerarchici di dettaglio nella classificazione regionale europea NUTS. Gli Stati membri potrebbero disporre di ulteriori livelli di dettaglio relativi alla NUTS, nei casi in cui lo ritengano necessario.(6) Le informazioni relative all'attuale composizione territoriale delle regioni NUTS di livello 3 sono necessarie per una corretta gestione della classificazione NUTS e dovrebbero quindi essere trasmesse regolarmente alla Commissione.(7) I criteri oggettivi sono necessari per la definizione delle regioni e al fine di garantire l'imparzialità nella compilazione e nell'uso delle statistiche regionali.(8) Gli utenti delle statistiche regionali dovrebbero disporre di una nomenclatura stabile nel tempo. Per tale motivo la classificazione NUTS non dovrebbe essere modificata troppo spesso. L'esistenza di questo regolamento garantirà una maggiore stabilità delle regole nel tempo.(9) Per garantire la comparabilità delle statistiche regionali, la popolazione delle regioni deve essere di entità comparabile. Per raggiungere tale obiettivo le modifiche della classificazione NUTS dovrebbero rendere la struttura regionale più omogenea in termini di dimensione della popolazione.(10) Deve inoltre essere rispettata l'attuale situazione politica, amministrativa ed istituzionale. Le unità non amministrative devono rispecchiare circostanze economiche, sociali, storiche, culturali, geografiche o ambientali.(11) Occorrerebbe fare riferimento alla definizione di "popolazione" sulla quale si basa la classificazione.(12) La classificazione NUTS è limitata al territorio economico degli Stati membri e non copre completamente il territorio cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea. Il suo utilizzo per scopi comunitari dovrà pertanto essere valutato caso per caso. Il territorio economico di ogni paese, secondo la definizione contenuta nella decisione 91/450/CEE della Commissione(5) comprende anche un territorio extraregionale, costituito da parti del territorio economico che non possono essere annesse ad una determinata regione (spazio aereo, acque territoriali e piattaforma continentale, enclave, in particolare ambasciate, consolati e basi militari, depositi di petrolio, gas naturale, ecc. in acque internazionali, al di fuori della piattaforma continentale, gestiti da unità residenti). La classificazione NUTS deve anche prevedere la possibilità di statistiche per questo territorio extraregionale.(13) Le modifiche della classificazione NUTS saranno apportate dopo aver consultato accuratamente gli Stati membri.(14) Dato che gli obiettivi dell'azione proposta, vale a dire l'armonizzazione delle statistiche regionali, non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può adottare misure conformemente al principio di sussidiarietà di cui all'articolo 5 del trattato. Secondo il principio di proporzionalità di cui a detto articolo, il presente regolamento non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento dei suddetti obiettivi.(15) La classificazione NUTS oggetto del presente regolamento dovrebbe sostituire la "Nomenclatura delle unità territoriali per la statistica (NUTS)" istituita finora dall'Istituto statistico delle Comunità europee in collaborazione con gli istituti statistici nazionali. Di conseguenza, tutti i riferimenti alla "Nomenclatura delle unità territoriali per la statistica (NUTS)" negli atti comunitari andrebbero intesi come riferimenti alla classificazione NUTS oggetto del presente regolamento.(16) Il regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie(6), costituisce il quadro di riferimento per le disposizioni del presente regolamento.(17) Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(7).(18) A norma dell'articolo 3 della decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio(8) è stato consultato il comitato del programma statistico istituito dalla suddetta decisione.HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1Oggetto1. Il presente regolamento mira ad istituire una classificazione statistica comune delle unità territoriali, in seguito denominata "NUTS", al fine di consentire la raccolta, la compilazione e la diffusione di statistiche regionali armonizzate nella Comunità.2. La classificazione NUTS di cui all'allegato I sostituisce la "Nomenclatura delle unità territoriali per la statistica (NUTS)" elaborata dall'Istituto statistico delle Comunità europee in collaborazione con gli istituti statistici nazionali degli Stati membri.Articolo 2Struttura1. La classificazione NUTS suddivide il territorio economico degli Stati membri, come definito dalla decisione 91/450/CEE in unità territoriali. Essa attribuisce a ogni unità territoriale un nome ed un codice specifici.2. La classificazione NUTS è gerarchica. Ogni Stato membro è suddiviso in unità territoriali di livello NUTS 1, ognuna delle quali è suddivisa in unità territoriali di livello NUTS 2, a loro volta suddivise in unità territoriali di livello NUTS 3.3. Tuttavia, una determinata unità territoriale può essere classificata a vari livelli NUTS.4. Allo stesso livello NUTS due unità territoriali diverse nello stesso Stato membro non possono essere identificate dallo stesso nome. Se due unità territoriali in Stati membri diversi hanno lo stesso nome, al nome delle unità territoriali è aggiunto l'identificatore del paese.5. In ogni Stato membro possono sussistere ulteriori livelli gerarchici di dettaglio, decisi dallo Stato membro, che suddividono il livello NUTS 3. Entro due anni dall'entrata in vigore del presente regolamento la Commissione, previa consultazione degli Stati membri, presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una comunicazione sull'opportunità di istituire norme su scala europea per livelli più particolareggiati nella classificazione NUTS.Articolo 3Criteri di classificazione1. Le unità amministrative esistenti all'interno degli Stati membri costituiscono il primo criterio di definizione delle unità territoriali.A tal fine, per "unità amministrativa" si intende una zona geografica in cui un'autorità amministrativa ha la competenza di prendere decisioni amministrative o politiche per tale zona, all'interno del quadro giuridico e istituzionale dello Stato membro.2. Per stabilire in quale livello NUTS debba essere classificata una determinata classe di unità amministrative di uno Stato membro, si considera la dimensione media della classe di unità amministrative dal punto di vista della popolazione facendo riferimento alla tabella seguente:>SPAZIO PER TABELLA>Se la popolazione di un intero Stato membro è inferiore al limite minimo per un determinato livello NUTS, l'intero Stato membro costituisce una unità territoriale NUTS per tale livello.3. Ai fini del presente regolamento, la popolazione di un'unità territoriale comprende le persone che risiedono abitualmente in questa zona.4. Le unità amministrative esistenti utilizzate per la classificazione NUTS sono elencate nell'allegato II. Gli emendamenti dell'allegato II sono adottati secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 7, paragrafo 2.5. Se, per un determinato livello NUTS, nello Stato membro non esistono unità amministrative di dimensione opportuna, in conformità dei criteri elencati nel paragrafo 2, il livello NUTS sarà costituito aggregando un numero adeguato di unità amministrative contigue esistenti di dimensione minore. L'aggregazione terrà conto di pertinenti criteri quali le circostanze geografiche, socioeconomiche, storiche, culturali o ambientali.Le unità risultanti dall'aggregazione sono definite in seguito "unità non amministrative". La dimensione delle unità non amministrative in uno Stato membro per un determinato livello NUTS deve rientrare nei limiti indicati dalla tabella di cui al paragrafo 2.Secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 7, paragrafo 2, singole unità non amministrative possono tuttavia non rientrare nei suddetti limiti in determinate circostanze geografiche, socio-economiche, storiche, culturali o ambientali specialmente nelle isole e nelle regioni ultraperiferiche.Articolo 4Componenti della NUTS1. Entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente regolamento la Commissione pubblica l'elenco dei componenti di ogni unità territoriale NUTS di livello 3, ovvero l'elenco delle unità amministrative più piccole di cui all'allegato III, trasmessole dagli Stati membri.Gli emendamenti dell'allegato III sono adottati secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 7, paragrafo 2.2. Entro il primo semestre di ogni anno gli Stati membri comunicano alla Commissione tutti i cambiamenti dei componenti per l'anno precedente, che possano avere effetti sui confini del livello NUTS 3, rispettando in tal modo il formato elettronico dei dati richiesto dalla Commissione.Articolo 5Emendamenti della NUTS1. Gli Stati membri informano la Commissione di:a) tutte le modifiche intervenute nelle unità amministrative nella misura in cui possano avere effetti sulla classificazione NUTS di cui all'allegato I o sui contenuti degli allegati II e III;b) tutte le altre modifiche a livello nazionale che possano avere effetti sulla classificazione NUTS, secondo i criteri di classificazione di cui all'articolo 3.2. Le modifiche dei confini del livello NUTS 3 dovute a modifiche delle unità amministrative più piccole di cui all'allegato III:a) non sono considerate emendamenti della classificazione NUTS se comportano un trasferimento di popolazione uguale o inferiore all'1 % delle unità territoriali NUTS 3 interessate;b) sono considerate emendamenti della classificazione NUTS, a norma del paragrafo 3 del presente articolo, se comportano un trasferimento di popolazione superiore all'1 % delle unità territoriali NUTS 3 interessate.3. Gli emendamenti della classificazione NUTS per le unità non amministrative di uno Stato membro, come indicato nell'articolo 3, paragrafo 5, possono essere apportati se, al livello NUTS in questione, tale modifica riduce la deviazione media della dimensione in termini di popolazione di tutte le unità territoriali dell'Unione europea.4. Gli emendamenti della classificazione NUTS sono adottati nel secondo semestre dall'anno civile secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 7, paragrafo 2, rispettando un intervallo minimo di tre anni, sulla base dei criteri di cui all'articolo 3. Cionostante, nel caso di una riorganizzazione sostanziale della pertinente struttura amministrativa di uno Stato membro, gli emendamenti della classificazione NUTS possono essere adottati ad intervalli inferiori a tre anni.Le misure di attuazione della Commissione di cui al primo comma entrano in vigore, per quanto attiene alla trasmissione dei dati alla Commissione, il 1o gennaio del secondo anno dopo l'adozione.5. Allorché è apportato un emendamento alla classificazione NUTS, lo Stato membro in questione comunica alla Commissione le serie per la nuova suddivisione regionale, in sostituzione dei dati già trasmessi. L'elenco delle serie e la loro durata sono specificati secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 7, paragrafo 2, tenendo conto della possibilità concreta di fornirle. Tali serie devono essere fornite entro due anni dall'adozione dell'emendamento della classificazione NUTS.Articolo 6GestioneLa Commissione adotta le misure necessarie a garantire una gestione coerente della classificazione NUTS. Tali misure possono includere, in particolare:a) l'elaborazione e l'aggiornamento di note esplicative della NUTS;b) l'analisi di problemi legati derivanti dall'applicazione della NUTS per la classificazione delle unità territoriali degli Stati membri.Articolo 7Procedura1. La Commissione è assistita dal comitato del programma statistico, istituito dall'articolo 1 della decisione 89/382/CEE, Euratom (in seguito denominato "il comitato").2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 8RelazioneTre anni dopo l'entrata in vigore del presente regolamento, la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulla sua applicazione.Articolo 9Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 26 maggio 2003.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteG. Drys(1) GU C 180 E del 26.6.2001, pag. 108(2) GU C 260 del 17.9.2001, pag. 57.(3) GU C 107 del 3.5.2002, pag. 54.(4) Parere del Parlamento europeo del 24 ottobre 2001 (GU C 112 E del 9.5.2002, pag. 146), posizione comune del Consiglio del 9 dicembre 2002 (GU C 32 E dell'11.2.2003, pag. 26) e decisione del Parlamento europeo dell'8 aprile 2003 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(5) GU L 240 del 29.8.1991, pag. 36.(6) GU L 52 del 22.2.1997, pag. 1.(7) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(8) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47.ALLEGATO IClassificazione NUTS (codice - nome)>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO IIUnità amministrative esistentiA livello NUTS 1: per il Belgio "Gewesten/Régions", per la Germania "Länder", per il Portogallo "Continente", Região dos Açores and Região da Madeira, e per il Regno Unito Scozia, Galles, Irlanda del Nord e Government Office Regions of England.A livello NUTS 2: per il Belgio "Provincies/Provinces", per la Germania "Regierungsbezirke", per la Grecia "periferies", per la Spagna "comunidades y ciudades autonomas", per la Francia "régions", per l'Irlanda "regions", per l'Italia "regioni", per i Paesi Bassi "provincies" e per l'Austria "Länder".A livello NUTS 3: per il Belgio "arrondissementen/arrondissements", per la Danimarca "Amtskommuner", per la Germania "Kreise/kreisfreie Städte", per la Grecia "nomoi", per la Spagna "provincias", per la Francia "départements", per l'Irlanda "regional authority regions", per l'Italia "province", per la Svezia "län" e per la Finlandia "maakunnat/Landskapen".ALLEGATO IIIUnità amministrative più piccolePer il Belgio "Gemeenten/Communes", per la Danimarca "Kommuner", per la Germania "Gemeinden", per la Grecia "Demoi/Koinotites", per la Spagna "Municipios", per la Francia "Communes", per l'Irlanda "counties or county boroughs", per l'Italia "Comuni", per il Lussemburgo "Communes", per i Paesi Bassi "Gemeenten", per l'Austria "Gemeinden", per il Portogallo "Freguesias", per la Finlandia "Kunnat/Kommuner", per la Svezia "Kommuner" e per il Regno Unito "Wards".
Classificazione comune delle unità territoriali a fini statistici (NUTS) QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento (CE) n. 1059/2003 definisce le norme per la gestione della nomenclatura delle unità territoriali per la statistica (NUTS), un sistema gerarchico di suddivisione del territorio economico dell’Unione europea (Unione) al fine di raccogliere, sviluppare e armonizzare le statistiche regionali europee, la valutazione dei livelli di ammissibilità ai Fondi strutturali dell’Unione e l’elaborazione delle politiche regionali dell’Unione. Il regolamento contiene inoltre norme per le future modifiche alla classificazione. Ciò per garantire che i dati si riferiscano alla stessa unità regionale per un determinato periodo di tempo. Il concetto è rilevante soprattutto per le serie storiche. È stato modificato diverse volte, tra gli altri, da:regolamenti (CE) n. 1888/2005, (CE) n. 176/2008 e (UE) n. 517/2013 per tener conto dell’adesione dei nuovi Stati membri dell’UE;regolamenti (CE) n. 105/2007, (UE) n. 31/2011, (UE) n. 1319/2013, (UR) n. 868/2014, (UE) 2016/2066 e (UE) 2019/1755 che modificano gli allegati per tenere conto delle modifiche alla classificazione;regolamento di modifica (UE) 2017/2391 che introduce lo statuto giuridico per le tipologie territoriali collegate alla classificazione NUTS (si veda di seguito). PUNTI CHIAVE La gerarchia NUTS Per ciascun paese dell’Unione esistono tre livelli gerarchici di suddivisione regionale che si basa su soglie minime e massime di popolazione, come segue.NUTS 1. Principali regioni socio-economiche, ad esempio i Länder tedeschi, le Gewesten/regioni del Belgio, le macroregioni in Polonia o in Romania. NUTS 2. Regioni di base per l’applicazione delle politiche regionali, ad esempio le province in Belgio o nei Paesi Bassi, i Bundesländer austriaci e le regioni ceche (oblasti). NUTS 3. Piccole regioni per diagnosi specifiche, ad esempio i département francesi, le province bulgare (oblasti), le province italiane.Il terzo livello è una suddivisione del secondo livello, il secondo livello è una suddivisione del primo livello e il primo livello è una suddivisione dei paesi. NUTS non comprende il livello locale (municipale). Se la popolazione di un intero Stato membro è inferiore al limite minimo per un determinato livello NUTS, l’intero paese costituisce una unità territoriale NUTS per tale livello. Criteri di classificazione Le unità amministrative esistenti negli Stati membri costituiscono il primo criterio di definizione di NUTS. Il livello NUTS a cui un livello amministrativo esistente corrisponde è determinato sulla base della dimensione media della popolazione delle sue unità amministrative come segue: Livello Popolazione minima Popolazione massima NUTS 1 3 milioni 7 milioni NUTS 2 800.000 3 milioni NUTS 3 150.000 800.000 Se, per un determinato livello NUTS, nello Stato membro non esistono unità amministrative di dimensione opportuna, tale livello sarà costituito aggregando un numero adeguato di piccole unità amministrative contigue. Le unità aggregate risultanti formano un «livello non-amministrativo» in cui ogni unità non amministrativa deve rientrare nei limiti indicati precedentemente. Le deviazioni si verificano in particolari circostanze geografiche, socioeconomiche, storiche, culturali o ambientali, soprattutto nelle isole e nelle regioni ultraperiferiche. Tipologie territoriali (Tercet) Il regolamento di modifica (UE) 2017/2391 stabilisce un riconoscimento giuridico delle tipologie territoriali ai fini delle statistiche dell’Unione. Ciò consente ai regolamenti sulle statistiche tematiche e alle iniziative politiche di basarsi su tali tipologie per raccogliere statistiche dell’Unione e/o mirare a territori specifici come città, aree urbane, rurali o costiere e regioni nella politica. Il regolamento riguarda le tipologie territoriali esistenti in base al livello NUTS 3 (ad es. la tipologia urbana9-rurale, le regioni metropolitane) o le unità amministrative locali (ad es. il grado di urbanizzazione, le città, le zone costiere). Il regolamento riguarda inoltre il livello di un chilometro quadrato della griglia necessario per calcolare le altre tipologie, basate sulla distribuzione e la densità della popolazione nelle celle della griglia. Stabilisce inoltre le condizioni per l’adozione di atti delegati da parte della Commissione europea, ove opportuno. L’attuale classificazione NUTS, valida dal 1 gennaio 2021, elenca 92 regioni a livello NUTS 1, 242 regioni a livello NUTS 2 e 1166 regioni a livello NUTS 3. Ai sensi dell’atto di esecuzione, il regolamento (CE) n. 11/2008, quando viene apportata una modifica alla classificazione NUTS, lo Stato membro interessato comunica alla Commissione (Eurostat) le serie cronologiche per la nuova ripartizione regionale, al fine di sostituire i dati già trasmessi. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? La decisione è in vigore dal 11 luglio 2003. CONTESTO Dagli anni ’70, per produrre statistiche regionali e valutare i livelli di ammissibilità ai Fondi strutturali dell’Unione sulla base di criteri obiettivi e quantitativi, l’Unione ha sviluppato la classificazione NUTS come sistema unico e coerente per la suddivisione geografica del proprio territorio. Tutti gli Stati membri hanno i propri sistemi di governo e la propria struttura amministrativa, alcuni più centralizzati di altri. Inoltre, essi variano enormemente in termini di popolazione, area di superficie e livelli di sviluppo. NUTS è stata sviluppata da Eurostat considerando proprio tale diversità di circostanze. Per maggiori informazioni consultare:NUTS — Nomenclatura delle unità territoriali per la statistica (Eurostat). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, relativo all’istituzione di una classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (NUTS) (GU L 154, 21.6.2003, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1059/2003 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) 2021/690 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 aprile 2021 che istituisce il programma relativo al mercato interno, alla competitività delle imprese, tra cui le piccole e medie imprese, al settore delle piante, degli animali, degli alimenti e dei mangimi e alle statistiche europee (programma per il mercato unico) e che abroga i regolamenti (UE) n. 99/2013, (UE) n. 1287/2013, (UE) n. 254/2014 e (UE) n. 652/2014 (GU L 153 del 3.5.2021, pag. 1). Si veda la versione consolidata. Decisione di esecuzione (UE) 2021/1130 della Commissione, del 5 luglio 2021, che definisce l’elenco delle regioni ammissibili al finanziamento del Fondo europeo di sviluppo regionale e del Fondo sociale europeo Plus nonché degli Stati membri ammissibili al finanziamento del Fondo di coesione per il periodo 2021-2027 [notificata con il numero C(2021) 4894] (GU L 244 del 9.7.2021, pag. 10).
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32013H0099
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RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE del 19 febbraio 2013 relativa a un piano coordinato di controllo volto a stabilire la prevalenza di pratiche fraudolente nella commercializzazione di determinati prodotti alimentari (2013/99/UE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, visto il regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (1), in particolare l’articolo 53, considerando quanto segue: (1) L’articolo 53 del regolamento (CE) n. 882/2004 autorizza la Commissione a raccomandare piani coordinati, se ritenuto necessario, organizzati ad hoc in particolare al fine di stabilire la prevalenza di rischi potenziali associati a mangimi, alimenti o animali. (2) La direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità (2) stabilisce regole dell’Unione in materia di etichettatura dei prodotti alimentari applicabili a tutti gli alimenti. (3) A norma della direttiva 2000/13/CE l’etichettatura e le relative modalità di realizzazione non devono essere tali da indurre in errore il consumatore, in particolare per quanto riguarda le caratteristiche del prodotto alimentare, compresa la sua reale natura e la sua identità. Inoltre, in mancanza di norme specifiche nazionali o dell’Unione, la denominazione di vendita del prodotto è costituita dal nome sancito dagli usi dello Stato membro in cui si effettua la vendita, o da una descrizione del prodotto alimentare che sia sufficientemente precisa da consentire all’acquirente di conoscerne l’effettiva natura. (4) Inoltre, sull’etichetta dei prodotti alimentari in imballaggio preconfezionato destinati al consumatore finale o alle collettività devono essere indicati tutti gli ingredienti. In particolare, i prodotti alimentari contenenti carne come ingrediente, se destinati al consumatore finale o alle collettività, devono inoltre indicare le specie animali da cui tale carne proviene direttamente sull’imballaggio o su un’etichetta apposta su di esso. Se nella denominazione del prodotto alimentare è citato un ingrediente, la sua quantità espressa in percentuale deve figurare anche nell’elenco degli ingredienti per evitare che il consumatore sia indotto in errore per quanto riguarda l’identità e la composizione del prodotto. (5) Il regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale (3), stabilisce ulteriori requisiti di etichettatura applicabili a prodotti alimentari specifici. In particolare, esso prevede che gli imballaggi destinati al consumatore finale contenenti carni macinate, tra l’altro, di solipedi debbano recare un avvertimento indicante che tali prodotti devono essere cotti prima del consumo, sempre che e nella misura in cui lo richiedano le disposizioni nazionali dello Stato membro nel cui territorio il prodotto è commercializzato. (6) L’allegato II, sezione III, del regolamento (CE) n. 853/2004 stabilisce che gli operatori del settore alimentare che gestiscono i macelli devono richiedere, ricevere e controllare le informazioni sulla catena alimentare, nonché intervenire di conseguenza, per tutti gli animali diversi dalla selvaggina selvatica, avviati o destinati ad essere avviati al macello. Le pertinenti informazioni sulla catena alimentare riguardano, in particolare, i medicinali veterinari somministrati agli animali nell’arco di un determinato periodo e con un tempo di sospensione superiore a zero giorni, come pure le date delle somministrazioni e i tempi di sospensione. Il regolamento (CE) n. 854/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche per l’organizzazione di controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano (4) stabilisce, tra l’altro, che il veterinario ufficiale svolga compiti ispettivi e di audit. In particolare, il veterinario ufficiale controlla ed analizza le informazioni pertinenti tratte dai registri tenuti presso l’azienda di provenienza degli animali destinati alla macellazione, comprese le informazioni sulla catena alimentare, e tiene conto dei risultati documentati di tali controlli ed analisi nell’effettuare le ispezioni ante e post mortem. (7) A seguito di controlli ufficiali eseguiti dal dicembre 2012 in diversi Stati membri, la Commissione è venuta a conoscenza del fatto che alcuni prodotti in imballaggio preconfezionato contenevano carni equine, non dichiarate nell’elenco degli ingredienti riportato direttamente sull’imballaggio o su un’etichetta apposta su di esso. La denominazione di alcuni di questi prodotti alimentari e/o il relativo elenco di ingredienti menzionavano invece in modo fuorviante solo la presenza di carni bovine. (8) A norma dell’articolo 17 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (5), spetta agli operatori del settore alimentare garantire che nelle imprese da essi controllate gli alimenti soddisfino le disposizioni della legislazione alimentare inerenti alle loro attività in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione e verificare che tali disposizioni siano soddisfatte. (9) Il cavallo è una specie animale la cui carne può essere utilizzata o no per la produzione alimentare. Il fenilbutazone è un medicinale veterinario il cui uso è consentito solo negli animali non destinati alla produzione alimentare, a norma del regolamento (UE) n. 37/2010 della Commissione, del 22 dicembre 2009, concernente le sostanze farmacologicamente attive e la loro classificazione per quanto riguarda i limiti massimi di residui negli alimenti di origine animale (6). Di conseguenza, i cavalli non destinati alla produzione alimentare, che sono stati trattati con fenilbutazone ad un certo punto della loro vita, non possono entrare nella catena alimentare. Tenuto conto delle pratiche fraudolente relative alle presenza non indicata di carni equine in determinati prodotti alimentari, è opportuno, a fini preventivi, verificare se siano entrati nella catena alimentare cavalli non destinati alla produzione alimentare che sono stati trattati con fenilibutazone. (10) È pertanto necessario che la Commissione raccomandi agli Stati membri di attuare un piano coordinato di controllo al fine di stabilire la prevalenza di pratiche fraudolente nella commercializzazione di determinati prodotti alimentari per un periodo di un mese. La durata di tale periodo può essere prorogata di altri due mesi. (11) Il piano di controllo raccomandato dovrebbe comportare due azioni. (12) La prima azione dovrebbe comprendere opportuni controlli, effettuati a livello della vendita al dettaglio, sui prodotti alimentari destinati al consumatore finale o alle collettività, commercializzati e/o etichettati come contenenti carni bovine. Questi controlli potrebbero anche essere estesi ad altri stabilimenti (ad esempio, depositi frigoriferi). L’obiettivo di tali controlli è stabilire se questi prodotti contengano carni equine, non indicate correttamente nell’etichettatura sull’imballaggio o, nel caso di prodotti alimentari senza imballaggio preconfezionato, se le informazioni relative alla presenza di carni equine non siano messe a disposizione del consumatore o delle collettività. Tali controlli dovrebbero essere effettuati su un campione rappresentativo. (13) Esistono metodi affidabili che consentono di rilevare con sufficiente accuratezza la presenza di proteine di specie non dichiarate in un campione. Il laboratorio di riferimento dell’Unione europea per le proteine animali nei mangimi può fornire utili indicazioni su tali metodi e sul loro uso. Le autorità competenti vanno invitate a basarsi sui pareri di tale laboratorio per quanto riguarda i metodi che possono essere utilizzati. (14) La seconda azione dovrebbe comprendere opportuni controlli effettuati negli stabilimenti che trattano carni equine destinate al consumo umano, compresi prodotti alimentari provenienti da paesi terzi, allo scopo di rilevare eventuali residui di fenilbutazone. Anche tali controlli dovrebbero essere effettuati su un campione rappresentativo, tenendo conto dei dati relativi alla produzione e alle importazioni. In questo caso è opportuno fare riferimento ai metodi previsti nella decisione 2002/657/CE della Commissione, del 12 agosto 2002, che attua la direttiva 96/23/CE del Consiglio relativa al rendimento dei metodi analitici e all’interpretazione dei risultati (7). (15) Gli Stati membri dovrebbero comunicare regolarmente i risultati di questi controlli alla Commissione, al fine di valutare i risultati e di decidere in merito agli interventi più appropriati. (16) Sentito il comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE: È opportuno che gli Stati membri applichino un piano coordinato di controllo, conformemente alle disposizioni dell’allegato della presente raccomandazione, comprendente le seguenti azioni: a) controlli ufficiali sui prodotti alimentari destinati al consumatore finale o alle collettività, commercializzati e/o etichettati come contenenti carni bovine; nonché b) controlli ufficiali su carni equine destinate al consumo umano al fine di rilevare la presenza di residui di fenilbutazone. Fatto a Bruxelles, il 19 febbraio 2013 Per la Commissione Tonio BORG Membro della Commissione (1) GU L 165 del 30.4.2004, pag. 1. (2) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29. (3) GU L 139 del 30.4.2004, pag. 55. (4) GU L 139 del 30.4.2004, pag. 206. (5) GU L 31 dell’1.2.2002, pag. 1. (6) GU L 15 del 20.1.2010, pag. 1. (7) GU L 221 del 17.8.2002, pag. 8. ALLEGATO Piano coordinato di controllo volto a stabilire la prevalenza di pratiche fraudolente nella commercializzazione di determinati prodotti alimentari I. AZIONI E CAMPO DI APPLICAZIONE DEL PIANO COORDINATO DI CONTROLLO Il piano coordinato di controllo comporta due azioni: AZIONE 1: Controlli dei prodotti alimentari commercializzati e/o etichettati come contenenti carni bovine A. Prodotti interessati 1. Prodotti alimentari commercializzati e/o etichettati come contenenti carni bovine (ad esempio, carni macinate, prodotti a base di carne, preparazioni di carni) che rientrano nelle seguenti categorie: a) prodotti alimentari in imballaggio preconfezionato destinati al consumatore finale o alle collettività, etichettati come contenenti carni bovine; b) prodotti alimentari messi in vendita al consumatore finale o alle collettività senza imballaggio preconfezionato e prodotti alimentari imballati nel punto vendita su richiesta del consumatore o preconfezionati per la vendita diretta, commercializzati e/o altrimenti presentati come contenenti carni bovine. 2. Ai fini di questo piano coordinato di controllo, si applica la definizione di «prodotto alimentare in imballaggio preconfezionato» di cui all’articolo 1, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2000/13/CE. 3. Ai fini di questo piano coordinato di controllo, si applicano le definizioni di «carni macinate», «preparazioni di carni» e «prodotti a base di carne» di cui ai punti 1.13, 1.15 e 7.1 dell’allegato I del regolamento (CE) n. 853/2004. B. Obiettivo Le autorità competenti effettuano controlli ufficiali per stabilire se i prodotti di cui al punto A contengano carni equine, non indicate correttamente nell’etichettatura sull’imballaggio o, nel caso di prodotti alimentari senza imballaggio preconfezionato, se le informazioni relative alla presenza di carni equine non siano messe a disposizione del consumatore o delle collettività, conformemente alle disposizioni dell’Unione e, se del caso, alle disposizioni nazionali. C. Punti e procedura di campionamento 1. Il campione deve essere rappresentativo dei prodotti interessati e coprire una serie di prodotti diversi. 2. Il campionamento dei prodotti è realizzato a livello della vendita al dettaglio (ad esempio, supermercati, piccoli negozi, macellai) e può essere esteso anche ad altri stabilimenti (ad esempio, depositi frigoriferi). D. Numero di campioni e modalità di campionamento La tabella che segue fornisce una panoramica del numero minimo indicativo raccomandato di campioni da raccogliere nel periodo stabilito nella sezione II. Le autorità competenti sono invitate a raccogliere, se possibile, un numero maggiore di campioni. La distribuzione dei campioni per Stato membro si basa sul numero di abitanti, con un numero minimo di 10 campioni dei prodotti interessati per Stato membro e per mese di calendario, come indicato nella sezione II. Prodotti alimentari commercializzati e/o etichettati come contenenti carni bovine Paese di vendita Numero indicativo mensile raccomandato di campioni Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Spagna, Polonia 150 Romania, Paesi Bassi, Belgio, Grecia, Portogallo, Repubblica ceca, Ungheria, Svezia, Austria, Bulgaria 100 Lituania, Slovacchia, Danimarca, Irlanda, Finlandia, Lettonia 50 Slovenia, Estonia, Cipro, Lussemburgo, Malta 10 E. Metodi Le autorità competenti utilizzano preferibilmente il/i metodo/i raccomandato/i dal laboratorio di riferimento dell’Unione europea per le proteine animali nei mangimi, al seguente indirizzo: http://eurl.craw.eu/en/164/legal-sources-and-sops. AZIONE 2: Controlli delle carni equine destinate al consumo umano A. Prodotti interessati Carni di animali delle specie equina, asinina o mulesca, fresche, refrigerate o congelate, classificate con il codice della nomenclatura combinata 0205 e destinate al consumo umano. B. Obiettivo Le autorità competenti effettuano controlli ufficiali per rilevare l’eventuale presenza di residui di fenilbutazone nei prodotti di cui al punto A. C. Punti e procedura di campionamento Il campionamento dei prodotti è realizzato negli stabilimenti che trattano i prodotti di cui al punto A (ad esempio, macelli, posti d’ispezione frontalieri). D. Numero di campioni e modalità di campionamento Il numero minimo raccomandato di campioni da prelevare nel periodo stabilito nella sezione II è fissato a 1 campione ogni 50 tonnellate di prodotti di cui al punto A, con un minimo di 5 campioni per Stato membro. E. Metodi Le autorità competenti utilizzano metodi convalidati a norma della decisione 2002/657/CE. Tali metodi sono consultabili sul sito web del laboratorio europeo di riferimento per i residui di medicinali veterinari e i contaminanti negli alimenti di origine animale per i residui elencati nell’allegato I, categoria A, punto 5) e categoria B, punto 2), lettere a), b) ed e), della direttiva 96/23/CE del Consiglio (1), al seguente indirizzo: http://fis-vl.bund.de/Public/irc/fis-vl/Home/main. II. DURATA DEL PIANO COORDINATO DI CONTROLLO Il piano coordinato di controllo è attuato per un periodo di un mese a decorrere dalla data di adozione della presente raccomandazione o al più tardi dal 1o marzo 2013. III. COMUNICAZIONE DEI RISULTATI 1. Le autorità competenti forniscono una sintesi delle seguenti informazioni per ciascuna delle azioni di cui alla sezione I del presente allegato: a) numero di campioni raccolti, per categoria di prodotti; b) metodo o metodi utilizzati per l’analisi e tipo di analisi effettuate; c) numero di risultati positivi; d) controlli di follow-up eseguiti in caso di risultati positivi nei prodotti di cui al punto A dell’azione 1, se il contenuto rilevato di carni equine supera l’1 %; e) controlli di follow-up eseguiti in caso di risultati positivi nei prodotti di cui al punto A dell’azione 2; f) risultati dei controlli di follow-up; g) per i risultati positivi nei prodotti di cui al punto A dell’azione 2, il paese in cui l’animale in questione è stato certificato da macello. Tale relazione è trasmessa alla Commissione entro 15 giorni dalla fine del periodo di un mese di cui alla sezione II. La relazione è presentata secondo il modello che sarà fornito dalla Commissione. 2. Le autorità competenti comunicano immediatamente alla Commissione eventuali risultati positivi dei controlli ufficiali effettuati in relazione alle azioni 1 e 2 di cui alla sezione I tramite il sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi. 3. Le autorità competenti riferiscono altresì alla Commissione i risultati di eventuali controlli effettuati dagli operatori del settore alimentare su richiesta delle autorità stesse. Tali informazioni sono corredate dei dati di cui al punto 1 e presentate secondo il modello che sarà fornito dalla Commissione. (1) GU L 125 del 23.5.1996, pag. 10.
Lotta alle frodi nella commercializzazione dei prodotti alimentari - Ricostruire la fiducia dei consumatori In caso di sospetto di frode nel campo dell'alimentazione umana e animale, la Commissione ha il potere di raccomandare piani coordinati a livello dell'UE, per stabilire la prevalenza di pericoli e rischi nei mangimi, nei prodotti alimentari o negli animali. ATTO Raccomandazione della Commissione, del 19 febbraio 2013, relativa a un piano coordinato di controllo volto a stabilire la prevalenza di pratiche fraudolente nella commercializzazione di determinati prodotti alimentari (2013/99/UE). SINTESI Ai primi del 2013, i controlli ufficiali in svariati Stati membri hanno rivelato che alcuni prodotti preconfezionati, come gli hamburger, contenevano carne di cavallo, non dichiarata nell'elenco degli ingredienti apposto direttamente sulla confezione o sull'etichettatura della stessa. L'etichettatura di questi prodotti alimentari alludeva in modo ingannevole soltanto alla presenza di manzo, ingrediente con un prezzo considerevolmente superiore a quello della carne di cavallo. La carne di cavallo è di per sé un ingrediente legittimo se proviene da cavalli per la produzione alimentare - macellati in impianti autorizzati - e se passa i necessari controlli veterinari. La problematica si era ulteriormente complicata per il fatto che fosse consentito l'uso del fenilbutazone, medicinale veterinario, nel caso dei cavalli non destinati alla produzione alimentare. Si temeva che nella catena alimentare umana fosse penetrata carne di cavallo proveniente da questi animali. Tali circostanze hanno portato a una stretta collaborazione fra le autorità europee (Commissione e Autorità europea per la sicurezza alimentare) e gli enti competenti degli Stati membri, con l'aiuto di Europol, per indagare sulla portata del problema, elaborare un piano per fronteggiarlo e ripristinare la fiducia dei consumatori negli alimenti acquistati. È stato stilato dalla Commissione un piano di controllo coordinato di portata europea, per stabilire la prevalenza delle pratiche fraudolente; le autorità nazionali dovevano compiere 2 interventi: controlli sui prodotti alimentari commercializzati e/o etichettati come contenenti manzo, per verificare se contenessero carne di cavallo; controlli sulla carne di cavallo destinata al consumo umano, per rilevare l'eventuale presenza di residui di fenilbutazone. Tutti gli esiti positivi andavano immediatamente notificati alla Commissione ed erano ritrasmessi in tutta l'Unione europea attraverso il sistema di allerta rapido per gli alimenti ed i mangimi (RASFF). Quest'azione coordinata a livello dell'UE ha prodotto risultati celeri, con l'individuazione dei soggetti coinvolti nella catena di produzione alimentare e un richiamo dei prodotti individuati. Fra gli altri interventi compiuti rientrano: la costituzione di un gruppo d'azione UE sulle frodi alimentari in seno all'unità della Commissione responsabile della salute e dei consumatori (DG Salute e consumatori); l'adozione da parte della Commissione, a maggio 2013, di un pacchetto di proposte atte a potenziare l'applicazione delle norme in materia di salute e sicurezza all'intera filiera agroalimentare. Fra l'altro, queste proposte imporrebbero ai paesi membri di integrare del tutto i controlli antifrode nei propri piani di controllo nazionali e di garantire che il livello delle sanzioni finanziarie applicato in caso di frode sia deterrente; è stata anticipata a dicembre 2013 una relazione sulla possibilità di estendere l'etichettatura d'origine obbligatoria alla carne utilizzata come ingrediente dei prodotti alimentari preconfezionati, che la Commissione doveva preparare nel quadro di una nuova legge dell'UE in materia di informazione sui prodotti alimentari, che entrerà in vigore a dicembre 2014. La Commissione sta valutando se presentare o meno una proposta legislativa. RIFERIMENTI Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Raccomandazione 2013/99/UE - - GU L 48 del 21.2.2013 Proposte Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla sanità animale [COM(2013)260 final del 6 maggio 2013 - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l'applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante, sul materiale riproduttivo vegetale, sui prodotti fitosanitari e recante modifica dei regolamenti (CE) n. 999/2001, 1829/2003, 1831/2003, 1/2005, 396/2005, 834/2007, 1099/2009, 1069/2009, 1107/2009, dei regolamenti (UE) 1151/2012 […]2013 e delle direttive 98/58/CE, 1999/74/CE, 2007/43/CE, 2008/119/CE, 2008/120/CE e 2009/128/CE (regolamento sui controlli ufficiali) [COM(2013)265 final del 6 maggio 2013 - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Comunicazione Comunicazione della Commissione europea al Consiglio e al Parlamento europeo: Animali e piante più sani e una filiera agroalimentare più sicura - Un quadro giuridico aggiornato per un'Unione europea più competitiva [COM(2013)264 final, del 6 maggio 2013 - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
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DIRETTIVA 2007/38/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell'11 luglio 2007 concernente l’installazione a posteriori di specchi sui veicoli commerciali pesanti immatricolati nella Comunità IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 71, paragrafo 1, lettera c), vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) Molti incidenti si verificano perché i conducenti di veicoli commerciali pesanti non si accorgono della presenza di altri utenti stradali nelle immediate vicinanze o a fianco del proprio veicolo. Questi incidenti avvengono spesso in corrispondenza di incroci, confluenze e rotatorie allorché il conducente, cambiando direzione, non si rende conto della presenza di altri utenti stradali negli angoli ciechi della zona immediatamente circostante il veicolo. Si calcola che circa 400 persone muoiano ogni anno in Europa in tali circostanze, trattandosi, nella maggior parte dei casi, di utenti stradali vulnerabili quali ciclisti, motociclisti e pedoni. (2) Nel libro bianco del 12 settembre 2001, dal titolo «La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte», la Commissione ha stabilito l’obiettivo di dimezzare il numero di vittime in incidenti stradali nell'Unione europea entro il 2010. Nel terzo programma d’azione sulla sicurezza stradale la Commissione ha assunto l’impegno di studiare la possibilità di installare nei veicoli commerciali pesanti già in circolazione dispositivi per la visione indiretta al fine di ridurre gli angoli ciechi, contribuendo in tal modo a ridurre il numero di vittime in incidenti stradali. (3) Il gruppo di alto livello CARS 21, nella tabella di marcia da applicare nell’arco di dieci anni contenuta nella relazione finale riguardante un quadro normativo competitivo nel settore automobilistico per il XXI secolo (A Competitive Automotive Regulatory System for the 21st century), raccomandava un approccio integrato in materia di sicurezza stradale, fondato in particolare sull'introduzione obbligatoria di nuovi dispositivi di sicurezza, quali gli specchi volti a ridurre gli angoli ciechi dei veicoli commerciali pesanti. (4) I dispositivi per la visione indiretta, quali gli specchi grandangolari e di accostamento, le telecamere, gli schermi o altri dispositivi omologati per la visione indiretta migliorano il campo di visibilità del conducente ed aumentano la sicurezza dei veicoli. (5) La direttiva 2003/97/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (3), concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'omologazione dei dispositivi per la visione indiretta e dei veicoli muniti di tali dispositivi, presenta un notevole potenziale di riduzione del numero delle vittime, ma riguarda soltanto i veicoli di nuova immatricolazione. (6) I veicoli già in circolazione non sono pertanto soggetti agli obblighi previsti dalla direttiva 2003/97/CE. Si calcola che non vi sarà una completa sostituzione di tali veicoli prima del 2023. (7) Per contribuire a ridurre il numero di incidenti stradali mortali o gravi causati da tali veicoli e nei quali sono coinvolti utenti stradali vulnerabili, occorre nel frattempo provvedere a che nei veicoli di cui trattasi siano installati a posteriori dispositivi perfezionati per la visione indiretta. (8) Nei veicoli già in circolazione dovrebbero essere installati specchi che riducano gli angoli ciechi laterali e siano nel contempo conformi alle prescrizioni tecniche della direttiva 2003/97/CE. Ciò è tecnicamente praticabile per la maggior parte dei veicoli in causa. (9) È tuttavia adeguato e proporzionato prevedere esenzioni e deroghe per i veicoli con rimanente durata di vita breve, per i veicoli dotati di specchi laterali il cui campo di visibilità è solo minimamente inferiore a quello previsto dalla direttiva 2003/97/CE e per i veicoli in cui l'installazione di specchi conformi a detta direttiva non sia economicamente sostenibile. (10) Gli automezzi appartenenti alle categorie N2 e N3 originariamente immatricolati e/o omologati e/o messi in servizio prima del 1o gennaio 2000 e che circolano principalmente per il loro interesse storico non dovrebbero essere soggetti alle norme e alle procedure contenute nella presente direttiva. (11) Per gli automezzi pesanti ai quali non si può imporre di adeguarsi interamente ai requisiti della presente direttiva per motivi tecnici e/o economici, le autorità competenti dovrebbero autorizzare e approvare soluzioni alternative. In questi casi gli Stati membri dovrebbero comunicare gli elenchi delle soluzioni tecniche consentite e approvate alla Commissione, la quale a sua volta dovrebbe metterli a disposizione di tutti gli Stati membri. (12) Per consentire al mercato di far fronte a una forte domanda di specchi durante un breve lasso di tempo, è opportuno prevedere un periodo transitorio. (13) I veicoli commerciali pesanti sui quali, prima delle date di attuazione della direttiva 2003/97/CE, sono stati installati a posteriori dispositivi per la visione indiretta che coprono ampiamente il campo di visibilità richiesto dalla suddetta direttiva dovrebbero essere esentati dagli obblighi della presente direttiva. (14) L'equipaggiamento dei veicoli già in circolazione dovrebbe essere accompagnato da misure adeguate volte a sensibilizzare sui pericoli legati all'esistenza di angoli ciechi nei veicoli commerciali pesanti, comprese attività di informazione rivolte agli utenti stradali vulnerabili sul corretto uso e posizionamento dei dispositivi per la visione indiretta. (15) Anche i veicoli diversi da quelli interessati dalla presente direttiva, quali i veicoli commerciali leggeri e gli autobus, che non dispongono di dispositivi adeguati per la visione indiretta sono coinvolti in incidenti dovuti agli angoli ciechi. La legislazione comunitaria sui requisiti di sicurezza attiva e passiva dovrebbe pertanto essere sottoposta a un riesame costante per migliorare e promuovere la sicurezza stradale. (16) Al fine di disporre di un'analisi più completa e di una futura strategia per la riduzione del numero di incidenti dovuti agli angoli ciechi, la Commissione, sulla base della decisione 93/704/CE del Consiglio, del 30 novembre 1993, relativa alla creazione di una banca di dati comunitaria sugli incidenti stradali (4), e di altri atti comunitari pertinenti, tra cui la decisione n. 2367/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2002, sul programma statistico comunitario 2003-2007 (5), dovrebbe raccogliere dagli Stati membri i dati attinenti e procedere ad una loro adeguata elaborazione. (17) La direttiva 96/96/CE del Consiglio, del 20 dicembre 1996, concernente il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relativa al controllo tecnico dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (6), dispone che sui veicoli a motore utilizzati per il trasporto di merci con una massa autorizzata massima superiore a 3,5 tonnellate debbano essere effettuati controlli tecnici periodici almeno su base annua. I veicoli commerciali pesanti dovrebbero, tra l'altro, installare specchi retrovisori che siano conformi ai requisiti della presente direttiva al fine di passare il controllo tecnico. I certificati di controllo tecnico rilasciati dagli Stati membri per i veicoli immatricolati nei rispettivi territori sono reciprocamente riconosciuti ai fini della libera circolazione dei veicoli sulle strade degli Stati membri. (18) Poiché l'obiettivo della presente direttiva, ossia l’equipaggiamento a posteriori dei veicoli già in circolazione nella Comunità, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell'intervento, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (19) Conformemente al punto 34 dell'accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (7), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e rendere pubblici, nell'interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza fra la presente direttiva e i provvedimenti di attuazione, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 La presente direttiva stabilisce obblighi per l'installazione di sistemi per la visione indiretta nei veicoli delle categorie N2 e N3 di cui all'allegato II, punto 2, sezione A, della direttiva 70/156/CEE del Consiglio, del 6 febbraio 1970, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (8), che sono immatricolati nella Comunità. Articolo 2 1. La presente direttiva si applica ai veicoli di categoria N2 e N3 che non sono omologati o non sono omologati come singoli veicoli ai sensi della direttiva 2003/97/CE. 2. La presente direttiva non si applica: a) ai veicoli di categoria N2 e N3 immatricolati prima del 1o gennaio 2000; b) ai veicoli di categoria N2 che abbiano una massa autorizzata totale massima che non supera le 7,5 tonnellate, nei quali è impossibile installare uno specchio di categoria V in modo tale da garantire il rispetto delle seguenti condizioni: i) nessuna parte dello specchio è situata a meno di 2 m (può applicarsi una tolleranza di +10 cm) dal suolo, indipendentemente dalla posizione in cui è regolato lo specchio, quando il veicolo si trova in condizioni di carico pari al peso totale tecnicamente ammissibile; e ii) lo specchio è completamente visibile dal posto di guida; c) ai veicoli di categoria N2 e N3 che sono soggetti a misure nazionali che sono entrate in vigore prima delle date di attuazione della direttiva 2003/97/CE e impongono il montaggio, dal lato del passeggero, di altri dispositivi per la visione indiretta che coprono almeno il 95 % del campo di visibilità totale a livello del suolo degli specchi di categoria IV e V definiti nella suddetta direttiva. Articolo 3 1. A decorrere dal 6 agosto 2007 e non oltre il 31 marzo 2009 gli Stati membri prescrivono che in tutti i veicoli di cui all'articolo 2, paragrafo 1, siano installati, dal lato del passeggero, specchi grandangolari e di accostamento conformi a quanto rispettivamente prescritto per gli specchi di categoria IV e V dalla direttiva 2003/97/CE. 2. In deroga al paragrafo 1, le prescrizioni della presente direttiva sono ritenute rispettate se i veicoli sono dotati, dal lato del passeggero, di specchi grandangolari e di accostamento la cui combinazione di campi di visibilità copre almeno il 95 % del campo di visibilità totale a livello del suolo di uno specchio di categoria IV e almeno l'85 % del campo di visibilità totale a livello del suolo di uno specchio di categoria V ai sensi della direttiva 2003/97/CE. 3. I veicoli di cui all'articolo 2 che, a causa della mancanza di soluzioni tecniche disponibili ed economicamente sostenibili, non possono essere dotati di specchi conformi ai criteri di cui al paragrafo 1 o 2 del presente articolo possono essere dotati di specchi supplementari e/o di altri dispositivi di visione indiretta, purché la combinazione di tali dispositivi copra non meno del 95 % del campo di visibilità a livello del suolo di uno specchio di categoria IV e non meno dell'85 % del campo di visibilità a livello del suolo di uno specchio di categoria V ai sensi della direttiva 2003/97/CE. 4. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione un elenco di soluzioni tecniche conformi alle disposizioni del presente articolo. La Commissione mette a disposizione del pubblico di tutti gli Stati membri tali informazioni notificate mediante il suo sito web o qualsiasi altro mezzo appropriato. Articolo 4 1. La conformità ai criteri di cui all'articolo 3, paragrafi 1, 2 e 3, è determinata in base alla prova fornita da uno Stato membro conformemente all'articolo 3 della direttiva 96/96/CE. 2. La Commissione, assistita dai comitati di cui all'articolo 8 della direttiva 96/96/CE e all'articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 70/156/CEE, nell'ambito dei rispettivi mandati, adotta le misure appropriate per garantire che i dispositivi di cui all'articolo 3 della presente direttiva siano installati e sottoposti a controllo tecnico di conformità e di idoneità su strada in accordo con i requisiti fissati dalla presente direttiva. Dette misure devono essere prese non oltre il 6 agosto 2008. Articolo 5 Entro il 6 agosto 2011 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione della presente direttiva, unitamente a uno studio sugli incidenti dovuti agli angoli ciechi che riguardi tutti i veicoli e tutti i costi sostenuti, al fine di migliorare la sicurezza stradale. Sulla base di un'analisi costi-benefici più completa, la relazione della Commissione è accompagnata, se del caso, da una proposta relativa alla revisione della legislazione vigente. Articolo 6 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 6 agosto 2008. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni nonché una tavola di concordanza tra queste ultime e la presente direttiva. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 7 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 8 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 11 luglio 2007. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente M. LOBO ANTUNES (1) Parere del 14 marzo 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Parere del Parlamento europeo del 10 maggio 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 25 giugno 2007. (3) GU L 25 del 29.1.2004, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2006/96/CE del Consiglio (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 81). (4) GU L 329 del 30.12.1993, pag. 63. Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (5) GU L 358 del 31.12.2002, pag. 1. Decisione modificata dalla decisione n. 787/2004/CE (GU L 138 del 30.4.2004, pag. 12). (6) GU L 46 del 17.2.1997, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 1882/2003. (7) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1. (8) GU L 42 del 23.2.1970, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2007/37/CE (GU L 161 del 22.6.2007, pag. 60).
Installazione a posteriori di specchi sui veicoli commerciali pesanti QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? La presente direttiva stabilisce obblighi per l’installazione di sistemi per la visione indiretta nei veicoli destinati a trasportare merci con un peso superiore alle 3,5 tonnellate e immatricolati dopo il 1 gennaio 2000. Ciò viene richiesto principalmente per migliorare la sicurezza di altri utenti della strada quali pedoni, ciclisti e motociclisti, che si trovano ad essere particolarmente esposti ai pericoli derivanti dall’angolo cieco che gli autocarri hanno dal lato del passeggero. PUNTI CHIAVE A partire dal 6 agosto 2007 e non oltre il 31 marzo 2009, su tutti i veicoli commerciali pesanti circolanti nell’Unione europea destinati a trasportare un carico superiore alle 3,5 tonnellate (categorie N2 e N3) devono venire installati a posteriori dal lato del passeggero specchi di classe IV (grandangolari) e di classe V (di accostamento). La direttiva è una misura temporanea che si applica a veicoli immatricolati dopo il 1 gennaio 2000 ed è rivolta a migliorare il campo di visione indiretta per i veicoli non interessati dalle norme stabilite nel Regolamento (CE) n. 661/2009. La direttiva non si applica direttamente, ma stabilisce che i governi degli stati membri introducano una legge che renda obbligatori tali specchi. EccezioniLe prescrizioni della direttiva sono da ritenersi già rispettate per i veicoli che siano già stati dotati dal lato del passeggero di specchi che coprano almeno il 95 % del campo di visione di uno specchio di categoria IV, a livello del suolo, e almeno l’85 % del campo di visione di uno specchio di classe V. I veicoli che, a causa della mancanza di soluzioni tecniche disponibili ed economicamente sostenibili, non possono essere dotati di specchi conformi a questi criteri, possono venire dotati di specchi supplementari e/o di altri dispositivi di visione indiretta come ad es. videocamere, purché la combinazione di tali dispositivi soddisfi i requisiti. Non sono inclusi nella direttiva i veicoli autorizzati a trasportare un carico massimo di 7,5 tonnellate, nei quali sia impossibile installare uno specchio di categoria V a più di 2 m dal suolo, quando il veicolo si trova in condizioni di carico massimo, oppure lo specchio non sia completamente visibile dal posto di guida. Sono esenti inoltre i veicoli che siano soggetti a misure nazionali con prescrizioni minime simili entrate in vigore prima che la presente direttiva venisse recepita nella legislazione nazionale. I paesi membri devono comunicare alla Commissione europea una lista di soluzioni tecniche, che deve quindi rendere pubbliche tali informazioni. È responsabilità della Commissione, tramite i comitati competenti, garantire che i dispositivi siano installati e sottoposti a controllo tecnico di conformità e di idoneità su strada. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 3 agosto 2007. Doveva entrare in vigore nei paesi dell’UE il 6 agosto 2008. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:«Specchi per l’angolo morto» (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2007/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, concernente l’installazione a posteriori di specchi sui veicoli commerciali pesanti immatricolati nella Comunità (GU L 184 del 14.7.2007, pagg. 25-28) DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 2014/45/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa ai controlli tecnici periodici dei veicoli a motore e dei loro rimorchi e recante abrogazione della direttiva 2009/40/CE. (GU L 127 del 29.4.2014, pagg. 51-128). Regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativo ai requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 200 del 31.7.2009, pagg. 1-24) Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 661/2009 sono state integrate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale
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Direttiva 98/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 1998 relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori Gazzetta ufficiale n. L 080 del 18/03/1998 pag. 0027 - 0031 DIRETTIVA 98/6/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 16 febbraio 1998 relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatoriIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 129 A, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Comitato economico e sociale (2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 B del trattato (3), visto il progetto comune approvato dal comitato di conciliazione il 9 dicembre 1997,(1) considerando che un funzionamento trasparente del mercato e un'informazione corretta favoriscono la tutela dei consumatori e una sana concorrenza tra le imprese e i prodotti;(2) considerando la necessità di garantire ai consumatori un alto livello di protezione e l'obbligo per la Comunità di contribuirvi mediante azioni specifiche che forniscano sostegno ed integrino la politica perseguita dagli Stati membri ai fini di un'informazione precisa, trasparente e univoca dei consumatori in merito ai prezzi dei prodotti loro offerti;(3) considerando che la risoluzione del Consiglio del 14 aprile 1975 riguardante un programma preliminare della Comunità economica europea per una politica di protezione e informazione del consumatore (4) e la risoluzione del Consiglio del 19 maggio 1981 riguardante un secondo programma della Comunità economica europea per una politica di protezione e di informazione del consumatore (5) hanno previsto l'elaborazione di principi comuni relativi all'indicazione dei prezzi;(4) considerando che tali principi sono stati fissati dalla direttiva 79/581/CEE (6) riguardante l'indicazione dei prezzi di taluni prodotti alimentari e dalla direttiva 88/314/CEE (7) riguardante l'indicazione dei prezzi dei prodotti non alimentari;(5) considerando che il nesso tra l'indicazione del prezzo per unità di misura dei prodotti ed il loro preconfezionamento in quantità prestabile corrispondenti ai valori di gamme approvate a livello comunitario si è rivelato troppo complesso da applicare; che occorre quindi abbandonare tale nesso a favore di un nuovo meccanismo semplificato e nell'interesse dei consumatori, senza che ciò modifichi il dispositivo relativo alla standardizzazione delle confezioni;(6) considerando che l'obbligo di indicare il prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura contribuisce in modo notevole al miglioramento dell'informazione dei consumatori, in quanto offre nel modo più semplice ai consumatori possibilità ottimali di valutare e di raffrontare il prezzo dei prodotti e quindi permette loro di procedere a scelte consapevoli in base a raffronti semplici;(7) considerando che deve dunque sussistere un obbligo generale di indicare contemporaneamente il prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura per tutti i prodotti, fatti salvi quelli commercializzati sfusi, per i quali il prezzo di vendita non può essere fissato prima che il consumatore abbia indicato la quantità di prodotto richiesta;(8) considerando che è necessario tener conto del fatto che taluni prodotti vengono abitualmente venduti in quantità differenti da un chilogrammo, un litro, un metro, un metro quadrato o un metro cubo e che è quindi opportuno che gli Stati membri possano autorizzare il riferimento del prezzo per unità di misura ad una singola unità di quantità diversa, tenuto conto della natura del prodotto e delle quantità in cui esso è abitualmente venduto nello Stato membro in questione;(9) considerando che, in determinate circostanze, l'obbligo di indicare il prezzo per unità di misura può comportare un onore eccessivo per taluni piccoli esercizi al minuto e che occorre pertanto che gli Stati membri siano autorizzati a non rispettare tale obbligo durante un adeguato periodo transitorio;(10) considerando che occorre mantenere anche la possibilità per gli Stati membri di esonerare dall'obbligo di indicare il prezzo per unità di misura i prodotti per cui tale indicazione non sarebbe utile o potrebbe dar luogo a confusioni, ad esempio quando l'indicazione di una quantità non è pertinente ai fini del raffronto dei prezzi o quando prodotti diversi vengono commercializzati in una stessa confezione;(11) considerando che gli Stati membri, allo scopo di agevolare l'applicazione del sistema in questione, hanno, per quanto riguarda i prodotti non alimentari, la facoltà di redigere un elenco di prodotti o di categorie di prodotti che rimangono soggetti all'obbligo di recare l'indicazione del prezzo per unità di misura;(12) considerando che una normativa comunitaria permette di assicurare un'informazione omogenea e trasparente a profitto dell'insieme dei consumatori nel quadro del mercato interno; che il nuovo approccio semplificato è nel contempo sufficiente e necessario per raggiungere tale obiettivo;(13) considerando che gli Stati membri devono vigilare sull'efficacia del sistema; che la trasparenza del sistema dovrebbe essere mantenuta anche al momento dell'introduzione dell'euro; che a detto scopo andrebbe limitato il numero massimo dei prezzi da indicare;(14) considerando che occorre prestare particolare attenzione ai piccoli esercizi al minuto; che a tale scopo la Commissione, nella sua relazione sull'applicazione della direttiva da presentare al più tardi entro tre anni dalla data indicata all'articolo 11, paragrafo 1, dovrebbe tenere particolarmente conto delle esperienze fatte dai piccoli dettaglianti nell'applicazione della direttiva, tra l'altro per quanto riguarda lo sviluppo tecnologico e l'introduzione della moneta unica; che tale relazione, tenuto conto del periodo transitorio indicato all'articolo 6, dovrebbe essere corredata da una proposta,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1 La presente direttiva ha lo scopo di prevedere l'indicazione del prezzo di vendita e del prezzo per unità di misura dei prodotti offerti dai commercianti ai consumatori al fine di migliorare l'informazione dei consumatori e di agevolare il raffronto dei prezzi.Articolo 2 Ai fini della presente direttiva si intende per:a) prezzo di vendita: il prezzo finale valido per una unità del prodotto o per una determinata quantità del prodotto, comprensivo dell'IVA e di ogni altra imposta;b) prezzo per unità di misura: il prezzo finale, comprensivo dell'IVA e di ogni altra imposta, valido per una quantità di un chilogrammo, di un litro, di un metro, di un metro quadrato o di un metro cubo del prodotto o per una singola unità di quantità diversa, se essa è impiegata generalmente e abitualmente nello Stato membro interessato per la commercializzazione di prodotti specifici;c) prodotto commercializzato sfuso: un prodotto che non costituisce oggetto di alcuna confezione preliminare ed è misurato in presenza del consumatore;d) commerciante: qualsiasi persona fisica o giuridica che vende o mette in commercio prodotti che rientrano nella sfera della sua attività commerciale o professionale;e) consumatore: qualsiasi persona fisica che acquista un prodotto destinandolo a scopi che non rientrano nella sfera della sua attività commerciale o professionale.Articolo 3 1. Il prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura sono indicati per tutti i prodotti di cui all'articolo 1, fatte salve, per l'indicazione del prezzo per unità di misura, le disposizioni dell'articolo 5. Il prezzo per unità di misura non dev'essere indicato quando è identico al prezzo di vendita.2. Gli Stati membri possono decidere di non applicare il paragrafo 1:- ai prodotti forniti in occasione di una prestazione di servizi,- alle vendite all'asta, nonché alle vendite di oggetti d'arte e di antiquariato.3. Per i prodotti commercializzati sfusi deve essere indicato soltanto il prezzo per unità di misura.4. La pubblicità che menziona il prezzo di vendita dei prodotti di cui all'articolo 1 indica anche il prezzo per unità di misura, fatto salvo l'articolo 5.Articolo 4 1. Il prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura devono essere non equivoci, agevolmente identificabili e facilmente leggibili. Gli Stati membri possono prevedere che il numero massimo di prezzi da indicare sia limitato.2. Il prezzo per unità di misura si riferisce a una quantità dichiarata conformemente alle disposizioni nazionali e comunitarie.Qualora disposizioni nazionali o comunitarie richiedessero l'indicazione del peso netto e del peso netto sgocciolato per taluni prodotti preconfezionati, è sufficiente indicare il prezzo per unità di misura del peso netto sgocciolato.Articolo 5 1. Gli Stati membri possono esonerare dall'obbligo di indicare il prezzo per unità di misura i prodotti per i quali tale indicazione non risulti utile a motivo della loro natura o della loro destinazione, o sia di natura tale da dar luogo a confusioni.2. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al paragrafo 1 gli Stati membri possono, per quanto riguarda i prodotti non alimentari, stabilire un elenco dei prodotti o delle categorie di prodotti che restano soggetti all'obbligo di recare l'indicazione del prezzo per unità di misura.Articolo 6 Qualora l'obbligo di indicare il prezzo per unità di misura rappresenti un onere eccessivo per taluni piccoli esercizi al minuto a motivo del numero di prodotti offerti in vendita, della superficie di vendita, delle caratteristiche del luogo di vendita, delle condizioni specifiche di vendita per cui il prodotto non sia direttamente accessibile al consumatore o di talune forme di esercizio, come particolari tipi di esercizio ambulante, gli Stati membri possono prevedere, per un periodo transitorio a decorrere dalla data di cui all'articolo 11, paragrafo 1, che l'obbligo di indicazione del prezzo per unità di misura dei prodotti diversi dai prodotti commercializzati sfusi venduti in tali esercizi non si applichi, fatto salvo l'articolo 12.Articolo 7 Gli Stati membri adottano le misure appropriate per informare ogni persona interessata in ordine alla normativa nazionale che recepisce la presente direttiva.Articolo 8 Gli Stati membri determinano il regime di sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni nazionali adottate in applicazione della presente direttiva e adottano tutti i provvedimenti necessari per garantirne l'applicazione. Tali sanzioni debbono essere efficaci, proporzionate e dissuasive.Articolo 9 1. Il periodo di transizione di nove anni di cui all'articolo 1 della direttiva 95/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 novembre 1995, che modifica la direttiva 79/581/CEE concernente l'indicazione dei prezzi dei prodotti alimentari ai fini della protezione dei consumatori e la direttiva 88/314/CEE concernente l'indicazione dei prezzi dei prodotti non alimentari ai fini della protezione dei consumatori (8) è prorogato fino alla data di cui all'articolo 11, paragrafo 1.2. Le direttive 79/581/CEE e 88/314/CEE sono abrogate a partire dalla data di cui all'articolo 11, paragrafo 1.Articolo 10 La presente direttiva non osta a che gli Stati membri adottino o mantengano disposizioni più favorevoli in materia di informazione dei consumatori e confronto dei prezzi, fatti salvi gli obblighi imposti loro dal trattato.Articolo 11 1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro e non oltre il 18 marzo 2000. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Le disposizioni adottate sono applicabili a partire da tale data.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, esse contengono un riferimento alla presente direttiva o sono accompagnate da tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione i testi delle disposizioni di diritto interno da essi adottate nel settore coperto dalla presente direttiva.3. Gli Stati membri notificano il regime di sanzioni di cui all'articolo 8, nonché qualsiasi modifica successiva.Articolo 12 Entro e non oltre tre anni a decorrere dalla data di cui all'articolo 11, paragrafo 1, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione globale sull'applicazione della presente direttiva, in particolare dell'articolo 6, accompagnata da una proposta.Il Parlamento europeo e il Consiglio riesaminano, su tale base, le disposizioni di cui all'articolo 6 e agiscono, a norma del trattato, entro tre anni dalla presentazione da parte della Commissione della proposta di cui al primo comma.Articolo 13 La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 14 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 16 febbraio 1998.Per il Parlamento europeoIl PresidenteJ. M. GIL-ROBLESPer il ConsiglioIl PresidenteJ. CUNNINGHAM(1) GU C 260 del 5. 10. 1995, pag. 5 eGU C 249 del 27. 8. 1996, pag. 2.(2) GU C 82 del 19. 3. 1996, pag. 32.(3) Parere del Parlamento europeo del 18 aprile 1996 (GU C 141 del 13. 5. 1996, pag. 191). Posizione comune del Consiglio del 27 settembre 1996 (GU C 333 del 7. 11. 1996, pag. 7) e decisione del Parlamento europeo del 18 febbraio 1997 (GU C 85 del 17. 3. 1997, pag. 26). Decisione del Parlamento europeo del 16 dicembre 1997 e decisione del Consiglio del 18 dicembre 1997.(4) GU C 92 del 25. 4. 1975, pag. 1.(5) GU C 133 del 3. 6. 1981, pag. 1.(6) GU L 158 del 26. 6. 1979, pag. 19. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 95/58/CE (GU L 299 del 12. 12. 1995,(7) GU L 142 del 9. 6. 1988, pag. 19. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 95/58/CE (GU L 299 del 12. 12. 1995,(8) GU L 299 del 12. 12. 1995, pag. 11.Dichiarazione della Commissione Articolo 2, lettera b)La Commissione ritiene che l'espressione «valido per una quantità di un chilogrammo, di un litro, di un metro, di un metro quadrato o di un metro cubo del prodotto o per un'altra quantità unitaria» di cui all'articolo 2, lettera b) si applichi altresì ai prodotti commercializzati al pezzo o all'unità.Dichiarazione della Commissione Articolo 12, paragrafo 1La Commissione ritiene che l'articolo 12, paragrafo 1 della direttiva non possa essere interpretato come suscettibile di mettere in discussione il suo diritto d'iniziativa.
Indicazioni dei prezzi sui prodotti di consumo QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA? La direttiva 98/6/CE prevede che il prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura di tutti i prodotti offerti da professionisti ai consumatori siano chiaramente indicati al fine di migliorare le informazioni in possesso dei consumatori e consentire comparazioni di prezzo. Ha abrogato le direttive 79/581/CEE (prezzo dei generi alimentari) e 88/314/CEE (prezzo dei prodotti non alimentari) con decorrenza dal 18 marzo 2000. La direttiva 98/6/CE è stata modificata dalla direttiva (UE) 2019/2161 per una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell’Unione europea relative alla protezione dei consumatori. PUNTI CHIAVE Direttiva 98/6/CEIl prezzo di vendita e il prezzo per unità di misura devono essere indicati per tutti i prodotti offerti da professionisti ai consumatori in maniera non ambigua, facilmente riconoscibile e chiaramente leggibile; ovvero, il prezzo finale deve essere comprensivo dell’imposta sul valore aggiunto e di ogni altro tipo di tassa. Qualora il prezzo per unità di misura sia identico a quello di vendita, non deve essere indicato. Tuttavia, gli Stati membri dell’Unione possono decidere di non applicare tali norme:ai prodotti forniti in occasione di una prestazione di servizio;alle vendite all’asta e alle vendite di oggetti d’arte e antichi. Per i prodotti commercializzati sfusi, va indicato soltanto il prezzo per unità di misura. Ogni pubblicità menzionante il prezzo di vendita deve indicare altresì il prezzo per unità di misura. Gli Stati membri possono:esentare dall’obbligo di indicare il prezzo per unità di misura dei prodotti se una tale indicazione risulterebbe inutile o tale da creare confusione;redigere un elenco di prodotti non alimentari a cui si applica comunque l’obbligo di indicare il prezzo per unità di misura nel caso di tale esenzione. La direttiva prevedeva un periodo transitorio durante il quale le piccole attività commerciali non erano obbligate a indicare il prezzo per unità di misura dei prodotti non commercializzati sfusi. Gli Stati membri devono:adottare misure adeguate per informare tutte le persone interessate quando tale legislazione sarà integrata nel diritto nazionale;stabilire e fornire informazioni sul regime delle sanzioni applicabili in caso di violazione delle leggi nazionali adottate per l’applicazione della presente direttiva.Direttiva (UE) 2019/2161La direttiva di modifica (UE) 2019/2161 introduce un nuovo articolo nella direttiva 98/6/CE sulle informazioni ai consumatori riguardanti le riduzioni di prezzo. Ogni annuncio di riduzione di un prezzo deve indicare chiaramente il prezzo applicato precedentemente dal professionista (prezzo precedente). Per prezzo precedente si intende il prezzo più basso applicato dal professionista durante un periodo di tempo non inferiore a 30 giorni prima dell’applicazione della riduzione del prezzo. La modifica prevede opzioni normative per gli Stati membri per quanto riguarda i beni che rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente, in particolare i prodotti alimentari, i beni che sono in vendita da meno di 30 giorni e i beni soggetti a continue riduzioni di prezzo. L’attuale obbligo per gli Stati membri di introdurre sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive in caso di violazione delle norme nazionali sull’indicazione dei prezzi è stato integrato con un elenco di criteri per l’imposizione di sanzioni. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LE DIRETTIVE? La direttiva 98/6/CE doveva entrare in vigore negli Stati membri entro il 18 marzo 2000. La direttiva di modifica (UE) 2019/2161 doveva diventare legge negli Stati membri entro il 28 novembre 2021. Gli Stati membri sono tenuti ad applicare le norme della direttiva a partire dal 28 maggio 2022. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda:Direttiva sull’indicazione dei prezzi (Commissione europea). Orientamenti sull’interpretazione e sull’applicazione dell’articolo 6a della direttiva 98/6/CE. Scheda informativa — New Deal:quali benefici per il consumatore? (Commissione europea). DOCUMENTI PRINCIPALI Direttiva 98/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori (GU L 80 del 18.3.1998, pag. 27). Direttiva (UE) 2019/2161 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, che modifica la direttiva 93/13/CEE del Consiglio e le direttive 98/6/CE, 2005/29/CE e 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell’Unione relative alla protezione dei consumatori (GU L 328 del 18.12.2019, pag. 7). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) 2017/2394 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2017, sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori e che abroga il regolamento (CE) n. 2006/2004 (GU L 345 del 27.12.2017, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (UE) 2017/2394 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo — Un «New Deal» per i consumatori [COM(2018) 183 final dell’11.4.2018].
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Decisione quadro del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa alle squadre investigative comuni Gazzetta ufficiale n. L 162 del 20/06/2002 pag. 0001 - 0003 Decisione quadro del Consigliodel 13 giugno 2002relativa alle squadre investigative comuni(2002/465/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 34, paragrafo 2, lettera b),vista l'iniziativa del Regno del Belgio, della Repubblica francese, del Regno di Spagna e del Regno Unito(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) Uno degli obiettivi dell'Unione è di offrire ai cittadini un elevato livello di sicurezza nell'ambito di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, obiettivo che va realizzato con la prevenzione e la lotta alla criminalità attraverso una più stretta cooperazione tra forze di polizia, autorità doganali e altre autorità competenti degli Stati membri, nel rispetto dei principi relativi ai diritti dell'uomo, le libertà fondamentali e lo stato di diritto sui quali si fonda l'Unione, principi che sono comuni agli Stati membri.(2) Il Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 ha chiesto di costituire senza indugio, ai sensi del trattato, squadre investigative comuni come primo passo per combattere il traffico di stupefacenti, la tratta degli esseri umani e il terrorismo.(3) L'articolo 13 della convenzione stabilita dal Consiglio a norma dell'articolo 34 del trattato sull'Unione europea relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea(3) prevede la costituzione e il funzionamento di squadre investigative comuni.(4) Il Consiglio raccomanda di adottare le misure per garantire che la presente convenzione sia ratificata prima possibile e, in ogni caso, nel corso del 2002.(5) Il Consiglio riconosce l'importanza di dare una risposta rapida all'invito del Consiglio europeo di costituire senza indugi squadre investigative comuni.(6) A giudizio del Consiglio, per lottare nel modo più efficace possibile contro la criminalità internazionale, è attualmente opportuno adottare, a livello di Unione, uno strumento specifico giuridicamente vincolante relativo alle squadre investigative comuni, da applicare nelle indagini congiunte in materia di traffico di stupefacenti, tratta di esseri umani e terrorismo.(7) Il Consiglio ritiene che tali squadre debbano essere costituite, in via prioritaria, per combattere i reati commessi da terroristi.(8) Gli Stati membri che costituiscono una squadra ne dovrebbero decidere la composizione, le finalità e la durata.(9) Gli Stati membri che costituiscono una squadra dovrebbero avere la possibilità di decidere, laddove possibile e conformemente al diritto applicabile, di far partecipare alle attività della squadra persone che non rappresentano le autorità competenti degli Stati membri e che possono includere, per esempio, rappresentanti dell'Europol, della Commissione (OLAF) o di Stati terzi, in particolare rappresentanti di autorità statunitensi preposte all'applicazione della legge. In tali casi, l'accordo istitutivo della squadra dovrebbe specificare le questioni relative all'eventuale responsabilità di tali rappresentanti.(10) Una squadra investigativa comune dovrebbe operare nel territorio di uno Stato membro in conformità del diritto applicabile in detto Stato.(11) La presente decisione quadro non pregiudica altre disposizioni o intese esistenti sulla costituzione o il funzionamento di squadre investigative comuni,HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE QUADRO:Articolo 1Squadre investigative comuni1. Le autorità competenti di due o più Stati membri possono costituire, di comune accordo, una squadra investigativa comune, per uno scopo determinato e una durata limitata che può essere prorogata con l'accordo di tutte le parti, per svolgere indagini penali in uno o più degli Stati membri che costituiscono la squadra. La composizione della squadra è indicata nell'accordo.Una squadra investigativa comune può in particolare essere costituita:a) quando le indagini condotte da uno Stato membro su reati comportano inchieste difficili e di notevole portata che hanno un collegamento con altri Stati membri;b) quando più Stati membri svolgono indagini su reati che, per le circostanze del caso, esigono un'azione coordinata e concertata negli Stati membri interessati.Una richiesta di costituzione di una squadra investigativa comune può essere presentata da qualsiasi Stato membro interessato. La squadra viene costituita in uno degli Stati membri in cui si svolgeranno presumibilmente le indagini.2. Oltre alle informazioni di cui all'articolo 14 della convenzione europea relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale e all'articolo 37 del trattato Benelux, del 27 giugno 1962, modificato dal protocollo dell'11 maggio 1974, le richieste di costituzione di una squadra investigativa comune contengono proposte in merito alla composizione della squadra.3. La squadra investigativa comune opera nel territorio degli Stati membri che la costituiscono alle seguenti condizioni generali:a) la squadra è diretta da un rappresentante dell'autorità competente che prende parte alle indagini penali dello Stato membro nel cui territorio la squadra interviene. Il direttore della squadra agisce entro i limiti delle sue competenze in conformità del diritto nazionale;b) la squadra opera in conformità del diritto dello Stato membro in cui interviene. Nello svolgimento delle loro funzioni, i membri della squadra rispondono alla persona di cui alla lettera a), tenendo conto delle condizioni stabilite dalle rispettive autorità nell'accordo sulla costituzione della squadra;c) lo Stato membro nel cui territorio la squadra investigativa interviene predispone le condizioni organizzative necessarie per consentirle di operare.4. Ai sensi della presente decisione quadro, per "distaccati" presso la squadra si intendono i membri della squadra investigativa comune degli Stati membri diversi da quelli dello Stato membro nel cui territorio essa interviene.5. I membri distaccati della squadra investigativa comune sono autorizzati ad essere presenti nello Stato membro dell'intervento qualora siano adottate misure investigative. Tuttavia, per ragioni particolari, il direttore della squadra può disporre altrimenti, in conformità del diritto dello Stato membro in cui la squadra interviene.6. I membri distaccati della squadra investigativa comune possono, in conformità del diritto dello Stato membro dell'intervento, essere incaricati dell'esecuzione di talune misure investigative dal direttore della squadra, qualora ciò sia stato approvato dalle autorità competenti dello Stato membro dell'intervento e dello Stato membro che li ha distaccati.7. Se la squadra investigativa comune ravvede la necessità che in uno degli Stati membri che hanno costituito la squadra siano adottate misure investigative, le persone distaccate da tale Stato membro possono farne direttamente richiesta alle proprie autorità competenti. Le misure in questione sono esaminate in tale Stato membro alle condizioni che si applicherebbero qualora fossero richieste nell'ambito di un'indagine svolta a livello nazionale.8. Se la squadra investigativa comune ha bisogno dell'assistenza di uno Stato membro che non ha partecipato alla costituzione della squadra, ovvero di un paese terzo, le autorità competenti dello Stato d'intervento ne possono fare richiesta alle autorità competenti dell'altro Stato interessato conformemente agli strumenti o disposizioni pertinenti.9. Ai fini di un'indagine penale svolta dalla squadra investigativa comune, i membri di quest'ultima possono, conformemente al loro diritto nazionale ed entro i limiti delle rispettive competenze, fornire alla squadra stessa le informazioni disponibili nello Stato membro che li ha distaccati.10. Le informazioni legalmente ottenute da un membro o da un membro distaccato durante la sua partecipazione a una squadra investigativa comune e non altrimenti disponibili per le autorità competenti dello Stato membro interessato possono essere utilizzate:a) per i fini previsti all'atto della costituzione della squadra;b) previo accordo dello Stato membro in cui le informazioni sono rese disponibili, per l'individuazione, l'indagine e il perseguimento di altri reati. Detto consenso può essere negato soltanto qualora l'uso in questione mettesse a repentaglio le indagini penali nello Stato membro interessato o qualora quest'ultimo potesse rifiutare l'assistenza giudiziaria ai fini di tale uso;c) per scongiurare una minaccia immediata e grave alla sicurezza pubblica, lasciando impregiudicata la lettera b) in caso di successivo avvio di un'indagine penale;d) per altri scopi entro i limiti convenuti dagli Stati membri che hanno costituito la squadra.11. La presente decisione quadro lascia impregiudicata ogni altra vigente disposizione o intesa concernente la costituzione o l'attività di squadre investigative comuni.12. Nella misura consentita dal diritto degli Stati membri interessati o dalla disposizione di qualunque strumento giuridico tra di essi applicabile, è possibile concordare che persone diverse dai rappresentanti delle autorità competenti degli Stati membri che costituiscono la squadra investigativa comune partecipino alle attività della stessa. È possibile includere ad esempio funzionari di organismi istituiti ai sensi del trattato. I diritti conferiti ai membri o ai membri distaccati della squadra ai sensi della presente decisione quadro non si applicano a tali persone, a meno che l'accordo non stabilisca espressamente altrimenti.Articolo 2Responsabilità penale riguardo ai funzionariNel corso delle operazioni di cui all'articolo 1, i funzionari di uno Stato membro diverso dallo Stato membro in cui si svolge l'operazione sono assimilati ai funzionari di quest'ultimo Stato membro per quanto riguarda i reati che dovessero subire o commettere.Articolo 3Responsabilità civile riguardo ai funzionari1. Quando, a norma dell'articolo 1, i funzionari di uno Stato membro operano in un altro Stato membro, il primo Stato membro è responsabile dei danni da essi causati nell'adempimento della missione, conformemente al diritto dello Stato membro nel cui territorio essi operano.2. Lo Stato membro nel cui territorio sono causati i danni di cui al paragrafo 1 provvede al risarcimento di tali danni alle condizioni applicabili ai danni causati dai propri funzionari.3. Lo Stato membro i cui funzionari abbiano causato danni a terzi nel territorio di un altro Stato membro rimborsa integralmente a quest'ultimo le somme versate alle vittime o ai loro aventi diritto.4. Fatto salvo l'esercizio dei propri diritti nei confronti di terzi e fatto salvo il paragrafo 3, ciascuno Stato membro rinuncia, nel caso previsto al paragrafo 1, a chiedere ad un altro Stato membro il risarcimento dei danni da esso subiti.Articolo 4Attuazione1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente decisione quadro entro il 1o gennaio 2003.2. Gli Stati membri trasmettono al Segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo delle disposizioni inerenti al recepimento nella legislazione nazionale degli obblighi imposti dalla presente decisione quadro. Sulla base di queste e di altre informazioni, la Commissione presenta al Consiglio, entro il 1o luglio 2004, una relazione sull'attuazione della presente decisione quadro. Il Consiglio esamina in quale misura gli Stati membri si siano conformati alla decisione stessa.Articolo 5Entrata in vigoreLa presente decisione quadro entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. I suoi effetti cesseranno allorché la convenzione relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea entrerà in vigore in tutti gli Stati membri.Fatto a Lussemburgo, addì 13 giugno 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteM. Rajoy Brey(1) GU C 295 del 20.10.2001, pag. 9.(2) Parere espresso il 13 novembre 2001 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU C 197 del 12.7.2000, pag. 1.
Squadre investigative comuni QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE QUADRO? Stabilisce le regole per la costituzione e il funzionamento delle squadre investigative comuni (SIC). La logica è che alcuni tipi di reati all’interno dell’Unione europea (UE) possono essere indagati in modo più efficace da squadre investigative comuni, costituite per un periodo determinato a seguito di un accordo tra paesi dell’UE. PUNTI CHIAVE La decisione quadro è da ricondurre a una riunione dei paesi dell’UE del 1999, che ha richiesto di costituire senza indugio tali squadre per combattere il traffico di stupefacenti, la tratta degli esseri umani e il terrorismo. La Convenzione sull’assistenza giudiziaria in materia penale, adottata nel maggio 2000, prevede la costituzione di squadre investigative comuni. Tuttavia, a causa di ritardi nelle ratifiche, l’attuazione della decisione quadro doveva concludersi entro il 1o gennaio 2003. La decisione quadro cesserà di avere effetto quando la Convenzione sarà entrata in vigore in tutti i paesi dell’UE. Qualora un’indagine penale all’interno dell’Unione europea richieda un’azione coordinata e concertata, almeno due paesi dell’UE possono costituire una SIC. A tal fine, le autorità competenti dei paesi dell’UE interessati concludono un accordo che stabilisce la procedura da seguire da parte della squadra. La squadra comune deve essere costituita per: uno scopo specifico; un periodo limitato (che può essere prorogato con l’accordo di tutte le parti coinvolte). I paesi dell’UE che costituiscono la squadra ne decidono la composizione, le finalità e la durata. La squadra è guidata da una persona di uno dei paesi dell’Unione europea in cui si svolge l’indagine. Può inoltre essere consentito a rappresentanti di Europol, Eurojust, OLAF e a rappresentanti di paesi extra-UE di partecipare alle attività della squadra. Tutti i membri della squadra devono svolgere i propri compiti nel rispetto delle leggi del paese in cui operano. Si può costituire una SIC anche con e tra paesi al di fuori dell’UE, a condizione che esista una base giuridica, come ad esempio un accordo internazionale o una legge nazionale. Il 1o dicembre 2014, il Regno Unito ha notificato alla Commissione europea la propria volontà di partecipare alla decisione quadro, confermata dalla decisione 2014/858/UE della Commissione. L’11 marzo 2016, l’Italia ha notificato alla Commissione di aver incorporato la decisione quadro nel proprio ordinamento nazionale. Ciò significa che tutti i paesi dell’UE hanno ora una base giuridica unionale su cui costituire le squadre investigative comuni. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE QUADRO? È entrata in vigore il 20 giugno 2002. I paesi dell’UE dovevano recepirla nel proprio diritto nazionale entro il 1o gennaio 2003. CONTESTO Nel luglio 2005 è stata istituita la rete di esperti nazionali in materia di squadre investigative comuni (rete SIC), per attuare il «Programma dell’Aia» e il suo impegno a far sì che ciascun paese dell’UE designi un esperto nazionale «al fine di incoraggiare l’uso di squadre investigative comuni e lo scambio esperienze sulle migliori pratiche» (documento del Consiglio 11037/05). Dal 2005 la rete SIC si riunisce una volta all’anno e da metà gennaio 2011 ha un segretariato, ospitato da Eurojust, che promuove le attività della rete SIC e assiste gli esperti nazionali nel loro lavoro. In questo senso, dal 2012, il segretariato della rete SIC ha sostenuto lo sviluppo di un modulo progettato per assistere gli operatori nella valutazione delle prestazioni delle SIC, che comprende i risultati raggiunti, le questioni giuridiche e le difficoltà pratiche incontrate. Una prima versione del modulo di valutazione SIC è stata sviluppata e messa a disposizione dei professionisti del settore nell’aprile del 2014. Il numero crescente di squadre investigative comuni create ogni anno dimostra che si tratta di strumenti chiave, che consentono di coordinare le indagini e che aumentano la fiducia reciproca tra le forze dell’ordine e le autorità giudiziarie dell’Unione europea. Per ulteriori informazioni, consultare: «Squadre investigative comuni — SIC» sul sito Internet di Europol; «Squadre investigative comuni — SIC» sul sito Internet di Eurojust. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione quadro 2002/465/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa alle squadre investigative comuni (GU L 162 del 20.6.2002, pag. 1-3) DOCUMENTI CORRELATI Decisione 2014/858/UE della Commissione, del 1o dicembre 2014, concernente la comunicazione, da parte del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, della volontà di partecipare ad atti dell’Unione nel settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale adottati prima dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona e che non fanno parte dell’acquis di Schengen (GU L 345 dell’1.12.2014, pag. 6-9)
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Decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato Gazzetta ufficiale n. L 192 del 31/07/2003 pag. 0054 - 0056 Decisione quadro 2003/568/GAI del Consigliodel 22 luglio 2003relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privatoIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare gli articoli 29, 31, paragrafo 1, lettera e), e 34, paragrafo 2, lettera b),vista l'iniziativa del Regno di Danimarca(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) Insieme alla globalizzazione si è assistito negli ultimi anni ad un aumento degli scambi transfrontalieri di merci e servizi. Di conseguenza, i casi di corruzione nel settore privato all'interno di uno Stato membro non sono più soltanto un problema nazionale, ma anche un problema transnazionale, affrontato in maniera più efficace mediante un'azione comune a livello dell'Unione europea.(2) Il 27 settembre 1996 il Consiglio ha adottato un atto che stabilisce un protocollo della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee(3). Il protocollo, entrato in vigore il 17 ottobre 2002, contiene definizioni di sanzioni armonizzate per i reati di corruzione.(3) Il 26 maggio 1997 il Consiglio ha approvato una convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell'Unione europea(4).(4) Il 22 dicembre 1998 il Consiglio ha inoltre adottato l'azione comune 98/742/GAI sulla corruzione nel settore privato(5). Nel contesto dell'adozione di tale azione comune il Consiglio ha pubblicato una dichiarazione in cui si conveniva che l'azione comune rappresentava un primo passo a livello dell'Unione europea nella lotta contro questo tipo di corruzione e che alla luce dei risultati della valutazione prevista ai sensi dell'articolo 8, punto 2, dell'azione comune, ulteriori misure sarebbero state adottate in una fase successiva. Non è ancora disponibile una relazione sul recepimento dell'azione comune nelle rispettive legislazioni nazionali da parte dei singoli Stati membri.(5) Il 13 giugno 2002 il Consiglio ha adottato la decisione quadro 2002/584/GAI relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri(6), nella quale la corruzione è inclusa nell'elenco dei reati che rientrano nell'ambito d'applicazione del mandato d'arresto europeo, in relazione ai quali non è richiesta una verifica preliminare della doppia incriminazione.(6) Ai sensi dell'articolo 29 del trattato sull'Unione europea, l'obiettivo che l'Unione si prefigge è fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, un obiettivo da perseguire prevenendo e reprimendo la criminalità, organizzata o di altro tipo, inclusa la corruzione.(7) Conformemente al punto 48 delle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, la corruzione riveste particolare importanza nella definizione di regole minime su quanto costituisce un illecito penale negli Stati membri e sulle sanzioni applicabili.(8) Nella conferenza di negoziato del 21 novembre 1997 è stata approvata una convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione dei pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali, ed il Consiglio d'Europa ha inoltre approvato una convenzione penale sulla corruzione, che è stata aperta alla firma il 27 gennaio 1999. Quest'ultima convenzione è corredata di un accordo che istituisce il Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO). Sono inoltre stati avviati negoziati relativi ad una convenzione dell'ONU sulla lotta contro la corruzione.(9) Gli Stati membri annettono particolare importanza alla lotta contro la corruzione sia nel settore pubblico che in quello privato, poiché ritengono che la corruzione in entrambi tali settori costituisca una minaccia allo stato di diritto e inoltre generi distorsioni di concorrenza riguardo all'acquisizione di beni o servizi commerciali e ostacoli un corretto sviluppo economico. In tale contesto, gli Stati membri che non hanno ancora ratificato la convenzione dell'Unione europea del 26 maggio 1997 e la convenzione del Consiglio d'Europa del 27 gennaio 1999 devono trovare il modo di ratificarle al più presto.(10) L'obiettivo della presente decisione quadro è in particolare di garantire che sia la corruzione attiva sia quella passiva nel settore privato siano considerate illeciti penali in tutti gli Stati membri, che anche le persone giuridiche possano essere considerate colpevoli di tali reati e che le sanzioni siano effettive, proporzionate e dissuasive,HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE QUADRO:Articolo 1DefinizioniAi fini della presente decisione quadro si intende per:- "persona giuridica", qualsiasi ente così definito a norma del diritto nazionale applicabile, ad eccezione degli Stati o di altre istituzioni pubbliche nell'esercizio dei pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche,- "violazione di un dovere", ciò che è inteso come tale ai sensi del diritto nazionale. La nozione di violazione di un dovere nel diritto nazionale comune copre almeno qualsiasi comportamento sleale che costituisca una violazione di un'obbligazione legale o, se del caso, una violazione di normative professionali o di istruzioni professionali applicabili nell'ambito dell'attività di una "persona" che svolge funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un'entità del settore privato.Articolo 2Corruzione attiva e passiva nel settore privato1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le seguenti condotte intenzionali costituiscano un illecito penale allorché sono compiute nell'ambito di attività professionali:a) promettere, offrire o concedere, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura ad una persona, per essa stessa o per un terzo, che svolge funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un'entità del settore privato, affinché essa compia o ometta un atto in violazione di un dovere;b) sollecitare o ricevere, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura, oppure accettare la promessa di tale vantaggio, per sé o per un terzo, nello svolgimento di funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un'entità del settore privato, per compiere o per omettere un atto, in violazione di un dovere.2. Il paragrafo 1 si applica alle attività professionali svolte nell'ambito di entità a scopo di lucro e senza scopo di lucro.3. Uno Stato membro può dichiarare di volere limitare l'ambito di applicazione del paragrafo 1 alle condotte che comportano, o potrebbero comportare, distorsioni di concorrenza riguardo all'acquisizione di beni o servizi commerciali.4. Le dichiarazioni di cui al paragrafo 3 sono comunicate al Consiglio all'atto dell'adozione della presente decisione quadro e sono valide per cinque anni a decorrere dal 22 luglio 2005.5. Il Consiglio riesamina questo articolo in tempo utile anteriormente al 22 luglio 2010 onde valutare se sia possibile prorogare le dichiarazioni di cui al paragrafo 3.Articolo 3Istigazione e favoreggiamentoCiascuno Stato membro adotta le misure necessarie a fare sì che l'istigazione ai tipi di condotta di cui all'articolo 2 e il loro favoreggiamento siano puniti come reato.Articolo 4Sanzioni1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per assicurare che le condotte di cui agli articoli 2 e 3 siano passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive.2. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per assicurare che le condotte di cui all'articolo 2 siano passibili di pene privative della libertà di durata massima compresa almeno tra uno e tre anni.3. Ciascuno Stato membro adotta, in conformità con i propri principi e norme costituzionali, le misure necessarie per assicurare che, qualora una persona fisica collegata a una determinata attività commerciale abbia ricevuto una condanna per le condotte di cui all'articolo 2, essa sia temporaneamente interdetta, se del caso e perlomeno qualora occupasse una posizione dirigenziale in una società nell'ambito dell'azienda interessata, dall'esercizio di detta specifica attività commerciale o altra comparabile, in una posizione e in una capacità simili, se i fatti accertati danno motivo di ritenere che vi sia un chiaro rischio di abuso di posizione o abuso d'ufficio per corruzione attiva o passiva.Articolo 5Responsabilità delle persone giuridiche1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili degli illeciti di cui agli articoli 2 e 3 commessi a loro beneficio da qualsiasi persona, che agisca individualmente o in quanto parte di un organo della persona giuridica, la quale occupi una posizione dirigente in seno alla persona giuridica, basata:a) sul potere di rappresentanza di detta persona giuridica, ob) sul potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica, oc) sull'esercizio del controllo in seno a tale persona giuridica.2. Oltre ai casi di cui al paragrafo 1, ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili quando la carenza di sorveglianza o controllo da parte di uno dei soggetti di cui al paragrafo 1 abbia reso possibile la perpetrazione di un illecito del tipo menzionato agli articoli 2 e 3 a beneficio della persona giuridica da parte di una persona soggetta alla sua autorità.3. La responsabilità della persona giuridica ai sensi dei paragrafi 1 e 2 non esclude l'azione penale contro le persone fisiche che siano autori, istigatori o complici di un illecito del tipo menzionato agli articoli 2 e 3.Articolo 6Sanzioni per le persone giuridiche1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché la persona giuridica dichiarata responsabile ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1, sia passibile di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive comprendenti sanzioni pecuniarie di natura penale o non penale, ed eventualmente altre sanzioni, tra cui:a) l'esclusione dal godimento di un vantaggio o aiuto pubblico;b) il divieto temporaneo o permanente di esercitare un'attività commerciale;c) l'assoggettamento a sorveglianza giudiziaria od) provvedimenti giudiziari di liquidazione.2. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché la persona giuridica dichiarata responsabile ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 2, sia passibile di sanzioni o misure effettive, proporzionate e dissuasive.Articolo 7Competenza1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per definire la sua competenza per quanto riguarda gli illeciti di cui agli articoli 2 e 3 commessi:a) interamente o in parte nel suo territorio;b) da un suo cittadino, oc) a vantaggio di una persona giuridica la cui sede principale è situata nel territorio di detto Stato membro.2. Uno Stato membro può decidere di non applicare o di applicare solo in particolari casi o circostanze le norme di competenza di cui al paragrafo 1, lettere b) e c), allorché l'illecito è stato commesso al di fuori del suo territorio.3. Gli Stati membri che, in virtù delle loro legislazioni nazionali, non consegnano ancora i propri cittadini, adottano le misure necessarie per stabilire la propria competenza rispetto agli illeciti di cui agli articoli 2 e 3 commessi da loro cittadini al di fuori del territorio nazionale.4. Gli Stati membri che decidono di applicare il paragrafo 2 ne informano il segretariato generale e la Commissione e specificano, se necessario, per quali casi o circostanze specifici si applica la decisione.Articolo 8AbrogazioneL'azione comune 98/742/GAI è abrogata.Articolo 9Attuazione1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente decisione quadro anteriormente al 22 luglio 2005.2. Entro la stessa data gli Stati membri trasmettono al segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo delle disposizioni inerenti al recepimento nella legislazione nazionale degli obblighi imposti dalla presente decisione quadro. Sulla base di una relazione redatta a partire da tali informazioni e di una relazione scritta trasmessa dalla Commissione, il Consiglio esamina anteriormente al 22 ottobre 2005 in quale misura gli Stati membri si siano conformati alle disposizioni della presente decisione quadro.Articolo 10Applicazione territorialeLa presente decisione quadro si applica a Gibilterra.Articolo 11Entrata in vigoreLa presente decisione quadro entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Fatto a Bruxelles, addì 22 luglio 2003.Per il ConsiglioIl PresidenteG. Alemanno(1) GU C 184 del 2.8.2002, pag. 5.(2) Parere reso il 22.11.2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU C 313 del 23.10.1996, pag. 1.(4) GU C 195 del 25.6.1997, pag. 2.(5) GU L 358 del 31.12.1998, pag. 2.(6) GU L 190 del 18.7.2002, pag. 1.
Lotta contro la corruzione nel settore privato QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Essa criminalizza sia la corruzione attiva* sia la corruzione passiva* nel settore privato. Le persone giuridiche* possono essere ritenute responsabili di questi reati. Essa abroga l’azione comune 98/742/GAI. PUNTI CHIAVE Inclusione del concetto di corruzione nel diritto penale nazionaleGli Stati membri sono tenuti a includere tra gli illeciti penali commessi intenzionalmente nell’ambito dell’attività privata:la corruzione di una persona: promettere, offrire o concedere, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura ad una persona, per essa stessa o per un terzo, che svolge funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un’entità del settore privato, affinché essa compia o ometta un atto in violazione di un dovere*;la richiesta di un indebito vantaggio: sollecitare o ricevere, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura, oppure accettare la promessa di tale vantaggio, per sé o per un terzo, nello svolgimento di funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un’entità del settore privato, per compiere o per omettere un atto, in violazione di un dovere. Quanto sopra si applica alle attività professionali svolte nell’ambito di entità a scopo di lucro e senza scopo di lucro. All’atto dell’adozione, gli Stati membri erano in grado di limitare l’ambito di applicazione alle condotte che comportano, o potrebbero comportare, distorsioni di concorrenza riguardo all’acquisizione di beni o servizi commerciali. Tali limitazioni non sono più in vigore. Le limitazioni sono state in vigore per cinque anni a decorrere dal 22 luglio 2005. Gli Stati membri erano tenuti a dichiarare al Consiglio le modalità di azione all’atto dell’adozione di tale decisione. Entro il 22 luglio 2010, il Consiglio doveva riesaminare le dichiarazioni fatte dagli Stati membri in relazione a tali limitazioni.Responsabilità delle persone giuridiche e delle persone fisicheL’obiettivo della presente decisione è che possano essere considerate colpevoli non solo le persone fisiche, ad esempio i dipendenti, ma anche le persone giuridiche, ad esempio le imprese. Per quanto riguarda la responsabilità delle persone fisiche, gli Stati membri devono garantire che le condotte indicate siano passibili di pene privative della libertà di durata massima compresa almeno tra uno e tre anni. Ad esempio, se in uno Stato membro la condotta viene punita con una pena privativa della libertà fino a un anno, e in un altro fino a due anni, entrambi i casi soddisfano i criteri stabiliti dalla decisione quadro. Gli Stati membri possono inoltre applicare soglie legali più alte per il termine massimo di privazione della libertà. Il diritto a esercitare attività aziendali può essere temporaneamente sospeso. L’istigazione a commettere uno degli atti di cui sopra o la complicità o il tentativo di adottare tale condotta devono essere anch’essi puniti come illeciti. Le persone giuridiche possono essere dichiarate responsabili di illeciti che implicano corruzione se essi sono commessi a loro beneficio da qualsiasi persona fisica che agisca individualmente o che occupi una posizione dirigente in seno alla persona giuridica, sulla base dipotere di rappresentanza di detta persona giuridica;potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica;potere di esercitare il controllo in seno a tale persona giuridica. Le sanzioni per le persone giuridiche devono includere sanzioni di natura penale o non penale. Inoltre, gli Stati membri possono considerare l’esclusione dal godimento di un vantaggio o aiuto pubblico, il divieto temporaneo o permanente di esercitare un’attività commerciale ecc.Competenza giurisdizionale Ciascuno Stato membro è competente per quanto riguarda gli illeciti commessinel suo territorio; da un suo cittadino; a vantaggio di una persona giuridica la cui sede principale è situata nel territorio di detto Stato membro.La presente decisione quadro si applica a Gibilterra. La presente decisione è basata sulla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea nella causa C-176/03 sulla ripartizione delle competenze in materia di disposizioni penali tra la Commissione europea e il Consiglio. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? Gli Stati membri erano tenuti ad adottare le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della decisione entro il 22 luglio 2005. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Corruzione (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Corruzione attiva: dare una tangente a una persona affinché essa compia nell’esercizio dei propri doveri. Corruzione passiva: accettare tangenti. Persona giuridica: qualsiasi entità che sia tale in forza del diritto nazionale applicabile, ad eccezione degli Stati o di altre istituzioni pubbliche, che agisce nell’esercizio dei pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche. Violazione di un dovere: ciò che è inteso come tale ai sensi del diritto nazionale. La nozione di violazione di un dovere nel diritto nazionale comune copre almeno qualsiasi comportamento sleale che costituisca una violazione di un’obbligazione legale o, se del caso, una violazione di normative professionali o di istruzioni professionali. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato (GU L 192 del 31.7.2003, pag. 54). DOCUMENTI COLLEGATI Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio intesa a valutare l’adozione, da parte degli Stati membri, delle misure necessarie a garantire la conformità alla decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato [COM(2019) 355 final, del 26.7.2019].
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DECISIONE (UE) 2019/407 DEL CONSIGLIO del 4 marzo 2019 relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea, di un accordo volto a impedire la pesca non regolamentata nelle acque d'altura del Mar Glaciale Artico centrale IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 43, in combinato disposto con l'articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, lettera a) v), vista la proposta della Commissione europea, vista l'approvazione del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) L'Unione ha competenza esclusiva nel quadro della politica comune della pesca per l'adozione di misure di conservazione delle risorse biologiche marine, nonché, a tal riguardo, per la conclusione di accordi con altri paesi e con organizzazioni internazionali. (2) A norma della decisione 98/392/CE del Consiglio (2) e della decisione 98/414/CE (3) del Consiglio, l'Unione è parte contraente della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982 («la convenzione») e dell'accordo ai fini dell'applicazione delle disposizioni della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982 relative alla conservazione e alla gestione degli stock ittici transzonali e degli stock ittici altamente migratori («accordo sugli stock ittici»). Sia la convenzione sia l'accordo sugli stock ittici fanno obbligo a tutti gli Stati di collaborare ai fini della conservazione e della gestione delle risorse biologiche marine. L'accordo volto a impedire la pesca non regolamentata nelle acque d'altura del Mar Glaciale Artico centrale («accordo») adempie a tale obbligo. (3) Ai sensi del regolamento (UE) n. 1380/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (4), l'Unione conduce le relazioni esterne in materia di pesca conformemente ai suoi obblighi internazionali e ai suoi obiettivi strategici, nonché agli obiettivi e ai principi di cui agli articoli 2 e 3 del regolamento, al fine di assicurare lo sfruttamento e la gestione sostenibili e la conservazione delle risorse biologiche marine e dell'ambiente marino. L'accordo è coerente con tali obiettivi. (4) Il 31 marzo 2016 il Consiglio ha autorizzato la Commissione ad avviare negoziati a nome dell'Unione per la conclusione di un accordo internazionale volto a impedire la pesca non regolamentata nelle acque d'altura del Mar Glaciale Artico centrale. Il 30 novembre 2017 i suddetti negoziati si sono conclusi positivamente. Conformemente alla decisione del Consiglio (UE) 2018/1257 (5), l'accordo volto a impedire la pesca non regolamentata nelle acque d'altura del Mar Glaciale Artico centrale è stato firmato il 3 ottobre 2018, fatta salva la sua conclusione in una data successiva. (5) Diventare parte dell'accordo promuoverà la coerenza dell'approccio dell'Unione alla conservazione di tutti gli oceani e rinforzerà il suo impegno a favore della conservazione a lungo termine e dello sfruttamento sostenibile delle risorse biologiche marine a livello globale ed è pertanto nell'interesse dell'Unione. (6) È opportuno approvare l'accordo, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 L'accordo volto a impedire la pesca non regolamentata nelle acque d'altura del Mar Glaciale Artico centrale («accordo») è approvato a nome dell'Unione. Il testo dell'accordo è accluso alla presente decisione. Articolo 2 Il presidente del Consiglio designa la persona o le persone abilitate a depositare, a nome dell'Unione, gli strumenti di approvazione di cui all'articolo 15 dell'accordo. Articolo 3 La presente decisione entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Bruxelles, il 4 marzo 2019 Per il Consiglio Il presidente A. ANTON (1) Approvazione del 12 febbraio 2019 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (2) Decisione 98/392/CE del Consiglio, del 23 marzo 1998, concernente la conclusione, da parte della Comunità europea, della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, del 10 dicembre 1982, e dell'accordo del 28 luglio 1994 relativo all'attuazione della parte XI della convenzione (GU L 179 del 23.6.1998, pag. 1). (3) Decisione 98/414/CE del Consiglio, dell'8 giugno 1998, relativa alla ratifica, da parte della Comunità europea, dell'accordo ai fini dell'applicazione delle disposizioni della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982 relative alla conservazione e alla gestione degli stock ittici transzonali e degli stock ittici altamente migratori (GU L 189 del 3.7.1998, pag. 14). (4) Regolamento (UE) n. 1380/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, relativo alla politica comune della pesca, che modifica i regolamenti (CE) n. 1954/2003 e (CE) n. 1224/2009 del Consiglio e che abroga i regolamenti (CE) n. 2371/2002 e (CE) n. 639/2004 del Consiglio, nonché la decisione 2004/585/CE del Consiglio (GU L 354 del 28.12.2013, pag. 22). (5) Decisione (UE) 2018/1257 del Consiglio, del 18 settembre 2018, relativa alla firma, a nome dell'Unione europea, di un accordo volto a impedire la pesca non regolamentata nelle acque d'altura del Mar Glaciale Artico centrale (GU L 238 del 21.9.2018, pag. 1).
Accordo volto a impedire la pesca non regolamentata nelle acque d’altura del Mar Glaciale Artico centrale QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo è volto a impedire la pesca commerciale non regolamentata nella parte di acque d’altura (acque che non si trovano sotto la giurisdizione di alcun paese) del Mar Glaciale Artico centrale tramite l’attuazione di misure precauzionali di conservazione e gestione. La decisione conclude l’accordo a nome dell’Unione europea. PUNTI CHIAVE L’Artico copre la zona intorno al Polo Nord. Comprende il Mar Glaciale Artico e i territori di otto paesi artici: Canada, Danimarca (incluse Groenlandia e le Isole Fær Øer), Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia, Svezia e Stati Uniti. L’accordo è stato firmato da Canada, Cina, Danimarca (per conto delle Isole Fær Øer e della Groenlandia), Unione europea, Islanda, Giappone, Corea del Sud, Norvegia, Russia e Stati Uniti. L’accordo è precauzionale: fino a poco tempo fa, il ghiaccio copriva la parte di acque d’altura del Mar Glaciale Artico centrale per tutto l’anno, rendendo impossibile la pesca in tali acque. Tuttavia, il riscaldamento globale ha ridotto notevolmente l’estensione del ghiaccio e ciò potrebbe in futuro aprire tale zona alla pesca. L’accordo si basa sui principi stabiliti nella convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, nell’accordo per l’attuazione della convenzione delle Nazioni Unite riguardante la conservazione e la gestione degli stock ittici transzonali e delle specie altamente migratorie e nel codice di condotta per la pesca responsabile del 1995.Ambito di applicazioneL’accordo riguarda pesci, molluschi e crostacei, fatta eccezione per quelli appartenenti a specie sedentarie così come definite nella convenzione ONU sul diritto del mare. Le parti concordano di non intraprendere attività di pesca commerciale nella parte di acque d’altura del Mar Glaciale Artico centrale per un periodo iniziale di 16 anni successivo all’entrata in vigore dell’accordo. Tale periodo può essere esteso automaticamente ogni cinque anni, a meno che una parte presenti un’obiezione.Programma comune di ricerca scientifica e monitoraggio L’accordo istituirà un programma comune di ricerca scientifica e monitoraggio volto a migliorare la comprensione degli ecosistemi del Mar Glaciale Artico centrale e, in particolare, a stabilire se in tale zona potrebbero esistere stock ittici atti a essere catturati in modo sostenibile. Misure di conservazione e gestione Le parti possono autorizzare le imbarcazioni registrate nel loro paese a svolgere attività di pesca commerciale solo se rispettano:le misure di conservazione e gestione per la gestione sostenibile degli stock ittici riconosciute a livello internazionale e adottate da una o più organizzazioni o intese regionali o subregionali di gestione della pesca; oppure le misure provvisorie di conservazione e gestione che possono essere definite dalle parti.Revisione e ulteriore attuazioneAlmeno ogni due anni avrà luogo una revisione dell’accordo e delle informazioni scientifiche raccolte attraverso il programma comune. Entro tre anni dall’entrata in vigore dell’accordo saranno stabilite le misure di conservazione e gestione per la pesca sperimentale nella zona. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo entrerà in vigore una volta che tutti i dieci firmatari lo ratificheranno. La decisione è entrata in vigore il 18 marzo 2019. DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo volto a impedire la pesca non regolamentata nelle acque d’altura del Mar Glaciale Artico centrale (GU L 73 del 15.3.2019, pag. 3). Decisione (UE) 2019/407 del Consiglio, del 4 marzo 2019, relativa alla conclusione, a nome dell’Unione europea, di un accordo volto a impedire la pesca non regolamentata nelle acque d’altura del Mar Glaciale Artico centrale (GU L 73 del 15.3.2019, pag. 1).
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32002R0332
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Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri Gazzetta ufficiale n. L 053 del 23/02/2002 pag. 0001 - 0003 Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consigliodel 18 febbraio 2002che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membriIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 308,vista la proposta della Commissione, presentata previa consultazione del Comitato economico e finanziario(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),visto il parere della Banca centrale europea(3),considerando quanto segue:(1) L'articolo 119, paragrafo 1, secondo comma e l'articolo 119, paragrafo 2 del trattato prevedono che, in caso di difficoltà o di grave minaccia di difficoltà nella bilancia dei pagamenti di uno Stato membro, il Consiglio gli conceda un concorso reciproco, in seguito a raccomandazione trasmessagli dalla Commissione previa consultazione del Comitato economico e finanziario. L'articolo 119 non definisce lo strumento d'applicazione del concorso reciproco previsto.(2) È necessario che ad un'operazione di prestito a uno Stato membro si possa procedere in tempo per consentirgli di adottare tempestivamente e in normali condizioni di cambio le misure di politica economica tali da prevenire il manifestarsi di una crisi acuta nella bilancia dei pagamenti e da sostenere i suoi sforzi di convergenza.(3) Ogni operazione di prestito a uno Stato membro dovrebbe essere subordinata all'adozione, da parte del medesimo, di misure di politica economica tali da ristabilire od assicurare una situazione sostenibile della sua bilancia dei pagamenti e commisurate alla gravità e all'evolversi della situazione di questa.(4) È opportuno prevedere in anticipo procedure e strumenti adeguati per consentire alla Comunità e agli Stati membri di fornire in tempi brevi, se necessario, un sostegno finanziario a medio termine, in particolare quando le circostanze richiedono un'azione immediata.(5) Per provvedere al finanziamento del sostegno accordato, la Comunità deve poter utilizzare il suo credito per prendere a prestito fondi da mettere a disposizione, in forma di prestiti, degli Stati membri interessati. Operazioni di questo tipo sono necessarie per conseguire gli obiettivi della Comunità definiti nel trattato, in particolare lo sviluppo armonioso delle attività economiche in tutta la Comunità.(6) A tale scopo è stato istituito dal regolamento (CEE) n. 1969/88 del Consiglio(4) un meccanismo unico di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri.(7) Dal 1o gennaio 1999 gli Stati membri partecipanti al sistema della moneta unica non possono più beneficiare del sostegno finanziario a medio termine. Nondimeno, è opportuno preservare il meccanismo di sostegno finanziario per rispondere non soltanto alle esigenze potenziali degli Stati membri che non hanno adottato l'euro, ma anche alle esigenze dei nuovi Stati membri, sintantoché non abbiano adottato l'euro.(8) L'introduzione della moneta unica ha comportato una consistente riduzione del numero di Stati membri che possono ricorrere al meccanismo in oggetto, il che giustifica una riduzione dell'attuale massimale di 16 miliardi di EUR. Tuttavia, il massimale dei prestiti da concedere andrebbe mantenuto a un livello abbastanza alto da consentire di far fronte in misura adeguata alle esigenze simultanee di più Stati membri. Una riduzione del massimale da 16 a 12 miliardi di EUR sembra di natura tale da rispondere a tali preoccupazioni e da tenere anche in considerazione i futuri allargamenti dell'Unione europea.(9) L'evidente squilibrio tra il numero di paesi potenzialmente beneficiari dei prestiti nella terza fase dell'Unione economica e monetaria e il numero di paesi che possano finanziare tali prestiti rende difficile continuare ad assicurare il finanziamento diretto dei prestiti che vengono concessi da parte dell'insieme degli altri Stati membri. È quindi opportuno che i prestiti siano finanziati esclusivamente ricorrendo al mercato dei capitali o alle istituzioni finanziarie, che hanno raggiunto ormai uno stadio di sviluppo e di maturità tale da consentire la loro disponibilità per simili finanziamenti.(10) Inoltre, sulla scorta dell'esperienza acquisita si dovrebbero precisare le modalità di utilizzo del meccanismo, tenendo conto anche dello sviluppo dei mercati finanziari internazionali nonché delle possibilità e delle costrizioni di ordine tecnico inerenti al ricorso a tali fonti di finanziamento.(11) Spetta al Consiglio decidere sulla concessione di un prestito o di un'adeguata linea di credito, sulla sua durata media, l'importo globale e l'ammontare delle quote successive. È opportuno tuttavia che le modalità di tali quote, la durata e il tipo di tasso d'interesse, siano stabilite di comune accordo fra lo Stato membro beneficiario e la Commissione. Nel caso in cui ritenga che le modalità dei prestiti desiderate dallo Stato membro interessato comportino un finanziamento incompatibile con le costrizioni di ordine tecnico imposte dai mercati dei capitali o dalle istituzioni finanziarie, la Commissione deve essere in grado di proporre per il finanziamento modalità alternative.(12) Per finanziare i prestiti che verranno concessi a norma del presente regolamento, la Commissione dovrebbe essere autorizzata a contrarre prestiti, a nome della Comunità europea, sui mercati dei capitali o presso istituzioni finanziarie.(13) È opportuno adattare di conseguenza il meccanismo di sostegno finanziario istituito dal regolamento (CEE) n. 1969/88. A fini di chiarezza, è opportuno sostituire tale regolamento.(14) Per l'adozione del presente regolamento, che prevede la concessione di prestiti comunitari unicamente mediante ricorso ai mercati dei capitali, escludendo il finanziamento di detti prestiti da parte degli altri Stati membri, il trattato non prevede poteri d'azione diversi da quelli di cui all'articolo 308,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 11. È istituito un meccanismo comunitario di sostegno finanziario a medio termine inteso a consentire la concessione di prestiti ad uno o più Stati membri che si trovino in difficoltà o in grave minaccia di difficoltà nella bilancia dei pagamenti correnti o in quella dei movimenti di capitali. Possono beneficiare di tale meccanismo comunitario soltanto gli Stati membri che non hanno adottato l'euro.L'esposizione creditizia, in conto capitale, dei prestiti che si possono accordare agli Stati membri nell'ambito di tale meccanismo è limitata a 12 miliardi di EUR.2. La Commissione è autorizzata, ai sensi di una decisione che il Consiglio adotterà a norma dell'articolo 3 e previa consultazione del Comitato economico e finanziario, a contrarre prestiti a nome della Comunità europea sui mercati dei capitali o presso istituzioni finanziarie.Articolo 2Quando uno Stato membro che non ha adottato l'euro intende ricorrere a fonti di finanziamento esterne alla Comunità, comportanti condizioni di politica economica, consulta preventivamente la Commissione e gli altri Stati membri per esaminare, fra l'altro, le possibilità offerte dal meccanismo comunitario di sostegno finanziario a medio termine. Tale consultazione avviene in sede di Comitato economico e finanziario, a norma dell'articolo 119 del trattato.Articolo 31. Il meccanismo di sostegno finanziario a medio termine può essere attivato dal Consiglio su iniziativa:a) della Commissione, che agirà a norma dell'articolo 119 del trattato in accordo con lo Stato membro che desidera ricorrere al finanziamento comunitario;b) di uno Stato membro che si trovi in difficoltà o in grave minaccia di difficoltà nella bilancia dei pagamenti correnti o in quella dei movimenti di capitali.2. Il Consiglio, previo esame della situazione dello Stato membro che desidera ricorrere al sostegno finanziario a medio termine e del programma di riassetto o di accompagnamento da esso presentato a sostegno della domanda, decide, di norma nel corso della medesima sessione:a) sulla concessione di un prestito o di un'adeguata linea di credito, sul suo importo e sulla sua durata media;b) sulle condizioni di politica economica alle quali è subordinato il sostegno finanziario a medio termine al fine di ripristinare o di garantire una situazione sostenibile della bilancia dei pagamenti;c) sulle modalità del prestito o della linea di credito il cui versamento o prelievo sarà effettuato in linea di principio in quote successive. La liberazione di ogni quota è subordinata alla verifica dei risultati ottenuti nell'attuazione del programma rispetto agli obiettivi prefissi.Articolo 4In caso d'introduzione o di reintroduzione, nel corso della durata del sostegno finanziario, di restrizioni ai movimenti di capitali a norma dell'articolo 120 del trattato, le condizioni e le modalità del sostegno sono riesaminate a norma dell'articolo 119 del trattato.Articolo 5La Commissione adotta le misure necessarie per accertare a intervalli regolari, in collaborazione con il Comitato economico e finanziario, che la politica economica dello Stato membro beneficiario di un prestito della Comunità risponda al programma di riassetto o di accompagnamento e alle altre eventuali condizioni decise dal Consiglio a norma dell'articolo 3. A tale scopo, lo Stato membro mette a disposizione della Commissione tutte le informazioni necessarie. In funzione dei risultati dell'accertamento e previo parere del Comitato economico e finanziario, la Commissione decide riguardo al versamento delle quote successive.Il Consiglio decide sulle eventuali modifiche da apportare alle condizioni di politica economica stabilite inizialmente.Articolo 6I prestiti accordati a titolo del sostegno finanziario a medio termine possono fungere da consolidamento di un sostegno accordato dalla Banca centrale europea nell'ambito della linea di credito a brevissimo termine.Articolo 71. Le operazioni di assunzione e di corrispondente erogazione di prestiti, di cui all'articolo 1, vengono eseguite in euro. Esse usano la medesima data di valuta e non devono comportare per la Comunità né modifica della scadenza né rischio di tasso d'interesse né qualsiasi altro rischio commerciale.Le modalità delle quote che la Comunità eroga successivamente nell'ambito del meccanismo di sostegno finanziario vengono negoziate fra lo Stato membro e la Commissione. Se la Commissione ritiene che le modalità desiderate dallo Stato membro comportino finanziamenti comunitari incompatibili con le costrizioni di ordine tecnico imposte dai mercati finanziari o tali da compromettere su questi medesimi mercati la reputazione della Comunità in quanto mutuataria, essa ha il diritto di opporre un rifiuto e di proporre una soluzione alternativa.Se uno Stato membro beneficia di un prestito comprendente una clausola di rimborso anticipato e decide di avvalersi di questa facoltà, la Commissione adotta le disposizioni necessarie.2. Su richiesta dello Stato membro debitore e se le circostanze consentono di migliorare il tasso d'interesse sui prestiti, la Commissione può procedere ad un rifinanziamento o ad un riassetto delle condizioni finanziarie relative alla totalità o ad una parte dei prestiti concessi inizialmente.Le operazioni di rifinanziamento o di riassetto vanno effettuate alle condizioni di cui al paragrafo 1 e non devono portare a una proroga della durata media dei prestiti che ne formano oggetto né a un aumento dell'importo del capitale non ancora rimborsato alla data delle suddette operazioni.3. Le spese a cui la Comunità deve far fronte per concludere ed effettuare ogni operazione sono a carico dello Stato membro beneficiario.4. Il Comitato economico e finanziario è informato dello svolgimento delle operazioni di cui al paragrafo 2, primo comma.Articolo 8Il Consiglio adotta le decisioni di cui agli articoli 3 e 5 a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione previa consultazione del Comitato economico e finanziario.Articolo 9La Banca centrale europea adotta le misure necessarie per provvedere alla gestione dei prestiti.I fondi sono versati soltanto ai fini indicati nell'articolo 1.Articolo 10Il Consiglio esamina ogni tre anni, in base a una relazione presentatagli dalla Commissione e previo parere del Comitato economico e finanziario, se il meccanismo istituito continui ad essere adeguato nel suo principio di base, modalità e massimali, alle esigenze che hanno indotto a istituirlo.Articolo 11Il regolamento (CEE) n. 1969/88 è abrogato.Articolo 12Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 18 febbraio 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteJ. Piqué i Camps(1) GU C 180 E del 26.6.2001, pag. 199.(2) Parere espresso il 6 settembre 2001 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU C 151 del 22.5.2001, pag. 18.(4) GU L 178 dell'8.7.1988, pag. 1. Regolamento modificato dall'atto di adesione del 1994.
Sostegno dell’Unione europea ai paesi non appartenenti all’area dell’euro con problemi di deficit della bilancia dei pagamenti SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Prevede aiuti finanziari per i paesi dell’Unione europea (UE) che non hanno adottato l’euro e che affrontano problemi di deficit della bilancia dei pagamenti*. PUNTI CHIAVE Il regolamento stabilisce i requisiti per prestiti a medio termine fino a 50 miliardi di euro ai paesi non appartenenti all’area dell’euro che affrontano difficoltà nella bilancia dei pagamenti. La procedura per concedere il prestito comprende: l’avvio dell’erogazione del prestito da parte della Commissione europea o di un paese dell’UE rilevante e non appartenente all’area dell’euro; la discussione da parte del paese dell’UE con la Commissione riguardo le esigenze finanziarie e la presentazione di un progetto di programma di riassetto; sulla base del programma di riassetto, la decisione da parte del Consiglio dei ministri circa l’opportunità di concedere il prestito, l’importo e la durata; la stesura di un memorandum d’intesa da parte della Commissione e del paese dell’UE, che specifica le condizioni stabilite dal Consiglio. Le caratteristiche del prestito comprendono l’assunzione e la concessione di prestiti in euro e con un rischio minimo per la Commissione. La Banca centrale europea gestisce il prestito per conto dell’UE. Gli interessi del prestito devono essere sostenuti dal paese dell’UE debitore e quest’ultimo è tenuto ad aprire un conto speciale presso la propria banca centrale nazionale per la gestione del prestito. La Corte dei conti europea ha il diritto di eseguire una verifica finanziaria nel paese dell’UE interessato, se lo ritiene necessario ai fini di una corretta gestione del meccanismo di prestito. Ogni tre anni il Consiglio, sulla base di una relazione della Commissione, è tenuto a esaminare se il prestito risponde ancora alle esigenze che ne avevano determinato la concessione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento è entrato in vigore il 24 febbraio 2002. TERMINI CHIAVE * Deficit della bilancia dei pagamenti: si determina quando il valore delle importazioni di un paese è superiore a quello delle esportazioni. ATTO Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1-3) Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 332/2002 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. ATTI COLLEGATI Decisione 2003/797/CE della Banca centrale europea, del 7 novembre 2003, avente ad oggetto la gestione delle operazioni di assunzione di prestiti e delle corrispondenti operazioni di erogazione concluse dalla Comunità europea nell’ambito del meccanismo di sostegno finanziario a medio termine (BCE/2003/14) (GU L 297 del 15.11.2003, pag. 35-36). Si veda la versione consolidata.
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Decisione del Consiglio del 22 luglio 2003 che istituisce un comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro (Testo rilevante ai fini del SEE) Gazzetta ufficiale n. C 218 del 13/09/2003 pag. 0001 - 0004 Decisione del Consigliodel 22 luglio 2003che istituisce un comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro(2003/C 218/01)(Testo rilevante ai fini del SEE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 202,vista la proposta della Commissione, presentata previa consultazione del comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro,considerando quanto segue:(1) La protezione contro gli infortuni e le malattie professionali fa parte degli obiettivi del trattato.(2) La trasformazione profonda dei metodi di produzione in tutti i settori dell'economia e la diffusione di tecniche e materie pericolose hanno fatto sorgere nuovi problemi per quanto concerne la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro.(3) Occorrerebbe prevedere un organismo permanente con il compito di assistere la Commissione nella preparazione e nell'esecuzione delle attività nei settori della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro, nonché di facilitare la cooperazione tra le amministrazioni nazionali e le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro.(4) Con le decisioni dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di consiglio speciale dei ministri adottate durante la 36a e la 42a sessione del Consiglio, tenutesi rispettivamente il 6 settembre 1956 e il 9 e il 10 maggio 1957, è stato creato un organo permanente per la sicurezza nelle miniere di carbon fossile, il cui mandato è stato definito dalla decisione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di consiglio speciale dei ministri del 9 luglio 1957 relativa al mandato e al regolamento interno dell'organo permanente per la sicurezza nelle miniere di carbon fossile(1) e le cui competenze sono state estese in virtù della decisione 74/326/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1974(2).(5) Peraltro, la decisione 74/325/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1974, che istituisce un comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro(3), aveva anch'essa istituito un analogo organismo permanente competente per l'insieme delle attività economiche, ad esclusione delle industrie estrattive e del settore della protezione sanitaria dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti.(6) Gli importanti cambiamenti che si sono verificati nel corso degli ultimi anni nel mondo del lavoro e che hanno interessato la costruzione europea, soprattutto attraverso l'inserimento di un protocollo sociale nel trattato di Amsterdam, nonché le nuove prospettive che si aprono in virtù del processo di allargamento in corso impongono un riesame critico e costruttivo delle esperienze di concertazione e degli organismi costituiti a tal fine nelle Comunità.(7) Nella comunicazione relativa ad un programma comunitario nel settore della sicurezza, dell'igiene e della tutela della salute sul luogo di lavoro (1996-2000), la Commissione aveva sottolineato l'esigenza di una razionalizzazione del funzionamento dei due comitati consultivi, in particolare il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro e l'organo permanente per la sicurezza e la salubrità nelle miniere di carbon fossile e nelle altre industrie estrattive, da conseguire mediante una loro fusione, la riduzione del numero dei membri e la creazione di un segretariato unico.(8) La comunicazione della Commissione "Adattarsi alle trasformazioni del lavoro e della società: una nuova strategia comunitaria per la salute e la sicurezza 2002-2006" constata del resto che l'efficace attuazione del diritto comunitario richiede una stretta cooperazione tra la Commissione e le amministrazioni degli Stati membri e che tale cooperazione potrebbe risultare più efficace e più semplice se i due comitati consultivi venissero fusi in un unico comitato consultivo.(9) Risulta opportuno mantenere la struttura del comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro, apportando nel contempo gli adeguamenti necessari a migliorarne il funzionamento e definendone chiaramente la natura orizzontale delle sue competenze per contemplare tutti i campi di attività pubblici e privati conformemente alla normativa comunitaria sulla salute e la sicurezza sul luogo di lavoro. Risulta altresì opportuno conservare le competenze e l'esperienza acquisita dall'organo permanente per la sicurezza e la salubrità nelle miniere di carbon fossile e nelle altre industrie estrattive, mediante l'istituzione di gruppi di lavoro permanenti a carattere settoriale nell'ambito del citato comitato consultivo.(10) Tale riforma dovrebbe essere inserita in una nuova decisione che istituisca un comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro quale unica istanza consultiva ed abroghi la decisione 74/325/CEE.(11) Dovrebbero inoltre essere abrogate le decisioni relative alla creazione dell'organo permanente per la sicurezza nelle miniere di carbon fossile, la decisione relativa al mandato e al regolamento interno dell'organo permanente per la sicurezza nelle miniere di carbon fossile, e la decisione 74/326/CEE,DECIDE:Articolo 1È istituito un comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro (in seguito denominato "comitato").Articolo 21. Il comitato ha il compito di assistere la Commissione nella preparazione, nell'esecuzione e nella valutazione delle attività nei settori della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro.Tale compito riguarda i settori di attività pubblici e privati.2. In particolare, il comitato ha il compito di:a) procedere, sulla base delle informazioni messe a sua disposizione, a scambi di opinioni e di esperienze riguardo alle regolamentazioni esistenti o prospettate;b) contribuire all'elaborazione di un'impostazione comune dei problemi inerenti ai settori della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro, nonché alla scelta delle priorità comunitarie e delle misure necessarie alla loro realizzazione;c) richiamare l'attenzione della Commissione sui settori in cui appaiano necessarie l'acquisizione di nuove conoscenze e l'attuazione di adeguate azioni di formazione e di ricerca;d) definire, nell'ambito dei programmi di azione comunitaria:- i criteri e gli obiettivi della lotta contro i rischi di infortuni sul lavoro e i pericoli per la salute nell'azienda;- i metodi che consentano alle aziende e al loro personale di valutare e migliorare il livello di protezione;e) contribuire, unitamente all'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, ad informare le amministrazioni nazionali e le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro in merito alle azioni comunitarie, per facilitarne la cooperazione e favorirne le iniziative volte allo scambio delle esperienze acquisite e alla definizione di codici di buona prassi;f) esprimere un parere sulle proposte di iniziative comunitarie che abbiano un impatto sulla sicurezza e sulla salute sul luogo di lavoro;g) esprimere un parere sul programma annuale e sul programma modulato su quattro anni dell'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro.3. Ai fini dello svolgimento di tali compiti il comitato collabora con gli altri comitati competenti in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro, tra l'altro con il comitato degli ispettori del lavoro ad alto livello e il comitato scientifico per i limiti dell'esposizione professionale agli agenti chimici, soprattutto attraverso lo scambio di informazioni.Articolo 31. Il comitato è composto di tre membri titolari per Stato membro; ciascuno Stato membro dispone di un rappresentante delle amministrazioni nazionali, un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei lavoratori ed un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro.2. Per ogni membro titolare possono essere nominati due membri supplenti.Fatto salvo l'articolo 6, paragrafo 3, il membro supplente assiste alle riunioni del comitato soltanto in caso di impedimento del membro titolare che sostituisce.3. I membri titolari e i supplenti sono nominati dal Consiglio. Gli Stati membri, quando presentano l'elenco dei candidati al Consiglio, si adoperano per garantire che la composizione del comitato rispecchi imparzialmente i vari settori economici interessati e la proporzione di uomini e donne nella popolazione attiva.4. L'elenco dei membri titolari e supplenti è pubblicato dal Consiglio, a titolo informativo, nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Articolo 41. La durata del mandato dei membri titolari e dei membri supplenti è di tre anni. Il mandato è rinnovabile.2. Al termine del mandato i membri titolari ed i membri supplenti rimangono in carica sino a quando non si sia provveduto alla loro sostituzione o al rinnovo del loro mandato.3. Il mandato cessa prima del termine del periodo triennale in caso di dimissioni o quando lo Stato membro interessato notifichi che è stato posto fine al mandato.Il membro è sostituito per la restante durata del mandato secondo la procedura di cui all'articolo 3.Articolo 51. All'interno del comitato sono costituiti tre gruppi d'interesse di cui fanno parte rispettivamente i rappresentanti delle amministrazioni nazionali, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori ed i rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro.2. Ciascun gruppo d'interesse designa al proprio interno un portavoce.3. Ciascun gruppo d'interesse designa un coordinatore che partecipa alle riunioni del comitato, dell'ufficio di presidenza e del gruppo d'interesse.4. Per l'organizzazione dei lavori del comitato viene creato un ufficio di presidenza, composto di due rappresentanti della Commissione, nonché del portavoce e del coordinatore di ciascun gruppo d'interesse.Articolo 61. Il comitato è presieduto dal direttore generale della Commissione responsabile della politica sociale o, in caso di impedimento e a titolo eccezionale, da uno dei direttori della medesima direzione generale da lui designato. Il presidente non partecipa al voto.2. Il comitato si riunisce, su convocazione del presidente, per iniziativa di quest'ultimo o su richiesta di almeno un terzo dei membri.3. Il presidente può, di propria iniziativa, invitare al massimo due esperti a partecipare alle riunioni del comitato.Ogni gruppo d'interesse del comitato può farsi assistere al massimo da due esperti, a condizione che il presidente venga informato almeno tre giorni prima della riunione del comitato.4. Il comitato può istituire gruppi di lavoro presieduti da un suo membro o da un membro supplente. Ciascun gruppo di lavoro è composto di quattro esperti per gruppo d'interesse.Nell'ambito del comitato è istituito un gruppo di lavoro permanente, composto da cinque esperti per ogni gruppo di interesse, con il compito di trattare, su base regolare, questioni relative al settore minerario e alle industrie estrattive.I presidenti di questi gruppi presentano i risultati dei propri lavori, sotto forma di relazioni, nel corso di una riunione del comitato.5. I rappresentanti dei servizi interessati della Commissione partecipano alle riunioni del comitato e dei gruppi di lavoro. Il segretariato è assicurato dai servizi della Commissione.6. Alle riunioni del comitato possono assistere in qualità di osservatori:- il direttore dell'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro;- il direttore della Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro;- un rappresentante per ciascun gruppo d'interesse degli Stati membri dello Spazio economico europeo.7. Previo parere motivato dell'ufficio di presidenza il presidente può autorizzare altri osservatori ad assistere alle riunioni del comitato.Articolo 71. Le deliberazioni del comitato sono valide quando sono presenti due terzi dei membri. Solo i membri del comitato partecipano al voto.2. I pareri del comitato devono essere motivati. Essi sono adottati a maggioranza assoluta dei voti validamente espressi. Sono accompagnati da una nota scritta da cui risultino le opinioni formulate dalla minoranza, quando quest'ultima lo richieda.3. Il comitato si dota di procedure decisionali accelerate per le quali si applicano mutatis mutandis le condizioni stabilite nei paragrafi 1 e 2.Articolo 8Su parere della Commissione il comitato adotta il regolamento interno che detta le modalità pratiche del proprio funzionamento, in particolare quelle concernenti le procedure decisionali accelerate e i meccanismi di cooperazione con gli altri comitati competenti in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro, tra l'altro con il comitato degli ispettori del lavoro ad alto livello e il comitato scientifico per i limiti dell'esposizione professionale agli agenti chimici. Il regolamento interno è trasmesso a titolo informativo al Parlamento europeo e al Consiglio; quest'ultimo ha altresì il diritto di avocazione.Articolo 9Fatto salvo l'articolo 287 del trattato, i membri del comitato sono tenuti a non divulgare le informazioni di cui siano venuti a conoscenza attraverso l'attività del comitato o dei gruppi di lavoro, ogniqualvolta la Commissione li informi che il parere richiesto o il quesito posto verte su una materia di carattere riservato. In tal caso, solo i membri del comitato e i rappresentanti della Commissione possono presenziare alle riunioni.Articolo 10Le decisioni relative alla creazione dell'organo permanente per la sicurezza nelle miniere di carbon fossile, adottate durante la 36a e la 42a sessione del Consiglio, tenutesi rispettivamente il 6 settembre 1956 e il 9 e 10 maggio 1957, la decisione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di consiglio speciale dei ministri del 9 luglio 1957, relativa al mandato e al regolamento interno dell'organo permanente per la sicurezza nelle miniere di carbon fossile, e le decisioni 74/325/CEE e 74/326/CEE sono abrogate.Articolo 11La presente decisione entra in vigore il 1o gennaio 2004.Fatto a Bruxelles, addì 22 luglio 2003.Per il ConsiglioIl PresidenteG. Alemanno(1) GU 57 del 31.8.1957, pag. 487. Decisione modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(2) GU L 185 del 9.7.1974, pag. 18. Decisione modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(3) GU L 185 del 9.7.1974, pag. 15. Decisione modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.
Comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro (ACSH) QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Istituisce il comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro, un organo consultivo tripartito, il cui compito è quello di assistere la Commissione europea nella preparazione e attuazione delle decisioni adottate nel campo della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro e di agevolare la cooperazione tra le amministrazioni nazionali, i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro. PUNTI CHIAVE Il comitato, istituito per semplificare il processo di consultazione in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, copre tutti i settori pubblici e privati dell'economia. I suoi compiti principali sono: fornire pareri sulle iniziative dell'Unione europea (EU) in materia di sicurezza e salute (nuova normativa, programmi UE, ecc.); contribuire in modo proattivo a identificare le priorità a livello UE e a definire strategie politiche pertinenti; favorire lo scambio di vedute e di esperienze (interfaccia tra il livello nazionale e UE). Il comitato è composto da tre membri, uno per ciascun paese dell'UE: un rappresentante delle amministrazioni nazionali, un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei lavoratori, un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro, nominati dal Consiglio per un periodo di tre anni. All'interno del comitato sono costituiti tre gruppi d'interesse. Ciascun gruppo d'interesse designa al proprio interno un portavoce e un coordinatore. Il comitato è presieduto dal direttore generale della Commissione responsabile della politica sociale. Si riunisce due volte all'anno in una seduta plenaria. La Commissione (la direzione generale per l'Occupazione, gli affari sociali e l'inclusione) fornisce servizi di segreteria per il comitato. Il modus operandi del comitato è disciplinato dal suo regolamento interno (RI), che il comitato ha adottato il 18 novembre 2004 sulla base di un parere favorevole della Commissione. Il RI definisce inoltre le procedure decisionali da seguire per l'adozione di qualsiasi posizione ufficiale da parte del comitato. Tra le possibili procedure vi sono: la procedura decisionale ordinaria, applicata in occasione delle riunioni plenarie. In questo contesto, un parere o una decisione possono: essere adottati all'unanimità, quando i portavoce dei tre gruppi di interesse sono in completo accordo sulla questione in discussione, essere adottati a maggioranza assoluta dei voti, se non si raggiunge un accordo unanime; la procedura decisionale accelerata, applicata con procedura scritta (è richiesta la maggioranza assoluta). I pareri adottati dal comitato non sono vincolanti per la Commissione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Si applica dal 1o gennaio 2004. CONTESTO Per maggiori informazioni, si veda: «Salute e sicurezza sul lavoro - Comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro» sul sito della Commissione europea. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione del Consiglio del 22 luglio 2003 che istituisce un comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro (2003/C 218/01) (GU C 218 del 13.9.2003, pag. 1–4) DOCUMENTI CORRELATI Parere della Commissione sul progetto di regolamento interno del Comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro (COM(2004) 756 def.del 17.11.2004)
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REGOLAMENTO (UE) N. 651/2012 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 4 luglio 2012 sull’emissione di monete in euro IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 133, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere della Banca centrale europea (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Le conclusioni del Consiglio del 23 novembre 1998 e del 5 novembre 2002 sulle monete da collezione in euro, la raccomandazione 2009/23/CE della Commissione, del 19 dicembre 2008, su orientamenti comuni per l’emissione di monete in euro destinate alla circolazione e loro relativa faccia nazionale (3), avallata dalle conclusioni del Consiglio del 10 febbraio 2009, e la raccomandazione 2010/191/UE della Commissione, del 22 marzo 2010, relativa alla portata e agli effetti del corso legale delle banconote e delle monete in euro (4), raccomandano pratiche circa l’emissione di monete in euro destinate alla circolazione, comprese le monete in euro commemorative, e consultazioni prima della distruzione di monete in euro valide ai fini della circolazione e l’uso delle monete in euro da collezione. (2) La mancanza di disposizioni vincolanti per l’emissione di monete in euro può portare a pratiche differenti da uno Stato membro all’altro e non crea un quadro sufficientemente integrato per la moneta unica. Nell’interesse della trasparenza e della certezza del diritto, è pertanto necessario introdurre regole vincolanti per l’emissione di monete in euro. (3) A norma del regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all’introduzione dell’euro (5), le monete denominate in euro e in cent conformi alle denominazioni e alle specificazioni tecniche stabilite dal Consiglio hanno corso legale in tutti gli Stati membri la cui moneta è l’euro. Le denominazioni e specificazioni tecniche delle monete in euro sono stabilite nel regolamento (CE) n. 975/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, riguardante i valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete metalliche in euro destinate alla circolazione (6). (4) Gli Stati membri la cui moneta è l’euro dovrebbero avere la possibilità di emettere monete commemorative da 2 euro per celebrare eventi specifici, subordinatamente ai limiti sulla tiratura di tali monete stabiliti per anno e per Stato membro emittente. È necessario stabilire dei limiti di volume per l’emissione di monete commemorative in euro al fine di garantire che tali monete restino una percentuale minima del numero totale di monete da 2 euro in circolazione. È opportuno, tuttavia, che tali limiti consentano l’emissione di un volume di monete sufficiente ad assicurare che le monete commemorative in euro possano circolare efficacemente. (5) Sarebbe inoltre opportuno che gli Stati membri la cui moneta è l’euro potessero emettere monete da collezione in euro non destinate alla circolazione e facilmente distinguibili dalle monete destinate alla circolazione. Le monete da collezione in euro dovrebbero avere corso legale soltanto nello Stato membro di emissione e non dovrebbero essere emesse per l’immissione in circolazione. (6) È opportuno che le emissioni di monete da collezione in euro siano computate nel volume di monete da sottoporre all’approvazione della Banca centrale europea su base complessiva piuttosto che per ciascuna singola emissione. (7) L’uso di differenti denominazioni delle monete e banconote in euro, come concepito attualmente, dovrebbe essere periodicamente e attentamente esaminato dalle istituzioni competenti alla luce dei criteri di costo e accettabilità da parte del pubblico. In particolare, la Commissione dovrebbe effettuare una valutazione d’impatto sul proseguimento dell’emissione di monete da 1 e 2 cent. (8) Per evitare che monete in euro valide ai fini della circolazione siano distrutte da uno Stato membro mentre un altro potrebbe averne bisogno, gli Stati membri dovrebbero consultarsi prima di procedere alla distruzione di tali monete, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: 1) «monete destinate alla circolazione»: monete in euro destinate alla circolazione, i cui valori unitari e specificazioni tecniche sono stabiliti nel regolamento (CE) n. 975/98; 2) «monete commemorative»: monete destinate alla circolazione che commemorano un particolare evento, come specificato nell’articolo 1 nonies del regolamento (CE) n. 975/98; 3) «monete da collezione»: monete in euro da collezione che non sono emesse per l’immissione in circolazione. Articolo 2 Tipi di monete in euro 1. Gli Stati membri possono emettere due tipi di monete in euro: monete destinate alla circolazione e monete da collezione. 2. La Commissione effettua una valutazione d’impatto sul proseguimento dell’emissione di monete da 1 e 2 cent. La valutazione di impatto include un’analisi costi/benefici che tiene conto dei costi reali di produzione di tali monete in relazione al loro valore e ai loro vantaggi. Articolo 3 Emissione di monete destinate alla circolazione 1. Le monete destinate alla circolazione sono emesse e immesse in circolazione al loro valore nominale. 2. Una porzione minima, non superiore al 5 % del valore e del volume netto totale cumulato delle monete destinate alla circolazione emesse da uno Stato membro, tenendo conto solo degli anni con un’emissione netta positiva, può essere immessa sul mercato al di sopra del valore nominale a motivo della qualità speciale delle monete, di una confezione speciale o di eventuali servizi aggiuntivi forniti. Articolo 4 Emissione di monete commemorative 1. Ogni anno ciascuno Stato membro la cui moneta è l’euro può emettere soltanto due monete commemorative, salvo qualora: a) le monete commemorative siano emesse congiuntamente da tutti gli Stati membri la cui moneta è l’euro; o b) una moneta commemorativa sia emessa nel caso in cui la carica di capo di Stato è provvisoriamente vacante od occupata ad interim. 2. Il numero totale di monete commemorative immesse in circolazione per ciascuna emissione non supera il più elevato tra i due massimali seguenti: a) lo 0,1 % del numero netto totale cumulato di monete da 2 euro messe in circolazione da tutti gli Stati membri la cui moneta è l’euro fino all’inizio dell’anno precedente l’anno di emissione della moneta commemorativa. Tale massimale può essere innalzato al 2,0 % del numero netto totale cumulato di monete da 2 euro circolanti in tutti gli Stati membri la cui moneta è l’euro se è commemorato un evento ampiamente riconosciuto ed altamente simbolico, nel qual caso lo Stato membro emittente si astiene dall’effettuare un’altra emissione di monete commemorative utilizzando il massimale più elevato durante i quattro anni successivi e motiva la scelta del massimale più elevato; o b) il 5,0 % del numero netto totale cumulato di monete da 2 euro immesse in circolazione dallo Stato membro interessato fino all’inizio dell’anno precedente l’anno di emissione della moneta commemorativa. 3. La decisione relativa all’emissione di monete commemorative con un disegno comune emesse congiuntamente da tutti gli Stati membri la cui moneta è l’euro è adottata dal Consiglio. I diritti di voto degli Stati membri la cui moneta non è l’euro sono sospesi per l’adozione di tale decisione. Articolo 5 Emissione di monete da collezione 1. Le monete da collezione hanno corso legale soltanto nello Stato membro emittente. L’identità dello Stato membro emittente è chiaramente e facilmente riconoscibile sulla moneta. 2. Per differenziarsi facilmente dalle monete destinate alla circolazione, le monete da collezione rispettano tutti i seguenti criteri: a) il loro valore nominale deve essere diverso da quello delle monete destinate alla circolazione; b) le loro immagini non devono essere simili alle facce comuni delle monete destinate alla circolazione e, se la loro immagine è simile a quella figurante su una faccia nazionale delle monete destinate alla circolazione, il loro aspetto complessivo deve comunque poter essere agevolmente distinto; c) il loro colore, diametro e peso devono essere significativamente diversi da quelli delle monete destinate alla circolazione, quanto meno per due delle tre predette caratteristiche; la differenza è ritenuta significativa se i valori, incluse le tolleranze, non rientrano nei limiti di tolleranza fissati per le monete destinate alla circolazione; e d) non devono avere una godronatura o «Fiore spagnolo». 3. Le monete da collezione possono essere immesse sul mercato a un valore uguale o superiore al loro valore nominale. 4. Le emissioni di monete da collezione sono computate nel volume di conio da sottoporre all’approvazione della Banca centrale europea su base complessiva. 5. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per scoraggiare l’uso delle monete da collezione come strumento di pagamento. Articolo 6 Consultazione prima della distruzione di monete destinate alla circolazione Prima di distruggere le monete destinate alla circolazione che non sono monete in euro non adatte alla circolazione ai sensi dell’articolo 2, lettera b), del regolamento (UE) n. 1210/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2010, relativo all’autenticazione delle monete in euro e al trattamento delle monete non adatte alla circolazione (7), gli Stati membri si consultano tramite il sottocomitato competente del Comitato economico e finanziario e informano i direttori delle zecche degli Stati membri la cui moneta è l’euro. Articolo 7 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri conformemente ai trattati. Fatto a Strasburgo, il 4 luglio 2012 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente A. D. MAVROYIANNIS (1) GU C 273 del 16.9.2011, pag. 2. (2) Posizione del Parlamento europeo del 22 maggio 2012 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 26 giugno 2012. (3) GU L 9 del 14.1.2009, pag. 52. (4) GU L 83 del 30.3.2010, pag. 70. (5) GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 1. (6) GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 6. (7) GU L 339 del 22.12.2010, pag. 1.
Emissione di monete in euro QUAL È LO SCOPO DEI REGOLAMENTI? Il regolamento (UE) n. 651/2012 definisce i tipi di monete in euro e stabilisce le condizioni da rispettare all’atto dell’emissione di monete. Il regolamento (UE) n. 729/2014 fissa i requisiti tecnici delle monete in euro e prevede norme generali riguardanti il loro disegno, compresa l’approvazione dello stesso. PUNTI CHIAVE Il regolamento (UE) n. 651/2012 afferma che: i governi dei paesi della zona euro (paesi la cui valuta è l’euro) possono emettere monete destinate alla circolazione* e monete da collezione*; le monete destinate alla circolazione sono emesse al loro valore nominale, tranne una porzione minima, non superiore al 5 %, che può essere immessa sul mercato a un prezzo superiore a motivo della qualità speciale delle monete o di una confezione speciale; le monete commemorative* nazionali possono essere emesse solo due volte all’anno (a meno che il disegno non sia comune a tutti i paesi della zona euro); il numero totale di tali monete emesse non deve superare il più elevato tra due massimali possibili, calcolati in base alla percentuale di tutte le monete da 2 euro in circolazione; le monete da collezione hanno corso legale* soltanto nel paese della zona euro emittente; devono essere chiaramente distinguibili dalle monete destinate alla circolazione per quanto riguarda il valore nominale, le immagini e due delle seguenti caratteristiche: colore, diametro e peso; i governi dei paesi della zona euro devono consultarsi prima di distruggere le monete in euro danneggiate; la Commissione effettua una valutazione d’impatto volta ad analizzare i costi di produzione reali delle monete da 1 e 2 cent rispetto al loro valore e benefici. Il regolamento (UE) n. 729/2014 afferma ulteriormente che: ci sono otto monete in euro (1, 2, 5, 10, 20 e 50 cent e 1 e 2 euro); ciascuna moneta presenta una faccia nazionale distintiva e una faccia comune europea; la faccia nazionale: deve riportare una corona di dodici stelle che circonda completamente il disegno nazionale; deve rimanere invariata per quindici anni, a meno che non cambi il capo di Stato del paese; non deve mostrare il valore della moneta, a meno che non usi un alfabeto diverso; deve essere pienamente conforme al regolamento entro il 20 giugno 2062; le monete commemorative devono: presentare unicamente un valore nominale di 2 euro; presentare un disegno nazionale diverso dalle normali* monete metalliche da 2 euro; commemorare unicamente eventi di notevole rilevanza nazionale o europea; commemorare eventi di altissima rilevanza europea, se coniate congiuntamente in tutta la zona euro; i paesi della zona euro si informano a vicenda e informano la Commissione di eventuali modifiche proposte ai rispettivi disegni nazionali e li sottopongono a una procedura di approvazione. Ciò consente obiezioni da parte di un governo che ritenga che il disegno turberebbe i propri cittadini; della Commissione, qualora ritenga che il disegno non rispetti i requisiti tecnici previsti dalla normativa. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO I REGOLAMENTI? Il regolamento (UE) n. 651/2012 si applica dal 16 agosto 2012. Il regolamento (UE) n. 729/2014 consolida le norme precedenti riguardanti le monete, stabilite al momento dell’introduzione dell’euro nel 2002 dal regolamento (CE) n. 975/98 e dalle modifiche successive. Si applica dal 22 luglio 2014. Entrambi i regolamenti hanno incorporato gli elementi della raccomandazione 2009/23/CE della Commissione su orientamenti comuni per l’emissione di monete in euro destinate alla circolazione e loro relativa faccia nazionale. CONTESTO Le monete in euro sono entrate nell’uso generale nel 2002. Gli otto valori unitari variano per dimensione, colore e spessore a seconda del valore; le monete sono disegnate in modo tale da rendere eventuali riproduzioni illegali estremamente difficoltose. Per ulteriori informazioni, si veda: «Banconote e monete in euro» (Commissione europea). * TERMINI CHIAVE Monete destinate alla circolazione: monete destinate all’uso pubblico generale che hanno corso legale in tutti i paesi della zona euro. Monete da collezione: monete non destinate alla circolazione, che hanno corso legale solo nel paese della zona euro dove sono emesse. Monete commemorative: monete da 2 euro destinate alla circolazione che commemorano un particolare evento di rilevanza nazionale o europea. Corso legale: monete o banconote che devono essere accettate in un paese qualora utilizzate come forma di pagamento di un debito. Normali monete metalliche: monete destinate alla circolazione diverse dalle monete commemorative. DOCUMENTI PRINCIPALI Regolamento (UE) n. 651/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sull’emissione di monete in euro (GU L 201 del 27.7.2012, pagg. 135-137) Regolamento (UE) n. 729/2014 del Consiglio, del 24 giugno 2014, riguardante i valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete metalliche in euro destinate alla circolazione (GU L 194 del 2.7.2014, pagg. 1-7)
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DIRETTIVA (UE) 2015/2203 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 25 novembre 2015 sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle caseine e ai caseinati destinati all'alimentazione umana e che abroga la direttiva 83/417/CEE del Consiglio IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 114, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) La direttiva 83/417/CEE (3) del Consiglio prevede il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative a talune lattoproteine (caseine e caseinati) destinate all'alimentazione umana. Dall'entrata in vigore della direttiva sono intervenuti vari cambiamenti, in particolare lo sviluppo di un ampio quadro normativo nel settore del diritto alimentare e l'adozione di una norma internazionale relativa ai prodotti alimentari a base di caseina da parte della Commissione del Codex Alimentarius («norma del Codex relativa ai prodotti alimentari a base di caseina»), di cui occorre tenere conto. (2) La direttiva 83/417/CEE conferisce alla Commissione competenze di esecuzione in relazione ad alcune sue disposizioni. A seguito dell'entrata in vigore del trattato di Lisbona, è necessario adeguare tali competenze all'articolo 290 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea («TFUE»). (3) Per ragioni di chiarezza è opportuno pertanto abrogare la direttiva 83/417/CEE e sostituirla con una nuova. (4) Il regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (4) contiene norme generali, orizzontali e uniformi sull'adozione di misure urgenti per alimenti e mangimi. Le disposizioni corrispondenti della direttiva 83/417/CEE non sono pertanto più necessarie. (5) Il regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (5) contiene norme generali, orizzontali e uniformi sulle modalità di prelievo dei campioni e sui metodi d'analisi dei prodotti alimentari. Le disposizioni corrispondenti della direttiva 83/417/CEE non sono pertanto più necessarie. (6) A norma del regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (6), nelle relazioni tra imprese devono essere fornite informazioni sufficienti in modo da garantire che ai consumatori finali giungano informazioni accurate sugli alimenti. Poiché i prodotti disciplinati dalla presente direttiva sono destinati alla vendita tra imprese, per la preparazione degli alimenti, è opportuno mantenere e adeguare al quadro normativo vigente le norme specifiche già incluse nella direttiva 83/417/CEE e semplificarle. Tali norme specifiche dovrebbero prevedere la comunicazione di informazioni sui prodotti contemplati dalla presente direttiva nelle relazioni tra imprese, da un lato, per rendere accessibili agli operatori del settore alimentare i dati necessari per l'etichettatura dei prodotti finiti, ad esempio per quanto riguarda gli allergeni e, dall'altro lato, per evitare che tali prodotti possano essere confusi con altri prodotti analoghi non destinati o non adatti all'alimentazione umana. (7) Il regolamento (CE) n. 1333/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio (7) contiene una definizione di additivi alimentari e di coadiuvanti tecnologici, definiti unicamente come «coadiuvanti tecnologici» nella direttiva 83/417/CEE. Di conseguenza, nella presente direttiva è opportuno usare i termini «additivi alimentari» e «coadiuvanti tecnologici», invece di utilizzare unicamente i termini «coadiuvanti tecnologici». Tale scelta terminologica sarebbe peraltro in linea con la norma del Codex relativa ai prodotti a base di caseina alimentare. (8) È opportuno adattare altri termini e riferimenti usati negli allegati della direttiva 83/417/CEE al fine di tener conto della terminologia del regolamento (CE) n. 1332/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio (8) e del regolamento (CE) n. 1333/2008. (9) L'allegato I della direttiva 83/417/CEE fissa il tenore massimo di umidità della caseina alimentare al 10 % e il tenore massimo di grassi del latte della caseina acida alimentare al 2,25 %. Dato che la norma del Codex 290–1995 relativa ai prodotti a base di caseina alimentare fissa i suddetti parametri rispettivamente al 12 % e al 2 %, è opportuno allineare la direttiva a tali valori in modo da evitare distorsioni degli scambi. (10) Al fine di adeguare o aggiornare rapidamente gli elementi tecnici contenuti negli allegati della presente direttiva per tenere conto dell'evoluzione della normazione internazionale o del progresso tecnico, dovrebbe essere delegato alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all'articolo 290 TFUE riguardo alle norme applicabili alle caseine e ai caseinati alimentari di cui agli allegati I e II. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti. Nella preparazione e nell'elaborazione degli atti delegati la Commissione dovrebbe provvedere alla contestuale, tempestiva e appropriata trasmissione dei documenti pertinenti al Parlamento europeo e al Consiglio. (11) Poiché gli obiettivi della presente direttiva, vale a dire facilitare, attraverso il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri, la libera circolazione delle caseine e dei caseinati destinati all'alimentazione umana, garantendo nel contempo un elevato livello di tutela della salute, nonché allineare le disposizioni vigenti alla legislazione generale dell'Unione in materia di alimenti e alle norme internazionali, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma. a motivo della loro portata e dei loro effetti, possono essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Ambito di applicazione La presente direttiva si applica alle caseine e ai caseinati destinati all'alimentazione umana e alle loro miscele. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni: a) «caseina acida alimentare»: il prodotto del latte ottenuto mediante separazione, lavaggio ed essiccatura del coagulo acido precipitato del latte scremato e/o di altri prodotti ottenuti dal latte; b) «caseina presamica alimentare»: il prodotto del latte ottenuto mediante separazione, lavaggio ed essiccatura del coagulo del latte scremato e/o di altri prodotti ottenuti dal latte; il coagulo è ottenuto dalla reazione del presame o di altri enzimi coagulanti; c) «caseinati alimentari»: i prodotti del latte ottenuti dall'azione della caseina alimentare o dal coagulo della cagliata della caseina alimentare con agenti neutralizzanti, seguita da essiccatura. Articolo 3 Obblighi degli Stati membri Gli Stati membri adottano tutte le disposizioni utili: a) affinché i prodotti di cui all'articolo 2 siano commercializzati con le denominazioni ivi specificate soltanto se rispondono alle disposizioni della presente direttiva e alle norme dei relativi allegati I e II; e b) affinché le caseine e i caseinati che non soddisfano le norme stabilite nell'allegato I, sezione I, lettere b) e c), nell'allegato I, sezione II, lettere b) e c), o nell'allegato II, lettere b) e c), non siano utilizzati per la preparazione di alimenti e, ove legalmente commercializzati per altri usi, siano denominati ed etichettati in modo da non indurre l'acquirente in errore sulla loro natura, qualità ed uso al quale sono destinati. Articolo 4 Etichettatura 1. Le seguenti indicazioni figurano sugli imballaggi, recipienti o etichette dei prodotti lattiero-caseari definiti all'articolo 2, in caratteri ben visibili, chiaramente leggibili ed indelebili: a) la denominazione fissata per i prodotti lattiero-caseari ai sensi dell'articolo 2, lettere a), b) e c), con un'indicazione, per i caseinati alimentari, del o dei cationi elencati all'allegato II, lettera d); b) per i prodotti commercializzati in miscele: i) la dicitura «miscela di …» seguita dall'indicazione dei vari prodotti di cui la miscela è composta, in ordine ponderale decrescente, ii) per i caseinati alimentari, un'indicazione del catione o dei cationi elencati all'allegato II, lettera d), iii) il tenore di proteine per le miscele contenenti caseinati alimentari; c) la quantità netta dei prodotti espressa in chilogrammi o in grammi; d) il nome o la ragione sociale e l'indirizzo dell'operatore del settore alimentare con il cui nome o con la cui ragione sociale è commercializzato il prodotto o, se tale operatore del settore alimentare non è stabilito nell'Unione, dell'importatore nel mercato dell'Unione; e) per i prodotti importati dai paesi terzi, l'indicazione del paese d'origine; f) l'identificazione della partita dei prodotti o la data di produzione. In deroga al primo comma, le indicazioni di cui alla lettera b), punto iii), e al primo comma, lettere c), d) ed e), possono figurare anche solo in un documento di accompagnamento. 2. Uno Stato membro vieta nel suo territorio il commercio dei prodotti lattiero-caseari definiti all'articolo 2, lettere a), b) e c), se le indicazioni di cui al primo comma del paragrafo 1 del presente articolo non figurano in una lingua facilmente compresa dagli acquirenti dello Stato membro in cui i prodotti sono commercializzati, a meno che tale informazione sia fornita dall'operatore del settore alimentare con altri mezzi. Le suddette indicazioni possono figurare in varie lingue. 3. Qualora il tenore minimo di proteine del latte stabilito all'allegato I, sezione I, lettera a), punto 2, all'allegato I, sezione II, lettera a), punto 2, e all'allegato II, lettera a), punto 2, risulti superato nei prodotti lattiero-caseari definiti all'articolo 2, ciò può, fatte salve altre disposizioni previste dal diritto dell'Unione, essere indicato in modo adeguato sugli imballaggi, i recipienti o le etichette dei prodotti. Articolo 5 Delega di potere Per tener conto dell'evoluzione delle norme internazionali applicabili e del progresso tecnico, alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 6, al fine di modificare le norme stabilite agli allegati I e II. Articolo 6 Esercizio della delega 1. Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo. È di particolare importanza che la Commissione segua la sua prassi abituale e svolga consultazioni con esperti, compresi quelli degli Stati membri, prima di adottare gli atti delegati di cui all'articolo 5. 2. Il potere di adottare atti delegati di cui all'articolo 5 è conferito alla Commissione per un periodo di cinque anni a decorrere dal 21 dicembre 2015. La Commissione elabora una relazione sulla delega di potere al più tardi nove mesi prima della scadenza del periodo di cinque anni. La delega di potere è tacitamente prorogata per periodi di identica durata, a meno che il Parlamento europeo o il Consiglio non si oppongano a tale proroga al più tardi tre mesi prima della scadenza di ciascun periodo. 3. La delega di potere di cui all'articolo 5 può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore. 4. Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio. 5. L'atto delegato adottato ai sensi dell'articolo 5 entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di due mesi dalla data in cui esso è stato loro notificato o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di due mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio. Articolo 7 Recepimento 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 22 dicembre 2016. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 8 Abrogazione La direttiva 83/417/CEE è abrogata con effetto a decorrere dal 22 dicembre 2016. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e vanno letti secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato III. Articolo 9 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 10 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, il 25 novembre 2015 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente N. SCHMIT (1) GU C 424 del 26.11.2014, pag. 72. (2) Posizione del Parlamento europeo del 7 ottobre 2015 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 10 novembre 2015. (3) Direttiva 83/417/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1983, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative a talune lattoproteine (caseine e caseinati) destinate all'alimentazione umana (GU L 237 del 26.8.1983, pag. 25). (4) Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU L 31 dell'1.2.2002, pag. 1). (5) Regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (GU L 165 del 30.4.2004, pag. 1). (6) Regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, che modifica i regolamenti (CE) n. 1924/2006 e (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga la direttiva 87/250/CEE della Commissione, la direttiva 90/496/CEE del Consiglio, la direttiva 1999/10/CE della Commissione, la direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 2002/67/CE e 2008/5/CE della Commissione e il regolamento (CE) n. 608/2004 della Commissione (GU L 304 del 22.11.2011, pag. 18). (7) Regolamento (CE) n. 1333/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo agli additivi alimentari (GU L 354 del 31.12.2008, pag. 16). (8) Regolamento (CE) n. 1332/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo agli enzimi alimentari e che modifica la direttiva 83/417/CEE del Consiglio, il regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio, la direttiva 2000/13/CE, la direttiva 2001/112/CE del Consiglio e il regolamento (CE) n. 258/97 (GU L 354 del 31.12.2008, pag. 7). ALLEGATO I CASEINE ALIMENTARI I. NORME APPLICABILI ALLE CASEINE ACIDE ALIMENTARI a) Fattori essenziali di composizione 1. Tenore massimo di umidità 12 % m/m 2. Tenore minimo di proteine del latte, calcolato su estratto secco 90 % m/m di cui tenore minimo di caseine 95 % m/m 3. Tenore massimo di grassi del latte 2 % m/m 4. Acidità massima titolabile espressa in ml di soluzione di soda decinormale per grammo non superiore a 0,27 5. Tenore massimo di ceneri (P2O5 compreso) 2,5 % m/m 6. Tenore massimo di lattosio anidro 1 % m/m 7. Tenore massimo di sedimenti (particelle combuste) 22,5 mg in 25 g b) Contaminanti Tenore massimo di piombo 0,75 mg/kg c) Impurezze Materie estranee (quali particelle di legno o di metallo, peli o frammenti d'insetti) nulla in 25 g d) Coadiuvanti tecnologici, colture batteriche e ingredienti autorizzati 1. Acidi — Acido lattico — Acido cloridrico — Acido solforico — Acido citrico — Acido acetico — Acido ortofosforico 2. Colture batteriche che producono acido lattico 3. Siero di latte e) Caratteristiche organolettiche 1. : Odore : assenza di odori estranei. 2. : Aspetto : colore variante dal bianco al bianco crema; il prodotto dev'essere esente da piccoli grumi resistenti a una leggera pressione. II. NORME APPLICABILI ALLE CASEINE PRESAMICHE ALIMENTARI a) Fattori essenziali di composizione 1. Tenore massimo di umidità 12 % m/m 2. Tenore minimo di proteine del latte, calcolato su estratto secco 84 % m/m di cui tenore minimo di caseine 95 % m/m 3. Tenore massimo di grassi del latte 2 % m/m 4. Tenore massimo di ceneri (P2O5 compreso) 7,5 % m/m 5. Tenore massimo di lattosio anidro 1 % m/m 6. Tenore massimo di sedimenti (particelle combuste) 15 mg in 25 g b) Contaminanti Tenore massimo di piombo 0,75 mg/kg c) Impurezze Materie estranee (quali particelle di legno o di metallo, peli o frammenti d'insetti) nulla in 25 g d) Coadiuvanti tecnologici — Presame rispondente ai requisiti di cui al regolamento (CE) n. 1332/2008; — altri enzimi coagulanti del latte rispondenti ai requisiti di cui al regolamento (CE) n. 1332/2008. e) Caratteristiche organolettiche 1. : Odore : assenza di odori estranei. 2. : Aspetto : colore variante dal bianco al bianco crema; il prodotto dev'essere esente da piccoli grumi resistenti a una leggera pressione. ALLEGATO II CASEINATI ALIMENTARI NORME APPLICABILI AI CASEINATI ALIMENTARI a) Fattori essenziali di composizione 1. Tenore massimo di umidità 8 % m/m 2. Tenore minimo di proteine del latte, calcolato su estratto secco 88 % m/m di cui tenore minimo di caseine 95 % m/m 3. Tenore massimo di grassi del latte 2 % m/m 4. Tenore massimo di lattosio anidro 1 % m/m 5. pH da 6,0 a 8,0 6. Tenore massimo di sedimenti (particelle combuste) 22,5 mg in 25 g b) Contaminanti Tenore massimo di piombo 0,75 mg/kg c) Impurezze Materie estranee (quali particelle di legno o di metallo, peli o frammenti d'insetti) nulla in 25 g d) Additivi alimentari(agenti neutralizzanti e tamponi opzionali) idrossidi carbonati fosfati citrati di sodio potassio calcio ammonio magnesio e) Caratteristiche 1. : Odore : leggerissimi aromi e odori estranei. 2. : Aspetto : colore variante dal bianco al bianco crema; il prodotto dev'essere esente da piccoli grumi resistenti a una leggera pressione 3. : Solubilità : quasi completamente solubile in acqua distillata ad eccezione del caseinato di calcio. ALLEGATO III TAVOLA DI CONCORDANZA Direttiva 83/417/CEE del Consiglio Presente direttiva Articolo 1 Articoli 1 e 2 Articolo 2 Articolo 3 Articolo 3 Articolo 3 Articolo 4, paragrafo 1 Articolo 4, primo comma Articolo 4, paragrafo 2, primo comma Articolo 4, paragrafo 2 Articolo 4, paragrafo 2, secondo comma Articolo 4, paragrafo 1, secondo comma Articolo 5 — Articolo 6, paragrafo 1 — Articolo 6, paragrafo 2 — Articolo 7 — Articolo 8 — Articolo 9 — Articolo 10 — Articolo 11 — — Articolo 5 — Articolo 6 Articolo 12 Articolo 7 — Articolo 8 — Articolo 9 Articolo 13 Articolo 10 Allegato I, sezione I Articolo 2, lettere a) e b) Allegato I, sezione II Allegato I, sezione I Allegato I, sezione III Allegato I, sezione II Allegato II, sezione I Articolo 2, lettera c) Allegato II, sezione II Allegato II — Allegato III
Proteine del latte sicure per l'alimentazione umana SINTESI CHE COSA FA LA DIRETTIVA? Aggiorna e semplifica le norme per l’etichettatura della caseina, se destinata all’alimentazione umana. La direttiva fornisce agli operatori del settore alimentare le informazioni necessarie per etichettare correttamente i prodotti destinati ai consumatori, in modo da aiutarli a identificare gli allergeni nel cibo. PUNTI CHIAVE La caseina, insieme al siero di latte, è una delle principali proteine presenti nel latte. È utilizzata nella produzione casearia, come prodotto di affinamento per chiarificare il vino e come integratore alimentare. Le caseine interessate dalla direttiva sono: la caseina acida alimentare ottenuta mediante lavaggio ed essiccatura dei solidi del latte scremato in seguito a un processo di separazione dell’acido; la caseina presamica alimentare: ottenuta mediante lavaggio ed essiccatura dei solidi del latte scremato in seguito ad un processo di separazione che utilizza il caglio, una sostanza naturale prodotta nello stomaco dei bovini; i caseinati alimentari: ottenuti dopo l’aggiunta di un agente neutralizzante alla caseina (che modifica il livello di acidità), seguita da essiccatura. L’idrossido di potassio è uno di questi agenti e viene utilizzato per rendere la proteina più solubile nella chiarificazione del vino. Etichettatura Il nome del prodotto di latte (caseina o caseinati) deve essere apposto su tutti gli imballaggi. Nel caso di miscele, deve essere utilizzata la seguente dicitura: «miscela di …» seguita dall’elenco dei prodotti in ordine ponderale decrescente. Per i caseinati alimentari, deve essere fornito il nome dell’agente neutralizzante o di qualsiasi altro agente utilizzato. L’etichetta deve inoltre indicare: il tenore di proteine per le miscele contenenti caseinati alimentari; la quantità netta; il nome e l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare o l’importatore se la provenienza del prodotto è esterna all’Unione europea (UE); il paese di origine se al di fuori dell’UE; l’identificazione della partita dei prodotti o la data di produzione. Queste informazioni possono in alternativa figurare anche solo in un documento di accompagnamento. Un paese dell’UE deve vietare il commercio dei prodotti lattiero-caseari, se le indicazioni non figurano in una lingua facilmente compresa dagli acquirenti in tale paese. Norme Gli allegati alla direttiva stabiliscono le norme per le caseine e i caseinati, come il tenore minimo di proteine. Se il tenore minimo di proteine del latte viene superato, questo può essere apposto sugli imballaggi. Gli allegati riportano anche l’elenco delle sostanze e degli additivi ammessi nella lavorazione della caseina, inclusi gli agenti utilizzati per la produzione di caseinati. Abrogazione La direttiva abroga la direttiva 83/417/CEE con effetto dal 22 dicembre 2016. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Si applica dal 21 dicembre 2015. I paesi dell’UE devono integrarla nel proprio diritto nazionale entro il 22 dicembre 2016. ATTO Direttiva (UE) 2015/2203 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle caseine e ai caseinati destinati all’alimentazione umana e che abroga la direttiva 83/417/CEE del Consiglio (GU L 314 dell’1.12.2015, pagg. 1-9)
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Direttiva 78/142/CEE del Consiglio, del 30 gennaio 1978, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri concernenti i materiali e gli oggetti contenenti cloruro di vinile monomero destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari Gazzetta ufficiale n. L 044 del 15/02/1978 pag. 0015 - 0017 edizione speciale finlandese: capitolo 13 tomo 8 pag. 0044 edizione speciale greca: capitolo 03 tomo 20 pag. 0087 edizione speciale svedese/ capitolo 13 tomo 8 pag. 0044 edizione speciale spagnola: capitolo 13 tomo 8 pag. 0091 edizione speciale portoghese: capitolo 13 tomo 8 pag. 0091 ++++DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 30 gennaio 1978 relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti i materiali e gli oggetti contenenti cloruro di vinile monomero destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari ( 78/142/CEE ) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITA EUROPEE , visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea , in particolare l ' articolo 100 , vista la direttiva 76/893/CEE del Consiglio , del 23 novembre 1976 , relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti i materiali e gli oggetti destinati a venire in contatto con i prodotti alimentari ( 1 ) , in particolare l ' articolo 3 , vista la proposta della Commissione , visto il parere del Parlamento europeo ( 2 ) , visto il parere del Comitato economico e sociale ( 3 ) , considerando che l ' articolo 2 della direttiva 76/893/CEE stabilisce che i materiali e gli oggetti non devono cedere ai prodotti alimentari costituenti in quantità tale da rappresentare un pericolo per la salute umana ; considerando che l ' articolo 3 della stessa direttiva prevede che il Consiglio , in conformità della procedura dell ' articolo 100 del trattato , adotti mediante direttiva le disposizioni specifiche applicabili a taluni gruppi di materiali e oggetti ( direttive specifiche ) ; che tali disposizioni possono comportare in particolare dei limiti specifici di migrazione di taluni costituenti nei o sui prodotti alimentari nonché altre norme intese a garantire l ' osservanza delle disposizioni dell ' articolo 2 di detta direttiva ; considerando che è stato constatato che l ' ingestione di dosi elevate di cloruro monomero produce effetti nocivi sugli animali sottoposti ad esperimenti e che tali effetti possono prodursi anche nell ' uomo ; considerando che il comitato scientifico dell ' alimentazione umana ha espresso l ' opinione che sareb necessario ridurre quanto più possibile la presenza del cloruro di vinile monomero nel cloruro di polivinile e nei relativi polimeri ed ha al tempo stesso raccomandato che la presenza del cloruro di vinile monomero nei prodotti alimentari e nell ' acqua potabile non dovrebbe essere rivelata da un metodo applicabile in modo generale alla maggior parte dei prodotti alimentari e dalla maggior parte dei laboratori di controllo ; considerando che ulteriori ricerche sul cloruro di vinile monomero sono attualmente in corso ma che fino a quando non sarrano noti i loro risultati l ' ingestione di cloruro di vinile dovrebbe essere limitata a titolo precauzionale ; considerando che , per raggiungere tale obiettivo , lo strumento adeguato è rappresentato da una direttiva specifica ai sensi dell ' articolo 3 della direttiva 76/893/CEE , le cui norme generali diventano applicabili anche al caso di cui trattasi ; considerando tuttavia che la presente direttiva non tocca tutti gli aspetti dei materiali ed oggetti preparati a base di polimeri o di copolimeri di cloruro di vinile e che occorre pertanto autorizzare gli Stati membri a non imporre le indicazioni di etichettature fissate all ' articolo 7 dell direttiva 76/893/CEE conformemente alle possibilità previste ai paragrafi 4 e 5 di tale articolo , HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA : Articolo 1 1 . La presente direttiva è una direttiva specifica ai sensi dell ' articolo 3 della direttiva 76/893/CEE . 2 . La presente direttiva concerne la presenza e l ' eventuale cessione di cloruro di vinile monomero nei e da parte dei materiali e oggetti preparati a base di polimeri o di copolimeri di cloruro di vinile , qui di seguito denominati " materiali ed oggetti " , che , allo stato di prodotti finiti , sono destinati a essere messi a contatto con i prodotti alimentari o sono messi a contatto con i medesimi conformemente alla loro destinazione . Articolo 2 1 . I materiali e gli oggetti non devono contenere cloruro di vinile monomero in quantità superiore a quella fissata nell ' allegato I . 2 . I materiali e gli oggetti non devono cedere ai prodotti alimentari che sono stati o sono messi a contatto con detti materiali e oggetti cloruro di vinile rivelabile con il metodo che risponde a criteri stabiliti nell ' allegat II . Articolo 3 Il metodo di analisi necessario per il controllo dell ' osservanza delle disposizioni di cui all ' articolo 2 adottato secondo la procedura prevista all ' articolo 10 dell direttiva 76/893/CEE e risponde ai criteri stabiliti nell ' allegato II . Articolo 4 Il Consiglio riesamina le disposizioni della presente direttiva sulla base di relazioni della Commissione , elaborate in funzione delle cognizioni scientifiche e tecniche di cui si potrà disporre dopo l ' adozione della direttiva , ed eventualmente corredate da adeguate proposte . La prima relazione della Commissione viene trasmessa al Consiglio non oltre il 1 * gennaio 1979 . Articolo 5 La presente direttiva non pregiudica le disposizioni nazionali concernenti le altre possibili norme previste dall ' articolo 3 della direttiva 76/893/CEE , né la discrezionalità lasciata agli Stati membri ai sensi dell ' articolo 7 , paragrafi 4 e 5 della stessa direttiva . Articolo 6 1 . Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative , regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 26 novembre 1979 . Essi ne informano immediatamente la Commissione . 2 . Uno Stato membro puo tuttavia rinviare l ' esecuzione dell ' articolo 2 , paragrafo 2 e dell ' allegato II all ' adozione di un metodo di analisi comunitaria conformemente all ' articolo 3 . Articolo 7 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva . Fatto a Bruxelles , addi 30 gennaio 1978 . Per il Consiglio Il Presidente P . DALSAGER ( 1 ) GU n . L 340 del 9 . 12 . 1976 , pag . 19 . ( 2 ) GU n . C 118 del 16 . 5 . 1977 , pag . 70 . ( 3 ) GU n . C 114 dell ' 11 . 5 . 1977 , pag . 13 . ALLEGATO I Tenore massimo di cloruro di vinile monomero nei materiali e oggetti 1 mg / kg di prodotto finito . ALLEGATO II Criteri applicabili al metodo di determinazione del tenore di cloruro di vinile nei materiali e negli oggetti e di determinazione del cloruro di vinile ceduto dai materiali e dagli oggetti 1 . La determinazione del tenore di cloruro di vinile nei materiali e negli oggetti nonché la determinazione del cloruro di vinile ceduto ai prodotti alimentari dai materiali e dagli oggetti vengono effettuate tramite " cromatografia nella fase gassosa " secondo il metodo detto " head space " ( a spazio di testa ) . 2 . Per la determinazione del cloruro di vinile ceduto ai prodotti alimentari dai materiali e dagli oggetti , il limite di rivelabilità è di 0,01 mg / kg . 3 . La determinazione del cloruro di vinile ceduto ai prodotti alimentari dai materiali e dagli oggetti si effettua , in linea di massima , nei prodotti alimentari . Qualora per motivi tecnici risulti impossibile la determinazione in taluni prodotti alimentari , gli Stati membri possono autorizzare , per i suddetti prodotti alimentari , la determinazione mediante simulanti .
Materiali e oggetti contenenti cloruro di vinile monomero La presente direttiva limita la presenza e la migrazione del cloruro di vinile monomero nei e da parte dei materiali e oggetti destinati a essere messi a contatto con i prodotti alimentari. ATTO Direttiva 78/142/CEE del Consiglio, del 30 gennaio 1978, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri concernenti i materiali e gli oggetti contenenti cloruro di vinile monomero destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari. SINTESI I materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari non devono cedere ai prodotti alimentari costituenti in quantità tale da rappresentare un pericolo per la salute umana. Per garantire che i prodotti alimentari non contengano alcuna traccia di cloruro di vinile monomero rivelabile con il metodo generale di analisi comunitaria, i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari devono rispettare la presente direttiva. Nello specifico tali materiali e oggetti: non devono contenere cloruro di vinile monomero in quantità superiore a 1 milligrammo per chilogrammo di prodotto finito; e non devono cedere ai prodotti alimentari cloruro di vinile monomero in quantità superiore a 0,01 milligrammo per chilogrammo di prodotto finito. Riferimenti Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 78/142/CEE 1.2.1978 26.11.1979 GU L 44 del 15.2.1978 ATTI COLLEGATI Direttiva 80/766/CEE della Commissione, dell'8 luglio 1980, che fissa il metodo comunitario di analisi per il controllo ufficiale del tenore di cloruro di vinile monomero nei materiali ed oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari [Gazzetta ufficiale L 213 del 16.8.1980]. La presente direttiva fissa il metodo comunitario di analisi per controllare il tenore di cloruro di vinile monomero nei materiali ed oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari. Tale metodo risponde ai criteri stabiliti nell'allegato della direttiva 79/142/CEE. Direttiva 81/432/CEE della Commissione, del 29 aprile 1981, che stabilisce il metodo comunitario di analisi per il controllo ufficiale della quantità di cloruro di vinile ceduta ai prodotti alimentari dai materiali e dagli oggetti [Gazzetta ufficiale L 167 del 24.6.1981]. La presente direttiva stabilisce il metodo comunitario di analisi per controllare la quantità di cloruro di vinile monomero ceduta ai prodotti alimentari dai materiali e dagli oggetti.
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Raccomandazione del Consiglio del 4 marzo 1996 sulla cooperazione consolare del livello locale in materia di visti Gazzetta ufficiale n. C 080 del 18/03/1996 pag. 0001 - 0001 RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIOdel 4 marzo 1996sulla cooperazione consolare del livello locale in materia di visti(96/C 80/01) IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo K.1, punto 3, considerando che occorre predisporre una maggiore armonizzazione in materia di politica e di prassi per il rilascio dei visti; considerando che il rilascio dei visti, fino ad una eventuale elaborazione di istruzioni comuni in materia, è disciplinato dalla legislazione nazionale di ciascuno Stato membro; considerando che, ai fini del rilascio dei visti da parte di ogni Stato membro, occorre disporre delle informazioni necessarie per potere tener conto degli interessi degli altri Stati membri, in particolare della tutela della sicurezza nazionale e dell'ordine pubblico nonché della prevenzione contro l'immigrazione clandestina, RACCOMANDA AI GOVERNI DEGLI STATI MEMBRI: di prendere le misure necessarie per far sì che, laddove se ne senta l'esigenza pratica: 1) i rispettivi servizi consolari istituiscano una cooperazione consolare a livello locale in materia di visti, consistente nello scambio di informazioni sui criteri procedurali per la concessione dei visti e in uno scambio d'informazioni sui rischi per la sicurezza nazionale e l'ordine pubblico o inerenti all'immigrazione clandestina; 2) i capi dei servizi consolari e i loro collaboratori in materia di visti tengano riunioni ai fini dello scambio d'informazioni di cui al punto 1; 3) i servizi consolari organizzino tra loro visite di funzionari incaricati della procedura per il rilascio dei visti per migliorare lo scambio d'informazioni e la reciproca conoscenza; 4) i servizi consolari elaborino, su richiesta del Consiglio, relazioni congiunte sui problemi incontrati a livello locale in materia di visti che possano presentare interesse per i lavori del Consiglio; 5) i servizi consolari adottino congiuntamente le misure appropriate per verficare se domande di visto sono state presentate simultaneamente o a catena, nonché per accertare, eventualmente, se il visto è stato rifiutato da un altro Stato membro; 6) i servizi consolari scambino informazioni che contribuiscano a verificare la buona fede dei richiedenti e la reputazione di cui essi godono, restando inteso che il fatto che il richiedente abbia ottenuto un visto valido per uno Stato membro non esime gli altri Stati membri dalla responsabilità di procedere ad un esame individuale della domanda di visto e alle verifiche necessarie per motivi di sicurezza e di ordine pubblico e per il rischio di immigrazione clandestina. Lo scambio d'informazioni previsto dalla presente raccomandazione dovrà tenere conto delle norme pertinenti in materia di protezione dei dati. Fatto a Bruxelles, addì 4 marzo 1996. Per il ConsiglioIl presidenteP. BARATTA
Cooperazione consolare in materia di visti a livello locale L'obiettivo di questa raccomandazione è facilitare lo scambio di informazioni in materia di visti tra i servizi consolari dei paesi dell'Unione europea (UE), al fine di armonizzare le politiche e le pratiche relative al rilascio dei visti. ATTO Raccomandazione del Consiglio, del 4 marzo 1996, sulla cooperazione consolare del livello locale in materia di visti [Gazzetta ufficiale C 80 del 18.3.1996]. SINTESI Quando se ne senta l'esigenza pratica, i paesi dell'Unione europea (UE) sono incoraggiati a istituire una cooperazione tra i loro servizi consolari, al fine di scambiare informazioni: sui criteri procedurali per la concessione dei visti; sui rischi per la sicurezza nazionale e l'ordine pubblico o inerenti all'immigrazione clandestina; per aiutare a verificare la buona fede dei richiedenti del visto e la loro reputazione. Le norme in materia di protezione dei dati si applicano a questi scambi di informazioni. Per facilitare questi scambi di informazioni, i servizi consolari devono organizzare: incontri tra i responsabili dei servizi consolari e i loro assistenti competenti in materia di visti; visite reciproche dei loro funzionari responsabili per il rilascio dei visti. Inoltre, i servizi consolari dei paesi dell'UE devono elaborare relazioni congiunte sui problemi incontrati a livello locale in materia di visti, su richiesta del Consiglio. Essi devono inoltre adottare congiuntamente le misure necessarie per determinare se domande di visto sono state presentate simultaneamente e se il visto è stato rifiutato da un altro paese dell'UE. ATTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti) [Gazzetta ufficiale L 243 del 15.9.2009]. Regolamento (CE) n. 767/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, concernente il sistema di informazione visti (VIS) e lo scambio di dati tra Stati membri sui visti per soggiorni di breve durata (regolamento VIS) [Gazzetta ufficiale L 218 del 13.8.2008]. Regolamento (CE) n. 539/2001 del Consiglio, del 15 marzo 2001, che adotta l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo [Gazzetta ufficiale L 81 del 21.3.2001].
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32014R0481
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REGOLAMENTO DELEGATO (UE) N. 481/2014 DELLA COMMISSIONE del 4 marzo 2014 che integra il regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne le norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, visto il regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni specifiche per il sostegno del Fondo europeo di sviluppo regionale all'obiettivo di cooperazione territoriale europea (1), in particolare l'articolo 18, paragrafo 1, considerando quanto segue: (1) A norma dell'articolo 18, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1299/2013 è necessario stabilire norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione in relazione ai costi del personale, alle spese d'ufficio e amministrative, alle spese di viaggio e soggiorno, ai costi per consulenze e servizi esterni nonché alle spese per attrezzature (di seguito «categorie di spese»). (2) Per consentire flessibilità nell'applicazione delle norme in materia di ammissibilità per i programmi di cooperazione, è opportuno che agli Stati membri che partecipano a un determinato programma di cooperazione sia consentito di decidere che a uno specifico asse prioritario di un dato programma di cooperazione non si applichi una determinata categoria di spese. (3) Si dovrebbe precisare come le norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione fissate dal presente regolamento si inseriscano nel quadro giuridico generale delle norme in materia di ammissibilità applicabili a tutti i fondi SIE, stabilite dagli articoli da 65 a 71 del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (2). (4) Per ciascuna categoria di spese è opportuno stabilire un elenco di vari elementi di spesa. (5) Occorre precisare che, di norma, i regali non sono ammissibili. Dovrebbe tuttavia essere ammissibile la distribuzione di piccoli articoli che attengono ad attività di promozione, comunicazione, pubblicità o informazione. (6) Dovrebbero esseri definiti i diversi elementi dei costi del personale e stabilite allo stesso tempo le norme per il calcolo, la contabilizzazione e il rimborso dei costi del personale in generale e, in particolare, per gli incarichi a tempo parziale o i contratti di servizio sulla base di una tariffa oraria. (7) È opportuno elencare i diversi elementi delle spese d'ufficio e amministrative unitamente alle norme per il calcolo, la contabilizzazione e il rimborso di questi elementi di costo come costi diretti oppure come costi indiretti, in particolare qualora esse siano associate ai tassi forfettari di cui al regolamento (UE) n. 1303/2013. (8) È opportuno elencare i diversi elementi delle spese di viaggio e soggiorno unitamente alle norme per il calcolo, la contabilizzazione e il rimborso indipendentemente dal fatto che tali spese siano sostenute dal beneficiario o direttamente dal suo personale. Dovrebbero altresì essere precisate le condizioni di contabilizzazione delle spese di viaggio e soggiorno qualora siano sostenute al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma di cui all'articolo 20 del regolamento (UE) n. 1299/2013. (9) È opportuno elencare i diversi elementi dei costi per consulenze e servizi esterni. (10) È opportuno elencare i diversi elementi delle spese per attrezzature unitamente alle norme in materia di ammissibilità delle attrezzature di seconda mano, (11) Al fine di consentire l'immediata applicazione delle misure di cui al presente regolamento, è opportuno che il presente regolamento entri in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto e ambito di applicazione 1. Fatte salve le norme in materia di ammissibilità di cui agli articoli da 65 a 71 del regolamento (UE) n. 1303/2013 o stabilite sulla base di tali articoli, il presente regolamento stabilisce norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione in relazione alle seguenti categorie di spese: a) costi del personale; b) spese d'ufficio e amministrative; c) spese di viaggio e soggiorno; d) costi per consulenze e servizi esterni; e e) spese per attrezzature. 2. Gli Stati membri che partecipano al comitato di sorveglianza di un programma di cooperazione possono stabilire di comune accordo la non ammissibilità, nell'ambito di uno o più assi prioritari, delle spese rientranti in una o più categorie tra quelle elencate al paragrafo 1. Articolo 2 Disposizioni generali 1. Le spese ammissibili a norma del presente regolamento, pagate dal beneficiario o per conto del medesimo, riguardano i costi di avvio oppure i costi di avvio e attuazione di un'operazione o di una sua parte. 2. Non sono ammissibili i seguenti costi: a) le ammende, le penali e le spese per controversie legali e di contenzioso; b) i costi dei regali, ad eccezione di quelli di valore unitario non superiore ai 50 EUR ove connessi ad attività di promozione, comunicazione, pubblicità o informazione; c) i costi connessi alle fluttuazioni del tasso di cambio. Articolo 3 Costi del personale 1. Le spese relative ai costi del personale sono date dai costi del lavoro lordi relativi al personale alle dipendenze del beneficiario secondo le seguenti modalità: a) a tempo pieno; b) a tempo parziale con una percentuale fissa del tempo di lavoro mensile; c) a tempo parziale con un numero flessibile di ore di lavoro al mese; oppure d) su base oraria. 2. Le spese relative ai costi del personale si limitano a quanto di seguito elencato: a) spese per retribuzioni, connesse alle attività che l'entità non svolgerebbe se l'operazione in questione non fosse realizzata, stabilite in un contratto di impiego/di lavoro, in una decisione di nomina (di seguito denominati «atto di impiego») o dalla legge e riconducibili alle responsabilità del dipendente interessato precisate nella descrizione delle mansioni; b) ogni altro costo direttamente correlato ai pagamenti delle retribuzioni, che sia sostenuto e pagato dal datore di lavoro, quali imposte sul lavoro e contributi di sicurezza sociale, compresi i contributi pensionistici, secondo quanto previsto dal regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (3), a condizione che tali costi: i) siano stabiliti in un atto di impiego o dalla legge; ii) siano conformi alla legislazione richiamata nell'atto di impiego e alle normali pratiche del paese e/o dell'organizzazione in cui il singolo dipendente espleta effettivamente la sua attività di lavoro; e iii) non siano recuperabili dal datore di lavoro. In relazione alla lettera a), i pagamenti effettuati a favore di persone fisiche che lavorano per il beneficiario in forza di un contratto diverso da un contratto di impiego/di lavoro possono essere assimilati alle spese per retribuzioni e tale contratto può essere equiparato a un atto di impiego. 3. I costi del personale possono essere rimborsati: i) sulla base del costo effettivo (dimostrato dall'atto di impiego e dalle buste paga); oppure ii) sulla base delle opzioni relative ai costi semplificati di cui all'articolo 67, paragrafo 1, lettere da b) a d), del regolamento (UE) n. 1303/2013; oppure iii) su base forfettaria in conformità all'articolo 19 del regolamento (UE) n. 1299/2013. 4. I costi del personale relativi a persone che lavorano con un incarico a tempo parziale nell'ambito dell'operazione sono calcolati come: a) una percentuale fissa del costo del lavoro lordo, corrispondente a una percentuale fissa del tempo di lavoro nell'ambito dell'operazione, senza l'obbligo di istituzione di un sistema separato di registrazione dell'orario di lavoro; oppure b) una quota flessibile del costo del lavoro lordo, corrispondente a un numero mensilmente variabile di ore di lavoro nell'ambito dell'operazione, sulla base di un sistema di registrazione dei tempi che copre il 100 % dell'orario di lavoro del dipendente. 5. Per gli incarichi a tempo parziale di cui al paragrafo 4, lettera a), il datore di lavoro rilascia per ciascun dipendente un documento che stabilisce la percentuale del tempo di lavoro da riservare all'operazione. 6. Per gli incarichi a tempo parziale di cui al paragrafo 4, lettera b), il rimborso dei costi del personale è calcolato sulla base di una tariffa oraria che viene determinata: i) dividendo il costo del lavoro lordo mensile per l'orario di lavoro mensile stabilito nell'atto di impiego, espresso in ore; oppure ii) dividendo il costo del lavoro lordo annuo documentato più recente per 1 720 ore, in conformità all'articolo 68, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1303/2013. La tariffa oraria è moltiplicata per il numero di ore effettivamente lavorate nell'ambito dell'operazione. 7. I costi del personale relativi a persone che, in forza di un atto di impiego, sono occupate su base oraria sono ammissibili procedendo alla moltiplicazione del numero di ore effettivamente lavorate nell'ambito dell'operazione per la tariffa oraria concordata nell'atto di impiego sulla base di un sistema di registrazione dell'orario di lavoro. Articolo 4 Spese d'ufficio e amministrative Le spese d'ufficio e amministrative si limitano ai seguenti elementi: a) canone di locazione degli uffici; b) assicurazioni e imposte relative agli edifici che ospitano il personale e alle attrezzature d'ufficio (ad esempio, assicurazioni incendio, furto); c) consumi per le utenze (ad esempio, elettricità, riscaldamento, acqua); d) forniture per ufficio; e) contabilità generale all'interno dell'organizzazione beneficiaria; f) archivi; g) manutenzione, pulizie e riparazioni; h) sicurezza; i) sistemi informatici; j) comunicazione (ad esempio, telefono, fax, Internet, servizi postali, biglietti da visita); k) spese bancarie di apertura e gestione del conto o dei conti, qualora l'attuazione dell'operazione richieda l'apertura di un conto separato; l) oneri associati alle transazioni finanziarie transnazionali. Articolo 5 Spese di viaggio e soggiorno 1. Le spese relative ai costi di viaggio e di soggiorno si limitano ai seguenti elementi: a) spese di viaggio (ad esempio, biglietti, assicurazioni di viaggio e assicurazione auto, carburante, rimborso auto chilometrico, pedaggi e spese di parcheggio); b) spese di vitto; c) spese di soggiorno; d) spese per i visti; e) indennità giornaliere. 2. Gli elementi elencati al paragrafo 1, lettere da a) a d), che risultino coperti da un'indennità giornaliera non beneficiano di un rimborso aggiuntivo rispetto all'indennità giornaliera. 3. Le spese di viaggio e soggiorno di esperti e prestatori di servizi esterni rientrano nei costi per consulenze e servizi esterni di cui all'articolo 6. 4. Il pagamento diretto delle spese di cui al presente articolo sostenute da parte di un dipendente del beneficiario richiede la dimostrazione del rimborso effettuato dal beneficiario a favore del dipendente in questione. 5. Per le operazioni concernenti assistenza tecnica o attività promozionali e di sviluppo delle capacità, le spese sostenute al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma sono ammissibili se sostenute in conformità all'articolo 20, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1299/2013. 6. L'autorità di gestione può accettare come ammissibili le spese di vitto e soggiorno sostenute presso esercizi situati al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma, se sostenute in conformità all'articolo 20, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1299/2013. La stessa disposizione si applica alle spese di trasporto locali nel luogo di svolgimento di un evento o un'azione al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma. 7. Per quanto riguarda il personale di beneficiari situati al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma, l'autorità di gestione può accettare come ammissibili i costi di cui al paragrafo 1, comprese le spese di viaggio da e per il luogo di svolgimento di un evento o di un'azione all'interno o al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma, se sostenute in conformità all'articolo 20, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1299/2013. 8. Per quanto riguarda il personale di beneficiari situati all'interno della parte dell'Unione nell'area di programma, i costi di cui al paragrafo 1, comprese le spese di viaggio da e per il luogo di svolgimento di un evento o di un'azione all'interno o al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma, sono considerate ammissibili in conformità all'articolo 20, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1299/2013. Articolo 6 Costi per consulenze e servizi esterni Le spese relative ai costi per consulenze e servizi esterni si limitano ai servizi e alle consulenze seguenti forniti da un soggetto di diritto pubblico o privato o da una persona fisica diversi dal beneficiario dell'operazione: a) studi o indagini (ad esempio, valutazioni, strategie, note sintetiche, schemi di progettazione, manuali); b) formazione; c) traduzioni; d) sistemi informatici e creazione, modifiche e aggiornamenti di siti web; e) attività di promozione, comunicazione, pubblicità o informazione collegate a un'operazione o a un programma di cooperazione in quanto tali; f) gestione finanziaria; g) servizi correlati all'organizzazione e attuazione di eventi o riunioni (compresi canoni di locazione, servizi di catering o di interpretazione); h) partecipazione a eventi (ad esempio, quote di iscrizione); i) servizi di consulenza legale e servizi notarili, consulenza tecnica e finanziaria, altri servizi di consulenza e contabili; j) diritti di proprietà intellettuale; k) verifiche di cui all'articolo 125, paragrafo 4, lettera a), del regolamento (UE) n. 1303/2013 e all'articolo 23, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 1299/2013; l) costi di certificazione e di audit a livello del programma, a norma degli articoli 126 e 127 del regolamento (UE) n. 1303/2013; m) garanzie fornite da una banca o da un altro istituto finanziario, ove prescritte dalla normativa nazionale o dell'Unione o da un documento di programmazione adottato dal comitato di sorveglianza; n) spese di viaggio e soggiorno di esperti, oratori, presidenti di riunione e prestatori di servizi esterni; o) altre consulenze e servizi specifici necessari per le operazioni. Articolo 7 Spese per attrezzature 1. Le spese relative al finanziamento dell'acquisto, della locazione o del leasing delle attrezzature da parte del beneficiario dell'operazione, diverse da quelle di cui all'articolo 4, si limitano alle seguenti voci: a) attrezzature per ufficio; b) hardware e software; c) mobilio e accessori; d) apparecchiature di laboratorio; e) strumenti e macchinari; f) attrezzi o dispositivi; g) veicoli; h) altre attrezzature specifiche necessarie per le operazioni. 2. L'acquisto di attrezzature di seconda mano può essere ammissibile alle seguenti condizioni: a) non hanno beneficiato di altra assistenza da parte dei fondi SIE; b) il loro prezzo non è superiore ai costi generalmente accettati sul mercato in questione; c) possiedono le caratteristiche tecniche necessarie per l'operazione e sono conformi alle norme e agli standard applicabili. Articolo 8 Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 4 marzo 2014 Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 259. (2) Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320). (3) Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 166 del 30.4.2004, pag. 1).
Norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione territoriale europea QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione tra i paesi dell’UE, rispetto a specifiche categorie di spesa. PUNTI CHIAVE Cooperazione territoriale europeaQuesto programma è noto più comunemente come Interreg. Rappresenta uno dei due obiettivi della politica di coesione dell’UE 2014-2020 e fornisce un mezzo per attuare le azioni comuni e gli scambi politici tra attori nazionali, regionali e locali provenienti da diversi paesi dell’UE. Si propone di promuovere la coesione economica, sociale e territoriale armonica dell’UE nel suo complesso. È costruito attorno a tre filoni di cooperazione:transfrontaliera (Interreg A): affronta sfide comuni individuate congiuntamente nelle regioni di confine;transnazionale (Interreg B): sostiene un’ampia gamma di investimenti di progetto correlati a innovazione, ambiente, accessibilità, telecomunicazioni, sviluppo urbano, ecc.;interregionale (Interreg C): fornisce un mezzo per scambiare esperienze tra organismi regionali e locali in diversi paesi. Per agevolare la cooperazione tra questi tre filoni, nel 2007 furono istituiti i gruppi europei di cooperazione territoriale ai sensi del regolamento (CE) n. 1082/2006. Il finanziamento è offerto dal Fondo europeo di sviluppo regionale, parte dei Fondi strutturali e d’investimento europei. Categorie di spesa Il regolamento stabilisce norme per le seguenti categoria di spesa:spese per il personale; spese di funzionamento e d’ufficio; spese di viaggio e alloggio; spese per collaborazioni esterne e di servizio; spese di attrezzatura. Spese ammissibiliLe spese ammissibili devono riguardare i costi di avvio oppure di avvio e attuazione di un’operazione o di parte di un’operazione. Le seguenti tipologie di spesa non sono ammissibili:multe, sanzioni pecuniarie e spese relative a controversie legali e contenziosi;regali, salvo quelli che non eccedono i 50 € per regalo se relativi a promozioni, comunicazioni, pubblicità o informazioni;spese legate alle fluttuazioni dei tassi di cambio. A PARTIRE DA QUANDO VIENE APPLICATO IL REGOLAMENTO? Esso è in vigore dal 14 maggio 2014. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Cooperazione tra regioni e paesi (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento delegato (UE) n. 481/2014 della Commissione, del 4 marzo 2014, che integra il regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne le norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione (GU L 138 del 13.5.2014, pag. 45). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320). I successivi emendamenti e le correzioni al presente regolamento sono stati inclusi nel documento originale. Questa versione consolidata ha unicamente un valore documentale. Regolamento (CE) n. 1082/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, relativo a un gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT) (GU L 210 del 31.7.2006, pag. 19). Consultare la versione consolidata.
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Direttiva 98/59/CE del Consiglio del 20 luglio 1998 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi Gazzetta ufficiale n. L 225 del 12/08/1998 pag. 0016 - 0021 DIRETTIVA 98/59/CE DEL CONSIGLIO del 20 luglio 1998 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettiviIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 100,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Parlamento europeo (1),visto il parere del Comitato economico e sociale (2),(1) considerando che, a fini di razionalità e chiarezza, occorre procedere alla codificazione della direttiva 75/129/CEE del Consiglio, del 17 febbraio 1975, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi (3);(2) considerando che occorre rafforzare la tutela dei lavoratori in caso di licenziamenti collettivi, tenendo conto della necessità di uno sviluppo economico-sociale equilibrato nella Comunità;(3) considerando che, nonostante un'evoluzione convergente, sussistono differenze tra le disposizioni in vigore negli Stati membri della Comunità per quanto riguarda le modalità e la procedura dei licenziamenti collettivi e le misure che possono attenuare per i lavoratori le conseguenze di tali licenziamenti;(4) considerando che tali differenze possono ripercuotersi direttamente sul funzionamento del mercato interno;(5) considerando che la risoluzione del Consiglio del 21 gennaio 1974 relativa ad un programma di azione sociale (4) ha previsto una direttiva sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri per quanto riguarda i licenziamenti collettivi;(6) considerando che nella carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata dai capi di Stato o di governo di undici Stati membri il 9 dicembre 1989 al Consiglio europeo di Strasburgo, si dichiara in particolare al punto 7, primo comma, prima frase, e secondo comma, al punto 17, primo comma, e al punto 18, terzo trattino:«7. La realizzazione del mercato interno deve portare ad un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori nella Comunità europea (. . .).Tale miglioramento deve consentire, dove necessario, di sviluppare taluni aspetti della regolamentazione del lavoro, come le procedure per il licenziamento collettivo o quelle concernenti i fallimenti.(. . .)17. Occorre sviluppare l'informazione, la consultazione e la partecipazione dei lavoratori, secondo modalità adeguate, tenendo conto delle prassi vigenti nei diversi Stati membri.(. . .)18. L'informazione, la consultazione e la partecipazione devono essere realizzate tempestivamente, in particolare nei casi seguenti:(- . . .)(- . . .)- in occasione di procedure di licenziamenti collettivi;(- . . .)»;(7) considerando che è quindi necessario promuovere tale ravvicinamento nel progresso, ai sensi dell'articolo 117 del trattato;(8) considerando che, per calcolare il numero di licenziamenti previsti nella definizione di licenziamenti collettivi ai sensi della presente direttiva occorre assimilare ai licenziamenti altre forme di cessazione del contratto di lavoro per iniziativa del datore di lavoro, purché i licenziamenti siano almeno cinque;(9) considerando che occorre prevedere che la presente direttiva sia applicabile in linea di massima anche ai licenziamenti collettivi determinati dalla cessazione della attività dello stabilimento conseguente ad una decisione giudiziaria;(10) considerando che occorre lasciare agli Stati membri la facoltà di prevedere che i rappresentanti dei lavoratori possano ricorrere ad esperti a motivo della complessità tecnica delle materie che potrebbero formare oggetto di informazione e consultazione;(11) considerando che occorre garantire l'adempimento degli obblighi del datore di lavoro in materia di informazione, consultazione e comunicazione indipendentemente dal fatto che le decisioni riguardanti i licenziamenti collettivi siano prese dal datore di lavoro o da un'impresa che lo controlli;(12) considerando che occorre che gli Stati membri provvedano a che i rappresentanti dei lavoratori e/o i lavoratori dispongano di procedure amministrative e/o giurisdizionali per adempiere agli obblighi previsti dalla presente direttiva;(13) considerando che la presente direttiva deve lasciare impregiudicati gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione delle direttive indicati all'allegato I, parte B,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:SEZIONE I Definizione e campo di applicazione Articolo 1 1. Ai fini dell'applicazione della presente direttiva:a) per licenziamento collettivo si intende ogni licenziamento effettuato da un datore di lavoro per uno o più motivi non inerenti alla persona del lavoratore se il numero dei licenziamenti effettuati è, a scelta degli Stati membri:i) per un periodo di 30 giorni:- almeno pari a 10 negli stabilimenti che occupano abitualmente più di 20 e meno di 100 lavoratori;- almeno pari al 10 % del numero dei lavoratori negli stabilimenti che occupano abitualmente almeno 100 e meno di 300 lavoratori;- almeno pari a 30 negli stabilimenti che occupano abitualmente almeno 300 lavoratori;ii) oppure, per un periodo di 90 giorni, almeno pari a 20, indipendentemente dal numero di lavoratori abitualmente occupati negli stabilimenti interessati;b) per rappresentanti dei lavoratori si intendono i rappresentanti dei lavoratori previsti dal diritto o dalla pratica in vigore negli Stati membri.Per il calcolo del numero dei licenziamenti previsti nel primo comma, lettera a), sono assimilate ai licenziamenti le cessazioni del contratto di lavoro verificatesi per iniziativa del datore di lavoro per una o più ragioni non inerenti alla persona del lavoratore, purché i licenziamenti siano almeno cinque.2. La presente direttiva non si applica:a) ai licenziamenti collettivi effettuati nel quadro di contratti di lavoro a tempo determinato o per un compito determinato, a meno che tali licenziamenti non avvengano prima della scadenza del termine o dell'espletamento del compito previsto nei suddetti contratti;b) ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni o degli enti di diritto pubblico (o, negli Stati membri in cui tale nozione è sconosciuta, degli enti equivalenti);c) agli equipaggi di navi marittime.SEZIONE II Informazione e consultazione Articolo 2 1. Quando il datore di lavoro prevede di effettuare licenziamenti collettivi, deve procedere in tempo utile a consultazioni con i rappresentanti dei lavoratori al fine di giungere ad un accordo.2. Nelle consultazioni devono essere almeno esaminate le possibilità di evitare o ridurre i licenziamenti collettivi, nonché di attenuarne le conseguenze ricorrendo a misure sociali di accompagnamento intese in particolare a facilitare la riqualificazione e la riconversione dei lavoratori licenziati.Gli Stati membri possono disporre che i rappresentanti dei lavoratori possano far ricorso ad esperti in conformità delle legislazioni e/o prassi nazionali.3. Affinché i rappresentanti dei lavoratori possano formulare proposte costruttive, il datore di lavoro deve in tempo utile nel corso delle consultazioni:a) fornire loro tutte le informazioni utili eb) comunicare loro, comunque, per iscritto:i) le ragioni del progetto di licenziamento,ii) il numero e le categorie dei lavoratori da licenziare,iii) il numero e le categorie dei lavoratori abitualmente impiegati,iv) il periodo in cui si prevede di effettuare i licenziamenti,v) i criteri previsti per la selezione dei lavoratori da licenziare, qualora le legislazioni e/o le prassi nazionali ne attribuiscano la competenza al datore di lavoro,vi) il metodo di calcolo previsto per qualsiasi eventuale indennità di licenziamento diversa da quella derivante dalle legislazioni e/o prassi nazionali.Il datore di lavoro deve trasmettere all'autorità pubblica competente almeno una copia degli elementi della comunicazione scritta, previsti al primo comma, lettera b), punti da i) a v).4. Gli obblighi di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 sono applicabili indipendentemente dal fatto che le decisioni riguardanti i licenziamenti collettivi siano prese dal datore di lavoro o da un'impresa che lo controlli.Nell'esame delle pretese violazioni degli obblighi di informazione, consultazione e notifica previsti nella presente direttiva, non si deve tener conto dei mezzi di difesa del datore di lavoro basati sul fatto che l'impresa che ha preso la decisione determinante il licenziamento collettivo non gli ha trasmesso le informazioni necessarie.SEZIONE III Procedura di licenziamento collettivo Articolo 3 1. Il datore di lavoro deve notificare per iscritto ogni progetto di licenziamento collettivo all'autorità pubblica competente.Tuttavia, gli Stati membri possono prevedere che in caso di un progetto di licenziamento collettivo determinato dalla cessazione delle attività dello stabilimento conseguente ad una decisione giudiziaria, il datore di lavoro debba notificarlo per iscritto all'autorità pubblica competente soltanto dietro richiesta di quest'ultima.La notifica dovrà contenere tutte le informazioni utili concernenti il progetto di licenziamento collettivo e le consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori previste all'articolo 2, segnatamente i motivi del licenziamento, il numero dei lavoratori che dovranno essere licenziati, il numero dei lavoratori abitualmente occupati ed il periodo nel corso del quale s'effettueranno i licenziamenti.2. Il datore di lavoro deve trasmettere ai rappresentanti dei lavoratori copia della notifica prevista al paragrafo 1.I rappresentanti dei lavoratori possono presentare le loro eventuali osservazioni all'autorità pubblica competente.Articolo 4 1. I licenziamenti collettivi il cui progetto è stato notificato all'autorità pubblica competente avranno effetto non prima di 30 giorni dalla notifica prevista all'articolo 3, paragrafo 1, ferme restando le disposizioni che disciplinano i diritti individuali in materia di termini di preavviso.Gli Stati membri possono accordare all'autorità pubblica competente la facoltà di ridurre il termine fissato al primo comma.2. L'autorità pubblica competente si avvale del termine di cui al paragrafo 1 per cercare soluzioni ai problemi posti dai licenziamenti collettivi prospettati.3. Se il termine iniziale fissato nel paragrafo 1 è inferiore a 60 giorni, gli Stati membri possono accordare all'autorità pubblica competente la facoltà di prorogare il termine iniziale fino a 60 giorni dalla notifica, quando esista il rischio che i problemi posti dai licenziamenti collettivi prospettati non possano essere risolti entro il termine iniziale.Gli Stati membri possono accordare all'autorità pubblica competente più ampie facoltà di proroga.Il datore di lavoro deve essere informato della proroga e dei motivi che l'hanno determinata, prima della scadenza del termine iniziale previsto al paragrafo 1.4. Gli Stati membri non sono tenuti ad applicare il presente articolo ai licenziamenti collettivi determinati dalla cessazione delle attività di uno stabilimento conseguente ad una decisione giudiziaria.SEZIONE IV Disposizioni finali Articolo 5 La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare o di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli ai lavoratori o favorire o consentire l'applicazione di disposizioni contrattuali più favorevoli ai lavoratori.Articolo 6 Gli Stati membri provvedono affinché i rappresentanti dei lavoratori e/o i lavoratori dispongano di procedure amministrative e/o giurisdizionali per far rispettare gli obblighi previsti dalla presente direttiva.Articolo 7 Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano o hanno già adottato nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 8 1. Le direttive che figurano all'allegato I, parte A, sono abrogate, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione che figurano all'allegato I, parte B.2. I riferimenti fatti alle direttive abrogate si devono intendere come fatti alla presente direttiva e devono essere letti secondo la tavola di concordanza che figura all'allegato II.Articolo 9 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 10 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 20 luglio 1998.Per il ConsiglioIl presidenteW. MOLTERER(1) GU C 210 del 6. 7. 1998.(2) GU C 158 del 26. 5. 1997, pag. 11.(3) GU L 48 del 22. 2. 1975, pag. 29. Direttiva modificata dalla direttiva 92/56/CEE (GU L 245 del 26. 8. 1992, pag. 3).(4) GU C 13 del 12. 2. 1974, pag. 1.ALLEGATO I PARTE A Direttive abrogate (previste all'articolo 8) Direttiva 75/129/CEE del Consiglio e la seguente modifica:Direttiva 92/56/CEE del Consiglio.PARTE B Elenco dei termini di attuazione nel diritto nazionale (previsti all'articolo 8) >SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO II >SPAZIO PER TABELLA>
Licenziamenti collettivi: informazione e consultazione del personale QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Obbliga i datori di lavoro a informare e consultare i rappresentanti del personale in caso di licenziamento collettivo*. Specifica i punti da trattare nell’ambito di tali consultazioni nonché le informazioni che i datori di lavoro devono fornire. Essa stabilisce inoltre le norme procedurali di licenziamento collettivo. PUNTI CHIAVE La direttiva non si applica: ai licenziamenti collettivi effettuati nel quadro di contratti di lavoro a tempo determinato o per un compito determinato, a meno che tali licenziamenti non avvengano prima della scadenza del termine o dell’espletamento del compito previsto nei suddetti contratti; ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni o degli enti di diritto pubblico. Inoltre, i diritti dei lavoratori in presenza di un passaggio di proprietà dell’impresa oppure di insolvenza da parte dell’azienda sono disciplinati da altre leggi dell’Unione europea (UE). Consultazioni I datori di lavoro che prevedono di effettuare licenziamenti collettivi devono tenere consultazioni con i rappresentanti dei lavoratori in tempo utile al fine di giungere ad un accordo. Nelle consultazioni devono almeno essere esaminate le possibilità di: evitare o ridurre i licenziamenti collettivi; attenuarne le conseguenze ricorrendo a misure sociali di accompagnamento intese in particolare a facilitare la riqualificazione e la riconversione dei lavoratori licenziati. Il comitato aziendale europeo migliora i diritti dei lavoratori per quanto riguarda l’informazione e la consultazione transnazionale con le aziende che operano in tutta l’UE. Informazioni che devono essere fornite dal datore di lavoro I paesi dell’UE possono attuare misure che consentono ai rappresentanti dei lavoratori di ricorrere ai servizi di esperti in conformità con i regolamenti nazionali. Il datore di lavoro deve fornire ai rappresentanti dei lavoratori tutte le informazioni utili durante lo svolgimento delle consultazioni e comunicare loro in forma scritta quanto segue: i motivi del licenziamento; il periodo nel corso del quale si effettueranno i licenziamenti; il numero e le categorie di lavoratori abitualmente occupati; il numero e le categorie di lavoratori che dovranno essere licenziati; i criteri previsti per la selezione dei lavoratori da licenziare; il metodo usato per calcolare l’indennità di licenziamento (laddove applicabile). Procedura di licenziamento collettivo Il datore di lavoro deve attenersi alla seguente procedura: Notificare per iscritto ogni progetto di licenziamento collettivo all’autorità pubblica competente. La notifica dovrà contenere tutte le informazioni utili concernenti il progetto di licenziamento collettivo e le consultazioni tenute, fatta eccezione per il metodo usato per calcolare l’indennità di licenziamento. Qualora i lavoratori coinvolti siano i membri dell’equipaggio di una nave marittima, il datore di lavoro invierà la notifica all’autorità competente dello Stato di cui la nave batte bandiera. Trasmettere una copia della notifica ai rappresentanti dei lavoratori, i quali potranno inviare i loro commenti all’autorità pubblica competente. I licenziamenti collettivi avranno effetto non prima di 30 giorni dalla notifica; l’autorità pubblica competente si avvarrà di questo termine per cercare soluzioni. I paesi dell’UE possono conferire all’autorità pubblica la facoltà di ridurre tale periodo o di estenderlo a 60 giorni dalla notifica, nel caso in cui i problemi non risultino risolvibili entro il periodo iniziale, nonché accordare più ampie facoltà di proroga. Il datore di lavoro deve essere informato della proroga e dei motivi che l’hanno determinata, prima della scadenza del termine iniziale. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Si applica a partire dal 1o settembre 1998. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare: «Coinvolgimento dei lavoratori: licenziamenti collettivi» sul sito Internet della Commissione europea. * TERMINI CHIAVE Licenziamento collettivo: la situazione in cui un datore di lavoro decide di licenziare un gruppo di lavoratori. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi (GU L 225 del 12.8.1998, pag. 16-21) Le successive modifiche alla direttiva 98/59/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
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32015R0475
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REGOLAMENTO (UE) 2015/475 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell'11 marzo 2015 relativo alle misure di salvaguardia previste nell'accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica d'Islanda (codificazione) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 207, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CEE) n. 2843/72 del Consiglio (3) ha subito varie e sostanziali modifiche (4). A fini di chiarezza e razionalizzazione è opportuno procedere alla sua codificazione. (2) Il 22 luglio 1972 è stato firmato a Bruxelles un accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica d'Islanda («accordo»). (3) È necessario stabilire le modalità di attuazione delle clausole di salvaguardia e delle misure conservative di cui agli articoli da 23 a 28 dell'accordo. (4) L'esecuzione delle clausole bilaterali di salvaguardia dell'accordo richiede condizioni uniformi per l'adozione di misure di salvaguardia. Tali misure dovrebbero essere adottate a norma del regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (5). (5) Ove sussistano, in casi debitamente giustificati connessi alle situazioni di cui agli articoli 25, 25 bis e 27 dell'accordo o nel caso di aiuti all'esportazione che abbiano un'incidenza diretta e immediata sugli scambi, imperativi motivi di urgenza, la Commissione dovrebbe adottare atti di esecuzione immediatamente applicabili, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 La Commissione può decidere di adire il Comitato misto istituito dall'accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica d'Islanda («accordo») in merito alle misure di cui agli articoli 23, 25, 25 bis e 27 del medesimo. Ove occorra, la Commissione adotta tali misure secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 6, paragrafo 2, del presente regolamento. La Commissione informa gli Stati membri qualora decida di adire il Comitato misto in merito a una questione. Articolo 2 1. Nel caso di pratiche che possano giustificare l'applicazione da parte dell'Unione, delle misure previste all'articolo 24 dell'accordo, la Commissione, dopo aver costituito la documentazione di propria iniziativa o su richiesta di uno Stato membro, si pronuncia sulla compatibilità di tali pratiche con l'accordo. Ove occorra, la Commissione adotta misure di salvaguardia secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 6, paragrafo 2, del presente regolamento. 2. Nel caso di pratiche che possano esporre l'Unione a subire misure di salvaguardia in virtù dell'articolo 24 dell'accordo, la Commissione, dopo aver costituito la documentazione, si pronuncia sulla compatibilità di tali pratiche con i principi sanciti nell'accordo. Ove occorra, essa formula le opportune raccomandazioni. Articolo 3 Nel caso di pratiche che possano giustificare l'applicazione, da parte dell'Unione, delle misure previste all'articolo 26 dell'accordo, si applicano le procedure stabilite dal regolamento (CE) n. 597/2009 del Consiglio (6) e dal regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio (7). Articolo 4 1. Quando circostanze eccezionali richiedono un intervento immediato, nelle situazioni previste agli articoli 25, 25 bis e 27 dell'accordo nonché nel caso di aiuti all'esportazione che abbiano un'incidenza diretta e immediata sugli scambi, la Commissione può adottare, secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 6, paragrafo 2, del presente regolamento o, in casi di urgenza, ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 3, del presente regolamento, le misure conservative di cui all'articolo 28, paragrafo 3, lettera e). 2. Quando l'azione della Commissione è richiesta da uno Stato membro, la Commissione si pronuncia su tale domanda entro il termine massimo di cinque giorni lavorativi dalla sua ricezione. Articolo 5 La notifica dell'Unione al Comitato misto prevista dall'articolo 28, paragrafo 2, dell'accordo è effettuata dalla Commissione. Articolo 6 1. La Commissione è assistita dal comitato per le misure di salvaguardia istituito dall'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 260/2009 del Consiglio (8). Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 8 del regolamento (UE) n. 182/2011 in combinato disposto con il suo articolo 5. Articolo 7 La Commissione include informazioni sull'attuazione del presente regolamento nella sua relazione annuale sull'applicazione e sull'attuazione delle misure di difesa commerciale presentata al Parlamento europeo e al Consiglio ai sensi dell'articolo 22 bis del regolamento (CE) n. 1225/2009. Articolo 8 Il regolamento (CEE) n. 2843/72 è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato II. Articolo 9 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, l'11 marzo 2015 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente Z. KALNIŅA-LUKAŠEVICA (1) Parere del 10 dicembre 2014 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Posizione del Parlamento europeo dell'11 febbraio 2015 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 2 marzo 2015. (3) Regolamento (CEE) n. 2843/72 del Consiglio, del 19 dicembre 1972, relativo alle misure di salvaguardia previste nell'accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica d'Islanda (GU L 301 del 31.12.1972, pag. 162). (4) Si veda l'allegato I. (5) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13). (6) Regolamento (CE) n. 597/2009 del Consiglio, dell'11 giugno 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri della Comunità europea (GU L 188 del 18.7.2009, pag. 93). (7) Regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343 del 22.12.2009, pag. 51). (8) Regolamento (CE) n. 260/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, relativo al regime comune applicabile alle importazioni (GU L 84 del 31.3.2009, pag. 1). ALLEGATO I Regolamento abrogato ed elenco delle modifiche successive Regolamento (CEE) n. 2843/72 del Consiglio (GU L 301 del 31.12.1972, pag. 162). Regolamento (CEE) n. 640/90 del Consiglio (GU L 74 del 20.3.1990, pag. 4). Regolamento (UE) n. 37/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 18 del 21.1.2014, pag. 1). limitatamente al punto 2 dell'allegato ALLEGATO II Tavola di concordanza Regolamento (CEE) n. 2843/72 Presente regolamento Articoli da 1 a 4 Articoli da 1 a 4 Articolo 6 Articolo 5 Articolo 7 Articolo 6 Articolo 8 Articolo 7 — Articolo 8 — Articolo 9 — Allegato I — Allegato II
Unione europea e Islanda: chiarimento di determinate norme relative agli scambi commerciali (misure di salvaguardia) SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Codifica e abroga il precedente regolamento (CEE) 2843/72, che era stato modificato in maniera sostanziale diverse volte. Specifica le norme dettagliate necessarie per attuare le misure di salvaguardia* bilaterali stabilite nell'accordo di libero scambio del 22 luglio 1972 fra la Comunità economica europea (CEE) e l'Islanda. PUNTI CHIAVE La Commissione europea può adottare misure di salvaguardia qualora si verifichino le condizioni necessarie. Inoltre, la Commissione europea può adottare misure cautelari e di salvaguardia immediatamente applicabili in situazioni urgenti, ad esempio nel caso di aiuti all'esportazione con effetto diretto e immediato sugli scambi commerciali. Laddove un paese dell'UE richieda alla Commissione di agire, essa deve prendere una decisione relativa a tale richiesta entro un periodo massimo di cinque giorni lavorativi dalla sua ricezione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica a partire dal 16 aprile 2015. CONTESTO Le relazioni commerciali fra l'UE e l'Islanda sono regolate principalmente dall'accordo di libero scambio con la CEE del 1972 e dall'accordo sullo Spazio economico europeo, entrato in vigore nel gennaio 1994. TERMINE CHIAVE * Misure di salvaguardia: tali misure vengono introdotte quando un'indagine della Commissione europea conclude che le importazioni sono aumentate a tal punto da provocare (o minacciare di provocare) gravi danni ai produttori dell'UE. Sono misure temporanee, quali tetti massimi, applicate alle importazioni al fine di dare all'industria dell'UE il tempo per mettere in atto le necessarie modifiche. ATTO Regolamento (UE) n. 2015/475 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2015, relativo alle misure di salvaguardia previste nell'accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica d'Islanda (GU L 83 del 27.3.2015, pag. 1-5)
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Regolamento (CEE) n. 315/93 del Consiglio, dell'8 febbraio 1993, che stabilisce procedure comunitarie relative ai contaminanti nei prodotti alimentari Gazzetta ufficiale n. L 037 del 13/02/1993 pag. 0001 - 0003 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 12 pag. 0078 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 12 pag. 0078 REGOLAMENTO (CEE) N. 315/93 DEL CONSIGLIO dell'8 febbraio 1993 che stabilisce procedure comunitarie relative ai contaminanti nei prodotti alimentariIL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il Trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100 A, vista la proposta della Commissione (1), in cooperazione con il Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che occorre adottare, nel corso di un periodo che termina il 31 dicembre 1992, le misure volte ad instaurare gradualmente il mercato interno; che detto mercato comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali; considerando che le disparità fra le disposizioni adottate dagli Stati membri possono ostacolare il buon funzionamento del mercato comune e che è necessario prevedere una procedura di adozione di norme comunitarie armonizzate; considerando che i contaminanti possono penetrare nei prodotti alimentari in qualsiasi fase della catena alimentare, dalla produzione al consumo; considerando che, per tutelare la salute pubblica, è essenziale mantenere i contaminanti a livelli accettabili sul piano tossicologico; considerando che si dovrebbero fissare livelli più severi quando è possibile pervenirvi attraverso buone pratiche professionali; che il controllo sull'osservanza di tali pratiche può essere esercitato con la dovuta efficienza dalla pubblica amministrazione, vista la preparazione e l'esperienza del suo personale; considerando che l'applicazione del presente regolamento non pregiudica le disposizioni adottate nel quadro di regolamentazioni comunitarie più specifiche; considerando che, sotto il profilo della salute, occorre privilegiare la ricerca di un'impostazione globale della questione dei contaminanti nei prodotti alimentari; considerando che il comitato scientifico dell'alimentazione umana, istituito con la decisione 74/234/CEE (4), deve essere consultato per tutte le questioni che possono riguardare la salute pubblica, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. Il presente regolamento riguarda i contaminanti contenuti nei prodotti alimentari. Per contaminante si intende ogni sostanza non aggiunta intenzionalmente ai prodotti alimentari, ma in essi presente quale residuo della produzione (compresi i trattamenti applicati alle colture e al bestiame e nella prassi della medecina veterinaria), della fabbricazione, della trasformazione, della preparazione, del trattamento, del condizionamento, dell'imballaggio, del trasporto o dello stoccaggio di tali prodotti, o in seguito alla contaminazione dovuta all'ambiente. I corpi estranei quali, ad esempio, frantumi di insetti, peli di animali e altri non rientrano nella presente definizione. 2. Il presente regolamento non si applica ai contaminanti oggetto di regolamentazioni comunitarie più specifiche. Fin dall'entrata in vigore del presente regolamento, la Commissione pubblica a titolo informativo, nella serie C della Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, un elenco delle suddette regolamentazioni. Detto elenco è eventualmente aggiornato dalla Commissione. 3. Le disposizioni relative ai contaminanti sono adottate in conformità del presente regolamento, fatte salve quelle previste nelle regolamentazioni di cui al paragrafo 2. Articolo 2 1. Un prodotto alimentare non può essere commercializzato se contiene contaminanti in quantitativi inaccettabili sotto l'aspetto della salute pubblica e in particolare sul piano tossicologico. 2. I contaminanti devono essere mantenuti ai livelli più bassi che si possono ragionevolmente ottenere attraverso buone pratiche in tutte le fasi elencate all'articolo 1. 3. Per tutelare la salute pubblica e in applicazione del paragrafo 1, tolleranze massime eventualmente necessarie per contaminanti specifici devono essere stabilite secondo la procedura prevista all'articolo 8. Tali tolleranze sono adottate sotto forma di elenchi comunitari non esaurienti e possono indicare: - valori massimi per gli stessi contaminanti a seconda dei diversi prodotti alimentari; - i valori massimi rilevabili con il metodo adottato; - il metodo di campionamento e di analisi da applicare. Articolo 3 Le disposizioni che possono incidere sulla salute pubblica sono adottate previa consultazione del comitato scientifico dell'alimentazione umana. Articolo 4 1. Qualora uno Stato membro, in seguito a nuove informazioni o ad una nuova valutazione di dati già noti, abbia motivi per sospettare che un contaminante presente in prodotti alimentari, sebbene conforme al presente regolamento o ai regolamenti specifici adottati ai sensi del medesimo, costituisca un rischio sanitario, può sospendere o limitare temporaneamente l'applicazione delle misure ad esso relative nel proprio territorio. Esso ne informa immediatamente gli altri Stati membri e la Commissione fornendo la motivazione della sua decisione. 2. La Commissione esamina, nel più breve tempo possibile e nell'ambito del comitato permanente per i prodotti alimentari istituito dalla decisione 69/314/CEE (5), i motivi forniti dallo Stato membro, di cui al paragrafo 1, esprime immediatamente il proprio parere in merito ed adotta le misure del caso secondo la procedura prevista all'articolo 8. Articolo 5 1. Gli Stati membri non possono proibire, limitare od ostacolare, per motivi attinenti al tenore di contaminanti dei prodotti alimentari, l'immissione in commercio di tali prodotti qualora essi siano conformi al presente regolamento o alle disposizioni specifiche adottate in virtù di esso. 2. Qualora le disposizioni comunitarie relative alle tolleranze massime di cui all'articolo 2, paragrafo 3 non siano state adottate, le disposizioni nazionali in materia sono applicabili nel rispetto delle disposizioni del trattato. 3. a) Se uno Stato membro mantiene le disposizioni nazionali, esso ne informa la Commissione e gli altri Stati membri entro sei mesi dall'adozione del presente regolamento. b) Se uno Stato membro ritiene necessario adottare una nuova legislazione, esso comunica alla Commissione e agli altri Stati membri le misure previste, precisandone i motivi. La Commissione consulta gli Stati membri in sede di comitato permanente per i prodotti alimentari, qualora lo ritenga utile o a richiesta d'uno Stato membro. Lo Stato membro può adottare le misure previste soltanto tre mesi dopo tale comunicazione e purché non abbia ricevuto parere contrario della Commissione. In quest'ultimo caso la Commissione, prima della scadenza del termine di cui al secondo comma, avvia la procedura prevista dall'articolo 8, affinché venga deciso se le misure previste possono essere applicate, eventualmente mediante opportune modifiche. Articolo 6 La Commissione presenta annualmente al comitato permanente per i prodotti alimentari una relazione sull'evoluzione globale della legislazione comunitaria in materia di contaminanti. Articolo 7 Quattro anni dopo l'entrata in vigore del presente regolamento la Commissione trasmette al Consiglio una relazione sull'esperienza acquisita, eventualmente accompagnata da proposte appropriate. Articolo 8 La Commissione è assistita dal comitato permanente per i prodotti alimentari, in appresso denominato « comitato ». Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista dall'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni al comitato, viene attribuita ai voti dei rappresentanti degli Stati membri la ponderazione definita all'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto. La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato. Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata. Se il Consiglio non ha deliberato entro un termine di tre mesi a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte, tranne nel caso in cui il Consiglio si sia pronunciato a maggioranza semplice contro tali misure. Articolo 9 Il presente regolamento entra in vigore il 1o marzo 1993. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 8 febbraio 1993. Per il Consiglio Il Presidente J. TROEJBORG (1) GU n. C 57 del 4. 3. 1992, pag. 11. (2) GU n. C 129 del 20. 5. 1991, pag. 104 e decisione del 20 gennaio 1993 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (3) GU n. C 223 del 31. 8. 1992, pag. 24. (4) GU n. L 136 del 20. 5. 1974, pag. 1. (5) GU n. L 291 del 19. 11. 1969, pag. 9.
Contaminanti nei prodotti alimentari: ridurre al minimo gli effetti nocivi SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Intende tutelare la salute pubblica, vietando l’immissione in commercio di prodotti alimentari contenenti quantitativi inaccettabili di sostanze residue note come «contaminanti». PUNTI CHIAVE I contaminanti sono presenti negli alimenti come conseguenza dei trattamenti successivi alla produzione o attraverso la contaminazione ambientale. L’Unione europea (UE) regola i livelli di contaminanti accettabili sul piano tossicologico e li mantiene al minimo. I contaminanti soggetti a norme più specifiche e i corpi estranei, quali frantumi di insetti, peli di animali e altro, non sono contemplati in questo regolamento. Qualora sospetti la presenza di un contaminante pericoloso per la salute pubblica, un paese dell’UE può adottare misure restrittive sulla base di questo regolamento. In tal caso, dovrà informare immediatamente gli altri paesi dell’UE e la Commissione europea, motivando la propria decisione. La Commissione deve esaminare quanto prima le ragioni fornite dal paese dell’UE e prendere i provvedimenti necessari dopo avere consultato il comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali (oggi comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi). Questo comitato assiste la Commissione su tutte le questioni relative ai contaminanti, compresa la determinazione delle tolleranze massime autorizzate. Il regolamento impone la determinazione di soglie massime per certi contaminanti al fine di tutelare la salute pubblica. I paesi dell’UE non devono vietare il commercio dei prodotti alimentari conformi a questo regolamento. Il regolamento (CE) n. 1881/2006 della Commissione stabilisce i livelli massimi per determinati contaminanti presenti negli alimenti, quali ad esempio nitrati, piombo, cadmio, mercurio, arsenico, melammina e così via. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 1o marzo 1993. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare anche la pagina «Contaminanti» sul sito Internet della Commissione europea. ATTO Regolamento (CEE) n. 315/93 del Consiglio, dell’8 febbraio 1993, che stabilisce procedure comunitarie relative ai contaminanti nei prodotti alimentari (GU L 37 del 13.2.1993, pagg. 1-3) Successive modifiche e correzioni al regolamento (CEE) n. 315/93 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. ATTI COLLEGATI Regolamento (CEE) n. 1881/2006 del Consiglio, del 19 dicembre 2006, che definisce i tenori massimi di alcuni contaminanti nei prodotti alimentari (GU L 364 del 20.12.2006, pagg. 5-24). Si veda la versione consolidata.
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Posizione comune del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativa all'applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo Gazzetta ufficiale n. L 344 del 28/12/2001 pag. 0093 - 0096 Posizione comune del Consigliodel 27 dicembre 2001relativa all'applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo(2001/931/PESC)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare gli articoli 15 e 34,considerando quanto segue:(1) Nella riunione straordinaria del 21 settembre 2001 il Consiglio europeo ha dichiarato che il terrorismo rappresenta una vera sfida per il mondo e per l'Europa e la lotta al terrorismo costituirà un obiettivo prioritario per l'Unione europea.(2) Il 28 settembre 2001 il Consiglio di sicurezza ha adottato la risoluzione 1373(2001) che stabilisce strategie di ampio respiro per la lotta al terrorismo e in particolare al finanziamento dello stesso.(3) L'8 ottobre 2001, il Consiglio ha ricordato la determinazione dell'Unione a colpire le fonti di finanziamento del terrorismo, in stretta concertazione con gli Stati Uniti.(4) Ai sensi della risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1333(2000), il 26 febbraio 2001 il Consiglio ha adottato la posizione comune 2001/154/PESC(1) che prevede tra l'altro il congelamento dei fondi di Usama Bin Laden e dei soggetti e delle entità associate a quest'ultimo. Di conseguenza tali persone, gruppi ed entità non sono contemplati dalla presente posizione comune.(5) L'Unione europea dovrebbe adottare ulteriori misure per attuare la risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1373(2001).(6) Gli Stati membri hanno trasmesso all'Unione europea le informazioni necessarie per attuare alcune di dette ulteriori misure.(7) È necessaria un'azione della Comunità volta ad attuare alcune di dette ulteriori misure. È altresì necessaria un'azione degli Stati membri, in particolare per quanto riguarda l'attuazione di forme di cooperazione di polizia e giudiziarie in materia penale,HA ADOTTATO LA PRESENTE POSIZIONE COMUNE:Articolo 11. La presente posizione comune si applica, in conformità delle disposizioni dei seguenti articoli, alle persone, gruppi ed entità, elencati nell'allegato, coinvolti in atti terroristici.2. Ai fini della presente posizione comune per "persone, gruppi ed entità coinvolti in atti terroristici" si intendono:- persone che compiono, o tentano di compiere, atti terroristici o vi prendono parte o li agevolano,- gruppi ed entità posseduti o controllati direttamente o indirettamente da tali persone; e persone, gruppi ed entità che agiscono a nome o sotto la guida di tali persone, gruppi ed entità, inclusi i capitali provenienti o generati da beni posseduti o controllati direttamente o indirettamente da tali persone o da persone, gruppi ed entità ad esse associate.3. Ai fini della presente posizione comune per "atto terroristico" si intende uno degli atti intenzionali di seguito indicati, che, per la sua natura o contesto possa recare grave danno a un paese o un'organizzazione internazionale, definito reato in base al diritto nazionale, quando è commesso al fine di:i) intimidire seriamente la popolazione; oii) costringere indebitamente i poteri pubblici o un'organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto; oiii) destabilizzare gravemente o distruggere le strutture politiche, costituzionali, economiche o sociali fondamentali di un paese o un'organizzazione internazionale:a) attentati alla vita di una persona che possono causarne il decesso;b) attentati gravi all'integrità fisica di una persona;c) sequestro di persona e cattura di ostaggi;d) distruzioni massicce di strutture governative o pubbliche, sistemi di trasporto, infrastrutture, compresi i sistemi informatici, piattaforme fisse situate sulla piattaforma continentale ovvero di luoghi pubblici o di proprietà private, che possono mettere a repentaglio vite umane o causare perdite economiche considerevoli;e) sequestro di aeromobili o navi o di altri mezzi di trasporto collettivo di passeggeri o di trasporto di merci;f) fabbricazione, detenzione, acquisto, trasporto, fornitura o uso di armi da fuoco, esplosivi, armi atomiche, biologiche o chimiche, nonché, per le armi biologiche e chimiche, ricerca e sviluppo;g) diffusione di sostanze pericolose, cagionamento di incendi, inondazioni o esplosioni il cui effetto metta in pericolo vite umane;h) manomissione o interruzione della fornitura di acqua, energia o altre risorse naturali fondamentali il cui effetto metta in pericolo vite umane;i) minaccia di mettere in atto uno dei comportamenti elencati alle lettere da a) a h);j) direzione di un gruppo terroristico;k) partecipazione alle attività di un gruppo terroristico, anche fornendo informazioni o mezzi materiali o finanziandone in qualsiasi forma le attività, nella consapevolezza che tale partecipazione contribuirà alle attività criminose del gruppo.Ai fini del presente paragrafo, per "gruppo terroristico" s'intende l'associazione strutturata di più di due persone, stabilita nel tempo, che agisce in modo concertato allo scopo di commettere atti terroristici. Il termine "associazione strutturata" designa un'associazione che non si è costituita fortuitamente per la commissione estemporanea di un reato e che non deve necessariamente prevedere ruoli formalmente definiti per i suoi membri, continuità nella composizione o una struttura articolata.4. L'elenco è redatto sulla base di informazioni precise o di elementi del fascicolo da cui risulta che un'autorità competente ha preso una decisione nei confronti delle persone, gruppi ed entità interessati, si tratti dell'apertura di indagini o di azioni penali per un atto terroristico, il tentativo di commetterlo, la partecipazione a tale atto o la sua agevolazione, basate su prove o indizi seri e credibili, o si tratti di una condanna per tali fatti. Nell'elenco possono essere inclusi persone, gruppi ed entità individuati dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite come collegati al terrorismo e contro i quali esso ha emesso sanzioni.Ai fini dell'applicazione del presente paragrafo, per "autorità competente" s'intende un'autorità giudiziaria o, se le autorità giudiziarie non hanno competenza nel settore di cui al presente paragrafo, un'equivalente autorità competente nel settore.5. Il Consiglio si adopera affinché nell'elenco, in allegato, delle persone fisiche e giuridiche, dei gruppi o delle entità siano inseriti dettagli sufficienti a consentire l'effettiva identificazione di esseri umani, persone giuridiche, entità o organismi, in modo da discolpare più agevolmente coloro che hanno un nome identico o simile.6. I nomi delle persone ed entità riportati nell'elenco in allegato sono riesaminati regolarmente almeno una volta per semestre onde accertarsi che il loro mantenimento nell'elenco sia giustificato.Articolo 2La Comunità europea, nei limiti dei poteri che le sono conferiti dal trattato che istituisce la Comunità europea, ordina il congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie o economiche delle persone, gruppi ed entità elencati nell'allegato.Articolo 3La Comunità europea, nei limiti dei poteri che le sono conferiti dal trattato che istituisce la Comunità europea, garantisce che i capitali, le risorse finanziarie o economiche o i servizi finanziari o altri servizi connessi non siano messi a disposizione, direttamente o indirettamente, delle persone, gruppi ed entità elencati nell'allegato.Articolo 4Gli Stati membri si prestano, nell'ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale prevista dal titolo VI del trattato sull'Unione europea, la massima assistenza possibile ai fini della prevenzione e della lotta contro gli atti terroristici. A questo scopo, per quanto riguarda le indagini e le azioni penali condotte dalle loro autorità nei confronti di persone, gruppi ed entità di cui all'allegato, essi si avvalgono appieno, su richiesta, dei poteri di cui dispongono in virtù di atti dell'Unione europea e di altri accordi, intese e convenzioni internazionali vincolanti per gli Stati membri.Articolo 5La presente posizione comune ha efficacia dalla data di adozione.Articolo 6La presente posizione comune è costantemente riesaminata.Articolo 7La presente posizione comune è pubblicata nella Gazzetta ufficiale.Fatto a Bruxelles, addì 27 dicembre 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteL. Michel(1) GU L 57 del 27.2.2001, pag. 1.ALLEGATOElenco delle persone, gruppi ed entità di cui all'articolo 1(1)1. PERSONE*- ABAUNZA MARTINEZ, Javier (attivista dell'ETA) nato il 1o.1.1965 a Guernica (Guascogna), carta di identità n. 78.865.882*- ALBERDI URANGA, Itziar (attivista dell'ETA) nato il 7.10.1963 a Durango (Guascogna), carta di identità n. 78.865.693*- ALBISU IRIARTE, Miguel (attivista dell'ETA, membro di Gestoras Pro-amnistía) nato il 7.6.1961 a San Sebastián (Guipúzcoa), carta di identità n. 15.954.596*- ALCALDE LINARES, Angel (attivista dell'ETA, membro di Herri Batasuna/E.H./Batasuna) nato il 2.5.1943 a Portugalete (Vizcaya), carta di identità n. 14.390.353- AL-MUGHASSIL, Ahmad Ibrahim (pseudonimo ABU OMRAN, pseudonimo AL-MUGHASSIL, Ahmed Ibrahim) nato il 26.6.1967 a Qatif-Bab al Shamal, Arabia Saudita, cittadino saudita- AL-NASSER, Abdelkarim Hussein Mohamed, nato a Al Ihsa, Arabia Saudita, cittadino saudita- AL YACOUB, Ibrahim Salih Mohammed, nato il 16.10.1996 a Tarut, Arabia Saudita, cittadino saudita*- ARZALLUZ TAPIA, Eusebio (attivista dell'ETA), nato l'8.11.1957 a Regil (Guipúzcoa), carta di identità n. 15.927.207- ATWA, Ali (pseudonimo BOUSLIM, Ammar Mansour; pseudonimo SALIM, Hassan Rostom), Libano, nato nel 1960 in Libano, cittadino libanese*- ELCORO AYASTUY, Paulo (attivista dell'ETA, membro di Jarrai/Haika/Segi) nato il 22.10.1973 a Vergara (Guipúzcoa), carta di identità n. 15.394.062- EL-HOORIE, Ali Saed Bin Ali (pseudonimo AL-HOURI, Ali Saed Bin Ali; pseudonimo EL-HOURI, Ali Saed Bin Ali) nato il 10.7.1965 oppure l'11.7.1965 a El Dibabiya, Arabia Saudita, cittadino saudita*- FIGAL ARRANZ, Antonio Agustín (attivista dell'ETA, membro di Kas/Ekin) nato il 2.12.1972 a Baracaldo (Guascogna), carta di identità n. 20.172.692*- GOGEASCOECHEA ARRONATEGUI, Eneko (attivista dell'ETA) nato il 29.4.1967 a Guernica (Guascogna), carta di identità n. 44.556.097*- GOIRICELAYA GONZALEZ, Cristina (attivista dell'ETA, membro di Herri Batasuna/E.H./Batasuna), nata il 23.12.1967 a Vegara (Guipúzcoa), carta di identità n. 16.282.556*- IPARRAGUIRRE GUENECHEA, Ma Soledad (attivista dell'ETA), nata il 25.4.1961 a Escoriaza (Navarra), carta di identità n. 16.255.819- IZZ-AL-DIN, Hasan (pseudonimo GARBAYA, Ahmed; pseudonimo SA-ID, pseudonimo SALWWAN, Samir), Libano, nato nel 1963 in Libano, cittadino libanese- MOHAMMED, Khalid Shaikh (pseudonimo ALI, Salem; pseudonimo BIN KHALID, Fahd Bin Abdallah; pseudonimo HENIN, Ashraf Refaat Nabith; pseudonimo WADOOD, Khalid Adbul) nato il 14.4.1965 oppure l'1.3.1964 in Kuwait, cittadino kuwaitiano*- MORCILLO TORRES, Gracia (attivista dell'ETA, membro di Kas/Ekin) nato il 15.3.1967 a San Sebastián (Guipúzcoa), carta di identità n. 72.439.052*- MÚGICA GOÑI, Ainhoa (attivista dell'ETA) nata il 27.6.1970 a San Sebastián (Guipúzcoa), carta di identità n. 34.101.243- MUGHNIYAH, Imad Fa'iz (pseudonimo MUGHNIYAH, Imad Fayiz), ufficiale superiore dei servizi di intelligence dell'HEZBOLLAH, nato il 7.12.1962 a Tayr Dibba, Libano, passaporto n. 432298 (Libano)*- MUÑOA ORDOZGOITI, Aloña (attivista dell'ETA, membro di Kas/Ekin) nata il 6.7.1976 a Segura (Guipúzcoa), carta di identità n. 35.771.259*- NARVAEZ GOÑI, Juan Jesús (attivista dell'ETA), nato il 23.2.1961 a Pamplona (Navarra), carta di identità n. 15.841.101*- OLARRA GURIDI, Juan Antonio (attivista dell'ETA), nato l'11.9.1967 a San Sebastián (Guipúzcoa), carta di identità n. 34.084.504*- ORBE SEVILLANO, Zigor (attivista dell'ETA, membro di Jarrai/Haika/Segi) nato il 22.9.1972 a Basauri (Guascogna), carta di identità n. 45.622.851*- OTEGUI UNANUE, Mikel (attivista dell'ETA, membro di Jarrai/Haika/Segi) nato l'8.10.1972 a Itsasondo (Guipúzcoa), carta di identità n. 44.132.976*- PEREZ ARAMBURU, Jon Iñaki (attivista dell'ETA, membro di Jarrai/Haika/Segi) nato il 18.9.1964 a San Sebastián (Guipúzcoa), carta di identità n. 15.976.521*- SAEZ DE EGUILAZ MURGUIONDO, Carlos (attivista dell'ETA, membro di Kas/Ekin) nato il 9.12.1963 a San Sebastián (Guipúzcoa), carta di identità n. 15.962.687*- URANGA ARTOLA, Kemen (attivista dell'ETA, membro di Herri Batasuna/E.H./Batasuna) nato il 25.5.1969 a Ondarroa (Guascogna), carta di identità n. 30.627.290*- VILA MICHELENA, Fermín (attivista dell'ETA, membro di Kas/Ekin) nato il 12.3.1970 a Irún (Guipúzcoa), carta di identità n. 15.254.2142. GRUPPI O ENTITÀ*- Continuity Irish Republican Army (CIRA)*- Euskadi Ta Askatasuna/Tierra Vasca y Libertad/Patria basca e libertà (E.T.A.)(Le seguenti organizzazioni fanno parte del gruppo terroristico E.T.A.: K.a.s., Xaki, Ekin, Jarrai-Haika-Segi, Gestoras pro-amnistía)*- Grupos de Resistencia Antifascista Primero de Octubre/Gruppo di resistenza antifascista 1o ottobre (G.R.A.P.O.)- Hamas-Izz al-Din al-Qassem (ala terroristica di Hamas)*- Loyalist Volunteer Force (LVF)*- Orange Volunteers (OV)- Jihad islamica palestinese (PIJ)*- Real IRA*- Red Hand Defenders (RHD)*- Nuclei rivoluzionari/Epanastatiki Pirines*- Organizzazione rivoluzionaria 17 novembre/Dekati Evdomi Noemvri*- Lotta popolare rivoluzionaria/Epanastatikos Laikos Agonas (ELA)*- Ulster Defence Association/Ulster Freedom Fighters (UDA/UFF)(1) Le persone contraddistinte da * sono soggette al solo articolo 4.
Congelamento delle risorse: elenco delle persone e dei gruppi coinvolti in atti terroristici Questa posizione comune prevede che sia redatto un elenco delle persone, dei gruppi e delle entità coinvolti in atti terroristici cui si applica la misura del congelamento dei capitali e delle risorse finanziarie. ATTO Posizione comune 2001/931/PESC del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativa all'applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo. SINTESI Il Consiglio europeo straordinario del 21 settembre 2001 ha definito il terrorismo come una delle principali sfide per il mondo e ha individuato la lotta al terrorismo come uno degli obiettivi prioritari dell’Unione europea (UE). Obiettivo di questa posizione comune è applicare ulteriori misure di lotta al terrorismo, in aggiunta alla risoluzione 1373 (2001) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. In particolare, essa istituisce un elenco di persone, gruppi ed entità coinvolti in atti terroristici, cui si applica la misura del congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie nell’ambito della lotta contro il finanziamento del terrorismo. Definizioni Per «persone, gruppi ed entità coinvolti in atti terroristici» si intendono soggetti per i quali sia provato, sulla base di informazioni precise, che hanno già commesso, che tentano di commettere o che agevolano atti terroristici. Gli «atti terroristici» sono definiti come atti intenzionali che possano recare grave danno a un paese o a un'organizzazione internazionale intimidendo seriamente la popolazione, imponendo costrizioni di ogni genere, destabilizzando o distruggendo le strutture fondamentali, costituzionali, sociali ed economiche. In questo elenco sono compresi gli atti seguenti: attentato alla vita o all’integrità fisica di una persona; sequestro di persona e cattura di ostaggi; distruzione massiccia di strutture pubbliche o private, compresi i sistemi informatici; sequestro di mezzi di trasporto collettivo (aeromobili o navi); fabbricazione, detenzione, acquisto, trasporto o uso di armi da fuoco, esplosivi, armi atomiche, biologiche o chimiche; diffusione di sostanze pericolose o cagionamento di inondazioni, esplosioni o incendi; manomissione o interruzione della fornitura di acqua, energia o altre risorse naturali fondamentali; direzione di un gruppo terroristico o partecipazione alle sue attività, anche sotto forma di finanziamento o di fornitura di mezzi logistici. La semplice minaccia di commettere uno dei crimini di cui sopra è da considerarsi anch’essa come un atto terroristico. La posizione comune definisce altresì i gruppi terroristici come associazioni strutturate di persone, che agiscono in modo concertato allo scopo di commettere atti terroristici, indipendentemente dalla loro composizione e dal grado di complessità della loro struttura. Elenco delle persone ed entità L’elenco figurante all’allegato della posizione comune è redatto sulla base delle inchieste condotte dalle autorità competenti, giudiziarie o di polizia nei paesi dell’UE. L’elenco deve essere riesaminato almeno ogni semestre ai fini di un aggiornamento. L’elenco comprende i gruppi di attivisti rivoluzionari, nonché i nomi delle persone che ne fanno parte, fra cui: CIRA (Continuity Irish Republican Army); E.T.A (Patria basca e libertà); G.R.A.P.O (Gruppo di resistenza antifascista 1° ottobre); Hamas-Izz al-Din al-Qassem (ala terroristica di Hamas); LVF (Loyalist Volunteer Force); PIJ (Jihad islamica palestinese). Il nome di Osama Bin Laden e quello dei soggetti e delle entità associate a quest'ultimo non figurano in tale elenco in quanto rientrano già nella posizione comune 2002/402/PESC del Consiglio, del 27 maggio 2002, concernente misure restrittive nei confronti di Osama Bin Laden, dei membri dell'Organizzazione Al-Qaida e dei Taliban e di altri individui, gruppi, imprese ed entità ad essi associate. Le misure previste da questa posizione comune vengono applicate dal regolamento (CE) n. 881/2002, adottato lo stesso giorno. Misure che devono essere adottate da parte dell’UEe dei suoi paesi L’UE, nei limiti dei suoi poteri e delle sue competenze, ordina il congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie o economiche delle persone, dei gruppi e delle entità figuranti nell’elenco e garantisce che tali persone e gruppi non abbiano accesso ai fondi e ai capitali congelati. I paesi dell’UE, nell'ambito di una cooperazione di polizia e giudiziaria adeguata, si prestano assistenza reciproca ai fini della prevenzione e della lotta contro gli atti terroristici. Al fine di condurre le indagini e le azioni penali nei confronti di persone ed entità figuranti nell’elenco, le loro autorità si avvalgono appieno dei poteri di cui dispongono in virtù di atti dell'UE o di altri accordi bilaterali o internazionali. Analogamente a questa posizione comune, la posizione comune 2001/930/PESC del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativa alla lotta al terrorismo, prevede il congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie o economiche delle persone o delle entità che agevolano, tentano di compiere o compiono atti terroristici sul territorio dell’UE. Riferimenti Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale Posizione comune 2001/931/PESC 27.12.2001 - GU L 344 del 28.12.2001 ATTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 2580/2001 del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo [Gazzetta ufficiale L 344 del 28.12.2001]. Il regolamento in questione costituisce una misura necessaria a livello UE ed integra le procedure amministrative e giudiziarie relative alle organizzazioni terroristiche nei paesi UE e nei paesi terzi. Con il regolamento si intende lottare contro qualsiasi forma di finanziamento delle attività terroristiche. A tal fine, il regolamento definisce la nozione di “capitali e altre attività finanziarie” da congelare, quella di “servizi bancari e altri servizi finanziari” e quella di “controllo di una persona giuridica”. Il regolamento prevede inoltre deroghe che permettono, in taluni casi specifici, di scongelare i capitali. Il regolamento prevede l’elaborazione, il riesame e la modifica di un elenco di persone, gruppi o entità ai quali esso si applica. Questo elenco è stato aggiornato da successivi regolamenti e decisioni. Decisione 2005/671/GAI del Consiglio , del 20 settembre 2005, concernente lo scambio di informazioni e la cooperazione in materia di reati terroristici [Gazzetta ufficiale L 253 del 29.9.2005]. See also Sito web sulla lotta alla minaccia terroristica (EN) della direzione generale degli Affari interni della Commissione europea
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DECISIONE (UE) 2017/865 DEL CONSIGLIO dell'11 maggio 2017 relativa alla firma, a nome dell'Unione europea, della convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria in materia penale IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 82, paragrafo 2, e l'articolo 83, paragrafo 1, in combinato disposto con l'articolo 218, paragrafo 5, vista la proposta della Commissione europea, considerando quanto segue: (1) L'Unione europea ha partecipato insieme agli Stati membri in qualità di osservatore ai negoziati per la convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica («convenzione»), che è stata adottata dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa il 7 aprile 2011. La convenzione è stata aperta alla firma l'11 maggio 2011. (2) In conformità dell'articolo 75 della convenzione, la convenzione è aperta alla firma dell'Unione. (3) La convenzione istituisce un quadro giuridico completo e multiforme per tutelare le donne contro tutte le forme di violenza. Essa mira a prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e le ragazze e la violenza domestica. La convenzione contempla una vasta gamma di misure, dalla raccolta dei dati e la sensibilizzazione alle misure legali per qualificare come reati diverse forme di violenza contro le donne. Essa comprende misure per la protezione delle vittime e la messa a disposizione di servizi di sostegno, e affronta la dimensione della violenza di genere in materia di asilo e migrazione. La convenzione istituisce uno specifico meccanismo di controllo per garantire l'attuazione efficace delle sue disposizioni a opera delle parti. (4) La firma della convenzione a nome dell'Unione contribuirà alla realizzazione della parità tra uomini e donne in tutti gli ambiti, quale valore e obiettivo fondamentale dell'Unione che quest'ultima deve perseguire in tutte le sue attività, ai sensi degli articoli 2 e 3 del trattato sull'Unione europea (TUE), dell'articolo 8 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE)e dell'articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. La violenza contro le donne è una violazione dei loro diritti umani e una forma estrema di discriminazione, radicata nella disparità fra i generi e che contribuisce a mantenerla e rafforzarla. Impegnandosi ad attuare la convenzione, l'Unione conferma il proprio impegno a combattere la violenza contro le donne nel proprio territorio e a livello globale, e rafforza l'attuale azione politica e il quadro giuridico sostanziale esistente nel settore del diritto di procedura penale che è di particolare importanza per le donne e le ragazze. (5) Sia l'Unione che i suoi Stati membri hanno competenze nei settori contemplati dalla convenzione. (6) È opportuno firmare la convenzione a nome dell'Unione per quanto riguarda le materie ricadenti nella competenza dell'Unione nella misura in cui la convenzione può incidere su norme comuni o modificarne la portata. Ciò riguarda, in particolare, determinate disposizioni della convenzione relative alla cooperazione giudiziaria in materia penale e le disposizioni della convenzione relativa all'asilo e al non respingimento. Gli Stati membri mantengono le rispettive competenze nella misura in cui la convenzione non incide sulle norme comuni o ne modifica la portata. (7) L'Unione ha altresì competenza esclusiva per accettare gli obblighi stabiliti dalla convenzione per quanto riguarda le proprie istituzioni e l'amministrazione pubblica. (8) Poiché la competenza dell'Unione e le competenze degli Stati membri sono interconnesse, l'Unione dovrebbe aderire alla convenzione unitamente ai suoi Stati membri, così da poter adempiere insieme agli obblighi stabiliti dalla convenzione ed esercitare in maniera coerente i diritti loro conferiti. (9) La presente decisione riguarda le disposizioni della convenzione sulla cooperazione giudiziaria in materia penale nella misura in cui tali disposizioni incidono sulle norme comuni o ne modificano la portata. Non riguarda gli articoli 60 e 61 della convenzione, i quali sono oggetto di una distinta decisione del Consiglio relativa alla firma, che sarà adottata in parallelo alla presente decisione. (10) L'Irlanda e il Regno Unito sono vincolati dalle direttive 2011/36/UE (1) e 2011/93/UE (2) del Parlamento europeo e del Consiglio e partecipano quindi all'adozione della presente decisione. (11) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca, allegato al TUE e al TFUE, la Danimarca non partecipa all'adozione della presente decisione, non è da essa vincolata, né è soggetta alla sua applicazione. (12) È opportuno firmare la convenzione, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 È autorizzata, a nome dell'Unione europea, la firma della convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria in materia penale, con riserva della conclusione di tale convenzione (3). Articolo 2 Il presidente del Consiglio è autorizzato a designare la persona o le persone abilitate a firmare la convenzione a nome dell'Unione. Articolo 3 La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Bruxelles, l'11 maggio 2017 Per il Consiglio Il presidente R. GALDES (1) Direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI (GU L 101 del 15.4.2011, pag. 1). (2) Direttiva 2011/93/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, e che sostituisce la decisione quadro 2004/68/GAI del Consiglio (GU L 335 del 17.12.2011, pag. 1). (3) Il testo della convenzione sarà pubblicato unitamente alla decisione sulla sua conclusione.
Adesione dell’Unione europea alla convenzione di Istanbul QUAL È LO SCOPO DELLE DECISIONI? È autorizzata, a nome dell’Unione europea (Unione), la firma della convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul) per quanto riguarda le materie ricadenti nella competenza dell’Unione. Questo è un passo importante per l’Unione nel far parte interamente, insieme agli Stati membri dell’Unione, alla Convenzione di Istanbul. PUNTI CHIAVE Convenzione di Istanbul ricopre materie ricadenti nella competenza dell’Unione e dei suoi Stati membri.L’Unione dovrebbe dunque diventare parte della convenzione insieme agli Stati membri cosicché questi possano ottemperare efficacemente dagli obblighi stabiliti nella convenzione. È opportuno firmare la convenzione a nome dell’Unione per quanto riguarda le materie ricadenti nella competenza dell’Unione nella misura in cui la convenzione può incidere su norme comuni o modificarne la portata. Ciò riguarda, in particolare, determinate disposizioni della convenzione relative alla cooperazione giudiziaria in materia penale e le disposizioni della convenzione relativa all’asilo e al non respingimento (protezione di una persona contro l’espulsione o ritornare in un paese dove ci sarebbe ragione di paura per persecuzione, uno dei componenti essenziali di status di rifugiato e diritto di asilo). A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Esse si applicano dal 9 giugno 2017. CONTESTO La convenzione di Istanbul si è confermato come il regime internazionale del trattato nella prevenzione e la lotto contro la violenza sulle donne* e violenza domestica*. È stata presentata e aperta per la firma nel 2011 ed è entrata in vigore dall’agosto del 2014. È aperta alla firma da parte dell’Unione, il quale ha partecipato insieme agli stati membri come un osservatore nella sua negoziazione. Decisione (UE) 2017/865 e (UE) 2017/866 sono state adottate nel contesto del 2017 , essendo dichiarato dalla Commissione europea come anno incentrato sulle azione per combattere la violenze sulle donne. Per ulteriori informazioni, si veda:Giorno internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne- scheda (Commissione Europea) TERMINI CHIAVE Violenza domestica contro le donne Come definito nella convenzione di Istanbul, atti di violenza di genere (ossia violenza diretta sulla donna, perché identificata come donna, o che influisce sulle donne sproporzionatamente) che producono, o possa produrre danni o sofferenze fisica, psicologica, sessuale ed economica per le donne nonché la minaccia di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà sia nella vita pubblica che nella vita privata. Violenza domestica Come definito nella convenzione di Istanbul, tutti gli atti di violenza fisica, psicologica, sessuale ed economica che si verificano nel contesto domestico o familiare, tra ex o attuale coniuge, o compagni, se non autore di condivisioni o che abbia condiviso la stessa residenza con la vittima. DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione (UE) 2017/865 del Consiglio, dell’11 maggio 2017, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, della convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria in materia penale (GU L 131 del 20.5.2017, pag. 11). Decisione (UE) 2017/866 del Consiglio, dell’11 maggio 2017, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, della convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica per quanto riguarda l’asilo e il non-respingimento (GU L 131 del 20.5.2017, pag. 13). DOCUMENTI CORRELATI Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul), Strasbourg 12 aprile 2011.
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Risoluzione del Consiglio Europeo del 13 dicembre 1997 sul coordinamento delle politiche economiche nella terza fase dell'UEM e sugli articoli 109 e 109 B del trattato CE Gazzetta ufficiale n. C 035 del 02/02/1998 pag. 0001 - 0004 RISOLUZIONE DEL CONSIGLIO EUROPEO del 13 dicembre 1997 sul coordinamento delle politiche economiche nella terza fase dell'UEM e sugli articoli 109 e 109 B del trattato CE (98/C 35/01)IL CONSIGLIO EUROPEO, riunito a Lussemburgo il 13 dicembre 1997,visto il trattato che istituisce la Comunità europea,ricordando le conclusioni del Consiglio europeo di Amsterdam, in particolare sul miglioramento delle procedure di coordinamento economico e su modalità efficaci di attuazione degli articoli 109 e 109 B del trattato,ricordando la risoluzione del Consiglio europeo di Amsterdam sul patto di stabilità e crescita,ricordando la risoluzione del Consiglio europeo di Amsterdam su crescita ed occupazione,prendendo nota della relazione del Consiglio del 1° dicembre 1997,HA STABILITO QUANTO SEGUE:I. Coordinamento delle politiche economiche nella terza fase dell'Unione economica e monetaria (UEM) 1) L'Unione economica e monetaria creerà un legame più stretto tra le economie degli Stati membri che partecipano all'area dell'euro. Essi condivideranno una politica monetaria unica e un tasso di cambio unico. È probabile che vi sia una maggiore convergenza degli andamenti ciclici. Fatte salve le disposizioni dell'articolo 104 C del trattato e del patto di stabilità e crescita, le politiche economiche e la determinazione dei salari restano tuttavia una responsabilità nazionale. Fintantoché l'evoluzione economica nazionale avrà un impatto sulle prospettive di inflazione nell'area dell'euro, essa influirà sulle condizioni monetarie di quell'area. Per questa ragione fondamentale il passaggio a una moneta unica richiederà un rafforzamento della sorveglianza comunitaria e del coordinamento delle politiche economiche tra gli Stati membri che partecipano all'area dell'euro.2) Anche l'interdipendenza economica e monetaria con gli Stati membri non aderenti all'area dell'euro sarà forte in quanto tutti partecipano al mercato unico. La necessità di garantire maggiore convergenza e un corretto funzionamento del mercato unico esige pertanto che tutti gli Stati membri partecipino al coordinamento delle politiche economiche. L'interdipendenza sarà inoltre particolarmente forte se gli Stati membri non aderenti all'area dell'euro parteciperanno al nuovo meccanismo di cambio, come ci si aspetta dai paesi con deroga.3) Un migliore coordinamento delle politiche economiche dovrebbe prestare la massima attenzione agli sviluppi economici e alle politiche nazionali capaci di influenzare la situazione monetaria e finanziaria nell'area dell'euro o incidere sul corretto funzionamento del mercato interno. Ciò comporta:- sorveglianza rigorosa degli sviluppi macroeconomici negli Stati membri per assicurare una convergenza duratura, nonché dell'evoluzione dei tassi di cambio dell'euro;- sorveglianza delle posizioni e politiche di bilancio in base al trattato e al patto di stabilità e crescita;- sorveglianza delle politiche strutturali degli Stati membri nei mercati del lavoro, dei beni e dei servizi, nonché delle tendenze dei costi e dei prezzi, soprattutto laddove influiscono sulle possibilità di conseguire una crescita sostenibile e non inflazionistica e la creazione di posti di lavoro;- promozione di riforme fiscali in grado di potenziare l'efficienza e di misure dissuasive nei confronti di una concorrenza fiscale pregiudizievole.Un migliore coordinamento delle politiche economiche deve essere conforme al principio di sussidiarietà stabilito nel trattato, rispettare le prerogative dei governi nazionali nella determinazione delle loro politiche strutturali e di bilancio, fatte salve le disposizioni del trattato e del patto di stabilità e crescita, rispettare l'indipendenza del sistema europeo delle banche centrali (SEBC) nel perseguire l'obiettivo prioritario della stabilità dei prezzi e il ruolo del Consiglio Ecofin quale organo decisionale centrale per il coordinamento economico, nonché rispettare le tradizioni nazionali e le competenze e responsabilità delle parti sociali nel processo di formazione dei salari.4) Per garantire il corretto funzionamento dell'UEM, il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri sono tenuti ad applicare in pieno ed efficacemente gli strumenti previsti dal trattato per il coordinamento delle politiche economiche.A tal fine gli indirizzi di massima per le politiche economiche, adottati a norma dell'articolo 103, paragrafo 2, del trattato, dovrebbero essere sviluppati in vista di costituire uno strumento efficace che garantisca una convergenza duratura degli Stati membri. Essi dovrebbero fornire orientamenti più concreti e più mirati per paese e concentrarsi maggiormente sulle misure dirette a migliorare il potenziale di crescita degli Stati membri, aumentando così l'occupazione. Pertanto, nell'ambito di tali indirizzi dovrebbe essere rivolta una maggiore attenzione al miglioramento della competitività, dell'efficienza dei mercati del lavoro, dei beni e dei servizi, dell'istruzione e della formazione, nonché a rendere più favorevoli all'occupazione i sistemi tributari e di previdenza sociale.Un migliore coordinamento dovrebbe consentire di controllare la coerenza delle politiche economiche nazionali e della loro realizzazione con gli indirizzi di massima per le politiche economiche ed il corretto funzionamento dell'UEM. Le politiche e gli sviluppi economici di ciascuno Stato membro e della Comunità dovrebbero essere attentamente seguiti nel quadro della sorveglianza multilaterale, a norma dell'articolo 103, paragrafo 3, del trattato. In particolare, dovrebbero essere segnalate tempestivamente non solo situazioni di bilancio rischiose, secondo il patto di stabilità e crescita, ma anche altri sviluppi che, qualora perdurassero, rischierebbero di mettere in questione la stabilità, la competitività e il futuro della creazione di posti di lavoro. A tal fine il Consiglio potrebbe essere maggiormente indotto ad adottare le necessarie raccomandazioni, a norma dell'articolo 103, paragrafo 4, del trattato, ad uno Stato membro le cui politiche economiche non fossero coerenti con gli indirizzi di massima per le politiche economiche. D'altro canto, lo Stato membro interessato dovrebbe impegnarsi ad adottare le misure tempestive ed efficaci che reputa necessarie per adeguarsi alle raccomandazioni del Consiglio. Inoltre, gli Stati membri dovrebbero impegnarsi a scambiarsi tempestivamente e in modo esauriente informazioni sugli sviluppi economici e le intenzioni di politica economica che potrebbero avere ripercussioni oltrefrontiera.5) La sorveglianza della situazione economica e i dibattiti orientativi dovrebbero diventare un punto ricorrente nell'ordine del giorno delle sessioni informali del Consiglio Ecofin. Per stimolare un dibattito franco e aperto, il Consiglio Ecofin dovrebbe riunirsi saltuariamente in ambito ristretto (ministro più una persona), soprattutto nell'esercizio della sorveglianza multilaterale.6) In base al trattato, il Consiglio Ecofin (1) è il centro di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri ed è autorizzato ad agire nei pertinenti settori. In particolare, il Consiglio Ecofin è l'unico organo autorizzato a formulare e adottare gli indirizzi di massima per le politiche economiche, che costituiscono il principale strumento di coordinamento economico.Tale ruolo determinante del Consiglio Ecofin al centro del processo decisionale e di coordinamento in materia economica sancisce l'unità e la coesione della Comunità.I ministri degli Stati aderenti all'area dell'euro possono riunirsi in modo informale per discutere questioni connesse alle responsabilità specifiche che condividono in materia di moneta unica. La Commissione e, ove opportuno, la Banca centrale europea (BCE) saranno invitate a partecipare alle riunioni.Ogni volta che si affrontano questioni d'interesse comune, esse saranno discusse dai ministri di tutti gli Stati membri.In tutti i casi in cui occorra prendere una decisione, essa viene adottata dal Consiglio Ecofin secondo le procedure stabilite dal trattato.II. Attuazione delle disposizioni del trattato sulla politica dei tassi di cambio e sulla posizione esterna e la rappresentanza della Comunità (articolo 109 del trattato) 7) Il Consiglio europeo riconosce la responsabilità che incomberà alla Comunità con l'introduzione dell'euro, una delle valute più importanti nel sistema monetario mondiale. Il contributo della Comunità attraverso il SEBC, nel rigoroso rispetto delle procedure e della ripartizione dei poteri stabilite dal trattato, sarà quello di creare un centro di stabilità dei prezzi. Da parte sua il Consiglio europeo è determinato a svolgere pienamente il suo ruolo contribuendo a costruire le fondamenta di un'economia prospera ed efficiente nella Comunità, secondo il principio di un'economia aperta e in libera concorrenza, che agevoli un'efficiente distribuzione delle risorse, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 3 A del trattato. Il Consiglio europeo è convinto che ciò costituirà la base di una moneta forte e rispettata.8) Il Consiglio sorveglierà l'evoluzione del tasso di cambio dell'euro alla luce di un'ampia gamma di dati economici; la Commissione dovrebbe presentare analisi al Consiglio e il Comitato economico e finanziario preparare i lavori del Consiglio. È importante fare pienamente ricorso alle disposizioni del trattato per assicurare lo scambio di informazioni e opinioni tra il Consiglio e la BCE sul tasso di cambio dell'euro. Pur considerando, in generale, i tassi di cambio come il risultato di tutte le altre politiche economiche, il Consiglio, in situazioni eccezionali, per esempio in caso di disallineamento evidente, può nondimeno formulare orientamenti generali di politica dei tassi di cambio in merito a valute non comunitarie, a norma dell'articolo 109, paragrafo 2, del trattato. Detti orientamenti generali dovrebbero sempre rispettare l'indipendenza del SEBC ed essere coerenti con il suo obiettivo prioritario di mantenere la stabilità dei prezzi.9) Il Consiglio dovrebbe decidere in merito alla posizione della Comunità a livello internazionale per quanto riguarda questioni di particolare importanza per l'unione economica e monetaria, a norma dell'articolo 109, paragrafo 4, del trattato. Tali decisioni riguarderanno le posizioni sia nelle relazioni bilaterali tra l'Unione europea con i paesi terzi sia nelle assise che si svolgono nell'ambito di organizzazioni internazionali o di gruppi informali degli Stati. La portata di questa disposizione è necessariamente limitata, in quanto solo gli Stati membri partecipanti all'area dell'euro hanno diritto di voto a norma dell'articolo 109.10) Il Consiglio e la Banca centrale europea svolgeranno il proprio compito nell'ambito della rappresentanza della Comunità a livello internazionale in modo efficiente e nel rispetto della ripartizione dei poteri prevista dal trattato. Per quanto riguarda le politiche economiche diverse da quella monetaria e dei tassi di cambio, gli Stati membri dovrebbero continuare a presentare le proprie politiche al di fuori del quadro comunitario, tenendo nel contempo pienamente conto dell'interesse della Comunità. La Commissione sarà associata alla rappresentanza esterna nella misura necessaria per svolgere il ruolo assegnatole dal trattato.La rappresentanza nelle organizzazioni internazionali dovrebbe tenere conto delle regole di queste. Per quanto riguarda, in particolare, le relazioni della Comunità con il Fondo monetario internazionale (FMI), esse dovrebbero basarsi sulla disposizione dello statuto del Fondo per la quale solo gli Stati possono essere membri di tale istituzione. Gli Stati membri, in quanto membri del FMI, dovrebbero contribuire a definire intese pragmatiche al fine di agevolare lo svolgimento della sorveglianza del FMI e la presentazione delle posizioni della Comunità, incluse le opinioni del SEBC, negli organi del Fondo.III. Dialogo tra il Consiglio e la BCE 11) Tenendo presente la ripartizione dei poteri prevista dal trattato, lo sviluppo economico armonioso della Comunità nella terza fase dell'UEM esigerà un continuo e proficuo dialogo tra il Consiglio e la BCE, che coinvolga la Commissione e rispetti, sotto ogni profilo, l'indipendenza del SEBC.12) Il Consiglio dovrebbe pertanto svolgere in pieno il proprio ruolo avvalendosi dei canali di comunicazione previsti dal trattato. Il presidente del Consiglio, sulla base di quanto disposto a suo riguardo dall'articolo 109 B del trattato, dovrebbe riferire al consiglio direttivo della BCE in merito alla valutazione della situazione economica dell'Unione effettuata dal Consiglio e alle politiche economiche degli Stati membri; egli potrebbe inoltre discutere con la BCE le opinioni del Consiglio sugli sviluppi e sulle prospettive per quanto riguarda i tassi di cambio. Il trattato prevede altresì che il presidente della BCE partecipi alle sessioni del Consiglio, ogniqualvolta siano discussi argomenti relativi agli obiettivi e ai compiti del SEBC, per esempio al momento dell'elaborazione degli indirizzi di massima per le politiche economiche. Rivestono altresì grande importanza le relazioni annuali che la BCE presenterà al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione, nonché al Consiglio europeo.Il Comitato economico e finanziario, che sarà composto di Alti funzionari delle banche centrali e della BCE nonché dei ministeri delle finanze nazionali, costituirà il quadro in cui il dialogo può essere preparato e sviluppato a livello di Alti funzionari.(1) La dichiarazione n. 3 del trattato sull'Unione europea afferma che, ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al titolo VI, «Politica economica e monetaria», del trattato che istituisce la Comunità europea, continua a seguirsi la prassi consueta, che prevede la riunione del Consiglio nella sua composizione dei ministri dell'Economia e delle Finanze, fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 109 J, paragrafi da 2 a 4, e all'articolo 109 K, paragrafo 2, del trattato.
Risoluzione del Consiglio europeo sul coordinamento delle politiche economiche QUAL È LO SCOPO DELLA RISOLUZIONE? Dimostra l'impegno solenne del Consiglio europeo a rispettare le disposizioni del Trattato in termini di controllo e di coordinamento delle politiche economiche. Consolida sul piano pratico il coordinamento sia fra i paesi aderenti alla moneta unica (fra l'altro, grazie all'istituzione di un Eurogruppo informale) sia fra questi ultimi e i paesi non partecipanti PUNTI CHIAVE I paesi della zona euro adotteranno una politica monetaria unica e un tasso di cambio unico mentre gli altri capitoli della politica economica permarranno di competenza delle istanze nazionali. Nella misura in cui l'evoluzione economica sul piano nazionale influirà sulla situazione monetaria nella zona euro, si renderà indispensabile un rafforzamento del controllo e del coordinamento delle politiche economiche dei paesi di tale zona. Tutti i paesi dell'UE, compresi quelli esclusi dalla zona euro (Danimarca, Svezia e Regno Unito (1)), devono essere integrati nel coordinamento delle politiche economiche, conseguentemente alla loro partecipazione al mercato unico e, eventualmente, al meccanismo di cambio. Il controllo e il coordinamento rafforzati dovranno esercitarsi nei seguenti settori: evoluzione macroeconomica nei paesi dell'UE, nonché evoluzione del tasso di cambio dell'euro; situazioni e politiche di bilancio; politiche strutturali sui mercati del lavoro, dei prodotti e dei servizi, nonché tendenze in materia di costi e di prezzi. Tale coordinamento deve effettuarsi in adempimento al principio di sussidiarietà . Per garantire il corretto funzionamento dell'Unione economica e monetaria (UEM), i grandi orientamenti delle politiche economiche dovranno presentare linee direttive più concrete, commisurate a ciascun paese e prevalentemente mirate al miglioramento del potenziale di crescita e alla creazione di posti di lavoro. I paesi dell'UE dovrebbero impegnarsi nella realizzazione di uno scambio completo e rapido d'informazioni sull'evoluzione economica e sulle intenzioni politiche in grado di avere un impatto aldilà delle frontiere nazionali, anche in assenza di una minaccia di peggioramento della situazione di bilancio. Da parte sua il Consiglio potrebbe rivelarsi più favorevole alla necessità di indirizzare le raccomandazioni ad un paese le cui politiche economiche non siano conformi ai grandi orientamenti. Il Consiglio Affari economici e finanziari (Consiglio Ecofin) occupa una posizione determinante nell'ambito del processo di coordinamento e d'assunzione di decisioni in materia economica. Ogniqualvolta sono esaminati problemi d'interesse comune, vanno anche discussi dai ministri di tutti i paesi dell'UE. Tuttavia i ministri dei paesi aderenti alla zona euro possono riunirsi scambievolmente sul piano informale per discutere problemi connessi alle responsabilità specifiche comuni in materia di moneta unica (questa formazione si riunisce di norma la vigilia di una riunione del Consiglio ECOFIN). Dal momento che il Consiglio ha il compito di controllare l'evoluzione del tasso di cambio dell'euro, è importante che sia in grado di procedere a scambi di pareri e d'informazioni con la Banca centrale europea (BCE). In casi eccezionali può formulare orientamenti generali di politica di cambio per rispetto alle monete extracomunitarie, nel rispetto dell'indipendenza del sistema europeo delle banche centrali (SEBC) e del suo obiettivo principale, vale a dire la stabilità dei prezzi. Sia nell'ambito dei rapporti bilaterali con i paesi extra UE che nel quadro di attività delle istanze internazionali o dei consorzi informali statali, il Consiglio adotta la posizione dell'UE per quanto riguarda i problemi che rivestono un interesse particolare per l'UEM. Possono partecipare alle votazioni soltanto i paesi aderenti alla zona euro. Il Consiglio e la Banca centrale europea rappresentano l'UE sul piano internazionale nel rispetto della ripartizione delle competenze prevista nel Trattato. In merito agli elementi di politica economica diversi dalla politica monetaria e dal tasso di cambio, i paesi dell'UE continuano a presentare le loro politiche al di là del quadro comunitario nel rispetto degli interessi dell'UE. La rappresentanza nelle organizzazioni internazionali dovrà essere conforme ai regolamenti applicati da questi ultimi: pertanto ad esempio soltanto paesi possono essere membri del Fondo monetario internazionale. Considerata la ripartizione delle competenze previste dal Trattato, affinché l'UE possa fruire di un'evoluzione economica armoniosa, sarà indispensabile che la stessa instauri fra il Consiglio e la BCE un dialogo permanente in grado di far intervenire la Commissione europea e che rispetti, senza eccezioni, l'indipendenza del SEBC. Il Comitato economico e finanziario costituirà il quadro nel quale tale dialogo potrà essere elaborato e portato avanti a livello degli alti funzionari. DOCUMENTO PRINCIPALE Risoluzione del Consiglio europeo del 13 dicembre 1997 sul coordinamento delle politiche economiche nella terza fase dell'UEM e sugli articoli 109 e 109 B del trattato CE (GU C 35 del 2.2.1998, pag. 1–4)
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Accordo quadro di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee ed il Regno di Norvegia Gazzetta ufficiale n. L 078 del 24/03/1986 pag. 0027 - 0028 *****ACCORDO QUADRO di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee ed il Regno di Norvegia IL GOVERNO NORVEGESE, che agisce a nome del Regno di Norvegia, in seguito denominato « Norvegia », da un lato, IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, che agisce a nome della Comunità economica europea e LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, che agisce a nome della Comunità europea dell'energia atomica, dall'altro, considerando che, fatte salve le disposizioni pertinenti dei trattati che istituiscono le Comunità europee, il presente accordo quadro e qualsiasi azione avviata ai sensi di detto accordo non pregiudicheranno in alcun modo i poteri che spettano agli stati membri delle Comunità di avviare attività bilaterali con la Norvegia nei settori della scienza, della tecnologia, della ricerca e dello sviluppo e di concludere eventuali accordi a tal fine; considerando l'importanza della ricerca scientifica e tecnica per la Norvegia e le Comunità ed il loro interesse reciproco a cooperare in detto settore, per meglio utilizzare le risorse impiegate ed evitare inutili doppioni; considerando che in occasione della riunione di Lussemburgo del 9 aprile 1984 i ministri degli stati membri delle Comunità, i ministri degli stati membri dell'associazione europea di libera scambio (EFTA) e la Commissione hanno ritenuto che la sempre crescente interdipendenza economica tra le Comunità ed i paesi dell'EFTA giustificassero in particolare una cooperazione nel settore della ricerca e dello sviluppo ed hanno sottolineato la necessità di intensificare tali sforzi, in particolare per promuovere la mobilità dei ricercatori; che i ministri hanno peraltro auspicato che una particolare attenzione fosse riservata a determinati settori industriali e tecnologici d'avvenire; considerando che la Norvegia e la Comunità cooperano nell'ambito di differenti programmi di ricerca e nell'ambito di azioni comunitarie; considerando che la Norvegia e la Comunità economica europea hanno concluso, il 19 settembre 1985, un accordo di cooperazione relativo ad un programma di ricerca e sviluppo nel settore dei metalli e delle sostanze minerali; considerando che la Comunità economica europea e l'Ente nazionale per la ricerca e le librerie speciali in Norvegia hanno concluso il 19 dicembre 1984 un accordo di cooperazione sull'interconnessione della rete comunitaria per la trasmissione dati (DIANE) e la rete dati norvegese a fini di ricerca informazioni; considerando che la Norvegia e la Comunità economica europea cooperano anche nel quadro della cooperazione europea per la ricerca scientifica e tecnica (COST) e che esse intendono proseguire i propri sforzi in tale contesto; considerando che la Norvegia e la Comunità realizzano attualmente importanti programmi di ricerca in settori prioritari e che gli obiettivi di tali programmi coincidono in larga misura; considerando che la Norvegia e la Comunità sono interessate a cooperare nel quadro di un grande numero di questi programmi; considerando che a tal fine è auspicabile stabilire un quadro che comprenda la totalità della cooperazione tra la Norvegia e le Comunità nel settore della ricerca e che permetta di associare a detta cooperazione enti ed imprese private; che inoltre tale accordo quadro deve prevedere procedure semplici ed efficaci e rivestire un carattere dinamico, HANNO CONVENUTO LE DISPOSIZIONI SEGUENTI: A. Obiettivo dell'accordo Articolo 1 Il presente accordo definisce il quadro per lo sviluppo della cooperazione scientifica e tecnica tra la Norvegia e le Comunità nei settori di interesse comune oggetto di programmi di ricerca e sviluppo comunitari e norvegesi. Articolo 2 La cooperazione può essere realizzate tramite enti ed imprese, pubblici o privati, che partecipano in Norvegia e nelle Comunità ai programmi di ricerca di cui all'arti- colo 1. Articolo 3 La cooperazione tra la Norvegia e le Comunità deve basarsi su progetti e programmi concreti. Essa può assumere le forme seguenti: - regolari scambi di opinioni sugli orientamenti e le priorità della politica di ricerca in Norvegia e nelle Comunità e sulla pianificazione di detta politica, - scambi di opinioni sulle prospettive e sullo sviluppo della cooperazione, - trasmissione di informazioni risultanti dalla cooperazione instaurata nel presente accordo, - coordinamento di programmi e progetti realizzati in Norvegia e nelle Comunità, - partecipazione a programmi o sottoprogrammi comuni e realizzazione di azioni comuni in Norvegia e nelle Comunità. Articolo 4 La cooperazione può essere attuata con i mezzi seguenti: - riunioni comuni, - visite e scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici, - contatti regolari e continui tra i responsabili dei programmi o progetti, - partecipazione di esperti ai seminari, simposi e gruppi di lavoro, - partecipazione a programmi o sottoprogrammi comuni ad azioni comuni, - messa a disposizione di documenti e comunicazione dei risultati dei lavori avviati nell'ambito della cooperazione. Articolo 5 Le parti contraenti possono, in qualsiasi momento, di comune accordo adattare e sviluppare la cooperazione. B. Realizzazione della cooperazione Articolo 6 La cooperazione di cui al presente accordo è realizzata attraverso accordi opportuni. Articolo 7 Gli accordi di cui all'articolo 6 specificheranno le forme ed i mezzi delle azioni di cooperazione, nonché: - gli obiettivi e il contenuto scientifico e tecnico, - le norme relative alla diffusione delle conoscenze e alla proprietà intellettuale, - le disposizioni relative alla mobilità del personale ed alla partecipazione di rappresentanti di una parte contraente agli enti dell'altra parte, - le modalità di partecipazione finanziaria agli accordi, - ogni altra opportuna modalità. Articolo 8 Gli accordi di cui all'articolo 6 saranno conclusi conformemente alle procedure in vigore per le parti contraenti. Articolo 9 Le parti si comunicano il nome degli enti e delle imprese previsti all'articolo 2, che partecipano alla cooperazione. C. Comitato misto Articolo 10 È istituito un comitato misto, denominato « Comitato di ricerca Norvegia/Comunità », incaricato di: - identificare i settori che possono prestarsi alla cooperazione ed esaminare qualsiasi misura tale da migliorare e sviluppare la cooperazione, - avere scambi regolari di opinioni sugli orientamenti e sulle priorità delle politiche in materia di ricerca, nonché sulla pianificazione della ricerca in Norvegia e nelle Comunità e sulle prospettive della cooperazione, - curare la buona esecuzione del presente accordo. Articolo 11 Il comitato misto composto da rappresentanti della Commissione e della Norvegia adotta il proprio regolamento interno. Esso si riunisce su richiesta di una parte contraente ed almeno una volta all'anno. D. Comunità europea del carbone e dell'acciaio Articolo 12 Un protocollo separato può essere concluso tra la Comunità europea del carbone e dell'acciaio ed i suoi stati membri, da un lato, e il Regno di Norvegia, dall'altro, qualora si constati un reciproco interesse alla cooperazione nei settori oggetto del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio. E. Disposizioni finali Articolo 13 Il presente accordo sarà approvato dalle parti contraenti, nell'ambito delle procedure in vigore per ciascuna parte contraente. Esso entrerà in vigore alla data in cui le parti contraenti si saranno notificate l'espletamento delle procedure necessarie a tal fine. Articolo 14 Il presente accodo si applica, da un lato, ai territori in cui è applicabile il trattato che istituisce la Comunità economica europea, alle condizioni in esso previste e, dall'altro, al territorio del Regno di Norvegia. Articolo 15 Il presente accordo ha una durata illimitata. Ogni parte contraente può in qualsiasi momento denunciarlo o richiederne la revisione con un preavviso di dodici mesi. Articolo 16 Il presente accordo è redatto in duplice copia in lingua danese, francese, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, tedesca e norvegese, ciascun testo facente egualmente fede. Per il Consiglio e la Commissione delle Comunità europee Per il Regno di Norvegia
Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE, Euratom e la Norvegia QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI? L’accordo stabilisce un quadro formale per lo sviluppo della cooperazione scientifica e tecnologica tra la Norvegia e le Comunità europee (oggi Unione europea (UE) ed Euratom) in settori di interesse comune che sono oggetto di programmi di ricerca e sviluppo. Con la sua decisione 86/88/CEE, Euratom, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo per conto dell’UE e di Euratom. Con la decisione 97/183/Euratom, la Commissione europea ha approvato la conclusione definitiva dell’accordo a nome della Comunità europea dell’energia atomica (Euratom). PUNTI CHIAVE Cooperazione La cooperazione può assumere le seguenti forme:regolari scambi di opinioni sulla direzione e le priorità delle politiche e della pianificazione della ricerca in Norvegia, nell’UE e nell’Euratom; scambi di opinioni sulle prospettive e sullo sviluppo della cooperazione; la trasmissione delle informazioni derivanti dalla cooperazione ai sensi del presente accordo; coordinamento di programmi e progetti realizzati in Norvegia e nell’UE (UE ed Euratom); la partecipazione a programmi o sottoprogrammi comuni e la realizzazione di azioni comuni tra la Norvegia e l’UE e l’Euratom.Attività La cooperazione può essere attuata nei seguenti modi:riunioni congiunte; visite e scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici; contatti regolari tra i pianificatori di programmi o progetti e i rispettivi responsabili; partecipazione di esperti a seminari, simposi e laboratori; partecipazione a programmi o sottoprogrammi comuni e azioni comuni; disponibilità di documenti e comunicazione dei risultati del lavoro svolto nel contesto della cooperazione. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 17 luglio 1987 per un periodo indeterminato. Può essere revocato e riesaminato in qualsiasi momento da entrambe le parti con un preavviso scritto di 12 mesi. CONTESTO Le relazioni tra l’UE e la Norvegia sono disciplinate principalmente dall’Accordo sullo Spazio economico europeo, che ha creato una zona di libera circolazione di persone, servizi, beni e capitali che comprende i paesi dell’UE, l’Islanda, il Liechtenstein e la Norvegia. Per ulteriori informazioni, si consulti:La Norvegia e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna). DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo quadro di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee ed il Regno di Norvegia (GU L 78 del 24.3.1986, pag. 27). Decisione 86/88/CE del Consiglio, del 10 marzo 1986, relativa alla conclusione dell’accordo quadro di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee ed il Regno di Norvegia (GU L 78 del 24.3.1986, pag. 26). Decisione 87/183/Euratom della Commissione, del 9 marzo 1987, concernente la conclusione definitiva, a nome della Comunità europea dell’energia atomica, degli accordi di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee ed il Regno di Svezia, la Confederazione svizzera, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Norvegia e la Repubblica d’Austria (GU L 71 del 14.3.1987, pag. 36).
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Regolamento (CEE) n. 3577/92 del Consiglio, del 7 dicembre 1992, concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo) Gazzetta ufficiale n. L 364 del 12/12/1992 pag. 0007 - 0010 edizione speciale finlandese: capitolo 6 tomo 3 pag. 0203 edizione speciale svedese/ capitolo 6 tomo 3 pag. 0203 REGOLAMENTO (CEE) N. 3577/92 DEL CONSIGLIO del 7 dicembre 1992 concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo)IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 84, paragrafo 2, vista la proposta modificata della Commissione (1), visti i pareri del Parlemento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che, il 12 giugno 1992, il Parlamento europeo ha adottato la risoluzione sulla liberalizzazione del cabotaggio marittimo e sulle sue conseguenze economiche e sociali; considerando che, secondo l'articolo 61 del trattato, la libera prestazione dei servizi in materia di trasporti marittimi è regolata dalle disposizioni del titolo relativo ai trasporti; considerando che è necessario abolire le restrizioni alla libera prestazione di servizi tra Stati membri nel settore dei trasporti marittimi per poter realizzare il mercato interno; che il mercato interno comporta una spazio nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali; considerando che pertanto il principio della libera prestazione dei servizi va applicato ai trasporti marittimi fra Stati membri; considerando che beneficiari di tale libertà dovrebbero essere gli armatori comunitari che impiegano navi registrate in uno Stato membro e battenti bandiera del medesimo Stato membro, a prescindere dal fatto che abbia una fascia costiera; considerando che tale libertà sarà estesa alle navi iscritte anche nel registro EUROS, non appena quest'ultimo sarà stato approvato; considerando che, al fine di evitare distorsioni di concorrenza, gli armatori comunitari che esercitano la libera prestazione dei servizi di cabotaggio dovrebbero soddisfare tutti i requisiti necessari per effettuare il cabotaggio nello Stato membro in cui le loro navi sono registrate; che gli armatori comunitari che impiegano navi registrate in uno Stato membro e non hanno il diritto di effettuare il cabotaggio in tale Stato dovrebbero comunque beneficiare del presente regolamento durante un periodo transitorio; considerando che l'attuazione di questa libertà dovrebbe essere graduale e non necessariamente applicata in modo uniforme per tutti i servizi interessati, tenuto conto della natura di alcuni servizi specifici e dei notevoli sforzi che talune economie della Comunità, in cui si rilevano disparità di sviluppo, dovranno compiere; considerando che l'istituzione di pubblici servizi che comportano determinati diritti ed obblighi per gli armatori interessati può essere giustificata per garantire adeguati servizi di trasporto regolari verso, da e tra le isole, sempreché non si effettuino discriminazioni basate sulla cittadinanza o sulla residenza; considerando che dovrebbero essere adottate disposizioni in modo che sia possibile prendere misure di salvaguardia per quanto riguarda i mercati dei trasporti marittimi colpiti da gravi perturbazioni o in caso di emergenza; che a tale scopo dovrebbero essere istituite le opportune procedure decisionali; considerando che, vista la necessità di garantire il corretto funzionamento del mercato interno e nella prospettiva di eventuali adattamenti alla luce dell'esperienza, la Commissione dovrebbe presentare una relazione sull'attuazione sull'attuazione del presente regolamento nonché ulteriori proposte, eventualmente necessarie, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. A decorrere dal 1o gennaio 1993 la libera prestazione di servizi di trasporto marittimo in uno Stato membro (cabotaggio marittimo) è applicabile agli armatori comunitari che impiegano navi che sono registrate in uno Stato membro e che battono bandiera del medesimo Stato membro, sempre che tali navi soddisfino tutti i requisiti necessari per l'ammissione al cabotaggio in detto Stato membro, incluse le navi iscritte nel registro EUROS, non appena quest'ultimo sarà stato approvato dal Consiglio. 2. Mediante deroga, la disposizione di cui al paragrafo 1 secondo cui le navi debbono soddisfare tutti i requisiti necessari per l'ammissione al cabotaggio nello Stato membro in cui sono registrate in quel momento è temporaneamente sospesa fino al 31 dicembre 1996. Articolo 2 Ai fini del presente regolamento: 1) per « servizi di trasporto marittimo in uno Stato membro (cabotaggio marittimo) » si intendono i servizi normalmente assicurati dietro compenso e comprendenti in particolare: a) cabotaggio continentale: il trasporto via mare di passeggeri o merci fra i porti situati sul continente o sul territorio principale di un solo e medesimo Stato membro senza scali su isole; b) servizi di approvvigionamento « off-shore »: il trasporto via mare di passeggeri o merci fra i porti di uno Stato membro nonché le attrezzature o strutture situate sulla piattaforma continentale di tale Stato membro; c) cabotaggio con le isole: il trasporto via mare di passeggeri o merci fra: - porti situati sul continente e su una o più isole di un solo e medesimo Stato membro; - porti situati sulle isole di un solo e medesimo Stato membro. Ceuta e Melilla sono trattati nello stesso modo dei porti situati su un'isola; 2) si intendono per « armatori comunitari »: a) i cittadini di uno Stato membro che sono stabiliti in uno Stato membro conformemente alla legislazione di quest'ultimo e che svolgono attività di navigazione; b) le compagnie di navigazione che sono stabilite conformemente alla legislazione di uno Stato membro ed il cui centro d'attività principale è situato ed il cui controllo effettivo è esercitato in uno Stato membro; oppure c) i cittadini di uno Stato membro stabiliti fuori della Comunità o le compagnie di navigazione stabilite fuori della Comunità e controllate da cittadini di uno Stato membro se le loro navi sono registrate in uno Stato membro e battono bandiera del medesimo Stato membro conformemente alla legislazione di quest'ultimo; 3) per « contratto di servizio pubblico » s'intende un contratto concluso fra le autorità comeptenti di uno Stato membro e un armatore comunitario allo scopo di fornire alla collettività servizi di trasporto sufficienti. In particolare il contratto di servizio pubblico può comprendere: - servizi di trasporto conformi a determinate norme di continuità, regolarità, capacità e qualità; - servizi di trasporto complementari; - servizi di trasporto a determinate tariffe e condizioni, in particolare per talune categorie di passeggeri o per taluni percorsi; - adeguamenti dei servizi alle reali esigenze; 4) per « obblighi di servizio pubblico » si intendono gli obblighi che l'armatore comunitario, ove considerasse il proprio interesse commerciale, non assumerebbe o non assumerebbe nella stessa misura né alle stesse condizioni; 5) per « grave perturbazione del mercato interno dei trasporti » si intende il manifestarsi sul mercato di problemi, specifici di tale mercato, - tali da provocare un'eccedenza grave, suscettibile di persistere, dell'offerta rispetto alla domanda, - dovuti alle attività di cabotaggio marittimo, o aggravati da tali attività e - comportanti una seria minaccia per l'equilibrio finanziario e la sussistenza di un numero elevato di armatori comunitari, sempre che le previsioni a breve e medio termine sul mercato considerato non indichino miglioramenti sostanziali e durevoli. Articolo 3 1. Per le navi che effettuano cabotaggio continentale e per le navi da crociera, tutte le questioni relative all'equipaggio sono di competenza dello Stato in cui la nave è registrata (Stato di bandiera), eccetto per le navi di meno di 650 tonnellate lorde, alle quali possono applicarsi le condizioni dello Stato ospitante. 2. Per le navi che effettuano il cabotaggio con le isole, tutte le questioni relative all'equipaggio sono di competenza dello Stato in cui la nave effettua un servizio di trasporto marittimo (Stato ospitante). 3. Tuttavia, a decorrere dal 1o gennaio 1999, per le navi da carico di oltre 650 tonnellate lorde che effettuano il cabotaggio con le isole, quando il viaggio in questione segue o precede un viaggio in provenienza da o diretto verso un altro Stato, tutte le questioni relative all'equipaggio sono di competenza dello Stato in cui la nave è registrata (Stato di bandiera). 4. La Commissione effettua un esame approfondito delle ripercussioni economiche e sociali della liberalizzazione del cabotaggio con le isole e presenta una relazione al Consiglio entro e non oltre il 1o gennaio 1997. Sulla base di tale relazione la Commissione sottopone una proposta al Consiglio, la quale può comprendere modifiche delle disposizioni relative alla cittadinanza dell'equipaggio previste ai paragrafi 2 e 3, di modo che il sistema definitivo venga approvato dal Consiglio in tempo utile, anteriormente al 1o gennaio 1999. Articolo 4 1. Uno Stato membro può concludere contratti di servizio pubblico, o imporre obblighi di servizio pubblico come condizione per la fornitura di servizi di cabotaggio, alle compagnie di navigazione che partecipano ai servizi regolari da, tra e verso le isole. Uno Stato membro, se conclude contratti di servizio pubblico o impone obblighi di servizio pubblico, lo fa su base non discriminatoria per tutti gli armatori comunitari. 2. Nell'imporre obblighi di servizio pubblico gli Stati membri si limitano alle esigenze relative ai porti che devono essere serviti, alla regolarità, alla continuità, alla frequenza, alla capacità di fornitura del servizio, alle tariffe richieste ed all'equipaggio della nave. Qualsiasi compenso dovuto per obblighi di servizio pubblico, se previsto, deve essere reso disponibile a tutti gli armatori comunitari. 3. I contratti di servizio pubblico esistenti rimangono in vigore fino alle rispettive date di scadenza. Articolo 5 1. In caso di grave perturbazione del mercato interno dei trasporti dovuta alla liberalizzazione del cabotaggio, uno Stato membro può chiedere alla Commissione che adotti misure di salvaguardia. La Commissione, dopo aver consultato gli altri Stati membri, decide se del caso in merito alle misure di salvaguardia necessarie, entro trenta giorni lavorativi a decorrere dal ricevimento della pertinente richiesta dello Stato membro. Queste misure possono comprendere l'esclusione temporanea della zona in questione dal campo d'applicazione del presente regolamento, per un periodo non superiore a dodici mesi. La Commissione comunica al Consiglio e agli Stati membri qualsiasi decisione relativa alle misure di salvaguardia. Se, trascorsi trenta giorni lavorativi, la Commissione non ha adottato nessuna decisione al riguardo, lo Stato membro interessato ha il diritto di applicare le misure richieste finché la Commissione non abbia preso una decisione. Tuttavia, in caso di emergenza, gli Stati membri possono adottare unilateralmente le misure provvisorie appropriate, che possono rimanere in vigore per un periodo non superiore a tre mesi. In tal caso essi ne informano senza indugio la Commissione. La Commissione può abrogare dette misure o confermarle con o senza modifiche finché non abbia preso una decisione definitiva conformemente al secondo comma. 2. La Commissione può altresì adottare misure di salvaguardia di propria iniziativa, previa consultazione degli Stati membri. Articolo 6 1. Mediante deroga sono temporaneamente esentati dall'applicazione del presente regolamento i seguenti servizi di trasporto marittimo nel Mediterraneo e lungo la costa della Spagna, del Portogallo e della Francia: - servizi di crociera, sino al 1o gennaio 1995; - trasporto di merci strategiche (petrolio e prodotti petroliferi, nonché acqua potabile), sino al 1o gennaio 1997; - servizi con navi di meno di 650 tonnellate lorde, sino al 1o gennaio 1998; - servizi regolari di passeggeri e di traghetto, sino al 1o gennaio 1999. 2. Mediante deroga sono temporaneamente esentati dall'applicazione del presente regolamento sino al 1o gennaio 1999 i servizi di cabotaggio tra le isole nel Mediterraneo e il cabotaggio per quanto riguarda gli arcipelaghi delle Canarie, delle Azzorre e di Madera, nonché Ceuta e Melilla, le isole francesi lungo la costa atlantica e i dipartimenti francesi d'oltremare. 3. Per motivi di coesione socioeconomica la deroga di cui al paragrafo 2 è prorogata per la Grecia fino al 1o gennaio 2004 per i servizi regolari di passeggeri e di traghetto e per quelli effettuati con navi di meno di 650 tonnellate lorde. Articolo 7 Alle materie disciplinate dal presente regolamento si applica l'articolo 62 del trattato. Articolo 8 Salve le disposizioni del trattato relative al diritto di stabilimento e fatto salvo il presente regolamento, le persone che prestino servizi di trasporto marittimo possono a tale fine esercitare temporaneamente la loro attività nello Stato membro in cui è prestato il servizio, alle stesse condizioni imposte da tale Stato ai propri cittadini. Articolo 9 Prima di adottare le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in attuazione del presente regolamento, gli Stati membri consultano la Commissione. Essi comunicano a quest'ultima le disposizioni adottate. Articolo 10 Anteriormente al 1o gennaio 1995, e in seguito ogni due anni, la Commissione presenta al Consiglio una relazione sull'attuazione del presente regolamento nonché, se del caso, le proposte necessarie. Articolo 11 Il presente regolamento entra in vigore il 1o gennaio 1993. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 7 dicembre 1992. Per il Consiglio Il Presidente J. MacGREGOR (1) GU n. C 73 del 19. 3. 1991, pag. 27. (2) GU n. C 295 del 26. 11. 1990, pag. 687 e parere reso il 20 novembre 1992 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) GU n. C 56 del 7. 3. 1990, pag. 70.
La libera prestazione dei servizi all'interno dell'UE (cabotaggio marittimo) Lo scopo di questo regolamento è di eliminare le restrizioni alla libera prestazione dei servizi di trasporto marittimo all'interno dell'Unione europea (UE). ATTO Regolamento del Consiglio (CEE) n. 3577/92, del 7 dicembre 1992, concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo). SINTESI Ambito di applicazione Questa legge garantisce che, in un determinato paese dell'UE, le compagnie di navigazione o i cittadini con sede in altri paesi dell'UE hanno il diritto di offrire servizi di trasporto marittimo (noto come cabotaggio marittimo) a condizione che soddisfino tutti i requisiti per effettuare il cabotaggio in tale paese. Anche le compagnie di navigazione con sede in paesi al di fuori dell'UE, ma controllate da cittadini dell'UE, possono offrire tali servizi. Il regolamento definisce i «servizi di trasporto marittimo in uno Stato membro (cabotaggio marittimo)», gli «armatori comunitari», il «contratto di servizio pubblico», gli «obblighi di servizio pubblico», e la «grave perturbazione del mercato interno dei trasporti». Equipaggio A seconda del tipo di servizio di trasporto, le questioni relative all'equipaggio sono di competenza o del paese di immatricolazione dell'UE (Stato di bandiera) o del paese in cui viene effettuato il servizio di cabotaggio (Stato ospitante). Servizio pubblico I paesi dell'UE possono subordinare il diritto di fornire servizi di trasporto a obblighi di servizio pubblico o possono concludere contratti di servizio pubblico nell'interesse del mantenimento di adeguati servizi di cabotaggio tra il continente e le sue isole e tra le isole stesse. Misure di salvaguardia Nei casi in cui l'apertura del mercato al cabotaggio comporti problemi (come ad esempio un'eccedenza grave dell'offerta rispetto alla domanda) che minacciano la sopravvivenza finanziaria delle compagnie di navigazione, la Commissione può introdurre misure di salvaguardia. Queste possono includere l'esclusione temporanea della zona in questione dal campo di applicazione del regolamento. Non discriminazione I prestatori di servizi di trasporto marittimo in un paese dell'UE diverso dal proprio possono farlo temporaneamente alle stesse condizioni di quelle applicate da tale paese ai propri cittadini. Calendario Il cabotaggio marittimo è stato liberalizzato il 1o gennaio 1993. Per la Francia, l'Italia, la Grecia, il Portogallo e la Spagna, il cabotaggio continentale è stato gradualmente liberalizzato secondo un calendario specifico per ogni tipo di servizio di trasporto. Il cabotaggio continente-isola e tra le isole per questi paesi è stato liberalizzato nel 1999. Questa esenzione è stata prorogata per la Grecia fino al 2004 per il trasporto passeggeri di linea, i servizi più leggeri e i servizi che coinvolgono navi di peso inferiore a 650 tonnellate lorde (TSL). Sono state inoltre concesse esenzioni alla Croazia fino al 31 dicembre 2016 per i contratti di servizio pubblico esistenti e per i servizi di crociera tra i porti croati con navi di peso inferiore a 650 tonnellate lorde, che sono riservati per navi croate fino al 31 dicembre 2014. Contesto Ulteriori informazioni sono disponibili su questo sito web. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Regolamento (UE) n. 3577/92 1.1.1993 - L 364 del 12.12.1992 Atto modificatore Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Atto relativo alle condizioni di adesione della Croazia 1.7.2013 - GU L 112 del 24.4.2012 ATTI COLLEGATI Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sull'interpretazione del regolamento (CEE) del Consiglio n. 3577/92 concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo) ( COM(2003) 595 def. - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Decisione 93/125/CEE in merito alla richiesta, presentata dalla Spagna, relativa all'adozione di misure di salvaguardia da parte della Commissione ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CEE) del Consiglio n. 3577/92 concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo) - (Gazzetta ufficiale L 49 del 27.2.1993). La presente decisione autorizza la Spagna ad escludere la Spagna continentale, per sei mesi a decorrere dalla data di notifica della presente decisione, dal campo di applicazione del regolamento (CEE) n. 3577/92. L'esclusione non si applica ai servizi di adduzione o «feederaggio». Qualora non sia disponibile alcuna nave spagnola per soddisfare la richiesta di servizi di trasporto di cabotaggio, le navi di altri paesi dell'UE potranno offrire tali servizi. Relazione della Commissione al Consiglio: Quinta relazione sull'attuazione del regolamento (CEE) n. 3577/92 del Consiglio concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi al cabotaggio marittimo (2001-2010) (COM(2014) 231 final del 22.4.2014 - non pubblicata nella Gazzetta ufficiale) . Questa relazione è suddivisa in 4 capitoli: 1. Giurisprudenza recente e sviluppi legislativi nei paesi dell'UE e dell'EFTA; 2. Le tendenze del mercato nei paesi dell'UE e dell'EFTA; 3. I dati disponibili sull'occupazione nel settore del cabotaggio marittimo (a causa della mancanza di dati affidabili e conclusivi questa parte non contiene più le statistiche sui costi di equipaggio); 4. Conclusione: il regolamento è adatto allo scopo e non necessita di revisione. Alcune questioni sollevate nel corso della consultazione indicano che ci sono problemi di interpretazione e di attuazione. Queste sono state affrontate nella comunicazione sul cabotaggio marittimo (si veda voce successiva). Comunicazione della Commissione sull'interpretazione del regolamento (CEE) n. 3577/92 del Consiglio concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi all'interno degli Stati membri (cabotaggio marittimo) [ COM(2014) 232 final del 22.4.2014 - non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Sulla base di oltre 20 anni di esperienza di applicazione pratica del regolamento (CEE) n. 3577/92, nell'interesse della trasparenza e della certezza del diritto, la Commissione ha deciso di aggiornare e modificare la sua interpretazione delle disposizioni del regolamento. La comunicazione modifica e sostituisce le precedenti comunicazioni interpretative della Commissione del 2003 e del 2006. Ha un mero scopo informativo, ovvero aiuta a spiegare il regolamento, specificando come la Commissione intende applicare il regolamento. Non si propone né di rivedere il regolamento né di invadere la competenza della Corte di giustizia in materia di interpretazione. Inizia specificando il campo di applicazione della libera prestazione dei servizi nel settore del cabotaggio marittimo. Specifica poi chi gode di quella libertà e ricorda quali servizi sono disciplinati dal regolamento. La comunicazione precisa, in seguito, la portata delle tre deroghe alla libera prestazione di servizi previste dal regolamento: — I paesi dell'UE possono decidere le norme sull’equipaggio applicabili alle navi di peso inferiore a 650 tonnellate lorde e le navi che effettuano servizi di cabotaggio con le isole tra due porti del loro territorio. — I paesi dell'UE possono imporre obblighi di servizio pubblico e concludere contratti di servizio pubblico al fine di garantire un adeguato servizio di trasporto di linea da, tra e verso le isole. — I paesi dell'UE possono chiedere alla Commissione di adottare misure di salvaguardia per porre rimedio a una grave perturbazione del mercato interno. In ultimo, fornisce una guida sull'applicazione del regolamento (CE) n. 1370/2007 concernente i servizi pubblici di trasporto di passeggeri, per ferrovia e su strada, ai servizi di cabotaggio marittimo.
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RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE del 17 luglio 2012 sull’accesso all’informazione scientifica e sulla sua conservazione (2012/417/UE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292, considerando quanto segue: (1) La comunicazione «Europa 2020» (1) della Commissione indica che lo sviluppo di un’economia basata sulla conoscenza e sull’innovazione rappresenta una priorità. (2) Gli obiettivi fissati nella strategia Europa 2020 sono ripresi in maniera più dettagliata in particolare nelle iniziative faro «Un’agenda digitale europea» (2) e «L’Unione dell’innovazione» (3). Tra le azioni da avviare nell’ambito della «Agenda digitale», è opportuno dare ampia diffusione alla ricerca finanziata con fondi pubblici mediante la pubblicazione di dati e studi scientifici ad accesso aperto. Nell’iniziativa «L’Unione dell’innovazione» si invoca l’istituzione di uno Spazio europeo della ricerca (SER) al fine di eliminare gli ostacoli alla mobilità e alla cooperazione transfrontaliera; inoltre, si afferma che l’accesso aperto alle pubblicazioni e ai dati provenienti dalla ricerca finanziata con fondi pubblici dovrebbe essere promosso e che l’accesso alle pubblicazioni dovrebbe diventare il principio generale per i progetti finanziati nell’ambito dei programmi quadro di ricerca dell’UE. (3) Il 14 febbraio 2007, la Commissione ha adottato una «comunicazione sull’informazione scientifica nell’era digitale: accesso, diffusione e conservazione» (4), accompagnata da un documento di lavoro dei servizi della Commissione. Tale comunicazione presentava la situazione in Europa nell’area dell’editoria scientifica e della conservazione dei risultati di ricerca ed esaminava le problematiche organizzative, giuridiche, tecniche e finanziarie connesse. (4) Tale comunicazione è stata seguita, nel novembre 2007, dalle conclusioni del Consiglio sulla «informazione scientifica nell’era digitale: accesso, diffusione e conservazione», in cui il Consiglio invitava la Commissione a sperimentare l’accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche prodotte nell’ambito di progetti finanziati da programmi quadro di ricerca dell’UE e indicava una serie di azioni che devono essere attuate dagli Stati membri. In alcune delle aree esaminate nelle conclusioni si sono registrati miglioramenti, ma non tutti gli obiettivi sono stati conseguiti e i progressi registrati negli Stati membri non sono omogenei. Per sfruttare al massimo il potenziale di ricerca dell’Europa, sono necessarie azioni a livello di Unione europea. (5) Le politiche di accesso aperto sono volte ad assicurare l’accesso gratuito ai dati di ricerca e alle pubblicazioni scientifiche oggetto di valutazioni inter pares quanto prima possibile nel processo di diffusione, nonché a consentire l’utilizzo e il riutilizzo dei risultati della ricerca scientifica. Tali politiche dovrebbero essere attuate tenendo conto degli aspetti legati ai diritti di proprietà intellettuale. (6) Le politiche di accesso aperto ai risultati della ricerca scientifica dovrebbero applicarsi a tutte le ricerche che beneficiano di finanziamenti pubblici. Da tali politiche ci si attende un miglioramento delle condizioni in cui si effettua la ricerca; tale miglioramento, che si otterrebbe riducendo la duplicazione degli sforzi e il tempo dedicato alla ricerca delle informazioni e all’accesso alle stesse, permetterà di imprimere un’accelerazione al progresso scientifico e di agevolare la cooperazione entro e oltre i confini dell’UE. Le politiche di accesso aperto risponderanno anche agli appelli formulati nella comunità scientifica affinché vi sia un maggiore accesso all’informazione scientifica. (7) Dando modo agli attori sociali di interagire nel ciclo di ricerca si migliorano la qualità, la pertinenza, l’accettabilità e la sostenibilità dei risultati dell’innovazione grazie all’integrazione delle attese, delle necessità, degli interessi e dei valori della società. L’accesso aperto è un elemento fondamentale delle politiche degli Stati membri che si prefiggono di assicurare una ricerca e un’innovazione responsabili mettendo i risultati della ricerca a disposizione di tutti e favorendo la partecipazione della società. (8) I benefici derivanti da un accesso più ampio ai risultati della ricerca scientifica saranno avvertiti anche dalle imprese. Le piccole e medie imprese, in particolare, miglioreranno la propria capacità di innovazione. Le politiche riguardanti l’accesso all’informazione scientifica, quindi, dovrebbero anche agevolare l’accesso all’informazione scientifica per le imprese private. (9) Internet ha modificato in profondità il mondo della scienza e della ricerca. Ad esempio, le comunità di ricerca hanno sperimentato nuove modalità di registrazione, certificazione, diffusione e conservazione delle pubblicazioni scientifiche. È necessario che le politiche di ricerca e di finanziamento si adattino a questo nuovo contesto. È opportuno raccomandare agli Stati membri di adeguare ed elaborare le proprie politiche in materia di accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche. (10) L’accesso aperto ai dati della ricerca scientifica migliora la qualità dei dati, riduce le necessità di duplicazione delle attività di ricerca, accelera il progresso scientifico e contribuisce alla lotta contro le frodi scientifiche. Nella sua relazione finale «Cavalcare l’onda: in che modo l’Europa può trarre vantaggio dal flusso crescente di dati scientifici» (5) dell’ottobre 2010, il gruppo di esperti di alto livello sui dati scientifici ha posto l’accento sull’importanza cruciale che rivestono la condivisione e la conservazione dei dati attendibili generati nel processo scientifico. Pertanto, urge l’adozione di interventi politici sull’accesso ai dati ed è opportuno raccomandarla agli Stati membri. (11) La conservazione dei risultati della ricerca scientifica risponde all’interesse pubblico. Questo compito è affidato in genere alle biblioteche, in particolare alle biblioteche nazionali di deposito legale. Il volume di risultati di ricerca sta crescendo in maniera esponenziale. Per consentire la conservazione a lungo termine dei risultati di ricerca in formato digitale, occorrono meccanismi, infrastrutture e soluzioni software. Il finanziamento sostenibile della conservazione riveste un’importanza cruciale, perché i costi legati alla cosiddetta curation (raccolta, ordinamento e condivisione) dei contenuti digitalizzati sono ancora relativamente elevati. Vista l’importanza della conservazione per l’uso futuro dei risultati di ricerca, è opportuno raccomandare agli Stati membri l’elaborazione o il rafforzamento di politiche in quest’area. (12) Le politiche che devono essere sviluppate dagli Stati membri dovrebbero essere definite a livello nazionale o subnazionale, in funzione della situazione costituzionale e della distribuzione delle responsabilità di elaborazione delle politiche sulla ricerca. (13) L’esistenza di infrastrutture elettroniche solide alla base del sistema di informazione scientifica permetterà di migliorare l’accesso all’informazione scientifica e la sua conservazione a lungo termine, che a loro volta potranno dare impulso alla ricerca collaborativa. Conformemente alla comunicazione della Commissione «Le infrastrutture TIC per la e-scienza» (6), per infrastruttura elettronica si intende «un ambiente in cui le risorse di ricerca (hardware, software e contenuti) sono agevolmente condivisibili e accessibili ogniqualvolta ciò sia necessario ai fini di una maggiore efficacia della ricerca». È quindi opportuno raccomandare l’ulteriore sviluppo di queste infrastrutture e la loro interconnessione a livello europeo. (14) L’impegno per la progressiva introduzione dell’accesso aperto è di portata mondiale, come dimostrano la «Strategia riveduta sul contributo dell’UNESCO alla promozione dell’accesso aperto all’informazione scientifica e alla ricerca» (7) e la «Dichiarazione OCSE sull’accesso ai dati della ricerca finanziata con fondi pubblici» (8). Gli Stati membri dovrebbero partecipare a questo sforzo mondiale e dare l’esempio rafforzando un ambiente di ricerca internazionale aperto e collaborativo, basato sulla reciprocità. (15) Stante la fase di transizione che vive il settore editoriale, le parti interessate devono lavorare insieme per accompagnare il processo di transizione e cercare soluzioni sostenibili per il processo editoriale delle pubblicazioni scientifiche. (16) Il 12 dicembre 2011, la Commissione ha adottato un pacchetto comprendente una comunicazione sui dati aperti, una proposta di direttiva che modifica la direttiva 2003/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 novembre 2003, relativa al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico (9) e nuove regole della Commissione sui documenti da essa detenuti. Il pacchetto presenta la strategia della Commissione in materia di dati aperti in un unico quadro coerente in cui rientrano azioni tra cui la presente raccomandazione. (17) La presente raccomandazione è accompagnata da una comunicazione in cui la Commissione definisce la propria politica e la propria concezione in materia di accesso aperto ai risultati di ricerca. Vi sono indicate schematicamente le azioni che la Commissione attuerà nella sua veste di organismo che finanzia la ricerca scientifica con risorse tratte dal bilancio dell’Unione europea. (18) Insieme alla presente raccomandazione e alla comunicazione che la accompagna, la Commissione sta adottando una comunicazione relativa a un partenariato rafforzato nello Spazio europeo della ricerca per l’eccellenza e la crescita, in cui sono definite le priorità fondamentali per il completamento dello Spazio europeo della ricerca; una di tali priorità è costituita dalla circolazione, dall’accesso e dal trasferimento ottimali del sapere scientifico, RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI: Accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche 1. Definire politiche chiare per la diffusione delle pubblicazioni scientifiche prodotte nell’ambito di attività di ricerca finanziate con fondi pubblici e l’accesso aperto alle stesse. Tali politiche dovrebbero prevedere: — obiettivi concreti e indicatori per misurare i progressi, — piani di attuazione in cui sia indicata tra l’altro l’assegnazione delle responsabilità, — la pianificazione finanziaria associata. Provvedere affinché, in esito a tali politiche: — sia assicurato un accesso aperto alle pubblicazioni prodotte nell’ambito di attività di ricerca finanziate con fondi pubblici quanto prima possibile, preferibilmente subito e comunque non più di sei mesi dopo la data di pubblicazione e di dodici mesi nel caso delle pubblicazioni nell’area delle scienze sociali e umane, — i sistemi di concessione in licenza contribuiscano ad assicurare in maniera equilibrata un accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche prodotte nell’ambito di attività di ricerca finanziate con fondi pubblici, fatta salva la legislazione applicabile sul diritto d’autore e nel rispetto della stessa, e incoraggino i ricercatori a mantenere il diritto d’autore pur concedendo licenze agli editori, — il sistema delle carriere universitarie sostenga e premi i ricercatori che aderiscono a una cultura di condivisione dei risultati delle proprie attività di ricerca, in particolare assicurando l’accesso aperto alle loro pubblicazioni nonché sviluppando, incoraggiando e utilizzando nuovi modelli alternativi di valutazione delle carriere, nuovi criteri di misurazione e nuovi indicatori, — sia migliorata la trasparenza, in particolare informando il pubblico in merito agli accordi conclusi tra enti pubblici o gruppi di enti pubblici ed editori per la messa a disposizione dell’informazione scientifica. A questo riguardo, dovrebbero essere inclusi gli accordi riguardanti le offerte cumulative di abbonamenti che permettono di accedere sia alla versione elettronica, sia alla versione stampata delle riviste a prezzo scontato, — le piccole e medie imprese e i ricercatori non affiliati abbiano il più ampio accesso possibile, alle condizioni più economiche, alle pubblicazioni scientifiche in cui sono riportati i risultati delle attività di ricerca finanziate con fondi pubblici. 2. Provvedere affinché gli organismi di finanziamento della ricerca responsabili della gestione dei finanziamenti pubblici alla ricerca e le istituzioni accademiche che ricevono finanziamenti pubblici attuino le politiche: — definendo politiche istituzionali per la diffusione delle pubblicazioni scientifiche e l’accesso aperto alle stesse; stabilendo piani di attuazione al livello di tali organismi di finanziamento, — mettendo a disposizione i finanziamenti necessari per la diffusione (incluso l’accesso aperto) prevedendo diversi canali di diffusione, tra cui infrastrutture elettroniche digitali, se del caso, e nuovi metodi sperimentali di comunicazione scientifica, — adeguando il sistema di reclutamento e valutazione delle carriere dei ricercatori e il sistema di valutazione per l’assegnazione di finanziamenti ai ricercatori in modo che siano premiati coloro che aderiscono alla cultura di condivisione dei risultati di ricerca. I sistemi migliorati dovrebbero tenere conto dei risultati della ricerca messi a disposizione in accesso aperto e sviluppare, promuovere e utilizzare nuovi modelli alternativi di valutazione delle carriere, nuovi criteri di misurazione e nuovi indicatori, — fornendo ai ricercatori indicazioni su come conformarsi alle politiche di accesso aperto, con particolare riferimento alla gestione dei diritti di proprietà intellettuale, per assicurare l’accesso aperto alle loro pubblicazioni, — conducendo trattative comuni con gli editori per ottenere le migliori condizioni possibili di accesso alle pubblicazioni, compresi l’utilizzo e il riutilizzo, — assicurando che i risultati di ricerche che ricevono finanziamenti pubblici siano facilmente identificabili mediante opportune soluzioni tecniche, anche attraverso metadati inseriti nelle versioni elettroniche dei risultati di ricerca. Accesso aperto ai dati di ricerca 3. Definire, per la diffusione dei dati di ricerca prodotti nell’ambito di attività di ricerca finanziate con fondi pubblici e l’accesso aperto agli stessi, politiche chiare che prevedano: — obiettivi concreti e indicatori per misurare i progressi, — piani di attuazione in cui sia indicata tra l’altro l’assegnazione delle responsabilità (e che prevedano anche la concessione di licenze secondo le modalità più opportune), — la pianificazione finanziaria associata. Assicurare che, in esito a tali politiche: — i dati di ricerca prodotti nell’ambito di attività di ricerca finanziate con fondi pubblici siano pubblicamente accessibili, utilizzabili e riutilizzabili per mezzo di infrastrutture elettroniche digitali. Occorre tener conto adeguatamente degli aspetti relativi in particolare alla protezione della vita privata, ai segreti commerciali, alla sicurezza nazionale, a legittimi interessi commerciali e a diritti di proprietà intellettuale. I dati, il know-how e/o le informazioni, in qualsiasi forma e di qualsiasi natura, detenuti da privati nell’ambito di un partenariato pubblico-privato prima delle attività di ricerca e identificati come tali non sono soggetti a questo obbligo, — gli insiemi di dati (dataset) siano resi facilmente identificabili e possano essere collegati ad altri insiemi di dati e pubblicazioni mediante opportuni meccanismi, e siano fornite ulteriori informazioni atte a consentirne una valutazione e un uso corretti, — gli organismi responsabili della gestione dei finanziamenti pubblici alla ricerca e le istituzioni accademiche beneficiarie di finanziamenti pubblici contribuiscano all’attuazione delle politiche nazionali istituendo meccanismi che rendano possibile e premino la condivisione dei dati di ricerca, — siano promossi e/o resi operativi corsi di laurea magistrale per la formazione di nuovi profili professionali nell’area delle tecnologie di trattamento dei dati. Conservazione e riutilizzo dell’informazione scientifica 4. Rafforzare la conservazione dell’informazione scientifica: — definendo e attuando politiche in cui si indicata tra l’altro l’assegnazione delle responsabilità in materia di conservazione dell’informazione scientifica, insieme alla pianificazione finanziaria associata, per garantire la curation e la conservazione a lungo termine dei risultati di ricerca (dati di ricerca primari e tutti gli altri risultati, tra cui le pubblicazioni), — assicurando l’esistenza di un sistema efficace di deposito dell’informazione scientifica elettronica che includa le pubblicazioni nate in formato digitale e, se pertinente, gli insiemi di dati collegati, — conservando l’hardware e il software necessari per leggere le informazioni in futuro, od operando su base regolare la migrazione delle informazioni verso nuovi ambienti software e hardware, — promuovendo la creazione di condizioni favorevoli affinché le parti interessate offrano servizi a valore aggiunto basati sul riutilizzo dell’informazione scientifica. Infrastrutture elettroniche 5. Sviluppare ulteriormente infrastrutture elettroniche su cui poggi il sistema di diffusione dell’informazione scientifica: — sostenendo le infrastrutture dei dati scientifici per la diffusione delle conoscenze, gli organismi di ricerca e gli organismi di finanziamento affinché coprano tutte le fasi del ciclo di vita dei dati. Tali fasi comprendono l’acquisizione, la curation, i metadati, l’origine, gli identificatori persistenti, l’autorizzazione, l’autenticazione e l’integrità dei dati. È necessario sviluppare metodologie che consentano di adottare un’impostazione comune nell’individuazione e nel reperimento dei dati (data discovery) nelle varie discipline, riducendo in questo modo la curva di apprendimento necessaria al conseguimento di una produttività adeguata, — sostenendo la nascita e la formazione di nuovi gruppi di esperti in scienza computazionale ad alta intensità di dati, tra cui specialisti in dati (data specialist), tecnici e responsabili della gestione di dati (data manager), — mettendo a frutto e facendo leva sulle risorse esistenti per essere efficienti sul piano economico e per innovare nelle aree degli strumenti di analisi, delle visualizzazioni, del supporto alle decisioni, dei modelli e degli strumenti di modellizzazione, delle simulazioni, dei nuovi algoritmi e del software scientifico, — rafforzando l’infrastruttura che consente l’accesso all’informazione scientifica e la sua conservazione a livello nazionale, e assegnando i fondi necessari, — assicurando la qualità e l’affidabilità dell’infrastruttura, anche attraverso il ricorso a meccanismi di certificazione per gli archivi, — assicurando l’interoperabilità tra le infrastrutture elettroniche a livello nazionale e mondiale. 6. Assicurare sinergie tra le infrastrutture elettroniche a livello europeo e mondiale: — contribuendo all’interoperabilità delle infrastrutture elettroniche, con riferimento in particolare allo scambio di dati scientifici, tenendo conto delle esperienze acquisite nell’ambito dei progetti, delle infrastrutture e dei software esistenti sviluppati a livello europeo e mondiale, — appoggiando attività di cooperazione transnazionali che promuovano l’uso e lo sviluppo di infrastrutture per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione per l’istruzione superiore e la ricerca. Dialogo tra le varie parti interessate a livello nazionale, europeo e internazionale 7. Partecipare al dialogo tra le varie parti interessate a livello nazionale, europeo e/o internazionale sui modi per promuovere l’accesso aperto all’informazione scientifica e la sua conservazione, concentrando l’attenzione in particolare sugli aspetti seguenti: — sistemi per collegare le pubblicazioni ai dati da cui hanno origine, — sistemi per migliorare l’accesso e contenere i costi, ad esempio attraverso trattative comuni con gli editori, — nuovi indicatori di ricerca e indicatori bibliometrici applicabili non soltanto alle pubblicazioni scientifiche, ma anche agli insiemi di dati e agli altri tipi di materiali prodotti dall’attività di ricerca, nonché ai risultati prodotti dai singoli ricercatori, — nuovi sistemi e strutture di premialità, — promozione dei principi dell’accesso aperto e loro applicazione a livello internazionale, specialmente nel contesto di iniziative di cooperazione bilaterali, multilaterali e internazionali. Coordinamento strutturato degli Stati membri a livello dell’UE e seguito dato alla raccomandazione 8. Designare entro la fine dell’anno un punto di riferimento nazionale incaricato di: — coordinare le misure indicate nella presente raccomandazione, — agire da interlocutore della Commissione europea in merito alle questioni legate all’accesso e alla conservazione dell’informazione scientifica, con particolare riguardo a migliori definizioni di principi e standard comuni, misure di attuazione e nuove modalità di diffusione e condivisione della ricerca nello Spazio europeo della ricerca, — presentare relazioni sul seguito dato alla presente raccomandazione. Valutazione e relazioni 9. Informare la Commissione, diciotto mesi dopo la data di pubblicazione della presente raccomandazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e successivamente ogni due anni, in merito ai provvedimenti presi in risposta ai diversi elementi della presente raccomandazione, nelle forme che saranno definite e decise. Sulla base delle informazioni trasmesse, la Commissione valuterà i progressi compiuti nell’UE per stabilire se siano necessarie ulteriori azioni atte a conseguire gli obiettivi fissati nella presente raccomandazione. Fatto a Bruxelles, il 17 luglio 2012 Per la Commissione Neelie KROES Vicepresidente (1) COM(2010) 2020 definitivo del 3.3.2010, disponibile all’indirizzo: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2010:2020:FIN:IT:PDF (2) COM(2010) 245 definitivo/2 del 26.8.2010, disponibile all’indirizzo: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2010:0245:FIN:IT:PDF (3) COM(2010) 546 definitivo del 6.10.2010, disponibile all’indirizzo: http://ec.europa.eu/research/innovation-union/pdf/innovation-union-communication_en.pdf#view=fit&pagemode=none (4) COM(2007) 56 definitivo del 14.2.2007; disponibile all’indirizzo: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:52007DC0056:IT:NOT (5) http://cordis.europa.eu/fp7/ict/e-infrastructure/docs/hlg-sdi-report.pdf (6) COM(2009) 108 definitivo. (7) http://www.unesco.org/new/fileadmin/MULTIMEDIA/HQ/CI/CI/images/GOAP/OAF2011/213342e.pdf (8) http://www.oecd.org/dataoecd/9/61/38500813.pdf (9) GU L 345 del 31.12.2003, pag. 90.
L'accesso all'informazione scientifica e la sua conservazione Le proposte volte all'aumento dell'accesso all'informazione scientifica e alla sua conservazione intendono dare ai cittadini la possibilità di fruire dei vantaggi delle scoperte scientifiche in modo migliore e più rapido. ATTO Raccomandazione 2012/417/UE della Commissione, del 17 luglio 2012, sull'accesso all'informazione scientifica e sulla sua conservazione. SINTESI A luglio 2012, la Commissione ha proposto delle modalità, destinate ai paesi UE, di miglioramento dell'accesso all'informazione scientifica prodotta in Europa. Grazie a un accesso più ampio e più rapido ai documenti e ai dati scientifici, ricercatori e imprese potranno approfondire e ampliare più facilmente le scoperte della ricerca a finanziamento pubblico. L'idea è che ne deriveranno un accrescimento della capacità di innovazione europea e un accesso più rapido ai vantaggi delle scoperte scientifiche per i cittadini. Le politiche di accesso aperto intendono offrire il più presto possibile, nel processo di diffusione, l'accesso gratuito alle pubblicazioni scientifiche valutate tra pari e ai dati della ricerca. Inoltre, esse intendono consentire l'utilizzo e il riutilizzo dei risultati della ricerca scientifica. Accesso aperto alle pubblicazioni La Commissione raccomanda agli Stati membri dell'UE di definire politiche chiare, volte a garantire la diffusione delle pubblicazioni scientifiche frutto della ricerca a finanziamento pubblico e il libero accesso a esse. Fra gli obiettivi di queste politiche figurano: l'accesso aperto alle pubblicazioni frutto della ricerca a finanziamento pubblico il più presto possibile, preferibilmente nell'immediato e comunque entro e non oltre 6 mesi dalla data di pubblicazione (entro 12 mesi per le discipline umanistiche e le scienze sociali); sistemi di licenze che contribuiscano ad assicurare l' accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche frutto della ricerca a finanziamento pubblico; un sistema delle carriere universitarie che sostenga e ricompensi i ricercatori che aderiscono ad una cultura di condivisione dei risultati delle proprie attività di ricerca; maggiore trasparenza, in particolare informando il pubblico in merito agli accordi fra enti pubblici o gruppi di enti pubblici e case editrici sulla distribuzione dell'informazione scientifica; un accesso alle pubblicazioni scientifiche relative ai risultati delle attività di ricerca a finanziamento pubblico che sia il più ampio e conveniente possibile per le piccole e medie imprese e per i ricercatori indipendenti (non affiliati). Conservazione e riutilizzo dell'informazione scientifica La Commissione prevede altresì una serie di proposte inerenti alla conservazione e al riutilizzo dell'informazione scientifica. Fra esse, la garanzia della conservazione a lungo termine dei risultati delle ricerche, assicurando l'esistenza di un sistema di deposito efficace dell'informazione scientifica in formato elettronico e conservando l'hardware e il software necessari per leggere l'informazione in futuro, oppure operando regolarmente la migrazione delle informazioni verso nuovi ambienti software e hardware. Le infrastrutture elettroniche La Commissione ha proposto altresì una serie di raccomandazioni per sviluppare ulteriormente le infrastrutture elettroniche, al fine di agevolare il flusso dell'informazione scientifica. Una di esse è il sostegno allo sviluppo e alla formazione di nuove classi di scienziati computazionali, che lavorino ad alta intensità di dati: fra questi, operatori specializzati in dati, tecnici e gestori di dati. Inoltre, la commissione suggerisce agli Stati membri di designare un polo di riferimento nazionale per: coordinare i provvedimenti della raccomandazione, fungere da interlocutore con la Commissione sulle questioni legate all'accesso all'informazione scientifica e alla sua conservazione, riferire sul seguito dato alla raccomandazione. RIFERIMENTI Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Raccomandazione 2012/417/UE della Commissione - - GU L 194 del 21.7.2012 DOCUMENTI CORRELATI Documento di lavoro dei servizi della Commissione: Sintesi della valutazione d'impatto che accompagna il documento «Raccomandazione sull'accesso all'informazione scientifica e sulla sua conservazione» [SWD(2012)221 final del 17.7.2012]. Documento di lavoro dei servizi della Commissione: Valutazione d'impatto che accompagna il documento «Raccomandazione sull'accesso all'informazione scientifica e sulla sua conservazione nell'era digitale» [SWD(2012)222 final del 17.7.2012].
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2003/335/GAI: Decisione 2003/335/GAI del Consiglio, dell'8 maggio 2003, relativa all'accertamento e al perseguimento del genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra Gazzetta ufficiale n. L 118 del 14/05/2003 pag. 0012 - 0014 Decisione 2003/335/GAI del Consigliodell'8 maggio 2003relativa all'accertamento e al perseguimento del genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerraIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 30, l'articolo 31 e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera c),vista l'iniziativa del Regno di Danimarca(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) I tribunali penali internazionali per la ex Jugoslavia e per il Ruanda indagano, perseguono e giudicano dal 1995 violazioni del diritto internazionale connesse con atti di guerra, di genocidio e crimini contro l'umanità.(2) Lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale del 17 luglio 1998, ratificato da tutti gli Stati membri dell'Unione europea, afferma che i crimini più gravi, motivo di allarme per l'intera comunità internazionale, in particolare il genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra, non devono rimanere impuniti e che la loro effettiva repressione deve essere garantita mediante provvedimenti adottati in ambito nazionale e attraverso il rafforzamento della cooperazione internazionale.(3) Lo Statuto di Roma rammenta che è dovere di ciascuno Stato esercitare la propria giurisdizione penale nei confronti dei responsabili di tali crimini internazionali.(4) Lo Statuto di Roma, ai sensi del quale è stata istituita la Corte penale internazionale, sottolinea che essa è complementare alle giurisdizioni penali nazionali. L'effettivo accertamento e, se del caso, il perseguimento del genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra dovrebbero essere garantiti senza interferire con le competenze della Corte penale internazionale.(5) Le indagini, l'azione penale e lo scambio di informazioni riguardanti il genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra rimangono di competenza delle autorità nazionali, salvo quando il diritto internazionale disponga diversamente.(6) Gli Stati membri sono regolarmente confrontati a persone implicate in questi crimini, che cercano di entrare e soggiornare nell'Unione europea.(7) Le autorità competenti degli Stati membri devono garantire che, allorché esse ricevono informazioni secondo cui una persona che abbia presentato domanda di permesso di soggiorno sia sospettata di aver perpetrato o partecipato alla perpetrazione di genocidio, crimini contro l'umanità o crimini di guerra, gli atti in questione siano accertati e, se sussistono fondate ragioni, perseguiti, in conformità del loro diritto nazionale.(8) Le autorità nazionali incaricate dell'applicazione della legge e quelle preposte all'immigrazione, benché abbiano compiti e responsabilità distinti, dovrebbero operare in stretta collaborazione per consentire un effettivo accertamento e perseguimento di questi crimini da parte delle autorità competenti che esercitano la funzione giurisdizionale a livello nazionale.(9) Gli Stati membri dovrebbero garantire che le autorità incaricate dell'applicazione della legge e quelle preposte all'immigrazione dispongano delle risorse e delle strutture appropriate per poter efficacemente cooperare nonché investigare e, se necessario, perseguire efficacemente genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra.(10) Il successo di un effettivo accertamento e perseguimento di questi crimini richiede inoltre una stretta cooperazione a livello transnazionale tra le autorità degli Stati parti contraenti dello Statuto di Roma, compresi gli Stati membri.(11) Il 13 giugno 2002 il Consiglio ha adottato la decisione 2002/494/GAI relativa all'istituzione di una rete europea di punti di contatto in materia di persone responsabili di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra(3). Gli Stati membri dovrebbero assicurare che si faccia pieno uso dei punti di contatto per facilitare la cooperazione fra le autorità internazionali competenti.(12) Nella posizione comune 2001/443/PESC del Consiglio, dell'11 giugno 2001, sulla Corte penale internazionale(4), gli Stati membri hanno affermato che i crimini che rientrano nella competenza giurisdizionale della Corte penale internazionale sono fonte di preoccupazione per tutti gli Stati membri, i quali sono determinati a cooperare alla prevenzione di detti crimini e a porre termine all'impunità di coloro che li hanno perpetrati,DECIDE:Articolo 1ObiettivoLa presente decisione si prefigge lo scopo di accrescere la cooperazione tra le unità nazionali al fine di ottimizzare la capacità delle autorità incaricate dell'applicazione della legge in vari Stati membri di cooperare in maniera efficace nelle indagini ed azioni penali svolte nei confronti di coloro che hanno perpetrato o partecipato alla perpetrazione di genocidio, crimini contro l'umanità o crimini di guerra, quali sono definiti agli articoli 6, 7 e 8 dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale del 17 luglio 1998.Articolo 2Informazione delle autorità incaricate dell'applicazione della legge1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le autorità incaricate dell'applicazione della legge siano informate qualora siano accertati fatti che motivano il sospetto che il richiedente di un permesso di soggiorno abbia commesso crimini di cui all'articolo 1 passibili di un'azione penale in uno Stato membro o dinnanzi a giurisdizioni penali internazionali.2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per permettere alle rispettive autorità nazionali incaricate dell'applicazione della legge e a quelle preposte all'immigrazione di scambiarsi le informazioni necessarie per poter espletare efficacemente le funzioni loro attribuite.Articolo 3Accertamento e perseguimento1. Gli Stati membri si prestano reciproca assistenza nell'accertamento e nel perseguimento dei crimini di cui all'articolo 1 in conformità dei pertinenti accordi internazionali e del diritto nazionale.2. Se, nel quadro dell'esame di una domanda di permesso di soggiorno, le autorità preposte all'immigrazione vengono a conoscenza di fatti che motivano il sospetto che il richiedente abbia partecipato a crimini di cui all'articolo 1, e ove si accerti che il richiedente ha presentato una precedente domanda di permesso di soggiorno in un altro Stato membro, le autorità incaricate dell'applicazione della legge possono rivolgersi alle competenti autorità incaricate dell'applicazione della legge di tale Stato membro per ottenere le informazioni necessarie, comprese quelle in possesso delle autorità preposte all'immigrazione.3. Laddove le autorità incaricate dell'applicazione della legge in uno Stato membro vengano a conoscenza del fatto che una persona sospettata di crimini di cui all'articolo 1 si trova in un altro Stato membro, informano dei loro sospetti le competenti autorità di detto Stato membro, precisandone le ragioni. Tali informazioni sono comunicate in conformità dei pertinenti accordi internazionali e del diritto nazionale.Articolo 4StruttureGli Stati membri esaminano l'eventuale necessità di creare o designare unità specializzate nell'ambito delle autorità incaricate dell'applicazione della legge con il compito specifico di accertare e, se necessario, perseguire i crimini in questione.Articolo 5Coordinamento e riunioni periodiche1. Gli Stati membri coordinano le iniziative in atto per indagare e perseguire coloro che hanno perpetrato o partecipato alla perpetrazione di genocidio, crimini contro l'umanità o crimini di guerra.2. Su iniziativa della presidenza i punti di contatto designati a norma dell'articolo 1 della decisione 2002/494/GAI si riuniscono a intervalli regolari, allo scopo di scambiarsi informazioni riguardanti esperienze, prassi e metodi. Queste riunioni possono svolgersi contestualmente alle riunioni nell'ambito della rete giudiziaria europea e, a seconda delle circostanze, possono essere invitati a parteciparvi anche rappresentanti dei tribunali penali internazionali per la ex Jugoslavia e il Ruanda, della Corte penale internazionale e di altri organismi internazionali.Articolo 6Conformità alla legislazione sulla protezione dei datiQualsiasi scambio di informazioni o altro genere di trattamento di dati personali ai sensi della presente decisione ha luogo nella piena conformità dei requisiti derivanti dalla legislazione vigente in materia di protezione dei dati a livello internazionale e nazionale.Articolo 7AttuazioneGli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alla presente decisione entro l'8 maggio 2005.Articolo 8Applicazione territorialeLa presente decisione si applica a Gibilterra.Articolo 9Data in cui la decisione ha effettoLa presente decisione ha effetto il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Fatto a Bruxelles, addì 8 maggio 2003.Per il ConsiglioIl PresidenteM. Chrisochoïdis(1) GU C 223 del 19.9.2002, pag. 19.(2) Parere emesso il 17 dicembre 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 167 del 26.6.2002, pag. 1.(4) GU L 155 del 12.6.2001, pag. 19.
Genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra: accertamento e perseguimento CHE COSA FA LA DECISIONE? Stabilisce un quadro per il miglioramento della cooperazione tra i paesi dell’UE nell’accertamento e nel perseguimento degli autori, reali o sospettati, di genocidio*, crimini contro l’umanità* e crimini di guerra*. PUNTI CHIAVE I paesi dell’UE sono tenuti a informare le autorità incaricate dell’applicazione della legge nel caso esista il sospetto che il richiedente di un permesso di soggiorno abbia commesso i crimini elencati sopra. Le autorità possono, in seguito, avviare procedimenti penali in un paese dell’UE o dinnanzi a giurisdizioni penali internazionali. I paesi dell’UE si prestano reciproca assistenza nell’accertamento e nel perseguimento di tali crimini. Per agevolare questo processo, possono creare o designare unità specializzate nell’ambito delle loro autorità incaricate dell’applicazione della legge. I paesi dell’UE coordinano le iniziative in atto per indagare e perseguire coloro che hanno perpetrato o partecipato alla perpetrazione dei crimini elencati sopra. I punti di contatto della rete europea per la lotta contro il genocidio si devono riunire a intervalli regolari, al fine di scambiare informazioni sulle esperienze, le pratiche e i metodi Queste riunioni possono avere luogo congiuntamente alle riunioni della rete giudiziaria europea. Questa decisione contribuisce all’attuazione dello statuto di Roma della Corte penale internazionale, che mira a garantire che nessuno dei crimini sopraelencati rimanga impunito. La rete Eurojust presta aiuto nel processo di accertamento e perseguimento. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Si applica a partire dal 14 maggio 2003. CONTESTO A seguito del genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra che si sono consumati in Ruanda e nell’ex Jugoslavia, i tribunali penali internazionali indagano, perseguono e giudicano coloro che li hanno perpetrati. I successi dell’accertamento e del perseguimento di questi crimini richiedono, tuttavia, una stretta cooperazione a livelli internazionali. TERMINI CHIAVE * Genocidio: atti commessi con l’intenzione di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso. * Crimini contro l’umanità: atti commessi come parte di un attacco generalizzato e sistematico diretto contro la popolazione civile. * Crimini di guerra: atti commessi in violazione del diritto di guerra (ad esempio, le convenzioni di Ginevra). Alcuni esempi comprendono il maltrattamento dei prigionieri di guerra, l’uccisione degli ostaggi o la distruzione deliberata di città e centri abitati. ATTO Decisione 2003/335/GAI del Consiglio, dell’ 8 maggio 2003, relativa all’accertamento e al perseguimento del genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra (GU L 118 del 14.5.2003, pag. 12-14)
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REGOLAMENTO (UE) N. 1260/2013 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 20 novembre 2013 relativo alle statistiche demografiche europee (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 338, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (1), considerando quanto segue: (1) Conformemente all’articolo 16, paragrafo 4, del trattato sull’Unione europea (TUE), a decorrere dal 1o novembre 2014, la maggioranza qualificata dei membri del Consiglio deve essere definita, tra l’altro, sulla base della popolazione degli Stati membri. (2) Il Consiglio Economia e finanza incarica regolarmente il Comitato di politica economica di valutare la sostenibilità a lungo termine e la qualità delle finanze pubbliche sulla base delle previsioni della popolazione elaborate da Eurostat. (3) Conformemente al regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (2), tutte le statistiche trasmesse dagli Stati membri alla Commissione che sono disaggregate per unità territoriali devono utilizzare la classificazione NUTS. Di conseguenza, allo scopo di assicurare la comparabilità delle statistiche regionali, le unità territoriali dovrebbero essere definite sulla base della classificazione NUTS. (4) Conformemente all’articolo 175, secondo comma, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), la Commissione deve presentare ogni tre anni al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni una relazione sui progressi compiuti nella realizzazione della coesione economica, sociale e territoriale. È necessario disporre di dati regionali annuali di livello NUTS 3 per la preparazione di tali relazioni e per il regolare monitoraggio dell’evoluzione demografica e delle eventuali future problematiche demografiche nelle regioni dell’Unione, comprese varie tipologie di regioni, quali le regioni frontaliere, le regioni metropolitane, le regioni rurali e le regioni montane e insulari. In considerazione delle forti disparità regionali che caratterizzano l’invecchiamento della popolazione, Eurostat è incaricata di predisporre regolarmente previsioni regionali al fine di integrare il quadro demografico delle regioni NUTS 2 nell’Unione. (5) Conformemente all’articolo 159 TFUE, la Commissione deve redigere una relazione annuale sugli sviluppi nella realizzazione degli obiettivi dell’articolo 151 TFUE, compresa la situazione demografica nell’Unione. (6) Nella comunicazione del 20 ottobre 2009 dal titolo «Solidarietà in materia di salute: riduzione delle disuguaglianze sanitarie nell’UE», la Commissione si è espressa a favore dell’ulteriore sviluppo e della rilevazione di dati, e dell’ulteriore sviluppo di indicatori in materia di salute secondo l’età, il sesso, la situazione socioeconomica e la dimensione geografica. (7) La strategia dell’Unione per lo sviluppo sostenibile, promossa dal Consiglio europeo di Göteborg nel 2001 e rilanciata nel giugno del 2006, ha come obiettivo il continuo miglioramento della qualità della vita per le attuali e le future generazioni. Il rapporto che la Commissione (Eurostat) pubblica ogni due anni in merito a tale strategia traccia, sulla base di una serie di indicatori dello sviluppo sostenibile dell’Unione, un quadro statistico obiettivo dei progressi realizzati. (8) Le statistiche demografiche annuali assumono un’importanza capitale ai fini dello studio e della definizione di una vasta serie di iniziative politiche, con particolare riguardo alle problematiche sociali ed economiche, a livello nazionale e regionale. Le statistiche sulla popolazione costituiscono un importante denominatore per una vasta gamma di indicatori. (9) L’obiettivo strategico H.3 del capo IV della Piattaforma d’azione di Pechino (1995) costituisce un quadro di riferimento per l’elaborazione e la diffusione di dati e informazioni disaggregati per genere ai fini della pianificazione e della valutazione delle politiche. (10) Le statistiche demografiche rappresentano un elemento fondamentale per la stima della popolazione totale nell’ambito del sistema europeo dei conti. È importante che i dati siano aggiornati e rivisti ai fini dell’elaborazione di statistiche a livello europeo. (11) Al fine di garantire la qualità e, in particolare, la comparabilità dei dati trasmessi dagli Stati membri, nonché allo scopo di consentire l’elaborazione a livello dell’Unione di quadri di sintesi attendibili, i dati utilizzati dovrebbero basarsi sugli stessi concetti e dovrebbero riferirsi a date o periodi di riferimento identici. (12) Il regolamento (CE) n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio (3) definisce un quadro di riferimento per le statistiche demografiche europee. In particolare, esso richiede il rispetto dei principi di indipendenza professionale, imparzialità, obiettività, affidabilità, segreto statistico e efficacia sotto il profilo dei costi. (13) I dati demografici dovrebbero essere coerenti con le pertinenti informazioni rilevate a norma del regolamento (CE) n. 862/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio (4) e del regolamento (CE) n. 763/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio (5). A tal fine, è opportuno valutare metodi statistici di stima basati su dati scientifici e ben documentati, e incoraggiarne l’uso. (14) In sede di sviluppo, produzione e diffusione delle statistiche europee, le autorità statistiche nazionali e l’autorità statistica europea nonché, se del caso, altre autorità competenti a livello nazionale e regionale, dovrebbero tener conto dei principi sanciti dal codice delle statistiche europee, riveduto e aggiornato dal comitato del sistema statistico europeo il 28 settembre 2011. (15) Il presente regolamento garantisce il diritto al rispetto della vita privata e della vita familiare e il diritto alla protezione dei dati di carattere personale sanciti dagli articoli 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. (16) La direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (6) e il regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (7) si applicano con riguardo al trattamento dei dati personali nell’ambito del presente regolamento. (17) Poiché l’obiettivo del presente regolamento, vale a dire la definizione di un quadro giuridico comune per la produzione sistematica di statistiche demografiche europee negli Stati membri, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata e degli effetti dell’azione in questione, può essere conseguito meglio a livello dell’Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 TUE. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (18) Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione del presente regolamento, dovrebbero essere attribuite alla Commissione competenze di esecuzione. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (8), HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento definisce un quadro giuridico comune in vista dello sviluppo, della produzione e della diffusione di statistiche europee sulla popolazione e sugli eventi di stato civile. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni: a) «nazionale»: si riferisce al territorio di uno Stato membro ai sensi del regolamento (CE) n. 1059/2003 applicabile alla data di riferimento; b) «regionale»: livello NUTS 1, NUTS 2 o NUTS 3 ai sensi del regolamento (CE) n. 1059/2003 applicabile alla data di riferimento; qualora tale termine sia utilizzato con riferimento a paesi che non sono membri dell’Unione, «regionale» si riferisce alle regioni statistiche al livello 1, 2 o 3, come concordato tra tali paesi e la Commissione (Eurostat), alla data di riferimento; c) «popolazione dimorante abitualmente»: tutte le persone che hanno dimora abituale in uno Stato membro alla data di riferimento; d) «dimora abituale»: il luogo in cui una persona trascorre normalmente il periodo di riposo giornaliero, indipendentemente da assenze temporanee per attività ricreative, vacanze, visite ad amici e parenti, affari, trattamenti sanitari o pellegrinaggi religiosi. Sono considerate dimoranti abitualmente in una specifica area geografica soltanto le persone: i) che hanno vissuto nel loro luogo di dimora abituale senza interruzione per un periodo di almeno dodici mesi prima della data di riferimento; oppure ii) che si sono stabilite nel loro luogo di dimora abituale nei dodici mesi precedenti la data di riferimento con l’intenzione di rimanervi per almeno un anno. Qualora le circostanze di cui ai punti i) o ii) non possano essere verificate, per «dimora abituale» si intende il luogo di residenza legale o dichiarata nei registri, salvo ai fini dell’articolo 4. Nell’applicare la definizione di «dimora abituale», gli Stati membri riservano ai casi speciali il trattamento previsto conformemente all’allegato del regolamento (CE) n. 1201/2009 della Commissione (9); e) «nascita vitale»: la nascita di un bambino che, indipendentemente dalla durata della gestazione, respira o manifesta altro segno di vita, quale battito cardiaco, pulsazione del cordone ombelicale o determinati movimenti dei muscoli volontari; f) «morte»: la permanente scomparsa di ogni segno di vita in un qualsiasi momento successivo alla nascita vitale (cessazione post-natale delle funzioni vitali senza possibilità di rianimazione); g) «eventi di stato civile»: la nascita vitale e la morte come definiti alle lettere e) e f). Articolo 3 Dati sulla popolazione e sugli eventi di stato civile 1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) dati sulla loro popolazione che dimora abitualmente alla data di riferimento. I dati forniti contemplano la popolazione in base all’età, al sesso e alla regione di residenza. 2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati sui loro eventi di stato civile verificatisi durante il periodo di riferimento. Gli Stati membri utilizzano la stessa definizione di popolazione che impiegano per i dati di cui al paragrafo 1. I dati forniti contemplano le seguenti variabili: a) nati vivi per sesso, mese di evento, ordine di nascita vitale, età della madre, anno di nascita della madre, paese di nascita della madre, paese di cittadinanza della madre e regione di residenza della madre; b) decessi per età, sesso, anno di nascita, regione di residenza, paese di nascita, paese di cittadinanza e mese di evento. 3. Gli Stati membri utilizzano la stessa definizione di popolazione per tutti i livelli nazionali e regionali definiti dal presente regolamento. 4. La Commissione adotta atti di esecuzione che stabiliscono condizioni uniformi per la disaggregazione dei dati di cui ai paragrafi 1 e 2, nonché i termini e le revisioni dei dati. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 10, paragrafo 2. Articolo 4 Popolazione totale per scopi specifici dell’Unione 1. Ai fini della votazione a maggioranza qualificata in seno al Consiglio, entro otto mesi dalla fine dell’anno di riferimento gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) dati sulla popolazione totale a livello nazionale alla data di riferimento, conformemente all’articolo 2, lettera c). 2. Gli Stati membri possono stimare la popolazione totale di cui al paragrafo 1 sulla base della popolazione legalmente residente o dichiarata nei registri, utilizzando metodi statistici di stima basati su dati scientifici, ben documentati e pubblicamente disponibili. Articolo 5 Frequenza e termini di riferimento 1. Ogni anno gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati statistici relativi alla loro popolazione e ai loro eventi di stato civile dell’anno precedente di cui all’articolo 3, paragrafo 1, e all’articolo 3, paragrafo 2, lettere a) e b). 2. Ogni anno gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati relativi alla popolazione totale a livello nazionale di cui all’articolo 4. 3. Ai fini del presente regolamento, per termini di riferimento si intendono la data di riferimento di cui al paragrafo 4 o il periodo di riferimento di cui al paragrafo 5, a seconda dei casi. 4. La data di riferimento per i dati sulla popolazione è la scadenza del periodo di riferimento (la mezzanotte del 31 dicembre). La prima data di riferimento è nel 2013 e l’ultima data di riferimento è nel 2027. 5. Il periodo di riferimento per i dati sugli eventi di stato civile è l’anno civile in cui gli eventi si sono verificati. Il primo periodo di riferimento è il 2013 e l’ultimo periodo di riferimento è il 2027. Articolo 6 Trasmissione di dati e di metadati Gli Stati membri mettono a disposizione della Commissione (Eurostat) i dati e i metadati di cui al presente regolamento conformemente alle norme di scambio di dati e metadati specificate dalla Commissione (Eurostat). Gli Stati membri forniscono tali dati e metadati tramite i servizi del punto di accesso unico in modo tale che la Commissione (Eurostat) possa recuperarli oppure li trasmettono utilizzando i servizi del punto di accesso unico. Articolo 7 Fonti di dati I dati sono basati sulle fonti di dati scelte dagli Stati membri conformemente al diritto e agli usi nazionali. Ove opportuno, sono utilizzati metodi di stima statistica ben documentati e fondati su basi scientifiche. Articolo 8 Studi di fattibilità 1. Gli Stati membri effettuano studi di fattibilità sull’utilizzo della definizione di «dimora abituale» per la popolazione e gli eventi di stato civile di cui all’articolo 3, paragrafi 1 e 2. 2. I risultati degli studi di fattibilità di cui al paragrafo 1 sono trasmessi alla Commissione entro il 31 dicembre 2016. 3. Al fine di facilitare l’esecuzione degli studi di fattibilità di cui al paragrafo 1 del presente articolo, l’Unione può fornire sostegno finanziario agli istituti statistici nazionali e alle altre autorità nazionali di cui all’articolo 5 del regolamento (CE) n. 223/2009. Articolo 9 Norme in materia di qualità 1. Gli Stati membri si assicurano della qualità dei dati trasmessi. 2. Ai fini del presente regolamento, ai dati da trasmettere si applicano i criteri di qualità di cui all’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 223/2009. 3. Gli Stati membri riferiscono alla Commissione (Eurostat) sui metadati di riferimento utilizzando gli standard del Sistema statistico europeo e, in particolare, sulle fonti di dati, le definizioni e i metodi di stima utilizzati per il primo anno di riferimento; gli Stati membri provvedono a informare la Commissione (Eurostat) in merito a qualsiasi loro modifica. 4. Su richiesta della Commissione (Eurostat), gli Stati membri le trasmettono tutte le informazioni necessarie a valutare la qualità delle informazioni statistiche. 5. Gli Stati membri si assicurano che i dati sulla popolazione di cui all’articolo 3 del presente regolamento siano coerenti con quelli richiesti dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (CE) n. 862/2007. Articolo 10 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita dal Comitato del sistema statistico europeo istituito dal regolamento (CE) n. 223/2009. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. Articolo 11 Clausola di revisione 1. La Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una prima relazione sull’attuazione del presente regolamento entro il 31 dicembre 2018 e una seconda relazione entro il 31 dicembre 2023. In tali relazioni la Commissione tiene conto delle informazioni pertinenti fornite dagli Stati membri e valuta la qualità dei dati trasmessi, i metodi utilizzati per la raccolta dei dati, l’onere supplementare gravante sugli Stati membri e sui partecipanti, nonché la comparabilità di tali statistiche. Tali relazioni valutano l’uso di metodi statistici di stima basati su dati scientifici e ben documentati, per la stima della «popolazione che dimora abitualmente» rispetto alla popolazione legalmente residente o dichiarata nei registri. La prima relazione ricomprende altresì i risultati degli studi di fattibilità di cui all’articolo 8. 2. Se del caso, dette relazioni sono corredate di proposte volte a migliorare ulteriormente il quadro giuridico comune per lo sviluppo, la produzione e la diffusione di statistiche europee sulla popolazione e sugli eventi di stato civile a norma del presente regolamento. Articolo 12 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento cessa di applicarsi il 31 agosto 2028. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, il 20 novembre 2013 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente V. LEŠKEVIČIUS (1) Posizione del Parlamento europeo del 22 ottobre 2013 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 15 novembre 2013. (2) Regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, relativo all’istituzione di una classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (NUTS) (GU L 154 del 21.6.2003, pag. 1). (3) Regolamento (CE) n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009, relativo alle statistiche europee e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1101/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo alla trasmissione all’Istituto statistico delle Comunità europee di dati statistici protetti dal segreto, il regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, relativo alle statistiche comunitarie, e la decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio, che istituisce un comitato del programma statistico delle Comunità europee (GU L 87 del 31.3.2009, pag. 164). (4) Regolamento (CE) n. 862/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, relativo alle statistiche comunitarie in materia di migrazione e di protezione internazionale e che abroga il regolamento (CEE) n. 311/76 del Consiglio relativo all’elaborazione di statistiche riguardanti i lavoratori stranieri (GU L 199 del 31.7.2007, pag. 23). (5) Regolamento (CE) n. 763/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, sull’igiene dei prodotti alimentari (GU L 218 del 13.8.2008, pag. 14). (6) Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31). (7) Regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1). (8) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13). (9) Regolamento (CE) n. 1201/2009 della Commissione, del 30 novembre 2009, recante attuazione del regolamento (CE) n. 763/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai censimenti della popolazione e delle abitazioni per quanto riguarda le specifiche tecniche delle variabili e delle loro classificazioni (GU L 329 del 15.12.2009, pag. 29).
Statistiche demografiche QUAL È L'OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce misure relative all'armonizzazione e alla raccolta di dati sulla popolazione e sugli eventi di stato civile (ad es. nascite e decessi). Stabilisce le definizioni comuni, i temi trattati e le caratteristiche delle informazioni richieste, la copertura, i criteri di qualità e i termini di trasmissione e i risultati, sebbene i paesi dell'UE procedano alla compilazione dei dati secondo le proprie fonti e pratiche nazionali. PUNTI CHIAVE Perché queste statistiche sono importanti? 1.Stime di alta qualità sulla popolazione sono essenziali per il processo democratico dell'UE, ad es. sono importanti per il calcolo della ponderazione dei voti nel caso di una votazione a maggioranza qualificata in seno al Consiglio. Dal 1o novembre 2014, per maggioranza qualificata s'intende almeno il 55 % dei membri del Consiglio, con un minimo di 15 rappresentanti paesi dell'UE che totalizzino almeno il 65 % della popolazione dell'UE (doppia maggioranza). 2.La valutazioni a lungo termine sulla sostenibilità delle finanze pubbliche dei paesi dell'UE è, fra le altre cose, condotta sulla base delle proiezioni sulla popolazione di Eurostat, per la cui elaborazione sono necessarie serie storiche tempestive, accurate, attendibili e coerenti sulla popolazione, le nascite e i decessi, nonché valide ipotesi sulla futura evoluzione della fecondità, della speranza di vita e dei flussi migratori. 3.Il progresso della strategia di sviluppo sostenibile dell'UE è misurato tramite il rapporto redatto da Eurostat sulla base di serie storiche sugli indici di dipendenza degli anziani, sui tassi di fecondità e sulla speranza di vita nell'UE. 4.Le tendenze relative alla coesione economica, sociale e territoriale vengono valutate in base ai dati demografici regionali. Regolamento di esecuzione (UE) n. 205/2014 della Commissione, del 4 marzo 2014, che stabilisce condizioni uniformi di applicazione del regolamento (UE) n. 1260/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche demografiche europee per quanto riguarda le disaggregazioni, i termini di trasmissione e le revisioni di dati. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È applicata a partire dal 30 dicembre 2013. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda: «Popolazione (demografia, migrazione e proiezioni)» sul sito Internet di Eurostat. ATTO Regolamento (UE) n. 1260/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, relativo alle statistiche demografiche europee (GU L 330, 10.12.2013, pag. 39-43) ATTI COLLEGATI Regolamento di esecuzione (UE) n. 205/2014 della Commissione, del 4 marzo 2014, che stabilisce condizioni uniformi di applicazione del regolamento (UE) n. 1260/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche demografiche europee per quanto riguarda le disaggregazioni, i termini di trasmissione e le revisioni di dati (GU L 65, 5.3.2014, pag. 10-26)
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REGOLAMENTO (CE) N. 2023/2006 DELLA COMMISSIONE del 22 dicembre 2006 sulle buone pratiche di fabbricazione dei materiali e degli oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari (Testo rilevante ai fini del SEE) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, visto il regolamento (CE) n. 1935/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 ottobre 2004 riguardante i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari (1), in particolare l’articolo 5, paragrafo 1, considerando quanto segue: (1) I gruppi di materiali e oggetti elencati nell’allegato I al regolamento (CE) n. 1935/2004 nonché le combinazioni di tali materiali ed oggetti oppure di materiali ed oggetti riciclati impiegati in tali materiali e oggetti vanno fabbricati nel rispetto delle norme generali e specifiche sulle buone pratiche di fabbricazione (Good manufacturing practices – GMP). (2) Taluni settori industriali hanno elaborato linee guida sulle GMP, altri no. Di conseguenza risulta necessario garantire l’uniformità fra gli Stati membri per quanto riguarda le GMP per i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari. (3) Per garantire l’uniformità è opportuno stabilire determinati obblighi per gli operatori del settore. (4) Tutti gli operatori del settore devono istituire un sistema efficace di gestione della qualità nell’ambito delle operazioni di fabbricazione, adeguandolo alla loro posizione nella catena di approvvigionamento. (5) Le norme vanno applicate a materiali ed oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari o già a contatto con prodotti alimentari e destinati a tal fine oppure di cui si può prevedere ragionevolmente che possano essere messi a contatto con prodotti alimentari o che trasferiscano i propri componenti ai prodotti alimentari nelle condizioni di impiego normali o prevedibili. (6) Le norme relative alle GMP vanno applicate in modo proporzionato al fine di evitare oneri eccessivi per le piccole imprese. (7) Norme specifiche vanno ora stabilite per i processi in cui vengono utilizzati inchiostri da stampa e vanno elaborate per altri processi, se necessario. Per gli inchiostri da stampa impiegati sulla parte del materiale o dell’oggetto non a contatto con il prodotto alimentare, le GMP devono soprattutto garantire che le sostanze non siano trasferite nel prodotto alimentare a causa del set-off o tramite trasferimento attraverso il substrato. (8) Le misure previste dal presente regolamento sono conformi al parere del Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento stabilisce le norme relative alle buone pratiche di fabbricazione (GMP) per i gruppi di materiali e di oggetti destinati a venire a contatto con gli alimenti (qui di seguito «materiali ed oggetti») elencati nell’allegato I al regolamento (CE) n. 1935/2004 e le combinazioni di tali materiali ed oggetti nonché di materiali ed oggetti riciclati impiegati in tali materiali ed oggetti. Articolo 2 Campo di applicazione Il presente regolamento si applica a tutti i settori e a tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione di materiali e oggetti, sino ad e ad esclusione della produzione di sostanze di partenza. Le norme specifiche stabilite nell’allegato si applicano ai processi pertinenti, indicati singolarmente, come opportuno. Articolo 3 Definizioni Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni seguenti: a) «buone pratiche di fabbricazione (good manufacturing practices — GMP)»: gli aspetti di assicurazione della qualità che assicurano che i materiali e gli oggetti siano costantemente fabbricati e controllati, per assicurare la conformità alle norme ad essi applicabili e agli standard qualitativi adeguati all'uso cui sono destinati, senza costituire rischi per la salute umana o modificare in modo inaccettabile la composizione del prodotto alimentare o provocare un deterioramento delle sue caratteristiche organolettiche; b) «sistema di assicurazione della qualità»: tutti gli accordi organizzati e documentati, conclusi al fine di garantire che i materiali e gli oggetti siano della qualità atta a renderli conformi alle norme ad essi applicabili e agli standard qualitativi necessari per l’uso cui sono destinati; c) «sistema di controllo della qualità»: l’applicazione sistematica di misure stabilite nell’ambito del sistema di assicurazione della qualità al fine di garantire che i materiali di partenza e i materiali e gli oggetti intermedi e finiti siano conformi alle specifiche elaborate nel sistema di assicurazione della qualità; d) «lato non a contatto con il prodotto alimentare» indica la superficie del materiale o dell'oggetto che non si trova direttamente a contatto con il prodotto alimentare; e) «lato a contatto con il prodotto alimentare» indica la superficie del materiale o dell'oggetto che si trova direttamente a contatto con il prodotto alimentare. Articolo 4 Conformità alle buone pratiche di fabbricazione Gli operatori del settore devono garantire che le operazioni di fabbricazione siano svolte nel rispetto: a) delle norme generali sulle GMP, come stabilito dagli articoli 5, 6 e 7; b) delle norme specifiche sulle GMP, come stabilito nell’allegato. Articolo 5 Sistemi di assicurazione della qualità 1. Gli operatori del settore devono istituire, attuare e far rispettare un sistema di assicurazione della qualità efficace e documentato. Il suddetto sistema deve: a) tenere conto dell’adeguatezza del personale, delle sue conoscenze e competenze, nonché dell’organizzazione delle sedi e delle attrezzature necessarie a garantire che i materiali e gli oggetti finiti siano conformi alle norme ad essi applicabili; b) essere applicato tenendo conto della dimensione dell'impresa, in modo da non costituire un onere eccessivo per l'azienda. 2. I materiali di partenza devono essere selezionati e decono essere conformi con le specifiche prestabilite, in modo da garantire che il materiale o l’oggetto siano conformi alle norme ad essi applicabili. 3. Le varie operazioni devono svolgersi secondo istruzioni e procedure prestabilite. Articolo 6 Sistemi di controllo della qualità 1. Gli operatori del settore devono istituire e mantenere un sistema di controllo della qualità efficace. 2. Il sistema di controllo della qualità deve comprendere il monitoraggio dell’attuazione e del totale rispetto delle GMP e deve identificare misure volte a correggere eventuali mancanze di conformità alle GMP. Tali misure correttive vanno attuate senza indugio e messe a disposizione delle autorità competenti per le ispezioni. Articolo 7 Documentazione 1. Gli operatori del settore devono elaborare e conservare un’adeguata documentazione su supporto cartaceo o in formato elettronico riguardante le specifiche, le formulazioni e i processi di fabbricazione che siano pertinenti per la conformità e la sicurezza di materiali e oggetti finiti. 2. Gli operatori del settore devono elaborare e conservare un'adeguata documentazione, su supporto cartaceo o in formato elettronico, relativa alle registrazioni delle varie operazioni di fabbricazione svolte che siano pertinenti per la conformità e la sicurezza di materiali e oggetti finiti, e relativa ai risultati del sistema di controllo della qualità. 3. La documentazione deve essere messa a disposizione delle autorità competenti, qualora lo richiedano, da parte degli operatori del settore. Articolo 8 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Esso si applica a decorrere dal 1o agosto 2008. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 22 dicembre 2006. Per la Commissione Markos KYPRIANOU Membro della Commissione (1) GU L 338 del 13.11.2004, pag. 4. ALLEGATO Norme specifiche sulle buone pratiche di fabbricazione Processi che prevedono l’applicazione di inchiostri da stampa sul lato di un materiale o di un oggetto non a contatto con il prodotto alimentare 1. Gli inchiostri da stampa applicati sul lato dei materiali o degli oggetti non a contatto con il prodotto alimentare devono essere formulati e/o applicati in modo che le sostanze presenti sulla superficie stampata non siano trasferite al lato a contatto con il prodotto alimentare: a) attraverso il substrato oppure b) a causa del set-off quando vengono impilati o sono sulle bobine, in concentrazioni che portino a livelli di sostanza nel prodotto alimentare non in linea con le prescrizioni di cui all’articolo 3 del regolamento (CE) n. 1935/2004. 2. I materiali e gli oggetti stampati in stato finito o semifinito vanno movimentati e immagazzinati in modo che le sostanze presenti sulla superficie stampata non siano trasferite al lato a contatto con il prodotto alimentare: a) attraverso il substrato oppure b) a causa del set-off quando vengono impilati o sono sulle bobine, in concentrazioni che portino a livelli di sostanza nel prodotto alimentare non in linea con le prescrizioni di cui all’articolo 3 del regolamento (CE) n. 1935/2004. 3. Le superfici stampate non devono trovarsi direttamente a contatto con il prodotto alimentare.
Materiali e oggetti a contatto con prodotti alimentari: Buone pratiche di fabbricazione SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Stabilisce le norme relative alle buone pratiche di fabbricazione (good manufacturing practice, GMP)* dei materiali e degli oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari. PUNTI CHIAVE La normativa si applica a tutti i settori e a tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione di materiali e oggetti. Le aziende devono: conformarsi alle buone pratiche di fabbricazione; istituire, attuare e far rispettare un sistema di assicurazione della qualità* efficace e documentato; istituire e mantenere un sistema di controllo della qualità efficace; elaborare e conservare un’adeguata documentazione, su supporto cartaceo o in formato elettronico, riguardante le specifiche, le formulazioni e i processi di fabbricazione che siano pertinenti per la sicurezza dei singoli prodotti e delle varie operazioni di produzione. Le buone pratiche di fabbricazione riguardano oggetti quali contenitori, imballaggi, carta, cartone, inchiostro e adesivi destinati a venire a contatto con prodotti alimentari. I sistemi di assicurazione della qualità tengono conto: delle conoscenze e delle competenze del personale e dell’organizzazione delle sedi e delle attrezzature; della dimensione dell’impresa, in modo da non costituire un onere eccessivo per l’azienda. I sistemi di controllo della qualità comprendono: il monitoraggio dell’attuazione e delle buone pratiche di fabbricazione; l’identificazione e la correzione delle misure non conformi agli standard richiesti. Una modifica [regolamento (CE) n. 282/2008] stabilisce un sistema di assicurazione della qualità specifico per i materiali e gli oggetti in plastica riciclata destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 1o agosto 2008. TERMINI CHIAVE * Buone pratiche di fabbricazione: gli aspetti dell’assicurazione della qualità che garantiscono che materiali e oggetti rispettino gli standard qualitativi, non rappresentino un pericolo per la salute umana e non causino modifiche inaccettabili alla composizione dei prodotti alimentari. * Sistema di assicurazione della qualità: accordi organizzati e documentati che garantiscono che i materiali e gli oggetti presentino la qualità richiesta. ATTO Regolamento (CE) n. 2023/2006 della Commissione, del 22 dicembre 2006, sulle buone pratiche di fabbricazione dei materiali e degli oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari (GU L 384 del 29.12.2006, pag. 75-78) Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 2023/2006 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
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Direttiva 2001/40/CE del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa al riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento dei cittadini di paesi terzi Gazzetta ufficiale n. L 149 del 02/06/2001 pag. 0034 - 0036 Direttiva 2001/40/CE del Consigliodel 28 maggio 2001relativa al riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento dei cittadini di paesi terziIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 63, punto 3,vista l'iniziativa della Repubblica francese(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) Il trattato dispone che il Consiglio adotti misure in materia di politica dell'immigrazione nei settori delle condizioni di ingresso e di soggiorno, ma anche dell'immigrazione clandestina e del soggiorno irregolare.(2) Il Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 ha ribadito la volontà di istituire uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia. A tal fine è necessario che una politica europea comune in materia di asilo e di migrazione si prefigga, nel contempo, un trattamento equo per i cittadini di paesi terzi e una migliore gestione dei flussi migratori.(3) La necessità di assicurare una maggiore efficacia nell'esecuzione delle decisioni di allontanamento, nonché una migliore cooperazione degli Stati membri implica il riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento.(4) Le decisioni di allontanamento dei cittadini di paesi terzi vanno adottate in conformità dei diritti fondamentali, quali garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, del 4 novembre 1950, in particolare dagli articoli 3 e 8, e dalla convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati, del 28 luglio 1951, e quali risultano dai principi costituzionali comuni agli Stati membri.(5) Secondo il principio di sussidiarietà, l'obiettivo dell'azione prevista, vale a dire una cooperazione tra Stati membri in materia di allontanamento dei cittadini di paesi terzi, non può essere sufficientemente realizzato dagli Stati membri e può dunque, a motivo degli effetti dell'azione in questione, essere realizzato meglio a livello comunitario. La presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo.(6) A norma dell'articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda, allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, con lettera in data 18 ottobre 2000 il Regno Unito ha notificato che desidera partecipare all'adozione e all'applicazione della presente direttiva.(7) La Danimarca, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea ed al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all'adozione della presente direttiva e, di conseguenza, non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione. Poiché la presente direttiva è volta a sviluppare l'acquis di Schengen in applicazione delle disposizioni del titolo IV del trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca, a norma dell'articolo 5 del protocollo summenzionato, deciderà, entro un periodo di sei mesi dall'adozione della presente direttiva da parte del Consiglio, se intende recepire o meno tale direttiva nel proprio diritto interno.(8) Quanto alla Repubblica d'Islanda e al Regno di Norvegia, la presente direttiva costituisce uno sviluppo dell'acquis di Schengen ai sensi dell'accordo concluso tra il Consiglio dell'Unione europea e questi due Stati il 18 maggio 1999. Osservate le procedure previste dall'accordo, i diritti e gli obblighi posti in essere dalla presente direttiva si applicheranno anche a questi due Stati e nelle relazioni tra questi due Stati e gli Stati membri della Comunità europea destinatari della presente direttiva,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 11. Fatti salvi, da un lato, gli obblighi derivanti dall'articolo 23 e dall'altro, l'applicazione dell'articolo 96 della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen del 14 giugno 1985, firmata a Schengen il 19 giugno 1990, in seguito denominata: "convenzione di Schengen", l'obiettivo della presente direttiva è consentire il riconoscimento di una decisione di allontanamento adottata da un'autorità competente di uno Stato membro, in seguito denominato "Stato membro autore", nei confronti di un cittadino di un paese terzo che si trovi nel territorio di un altro Stato membro, in seguito denominato "Stato membro di esecuzione".2. Qualsiasi decisione adottata a norma del paragrafo 1 è attuata secondo la legislazione applicabile dello Stato membro di esecuzione.3. La presente direttiva non si applica ai familiari dei cittadini dell'Unione che hanno esercitato il proprio diritto alla libera circolazione.Articolo 2Ai fini della presente direttiva:a) per "cittadino di un paese terzo" s'intende qualsiasi persona che non abbia la cittadinanza di uno degli Stati membri;b) per "decisione di allontanamento" s'intende qualsiasi decisione che ordina l'allontanamento adottata da un'autorità amministrativa competente di uno Stato membro autore;c) per "misura di esecuzione" s'intende qualsiasi misura adottata dallo Stato membro di esecuzione per attuare una decisione di allontanamento.Articolo 31. L'allontanamento di cui all'articolo 1 riguarda i seguenti casi:a) il cittadino di un paese terzo è oggetto di una decisione di allontanamento giustificata da una minaccia grave e attuale per l'ordine pubblico o la sicurezza nazionale, e adottata nei seguenti casi:- condanna del cittadino di un paese terzo da parte dello Stato membro autore per un reato punibile con una pena privativa della libertà di almeno un anno,- esistenza di seri motivi per ritenere che il cittadino di un paese terzo abbia commesso fatti punibili gravi o esistenza di indizi concreti che intende commettere fatti di tale natura nel territorio di uno Stato membro.Fatto salvo l'articolo 25, paragrafo 2, della convenzione di Schengen, se la persona interessata è titolare di un titolo di soggiorno rilasciato dallo Stato membro di esecuzione o da un altro Stato membro, lo Stato di esecuzione consulta lo Stato autore e lo Stato che ha rilasciato il titolo. L'esistenza di una decisione di allontanamento adottata ai sensi della presente lettera consente il ritiro del titolo di soggiorno, sempreché sia autorizzato dalla legislazione dello Stato che ha rilasciato il titolo;b) il cittadino di un paese terzo è oggetto di una decisione di allontanamento giustificata dal mancato rispetto delle normative nazionali relative all'ingresso o al soggiorno degli stranieri.Nei due casi di cui alle lettere a) e b) la decisione di allontanamento non deve essere revocata né sospesa dallo Stato membro autore.2. Gli Stati membri attuano la presente direttiva nel rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.3. L'applicazione della presente direttiva fa salve le disposizioni della convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità europee (convenzione di Dublino) e gli accordi di riammissione conclusi tra Stati membri.Articolo 4Gli Stati membri provvedono affinché il cittadino di un paese terzo interessato possa proporre, secondo la legislazione dello Stato membro di esecuzione, un ricorso avverso una misura prevista all'articolo 1, paragrafo 2.Articolo 5La protezione dei dati personali e la sicurezza dei dati sono garantite ai sensi della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati(3).Fatti salvi gli articoli 101 e 102 della convenzione di Schengen, gli archivi di dati personali possono essere utilizzati nell'ambito della presente direttiva soltanto ai fini previsti dalla stessa.Articolo 6Le autorità dello Stato membro autore e dello Stato membro di esecuzione ricorrono a qualsiasi canale adeguato di cooperazione e di scambio di informazioni per attuare la presente direttiva.Lo Stato membro autore fornisce allo Stato membro di esecuzione tutti i documenti necessari per comprovare il sussistere dell'esecutività della decisione attraverso i canali più rapidi, ove opportuno, ai sensi delle disposizioni pertinenti del manuale SIRENE.Lo Stato membro di esecuzione procede ad un esame preliminare della situazione della persona interessata per assicurarsi che né gli strumenti internazionali pertinenti, né la normativa nazionale applicabile ostino all'esecuzione della decisione di allontanamento.Successivamente all'attuazione della misura di esecuzione, lo Stato membro di esecuzione ne informa lo Stato membro autore.Articolo 7Gli Stati membri compensano tra di loro gli squilibri finanziari che possono risultare dall'applicazione della presente direttiva, qualora l'allontanamento non possa realizzarsi a spese del cittadino o dei cittadini di un paese terzo interessato/i.Per consentire l'applicazione del presente articolo il Consiglio adotterà, su proposta della Commissione, i criteri e le modalità pratiche appropriati entro il 2 dicembre 2002. Tali criteri e modalità pratiche saranno parimenti validi ai fini dell'attuazione dell'articolo 24 della convenzione di Schengen.Articolo 81. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 2 dicembre 2002. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 9La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 10Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva, in base al trattato che istituisce la Comunità europea.Fatto a Bruxelles, addì 28 maggio 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteT. Bodström(1) GU C 243 del 24.8.2000, pag. 1.(2) Parere espresso il 13 marzo 2001 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31.
Decisioni di allontanamento: riconoscimento reciproco da parte dei paesi dell’Unione europea QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Mira a garantire che la decisione, da parte di un paese dell’Unione europea (UE), di allontanare un cittadino di un paese extra UE presente in un altro paese dell’UE sia rispettata e adempiuta. PUNTI CHIAVE Gli ordini di allontanamento si applicano ai cittadini di paesi extra UE che: costituiscono una minaccia grave e attuale per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale; sono stati condannati per un reato punibile con una pena privativa della libertà di almeno un anno; si ritiene, sulla base di seri motivi o indizi concreti, abbiano commesso o intendano commettere fatti di tale natura; non rispettano le normative nazionali relative all’ingresso o al soggiorno. Se la persona interessata è titolare di un titolo di soggiorno valido, il paese che impone l’allontanamento deve consultare il paese che ha rilasciato il titolo. I paesi dell’UE che applicano la normativa devono: rispettare i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali; garantire che la persona interessata possa proporre un ricorso avverso l’ordine di allontanamento; proteggere i dati personali e la sicurezza dei dati; ricorrere a tutti i canali adeguati di cooperazione e di scambio di informazioni per attuare la normativa; compensarsi reciprocamente per i costi finanziari in cui incorrono. Le disposizioni sono stabilite nella decisione 2004/191/CE del Consiglio. Il paese autore dell’ordine di allontanamento deve fornire al paese di esecuzione tutti i documenti necessari il più rapidamente possibile. Il paese di esecuzione della decisione deve garantire che né la normativa nazionale né quella internazionale pertinente ostino all’esecuzione. La normativa non si applica ai familiari dei cittadini dell’UE. La direttiva 2003/110/CE del Consiglio stabilisce le disposizioni circa il transito di residenti irregolari di paesi terzi espulsi per via aerea attraverso un altro paese dell’UE. La direttiva 2008/115/CE stabilisce norme e procedure comuni per il rimpatrio di cittadini di paesi extra UE il cui soggiorno è irregolare. Il regolamento (UE) n. 604/2013 (regolamento Dublino III) stabilisce i criteri e le procedure volti a determinare quale paese dell’UE è competente per l’esame di una domanda di asilo. A settembre 2005, il Consiglio d’Europa ha pubblicato venti orientamenti sui rimpatri forzati. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è in vigore dal 2 giugno 2001. I paesi dell’UE dovevano integrarla nel proprio diritto nazionale entro il 2 dicembre 2002. CONTESTO Il Regno Unito (1) e l’Irlanda, pur non trovandosi nell’area Schengen di circolazione senza passaporto, applicano la normativa e partecipano alle relative disposizioni, così come l’Islanda e la Norvegia, mentre la Danimarca non vi aderisce. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2001/40/CE del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa al riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento dei cittadini di paesi terzi (GU L 149 del 2.6.2001, pagg. 34-36) DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 2003/110/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa all’assistenza durante il transito nell’ambito di provvedimenti di espulsione per via aerea (GU L 321 del 6.12.2003, pagg. 26-31) Decisione 2004/191/CE del Consiglio, del 23 febbraio 2004, che definisce i criteri e le modalità pratiche per la compensazione degli squilibri finanziari risultanti dall’applicazione della direttiva 2001/40/CE del Consiglio relativa al riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento dei cittadini di paesi terzi (GU L 60 del 27.2.2004, pagg. 55-57) Direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU L 348 del 24.12.2008, pagg. 98-107) Regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU L 180 del 29.6.2013, pagg. 31-59)
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REGOLAMENTO (CE) N. 458/2007 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 25 aprile 2007 sul sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (ESSPROS) (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 285, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) L’articolo 2 del trattato si riferisce alla promozione di un livello elevato di protezione sociale come uno dei compiti della Comunità. (2) Il Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 ha dato l’avvio ad un processo di scambio politico fra gli Stati membri dell'UE sull'ammodernamento dei sistemi di protezione sociale. (3) La decisione 2004/689/CE del Consiglio (3) ha istituito un comitato della protezione sociale al fine di consentire lo scambio cooperativo tra la Commissione e gli Stati membri in merito all’ammodernamento e al miglioramento dei sistemi di protezione sociale. (4) La comunicazione della Commissione del 27 maggio 2003 intitolata: «Potenziare la dimensione sociale della strategia di Lisbona: razionalizzare il coordinamento aperto nel settore della protezione sociale», ha delineato una strategia di razionalizzazione dei processi di coordinamento aperto nel settore della politica sociale al fine di potenziare il ruolo della protezione e dell’inclusione sociale all’interno della strategia di Lisbona. Il 20 ottobre 2003 il Consiglio ha deciso che la razionalizzazione sarebbe entrata in vigore a partire dal 2006. In tale contesto, la relazione annuale congiunta è divenuta lo strumento informativo principale, con l’obiettivo di riunire i principali risultati analitici e i messaggi politici riguardanti il metodo aperto di coordinamento (OMC) nelle sue varie applicazioni e tematiche multisettoriali nell’ambito della protezione. (5) L'OMC ha sottolineato nuovamente la necessità di statistiche comparabili, puntuali e attendibili nel settore della politica sociale. Statistiche comparabili sulla protezione sociale sono impiegate in particolare nella relazione annuale congiunta. (6) La Commissione (Eurostat) sta già ricevendo dagli Stati membri su base volontaria dati annuali sulla protezione sociale. Questa prassi è consolidata negli Stati membri e si basa su principi metodologici comuni, elaborati al fine di garantire la comparabilità dei dati. (7) La produzione di statistiche comunitarie specifiche è disciplinata dalle disposizioni del regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie (4). (8) Le misure necessarie per l'esecuzione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (5). (9) In particolare, la Commissione ha il potere di stabilire il primo anno per il quale si dovrebbe procedere ad una raccolta completa dei dati relativi alle prestazioni nette di protezione sociale. La Commissione ha anche il potere di adottare misure riguardanti la classificazione dettagliata dei dati, le definizioni da impiegare e l'aggiornamento delle norme di diffusione. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento e a integrare il presente regolamento con l'aggiunta di nuovi elementi non essenziali, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE. (10) Poiché l'obiettivo del presente regolamento, ossia l'introduzione di norme statistiche comuni che consentano l'elaborazione di dati armonizzati, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito all'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (11) È in atto una cooperazione con l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico nel settore delle prestazioni nette di protezione sociale. (12) Il comitato del programma statistico istituito dalla decisione 89/382/CEE, Euratom (6) è stato consultato, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto L’obiettivo del presente regolamento è istituire un sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale, (di seguito «ESSPROS»), fissando: a) un quadro metodologico basato su norme, definizioni, classificazioni e regole contabili comuni da utilizzare per compilare statistiche su una base comparabile ad uso della Comunità; e b) scadenze per la trasmissione delle statistiche compilate secondo ESSPROS. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento, si intende per: a) «statistiche comunitarie»: quanto indicato dall’articolo 2 del regolamento (CE) n. 322/97; b) «protezione sociale»: l'insieme delle prestazioni erogate da istituzioni pubbliche o private al fine di consentire alle famiglie e ai singoli individui di far fronte a determinati eventi e bisogni, a condizione che tali prestazioni non abbiano una contropartita e non siano riconducibili a disposizioni individuali. L’elenco degli eventi e dei bisogni all'origine delle prestazioni di protezione sociale è stabilito convenzionalmente nel modo seguente: malattia e/o assistenza sanitaria; invalidità; vecchiaia; superstiti; famiglia/figli; disoccupazione; alloggio; esclusione sociale non classificata altrove; c) «regime di protezione sociale»: un insieme distinto di norme, sostenuto da una o più unità istituzionali, che disciplina la fornitura di prestazioni di protezione sociale ed il relativo finanziamento; d) «prestazioni di protezione sociale»: trasferimenti — in denaro o in natura — effettuati dai regimi di protezione sociale a favore delle famiglie e dei singoli individui al fine di permettere loro di far fronte a determinati eventi o di soddisfare particolari bisogni; e) «benefici fiscali»: il valore delle prestazioni di protezione sociale al netto delle tasse e dei contributi sociali versati dai beneficiari, al quale si aggiungono i «benefici fiscali»; f) «prestazioni nette di protezione sociale»: la protezione sociale fornita sotto forma di agevolazioni fiscali che, se versate in contanti, sarebbero definite prestazioni di protezione sociale. Sono escluse le agevolazioni fiscali che promuovono la fornitura di protezione sociale o i piani di previdenza privati. Articolo 3 Campo d’applicazione del sistema 1. Le statistiche inerenti al sistema centrale dell'ESSPROS riguardano i flussi finanziari delle spese e delle entrate nell’ambito della protezione sociale. Tali dati sono trasmessi a livello dei regimi di protezione sociale; per ogni regime sono indicate dettagliatamente le spese e le entrate, rispettando la classificazione ESSPROS. Per i dati quantitativi per regimi e prestazioni dettagliate, i dati da trasmettere, con riferimento alla classificazione aggregata, e le modalità per la fornitura e la diffusione dei dati sono oggetto dell'allegato I, punto 1. Per l'informazione qualitativa per regimi e prestazioni dettagliate, i temi cui si riferiscono e le modalità per la fornitura dei dati, l’aggiornamento dell'informazione qualitativa e la diffusione sono oggetto dell'allegato I, punto 2. Il primo anno per il quale sono raccolti i dati è il 2008. 2. Oltre al sistema centrale ESSPROS sono aggiunti moduli riguardanti altre informazioni statistiche sui beneficiari delle pensioni e sulle prestazioni nette di protezione sociale. Articolo 4 Modulo sui beneficiari delle pensioni 1. A partire dal primo anno di raccolta dei dati in applicazione del presente regolamento, al sistema centrale è aggiunto un modulo sui beneficiari delle pensioni. I temi sui quali raccogliere informazioni e le modalità per la fornitura e la diffusione dei dati sono oggetto dell’allegato II. 2. Il primo anno per il quale sono raccolti i dati è il 2008. Articolo 5 Moduli sulle prestazioni nette di protezione sociale 1. Entro la fine del 2008 tutti gli Stati membri effettuano un'indagine pilota di dati per il 2005 in vista dell'introduzione di un modulo sulle prestazioni nette di protezione sociale. I temi sui quali raccogliere informazioni e le modalità per la fornitura dei dati sono oggetto dell’allegato III. 2. Le misure relative all'avvio della raccolta completa dei dati nell'ambito del suddetto modulo sono adottate sulla base di una sintesi di tale indagine pilota di dati nazionali, a condizione che l'esito di un'ampia maggioranza di tali studi pilota sia positivo, secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 8, paragrafo 3. L'avvio di tale raccolta completa dei dati non inizia prima del 2010. Articolo 6 Fonti dei dati Le statistiche di protezione sociale sono fondate sulle seguenti fonti di dati, a seconda della disponibilità negli Stati membri e nel rispetto delle leggi e delle prassi nazionali: a) registri ed altre fonti amministrative; b) indagini; c) stime. Articolo 7 Modalità di esecuzione 1. Le modalità di esecuzione del presente regolamento tengono conto dei risultati di un'analisi costi-benefici e riguardano il sistema centrale ESSPROS di cui all'allegato I, il modulo sui beneficiari delle pensioni di cui all'allegato II e il modulo sulle prestazioni nette di protezione sociale di cui all'articolo 5. 2. Le misure che riguardano i formati per la trasmissione dei dati, i risultati da comunicare e i criteri di misurazione della qualità sono adottate secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 8, paragrafo 2. 3. Le misure che riguardano la decisione sul primo anno relativamente al quale devono essere raccolti i dati completi e le misure che riguardano la classificazione dettagliata dei dati, le definizioni da impiegare e l'aggiornamento delle norme di diffusione, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 8, paragrafo 3. Tali misure sono intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento, anche integrando il regolamento stesso. Articolo 8 Procedura 1. La Commissione è assistita dal comitato del programma statistico istituito dalla decisione 89/382/CEE, Euratom. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa. Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6 della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l'articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa. Articolo 9 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, addì 25 aprile 2007. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente G. GLOSER (1) GU C 309 del 16.12.2006, pag. 78. (2) Parere del Parlamento europeo del 30 novembre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 22 marzo 2007. (3) GU L 314 del 13.10.2004, pag. 8. (4) GU L 52 del 22.2.1997, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (5) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Decisione modificata dalla decisione 2006/512/CE (GU L 200 del 22.7.2006, pag. 11). (6) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47. ALLEGATO I SISTEMA CENTRALE ESSPROS 1. Dati quantitativi per regime e prestazioni dettagliate Dati trasmessi In riferimento alla classificazione aggregata i dati trasmessi riguarderanno: Spese 1.1.1.1. Prestazioni di protezione sociale classificate per: a) funzione (corrispondente ad eventi o necessità), e b) all’interno di ogni funzione: soggette a particolari condizioni di reddito e non soggette a tali condizioni, prestazioni in denaro (suddivise in prestazioni periodiche e prestazioni ad importo forfetario) e prestazioni in natura. 1.1.1.2. Spese di amministrazione 1.1.1.3. Trasferimenti verso altri regimi 1.1.1.4. Altre spese Entrate 1.1.2.1. Contributi sociali 1.1.2.2. Contributi a carico delle amministrazioni pubbliche 1.1.2.3. Trasferimenti da altri regimi 1.1.2.4. Altre entrate I dati raccolti (in riferimento alla classificazione dettagliata) saranno forniti secondo la procedura di cui all’articolo 8, paragrafo 3. 1.2. Fornitura dei dati Le statistiche saranno fornite annualmente. I dati si riferiranno all’anno di calendario nel rispetto delle prassi nazionali. I dati per l'anno di calendario N, unitamente ad eventuali revisioni degli anni precedenti, vanno trasmessi entro il 30 giugno dell'anno N + 2. 1.3. Diffusione La Commissione (Eurostat) pubblicherà i dati sulle spese di protezione sociale a livello totale dei regimi entro il 31 ottobre dell’anno N + 2, basandosi sui dati dell'anno civile N. Nello stesso tempo la Commissione (Eurostat) diffonderà anche dati dettagliati per regime a determinati utenti (istituti nazionali che compilano i dati ESSPROS, servizi della Commissione ed istituzioni internazionali). Tali utenti saranno autorizzati a pubblicare solo informazioni riguardanti gruppi di regimi. 2. Informazione qualitativa per regimi e prestazioni dettagliate 2.1. Temi Per ogni regime l’informazione qualitativa comprende una descrizione generale del regime stesso, una descrizione dettagliata delle prestazioni ed informazioni su modifiche e riforme recenti. 2.2. Fornitura dei dati e aggiornamento dell’informazione qualitativa L’aggiornamento annuale di una serie completa di informazioni qualitative già fornite si limiterà alle eventuali modifiche del sistema di protezione sociale e sarà trasmesso unitamente ai dati quantitativi. 2.3. Diffusione La Commissione (Eurostat) diffonderà le informazioni qualitative a livello di regime entro il 31 ottobre dell'anno N + 2. ALLEGATO II MODULO SUI BENEFICIARI DELLE PENSIONI 1. Categorie di prestazioni Il modulo contiene dati sui beneficiari delle pensioni, definiti come soggetti riceventi una o più fra le seguenti prestazioni periodiche in denaro provenienti da un regime di protezione sociale: a) pensione di invalidità; b) assegno di pensione anticipata dovuta ad una riduzione della capacità lavorativa; c) pensione di vecchiaia; d) pensione di vecchiaia anticipata; e) pensione parziale; f) pensione di reversibilità; g) assegno di pensione anticipata per motivi inerenti al mercato del lavoro. 2. Fornitura dei dati Le statistiche saranno fornite annualmente. I dati saranno di stock e riferiti alla fine dell’anno di calendario. Il termine di trasmissione dei dati per l’anno N è la fine di maggio dell’anno N + 2; vanno osservate le seguenti suddivisioni: a) per regime di protezione sociale; b) per genere per il totale dei regimi. 3. Diffusione La Commissione (Eurostat) pubblicherà i dati per tutti i regimi entro il 31 ottobre dell’anno N + 2, basandosi sui dati dell'anno N. Nello stesso tempo la Commissione (Eurostat) diffonde anche dati dettagliati per regime a determinati utenti (istituti nazionali che compilano i dati ESSPROS, servizi della Commissione ed istituzioni internazionali). Tali utenti saranno autorizzati a pubblicare solo informazioni riguardanti gruppi di regimi. La Commissione (Eurostat) pubblicherà e diffonderà a determinati utenti (istituti nazionali che compilano i dati ESSPROS, servizi della Commissione ed istituzioni internazionali) i dati relativi al totale di ciascuna delle sette categorie entro il 31 ottobre dell'anno N + 2 basandosi sui dati dell'anno civile N. ALLEGATO III INDAGINE PILOTA DI DATI SULLE PRESTAZIONI NETTE DI PROTEZIONE SOCIALE 1. Temi Tale indagine riguarda il calcolo delle «prestazioni nette di protezione sociale». 2. Fornitura dei dati Deve essere indicata la parte di imposta sul reddito e di contributi sociali prelevata dalle prestazioni di protezione sociale per l'anno 2005, a seconda dei vari tipi di prestazioni in denaro, preferibilmente anche a seconda dei vari gruppi di regimi tassati in modo omogeneo. In casi difficili i risultati possono essere indicati per gruppi di prestazioni, ovvero può essere indicato il totale delle sette categorie di pensioni di cui all’allegato II o il totale delle prestazioni in denaro di una determinata funzione. I benefici fiscali saranno indicati separatamente per ogni voce secondo il metodo delle perdite di gettito.
Sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (ESSPROS) QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento stabilisce il sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (ESSPROS). Il sistema disciplina norme giuridiche volte a migliorare l’utilità delle attuali raccolte di dati in termini di tempestività, copertura e comparabilità. PUNTI CHIAVE Il regolamento istituisce un sistema europeo di statistiche integrate sulla protezione sociale, denominato ESSPROS. Esso disciplinaun insieme di regole, basate su norme, definizioni, nomenclature e regole contabili comuni, da utilizzare per la compilazione di statistiche su una base comparabile ad uso dell’UE; i termini per la trasmissione delle statistiche compilate. Le statistiche relative al sistema principale ESSPROS riguardano i flussi finanziari relativi alle spese e alle entrate nell’ambito della protezione sociale (dati quantitativi e qualitativi). Esse interessano i diversi regimi di protezione sociale. Oltre al sistema centrale, sono stati aggiunti moduli che comprendono informazioni statistiche supplementari in merito ad aspetti particolari della protezione sociale. Scopo del sistema ESSPROS si occupa delle statistiche relative ai flussi finanziari delle spese e delle entrate nell’ambito della sicurezza sociale. I dati vengono raccolti a partire dall’anno 2008, che costituisce il periodo di riferimento. Modulo sui beneficiari delle pensioni Si prevedeva di aggiungere un modulo sui beneficiari delle pensioni al sistema centrale a partire dal 2008, come periodo di riferimento. Moduli aggiuntivi Al fine di introdurre un modulo sulle prestazioni sociali nette*, le raccolte di dati pilota per l’anno 2005 dovevano essere eseguite in tutti i Paesi dell’UE entro la fine del 2008. Sulla base di una sintesi di detti dati pilota nazionali, è stata presa la decisione di introdurre questo modulo e di avviare la raccolta completa dei dati, a partire dal 2010. Fonti dati Le statistiche devono essere basate su registri e altre fonti amministrative, indagini e stime, in base alla loro disponibilità nei Paesi dell’UE e in conformità con le leggi e le pratiche nazionali. Disposizioni per l’attuazione La Commissione europea ha adottato regolamenti specifici per attuare il regolamento ESPROSS. Questi riguardano:formati per la trasmissione, risultati da trasmettere e criteri per la misurazione della qualità per il sistema centrale ESSPROS, e il modulo sui beneficiari delle pensioni (regolamento (CE) n. 1322/2007) e per il modulo sulle prestazioni nette di protezione sociale (Regolamento (UE) N. 110/2011); le definizioni, le classificazioni dettagliate e l’aggiornamento delle regole di disseminazione per il sistema centrale ESSPROS e il modulo sui beneficiari delle pensioni (Regolamento (CE) N. 10/2008); avvio della raccolta completa dei dati per il modulo ESSPROS sulle prestazioni nette di protezione sociale (Regolamento (UE) N. 263/2011). DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 20 maggio 2007. CONTESTO GENERALE Per ulteriori informazioni, consultare:Sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (Eurostat). PUNTI CHIAVE Prestazioni sociali nette: trasferimenti, in denaro o in natura, da regimi di protezione sociale a famiglie e individui al fine di permettere loro di far fronte a uno o più rischi o esigenze quali:malattia e/o assistenza sanitaria,disabilità,vecchiaia,disoccupazione,problemi abitativi eesclusione sociale.Le prestazioni nette di protezione sociale tengono conto del loro valore al netto di eventuali imposte e contributi sociali versati dal beneficiario. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 458/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 aprile 2007, relativo al sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (ESSPROS) (GU L 113 del 30.4.2007, pag. 3). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 263/2011 della Commissione, del 17 marzo 2011, che attua il Regolamento (CE) n. 458/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (SESPROS) per quanto riguarda l’avvio della raccolta completa dei dati per il modulo ESSPROS sulle prestazioni nette di protezione sociale (GU L 71 del 18.3.2011, pag. 4). Regolamento (UE) n. 110/2011 della Commissione, dell’ 8 febbraio 2011, che attua il Regolamento (CE) n. 458/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (SESPROS) per quanto riguarda i formati appropriati per la trasmissione di dati, i risultati da trasmettere e i criteri per determinare la qualità del modulo ESSPROS sulle prestazioni nette di protezione sociale (GU L 34 del 9.2.2011, pag. 29). Regolamento (CE) n. 10/2008 della Commissione, dell’ 8 gennaio 2008, che attua il Regolamento (CE) n. 458/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (SESPROS) per quanto riguarda le definizioni, le classificazioni dettagliate e l’aggiornamento delle regole per la diffusione del sistema centrale ESSPROS e del modulo sui beneficiari delle pensioni (GU L 5 del 9.1.2008, pag. 3). Regolamento (CE) n. 1322/2007 della Commissione, del 12 novembre 2007, che attua il Regolamento (CE) n. 458/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (SESPROS) per quanto riguarda i formati appropriati per la trasmissione, i risultati da trasmettere e i criteri per la misurazione della qualità per il sistema centrale ESSPROS e il modulo sui beneficiari delle pensioni (GU L 294 del 13.11.2007, pag. 5).
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DECISIONE DEL CONSIGLIO dell'11 luglio 2006 a norma dell'articolo 122, paragrafo 2, del trattato CE per l’adozione da parte della Slovenia della moneta unica il 1o gennaio 2007 (2006/495/CE) IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 122, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione, vista la relazione della Commissione (1), vista la relazione della Banca centrale europea (2), visto il parere del Parlamento europeo (3), viste le deliberazioni del Consiglio, riunito nella composizione dei capi di Stato o di governo, considerando quanto segue: (1) La terza fase dell'Unione economica e monetaria (UEM) è iniziata il 1o gennaio 1999. Il Consiglio, riunito a Bruxelles il 3 maggio 1998 nella composizione dei capi di Stato o di governo, ha deciso che il Belgio, la Germania, la Spagna, la Francia, l'Irlanda, l'Italia, il Lussemburgo, i Paesi Bassi, il Portogallo, l'Austria e la Finlandia soddisfacevano le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica il 1o gennaio 1999 (4). (2) Il 19 giugno 2000 il Consiglio ha deciso che la Grecia soddisfaceva le condizioni necessarie per adottare la moneta unica il 1o gennaio 2001 (6). (3) A norma del paragrafo 1 del protocollo su talune disposizioni relative al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord del trattato, il Regno Unito ha notificato al Consiglio che non intende passare alla terza fase dell'UEM il 1o gennaio 1999. Tale notifica non è stata revocata. A norma del paragrafo 1 del protocollo su talune disposizioni relative alla Danimarca del trattato e della decisione adottata a Edimburgo dai capi di Stato e di governo nel dicembre 1992, la Danimarca ha notificato al Consiglio che non intende partecipare alla terza fase dell'UEM. La Danimarca non ha chiesto la messa in atto della procedura di cui all'articolo 122, paragrafo 2, del trattato. (4) A norma della decisione 98/317/CE la Svezia beneficia di una deroga ai sensi dell'articolo 122 del trattato. Conformemente all’articolo 4 dell'atto di adesione del 2003 (7), la Repubblica ceca, l'Estonia, Cipro, la Lettonia, la Lituania, l'Ungheria, Malta, la Polonia, la Slovenia e la Slovacchia sono Stati membri con deroga ai sensi dell'articolo 122 del trattato. (5) La Banca centrale europea (BCE) è stata istituita il 1o luglio 1998. Il sistema monetario europeo è stato sostituito da un meccanismo di cambio, la cui istituzione è stata decisa con risoluzione del Consiglio europeo del 16 giugno 1997 sull'istituzione di un meccanismo di cambio nella terza fase dell'unione economica e monetaria (8). Le procedure operative del meccanismo di cambio per la terza fase dell'Unione economica e monetaria (ERM2) sono state stabilite nell'accordo del 1o settembre 1998 tra la BCE e le banche centrali nazionali degli Stati membri non appartenenti all'area dell'euro che stabilisce le procedure operative di un meccanismo di cambio per la terza fase dell'unione economica e monetaria (9). (6) La procedura per l'abolizione della deroga degli Stati membri che ne sono soggetti è stabilita nell'articolo 122, paragrafo 2, del trattato, ai sensi del quale, almeno una volta ogni due anni o a richiesta di uno Stato membro con deroga, la Commissione e la BCE riferiscono al Consiglio conformemente alla procedura di cui all'articolo 121, paragrafo 1, del trattato. Il 2 marzo 2006 la Slovenia ha chiesto ufficialmente la valutazione sulla convergenza. (7) La legislazione nazionale degli Stati membri, inclusi gli statuti delle banche centrali nazionali, deve essere adattata, per quanto necessario, per garantire la compatibilità con gli articoli 108 e 109 del trattato e lo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, in prosieguo «Statuto del SEBC». Le relazioni della Commissione e della BCE forniscono una valutazione dettagliata della compatibilità della legislazione della Slovenia con gli articoli 108 e 109 del trattato e lo statuto del SEBC. (8) A norma dell'articolo 1 del protocollo sui criteri di convergenza di cui all'articolo 121 del trattato, il criterio relativo alla stabilità dei prezzi di cui all'articolo 121, paragrafo 1, primo trattino del trattato significa che uno Stato membro presenta un andamento dei prezzi sostenibile e un tasso medio d'inflazione che, osservato per un periodo di un anno anteriormente all'esame, non supera di oltre 1,5 punti percentuali quello dei tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi. Ai fini del criterio della stabilità dei prezzi l'inflazione si misura mediante indici dei prezzi al consumo armonizzati (IPCA) definiti nel regolamento (CE) n. 2494/95 del Consiglio (10). Per valutare la stabilità dei prezzi, l'inflazione di uno Stato membro è stata misurata in base alla variazione percentuale della media aritmetica degli indici di dodici mesi rispetto alla media aritmetica degli indici dei dodici mesi precedenti. Nel periodo di dodici mesi fino al marzo 2006, i tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi sono stati la Svezia, la Finlandia e la Polonia, con tassi di inflazione, rispettivamente, dello 0,9 %, dell’1 % e dell’1,5 %. Nelle relazioni della Commissione e della BCE è stato considerato un valore di riferimento calcolato come media aritmetica semplice dei tassi di inflazione dei tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi, maggiorato di 1,5 punti percentuali. Su tale base, il valore di riferimento nel periodo di dodici conclusosi nel marzo 2006 è pari al 2,6 %. (9) A norma dell'articolo 2 del protocollo sui criteri di convergenza, il criterio relativo alla situazione di bilancio pubblico di cui all'articolo 121, paragrafo 1, secondo trattino del trattato significa che al momento della valutazione da parte del Consiglio lo Stato membro non è oggetto di una decisione del Consiglio a norma dell'articolo 104, paragrafo 6, del trattato circa l'esistenza di un disavanzo eccessivo. (10) A norma dell'articolo 3 del protocollo sui criteri di convergenza, il criterio relativo alla partecipazione al meccanismo di cambio del sistema monetario europeo di cui all'articolo 121, paragrafo 1, terzo trattino del trattato, significa che lo Stato membro ha rispettato i normali margini di fluttuazione stabiliti dal meccanismo di cambio del sistema monetario europeo senza gravi tensioni per almeno due anni prima dell'esame. In particolare, e per lo stesso periodo, lo Stato membro non deve aver svalutato di propria iniziativa il tasso di cambio centrale bilaterale della sua moneta nei confronti della moneta di qualsiasi altro Stato membro. Dal 1o gennaio 1999 il nuovo meccanismo di cambio (ERM2) fornisce il quadro di riferimento per la valutazione del rispetto del criterio relativo al tasso di cambio. Nel valutare il rispetto di questo criterio nelle loro relazioni la Commissione e la BCE hanno preso in esame il periodo di due anni avente termine nell’aprile 2006. (11) A norma dell'articolo 4 del protocollo sui criteri di convergenza, il criterio relativo alla convergenza dei tassi d'interesse di cui all'articolo 121, paragrafo 1, quarto trattino del trattato, significa che il tasso medio d'interesse nominale a lungo termine di uno Stato membro, osservato nell'arco di un anno prima dell'esame, non ha ecceduto di oltre 2 punti percentuali quello dei tre Stati membri, al massimo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi. Ai fini del criterio della convergenza dei tassi d'interesse sono stati utilizzati tassi d'interesse comparabili delle obbligazioni di riferimento a 10 anni emesse dallo Stato. Per valutare il rispetto del criterio della convergenza dei tassi d'interesse, nelle relazioni della Commissione e della BCE è stato considerato un valore di riferimento calcolato come la media aritmetica semplice dei tassi d'interesse nominali dei tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi, maggiorata di due punti percentuali. Su tale base, il valore di riferimento nel periodo di dodici mesi fino al marzo 2006 è pari al 5,9 %. (12) A norma dell'articolo 5 del protocollo sui criteri di convergenza, i dati statistici da usare per l'attuale valutazione del rispetto dei criteri di convergenza sono forniti dalla Commissione. La Commissione ha fornito dati per l'elaborazione della presente decisione. I dati di bilancio sono stati forniti dalla Commissione in base alle cifre comunicate dagli Stati membri entro il 1o aprile 2006, ai sensi del regolamento (CE) n. 3605/93 del Consiglio, del 22 novembre 1993, relativo all'applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi allegato al trattato che istituisce la Comunità europea (11). (13) Sulla base delle relazioni presentate dalla Commissione e dalla BCE sui progressi compiuti dalla Slovenia nell'adempimento dei suoi obblighi relativi alla realizzazione dell'Unione economica e monetaria, la Commissione può concludere che: la legislazione nazionale slovena, incluso lo statuto della banca centrale nazionale, è compatibile con gli articoli 108 e 109 del trattato e con lo statuto del SEBC; per quanto riguarda il rispetto da parte della Slovenia dei criteri di convergenza indicati nell'articolo 121, paragrafo 1, primo, secondo, terzo e quarto trattino del trattato: — il tasso medio di inflazione in Slovenia nei dodici mesi fino al marzo 2006 è stato del 2,3 %, ossia inferiore al valore di riferimento, ed è probabile che questa tendenza proseguirà nei mesi a venire, — la Slovenia non è oggetto di una decisione del Consiglio sull'esistenza di un disavanzo pubblico eccessivo, — la Slovenia fa parte del nuovo meccanismo di cambio (ERM2) dal 28 giugno 2004; nel periodo di due anni avente termine nell’aprile 2006 il tolar sloveno (SIT) non ha conosciuto gravi tensioni e la Slovenia non ha svalutato di propria iniziativa il tasso centrale bilaterale del SIT nei confronti dell'euro, — nei dodici mesi fino al marzo 2006 il tasso medio di interesse a lungo termine in Slovenia è stato del 3,8 %, vale a dire inferiore al valore di riferimento. La Slovenia ha realizzato un alto grado di convergenza sostenibile in relazione a tutti i criteri. Di conseguenza la Slovenia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica. (14) A norma dell'articolo 122, paragrafo 2, del trattato il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, deve decidere quali Stati membri con deroga soddisfino le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica e abolisce le deroghe degli Stati membri in questione, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 La Slovenia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica. La deroga nei confronti della Slovenia, di cui all’articolo 4 dell’atto di adesione del 2003, è abrogata con decorrenza 1o gennaio 2007. Articolo 2 Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione. Articolo 3 La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 11 luglio 2006. Per il Consiglio Il presidente E. HEINÄLUOMA (1) Relazione adottata il 16 maggio 2006. (2) Relazione adottata il 15 maggio 2006. (3) Parere reso il 15 giugno 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (4) Decisione 98/317/CE del Consiglio, del 3 maggio 1998 a norma dell'articolo 121, paragrafo 4 () del trattato (GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 30). (5) NOTA: il titolo della decisione 98/317/CE è stato adattato per tener conto della rinumerazione degli articoli del trattato che istituisce la Comunità europea, conformemente all'articolo 12 del trattato di Amsterdam; il riferimento originale era all'articolo 109j, paragrafo 4 del trattato. (6) Decisione 2000/427/CE del Consiglio, del 19 giugno 2000 a norma dell'articolo 122, paragrafo 2 del trattato per l'adozione da parte della Grecia della moneta unica il 1o gennaio 2001 (GU L 167 del 7.7.2000, pag. 19). (7) GU L 236 del 23.9.2003, pag. 33. (8) GU C 236 del 2.8.1997, pag. 5. (9) GU C 345 del 13.11.1998, pag. 6. Accordo modificato dall’accordo del 14 settembre 2000 (GU C 362 del 16.12.2000, pag. 11). (10) Regolamento (CE) n. 2494/95 del Consiglio, del 23 ottobre 1995, relativo agli indici dei prezzi al consumo armonizzati (GU L 257 del 27.10.1995, pag. 1). Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (11) GU L 332 del 31.12.1993, pag. 7. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2103/2005 (GU L 337 del 22.12.2005, pag. 1).
Adesione della Slovenia all'euro (2007) Il Consiglio dell'Unione europea (UE) constata che la Slovenia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro a decorrere dal 1° gennaio 2007. La Slovenia è il primo fra i dieci Stati diventati membri dell'Unione europea (UE), il 1° maggio 2004, ad introdurre la moneta unica. ATTO Decisione del Consiglio, dell'11 luglio 2006, a norma dell'articolo 122, paragrafo 2, del trattato CE per l'adozione da parte della Slovenia della moneta unica il 1° gennaio 2007 [Gazzetta ufficiale L 195 del 15.07.2006]. SINTESI Con la presente decisione il Consiglio dà il via libera all'introduzione dell'euro in Slovenia il 1° gennaio 2007. Il Consiglio constata che il paese soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro, cioè i criteri di convergenza. Soddisfare i criteri di convergenza Il 2 marzo 2006 la Slovenia chiede ufficialmente che si proceda ad una valutazione di convergenza. La Commissione europea conclude che: la legislazione nazionale della Slovenia, compreso lo statuto della sua Banca centrale nazionale, è compatibile con gli articoli 108 e 109 del trattato che istituisce la Comunità europea e con lo statuto del Sistema europeo delle banche centrali (SEBC); il tasso medio d'inflazione della Slovenia durante l'anno terminatosi nel marzo 2006 è stato pari al 2,3 %, cioè un livello inferiore al valore di riferimento, e dovrebbe mantenersi al di sotto di questo livello nel corso dei mesi futuri; la Slovenia non è oggetto di una decisione del Consiglio sull'esistenza di un disavanzo eccessivo; il paese partecipa dal 28 giugno 2004 al meccanismo di cambio europeo (ERM II) ed il tolar sloveno non è stato soggetto ad alcuna tensione grave; il tasso d'interesse a lungo termine si è attestato in media al 3,8 %, ovvero ad un livello inferiore al valore di riferimento. La Commissione europea constata che la Slovenia ha realizzato un grado elevato di convergenza duratura sotto il profilo dei criteri di convergenza. Il paese soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica. Adottare la moneta unica Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, constata con la presente decisione che la Slovenia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione dell'euro. La deroga nei confronti di questo paese di cui all'articolo 4 (EN) [PDF] dell'atto di adesione del 2003 è abrogata a partire dal 1° gennaio 2007. Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione. Riferimenti Atto Data di entrata in vigore - Data di scadenza Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2006/495/CE 15.07.2006 - GU C 195 del 15.07.2006 See also Per informazioni complementari, consultare i seguenti siti Internet: le facce nazionali delle monete in euro slovene (sito Internet della Banca centrale europea); Introduzione riuscita dell'euro in Slovenia (esdeenfr) Opinioni pubbliche: l'introduzione dell'euro in Slovenia e nei nuovi Stati membri (EN); Commissione europea, Direzione generale per gli affari economici e monetari: l'euro (EN).
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98/700/GAI: Azione comune del 3 dicembre 1998 adottata dal Consiglio in base all'articolo K.3 del Trattato sull'Unione europea, relativa alla creazione di un sistema europeo di archiviazione delle immagini (FADO) Gazzetta ufficiale n. L 333 del 09/12/1998 pag. 0004 - 0007 AZIONE COMUNE del 3 dicembre 1998 adottata dal Consiglio in base all'articolo K.3 del Trattato sull'Unione europea, relativa alla creazione di un sistema europeo di archiviazione delle immagini (FADO) (98/700/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo K.3, paragrafo 2, lettera b),considerando che l'articolo K.1, punto 3), del trattato stabilisce che la politica d'immigrazione e la politica da seguire nei confronti dei cittadini dei paesi terzi costituiscono una questione di interesse comune;considerando che la lotta contro i documenti falsi è un settore che rientra nella politica d'immigrazione e nella cooperazione di polizia; che il moltiplicarsi del numero dei documenti autentici e falsi richiede un frequente aggiornamento; che il fatto che le tecniche utilizzate per la produzione di documenti autentici e le loro relative contraffazioni diventano sempre più sofisticate rende necessario uno strumento di qualità;considerando che, poiché il bollettino delle frodi europeo ed il manuale dei documenti autentici non rispondono adeguatamente ai due imperativi di rapidità e di riproduzione fedele, il ricorso ad un sistema informatizzato di archiviazione delle immagini rappresenta, assieme ad una formazione adeguata del personale interessato, un elemento essenziale di una strategia globale atta a soddisfare le esigenze degli Stati membri;considerando che vari Stati membri dispongono già di sistemi informatizzati di archiviazione delle immagini in fase di realizzazione;considerando che, per assicurare un elevato livello di controllo da parte degli Stati membri, sarebbe utile istituire un sistema informatizzato di archiviazione delle immagini che dia accesso al personale preposto al controllo dei documenti negli Stati membri; che il sistema dovrebbe consentire agli utenti di disporre di informazioni sui nuovi metodi di falsificazione individuati, nonché sui nuovi documenti autentici in circolazione;considerando che, al fine di salvaguardare la compatibilità e l'omogeneità delle informazioni del sistema, è necessario stabilire procedure di elaborazione dei contributi degli Stati membri destinati ad essere inseriti nel sistema e procedure di controllo e verifica dei contributi stessi;considerando che la presente azione comune lascia impregiudicata la competenza degli Stati membri relativa al riconoscimento di passaporti, di documenti di viaggio, di visti o altri documenti di identità,HA ADOTTATO LA PRESENTE AZIONE COMUNE:Articolo 1 1. È istituito un sistema europeo di archiviazione delle immagini concepito affinché gli Stati membri possano procedere a scambi informatizzati rapidissimi di informazioni a loro disposizione su documenti autentici e documenti falsi accertati, secondo le modalità stabilite nell'allegato della presente azione comune.2. Detto sistema non sostituisce né annulla il consueto scambio di informazioni su supporto cartaceo fino a quando tutti gli Stati membri non saranno in grado di servirsene.Articolo 2 La base dati del sistema deve contenere, tra l'altro, le seguenti informazioni:a) immagini di documenti contraffatti e falsi;b) immagini di documenti autentici;c) informazioni sintetiche sulle tecniche di falsificazione;d) informazioni sintetiche sulle tecniche di sicurezza.Articolo 3 La creazione del sistema europeo non impedisce a ciascuno Stato membro di istituire ed utilizzare il proprio sistema nazionale in grado di soddisfare le esigenze dei posti di frontiera nazionali e dei servizi interni di controllo dei documenti.Articolo 4 Il Consiglio adotta quanto prima i requisiti tecnici relativi alla compatibilità con i sistemi esistenti, all'inserimento delle informazioni nel sistema nonché alle procedure di controllo e di verifica delle informazioni stesse.Articolo 5 La presente azione comune è pubblicata nella Gazzetta ufficiale ed entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione.Gli Stati membri applicano l'articolo 1 entro dodici mesi dall'adozione delle misure di cui all'articolo 4.Fatto a Bruxelles, addì 3 dicembre 1998.Per il ConsiglioIl presidenteK. SCHLÖGLALLEGATO SISTEMA EUROPEO DI ARCHIVIAZIONE DELLE IMMAGINI Presso il Segretariato generale del Consiglio è istituito un sistema informatizzato che contiene documenti autentici, falsi e falsificati.Il nome del sistema europeo è FADO (Documenti falsi e autentici).1. Descrizione del sistema - Il sistema deve essere consultato da una sola unità centrale di ciascuno Stato membro.- Il sistema si basa sulla tecnologia Internet. È importantissimo garantire che l'informazione possa essere trasmessa rapidamente alle unità centrali nazionali. Non appena l'informazione perviene al Segretariato generale del Consiglio viene introdotta in tempi brevissimi nel sistema FADO. Spetta a ciascuno Stato membro integrare questi dati nel proprio sistema nazionale o nella sua copia del sistema FADO.- Il sistema è plurilingue.- Il sistema deve essere conviviale.- Il sistema si basa su una codificazione molto rigorosa. È essenziale garantire la sicurezza delle informazioni contenute nel sistema informatizzato. Il sistema utilizza linee speciali per la trasmissione dei dati tra il Segretariato generale del Consiglio e i servizi centrali degli Stati membri.- Negli Stati membri il sistema è consultato da un'unità centrale attraverso un internet crittografato. Uno Stato membro può usare lo stesso sistema a livello nazionale (ossia, collegare diverse stazioni di lavoro situate ai suoi diversi posti di frontiera o presso altre autorità competenti). Non vi saranno collegamenti diretti tra una stazione di lavoro diversa dall'unità centrale nazionale ed il punto centrale installato presso il Segretariato generale. Vi sarà un metodo per duplicare e aggiornare, nel sistema situato negli Stati membri, il sistema FADO (nastri magnetici, dischi amovibili, CD-ROM, ecc.).- Ciascuno Stato membro ha la facoltà di sviluppare il proprio sistema crittografato per la trasmissione interna di dati.- Il sistema FADO collega in rete la base centrale presso il Segretariato generale con le centrali ubicate in ciascuno Stato membro. Esso consente il rapido scambio di informazioni.- Dato che i documenti sono inviati per via elettronica per essere inseriti nei sistemi nazionali esistenti, le immagini devono essere di formato standard (JPEG, TIFF, BMP . . .). La loro qualità deve essere la migliore possibile, ma deve altresì essere assicurato un giusto equilibrio fra la qualità dell'immagine, le dimensioni e la compressione.- Sono disponibili ingrandimenti, ma soltanto delle parti importanti dell'immagine, sempreché se ne ravvisi la necessità.- Il sistema deve consentire di confrontare sullo schermo il documento autentico con quello falso o falsificato.- Il sistema fornisce delucidazioni sulle diverse tecniche di falsificazione e sulle tecniche di sicurezza.- I rinvii incrociati risultano necessari agli utenti per reperire le informazioni in tempi molto brevi.- Priorità viene conferita anzitutto ai documenti degli Stati membri e ai documenti dei paesi terzi da cui si registra un'emigrazione abituale verso gli Stati membri. Le informazioni contenute nel sistema sono successivamente completate e aggiornate in modo da includervi tutti gli altri documenti e da risultare il più completo possibile.- Si deve introdurre un sistema «flash» che comporti l'invio a tutti gli Stati membri, per posta elettronica, di un avviso riguardante un dato documento falso.- Il sistema ha fin dall'inizio più di un archivio. Occorre prevedere fin dall'inizio la possibilità di un livello di consultazione supplementare per gli esperti contenente informazioni più particolareggiate sulle falsificazioni.- Il sistema contiene una zona speciale per l'inserimento di documenti che non sono riconosciuti da uno o più Stati membri.2. Costi del sistema I costi relativi all'istituzione e al funzionamento del sistema FADO riguardano l'acquisto di attrezzature tecniche e i costi relativi al personale. Dato che il sistema FADO è destinato unicamente all'archiviazione e alla trasmissione elettroniche di documenti, che di regola avviene su supporto cartaceo, tali spese rientrano pertanto nelle spese amministrative del Consiglio, ai sensi dell'articolo K.8, paragrafo 2, primo comma, del trattato sull'Unione europea.
Lotta ai falsi documentali: sistema di archiviazione delle immagini FADO QUAL È LO SCOPO DI QUEST’AZIONE COMUNE? Istituisce un sistema di archiviazione delle immagini dell’Unione Europea (UE) basato su Internet, noto come FADO (documenti falsi e autentici online), che consente la rapida condivisione fra paesi dell’UE di immagini di documenti autentici, falsi e falsificati, al fine di contribuire alla lotta contro le frodi documentali e d’identità. L’azione comune 98/700/GAI è abrogata e sarà sostituita tra qualche anno dal regolamento (UE) 2020/493 (si veda la sintesi), anche se le informazioni esistenti sono state trasferite al nuovo sistema FADO che sarà istituito dall’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera. PUNTI CHIAVE Il sistema è multilingue, progettato per essere di facile utilizzo e basato su una codificazione molto rigorosa, al fine di garantire la standardizzazione e la sicurezza delle informazioni. Un servizio centrale in ciascun paese partecipante è collegato con il segretariato generale del Consiglio dell’UE, ma ogni paese dell’UE e di Schengen è libero di copiare il sistema o di sviluppare il proprio sistema per la distribuzione sicura dei dati interni. Il sistema garantisce che le informazioni possano essere trasmesse rapidamente ai servizi centrali nazionali. La creazione del sistema comunitario non impedisce ai paesi dell’UE di sviluppare i propri sistemi nazionali per soddisfare i rispettivi requisiti di sicurezza ai confini e verifica dei documenti. Il sistema è progettato in particolare per consentire:la visualizzazione di immagini ingrandite dei documenti, ove necessario;il confronto sullo schermo fra documenti autentici e falsificati;l’accesso alle informazioni sulle tecniche di falsificazione e di sicurezza;rinvii incrociati affinché gli utenti possano reperire le relative informazioni in tempi brevi;comunicazioni su documenti falsi particolari. Priorità viene conferita ai documenti dei paesi dell’UE e ai documenti dei paesi extra UE da cui si registra un’emigrazione abituale. Il 1o dicembre 2014, il Regno Unito (1) ha comunicato alla Commissione europea che nel campo della cooperazione di polizia desiderava continuare a partecipare all’azione comune. Ciò è stato confermato dalla decisione della Commissione 2014/858/UE.Abrogazione L’azione comune 98/700/GAI è abrogata dal regolamento (UE) 2020/493. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA L’AZIONE COMUNE? Essa è in vigore dal 10 dicembre 1998. CONTESTO Il numero crescente di documenti di viaggio, d’identità e altri documenti giustificativi autentici e falsi, come passaporti, permessi di soggiorno e visti, e le sempre più sofisticate tecniche di falsificazione, fanno sì che tra gli strumenti necessari per combattere le frodi documentali e d’identità debba esserci una condivisione rapida ed efficiente delle informazioni. Per maggiori informazioni consultare:Sicurezza dei documenti (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Azione comune 98/700/GAI, del 3 dicembre 1998, adottata dal Consiglio in base all’articolo K.3 del trattato sull’Unione europea, relativo alla creazione di un sistema europeo di archiviazione delle immagini (FADO) (GU L 333 del 9.12.1998, pag. 4). DOCUMENTI CORRELATI Decisione 2014/858/UE della Commissione, del 1o dicembre 2014, concernente la comunicazione, da parte del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, della volontà di partecipare ad atti dell’Unione nel settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale adottati prima dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona e che non fanno parte dell’acquis di Schengen (GU L 345 del 1.12.2014, pag. 6). Decisione 2000/261/GAI del Consiglio, del 27 marzo 2000, relativa al miglioramento dello scambio di informazioni per combattere i documenti di viaggio contraffatti (GU L 81 del 1.4.2000, pag. 1).
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Accordo di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese Gazzetta ufficiale n. L 250 del 19/09/1985 pag. 0002 - 0007 edizione speciale finlandese: capitolo 11 tomo 11 pag. 0227 edizione speciale svedese/ capitolo 11 tomo 11 pag. 0227 edizione speciale spagnola: capitolo 11 tomo 22 pag. 0159 edizione speciale portoghese: capitolo 11 tomo 22 pag. 0159 *****ACCORDO di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE, PRENDENDO ATTO con soddisfazione dello sviluppo dei rapporti amichevoli tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese, RITENENDO che l'attuazione dell'accordo commerciale tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese, firmato il 3 aprile 1978, abbia dato risultati soddisfacenti, ANIMATI dalla volontà comune di instaurare una nuova fase nei loro rapporti commerciali ed economici, DESIDEROSI, sulla base dell'uguaglianza e dei vantaggi reciproci, di intensificare e di diversificare i loro scambi commerciali e di sviluppare attivamente una cooperazione economica e tecnica conforme ai rispettivi interessi, HANNO DECISO DI CONCLUDERE IL PRESENTE ACCORDO CONTENENTE LE SEGUENTI DISPOSIZIONI: Articolo 1 Le due parti contraenti cercheranno, nel contesto delle rispettive leggi e regolamentazioni in vigore, conformemente ai principi di eguaglianza e di reciproco vantaggio: - di promuovere e di intensificare i loro scambi commerciali, - di favorire una continua espansione della cooperazione economica. CAPITOLO I Cooperazione commerciale Articolo 2 Le due parti contraenti ribadiscono la loro volontà: a) di prendere tutte le misure opportune per creare condizioni favorevoli ai loro scambi commerciali; b) di adoperarsi con la massima sollecitudine per migliorare la struttura degli scambi commerciali per pervenire ad una più vasta diversificazione degli stessi; c) di esaminare, ciascuna per proprio conto e con uno spirito positivo, le proposte formulate dall'altra parte contraente, in particolare in sede di commissione mista, allo scopo di agevolare i loro scambi commerciali. Articolo 3 1. Le due parti contraenti si concedono nei loro rapporti commerciali il trattamento della nazione più favorita per quanto concerne: a) i dazi doganali e le imposizioni di qualsiasi natura applicati all'importazione, all'esportazione, alla riesportazione o al transito dei prodotti, ivi comprese le modalità di riscossione di tali dazi e imposizioni; b) le normative, le procedure e le formalità in materia di sdoganamento, transito, deposito in magazzino e trasbordo dei prodotti importati o esportati; c) le tasse e altre imposizioni interne che colpiscono direttamente o indirettamente i prodotti e servizi importati od esportati; d) le formalità amministrative per il rilascio delle licenze d'importazione o di esportazione. 2. Il paragrafo 1 non si applica quando si tratta: a) di vantaggi concessi da una delle parti contraenti agli stati che fanno parte con la stessa di un'unione doganale o di una zona di libero scambio; b) di vantaggi accordati da una delle parti contraenti ai paesi limitrofi per facilitare il commercio di frontiera; c) di misure che possano essere attuate da una o dall'altra parte contraente per far fronte agli obblighi inerenti agli accordi internazionali sui prodotti di base. Articolo 4 Le due parti contraenti faranno ogni sforzo per agevolare l'espansione armoniosa dei reciproci scambi commerciali e per contribuire secondo i rispettivi mezzi ad equilibrarli. Qualora si manifestasse uno squilibrio evidente, il problema deve formare oggetto di un esame in sede di commissione mista per raccomandare le misure necessarie al miglioramento della situazione. Articolo 5 1. La Repubblica popolare cinese prenderà favorevolmente in considerazione le importazioni provenienti dalla Comunità economica europea. A tal fine, le competenti autorità cinesi provvederanno affinché gli esportatori della Comunità abbiano la possibilità di partecipare pienamente alle occasioni di commercio con la Cina. 2. La Comunità economica europea tenderà verso una sempre maggiore liberalizzazione delle importazioni in provenienza dalla Repubblica popolare cinese. A tal fine essa si adopererà per prendere progressivamente misure volte ad estendere l'elenco dei prodotti la cui importazione in provenienza dalla Cina è liberalizzata e ad aumentare il volume dei contingenti. Le modalità di applicazione verranno esaminate nel quadro della commissione mista. Articolo 6 1. Le due parti contraenti sono tenute a scambiare informazioni sui problemi che potrebbero manifestarsi nei loro scambi commerciali e ad avviare, con l'intento di promuovere gli scambi commerciali, consultazioni amichevoli volte alla ricerca di una soluzione di detti problemi reciprocamente soddisfacente. Ciascuna delle due parti contraenti si asterrà dall'attuare misure prima delle consultazioni. 2. Se tuttavia, eccezionalmente, la situazione non consente alcun indugio, ogni parte contraente può prendere misure, ma prima deve cercare, per quanto possibile, di procedere ad una consultazione amichevole. 3. Nell'adottare le misure menzionate al paragrafo 2, ogni parte contraente cercherà di non compromettere gli obiettivi generali del presente accordo. Articolo 7 Le due parti contraenti si impegnano a promuovere le visite di persone, gruppi e delegazioni degli ambienti economici, commerciali e industriali, a facilitare gli scambi e i contatti industriali e tecnici a carattere commerciale, a favorire l'organizzazione reciproca delle fiere e delle esposizioni, nonché la prestazione dei servizi ad esse inerenti. Esse devono concedersi per quanto possibile le agevolazioni concernenti le attività summenzionate. Articolo 8 Lo scambio di merci e la prestazione di servizi tra le due parti contraenti si svolgeranno secondo i prezzi e le tariffe conformi ai mercati. Articolo 9 Le parti contraenti convengono che i pagamenti delle transazioni si effettuino, conformemente alle rispettive leggi e regolamentazioni in vigore, nelle monete degli stati membri della Comunità, in renminbi oppure in qualsiasi moneta convertibile accettata dalle due parti interessate alle transazioni. CAPITOLO II Cooperazione economica Articolo 10 Nell'ambito delle rispettive competenze e in particolare con l'intento di favorire lo sviluppo dell'industria e dell'agricoltura nella Comunità economica europea e nella Repubblica popolare cinese, diversificare i rapporti economici, incoraggiare il progresso scientifico e tecnico, aprire nuove fonti di approvvigionamento e nuovi mercati, contribuire allo sviluppo delle loro economie e al miglioramento del loro tenore di vita, le parti contraenti convengono di sviluppare la cooperazione economica in tutti i settori definiti di comune accordo, in particolare: - industria e miniere, - agricoltura e settore agro-industriale, - scienze e tecnologia, - energia, - trasporti e comunicazioni, - protezione dell'ambiente, - cooperazione nei paesi terzi. Articolo 11 In funzione dei rispettivi bisogni e compatibilmente con i propri mezzi d'azione le parti contraenti favoriranno la cooperazione industriale e tecnica nei suoi vari aspetti, a vantaggio dei relativi organismi o imprese. Per realizzare gli obiettivi del presente accordo, le due parti contraenti si adopereranno per agevolare e promuovere, tra l'altro: - la coproduzione e le imprese comuni; - lo sfruttamento in comune; - il trasferimento di tecnologia; - la cooperazione tra istituzioni finanziarie; - le visite, i contatti e le attività di promozione per la cooperazione tra persone, delegazioni e organismi economici; - l'organizazione di seminari e simposi; - i servizi di consultazione; - l'assistenza tecnica, compresa quella destinata alla formazione del personale; - lo scambio continuo di informazioni e opinioni inerenti alla cooperazione commerciale ed economica. Articolo 12 1. Per realizzare gli obiettivi del presente accordo, nel contesto delle rispettive leggi, regolamentazioni e politiche, le due parti contraenti convengono di promuovere e incrementare gli investimenti di reciproco interesse. 2. Le parti cercheranno inoltre di migliorare l'attuale clima favorevole agli investimenti, soprattutto incoraggiando l'estensione, da parte degli stati membri della Comunità economica europea e della Repubblica popolare cinese, degli accordi in materia di promozione e protezione degli investimenti in base a principi di equità e reciprocità. Articolo 13 Dato il diverso livello di sviluppo delle due parti contraenti, la Comunità economica europea è disposta, nell'ambito della sua azione di aiuto allo sviluppo a continuare gli interventi a favore dello sviluppo cinese, compatibilmente con le proprie disponibilità e normative. Essa si conferma disposta ad aumentare e diversificare questi interventi. Articolo 14 Salve restando le disposizioni applicabili in materia dei trattati che istituiscono le Comunità europee, il presente accordo, come qualsiasi azione intrapresa nell'ambito dello stesso, lasciano inalterata la capacità degli stati membri delle Comunità di intraprendere azioni bilaterali con la Repubblica popolare cinese nel settore della cooperazione economica e di concludere eventuali nuovi accordi di cooperazione economica con la Repubblica popolare cinese. CAPITOLO III Commissione mista Articolo 15 1. Nell'ambito del presente accordo di cooperazione commerciale ed economica le due parti contraenti istituiscono una commissione mista composta da rappresentanti della Comunità economica europea e da rappresentanti della Repubblica popolare cinese. 2. La commissione mista è incaricata: - di sorvegliare e di esaminare il funzionamento del presente accordo e di passare in rassegna le varie azioni di cooperazione realizzate; - di esaminare tutte le questioni che potrebbero sorgere nel corso dell'applicazione del presente accordo; - di esaminare i problemi che possono costituire un ostacolo allo sviluppo della cooperazione commerciale ed economica tra le due parti contraenti; - di studiare i mezzi e le nuove possibilità di sviluppo della cooperazione commerciale ed economica; - di formulare raccomandazioni che possano contribuire alla realizzazione degli obiettivi del presente accordo nei settori di comune interesse. 3. La commissione mista si riunisce una volta all'anno, alternativamente a Bruxelles e a Beijing. Possono essere convocate di comune accordo riunioni straordinarie, su richiesta di una delle due parti contraenti. La presidenza della commissione mista viene esercitata a turno da una delle due parti contraenti. Qualora le due parti lo ritengano necessario, la commissione mista può istituire gruppi di lavoro incaricati di assisterla nei suoi compiti. CAPITOLO IV Disposizioni finali Articolo 16 Per quanto riguarda la Comunità economica europea, il presente accordo si applica ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità economica europea, alle condizioni in esso indicate. Articolo 17 Il presente accordo sostituisce l'accordo commerciale tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese del 3 aprile 1978, entrato in vigore il 1o giugno dello stesso anno. Articolo 18 Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla data alla quale le due parti contraenti si notificano l'avvenuto espletamento delle procedure giuridiche necessarie a tal fine. Esso è concluso per un periodo di cinque anni. L'accordo viene tacitamente rinnovato da un anno all'altro se nessuna delle due parti contraenti ne notifica per iscritto la denuncia all'altra parte, sei mesi prima della sua scadenza. Possono tuttavia essere apportate modifiche di comune accordo tra le due parti contraenti, per tener conto di nuove situazioni.
Rapporti dell’UE con la Cina QUAL È LO SCOPO DEI DOCUMENTI? Pongono le basi per il partenariato strategico UE-Cina, che si è sviluppato dalla cooperazione commerciale ed economica fino a comprendere gli affari esteri e questioni relative alla sicurezza, oltre ad affrontare sfide internazionali quali i cambiamenti climatici e la governance economica mondiale. PUNTI CHIAVE L’agenda strategica UE-Cina fino al 2020 è il documento guida per i rapporti fra le due parti. È suddivisa in quattro categorie principali: Pace e sicurezza: l’Unione europea (UE) e la Cina sostengono la cooperazione rafforzata e hanno consolidato i dialoghi sulle questioni di sicurezza internazionale e regionale con implicazioni mondiali. Prosperità : l’UE e la Cina si concentrano su iniziative chiave, quali: scambi e investimenti più aperti; scambi di informazioni industriali; cooperazione nella ricerca agricola; ulteriore cooperazione nello sviluppo dei trasporti e delle infrastrutture. Sviluppo sostenibile: l’UE e la Cina si concentrano sulla loro responsabilità congiunta rispetto ai progressi nello sviluppo mondiale attraverso la cooperazione nei settori di: scienza, tecnologia e innovazione; energia; urbanizzazione sostenibile; cambiamenti climatici e tutela dell’ambiente; conoscenze in ambito marino; politiche regionali e pubbliche. Scambi interpersonali: insieme, l’UE e la Cina rappresentano oltre un quarto della popolazione mondiale, perciò espandere i contatti fra le persone da entrambe le parti è importante per migliorare una comprensione comune. Di conseguenza, vi è particolare attenzione ai dialoghi sulla cultura, l’istruzione e i giovani. L’UE e la Cina sono impegnate in oltre 60 dialoghi regolari in importanti settori di politica estera, nonché su tematiche tecniche quali la politica industriale, l’istruzione, le dogane, l’energia nucleare e la tutela dei consumatori. Nuovo approccio La strategia e la politica per l’impegno dell’UE con la Cina nei prossimi cinque anni si basano su: una comunicazione congiunta del 2016 dell’alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza e della Commissione europea dal titolo «Elementi per una nuova strategia dell’UE per la Cina» Conclusioni del Consiglio su una strategia dell’UE per la Cina adottate a luglio 2016. Insieme, tali strumenti mirano a: far sentire una voce forte, chiara e unica dell’UE nel suo approccio con la Cina, che promuova la democrazia, lo stato di diritto, i diritti dell’uomo, il rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale; la promozione degli scambi e degli investimenti attraverso la conclusione di un accordo globale sugli investimenti. Ciò dovrebbe creare condizioni di parità e aprire opportunità di mercato sia per l’UE che per la Cina, conducendo auspicabilmente, quando le condizioni saranno favorevoli, ad ambizioni commerciali più ampie, quali un accordo di libero scambio come prospettiva a lungo termine. L’UE prevede inoltre di concludere un accordo sulle indicazioni geografiche basato sul più elevato livello internazionale di protezione; di accrescere la cooperazione di principio, concreta e pragmatica fra le politiche estere e di sicurezza cinese e dell’UE. Entrambe le parti lavoreranno insieme a più stretto contatto, sia a livello bilaterale sia nelle organizzazioni multilaterali come l’ONU, per affrontare questioni globali come la migrazione, l’assistenza allo sviluppo e la lotta ai cambiamenti climatici. CONTESTO Le relazioni diplomatiche fra l’UE (allora CEE) e la Cina sono state avviate nel 1975. Da allora, il partenariato si è evoluto per affrontare un’ampia gamma di sfide globali che vanno dalla non proliferazione delle armi di distruzione di massa alla situazione della sicurezza in Asia, dal riscaldamento globale alla lotta contro la migrazione illegale e la tratta di esseri umani. Come partner strategici, la cooperazione fra UE e Cina su questioni internazionali e regionali cruciali sta aumentando e le due parti condividono la responsabilità di promuovere la pace, la prosperità e lo sviluppo sostenibile a vantaggio di tutti. L’UE è il maggiore partner commerciale della Cina, mentre la Cina è il secondo maggiore partner commerciale dell’Unione. Le relazioni di scambio e investimento fra le due rappresentano un’importante fonte di benessere, posti di lavoro, sviluppo e innovazione per entrambe. Per ulteriori informazioni, consultare: «Cina e UE» sul sito Internet del servizio europeo per l’azione esterna. DOCUMENTI PRINCIPALI Regolamento (CEE) n. 2616/85 del Consiglio, del 16 settembre 1985, relativo alla conclusione dell’accordo di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese (GU L 250 del 19.9.1985, pag. 1) Accordo di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica popolare cinese (GU L 250 del 19.9.1985, pag. 2-7) Agenda strategica per la cooperazione UE-Cina fino al 2020 Comunicazione congiunta al Parlamento europeo e al Consiglio — Elementi per una nuova strategia dell’UE sulla Cina [JOIN(2016) 30 final del 22.6.2016] Strategia dell’UE sulla Cina — Conclusioni del Consiglio (Bruxelles, 18.7.2016)
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REGOLAMENTO (UE) N. 1003/2010 DELLA COMMISSIONE dell'8 novembre 2010 relativo ai requisiti di omologazione dell'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori dei veicoli a motore e dei loro rimorchi e che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell'omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (Testo rilevante ai fini del SEE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, visto il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, sui requisiti dell'omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (1), in particolare l'articolo 14, paragrafo 1, lettera a), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 661/2009 è un regolamento distinto ai fini della procedura di omologazione di cui alla direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli («direttiva quadro») (2). (2) Il regolamento (CE) n. 661/2009 abroga la direttiva 70/222/CEE del Consiglio, del 20 marzo 1970, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'alloggiamento ed al montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (3). I requisiti stabiliti in tale direttiva vanno riportati nel presente regolamento e, se necessario, modificati per adeguarli all'evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche. (3) Il regolamento (CE) n. 661/2009 stabilisce le disposizioni fondamentali relative all'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori. Occorre quindi stabilire anche le procedure, le prove e i requisiti specifici necessari per l'omologazione. (4) Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato tecnico per i veicoli a motore, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni: (1) «tipo di veicolo per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori»: i veicoli che non differiscono sostanzialmente fra loro per quanto riguarda, in particolare, i punti seguenti: le dimensioni dell'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori; la posizione dell'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori; la forma della superficie destinata all'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori; (2) «superficie piana»: una superficie di materiale solido, che può consistere anche di una rete o griglia, con un raggio di curvatura di almeno 5 000 mm; (3) «superficie di rete strutturata»: una superficie che consiste in una ripartizione uniforme di buchi (ad esempio di forma rotonda, ovale, a diamante, rettangolare o quadrata) ad intervalli non superiori a 15 mm; (4) «superficie grigliata»: una superficie di barre parallele ripartite uniformemente ad una distanza massima di 15 mm; (5) «superficie nominale»: la superficie teorica geometricamente perfetta che non tiene conto di irregolarità superficiali quali sporgenze o cavità; (6) «piano longitudinale mediano del veicolo»: il piano di simmetria del veicolo oppure, se il veicolo non è simmetrico, il piano verticale longitudinale che passa attraverso il centro degli assi del veicolo; (7) «inclinazione»: il grado di deviazione angolare in relazione al piano verticale. Articolo 2 Disposizioni relative all'omologazione CE di un veicolo a motore o di un rimorchio per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori 1. Il costruttore, o il suo rappresentante, presenta all'autorità di omologazione la domanda di omologazione CE di un veicolo per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori sui veicoli a motore e i loro rimorchi. 2. La domanda è redatta secondo il modello della scheda informativa figurante nell'allegato I, parte 1. 3. Se le prescrizioni pertinenti di cui all'allegato II del presente regolamento sono soddisfatte, l'autorità di omologazione rilascia l'omologazione CE e attribuisce un numero di omologazione in base sistema di numerazione di cui all'allegato VII della direttiva 2007/46/CE. Uno Stato membro non può assegnare lo stesso numero a un altro tipo di veicolo. 4. Ai fini del paragrafo 3, l'autorità di omologazione rilascia un certificato di omologazione CE conforme al modello di cui all'allegato I, parte 2. Articolo 3 Validità ed estensione delle omologazioni rilasciate a norma della direttiva 70/222/CEE Le autorità nazionali autorizzano la vendita e la messa in circolazione dei veicoli omologati anteriormente alla data di cui all'articolo 13, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 661/2009 e continuano a concedere l'estensione dell'omologazione di tali veicoli a norma della direttiva 70/222/CEE. Articolo 4 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, l'8 novembre 2010. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1. (2) GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1. (3) GU L 76 del 6.4.1970, pag. 25. ALLEGATO I Documenti amministrativi per l'omologazione CE dei veicoli a motore e dei loro rimorchi per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori PARTE 1 Scheda informativa MODELLO Scheda informativa n. … relativa all'omologazione CE di un veicolo a motore o di un rimorchio per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori. Le seguenti informazioni vanno fornite in triplice copia e comprendono un indice. I disegni devono essere forniti in scala adeguata ed essere sufficientemente dettagliati, in formato A4 o in un pieghevole di tale formato. Eventuali fotografie devono contenere sufficienti dettagli. Se i dispositivi, i componenti o le unità tecniche separate di cui alla presente scheda informativa sono controllati elettronicamente, vanno fornite informazioni sul loro funzionamento. 0. GENERALITÀ 0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): … 0.2. Tipo: … 0.2.1. Eventuali denominazioni commerciali: … 0.3. Mezzi d'identificazione del tipo, se indicati sul veicolo (1): … 0.3.1. Posizione della marcatura: … 0.4. Categoria del veicolo (2): … 0.5. Nome e indirizzo del costruttore: … 0.8. Nome e indirizzo dello o degli stabilimenti di montaggio: … 0.9. Nome e indirizzo dell'eventuale rappresentante del costruttore: … 1. CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE GENERALI DEL VEICOLO 1.1. Fotografie e/o disegni di un veicolo rappresentativo: … 2. MASSE E DIMENSIONI (3) (4) 2.4. Campo di dimensioni (fuori tutto) del veicolo 2.4.2. Per i telai carrozzati 2.4.2.3. Altezza (in ordine di marcia) (5) (per sospensioni regolabili in altezza, indicare la posizione normale di marcia): … 2.6. Massa in ordine di marcia Massa del veicolo carrozzato e, in caso di veicolo trattore di categoria diversa dalla categoria M1, con il dispositivo di aggancio, se fornito dal costruttore, in ordine di marcia, oppure massa del telaio o del telaio cabinato, senza carrozzeria e/o dispositivo di aggancio, se il costruttore non li fornisce, (compresi liquidi, attrezzi, ruota di scorta, se fornita, e conducente e, per gli autobus di linea e gran turismo, un accompagnatore, se il veicolo è munito dell'apposito sedile) (6) (massima e minima per ogni variante) … 9 CARROZZERIA 9.14. Alloggiamento per il montaggio della targa d'immatricolazione posteriore (indicare il campo delle dimensioni, servirsi eventualmente di disegni): … 9.14.1. Altezza dal suolo del bordo superiore: … 9.14.2. Altezza dal suolo del bordo inferiore: … 9.14.3. Distanza tra la linea centrale e il piano mediano longitudinale del veicolo: … 9.14.4. Distanza dal bordo sinistro del veicolo: … 9.14.5. Dimensioni (lunghezza x larghezza): … 9.14.6. Inclinazione del piano rispetto alla verticale: … 9.14.7. Angolo di visibilità sul piano orizzontale: … Note esplicative PARTE 2 Certificato di omologazione CE MODELLO Formato: A4 (210 × 297 mm) CERTIFICATO DI OMOLOGAZIONE CE Oggetto: — omologazione CE (7) — estensione dell'omologazione CE (7) — rifiuto dell'omologazione CE (7) — revoca dell'omologazione CE (7) di un tipo di veicolo a motore o di un rimorchio per quanto riguarda l'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori visto il regolamento (UE) n. 1003/2010 [«il presente regolamento»], modificato da ultimo dal regolamento (UE) n. …/… (7) Numero di omologazione CE: … Motivo dell'estensione: … SEZIONE I 0.1. Marca (denominazione commerciale del costruttore): … 0.2. Tipo: … 0.2.1. Eventuali denominazioni commerciali: … 0.3. Mezzi di identificazione del tipo, se marcati sul veicolo (8): … 0.3.1. Posizione della marcatura: … 0.4. Categoria del veicolo (9): … 0.5. Nome e indirizzo del costruttore: … 0.8. Nome e indirizzo dello o degli stabilimenti di montaggio: … 0.9. Nome e indirizzo dell'eventuale rappresentante del costruttore: … SEZIONE II 1. Informazioni supplementari: cfr. Addendum. 2. Servizio tecnico incaricato dell'esecuzione delle prove: … 3. Data del verbale di prova: … 4. Numero del verbale di prova: … 5. Eventuali osservazioni: cfr. Addendum. 6. Luogo: … 7. Data: … 8. Firma: … Allegati : Fascicolo di omologazione. Verbale di prova (1) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri non attinenti alla descrizione dei tipi di veicoli, componenti o unità tecnica separata oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono sostituiti nella documentazione dal simbolo «?» (p. es. ABC??123??). (2) Classificato secondo le definizioni figuranti nell'allegato II, parte A, della direttiva 2007/46/CE (3) Se esiste una versione con cabina normale e una versione con cabina a cuccetta, indicare le dimensioni e le masse per entrambe le versioni. (4) Norma ISO 612: 1978 — Veicoli stradali — Dimensioni degli autoveicoli e dei veicoli rimorchiati — Termini e definizioni. (5) (g8) Termine n. 6.3. (6) La massa del conducente, ed eventualmente quella dell'accompagnatore, è valutata a 75 kg (di cui 68 kg per la massa dell'occupante e 7 kg per quella del bagaglio, in base alla norma ISO 2416-1992), il serbatoio del carburante è riempito al 90% e gli altri sistemi contenenti liquidi (esclusi quelli per le acque usate) al 100% della capacità indicata dal costruttore. (7) Cancellare la dicitura non pertinente. (8) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri non attinenti alla descrizione dei tipi di veicoli, componenti o unità tecnica separata oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono sostituiti nella documentazione dal simbolo «?» (p. es. ABC??123??). (9) Secondo le definizioni di cui all'allegato II, sezione A, della direttiva 2007/46/CE. Addendum al certificato di omologazione CE n. … 1. Informazioni supplementari: 1.1. Breve descrizione del tipo di veicolo con riferimento a struttura, dimensioni, linee e materiali: … 1.2. Descrizione dell'alloggiamento della targa d'immatricolazione posteriore … 2. L'alloggiamento per il montaggio della targa d'immatricolazione posteriore è adatto a una targa dalle dimensioni massime: 520 × 120/340 × 240 (1) 3. Posizione dell'alloggiamento della targa d'immatricolazione posteriore: a sinistra dal centro/centro (1) 4. L'alloggiamento della targa d'immatricolazione posteriore non è visibile se viene agganciato un dispositivo di attacco meccanico: sì/no (1) 5. Osservazioni: … (1) Cancellare la dicitura non pertinente. ALLEGATO II Prescrizioni relative all'alloggiamento per il montaggio delle targhe d'immatricolazione posteriori 1. PRESCRIZIONI 1.1. Forma e dimensioni dell'alloggiamento per il montaggio della targa d'immatricolazione posteriore 1.1.1. L'alloggiamento per il montaggio della targa presenta una superficie rettangolare piana, o approssimativamente piana, con le seguenti dimensioni minime: a seconda dei casi larghezza : 520 mm altezza : 120 mm o larghezza : 340 mm altezza : 240 mm 1.1.2. La superficie coperta dalla targa d'immatricolazione può presentare buchi o aperture. 1.1.2.1. Nel caso di veicoli di categoria M1 la larghezza del buco o dell'apertura non deve superare i 40 mm, senza tenere conto della lunghezza. 1.1.3. La superficie coperta dalla targa d'immatricolazione può presentare sporgenze, a condizione che esse non sporgano oltre 5,0 mm rispetto alla superficie nominale. Le parti di materiali molto morbidi, come schiuma o feltro destinati ad eliminare le vibrazioni della targa d'immatricolazione, non vanno prese in considerazione. 1.2. Alloggiamento e montaggio della targa d'immatricolazione posteriore. 1.2.1. L'alloggiamento per il montaggio deve essere tale che la targa d'immatricolazione, dopo il montaggio secondo le istruzioni del fabbricante, presenti le seguenti caratteristiche: 1.2.1.1. Posizione della targa rispetto al piano mediano longitudinale del veicolo: 1.2.1.1.1. Il punto centrale della targa non deve essere situato a destra del piano mediano longitudinale del veicolo. 1.2.1.2. Posizione della targa rispetto al piano verticale longitudinale del veicolo: 1.2.1.2.1. La targa deve essere perpendicolare al piano longitudinale del veicolo. 1.2.1.2.2. Il bordo sinistro della targa non deve essere situato a sinistra del piano verticale che è parallelo al piano mediano longitudinale del veicolo e tocca il bordo esterno del veicolo. 1.2.1.3. Posizione della targa rispetto al piano verticale trasversale: 1.2.1.3.1. La targa può essere inclinata verticalmente: 1.2.1.3.1.1. tra un minimo di – 5° e massimo di 30°, a condizione che l'altezza del bordo superiore della targa non si trovi ad una distanza dal suolo superiore a 1,20 m; 1.2.1.3.1.2. tra un minimo di – 15° e un massimo di 5°, a condizione che l'altezza del bordo superiore della targa non si trovi ad una distanza dal suolo superiore a 1,20 m. 1.2.1.4. Altezza della targa rispetto al suolo: 1.2.1.4.1. L'altezza del bordo inferiore della targa dal suolo non deve essere inferiore a 0,3 m. 1.2.1.4.2. L'altezza del bordo superiore della targa dal suolo non deve essere superiore a 1,20 m. Tuttavia, se non è possibile rispettare la prescrizione dell'altezza a causa della costruzione del veicolo, l'altezza massima può superare 1,20 m, a condizione che si avvicini il più possibile a tale limite, compatibilmente con le caratteristiche costruttive del veicolo. In nessun caso può essere superiore a 2 m. 1.2.1.5. Visibilità geometrica: 1.2.1.5.1. Se l'altezza dal suolo del bordo superiore della targa non supera 1,20 m, la targa deve essere visibile in tutto lo spazio incluso entro i seguenti quattro piani: — due piani verticali che passano per i due bordi laterali della targa formando verso l'esterno un angolo di 30° col piano mediano longitudinale del veicolo, — un piano che passa per il bordo superiore della targa formando col piano orizzontale un angolo di 15° verso l'alto, — un piano orizzontale che passa per il bordo inferiore della targa. 1.2.1.5.2. Se l'altezza dal suolo del bordo superiore della targa supera 1,20 m, la targa deve essere visibile in tutto lo spazio incluso entro i seguenti quattro piani: — due piani verticali che passano per i due bordi laterali della targa formando verso l'esterno un angolo di 30° col piano mediano longitudinale del veicolo, — un piano che passa per il bordo superiore della targa formando col piano orizzontale un angolo di 15° verso l'alto, — un piano che passa per il bordo inferiore della targa formando col piano orizzontale un angolo di 15° verso il basso. 1.2.1.6. Lo spazio tra i bordi della targa d'immatricolazione montata e la superficie effettiva dell'alloggiamento della targa non deve essere superiore a 5,0 mm su tutto il bordo esterno della targa d'immatricolazione. 1.2.1.6.1. Lo spazio massimo prescritto può essere superato localmente se la differenza è misurata in prossimità di un buco o dell'apertura all'interno della superficie di rete o tra le barre parallele della superficie grigliata. 1.2.2. La posizione e la forma effettive della targa d'immatricolazione montata secondo il paragrafo 1.2, in particolare il risultante raggio di curvatura, devono essere prese in considerazione ai fini delle prescrizioni concernenti i dispositivi di illuminazione della targa d'immatricolazione posteriore. 1.2.3. Se lo spazio per il montaggio della targa d'immatricolazione posteriore non è visibile entro i piani di visibilità geometrica a causa dell'installazione di un dispositivo di aggancio meccanico, tale fatto è annotato nel verbale di prova e indicato nel certificato di omologazione CE. 2. PROCEDURA DI PROVA 2.1. Determinazione dell'inclinazione verticale e dell'altezza della targa d'immatricolazione dal suolo 2.1.1. Prima di effettuare le misurazioni il veicolo è posto su una superficie liscia e la massa del veicolo deve corrispondere alla massa dichiarata del fabbricante in ordine di marcia, ma senza il conducente. 2.1.2. Se il veicolo è dotato di sospensione idropneumatica, idraulica o pneumatica o di un dispositivo per il livellamento automatico a seconda del carico, deve essere sottoposto a prova con la sospensione o il dispositivo nelle normali condizioni di funzionamento specificate dal costruttore. 2.1.3. Se la targa d'immatricolazione è rivolta verso il basso, il risultato della misurazione dell'inclinazione è espresso con cifre negative. 2.2. Le misurazioni delle sporgenze vanno effettuate perpendicolarmente e direttamente verso la superficie nominale coperta dalla targa d'immatricolazione. 2.3. La misurazione dello spazio tra il bordo della targa montata e la superficie effettiva è effettuata perpendicolarmente e direttamente verso la superficie effettiva coperta dalla targa d'immatricolazione. 2.4. La targa d'immatricolazione utilizzata per il controllo della conformità deve essere delle dimensioni specificate al punto 1.1.1.
Targhe d’immatricolazione posteriori dei veicoli a motore QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Il presente regolamento stabilisce le disposizioni relative all’alloggiamento per il montaggio delle targhe d’immatricolazione posteriori dei veicoli a motore e dei loro rimorchi. L’obiettivo è modificare gli attuali requisiti per adeguarli all’evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche. Il regolamento (UE) n. 2015/166 modifica l’allegato II del regolamento per quanto concerne requisiti relativi all’alloggiamento per il montaggio delle targhe d’immatricolazione posteriori e le procedure per le relative prove. PUNTI CHIAVE Il regolamento fissa le regole relative all’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi per quanto concerne l’alloggiamento per il montaggio delle targhe d’immatricolazione posteriori. Fa parte dell’implementazione del regolamento (CE) 661/2009 per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi. Requisiti relativi all’alloggiamento per il montaggio delle targhe d’immatricolazione posterioriL’alloggiamento di una targa d’immatricolazione posteriore deve presentare una superficie rettangolare piana, o approssimativamente piana, che deve misurare, a seconda dei casi:520 millimetri di larghezza e 120 millimetri di altezza; oppure 340 millimetri di larghezza e 240 millimetri di altezza. Il regolamento modificativo (UE) 2015/166 chiarisce i requisiti riguardanti il montaggio della targa d’immatricolazione posteriore:la targa deve essere posizionata ad angoli retti (+/- 5°) rispetto al piano longitudinale del veicolo; L’altezza del bordo inferiore della targa dal suolo non deve essere inferiore a 0,3 m. la targa deve essere visibile in tutto lo spazio; le disposizioni specifiche sulla visibilità della targa dipendono dall’altezza del bordo superiore della targa, a seconda che sia maggiore di o non superiore a 1,20 m dal suolo. Il regolamento fissa inoltre delle procedure di prova per il controllo della conformità. Norme per l’omologazione UEIl fabbricante del veicolo deve presentare all’autorità di omologazione una domanda di omologazione UE. La domanda deve indicare:la marca del veicolo e il tipo di veicolo; il campo di dimensioni dell’alloggiamento per le targhe d’immatricolazione posteriori; l’altezza dal suolo dei bordi. Qualora l’autorità competente ritenga che il veicolo soddisfi tutti i requisiti relativi all’alloggiamento per il montaggio della targa d’immatricolazione posteriore, essa deve concedere l’omologazione UE per tipo e rilascia un numero di omologazione in conformità della direttiva 2007/46/CE. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È applicato dal 29 novembre 2010. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Direttive e regolamenti sui veicoli a motore, i loro rimorchi, dispositivi e componenti (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 1003/2010 della Commissione dell’8 novembre 2010 relativo ai requisiti di omologazione dell’alloggiamento per il montaggio delle targhe d’immatricolazione posteriori dei veicoli a motore e dei loro rimorchi e che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 291 del 9.11.2010, pag. 22). Le successive modifiche al Regolamento (UE) n. 1003/2010 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativo ai requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1). Consultare la versione consolidata. Direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (Direttiva quadro) (GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1). Consultare la versione consolidata.
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DIRETTIVA 2004/82/CE DEL CONSIGLIO del 29 aprile 2004 concernente l'obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 62, paragrafo 2, lettera a), e l'articolo 63, paragrafo 3, lettera b), vista la iniziativa del Regno di Spagna (1) visto il parere del Parlamento europeo, considerando quanto segue: (1) Per lottare efficacemente contro l'immigrazione illegale e migliorare il controllo alle frontiere è fondamentale che tutti gli Stati membri adottino disposizioni che istituiscano obblighi per i vettori aerei che trasportano passeggeri nel territorio degli Stati membri. Ai fini di una maggiore efficacia di tale obiettivo, occorre altresì armonizzare, per quanto possibile, le sanzioni pecuniarie previste dagli Stati membri in caso di violazione degli obblighi cui sono soggetti i vettori, tenendo conto delle differenze esistenti tra gli ordinamenti giuridici e le prassi degli Stati membri. (2) Il Consiglio europeo del 25 e 26 marzo 2004 ha adottato una dichiarazione sulla lotta al terrorismo sottolineando la necessità di accelerare l'esame del fascicolo e di portare avanti i lavori sulla proposta direttiva del Consiglio sull'obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate al fine di procedere ad una rapida conclusione in merito a tali misure. (3) È importante evitare un vuoto della Comunità nel combattere l'immigrazione illegale. (4) A partire dal 1o maggio 2004 il Consiglio non può più agire su iniziativa di uno Stato membro. (5) Il Consiglio ha esaurito tutte le possibilità di ottenere in tempo il parere del Parlamento europeo. (6) Vistele circostanze eccezionali la decisione dovrebbe essere adottata senza ilparere del Parlamento europeo. (7) Gli obblighi che devono essere imposti ai vettori ai sensi della presente direttiva sono complementari a quelli stabiliti a norma delle disposizioni dell'articolo 26 della convenzione di Schengen del 1990 di applicazione dell'accordo di Schengen del 14 giugno 1985, integrate dalla direttiva 2001/51/CE del Consiglio (2). I due tipi di obblighi perseguono infatti lo stesso obiettivo di controllare i flussi migratori e di combattere l'immigrazione illegale. (8) Fatte salve le disposizioni della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (3), è necessario non pregiudicare la libertà degli Stati membri di mantenere o introdurre obblighi supplementari per i vettori aerei o alcune categorie di altri vettori, comprese le informazioni o i dati riguardanti i biglietti di ritorno, che siano menzionati o meno nella presente direttiva. (9) Ai fini di una lotta più efficace contro l'immigrazione illegale e di una maggiore efficacia di tale obiettivo, è fondamentale che, fatte salve le disposizioni della direttiva 95/46/CE, si tenga conto al più presto possibile di qualsiasi innovazione tecnologica, in particolare riguardante l'integrazione e l'uso di elementi biometrici nelle informazioni che i vettori devono fornire. (10) Gli Stati membri dovrebbero assicurare che nell'ambito di qualsiasi procedimento avviato nei confronti di vettori e che potrebbe dar luogo all'applicazione di sanzioni possano essere effettivamente esercitati il diritto di difesa e il diritto di impugnazione avverso siffatte decisioni. (11) Le presenti misure riprendono le possibilità di controllo previste nella decisione del comitato esecutivo di Schengen [SCH/Com-ex (94) 17-4a Rev.], che mirano a intensificare i controlli alle frontiere e a prevedere un lasso di tempo sufficiente a effettuare un controllo dettagliato e approfondito di ogni passeggero, grazie alla trasmissione, alle autorità incaricate di effettuare tali controlli, dei dati relativi alle persone trasportate. (12) La direttiva 95/46/CE si applica al trattamento dei dati personali da parte delle autorità degli Stati membri. Ciò significa che, mentre sarebbe legittimo trattare i dati dei passeggeri trasmessi per l'espletamento dei controlli di frontiera anche per consentirne l'utilizzo come mezzi probatori in procedimenti diretti all'applicazione della normativa in materia di ingresso e immigrazione, incluse le relative disposizioni sulla tutela dell'ordine pubblico («ordrepublic») e della sicurezza nazionale, qualsiasi altro trattamento che non fosse compatibile con i suddetti fini sarebbe in contrasto con il principio enunciato all'articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 95/46/CE. Gli Stati membri dovrebbero prevedere un sistema di sanzioni da infliggere in caso di uso dei dati in contrasto con gli obiettivi della presente direttiva. (13) La Danimarca, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea ed al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all'adozione della presente direttiva e non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione. Dato che la presente direttiva sviluppa l'acquis di Schengen in applicazione delle disposizioni del titolo IV, parte terza, del trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca deciderà, a norma dell'articolo 5 del protocollo summenzionato, entro un periodo di sei mesi dall'adozione della presente direttiva da parte del Consiglio, se intende recepirla nel suo diritto interno. (14) Per quanto riguarda l'Islanda e la Norvegia, la presente direttiva costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen ai sensi dell'accordo concluso dal Consiglio dell'Unione europea con la Repubblica d'Islanda e il Regno di Norvegia sull'associazione di questi due Stati all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen (4), che rientrano nel settore di cui all'articolo 1, lettera E, della decisione 1999/437/CE del Consiglio, relativa a talune modalità di applicazione di tale accordo (5). (15) Il Regno Unito partecipa alla presente direttiva, conformemente all'articolo 5 del protocollo sull'integrazione dell'acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione europea allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea e all'articolo 8, paragrafo 2, della decisione 2000/365/CE del Consiglio, del 29 maggio 2000, riguardante la richiesta del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord di partecipare ad alcune disposizioni dell'acquis di Schengen (6). (16) L'Irlanda partecipa alla presente direttiva, conformemente all'articolo 5 del protocollo sull'integrazione dell'acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione europea allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea e all'articolo 6, paragrafo 2, della decisione 2002/192/CE del Consiglio, del 28 febbraio 2002, riguardante la richiesta dell'Irlanda di partecipare ad alcune disposizioni dell'acquis di Schengen (7). (17) La presente direttiva costituisce un atto basato sull'acquis di Schengen o ad esso altrimenti connesso ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, dell'atto di adesione del 2003, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Obiettivo La presente direttiva intende migliorare i controlli alle frontiere e combattere l'immigrazione illegale attraverso la trasmissione anticipata, da parte dei vettori, dei dati relativi alle persone trasportate alle competenti autorità nazionali. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si intende per: a) «vettore»: ogni persona fisica o giuridica che trasporta persone atitolo professionale per via aerea; b) «frontiere esterne»: le frontiere esterne degli Stati membri con i paesi terzi; c) «controllo alla frontiera»: il controllo, effettuato alla frontiera, esclusivamente come reazione ad una richiesta di attraversamento di tale frontiera, senza tener conto di qualsiasi altra considerazione; d) «valico di frontiera»: ogni valico di frontiera autorizzato dalle autorità competenti per l'attraversamento delle frontiere esterne; e) «dati personali,“trattamento di dati personali”» e “archivio di dati personali”: lo stesso significato di cui all'articolo 2 della direttiva 95/46/CE. Articolo 3 Trasmissione dei dati 1. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie per istituire l'obbligo per i vettori di trasmettere, entro il termine delle procedure di accettazione, su richiesta delle autorità incaricate di effettuare i controlli delle persone alle frontiere esterne, le informazioni relative alle persone che saranno trasportate a un valico di frontiera autorizzato attraverso il quale tali persone entreranno nel territorio di uno Stato membro. 2. Dette informazioni comprendono: — il numero e il tipo di documento di viaggio utilizzato, — la cittadinanza, — il nome completo, — la data di nascita, — il valico di frontiera di ingresso nel territorio degli Stati membri, — il numero del trasporto, — l'ora di partenza e di arrivo del mezzo di trasporto, — il numero complessivo di passeggeri trasportati con tale mezzo, — il primo punto di imbarco. 3. La trasmissione dei dati summenzionati non esonera in nessun caso i vettori dagli obblighi e dalle responsabilità stabiliti dalle disposizioni di cui all'articolo 26 della convenzione di Schengen, integrata dalla direttiva 2001/51/CE. Articolo 4 Sanzioni 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per imporre sanzioni ai vettori che per errore non hanno trasmesso i dati o hanno trasmesso dati incompleti o falsi. Gli Stati membri adottano le misure necessarie ad assicurare che le sanzioni siano dissuasive, effettive e proporzionate e che: a) il loro importo massimo non sia inferiore a 5 000 EUR, o all'equivalente in valuta nazionale al tasso di cambio pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea il giorno dell'entrata in vigore della presente direttiva, per ogni viaggio per il quale i dati delle persone trasportate non sono stati comunicati o sono stati comunicati in modo non corretto; oppure b) il loro importo minimo non sia inferiore a 3 000 EUR, o all'equivalente in valuta nazionale al tasso di cambio pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea il giorno dell'entrata in vigore della presente direttiva, per ogni viaggio per il quale i dati delle persone trasportate non sono stati comunicati o sono stati comunicati in modo non corretto. 2. La presente direttiva non osta a che gli Stati membri adottino o mantengano, nei confronti dei vettori responsabili di gravi violazioni degli obblighi risultanti dalla presente direttiva, altre sanzioni quali l'immobilizzazione, il sequestro e la confisca del mezzo di trasporto, oppure la sospensione temporanea o il ritiro della licenza di esercizio. Articolo 5 Impugnazioni Gli Stati membri assicurano che le loro disposizioni legislative, regolamentari e amministrative prevedano che i vettori nei cui confronti sia stato avviato un procedimento ai fini dell'applicazione di sanzioni abbiano diritti di difesa e di impugnazione effettivi. Articolo 6 Trattamento dei dati 1. I dati personali di cui all'articolo 3, paragrafo 1, sono trasmessi alle autorità incaricate di effettuare i controlli delle persone alle frontiere esterne attraverso le quali il passeggero entrerà nel territorio di uno Stato membro, al fine di agevolare l'esecuzione di tali controlli con l'obiettivo di combattere più efficacemente l'immigrazione illegale. Gli Stati membri provvedono a che tali dati siano raccolti dai vettori e trasmessi per via elettronica o, se ciò non fosse possibile, con altri mezzi appropriati alle autorità incaricate di effettuare i controlli alle frontiere al valico di frontiera autorizzato attraverso il quale il passeggero entrerà nel territorio di uno Stato membro. Le autorità incaricate di effettuare i controlli delle persone alle frontiere esterne salvano i dati in un file provvisorio. Dopo l'ingresso dei passeggeri tali autorità cancellano i dati entro 24 ore dalla loro trasmissione, a meno che i dati non siano necessari successivamente alle autorità incaricate di effettuare i controlli delle persone alle frontiere esterne per l'esercizio delle loro funzioni regolamentari in conformità della legislazione nazionale e fatte salve le disposizioni sulla protezione dei dati di cui alla direttiva 95/46/CE. Gli Stati membri adottano le misure necessarie perobbligare i vettori a cancellare, entro 24 ore dall'arrivo del mezzo ditrasporto ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, i dati personali raccolti etrasmessi alle autorità di frontiera ai fini della presente direttiva. Gli Stati membri possono altresì, in conformità della legislazione nazionale e fatte salve le disposizioni sulla protezione dei dati di cui alla direttiva 95/46/CE, utilizzare i dati personali di cui all'articolo 3, paragrafo 1 per finalità di applicazione normativa. 2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per obbligare i vettori a informare le persone trasportate in conformità delle disposizioni della direttiva 95/46/CE. Ciò comprende anche le informazioni di cui all'articolo 10, lettera c), e all'articolo 11, punto 1), lettera c) della direttiva 95/46/CE. Articolo 7 Recepimento 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 5 settembre 2006 . Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 8 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 9 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presentedirettiva conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea. Fatto a Lussemburgo, addì 29 aprile 2004. Per il Consiglio Il presidente M. McDOWELL (1) GU C 82 del 5.4.2003, pag. 23. (2) GU L 187 del 10.7.2001, pag. 45. (3) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31. (4) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 36. (5) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 31. (6) GU L 131 dell'1.6.2000, pag. 43. (7) GU L 64 del 7.3.2002, pag. 20.
Obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate La presente direttiva impone ai vettori aerei l'obbligo di raccogliere e trasmettere alle autorità dello Stato membro di arrivo incaricate del controllo di frontiera i dati relativi ai loro passeggeri. In caso di inosservanza, ai vettori possono essere applicate sanzioni, o, in caso di violazione grave, si può procedere alla confisca del mezzo di trasporto, oppure al ritiro della licenza di esercizio. ATTO Direttiva 2004/82/CE del Consiglio del 29 aprile 2004 concernente l'obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate. SINTESI In virtù della presente direttiva, i vettori aerei * devono comunicare le informazioni relative ai passeggeri diretti verso un valico di frontiera * dell'Unione europea. Tali dati sono forniti su richiesta delle autorità incaricate del controllo * delle persone alle frontiere esterne * dell'UE, per migliorare le verifiche e contrastare efficacemente l'immigrazione irregolare. I dati sono trasmessi alle autorità, generalmente per via elettronica, per la registrazione dei passeggeri. I vettori devono trasmettere in particolare le informazioni seguenti: numero e tipo di documento di viaggio utilizzato, cittadinanza, nome completo e data di nascita del passeggero, valico di frontiera di ingresso nell'UE, ora di partenza e di arrivo del mezzo di trasporto e numero complessivo di passeggeri trasportati. I dati sono di norma cancellati dalle autorità entro ventiquattro ore dalla loro trasmissione, dopo l'ingresso dei passeggeri nel territorio degli Stati membri. I dati personali sono cancellati dal vettore ventiquattro ore dopo l'arrivo del mezzo di trasporto. Se i vettori non rispettano tale obbligo, gli Stati membri adottano sanzioni dissuasive, effettive e proporzionate. Siffatte sanzioni si applicano ai vettori che per errore non hanno trasmesso i dati o hanno trasmesso dati incompleti o falsi. Il loro importo massimo è di almeno 5000 euro per viaggio; l'importo minimo di almeno 3000 euro per viaggio. Gli Stati membri possono prevedere anche altri tipi di sanzioni in caso di violazione grave dell'obbligo di comunicazione, che possono consistere: nell'immobilizzazione, nel sequestro e nella confisca del mezzo di trasporto, nella sospensione temporanea o nel ritiro della licenza di esercizio del vettore. I vettori possono impugnare le misure prese nei loro confronti. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie affinché questo diritto sia effettivo. Contesto Questa direttiva è stata adottata a seguito di una richiesta del Consiglio europeo del 25 e del 26 marzo 2004, riunitosi dopo gli attentati di Madrid. Gli obblighi previsti nella presente direttiva sono complementari a quelli stabiliti all'articolo 26 della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen integrato dalla direttiva 2001/51/CE, relativo all'obbligo dei vettori di ricondurre i cittadini di paesi terzi cui è stato negato l'ingresso dallo Stato membro di destinazione. Parole chiave dell'atto vettore: ogni persona fisica o giuridica che trasporta persone a titolo professionale per via aerea; frontiere esterne: le frontiere esterne degli Stati membri con i paesi terzi; controllo alla frontiera: il controllo, effettuato alla frontiera, esclusivamente come reazione ad una richiesta di attraversamento di tale frontiera; valico di frontiera: ogni valico di frontiera autorizzato dalle autorità competenti per l'attraversamento delle frontiere esterne. Riferimenti Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2004/82/CE 5.9.2004 5.9.2006 GU L 261 del 6.8.2004
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32005D0671
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DECISIONE 2005/671/GAI DEL CONSIGLIO del 20 settembre 2005 concernente lo scambio di informazioni e la cooperazione in materia di reati terroristici IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 29, l’articolo 30, paragrafo 1, l’articolo 31 e l’articolo 34, paragrafo 2, lettera c), vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) Nella riunione straordinaria del 21 settembre 2001, il Consiglio europeo ha dichiarato che il terrorismo rappresenta una vera sfida per il mondo e per l’Europa e che la lotta al terrorismo costituirà un obiettivo prioritario per l’Unione europea. (2) Il 19 ottobre 2001, il Consiglio europeo ha dichiarato che è determinato a combattere il terrorismo in tutte le sue forme e ovunque nel mondo e proseguirà gli sforzi volti a rafforzare la coalizione della comunità internazionale nella lotta contro il terrorismo in tutti i suoi aspetti, ad esempio attraverso il rafforzamento della cooperazione tra i servizi operativi incaricati della lotta al terrorismo: l’Europol, l’Eurojust, i servizi di informazione, le forze di polizia e le autorità giudiziarie. (3) In materia di lotta contro il terrorismo, è fondamentale che tutti i servizi interessati possano disporre di informazioni il più possibile complete e aggiornate, secondo i loro settori di competenza: i servizi nazionali specializzati degli Stati membri, le autorità giudiziarie e le istanze competenti a livello dell’Unione europea, quali l’Europol e l’Eurojust, hanno un’esigenza imperativa di informazioni per portare a termine i loro compiti. (4) La decisione 2003/48/GAI del Consiglio, del 19 dicembre 2002, relativa all’applicazione di misure specifiche di cooperazione di polizia e giudiziaria per la lotta al terrorismo a norma dell’articolo 4 della posizione comune 2001/931/PESC (2), costituisce una tappa importante. Il persistere della minaccia terroristica e la complessità del fenomeno rendono necessari maggiori scambi di informazioni. Il campo d’applicazione degli scambi di informazioni deve essere esteso a tutte le fasi dei procedimenti penali, comprese le condanne, e a tutte le persone, gruppi o entità oggetto di un’indagine, di un’azione penale o di una condanna per reati di terrorismo. (5) Poiché gli obiettivi della presente decisione non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri su base unilaterale, e possono dunque, vista la necessaria reciprocità, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato; la presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (6) Nell’esecuzione dello scambio d’informazioni, la presente decisione lascia impregiudicati gli interessi essenziali di sicurezza nazionale e non dovrebbe compromettere la sicurezza dei singoli o attività specifiche di informazione in materia di sicurezza dello Stato, né il successo di indagini in corso. (7) La presente decisione rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti, segnatamente nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, DECIDE: Articolo 1 Definizioni Ai fini della presente decisione, si intende per: a) «reati terroristici»: i reati contemplati agli articoli 1, 2 e 3 della decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, sulla lotta contro il terrorismo (3); b) «convenzione Europol»: la convenzione del 26 luglio 1995 che istituisce un ufficio europeo di polizia (4); c) «decisione Eurojust»: la decisione 2002/187/GAI del Consiglio, del 28 febbraio 2002, che istituisce l’Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità (5); d) «gruppo o entità»: le «organizzazioni terroristiche» ai sensi dell’articolo 2 della decisione quadro 2002/475/GAI, così come i «gruppi o entità» figuranti nell’elenco allegato alla posizione comune 2001/931/PESC del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo (6). Articolo 2 Trasmissione di informazioni relative ai reati terroristici all’Eurojust, all’Europol e agli Stati membri 1. Ciascuno Stato membro designa un servizio specializzato tra i suoi servizi di polizia o le altre autorità incaricate dell’applicazione della legge che, nel rispetto della legislazione nazionale, abbia accesso a tutte le informazioni pertinenti in merito alle indagini penali riguardanti i reati terroristici, effettuate dalle sue autorità incaricate dell’applicazione della legge e che riunisca tali informazioni inviandole all’Europol conformemente ai paragrafi 3 e 4. 2. Ciascuno Stato membro designa una o, qualora sia previsto dal proprio ordinamento giuridico, più autorità, quale corrispondente nazionale dell’Eurojust per le questioni legate al terrorismo, ovvero un’autorità giudiziaria o altra autorità competente che, nel rispetto della legislazione nazionale, abbia accesso a tutte le informazioni pertinenti in merito ai procedimenti e alle condanne penali riguardanti reati di terrorismo e che riunisca tali informazioni inviandole all’Eurojust conformemente al paragrafo 5. 3. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per garantire che almeno le informazioni di cui al paragrafo 4 riguardanti le indagini penali e le informazioni di cui al paragrafo 5 concernenti le azioni penali o le condanne penali per reati terroristici, che toccano o possono toccare due o più Stati membri, raccolte dall’autorità competente, siano trasmesse: a) all’Europol, conformemente alla legislazione nazionale e alle disposizioni della Convenzione Europol, per essere elaborate; e b) all’Eurojust, conformemente alla legislazione nazionale e nei limiti di quanto consentito nella decisione Eurojust, al fine di consentirle di svolgere le sue funzioni. 4. Le informazioni da trasmettere all’Europol, conformemente al paragrafo 3, sono le seguenti: a) i dati per l’identificazione della persona, del gruppo o dell’entità; b) gli atti oggetto dell’indagine e relative circostanze specifiche; c) la qualificazione del reato perseguito; d) il collegamento con altri casi pertinenti; e) il ricorso a tecnologie di comunicazione; f) la minaccia rappresentata dal possesso di armi di distruzione di massa. 5. Le informazioni da trasmettere all’Eurojust, a norma del paragrafo 3, sono le seguenti: a) i dati per l’identificazione della persona, del gruppo o dell’entità interessati oggetto di un’indagine o azione penale; b) la qualificazione del reato perseguito e le relative circostanze specifiche; c) informazioni sulle condanne definitive per reati terroristici e le circostanze specifiche relative a tali reati; d) il collegamento con altri casi pertinenti; e) le richieste di assistenza giudiziaria esistenti, comprese le rogatorie, presentate a un altro Stato membro o da quest’ultimo, nonché i relativi risultati. 6. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per garantire che qualsiasi informazione pertinente contenuta in documenti, fascicoli, dati, oggetti o altri mezzi di prova sequestrati o confiscati durante indagini o procedimenti penali collegati a reati terroristici sia accessibile il più rapidamente possibile, tenuto conto della necessità di non compromettere le indagini in corso, alle autorità degli altri Stati membri interessati, conformemente alla legislazione nazionale e ai pertinenti strumenti giuridici internazionali, quando si svolgono o potrebbero essere avviate indagini o quando è avviata un’azione penale in relazione a reati terroristici. Articolo 3 Squadre investigative comuni Gli Stati membri, se del caso, adottano le misure necessarie ad istituire squadre investigative comuni per svolgere indagini penali riguardanti i reati terroristici. Articolo 4 Richieste di assistenza giudiziaria e di esecuzione di sentenze Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per garantire che le richieste di assistenza giudiziaria e di riconoscimento ed esecuzione di sentenze, presentate da uno Stato membro in merito a reati terroristici, siano trattate con urgenza e in via prioritaria. Articolo 5 Abrogazione di disposizioni esistenti La decisione 2003/48/GAI è abrogata. Articolo 6 Applicazione Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente decisione entro il 30 giugno 2006. Articolo 7 Applicazione territoriale La presente decisione si applica a Gibilterra. Articolo 8 Entrata in vigore La presente decisione prende effetto il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 20 settembre 2005. Per il Consiglio La presidente M. BECKETT (1) Parere reso il 7 giugno 2005 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) GU L 16 del 22.1.2003, pag. 68. (3) GU L 164 del 22.6.2002, pag. 3. (4) GU C 316 del 27.11.1995, pag. 2. Convenzione modificata da ultimo dal protocollo del 27.11.2003 (GU C 2 del 6.1.2004, pag. 3). (5) GU L 63 del 6.3.2002, pag. 1. Decisione modificata dalla decisione 2003/659/GAI (GU L 245 del 29.9.2003, pag. 44). (6) GU L 344 del 28.12.2001, pag. 93. Posizione comune modificata da ultimo dalla posizione comune 2005/220/PESC (GU L 69 del 16.3.2005, pag. 59).
Scambio di informazioni e cooperazione in materia di reati terroristici CHE COSA FA LA DECISIONE? La lotta al terrorismo rappresenta uno degli obiettivi prioritari dell’Unione europea (UE). Questa decisione stabilisce una procedura per lo scambio di informazioni relative a indagini, procedimenti e condanne penali per reati terroristici tra i paesi dell’UE. PUNTI CHIAVE Per combattere il terrorismo, è fondamentale che i servizi interessati possano disporre di informazioni il più possibile complete e aggiornate. I paesi dell’UE devono raccogliere informazioni riguardanti le indagini, i procedimenti e le condanne penali per reati terroristici che coinvolgano due o più paesi dell’UE e trasmetterle all’Europol o all’Eurojust, ove appropriato. Un servizio specializzato designato tra le autorità di contrasto di un paese si occupa di inviare all’Europol tutte le informazioni pertinenti in merito alle indagini penali riguardanti i reati terroristici, ivi comprese: l’identità della persona o del gruppo; gli atti oggetto dell’indagine e le circostanze; la qualificazione del reato; il collegamento con altri casi pertinenti; il ricorso a tecnologie di comunicazione; la minaccia rappresentata dal possesso di armi di distruzione di massa. In ciascun paese verrà designata almeno un’autorità come corrispondente nazionale dell’Eurojust per le questioni legate al terrorismo, che si occuperà di inviare all’Eurojust tutte le informazioni pertinenti in merito ai procedimenti e alle condanne penali riguardanti reati di terrorismo, ivi comprese: l’identità della persona o del gruppo oggetto di indagine o procedimento penale; il reato interessato e le circostanze specifiche; le informazioni sulle condanne definitive per reati terroristici e le circostanze specifiche relative a tali reati; il collegamento con altri casi pertinenti; le richieste di assistenza giudiziaria presentate da/a un paese dell’UE, nonché i relativi risultati. Ciascun paese dell’UE garantisce che le informazioni pertinenti tratte da documenti e altre prove ottenute durante le indagini o i procedimenti per reati terroristici siano rese disponibili quanto prima agli altri paesi dell’UE. Laddove appropriato, i paesi sono tenuti ad adottare squadre investigative comuni addette alla conduzione delle indagini. Le richieste di assistenza giudiziaria e di esecuzione di sentenze presentate da altri paesi dell’UE devono avere la massima priorità. La decisione non deve compromettere la sicurezza dei singoli né il successo di indagini o attività specifiche di informazione in corso e si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi. La raccomandazione 2007/562/CE del Consiglio riguarda lo scambio di informazioni relative ai sequestri di persona a sfondo terroristico tra i paesi dell’UE. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Si applica a partire dal 30 settembre 2005. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare: «Crisi e terrorismo» sul sito Internet della Commissione europea «Lotta al terrorismo» sul sito Internet del Consiglio dell’Unione europea. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2005/671/GAI del Consiglio, del 20 settembre 2005, concernente lo scambio di informazioni e la cooperazione in materia di reati terroristici (GU L 253 del 29.9.2005, pag. 22-24) DOCUMENTI CORRELATI Raccomandazione del Consiglio, del 12 giugno 2007, sullo scambio di informazioni relative ai sequestri di persona a sfondo terroristico (GU L 214 del 17.8.2007, pag. 9-12)
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22003D0003(01)
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2003/3/: Decisione n. 3/2003 del Consiglio dei ministri ACP-CE, dell'11 dicembre 2003, volta a destinare le risorse della dotazione per lo sviluppo a lungo termine del nono Fondo europeo di sviluppo alla creazione di un Fondo per la Pace in Africa Gazzetta ufficiale n. L 345 del 31/12/2003 pag. 0108 - 0111 Decisione n. 3/2003 del Consiglio dei ministri ACP-CEdell'11 dicembre 2003volta a destinare le risorse della dotazione per lo sviluppo a lungo termine del nono Fondo europeo di sviluppo alla creazione di un Fondo per la Pace in AfricaIL CONSIGLIO DEI MINISTRI ACP-CE,visto l'accordo di partenariato ACP-CE firmato a Cotonou il 23 giugno 2000, in particolare il paragrafo 8 dell'allegato I,considerando quanto segue:(1) Con la decisione N. 10/2001 del Comitato degli Ambasciatori ACP-CE del 20 dicembre 2001 sull'utilizzazione delle risorse non assegnate all'8o Fondo europeo di sviluppo(1) e la decisione N. 3/2002 del Consiglio dei ministri ACP-CE del 23 dicembre 2002(2) sulla ridistribuzione delle risorse non assegnate e degli abbuoni di interesse non impegnati dell'ottavo FES, il Consiglio dei ministri ACP-CE ha stanziato risorse per la pacificazione, la prevenzione e la soluzione dei conflitti per un importo complessivo di 75 milioni di EUR.(2) Al vertice dell'Unione africana tenutosi a Maputo dal 4 al 12 luglio 2003 i capi di Stato africani hanno preso una "Decisione sull'istituzione da parte dell'Unione europea di un Fondo operativo per il sostegno della pace a favore dell'Unione africana". Nella loro decisione essi hanno chiarito che tale fondo dovrebbe essere finanziato con le risorse assegnate a ciascuno di essi nell'ambito degli accordi di cooperazione esistenti con l'Unione europea, integrate con un importo equivalente derivante dalle risorse non assegnate del Fondo europeo di sviluppo.(3) È opportuno istituire un Fondo per la Pace al fine di garantire una risposta rapida ed efficace a situazioni di conflitti violenti.(4) Per poter istituire un Fondo per la Pace in Africa ai sensi dell'articolo 11 dell'accordo di partenariato ACP-CE è necessario stanziare risorse suppletive a favore della cooperazione intra-ACP. Poiché la dotazione per la cooperazione e l'integrazione regionali ai sensi del paragrafo 3, lettera b) dell'allegato I dell'accordo di partenariato ACP-CE è esaurita, le risorse necessarie saranno trasferite dalle assegnazioni destinate ai singoli paesi ACP nell'ambito della dotazione per lo sviluppo a lungo termine del nono Fondo europeo di sviluppo quale definita dal paragrafo 3, lettera a), dell'allegato I dell'accordo di partenariato ACP-CE, nonché dalle risorse non assegnate della dotazione per lo sviluppo a lungo termineDECIDE:Articolo 1Sostegno della pace1. Dalle assegnazioni destinate agli Stati ACP ai sensi dell'articolo 1, lettera b) dell'allegato IV dell'accordo di partenariato ACP-CE verrà prelevato un contributo dell'1,5 %. Tale contributo sarà prelevato dal saldo non impegnato dell'assegnazione di cui all'articolo 3, paragrafo 2, lettera b) dell'allegato IV dell'accordo di partenariato ACP-CE, la cosiddetta assegnazione B. Qualora il saldo non impegnato dell'assegnazione B fosse insufficiente, il resto verrà prelevato dal saldo non impegnato dell'assegnazione di cui all'articolo 3, paragrafo 2, lettera a) dell'allegato IV, la cosiddetta assegnazione A. L'importo complessivo di 126,4 milioni di EUR verrà in tal modo trasferito dalle assegnazioni dei rispettivi paesi allo stanziamento intra ACP nell'ambito della dotazione per la cooperazione e l'integrazione regionali e sarà destinato alla creazione di un Fondo per la Pace in Africa. I contributi dei singoli paesi sono precisati nell'ultima colonna della tabella allegata alla presente decisione.2. L'importo di 123,6 milioni di EUR sarà trasferito dalle risorse non assegnate della dotazione del 9o FES per lo sviluppo a lungo termine all'assegnazione intra ACP nell'ambito della dotazione per la cooperazione e l'integrazione regionali e sarà destinato alla creazione di un Fondo per la Pace in Africa.Articolo 2Richiesta di finanziamentoA norma dell'articolo 13, paragrafo 2, lettera b) dell'allegato IV dell'accordo di partenariato ACP-CE, il Consiglio dei ministri ACP chiede alla Commissione di finanziare il Fondo per la Pace in Africa con un importo complessivo di 250 milioni di EUR.Articolo 3EsecuzioneGli Stati ACP, gli Stati membri e la Comunità devono adottare, ciascuno per quanto lo concerne, le misure necessarie all'esecuzione della presente decisione.Articolo 4Entrata in vigoreLa presente decisione entra in vigore il giorno dell'adozione.Fatto a Bruxelles, l'11 dicembre 2003.Per il Consiglio dei ministri ACP-CEIl PresidenteFranco Frattini(1) GU L 50 del 21.2.2002, pag. 62.(2) GU L 59 del 4.3.2003, pag. 24.ALLEGATOContributi a valere sugli stanziamenti nazionali>SPAZIO PER TABELLA>
Fondo per la pace in Africa QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Stabilisce un programma di finanziamento per il Fondo per la pace in Africa (APF), che costituisce la principale fonte di finanziamenti UE per l’Unione Africana (UA) e le comunità economiche regionali (REC) nel settore della pace e della sicurezza. PUNTI CHIAVE Il Fondo per la pace in Africa, istituito dall’accordo di Cotonou, è finanziato dal Fondo europeo di sviluppo (FES). L’APF si basa sul principio della partecipazione africana. I diretti beneficiari del sostegno finanziario dell’APF sono l’Unione africana e le comunità economiche regionali e i meccanismi regionali. Dal 2004, l’APF ha ricevuto più di 2,2 miliardi di euro dai finanziamenti UE. Sostegno della pace Le operazioni per il sostegno e il mantenimento della pace sono la missione principale dell’APF. L’APF ha sostenuto con successo operazioni di mantenimento della pace nella Repubblica centrafricana, Sudan, Sud Sudan, Mali, Somalia, il bacino del lago Ciad e Comore. Sviluppo di capacità Dal 2007, lo sviluppo di capacità è una componente importante dell’APF, che mira a rafforzare le capacità e l’efficienza dell’UA e delle REC/RM nel pianificare e condurre operazioni di sostegno della pace. L’obiettivo a lungo termine è quello di consentire alle istituzioni africane di garantire autonomamente la pace e la sicurezza. Risposta rapida Il meccanismo di risposta rapida permette di rispondere ai bisogni più urgenti fornendo finanziamenti per le prime fasi d’azione per la prevenzione, la gestione e la risoluzione delle crisi. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? È stata applicata a partire dall’11 dicembre 2003. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare: «Fondo per la pace in Africa» sul sito Internet della Commissione europea. ATTO Decisione n. 3/2003 del Consiglio dei ministri ACP-CE, dell’11 dicembre 2003, volta a destinare le risorse della dotazione per lo sviluppo a lungo termine del nono Fondo europeo di sviluppo alla creazione di un Fondo per la pace in Africa (GU L 345 del 31.12.2003, pagg. 108-111) DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 617/2007 del Consiglio, del 14 maggio 2007, relativo all’applicazione del 10o Fondo europeo di sviluppo nell’ambito dell’accordo di partenariato ACP-CE (GU L 152 del 13.6.2007, pagg. 1-13) Modifiche successive al regolamento (CE) n. 617/2007 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. 2007/461/CE: decisione n. 2/2007 del Consiglio dei ministri ACP-CE, del 25 maggio 2007, intesa a consentire contributi bilaterali aggiuntivi, gestiti dalla Commissione, per la realizzazione degli obiettivi del Fondo per la pace in Africa (GU L 175 del 5.7.2007, pag. 35) Regolamento (UE) 2015/322 del Consiglio, del 2 marzo 2015, relativo all’esecuzione dell’11o Fondo europeo di sviluppo (GU L 58 del 3.3.2015, pagg. 1-16)
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Accordo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d'America volto a rafforzare e ad ampliare l'accordo di cooperazione e reciproca assistenza nel settore doganale estendendolo alla cooperazione in materia di sicurezza dei container e questioni connesse Gazzetta ufficiale n. L 304 del 30/09/2004 pag. 0034 - 0037 Accordo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d'America volto a rafforzare e ad ampliare l'accordo di cooperazione e reciproca assistenza nel settore doganale estendendolo alla cooperazione in materia di sicurezza dei container e questioni connesse LA COMUNITÀ EUROPEA E GLI STATI UNITI D'AMERICA, viste le disposizioni dell'accordo di cooperazione e reciproca assistenza nel settore doganale tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d'America, firmato il 28 maggio 1997 , «l'accordo CMAA» , considerando quanto segue: (1) TENENDO CONTO del fatto che il 1° marzo 2003 l' «US Customs and Border Protection» ha preso il posto del servizio doganale statunitense di cui all'accordo CMAA. (2) RAMMENTANDO che, ai sensi dell'articolo 3, le parti contraenti possono decidere congiuntamente di ampliare i settori di cooperazione coperti dall'accordo CMAA. (3) RAMMENTANDO che, ai sensi dell'articolo 22 dell'accordo CMAA, il comitato misto di cooperazione doganale è composto da rappresentanti delle autorità doganali delle parti contraenti, vale a dire per la Comunità europea, i servizi competenti della Commissione delle Comunità europee assistiti dalle autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea, e, per gli Stati Uniti d'America, l' «US Customs and Border Protection, Department of Homeland Security.» (4) TENENDO CONTO del fatto che il comitato misto di cooperazione doganale è stato istituito ai sensi dell'articolo 22 dell'accordo CMAA. (5) TENENDO CONTO delle relazioni strette, fruttuose e di lunga durata tra le autorità doganali degli Stati Uniti d'America e quelle della Comunità europea. (6) PERSUASI DELLA POSSIBILITÀ di migliorare ulteriormente questa cooperazione intensificando tra l'altro gli scambi di informazioni utili e di miglior pratiche tra l' «US Customs and Border Protection» , la Commissione e le autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea per fare in modo che i controlli doganali generali sul commercio internazionale tengano debitamente conto delle esigenze in materia di sicurezza. (7) CONSIDERANDO l'importanza di estendere la cooperazione a tutti i modi di trasporto internazionale e a tutti i tipi di merci, ponendo l'accento in un primo tempo sul trasporto via mare dei container. (8) CONSIDERANDO l'elevato volume degli scambi nei due sensi tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d'America realizzati tramite container trasportati via mare e tramite altri modi di trasporto, e il ruolo importante della Comunità europea e degli USA come punti di transito per i container provenienti da numerosi paesi. (9) CONSIDERANDO che container trasportati via mare e provenienti da tutto il mondo sono importati o trasbordati o transitano negli Stati Uniti d'America e nella Comunità europea. (10) PERSUASI della necessità di scoraggiare, prevenire e impedire ogni tentativo terrorista di perturbare il commercio mondiale nascondendo armi in container trasportati via mare o in altri carichi, o utilizzando questi carichi come armi. (11) CONVINTI dell'esigenza di garantire maggiore sicurezza per la Comunità europea e gli Stati Uniti d'America, agevolando al tempo stesso gli scambi legittimi. (12) RICONOSCENDO l'importanza di elaborare, nei limiti del possibile, sistemi reciproci per garantire la sicurezza ed agevolare gli scambi legittimi tenendo debito conto dei rischi. (13) OSSERVANDO che è possibile rendere sostanzialmente più sicuri gli scambi legittimi istituendo un sistema basato sulla collaborazione tra l'autorità doganale del paese importatore e le autorità doganali che intervengono nelle prime fasi della catena di fornitura e sull'utilizzazione di informazioni tempestive e di tecnologie di controllo che consentano di effettuare controlli mirati sui container ad alto rischio prima che questi lascino il porto o il luogo in cui viene effettuato il carico o il trasbordo. (14) RICONOSCENDO l'importanza di sostenere l'iniziativa per la sicurezza dei container (CSI), che mira a salvaguardare il commercio marittimo mondiale rafforzando la cooperazione portuale su scala mondiale per individuare ed esaminare i container ad alto rischio e garantirne l'integrità durante il trasporto. (15) TENENDO PRESENTE l'articolo 5 dell'accordo CMAA che definisce le relazioni tra il medesimo accordo e qualsiasi accordo bilaterale di cooperazione e reciproca assistenza nel settore doganale già concluso o che potrebbe essere concluso tra singoli Stati membri della Comunità europea e gli Stati Uniti d'America. (16) CONSIDERANDO che l'iniziativa per la sicurezza dei container dovrebbe essere estesa il più rapidamente possibile a tutti i porti della Comunità europea nei quali gli scambi commerciali con gli Stati Uniti d'America effettuati tramite container trasportati via mare non possono essere considerati trascurabili, ove siano soddisfatti alcuni requisiti minimi e siano disponibili tecnologie di controllo adeguate, HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE: Articolo 1 Viene rafforzata e ampliata la cooperazione doganale nell'ambito dell'accordo CMAA per migliorare la sicurezza dei container trasportati via mare e di altre spedizioni provenienti da tutto il mondo che sono importati o trasbordati o che transitano nella Comunità europea e negli Stati Uniti d'America. Articolo 2 Si tiene debito conto dell'articolo 5 dell'accordo CMAA che definisce le relazioni tra il medesimo accordo CMAA e ogni accordo bilaterale di cooperazione e reciproca assistenza nel settore doganale tra gli Stati membri della Comunità europea e gli Stati Uniti d'America e di ogni dichiarazione di principi relativa all'iniziativa per la sicurezza dei container che integri tali accordi bilaterali. Articolo 3 Fra gli obiettivi della cooperazione rafforzata e ampliata sono inclusi, tra l'altro: 1) Il sostegno all'estensione rapida ed efficace dell'iniziativa per la sicurezza dei container a tutti i porti della Comunità europea che soddisfino le condizioni previste e la promozione dell'applicazione di norme comparabili nei porti americani interessati; 2) La collaborazione volta a migliorare le procedure doganali per rendere più sicura la catena logistica degli scambi internazionali e, in particolare, in via prioritaria, ad agevolare l'individuazione di tutte le spedizioni ad alto rischio trasportate via mare tramite container e le indagini di sicurezza al riguardo; 3) La definizione, nei limiti del possibile, di norme minime in materia di tecniche di gestione dei rischi e di programmi e requisiti associati; e 4) Il coordinamento, nei limiti del possibile, delle posizioni nelle sedi multilaterali in cui possono essere sollevate e discusse in maniera appropriata questioni relative alla sicurezza dei container. Articolo 4 Il comitato misto di cooperazione doganale cerca forma e contenuto appropriati per documenti e/o misure che consentano di continuare ad attuare la cooperazione doganale rafforzata e ampliata nell'ambito del presente accordo. Articolo 5 È istituito un gruppo di lavoro, costituito dai rappresentanti dell' «US Customs and Border Protection» e della Commissione assistita dagli Stati membri interessati per esaminare, tra l'altro, i punti elencati nell'allegato e formulare raccomandazioni al riguardo al comitato misto di cooperazione doganale. Articolo 6 Il gruppo di lavoro presenta periodicamente una relazione sull'andamento dei lavori al responsabile dell' «US Customs and Border Protection» e al direttore generale della Direzione generale Fiscalità e Unione doganale della Commissione e ogni anno al comitato misto di cooperazione doganale. Articolo 7 Il presente accordo entra in vigore all'atto della firma con cui le parti esprimono il proprio consenso ad essere vincolate. Se non è firmato lo stesso giorno da entrambe le parti, l'accordo entra in vigore il giorno in cui è apposta la seconda firma. Hecho en Bruselas, el veintiocho de abril de dos mil cuatro. Udfærdiget i Bruxelles den otteogtyvende april to tusind og fire. Geschehen zu Brüssel am achtundzwanzigsten April zweitausendundvier. Έγινε στις Βρυξέλλες, στις είκοσι οκτώ Απριλίου δύο χιλιάδες τέσσερα. Done at Brussels on the twenty-eighth day of April in the year two thousand and four. Fait à Bruxelles, le vingt-huit avril deux mille quatre. Fatto a Bruxelles, addì ventotto aprile duemilaquattro. Gedaan te Brussel, de achtentwintigste april tweeduizendvier. Feito em Bruxelas, em vinte e oito de Abril de dois mil e quatro. Tehty Brysselissä kahdentenakymmenentenäkahdeksantena päivänä huhtikuuta vuonna kaksituhattaneljä. Som skedde i Bryssel den tjugoåttonde april tjugohundrafyra. Per la Comunità europea >RIFERIMENTO A UN GRAFICO> Per gli Stati uniti d'America >RIFERIMENTO A UN GRAFICO> ALLEGATO Allegato all'accordo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d'America volto a rafforzare e ad ampliare l'accordo CMAA estendendolo alla cooperazione in materia di sicurezza dei container e questioni connesse Per garantire che i controlli doganali generali sugli scambi internazionali tengano conto delle esigenze in materia di sicurezza, il gruppo di lavoro di cui all'articolo 5 dell'accordo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d'America volto a rafforzare e ad ampliare l'accordo CMAA estendendolo alla cooperazione in materia di sicurezza dei container e questioni connesse esamina e formula raccomandazioni sui punti relativi, tra l'altro, ai seguenti settori della cooperazione tra l' «US Customs and Border Protection» e le autorità doganali della Comunità: a) definizione di norme minime, in particolare in vista della partecipazione all'iniziativa per la sicurezza dei container, e raccomandazione di metodi che consentano di rispettarle; b) individuazione ed estensione dell'applicazione delle miglior pratiche in materia di controlli sulla sicurezza degli scambi internazionali, in particolare di quelle elaborate nell'ambito dell'iniziativa per la sicurezza dei container; c) definizione e applicazione, nei limiti del possibile, di norme sulle informazioni richieste per identificare le spedizioni ad alto rischio importate, trasbordate o in transito negli Stati Uniti d'America e nella Comunità; d) miglioramento e adozione, nei limiti del possibile, di norme che consentano di effettuare controlli mirati sulle spedizioni ad alto rischio, attraverso scambi di informazioni, utilizzazione di sistemi di ricerca automatizzata ed elaborazione di norme minime per le tecnologie di controllo e le metodologie per le indagini di sicurezza; e) miglioramento e adozione, nei limiti del possibile, di norme applicabili ai programmi di partenariato industriale destinate a migliorare la sicurezza della catena di fornitura e ad agevolare gli scambi legittimi; f) identificazione di modifiche regolamentari o legislative eventualmente necessarie per attuare le raccomandazioni del gruppo di lavoro; e g) esame del tipo di documenti e delle misure che possano consentire di continuare ad attuare la cooperazione doganale rafforzata e ampliata nei settori indicati nel presente allegato.
Sicurezza dei container: accordi tra l’UE e gli Stati Uniti QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo intende estendere l’accordo del 1997 sulla cooperazione doganale e la reciproca assistenza nel settore doganale (CMAA), inteso a sviluppare la cooperazione doganale in un ambito di applicazione il più ampio possibile tra la Comunità europea (oggi Unione europea) e gli Stati Uniti. Per garantire la sicurezza della catena di fornitura del commercio transatlantico, nell’ambito dell’accordo esteso l’Unione europea e gli Stati Uniti mirano a intensificare la cooperazione doganale per garantire che i controlli doganali generali tengano conto delle esigenze in materia di sicurezza. La decisione segna la conclusione dell’accordo per conto dell’Unione. PUNTI CHIAVE L’accordo prevede la tempestiva espansione dell’iniziativa per la sicurezza dei container (CSI) a tutti i porti della Comunità europea ove siano soddisfatti alcuni requisiti minimi. È volto a migliorare la sicurezza del carico su base reciproca per entrambe le parti garantendo nel contempo la parità di trattamento dei porti e degli operatori degli Stati Uniti e dell’Unione. L’accordo definisce, inoltre, un programma di lavoro per l’attuazione delle seguenti misure:l’elaborazione di norme per le tecniche di gestione dei rischi;le informazioni necessarie per individuare le spedizioni ad alto rischio importate dalle parti;programmi di partenariato industriale. Il coordinamento esterno delle norme di controllo doganale con gli Stati Uniti è necessario per garantire la sicurezza della catena di fornitura garantendo al tempo stesso la continuità degli scambi legittimi dei container. Le autorità doganali del paese importatore collaborano con le autorità doganali che intervengono nelle prime fasi della catena di fornitura. Ciò al fine di utilizzare informazioni tempestive e tecnologie di controllo che consentano di effettuare controlli mirati sui container ad alto rischio prima che questi lascino il porto o il luogo in cui viene effettuato il carico o il trasbordo. È essenziale garantire che i porti comunitari possano partecipare alla CSI in base a principi uniformi. Nei porti americani si dovrebbe inoltre promuovere l’applicazione di norme comparabili. Per ampliare e intensificare la cooperazione doganale tra le parti è stata introdotta una procedura di consultazione. I paesi dell’Unione che prevedono di negoziare intese con gli Stati Uniti nei settori coperti dall’accordo CMAA ampliato devono consultare la Commissione europea e gli altri paesi dell’Unione anticipatamente oltre a condividere le informazioni e garantire che le intese concordate rispettino i trattati dell’Unione e le politiche e il CMAA ampliato. Se la Commissione ritiene che l’intesa che un paese dell’Unione intende concludere con gli USA sia incompatibile con l’accordo ne informa il paese dell’Unione. In modo simile, il paese dell’Unione viene informato quando una questione deve essere trattata nel quadro dell’accordo CMAA ampliato. Il comitato misto di cooperazione doganale cerca forma e contenuto appropriati per documenti e/o misure che consentano di continuare ad attuare la cooperazione doganale rafforzata e ampliata nell’ambito del presente accordo. L’accordo istituisce un gruppo di lavoro, costituito dai rappresentanti delle autorità doganali degli Stati Uniti e assistito dai paesi dell’Unione interessati. Esso riferisce periodicamente al comitato misto di cooperazione doganale, all’US Customs and Border Protection e alla Commissione. Esso ha il compito di esaminare e formulare raccomandazioni in aree quali:la definizione di norme minime e la raccomandazione di metodi che consentano di rispettarle;l’individuazione e l’estensione dell’applicazione delle migliori pratiche in materia di controlli sulla sicurezza degli scambi internazionali, in particolare di quelle elaborate nell’ambito dell’iniziativa per la sicurezza dei container;definizione di norme sulle informazioni richieste per identificare e monitorare le spedizioni ad alto rischio importate, trasbordate o in transito negli Stati Uniti e nell’Unione;miglioramento e adozione di norme che consentano di effettuare controlli mirati sulle spedizioni ad alto rischio ed elaborazione di norme minime per le tecnologie di controllo e le metodologie per le indagini di sicurezza;miglioramento e adozione di norme applicabili ai programmi di partenariato industriale destinate a migliorare la sicurezza della catena di fornitura e ad agevolare gli scambi legittimi;identificazione di modifiche regolamentari o legislative eventualmente necessarie per attuare le raccomandazioni;esame del tipo di documenti e delle misure che possano consentire di continuare ad attuare la cooperazione doganale rafforzata e ampliata nei settori indicati nell’allegato all’accordo. Nel 2004, l’Unione e gli Stati Uniti hanno adottato, tramite il comitato misto di cooperazione doganale, raccomandazioni sul rafforzamento della sicurezza del trasporto marittimo di container nell’ambito dell’accordo. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 28 aprile 2004. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Accordi di assistenza amministrativa reciproca e cooperazione doganale internazionale (Commissione europea). DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione 2004/634/CE del Consiglio, del 30 marzo 2004, relativa alla conclusione dell’accordo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d’America volto a rafforzare e ad ampliare l’accordo di cooperazione e reciproca assistenza nel settore doganale estendendolo alla cooperazione in materia di sicurezza dei container e questioni connesse (GU L 304 del 30.9.2004, pag. 32). Accordo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d’America volto a rafforzare e ad ampliare l’accordo di cooperazione e reciproca assistenza nel settore doganale estendendolo alla cooperazione in materia di sicurezza dei container e questioni connesse (GU L 304 del 30.9.2004, pag. 34). DOCUMENTI COLLEGATI Decisione 97/541/CE del Consiglio, del 21 maggio 1997, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione e di assistenza reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e il Canada (GU L 222 del 12.8.1997, pag. 16). Accordo di cooperazione e di assistenza reciproca nel settore doganale tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d’America (GU L 222 del 12.8.1997, pag. 17).
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31983L0182
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Direttiva 83/182/CEE del Consiglio del 28 marzo 1983 relativa alle franchigie fiscali applicabili all'interno della Comunità in materia d'importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto Gazzetta ufficiale n. L 105 del 23/04/1983 pag. 0059 - 0063 edizione speciale finlandese: capitolo 9 tomo 1 pag. 0112 edizione speciale spagnola: capitolo 09 tomo 1 pag. 0156 edizione speciale svedese/ capitolo 9 tomo 1 pag. 0112 edizione speciale portoghese: capitolo 09 tomo 1 pag. 0156 ++++DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 28 marzo 1983 relativa alle franchigie fiscali applicabili all ' interno della Comunità in materia d ' importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto ( 83/182/CEE ) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE , visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea , in particolare l ' articolo 99 , vista la proposta della Commissione ( 1 ) , visto il parere del Parlamento europeo ( 2 ) , visto il parere del Comitato economico e sociale ( 3 ) , considerando che i regimi fiscali applicati all ' importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto ad uso privato o professionale sono di ostacolo alla libera circolazione dei residenti comunitari all ' interno della Comunità ; considerando che la soppressione degli ostacoli risultanti da questi regime fiscali è particolarmente necessaria ai fini della costituzione di un mercato economico che presenti caratteristiche analoghe a quelle di un mercato interno ; considerando che in taluni casi è necessario poter stabilire con certezza la qualità di residente di uno Stato membro ; considerando che è sembrato opportuno , in un primo tempo , limitare il campo di applicazione della presente direttiva , per taluni mezzi di trasporto , a quelli che sono stati acquistati o importati alle condizioni generali d ' imposizione del mercato interno di uno Stato membro , HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA : Articolo 1 Campo di applicazione 1 . Alle condizioni stabilite in appresso , gli Stati membri accordano , all ' atto dell ' importazione temporanea in provenienza da uno Stato membro di autoveicoli a motore - compresi i rimorchi - , roulottes da campeggio , imbarcazioni da diporto , aerei da turismo , velocipedi e cavalli da sella , una franchigia : - dalle imprese sulla cifra d ' affari , dalle accise e da ogni altra imposta sui consumi , - dalle tasse che figurano in allegato alla presente direttiva . 2 . La franchigia di cui al paragrafo 1 si applica del pari ai normali pezzi di ricambio , accessori e attrezzature importati con i mezzi di trasporto . 3 . Dalla franchigia di cui al paragrafo 1 sono esclusi i veicoli commerciali . 4 . a ) Il campo di applicazione della presente direttiva non comprende l ' importazione temporanea di veicoli di turismo , roulottes da campeggio , imbarcazioni da diporto , aerei da turismo e velocipedi per uso privato , non acquistati nù importati alle condizioni generali di imposizione del mercato interno di uno Stato membro e/o ai quali sia concesso , a titolo dell ' esportazione , un esonero o un rimborso di imposte sulla cifra d ' affari , accise o qualsiasi altra imposta di consumo . Per l ' applicazione della presente direttiva , sono considerati rispondenti alle condizioni generali di imposizione del mercato interno di uno Stato membro i mezzi di trasporto acquistati alle condizioni di cui all ' articolo 15 , punto 10 , della direttiva 77/388/CEE ( 4 ) ; tuttavia gli Stati membri possono ritenere non rispondenti a tali condizioni i mezzi di trasporto acquistati alle condizioni di cui al terzo trattino di detto punto . b ) Il Consiglio , che delibera all ' unanimità su proposta della Commissione , adotterà entro e non oltre il 31 dicembre 1985 le norme comunitarie per la concessione della franchigia ai mezzi di trasporto di cui alla lettera a ) , primo comma , tenendo conto della necessità di evitare doppie imposizioni e di garantire la tassazione normale e completa dei mezzi di trasporto per uno privato . Articolo 2 Definizioni Ai sensi della presente direttiva si intendono per : a ) « veicoli commerciali » , i veicoli stradali che , per il loro tipo di costruzione e l ' attrezzatura , sono atti e destinati al trasporto con o senza compenso : - di oltre nove persone , compreso il conducente , - di merci , nonchù i veicoli stradali per uso speciale diverso dal trasporto propriamente detto ; b ) « veicoli da turismo » , i veicoli stradali , compreso l ' eventuale rimorchio , diversi da quelli di cui alla lettera a ) ; c ) « uso professionale » di un mezzo di trasporto , l ' utilizzazione di tale mezzo di trasporto per l ' esercizio diretto di una attività retribuita o avente scopo di lucro ; d ) « uso privato » , ogni altro uso . Articolo 3 Importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto per uso privato È concessa una franchigia dalle imposte e tasse di cui all ' articolo 1 , per una durata continua o non continua non superiore a sei mesi per ogni periodo di dodici mesi , all ' atto dell ' importazione temporanea dei veicoli da turismo , delle roulottes da campeggio , delle imbarcazioni da diporto , degli aerei da turismo e dei velocipedi , alle seguenti condizioni : a ) il privato che importa i suddetti beni deve : aa ) avere la sua normale residenza in uno Stato membro diverso da quello dell ' importazione temporanea ; bb ) utilizzare i suddetti mezzi di trasporto per uso privato ; b ) i mezzi di trasporto non possono essere nù ceduti nù noleggiati nello Stato membro di importazione temporanea , nù prestati a residenti di questo Stato . Tuttavia , i veicoli da turismo appartenenti a un ' impresa di noleggio con sede sociale nella Comunità possono essere ridati a noleggio a un non residente , per essere riesportati , se si trovano nel paese in seguito all ' esecuzione di un contratto di noleggio che ha avuto termine in detto paese . Essi possono altresì essere riportati nello Stato membro in cui è iniziato il noleggio da un dipendente dell ' impresa di noleggio , anche se quest ' ultimo risiede nello Stato membro di importazione temporanea . Articolo 4 Importazione temporanea di veicoli da turismo per uso professionale 1 . È concessa una franchigia dalle imposte e tasse di cui all ' articolo 1 in caso di importazione di veicoli da turismo adibiti ad uso professionale , alle seguenti condizioni : a ) il privato che importa il veicolo da turismo : aa ) deve avere la sua normale residenza in uno Stato membro diverso da quello dell ' importazione temporanea ; bb ) non può utilizzare il veicolo all ' interno dello Stato membro d ' importazione temporanea per il trasporto di persone dietro remunerazione o altri vantaggi materiali , nù per il trasporto industriale o commerciale di merci con o senza remunerazione ; b ) il veicolo da turismo non può essere ceduto , noleggiato o prestato nello Stato membro d ' importazione temporanea ; c ) il veicolo da turismo deve essere stato acquistato , o importato , alle condizioni fiscali generali applicate sul mercato interno dello Stato membro in cui l ' utente risiede normalmente e non deve beneficiare , a titolo dell ' esportazione , di alcuna esenzione o di alcun rimborso di importe sulla cifra di affari , di accise o di altre importe sui consumi . Tale condizioni si presume osservata quando il veicolo è munito di una targa di immatricolazione di serie normale nello Stato membro d ' immatricolazione , esclusa ogni targa provvisoria . Tuttavia , per i veicoli da turismo immatricolati in uno Stato membro in cui il rilascio delle targhe di immatricolazione di serie normale non dipende dall ' osservanza delle condizioni fiscali generali applicate sul mercato interno , gli utenti devono provare con qualsiasi mezzo il pagamento delle imposte sui consumi . 2 . La franchigia di cui al paragrafo 1 avrà una durata continua o non continua - di sette mesi per ogni periodo di dodici mesi , in caso di importazione di un veicolo da turismo effettuata dai rappresentanti di commercio di cui all ' articolo 3 della direttiva 64/224/CEE ( 5 ) ; - di sei mesi , per ogni periodo di dodici mesi , in tutti gli altri casi . Articolo 5 Casi particolari di importazione temporanea di veicoli da turismo 1 . È concessa una franchigia dalle imposte e tasse di cui all ' articolo 1 all ' atto dell ' importazione temporanea di veicoli da turismo , nei seguenti casi : a ) in caso di utilizzazione di un veicolo da turismo immatricolato nel paese di normale residenza dell ' utente per il precorso effettuato regolarmente nel territorio di un altro Stato membro per recarsi dalla propria residenza al luogo di lavoro dell ' impresa e ritornare . Tale franchigia non è soggetta a nessun limite di durata ; b ) in caso di utilizzazione da parte di uno studente di un veicolo da turismo immatricolato nello Stato membri in cui egli risiede normalmente , nel territorio dello Stato membro in cui lo studente soggiorna all ' unico scopo di proseguirvi gli studi . 2 . La concessione delle franchigie di cui al paragrafo 1 è subordinata unicamente al rispetto delle condizioni previste dall ' articolo 4 , paragrafo 1 , lettere a ) , b ) e c ) . Articolo 6 Franchigia all ' importazione temporanea di cavalli da sella nel quadro del turismo a cavallo È concessa una franchigia dalle imposte e tasse di cui all ' articolo 1 per una durata di tre mesi , in ogni Stato membro , all ' atto dell ' importazione temporanea di cavalli da sella alle seguenti condizioni : a ) i cavalli da sella devono entrare nel territorio dello Stato membro d ' importazione temporanea allo scopo e/o nel corso di gite effettuate dai loro cavalieri . Gli Stati membri possono escludere dalla franchigia le importazioni di cavalli collocati a bordo di mezzi di trasporto , effettuate dai loro residenti ; b ) la franchigia deve essere richiesta al più tardi al momento dell ' entrata nel territorio dello Stato membro d ' importazione temporanea . Se la franchigia è richiesta prima dell ' importazione temporanea , il cavaliere può essere dispensato dall ' obbligo di entrare nel territorio dello Stato membro d ' importazione temporanea attraverso un posto di frontiera ; c ) i cavalli da sella non possono essere noleggiati nù prestati nù ceduti ad un terzo nello Stato membro d ' importazione temporanea , nù utilizzati per fini diversi dalla gita . Articolo 7 Norme generali per la determinazione della residenza 1 . Ai fini dell ' applicazione della presente direttiva , si intende per « residenza normale » il luogo in cui una persona dimora abitualmente , ossia durante almeno 185 giorni all ' anno , a motivo di legami personali e professionali oppure , nel caso di una persona senza legami professionali , a motivo di legami personali che rivelano l ' esistenza di una stretta correlazione tra la persona in questione e il luogo in cui abita . Tuttavia , nel caso di una persona i cui legami professionali siano risultati in un luogo diverso da quello dei suoi legami personali e che pertanto sia indotta a soggiornare alternativamente in luoghi diversi situati in due o più Stati membri , si presume che la residenza normale sia quella del luogo dei legami personali , purchù tale persona vi ritorni regolarmente . Questa condizione non è richiesta allorchù la persona effettua un soggiorno in uno Stato membro per l ' esecuzione di una missione di durata determinata . La frequenza di un ' università o di una scuola non implica il trasferimento della residenza normale . 2 . I privati forniscono le prove del luogo della loro residenza normale con tutti i mezzi , in particolare con la carta d ' identità , o mediante qualsiasi altro documento valido . Qualora la autorità competenti dello Stato membro d ' importazione abbiano dubbi circa la validità della dichiarazione della residenza normale effettuata in conformità del paragrafo 2 od anche ai fini di taluni controlli specifici , dette autorità possono chiedere qualsiasi elemento d ' informazione o prove supplementari . Articolo 8 Norme complementari per la determinazione della residenza in caso di uso professionale di un veicolo da turismo Nei casi eccezionali in cui , malgrado le ulteriori informazioni di cui all ' articolo 7 , paragrafo 3 , fornite all ' autorità competente dello Stato membro di importazione , sussistono ancora seri dubbi , l ' importazione temporanea di un veicolo da turismo per uso professionali può essere sottoposta al versamento di una cauzione . Tuttavia , se l ' utente del veicolo fornisce la prova che ha la normale residenza in un altro Stato membro , l ' autorità dello Stato membro di importazione temporanea ha l ' obbligo di rimborsare la cauzione entro due mesi a decorrere dalla presentazione della suddetta prova . Articolo 9 Regimi speciali 1 . Gli Stati membri hanno facoltà di mantenere in vigore e/o di prevedere regimi più favorevoli di quelli contemplati dalla presente direttiva . Essi hanno in particolare facoltà di permettere , su richiesta dell ' importazione , l ' importazione temporanea per periodo più lunghi di quelli di cui all ' articolo 3 e all ' articolo 4 , paragrafo 2 . In quest ' ultimo caso , gli Stati membri possono riscuotere le tasse elencate nell ' allegato della presente direttiva per i periodi superiori a quelli previsti dalla presente direttiva . Gli Stati membri possono consentire di noleggiare a un residente dello Stato membro d ' importazione i veicoli da turismo di cui all ' articolo 3 , lettera b ) , seconda frase , per essere riesportati . 2 . In nessun caso , gli Stati membri possono applicare , in virtù della presente direttiva , franchigie fiscali all ' interno della Comunità meno favorevoli di quelle che concederebbero ai mezzi di trasporto proveniente da un paese terzo . 3 . Per quanto riguarda la residenza normale , il Regno di Danimarca è autorizzato a mantenere le sue norme vigenti in base alle quali si presume che ogni persona , anche se studente , nel caso dell ' articolo 5 , paragrafo 1 , lettera b ) , abbia la propria residenza normale in Danimarca se vi rimane almeno un anno o 365 giorni in un periodo di ventiquattro mesi . Tuttavia , per evitare una doppia imposizione : - quando l ' applicazione di dette norme porti a ritenere che una persona abbia due residenze , la residenza normale di questa persona è situata nel luogo in cui dimorano il suo coniuge e i suoi figli ; - nei casi analoghi il Regno di Danimarca si concerta con l ' altro Stato membro interessato per stabilire quale delle due residenze deve essere presa in considerazione per l ' imposizione . Prima dello scadere di un periodo di tre anni , il Consiglio , in base a una relazione della Commissione , procederà a un riesame della deroga prevista dal presente paragrafo e , se necessario , adotterà le misure necessarie per assicurarne la soppressione , su proposta della Commissione sulla base dell ' articolo 99 del trattato . 4 . Gli Stati membri notificano alla Commissione i regimi di cui al paragrafo 1 al momento in cui adempiono agli obblighi di cui all ' articolo 10 . La Commissione comunica successivamente tali regimi agli altri Stati membri . Articolo 10 Disposizioni finali 1 . Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative , regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1° gennaio 1984 . Essi ne informano immediatamente la Commissione . 2 . Quando l ' applicazione pratica delle disposizioni della presente direttiva pone difficoltà , le autorità competenti degli Stati membri interessati adottano di comune accordo le decisioni necessarie , tenendo conto in particolare delle convenzioni e delle direttive comunitarie in materia di reciproca assistenza . 3 . Gli Stati membri provvedono a comunicare alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva . 4 . La Commissione , previa consultazione degli Stati membri , presenta ogni due anni al Consiglio e al Parlamento europeo una relazione sull ' applicazione della presente direttiva negli Stati membri , segnatamente per quanto riguarda la nozione di « residenza normale » , e propone se del caso le disposizioni comunitarie necessarie per giungere all ' instaurazione di un sistema uniforme in tutti gli Stati membri . Articolo 11 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva . Fatto a Bruxelles , addì 18 marzo 1983 . Per il Consiglio Il Presidente J . ERTL ( 1 ) GU n . C 267 del 21 . 11 . 1975 , pag . 8 . ( 2 ) GU n . C 53 dell ' 8 . 3 . 1976 , pag . 37 . ( 3 ) GU n . C 131 del 12 . 6 . 1976 , pag . 50 . ( 4 ) GU n . L 145 del 13 . 6 . 1977 , pag . 1 . ( 5 ) GU n . 56 del 4 . 4 . 1964 , pag . 869/64 . ALLEGATO Elenco delle tasse di cui all ' articolo 1 , paragrafo 1 , secondo trattino BELGIO : Il presente testo è disponibile in francese e olandese DANIMARCA : Il presente testo è disponibile in danese olandese REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA : Il presente testo è disponibile in tedesco GRECIA : Il presente testo è disponibile in greco FRANCIA : Il presente testo è disponibile in francese IRLANDA : Il presente testo è disponibile in inglese ITALIA : - Tassa sulla circolazione degli autoveicoli ( TU delle leggi sulle tasse automobilistiche approvato con DPR n . 39 del 5 febbraio 1953 e successive modificazioni ) LUSSEMBURGO : Il presente testo è disponibile in francese PAESI BASSI : Il presente testo è disponibile in olandese REGNO UNITO : Il presente testo è disponibile in inglese
Franchigie fiscali: importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Mira a eliminare le barriere fiscali all’importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto all’interno dell’UE attraverso l’armonizzazione dei regimi fiscali nazionali. PUNTI CHIAVE La direttiva accorda una franchigia dalle imposte sulla cifra d’affari, dalle accise, da ogni altra imposta sui consumi e dalle tasse che figurano in allegato alla direttiva all’atto dell’importazione temporanea in provenienza da un altro paese dell’UE di:vari mezzi di trasporto acquistati o importati alle condizioni generali di imposizione in vigore nel mercato interno di un paese dell’UE:autoveicoli a motore (compresi i rimorchi),roulottes da campeggio,imbarcazioni da diporto,aerei da turismo,bicicli,tricicli,cavalli da sella nel quadro del turismo a cavallo, normali pezzi di ricambio, accessori e attrezzature importati con tali mezzi di trasporto. Come norma generale, è concessa una franchigia all’atto dell’importazione temporanea di tali mezzi di trasporto per uso privato, purché il privato che li importa abbia la sua normale residenza in un paese diverso da quello dell’importazione, per una durata di almeno sei mesi per ogni periodo di dodici mesi. I veicoli commerciali (veicoli destinati al trasporto di merci e di oltre nove passeggeri) sono esclusi dalla franchigia. I mezzi di trasporto non possono essere né ceduti, né noleggiati, né prestati nel paese dell’UE di importazione temporanea. In casi eccezionali, l’importazione temporanea di un’autovettura per uso professionale può essere sottoposta al versamento di una cauzione. Vi sono norme specifiche per determinati casi di importazione temporanea di autovetture, che riguardano i privati che lavorano o studiano in un paese dell’UE diverso da quello della loro normale residenza. I paesi dell’UE hanno facoltà di mantenere in vigore o di prevedere regimi di franchigia più favorevoli di quelli contemplati dalla direttiva. La direttiva è stata aggiornata più volte per tener conto dell’allargamento e includere un maggior numero di paesi. DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 31 marzo 1983 e doveva essere recepita dalle legislazioni nazionali dei paesi dell’UE entro il 1° gennaio 1984. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 83/182/CEE del Consiglio, del 28 marzo 1983, relativa alle franchigie fiscali applicabili all’interno della Comunità in materia d’importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto (GU L 105 del 23.4.1983, pag. 59-63) Modifiche successive alla direttiva 83/182/CEE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
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