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98/561/CE: Raccomandazione del Consiglio del 24 settembre 1998 sulla cooperazione in materia di garanzia della qualità nell'istruzione superiore Gazzetta ufficiale n. L 270 del 07/10/1998 pag. 0056 - 0059 RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO del 24 settembre 1998 sulla cooperazione in materia di garanzia della qualità nell'istruzione superiore (98/561/CE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 126 e 127,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Comitato economico e sociale (1),visto il parere del Comitato delle regioni (2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 C del trattato (3),(1) considerando che tutti gli Stati membri hanno l'obiettivo di garantire la qualità dell'istruzione e della formazione e che la Comunità è invitata a contribuire a questo sforzo permanente incoraggiando la cooperazione fra gli Stati membri e, se necessario, sostenendone e completandone l'azione, nel pieno rispetto della responsabilità di questi ultimi per quanto riguarda il contenuto dell'istruzione e l'organizzazione dei sistemi d'istruzione e di formazione, nonché della loro diversità culturale e linguistica;(2) considerando che, nelle sue conclusioni del 25 novembre 1991 (4), il Consiglio ha indicato che il miglioramento della qualità dell'istruzione superiore è una preoccupazione condivisa da tutti gli Stati membri e da tutti gli istituti di istruzione superiore della Comunità europea; che, tenuto conto della diversità dei metodi utilizzati su scala nazionale, l'esperienza accumulata sul piano nazionale potrebbe essere completata dall'esperienza europea, acquisita in particolare nel quadro di progetti pilota volti ad avviare una cooperazione in questo campo o a rafforzare la cooperazione esistente;(3) considerando che le risposte al memorandum della Commissione sull'istruzione superiore sottolineano fra l'altro che la qualità dovrebbe essere garantita a tutti i livelli e in tutti i settori e che gli istituti dovrebbero differenziarsi soltanto per gli obiettivi; i metodi e la domanda di formazione; che in generale viene considerata positivamente l'introduzione di metodi efficaci e condivisibili di valutazione della qualità che tengano conto delle esperienze europee e internazionali e della possibilità di cooperazione;(4) considerando che uno studio realizzato dalla Commissione sulla situazione in materia di valutazione della qualità negli Stati membri ha rivelato che i nuovi sistemi di valutazione della qualità comportano taluni elementi comuni; che i due progetti pilota realizzati successivamente si basavano su un tronco comune di elementi dei sistemi nazionali esistenti; che essi hanno messo tale metodo comune alla prova con successo, dimostrando che l'insieme degli attori in questo campo desidererebbe vivamente proseguire gli scambi di esperienze che attestano la diversità delle culture nazionali sotto il profilo della valutazione nonché l'importanza della garanzia della qualità in generale;(5) considerando che, vista la grande diversità dei sistemi di istruzione nella Comunità, la definizione del termine «istituto di istruzione superiore» utilizzata nella presente raccomandazione comprende tutti i tipi di istituti che conferiscono qualifiche o titoli di tale livello, indipendentemente dalla loro denominazione negli Stati membri; che tale definizione è usata nella decisione che istituisce il programma Socrates;(6) considerando che gli istituti di istruzione superiore devono soddisfare i nuovi bisogni educativi e sociali di una «società conoscitiva» mondiale, e gli sviluppi che ad essa conseguono; che, di conseguenza, essi devono sforzarsi di migliorare le qualità richieste ai servizi da loro proposti mettendo a punto, se del caso, nuove iniziative (individualmente o grazie alla collaborazione nel quadro di associazioni a livello di istruzione superiore), volte ad accrescere la qualità dell'insegnamento e dell'apprendimento;(7) considerando che i cambiamenti tecnologici ed economici, nonché le loro conseguenze per il mercato del lavoro, comportano nuove sfide per gli studi di istruzione superiore e che, da un lato, le sfide risultanti dall'apertura del mercato mondiale e, dall'altro, l'afflusso sempre crescente di studenti verso gli istituti di istruzione superiore pongono gli Stati membri davanti alla necessità di organizzare i rispettivi sistemi d'istruzione superiore e il rapporto di questi ultimi con lo Stato e la società nel rispetto delle norme accademiche esistenti, degli obiettivi della formazione, degli standard qualitativi, dell'autonomia e/o dell'indipendenza a seconda delle strutture pertinenti di ciascuno Stato membro degli istituti di istruzione superiore, tenendo altresì presente la necessità di rendere conto al pubblico e di informarlo;(8) considerando che la discussione sulla comunicazione della Commissione del 13 febbraio 1994 ha dimostrato che i sistemi di garanzia della qualità potrebbero contribuire al reciproco riconoscimento delle qualifiche accademiche e professionali a livello comunitario;(9) considerando che il libro bianco della Commissione «Crescita, competitività e occupazione», il libro bianco «Insegnare e apprendere. Verso la società conoscitiva» nonché il libro verde «Istruzione, formazione, ricerca - Gli ostacoli alla mobilità transnazionale» rilevano l'importanza di un'istruzione di qualità per l'occupazione e la crescita nell'ambito della Comunità e per la sua competitività a livello mondiale; che questi documenti mettono in evidenza il nesso esistente tra le funzioni sociali e culturali dell'istruzione e della formazione, da un lato, e le loro funzioni economiche, dall'altro, e dunque il carattere poliedrico del concetto di qualità; che emerge chiaramente che ai fini della mobilità transnazionale occorrono sistemi di istruzione trasparenti;(10) considerando che l'incentivazione della mobilità è uno degli obiettivi della cooperazione comunitaria nei settori dell'istruzione e della formazione; che il libro verde della Commissione «Istruzione, formazione, ricerca - Gli ostacoli alla mobilità transnazionale» analizza i principali ostacoli giuridici, amministrativi e pratici con cui debbono confrontarsi gli studenti che intendano studiare in un altro Stato membro, propone misure per migliorare la mobilità e sottolinea che questo tipo di mobilità giova ad un'istruzione di elevata qualità che offra alle persone la possibilità di competere a livello internazionale e di profittare della libera circolazione nella Comunità;(11) considerando che le dimensioni, la struttura e il finanziamento dei sistemi di istruzione superiore negli Stati membri sono diversi e che le loro finalità continueranno ad evolvere; che in taluni Stati membri il sistema di istruzione superiore include università e altri istituti di istruzione superiore, spesso a indirizzo professionale; che il concetto, la portata e i metodi di valutazione della qualità saranno definiti dagli Stati membri e resteranno flessibili e modulabili a seconda delle nuove circostanze e/o strutture;(12) considerando le responsabilità esclusive degli Stati membri in materia di organizzazione e struttura dei rispettivi sistemi di istruzione superiore e i loro vincoli di bilancio nonché l'autonomia e/o l'indipendenza, a seconda delle strutture competenti di ciascuno Stato membro, degli istituti di istruzione superiore,I. RACCOMANDA agli Stati membri:A. di sostenere e, se del caso, istituire sistemi trasparenti di valutazione della qualità, al fine di:- salvaguardare la qualità dell'istruzione superiore nelle condizioni economiche, sociali e culturali specifiche di ogni paese, tenendo conto della dimensione europea e della rapida evoluzione del mondo;- incoraggiare ed aiutare gli istituti di istruzione superiore a basarsi su misure appropriate e in particolare sulla valutazione per migliorare la qualità dell'insegnamento e dell'apprendimento in un mondo in rapida evoluzione nonché della formazione alla ricerca, altro campo importante della loro missione;- promuovere gli scambi reciproci di informazioni per quanto riguarda la qualità e la garanzia della qualità a livello comunitario e mondiale e incoraggiare la cooperazione tra gli istituti di istruzione superiore in questo settore;B. di basare i sistemi di valutazione della qualità sui seguenti elementi, illustrati nell'allegato:- autonomia e/o indipendenza, a seconda delle strutture competenti ciascuno Stato membro, degli organismi incaricati della valutazione della qualità nella scelta delle procedure e dei metodi;- adeguamento delle procedure e dei metodi di valutazione della qualità al profilo e alla missione degli istituti di istruzione superiore, nel rispetto della loro autonomia, e/o indipendenza, a seconda delle strutture competenti di ciascuno Stato membro;- utilizzazione, in funzione degli obiettivi, di elementi di valutazione interna e/o esterna della qualità adattati alle procedure e ai metodi utilizzati;- partecipazione delle varie parti interessate a seconda dell'oggetto della valutazione;- pubblicazione dei risultati della valutazione in una forma adeguata a ciascuno Stato membro;C. di incoraggiare, se necessario, gli istituti d'istruzione superiore, in cooperazione con le strutture competenti degli Stati membri, ad adottare le misure di controllo adeguate;D. di invitare le autorità competenti e gli istituti di istruzione superiore ad annettere particolare importanza allo scambio di esperienze e alla cooperazione in materia di valutazione della qualità con gli altri Stati membri, nonché con le organizzazioni e le associazioni internazionali che operano nel settore dell'istruzione superiore;E. di promuovere una cooperazione tra le autorità responsabili della valutazione o della garanzia della qualità nell'istruzione superiore e di favorire il loro inserimento in rete.Questa cooperazione potrebbe riguardare, del tutto o in parte, i seguenti aspetti:a) favorire e potenziare lo scambio di informazioni e di esperienze, in particolare per quanto attiene gli sviluppi metodologici e agli esempi di buone prassi;b) rispondere alle richieste di valutazione e consulenza delle autorità interessate degli Stati membri;c) sostenere gli istituti di istruzione superiore che desiderano cooperare, su base transnazionale, in materia di valutazione;d) favorire i contatti con esperti internazionali.Nel perseguimento di tali obiettivi, dovrebbe essere preso in considerazione il nesso che si stabilisce tra la valutazione della qualità e altre attività comunitarie, in particolare quelle esistenti nel quadro dei programmi Socrates e Leonardo da Vinci, nonché l'«acquis» comunitario nel settore del riconoscimento delle qualifiche a fini professionali.II. RACCOMANDA:alla Commissione di adoperarsi, in stretta cooperazione con gli Stati membri, sulla base dei programmi esistenti e secondo gli obiettivi e le procedure abituali; aperte e trasparenti di tali programmi, per favorire la cooperazione di cui al punto I.E tra le autorità responsabili in materia di valutazione e garanzia della qualità nell'istruzione superiore e per integrarvi le organizzazioni e associazioni di istituti di istruzione superiore a vocazione europea che posseggano l'esperienza richiesta nel campo della valutazione e della garanzia della qualità.III. INVITA:la Commissione a presentare ogni tre anni, al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni relazioni sui progressi compiuti per quanto riguarda lo sviluppo dei sistemi di valutazione della qualità nei vari Stati membri, sulle attività di cooperazione a livello europeo in tale campo, compresi i progressi compiuti in merito ai suddetti obiettivi.Fatto a Bruxelles, addì 24 settembre 1998.Per il ConsiglioIl PresidenteJ. FARNLEITNER(1) GU C 19 del 21. 1. 1998, pag. 39.(2) GU C 64 del 27. 2. 1998, pag. 63.(3) Parere espresso dal Parlamento europeo del 18 novembre 1997 (GU C 371 dell'8. 12. 1997, pag. 33), posizione comune del Consiglio del 26 febbraio 1998 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Parlamento europeo del 28 maggio 1998 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(4) GU C 321 del 12. 12. 1991, pag. 2.ALLEGATO Elementi indicativi della valutazione della qualità Gli elementi menzionati in appresso sono comuni ai sistemi di valutazione esistenti in Europa. I progetti pilota europei per la valutazione della qualità nell'istruzione superiore hanno dimostrato che tutti gli attori che operano in tale settore possono trarre giovamento dallo studio di questi elementi.L'autonomia e/o l'indipendenza, a seconda delle strutture pertinenti di ciascuno Stato membro, dell'organismo incaricato della valutazione della qualità (sul piano delle procedure e dei metodi) possono contribuire all'efficacia delle procedure di valutazione e all'accettazione dei loro risultati.I criteri per la valutazione della qualità sono strettamente legati agli obiettivi assegnati a ciascun istituto in considerazione dei bisogni della società e del mercato del lavoro; le varie procedure di valutazione implicano dunque necessariamente che si tenga conto della specificità dell'istituto. La conoscenza degli obiettivi istituzionali, sia a livello dell'istituto nel suo insieme, che di un dipartimento o di una sola unità, è essenziale a tal fine.Le procedure di valutazione della qualità dovrebbero comportare, di norma, un elemento interno di autoriflessione e un elemento esterno basato sul parere di esperti esterni.L'elemento interno di autoriflessione dovrebbe puntare alla partecipazione di tutti gli attori, in particolare il corpo insegnante e, se del caso, gli amministratori responsabili dell'orientamento accademico e professionale, nonché gli studenti. L'elemento esterno dovrebbe essere un processo di cooperazione, di consultazione e di consulenza fra esperti indipendenti esterni ed attori appartenenti all'istituto in questione.In funzione degli obiettivi e dei criteri utilizzati nella procedura di valutazione nonché delle strutture dell'istruzione superiore degli Stati membri, le associazioni professionali, le parti sociali e gli ex studenti potrebbero essere rappresentati nei gruppi di esperti.Sarebbe auspicabile che esperti stranieri partecipassero alle procedure, al fine di favorire lo scambio delle esperienze acquisite in altri paesi.Le relazioni sui risultati delle procedure di valutazione della qualità dovrebbero essere pubblicate in una forma adeguata a ciascuno Stato membro e costituire un materiale di riferimento utile per i partner e per l'informazione dei cittadini in generale.
Qualità nell’istruzione superiore L’Europa è leader mondiale per quanto riguarda l’istruzione. Per mantenere tale posizione di avanguardia, i ministri europei dell’Istruzione hanno raccomandato l’introduzione di valutazioni della qualità e di meccanismi di certificazione della qualità nei sistemi di istruzione superiore. ATTO Raccomandazione del Consiglio 98/561/CE sulla cooperazione in materia di certificazione della qualità nell’istruzione superiore. SINTESI Nel 1998, i paesi dell’Unione europea (UE) si sono accordati per stabilire sistemi trasparenti di valutazione e di certificazione nel settore dell’istruzione superiore. Per salvaguardare e migliorare la qualità dell’istruzione superiore, tenendo conto delle condizioni di ogni paese, della dimensione europea e dei requisiti internazionali, questi sistemi devono integrare i seguenti elementi: autonomia e indipendenza degli organismi incaricati della valutazione e della certificazione della qualità; adeguamento delle procedure di valutazione a quelle previste dalle istituzioni scolastiche; valutazione interna ed esterna; coinvolgimento di tutte le parti interessate (insegnanti, amministratori, studenti, ex studenti, parti sociali, associazioni professionali, esperti stranieri); pubblicazione delle valutazioni. Nel 2006, una raccomandazione congiunta del Parlamento europeo e del Consiglio richiedeva l’ introduzione di sistemi interni di certificazione della qualità , in linea con gli standard e le linee guida adottate a Bergen nell’ambito del Processo di Bologna, oltre alla creazione di un registro europeo delle agenzie di certificazione della qualità (EQAR).La raccomandazione invitava gli Stati membri a consentire agli istituti d’istruzione superiore di scegliere un’agenzia di certificazione della qualità o accreditamento, tra quelle iscritte nel registro europeo, corrispondente alle loro necessità e alle loro caratteristiche, a condizione che questa fosse compatibile con la loro legislazione nazionale o consentita dalle loro autorità nazionali. Relazioni triennali Vengono redatte relazioni per monitorare i progressi in materia di certificazione della qualità negli istituti di istruzione superiore. Nonostante i progressi compiuti, sono state rilevate alcune mancanze. La relazione del 2014 evidenzia le lacune esistenti nel modo in cui la certificazione della qualità contribuisce alle riforme dell’istruzione superiore, come l’ampliamento dell’accesso, il rafforzamento dell’occupabilità e dell’internazionalizzazione o il miglioramento della formazione dottorale e delle strategie in materia di risorse umane. Per colmare queste lacune, la certificazione della qualità deve diventare un sostegno alla creazione di una cultura interna della qualità negli istituti di istruzione superiore e non essere una procedura puramente formale. È necessario un approccio settoriale alla certificazione della qualità che individui alcuni principi e orientamenti di base validi per tutti i settori e applicabili a tutte le qualifiche. Azioni pianificate Le azioni a favore di una migliore cooperazione europea in materia di certificazione della qualità per l’ apprendimento permanente comprendono: consultare le parti interessate sulla necessità e fattibilità di un rafforzamento della coerenza in materia di certificazione della qualità nei vari sottosettori dell’istruzione; revisione approfondita delle norme e degli indirizzi europei che si concentri sull’innalzamento degli standard qualitativi piuttosto che sugli aspetti procedurali, e che estenda il campo di applicazione; migliorare le sinergie tra gli strumenti esistenti: continuare a promuovere la trasparenza degli strumenti che sostengono la certificazione della qualità, quali l’EQF, l’ECTS, l’EQUAVET ed Europass; collaborare con gli Stati membri per incoraggiare un maggior numero di agenzie di certificazione della qualità a chiedere la registrazione nell’EQAR e per permettere alle agenzie straniere registrate nell’EQAR di operare nel quadro dei loro sistemi di istruzione superiore; promuovere la cooperazione in materia di certificazione della qualità a livello internazionale, mediante il dialogo politico con partner internazionali e al fine di porre le basi della costituzione di partenariati con gli istituti di istruzione superiore di tutto il mondo (tramite ERASMUS+). RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Raccomandazione 98/561/CE - - GU L 270 del 7.10.1998 ATTI COLLEGATI Raccomandazione 2006/143/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sul proseguimento della cooperazione europea in materia di certificazione della qualità nell’istruzione superiore [Gazzetta ufficiale L 64 del 4.3.2006]. Relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Relazione sui progressi in tema di certificazione della qualità nell’istruzione superiore [COM(2009)487 def. del 21.9.2009]. Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Relazione sui progressi in tema di certificazione della qualità nell’istruzione superiore [COM(2014) 29 final del 28.1.2014 - non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Conclusioni del Consiglio, del 20 maggio 2014, sulla certificazione della qualità a sostegno dell’istruzione e della formazione [Gazzetta ufficiale C 183 del 14.06.2014].
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Decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato Gazzetta ufficiale n. L 192 del 31/07/2003 pag. 0054 - 0056 Decisione quadro 2003/568/GAI del Consigliodel 22 luglio 2003relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privatoIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare gli articoli 29, 31, paragrafo 1, lettera e), e 34, paragrafo 2, lettera b),vista l'iniziativa del Regno di Danimarca(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) Insieme alla globalizzazione si è assistito negli ultimi anni ad un aumento degli scambi transfrontalieri di merci e servizi. Di conseguenza, i casi di corruzione nel settore privato all'interno di uno Stato membro non sono più soltanto un problema nazionale, ma anche un problema transnazionale, affrontato in maniera più efficace mediante un'azione comune a livello dell'Unione europea.(2) Il 27 settembre 1996 il Consiglio ha adottato un atto che stabilisce un protocollo della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee(3). Il protocollo, entrato in vigore il 17 ottobre 2002, contiene definizioni di sanzioni armonizzate per i reati di corruzione.(3) Il 26 maggio 1997 il Consiglio ha approvato una convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell'Unione europea(4).(4) Il 22 dicembre 1998 il Consiglio ha inoltre adottato l'azione comune 98/742/GAI sulla corruzione nel settore privato(5). Nel contesto dell'adozione di tale azione comune il Consiglio ha pubblicato una dichiarazione in cui si conveniva che l'azione comune rappresentava un primo passo a livello dell'Unione europea nella lotta contro questo tipo di corruzione e che alla luce dei risultati della valutazione prevista ai sensi dell'articolo 8, punto 2, dell'azione comune, ulteriori misure sarebbero state adottate in una fase successiva. Non è ancora disponibile una relazione sul recepimento dell'azione comune nelle rispettive legislazioni nazionali da parte dei singoli Stati membri.(5) Il 13 giugno 2002 il Consiglio ha adottato la decisione quadro 2002/584/GAI relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri(6), nella quale la corruzione è inclusa nell'elenco dei reati che rientrano nell'ambito d'applicazione del mandato d'arresto europeo, in relazione ai quali non è richiesta una verifica preliminare della doppia incriminazione.(6) Ai sensi dell'articolo 29 del trattato sull'Unione europea, l'obiettivo che l'Unione si prefigge è fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, un obiettivo da perseguire prevenendo e reprimendo la criminalità, organizzata o di altro tipo, inclusa la corruzione.(7) Conformemente al punto 48 delle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, la corruzione riveste particolare importanza nella definizione di regole minime su quanto costituisce un illecito penale negli Stati membri e sulle sanzioni applicabili.(8) Nella conferenza di negoziato del 21 novembre 1997 è stata approvata una convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione dei pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali, ed il Consiglio d'Europa ha inoltre approvato una convenzione penale sulla corruzione, che è stata aperta alla firma il 27 gennaio 1999. Quest'ultima convenzione è corredata di un accordo che istituisce il Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO). Sono inoltre stati avviati negoziati relativi ad una convenzione dell'ONU sulla lotta contro la corruzione.(9) Gli Stati membri annettono particolare importanza alla lotta contro la corruzione sia nel settore pubblico che in quello privato, poiché ritengono che la corruzione in entrambi tali settori costituisca una minaccia allo stato di diritto e inoltre generi distorsioni di concorrenza riguardo all'acquisizione di beni o servizi commerciali e ostacoli un corretto sviluppo economico. In tale contesto, gli Stati membri che non hanno ancora ratificato la convenzione dell'Unione europea del 26 maggio 1997 e la convenzione del Consiglio d'Europa del 27 gennaio 1999 devono trovare il modo di ratificarle al più presto.(10) L'obiettivo della presente decisione quadro è in particolare di garantire che sia la corruzione attiva sia quella passiva nel settore privato siano considerate illeciti penali in tutti gli Stati membri, che anche le persone giuridiche possano essere considerate colpevoli di tali reati e che le sanzioni siano effettive, proporzionate e dissuasive,HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE QUADRO:Articolo 1DefinizioniAi fini della presente decisione quadro si intende per:- "persona giuridica", qualsiasi ente così definito a norma del diritto nazionale applicabile, ad eccezione degli Stati o di altre istituzioni pubbliche nell'esercizio dei pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche,- "violazione di un dovere", ciò che è inteso come tale ai sensi del diritto nazionale. La nozione di violazione di un dovere nel diritto nazionale comune copre almeno qualsiasi comportamento sleale che costituisca una violazione di un'obbligazione legale o, se del caso, una violazione di normative professionali o di istruzioni professionali applicabili nell'ambito dell'attività di una "persona" che svolge funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un'entità del settore privato.Articolo 2Corruzione attiva e passiva nel settore privato1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le seguenti condotte intenzionali costituiscano un illecito penale allorché sono compiute nell'ambito di attività professionali:a) promettere, offrire o concedere, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura ad una persona, per essa stessa o per un terzo, che svolge funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un'entità del settore privato, affinché essa compia o ometta un atto in violazione di un dovere;b) sollecitare o ricevere, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura, oppure accettare la promessa di tale vantaggio, per sé o per un terzo, nello svolgimento di funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un'entità del settore privato, per compiere o per omettere un atto, in violazione di un dovere.2. Il paragrafo 1 si applica alle attività professionali svolte nell'ambito di entità a scopo di lucro e senza scopo di lucro.3. Uno Stato membro può dichiarare di volere limitare l'ambito di applicazione del paragrafo 1 alle condotte che comportano, o potrebbero comportare, distorsioni di concorrenza riguardo all'acquisizione di beni o servizi commerciali.4. Le dichiarazioni di cui al paragrafo 3 sono comunicate al Consiglio all'atto dell'adozione della presente decisione quadro e sono valide per cinque anni a decorrere dal 22 luglio 2005.5. Il Consiglio riesamina questo articolo in tempo utile anteriormente al 22 luglio 2010 onde valutare se sia possibile prorogare le dichiarazioni di cui al paragrafo 3.Articolo 3Istigazione e favoreggiamentoCiascuno Stato membro adotta le misure necessarie a fare sì che l'istigazione ai tipi di condotta di cui all'articolo 2 e il loro favoreggiamento siano puniti come reato.Articolo 4Sanzioni1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per assicurare che le condotte di cui agli articoli 2 e 3 siano passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive.2. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per assicurare che le condotte di cui all'articolo 2 siano passibili di pene privative della libertà di durata massima compresa almeno tra uno e tre anni.3. Ciascuno Stato membro adotta, in conformità con i propri principi e norme costituzionali, le misure necessarie per assicurare che, qualora una persona fisica collegata a una determinata attività commerciale abbia ricevuto una condanna per le condotte di cui all'articolo 2, essa sia temporaneamente interdetta, se del caso e perlomeno qualora occupasse una posizione dirigenziale in una società nell'ambito dell'azienda interessata, dall'esercizio di detta specifica attività commerciale o altra comparabile, in una posizione e in una capacità simili, se i fatti accertati danno motivo di ritenere che vi sia un chiaro rischio di abuso di posizione o abuso d'ufficio per corruzione attiva o passiva.Articolo 5Responsabilità delle persone giuridiche1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili degli illeciti di cui agli articoli 2 e 3 commessi a loro beneficio da qualsiasi persona, che agisca individualmente o in quanto parte di un organo della persona giuridica, la quale occupi una posizione dirigente in seno alla persona giuridica, basata:a) sul potere di rappresentanza di detta persona giuridica, ob) sul potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica, oc) sull'esercizio del controllo in seno a tale persona giuridica.2. Oltre ai casi di cui al paragrafo 1, ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili quando la carenza di sorveglianza o controllo da parte di uno dei soggetti di cui al paragrafo 1 abbia reso possibile la perpetrazione di un illecito del tipo menzionato agli articoli 2 e 3 a beneficio della persona giuridica da parte di una persona soggetta alla sua autorità.3. La responsabilità della persona giuridica ai sensi dei paragrafi 1 e 2 non esclude l'azione penale contro le persone fisiche che siano autori, istigatori o complici di un illecito del tipo menzionato agli articoli 2 e 3.Articolo 6Sanzioni per le persone giuridiche1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché la persona giuridica dichiarata responsabile ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1, sia passibile di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive comprendenti sanzioni pecuniarie di natura penale o non penale, ed eventualmente altre sanzioni, tra cui:a) l'esclusione dal godimento di un vantaggio o aiuto pubblico;b) il divieto temporaneo o permanente di esercitare un'attività commerciale;c) l'assoggettamento a sorveglianza giudiziaria od) provvedimenti giudiziari di liquidazione.2. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché la persona giuridica dichiarata responsabile ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 2, sia passibile di sanzioni o misure effettive, proporzionate e dissuasive.Articolo 7Competenza1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per definire la sua competenza per quanto riguarda gli illeciti di cui agli articoli 2 e 3 commessi:a) interamente o in parte nel suo territorio;b) da un suo cittadino, oc) a vantaggio di una persona giuridica la cui sede principale è situata nel territorio di detto Stato membro.2. Uno Stato membro può decidere di non applicare o di applicare solo in particolari casi o circostanze le norme di competenza di cui al paragrafo 1, lettere b) e c), allorché l'illecito è stato commesso al di fuori del suo territorio.3. Gli Stati membri che, in virtù delle loro legislazioni nazionali, non consegnano ancora i propri cittadini, adottano le misure necessarie per stabilire la propria competenza rispetto agli illeciti di cui agli articoli 2 e 3 commessi da loro cittadini al di fuori del territorio nazionale.4. Gli Stati membri che decidono di applicare il paragrafo 2 ne informano il segretariato generale e la Commissione e specificano, se necessario, per quali casi o circostanze specifici si applica la decisione.Articolo 8AbrogazioneL'azione comune 98/742/GAI è abrogata.Articolo 9Attuazione1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente decisione quadro anteriormente al 22 luglio 2005.2. Entro la stessa data gli Stati membri trasmettono al segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo delle disposizioni inerenti al recepimento nella legislazione nazionale degli obblighi imposti dalla presente decisione quadro. Sulla base di una relazione redatta a partire da tali informazioni e di una relazione scritta trasmessa dalla Commissione, il Consiglio esamina anteriormente al 22 ottobre 2005 in quale misura gli Stati membri si siano conformati alle disposizioni della presente decisione quadro.Articolo 10Applicazione territorialeLa presente decisione quadro si applica a Gibilterra.Articolo 11Entrata in vigoreLa presente decisione quadro entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Fatto a Bruxelles, addì 22 luglio 2003.Per il ConsiglioIl PresidenteG. Alemanno(1) GU C 184 del 2.8.2002, pag. 5.(2) Parere reso il 22.11.2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU C 313 del 23.10.1996, pag. 1.(4) GU C 195 del 25.6.1997, pag. 2.(5) GU L 358 del 31.12.1998, pag. 2.(6) GU L 190 del 18.7.2002, pag. 1.
Lotta contro la corruzione nel settore privato QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Essa criminalizza sia la corruzione attiva* sia la corruzione passiva* nel settore privato. Le persone giuridiche* possono essere ritenute responsabili di questi reati. Essa abroga l’azione comune 98/742/GAI. PUNTI CHIAVE Inclusione del concetto di corruzione nel diritto penale nazionaleGli Stati membri sono tenuti a includere tra gli illeciti penali commessi intenzionalmente nell’ambito dell’attività privata:la corruzione di una persona: promettere, offrire o concedere, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura ad una persona, per essa stessa o per un terzo, che svolge funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un’entità del settore privato, affinché essa compia o ometta un atto in violazione di un dovere*;la richiesta di un indebito vantaggio: sollecitare o ricevere, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura, oppure accettare la promessa di tale vantaggio, per sé o per un terzo, nello svolgimento di funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un’entità del settore privato, per compiere o per omettere un atto, in violazione di un dovere. Quanto sopra si applica alle attività professionali svolte nell’ambito di entità a scopo di lucro e senza scopo di lucro. All’atto dell’adozione, gli Stati membri erano in grado di limitare l’ambito di applicazione alle condotte che comportano, o potrebbero comportare, distorsioni di concorrenza riguardo all’acquisizione di beni o servizi commerciali. Tali limitazioni non sono più in vigore. Le limitazioni sono state in vigore per cinque anni a decorrere dal 22 luglio 2005. Gli Stati membri erano tenuti a dichiarare al Consiglio le modalità di azione all’atto dell’adozione di tale decisione. Entro il 22 luglio 2010, il Consiglio doveva riesaminare le dichiarazioni fatte dagli Stati membri in relazione a tali limitazioni.Responsabilità delle persone giuridiche e delle persone fisicheL’obiettivo della presente decisione è che possano essere considerate colpevoli non solo le persone fisiche, ad esempio i dipendenti, ma anche le persone giuridiche, ad esempio le imprese. Per quanto riguarda la responsabilità delle persone fisiche, gli Stati membri devono garantire che le condotte indicate siano passibili di pene privative della libertà di durata massima compresa almeno tra uno e tre anni. Ad esempio, se in uno Stato membro la condotta viene punita con una pena privativa della libertà fino a un anno, e in un altro fino a due anni, entrambi i casi soddisfano i criteri stabiliti dalla decisione quadro. Gli Stati membri possono inoltre applicare soglie legali più alte per il termine massimo di privazione della libertà. Il diritto a esercitare attività aziendali può essere temporaneamente sospeso. L’istigazione a commettere uno degli atti di cui sopra o la complicità o il tentativo di adottare tale condotta devono essere anch’essi puniti come illeciti. Le persone giuridiche possono essere dichiarate responsabili di illeciti che implicano corruzione se essi sono commessi a loro beneficio da qualsiasi persona fisica che agisca individualmente o che occupi una posizione dirigente in seno alla persona giuridica, sulla base dipotere di rappresentanza di detta persona giuridica;potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica;potere di esercitare il controllo in seno a tale persona giuridica. Le sanzioni per le persone giuridiche devono includere sanzioni di natura penale o non penale. Inoltre, gli Stati membri possono considerare l’esclusione dal godimento di un vantaggio o aiuto pubblico, il divieto temporaneo o permanente di esercitare un’attività commerciale ecc.Competenza giurisdizionale Ciascuno Stato membro è competente per quanto riguarda gli illeciti commessinel suo territorio; da un suo cittadino; a vantaggio di una persona giuridica la cui sede principale è situata nel territorio di detto Stato membro.La presente decisione quadro si applica a Gibilterra. La presente decisione è basata sulla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea nella causa C-176/03 sulla ripartizione delle competenze in materia di disposizioni penali tra la Commissione europea e il Consiglio. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? Gli Stati membri erano tenuti ad adottare le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della decisione entro il 22 luglio 2005. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Corruzione (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Corruzione attiva: dare una tangente a una persona affinché essa compia nell’esercizio dei propri doveri. Corruzione passiva: accettare tangenti. Persona giuridica: qualsiasi entità che sia tale in forza del diritto nazionale applicabile, ad eccezione degli Stati o di altre istituzioni pubbliche, che agisce nell’esercizio dei pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche. Violazione di un dovere: ciò che è inteso come tale ai sensi del diritto nazionale. La nozione di violazione di un dovere nel diritto nazionale comune copre almeno qualsiasi comportamento sleale che costituisca una violazione di un’obbligazione legale o, se del caso, una violazione di normative professionali o di istruzioni professionali. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato (GU L 192 del 31.7.2003, pag. 54). DOCUMENTI COLLEGATI Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio intesa a valutare l’adozione, da parte degli Stati membri, delle misure necessarie a garantire la conformità alla decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato [COM(2019) 355 final, del 26.7.2019].
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 14 maggio 2008 che istituisce una rete europea sulle migrazioni (2008/381/CE) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 66, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) Nel 2003 la Commissione ha deciso un’azione preparatoria triennale per istituire una rete europea sulle migrazioni («REM») nell’intento di fornire alla Comunità e ai suoi Stati membri dati oggettivi, affidabili e aggiornati sull’immigrazione. (2) Il Consiglio europeo di Salonicco del giugno 2003, vista l’importanza del monitoraggio e delle analisi del fenomeno pluridimensionale della migrazione, si è detto compiaciuto nelle sue conclusioni dell’istituzione della REM e ha dichiarato che avrebbe esaminato la possibilità di istituire in futuro una struttura permanente. (3) Il 4 novembre 2004 il Consiglio europeo ha approvato un programma pluriennale, inteso a rafforzare lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, il cosiddetto programma dell’Aia, che esorta a sviluppare la seconda fase di una politica comune in materia di asilo, migrazione, visti e frontiere iniziata il 1o maggio 2004, basata in particolare su una più stretta cooperazione pratica fra gli Stati membri e un migliore scambio di informazioni. Il programma dell’Aia riconosce che «L’attuale sviluppo della politica europea in materia di asilo e migrazione dovrebbe basarsi su un’analisi comune del fenomeno migratorio in tutti i suoi aspetti. È di massima importanza rafforzare la raccolta, la fornitura, lo scambio e l’utilizzo efficace di informazioni e dati aggiornati su tutti gli sviluppi migratori pertinenti.» (4) Per raccogliere il parere delle parti interessate sul futuro della REM, il 28 novembre 2005 la Commissione ha adottato un «Libro verde relativo al futuro della rete europea sulle migrazioni» che, unitamente ad una valutazione del funzionamento della REM nei primi anni del periodo preparatorio, ne ha anche esaminato aspetti come il mandato e la struttura futura. (5) Dalla consultazione pubblica è emerso che la maggioranza delle parti interessate è favorevole a proseguire e intensificare le attività della REM e a mantenerne l’obiettivo iniziale, vale a dire quello di fornire informazioni aggiornate, oggettive, affidabili e comparabili in materia di migrazione e asilo. È altresì emerso che la maggioranza delle parti interessate è favorevole a mantenere il legame della REM con la Commissione. (6) La REM dovrebbe evitare doppioni con le attività degli strumenti o delle strutture comunitarie esistenti il cui fine sia raccogliere e scambiare informazioni in materia di migrazione e asilo, rispetto alle quali dovrebbe apportare un valore aggiunto, specie grazie all’ampia gamma dei suoi compiti, all’importanza che attribuisce all’analisi, ai legami con i circuiti accademici e alla diffusione pubblica dei suoi lavori. (7) Fra gli strumenti e le strutture esistenti, il regolamento (CE) n. 862/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, relativo alle statistiche comunitarie in materia di migrazione e di protezione internazionale (2), costituisce un quadro di riferimento importante per il funzionamento della rete europea sulle migrazioni. Si dovrebbe prestare particolare attenzione all’utile lavoro svolto dal centro d’informazione, di riflessione e di scambi in materia di attraversamento delle frontiere e di immigrazione (CIRSFI) ed alle disposizioni della decisione 2005/267/CE del Consiglio, del 16 marzo 2005, relativa alla creazione sul web di una rete di informazione e coordinamento sicura per i servizi di gestione dell’immigrazione degli Stati membri (3). (8) Per raggiungere i suoi obiettivi la REM dovrebbe avere il sostegno di un «punto di contatto nazionale» in ciascuno Stato membro. È opportuno che le attività dei punti di contatto nazionali siano coordinate a livello comunitario dalla Commissione con l’assistenza di un fornitore di servizi che disponga delle competenze necessarie per organizzare le attività di routine della REM e relativo sistema di scambio di informazioni. (9) Perché i punti di contatto nazionali dispongano delle competenze necessarie per trattare le complesse questioni della migrazione e dell’asilo, è opportuno che siano composti di almeno tre esperti che, da soli o insieme, abbiano competenze nei seguenti settori: iter decisionale, diritto, ricerca e statistica. Tali esperti potrebbero provenire dalle amministrazioni degli Stati membri o da organizzazioni diverse. Ciascun punto di contatto nazionale dovrebbe inoltre possedere collettivamente adeguate competenze in informatica, nell’istituzione di schemi di collaborazione e di reti con altre organizzazioni e strutture nazionali, nonché nella collaborazione in un ambiente multilingue a livello europeo. (10) Ogni punto di contatto nazionale dovrebbe stabilire una rete nazionale sulle migrazioni composta da organizzazioni e soggetti attivi nel settore della migrazione e dell’asilo, fra cui università, istituti di ricerca e ricercatori, organizzazioni governative e non governative e organizzazioni internazionali, in modo da sentire tutte le parti interessate. (11) È opportuno che a impartire l’orientamento strategico della REM sia un «comitato direttivo», che contribuisca anche alla preparazione e all’approvazione del programma annuale di attività. (12) Per la più ampia divulgazione possibile delle informazioni da essa prodotte sotto forma di studi e rapporti, la REM dovrebbe avvalersi dei mezzi tecnologici più avanzati, compreso un apposito sito web. (13) Se necessario per realizzare i suoi scopi, la REM dovrebbe essere in grado di stabilire relazioni di cooperazione con altre strutture attive nel settore della migrazione e dell’asilo. Nello stabilire queste relazioni, occorrerebbe prestare particolare attenzione ad un buon livello di cooperazione con strutture in Danimarca, Islanda, Norvegia, Svizzera, nei paesi candidati all’adesione, nei paesi rientranti nella politica europea di vicinato e in Russia. (14) La REM dovrebbe essere cofinanziata con sovvenzioni della Commissione, conformemente al regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (4). (15) Con riguardo al sistema di scambio di informazioni della REM, è opportuno tenere conto della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (5), e del regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (6). (16) A norma dell’articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda, allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, il Regno Unito ha notificato che desidera partecipare all’adozione e all’applicazione della presente. (17) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda, allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, e fatto salvo l’articolo 4 di detto protocollo, l’Irlanda non partecipa all’adozione della presente decisione e non è vincolata da essa né è soggetta alla sua applicazione. (18) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all’adozione della presente decisione e non è vincolata da essa né è soggetta alla sua applicazione, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Oggetto e ambito d’applicazione 1. È istituita una rete europea sulle migrazioni («REM»). 2. L’obiettivo della REM è soddisfare l’esigenza di informazione delle istituzioni comunitarie e delle autorità e istituzioni degli Stati membri sulla migrazione e sull’asilo, fornendo al riguardo informazioni aggiornate, oggettive, affidabili e comparabili nell’intento di sostenere l’iter decisionale dell’Unione europea in questi settori. 3. La REM serve inoltre a fornire informazioni in materia ai cittadini. Articolo 2 Compiti 1. Per raggiungere l’obiettivo di cui all’articolo 1, la REM: a) raccoglie e scambia dati e informazioni aggiornati e affidabili provenienti da una vasta gamma di fonti; b) analizza i dati e le informazioni di cui alla lettera a) e li presenta in un formato facilmente accessibile; c) in collaborazione con altri organi competenti dell’UE contribuisce alla messa a punto di indicatori e criteri che migliorino la coerenza delle informazioni e favoriscano lo sviluppo delle attività comunitarie connesse alle statistiche migratorie; d) elabora e pubblica rapporti periodici sulla situazione della migrazione e dell’asilo nella Comunità e negli Stati membri; e) crea e mantiene un sistema di scambio di informazioni basato su Internet che permette di accedere a documenti e pubblicazioni pertinenti nel settore della migrazione e dell’asilo; f) si fa conoscere fornendo l’accesso alle informazioni che raccoglie e provvedendo alla diffusione dei propri lavori, a meno che tali informazioni abbiano carattere riservato; g) coordina le informazioni e coopera con altri organi competenti europei e internazionali. 2. La REM assicura che le sue attività siano coerenti e coordinate con i pertinenti strumenti e strutture comunitari nel settore della migrazione e dell’asilo. Articolo 3 Composizione La REM è composta: — dai «punti di contatto nazionali» designati dagli Stati membri, — dalla Commissione. Articolo 4 Comitato direttivo 1. La REM è diretta da un comitato direttivo composto da un rappresentante per Stato membro e un rappresentante della Commissione, assistito da due esperti scientifici. 2. Il rappresentante della Commissione presiede il comitato direttivo. 3. Ogni membro del comitato direttivo ha diritto ad un voto, compreso il presidente. Il comitato direttivo delibera a maggioranza dei due terzi dei voti espressi. 4. Alle riunioni del comitato direttivo un rappresentante del Parlamento europeo può partecipare in qualità di osservatore. 5. In particolare il comitato direttivo: a) contribuisce all’elaborazione e all’approvazione del programma annuale di attività della REM, fornendo anche un importo indicativo per il bilancio minimo e massimo di ciascun punto di contatto nazionale, tale da assicurare la copertura dei costi di base derivanti dal corretto funzionamento della rete, a norma dell’articolo 5, sulla base di un progetto del presidente; b) esamina i progressi della REM, formulando all’occorrenza raccomandazioni per le azioni necessarie; c) presenta, almeno una volta l’anno, un rapporto di sintesi sullo stato delle attività della REM e sulle conclusioni principali dei suoi studi al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Commissione, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni; d) individua le relazioni strategiche di cooperazione più appropriate con altre strutture competenti nel settore della migrazione e dell’asilo e approva, laddove necessario, le modalità amministrative di questa cooperazione, come previsto all’articolo 10; e) offre consulenza ai punti di contatto nazionali sulle modalità per migliorare il loro funzionamento e li aiuta a prendere gli opportuni provvedimenti qualora ravvisi persistenti lacune nell’operato di un punto di contatto nazionale che potrebbero avere ripercussioni negative sulle attività della REM. 6. Il comitato direttivo adotta il proprio regolamento interno e si riunisce, su convocazione del presidente, almeno due volte l’anno. Articolo 5 Punti di contatto nazionali 1. Ciascuno Stato membro designa una struttura che funge da suo punto di contatto nazionale. Per agevolare le attività della REM ed assicurare il raggiungimento dei suoi obiettivi, gli Stati membri, se del caso, tengono conto della necessità di un coordinamento tra il loro rappresentante nel comitato direttivo e il punto di contatto nazionale. 2. Il punto di contatto nazionale si compone di almeno tre esperti, uno dei quali funge da coordinatore nazionale ed è un funzionario o agente della struttura designata. Gli altri esperti possono provenire dalla struttura stessa ovvero da altre organizzazioni pubbliche o private nazionali e internazionali basate nello Stato membro. 3. Gli esperti di ciascun punto di contatto nazionale possiedono collettivamente competenze in materia di asilo e migrazione che riguardino anche aspetti attinenti all’iter decisionale, al diritto, alla ricerca e alla statistica. 4. Entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente decisione gli Stati membri informano la Commissione in merito agli esperti che compongono il loro punto di contatto nazionale e specificano come questi rispondano ai requisiti di cui al paragrafo 3. 5. I punti di contatto nazionali svolgono i compiti della REM a livello nazionale; in particolare, a) redigono rapporti nazionali, compresi i rapporti di cui all’articolo 9; b) contribuiscono con informazioni nazionali al sistema di scambio di informazioni di cui all’articolo 8; c) sviluppano la capacità di rivolgere richieste specifiche e di rispondere rapidamente a richieste analoghe degli altri punti di contatto nazionali; d) stabiliscono una rete nazionale sulle migrazioni composta da una molteplicità di organizzazioni e persone fisiche attive nel settore della migrazione e dell’asilo che rappresentano le parti interessate. Ai membri della rete nazionale sulle migrazioni può essere chiesto di contribuire alle attività della REM, con particolare riguardo agli articoli 8 e 9. 6. Gli esperti di ciascun punto di contatto nazionale si incontrano regolarmente per esaminarne i lavori, se del caso anche con i membri delle rispettive reti nazionali sulle migrazioni di cui al paragrafo 5, lettera d), e per scambiare informazioni sulle attività presenti e future. Articolo 6 Coordinamento 1. La Commissione coordina i lavori della REM, anche conformemente all’articolo 2, paragrafo 2, e si assicura che questi riflettano opportunamente le priorità politiche della Comunità nel settore della migrazione e dell’asilo. 2. Per organizzare i lavori della REM la Commissione è assistita da un fornitore di servizi selezionato in base a una procedura di appalto, il quale soddisfa i requisiti stabiliti nell’articolo 5, paragrafo 3 e ogni altro requisito pertinente definito dalla Commissione. 3. Sotto il controllo della Commissione, il fornitore di servizi svolge in particolare i seguenti compiti: a) organizza il funzionamento quotidiano della REM; b) istituisce e gestisce il sistema di scambio di informazioni di cui all’articolo 8; c) coordina il contributo dei punti di contatto nazionali; d) prepara le riunioni di cui all’articolo 7; e) prepara le raccolte e le sintesi dei rapporti e degli studi di cui all’articolo 9. 4. Previa consultazione dei punti di contatto nazionali e approvazione del comitato direttivo, la Commissione adotta, nei limiti dell’obiettivo generale e dei compiti definiti negli articoli 1 e 2, il programma annuale di attività della REM. Il programma specifica gli obiettivi e le priorità tematiche. La Commissione controlla l’esecuzione del programma annuale di attività e riferisce regolarmente al comitato direttivo circa l’esecuzione e lo sviluppo della REM. 5. In base alla consulenza fornita dal comitato direttivo ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 5, lettera e), la Commissione prende gli opportuni provvedimenti in base alle convenzioni di sovvenzione di cui al paragrafo 6 del presente articolo. 6. La Commissione determina, sulla base del programma annuale di attività della REM, gli importi indicativi disponibili per le sovvenzioni e i contratti, nell’ambito di una decisione di finanziamento a norma dell’articolo 75 del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002. 7. La Commissione eroga sovvenzioni di funzionamento ai punti di contatto nazionali che rispondono ai requisiti di cui all’articolo 5, paragrafi 2 e 3, sulla base delle singole domande di sovvenzione che avranno presentato. Il tasso massimo di cofinanziamento comunitario è fissato all’80 % del totale dei costi ammissibili. 8. Le sovvenzioni non hanno, in caso di rinnovo, carattere degressivo a norma dell’articolo 113, paragrafo 2 del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002. Articolo 7 Riunioni 1. La REM si riunisce di norma almeno cinque volte l’anno. 2. Ogni punto di contatto nazionale è rappresentato alle riunioni della REM da almeno uno dei suoi esperti. Al massimo tre esperti di ciascun punto di contatto nazionale partecipano alle riunioni. 3. Le riunioni della REM sono convocate e presiedute da un rappresentante della Commissione. 4. Obiettivo delle riunioni periodiche della REM è: a) permettere ai punti di contatto nazionali di scambiare conoscenze e esperienze, specie sul funzionamento della REM; b) esaminare i progressi dei lavori della REM, con particolare riguardo alla preparazione dei rapporti e degli studi di cui all’articolo 9; c) scambiare informazioni e pareri, in particolare sulla struttura, l’organizzazione, il contenuto delle informazioni disponibili di cui all’articolo 8, e il relativo accesso; d) fornire una piattaforma per discutere i problemi pratici e giuridici degli Stati membri nel settore della migrazione e dell’asilo, in particolare le richieste specifiche di cui all’articolo 5, paragrafo 5, lettera c); e) consultare i punti di contatto nazionali per l’elaborazione del programma annuale di attività della REM di cui all’articolo 6, paragrafo 4. 5. Possono essere invitati alle riunioni esperti e strutture che non siano membri della REM ma la cui presenza sia considerata auspicabile. Possono anche essere organizzate riunioni congiunte con altre reti o organizzazioni. 6. Ove le attività di cui al paragrafo 5 non siano previste nel programma annuale della REM, sono comunicate tempestivamente ai punti di contatto nazionali. Articolo 8 Sistema di scambio di informazioni 1. È istituito, a norma del presente articolo, un sistema di scambio di informazioni basato su Internet, accessibile mediante apposito sito Web. 2. Il contenuto del sistema di scambio di informazioni è di norma pubblico. Fatto salvo il regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (7), l’accesso alle informazioni riservate è limitato soltanto ai membri della REM. 3. Il sistema di scambio di informazioni comprende almeno i seguenti elementi: a) accesso alla legislazione comunitaria e nazionale, alla giurisprudenza e agli sviluppi delle politiche nei settori della migrazione e dell’asilo; b) una funzionalità per le richieste specifiche di cui all’articolo 5, paragrafo 5, lettera c); c) un glossario ed un thesaurus sulla migrazione e l’asilo; d) accesso diretto a tutte le pubblicazioni della REM, inclusi i rapporti e gli studi di cui all’articolo 9, e un notiziario periodico; e) un repertorio dei ricercatori e degli istituti di ricerca nel settore della migrazione e dell’asilo. 4. Ai fini dell’accesso alle informazioni citate al paragrafo 3, la REM può, all’occorrenza, aggiungere collegamenti verso altri siti nei quali figurino le informazioni originali. 5. L’apposito sito Web agevola l’accesso a iniziative analoghe di informazione pubblica in settori connessi e ai siti contenenti informazioni sulla situazione della migrazione e dell’asilo negli Stati membri e nei paesi terzi. Articolo 9 Rapporti e studi 1. Ciascun punto di contatto nazionale redige ogni anno un rapporto sulla situazione della migrazione e dell’asilo nei rispettivi Stati membri nel quale è contenuta una descrizione degli sviluppi delle politiche e dati statistici. 2. Nell’ambito del programma annuale di attività ogni punto di contatto nazionale elabora, sulla scorta di specifiche comuni, altri studi su aspetti specifici della migrazione e dell’asilo necessari per sostenere l’iter decisionale. Articolo 10 Cooperazione con altre strutture 1. La REM coopera con strutture degli Stati membri o dei paesi terzi, comprese le agenzie dell’UE e le organizzazioni internazionali, competenti in materia di migrazione e asilo. 2. Le modalità amministrative della cooperazione di cui al paragrafo 1, fra cui l’eventuale conclusione di accordi da parte della Commissione a nome della Comunità, sono subordinate all’approvazione del comitato direttivo. Articolo 11 Risorse di bilancio Le risorse di bilancio destinate alle azioni previste nella presente decisione sono iscritte negli stanziamenti annuali del bilancio generale dell’Unione europea. L’autorità di bilancio autorizza gli stanziamenti annuali disponibili entro i limiti del quadro finanziario. Articolo 12 Esecuzione del bilancio La Commissione attua il sostegno finanziario comunitario conformemente al regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio. Articolo 13 Riesame Entro tre anni dall’entrata in vigore della presente decisione, e successivamente ogni tre anni, la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni una relazione, basata su una valutazione esterna e indipendente, sullo sviluppo della REM. La relazione è corredata, se necessario, di proposte di modifica. Articolo 14 Pubblicazione e data di applicazione La presente decisione si applica a decorrere dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 15 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea. Fatto a Bruxelles, addì 14 maggio 2008. Per il Consiglio Il presidente A. BAJUK (1) Parere del 10 aprile 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) GU L 199, del 31.7.2007, pag. 23. (3) GU L 83 dell’1.4.2005, pag. 48. (4) GU L 248 del 16.9.2002, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1525/2007 (GU L 343 del 27.12.2007, pag. 9). (5) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31. Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003 (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (6) GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1. (7) GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43.
La rete europea sulle migrazioni SINTESI CHE COSA FA LA DECISIONE? Istituisce la rete europea sulle migrazioni (REM), che intende fornire informazioni aggiornate, oggettive e affidabili sulla migrazione e sull’asilo alle istituzioni europee, ai paesi dell’Unione europea (UE) e ai cittadini. PUNTI CHIAVE Per raggiungere tale obiettivo, la REM, in collaborazione con altri organi competenti dell’UE, raccoglie e analizza dati da una vasta gamma di fonti. Produce rapporti e studi sulla situazione della migrazione e dell’asilo nell’UE e nei suoi paesi, che sono condivisi nel suo sistema di scambio di informazioni. La Commissione europea (CE) coordina il lavoro della REM in collaborazione con punti di contatto nazionali che sono nominati in ogni paese dell’UE e sono responsabili dello sviluppo di una rete nazionale. Ogni punto di contatto nazionale è composto da almeno tre esperti in materia di asilo e migrazione competenti nei seguenti settori: iter decisionale, diritto, ricerca e statistica. Altre responsabilità in capo ai punti di contatto nazionali includono: partecipare alle riunioni della REM al fine di scambiarsi dati e punti di vista e fornire spunti per lo sviluppo di un programma di lavoro; preparare rapporti nazionali e fornire informazioni al sistema di scambio di informazioni; aiutare a sviluppare il glossario e il thesaurus della REM; e sviluppare la capacità di rispondere a richieste specifiche. Il comitato direttivo della REM (presieduto dalla CE e costituito dai rappresentanti di ciascun paese dell’UE e da un osservatore del Parlamento europeo) garantisce che il lavoro della REM sia allineato alle priorità politiche dell’UE. La REM è finanziata dalla Commissione europea. In particolare, il Fondo Asilo, migrazione e integrazione fornisce le risorse finanziarie per lo sviluppo delle attività presenti e future della REM. CONTESTO La fase preparatoria della REM fu avviata nel 2003 al fine di rispondere all’esigenza di scambiarsi informazioni su tutti gli aspetti della migrazione e di contribuire alla politica comune in materia di asilo e immigrazione. Il Programma dell’Aia ha rafforzato ulteriormente il bisogno di un’analisi comune della migrazione, dando un impulso alla proposta della Commissione europea affinché questa decisione del Consiglio istituisse formalmente la REM. La rete europea sulle migrazioni. ATTO Decisione 2008/381/CE del Consiglio, del 14 maggio 2008, che istituisce la rete europea sulle migrazioni RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Decisione 2008/381/CE 21.5.2008 — GU L 131 del 21.5.2008, pagg. 7-12 Atto(i) modificatore(i) Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Regolamento (UE) n. 516/2014 1.1.2014 — GU L 150 del 20.5.2014, pagg. 168-194
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Regolamento (CE) n. 1257/96 del Consiglio del 20 giugno 1996 relativo all'aiuto umanitario Gazzetta ufficiale n. L 163 del 02/07/1996 pag. 0001 - 0006 REGOLAMENTO (CE) N. 1257/96 DEL CONSIGLIO del 20 giugno 1996 relativo all'aiuto umanitarioIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 130 W,vista la proposta della Commissione (1),deliberando conformemente alla procedura di cui all'articolo 189 C del trattato (2),considerando che le popolazioni in situazione di necessità, vittime di catastrofi naturali, di avvenimenti quali guerre e conflitti o di altre circostanze straordinarie di portata analoga, hanno il diritto di ricevere un'assistenza umanitaria internazionale qualora le autorità del loro paese non siano in grado di venire efficacemente in loro soccorso;considerando che le azioni civili di protezione delle vittime di conflitti o di circostanze eccezionali di portata analoga rientrano nel diritto umanitario internazionale e che è pertanto opportuno integrarle nell'attività umanitaria;considerando che l'assistenza umanitaria non comporta solo l'esecuzione di interventi di soccorso immediati finalizzati a salvare e proteggere vite umane in situazioni di emergenza o di post-emergenza, ma anche l'attuazione di tutte le misure intese ad agevolare o a consentire il libero accesso alle vittime e il libero transito dell'aiuto;considerando che l'assistenza umanitaria può essere seguita da interventi di sviluppo o di ricostruzione e che, di conseguenza, essa deve coprire l'intera durata di una situazione di crisi e dei suoi effetti; che in tale contesto, può comprendere elementi di ristrutturazione a breve termine finalizzati a facilitare l'arrivo a destinazione dei soccorsi, a prevenire l'acuirsi delle conseguenze della crisi e ad iniziare ad aiutare le popolazioni colpite a ritrovare un livello minimo di autosufficienza;considerando che è particolarmente opportuno intervenire a livello di prevenzione dei disastri al fine di assicurare una preparazione preliminare ai rischi che ne derivano; che di conseguenza occorre istituire un sistema di allarme e di intervento adeguato;considerando che occorre pertanto garantire ed aumentare l'efficacia e la coerenza dei dispositivi comunitari nazionali e internazionali di prevenzione e d'intervento mirati a rispondere alle esigenze create da catastrofi naturali o provocate dagli uomini o da circostanze eccezionali di portata analoga;considerando che l'aiuto umanitario, il cui solo obiettivo consiste nel prevenire e nell'alleviare la sofferenza umana, è concesso in base al principio della non discriminazione tra le vittime per motivi razziali, etnici, religiosi, inerenti al sesso o all'età, alla nazionalità o all'appartenenza politica e che non potrebbe essere retto da considerazioni di natura politica o subordinato ad esse;considerando che le decisioni relative all'aiuto umanitario devono essere prese in maniera imparziale ed esclusivamente in funzione delle esigenze e degli interessi delle vittime;considerando che l'instaurazione di uno stretto coordinamento tra gli Stati membri e la Commissione, sia a livello di decisione che in loco, si trova alla base dell'efficacia dell'azione umanitaria della Comunità;considerando che, nell'ambito del suo contributo all'efficacia dell'aiuto umanitario a livello internazionale, la Comunità deve ricercare attivamente la collaborazione e il coordinamento con paesi terzi;considerando che a tal fine occorre inoltre fissare i criteri per la cooperazione con le organizzazioni non governative, gli organismi e le organizzazioni internazionali specializzati nel settore dell'aiuto umanitario;considerando che è necessario preservare, rispettare ed incoraggiare l'indipendenza e l'imparzialità delle organizzazioni non governative e delle altre istituzioni umanitarie nell'attuazione dell'aiuto umanitario;considerando che è opportuno favorire, nel settore umanitario, la collaborazione tra organizzazioni non governative degli Stati membri e di altri paesi sviluppati e organizzazioni analoghe dei paesi terzi interessati;considerando che, date le caratteristiche peculiari dell'aiuto umanitario, è opportuno istituire procedure efficaci, flessibili, trasparenti e, quando sia necessario, rapide per le decisioni di finanziamento di azioni e progetti umanitari;considerando che occorre fissare le modalità d'esecuzione e di gestione dell'aiuto umanitario della Comunità finanziato dal bilancio generale della Comunità europea, fermo restando che gli interventi di aiuto d'urgenza previsti dalla quarta convenzione ACP-CE firmata a Lomé il 15 dicembre 1989, modificata dall'accordo che modifica la suddetta convenzione firmato a Maurizio il 4 novembre 1995 continuano ad essere disciplinati dalle procedure e dalle modalità stabilite dalla Convenzione suddetta,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:CAPITOLO I Obiettivi e orientamenti generali dell'aiuto umanitario Articolo 1 L'attività umanitaria della Comunità comporta azioni di assistenza, di soccorso e di protezione basate sul principio di non discriminazione, a favore delle popolazioni di paesi terzi, soprattutto le più vulnerabili, e con priorità quelle dei paesi in via di sviluppo vittime di catastrofi naturali o di eventi di origine umana, come guerre o conflitti, oppure da situazioni e avvenimenti eccezionali di portata analoga a calamità naturali o causate dall'uomo, per il periodo necessario a far fronte alle esigenze umanitarie che ne derivano.Tale aiuto comporta anche azioni di preparazione ai rischi, nonché attività di prevenzione delle catastrofi o delle circostanze eccezionali di portata analoga.Articolo 2 Le azioni di aiuto umanitario di cui all'articolo 1 si prefiggono gli obiettivi seguenti:a) salvare e proteggere vite nelle situazioni di emergenza o di post-emergenza immediata e in caso di disastri naturali che causano perdite di vite umane, sofferenze fisiche e psicosociali nonché gravi danni materiali;b) portare l'assistenza e i soccorsi necessari alle popolazioni colpite da crisi di più lunga durata, causate segnatamente da conflitti o da guerre che abbiano provocato conseguenze analoghe a quelle di cui alla lettera a), soprattutto qualora si constati che tali popolazioni non possono essere aiutate sufficientemente dalle loro autorità o in assenza di autorità competenti;c) contribuire al finanziamento dell'inoltro dell'aiuto e del suo accesso ai destinatari con tutti i mezzi logistici disponibili e garantendo la protezione dei beni e del personale umanitario, escluse le azioni che hanno implicazioni di difesa;d) sviluppare i lavori di ristrutturazione e di ricostruzione, segnatamente di infrastruttura e di attrezzature, a breve termine, in stretta collaborazione con le strutture locali, onde agevolare l'arrivo dei soccorsi, prevenire l'aggravarsi degli effetti della crisi ed aiutare le popolazioni colpite a ritrovare un livello minimo di autosufficienza, prendendo in considerazione, ove possibile, gli obiettivi di sviluppo a lungo termine;e) far fronte alle conseguenze degli esodi di popolazioni (profughi, sfollati e rimpatriati) determinati da catastrofi naturali o causate dall'uomo, nonché condurre a buon fine le azioni di rimpatrio e di aiuto al reinsediamento nei paesi d'origine, quando sussistono le condizioni previste dalle convenzioni internazionali in vigore;f) assicurare la preparazione preventiva al rischio di disastri o di circostanze eccezionali di portata analoga ed utilizzare un sistema adeguato di allarme rapido e di intervento;g) sostenere azioni civili di protezione delle vittime di conflitti o di circostanze eccezionali di portata analoga, in base alle convenzioni internazionali in vigore.Articolo 3 Gli aiuti comunitari di cui agli articoli 1, 2 e 4 possono servire a finanziare l'acquisto e la fornitura di qualsiasi prodotto o materiale necessario all'attuazione delle azioni umanitarie, compresa la costruzione di alloggi o di rifugi per le popolazioni in questione; le spese per il personale esterno, sia estero che locale, impegnato nell'ambito di tali azioni; il magazzinaggio, l'invio internazionale o nazionale, il sostegno logistico e la distribuzione degli aiuti nonché qualsiasi altra azione intesa a facilitare o a consentire il libero accesso ai destinatari dell'aiuto.Gli aiuti possono inoltre essere usati per finanziare tutte le altre spese direttamente connesse all'esecuzione delle azioni umanitarie.Articolo 4 Gli aiuti della Comunità di cui agli articoli 1 e 2 possono inoltre essere utilizzati per il finanziamento delle azioni seguenti:- studi preliminari di fattibilità delle azioni comunitarie, nonché la valutazione di progetti e piani umanitari,- azioni di monitoraggio dei progetti e piani umanitari,- su scala ridotta e, se si tratta di finanziamento pluriennale con carattere decrescente, azioni di formazione e studi di carattere generale relativi all'attività umanitaria,- spese relative a mettere in evidenza il carattere comunitario degli aiuti,- azioni di sensibilizzazione e informazione volte a favorire una maggiore conoscenza della problematica umanitaria, in particolare da parte dell'opinione pubblica europea nonché di quella dei paesi terzi nei quali la Comunità finanzia azioni umanitarie importanti,- azioni finalizzate a rafforzare il coordinamento con gli Stati membri, con altri paesi donatori, con le organizzazioni e istituzioni umanitarie internazionali e con le organizzazioni non governative nonché le organizzazioni rappresentative di queste ultime,- azioni di assistenza tecnica necessarie all'esecuzione di progetti umanitari, compreso lo scambio di conoscenze tecniche e di esperienze tra organizzazioni ed organismi umanitari europei o tra questi e quelli dei paesi terzi,- azioni umanitarie di sminamento, compresa la sensibilizzazione delle popolazioni locali nei confronti delle mine antiuomo.Articolo 5 Il finanziamento comunitario concesso ai sensi del presente regolamento viene stanziato sotto forma di aiuto non rimborsabile.Le operazioni di cui al presente regolamento sono esenti da imposte, tasse, diritti e dazi doganali.CAPITOLO II Modalità di esecuzione dell'aiuto umanitario Articolo 6 Le azioni di aiuto umanitario finanziate dalla Comunità possono essere attuate sia su richiesta di organismi e organizzazioni internazionali o non governativi, di uno Stato membro o del paese terzo beneficiario, sia su iniziativa della Commissione.Articolo 7 1. Le organizzazioni non governative che possono beneficiare di un finanziamento comunitario per l'attuazione delle azioni previste dal presente regolamento devono soddisfare i requisiti seguenti:a) essere costituite in organizzazioni autonome senza fini di lucro in uno Stato membro della Comunità secondo la legislazione vigente in tale Stato;b) avere la sede principale in uno Stato membro della Comunità o nei paesi terzi beneficiari dell'aiuto comunitario; detta sede deve rappresentare il centro effettivo di tutte le decisioni relative alle azioni finanziate in base al presente regolamento. A titolo eccezionale, tale sede può essere situata in un altro paese terzo donatore.2. Al fine di determinare se un'organizzazione non governativa possa avere accesso ai finanziamenti comunitari, si tiene conto degli elementi seguenti:a) le capacità di gestione amministrativa e finanziaria;b) le capacità tecniche e logistiche in relazione all'azione prevista;c) l'esperienza nel settore dell'aiuto umanitario;d) i risultati delle azioni precedenti eseguite dall'organizzazione interessata, in particolare con il finanziamento della Comunità;e) la disponibilità a partecipare, in caso di bisogno, al sistema di coordinamento stabilito nell'ambito di un'azione umanitaria;f) l'attitudine e la disponibilità a sviluppare rapporti di cooperazione con gli operatori umanitari e le comunità di base dei paesi terzi interessati;g) l'imparzialità nell'attuazione dell'aiuto umanitario;h) se del caso, la precedente esperienza nel paese terzo in cui è prevista l'azione umanitaria in questione.Articolo 8 La Comunità può finanziare inoltre le azioni umanitarie avviate da organismi e organizzazioni internazionali.Articolo 9 La Comunità può inoltre, quando necessario, finanziare azioni umanitarie attuate dalla Commissione o da organismi specializzati degli Stati membri.Articolo 10 1. Al fine di garantire e di migliorare l'efficacia e la coerenza dei dispositivi comunitari e nazionali di aiuto umanitario, la Commissione può adottare tutte le iniziative utili intese a promuovere uno stretto coordinamento tra le sue attività e quelle degli Stati membri sia a livello di decisioni che sul posto. A tal fine, gli Stati membri e la Commissione mantengono un sistema di scambio d'informazioni.2. La Commissione vigila affinché le azioni umanitarie finanziate dalla Comunità siano coordinate e coerenti con quelle delle organizzazioni ed organismi internazionali, in particolare quelle che fanno parte del sistema delle Nazioni Unite.3. La Commissione si adopera al fine di sviluppare la collaborazione e la cooperazione della Comunità e dei paesi terzi donatori nel settore dell'aiuto umanitario.Articolo 11 1. La Commissione stabilisce i termini relativi allo stanziamento, alla mobilitazione e all'esecuzione degli aiuti previsti dal presente regolamento.2. L'aiuto viene eseguito solo se il beneficiario rispetta tali termini.Articolo 12 Tutti i contratti di finanziamento conclusi in base al presente regolamento devono prevedere, in particolare, che la Commissione e la Corte dei conti possano effettuare controlli in loco e presso la sede dei partner umanitari secondo le modalità abituali definite dalla Commissione nel quadro delle disposizioni vigenti, in particolare quelle contenute nel regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee.CAPITOLO III Procedure di attuazione delle azioni umanitarie Articolo 13 La Commissione decide in merito agli interventi di emergenza per un importo non superiore a 10 milioni di ECU.Si ritiene necessario un intervento d'urgenza per le seguenti azioni:- azioni che rispondono ad un'esigenza umanitaria immediata e imprevedibile, in seguito a catastrofi naturali o causate dall'uomo, aventi carattere improvviso, quali inondazioni, terremoti e conflitti armati, o situazioni di portata analoga,- azioni, limitate nel tempo, in risposta a tale situazione di emergenza imprevedibile; i fondi corrispondenti coprono la risposta alle esigenze umanitarie di cui al primo trattino, per un periodo nella decisione di finanziamento non superiore a sei mesi.Per le azioni che rispondono a tali condizioni e che superano i 2 milioni di ECU, la Commissione:- prende una decisione in merito,- informa per iscritto gli Stati membri entro un termine di quarantotto ore,- rende conto della sua decisione nella successiva seduta del comitato, segnatamente fornendo la giustificazione per il ricorso alla procedura di urgenza.La Commissione, che agisce secondo la procedura di cui all'articolo 17, paragrafo 3, e nei limiti dell'articolo 15, paragrafo 2, secondo trattino, decide in merito al proseguimento delle azioni adottate secondo la procedura d'urgenza.Articolo 14 La Commissione è incaricata della preparazione, della decisione, della gestione, della sorveglianza e della valutazione delle azioni previste dal presente regolamento, secondo le procedure di bilancio e di altro genere in vigore, in particolare quelle contenute nel regolamento finanziario applicabile al bilancio generale della Comunità europea.Articolo 15 1. La Commissione, che agisce secondo la procedura di cui all'articolo 17, paragrafo 2:- decide in merito al finanziamento comunitario delle azioni di protezione di cui all'articolo 2, lettera c), nel quadro dell'attuazione dell'azione umanitaria,- adotta i regolamenti di applicazione del presente regolamento,- decide in merito agli interventi diretti della Commissione o al finanziamento degli interventi degli organismi specializzati degli Stati membri.2. La Commissione, che agisce secondo la procedura di cui all'articolo 17, paragrafo 3:- approva i piani globali, destinati a fornire un quadro coerente d'azione in un paese o in una regione determinata in cui la crisi umanitaria è tale da protrarsi, segnatamente a causa della sua entità e della sua complessità, nonché le relative dotazioni finanziarie. In tale contesto, la Commissione e gli Stati membri esaminano le priorità da accordare nel quadro dell'attuazione di tali piani globali,- decide in merito ai progetti di importo superiore a 2 milioni di ECU, fatte salve le disposizioni dell'articolo 13.Articolo 16 1. Una volta all'anno in sede di comitato di cui all'articolo 17 si procede ad uno scambio di opinioni, in base alla presentazione, da parte del rappresentante della Commissione, degli orientamenti generali dell'azione umanitaria per gli anni a venire e ad un esame della problematica generale del coordinamento delle azioni di aiuto umanitario comunitarie e nazionali, nonché eventuali questioni generali o specifiche relative all'aiuto comunitario nel settore in questione.2. La Commissione trasmette inoltre al comitato di cui all'articolo 17 informazioni sull'evoluzione degli strumenti di gestione delle azioni umanitarie, tra cui il contratto quadro di partenariato.3. Il comitato di cui all'articolo 17 è informato altresì delle intenzioni della Commissione riguardo alla valutazione delle azioni umanitarie e eventualmente al suo calendario di lavoro.Articolo 17 1. La Commissione è assistita da un comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.2. Quando si fa riferimento alla procedura definita nel presente paragrafo, il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato esprime il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è espresso alla maggioranza prevista dall'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni del comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri viene attribuita la ponderazione definita all'articolo precitato. Il presidente non partecipa alla votazione.La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato.Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.Se il Consiglio non ha deliberato entro un mese a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte.3. Quando si fa riferimento alla procedura definita nel presente paragrafo, il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato esprime il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è espresso alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione fissata nell'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto.La Commissione adotta misure che sono immediatamente applicabili. Tuttavia, se tali misure non sono conformi al parere espresso dal comitato, la Commissione le comunica immediatamente al Consiglio. In tal caso, la Commissione può differire di un mese, a decorrere da tale comunicazione, l'applicazione delle misure da essa decise.Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può prendere una decisione diversa entro il termine di cui al comma precedente.Articolo 18 1. La Commissione effettua ad intervalli regolari valutazioni di azioni di aiuto umanitario finanziate dalla Comunità, al fine di stabilire se siano stati raggiunti gli obiettivi che tali azioni si prefiggono e per ricavarne orientamenti finalizzati a migliorare l'efficacia delle azioni future. La Commissione presenta al comitato un sommario delle valutazioni effettuate che potrebbero, se del caso, essere da esso esaminate. Nel sommario figurano tra l'altro i regimi applicabili agli esperti assunti. Le relazioni di valutazione sono trasmesse agli Stati membri che ne facciano richiesta.2. La Commissione può altresì procedere, su richiesta degli Stati membri e con la loro partecipazione, a valutazioni sui risultati delle azioni e piani umanitari della Comunità europea.Articolo 19 Al termine di ciascun esercizio di bilancio la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione annuale contenente un sommario delle azioni finanziate durante l'esercizio.Nel sommario figurano segnatamente informazioni riguardo agli operatori tramite i quali le azioni umanitarie sono state attuate.La relazione include una sintesi delle valutazioni esterne effettuate, eventualmente, per quanto riguarda azioni specifiche.La Commissione informa gli Stati membri, al più tardi entro un mese dall'adozione della sua decisione e fatto salvo l'articolo 13 del presente regolamento, delle azioni approvate, indicandone l'importo, la natura, le popolazioni beneficiarie e i partner.Articolo 20 Tre anni dopo l'entrata in vigore del presente regolamento la Commissione sottoporrà al Parlamento europeo e al Consiglio una valutazione globale delle azioni finanziate dalla Comunità nel quadro del regolamento stesso, corredata di suggerimenti circa il futuro del presente regolamento, se del caso, di proposte di modifica.Articolo 21 Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Lussemburgo, addì 20 giugno 1996.Per il ConsiglioIl PresidenteP. BERSANI(1) GU n. C 180 del 14. 7. 1995, pag. 6.(2) Parere del Parlamento europeo del 30 novembre 1995 (GU n. C 339 del 18. 12. 1995, pag. 60), posizione comune del Consiglio del 29 gennaio 1996 (GU n. C 87 del 25. 3. 1996, pag. 46) e decisione del Parlamento europeo del 21 maggio 1996 (GU n. C 166 del 10. 6. 1996).
Strumento di aiuto umanitario dell’Unione europea QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? L’aiuto umanitario dell’UE mira a fornire assistenza, soccorso e protezione alle persone colpite da calamità naturali o indotte ed emergenze simili. L’attenzione maggiore è rivolta alle vittime più vulnerabili. Il presente regolamento stabilisce i principali obiettivi, principi e procedure per attuare operazioni di aiuto umanitario dell’UE. PRIORITÀ CHIAVE Principi L’assistenza dell’UE deve essere: basata su reali necessità ; rivolta a popolazioni in situazione di necessità , indipendentemente dalla nazionalità, dalla religione, dal genere, dall’età, dall’origine etnica o dall’affiliazione politica; basata sui principi umanitari internazionali e sul consenso europeo sull’aiuto umanitario. Beneficiari L’assistenza dell’UE è coordinata dalla direzione generale della Commissione europea per la Protezione civile e le operazioni di aiuto umanitario (ECHO). I finanziamenti sono rivolti ai paesi non appartenenti all'UE. Settori interessati L’aiuto umanitario può essere fornito in molti modi, ciascuno a seconda della natura della crisi, sotto forma di: cibo e sostegno alimentare; assistenza medica e supporto psico-sociale; forniture d’acqua e di servizi igienici; ricoveri; riparazioni d’emergenza alle infrastrutture; sminamento; istruzione. L’aiuto umanitario può inoltre essere volto alla riduzione del rischio di calamità . Finanziamento L’UE, insieme ai suoi Stati membri, è il primo donatore di aiuti umanitari al mondo. Nel 2014, circa 121 milioni di persone in oltre 80 paesi hanno ricevuto aiuto dall’UE, per una somma di oltre 1,27 miliardi di euro. Gli aiuti hanno contribuito a fornire soccorso in tutte le principali regioni in crisi del mondo, fra cui Siria, Sud Sudan, Yemen e Ucraina. Coordinamento con i partner L’aiuto umanitario dell’UE viene attuato attraverso oltre 200 organizzazioni partner, quali le agenzie delle Nazioni Unite, le organizzazioni internazionali come la Croce Rossa e molte organizzazioni non governative (ONG). Per ricevere finanziamenti per un progetto umanitario, le organizzazioni partner presentano proposte di finanziamento e si attengono a rigorose linee guida per la valutazione e il controllo dei progetti. I partner devono comunicare il sostegno dell’Unione mostrando l’identità visiva dell’UE sui siti dei progetti. Inoltre, devono coordinare da vicino i loro progetti, per garantire che l’assistenza sia pronta ed efficiente. Azione a lungo termine L’aiuto umanitario viene impiegato inoltre per aumentare la resilienza a futuri shock, fornendo sussidi allo sviluppo a lungo termine, in linea con: L’approccio dell’UE alla resilienza; il documento orientativo dell’UE sull’aiuto di emergenza, risanamento e sviluppo. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica a partire dal 5 luglio 1996. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda: Aiuto umanitario; Scheda informativa sull’aiuto umanitario. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1257/96 del Consiglio, del 20 giugno 1996, relativo all’aiuto umanitario (GU L 163 del 2.7.1996, pag. 1-6) Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 1257/96 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
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32015R2195
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REGOLAMENTO DELEGATO (UE) 2015/2195 DELLA COMMISSIONE del 9 luglio 2015 che integra il regolamento (UE) n. 1304/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo sociale europeo, per quanto riguarda la definizione di tabelle standard di costi unitari e di importi forfettari per il rimborso da parte della Commissione agli Stati membri delle spese sostenute LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, visto il regolamento (UE) n. 1304/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo sociale europeo e che abroga il regolamento (CE) n. 1081/2006 del Consiglio (1), in particolare l'articolo 14, paragrafo 1, considerando quanto segue: (1) Le tabelle standard di costi unitari e gli importi forfettari da usare per i rimborsi agli Stati membri dovrebbero essere stabiliti in base a metodi proposti dagli Stati membri e valutati dalla Commissione, compresi i metodi di cui all'articolo 67, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (2) e all'articolo 14, paragrafi 2 e 3, del regolamento (UE) n. 1304/2013. (2) In considerazione dei diversi tipi di operazioni che possono ricevere sostegno dal Fondo sociale europeo, la definizione e la quantificazione delle tabelle standard di costi unitari e degli importi forfettari possono differire in base al tipo di operazione per rifletterne le specificità. (3) Per quanto riguarda il livello dei costi per ogni tipo di operazione esistono notevoli differenze tra gli Stati membri, e in certi casi tra regioni all'interno di uno stesso Stato membro. Nel rispetto del principio della sana gestione finanziaria del Fondo sociale europeo la definizione e la quantificazione delle tabelle standard di costi unitari e degli importi forfettari stabiliti dalla Commissione dovrebbero rispecchiare anche le specificità di ogni Stato membro e di ogni regione. (4) Affinché gli importi delle tabelle standard di costi unitari rispecchino il livello dei costi effettivamente sostenuti si introduce un metodo per provvedere al loro adeguamento, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto e campo di applicazione Il presente regolamento stabilisce le tabelle standard di costi unitari e gli importi forfettari che la Commissione può usare per rimborsare le spese agli Stati membri. Articolo 2 Tipi di operazioni I tipi di operazioni per le quali è previsto il rimborso in base a tabelle standard di costi unitari e a importi forfettari in conformità all'articolo 14, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1304/2013 sono indicati negli allegati. Articolo 3 Definizione e quantificazione delle tabelle standard di costi unitari e degli importi forfettari La definizione e la quantificazione delle tabelle standard di costi unitari e degli importi forfettari in conformità all'articolo 14, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1304/2013 per ogni tipo di operazione sono indicati negli allegati. Articolo 4 Adeguamento di valori numerici 1. I valori numerici di cui agli allegati sono adeguati applicando i metodi esposti negli allegati stessi. 2. Gli importi adeguati in conformità al paragrafo 1 si applicano per il rimborso delle spese relative alle parti di un'operazione eseguite alla data dell'adeguamento e successivamente a questa. Articolo 5 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 9 luglio 2015 Per la Commissione Il presidente Jean-Claude JUNCKER (1) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 470. (2) Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320). ALLEGATO I Condizioni relative al rimborso alla Svezia delle spese in base a tabelle standard di costi unitari 1. Definizione delle tabelle standard di costi unitari Tipo di operazioni (1) Denominazione dell'indicatore Categoria di costo Unità di misura dell'indicatore Valori 1. Operazioni finanziate nell'ambito dell'asse prioritario 1 «Offerta di competenze» del Programma operativo (Nationellt socialfondsprogram för investering för tillväxt och sysselsättning 2014-2020) (CCI- 2014SE05M9OP001) Ore lavorate Salario del personale impiegato per l'operazione Numero di ore lavorate (2) Categoria salariale (codice SSYK) (3) Regione: Stoccolma (SE 11) (costo unitario per ora, valore espresso in SEK (4) Tutte le regioni esclusa Stoccolma (SE da 12 a 33) (costo unitario per ora, valore espresso in SEK) 1 (912 – 913 –919 -921) 229 234 2 (414 415 – 421 – 422 -512 – 513 – 514 – 515 – 522 –611 – 612 –613 – 614 –826) 257 254 3 (331 – 348 – 411 – 412 – 413 – 419 – 711 – 712 – 713 – 714 – 721 – 722 – 723 – 724 – 731 – 732 – 734 – 741 – 742 – 743 – 811 – 812 – 813 – 814 – 815 – 816 – 817 – 821 – 822 – 823 –824 – 825 – 827 –828 –829 –831 – 832 – 833 – 834 – 914 – 915 – 931 – 932 – 933) 297 282 4 (223 – 232 – 233 – 234 – 235 – 243 – 249 – 313 – 322 – 323 – 324 – 332 – 342 – 343 – 344 – 345 – 346 – 347 – 511 – 011) 338 313 5 (213 – 221 – 231 – 241 – 244 – 245 – 246 – 247 – 248 – 311 – 312 – 315 – 321 – 341) 419 366 6 (211 – 212 – 214 – 222 – 242 – 314) 554 517 7 A (121) 739 739 7 B (111–123) 801 625 7 C (131–122) 525 429 2. Operazioni finanziate nell'ambito dell'asse prioritario 1 «Offerta di competenze» del Programma operativo (Nationellt socialfondsprogram för investering för tillväxt och sysselsättning 2014-2020) (CCI- 2014SE05M9OP001) Ore di partecipazione all'operazione Salario del partecipante Numero di ore di partecipazione (2) Regione: Stoccolma (SE 11) (costo unitario per ora, valore espresso in SEK) Tutte le regioni esclusa Stoccolma (SE da 12 a 33) (costo unitario per ora, valore espresso in SEK) 229 234 3. Operazioni finanziate nell'ambito dell'asse prioritario 2 «Maggiore transizione verso l'occupazione» e dell'asse prioritario 3 «Iniziativa a favore dell'occupazione giovanile» del Programma operativo (Nationellt socialfondsprogram för investering för tillväxt och sysselsättning 2014-2020) (CCI- 2014SE05M9OP001) Ore lavorate Salario del personale impiegato per l'operazione Numero di ore lavorate (2) Categoria di attività Regione: Stoccolma (SE 11) (costo unitario per ora, valore espresso in SEK) Tutte le regioni esclusa Stoccolma (SE da 12 a 33) (costo unitario per ora, valore espresso in SEK) Capo progetto, nelle operazioni per le quali l'importo totale ammissibile delle spese, come dichiarato nel documento che stabilisce le condizioni del finanziamento, è superiore a 20 milioni di SEK 535 435 Capo progetto, nelle operazioni per le quali l'importo totale ammissibile delle spese, come dichiarato nel documento che stabilisce le condizioni del finanziamento, è inferiore o uguale a 20 milioni di SEK/assistente del capo progetto, nelle operazioni per le quali l'importo totale ammissibile delle spese, come dichiarato nel documento che stabilisce le condizioni del finanziamento, è superiore a 20 milioni di SEK 478 405 Collaboratore del progetto 331 300 Economista del progetto 427 363 Amministratore 297 270 4. Operazioni finanziate nell'ambito dell'asse prioritario 2 «Maggiore transizione verso l'occupazione» e dell'asse prioritario 3 «Iniziativa a favore dell'occupazione giovanile» del Programma operativo (Nationellt socialfondsprogram för investering för tillväxt och sysselsättning 2014-2020) (CCI- 2014SE05M9OP001) Ore di partecipazione all'operazione Indennità riconosciuta al partecipante Numero di ore di partecipazione (2) Assistenza finanziaria (costo unitario per ora) Età (in SEK) 18-24 anni 32 25-29 anni 40 30-64 anni 46 Sovvenzione per l'attività e indennità per lo sviluppo (costo unitario per ora) Età (in SEK) 15-19 anni 17 20-24 anni 33 25-29 anni 51 30-44 anni 55 45-69 anni 68 Contributi previdenziali e assicurazione malattie (costo unitario per ora) Età (in SEK) 19-29 anni (contributi previdenziali e assicurazione malattie per tale fascia di età) 51 30-64 anni (contributi previdenziali e assicurazione malattie per tale fascia di età) 58 Assistenza sanitaria, assicurazione malattie, prestazioni riabilitative e prestazioni per incidente sul lavoro o malattia professionale (costo unitario per ora) Età (in SEK) – 19 anni 48 20-64 anni 68 2. Adeguamento degli importi I costi unitari indicati nella tabella si applicano alle ore lavorate o di partecipazione nel 2015. Ad eccezione dei costi unitari relativi alle indennità riconosciute ai partecipanti (indicati al punto 4 della tabella), che non sono soggetti ad adeguamento, i valori indicati aumenteranno in modo automatico del 2 % al 1o gennaio di ogni anno a partire dal 2016 e fino al 2023. (1) I valori numerici delle tabelle standard di costi unitari si applicano unicamente alle parti delle operazioni relative alle categorie di costi esposte nel presente allegato. (2) Il numero totale delle ore dichiarate in un anno non può essere superiore al numero standard di ore lavorate all'anno in Svezia, pari a 1 862 ore. (3) Codice delle attività lavorative in uso in Svezia. (4) Valuta svedese. ALLEGATO II Condizioni relative al rimborso alla Francia delle spese in base a tabelle standard di costi unitari 1. Definizione delle tabelle standard di costi unitari Tipo di operazioni Denominazione dell'indicatore Categoria di costo Unità di misura dell'indicatore Importi (in EUR) «Garantie Jeunes» finanziata nell'ambito dell'asse prioritario 1 «Accompagner les jeunes NEET vers et dans l'emploi» del programma operativo «PROGRAMME OPÉRATIONNEL NATIONAL POUR LA MISE EN ŒUVRE DE L'INITIATIVE POUR L'EMPLOI DES JEUNES EN METROPOLE ET OUTRE-MER» (CCI-2014FR05M9OP001) Giovani NEET (1) che riportino risultati positivi nell'ambito della «Garantie Jeunes» entro e non oltre 12 mesi dall'inizio del tutoraggio — indennità versate al partecipante; — costi di attivazione sostenuti dalle «missions locales» Numero di giovani NEET che riportano uno dei seguenti risultati entro e non oltre 12 mesi dall'inizio del tutoraggio: — hanno iniziato una formazione professionale che ha per esito il rilascio di una certificazione, sia mediante: — adesione ad una formazione professionale di «apprendimento permanente»; oppure — iscrizione ad una formazione di base; oppure — apertura di un'impresa; oppure — assunzione; oppure — occupazione durata minimo 80 giorni in un ambiente lavorativo (a titolo retribuito o gratuito) 3 600 2. Adeguamento degli importi La tabella standard di costi unitari della tabella si basa in parte su una tabella standard di costi unitari finanziata interamente dalla Francia. L'importo complessivo di 3 600 EUR comprende 1 600 EUR corrispondenti alla tabella standard di costi unitari stabilita dall'«instruction ministérielle du 11 octobre 2013 relative à l'expérimentation Garantie Jeunes prise pour l'application du décret 2013-80 du 1er octobre 2013 ainsi que par l'instruction ministérielle du 20 mars 2014» a fini di copertura dei costi sostenuti dai servizi per l'occupazione giovanile «Missions Locales» per assicurare il tutoraggio ad ogni giovane NEET che aderisce alla «Garantie Jeunes». La tabella standard di costi unitari definita nella sezione 1 sarà adeguata dallo Stato membro applicando gli adeguamenti previsti dalla normativa nazionale alla tabella standard di costi unitari in relazione ai 1 600 EUR di cui al paragrafo 1, che coprono i costi sostenuti dai servizi per l'occupazione giovanile. (1) Giovane disoccupato o inattivo al di fuori di ogni ciclo di istruzione e formazione che partecipa ad un'operazione finanziata dal «PROGRAMME OPÉRATIONNEL NATIONAL POUR LA MISE EN ŒUVRE DE L'INITIATIVE POUR L'EMPLOI DES JEUNES EN METROPOLE ET OUTRE-MER».
Norme sul rimborso ai paesi dell’UE per le spese del Fondo sociale europeo QUAL È LO SCOPO DI QUESTO REGOLAMENTO DELEGATO? Stabilisce le tabelle standard di costi unitari e di importi forfettari che la Commissione europea può usare per rimborsare le spese ai paesi dell’UE. Integra il regolamento (UE) n. 1304/2013, il regolamento sul Fondo sociale europeo (regolamento sul FSE). PUNTI CHIAVE Regolamento (UE) n. 1304/2013, il regolamento sul FSE Il regolamento sul FSE consente alla Commissione di adottare il regolamento delegato. L’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento sul FSE consente alla Commissione di rimborsare le spese sostenute dai paesi dell’UE sulla base di tabelle standard di costi unitari e di importi forfettari definite dalla Commissione stessa. Gli importi calcolati sono considerati come sostegno pubblico pagato a beneficiari e spese ammissibili ai sensi delle norme comuni per i Fondi strutturali e d’investimento europei. Ambito di applicazione del regolamento delegato Gli allegati a questo regolamento delegato stabiliscono:il tipo di operazioni previste; le definizioni delle tabelle standard di costi unitari e di importi forfettari; gli importi; i metodi per regolare tali importi. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO DELEGATO? Esso è in vigore dal 18 dicembre 2015. CONTESTO Fondo sociale europeo (Commissione Europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento delegato (UE) 2015/2195 della Commissione, del 9 luglio 2015, che integra il regolamento (UE) n. 1304/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo sociale europeo, per quanto riguarda la definizione di tabelle standard di costi unitari e di importi forfettari per il rimborso da parte della Commissione ai paesi dell’UE delle spese sostenute (GU L 313 del 28.11.2015, pagg. 22-28). Successive modifiche al regolamento (UE) 2015/2195 sono state integrate nel testo originario. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pagg. 320-469). Si veda la versione consolidata. Regolamento (UE) n. 1304/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, relativo al Fondo sociale europeo e che abroga il regolamento (CE) n. 1081/2006 del Consiglio (GU L 347 20.12.2013, pagg. 470-486). Si veda la versione consolidata.
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32010R0115
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REGOLAMENTO (UE) N. 115/2010 DELLA COMMISSIONE del 9 febbraio 2010 che stabilisce le condizioni di utilizzazione dell'allumina attivata per l'eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali e dalle acque di sorgente (Testo rilevante ai fini del SEE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, vista la direttiva 2009/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, sull'utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali (1), in particolare l'articolo 4, paragrafo 1, lettera c) e l'articolo 12, lettera d), visto il parere dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare, considerando quanto segue: (1) La direttiva 2003/40/CE della Commissione, del 16 maggio 2003, che determina l'elenco, i limiti di concentrazione e le indicazioni di etichettatura per i componenti delle acque minerali naturali, nonché le condizioni d'utilizzazione dell'aria arricchita di ozono per il trattamento delle acque minerali naturali e delle acque sorgive (2), prevede un limite massimo per il fluoro nelle acque minerali naturali. Per quanto riguarda l'acqua di sorgente, tale limite è fissato dalla direttiva 98/83/CE del Consiglio, del 3 novembre 1998, relativa alla qualità dell'acqua destinata al consumo umano (3). (2) Per consentire agli operatori di rispettare le suddette direttive è opportuno autorizzare un trattamento di eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali e dalle acque di sorgente attraverso l'impiego di allumina attivata (qui di seguito «il trattamento per l'eliminazione del fluoro»). (3) Il trattamento per l'eliminazione del fluoro non deve aggiungere all'acqua trattata residui in concentrazioni tali da costituire un rischio per la salute pubblica. (4) Il trattamento per l'eliminazione del fluoro va notificato alle autorità competenti affinché possano svolgere i controlli necessari a garantirne la corretta applicazione. (5) Quando viene eseguito il trattamento per l'eliminazione del fluoro, l'etichetta dell'acqua trattata deve contenere indicazioni al riguardo. (6) I provvedimenti previsti dal presente regolamento sono conformi al parere del comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali; essi non sono stati contestati né dal Parlamento europeo, né dal Consiglio, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. È consentito il trattamento delle acque minerali naturali e delle acque di sorgente con allumina attivata, destinato ad eliminare il fluoro, denominato qui di seguito «il trattamento per l'eliminazione del fluoro». Il termine «acqua» si riferisce qui di seguito complessivamente alle acque minerali naturali e alle acque di sorgente. 2. Il trattamento per l'eliminazione del fluoro viene effettuato nel rispetto delle prescrizioni tecniche di cui all'allegato. Articolo 2 La presenza di residui nell'acqua quale conseguenza del trattamento per l'eliminazione del fluoro si trova al livello minimo tecnicamente possibile secondo le prassi migliori e non costituisce un rischio per la salute pubblica. A tal fine l'operatore esegue e controlla le fasi principali del trattamento di cui all'allegato. Articolo 3 1. L'esecuzione del trattamento per l'eliminazione del fluoro è notificata alle autorità competenti con almeno tre mesi di anticipo. 2. Mediante la notifica l'operatore trasmette alle autorità competenti le informazioni e la documentazione pertinenti nonché i risultati analitici relativi al trattamento, dai quali emerga il rispetto delle prescrizioni dell'allegato. Articolo 4 L'etichetta dell'acqua che è stata sottoposta ad un trattamento di eliminazione del fluoro contiene, vicino alla dichiarazione relativa alla composizione chimica, l'indicazione «acqua sottoposta ad una tecnica di assorbimento autorizzata». Articolo 5 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. I prodotti immessi sul mercato entro il 10 agosto 2010 e che non rispettano le prescrizioni dell'allegato 4, possono continuare ad essere commercializzati fino al 10 agosto 2011. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 9 febbraio 2010. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 164 del 26.6.2009, pag. 45. (2) GU L 126 del 22.5.2003, pag. 34. (3) GU L 330 del 5.12.1998, pag. 32. ALLEGATO Prescrizioni tecniche relative all'utilizzazione dell'allumina attivata per l'eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali e dalle acque di sorgente Le seguenti fasi principali del trattamento devono essere realizzate e monitorate adeguatamente: 1) prima di utilizzare l'allumina attivata per il trattamento dell'acqua è necessario sottoporla ad una procedura di inizializzazione con prodotti chimici alcalini o acidi per rimuovere qualsiasi impurità e ad un controlavaggio per eliminare le particelle fini; 2) a seconda della qualità e del flusso dell'acqua va effettuata una procedura di rigenerazione ad intervalli che variano tra una e quattro settimane. La procedura di rigenerazione prevede l'impiego di prodotti chimici adeguati a rimuovere gli ioni assorbiti, onde ripristinare la capacità di assorbimento dell'allumina attivata ed eliminare eventuali biofilm formatisi. La procedura va eseguita in tre fasi: — trattamento all'idrossido di sodio per rimuovere gli ioni fluoro e sostituirli con ioni idrossido, — trattamento con acido per rimuovere i residui di idrossido di sodio ed attivare la sostanza, — risciacquo con acqua potabile o demineralizzata e condizionamento con acqua quale fase finale, onde garantire che il filtro non incida sul contenuto generale di minerali dell'acqua trattata; 3) i prodotti chimici e i reagenti utilizzati nei processi di inizializzazione e rigenerazione devono rispettare le norme europee pertinenti (1) o le norme nazionali applicabili relative alla purezza dei reagenti chimici impiegati nel trattamento dell'acqua destinata al consumo umano; 4) l'allumina attivata deve rispettare la norma europea applicabile ai test di lisciviazione (EN 12902) (2) per garantire che non vengano rilasciati residui nell'acqua in concentrazioni eccedenti i limiti stabiliti dalla direttiva 2003/40/CE o, in mancanza di limiti in tale direttiva, i limiti di cui alla direttiva 98/83/CE o alla legislazione nazionale applicabile. Il quantitativo totale di ioni alluminio presenti nell'acqua trattata in seguito al rilascio di alluminio, principale componente dell'allumina attivata, non deve eccedere 200 μg/l, come stabilito dalla direttiva 98/83/CE. Tale valore va controllato regolarmente, nel rispetto della direttiva del Consiglio; 5) alle fasi del trattamento vanno applicate le buone pratiche di fabbricazione e i principi HACCP di cui al regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (3) sull'igiene dei prodotti alimentari; 6) l'operatore deve stabilire un programma di monitoraggio volto a garantire il corretto svolgimento delle fasi del trattamento, in particolare per quanto concerne il mantenimento delle caratteristiche essenziali dell'acqua ed il suo contenuto di fluoro. (1) Norme europee elaborate dal CEN (Comitato europeo di normalizzazione). (2) Norma europea EN 12902 (2004): Prodotti utilizzati per il trattamento di acque destinate al consumo umano. Materiali inorganici di supporto e di filtrazione. (3) GU L 139 del 30.4.2004, pag. 1.
Utilizzazione dell’allumina per l’eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce le condizioni di utilizzazione dell’allumina attivata* per eliminare il fluoro* dalle acque minerali naturali e di sorgente, per soddisfare le direttive UE riguardanti la qualità dell’acqua potabile. PUNTI CHIAVE L’utilizzazione dell’allumina per l’eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali e di sorgente è consentito alle condizioni seguenti:La presenza di residui nell’acqua quale conseguenza del trattamento deve essere al livello minimo tecnicamente possibile e non deve costituire un rischio per la salute pubblica.L’esecuzione del trattamento deve essere notificata alle autorità competenti con almeno tre mesi di anticipo, con la documentazione e i dati dai quali emerga il rispetto del regolamento.Tutti i prodotti chimici utilizzati nel trattamento devono rispettare le norme applicabili al trattamento dell’acqua potabile.L’allumina attivata deve rispettare la norma europea applicabile per garantire che non vengano rilasciati nell’acqua residui eccessivi.Prima del suo utilizzo l’allumina attivata deve essere trattata per rimuovere i residui e le particelle fini.I filtri devono essere risciacquati quale fase finale, onde garantire che essi non incidano sul contenuto generale di minerali dell’acqua trattata.L’allumina attivata deve essere rigenerata a intervalli adeguati per ripristinare la sua efficacia.L’operatore deve monitorare i processi per garantire il mantenimento delle caratteristiche essenziali dell’acqua.L’utilizzo del trattamento per l’eliminazione del fluoro deve essere indicato nell’etichetta dell’acqua trattata, vicino alla dichiarazione relativa alla composizione chimica, nella forma seguente: «acqua sottoposta ad una tecnica di assorbimento autorizzata». DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? È stato applicato dal 2 marzo 2010. CONTESTO La direttiva 2009/54/CE fissa le regole dell’UE sui metodi consentiti per il trattamento delle acque minerali naturali e di sorgente. Essa autorizza la Commissione europea a stabilire le condizioni per l’utilizzo dei trattamenti dopo consultazioni con l’Autorità europea per la sicurezza alimentare. La direttiva 2003/40/CE della Commissione determina il limite della presenza di fluoro nelle acque minerali naturali. Il limite per le acque sorgive è fissato dalla direttiva 98/83/CE del Consiglio.I trattamenti chimici sono soggetti alle buone prassi di fabbricazione e ai principi definiti dal regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio sull’igiene dei prodotti alimentari.Per ulteriori informazioni, consultare: Acque minerali naturali e di sorgente (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Allumina attivata: forma altamente porosa di ossido di alluminio di elevata superficie. Può essere utilizzata come filtro per eliminare il fluoro dall’acqua potabile. Fluoro: un elemento naturalmente presente nelle acque di rete. Le concentrazioni variano sensibilmente tra uno Stato membro e l’altro. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 115/2010 della Commissione, del 9 febbraio 2010, che stabilisce le condizioni di utilizzazione dell’allumina attivata per l’eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali e dalle acque di sorgente (GU L 37 del 10.2.2010, pagg 13-15) DOCUMENTI COLLEGATI Direttiva 2009/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali (Rifusione) (GU L 164 del 26.6.2009, pagg 45-58) Regolamento (UE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sull’igiene dei prodotti alimentari (GU L 139 del 30.4.2004, pagg 1-54). Testo ripubblicato in rettifica (GU L 226 del 25.6.2004, pagg 3-21). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 852/2004 sono state incorporate nel testo base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Direttiva 2003/40/CE della Commissione, del 16 maggio 2003, che determina l’elenco, i limiti di concentrazione e le indicazioni di etichettatura per i componenti delle acque minerali naturali, nonché le condizioni d’utilizzazione dell’aria arricchita di ozono per il trattamento delle acque minerali naturali e delle acque sorgive (GU L 126 del 22.5.2003, pagg 34-39) Direttiva 98/83/CE del Consiglio, del 3 novembre 1998, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano (GU L 330 del 5.12.1998, pagg 32-54) Si veda la versione consolidata.
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32009D0705
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DECISIONE DELLA COMMISSIONE del 14 settembre 2009 che istituisce un Gruppo consultivo europeo dei consumatori (2009/705/CE) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, considerando quanto segue: (1) Nell'ambito della protezione dei consumatori di cui all'articolo 153 del trattato, è opportuno che la Commissione consulti i consumatori sui problemi riguardanti la tutela dei loro interessi a livello comunitario. (2) Sin dal 1973 la Commissione è assistita da un Gruppo consultivo creato a questo scopo da decisioni consecutive, l'ultima delle quali è la decisione 2003/709/CE della Commissione, del 9 ottobre 2003, che istituisce un Gruppo consultivo europeo dei consumatori (1). (3) Le attività del Gruppo su un lungo periodo mettono in evidenza la necessità di migliorarne l'efficienza, la rappresentatività e la trasparenza; di conseguenza occorre chiarire le disposizioni relative alla creazione di sottogruppi e all'adozione dei pareri del Gruppo comprendendo le migliori pratiche sviluppate nel corso degli ultimi anni. (4) A tale proposito è opportuno rivedere la procedura di nomina dei membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori e prevedere per i membri del gruppo ulteriori obblighi per la presentazione di relazioni al fine di aumentare la partecipazione delle organizzazioni nazionali dei consumatori alle attività del Gruppo stesso. (5) È importante assicurare che il Gruppo e i suoi membri partecipino attivamente ed efficacemente affinché il punto di vista dei consumatori sia parte integrante delle ampie deliberazioni tra le parti in causa che attualmente costituiscono la norma per la consultazione in Europa. (6) Per motivi di protezione dei dati è opportuno che l'elaborazione dei dati personali dei membri del Gruppo sia sottoposta alla normativa comunitaria in materia di tutela delle persone per quanto riguarda l'elaborazione dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organi comunitari, DECIDE: Articolo 1 Il Gruppo consultivo europeo dei consumatori Viene istituito un Gruppo consultivo europeo dei consumatori, di seguito «il Gruppo». Articolo 2 Compiti 1. Il Gruppo può essere consultato dalla Commissione su tutte le questioni riguardanti gli interessi dei consumatori a livello comunitario. 2. Il Gruppo: a) costituisce la sede di ampie discussioni sulle questioni riguardati gli interessi dei consumatori; b) elabora il contributo del punto di vista dei consumatori in altri fori e partecipa, quando richiesto, ai gruppi che la Commissione consulta sulle questioni riguardanti la politica europea dei consumatori; c) fornisce pareri alla Commissione quando delinea politiche e attività che hanno un effetto sui consumatori; d) può emettere un parere sulle questioni comunitarie relative ai consumatori; e) informa la Commissione sugli sviluppi della politica relativa ai consumatori negli Stati membri; f) costituisce una fonte di informazioni e una cassa di risonanza dell'azione comunitaria per le organizzazioni nazionali. Articolo 3 Costituzione 1. Il Gruppo sarà composto da: a) un membro rappresentante le organizzazioni nazionali dei consumatori di ciascuno Stato membro; b) un membro proveniente da ciascuna organizzazione europea dei consumatori. 2. Le organizzazioni nazionali dei consumatori di cui al paragrafo 1, lettera a), devono essere rappresentative, in accordo con le regolamentazioni nazionali, dei consumatori e attive a livello nazionale. 3. Le organizzazioni europee dei consumatori di cui al paragrafo 1, lettera b), devono soddisfare una delle due seguenti serie di criteri; esse devono: a) essere non governative, a scopo non lucrativo, esenti da conflitti di origine industriale, commerciale e professionale o da altri conflitti d'interesse, e i) avere come obiettivi e attività primari la promozione della tutela della salute, della sicurezza e degli interessi economici dei consumatori nella Comunità; ii) aver ricevuto il mandato di rappresentare gli interessi dei consumatori a livello comunitario dalle organizzazioni nazionali di consumatori in almeno la metà degli Stati membri che siano rappresentative, in accordo con le regolamentazioni nazionali, dei consumatori e che siano attive a livello regionale o nazionale; e iii) aver fornito alla Commissione una documentazione soddisfacente della loro appartenenza, regolamentazioni interne e fondi di finanziamento; oppure b) essere non governative, a scopo non lucrativo, esenti da conflitti di origine industriale, commerciale e professionale o da altri conflitti d'interesse, e i) avere come obiettivo e attività di rappresentare gli interessi dei consumatori nel processo di normalizzazione a livello comunitario; nonché ii) aver ricevuto mandato in almeno due terzi degli Stati membri per rappresentare gli interessi di consumatori a livello comunitario tramite: — enti rappresentativi, in accordo con le regolamentazioni nazionali, di organizzazioni nazionali dei consumatori negli Stati membri, oppure — in assenza di tali enti, di organizzazioni nazionali di consumatori negli Stati membri che siano rappresentative, in accordo con le regolamentazioni e le prassi nazionali, dei consumatori e che siano attive a livello nazionale. 4. Nell'allegato si trova un elenco indicativo delle organizzazioni che soddisfano attualmente i criteri di cui al paragrafo 3. Articolo 4 Designazione 1. I membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori sono nominati in conformità dei paragrafi 2 e 3. 2. Ogni Stato membro propone un elenco di tre candidati tramite gli enti nazionali rappresentanti le organizzazioni dei consumatori istituite dagli Stati membri, laddove esse esistono, o tramite le autorità nazionali competenti. I candidati fanno parte delle organizzazioni dei consumatori nazionali più rappresentative in base alle norme o alle pratiche nazionali. 3. La Commissione nomina un membro titolare e un supplente per Stato membro in conformità dei seguenti criteri: a) i candidati devono avere un'ampia esperienza e competenza nel settore della politica europea dei consumatori; b) i candidati che non sono stati in precedenza membri di tale gruppo saranno considerati prioritari; c) equilibrio tra uomini e donne. 4. I membri del gruppo che rappresentano le organizzazioni europee dei consumatori e un supplente per ogni membro sono nominati dalla Commissione su proposta delle organizzazioni europee dei consumatori. 5. I supplenti sostituiscono automaticamente i titolari quando questi sono assenti. 6. La Commissione pubblicherà l'elenco dei membri titolari e dei supplenti nel sito Internet della Direzione generale Salute e Consumatori e nella serie C della Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. I nominativi dei membri titolari e dei supplenti sono raccolti, trattati e pubblicati in conformità del regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (2). Articolo 5 Durata del mandato 1. Il mandato dei membri titolari e dei supplenti è triennale e rinnovabile in accordo con la procedura fissata dall'articolo 4. 2. Alle fine del periodo di tre anni, i membri e i supplenti rimangono in carica fino a che non si sia trovato un sostituto o fino a quando il loro mandato non sia rinnovato. 3. Il mandato dei membri scade prima della fine del periodo triennale a) in caso di dimissioni, pensionamento o morte; b) nel caso in cui l'ente nazionale o le autorità che li hanno presentati come candidati richiedano la loro sostituzione; c) nel caso in cui la Commissione richieda la sostituzione di membri o supplenti che non sono più in grado di contribuire in modo efficace o che non soddisfano gli obblighi di cui all'articolo 7, paragrafo 6. 4. I membri titolari e i supplenti sono sostituiti per il resto del periodo di tre anni ai sensi della procedura fissata dall'articolo 4. Fatto salvo l'articolo 4, paragrafo 2, nel caso in cui un solo membro titolare o un supplente che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori debba essere sostituito, gli enti nazionali o le autorità propongono due nuovi candidati e tra questi la Commissione ne nomina uno in conformità dell'articolo 4, paragrafo 3. Articolo 6 Associati ed esperti 1. Su proposta della Commissione, il Gruppo può invitare rappresentanti di altre organizzazioni aventi come loro principali obiettivi la promozione degli interessi dei consumatori e attive in questo campo a livello europeo, ad associarsi ai lavori. 2. Il Gruppo può invitare qualsiasi persona che abbia un'esperienza particolare su un determinato punto dell'ordine del giorno a partecipare ai lavori in qualità di esperto. Articolo 7 Funzionamento 1. La Commissione a) determina la forma e il calendario in base al quale il Gruppo si riunisce; b) presiede le riunioni del Gruppo; c) fornisce servizi di segretariato e organizza le attività del Gruppo. 2. Possono essere istituiti sottogruppi al fine di esaminare questioni specifiche nel quadro di un mandato stabilito dal Gruppo stesso. Tali gruppi vanno sciolti non appena abbiano adempiuto il proprio mandato. 3. Il Gruppo può emettere pareri su richiesta della Commissione o su proposta di un membro con l'accordo della Commissione. Quando richiede un parere la Commissione può fissare un termine entro cui questo va emesso. Per ogni parere il Gruppo può nominare uno o più relatori tra i suoi membri. Il relatore avrà la responsabilità generale della presentazione del parere. 4. IL Gruppo adotta il proprio regolamento interno sulla base di proposte presentate dalla Commissione. 5. La Commissione pubblica sul sito Internet della Direzione generale Salute e Consumatori, nella lingua originale del documento interessato, ogni riassunto, conclusione, conclusione parziale o documento di lavoro del Gruppo. 6. I membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori informano e consultano le associazioni che essi rappresentano nel Gruppo. Ciascun membro istituisce meccanismi di notifica efficaci per informare sistematicamente tutte le organizzazioni nazionali di consumatori sul lavoro del Gruppo, e presenta i reciproci punti di vista. 7. Ogni membro del Gruppo presenta alla Commissione entro il 1o marzo una relazione sulle attività svolte nell'anno precedente in conformità degli obblighi previsti al paragrafo 6. Il contenuto di tale relazione sarà definito ulteriormente nel regolamento interno. Articolo 8 Riservatezza Senza pregiudizio dell'articolo 287 del trattato, i membri e i supplenti del Gruppo non divulgheranno le informazioni ottenute durante il loro lavoro in seno al Gruppo o ai gruppi di lavoro dello stesso quando la Commissione li informa che il parere richiesto o la questione sollevata è di natura riservata. Articolo 9 Spese di riunione 1. La Commissione rimborsa le spese di viaggio ed eventualmente di soggiorno sostenute da membri ed esperti per le attività del Gruppo, secondo le proprie norme sul rimborso spese degli esperti esterni. 2. I membri non sono retribuiti per le funzioni esercitate. 3. Le spese di riunione sono rimborsate entro i limiti del bilancio annuale assegnato al Gruppo dal competente servizio della Commissione. Articolo 10 Abrogazione La decisione 2003/709/CE è abrogata. Fatto a Bruxelles, il 14 settembre 2009. Per la Commissione Meglena KUNEVA Membro della Commissione (1) GU L 258 del 10.10.2003, pag. 35. (2) GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1. ALLEGATO Organizzazioni che soddisfano attualmente i criteri di cui all'articolo 3, paragrafo 3: — BEUC — Ufficio europeo delle unioni di consumatori, — ANEC — Associazione europea per il coordinamento della rappresentanza dei consumatori nella standardizzazione.
Gruppo consultivo per i consumatori europei QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Crea il gruppo consultivo europeo dei consumatori, sede di discussione sulle questioni riguardanti gli interessi dei consumatori a livello dell'Unione europea (UE). Essa abroga e spiega le disposizioni della decisione 2003/709/CE. Attraverso le esperienze acquisite, mira a rafforzare l'efficacia, la rappresentatività e l'apertura del gruppo. PUNTI CHIAVE Il gruppo può essere consultato su tutte le questioni a livello UE legate agli interessi dei consumatori. Esso emette pareri e consiglia la Commissione europea. Costituisce inoltre la piattaforma di scambio di informazioni tra le organizzazioni rappresentate e informa le organizzazioni nazionali sulle attività UE. Composizione Il gruppo è costituito da: un rappresentante delle organizzazioni nazionali dei consumatori per ciascun paese dell'UE; un rappresentante di ciascuna organizzazione europea dei consumatori (BEUC e ANEC). Sono presenti due membri associati (Eurocoop e Coface) e due osservatori (Islanda e Norvegia). Le organizzazioni europee dei consumatori rispondono a molteplici criteri. Devono essere non governative, a scopo non lucrativo, esenti da conflitti di origine industriale, commerciale e professionale. Inoltre esse devono: avere come attività primaria la promozione della tutela della salute, della sicurezza e degli interessi economici dei consumatori; rappresentare i consumatori di almeno la metà dei paesi dell'UE; essere in grado di fornire alla Commissione i dati della loro appartenenza, la loro regolamentazione interna e i loro fondi di finanziamento. Oppure: rappresentare gli interessi dei consumatori nel processo di normalizzazione a livello comunitario; aver ricevuto mandato in almeno due terzi dei paesi dell'UE per rappresentare gli interessi dei consumatori a livello UE. Designazione e mandato dei membri Questo gruppo è composto da 30 membri nominati per tre anni. Il loro mandato è rinnovabile. I membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni nazionali dei consumatori sono nominati a seguito della proposta di candidati presentata dalle amministrazioni nazionali. La Commissione nomina un membro titolare e un membro supplente per paese dell'UE, basandosi su una serie di criteri: i candidati devono possedere un’ampia esperienza e competenza nel settore della politica europea dei consumatori a livello comunitario; i candidati che non sono stati in precedenza membri del gruppo sono considerati prioritari; l’equilibrio tra uomini e donne dovrà essere assicurato all’interno del gruppo. I membri del Gruppo che rappresentano le organizzazioni europee dei consumatori e un supplente per ogni membro sono nominati dalla Commissione su proposta delle organizzazioni europee dei consumatori. Nell’interesse delle discussioni, la Commissione può invitare dei membri associati o degli esperti membri di organizzazioni non rappresentate all’interno del Gruppo. Funzionamento La Commissione stabilisce il calendario delle riunioni del gruppo. Presiede il gruppo e fornisce servizi di segretariato. Il gruppo adotta il proprio regolamento interno sulla base di proposte presentate dalla Commissione. Il gruppo può decidere di istituire dei sottogruppi temporanei al fine di esaminare specifiche questioni. Esistono attualmente 2 sottogruppi: energia; mercato unico digitale. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? La decisione è in vigore dal 14 settembre 2009. CONTESTO L’Unione Europea (UE) garantisce un elevato livello di protezione ai consumatori, un’esigenza presente nell’elaborazione delle sue politiche e delle sue azioni. In questo contesto, prima di qualsiasi progetto inerente ai consumatori, la Commissione consulta le organizzazioni dei consumatori rappresentate all’interno del Gruppo consultivo dei consumatori. Sin dal 1973 la Commissione è assistita da un gruppo consultivo dei consumatori creato da decisioni successive, l'ultima delle quali è la decisione 2003/709/CE. Per ulteriori informazioni si consulti: Il gruppo consultivo europeo dei consumatori (ECCG) sul sito internet della Commissione europea. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2009/705/CE della Commissione del 14 settembre 2009 che istituisce un Gruppo consultivo europeo dei consumatori (GU L 244 del 16.9.2009, pag. 21–24). DOCUMENTI CORRELATI Decisione della Commissione, del 18 agosto 2016 relativa alla nomina dei membri del gruppo consultivo europeo dei consumatori e dei loro supplenti (C/2016/5417) (GU C 306 del 23.8.2016, pag. 4-5)
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97/827/GAI: Azione comune del 5 dicembre 1997 adottata dal Consiglio sulla base dell'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea che istituisce un meccanismo di valutazione dell'applicazione e dell'attuazione a livello nazionale degli impegni internazionali in materia di lotta contro la criminalità organizzata Gazzetta ufficiale n. L 344 del 15/12/1997 pag. 0007 - 0009 AZIONE COMUNE del 5 dicembre 1997 adottata dal Consiglio sulla base dell'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea che istituisce un meccanismo di valutazione dell'applicazione e dell'attuazione a livello nazionale degli impegni internazionali in materia di lotta contro la criminalità organizzata (97/827/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo K.3, paragrafo 2, lettera b),vista la relazione del Gruppo ad alto livello sulla criminalità organizzata, approvata dal Consiglio europeo di Amsterdam il 16/17 giugno 1997, in particolare la raccomandazione n. 15 del piano di azione,viste le conclusioni del Consiglio sulla suddetta relazione,vista l'esperienza acquisita nell'ambito del Gruppo di azione finanziaria internazionale in materia di lotta contro il riciclaggio di denaro,vista la decisione del Consiglio del 26 giugno 1997, relativa al regime applicabile agli esperti nazionali distaccati presso il Segretariato generale del Consiglio nel quadro dell'attuazione del programma di intensificazione della lotta alla criminalità organizzata,considerando la necessità di migliorare l'attuazione a livello nazionale degli strumenti adottati nel quadro dell'Unione e in altra sede, in particolare per lottare contro la criminalità organizzata;considerando che il compito dell'attuazione incombe innanzitutto a ciascuno Stato membro e che nel contesto della loro concertazione in seno all'Unione europea, gli Stati membri svolgono un'azione di reciproco incoraggiamento per migliorare gli strumenti di cooperazione sottoscritti a livello internazionale;considerando che è peraltro utile istituire un meccanismo che, sulla scia di questa concertazione permetta agli Stati membri di valutare, su una base di eguaglianza e di reciproca fiducia, l'attuazione da parte di ciascuno Stato membro degli strumenti di cooperazione destinati alla lotta contro la criminalità organizzata internazionale;esaminato il punto di vista del Parlamento europeo (1), a seguito di una consultazione effettuata dalla presidenza a norma dell'articolo K.6 del trattato,HA ADOTTATO LA PRESENTE AZIONE COMUNE:Articolo 1 Oggetto 1. Fatte salve le competenze della Comunità, è istituito, in base alle modalità definite in appresso, un meccanismo di valutazione a pari livello dell'applicazione e dell'attuazione sul piano nazionale degli atti e strumenti dell'Unione e degli altri atti e strumenti internazionali in materia penale, della legislazione, delle politiche e delle prassi che ne derivano sul piano nazionale e delle azioni di cooperazione internazionale seguite in materia di lotta contro la criminalità organizzata negli Stati membri.2. Ciascuno Stato membro si impegna affinché le proprie autorità nazionali collaborino pienamente con i gruppi di valutazione istituiti nel quadro della presente azione comune, ai fini della sua applicazione, nel rispetto delle norme giuridiche e deontologiche applicabili a livello nazionale.Articolo 2 Temi di valutazione 1. Per ogni ciclo di valutazione, il tema preciso, nonché l'ordine degli Stati membri da valutare, almeno cinque all'anno, sono definiti, su proposta della presidenza, dai membri del gruppo di lavoro pluridisciplinare sulla lotta contro la criminalità organizzata (GMD).2. La valutazione è preparata dalla presidenza del Consiglio, assistita dal Segretariato generale del Consiglio. La Commissione è pienamente associata ai lavori.3. Il primo ciclo di valutazione inizia al più tardi tre mesi dopo l'entrata in vigore della presente azione comune.Articolo 3 Designazione degli esperti 1. Ciascuno Stato membro comunica al Segretariato generale del Consiglio, su iniziativa della presidenza, il nome di un massimo di tre esperti che abbiano, per quanto riguarda il tema di valutazione, un'esperienza approfondita in materia di lotta contro la criminalità organizzata, in particolare nell'ambito di un servizio incaricato dell'applicazione delle leggi quale polizia, dogana, l'autorità giudiziaria o altra pubblica autorità, e che siano disposti a partecipare ad almeno un ciclo di valutazione.2. La presidenza elabora l'elenco degli esperti designati dagli Stati membri e la trasmette ai membri del GMD.Articolo 4 Gruppo di valutazione Sulla base dell'elenco di cui all'articolo 3, paragrafo 2, la presidenza costituisce un gruppo di tre esperti per ciascuno Stato membro da sottoporre a valutazione, avendo cura che non siano cittadini dello Stato in questione. II nome degli esperti prescelti è comunicato al GMD. Essi formano il gruppo di valutazione. In funzione dei temi da valutare, la Commissione può assistere ai lavori dei gruppi di esperti. In tutti i suoi compiti il gruppo di valutazione è assistito dal Segretariato generale del Consiglio.Articolo 5 Elaborazione del questionario La presidenza, assistita dal Segretariato generale del Consiglio, elabora un questionario, che serve per la valutazione di tutti gli Stati membri, nel quadro del tema preciso definito conformemente all'articolo 2, paragrafo 1 e lo sottopone per approvazione al GMD. Tale questionario è diretto a raccogliere tutte le informazioni utili per poter procedere alla valutazione. Lo Stato membro valutato provvede a rispondere al questionario entro il termine prescritto e nel modo più completo possibile accludendo, se necessario, tutte le disposizioni giuridiche e i dati tecnici e pratici necessari.Articolo 6 Visita in loco Dopo aver ricevuto la risposta al questionario, il gruppo di valutazione si reca nello Stato membro valutato per incontrarvi le autorità politiche, amministrative, di polizia, doganali o giudiziarie, o qualsiasi altro organo pertinente, secondo un programma di visite stabilito dallo Stato membro visitato, che tiene conto delle richieste formulate dal gruppo di valutazione.Articolo 7 Elaborazione del progetto di relazione Entro un mese dalla visita di cui all'articolo 6, il gruppo di valutazione elabora un progetto di relazione e lo invia, per parere, allo Stato membro valutato. Qualora lo ritenga necessario, essa adegua la propria relazione in funzione delle osservazioni che le sono inviate dallo Stato membro valutato.Articolo 8 Discussione e adozione della relazione 1. La presidenza trasmette, in via riservata, il progetto di relazione ai membri del GMD, corredato delle osservazioni dello Stato membro valutato delle quali il gruppo di valutazione non avesse eventualmente tenuto conto.2. La riunione del GMD inizia con una presentazione del progetto di relazione da parte dei membri del gruppo di valutazione. Il rappresentante dello Stato membro valutato fornisce in seguito tutti i commenti, le informazioni o i chiarimenti che ritenga necessari. Il GMD discute successivamente il progetto di relazione e adotta le proprie conclusioni per consensus.3. La presidenza informa il Consiglio una volta all'anno del risultato dei cicli di valutazione. Il Consiglio, qualora lo ritenga necessario, può trasmettere raccomandazioni allo Stato membro interessato, invitandolo a comunicargli i progressi compiuti entro il termine da esso fissato.4. Nel rispetto dell'articolo 9, paragrafo 2, la presidenza informa ogni anno il Parlamento europeo dell'attuazione del meccanismo di valutazione.5. Al termine di un ciclo completo di valutazione il Consiglio adotta le misure adeguate.Articolo 9 Riservatezza 1. I gruppi di esperti della valutazione sono tenuti a rispettare la riservatezza di tutte le informazioni raccolte nell'ambito della loro missione. A tal fine gli Stati membri devono controllare che i loro esperti designati a norma dell'articolo 3 dispongano, all'occorrenza, di un livello adeguato di sicurezza.2. La relazione elaborata nel quadro della presente azione comune è riservata. Tuttavia, lo Stato membro valutato, può, sotto la propria responsabilità, rendere pubblica la relazione. Qualora volesse pubblicare degli estratti, deve ottenere l'accordo del Consiglio.Articolo 10 Valutazione del meccanismo Entro la fine del primo ciclo di valutazione di tutti gli Stati membri, il Consiglio esamina le modalità e il campo di applicazione del meccanismo e adegua, se del caso, la presente azione comune.Articolo 11 Entrata in vigore La presente azione comune entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.Articolo 12 Pubblicazione nella Gazzetta ufficiale La presente azione comune è pubblicata nella Gazzetta ufficiale.Fatto a Bruxelles, addì 5 dicembre 1997.Per il ConsiglioIl PresidenteM. FISCHBACH(1) Parere espresso il 20 novembre 1997 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
Valutazione a pari livello delle misure dei paesi dell’Unione europea per la lotta alla criminalità organizzata Un’azione comune dell’Unione europea (UE) introduce un meccanismo che consente lo svolgimento di valutazioni a pari livello dei sistemi giuridici dei paesi dell’Unione in relazione alle varie misure contro la criminalità organizzata. ATTO Azione comune 97/827/GAI, del 5 dicembre 1997, adottata dal Consiglio sulla base dell’articolo K.3 del trattato sull’Unione europea che istituisce un meccanismo di valutazione dell’applicazione e dell’attuazione a livello nazionale degli impegni internazionali in materia di lotta contro la criminalità organizzata. SINTESI PUNTI CHIAVE La valutazione è preparata dalla presidenza del Consiglio, che lavora a fianco del Segretariato generale del Consiglio e della Commissione europea. Ogni paese dell’UE deve individuare da uno a tre esperti con esperienza nelle materie da valutare (ossia polizia, dogana, autorità giudiziaria) e comunicarne i nomi alla presidenza del Consiglio. Successivamente la presidenza del Consiglio sceglie tre esperti dall’elenco di nomi affinché conducano la valutazione di un paese dell’UE, garantendo al tempo stesso che i tre esperti in questione non siano cittadini del paese dell’Unione sottoposto a valutazione. Ogni ciclo di valutazioni si concentra su un tema specifico concordato dai paesi dell’UE, che si accordano inoltre sull’ordine dei paesi da valutare e sul questionario sulla base del quale il gruppo di valutazione deve condurre il proprio lavoro in ogni paese dell’Unione. Lo scopo è raccogliere tutte le informazioni utili alla conduzione della valutazione. In seguito al completamento del questionario, il gruppo di valutazione visita il paese dell’UE in questione e incontra le parti interessate (ad esempio autorità politiche, amministrative, di polizia, della dogana e giudiziarie). Ogni paese dell’UE deve garantire che le proprie autorità collaborino pienamente con i gruppi di valutazione istituiti ai sensi della presente azione comune. Il progetto di relazione è inviato al paese dell’UE interessato per un parere entro un mese dalla visita. Una volta accettate ed eseguite eventuali modifiche, la presidenza del Consiglio trasmette il progetto di relazione ai membri del consiglio competente per ulteriori considerazioni e per l’adozione. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Azione comune 97/827/GAI 15.12.1997 - GU L 344 del 15.12.1997, pag. 7-9 ATTI COLLEGATI Decisione 2002/996/GAI del Consiglio, del 28 novembre 2002, che istituisce un meccanismo di valutazione dei sistemi giuridici e della loro attuazione a livello nazionale nella lotta contro il terrorismo (GU L 349 del 24.12.2002, pag. 1-3).
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Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri Gazzetta ufficiale n. L 053 del 23/02/2002 pag. 0001 - 0003 Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consigliodel 18 febbraio 2002che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membriIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 308,vista la proposta della Commissione, presentata previa consultazione del Comitato economico e finanziario(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),visto il parere della Banca centrale europea(3),considerando quanto segue:(1) L'articolo 119, paragrafo 1, secondo comma e l'articolo 119, paragrafo 2 del trattato prevedono che, in caso di difficoltà o di grave minaccia di difficoltà nella bilancia dei pagamenti di uno Stato membro, il Consiglio gli conceda un concorso reciproco, in seguito a raccomandazione trasmessagli dalla Commissione previa consultazione del Comitato economico e finanziario. L'articolo 119 non definisce lo strumento d'applicazione del concorso reciproco previsto.(2) È necessario che ad un'operazione di prestito a uno Stato membro si possa procedere in tempo per consentirgli di adottare tempestivamente e in normali condizioni di cambio le misure di politica economica tali da prevenire il manifestarsi di una crisi acuta nella bilancia dei pagamenti e da sostenere i suoi sforzi di convergenza.(3) Ogni operazione di prestito a uno Stato membro dovrebbe essere subordinata all'adozione, da parte del medesimo, di misure di politica economica tali da ristabilire od assicurare una situazione sostenibile della sua bilancia dei pagamenti e commisurate alla gravità e all'evolversi della situazione di questa.(4) È opportuno prevedere in anticipo procedure e strumenti adeguati per consentire alla Comunità e agli Stati membri di fornire in tempi brevi, se necessario, un sostegno finanziario a medio termine, in particolare quando le circostanze richiedono un'azione immediata.(5) Per provvedere al finanziamento del sostegno accordato, la Comunità deve poter utilizzare il suo credito per prendere a prestito fondi da mettere a disposizione, in forma di prestiti, degli Stati membri interessati. Operazioni di questo tipo sono necessarie per conseguire gli obiettivi della Comunità definiti nel trattato, in particolare lo sviluppo armonioso delle attività economiche in tutta la Comunità.(6) A tale scopo è stato istituito dal regolamento (CEE) n. 1969/88 del Consiglio(4) un meccanismo unico di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri.(7) Dal 1o gennaio 1999 gli Stati membri partecipanti al sistema della moneta unica non possono più beneficiare del sostegno finanziario a medio termine. Nondimeno, è opportuno preservare il meccanismo di sostegno finanziario per rispondere non soltanto alle esigenze potenziali degli Stati membri che non hanno adottato l'euro, ma anche alle esigenze dei nuovi Stati membri, sintantoché non abbiano adottato l'euro.(8) L'introduzione della moneta unica ha comportato una consistente riduzione del numero di Stati membri che possono ricorrere al meccanismo in oggetto, il che giustifica una riduzione dell'attuale massimale di 16 miliardi di EUR. Tuttavia, il massimale dei prestiti da concedere andrebbe mantenuto a un livello abbastanza alto da consentire di far fronte in misura adeguata alle esigenze simultanee di più Stati membri. Una riduzione del massimale da 16 a 12 miliardi di EUR sembra di natura tale da rispondere a tali preoccupazioni e da tenere anche in considerazione i futuri allargamenti dell'Unione europea.(9) L'evidente squilibrio tra il numero di paesi potenzialmente beneficiari dei prestiti nella terza fase dell'Unione economica e monetaria e il numero di paesi che possano finanziare tali prestiti rende difficile continuare ad assicurare il finanziamento diretto dei prestiti che vengono concessi da parte dell'insieme degli altri Stati membri. È quindi opportuno che i prestiti siano finanziati esclusivamente ricorrendo al mercato dei capitali o alle istituzioni finanziarie, che hanno raggiunto ormai uno stadio di sviluppo e di maturità tale da consentire la loro disponibilità per simili finanziamenti.(10) Inoltre, sulla scorta dell'esperienza acquisita si dovrebbero precisare le modalità di utilizzo del meccanismo, tenendo conto anche dello sviluppo dei mercati finanziari internazionali nonché delle possibilità e delle costrizioni di ordine tecnico inerenti al ricorso a tali fonti di finanziamento.(11) Spetta al Consiglio decidere sulla concessione di un prestito o di un'adeguata linea di credito, sulla sua durata media, l'importo globale e l'ammontare delle quote successive. È opportuno tuttavia che le modalità di tali quote, la durata e il tipo di tasso d'interesse, siano stabilite di comune accordo fra lo Stato membro beneficiario e la Commissione. Nel caso in cui ritenga che le modalità dei prestiti desiderate dallo Stato membro interessato comportino un finanziamento incompatibile con le costrizioni di ordine tecnico imposte dai mercati dei capitali o dalle istituzioni finanziarie, la Commissione deve essere in grado di proporre per il finanziamento modalità alternative.(12) Per finanziare i prestiti che verranno concessi a norma del presente regolamento, la Commissione dovrebbe essere autorizzata a contrarre prestiti, a nome della Comunità europea, sui mercati dei capitali o presso istituzioni finanziarie.(13) È opportuno adattare di conseguenza il meccanismo di sostegno finanziario istituito dal regolamento (CEE) n. 1969/88. A fini di chiarezza, è opportuno sostituire tale regolamento.(14) Per l'adozione del presente regolamento, che prevede la concessione di prestiti comunitari unicamente mediante ricorso ai mercati dei capitali, escludendo il finanziamento di detti prestiti da parte degli altri Stati membri, il trattato non prevede poteri d'azione diversi da quelli di cui all'articolo 308,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 11. È istituito un meccanismo comunitario di sostegno finanziario a medio termine inteso a consentire la concessione di prestiti ad uno o più Stati membri che si trovino in difficoltà o in grave minaccia di difficoltà nella bilancia dei pagamenti correnti o in quella dei movimenti di capitali. Possono beneficiare di tale meccanismo comunitario soltanto gli Stati membri che non hanno adottato l'euro.L'esposizione creditizia, in conto capitale, dei prestiti che si possono accordare agli Stati membri nell'ambito di tale meccanismo è limitata a 12 miliardi di EUR.2. La Commissione è autorizzata, ai sensi di una decisione che il Consiglio adotterà a norma dell'articolo 3 e previa consultazione del Comitato economico e finanziario, a contrarre prestiti a nome della Comunità europea sui mercati dei capitali o presso istituzioni finanziarie.Articolo 2Quando uno Stato membro che non ha adottato l'euro intende ricorrere a fonti di finanziamento esterne alla Comunità, comportanti condizioni di politica economica, consulta preventivamente la Commissione e gli altri Stati membri per esaminare, fra l'altro, le possibilità offerte dal meccanismo comunitario di sostegno finanziario a medio termine. Tale consultazione avviene in sede di Comitato economico e finanziario, a norma dell'articolo 119 del trattato.Articolo 31. Il meccanismo di sostegno finanziario a medio termine può essere attivato dal Consiglio su iniziativa:a) della Commissione, che agirà a norma dell'articolo 119 del trattato in accordo con lo Stato membro che desidera ricorrere al finanziamento comunitario;b) di uno Stato membro che si trovi in difficoltà o in grave minaccia di difficoltà nella bilancia dei pagamenti correnti o in quella dei movimenti di capitali.2. Il Consiglio, previo esame della situazione dello Stato membro che desidera ricorrere al sostegno finanziario a medio termine e del programma di riassetto o di accompagnamento da esso presentato a sostegno della domanda, decide, di norma nel corso della medesima sessione:a) sulla concessione di un prestito o di un'adeguata linea di credito, sul suo importo e sulla sua durata media;b) sulle condizioni di politica economica alle quali è subordinato il sostegno finanziario a medio termine al fine di ripristinare o di garantire una situazione sostenibile della bilancia dei pagamenti;c) sulle modalità del prestito o della linea di credito il cui versamento o prelievo sarà effettuato in linea di principio in quote successive. La liberazione di ogni quota è subordinata alla verifica dei risultati ottenuti nell'attuazione del programma rispetto agli obiettivi prefissi.Articolo 4In caso d'introduzione o di reintroduzione, nel corso della durata del sostegno finanziario, di restrizioni ai movimenti di capitali a norma dell'articolo 120 del trattato, le condizioni e le modalità del sostegno sono riesaminate a norma dell'articolo 119 del trattato.Articolo 5La Commissione adotta le misure necessarie per accertare a intervalli regolari, in collaborazione con il Comitato economico e finanziario, che la politica economica dello Stato membro beneficiario di un prestito della Comunità risponda al programma di riassetto o di accompagnamento e alle altre eventuali condizioni decise dal Consiglio a norma dell'articolo 3. A tale scopo, lo Stato membro mette a disposizione della Commissione tutte le informazioni necessarie. In funzione dei risultati dell'accertamento e previo parere del Comitato economico e finanziario, la Commissione decide riguardo al versamento delle quote successive.Il Consiglio decide sulle eventuali modifiche da apportare alle condizioni di politica economica stabilite inizialmente.Articolo 6I prestiti accordati a titolo del sostegno finanziario a medio termine possono fungere da consolidamento di un sostegno accordato dalla Banca centrale europea nell'ambito della linea di credito a brevissimo termine.Articolo 71. Le operazioni di assunzione e di corrispondente erogazione di prestiti, di cui all'articolo 1, vengono eseguite in euro. Esse usano la medesima data di valuta e non devono comportare per la Comunità né modifica della scadenza né rischio di tasso d'interesse né qualsiasi altro rischio commerciale.Le modalità delle quote che la Comunità eroga successivamente nell'ambito del meccanismo di sostegno finanziario vengono negoziate fra lo Stato membro e la Commissione. Se la Commissione ritiene che le modalità desiderate dallo Stato membro comportino finanziamenti comunitari incompatibili con le costrizioni di ordine tecnico imposte dai mercati finanziari o tali da compromettere su questi medesimi mercati la reputazione della Comunità in quanto mutuataria, essa ha il diritto di opporre un rifiuto e di proporre una soluzione alternativa.Se uno Stato membro beneficia di un prestito comprendente una clausola di rimborso anticipato e decide di avvalersi di questa facoltà, la Commissione adotta le disposizioni necessarie.2. Su richiesta dello Stato membro debitore e se le circostanze consentono di migliorare il tasso d'interesse sui prestiti, la Commissione può procedere ad un rifinanziamento o ad un riassetto delle condizioni finanziarie relative alla totalità o ad una parte dei prestiti concessi inizialmente.Le operazioni di rifinanziamento o di riassetto vanno effettuate alle condizioni di cui al paragrafo 1 e non devono portare a una proroga della durata media dei prestiti che ne formano oggetto né a un aumento dell'importo del capitale non ancora rimborsato alla data delle suddette operazioni.3. Le spese a cui la Comunità deve far fronte per concludere ed effettuare ogni operazione sono a carico dello Stato membro beneficiario.4. Il Comitato economico e finanziario è informato dello svolgimento delle operazioni di cui al paragrafo 2, primo comma.Articolo 8Il Consiglio adotta le decisioni di cui agli articoli 3 e 5 a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione previa consultazione del Comitato economico e finanziario.Articolo 9La Banca centrale europea adotta le misure necessarie per provvedere alla gestione dei prestiti.I fondi sono versati soltanto ai fini indicati nell'articolo 1.Articolo 10Il Consiglio esamina ogni tre anni, in base a una relazione presentatagli dalla Commissione e previo parere del Comitato economico e finanziario, se il meccanismo istituito continui ad essere adeguato nel suo principio di base, modalità e massimali, alle esigenze che hanno indotto a istituirlo.Articolo 11Il regolamento (CEE) n. 1969/88 è abrogato.Articolo 12Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 18 febbraio 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteJ. Piqué i Camps(1) GU C 180 E del 26.6.2001, pag. 199.(2) Parere espresso il 6 settembre 2001 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU C 151 del 22.5.2001, pag. 18.(4) GU L 178 dell'8.7.1988, pag. 1. Regolamento modificato dall'atto di adesione del 1994.
Sostegno dell’Unione europea ai paesi non appartenenti all’area dell’euro con problemi di deficit della bilancia dei pagamenti SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Prevede aiuti finanziari per i paesi dell’Unione europea (UE) che non hanno adottato l’euro e che affrontano problemi di deficit della bilancia dei pagamenti*. PUNTI CHIAVE Il regolamento stabilisce i requisiti per prestiti a medio termine fino a 50 miliardi di euro ai paesi non appartenenti all’area dell’euro che affrontano difficoltà nella bilancia dei pagamenti. La procedura per concedere il prestito comprende: l’avvio dell’erogazione del prestito da parte della Commissione europea o di un paese dell’UE rilevante e non appartenente all’area dell’euro; la discussione da parte del paese dell’UE con la Commissione riguardo le esigenze finanziarie e la presentazione di un progetto di programma di riassetto; sulla base del programma di riassetto, la decisione da parte del Consiglio dei ministri circa l’opportunità di concedere il prestito, l’importo e la durata; la stesura di un memorandum d’intesa da parte della Commissione e del paese dell’UE, che specifica le condizioni stabilite dal Consiglio. Le caratteristiche del prestito comprendono l’assunzione e la concessione di prestiti in euro e con un rischio minimo per la Commissione. La Banca centrale europea gestisce il prestito per conto dell’UE. Gli interessi del prestito devono essere sostenuti dal paese dell’UE debitore e quest’ultimo è tenuto ad aprire un conto speciale presso la propria banca centrale nazionale per la gestione del prestito. La Corte dei conti europea ha il diritto di eseguire una verifica finanziaria nel paese dell’UE interessato, se lo ritiene necessario ai fini di una corretta gestione del meccanismo di prestito. Ogni tre anni il Consiglio, sulla base di una relazione della Commissione, è tenuto a esaminare se il prestito risponde ancora alle esigenze che ne avevano determinato la concessione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento è entrato in vigore il 24 febbraio 2002. TERMINI CHIAVE * Deficit della bilancia dei pagamenti: si determina quando il valore delle importazioni di un paese è superiore a quello delle esportazioni. ATTO Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1-3) Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 332/2002 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. ATTI COLLEGATI Decisione 2003/797/CE della Banca centrale europea, del 7 novembre 2003, avente ad oggetto la gestione delle operazioni di assunzione di prestiti e delle corrispondenti operazioni di erogazione concluse dalla Comunità europea nell’ambito del meccanismo di sostegno finanziario a medio termine (BCE/2003/14) (GU L 297 del 15.11.2003, pag. 35-36). Si veda la versione consolidata.
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REGOLAMENTO (UE) 2015/477 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell'11 marzo 2015 relativo alle misure che l'Unione può adottare in merito all'effetto combinato dei dazi antidumping/compensativi e delle misure di salvaguardia (codificazione) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 207, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, previa consultazione del Comitato economico e sociale europeo, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (1), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 452/2003 del Consiglio (2) ha subito varie e sostanziali modifiche (3). A fini di chiarezza e razionalizzazione è opportuno procedere alla sua codificazione. (2) Con il regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio (4) sono state adottate norme comuni contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell'Unione. (3) Con il regolamento (CE) n. 597/2009 del Consiglio (5) sono state adottate norme comuni contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri dell'Unione. (4) Con il regolamento (CE) n. 260/2009 del Consiglio (6) e il regolamento (CE) n. 625/2009 del Consiglio (7), sono state adottate norme comuni riguardanti le misure di salvaguardia applicate alle importazioni da determinati paesi che non fanno parte dell'Unione. Le misure di salvaguardia possono consistere in dazi applicabili a tutte le importazioni oppure alle importazioni che superino un quantitativo prestabilito. L'applicazione delle misure di salvaguardia consente l'ingresso delle merci nel mercato unionale previo pagamento dei dazi corrispondenti. (5) Alle importazioni di determinati prodotti possono applicarsi sia dazi antidumping o compensativi che misure tariffarie di salvaguardia. I dazi servono a ovviare alle distorsioni del mercato dovute alle pratiche commerciali sleali, mentre le misure tariffarie di salvaguardia costituiscono una risposta all'aumento massiccio delle importazioni. (6) La combinazione di misure di salvaguardia con dazi antidumping o compensativi sulle stesse importazioni potrebbe avere un effetto superiore a quello auspicabile conformemente alla politica e agli obiettivi di difesa commerciale dell'Unione. Tale combinazione potrebbe comportare, in particolare, un onere eccessivo per determinati produttori esportatori, che in pratica sarebbero tagliati fuori dal mercato dell'Unione. (7) Occorre quindi evitare di imporre un onere eccessivo ai produttori esportatori che intendono esportare nell'Unione per garantire loro l'accesso a tale mercato. (8) Occorre pertanto conseguire gli obiettivi delle misure tariffarie di salvaguardia e dei dazi antidumping/compensativi senza escludere detti produttori esportatori dal mercato dell'Unione. Pertanto, è necessario introdurre disposizioni provvisorie affinché la Commissione possa intervenire, se lo ritiene opportuno, per evitare che la combinazione dei dazi antidumping o compensativi con le misure di salvaguardia abbia l'effetto suddetto. (9) Ammesso che si possa prevedere l'applicazione simultanea della misura di salvaguardia e del dazio antidumping/compensativo allo stesso prodotto, non è sempre possibile stabilire in anticipo il momento preciso in cui ciò si verificherà. La Commissione, pertanto, dovrebbe poter intervenire in modo tale da garantire prevedibilità e certezza giuridica sufficienti a tutti gli operatori interessati. (10) La Commissione potrebbe ritenere opportuno modificare, sospendere o abrogare i dazi antidumping e/o compensativi, concedere esenzioni totali o parziali dai dazi antidumping/compensativi che altrimenti sarebbero pagabili o adottare altre misure speciali. Le eventuali sospensioni, modifiche o esenzioni dai dazi antidumping/compensativi dovrebbero applicarsi solo per un periodo limitato. (11) È opportuno che tutte le misure adottate a norma del presente regolamento si applichino a decorrere dalla data di entrata in vigore, salvo diverse disposizioni, e pertanto non consentono il rimborso dei dazi riscossi prima di tale data. (12) Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione, alla Commissione dovrebbero essere attribuite competenze di esecuzione. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (8), HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. La Commissione, se ritiene che la combinazione dei dazi antidumping e/o compensativi con misure tariffarie di salvaguardia sulle stesse importazioni rischi di avere un effetto superiore a quello auspicabile conformemente alla politica e agli obiettivi di difesa commerciale dell'Unione, può adottare, secondo la procedura di esame di cui all'articolo 3, paragrafo 2, quelle fra le seguenti misure che ritiene appropriate: a) misure di modifica, sospensione o abrogazione dei dazi antidumping e/o compensativi in vigore; b) misure di esenzione totale o parziale delle importazioni dai dazi antidumping/compensativi che altrimenti sarebbero pagabili; c) qualsiasi altra misura speciale ritenuta appropriata. 2. Le eventuali modifiche, sospensioni o esenzioni di cui al paragrafo 1 rimangono in vigore per un periodo limitato durante l'applicazione delle misure di salvaguardia. Articolo 2 Tutte le misure prese a norma del presente regolamento si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore. Salvo diverse disposizioni, esse non consentono il rimborso dei dazi riscossi prima di tale data. Articolo 3 1. La Commissione è assistita dal comitato istituito dall'articolo 15, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1225/2009. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. Articolo 4 Il regolamento (CE) n. 452/2003 è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all'allegato II. Articolo 5 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, l'11 marzo 2015 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente Z. KALNIŅA-LUKAŠEVICA (1) Posizione del Parlamento europeo dell'11 febbraio 2015 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 2 marzo 2015. (2) Regolamento (CE) n. 452/2003 del Consiglio, del 6 marzo 2003, relativo alle misure che la Comunità può adottare in merito all'effetto combinato dei dazi antidumping/compensativi e delle misure di salvaguardia (GU L 69 del 13.3.2003, pag. 8). (3) Cfr. l'allegato I. (4) Regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343 del 22.12.2009, pag. 51). (5) Regolamento (CE) n. 597/2009 del Consiglio, dell'11 giugno 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri della Comunità europea (GU L 188 del 18.7.2009, pag. 93). (6) Regolamento (CE) n. 260/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, relativo al regime comune applicabile alle importazioni (GU L 84 del 31.3.2009, pag. 1). (7) Regolamento (CE) n. 625/2009 del Consiglio, del 7 luglio 2009, relativo al regime comune applicabile alle importazioni da alcuni paesi terzi (GU L 185 del 17.7.2009, pag. 1). (8) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13). ALLEGATO I Regolamento abrogato e sua modificazione successiva Regolamento (CE) n. 452/2003 del Consiglio (GU L 69 del 13.3.2003, pag. 8). Regolamento (UE) n. 37/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 18 del 21.1.2014, pag. 1). Limitatamente al punto 10 dell'allegato ALLEGATO II Tavola di concordanza Regolamento (CE) n. 452/2003 Presente regolamento Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2 Articolo 2 Articolo 2 bis Articolo 3 — Articolo 4 Articolo 3 Articolo 5 — Allegato I — Allegato II
Combinazione di diverse misure di protezione commerciale QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Consente alla Commissione europea di adottare misure di salvaguardia* volte a proteggere l’industria dell’Unione europea (UE) dalla concorrenza sleale provocata da un improvviso e imprevisto incremento delle importazioni. PUNTI CHIAVE Le misure di salvaguardia mirano a dare all’industria dell’UE una tregua temporanea per mettere in atto gli aggiustamenti necessari. Diversamente dai dazi antidumping* e compensativi*, le misure di salvaguardia non si concentrano sul grado di equità degli scambi, perciò le condizioni per imporle sono più rigide. L’UE deve dimostrare che l’incremento delle importazioni: è evidente; è dovuto a sviluppi imprevisti; provoca (o rischia di provocare) gravi danni all’industria dell’UE; e che le misure di salvaguardia sono nell’interesse dell’UE. Tali misure si applicano a tutte le importazioni dei prodotti pertinenti da tutti i paesi. La Commissione può adottare le seguenti misure di salvaguardia: misure di modifica, sospensione o abrogazione dei dazi antidumping e/o compensativi in vigore; misure di esenzione totale o parziale delle importazioni dai dazi antidumping/compensativi* che altrimenti sarebbero pagabili; qualsiasi altra misura speciale, quali tetti ai dazi sulle importazioni, ritenuta appropriata in base alle circostanze. Le eventuali modifiche, sospensioni o esenzioni devono rimanere in vigore per un periodo limitato durante l’applicazione delle misure di salvaguardia. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento (UE) 2015/477 è la versione codificata di un documento originale (regolamento (CE) n. 452/2003) e sue modifiche successive. È applicato dal 16 aprile 2015. * TERMINI CHIAVE Provvedimenti antidumping: provvedimenti, quali dazi specifici, applicati alle importazioni nell’UE di prodotti oggetto di dumping, ovvero esportati verso l’Unione a un prezzo più basso di quello nazionale e che provocano danno alle industrie comunitarie. Provvedimenti antisovvenzioni: provvedimenti, quali dazi di compensazione, imposti dall’UE sulle importazioni oggetto di sovvenzioni e che perciò danneggiano le industrie dell’Unione che producono lo stesso prodotto (ossia un prodotto simile). Misure di salvaguardia: misure introdotte quando la Commissione ritiene che le importazioni di un determinato prodotto siano incrementate a tal punto da provocare (o rischiare di farlo) gravi danni ai produttori dell’UE. Sono misure temporanee (ad esempio tetti alle importazioni o ai dazi) applicate alle importazioni al fine di dare ai produttori dell’UE il tempo per mettere in atto i necessari aggiustamenti strutturali. Dazi compensativi: dazi applicati alle merci che hanno ricevuto sovvenzioni governative nel paese di origine o esportatore, consentendo così di essere importate nell’UE a prezzi sostanzialmente più bassi del loro valore commerciale normale. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) 2015/477 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2015, relativo alle misure che l’Unione può adottare in merito all’effetto combinato dei dazi antidumping/compensativi e delle misure di salvaguardia (codificazione) (GU L 83 del 27.3.2015, pag. 11-15)
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DECISIONE (UE) 2015/799 DEL CONSIGLIO del 18 maggio 2015 che autorizza gli Stati membri ad aderire, nell'interesse dell'Unione europea, alla convenzione internazionale dell'Organizzazione marittima internazionale sulle norme relative alla formazione degli equipaggi dei pescherecci, al rilascio dei brevetti ed alla guardia (Testo rilevante ai fini del SEE) IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 46, l'articolo 53, paragrafo 1, e l'articolo 62, in combinato disposto con l'articolo 218, paragrafo 6, lettera a), punto v), e l'articolo 218, paragrafo 8, primo comma, vista la proposta della Commissione europea, vista l'approvazione del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) La convenzione internazionale sulle norme relative alla formazione degli equipaggi dei pescherecci, al rilascio dei brevetti e alla guardia («la convenzione») dell'Organizzazione marittima internazionale («IMO») è stata adottata il 7 luglio 1995 nel corso della conferenza internazionale convocata dall'IMO a Londra. (2) La convenzione è entrata in vigore il 29 settembre 2012. (3) La convenzione rappresenta un contributo significativo al settore della pesca a livello internazionale promuovendo la sicurezza delle persone e delle cose in mare, contribuendo pertanto anche alla tutela dell'ambiente marino. È pertanto auspicabile che le sue disposizioni siano attuate nel più breve tempo possibile. (4) La pesca in mare è una delle professioni più pericolose, per cui formazione e qualifiche adeguate sono uno strumento essenziale per ridurre il numero di incidenti. L'imbarco dell'equipaggio a bordo di pescherecci battenti bandiera degli Stati membri non dovrebbe in alcun caso pregiudicare la sicurezza marittima. (5) Nell'ambito degli accordi di partenariato con paesi terzi per una pesca sostenibile («accordi»), è importante che l'equipaggio a bordo dei pescherecci battenti bandiera di uno Stato membro possieda qualifiche professionali adeguate, comprovate da certificati riconosciuti dallo Stato di bandiera, in modo da rendere possibili le assunzioni alle condizioni stabilite negli accordi. Nell'applicare la convenzione, gli Stati membri dovrebbero impegnarsi al massimo per evitare conflitti tra diritto internazionale e diritto dell'Unione, compresi possibili effetti negativi sulla conclusione e sull'attuazione degli accordi. I paesi terzi interessati dovrebbero inoltre essere incoraggiati ad aderire alla convenzione. (6) Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione promuovono la sicurezza in mare e la sicurezza sul luogo di lavoro, nonché il miglioramento delle qualifiche professionali dell'equipaggio a bordo dei pescherecci. L'Unione sostiene finanziariamente la formazione nel settore della pesca attraverso il Fondo europeo per la pesca e il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca. (7) La regola 7 del capo I dell'allegato della convenzione rientra nella competenza esclusiva dell'Unione per quanto concerne le norme dell'Unione sul riconoscimento delle qualifiche professionali possedute da talune categorie di equipaggi dei pescherecci e incide sulle norme del trattato e sul diritto derivato dell'Unione, in particolare sulla direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (2), nella misura in cui siano interessati cittadini dell'Unione che possiedono i pertinenti certificati rilasciati da uno Stato membro o da un paese terzo. (8) L'Unione non può aderire alla convenzione in quanto solo gli Stati possono aderirvi. (9) Alcuni Stati membri non hanno ancora aderito alla convenzione, mentre altri lo hanno già fatto. Si invitano gli Stati membri che abbiano pescherecci battenti la loro bandiera, nei cui porti approdino navi da pesca marittima che rientrano nell'ambito di applicazione della convenzione o in cui si trovino istituti di formazione per gli equipaggi dei pescherecci, ad aderire alla convenzione se ancora non lo hanno fatto. (10) Finché tutti gli Stati membri che hanno pescherecci battenti la loro bandiera, nei cui porti approdino navi da pesca marittima che rientrano nell'ambito di applicazione della convenzione o istituti di formazione per gli equipaggi dei pescherecci, non abbiano aderito alla convenzione, ciascuno Stato membro parte della convenzione dovrebbe applicare la flessibilità prevista nella convenzione stessa per garantire la compatibilità giuridica con il diritto dell'Unione, in particolare le disposizioni della regola 10 del capo I dell'allegato della convenzione relativa alle equivalenze, al fine di allineare l'applicazione della convenzione alla direttiva 2005/36/CE. (11) Nel riconoscere, conformemente alla direttiva 2005/36/CE, le qualifiche professionali dei lavoratori migranti provenienti da Stati membri che non sono parti della convenzione, ciascuno Stato membro parte della convenzione dovrebbe garantire che le qualifiche professionali dei lavoratori interessati siano state valutate e siano risultate conformi agli standard minimi stabiliti dalla convenzione. (12) A norma dell'articolo 2, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, il Consiglio dovrebbe pertanto autorizzare gli Stati membri ad aderire alla convenzione, nell'interesse dell'Unione, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Gli Stati membri sono autorizzati ad aderire alla convenzione internazionale sulle norme relative alla formazione degli equipaggi dei pescherecci, al rilascio dei brevetti ed alla guardia dell'Organizzazione marittima internazionale, adottata il 7 luglio 1995, per le parti di competenza dell'Unione. Nel riferire al segretario generale dell'IMO ai sensi dell'articolo 4 della convenzione, gli Stati membri, se del caso, facendo riferimento alla regola 10 del capo I dell'allegato della convenzione, forniscono informazioni sulle pertinenti disposizioni nazionali relative al riconoscimento dei certificati di competenza degli equipaggi a bordo dei pescherecci coperti dalla convenzione, tenendo conto degli obblighi derivanti dal pertinente diritto dell'Unione relativo al riconoscimento delle qualifiche. Articolo 2 Gli Stati membri che hanno pescherecci battenti la loro bandiera, nei cui porti approdano navi da pesca marittima che rientrano nell'ambito di applicazione della convenzione, o in cui si trovano istituti di formazione per gli equipaggi dei pescherecci, e che ancora non hanno aderito alla convenzione, si impegnano ad adottare le misure necessarie per depositare presso il segretario generale dell'IMO il loro strumento di adesione alla convenzione entro un termine ragionevole e, se possibile, entro il 23 maggio 2017. Entro il 23 maggio 2018 la Commissione presenta al Consiglio una relazione in cui esamina lo stato di avanzamento della procedura di adesione. Articolo 3 Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione. Fatto a Bruxelles, il 18 maggio 2015 Per il Consiglio Il presidente M. SEILE (1) Non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale. (2) Direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (GU L 255 del 30.9.2005, pag. 22).
Rendere la pesca in mare una professione sicura SINTESI CHE COSA FA LA DECISIONE? Autorizza i paesi dell’Unione europea (UE) ad aderire alla convenzione internazionale sulle norme relative alla formazione degli equipaggi dei pescherecci, al rilascio dei brevetti ed alla guardia del 1995, entrata in vigore nel 2012. PUNTI CHIAVE La convenzione dell’Organizzazione marittima internazionale (IMO) stabilisce norme minime relative alla formazione degli equipaggi dei pescherecci, al rilascio dei brevetti ed alla guardia. I paesi ammissibili dell’UE che ancora non hanno aderito alla convenzione dovrebbero farlo «entro un termine ragionevole», se possibile entro il 23 maggio 2017. — Solo i paesi dell’UE in cui vi sono flotte di pescherecci (di lunghezza generalmente superiore ai 24 metri), nei cui porti approdano questo tipo di imbarcazioni, o dove si trovano istituti di formazione per lavoratori marittimi sono vincolati da questo requisito. — La convenzione dà poteri all’IMO per controllare le azioni dei governi e i paesi dell’UE devono presentare informazioni relativamente alla loro ottemperanza, in particolare in relazione al riconoscimento dei certificati di competenza dei lavoratori marittimi. — Entro il 23 maggio 2018 la Commissione europea presenterà al Consiglio una relazione sui progressi che i paesi dell’Unione europea stanno compiendo verso l’adesione. — I paesi dell’UE dovrebbero fare il possibile per garantire la compatibilità tra la convenzione e la normativa dell’UE. — I paesi terzi dovrebbero essere incoraggiati ad aderire alla convenzione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? La decisione è entrata in vigore il 26 maggio 2015. CONTESTO Poiché la pesca in mare è una delle professioni più pericolose, la formazione e le qualifiche adeguate sono essenziali per ridurre il numero di incidenti. La convenzione è stata la prima a stabilire i requisiti di base in materia di formazione, rilascio dei brevetti e guardia per gli equipaggi dei pescherecci a livello internazionale. In precedenza, le norme erano stabilite dai singoli governi, spesso senza alcun riferimento a pratiche di altri paesi, portando a un’ampia varietà di norme e procedure. La convenzione è attualmente in fase di revisione con l’obiettivo di modernizzare la regolamentazione, riflettendo l’attuale situazione del settore della pesca e promuovendo l’adesione di altri paesi. La revisione dovrebbe anche allineare la struttura della convenzione a quella della convenzione internazionale preesistente sulle norme relative alla formazione della gente di mare, al rilascio dei brevetti e alla guardia. — Istruzione e formazione dei marittimi ATTO Decisione (UE) 2015/799 del Consiglio, del 18 maggio 2015, che autorizza gli Stati membri ad aderire, nell’interesse dell’Unione europea, alla convenzione internazionale dell’Organizzazione marittima internazionale sulle norme relative alla formazione degli equipaggi dei pescherecci, al rilascio dei brevetti ed alla guardia (GU L 127 del 22.5.2015, pagg. 20-21)
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Direttiva 1999/63/CE del Consiglio, del 21 giugno 1999, relativa all'accordo sull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare concluso dall'Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei trasportatori dell'Unione europea (FST) - Allegato: Accordo europeo sull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare Gazzetta ufficiale n. L 167 del 02/07/1999 pag. 0033 - 0037 DIRETTIVA 1999/63/CE DEL CONSIGLIOdel 21 giugno 1999relativa all'accordo sull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare concluso dall'Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei trasportatori dell'Unione europea (FST)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 139, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione,considerando quanto segue:(1) che, in seguito all'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, le disposizioni dell'accordo in materia di politica sociale allegato al protocollo (n. 14) sulla politica sociale, allegato al trattato che istituisce la Comunità europea, quale modificato dal trattato di Maastricht, sono state incorporate negli articoli da 136 a 139 del trattato che istituisce la Comunità europea;(2) che i datori di lavoro e i lavoratori ("le parti sociali"), a norma dell'articolo 139, paragrafo 2 del trattato, possono richiedere congiuntamente che gli accordi a livello europeo siano attuati in base a una decisione del Consiglio, su proposta della Commissione;(3) che il Consiglio ha adottato la direttiva 93/104/CE, del 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro(1); che il trasporto marittimo è uno dei settori di attività esclusi dall'ambito di applicazione di tale direttiva;(4) che si dovrebbe tener conto delle convenzioni dell'Organizzazione internazionale del lavoro in materia di organizzazione dell'orario di lavoro, tra cui in particolare quelle relative all'orario di lavoro della gente di mare;(5) che la Commissione, a norma dell'articolo 3, paragrafo 2 dell'accordo sulla politica sociale, ha consultato le parti sociali sul possibile orientamento di un'azione comunitaria riguardo ai settori ed alle attività esclusi dalla direttiva 93/104/CE;(6) che a seguito di tale consultazione la Commissione ha giudicato auspicabile un'azione comunitaria in materia e ha nuovamente consultato le parti sociali a livello comunitario sul contenuto della proposta in questione, a norma dell'articolo 3, paragrafo 3 di detto accordo;(7) che l'Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e la Federazione dei sindacati dei trasportatori dell'Unione europea (FST) hanno informato la Commissione del proprio desiderio di iniziare negoziati, ai sensi dell'articolo 4 dell'accordo sulla politica sociale;(8) che il 30 settembre 1998 dette organizzazioni hanno concluso l'accordo sull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare; che tale accordo contiene una richiesta alla Commissione, formulata congiuntamente, di applicare l'accordo attraverso una decisione del Consiglio su proposta della Commissione, a norma dell'articolo 4, paragrafo 2 dell'accordo sulla politica sociale;(9) che nella risoluzione del 6 dicembre 1994 relativa ad alcune prospettive di una politica sociale dell'Unione europea: contributo alla convergenza economica e sociale dell'Unione(2) il Consiglio ha invitato le parti sociali a sfruttare le possibilità di concludere convenzioni, poiché esse sono di norma più vicine alla realtà sociale e ai problemi sociali;(10) che l'accordo si applica alla gente di mare a bordo di tutte le navi marittime, sia di proprietà pubblica che privata, registrate nel territorio di qualsiasi Stato membro e normalmente destinate ad operazioni di marina mercantile;(11) che lo strumento idoneo per l'attuazione dell'accordo è una direttiva ai sensi dell'articolo 249 del trattato; che, pertanto, essa vincola gli Stati membri per quanto riguarda i risultati da raggiungere, lasciando alle autorità nazionali la scelta della forma e dei metodi;(12) che, secondo i principi di sussidiarietà e di proporzionalità di cui all'articolo 5 del trattato, gli obiettivi della presente direttiva non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque essere realizzati meglio a livello comunitario; che la presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tali obiettivi;(13) che, per quanto riguarda i termini dell'accordo che non sono specificamente definiti da quest'ultimo, la presente direttiva lascia agli Stati membri la possibilità di definirli conformemente alle legislazioni e pratiche nazionali, come accade per altre direttive in materia di politica sociale che utilizzano termini simili, a condizione che le suddette definizioni siano conformi al contenuto dell'accordo;(14) che la Commissione ha elaborato la proposta di direttiva, conformemente alla comunicazione del 20 maggio 1998 che adegua e promuove il dialogo sociale a livello comunitario, tenendo conto del carattere rappresentativo delle parti contraenti e della legalità di ciascuna clausola dell'accordo;(15) che la Commissione ha informato il Parlamento europeo ed il Comitato economico e sociale, conformemente alla sua comunicazione del 14 dicembre 1993 riguardante l'applicazione dell'accordo sulla politica sociale, sottoponendo loro il testo della proposta di direttiva contenente l'accordo;(16) che l'attuazione dell'accordo contribuisce alla realizzazione degli obiettivi di cui all'articolo 136 del trattato,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1L'obiettivo della presente direttiva è l'attuazione dell'accordo, riportato in allegato, relativo all'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare, concluso il 30 settembre 1998 tra le organizzazioni rappresentanti i datori di lavoro e i lavoratori del settore marittimo (ECSA e FST).Articolo 2Requisiti minimi1. Gli Stati membri possono mantenere o introdurre disposizioni più favorevoli di quelle previste nella presente direttiva.2. L'attuazione delle disposizioni della presente direttiva non costituisce in nessun caso motivo sufficiente per giustificare una riduzione del livello generale di protezione dei lavoratori nell'ambito coperto dalla stessa, fatto comunque salvo il diritto degli Stati membri e/o delle parti sociali di sviluppare, alla luce dell'evolversi della situazione, disposizioni legislative, regolamentari o contrattuali diverse rispetto a quelle esistenti al momento dell'adozione della presente direttiva, a patto che i requisiti minimi previsti nella presente direttiva siano rispettati.Articolo 3Recepimento1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 30 giugno 2002 o si assicurano che entro tale data le organizzazioni padronali e sindacali pongano in atto le disposizioni necessarie mediante accordi. Gli Stati membri devono adottare tutte le disposizioni necessarie che consentano loro di essere sempre in grado di garantire i risultati imposti dalla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione.2. Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui al paragrafo 1, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.Articolo 4DestinatariGli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Lussemburgo, addì 21 giugno 1999.Per il ConsiglioIl PresidenteL. SCHOMERUS(1) GU L 307 del 13.12.1993, pag. 18.(2) GU C 368 del 23.12.1994, pag. 6.ALLEGATOACCORDO EUROPEOsull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mareVisto l'accordo sulla politica sociale accluso al trattato che istituisce la Comunità europea e in particolare gli articoli 3.4 e 4.2;considerando che l'articolo 4, paragrafo 2 dell'Accordo sulla politica sociale prevede che gli accordi conclusi a livello europeo siano attuati a richiesta congiunta delle parti firmatarie, in base a una decisione del Consiglio su proposta della Commissione,considerando che le parti firmatarie avanzano richiesta in tal senso,LE PARTI FIRMATARIE HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Clausola 11. L'accordo si applica alla gente di mare presente a bordo di ogni nave marittima, di proprietà pubblica o privata, registrata nel territorio di uno Stato membro e impegnata normalmente in operazioni di marina mercantile. Ai fini del presente accordo una nave iscritta sul registro di due Stati è ritenuta registrata nel territorio dello Stato di cui batte bandiera.2. In caso di dubbio se una nave vada considerata nave marittima o impegnata in operazioni di marina mercantile ai fini del presente accordo, la questione sarà risolta dalle autorità competenti dello Stato membro. Andranno consultate le organizzazioni interessate degli armatori e della gente di mare.Clausola 2Ai fini del presente accordo:a) per "ore di lavoro" si intende il periodo durante il quale la gente di mare è tenuta a svolgere un lavoro sulla nave;b) per "ore di riposo" si intende il periodo libero dalle ore di lavoro; questo termine non include brevi interruzioni;c) per "gente di mare" si intende ogni persona occupata o impegnata a qualunque titolo a bordo di una nave marittima cui trova applicazione l'accordo;d) per "armatore" si intende il proprietario della nave o ogni altro organismo o persona, quali l'imprenditore o il noleggiatore della sola nave, che hanno rilevato dall'armatore la responsabilità per l'esercizio della nave e, ciò facendo, hanno accettato di assumersi i relativi obblighi e responsabilità.Clausola 3Entro i limiti definiti nella clausola 5 si dovrà stabilire sia un numero massimo di ore di lavoro da non superare in un dato lasso di tempo ovvero un numero minimo di ore di riposo che dovrà essere concesso in un dato lasso di tempo.Clausola 4Fatta salva la clausola 5, il modello normale di orario di lavoro della gente di mare si basa in linea di massima su una durata di otto ore al giorno con un giorno di riposo per settimana e riposo nei giorni festivi. Gli Stati membri possono introdurre procedure per autorizzare o registrare accordi collettivi che stabiliscono l'orario normale di lavoro della gente di mare sulla base di modalità che non devono essere meno favorevoli di detto modello.Clausola 51. La durata dell'orario di lavoro o di riposo si configura come segue:a) il numero massimo di ore di lavoro non deve superare:i) 14 ore su un periodo di 24 ore; eii) 72 ore su un periodo di 7 giorni;ob) il numero minimo di ore di riposo non dev'essere inferiore a:i) 10 ore su un periodo di 24 ore; eii) 77 ore su un periodo di 7 giorni.2. Le ore di risposo possono essere ripartite in non più di due periodi, uno dei quali dovrà essere almeno della durata di 6 ore e l'intervallo tra periodi consecutivi di riposo non dovrà superare 14 ore.3. Gli appelli, le esercitazioni antincendio e di salvataggio e le esercitazioni prescritte da regolamenti e normative nazionali e da testi internazionali sono svolti in modo da ridurre al minimo il disturbo nei periodi di riposo e non provocare affaticamento.4. Riguardo a situazioni in cui la gente di mare è a disposizione, come nel caso di un reparto macchine incustodito, essa beneficia di un periodo compensativo di riposo qualora il normale periodo di riposo sia disturbato da ordini di lavoro.5. Riguardo ai paragrafi 3 e 4, in assenza di accordi collettivi e di arbitrati ovvero se le autorità competenti stabiliscono che le disposizioni nell'accordo o nell'arbitrato sono inadeguate, spetta alle autorità competenti definire dette disposizioni per garantire che la gente di mare interessata benefici di sufficiente riposo.6. Col dovuto rispetto dei principi generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, gli Stati membri possono applicare normative nazionali, regolamenti o procedure che consentono alle autorità competenti di autorizzare o registrare contratti collettivi che consentono deroghe ai limiti fissati ai paragrafi 1 e 2. Tali deroghe debbono, nella misura del possibile, rispettare i modelli fissati ma possono tener conto di congedi più frequenti o più lunghi o della concessione di congedi compensativi per la gente di mare addetta alla guardia o operante a bordo di navi su brevi rotte.7. In un posto facilmente accessibile, unitamente alle modalità di lavoro a bordo, è apposta una tabella indicante per ciascuna mansione almeno:a) il programma di servizio in mare e in porto; nonchéb) il numero massimo di ore di lavoro o il numero minimo di ore di riposo richiesti da normtive, regolamenti o accordi collettivi vigenti negli Stati membri.8. La tabella di cui al paragrafo 7 è configurata secondo un modello standard nella lingua o nelle lingue di lavoro della nave, oltre che in inglese.Clausola 6La gente di mare di età inferiore a 18 anni non deve svolgere lavoro notturno. Ai fini di questa clausola per "notte" si intende un periodo di almeno 9 ore consecutive, compreso l'intervallo dalla mezzanotte alle cinque del mattino. Questa disposizione non trova applicazione quando la formazione effettiva del giovane di età compresa tra 16 e 18 anni fosse pregiudicata rispetto ai piani e ai programmi fissati.Clausola 71. Il comandante di una nave ha il diritto di esigere dalla gente di mare lo svolgimento di ore di lavoro necessarie per la sicurezza immediata della nave, delle persone imbarcate e del carico o per fornire assistenza ad altre navi o persone in pericolo in mare.2. In conformità del paragrafo 1 il comandante può sospendere il programma di ore di lavoro o di ore di riposo ed esigere dalla gente di mare lo svolgimento delle ore di lavoro necessarie fino al ristabilimento della situazione normale.3. Non appena possibile dopo che è stata ristabilita la situazione normale, il comandante deve far sì che la gente di mare che ha svolto lavoro in un periodo previsto di riposo benefici di un adeguato periodo di riposo.Clausola 81. Si devono tenere registri su cui riportare le ore giornaliere di lavoro o le ore giornaliere di riposo della gente di mare per verificare il rispetto delle disposizioni di cui alla clausola 5. La gente di mare riceve una copia del registro che la riguarda, che dovrà essere firmata dal comandante o dalla persona da lui autorizzata e dal membro della gente di mare.2. Si devono definire procedure per la tenuta di tali registri a bordo, nonché gli intervalli con cui rilevare le informazioni. Il modello dei registri delle ore di lavoro o di riposo della gente di mare è stabilito tenendo conto degli orientamenti internazionali vigenti. Il modello è nella lingua o nelle lingue di cui alla clausola 5, paragrafo 8.3. Una copia delle disposizioni pertinenti della normativa nazionale riguardante il presente accordo e i relativi accordi collettivi dev'essere tenuta a bordo ed essere facilmente accessibile per l'equipaggio.Clausola 9I registri di cui alla clausola 8 saranno esaminati e vistati a intervalli adeguati per verificare il rispetto delle disposizioni che disciplinano le ore di lavoro o di riposo in attuazione del presente accordo.Clausola 101. Nel determinare, approvare o rivedere gli effettivi dell'equipaggio, è necessario tener conto della necessità di evitare o ridurre al minimo, per quanto possibile, orari eccessivi di lavoro al fine di garantire riposo sufficiente e limitare l'affaticamento.2. Se i registri o altri indizi evidenziano la violazione delle disposizioni relative all'orario di lavoro o ai periodi di riposo, sono adottati provvedimenti per evitare ulteriori violazioni, compresa, se necessaria, la revisione degli effettivi della nave.3. Tutte le navi cui si applica il presente accordo devono disporre di sufficienti membri dell'equipaggio per garantire la sicurezza e l'efficienza in conformità del documento riguardante gli effettivi minimi di sicurezza o documento equivalente rilasciato dalle competenti autorità.Clausola 11Sulla nave non devono lavorare persone di età inferiore a 16 anni.Clausola 12L'armatore fornisce al comandante le necessarie risorse per poter ottemperare agli obblighi derivanti dal presente accordo, compresi quelli riguardanti l'equipaggiamento adeguato della nave. Il comandante adotta tutti i provvedimenti necessari per far sì che le prescrizioni riguardanti l'orario di lavoro della gente di mare e i periodi di riposo derivanti dal presente accordo siano rispettate.Clausola 131. Tutta la gente di mare dev'essere in possesso di un certificato attestante l'idoneità al lavoro per il quale è impiegata in mare.La natura della valutazione della salute da effettuare e i dettagli da inserire nel certificato medico devono essere stabiliti previa consultazione con l'armatore e le organizzazioni interessate della gente di mare.Tutta la gente di mare deve sottoporsi a esami periodici della salute. Gli addetti ai turni di guardia che presentano problemi alla salute imputati da un medico al fatto che essi svolgono lavoro notturno, devono essere assegnati, nella misura del possibile, al lavoro diurno che loro si confà.2. L'esame della salute di cui al paragrafo 1 è gratuito e rispetta il segreto medico. Questo tipo di esame può essere svolto nell'ambito del sistema sanitario nazionale.Clausola 14Gli armatori devono fornire informazioni riguardo agli addetti ai turni di guardia e ad altri lavoratori notturni alle autorità nazionali competenti, qualora esse lo chiedano.Clausola 15La gente di mare beneficia di una tutela della salute e della sicurezza adeguata alla natura delle sue mansioni. Devono essere disponibili servizi o strutture equivalenti di protezione e di prevenzione riguardo alla salute e alla sicurezza della gente di mare che svolge lavoro diurno o notturno.Clausola 16La gente di mare ha diritto di beneficiare di ferie annuali retribuite di almeno due settimane, o di una parte corrispondente a periodi di attività inferiori ad un anno, in conformità delle condizioni previste dalla legislazione nazionale e/o dalla prassi ai fini e a garanzia di queste ferie.Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un'indennità, eccetto nel caso che il rapporto di lavoro sia terminato.Fatto a Bruxelles, 30 settembre 1998.Federazione dei sindacati dei trasportatori dell'Unione europea (FST)Associazione armatori della Comunità europea (ECSA)
Orario di lavoro della gente di mare QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Colloca all’interno di una normativa l’accordo sull’orario di lavoro della gente di mare* concluso tra l’Associazione armatori* della Comunità europea e la Federazione dei sindacati dei trasportatori dell’Unione europea, il 30 settembre 1998. Tiene conto della Convenzione sul lavoro marittimo del 2006, dell’Organizzazione internazionale del lavoro relativamente all’orario di lavoro della gente di mare. PUNTI CHIAVE Tutte le navi marittime, sia di proprietà pubblica che privata, registrate nel territorio di qualsiasi Stato membro dell’Unione europea (UE) normalmente destinate a operazioni di marina mercantile, devono rispettare la normativa. La direttiva specifica un numero massimo di ore di lavoro o un numero minimo di ore di riposo su un dato periodo. Orario di lavorouna giornata di lavoro standard è di 8 ore, con un giorno di riposo e riposo nei giorni festivi;il numero massimo di ore di lavoro non deve superare 14 ore su un periodo di 24 ore o 72 ore su un periodo di 7 giorni. Periodo di riposo:non deve essere inferiore a 10 ore su un periodo di 24 ore o 77 ore su un periodo di 7 giorni;può essere ripartito in non più di due periodi, uno dei quali dovrà essere almeno della durata di 6 ore;l’intervallo tra periodi consecutivi di riposo non dovrà superare 14 ore;deve essere disturbato il meno possibile da esercitazioni di sicurezza, quali appelli, esercitazioni antincendio e di salvataggio;deve includere un adeguato risarcimento per i marittimi chiamati a lavorare a riposo. Si devono tenere registri su cui riportare le ore giornaliere di lavoro o le ore giornaliere di riposo della gente di mare. La gente di mare di età inferiore a 18 anni non deve svolgere lavoro di notte* con l’eccezione di compiti specifici o attività di formazione. L’assunzione o il lavoro da parte di minori di 18 anni non è consentito se può potenzialmente mettere a rischio la loro salute e la loro sicurezza. Il comandante della nave ha il diritto di richiedere il lavoro dell’equipaggio se necessario per garantire la sicurezza immediata della nave, delle persone imbarcate, del carico e di altri in difficoltà. I dettagli sull’organizzazione del lavoro a bordo e le disposizioni normative devono essere accessibili e visualizzati. I livelli dell’equipaggio devono evitare o ridurre al minimo orari eccessivi di lavoro al fine di garantire riposo sufficiente e limitare l’affaticamento. Tutta la gente di mare:deve essere in possesso di un certificato medico attestante l’idoneità al lavoro per il quale è impiegata in mare. La direttiva stabilisce i dettagli di tali certificati, comprese le regole di rilascio, la validità e la natura della valutazione sanitaria. Sono ammesse alcune eccezioni:ha diritto a ferie annuali retribuite. Queste si basano su un minimo di 2,5 giorni per ciascun mese di lavoro e su una quantità proporzionale per i mesi incompleti. Gli Stati membri possonoconsentire deroghe alle ore di lavoro specificate e di riposo, a determinate condizioni;applicare condizioni più, ma non meno, favorevoli per i marittimi rispetto a quelle contenute nella direttiva.Modifiche alla direttiva 1999/63/CELa direttiva è stata modificata dalla direttiva 2009/13/CE in seguito alla firma della Convenzione sul lavoro marittimo nel 2006. La direttiva 2009/13/CE è stata a sua volta modificata dalla direttiva (UE) 2018/131, a seguito delle modifiche apportate alla Convenzione sul lavoro marittimo nel 2014, che si concentrano sui diritti della gente di mare in caso di abbandono in porti esteri e contiene norme aggiornate in materia di rimpatrio, sicurezza finanziaria e responsabilità degli armatori.Legislazione correlata L’applicazione della direttiva è disciplinata da una normativa separata (direttiva 1999/95/EC) sull’applicazione dell’orario di lavoro a bordo delle navi che fanno scalo nei porti comunitari, e dalla direttiva 2013/54/UE sul rispetto generale e sull’applicazione della Convenzione sul lavoro marittimo (si veda la sintesi). A PARTIRE DA QUANDO È IN VIGORE LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 22 luglio 1999 e doveva diventare legge negli Stati membri entro il 30 giugno 2002. CONTESTO La gente di mare, per la specificità del suo lavoro è esclusa dal campo di applicazione della direttiva 2003/88/CE sull’organizzazione dell’orario di lavoro (si veda la sintesi) e richiedono regole separate. Per ulteriori informazioni, si veda:Condizioni di lavoro — Normativa settoriale sull’orario di lavoro (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Gente di mare. Chiunque sia impiegato a qualsiasi titolo a bordo di una nave marittima. Armatore. Il proprietario della nave o qualsiasi altra organizzazione o persona che assume tale responsabilità. Notte. Un periodo di almeno 9 ore consecutive, che inizi non più tardi di mezzanotte e che termini non prima delle cinque del mattino. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 1999/63/CE del Consiglio del 21 giugno 1999 relativa all’accordo sull’organizzazione dell’orario di lavoro della gente di mare concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei trasportatori dell’Unione europea (FST)— Allegato: Accordo europeo sull’organizzazione dell’orario di lavoro della gente di mare (GU L 167 del 2.7.1999, pag. 33). Le modifiche successive alla direttiva 1999/63/CE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 2013/54/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, relativa a talune responsabilità dello Stato di bandiera ai fini della conformità alla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e della sua applicazione (GU L 329, del 10.12.2013, pag. 1). Direttiva 2009/13/CE del Consiglio, del 16 febbraio 2009, recante attuazione dell’accordo concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e modifica della direttiva 1999/63/CE (GU L 124 del 20.5.2009, pag. 30). Si veda la versione consolidata. Direttiva 1999/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 1999, concernente l’applicazione delle disposizioni relative all’orario di lavoro della gente di mare a bordo delle navi che fanno scalo nei porti della Comunità (GU L 14 del 20.1.2000, pag. 29).
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DECISIONE 2007/845/GAI DEL CONSIGLIO del 6 dicembre 2007 concernente la cooperazione tra gli uffici degli Stati membri per il recupero dei beni nel settore del reperimento e dell’identificazione dei proventi di reato o altri beni connessi IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 30, paragrafo 1, lettere a) e b), e l’articolo 34, paragrafo 2, lettera c), vista l’iniziativa del Regno del Belgio, della Repubblica d’Austria e della Repubblica di Finlandia, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) La motivazione fondamentale della criminalità organizzata transfrontaliera è il profitto economico che costituisce un incentivo a commettere ulteriori reati per conseguire sempre maggiori profitti. Di conseguenza i servizi incaricati dell’applicazione della legge dovrebbero avere le conoscenze necessarie per compiere indagini e analisi sulle tracce finanziarie delle attività criminali. Per combattere efficacemente la criminalità organizzata, le informazioni che possono condurre al reperimento e al sequestro dei proventi di reato e altri beni appartenenti ai criminali devono essere scambiate rapidamente tra gli Stati membri dell’Unione europea. (2) Il Consiglio ha adottato la decisione quadro 2003/577/GAI, del 22 luglio 2003, relativa all’esecuzione nell’Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio (2), e la decisione quadro 2005/212/GAI, del 24 febbraio 2005, relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato (3) che tratta alcuni aspetti della cooperazione giudiziaria in materia penale nel settore del blocco o sequestro e della confisca di proventi, strumenti e altri beni connessi con reati. (3) È necessaria una stretta cooperazione tra le autorità competenti degli Stati membri incaricate del reperimento di proventi illeciti e altri beni passibili di confisca e è opportuno prevedere disposizioni che permettano una comunicazione diretta tra tali autorità. (4) A tal fine gli Stati membri dovrebbero disporre di uffici nazionali per il recupero dei beni che siano competenti in questi settori e dovrebbero assicurare che tali uffici possano scambiarsi informazioni rapidamente. (5) La rete interagenzie Camden per il recupero dei beni (CARIN), istituita all’Aia il 22-23 settembre 2004 da Austria, Belgio, Germania, Irlanda, Paesi Bassi e Regno Unito, rappresenta già una rete globale di operatori e esperti con l’obiettivo di rafforzare la conoscenza reciproca dei metodi e delle tecniche utilizzati nel settore dell’identificazione, del congelamento, del sequestro e della confisca transfrontalieri dei proventi di reato e altri beni connessi. La presente decisione dovrebbe completare la CARIN fornendo la base giuridica per lo scambio di informazioni tra gli uffici per il recupero dei beni di tutti gli Stati membri. (6) Nella comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo dal titolo «Il programma dell’Aia: dieci priorità per i prossimi cinque anni», la Commissione ha altresì raccomandato di rafforzare gli strumenti per affrontare gli aspetti finanziari della criminalità organizzata, promuovendo tra l’altro la creazione di unità di informazione sui proventi del crimine negli Stati membri. (7) La cooperazione tra gli uffici per il recupero dei beni e tra detti uffici e altre autorità incaricate di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato si svolge in base alle procedure e ai termini previsti dalla decisione quadro 2006/960/GAI del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa alla semplificazione dello scambio di informazioni ed intelligence tra le autorità degli Stati membri dell’Unione europea incaricate dell’applicazione della legge (4), compresi i motivi di rifiuto ivi contenuti. (8) La presente decisione dovrebbe lasciare impregiudicate le modalità di cooperazione definite dalla decisione 2000/642/GAI del Consiglio, del 17 ottobre 2000, concernente le modalità di cooperazione tra le unità di informazione finanziaria degli Stati membri per quanto riguarda lo scambio di informazioni, (5) nonché le vigenti modalità di cooperazione tra forze di polizia, DECIDE: Articolo 1 Uffici per il recupero dei beni 1. Ciascuno Stato membro istituisce o designa un ufficio nazionale per il recupero dei beni incaricato di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato e altri beni connessi con reati che possono essere oggetto di un provvedimento di congelamento, sequestro, ovvero confisca, emanato dall’autorità giudiziaria competente nel corso di un procedimento penale o, per quanto possibile nel rispetto del diritto nazionale dello Stato membro interessato, di un procedimento civile. 2. Fatto salvo il paragrafo 1, uno Stato membro può, in conformità del proprio diritto nazionale, istituire o designare due uffici per il recupero dei beni. Qualora uno Stato membro disponga di più di due autorità incaricate di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato, esso designa come punti di contatto al massimo due dei suoi uffici per il recupero dei beni. 3. Gli Stati membri indicano le autorità che costituiscono un ufficio nazionale per il recupero dei beni ai sensi del presente articolo. Gli Stati membri notificano tale informazione e qualsiasi modifica successiva al segretariato generale del Consiglio per iscritto. Ciò non osta a che altre autorità, incaricate di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato, scambino informazioni ai sensi degli articoli 3 e 4 con un ufficio per il recupero dei beni di un altro Stato membro. Articolo 2 Cooperazione tra uffici per il recupero dei beni 1. Gli Stati membri assicurano che i loro uffici per il recupero dei beni cooperino l’un l’altro ai fini di cui all’articolo 1, paragrafo 1, scambiandosi informazioni e migliori pratiche, sia su richiesta che spontaneamente. 2. Gli Stati membri assicurano che questa cooperazione non sia ostacolata dallo statuto degli uffici per il recupero dei beni secondo la normativa nazionale, sia che tali Uffici facciano parte di un’autorità amministrativa, di un’autorità incaricata dell’applicazione della legge o di un’autorità giudiziaria. Articolo 3 Scambio di informazioni tra gli uffici per il recupero dei beni su richiesta 1. Un ufficio per il recupero dei beni di uno Stato membro o un’altra autorità in uno Stato membro incaricata di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato può presentare una richiesta di informazioni presso un ufficio per il recupero dei beni di un altro Stato membro per le finalità di cui all’articolo 1, paragrafo 1. A tale scopo l’ufficio o l’unità si avvale della decisione quadro 2006/960/GAI e delle norme adottate in applicazione della stessa. 2. Nel completare il formulario previsto dalla decisione quadro 2006/960/GAI l’ufficio per il recupero dei beni richiedente specifica l’oggetto e i motivi della richiesta nonché la natura del procedimento. Esso fornisce indicazioni quanto più esatte possibile sui beni oggetto dei provvedimenti o ricercati (conti bancari, beni immobili, automobili, panfili e altri beni di valore) e/o sulle persone fisiche o giuridiche che si presume siano implicate (ad esempio nomi, indirizzi, data e luogo di nascita, data di iscrizione nel registro, azionisti, sedi). Articolo 4 Scambio spontaneo di informazioni tra gli uffici per il recupero dei beni 1. Gli uffici per il recupero dei beni o altre autorità incaricate di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato possono, entro i limiti imposti dal diritto nazionale applicabile e senza bisogno di apposita richiesta, scambiare informazioni che ritengono necessarie per l’esecuzione dei compiti di un altro ufficio per il recupero dei beni in conformità delle finalità enunciate all’articolo 1, paragrafo 1. 2. Allo scambio di informazioni di cui al presente articolo si applica, per analogia, l’articolo 3. Articolo 5 Protezione dei dati 1. Ciascuno Stato membro assicura che le norme in materia di protezione dei dati siano applicate anche nell’ambito della procedura sullo scambio di informazioni di cui alla presente decisione. 2. L’uso delle informazioni scambiate direttamente o bilateralmente ai sensi della presente decisione è soggetto alle disposizioni in materia di protezione dei dati dello Stato membro ricevente allorquando alle informazioni si applicano le stesse norme in materia di protezione dei dati che sarebbero applicate se fossero state raccolte in detto Stato membro. I dati personali trattati nell’ambito dell’applicazione della presente decisione sono protetti conformemente alla convenzione del Consiglio d’Europa, del 28 gennaio 1981, sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati di carattere personale e, per gli Stati membri che lo hanno ratificato, al protocollo addizionale dell’8 novembre 2001 a tale convenzione, concernente le autorità di controllo ed i flussi transfrontalieri. Nel trattare i dati personali ottenuti ai sensi della presente decisione, le autorità incaricate dell’applicazione della legge dovrebbero altresì tener conto dei principi della raccomandazione n. R(87) 15 del Consiglio d’Europa che disciplina l’uso dei dati di carattere personale nel settore della polizia. Articolo 6 Scambio delle migliori pratiche Gli Stati membri assicurano che gli uffici per il recupero dei beni procedano allo scambio delle migliori pratiche sui modi per migliorare l’efficacia degli sforzi degli Stati membri diretti a identificare e reperire proventi di reato e altri beni connessi con reati che possano essere oggetto di un provvedimento di congelamento, sequestro o confisca da parte dell’autorità giudiziaria competente. Articolo 7 Relazione con le modalità di cooperazione esistenti La presente decisione lascia impregiudicati gli obblighi derivanti dagli strumenti dell’Unione europea sull’assistenza giudiziaria reciproca o sul riconoscimento reciproco delle decisioni in materia penale, dagli accordi o intese bilaterali o multilaterali tra gli Stati membri e i paesi terzi in materia di assistenza giudiziaria reciproca e della decisione 2000/642/GAI e della decisione quadro 2006/960/GAI. Articolo 8 Osservanza 1. Gli Stati membri assicurano che saranno in grado di cooperare pienamente, in conformità delle disposizioni della presente decisione, entro il 18 dicembre 2008. Nel contempo gli Stati membri comunicano al segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo di tutte le disposizioni di legislazione nazionale che consente loro di osservare gli obblighi derivanti dalla presente decisione. 2. Se gli Stati membri non hanno ancora attuato la decisione quadro 2006/960/GAI, i riferimenti a tale decisione quadro nella presente decisione si intendono fatti agli strumenti applicabili in materia di cooperazione di polizia tra gli Stati membri. 3. Il Consiglio valuta l’osservanza della presente decisione da parte degli Stati membri entro il 18 dicembre 2010, in base a una relazione presentata dalla Commissione, Articolo 9 Applicazione La presente decisione prende effetto dalla data della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 6 dicembre 2007. Per il Consiglio Il presidente A. COSTA (1) Parere del 12 dicembre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) GU L 196 del 2.8.2003, pag. 45. (3) GU L 68 del 15.3.2005, pag. 49. (4) GU L 386 del 29.12.2006, pag. 89. (5) GU L 271 del 24.10.2000, pag. 4.
Cooperazione tra i paesi dell’Unione europea per il recupero dei proventi di reato SINTESI COSA FA LA DECISIONE? Stabilisce i requisiti per l’istituzione di uffici per il recupero dei beni nei paesi dell’Unione europea (UE). PUNTI CHIAVE L’obiettivo degli uffici per il recupero dei beni è agevolare la tracciabilità e l’identificazione dei proventi di reato che possono diventare oggetto di un ordine di congelamento, sequestro o confisca, nell’ambito di un’indagine penale o civile. I paesi dell’UE devono designare almeno un ufficio per il recupero dei beni (o un massimo di due uffici) sul territorio nazionale. Gli uffici per il recupero dei beni assicurano il mutuo scambio di informazioni, indipendentemente dal loro status (autorità incaricata dell’applicazione della legge, giudiziaria o amministrativa). Un ufficio per il recupero dei beni o un’altra autorità di un paese dell’UE con responsabilità simili può effettuare una richiesta di informazioni da un ufficio di un altro paese dell’UE, al fine di richiedere informazioni nell’ambito di un’indagine penale o civile. Tale richiesta dovrebbe includere le informazioni seguenti: l’oggetto e il motivo della richiesta; la natura del procedimento; la proprietà oggetto del provvedimento o ricercata e/o le persone fisiche o giuridiche (società o persone) che si presume essere coinvolte. Un ufficio per il recupero dei beni può, senza ricevere richiesta, scambiare spontaneamente le informazioni che ritiene necessarie per l’esecuzione dei compiti di un ufficio in un altro paese dell’UE. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? È stata applicata a partire dal 18 dicembre 2007. CONTESTO Successivamente alla decisione quadro, la Commissione europea ha lanciato una piattaforma informale per migliorare ulteriormente la cooperazione tra i paesi UE e coordinare gli scambi di informazioni e migliori pratiche. Una relazione della Commissione del 2011 ha rilevato che, sebbene gli uffici per il recupero dei beni siano uno strumento efficace per lottare contro i proventi della criminalità, essi dovevano affrontare problemi comuni, con particolare riferimento alla loro capacità di accedere alle informazioni finanziarie rilevanti. Nel 2014, è stata adottata la direttiva 2014/42/UE per stabilire norme minime comunitarie relative sia al congelamento dei beni in vista di eventuale confisca successiva, sia alla confisca dei beni in materia penale. I paesi dell’UE dovevano integrarla nella propria legislazione nazionale entro il 4 ottobre 2015. Per maggiori informazioni, si veda la pagina «Confisca e recupero dei beni»sul sito web della Commissione europea. ATTO Decisione 2007/845/GAI del Consiglio, del 6 dicembre 2007, concernente la cooperazione tra gli uffici degli Stati membri per il recupero dei beni nel settore del reperimento e dell’identificazione dei proventi di reato o altri beni connessi (GU L 332 del 18.12.2007, pagg. 103-105) ATTI COLLEGATI Direttiva 2014/42/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’Unione europea (GU L 127 del 29.4.2014, pagg. 39-50). Le correzioni alla direttiva 2014/42/UE sono state integrate nel testo base. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. Decisione quadro 2003/577/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa all’esecuzione nell’Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio (GU L 196 del 2.8.2003, pagg. 45-55). Si veda la versione consolidata. Decisione quadro 2006/783/GAI del Consiglio, del 6 ottobre 2006, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca (GU L 328 del 24.11.2006, pagg. 59-78). Si veda la versione consolidata.
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31990R3037
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Regolamento (CEE) n. 3037/90 del Consiglio, del 9 ottobre 1990, relativo alla classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee Gazzetta ufficiale n. L 293 del 24/10/1990 pag. 0001 - 0026 edizione speciale finlandese: capitolo 2 tomo 7 pag. 0152 edizione speciale svedese/ capitolo 2 tomo 7 pag. 0152 REGOLAMENTO (CEE) N. 3037/90 DEL CONSIGLIOdel 9 ottobre 1990relativo alla classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europeeIL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100 A, vista la proposta della Commissione (1), in cooperazione con il Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che il funzionamento del mercato interno della Comunità richiede l'applicazione di norme statistiche per la raccolta, la trasmissione e la pubblicazione dei dati statistici nazionali e comunitari, al fine di mettere a disposizione delle imprese, delle istituzioni finanziarie, delle amministrazioni nazionali e di tutti gli altri operatori del mercato unico dati statistici attendibili e comparabili; considerando che tali informazioni sono necessarie alle imprese affinché esse possano valutare la propria competitività ed utili alle istituzioni comunitarie per prevenire alterazioni della concorrenza; considerando che solo se gli Stati membri faranno uso, per le attività economiche, di classificazioni connesse con la classificazione comunitaria sarà possibile fornire informazioni integrate con l'attendibilità, la rapidità, la flessibilità ed il grado di dettaglio necessari per la gestione del mercato interno; considerando che è opportuno prevedere che gli Stati membri possano, per soddisfare esigenze di carattere nazionale, mantenere o inserire nelle classificazioni nazionali suddivisioni supplementari basate sulla classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee; considerando che la compatibilità internazionale delle statistiche economiche implica che gli Stati membri e leistituzioni comunitarie utilizzino classificazioni delle attività economiche direttamente collegate con la «International Standard Industrial Classification» (ISIC) delle Nazioni Unite; considerando che l'utilizzazione della classificazione delle attività economiche nella Comunità richiede che la Commissione sia assistita dal comitato del programma statistico, istituito con la decisione 89/382/CEE, Euratom (4), per qualsiasi questione relativa all'applicazione del presente regolamento, segnatamente per quanto concerne l'interpretazione di tale classificazione, le modifiche minori da apportarvi, la formulazione e l'aggiornamento delle relative note esplicative e la definizione degli orientamenti per la classificazione delle unità statistiche conformemente a detta classificazione; considerando che è indispensabile che il contenuto delle categorie della classificazione delle attività economiche nelle Comunità europee sia interpretato in modo uniforme in tutti gli Stati membri; considerando che l'introduzione di una nuova classificazione richiede un periodo di transizione, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 11. Il presente regolamento ha lo scopo di stabilire una classificazione statistica comune delle attività economiche nella Comunità europea, che garantisca la comparabilità tra classificazioni nazionali e comunitarie e, pertanto, tra statistiche nazionali e comunitarie. 2. Il presente regolamento riguarda unicamente l'impiego di classificazioni per scopi statistici. 3. Il presente regolamento non contiene, di per sé, disposizioni che obbligano gli Stati membri a raccogliere, pubblicare o fornire dati e non concerne alcun obbligo relativo al carattere particolareggiato e al tipo di unità statistiche da utilizzare nelle indagini e nelle analisi statistiche. Articolo 21. È istituita una base comune per le classificazioni statistiche delle attività economiche nelle Comunità europee, qui di seguito denominata NACE (Rev. 1); essa comprende: - un primo livello costituito da voci contraddistinte da un codice alfabetico (sezioni); - un livello intermedio costituito da voci contraddistinte da un codice alfabetico a due caratteri (sottosezioni); - un secondo livello costituito da voci contraddistinte da un codice numerico a due cifre (divisioni); - un terzo livello costituito da voci contraddistinte da un codice numerico a tre cifre (gruppi); - un quarto livello costituito da voci contraddistinte da un codice numerico a quattro cifre (classi). 2. La NACE (Rev. 1) è allegata al presente regolamento. Articolo 31. La NACE (Rev. 1) è utilizzata dai servizi della Commissione per tutte le statistiche articolate per attività economiche. 2. Le statistiche articolate per attività economiche degli Stati membri saranno elaborate utilizzando la NACE (Rev. 1) o una classificazione nazionale che ne deriva, nell'osservanza delle seguenti regole: a) le classificazioni nazionali contengono livelli corrispondenti ai livelli della NACE (Rev. 1); ognuno dei livelli delle classificazioni nazionali è costituito o dalle stesse voci del corrispondente livello della NACE (Rev. 1) o da voci che costituiscono un'esatta scomposizione delle stesse; b)possono essere introdotti livelli supplementari; c)per ciascuno dei livelli, ad eccezione del livello più elevato, i dati aggregati coincidono esattamente con quelli corrispondenti del livello immediatamente superiore della NACE (Rev. 1); d)la codificazione può essere diversa. 3. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione, per approvazione e prima della pubblicazione, i progetti di testi che definiscono o modificano la loro classificazione nazionale. La Commissione verifica la conformità di questi progetti di testi con il paragrafo 2 del presente articolo. La Commissione trasmette agli Stati membri, per informazione, la classificazione nazionale da essa approvata. La pubblicazione degli Stati membri riporta la tabella di corrispondenza tra la classificazione nazionale e la NACE (Rev. 1). 4. Gli Stati membri che desiderano utilizzare una classificazione nazionale derivata dalla NACE (Rev. 1) adottano quanto prima e non oltre il 31 dicembre 1992 le misure necessarie per l'adozione di una classificazione nazionale in conformità del presente articolo. Articolo 4Oltre alle disposizioni di cui all'articolo 3, in caso d'incompatibilità tra talune voci della NACE (Rev. 1) e la struttura dell'economia nazionale, la Commissione può autorizzare uno Stato membro ad utilizzare, per settori specifici, un raggruppamento della NACE (Rev. 1) ad un livello specifico. Per ottenere tale autorizzazione, lo Stato membro interessato deve fornire alla Commissione ogni informazione necessaria che le consenta di valutare la sua richiesta. Tuttavia, nonostante le disposizioni dell'articolo 3, paragrafo 2, lettera a), tale autorizzazione non può consentire agli Stati membri di scomporre la voce aggregata in un modo diverso da quello previsto dalla NACE (Rev. 1). La Commissione, unitamente allo Stato membro interessato, procede al riesame periodico dell'applicazione delle presenti disposizioni, al fine di verificare se siano ancora giustificate. Articolo 5La Commissione adotta tutte le misure necessarie per verificare l'attuazione e la gestione della NACE (Rev. 1). Articolo 6La Commissione, su richiesta di uno Stato membro o su propria iniziativa e previa consultazione del comitato di cui all'articolo 7, adotta le disposizioni necessarie per garantire l'applicazione uniforme della NACE (Rev. 1). Articolo 7La Commissione è assistita dal comitato del programma statistico, in appresso denominato «comitato», composto di rappresentanti degli Stati membri e presieduto da un rappresentante della Commissione. Articolo 8Il comitato può esaminare tutte le questioni relative alla NACE (Rev. 1) sollevate dal proprio presidente, sia su iniziativa di questi, sia su richiesta del rappresentante di uno Stato membro, ed aventi per oggetto l'applicazione del presente regolamento, in particolare per quanto riguarda: a) l'interpretazione della NACE (Rev. 1); b) le modifiche minori da apportare alla NACE (Rev. 1): - per tenere conto dell'evoluzione tecnologica o economica, - per uniformare e chiarire i testi, - derivanti dalle modifiche apportate ad altre classificazioni economiche, in particolare dall'ISIC (Rev. 3); c)la preparazione e il coordinamento dei lavori di revisione della NACE (Rev. 1); d)la stesura e l'aggiornamento delle note esplicative relative alla NACE (Rev. 1); e)la definizione degli orientamenti per la classificazione delle unità statistiche conformemente alla NACE (Rev. 1); f)l'esame dei problemi connessi con l'applicazione della NACE (Rev. 1) nell'ambito delle classificazioni delle attività economiche degli Stati membri; g)i lavori per preparare, se del caso, una posizione comune in merito all'attività svolta da organizzazioni internazionali in materia di classificazioni delle attività economiche, in particolare per quanto riguarda la ISIC e le relative note esplicative. Le misure di cui alle lettere da a) a g) sono adottate secondo la procedura prevista all'articolo 9. Articolo 91. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il proprio parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione fissata nell'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto. 2. La Commissione adotta misure che sono immediatamente applicabili. Tuttavia, se tali misure non sono conformi al parere espresso dal comitato, la Commissione le comunica immediatamente al Consiglio. In tal caso la Commissione differisce di tre mesi, a decorrere dalla data di tale comunicazione, l'applicazione delle misure da essa decise. 3. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può prendere una decisione diversa entro il termine di cui al paragrafo 2. Articolo 101. Le statistiche raccolte dagli Stati membri dopo il 1° gennaio 1993, che contengono una classificazionearticolata per attività economiche, sono elaborate avvalendosi della NACE (Rev. 1) o di una classificazione nazionale che ne deriva, conformemente all'articolo 3. 2. Gli Stati membri utilizzano la NACE (Rev. 1) per trasmettere alla Commissione le statistiche raccolte dopo il 1° gennaio 1993, articolate per attività economiche. Articolo 111. È previsto un periodo di transizione che inizia il 1° gennaio 1993 e termina il 31 dicembre 1994. Durante tale periodo la Commissione può, per alcuni dati raccolti dopo il 1° gennaio 1993, autorizzare uno Stato membro, per motivi tecnici o operativi debitamente giustificati, ad utilizzare una classificazione diversa da quella di cui all'articolo 3. 2. La Commissione, su richiesta di uno Stato membro, può prorogare la durata del periodo di transizione. Articolo 121. In caso di trasmissione alla Commissione dei dati di cui all'articolo 11, gli Stati membri faranno in modo, su richiesta di quest'ultima, di trasmetterli adeguandoli alla NACE (Rev. 1). 2. Gli Stati membri forniscono alla Commissione (Eurostat) le necessarie informazioni sulle tavole di corrispondenza utilizzate per stabilire tali dati. La Commissione provvede a pubblicare tali tavole di corrispondenza. Articolo 13La Commissione pubblica la tavola di corrispondenza tra la NACE attuale e la NACE (Rev. 1) entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente regolamento. Articolo 14Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Lussemburgo, addì 9 ottobre 1990. Per il ConsiglioIl PresidenteP. ROMITA(1) GU n. C 58 dell'8. 3. 1990, pag. 25. (2) GU n. C 175 del 16. 7. 1990, pag. 84 e decisione del 12 settembre 1990 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (3) GU n. C 182 del 23. 7. 1990, pag. 1. (4) GU n. L 181 del 28. 6. 1989, pag. 47. ALLEGATO NACE (Rev. 1)>SPAZIO PER TABELLA>
Classificazione statistica delle attività economiche QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Esso definisce una classificazione delle attività economiche da utilizzare in tutta l’Unione europea per garantire che le statistiche raccolte siano comparabili. Il regolamento è stato modificato più volte. La modifica principale è rappresentata dal Regolamento (CE) n. 1893/2006 che definisce la NACE Revisione 2, attualmente applicata. PUNTI CHIAVE Il regolamento definisce una classificazione a quattro cifre delle attività economiche, comunemente nota come NACE*. Il regolamento nella sua forma originale si riferisce a NACE revisione 1. Tuttavia, la NACE Revisione 2 è in vigore dal 2008. La NACE, che fu introdotta per la prima volta nel 1970, è coerente con la classificazione delle attività delle Nazioni Unite ISIC (International Standard Industrial Classification of All Economic Activities). Ciò consente la comparazione di statistiche tra paesi e in diversi settori. La struttura alfanumerica di NACE è gerarchica e organizzata su quattro livelli, descritti in dettaglio nell’allegato al regolamento, come segue:voci contraddistinte da un codice alfabetico (sezioni), ad esempio sezione A: agricoltura, silvicoltura e pesca;voci identificate da un codice numerico a due cifre (divisioni); ad esempio divisione 01: produzioni vegetali e animali, caccia e servizi connessi e divisione 02: silvicoltura e utilizzo di aree forestali;voci identificate da un codice numerico a tre cifre (gruppi); ad esempio gruppo 01.2: coltivazione di colture permanentivoci identificate da un codice numerico a quattro cifre (classi); ad esempio gruppo 01.21: coltivazione di uva. Nel 2009, the Comitato del sistema statistico europeo ha sostituito il Comitato del programma statistico. Esso è responsabile dell’attuazione e della gestione della NACE e di garantirne l’applicazione in tutti gli Stati membri. È composto dai rappresentanti dei paesi dell’UE ed è presieduto dalla Commissione. DA QUANDO VIENE APPLICATO IL REGOLAMENTO? Il regolamento (CEE) n. 3037/90 si applica dal 13 novembre 1990. Con l’adozione del regolamento (CE) n. 1893/2006 che modifica il regolamento (CEE) n. 3037/90, la NACE Revisione 2 viene applicata dal 1o gennaio 2008 in tutti i settori ad eccezione delle statistiche a breve termine e dell’indice del costo del lavoro al quale viene applicata dal 1o gennaio 2009. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:NACE Rev. 2 — Classificazione statistica delle attività economiche — panoramica (Eurostat). NACE Rev. 2 — Classificazione statistica delle attività economiche — pubblicazione (Eurostat). TERMINI CHIAVE NACE: abbreviazione del nome della classificazione delle attività economiche dell’UE, che ha origine dalla versione francese Nomenclature statistique des activités économiques. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1893/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 2006 e che definisce la classificazione statistica delle attività economiche NACE Revisione 2 e modifica il regolamento del Consiglio (CEE) n. 3037/90 del Consiglio nonché alcuni regolamenti CE relativi a settori statistici specifici (GU L 393, del 30.12.2006, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1893/2006 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento del Consiglio (CEE) n. 3037/90 del 9 ottobre 1990 relativo alla classificazione statistica delle attività economiche nella Comunità europea (GU L 293, del 24.10.1990, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
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32006R1184
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REGOLAMENTO (CE) N. 1184/2006 DEL CONSIGLIO del 24 luglio 2006 relativo all’applicazione di alcune regole di concorrenza alla produzione e al commercio dei prodotti agricoli (Versione codificata) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 36 e 37, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) Il regolamento n. 26 del Consiglio, del 4 aprile 1962, relativo all’applicazione di alcune regole di concorrenza alla produzione e al commercio dei prodotti agricoli (2), è stato modificato nel suo contenuto (3). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale regolamento. (2) Secondo l’articolo 36 del trattato, l’applicazione alla produzione ed al commercio di prodotti agricoli delle regole di concorrenza previste dal trattato costituisce uno degli elementi della politica agricola comune e che le disposizioni del presente regolamento dovranno pertanto essere completate tenendo conto dello sviluppo di tale politica. (3) Le regole di concorrenza relative agli accordi, decisioni e pratiche di cui all’articolo 81 del trattato, nonché allo sfruttamento abusivo delle posizioni dominanti, debbono essere applicate alla produzione ed al commercio dei prodotti agricoli, nei limiti in cui la loro applicazione non ostacoli il funzionamento delle organizzazioni nazionali dei mercati agricoli e non pregiudichi il raggiungimento degli obiettivi della politica agricola comune. (4) È opportuno riservare una particolare attenzione alla situazione delle associazioni di imprenditori agricoli nella misura in cui esse abbiano segnatamente per oggetto la produzione o il commercio in comune dei prodotti agricoli o l’utilizzazione d’impianti comuni, salvo che detta azione comune escluda la concorrenza o pregiudichi il raggiungimento degli obiettivi dell’articolo 33 del trattato. (5) Sia al fine di non compromettere lo sviluppo della politica agricola comune, che per assicurare la certezza giuridica ed un trattamento non discriminatorio alle imprese interessate, la Commissione, fatto salvo il controllo della Corte di giustizia, è sola competente per accertare se siano adempiute le condizioni di cui ai due precedenti considerando, relativamente agli accordi, decisioni e pratiche di cui all’articolo 81 del trattato. (6) Per l’attuazione, nell’ambito dello sviluppo della politica agricola comune, delle regole relative agli aiuti alla produzione o al commercio dei prodotti agricoli, la Commissione deve essere messa in condizione di redigere un inventario degli aiuti esistenti, nuovi o progettati, di presentare agli Stati membri le osservazioni utili e di proporre loro misure adeguate, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Gli articoli da 81 a 86 del trattato, nonché le disposizioni adottate per la loro esecuzione, si applicano a tutti gli accordi, decisioni e pratiche, di cui all’articolo 81, paragrafo 1, e all’articolo 82 del trattato, riguardanti la produzione o il commercio dei prodotti elencati all’allegato I del trattato, fatte salve le disposizioni del seguente articolo 2 del presente regolamento. Articolo 2 1. L’articolo 81, paragrafo 1, del trattato non si applica agli accordi, decisioni e pratiche di cui all’articolo 1 del presente regolamento che costituiscono parte integrante di un’organizzazione nazionale di mercato o che sono necessari per il conseguimento degli obiettivi enunciati nell’articolo 33 del trattato. Non si applica in particolare agli accordi, decisioni e pratiche di imprenditori agricoli, di associazioni di imprenditori agricoli o di associazioni di dette associazioni appartenenti ad un unico Stato membro, nella misura in cui, senza che ne derivi l’obbligo di praticare un prezzo determinato, riguardino la produzione o la vendita di prodotti agricoli o l’utilizzazione di impianti comuni per il deposito, la manipolazione o la trasformazione di prodotti agricoli, a meno che la Commissione non accerti che in tal modo la concorrenza sia esclusa o che siano compromessi gli obiettivi dell’articolo 33 del trattato. 2. Previa consultazione degli Stati membri e udite le imprese o associazioni d’imprese interessate o ogni altra persona fisica o giuridica che essa reputi necessario interpellare, la Commissione, fatto salvo il controllo della Corte di giustizia, è sola competente per accertare, mediante decisione da pubblicarsi, per quali accordi, decisioni e pratiche ricorrano le condizioni previste al paragrafo 1. La Commissione procede a tale accertamento d’ufficio o su richiesta di un’autorità competente di uno Stato membro oppure di un impresa o associazione di imprese interessate. 3. La pubblicazione indica le parti interessate e il contenuto essenziale della decisione. Essa deve tener conto dell’interesse delle imprese a che non vengano divulgati i segreti relativi ai loro affari. Articolo 3 Le disposizioni del paragrafo 1 e del paragrafo 3, prima frase, dell’articolo 88 del trattato si applicano agli aiuti concessi alla produzione o al commercio dei prodotti elencati nell’allegato I del trattato. Articolo 4 Il regolamento n. 26 è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell’allegato II. Articolo 5 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 24 luglio 2006. Per il Consiglio Il presidente M. PEKKARINEN (1) Parere del Parlamento europeo del 27 aprile 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) GU 30 del 20.4.1962, pag. 993/62. Regolamento modificato dal regolamento n. 49 (GU 53 dell’1.7.1962, pag. 1571/62). (3) Cfr. allegato I. ALLEGATO I Regolamento abrogato e sua modificazione Regolamento n. 26 del Consiglio (GU 30 del 20.4.1962, pag. 993/62) Regolamento n. 49 del Consiglio (GU 53 dell’1.7.1962, pag. 1571/62) soltanto l’articolo 1, paragrafo 1, lettera g) ALLEGATO II Tavola di concordanza Regolamento (CE) n. 26 Presente regolamento Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2, paragrafo 1 Articolo 2, paragrafo 1 Articolo 2, paragrafo 2 Articolo 2, paragrafo 2, primo comma Articolo 2, paragrafo 3 Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma Articolo 2, paragrafo 4 Articolo 2, paragrafo 3 Articolo 3 — Articolo 4 Articolo 3 — Articolo 4 Articolo 5 Articolo 5 — Allegato I — Allegato II
Applicazione di alcune regole di concorrenza dell’UE ai prodotti agricoli QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce le norme relative all’applicabilità degli articoli da 101 a 106 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) (precedentemente articoli da 81 a 86 del trattato che istituisce la Comunità europea), ossia le norme dell’UE sulla concorrenza, al settore agricolo. PUNTI CHIAVE Il regolamento afferma che gli articoli 101, paragrafo 1, e 102 del TFUE si applicano al settore della produzione e del commercio dei prodotti agricoli, tranne per quanto riguarda i prodotti che rientrano nell’ambito del regolamento (UE) n. 1308/2013 sull’organizzazione comune dei mercati agricoli e del regolamento (UE) n. 1379/2013 sull’organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura. Ammette due eccezioni alle norme generali, che comprendono:accordi, decisioni e pratiche che sono parte integrante dell’organizzazione di un mercato nazionale o sono necessari per conseguire le finalità della politica agricola comune (PAC) come stabilite dall’articolo 39 del TFUE; determinati accordi, decisioni e pratiche di imprenditori agricoli, associazioni di imprenditori agricoli o associazioni di dette associazioni appartenenti a un unico paese dell’UEche riguardino la produzione o la vendita di prodotti agricoli, oppurel’utilizzazione di impianti comuni per il deposito, la manipolazione o la trasformazione di prodotti agricoli esenza che ne derivi l’obbligo di praticare un prezzo determinatopurché tali accordi non escludano la concorrenza o compromettano le finalità della PAC. La Commissione europea è sola competente, fatto salvo il controllo della Corte di giustizia dell’UE, per accertare, mediante decisione da pubblicarsi, per quali accordi, decisioni e pratiche ricorrano tali condizioni. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 24 agosto 2006. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Concorrenza: agricoltura e prodotti alimentari (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1184/2006 del Consiglio, del 24 luglio 2006, relativo all’applicazione di alcune regole di concorrenza alla produzione e al commercio dei prodotti agricoli (Versione codificata) (GU L 214 del 4.8.2006, pagg. 7-9) Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1184/2006 sono state integrate nel documento originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea - Parte terza - Politiche e azioni interne dell’Unione - Titolo VII - Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni - Capo 1 - Regole di concorrenza - Sezione 1: Regole applicabili alle imprese - Articolo 101 (ex articolo 81 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pagg. 88-89) Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea - Parte terza - Politiche e azioni interne dell’Unione - Titolo VII - Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni - Capo 1 - Regole di concorrenza - Sezione 1: Regole applicabili alle imprese - Articolo 102 (ex articolo 82 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 89) Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea - Parte terza - Politiche e azioni interne dell’Unione - Titolo VII - Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni - Capo 1 - Regole di concorrenza - Sezione 1: Regole applicabili alle imprese - Articolo 103 (ex articolo 83 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pagg. 89-90) Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea - Parte terza - Politiche e azioni interne dell’Unione - Titolo VII - Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni - Capo 1 - Regole di concorrenza - Sezione 1: Regole applicabili alle imprese - Articolo 104 (ex articolo 84 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 90) Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea - Parte terza - Politiche e azioni interne dell’Unione - Titolo VII - Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni - Capo 1 - Regole di concorrenza - Sezione 1: Regole applicabili alle imprese - Articolo 105 (ex articolo 85 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 90) Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea - Parte terza - Politiche e azioni interne dell’Unione - Titolo VII - Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni - Capo 1 - Regole di concorrenza - Sezione 1: Regole applicabili alle imprese - Articolo 106 (ex articolo 86 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pagg. 90-91) Regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pagg. 671-854) Cfr. versione consolidata. Regolamento (UE) n. 1379/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, recante modifica ai regolamenti (CE) n. 1184/2006 e (CE) n. 1224/2009 del Consiglio e che abroga il regolamento (CE) n. 104/2000 del Consiglio (GU L 354 del 28.12.2013, pagg. 1-21) Cfr. versione consolidata.
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32009R1007
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REGOLAMENTO (CE) N. 1007/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 settembre 2009 sul commercio dei prodotti derivati dalla foca (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 95, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) Le foche sono esseri senzienti che possono provare dolore, angoscia, paura e altre forme di sofferenza. Nella sua dichiarazione sulla messa al bando dei prodotti derivati dalle foche nell’Unione europea (3), il Parlamento europeo ha invitato la Commissione a presentare senza indugio una proposta di regolamento al fine di vietare l’importazione, l’esportazione e la vendita di tutti i prodotti derivati da esemplari di foca groenlandica e cistofora crestata. Nella sua risoluzione del 12 ottobre 2006 su un programma d’azione comunitario per la protezione e il benessere degli animali 2006-2010 (4), il Parlamento europeo ha chiesto alla Commissione di proporre la totale messa al bando dei prodotti derivati dalla foca. Nella sua raccomandazione 1776 (2006) del 17 novembre 2006 sulla caccia alle foche, l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa invitava gli Stati membri del Consiglio d’Europa in cui è praticata la caccia alle foche a vietare tutti i metodi di caccia crudeli che non garantiscono la morte istantanea e senza sofferenza degli animali, a proibirne lo stordimento con strumenti come hakapik, randelli e armi da fuoco e a promuovere iniziative intese a vietare il commercio di prodotti derivati dalla foca. (2) L’importazione a fini commerciali negli Stati membri di pelli di cuccioli di foca groenlandica e di cuccioli di cistofora crestata, nonché di prodotti da esse derivati è vietata ai sensi della direttiva 83/129/CEE del Consiglio, del 28 marzo 1983, relativa all’importazione negli Stati membri di pelli di taluni cuccioli di foca e di prodotti da esse derivati (5). (3) Le foche sono cacciate dentro e fuori dalla Comunità e utilizzate per fabbricare prodotti e articoli, quali carne, olio, grasso, organi, pelli per pellicceria e articoli derivati, inclusi prodotti vari come le capsule di Omega-3 e gli indumenti in cui sono incorporate pelli e pellicce di foca lavorate. Tali prodotti sono commercializzati su vari mercati, tra cui quello della Comunità. Data la natura di tali prodotti, per i consumatori è difficile, se non impossibile, distinguerli da prodotti simili non derivati dalla foca. (4) La caccia alle foche ha sollevato vive preoccupazioni presso il pubblico e i governi sensibili al benessere degli animali in considerazione del dolore, dell’angoscia, della paura e delle altre forme di sofferenza che l’uccisione e la scuoiatura delle foche, nel modo in cui sono svolte più frequentemente, causano a tali animali. (5) In risposta alle preoccupazioni dei cittadini e dei consumatori sul benessere degli animali in relazione all’uccisione e alla scuoiatura delle foche e sulla possibile presenza sul mercato di prodotti derivati da animali uccisi e scuoiati con modalità che causano dolore, angoscia, paura e altre forme di sofferenza, diversi Stati membri hanno adottato, o intendono adottare, misure legislative di disciplina del commercio dei prodotti derivati dalla foca, vietandone l’importazione e la produzione, mentre in altri Stati membri il commercio di questi prodotti non è oggetto di alcuna limitazione. (6) Vi sono pertanto differenze tra le disposizioni nazionali che disciplinano il commercio, l’importazione, la produzione e la commercializzazione dei prodotti derivati dalla foca. Queste differenze incidono negativamente sul funzionamento del mercato interno in relazione ai prodotti che contengono o possono contenere prodotti derivati dalla foca e costituiscono una barriera al commercio di tali prodotti. (7) L’esistenza di disposizioni diverse può scoraggiare ulteriormente i consumatori dall’acquistare prodotti non derivati dalla foca, ma che possono non essere facilmente distinguibili da prodotti simili ottenuti dalla foca, o prodotti che possono contenere elementi o ingredienti derivati dalla foca senza che ciò sia chiaramente riconoscibile, come pellicce, capsule e oli contenenti Omega-3 e articoli in cuoio. (8) Le disposizioni del presente regolamento dovrebbero pertanto armonizzare le norme in vigore nella Comunità in materia di attività commerciali riguardanti i prodotti derivati dalla foca ed evitare in tal modo turbative del mercato interno per quanto riguarda i prodotti in questione, inclusi i prodotti equivalenti o sostituibili ai prodotti derivati dalla foca. (9) A norma del protocollo sulla protezione e il benessere degli animali allegato al trattato, la Comunità deve tenere nella massima considerazione i requisiti in materia di benessere degli animali nella formulazione e nell’attuazione, tra l’altro, della politica per il mercato interno. Le norme armonizzate contenute nel presente regolamento dovrebbero pertanto tenere pienamente conto del benessere degli animali. (10) Per superare l’attuale frammentazione del mercato interno, è necessario prevedere norme armonizzate, tenendo conto del benessere degli animali. Per eliminare gli ostacoli alla libera circolazione dei prodotti interessati in modo efficace e proporzionato, l’immissione sul mercato dei prodotti derivati dalla foca dovrebbe, in linea di principio, essere vietata al fine di ristabilire la fiducia dei consumatori, garantendo nel contempo che le preoccupazioni relative al benessere degli animali siano tenute pienamente in considerazione. Poiché le preoccupazioni dei cittadini e dei consumatori riguardano anche l’uccisione e la scuoiatura delle foche in quanto tali, è altresì necessario adottare misure intese a ridurre la domanda che porta alla commercializzazione dei prodotti derivati dalla foca e, di conseguenza, la domanda economica che stimola la caccia delle foche a fini commerciali. Per garantire un’applicazione efficace, a tali norme armonizzate dovrebbe essere data esecuzione al momento o nel luogo di importazione dei prodotti importati. (11) Benché l’uccisione e la scuoiatura delle foche potrebbero in teoria avvenire evitando dolore, angoscia, paura o altre forme di sofferenza inutili, considerate le condizioni in cui si svolge la caccia alle foche, una verifica e un controllo uniformi del rispetto dei requisiti in materia di benessere degli animali da parte dei cacciatori non sono fattibili nella pratica o sono perlomeno molto difficili da attuare in modo efficace, come concluso dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare il 6 dicembre 2007. (12) È altresì evidente che norme armonizzate di altra natura, ad esempio requisiti in materia di etichettatura, non consentirebbero di conseguire lo stesso risultato. Inoltre, l’obbligo di etichettare i prodotti interamente o parzialmente derivati dalla foca imposto ai produttori, ai distributori o ai commercianti al dettaglio rappresenterebbe un notevole onere a carico di tali operatori economici e comporterebbe un costo sproporzionato nei casi in cui i prodotti derivati dalla foca rappresentano solo una parte minore del prodotto in questione. Per contro, sarà più facile conformarsi alle misure contenute nel presente regolamento, consentendo nel contempo di rassicurare i consumatori. (13) Per garantire la piena efficacia delle norme armonizzate previste dal presente regolamento, esse dovrebbero applicarsi non solo ai prodotti derivati dalla foca provenienti dalla Comunità, ma anche a quelli immessi nella Comunità da paesi terzi. (14) È opportuno che non siano lesi gli interessi economici e sociali fondamentali delle comunità Inuit che praticano la caccia alle foche a fini di sostentamento. La caccia fa parte integrante della cultura e dell’identità dei membri della società Inuit e, in quanto tale, è riconosciuta dalla Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni. Pertanto, l’immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca provenienti dalla caccia praticata tradizionalmente dalle comunità Inuit e da altre comunità indigene e che contribuiscono al loro sostentamento dovrebbe essere consentita. (15) Il presente regolamento istituisce norme armonizzate relative all’immissione sul mercato dei prodotti derivati dalla foca. Esso lascia pertanto impregiudicate altre norme comunitarie o nazionali che regolamentano la caccia delle foche. (16) È opportuno che le misure adottate ai fini dell’attuazione del presente regolamento vengano adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (6). (17) In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di definire le condizioni per l’immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca, provenienti dalla caccia tradizionalmente praticata dagli Inuit e da altre comunità indigene e che contribuiscono alla loro sussistenza; di definire le condizioni per l’importazione di prodotti derivati dalla foca quando ha natura occasionale ed è costituita esclusivamente da merci destinate all’uso personale dei viaggiatori o dei loro familiari; nonché di definire le condizioni per l’immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca provenienti dalla caccia regolamentata da leggi nazionali al solo scopo di garantire una gestione sostenibile delle risorse marine. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento completandolo con nuovi elementi non essenziali devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE. (18) Per facilitare l’esecuzione della normativa da parte delle autorità nazionali competenti, la Commissione dovrebbe predisporre delle note tecniche orientative che forniscano indicazioni non vincolanti sui codici della nomenclatura combinata che possono riguardare i prodotti derivati dalla foca soggetti al presente regolamento. (19) È opportuno che gli Stati membri stabiliscano norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni del presente regolamento e vigilino sulla loro applicazione. Tali sanzioni dovrebbero essere efficaci, proporzionate e dissuasive. (20) È opportuno che gli Stati membri trasmettano regolarmente relazioni sulle misure adottate per attuare il presente regolamento. Sulla base di dette relazioni, la Commissione dovrebbe riferire al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione del presente regolamento. (21) Poiché l’obiettivo del presente regolamento, vale a dire l’eliminazione degli ostacoli al funzionamento del mercato interno mediante l’armonizzazione a livello comunitario dei divieti nazionali relativi al commercio dei prodotti derivati dalla foca, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può pertanto essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo, in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento fissa norme armonizzate in materia di immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: 1) «foca»: esemplare di tutte le specie di pinnipedi (Phocidae, Otariidae e Odobenidae); 2) «prodotto derivato dalla foca»: tutti i prodotti, trasformati o non trasformati, derivati o ottenuti dalla foca, tra cui carne, olio, grasso, organi, pelli da pellicceria gregge e pelli da pellicceria conciate e preparate, anche assemblate in tavole, traverse o altre forme simili, nonché gli articoli derivati dalle pelli; 3) «immissione sul mercato»: l’introduzione sul mercato comunitario e la messa a disposizione in favore di terzi, a titolo oneroso; 4) «Inuit»: i membri indigeni del territorio Inuit, vale a dire le regioni artiche e subartiche in cui gli Inuit detengono, attualmente o storicamente, diritti e interessi aborigeni, riconosciuti dagli Inuit come membri del loro popolo e appartenenti ai seguenti gruppi: Inupiat, Yupik (Alaska), Inuit, Inuvialuit (Canada), Kalaallit (Groenlandia) e Yupik (Russia); 5) «importazione»: qualunque ingresso di merci nel territorio doganale della Comunità. Articolo 3 Condizioni di immissione sul mercato 1. L’immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca è autorizzata solo quando i prodotti derivati dalla foca provengono dalla caccia tradizionalmente praticata dagli Inuit e da altre comunità indigene e contribuiscono alla loro sussistenza. Tali condizioni si applicano al momento o nel luogo di importazione dei prodotti importati. 2. In deroga al paragrafo 1: a) l’importazione di prodotti derivati dalla foca è altresì autorizzata quando ha natura occasionale ed è costituita esclusivamente da merci destinate all’uso personale dei viaggiatori o delle loro famiglie. Il tipo e la quantità di tali merci non sono tali da far ritenere che l’importazione possa avere finalità commerciali; b) l’immissione sul mercato è altresì autorizzata per i prodotti derivati dalla foca provenienti da sottoprodotti della caccia regolamentata dalla legislazione nazionale e praticata al solo scopo di garantire una gestione sostenibile delle risorse marine. Tale immissione sul mercato è autorizzata unicamente su basi non lucrative. Il tipo e la quantità di tali prodotti non sono tali da far ritenere che l’immissione sul mercato possa avere finalità commerciali. L’applicazione del presente paragrafo non pregiudica il conseguimento degli obiettivi del presente regolamento. 3. La Commissione, secondo la procedura di gestione di cui all’articolo 9, paragrafo 2, predispone note tecniche orientative contenenti un elenco indicativo dei codici della nomenclatura combinata che possono riguardare i prodotti derivati dalla foca soggetti al presente articolo. 4. Fatto salvo quanto disposto dal paragrafo 3, le misure per l’attuazione del presente articolo, intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento completandolo, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5, paragrafo 3. Articolo 4 Libera circolazione Gli Stati membri non impediscono l’immissione sul mercato dei prodotti derivati dalla foca che sono conformi al presente regolamento. Articolo 5 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato istituito ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio (7). Tale comitato può rivolgersi, se necessario, ad altri comitati regolamentari, come il comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali istituito dall’articolo 58, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (8). 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 4 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. Articolo 6 Sanzioni ed esecuzione Gli Stati membri stabiliscono le sanzioni da applicare in caso di violazione delle disposizioni del presente regolamento e adottano tutti i provvedimenti necessari per la loro attuazione. Le sanzioni previste sono efficaci, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano le relative disposizioni alla Commissione entro il 20 agosto 2010 e notificano senza ritardo le eventuali modifiche successive. Articolo 7 Relazioni 1. Entro il 20 novembre 2011, e successivamente ogni quattro anni, gli Stati membri trasmettono alla Commissione una relazione in cui illustrano le azioni intraprese per dare attuazione al presente regolamento. 2. Sulla base delle relazioni di cui al paragrafo 1, la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione del presente regolamento entro i dodici mesi che seguono la fine di ciascun periodo. Articolo 8 Entrata in vigore e applicabilità Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. L’articolo 3 si applica a decorrere dal 20 agosto 2010. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, addì 16 settembre 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente J. BUZEK Per il Consiglio La presidente C. MALMSTRÖM (1) Parere del 26 febbraio 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Parere del Parlamento europeo del 5 maggio 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 27 luglio 2009. (3) GU C 306 E del 15.12.2006, pag. 194. (4) GU C 308 E del 16.12.2006, pag. 170. (5) GU L 91 del 9.4.1983, pag. 30. (6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (7) GU L 61 del 3.3.1997, pag. 1. (8) GU L 31 dell’1.2.2002, pag. 1.
Commercio di prodotti derivati dalla foca SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Fissa norme armonizzate in merito all'immissione di prodotti derivati dalla foca sul mercato dell'UE. PUNTI CHIAVE I prodotti derivati dalla foca possono essere immessi sul mercato dell'UE soltanto se provenienti dalla caccia praticata tradizionalmente dalle comunità Inuit* o da altre comunità indigene. La caccia deve: essere praticata tradizionalmente dalla comunità; contribuire al sostentamento della comunità al fine di fornire cibo e reddito e non essere condotta principalmente per finalità commerciali; prestare debita attenzione al benessere degli animali, tenendo in considerazione lo stile di vita della comunità e la finalità di sostentamento della caccia; al momento della loro immissione sul mercato, un prodotto derivato dalla foca deve avere un certificato che attesti il rispetto di tutte le condizioni di cui sopra. Gli organismi autorizzati dalla Commissione europea rilasciano i certificati. I viaggiatori e i loro familiari possono importare prodotti derivati dalla foca per il loro uso personale. Qualora tali prodotti debbano essere importati in una data successiva, i viaggiatori devono essere in possesso della relativa documentazione. Qualora la Commissione dimostri che i prodotti derivano dalla caccia alle foche condotta principalmente per finalità commerciali, essa potrebbe vietare o limitare la loro immissione sul mercato dell'UE. La Commissione informa il pubblico, le autorità competenti e le autorità doganali in merito alle condizioni in base alle quali i prodotti derivati dalla foca possano essere immessi sul mercato dell'UE. Entro il 31 dicembre 2018 e successivamente ogni quattro anni, i paesi dell'UE riporteranno alla Commissione le misure adottate ai fini dell'attuazione della normativa. La Commissione, entro un anno dalla ricezione delle relazioni nazionali, fornirà una relazione complessiva al Parlamento europeo e al Consiglio. La prima relazione sarà presentata entro il 31 dicembre 2019. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È in vigore dal 20 novembre 2009. CONTESTO Le foche sono cacciate dentro e fuori dall'UE per scopi diversi. Esse sono utilizzate per fabbricare carne, olio, grasso, organi, pelli per pellicceria e articoli derivati, inclusi prodotti vari come le capsule di Omega-3 e gli indumenti. Commercio di prodotti derivati dalla foca TERMINE CHIAVE * Inuit: membri indigeni del territorio Inuit, vale a dire le regioni artiche e subartiche in cui gli Inuit detengono, attualmente o storicamente, diritti e interessi aborigeni, riconosciuti dagli Inuit come membri del loro popolo. Il termine comprende i gruppi Inupiat, Yupik (Alaska), Inuit, Inuvialuit (Canada), Kalaallit (Groenlandia) e Yupik (Russia). ATTO Regolamento (CE) n. 1007/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, relativo al commercio di prodotti derivati dalla foca (GU L 286 del 31.10.2009, pag. 36-39) Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 1007/2009 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata è da utilizzarsi a solo scopo di riferimento. ATTI COLLEGATI Regolamento (UE) di esecuzione 2015/1850 della Commissione, del 13 ottobre 2015, recante modalità di applicazione dettagliate del regolamento (CE) n. 1007/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sul commercio di prodotti derivati dalla foca (GU L 271 del 16.10.2015, pagg. 1-11)
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32009H1019
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RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO del 22 dicembre 2009 relativa alla vaccinazione contro l'influenza stagionale (Testo rilevante ai fini del SEE) (2009/1019/UE) IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 168, paragrafo 6, vista la proposta della Commissione europea, considerando quanto segue: (1) L'influenza stagionale è una malattia virale contagiosa che in Europa si manifesta in forma di epidemia durante i mesi invernali. È una delle malattie trasmissibili più importanti e più comuni ed è causa importante di morbilità e di mortalità in tutti gli Stati membri. (2) In alcuni casi, l'infezione autolimitante delle vie respiratorie dà luogo a gravi complicazioni polmonari o ad altre complicazioni secondarie, con esiti a volta letali. Queste complicazioni sono assai più frequenti tra le persone anziane e tra quelle affette da patologie croniche. (3) L'influenza stagionale può essere combattuta con la vaccinazione, ma poiché la composizione antigenica del virus cambia di frequente, la composizione del vaccino è regolarmente aggiornata dai gruppi di esperti dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS). (4) L'assemblea mondiale della sanità tenutasi nel 2003 ha adottato la risoluzione 56.19 per aumentare la copertura vaccinica antinfluenzale per tutte le persone ad alto rischio, in modo da raggiungere una copertura vaccinica della popolazione anziana di almeno il 50 % nel 2006 e del 75 % nel 2010. (5) Il 26 ottobre 2005 e il 14 giugno 2006 il Parlamento europeo ha adottato le risoluzioni intitolate, rispettivamente, «Strategia contro la pandemia dell'influenza» e «Pianificazione della preparazione e dell'intervento della CE in caso di influenza pandemia», che invitano gli Stati membri ad intensificare la vaccinazione antinfluenzale, come raccomandato dall'OMS. Tali risoluzioni esortano altresì gli Stati membri ad accrescere la copertura vaccinica durante il periodo interpandemico conformemente alle raccomandazioni dell'OMS. (6) È opportuno pertanto adottare un'iniziativa concertata a livello dell'Unione europea per mitigare l'impatto dell'influenza stagionale incoraggiando la vaccinazione delle categorie a rischio e degli operatori del settore sanitario. La presente raccomandazione pone come obiettivo quello fissato dall'OMS, ossia il raggiungimento di una copertura vaccinica del 75 % delle persone anziane quanto prima possibile e preferibilmente entro la stagione invernale 2014/2015. L'obiettivo del 75 % dovrebbe essere esteso, se possibile, alle categorie di persone a rischio affette da patologie croniche, tenendo conto degli orientamenti espressi dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC). (7) L'aumento del tasso di vaccinazione delle categorie a rischio contribuirebbe inoltre ad elevare il tasso di vaccinazione generale, anche degli operatori del settore sanitario. (8) Per ottenere questi cambiamenti, un primo passo necessario consiste nell'informare tutti gli attori del sistema sanitario, le categorie a rischio, gli operatori sanitari, i medici, gli amministratori del settore sanitario e i responsabili politici sul problema dell'influenza stagionale, mediante campagne di sensibilizzazione pubbliche e professionali. Gli operatori sanitari dovrebbero essere sensibilizzati al particolare pericolo che corrono i loro pazienti più vulnerabili. Gli operatori sanitari dovrebbero essere altresì consapevoli della responsabilità che loro incombe di fornire ai propri pazienti un parere appropriato sulla vaccinazione. (9) È essenziale, in particolare, raccogliere a livello nazionale dati specifici e comparabili sul tasso di somministrazione del vaccino delle categorie a rischio, per valutare correttamente la situazione in tutti gli Stati membri. Sino ad oggi questi dati non sono stati sempre disponibili. Sulla base di questi dati, la Commissione e gli Stati membri potranno scambiare informazioni e le migliori pratiche con i paesi terzi mediante i canali di cooperazione internazionale esistenti nel settore sanitario. (10) Il regolamento (CE) n. 851/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, con il quale si crea un Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (1) (ECDC), affida in particolare all'ECDC il compito di fornire una consulenza tecnica e scientifica alla Commissione e agli Stati membri. L'ECDC gestisce inoltre la rete specializzata istituita per la sorveglianza dell'influenza stagionale conformemente alla decisione 2000/96/CE della Commissione, del 22 dicembre 1999, relativa alle malattie trasmissibili da inserire progressivamente nella rete comunitaria in forza della decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (2). L'ECDC dovrebbe quindi assistere gli Stati membri nel fornire una consulenza scientifica sull'influenza stagionale. (11) Per quanto riguarda la vaccinazione contro l'influenza stagionale, è evidente che l'obiettivo raccomandato dall'OMS, ovvero il raggiungimento di una copertura vaccinica del 75 % delle persone anziane, sarà facilitato da un'iniziativa concertata a livello dell'Unione europea, HA ADOTTATO LA SEGUENTE RACCOMANDAZIONE: 1) Gli Stati membri sono incoraggiati ad adottare e attuare piani d'azione o politiche nazionali, regionali o locali, a seconda dei casi, miranti a migliorare la copertura vaccinica contro l'influenza stagionale, allo scopo di raggiungere quanto prima possibile e preferibilmente entro la stagione invernale 2014/2015, un tasso di copertura vaccinica del 75 % per le «persone anziane» e, se possibile, per le altre categorie a rischio di cui al punto 2, lettera a), qualora già non sia stato raggiunto. Si incoraggiano inoltre gli Stati membri a migliorare la copertura vaccinica tra gli operatori del settore sanitario. I piani d'azione o le politiche dovrebbero tenere conto delle carenze individuate a livello nazionale e organizzare le attività di cui al punto 2, lettere b) e c). 2) Nel quadro dei piani d'azione o delle politiche di cui al punto 1, si incoraggiano gli Stati membri a: a) tenere conto della definizione di «persone anziane» e «categorie a rischio» contenuta negli orientamenti espressi dall'ECDC; b) misurare il tasso di somministrazione del vaccino in tutte le categorie a rischio e analizzare le ragioni per cui alcune persone non desiderano farsi vaccinare; c) promuovere l'educazione, la formazione e lo scambio di informazioni sull'influenza stagionale e sulla vaccinazione, organizzando: i) azioni informative degli operatori del settore sanitario; ii) azioni informative delle categorie a rischio e delle loro famiglie in merito ai rischi associati e alla prevenzione dell'influenza; iii) azioni informative efficaci per eliminare gli ostacoli alla somministrazione del vaccino. 3) Si incoraggiano gli Stati membri a riferire alla Commissione su base volontaria in merito all'applicazione della presente raccomandazione, in particolare per quanto riguarda la copertura delle categorie a rischio raggiunta. 4) Si invita la Commissione a riferire periodicamente al Consiglio in merito all'applicazione della presente raccomandazione sulla base dei dati che saranno messi a disposizione dagli Stati membri. 5) Si invita la Commissione a continuare a sostenere la ricerca sull'influenza tramite i programmi quadro di ricerca. Fatto a Bruxelles, addi 22 dicembre 2009. Per il Consiglio Il presidente A. CARLGREN (1) GU L 142 del 30.4.2004, pag. 1. (2) GU L 28 del 3.2.2000, pag. 50.
Vaccinazione contro l’influenza stagionale QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE? Mira a incoraggiare i paesi dell'Unione europea (UE) ad adottare misure sanitarie contro l’influenza stagionale. PUNTI CHIAVE Sfide L’influenza è un’infezione delle vie respiratorie di origine virale altamente contagiosa che si manifesta in forma di epidemia durante i mesi invernali. Essa può generare gravi complicazioni, anche con esito mortale. In forma lieve, si stima che l’influenza stagionale provochi in media 8 decessi ogni 100 000 persone. Tale cifra può passare a 44 negli anni di influenza più grave. Le epidemie di influenza possono sovraccaricare gli ospedali e i servizi medici. Ciò porta a un aumento dei costi diretti (risultanti dall’uso di risorse mediche e non mediche) e indiretti (dovuti alla perdita di produttività e alle assenze dal lavoro). Efficacia ed efficienza del vaccino L’influenza stagionale può essere attenuata con la vaccinazione. I gruppi «a rischio» della popolazione devono essere vaccinati contro l’influenza. Inoltre, per garantire una copertura vaccinica efficace, non deve essere sottovalutata la logistica, come l’inoltro e la distribuzione dei vaccini. È importante agire a livello unionale per evitare che un nuovo virus influenzale si trasformi in una pandemia, come avvenne nel 1918, 1957 e 1968. Piani e strategie nazionali La raccomandazione invita i paesi dell'UE ad adottare un piano o una strategia nazionaleper la copertura vaccinica . Lo scopo era di coprire il 75% della popolazione a rischio preferibilmente entro l’inverno 2014-2015, gruppo la cui definizione figurava negli orientamenti pubblicati dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC). I paesi dell'UE sono incoraggiati a riferire alla Commissione europea su base volontaria in merito all’applicazione della presente raccomandazione, in particolare per quanto riguarda la copertura delle categorie a rischio raggiunta. Occorre organizzare campagne di informazione degli operatori del settore sanitario, della popolazione delle categorie a rischio e delle rispettive famiglie. La Commissione è invitata a riferire periodicamente al Consiglio in merito all’applicazione della presente raccomandazione sulla base dei dati che saranno messi a disposizione dai paesi dell'UE. Valutazione Una relazione pubblicata nel 2015 dall'ECDC suggerisce che tutti i paesi dell'UE possono dover riconsiderare il loro approccio al fine di raccogliere informazioni più complete e precise sulla copertura vaccinica contro l'influenza stagionale dei gruppi destinatari di popolazione. Essa esorta i paesi dell'UE che non controllano la copertura vaccinica fra i gruppi di anziani a introdurre sistemi volti a effettuare tale controllo, per consentire alle organizzazioni della sanità pubblica di tenere traccia dei progressi e individuare gli ostacoli al raggiungimento degli obiettivi nazionali e unionali. La relazione rileva che un numero maggiore di paesi è stato in grado di fornire informazioni sui tassi di copertura vaccinica per gruppi quali i lavoratori del settore sanitario e le donne incinte, e prevede delle raccomandazioni come percorso da seguire per il raggiungimento di tassi più elevati di popolazione vaccinata e di un migliore controllo. Nel 2015, la Commissione ha organizzato un'udienza ad alto livello sul tema, sottolineando l'importanza crescente della prevenzione delle malattie nella spesa per l'assistenza sanitaria. CONTESTO Per maggiori informazioni, si veda: Vaccinazione sul sito Internet della Commissione europea. DOCUMENTO PRINCIPALE Raccomandazione 2009/1019/UE del Consiglio, del 22 dicembre 2009, relativa alla vaccinazione contro l’influenza stagionale (GU L 348 del 29.12.2009, pag. 71-72)
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31965R0019
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Regolamento n. 19/65/CEE del Consiglio, del 2 marzo 1965, relativo all'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3, del Trattato a categorie di accordi e pratiche concordate Gazzetta ufficiale n. 036 del 06/03/1965 pag. 0533 - 0535 edizione speciale finlandese: capitolo 8 tomo 1 pag. 0036 edizione speciale danese: serie I capitolo 1965-1966 pag. 0031 edizione speciale svedese/ capitolo 8 tomo 1 pag. 0036 edizione speciale inglese: serie I capitolo 1965-1966 pag. 0035 edizione speciale greca: capitolo 08 tomo 1 pag. 0059 edizione speciale spagnola: capitolo 08 tomo 1 pag. 0085 edizione speciale portoghese: capitolo 08 tomo 1 pag. 0085 REGOLAMENTO N. 19/63/CEE DEL CONSIGLIO del 2 marzo 1963 relative all'applicazione dell'articolo 63, paragrafo 3, del Trattato a categorie di accordi e pratiche concordateIL CONSIGLIO DELLA COMUNITÀ ECONOMICA EUROPEA,Visto il Trattato che istituisce la Comunità Economica Europea, e in particolare l'articolo 87,Vista la proposta della Commissione,Visto il parere del Parlamento Europeo (1),Visto il parere del Comitato economico e sociale (2),Considerando che la dichiarazione di inapplicabilità delle disposizioni dell'articolo 85, paragrafo 1 del Trattato può, conformemente alle disposizioni del paragrafo 3 dello stesso articolo, riguardare categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate che soddisfino alle condizioni-richieste da tali disposizioni;Considerando che le modalità d'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3 devono essere stabilite per regolamento basato sull'articolo 87;Considerando che, dato il gran numero di notifiche depositate in applicazione del regolamento n. 17 (3), è opportuno, al fine di facilitarne il compito, porre la Commissione in grado di dichiarare, mediante regolamento, inapplicabili a talune categorie di accordi e di pratiche concordate le disposizioni dell'articolo 85, paragrafo 1;Considerando che occorre precisare le condizioni in cui la Commissione potrà esercitare tale potere, in collegamento stretto e costante con le autorità competenti degli Stati membri, quando sarà stata acquisita un'esperienza sufficiente a seguito di decisioni individuali e sarà possibile definire le categorie di accordi e di pratiche concordate per le quali le condizioni dell'articolo 85, paragrafo 3 potranno essere considerate soddisfatte;Considerando che la Commissione ha indicato, con la propria azione e in particolare col regolamento n. 153 (4), che nessun alleggerimento delle procedure previste dal regolamento n. 17 può essere preso in considerazione per alcuni tipo di accordi o di pratiche concordate che siano particolarmente suscettibili di falsare il giuoco della concorrenza nel mercato comune;Considerando che, in virtù dell'articolo 6 del regolamento n. 17, la Commissione può decidere che una dicharazione rilasciata ai sensi dell'articolo 85, paragrafo 3, del Trattato abbia effetto retroattivo; che conviene che la Commissione possa prendere tale decisione anche in un regolamento;Considerando che, in virtù dell'articolo 7 del regolamento n. 17, mediante decisione della Commissione, possono essere sottratti al divieto di cui all'articolo 83, paragrafo 1, accordi, decisioni e pratiche concordate, specie se modificati in modo da soddisfare alle condizioni di applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3; che è opportuno che la Commissione possa accordare lo stesso beneficio mediante regolamento a tali accordi e pratiche concordate qualora siano modificati in modo da rientrare in una categoria definita mediante regolamento d'esenzione;Considerando che, se non si trovano riunite le condizioni menzionate all'articolo 85, paragrafo 3, un'esenzione non può restare acquisita; che, quindi, la Commissione deve avere la facoltà di stabilire, mediante decisione, le condizioni alle quali dovrà soddisfare un accordo o una pratica concordata che, a motivo di particolari circostanze, riveli effetti incompatibili con l'articolo 85, paragrafo 3,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 11. Fatta salva l'applicazione del regolamento n. 17 del Consiglio, la Commissione può dichiarare mediante regolamento e in conformità dell'articolo 85, paragrafo 3 del Trattato che l'articolo 85, paragrafo 1 non è applicabile a categorie di accordi ai quali partecipano soltanto due imprese ea) - nei quali l'una s'impegna nei confronti dell'altra a fornire determinati prodotti soltanto ad essa, ai fini della rivendita all'interno di una parte determinata del territorio del mercato comune, oppure- nei quali l'una s'impegna nei confronti dell'altra ad acquistare determinati prodotti soltanto da essa, ai fini della rivendita, oppure- nei quali sono stati conclusi tra le due imprese, ai fini della rivendita, impegni esclusivi di fornitura e di acquisto dello stesso tipo di quelli previsti nei due precedenti capoversi,b) che comportano limitazioni imposte in rapporto all'acquisto o all'utilizzazione di diritti relativi alla proprietà industriale - in particolare ai brevetti, modelli di utilità, modelli e disegni ornamentali o marchi - o ai diritti derivanti da contratti di cessione o di concessione di procedimenti di fabbricazione o di cognizioni relative all'utilizzazione o all'applicazione di tecniche industriali.2. Il regolamento deve comprendere una definizione delle categorie di accordi ai quali si applica e precisare in particolare:a) le restrizioni o le clausole che non possono figurare negli accordi;b) le clausole che devono figurare negli accordi o le altre condizioni che devono essere soddisfatte.3. I paragrafi 1 e 2 si applicano, in quanto compatibili, alle categorie di pratiche concordate alle quali partecipano soltanto due imprese.Articolo 21. Un regolamento, emanato in virtù dell'articolo 1, è adottato per una durata limitata.2. Può essere abrogato o modificato quando le circostanze si sono modificate relativamente ad un elemento che è stato essenziale per la sua adozione; in tal caso è previsto un periodo di adattamento per gli accordi e le pratiche concordate, contemplati dal regolamento anteriore.Articolo 3Un regolamento adottato in virtù dell'articolo 1 può applicarsi con effetto retroattivo agli accordi e pratiche concordate che, al momento dell'entrata in vigore del regolamento, avrebbero potuto beneficiare di una decisione con effetto retroattivo in applicazione dell'articolo 6 del regolamento n. 17.Articolo 41. Un regolamento adottato in virtù dell'articolo 1 può disporre che il divieto di cui all'articolo 85, paragrafo 1 del Trattato non si applica, per il periodo in esso stabilito, agli accordi e pratiche concordate esistenti alla data del 13 marzo 1962 e che non soddisfano alle condizioni dell'articolo 85, paragrafo 3:- se sono modificati entro tre mesi dall'entrata in vigore del regolamento, in modo da soddisfare a dette condizioni secondo le disposizioni del regolamento stesso e- se le modifiche sono portate a conoscenza della Commissione nel termine fissato dal regolamento.2. Il paragrafo 1 è applicabile agli accordi e pratiche concordate che dovevano essere notificati anteriormente al 1° febbraio 1963, conformemente all'articolo 5 del regolamento n. 17, solo se la notificazione è stata effettuata prima di tale data.3. Il beneficio delle disposizioni stabilite a norma del paragrafo 1 non può essere invocato nelle vertenze pendenti alla data dell'entrata in vigore di un regolamento adottato in virtù dell'articolo 1; né può essere invocato per motivare una domanda di risarcimento di danni nei confronti di terzi.Articolo 5Quando la Commissione intende adottare un regolamento, ne pubblica il progetto, invitando tutti gli interessati a comunicarle le loro osservazioni entro il termine da essa stabilito, che non può essere inferiore ad un mese.Articolo 61. La Commissione consulta il Comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti:a) prima di pubblicare un progetto di regolamento,b) prima di adottare un regolamento.2. L'articolo 10, paragrafi 5 e 6 del regolamento n. 17, relativo alla consultazione del Comitato consultivo, è applicabile, in quanto compatibile, restando inteso che le riunioni comuni con la Commissione avranno luogo al più presto un mese dopo l'invio della convocazione.Articolo 7Se la Commissione costata d'ufficio o su domanda di uno Stato membro o di persone fisiche o giuridiche che fanno valere un interesse che, in un caso determinato, accordi o pratiche concordate previsti in un regolamento, adottato in virtù dell'articolo 1, hanno tuttavia taluni effetti incompatibili con le condizioni previste all'articolo 85, paragrafo 3 del Trattato, essa può, ritirando il beneficio dell'applicazione di detto regolamento, prendere una decisione in conformità agli articoli 6 e 8 del regolamento n. 17, senza che sia richiesta la notificazione di cui all'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 17.Articolo 8La Commissione trasmette al Consiglio, prima del 1° gennaio 1970, una proposta di regolamento intesa ad apportare al presente regolamento le modifiche che appariranno necessarie in relazione all'esperienza acquisita.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 2 marzo 1965.Per il ConsiglioIl PresidenteM. COUVE DE MURVILLE
Norme UE su pratiche concordate e accordi tra società QUAL È LO SCOPO DELL’ARTICOLO 101 DEL TFUE E DEL REGOLAMENTO? L’articolo 101, paragrafo 1 del TFUE1 vieta gli accordi e le pratiche concordate* tra società e gruppi di società che possono incidere sugli scambi tra i paesi dell’UE e il cui scopo è prevenire, limitare o distorcere la concorrenza all’interno del mercato unico dell’UE. L’articolo 101, paragrafo 2 stabilisce che tutti gli accordi che rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, sono nulli a meno che non siano esentati ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3. L’articolo 101, paragrafo 3, tuttavia, consente eccezioni a questa regola quando tali accordi o pratiche:favoriscono la produzione o la distribuzione di beni; o promuovono il progresso economico o tecnico; e consentono ai consumatori una giusta quota del beneficio risultante. Il regolamento applica l’articolo 101, paragrafo 3, del TFUE a determinati tipi di accordi e pratiche concordate tra società in cui i loro benefici a favore della concorrenza sono superiori al loro impatto anticoncorrenziale. 1 Nota: L’articolo 101 era in precedenza l’articolo 81 del trattato che istituisce la Comunità europea, come modificato dal trattato di Amsterdam. In precedenza, era l’articolo 85 del trattato di Roma. PUNTI CHIAVE Il regolamento autorizza la Commissione europea ad applicare l’articolo 101, paragrafo 3, del TFUE mediante regolamento, a determinate categorie di accordi verticali* e alle pratiche concordate corrispondenti che rientrano nell’ambito dell’articolo 101, paragrafo 1, del TFUE. Esso stabilisce le condizioni in base alle quali la Commissione, previa consultazione delle parti interessate e del comitato consultivo in materia di pratiche restrittive e posizioni dominanti, può adottare un regolamento che dichiara che l’articolo 101, paragrafo 1, non si applica a un caso individuale o a categorie di accordi:stipulati da due o più imprese, ciascuna delle quali opera a un livello diverso della catena di produzione o di distribuzione, riguardanti le condizioni in base alle quali le parti possono acquistare, vendere o rivendere determinati beni o servizi; a cui partecipano solo due società e che contengono restrizioni in relazione all’acquisizione o all’utilizzo di diritti di proprietà industriale, quali brevetti, modelli di utilità, disegni o marchi commerciali, o diritti derivanti da contratti di cessione o diritti d’uso, di un metodo di fabbricazione o conoscenza relativo all’uso o all’applicazione di processi industriali. Il regolamento della Commissione definisce le categorie di accordi a cui si applica e stabilisce le restrizioni o le clausole che non possono essere contenute negli accordi. Le stesse regole si applicano in relazione alle categorie di pratiche concordate. Il regolamento può anche stabilire le condizioni che possono comportare l’esclusione dalla sua applicazione di determinate reti parallele di accordi simili o pratiche concordate che operano su un determinato mercato. Tali disposizioni:vengono adottate per un periodo determinato; possono essere modificate o abrogate se le circostanze sulle quali sono basate sono cambiate; possono essere emesse con effetto retroattivo. A seguito di un libro verde della Commissione del 1997 sulle restrizioni verticali nella politica di concorrenza dell’UE, il regolamento 19/65 è stato modificato, insieme al regolamento n. 17/62 (il primo regolamento sulla politica della concorrenza dell’UE adottato per attuare gli articoli 85 e 86 del trattato di Roma) a gettare le basi per un unico regolamento di esenzione per categoria (BER) per gli accordi verticali di fornitura e distribuzione (regolamento (UE) n. 330/2010). La Commissione ha inoltre emesso orientamenti sulle restrizioni verticali che chiariscono le condizioni per l’applicazione del regolamento BER. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento è in vigore dal 6 marzo 1965. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Accordi esentati (articolo 101, paragrafo 3 del TFUE) (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Pratiche concordate: pratiche che, con o senza un accordo formale concluso tra le parti, sono anticoncorrenziali. Esse possono derivare da contatti diretti o indiretti tra società la cui intenzione è quella di influenzare la condotta del mercato o di rivelare comportamenti futuri previsti ai concorrenti. Accordi verticali: accordi tra imprese che operano a diversi livelli della catena di fornitura, ad esempio, in cui una società fornisce i materiali di produzione della seconda società. DOCUMENTO PRINCIPALE Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo VII — Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni — Capo 1 — Regole di concorrenza Sezione 1: Regole applicabili alle imprese — Articolo 101 (ex articolo 81 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pagg. 88-89). Regolamento n. 19/65/CEE del Consiglio, del 2 marzo, relativo all’applicazione dell’articolo 85, paragrafo 3, del Trattato a categorie di accordi e pratiche concordate (edizione speciale inglese: serie I capitolo 1965-1966 pagg. 35-37) Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 19/65/EEC sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Orientamenti sulle restrizioni verticali (GU C 130, del 19.5.2010, pagg. 1-46) Regolamento (UE) n. 330/2010 della Commissione, del 20 aprile 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate (GU L 102 del 23.4.2010, pagg. 1-7) Si veda la versione consolidata. Libro verde sulle restrizioni verticali nella politica di concorrenza comunitaria (COM(96) 721 final, del 20.1.1997) CEE Consiglio:Regolamento n. 17 Primo regolamento d’applicazione degli articoli 85 e 86 del trattato (edizione speciale inglese: serie I capitolo 1959-1962 pagg. 87-93) Si veda la versione consolidata.
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32001D0528
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2001/528/CE: Decisione della Commissione, del 6 giugno 2001, che istituisce il comitato europeo dei valori mobiliari (Testo rilevante ai fini del SEE) [notificata con il numero C(2001) 1493] Gazzetta ufficiale n. L 191 del 13/07/2001 pag. 0045 - 0046 Decisione della Commissionedel 6 giugno 2001che istituisce il comitato europeo dei valori mobiliari[notificata con il numero C(2001) 1493](Testo rilevante ai fini del SEE)(2001/528/CE)LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità europea,considerando quanto segue:(1) La libera prestazione dei servizi e la libera circolazione dei capitali costituiscono obiettivi prioritari della Comunità, ai sensi degli articoli 49 e 56 del trattato.(2) La realizzazione di un autentico mercato interno dei servizi finanziari in conformità del principio dell'economia di mercato aperta e in condizioni di libera concorrenza è di importanza cruciale per la crescita economica e la creazione di posti di lavoro nella Comunità europea.(3) Il piano di azione per i servizi finanziari presentato dalla Commissione(1) individua una serie di misure necessarie al completamento del mercato unico per i servizi finanziari e evidenzia la necessità di istituire un comitato dei valori mobiliari con il compito di contribuire all'elaborazione della normativa comunitaria in materia di valori mobiliari.(4) In occasione del vertice di Lisbona del marzo 2000, il Consiglio europeo ha chiesto che si giunga alla piena attuazione del predetto piano di azione entro il 2005.(5) Il 17 luglio 2000 il Consiglio ha nominato il comitato dei saggi sulla regolamentazione dei mercati europei dei valori mobiliari.(6) Nella sua relazione finale, il comitato dei saggi ha chiesto la creazione di due comitati consultivi, il comitato europeo dei valori mobiliari, composto da alti rappresentanti degli Stati membri, e il comitato delle autorità europee di regolamentazione dei valori mobiliari, composto da rappresentanti ad alto livello delle autorità nazionali competenti nel settore dei valori mobiliari, con il compito, tra l'altro, di assistere la Commissione.(7) Nella risoluzione in favore di una più efficace regolamentazione dei mercati dei valori mobiliari nell'Unione europea, il consiglio europeo di Stoccolma esprime apprezzamento per il proposito della Commissione di procedere immediatamente all'istituzione di un comitato dei valori mobiliari composto di alti funzionari degli Stati membri e presieduto dalla Commissione.(8) La relazione finale del comitato dei saggi sottolinea il fatto che si renderà necessario adottare misure di esecuzione per dare applicazione alle direttive o ai regolamenti al fine di tener conto dei nuovi sviluppi che intervengono sui mercati finanziari.(9) Il comitato europeo dei valori mobiliari è chiamato ad agire come organismo di riflessione, dibattito e consulenza nei confronti della Commissione nel settore dei valori mobiliari.(10) Il comitato europeo dei valori mobiliari deve adottare il proprio regolamento interno.(11) La presente decisione istituisce il comitato europeo dei valori mobiliari quale organo consultivo. Previa adozione degli specifici atti legislativi da parte del Parlamento europeo e del Consiglio su proposta della Commissione, lo stesso comitato potrebbe altresì essere chiamato ad assumere funzioni di regolamentazione, conformemente alla decisione del 1999 recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione, per assistere la Commissione quando adotta decisioni nell'esercizio delle competenze di esecuzione conferitele a norma dell'articolo 202 del trattato CE,DECIDE:Articolo 1È istituito un comitato in materia di valori mobiliari nella Comunità, denominato il "comitato europeo dei valori mobiliari" (di seguito "il comitato").Articolo 2Il comitato ha il compito di assistere la Commissione nelle questioni inerenti alle politiche nel settore dei valori mobiliari nonché in merito ai progetti di proposte legislative che la Commissione decida di adottare in materia.Articolo 3Il comitato è costituito da rappresentanti ad alto livello degli Stati membri ed è presieduto da un rappresentante della Commissione.Il presidente del comitato delle autorità europee di regolamentazione dei valori mobiliari, istituito con decisione 2001/527/CE della Commissione(2), partecipa come osservatore alle riunioni del comitato.Il comitato può invitare esperti e osservatori ad assistere alle proprie riunioni.Articolo 4Il comitato può istituire gruppi di lavoro.Articolo 5Il comitato adotta il proprio regolamento interno.La segreteria del comitato è assicurata dalla Commissione.Articolo 6Il comitato entra in funzione il 7 giugno 2001.Fatto a Bruxelles, il 6 giugno 2001.Per la CommissioneFrederik BolkesteinMembro della Commissione(1) COM (1999) 232 def.(2) Vedi pagina 43 della presente Gazzetta ufficiale.
Mercati dei valori mobiliari: comitato consultivo di regolamentazione e di vigilanza La realizzazione di un mercato unico dei servizi finanziari richiede l’istituzione di un comitato consultivo che possa sostenere e prestare consulenza alla Commissione europea nel quadro della regolamentazione di tali mercati. Per quanto riguarda i mercati dei valori mobiliari, il comitato europeo dei valori mobiliari (CEVM) è direttamente insediato presso la Commissione. ATTO Decisione 2001/528/CE della Commissione, del 6 giugno 2001, che istituisce il comitato europeo dei valori mobiliari (Testo rilevante ai fini del SEE) [Cfr.atti modificativi]. SINTESI L’istituzione di comitati di ispezione e di regolamentazione ha come obiettivo quello di concretizzare ulteriormente la realizzazione del mercato unico dei servizi finanziari, conformemente al quadro elaborato dal piano d’azione per i servizi finanziari (PASF). Creazione del CEVM Il CEVM (DE) (EN) (FR) è stato creato nel 2001 per contribuire al miglioramento della regolamentazione e della vigilanza dei mercati dei valori mobiliari. La sua creazione risponde alle esigenze dell’approccio articolato su quattro livelli della regolamentazione dei servizi finanziari, auspicato nella relazione del comitato dei saggi, detta relazione Lamfalussy (DE) (EN) (FR) del 2001. In qualità di organo consultivo, il comitato interviene nell’elaborazione e nell’applicazione delle misure di esecuzione dei principi quadro definiti dalle direttive e dai regolamenti. La Commissione ha proceduto ad una revisione della procedura Lamfalussy nel 2007. Nell’ambito di tale revisione è emersa la necessità di rafforzare l’azione di tali comitati e di creare un quadro giuridico rafforzato. In qualità di guardiano dell’evoluzione dei mercati dei valori mobiliari, questo comitato consultivo contribuisce all’elaborazione delle misure di esecuzione dei principi quadro. Esso è altresì responsabile della valutazione dei rischi per la stabilità finanziaria. Ruolo del CEVM Il CEVM (DE) (EN) (FR) è innanzitutto un organismo di consultazione e di riflessione. Il compito principale del comitato è di consigliare la Commissione su questioni politiche e sui progetti di proposte che essa potrebbe adottare in materia di valori immobiliari. Composizione del CEVM Il CEVM è composto da rappresentanti di alto livello degli Stati membri ed è presieduto da un rappresentante della Commissione. Il comitato può invitare esperti ed osservatori a partecipare alle proprie riunioni. Contesto L’interdipendenza dei sistemi finanziari dell’Unione europea e l’assottigliamento della linea di demarcazione tra le attività delle imprese del settore bancario, mobiliare e assicurativo danno origine a sfide aggiuntive per la vigilanza a livello sia nazionale che comunitario. Per salvaguardare la stabilità finanziaria è dunque fondamentale creare un sistema che consenta di identificare i rischi potenziali, a livello sia transfrontaliero che intersettoriale, in una fase precoce. Riferimenti Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2001/528/CE 7.6.2001 - GU L 191, 13.7.2001 Atto(i) modificatore(i) Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2004/8/CE 13.4.2005 - GU L 3, 7.1.2004 See also Per ulteriori informazioni consultare il sito della direzione generale del Mercato interno e dei servizi: CEVM (DE) (EN) (FR)
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REGOLAMENTO (CE) n.1161/2005 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 6 luglio 2005 relativo alla compilazione di conti trimestrali non finanziari per settore istituzionale IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 285, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione, visto il parere della Banca centrale europea (1), deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) Nel piano d'azione sulle esigenze statistiche dell'Unione economica e monetaria (UEM) approvato dal Consiglio Ecofin nel settembre 2000 si precisa che è urgentemente necessario disporre di una serie limitata di conti settoriali trimestrali e che questi conti dovrebbero essere disponibili entro 90 giorni dalla fine del trimestre cui si riferiscono. (2) La relazione comune del Consiglio Ecofin e della Commissione al Consiglio europeo sulle statistiche e sugli indicatori della zona euro, adottata dal Consiglio Ecofin il 18 febbraio 2003, sottolinea che entro il 2005 dovrebbero essere pienamente attuate azioni ad elevata priorità in diversi campi, tra cui i conti nazionali trimestrali per settore istituzionale. (3) Ai fini dell'analisi delle fluttuazioni cicliche dell'economia dell'Unione europea e della gestione della politica monetaria nell'ambito dell'UEM è necessario disporre di statistiche macroeconomiche sul comportamento economico e sulle interrelazioni dei singoli settori istituzionali, che non scaturiscono dai dati elaborati a livello del totale dell'economia. Occorre pertanto procedere alla compilazione di conti trimestrali per settore istituzionale per l'insieme dell'Unione europea e per la zona euro. (4) La compilazione di tali conti rientra nell'obiettivo generale di realizzare un sistema di conti annuali e trimestrali per l'Unione europea e per la zona euro. Il sistema comprende i principali aggregati macroeconomici e i conti finanziari e non finanziari per settore istituzionale. Lo scopo consiste nell'ottenere la coerenza tra tutti questi conti e, con riferimento ai conti del resto del mondo, tra i dati della bilancia dei pagamenti e i dati dei conti nazionali. (5) Ai fini della compilazione dei conti europei per settore istituzionale conformemente ai principi del Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità, istituito con regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio (3), si rende necessaria la trasmissione di conti nazionali trimestrali per settore istituzionale degli Stati membri. I conti europei devono tuttavia rispecchiare l'economia dell'area europea nel suo complesso e possono non coincidere con la semplice aggregazione dei conti degli Stati membri. In particolare l'obiettivo è quello di tener conto delle operazioni delle istituzioni e degli organi dell'Unione europea nei conti dell'area interessata (a seconda dei casi, l'Unione europea o la zona euro). (6) L'elaborazione di specifiche statistiche comunitarie è disciplinata dalle norme contemplate dal regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie (4). (7) Poiché lo scopo del presente regolamento, ossia la compilazione di conti trimestrali non finanziari per settore istituzionale per l'Unione europea e per la zona euro, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell'azione in questione, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tali scopi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. In particolare allorché forniscono un contributo trascurabile al totale europeo, gli Stati membri dovrebbero essere esentati dal trasmettere l'intera serie di dati dettagliati. (8) Le misure necessarie all'applicazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (5). (9) Il comitato del programma statistico, istituito con la decisione 89/392/CEE, Euratom del Consiglio (6), e il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti, istituito con la decisione 91/115/CEE del Consiglio (7), sono stati consultati, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Scopo Il presente regolamento definisce un quadro comune per i contributi degli Stati membri alla compilazione dei conti trimestrali non finanziari europei per settore istituzionale. Articolo 2 Trasmissione di conti trimestrali non finanziari per settore istituzionale 1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione conti trimestrali non finanziari per settore istituzionale come specificato in allegato, ad esclusione in un primo tempo delle voci P.1, P.2, D.42, D.43, D.44, D.45 e B.4G. 2. Un calendario per la trasmissione delle voci P.1, P.2, D.42, D.43, D.44, D.45 e B.4G e qualsiasi decisione di richiedere, per le operazioni elencate nell'allegato, un'articolazione per settore di contropartita sono adottati conformemente alla procedura di cui all'articolo 8, paragrafo 2. Ogni decisione in tal senso è adottata solo dopo che la Commissione ha riferito al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione del presente regolamento a norma dell'articolo 9. 3. I dati trimestrali di cui al paragrafo 1 sono trasmessi alla Commissione al più tardi 90 giorni di calendario dopo la fine del trimestre cui i dati si riferiscono. Durante un periodo transitorio di tre anni dall'entrata in vigore del presente regolamento i dati trimestrali di cui al paragrafo 1 sono trasmessi alla Commissione al più tardi 95 giorni di calendario dopo la fine del trimestre cui i dati si riferiscono. Contemporaneamente è trasmessa anche qualsiasi revisione dei dati relativi ai trimestri precedenti. 4. Il termine di trasmissione specificato al paragrafo 3 può essere modificato di un massimo di cinque giorni secondo la procedura di cui all'articolo 8, paragrafo 2. 5. La prima trasmissione di dati trimestrali è quella dei dati per il terzo trimestre del 2005. Gli Stati membri trasmettono tali dati entro il 3 gennaio 2006. Questa prima trasmissione include i dati retrospettivi per i periodi dal primo trimestre del 1999. Articolo 3 Obblighi in merito alla trasmissione dei dati 1. Tutti gli Stati membri trasmettono i dati specificati nell'allegato con riguardo al settore del resto del mondo (S.2) e al settore delle amministrazioni pubbliche (S.13). Uno Stato membro il cui prodotto interno lordo a prezzi correnti è normalmente superiore all'1 % del corrispondente totale comunitario trasmette i dati precisati nell'allegato per tutti i settori istituzionali. 2. La Commissione determina la percentuale del prodotto interno lordo complessivo della Comunità a prezzi correnti rappresentata normalmente dal prodotto interno lordo di uno Stato membro, come specificato al paragrafo 1, sulla base della media aritmetica dei dati annuali relativi agli ultimi tre anni trasmessi dagli Stati membri. 3. La percentuale (1 %) del totale comunitario di cui al paragrafo 1 può essere modificata secondo la procedura di cui all'articolo 8, paragrafo 2. 4. Deroghe al presente regolamento possono essere accettate dalla Commissione nel caso in cui i sistemi statistici nazionali necessitino di considerevoli adeguamenti. Tali deroghe hanno una durata non superiore a tre anni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento o delle misure di esecuzione adottate secondo la procedura di cui all'articolo 8, paragrafo 2. Articolo 4 Definizioni e standard Gli standard, le definizioni, le classificazioni e le norme contabili per i dati trasmessi ai fini del presente regolamento sono quelli fissati nel regolamento (CE) n. 2223/96 (di seguito «regolamento SEC»). Articolo 5 Fonti dei dati e requisiti di coerenza 1. Gli Stati membri elaborano i dati di cui al presente regolamento attingendo a tutte le fonti ritenute pertinenti, dando priorità alle informazioni dirette quali quelle ricavate da fonti amministrative o da indagini sulle imprese e sulle famiglie. Se tali informazioni dirette, in particolare per i dati retrospettivi di cui all'articolo 2, paragrafo 5, non possono essere rilevate, è ammessa la trasmissione di accurati dati stimati. 2. I dati trasmessi dagli Stati membri ai fini del presente regolamento sono coerenti con i conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche e con i principali aggregati trimestrali del totale dell'economia trasmessi alla Commissione nel quadro del programma di trasmissione di dati del regolamento SEC. 3. I dati trimestrali trasmessi dagli Stati membri ai fini del presente regolamento sono conformi ai corrispondenti dati annuali trasmessi nel contesto del programma di trasmissione di dati del regolamento SEC. Articolo 6 Standard di qualità e relazioni 1. Gli Stati membri adottano tutte le misure idonee a garantire il miglioramento nel tempo della qualità dei dati trasmessi onde soddisfare standard di qualità comuni da definire in conformità della procedura di cui all'articolo 8, paragrafo 2. 2. Entro un anno dalla loro prima trasmissione di dati gli Stati membri forniscono alla Commissione una descrizione aggiornata delle fonti, dei metodi e dei trattamenti statistici utilizzati. 3. Gli Stati membri informano la Commissione delle principali modifiche metodologiche o di altra natura suscettibili di influenzare i dati trasmessi entro tre mesi dall'entrata in vigore della modifica in questione. Articolo 7 Misure di esecuzione Le misure di esecuzione sono stabilite secondo la procedura di cui all'articolo 8, paragrafo 2. Tali misure includono: a) la determinazione del calendario per la trasmissione delle voci P.1, P.2, D.42, D.43, D.44, D.45 e B.4G ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2; b) la richiesta dell'articolazione per settore di contropartita delle operazioni specificate nell'allegato ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2; c) la revisione del calendario delle trasmissioni trimestrali ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 4; d) la modifica della percentuale (1 %) del totale comunitario ai fini della determinazione dell'obbligo di trasmissione di dati per tutti i settori istituzionali ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 3; e) la definizione di standard di qualità dei dati ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1. Articolo 8 Comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato del programma statistico. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa. Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. 3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno. Articolo 9 Relazione sull'applicazione Entro cinque anni dall'entrata in vigore del presente regolamento la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulla sua applicazione. In particolare la relazione: a) fornisce informazioni sulla qualità delle statistiche elaborate; b) valuta i benefici derivanti alla Comunità, agli Stati membri, nonché ai fornitori e agli utilizzatori di dati statistici dall'elaborazione delle statistiche in questione in rapporto ai relativi costi; c) individua le possibilità di potenziale miglioramento e gli emendamenti ritenuti necessari alla luce dei risultati ottenuti. Articolo 10 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, addì 6 luglio 2005. Per il Parlamento europeo Il presidente J. BORRELL FONTELLES Per il Consiglio Il presidente J. STRAW (1) GU C 42 del 18.2.2004, pag. 23. (2) Parere del Parlamento europeo del 30 marzo 2004 (GU C 103 E del 29.4.2004, pag. 141), posizione comune del Consiglio dell'8 marzo 2005 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e posizione del Parlamento europeo del 26 maggio 2005 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (3) GU L 310 del 30.11.1996, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1267/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 180 del 18.7.2003, pag. 1). (4) GU L 52 del 22.2.1997, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (5) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (6) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47. (7) GU L 59 del 6.3.1991, pag. 19. ALLEGATO Trasmissione dei dati
Conti trimestrali non finanziari dei paesi dell’Unione europea per settore istituzionale QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce un insieme di norme per i paesi dell’Unione europea (UE) per la compilazione di statistiche trimestrali non finanziarie coerenti sul comportamento economico dei singoli settori istituzionali*. PUNTI CHIAVE I paesi dell’UE devono trasmettere i conti trimestrali non finanziari alla Commissione europea, articolati secondo i seguenti settori istituzionali: totale dell’economia; totale dell’economia non specificato (solitamente riferito a imposte e contributi); società non finanziarie (società di capitali pubbliche e private che producono beni o forniscono servizi non finanziari); società finanziarie (entità private e pubbliche che esercitano dei servizi finanziari, quali banche, assicurazioni e fondi pensione); amministrazioni pubbliche; famiglie e istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie (ISP, ad esempio organismi di beneficenza e sindacati); resto del mondo (transazioni con residenti extra-UE). L’allegato al regolamento fornisce una matrice dettagliata delle tipologie specifiche di dati richiesti per ogni settore istituzionale, distinguendo tra impieghi e risorse. I dati richiesti riguardano: spesa per consumi individuali e collettivi; investimenti; esportazioni e importazioni di beni e servizi; redditi da lavoro dipendente; redditi da capitale, interessi e affitti; imposte, contributi, contributi e prestazioni sociali; premi di assicurazione e indennizzi; trasferimenti in conto capitale, imposte in conto capitale e contributi agli investimenti; ammortamenti (consumo di capitale fisso); valore aggiunto lordo; reddito disponibile; risparmio; accreditamento e indebitamento. Tutti i paesi dell’UE devono trasmettere i dati corrispondenti ai settori del resto del mondo e delle amministrazioni pubbliche, mentre solo i paesi il cui prodotto interno lordo è normalmente superiore all’1 % del totale dell’UE devono fornire i dati per tutti i settori istituzionali. I conti devono essere trasmessi al più tardi 90 giorni dopo la fine del trimestre cui i dati si riferiscono e devono essere conformi al regolamento (CE) n. 2223/96 che ha introdotto la versione del 1995 del sistema europeo dei conti. Nel fornire i dati, i paesi dell’UE devono dare priorità alle informazioni dirette, quali quelle ricavate da fonti amministrative o da indagini sulle imprese e sulle famiglie, e devono fornire alla Commissione una descrizione delle fonti, dei metodi e dei trattamenti statistici utilizzati. La Commissione trasmetterà al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione del regolamento entro 5 anni. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Esso è in vigore dall’11 agosto 2005. CONTESTO Per maggiori informazioni, si veda: «Settori istituzionali» sul sito Internet di Eurostat. * TERMINI CHIAVE Settore istituzionale: un settore istituzionale combina gruppi che hanno caratteristiche e comportamenti generalmente simili, in questo caso come strumento per raccogliere statistiche utili. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1161/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2005, relativo alla compilazione dei conti non finanziari per settore istituzionale (GU L 191 del 22.7.2005, pagg. 22-28) Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1161/2005 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
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32006R1921
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REGOLAMENTO (CE) N. 1921/2006 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 18 dicembre 2006 relativo alla trasmissione di dati statistici sugli sbarchi di prodotti della pesca negli Stati membri e che abroga il regolamento (CEE) n. 1382/91 del Consiglio (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 285, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (1), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CEE) n. 1382/91 del Consiglio, del 21 maggio 1991, relativo alla trasmissione di dati sugli sbarchi di prodotti della pesca negli Stati membri (2), prescrive la trasmissione da parte di questi ultimi di dati sulle quantità e sui prezzi medi dei prodotti della pesca sbarcati nei rispettivi porti. (2) L'esperienza ha dimostrato che la trasmissione in forza della normativa comunitaria di dati con cadenza annuale anziché mensile non comporterebbe conseguenze negative per le analisi del mercato dei prodotti della pesca e per le altre analisi economiche. (3) Le analisi trarrebbero un miglioramento da una disaggregazione dei dati secondo lo Stato di cui battono bandiera le navi da pesca che effettuano gli sbarchi. (4) Il regolamento (CEE) n. 1382/91 prescrive un limite nella misura in cui le tecniche di campionamento sono consentite se la rilevazione e l'elaborazione dei dati comportano oneri eccessivi per talune autorità nazionali. Allo scopo di migliorare e di semplificare il sistema di trasmissione dei dati, è opportuno sostituire detto regolamento con un nuovo strumento. Di conseguenza, il regolamento (CEE) n. 1382/91 dovrebbe essere abrogato. (5) Poiché l'obiettivo del presente regolamento, vale a dire l'istituzione di un quadro giuridico per la produzione sistematica di statistiche comunitarie sugli sbarchi di prodotti della pesca negli Stati membri, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (6) Il regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie (3), fissa un quadro di riferimento per le statistiche nel settore della pesca. In particolare impone il rispetto dei principi di imparzialità, affidabilità, pertinenza, rapporto costi/benefici, segreto statistico e trasparenza. (7) È importante garantire l'applicazione uniforme del presente regolamento e adottare a tal fine una procedura comunitaria che consenta di definirne le modalità d'applicazione secondo un calendario appropriato e di procedere agli adeguamenti tecnici necessari. (8) Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (4). (9) Poiché i dati statistici sugli sbarchi di prodotti della pesca costituiscono uno strumento essenziale per la gestione della politica comune della pesca, è opportuno prevedere la possibilità di far ricorso alla procedura di gestione di cui alla decisione 1999/468/CE onde concedere periodi transitori agli Stati membri per l'attuazione del presente regolamento e deroghe che permettano loro di escludere dati statistici relativi ad un particolare settore dell'industria della pesca dai dati statistici nazionali presentati. (10) D'altro lato, la Commissione dovrebbe avere il potere di stabilire le condizioni in base alle quali dovrebbero essere adeguati tecnicamente gli allegati. Queste misure di portata generale e concepite per modificare gli elementi non essenziali del presente regolamento, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: 1) «navi da pesca della Comunità», le navi da pesca che battono bandiera di uno Stato membro e che sono registrate nella Comunità; 2) «navi da pesca dell'EFTA», le navi da pesca che battono bandiera di un paese dell'EFTA o che sono registrate in un paese dell'EFTA; 3) «valore unitario»: a) il valore alla prima vendita dei prodotti della pesca sbarcato (in valuta nazionale) diviso per quantità sbarcata (in tonnellate), o b) per i prodotti della pesca non venduti immediatamente, il prezzo medio per tonnellata in valuta nazionale stimato utilizzando un metodo appropriato. Articolo 2 Obblighi degli Stati membri 1. Ogni anno ciascuno Stato membro trasmette alla Commissione i dati statistici sui prodotti della pesca sbarcati sul proprio territorio da navi da pesca della Comunità e dell'EFTA (in seguito denominati «dati statistici»). 2. Ai fini del presente regolamento si intendono sbarcati sul territorio dello Stato membro dichiarante i seguenti prodotti della pesca: a) prodotti sbarcati nei porti nazionali da pescherecci o da altre componenti della flotta di pesca in seno alla Comunità; b) i prodotti sbarcati da navi da pesca dello Stato membro dichiarante in porti non comunitari, per i quali è emesso il documento T2M riportato nell'allegato 43 del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni d'applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario (5). Articolo 3 Compilazione dei dati statistici 1. I dati statistici riguardano il totale degli sbarchi sul territorio nazionale in seno alla Comunità. 2. È ammesso il ricorso a tecniche di campionamento in quei casi in cui, in considerazione delle caratteristiche strutturali di un particolare comparto del settore della pesca di uno Stato membro, la rilevazione esaustiva di dati comporterebbe difficoltà per le autorità nazionali sproporzionate rispetto all'importanza di tale comparto. Articolo 4 Dati statistici I dati statistici si riferiscono ai quantitativi totali e ai valori unitari dei prodotti della pesca sbarcati nell'anno civile di riferimento. Le variabili per le quali sono da trasmettere dati statistici, le loro definizioni e le nomenclature pertinenti sono precisate negli allegati II, III e IV. Articolo 5 Trasmissione dei dati statistici Gli Stati membri trasmettono i dati statistici alla Commissione su base annua conformemente al formato specificato nell'allegato I e utilizzando i codici precisati negli allegati II, III e IV. I dati statistici vanno trasmessi entro i sei mesi successivi alla fine dell'anno di riferimento. Articolo 6 Metodologia 1. Entro il 19 gennaio 2008 ciascuno Stato membro trasmette alla Commissione una relazione metodologica dettagliata in cui descrive le modalità di rilevazione dei dati e di compilazione delle statistiche. La relazione illustra in dettaglio le eventuali tecniche di campionamento e contiene una valutazione della qualità delle stime risultanti. 2. La Commissione esamina le relazioni e presenta le sue conclusioni al competente gruppo di lavoro del comitato permanente di statistica agraria (in seguito denominato il «comitato»), istituito dall'articolo 1 della decisione 72/279/CEE del Consiglio (6). 3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione ogni modifica delle informazioni fornite a norma del paragrafo 1 entro tre mesi dal momento in cui essa è stata apportata e ragguagliano inoltre la Commissione in merito a qualsiasi cambiamento significativo dei metodi di rilevazione utilizzati. Articolo 7 Periodi di transizione Per l'attuazione del presente regolamento possono essere accordati agli Stati membri, secondo la procedura di cui all'articolo 11, paragrafo 2, periodi di transizione di durata non superiore a tre anni a decorrere dalla sua entrata in vigore. Articolo 8 Deroghe 1. Qualora l'inclusione nelle statistiche di un particolare comparto del settore della pesca di uno Stato membro comporti difficoltà per le autorità nazionali sproporzionate rispetto all'importanza di tale comparto, allo Stato membro in questione può essere accordata una deroga secondo la procedura di cui all'articolo 11, paragrafo 2, consentendogli di escludere i dati statistici riguardanti tale comparto dai dati statistici nazionali trasmessi. 2. Quando chiede una deroga a norma del paragrafo 1, uno Stato membro, per motivare la sua richiesta, trasmette alla Commissione una relazione sui problemi incontrati nell'applicazione del presente regolamento al complesso degli sbarchi sul proprio territorio. Articolo 9 Aggiornamento degli allegati Le misure relative all'adeguamento tecnico degli allegati sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 11, paragrafo 3. Articolo 10 Valutazione Entro il 19 gennaio 2010, e successivamente ogni tre anni, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione di valutazione sui dati statistici definiti in applicazione del presente regolamento e, in particolare, sulla loro pertinenza e qualità. Tale relazione procede, inoltre, ad un'analisi costi — benefici del sistema istituito per la raccolta e l'elaborazione dei dati statistici ed indica le migliori prassi che consentano di ridurre l'onere di lavoro per gli Stati membri e di accrescere l'utilità e la qualità di tali dati statistici. Articolo 11 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo si applicano gli articoli 4 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa. Il periodo di cui all'articolo 4, paragrafo 3 della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l'articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa. Articolo 12 Abrogazione Il regolamento (CEE) n. 1382/91 è abrogato. Articolo 13 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 18 dicembre 2006 Per il Parlamento europeo Il presidente J. BORREL FONTELLES Per il Consiglio Il presidente J.-E. ENESTAM (1) Parere del Parlamento europeo del 15 giugno 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), posizione comune del Consiglio del 14 novembre 2006 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e posizione del Parlamento europeo del 12 dicembre 2006 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (2) GU L 133 del 28.5.1991, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (3) GU L 52 del 22.2.1997, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1882/2003. (4) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Decisione modificata dalla decisione 2006/512/CE (GU L 200 del 22.7.2006, pag. 11). (5) GU L 253 dell'11.10.1993, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 402/2006 (GU L 70 del 9.3.2006, pag. 35). (6) GU L 179 del 7.8.1972, pag. 1. ALLEGATO I FORMATO DEI DATI STATISTICI TRASMESSI Formato del file di dati statistici I dati statistici vanno trasmessi in un file in cui ciascun record include i campi sottoindicati. Tali campi sono separati da una virgola («,»). Campo Nota Allegato Anno di riferimento 4 cifre (ad esempio, 2003) Paese dichiarante Codice alfabetico a tre caratteri Allegato II Specie o gruppi di specie Codice internazionale alfabetico a tre caratteri (1) - Stato di bandiera Codice alfabetico a tre caratteri Allegato II Presentazione Allegato III Uso previsto Allegato IV Quantità Tonnellate sbarcate (arrotondate a una cifra decimale) Valore unitario Valuta nazionale per tonnellata Le quantità sbarcate inferiori a 50 chili vanno registrate come«0,0». (1) Per l’elenco completo dei codici internazionali alfabetici a tre caratteri delle specie si veda il file ASFIS della FAO (http://www.fao.org/fi/statist/fisoft/asfis/asfis.asp). ALLEGATO II ELENCO DEI CODICI DEI PAESI Stato Codice Belgio BEL Repubblica ceca CZE Danimarca DNK Germania DEU Estonia EST Grecia GRC Spagna ESP Francia FRA Irlanda IRL Italia ITA Cipro CYP Lettonia LVA Lituania LTU Lussemburgo LUX Ungheria HUN Malta MLT Paesi Bassi NLD Austria AUT Polonia POL Portogallo PRT Slovenia SVN Slovacchia SVK Finlandia FIN Svezia SWE Regno Unito GBR Islanda ISL Norvegia NOR Altro OTH ALLEGATO III ELENCO DEI CODICI DI PRESENTAZIONE Parte A Elenco Presentazione Codice Fresco (non specificato) 10 Fresco (intero) 11 Fresco (eviscerato) 12 Fresco (code) 13 Fresco (filetti) 14 Fresco (eviscerato e decapitato) 16 Fresco (vivo) 18 Fresco (altro) 19 Congelato (non specificato) 20 Congelato (intero) 21 Congelato (eviscerato) 22 Congelato (code) 23 Congelato (filetti) 24 Congelato (non a filetti) 25 Congelato (eviscerato e decapitato) 26 Congelato (pulito) 27 Congelato (non pulito) 28 Congelato (altro) 29 Salato (non specificato) 30 Salato (intero) 31 Salato (eviscerato) 32 Salato (filetti) 34 Salato (eviscerato e decapitato) 36 Salato (altro) 39 Affumicato 40 Cotto 50 Cotto (congelato e confezionato) 60 Essiccato (non specificato) 70 Essiccato (intero) 71 Essiccato (eviscerato) 72 Essiccato (filetti) 74 Essiccato (eviscerato e decapitato) 76 Essiccato (spellato) 77 Essiccato (altro) 79 Intero (non specificato) 91 Chele 80 Uova 85 Presentazione non nota 99 Parte B Note 1. Filetti: i pezzi di carne tagliati parallelamente alla spina dorsale di un pesce; consistono nella parte laterale destra o sinistra del pesce, purché ne siano state ritirate la testa, le interiora, le pinne (dorsale, anale, caudale, ventrale, pettorale) e le spine (vertebre o spina dorsale larga, spine ventrali o costali, bronchiali o staffe, ecc.), e le due parti laterali non siano collegate, per esempio, per la schiena o lo stomaco del pesce. 2. Pesce intero: pesce non eviscerato. 3. Pulito: termine riferito ai calamari privati di tentacoli, testa e interiora. 4. Pesce congelato: pesce trattato mediante congelazione in modo da conservarne inalterata la qualità, attraverso l'abbassamento a -18 oC o oltre e il mantenimento a -18 oC o oltre della temperatura media. 5. Pesce fresco: pesce che non è stato messo in conserva, né affumicato o congelato, né ha subito alcun trattamento, a parte la refrigerazione. Tale tipo di pesce è generalmente presentato intero o eviscerato, 6. Pesce salato: pesce, spesso eviscerato e decapitato, conservato sotto sale o in salamoia. ALLEGATO IV ELENCO DEI CODICI PER L'USO PREVISTO DEI PRODOTTI DELLA PESCA Parte A Elenco Destinazione Codice Natura delle trasmissioni Consumo umano 1 Obbligatoria Impieghi industriali 2 Obbligatoria Ritirato dal mercato 3 Facoltativa Esca 4 Facoltativa Mangimi per animali 5 Facoltativa Cascami 6 Facoltativa Uso previsto non noto 9 Facoltativa Parte B Note 1. Consumo umano: tutti i prodotti della pesca venduti inizialmente per il consumo umano o sbarcati per conto terzi per essere destinati al consumo umano. Sono escluse le quantità di prodotti originariamente destinati al consumo umano che, al momento della prima vendita, a causa delle condizioni di mercato, di regolamenti sanitari o di altri motivi analoghi, siano stati ritirati dal mercato sul quale erano destinati al consumo umano. 2. Impieghi industriali: tutti i prodotti della pesca specificamente sbarcati per essere trasformati in farine e in olio destinati al consumo animale, nonché le quantità di prodotti che, sebbene originariamente destinati al consumo umano, non sono più venduti a tal fine al momento della prima vendita. 3. Ritirato dal mercato: le quantità inizialmente destinate al consumo umano ma che, al momento della prima vendita, sono ritirate dal mercato a causa di condizioni del mercato, di regolamenti sanitari o di motivi analoghi. 4. Esca: le quantità di pesce fresco destinate ad essere utilizzate come esca nel quadro di altre attività di pesca. Un esempio è costituito dall'esca utilizzata nella pesca al tonno con lenze e canne. 5. Mangimi per animali: le quantità di pesce fresco destinate all'alimentazione diretta degli animali. Ne sono escluse le quantità destinate alla trasformazione in farina o in olio di pesce. 6. Cascami: i pesci o le parti di pesce che, a causa del loro stato, devono essere distrutti prima dello sbarco. 7. Uso previsto non noto: le quantità di pesce che non rientrano in alcuna delle suddette categorie.
Statistiche sugli sbarchi di prodotti della pesca QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Intende garantire un metodo uniforme a livello europeo per la raccolta e la compilazione di dati statistici sui prodotti della pesca sbarcati sui territori nazionali. Tali statistiche sono un importante strumento per la politica comune della pesca, che ha istituito limiti di cattura ai fini della sostenibilità e per contribuire a garantire il mantenimento a lungo termine delle risorse ittiche. Abroga il regolamento (CEE) n. 1382/91. PUNTI CHIAVE Ogni anno, ciascun paese dell’UE deve presentare alla Commissione europea (Eurostat) i dati sui prodotti della pesca sbarcati sul proprio territorio tramite navi registrate in (o che battono bandiera di) un paese dell’UE o dell’EFTA. I dati riguardano il totale degli sbarchi sul territorio nazionale in seno all’UE. I dati si riferiscono ai quantitativi totali e ai valori unitari* dei prodotti della pesca sbarcati nell’anno civile. Il formato, le variabili e i codici per la trasmissione dei dati sono indicati negli allegati del regolamento. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Esso si applica dal 19 gennaio 2007. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:Pesca — panoramica (Eurostat). TERMINI CHIAVE Valore unitario: il valore della vendita dei prodotti della pesca diviso per la quantità o, per i prodotti della pesca non venduti immediatamente, il prezzo medio per tonnellata, stimato utilizzando un metodo appropriato. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1921/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativo alla trasmissione di dati statistici sugli sbarchi di prodotti della pesca nei paesi dell’UE e che abroga il regolamento (CEE) n. 1382/91 del Consiglio (GU L 403 del 30.12.2006, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1921/2006 sono state integrate nel documento originale. La versione consolidata ha solo valore documentario. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 1380/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, relativo alla politica comune della pesca, che modifica i regolamenti (CE) n. 1954/2003 e (CE) n. 1224/2009 del Consiglio e che abroga i regolamenti (CE) n. 2371/2002 e (CE) n. 639/2004 del Consiglio, nonché la decisione 2004/585/CE del Consiglio (GU L 354 del 28.12.2013, pag. 22). Si veda la versione consolidata. Decisione 72/279/CEE del Consiglio, del 31 luglio 1972, che istituisce un Comitato permanente di statistica agraria (GU L 179 del 7.8.1972, pag. 1).
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Direttiva 2001/51/CE del Consiglio, del 28 giugno 2001, che integra le disposizioni dell'articolo 26 della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen del 14 giugno 1985 Gazzetta ufficiale n. L 187 del 10/07/2001 pag. 0045 - 0046 Direttiva 2001/51/CE del Consigliodel 28 giugno 2001che integra le disposizioni dell'articolo 26 della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen del 14 giugno 1985IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 61, lettera a), e 63, punto 3, lettera b),vista l'iniziativa della Repubblica francese(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) Per lottare efficacemente contro l'immigrazione clandestina è fondamentale che tutti gli Stati membri adottino un dispositivo che fissi gli obblighi per i vettori che trasportano cittadini stranieri nel territorio degli Stati membri. Ai fini di una maggiore efficacia di tale obiettivo, occorrerebbe altresì armonizzare, per quanto possibile, le sanzioni pecuniarie attualmente previste dagli Stati membri in caso di violazione degli obblighi di controllo cui sono soggetti i vettori, tenendo conto delle differenze esistenti tra gli ordinamenti giuridici e le prassi degli Stati membri.(2) La presente misura rientra in un dispositivo globale di controllo dei flussi migratori e di lotta contro l'immigrazione clandestina.(3) L'applicazione della presente direttiva non pregiudica gli impegni derivanti dalla convenzione di Ginevra, del 28 luglio 1951, relativa allo status dei rifugiati, quale modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967.(4) È necessario non pregiudicare la libertà degli Stati membri di mantenere o introdurre misure o sanzioni supplementari per i vettori, che siano interessati o meno dalla presente direttiva.(5) Gli Stati membri vigileranno affinché nell'ambito di qualsiasi procedimento avviato nei confronti di vettori e che potrebbe dar luogo all'applicazione di sanzioni possano essere effettivamente esercitati il diritto di difesa e il diritto di impugnazione avverso siffatte decisioni.(6) Il presente strumento rappresenta uno sviluppo dell'acquis di Schengen, conformemente al protocollo sull'integrazione dell'acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione europea, quale è stato definito nell'allegato A della decisione 1999/435/CE del Consiglio, del 20 maggio 1999, che definisce l'acquis di Schengen ai fini della determinazione, in conformità del trattato che istituisce la Comunità europea e del trattato sull'Unione europea, della base giuridica per ciascuna delle disposizioni o decisioni che costituiscono l'acquis(3).(7) A norma dell'articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, il Regno Unito ha notificato, con lettera del 25 ottobre 2000, che desidera partecipare all'adozione e all'applicazione della presente direttiva.(8) A norma dell'articolo 1 del summenzionato protocollo, l'Irlanda non partecipa all'adozione della presente direttiva. Di conseguenza, fatto salvo l'articolo 4 di detto protocollo, le disposizioni della presente direttiva non si applicano all'Irlanda.(9) La Danimarca, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea ed al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all'adozione della presente direttiva e di conseguenza non è vincolata da esso, né è soggetta alla sua applicazione. Poiché il presente strumento è volto a sviluppare l'acquis di Schengen in applicazione delle disposizioni del titolo IV del trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca, a norma dell'articolo 5 del protocollo summenzionato, deciderà, entro un periodo di sei mesi dall'adozione della presente direttiva da parte del Consiglio, se intende recepirla nel proprio diritto interno.(10) Quanto alla Repubblica d'Islanda e al Regno di Norvegia, la presente direttiva costituisce uno sviluppo dell'acquis di Schengen nel senso dell'accordo concluso dal Consiglio dell'Unione europea e da questi due Stati il 18 maggio 1999 sull'associazione di questi ultimi all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen(4),HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1La presente direttiva è intesa a integrare le disposizioni dell'articolo 26 della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen del 14 giugno 1985, firmata a Schengen il 19 giugno 1990(5) (in seguito denominata "convenzione di Schengen"), e a precisare talune condizioni di applicazione.Articolo 2Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie per garantire che l'obbligo imposto ai vettori in materia di riconducimento di cittadini di paesi terzi di cui alle disposizioni dell'articolo 26, paragrafo 1, lettera a), della convenzione di Schengen si applichi anche quando l'ingresso è negato al cittadino di un paese terzo in transito, qualora:a) il vettore che avrebbe dovuto trasportarlo nel paese di destinazione rifiuti di imbarcarlo; ob) le autorità dello Stato di destinazione gli abbiano negato l'ingresso o lo abbiano rinviato nello Stato membro attraverso il quale è transitato.Articolo 3Gli Stati membri adottano le misure necessarie per obbligare i vettori che non siano in grado di provvedere al ritorno di un cittadino di un paese terzo cui sia stato rifiutato l'ingresso a trovare immediatamente il mezzo per ricondurlo e a sostenere le relative spese, oppure, allorché non può essere immediatamente ricondotto, a prendere a carico le spese di soggiorno e di riconducimento del cittadino in questione.Articolo 41. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che le sanzioni applicabili ai vettori ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo 26, paragrafi 2 e 3, della convenzione di Schengen siano dissuasive, efficaci e proporzionate e che:a) l'importo massimo delle sanzioni pecuniarie applicabili non sia inferiore a 5000 EUR o l'equivalente in valuta nazionale al tasso di cambio pubblicato nella Gazzetta ufficiale il 10 agosto 2001 per persona trasportata; oppureb) l'importo minimo di tali sanzioni non sia inferiore a 3000 EUR o l'equivalente in valuta nazionale al tasso di cambio pubblicato nella Gazzetta ufficiale il 10 agosto 2001 per persona trasportata; oppurec) l'importo massimo della sanzione applicata forfettariamente a ciascuna infrazione non sia inferiore a 500000 EUR o l'equivalente in valuta nazionale al tasso di cambio pubblicato nella Gazzetta ufficiale il 10 agosto 2001, a prescindere dal numero di persone trasportate.2. Il paragrafo 1 non pregiudica gli obblighi degli Stati membri in caso di richiesta di protezione internazionale da parte di un cittadino di un paese terzo.Articolo 5La presente direttiva non osta a che gli Stati membri adottino o mantengano, nei confronti dei vettori che non ottemperano agli obblighi risultanti dalle disposizioni di cui all'articolo 26 della convenzione di Schengen e dell'articolo 2 della presente direttiva altre misure che comportino sanzioni di altro tipo quali l'immobilizzazione, il sequestro e la confisca del mezzo di trasporto o ancora la sospensione temporanea o il ritiro della licenza di esercizio.Articolo 6Gli Stati membri devono garantire che le loro disposizioni legislative, regolamentari e amministrative prevedano diritti di difesa e di impugnazione effettivi per i vettori nei cui confronti sia stato avviato un procedimento ai fini dell'applicazione di sanzioni.Articolo 71. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro l'11 febbraio 2003. Essi ne informano immediatamente la Commissione.2. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 8La presente direttiva entra in vigore 30 giorni dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 9Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva in base al trattato che istituisce la Comunità europea.Fatto a Lussemburgo, addì 28 giugno 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteB. Rosengren(1) GU C 269 del 20.9.2000, pag. 8.(2) Parere espresso il 13 marzo 2001 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 1.(4) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 3.(5) GU L 239 del 22.9.2000, pag. 1.
Sanzioni pecuniarie ai vettori QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Questa direttiva mira a combattere l’immigrazione clandestina armonizzando le sanzioni pecuniarie imposte dai paesi dell’Unione europea (UE) ai vettori che trasportano cittadini di paesi terzi sprovvisti dei documenti necessari. PUNTI CHIAVE Integra l’articolo 26 della convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen che impone al vettore di assumersi la responsabilità dei cittadini di paesi terzi che trasporta alla frontiera esterna per via aerea, marittima o terrestre. In linea con l’articolo 26 della convenzione, il vettore deve adottare tutte le misure necessarie per garantire che i cittadini di paesi terzi trasportati per via aerea o marittima, e i gruppi trasportati via terra in pullman, abbiano i documenti di viaggio necessari per l’ingresso nei paesi Schengen. In linea con la direttiva, i vettori che non siano in grado di provvedere al ritorno di un cittadino di un paese terzo hanno l’obbligo di trovare il mezzo per ricondurlo. Allorché il cittadino non possa essere immediatamente ricondotto, il vettore deve farsi carico delle spese di soggiorno e di riconducimento del cittadino in questione. La direttiva richiede inoltre ai paesi dell’UE di imporre sanzioni pecuniarie dissuasive, efficaci e proporzionate nei confronti dei vettori che violano i loro obblighi di garantire che le persone che si recano nello spazio Schengen abbiano i documenti necessari per l’ingresso. La direttiva stabilisce che:l’importo massimo delle sanzioni non sia inferiore a 5 000 EUR a persona; oppure che l’importo minimo delle sanzioni non sia inferiore a 3 000 EUR a persona; oppure che l’importo massimo della sanzione applicata forfettariamente a ciascuna infrazione non sia inferiore a 500 000 EUR, indipendentemente dal numero di persone.Queste sanzioni pecuniarie non si applicano in caso di richiesta di protezione internazionale da parte di un cittadino di un paese terzo. I paesi dell’UE possono adottare in aggiunta sanzioni di altro tipo, quali il sequestro e la confisca del mezzo di trasporto o il ritiro della licenza di esercizio. Sono previsti diritti di difesa e di impugnazione effettivi per i vettori che hanno violato i loro obblighi e nei cui confronti sia stato avviato un procedimento. DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Si applica dal 9 agosto 2001. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2001/51/CE del Consiglio, del 28 giugno 2001, che integra le disposizioni dell’articolo 26 della convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen del 14 giugno 1985 (GU L 187 del 10.7.2001, pag. 45). DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 2004/82/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, concernente l’obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate (GU L 261 del 6.8.2004, pag. 24).
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32015R0479
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REGOLAMENTO (UE) 2015/479 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell'11 marzo 2015 relativo a un regime comune applicabile alle esportazioni (codificazione) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 207, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 1061/2009 del Consiglio (3) ha subito modifiche sostanziali (4). A fini di chiarezza e razionalizzazione è opportuno procedere alla sua codificazione. (2) La politica commerciale comune dovrebbe essere basata su principi uniformi. (3) È quindi opportuno instaurare un regime comune applicabile alle esportazioni dell'Unione. (4) In tutti gli Stati membri le esportazioni sono quasi totalmente liberalizzate. In tali condizioni è possibile prendere in considerazione, sul piano unionale, il principio secondo cui le esportazioni destinate ai paesi terzi non sono soggette ad alcuna restrizione quantitativa, fatte salve le deroghe previste dal presente regolamento e le misure che gli Stati membri possono adottare conformemente al trattato. (5) La Commissione dovrebbe essere informata quando, a seguito di un'eccezionale evoluzione del mercato, uno Stato membro ritenga che possano essere necessarie misure di salvaguardia. (6) È essenziale, a livello unionale, segnatamente sulla base delle suddette informazioni, procedere all'esame delle condizioni delle esportazioni, della loro evoluzione e dei vari elementi della situazione economica e commerciale nonché, ove occorra, delle misure da adottare. (7) Può essere necessario esercitare un controllo di talune esportazioni o istituire, a titolo di precauzione, misure conservative, intese a far fronte a pratiche imprevedibili. (8) Le misure di salvaguardia rese necessarie dagli interessi dell'Unione dovrebbero essere adottate nel rispetto degli obblighi internazionali esistenti. (9) Appare necessario consentire agli Stati membri vincolati da impegni internazionali che prevedano, in caso di difficoltà di approvvigionamento reali o potenziali, un meccanismo di ripartizione dei prodotti petroliferi tra le parti contraenti, di adempiere ai conseguenti obblighi nei confronti dei paesi terzi, fatte salve le disposizioni unionali adottate al medesimo scopo. Tale autorizzazione dovrebbe essere applicata fino all'adozione, da parte del Parlamento europeo e del Consiglio, di misure appropriate a seguito di impegni assunti dall'Unione o da tutti gli Stati membri. (10) Il presente regolamento dovrebbe applicarsi a tutti i prodotti, sia industriali che agricoli. Esso dovrebbe essere applicato a titolo complementare con gli atti relativi all'organizzazione comune dei mercati agricoli nonché con gli atti specifici adottati a sensi dell'articolo 352 del trattato per le merci risultanti dalla trasformazione di prodotti agricoli. È tuttavia opportuno evitare che le disposizioni del presente regolamento si sovrappongano a quelle di detti atti e in particolare alle clausole di salvaguardia in essi previste. (11) L'esecuzione del presente regolamento esige condizioni uniformi per l'adozione delle misure di salvaguardia. Tali misure dovrebbero essere adottate dalla Commissione conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (5), HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: CAPO I PRINCIPIO FONDAMENTALE Articolo 1 Le esportazioni dell'Unione verso i paesi terzi sono libere, vale a dire non soggette a restrizioni quantitative, ad eccezione di quelle applicate conformemente al presente regolamento. CAPO II PROCEDURA UNIONALE DI INFORMAZIONE E DI CONSULTAZIONE Articolo 2 Quando uno Stato membro, a seguito di un'eccezionale evoluzione del mercato, ritiene che potrebbero essere necessarie misure di salvaguardia ai sensi del capo III, ne dà comunicazione alla Commissione, che provvede ad informare gli altri Stati membri. Articolo 3 1. La Commissione è assistita dal comitato per le misure di salvaguardia istituito dal regolamento (UE) 2015/478 del Parlamento europeo e del Consiglio (6). Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 8 del regolamento (UE) n. 182/2011 in combinato disposto con l'articolo 5 dello stesso. Articolo 4 La Commissione può chiedere agli Stati membri di fornirle dati statistici sull'evoluzione del mercato di un determinato prodotto, al fine di determinarne la situazione economica e commerciale e di controllarne a tal fine le esportazioni, conformemente alle legislazioni nazionali e secondo modalità da essa indicate. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie per dar seguito alle domande della Commissione e le comunicano i dati richiesti. La Commissione ne informa gli altri Stati membri. CAPO III MISURE DI SALVAGUARDIA Articolo 5 1. Al fine di prevenire una situazione critica dovuta a una penuria di prodotti essenziali o al fine di porvi rimedio e quando gli interessi dell'Unione richiedono un'azione immediata, la Commissione, su richiesta di uno Stato membro o di propria iniziativa e tenendo conto della natura dei prodotti e delle altre particolarità delle transazioni in causa, può subordinare l'esportazione di un prodotto alla presentazione di un'autorizzazione di esportazione da concedere secondo le modalità e nei limiti che essa definisce secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 3, paragrafo 2, o, in casi di urgenza, conformemente all'articolo 3, paragrafo 3. 2. Le misure adottate sono comunicate al Parlamento europeo, al Consiglio e agli Stati membri; esse sono di immediata applicazione. 3. Le misure possono essere limitate a talune destinazioni e alle esportazioni di talune regioni dell'Unione. Esse non riguardano i prodotti già avviati verso la frontiera dell'Unione. 4. Qualora l'intervento della Commissione sia stato richiesto da uno Stato membro, la Commissione si pronuncia ai sensi del paragrafo 1 entro un termine massimo di cinque giorni lavorativi a decorrere dalla data alla quale ha ricevuto la richiesta. 5. In caso di applicazione delle disposizioni del paragrafo 1 del presente articolo, la Commissione, entro dodici giorni lavorativi a decorrere dalla data di entrata in vigore della misura da essa adottata, decide l'eventuale adozione delle misure appropriate a norma dell'articolo 6. La misura si intende revocata se, entro sei settimane dalla data dell'entrata in vigore, non sono state adottate misure. Articolo 6 1. Quando lo esigano gli interessi dell'Unione, la Commissione, che delibera secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 3, paragrafo 2, adotta le misure appropriate: a) per prevenire una situazione critica dovuta a una penuria di prodotti essenziali e per porvi rimedio; b) per permettere l'esecuzione degli impegni internazionali contratti dall'Unione o da tutti i suoi Stati membri, segnatamente in materia di commercio di prodotti di base. 2. Le misure di cui al paragrafo 1 possono essere limitate a determinate destinazioni e alle esportazioni da determinate regioni dell'Unione. Esse non interessano i prodotti avviati verso la frontiera dell'Unione. 3. Quando sono instaurate restrizioni quantitative all'esportazione, si tiene conto in particolare: a) da un lato, del volume dei contratti stipulati a condizioni normali prima dell'entrata in vigore di una misura di salvaguardia a norma del presente capo, e che lo Stato membro interessato ha notificato alla Commissione conformemente alle sue disposizioni interne; e b) dall'altro, del fatto che la realizzazione dello scopo perseguito con l'instaurazione delle restrizioni quantitative non deve essere compromessa. Articolo 7 1. Durante il periodo d'applicazione di qualsiasi misura di cui agli articoli 5 e 6, la Commissione può, su richiesta di uno Stato membro o su propria iniziativa: a) valutare gli effetti della misura; b) verificare se sia necessario mantenere in vigore il provvedimento. Se la Commissione ritiene che l'applicazione della misura sia ancora necessaria ne informa gli Stati membri. 2. Quando la Commissione ritiene necessaria la revoca o la modifica delle misure di cui agli articoli 5 e 6, essa delibera secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 3, paragrafo 2. CAPO IV DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI Articolo 8 Per i prodotti di cui all'allegato I fino all'adozione, da parte del Parlamento europeo e del Consiglio, delle misure idonee derivanti dagli impegni internazionali assunti dall'Unione o da tutti gli Stati membri, fatte salve le regole adottate in materia dall'Unione, questi sono autorizzati ad applicare i meccanismi di crisi relativi a un obbligo di ripartizione nei confronti dei paesi terzi, conformemente agli impegni internazionali da essi assunti anteriormente all'entrata in vigore del presente regolamento. Gli Stati membri informano la Commissione delle misure che intendono adottare. Le misure adottate sono comunicate dalla Commissione al Consiglio e agli altri Stati membri. Articolo 9 La Commissione include informazioni sull'attuazione del presente regolamento nella sua relazione annuale sull'applicazione e sull'attuazione delle misure di difesa commerciale al Parlamento europeo e al Consiglio ai sensi dell'articolo 22 bis del regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio (7). Articolo 10 Fatte salve altre disposizioni dell'Unione, il presente regolamento non osta all'adozione o all'applicazione, da parte degli Stati membri, di restrizioni quantitative all'esportazione giustificate da motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale, o di tutela della proprietà industriale e commerciale. Articolo 11 Il presente regolamento non osta all'applicazione degli atti relativi alle organizzazioni comuni dei mercati agricoli nonché degli atti specifici adottati ai sensi dell'articolo 352 del trattato per le merci risultanti dalla trasformazione di prodotti agricoli. Esso si applica a titolo complementare. Tuttavia, le disposizioni dell'articolo 5 del presente regolamento non sono applicabili ai prodotti soggetti a tali atti per i quali il regime unionale degli scambi con i paesi terzi preveda la possibilità di applicare restrizioni quantitative all'esportazione. L'articolo 4 non è applicabile ai prodotti soggetti a tali atti per i quali il regime unionale degli scambi con i paesi terzi preveda l'esibizione di un certificato o di un altro titolo di esportazione. Articolo 12 Il regolamento (CE) n. 1061/2009 è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell'allegato III. Articolo 13 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, l'11 marzo 2015 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente Z. KALNIŅA-LUKAŠEVICA (1) Parere del 10 dicembre 2014 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Posizione del Parlamento europeo dell'11 febbraio 2015 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 2 marzo 2015. (3) Regolamento (CE) n. 1061/2009 del Consiglio, del 19 ottobre 2009, relativo all'instaurazione di un regime comune applicabile alle esportazioni (GU L 291 del 7.11.2009, pag. 1). (4) Si veda l'allegato II. (5) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13). (6) Regolamento (UE) 2015/478 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2015, relativo al regime comune applicabile alle importazioni (Cfr. pagina 16 della presente Gazzetta ufficiale). (7) Regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343 del 22.12.2009, pag. 51). ALLEGATO I Prodotti di cui all'articolo 8 Codice NC Designazione delle merci 2709 00 Oli greggi di petrolio o di minerali bituminosi 2710 Oli di petrolio o di minerali bituminosi, diversi dagli oli greggi; preparazioni non nominate né comprese altrove, contenenti, in peso, il 70 % o più di oli di petrolio o di minerali bituminosi e delle quali tali oli costituiscono il componente base; oli usati: da 2710 11 11 a 2710 11 90 Oli leggeri da 2710 19 11 a 2710 19 29 Oli medi da 2710 19 31 a 2710 19 99 Oli pesanti, esclusi gli oli di lubrificazione per l'orologeria e simili, presentati in piccoli recipienti contenenti fino a 250 g netti di olio 2711 Gas di petrolio e altri idrocarburi gassosi: – liquefatti: 2711 12 – – Propano: – – – Propano di purezza uguale o superiore al 99 % – – – altro 2711 13 – – Butani: – allo stato gassoso: ex 2711 29 00 – – altri: – – – propano – – – butani ALLEGATO II Regolamento abrogato e relativa modificazione Regolamento (CE) n. 1061/2009 del Consiglio (GU L 291 del 7.11.2009, pag. 1). Regolamento (UE) n. 37/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 18 del 21.1.2014, pag. 1). limitatamente al punto 21 dell'allegato ALLEGATO III Tavola di concordanza Regolamento (CE) n. 1061/2009 Il presente regolamento Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2 Articolo 2 Articolo 4 Articolo 3 Articolo 5 Articolo 4 Articolo 6 Articolo 5 Articolo 7 Articolo 6 Articolo 8 Articolo 7 Articolo 9 Articolo 8 Articolo 9 bis Articolo 9 Articolo 10 Articolo 10 Articolo 11 Articolo 11 Articolo 12 Articolo 12 Articolo 13 Articolo 13 Allegato I Allegato I Allegato II Allegato II Allegato III Allegato III
Un regime europeo comune applicabile alle esportazioni QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Sancisce il principio fondamentale secondo cui l’esportazione di prodotti dai paesi dell’Unione europea verso altri paesi non è soggetta a restrizioni quantitative. Stabilisce anche le regole relative a una procedura per l’adozione di misure di salvaguardia. PUNTI CHIAVE Il regolamento si applica a tutti i prodotti, sia industriali sia agricoli. Misure di salvaguardiaAl fine di prevenire una situazione critica dovuta a una penuria di prodotti essenziali, la Commissione europea può subordinare l’esportazione di un prodotto alla presentazione di un’autorizzazione di esportazione. Queste misure possono essere limitate a talune destinazioni e alle esportazioni di talune regioni dell’UE. Tuttavia, non riguardano i prodotti già avviati verso la frontiera dell’Unione. Ad esempio, come nel contesto dell’epidemia di Covid-19, il regolamento di esecuzione (UE) 2020/402, per un periodo di tempo limitato, ha richiesto che alcuni dispositivi di protezione individuale, originari o meno dell’Unione, fossero autorizzati dalle autorità competenti dei paesi dell’UE per l’esportazione al di fuori dell’Unione, ad eccezione dei paesi dell’Associazione europea di libero scambio, dei territori dipendenti dalle catene di approvvigionamento dell’Unione (ad esempio Andorra) e di alcuni territori d’oltremare. Il provvedimento cercava di garantire la disponibilità di dispositivi di protezione individuale nei paesi dell’UE per prevenire la diffusione della Covid-19. L’atto di esecuzione ha stabilito la procedura per richiedere l’autorizzazione e il suo allegato I elenca i prodotti che necessitano di autorizzazione (occhiali e visiere protettive, guanti, indumenti protettivi, dispositivi di protezione del naso e della bocca e schermi facciali). La Commissione deve adottare qualsiasi misura di salvaguardia resa necessaria dagli interessi dell’Unione nel rispetto degli obblighi internazionali esistenti (per esempio, derivante dall’appartenenza dell’UE all’Organizzazione mondiale del commercio).Informazioni e consultazioneSe un paese dell’UE ritiene possano essere necessarie misure di salvaguardia a seguito di un’eccezionale evoluzione del mercato, deve darne comunicazione alla Commissione, la quale provvede a informare gli altri paesi dell’UE. La Commissione può chiedere ai paesi dell’UE di fornirle dati statistici sull’evoluzione del mercato di un determinato prodotto, al fine di determinarne la situazione economica e commerciale.Attuazione Il Comitato per le misure di salvaguardia, composto da rappresentanti dei paesi dell’UE e istituito dal regolamento (UE) 2015/478 relativo al regime comune applicabile alle importazioni, assiste la Commissione nell’attuazione del regolamento. DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? È in vigore dal 16 aprile 2015. Abroga il regolamento (CE) n. 1061/2009 con effetto immediato. CONTESTO Il regolamento codifica il regolamento (CE) n. 1061/2009 del Consiglio, che era stato modificato in maniera sostanziale diverse volte. Fa parte della politica commerciale comune dell’Unione, che si basa su principi uniformi per tutti i paesi dell’UE. Per ulteriori informazioni consultare:Esportazioni dall’UE (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) 2015/479 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2015, sul regime comune applicabile alle esportazioni (codificazione) (GU L 83 del 27.3.2015, pag. 34). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento di esecuzione (UE) 2020/402 della Commissione, del 14 marzo 2020, che subordina l’esportazione di taluni prodotti alla presentazione di un’autorizzazione di esportazione (GU L 77I del 15.3.2020, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (UE) 2020/402 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha solo valore documentale. Regolamento (UE) 2015/478 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2015, sul regime comune applicabile alle importazioni (GU L 83 del 27.3.2015, pag. 16).
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REGOLAMENTO (CE) N. 2182/2004 DEL CONSIGLIO del 6 dicembre 2004 relativo a medaglie e gettoni simili alle monete metalliche in euro IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 123, paragrafo 4, terza frase, vista la proposta della Commissione, visto il parere della Banca centrale europea (1), considerando quanto segue: (1) Il 1o gennaio 1999 l’euro è diventato la moneta legale degli Stati membri partecipanti ai sensi delle disposizioni del regolamento (CE) n. 974/1998 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all’introduzione dell’euro (2), e dei paesi terzi che hanno concluso un accordo con la Comunità sull’introduzione dell’euro, ossia Monaco, San Marino e Città del Vaticano. (2) Il regolamento (CE) n. 975/1998 del Consiglio, del 3 maggio 1998, riguardante i valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete metalliche in euro destinate alla circolazione (3), ha definito le caratteristiche essenziali delle monete metalliche in euro. Queste ultime, dopo l’introduzione nel gennaio 2002, sono in circolazione in tutta l’area dell’euro come moneta legale unica in forma metallica. (3) Nella raccomandazione 2002/664/CE della Commissione, del 19 agosto 2002, relativa a medaglie e gettoni simili alle monete metalliche in euro (4), si suggerivano determinate caratteristiche estetiche da evitare nella vendita, nella produzione, nello stoccaggio, nell’importazione e nella distribuzione a fini di vendita o ad altri fini commerciali, di medaglie e gettoni di dimensioni analoghe a quelle delle monete metalliche in euro. (4) La comunicazione della Commissione, del 23 luglio 1997, relativa all’uso del simbolo euro, ha stabilito il simbolo «€» e ha invitato gli utilizzatori della moneta ad usare il simbolo per indicare gli importi monetari denominati in euro. (5) La comunicazione della Commissione, del 22 ottobre 2001, concernente la tutela dei diritti d’autore relativi ai disegni della faccia comune delle monete in euro (5), ha definito le disposizioni da applicare per quanto riguarda la riproduzione dei disegni della faccia comune delle monete metalliche in euro. (6) Le caratteristiche estetiche delle monete euro sono state pubblicate dalla Commissione il 28 dicembre 2001 (6). (7) I cittadini potrebbero essere portati a credere che medaglie e gettoni recanti impressi i termini «euro» o «euro cent», il simbolo euro, ovvero un disegno simile a quello figurante sulla faccia comune o su una qualsiasi di quelle nazionali delle monete metalliche in euro, abbiano corso legale in qualunque Stato membro che ha adottato l’euro come moneta unica, ovvero in un paese terzo partecipante. (8) Si registra un rischio sempre crescente che medaglie e gettoni di dimensioni e proprietà del metallo simili alle monete metalliche in euro possano essere usati illegalmente al posto delle monete metalliche in euro. (9) È pertanto opportuno che medaglie e gettoni aventi caratteristiche estetiche, dimensioni o proprietà del metallo simili alle monete metalliche in euro non siano vendute, fabbricate, importate o distribuite a fini di vendita o a altri fini commerciali. (10) Spetta a ciascuno Stato membro introdurre sanzioni applicabili alle violazioni, al fine di conseguire una protezione equivalente dell'euro nei confronti di medaglie e gettoni simili in tutta la Comunità, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni: a) «euro»: la moneta legale degli Stati membri partecipanti quali definiti nell'articolo 1 del regolamento (CE) n. 974/98 e dei paesi terzi partecipanti che hanno concluso un accordo con la Comunità sull’introduzione dell’euro, in seguito denominati «paesi terzi partecipanti»; b) «simbolo euro»: il simbolo che rappresenta l’euro «€», come raffigurato e descritto nell’allegato I; c) «medaglie e gettoni»: gli oggetti metallici, diversi dai tondelli destinati alla coniazione delle monete, aventi la parvenza e/o le caratteristiche tecniche di una moneta, ma non emessi in base a disposizioni legislative nazionali o dei paesi terzi partecipanti o in base ad altre disposizioni estere e che non costituiscono pertanto né uno strumento legale di pagamento né sono provvisti di corso legale; d) «oro», «argento» e «platino»: le leghe contenenti oro, argento e platino con purezza in millesimi di peso di almeno 375, 500 e 850 rispettivamente. La presente definizione non riguarda le convenzioni sulla punzonatura applicabili negli Stati membri; e) «Centro tecnico-scientifico europeo» (in seguito denominato «CTSE»): l’ente istituito dalla decisione della Commissione del 29 ottobre 2004; f) «banda di riferimento»: rientra nel significato attribuitovi nella sezione 1 dell'allegato II. Articolo 2 Disposizioni protettive In base agli articoli 3 e 4, la produzione e la vendita di medaglie e gettoni, nonché la relativa importazione e distribuzione a fini di vendita o ad altri fini commerciali, sono vietate nelle seguenti circostanze: a) quando i termini «euro» o «euro cent» ovvero il simbolo euro sono impressi sulla superficie; oppure b) quando le loro dimensioni rientrano nella banda di riferimento; oppure c) quando un disegno, figurante sulla superficie di medaglie e gettoni, è simile ad uno qualsiasi dei disegni nazionali del diritto o al rovescio comune delle monete metalliche in euro, oppure è identico o simile al disegno del bordo della moneta da 2 euro. Articolo 3 Eccezioni 1. Non sono vietati medaglie e gettoni recanti impressi i termini «euro» o «euro cent» ovvero il simbolo euro senza un associato valore nominale quando le relative dimensioni non rientrano nella banda di riferimento. 2. Non devono essere vietati medaglie e gettoni di dimensioni rientranti nella banda di riferimento quando: a) al centro degli oggetti vi è un foro superiore a 6 millimetri, oppure la loro forma è poligonale ma non eccede i sei bordi, fermo restando il rispetto dei requisiti di cui alla lettera c, punto ii); oppure b) sono fabbricati in oro, argento o platino; oppure c) soddisfano le seguenti condizioni: i) i valori combinati di diametro e altezza del bordo di medaglie e gettoni sono abbondantemente al di fuori dei margini previsti in ciascuno dei casi riportati nella sezione 2 dell’allegato II; e ii) i valori combinati di diametro e proprietà del metallo di medaglie e gettoni sono abbondantemente al di fuori dei margini previsti in ciascuno dei casi riportati nella sezione 3 dell’allegato II. Articolo 4 Deroghe autorizzate 1. La Commissione può concedere autorizzazioni specifiche ad usare i termini «euro» o «euro cent» o il simbolo euro in condizioni di utilizzo controllate ove non sussista il rischio di confusione. In tali casi, il relativo operatore economico di uno Stato membro deve essere chiaramente identificabile sulla superficie di medaglie o gettoni, che devono recare impressa su una delle due facce la dicitura «non avente corso legale». 2. La Commissione è competente a dichiarare la «similitudine» di un disegno ai sensi della definizione di cui all'articolo 2, lettera c). Articolo 5 Medaglie e gettoni esistenti Medaglie e gettoni emessi prima dell’entrata in vigore del presente regolamento che non soddisfano i requisiti di cui agli articoli 2, 3 e 4 possono continuare ad essere utilizzati fino alla fine del 2009, che costituisce un termine ultimo, a meno che non possano essere utilizzati al posto delle monete metalliche in euro. Tali medaglie e gettoni devono essere registrati, se opportuno, in base alle procedure applicabili negli Stati membri e comunicati al CTSE. Articolo 6 Sanzioni 1. Gli Stati membri definiscono le norme in materia di sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni del presente regolamento e adottano tutte le misure necessarie a garantirne l’applicazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. 2. Gli Stati membri adottano entro il 1o luglio 2005 le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per l’applicazione del presente articolo. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Articolo 7 Applicabilità Il presente regolamento si applica negli Stati membri partecipanti quali definiti nel regolamento (CE) n. 974/98. Articolo 8 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea. Fatto a Bruxelles, addì 6 dicembre 2004. Per il Consiglio Il presidente H. HOOGERVORST (1) GU C 134 del 12.5.2004, pag. 11. (2) GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 2596/2000 (GU L 300 del 29.11.2000, pag. 2). (3) GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 6. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 423/1999 (GU L 52 del 27.2.1999, pag. 2). (4) GU L 225 del 22.8.2002, pag. 34. (5) GU C 318 del 13.11.2001, pag. 3. (6) GU C 373 del 28.12.2001, pag. 1. ALLEGATO I RAFFIGURAZIONE DEL SIMBOLO EURO DI CUI ALL’ARTICOLO 1 ALLEGATO II 1. Definizione della banda di riferimento di cui all’articolo 1 a) La banda di riferimento relativa alle dimensioni di medaglie e gettoni è costituita dall’insieme delle combinazioni dei valori per diametro e dei valori per altezza del bordo compresi rispettivamente nel margine di riferimento per diametro e nel margine di riferimento per altezza del bordo. b) Il margine di riferimento per diametro è quello compreso tra 19,00 millimetri e 28,00 millimetri. c) Il margine di riferimento per altezza del bordo è quello compreso tra il 7,00 % e il 12,00 % di ciascun valore rientrante nel margine di riferimento per diametro. 2. Margini di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettera c), punto i) Margini definiti Diametro (mm) Altezza del bordo (mm) 1. 19,45-20,05 1,63-2,23 2. 21,95-22,55 1,84-2,44 3. 22,95-23,55 2,03-2,63 4. 23,95-24,55 2,08-2,68 5. 25,45-26,05 1,90-2,50 3. Margini di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettera c), punto ii) Diametro (mm) Proprietà del metallo 1. 19,00-21,94 Conduttività elettrica compresa tra 14,00 e 18,00 % IACS 2. 21,95-24,55 Conduttività elettrica compresa tra: — 14,00 e 18,00 % IACS; oppure — 4,50 e 6,50 % IACS, a meno che medaglie o gettoni non siano realizzati in un'unica lega e il loro momento magnetico non sia situato al di fuori del margine compreso tra 1,0 e 7,0 μVs.cm 3. 24,56-26,05 Conduttività elettrica compresa tra: — 15,00 e 18,00 % IACS; oppure — 13,00 e 15,00 % IACS, a meno che medaglie o gettoni non siano realizzati in un'unica lega e il loro momento magnetico non sia situato al di fuori del margine compreso tra 1,0 e 7,0 μVs.cm 4. 26,06-28,00 Conduttività elettrica compresa tra 13,00 e 15,00 % IACS, a meno che medaglie o gettoni non siano realizzati in un'unica lega e il loro momento magnetico non sia situato al di fuori del margine compreso tra 1,0 e 7,0 μVs.cm 4. Rappresentazione grafica Il seguente grafico fornisce un’illustrazione indicativa delle definizioni riportate nel presente allegato:
Medaglie e gettoni che assomigliano alle monete dell'euro QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce condizioni uniformi per la produzione di medaglie e gettoni simili alle monete metalliche in euro, al fine di proteggere i cittadini dal rischio di confusione e di frode. Definisce l'uso dei termini relativi all'euro, da una parte, e il grado di somiglianza tecnica fra medaglie/gettoni e monete metalliche in euro, dall'altra. PUNTI CHIAVE Il regolamento è finalizzato a proteggere i cittadini dal rischio di confusione e di frode derivato da oggetti metallici, come le medaglie o i gettoni, che hanno una forte somiglianza con le monete dell'euro. Non solo tali medaglie o gettoni possono essere confusi con quelle aventi corso legale (e quindi accettati qualora vengano offerti come pagamento come le monete metalliche o le banconote), ma possono anche essere utilizzati illegalmente al posto delle monete in euro. Ai fini del regolamento, le medaglie e i gettoni sono definiti come oggetti metallici che hanno l'aspetto e/o le proprietà tecniche delle monete metalliche in euro, ma che non sono emessi ai sensi di misure legislative nazionali o di paesi terzi partecipanti né da altre misure legislative straniere e che perciò non costituiscono mezzi legali di pagamento né hanno corso legale. Il regolamento vieta la produzione, la vendita, l'importazione e la distribuzione (a fini di vendita o ad altri fini commerciali) di medaglie e gettoni aventi caratteristiche o proprietà estetiche simili alla moneta unica. Le medaglie e i gettoni non devono recare impressi i termini «euro» o «euro cent»; il simbolo euro sulla loro superficie. Inoltre non possono recare impresso un disegno simile a quello riprodotto sulle monete dell'euro, i simboli rappresentanti la sovranità dei paesi dell'Unione europea (UE), le forme e i disegni dei bordi delle monete in euro o il simbolo dell'euro. In ultimo, le medaglie e i gettoni non devono avere le stesse dimensioni delle monete in euro. La Commissione europea preciserà se un oggetto metallico può essere considerato una medaglia o un gettone e se rientra nel divieto del presente regolamento. Non sono vietati medaglie e gettoni recanti impressi i termini «euro» o «euro cent» ovvero il simbolo euro senza un associato valore nominale, quando le relative dimensioni sono sufficientemente diverse dalle monete in euro e quando non rappresentino un disegno simile ai disegni e ai simboli di cui sopra. Se però la loro dimensione è simile, devono o possedere al loro centro un foro, oppure la loro forma è poligonale ma non eccede i sei bordi, oppure sono fabbricati in oro, argento o platino; oppure sono abbondantemente al di fuori dei margini previsti. La Commissione può concedere autorizzazioni specifiche ad usare i termini «euro» o «euro cent» o il simbolo euro ove non sussista il rischio di confusione. In tali casi, il relativo operatore economico di un paese dell'UE deve essere chiaramente identificabile sulla superficie di medaglie o gettoni. Se la medaglia o il gettone possiede anche un associato valore nominale, dovrà recare impressa su una delle due facce la dicitura «non avente corso legale». I valori unitari e le specificazioni tecniche delle monete in euro, l'unica coniatura avente corso legale nella zona euro, sono definiti nel regolamento (UE) n. 729/2014 del Consiglio. Medaglie e gettoni emessi prima dell’entrata in vigore del presente regolamento, potevano continuare ad essere utilizzati fino alla fine del 2009, purché non fossero utilizzati al posto delle monete metalliche in euro. Tali medaglie e gettoni devono essere registrati, se opportuno, in base alle procedure applicabili nei paesi dell'UE e comunicati al Centro tecnico-scientifico europeo. Il presente regolamento si applica in tutti i paesi dell'UE che hanno introdotto l'euro nel 2002 (Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna). Il suo ambito è stato esteso dal regolamento (CE) n. 2183/2004, modificato dal regolamento (CE) n. 47/2009, ai paesi dell'UE che non hanno ancora introdotto l'euro. I paesi dell'UE dovevano stabilire e attuare le norme in materia di sanzioni applicabili alle violazioni del regolamento entro il 1o luglio 2005. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 21 dicembre 2004. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 2182/2004 del Consiglio, del 6 dicembre 2004, relativo a medaglie e gettoni simili alle monete metalliche in euro (GU L 373 del 21.12.2004, pag. 1-6) Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 2182/2004 sono state integrate nel documento originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
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DIRETTIVA 2004/80/CE DEL CONSIGLIO del 29 aprile 2004 relativa all'indennizzo delle vittime di reato IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 308, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando quanto segue: (1) Uno degli obiettivi della Comunità europea consiste nell'abolizione degli ostacoli tra Stati membri alla libera circolazione delle persone e dei servizi. (2) La Corte di giustizia ha statuito nella causa Cowan (4) che, allorché il diritto comunitario garantisce alle persone fisiche la libertà di recarsi in un altro Stato membro, la tutela della loro integrità personale in detto Stato membro alla stessa stregua dei cittadini e dei soggetti che vi risiedano costituisce il corollario della libertà di circolazione. Dovrebbero concorrere alla realizzazione di tale obiettivo misure volte a facilitare l'indennizzo delle vittime di reato. (3) Il Consiglio europeo, nella riunione di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, ha sollecitato l'elaborazione di norme minime sulla tutela delle vittime della criminalità, in particolare sull'accesso delle vittime alla giustizia e sui loro diritti al risarcimento dei danni, comprese le spese legali. (4) Nella dichiarazione sulla lotta al terrorismo, il Consiglio europeo di Bruxelles, riunito il 25 e 26 marzo 2004, ha sollecitato l'adozione della presente direttiva entro il 1o maggio 2004. (5) Il 15 marzo 2001 il Consiglio ha adottato la decisione quadro 2001/220/GAI relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale (5). Questa decisione, basata sul titolo VI del trattato sull'Unione europea, consente alle vittime di chiedere un risarcimento da parte dell'autore del reato nell'ambito del procedimento penale. (6) Le vittime di reato nell'Unione europea dovrebbero avere il diritto di ottenere un indennizzo equo e adeguato per le lesioni subite, indipendentemente dal luogo della Comunità europea in cui il reato è stato commesso. (7) La presente direttiva stabilisce un sistema di cooperazione volto a facilitare alle vittime di reato l'accesso all'indennizzo nelle situazioni transfrontaliere, che dovrebbe operare sulla base dei sistemi degli Stati membri in materia di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori. Dovrebbe essere pertanto istituito in tutti gli Stati membri un meccanismo di indennizzo. (8) La maggior parte degli Stati membri ha già istituito questi sistemi di indennizzo, alcuni di essi in adempimento dei loro obblighi derivanti dalla convenzione europea del 24 novembre 1983 sul risarcimento alle vittime di atti di violenza. (9) Poiché le misure contenute nella presente direttiva sono necessarie al raggiungimento di obiettivi della Comunità e il trattato non prevede per l'adozione della presente direttiva poteri di azione diversi da quelli dell'articolo 308, si applica quest'ultimo articolo. (10) Le vittime di reato, in molti casi, non possono ottenere un risarcimento dall'autore del reato, in quanto questi può non possedere le risorse necessarie per ottemperare a una condanna al risarcimento dei danni, oppure può non essere identificato o perseguito. (11) Dovrebbe essere introdotto un sistema di cooperazione tra le autorità degli Stati membri per facilitare l'accesso all'indennizzo nei casi in cui il reato sia stato commesso in uno Stato membro diverso da quello in cui la vittima risiede. (12) Questo sistema dovrebbe consentire alle vittime di reato di rivolgersi sempre ad un'autorità del proprio Stato membro di residenza e dovrebbe ovviare alle eventuali difficoltà pratiche e linguistiche connesse alle situazioni transfrontaliere. (13) Il sistema dovrebbe comprendere le disposizioni necessarie a consentire alla vittima di trovare le informazioni richieste per presentare la domanda di indennizzo e a permettere una cooperazione efficiente tra le autorità coinvolte. (14) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali ed osserva i principi riaffermati in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea come principi generali del diritto comunitario. (15) Poiché lo scopo di facilitare alle vittime di reato l'accesso all'indennizzo nelle situazioni transfrontaliere non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri a motivo degli elementi transfrontalieri e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell'intervento, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale scopo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (16) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (6), HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPO I ACCESSO ALL'INDENNIZZO NELLE SITUAZIONI TRANSFRONTALIERE Articolo 1 Diritto di presentare la domanda nello Stato membro di residenza Gli Stati membri assicurano che, se un reato intenzionale violento è stato commesso in uno Stato membro diverso da quello in cui il richiedente l'indennizzo risiede abitualmente, il richiedente ha diritto a presentare la domanda presso un'autorità o qualsiasi altro organismo di quest'ultimo Stato membro. Articolo 2 Responsabilità per il pagamento dell'indennizzo L'indennizzo è erogato dall'autorità competente dello Stato membro nel cui territorio è stato commesso il reato. Articolo 3 Autorità responsabili e procedure amministrative 1. Gli Stati membri istituiscono o designano una o più autorità o altri organismi, in appresso denominate «autorità di assistenza», responsabili per l'applicazione dell'articolo 1. 2. Gli Stati membri istituiscono o designano una o più autorità o altri organismi incaricati di decidere sulle domande di indennizzo, in appresso denominate «autorità di decisione». 3. Gli Stati membri si impegnano a limitare le formalità amministrative necessarie per la domanda di indennizzo allo stretto indispensabile. Articolo 4 Informazione dei potenziali richiedenti Gli Stati membri provvedono, con i mezzi che ritengono più idonei, affinché i potenziali richiedenti l'indennizzo abbiano accesso alle informazioni essenziali relative alla possibilità di richiedere un indennizzo. Articolo 5 Assistenza al richiedente 1. L'autorità di assistenza fornisce al richiedente le informazioni di cui all'articolo 4 nonché i necessari moduli di domanda, sulla base del manuale redatto ai sensi dell'articolo 13, paragrafo 2. 2. L'autorità di assistenza fornisce al richiedente, su domanda di quest'ultimo, orientamento e informazioni generali sulle modalità di compilazione della domanda e sulla documentazione a sostegno eventualmente richiesta. 3. L'autorità di assistenza non compie alcuna valutazione della domanda. Articolo 6 Trasmissione delle domande 1. L'autorità di assistenza trasmette con la massima rapidità all'autorità di decisione la domanda e l'eventuale documentazione a sostegno della stessa. 2. L'autorità di assistenza trasmette la domanda avvalendosi del formulario tipo di cui all'articolo 14. 3. La lingua della domanda e dell'eventuale documentazione a sostegno è determinata ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 1. Articolo 7 Ricezione delle domande Alla ricezione di una domanda trasmessa ai sensi dell'articolo 6, l'autorità di decisione invia al più presto all'autorità di assistenza e al richiedente, le seguenti informazioni: a) la persona di contatto o l'ufficio competente per la gestione della pratica; b) un avviso di avvenuta ricezione; c) se possibile, l'indicazione approssimativa dei tempi in cui verrà presa una decisione sulla domanda. Articolo 8 Richiesta di informazioni supplementari Se necessario, l'autorità di assistenza fornisce al richiedente un orientamento generale per soddisfare le richieste di informazioni supplementari formulate dall'autorità di decisione. Su domanda del richiedente, l'autorità di assistenza trasmette in seguito tali informazioni al più presto direttamente all'autorità di decisione, allegandovi, se del caso, un elenco dell'eventuale documentazione a sostegno trasmessa. Articolo 9 Audizione del richiedente 1. Qualora l'autorità di decisione decida, in conformità con le leggi del proprio Stato membro, di ascoltare il richiedente o qualsiasi altra persona, quali un testimone o un esperto, può contattare l'autorità di assistenza affinché: a) gli interessati siano ascoltati direttamente dall'autorità di decisione, in conformità con le leggi dello Stato membro di quest'ultima, in particolare tramite conferenza telefonica o videoconferenza, oppure b) gli interessati siano ascoltati dall'autorità di assistenza, in conformità con le leggi del suo Stato membro. L'autorità di assistenza trasmetterà in seguito un verbale dell'audizione all'autorità di decisione. 2. L'audizione diretta ai sensi del paragrafo 1, lettera a), può aver luogo soltanto in cooperazione con l'autorità di assistenza e su base volontaria; è esclusa la possibilità per l'autorità di decisione di imporre misure coercitive. Articolo 10 Comunicazione della decisione L'autorità di decisione, avvalendosi del formulario tipo di cui all'articolo 14, invia la decisione sulla domanda di indennizzo al richiedente ed all'autorità di assistenza, conformemente alla legislazione nazionale, al più presto dopo la sua adozione. Articolo 11 Altre disposizioni 1. Le informazioni trasmesse da un'autorità all'altra in applicazione degli articoli da 6 a 10 sono redatte: a) nelle lingue ufficiali o in una delle lingue dello Stato membro dell'autorità a cui l'informazione è diretta, che corrisponda a una delle lingue delle istituzioni comunitarie; oppure b) in un'altra lingua delle istituzioni comunitarie che tale Stato membro ha indicato di poter accettare, ad eccezione: i) del testo integrale delle decisioni adottate dall'autorità di decisione, il cui regime linguistico è disciplinato dalle leggi del suo Stato membro; ii) dei verbali redatti in seguito ad un'audizione ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera b), il cui regime linguistico è determinato dall'autorità di assistenza purché corrisponda a una delle lingue delle istituzioni comunitarie. 2. I servizi resi dall'autorità di assistenza ai sensi degli articoli da 1 a 10 non danno titolo a pretendere dal richiedente o dall'autorità di decisione il rimborso di oneri o di spese. 3. I moduli di domanda e l'eventuale altra documentazione trasmessi ai sensi degli articoli da 6 a 10 sono esenti da autenticazione o qualsiasi formalità equivalente. CAPO II SISTEMI DI INDENNIZZO NAZIONALI Articolo 12 1. Le disposizioni della presente direttiva riguardanti l'accesso all'indennizzo nelle situazioni transfrontaliere si applicano sulla base dei sistemi degli Stati membri in materia di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori. 2. Tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l'esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime. CAPO III DISPOSIZIONI DI ATTUAZIONE Articolo 13 Dati da comunicare alla Commissione e manuale 1. Gli Stati membri comunicano alla Commissione, entro il 1o luglio 2005: a) l'elenco delle autorità istituite o designate in conformità dell'articolo 3, paragrafi 1 e 2, comprese, se del caso, informazioni relative alla competenza giurisdizionale speciale e territoriale di tali autorità; b) la o le lingue di cui all'articolo 11, paragrafo 1, lettera a), che le autorità possono accettare ai fini dell'applicazione degli articoli da 6 a 10 nonché la o le lingue ufficiali diverse dalla o dalle loro, nelle quali essi accettano che siano trasmesse le domande conformemente all'articolo 11, paragrafo 1, lettera b); c) le informazioni di cui all'articolo 4; d) i moduli necessari per fare domanda di indennizzo. Gli Stati membri informano la Commissione di qualsiasi cambiamento sopravvenuto in relazione a tali dati. 2. La Commissione, in cooperazione con gli Stati membri, elabora e pubblica su Internet un manuale contenente i dati forniti dagli Stati membri ai sensi del paragrafo 1. La Commissione è incaricata di provvedere alle necessarie traduzioni del manuale. Articolo 14 Formulario tipo per la trasmissione delle domande e delle decisioni I formulari tipo per la trasmissione delle domande e delle decisioni sono predisposti al più tardi entro il 31 ottobre 2005 conformemente alla procedura di cui all'articolo 15, paragrafo 2. Articolo 15 Comitato 1. La Commissione è assistita da un comitato. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 3 e 7 della decisione 1999/468/CE. 3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno. Articolo 16 Punti di contatto centrali Gli Stati membri designano un punto di contatto centrale con la funzione di: a) fornire assistenza nell'applicazione dell'articolo 13, paragrafo 2; b) promuovere la stretta collaborazione e lo scambio d'informazioni tra le autorità di assistenza e di decisione degli Stati membri; e c) fornire assistenza e cercare soluzioni a qualsiasi difficoltà possa sorgere nell'applicazione degli articoli da 1 a 10. I punti di contatto si riuniscono periodicamente. Articolo 17 Disposizioni più favorevoli La presente direttiva non preclude agli Stati membri la possibilità di introdurre o mantenere, nella misura in cui siano compatibili con la presente direttiva: a) disposizioni più favorevoli a vantaggio delle vittime di reato o di qualsiasi altra persona lesa da un reato; b) disposizioni volte a indennizzare le vittime di reati commessi al di fuori del loro territorio o qualsiasi altra persona lesa da tali reati, fatte salve le condizioni che gli Stati membri possono specificare a tal fine. Articolo 18 Attuazione 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1o gennaio 2006, fatta eccezione per l'articolo 12, paragrafo 2, per il quale tale data è fissata al 1o luglio 2005. Essi ne informano immediatamente la Commissione. 2. Gli Stati membri possono prevedere che le disposizioni necessarie per conformarsi alla presente direttiva si applichino unicamente ai richiedenti le cui lesioni derivino da reati commessi dopo il 30 giugno 2005. 3. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 4. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 19 Riesame Entro il 1o gennaio 2009 la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale una relazione sull'applicazione della presente direttiva. Articolo 20 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 21 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Lussemburgo, addì 29 aprile 2004. Per il Consiglio Il presidente M. McDOWELL (1) GU C 45 E del 25.2.2003, pag. 69. (2) Parere espresso il 23 ottobre 2003 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) GU C 95 del 23.4.2003, pag. 40. (4) Causa 186/87, Raccolta della giurisprudenza della Corte 1989, pag. 195. (5) GU L 82 del 22.3.2001, pag. 1. (6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
Indennizzo delle vittime di reato in altri paesi dell’UE QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Stabilisce un sistema di cooperazione volto ad aiutare le vittime di reato a ottenere un indennizzo, indipendentemente dal luogo dell’Unione europea (UE) in cui il reato è stato commesso; il sistema si applica sulla base dei sistemi di indennizzo nazionali dei paesi dell’UE per le vittime di reati internazionali violenti commessi nei relativi territori. PUNTI CHIAVE La direttiva consiste di due elementi principali. Impone a tutti i paesi dell’UE di disporre di un sistema di indennizzo per le vittime di reati internazionali commessi nei relativi territori. L’organizzazione e il funzionamento di tali sistemi sono lasciati alla discrezione di ogni paese dell’UE; stabilisce un sistema di cooperazione a livello dell’UE basato sui suddetti sistemi nazionali. Garantire un indennizzo adeguato Assicurare un indennizzo adeguato delle vittime può essere difficile perché: l’autore del reato non possiede le risorse finanziare necessarie; non è stato possibile identificare o perseguire l’autore del reato (la possibilità di ottenere un indennizzo dall’autore del reato è trattata nella direttiva 2012/29/UE, che fissa norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato). La direttiva impone che le vittime: vengano indennizzate indipendentemente dal loro paese di residenza o dal paese dell’UE in cui è stato commesso il reato; ricevano un indennizzo equo ed adeguato (l’importo esatto è lasciato alla discrezione del paese dell’UE in cui è stato commesso il reato). Cooperazione Tutti i paesi dell’UE sono tenuti a istituire sistemi nazionali che garantiscano un indennizzo equo e adeguato dal 1o luglio 2005. La direttiva stabilisce un sistema di cooperazione tra le autorità nazionali volto a facilitare alle vittime l’accesso all’indennizzo in tutta l’UE: le vittime dei reati commessi in paesi dell’UE diversi da quello in cui risiedono abitualmente possono rivolgersi a un’autorità nel paese in cui risiedono (autorità di assistenza) per ricevere informazioni su come richiedere un indennizzo; tale autorità nazionale trasmette quindi la domanda direttamente all’autorità nazionale del paese dell’UE in cui è stato commesso il reato (autorità di decisione), che è responsabile di valutare la domanda ed erogare l’indennizzo; tutte le comunicazioni devono essere redatte nella lingua del paese di decisione. La Commissione europea ha predisposto dei formulari tipo per la trasmissione delle domande e delle decisioni relative all’indennizzo delle vittime; la direttiva crea un sistema di punti di contatto centrali che si riuniscono periodicamente in ogni paese dell’UE, volto a facilitare la cooperazione nelle situazioni transfrontaliere. Sono disponibili informazioni aggiuntive nel sito Internet del portale europeo della giustizia elettronica. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? È entrata in vigore il 26 agosto 2004. I paesi dell’UE dovevano recepirla nelle rispettive legislazioni nazionali entro il 1o gennaio 2006. CONTESTO Per maggiori informazioni, si veda: «Indennizzo» sul sito Internet della Commissione europea. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2004/80/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa all’indennizzo delle vittime di reato (GU L 261 del 6.8.2004, pagg. 15-18) DOCUMENTI CORRELATI Decisione 2006/337/CE della Commissione, del 19 aprile 2006, che adotta un formulario tipo per la trasmissione delle domande e delle decisioni conformemente alla direttiva 2004/80/CE del Consiglio relativa all’indennizzo delle vittime di reato (GU L 125 del 12.5.2006, pagg. 25-30) Direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI (GU L 315 del 14.11.2012, pagg. 57-73)
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Convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti Gazzetta ufficiale n. L 323 del 17/11/1978 pag. 0014 - 0022 EUROPEAN CONVENTION FOR THE PROTECTION OF ANIMALS KEPT FOR FARMING PURPOSESCONVENTION EUROPÉENNE SUR LA PROTECTION DES ANIMAUX DANS LES ÉLEVAGES>PIC FILE= "T0019842">THE MEMBER STATES OF THE COUNCIL OF EUROPEsignatory hereto,Considering that it is desirable to adopt common provisions for the protection of animals kept for farming purposes, particularly in modern intensive stock-farming systems,HAVE AGREED AS FOLLOWS:CHAPTER IGeneral principlesArticle 1This Convention shall apply to the keeping, care and housing of animals, and in particular to animals in modern intensive stock-farming systems. For the purposes of this Convention, "animals" shall mean animals bred or kept for the production of food, wool, skin or fur or for other farming purposes, and "modern intensive stock-farming systems" shall mean systems which predominantly employ technical installations operated principally by means of automatic processes.Article 2Each Contracting Party shall give effect to the principles of animal welfare laid down in Articles 3 to 7 of this Convention.Article 3Animals shall be housed and provided with food, water and care in a manner which - having regard to their species and to their degree of development, adaptation and domestication - is appropriate to their physiological and ethological needs in accordance with established experience and scientific knowledge.Article 41. The freedom of movement appropriate to an animal, having regard to its species and in accordance with established experience and scientific knowledge, shall not be restricted in such a manner as to cause it unnecessary suffering or injury.2. Where an animal is continuously or regularly tethered or confined, it shall be given the space appropriate to its physiological and ethological needs in accordance with established experience and scientific knowledge.Article 5The lighting, temperature, humidity, air circulation, ventilation, and other environmental conditions such as gas concentration or noise intensity in the place in which an animal is housed, shall - having regard to its species and to its degree of development, adaptation and domestication - conform to its physiological and ethological needs in accordance with established experience and scientific knowledge.Article 6No animal shall be provided with food or liquid in a manner, nor shall such food or liquid contain any substance, which may cause unnecessary suffering or injury.Article 71. The condition and state of health of animals shall be thoroughly inspected at intervals sufficient to avoid unnecessary suffering and in the case of animals kept in modern intensive stock-farming systems at least once a day.2. The technical equipment used in modern intensive stock-farming systems shall be thoroughly inspected at least once a day, and any defect discovered shall be remedied with the least possible delay. When a defect cannot be remedied forthwith, all temporary measures necessary to safeguard the welfare of the animals shall be taken immediately.CHAPTER IIDetailed implementationArticle 81. A Standing Committee shall be set up within a year of the entry into force of this Convention.2. Each Contracting Party shall have the right to appoint a representative to the Standing Committee. Any Member State of the Council of Europe which is not a Contracting Party to the Convention shall have the right to be represented on the Committee by an observer.3. The Secretary General of the Council of Europe shall convene the Standing Committee whenever he finds it necessary and in any case when a majority of the representatives of the Contracting Parties or the representative of the European Economic Community, being itself a Contracting Party, request its convocation.4. A majority of representatives of the Contracting Parties shall constitute a quorum for holding a meeting of the Standing Committee.5. The Standing Committee shall take its decision by a majority of the votes cast. However, unanimity of the votes cast shall be required for: (a) the adoption of the recommendations provided for in Article 9 (1);(b) the decision to admit observers other than those referred to in paragraph 2 of this Article;(c) the adoption of the report referred to in Article 13; this report could set out, where appropriate, divergent opinions.6. Subject to the provisions of this Convention. The Standing Committee shall draw up its own Rules of Procedure.Article 91. The Standing Committee shall be responsible for the elaboration and adoption of recommendations to the Contracting Parties containing detailed provisions for the implementation of the principles set out in Chapter I of this Convention, to be based on scientific knowledge concerning the various species of animals.2. For the purpose of carrying out its responsibilities under paragraph 1 of this Article, the Standing Committee shall follow developments in scientific research and new methods in animal husbandry.3. Unless a longer period is decided upon by the Standing Committee, a recommendation shall become effective as such six months after the date of its adoption by the Committee. As from the date when a recommendation becomes effective each Contracting Party shall either implement it or inform the Standing Committee by notification to the Secretary General of the Council of Europe of the reasons why it has decided that it cannot implement the recommendation or can no longer implement it.4. If two or more Contracting Parties or the European Economic Community, being itself a Contracting Party, have given notice in accordance with paragraph 3 of this Article of their decision not to implement or no longer to implement a recommendation, that recommendation shall cease to have effect.Article 10The Standing Committee shall use its best endeavours to facilitate a friendly settlement of any difficulty which may arise between Contracting Parties concerning the implementation of this Convention.Article 11The Standing Committee may express an advisory opinion on any question concerning the protection of animals at the request of a Contracting Party.Article 12Each Contracting Party may appoint one or more bodies from which the Standing Committee may request information and advice to assist it in its work. Contracting Parties shall communicate to the Secretary General of the Council of Europe the names and addresses of such bodies.Article 13The Standing Committee shall submit to the Committee of Ministers of the Council of Europe, at the expiry of the third year after the entry into force of this Convention and of each further period of three years, a report on its work and on the functioning of the Convention, including if it deems it necessary proposals for amending the Convention.CHAPTER IIIFinal provisionsArticle 141. This Convention shall be open to signature by the Member States of the Council of Europe and by the European Economic Community. It shall be subject to ratification, acceptance or approval. Instruments of ratification, acceptance or approval shall be deposited with the Secretary General of the Council of Europe.2. This Convention shall enter into force six months after the date of the deposit of the fourth instrument of ratification, acceptance or approval by a Member State of the Council of Europe.3. In respect of a signatory Party ratifying, accepting or approving after the date referred to in paragraph 2 of this Article, the Convention shall enter into force six months after the date of the deposit of its instrument of ratification, acceptance or approval.Article 151. After the entry into force of this Convention, the Committee of Ministers of the Council of Europe may, upon such terms and conditions as it deems appropriate, invite any non-member State to accede thereto.2. Such accession shall be effected by depositing with the Secretary General of the Council of Europe an instrument of accession which shall take effect six months after the date of its deposit.Article 161. Any Contracting Party may, at the time of signature or when depositing its instrument of ratification, acceptance, approval or accession, specify the territory or territories to which this Convention shall apply.2. Any Contracting Party may, when depositing its instrument of ratification, acceptance, approval or accession or at any later date, by declaration addressed to the Secretary General of the Council of Europe, extend this Convention to any other territory or territories specified in the declaration and for whose international relations it is responsible or on whose behalf it is authorized to give undertakings.3. Any declaration made in pursuance of the preceding paragraph may, in respect of any territory mentioned in such declaration, be withdrawn according to the procedure laid down in Article 17 of this Convention.Article 171. Any Contracting Party may, in so far as it is concerned, denounce this Convention by means of a notification addressed to the Secretary General of the Council of Europe.2. Such denunciation shall take effect six months after the date of receipt by the Secretary General of such notification.Article 18The Secretary General of the Council of Europe shall notify the Member States of the Council and any Contracting Party not a Member State of the Council of: (a) any signature;(b) any deposit of an instrument of ratification, acceptance, approval or accession;(c) any date of entry into force of this Convention in accordance with Articles 14 and 15 thereof;(d) any recommendation of the kind referred to in Article 9 (1) and the date on which it takes effect;(e) any notification received in pursuance of the provisions of Article 9 (3);(f) any communication received in pursuance of the provisions of Article 12;(g) any declaration received in pursuance of the provisions of Article 16 (2) and (3);(h) any notification received in pursuance of the provisions of Article 17 and the date on which denunciation takes effect.LES ÉTATS MEMBRES DU CONSEIL DE L'EUROPE,signataires de la présente convention,considérant qu'il est souhaitable d'adopter des dispositions communes pour protéger les animaux dans les élevages, en particulier dans les systèmes modernes d'élevage intensif,SONT CONVENUS DE CE QUI SUIT:TITRE PREMIER Principes générauxArticle premierLa présente convention s'applique à l'alimentation, aux soins et au logement des animaux, en particulier dans les systèmes modernes d'élevage intensif. Au sens de la présente convention, on entend par «animaux» ceux qui sont élevés ou gardés pour la production de denrées alimentaires, de laine, de peaux, de fourrures ou à d'autres fins agricoles et par «systèmes modernes d'élevage intensif» ceux qui utilisent surtout des installations techniques exploitées principalement à l'aide de dispositifs automatiques.Article 2Chaque partie contractante donne effet aux principes de protection des animaux fixés dans la présente convention aux articles 3 à 7.Article 3Tout animal doit bénéficier d'un logement, d'une alimentation et des soins qui - compte tenu de son espèce, de son degré de développement, d'adaptation et de domestication - sont appropriés à ses besoins physiologiques et éthologiques, conformément à l'expérience acquise et aux connaissances scientifiques.Article 41. La liberté de mouvement propre à l'animal, compte tenu de son espèce et conformément à l'expérience acquise et aux connaissances scientifiques, ne doit pas être entravée de manière à lui causer des souffrances ou des dommages inutiles.2. Lorsqu'un animal est continuellement ou habituellement attaché, enchaîné ou maintenu, il doit lui être laissé un espace approprié à ses besoins physiologiques et éthologiques, conformément à l'expérience acquise et aux connaissances scientifiques.Article 5L'éclairage, la température, le degré d'humidité, la circulation d'air, l'aération du logement de l'animal et les autres conditions ambiantes telles que la concentration des gaz ou l'intensité du bruit, doivent - compte tenu de son espèce, de son degré de développement, d'adaptation et de domestication - être appropriés à ses besoins physiologiques et éthologiques, conformément à l'expérience acquise et aux connaissances scientifiques.Article 6Aucun animal ne doit être alimenté de telle sorte qu'il en résulte des souffrances ou des dommages inutiles et son alimentation ne doit pas contenir de substances qui puissent lui causer des souffrances ou des dommages inutiles.Article 71. La condition et l'état de santé de l'animal doivent faire l'objet d'une inspection approfondie à des intervalles suffisants pour éviter des souffrances inutiles, soit au moins une fois par jour dans le cas d'animaux gardés dans des systèmes modernes d'élevage intensif.2. Les installations techniques dans les systèmes modernes d'élevage intensif doivent faire l'objet, au moins une fois par jour, d'une inspection approfondie et tout défaut constaté doit être éliminé dans les délais les plus courts. Lorsqu'un défaut ne peut être éliminé sur le champ, toutes les mesures temporaires nécessaires pour préserver le bien-être des animaux doivent être prises immédiatement.TITRE II Dispositions détaillées pour la mise en oeuvreArticle 81. Il est consitué, dans l'année qui suit la date d'entrée en vigueur de la présente convention, un comité permanent.2. Toute partie contractante a le droit de désigner un représentant au comité permanent. Tout État membre du Conseil de l'Europe qui n'est pas partie contractante à la convention a le droit de se faire représenter au comité par un observateur.3. Le secrétaire général du Conseil de l'Europe convoque le comité permanent chaque fois qu'il l'estime nécessaire et, en tout cas, si la majorité des représentants des parties contractantes ou le représentant de la Communauté économique européenne, elle-même partie contractante, en formulent la demande.4. La majorité des représentants des parties contractantes constitue le quorum nécessaire pour tenir une réunion du comité permanent.5. Le comité permanent prend ses décisions à la majorité des voix exprimées; toutefois, l'unanimité des voix exprimées est exigée pour: a) l'adoption des recommandations visées au paragraphe 1 de l'article 9;b) la décision d'admettre des observateurs autres que ceux visés au paragraphe 2 du présent article;c) l'adoption du rapport visé à l'article 13, rapport qui, le cas échéant, fait état des opinions divergentes.6. Sous réserve des dispositions de la présente convention, le comité permanent établit son règlement intérieur.Article 91. Le comité permanent est chargé d'élaborer et d'adopter des recommandations aux parties contractantes contenant des dispositions détaillées en vue de l'application des principes énoncés au titre premier de la présente convention; ces dispositions doivent se fonder sur les connaissances scientifiques concernant les différentes espèces.2. Aux fins de l'accomplissement de ses tâches telles que visées au paragraphe 1 du présent article, le comité permanent suit l'évolution de la recherche scientifique et des nouvelles méthodes en matière d'élevage.3. Sauf si un délai plus long est fixé par le comité permanent, toute recommandation prend effet en tant que telle six mois après la date de son adoption par le comité. À partir de la date à laquelle une recommandation prend effet, toute partie contractante doit, soit la mettre en oeuvre, soit informer le comité permanent par notification adressée au secrétaire général du Conseil de l'Europe des raisons pour lesquelles elle a décidé qu'elle n'est pas ou n'est plus en mesure de la mettre en oeuvre.4. Si deux ou plusieurs parties contractantes ou la Communauté économique européenne, elle-même partie contractante, ont notifié conformément au paragraphe 3 du présent article, leur décision de ne pas mettre ou de ne plus mettre en oeuvre une recommandation, cette recommandation cesse d'avoir effet.Article 10Le comité permanent facilite autant que de besoin le règlement amiable de toute difficulté qui peut surgir entre parties contractantes concernant l'application de la présente convention.Article 11Le comité permanent peut, à la demande d'une partie contractante, exprimer un avis consultatif sur toute question relative à la protection des animaux.Article 12En vue d'assister le comité permanent dans ses travaux, toute partie contractante peut désigner un ou plusieurs organes auxquels ce comité peut demander des informations et des conseils. Les parties contractantes communiquent au secrétaire général du Conseil de l'Europe le nom et l'adresse desdits organes.Article 13Le comité permanent soumet au comité des ministres du Conseil de l'Europe, à l'expiration de la troisième année après l'entrée en vigueur de la présente convention et à l'expiration de chaque période ultérieure de trois ans, un rapport sur ses travaux et sur le fonctionnement de la convention, en y incluant s'il l'estime nécessaire des propositions visant à amender la convention.TITRE IIIDispositions finalesArticle 141. La présente convention est ouverte à la signature des États membres du Conseil de l'Europe ainsi qu'à celle de la Communauté économique européenne. Elle sera ratifiée, acceptée ou approuvée. Les instruments de ratification, d'acceptation ou d'approbation seront déposés près le secrétaire général du Conseil de l'Europe.2. La présente convention entrera en vigueur six mois après la date du dépôt du quatrième instrument de ratification, d'acceptation ou d'approbation d'un État membre du Conseil de l'Europe.3. Elle entrera en vigueur à l'égard de toute partie signataire qui la ratifiera, l'acceptera ou l'approuvera après la date visée au paragraphe 2 du présent article, six mois après la date du dépôt de son instrument de ratification, d'acceptation ou d'approbation.Article 151. Après l'entrée en vigueur de la présente convention, le comité des ministres du Conseil de l'Europe pourra inviter, selon les modalités qu'il jugera opportunes, tout État non membre du Conseil à adhérer à la présente convention.2. L'adhésion s'effectuera par le dépôt, près le secrétaire général du Conseil de l'Europe, d'un instrument d'adhésion qui prendra effet six mois après la date de son dépôt.Article 161. Toute partie contractante peut, au moment de la signature ou au moment du dépôt de son instrument de ratification, d'acceptation, d'approbation ou d'adhésion, désigner le ou les territoires auxquels s'appliquera la présente convention.2. Toute partie contractante peut, au moment du dépôt de son instrument de ratification, d'acceptation, d'approbation ou d'adhésion, ou à tout autre moment par la suite, étendre l'application de la présente convention, par déclaration adressée au secrétaire général du Conseil de l'Europe, à tout autre territoire désigné dans la déclaration et dont elle assure les relations internationales ou pour lequel elle est habilitée à stipuler.3. Toute déclaration faite en vertu du paragraphe précédent pourra être retirée, en ce qui concerne tout territoire désigné dans cette déclaration, aux conditions prévues par l'article 17 de la présente convention.Article 171. Toute partie contractante pourra, en ce qui la concerne, dénoncer la présente convention en adressant une notification au secrétaire général du Conseil de l'Europe.2. La dénonciation prendra effet six mois après la date de la réception de la notification par le secrétaire général.Article 18Le secrétaire général du Conseil de l'Europe notifiera aux États membres du Conseil et à toute partie contractante non membre du Conseil: a) toute signature;b) le dépôt de tout instrument de ratification, d'acceptation, d'approbation ou d'adhésion;c) toute date d'entrée en vigueur de la présente convention conformément à ses articles 14 et 15;d) toute recommandation visée au paragraphe 1 de l'article 9 et la date à laquelle elle prendra effet;e) toute notification reçue en application des dispositions du paragraphe 3 de l'article 9;f) toute communication reçue en application des dispositions de l'article 12;g) toute déclaration reçue en application des dispositions des paragraphes 2 et 3 de l'article 16;h) toute notification reçue en application des dispositions de l'article 17 et la date à laquelle la dénonciation prendra effet.In witness whereof, the undersigned, being duly authorized thereto, have signed this Convention.Done at Strasbourg, this ... day of March 1976, in English and in French, both texts being equally authoritative, in a single copy which shall remain deposited in the archives of the Council of Europe. The Secretary General of the Council of Europe shall transmit certified copies to each of the signatory and acceding Parties.En foi de quoi, les soussignés, dûment autorisés à cet effet, ont signé la présente convention.Fait à Strasbourg, le ... mars 1976, en français et en anglais, les deux textes faisant également foi, en un seul exemplaire qui sera déposé dans les archives du Conseil de l'Europe. Le secrétaire général du Conseil de l'Europe en communiquera copie certifiée conforme à chacune des parties signataires et adhérentes.>PIC FILE= "T0019558">>PIC FILE= "T0019559">
Convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti QUAL È LO SCOPO DELLA CONVENZIONE E DELLE DECISIONI? La presente convenzione, firmata sotto l’egida del Consiglio d’Europa, intende imporre ai paesi firmatari condizioni comuni minime per la protezione degli animali nei loro metodi di allevamento. La convenzione è stata emendata nel 1992 dal protocollo di modifica. La decisione 78/923/CEE e la decisione 92/583/CEE hanno segnato rispettivamente la conclusione della convenzione europea per la protezione degli animali negli allevamenti e del suo protocollo di modifica. PUNTI CHIAVE La convenzione si applica agli animali d’allevamento, ovvero agli animali allevati o custoditi per la produzione di prodotti alimentari, lana, pelli, pellicce o altri scopi agricoli, compresi gli animali provenienti da modificazioni genetiche o da nuove combinazioni genetiche. La convenzione si rivolge in particolare agli animali che si trovano in sistemi di allevamento intensivo. L’obiettivo della convenzione è proteggere gli animali da allevamento da inutili sofferenze o lesioni, a causa delle condizioni di alloggiamento, alimentazione o cura. Per raggiungere questo obiettivo, la convenzione impone ai paesi che l’hanno approvata di rispettare determinate regole, in particolare relativamente al sito di allevamento (spazio e condizioni ambientali), all’alimentazione e la salute degli animali, e all’organizzazione delle ispezioni degli impianti tecnici nei moderni sistemi di allevamento intensivo. La convenzione crea un comitato permanente che sovrintende alla sua attuazione. Questo comitato può elaborare e adottare raccomandazioni nei confronti dei paesi firmatari. DATA DI ENTRATA IN VIGORE La convenzione è entrata in vigore il 10 settembre 1978. DOCUMENTI PRINCIPALI Convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti (GU L 323 del 17.11.1978, pag. 14). Protocollo di modifica alla convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti (GU L 395 del 31.12.1992, pag. 22). Decisione 78/923/CEE del Consiglio, del 19 giugno 1978, relativa alla conclusione della convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti (GU L 323 del 17.11.1978, pag. 12). Decisione 92/583/CEE del Consiglio, del 14 dicembre 1992, relativa alla conclusione del protocollo di modifica della convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti (GU L 395 del 31.12.1992, pag. 21). DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 2008/119/CE del Consiglio, del 18 dicembre 2008, che stabilisce le norme minime relative alla protezione dei vitelli (versione codificata) (GU L 10 del 15.1.2009, pag. 7). Le successive modifiche alla direttiva 2008/119/CE del Consiglio sono state integrate al testo originale. La versione consolidata ha unicamente un valore documentale. Direttiva 2008/120/CE del Consiglio, del 18 dicembre 2008, che stabilisce le norme minime per la protezione dei suini (Versione codificata) (GU L 47 del 18.2.2009, pag. 5). Si veda la versione consolidata. Direttiva 1999/74/CE del Consiglio, del 19 luglio 1999, che stabilisce le norme minime per la protezione delle galline ovaiole (GU L 203 del 3.8.1999, pag. 53). Si veda la versione consolidata. Direttiva 98/58/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, riguardante la protezione degli animali negli allevamenti (GU L 221 dell’8.8.1998, pag. 23). Si veda la versione consolidata.
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Accordo quadro di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee ed il Regno di Norvegia Gazzetta ufficiale n. L 078 del 24/03/1986 pag. 0027 - 0028 *****ACCORDO QUADRO di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee ed il Regno di Norvegia IL GOVERNO NORVEGESE, che agisce a nome del Regno di Norvegia, in seguito denominato « Norvegia », da un lato, IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, che agisce a nome della Comunità economica europea e LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, che agisce a nome della Comunità europea dell'energia atomica, dall'altro, considerando che, fatte salve le disposizioni pertinenti dei trattati che istituiscono le Comunità europee, il presente accordo quadro e qualsiasi azione avviata ai sensi di detto accordo non pregiudicheranno in alcun modo i poteri che spettano agli stati membri delle Comunità di avviare attività bilaterali con la Norvegia nei settori della scienza, della tecnologia, della ricerca e dello sviluppo e di concludere eventuali accordi a tal fine; considerando l'importanza della ricerca scientifica e tecnica per la Norvegia e le Comunità ed il loro interesse reciproco a cooperare in detto settore, per meglio utilizzare le risorse impiegate ed evitare inutili doppioni; considerando che in occasione della riunione di Lussemburgo del 9 aprile 1984 i ministri degli stati membri delle Comunità, i ministri degli stati membri dell'associazione europea di libera scambio (EFTA) e la Commissione hanno ritenuto che la sempre crescente interdipendenza economica tra le Comunità ed i paesi dell'EFTA giustificassero in particolare una cooperazione nel settore della ricerca e dello sviluppo ed hanno sottolineato la necessità di intensificare tali sforzi, in particolare per promuovere la mobilità dei ricercatori; che i ministri hanno peraltro auspicato che una particolare attenzione fosse riservata a determinati settori industriali e tecnologici d'avvenire; considerando che la Norvegia e la Comunità cooperano nell'ambito di differenti programmi di ricerca e nell'ambito di azioni comunitarie; considerando che la Norvegia e la Comunità economica europea hanno concluso, il 19 settembre 1985, un accordo di cooperazione relativo ad un programma di ricerca e sviluppo nel settore dei metalli e delle sostanze minerali; considerando che la Comunità economica europea e l'Ente nazionale per la ricerca e le librerie speciali in Norvegia hanno concluso il 19 dicembre 1984 un accordo di cooperazione sull'interconnessione della rete comunitaria per la trasmissione dati (DIANE) e la rete dati norvegese a fini di ricerca informazioni; considerando che la Norvegia e la Comunità economica europea cooperano anche nel quadro della cooperazione europea per la ricerca scientifica e tecnica (COST) e che esse intendono proseguire i propri sforzi in tale contesto; considerando che la Norvegia e la Comunità realizzano attualmente importanti programmi di ricerca in settori prioritari e che gli obiettivi di tali programmi coincidono in larga misura; considerando che la Norvegia e la Comunità sono interessate a cooperare nel quadro di un grande numero di questi programmi; considerando che a tal fine è auspicabile stabilire un quadro che comprenda la totalità della cooperazione tra la Norvegia e le Comunità nel settore della ricerca e che permetta di associare a detta cooperazione enti ed imprese private; che inoltre tale accordo quadro deve prevedere procedure semplici ed efficaci e rivestire un carattere dinamico, HANNO CONVENUTO LE DISPOSIZIONI SEGUENTI: A. Obiettivo dell'accordo Articolo 1 Il presente accordo definisce il quadro per lo sviluppo della cooperazione scientifica e tecnica tra la Norvegia e le Comunità nei settori di interesse comune oggetto di programmi di ricerca e sviluppo comunitari e norvegesi. Articolo 2 La cooperazione può essere realizzate tramite enti ed imprese, pubblici o privati, che partecipano in Norvegia e nelle Comunità ai programmi di ricerca di cui all'arti- colo 1. Articolo 3 La cooperazione tra la Norvegia e le Comunità deve basarsi su progetti e programmi concreti. Essa può assumere le forme seguenti: - regolari scambi di opinioni sugli orientamenti e le priorità della politica di ricerca in Norvegia e nelle Comunità e sulla pianificazione di detta politica, - scambi di opinioni sulle prospettive e sullo sviluppo della cooperazione, - trasmissione di informazioni risultanti dalla cooperazione instaurata nel presente accordo, - coordinamento di programmi e progetti realizzati in Norvegia e nelle Comunità, - partecipazione a programmi o sottoprogrammi comuni e realizzazione di azioni comuni in Norvegia e nelle Comunità. Articolo 4 La cooperazione può essere attuata con i mezzi seguenti: - riunioni comuni, - visite e scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici, - contatti regolari e continui tra i responsabili dei programmi o progetti, - partecipazione di esperti ai seminari, simposi e gruppi di lavoro, - partecipazione a programmi o sottoprogrammi comuni ad azioni comuni, - messa a disposizione di documenti e comunicazione dei risultati dei lavori avviati nell'ambito della cooperazione. Articolo 5 Le parti contraenti possono, in qualsiasi momento, di comune accordo adattare e sviluppare la cooperazione. B. Realizzazione della cooperazione Articolo 6 La cooperazione di cui al presente accordo è realizzata attraverso accordi opportuni. Articolo 7 Gli accordi di cui all'articolo 6 specificheranno le forme ed i mezzi delle azioni di cooperazione, nonché: - gli obiettivi e il contenuto scientifico e tecnico, - le norme relative alla diffusione delle conoscenze e alla proprietà intellettuale, - le disposizioni relative alla mobilità del personale ed alla partecipazione di rappresentanti di una parte contraente agli enti dell'altra parte, - le modalità di partecipazione finanziaria agli accordi, - ogni altra opportuna modalità. Articolo 8 Gli accordi di cui all'articolo 6 saranno conclusi conformemente alle procedure in vigore per le parti contraenti. Articolo 9 Le parti si comunicano il nome degli enti e delle imprese previsti all'articolo 2, che partecipano alla cooperazione. C. Comitato misto Articolo 10 È istituito un comitato misto, denominato « Comitato di ricerca Norvegia/Comunità », incaricato di: - identificare i settori che possono prestarsi alla cooperazione ed esaminare qualsiasi misura tale da migliorare e sviluppare la cooperazione, - avere scambi regolari di opinioni sugli orientamenti e sulle priorità delle politiche in materia di ricerca, nonché sulla pianificazione della ricerca in Norvegia e nelle Comunità e sulle prospettive della cooperazione, - curare la buona esecuzione del presente accordo. Articolo 11 Il comitato misto composto da rappresentanti della Commissione e della Norvegia adotta il proprio regolamento interno. Esso si riunisce su richiesta di una parte contraente ed almeno una volta all'anno. D. Comunità europea del carbone e dell'acciaio Articolo 12 Un protocollo separato può essere concluso tra la Comunità europea del carbone e dell'acciaio ed i suoi stati membri, da un lato, e il Regno di Norvegia, dall'altro, qualora si constati un reciproco interesse alla cooperazione nei settori oggetto del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio. E. Disposizioni finali Articolo 13 Il presente accordo sarà approvato dalle parti contraenti, nell'ambito delle procedure in vigore per ciascuna parte contraente. Esso entrerà in vigore alla data in cui le parti contraenti si saranno notificate l'espletamento delle procedure necessarie a tal fine. Articolo 14 Il presente accodo si applica, da un lato, ai territori in cui è applicabile il trattato che istituisce la Comunità economica europea, alle condizioni in esso previste e, dall'altro, al territorio del Regno di Norvegia. Articolo 15 Il presente accordo ha una durata illimitata. Ogni parte contraente può in qualsiasi momento denunciarlo o richiederne la revisione con un preavviso di dodici mesi. Articolo 16 Il presente accordo è redatto in duplice copia in lingua danese, francese, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, tedesca e norvegese, ciascun testo facente egualmente fede. Per il Consiglio e la Commissione delle Comunità europee Per il Regno di Norvegia
Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE, Euratom e la Norvegia QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI? L’accordo stabilisce un quadro formale per lo sviluppo della cooperazione scientifica e tecnologica tra la Norvegia e le Comunità europee (oggi Unione europea (UE) ed Euratom) in settori di interesse comune che sono oggetto di programmi di ricerca e sviluppo. Con la sua decisione 86/88/CEE, Euratom, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo per conto dell’UE e di Euratom. Con la decisione 97/183/Euratom, la Commissione europea ha approvato la conclusione definitiva dell’accordo a nome della Comunità europea dell’energia atomica (Euratom). PUNTI CHIAVE Cooperazione La cooperazione può assumere le seguenti forme:regolari scambi di opinioni sulla direzione e le priorità delle politiche e della pianificazione della ricerca in Norvegia, nell’UE e nell’Euratom; scambi di opinioni sulle prospettive e sullo sviluppo della cooperazione; la trasmissione delle informazioni derivanti dalla cooperazione ai sensi del presente accordo; coordinamento di programmi e progetti realizzati in Norvegia e nell’UE (UE ed Euratom); la partecipazione a programmi o sottoprogrammi comuni e la realizzazione di azioni comuni tra la Norvegia e l’UE e l’Euratom.Attività La cooperazione può essere attuata nei seguenti modi:riunioni congiunte; visite e scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici; contatti regolari tra i pianificatori di programmi o progetti e i rispettivi responsabili; partecipazione di esperti a seminari, simposi e laboratori; partecipazione a programmi o sottoprogrammi comuni e azioni comuni; disponibilità di documenti e comunicazione dei risultati del lavoro svolto nel contesto della cooperazione. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 17 luglio 1987 per un periodo indeterminato. Può essere revocato e riesaminato in qualsiasi momento da entrambe le parti con un preavviso scritto di 12 mesi. CONTESTO Le relazioni tra l’UE e la Norvegia sono disciplinate principalmente dall’Accordo sullo Spazio economico europeo, che ha creato una zona di libera circolazione di persone, servizi, beni e capitali che comprende i paesi dell’UE, l’Islanda, il Liechtenstein e la Norvegia. Per ulteriori informazioni, si consulti:La Norvegia e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna). DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo quadro di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee ed il Regno di Norvegia (GU L 78 del 24.3.1986, pag. 27). Decisione 86/88/CE del Consiglio, del 10 marzo 1986, relativa alla conclusione dell’accordo quadro di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee ed il Regno di Norvegia (GU L 78 del 24.3.1986, pag. 26). Decisione 87/183/Euratom della Commissione, del 9 marzo 1987, concernente la conclusione definitiva, a nome della Comunità europea dell’energia atomica, degli accordi di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee ed il Regno di Svezia, la Confederazione svizzera, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Norvegia e la Repubblica d’Austria (GU L 71 del 14.3.1987, pag. 36).
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DECISIONE N. 234/2008/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell’11 marzo 2008 che istituisce il comitato consultivo europeo di statistica e che abroga la decisione 91/116/CEE del Consiglio (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 285, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) La consultazione degli utenti e dei produttori di informazioni statistiche e dei rispondenti alla richiesta di fornire tali informazioni è fondamentale ai fini della preparazione e dello sviluppo della politica dell’informazione statistica comunitaria. (2) Il comitato consultivo europeo dell’informazione statistica nei settori economico e sociale istituito con la decisione 91/116/CEE del Consiglio (3) assiste attualmente il Consiglio e la Commissione in sede di coordinamento degli obiettivi della politica dell’informazione statistica comunitaria, tenendo conto delle esigenze degli utenti e dei costi sostenuti dai produttori e dai fornitori di informazioni. (3) Sebbene il comitato consultivo europeo dell’informazione statistica nei settori economico e sociale abbia dato prova della propria utilità, i cambiamenti intervenuti nella Comunità, in particolare il suo allargamento a 27 Stati membri, rendono necessario apportare numerose modifiche al ruolo, al mandato, alla composizione e alle procedure di tale comitato. Nell’interesse della chiarezza è opportuno sostituirlo con un nuovo comitato consultivo europeo di statistica (di seguito «il comitato»). (4) Il comitato dovrebbe contribuire a una stretta cooperazione durante il processo di pianificazione del programma al fine di migliorare la governanza del Sistema statistico europeo e di accrescere la qualità delle statistiche comunitarie. A tal fine è opportuno che sia mantenuta una stretta collaborazione con il comitato del programma statistico, istituito con la decisione 89/382/CEE, Euratom (4) del Consiglio, e con il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti, istituito con la decisione 91/115/CEE del Consiglio (5). (5) È opportuno raggiungere un giusto equilibrio tra la necessità di una riduzione del numero dei componenti del comitato, onde consentirgli di operare con efficienza in una Comunità allargata, e l’esigenza di assicurare la rappresentanza di tutte le parti interessate alle statistiche comunitarie come richiesto dal Consiglio nelle sue conclusioni dell’8 novembre 2005. (6) Per conseguire gli obiettivi di migliorare la valutazione e l’equilibrio tra i benefici e i costi dei bisogni statistici comunitari e di riequilibrare e di ridurre l’onere imposto dalla normativa statistica comunitaria, facendo così meglio fronte alla crescita della domanda, il comitato dovrebbe svolgere un ruolo più incisivo in sede di preparazione e di attuazione del programma statistico comunitario. (7) Il comitato dovrebbe raccogliere i pareri degli utenti, dei rispondenti e dei produttori di informazioni statistiche sugli obiettivi della politica dell’informazione statistica comunitaria. (8) È pertanto opportuno abrogare la decisione 91/116/CEE, DECIDONO: Articolo 1 Comitato consultivo europeo di statistica 1. È istituito il comitato consultivo europeo di statistica (di seguito «il comitato»). 2. Il comitato assiste il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione garantendo che le esigenze degli utenti e i costi sostenuti dai produttori e dai fornitori di informazioni siano presi in considerazione in sede di coordinamento delle priorità e degli obiettivi strategici della politica dell’informazione statistica comunitaria. 3. Tale assistenza riguarda tutti i settori statistici pertinenti alla politica dell’informazione statistica comunitaria. Articolo 2 Compiti 1. La Commissione consulta il comitato nelle prime fasi del processo di preparazione del programma statistico comunitario. Il comitato formula un parere pronunciandosi in particolare: a) sulla pertinenza del programma statistico comunitario rispetto alle esigenze inerenti all’integrazione e allo sviluppo europei espresse dalle istituzioni comunitarie, dalle amministrazioni nazionali e regionali, dalle diverse categorie economiche e sociali e dal mondo scientifico; b) sulla pertinenza del programma statistico comunitario rispetto alle attività della Comunità, tenuto conto degli sviluppi economici, sociali e tecnici; c) sull’equilibrio, in termini di priorità e risorse, tra i diversi settori del programma statistico comunitario, il programma di lavoro statistico annuale della Commissione e la possibilità di ridefinire le priorità del lavoro statistico; d) sull’adeguatezza delle risorse necessarie per l’attuazione del programma statistico comunitario, compresi i costi direttamente sostenuti dalle autorità nazionali e comunitarie, e sull’appropriatezza alle esigenze degli utenti dell’ampiezza, del grado di dettaglio e dei costi delle statistiche comunitarie; e) sui costi connessi alla trasmissione dell’informazione statistica da parte dei fornitori di informazioni e sulle possibilità di ridurre l’onere della risposta, in particolare quello che grava sulle piccole e medie imprese. 2. Il comitato richiama inoltre l’attenzione della Commissione sui settori in cui può risultare necessario sviluppare nuove attività statistiche e consiglia la Commissione in merito al modo in cui migliorare la pertinenza delle statistiche comunitarie per gli utenti, tenuto conto dei costi gravanti sui produttori e sui fornitori di informazioni. Articolo 3 Relazioni con le istituzioni comunitarie e gli altri organi 1. Su richiesta del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, il comitato formula un parere su questioni inerenti alle esigenze degli utenti e ai costi sostenuti dai fornitori di dati, in merito allo sviluppo della politica dell’informazione statistica comunitaria, alle priorità del programma statistico comunitario, alla valutazione delle statistiche esistenti, alla qualità dei dati e alla politica di diffusione. 2. Il comitato formula pareri e presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione relazioni sulle esigenze degli utenti e sui costi sostenuti dai fornitori di dati in sede di produzione e diffusione delle statistiche comunitarie ogniqualvolta lo giudichi necessario per assolvere i suoi compiti. La Commissione riferisce annualmente sul modo in cui ha tenuto conto dei pareri del comitato. 3. Nello svolgimento dei propri compiti, il comitato collabora con il comitato del programma statistico e con il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti. Esso informa regolarmente questi due comitati sui suoi pareri relativi ai compiti descritti all’articolo 2 e trasmette loro i pareri e le relazioni di cui ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo. 4. Il comitato stabilisce contatti con i consigli nazionali degli utenti delle statistiche. Articolo 4 Composizione e procedura di nomina 1. Il comitato è composto di 24 membri, come segue: a) dodici membri sono nominati dalla Commissione previa consultazione del Parlamento europeo e del Consiglio. Essi agiscono in maniera indipendente. In vista della nomina di tali dodici membri ciascuno Stato membro comunica alla Commissione il nominativo di tre candidati altamente qualificati nel settore statistico. La Commissione si sforza di garantire che la selezione dei dodici membri rappresenti pariteticamente utenti, rispondenti e altri soggetti interessati alle statistiche comunitarie (compresa la comunità scientifica, le parti sociali e la società civile). I dodici membri esercitano le proprie funzioni a titolo personale; b) undici membri sono nominati direttamente dalle istituzioni e dagli organi cui appartengono, come segue: i) un membro rappresentante del Parlamento europeo; ii) un membro rappresentante del Consiglio; iii) un membro rappresentante del Comitato economico e sociale europeo; iv) un membro rappresentante del Comitato delle regioni; v) un membro rappresentante della Banca centrale europea; vi) due membri rappresentanti del comitato del programma statistico; vii) un rappresentante della confederazione delle industrie della Comunità europea (BusinessEurope); viii) un rappresentante della Confederazione europea dei sindacati (CES); ix) un rappresentante dell’Unione europea dell’artigianato e delle piccole e medie imprese; x) il garante europeo della protezione dei dati; c) il direttore generale di Eurostat è componente di diritto del comitato consultivo di statistica, ma non dispone di diritto di voto. 2. L’elenco dei membri del comitato è pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, serie C. Articolo 5 Durata del mandato 1. Il mandato conferito ai membri del comitato ha una durata di cinque anni, rinnovabile una volta. Alla scadenza del loro mandato i membri restano in carica fino alla loro sostituzione o al rinnovo della loro nomina. 2. Un membro che si dimetta prima della scadenza del suo mandato è sostituito per la parte rimanente del suo mandato da un membro nominato conformemente all’articolo 4. Articolo 6 Struttura e funzionamento 1. Il comitato elegge il proprio presidente tra i membri nominati dalla Commissione. Il mandato del presidente è di cinque anni, rinnovabile una volta. 2. Il presidente convoca il comitato almeno una volta all’anno, di propria iniziativa o su richiesta di almeno un terzo dei membri dello stesso. 3. Per la formulazione di pareri su questioni statistiche di particolare complessità, il comitato può, in accordo con la Commissione, istituire gruppi di lavoro temporanei presieduti da un membro del comitato. La composizione di ciascun gruppo di lavoro si presenta equilibrata sotto il profilo dell’esperienza professionale e della distribuzione geografica degli esperti di cui è costituito. I presidenti di tali gruppi illustrano i risultati dei loro lavori presentando una relazione in una riunione del comitato. 4. Per lo svolgimento dei suoi compiti, il comitato può commissionare studi e organizzare seminari. 5. I rappresentanti di tutti i servizi della Commissione interessati possono partecipare alle riunioni del comitato e dei gruppi di lavoro in qualità di osservatori. Il presidente può autorizzare altri osservatori a partecipare alle riunioni del comitato. 6. La Commissione provvede ai compiti di segreteria per il comitato e per i gruppi di lavoro. 7. Le spese del comitato sono incluse nelle stime di bilancio della Commissione. Articolo 7 Procedure decisionali Le procedure decisionali dettagliate del comitato sono specificate nel suo regolamento interno. Articolo 8 Riservatezza Fatto salvo l’articolo 287 del trattato, i membri del comitato sono tenuti a non divulgare informazioni cui hanno avuto accesso in ragione delle procedure del comitato o dei gruppi di lavoro, nel caso in cui la Commissione li informi che dette informazioni sono di carattere riservato per giustificati motivi o che rispondere a richieste di pareri o a questioni sollevate comporterebbe la divulgazione di dette informazioni riservate. Articolo 9 Regolamento interno Previa consultazione della Commissione il comitato adotta il proprio regolamento interno. Tale regolamento è trasmesso per informazione al Parlamento europeo e al Consiglio. Articolo 10 Abrogazione La decisione 91/116/CEE è abrogata. Articolo 11 Entrata in vigore La presente decisione entra in vigore il 15 giugno 2008. Fatto a Strasburgo, addì 11 marzo 2008. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente J. LENARČIČ (1) GU C 97 del 28.4.2007, pag. 1. (2) Parere del Parlamento europeo del 24 ottobre 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 14 febbraio 2008. (3) GU L 59 del 6.3.1991, pag. 21. Decisione modificata dalla decisione 97/255/CE (GU L 102 del 19.4.1997, pag. 32). (4) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47. (5) GU L 59 del 6.3.1991, pag. 19. Decisione sostituita dalla decisione 2006/856/CE (GU L 332 del 30.11.2006, pag. 21).
Comitato consultivo europeo di statistica QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Istituisce il comitato consultivo europeo di statistica, un organo consultivo che contribuisce allo sviluppo e all’attuazione della politica d’informazione statistica dell’UE. Essa abroga la decisione 91/116/CEE del Consiglio. PUNTI CHIAVE Il comitato contribuisce a una stretta cooperazione durante il processo di pianificazione del programma statistico al fine di migliorare la governance del sistema statistico europeo e di accrescere la qualità della statistica europea. Il comitato raccoglie i pareri di utenti, soggetti intervistati e produttori di informazioni statistiche sugli obiettivi della politica dell’informazione statistica dell’UE. Missione La Commissione europea deve consultare il comitato durante la preparazione del programma statistico dell’UE. Fornisce pareri sul programma, occupandosi in particolare:della rilevanza del programma rispetto ai requisiti di integrazione e sviluppo europei; della rilevanza del programma in relazione alle attività dell’UE in termini di sviluppo economico, sociale e tecnico; dell’equilibrio di priorità e risorse tra le diverse aree del programma; dell’adeguatezza delle risorse necessarie per attuare il programma; dei costi di produzione sostenuti dai fornitori di informazioni statistiche. Il comitato dà consigli e pareri alla Commissione in merito allo sviluppo e all’uso di informazioni statistiche dell’UE. Relazioni con altri organismi e istituzioni Su richiesta del Parlamento europeo, del Consiglio o della Commissione, il comitato rilascia pareri su:la politica d’informazione statistica dell’UE; le priorità del programma statistico comunitario; la valutazione delle statistiche esistenti; la qualità dei dati e la politica di diffusione. Assolve il suo compito cooperando con il comitato del sistema statistico europeo. Composizione Il comitato è composto da ventiquattro membri nominati per un mandato di cinque anni, rinnovabile una sola volta. I membri sono scelti in maniera equilibrata da:la Commissione, che nomina dodici membri dopo essersi consultata con il Parlamento europeo e il Consiglio, usando una lista fornita dai paesi dell’UE. La Commissione si impegna a garantire che la selezione dei dodici membri rappresenti, in egual misura, utenti, soggetti intervistati e altre parti interessate alle statistiche dell’UE; le istituzioni e gli organismi cui essi appartengono, che nominano undici membri (1 rappresentante per organizzazione: Parlamento europeo, Consiglio, Comitato economico e sociale europeo, Comitato delle regioni, Banca centrale europea, Comitato del sistema statistico europeo [2 rappresentanti], BusinessEurope, Confederazione europea dei sindacati, Unione europea dell’artigianato e delle piccole e medie imprese, Garante europeo della protezione dei dati. Il direttore generale di Eurostat è un membro ex-officio* senza diritto di voto). Il comitato elegge il proprio presidente per un mandato di cinque anni, rinnovabile una sola volta. La segreteria del Comitato è fornita dalla Commissione. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? È in vigore dal 15 giugno 2008. CONTESTO Il Comitato consultivo statistico europeo sostituisce il comitato consultivo europeo dell’informazione statistica nei settori economico e sociale. Per ulteriori informazioni consultare:Comitato consultivo europeo di statistica (Eurostat). TERMINI CHIAVE Ex-officio: in virtù della sua posizione o carica che, in questo caso, è quella di direttore generale. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione n. 234/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo, che istituisce il comitato consultivo europeo di statistica e abroga la decisione 91/116/CEE del Consiglio (GU L 73 del 15.3.2008, pag. 13).
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DECISIONE QUADRO 2008/675/GAI DEL CONSIGLIO del 24 luglio 2008 relativa alla considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell’Unione europea in occasione di un nuovo procedimento penale IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 31 e l’articolo 34, paragrafo 2, lettera b), vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) L’Unione europea si è prefissa l’obiettivo di mantenere e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Questo obiettivo presuppone che le informazioni relative alle decisioni di condanna pronunciate negli Stati membri possano essere prese in considerazione al di fuori dello Stato membro di condanna per prevenire nuovi reati e in occasione dell’apertura di un nuovo procedimento penale. (2) Il 29 novembre 2000, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere, il Consiglio ha adottato il programma di misure per l’attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali (2), il quale prevede «l’adozione di uno o più strumenti volti ad introdurre il principio secondo cui il giudice di uno Stato membro deve essere in grado di tener conto delle decisioni penali definitive rese negli altri Stati membri per valutare i precedenti penali del delinquente, prendere in considerazione la recidiva e determinare la natura delle pene e le modalità di esecuzione applicabili». (3) La presente decisione quadro è intesa a stabilire un obbligo minimo per gli Stati membri di prendere in considerazione le decisioni di condanna pronunciate in altri Stati membri. Essa non dovrebbe impedire pertanto agli Stati membri di prendere in considerazione, conformemente alle rispettive legislazioni ed allorché dispongono di informazioni pertinenti, ad esempio, le decisioni definitive di autorità amministrative le cui decisioni possono dar luogo a un ricorso dinanzi a una giurisdizione competente in materia penale, che stabilisca la colpevolezza di una persona per un reato o per un atto punibile in base al diritto nazionale perché configura una violazione di legge. (4) Alcuni Stati membri attribuiscono effetti alle condanne penali pronunciate in altri Stati membri, mentre altri prendono in considerazione soltanto le decisioni di condanna nazionali. (5) È opportuno stabilire il principio secondo il quale a una decisione di condanna pronunciata in uno Stato membro dovrebbero attribuirsi negli altri Stati membri effetti equivalenti a quelli attribuiti alle condanne nazionali conformemente al diritto nazionale, sia che si tratti di effetti di fatto sia che si tratti di effetti di diritto processuale o sostanziale esistenti nel diritto nazionale. Tuttavia, la presente decisione quadro non mira ad armonizzare le conseguenze attribuite dalle diverse legislazioni nazionali all’esistenza di condanne precedenti e l’obbligo di prendere in considerazione decisioni di condanna precedenti pronunciate in altri Stati membri è previsto soltanto nella misura in cui le condanne nazionali precedenti siano prese in considerazione in base al diritto nazionale. (6) A differenza di altri strumenti, la presente decisione quadro non mira a far eseguire in uno Stato membro decisioni giudiziarie prese in altri Stati membri, quanto a far sì che, in occasione dell’apertura di un nuovo procedimento penale in un altro Stato membro, si attribuiscano delle conseguenze a una condanna precedentemente comminata in uno Stato membro nella misura in cui, in base al diritto dell’altro Stato membro in questione, siffatte conseguenze vengano attribuite alle precedenti condanne nazionali. Pertanto, la presente decisione quadro non prevede alcun obbligo di prendere in considerazione decisioni di condanna precedenti, ad esempio qualora le informazioni ottenute ai sensi degli strumenti applicabili non siano sufficienti, qualora una decisione di condanna nazionale non sia stata possibile riguardo all’atto per cui la condanna precedente è stata emessa, o qualora la pena comminata in precedenza non sia contemplata dall’ordinamento giuridico nazionale. (7) Gli effetti attribuiti alle decisioni di condanna degli altri Stati membri dovrebbero essere equivalenti a quelli attribuiti alle decisioni nazionali, sia nella fase precedente al processo penale, sia nel processo penale vero e proprio, sia nella fase di esecuzione della pena. (8) Se nel corso di un procedimento penale in uno Stato membro sono disponibili informazioni su una decisione di condanna precedente in un altro Stato membro, occorrerebbe nella misura del possibile evitare che la persona abbia un trattamento meno favorevole di quello che avrebbe se la condanna precedente fosse stata pronunciata da un giudice nazionale. (9) L’articolo 3, paragrafo 5, dovrebbe essere interpretato, conformemente tra l’altro al considerando 8, in modo che se in occasione di un nuovo procedimento penale il tribunale nazionale, tenendo conto di una pena irrogata precedentemente in un altro Stato membro, ritiene che l’irrogazione di una pena di un certo livello entro i limiti del diritto nazionale sia sproporzionatamente dura per l’autore del reato in considerazione della sua situazione, e se lo scopo della pena può essere raggiunto con una condanna più mite, esso può ridurre di conseguenza il livello della pena qualora ciò fosse stato possibile in casi meramente nazionali. (10) La presente decisione quadro deve sostituire le disposizioni dell’articolo 56 della convenzione europea del 28 maggio 1970 sulla validità internazionale delle sentenze penali relative alla presa in considerazione delle condanne penali nelle relazioni tra gli Stati membri firmatari di detta convenzione. (11) La presente decisione quadro rispetta il principio di sussidiarietà previsto dall’articolo 2 del trattato sull’Unione europea e dall’articolo 5 del trattato che istituisce la Comunità europea nella misura in cui persegue l’obiettivo di ravvicinare le disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri. Tale obiettivo non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri con un’azione unilaterale e presuppone un’azione concertata a livello dell’Unione europea. In ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nell’articolo 5 del trattato che istituisce la Comunità europea, la presente decisione quadro si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo. (12) La presente decisione quadro rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea e contenuti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. (13) La presente decisione quadro rispetta la varietà delle soluzioni e delle procedure nazionali necessarie per tener conto di precedenti decisioni di condanna pronunciate in un altro Stato membro. L’esclusione della possibilità di riesame di una precedente decisione di condanna non dovrebbe impedire agli Stati membri di pronunciare, se necessario, una decisione che produca effetti giuridici equivalenti a quelli della precedente decisione di condanna. Tuttavia, l’iter di emissione di tale decisione non dovrebbe rendere impossibile, dati i tempi e le procedure o formalità necessari, pronunciare una decisione che produca effetti equivalenti a quelli di una precedente decisione di condanna pronunciata in un altro Stato membro. (14) L’interferenza con una decisione di condanna o la sua esecuzione comprende tra l’altro situazioni in cui, secondo la legislazione nazionale del secondo Stato membro, la sanzione comminata da una precedente decisione di condanna deve essere assorbita o inclusa in un’altra sanzione, che deve quindi essere effettivamente eseguita, nella misura in cui la prima sentenza non sia già stata eseguita o la sua esecuzione non sia stata trasferita al secondo Stato membro, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE QUADRO: Articolo 1 Oggetto 1. La presente decisione quadro è intesa a stabilire le condizioni secondo le quali, nel corso di un procedimento penale in uno Stato membro nei confronti di una persona, sono prese in considerazione le precedenti decisioni di condanna pronunciate nei confronti della stessa persona per fatti diversi in altri Stati membri. 2. La presente decisione quadro non ha l’effetto di modificare l’obbligo di rispettare i diritti e i principi giuridici fondamentali sanciti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente decisione quadro per «condanna» si intende ogni decisione definitiva di una giurisdizione penale che stabilisca la colpevolezza di una persona per un reato. Articolo 3 Considerazione, in occasione dell’apertura di un nuovo procedimento penale, di una condanna pronunciata in un altro Stato membro 1. Ciascuno Stato membro assicura che, nel corso di un procedimento penale nei confronti di una persona, le precedenti decisioni di condanna pronunciate in un altro Stato membro nei confronti della stessa persona per fatti diversi, riguardo alle quali sono state ottenute informazioni in virtù degli strumenti applicabili all’assistenza giudiziaria reciproca o allo scambio di informazioni estratte dai casellari giudiziari, siano prese in considerazione nella misura in cui sono a loro volta prese in considerazione precedenti condanne nazionali, e che sono attribuiti ad esse effetti giuridici equivalenti a quelli derivanti da precedenti condanne nazionali conformemente al diritto nazionale. 2. Il paragrafo 1 si applica nella fase precedente al processo penale, in quella del processo penale stesso e in occasione dell’esecuzione della condanna, in particolare per quanto riguarda le norme di procedura applicabili, comprese quelle relative alla detenzione cautelare, alla qualifica del reato, al tipo e al livello della pena comminata nonché alle norme che disciplinano l’esecuzione della decisione. 3. Il fatto di prendere in considerazione precedenti decisioni di condanna pronunciate in altri Stati membri come previsto nel paragrafo 1 non comporta né interferenza con tali decisioni di condanna precedenti, né con qualsiasi altra decisione relativa alla loro esecuzione da parte dello Stato membro che avvia il nuovo procedimento, né di revocarle o di riesaminarle. 4. A norma del paragrafo 3, il paragrafo 1 non si applica nella misura in cui, se la precedente decisione di condanna è una condanna nazionale nello Stato membro che avvia il nuovo procedimento, il fatto di prendere in considerazione la precedente decisione di condanna comporterebbe, a norma della legislazione di detto Stato membro, interferenze con la precedente decisione di condanna o con qualsiasi altra decisione relativa alla sua esecuzione, né con la loro revoca o riesame. 5. Se il reato per il quale è in corso un nuovo procedimento è stato commesso prima che sia stata pronunciata o completamente eseguita la precedente condanna, i paragrafi 1 e 2 non comportano per gli Stati membri richiesti di applicare la legislazione nazionale sulla comminazione delle pene qualora l’applicazione di tali norme a condanne pronunciate all’estero limiti il giudice all’atto di irrogare una pena in un nuovo procedimento. Tuttavia, gli Stati membri garantiscono che in tali casi i propri tribunali possano tener conto in altro modo di condanne precedenti pronunciate in altri Stati membri. Articolo 4 Rapporti con altri strumenti giuridici La presente decisione quadro sostituisce, nell’ambito degli Stati membri parti della convenzione, l’articolo 56 della convenzione europea del 28 maggio 1970 sulla validità internazionale delle sentenze penali, fatta salva la sua applicazione tra gli Stati membri e i paesi terzi. Articolo 5 Recepimento 1. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per conformarsi alla presente decisione quadro entro il 15 agosto 2010. 2. Gli Stati membri comunicano al segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo delle disposizioni che recepiscono nella legislazione nazionale gli obblighi imposti loro a norma della presente decisione quadro. 3. In base alle informazioni ricevute, la Commissione presenta, entro il 15 agosto 2011, una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione della presente decisione quadro, corredata, se del caso, di proposte legislative. Articolo 6 Entrata in vigore La presente decisione quadro entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 24 luglio 2008. Per il Consiglio Il presidente B. HORTEFEUX (1) Parere del 27 settembre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) GU C 12 del 15.1.2001, pag. 10.
Le decisioni di condanna in altri paesi hanno valore in occasione di un nuovo procedimento penale Un paese dell’Unione europea (UE) dovrebbe dare peso equivalente alle decisioni di condanna emesse in altri paesi dell’Unione rispetto a quelle emesse dai propri tribunali. ATTO Decisione quadro 2008/675/GAI del Consiglio, del 24 luglio 2008, relativa alla considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell’Unione europea in occasione di un nuovo procedimento penale. SINTESI CHE COSA FA LA DECISIONE QUADRO? La presente decisione quadro stabilisce i criteri per i quali le decisioni di condanna emesse precedentemente in un paese dell’UE vengono tenute in considerazione durante un nuovo procedimento penale in un altro paese dell’Unione contro la stessa persona, ma per fatti diversi. PUNTI CHIAVE Nell’ambito di un nuovo procedimento penale, i paesi dell’UE devono garantire che le decisioni di condanna emesse precedentemente in un altro paese dell’Unione vengano tenute in considerazione alle stesse condizioni delle decisioni di condanna interne emesse precedentemente. Tali decisioni di condanna emesse precedentemente devono essere tenute in considerazione nella fase preliminare e processuale, nonché al momento di esecuzione della sentenza. Dovrebbero essere tenute in debita considerazione soprattutto rispetto alle norme di procedura applicabili riguardanti: la detenzione preventiva; la definizione del reato; il tipo e il grado della sentenza; le norme che regolano l’esecuzione della decisione. Nel caso in cui decisioni di condanna emesse precedentemente siano tenute in considerazione dal paese dell’UE che ha avviato il nuovo procedimento penale, ciò non deve risultare in un’interferenza, in una revoca o in un riesame delle decisioni di condanna emesse precedentemente. L’effetto della decisione quadro può inoltre essere limitato se il reato per il quale è in atto il nuovo procedimento penale è stato commesso prima che la decisione di condanna precedente venisse emessa o resa pienamente esecutiva. I paesi dell’UE non devono applicare le loro norme nazionali sulla comminazione delle pene qualora l’applicazione di tali norme a condanne pronunciate all’estero limiti il giudice all’atto di irrogare una pena in un nuovo procedimento. Tuttavia, i tribunali devono garantire di tenere in considerazione per altri scopi tali decisioni di condanna emesse precedentemente. Una relazione del 2014 sull’attuazione della decisione quadro ha riportato il valore aggiunto nel promuovere la fiducia nella legislazione penale e nelle decisioni giudiziarie nel settore europeo della giustizia. Tuttavia, fra i paesi dell’UE che avevano attuato la decisione, sono state riscontrate considerevoli differenze di adeguamento alla normativa. 13 paesi dell’UE su 22 sono stati valutati positivamente in merito all’attuazione delle clausole della normativa. Il 1o dicembre 2014 il Regno Unito (1) ha notificato alla Commissione la propria volontà di partecipare alla decisione quadro. Tale volontà è stata confermata dalla decisione 2014/858/UE della Commissione. CONTESTO Il Sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS) è un sistema computerizzato istituito nel 2012 dalla decisione 2009/316/GAI del Consiglio. Consente ai paesi dell’UE di scambiarsi rapidamente e facilmente informazioni sulle decisioni di condanna penale. ECRIS garantisce il funzionamento pratico della presente decisione quadro. Per maggiori informazioni, consultare le pagine riguardanti il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS) sul sito Internet della Commissione europea. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Decisione quadro 2008/675/GAI del Consiglio 15.8.2008 15.8.2010 GU L 220 del 15.8.2008, pag. 32-34 ATTI COLLEGATI Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione negli Stati membri della decisione quadro 2008/675/GAI, del 24 luglio 2008, relativa alla considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell’Unione europea in occasione di un nuovo procedimento penale, COM(2014) 312 final del 2.6.2014. Decisione 2014/858/UE della Commissione, del 1o dicembre 2014, concernente la comunicazione, da parte del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, della volontà di partecipare ad atti dell’Unione nel settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale adottati prima dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona e che non fanno parte dell’acquis di Schengen (GU L 345 dell’1.12.2014, pag. 6-9).
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31989R2219
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Regolamento (CEE) n. 2219/89 del Consiglio, del 18 luglio 1989, relativo alle condizioni particolari d'esportazione dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali dopo un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva Gazzetta ufficiale n. L 211 del 22/07/1989 pag. 0004 - 0005 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 9 pag. 0088 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 9 pag. 0088 *****REGOLAMENTO (CEE) N. 2219/89 DEL CONSIGLIO del 18 luglio 1989 relativo alle condizioni particolari d'esportazione dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali dopo un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 113, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo, considerando che la Commissione deve essere informata di ogni incidente nucleare o di livelli insolitamente elevati di radioattività in virtù della decisione 87/600/Euratom del Consiglio, del 14 dicembre 1987, concernente le modalità comunitarie di uno scambio rapido d'informazioni in caso di emergenza radioattiva (2) o in virtù della convenzione del 26 settembre 1986 sulla rapida notificazione di un incidente nucleare; considerando il regolamento (Euratom) n. 3954/87 del Consiglio, del 22 dicembre 1987, che fissa i livelli massimi ammissibili di radioattività per i prodotti alimentari e per gli alimenti per animali in caso di livelli anormali di radioattività a seguito di un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva (3), modificato da ultimo dal regolamento (Euratom) n. 2218/89 (4); considerando che tali livelli massimi ammissibili fissati dal regolamento precitato tengono debitamente conto dei più recenti pareri scientifici attualmente disponibili a livello internazionale e riflettono l'esigenza di evitare divergenze nelle prassi normative internazionali; considerando che la risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 22 dicembre 1987, adottata in occasione dell'approvazione del regolamento (Euratom) n. 3954/87, prevede l'adozione di un regolamento specifico in materia d'esportazione dei prodotti alimentari; considerando che dopo un incidente nucleare o in qualsiasi altra situazione d'emergenza radiologica non è accettabile permettere l'esportazione, verso i paesi terzi, di prodotti il cui livello di contaminazione superi i livelli massimi ammissibili applicabili ai prodotti destinati al consumo nella Comunità e che è difficile in tali circostanze particolari trattare su un piano pratico in modo differente i prodotti in funzione della loro destinazione finale; considerando che le disposizioni in materia di esportazione debbono riferirsi anche agli alimenti per gli animali, giacché tali prodotti, per motivi di salute pubblica, costituiscono l'oggetto del regolamento (Euratom) n. 3954/87; considerando che è opportuno quindi precisare le condizioni d'esportazione dei prodotti alimentari e degli alimenti per gli animali dopo un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva e applicare a tali prodotti i livelli massimi ammissibili di contaminazione radioattiva fissati dal regolamento (Euratom) n. 3954/87, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. Il presente regolamento fissa le condizioni d'esportazione dei prodotti alimentari e degli alimenti per gli animali dopo un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva che possa causare una contaminazione radioattiva grave dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali. 2. Ai fini del presente regolamento, per prodotti alimentari si intendono i prodotti destinati all'alimentazione umana, sia direttamente sia dopo trasformazione, e per « alimenti per gli animali » i prodotti destinati esclusivamente all'alimentazione animale. Articolo 2 I prodotti alimentari e gli alimenti per gli animali, la cui contaminazione radioattiva ecceda i livelli massimi ammissibili resi applicabili in virtù delle disposizioni di cui agli articoli 2 e 3 del regolamento (Euratom) n. 3954/87, non possono essere esportati. Articolo 3 Gli Stati membri procedono a controlli sul rispetto dei livelli massimi ammissibili di cui all'articolo 2. Articolo 4 Ciascuno Stato membro comunica alla Commissione tutte le informazioni riguardanti l'applicazione del presente regolamento, in particolare i casi di superamento dei livelli massimi ammissibili. La Commissione trasmette tali informazioni agli altri Stati membri. Articolo 5 Le modalità di applicazione del presente regolamento sono stabilite in conformità della procedura prevista all'articolo 7 del regolamento (Euratom) n. 3954/87. A tal fine è istituito un comitato ad hoc. Articolo 6 Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 18 luglio 1989. Per il Consiglio Il Presidente R. DUMAS (1) GU n. C 214 del 16. 8. 1988, pag. 31. (2) GU n. L 371 del 30. 12. 1987, pag. 76. (3) GU n. L 371 del 30. 12. 1987, pag. 11. (4) Vedi pagina 1 della presente Gazzetta ufficiale.
Regime d'esportazione dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali dopo un incidente nucleare Il presente regolamento è volto a impedire l'esportazione, verso i paesi terzi, di prodotti il cui livello di contaminazione ecceda i livelli massimi ammissibili nella Comunità dopo un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva. ATTO Regolamento (CEE) n. 2219/89 del Consiglio, del 18 luglio 1989, relativo alle condizioni particolari d'esportazione dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali dopo un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva. SINTESI I prodotti alimentari e gli alimenti per gli animali la cui contaminazione radioattiva ecceda i livelli massimi ammissibili, resi applicabili sul mercato interno in virtù del regolamento (EURATOM) n. 3954/87, non possono essere esportati. Gli Stati membri garantiscono controlli sul rispetto dei livelli massimi ammissibili. Ciascuno Stato membro comunica alla Commissione tutte le informazioni riguardanti l'applicazione del presente regolamento. La Commissione trasmette tali informazioni agli altri Stati membri. Riferimenti Atto Entrata in vigore Termine ultimo di recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Regolamento (CEE) n. 2219/1989 25.7.1989 - GU L 211 del 22.7.1989 ATTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 733/2008 del Consiglio, del 15 luglio 2008, relativo alle condizioni d'importazione di prodotti agricoli originari dei paesi terzi a seguito dell'incidente verificatosi nella centrale nucleare di Cernobil [Gazzetta ufficiale L 201 del 30.7.2008].
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32009R0487
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REGOLAMENTO (CE) N. 487/2009 DEL CONSIGLIO del 25 maggio 2009 relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3 del trattato a talune categorie di accordi e pratiche concordate nel settore dei trasporti aerei (Versione codificata) (Testo rilevante ai fini del SEE) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l’articolo 83, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CEE) n. 3976/87 del Consiglio, del 14 dicembre 1987, relativo all’applicazione dell’articolo 85, paragrafo 3 del trattato a talune categorie di accordi e pratiche concordate nel settore dei trasporti aerei (2), è stato modificato in modo sostanziale e a più riprese (3). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale regolamento. (2) Le disposizioni comuni di applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato dovrebbero essere adottate mediante regolamento o direttiva, conformemente all’articolo 83 del trattato. La Commissione dovrebbe essere autorizzata a dichiarare mediante regolamento che l’articolo 81, paragrafo 1, del trattato non si applica a talune categorie di accordi tra imprese, decisioni di associazioni tra imprese e pratiche concordate. (3) La Commissione dovrebbe avere il potere di concedere talune esenzioni per categoria nel settore dei trasporti aerei relativamente al traffico tra la Comunità e i paesi terzi così come a quello intracomunitario. (4) È opportuno stabilire le condizioni e le circostanze specifiche secondo cui la Commissione potrà esercitare questo potere in stretto e costante collegamento con le competenti autorità degli Stati membri. (5) È in particolare auspicabile prevedere esenzioni di gruppo per talune categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate. Tali esenzioni dovrebbero essere concesse solo per un limitato periodo di tempo durante il quale i vettori aerei potranno adeguarsi alle condizioni di maggiore concorrenza. La Commissione, in stretta collaborazione con gli Stati membri, dovrebbe essere in grado di definire con precisione la portata di tali esenzioni e le relative condizioni. (6) Il presente regolamento non osta all’applicazione dell’articolo 86 del trattato, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Il presente regolamento si applica ai trasporti aerei. Articolo 2 1. Conformemente all’articolo 81, paragrafo 3, del trattato, la Commissione può dichiarare mediante regolamento che l’articolo 81, paragrafo 1, del trattato non si applica a talune categorie di accordi tra imprese, decisioni di associazioni di imprese e pratiche concordate. La Commissione può in particolare adottare regolamenti relativamente ad accordi, decisioni o pratiche concordate che perseguano una delle finalità seguenti: a) programmazione in comune e coordinamento degli orari di volo; b) consultazioni sulle tariffe per il trasporto di passeggeri, di bagagli e di merci sui servizi aerei di linea; c) accordi di gestione in comune di servizi aerei di linea di nuova istituzione e di scarsa densità; d) assegnazione di bande orarie negli aeroporti e programmazione degli orari; la Commissione provvede a garantire la concordanza delle suddette norme con il regolamento (CEE) n. 95/93 del Consiglio, del 18 gennaio 1993, relativo a norme comuni per l’assegnazione di bande orarie negli aeroporti della Comunità (4); e) acquisto, sviluppo e utilizzazione in comune dei sistemi informatizzati per la fissazione di orari, le prenotazioni e il rilascio di biglietti da parte delle imprese di trasporto aereo; la Commissione provvede a garantire la concordanza delle suddette norme con il regolamento (CEE) n. 2289/89 del Consiglio, del 24 luglio 1989, relativo ad un codice di comportamento in materia di sistemi telematici di prenotazione (5). 2. Fatte salve le disposizioni del secondo comma del paragrafo 1, i regolamenti della Commissione previsti da detto comma definiscono le categorie di accordi, decisioni o pratiche concordate cui essi si applicano e specificano in particolare: a) le restrizioni o clausole che possono o non possono figurare negli accordi, decisioni o pratiche concordate; b) le clausole che devono essere comprese negli accordi, decisioni e pratiche concordate o qualsiasi altra condizione da soddisfare. Articolo 3 I regolamenti adottati a norma dell’articolo 2 restano in vigore per un periodo determinato. Detti regolamenti possono essere abrogati o modificati quando le circostanze si siano modificate relativamente a uno dei fattori che ne hanno determinato l’adozione; in tal caso viene stabilito un periodo entro il quale dovranno essere modificati gli accordi e le pratiche concordate ai quali il regolamento precedente era applicabile prima dell’abrogazione o della modifica. Articolo 4 I regolamenti adottati ai sensi dell’articolo 2 contengono una disposizione che ne contempla l’applicazione con effetto retroattivo ad accordi, decisioni e pratiche concordate già esistenti alla data di entrata in vigore di tali regolamenti. Articolo 5 Un regolamento adottato ai sensi dell’articolo 2 può stabilire che il divieto di cui all’articolo 81, paragrafo 1, del trattato non si applica, per il periodo stabilito da detto regolamento, agli accordi, decisioni e pratiche concordate in vigore alla data dell’adesione, ai quali l’articolo 81, paragrafo 1 si applica in virtù dell’adesione di Austria, Finlandia e Svezia e che non soddisfano i requisiti di cui all’articolo 81, paragrafo 3, del trattato. Tuttavia il presente articolo non si applica agli accordi, decisioni e pratiche concordate che alla data dell’adesione rientrano già nel campo di applicazione dell’articolo 53, paragrafo 1, dell’accordo SEE. Articolo 6 Prima di adottare un regolamento a norma dell’articolo 2, la Commissione pubblica un progetto del medesimo e invita tutte le persone e organizzazioni interessate a presentare le loro osservazioni entro un limite di tempo ragionevole che essa determina e che non può essere inferiore a un mese. Articolo 7 Prima di pubblicare un progetto di regolamento e prima di adottare un regolamento a norma dell’articolo 2 la Commissione consulta il comitato consultivo sulle pratiche restrittive e le posizioni dominanti di cui all’articolo 14 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (6). Articolo 8 Il regolamento (CEE) n. 3976/87 è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato II. Articolo 9 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 25 maggio 2009. Per il Consiglio Il presidente J. ŠEBESTA (1) Parere del 21 ottobre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) GU L 374 del 31.12.1987, pag. 9. (3) V. allegato I. (4) GU L 14 del 22.1.1993, pag. 1. (5) GU L 220 del 29.7.1989, pag. 1. (6) GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1. ALLEGATO I Regolamento abrogato ed elenco delle sue modificazioni successive Regolamento (CEE) n. 3976/87 del Consiglio (GU L 374 del 31.12.1987, pag. 9). Regolamento (CEE) n. 2344/90 del Consiglio (GU L 217 dell’11.8.1990, pag. 15). Regolamento (CEE) n. 2411/92 del Consiglio (GU L 240 del 24.8.1992, pag. 19). Atto di adesione del 1994, allegato I, punto III.A.3 (GU C 241 del 29.8.1994, pag. 56). Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio (GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1). unicamente l’articolo 41 Regolamento (CE) n. 411/2004 del Consiglio (GU L 68 del 6.3.2004, pag. 1). unicamente l’articolo 2 ALLEGATO II TAVOLA DI CONCORDANZA Regolamento (CEE) n. 3976/87 Presente regolamento Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2, paragrafo 1 Articolo 2, paragrafo 1, primo comma Articolo 2, paragrafo 2, alinea Articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, alinea Articolo 2, paragrafo 2, primo trattino Articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, lettera a) Articolo 2, paragrafo 2, secondo trattino Articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, lettera b) Articolo 2, paragrafo 2, terzo trattino Articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, lettera c) Articolo 2, paragrafo 2, quarto trattino Articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, lettera d) Articolo 2, paragrafo 2, quinto trattino Articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, lettera e) Articolo 2, paragrafo 3 Articolo 2, paragrafo 2 Articoli 3 e 4 Articoli 3 e 4 Articolo 4 bis, prima frase Articolo 5, primo comma Articolo 4 bis, seconda frase Articolo 5, secondo comma Articolo 5 Articolo 6 Articolo 6 Articolo 7 — Articolo 8 Articolo 9 Articolo 9 — Allegato I — Allegato II
Esenzione all’applicazione delle regole di concorrenza UE per taluni accordi nel settore dei trasporti aerei QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento accorda alla Commissione europea il potere di concedere esenzioni per categoria nel settore dei trasporti aerei relativamente al traffico all’interno dell’Unione europea (Unione) e tra l’Unione e i paesi terzi. Stabilisce le condizioni e le circostanze specifiche in cui la Commissione potrà esercitare questo potere insieme alle autorità nazionali per la concorrenza degli Stati membri dell’Unione. Occorre notare che l’articolo del trattato nel titolo del regolamento, ossia l’articolo 81, paragrafo 3, del trattato che istituisce la Comunità europea (TCE), è diventato l’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). PUNTI CHIAVE Articolo 101 del TFUE L’articolo 101, paragrafo 3, del TFUE consente alla Commissione di adottare un regolamento che dichiari che taluni accordi, decisioni e pratiche concordate* sono esenti dall’articolo 101, paragrafo 1, del TFUE, che vieta gli accordi e le pratiche concordate tra società e gruppi di società che possono incidere sugli scambi tra Stati membri e il cui scopo è prevenire, limitare o distorcere la concorrenza all’interno mercato unico dell’Unione. In particolare, la Commissione può adottare tale regolamento di esenzione per categoria in relazione ad accordi, decisioni e pratiche concordate riguardanti una delle seguenti finalità:programmazione in comune e coordinamento degli orari di volo; consultazioni sulle tariffe per il trasporto di passeggeri, bagagli e merci sui servizi aerei di linea; accordi di gestione in comune di servizi aerei di linea di nuova istituzione e di scarsa densità; assegnazione di bande orarie negli aeroporti e programmazione degli orari; acquisto, sviluppo e utilizzazione in comune di sistemi telematici di prenotazione per la fissazione di orari, le prenotazioni e il rilascio di biglietti da parte delle imprese di trasporto aereo.Circostanze modificate Quando le circostanze si siano modificate relativamente a uno dei fattori che ne hanno determinato l’adozione, l’atto può essere abrogato o modificato. In tale eventualità, deve essere previsto un periodo transitorio per procedere alla modifica degli accordi e delle pratiche concordate ai quali era applicabile il regolamento precedente, prima dell’abrogazione o della modifica. Durata limitata Gli eventuali regolamenti relativi alle esenzioni per categoria vengono adottati per un periodo specificato e si applicano con effetto retroattivo ad accordi, decisioni e pratiche concordate già esistenti alla data di entrata in vigore del regolamento. Informazioni e consultazione Prima dell’adozione di un regolamento relativo alle esenzioni per categoria, la Commissione deve adottare un progetto del regolamento proposto e invitare tutte le persone e organizzazioni interessate a presentare le loro osservazioni entro un limite di tempo ragionevole. La Commissione deve consultare il comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti ai sensi del regolamento (CE) n. 1/2003 e dovrà farlo una prima volta prima di pubblicare il progetto di regolamento e una seconda volta dopo le consultazioni pubbliche (cfr. sintesi). A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento è in vigore dal 1 luglio 2009. Il regolamento (CE) n. 487/2009 codifica e abroga il regolamento (CEE) n. 3976/87. CONTESTO Per maggiori informazioni, si veda:Antitrust (Commissione europea). Regolamenti di esenzione per categoria (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Pratiche concordate. Pratiche anticoncorrenziali, che sia stato concluso un accordo formale tra le parti o meno, le quali possono derivare da contatti diretti o indiretti fra società la cui intenzione è quella di influenzare la condotta del mercato o di rivelare comportamenti futuri previsti ai concorrenti. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 487/2009 del Consiglio, del 25 maggio 2009, relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato a talune categorie di accordi e di pratiche concordate nel settore dei trasporti aerei (versione codificata) (GU L 148 dell’11.6.2009, pag. 1). DOCUMENTI CORRELATI Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo VII — Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni — Capo 1 — Regole di concorrenza — Sezione 1 — Regole applicabili alle imprese — Articolo 101 (ex 81 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 88). Regolamento (CE) n. 80/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 gennaio 2009, relativo a un codice di comportamento in materia di sistemi telematici di prenotazione e che abroga il regolamento (CEE) n. 2299/89 del Consiglio (GU L 35 del 4.2.2009, pag. 47). Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU L 1 del 4.1.2003, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1/2003 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento (CEE) n. 95/93 del Consiglio, del 18 gennaio 1993, relativo a norme comuni per l’assegnazione di bande orarie negli aeroporti dell’Unione europea (GU L 14 del 22.1.1993, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
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Direttiva 89/108/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1988 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri sugli alimenti surgelati destinati all'alimentazione umana Gazzetta ufficiale n. L 040 del 11/02/1989 pag. 0034 - 0037 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 9 pag. 0049 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 9 pag. 0049 DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 21 dicembre 1988 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sugli alimenti surgelati destinati all'alimentazione umana (89/108/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100 A, vista la proposta della Commissione, in cooperazione con il Parlamento europeo (1), visto il parere del Comitato economico e sociale (2), considerando che la fabbricazione e lo smercio dei prodotti surgelati destinati all'alimentazione umana, in appresso denominati «alimenti surgelati», rivestono un'importanza sempre maggiore nella Comunità: considerando che le differenze fra le legislazioni nazionali riguardanti gli alimenti surgelati ne ostacolano la libera circolazione; che dette differenze possono creare condizioni di concorrenza ineguali e pertanto incidere direttamente sull'instaurazione e suI funzionamento del mercato comune; considerando che, di conseguenza, è necessario ravvicinare dette legislazioni; considerando che a tale scopo occorre dare alla legislazione comunitaria il campo d'applicazione più vasto possibile, che si estenda a tutti i surgelati per l'alimentazione umana e includa non soltanto i prodotti destinati a essere forniti tali e quali al consumatore finale nonché ai ristoranti, agli ospedali, alle mense ed altre collettività analoghe, ma anche quelli che subiranno trasformazioni o entreranno a far parte di successive preparazioni; considerando tuttavia che questa regolamentazione non deve applicarsi a prodotti che non siano presentati in commercio come alimenti surgelati; considerando che in ogni caso è opportuno stabilire i criteri generali cui deve essere conforme qualsiasi alimento surgelato; considerando che in seguito potranno essere emanate all'occorrenza, per taluni gruppi di alimenti surgelati, disposizioni speciali a complemento dei criteri generali, secondo la procedura applicabile a ciascuno di questi gruppi; considerando che il surgelamento mira a conservare le caratteristiche intrinseche degli alimenti mediante un processo di congelamento rapido e che é necessario raggiungere in tutti i punti del prodotto una temperatura pari o inferiore a -18 oC; considerando che ad una temperatura di - 18 oC qualsiasi attività microbiologica in grado di alterare la qualità di un prodotto alimentare è sospesa e che ne deriva la necessità di mantenere almeno questa temperatura, sia pure con una certa tolleranza tecnicamente inevitabile, durante l'immagazzinamento e la distribuzione degli alimenti surgelati prima della loro immissione sul mercato per il consumatore finale; considerando che taluni aumenti della temperatura sono inevitabili per motivi tecnici e che quindi possono essere tollerati a condizione che non nuocciano alla qualità dei prodotti, cosa questa che può essere garantita se si osservano le buone prassi di conservazione e di distribuzione, tenuto conto in particolare del livello di rotazione delle scorte; considerando che le prestazioni di alcuni impianti tecnici attualmente utilizzati per la distribuzione locale degli alimenti surgelati non sono tali da garantire sempre il rispetto integrale dei limiti di temperatura imposti dalla presente direttiva e che si deve pertanto prevedere un regime transitorio che consenta di ammortizzare normalmente il materiale esistente; considerando che la presente direttiva può limitarsi ad enunciare gli obiettivi da raggiungere per quanto riguarda tanto l'attrezzatura utilizzata per l'operazione di surgelamento, quanto le temperature da rispettare nelle installazioni e nelle attrezzature di immagazzinamento, di manipolazione, di trasporto e di distribuzione; considerando che è compito degli Stati membri di garantire, mediante controlli ufficiali, che il materiale utilizzato sia tale da soddisfare questi obiettivi; considerando che siffatto controllo rende inutile qualsiasi sistema di accertamento ufficiale negli scambi commercial: considerando che è opportuno prevedere la possibilità di utilizzare fluidi criogeni, il che implica il loro contatto diretto con gli alimenti surgelati; che, pertanto, detti fluidi debbono essere sufficientemente inerti per non cedere agli alimenti un quantitativo di costituenti che possa presentare un pericolo per la salute umana, modificare in modo inaccettabile la composizione degli alimenti od alterare le loro caratteristiche organolettiche; considerando che per conseguire questo obiettivo occorre definire l'elenco delle sostanze in questione e fissarne i criteri di purezza nonché le condizioni di impiego; considerando che gli alimenti surgelati destinati al consumatore finale nonché ai ristoranti, agli ospedali, alle mense e ad altre collettività analoghe sono soggetti, per quanto riguarda l'etichettatura, alle norme istituite dalla direttiva 79/112/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1978, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura, la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale e la relativa pubblicità (3), modificata da ultimo dalla direttiva 86/197/CEE (4); che la presente direttiva deve pertanto limitarsi a prescrivere le diciture specifiche per gli alimenti surgelati; considerando che al fine di agevolare gli scambi è opportuno fissare anche le norme sull'etichettatura degli alimenti surgelati non destinati ad essere venduti tal quali al consumatore finale né ai ristoranti, agli ospedali, alle mense e ad altre collettività analoghe; considerando che per semplificare ed accelerare la procedura, è opportuno affidare alla Commissione l'adozione di misure esecutive di carattere tecnico; considerando che, in tutti i casi per i quali il Consiglio conferisce alla Commissione competenze per l'esecuzione di norme stabilite nel settore dei prodotti alimentari, occorre fissare una procedura che instauri una stretta cooperazione . tra gli Stati membri e la Commissione irt sede di comitato permanente per i prodotti alimentari, istituito dalla decisione 69/414/CEE del Consiglio (5), HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 1. La presente direttiva riguarda i prodotti surgelati destinati all'alimentazione umana, denominati qui di seguito «alimenti surgelati». 2. Ai sensi della presente direttiva, si intendono per «alimenti surgelati» i prodotti alimentari: - che sono stati sottoposti ad un processo speciale di congelamento, detto «surgelamento», che permette di superare con la rapidità necessaria in funzione della natura del prodotto la zona di cristallizzazione massima del prodotto e di far sì che la temperatura del prodotto in tutti i suoi punti - dopo la stabilizzazione termica - sia mantenuta ininterrottamente a valori pari o inferiori a -18oCe - che sono commercializzati in modo che risulti che hanno questa caratteristica. I gelati non sono considerati alimenti surgelati ai sensi della presente direttiva. 3. L'applicazione della presente direttiva lascia impregiudicate Ie disposizioni comunitarie derivanti: a) da una organizzazione comune dei mercati nei settori dell'agricoltura e della pesca; b) dall'igiene veterinaria. Articolo 2 Solo i prodotti definiti all'articolo 1, paragrafo 2 possono avere le denominazioni previste agli articoli 8 e 9. Articolo 3 1. Le materie prime usate per la fabbricazione degli alimenti surgelati devono essere di qualità sana, leale e commerciale e possedere il necessario grado di freschezza. 2. La preparazione dei prodotti da trattare e l'operazione di surgelamento devono essere effettuate senza indiigio mediante attrezzature tecniche idonee a ridurre al minimo le modifiche chimiche, biochimiche e microbiologiche. Articolo 4 I mezzi criogeni il cui uso a contatto diretto con i surgelati è autorizzato, ad esclusione di tutti gli altri, sono i seguenti: - aria, - azoto, - anidride carbonica. In deroga al primo comma, gli Stati membri possono mantenere sino al 31 dicembre 1992 le legislazioni nazionali che autorizzano l'utilizzazione del diclorodifluormetano (R 12). I criteri di purezza cui tali mezzi criogeni devono rispondere sono fissati, se del caso, secondo la procedura prevista all'articolo 12. Articolo 5 1. La temperatura degli alimenti surgelati deve essere stabile e mantenuta, in tutti i punti del prodotto, a -18 oC o meno, con eventuali brevi fluttuazioni verso l'alto di 3 oC al massimo durante il trasporto. 2. Tuttavia, entro i limiti delle buone prassi di conservazione e di distribuzione, durante la distribuzione locale e negli armadi e banconi frigoriferi per la vendita al consumatore finale sono ammesse tolleranze della temperatura del prodotto, alle condizioni seguenti: a) tali tolleranze non devono superare i 3oC: b) esse possono tuttavia raggiungere i 6oC negli armadi e banconi frigoriferi per la vendita al consumatore finale, se ed in quanto gli Stati membri lo decidano. In questo caso gli Stati membri scelgono la temperatura in base alla rotazione delle scorte o dei prodotti nel commercio al dettaglio e informano la Commissione sulle misure prese e sui motivi che le giustificano. La Commissione riesaminerà la tolleranza prevista dalla presente lettera sulla scorta delle innovazioni tecniche e, se del caso, presenterà al Consiglio, entro il 31 dicembre 1992, proposte in merito. 3. Durante un periodo di otto anni a decorrere dalla notifica della presente direttiva gli Stati membri possono, per la distribuzione locale, autorizzare tolleranze fino a 6 oC. Articolo 6 1. Gli Stati membri: a) si assicurano che gli impianti usati per il surgelamento, l'immagazzinamento, il trasporto, la distribuzione locale e gli armadi e i banconi frigoriferi di vendita siano tali da garantire il rispetto dei requisiti previsti dalla presente direttiva; b) effettuano un controllo ufficiale mediante sondaggio delle temperature degli alimenti surgelati. 2. Gli Stati membri si astengono dall'esigere che, in vista o all'atto della commercializzazione degli alimenti surgelati, il rispetto delle disposizioni del paragrafo 1 sia attestato da un certificato ufficiale. Articolo 7 Gli alimenti surgelati destinati al consumatore finale debbono essere condizionati dal fabbricante oppure dal condizionatore negli imballaggi preliminari appropriati atti a proteggerli dalle contaminazioni esterne microbiche o di altro genere e dalla disseccazione. Articolo 8 1. La direttiva 79/112/CEE si applica ai prodotti contemplati dalla presente direttiva e destinati tal quali al consumatore finale nonché ai ristoranti, agli ospedali, alle mense ed altre collettività analoghe, alle seguenti condizioni: a) la denominazione di vendita è completata dalla o dalle seguenti menzioni: - in spagnolo «ultracongelado» o «congelado rapidamente», - in danese «dybfrossen», - in tedesco «tiefgefroren» o «Tiefkuehlkost» o «tiefgekuehlt» o «gefrostet», - in greco «baqeíaw katácyjhw» o «taxeíaw yperkatecygména», - in inglese «quick-frozen», - in francese «surgelé», - in italiano «surgelato», - in neerlandese «diepvries», - in portoghese «ultracongelado»; b) l'indicazione della data di conservazione minima deve essere corredata dell'indicazione del periodo in cui i surgelati possono essere immagazzinati presso il destinatario e dell'indicazione della temperatura di conservazione e/o dell'attrezzatura richiesta per la conservazione; c) l'etichettatura di qualsiasi alimento surgelato deve recare un'indicazione che permetta di individuare la partita; d) l'etichettatura di qualsiasi alimento surgelato deve recare una chiara avvertenza del tipo «non ricongelare dopo scongelamento». Articolo 9 1. L'etichettatura dei prodotti definiti nell'articolo 1, paragrafo 2 e non destinati ad essere forniti al consumatore finale né ai ristoranti, agli ospedali, alle mense e ad altre collettività analoghe comporta soltanto le diciture obbligatorie seguenti: a) la denominazione di vendita completata conformemente all'articolo 8, paragrafo 1, lettera a); b) il contenuto netto espresso in unità di massa; c) una dicitura che consenta di individuare la partita; d) il nome o la ragione sociale e l'indirizzo del produttore o del confezionatore oppure di un rivenditore stabilito all'interno della Comunità. 2. Le indicazioni di cui al paragrafo 1 figurano sull'imballaggio, sul recipiente o sulla confezione o su un'etichetta ivi apposta. 3. II presente articolo lascia impregiudicate eventuali disposizioni comunitarie più precise o più ampie in materia di metrologia. Articolo 10 Gli Stati membri non possono, per ragioni riguardanti le caratteristiche di fabbricazione, la confezione o letichettatu- ra, vietare o limitare la commercializzazione dei prodotti definiti all'articolo 1, paragrafo 2, conformi alla presente direttiva e alle misure prese per la sua applicazione. Articolo 11 Le modalità relative al prelievo di campioni, al controllo delle temperature degli alimenti surgelati ed al controllo delle temperature nei mezzi di trasporto e delle attrezzature di immagazzinamento e di conservazione sono determinate secondo la procedura prevista all'articolo 12, prima dello scadere di un termine di ventiquattro mesi a decorrere dalla notifica della presente direttiva. Articolo 12 1. Ove si faccia riferimento alla procedura definita nel presente articolo, il comitato permanente per i prodotti alimentari è chiamato a pronunciarsi dal suo presidente, su iniziativa di quest'ultimo oppure su richiesta del rappresentante di uno Stato membro. 2. Il rappresentante della Commissione presenta al comitato un progetto delle misure da attuare. Il comitato esprime il suo parere sul progetto nel termine che il presidente può stabilire in relazione all'urgenza del problema in esame. II comitato si pronuncia alla maggioranza qualificata prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato. II presidente non partecipa al voto. 3. a) La Commissione adotta le misure proposte quando sono conformi al parere del comitato. b) Quando le misure proposte non sono conformi al parere del comitato, oppure in mancanza di detto parere, la Commissione presenta immediatamente al Consiglio una proposta relativa alle misure da prendere. II Consiglio delibera a maggioranza qualificata. c) Se allo scadere di un termine di tre mesi a decorrere dalla data in cui è stato adito il Consiglio non ha adottato misure, la Commissione adotta le misure proposte. Anrticolo 13 Gli Stati membri prendono le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Dette misure devono: - permettere, al più tardi diciotto mesi dopo la notifica (6) della direttiva, il commercio di prodotti conformi alla presente direttiva; - vietare, al più tardi ventiquattro mesi dopo la notifica della direttiva, il commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva. 2. per quanto riguarda gli armadi e i banconi frigoriferi per la vendita al consumatore finale, gli Stati membri possono, diirante un periodo di otto anni a decorrere dalla notifica della presente direttiva, mantenere le legislazioni esistenti al momento dell'applicazione della presente direttiva. In tal caso gli Stati membri ne informano la Commissione precisando i motivi che giustificano la loro decisione. Articolo 14 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 21 dicembre 1988. Per il Consiglio Il Presidente V. PAPANDREOU (1) GU n. C 175 del 15. 7. 1985, pag. 296 e GU n. C 12 del l6. 1. 1989. (2) GU n. C 104 del 25. 4. 1985, pag. 17.(3) GU n. L 33 dell'8. 2. 1979, pag. 1 (4) GU n. L 144 del 29. 5. 1986, pag. 38. (5) GU n. L 291 del 19. 11. 1969, pag. 9.(6) La presente direttiva è stata notificata agli Stati membri il 10 gennaio 1989.
Alimenti surgelati QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Stabilisce norme a livello UE che disciplinano il congelamento rapido, l’imballaggio, l’etichettatura e l’ispezione dei prodotti alimentari surgelati. PUNTI CHIAVE Processo di congelamento rapidoGli alimenti surgelati sono quelli sottoposti al processo di «surgelamento», in cui la zona di temperatura di massima cristallizzazione viene superata il più rapidamente possibile e il prodotto viene quindi mantenuto (dopo la stabilizzazione termica) a una temperatura di -18 °C o inferiore. Il congelamento rapido deve essere effettuato senza indugio, mediante attrezzature tecniche idonee, con materie prime di qualità sana, leale e commerciale. Solo aria, azoto e anidride carbonica che soddisfano specifici criteri di purezza possono essere utilizzati come mezzi criogeni (cioè a temperature molto basse). La Commissione europea stabilisce i criteri di purezza. Deviazioni dalla temperatura di -18 °C per gli alimenti surgelati sono consentite durante il trasporto e la distribuzione locale e negli espositori al dettaglio. In tali casi le fluttuazioni verso l’alto non devono superare i 3 °C.Imballaggio dei prodottiGli alimenti surgelati destinati al consumatore finale debbono essere imballati in un preconfezionamento atto a proteggerli dalle contaminazioni esterne microbiche e dalla disseccazione. L’etichettatura degli alimenti surgelati deve includere la denominazione di vendita, l’indicazione «surgelato» e l’identificazione della partita. Le altre informazioni obbligatorie variano in base al consumatore previsto per il prodotto.Consumatori finali, ristoranti, ospedali, mense: data di conservazione minima, indicazione del periodo durante il quale i surgelati possono essere conservati presso l’acquirente, indicazione della temperatura di conservazione e dell’attrezzatura richiesta per la conservazione.Altre: il contenuto netto e l’identità del produttore, confezionatore o rivenditore.Controlli ufficialiGli Stati membri devono garantire che le apparecchiature utilizzate per gli alimenti surgelati siano conformi alla direttiva e devono effettuare controlli ufficiali casuali sulla temperatura del prodotto.Alla Commissione è conferito il potere di adottare misure dettagliate per il campionamento e il monitoraggio della temperatura nei modi di trasporto, deposito e conservazione. DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore dal 10 gennaio 1989 e doveva diventare legge negli Stati membri entro il 10 luglio 1990 per il commercio di prodotti conformi alla direttiva. Gli Stati membri dovevano vietare il commercio di prodotti non conformi alla direttiva entro il 10 gennaio 1991. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 89/108/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sugli alimenti surgelati destinati all’alimentazione umana (GU L 40 dell’11.2.1989, pag. 34). Le successive modifiche alla direttiva 89/108/CEE sono state incorporate nell’atto originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 37/2005 della Commissione, del 12 gennaio 2005, sul controllo delle temperature nei mezzi di trasporto e nei locali di immagazzinamento e di conservazione degli alimenti surgelati destinati all’alimentazione umana (GU L 10 del 13.1.2005, pag. 18). Si veda la versione consolidata. Direttiva 92/2/CEE della Commissione, del 13 gennaio 1992, che fissa le modalità di campionamento e il metodo comunitario di analisi per il controllo delle temperature degli alimenti surgelati destinati all’alimentazione umana (GU L 34 dell’11.2.1992, pag. 30).
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Direttiva 93/51/CEE della Commissione, del 24 giugno 1993, che istituisce norme per il trasporto di determinati vegetali, prodotti vegetali o altre voci attraverso una zona protetta, nonché per il trasporto di tali vegetali, prodotti vegetali o altre voci originari di una zona protetta e spostati all'interno di essa Gazzetta ufficiale n. L 205 del 17/08/1993 pag. 0024 - 0025 edizione speciale finlandese: capitolo 3 tomo 51 pag. 0186 edizione speciale svedese/ capitolo 3 tomo 51 pag. 0186 DIRETTIVA 93/51/CEE DELLA COMMISSIONE del 24 giugno 1993 che istituisce norme per il trasporto di determinati vegetali, prodotti vegetali o altre voci attraverso una zona protetta, nonché per il trasporto di tali vegetali, prodotti vegetali o altre voci originari di una zona protetta e spostati all'interno di essaLA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il Trattato che istituisce la Comunità economica europea, vista la direttiva 77/93/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1976, concernente le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità (1), modificata da ultimo dalla direttiva 93/19/CEE del Consiglio (2), in particolare l'articolo 6, paragrafo 7, primo e secondo trattino, considerando che l'applicazione del regime fitosanitario comunitario alla Comunità quale zona senza frontiere interne comporta il riconoscimento di « zone protette » istituite per determinati vegetali, prodotti vegetali o altre voci nei confronti di uno o più organismi nocivi; considerando che a norma della direttiva 77/93/CEE, a decorrere dal 1o giugno 1993, i vegetali, i prodotti vegetali o le altre voci elencati nell'allegato V, parte A, sezione II non possono essere introdotti in una determinata zona protetta e non possono esservi spostati se su di essi, sul loro imballaggio o sui veicoli che li trasportano non è apposto un passaporto delle piante valido per tale zona, rilasciato ufficialmente in conformità all'articolo 10, paragrafo 1 della stessa direttiva; che tali disposizioni non si applicano qualora siano soddisfatte determinate garanzie per il trasporto di vegetali, prodotti vegetali e altre voci attraverso una zona protetta istituita per i medesimi nei confronti di uno o più organismi nocivi; che tali disposizioni possono essere rispettate con condizioni meno rigorose di quelle previste all'articolo 6, paragrafo 4 della direttiva summenzionata per i vegetali, i prodotti vegetali e le altre voci originari di una zona protetta e spostati all'interno di essa; considerando che, in mancanza di garanzie ovunque accettate, queste devono essere fissate tenendo conto delle particolari condizioni in cui tali spostamenti sono effettuati, onde garantire una sufficiente sicurezza sul piano fitosanitario; considerando che le misure previste dalla presente direttiva sono conformi al parere del comitato fitosanitario permanente, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 1. Gli Stati membri provvedono affinché siano rispettate le condizioni di cui al paragrafo 2 quando i vegetali, i prodotti vegetali o le altre voci elencati nell'allegato V, parte A, sezione II della direttiva 77/93/CEE, non originari di una zona protetta istituita per i medesimi nei confronti di uno o più organismi nocivi, conformemente all'articolo 2, paragrafo 1, lettera h) della direttiva 77/93/CEE, vengono spostati attraverso la zona di cui trattasi per essere avviati verso una destinazione finale al di fuori di detta zona e senza un passaporto delle piante valido per la medesima. 2. Devono essere rispettate le condizioni seguenti: a) l'imballaggio utilizzato o eventualmente il veicolo che trasporta i vegetali, i prodotti vegetali o le altre voci di cui al paragrafo 1 devono essere puliti, esenti dagli organismi di cui al paragrafo 1 e di natura tale da escludere qualsiasi rischio di diffusione di organismi nocivi; b) subito dopo il condizionamento, l'imballaggio o eventualmente il veicolo che trasporta i vegetali, i prodotti vegetali o le altre voci in parola devono essere sigillati secondo rigorose norme fitosanitarie in modo da garantire che non vi siano rischi di diffusione di organismi nocivi nella zona protetta interessata e che l'identità resti immutata, nonché in modo da rispondere alle esigenze degli organismi ufficiali responsabili di cui alla direttiva 77/93/CEE; l'imballaggio o il veicolo devono restare sigillati durante tutto il trasporto attraverso la zona protetta considerata; c) i vegetali, i prodotti vegetali e le altre voci menzionati nel paragrafo 1 devono essere accompagnati da un documento normalmente utilizzato a scopo commerciale, nel quale sia indicato che i prodotti suddetti provengono dall'esterno della zona protetta considerata e che la loro destinazione finale si trova al di fuori di detta zona. 3. Qualora nel corso di un controllo ufficiale predisposto a norma dell'articolo 11, paragrafo 7 della direttiva 77/93/CEE ed eseguito all'interno della zona considerata si constati che i requisiti di cui all'articolo 1, paragrafo 2 non sono soddisfatti, si prendono immediatamente - se del caso - le seguenti misure ufficiali, fatte salve le misure da adottare se i vegetali, i prodotti vegetali e le altre voci non soddisfano le condizioni fissate dalla direttiva 77/93/CEE: - sigillatura dell'imballaggio, - trasporto sotto controllo ufficiale dei vegetali, dei prodotti vegetali e delle altre voci verso una destinazione al di fuori della zona protetta considerata. Articolo 2 1. Gli Stati membri stabiliscono di applicare condizioni meno rigorose ai vegetali, ai prodotti vegetali e alle altre voci elencati nell'allegato V, parte A, sezione II della direttiva 77/93/CEE originari di una zona protetta istituita per i medesimi nei confronti di uno o più organismi nocivi e spostati all'interno di tale zona. 2. Ai fini del paragrafo 1 si può applicare la seguente condizione meno rigorosa: i controlli ufficiali di cui all'articolo 6, paragrafo 4 della direttiva 77/93/CEE possono limitarsi a verificare il rispetto delle condizioni previste nella direttiva 92/70/CEE della Commissione, del 30 luglio 1992, che stabilisce le modalità delle indagini da effettuare per il riconoscimento di zone protette della Comunità (3). Articolo 3 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro la data stabilita all'articolo 3, paragrafo 1 della direttiva 91/683/CEE del Consiglio (4). Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano immediatamente alla Commissione le disposizioni di diritto interno adottate nel settore disciplinato dalla presente direttiva. La Commissione ne informa gli altri Stati membri. Articolo 4 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, il 24 giugno 1993. Per la Commissione René STEICHEN Membro della Commissione (1) GU n. L 26 del 31. 1. 1977, pag. 20. (2) GU n. L 96 del 22. 4. 1993, pag. 33. (3) GU n. L 250 del 29. 8. 1992, pag. 37. (4) GU n. L 376 del 31. 12. 1991, pag. 29.
Trasporto di determinati vegetali e prodotti vegetali attraverso zone protette QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA? Intende integrare le norme sulla salute dei vegetali (attualmente contenute nella direttiva 2000/29/CE) volte a proteggerli dall’introduzione nelle zone protette* designate dell’UE di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali, contro la loro diffusione. Questi organismi comprendono insetti, nematodi (un verme dell’ampio phylum Nematoda, come i vermi cilindrici e le trichine) e batteri. La direttiva consente ai paesi dell’UE di permettere lo spostamento di determinati vegetali all’interno di o attraverso zone protette senza la necessità di un passaporto delle piante valido per l’appropriata zona protetta, purché siano soddisfatte alcune condizioni specifiche. PUNTI CHIAVE I paesi dell’UE possono richiedere la designazione di protezione speciale da organismi nocivi per tutto o parte del loro territorio. Una zona protetta viene definita in relazione a un particolare organismo nocivo. Le norme generali stabiliscono che i vegetali, i prodotti vegetali o altre voci (ad esempio certi tipi di legno o di terreno) potenzialmente portatori di organismi nocivi concernenti talune zone protette, quando vengono introdotti in tale zona o spostati all’interno di essa, devono essere accompagnati da un passaporto delle piante valido per l’appropriata zona protetta. Tuttavia, per quanto riguarda lo spostamento attraverso una zona protetta di vegetali, prodotti vegetali o altre voci non originari di tale zona, la direttiva 93/51/CEE prevede le seguenti condizioni:l’imballaggio e i veicoli utilizzati per trasportare i vegetali devono essere puliti ed esenti dagli organismi interessati e di natura tale da escludere qualsiasi rischio di diffusione di organismi nocivi;subito dopo l’imballaggio e il carico, l’imballaggio o il veicolo utilizzati devono essere sigillati in modo che non vi siano rischi di diffusione di organismi nocivi nella zona protetta e devono restare sigillati durante il trasporto;i prodotti vegetali devono essere accompagnati da un documento, normalmente utilizzato a scopo commerciale, nel quale sia indicato che i prodotti provengono dall’esterno della zona protetta e che la loro destinazione si trova al di fuori della stessa. Qualora venga eseguito un controllo ufficiale e si constati che le suddette condizioni non sono state soddisfatte, l’imballaggio viene sigillato e i prodotti vegetali vengono trasportati, sotto controllo ufficiale, al di fuori della zona protetta. Condizioni simili si applicano ai prodotti vegetali originari di una determinata zona protetta e spostati all’interno della stessa. Tuttavia, i controlli ufficiali possono limitarsi a verificare il rispetto delle condizioni previste nelle norme dettagliate sulle modalità delle indagini da effettuare per il riconoscimento delle zone protette (direttiva 92/70/CEE). Queste indagini dettagliate vengono svolte annualmente e comprendono il prelievo di campioni di vegetali, prodotti vegetali e substrato di coltivazione nelle zone in questione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Si applica dal 24 luglio 1993 e doveva entrare in vigore nei paesi dell’UE il 1° giugno 1993 (la data indicata nella direttiva 91/683/CEE del Consiglio, un atto che è stato successivamente abrogato e sostituito dalla direttiva 2000/29/CE del Consiglio). CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:Zone protette (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Zona protetta: designata in base alla sussistenza del pericolo che un particolare organismo nocivo possa diffondersi grazie a condizioni ambientali favorevoli. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 93/51/CEE della Commissione, del 24 giugno 1993, che istituisce norme per il trasporto di determinati vegetali, prodotti vegetali o altre voci attraverso una zona protetta, nonché per il trasporto di tali vegetali, prodotti vegetali o altre voci originari di una zona protetta e spostati all’interno di essa (GU L 205 del 17.8.1993, pag. 24). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 2016/2031 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2016, relativo alle misure di protezione contro gli organismi nocivi per le piante, che modifica i regolamenti (UE) n. 228/2013, (UE) n. 652/2014 e (UE) n. 1143/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga le direttive 69/464/CEE, 74/647/CEE, 93/85/CEE, 98/57/CE, 2000/29/CE, 2006/91/CE e 2007/33/CE del Consiglio (GU L 317 del 23.11.2016, pag. 4). Regolamento (CE) n. 690/2008 della Commissione, del 4 luglio 2008, relativo al riconoscimento di zone protette esposte a particolari rischi in campo fitosanitario nella Comunità (rifusione) (GU L 193 del 22.7.2008, pag. 1). Le successive modifiche alla direttiva 2000/29/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Direttiva 2000/29/CE del Consiglio, dell’8 maggio 2000, concernente le misure di protezione contro l’introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità (GU L 169 del 10.7.2000, pag. 1). Si veda la versione consolidata. Direttiva 92/70/CEE della Commissione, del 30 luglio 1992, che stabilisce le modalità delle indagini da effettuare per il riconoscimento di zone protette nella Comunità (GU L 250 del 29.8.1992, pag. 37).
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2003/3/: Decisione n. 3/2003 del Consiglio dei ministri ACP-CE, dell'11 dicembre 2003, volta a destinare le risorse della dotazione per lo sviluppo a lungo termine del nono Fondo europeo di sviluppo alla creazione di un Fondo per la Pace in Africa Gazzetta ufficiale n. L 345 del 31/12/2003 pag. 0108 - 0111 Decisione n. 3/2003 del Consiglio dei ministri ACP-CEdell'11 dicembre 2003volta a destinare le risorse della dotazione per lo sviluppo a lungo termine del nono Fondo europeo di sviluppo alla creazione di un Fondo per la Pace in AfricaIL CONSIGLIO DEI MINISTRI ACP-CE,visto l'accordo di partenariato ACP-CE firmato a Cotonou il 23 giugno 2000, in particolare il paragrafo 8 dell'allegato I,considerando quanto segue:(1) Con la decisione N. 10/2001 del Comitato degli Ambasciatori ACP-CE del 20 dicembre 2001 sull'utilizzazione delle risorse non assegnate all'8o Fondo europeo di sviluppo(1) e la decisione N. 3/2002 del Consiglio dei ministri ACP-CE del 23 dicembre 2002(2) sulla ridistribuzione delle risorse non assegnate e degli abbuoni di interesse non impegnati dell'ottavo FES, il Consiglio dei ministri ACP-CE ha stanziato risorse per la pacificazione, la prevenzione e la soluzione dei conflitti per un importo complessivo di 75 milioni di EUR.(2) Al vertice dell'Unione africana tenutosi a Maputo dal 4 al 12 luglio 2003 i capi di Stato africani hanno preso una "Decisione sull'istituzione da parte dell'Unione europea di un Fondo operativo per il sostegno della pace a favore dell'Unione africana". Nella loro decisione essi hanno chiarito che tale fondo dovrebbe essere finanziato con le risorse assegnate a ciascuno di essi nell'ambito degli accordi di cooperazione esistenti con l'Unione europea, integrate con un importo equivalente derivante dalle risorse non assegnate del Fondo europeo di sviluppo.(3) È opportuno istituire un Fondo per la Pace al fine di garantire una risposta rapida ed efficace a situazioni di conflitti violenti.(4) Per poter istituire un Fondo per la Pace in Africa ai sensi dell'articolo 11 dell'accordo di partenariato ACP-CE è necessario stanziare risorse suppletive a favore della cooperazione intra-ACP. Poiché la dotazione per la cooperazione e l'integrazione regionali ai sensi del paragrafo 3, lettera b) dell'allegato I dell'accordo di partenariato ACP-CE è esaurita, le risorse necessarie saranno trasferite dalle assegnazioni destinate ai singoli paesi ACP nell'ambito della dotazione per lo sviluppo a lungo termine del nono Fondo europeo di sviluppo quale definita dal paragrafo 3, lettera a), dell'allegato I dell'accordo di partenariato ACP-CE, nonché dalle risorse non assegnate della dotazione per lo sviluppo a lungo termineDECIDE:Articolo 1Sostegno della pace1. Dalle assegnazioni destinate agli Stati ACP ai sensi dell'articolo 1, lettera b) dell'allegato IV dell'accordo di partenariato ACP-CE verrà prelevato un contributo dell'1,5 %. Tale contributo sarà prelevato dal saldo non impegnato dell'assegnazione di cui all'articolo 3, paragrafo 2, lettera b) dell'allegato IV dell'accordo di partenariato ACP-CE, la cosiddetta assegnazione B. Qualora il saldo non impegnato dell'assegnazione B fosse insufficiente, il resto verrà prelevato dal saldo non impegnato dell'assegnazione di cui all'articolo 3, paragrafo 2, lettera a) dell'allegato IV, la cosiddetta assegnazione A. L'importo complessivo di 126,4 milioni di EUR verrà in tal modo trasferito dalle assegnazioni dei rispettivi paesi allo stanziamento intra ACP nell'ambito della dotazione per la cooperazione e l'integrazione regionali e sarà destinato alla creazione di un Fondo per la Pace in Africa. I contributi dei singoli paesi sono precisati nell'ultima colonna della tabella allegata alla presente decisione.2. L'importo di 123,6 milioni di EUR sarà trasferito dalle risorse non assegnate della dotazione del 9o FES per lo sviluppo a lungo termine all'assegnazione intra ACP nell'ambito della dotazione per la cooperazione e l'integrazione regionali e sarà destinato alla creazione di un Fondo per la Pace in Africa.Articolo 2Richiesta di finanziamentoA norma dell'articolo 13, paragrafo 2, lettera b) dell'allegato IV dell'accordo di partenariato ACP-CE, il Consiglio dei ministri ACP chiede alla Commissione di finanziare il Fondo per la Pace in Africa con un importo complessivo di 250 milioni di EUR.Articolo 3EsecuzioneGli Stati ACP, gli Stati membri e la Comunità devono adottare, ciascuno per quanto lo concerne, le misure necessarie all'esecuzione della presente decisione.Articolo 4Entrata in vigoreLa presente decisione entra in vigore il giorno dell'adozione.Fatto a Bruxelles, l'11 dicembre 2003.Per il Consiglio dei ministri ACP-CEIl PresidenteFranco Frattini(1) GU L 50 del 21.2.2002, pag. 62.(2) GU L 59 del 4.3.2003, pag. 24.ALLEGATOContributi a valere sugli stanziamenti nazionali>SPAZIO PER TABELLA>
Fondo per la pace in Africa QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Stabilisce un programma di finanziamento per il Fondo per la pace in Africa (APF), che costituisce la principale fonte di finanziamenti UE per l’Unione Africana (UA) e le comunità economiche regionali (REC) nel settore della pace e della sicurezza. PUNTI CHIAVE Il Fondo per la pace in Africa, istituito dall’accordo di Cotonou, è finanziato dal Fondo europeo di sviluppo (FES). L’APF si basa sul principio della partecipazione africana. I diretti beneficiari del sostegno finanziario dell’APF sono l’Unione africana e le comunità economiche regionali e i meccanismi regionali. Dal 2004, l’APF ha ricevuto più di 2,2 miliardi di euro dai finanziamenti UE. Sostegno della pace Le operazioni per il sostegno e il mantenimento della pace sono la missione principale dell’APF. L’APF ha sostenuto con successo operazioni di mantenimento della pace nella Repubblica centrafricana, Sudan, Sud Sudan, Mali, Somalia, il bacino del lago Ciad e Comore. Sviluppo di capacità Dal 2007, lo sviluppo di capacità è una componente importante dell’APF, che mira a rafforzare le capacità e l’efficienza dell’UA e delle REC/RM nel pianificare e condurre operazioni di sostegno della pace. L’obiettivo a lungo termine è quello di consentire alle istituzioni africane di garantire autonomamente la pace e la sicurezza. Risposta rapida Il meccanismo di risposta rapida permette di rispondere ai bisogni più urgenti fornendo finanziamenti per le prime fasi d’azione per la prevenzione, la gestione e la risoluzione delle crisi. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? È stata applicata a partire dall’11 dicembre 2003. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare: «Fondo per la pace in Africa» sul sito Internet della Commissione europea. ATTO Decisione n. 3/2003 del Consiglio dei ministri ACP-CE, dell’11 dicembre 2003, volta a destinare le risorse della dotazione per lo sviluppo a lungo termine del nono Fondo europeo di sviluppo alla creazione di un Fondo per la pace in Africa (GU L 345 del 31.12.2003, pagg. 108-111) DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 617/2007 del Consiglio, del 14 maggio 2007, relativo all’applicazione del 10o Fondo europeo di sviluppo nell’ambito dell’accordo di partenariato ACP-CE (GU L 152 del 13.6.2007, pagg. 1-13) Modifiche successive al regolamento (CE) n. 617/2007 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. 2007/461/CE: decisione n. 2/2007 del Consiglio dei ministri ACP-CE, del 25 maggio 2007, intesa a consentire contributi bilaterali aggiuntivi, gestiti dalla Commissione, per la realizzazione degli obiettivi del Fondo per la pace in Africa (GU L 175 del 5.7.2007, pag. 35) Regolamento (UE) 2015/322 del Consiglio, del 2 marzo 2015, relativo all’esecuzione dell’11o Fondo europeo di sviluppo (GU L 58 del 3.3.2015, pagg. 1-16)
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DIRETTIVA 2008/63/CE DELLA COMMISSIONE del 20 giugno 2008 relativa alla concorrenza sui mercati delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni (Testo rilevante ai fini del SEE) (Versione codificata) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 86, paragrafo 3, considerando quanto segue: (1) La direttiva 88/301/CEE della Commissione, del 16 maggio 1988, relativa alla concorrenza sui mercati dei terminali di telecomunicazioni (1), è stata modificata in modo sostanziale (2). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale direttiva. (2) In tutti gli Stati membri le telecomunicazioni erano oggetto in tutto o in parte del monopolio detenuto dallo Stato e in genere da questo delegato, mediante concessione di diritti speciali o esclusivi a uno o più organismi incaricati della realizzazione e dell'esercizio della rete, nonché la fornitura dei servizi ad essa afferenti. Tali diritti spesso riguardavano non solo la fornitura di servizi di uso della rete, ma anche la messa a disposizione per gli utenti di apparecchiature terminali allacciabili alla rete. Nel corso degli ultimi decenni il settore delle telecomunicazioni ha registrato un'evoluzione considerevole per quanto riguarda le caratteristiche tecniche della rete e in particolare per quanto riguarda l'apparecchiatura terminale. (3) L'evoluzione delle tecniche e dell'economia ha indotto gli Stati a rivedere il sistema dei diritti speciali o esclusivi nel settore delle telecomunicazioni; in particolare la rapida moltiplicazione dei vari tipi di apparecchiature terminali e la molteplice utilizzazione dei medesimi richiedono che gli utenti possano effettuare una libera scelta tra i medesimi per beneficiare integralmente dei progressi tecnologici nel settore. (4) L'esistenza di diritti esclusivi ha per effetto di restringere la libera circolazione delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni sia per quanto riguarda l'importazione e la commercializzazione di tali apparecchiature, comprese le apparecchiature via satellite, in quanto taluni prodotti non vengono commercializzati, sia per quanto concerne l'allacciamento, l'installazione o la manutenzione in quanto, tenendo conto delle caratteristiche del mercato, in particolare della diversità e della natura tecnica dei prodotti, un gestore in regime di monopolio non ha alcun incentivo a fornire detti servizi in relazione a prodotti che non ha commercializzato o importato né ad allineare i propri prezzi sui costi poiché non esiste alcun pericolo di concorrenza da parte di nuovi gestori. Tenendo conto del fatto che nella maggior parte dei mercati delle apparecchiature esiste in genere un'ampia gamma di apparecchiature terminali di telecomunicazioni, qualsiasi diritto speciale che direttamente o indirettamente limiti il numero di imprese autorizzate ad importare, commercializzare, allacciare, installare e provvedere alla manutenzione di detti apparati, rischia di produrre effetti aventi la stessa natura della concessione di diritti esclusivi. Tali diritti esclusivi essenziali costituiscono misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative contrarie all'articolo 28 del trattato. Di conseguenza, è necessario abolire tutti i diritti esclusivi che ancora esistono in relazione all'importazione, all'immissione in commercio, all'allacciamento, all'installazione e alla manutenzione delle apparecchiature terminali delle telecomunicazioni per collegamenti via satellite nonché i diritti che hanno effetti della stessa natura ossia tutti i diritti speciali, ad eccezione di quelli costituiti da vantaggi legali o regolamentari per una o più imprese che influiscono esclusivamente sulla capacità delle altre imprese di impegnarsi in una delle attività soprammenzionate nella stessa area geografica in condizioni sostanzialmente equivalenti. (5) L'esercizio di questi diritti speciali o esclusivi relativi alle apparecchiature terminali è tale da sfavorire in pratica le apparecchiature provenienti da altri Stati membri, in particolare impedendo agli utenti di scegliere liberamente le apparecchiature di cui hanno bisogno in funzione del prezzo e della qualità, a prescindere dalla loro provenienza. L'esercizio di questi diritti è quindi incompatibile con l'articolo 31 del trattato in tutti gli Stati membri. (6) I servizi afferenti all'allacciamento e alla manutenzione delle apparecchiature terminali sono uno degli elementi essenziali al momento dell'acquisto o della locazione di tali apparecchiature. Il mantenimento in essere di diritti esclusivi nel settore equivarrebbe al mantenimento dei diritti esclusi di commercializzazione. Occorre dunque sopprimere tali diritti affinché l'abolizione dei diritti esclusivi di importazione e di commercializzazione abbia un effetto reale. (7) La manutenzione delle apparecchiature terminali costituisce un servizio ai sensi dell'articolo 50 del trattato. Pertanto la prestazione di quest'ultimo servizio, il quale è sotto il profilo commerciale indissociabile dalla commercializzazione delle predette apparecchiature terminali, deve essere resa libera in conformità con l’articolo 49 del trattato, in particolare quando il servizio è eseguito da personale qualificato. (8) Nel mercato continuano a manifestarsi infrazioni alle regole di concorrenza del trattato. Inoltre lo sviluppo degli scambi ne risulta pregiudicato in misura contraria all'interesse della Comunità. Una maggiore intensità di concorrenza sul mercato delle apparecchiature terminali è subordinata alla trasparenza delle specifiche tecniche che consentono la libera circolazione dei terminali, pur nel rispetto delle esigenze essenziali menzionate nella direttiva 1999/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 1999, riguardante le apparecchiature radio e le apparecchiature terminali di telecomunicazioni e il reciproco riconoscimento della loro conformità (3). La trasparenza comporta necessariamente la pubblicazione delle specifiche tecniche. (9) I diritti speciali o esclusivi d’importazione e di commercializzazione delle apparecchiature determinano una situazione contraria allo scopo dell'articolo 3, lettera g), del trattato, a norma del quale è prevista la creazione di un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato interno e a fortiori che la concorrenza non sia eliminata. Gli Stati membri sono tenuti in forza dell'articolo 10 del trattato ad astenersi da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del trattato, tra cui quelli definiti all'articolo 3, lettera g). Di conseguenza tali diritti esclusivi vanno considerati incompatibili con l'articolo 82 del trattato in correlazione con l'articolo 3 e la concessione o il mantenimento in essere da parte dello Stato dei diritti in questione costituisce una misura vietata ai sensi dell'articolo 86, paragrafo 1, del trattato. (10) Per consentire agli utenti di servirsi delle apparecchiature terminali di loro scelta è necessario conoscere e rendere trasparenti le caratteristiche dell’interfaccia della rete pubblica su cui va allacciata l’apparecchiatura terminale. Quindi gli Stati membri debbono assicurarsi che dette caratteristiche siano pubblicate e che l’interfaccia della rete pubblica sia accessibile all'utente. (11) Per poter commercializzare le apparecchiature terminali è necessario che i produttori sappiano a quali specifiche tecniche devono rispondere i loro prodotti. Gli Stati membri devono quindi determinare e pubblicare le specifiche che essi devono notificare in fase di progetto alla Commissione conformemente alla direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione (4). Dette specifiche possono essere estese ai prodotti importati dagli altri Stati membri solo nella misura in cui sono necessarie per garantire il rispetto di esigenze essenziali legittime rispetto al diritto comunitario, quali precisate all'articolo 3 della direttiva 1999/5/CE. Comunque gli Stati membri debbono rispettare le disposizioni degli articoli 28 e 30 del trattato per cui lo Stato membro importatore è tenuto ad ammettere sul suo territorio un’apparecchiatura terminale legalmente fabbricata e commercializzata in un altro Stato membro. (12) Per garantire un’applicazione trasparente, obiettiva e non discriminatoria delle specifiche tecniche, il controllo della loro applicazione non può essere affidato ad uno degli operatori concorrenti sul mercato delle apparecchiature terminali, visto l'evidente conflitto di interessi. Occorre pertanto prevedere che gli Stati membri affidino il controllo a un ente indipendente da chi ha in esercizio la rete e da qualsiasi altro concorrente sul mercato in questione. (13) La presente direttiva deve far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione delle direttive indicati all’allegato II, parte B, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Ai sensi della presente direttiva si intendono per: 1) «apparecchiature terminali»: a) le apparecchiature allacciate direttamente o indirettamente all’interfaccia di una rete pubblica di telecomunicazioni per trasmettere, trattare o ricevere informazioni; in entrambi i casi di allacciamento, diretto o indiretto, esso può essere realizzato via cavo, fibra ottica o via elettromagnetica; un allacciamento è indiretto se l’apparecchiatura è interposta fra il terminale e l’interfaccia della rete pubblica; b) le apparecchiature delle stazioni terrestri per i collegamenti via satellite; 2) «apparecchiature delle stazioni terrestri per i collegamenti via satellite»: le apparecchiature che possono essere usate soltanto per trasmettere o per trasmettere e ricevere («ricetrasmittenti») o unicamente per ricevere («riceventi») segnali di radiocomunicazioni via satelliti o altri sistemi nello spazio; 3) «imprese»: gli enti pubblici o privati ai quali lo Stato concede diritti speciali o esclusivi di importazione, di commercializzazione, di allacciamento, di installazione e/o di manutenzione di apparecchiature terminali di telecomunicazione; 4) «diritti speciali»: i diritti concessi da uno Stato membro a un numero limitato di imprese, mediante qualsiasi atto legislativo, regolamentare o amministrativo che, all'interno di una determinata area geografica: a) limita a due o più il numero di dette imprese, non conformandosi a criteri di obiettività, proporzionalità e non discriminazione; o b) designa, non conformandosi ai criteri di cui alla lettera a), numerose imprese concorrenti; o c) conferisce a ciascuna impresa, non conformandosi ai criteri di cui alle lettere a) e b), vantaggi legali o regolamentari che influiscono sostanzialmente sulla capacità di qualsiasi altra impresa di importare, immettere in commercio, allacciare, installare e/o provvedere alla manutenzione di apparecchiature terminali di telecomunicazioni nella stessa area geografica in condizioni sostanzialmente equivalenti. Articolo 2 Gli Stati membri che hanno concesso alle imprese diritti speciali o esclusivi provvedono alla soppressione di tutti i diritti esclusivi nonché dei diritti speciali i quali: a) limitano a due o più il numero delle imprese non conformandosi a criteri di obiettività, proporzionalità e non discriminazione, o b) designano, non conformandosi ai criteri di cui alla lettera a), numerose imprese concorrenti. Essi comunicano alla Commissione le misure adottate e i progetti presentati a tal fine. Articolo 3 Gli Stati membri provvedono affinché gli operatori economici abbiano il diritto di importare, di commercializzare, di allacciare e di installare le apparecchiature terminali quali definite all'articolo 1 e di provvedere alla loro manutenzione. Tuttavia essi hanno facoltà a) per le apparecchiature delle stazioni terrestri per i collegamenti via satellite, di rifiutarne l'allacciamento alla rete pubblica di telecomunicazioni o l'installazione quando le apparecchiature non siano conformi alle pertinenti regolamentazioni tecniche comuni, adottate a norma della direttiva 1999/5/CE oppure, in assenza di tali regolamentazioni, quando tali apparecchiature non soddisfano i requisiti essenziali indicati nell'articolo 3 della suddetta direttiva; in assenza di regole tecniche comuni o di condizioni di regolamentazione armonizzate, le norme nazionali devono essere proporzionate ai suddetti requisiti essenziali e devono essere notificate alla Commissione nell'osservanza delle disposizioni della direttiva 98/34/CE; b) per le apparecchiature terminali, di rifiutarne l'allacciamento alla rete pubblica di telecomunicazioni quando tali apparecchiature non rispondono alle pertinenti regolamentazioni tecniche comuni, adottate a norma della direttiva 1999/5/CE o, in assenza di tali regolamentazioni, non soddisfino i requisiti essenziali stabiliti dall'articolo 3 di tale direttiva; c) di esigere dagli operatori economici un'idonea qualificazione tecnica per l'allacciamento, l'installazione e la manutenzione di apparecchiature terminali, qualificazione accertata in base a criteri oggettivi non discriminatori e resi pubblici. Articolo 4 Gli Stati membri vigilano affinché le nuove interfacce della rete pubblica siano accessibili all'utenza e le loro caratteristiche materiali siano pubblicate dagli operatori delle reti pubbliche di telecomunicazioni. Articolo 5 Gli Stati membri provvedono alla formulazione e alla pubblicazione di qualsiasi specifica delle apparecchiature terminali destinate a essere allacciate direttamente o indirettamente alla rete pubblica. Gli Stati membri notificano alla Commissione dette specifiche in fase di progetto, in conformità della direttiva 98/34/CE. Articolo 6 Gli Stati membri provvedono affinché il controllo dell’applicazione delle specifiche di cui all’articolo 5 sia svolto da un ente indipendente dalle imprese pubbliche e private che offrono beni o servizi nel settore delle telecomunicazioni. Articolo 7 Gli Stati membri trasmettono alla fine di ogni anno una relazione che consenta alla Commissione di constatare se le disposizioni degli articoli 2, 3, 4 e 6 sono rispettate. Un modello di relazione figura all'allegato I. Articolo 8 La direttiva 88/301/CEE, modificata dalle direttive di cui all'allegato II, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione indicati nell'allegato II, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell’allegato III. Articolo 9 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 10 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, il 20 giugno 2008. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 131 del 27.5.1988, pag. 73. Direttiva modificata dalla direttiva 94/46/CE (GU L 268 del 19.10.1994, pag. 15). (2) Cfr. allegato II, parte A. (3) GU L 91 del 7.4.1999, pag. 10. Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003 (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (4) GU L 204 del 21.7.1998, pag. 37. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2006/96/CE del Consiglio (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 81). ALLEGATO I Modello di relazione di cui all'articolo 7 Attuazione delle disposizioni dell'articolo 2 Apparecchiature terminali per i quali la legislazione ha subito modifiche o è in corso di modificazione. Per apparecchiatura terminale: — data di adozione del provvedimento, o — data di presentazione del progetto, o — data di entrata in vigore del provvedimento. Attuazione delle disposizioni dell’articolo 3 — apparecchiature terminali il cui allacciamento o installazione è soggetto a limitazioni, — qualificazioni tecniche richieste con indicazione della relativa pubblicazione. Attuazione delle disposizioni dell’articolo 4 — indicazione degli estremi di pubblicazione delle caratteristiche, — numero d’interfacce di rete pubblica esistenti, — numero d’interfacce di rete pubblica modificate. Attuazione delle disposizioni dell’articolo 6 — designazione dell'ente (degli enti) indipendente(i). ALLEGATO II PARTE A Direttiva abrogata e relativa modificazione (di cui all'articolo 8) Direttiva 88/301/CEE della Commissione (GU L 131 del 27.5.1988, pag. 73) Direttiva 94/46/CE della Commissione (GU L 268 del 19.10.1994, pag. 15) PARTE B Elenco dei termini di attuazione in diritto nazionale (di cui all'articolo 8) Direttiva Termine di attuazione 88/301/CEE — 94/46/CE 8 agosto 1995 ALLEGATO III Tavola di concordanza Direttiva 88/301/CEE Presente direttiva Articolo 1, alinea Articolo 1, alinea Articolo 1, primo trattino, prima e seconda frase Articolo 1, punto 1), lettera a) Articolo 1, primo trattino, ultima frase Articolo 1, punto 1), lettera b) Articolo 1, secondo trattino Articolo 1, punto 3) Articolo 1, terzo trattino, alinea Articolo 1, punto 4), alinea Articolo 1, terzo trattino, primo sottotrattino Articolo 1, punto 4), lettera a) Articolo 1, terzo trattino, secondo sottotrattino Articolo 1, punto 4), lettera b) Articolo 1, terzo trattino, terzo sottotrattino Articolo 1, punto 4), lettera c) Articolo 1, quarto trattino Articolo 1, punto 2) Articolo 2 Articolo 2 Articolo 3, primo comma Articolo 3, primo comma Articolo 3, secondo comma, alinea Articolo 3, secondo comma, alinea Articolo 3, secondo comma, primo trattino Articolo 3, secondo comma, lettera a) Articolo 3, secondo comma, secondo trattino Articolo 3, secondo comma, lettera b) Articolo 3, secondo comma, terzo trattino Articolo 3, secondo comma, lettera c) Articolo 4, primo comma Articolo 4 Articolo 4, secondo comma — Articolo 5, paragrafo 1 — Articolo 5, paragrafo 2, prima frase Articolo 5, primo comma Articolo 5, paragrafo 2, seconda frase Articolo 5, secondo comma Articolo 6 Articolo 6 Articolo 8 — Articolo 9 Articolo 7 Articolo 10 — — Articolo 8 — Articolo 9 Articolo 11 Articolo 10 Allegato I — Allegato II Allegato I — Allegato II — Allegato III
Eque condizioni di mercato per apparecchi telefonici e altre apparecchiature di comunicazione QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Essa è volta ad aprire alla concorrenza i mercati delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni*; essa intende inoltre migliorare le informazioni a disposizione dei consumatori sulle diverse apparecchiature per permettere agli utenti di trarre beneficio dai progressi tecnologici ed effettuare scelte informate da consumatori. PUNTI CHIAVE I paesi dell'UE non possono concedere diritti speciali o esclusivi in materia di importazione, commercializzazione, allacciamento, installazione o manutenzione di apparecchiature terminali di telecomunicazione; i paesi dell'UE non possono rifiutare l'allacciamento delle apparecchiature terminali alla rete pubblica di telecomunicazioni o l'installazione delle apparecchiature delle stazioni terrestri per i collegamenti via satellite* nel proprio paese, a meno che tali apparecchiature non soddisfino determinati requisiti essenziali; a partire dal 13 giugno 2016, i requisiti in materia di sicurezza e compatibilità elettromagnetica per le apparecchiature terminali radio sono definiti nella direttiva 2014/53/UE (ed eventuali atti delegati adottati in risposta alla presente direttiva) che prevede un periodo di transizione di 1 anno; I requisiti di sicurezza per le apparecchiature terminali sulla rete fissa (non-radio), a seconda delle caratteristiche, sono stabiliti nella direttiva sulla bassa tensione (2014/35/UE). Qualora l'apparecchiatura abbia una tensione nominale compresa tra 50 e 1000 V in corrente alternata e fra 75 e 1 500 V in corrente continua, i requisiti relativi alla compatibilità elettromagnetica sono stabiliti nella direttiva sulla compatibilità elettromagnetica (2014/30/UE); Per consentire agli utenti di servirsi delle apparecchiature terminali di loro scelta è necessario conoscere e rendere trasparenti le caratteristiche dell’interfaccia della rete pubblica su cui va allacciata l’apparecchiatura terminale (direttamente o indirettamente). I paesi dell'UE devono assicurarsi che gli operatori pubblichino dette caratteristiche e che l’interfaccia della rete pubblica sia accessibile all'utente; Gli organismi incaricati di controllare l'applicazione delle specifiche, designati dai paesi dell'Unione europea, devono essere indipendenti da organizzazioni pubbliche o private che offrono beni e/o servizi nel settore delle telecomunicazioni. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La presente direttiva è in vigore dall'11 luglio 2008. I paesi dell'UE hanno dovuto integrarla nel diritto nazionale entro l'8 agosto 1995, la data indicata nella direttiva 88/301/CEE, codificata dalla direttiva 2008/63/CE*. CONTESTO La presente direttiva ha rappresentato la prima fase di una politica di liberalizzazione dei mercati delle telecomunicazioni che ha portato alla completa liberalizzazione di questi mercati il 1o gennaio 1998. * TERMINI CHIAVE Apparecchiature terminali: apparecchiature allacciate direttamente o indirettamente all’interfaccia di una rete pubblica di telecomunicazioni per trasmettere, trattare o ricevere informazioni. Le apparecchiature delle stazioni terrestri sono incluse in questa categoria. Apparecchiature delle stazioni terrestri per i collegamenti via satellite: apparecchiature che possono essere usate soltanto per trasmettere («trasmittenti») o unicamente per ricevere («riceventi») o per trasmettere e ricevere («ricetrasmittenti») segnali di radiocomunicazioni via satelliti o altri sistemi nello spazio Codificazione: un nuovo atto giuridico che sostituisce un altro atto che è stato modificato in maniera sostanziale. Il nuovo atto preserva le norme contenute nell'atto in corso di codificazione e pertanto tratta rapidamente il processo decisionale mediante una procedura accelerata. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2008/63/CE della Commissione, del 20 giugno 2008, relativa alla concorrenza sui mercati delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni (versione codificata) (GU L 162 del 21.6.2008, pag. 20-26) DOCUMENTI COLLEGATI Direttiva 2014/30/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, concernente l'armonizzazione delle norme degli Stati membri relative alla compatibilità elettromagnetica (GU L 96 del 29.3.2014, pag. 79-106) Direttiva 2014/35/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, concernente l’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato del materiale elettrico destinato a essere adoperato entro taluni limiti di tensione (GU L 96 del 29.3.2014, pag. 357–374) Direttiva 2014/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di apparecchiature radio e che abroga la direttiva 1999/5/CE (GU L 153 del 22.5.2014, pag. 62-106)
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REGOLAMENTO (UE) 2015/475 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell'11 marzo 2015 relativo alle misure di salvaguardia previste nell'accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica d'Islanda (codificazione) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 207, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CEE) n. 2843/72 del Consiglio (3) ha subito varie e sostanziali modifiche (4). A fini di chiarezza e razionalizzazione è opportuno procedere alla sua codificazione. (2) Il 22 luglio 1972 è stato firmato a Bruxelles un accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica d'Islanda («accordo»). (3) È necessario stabilire le modalità di attuazione delle clausole di salvaguardia e delle misure conservative di cui agli articoli da 23 a 28 dell'accordo. (4) L'esecuzione delle clausole bilaterali di salvaguardia dell'accordo richiede condizioni uniformi per l'adozione di misure di salvaguardia. Tali misure dovrebbero essere adottate a norma del regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (5). (5) Ove sussistano, in casi debitamente giustificati connessi alle situazioni di cui agli articoli 25, 25 bis e 27 dell'accordo o nel caso di aiuti all'esportazione che abbiano un'incidenza diretta e immediata sugli scambi, imperativi motivi di urgenza, la Commissione dovrebbe adottare atti di esecuzione immediatamente applicabili, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 La Commissione può decidere di adire il Comitato misto istituito dall'accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica d'Islanda («accordo») in merito alle misure di cui agli articoli 23, 25, 25 bis e 27 del medesimo. Ove occorra, la Commissione adotta tali misure secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 6, paragrafo 2, del presente regolamento. La Commissione informa gli Stati membri qualora decida di adire il Comitato misto in merito a una questione. Articolo 2 1. Nel caso di pratiche che possano giustificare l'applicazione da parte dell'Unione, delle misure previste all'articolo 24 dell'accordo, la Commissione, dopo aver costituito la documentazione di propria iniziativa o su richiesta di uno Stato membro, si pronuncia sulla compatibilità di tali pratiche con l'accordo. Ove occorra, la Commissione adotta misure di salvaguardia secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 6, paragrafo 2, del presente regolamento. 2. Nel caso di pratiche che possano esporre l'Unione a subire misure di salvaguardia in virtù dell'articolo 24 dell'accordo, la Commissione, dopo aver costituito la documentazione, si pronuncia sulla compatibilità di tali pratiche con i principi sanciti nell'accordo. Ove occorra, essa formula le opportune raccomandazioni. Articolo 3 Nel caso di pratiche che possano giustificare l'applicazione, da parte dell'Unione, delle misure previste all'articolo 26 dell'accordo, si applicano le procedure stabilite dal regolamento (CE) n. 597/2009 del Consiglio (6) e dal regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio (7). Articolo 4 1. Quando circostanze eccezionali richiedono un intervento immediato, nelle situazioni previste agli articoli 25, 25 bis e 27 dell'accordo nonché nel caso di aiuti all'esportazione che abbiano un'incidenza diretta e immediata sugli scambi, la Commissione può adottare, secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 6, paragrafo 2, del presente regolamento o, in casi di urgenza, ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 3, del presente regolamento, le misure conservative di cui all'articolo 28, paragrafo 3, lettera e). 2. Quando l'azione della Commissione è richiesta da uno Stato membro, la Commissione si pronuncia su tale domanda entro il termine massimo di cinque giorni lavorativi dalla sua ricezione. Articolo 5 La notifica dell'Unione al Comitato misto prevista dall'articolo 28, paragrafo 2, dell'accordo è effettuata dalla Commissione. Articolo 6 1. La Commissione è assistita dal comitato per le misure di salvaguardia istituito dall'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 260/2009 del Consiglio (8). Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 8 del regolamento (UE) n. 182/2011 in combinato disposto con il suo articolo 5. Articolo 7 La Commissione include informazioni sull'attuazione del presente regolamento nella sua relazione annuale sull'applicazione e sull'attuazione delle misure di difesa commerciale presentata al Parlamento europeo e al Consiglio ai sensi dell'articolo 22 bis del regolamento (CE) n. 1225/2009. Articolo 8 Il regolamento (CEE) n. 2843/72 è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato II. Articolo 9 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, l'11 marzo 2015 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente Z. KALNIŅA-LUKAŠEVICA (1) Parere del 10 dicembre 2014 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Posizione del Parlamento europeo dell'11 febbraio 2015 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 2 marzo 2015. (3) Regolamento (CEE) n. 2843/72 del Consiglio, del 19 dicembre 1972, relativo alle misure di salvaguardia previste nell'accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica d'Islanda (GU L 301 del 31.12.1972, pag. 162). (4) Si veda l'allegato I. (5) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13). (6) Regolamento (CE) n. 597/2009 del Consiglio, dell'11 giugno 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di sovvenzioni provenienti da paesi non membri della Comunità europea (GU L 188 del 18.7.2009, pag. 93). (7) Regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343 del 22.12.2009, pag. 51). (8) Regolamento (CE) n. 260/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, relativo al regime comune applicabile alle importazioni (GU L 84 del 31.3.2009, pag. 1). ALLEGATO I Regolamento abrogato ed elenco delle modifiche successive Regolamento (CEE) n. 2843/72 del Consiglio (GU L 301 del 31.12.1972, pag. 162). Regolamento (CEE) n. 640/90 del Consiglio (GU L 74 del 20.3.1990, pag. 4). Regolamento (UE) n. 37/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 18 del 21.1.2014, pag. 1). limitatamente al punto 2 dell'allegato ALLEGATO II Tavola di concordanza Regolamento (CEE) n. 2843/72 Presente regolamento Articoli da 1 a 4 Articoli da 1 a 4 Articolo 6 Articolo 5 Articolo 7 Articolo 6 Articolo 8 Articolo 7 — Articolo 8 — Articolo 9 — Allegato I — Allegato II
Unione europea e Islanda: chiarimento di determinate norme relative agli scambi commerciali (misure di salvaguardia) SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Codifica e abroga il precedente regolamento (CEE) 2843/72, che era stato modificato in maniera sostanziale diverse volte. Specifica le norme dettagliate necessarie per attuare le misure di salvaguardia* bilaterali stabilite nell'accordo di libero scambio del 22 luglio 1972 fra la Comunità economica europea (CEE) e l'Islanda. PUNTI CHIAVE La Commissione europea può adottare misure di salvaguardia qualora si verifichino le condizioni necessarie. Inoltre, la Commissione europea può adottare misure cautelari e di salvaguardia immediatamente applicabili in situazioni urgenti, ad esempio nel caso di aiuti all'esportazione con effetto diretto e immediato sugli scambi commerciali. Laddove un paese dell'UE richieda alla Commissione di agire, essa deve prendere una decisione relativa a tale richiesta entro un periodo massimo di cinque giorni lavorativi dalla sua ricezione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica a partire dal 16 aprile 2015. CONTESTO Le relazioni commerciali fra l'UE e l'Islanda sono regolate principalmente dall'accordo di libero scambio con la CEE del 1972 e dall'accordo sullo Spazio economico europeo, entrato in vigore nel gennaio 1994. TERMINE CHIAVE * Misure di salvaguardia: tali misure vengono introdotte quando un'indagine della Commissione europea conclude che le importazioni sono aumentate a tal punto da provocare (o minacciare di provocare) gravi danni ai produttori dell'UE. Sono misure temporanee, quali tetti massimi, applicate alle importazioni al fine di dare all'industria dell'UE il tempo per mettere in atto le necessarie modifiche. ATTO Regolamento (UE) n. 2015/475 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2015, relativo alle misure di salvaguardia previste nell'accordo tra la Comunità economica europea e la Repubblica d'Islanda (GU L 83 del 27.3.2015, pag. 1-5)
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Risoluzione del Consiglio e dei ministri del lavoro e degli affari sociali, riuniti in sede di Consiglio del 30 novembre 1989 concernente la creazione di un osservatorio europeo dell'occupazione Gazzetta ufficiale n. C 328 del 30/12/1989 pag. 0001 - 0002 RISOLUZIONE DEL CONSIGLIO E DEI MINISTRI DEL LAVORO E DEGLI AFFARI SOCIALI, RIUNITI IN SEDE DI CONSIGLIO del 30 novembre 1989 concernente la creazione di un osservatorio europeo dell'occupazione (89/328/01) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE E I MINISTRI DEL LAVORO E DEGLI AFFARI SOCIALI, RIUNITI IN SEDE DI CONSIGLIO, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, vista la risoluzione del Consiglio, del 22 dicembre 1986, relativa ad un programma di azione per l'aumento dell'occupazione (1), vista la risoluzione del Consiglio, del 5 giugno 1989, concernente la formazione professionale continua (2), viste le conclusioni delle riunioni del Consiglio europeo tenutesi ad Hannover il 27 e 28 giugno 1988, a Rodi il 2 e 3 dicembre 1988 e a Madrid il 26 e 27 giugno 1989, considerando che la realizzazione del mercato interno darà un ulteriore impulso alla crescita, consentendo in tal modo la creazione a medio termine di un notevole numero di nuovi posti di lavore negli Stati membri; considerando che una prima fase di inasprimento della concorrenza e di intensificazione delle ristrutturazioni potrà comportare perdite e trasformazioni di posti di lavoro, localizzate in talune regioni e taluni settori; considerando che uno dei presupposti indispensabili al successo di questi mutamenti è costituito dall'individuazione, con sufficiente anticipo, dei problemi da parte di tutti i protagonisti di questo processo, onde limitare al massimo gli effetti negativi prevedibili durante tale periodo transitorio e ampliare invece il più possibile gli effetti positivi pronosticati a medio termine; considerando del resto che in numerosi settori cominciano a emergere segnali di carenza di manodopera qualificata e che in taluni Stati membri, a causa della particolare situazione demografica, la popolazione attiva è in diminuzione; considerando che le politiche dell'occupazione sono di competenza degli Stati membri; considerando che, conformemente al diritto comunitario, la Commissione ha un ruolo importante da svolgere nel settore dell'occupazione; considerando che le parti sociali devono essere strettamente associate ad un'azione di indagine e di ricerca di soluzioni concrete e che da tale cooperazione potrà scaturire un miglioramento delle economie degli Stati membri; considerando che occorre fornire ai protagonisti della vita economica e sociale i dati conoscitivi necessari per definire strategie adattate alla situazione occupazionale nei settori interessati dal completamento del mercato interno, INVITANO la Commissione e gli Stati membri a creare un osservatorio europeo dell'occupazione con il compito di analizzare, su base permanente, l'evoluzione prevedibile dell'occupazione, in particolare nei settori interessati dal completamento del mercato interno, tenuto conto dei lavori già effettuati a livello comunitario, ovverosia di : - raccogliere presso gli Stati membri dati disponibili sulle prospettive di evoluzione dell'occupazione e delle qualifiche nei settori d'attività più direttamente interessati dal completamento del mercato interno; - provvedere alla sintesi dei dati raccolti, che consenta di individuare gli orientamenti che caratterizzano l'evoluzione di tali settori; - curare la divulgazione generale, in una prospettiva operativa, dei risultati dei lavori di cui al trattino precedente, a tutti i responsabili economici e sociali e in particolare alle parti sociali della Comunità; INVITANO la Commissione, in collegamento con gli Stati membri e previa consultazione delle parti sociali, a presentare loro periodicamente i temi e i settori di attività che costituiscono l'oggetto del compito assegnato all'osservatorio, nonché a presentare al Consiglio, in occasione del dibattito annuale sull'occupazione, la sintesi dei lavori effettuati su questi temi e su questi settori; INVITANO la Commissione a prendere, già dall'inizio del 1990, le opportune disposizioni per la creazione dell'osservatorio, facendo appello alle risorse umane e finanziarie di cui dispone; INVITANO gli Stati membri a collaborare con la Commissione per garantire il funzionamento dell'osservatorio; INVITANO in particolare ciascuno degli Stati membri a designare un coordinatore nazionale incaricato di fornire i dati di cui al punto 1, primo trattino e di offrire alla Commissione tutto l'ausilio richiesto per il compimento della sua missione, costituendo in tal modo una rete a livello comunitario al fine di concorrere all'adempimento del compito di cui al punto 1; RITENGONO che i dati forniti nel quadro dell'osservatorio dovrebbero contribuire a consentire agli Stati membri ed alla Commissione di riflettere, tra l'altro, sul miglioramento dell'impatto del Fondo sociale europeo sull'occupazione e sulla creazione di posti di lavoro. (1) GU n. C 340 del 31. 12. 1986, pag. 1. (2) GU n. C 148 del 15. 6. 1989, pag. 1.
Osservatorio europeo dell'occupazione (OEO) L’osservatorio europeo dell’occupazione (OEO) ha come obiettivo quello di facilitare gli scambi di informazioni tra gli Stati membri e analizzare le tendenze dei mercati del lavoro nell’Unione europea (UE). L’osservatorio assiste la Commissione europea nell’elaborazione della politica europea dell’occupazione. ATTO Risoluzione del Consiglio dei ministri del Lavoro e degli affari sociali, riuniti in sede di Consiglio del 30 novembre 1989 concernente la creazione di un osservatorio europeo dell’occupazione [GU C 328 del 30.12.1989]. SINTESI L’Osservatorio europeo dell’occupazione (OEO) è un sistema d’informazione sulle politiche occupazionali e sulle tendenze dei mercati del lavoro nell’Unione europea (UE). La sua missione è analizzare l’evoluzione prevedibile dei mercati dell’occupazione in particolare nei settori d’attività più interessati dal completamento del mercato interno. Le sue missioni principali sono: la raccolta di informazioni e di dati statistici negli Stati membri dell’UE; l’analisi delle grandi evoluzioni per settore; la diffusione dei risultati presso i responsabili economici e sociali, in particolare le parti sociali europee. L'osservatorio si compone dei rappresentanti degli Stati membri, dei paesi candidati a entrare nell'UE e dei paesi membri dello Spazio economico europeo (SEE). Esso funziona attraverso una cellula direttiva e una rete di esperti. Sistema comunitario di documentazione sull’occupazione (SYSDEM) Il SYSDEM (DE) (EN) (FR) è una rete di esperti appartenenti a istituti di ricerca nazionali indipendenti. Tale rete contribuisce alla realizzazione delle missioni dell’OEO attraverso: la produzione di relazioni di valutazione e di ricerca riguardo all'impatto della politica del mercato del lavoro; l’analisi delle priorità politiche in materia di occupazione; l’analisi dei programmi nazionali di riforma per l'occupazione. See also Sito Internet dell'Osservatorio europeo dell’occupazione (DE) (FR) (EN)
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RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE del 6 dicembre 2012 sulla pianificazione fiscale aggressiva (2012/772/UE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292, considerando quanto segue: (1) I paesi di tutto il mondo hanno sempre considerato la pianificazione fiscale come una pratica legittima. Con il passare del tempo, tuttavia, le strutture di pianificazione fiscale sono diventate sempre più sofisticate. Esse si sviluppano tra più giurisdizioni e trasferiscono effettivamente gli utili imponibili in Stati con regimi fiscali favorevoli. Una caratteristica fondamentale delle pratiche in questione è che esse riducono l’ammontare dell’imposta dovuta mediante operazioni legali in senso stretto che sono tuttavia in contrasto con lo scopo della norma. (2) La pianificazione fiscale aggressiva consiste nello sfruttare a proprio vantaggio gli aspetti tecnici di un sistema fiscale o le disparità esistenti fra due o più sistemi fiscali al fine di ridurre l’ammontare dell’imposta dovuta. La pianificazione fiscale aggressiva può assumere svariate forme. Fra le conseguenze di questa pratica si possono citare le doppie detrazioni (ad esempio la stessa perdita è detratta sia nello Stato della fonte che nello Stato di residenza) e la doppia non imposizione (ad esempio i redditi che non sono tassati nello Stato della fonte sono esenti nello Stato di residenza). (3) Nonostante gli sforzi considerevoli, gli Stati membri hanno difficoltà a proteggere le loro basi imponibili dall’erosione dovuta alla pianificazione fiscale aggressiva. Le disposizioni nazionali vigenti in questo settore spesso non sono pienamente efficaci, soprattutto a causa della dimensione transnazionale di molte strutture di pianificazione fiscale e della maggiore mobilità dei capitali e delle persone. (4) Nella prospettiva di conseguire un migliore funzionamento del mercato interno è necessario incoraggiare tutti gli Stati membri a seguire lo stesso approccio generale nei confronti della pianificazione fiscale aggressiva, contribuendo così a ridurre le distorsioni esistenti. (5) A tal fine è necessario rimediare ai casi in cui un contribuente trae vantaggi fiscali organizzando i propri affari fiscali in modo che il reddito non sia tassato da nessuna delle giurisdizioni fiscali interessate (doppia non imposizione). Il persistere di tali situazioni può dar luogo a flussi artificiali di capitali e a movimenti artificiali di contribuenti nel mercato interno, danneggiando il corretto funzionamento dello stesso ed erodendo le basi imponibili degli Stati membri. (6) Nel 2012 la Commissione ha effettuato una consultazione pubblica sulla doppia non imposizione nel mercato interno. Poiché non è possibile risolvere tutte le questioni esaminate nell’ambito di tale consultazione con un’unica soluzione, è opportuno in un primo tempo trattare il problema legato all’utilizzo frequente di determinate strutture di pianificazione fiscale che traggono vantaggio dalle disparità esistenti fra due o più sistemi fiscali e spesso comportano una doppia non imposizione. (7) Nelle loro convenzioni contro la doppia imposizione gli Stati membri spesso si impegnano a non assoggettare a imposizione determinati elementi di reddito. Nello stabilire tale trattamento è possibile che essi non verifichino se tali elementi di reddito sono soggetti a imposta nell’altro paese aderente alla convenzione e se sussiste quindi il rischio di una doppia non imposizione. Tale rischio può verificarsi anche se gli Stati membri esentano unilateralmente elementi di redditi esteri, a prescindere dal fatto che siano soggetti a imposta nello Stato della fonte. È importante che la presente raccomandazione tratti entrambe le situazioni. (8) Dato che le strutture di pianificazione fiscale sono sempre più elaborate e spesso i legislatori nazionali non hanno tempo sufficiente per reagire, le specifiche misure antiabuso si rivelano in molti casi inadeguate a far fronte alle nuove strutture di pianificazione fiscale aggressiva. Tali strutture possono incidere negativamente sul gettito fiscale nazionale e sul funzionamento del mercato interno. È pertanto opportuno raccomandare l’adozione, da parte degli Stati membri, di una norma antiabuso generale comune intesa anche a evitare la complessità di molte norme diverse. In tale contesto è necessario tener conto dei limiti imposti dal diritto dell’Unione per quanto riguarda le norme antiabuso. (9) Al fine di preservare l’autonomia operativa degli atti dell’Unione vigenti nel settore interessato, la presente raccomandazione non si applica ai casi che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2009/133/CE del Consiglio (1), della direttiva 2011/96/UE del Consiglio (2) e della direttiva 2003/49/CE del Consiglio (3). La Commissione considera attualmente la possibilità di rivedere le suddette direttive al fine di attuare i principi della presente raccomandazione, HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE: 1. Oggetto e ambito di applicazione La presente raccomandazione riguarda la pianificazione fiscale aggressiva nel settore dell’imposizione diretta. Essa non si applica ai casi che rientrano nell’ambito di applicazione di atti dell’Unione la cui esecuzione potrebbe essere influenzata dalle disposizioni della raccomandazione. 2. Definizioni Ai fini della presente raccomandazione si intende per: a) «imposta», imposta sul reddito, imposta sulle società e, se del caso, imposta sui redditi di capitale, nonché una ritenuta alla fonte di natura equivalente a una di tali imposte; b) «reddito», tutti gli elementi definiti tali dalla legislazione nazionale dello Stato membro che utilizza detto termine e, se del caso, gli elementi definiti come redditi di capitale. 3. Limitazione dell’applicazione di norme finalizzate a evitare la doppia imposizione 3.1. Qualora gli Stati membri, nelle convenzioni contro la doppia imposizione che hanno concluso tra loro o con paesi terzi, si siano impegnati a non assoggettare a imposizione un determinato elemento di reddito, devono garantire che tale impegno si applica solo se l’elemento di reddito in questione è soggetto a imposta nell’altro Stato parte contraente della convenzione. 3.2. Per dare effetto al punto 3.1 gli Stati membri sono incoraggiati a includere una clausola appropriata nelle loro convenzioni contro la doppia imposizione. Tale clausola potrebbe essere così formulata: «Ove la presente convenzione preveda che un elemento di reddito sia imponibile solo in uno degli Stati contraenti o che possa essere soggetto a imposizione in uno degli Stati contraenti, all’altro Stato contraente è preclusa l’imposizione di tale elemento solo se detto elemento è soggetto a imposta nel primo Stato contraente». In caso di convenzioni multilaterali occorre che il riferimento all’«altro Stato contraente» sia sostituito da un riferimento agli «altri Stati contraenti». 3.3. Se, al fine di evitare la doppia imposizione mediante norme nazionali unilaterali, gli Stati membri prevedono un’esenzione fiscale per un determinato elemento di reddito percepito in un’altra giurisdizione in cui detto elemento non è assoggettato a imposta, essi sono incoraggiati a garantire che l’elemento sia tassato. 3.4. Ai fini dei punti 3.1, 3.2 e 3.3 un elemento di reddito dovrebbe essere considerato soggetto a imposta quando è ritenuto imponibile dalla giurisdizione interessata e non è esente da imposta, né beneficia di un credito fiscale pieno o di un’imposizione a tasso zero. 4. Norma generale antiabuso 4.1. Per contrastare le pratiche di pianificazione fiscale aggressiva che non rientrano nell’ambito di applicazione delle norme nazionali specifiche intese a combattere l’elusione fiscale, gli Stati membri dovrebbero adottare una norma generale antiabuso adattata alle situazioni nazionali, alle situazioni transfrontaliere limitate all’Unione e alle situazioni che coinvolgono paesi terzi. 4.2. Per dare effetto al punto 4.1 gli Stati membri sono incoraggiati a inserire la seguente clausola nella legislazione nazionale: «Una costruzione di puro artificio o una serie artificiosa di costruzioni che sia stata posta in essere essenzialmente allo scopo di eludere l’imposizione e che comporti un vantaggio fiscale deve essere ignorata. Le autorità nazionali devono trattare tali costruzioni a fini fiscali facendo riferimento alla loro «sostanza economica». 4.3. Ai fini del punto 4.2 per «costruzione» si intende una transazione, un regime, un’azione, un’operazione, un accordo, una sovvenzione, un’intesa, una promessa, un impegno o un evento. Una costruzione può comprendere più di una misura o di una parte. 4.4. Ai fini del punto 4.2 una costruzione o una serie di costruzioni è artificiosa se manca di sostanza commerciale. Per determinare se la costruzione o la serie di costruzioni è artificiosa, le autorità nazionali sono invitate a valutare se presenta una o più delle seguenti situazioni: a) la qualificazione giuridica delle singole misure di cui è composta la costruzione non è coerente con il fondamento giuridico della costruzione nel suo insieme; b) la costruzione o la serie di costruzioni è posta in essere in un modo che non sarebbe normalmente impiegato in quello che dovrebbe essere un comportamento ragionevole in ambito commerciale; c) la costruzione o la serie di costruzioni comprende elementi che hanno l’effetto di compensarsi o di annullarsi reciprocamente; d) le operazioni concluse sono di natura circolare; e) la costruzione o la serie di costruzioni comporta un significativo vantaggio fiscale, di cui tuttavia non si tiene conto nei rischi commerciali assunti dal contribuente o nei suoi flussi di cassa; f) le previsioni di utili al lordo delle imposte sono insignificanti rispetto all’importo dei previsti vantaggi fiscali. 4.5. Ai fini del punto 4.2, la finalità di una costruzione o di una serie di costruzioni artificiose consiste nell’eludere l’imposizione quando, a prescindere da eventuali intenzioni personali del contribuente, contrasta con l’obiettivo, lo spirito e la finalità delle disposizioni fiscali che sarebbero altrimenti applicabili. 4.6. Ai fini del punto 4.2, una data finalità deve essere considerata fondamentale se qualsiasi altra finalità che è o potrebbe essere attribuita alla costruzione o alla serie di costruzioni sembri per lo più irrilevante alla luce di tutte le circostanze del caso. 4.7. Nel determinare se una costruzione o una serie di costruzioni artificiose ha comportato un vantaggio fiscale di cui al punto 4.2, le autorità nazionali sono invitate a confrontare l’importo dell’imposta dovuta dal contribuente, tenendo conto della o delle costruzioni, con l’importo che lo stesso contribuente dovrebbe versare nelle stesse circostanze in assenza della o delle costruzioni. In tale contesto è utile esaminare se si verifica una o più delle seguenti situazioni: a) un importo non è compreso nella base imponibile; b) il contribuente beneficia di una detrazione; c) vi è una perdita a fini fiscali; d) non è dovuta alcuna ritenuta alla fonte; e) l’imposta estera è compensata. 5. Seguito dato alla raccomandazione Gli Stati membri informano la Commissione in merito alle misure adottate per conformarsi alla presente raccomandazione nonché alle eventuali modifiche apportate a tali misure. La Commissione pubblicherà una relazione sull’applicazione della presente raccomandazione entro tre anni dalla sua adozione. 6. Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente raccomandazione. Fatto a Bruxelles, il 6 dicembre 2012 Per la Commissione Algirdas ŠEMETA Membro della Commissione (1) GU L 310 del 25.11.2009, pag. 34. (2) GU L 345 del 29.12.2011, pag. 8. (3) GU L 157 del 26.6.2003, pag. 49.
Pianificazione fiscale aggressiva La Commissione suggerisce modalità per intervenire sulle scappatoie e sui tecnicismi giuridici, sfruttati da talune aziende per evitare di pagare la giusta quota di imposte. ATTO Raccomandazione 2012/772/UE della Commissione del 6 dicembre 2012 sulla pianificazione fiscale aggressiva. SINTESI Il contrasto alla pianificazione fiscale aggressiva è un aspetto di un piano d'azione della Commissione, particolareggiato e complesso, messo a punto per combattere l'evasione e la frode fiscale. Il piano illustra modalità pratiche per migliorare la cooperazione amministrativa tra i paesi UE, combattere gli abusi e la doppia non imposizione, nonché affrontare le problematiche legate ai paradisi fiscali e ai reati connessi al fisco. Oggi, alcuni contribuenti possono usare degli accorgimenti complessi, talvolta artificiosi, per trasferire la propria sede fiscale in altre giurisdizioni all'interno o all'esterno dell'UE. Così facendo, approfittano delle incongruenze nelle leggi nazionali, per assicurarsi che talune componenti del reddito rimangano al sicuro dall'imposizione o per sfruttare le differenze delle aliquote fiscali. Si definisce questo problema pianificazione fiscale aggressiva. La difficoltà fondamentale consiste nel fatto che una pianificazione fiscale sempre più macchinosa sposta gli utili imponibili verso altri paesi con regimi fiscali più favorevoli per i contribuenti. Questa pratica riduce l'assoggettamento alle imposte grazie ad accorgimenti che si attengono alla legge nella lettera ma ne violano lo spirito: le scappatoie giuridiche. Sono molte le forme di pianificazione fiscale aggressiva; inoltre, fra le sue conseguenze, troviamo le doppie deduzioni (la stessa perdita, per esempio, si deduce sia nel paese d'origine che in quello di residenza) e la doppia non imposizione (il reddito non tassato nel paese dove è realizzato, per esempio, è esentasse anche nel paese di residenza). La Commissione esorta quindi i paesi dell'UE a garantire che le convenzionisulla doppia imposizione stipulate con altri paesi UE ed extra-UE, prevedano una clausola progettata per risolvere un tipo di doppia non imposizione, specificamente individuato. Raccomanda altresì l'utilizzo di una norma generale antiabuso per contribuire ad assicurare la coerenza e l'efficacia in un settore dove la pratica varia notevolmente da paese membro a paese membro. In questo settore, vi sono molte altre proposte. È stata identificata, ad esempio, la vulnerabilità dell'attuale regime IVA alle frodi. La Commissione ha così deciso di istituire un forum UE sull'IVA nel quale i rappresentanti del mondo economico e le autorità tributarie possano scambiarsi opinioni sugli aspetti pratici dell'amministrazione dell'IVA applicabile alle transazioni fra i paesi UE. Inoltre, essi possono individuare e discutere le migliori pratiche, che potrebbero contribuire a linearizzare la gestione del regime IVA e a tagliare i costi di adeguamento alle normative, garantendo nel contempo anche il gettito IVA. RIFERIMENTI Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Raccomandazione 2012/772/UE della Commissione - - Gazzetta ufficiale L 338 del 12.12.2012. DOCUMENTI CORRELATI Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio: Piano d'azione per rafforzare la lotta alla frode fiscale e all'evasione fiscale [COM(2012)722 final - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2011/96/UE concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi [COM(2013)814 final - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. La direttiva sulle società madri e figlie (direttiva 2011/96/UE), in origine, era concepita per impedire che le società dello stesso gruppo con sede in paesi UE diversi vedessero il medesimo reddito tassato due volte (doppia imposizione). Talune società hanno tuttavia sfruttato le disposizioni della direttiva e le incongruenze fra le norme fiscali nazionali per evitare del tutto la tassazione in qualsiasi paese dell'UE (doppia non imposizione). La modifica proposta inasprirà la direttiva, affinché gli specifici meccanismi di pianificazione fiscale (i finanziamenti ibridi) non possano più fruire di esenzioni fiscali. Secondo la proposta, se è fiscalmente deducibile nel paese UE dove ha sede la società figlia, il pagamento di un finanziamento ibrido deve essere tassato nel paese UE in cui è stabilita la società madre. Questo impedirà alle società che hanno filiali in più paesi UE di pianificare i pagamenti fra le filiali in paesi diversi, in modo da beneficiare della doppia non imposizione.
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Accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea Gazzetta ufficiale n. L 121 del 13/05/1997 pag. 0014 - 0018 ACCORDO di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di CoreaLa COMUNITÀ EUROPEA e la REPUBBLICA DI COREA (in appresso denominate «parti contraenti»),VISTA l'importanza dei legami commerciali tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea e desiderose di contribuire, a vantaggio di entrambe, all'armonioso sviluppo di detti legami;TENENDO CONTO dello sviluppo della cooperazione doganale tra le parti contraenti per quanto riguarda le procedure doganali;CONSIDERANDO che le operazioni che violano la legislazione doganale ledono agli interessi economici, fiscali e commerciali di entrambe le parti contraenti e riconoscendo l'importanza di valutare in modo accurato i dazi doganali e gli altri oneri;PERSUASE che la cooperazione tra le loro autorità doganali renderà più efficaci gli interventi contro tali operazioni;VISTI gli obblighi imposti dalle convenzioni internazionali cui le parti contraenti hanno già aderito e la raccomandazione del consiglio di cooperazione doganale del 5 dicembre 1953 sull'assistenza amministrativa reciproca,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente accordo valgono le seguenti definizioni:a) «legislazione doganale»: le disposizioni adottate dalla Comunità europea o dalla Repubblica di Corea che disciplinano l'importazione, l'esportazione e il transito delle merci nonché qualsiasi altra procedura doganale, comprese le misure di divieto, restrizione e controllo;b) «autorità doganale»: nella Comunità europea, i servizi competenti della Commissione delle Comunità europee e le autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea e nella Repubblica di Corea il servizio doganale coreano;c) «autorità doganale richiedente»: l'autorità doganale competente di una parte contraente che presenta una domanda di assistenza in materia doganale;d) «autorità doganale interpellata»: l'autorità doganale competente di una parte contraente che riceve una domanda di assistenza in materia doganale;e) «dati personali»: tutte le informazioni relative ad una persona fisica identificata o identificabile;f) «operazione che viola la legislazione doganale»: tutte le violazioni o i tentativi di violazione della legislazione doganale.Articolo 2 Obblighi imposti dalle convenzioni internazionali Le disposizioni del presente accordo non pregiudicano gli obblighi imposti dalle convenzioni internazionali cui hanno aderito le parti contraenti del presente accordo.TITOLO II COOPERAZIONE DOGANALE Articolo 3 Portata della cooperazione doganale 1. In base alle disposizioni del presente accordo, le parti contraenti si adoperano, attraverso le rispettive autorità doganali, al fine di:a) collaborare per la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione, nei limiti delle risorse disponibili, di nuove procedure doganali, la formazione e gli scambi del personale e le altre questioni che possano richiedere un'azione congiunta;b) semplificare, armonizzare e computerizzare le procedure doganali, tenendo conto dei lavori svolti delle organizzazioni internazionali in questo settore.2. La cooperazione doganale prevede:a) scambi di dati professionali, scientifici e tecnici relativi alla legislazione doganale;b) scambi di informazioni sulle azioni di assistenza tecnica intraprese insieme ai paesi terzi al fine di migliorarle.TITOLO III ASSISTENZA RECIPROCA Articolo 4 Portata dell'assistenza 1. In base alle disposizioni del presente accordo, le parti contraenti:a) si prestano reciprocamente assistenza per la corretta applicazione della legislazione doganale, in particolare mediante la prevenzione, l'individuazione e l'esame delle violazioni di detta legislazione;b) si prestano reciprocamente assistenza fornendo, su richiesta, le informazioni necessarie per amministrare e far applicare la legislazione doganale.2. L'assistenza in materia doganale prevista dal presente accordo non pregiudica le norme che disciplinano l'assistenza reciproca in materia penale né copre le informazioni ottenute grazie a poteri esercitati su richiesta dell'autorità giudiziaria salvo accordo di detta autorità.3. L'assistenza prevede altresì:a) scambi di informazioni e di esperienze sull'uso del divieto e delle apparecchiature di rilevamento;b) tecniche applicative, in particolare strumenti tecnici, che potrebbero rivelarsi utili per eliminare le violazioni della legislazione doganale;c) osservazioni e conclusioni derivanti dall'uso delle nuove tecniche applicative.Articolo 5 Assistenza su richiesta 1. Su domanda dell'autorità doganale richiedente, l'autorità doganale interpellata le fornisce tutte le informazioni pertinenti per garantire la corretta applicazione della legislazione doganale, comprese le informazioni riguardanti le operazioni registrate o programmate che violino o possano violare detta legislazione.2. Su domanda dell'autorità doganale richiedente, l'autorità doganale interpellata le comunica se le merci esportate dal territorio di una delle parti contraenti sono state correttamente importate nel territorio dell'altra parte contraente precisando, se del caso, la procedura doganale applicata alle merci.3. Su domanda dell'autorità doganale richiedente, l'autorità doganale interpellata prende le misure necessarie per garantire che siano tenute sotto controllo:a) le persone fisiche o giuridiche in merito alle quali sussistano fondati motivi di ritenere che violino o abbiano violato la legislazione doganale;b) i luoghi dove le merci sono immagazzinate in modo da fare legittimamente supporre che siano destinate ad operazioni contrarie alla legislazione doganale;c) i movimenti di merci per i quali sia stata segnalata la possibilità che diano luogo a infrazioni della legislazione doganale;d) i mezzi di trasporto per i quali vi sono fondati motivi di ritenere che siano stati, siano ovvero possano essere utilizzati per violare la legislazione doganale.Articolo 6 Assistenza spontanea Le parti contraenti si prestano assistenza reciproca, secondo le rispettive leggi, norme e altri strumenti giuridici e qualora lo considerino necessario per la corretta applicazione della legislazione doganale, in particolare allorché ricevono informazioni riguardanti:a) operazioni per le quali sia stata violata, si violi o si possa violare tale legislazione e che possano interessare l'altra parte contraente;b) nuovi mezzi o metodi utilizzati per effettuare dette operazioni;c) merci note per essere soggette a operazioni che violano la legislazione doganale.Articolo 7 Consegna/Notifica Su domanda dell'autorità doganale richiedente, l'autorità doganale interpellata adotta, secondo la propria legislazione, tutte le misure necessarie per- consegnare tutti i documenti e- notificare tutte le decisioniche rientrano nel campo di applicazione del presente accordo ad un destinatario, residente o stabilito sul suo territorio. In tal caso, si applicano le disposizioni dell'articolo 8, paragrafo 3.Articolo 8 Forma e contenuto delle domande di assistenza 1. Le domande eseguite a norma del presente accordo sono presentate per iscritto. Ad esse vengono allegati i documenti necessari al loro espletamento. Qualora l'urgenza della situazione lo richieda, possono essere accettate domande orali le quali, tuttavia, devono essere immediatamente confermate per iscritto.2. Le domande presentate a norma del paragrafo 1 del presente articolo devono contenere le seguenti informazioni:a) l'autorità doganale richiedente che presenta la domanda;b) la misura richiesta;c) l'oggetto e il motivo della domanda;d) le leggi, le norme e gli altri elementi giuridici in questione;e) ragguagli il più possibile esatti ed esaurienti sulle persone fisiche o giuridiche oggetto d'indagine;f) una sintesi dei fatti e delle indagini già svolte, salvo per i casi di cui all'articolo 7.3. Le domande sono presentate in una delle lingue ufficiali dell'autorità doganale interpellata o in una lingua concordata con detta autorità.4. Se la domanda non risponde ai requisiti formali stabiliti può esserne richiesta la correzione o il completamento; tuttavia possono essere disposte misure cautelative.Articolo 9 Accoglimento delle domande 1. Per soddisfare le domande di assistenza l'autorità doganale interpellata procede, in collaborazione con gli altri servizi amministrativi se non può agire direttamente, nell'ambito delle sue competenze e delle risorse disponibili, fornendo le informazioni già in suo possesso, svolgendo adeguate indagini o disponendone l'esecuzione.2. Le domande di assistenza sono accolte in osservanza delle leggi, norme e altri strumenti giuridici della parte contraente interpellata.3. I funzionari debitamente autorizzati di una parte contraente possono, d'intesa con l'altra parte contraente e alle condizioni da questa stabilite, ottenere dagli uffici dell'autorità doganale interpellata o di un'altra autorità, della quale l'autorità doganale interpellata è responsabile, le informazioni sulle violazioni della legislazione doganale che occorrono all'autorità doganale richiedente ai fini del presente accordo.4. I funzionari di una parte contraente possono essere presenti, con l'accordo dell'altra parte contraente e alle condizioni da essa stabilite, alle indagini condotte nel territorio di quest'ultima.Articolo 10 Forma in cui devono essere comunicate le informazioni 1. L'autorità doganale interpellata comunica i risultati delle indagini all'autorità doganale richiedente sotto forma di documenti, copie autenticate di documenti, relazioni o nelle altre forme appropriate per l'accoglimento della domanda.2. I documenti di cui al paragrafo 1 possono essere sostituiti da informazioni computerizzate prodotte in qualsiasi forma per gli stessi fini.Articolo 11 Deroghe all'obbligo di fornire assistenza 1. Le parti contraenti possono rifiutarsi, integralmente o in parte, di prestare l'assistenza prevista nel presente accordo qualora ciò possa:a) pregiudicare la sovranità della Repubblica di Corea o di uno Stato membro della Comunità europea cui è stata chiesta assistenza a norma del presente accordo;b) pregiudicare la sovranità, l'ordine pubblico, la sicurezza o altri interessi essenziali, in particolare nei casi di cui all'articolo 12, paragrafo 2;c) riguardare norme valutarie o fiscali, fuori dall'ambito della legislazione doganale, oppured) violare un segreto industriale, commerciale o professionale.2. Qualora l'autorità doganale richiedente solleciti un'assistenza che non sarebbe in grado di fornire se le venisse richiesto dall'autorità doganale dell'altra parte contraente, fa presente tale circostanza nella sua domanda. Spetta quindi all'autorità doganale interpellata decidere come rispondere a detta domanda.3. Prima di rifiutarsi di fornire assistenza, l'autorità doganale interpellata valuta se non sia possibile farlo alle condizioni da essa giudicate necessarie. Se l'autorità doganale richiedente accetta l'assistenza a queste condizioni, essa si impegna a rispettarle.4. Qualora non sia possibile soddisfare una domanda di assistenza, l'autorità doganale richiedente viene avvertita senza indugio e informata dei motivi del rifiuto di assistenza.Articolo 12 Scambi di informazioni e riservatezza 1. Tutte le informazioni comunicate in qualsiasi forma a norma del presente accordo sono di natura riservata o ristretta, a seconda delle norme applicabili in ciascuna delle parti contraenti. Esse sono coperte dal segreto d'ufficio e tutelate dalle rispettive leggi applicabili nel territorio della parte contraente che le ha ricevute e dalle corrispondenti disposizioni cui debbono conformarsi le istituzioni comunitarie.2. I dati personali possono essere trasmessi solo se la parte contraente che li riceve s'impegna a tutelarli in misura perlomeno equivalente a quella applicabile a quel caso specifico nella parte contraente che li fornisce.3. Le informazioni ottenute possono essere utilizzate solo ai fini del presente accordo e possono essere destinate ad altri scopi da una delle parti contraenti solo previa autorizzazione scritta dell'autorità doganale che le ha fornite, con tutte le restrizioni stabilite da detta autorità.4. Il paragrafo 3 non osta all'uso delle informazioni in azioni giudiziarie o amministrative promosse a seguito della mancata osservanza della legislazione doganale. L'autorità competente che ha fornito le informazioni viene immediatamente avvertita di tale uso.5. Nei verbali, nelle relazioni e nelle testimonianze, nonché nei procedimenti e nelle azioni penali promossi dinanzi a un tribunale, le parti contraenti possono utilizzare come prova le informazioni ottenute e i documenti consultati in base alle disposizioni del presente accordo.Articolo 13 Esperti e testimoni Un funzionario dell'autorità doganale interpellata può essere autorizzato a comparire, nei limiti dell'autorizzazione concessa, in qualità di esperto o di testimone in azioni giudiziarie o amministrative riguardanti le materie di cui al presente accordo nella giurisdizione dell'altra parte contraente e produrre oggetti, documenti ovvero loro copie autenticate che possono occorrere nel procedimento. Nella richiesta di comparizione deve essere specificamente indicato su quale argomento e a quale titoli il funzionario sarà interrogato.Articolo 14 Spese Le parti contraenti rinunciano reciprocamente a tutte le richieste di rimborso delle spese sostenute a norma del presente accordo, escluse, a seconda dei casi, le spese per esperti e testimoni nonché per gli interpreti e traduttori che non dipendono da pubblici servizi.TITOLO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 15 Comitato misto di cooperazione doganale 1. È istituito un comitato misto di cooperazione doganale composto da rappresentanti della Comunità europea e della Repubblica di Corea. Il comitato si riunisce, alternativamente, a Bruxelles e a Seul secondo le modalità, alla data e con l'ordine del giorno stabiliti di comune accordo.2. Il comitato misto di cooperazione doganale garantisce il corretto funzionamento dell'accordo ed esamina tutte le questioni inerenti alla sua applicazione. A tal fine, esso prevede principalmente a:a) valutare l'andamento della cooperazione doganale a norma del presente accordo e individuare nuovi settori specifici per estendere tale cooperazione;b) scambiare opinioni su tutti i punti di comune interesse riguardanti la cooperazione doganale, comprese le future misure e le relative risorse;c) in generale, raccomandare soluzioni volte al conseguimento degli obiettivi del presente accordo.3. Il comitato misto di cooperazione doganale adotta il proprio regolamento interno.Articolo 16 Esecuzione 1. L'applicazione del presente accordo è affidata ai competenti servizi della Commissione delle Comunità europee e, se del caso, alle autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea, da una parte, e ai servizi doganali della Repubblica di Corea, dall'altra. Essi decidono in merito a tutte le misure pratiche e alle disposizioni necessarie per la sua applicazione, tenendo in considerazione le norme in materia di protezione dei dati.2. Le parti contraenti si consultano e si tengono reciprocamente informate in merito alle norme specifiche di esecuzione adottate in base alle disposizioni del presente accordo.Articolo 17 Revisione o modifica Le parti contraenti possono rivedere o modificare, di concerto, il presente accordo in qualsiasi momento.Articolo 18 Applicazione territoriale Il presente accordo si applica, da una parte, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea e alle condizioni ivi stabilite e, dall'altra, al territorio della Repubblica di Corea.Articolo 19 Entrata in vigore e durata 1. Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla data in cui le parti contraenti si notificano reciprocamente l'avvenuto espletamento delle procedure all'uopo necessarie.2. Il presente accordo è concluso per un periodo di cinque anni. Esso è rinnovato tacitamente, di anno in anno, a meno che una delle parti contraenti non lo denunci per iscritto sei mesi prima della data di scadenza.Articolo 20 Testi facenti fede Il presente accordo è redatto in duplice esemplare in lingua danese, finnica, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese, tedesca e coreana, tutti i testi facenti ugualmente fede.In fede di che, i plenipotenziari sottoscritti hanno apposto le loro firme in calce al presente accordo.Fatto in duplice esemplare a Bruxelles, addì dieci aprile millenovecentonovantasette.Per la Comunità europea>RIFERIMENTO A UN FILM>Per la Repubblica di Corea>RIFERIMENTO A UN FILM>
Accordo con la Repubblica di Corea QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? Ai sensi dell’accordo, le parti convengono di offrirsi assistenza reciproca al fine di garantire che la normativa doganale* sia applicata in maniera appropriata. La decisione conclude l’accordo per conto della Comunità europea (ora Unione europea) con la Corea del Sud. PUNTI CHIAVE L’accordo prevede la cooperazione in settori che vanno dalla ricerca, dallo sviluppo e dalla sperimentazione di nuove procedure doganali alla semplificazione, all’armonizzazione e all’informatizzazione di tali procedure. Le parti si prestano assistenza reciproca per prevenire e indagare sulle violazioni della normativa doganale. Cooperazione doganale Le parti accettano di cooperare:nella ricerca, nello sviluppo e nel collaudo di nuove procedure doganali; nella formazione e nello scambio di personale; nella semplificazione, armonizzazione e informatizzazione delle procedure doganali; nello scambio di dati professionali, scientifici e tecnici relativi alla normativa doganale; nello scambio di informazioni sulle azioni intraprese con altri paesi in relazione all’assistenza tecnica. Assistenza amministrativa reciproca L’accordo prevede 2 tipi di assistenza:assistenza spontanea: le parti contraenti possono fornirsi assistenza reciprocamente di loro iniziativa, qualora lo ritengano necessario per la corretta applicazione della normativa doganale; assistenza a richiesta: l’autorità interpellata* è tenuta a fornire all’autorità richiedente* qualsiasi informazione utile che le consenta di accertare che la normativa doganale è correttamente applicata. Le informazioni possono riguardare violazioni della normativa doganale e procedure irregolari di esportazione e importazione tra le due parti. Sorveglianza speciale: può essere richiesta in tutti i casi sospetti ed è applicabile a ogni persona fisica o giuridica, luogo, movimento di merci o mezzo di trasporto che è o potrebbe essere collegato o utilizzato per perpetrare operazioni contrarie alla normativa doganale. Aspetti formali e deroghe all’obbligo di prestare assistenza Le richieste di assistenza devono essere:presentate per iscritto, fatta eccezione per casi urgenti in cui possono essere presentate richieste orali, confermate successivamente per iscritto; corredate di tutte le informazioni necessarie per la loro attuazione, comprese: l’autorità interpellata, la misura richiesta, l’oggetto e la motivazione della richiesta, la normativa prevista e la persona fisica o giuridica oggetto dell’indagine. L’autorità interpellata:fornisce le informazioni di cui è già in possesso e svolge le opportune indagini; può rifiutarsi di fornire assistenza nel caso in cui ciò possa pregiudicare la sovranità, l’ordine pubblico, la sicurezza o altri interessi essenziali di una delle parti. La richiesta di fornire assistenza può anche essere rifiutata qualora:violi un segreto industriale, commerciale o professionale; coinvolga regolamentazioni valutarie o fiscali diverse dalla normativa doganale. L’accordo:contiene clausole di riservatezza in relazione alle informazioni fornite. Ai dati personali è riservato un alto livello di tutela. prevede l’istituzione di un comitato misto di cooperazione doganale che garantisce il buon funzionamento dell’accordo ed esamina tutte le questioni derivanti dalla sua applicazione. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 1° maggio 1997. Le clausole dell’accordo relativo alla reciproca assistenza amministrativa sono state sostituite dal Protocollo relativo all’assistenza amministrativa reciproca nel settore doganale dell’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e la Repubblica di Corea. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Corea (Commissione europea). La Repubblica di Corea e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna). TERMINI CHIAVE Normativa doganale: qualsiasi legge adottata dall’Unione europea o dalla Corea che disciplini l’importazione, l’esportazione, il transito delle merci e il vincolo a qualsiasi altro regime doganale, comprese le misure di divieto, di restrizione e di controllo. Autorità interpellata: l’autorità doganale competente che riceve una domanda di assistenza. Autorità richiedente: l’autorità doganale competente che presenta una domanda di assistenza. DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea (GU L 121 del 13.5.1997, pag. 14). Decisione 97/291/CE del Consiglio, del 26 aprile 1997, relativa alla conclusione dell’Accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea (GU L 121 del 13.5.1997, pag. 13). Rettifica alla decisione 97/291/CE del Consiglio, del 26 aprile 1997, relativa alla conclusione dell’Accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea (GU L 126 del 17.5.1997, pag. 30). DOCUMENTI CORRELATI Protocollo relativo all’assistenza amministrativa reciproca nel settore doganale (GU L 127 del 14.5.2011, pag. 1415). Decisione 2015/2169 del Consiglio del 1° ottobre 2015 relativa alla conclusione dell’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra (GU L 307 del 25.11.2015, pag. 2). Informazione relativa all’entrata in vigore dell’accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea (GU L 121 del 13.5.1997, pag. 19).
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32014R0481
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REGOLAMENTO DELEGATO (UE) N. 481/2014 DELLA COMMISSIONE del 4 marzo 2014 che integra il regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne le norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, visto il regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni specifiche per il sostegno del Fondo europeo di sviluppo regionale all'obiettivo di cooperazione territoriale europea (1), in particolare l'articolo 18, paragrafo 1, considerando quanto segue: (1) A norma dell'articolo 18, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1299/2013 è necessario stabilire norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione in relazione ai costi del personale, alle spese d'ufficio e amministrative, alle spese di viaggio e soggiorno, ai costi per consulenze e servizi esterni nonché alle spese per attrezzature (di seguito «categorie di spese»). (2) Per consentire flessibilità nell'applicazione delle norme in materia di ammissibilità per i programmi di cooperazione, è opportuno che agli Stati membri che partecipano a un determinato programma di cooperazione sia consentito di decidere che a uno specifico asse prioritario di un dato programma di cooperazione non si applichi una determinata categoria di spese. (3) Si dovrebbe precisare come le norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione fissate dal presente regolamento si inseriscano nel quadro giuridico generale delle norme in materia di ammissibilità applicabili a tutti i fondi SIE, stabilite dagli articoli da 65 a 71 del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (2). (4) Per ciascuna categoria di spese è opportuno stabilire un elenco di vari elementi di spesa. (5) Occorre precisare che, di norma, i regali non sono ammissibili. Dovrebbe tuttavia essere ammissibile la distribuzione di piccoli articoli che attengono ad attività di promozione, comunicazione, pubblicità o informazione. (6) Dovrebbero esseri definiti i diversi elementi dei costi del personale e stabilite allo stesso tempo le norme per il calcolo, la contabilizzazione e il rimborso dei costi del personale in generale e, in particolare, per gli incarichi a tempo parziale o i contratti di servizio sulla base di una tariffa oraria. (7) È opportuno elencare i diversi elementi delle spese d'ufficio e amministrative unitamente alle norme per il calcolo, la contabilizzazione e il rimborso di questi elementi di costo come costi diretti oppure come costi indiretti, in particolare qualora esse siano associate ai tassi forfettari di cui al regolamento (UE) n. 1303/2013. (8) È opportuno elencare i diversi elementi delle spese di viaggio e soggiorno unitamente alle norme per il calcolo, la contabilizzazione e il rimborso indipendentemente dal fatto che tali spese siano sostenute dal beneficiario o direttamente dal suo personale. Dovrebbero altresì essere precisate le condizioni di contabilizzazione delle spese di viaggio e soggiorno qualora siano sostenute al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma di cui all'articolo 20 del regolamento (UE) n. 1299/2013. (9) È opportuno elencare i diversi elementi dei costi per consulenze e servizi esterni. (10) È opportuno elencare i diversi elementi delle spese per attrezzature unitamente alle norme in materia di ammissibilità delle attrezzature di seconda mano, (11) Al fine di consentire l'immediata applicazione delle misure di cui al presente regolamento, è opportuno che il presente regolamento entri in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto e ambito di applicazione 1. Fatte salve le norme in materia di ammissibilità di cui agli articoli da 65 a 71 del regolamento (UE) n. 1303/2013 o stabilite sulla base di tali articoli, il presente regolamento stabilisce norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione in relazione alle seguenti categorie di spese: a) costi del personale; b) spese d'ufficio e amministrative; c) spese di viaggio e soggiorno; d) costi per consulenze e servizi esterni; e e) spese per attrezzature. 2. Gli Stati membri che partecipano al comitato di sorveglianza di un programma di cooperazione possono stabilire di comune accordo la non ammissibilità, nell'ambito di uno o più assi prioritari, delle spese rientranti in una o più categorie tra quelle elencate al paragrafo 1. Articolo 2 Disposizioni generali 1. Le spese ammissibili a norma del presente regolamento, pagate dal beneficiario o per conto del medesimo, riguardano i costi di avvio oppure i costi di avvio e attuazione di un'operazione o di una sua parte. 2. Non sono ammissibili i seguenti costi: a) le ammende, le penali e le spese per controversie legali e di contenzioso; b) i costi dei regali, ad eccezione di quelli di valore unitario non superiore ai 50 EUR ove connessi ad attività di promozione, comunicazione, pubblicità o informazione; c) i costi connessi alle fluttuazioni del tasso di cambio. Articolo 3 Costi del personale 1. Le spese relative ai costi del personale sono date dai costi del lavoro lordi relativi al personale alle dipendenze del beneficiario secondo le seguenti modalità: a) a tempo pieno; b) a tempo parziale con una percentuale fissa del tempo di lavoro mensile; c) a tempo parziale con un numero flessibile di ore di lavoro al mese; oppure d) su base oraria. 2. Le spese relative ai costi del personale si limitano a quanto di seguito elencato: a) spese per retribuzioni, connesse alle attività che l'entità non svolgerebbe se l'operazione in questione non fosse realizzata, stabilite in un contratto di impiego/di lavoro, in una decisione di nomina (di seguito denominati «atto di impiego») o dalla legge e riconducibili alle responsabilità del dipendente interessato precisate nella descrizione delle mansioni; b) ogni altro costo direttamente correlato ai pagamenti delle retribuzioni, che sia sostenuto e pagato dal datore di lavoro, quali imposte sul lavoro e contributi di sicurezza sociale, compresi i contributi pensionistici, secondo quanto previsto dal regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (3), a condizione che tali costi: i) siano stabiliti in un atto di impiego o dalla legge; ii) siano conformi alla legislazione richiamata nell'atto di impiego e alle normali pratiche del paese e/o dell'organizzazione in cui il singolo dipendente espleta effettivamente la sua attività di lavoro; e iii) non siano recuperabili dal datore di lavoro. In relazione alla lettera a), i pagamenti effettuati a favore di persone fisiche che lavorano per il beneficiario in forza di un contratto diverso da un contratto di impiego/di lavoro possono essere assimilati alle spese per retribuzioni e tale contratto può essere equiparato a un atto di impiego. 3. I costi del personale possono essere rimborsati: i) sulla base del costo effettivo (dimostrato dall'atto di impiego e dalle buste paga); oppure ii) sulla base delle opzioni relative ai costi semplificati di cui all'articolo 67, paragrafo 1, lettere da b) a d), del regolamento (UE) n. 1303/2013; oppure iii) su base forfettaria in conformità all'articolo 19 del regolamento (UE) n. 1299/2013. 4. I costi del personale relativi a persone che lavorano con un incarico a tempo parziale nell'ambito dell'operazione sono calcolati come: a) una percentuale fissa del costo del lavoro lordo, corrispondente a una percentuale fissa del tempo di lavoro nell'ambito dell'operazione, senza l'obbligo di istituzione di un sistema separato di registrazione dell'orario di lavoro; oppure b) una quota flessibile del costo del lavoro lordo, corrispondente a un numero mensilmente variabile di ore di lavoro nell'ambito dell'operazione, sulla base di un sistema di registrazione dei tempi che copre il 100 % dell'orario di lavoro del dipendente. 5. Per gli incarichi a tempo parziale di cui al paragrafo 4, lettera a), il datore di lavoro rilascia per ciascun dipendente un documento che stabilisce la percentuale del tempo di lavoro da riservare all'operazione. 6. Per gli incarichi a tempo parziale di cui al paragrafo 4, lettera b), il rimborso dei costi del personale è calcolato sulla base di una tariffa oraria che viene determinata: i) dividendo il costo del lavoro lordo mensile per l'orario di lavoro mensile stabilito nell'atto di impiego, espresso in ore; oppure ii) dividendo il costo del lavoro lordo annuo documentato più recente per 1 720 ore, in conformità all'articolo 68, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1303/2013. La tariffa oraria è moltiplicata per il numero di ore effettivamente lavorate nell'ambito dell'operazione. 7. I costi del personale relativi a persone che, in forza di un atto di impiego, sono occupate su base oraria sono ammissibili procedendo alla moltiplicazione del numero di ore effettivamente lavorate nell'ambito dell'operazione per la tariffa oraria concordata nell'atto di impiego sulla base di un sistema di registrazione dell'orario di lavoro. Articolo 4 Spese d'ufficio e amministrative Le spese d'ufficio e amministrative si limitano ai seguenti elementi: a) canone di locazione degli uffici; b) assicurazioni e imposte relative agli edifici che ospitano il personale e alle attrezzature d'ufficio (ad esempio, assicurazioni incendio, furto); c) consumi per le utenze (ad esempio, elettricità, riscaldamento, acqua); d) forniture per ufficio; e) contabilità generale all'interno dell'organizzazione beneficiaria; f) archivi; g) manutenzione, pulizie e riparazioni; h) sicurezza; i) sistemi informatici; j) comunicazione (ad esempio, telefono, fax, Internet, servizi postali, biglietti da visita); k) spese bancarie di apertura e gestione del conto o dei conti, qualora l'attuazione dell'operazione richieda l'apertura di un conto separato; l) oneri associati alle transazioni finanziarie transnazionali. Articolo 5 Spese di viaggio e soggiorno 1. Le spese relative ai costi di viaggio e di soggiorno si limitano ai seguenti elementi: a) spese di viaggio (ad esempio, biglietti, assicurazioni di viaggio e assicurazione auto, carburante, rimborso auto chilometrico, pedaggi e spese di parcheggio); b) spese di vitto; c) spese di soggiorno; d) spese per i visti; e) indennità giornaliere. 2. Gli elementi elencati al paragrafo 1, lettere da a) a d), che risultino coperti da un'indennità giornaliera non beneficiano di un rimborso aggiuntivo rispetto all'indennità giornaliera. 3. Le spese di viaggio e soggiorno di esperti e prestatori di servizi esterni rientrano nei costi per consulenze e servizi esterni di cui all'articolo 6. 4. Il pagamento diretto delle spese di cui al presente articolo sostenute da parte di un dipendente del beneficiario richiede la dimostrazione del rimborso effettuato dal beneficiario a favore del dipendente in questione. 5. Per le operazioni concernenti assistenza tecnica o attività promozionali e di sviluppo delle capacità, le spese sostenute al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma sono ammissibili se sostenute in conformità all'articolo 20, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1299/2013. 6. L'autorità di gestione può accettare come ammissibili le spese di vitto e soggiorno sostenute presso esercizi situati al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma, se sostenute in conformità all'articolo 20, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1299/2013. La stessa disposizione si applica alle spese di trasporto locali nel luogo di svolgimento di un evento o un'azione al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma. 7. Per quanto riguarda il personale di beneficiari situati al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma, l'autorità di gestione può accettare come ammissibili i costi di cui al paragrafo 1, comprese le spese di viaggio da e per il luogo di svolgimento di un evento o di un'azione all'interno o al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma, se sostenute in conformità all'articolo 20, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1299/2013. 8. Per quanto riguarda il personale di beneficiari situati all'interno della parte dell'Unione nell'area di programma, i costi di cui al paragrafo 1, comprese le spese di viaggio da e per il luogo di svolgimento di un evento o di un'azione all'interno o al di fuori della parte dell'Unione nell'area di programma, sono considerate ammissibili in conformità all'articolo 20, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1299/2013. Articolo 6 Costi per consulenze e servizi esterni Le spese relative ai costi per consulenze e servizi esterni si limitano ai servizi e alle consulenze seguenti forniti da un soggetto di diritto pubblico o privato o da una persona fisica diversi dal beneficiario dell'operazione: a) studi o indagini (ad esempio, valutazioni, strategie, note sintetiche, schemi di progettazione, manuali); b) formazione; c) traduzioni; d) sistemi informatici e creazione, modifiche e aggiornamenti di siti web; e) attività di promozione, comunicazione, pubblicità o informazione collegate a un'operazione o a un programma di cooperazione in quanto tali; f) gestione finanziaria; g) servizi correlati all'organizzazione e attuazione di eventi o riunioni (compresi canoni di locazione, servizi di catering o di interpretazione); h) partecipazione a eventi (ad esempio, quote di iscrizione); i) servizi di consulenza legale e servizi notarili, consulenza tecnica e finanziaria, altri servizi di consulenza e contabili; j) diritti di proprietà intellettuale; k) verifiche di cui all'articolo 125, paragrafo 4, lettera a), del regolamento (UE) n. 1303/2013 e all'articolo 23, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 1299/2013; l) costi di certificazione e di audit a livello del programma, a norma degli articoli 126 e 127 del regolamento (UE) n. 1303/2013; m) garanzie fornite da una banca o da un altro istituto finanziario, ove prescritte dalla normativa nazionale o dell'Unione o da un documento di programmazione adottato dal comitato di sorveglianza; n) spese di viaggio e soggiorno di esperti, oratori, presidenti di riunione e prestatori di servizi esterni; o) altre consulenze e servizi specifici necessari per le operazioni. Articolo 7 Spese per attrezzature 1. Le spese relative al finanziamento dell'acquisto, della locazione o del leasing delle attrezzature da parte del beneficiario dell'operazione, diverse da quelle di cui all'articolo 4, si limitano alle seguenti voci: a) attrezzature per ufficio; b) hardware e software; c) mobilio e accessori; d) apparecchiature di laboratorio; e) strumenti e macchinari; f) attrezzi o dispositivi; g) veicoli; h) altre attrezzature specifiche necessarie per le operazioni. 2. L'acquisto di attrezzature di seconda mano può essere ammissibile alle seguenti condizioni: a) non hanno beneficiato di altra assistenza da parte dei fondi SIE; b) il loro prezzo non è superiore ai costi generalmente accettati sul mercato in questione; c) possiedono le caratteristiche tecniche necessarie per l'operazione e sono conformi alle norme e agli standard applicabili. Articolo 8 Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 4 marzo 2014 Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 259. (2) Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320). (3) Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 166 del 30.4.2004, pag. 1).
Norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione territoriale europea QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione tra i paesi dell’UE, rispetto a specifiche categorie di spesa. PUNTI CHIAVE Cooperazione territoriale europeaQuesto programma è noto più comunemente come Interreg. Rappresenta uno dei due obiettivi della politica di coesione dell’UE 2014-2020 e fornisce un mezzo per attuare le azioni comuni e gli scambi politici tra attori nazionali, regionali e locali provenienti da diversi paesi dell’UE. Si propone di promuovere la coesione economica, sociale e territoriale armonica dell’UE nel suo complesso. È costruito attorno a tre filoni di cooperazione:transfrontaliera (Interreg A): affronta sfide comuni individuate congiuntamente nelle regioni di confine;transnazionale (Interreg B): sostiene un’ampia gamma di investimenti di progetto correlati a innovazione, ambiente, accessibilità, telecomunicazioni, sviluppo urbano, ecc.;interregionale (Interreg C): fornisce un mezzo per scambiare esperienze tra organismi regionali e locali in diversi paesi. Per agevolare la cooperazione tra questi tre filoni, nel 2007 furono istituiti i gruppi europei di cooperazione territoriale ai sensi del regolamento (CE) n. 1082/2006. Il finanziamento è offerto dal Fondo europeo di sviluppo regionale, parte dei Fondi strutturali e d’investimento europei. Categorie di spesa Il regolamento stabilisce norme per le seguenti categoria di spesa:spese per il personale; spese di funzionamento e d’ufficio; spese di viaggio e alloggio; spese per collaborazioni esterne e di servizio; spese di attrezzatura. Spese ammissibiliLe spese ammissibili devono riguardare i costi di avvio oppure di avvio e attuazione di un’operazione o di parte di un’operazione. Le seguenti tipologie di spesa non sono ammissibili:multe, sanzioni pecuniarie e spese relative a controversie legali e contenziosi;regali, salvo quelli che non eccedono i 50 € per regalo se relativi a promozioni, comunicazioni, pubblicità o informazioni;spese legate alle fluttuazioni dei tassi di cambio. A PARTIRE DA QUANDO VIENE APPLICATO IL REGOLAMENTO? Esso è in vigore dal 14 maggio 2014. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Cooperazione tra regioni e paesi (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento delegato (UE) n. 481/2014 della Commissione, del 4 marzo 2014, che integra il regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto concerne le norme specifiche in materia di ammissibilità delle spese per i programmi di cooperazione (GU L 138 del 13.5.2014, pag. 45). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320). I successivi emendamenti e le correzioni al presente regolamento sono stati inclusi nel documento originale. Questa versione consolidata ha unicamente un valore documentale. Regolamento (CE) n. 1082/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, relativo a un gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT) (GU L 210 del 31.7.2006, pag. 19). Consultare la versione consolidata.
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Decisione quadro del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa alle squadre investigative comuni Gazzetta ufficiale n. L 162 del 20/06/2002 pag. 0001 - 0003 Decisione quadro del Consigliodel 13 giugno 2002relativa alle squadre investigative comuni(2002/465/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 34, paragrafo 2, lettera b),vista l'iniziativa del Regno del Belgio, della Repubblica francese, del Regno di Spagna e del Regno Unito(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) Uno degli obiettivi dell'Unione è di offrire ai cittadini un elevato livello di sicurezza nell'ambito di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, obiettivo che va realizzato con la prevenzione e la lotta alla criminalità attraverso una più stretta cooperazione tra forze di polizia, autorità doganali e altre autorità competenti degli Stati membri, nel rispetto dei principi relativi ai diritti dell'uomo, le libertà fondamentali e lo stato di diritto sui quali si fonda l'Unione, principi che sono comuni agli Stati membri.(2) Il Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 ha chiesto di costituire senza indugio, ai sensi del trattato, squadre investigative comuni come primo passo per combattere il traffico di stupefacenti, la tratta degli esseri umani e il terrorismo.(3) L'articolo 13 della convenzione stabilita dal Consiglio a norma dell'articolo 34 del trattato sull'Unione europea relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea(3) prevede la costituzione e il funzionamento di squadre investigative comuni.(4) Il Consiglio raccomanda di adottare le misure per garantire che la presente convenzione sia ratificata prima possibile e, in ogni caso, nel corso del 2002.(5) Il Consiglio riconosce l'importanza di dare una risposta rapida all'invito del Consiglio europeo di costituire senza indugi squadre investigative comuni.(6) A giudizio del Consiglio, per lottare nel modo più efficace possibile contro la criminalità internazionale, è attualmente opportuno adottare, a livello di Unione, uno strumento specifico giuridicamente vincolante relativo alle squadre investigative comuni, da applicare nelle indagini congiunte in materia di traffico di stupefacenti, tratta di esseri umani e terrorismo.(7) Il Consiglio ritiene che tali squadre debbano essere costituite, in via prioritaria, per combattere i reati commessi da terroristi.(8) Gli Stati membri che costituiscono una squadra ne dovrebbero decidere la composizione, le finalità e la durata.(9) Gli Stati membri che costituiscono una squadra dovrebbero avere la possibilità di decidere, laddove possibile e conformemente al diritto applicabile, di far partecipare alle attività della squadra persone che non rappresentano le autorità competenti degli Stati membri e che possono includere, per esempio, rappresentanti dell'Europol, della Commissione (OLAF) o di Stati terzi, in particolare rappresentanti di autorità statunitensi preposte all'applicazione della legge. In tali casi, l'accordo istitutivo della squadra dovrebbe specificare le questioni relative all'eventuale responsabilità di tali rappresentanti.(10) Una squadra investigativa comune dovrebbe operare nel territorio di uno Stato membro in conformità del diritto applicabile in detto Stato.(11) La presente decisione quadro non pregiudica altre disposizioni o intese esistenti sulla costituzione o il funzionamento di squadre investigative comuni,HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE QUADRO:Articolo 1Squadre investigative comuni1. Le autorità competenti di due o più Stati membri possono costituire, di comune accordo, una squadra investigativa comune, per uno scopo determinato e una durata limitata che può essere prorogata con l'accordo di tutte le parti, per svolgere indagini penali in uno o più degli Stati membri che costituiscono la squadra. La composizione della squadra è indicata nell'accordo.Una squadra investigativa comune può in particolare essere costituita:a) quando le indagini condotte da uno Stato membro su reati comportano inchieste difficili e di notevole portata che hanno un collegamento con altri Stati membri;b) quando più Stati membri svolgono indagini su reati che, per le circostanze del caso, esigono un'azione coordinata e concertata negli Stati membri interessati.Una richiesta di costituzione di una squadra investigativa comune può essere presentata da qualsiasi Stato membro interessato. La squadra viene costituita in uno degli Stati membri in cui si svolgeranno presumibilmente le indagini.2. Oltre alle informazioni di cui all'articolo 14 della convenzione europea relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale e all'articolo 37 del trattato Benelux, del 27 giugno 1962, modificato dal protocollo dell'11 maggio 1974, le richieste di costituzione di una squadra investigativa comune contengono proposte in merito alla composizione della squadra.3. La squadra investigativa comune opera nel territorio degli Stati membri che la costituiscono alle seguenti condizioni generali:a) la squadra è diretta da un rappresentante dell'autorità competente che prende parte alle indagini penali dello Stato membro nel cui territorio la squadra interviene. Il direttore della squadra agisce entro i limiti delle sue competenze in conformità del diritto nazionale;b) la squadra opera in conformità del diritto dello Stato membro in cui interviene. Nello svolgimento delle loro funzioni, i membri della squadra rispondono alla persona di cui alla lettera a), tenendo conto delle condizioni stabilite dalle rispettive autorità nell'accordo sulla costituzione della squadra;c) lo Stato membro nel cui territorio la squadra investigativa interviene predispone le condizioni organizzative necessarie per consentirle di operare.4. Ai sensi della presente decisione quadro, per "distaccati" presso la squadra si intendono i membri della squadra investigativa comune degli Stati membri diversi da quelli dello Stato membro nel cui territorio essa interviene.5. I membri distaccati della squadra investigativa comune sono autorizzati ad essere presenti nello Stato membro dell'intervento qualora siano adottate misure investigative. Tuttavia, per ragioni particolari, il direttore della squadra può disporre altrimenti, in conformità del diritto dello Stato membro in cui la squadra interviene.6. I membri distaccati della squadra investigativa comune possono, in conformità del diritto dello Stato membro dell'intervento, essere incaricati dell'esecuzione di talune misure investigative dal direttore della squadra, qualora ciò sia stato approvato dalle autorità competenti dello Stato membro dell'intervento e dello Stato membro che li ha distaccati.7. Se la squadra investigativa comune ravvede la necessità che in uno degli Stati membri che hanno costituito la squadra siano adottate misure investigative, le persone distaccate da tale Stato membro possono farne direttamente richiesta alle proprie autorità competenti. Le misure in questione sono esaminate in tale Stato membro alle condizioni che si applicherebbero qualora fossero richieste nell'ambito di un'indagine svolta a livello nazionale.8. Se la squadra investigativa comune ha bisogno dell'assistenza di uno Stato membro che non ha partecipato alla costituzione della squadra, ovvero di un paese terzo, le autorità competenti dello Stato d'intervento ne possono fare richiesta alle autorità competenti dell'altro Stato interessato conformemente agli strumenti o disposizioni pertinenti.9. Ai fini di un'indagine penale svolta dalla squadra investigativa comune, i membri di quest'ultima possono, conformemente al loro diritto nazionale ed entro i limiti delle rispettive competenze, fornire alla squadra stessa le informazioni disponibili nello Stato membro che li ha distaccati.10. Le informazioni legalmente ottenute da un membro o da un membro distaccato durante la sua partecipazione a una squadra investigativa comune e non altrimenti disponibili per le autorità competenti dello Stato membro interessato possono essere utilizzate:a) per i fini previsti all'atto della costituzione della squadra;b) previo accordo dello Stato membro in cui le informazioni sono rese disponibili, per l'individuazione, l'indagine e il perseguimento di altri reati. Detto consenso può essere negato soltanto qualora l'uso in questione mettesse a repentaglio le indagini penali nello Stato membro interessato o qualora quest'ultimo potesse rifiutare l'assistenza giudiziaria ai fini di tale uso;c) per scongiurare una minaccia immediata e grave alla sicurezza pubblica, lasciando impregiudicata la lettera b) in caso di successivo avvio di un'indagine penale;d) per altri scopi entro i limiti convenuti dagli Stati membri che hanno costituito la squadra.11. La presente decisione quadro lascia impregiudicata ogni altra vigente disposizione o intesa concernente la costituzione o l'attività di squadre investigative comuni.12. Nella misura consentita dal diritto degli Stati membri interessati o dalla disposizione di qualunque strumento giuridico tra di essi applicabile, è possibile concordare che persone diverse dai rappresentanti delle autorità competenti degli Stati membri che costituiscono la squadra investigativa comune partecipino alle attività della stessa. È possibile includere ad esempio funzionari di organismi istituiti ai sensi del trattato. I diritti conferiti ai membri o ai membri distaccati della squadra ai sensi della presente decisione quadro non si applicano a tali persone, a meno che l'accordo non stabilisca espressamente altrimenti.Articolo 2Responsabilità penale riguardo ai funzionariNel corso delle operazioni di cui all'articolo 1, i funzionari di uno Stato membro diverso dallo Stato membro in cui si svolge l'operazione sono assimilati ai funzionari di quest'ultimo Stato membro per quanto riguarda i reati che dovessero subire o commettere.Articolo 3Responsabilità civile riguardo ai funzionari1. Quando, a norma dell'articolo 1, i funzionari di uno Stato membro operano in un altro Stato membro, il primo Stato membro è responsabile dei danni da essi causati nell'adempimento della missione, conformemente al diritto dello Stato membro nel cui territorio essi operano.2. Lo Stato membro nel cui territorio sono causati i danni di cui al paragrafo 1 provvede al risarcimento di tali danni alle condizioni applicabili ai danni causati dai propri funzionari.3. Lo Stato membro i cui funzionari abbiano causato danni a terzi nel territorio di un altro Stato membro rimborsa integralmente a quest'ultimo le somme versate alle vittime o ai loro aventi diritto.4. Fatto salvo l'esercizio dei propri diritti nei confronti di terzi e fatto salvo il paragrafo 3, ciascuno Stato membro rinuncia, nel caso previsto al paragrafo 1, a chiedere ad un altro Stato membro il risarcimento dei danni da esso subiti.Articolo 4Attuazione1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente decisione quadro entro il 1o gennaio 2003.2. Gli Stati membri trasmettono al Segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo delle disposizioni inerenti al recepimento nella legislazione nazionale degli obblighi imposti dalla presente decisione quadro. Sulla base di queste e di altre informazioni, la Commissione presenta al Consiglio, entro il 1o luglio 2004, una relazione sull'attuazione della presente decisione quadro. Il Consiglio esamina in quale misura gli Stati membri si siano conformati alla decisione stessa.Articolo 5Entrata in vigoreLa presente decisione quadro entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. I suoi effetti cesseranno allorché la convenzione relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell'Unione europea entrerà in vigore in tutti gli Stati membri.Fatto a Lussemburgo, addì 13 giugno 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteM. Rajoy Brey(1) GU C 295 del 20.10.2001, pag. 9.(2) Parere espresso il 13 novembre 2001 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU C 197 del 12.7.2000, pag. 1.
Squadre investigative comuni QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE QUADRO? Stabilisce le regole per la costituzione e il funzionamento delle squadre investigative comuni (SIC). La logica è che alcuni tipi di reati all’interno dell’Unione europea (UE) possono essere indagati in modo più efficace da squadre investigative comuni, costituite per un periodo determinato a seguito di un accordo tra paesi dell’UE. PUNTI CHIAVE La decisione quadro è da ricondurre a una riunione dei paesi dell’UE del 1999, che ha richiesto di costituire senza indugio tali squadre per combattere il traffico di stupefacenti, la tratta degli esseri umani e il terrorismo. La Convenzione sull’assistenza giudiziaria in materia penale, adottata nel maggio 2000, prevede la costituzione di squadre investigative comuni. Tuttavia, a causa di ritardi nelle ratifiche, l’attuazione della decisione quadro doveva concludersi entro il 1o gennaio 2003. La decisione quadro cesserà di avere effetto quando la Convenzione sarà entrata in vigore in tutti i paesi dell’UE. Qualora un’indagine penale all’interno dell’Unione europea richieda un’azione coordinata e concertata, almeno due paesi dell’UE possono costituire una SIC. A tal fine, le autorità competenti dei paesi dell’UE interessati concludono un accordo che stabilisce la procedura da seguire da parte della squadra. La squadra comune deve essere costituita per: uno scopo specifico; un periodo limitato (che può essere prorogato con l’accordo di tutte le parti coinvolte). I paesi dell’UE che costituiscono la squadra ne decidono la composizione, le finalità e la durata. La squadra è guidata da una persona di uno dei paesi dell’Unione europea in cui si svolge l’indagine. Può inoltre essere consentito a rappresentanti di Europol, Eurojust, OLAF e a rappresentanti di paesi extra-UE di partecipare alle attività della squadra. Tutti i membri della squadra devono svolgere i propri compiti nel rispetto delle leggi del paese in cui operano. Si può costituire una SIC anche con e tra paesi al di fuori dell’UE, a condizione che esista una base giuridica, come ad esempio un accordo internazionale o una legge nazionale. Il 1o dicembre 2014, il Regno Unito ha notificato alla Commissione europea la propria volontà di partecipare alla decisione quadro, confermata dalla decisione 2014/858/UE della Commissione. L’11 marzo 2016, l’Italia ha notificato alla Commissione di aver incorporato la decisione quadro nel proprio ordinamento nazionale. Ciò significa che tutti i paesi dell’UE hanno ora una base giuridica unionale su cui costituire le squadre investigative comuni. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE QUADRO? È entrata in vigore il 20 giugno 2002. I paesi dell’UE dovevano recepirla nel proprio diritto nazionale entro il 1o gennaio 2003. CONTESTO Nel luglio 2005 è stata istituita la rete di esperti nazionali in materia di squadre investigative comuni (rete SIC), per attuare il «Programma dell’Aia» e il suo impegno a far sì che ciascun paese dell’UE designi un esperto nazionale «al fine di incoraggiare l’uso di squadre investigative comuni e lo scambio esperienze sulle migliori pratiche» (documento del Consiglio 11037/05). Dal 2005 la rete SIC si riunisce una volta all’anno e da metà gennaio 2011 ha un segretariato, ospitato da Eurojust, che promuove le attività della rete SIC e assiste gli esperti nazionali nel loro lavoro. In questo senso, dal 2012, il segretariato della rete SIC ha sostenuto lo sviluppo di un modulo progettato per assistere gli operatori nella valutazione delle prestazioni delle SIC, che comprende i risultati raggiunti, le questioni giuridiche e le difficoltà pratiche incontrate. Una prima versione del modulo di valutazione SIC è stata sviluppata e messa a disposizione dei professionisti del settore nell’aprile del 2014. Il numero crescente di squadre investigative comuni create ogni anno dimostra che si tratta di strumenti chiave, che consentono di coordinare le indagini e che aumentano la fiducia reciproca tra le forze dell’ordine e le autorità giudiziarie dell’Unione europea. Per ulteriori informazioni, consultare: «Squadre investigative comuni — SIC» sul sito Internet di Europol; «Squadre investigative comuni — SIC» sul sito Internet di Eurojust. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione quadro 2002/465/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa alle squadre investigative comuni (GU L 162 del 20.6.2002, pag. 1-3) DOCUMENTI CORRELATI Decisione 2014/858/UE della Commissione, del 1o dicembre 2014, concernente la comunicazione, da parte del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, della volontà di partecipare ad atti dell’Unione nel settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale adottati prima dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona e che non fanno parte dell’acquis di Schengen (GU L 345 dell’1.12.2014, pag. 6-9)
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 24 giugno 2014 relativa alle modalità di attuazione da parte dell'Unione della clausola di solidarietà (2014/415/UE) IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 222, paragrafo 3, prima frase, vista la proposta congiunta della Commissione europea e dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, considerando quanto segue: (1) La presente decisione riguarda l'attuazione da parte dell'Unione dell'articolo 222 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) («clausola di solidarietà»). Essa non riguarda l'attuazione da parte degli Stati membri della clausola di solidarietà a norma dell'articolo 222, paragrafo 2, TFUE. Conformemente alla dichiarazione (n. 37) relativa all'articolo 222 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea, uno Stato membro può scegliere i mezzi più appropriati per assolvere ai suoi obblighi di solidarietà nei confronti di un altro Stato membro. (2) A norma dell'articolo 222, paragrafo 1 TFUE, l'Unione e gli Stati membri agiscono congiuntamente in uno spirito di solidarietà qualora uno Stato membro sia vittima di un attacco terroristico o di una catastrofe naturale o provocata dall'uomo. È opportuno garantire la coerenza e la complementarità dell'azione dell'Unione e degli Stati membri, a vantaggio dello Stato membro che invoca la clausola di solidarietà e al fine di evitare la duplicazione degli sforzi. Dal momento che gli Stati membri devono coordinarsi in sede di Consiglio per assolvere i propri obblighi di solidarietà a norma dell'articolo 222, paragrafo 2 TFUE, è opportuno disporre di modalità di coordinamento in seno al Consiglio per quanto riguarda l'attuazione da parte dell'Unione della clausola di solidarietà. (3) Le modalità di coordinamento in seno al Consiglio dovrebbero basarsi sui dispositivi integrati dell'UE per la risposta politica alle crisi (IPCR), approvati dal Consiglio il 25 giugno 2013, in cui si afferma che l'IPCR sosterrà anche i dispositivi per l'applicazione della clausola di solidarietà. È opportuno che il Consiglio adegui i dispositivi IPCR, in particolar modo in caso di riesame. (4) L'attuazione della clausola di solidarietà dell'Unione dovrebbe basarsi per quanto possibile sugli strumenti esistenti, dovrebbe aumentare l'efficacia potenziando il coordinamento ed evitando sovrapposizioni, dovrebbe funzionare senza risorse supplementari, dovrebbe fornire un'interfaccia semplice e chiara per gli Stati membri a livello dell'Unione e dovrebbe rispettare le competenze conferite a ciascuna istituzione e a ciascun servizio dell'Unione. (5) La clausola di solidarietà impone all'Unione di mobilitare tutti gli strumenti di cui dispone. Gli strumenti pertinenti comprendono la strategia di sicurezza interna dell'Unione europea, il meccanismo di protezione civile dell'Unione europea istituito dalla decisione n. 1313/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (1) («meccanismo dell'Unione»), la decisione n. 1082/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (2) e le strutture istituite nel quadro della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC). (6) Occorre definire chiaramente il campo di applicazione delle modalità di attuazione da parte dell'Unione della clausola di solidarietà. (7) Per quanto riguarda la lotta contro il terrorismo, il quadro strategico dell'azione dell'Unione è rappresentato dal documento riguardante la strategia antiterrorismo dell'Unione europea. Sono stati istituiti vari strumenti per rafforzare la protezione delle infrastrutture critiche nei settori dell'energia e dei trasporti (3). Alcune azioni sono altresì state intraprese a seguito della comunicazione della Commissione intitolata «La politica antiterrorismo dell'UE: principali risultati e sfide future», come ad esempio azioni volte ad aumentare la cooperazione tra le autorità di contrasto, rafforzare la prevenzione della radicalizzazione, in particolare attraverso l'istituzione di una rete di sensibilizzazione al problema della radicalizzazione, ed a limitare l'accesso dei terroristi alle fonti di finanziamento, agli esplosivi (4) e ai materiali o agenti chimici, biologici, radiologici e nucleari, nonché azioni volte a rafforzare la sicurezza degli esplosivi. (8) È opportuno definire, a livello di Unione, un meccanismo di invocazione e un meccanismo di riduzione progressiva per le modalità di cui alla presente decisione basato su una richiesta politica ad alto livello dello Stato membro interessato, attraverso un punto di accesso unico a livello dell'Unione. (9) I dispositivi di risposta a livello dell'Unione dovrebbero permettere di migliorare l'efficacia attraverso un miglior coordinamento sulla base degli strumenti esistenti. (10) Il meccanismo dell'Unione mira a potenziare la cooperazione fra gli Stati membri e l'Unione e a facilitare il coordinamento nel campo della protezione civile. La decisione n. 1313/2013/UE ha istituito il centro di coordinamento della risposta alle emergenze («ERCC»), che garantisce una capacità operativa 24 ore su 24, 7 giorni su 7 ed è a disposizione degli Stati membri e della Commissione allo scopo di conseguire gli obiettivi del meccanismo dell'Unione. (11) Il servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) dispone di strutture dotate di competenze nel settore militare e dell'intelligence, nonché della rete delle delegazioni che possono anch'esse contribuire a rispondere a minacce o catastrofe sul territorio degli Stati membri o a crisi aventi una dimensione esterna. A seconda della crisi, altre strutture e agenzie dell'Unione nel settore della politica estera e di sicurezza comune (PESC) e della PSDC dovrebbero fornire, se del caso, contributi in linea con le pertinenti disposizioni del diritto dell'Unione. (12) Ove necessario e possibile in considerazione dell'urgenza, i dispositivi di risposta a livello dell'Unione dovrebbero essere completati dall'adozione di atti giuridici o dalla modifica di atti esistenti, a norma delle pertinenti disposizioni dei trattati. (13) La presente decisione non comporterà implicazioni nel settore della difesa. Se una crisi richiede un intervento di pertinenza della PESC o della PSDC, la relativa decisione dovrebbe essere presa dal Consiglio in conformità delle pertinenti disposizioni dei trattati. (14) La presente decisione lascia impregiudicato l'articolo 42, paragrafo 7, del trattato sull'Unione europea. (15) La comunicazione della Commissione intitolata «La strategia di sicurezza interna dell'UE in azione: cinque tappe verso un'Europa più sicura» ha definito l'obiettivo di aumentare la capacità dell'Unione di reagire a crisi e catastrofi attraverso una serie di azioni, tra cui il pieno ricorso alla clausola di solidarietà. Come ricordato dal Consiglio nelle sue conclusioni del 24 e del 25 febbraio 2011, aumentare la resilienza dell'Europa alle crisi e alle catastrofi è fondamentale per rafforzare ulteriormente la libertà, la sicurezza e la giustizia nell'Unione. (16) Per consentire all'Unione e agli Stati membri di agire in modo efficace, il Consiglio europeo valuterà regolarmente i rischi cui è esposta l'Unione. Su richiesta del Consiglio europeo dovrebbero essere elaborate relazioni su specifici rischi. (17) Conformemente all'articolo 346, paragrafo 1, lettera a), del TFUE, nessuno Stato membro è tenuto a fornire informazioni la cui divulgazione sia dallo stesso considerata contraria agli interessi essenziali della propria sicurezza. (18) Il 22 novembre 2012 il Parlamento europeo ha adottato la risoluzione 2012/2223, dal titolo «Clausole di difesa reciproca e di solidarietà dell'UE: dimensioni politiche ed operative». (19) La presente decisione rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, e dovrebbe essere applicata conformemente a tali diritti e principi. (20) Poiché l'obiettivo della presente decisione, ovvero l'attuazione da parte dell'Unione della clausola di solidarietà, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata e degli effetti dell'azione, può essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest'ultima può adottare misure in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. Conformemente al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, la presente decisione non va al di là di quanto necessario per conseguire tale obiettivo, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Obiettivo generale e oggetto 1. La presente decisione stabilisce le norme e le procedure per l'attuazione da parte dell'Unione dell'articolo 222 TFUE («clausola di solidarietà»). 2. Al fine di garantire la coerenza e la complementarità dell'azione dell'Unione e degli Stati membri, il coordinamento a livello politico della risposta all'invocazione della clausola di solidarietà è assicurato dal Consiglio mediante gli IPCR. L'assistenza alla gestione dei dispositivi IPCR è fornita dal segretariato generale del Consiglio (SGC), dalla Commissione e dal SEAE. 3. Le modalità a livello dell'Unione si basano sui meccanismi esistenti istituiti presso il Consiglio, la Commissione, il SEAE e le agenzie dell'Unione per fornire informazioni e assistenza. Se del caso, l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR) e il SEAE contribuiscono adottando iniziative e fornendo informazioni pertinenti e sostegno nell'ambito di competenza dell'AR. 4. I pertinenti strumenti dell'Unione e i dispositivi IPCR seguono le proprie procedure e possono essere attivi prima dell'invocazione e dopo la riduzione graduale delle modalità previste dalla presente decisione. 5. Tali modalità ai sensi della presente decisione migliorano l'efficienza grazie a un maggiore coordinamento nella risposta tra l'Unione e gli Stati membri. Articolo 2 Campo d'applicazione 1. In caso di attacco terroristico o di catastrofe naturale o provocata dall'uomo, indipendentemente dal fatto che si verifichino all'interno o al di fuori del territorio degli Stati membri, la presente decisione si applica: a) nel territorio degli Stati membri cui si applicano i trattati, inteso come territorio terrestre, acque interne, acque territoriali e spazio aereo; b) quando interessano infrastrutture (quali impianti offshore per l'estrazione di petrolio e di gas) situate nelle acque territoriali, nella zona economica esclusiva o sulla piattaforma continentale di uno Stato membro. Quando fa ricorso alle modalità di cui alla presente decisione, e in particolare quando mobilita gli strumenti di cui dispone, l'Unione è vincolata dal diritto internazionale e non pregiudica i diritti degli Stati non membri. 2. La presente decisione non comporta implicazioni nel settore della difesa. Articolo 3 Definizioni Ai fini della presente decisione si intende per: a) «catastrofe»: qualsiasi situazione che colpisce o rischia di colpire gravemente le persone, l'ambiente o i beni, compreso il patrimonio culturale; b) «attacco terroristico»: un reato di terrorismo, quale definito nella decisione quadro del Consiglio 2002/475/GAI (5); c) «crisi»: una catastrofe o un attacco terroristico con una tale ampiezza di impatto o rilevanza politica da richiedere un coordinamento e una risposta strategici tempestivi a livello politico dell'Unione; d) «risposta»: qualsiasi azione intrapresa in caso di catastrofe o attacco terroristico per affrontarne gli effetti negativi immediati. Articolo 4 Invocazione della clausola di solidarietà 1. In caso di catastrofe o attacco terroristico, lo Stato membro interessato può invocare la clausola di solidarietà se, dopo essersi avvalso delle possibilità offerte dai mezzi e dagli strumenti esistenti a livello nazionale e dell'Unione, ritiene che la crisi oltrepassi chiaramente le capacità di risposta di cui dispone. 2. Le autorità politiche dello Stato membro interessato presentano la propria invocazione alla presidenza del Consiglio. L'invocazione è altresì presentata al presidente della Commissione europea tramite il ERCC. Articolo 5 Dispositivi di risposta a livello dell'Unione 1. Una volta invocata la clausola di solidarietà, il Consiglio assicura il controllo politico e la direzione strategica della risposta dell'Unione all'invocazione della clausola di solidarietà, tenendo pienamente conto delle competenze della Commissione e dell'AR. A tal fine, la presidenza del Consiglio attiva immediatamente i dispositivi IPCR se non sono già in uso, e quindi informa tutti gli Stati membri in merito all'invocazione della clausola di solidarietà. 2. Al contempo, e conformemente all'articolo 1, paragrafo 3, la Commissione e l'AR: a) individuano tutti i pertinenti strumenti dell'Unione che possono contribuire nel modo più efficace a rispondere alla crisi, compresi strumenti e strutture settoriali, operativi, strategici o finanziari, e adottano tutte le misure necessarie previste da tali strumenti; b) individuano le capacità militari che possono contribuire nel modo più efficace a rispondere alla crisi con il sostegno dello Stato maggiore dell'UE; c) individuano e propongono l'uso di strumenti e risorse che rientrano nella sfera di competenza delle agenzie dell'Unione e che possono contribuire nel modo più efficace a rispondere alla crisi; d) indicano al Consiglio se gli strumenti esistenti sono mezzi sufficienti per assistere lo Stato membro interessato dopo l'invocazione della clausola di solidarietà; e) elaborano periodicamente relazioni conoscitive e analisi integrate della situazione per informare e favorire il coordinamento e il processo decisionale a livello politico in sede di Consiglio conformemente all'articolo 6 della presente decisione. 3. Ove opportuno, e conformemente all'articolo 1, paragrafo 3, la Commissione e l'AR presentano proposte al Consiglio, riguardanti in particolare: a) le decisioni sulle misure straordinarie non previste dagli strumenti esistenti; b) le richieste di capacità militari che eccedono la portata delle vigenti disposizioni in materia di protezione civile; o c) le misure a sostegno di una risposta rapida da parte degli Stati membri. 4. Sfruttando i dispositivi IPCR, la presidenza del Consiglio assicura la coerenza del trattamento in seno al Consiglio e della risposta complessiva a livello politico dell'Unione, anche in materia di sviluppo e aggiornamento delle proposte di azione, nel rispetto del diritto di iniziativa della Commissione e dell'AR, entro i rispettivi settori di competenza. In ciò la presidenza riceverà sostegno e consulenza dall'SGC, dalla Commissione e dal SEAE nonché, in caso di attacco terroristico, dal coordinatore antiterrorismo dell'UE. A seconda della crisi, le strutture e le agenzie dell'Unione nel settore della PESC/PSDC forniscono, se del caso, contributi in linea con le pertinenti disposizioni del diritto dell'Unione. 5. La presidenza del Consiglio informa il presidente del Consiglio europeo e il presidente del Parlamento europeo in merito all'invocazione della clausola di solidarietà e agli importanti conseguenti sviluppi. 6. Al momento dell'invocazione della clausola di solidarietà l'ERCC funge da punto di contatto 24 ore su 24, 7 giorni su 7 a livello di Unione con le autorità competenti degli Stati membri e le altre parti interessate, fatte salve le responsabilità esistenti a livello di Commissione e AR e le reti informative esistenti. L'ERCC agevolerà la produzione di relazioni conoscitive e analisi integrate della situazione (ISAA), in collaborazione con la sala situazione dell'Unione e gli altri centri di crisi dell'UE in conformità dell'articolo 6 della presente decisione. Articolo 6 Relazioni di conoscenza e analisi integrate della situazione Le ISAA saranno adeguate alle esigenze del livello politico dell'Unione definito dalla presidenza del Consiglio, e consentiranno una visione strategica d'insieme della situazione in seno al Consiglio, conformemente ai dispositivi IPCR. Tali relazioni riuniscono i contributi convalidati messi a disposizione su base volontaria dagli Stati membri, dalla Commissione, dal SEAE e dalle agenzie dell'Unione competenti, nonché dalle organizzazioni internazionali competenti. In caso di un'invocazione in relazione ad un attacco terroristico, le valutazioni e i briefing dell'intelligence sono trattati separatamente mediante i canali esistenti. Articolo 7 Ritiro Il ritiro dei dispositivi di risposta di cui alla presente decisione segue la stessa procedura di cui all'articolo 4, paragrafo 2. Lo Stato membro che ha invocato la clausola di solidarietà indica, non appena ritiene di farlo, che non vi è più l'esigenza di mantenere attiva l'invocazione. Articolo 8 Valutazione dei rischi a livello dell'Unione 1. Per la valutazione periodica dei rischi che l'Unione si trova ad affrontare, il Consiglio europeo può chiedere alla Commissione, all'AR e alle agenzie dell'Unione, se del caso, di elaborare relazioni su minacce specifiche. 2. Salvo diversamente disposto dal Consiglio europeo, tali relazioni si basano unicamente sulle valutazioni disponibili dei rischi, elaborate da istituzioni, organismi e agenzie pertinenti dell'Unione secondo le vigenti modalità, e sulle informazioni fornite volontariamente da parte degli Stati membri, evitando al contempo la duplicazione degli sforzi. Il coordinatore antiterrorismo dell'UE è associato all'elaborazione di tali relazioni, se del caso. Conformemente all'articolo 346, paragrafo 1, lettera a) TFUE, nessuno Stato membro è tenuto a fornire informazioni la cui divulgazione sia dallo stesso considerata contraria agli interessi essenziali della propria sicurezza. Articolo 9 Riesame 1. Le modalità di cui alla presente decisione sono riesaminate periodicamente in base alle esigenze individuate, e in ogni caso entro un termine di 12 mesi a decorrere dalla cessazione della loro invocazione, al fine di garantire che i pertinenti insegnamenti vengano identificati e affrontati. Il riesame si svolge in sede di Consiglio sulla base di una relazione comune elaborata dalla Commissione e dall'AR. 2. Se del caso, tale decisione può essere rivista. In tal caso, conformemente all'articolo 222, paragrafo 3, del TFUE, il Consiglio è assistito dal comitato politico e di sicurezza e dal comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna. 3. Se del caso, il Consiglio può adattare i dispositivi IPCR, in particolare per rispondere alle esigenze individuate dal Consiglio nel contesto di un riesame o a seguito di una revisione della presente decisione. Articolo 10 Incidenza finanziaria Le risorse finanziarie necessarie per l'attuazione della presente decisione sono mobilizzate entro i limiti di spesa annuali convenuti e a seconda del campo di applicazione degli attuali strumenti dell'Unione e rispettano i massimali annuali del quadro finanziario pluriennale. Articolo 11 Entrata in vigore La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Lussemburgo, il 24 giugno 2014 Per il Consiglio Il presidente E. VENIZELOS (1) Decisione n. 1313/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, su un meccanismo unionale di protezione civile (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 924). (2) Decisione n. 1082/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, relativa alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero e che abroga la decisione n. 2119/98/CE (GU L 293 del 5.11.2013, pag. 1). (3) Quali definite dalla direttiva 2008/114/CE del Consiglio, dell'8 dicembre 2008, relativa all'individuazione e alla designazione delle infrastrutture critiche europee e alla valutazione della necessità di migliorarne la protezione (GU L 345 del 23.12.2008, pag. 75). (4) Regolamento (UE) n. 98/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2013, relativo all'immissione sul mercato e all'uso di precursori di (GU L 39 del 9.2.2013, pag. 1). (5) Decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, sulla lotta contro il terrorismo (GU L 164 del 22.6.2002, pag. 3).
Attuazione della clausola di solidarietà dell'UE Decisione 2014/415/UE del Consiglio relativa all'attuazione da parte dell'Uniione europea della clausola di solidarietà ATTO Decisione del Consiglio 2014/415/UE, del 24 giugno 2014, relativa alle modalità di attuazione da parte dell'Unione della clausola di solidarietà. SINTESI La clausola di solidarietà consente all'Unione europea (UE) e ai paesi dell'UE di agire congiuntamente per aiutare un altro paese dell'UE vittima di un attacco terroristico o di una catastrofe naturale o provocata dall'uomo. COSA FA QUESTA DECISIONE? La decisione stabilisce le norme e le procedure per l'applicazione della clausola di solidarietà. Assicura che tutte le parti interessate a livello nazionale e a livello unionale collaborino insieme per rispondere rapidamente, in modo efficace e coerente in caso di attacchi terroristici o catastrofi naturali o provocate dall'uomo. PUNTI CHIAVE La clausola si applica: — a catastrofi naturali o attacchi terroristici all'interno del territorio terrestre, delle acque territoriali o dello spazio aereo dell'Unione europea; — alla protezione delle infrastrutture (ad esempio impianti offshore per l'estrazione di petrolio e di gas) nelle acque territoriali dei paesi dell'UE; — indipendentemente dal fatto che la crisi abbia origine all'interno o al di fuori dell'UE. Invocare la clausola di solidarietà Il paese UE colpito può invocare la clausola di solidarietà, se ritiene che la crisi oltrepassi le proprie capacità di risposta. Deve rivolgere la sua richiesta alla presidenza del Consiglio e al presidente della Commissione europea attraverso il centro di coordinamento della risposta alle emergenze della Commissione (ERCC). Meccanismo di reazione dell'UE Una volta invocata la clausola di solidarietà, l'UE mobilita tutti gli strumenti e le strutture di cui dispone, compresi gli strumenti settoriali, operativi, strategici o finanziari, come il meccanismo di protezione civile dell'UE, gli strumenti previsti dalla strategia di sicurezza interna dell'UE e le strutture istituite nel quadro della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC). Il Consiglio assicura la direzione politica e strategica della risposta, tenendo pienamente conto delle competenze della Commissione e dell'Alto rappresentante. Attiva subito i dispositivi integrati per la risposta politica alle crisi (IPCR) per garantire una reazione coerente a livello unionale. Parallelamente, la Commissione e l'Alto rappresentante dell'Unione europea: — individuano tutti gli strumenti e le capacità che possono contribuire nel modo più efficace a rispondere alla crisi, — fanno proposte al Consiglio relative a misure eccezionali o a misure a sostegno di una rapida reazione dei paesi dell'UE. QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? La decisione si applica dal 20 luglio 2014. CONTESTO La clausola di solidarietà dell'UE mette in atto l'articolo 222 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Decisione 2014/415/UE 21.7.2014 - GU L 192 dell'1.7.2014, pag. 53-58 Rettifica - - GU L 221 del 25.7.2014, pag. 26 Rettifica - - GU L 275 del 17.9.2014, pag. 7
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2002/956/GAI: Decisione del Consiglio, del 28 novembre 2002, relativa all'istituzione di una rete europea di protezione delle personalità Gazzetta ufficiale n. L 333 del 10/12/2002 pag. 0001 - 0002 Decisione del Consigliodel 28 novembre 2002relativa all'istituzione di una rete europea di protezione delle personalità(2002/956/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 30, paragrafo 1, lettere a) e c), e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera c),vista l'iniziativa del Regno di Spagna(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) Fatta salva la raccomandazione del Consiglio, del 6 dicembre 2001, riguardante la determinazione di una scala di valutazione comune delle minacce nei confronti di personalità in visita nell'Unione europea(3), non esistono una legislazione, norme o manuali dell'Unione europea che disciplinino in generale la protezione delle personalità, sia che si tratti di personalità a livello nazionale sia di personalità comunitarie o straniere.(2) L'eventualità che si verifichino aggressioni e attentati a dette personalità non può essere esclusa.(3) La protezione delle personalità è compito dello Stato membro della visita. Le misure di protezione dello Stato membro della visita sono basate unicamente sulle disposizioni di legge vigenti in detto Stato membro e sui pertinenti accordi internazionali.(4) L'aumento degli spostamenti di personalità all'interno dell'Unione rende necessario predisporre una struttura formale per la comunicazione e la consultazione tra autorità nazionali,DECIDE:Articolo 11. È istituita una rete europea di protezione delle personalità, in seguito denominata "la rete".2. La rete è composta dei servizi di polizia nazionali e di altri servizi competenti in materia di protezione delle personalità. Ogni Stato membro designa un unico punto di contatto. Le informazioni relative ai punti di contatto nazionali designati, comprese eventuali successive modifiche, sono trasmesse al segretariato generale del Consiglio, che provvede a farle pubblicare nella Gazzetta ufficiale.Articolo 2Ai fini della presente decisione per "personalità" si intende la persona che, conformemente alla legislazione nazionale di uno Stato membro o in virtù della regolamentazione di un'organizzazione o un'istituzione internazionale o sovranazionale, abbia diritto a un servizio di protezione.Articolo 31. Le attività della rete sono promosse dallo Stato membro che esercita la presidenza del Consiglio.2. Anche gli Stati candidati e l'Europol possono designare un punto di contatto ai fini della loro partecipazione alla rete.La presidenza esamina, caso per caso, la partecipazione della Commissione e del segretariato generale del Consiglio alle attività della rete di cui all'articolo 4, lettere a), b), c) e d).Articolo 4La rete ha i seguenti obiettivi:a) promuovere lo scambio di informazioni tra i servizi che partecipano alla rete, soprattutto:- le informazioni di carattere generale e tecnico e le esperienze in materia di protezione delle personalità,- le informazioni sui più opportuni criteri di selezione e di formazione del personale competente dei servizi responsabili della protezione delle personalità;b) promuovere l'elaborazione di un insieme di buone pratiche comuni per quanto attiene alle attività operative intraprese dai servizi che partecipano alla rete;c) promuovere il comando reciproco di funzionari dei servizi che partecipano alla rete;d) consentire ai servizi che partecipano alla rete di scambiarsi informazioni, comunicare ed elaborare opinioni comuni per quanto riguarda:- le procedure e le domande di autorizzazione da parte dello Stato membro della visita, per la presenza nel suo territorio dei servizi addetti alla protezione dello Stato richiedente che accompagnano una personalità,- i metodi d'intervento congiunto per la prevenzione di aggressioni e di attentati, incluse le modalità di spiegamento di funzionari e risorse,- i protocolli sulla priorità stradale da accordare alla personalità protetta negli spostamenti delle delegazioni,- la collaborazione con i competenti servizi incaricati dell'applicazione della legge e altri servizi pubblici,- le raccomandazioni relative ai mezzi di comunicazione;e) promuovere lo scambio, conformemente al diritto nazionale, delle informazioni operative tra i punti di contatto o direttamente tra i servizi competenti, in base alle informazioni fornite dai punti di contatto, in merito all'applicazione di misure di sicurezza nei casi in cui la protezione di una personalità debba essere garantita in due o più Stati membri.Articolo 5La rete presenta ogni anno al Consiglio una relazione sull'evoluzione delle sue attività. Il Consiglio valuterà le attività della rete ogni tre anni.Articolo 6La presente decisione ha effetto il giorno successivo all'adozione da parte del Consiglio.Fatto a Bruxelles, addì 28 novembre 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteB. Haarder(1) GU C 42 del 15.2.2002, pag. 14.(2) Parere espresso il 30 maggio 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU C 356 del 14.12.2001, pag. 1.
Rete europea di protezione delle personalità La responsabilità della protezione delle personalità da aggressioni e attentati durante le visite nell’Unione europea (EU) compete agli Stati membri. In seguito all’aumento degli spostamenti di personalità all'interno dell'Unione, tale decisione istituisce una rete europea di protezione delle personalità che funge da struttura formale per la comunicazione e la consultazione tra autorità nazionali. ATTO Decisione 2002/956/GAI del Consiglio, del 28 novembre 2002, relativa all'istituzione di una rete europea di protezione delle personalità [Cfr. atti modificativi]. SINTESI La protezione delle personalità è compito dello Stato membro della visita. Fatta salva la raccomandazione del Consiglio, del 6 dicembre 2001, riguardante la determinazione di una scala di valutazione comune delle minacce nei confronti di personalità in visita nell'Unione europea e un’iniziativa della Spagna, il Consiglio ha adottato tale decisione per colmare le lacune esistenti nella legislazione sulla protezione delle personalità. Tale decisione istituisce una rete europea per la protezione delle personalità. La rete è composta dai servizi di polizia nazionali e da altri servizi competenti in materia di protezione delle personalità. Ogni Stato membro designa un unico punto di contatto nazionale per la rete. Anche gli Stati candidati all’UE e l’Europol possono designare i punti di contatto. Per «personalità» si intende la persona che visita l’UE, nell’esercizio o meno di incarichi ufficiali e abbia diritto a un servizio di protezione conformemente alla legislazione nazionale di uno Stato membro o in virtù della regolamentazione di un’organizzazione o un’istituzione internazionale o sopranazionale. Le attività della rete sono promosse dallo Stato membro che esercita la presidenza del Consiglio. La rete ha i seguenti obiettivi promuovere lo scambio di informazioni di carattere generale e tecnico e le esperienze tra i servizi nazionali che partecipano alla rete; promuovere l'elaborazione di un insieme di buone pratiche comuni per quanto attiene alle attività operative intraprese dai servizi nazionali; promuovere il comando reciproco di funzionari dei servizi che partecipano alla rete; consentire ai servizi nazionali che partecipano alla rete di scambiarsi informazioni, comunicare ed elaborare opinioni comuni per quanto riguarda le procedure e i metodi di protezione delle personalità; promuovere lo scambio delle informazioni operative in merito all'applicazione di misure di sicurezza nei casi in cui la protezione di una personalità debba essere garantita in due o più Stati membri; promuovere la collaborazione tra le autorità dei servizi di protezione nazionali in merito all’applicazione di misure di protezione nei casi in cui la protezione delle personalità debba essere garantita in due o più Stati membri. La rete presenta ogni anno al Consiglio una relazione sull'evoluzione delle sue attività. Il Consiglio valuterà le attività della rete ogni tre anni. Riferimenti Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2002/956/GAI 29.11.2002 - GU L 333 del 10.12.2002 Atto/i modificatore/i Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2009/796/GAI 19.11.2009 - GU L 283 del 30.10.2009
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DECISIONE QUADRO 2008/913/GAI DEL CONSIGLIO del 28 novembre 2008 sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare gli articoli 29 e 31, nonché l’articolo 34, paragrafo 2, lettera b), vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) Il razzismo e la xenofobia costituiscono violazioni dirette dei principi di libertà, di democrazia, di rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonché dello Stato di diritto, principi sui quali l’Unione europea è fondata e che sono comuni agli Stati membri. (2) Il piano d’azione del Consiglio e della Commissione sul modo migliore per attuare le disposizioni del trattato di Amsterdam concernenti uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia (2), le conclusioni del Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, la risoluzione del Parlamento europeo del 20 settembre 2000 sulla posizione dell’Unione europea nella Conferenza mondiale contro il razzismo e sull’attuale situazione nell’Unione (3) e la comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sull’aggiornamento semestrale del quadro di controllo per l’esame dei progressi compiuti nella creazione di uno spazio di «libertà, sicurezza e giustizia» nell’Unione europea (secondo semestre 2000) sollecitano un’azione in questo campo. Nel programma dell’Aia del 4 e 5 novembre 2004, il Consiglio ricorda il suo risoluto impegno a contrastare ogni forma di razzismo, di antisemitismo e di xenofobia espresso dal Consiglio europeo nel dicembre 2003. (3) All’azione comune 96/443/GAI, del 15 luglio 1996, del Consiglio nell’ambito dell’azione intesa a combattere il razzismo e la xenofobia (4), dovrebbe far seguito una nuova azione legislativa che soddisfi la necessità di ravvicinare maggiormente le disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri e di superare gli ostacoli che si frappongono a un’efficace cooperazione giudiziaria, dovuti principalmente alle divergenze fra gli ordinamenti giuridici degli Stati membri. (4) In base alla valutazione dell’azione comune 96/443/GAI e ai lavori svolti in altre sedi internazionali, quali il Consiglio d’Europa, in materia di cooperazione giudiziaria sussistono ancora alcune difficoltà; occorre pertanto ravvicinare ulteriormente il diritto penale degli Stati membri per garantire l’efficace applicazione di una normativa chiara ed esaustiva per lottare contro il razzismo e la xenofobia. (5) Il razzismo e la xenofobia costituiscono una minaccia per i gruppi di persone che sono bersaglio di tale comportamento. È necessario definire nei confronti di tale fenomeno un’impostazione penale che sia comune all’Unione europea, per fare in modo che gli stessi comportamenti costituiscano reati in tutti gli Stati membri e che siano previste pene efficaci, proporzionate e dissuasive per le persone fisiche e giuridiche che hanno commesso simili reati o ne sono responsabili. (6) Gli Stati membri riconoscono che la lotta contro il razzismo e la xenofobia richiede vari tipi di misure in un quadro globale e non può essere limitata alle questioni penali. La presente decisione quadro si limita a combattere forme di razzismo e xenofobia particolarmente gravi mediante il diritto penale. Poiché le tradizioni culturali e giuridiche degli Stati membri sono in parte diverse, in particolare in questo campo, non è attualmente possibile una piena armonizzazione delle norme penali. (7) Nella presente decisione quadro, «ascendenza» dovrebbe essere intesa come riferita principalmente a persone o gruppi di persone che hanno tra i loro ascendenti persone che potrebbero essere individuate in base a determinate caratteristiche (quali la razza o il colore), la totalità delle quali non necessariamente sussiste tuttora. Ciononostante, in conseguenza della suddetta ascendenza tali persone o gruppi di persone possono essere oggetto di odio o violenza. (8) «Religione» dovrebbe essere intesa come riferita in senso ampio a persone definite in riferimento alle loro convinzioni religiose o al loro credo. (9) «Odio» dovrebbe essere inteso come riferito all’odio basato sulla razza, il colore, la religione, l’ascendenza o l’origine nazionale o etnica. (10) La presente decisione quadro non impedisce a uno Stato membro di adottare nella propria legislazione nazionale disposizioni che estendano l’articolo 1, paragrafo 1, lettere c) e d), a reati commessi contro un gruppo di persone definite secondo criteri diversi da razza, colore, religione, ascendenza o origine nazionale o etnica, quali lo status sociale o le convinzioni politiche. (11) Occorrerebbe fare in modo che le indagini e le azioni penali relative ai reati di stampo razzista e xenofobo non siano subordinate a denunce o accuse da parte delle vittime, che spesso sono particolarmente vulnerabili e riluttanti a intentare un’azione giudiziaria. (12) L’armonizzazione del diritto penale dovrebbe permettere di combattere più efficacemente i reati di stampo razzista e xenofobo, promuovendo una piena ed effettiva cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri. Il Consiglio dovrebbe tenere conto delle eventuali difficoltà esistenti in questo settore al momento del riesame della presente decisione quadro, al fine di valutare se siano necessarie ulteriori misure in proposito. (13) Poiché l’obiettivo della presente decisione quadro, vale a dire di rendere i reati di stampo razzista e xenofobo passibili in tutti gli Stati membri almeno di un livello minimo di sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive, non può essere realizzato in misura sufficiente dai singoli Stati membri, in quanto le norme devono essere comuni e compatibili, e può dunque essere realizzato meglio a livello dell’Unione europea, quest’ultima può intervenire, in base al principio di sussidiarietà di cui all’articolo 2 del trattato sull’Unione europea e sancito dall’articolo 5 del trattato che istituisce la Comunità europea; in ottemperanza al principio di proporzionalità sancito in quest’ultimo articolo, la presente decisione quadro si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo. (14) La presente decisione quadro rispetta i diritti fondamentali ed è conforme ai principi riconosciuti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, segnatamente dagli articoli 10 e 11, e iscritti nella carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare nei capitoli II e VI. (15) Considerazioni relative alla libertà di associazione e di espressione, in particolare della libertà di stampa e della libertà di espressione in altri mezzi di comunicazione, hanno dato luogo, nel diritto nazionale di molti Stati membri, a garanzie procedurali e a norme particolari concernenti la determinazione o la limitazione della responsabilità. (16) L’azione comune 96/443/GAI dovrebbe essere abrogata, dato che, con l’entrata in vigore del trattato di Amsterdam, della direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica (5), nonché della presente decisione quadro, essa risulta superata, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE QUADRO: Articolo 1 Reati di stampo razzista o xenofobo 1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché i seguenti comportamenti intenzionali siano resi punibili: a) l’istigazione pubblica alla violenza o all’odio nei confronti di un gruppo di persone, o di un suo membro, definito in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all’ascendenza o all’origine nazionale o etnica; b) la perpetrazione di uno degli atti di cui alla lettera a) mediante la diffusione e la distribuzione pubblica di scritti, immagini o altro materiale; c) l’apologia, la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, quali definiti agli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale, dirette pubblicamente contro un gruppo di persone, o un membro di tale gruppo, definito in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all’ascendenza o all’origine nazionale o etnica, quando i comportamenti siano posti in essere in modo atto a istigare alla violenza o all’odio nei confronti di tale gruppo o di un suo membro; d) l’apologia, la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini definiti all’articolo 6 dello statuto del Tribunale militare internazionale, allegato all’accordo di Londra dell’8 agosto 1945, dirette pubblicamente contro un gruppo di persone, o un membro di tale gruppo, definito in riferimento alla razza, al colore, alla religione, all’ascendenza o all’origine nazionale o etnica, quando i comportamenti siano posti in essere in modo atto a istigare alla violenza o all’odio nei confronti di tale gruppo o di un suo membro. 2. Ai fini del paragrafo 1, gli Stati membri possono decidere di rendere punibili soltanto i comportamenti atti a turbare l’ordine pubblico o che sono minacciosi, offensivi o ingiuriosi. 3. Ai fini del paragrafo 1, il riferimento alla religione è diretto a comprendere almeno i comportamenti usati come pretesto per compiere atti contro un gruppo di persone, o un membro di tale gruppo, definito in riferimento alla razza, al colore, all’ascendenza o all’origine nazionale o etnica. 4. All’atto dell’adozione della presente decisione quadro o in un momento successivo, uno Stato membro può fare una dichiarazione secondo cui renderà punibili la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini di cui al paragrafo 1, lettere c) e/o d), solo qualora tali crimini siano stati accertati da una decisione passata in giudicato di un organo giurisdizionale nazionale di detto Stato membro e/o di un tribunale internazionale, oppure esclusivamente da una decisione passata in giudicato di un tribunale internazionale. Articolo 2 Istigazione e complicità 1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché sia resa punibile l’istigazione ai comportamenti di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettere c) e d). 2. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché sia resa punibile la complicità nel porre in essere i comportamenti di cui all’articolo 1. Articolo 3 Sanzioni penali 1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché i comportamenti di cui agli articoli 1 e 2 siano resi punibili con sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive. 2. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché i comportamenti di cui all’articolo 1 siano resi punibili con sanzioni penali che prevedono la reclusione per una durata massima compresa almeno tra uno e tre anni. Articolo 4 Motivazione razzista e xenofoba Per i reati diversi da quelli di cui agli articoli 1 e 2, gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché la motivazione razzista e xenofoba sia considerata una circostanza aggravante o, in alternativa, affinché tale motivazione possa essere presa in considerazione dal giudice all’atto della determinazione della pena. Articolo 5 Responsabilità delle persone giuridiche 1. Ciascuno Stato membro prende le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere ritenute responsabili dei comportamenti di cui agli articoli 1 e 2 posti in essere a loro vantaggio da qualsiasi soggetto che agisca a titolo individuale o in quanto parte di un organo della persona giuridica e abbia una posizione direttiva in seno alla persona giuridica, in base: a) alla legittimazione a rappresentare la persona giuridica; b) alla capacità di prendere decisioni per conto della persona giuridica; c) alla capacità di esercitare la vigilanza in seno alla persona giuridica. 2. A prescindere dai casi di cui al paragrafo 1 del presente articolo, ciascuno Stato membro prende le misure necessarie affinché una persona giuridica possa essere ritenuta responsabile qualora l’omessa direzione o vigilanza da parte di un soggetto di cui al paragrafo 1 del presente articolo abbia reso possibile uno dei comportamenti di cui agli articoli 1 e 2 a vantaggio della persona giuridica in questione, a opera di una persona soggetta alla sua autorità. 3. La responsabilità della persona giuridica ai sensi dei paragrafi 1 e 2 del presente articolo non esclude azioni penali nei confronti delle persone fisiche che siano autori o complici di uno dei comportamenti di cui agli articoli 1 e 2. 4. Per «persona giuridica» s’intende qualsiasi entità che abbia tale status in forza del diritto nazionale applicabile, a eccezione degli Stati o di altri organismi pubblici nell’esercizio dell’autorità statale e delle organizzazioni internazionali pubbliche. Articolo 6 Sanzioni nei confronti di persone giuridiche 1. Ciascuno Stato membro prende le misure necessarie affinché una persona giuridica ritenuta responsabile ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, sia passibile di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, comprese ammende penali o non ed eventuali altre sanzioni quali: a) esclusione dal beneficio di agevolazioni o sovvenzioni pubbliche; b) interdizione temporanea o permanente dall’esercizio di un’attività commerciale; c) collocamento sotto sorveglianza giudiziaria; d) provvedimento di liquidazione giudiziaria. 2. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché una persona giuridica ritenuta responsabile ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, sia passibile di sanzioni o misure efficaci, proporzionate e dissuasive. Articolo 7 Norme costituzionali e principi fondamentali 1. L’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea, tra cui la libertà di espressione e di associazione, non è modificato per effetto della presente decisione quadro. 2. La presente decisione quadro non ha l’effetto di imporre agli Stati membri di prendere misure che siano in contrasto con i principi fondamentali riguardanti la libertà di associazione e la libertà di espressione, in particolare la libertà di stampa e la libertà di espressione in altri mezzi di comunicazione, quali risultano dalle tradizioni costituzionali o dalle norme che disciplinano i diritti e le responsabilità della stampa o di altri mezzi di comunicazione, nonché le relative garanzie procedurali, quando tali norme riguardano la determinazione o la limitazione della responsabilità. Articolo 8 Avvio delle indagini o dell’azione penale Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché le indagini sui comportamenti di cui agli articoli 1 e 2 o la relativa azione penale non siano subordinate a una denuncia o un’accusa a opera della vittima del comportamento, quanto meno nei casi più gravi, qualora il comportamento sia stato posto in essere sul suo territorio. Articolo 9 Competenza giurisdizionale 1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per stabilire la propria competenza giurisdizionale in relazione ai comportamenti di cui agli articoli 1 e 2 qualora essi siano stati posti in essere: a) interamente o in parte sul suo territorio; o b) da uno dei suoi cittadini; o c) a vantaggio di una persona giuridica avente la sede sociale sul suo territorio. 2. Nello stabilire la propria competenza giurisdizionale ai sensi del paragrafo 1, lettera a), ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per garantire che essa si estenda ai casi in cui il comportamento è posto in essere mediante un sistema di informazione e: a) l’autore pone in essere il comportamento allorché è fisicamente presente sul suo territorio, a prescindere dal fatto che il comportamento implichi o no l’uso di materiale ospitato su un sistema di informazione situato sul suo territorio; b) il comportamento implica l’uso di materiale ospitato su un sistema di informazione situato sul suo territorio, a prescindere dal fatto che l’autore ponga in essere o no il comportamento allorché è fisicamente presente sul suo territorio. 3. Uno Stato membro può decidere di non applicare o di applicare solo in casi o circostanze specifici la regola sulla competenza giurisdizionale di cui al paragrafo 1, lettere b) e c). Articolo 10 Attuazione e riesame 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente decisione quadro anteriormente al 28 novembre 2010. 2. Entro tale data gli Stati membri trasmettono al segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo delle disposizioni inerenti al recepimento nella legislazione nazionale degli obblighi imposti dalla presente decisione quadro. Sulla base di una relazione redatta a partire da tali informazioni dal Consiglio e di una relazione scritta della Commissione, il Consiglio esamina, entro il 28 novembre 2013, in quale misura gli Stati membri si siano conformati alla presente decisione quadro. 3. Anteriormente al 28 novembre 2013, il Consiglio riesamina la presente decisione quadro. In preparazione di tale riesame, il Consiglio chiede agli Stati membri se abbiano incontrato difficoltà nell’ambito della cooperazione giudiziaria riguardo ai comportamenti di cui all’articolo 1, paragrafo 1. Il Consiglio può inoltre chiedere all’Eurojust di riferire in una relazione se le differenze tra le legislazioni nazionali abbiano dato luogo a problemi nella cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri in tale settore. Articolo 11 Abrogazione dell’azione comune 96/443/GAI L’azione comune 96/443/GAI è abrogata. Articolo 12 Applicazione territoriale La presente decisione quadro si applica a Gibilterra. Articolo 13 Entrata in vigore La presente decisione quadro entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 28 novembre 2008. Per il Consiglio La presidente M. ALLIOT-MARIE (1) Parere del 29 novembre 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) GU C 19 del 23.1.1999, pag. 1. (3) GU C 146 del 17.5.2001, pag. 110. (4) GU L 185 del 24.7.1996, pag. 5. (5) GU L 180 del 19.7.2000, pag. 22.
Decisione quadro sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale L’obiettivo di questa decisione quadro è quella di far sì che talune gravi manifestazioni di razzismo e xenofobia siano passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive in tutta l'Unione europea (UE). Essa mira inoltre a migliorare e favorire la cooperazione giudiziaria in questo campo. ATTO Decisione quadro 2008/913/GAI, del Consiglio, del 28 novembre 2008, sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale. SINTESI La presente decisione quadro, che fa seguito all'azione comune 96/443/GAI, prevede il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari dei paesi dell'UE per quanto riguarda i reati ispirati a talune manifestazioni di razzismo e xenofobia. Talune gravi manifestazioni di razzismo e xenofobia devono costituire un reato in tutti i paesi dell'UE ed essere passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive. La presente decisione quadro si applica ad ogni reato commesso: sul territorio dell'Unione europea (UE), anche tramite un sistema di informazione; da un cittadino di un paese dell'UE o per conto di una persona giuridica avente sede in un paese dell'UE. A tale riguardo, la decisione quadro propone criteri per stabilire la responsabilità delle persone giuridiche. « Discorsi di incitamento all'odio » Sono considerati punibili, in quanto reati penali, determinati atti commessi, quali: pubblico incitamento alla violenza o all'odio rivolto contro un gruppo di persone o un membro di tale gruppo definito sulla base della razza, del colore, la religione, l’ascendenza, la religione o il credo o l’origine nazionale o etnica; il reato di cui sopra commesso mediante diffusione e distribuzione pubblica di scritti, immagini o altro materiale; l'apologia, la negazione o la minimizzazione grossolana in pubblico dei crimini di genocidio o contro l'umanità, i crimini di guerra, quali sono definiti nello Statuto della Corte penale internazionale (articoli 6, 7 e 8) e i crimini di cui all’articolo 6 dello statuto del Tribunale militare internazionale, quando i comportamenti siano posti in essere in modo atto a istigare alla violenza o all’odio nei confronti di tale gruppo o di un suo membro. Saranno passibili di sanzione anche l'incitamento o la partecipazione nel commettere gli atti suddetti. Riguardo a tali reati, i paesi dell'UE dovranno stabilire: sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive; pene detentive della durata massima di almeno un anno. Per quanto riguarda le persone giuridiche, le sanzioni devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive, e devono comprendere ammende penali e non penali. Inoltre le persone giuridiche possono essere sanzionate mediante: l' esclusione dal beneficio di agevolazioni o sovvenzioni pubbliche; l'interdizione temporanea o permanente dall’esercizio di un’attività commerciale; il collocamento sotto sorveglianza giudiziaria; il provvedimento di liquidazione giudiziaria. L'avvio delle indagini o dell'azione legale per reati di razzismo e xenofobia non deve essere subordinato a una denuncia o un'accusa a opera della vittima. «Reati ispirati dall'odio» In ogni caso, la motivazione razzista o xenofoba deve essere considerata circostanza aggravante o, in alternativa, il tribunale deve poter considerare tale motivazione nel decidere quale sanzione infliggere. RIFERIMENTI Atto Entrata in vigore Trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione quadro 2008/913/GAI 6.12.2008 28.11.2010 GU L 328 del 6.12.2008 ATTI COLLEGATI Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione della decisione quadro 2008/913/GAI del Consiglio sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale [ COM(2014) 27 def. del 27.1.2014 - non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. La relazione evidenzia il fatto che diversi paesi dell'UE non hanno recepito integralmente e/o correttamente tutte le disposizioni della decisione quadro, in particolare quelle sui reati di negazione, apologia o minimizzazione grossolana di determinati crimini internazionali. La maggior parte dei paesi dell'UE prevede disposizioni che considerano reato l'istigazione pubblica alla violenza di stampo razzista e xenofobo o all'odio, ma diversi fra loro non recepiscono in pieno i reati previsti dalla decisione quadro. Si riscontrano inoltre alcune lacune anche per quanto riguarda l'approccio adottato nei confronti della motivazione razzista e xenofoba dei reati, la responsabilità delle persone giuridiche e la giurisdizione. Nel corso del 2014 la Commissione sta tenendo dialoghi bilaterali con i paesi dell'UE al fine di garantire il pieno e corretto recepimento della decisione.
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DIRETTIVA 2008/94/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 22 ottobre 2008 relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro (Versione codificata) (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 137, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) La direttiva 80/987/CEE del Consiglio, del 20 ottobre 1980, relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro (3), è stata modificata in modo sostanziale a più riprese (4). A fini di razionalità e chiarezza è opportuno procedere alla codificazione di tale direttiva. (2) La carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata il 9 dicembre 1989, indica al punto 7 che la realizzazione del mercato interno deve portare a un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori nella Comunità e che tale miglioramento deve consentire, ove necessario, di sviluppare taluni aspetti della normativa sul lavoro, come le procedure per il licenziamento collettivo o quelle in materia di fallimenti. (3) Sono necessarie disposizioni per tutelare i lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro e per assicurare loro un minimo di tutela, in particolare per garantire loro il pagamento dei diritti non pagati, tenendo conto della necessità di un equilibrato sviluppo economico e sociale nella Comunità. A tal fine, gli Stati membri dovrebbero creare un organismo che garantisca ai lavoratori interessati il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati. (4) Per garantire un’equa tutela dei lavoratori subordinati interessati è opportuno definire lo stato d’insolvenza alla luce delle tendenze legislative in materia negli Stati membri e includere nella definizione anche le procedure d’insolvenza diverse dalla liquidazione. In tale contesto gli Stati membri dovrebbero avere la facoltà di prevedere, per determinare l’obbligo di pagamento dell’organismo di garanzia, che, quando una situazione d’insolvenza dà luogo a varie procedure d’insolvenza, essa sia trattata come se costituisse una procedura d’insolvenza unica. (5) È opportuno far sì che i lavoratori di cui alla direttiva 97/81/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1997, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES (5), alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (6), e alla direttiva 91/383/CEE del Consiglio, del 25 giugno 1991, che completa le misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute durante il lavoro dei lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di lavoro interinale (7), non siano esclusi dall’ambito d’applicazione della presente direttiva. (6) Per garantire la certezza del diritto per i lavoratori subordinati nei casi d’insolvenza di imprese che svolgono la loro attività in più Stati membri e per consolidare i diritti dei lavoratori subordinati secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, è opportuno prevedere disposizioni che indichino esplicitamente l’organismo competente per il pagamento in tali casi delle spettanze pendenti dei lavoratori subordinati, oltre a fissare quale obiettivo della cooperazione tra le amministrazioni competenti degli Stati membri la massima celerità nel pagamento ai lavoratori subordinati dei diritti non corrisposti loro. È inoltre necessario garantire una buona applicazione delle disposizioni in materia prevedendo una collaborazione tra le amministrazioni competenti degli Stati membri. (7) Gli Stati membri possono stabilire limitazioni alla responsabilità degli organismi di garanzia, limitazioni che devono essere compatibili con l’obiettivo sociale della direttiva e possono tener conto dei diversi livelli dei diritti. (8) Per facilitare l’individuazione delle procedure d’insolvenza soprattutto nelle situazioni transnazionali è opportuno prevedere che gli Stati membri notifichino alla Commissione e agli altri Stati membri i tipi di procedura d’insolvenza che danno luogo all’intervento dell’organismo di garanzia. (9) Poiché l’obiettivo dell’azione proposta con la presente direttiva non può essere realizzato in maniera sufficiente dagli Stati membri e può dunque essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (10) È opportuno che la Commissione presenti al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’attuazione e l’applicazione della presente direttiva, in particolare per quanto riguarda le nuove forme di occupazione che si sviluppano negli Stati membri. (11) La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale e di applicazione delle direttive di cui all’allegato I, parte C, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPO I AMBITO DI APPLICAZIONE E DEFINIZIONI Articolo 1 1. La presente direttiva si applica ai diritti dei lavoratori subordinati derivanti da contratti di lavoro o da rapporti di lavoro ed esistenti nei confronti di datori di lavoro che si trovano in stato di insolvenza ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1. 2. Gli Stati membri possono, in via eccezionale, escludere dall’ambito di applicazione della presente direttiva i diritti di alcune categorie di lavoratori subordinati, in base all’esistenza di altre forme di garanzia, qualora sia stabilito che esse assicurano agli interessati un livello di tutela equivalente a quello che risulta dalla presente direttiva. 3. Gli Stati membri possono, ove il diritto nazionale preveda già disposizioni in tal senso, continuare a escludere dall’ambito d’applicazione della presente direttiva: a) i lavoratori domestici occupati presso una persona fisica; b) i pescatori retribuiti a percentuale. Articolo 2 1. Ai sensi della presente direttiva, un datore di lavoro si considera in stato di insolvenza quando è stata chiesta l’apertura di una procedura concorsuale fondata sull’insolvenza del datore di lavoro, prevista dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di uno Stato membro, che comporta lo spossessamento parziale o totale del datore di lavoro stesso e la designazione di un curatore o di una persona che esplichi una funzione analoga e quando l’autorità competente, in virtù di dette disposizioni: a) ha deciso l’apertura del procedimento; oppure b) ha constatato la chiusura definitiva dell’impresa o dello stabilimento del datore di lavoro e l’insufficienza dell’attivo disponibile per giustificare l’apertura del procedimento. 2. La presente direttiva non pregiudica il diritto nazionale per quanto riguarda la definizione dei termini «lavoratore subordinato», «datore di lavoro», «retribuzione», «diritto maturato» e «diritto in corso di maturazione». Tuttavia gli Stati membri non possono escludere dall’ambito d’applicazione della presente direttiva: a) i lavoratori a tempo parziale ai sensi della direttiva 97/81/CE; b) i lavoratori con contratto a tempo determinato ai sensi della direttiva 1999/70/CE; c) i lavoratori aventi un rapporto di lavoro interinale ai sensi dell’articolo 1, punto 2, della direttiva 91/383/CEE. 3. Gli Stati membri non possono condizionare il diritto dei lavoratori subordinati ad avvalersi della presente direttiva ad una durata minima del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro. 4. La presente direttiva non impedisce agli Stati membri di estendere la tutela dei lavoratori subordinati ad altre situazioni di insolvenza, come la cessazione di fatto dei pagamenti in forma permanente, stabilite mediante procedure diverse da quelle di cui al paragrafo 1, previste dal diritto nazionale. Tali procedure non creano tuttavia un obbligo di garanzia per gli organismi degli altri Stati membri nei casi contemplati dal capo IV. CAPO II DISPOSIZIONI RELATIVE AGLI ORGANISMI DI GARANZIA Articolo 3 Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché gli organismi di garanzia assicurino, fatto salvo l’articolo 4, il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati, risultanti da contratti di lavoro o da rapporti di lavoro, comprese le indennità dovute ai lavoratori a seguito dello scioglimento del rapporto di lavoro, se previste dal diritto nazionale. I diritti di cui l’organismo di garanzia si fa carico sono le retribuzioni non pagate corrispondenti a un periodo che si colloca prima e/o eventualmente dopo una data determinata dagli Stati membri. Articolo 4 1. Gli Stati membri hanno la facoltà di limitare l’obbligo di pagamento degli organismi di garanzia di cui all’articolo 3. 2. Quando gli Stati membri si avvalgono della facoltà di cui al paragrafo 1, fissano la durata del periodo che dà luogo al pagamento da parte dell’organismo di garanzia dei diritti non pagati. Questa durata tuttavia non può essere inferiore ad un periodo, riferito alla retribuzione degli ultimi tre mesi, di rapporto di lavoro che si colloca prima e/o dopo la data di cui all’articolo 3, secondo comma. Gli Stati membri possono iscrivere questo periodo minimo di tre mesi in un periodo di riferimento la cui durata non può essere inferiore a sei mesi. Gli Stati membri che prevedono un periodo di riferimento di almeno diciotto mesi possono limitare ad otto settimane il periodo che dà luogo al pagamento da parte dell’organismo di garanzia dei diritti non pagati. In tal caso, per il calcolo del periodo minimo sono presi in considerazione i periodi più favorevoli per i lavoratori subordinati. 3. Gli Stati membri possono inoltre fissare massimali per i pagamenti effettuati dall’organismo di garanzia. Tali massimali non devono essere inferiori ad una soglia socialmente compatibile con l’obiettivo sociale della presente direttiva. Quando gli Stati membri si avvalgono di questa facoltà, comunicano alla Commissione i metodi con cui fissano il massimale. Articolo 5 Gli Stati membri fissano le modalità di organizzazione, di finanziamento e di funzionamento degli organismi di garanzia nel rispetto, in particolare, dei seguenti principi: a) il patrimonio degli organismi deve essere indipendente dal capitale di esercizio dei datori di lavoro e essere costituito in modo da non poter essere sequestrato in un procedimento in caso di insolvenza; b) i datori di lavoro devono contribuire al finanziamento, a meno che quest’ultimo non sia integralmente assicurato dai pubblici poteri; c) l’obbligo di pagamento a carico degli organismi prescinde dall’adempimento degli obblighi di contribuire al finanziamento. CAPO III DISPOSIZIONI RELATIVE ALLA SICUREZZA SOCIALE Articolo 6 Gli Stati membri possono prevedere che gli articoli 3, 4 e 5 non si applichino ai contributi dovuti a titolo dei regimi legali nazionali di sicurezza sociale o dai regimi complementari di previdenza, professionali o interprofessionali, diversi dai regimi legali nazionali di sicurezza sociale. Articolo 7 Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che il mancato pagamento ai loro organismi assicurativi di contributi obbligatori dovuti dal datore di lavoro prima dell’insorgere dell’insolvenza a titolo dei regimi legali nazionali di sicurezza sociale non leda i diritti alle prestazioni dei lavoratori subordinati nei confronti di questi organismi assicurativi nella misura in cui i contributi salariali siano stati trattenuti sui salari versati. Articolo 8 Gli Stati membri si accertano che vengano adottate le misure necessarie per tutelare gli interessi dei lavoratori subordinati e quelli delle persone che hanno già lasciato l’impresa o lo stabilimento del datore di lavoro alla data dell’insorgere della insolvenza di quest’ultimo, per quanto riguarda i diritti maturati o i diritti in corso di maturazione, in materia di prestazioni di vecchiaia, comprese quelle per i superstiti, previste dai regimi complementari di previdenza, professionali o interprofessionali, diversi dai regimi legali nazionali di sicurezza sociale. CAPO IV DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE SITUAZIONI TRANSNAZIONALI Articolo 9 1. Quando un’impresa avente attività sul territorio di almeno due Stati membri si trovi in stato d’insolvenza ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, l’organismo di garanzia competente per il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati è quello dello Stato membro sul cui territorio essi esercitano o esercitavano abitualmente il loro lavoro. 2. La portata dei diritti dei lavoratori subordinati è determinata dal diritto cui è soggetto l’organismo di garanzia competente. 3. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che, nei casi di cui al paragrafo 1 del presente articolo, le decisioni adottate nel quadro di una procedura d’insolvenza di cui all’articolo 2, paragrafo 1, la cui apertura è stata chiesta in un altro Stato membro, siano prese in considerazione per determinare lo stato d’insolvenza del datore di lavoro ai sensi della presente direttiva. Articolo 10 1. Ai fini dell’attuazione dell’articolo 9, gli Stati membri prevedono lo scambio di informazioni pertinenti tra le amministrazioni pubbliche competenti e gli organismi di garanzia menzionati all’articolo 3, primo comma, che consenta in particolare di portare a conoscenza dell’organismo di garanzia competente i diritti non pagati dei lavoratori subordinati. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione e agli altri Stati membri gli estremi delle rispettive amministrazioni pubbliche competenti e degli organismi di garanzia. La Commissione rende tali informazioni accessibili al pubblico. CAPO V DISPOSIZIONI GENERALI E FINALI Articolo 11 La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare e di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli per i lavoratori subordinati. L’attuazione della presente direttiva non può in nessun caso costituire una ragione per giustificare un regresso rispetto alla situazione esistente negli Stati membri per quanto attiene al livello generale di protezione dei lavoratori subordinati nel settore contemplato dalla direttiva stessa. Articolo 12 La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri: a) di adottare le misure necessarie per evitare abusi; b) di rifiutare o di ridurre l’obbligo di pagamento di cui all’articolo 3 o l’obbligo di garanzia di cui all’articolo 7, qualora risulti che l’esecuzione dell’obbligo non si giustifica per l’esistenza di legami particolari tra il lavoratore subordinato e il datore di lavoro e di interessi comuni che si traducono in una collusione tra il lavoratore e il datore di lavoro; c) di rifiutare o di ridurre l’obbligo di pagamento di cui all’articolo 3 o l’obbligo di garanzia di cui all’articolo 7, qualora un lavoratore subordinato, per proprio conto o assieme ai propri parenti stretti, sia stato proprietario di una parte essenziale dell’impresa o dello stabilimento del datore di lavoro e abbia avuto una notevole influenza sulle sue attività. Articolo 13 Gli Stati membri notificano alla Commissione e agli altri Stati membri i tipi di procedura nazionale d’insolvenza che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva, nonché tutte le modifiche che le riguardano. La Commissione provvede a pubblicare dette notificazioni nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 14 Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 15 Entro l’8 ottobre 2010 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’attuazione e applicazione degli articoli da 1 a 4, 9 e 10, dell’articolo 11, secondo comma, dell’articolo 12, lettera c), e degli articoli 13 e 14, negli Stati membri. Articolo 16 La direttiva 80/987/CEE, modificata dagli atti di cui all’allegato I, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale e di applicazione delle direttive di cui all’allegato I, parte C. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all’allegato II. Articolo 17 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 18 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 22 ottobre 2008. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente J.-P. JOUYET (1) GU C 161 del 13.7.2007, pag. 75. (2) Parere del Parlamento europeo del 19 giugno 2007 (GU C 146 E del 12.6.2008, pag. 71) e decisione del Consiglio del 25 settembre 2008. (3) GU L 283 del 28.10.1980, pag. 23. (4) Cfr. allegato I, parti A e B. (5) GU L 14 del 20.1.1998, pag. 9. (6) GU L 175 del 10.7.1999, pag. 43. (7) GU L 206 del 29.7.1991, pag. 19. ALLEGATO I PARTE A Direttiva abrogata e sue modifiche successive (di cui all’articolo 16) Direttiva 80/987/CEE del Consiglio (GU L 283 del 28.10.1980, pag. 23) Direttiva 87/164/CEE del Consiglio (GU L 66 dell’11.3.1987, pag. 11) Direttiva 2002/74/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 270 dell’8.10.2002, pag. 10) PARTE B Atto di modifica non abrogato (di cui all’articolo 16) Atto d’adesione del 1994 PARTE C Termini di recepimento nel diritto nazionale e di applicazione (di cui all’articolo 16) Direttiva Termine di recepimento Data di applicazione 80/987/CEE 23 ottobre 1983 87/164/CEE 1o gennaio 1986 2002/74/CE 7 ottobre 2005 ALLEGATO II Tavola di concordanza Direttiva 80/987/CEE Presente direttiva Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2 Articolo 2 Articolo 3 Articolo 3 Articolo 4 Articolo 4 Articolo 5 Articolo 5 Articolo 6 Articolo 6 Articolo 7 Articolo 7 Articolo 8 Articolo 8 Articolo 8 bis Articolo 9 Articolo 8 ter Articolo 10 Articolo 9 Articolo 11 Articolo 10 Articolo 12 Articolo 10 bis Articolo 13 Articolo 11, paragrafo 1 — Articolo 11, paragrafo 2 Articolo 14 Articolo 12 — — Articolo 15 — Articolo 16 — Articolo 17 Articolo 13 Articolo 18 — Allegato I — Allegato II
Protezione dei lavoratori dipendenti in caso di insolvenza del datore di lavoro QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Essa mira a garantire il versamento dei salari ai lavoratori dipendenti, in caso di insolvenza del datore di lavoro. Obbliga infatti i paesi dell’UE ad istituire organismi di garanzia e stabilisce le modalità da seguire in caso di insolvenza dei datori di lavoro transfrontalieri. PUNTI CHIAVE La direttiva protegge i lavoratori dipendenti che hanno spettanze pendenti rispetto a un datore di lavoro che risulta in stato di insolvenza. Lo stato di insolvenza fa seguito ad un’istanza di procedimento giudiziario che comporta lo spossessamento parziale o totale del datore di lavoro e la designazione di un curatore, nel caso in cui l’autorità giudiziaria competente:ha deciso l’apertura del procedimento; oppure ha constatato la chiusura definitiva dell’impresa o dello stabilimento del datore di lavoro e l’insufficienza dell’attivo disponibile.I paesi dell’UE possono, in via eccezionale, escludere dall’ambito di applicazione della presente direttiva i diritti di alcune categorie di lavoratori subordinati, qualora esistano altre forme di garanzia che assicurino agli interessati un livello di tutela equivalente. I paesi dell’UE possono escludere i lavoratori domestici occupati presso una persona fisica. Tuttavia, al di fuori delle eccezioni di cui sopra, tutti i lavoratori possono avvalersi della presente direttiva, a prescindere dalla durata del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro. Pertanto essa si applica ai lavoratori a tempo parziale, ai lavoratori con contratto a tempo determinato e ai lavoratori aventi un rapporto di lavoro interinale. Organismi di garanzia I paesi dell’UE devono istituire organismi di garanzia che assicurano il pagamento dei diritti dei lavoratori comprese, eventualmente, le indennità dovute ai lavoratori a seguito dello scioglimento del rapporto di lavoro. Tali massimali non devono essere inferiori ad una soglia socialmente compatibile con l’obiettivo sociale della direttiva. Il periodo minimo di retribuzione da parte dell’organismo di garanzia deve essere calcolato in funzione di:un periodo minimo di riferimento di sei mesi, che dà luogo al pagamento dei diritti per almeno tre mesi; un periodo di riferimento di almeno 18 mesi, che dà luogo al pagamento dei diritti per almeno otto settimane. In tal caso, per il calcolo del periodo minimo sono presi in considerazione i periodi più favorevoli ai lavoratori.I datori di lavoro devono contribuire al finanziamento di tali organismi, salvo il caso in cui il finanziamento non sia garantito integralmente dalle autorità pubbliche. Sicurezza sociale I paesi dell’UE possono prevedere che la garanzia di pagamento non si applichi ai contributi:di sicurezza sociale; dei regimi complementari di previdenza professionali o interprofessionali, diversi dai regimi legali di sicurezza sociale.Inoltre, se il datore di lavoro non ha pagato i contributi obbligatori di sicurezza sociale ma questi sono stati trattenuti sui salari versati, i lavoratori godono pienamente dei loro diritti presso gli organismi assicurativi. Gli interessi dei lavoratori dipendenti sono protetti in materia di prestazioni di vecchiaia, comprese quelle per i superstiti, previste dai regimi complementari di previdenza. Tale protezione si applica anche ai lavoratori che hanno lasciato l’azienda prima dell’insorgere dell’insolvenza. Situazioni transnazionali Se l’attività del datore di lavoro insolvente veniva esercitata sul territorio di almeno due paesi dell’UE, l’autorità competente per il pagamento dei diritti è quella del paese sul cui territorio il lavoratore esercitava abitualmente il suo lavoro. Parimenti, la portata dei diritti dei lavoratori presso gli organismi di garanzia è determinata dal diritto nazionale cui è soggetto l’organismo di garanzia. DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Si applica dal 17 novembre 2008. La direttiva 2008/94/CE ha codificato e sostituito la direttiva 80/987/CEE e successive modifiche. La direttiva originale 80/987/CEE doveva essere recepita nei paesi dell’UE entro il 1983. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2008/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro (Versione codificata) (GU L 283 del 28.10.2008, pag. 36). Le modifiche successive alla direttiva 2008/94/CE sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione e l’applicazione di determinate disposizioni della direttiva 2008/94/CE relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro [COM(2011) 84 def. del 28.2.2011].
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2000/57/CE: Decisione della Commissione, del 22 dicembre 1999, sul sistema di allarme rapido e di reazione per la prevenzione e il controllo delle malattie trasmissibili, previsto dalla decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio [notificata con il numero C(1999) 4016] Gazzetta ufficiale n. L 021 del 26/01/2000 pag. 0032 - 0035 DECISIONE DELLA COMMISSIONEdel 22 dicembre 1999sul sistema di allarme rapido e di reazione per la prevenzione e il controllo delle malattie trasmissibili, previsto dalla decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio[notificata con il numero C(1999) 4016](2000/57/CE)LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità europea,vista la decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 settembre 1998, che istituisce una rete di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili nella Comunità(1), in particolare l'articolo 1 e l'articolo 7,considerando quanto segue:(1) Secondo la decisione n. 2119/98/CE, occorre istituire una rete comunitaria per promuovere la cooperazione e il coordinamento tra gli Stati membri, con l'assistenza della Commissione, al fine di migliorare la prevenzione e il controllo nella Comunità delle categorie di malattie trasmissibili indicate nell'allegato di detta decisione. Tale rete deve essere usata per la sorveglianza epidemiologica di dette malattie e per un sistema di allarme rapido e di reazione.(2) Le malattie e i problemi sanitari speciali da assoggettare al sistema comunitario di allarme rapido e di reazione deve rispecchiare le esigenze attuali della Comunità, in particolare il valore aggiunto rappresentato da una reazione a livello comunitario.(3) Il sistema di allarme rapido e di reazione deve affrontare le questioni sollevate dalle competenti autorità sanitarie pubbliche in ciascuno Stato membro, oppure messe in evidenza su dati raccolti a norma dell'articolo 4 della decisione n. 2119/98/CE.(4) La presente decisione deve agevolare l'integrazione di questa rete comunitaria con altre reti di allarme rapido istituite a livello nazionale e comunitario, per malattie e settori speciali coperti dal sistema di allarme rapido e di reazione. Di conseguenza, ai fini della sua esecuzione, la rete comunitaria deve operare in primo luogo tramite il sistema EUPHIN-HSSCD (sistema di sorveglianza sanitaria per le malattie trasmissibili nell'ambito della rete europea d'informazione sanitaria pubblica), il quale consiste di tre componenti:a) un sistema di allarme rapido e di reazione per casi di minacce specificate al pubblico, trasmessi dalle competenti autorità sanitarie pubbliche di ciascuno Stato membro, responsabili della decisione delle misure che possono essere necessarie per la protezione della sanità pubblica;b) scambio di informazioni tra strutture riconosciute ed autorità degli Stati membri competenti per la sanità pubblica;c) reti specifiche per malattie selezionate per la sorveglianza epidemiologica, composte di strutture riconosciute e autorità degli Stati membri.(5) Lo sviluppo di nuove tecnologie utili deve essere seguito regolarmente, tenendone conto per il miglioramento del sistema operativo EUPHIN-HSSCD.(6) Le misure di cui alla presente decisione sono conformi al parere del comitato istituito dall'articolo 7 della decisione n. 2119/98/CE,HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:Articolo 11. Il sistema di allarme rapido e di reazione della rete comunitaria è riservato ai casi di cui all'allegato I (in prosieguo: "i casi"), o alle indicazioni dei medesimi, i quali, da soli o in associazione con altri casi simili, rappresentano una minaccia reale o potenziale per la sanità pubblica.2. Le strutture o autorità in ciascuno Stato membro raccolgono e si scambiano tutte le informazioni necessarie relative ai casi, ad esempio attraverso il sistema nazionale di sorveglianza, l'elemento di sorveglianza epidemiologica della rete comunitaria o qualsiasi altro sistema comunitario di raccolta.Articolo 21. Le procedure di scambio di informazioni indicanti un caso sono descritte nell'allegato II, sezione 1 (livello 1: scambio d'informazioni).2. Le procedure da seguire qualora un caso rappresenti una minaccia sanitaria potenziale o reale sono descritti nell'allegato II, sezione 2 (livello 2: minaccia potenziale) e sezione 3 (livello 3: minaccia reale).3. Le procedure da seguire per la fornitura di informazioni al pubblico in generale e degli addetti interessati sono descritte nell'allegato II, sezione 4.Articolo 31. Ogni anno, entro il 31 marzo, le autorità competenti degli Stati membri presentano alla Commissione un rapporto analitico sui casi intervenuti e sulle procedure applicate nell'ambito del sistema di allarme rapido e di reazione. Inoltre le autorità competenti degli Stati membri possono presentare rapporti specifici sui casi di particolare rilevanza.2. La Commissione, sulla base dei rapporti, esamina l'esercizio del sistema di allarme rapido e di reazione in un rapporto annuale, e, se del caso, propone modificazioni.Articolo 4La presente decisione ha effetto a decorrere dal 1o gennaio 2000.Articolo 5Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.Fatto a Bruxelles, il 22 dicembre 1999.Per la CommissioneDavid BYRNEMembro della Commissione(1) GU L 268 del 3.10.1998, pag. 1.ALLEGATO ICasi da riferire nel quadro del sistema di allarme rapido e di reazione1. Focolai di malattie trasmissibili che interessano più di uno Stato membro della Comunità.2. Aggregazioni spaziali o temporali di casi di malattie di tipo analogo, se agenti patogeni ne sono una possibile causa ed esiste un rischio di propagazione tra Stati membri della Comunità.3. Aggregazioni spaziali o temporali di casi di malattie di tipo analogo fuori della Comunità, se agenti patogeni ne sono una possibile causa ed esiste un rischio di propagazione alla Comunità.4. L'insorgere o il risorgere di una malattia trasmissibile o di un agente infettivo che potrebbe imporre un'azione coordinata e tempestiva della Comunità per contenerlo.ALLEGATO IIProcedure di informazione, consulenza e cooperazione nel quadro del sistema di allarme rapido e di reazione1. Livello di attivazione 1: scambio d'informazioni1) Qualora informazioni raccolte in uno o più Stati membri o provenienti da altre fonti riconosciute indichino la probabilità dell'insorgere di un caso, l'autorità preposta alla determinazione di misure volte a tutelare la sanità pubblica in ciascuno Stato membro interessato fornisce senza indugio, tramite la rete, informazioni sulle circostanze e il quadro generale alle sue controparti in altri Stati membri e alla Commissione. Una volta ricevute dette informazioni, le autorità competenti degli Stati membri interessati si pronunciano riguardo alla necessità di azioni da parte di altri Stati membri o di azioni comunitarie coordinate con l'assistenza della Commissione.2) La Commissione e gli Stati membri interessati provvedono a un tempestivo scambio reciproco delle informazioni ricevute, e tengono aggiornati altri Stati membri.3) Le autorità sanitarie pubbliche competenti dello(gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) provvedono senza indugio, in collaborazione con le strutture e/o autorità, a valutare le informazioni raccolte, al fine di accertare se sussista un caso implicante una minaccia alla sanità pubblica.4) La Commissione può convocare una riunione straordinaria del comitato di rete o di esperti proposti dal comitato, al fine di assicurare la trasparenza e l'efficacia di qualsiasi eventuale azione.2. Livello di attivazione 2: minaccia potenzialeQualora le informazioni riguardo a un caso o le indicazioni relative a un simile evento indichino una potenziale minaccia per la sanità pubblica, le competenti autorità sanitarie pubbliche dello(gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) informano senza indugio le loro controparti in altri Stati membri e la Commissione sulla natura e la portata della minaccia potenziale nonché sulle misure che intendono prendere autonomamente o in associazione con altri Stati membri interessati, con la Commissione, o con altri soggetti.2.1. Verifica e valutazioneLe autorità sanitarie pubbliche competenti dello(gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) provvedono senza indugio, in collaborazione con le strutture e/o autorità, a valutare le informazioni raccolte, al fine di accertare se sussista un caso implicante una minaccia alla sanità pubblica.Per qualsiasi ulteriore indagine negli Stati membri saranno disponibili forme di assistenza tecnica quali consulenze epidemiologiche in loco, strutture di laboratorio e altre consulenze indispensabili. Esse saranno assicurate dalla Comunità o da singoli Stati membri, su richiesta da parte dello Stato membro interessato.La Commissione fornirà la propria assistenza per il coordinamento delle misure precauzionali volte ad affrontare qualsiasi possibile minaccia per la sanità pubblica.La Commissione può convocare una riunione straordinaria del comitato di rete o di esperti proposti dal comitato, al fine di coordinare le azioni necessarie.2.2. DeattivazioneQualora la valutazione finale dei rischi concluda che non si è sviluppata una minaccia alla sanità pubblica, e qualora non sia necessaria nessuna azione ad eccezione di quelle locali, le competenti autorità sanitarie pubbliche in ciascuno Stato membro interessato comunicano senza indugio alle loro controparti negli altri Stati membri e alla Commissione la natura e la portata delle misure che hanno preso o intendono prendere.Qualora entro tre giorni non vi siano obiezioni da parte di altri Stati membri o della Commissione, non è necessaria alcuna ulteriore azione nel quadro del sistema di allarme rapido e di reazione.3. Livello di attivazione 3: minaccia realeQualora un caso risulti una minaccia per la sanità pubblica, le competenti autorità sanitarie pubbliche dello(gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) comunicano senza indugio alle loro controparti negli altri Stati membri e alla Commissione la natura e la portata della minaccia potenziale e le misure che intendono prendere autonomamente o in associazione con altri Stati membri interessati, con la Commissione, o con altri soggetti.3.1. Coordinamento delle misureLe competenti autorità sanitarie pubbliche nello(gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) comunicano senza indugio agli altri Stati membri e alla Commissione i progressi effettuati e i risultati delle misure adottate.Gli Stati membri e la Commissione coordinano le ulteriori misure da prendere a livello comunitario conformemente agli articoli 3 e 6 della decisione n. 2119/98/CE.La Commissione assiste gli Stati membri nel coordinamento degli sforzi volti ad affrontare la minaccia per la sanità pubblica e ad assicurare la protezione della popolazione.La Commissione può convocare una riunione straordinaria del comitato di rete o di delegati nominati dal comitato, al fine di coordinare le azioni.3.2. DeattivazioneIl sistema viene disattivato previo accordo degli Stati membri interessati, che ne informano gli altri Stati membri e la Commissione.4. Informazioni al pubblico generale e agli operatori interessatiQualora si verifichi un caso, gli Stati membri trasmettono senza indugio materiali informativi appropriati agli addetti interessati e al pubblico in generale e li informano sulle misure adottate.La Commissione e gli Stati membri informano gli addetti interessati e il pubblico in generale su tutti gli orientamenti concordati a livello comunitario e comunicano loro senza indugio l'avvenuta cessazione della minaccia per la sanità pubblica.
Sistema di allerta precoce e di reazione per la prevenzione e il controllo delle malattie trasmissibili Il sistema di allarme rapido e di reazione è un elemento della rete generale di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili istituita nella Comunità nel 1998. Il presente regolamento prevede l’utilizzo del sistema solo nei casi che rappresentano una minaccia sanitaria potenziale a livello comunitario. Stabilisce inoltre le procedure che regolano il funzionamento del sistema. Le disposizioni di questo regolamento garantiscono la protezione dei dati personali quando la ricerca di contatti viene effettuata su scala europea. ATTO Decisione 2000/57/CE della Commissione, del 22 dicembre 1999, sul sistema di allarme rapido e di reazione per la prevenzione e il controllo delle malattie trasmissibili, previsto dalla decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio [Gazzetta ufficiale L 21 del 26.1.2000] [Cfr. atti modificativi]. SINTESI CASI DA RIFERIRE Il sistema di allarme rapido e di reazione (EWRS) della rete comunitaria è riservato ai casi di portata comunitaria, o alle indicazioni dei medesimi, i quali rappresentano una minaccia reale o potenziale per la sanità pubblica. Gli Stati membri notificano tali casi, poi raccolgono e si scambiano tutte le informazioni necessarie relative a questi casi. Il campo d’applicazione dell’EWRS comprende anche la notifica e il coordinamento delle contromisure progettate o adottate per rispondere ai casi che rappresentano una minaccia sanitaria. Il coordinamento fra gli Stati membri avviene con l’assistenza della Commissione. I casi di malattie trasmissibili e le misure sanitarie prese per porvi rimedio devono essere notificati contemporaneamente all'EWRS e all'Organizzazione mondiale della sanità (OMS)(EN) se costituiscono un’emergenza di portata internazionale in virtù del regolamento sanitario internazionale (RSI 2005). I casi da riferire nel quadro del sistema di allarme rapido e di reazione sono i seguenti: focolai di malattie trasmissibili che interessano più di uno Stato membro della Comunità; aggregazioni spaziali o temporali di malattie di tipo analogo, se agenti patogeni ne sono una possibile causa ed esiste un rischio di propagazione tra Stati membri della Comunità; aggregazioni spaziali o temporali di casi di malattie di tipo analogo fuori della Comunità, se agenti patogeni ne sono una possibile causa ed esiste un rischio di propagazione alla Comunità; l’insorgere o il risorgere di una malattia trasmissibile o di un agente infettivo che potrebbe imporre un’azione coordinata e tempestiva della Comunità per contenerlo; manifestazioni patologiche o eventi che creano un rischio di malattia trasmissibile e misure associate, riferiti all’OMS conformemente all’RSI 2005. Le autorità competenti di ciascuno Stato membro raccolgono e si scambiano tutte le informazioni necessarie relative ai casi, a tutte le misure progettate o adottate per rimediarvi o alle indicazioni di tali casi, ad esempio attraverso il sistema nazionale di sorveglianza o l’elemento di sorveglianza epidemiologica della rete comunitaria. RICERCA DI CONTATTI Quando le autorità competenti degli Stati membri attuano misure allo scopo di rintracciare persone che sono state esposte ad una fonte di agenti infettivi e che corrono potenzialmente il rischio di sviluppare, o che hanno sviluppato, una malattia trasmissibile di rilevanza comunitaria («ricerca di contatti»), vengono talvolta scambiati in seno all’EWRS dati personali. Per lo scambio dei dati personali, gli Stati membri coinvolti nella ricerca di contatti devono imperativamente utilizzare un canale di comunicazione selettivo. Questo canale di comunicazione assicura garanzie adeguate alla comunicazione dei dati di carattere personale nel quadro dell’EWRS e dovrebbe assicurare che circolino solo i dati personali adeguati, pertinenti e non eccessivi nel quadro dell’EWRS. Per la ricerca di contatti è stato specificamente compilato un elenco indicativo dei dati personali. L’elenco include informazioni: sul viaggiatore; sugli accompagnatori; sui recapiti delle persone da contattare in caso di emergenza. Fa fede in questo caso la legislazione europea sulla protezione dei dati personali (direttiva 96/45/CE e regolamento 45/2001/CE). PROCEDURE La decisione prevede procedure d’informazione, consulenza e cooperazione fra gli Stati membri da un lato, e con la Commissione. Tali procedure si applicano a tre livelli: Livello di attivazione 1: scambio d’informazioni Il livello di attivazione 1 si applica quando informazioni raccolte a livello nazionale indicano la probabilità dell’insorgere di un caso che minaccia la salute. In questo caso, devono intercorrere scambi rapidi di informazioni fra la Commissione e gli Stati membri interessati. Le informazioni raccolte devono essere valutate senza indugio dalle autorità sanitarie nazionali competenti. Livello di attivazione 2: minaccia potenziale In caso di minaccia potenziale per la sanità pubblica devono essere adottate procedure di informazione, consulenza e cooperazione analoghe. Sono previste fasi di verifica e valutazione delle informazioni e di deattivazione del sistema. Livello di attivazione 3: minaccia reale Nel caso di una minaccia reale, le autorità sanitarie interessate comunicano senza indugio alle loro controparti negli altri Stati membri e alla Commissione la natura e la portata della minaccia potenziale e le misure che intendono prendere autonomamente o in associazione con altri Stati membri. Coordinamento delle misure Le autorità sanitarie interessate comunicano senza indugio agli altri Stati membri e alla Commissione i progressi effettuati e i risultati delle misure adottate. Gli Stati membri e la Commissione possono adottare ulteriori misure da prendere a livello comunitario. La Commissione assiste gli Stati membri nel coordinamento degli sforzi volti ad affrontare la minaccia per la sanità pubblica e ad assicurare la protezione della popolazione. Deattivazione Il sistema viene disattivato previo accordo degli Stati membri interessati, che ne informano gli altri Stati membri e la Commissione. Informazioni al pubblico generale e agli operatori interessati Qualora si verifichi un caso, gli Stati membri trasmettono senza indugio materiali informativi appropriati agli addetti interessati e al pubblico in generale e li informano sulle misure adottate. Riferimenti Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2000/57/CE 23.12.1999 - GU L 21 del 26.1.2000 Atto(i) modificatore(i) Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 351/2008/CE 1.5.2008 - GU L 117 dell’1.5.2008 Decisione 2009/547/CE - - GU L 181 del 14.7.2009 ATTI COLLEGATI Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo Funzionamento del sistema di allarme rapido e di reazione (EWRS) della rete di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili nella Comunità durante il 2006 e il 2007 (decisione 2000/57/CE) (Testo rilevante ai fini del SEE) [COM(2009) 228 def. – Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, del 20 marzo 2007, sul funzionamento durante il 2004 ed il 2005 del sistema di allarme rapido e di reazione (SARR) della rete comunitaria di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili (Decisione 2000/57/CE) [COM(2007) 121 def. – Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo del 29 marzo 2005 – Relazione sul funzionamento del sistema di allarme rapido e di reazione della rete comunitaria di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili (decisione 2000/57/CE) nel 2002 e 2003 [COM(2005) 104 def. – Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 settembre 1998, che istituisce una rete di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili nella Comunità. See also Per maggiori informazioni si rimanda al sito «Sanità pubblica» (EN) della Commissione europea.
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31991L0412
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Direttiva 91/412/CEE della Commissione, del 23 luglio 1991, che stabilisce i principi e le direttrici sulle buone prassi di fabbricazione dei medicinali veterinari Gazzetta ufficiale n. L 228 del 17/08/1991 pag. 0070 - 0073 edizione speciale finlandese: capitolo 3 tomo 38 pag. 0156 edizione speciale svedese/ capitolo 3 tomo 38 pag. 0156 DIRETTIVA DELLA COMMISSIONE del 23 luglio 1991 che stabilisce i principi e le direttrici sulle buone prassi di fabbricazione dei medicinali veterinari (91/412/CEE) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, vista la direttiva 81/581/CEE del Consiglio, del 28 settembre 1981, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai medicinali veterinari (1), modificata da ultimo dalla direttiva 90/676/CEE (2), in particolare l'articolo 27 bis, vista la direttiva 90/677/CEE del Consiglio, del 13 dicembre 1990, che estende il campo di applicazione della direttiva 81/851/CEE per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai medicinali veterinari e che stabilisce disposizioni complementari per i medicinali veterinari ad azione immunologica (3), considerando che tutti i medicinali veterinari fabbricati o importati nella Comunità, compresi i medicinali destinati all'esportazione, devono essere fabbricati secondo principi e direttrici sulle buone prassi di fabbricazione; considerando che in conformità della legislazione nazionale gli Stati membri possono richiedere l'osservanza dei principi sulle buone prassi di fabbricazione nella produzione dei medicinali destinati alle prove cliniche; considerando che dettagliate linee guida previste all'articolo 27 bis della direttiva 81/851/CEE sono state pubblicate dalla Commissione, dopo la consultazione dei servizi d'ispezione farmaceutica degli Stati membri, nella forma di una guida alle buone prassi di fabbricazione dei medicinali; considerando l'esigenza che tutti i fabbricanti provvedano ad un'efficace gestione della qualità delle singole fasi di fabbricazione ; che ciò comporta l'attuazione di un sistema di assicurazione della qualità farmaceutica; considerando che i funzionari che rappresentano le autorità competenti devono accertarsi che il fabbricante applichi correttamente le norme di buona fabbricazione e che i risultati di tali accertamenti devono essere comunicati su motivata richiesta alle autorità competenti di qualsiasi altro Stato membro; considerando che i principi e le direttrici sulle buone prassi di fabbricazione devono riguardare in primo luogo il personale, i locali e le apparecchiature di fabbricazione, la documentazione, il processo produttivo, il controllo di qualità, gli appalti, i reclami e i casi di ritiro del prodotto, nonché il sistema di autoispezione; considerando che i principi. e le diretrici previsti dalla presente direttiva sono conformi al parere del comitato per l'adeguamento al progresso tecnico delle direttive volte all'eliminazione degli ostacoli tecnici negli scambi nel settore dei medicinali veterinari, istituito all'articolo 2 ter della direttiva 81/852/CEE del Consiglio, del 28 settembre 1981, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle norme e ai protocolli analitici, tossico-farmacologici e clinici in materia di prove effettuate su medicinali veterinari (4), modificata da ultimo dalla direttiva 87/20/CEE (5), HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 La presente direttiva stabilisce i principi e le direttrici sulle buone prassi di fabbricazione dei medicinali veterinari la cui fabbricazione sia soggetta all'autorizzazione di cui all'articolo 24 della direttiva 81/851/CEE. Articolo 2 Ai fini della presente direttiva valgono la definizione di medicinale stabilita all'articolo 1, punto 2 della direttiva 65/65/CEE del Consiglio (6), e la definizione di medicinale veterinario stabilita all'articolo 1, paragrafo 2 della direttiva 81/851/CEE. Inoltre, si intende per: - «fabbricante» : il titolare dell'autorizzazione di cui all'articolo 24 della direttiva 81/851/CEE; - «persona qualificata» : la persona di cui all'articolo 29 della direttiva 81/851/CEE; (1) GU n. L 317 del 6.11.1981, pag. 1. (2) GU n. L 373 del 31.12.1990, pag. 15. (3) GU n. L 373 del 31.12.1990, pag. 26. (4) GU n. L 317 del 6.11.1981, pag. 16. (5) GU n. L 15 del 17.1.1987, pag. 34. (6) GU n. 22 del 9.2.1965, pag. 369/65. - «assicurazione della qualità farmaceutica» : il complesso di tutte le misure prese allo scopo di garantire che i medicinali veterinari abbiano le qualità richieste per l'impiego cui sono destinati; - «buone prassi di fabbricazione» : quella parte della assicurazione della qualità che assicura che i prodotti siano costantemente fabbricati e controllati in modo da soddisfare le norme di qualità appropriate all'uso cui sono destinati. Articolo 3 Mediante ripetute ispezioni ai sensi dell'articolo 34 della direttiva 81/851/CEE, gli Stati membri accertano che i fabbricanti rispettino i principi e le direttrici sulle buone prassi di fabbricazione stabiliti dalla presente direttiva. Ai fini dell'interpretazione dei principi e delle direttrici sulle buone prassi di fabbricazione i fabbricanti e gli agenti delle autorità competenti fanno riferimento alle linee guida dettagliate di cui all'articolo 27 bis della direttiva 81/851/CEE. Tali linee guida sono pubblicate dalla Commissione nella guida alle buone prassi di fabbricazione dei medicinali e nei suoi allegati (Ufficio delle pubblicazioni delle Comunità europee. Norme che disciplinano i medicinali nella Comunità europea, volume IV). Articolo 4 Il fabbricante provvede a che tutte le fasi di produzione siano svolte secondo le buone prassi di fabbricazione e secondo l'autorizzazione di produzione. L'importatore si accerta che i medicinali veterinari importati da paesi terzi siano stati fabbricati da produttori debitamente autorizzati e soggetti a norme di buona prassi di fabbricazione perlomeno equivalenti a quelle stabilite dalla Comunità. Articolo 5 Il fabbricante provvede affinché tutte le operazioni di fabbricazione dei medicinali soggetti ad autorizzazione d'immissione sul mercato siano svolte secondo i dati indicati nella domanda di autorizzazione d'immissione sul mercato approvata dalle autorità competenti. Il fabbricante riesamina regolarmente i metodi di fabbricazione alla luce del progresso scientifico e tecnico. Qualora risulti necessario apportare una modifica al fascicolo di autorizzazione all'immissione sul mercato, egli presenta la proposta di modifica alle autorità competenti. CAPITOLO II PRINCIPI E DIRETTRICI SULLE BUONE PRASSI DI FABBRICAZIONE Articolo 6 Gestione della qualità Il fabbricante istituisce ed applica un efficace sistema di assicurazione della qualità farmaceutica, il quale implichi l'attiva partecipazione della direzione e di tutto il personale dei diversi servizi interessati. Articolo 7 Personale 1. Presso ogni stabilimento il fabbricante deve disporre di personale competente, adeguatamente qualificato e in numero sufficiente a perseguire la finalità dell'assicurazione della qualità farmaceutica. 2. I compiti del personale direttivo e di controllo inclusa la persona qualificata, responsabile dell'attuazione e dell'applicazione della buona prassi di fabbricazione sono specificati nella descrizione delle mansioni. I relativi rapporti gerarchici devono essere definiti nell'organigramma. Questo e le descrizioni delle mansioni devono essere approvati secondo le procedure interne del fabbricante. 3. Il personale di cui al paragrafo 2 deve essere investito dell'autorità necessaria al corretto esercizio delle sue responsabilità. 4. Il personale deve ricevere una formazione iniziale e permanente, teorica e pratica, sulla nozione di assicurazione della qualità e sulle buone prassi di fabbricazione. 5. Devono essere istituiti ed osservati programmi d'igiene adeguati alle attività svolte. Tali programmi devono comprendere procedure concernenti lo stato di salute, l'igiene e l'abbigliamento del personale. Articolo 8 Locali ed apparecchiature 1. L'ubicazione, progettazione, costruzione, adattamento e manutenzione dei locali e delle apparecchiature di produzione devono essere conformi alle operazioni cui sono destinati. 2. La disposizione, la struttura ed il funzionamento dei locali e delle apparecchiature devono essere volti a minimizzare il rischio di errori e a consentire operazioni di pulizia e di manutenzione efficaci che evitino la contaminazione, la contaminazione crociata ed in generale altri effetti negativi per la qualità del prodotto. 3. I locali e le apparecchiature utilizzati per le fasi di produzione, particolarmente importanti ai fini della qualità del prodotto, devono essere sottoposti a qualificazione adeguata. Articolo 9 Documentazione 1. Ogni fabbricante deve disporre di un sistema di documentazione composto dalle specifiche, formule di fabbricazione e istruzioni per la fabbricazione ed il confezionamento, procedimenti e resoconti delle diverse fasi di fabbricazione eseguite. I documenti devono essere chiari, esatti ed aggiornati. Devono essere disponibili documenti prestampati relativi alle fasi e condizioni generali di fabbricazione, unitamente a documenti specifici per la fabbricazione di ogni lotto. La documentazione deve consentire di ripercorrere l'intero iter della fabbricazione di ogni lotto. La documentazione riguardante un determinato lotto deve essere conservata per almeno un anno dalla data di scadenza del lotto in questione e per almeno cinque anni dall'attestazione di cui all'articolo 30, paragrafo 2 della direttiva 81/851/CEE. 2. Se in luogo di documenti scritti sono utilizzati sistemi informatizzati, fotografici o di altro tipo, il fabbricante deve aver provveduto a far convalidare il sistema dimostrando che i dati saranno memorizzati per il periodo di archiviazione previsto. I dati memorizzati con questi sistemi devono essere immediatamente disponibili in forma leggibile. I dati memorizzati con sistema elettronici devono essere protetti contro un'eventuale loro perdita o danneggiamento (per esempio mediante duplicazione o back-up o trasferimento verso un altro sistema di memorizzazione). Articolo 10 Produzione Le singole fasi di produzione devono essere svolte secondo le istruzioni e procedure previste nell'osservanza delle buone prassi di fabbricazione. Devono essere disponibili le risorse necessarie per effettuare i controlli in corso di fabbricazione. Devono essere adottate le misure tecniche e/o organizzative necessarie per evitare la contaminazione crociata e le sostituzioni. Ogni nuova fabbricazione e ogni importante modifica di un processo di fabbricazione devono essere convalidate. Le fasi più importanti del processo di fabbricazione devono essere riconvalidate periodicamente. Articolo 11 Controllo di qualità 1. Ogni fabbricante deve disporre di un servizio di controllo di qualità, posto sotto la responsabilità di una persona in possesso delle qualifiche necessarie e indipendente dagli altri servizi. 2. Il servizio controllo di qualità deve disporre di uno o più laboratori di controllo dotati di personale necessario ed attrezzati adeguatamente per eseguire gli esami e i controlli necessari per le materie prime, i materiali utilizzati per il confezionamento e i prodotti intermedi e finiti. Tale compito può essere affidato a laboratori esterni, secondo il disposto dell'articolo 12 della presente direttiva e previo rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 10, paragrafo 2 della direttiva 81/851/CEE. 3. Durante il controllo finale del prodotto finito, prima che questo sia messo in vendita o distribuito, il servizio di controllo di qualità, oltre che dei risultati delle analisi, deve tener conto di tutte le informazioni rilevanti quali le condizioni di produzione, i risultati dei controlli in corso di fabbricazione, l'esame dei documenti di fabbricazione e la conformità del prodotto finito alle specifiche (compresa la confezione finale). 4. Campioni di ogni lotto di prodotto finito devono essere conservati per almeno un anno a decorrere dalla data di scadenza. Salvo che nello Stato membro dove ha luogo la fabbricazione sia richiesto un periodo più lungo i campioni delle materie prime utilizzate (tranne solventi, gas e acqua) devono essere conservati per almeno due anni a decorrere dalla produzione del prodotto finito. Tale periodo può essere abbriaviato se la loro stabilità nel tempo, secondo quanto indicato nelle relative specifiche, è inferiore. Tutti i campioni devono essere tenuti a disposizione delle autorità competenti. Per determinati medicinali fabbricati singolarmente o in piccole quantità, o la cui conservazione sollevi problemi specifici, d'accordo con l'autorità competente può essere previsto un sistema di campionatura e di conservazione diverso. Articolo 12 Appalti 1. Tutte le fasi di fabbricazione o a questa collegate che siano date in appalto devono formare oggetto di un contratto scritto tra le parti. 2. Nel contratto devono essere indicate chiaramente le obbligazioni di ciascuna parte, in particolare il rispetto delle buone prassi di fabbricazione da parte dell'appaltatore e il modo nel quale la persona qualificata del rilascio finale di ogni lotto assolve alle proprie responsabilità. 3. L'appaltatore non può subappaltare parte del lavoro che gli è stato affidato dal committente senza l'autorizzazione scritta del committente stesso. 4. L'appaltatore deve rispettare i principi e le direttrici sulle buone prassi di fabbricazione e sottoporsi alle ispezioni eseguite dalle autorità competenti e previste dall'articolo 34 della direttiva 81/851/CEE. Articolo 13 Reclami e ritiro del prodotto Il fabbricante deve istituire ed applicare un sistema di registrazione e di esame dei reclami, nonché un sistema per ritirare immediatamente e in qualsiasi momento un medicinale immesso nel circuito di distribuzione. Tutti i reclami relativi a difetti di qualità devono essere registrati e esaminati dal fabbricante. Egli deve informare l'autorità competente di eventuali difetti di qualità che possono portare al ritiro o a un'anomala restrizione della distribuzione del prodotto. Per quanto possibile devono essere indicati anche i paesi di destinazione. Ogni ritiro del prodotto deve essere effettuato secondo il disposto dell'articolo 42 della direttiva 81/851/CEE. Articolo 14 Autoispezione L'autoispezione fa parte del sistema di assicurazione della qualità e deve essere reiterata al fine di controllare l'applicazione e il rispetto delle buone prassi di fabbricazione e, se del caso, proporre le misure correttive necessarie. Devono essere conservate le relazioni delle autoispezioni e delle misure correttive successivamente adottate. CAPITOLO III DISPOSIZIONI FINALI Articolo 15 Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente direttiva entro il 23 luglio 1993. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contegono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri. Articolo 16 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, il 23 luglio 1991. Per la Commissione Martin BANGEMANN Vicepresidente
Medicinali veterinari: buone prassi di fabbricazione SINTESI CHE COSA FA LA DIRETTIVA? Stabilisce i principi e le linee direttrici sulle buone prassi di fabbricazione relative ai medicinali veterinari. PUNTI CHIAVE Le autorità nazionali devono organizzare regolari ispezioni per garantire che i fabbricanti rispettino i principi e le linee direttrici definiti dalla normativa. I costruttori devono: garantire che le proprie attività siano correttamente autorizzate e rispettino le buone prassi di fabbricazione; rivedere regolarmente i propri metodi di fabbricazione alla luce del progresso scientifico e tecnico; istituire e mettere in opera un efficace sistema di garanzia della qualità farmaceutica, che implichi l’attiva partecipazione del personale direttivo e degli addetti; disporre di sufficiente personale, di competenza e qualifiche idonee, per realizzare l’obiettivo di garantire la qualità farmaceutica; definire i compiti del personale direttivo e di controllo e fornire loro una formazione adeguata; stilare e tenere aggiornato un sistema di documentazione, un sistema di controllo della qualità posto sotto la responsabilità di una persona adeguatamente qualificata e corsi di igiene; condurre frequenti ispezioni delle proprie operazioni e adottare ogni necessaria misura correttiva; implementare un sistema per rispondere ai reclami, esaminarli e mettere in atto misure per richiamare tempestivamente qualsiasi medicinale, se necessario, informando al contempo le autorità competenti della loro azione. I locali e le attrezzature utilizzate devono essere situati, progettati, costruiti, adattati e mantenuti per soddisfare il loro scopo, ridurre al minimo il rischio di errore e consentire una pulizia e una manutenzione efficaci. Il sistema di controllo della qualità deve includere l’accesso ai laboratori di controllo della qualità e deve conservare i campioni di ciascun lotto di medicinali per almeno un anno dopo la data di scadenza. Qualsiasi lavoro appaltato deve essere autorizzato da un contratto scritto che definisca le responsabilità di entrambe le parti a rispettare le buone prassi di fabbricazione. Gli importatori devono garantire che i prodotti importati rispondano a norme di fabbricazione almeno equivalenti a quelle valide nell’UE. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Si applica dal 23 luglio 1991. I paesi dell’UE dovevano integrarla nel proprio diritto nazionale entro il 23 luglio 1993. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare: «Qualità dei medicinali e buone prassi di fabbricazione» sul sito Internet della Commissione europea. «Conformità con le buone prassi di fabbricazione e le buone prassi di distribuzione» sul sito Internet dell’Agenzia europea per i medicinali. ATTO Direttiva 91/412/CEE della Commissione, del 23 luglio 1991, che stabilisce i principi e le direttrici sulle buone prassi di fabbricazione dei medicinali veterinari (GU L 228 del 17.8.1991, pag. 70-73) ATTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’Agenzia europea per i medicinali (GU L 136 del 30.4.2004, pag. 1-33). Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 726/2004 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. Direttiva 2004/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che modifica la direttiva 2001/82/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali veterinari (GU L 136 del 30.4.2004, pag. 58-84). Direttiva 2001/82/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali veterinari (GU L 311 del 28.11.2001, pag. 1-66). Si veda la versione consolidata.
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32006L0116
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DIRETTIVA 2006/116/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 12 dicembre 2006 concernente la durata di protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi (versione codificata) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 47, paragrafo 2, e gli articoli 55 e 95, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) La direttiva 93/98/CEE del Consiglio, del 29 ottobre 1993, concernente l'armonizzazione della durata di protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi (3), è stata modificata in modo sostanziale (4). Per ragioni di chiarezza e razionalizzazione è opportuno procedere alla codificazione di tale direttiva. (2) La convenzione di Berna per la tutela delle opere letterarie e artistiche e la convenzione internazionale per la protezione degli artisti, interpreti o esecutori, dei produttori di fonogrammi e degli organismi di radiodiffusione (convenzione di Roma) contemplano soltanto durate di protezione minime, lasciando agli Stati contraenti la facoltà di tutelare i diritti in questione per periodi più lunghi. Alcuni Stati membri si sono avvalsi di tale facoltà. Inoltre, alcuni Stati membri non hanno aderito alla convenzione di Roma. (3) Di conseguenza tra le legislazioni nazionali che disciplinano la durata della protezione del diritto d'autore e dei diritti connessi sussistono difformità che possono ostacolare la libera circolazione delle merci e la libera prestazione dei servizi, nonché falsare le condizioni della concorrenza nel mercato comune. È pertanto necessario, nella prospettiva del buon funzionamento del mercato interno, armonizzare le legislazioni degli Stati membri in modo che le durate di protezione siano identiche in tutta la Comunità. (4) È importante stabilire non soltanto la durata dei periodi di protezione, ma anche talune modalità di attuazione quali il momento a decorrere dal quale ciascuna durata di protezione è calcolata. (5) Le disposizioni della presente direttiva dovrebbero lasciare impregiudicata l'applicazione, da parte degli Stati membri, dell'articolo 14 bis, paragrafo 2, lettere b), c) e d) e paragrafo 3 della convenzione di Berna. (6) Il periodo di protezione minimo di cinquant'anni dopo la morte dell'autore contemplato dalla convenzione di Berna era destinato a proteggere l'autore e le due prime generazioni dei suoi discendenti. In seguito all'allungamento della vita media nella Comunità questa durata non è più sufficiente per coprire due generazioni. (7) Alcuni Stati membri hanno disposto proroghe del periodo di protezione oltre il cinquantesimo anno dalla morte dell'autore per compensare gli effetti delle guerre mondiali sull'utilizzazione commerciale delle opere. (8) Per quanto attiene alla durata della protezione dei diritti connessi, alcuni Stati membri hanno optato per una tutela di cinquant'anni dalla lecita pubblicazione o dalla lecita comunicazione al pubblico. (9) La conferenza diplomatica tenutasi nel dicembre 1996 sotto gli auspici dell'Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale (OMPI) ha concluso i suoi lavori con l'adozione del trattato dell'OMPI sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi, relativo alla protezione degli artisti interpreti o esecutori e dei produttori di fonogrammi. Tale trattato rappresenta un importante aggiornamento della protezione internazionale dei diritti connessi. (10) Il rispetto dei diritti acquisiti è uno dei principi generali del diritto tutelati dall'ordinamento giuridico comunitario. Quindi, la durata dei periodi di protezione del diritto d'autore e dei diritti connessi istituiti dal diritto comunitario non può avere l'effetto di ridurre la protezione di cui fruivano gli aventi diritto nella Comunità prima dell’entrata in vigore della direttiva 93/98/CEE. Allo scopo di limitare al minimo gli effetti dei provvedimenti transitori e consentire il corretto funzionamento del mercato interno, è opportuno armonizzare le durate della protezione su periodi lunghi. (11) Il livello di protezione del diritto d’autore e dei diritti connessi dovrebbe essere elevato, in quanto questi diritti sono indispensabili alla creazione intellettuale. La loro protezione permette di assicurare il mantenimento e lo sviluppo della creatività nell'interesse degli autori, delle industrie culturali, dei consumatori e dell'intera collettività. (12) Per istituire un livello di protezione elevato che risponda tanto alle esigenze del mercato interno quanto alla necessità di creare un quadro normativo favorevole allo sviluppo armonioso della creatività letteraria e artistica nella Comunità, è opportuno armonizzare la durata della protezione dei diritti d'autore portandola a settant'anni dalla morte dell'autore o dalla data in cui l'opera è stata lecitamente messa a disposizione del pubblico e, per i diritti connessi, a cinquant'anni dall'evento che fa decorrere la protezione. (13) Le raccolte sono protette conformemente all'articolo 2, paragrafo 5 della convenzione di Berna, quando, per la scelta e la disposizione del loro contenuto, costituiscono creazioni intellettuali. Tali opere sono protette in quanto tali, fatti salvi i diritti d'autore su ognuna delle opere che compongono tali raccolte. Di conseguenza, durate specifiche di protezione possono essere applicate alle opere incluse nelle raccolte. (14) In tutti i casi in cui una o più persone fisiche siano identificate come autori, è opportuno che la durata della protezione decorra dalla loro morte. La questione dell'appartenenza in tutto o in parte di un'opera a un autore è una questione di fatto che all'occorrenza deve essere risolta dai giudici nazionali. (15) La durata della protezione dovrebbe essere calcolata a decorrere dal 1o gennaio dell'anno successivo a quello in cui ha luogo il fatto costitutivo del diritto, come nelle convenzioni di Berna e di Roma. (16) La protezione delle opere fotografiche negli Stati membri è soggetta a regolamentazioni diverse. Un'opera fotografica ai sensi della convenzione di Berna deve essere considerata originale se è il risultato della creazione intellettuale dell'autore e rispecchia la personalità di quest'ultimo, indipendentemente da qualsiasi altro criterio quale il pregio o lo scopo. È opportuno affidare la protezione delle altre fotografie alla legislazione nazionale. (17) Al fine di evitare differenze nella durata di protezione per quanto riguarda i diritti connessi, è necessario prevedere uno stesso punto d'inizio per il calcolo della durata in tutta la Comunità. Per calcolare la durata della protezione è opportuno prendere in considerazione l'esecuzione, la fissazione, la trasmissione, la pubblicazione lecita e la lecita comunicazione al pubblico, vale a dire i mezzi che pongono in ogni modo appropriato l'oggetto di un diritto connesso alla portata di chiunque, a prescindere dal paese in cui ha luogo tale esecuzione, fissazione, trasmissione, pubblicazione lecita o lecita comunicazione al pubblico. (18) I diritti degli organismi di radiodiffusione nelle loro emissioni, siano esse trasmesse su filo o via etere, incluse le emissioni via cavo o via satellite, non dovrebbero essere perpetui. È dunque necessario che la durata della protezione cominci a decorrere soltanto dalla prima diffusione di una specifica emissione. Questa disposizione si propone di evitare che un nuovo periodo di protezione decorra per un'emissione identica a una precedente. (19) Gli Stati membri dovrebbero conservare la facoltà di mantenere o introdurre altri diritti connessi al diritto d'autore, in particolare in ordine alla protezione delle pubblicazioni critiche e scientifiche. Al fine di garantire la trasparenza a livello comunitario, è tuttavia necessario che gli Stati membri che introducono nuovi diritti connessi ne diano notifica alla Commissione. (20) Va precisato che la presente direttiva non si applica ai diritti morali. (21) Per le opere il cui paese di origine ai sensi della convenzione di Berna sia un paese terzo e il cui autore non sia un cittadino della Comunità, occorre applicare il confronto delle durate di protezione, fermo restando che la durata concessa nella Comunità non deve superare quella prevista dalla presente direttiva. (22) Qualora un titolare di diritti che non sia cittadino comunitario soddisfi le condizioni per poter beneficiare di una protezione in virtù di un accordo internazionale, è opportuno che la durata di protezione dei diritti connessi sia identica a quella prevista dalla presente direttiva. Tuttavia tale durata non dovrebbe superare quella prevista per il paese di cui il titolare ha la nazionalità. (23) Il confronto delle durate di protezione non dovrebbe comportare, per gli Stati membri, conflitti con i rispettivi obblighi internazionali. (24) Gli Stati membri dovrebbero conservare la facoltà di adottare disposizioni sull'interpretazione, l'adeguamento e l'ulteriore esecuzione di contratti relativi all'utilizzazione di opere e altri soggetti protetti, conclusi anteriormente all'estensione della durata di protezione risultante dalla presente direttiva. (25) I diritti acquisiti e le lecite aspettative dei terzi sono tutelati nell'ambito dell'ordinamento giuridico comunitario. Gli Stati membri hanno segnatamente la facoltà di prevedere che in determinate circostanze i diritti d'autore e i diritti connessi ripristinati conformemente alla presente direttiva non possano dar luogo a pagamenti da parte di persone che avevano intrapreso in buona fede lo sfruttamento delle opere nel momento in cui dette opere erano di dominio pubblico. (26) La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione e di applicazione indicati nell'allegato I, parte B, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Durata dei diritti d'autore 1. I diritti d'autore di opere letterarie ed artistiche ai sensi dell'articolo 2 della convenzione di Berna durano tutta la vita dell'autore e sino al termine del settantesimo anno dopo la sua morte indipendentemente dal momento in cui l'opera è stata resa lecitamente accessibile al pubblico. 2. Se il diritto d'autore appartiene congiuntamente ai coautori di un'opera il periodo di cui al paragrafo 1 decorre dalla morte del coautore che muore per ultimo. 3. Per le opere anonime o pseudonime la durata della protezione termina settant'anni dopo che l'opera è stata resa lecitamente accessibile al pubblico. Tuttavia, quando lo pseudonimo assunto dall'autore non lascia alcun dubbio sulla sua identità, ovvero se l'autore rivela la propria identità durante il termine indicato nella prima frase, la durata di protezione è quella prevista nel paragrafo 1. 4. Qualora uno Stato membro preveda disposizioni particolari sul diritto d'autore per quanto riguarda le opere collettive oppure disponga che una persona giuridica sia designata come titolare del diritto, la durata di protezione è calcolata in base alle disposizioni del paragrafo 3, salvo che le persone fisiche che hanno creato l'opera siano identificate in quanto tali nelle versioni dell'opera rese accessibili al pubblico. Il presente paragrafo lascia impregiudicati i diritti degli autori identificati i cui contributi riconoscibili sono stati inseriti in siffatte opere. A tali contributi si applicano i paragrafi 1 o 2. 5. Per le opere pubblicate in volumi, parti, fascicoli, numeri o episodi, il cui termine di protezione decorre dal momento in cui l'opera è stata lecitamente resa accessibile al pubblico, il termine della protezione decorre separatamente per ogni singolo elemento. 6. La protezione cessa di essere attribuita alle opere la cui durata di protezione non è calcolata a partire dalla morte dell'autore o degli autori e che non sono state rese lecitamente accessibili al pubblico entro settant'anni dalla loro creazione. Articolo 2 Opere cinematografiche o audiovisive 1. Si considera come autore o uno degli autori il regista principale di un'opera cinematografica o audiovisiva. Gli Stati membri hanno la facoltà di riconoscere altri coautori. 2. La durata di protezione di un'opera cinematografica o audiovisiva scade decorsi settant'anni dalla morte dell'ultima persona sopravvissuta fra le seguenti persone, a prescindere dal fatto che esse siano o meno riconosciute quali coautori: il regista principale, l'autore della sceneggiatura, l'autore del dialogo e il compositore della musica specificamente creata per essere utilizzata nell'opera cinematografica o audiovisiva. Articolo 3 Durata dei diritti connessi 1. I diritti degli artisti interpreti o esecutori scadono cinquant'anni dopo l'esecuzione. Tuttavia, se una fissazione dell'esecuzione è lecitamente pubblicata o lecitamente comunicata al pubblico durante detto periodo, i diritti scadono cinquant'anni dopo la data della prima pubblicazione o, se è anteriore, dopo quella della prima comunicazione al pubblico. 2. I diritti dei produttori di fonogrammi scadono cinquant'anni dopo la fissazione. Tuttavia, se il fonogramma è lecitamente pubblicato durante tale periodo, i diritti scadono cinquant'anni dopo la data della prima pubblicazione lecita. Se nel periodo indicato nella prima frase non sono effettuate pubblicazioni lecite e se il fonogramma è lecitamente comunicato al pubblico durante detto periodo, i diritti scadono cinquant'anni dopo la data di tale prima comunicazione al pubblico. Tuttavia, il presente paragrafo non produce l'effetto di proteggere nuovamente i diritti dei produttori di fonogrammi, che per effetto della scadenza della durata della protezione loro riconosciuta in forza dell’articolo 3, paragrafo 2 della direttiva 93/98/CEE nella versione precedente alla modifica operata dalla direttiva 2001/29, alla data del 22 dicembre 2002 non erano più protetti. 3. I diritti dei produttori della prima fissazione di una pellicola scadono cinquant'anni dopo la fissazione. Tuttavia, se la pellicola è lecitamente pubblicata o comunicata al pubblico durante tale periodo, i diritti scadono cinquant'anni dopo la data della prima pubblicazione o, se è anteriore, dopo quella della prima comunicazione al pubblico. Il termine «pellicola» designa un'opera cinematografica o audiovisiva o sequenza di immagini in movimento, sia essa sonora o meno. 4. I diritti degli organismi di radiodiffusione scadono cinquant'anni dopo la prima diffusione di un'emissione, sia essa trasmessa su filo o via etere, incluse le emissioni via cavo o via satellite. Articolo 4 Protezione di opere non pubblicate anteriormente Chiunque, dopo la scadenza della protezione del diritto d'autore, per la prima volta pubblichi lecitamente o comunichi lecitamente al pubblico un'opera non pubblicata anteriormente beneficia di una protezione pari a quella dei diritti patrimoniali dell'autore. La durata di protezione di tali diritti è di venticinque anni a decorrere dal momento in cui l'opera è stata per la prima volta lecitamente pubblicata o lecitamente comunicata al pubblico. Articolo 5 Edizioni critiche e scientifiche Gli Stati membri possono proteggere le edizioni critiche e scientifiche di opere diventate di dominio pubblico. La durata della protezione di tali diritti è di trent'anni al massimo a decorrere dalla data in cui per la prima volta l'opera è stata lecitamente pubblicata. Articolo 6 Protezione di opere fotografiche Le fotografie che sono opere originali, ossia sono il risultato della creazione intellettuale dell'autore, fruiscono della protezione prevista dall'articolo 1. Per determinare il diritto alla protezione non sono presi in considerazione altri criteri. Gli Stati membri possono prevedere la protezione di altre fotografie. Articolo 7 Protezione nei confronti dei paesi terzi 1. La tutela riconosciuta negli Stati membri alle opere il cui paese di origine ai sensi della convenzione di Berna sia un paese terzo e il cui autore non sia un cittadino comunitario cessa alla data in cui cessa la protezione nel paese di origine dell'opera e non può comunque superare la durata prevista dall'articolo 1. 2. Le durate di protezione di cui all'articolo 3 valgono anche per titolari che non siano cittadini comunitari, purché la protezione stessa sia loro riconosciuta dagli Stati membri. Tuttavia, fatti salvi gli obblighi internazionali degli Stati membri, la protezione riconosciuta dagli Stati membri cessa al più tardi alla data in cui cessa la protezione nel paese di cui è cittadino il titolare e la sua durata non può superare la durata prevista dall'articolo 3. 3. Gli Stati membri che, alla data del 29 ottobre 1993, in particolare conformemente ai loro obblighi internazionali, garantivano una durata di protezione più lunga di quella che consegue dai paragrafi 1 e 2 possono mantenere tale protezione sino alla conclusione di accordi internazionali sulla durata di protezione del diritto d'autore o dei diritti connessi. Articolo 8 Calcolo dei termini I termini previsti dalla presente direttiva sono calcolati dal 1o gennaio dell'anno successivo a quello in cui ha luogo il fatto costitutivo del diritto. Articolo 9 Diritti morali La presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni degli Stati membri in materia di diritti morali. Articolo 10 Applicazione nel tempo 1. Qualora in uno Stato membro, alla data del 1o luglio 1995, fosse già in corso un periodo di protezione di durata superiore a quella prevista nella presente direttiva, quest'ultima non ha per effetto di abbreviare la durata della protezione in detto Stato membro. 2. Le durate di protezione di cui alla presente direttiva si applicano a qualsiasi opera e soggetto protetti in almeno uno Stato membro alla data di cui al paragrafo 1, secondo le disposizioni nazionali sul diritto d'autore o sui diritti connessi, o che soddisfano i criteri per la protezione secondo le disposizioni della direttiva [92/100/CEE del Consiglio, del 19 novembre 1992, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale] (5). 3. La presente direttiva lascia impregiudicata l'utilizzazione in qualsiasi forma, effettuata anteriormente alla data di cui al paragrafo 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie al fine di proteggere segnatamente i diritti acquisiti dei terzi. 4. Gli Stati membri non devono necessariamente applicare l'articolo 2, paragrafo 1 alle opere cinematografiche o audiovisive realizzate anteriormente al 1o luglio 1994. Articolo 11 Notifica e comunicazione 1. Gli Stati membri notificano immediatamente alla Commissione ogni progetto governativo relativo a nuovi diritti connessi, compresi i motivi fondamentali dell'introduzione e la durata prevista dalla relativa protezione. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 12 Abrogazione La direttiva 93/98/CEE è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione e di applicazione indicati all'allegato I, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza dell'allegato II. Articolo 13 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo a quello di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 14 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, del 12 dicembre 2006. Per il Parlamento europeo Il presidente J. BORRELL FONTELLES Per il Consiglio Il presidente M. PEKKARINEN (1) Parere del 26 ottobre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Parere del Parlamento europeo del 12 ottobre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 30 novembre 2006. (3) GU L 290 del 24.11.1993, pag. 9. Direttiva modificata dalla direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 167 del 22.6.2001, pag. 10). (4) Cfr. allegato I, parte A. (5) GU L 346 del 27.11.1992, pag. 61. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2001/29/CE. ALLEGATO I PARTE A Direttiva abrogata e sua modifica Direttiva 93/98/CEE del Consiglio (GU L 290 del 24.11.1993, pag. 9) soltanto l’articolo 11, paragrafo 2 Direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 167 del 22.6.2001, pag. 10) PARTE B Elenco dei termini di attuazione e di applicazione in diritto interno (di cui all'articolo 12) Direttiva Termine di attuazione Termine di applicazione 93/98/CEE 1o luglio 1995 (dall’articolo 1 all’articolo 11) 19 novembre 1993 (articolo 12) entro il 1o luglio 1997, con riferimento all’articolo 2, paragrafo 1 (articolo 10, paragrafo 5) 2001/29/CE 22 dicembre 2002 ALLEGATO II tavola di concordanza Direttiva 93/98/CEE Presente direttiva Articoli 1-9 Articolo 10, paragrafi 1-4 Articolo 10, paragrafo 5 Articolo 11 Articolo 12 Articolo 13, paragrafo 1, primo comma Articolo 13, paragrafo 1, secondo comma Articolo 13, paragrafo 1, terzo comma Articolo 13, paragrafo 2 — — Articolo 14 — — Articoli 1-9 Articolo 10, paragrafi 1-4 — — Articolo 11, paragrafo 1 — — Articolo 11, paragrafo 2 — Articolo 12 Articolo 13 Articolo 14 Allegato I Allegato II
Diritto d’autore e diritti connessi: durata di protezione QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Mira ad armonizzare la durata di protezione del diritto d’autore* e di alcuni diritti connessi*. Essa codifica e abroga la direttiva 93/98/CEE che armonizzava la durata di protezione del diritto d’autore e di alcuni diritti connessi. PUNTI CHIAVE La durata di protezione del diritto d’autore per un’opera letteraria o artistica è fissato a 70 anni da:la morte dell’autore dell’opera, o la morte dell’ultimo autore sopravvissuto nel caso di un’opera in comproprietà; la data in cui l’opera è stata resa lecitamente accessibile al pubblico se è anonima o se è stata realizzata sotto uno pseudonimo. La durata di protezione per un film o un’opera audiovisiva è fissata a 70 anni dopo la morte dell’ultimo sopravvissuto tra i seguenti:il regista principale; l’autore della sceneggiatura; l’autore dei dialoghi; e il compositore di musica appositamente creata per l’uso nel film o nell’opera audiovisiva. La direttiva è stata modificata dalla direttiva 2011/77/UE che ha esteso la durata della tutela per le registrazioni musicali. Questo perché gli artisti spesso iniziano la loro carriera in giovane età, e il termine di 50 anni per le fissazioni delle esecuzioni, come le registrazioni, era insufficiente a proteggere le loro esecuzioni per tutta la durata della loro vita. Perciò essa estende i diritti degli artisti e dei produttori di fonogrammi sulle registrazioni musicali da 50 a 70 anni. La direttiva 2011/77/UE armonizza anche il modo di calcolare la durata di protezione per le canzoni e altre composizioni musicali con le parole, create da diversi autori. La durata di protezione scade 70 anni dopo la morte dell’ultima persona sopravvissuta (cioè dell’autore dei testi o del compositore della musica). Diritti connessi La durata di protezione dei diritti connessi (produttori cinematografici e organismi di radiodiffusione) è di 50 anni. Questa è calcolata caso per caso dalla data dell’esecuzione, dalla pubblicazione o dalla comunicazione della sua fissazione. La durata di protezione degli artisti e dei produttori di fonogrammi è stata estesa a 70 anni dalla direttiva 2011/77/UE. Calcolo della durata La durata di protezione inizia contemporaneamente in tutti i paesi dell’UE. Viene calcolata a partire dal 1 gennaio dell’anno successivo all’evento che l’ha generata. Protezione di opere provenienti da paesi non appartenenti all’UE Se l’opera è originaria di un paese non UE e l’autore non è un cittadino dell’UE, la protezione concessa nell’UE termina nella data ultima di protezione nel paese di origine, ma non deve superare il termine stabilito nell’UE. Notifica I paesi dell’UE devono comunicare immediatamente alla Commissione europea qualsiasi piano per nuovi diritti connessi. DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? È in vigore dal 16 gennaio 2007. La direttiva 2006/116/CE codifica e sostituisce la direttiva 93/98/CEE del Consiglio, che doveva entrare in vigore nei paesi dell’UE entro il 1995. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Legislazione sul diritto d’autore dell’UE (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Diritto d’autore: tutela gli interessi dei creatori dando loro diritti di proprietà sulle loro creazioni o opere. Diritti connessi: tutelano gli interessi giuridici di persone e organismi che:contribuiscono a rendere le opere disponibili al pubblico; oproducono materiali che, sebbene non si qualifichino come «opere» soggette ai sistemi del diritto d’autore di tutti i paesi, esprimono creatività o abilità tecniche e organizzative sufficienti a giustificare il riconoscimento di un diritto di proprietà simile al diritto d’autore. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2006/116/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente la durata di protezione del diritto d’autore e di alcuni diritti connessi (versione codificata) (GU L 372 del 27.12.2006, pag. 12). Le successive modifiche alla direttiva 2006/116/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
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Direttiva 93/109/CE del Consiglio, del 6 dicembre 1993, relativa alle modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo per i cittadini dell'Unione che risiedono in uno Stato membro di cui non sono cittadini Gazzetta ufficiale n. L 329 del 30/12/1993 pag. 0034 - 0038 edizione speciale finlandese: capitolo 1 tomo 3 pag. 0076 edizione speciale svedese/ capitolo 1 tomo 3 pag. 0076 DIRETTIVA 93/109/CE DEL CONSIGLIO del 6 dicembre 1993 relativa alle modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo per i cittadini dell'Unione che risiedono in uno Stato membro di cui non sono cittadiniIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 8 B, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando che il trattato sull'Unione europea costituisce una nuova tappa nel processo di creazione di un'unione sempre più stretta fra i popoli dell'Europa; che uno dei suoi compiti è quello di organizzare in maniera coerente e solidale le relazioni fra i popoli degli Stati membri e che uno dei suoi obiettivi fondamentali è quello di rafforzare la tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini dei propri Stati membri grazie all'introduzione di una cittadinanza dell'Unione; considerando che a tale scopo le disposizioni del titolo II del trattato sull'Unione europea, che modifica il trattato che istituisce la Comunità economica europea per creare la Comunità europea, introducono una cittadinanza dell'Unione a beneficio di tutti i cittadini degli Stati membri e riconoscono loro, a tale titolo, un complesso di diritti; considerando che il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo nello Stato membro di residenza, previsto dall'articolo 8 B, paragrafo 2 del trattato che istituisce la Comunità europea, costituisce un'applicazione del principio di non discriminazione fra cittadini per origine e altri cittadini, nonché un corollario del diritto di libera circolazione e di soggiorno, sancito dall'articolo 8 A dello stesso trattato; considerando che l'articolo 8 B, paragrafo 2 del trattato CE riguarda solo la possibilità di esercitare il diritto di voto e di eleggibilità al Parlamento europeo, senza recare pregiudizio all'attuazione dell'articolo 138, paragrafo 3 del trattato CE, che prevede l'introduzione di una procedura uniforme in tutti gli Stati membri per tali elezioni; che esso mira essenzialmente ad eliminare la condizione della cittadinanza che attualmente è richiesta nella maggior parte degli Stati membri per esercitare tali diritti; considerando che l'applicazione dell'articolo 8 B, paragrafo 2 del trattato CE non presuppone un'armonizzazione dei sistemi elettorali degli Stati membri e che, inoltre, per tener conto del principio di proporzionalità enunciato all'articolo 3 B, terzo comma del trattato CE, il contenuto della legislazione comunitaria in materia non deve andare al di là di quanto necessario per il raggiungimento dell'obiettivo dell'articolo 8 B, paragrafo 2 del trattato CE; considerando che l'articolo 8 B, paragrafo 2 del trattato CE si propone di fare in modo che tutti i cittadini dell'Unione, siano essi o meno cittadini dello Stato membro di residenza, possano esercitarvi il diritto di voto e di eleggibilità al Parlamento europeo alle stesse condizioni; che è necessario quindi che le condizioni, specie quelle connesse con la durata e con la prova della residenza, valide per i cittadini di altri Stati membri, siano identiche a quelle eventualmente applicabili ai cittadini dello Stato membro considerato; considerando che l'articolo 8 B, paragrafo 2 del trattato CE prevede il diritto di voto e di eleggibilità al Parlamento europeo nello Stato membro di residenza senza peraltro sostituirlo al diritto di voto e di eleggibilità nello Stato membro di cui il cittadino europeo ha la cittadinanza; che è importante rispettare la libertà di scelta dei cittadini dell'Unione, quanto allo Stato membro nel quale intendono partecipare alle elezioni europee, facendo però in modo di evitare un abuso di tale libertà tramite un doppio voto o una doppia candidatura; considerando che qualsiasi deroga alle norme generali della presente direttiva deve essere giustificata, a norma dell'articolo 8 B, paragrafo 2 del trattato CE, da problemi specifici di uno Stato membro e che ogni disposizione derogatoria, per sua stessa natura, deve essere sottoposta a riesame; considerando che tali problemi specifici possono sorgere specialmente in uno Stato membro in cui la percentuale dei cittadini dell'Unione che vi risiedono senza averne la cittadinanza e che hanno raggiunto l'età del voto supera di molto la media; che una quota del 20 % di questi cittadini rispetto al totale dell'elettorato giustifica disposizioni derogatorie che si basino sul criterio della durata della residenza; considerando che la cittadinanza dell'Unione mira ad una migliore integrazione dei cittadini dell'Unione nel paese ospitante e che, in questo contesto, è conforme all'intento degli autori del trattato evitare ogni polarizzazione tra le liste dei candidati nazionali e stranieri; considerando che tale rischio di polarizzazione riguarda in particolare uno Stato membro in cui la percentuale di cittadini dell'Unione stranieri in età di voto supera il 20 % di tutti i cittadini dell'Unione in età di voto residenti in detto Stato e che, di conseguenza, lo Stato membro in causa deve poter adottare, nell'osservanza dell'articolo 8 B del trattato CE, disposizioni specifiche relative alla composizione delle liste dei candidati; considerando che si deve tener conto del fatto che in alcuni Stati membri i cittadini di altri Stati membri che vi risiedono hanno diritto di voto alle elezioni per il Parlamento nazionale e che, di conseguenza, alcune disposizioni della presente direttiva possono non essere applicabili in tali Stati, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 1. La presente direttiva stabilisce le modalità secondo cui i cittadini dell'Unione residenti in uno Stato membro di cui non hanno la cittadinanza possono esercitarvi il diritto di voto e di eleggibilità al Parlamento europeo. 2. Le disposizioni della presente direttiva fanno salve le disposizioni di ogni Stato membro in materia di diritto di voto e di eleggibilità dei propri cittadini che risiedono fuori del suo territorio elettorale. Articolo 2 Ai fini della presente direttiva si intendono per: 1) « elezioni al Parlamento europeo », le elezioni a suffragio universale diretto dei rappresentanti al Parlamento europeo conformemente all'Atto del 20 settembre 1976 (1); 2) « territorio elettorale », il territorio di uno Stato membro in cui, conformemente allo stesso Atto e, in questo quadro, alle leggi elettorali di detto Stato membro, i membri del Parlamento europeo sono eletti dal popolo di detto Stato membro; 3) « Stato membro di residenza », lo Stato membro in cui il cittadino dell'Unione risiede senza averne la cittadinanza; 4) « Stato membro d'origine », lo Stato membro di cui il cittadino dell'Unione ha la cittadinanza; 5) « elettore comunitario », ogni cittadino dell'Unione che abbia il diritto di voto alle elezioni per il Parlamento europeo nello Stato membro di residenza, conformemente alle disposizioni della presente direttiva; 6) « cittadino eleggibile comunitario », ogni cittadino dell'Unione che abbia il diritto di eleggibilità al Parlamento europeo nello Stato membro di residenza, conformemente alle disposizioni della presente direttiva; 7) « lista elettorale », il registro ufficiale di tutti gli elettori che hanno il diritto di votare in una determinata circoscrizione o in un determinato ente locale, compilato e aggiornato dalle competenti autorità secondo le leggi elettorali dello Stato membro di residenza oppure il registro della popolazione, se indica la qualità di elettore; 8) « giorno di riferimento », il giorno o i giorni in cui i cittadini dell'Unione devono soddisfare, a norma della legislazione dello Stato membro di residenza, le condizioni richieste per essere ivi elettori o cittadino eleggibile; 9) « dichiarazione formale », l'atto rilasciato dall'interessato, la cui inesattezza è passibile di sanzioni, conformemente alla legge nazionale applicabile. Articolo 3 Ogni persona che, nel giorno di riferimento, a) è cittadino dell'Unione ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, secondo comma del trattato, e b) pur non essendo cittadino dello Stato membro di residenza, possiede i requisiti a cui la legislazione di detto Stato subordina il diritto di voto e di eleggibilità dei propri cittadini, ha il diritto di voto e di eleggibilità nello Stato membro di residenza in occasione delle elezioni al Parlamento europeo se non è decaduta da tali diritti in virtù dell'articolo 6 o 7. Qualora i cittadini dello Stato membro di residenza debbano aver acquisito la cittadinanza da un periodo minimo per essere eleggibili, i cittadini dell'Unione sono considerati in possesso di tale requisito qualora abbiano acquisito la cittadinanza di uno Stato membro da questo stesso periodo. Articolo 4 1. L'elettore comunitario esercita il diritto di voto nello Stato membro di residenza o nello Stato membro d'origine. Nessuno può votare più di una volta nel corso delle stesse elezioni. 2. Nessuno può presentarsi come candidato in più di uno Stato membro nel corso delle stesse elezioni. Articolo 5 Qualora i cittadini dello Stato membro di residenza debbano risiedere da un periodo minimo nel territorio elettorale per essere elettori o eleggibili, gli elettori e i cittadini comunitari eleggibili sono considerati in possesso di tale requisito qualora abbiano risieduto in altri Stati membri per una durata equivalente. Questa disposizione si applica fatte salve le specifiche condizioni connesse alla durata della residenza in una determinata circoscrizione o collettività locale. Articolo 6 1. Ogni cittadino dell'Unione che risiede in uno Stato membro senza averne la cittadinanza e che, per effetto di una decisione individuale in materia civile o penale, è decaduto dal diritto di eleggibilità in forza del diritto dello Stato membro di residenza o di quello dello Stato membro d'origine, è escluso dall'esercizio di questo diritto nello Stato membro di residenza in occasione delle elezioni al Parlamento europeo. 2. La candidatura di ogni cittadino dell'Unione alle elezioni del Parlamento europeo nello Stato membro di residenza è dichiarata inammissibile qualora detto cittadino non possa presentare l'attestato di cui all'articolo 10, paragrafo 2. Articolo 7 1. Lo Stato membro di residenza può accertarsi che il cittadino dell'Unione che ha espresso la volontà di esercitarvi il diritto di voto non sia decaduto, per effetto di una decisione individuale in materia civile o penale, da tale diritto nello Stato membro d'origine. 2. Ai fini dell'attuazione del paragrafo 1 del presente articolo, lo Stato membro di residenza può notificare la dichiarazione di cui all'articolo 9, paragrafo 2 allo Stato membro d'origine. Allo stesso fine le informazioni disponibili provenienti dallo Stato d'origine sono trasmesse nelle forme e nei termini appropriati; queste informazioni possono comportare solo le indicazioni strettamente necessarie all'attuazione del presente articolo ed essere utilizzate unicamente a tale scopo. Se le informazioni trasmesse infirmano il contenuto della dichiarazione, lo Stato membro di residenza prende le misure adeguate per prevenire il voto dell'interessato. 3. Lo Stato membro di origine può inoltre trasmettere allo Stato membro di residenza, nello dovute forme e entro termini appropriati, le informazioni necessarie per l'attuazione del presente articolo. Articolo 8 1. L'elettore comunitario esercita il diritto di voto nello Stato membro di residenza qualora ne abbia espresso la volontà. 2. Se nello Stato membro di residenza il voto è obbligatorio, tale obbligo si applica agli elettori comunitari che ne hanno espresso la volontà. CAPO II ESERCIZIO DEL DIRITTO DI VOTO E DI ELEGGIBILITÀ Articolo 9 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per consentire all'elettore comunitario che ne abbia espresso la volontà di essere iscritto nelle liste elettorali in tempo utile prima della consultazione elettorale. 2. Per essere iscritto nelle liste elettorali l'elettore comunitario deve fornire le stesse prove di un elettore nazionale. Egli deve inoltre presentare una dichiarazione formale, indicante: a) cittadinanza e indirizzo nel territorio elettorale nello Stato membro di residenza, b) eventualmente la collettività locale o la circoscrizione dello Stato membro di origine nelle cui liste elettorali è stato iscritto da ultimo e c) che eserciterà il diritto di voto esclusivamente nello Stato membro di residenza. 3. Inoltre, lo Stato membro di residenza può esigere che l'elettore comunitario a) precisi, nella dichiarazione di cui al paragrafo 2, che non è decaduto dal diritto di voto nello Stato membro di origine, b) presenti un documento di identità valido, c) indichi da che data risiede in questo Stato o in un altro Stato membro. 4. Gli elettori comunitari iscritti nelle liste elettorali vi restano iscritti, alle stesse condizioni degli elettori nazionali, finché non chiedono la cancellazione o finché non sono cancellati d'ufficio in quanto siano venute meno le condizioni richieste per l'esercizio del diritto di voto. Articolo 10 1. All'atto del deposito della dichiarazione di candidatura, il cittadino comunitario eleggibile deve fornire le stesse prove richieste al candidato nazionale. Inoltre, deve presentare una dichiarazione formale, indicante: a) cittadinanza e indirizzo nel territorio elettorale dello Stato membro di residenza; b) che non è simultaneamente candidato alle elezioni al Parlamento europeo in un altro Stato membro, c) eventualmente la collettività locale o la circoscrizione dello Stato membro di origine nelle cui liste elettorali è stato iscritto da ultimo. 2. Il cittadino comunitario eleggibile deve inoltre presentare, all'atto del deposito della propria candidatura, un attestato delle autorità amministrative competenti dello Stato d'origine che certifichi che egli non è decaduto dal diritto di eleggibilità in tale Stato o che a dette autorità non risulta che il cittadino sia decaduto da tale diritto. 3. Inoltre, lo Stato membro di residenza può esigere che il cittadino comunitario eleggibile presenti un documento di identità valido; può anche esigere che egli indichi da che data è cittadino di uno Stato membro. Articolo 11 1. Lo Stato membro di residenza informa l'interessato sul seguito riservato alla domanda di iscrizione nelle liste elettorali o sulla decisione relativa all'ammissibilità della candidatura. 2. In caso di rifiuto di iscrizione nelle liste elettorali o di rifiuto della candidatura, l'interessato può presentare i ricorsi che la legislazione dello Stato membro di residenza consente, in casi analoghi, agli elettori e ai candidati nazionali. Articolo 12 Lo Stato membro di residenza informa, in tempo utile e in maniera adeguata, gli elettori e i cittadini comunitari eleggibili sulle condizioni e modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità nel suo territorio. Articolo 13 Gli Stati membri si scambiano le informazioni necessarie per attuare l'articolo 4. A tale scopo, lo Stato membro di residenza, in base alla dichiarazione formale di cui agli articoli 9 e 10, trasmette allo Stato membro di origine, entro un termine appropriato prima di ogni consultazione elettorale, le informazioni relative ai cittadini di quest'ultimo iscritti nelle liste elettorali o che hanno presentato una candidatura. Lo Stato membro di origine adotta, conformemente alla legislazione nazionale, le misure adeguate allo scopo di evitare il doppio voto e la doppia candidatura dei propri cittadini. CAPO III DISPOSIZIONI DEROGATORIE E TRANSITORIE Articolo 14 1. Se in uno Stato membro alla data del 1o gennaio 1993 la percentuale dei cittadini dell'Unione ivi residenti senza averne la cittadinanza e che hanno raggiunto l'età per essere elettori supera il 20 % di tutti i cittadini dell'Unione ivi residenti e che hanno l'età per essere elettori, detto Stato membro, in deroga agli articoli 3, 9 e 10: a) può riservare il diritto di voto agli elettori comunitari residenti in tale Stato membro da un periodo minimo, non superiore a 5 anni, b) può riservare il diritto di eleggibilità ai cittadini comunitari eleggibili residenti in tale Stato membro da un periodo minimo, non superiore ai 10 anni. Tali disposizioni non pregiudicano le misure appropriate che detto Stato membro può prendere in materia di costituzione delle liste dei candidati, volte in particolare a favorire l'integrazione dei cittadini dell'Unione stranieri. Tuttavia, agli elettori e ai cittadini comunitari eleggibili che, a motivo della loro residenza fuori dello Stato membro di origine o della sua durata, non hanno in esso il diritto elettorale attivo o passivo, non possono essere opposti i requisiti relativi alla durata della residenza, di cui al primo comma. 2. Se alla data del 1o febbraio 1994 la legislazione di uno Stato membro stabilisce che i cittadini di un altro Stato membro che vi risiedono godono del diritto di voto al Parlamento nazionale di detto Stato e possono essere iscritti, a tal fine, sulle liste elettorali di detto Stato membro alle stesse condizioni degli elettori nazionali, il primo Stato membro, in deroga alla presente direttiva, ha la facoltà di non applicare gli articoli da 6 a 13 a tali cittadini. 3. Entro il 31 dicembre 1997 e, successivamente, diciotto mesi prima di ciascuna elezione al Parlamento europeo, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione nella quale verifica il persistere dei motivi che giustificano la concessione agli Stati membri interessati di una deroga in forza dell'articolo 8 B, paragrafo 2 del trattato CE e propone eventualmente che si proceda agli opportuni adeguamenti. Gli Stati membri che adottano disposizioni derogatorie, in conformità del paragrafo 1, forniscono alla Commissione tutti i necessari elementi giustificativi. Articolo 15 Per le quarte elezioni dirette al Parlamento europeo, si applicano le seguenti disposizioni specifiche: a) i cittadini dell'Unione che al 15 febbraio 1994 hanno già il diritto di voto nello Stato membro di residenza e figurano su una lista elettorale di tale Stato non sono tenuti ad espletare le formalità previste all'articolo 9; b) gli Stati membri nei quali le liste elettorali sono state formate anteriormente al 15 febbraio 1994 prendono le disposizioni necessarie per consentire agli elettori comunitari che intendono esercitarvi il diritto di voto di iscriversi nelle liste elettorali entro un termine adeguato prima del giorno della consultazione elettorale; c) gli Stati membri nei quali il voto non è obbligatorio e che, senza compilare una lista elettorale specifica, menzionano la qualità di elettore nel registro anagrafico, possono applicare questo regime anche agli elettori comunitari che figurano in tale registro e che, dopo essere stati informati individualmente dei loro diritti, non hanno manifestato la volontà di esercitare il diritto di voto nello Stato membro di origine. Essi trasmettono alle autorità dello Stato membro d'origine il documento che manifesta l'intenzione espressa da questi elettori di votare nello Stato membro di residenza; d) gli Stati membri nei quali la procedura interna di designazione dei candidati dei partiti o gruppi politici è disciplinata dalla legge possono disporre che tali procedure avviate, conformemente a tale legge, anteriormente al 1o febbraio 1994 e le decisioni adottate in tale ambito rimangano valide. CAPO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 16 La Commissione presenta al Parlamento europeo ed al Consiglio, anteriormente al 31 dicembre 1995, una relazione sull'applicazione della presente direttiva in occasione delle elezioni al Parlamento europeo del giugno 1994. Sulla base di questa relazione il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, può adottare disposizioni volte a modificare la presente direttiva. Articolo 17 Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva prima del 1o febbraio 1994. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri. Articolo 18 La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Articolo 19 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 6 dicembre 1993. Per il Consiglio Il Presidente W. CLAES (1) GU n. C 329 del 6. 12. 1993. (2) GU n. L 278 dell'8. 10. 1976, pag. 5.
Diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA? Stabilisce disposizioni dettagliate in base alle quali i cittadini dell’UE che risiedono in un paese dell’UE di cui non hanno la cittadinanza possono esercitare il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo (PE) in quel paese. PUNTI CHIAVE Requisiti da soddisfare La direttiva definisce i requisiti che un cittadino di un altro paese dell’UE deve soddisfare per votare o presentarsi come candidato nel proprio paese di residenza. La persona deve:essere cittadino dell’UE; essere residente nel paese dell’UE in cui intende votare o presentarsi come candidato; soddisfare le stesse condizioni dei cittadini di quel paese dell’UE che desiderano votare o presentarsi come candidati (principio dell’uguaglianza tra elettori nazionali e stranieri). Procedure più semplici per la presentazione delle candidatureLa direttiva è stata modificata nel 2013 per semplificare le procedure di presentazione delle candidature di chi risiede in un paese dell’UE di cui non ha la cittadinanza. In precedenza, i cittadini dell’UE che si trovavano in questa situazione dovevano fornire un certificato del loro paese di cittadinanza attestante che non erano stati esclusi dalla candidatura alle elezioni del PE in quel paese. Dal 2014, i cittadini dell’UE che presentano la loro candidatura alle elezioni possono fornire una dichiarazione invece del certificato. Le autorità del paese UE di residenza devono mettersi in contatto con il paese di cui la persona ha la cittadinanza per verificare la validità della dichiarazione. Per garantire una comunicazione efficace, i paesi dell’UE devono designare ciascuno un punto di contatto responsabile della notifica delle informazioni relative ai candidati. Esercizio del diritto di voto e di eleggibilità I cittadini dell’Unione possono esercitare il diritto di voto e di eleggibilità o nel paese UE di residenza o nel paese d’origine. Nessuno può votare più di una volta o presentarsi come candidato in più di un paese dell’UE alla stessa elezione. Iscrizione nelle liste elettoraliGli elettori possono essere iscritti nelle liste elettorali del loro paese di residenza solo se ne fanno richiesta in anticipo. Nei paesi dell’UE per i cui cittadini vige l’obbligo di voto, gli elettori stranieri che chiedono di essere iscritti nelle liste elettorali sono soggetti allo stesso obbligo.Per essere iscritti nelle liste elettorali, gli elettori stranieri devono presentare gli stessi documenti degli elettori nazionali. Devono inoltre fornire ulteriori informazioni sotto forma di dichiarazione formale. RicorsiI ricorsi di cui dispongono i cittadini nazionali devono essere accessibili anche ai cittadini stranieri cui sia stata negata l’iscrizione nelle liste elettorali o la cui candidatura sia stata respinta. Norme nazionali relative ai cittadini che vivono al di fuori del proprio territorio Nessuna disposizione della direttiva 93/109/CE può incidere sulle norme di ciascun paese dell’UE relative al diritto di voto o di eleggibilità dei suoi cittadini che risiedono al di fuori del proprio territorio elettorale. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DIRETTIVA? La direttiva si applica dal 30 dicembre 1993. Doveva entrare in vigore nei paesi dell’UE il 1° febbraio 1994. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Elezioni del Parlamento europeo (La tua Europa). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 93/109/CE del Consiglio, del 6 dicembre 1993, relativa alle modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo per i cittadini dell’Unione che risiedono in uno Stato membro di cui non sono cittadini (GU L 329 del 30.12.1993, pag. 34). Le successive modifiche alla direttiva 93/109/UE sono state incorporate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
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31996R2185
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Regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio dell'11 novembre 1996 relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità Gazzetta ufficiale n. L 292 del 15/11/1996 pag. 0002 - 0005 REGOLAMENTO (EURATOM, CE) N. 2185/96 DEL CONSIGLIO dell'11 novembre 1996 relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolaritàIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 235,visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, in particolare l'articolo 203,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Parlamento europeo (2),(1) considerando che il potenziamento della lotta contro la frode ed altre irregolarità commesse a danno del bilancio comunitario è essenziale per la credibilità della Comunità;(2) considerando che dall'articolo 209 A del trattato risulta che la tutela degli interessi finanziari delle Comunità rientra in primo luogo nella responsabilità degli Stati membri, fatte salve altre disposizioni del trattato;(3) considerando che il regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (3), ha predisposto un quadro giuridico comune a tutti i settori di attività della Comunità;(4) considerando che l'articolo 1, paragrafo 2 del suddetto regolamento definisce la nozione di «irregolarità» e che nel sesto considerando di tale regolamento si precisa che le condotte che danno luogo a irregolarità comprendono le condotte fraudolente, quali definite nella convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (4);(5) considerando che detto regolamento ha previsto, all'articolo 10, la successiva adozione di disposizioni generali supplementari in materia di controlli e verifiche in loco;(6) considerando che, per ragioni di efficacia e fatti salvi i controlli effettuati dagli Stati membri a norma dell'articolo 8 del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95, occorre adottare, in materia di controlli e verifiche da effettuare sul posto da parte della Commissione, disposizioni generali supplementari che lascino impregiudicata l'applicazione delle normative comunitarie settoriali di cui all'articolo 9, paragrafo 2 del suddetto regolamento;(7) considerando che l'attuazione delle disposizioni del presente regolamento dipende dall'individuazione degli obiettivi che ne giustificano l'applicazione soprattutto quando, per l'entità della frode, che non si limita ad un solo paese ed è spesso dovuta a reti organizzate, o per la specificità della situazione in uno Stato membro, tali obiettivi non possono, per la gravità del danno arrecato agli interessi finanziari delle Comunità o alla credibilità dell'Unione, essere realizzati in maniera ottimale dai soli Stati membri e possono quindi essere meglio realizzati a livello comunitario;(8) considerando che i controlli e le verifiche sul posto non possono eccedere quanto necessario per garantire la corretta applicazione del diritto comunitario;(9) considerando peraltro che essi sono effettuati in modo da lasciare impregiudicate le disposizioni applicabili in ciascuno Stato membro relative alla tutela degli interessi essenziali della sicurezza dello Stato;(10) considerando che, in base al principio di fedeltà comunitaria posto dall'articolo 5 del trattato CE e alla luce della giurisprudenza della Corte di giustizia e delle Comunità europee, è opportuno che le amministrazioni degli Stati membri e i servizi della Commissione cooperino lealmente fornendosi l'assistenza necessaria per la preparazione e l'esercizio dei controlli e delle verifiche sul posto;(11) considerando che si devono definire le condizioni d'esercizio dei poteri dei controllori della Commissione;(12) considerando che tali controlli e verifiche sul posto si effettuano nel rispetto dei diritti fondamentali delle persone coinvolte e delle norme relative al segreto d'ufficio e alla protezione dei dati personali; che, in proposito, è necessario che la Commissione provveda affinché i suoi controllori rispettino le disposizioni comunitarie e nazionali relative alla protezione dei dati personali, in particolare quelle previste dalla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (5);(13) considerando che, per consentire una lotta efficace alla frode e ad altre irregolarità, i controlli della Commissione devono essere effettuati presso operatori economici che potrebbero essere implicati direttamente o indirettamente nell'irregolarità di cui trattasi e presso coloro che potrebbero essere da questa interessati; che, in caso di applicazione delle disposizioni del presente regolamento, occorre che la Commissione vigili affinché tali operatori economici non siano sottoposti contemporaneamente, per gli stessi fatti, ad analoghi controlli e verifiche effettuati dalla Commissione o dagli Stati membri in base a normative comunitarie settoriali o a legislazioni nazionali;(14) considerando che i controllori della Commissione devono poter accedere a tutte le informazioni sulle operazioni in questione alle stesse condizioni alle quali vi accedono i controllori amministrativi nazionali; che i rapporti dei controllori della Commissione, sottoscritti, se del caso, dai controllori nazionali, devono essere redatti tenendo conto delle esigenze procedurali previste dalla legislazione dello Stato membro interessato, che essi devono costituire elementi di prova ammissibili nei procedimenti amministrativi e giudiziari dello Stato membro in cui risulti necessario utilizzarli e devono avere lo stesso valore attribuito alle relazioni redatte dai controllori amministrativi nazionali;(15) considerando che, qualora vi sia un rischio di scomparsa degli elementi di prova o qualora gli operatori economici si oppongano ad un controllo o ad una verifica sul posto da parte della Commissione, spetta agli Stati membri prendere i provvedimenti cautelari o di esecuzione necessari in base alle rispettive legislazioni;(16) considerando che il presente regolamento non pregiudica la competenza degli Stati membri in materia di repressione dei dati né le norme relative alla reciproca assistenza giudiziaria tra Stati membri in materia penale;(17) considerando che, per l'adozione del presente regolamento, i soli poteri d'azione previsti dai trattati sono quelli degli articoli 235 del trattato CE e 203 del trattato CEEA,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1 Il presente regolamento stabilisce le disposizioni generali supplementari a norma dell'articolo 10 del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 applicabili ai controlli e alle verifiche amministrativi effettuati sul posto dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità contro le irregolarità come definite dall'articolo 1, paragrafo 2 di detto regolamento.Fatte salve le disposizioni delle normative comunitarie settoriali, il presente regolamento si applica a tutti i settori di attività della Comunità.Esso non pregiudica la competenza degli Stati membri in materia di azioni penali né le norme relative alla reciproca assistenza giudiziaria tra Stati membri in materia penale.Articolo 2 A norma del presente regolamento la Commissione può procedere a controlli e verifiche sul posto:- per ricercare irregolarità gravi, irregolarità transnazionali o irregolarità in cui possono essere implicati operatori economici che esplicano la loro attività in vari Stati membri,- oppure per ricercare irregolarità, qualora in uno Stato membro la situazione esiga, in un caso particolare, il rafforzamento di controlli e verifiche sul posto per migliorare l'efficacia della tutela degli interessi finanziari e assicurare così un livello di protezione equivalente all'interno della Comunità,- oppure a richiesta dello Stato membro interessato.Articolo 3 La Commissione, se decide di procedere a controlli e verifiche sul posto a norma del presente regolamento, vigila affinché presso gli operatori economici in questione non si proceda contemporaneamente, per gli stessi fatti, ad analoghi controlli e verifiche sulla base di normative comunitarie settoriali.Inoltre, essa tiene conto dei controlli che lo Stato membro sta effettuando o ha effettuato, per i medesimi fatti, presso gli operatori economici interessati in base alla propria legislazione.Articolo 4 I controlli e le verifiche sul posto sono preparati e svolti dalla Commissione in stretta collaborazione con le autorità competenti dello Stato membro interessato, che sono informate in tempo utile dell'oggetto, delle finalità nonché del fondamento giuridico dei controlli e delle verifiche in modo da poter fornire tutta l'assistenza necessaria. A tal fine gli agenti dello Stato membro interessato possono partecipare ai controlli e alle verifiche sul posto.Inoltre, se lo Stato membro interessato lo desidera, i controlli e le verifiche sul posto sono effettuati congiuntamente dalla Commissione e dalle autorità competenti dello Stato stesso.Articolo 5 I controlli e le verifiche sul posto sono effettuati dalla Commissione presso gli operatori economici ai quali possono essere applicate le misure o le sanzioni amministrative comunitarie a norma dell'articolo 7 del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 quando sussistano ragioni per ritenere che siano state commesse delle irregolarità.Per facilitare alla Commissione l'esercizio dei controlli e delle verifiche, gli operatori sono tenuti a permettere l'accesso ai locali, terreni, mezzi di trasporto e altri luoghi adibiti ad uso professionale.Nella misura in cui ciò sia strettamente necessario per accertare l'esistenza di un'irregolarità, la Commissione può effettuare controlli e verifiche sul posto presso altri operatori economici interessati, per avere accesso alle pertinenti informazioni da questi detenute circa i fatti oggetto dei controlli e delle verifiche sul posto.Articolo 6 1. I controlli e le verifiche sul posto sono effettuati, sotto l'autorità e la responsabilità della Commissione, da suoi funzionari od agenti debitamente abilitati, in appresso denominati «i controllori della Commissione». A tali controlli e verifiche possono assistere le persone che gli Stati membri hanno messo a disposizione della Commissione in qualità di esperti nazionali distaccati.I controllori della Commissione esercitano i loro poteri su presentazione di una abilitazione scritta, nella quale sono indicate la loro identità e qualifica, corredata di un documento che indica l'oggetto e lo scopo del controllo o della verifica sul posto.Fatto salvo il diritto comunitario applicabile, essi sono tenuti a rispettare le norme di procedura previste dalla legislazione dello Stato membro interessato.2. Previo accordo dello Stato membro interessato, la Commissione può chiedere l'assistenza di agenti di altri Stati membri in qualità di osservatori e può ricorrere, a fini di assistenza tecnica, ad organismi esterni che agiscano sotto la sua responsabilità.La Commissione vigila affinché tali agenti ed organismi presentino tutte le garanzie in fatto di competenza tecnica, di indipendenza e di rispetto del segreto professionale.Articolo 7 1. I controlli della Commissione hanno accesso, alle medesime condizioni dei controllori amministrativi nazionali e nel rispetto delle legislazioni nazionali, a tutte le informazioni e alla documentazione relative alle operazioni di cui trattasi necessarie ai fini del buon svolgimento dei controlli e delle verifiche sul posto. Essi possono utilizzare gli stessi mezzi materiali di controllo di cui si avvalgono i controllori amministrativi nazionali e in particolare possono prendere copia dei documenti pertinenti.I controlli e le verifiche sul posto possono riguardare in particolare:- i libri e i documenti professionali, come fatture, capitolati d'appalto, ruolini paga, distinte dei lavori, estratti di conti bancari detenuti dagli operatori economici;- i dati informatici;- i sistemi e i metodi di produzione, di imballaggio e di spedizione;- il controllo fisico della natura e del volume delle merci o delle azioni svolte;- il prelievo e la verifica dei campioni;- lo stato di avanzamento dei lavori o degli investimenti finanziati, l'utilizzazione e la destinazione degli investimenti portati a termine;- i documenti contabili e di bilancio;- l'esecuzione finanziaria e tecnica dei progetti sovvenzionati.2. Se necessario, spetta agli Stati membri, su richiesta della Commissione, prendere gli adeguati provvedimenti cautelari previsti dalla legislazione nazionale, in particolare per salvaguardare gli elementi di prova.Articolo 8 1. Le informazioni comunicate o ottenute sotto qualsiasi forma a norma del presente regolamento sono coperte dal segreto professionale e beneficiano della tutela accordata alle informazioni analoghe dalla legislazione nazionale dello Stato membro che le ha ricevute e dalle disposizioni corrispondenti applicabili alle istituzioni comunitarie.Tali informazioni non possono essere comunicate a persone diverse da quelle che nell'ambito delle istituzioni comunitarie o negli Stati membri vi hanno accesso in ragione delle loro funzioni, né possono essere utilizzate dalle istituzioni comunitarie per fini diversi dall'efficace tutela degli interessi finanziari della Comunità in tutti gli Stati membri. Quando uno Stato membro intenda utilizzare ad altri fini le informazioni raccolte da agenti soggetti alla sua autorità e partecipanti come osservatori a norma dell'articolo 6, paragrafo 2 a controlli e verifiche sul posto, esso chiede il consenso dello Stato membro in cui tali informazioni sono state raccolte.2. La Commissione comunica quanto prima all'autorità competente dello Stato membro sul cui territorio sono stati effettuati i controlli o le verifiche sul posto, qualsiasi fatto o sospetto relativo ad irregolarità di cui ha avuto conoscenza nel corso del controllo o della verifica sul posto. Ad ogni modo la Commissione è tenuta a informare la suddetta autorità circa i risultati di tali controlli e verifiche.3. I controlli della Commissione provvedono affinché le loro relazioni di controllo e verifica siano redatte tenendo conto dei requisiti di procedura previsti dalla legislazione nazionale dello Stato membro interessato. Gli elementi materiali e di prova raccolti, di cui all'articolo 7, sono acclusi come allegati a tali relazioni. Le relazioni così redatte costituiscono, alla stessa stregua e alle medesime condizioni di quelle predisposte dai controllori amministrativi nazionali, elementi di prova che possono essere ammessi nei procedimenti amministrativi o giudiziari dello Stato membro in cui risulti necessario utilizzarle. Tali relazioni sono valutate in base alle medesime regole applicabili alle relazioni amministrative redatte dai controllori amministrativi nazionali ed hanno identico valore. In caso di controllo congiunto a norma dell'articolo 4, secondo comma, i controllori nazionali che hanno partecipato all'operazione sono invitati a controfirmare la relazione redatta dai controllori della Commissione.4. La Commissione provvede affinché i suoi controllori, nell'ambito dell'applicazione del presente regolamento, rispettino le disposizioni comunitarie e nazionali relative alla protezione dei dati personali, in particolare quelle previste dalla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.5. In caso di controlli e verifiche sul posto eseguiti al di fuori del territorio della Comunità, le relazioni sono redatte dai controllori della Commissione in condizioni che permetterebbero loro di costituire elementi di prova che possono essere ammessi nei procedimenti amministrativi o giudiziari dello Stato membro in cui risulti necessario utilizzarle.Articolo 9 Ove gli operatori economici di cui all'articolo 5 si oppongano ad un controllo o ad una verifica sul posto, lo Stato membro interessato presta ai controllori della Commissione, in base alle disposizioni nazionali, l'assistenza necessaria per consentire lo svolgimento della loro missione di controllo e di verifica sul posto.Ove occorre, spetta agli Stati membri prendere le misure necessarie, nel rispetto del diritto nazionale.Articolo 10 Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Esso si applica a decorrere dal 1° gennaio 1997.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 11 novembre 1996.Per il ConsiglioIl PresidenteR. QUINN(1) GU n. C 84 del 21. 3. 1996, pag. 10.(2) GU n. C 166 del 10. 6. 1996, pag. 102 e parere espresso il 23 ottobre 1996 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU n. L 312 del 23. 12. 1995, pag. 1.(4) GU n. C 316 del 27. 11. 1995, pag. 48.(5) GU n. L 281 del 23. 11. 1995, pag. 31.
Controlli e le verifiche sul posto presso i destinatari di finanziamenti dell’UE QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce le norme e le procedure per i controlli e le verifiche sul posto effettuati dalla Commissione europea per contrastare le frodi e altre irregolarità, in particolare nel caso in cui si sospetti che le irregolarità* siano state commesse da operatori economici* che ricevono un sostegno finanziario dal bilancio dell’UE. Il regolamento si applica a tutti i settori delle attività dell’UE. Non pregiudica i poteri che i paesi dell’UE hanno di perseguire le violazioni penali ai sensi del diritto nazionale. PUNTI CHIAVE Svolgimento di controlli e verifiche sul posto La Commissione effettua i controlli e le verifiche sul posto presso gli operatori economici:per indagare sulle eventuali irregolarità gravi o transfrontaliere o sulle irregolarità in cui sono implicati operatori economici che svolgono la loro attività in vari paesi dell’UE;per rafforzare i controlli e le verifiche sul posto in un paese dell’UE, al fine di tutelare gli interessi finanziari dell’UE in modo più efficace e assicurare un livello di protezione equivalente all’interno dell’Unione stessa;Su richiesta di un paese dell’UE.CondizioniPrima dei succitati controlli e verifiche, la Commissione deve informare il paese dell’UE interessato in tempo utile per ottenere tutta l’assistenza necessaria.I controlli e le verifiche sono preparati ed effettuati dalla Commissione in stretta cooperazione con le autorità competenti del paese dell’UE interessato.Si svolgono sotto la direzione e la responsabilità dei controllori della Commissione, vale a dire i funzionari civili o altri membri del personale debitamente autorizzati, che devono rispettare le norme di procedura del paese dell’UE interessato.Gli operatori economici devono permettere ai controllori l’accesso ai locali, terreni, mezzi di trasporto o altri luoghi adibiti ad uso professionale.Qualora un operatore economico si opponga a un controllo o a una verifica sul posto, il paese dell’UE interessato presta assistenza ai controllori affinché possano svolgere la loro missione.La Commissione tiene conto delle verifiche in corso di effettuazione o già effettuate dal paese dell’UE interessato ai sensi del diritto nazionale.Accesso alle informazioni e alla documentazione ai sensi del diritto nazionaleSi deve consentire ai controllori della Commissione, alle medesime condizioni dei controllori amministrativi nazionali e nel rispetto del diritto nazionale, l’accesso a tutte le informazioni necessarie ad assicurare il buono svolgimento dei controlli e delle verifiche.I controllori possono utilizzare gli stessi mezzi materiali di controllo di cui si avvalgono i controllori amministrativi nazionali e in particolare possono prendere copia dei documenti pertinenti.Ambito di applicazione I controlli e le verifiche sul posto possono riguardare, in particolare:i libri commerciali e i documenti di lavoro, come fatture, capitolati d’appalto, ruolini paga, distinte dei lavori, estratti di conti bancari detenuti dagli operatori economici;i dati informatici;i sistemi e i metodi di produzione, di imballaggio e di spedizione;il controllo fisico della natura e del volume delle merci o delle azioni svolte;il prelievo e la verifica dei campioni;lo stato di avanzamento dei lavori o degli investimenti finanziati, l’utilizzazione e la destinazione degli investimenti portati a termine;i documenti contabili e di bilancio;l’esecuzione finanziaria e tecnica dei progetti sovvenzionati.Elementi di provaSu richiesta della Commissione, i paesi dell’UE possono essere tenuti a prendere provvedimenti cautelari ai sensi del diritto nazionale, in particolare per salvaguardare gli elementi di prova.Le informazioni ottenute in relazione ai controlli e alle verifiche sul posto sono coperte dal segreto professionale e dalle norme dell’UE in materia di protezione dei dati.Le relazioni dei controllori della Commissione costituiscono elementi di prova che possono essere ammessi nei procedimenti amministrativi o giudiziari del Paese dell’UE in cui risulti necessario utilizzarle. DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? È stato applicato dal 1 gennaio 1997. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Indagini (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Irregolarità: Violazioni del diritto dell’UE, derivanti da un atto od omissione di un operatore economico, che hanno (o avrebbero) come effetto un danno al bilancio generale dell’UE. Operatori economici: Persone, imprese o altri organismi economicamente attivi e investiti di status giuridico ai sensi del diritto nazionale. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE, Euratom) n. 2185/96 del Consiglio, dell’11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (GU L 292 del 15.11.1996, pagg. 2–5). DOCUMENTI COLLEGATI Regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (GU L 312 del 23.12.1995, pagg. 1-4).Errata corrige
6,481
96
31998F0699
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98/699/GAI: Azione comune del 3 dicembre 1998 sul riciclaggio di denaro e sull'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato adottata dal Consiglio in base all'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea Gazzetta ufficiale n. L 333 del 09/12/1998 pag. 0001 - 0003 AZIONE COMUNE del 3 dicembre 1998 sul riciclaggio di denaro e sull'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato adottata dal Consiglio in base all'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea (98/699/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo K.3, paragrafo 2, lettera b),vista l'iniziativa del Regno Unito,visto il piano d'azione del Gruppo ad alto livello «Criminalità organizzata» approvato dal Consiglio europeo di Amsterdam del 16-17 giugno 1997 e, in particolare, la raccomandazione n. 26, lettera b), riguardante il potenziamento della ricerca e del sequestro dei proventi di reato,visto il parere formulato dal Parlamento europeo in seguito alla consultazione effettuata dalla presidenza a norma dell'articolo K.6 del trattato sull'Unione europea,viste l'azione comune del 5 dicembre 1997, che istituisce un meccanismo di valutazione dell'applicazione e dell'attuazione a livello nazionale degli impegni internazionali in materia di lotta contro la criminalità organizzata (1), nonché quella del 19 marzo 1998, che stabilisce un programma di scambi, di formazione e di cooperazione destinato alle persone responsabili della lotta contro la criminalità organizzata (programma Falcone) (2),considerando l'adesione degli Stati membri ai principi della convenzione del Consiglio d'Europa del 1990 sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato,vista la proposta di azione comune relativa alla punibilità della partecipazione a un'organizzazione criminale negli Stati membri dell'Unione europea, con particolare riguardo ai reati contemplati nella presente azione comune,considerando le disposizioni della direttiva 91/308/CEE del Consiglio, del 10 giugno 1991, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite (3), nonché le quaranta raccomandazioni contro il riciclaggio dei capitali come formulate dal gruppo di azione finanziaria internazionale sul riciclaggio dei capitali (FATF) nel 1996, in particolare la raccomandazione n. 4,vista l'azione comune del 17 dicembre 1996 relativa al ravvicinamento delle legislazioni e delle prassi degli Stati membri dell'Unione europea ai fini della lotta contro la tossicodipendenza e della prevenzione e lotta contro il traffico illecito di droga (4),tenendo a mente l'obiettivo comune di migliorare il coordinamento tra le autorità incaricate dell'applicazione della legge,rammentando l'azione comune che istituisce una rete giudiziaria europea, adottata dal Consiglio il 29 giugno 1998 (5),considerando che il potenziale di smantellamento delle attività criminali della criminalità organizzata viene considerevolmente migliorato da una più efficace cooperazione tra gli Stati membri nell'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca dei proventi di reato;considerando che prassi reciprocamente compatibili stanno rendendo più efficiente la cooperazione europea in materia di individuazione, rintracciamento, congelamento o sequestro e confisca dei proventi di reato;considerando che la raccomandazione n. 16 del piano d'azione del 28 aprile 1997 contro la criminalità organizzata ha sottolineato la necessità di accelerare le procedure di cooperazione giudiziaria nei settori connessi alla criminalità organizzata e di ridurre considerevolmente i termini di trasmissione e di risposta alle richieste;considerando l'adesione degli Stati membri alla convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 1959;alla luce della convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope del 1988 e della sessione straordinaria dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite in materia di droga del 1998;riconoscendo i risultati del seminario di Dublino del 1996 sulla confisca dei beni per quanto riguarda l'individuazione degli ostacoli ad un'efficace cooperazione;fermo restando che le forme di cooperazione indicate nella presente azione comune non pregiudicano altre forme di cooperazione bilaterale o multilaterale,HA ADOTTATO LA PRESENTE AZIONE COMUNE:Articolo 1 1. Al fine di potenziare l'azione efficace contro la criminalità organizzata gli Stati membri garantiscono che non sia fatta o accolta alcuna riserva sui seguenti articoli della convenzione del Consiglio d'Europa del 1990 sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato (in prosieguo denominata «la convenzione del 1990»):a) Articolo 2: se il reato è punibile con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà di durata massima superiore ad un anno.b) Articolo 6: se si tratta di reati gravi. Tali reati includono in ogni caso i reati punibili con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà di durata massima superiore ad un anno ovvero, per gli Stati il cui ordinamento giuridico prevede una soglia minima per i reati, i reati punibili con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà di durata minima superiore a sei mesi.La lettera a) lascia impregiudicate le riserve fatte relativamente alla confisca dei proventi derivanti da reati punibili ai sensi della legislazione fiscale.2. Ciascuno Stato membro garantisce che la sua legislazione e le sue procedure in materia di confisca dei proventi di reato gli consentano anche di confiscare la proprietà di beni per un valore corrispondente a siffatti proventi, sia nei procedimenti nazionali che in quelli avviati su richiesta di un altro Stato membro, comprese le richieste di confisca straniere. Gli Stati membri possono comunque escludere la confisca di beni per un valore corrispondente ai proventi di reato in casi non gravi. Le parole «proprietà di beni», «proventi» e «confisca» hanno un significato identico a quello di cui all'articolo 1 della convenzione del 1990.3. Ciascuno Stato membro assicura che la sua legislazione e le sue procedure interne gli consentano, su richiesta di un altro Stato membro, l'individuazione e il rintracciamento di probabili proventi di attività illecite, qualora vi sia un valido motivo di sospettare che sia stato commesso un reato. Siffatte legislazioni e procedure dovrebbero consentire di fornire assistenza nelle primissime fasi di un'investigazione e a tal fine gli Stati membri si adoperano per limitare il ricorso ai motivi facoltativi di rifiuto nei confronti di altri Stati membri di cui ai paragrafi 2 e 3 dell'articolo 18 della convenzione del 1990.Articolo 2 1. Nel quadro del funzionamento della rete giudiziaria europea, ciascuno Stato membro appronta una guida di facile uso, che indichi in che modo sia possibile ottenere informazioni e precisi il tipo di assistenza che può essere fornita al fine di individuare, rintracciare, congelare o sequestrare e confiscare gli strumenti e i proventi di reato. La guida specifica inoltre eventuali restrizioni importanti a tale assistenza e le informazioni che lo Stato richiedente dovrebbe fornire.2. Il Segretariato generale del Consiglio dell'Unione europea riceve le guide di cui al paragrafo 1 e provvede alla loro traduzione nelle lingue ufficiali della Comunità europea. Il Segretariato generale trasmette le guide agli Stati membri, alla rete giudiziaria europea e all'Europol.3. Ciascuno Stato membro assicura che la guida di cui al paragrafo 1 sia tenuta aggiornata e che eventuali modifiche siano inviate al Segretariato generale del Consiglio per essere tradotte e distribuite a norma del paragrafo 2.Articolo 3 Gli Stati membri accordano alle richieste di altri Stati membri relative all'individuazione, al rintracciamento, al congelamento o al sequestro e alla confisca dei proventi di reato la stessa priorità che accordano a tali misure nell'ambito delle procedure nazionali.Articolo 4 1. Gli Stati membri incoraggiano i contatti diretti tra inquirenti, magistrati inquirenti e pubblici ministeri avvalendosi degli accordi di cooperazione esistenti, per far sì che le richieste di assistenza per via formale siano presentate solo se necessario. Qualora occorra una richiesta formale, lo Stato richiedente provvede affinché tale richiesta sia adeguatamente elaborata e rispetti le disposizioni dello Stato richiesto.2. Laddove non sia possibile eseguire una richiesta di assistenza come previsto dallo Stato richiedente, lo Stato richiesto si adopera per soddisfarla in un modo alternativo, previa consultazione con lo Stato richiedente e nel pieno rispetto della legislazione nazionale e degli obblighi internazionali.3. Gli Stati membri presentano le richieste di assistenza non appena viene individuata la natura precisa dell'assistenza e, se la richiesta reca l'indicazione «urgente» o un termine di esecuzione, precisano i motivi dell'urgenza o il termine in questione.Articolo 5 1. Ove compatibile con la loro legislazione, gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per ridurre al minimo il rischio di dissipazione dei proventi. Tali provvedimenti comprendono le misure eventualmente necessarie per garantire che i beni oggetto di una richiesta di un altro Stato membro possano essere congelati o sequestrati tempestivamente in modo da non rendere vana una successiva richiesta di confisca.2. Qualora l'attuazione di una richiesta di assistenza giudiziaria in una zona di uno Stato membro conduca alla necessità di ulteriori indagini in un'altra zona dello stesso Stato membro, esso, compatibilmente con la propria legislazione nazionale, si adopera per assicurare l'assistenza necessaria senza che sia necessaria una lettera di richiesta in tal senso.3. Qualora l'esecuzione di una richiesta conduca alla necessità di ulteriori indagini su una questione connessa e lo Stato richiedente invii una lettera supplementare di richiesta, lo Stato richiesto, compatibilmente con la propria legislazione nazionale, si adopera per accelerare l'esecuzione di detta richiesta supplementare.Articolo 6 1. Gli Stati membri provvedono a stabilire accordi per rendere i membri dei loro organi giurisdizionali edotti delle migliori prassi di cooperazione internazionale nell'individuazione, rintracciamento, congelamento o sequestro e confisca degli strumenti e dei proventi di reato.2. Gli Stati membri assicurano un'adeguata formazione, che rispecchi le migliori prassi, a tutti gli inquirenti, compresi i magistrati inquirenti, pubblici ministeri e altri funzionari coinvolti nella cooperazione internazionale nei settori dell'individuazione, rintracciamento, congelamento o sequestro e confisca.3. La presidenza e gli Stati membri interessati, se del caso in cooperazione con la rete giudiziaria europea e l'Europol, possono organizzare seminari per i funzionari degli Stati membri e altri beneficiari interessati, volti a promuovere e a sviluppare la migliore prassi e ad incoraggiare la compatibilità delle procedure.Articolo 7 Entro la fine del 2000 il Consiglio riesamina la presente azione comune alla luce dei risultati del funzionamento dell'azione comune del 5 dicembre 1997, che istituisce un meccanismo di valutazione dell'applicazione e dell'attuazione a livello nazionale degli impegni internazionali in materia di lotta contro la criminalità organizzata.Articolo 8 1. Fatto salvo il paragrafo 2, gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie ad attuare la presente azione comune non appena entra in vigore e garantiscono che il suo contenuto sia portato a conoscenza delle pertinenti autorità nazionali e locali.2. Appropriate proposte relative all'attuazione dell'articolo 1 vengono sottoposte dagli Stati membri entro tre anni dall'entrata in vigore della presente azione comune all'esame delle autorità competenti ai fini della relativa adozione.Articolo 9 La presente azione comune è pubblicata nella Gazzetta ufficiale ed entra in vigore il giorno della sua pubblicazione.Fatto a Bruxelles, addì 3 dicembre 1998.Per il ConsiglioIl presidenteK. SCHLÖGL(1) GU L 344 del 15. 12. 1997, pag. 7.(2) GU L 99 del 31. 3. 1998, pag. 8.(3) GU L 166 del 28. 6. 1991, pag. 77.(4) GU L 342 del 31. 12. 1996, pag. 6.(5) GU L 191 del 7. 7. 1998, pag. 4.
Individuazione e confisca degli strumenti e dei proventi di reato L'Unione europea (UE) mira a rendere più efficace la cooperazione tra i paesi dell’UE nei settori dell'individuazione, del rintracciamento, del congelamento o del sequestro e della confisca dei proventi di reato, al fine di combattere le attività illecite della criminalità organizzata. ATTO Azione comune 98/699/GAI, del 3 dicembre 1998, adottata dal Consiglio in base all'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea, sul riciclaggio di denaro e l'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o il sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato [Cfr. atto/i modificatore/i]. SINTESI Per migliorare la cooperazione tra i paesi dell’Unione europea (UE) nella lotta contro il crimine organizzato, la presente azione comune provvede alla preparazione, nell’ambito delle operazioni della Rete giudiziaria europea, di guide di facile uso per individuare, rintracciare, congelare o sequestrare e confiscare gli strumenti e i proventi di reato. Ciascuno Stato membro deve garantire che la propria guida sia aggiornata e contenga informazioni relative a: dove ottenere assistenza; il tipo di assistenza che è pronto a fornire e le eventuali restrizioni; le informazioni che è tenuto a fornire un paese che chiede assistenza. Le guide devono essere inviate al Segretariato generale del Consiglio che provvede a tradurle e a distribuirle ai paesi dell’UE, alla rete giudiziaria europea e ad Europol. I paesi dell’UE promuovono i contatti diretti attraverso gli attuali accordi di cooperazione tra i loro inquirenti, i magistrati inquirenti e i pubblici ministeri degli Stati membri per far sì che le richieste di assistenza per via formale siano presentate solo se necessario. Per presentare una richiesta di assistenza in via formale, il paese dell’UE richiedente deve individuare la natura precisa dell'assistenza di cui necessita. La richiesta di assistenza deve essere adeguatamente elaborata e deve rispettare le disposizioni che il paese dell’UE oggetto della richiesta ha stabilito per tali richieste. Se la richiesta reca l'indicazione «urgente», il paese richiedente devono precisare i motivi dell'urgenza. Se il paese richiesto non può eseguire la richiesta di assistenza in un modo previsto dal paese richiedente, esso deve consultare il paese richiedente e cercare di eseguire la richiesta in un modo alternativo. I paesi dell’UE si adoperano affinché la loro amministrazione giudiziaria sia resa edotta sulle migliori prassi di cooperazione internazionale in materia di individuazione, rintracciamento, congelamento o sequestro e confisca degli strumenti e dei proventi di reato e per assicurare un'adeguata formazione a tutti i funzionari coinvolti nella cooperazione internazionale in tali settori. Riferimenti Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Azione comune 98/699/GAI 9.12.1998 - GU L 333, 9.12.1998 Atto/i modificatore/i Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione quadro 2001/500/GAI 5.7.2001 31.12.2002 GU L182, 5.7.2001 Le modifiche e correzioni successive all’azione comune 98/699/GAI sono state integrate nel testo di base. Questa versione consolidata ha solo valore documentale. ATTI CONNESSI Decisione quadro 2005/212/GAI del Consiglio, del 24 febbraio 2005, relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato [Gazzetta ufficiale L 68 del 15.3.2005]. La decisione quadro è destinata ad integrare il dispositivo previsto dalla decisione quadro 2001/500/JHA relativa al riciclaggio, individuazione, rintracciamento, congelamento o sequestro e confisca degli strumenti e dei proventi di reato. Obbliga ciascuno paese dell’UE ad adottare le misure necessarie per consentire la confisca di strumenti e di prodotti, o parti di essi, provenienti da reati penali che sono punibili con una pena privativa della libertà di durata superiore a un anno oppure di beni di valore equivalente a questi. Per quanto riguarda i reati fiscali, i paesi dell’UE possono servirsi di procedimenti non penali per privare l'autore dei proventi di tali reati. La decisione quadro mira a garantire che tutti i paesi dell’UE dispongano di una normativa efficace in materia di confisca dei proventi di reato, in particolare per quanto concerne l'onere della prova relativamente all'origine dei beni detenuti da una persona riconosciuta colpevole di un reato legato alla criminalità organizzata.
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Direttiva 2002/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2002, che istituisce un quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori - Dichiarazione congiunta del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione sulla rappresentanza dei lavoratori Gazzetta ufficiale n. L 080 del 23/03/2002 pag. 0029 - 0034 Direttiva 2002/14/CE del Parlamento europeo e del Consigliodell'11 marzo 2002che istituisce un quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratoriIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, e in particolare l'articolo 137, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),visto il parere del Comitato delle regioni(3),deliberando conformemente alla procedura di cui all'articolo 251(4), visto il progetto comune approvato dal comitato di conciliazione il 23 gennaio 2002,considerando quanto segue:(1) Ai sensi dell'articolo 136 del trattato, la Comunità e gli Stati membri si prefiggono in particolare di promuovere il dialogo sociale.(2) Il punto 17 della carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori prevede, tra l'altro, che occorre sviluppare l'informazione, la consultazione e la partecipazione dei lavoratori, secondo modalità adeguate, tenendo conto delle prassi vigenti nei diversi Stati membri.(3) La Commissione ha consultato le parti sociali a livello comunitario sul possibile orientamento di un'azione comunitaria in materia di informazione e di consultazione dei lavoratori nelle imprese della Comunità.(4) La Commissione, a seguito di tale consultazione, ha ritenuto che un'azione comunitaria fosse auspicabile ed ha nuovamente consultato le parti sociali sul contenuto della proposta prevista. Queste hanno trasmesso alla Commissione i loro pareri.(5) Al termine di tale seconda fase di consultazione le parti sociali non hanno informato la Commissione della loro volontà di avviare il processo che potrebbe condurre alla conclusione di un accordo.(6) L'esistenza di quadri giuridici a livello comunitario e nazionale, intesi a garantire il coinvolgimento dei lavoratori nell'andamento delle imprese e nelle decisioni che li riguardano, non ha sempre impedito che decisioni gravi che interessavano dei lavoratori fossero adottate e rese pubbliche senza che fossero state preventivamente osservate procedure adeguate di informazione e di consultazione.(7) Occorre intensificare il dialogo sociale e le relazioni di fiducia nell'ambito dell'impresa per favorire l'anticipazione dei rischi, sviluppare la flessibilità dell'organizzazione del lavoro e agevolare l'accesso dei lavoratori alla formazione nell'ambito dell'impresa in un quadro di sicurezza, promuovere la sensibilizzazione dei lavoratori alle necessità di adattamento, aumentare la disponibilità dei lavoratori ad impegnarsi in misure e azioni intese a rafforzare la loro occupabilità, promuovere il coinvolgimento dei lavoratori nella conduzione dell'impresa e nella determinazione del suo futuro, nonché rafforzare la competitività dell'impresa.(8) Occorre, in particolare, promuovere e intensificare l'informazione e la consultazione sulla situazione e l'evoluzione probabile dell'occupazione nell'ambito dell'impresa, nonché, quando dalla valutazione effettuata dal datore di lavoro risulta che l'occupazione nell'ambito dell'impresa può essere minacciata, sulle eventuali misure anticipatrici previste, segnatamente in termini di formazione e di miglioramento delle competenze dei lavoratori, al fine di evitare tali effetti negativi o attenuarne le conseguenze e di rafforzare l'occupabilità e l'adattabilità dei lavoratori suscettibili di essere interessati da tali effetti.(9) L'informazione e la consultazione in tempo utile costituiscono una condizione preliminare del successo dei processi di ristrutturazione e di adattamento delle imprese alle nuove condizioni indotte dalla globalizzazione dell'economia, in particolare mediante lo sviluppo di nuove procedure di organizzazione del lavoro.(10) La Comunità ha definito e attua una strategia per l'occupazione, imperniata sui concetti di anticipazione, prevenzione e occupabilità, che si desidera integrare quali elementi fondamentali in tutte le politiche pubbliche suscettibili di incidere positivamente sull'occupazione, anche a livello delle imprese, attraverso l'intensificazione del dialogo sociale, al fine di facilitare un cambiamento coerente con il mantenimento dell'obiettivo prioritario dell'occupazione.(11) Lo sviluppo del mercato interno deve realizzarsi in modo armonioso, preservando i valori essenziali sui quali si basano le nostre società, in particolare facendo beneficiare tutti i cittadini dello sviluppo economico.(12) L'ingresso nella terza fase dell'unione economica e monetaria comporterà l'approfondimento e l'accelerazione delle pressioni competitive a livello europeo, esigendo un accompagnamento sociale più intenso a livello nazionale.(13) I quadri giuridici in materia di informazione e di consultazione dei lavoratori esistenti a livello comunitario e nazionale sono spesso eccessivamente orientati al trattamento a posteriori dei processi di cambiamento, trascurano i fattori economici delle decisioni e non favoriscono una reale anticipazione dell'evoluzione dell'occupazione nell'ambito dell'impresa e la prevenzione dei rischi.(14) Il complesso di queste evoluzioni politiche, economiche, sociali e giuridiche impone un adattamento del quadro giuridico esistente, che prevede strumenti giuridici e pratici che consentano l'esercizio del diritto all'informazione e alla consultazione.(15) La presente direttiva non pregiudica i sistemi nazionali in cui l'esercizio concreto di tale diritto implica una manifestazione collettiva di volontà da parte dei relativi titolari.(16) La presente direttiva non pregiudica i sistemi che prevedono dispositivi di coinvolgimento diretto dei lavoratori, a condizione che questi possano in tutti i casi scegliere di esercitare il loro diritto all'informazione e alla consultazione tramite i rispettivi rappresentanti.(17) Poiché gli scopi dell'azione proposta, precedentemente menzionati, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri, trattandosi di stabilire un quadro per l'informazione e la consultazione dei lavoratori adeguato al nuovo contesto europeo sopra descritto, e possono dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell'azione prevista, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali scopi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.(18) Con tale quadro generale ci si prefigge di definire prescrizioni minime applicabili ovunque nella Comunità senza impedire agli Stati membri di prevedere disposizioni più favorevoli per i lavoratori.(19) Con tale quadro generale si intende altresì evitare vincoli amministrativi, finanziari e giuridici tali da contrastare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese. Sembra appropriato, di conseguenza, limitare il campo d'applicazione della presente direttiva, secondo la scelta fatta dagli Stati membri, alle imprese che impiegano almeno 50 addetti o agli stabilimenti che impiegano almeno 20 addetti.(20) Ciò tiene conto, senza recare pregiudizio, di altre misure e prassi nazionali volte a promuovere il dialogo sociale nelle imprese non coperte dalla presente direttiva, nonché nelle amministrazioni pubbliche.(21) Tuttavia, in via transitoria, gli Stati membri in cui non esiste un sistema istituzionale di informazione e consultazione dei lavoratori o un sistema di rappresentanza dei lavoratori dovrebbero avere la possibilità di limitare ulteriormente il campo di applicazione della presente direttiva in relazione al numero dei lavoratori.(22) Il quadro comunitario in questo settore dovrebbe limitare al livello minimo possibile gli oneri imposti alle imprese e agli stabilimenti, pur garantendo l'esercizio effettivo dei diritti accordati.(23) L'obiettivo di cui alla presente direttiva sarà raggiunto mediante l'instaurazione di un quadro generale che comprende i principi, le definizioni e le modalità dell'informazione e della consultazione, che spetterà agli Stati membri rendere concreti e adattare alle realtà nazionali, se del caso assegnando alle parti sociali un ruolo di rilievo che permetta loro di definire in piena libertà, mediante accordo, le modalità di informazione e di consultazione più conformi alle loro necessità e ai loro desideri.(24) È opportuno non incidere su un certo numero di specificità nel settore dell'informazione e della consultazione dei lavoratori che sussistono in alcuni diritti nazionali e di cui beneficiano le imprese che perseguono fini politici, di organizzazione professionale, confessionali, benefici, educativi, scientifici o artistici, nonché fini di informazione o di espressione di opinioni.(25) Occorre proteggere le imprese e gli stabilimenti dalla divulgazione di talune informazioni particolarmente sensibili.(26) È opportuno consentire al datore di lavoro di non informare né consultare allorquando ciò nuocerebbe gravemente all'impresa o allorquando è tenuto a dare immediato seguito ad un'ingiunzione rivoltagli da un'autorità di controllo o di supervisione.(27) L'informazione e la consultazione comportano diritti e responsabilità per le parti sociali a livello dell'impresa o dello stabilimento.(28) Devono essere applicabili procedure amministrative o giudiziarie, nonché sanzioni effettive, dissuasive e proporzionate alla gravità delle infrazioni, in caso di violazione degli obblighi ai sensi della presente direttiva.(29) La presente direttiva non dovrebbe pregiudicare le disposizioni, qualora siano più specifiche, della direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi(5), e della direttiva 2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti(6).(30) La presente direttiva non dovrebbe incidere su altri diritti di informazione e di consultazione dei lavoratori, compresi quelli che derivano dalla direttiva 94/45/CE del Consiglio, del 22 settembre 1994, riguardante l'istituzione di un comitato aziendale europeo o di una procedura per l'informazione e la consultazione dei lavoratori nelle imprese e nei gruppi di imprese di dimensioni comunitarie per informare e consultare i lavoratori(7).(31) L'applicazione delle disposizioni della presente direttiva non dovrebbe costituire una ragione sufficiente per giustificare una riduzione generale della protezione dei lavoratori nei settori da essa contemplati,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1Oggetto e principi1. La presente direttiva si prefigge di istituire un quadro generale che stabilisca prescrizioni minime riguardo al diritto all'informazione e alla consultazione dei lavoratori nelle imprese o stabilimenti situati nella Comunità.2. Le modalità di informazione e di consultazione sono definite e applicate, in conformità della legislazione nazionale e delle prassi in materia di rapporti di lavoro vigenti nei singoli Stati membri, in modo tale da garantire l'efficacia dell'iniziativa.3. In occasione della definizione o dell'applicazione delle modalità di informazione e di consultazione, il datore di lavoro e i rappresentanti dei lavoratori operano in uno spirito di cooperazione nel rispetto dei loro diritti e obblighi reciproci, tenendo conto nel contempo degli interessi dell'impresa o dello stabilimento e di quelli dei lavoratori.Articolo 2DefinizioniAi fini della presente direttiva, si intende per:a) "imprese", le imprese pubbliche o private che esercitano un'attività economica, che perseguano o meno fini di lucro, situate sul territorio degli Stati membri;b) "stabilimento", una unità di attività definita conformemente alle leggi e prassi nazionali situata sul territorio di uno Stato membro e nella quale l'attività economica è svolta in modo stabile con l'ausilio di risorse umane e materiali;c) "datore di lavoro", la persona fisica o giuridica parte dei contratti o rapporti di lavoro con i lavoratori, conformemente alle leggi e prassi nazionali;d) "lavoratore", ogni persona che nello Stato membro interessato, è tutelata come un lavoratore nell'ambito del diritto nazionale del lavoro e conformemente alle prassi nazionali;e) "rappresentanti dei lavoratori", i rappresentanti dei lavoratori previsti dalle leggi e/o prassi nazionali;f) "informazione", la trasmissione di dati da parte del datore di lavoro ai rappresentanti dei lavoratori per consentir loro di prendere conoscenza della questione trattata e esaminarla;g) "consultazione", lo scambio di opinioni e l'instaurazione di un dialogo tra i rappresentanti dei lavoratori e il datore di lavoro.Articolo 3Campo di applicazione1. La presente direttiva si applica, a seconda della scelta fatta dagli Stati membri:a) alle imprese che impiegano in uno Stato membro almeno 50 addetti ob) agli stabilimenti che impiegano in uno Stato membro almeno 20 addetti.Gli Stati membri determinano le modalità di calcolo delle soglie di lavoratori impiegati.2. Nel rispetto dei principi e degli obiettivi di cui alla presente direttiva, gli Stati membri possono prevedere disposizioni specifiche applicabili alle imprese o agli stabilimenti che perseguono direttamente e principalmente fini politici, di organizzazione professionale, confessionali, benefici, educativi, scientifici o artistici, nonché fini d'informazione o espressione di opinioni, a condizione che, alla data di entrata in vigore della presente direttiva, tali disposizioni particolari esistano già nel diritto nazionale.3. Gli Stati membri possono prevedere, in deroga alla presente direttiva, disposizioni particolari applicabili agli equipaggi delle navi d'alto mare.Articolo 4Modalità dell'informazione e della consultazione1. Nel rispetto dei principi enunciati all'articolo 1 e fatte salve le disposizioni e/o prassi in vigore più favorevoli ai lavoratori, gli Stati membri determinano le modalità di esercizio del diritto all'informazione e alla consultazione al livello adeguato in conformità del presente articolo.2. L'informazione e la consultazione riguardano:a) l'informazione sull'evoluzione recente e quella probabile delle attività dell'impresa o dello stabilimento e della situazione economica;b) l'informazione e la consultazione sulla situazione, la struttura e l'evoluzione probabile dell'occupazione nell'ambito dell'impresa o dello stabilimento, nonché sulle eventuali misure anticipatrici previste, segnatamente in caso di minaccia per l'occupazione;c) l'informazione e la consultazione sulle decisioni suscettibili di comportare cambiamenti di rilievo in materia di organizzazione del lavoro, nonché di contratti di lavoro, comprese quelle di cui alle disposizioni comunitarie citate all'articolo 9, paragrafo 1.3. L'informazione avviene ad un dato momento, secondo modalità e con un contenuto appropriati, suscettibili in particolare di permettere ai rappresentanti dei lavoratori di procedere ad un esame adeguato e di preparare, se del caso, la consultazione.4. La consultazione avviene:a) assicurando che la scelta del momento, le modalità e il contenuto siano appropriati;b) al livello pertinente di direzione e di rappresentanza, in funzione dell'argomento trattato;c) sulla base delle informazioni pertinenti fornite dal datore di lavoro, in conformità dell'articolo 2, lettera f), e del parere che i rappresentanti dei lavoratori hanno il diritto di formulare;d) in modo tale da permettere ai rappresentanti dei lavoratori di avere un incontro con il datore di lavoro e di ottenere una risposta motivata al loro eventuale parere;e) al fine di ricercare un accordo sulle decisioni che dipendono dal potere di direzione del datore di lavoro di cui al paragrafo 2, lettera c).Articolo 5Informazione e consultazione che derivano da un accordoGli Stati membri possono affidare alle parti sociali al livello adeguato, anche a livello dell'impresa o dello stabilimento, il compito di definire liberamente e in qualsiasi momento mediante accordo negoziato le modalità di informazione e consultazione dei lavoratori. Tali accordi nonché gli accordi esistenti alla data di cui all'articolo 11 così come le eventuali proroghe dei medesimi, possono prevedere, nel rispetto dei principi enunciati all'articolo 1 e alle condizioni e nei limiti definiti dagli Stati membri, disposizioni diverse da quelle di cui all'articolo 4.Articolo 6Informazioni riservate1. Gli Stati membri dispongono che, nelle condizioni e nei limiti stabiliti dalle legislazioni nazionali, i rappresentanti dei lavoratori, nonché gli esperti che eventualmente li assistono, non siano autorizzati a rivelare né ai lavoratori né a terzi, informazioni che siano state loro espressamente fornite in via riservata, nel legittimo interesse dell'impresa o dello stabilimento. Tale obbligo sussiste anche al termine del loro mandato, a prescindere dal luogo in cui si trovino. Uno Stato membro può tuttavia autorizzare i rappresentanti dei lavoratori e eventuali loro consulenti a trasmettere informazioni riservate a lavoratori o a terzi vincolati da un obbligo di riservatezza.2. Gli Stati membri dispongono che, in casi specifici e nelle condizioni e limiti stabiliti dalle legislazioni nazionali, il datore di lavoro non sia obbligato a comunicare informazioni o a procedere a consultazioni che, secondo criteri obiettivi, siano di natura tale da creare notevoli difficoltà al funzionamento delle imprese o degli stabilimenti interessati o da arrecare loro danno.3. Fatte salve le procedure nazionali esistenti gli Stati membri prevedono procedure amministrative o giudiziarie di ricorso qualora il datore di lavoro esiga la riservatezza o non fornisca informazioni in conformità dei paragrafi 1 e 2. Essi possono prevedere inoltre procedure destinate a salvaguardare la riservatezza delle informazioni in questione.Articolo 7Protezione dei rappresentanti dei lavoratoriGli Stati membri provvedono affinché i rappresentanti dei lavoratori godano, nell'esercizio delle loro funzioni, di una protezione e di garanzie sufficienti a permettere loro di realizzare in modo adeguato i compiti che sono stati loro affidati.Articolo 8Difesa dei diritti1. Gli Stati membri dispongono misure idonee in caso di inosservanza della presente direttiva da parte del datore di lavoro o dei rappresentanti dei lavoratori. In particolare, essi si adoperano affinché sussistano procedure amministrative o giudiziarie intese a fare rispettare gli obblighi che derivano dalla presente direttiva.2. Gli Stati membri dispongono sanzioni adeguate applicabili in caso di violazione delle disposizioni della presente direttiva da parte del datore di lavoro o dei rappresentanti dei lavoratori. Tali sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.Articolo 9Relazione tra la presente direttiva e altre disposizioni comunitarie e nazionali1. La presente direttiva non pregiudica le procedure specifiche di informazione e consultazione di cui all'articolo 2 della direttiva 98/59/CE e all'articolo 7 della direttiva 2001/23/CE.2. La presente direttiva non pregiudica i provvedimenti adottati in base alle direttive 94/45/CE e 97/74/CE.3. La presente direttiva non pregiudica altri diritti in materia di informazione, consultazione e partecipazione vigenti negli ordinamenti nazionali.4. L'applicazione della presente direttiva non costituisce una ragione sufficiente a giustificare un regresso rispetto alla situazione esistente negli Stati membri per quanto attiene al livello generale di protezione dei lavoratori nel settore contemplato dalla direttiva stessa.Articolo 10Misure transitorieFatto salvo l'articolo 3 uno Stato membro in cui, alla data dell'entrata in vigore della presente direttiva, non esiste un regime legale, generale e permanente di informazione e consultazione dei lavoratori, né un regime legale, generale e permanente di rappresentanza dei lavoratori sul luogo di lavoro che consenta ai lavoratori di essere rappresentati a tale scopo, può limitare l'applicazione delle disposizioni nazionali che attuano la presente direttiva:a) alle imprese che impiegano almeno 150 addetti o agli stabilimenti che impiegano almeno 100 addetti fino al 23 marzo 2007; eb) alle imprese che impiegano almeno 100 addetti o agli stabilimenti che impiegano almeno 50 addetti nell'anno successivo alla data di cui alla lettera a).Articolo 11Recepimento della direttiva1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 23 marzo 2005, o si accertano che le parti sociali entro tale data mettano in atto di comune accordo le disposizioni necessarie. Gli Stati membri devono adottare tutte le disposizioni necessarie che permettano loro di essere in qualsiasi momento in grado di garantire i risultati imposti dalla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione.2. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.Articolo 12Verifica da parte della CommissioneEntro il 23 marzo 2007, la Commissione riesamina, in consultazione con gli Stati membri e le parti sociali a livello comunitario, l'applicazione della presente direttiva e propone al Consiglio, se del caso, le necessarie modifiche.Articolo 13Entrata in vigoreLa presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 14DestinatariGli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 11 marzo 2002.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteJ. Piqué i Camps(1) GU C 2 del 5.1.1999, pag. 3.(2) GU C 258 del 10.9.1999, pag. 24.(3) GU C 144 del 16.5.2001, pag. 58.(4) Parere del Parlamento europeo del 14 aprile 1999 (GU C 219 del 30.7.1999, pag. 223), confermato il 16 settembre 1999 (GU C 54 del 25.2.2000, pag. 55). Posizione comune del Consiglio del 27 luglio 2001 (GU C 307 del 31.10.2001, pag. 16) e decisione del Parlamento europeo del 23 ottobre 2001 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Decisione del Parlamento europeo del 5 febbraio 2002 e decisione del Consiglio del 18 febbraio 2002.(5) GU L 225 del 12.8.1998, pag. 16.(6) GU L 82 del 22.3.2001, pag. 16.(7) GU L 254 del 30.9.1994, pag. 64. Direttiva modificata dalla direttiva 97/74/CE (GU L 10 del 16.1.1998, pag. 22).Dichiarazione congiunta del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissionesulla rappresentanza dei lavoratori"Per quanto riguarda la rappresentanza dei lavoratori, il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione rammentano le sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità europee dell'8 giugno 1994 nelle cause C-382/92 (Mantenimento dei diritti dei lavoratori nel caso di trasferimenti di imprese) e C-383/92 (Licenziamenti collettivi)"
Norme generali dell'UE sull'informazione e consultazione dei lavoratori QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Stabilisce i principi generali relativi ai diritti minimi di informazione* e consultazione* dei lavoratori nelle imprese con sede nell'Unione europea (UE). La legislazione nazionale e la prassi delle relazioni industriali determinano il modo in cui tali principi vengono applicati. PUNTI CHIAVE I paesi dell'UE possono: scegliere se la normativa si applichi alle imprese con almeno 50 addetti o agli stabilimenti che impiegano almeno 20 addetti; prevedere norme specifiche per le imprese che perseguono principalmente fini politici, di organizzazione professionale, confessionali, benefici, educativi, scientifici o artistici; disporre che il datore di lavoro non sia obbligato a informare o consultare i rappresentanti dei lavoratori qualora ciò crei notevoli difficoltà al funzionamento dell'impresa. L'informazione e la consultazione riguardano i dati dell'impresa relativi: all'evoluzione recente e probabile delle attività e la situazione economica; alla struttura e all'evoluzione probabile dell'occupazione nell'ambito dell'impresa, segnatamente in caso di minaccia per l'occupazione; alle decisioni che potrebbero comportare cambiamenti in materia di organizzazione del lavoro o di contratti di lavoro. La consultazione deve avvenire: assicurando che il momento, le modalità e il contenuto siano appropriati; al livello pertinente di direzione e di rappresentanza dei lavoratori, in funzione dell'argomento trattato; sulla base delle informazioni fornite dal datore di lavoro e del parere dei rappresentanti dei lavoratori; in modo tale da permettere ai rappresentanti dei lavoratori di avere un incontro con il datore di lavoro e di ottenere una risposta al loro eventuale parere; al fine di ricercare un accordo sulle decisioni che potrebbero comportare cambiamenti in materia di organizzazione del lavoro o di contratti di lavoro. I rappresentanti dei lavoratori e i loro consulenti non devono rivelare alcuna informazione che sia stata loro fornita in via riservata. La normativa originaria concedeva ai paesi dell'UE la possibilità di escludere gli equipaggi delle navi d'alto mare. Tale esenzione è stata rimossa da una modifica del 2015. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 23 marzo 2002. I paesi dell'UE dovevano recepirla nel diritto nazionale entro il 23 marzo 2005. CONTESTO All'inizio del 2015, la Commissione europea ha consultato i rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori sull'opportunità di fondere le tre direttive seguenti in un unico testo legislativo: il quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori, i licenziamenti collettivi e i trasferimenti delle imprese. Tale esercizio sta inoltre considerando la possibilità di allineare meglio i concetti di «informazione» e «consultazione». Per ulteriori informazioni, consultare: «Informazione e consultazione dei lavoratori» sul sito Internet della Commissione europea. * TERMINI CHIAVE Informazione: dati trasmessi dal datore di lavoro ai rappresentanti dei lavoratori per consentir loro di prendere conoscenza di una questione ed esaminarla. Consultazione: scambio di opinioni e instaurazione di un dialogo tra i rappresentanti dei lavoratori e il datore di lavoro. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2002/14/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2002, che istituisce un quadro generale relativo all'informazione e alla consultazione dei lavoratori - Dichiarazione congiunta del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione sulla rappresentanza dei lavoratori (GU L 80 del 23.3.2002, pag. 29-34) Le modifiche e correzioni successive alla direttiva 2002/14/CE sono state integrate nel testo di base. Questa versione consolidata ha solo valore documentale. DOCUMENTI COLLEGATI Documento a fini di consultazione: Prima fase di consultazione delle parti sociali ai sensi dell'articolo 154 TFUE sul consolidamento delle direttive UE relative all'informazione e alla consultazione dei lavoratori (C(2015) 2303 final del 10.4.2015)
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31978L0142
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Direttiva 78/142/CEE del Consiglio, del 30 gennaio 1978, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri concernenti i materiali e gli oggetti contenenti cloruro di vinile monomero destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari Gazzetta ufficiale n. L 044 del 15/02/1978 pag. 0015 - 0017 edizione speciale finlandese: capitolo 13 tomo 8 pag. 0044 edizione speciale greca: capitolo 03 tomo 20 pag. 0087 edizione speciale svedese/ capitolo 13 tomo 8 pag. 0044 edizione speciale spagnola: capitolo 13 tomo 8 pag. 0091 edizione speciale portoghese: capitolo 13 tomo 8 pag. 0091 ++++DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 30 gennaio 1978 relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti i materiali e gli oggetti contenenti cloruro di vinile monomero destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari ( 78/142/CEE ) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITA EUROPEE , visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea , in particolare l ' articolo 100 , vista la direttiva 76/893/CEE del Consiglio , del 23 novembre 1976 , relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti i materiali e gli oggetti destinati a venire in contatto con i prodotti alimentari ( 1 ) , in particolare l ' articolo 3 , vista la proposta della Commissione , visto il parere del Parlamento europeo ( 2 ) , visto il parere del Comitato economico e sociale ( 3 ) , considerando che l ' articolo 2 della direttiva 76/893/CEE stabilisce che i materiali e gli oggetti non devono cedere ai prodotti alimentari costituenti in quantità tale da rappresentare un pericolo per la salute umana ; considerando che l ' articolo 3 della stessa direttiva prevede che il Consiglio , in conformità della procedura dell ' articolo 100 del trattato , adotti mediante direttiva le disposizioni specifiche applicabili a taluni gruppi di materiali e oggetti ( direttive specifiche ) ; che tali disposizioni possono comportare in particolare dei limiti specifici di migrazione di taluni costituenti nei o sui prodotti alimentari nonché altre norme intese a garantire l ' osservanza delle disposizioni dell ' articolo 2 di detta direttiva ; considerando che è stato constatato che l ' ingestione di dosi elevate di cloruro monomero produce effetti nocivi sugli animali sottoposti ad esperimenti e che tali effetti possono prodursi anche nell ' uomo ; considerando che il comitato scientifico dell ' alimentazione umana ha espresso l ' opinione che sareb necessario ridurre quanto più possibile la presenza del cloruro di vinile monomero nel cloruro di polivinile e nei relativi polimeri ed ha al tempo stesso raccomandato che la presenza del cloruro di vinile monomero nei prodotti alimentari e nell ' acqua potabile non dovrebbe essere rivelata da un metodo applicabile in modo generale alla maggior parte dei prodotti alimentari e dalla maggior parte dei laboratori di controllo ; considerando che ulteriori ricerche sul cloruro di vinile monomero sono attualmente in corso ma che fino a quando non sarrano noti i loro risultati l ' ingestione di cloruro di vinile dovrebbe essere limitata a titolo precauzionale ; considerando che , per raggiungere tale obiettivo , lo strumento adeguato è rappresentato da una direttiva specifica ai sensi dell ' articolo 3 della direttiva 76/893/CEE , le cui norme generali diventano applicabili anche al caso di cui trattasi ; considerando tuttavia che la presente direttiva non tocca tutti gli aspetti dei materiali ed oggetti preparati a base di polimeri o di copolimeri di cloruro di vinile e che occorre pertanto autorizzare gli Stati membri a non imporre le indicazioni di etichettature fissate all ' articolo 7 dell direttiva 76/893/CEE conformemente alle possibilità previste ai paragrafi 4 e 5 di tale articolo , HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA : Articolo 1 1 . La presente direttiva è una direttiva specifica ai sensi dell ' articolo 3 della direttiva 76/893/CEE . 2 . La presente direttiva concerne la presenza e l ' eventuale cessione di cloruro di vinile monomero nei e da parte dei materiali e oggetti preparati a base di polimeri o di copolimeri di cloruro di vinile , qui di seguito denominati " materiali ed oggetti " , che , allo stato di prodotti finiti , sono destinati a essere messi a contatto con i prodotti alimentari o sono messi a contatto con i medesimi conformemente alla loro destinazione . Articolo 2 1 . I materiali e gli oggetti non devono contenere cloruro di vinile monomero in quantità superiore a quella fissata nell ' allegato I . 2 . I materiali e gli oggetti non devono cedere ai prodotti alimentari che sono stati o sono messi a contatto con detti materiali e oggetti cloruro di vinile rivelabile con il metodo che risponde a criteri stabiliti nell ' allegat II . Articolo 3 Il metodo di analisi necessario per il controllo dell ' osservanza delle disposizioni di cui all ' articolo 2 adottato secondo la procedura prevista all ' articolo 10 dell direttiva 76/893/CEE e risponde ai criteri stabiliti nell ' allegato II . Articolo 4 Il Consiglio riesamina le disposizioni della presente direttiva sulla base di relazioni della Commissione , elaborate in funzione delle cognizioni scientifiche e tecniche di cui si potrà disporre dopo l ' adozione della direttiva , ed eventualmente corredate da adeguate proposte . La prima relazione della Commissione viene trasmessa al Consiglio non oltre il 1 * gennaio 1979 . Articolo 5 La presente direttiva non pregiudica le disposizioni nazionali concernenti le altre possibili norme previste dall ' articolo 3 della direttiva 76/893/CEE , né la discrezionalità lasciata agli Stati membri ai sensi dell ' articolo 7 , paragrafi 4 e 5 della stessa direttiva . Articolo 6 1 . Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative , regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 26 novembre 1979 . Essi ne informano immediatamente la Commissione . 2 . Uno Stato membro puo tuttavia rinviare l ' esecuzione dell ' articolo 2 , paragrafo 2 e dell ' allegato II all ' adozione di un metodo di analisi comunitaria conformemente all ' articolo 3 . Articolo 7 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva . Fatto a Bruxelles , addi 30 gennaio 1978 . Per il Consiglio Il Presidente P . DALSAGER ( 1 ) GU n . L 340 del 9 . 12 . 1976 , pag . 19 . ( 2 ) GU n . C 118 del 16 . 5 . 1977 , pag . 70 . ( 3 ) GU n . C 114 dell ' 11 . 5 . 1977 , pag . 13 . ALLEGATO I Tenore massimo di cloruro di vinile monomero nei materiali e oggetti 1 mg / kg di prodotto finito . ALLEGATO II Criteri applicabili al metodo di determinazione del tenore di cloruro di vinile nei materiali e negli oggetti e di determinazione del cloruro di vinile ceduto dai materiali e dagli oggetti 1 . La determinazione del tenore di cloruro di vinile nei materiali e negli oggetti nonché la determinazione del cloruro di vinile ceduto ai prodotti alimentari dai materiali e dagli oggetti vengono effettuate tramite " cromatografia nella fase gassosa " secondo il metodo detto " head space " ( a spazio di testa ) . 2 . Per la determinazione del cloruro di vinile ceduto ai prodotti alimentari dai materiali e dagli oggetti , il limite di rivelabilità è di 0,01 mg / kg . 3 . La determinazione del cloruro di vinile ceduto ai prodotti alimentari dai materiali e dagli oggetti si effettua , in linea di massima , nei prodotti alimentari . Qualora per motivi tecnici risulti impossibile la determinazione in taluni prodotti alimentari , gli Stati membri possono autorizzare , per i suddetti prodotti alimentari , la determinazione mediante simulanti .
Materiali e oggetti contenenti cloruro di vinile monomero La presente direttiva limita la presenza e la migrazione del cloruro di vinile monomero nei e da parte dei materiali e oggetti destinati a essere messi a contatto con i prodotti alimentari. ATTO Direttiva 78/142/CEE del Consiglio, del 30 gennaio 1978, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri concernenti i materiali e gli oggetti contenenti cloruro di vinile monomero destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari. SINTESI I materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari non devono cedere ai prodotti alimentari costituenti in quantità tale da rappresentare un pericolo per la salute umana. Per garantire che i prodotti alimentari non contengano alcuna traccia di cloruro di vinile monomero rivelabile con il metodo generale di analisi comunitaria, i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari devono rispettare la presente direttiva. Nello specifico tali materiali e oggetti: non devono contenere cloruro di vinile monomero in quantità superiore a 1 milligrammo per chilogrammo di prodotto finito; e non devono cedere ai prodotti alimentari cloruro di vinile monomero in quantità superiore a 0,01 milligrammo per chilogrammo di prodotto finito. Riferimenti Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 78/142/CEE 1.2.1978 26.11.1979 GU L 44 del 15.2.1978 ATTI COLLEGATI Direttiva 80/766/CEE della Commissione, dell'8 luglio 1980, che fissa il metodo comunitario di analisi per il controllo ufficiale del tenore di cloruro di vinile monomero nei materiali ed oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari [Gazzetta ufficiale L 213 del 16.8.1980]. La presente direttiva fissa il metodo comunitario di analisi per controllare il tenore di cloruro di vinile monomero nei materiali ed oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari. Tale metodo risponde ai criteri stabiliti nell'allegato della direttiva 79/142/CEE. Direttiva 81/432/CEE della Commissione, del 29 aprile 1981, che stabilisce il metodo comunitario di analisi per il controllo ufficiale della quantità di cloruro di vinile ceduta ai prodotti alimentari dai materiali e dagli oggetti [Gazzetta ufficiale L 167 del 24.6.1981]. La presente direttiva stabilisce il metodo comunitario di analisi per controllare la quantità di cloruro di vinile monomero ceduta ai prodotti alimentari dai materiali e dagli oggetti.
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DIRETTIVA 2009/24/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 aprile 2009 relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore (Versione codificata) (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) Il contenuto della direttiva 91/250/CEE del Consiglio, del 14 maggio 1991, relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore (3), è stato modificato (4). A fini di razionalità e chiarezza è opportuno provvedere alla codificazione di tale direttiva. (2) Per creare programmi per elaboratore è necessario investire considerevoli risorse umane, tecniche e finanziarie, mentre è possibile copiarli a un costo minimo rispetto a quello necessario per crearli autonomamente. (3) I programmi per elaboratore hanno un ruolo sempre più importante in una vasta gamma di industrie e, di conseguenza, si può affermare che la tecnologia dei programmi per elaboratore riveste una fondamentale importanza per lo sviluppo industriale della Comunità. (4) Alcune differenze esistenti nella tutela giuridica dei programmi per elaboratore conferita dalle leggi degli Stati membri hanno effetti diretti e negativi sul funzionamento del mercato interno dei programmi per elaboratore. (5) È necessario eliminare le differenze esistenti che producono tali effetti e impedire che ne sorgano di nuove, mentre non occorre eliminare, o impedire che sorgano, quelle differenze che non pregiudicano in misura sostanziale il funzionamento del mercato interno. (6) La disciplina giuridica comunitaria della tutela dei programmi per elaboratore può quindi limitarsi, in una prima fase, a stabilire che gli Stati membri sono tenuti ad attribuire ai programmi per elaboratore la tutela riconosciuta dalle leggi sul diritto di autore alle opere letterarie, nonché a determinare i soggetti e gli oggetti tutelati, i diritti esclusivi dei quali i soggetti tutelati devono potersi avvalere per autorizzare o vietare determinati atti, e la durata della tutela medesima. (7) Ai sensi della presente direttiva, il termine «programma per elaboratore» indica programmi in qualsiasi forma, compresi quelli incorporati nell'hardware; questo termine comprende anche i lavori preparatori di progettazione per realizzare un programma, a condizione che siano di natura tale da consentire la realizzazione di un programma per elaboratore in una fase successiva. (8) Per quanto riguarda i criteri da applicare per determinare se un programma per elaboratore costituisca o meno un'opera originale, non dovrebbero essere valutati i meriti qualitativi o estetici del programma. (9) La Comunità è pienamente impegnata nella promozione della normalizzazione internazionale. (10) I programmi per elaboratore svolgono la funzione di comunicare e operare con altri componenti di un sistema informatico e con gli utenti; a tale scopo è necessaria un'interconnessione e un'interazione logica e, ove opportuno, materiale per consentire a tutti i componenti software e hardware di operare con altri software e hardware e con gli utenti in tutti i modi in cui sono destinati a funzionare. Le parti del programma che assicurano tale interconnessione e interazione fra gli elementi del software e dell'hardware sono generalmente denominate «interfacce». Tale interconnessione e interazione funzionale è generalmente denominata «interoperabilità»; l'interoperabilità può essere definita come la capacità di due o più sistemi di scambiare informazioni e di usare reciprocamente le informazioni scambiate. (11) Per dissipare ogni dubbio, occorre precisare che solo l'espressione di un programma per elaboratore è oggetto di tutela e che le idee e i principi alla base di qualsiasi elemento di un programma, compresi quelli alla base delle sue interfacce, non sono tutelati dal diritto d'autore a norma della presente direttiva. Conformemente a detto principio del diritto d'autore, le idee e i principi che sono alla base della logica, degli algoritmi e dei linguaggi di programmazione non sono tutelati a norma della presente direttiva. Conformemente alla legislazione e alla giurisprudenza degli Stati membri, nonché alle convenzioni internazionali sul diritto d'autore, l'espressione di tali idee e principi deve essere tutelata dal diritto d'autore. (12) Ai fini della presente direttiva, per «locazione» s'intende il mettere a disposizione per l'utilizzazione, per un periodo limitato e per fini di lucro, un programma per elaboratore o una copia dello stesso; tale termine non comprende il prestito pubblico, che esula pertanto dagli obiettivi della presente direttiva. (13) I diritti esclusivi dell'autore di impedire la riproduzione non autorizzata della sua opera dovrebbero essere oggetto di un'eccezione di portata limitata nel caso di un programma per elaboratore, al fine di consentire la riproduzione tecnicamente necessaria all'uso di tale programma da parte del legittimo acquirente; ciò significa che il contratto non può vietare gli atti di caricamento e di svolgimento necessari per l'utilizzazione di una copia di un programma legittimamente acquisita e l'atto di correzione dei suoi errori. In assenza di clausole contrattuali specifiche, in particolare nel caso di vendita di una copia di un programma, il legittimo acquirente di detta copia può eseguire qualsiasi altro atto necessario per l'utilizzazione di detta copia, conformemente allo scopo previsto della stessa. (14) A una persona avente il diritto di utilizzare un programma per elaboratore non si deve impedire di eseguire gli atti necessari per osservare, studiare o sperimentare il funzionamento del programma, a condizione che tali atti non costituiscano una violazione del diritto d'autore sul programma stesso. (15) La riproduzione, la traduzione, l'adattamento o la trasformazione non autorizzati della forma del codice in cui è stata messa a disposizione una copia di un programma per elaboratore costituiscono una violazione dei diritti esclusivi dell'autore. Possono comunque sussistere circostanze in cui tale riproduzione del codice e la traduzione della sua forma sono indispensabili per ottenere le informazioni necessarie per conseguire l'interoperabilità con altri programmi di un programma creato autonomamente. Si deve pertanto ritenere che, solo in tali limitate circostanze l'esecuzione degli atti di riproduzione e traduzione della forma del codice, da parte o per conto di una persona avente il diritto di usare una copia del programma, è legittima e compatibile con una prassi corretta e pertanto essa non richiede l'autorizzazione del titolare del diritto. Uno degli obiettivi di tale eccezione è di consentire l'interconnessione di tutti gli elementi di un sistema informatico, compresi quelli di fabbricanti differenti, perché possano funzionare insieme. L'applicazione della suddetta eccezione ai diritti esclusivi dell'autore non deve arrecare pregiudizio agli interessi legittimi del titolare del diritto o entrare in conflitto con il normale impiego del programma. (16) La tutela dei programmi per elaboratore a norma delle leggi sul diritto d'autore non deve pregiudicare l'applicazione, in casi opportuni, di altre forme di tutela; tuttavia qualsiasi disposizione contrattuale non conforme alle disposizioni della presente direttiva riguardanti la decompilazione o alle eccezioni di cui alla presente direttiva relative alla possibilità di fare una copia di riserva o all’osservazione, studio o sperimentazione del funzionamento di un programma dovrebbe essere considerata nulla. (17) Le disposizioni della presente direttiva non ostano all'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato se un fornitore in posizione dominante rifiuta di mettere a disposizione l'informazione necessaria all'interoperatività, quale definita nella presente direttiva. (18) Le disposizioni della presente direttiva non ostano a specifiche norme del diritto comunitario già in vigore per quanto riguarda la pubblicazione delle interfacce nel settore delle telecomunicazioni né a decisioni del Consiglio relative alla normalizzazione nel campo delle tecnologie dell'informazione e delle telecomunicazioni. (19) La presente direttiva non pregiudica le deroghe previste dalle normative nazionali, in virtù della convenzione di Berna, riguardo ai punti non contemplati dalla direttiva. (20) La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione nel diritto nazionale delle direttive di cui all'allegato I, parte B, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto della tutela 1. Conformemente alle disposizioni della presente direttiva, gli Stati membri tutelano i programmi per elaboratore, mediante diritto d'autore, come opere letterarie ai sensi della convenzione di Berna sulla tutela delle opere letterarie e artistiche. Ai fini della presente direttiva, il termine «programma per elaboratore» comprende il materiale preparatorio per la progettazione di un programma. 2. La tutela ai sensi della presente direttiva si applica a qualsiasi forma di espressione di un programma per elaboratore. Le idee e i principi alla base di qualsiasi elemento di un programma per elaboratore, compresi quelli alla base delle sue interfacce, non sono tutelati dal diritto d'autore a norma della presente direttiva. 3. Un programma per elaboratore è tutelato se originale, ossia se è il risultato della creazione intellettuale dell'autore. Per determinare il diritto alla tutela non sono presi in considerazione altri criteri. 4. Le disposizioni della presente direttiva si applicano anche ai programmi creati prima del 1o gennaio 1993, fatti salvi tutti gli atti conclusi e i diritti acquisiti prima di quella data. Articolo 2 Titolarità dei programmi 1. L'autore di un programma per elaboratore è la persona fisica o il gruppo di persone fisiche che ha creato il programma o, qualora la legislazione degli Stati membri lo permetta, la persona giuridica designata da tale legislazione come titolare del diritto. Qualora la legislazione di uno Stato membro riconosca le opere collettive, la persona considerata creatrice dell'opera dalla legislazione di tale Stato ne è ritenuto l'autore. 2. Allorché un programma per elaboratore è creato congiuntamente da un gruppo di persone fisiche, esse sono congiuntamente titolari dei diritti esclusivi. 3. Qualora i programmi siano creati da un lavoratore dipendente nell'esecuzione delle sue mansioni o su istruzioni del suo datore di lavoro, il datore di lavoro gode dell'esercizio esclusivo di tutti i diritti economici sul programma creato, salvo disposizioni contrattuali contrarie. Articolo 3 Beneficiari della tutela La tutela è riconosciuta a tutte le persone fisiche o giuridiche aventi i requisiti previsti dalla legislazione nazionale sul diritto di autore applicata alle opere letterarie. Articolo 4 Attività riservate 1. Fatte salve le disposizioni degli articoli 5 e 6, i diritti esclusivi del titolare, ai sensi dell'articolo 2, comprendono il diritto di effettuare o autorizzare: a) la riproduzione, permanente o temporanea, totale o parziale di un programma per elaboratore con qualsivoglia mezzo, in qualsivoglia forma. Nella misura in cui operazioni come il caricamento, la visualizzazione, l'esecuzione, la trasmissione o la memorizzazione del programma per elaboratore richiedono una riproduzione, tali operazioni devono essere sottoposte ad autorizzazione da parte del titolare del diritto; b) la traduzione, l'adattamento, l'adeguamento e ogni altra modifica di un programma per elaboratore e la riproduzione del programma che ne risulti, fatti salvi i diritti della persona che modifica il programma; c) qualsiasi forma di distribuzione al pubblico, compresa la locazione, del programma per elaboratore originale e di copie dello stesso. 2. La prima vendita della copia di un programma nella Comunità da parte del titolare del diritto o con il suo consenso esaurisce il diritto di distribuzione della copia all'interno della Comunità, ad eccezione del diritto di controllare l'ulteriore locazione del programma o di una copia dello stesso. Articolo 5 Deroghe relative alle attività riservate 1. Salvo disposizioni contrattuali specifiche, non sono soggetti all'autorizzazione del titolare del diritto gli atti indicati nell'articolo 4, paragrafo 1, lettere a) e b), allorché tali atti sono necessari per un uso del programma per elaboratore conforme alla sua destinazione, da parte del legittimo acquirente, nonché per la correzione di errori. 2. Il contratto non può impedire che una persona abilitata a usare il programma faccia una copia di riserva qualora tale uso lo richieda. 3. La persona che ha il diritto di utilizzare una copia di un programma può, senza chiederne l'autorizzazione al titolare del diritto, osservare, studiare o sperimentare il funzionamento del programma, allo scopo di determinare le idee e i principi su cui è basato ogni elemento del programma, quando essa effettua le operazioni di caricamento, visualizzazione, esecuzione, trasmissione o memorizzazione del programma che ha il diritto di effettuare. Articolo 6 Decompilazione 1. Per gli atti di riproduzione del codice e di traduzione della sua forma ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, lettere a) e b), non è necessaria l'autorizzazione del titolare dei diritti qualora l'esecuzione di tali atti al fine di modificare la forma del codice sia indispensabile per ottenere le informazioni necessarie per conseguire l'interoperabilità con altri programmi di un programma per elaboratore creato autonomamente, purché sussistano le seguenti condizioni: a) tali atti siano eseguiti dal licenziatario o da un'altra persona che abbia il diritto di utilizzare una copia del programma o, per loro conto, da una persona abilitata a tal fine; b) le informazioni necessarie per ottenere l'interoperabilità non siano già facilmente e rapidamente accessibili alle persone indicate alla lettera a); e c) gli atti in questione siano limitati alle parti del programma originale necessarie per conseguire l'interoperabilità. 2. Le disposizioni del paragrafo 1 non consentono che le informazioni ottenute in virtù della sua applicazione: a) siano utilizzate a fini diversi dalla realizzazione dell'interoperabilità del programma creato autonomamente; b) siano comunicate a terzi, fatta salva la necessità di consentire l'interoperabilità del programma creato autonomamente; c) siano utilizzate per lo sviluppo, la produzione o la commercializzazione di un programma sostanzialmente simile nella sua espressione, o per ogni altro atto che violi il diritto di autore. 3. Conformemente alla convenzione di Berna sulla tutela delle opere letterarie e artistiche, le disposizioni del presente articolo non possono essere interpretate in modo da consentire che la loro applicazione arrechi indebitamente pregiudizio agli interessi legittimi del titolare del diritto o entri in conflitto con il normale impiego del programma. Articolo 7 Misure speciali di tutela 1. Fatte salve le disposizioni degli articoli 4, 5 e 6, gli Stati membri stabiliscono, conformemente alle legislazioni nazionali, appropriate misure nei confronti della persona che compie uno degli atti seguenti: a) ogni atto di messa in circolazione di una copia di un programma per elaboratore da parte di chi sappia o abbia motivo di ritenere che si tratta di copia illecita; b) la detenzione a scopo commerciale di una copia di un programma per elaboratore da parte di chi sappia o abbia motivo di ritenere che si tratta di copia illecita; c) ogni atto di messa in circolazione, o la detenzione a scopo commerciale, di qualsiasi mezzo unicamente inteso a facilitare la rimozione non autorizzata o l'elusione di dispositivi tecnici eventualmente applicati a protezione di un programma. 2. Ogni copia illecita di un programma per elaboratore è passibile di sequestro, conformemente alla legislazione dello Stato membro interessato. 3. Gli Stati membri possono prevedere il sequestro di qualsiasi mezzo contemplato dal paragrafo 1, lettera c). Articolo 8 Applicazione continuata di altre disposizioni giuridiche Le disposizioni della presente direttiva non ostano all'applicazione di altre eventuali disposizioni giuridiche come quelle in materia di diritti brevettuali, marchi commerciali, concorrenza sleale, segreto industriale, tutela dei prodotti che incorporano semiconduttori, nonché in materia di diritto contrattuale. Qualsiasi disposizione contrattuale non conforme all'articolo 6 o alle eccezioni di cui all'articolo 5, paragrafi 2 e 3 è nulla. Articolo 9 Comunicazione Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno adottate nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 10 Abrogazione La direttiva 91/250/CEE, modificata dalla direttiva di cui all'allegato I, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione indicati all'allegato I, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all'allegato II. Articolo 11 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 12 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente P. NEČAS (1) GU C 204 del 9.8.2008, pag. 24. (2) Parere del Parlamento europeo del 17 giugno 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 23 marzo 2009. (3) GU L 122 del 17.5.1991, pag. 42. (4) Cfr. allegato I, parte A. ALLEGATO I PARTE A Direttiva abrogata e relativa modifica (di cui all’articolo 10) Direttiva 91/250/CEE del Consiglio (GU L 122 del 17.5.1991, pag. 42) Direttiva 93/98/CEE del Consiglio (GU L 290 del 24.11.1993, pag. 9) limitatamente all’articolo 11, paragrafo 1 PARTE B Elenco dei termini di attuazione nel diritto nazionale (di cui all’articolo 10) Direttiva Termine di attuazione 91/250/CEE 31 dicembre 1992 93/98/CEE 30 giugno 1995 ALLEGATO II Tavola di concordanza Direttiva 91/250/CEE Presente direttiva Articolo 1, paragrafi 1, 2 e 3 Articolo 1, paragrafi 1, 2 e 3 Articolo 2, paragrafo 1, prima frase Articolo 2, paragrafo 1, primo comma Articolo 2, paragrafo 1, seconda frase Articolo 2, paragrafo 1, secondo comma Articolo 2, paragrafi 2 e 3 Articolo 2, paragrafi 2 e 3 Articolo 3 Articolo 3 Articolo 4, frase introduttiva Articolo 5, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 4, lettera a) Articolo 4, paragrafo 1, lettera a) Articolo 4, lettera b) Articolo 4, paragrafo 1, lettera b) Articolo 4, lettera c), prima frase Articolo 4, paragrafo 1, lettera c) Articolo 4, lettera c), seconda frase Articolo 4, paragrafo 2 Articoli 5, 6 e 7 Articoli 5, 6 e 7 Articolo 9, paragrafo 1, prima frase Articolo 8, primo comma Articolo 9, paragrafo 1, seconda frase Articolo 8, secondo comma Articolo 9, paragrafo 2 Articolo 1, paragrafo 4 Articolo 10, paragrafo 1 — Articolo 10, paragrafo 2 Articolo 9 — Articolo 10 — Articolo 11 Articolo 11 Articolo 12 — Allegato I — Allegato II
Tutela giuridica dei programmi per elaboratore QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Mira a chiarire ed eliminare le differenze esistenti nella tutela giuridica dei programmi per elaboratore nei diversi paesi dell’Unione europea (UE), onde contribuire al buon funzionamento del mercato interno. PUNTI CHIAVE I paesi dell’UE sono tenuti a tutelare i programmi per elaboratore mediante il diritto d’autore. Questi programmi devono essere protetti come opere letterarie ai sensi della Convenzione di Berna sulla tutela delle opere letterarie e artistiche. I programmi per elaboratore comprendono il materiale preparatorio per la loro progettazione. Ambito di applicazione La tutela ai sensi della presente direttiva si applica: a qualsiasi forma di espressione di un programma per elaboratore, ma non alle idee e ai principi su cui si basa un programma per elaboratore o qualsiasi elemento in esso contenuto; a un programma per elaboratore originale in quanto risultato della creazione intellettuale dell’autore; ai programmi per elaboratore creati prima del 1o gennaio 1993, fatti salvi gli eventuali atti conclusi e i diritti acquisiti anteriormente a tale data. Titolarità L’autore di un programma per elaboratore è la persona fisica o il gruppo di persone fisiche che ha creato il programma o, qualora la legislazione nazionale lo permetta, una persona giuridica, ovvero una società o altra entità giuridica. Allorché un programma è creato congiuntamente da un gruppo di persone, esse sono congiuntamente titolari dei diritti esclusivi. Qualora il programma sia creato da un lavoratore dipendente nell’ambito delle sue mansioni su istruzioni del suo datore di lavoro, il datore di lavoro gode dell’esercizio esclusivo di tutti i diritti economici sul programma creato. Diritti esclusivi del titolare Il titolare dei diritti di un programma per elaboratore può effettuare o autorizzare: la riproduzione, permanente o temporanea, totale o parziale, del programma; la traduzione, l’adattamento, l’adeguamento e ogni altra modifica del programma; la distribuzione del programma. Limitazioni ai diritti esclusivi del titolare (senza bisogno di previa autorizzazione del titolare dei diritti) Un legittimo acquirente di un programma può riprodurre, tradurre, adattare, organizzare o modificare il programma, nella misura in cui ciò sia necessario per utilizzare il programma in conformità alla sua destinazione. La persona che ha il diritto di utilizzare un programma per elaboratore può farne una copia di riserva qualora tale uso lo richieda. Detta persona può altresì osservare, studiare o sperimentare il funzionamento del programma, allo scopo di determinare le idee e i principi su cui è basato qualsiasi elemento del programma. Decompilazione * La previa autorizzazione del titolare dei diritti non è necessaria qualora la riproduzione del codice o la traduzione della sua forma sia indispensabile per ottenere le informazioni necessarie per conseguire l’interoperabilità * con altri programmi di un nuovo programma per elaboratore. Si applicano le seguenti condizioni: tali atti sono eseguiti dal licenziatario o da un’altra persona che ha il diritto di utilizzare una copia del programma; le informazioni necessarie per ottenere l’interoperabilità non sono già facilmente e rapidamente accessibili; gli atti in questione sono limitati alle parti del programma originale necessarie per conseguire l’interoperabilità. Misure speciali di tutela I paesi dell’UE stabiliscono appropriate misure nei confronti della persona che compie uno degli atti seguenti: messa in circolazione di una copia illecita di un programma per elaboratore; detenzione a scopo commerciale di una copia del programma; messa in circolazione a scopo commerciale di qualsiasi mezzo unicamente inteso a facilitare la rimozione non autorizzata o l’elusione di dispositivi tecnici a protezione del programma. Ogni copia illecita di un programma per elaboratore è passibile di sequestro conformemente alle disposizioni nazionali dei paesi dell’UE. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? È in vigore dal 25 maggio 2009. I paesi dell’UE dovevano integrarla nel proprio diritto nazionale entro il 31 dicembre 1992, ossia la data indicata nella direttiva 91/250/CEE, codificata dalla direttiva 2009/24/CE. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare: Tutela dei programmi per elaboratore. * TERMINI CHIAVE Decompilazione: la conversione del codice di programma in un linguaggio di programmazione di livello superiore che può essere letto da un essere umano. Interoperabilità: la capacità di un sistema o di un prodotto di lavorare con altri sistemi o prodotti senza la necessità di ulteriori interventi da parte del consumatore. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2009/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore (versione codificata) (GU L 111 del 5.5.2009, pag. 16-22)
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DECISIONE DELLA COMMISSIONE del 29 ottobre 2004 che istituisce il centro tecnico-scientifico europeo (CTSE) e prevede il coordinamento delle azioni tecniche al fine di proteggere le monete in euro contro la falsificazione (2005/37/CE) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 211, vista la decisione 2003/861/CE del Consiglio, dell’8 dicembre 2003, relativa all'analisi e alla cooperazione in materia di falsificazione delle monete in euro (1), e vista la decisione 2003/862/CE del Consiglio, dell'8 dicembre 2003, che estende agli Stati membri che non hanno adottato l'euro quale moneta unica gli effetti della decisione 2003/861/CE relativa all'analisi e alla cooperazione in materia di falsificazione delle monete in euro (2), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001, che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazione (3), in particolare l’articolo 5, prevede che l'analisi tecnica e la classificazione delle monete metalliche false denominate in euro siano effettuate dai Centri nazionali di analisi delle monete (CNAC) di ciascuno Stato membro e dal Centro tecnico-scientifico europeo (CTSE). Il regolamento (CE) n. 1339/2001 del Consiglio (4) estende agli Stati membri che non hanno adottato l'euro quale moneta unica l’applicazione degli articoli da 1 a 11 del regolamento (CE) n. 1338/2001. (2) Dall’ottobre 2001 il CTSE esercita provvisoriamente le sue attività presso la zecca di Parigi beneficiando della struttura e dell’assistenza amministrativa della Commissione, come stabilito negli scambi di corrispondenza tra il presidente del Consiglio e il ministro francese delle Finanze avvenuti il 28 febbraio e il 9 giugno 2000. (3) Il CTSE contribuisce alla realizzazione degli obiettivi del programma «Pericle», conformemente alla decisione 2001/923/CE del Consiglio, del 17 dicembre 2001, che istituisce un programma di azione in materia di scambi, assistenza e formazione per la protezione dell'euro contro la contraffazione monetaria (5), e alla decisione 2001/924/CE che estende gli effetti della decisione che istituisce un programma d'azione in materia di scambi, assistenza e formazione per la protezione dell'euro contro la contraffazione monetaria (programma «Pericle») agli Stati membri che non hanno adottato l'euro come moneta unica (6). (4) Ai sensi dell’articolo 1 della decisione 2003/861/CE, la Commissione provvede ad istituire il Centro tecnico-scientifico europeo e a garantire il suo funzionamento, nonché a coordinare le attività delle autorità tecniche competenti per proteggere le monete in euro contro la falsificazione. L’articolo 1 della decisione 2003/862/CE stabilisce che la decisione 2003/861/CE sia estesa agli Stati membri che non hanno adottato l'euro quale moneta unica. (5) Con una lettera del ministro delle Finanze del 6 settembre 2004 le autorità francesi si sono impegnate a mantenere l’attuale suddivisione dei costi tra la zecca di Parigi e la Commissione. In uno scambio di corrispondenza tra il membro della Commissione incaricato della lotta antifrode e il ministro francese delle Finanze, relativamente all’istituzione permanente del CTSE per l’analisi e la classificazione delle falsificazioni delle monete in euro, saranno riportati i principi di organizzazione del CTSE emanati in occasione dell’esercizio, a titolo provvisorio, da parte del CTSE delle sue attività presso la zecca di Parigi, come stabilito nello scambio di corrispondenza tra la presidenza del Consiglio e il ministro francese delle Finanze del 28 febbraio e 9 giugno 2000. (6) È necessario che il Comitato economico e finanziario (CEF), la Banca centrale europea, Europol e le autorità nazionali competenti continuino ad essere informati con regolarità delle attività del CTSE e della situazione relativa alla falsificazione delle monete in euro. (7) È opportuno quindi istituire il CTSE nell'ambito della Commissione a Bruxelles, come organo facente capo all’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF). (8) Il coordinamento da parte della Commissione delle azioni condotte da tutte le autorità tecniche competenti al fine di proteggere le monete in euro dalla falsificazione comprende i metodi d’analisi delle false monete in euro, lo studio dei nuovi casi di false monete e la valutazione delle conseguenze, lo scambio reciproco di informazioni sulle attività dei CNAC e del CTSE, la comunicazione esterna in materia di monete false, l'individuazione delle monete false con le apparecchiature per il trattamento delle monete, nonché lo studio di tutti i problemi tecnici in materia in monete false. (9) Tale coordinamento richiede la prosecuzione, in seno al Comitato consultivo per il coordinamento nel settore della lotta contro le frodi (7), dei lavori del gruppo di esperti sulla falsificazione delle monete, composto dai responsabili dei CNAC e del CTSE che la Commissione amministra e presiede, assicurando al tempo stesso la trasmissione regolare di informazioni al CEF. (10) Al fine di attuare le decisioni 2003/861/CE e 2003/862/CE, DECIDE: Articolo 1 È istituito il centro tecnico-scientifico europeo (CTSE) nell’ambito della Commissione a Bruxelles; esso fa capo all’OLAF. Articolo 2 Il CTSE analizza e classifica tutti i nuovi tipi di monete false, come stabilito all’articolo 5 del regolamento (CE) 1338/2001. Esso contribuisce al conseguimento degli obiettivi del programma d'azione comunitaria «Pericle», conformemente all’articolo 4 della decisione 2001/923/CE. Il CTSE presta assistenza ai Centri nazionali di analisi delle monete (CNAC) e alle autorità di polizia; esso collabora con le autorità competenti al fine di analizzare le monete in euro false e di rafforzare la protezione. Articolo 3 I principi di organizzazione del CTSE sono i seguenti: — ai fini dell'analisi delle monete, la Commissione può distaccare membri del suo personale presso la zecca di Parigi per utilizzarne le attrezzature, — per adempiere alla sua missione, il CTSE si serve del personale e del materiale del Centro nazionale di analisi delle monete francese e del laboratorio della zecca di Parigi, situati a Pessac. Le autorità francesi mettono a disposizione del CTSE in via prioritaria il personale e il materiale adatti, — conformemente ai regolamenti finanziari applicabili, la parte di spese imputabile ai compiti del CTSE è a carico del bilancio generale delle Comunità europee. Dato che la Francia mette a disposizione il personale, i locali e il materiale suddetti e si incarica della loro manutenzione, il bilancio delle Comunità copre il trattamento degli agenti della Commissione, le spese di viaggio e diverse spese correnti di modesta entità. L’OLAF è incaricato di definire, in collaborazione con la zecca di Parigi, il regolamento delle modalità amministrative del CTSE. Articolo 4 La Commissione coordina le azioni necessarie per la protezione delle monete in euro contro la falsificazione attraverso riunioni periodiche di esperti sulla falsificazione delle monete. Il Comitato economico e finanziario, la Banca centrale europea, Europol e le autorità nazionali competenti sono informati con regolarità delle attività del CTSE e della situazione relativa alla falsificazione delle monete. Fatto a Bruxelles, il 29 ottobre 2004. Per la Commissione Michaele SCHREYER Membro della Commissione (1) GU L 325 del 12.12.2003, pag. 44. (2) GU L 325 del 12.12.2003, pag. 45. (3) GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6. (4) GU L 181 del 4.7.2001, pag. 11. (5) GU L 339 del 21.12.2001, pag. 50. (6) GU L 339 del 21.12.2001, pag. 55. (7) Decisione della Commissione 94/140/CE (GU L 61 del 4.3.1994, pag. 27).
Proteggere l’euro contro la falsificazione - Centro tecnico-scientifico europeo QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? La decisione 2005/37/CE istituisce il Centro tecnico-scientifico europeo (CTSE) nell’ambito della Commissione europea a Bruxelles. Originariamente legato all’Ufficio europeo per la lotta antifrode, l’emendamento della decisione (UE) 2017/1507 istituisce il CTSE nell’ambito della direzione generale Affari economici e finanziari DG ECFIN (si veda la sintesi). Il ruolo del CTSE è quello di proteggere le monete in euro contro la falsificazione. A questo scopo, analizza e classifica le falsificazioni delle monete in euro e presta assistenza alle autorità nazionali degli Stati membri dell’Unione europea. PUNTI CHIAVE Compiti del centro Il CTSE:analizza e classifica ogni nuovo tipo di falsificazione delle monete in euro in conformità con il regolamento (CE) n. 1338/2001 concernente la protezione dell’euro contro la falsificazione (si veda la sintesi); contribuisce al conseguimento degli obiettivi del programma Pericle; svolge alcuni compiti ai sensi dei regolamenti (UE) n. 1210/2010, che definisce le misure per il controllo dell’autenticità delle monete in euro (si veda la sintesi), e (CE) n. 2182/2004, che riguarda medaglie e gettoni simili alle monete in euro (si veda la sintesi); presta assistenza ai centri nazionali di analisi delle monete e alle autorità di polizia nello svolgimento dei loro compiti e collabora con le autorità competenti al fine di analizzare le monete in euro false e di rafforzare la protezione.Per l’analisi tecnica e scientifica delle monete false in euro il CTSE si può servire del personale e delle strutture messi a disposizione dalla zecca francese, in particolare del suo laboratorio. Attività di coordinamento e di informazioneLa Commissione coordina le azioni delle autorità tecniche competenti per la protezione delle monete in euro, in particolare attraverso riunione regolari del gruppo di esperti sulla falsificazione delle monete. Presieduto dalla Commissione, tale gruppo consente la condivisione delle diverse esperienze e competenze tecniche degli Stati membri in relazione alla falsificazione di monete in euro e permette il coordinamento delle azioni tecniche necessarie per proteggere l’euro.Il comitato economico e finanziario, la Banca centrale europea, l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto e le autorità nazionali competenti vengono regolarmente aggiornati sulle attività del centro e sulla situazione della falsificazione delle monete. Autenticazione delle monete in euroIl regolamento (UE) n. 1210/2010 introduce norme e procedure comuni nell’ambito dell’area euro per quanto attiene l’autenticità delle monete in euro in circolazione (processo di autenticazione) e per il trattamento e il rimborso di quelle non adatte alla circolazione. Stabilisce che il CTSE sia responsabile della definizione, tra l’altro, di:specifiche tecniche per i test delle apparecchiature il trattamento delle monete impiegate per verificare l’autenticità delle monete in euro;prassi di formazione per il personale incaricato di verificare le monete in euro;Il periodo di validità delle relazioni sui test;informazioni contenute nell’elenco, pubblicato sul sito Internet della Commissione, delle apparecchiature per il trattamento delle monete che hanno superato un test di individuazione;linee guida per controlli annuali sul posto della capacità dei soggetto che operano con il contante di autenticare le monete in euro;norme per correggere la non conformità al regolamento da parte delle apparecchiature per il trattamento delle monete. Le decisioni 2003/861/CE e 2003/862/CE prevedono l’istituzione, da parte della Commissione, del CTSE e del suo funzionamento nell’area dell’euro e negli Stati membri non appartenenti all’area dell’euro, rispettivamente. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? La decisione 2005/37/UE si applica dal 10 febbraio 2005. La decisione di modifica (UE) 2017/1507 è in vigore dal 18 settembre 2017. CONTESTO Per maggiori informazioni, si veda:Il Centro tecnico-scientifico europeo (CTSE) (Commissione europea) DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2005/37/CE della Commissione, del 29 ottobre 2004, che istituisce il centro tecnico-scientifico europeo (CTSE) e prevede il coordinamento delle azioni tecniche al fine di proteggere le monete in euro contro la falsificazione (GU L 19 del 21.1.2005, pag. 73). Le modifiche successive alla decisione 2005/37/CE sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Decisione della Commissione, del 19 ottobre 2015, che istituisce il gruppo di esperti sulla falsificazione delle monete nell’ambito della politica della Commissione e della regolamentazione in materia di protezione delle monete in euro contro la falsificazione (GU L 347 del 20.10.2015, pag. 4). Regolamento (UE) n. 1210/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2010, relativo all’autenticazione delle monete in euro e al trattamento delle monete non adatte alla circolazione (GU L 339 del 22.12.2010, pag. 1). Regolamento (CE) n. 2182/2004 del Consiglio, del 6 dicembre 2004, relativo a medaglie e gettoni simili alle monete metalliche in euro (GU L 373 del 21.12.2004, pag. 1). Si veda la versione consolidata. Decisione 2003/861/CE del Consiglio, dell’8 dicembre 2003, relativa all’analisi e alla cooperazione in materia di falsificazione delle monete in euro (GU L 325 del 12.12.2003, pag. 44). Decisione 2003/862/CE del Consiglio, dell’8 dicembre 2003, che estende agli Stati membri che non hanno adottato l’euro quale moneta unica gli effetti della decisione 2003/861/CE relativa all’analisi e alla cooperazione in materia di falsificazione delle monete in euro (GU L 325 del 12.12.2003, pag. 45). Regolamento (UE) n. 1338/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001, che definisce talune misure necessarie alla protezione dell’euro contro la falsificazione (GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6). Si veda la versione consolidata.
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31987R2658
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Regolamento (CEE) n. 2658/87 del 23 luglio 1987 relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune Gazzetta ufficiale n. L 256 del 07/09/1987 pag. 0001 - 0675 edizione speciale finlandese: capitolo 11 tomo 13 pag. 0022 edizione speciale svedese/ capitolo 11 tomo 13 pag. 0022 I (Atti per i quali la pubblicazione è una condizione di applicabilità) REGOLAMENTO (CEE) N. 2658/87 DEL CONSIGLIO del 23 luglio 1987 relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comuneIL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare gli articoli 28, 43, 113 e 235, visto l'atto di adesione della Spagna e del Portogallo, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che la Comunità economica europea è fondata su un'unione doganale che prevede una tariffa doganale comune; considerando che il sistema ottimale per effettuare la raccolta e lo scambio di dati relativi alle statistiche del commercio estero della Comunità consiste nell'utilizzazione di una nomenclatura combinata che sostituisca le attuali nomenclature della tariffa doganale comune e della Nimexe per soddisfare nel contempo le esigenze tariffarie e quelle statistiche; considerando che la Comunità è firmataria della convenzione internazionale sul sistema armonizzato di designazione e codificazione delle merci, detto « sistema armonizzato », destinato a sostituire la convenzione del 15 dicembre 1950 sulla nomenclatura per la classificazione delle merci nelle tariffe doganali; che, pertanto, detta nomenclatura combinata deve essere basata sul sistema armonizzato; considerando che è opportuno permettere che Stati membri creino suddivisioni statistiche nazionali; considerando che talune misure comunitarie specifiche non possono essere prese in considerazione nel quadro della nomenclatura combinata; che è pertanto necessario creare suddivisioni comunitarie complementari da riprendere in una tariffa integrata delle Comunità europee (Taric); che la gestione efficace della Taric impone un aggiornamento immediato attraverso un adeguato sistema; che è pertanto necessario che la Commissione sia abilitata a gestire essa stessa la Taric; considerando che, per quanto riguarda la Spagna e il Portogallo, lo schema della Taric non potrà essere uguale a quello degli altri Stati membri, in ragione delle misure transitorie in materia tariffaria previste dall'atto di adesione; che è pertanto opportuno prevedere che questi due Stati membri siano autorizzati a non applicare la Taric nel corso dei periodi di applicazione di tali misure transitorie; considerando che è opportuno prevedere che gli Stati membri possano utilizzare, a partire dalle sottovoci Taric, suddivisioni supplementari rispondenti a bisogni nazionali; che dette suddivisioni devono comportare codici numerici appropriati, conformemente alle disposizioni del regolamento (CEE) n. 2793/86 della Commissione, del 22 luglio 1986, che stabilisce i codici da utilizzare per la compilazione dei formulari di cui ai regolamenti (CEE) n. 678/85, (CEE) n. 1900/85 e (CEE) n. 222/77 (X); considerando che è indispensabile che la nomenclatura combinata e tutte le altre nomenclature che la ripren dono in tutto o in parte o aggiungendovi suddivisioni vengano applicate in modo uniforme da tutti gli Stati membri; che a tal fine opportune disposizioni devono essere adottate sul piano comunitario; che d'altra parte, le disposizioni comunitarie volte ad assicurare l'applicazione uniforme della tariffa doganale comune sono applicabili, ai sensi della decisione 86/98/CECA (1), ai prodotti contemplati nel trattato CECA; considerando che l'elaborazione e l'applicazione di tali disposizioni richiedono una stretta collaborazione tra gli Stati membri e la Commissione; che la messa in applicazione di dette disposizioni deve avvenire in modo rapido, considerate le gravi conseguenze economiche che potrebbe comportare ogni ritardo in materia; considerando che, al fine di assicurare l'applicazione uniforme della nomenclatura combinata, è necessario che la Commissione sia assistita da un comitato responsabile di tutte le questioni relative a detta nomenclatura, alla Taric e a qualsiasi altra nomenclatura basata sulla nomenclatura combinata; che detto comitato deve poter funzionare il più presto possibile, prima della data di applicazione della nomenclatura combinata; considerando che, per definire la portata della nomenclatura combinata, è necessario prevedere le opportune disposizioni preliminari, note complementari di sezioni o di capitoli e note a piè di pagina; considerando che formano parte della tariffa doganale comune non soltanto le aliquote dei dazi convenzionali e autonomi e gli altri relativi elementi di percezione fissati all'allegato I del presente regolamento sulla base della nomenclatura combinata, ma anche le misure tariffarie contenute nella Taric e in altre disposizioni comunitarie; considerando che per la fissazione delle aliquote dei dazi convenzionali occorre tener conto dei negoziati in seno al GATT; considerando che il passaggio dalla vecchia nomenclatura alla nomenclatura combinata può implicare difficoltà nell'applicazione delle regole di origine relative a taluni regime preferenziali, in particolare nel caso in cui il paese terzo interessato non abbia aderito al sistema armonizzato; che pertanto occorre prevedere misure appropriate tendenti ad evitare tali difficoltà; considerando che, benché la nomenclatura e le aliquote dei dazi relative ai prodotti contemplati nel trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio non formino parte della tariffa doganale comune, è tuttavia opportuno far figurare, a titolo indicativo, nel presente regolamento, i dazi convenzionali relativi a tali prodotti; considerando che, con l'instaurazione della nomenclature combinata, numerosi atti comunitari, in particolare nel settore della politica agricola comune, devono essere adattati per tener conto dell'utilizzazione di detta nomenclatura; che tali adattamenti non implicano in generale alcuna modifica sostanziale; che per esigenze di semplificazione, occorre prevedere che la Commissione possa apportare direttamente gli adattamenti tecnici necessari agli atti in questione; considerando che l'entrata in vigore del presente regolamento implica l'abrogazione del regolamento (CEE) n. 950/68 del Consiglio, del 28 giugno 1968, relativo alla tariffa doganale comune (2) e del regolamento (CEE) n. 97/69 del Consiglio, del 16 gennaio 1969, relativo alle misure da adottare per l'applicazione uniforme della nomenclatura della tariffa doganale comune (3), modificato da ultimo dal regolamento (CEE) n. 2055/84 (X), HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO : Articolo 1 1. È instaurata una nomenclatura delle merci, denominata in appresso « nomenclatura combinata » o in forma abbreviata « NC », che risponde nel contempo alle esigenze della tariffa doganale comune ed a quelle delle statistiche del commercio estero della Comunità. 2. La nomenclatura combinata riprende : a) la nomenclatura del sistema armonizzato; b)le suddivisioni comunitarie di detta nomenclatura, denominate « sottovoci NC » quando delle aliquote di dazi sono indicate in corrispondenza di esse; c)le disposizioni preliminari le note complementari di sezioni o di capitoli e le note a piè di pagina relative alle sottovoci NC. 3. La nomenclatura combinata è ripresa all'allegato I. Nello stesso allegato sono fissate le aliquote dei dazi autonomi e convenzionali della tariffa doganale comune, le unità supplementari statistiche e gli altri elementi richiesti. Articolo 2 Sulla base della nomenclatura combinata, la Commissione instaura una tariffa integrata delle Comunità europee, qui di seguito denominata « Taric », la quale riprende in particolare : a) le suddivisioni comunitarie complementari, denominate « sottovoci Taric », necessarie per la designazione delle merci facenti oggetto delle misure comunitarie specifiche elencate all'allegato II; b)le aliquote dei dazi doganali e gli altri elementi di percezione applicabili; c)i numeri di codice di cui all'articolo 3, paragrafi 3 e 4; d)ogni altro elemento d'informazione richiesto per l'applicazione o la gestione delle relative misure comunitarie. Articolo 3 1. Ciascuna sottovoce NC comporta un codice numerico di otto cifre : a) le prime sei cifre sono i codici numerici assegnati alle voci e sottovoci della nomenclatura del sistema armonizzato; b)la settima e l'ottava cifra identificano le sottovoci NC. Quando le voci o sottovoci del sistema armonizzato non sono ulteriormente suddivise per esigenze comunitarie, la settima e l'ottava cifra sono « 00 ». 2. La nona cifra è riservata agli Stati membri per le suddivisioni statistiche nazionali, da inserire in conformità dell'articolo 5, paragrafo 3. 3. Le sottovoci Taric sono identificate con una decima e undicesima cifra, che, unitamente ai numeri di codice indicati al paragrafo 1, formano i numeri di codice Taric. In assenza di suddivisioni comunitarie, la decima e l'undicesima cifra sono « 00 ». 4. Eccezionalmente, un codice addizionale Taric a quattro cifre, può essere utilizzato ai fini dell'applicazione delle regolamentazioni comunitarie specifiche che non sono codificate o che non sono interamente codificate alla decima e all'undicesima cifra. Articolo 4 1. La nomenclatura combinata, con le aliquote dei dazi e gli altri relativi elementi di percezione, e le misure tariffarie contenute nella Taric o in altre regolamentazioni comunitarie, costituiscono la tariffa doganale comune che è prevista all'articolo 9 del trattato e che si applica all'importazione delle merci nella Comunità. 2. La nomenclatura combinata, compresi i relativi codici numerici e, eventualmente, le unità supplementari statistiche in essa indicate, è applicata dalla Comunità e dagli Stati membri alle statistiche del commercio estero della Comunità. Articolo 5 1. La Taric è utilizzata dalla Commissione e dagli Stati membri per l'applicazione delle misure comunitarie relative alle importazioni e, eventualmente, alle esportazioni ed al commercio tra gli Stati membri. 2. I numeri di codice Taric si applicano a tutte le importazioni di merci cui si riferiscono le sottovoci corrispondenti. All'uopo essi possono essere applicati alle esportazioni ed al commercio tra gli Stati membri. 3. Gli Stati membri possono inserire, a partire dalle sottovoci NC, delle suddivisioni rispondenti ad esigenze statistiche nazionali e, a partire dalle sottovoci Taric, delle suddivisioni rispondenti ad altre esigenze nazionali. Dette suddivisioni sono corredate di codici numerici che le identificano, conformemente alle disposizioni del regolamento (CEE) n. 2793/86. 4. Gli Stati membri che utilizzano delle suddivisioni rispondenti ad esigenze nazionali diverse da quelle statistiche possono, informandone la Commissione, differire, fino al massimo al 31 dicembre 1989, l'utilizzazione delle sottovoci Taric e delle decime e undicesime cifre corrispondenti. Articolo 6 La Commissione gestisce e pubblica la Taric. Essa adotta in particolare le misure necessarie al fine di : a) integrare nella Taric le misure elencate all'allegato II; b)attribuire il numero di codice Taric; c) aggiornare la Taric; d)comunicare immediatamente agli Stati membri le modifiche alle sottovoci Taric ed ai codici numerici. Articolo 7 1. La Commissione è assistita da un comitato della nomenclatura tariffaria e statistica, denominato « comitato della nomenclatura », ed in appresso « comitato », composto da rappresentanti degli Stati membri e presieduto da un rappresentante della Commissione. 2. Il comitato adotta il proprio regolamento interno. Articolo 8 Il comitato può esaminare qualsiasi questione sottopostagli dal suo presidente, sia su iniziativa di questi, sia su iniziativa del rappresentante di uno Stato membro : a) relativa alla nomenclatura combinata; b)relativa alla nomenclatura della Taric e a qualsiasi altra nomenclatura che riprende la nomenclatura combinata, in tutto o in parte o aggiungendovi eventualmente suddivisioni, e che sia instaurata da regolamentazioni comunitarie specifiche per l'applicazione delle misure tariffarie o di altra natura nel quadro degli scambi di merci. Articolo 9 1. Le misure relative alle seguenti materie sono adottate in base alla procedura prevista all'articolo 10 : a) applicazione della nomenclatura combinata e della Taric, con particolare riguardo : - alla classifica delle merci nelle nomenclature di cui all'articolo 8, -alle note esplicative; b)modifiche della nomenclatura combinata per tener conto dell'evoluzione dei bisogni in materia di statistiche o di politica commerciale; c)modifiche dell'allegato II; d)modifiche della nomenclatura combinata e adeguamenti dei dazi conformemente alle decisioni adottate dal Consiglio o dalla Commissione; e)modifiche della nomenclatura combinata intese ad adeguarla all'evoluzione tecnologica o commerciale o ad armonizzare ed esplicitare i testi; f)modifiche della nomenclatura combinata, risultanti dagli emendamenti della nomenclatura del sistema armonizzato; g)questioni relative all'applicazione, al funzionamento ed alla gestione del sistema armonizzato, destinate ad essere discusse nell'ambito del Consiglio di cooperazione doganale. 2. Le disposizioni adottate ai sensi del paragrafo 1 non possono modificare : - le aliquote dei dazi doganali; -i prelievi agricoli, le restituzioni o gli altri importi applicabili nel quadro della politica agricola comune o in quello dei regimi specifici applicabili a talune merci derivanti dalla trasformazione di prodotti agricoli; -le restrizioni quantitative stabilite in conformità delle disposizioni comunitarie; -le nomenclature adottate nel quadro della politica agricola comune. 3. Le modifiche apportate alla sottovoci NC sono, se del caso, immediatamente riprese come sottovoci Taric. Esse sono riprese nella NC unicamente alle condizioni di cui all'articolo 12. Articolo 10 1. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da prendere. Il comitato formula il proprio parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è reso alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio è chiamato a prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato viene attribuita ai voti dei rappresentanti degli Stati membri la ponderazione definita all'articolo precitato. Il presidente non partecipa alla votazione. 2. La Commissione adotta misure che sono immediatamente applicabili. Tuttavia, se tali misure non sono conformi al parere reso dal comitato, la Commissione le comunica immediatamente al Consiglio. In tal caso la Commissione può differire di tre mesi, a decorrere dalla data di tale comunicazione, l'applicazione delle misure da essa decise. 3. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può prendere una decisione diversa entro il termine di cui al paragrafo 2. Articolo 11 1. Nei casi in cui talune disposizioni comunitarie subordinino a condizioni particolari l'ammissione di una merce al beneficio di un regime tariffario favorevole all'importazione, a causa della natura o della destinazione particolare di detta merce, dette condizioni possono essere stabilite secondo la procedura di cui all'articolo 10. 2. Ai sensi del paragrafo 1, per regime tariffario favorevole si intende ogni riduzione o sospensione, anche nel quadro di un contingente tariffario, tanto di un dazio doganale o di una tassa di effetto equivalente, quanto di un prelievo agricolo o di un altro onere all'importazione previsto nell'ambito della politica agricola comune o in quello dei regimi specifici applicabili ad alcune merci derivanti dalla trasformazione di prodotti agricoli. Articolo 12 La Commissione adotta ogni anno un regolamento che riprende la versione completa della nomenclatura combinata e delle relative aliquote dei dazi autonomi e convenzionali della tariffa doganale comune, così come essa risulta dalle decisioni adottate dal Consiglio o dalla Commissione. Detto regolamento è pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee al più tardi il 31 ottobre ed è applicabile a partire dal 1° gennaio dell'anno successivo. Articolo 13 Il Regno di Spagna e la Repubblica portoghese sono autorizzati a non applicare la Taric fino al termine dei periodi di applicazione delle misure transitorie in materia tariffaria previsti dall'atto di adesione. Articolo 14 Quando una preferenza tariffaria è accordata sulla base di regole di origine fondate sulla nomenclatura del Consiglio di cooperazione doganale in vigore al 31 dicembre 1987, dette regole continuano ad essere applicate in conformità degli atti comunitari in vigore alla suddetta data. Articolo 15 1. I codici e le descrizioni delle merci stabiliti sulla base della nomenclatura combinata si sostituiscono a quelli stabiliti sulla base delle nomenclature della tariffa doganale comune e della Nimexe senza pregiudizio degli accordi internazionali conclusi dalla Comunità prima dell'entrata in vigore del presente regolamento nonché degli atti che sono stati presi per la loro applicazione e che si riferiscono alle suddette nomenclature. Gli atti comunitari che riprendono la nomenclatura tariffaria o statistica sono modificati in conseguenza dalla Commissione. 2. I riferimenti fatti alla Nimexe figuranti nei diversi atti comunitari in vigore devono intendersi come fatti alla nomenclatura combinata. Articolo 16 I regolamenti (CEE) n. 950/68 e (CEE) n. 97/69 sono abrogati. Articolo 17 Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Comunità europee. Gli articoli da 1 a 5 e da 12 a 16 sono applicabili a decorrere dal 1° gennaio 1988. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 23 luglio 1987. Per il Consiglio Il Presidente K.E. TYGESEN (1) GU n. C 154 del 12. 6. 1987, pag. 6. (2) GU n. C 190 del 20. 7. 1987. (3) Parere reso il 1° luglio 1987 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (X) GU n. L 263 del 15. 9. 1986, pag. 74. (1) GU n. L 81 del 26. 3. 1986, pag. 29. (2) GU n. L 172 del 22. 7. 1968, pag. 1. (3) GU n. L 14 del 21. 1. 1969, pag. 1. (X) GU n. L 191 del 19. 7. 1984, pag. 1.
La banca dati online della tariffa doganale integrata (TARIC) QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce le basi giuridiche per la TARIC, la tariffa integrata dell’Unione europea (UE), e introduce un sistema comune per la codificazione e la classificazione delle merci, noto come nomenclatura combinata (NC), essenziale per l’elaborazione e la pubblicazione delle statistiche del commercio dell’UE. PUNTI CHIAVE La TARIC contiene tutte le aliquote dei dazi doganali e alcune norme comunitarie applicabili al commercio estero. Non contiene informazioni relative alle imposte nazionali, come l’IVA. La NC è il risultato della fusione tra la nomenclatura della tariffa doganale comune* e la Nimexe (nomenclatura statistica dell’UE). La TARIC si basa sulla NC e comprende suddivisioni aggiuntive, denominate sottovoci TARIC, utilizzate per merci le cui aliquote dei dazi doganali vengono applicate in base all’origine o laddove si applicano altre norme di politica commerciale. Ciascuna sottovoce NC comporta un codice di otto cifre. Le prime sei cifre si riferiscono alle voci e sottovoci del sistema armonizzato, la settima e l’ottava cifra rappresentano le sottovoci NC, mentre la nona e la decima cifra rappresentano le sottovoci TARIC. L’allegato I del regolamento fissa le aliquote dei dazi e viene aggiornato regolarmente per tener conto di: modifiche concordate a livello internazionale; modifiche relative a esigenze statistiche, politica commerciale e sviluppi tecnologici e commerciali; necessità di armonizzare o esplicitare i testi. La Commissione europea pubblica e gestisce la TARIC. Essa attribuisce i numeri di codice, aggiorna la TARIC e comunica gli emendamenti ai paesi dell’UE. Le richieste di modifica della NC possono essere fatte dalla Commissione, dai paesi dell’UE o dalle federazioni commerciali europee. La Commissione adotta ogni anno un regolamento che riprende la versione completa della NC e delle aliquote dei dazi della tariffa doganale comune, prendendo in considerazione gli emendamenti del Consiglio e della Commissione. Il regolamento è pubblicato nella Gazzetta ufficiale al più tardi il 31 ottobre ed è applicabile a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo. La Commissione è assistita dal comitato del codice doganale, composto da rappresentanti dei paesi dell’UE. Il comitato è responsabile dell’esame di tutte le questioni relative alla NC, alla TARIC o ad altre nomenclature. DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? È entrato in vigore il 10 settembre 1987. CONTESTO La TARIC, la tariffa integrata dell’UE, è una banca dati che riunisce normativa commerciale e agricola e tariffe doganali. Ciò garantisce un’applicazione uniforme da parte dei paesi dell’UE e offre una chiara visione di tutte le misure che i soggetti coinvolti nell’importazione di merci all’interno dell’Unione o nell’esportazione di merci da essa devono intraprendere. Per ulteriori informazioni, fare riferimento a: TARIC (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Tariffa doganale comune: la combinazione della classificazione delle merci e delle aliquote dei dazi che si applicano a ogni classe di merci, applicabile in tutta l’UE. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CEE) n. 2658/87 del Consiglio, del 23 luglio 1987, relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica e alla tariffa doganale comune (GU L 256 del 7.9.1987, pag. 1). Le modifiche successive al regolamento (CEE) n. 2658/87 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
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32013D0233
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DECISIONE 2013/233/PESC DEL CONSIGLIO del 22 maggio 2013 sulla missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia) Il CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 28, l’articolo 42, paragrafo 4, e l’articolo 43, paragrafo 2, vista la proposta dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, considerando quanto segue: (1) Il 23 luglio 2012 il Consiglio, riconoscendo i gravi problemi di sicurezza in Libia, ha ribadito la disponibilità dell’Unione a fornire assistenza, anche attraverso la politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC), nei settori della sicurezza e della gestione delle frontiere, in stretto partenariato con le autorità libiche. (2) Il 9 gennaio 2013 il Ministro libico degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha indirizzato una lettera all’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR) nella quale accoglie con favore la proposta in ambito PSDC dell’Unione di fornire alle autorità libiche sostegno per sviluppare la capacità di accrescere la sicurezza delle frontiere libiche a breve termine e assistenza per sviluppare un concetto più ampio di gestione integrata delle frontiere a più lungo termine. (3) Il 31 gennaio 2013 il Consiglio ha approvato il concetto di gestione della crisi per una eventuale missione civile di PSDC in Libia. (4) La capacità di vigilanza dovrebbe essere attivata per la missione istituita dalla presente decisione. (5) La missione sarà condotta nel contesto di una situazione che potrebbe deteriorarsi e ostacolare il conseguimento degli obiettivi dell’azione esterna dell’Unione enunciati nell’articolo 21 del trattato sull’Unione europea (TUE), HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Missione L’Unione istituisce una missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia). Articolo 2 Obiettivi Gli obiettivi dell’EUBAM Libia sono di fornire alle autorità libiche sostegno per sviluppare la capacità di accrescere la sicurezza delle frontiere terrestri, marine e aeree libiche a breve termine e per sviluppare una strategia più ampia di gestione integrata delle frontiere a più lungo termine. Articolo 3 Compiti 1. Al fine di conseguire gli obiettivi di cui all’articolo 2 i compiti dell’l’EUBAM Libia sono: a) sostenere le autorità libiche nel rafforzare, attraverso attività di formazione e accompagnamento, i servizi di frontiera conformemente alle norme internazionali e alle migliori prassi; b) fornire consulenza alle autorità libiche in merito all’evoluzione di una strategia nazionale libica di gestione integrata delle frontiere; c) sostenere le autorità libiche nel rafforzamento delle loro capacità operative istituzionali. 2. L’EUBAM Libia non svolge alcuna funzione esecutiva. Articolo 4 Catena di comando e struttura 1. In quanto operazione di gestione delle crisi, l’EUBAM Libia dispone di una catena di comando unificata. 2. L’EUBAM Libia si compone di un comando avente sede a Tripoli. 3. L’EUBAM Libia è strutturata conformemente ai relativi documenti di pianificazione. 4. L’EUBAM Libia dispone di una capacità di progetto per individuare, pianificare e attuare i progetti. Ove opportuno e se invitata a farlo, l’EUBAM Libia può inoltre coordinare, agevolare e fornire consulenza sui progetti realizzati dagli Stati membri e da Stati terzi sotto la loro responsabilità, in settori connessi all’EUBAM Libia e a sostegno dei suoi obiettivi. Articolo 5 Comandante civile dell’operazione 1. Il direttore della capacità civile di pianificazione e condotta (CPCC) funge da comandante civile dell’operazione dell’EUBAM Libia. 2. Il comandante civile dell’operazione, sotto il controllo politico e la direzione strategica del Comitato politico e di sicurezza (CPS) e l’autorità generale dell’AR, esercita il comando e il controllo a livello strategico dell’EUBAM Libia. 3. Il comandante civile dell’operazione assicura, con riguardo alla condotta delle operazioni, l’attuazione corretta ed efficace delle decisioni del Consiglio nonché di quelle del CPS, anche impartendo le necessarie istruzioni a livello strategico al capomissione e fornendo al capomissione consulenza e sostegno tecnico. 4. Il comandante civile dell’operazione riferisce al Consiglio tramite l’AR. 5. Tutto il personale distaccato resta pienamente subordinato alle autorità nazionali dello Stato d’origine conformemente alla normativa nazionale, all’istituzione dell’Unione interessata o al Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE). Tali autorità trasferiscono al comandante civile dell’operazione il controllo operativo (OPCON) del personale, delle squadre e delle unità rispettivi. 6. Il comandante civile dell’operazione assume la responsabilità generale di assicurare che il dovere di diligenza dell’Unione sia correttamente assolto. 7. Se necessario, il comandante civile dell’operazione, il rappresentante speciale dell’Unione europea (RSUE) per la regione del Mediterraneo meridionale, il capo delegazione dell’Unione in Libia e il capomissione dell’EUBAM Libia si consultano reciprocamente. Articolo 6 Capomissione 1. Il capomissione assume la responsabilità ed esercita il comando e il controllo dell’EUBAM Libia a livello di teatro delle operazioni e risponde direttamente al comandante civile dell’operazione. 2. Il capomissione esercita il comando e il controllo del personale, delle squadre e delle unità degli Stati contributori assegnati dal comandante civile dell’operazione, unitamente alla responsabilità amministrativa e logistica che si estende anche ai mezzi, alle risorse e alle informazioni messi a disposizione dell’EUBAM Libia. 3. Il capomissione impartisce istruzioni a tutto il personale dell’EUBAM Libia, inclusi la componente di sostegno a Bruxelles e gli ufficiali di collegamento regionali, se del caso, per la condotta efficace dell’EUBAM Libia nel teatro delle operazioni, assumendone il coordinamento e la gestione quotidiana secondo le istruzioni a livello strategico del comandante civile dell’operazione. 4. Il capomissione è responsabile dell’esecuzione del bilancio dell’EUBAM Libia. A tal fine il capomissione sottoscrive un contratto con la Commissione. 5. Il capomissione è responsabile del controllo disciplinare sul personale. Per quanto concerne il personale distaccato, i poteri disciplinari sono esercitati dall’autorità nazionale conformemente alla normativa nazionale, dall’istituzione dell’Unione interessata o dal SEAE. 6. Il capomissione rappresenta l’EUBAM Libia nell’area delle operazioni e assicura un’adeguata visibilità dell’EUBAM Libia. 7. Il capomissione assicura il coordinamento sul terreno, ove opportuno, con altri attori dell’Unione. Fatta salva la catena di comando, il capomissione riceve orientamento politico locale dal RSUE per la regione del Mediterraneo meridionale, in consultazione con il capo delegazione dell’Unione in Libia. 8. Nell’ambito della capacità di progetto, il capomissione è autorizzato a far ricorso ai contributi finanziari degli Stati membri o di Stati terzi per l’attuazione di progetti individuati che completino in modo coerente le altre azioni dell’EUBAM Libia, se il progetto è: a) previsto nella scheda di incidenza sul bilancio relativa alla presente decisione; o b) incluso nel corso dell’EUBAM Libia nella scheda di incidenza sul bilancio su richiesta del capomissione. In tal caso il capomissione conclude un accordo con gli Stati interessati, riguardante in particolare le procedure specifiche concernenti la risposta a qualsiasi azione emanante da terzi riguardante danni subiti a causa di atti od omissioni del capomissione nell’utilizzo dei fondi messi a sua disposizione dagli Stati contributori. Né l’Unione né l’AR sono in alcun caso ritenuti responsabili dagli Stati contributori per atti od omissioni del capomissione nell’utilizzo dei fondi forniti dagli Stati contributori. Articolo 7 Personale 1. L’EUBAM Libia è costituita essenzialmente da personale distaccato dagli Stati membri, dalle istituzioni dell’Unione o dal SEAE. 2. Ogni Stato membro, l’istituzione dell’Unione o il SEAE sostengono i costi connessi con ciascun membro del personale che hanno distaccato, incluse le spese di viaggio per e dal luogo di schieramento, gli stipendi, la copertura sanitaria e le indennità diverse da quelle giornaliere. 3. Ogni Stato membro, l’istituzione dell’Unione e il SEAE sono competenti per eventuali azioni connesse al distacco, proposte dal membro del personale da essi distaccato o che lo riguardano, nonché a proporre eventuali azioni nei confronti di tale persona. 4. L’EUBAM Libia può altresì assumere personale internazionale o locale su base contrattuale se le mansioni richieste non possono essere fornite da personale distaccato dagli Stati membri, dalle istituzioni dell’Unione o dal SEAE. In via eccezionale, in casi debitamente giustificati, laddove non siano disponibili candidati qualificati provenienti dagli Stati membri, i cittadini degli Stati terzi partecipanti possono essere assunti su base contrattuale, ove opportuno. 5. Le condizioni d’impiego nonché i diritti e gli obblighi del personale internazionale e del personale locale sono stabiliti nei contratti conclusi tra il capomissione e tale personale. Articolo 8 Status dell’EUBAM Libia e del relativo personale Lo status dell’EUBAM Libia e del relativo personale, compresi, se del caso, i privilegi, le immunità e le altre garanzie necessarie ai fini del compimento e del buon funzionamento della missione stessa, è oggetto di un accordo concluso ai sensi dell’articolo 37 TUE e secondo la procedura di cui all’articolo 218 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Articolo 9 Controllo politico e direzione strategica 1. Il CPS, sotto la responsabilità del Consiglio e dell’AR, esercita il controllo politico e la direzione strategica dell’EUBAM Libia. Il Consiglio autorizza il CPS ad assumere le decisioni all’uopo pertinenti a norma dell’articolo 38, terzo comma, TUE. Tale autorizzazione include le competenze necessarie per nominare un capomissione, su proposta dell’AR, e di modificare il concetto operativo Plus (CONOPS Plus) e il piano operativo (OPLAN). Le competenze decisionali riguardanti gli obiettivi e la conclusione dell’EUBAM Libia restano attribuite al Consiglio. 2. Il CPS riferisce periodicamente al Consiglio. 3. Il CPS riceve periodicamente e secondo necessità relazioni dal comandante civile dell’operazione e dal capomissione sulle questioni di loro competenza. Articolo 10 Partecipazione di Stati terzi 1. Fatti salvi l’autonomia decisionale dell’Unione e il suo quadro istituzionale unico, Stati terzi possono essere invitati a contribuire all’EUBAM Libia, a condizione che sostengano i costi relativi al distacco del loro personale, inclusi gli stipendi, l’assicurazione che copre tutti i rischi, le indennità giornaliere e le spese di viaggio per e dalla Libia, e contribuiscano, ove opportuno, ai costi operativi dell’EUBAM Libia. 2. Gli Stati terzi che contribuiscono all’EUBAM Libia hanno diritti e obblighi identici, in termini di gestione quotidiana della missione stessa, a quelli degli Stati membri che prendono parte all’EUBAM Libia. 3. Il Consiglio autorizza il CPS a prendere le decisioni pertinenti in merito all’accettazione dei contributi proposti e a istituire un comitato dei contributori. 4. Le modalità particolareggiate concernenti la partecipazione degli Stati terzi sono oggetto di accordi conclusi a norma dell’articolo 37 TUE e, se necessario, di disposizioni tecniche supplementari. Se l’Unione e uno Stato terzo concludono o hanno concluso un accordo che istituisce un quadro per la partecipazione di tale Stato terzo a operazioni dell’Unione di gestione delle crisi, le disposizioni di detto accordo si applicano nell’ambito dell’EUBAM Libia. Articolo 11 Sicurezza 1. Il comandante civile dell’operazione dirige, a norma dell’articolo 5, il capomissione nella pianificazione delle misure di sicurezza e garantisce l’attuazione corretta ed efficace di tali misure da parte dell’EUBAM Libia. 2. Il capomissione è responsabile della sicurezza dell’EUBAM Libia e della conformità ai requisiti minimi di sicurezza applicabili all’EUBAM Libia, in linea con la politica dell’Unione in materia di sicurezza del personale schierato al di fuori dell’Unione nel quadro di una capacità operativa ai sensi del titolo V TUE e relativi documenti giustificativi. 3. Il capomissione è assistito da un alto responsabile della sicurezza della missione, che riferisce al capomissione e mantiene anche uno stretto rapporto di lavoro con il SEAE. 4. Il personale dell’EUBAM Libia è sottoposto a una formazione obbligatoria in materia di sicurezza prima di assumere le funzioni conformemente all’OPLAN. Riceve altresì corsi periodici di aggiornamento sul posto, organizzati dal responsabile della sicurezza della missione. 5. Il capomissione assicura la protezione delle informazioni classificate dell’UE conformemente alla decisione 2011/292/UE del Consiglio, del 31 marzo 2011, sulle norme di sicurezza per la protezione delle informazioni classificate UE (1). Articolo 12 Capacità di vigilanza La capacità di vigilanza è attivata per l’EUBAM Libia. Articolo 13 Disposizioni finanziarie 1. L’importo di riferimento finanziario destinato a coprire la spesa relativa all’EUBAM Libia per i primi dodici mesi successivi all’entrata in vigore della presente decisione è pari a 30 300 000 EUR. L’importo di riferimento finanziario per i periodi successivi è deciso dal Consiglio. 2. Tutte le spese sono gestite conformemente alle regole e secondo le procedure applicabili al bilancio generale dell’Unione. 3. Le gare d’appalto sono aperte ai cittadini degli Stati terzi partecipanti e ai cittadini del paese ospitante e dei paesi vicini. Con l’approvazione della Commissione il capomissione può concludere accordi tecnici con gli Stati membri, con gli Stati terzi partecipanti e con altri attori internazionali per quanto riguarda la fornitura di equipaggiamento, servizi e locali all’EUBAM Libia. 4. Le disposizioni finanziarie rispettano i requisiti operativi dell’EUBAM Libia, compresa la compatibilità delle attrezzature e l’interoperabilità delle sue squadre. 5. Il capomissione riferisce dettagliatamente alla Commissione ed è soggetto a supervisione, da parte della stessa, sulle attività intraprese nell’ambito del contratto del capomissione. 6. Le spese connesse all’EUBAM Libia sono ammissibili a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente decisione. Articolo 14 Coerenza della risposta dell’Unione e coordinamento 1. L’AR garantisce la coerenza dell’attuazione della presente decisione con l’azione esterna dell’Unione nel suo complesso, inclusi i programmi di sviluppo dell’Unione. 2. Fatta salva la catena di comando, il capomissione agisce in stretto coordinamento con la delegazione dell’Unione a Tripoli al fine di garantire la coerenza dell’azione dell’Unione in Libia. 3. Il capomissione si coordina strettamente con i capimissione degli Stati membri presenti in Libia. 4. Il capomissione si coordina con i terzi pertinenti in Libia. Articolo 15 Comunicazione di informazioni 1. L’AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione, se opportuno e in funzione delle esigenze dell’EUBAM Libia, informazioni classificate dell’UE fino al livello «CONFIDENTIEL UE/EU CONFIDENTIAL» prodotte ai fini dell’EUBAM Libia, a norma della decisione 2011/292/UE. 2. Qualora insorgano necessità operative precise e immediate, l’AR è parimenti autorizzato a comunicare allo Stato ospitante informazioni classificate dell’UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» prodotte ai fini dell’EUBAM Libia, a norma della decisione 2011/292/UE. A tale effetto sono conclusi accordi tra l’AR e le competenti autorità dello Stato ospitante. 3. L’AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi associati alla presente decisione documenti non classificati dell’UE connessi alle deliberazioni del Consiglio relative all’EUBAM Libia, coperti dall’obbligo del segreto professionale ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento interno del Consiglio (2). 4. L’AR può delegare i poteri di cui ai paragrafi 1, 2 e 3, nonché la capacità di concludere gli accordi di cui al paragrafo 2 a persone poste sotto l’autorità dell’AR, al comandante civile dell’operazione e/o al capomissione. Articolo 16 Entrata in vigore e durata La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione. Essa si applica per un periodo di ventiquattro mesi. Fatto a Bruxelles, il 22 maggio 2013 Per il Consiglio Il presidente E. GILMORE (1) GU L 141 del 27.5.2011, pag. 17. (2) Decisione 2009/937/UE del Consiglio, del 1o dicembre 2009, relativa all'adozione del suo regolamento interno (GU L 325 dell'11.12.2009, pag. 35).
Missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia) QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Essa autorizza una missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia) attraverso la politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC). EUBAM Libia punta a:aiutare le autorità libiche a sviluppare la capacità di accrescere la sicurezza delle frontiere terrestri, marine e aeree libiche a breve termine; e per sviluppare una strategia più ampia di gestione integrata delle frontiere a più lungo termine. PUNTI CHIAVE Mandato Il primo mandato di EUBAM Libia (fino al 31 dicembre 2018) era di:prestare assistenza nella pianificazione di una riforma globale del settore della sicurezza civile per preparare un’eventuale missione civile PSDC; cooperare strettamente e contribuire alla missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia (UNSMIL); impegnarsi e assistere le legittime autorità libiche nei settori della gestione delle frontiere, dell’applicazione della legge e del più ampio sistema di giustizia penale.La decisione (PESC) 2018/2009 ha modificato e prorogato il mandato di EUBAM Libia dal 1o gennaio 2019 fino al 30 giugno 2020. L’obiettivo di EUBAM Libia è assistere attivamente le autorità libiche nella negli sforzi volti a smantellare le reti della criminalità organizzata coinvolte segnatamente nel traffico di migranti, nella tratta di esseri umani e nel terrorismo.Compiti EUBAM Libia ha i seguenti compiti:sviluppare un quadro più ampio di gestione delle frontiere in Libia, che comprende l’elaborazione di una strategia per la sicurezza marittima e l’esecuzione di progetti concreti per le agenzie libiche preposte; sviluppare le capacità e la pianificazione strategica nell’ambito del ministero degli interni per quanto riguarda l’applicazione della legge, inclusa l’assistenza a UNSMIL nel suo impegno per sviluppare le capacità di polizia; sostenere la riforma istituzionale e fornire assistenza alla pianificazione strategica al ministero della giustizia e allo sviluppo più ampio di capacità agli operatori della giustizia penale competenti; e sostenere il coordinamento strategico tra i donatori e l’attuazione dei progetti in risposta alle esigenze libiche nei settori summenzionati.Catena di comandoIl direttore della capacità civile di pianificazione e condotta funge da comandante civile dell’operazione (COC) dell’EUBAM Libia. Il COC comanda e controlla EUBAM Libia a livello strategico, sotto il controllo politico e la direzione strategica del Comitato politico e di sicurezza (CPS) e dell’autorità generale dell’alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Il COC riferisce al Consiglio tramite l’alto rappresentante. Il capomissione è responsabile di, comanda e controlla EUBAM Libia sul campo ed è direttamente responsabile nei confronti del COC. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? Viene applicata a partire dal 22 maggio 2013. La validità della decisione è stata estesa fino al 30 giugno 2020. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:EUBAM Libia (Servizio europeo per l’azione esterna). DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2013/233/PESC del Consiglio, del 22 maggio 2013, sulla missione dell’Unione europea di assistenza alla gestione integrata delle frontiere in Libia (EUBAM Libia) (GU L 138 del 24.5.2013, pag. 15). Le modifiche successive alla decisione 2013/233/PESC sono state incorporate nel testo originario. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
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32011L0091
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DIRETTIVA 2011/91/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 13 dicembre 2011 relativa alle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare (codificazione) (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 114, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) La direttiva 89/396/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1989, relativa alle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). È opportuno, per ragioni di chiarezza e di razionalizzazione, procedere alla codificazione di detta direttiva. (2) Il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali. (3) Gli scambi di derrate alimentari occupano un posto molto importante nel mercato interno. (4) L’indicazione della partita alla quale appartiene una derrata alimentare risponde alla preoccupazione di garantire una migliore informazione sull’identità dei prodotti. Essa costituisce pertanto una fonte di informazione utile, quando certe derrate sono oggetto di controversie o presentano un pericolo per la salute dei consumatori. (5) La direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità (5), non prevede indicazioni relative all’identificazione delle partite. (6) A livello internazionale, il riferimento alla partita di fabbricazione o di condizionamento delle derrate alimentari preconfezionate costituisce un obbligo generalizzato. L’Unione è tenuta a contribuire allo sviluppo del commercio internazionale. (7) È pertanto opportuno prevedere le norme, di carattere generale e orizzontale, che devono presiedere alla gestione di un sistema comune di identificazione delle partite. (8) L’efficacia di un tale sistema dipende dalla sua applicazione alle diverse fasi della commercializzazione. È tuttavia opportuno escludere taluni prodotti e operazioni, soprattutto quelle che hanno luogo all’inizio del circuito di commercializzazione dei prodotti agricoli. (9) Conviene tener conto che il consumo immediato dopo l’acquisto di alcune derrate alimentari, come i gelati alimentari in porzioni individuali, rende inutile l’indicazione della partita direttamente sulla confezione individuale. Tuttavia, per questi prodotti l’indicazione della partita dovrebbe figurare obbligatoriamente sulle confezioni multiple. (10) La definizione di partita implica che varie unità di vendita della stessa derrata alimentare presentino caratteristiche praticamente identiche di produzione, fabbricazione o condizionamento. Questa definizione non dovrebbe pertanto applicarsi ai prodotti presentati alla rinfusa o ai prodotti che, per la loro specificità individuale o il loro carattere eterogeneo, non si possono considerare come un insieme omogeneo. (11) Data la diversità dei metodi di identificazione utilizzati, dovrebbe spettare all’operatore economico individuare la partita e apporvi la dicitura o la marca corrispondente. (12) Per soddisfare le esigenze di informazione per le quali è stata concepita, è opportuno che tale dicitura sia facile a distinguersi e possa venire chiaramente riconosciuta come tale. (13) Il termine minimo di conservazione o la data limite per il consumo, conformemente alla direttiva 2000/13/CE, possono fungere da indicazione che consente di identificare la partita, a condizione che siano segnalati in modo preciso. (14) La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive di cui all’allegato I, parte B, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 1. La presente direttiva concerne l’indicazione che consente di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare. 2. Si intende per «partita», ai sensi della presente direttiva, un insieme di unità di vendita di una derrata alimentare, prodotte, fabbricate o confezionate in circostanze praticamente identiche. Articolo 2 1. Una derrata alimentare può essere commercializzata solo se accompagnata da un’indicazione come previsto dall’articolo 1, paragrafo 1. 2. Il paragrafo 1 non si applica: a) ai prodotti agricoli che, all’uscita dall’azienda agricola, sono: i) venduti o consegnati a centri di deposito, di preparazione o di confezionamento; ii) avviati verso organizzazioni di produttori; o iii) raccolti per essere immediatamente integrati in un sistema operativo di preparazione o trasformazione; b) quando, sui luoghi di vendita al consumatore finale, le derrate alimentari non sono preconfezionate, sono confezionate su richiesta dell’acquirente o sono preconfezionate ai fini della loro vendita immediata; c) alle confezioni o ai recipienti il cui lato più grande abbia una superficie inferiore a 10 cm2; d) alle porzioni individuali di gelato alimentare. L’indicazione che consente di identificare la partita figura sulle confezioni multiple. Articolo 3 La partita è determinata in ciascun caso dal produttore, fabbricante o confezionatore del prodotto alimentare di cui trattasi o dal primo venditore stabilito all’interno dell’Unione. Le indicazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, sono determinate e apposte sotto la responsabilità di uno dei summenzionati operatori. Esse sono precedute dalla lettera «L», salvo nel caso in cui si distinguono chiaramente dalle altre indicazioni in etichetta. Articolo 4 Quando le derrate alimentari sono preconfezionate, l’indicazione di cui all’articolo 1, paragrafo 1, e all’occorrenza la lettera «L» figurano sull’imballaggio preconfezionato o su un’etichetta che a esso si accompagna. Quando le derrate alimentari non sono preconfezionate, le indicazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, e all’occorrenza la lettera «L» figurano sull’imballaggio o sul recipiente o, in mancanza, sui relativi documenti commerciali. Esse figurano in tutti i casi in modo da essere facilmente visibili, chiaramente leggibili e indelebili. Articolo 5 Quando il termine minimo di conservazione o la data limite per il consumo figurano in etichetta, l’indicazione di cui all’articolo 1, paragrafo 1, può non accompagnare la derrata alimentare, purché la data indichi chiaramente e nell’ordine almeno il giorno e il mese. Articolo 6 La presente direttiva si applica fatte salve le indicazioni previste dalle disposizioni specifiche dell’Unione. La Commissione pubblica e aggiorna l’elenco delle disposizioni in questione. Articolo 7 La direttiva 89/396/CEE, modificata dalle direttive di cui all’allegato I, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive di cui all’allegato I, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato II. Articolo 8 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 9 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, il 13 dicembre 2011 Per il Parlamento europeo Il presidente J. BUZEK Per il Consiglio Il presidente M. SZPUNAR (1) GU C 54 del 19.2.2011, pag. 34. (2) Posizione del Parlamento europeo dell’11 maggio 2011 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio dell’8 novembre 2011. (3) GU L 186 del 30.6.1989, pag. 21. (4) Cfr. allegato I, parte A. (5) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29. ALLEGATO I PARTE A Direttiva abrogata con elenco delle modificazioni successive (di cui all’articolo 7) Direttiva 89/396/CEE del Consiglio (GU L 186 del 30.6.1989, pag. 21). Direttiva 91/238/CEE del Consiglio (GU L 107 del 27.4.1991, pag. 50). Direttiva 92/11/CEE del Consiglio (GU L 65 dell’11.3.1992, pag. 32). PARTE B Elenco dei termini di recepimento nel diritto nazionale (di cui all’articolo 7) Direttiva Termine di recepimento 89/396/CEE 20 giugno 1990 (1) 91/238/CEE — 92/11/CEE — (1) Ai sensi dell’articolo 7, primo comma, della direttiva 89/396/CEE, come modificata dalla direttiva 92/11/CEE: «Gli Stati membri modificano, se del caso, le loro disposizioni legislative, regolamentari o amministrative in modo da: — permettere il commercio dei prodotti conformi alla presente direttiva entro il 20 giugno 1990, — vietare il commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva a decorrere dal 1o luglio 1992. Tuttavia, i prodotti immessi sul mercato o etichettati prima di tale data e non conformi alla presente direttiva possono essere commercializzati fino ad esaurimento delle scorte.» ALLEGATO II Tavola di concordanza Direttiva 89/396/CEE Presente direttiva Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2, paragrafi 1 e 2 Articolo 2, paragrafi 1 e 2 Articolo 2, paragrafo 3 — Articoli da 3 a 6 Articoli da 3 a 6 Articolo 7 — — Articolo 7 — Articolo 8 Articolo 8 Articolo 9 — Allegato I — Allegato II
Tracciabilità dei prodotti alimentari preconfezionati SINTESI CHE COSA FA LA DIRETTIVA? — Fa in modo che i consumatori possano rintracciare l’origine dei prodotti alimentari preconfezionati. — Richiede che questi prodotti siano etichettati in modo tale che i consumatori possano vedere da quale partita provengono. — Permette alle autorità pubbliche preposte alla sicurezza sanitaria e alimentare di scoprire l’origine e l’identità dei prodotti alimentari preconfezionati nel caso in cui questi siano oggetto di una controversia o rappresentino un pericolo per la salute dei consumatori. — Stabilisce le norme per i produttori, i fabbricanti, i confezionatori e gli importatori in materia di etichettatura di questi prodotti, utilizzando un sistema comune di identificazione delle partite. PUNTI CHIAVE Ambito di applicazione La direttiva si applica a tutti i prodotti alimentari preconfezionati, esclusi: — i prodotti agricoli: — che si trovano in centri di deposito, di preparazione o di confezionamento; — avviati verso organizzazioni di produttori; o — raccolti per essere immediatamente trasformati. — i prodotti alimentari che non sono preconfezionati quando, sui luoghi di vendita al consumatore finale, sono confezionati su richiesta dell’acquirente o preconfezionati ai fini della loro vendita immediata; — le confezioni o i recipienti il cui lato più grande abbia una superficie inferiore a 10 cm2; — le porzioni individuali di gelato confezionato insieme, laddove l’indicazione che consente di identificare la partita figura sulla parte esterna delle confezioni multiple. Etichettatura delle partite — Ciascuna partita deve essere etichettata dal produttore, dal fabbricante o dal confezionatore, oppure dal primo venditore stabilito all’interno dell’UE se viene importata. — L’identificazione della partita deve essere preceduta dalla lettera «L», a meno che non sia chiaramente distinguibile dalle altre informazioni in etichetta. — Le informazioni sull’etichetta devono essere facilmente visibili, chiaramente leggibili e indelebili. — Non è necessario indicare la partita se la data limite di consumo figura in etichetta. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? È in vigore dal 5 gennaio 2012. TERMINI CHIAVE * Partita: un insieme di unità di vendita di una derrata alimentare prodotto, fabbricato o confezionato in circostanze praticamente identiche ATTO Direttiva 2011/91/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare (GU L 334 del 16.12.2011, pagg. 1-5)
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DIRETTIVA 2009/55/CE DEL CONSIGLIO del 25 maggio 2009 relativa alle esenzioni fiscali applicabili all’introduzione definitiva di beni personali di privati provenienti da uno Stato membro (Versione codificata) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 93, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2), considerando quanto segue: (1) La direttiva 83/183/CEE del Consiglio, del 28 marzo 1983, relativa alle franchigie fiscali applicabili alle importazioni definitive di beni personali di privati provenienti da uno Stato membro (3), ha subito numerose e sostanziali modificazioni (4). È opportuno, per motivi di chiarezza e di razionalizzazione, procedere alla codificazione di tale direttiva. (2) Affinché la popolazione degli Stati membri diventi maggiormente consapevole delle attività della Comunità, occorre mantenere, a favore dei privati, l’azione intrapresa allo scopo di garantire, nella Comunità, le condizioni del mercato interno. (3) Gli ostacoli fiscali all’introduzione in uno Stato membro, da parte di privati, di beni personali che si trovano in un altro Stato membro sono tali, in particolare, da intralciare la libera circolazione delle persone nella Comunità; occorre perciò eliminarli, nei limiti del possibile, introducendo esenzioni fiscali. (4) Queste esenzioni fiscali possono essere applicate soltanto all’introduzione di beni che non hanno alcun carattere commerciale o speculativo e occorre fissarne pertanto i limiti e le condizioni d’applicazione. (5) In ragione delle disposizioni di armonizzazione adottate nei settori delle accise e dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), le regole relative agli esoneri e alle franchigie all’importazione sono ormai prive di oggetto in tali settori. (6) La presente direttiva fa salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive indicati nell’allegato I, parte B, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Ambito di applicazione 1. Gli Stati membri concedono, alle condizioni e nei casi indicati qui di seguito, un’esenzione dalle imposte sui consumi normalmente esigibili all’atto dell’introduzione definitiva, da parte di privati, di beni personali provenienti da un altro Stato membro. 2. Esulano dalla presente direttiva: a) l’imposta sul valore aggiunto; b) i diritti d’accisa; c) i diritti e le imposte specifici e/o periodici concernenti l’utilizzazione dei beni di cui al paragrafo 1 all’interno del paese, quali ad esempio i diritti riscossi all’atto dell’immatricolazione di autovetture, le tasse di circolazione stradale, i canoni televisivi. Articolo 2 Condizioni relative ai beni 1. Sono considerati «beni personali», a norma della presente direttiva, i beni destinati all’uso personale degli interessati o alle necessità della loro famiglia. Questi beni, per la loro natura o quantità, non debbono riflettere alcuna preoccupazione d’ordine commerciale, né debbono essere destinati a un’attività economica ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1 e degli articoli da 10 a 13 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (5). Sono tuttavia considerati beni personali anche gli strumenti delle arti meccaniche o delle libere professioni necessari all’esercizio della professione dell’interessato. 2. L’esenzione prevista all’articolo 1 è concessa per i beni personali che: a) sono stati acquistati alle condizioni fiscali generali del mercato interno di uno degli Stati membri e non beneficiano, in uscita dallo Stato membro di provenienza, di esenzioni o di rimborsi di imposte sui consumi. Per l’applicazione della presente direttiva si ritiene che abbiano soddisfatto tali condizioni i beni acquistati alle condizioni di cui all’articolo 151 della direttiva 2006/112/CE, fatto salvo il paragrafo 1, primo comma, lettera e); b) sono stati effettivamente destinati all’uso dell’interessato prima del trasferimento della residenza o dello stabilimento di una residenza secondaria. Gli Stati membri possono esigere che i veicoli stradali a motore (compresi i loro rimorchi), le roulotte da campeggio, le abitazioni trasportabili, le imbarcazioni da diporto e gli aerei da turismo siano destinati all’uso dell’interessato da almeno sei mesi prima del trasferimento di residenza. Per i beni di cui alla lettera a), seconda frase, gli Stati membri possono esigere: i) per quanto riguarda veicoli stradali a motore (compresi i loro rimorchi), roulotte da campeggio, abitazioni trasportabili, imbarcazioni da diporto e aerei da turismo, che siano destinati all’uso dell’interessato da almeno dodici mesi prima del trasferimento di residenza; ii) per quanto riguarda gli altri beni, che siano destinati all’uso dell’interessato da almeno sei mesi prima del trasferimento di residenza. 3. Le autorità competenti richiedono la dimostrazione del rispetto delle condizioni di cui al paragrafo 2 per i veicoli stradali a motore, compresi i loro rimorchi, le roulotte da campeggio, le abitazioni trasportabili, le imbarcazioni da diporto e gli aerei da turismo. Nel caso di beni di altro tipo detta dimostrazione è richiesta solo quando sussistono seri dubbi di frode. Articolo 3 Condizioni relative all’introduzione L’introduzione dei beni può effettuarsi in una o più volte entro i termini rispettivamente previsti agli articoli da 7 a 10. Articolo 4 Obblighi posteriori all’introduzione I veicoli stradali a motore (compresi i loro rimorchi), le roulotte da campeggio, le abitazioni trasportabili, le imbarcazioni da diporto e gli aerei da turismo introdotti non possono essere ceduti, dati in locazione o prestati durante i dodici mesi successivi alla loro introduzione in esenzione, salvo in casi debitamente giustificati e riconosciuti come tali dalle autorità competenti dello Stato membro di destinazione. Articolo 5 Condizioni specifiche relative a taluni beni L’esenzione all’introduzione dei cavalli da sella, dei veicoli stradali a motore, compresi i loro rimorchi, delle roulotte da campeggio, delle abitazioni trasportabili, delle imbarcazioni da diporto e degli aerei da turismo è concessa soltanto se il privato trasferisce la residenza normale nello Stato di destinazione. Articolo 6 Norme generali per la determinazione della residenza 1. Ai fini dell’applicazione della presente direttiva, si intende per «residenza normale» il luogo in cui una persona dimora abitualmente, ossia per almeno 185 giorni all’anno, a motivo di legami personali e professionali oppure, nel caso di una persona senza legami professionali, a motivo di legami personali che rivelano l’esistenza di una stretta correlazione tra la persona in questione e il luogo in cui abita. Tuttavia, nel caso di una persona i cui legami professionali siano situati in un luogo diverso da quello dei suoi legami personali e che pertanto sia indotta a soggiornare alternativamente in luoghi diversi situati in due o più Stati membri, si presume che la residenza normale sia quella del luogo dei legami personali, purché tale persona vi ritorni regolarmente. Questa condizione non è richiesta allorché la persona effettua un soggiorno in uno Stato membro per l’esecuzione di una missione di durata determinata. La frequenza di un’università o di una scuola non implica il trasferimento della residenza normale. 2. I privati forniscono la prova del luogo della loro residenza normale con tutti i mezzi, in particolare con la carta d’identità o mediante qualsiasi altro documento valido. 3. Le autorità competenti dello Stato membro di destinazione, qualora abbiano dubbi circa la validità della dichiarazione della residenza normale effettuata in conformità del paragrafo 2 o anche ai fini di taluni controlli specifici, possono chiedere qualsiasi elemento d’informazione o prove supplementari. CAPO II INTRODUZIONE DI BENI PERSONALI IN OCCASIONE DI UN TRASFERIMENTO DELLA RESIDENZA NORMALE Articolo 7 1. L’esenzione prevista all’articolo 1 è concessa alle condizioni di cui agli articoli da 2 a 5 per l’introduzione di beni personali effettuata da un privato in occasione del trasferimento della residenza abituale. La concessione dell’esenzione è subordinata, fatte salve le modalità eventualmente applicabili in materia di transito comunitario, alla compilazione, su carta libera, di un inventario dei beni e alla presentazione, se lo Stato lo richiede, di una dichiarazione il cui modello e contenuto siano conformi alla procedura prevista all’articolo 248 bis, paragrafo 2 del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (6). Nessuna menzione del valore può essere pretesa nell’inventario. 2. L’ultima introduzione deve essere effettuata non oltre i dodici mesi successivi al trasferimento della residenza normale. Quando, conformemente all’articolo 3, l’introduzione di beni avviene in più riprese nell’arco di detto periodo, gli Stati membri possono esigere la presentazione di un inventario globale cui un altro ufficio doganale può far riferimento anche in occasione dei successivi traslochi soltanto al momento della prima introduzione. Questo inventario globale può essere completato in accordo con le autorità competenti dello Stato membro di destinazione. CAPO III INTRODUZIONE DI BENI PERSONALI IN OCCASIONE DELL’ARREDAMENTO DI UNA RESIDENZA SECONDARIA O DELL’ABBANDONO DI QUEST’ULTIMA Articolo 8 1. L’esenzione di cui all’articolo 1 è concessa alle condizioni di cui agli articoli da 2 a 5 per l’introduzione di beni personali effettuata da un privato per l’arredamento di una residenza secondaria. L’esenzione è concessa solo qualora: a) la persona interessata sia proprietaria della residenza secondaria o locataria della medesima per un periodo di almeno dodici mesi; b) i beni introdotti corrispondano al mobilio normale della residenza secondaria. 2. L’esenzione viene concessa inoltre, alle condizioni di cui al paragrafo 1, in caso di introduzione di beni destinati alla residenza normale o a un’altra residenza secondaria in seguito all’abbandono di una residenza secondaria, sempre che detti beni siano stati effettivamente posseduti dall’interessato e destinati all’uso di quest’ultimo prima dello stabilimento di una seconda residenza. L’ultima introduzione deve essere effettuata non oltre i dodici mesi successivi all’abbandono della residenza secondaria. CAPO IV INTRODUZIONE DI BENI IN OCCASIONE DI MATRIMONIO Articolo 9 1. Fatti salvi gli articoli da 2 a 5, chiunque, in occasione del proprio matrimonio, può introdurre in esenzione dalle imposte di cui all’articolo 1, paragrafo 1 nello Stato membro ove conta di stabilire la propria residenza normale, beni personali acquistati o destinati a uso proprio, alle seguenti condizioni: a) l’introduzione deve essere effettuata durante un periodo che inizia due mesi prima della data prevista per il matrimonio e che termina quattro mesi dopo la data della celebrazione; b) il privato deve fornire la prova dell’avvenuta celebrazione del matrimonio o dell’avvio delle pratiche ufficiali a tal fine. 2. Sono parimenti ammessi in esenzione i regali abitualmente offerti in occasione di un matrimonio, ricevuti da una persona che soddisfa le condizioni di cui al paragrafo 1, da persone aventi la residenza normale in uno Stato membro diverso da quello di destinazione. L’esenzione è applicabile ai regali il cui valore unitario non superi 350 EUR. Gli Stati membri possono tuttavia accordare un’esenzione per un valore superiore, purché esso non superi, per singoli regali ammessi in esenzione, 1 400 EUR. 3. Per la concessione dell’esenzione gli Stati membri possono richiedere una garanzia adeguata, qualora l’importazione venga effettuata prima della data del matrimonio. 4. Nel caso in cui il privato non fornisca la prova del proprio matrimonio entro quattro mesi dalla data dichiarata per la celebrazione, sono dovute le imposte a decorrere dal giorno dell’introduzione. CAPO V INTRODUZIONE DI BENI PERSONALI DEL «DE CUIUS» ACQUISITI PER VIA SUCCESSORIA Articolo 10 In deroga all’articolo 2, paragrafi 2 e 3, all’articolo 4 e all’articolo 5, paragrafo 2, ma fatte salve le altre disposizioni contenute negli articoli 2, 3 e 5, qualunque privato che acquisisca per via successoria (mortis causa) la proprietà o l’usufrutto di beni personali del «de cuius», situati in uno Stato membro, può introdurre tali beni in esenzione dalle imposte di cui all’articolo 1, paragrafo 1 in un altro Stato membro in cui ha una residenza, alle seguenti condizioni: a) il privato deve presentare all’autorità competente dello Stato membro di destinazione un attestato rilasciato da un notaio o da altra autorità competente dello Stato membro di provenienza, comprovante l’acquisizione per via successoria dei beni introdotti; b) l’introduzione deve essere effettuata entro due anni a decorrere dall’immissione nel possesso di tali beni. CAPO VI DISPOSIZIONI FINALI Articolo 11 1. Gli Stati membri si sforzano di ridurre al massimo le formalità relative all’introduzione effettuata dai privati nei limiti e alle condizioni della presente direttiva e cercano di evitare che le formalità all’introduzione diano adito a controlli che provochino rotture importanti del carico all’entrata nello Stato di destinazione. 2. Gli Stati membri hanno la facoltà di mantenere e/o di prevedere condizioni di concessione dell’esenzione meno severe di quelle previste dalla presente direttiva, fatta eccezione per quelle di cui all’ articolo 2, paragrafo 2, lettera a). 3. Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 2, gli Stati membri non possono applicare, ai sensi della presente direttiva, esenzioni fiscali all’interno della Comunità che siano meno favorevoli di quelle che essi concederebbero per le importazioni di beni personali di privati provenienti da paesi terzi. Articolo 12 1. Gli Stati membri provvedono a comunicare alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva, in particolare quelle risultanti dall’applicazione dell’articolo 11, paragrafi 2 e 3. La Commissione ne informa gli altri Stati membri. 2. La Commissione, previa consultazione degli Stati membri, presenta ogni due anni al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione della presente direttiva negli Stati membri. Articolo 13 La direttiva 83/183/CEE, modificata dalle direttive di cui all’allegato I, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive indicati all’allegato I, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza dell’allegato II. Articolo 14 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 15 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 25 maggio 2009. Per il Consiglio Il presidente J. ŠEBESTA (1) Parere del 16 dicembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Parere del 17 settembre 2008 (GU C 77 del 31.3.2009, pag. 148). (3) GU L 105 del 23.4.1983, pag. 64. (4) V. allegato I, parte A. (5) GU L 347 dell’11.12.2006, pag. 1. (6) GU L 302 del 19.10.1992, pag. 1. ALLEGATO I PARTE A Direttiva abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive (di cui all’articolo 13) Direttiva 83/183/CEE del Consiglio (GU L 105 del 23.4.1983, pag. 64). Direttiva 89/604/CEE del Consiglio (GU L 348 del 29.11.1989, pag. 28). Direttiva 91/680/CEE del Consiglio, (GU L 376 del 31.12.1991, pag. 1). limitatamente all’articolo 2, paragrafo 2, terzo trattino Direttiva 92/12/CEE del Consiglio, (GU L 76 del 23.3.1992, pag. 1). limitatamente all’articolo 23, paragrafo 3, secondo trattino PARTE B Elenco dei termini di recepimento (di cui all’articolo 13) Direttiva Termine di recepimento 83/183/CEE 1o gennaio 1984 89/604/CEE 1o luglio 1990 91/680/CEE 1o gennaio 1993 (1) 92/12/CEE 1o gennaio 1993 (2) (1) Essi adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie affinché il loro regime così adattato alle disposizioni previste all’articolo 1, punti da 1 a 20 e punti 22, 23 e 24 e all’articolo 2 della direttiva 91/680/CEE sia messo in vigore al 1o gennaio 1993. (2) Tuttavia per quanto riguarda l’articolo 9, paragrafo 3, il Regno di Danimarca è autorizzato a mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi a questa disposizione entro e non oltre il 1o gennaio 1993. ALLEGATO II TAVOLA DI CONCORDANZA Direttiva 83/183/CEE Presente direttiva Articolo 1, paragrafo 1 Articolo 1, paragrafo 1 — Articolo 1, paragrafo 2, lettera a) — Articolo 1, paragrafo 2, lettera b) Articolo 1, paragrafo 2 Articolo 1, paragrafo 2, lettera c) Articolo 2, paragrafo 1 Articolo 2, paragrafo 1 Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, lettera a) Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, lettera a) Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, lettera b) Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, lettera b) Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, alinea Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, alinea Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, primo trattino Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, punto i) Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, secondo trattino Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, punto ii) Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, ultima frase — Articolo 2, paragrafo 3 Articolo 2, paragrafo 3 Articolo 3 Articolo 3 Articolo 4 Articolo 4 Articolo 5, paragrafo 1 — Articolo 5, paragrafo 2 Articolo 5 Articolo 6 Articolo 6 Articolo 7, paragrafo 1, lettera a) Articolo 7, paragrafo 1, primo comma Articolo 7, paragrafo 1, lettera b) Articolo 7, paragrafo 1, secondo comma Articolo 7, paragrafo 2 Articolo 7, paragrafo 2 Articolo 8, paragrafo 1, primo comma Articolo 8, paragrafo 1, primo comma Articolo 8, paragrafo 1, secondo comma, alinea Articolo 8, paragrafo 1, secondo comma, alinea Articolo 8, paragrafo 1, secondo comma, punti i) e ii) Articolo 8, paragrafo 1, secondo comma, lettere a) e b) Articolo 8, paragrafo 2 Articolo 8, paragrafo 2 Articoli 9, 10 e 11 Articoli 9, 10 e 11 Articolo 12, paragrafo 1 — Articolo 12, paragrafo 2 Articolo 12, paragrafo 1 Articolo 12, paragrafo 3 Articolo 12, paragrafo 2 — Articolo 13 — Articolo 14 Articolo 13 Articolo 15 — Allegato I — Allegato II
Franchigie fiscali: importazioni definitive di beni personali QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Mira a codificare la direttiva 83/183/CEE relativa alle franchigie fiscali applicabili alle importazioni definitive di beni personali di privati* provenienti da un altro paese dell’EU. PUNTI CHIAVE Questa direttiva prevede un’esenzione dalle imposte sui consumi normalmente esigibili all’atto dell’introduzione definitiva di beni personali provenienti da un altro paese dell’UE da parte di privati. Tali beni non devono essere di natura commerciale, né debbono essere destinati a un’attività economica. Sono tuttavia considerati beni personali anche gli strumenti delle arti meccaniche o delle libere professioni necessari all’esercizio della professione dell’interessato. L’esenzione all’introduzione dei cavalli da sella, dei veicoli stradali a motore (compresi i loro rimorchi), delle roulotte da campeggio, delle abitazioni trasportabili, delle imbarcazioni da diporto e degli aerei da turismo è concessa soltanto se il privato trasferisce la residenza normale* nel paese dell’UE di destinazione. I veicoli stradali a motore (compresi i loro rimorchi), le roulotte da campeggio, le abitazioni trasportabili, le imbarcazioni da diporto e gli aerei da turismo non possono essere ceduti, dati in locazione o prestati durante i 12 mesi successivi alla loro introduzione in esenzione, salvo in casi giustificati e riconosciuti come tali dalle autorità competenti del paese dell’UE di destinazione. L’introduzione dei beni può effettuarsi in una o più volte, e per qualsiasi delle seguenti ragioni:in occasione di un trasferimento della residenza normale: tutti i beni personali devono essere introdotti entro 12 mesi dal trasferimento della residenza normale; in occasione dell’arredamento di una residenza secondaria o dell’abbandono di quest’ultima: i beni personali devono corrispondere al mobilio normale della residenza secondaria e la persona interessata deve essere proprietaria della residenza secondaria o essere locataria della medesima per un periodo di almeno dodici mesi; in occasione di matrimonio: l’introduzione dei beni personali deve essere effettuata durante un periodo che inizia due mesi prima la data prevista per il matrimonio e termina quattro mesi dopo la data della celebrazione e deve essere fornita prova dell’avvenuta celebrazione del matrimonio; acquisiti per via successoria: l’introduzione dei beni personali deve essere effettuata entro due anni dalla data in cui l’interessato entra in possesso dei beni personali e deve essere fornita prova dell’avvenuta acquisizione per via successoria dei beni introdotti. Con l’eccezione di talune merci, i paesi dell’UE hanno il diritto di mantenere o prevedere condizioni di concessione dell’esenzione meno severe di quelle previste dalla presente direttiva. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? È in vigore dal 30 giugno 2009. La direttiva 2009/55/CE codifica e sostituisce la direttiva 83/183/CEE, che doveva entrare in vigore nei paesi dell’UE entro il 1° gennaio 1984. PAROLE CHIAVE Beni personali: beni destinati all’uso personale degli interessati o alle necessità della loro famiglia. Residenza normale: il luogo in cui una persona dimora abitualmente (per almeno 185 giorni all’anno), a motivo di legami personali e professionali oppure, nel caso di una persona senza legami professionali, a motivo di legami personali che rivelano l’esistenza di una stretta correlazione tra la persona in questione e il luogo in cui abita. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2009/55/CE del Consiglio, del 25 maggio 2009, relativa alle esenzioni fiscali applicabili all’introduzione definitiva di beni personali di privati provenienti da un paese dell’UE (Versione codificata) (GU L 145 del 10.6.2009, pagg. 36-41).
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Direttiva 96/16/CE del Consiglio, del 19 marzo 1996, relativa alle indagini statistiche da effettuare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari Gazzetta ufficiale n. L 078 del 28/03/1996 pag. 0027 - 0029 DIRETTIVA 96/16/CE DEL CONSIGLIO del 19 marzo 1996 relativa alle indagini statistiche da effettuare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseariIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 43,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Parlamento europeo (2),considerando che la direttiva 72/280/CEE del Consiglio, del 31 luglio 1972, relativa alle indagini statistiche sul latte e sui prodotti lattiero-caseari da eseguirsi a cura degli Stati membri (3), è stata modificata a più riprese; che, in occasione di nuove modifiche, è opportuno, ai fini della chiarezza, procedere a una rielaborazione della succitata direttiva;considerando che la Commissione, per adempiere i compiti affidatile dal trattato e dalle disposizioni comunitarie relative all'organizzazione comune dei mercati nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, deve disporre di dati precisi sulla produzione del latte e sul suo impiego, nonché di dati precisi regolari e tempestivi sulla fornitura di latte alle imprese che trattano o trasformano il latte e sulla produzione di prodotti lattiero-caseari negli Stati membri;considerando che occorre unificare i criteri di esecuzione delle rilevazioni sulla produzione e sull'impiego del latte nelle aziende agricole, migliorarne l'esattezza ed eseguire rilevazioni mensili in tutti gli Stati membri presso le imprese che trattano o trasformano il latte;considerando che, per ottenere risultati comparabili, è necessario fissare criteri comuni per la delimitazione del campo d'indagine, le caratteristiche da rilevare e le modalità delle rilevazioni;considerando che l'esperienza acquisita nell'ambito della precedente normativa ha dimostrato che occorre procedere ad un alleggerimento delle disposizioni, in particolare sopprimendo la comunicazione dei dati settimanali;considerando che, data la crescente importanza dei componenti proteici del latte nei prodotti lattiero-caseari, occorre adottare le disposizioni corrispondenti;considerando che, per agevolare l'attuazione delle disposizioni della presente direttiva, è opportuno mantenere una stretta cooperazione fra gli Stati membri e la Commissione, soprattutto in seno al comitato permanente di statistica agraria, istituito dalla decisione 72/279/CEE (4),HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1 Gli Stati membri:1) svolgono, presso le unità di rilevazione definite all'articolo 2, indagini sui dati precisati all'articolo 4 e ne trasmettono alla Commissione i risultati mensili, annuali e triennali;2) effettuano annualmente presso le aziende agricole, definite in base alla procedura prevista all'articolo 7, la rilevazione della produzione di latte e sul relativo impiego;3) fatto salvo l'accordo della Commissione, sono autorizzati ad utilizzare dati provenienti da altre fonti ufficiali.Articolo 2 Le indagini di cui all'articolo 1, punto 1, riguardano:1) le imprese o le aziende agricole che acquistano latte intero - e, se del caso, prodotti lattiero-caseari - direttamente presso le aziende agricole o presso le imprese di cui al punto 2, ai fini della loro trasformazione in prodotti lattiero-caseari;2) le aziende che raccolgono latte o crema e li cedono interamente o in parte alle imprese di cui al punto 1, senza averli lavorati né trasformati.Gli Stati membri adottano le disposizioni atte ad evitare per quanto possibile inutili ripetizioni nella presentazione dei risultati.Articolo 3 1. È considerato latte ai sensi della presente direttiva il latte di vacca, di pecora, di capra e di bufala. Le indagini mensili eseguite ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, lettera a), si limitano al latte di vacca e ai prodotti fabbricati esclusivamente a partire dal latte di vacca.2. L'elenco dei prodotti lattiero-caseari sui quali verteranno le indagini è adottato secondo la procedura di cui all'articolo 7; detto elenco può essere modificato secondo la stessa procedura.3. Le definizioni uniformi da utilizzare nella comunicazione dei risultati sono stabilite secondo la procedura prevista dall'articolo 7.Articolo 4 1. Le indagini di cui all'articolo 1, punto 1, devono essere predisposte in modo da permettere almeno la comunicazione dei dati di cui alle seguenti lettere a), b) e c).I questionari devono essere redatti in modo da evitare inutili ripetizioni.I dati riguardano:a) mensilmente:i) la quantità di latte, il tenore di materia grassa del latte e della crema raccolti nonché il tenore di proteine del latte di vacca raccolto;ii) la quantità di taluni prodotti lattiero-caseari freschi lavorati e pronti per essere immessi al consumo nonché di taluni prodotti lattiero-caseari ottenuti dalla trasformazione del latte;b) annualmente:i) la quantità e il tenore di materia grassa e di proteine del latte e della crema raccolti;ii) la quantità di prodotti lattiero-caseari freschi lavorati e pronti per essere immessi al consumo e degli altri prodotti lattiero-caseari ottenuti, ripartiti per tipo;iii) l'impiego delle materie prime sotto forma di latte intero e di latte scremato nonché la quantità di materia grassa utilizzata nella fabbricazione dei prodotti lattiero-caseari;c) ogni tre anni (a partir dal 31 dicembre 1997):il numero delle unità di rilevazione di cui all'articolo 2, secondo certe classi di grandezza.2. Per analizzare, nei tre anni successivi all'entrata in vigore della presente direttiva, la possibilità di estendere le informazioni statistiche annuali di cui alla lettera b) al contenuto in proteine dei principali prodotti lattiero-caseari, gli Stati membri effettuano in questo periodo rilevazioni pilota o studi volti a raggiungere tale obiettivo. La Commissione stabilisce con la procedura prevista dall'articolo 7 un programma di lavoro per ciascun di detti tre anni.Gli Stati membri comunicano annualmente alla Commissione una relazione di esecuzione di tale programma, inclusi i dati statistici disponibili in materia e gli elementi necessari alla loro interpretazione.Articolo 5 1. Fatto salvo il secondo comma, le indagini di cui all'articolo 1, punto 1, devono essere esaustive presso le latterie che rappresentano almeno il 95 % della raccolta di latte vaccino effettuata dallo Stato membro; il saldo viene stimato mediante campioni rappresentativi o altre fonti.Gli Stati membri possono effettuare le indagini mensili di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera a), mediante campioni rappresentativi. In tal caso l'errore di campionamento non può essere superiore all'1 % (con un intervallo di fiducia del 68 %) della raccolta totale del paese.2. Gli Stati membri prendono tutti i provvedimenti che permettano di ottenere risultati completi e sufficientemente esatti. Essi comunicano alla Commissione sotto forma di relazione metodologica ogni informazione che consenta una valutazione dell'esattezza dei risultati trasmessi, in particolare:a) i questionari utilizzati;b) i metodi applicati per evitare la ripetizione dei risultati;c) i metodi di trasposizione dei dati ottenuti tramite i questionari nelle tabelle comunitarie.Le relazioni metodologiche, la disponibilità e l'attendibilità dei dati, nonché qualsiasi altra questione connessa all'applicazione della presente direttiva saranno esaminate una volta all'anno in seno al gruppo di lavoro competente del comitato permanente di statistica agraria. La prima relazione metodologica sarà trasmessa alla Commissione al più tardi entro la fine dell'anno successivo all'entrata in vigore della presente direttiva.Articolo 6 1. Le tabelle per la trasmissione dei dati sono stabilite secondo la procedura prevista dall'articolo 7.Le tabelle possono essere modificate con la medesima procedura.2. Gli Stati membri trasmettono i risultati di cui al paragrafo 3, inclusi i dati considerati riservati ai sensi delle loro legislazioni o pratiche nazionali in materia di segreto statistico, conformemente alle disposizioni del regolamento (Euratom, CEE) n. 1588/90 del Consiglio, dell'11 giugno 1990, relativo alla trasmissione all'Istituto statistico delle Comunità europee di dati statistici protetti dal segreto (5).3. Dopo avere riepilogato i dati, gli Stati membri trasmettono alla Commissione nel più breve tempo possibile e non oltre:a) quarantacinque giorni dopo la fine del mese di riferimento, i risultati mensili di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera a);b) il mese di giugno dell'anno successivo all'anno di riferimento:- i risultati annuali di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera b);- la relazione di esecuzione di cui all'articolo 4, paragrafo 2;c) il mese di settembre dell'anno successivo a quello della data di riferimento, i risultati di cui all'articolo 1, punto 2 e all'articolo 4, paragrafo 1, lettera c).4. La Commissione raccoglie i dati trasmessi dagli Stati membri e comunica loro il risultato complessivo.Articolo 7 1. Nei casi in cui viene fatto riferimento alla procedura definita nel presente articolo, il comitato permanente di statistica agraria, in appresso denominato «il comitato», viene investito della questione dal proprio presidente, sia su iniziativa di quest'ultimo, sia a richiesta del rappresentante di uno Stato membro.2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2, del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione fissata nell'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto.3. a) La Commissione adotta le misure progettate quando esse sono conformi al parere del comitato.b) Quando le misure progettate non sono conformi al parere formulato dal comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone immediatamente al Consiglio una proposta relativa alle misure da adottare. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.c) Se, al termine di un periodo di tre mesi a decorrere dal momento in cui la proposta è pervenuta al Consiglio, quest'ultimo non ha deliberato, le misure in questione sono adottate dalla Commissione.Articolo 8 La Commissione sottopone al Consiglio al più tardi entro il 1° luglio 1999 una relazione che illustra l'esperienza acquisita durante l'applicazione della presente direttiva. In tale occasione essa presenta in particolare i risultati dell'analisi di cui all'articolo 4, paragrafo 2, corredati, se del caso da proposte relative al periodo definitivo.Articolo 9 1. La direttiva 72/280/CEE è abrogata con effetto al 1° gennaio 1997.2. I riferimenti alla direttiva 72/280/CEE abrogata vanno considerati come riferimenti alla presente direttiva.Articolo 10 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1° gennaio 1997. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 11 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 12 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 19 marzo 1996.Per il ConsiglioIl PresidenteW. LUCHETTI(1) GU n. C 321 dell'1. 12. 1995, pag. 6.(2) GU n. C 32 del 5. 2. 1996.(3) GU n. L 179 del 7. 8. 1972, pag. 2. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(4) GU n. L 179 del 7. 8. 1972, pag. 1.(5) GU n. L 151 del 15. 6. 1990, pag. 1.
Indagini statistiche sui prodotti lattiero-caseari QUAL È LO SCOPO DI QUESTA DIRETTIVA? Essa definisce le regole dell’Unione europea sulla raccolta di dati statistici sul latte* e sui prodotti lattiero-caseari. È concepita per consentire il monitoraggio a breve e medio termine del mercato dell’UE del latte e dei prodotti lattiero-caseari - ciò richiede informazioni attendibili e tempestive sulla produzione e l’uso del latte crudo e dei suoi componenti (compresa la consegna del latte per il trattamento o la trasformazione e la successiva produzione di prodotti lattiero-caseari). Essa abroga la legislazione precedente (Direttiva 72/280/CEE) che era stata modificata a più riprese. PUNTI CHIAVE Gli Stati membri sono responsabili della raccolta dei dati e dell’organizzazione delle indagini. Le indagini riguardano le aziende agricole produttrici di latte e due gruppi di imprese:1.le imprese o le aziende agricole che acquistano latte intero (o, in alcuni casi, prodotti lattiero-caseari) presso le aziende agricole o presso le imprese del secondo gruppo (indicato di seguito), ai fini della loro trasformazione in prodotti lattiero-caseari; 2.le aziende che raccolgono latte o crema ma non li trattano e li cedono interamente o in parte alle imprese del primo gruppo (indicato sopra) per la trasformazione. A seconda delle informazioni che devono essere raccolte, gli Stati membri devono eseguire le indagini su base mensile, annuale o triennale. La direttiva stabilisce i termini entro i quali gli Stati membri dovrebbero inviare i risultati delle varie indagini alla Commissione europea (Eurostat). Nel 1997, la Commissione europea ha adottato la decisione 97/80/CE che stabilisce le modalità di applicazione della direttiva 96/16/CE. L’elenco dei prodotti lattiero-caseari di cui alla direttiva 96/16/CE è riportato nell’allegato I della decisione 97/80/CE. Questo allegato fornisce anche le definizioni per ciascuno dei prodotti. L’allegato II della decisione fornisce i modelli delle tabelle da utilizzare per la trasmissione dei dati a Eurostat. L’allegato III contiene il questionario sulla compilazione delle statistiche sul latte. Le indagini devono essere esaustive presso le latterie che rappresentano almeno il 95 % della raccolta di latte vaccino effettuata dallo Stato membro; il saldo viene stimato mediante campioni rappresentativi o altre fonti. Gli Stati membri sono responsabili di garantire risultati completi e sufficientemente esatti. Ogni anno gli Stati membri devono inviare una relazione a Eurostat, allegando il questionario e indicando la metodologia usata per la trasposizione dei dati nelle tabelle inviate ad Eurostat. Una volta all’anno un gruppo di esperti rivede l’operazione della direttiva. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è in applicazione dal mercoledì 1o gennaio 1997. Doveva entrare in vigore nei paesi dell’UE il 1o gennaio 1997. TERMINI CHIAVE Latte: latte di mucche, pecore, capre e bufale. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 96/16/CE del Consiglio del 19 marzo 1996 relativa alle indagini statistiche da effettuare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari (GU L 78, del 28.3.1996, pagg. 27-29) Le successive modifiche alla direttiva 96/16/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 1166/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativo alle indagini sulla struttura delle aziende agricole e all’indagine sui metodi di produzione agricola e che abroga il regolamento (CEE) n. 571/88 del Consiglio (GU L 321 del 1.12.2008, pagg. 14-34) Si veda la versione consolidata. Decisione 97/80/CE della Commissione del 18 dicembre 1996 recante norme d’applicazione della direttiva 96/16/CE del Consiglio, relativa alle indagini statistiche da effettuare nel settore del latte e dei prodotti lattiero- caseari (GU L 24, del 25.1.1997, pagg. 26-49) Si veda la versione consolidata.
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32009D0290
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 20 gennaio 2009 relativa all’assistenza finanziaria a medio termine della Comunità alla Lettonia (2009/290/CE) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, visto il regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (1), ed in particolare l’articolo 3, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione presentata previa consultazione del Comitato economico e finanziario (CEF), considerando quanto segue: (1) Con la decisione 2009/289/CE (2) il Consiglio ha concesso assistenza reciproca alla Lettonia. (2) In un contesto di fabbisogno di finanziamento esterno molto elevato, i mercati dei capitali e finanziari lettoni sono stati di recente oggetto di pressioni, che riflettono un deterioramento generale del clima sui mercati e crescenti preoccupazioni in merito alla salute dell’economia lettone dati i gravi squilibri dovuti all’ampio disavanzo e debito esterno, all’indebolimento della finanza pubblica e ad elevati tassi di inflazione dei costi e dei prezzi. Il settore bancario lettone registra gravi problemi di liquidità e di fiducia. Il livello delle riserve valutarie estere è sceso poiché la Banca centrale è intervenuta per preservare l’ancoraggio della valuta. (3) Il fabbisogno di finanziamento esterno complessivo della Lettonia fino al primo trimestre del 2011 è stimato a 7,5 miliardi di EUR. (4) È necessario fornire alla Lettonia un sostegno comunitario per un importo massimo di 3,1 miliardi di EUR nel quadro del meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri istituito con il regolamento (CE) n. 332/2002. Tale assistenza dovrebbe essere fornita in combinazione con un prestito del Fondo monetario internazionale (FMI) di 1,5 miliardi di DSP (circa 1,7 miliardi di EUR — ovvero approssimativamente il 1 200 % della quota della Lettonia nell’FMI) in virtù di un accordo di stand-by dell’FMI approvato il 23 dicembre 2008. I paesi nordici (Svezia, Danimarca, Finlandia, Estonia e Norvegia) dovrebbero apportare 1,9 miliardi di EUR in totale, la Banca mondiale 0,4 miliardi di EUR, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, la Repubblica ceca e la Polonia 0,4 miliardi di EUR complessivamente, il che porterebbe il totale a 7,5 miliardi di EUR nel periodo che si estende fino al primo trimestre del 2011. (5) L’assistenza comunitaria devono essere gestita dalla Commissione. Le condizioni di politica economica convenute con le autorità lettoni dopo la consultazione del Comitato economico e finanziario devono essere oggetto di un memorandum di intesa. Esse devono comprendere, tra l’altro, le misure intese ad alleggerire nell’immediato le pressioni sulla liquidità, a ricostituire la stabilità a lungo termine rafforzando il settore bancario, a correggere gli squilibri di bilancio e ad adottare le politiche interne volte a migliorare la competitività. Le misure devono consentire un risanamento di bilancio immediato e sostenuto, una strategia globale di sostegno al settore bancario, il rafforzamento della capacità di gestione delle crisi da parte delle autorità di regolamentazione, riforme strutturali globali nonché altre misure importanti. Le modalità finanziarie dettagliate devono essere fissate dalla Commissione nell’accordo sul prestito. (6) L’assistenza deve essere accordata al fine di alleggerire nell’immediato le pressioni sulla liquidità a condizione dell’applicazione di politiche volte a ricostituire la stabilità di lungo termine rafforzando il settore bancario, correggendo gli squilibri di bilancio e adottando politiche che consentano di migliorare la competitività, mantenendo il tasso di cambio all’interno della banda di oscillazione ristretta attorno all’attuale parità centrale, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 1. La Comunità mette a disposizione della Lettonia un prestito di medio termine per un importo massimo di 3,1 miliardi di EUR, con una scadenza media massima di sette anni. 2. L’assistenza finanziaria della Comunità copre un periodo di tre anni a decorrere dal primo giorno successivo all’entrata in vigore della presente decisione. Articolo 2 1. L’assistenza è gestita dalla Commissione in modo coerente con gli impegni della Lettonia e le raccomandazioni del Consiglio. Tali condizioni sono fissate in un memorandum d’intesa. Le condizioni finanziarie sono stabilite nel dettaglio dalla Commissione nell’accordo sul prestito. 2. La Commissione verifica periodicamente in collaborazione con il CEF che siano soddisfatte le condizioni di politica economica cui è subordinata l’assistenza. La Commissione tiene informato il CEF in merito al possibile rifinanziamento dei prestiti o alla ristrutturazione delle condizioni finanziarie. 3. La Lettonia è disposta ad adottare e ad applicare misure di risanamento supplementari per stabilizzare l’economia, se esse risulteranno necessarie durante l’applicazione del programma di assistenza. Le autorità lettoni consultano la Commissione prima di adottare tali misure supplementari. Articolo 3 1. La Commissione mette a disposizione della Lettonia l’assistenza finanziaria comunitaria in un massimo di sei quote, la cui entità sarà fissata nel memorandum d’intesa. 2. La prima quota è erogata con riserva dell’entrata in vigore dell’accordo sul prestito e del memorandum d’intesa. 3. Se necessario per finanziare il prestito, è consentito l’uso prudente di swap sui tassi di interesse con controparti appartenenti alla classe di merito di credito più elevata. 4. La Commissione decide in merito allo svincolo delle quote successive dopo aver ottenuto il parere del CEF. 5. L’esborso di ciascuna quota successiva avviene sulla base della soddisfacente attuazione del nuovo programma economico (programma di stabilizzazione economica e di rilancio della crescita) del governo lettone, incluso nel programma di convergenza, ed in particolare delle condizioni economiche specifiche stabilite nel memorandum d’intesa. Queste includono, tra l’altro: a) l’adozione di un programma di bilancio a medio termine chiaramente definito per riportare il disavanzo delle amministrazioni pubbliche al di sotto del valore di riferimento del 3 % del PIL previsto dal trattato entro il 2011; b) l’esecuzione del bilancio per il 2009 modificato dal bilancio suppletivo adottato il 12 dicembre 2008 (e che sarà sottoposto nel dettaglio entro la fine di marzo 2009) volto al contenimento del disavanzo di cash flow entro il 5 % del PIL o del 5,3 % in termini di SEC 95; c) la riduzione delle retribuzioni medie del settore pubblico di almeno il 15 % nel 2009 in termini nominali rispetto al bilancio iniziale del 14 novembre 2008 e di un ulteriore 2 % nel 2010-2011; d) la continuazione delle misure iniziate nel 2008 volte alla riduzione di almeno il 5 % dell’occupazione nell’amministrazione centrale entro la fine del 2008 ed alla riduzione totale del 10 % entro il 30 giugno 2009; e) il rafforzamento dell’organizzazione e dell’attuazione delle procedure di bilancio grazie all’adozione di un quadro di bilancio e di una legge di riforma di bilancio mediante una modifica alla legge vigente sulla gestione finanziaria e di bilancio; f) l’introduzione di un sistema di pagamento dei salari chiaro e trasparente per i dipendenti diretti delle amministrazioni pubbliche e l’istituzione di un sistema unico di pianificazione e di gestione delle risorse umane delle amministrazioni pubbliche; g) meccanismi destinati a stabilizzare maggiormente il sistema bancario a medio e lungo termine, in particolare un’ampia gamma di misure di vigilanza, prudenziali e di politica monetaria. Tali misure dovrebbero limitare la crescita del credito a livelli sostenibili ed evitare una dipendenza eccessiva da finanziamenti esterni non garantiti. Si effettuano controlli mirati nel sistema bancario per verificare che tutte le banche siano solvibili e dispongano di capitali sufficienti; h) misure appropriate riguardanti la ristrutturazione del debito nel settore privato. È rafforzata la base giuridica appropriata per la ristrutturazione del debito in termini di durata e di valuta. È inoltre data priorità al miglioramento delle procedure fallimentari e alla rapida attuazione dei programmi di risanamento; i) misure volte a garantire che i residui azionisti di minoranza della banca Parex non traggano vantaggio del piano di risanamento della banca e misure intese a rafforzare la stabilità finanziaria tramite una completa nazionalizzazione della banca Parex; j) misure di riforma strutturale nel contesto della strategia di Lisbona, attuate nel quadro del programma nazionale di riforma della Lettonia, in particolare politiche attive in materia di occupazione e di formazione permanente, un maggiore coinvolgimento degli operatori del settore privato nelle attività di R&S e di innovazione, misure di promozione delle esportazioni e la soppressione degli oneri amministrativi a carico delle imprese; k) l’attuazione di progetti finanziati dall’UE al livello previsto per migliorare il contributo del settore tradeable alla crescita economica; l) misure intese a migliorare l’accesso ai finanziamenti per le imprese e gli imprenditori le cui richieste di fondi strutturali siano state approvate o che prevedano eventualmente di presentare una domanda per l’ottenimento di fondi strutturali. Articolo 4 La Repubblica di Lettonia è destinataria della presente decisione. Articolo 5 La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 20 gennaio 2009. Per il Consiglio Il presidente M. KALOUSEK (1) GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1. (2) Cfr. pagina 37 della presente Gazzetta ufficiale.
Assistenza finanziaria alla Lettonia QUAL È LO SCOPO DELLE DECISIONI? L’Unione europea (UE) e varie organizzazioni internazionali hanno fornito assistenza finanziaria alla Lettonia tra il dicembre 2008 e la fine del 2011, sulla base del regolamento (CE) n. 332/2002, che consente all’Unione di fornire assistenza finanziaria a medio termine ai paesi dell’UE al di fuori della zona euro che hanno difficoltà con la bilancia dei pagamenti. PUNTI CHIAVE Nel gennaio 2009, è stata concordata un’assistenza finanziaria multilaterale per la Lettonia di 7,5 miliardi di euro per il periodo 2009-2011. Il finanziamento comprendeva: UE: 3,1 miliardi di euro nell’ambito del programma di assistenza per la bilancia dei pagamenti; Fondo monetario internazionale (FMI) : circa 1,7 miliardi di euro; Paesi nordici (Svezia, Danimarca, Finlandia, Norvegia) ed Estonia: 1,9 miliardi di euro; Banca Mondiale : 0,4 miliardi di euro; Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo , Repubblica ceca e Polonia: 0,4 miliardi di euro. In cambio dei prestiti, la Lettonia ha accettato di: ripristinare la stabilità finanziaria rafforzando il settore bancario; correggere gli squilibri di bilancio (ovvero nelle finanze pubbliche); adottare politiche nazionali per migliorare la competitività; migliorare la capacità di gestione delle crisi da parte delle autorità di regolamentazione; attuare riforme strutturali a livello globale. Alla fine, 4,5 miliardi di euro sono stati versati entro il termine del programma di assistenza (19 gennaio 2012). A partire dal 20 gennaio 2012, la Commissione europea ha avviato la sorveglianza post-programma, organizzando sei missioni di verifica nel paese. La sorveglianza si è conclusa nel gennaio 2015, dopo che la Lettonia aveva rimborsato il 75 % del prestito dell’UE. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LE DECISIONI? Le decisioni 2009/289/CE e 2009/290/CE hanno preso effetto il 23 gennaio 2009. CONTESTO Nel febbraio 2002, il Consiglio dell’Unione europea ha conferito all’Unione il potere di concedere prestiti ai paesi dell’UE che affrontano, o rischiano di affrontare, difficoltà con la bilancia dei pagamenti o con i movimenti di capitali. Tale assistenza finanziaria è disponibile solo per i paesi che non utilizzano l’euro. La Lettonia ha fatto richiesta di assistenza alla fine del 2008, dopo che i suoi capitali e mercati finanziari sono stati sottoposti a forti pressioni e il settore bancario ha subito gravi problemi di liquidità e di fiducia. Il 1o gennaio 2014, la Lettonia è entrata nella zona euro. Per ulteriori informazioni, consultare: «Assistenza alla Lettonia per la bilancia dei pagamenti: le basi del successo» sul sito Internet della Commissione europea; «Sorveglianza post-programma per la Lettonia» sul sito Internet della Commissione europea. DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione 2009/289/CE del Consiglio, del 20 gennaio 2009, relativa alla concessione di assistenza reciproca alla Lettonia (GU L 79 del 25.3.2009, pag. 37-38) Decisione 2009/290/CE del Consiglio, del 20 gennaio 2009, relativa all’assistenza finanziaria a medio termine della Comunità alla Lettonia (GU L 79 del 25.3.2009, pag. 39-41) Le modifiche successive alla direttiva 2009/290/CE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1-3) Si veda la versione consolidata.
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REGOLAMENTO (CE) N. 453/2008 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 aprile 2008 relativo alle statistiche trimestrali sui posti di lavoro vacanti nella Comunità (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 285, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), visto il parere della Banca centrale europea (2), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (3), considerando quanto segue: (1) L’8 dicembre 2003 il Consiglio ha approvato l’elaborazione e la pubblicazione di un indicatore strutturale dei posti di lavoro vacanti. (2) Il piano d’azione relativo alle esigenze statistiche dell’UME, approvato dal Consiglio il 29 settembre 2000, e le successive relazioni sullo stato di attuazione di tale piano indicavano come prioritaria l’elaborazione di una base giuridica per le statistiche sui posti di lavoro vacanti. (3) Il comitato per l’occupazione, istituito dalla decisione 2000/98/CE del Consiglio (4), ha convenuto sulla necessità di istituire un indicatore dei posti di lavoro vacanti per controllare la strategia europea per l’occupazione stabilita dalla decisione 2005/600/CE del Consiglio, del 12 luglio 2005, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione (5). (4) La decisione n. 1672/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 2006, che istituisce un programma comunitario per l’occupazione e la solidarietà sociale — Progress (6), predispone il finanziamento delle azioni interessate, tra cui, come ivi specificato, quelle intese a migliorare la comprensione della situazione e delle prospettive dell’occupazione, in particolare mediante analisi e studi e l’elaborazione di statistiche e indicatori comuni nel quadro della strategia europea per l’occupazione. (5) Nel quadro della strategia europea per l’occupazione la Commissione necessita di dati sui posti di lavoro vacanti ripartiti, tra l’altro, per attività economica al fine di controllare e analizzare il livello e la struttura della domanda di lavoro. (6) La Commissione e la Banca centrale europea necessitano di dati trimestrali rapidamente disponibili sui posti di lavoro vacanti al fine di controllare le variazioni congiunturali riguardanti tali posti di lavoro. I dati sui posti di lavoro vacanti destagionalizzati facilitano l’interpretazione delle variazioni trimestrali. (7) I dati forniti sui posti di lavoro vacanti dovrebbero essere pertinenti ed esaurienti, accurati e completi, tempestivi, coerenti, comparabili e facilmente accessibili per gli utilizzatori. (8) I vantaggi di una rilevazione di dati completi a livello comunitario su tutti i segmenti dell’economia dovrebbero essere vagliati a fronte delle possibilità di trasmetterli che hanno, in particolare, le piccole e medie imprese e degli oneri di risposta su di esse gravanti. (9) Si dovrebbe compiere uno sforzo particolare per includere quanto prima nelle statistiche tutti i dati riguardanti le unità con meno di dieci dipendenti. (10) Per determinare l’ambito delle statistiche da compilare e il livello di dettaglio richiesto per singola attività economica, è necessario applicare la più recente versione vigente della classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee (NACE). (11) In sede di produzione e diffusione delle statistiche comunitarie di cui al presente regolamento, le autorità statistiche nazionali e l’autorità statistica comunitaria dovrebbero tenere in considerazione i principi sanciti dal codice delle statistiche europee, che è stato adottato il 24 febbraio 2005 dal comitato del programma statistico istituito dalla decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio (7) e accluso alla raccomandazione della Commissione relativa all’indipendenza, integrità e responsabilità delle autorità statistiche nazionali e dell’autorità statistica comunitaria. (12) È importante che i dati siano condivisi con le parti sociali a livello nazionale ed europeo e che le parti sociali siano informate in merito all’applicazione del presente regolamento. Gli Stati membri dovrebbero inoltre compiere uno sforzo particolare per garantire che i servizi di orientamento scolastico e gli enti di formazione professionale ricevano i dati in parola. (13) Il regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie (8) costituisce il quadro normativo di riferimento per l’elaborazione di statistiche comunitarie e si applica di conseguenza all’elaborazione di statistiche sui posti di lavoro vacanti. (14) Le misure necessarie per l’attuazione del presente regolamento dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (9). (15) In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di definire determinati concetti, di stabilire determinati formati, date e termini, di fissare le condizioni per studi di fattibilità e di adottare misure conformemente ai risultati di tali studi. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento, anche completandolo con nuovi elementi non essenziali, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE. (16) Poiché l’obiettivo del presente regolamento, ossia l’elaborazione di statistiche comunitarie sui posti di lavoro vacanti, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato; il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (17) Il Comitato del programma statistico è stato consultato in conformità dell’articolo 3 della decisione 89/382/CEE, Euratom, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto e ambito di applicazione 1. Il presente regolamento definisce gli obblighi in materia di elaborazione periodica di statistiche trimestrali sui posti di lavoro vacanti nella Comunità. 2. Gli Stati membri presentano alla Commissione (Eurostat) i dati sui posti di lavoro vacanti riguardo almeno alle imprese con uno o più dipendenti. Fatto salvo il paragrafo 3, i dati si estendono all’insieme delle attività economiche definite nella versione vigente della classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee (NACE), ad eccezione delle attività di datore di lavoro svolte da famiglie e convivenze e delle attività di organizzazioni e di organismi extraterritoriali. La copertura delle attività in agricoltura, silvicoltura e pesca, come definite nella versione attuale della NACE, è facoltativa. Gli Stati membri che lo desiderino forniscono dati relativi a tali settori in conformità del presente regolamento. In considerazione della crescente importanza dei servizi di assistenza alla persona (servizi di assistenza residenziale e assistenza sociale non residenziale) per la creazione di posti di lavoro, gli Stati membri sono altresì invitati a trasmettere, su base facoltativa, i dati relativi ai posti vacanti in tali servizi. I dati sono ripartiti per attività economica, a livello di sezioni della versione della NACE in vigore. 3. Nell’ambito di applicazione del presente regolamento la copertura delle seguenti attività: amministrazione pubblica e difesa, assicurazione sociale obbligatoria, istruzione, sanità e assistenza sociale, attività artistiche, di intrattenimento e divertimento, e attività di organizzazioni associative, riparazione di computer e di beni per uso personale e per la casa e altre attività di servizi personali, quali definite nella versione della NACE in vigore, nonché la copertura delle imprese con meno di dieci dipendenti, sono determinate sulla base degli studi di fattibilità di cui all’articolo 7. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: 1) «posto di lavoro vacante» un posto di lavoro retribuito nuovo o libero o in procinto di diventarlo: a) per il quale il datore di lavoro cerca attivamente un candidato adatto al di fuori dell’impresa interessata ed è disposto a fare sforzi supplementari per trovarlo, e b) che il datore di lavoro intende occupare immediatamente o entro uno specifico periodo di tempo. I concetti di «ricerca attiva di un candidato adatto» e di «specifico periodo di tempo» sono definiti secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 9, paragrafo 2. Le statistiche fornite distinguono, a titolo facoltativo, i posti vacanti per posti a durata determinata da quelli per posti permanenti; 2) «posto occupato» un posto retribuito in seno all’organizzazione al quale un dipendente è stato assegnato; 3) «metadati» le spiegazioni necessarie all’interpretazione dei cambiamenti apportati ai dati in seguito a modifiche di natura metodologica o tecnica; 4) «dati retrospettivi» i dati storici che rispondono alle specifiche indicate nell’articolo 1. Articolo 3 Date di riferimento e caratteristiche tecniche 1. Gli Stati membri elaborano i dati trimestrali con riguardo a determinate date di riferimento fissate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 9, paragrafo 2. 2. Gli Stati membri trasmettono i dati sui posti occupati al fine di standardizzare i dati sui posti vacanti a fini comparativi. 3. Gli Stati membri devono applicare ai dati trimestrali relativi ai posti vacanti le procedure di destagionalizzazione. Tali procedure sono determinate secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 9, paragrafo 3. Articolo 4 Fonti 1. Gli Stati membri elaborano i dati tramite indagini sulle imprese. Possono essere utilizzate altre fonti, ad esempio fonti amministrative, se soddisfano i criteri di qualità di cui all’articolo 6. Sono precisate le fonti di tutti i dati forniti. 2. Gli Stati membri possono integrare le fonti di cui al paragrafo 1 tramite procedure affidabili di stima statistica. 3. La Commissione (Eurostat) può istituire e coordinare piani di campionamento comunitari per produrre stime comunitarie laddove i piani di campionamento nazionali non soddisfino le prescrizioni comunitarie in materia di rilevazione dei dati trimestrali. I dettagli riguardo a tali piani, alla loro approvazione e alla loro attuazione sono determinati secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 9, paragrafo 3. Gli Stati membri possono partecipare a piani di campionamento comunitari quando tali piani consentano di ridurre in maniera sostanziale i costi dei sistemi statistici o l’onere per le imprese che l’osservanza delle prescrizioni comunitarie comporta. Articolo 5 Trasmissione dei dati 1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati e metadati nel formato e nei termini di trasmissione stabiliti secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 9, paragrafo 2. Anche la data del primo trimestre di riferimento è determinata secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 9, paragrafo 2. Contemporaneamente sono trasmessi anche eventuali dati riveduti relativi ai trimestri precedenti. 2. Gli Stati membri trasmettono anche i dati retrospettivi almeno per i quattro trimestri precedenti al trimestre per il quale i dati devono essere forniti nella prima consegna di dati. I totali sono comunicati al più tardi alla data della prima consegna e le disaggregazioni non oltre un anno dopo. Se necessario, i dati retrospettivi possono essere basati sulle «migliori stime». Articolo 6 Valutazione della qualità 1. Ai fini del presente regolamento, la valutazione della qualità dei dati trasmessi comprende i criteri seguenti: — «pertinenza»: il grado in cui le statistiche rispondono alle esigenze attuali e potenziali degli utenti, — «accuratezza»: la vicinanza fra le stime e i valori reali non noti, — «tempestività» e «puntualità»: l’intervallo di tempo che intercorre fra la disponibilità dei dati e l’evento o fenomeno da essi descritto, — «accessibilità» e «chiarezza»: le condizioni e le modalità con cui gli utenti possono ottenere, utilizzare e interpretare i dati, — «comparabilità»: la misurazione dell’impatto delle differenze tra i concetti di statistica applicata e gli strumenti e le procedure di misurazione, quando le statistiche si comparano per aree geografiche, ambiti settoriali o periodi di tempo, — «coerenza»: la possibilità di combinare i dati in modo attendibile secondo modalità differenti e per usi diversi. 2. Gli Stati membri forniscono alla Commissione (Eurostat) relazioni sulla qualità dei dati trasmessi. 3. Nel quadro dell’applicazione dei criteri di valutazione della qualità di cui al paragrafo 1 ai dati trattati dal presente regolamento, le modalità, la struttura e la periodicità delle relazioni sulla qualità sono definite secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 9, paragrafo 3. La Commissione (Eurostat) valuta la qualità dei dati forniti. Articolo 7 Studi di fattibilità 1. La Commissione (Eurostat) stabilisce le condizioni per la realizzazione di una serie di studi di fattibilità secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 9, paragrafo 2. Tali studi sono condotti dagli Stati membri che incontrano difficoltà nel fornire dati per: a) le imprese con meno di dieci dipendenti; e/o b) le seguenti attività: i) amministrazione pubblica e difesa, assicurazione sociale obbligatoria; ii) istruzione; iii) sanità e assistenza sociale; iv) attività artistiche, di intrattenimento e divertimento; v) attività di organizzazioni associative, riparazione di computer e di beni per uso personale e per la casa e altre attività di servizi personali. 2. Gli Stati membri che intraprendono studi di fattibilità presentano ciascuno una relazione sui risultati di tali studi entro dodici mesi dall’entrata in vigore delle misure di attuazione della Commissione di cui al paragrafo 1. 3. Non appena possibile dopo che i risultati degli studi di fattibilità sono resi disponibili, la Commissione, di concerto con gli Stati membri ed entro un periodo di tempo ragionevole, adotta misure secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 9, paragrafo 2. 4. Le misure adottate sulla base dei risultati degli studi di fattibilità rispettano il principio del rapporto costi/benefici, definito all’articolo 10 del regolamento (CE) n. 322/97, che prevede anche la riduzione al minimo dell’onere che grava sui rispondenti, e tengono conto dei problemi iniziali di attuazione. Articolo 8 Finanziamento 1. Per i primi tre anni della rilevazione dei dati gli Stati membri possono beneficiare di un contributo finanziario della Comunità per le spese di esecuzione delle attività pertinenti. 2. L’importo degli stanziamenti destinati annualmente per il contributo finanziario di cui al paragrafo 1 è stabilito nel quadro della procedura di bilancio annuale. 3. L’autorità di bilancio assegna gli stanziamenti disponibili per ciascun anno. 4. Possono essere presi in considerazione ulteriori finanziamenti per i lavori di attuazione in relazione alle misure adottate a seguito dei risultati degli studi di fattibilità. Articolo 9 Comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato del programma statistico. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. Il periodo di cui all’articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. Articolo 10 Relazione sull’applicazione Entro il 24 giugno 2010 e successivamente ogni tre anni la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione del presente regolamento. Tale relazione valuta la qualità delle statistiche fornite dagli Stati membri, nonché la qualità degli aggregati europei, e rileva i punti suscettibili di miglioramento. Preferibilmente entro un anno dalla pubblicazione della relazione triennale di cui al primo comma, gli Stati membri precisano come intendono affrontare i punti suscettibili di miglioramento segnalati nella relazione della Commissione. Nel contempo, gli Stati membri riferiscono in merito allo stato di attuazione delle raccomandazioni precedenti. Articolo 11 Pubblicazione di dati statistici Le statistiche fornite dagli Stati membri e un’analisi delle stesse sono pubblicate trimestralmente sul sito Internet della Commissione (Eurostat). La Commissione (Eurostat) provvede affinché il maggior numero possibile di cittadini europei abbia accesso alle statistiche e alle analisi, in particolare attraverso il portale EURES. Articolo 12 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2008. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente J. LENARČIČ (1) GU C 175 del 27.7.2007, pag. 11. (2) GU C 86 del 20.4.2007, pag. 1. (3) Parere del Parlamento europeo del 15 novembre 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 29 febbraio 2008. (4) GU L 29 del 4.2.2000, pag. 21. (5) GU L 205 del 6.8.2005, pag. 21. (6) GU L 315 del 15.11.2006, pag. 1. (7) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47. (8) GU L 52 del 22.2.1997, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (9) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Decisione modificata dalla decisione 2006/512/CE (GU L 200 del 22.7.2006, pag. 11).
Statistiche trimestrali sui posti di lavoro vacanti nei paesi dell’Unione europea QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce i requisiti per la produzione regolare trimestrale di statistiche sui posti di lavoro vacanti* nell’Unione europea (UE). Tali dati trimestrali sono destinati ad analisi a breve termine della congiuntura economica (ossia il monitoraggio delle fluttuazioni nelle attività economiche in una data economia durante un certo periodo di tempo). PUNTI CHIAVE Dal 2010, ciascun paese dell’UE deve presentare alla Commissione europea (Eurostat) i dati sui posti di lavoro vacanti relativi alle aziende con uno o più dipendenti. I paesi dell’UE devono trasmettere tali dati ripartiti per attività economica, entro 70 giorni dalla fine del relativo trimestre. Ambito di applicazione I dati riguardano tutte le attività economiche definite in base al sistema comune di classificazione delle attività economiche nell’Unione europea NACE* in vigore, tranne le attività a conduzione familiare e le attività delle organizzazioni e degli organismi all’estero. Anche se la presentazione di dati relativi ad attività in agricoltura,silvicoltura e pesca , come definito dal NACE in vigore, è facoltativa, i paesi dell’UE che desiderano fornire dati relativi a tali settori devono farlo ai sensi del presente regolamento. Considerando l’importanza crescente dei servizi di assistenza alla persona (servizi di assistenza residenziale e servizi di assistenza sociale non residenziale) per la creazione di posti di lavoro, ai paesi dell’UE viene inoltre richiesto di trasmettere, a titolo facoltativo, dati sui posti di lavoro vacanti in tali campi. I dati devono essere ripartiti per attività economica ai sensi del NACE in vigore a livello di sezione. I dati sono raccolti nei paesi dell’UE, in Norvegia, in Svizzera e nell’ex Repubblica jugoslava di Macedonia. Date di riferimento e specifiche I paesi dell’UE devono compilare i dati trimestrali facendo riferimento a determinate date di riferimento stabilite dal comitato del sistema statistico europeo, composto da esperti nazionali, che assiste ed è presieduto dalla Commissione europea. I paesi devono inoltre fornire dati relativi ai posti occupati al fine di standardizzare i dati sui posti di lavoro vacanti a fini comparativi e devono applicare la destagionalizzazione dei dati trimestrali sui posti di lavoro vacanti. Trasmissione dei dati I paesi dell’UE devono trasmettere i dati a Eurostat in un formato ed entro i termini stabiliti dal comitato del sistema statistico europeo. Valutazione della qualità Quando riceve i dati dai paesi dell’UE, Eurostat ne controlla la completezza e l’adeguatezza. Finanziamento I paesi dell’UE hanno potuto ricevere finanziamenti comunitari per i primi tre anni di raccolta dei dati come contributo per i costi del lavoro necessario. Relazioni Ogni tre anni, la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione del regolamento, che valuta la qualità delle statistiche fornite dai paesi dell’UE e quella degli aggregati europei, oltre a individuare potenziali aree di miglioramento. Atti di esecuzione Il regolamento (CE) n. 1062/2008 stabilisce le procedure di destagionalizzazione dei dati e le relazioni sulla qualità. Il regolamento (CE) n. 19/2009 definisce un posto di lavoro vacante, le date di riferimento per la raccolta dei dati, le specifiche per la trasmissione dei dati e gli studi di fattibilità. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È entrato in vigore il 24 giugno 2008. CONTESTO Le politiche dell’UE nel campo dei posti di lavoro vacanti puntano a migliorare il funzionamento del mercato del lavoro cercando di abbinare meglio domanda e offerta. EURES, il portale europeo per la mobilità lavorativa, cerca di rendere più semplice l’incontro fra chi cerca lavoro e i datori di lavoro. Per ulteriori informazioni, si veda: Statistiche sui posti di lavoro vacanti sul sito Internet di Eurostat * TERMINI CHIAVE Posto di lavoro vacante: un posto di lavoro retribuito appena creato, non occupato o che sta per diventare vacante. Classificazione NACE: dal francese Nomenclature statistique des activités économiques dans la Communauté européenne (classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee). Ne sono state redatte varie versioni a partire dal 1970. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 453/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativo alle statistiche trimestrali sui posti di lavoro vacanti nella Comunità (GU L 145 del 4.6.2008, pag. 234-237) DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 1062/2008 della Commissione, del 28 ottobre 2008, recante attuazione del regolamento (CE) n. 453/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche trimestrali sui posti di lavoro vacanti nella Comunità per quanto riguarda le procedure di destagionalizzazione e le relazioni sulla qualità (GU L 285 del 29.10.2008, pag. 3-8) Regolamento (CE) n. 19/2009 della Commissione, del 13 gennaio 2009, recante attuazione del regolamento (CE) n. 453/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche trimestrali sui posti di lavoro vacanti nella Comunità per quanto riguarda la definizione di posto di lavoro vacante, le date di riferimento per la rilevazione dei dati, le disposizioni in merito alla trasmissione dei dati e studi di fattibilità (GU L 9 del 14.1.2009, pag. 3-6) Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione del regolamento (CE) n. 453/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche trimestrali sui posti di lavoro vacanti nella Comunità , COM(2016) 449 final dell’8.7.2016
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32005D0511
false
DECISIONE 2005/511/GAI DEL CONSIGLIO del 12 luglio 2005 relativa alla protezione dell’euro contro la falsificazione attraverso la designazione dell’Europol quale ufficio centrale competente per la lotta contro la falsificazione dell’euro IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare, l’articolo 30, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 34, paragrafo 2, lettera c), vista l’iniziativa della Repubblica federale di Germania, del Regno di Spagna, della Repubblica francese, della Repubblica italiana e del Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), considerando quanto segue: (1) In quanto moneta legale di 12 Stati membri, l’euro si è sempre più affermato su scala mondiale divenendo pertanto uno degli obiettivi privilegiati delle organizzazioni internazionali dedite alla falsificazione nell’Unione europea e nei paesi terzi. (2) È necessario impedire l’ulteriore aumento del volume di euro falsificati che metterebbe a repentaglio la libera circolazione delle banconote e delle monete metalliche denominate in euro. (3) È necessario incentivare la cooperazione tra gli Stati membri e tra gli Stati membri e l’Europol al fine di rafforzare il sistema di protezione dell’euro al di fuori del territorio dell’Unione europea. (4) La convenzione internazionale per la repressione del falso nummario, adottata a Ginevra il 20 aprile 1929 (di seguito «convenzione di Ginevra»), dovrebbe essere applicata con maggiore efficacia tenuto conto delle condizioni dell’integrazione europea. (5) I paesi terzi necessitano di un punto di contatto centrale per le informazioni relative agli euro falsificati e tutte le informazioni pertinenti dovrebbero essere raccolte presso l’Europol, per essere analizzate. (6) Alla luce della decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativa al rafforzamento della tutela per mezzo di sanzioni penali e altre sanzioni contro la falsificazione di monete in relazione all’introduzione dell’euro (3), il Consiglio ritiene opportuno che tutti gli Stati membri divengano parti contraenti della convenzione di Ginevra ed istituiscano uffici centrali, ai sensi dell’articolo 12 di detta convenzione. (7) Il Consiglio ritiene opportuno designare l’Europol quale ufficio centrale competente per la lotta contro la falsificazione dell’euro, ai sensi dell’articolo 12 della convenzione di Ginevra, DECIDE: Articolo 1 1. Per gli Stati membri che sono parti contraenti della convenzione di Ginevra, l’Europol agisce, conformemente alla dichiarazione figurante nell’allegato (di seguito «dichiarazione»), come ufficio centrale per la lotta contro la falsificazione dell’euro, ai sensi dell’articolo 12, prima frase, della convenzione di Ginevra. Per la falsificazione di tutte le altre monete e per le funzioni di ufficio centrale non delegate all’Europol in virtù della dichiarazione, gli uffici centrali nazionali mantengono le attuali competenze. 2. I governi degli Stati membri che sono parti contraenti della convenzione di Ginevra emettono la dichiarazione e incaricano il rappresentante della Repubblica federale di Germania di inoltrarla al segretario generale delle Nazioni Unite. Articolo 2 La presente decisione ha effetto il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 12 luglio 2005. Per il Consiglio Il presidente G. BROWN (1) GU C 317 del 22.12.2004, pag. 10. (2) Parere espresso il 12 aprile 2005 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) GU L 140 del 14.6.2000, pag. 1. Decisione quadro modificata dalla decisione quadro 2001/888/GAI (GU L 329 del 14.12.2001, pag. 3). ALLEGATO Dichiarazione di … per la designazione dell’Europol quale ufficio centrale competente per la lotta contro la falsificazione dell’euro …, Stato membro dell’Unione europea ha conferito all’Ufficio europeo di polizia (di seguito «Europol») il mandato di lottare contro la falsificazione dell’euro. Per un più efficace funzionamento della convenzione di Ginevra del 1929, ... s’impegna ad adempiere ai seguenti obblighi. 1. In relazione alla falsificazione dell’euro, l’Europol svolge, nel quadro dell’obiettivo sancito dall’atto del Consiglio del 26 luglio 1995, che istituisce un Ufficio europeo di polizia (convenzione Europol) (1), le seguenti funzioni di ufficio centrale, ai sensi degli articoli da 12 a 15 della convenzione di Ginevra del 1929. 1.1. L’Europol centralizza e vaglia, secondo la convenzione Europol, tutte le informazioni che agevolino le indagini, la prevenzione e la lotta contro la falsificazione dell’euro e trasmette senza indugio tali informazioni agli uffici centrali nazionali degli Stati membri. 1.2. Ai sensi della convenzione Europol, in particolare del suo articolo 18, e dell’atto del Consiglio, del 12 marzo 1999, che stabilisce le norme per la trasmissione dei dati di carattere personale da parte dell’Europol a Stati od organismi terzi (2), l’Europol corrisponde direttamente con gli uffici centrali dei paesi terzi al fine di svolgere le funzioni enunciate nei punti 1.3, 1.4 e 1.5 della presente dichiarazione. 1.3. Nella misura in cui lo ritiene opportuno, l’Europol trasmette agli uffici centrali dei paesi terzi una serie di esemplari autentici di euro. 1.4. L’Europol dà regolarmente notifica agli uffici centrali dei paesi terzi, fornendo loro tutte le informazioni necessarie, delle nuove emissioni e del ritiro dalla circolazione di monete. 1.5. Ad eccezione dei casi di interesse meramente locale, l’Europol, nella misura ritenuta opportuna, notifica agli uffici centrali dei paesi terzi: — eventuali scoperte di falsificazioni di euro. La notifica della falsificazione è accompagnata da una descrizione tecnica dei falsi, fornita esclusivamente dall’istituto di emissione le cui banconote sono state falsificate. Dovrebbe essere trasmessa una riproduzione fotografica o, se possibile, un esemplare della banconota falsa. In caso di urgenza possono essere trasmesse agli uffici centrali interessati, in via riservata, una notifica e una descrizione sommaria effettuate dalle autorità di polizia, restando impregiudicate la notifica e la descrizione tecnica di cui sopra, — i particolari delle scoperte effettuate in materia di falsificazione, specificando se sia stato possibile procedere al sequestro integrale dei falsi messi in circolazione. 1.6. In qualità di ufficio centrale degli Stati membri, l’Europol partecipa alle conferenze sulla falsificazione dell’euro, ai sensi dell’articolo 15 della convenzione di Ginevra. 1.7. Qualora l’Europol non sia in grado di svolgere le funzioni di cui ai punti da 1.1 a 1.6 conformemente alla convenzione Europol, gli uffici centrali nazionali degli Stati membri mantengono la propria competenza. 2. Per quanto riguarda la falsificazione di tutte le altre monete e le funzioni di ufficio centrale non delegate all’Europol conformemente al punto 1, gli uffici centrali nazionali mantengono le attuali competenze. Nome del rappresentante …, addì … (1) GU C 316 del 27.11.1995, pag. 1. (2) GU C 88 del 30.3.1999, pag. 1. Atto del Consiglio modificato dall’atto del Consiglio del 28 febbraio 2002 (GU C 76 del 27.3.2002, pag. 1).
Protezione dell’euro contro la falsificazione – Europol QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Designa l’Europol quale ufficio centrale competente per la lotta contro la falsificazione dell’euro, al fine di applicare con maggiore efficacia la convenzione internazionale per la repressione del falso nummario adottata a Ginevra nel 1929 (convenzione di Ginevra) e di incentivare la cooperazione tra i paesi dell’Unione europea (UE) e tra i paesi dell’UE, l’Europol e i paesi extra UE. PUNTI CHIAVE L’UE sta incentivando la cooperazione tra i paesi dell’UE e tra i paesi dell’UE e l’Europol allo scopo di proteggere l’euro contro la falsificazione a livello internazionale. I paesi extra UE necessitano di un punto di contatto centrale per le informazioni relative agli euro falsificati. Tutte queste informazioni devono essere raccolte per essere analizzate presso l’Europol, che funge da ufficio centrale per la lotta contro la falsificazione dell’euro in virtù della convenzione di Ginevra. Ruolo dell’Europol L’Europol funge da ufficio centrale per la lotta contro la falsificazione dell’euro ai sensi dell’articolo 12 della convenzione di Ginevra, che afferma che «in ogni paese le indagini in materia di falsificazione delle monete devono, nei limiti della legislazione nazionale, essere organizzate da un ufficio centrale.» Nel contesto del proprio mandato, l’Europol: centralizza e vaglia tutte le informazioni che agevolino le indagini, la prevenzione e la lotta contro la falsificazione dell’euro e trasmette tali informazioni agli uffici centrali nazionali dei paesi dell’UE; corrisponde direttamente con gli uffici centrali dei paesi extra-UE ai sensi delle norme per la trasmissione dei dati di carattere personale; trasmette, nella misura in cui lo ritiene opportuno, agli uffici centrali dei paesi extra-UE una serie di esemplari autentici di euro; dà regolarmente notifica agli uffici centrali dei paesi extra-UE delle nuove emissioni o del ritiro dalla circolazione di monete, di eventuali scoperte di falsificazioni di euro, dei particolari delle scoperte effettuate in materia di falsificazione, ecc. Per quanto riguarda la falsificazione di tutte le altre monete, gli uffici centrali nazionali mantengono le attuali competenze. Applicazione efficace della convenzione di Ginevra del 1929 La convenzione di Ginevra dovrebbe essere applicata con maggiore efficacia. Essa stabilisce norme efficaci per la prevenzione e la lotta contro le violazioni in materia di falsificazione. La parola «moneta» si riferisce a banconote e monete a corso legale. Il Consiglio considera opportuno che tutti i paesi dell’UE diventino parti contraenti della Convenzione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Si applica dal 16 luglio 2005. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2005/511/GAI del Consiglio, del 12 luglio 2005, relativa alla protezione dell’euro contro la falsificazione attraverso la designazione dell’Europol quale ufficio centrale competente per la lotta contro la falsificazione dell’euro (GU L 185 del 16.7.2005, pag. 35–36)
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DECISIONE 2009/902/GAI DEL CONSIGLIO del 30 novembre 2009 che istituisce una rete europea di prevenzione della criminalità (REPC) e che abroga la decisione 2001/427/GAI IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 30, paragrafo 1, l'articolo 31 e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera c), vista l'iniziativa del Regno del Belgio, della Repubblica ceca, della Repubblica federale di Germania, del Regno di Spagna, della Repubblica francese, della Repubblica di Ungheria, del Regno dei Paesi Bassi, della Repubblica slovacca, della Repubblica di Finlandia, del Regno di Svezia, del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (1), visto il parere del Parlamento europeo, considerando quanto segue: (1) Il Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 ha concluso che era necessario sviluppare misure di prevenzione della criminalità, scambiare migliori prassi e rafforzare la rete delle autorità nazionali competenti per la prevenzione della criminalità e la cooperazione tra le organizzazioni nazionali impegnate in tale settore, precisando che le priorità per tale cooperazione potrebbero essere, innanzi tutto, la delinquenza giovanile, la criminalità urbana e la criminalità connessa alla droga. A tal fine si auspicava un esame della possibilità di un programma finanziato dalla Comunità. (2) A norma della raccomandazione n. 6 della strategia dell'Unione europea per l'inizio del nuovo millennio relativa alla prevenzione e al controllo della criminalità organizzata (2), il Consiglio dev'essere opportunamente assistito da esperti qualificati in materia di prevenzione della criminalità, quali i punti focali nazionali, o mediante la costituzione di una rete di esperti appartenenti alle organizzazioni nazionali incaricate della prevenzione della criminalità. (3) La decisione 2001/427/GAI del Consiglio ha istituito la rete europea di prevenzione della criminalità (3). (4) Una valutazione esterna della rete europea di prevenzione della criminalità, effettuata nel 2008-2009, ha individuato possibilità di consolidamento della rete che sono state accettate dal consiglio di amministrazione della REPC e che rendono necessaria l'abrogazione della decisione 2001/427/GAI e la sua sostituzione con una nuova decisione del Consiglio relativa alla rete. (5) La valutazione ha individuato la necessità di un maggiore coinvolgimento dei rappresentanti nazionali nelle attività della rete. (6) Per consolidare la rete è necessaria una serie di modifiche, ivi comprese le modifiche delle disposizioni relative ai punti di contatto, al segretariato, alla struttura del consiglio di amministrazione e alle sue funzioni, inclusa la nomina del presidente. (7) Le modifiche relative alla composizione della rete dovrebbero essere efficaci ed efficienti in termini di costi, in base alle precedenti esperienze degli Stati membri in materia di finanziamento ed espletamento delle attività di segretariato e delle altre attività della rete. Il consiglio di amministrazione dovrebbe cooperare maggiormente per esplorare e sfruttare appieno le possibilità di finanziamento mediante il bilancio generale dell'Unione europea. Ciò potrebbe essere realizzato sulla base di partenariati quadro o includendo la rete nell'elenco degli organismi riconosciuti in situazione di monopolio del pertinente programma di finanziamento. (8) Le altre disposizioni dovrebbero essere basate sulla decisione 2001/427/GAI, DECIDE: Articolo 1 Istituzione È istituita una rete europea di prevenzione della criminalità (in appresso «la rete»). Essa succede alla rete europea di prevenzione della criminalità istituita con la decisione 2001/427/GAI. Articolo 2 Oggetto 1. La rete contribuisce a sviluppare i vari aspetti della prevenzione della criminalità a livello dell'Unione, tenendo conto della strategia dell'Unione Europea in materia di prevenzione della criminalità, e fornisce sostegno alle azioni di prevenzione della criminalità a livello nazionale e locale. 2. La prevenzione della criminalità comprende tutte le misure che mirano, o altrimenti concorrono, a contrastare la criminalità e a diminuire il senso di insicurezza dei cittadini, sia quantitativamente che qualitativamente, scoraggiando le attività criminali direttamente o mediante il ricorso a politiche e azioni intese a ridurre il potenziale criminoso e a limitarne le cause. Essa include l'azione dei governi, delle autorità competenti, delle istituzioni giudiziarie del settore penale, delle autorità locali e delle associazioni specializzate che hanno istituito in Europa, del settore privato e del volontariato, dei ricercatori e del pubblico, con il sostegno dei mezzi di comunicazione. Articolo 3 Struttura e composizione 1. La rete è composta da un consiglio di amministrazione e da un segretariato, così come dai punti di contatto che possono essere designati da ciascuno Stato membro. 2. Il consiglio di amministrazione è composto dai rappresentanti nazionali, con un presidente e un comitato esecutivo. 3. Ciascuno Stato membro nomina un rappresentante nazionale e può nominare un supplente. 4. Il presidente è nominato tra i rappresentanti nazionali. 5. Il comitato esecutivo è guidato dal presidente ed è composto da un massimo di altri sei membri del consiglio di amministrazione e da un rappresentante designato dalla Commissione. Articolo 4 Funzioni della rete La rete, in particolare: a) facilita la cooperazione, i contatti e gli scambi d'informazioni e di esperienze tra gli operatori nel settore della prevenzione della criminalità; b) raccoglie, valuta e comunica le informazioni basate su elementi di valutazione, incluse le buone prassi sulle azioni di prevenzione in atto; c) organizza conferenze, in particolare una conferenza annuale sulle migliori prassi, ed altre attività, compreso il premio annuale europeo per la prevenzione della criminalità, intese a raggiungere gli obiettivi della rete e a condividerne ampiamente i risultati; d) fornisce la necessaria consulenza al Consiglio e alla Commissione; e) riferisce ogni anno al Consiglio sulle sue attività tramite il consiglio di amministrazione e le competenti strutture operative. Il Consiglio è invitato ad approvare la relazione e a trasmetterla al Parlamento europeo; f) sviluppa ed attua un programma di lavoro basato su una strategia chiaramente definita che tenga conto dell'identificazione delle pertinenti minacce della criminalità e della maniera di farvi fronte. Articolo 5 Scambio di informazioni Per raggiungere i suoi obiettivi la rete: a) privilegia un approccio pluridisciplinare; b) si tiene in stretto rapporto, tramite i rappresentanti nazionali e i punti di contatto, con gli organismi incaricati della prevenzione della criminalità, con le autorità locali, con i partenariati locali e con la società civile, nonché con gli istituti di ricerca e le organizzazioni non governative degli Stati membri; c) crea e tiene aggiornato il proprio sito web contenente le relazioni periodiche e qualsiasi altra informazione utile, in particolare una raccolta delle migliori prassi; d) si adopera per utilizzare e promuovere i risultati dei progetti pertinenti per la prevenzione della criminalità finanziati nell'ambito dei programmi dell'Unione. Articolo 6 Responsabilità 1. Il Comitato esecutivo sostiene il presidente per assicurare, tra l'altro: a) l'elaborazione della strategia della rete che è approvata dal consiglio di amministrazione; b) l'efficace funzionamento del consiglio di amministrazione, e c) l'elaborazione e l'esecuzione del programma di lavoro. 2. Tra le funzioni del consiglio di amministrazione rientrano: a) la garanzia del corretto funzionamento della rete conformemente alla presente decisione, comprese le decisioni sull'organizzazione pratica delle attività del segretariato; b) l'elaborazione e l'adozione del regolamento finanziario; c) l'approvazione della strategia della rete, che contribuisca a sviluppare la prevenzione della criminalità a livello dell'Unione; d) l'adozione e la garanzia della realizzazione del programma di lavoro della rete; e) l'adozione di una relazione annuale sulle attività della rete. 3. Il consiglio di amministrazione adotta all'unanimità il proprio regolamento interno che include, tra l'altro, le disposizioni sulla nomina e la durata del mandato del presidente e dei membri del comitato esecutivo, sulle modalità di decisione del consiglio di amministrazione, sul regime linguistico, sui compiti, l'organizzazione e le risorse del segretariato e sulle modalità amministrative della cooperazione con altre strutture di cui all'articolo 8. 4. Il segretariato assiste il consiglio di amministrazione, è operativo a titolo permanente, a beneficio totale della rete, nel rispetto della riservatezza richiesta e ha i seguenti compiti: a) fornire supporto amministrativo e generale per la preparazione di riunioni, seminari e conferenze; redigere la relazione annuale e il programma di lavoro, sostenere l'attuazione del programma di lavoro e fungere da punto focale per la comunicazione con i membri della rete; b) svolgere una funzione di analisi e di supporto per individuare l'attività di ricerca in corso nel settore della prevenzione della criminalità e le relative informazioni utili per la rete; c) assumere la responsabilità generale di ospitare, sviluppare e aggiornare il sito web della rete. 5. Ogni rappresentante nazionale promuove le attività della rete a livello nazionale e locale e facilita la fornitura, l'aggiornamento e lo scambio di materiale relativo alla prevenzione della criminalità tra il relativo Stato membro e la rete. 6. I punti di contatto assistono i rappresentanti nazionali nello scambio di informazioni e competenze sulla prevenzione della criminalità a livello nazionale nell'ambito della rete. 7. Il segretariato riferisce al presidente e al comitato esecutivo, che ne controllano l'operato. 8. Gli Stati membri sono responsabili del finanziamento della rete e delle sue attività. Tramite il consiglio di amministrazione, gli Stati membri cooperano per assicurare il finanziamento efficiente in termini di costi della rete e delle sue attività. 9. Il paragrafo 8 non osta alla possibilità di chiedere ed ottenere un sostegno finanziario a carico del bilancio generale dell'Unione europea. Articolo 7 Riunioni del consiglio Il consiglio di amministrazione si riunisce almeno una volta per semestre su convocazione del presidente. Articolo 8 Cooperazione con altre strutture La rete può cooperare con altre strutture competenti in materia di prevenzione della criminalità qualora sia pertinente al raggiungimento dei suoi obiettivi. Articolo 9 Valutazione La Commissione presenta al Consiglio una relazione di valutazione in merito alle attività della rete concentrandosi in particolare sull'efficienza dei lavori della rete e del segretariato, tenendo debito conto dell'interazione tra la rete ed altri soggetti pertinenti entro 30 novembre 2012. In base ai risultati di tale valutazione sono individuate eventuali opportunità che potrebbero essere realizzate ad esempio trasferendo il segretariato ad un'agenzia esistente. Articolo 10 Abrogazione La decisione 2001/427/GAI è abrogata. Articolo 11 Decorrenza degli effetti Gli effetti della presente decisione decorrono dal giorno dell'adozione. Fatto a Bruxelles, addì 30 novembre 2009. Per il Consiglio La presidente B. ASK (1) GU C 222 del 15.9.2009, pag. 2. (2) GU C 124 del 3.5.2000, pag. 1. (3) GU L 153 dell'8.6.2001, pag. 1.
Cooperazione europea in materia di prevenzione della criminalità Decisione 2009/902/GAI del Consiglio che istituisce una rete europea di prevenzione della criminalità (REPC) ATTO Decisione 2009/902/UE del Consiglio, del 30 novembre 2009, che istituisce una rete europea di prevenzione della criminalità (REPC) e che abroga la decisione 2001/427/GAI. SINTESI La politica sulla prevenzione della criminalità nell’Unione europea (UE) si rafforza grazie alla cooperazione tra autorità a livello nazionale e locale e altri esperti e professionisti del settore. CHE COSA FA LA DECISIONE? Istituisce la rete europea di prevenzione della criminalità (REPC) per contribuire allo sviluppo di misure di prevenzione della criminalità nell’UE. Oltre a fornire un quadro per la cooperazione tra i paesi dell’UE, la rete supporta anche le attività di prevenzione della criminalità a livello nazionale e locale. PUNTI CHIAVE La REPC si occupa di: — facilitare la cooperazione, i contatti e gli scambi d’informazioni tra le parti interessate; — raccogliere, valutare e condividere le informazioni sulla prevenzione della criminalità; — organizzare conferenze e attività per sviluppare la prevenzione della criminalità e condividere i risultati di questo lavoro sulla prevenzione della criminalità; — fornire la necessaria competenza alle istituzioni europee (Consiglio e Commissione); — riferire annualmente al Consiglio sulle sue attività; — sviluppare e attuare un programma di lavoro che tenga conto delle pertinenti minacce della criminalità. Gli obiettivi della REPC sono raggiunti attraverso un programma di lavoro annuale, nell’ambito di una strategia pluriennale (2010-2015). La rete è composta da: — un consiglio di amministrazione , responsabile della sua gestione complessiva; — un segretariato , che fornisce supporto amministrativo al consiglio di amministrazione; — punti di contatto, che sostengono gli scambi di informazioni e di competenze tra i rappresentanti nazionali. Attività La REPC svolge una serie di attività, tra cui: — la promozione di buone pratiche, attraverso un database che contiene esempi di iniziative e progetti di prevenzione della criminalità (che vanno dalla prevenzione del crimine violento alla criminalità informatica); — l’organizzazione della conferenza sulle migliori prassi, un evento annuale rivolto ai politici, ai professionisti e ai ricercatori per la condivisione di esperienze e buone prassi in materia di prevenzione della criminalità e di sicurezza nei paesi dell’UE; — la presentazione del premio europeo per la prevenzione della criminalità , volto a premiare il miglior progetto europeo di prevenzione della criminalità. Il concorso è aperto a qualsiasi progetto, iniziativa o pacchetto di misure volto a ridurre la criminalità e la paura del crimine nel quadro del tema indicato; — la raccolta e la promozione di risultati e attività basati sulla ricerca per prevenire la criminalità. I«kit di strumenti» su aspetti specifici della prevenzione della criminalità hanno lo scopo di informare, sostenere e ispirare gli operatori locali e i decisori politici attraverso conoscenze pratiche proposte sotto forma di un documento di facile lettura; — creare e mantenere un archivio di studi, articoli e altri documenti in materia di prevenzione della criminalità accessibile attraverso il motore di ricerca di una biblioteca online sul sito Web della rete REPC. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA PRESENTE DECISIONE? A decorrere dal 30 novembre 2009. Per ulteriori informazioni, consultare il sito Internet sulla rete europea di prevenzione della criminalità . RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2009/902/GAI 30.11.2009 - GU L 321 dell’8.12.2009, pag. 44-46
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98/700/GAI: Azione comune del 3 dicembre 1998 adottata dal Consiglio in base all'articolo K.3 del Trattato sull'Unione europea, relativa alla creazione di un sistema europeo di archiviazione delle immagini (FADO) Gazzetta ufficiale n. L 333 del 09/12/1998 pag. 0004 - 0007 AZIONE COMUNE del 3 dicembre 1998 adottata dal Consiglio in base all'articolo K.3 del Trattato sull'Unione europea, relativa alla creazione di un sistema europeo di archiviazione delle immagini (FADO) (98/700/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo K.3, paragrafo 2, lettera b),considerando che l'articolo K.1, punto 3), del trattato stabilisce che la politica d'immigrazione e la politica da seguire nei confronti dei cittadini dei paesi terzi costituiscono una questione di interesse comune;considerando che la lotta contro i documenti falsi è un settore che rientra nella politica d'immigrazione e nella cooperazione di polizia; che il moltiplicarsi del numero dei documenti autentici e falsi richiede un frequente aggiornamento; che il fatto che le tecniche utilizzate per la produzione di documenti autentici e le loro relative contraffazioni diventano sempre più sofisticate rende necessario uno strumento di qualità;considerando che, poiché il bollettino delle frodi europeo ed il manuale dei documenti autentici non rispondono adeguatamente ai due imperativi di rapidità e di riproduzione fedele, il ricorso ad un sistema informatizzato di archiviazione delle immagini rappresenta, assieme ad una formazione adeguata del personale interessato, un elemento essenziale di una strategia globale atta a soddisfare le esigenze degli Stati membri;considerando che vari Stati membri dispongono già di sistemi informatizzati di archiviazione delle immagini in fase di realizzazione;considerando che, per assicurare un elevato livello di controllo da parte degli Stati membri, sarebbe utile istituire un sistema informatizzato di archiviazione delle immagini che dia accesso al personale preposto al controllo dei documenti negli Stati membri; che il sistema dovrebbe consentire agli utenti di disporre di informazioni sui nuovi metodi di falsificazione individuati, nonché sui nuovi documenti autentici in circolazione;considerando che, al fine di salvaguardare la compatibilità e l'omogeneità delle informazioni del sistema, è necessario stabilire procedure di elaborazione dei contributi degli Stati membri destinati ad essere inseriti nel sistema e procedure di controllo e verifica dei contributi stessi;considerando che la presente azione comune lascia impregiudicata la competenza degli Stati membri relativa al riconoscimento di passaporti, di documenti di viaggio, di visti o altri documenti di identità,HA ADOTTATO LA PRESENTE AZIONE COMUNE:Articolo 1 1. È istituito un sistema europeo di archiviazione delle immagini concepito affinché gli Stati membri possano procedere a scambi informatizzati rapidissimi di informazioni a loro disposizione su documenti autentici e documenti falsi accertati, secondo le modalità stabilite nell'allegato della presente azione comune.2. Detto sistema non sostituisce né annulla il consueto scambio di informazioni su supporto cartaceo fino a quando tutti gli Stati membri non saranno in grado di servirsene.Articolo 2 La base dati del sistema deve contenere, tra l'altro, le seguenti informazioni:a) immagini di documenti contraffatti e falsi;b) immagini di documenti autentici;c) informazioni sintetiche sulle tecniche di falsificazione;d) informazioni sintetiche sulle tecniche di sicurezza.Articolo 3 La creazione del sistema europeo non impedisce a ciascuno Stato membro di istituire ed utilizzare il proprio sistema nazionale in grado di soddisfare le esigenze dei posti di frontiera nazionali e dei servizi interni di controllo dei documenti.Articolo 4 Il Consiglio adotta quanto prima i requisiti tecnici relativi alla compatibilità con i sistemi esistenti, all'inserimento delle informazioni nel sistema nonché alle procedure di controllo e di verifica delle informazioni stesse.Articolo 5 La presente azione comune è pubblicata nella Gazzetta ufficiale ed entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione.Gli Stati membri applicano l'articolo 1 entro dodici mesi dall'adozione delle misure di cui all'articolo 4.Fatto a Bruxelles, addì 3 dicembre 1998.Per il ConsiglioIl presidenteK. SCHLÖGLALLEGATO SISTEMA EUROPEO DI ARCHIVIAZIONE DELLE IMMAGINI Presso il Segretariato generale del Consiglio è istituito un sistema informatizzato che contiene documenti autentici, falsi e falsificati.Il nome del sistema europeo è FADO (Documenti falsi e autentici).1. Descrizione del sistema - Il sistema deve essere consultato da una sola unità centrale di ciascuno Stato membro.- Il sistema si basa sulla tecnologia Internet. È importantissimo garantire che l'informazione possa essere trasmessa rapidamente alle unità centrali nazionali. Non appena l'informazione perviene al Segretariato generale del Consiglio viene introdotta in tempi brevissimi nel sistema FADO. Spetta a ciascuno Stato membro integrare questi dati nel proprio sistema nazionale o nella sua copia del sistema FADO.- Il sistema è plurilingue.- Il sistema deve essere conviviale.- Il sistema si basa su una codificazione molto rigorosa. È essenziale garantire la sicurezza delle informazioni contenute nel sistema informatizzato. Il sistema utilizza linee speciali per la trasmissione dei dati tra il Segretariato generale del Consiglio e i servizi centrali degli Stati membri.- Negli Stati membri il sistema è consultato da un'unità centrale attraverso un internet crittografato. Uno Stato membro può usare lo stesso sistema a livello nazionale (ossia, collegare diverse stazioni di lavoro situate ai suoi diversi posti di frontiera o presso altre autorità competenti). Non vi saranno collegamenti diretti tra una stazione di lavoro diversa dall'unità centrale nazionale ed il punto centrale installato presso il Segretariato generale. Vi sarà un metodo per duplicare e aggiornare, nel sistema situato negli Stati membri, il sistema FADO (nastri magnetici, dischi amovibili, CD-ROM, ecc.).- Ciascuno Stato membro ha la facoltà di sviluppare il proprio sistema crittografato per la trasmissione interna di dati.- Il sistema FADO collega in rete la base centrale presso il Segretariato generale con le centrali ubicate in ciascuno Stato membro. Esso consente il rapido scambio di informazioni.- Dato che i documenti sono inviati per via elettronica per essere inseriti nei sistemi nazionali esistenti, le immagini devono essere di formato standard (JPEG, TIFF, BMP . . .). La loro qualità deve essere la migliore possibile, ma deve altresì essere assicurato un giusto equilibrio fra la qualità dell'immagine, le dimensioni e la compressione.- Sono disponibili ingrandimenti, ma soltanto delle parti importanti dell'immagine, sempreché se ne ravvisi la necessità.- Il sistema deve consentire di confrontare sullo schermo il documento autentico con quello falso o falsificato.- Il sistema fornisce delucidazioni sulle diverse tecniche di falsificazione e sulle tecniche di sicurezza.- I rinvii incrociati risultano necessari agli utenti per reperire le informazioni in tempi molto brevi.- Priorità viene conferita anzitutto ai documenti degli Stati membri e ai documenti dei paesi terzi da cui si registra un'emigrazione abituale verso gli Stati membri. Le informazioni contenute nel sistema sono successivamente completate e aggiornate in modo da includervi tutti gli altri documenti e da risultare il più completo possibile.- Si deve introdurre un sistema «flash» che comporti l'invio a tutti gli Stati membri, per posta elettronica, di un avviso riguardante un dato documento falso.- Il sistema ha fin dall'inizio più di un archivio. Occorre prevedere fin dall'inizio la possibilità di un livello di consultazione supplementare per gli esperti contenente informazioni più particolareggiate sulle falsificazioni.- Il sistema contiene una zona speciale per l'inserimento di documenti che non sono riconosciuti da uno o più Stati membri.2. Costi del sistema I costi relativi all'istituzione e al funzionamento del sistema FADO riguardano l'acquisto di attrezzature tecniche e i costi relativi al personale. Dato che il sistema FADO è destinato unicamente all'archiviazione e alla trasmissione elettroniche di documenti, che di regola avviene su supporto cartaceo, tali spese rientrano pertanto nelle spese amministrative del Consiglio, ai sensi dell'articolo K.8, paragrafo 2, primo comma, del trattato sull'Unione europea.
Lotta ai falsi documentali: sistema di archiviazione delle immagini FADO QUAL È LO SCOPO DI QUEST’AZIONE COMUNE? Istituisce un sistema di archiviazione delle immagini dell’Unione Europea (UE) basato su Internet, noto come FADO (documenti falsi e autentici online), che consente la rapida condivisione fra paesi dell’UE di immagini di documenti autentici, falsi e falsificati, al fine di contribuire alla lotta contro le frodi documentali e d’identità. L’azione comune 98/700/GAI è abrogata e sarà sostituita tra qualche anno dal regolamento (UE) 2020/493 (si veda la sintesi), anche se le informazioni esistenti sono state trasferite al nuovo sistema FADO che sarà istituito dall’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera. PUNTI CHIAVE Il sistema è multilingue, progettato per essere di facile utilizzo e basato su una codificazione molto rigorosa, al fine di garantire la standardizzazione e la sicurezza delle informazioni. Un servizio centrale in ciascun paese partecipante è collegato con il segretariato generale del Consiglio dell’UE, ma ogni paese dell’UE e di Schengen è libero di copiare il sistema o di sviluppare il proprio sistema per la distribuzione sicura dei dati interni. Il sistema garantisce che le informazioni possano essere trasmesse rapidamente ai servizi centrali nazionali. La creazione del sistema comunitario non impedisce ai paesi dell’UE di sviluppare i propri sistemi nazionali per soddisfare i rispettivi requisiti di sicurezza ai confini e verifica dei documenti. Il sistema è progettato in particolare per consentire:la visualizzazione di immagini ingrandite dei documenti, ove necessario;il confronto sullo schermo fra documenti autentici e falsificati;l’accesso alle informazioni sulle tecniche di falsificazione e di sicurezza;rinvii incrociati affinché gli utenti possano reperire le relative informazioni in tempi brevi;comunicazioni su documenti falsi particolari. Priorità viene conferita ai documenti dei paesi dell’UE e ai documenti dei paesi extra UE da cui si registra un’emigrazione abituale. Il 1o dicembre 2014, il Regno Unito (1) ha comunicato alla Commissione europea che nel campo della cooperazione di polizia desiderava continuare a partecipare all’azione comune. Ciò è stato confermato dalla decisione della Commissione 2014/858/UE.Abrogazione L’azione comune 98/700/GAI è abrogata dal regolamento (UE) 2020/493. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA L’AZIONE COMUNE? Essa è in vigore dal 10 dicembre 1998. CONTESTO Il numero crescente di documenti di viaggio, d’identità e altri documenti giustificativi autentici e falsi, come passaporti, permessi di soggiorno e visti, e le sempre più sofisticate tecniche di falsificazione, fanno sì che tra gli strumenti necessari per combattere le frodi documentali e d’identità debba esserci una condivisione rapida ed efficiente delle informazioni. Per maggiori informazioni consultare:Sicurezza dei documenti (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Azione comune 98/700/GAI, del 3 dicembre 1998, adottata dal Consiglio in base all’articolo K.3 del trattato sull’Unione europea, relativo alla creazione di un sistema europeo di archiviazione delle immagini (FADO) (GU L 333 del 9.12.1998, pag. 4). DOCUMENTI CORRELATI Decisione 2014/858/UE della Commissione, del 1o dicembre 2014, concernente la comunicazione, da parte del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, della volontà di partecipare ad atti dell’Unione nel settore della cooperazione di polizia e della cooperazione giudiziaria in materia penale adottati prima dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona e che non fanno parte dell’acquis di Schengen (GU L 345 del 1.12.2014, pag. 6). Decisione 2000/261/GAI del Consiglio, del 27 marzo 2000, relativa al miglioramento dello scambio di informazioni per combattere i documenti di viaggio contraffatti (GU L 81 del 1.4.2000, pag. 1).
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Direttiva 89/117/CEE del Consiglio del 13 febbraio 1989 relativa agli obblighi in materia di pubblicità dei documenti contabili delle succursali, stabilite in uno Stato membro, di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale fuori di tale Stato membro Gazzetta ufficiale n. L 044 del 16/02/1989 pag. 0040 - 0042 edizione speciale finlandese: capitolo 6 tomo 2 pag. 0200 edizione speciale svedese/ capitolo 6 tomo 2 pag. 0200 *****DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 13 febbraio 1989 relativa agli obblighi in materia di pubblicità dei documenti contabili delle succursali, stabilite in uno Stato membro, di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale fuori di tali Stato membro (89/117/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 54, vista la proposta della Commissione (1), in cooperazione con il Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che la creazione di un mercato interno europeo presuppone che le succursali di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale in un altro Stato membro vengano trattate allo stesso modo delle succursali di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale nello stesso Stato membro; che, per quanto riguarda la pubblicazione di documenti relativi ai conti annuali, ciò significa che è sufficiente che le succursali di istituti con sede sociale in un altro Stato membro pubblichino i documenti relativi ai conti annuali della propria impresa nel loro insieme; considerando che, nell'ambito di un diverso strumento di coordinamento degli obblighi di pubblicità concernenti le succursali, è previsto che alcuni tipi di società, comprese le banche e altri istituti finanziari, soggetti al diritto di uno Stato membro pubblichino alcuni atti ed alcune informazioni concernenti le succursali stabilite in un altro Stato membro; che, per quanto concerne la pubblicità dei documenti contabili, si fa riferimento a disposizioni specifiche che devono essere adottate per le banche e per gli altri istituti finanziari; considerando che dopo l'adozione della direttiva 86/635/CEE del Consiglio, dell'8 dicembre 1986, relativa ai conti annuali ed ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari (4), non appare più giustificata la prassi attuale di alcuni Stati membri consistente nell'esigere, dalle succursali di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale fuori di tali Stati membri, la pubblicazione di conti annuali concernenti la loro attività; che inoltre la pubblicazione dei conti annuali di succursali non permette di dare al pubblico, in particolare ai creditori, un'idea sufficiente della situazione finanziaria dell'impresa, poiché non si può percepire isolatamente una parte di un tutto organico; considerando d'altra parte che nell'attuale stadio di integrazione non può essere trascurata la necessità di talune informazioni sull'attività delle succursali, stabilite in uno Stato membro, di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale fuori di tale Stato membro; che tuttavia occorre limitare l'ampiezza di queste informazioni per evitare distorsioni di concorrenza; considerando tuttavia che la presente direttiva riguarda soltanto gli obblighi di pubblicità per i conti annuali, ma non riguarda in alcun modo gli obblighi di informazione che incombono alle succursali di enti creditizi ed istituti finanziari in virtù di altre disposizioni, nell'ambito, per esempio, del diritto sociale, per quanto riguarda il diritto all'informazione dei dipendenti, del diritto di sorveglianza bancaria per gli enti creditizi e gli istituti finanziari del paese ospite, e del diritto fiscale, nonché per scopi statistici; considerando che, per le succursali di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale in un paese terzo, la parità delle condizioni di concorrenza significa, da un lato, che tali succursali devono osservare, per la pubblicazione di documenti relativi ai conti annuali, un livello eguale o equivalente a quello vigente nella Comunità, ma anche, d'altro lato, che queste succursali non devono essere obbligate a pubblicare conti annuali concernenti la loro attività qualora esse soddisfino la suddetta condizione; considerando che l'equivalenza dei documenti relativi ai conti annuali degli enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale in un paese terzo, richiesta dalla presente direttiva, può porre problemi di valutazione; che pertanto l'esame di questi e di altri problemi che si presentano nella materia oggetto della presente direttiva, in particolare per quanto riguarda l'applicazione della stessa, richiede che i rappresentanti degli Stati membri e quelli della Commissione cooperino in seno ad un comitato di contatto; che, per evitare la proliferazione di questi comitati, è auspicabile che la suddetta cooperazione avvenga in seno al comitato previsto all'articolo 52 della direttiva 78/660/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1978, relativa ai conti annuali di taluni tipi di società (1), modificata, da ultimo, dalla direttiva 84/569/CEE (2); che tuttavia, ove si tratti di esaminare problemi relativi agli enti creditizi, il comitato dovrà avere una composizione appropriata, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Campo d'applicazione 1. Le misure di coordinamento stabilite dalla presente direttiva sono applicabili alle succursali, stabilite in uno Stato membro, di enti creditizi ed istituti finanziari che sono quali quelli previsti all'articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b) della direttiva 86/635/CEE e che hanno la propria sede sociale fuori di detto Stato membro. Se un ente creditizio o istituto finanziario hanno la propria sede sociale in un paese terzo, la presente direttiva è applicabile nella misura in cui detto ente creditizio o istituto finanziario abbiano una forma giuridica comparabile a quelle menzionate alle precitate lettere a) e b). 2. L'articolo 1, terzo trattino della direttiva 77/780/CEE (3) è applicabile mutatis mutandis alle succursali degli enti creditizi e degli istituti finanziari previsti alla presente direttiva. Articolo 2 Disposizioni relative alle succursali di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale in un altro Stato membro 1. Gli Stati membri prevedono che le succursali di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale in un altro Stato membro pubblichino, conformemente all'articolo 44 della direttiva 86/635/CEE, i documenti del proprio ente creditizio o del proprio istituto finanziario previsti nel suddetto articolo (conti annuali, conti consolidati, rapporto di gestione, rapporto di gestione consolidato, relazioni stabilite dalla persona incaricata del controllo dei conti annuali e dei conti consolidati). 2. Questi documenti devono essere redatti e controllati secondo le modalità previste, conformemente alla direttiva 86/635/CEE, dalla legislazione dello Stato membro in cui l'ente creditizio o l'istituto finanziario ha la propria sede sociale. 3. Le succursali non possono essere tenute a pubblicare conti annuali concernenti la propria attività. 4. Fino ad ulteriore coordinamento, gli Stati membri possono esigere che le succursali pubblichino le informazioni supplementari seguenti: - i proventi e gli oneri della succursale menzionati nelle voci 1, 3, 4, 6, 7, 8 e 15 dell'articolo 27 della direttiva 86/635/CEE o delle A4, A9, da B1 a B4 e B7 dell'articolo 28 della medesima direttiva; - il numero di persone impiegato in media dalla succursale; - il totale dei crediti e dei debiti imputabili alla succursale, ripartiti tra quelli sugli enti creditizi a quelli sui clienti, nonché l'importo complessivo di tali crediti e debiti espressi nella moneta dello Stato membro in cui è stabilita la succursale; - il totale dell'attivo e degli importi corrispondenti alle voci dell'attivo 2, 3, 4, 5 e 6, alle voci del passivo 1, 2 e 3 ed alle voci fuori bilancio 1 e 2 secondo la definizione che figura all'articolo 4 ed agli articoli analoghi direttiva 86/635/CEE nonché, per le voci dell'attivo 2, 5 e 6, la ripartizione dei titoli secondo che siano o non siano considerati « immobilizzazioni finanziarie » ai sensi dell'articolo 35 della direttiva 86/635/CEE. Se sono richieste queste informazioni, la loro esattezza e corrispondenza ai conti annuali devono essere verificate da una o più persone abilitate al controllo dei conti annuali in virtù della legislazione dello Stato membro in cui è stabilita la succursale. Articolo 3 Disposizioni relative alle succursali di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale in un paese terzo 1. Gli Stati membri prevedono che le succursali di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale in un paese terzo pubblichino, conformemente all'articolo 2, paragrafo 1, i documenti che vi sono indicati e che sono stati redatti e verificati secondo la legislazione del paese della sede sociale. 2. L'articolo 2, paragrafo 3 è applicabile se i documenti in questione sono stati redatti conformemente alla direttiva 86/635/CEE o in modo equivalente e se la condizione della reciprocità per gli enti creditizi e gli istituti finanziari della Comunità è soddisfatta nel paese terzo in cui si trova la sede sociale. 3. Nei casi diversi da quelli di cui al paragrafo 2, gli Stati membri possono esigere che le succursali pubblichino conti annuali concernenti la loro attività. 4. Nei casi di cui ai paragrafi 2 e 3, gli Stati membri possono esigere che le succursali pubblichino le informazioni previste all'articolo 2, paragrafo 4 e l'importo del capitale di dotazione. 5. L'articolo 9, paragrafi 1 e 3 della direttiva 77/780/CEE è applicabile per analogia alle succursali degli enti creditizi e degli istituti finanziari di cui alla presente direttiva. Articolo 4 Lingue di pubblicazione Gli Stati membri possono esigere che i documenti previsti dalla presente direttiva vengano pubblicati nella o nelle lingue ufficiali nazionali e che la traduzione di detti documenti venga autenticata. Articolo 5 Compito del comitato di contatto Il comitato di contatto istituito dall'articolo 52 della direttiva 78/660/CEE, nella composizione appropriata, ha altresì il compito: a) di agevolare, senza pregiudizio degli articoli 169 e 170 del trattato, un'applicazione armonizzata della presente direttiva mediante una concertazione regolare, in particolare sui problemi concreti dell'applicazione della stessa, quali la valutazione dell'equivalenza dei documenti, e di agevolare le decisioni relative alla comparabilità e all'equivalenza delle forme giuridiche indicate all'articolo 1, paragrafo 1; b) di consigliare, se necessario, la Commissione in merito ai complementi o alle modifiche da apportare alla presente direttiva. Disposizioni finali Articolo 6 (1) Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1o gennaio 1991. Essi ne informano immediatamente la Commissione. (2) Gli Stati membri possono prevedere che le disposizioni di cui al paragrafo 1 si applichino per la prima volta ai conti annuali dell'esercizio che inizia il 1o gennaio 1993 o nel corso del 1993. (3) Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 7 Cinque anni dopo la data prevista all'articolo 6, paragrafo 2, il Consiglio procede, in base a una relazione della Commissione, all'esame e, se del caso, su proposta della Commissione e in cooperazione con il Parlamento europeo alla revisione dell'articolo 2, paragrafo 4, in funzione all'esperienza acquisita nell'applicazione della presente direttiva e dell'obiettivo di ridurre le informazioni supplementari di cui all'articolo 2, paragrafo 4, tenendo conto dei progressi realizzati verso una maggiore armonizzazione dei conti delle banche e degli altri istituti finanziari. Articolo 8 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 13 febbraio 1989. Per il Consiglio Il Presidente C. SOLCHAGA CATALAN (1) GU n. C 230 dell'11. 9. 1986, pag. 4. (2) GU n. C 319 del 30. 11. 1987, pag. 64 e GU n. C 290 del 14. 11. 1988, pag. 66. (3) GU n. C 345 del 21. 12. 1987, pag. 73. (4) GU n. L 372 del 31. 12. 1986, pag. 1. (1) GU n. L 222 del 14. 8. 1978, pag. 11. (2) GU n. L 314 del 4. 12. 1984, pag. 28. (3) GU n. L 322 del 17. 12. 1977, pag. 30.
Documenti contabili delle succursali di enti creditizi e istituti finanziari con sede sociale fuori dallo stato QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA? Lo scopo della direttiva è quello di eliminare l’obbligo per le succursali di banche estere e altri istituti finanziari aventi sede sociale in un altro Stato membro (UE o paese terzo) di pubblicare documenti separati relativi ai conti annuali. PUNTI CHIAVE La direttiva si applica a tutte le succursali UE di banche e altri istituti finanziari aventi sede al di fuori dello Stato membro in cui la succursale è stabilita.La direttiva elimina l’obbligo di pubblicare conti annuali separati. I documenti che devono essere pubblicati dalle succursali di enti creditizi e istituti finanziari aventi sede in un altro Stato membro comprendono i conti annuali, i conti consolidati, rapporti di gestione ecc. Essi devono essere pubblicati e controllati come richiesto dalla legge del paese UE in cui si trova la sede sociale. Fino a ulteriore coordinamento, gli Stati membri possono esigere che le succursali pubblichino informazioni supplementari quali i proventi e gli oneri e l'importo complessivo di crediti e debiti della succursale.I documenti che devono essere pubblicati dalle succursali di enti creditizi e istituti finanziari aventi sede in un paese terzo sono gli stessi di quelli delle succursali che hanno la loro sede in uno Stato membro. Essi devono essere redatti e controllati secondo le modalità previste dalla legislazione del paese terzo. Tuttavia, se le regole in questione non sono conformi con i requisiti di contabilità, gli Stati membri possono esigere che le succursali pubblichino conti annuali concernenti la loro attività.Gli Stati membri possono esigere che la traduzione autenticata di detti documenti venga pubblicata nella o nelle loro lingue ufficiali. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DIRETTIVA? È stata applicata dal 14 gennaio 1989. II paesi dell’UE dovevano recepirla nelle rispettive legislazioni nazionali entro il 1 gennaio 1991. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 89/117/CEE del Consiglio del 13 febbraio 1989 relativa agli obblighi in materia di pubblicità dei documenti contabili delle succursali, stabilite in uno Stato membro, di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale fuori di tale Stato membro (GU L 44, 16.2.1989, pp. 40–42)
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32004D0003(01)
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2004/258/CE: Decisione della Banca centrale europea, del 4 marzo 2004, relativa all'accesso del pubblico ai documenti della Banca centrale europea (BCE/2004/3) Gazzetta ufficiale n. L 080 del 18/03/2004 pag. 0042 - 0044 Decisione della Banca centrale europeadel 4 marzo 2004relativa all'accesso del pubblico ai documenti della Banca centrale europea(BCE/2004/3)(2004/258/CE)IL CONSIGLIO DIRETTIVO DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA,visto lo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea ed in particolare l'articolo 12.3,visto il regolamento interno della Banca centrale europea(1), ed in particolare l'articolo 23,considerando quanto segue:(1) L'articolo 1, secondo comma del trattato sull'Unione europea sancisce il concetto di trasparenza, secondo il quale il trattato segna una nuova tappa nel processo di creazione di un'unione sempre più stretta tra i popoli dell'Europa, in cui le decisioni siano prese nel modo più trasparente possibile e il più vicino possibile ai cittadini. Questa politica di trasparenza accresce la legittimità, l'efficienza e la responsabilità dell'amministrazione, contribuendo in tal modo a rafforzare i principi di democrazia.(2) Nella Dichiarazione comune(2) riguardante il regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione(3), il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione chiedono alle altre istituzioni ed organi comunitari di adottare norme interne relative all'accesso del pubblico ai documenti, che tengano conto dei principi e dei limiti stabiliti dal regolamento. Il regime relativo all'accesso del pubblico ai documenti della Banca centrale europea stabilito dalla decisione BCE/1998/12, del 3 novembre 1998, relativa all'accesso del pubblico ai documenti e agli archivi della Banca centrale europea(4), dovrebbe essere rivisto di conseguenza.(3) Un accesso più ampio ai documenti della BCE dovrebbe essere garantito, preservando nel contempo sia l'indipendenza della BCE e delle banche centrali nazionali (BCN) prevista dall'articolo 108 del trattato e dall'articolo 7 dello statuto, sia la riservatezza di talune materie proprie dell'espletamento delle funzioni della BCE. Per tutelare l'efficacia del processo decisionale, comprese le consultazioni e le attività preparatorie interne, le riunioni degli organi decisionali della BCE sono riservate, a meno che l'organo competente decida di rendere pubblico il risultato delle loro delibere.(4) Tuttavia, taluni interessi pubblici e privati dovrebbero essere tutelati mediante eccezioni. Inoltre, la BCE ha l'esigenza di proteggere l'integrità delle banconote in euro come mezzo di pagamento, comprese, tra l'altro, le caratteristiche di sicurezza contro la contraffazione, le specifiche tecniche per la produzione, la sicurezza fisica delle scorte e il trasporto delle banconote in euro.(5) Quando le BCN gestiscono richieste di documenti della BCE che sono in loro possesso, devono consultare la BCE per assicurare la piena applicazione della presente decisione, a meno che sia chiaro se il documento possa o meno essere divulgato.(6) Per ottenere una maggiore trasparenza, la BCE dovrebbe garantire l'accesso non solo ai documenti da essa elaborati, ma anche a documenti da essa ricevuti pur preservando nel contempo il diritto dei terzi interessati a esprimere la propria posizione in merito all'accesso ai documenti da essi provenienti.(7) Per garantire il rispetto della buona prassi amministrativa, la BCE dovrebbe applicare un procedimento in due fasi,DECIDE:Articolo 1ObiettivoL'obiettivo della presente decisione è di definire le condizioni e le limitazioni in base alle quali la BCE dà al pubblico accesso ai documenti della BCE e promuove una buona prassi amministrativa sull'accesso del pubblico a tali documenti.Articolo 2Destinatari e campo di applicazione1. Qualsiasi cittadino dell'Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha un diritto d'accesso ai documenti della BCE, secondo le condizioni e le limitazioni definite nella presente decisione.2. Secondo le stesse condizioni e limitazioni, la BCE può concedere l'accesso ai documenti a qualsiasi persona fisica o giuridica che non risieda o non abbia la sede sociale in uno Stato membro.3. La presente decisione non pregiudica i diritti di accesso del pubblico a documenti in possesso della BCE che possono derivare da strumenti di diritto internazionale o da atti volti a dar loro esecuzione.Articolo 3DefinizioniAi fini della presente decisione, si intende per:a) "documento" e "documento della BCE", qualsiasi contenuto informativo, a prescindere dal suo supporto (testo su supporto cartaceo o elettronico, registrazione sonora, visiva o audiovisiva) elaborato o posseduto dalla BCE e relativo alle proprie politiche, attività o decisioni, come anche documenti provenienti dall'Istituto monetario europeo (IME) e dal Comitato dei governatori delle banche centrali degli Stati membri della Comunità economica europea (Comitato dei governatori);b) "terzo", qualsiasi persona fisica o giuridica, o qualsiasi entità esterna alla BCE.Articolo 4Eccezioni1. La BCE rifiuta l'accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue:a) L'interesse pubblico, in ordine:- alla riservatezza delle riunioni degli organi decisionali della BCE,- alla politica finanziaria, monetaria o economica della Comunità o di uno Stato membro,- alla contabilità della BCE o delle BCN,- alla tutela dell'integrità delle banconote in euro,- alla sicurezza pubblica,- alle relazioni finanziarie, monetarie o economiche internazionali;b) la vita privata e l'integrità dell'individuo, in particolare nel rispetto della legislazione comunitaria sulla protezione dei dati personali;c) la riservatezza delle informazioni, tutelata come tale dal diritto comunitario.2. La BCE rifiuta l'accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue:- gli interessi commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresa la proprietà intellettuale,- i procedimenti giudiziari e la consulenza legale,- gli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile,a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.3. L'accesso a un documento contenente pareri per uso interno, facenti parte di deliberazioni e consultazioni preliminari in seno alla BCE o con le BCN, viene rifiutato anche una volta adottata la decisione, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.4. Per quanto concerne i documenti di terzi, la BCE consulta il terzo interessato al fine di valutare se sia applicabile una delle eccezioni di cui al presente articolo, a meno che sia chiaro che il documento debba o non debba essere divulgato.5. Se solo alcune parti del documento richiesto sono interessate da una delle eccezioni, le parti restanti del documento sono divulgate.6. Le eccezioni di cui al presente articolo si applicano unicamente al periodo nel quale la protezione è giustificata sulla base del contenuto del documento. Le eccezioni sono applicabili per un periodo massimo di 30 anni salvo che sia espressamente disposto altrimenti dal Consiglio direttivo della BCE. Nel caso di documenti coperti dalle eccezioni relative alla vita privata o agli interessi commerciali, le eccezioni possono continuare a essere applicate anche dopo tale periodo.Articolo 5Documenti detenuti dalle BCNI documenti in possesso di una BCN redatti dalla BCE così come documenti derivanti dall'IME o dal Comitato dei governatori possono essere divulgati dalla BCN solo previa consultazione della BCE in merito all'ambito di applicazione dell'accesso, a meno che sia chiaro che il documento debba o non debba essere divulgato.In alternativa, la BCN può deferire alla BCE la domanda di accesso.Articolo 6Domande d'accesso1. La domanda di accesso a un documento è presentata alla BCE(5) in qualsiasi forma scritta, anche elettronica, in una delle lingue ufficiali dell'Unione e formulata in modo sufficientemente preciso per consentire alla BCE di identificare il documento in oggetto. Il richiedente non è tenuto a motivare la domanda.2. Qualora una domanda non sia sufficientemente precisa, la BCE può chiedere al richiedente di chiarirla e assisterlo in tale compito.3. Nel caso di una domanda relativa a un documento molto voluminoso o a un numero elevato di documenti, la BCE può contattare informalmente il richiedente al fine di trovare una soluzione equa.Articolo 7Esame delle domande iniziali1. Le domande di accesso ai documenti sono trattate prontamente. Al richiedente viene inviato un avviso di ricevimento. Entro 20 giorni lavorativi dal ricevimento della domanda oppure dal ricevimento dei chiarimenti richiesti ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 2, il Direttore generale del Segretariato e Servizi Linguistici della BCE concede l'accesso al documento richiesto e fornisce l'accesso ai sensi dell'articolo 9, oppure, con risposta scritta, motiva il rifiuto totale o parziale e informa il richiedente del suo diritto di presentare una domanda di conferma ai sensi del paragrafo 2 del presente articolo.2. Nel caso di un rifiuto totale o parziale, il richiedente può, entro 20 giorni lavorativi dal ricevimento della risposta della BCE, presentare una domanda di conferma chiedendo al Comitato esecutivo della BCE di riconsiderare la posizione di quest'ultima. Inoltre, in assenza di risposta della BCE entro il termine di 20 giorni lavorativi previsto per il trattamento delle domande iniziali, il richiedente ha facoltà di presentare una domanda di conferma.3. In casi eccezionali, per esempio nel caso di una domanda relativa a documenti molto voluminosi o a un elevato numero di documenti, o se viene richiesta la consultazione di un terzo, la BCE può prorogare il termine di cui al paragrafo 1 di ulteriori 20 giorni lavorativi, purché il richiedente ne sia previamente informato mediante comunicazione motivata in modo dettagliato.4. Il paragrafo 1 non si applica in caso di domande eccessive o irragionevoli, in particolare se si tratta di domande di natura ripetitiva.Articolo 8Trattamento delle domande di conferma1. Le domande di conferma sono trattate prontamente. Entro 20 giorni lavorativi dal loro ricevimento, il Comitato esecutivo o concede l'accesso ai documenti richiesti come previsto nell'articolo 9 o ne motiva per iscritto il rifiuto totale o parziale. In caso di rifiuto totale o parziale, la BCE è tenuta a informare il richiedente dei mezzi di cui questi dispone ai sensi degli articoli 230 e 195 del trattato.2. In casi eccezionali, per esempio nel caso di una domanda relativa a documenti molto voluminosi o a un numero elevato di documenti, la BCE può prorogare il termine di cui al paragrafo 1 di ulteriori 20 giorni lavorativi, purché il richiedente ne sia previamente informato mediante comunicazione motivata in modo dettagliato.3. In assenza di risposta nei termini da parte della BCE, la domanda s'intende respinta e il richiedente ha il diritto di ricorrere in giudizio e/o presentare una denuncia al Mediatore europeo a norma, rispettivamente, degli articoli 230 e 195 del trattato.Articolo 9Accesso a seguito di una domanda1. I richiedenti possono consultare i documenti ai quali la BCE ha fornito loro l'accesso o presso i locali della stessa, oppure tramite rilascio di una copia, ivi compresa, se disponibile, una copia elettronica. Il costo della produzione e dell'invio delle copie può essere posto a carico del richiedente. Tale onere non supera il costo effettivo della produzione e dell'invio delle copie. La consultazione in loco, la riproduzione di meno di 20 pagine di formato A4 e l'accesso diretto sotto forma elettronica sono gratuiti.2. Se un documento è già stato divulgato dalla BCE ed è facilmente accessibile, la BCE può soddisfare l'obbligo di concedere l'accesso ad esso informando il richiedente in merito alle modalità con cui ottenere il documento richiesto.3. I documenti vengono forniti in una versione e in un formato già esistenti (compreso quello elettronico o un formato alternativo) come richiesto dal richiedente.Articolo 10Riproduzione di documenti1. I documenti divulgati in conformità alla presente decisione non devono essere riprodotti o sfruttati per scopi commerciali senza la preventiva autorizzazione specifica della BCE. La BCE può rifiutare tale autorizzazione senza obbligo di motivazione.2. La presente decisione non pregiudica le disposizioni esistenti in materia di diritto d'autore che possono limitare il diritto di terzi di riprodurre o sfruttare i documenti divulgati.Articolo 11Disposizioni finaliLa presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.La decisione BCE/1998/12 è abrogata.Fatto a Francoforte sul Meno, il 4 marzo 2004.Il Presidente della BCEJean-Claude Trichet(1) Decisione BCE/2004/2, del 19 febbraio 2004, che adotta il regolamento interno della Banca centrale europea. Cfr. pagina 33 della presente Gazzetta ufficiale.(2) GU L 173 del 27.6.2001, pag. 5.(3) GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43.(4) GU L 110 del 28.4.1999, pag. 30.(5) Indirizzata a Banca centrale europea, Divisione segretariato, Kaiserstrasse 29, D-60311 Francoforte sul Meno. Fax: + 49 (69) 1344 6170. Posta elettronica: ecb.secretariat@ecb.int.
Accesso del pubblico ai documenti della Banca centrale europea QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Essa stabilisce le condizioni e le limitazioni in base alle quali la Banca centrale europea (BCE) fornisce al pubblico l’accesso ai propri documenti. PUNTI CHIAVE Qualsiasi cittadino e cittadina dell’Unione europea (Unione) e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro dell’Unione ha il diritto d’accesso ai documenti* della BCE, secondo determinate condizioni e limitazioni. Inoltre, secondo le stesse condizioni e limitazioni, la BCE può concedere l’accesso ai propri documenti a qualsiasi persona fisica o giuridica che non risieda o non abbia la sede sociale in uno Stato membro. La BCE rifiuta l’accesso a un documento la cui divulgazione rischi di compromettere la tutela di quanto segue:l’interesse pubblico, in particolarela riservatezza delle riunioni degli organi decisionali della BCE;la politica finanziaria, monetaria o economica dell’Unione o di uno Stato membro;la contabilità della BCE o delle banche centrali nazionali;la tutela dell’integrità delle banconote in euro;la sicurezza pubblica;le relazioni finanziarie, monetarie o economiche internazionali;la stabilità dell’Unione o del sistema finanziario di uno Stato membro;la vigilanza prudenziale degli enti creditizi e di altre istituzioni finanziarie da parte dell’Unione o di uno Stato membro;le ispezioni prudenziali;la solidità e la sicurezza delle infrastrutture del mercato finanziario, dei regimi di pagamento o dei prestatori di servizi di pagamento; la vita privata e l’integrità personali; la riservatezza delle informazioni, tutelata ai sensi del diritto dell’Unione.Inoltre, la BCE rifiuta l’accesso a un documento, a meno che non sussista un interesse pubblico prevalente, qualora la divulgazione rischi di compromettere:gli interessi commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresa la proprietà intellettuale; le procedure giurisdizionali e la consulenza legale; le attività ispettive, di indagine e di revisione contabile.Se solo alcune parti del documento richiesto sono interessate da una delle eccezioni, le parti restanti del documento sono divulgate. I motivi di rifiuto dell’accesso si applicano unicamente al periodo durante il quale la protezione è giustificata sulla base del contenuto del documento, e per un periodo massimo di 30 anni, salvo decisione diversa del Consiglio direttivo della BCE. Le banche centrali nazionali in possesso di un documento della BCE la consultano, o richiedono alla stessa di gestire la domanda, prima di concederne l’accesso. Le domande di accesso a un documento della BCE devono essere inviate alla stessa in qualsiasi forma scritta in una delle lingue ufficiali dell’Unione e devono essere formulate in modo sufficientemente preciso per consentire alla BCE di identificare il documento in oggetto. Non è necessaria alcuna motivazione. Qualora una domanda non sia chiara o si riferisca a un documento molto voluminoso o a più documenti distinti, la BCE chiede al richiedente di fornire ulteriori informazioni. La BCE adotta una decisione in merito all’accesso ai propri documenti entro 20 giorni lavorativi. Essa può concedere l’accesso richiesto al documento o rifiutarlo parzialmente o totalmente. Nel caso di un rifiuto, il richiedente può, entro 20 giorni lavorativi dalla ricezione della risposta della BCE, chiedere al Comitato esecutivo della stessa di rivedere la sua posizione, presentando una domanda di conferma. I richiedenti respinti possono adire il Mediatore europeo o la Corte di giustizia dell’Unione europea. I richiedenti possono consultare i documenti ai quali la BCE ha fornito loro l’accesso presso le sedi della stessa oppure tramite rilascio di una copia o la ricezione di informazioni sulle modalità per ottenere facilmente il documento richiesto. Abrogazione La decisione abroga la decisione BCE/1998/12. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? È in vigore dal 19 marzo 2004. CONTESTO Il trattato sull’Unione europea inserisce il principio di trasparenza all’articolo 1, allo scopo di rafforzare la legittimità, l’efficacia e la responsabilità dell’Unione. Nel 2001 il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione hanno adottato una normativa sull’accesso del pubblico ai documenti [regolamento (CE) n. 1049/2001 (si veda la sintesi)]. La fornitura dell’acceso ai documenti è un elemento essenziale della politica di trasparenza della BCE. In linea con l’impegno all’apertura e alla trasparenza assunto dalla BCE e al fine di consentire e agevolare la ricerca, la BCE ha creato un registro pubblico dei documenti che contiene i documenti già divulgati dalla BCE e i documenti divulgati in risposta a domande di accesso da parte del pubblico. TERMINI CHIAVE Documento: qualsiasi contenuto informativo, a prescindere dal suo supporto (testo su supporto cartaceo o elettronico, registrazione sonora, visiva o audiovisiva) elaborato o posseduto dalla BCE e relativo alle proprie politiche, attività o decisioni. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione 2004/258/CE della Banca centrale europea, del 4 marzo 2004, relativa all’accesso del pubblico ai documenti della Banca centrale europea (BCE/2004/3) (GU L 80 del 18.3.2004, pag. 42). Le modifiche successive alla decisione 2004/258/CE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte prima: Principi — Titolo II: Disposizioni di applicazione generale — Articolo 15 (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 54). Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Protocollo (n. 4) sullo statuto del sistema europeo di banche centrali e della banca centrale europea (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 230). Regolamento (UE) n. 1024/2013 del Consiglio, del 15 ottobre 2013, che attribuisce alla Banca centrale europea compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (GU L 287 del 29.10.2013, pag. 63). Decisione 2004/257/CE della Banca centrale europea, del 19 febbraio 2004, che adotta il regolamento interno della Banca centrale europea (BCE/2004/2) (GU L 80 del 18.3.2004, pag. 33). Si veda la versione consolidata. Regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43). Si veda la versione consolidata.
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DECISIONE (UE) 2018/402 DELLA COMMISSIONE del 13 marzo 2018 che istituisce il gruppo consultivo europeo dell'Autorità europea del lavoro (Testo rilevante ai fini del SEE e per la Svizzera) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare gli articoli 46 e 48, l'articolo 53, paragrafo 1, l'articolo 62 e l'articolo 91, paragrafo 1, considerando quanto segue: (1) Nel discorso sullo stato dell'Unione del 2017 (1), il presidente della Commissione europea Juncker ha proposto l'istituzione di un'«Autorità europea del lavoro» destinata a rafforzare l'equità nel mercato interno e a garantire un'applicazione equa, semplice ed efficace delle norme dell'UE sulla mobilità dei lavoratori. (2) Il 13 marzo 2018 la Commissione ha proposto di istituire l'Autorità europea del lavoro (2) chiamata ad assistere gli Stati membri e la Commissione nel facilitare l'accesso dei lavoratori e dei datori di lavoro alle informazioni circa i loro diritti e doveri e ai pertinenti servizi in situazioni di mobilità transfrontaliera dei lavoratori, a sostenere la collaborazione tra gli Stati membri nell'applicazione transfrontaliera del pertinente diritto dell'Unione nonché a mediare e favorire la soluzione di controversie transfrontaliere o perturbazioni del mercato del lavoro. (3) È opportuno istituire un gruppo consultivo che fornisca consulenza e assistenza alla Commissione sulla rapida istituzione e sul futuro funzionamento dell'Autorità europea del lavoro; è opportuno che tale gruppo sia denominato «gruppo consultivo europeo dell'Autorità europea del lavoro» (di seguito «il gruppo»). Sebbene non coinvolto nel processo legislativo di adozione della proposta di regolamento che istituisce l'Autorità europea del lavoro, il gruppo dovrebbe contribuire a porre le basi per l'istituzione di quest'ultima. (4) Il gruppo dovrebbe in particolare rendere possibile lo scambio delle migliori pratiche ed esperienze di cooperazione nei settori della mobilità transfrontaliera dei lavoratori e del coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, che l'Autorità europea del lavoro potrebbe ulteriormente sviluppare, nonché l'esame di questioni di carattere generale, di questioni di principio e di problemi di ordine pratico derivanti dall'attuazione del pertinente diritto dell'Unione. Il gruppo dovrebbe anche concorrere a individuare gli strumenti che consentano agli attuali organismi pertinenti, comprese le agenzie dell'UE, di cooperare e contribuire all'istituzione e al buon funzionamento dell'Autorità europea del lavoro. (5) È opportuno che il gruppo sia presieduto dalla Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione) e composto da rappresentanti ad alto livello delle autorità degli Stati membri, delle parti sociali a livello dell'Unione, della Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (Eurofound), del Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale (Cedefop), della Fondazione europea per la formazione (ETF) e dell'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA). Le parti sociali a livello dell'Unione dovrebbero rappresentare su base paritetica i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro. (6) Agli Stati dell'Associazione europea di libero scambio (EFTA) e all'Agenzia dell'Unione europea per la cooperazione nell'attività di contrasto (Europol) dovrebbe essere concesso lo status di osservatori. (7) Il gruppo dovrebbe collaborare con gli organismi esistenti nel campo della mobilità dei lavoratori e del coordinamento dei sistemi della sicurezza sociale. (8) È opportuno stabilire disposizioni sulla divulgazione delle informazioni da parte dei membri e degli osservatori del gruppo. (9) I dati personali dovrebbero essere trattati in conformità del regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (3). (10) La presente decisione si applica fino all'istituzione dell'Autorità europea del lavoro, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Oggetto È istituito il gruppo consultivo europeo dell'Autorità europea del lavoro (di seguito «il gruppo»). Articolo 2 Compiti Il gruppo fornisce consulenza e assistenza alla Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione) sulla rapida istituzione e sul futuro funzionamento dell'Autorità europea del lavoro. Il gruppo svolge, in particolare, i seguenti compiti: a) favorisce la cooperazione tra le autorità nazionali e le parti interessate e fornisce consulenza alla Commissione sulla rapida istituzione e sul futuro funzionamento operativo dell'Agenzia europea del lavoro; b) esamina le questioni generali, le questioni di principio e i problemi di ordine pratico derivanti dall'attuazione della normativa dell'Unione sulla mobilità transfrontaliera dei lavoratori e sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale come pure le loro conseguenze sulle attività dell'Autorità europea del lavoro; c) discute e individua le migliori pratiche ed esempi di cooperazione proficua nel settore della mobilità transfrontaliera dei lavoratori e del coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale al fine di sviluppare le attività dell'Autorità europea del lavoro; d) individua le modalità di cooperazione e il contributo degli organismi esistenti, comprese le agenzie decentralizzate dell'UE, finalizzati all'istituzione e al buon funzionamento dell'Autorità europea del lavoro. Articolo 3 Composizione 1. Il gruppo è composto da: — un rappresentante di ciascuno Stato membro; — sei rappresentanti delle parti sociali a livello dell'Unione che rappresentano su base paritetica i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro; — un rappresentante di ciascuna agenzia dell'UE nel settore dell'occupazione e degli affari sociali. 2. I membri nominano i propri rappresentanti ad alto livello e sono responsabili di garantire un loro elevato livello di competenza. 3. I rappresentanti sono nominati entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente decisione. Essi possono farsi accompagnare da esperti. 4. I membri che non sono più in grado di contribuire efficacemente alle deliberazioni del gruppo di esperti e che, secondo il parere della Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione), non soddisfano le condizioni di cui all'articolo 339 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea o che presentano le dimissioni, non sono più invitati a partecipare alle riunioni del gruppo e possono essere sostituiti per la restante durata del mandato. Articolo 4 Presidente Il gruppo è presieduto da un rappresentante della Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione). Articolo 5 Funzionamento 1. Il gruppo opera su richiesta della Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione) in conformità delle regole orizzontali (4). 2. Il gruppo si riunisce almeno tre volte l'anno. Le riunioni del gruppo si svolgono, di norma, nei locali della Commissione. 3. La Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione) assicura i servizi di segreteria. I funzionari di altri servizi della Commissione interessati ai lavori possono partecipare alle riunioni del gruppo. 4. D'intesa con la Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione) il gruppo può decidere, a maggioranza semplice dei membri, di rendere pubbliche le deliberazioni. 5. Il verbale delle discussioni relative a ciascuno dei punti all'ordine del giorno e dei pareri espressi dal gruppo è informativo e completo. Il verbale è redatto dal segretariato sotto la responsabilità del presidente. 6. Il gruppo adotta i pareri, le raccomandazioni o le relazioni per consenso. 7. La partecipazione di esperti del Parlamento europeo ai lavori del gruppo è disciplinata dal punto 15 e dall'allegato I dell'accordo quadro sulle relazioni tra il Parlamento europeo e la Commissione europea (5). Articolo 6 Esperti invitati All'occorrenza la Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione) può invitare a partecipare ai lavori del gruppo esperti esterni con competenze specifiche su un argomento all'ordine del giorno. Articolo 7 Osservatori 1. Agli Stati dell'Associazione europea di libero scambio (EFTA) e all'Agenzia dell'Unione europea per la cooperazione nell'attività di contrasto (Europol) è concesso lo status di osservatori, in conformità delle regole orizzontali, su invito diretto. 2. Gli osservatori nominano i propri rappresentanti. 3. I rappresentanti degli osservatori possono essere autorizzati dal presidente a partecipare alle discussioni del gruppo e a fornire consulenza. Essi non partecipano tuttavia alla formulazione delle raccomandazioni o dei pareri del gruppo. Articolo 8 Regolamento interno Su proposta dalla Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione), e di concerto con essa, il gruppo adotta a maggioranza semplice dei suoi membri il proprio regolamento interno basandosi sul modello di regolamento interno dei gruppi di esperti, in conformità delle regole orizzontali. Articolo 9 Segreto professionale e trattamento delle informazioni classificate I membri del gruppo e i loro rappresentanti, così come gli esperti invitati e gli osservatori, sono soggetti all'obbligo del segreto professionale che, in virtù dei trattati e delle relative norme di attuazione, si applicano a tutti i membri delle istituzioni e al loro personale, nonché al rispetto delle norme della Commissione in materia di sicurezza riguardanti la protezione delle informazioni classificate dell'Unione, previste dalle decisioni della Commissione (UE, Euratom) 2015/443 (6) e (UE, Euratom) 2015/444 (7). In caso di mancato rispetto di tali obblighi la Commissione può prendere tutti i provvedimenti del caso. Articolo 10 Trasparenza 1. Il gruppo è iscritto nel registro dei gruppi di esperti della Commissione e di altri organismi analoghi («registro dei gruppi di esperti»). 2. Per quanto riguarda la composizione del gruppo, nel registro dei gruppi di esperti sono pubblicate le informazioni seguenti: a) il nome degli Stati membri; b) il nome delle parti sociali; gli interessi rappresentati; c) il nome delle agenzie nel settore dell'occupazione e degli affari sociali; d) il nome degli osservatori, compreso il nome dei paesi terzi. 3. Tutti i documenti pertinenti (quali ordini del giorno, verbali e contributi dei partecipanti) sono resi pubblici tramite il registro dei gruppi di esperti o tramite un link dal registro ad un apposito sito web dove tali informazioni sono reperibili. L'accesso a questi siti web non è subordinato alla registrazione dell'utente né ad altre restrizioni. In particolare, la pubblicazione dell'ordine del giorno e degli altri documenti di riferimento pertinenti avviene a tempo debito prima della riunione ed è seguita dalla pubblicazione tempestiva dei verbali. Sono previste deroghe alla pubblicazione soltanto qualora si ritenga che la divulgazione di un documento possa compromettere la tutela di un interesse pubblico o privato quale definito all'articolo 4 del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (8). Articolo 11 Spese di riunione 1. I partecipanti alle attività del gruppo non sono remunerati per i servizi prestati. 2. La Commissione rimborsa le spese di viaggio e di soggiorno sostenute dai partecipanti alle attività del gruppo. I rimborsi sono effettuati in conformità delle disposizioni vigenti applicate all'interno della Commissione e nei limiti degli stanziamenti disponibili assegnati ai servizi della Commissione nel quadro della procedura annuale di assegnazione delle risorse. Articolo 12 Applicabilità La presente decisione entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Essa si applica fino all'istituzione dell'Autorità europea del lavoro. Fatto a Strasburgo, il 13 marzo 2018 Per la Commissione Il presidente Jean-Claude JUNCKER (1) Il discorso sullo stato dell'Unione 2017 è disponibile al seguente indirizzo: https://ec.europa.eu/commission/state-union-2017_it. (2) COM(2018)131. (3) Regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1). (4) C(2016) 3301, articolo 13, paragrafo 1. (5) GU L 304 del 20.11.2010, pag. 47. (6) Decisione (UE, Euratom) 2015/443 della Commissione, del 13 marzo 2015, sulla sicurezza nella Commissione (GU L 72 del 17.3.2015, pag. 41). (7) Decisione (UE, Euratom) 2015/444 della Commissione, del 13 marzo 2015, sulle norme di sicurezza per proteggere le informazioni classificate UE (GU L 72 del 17.3.2015, pag. 53). (8) Regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43).
Istituzione del gruppo consultivo europeo dell’Autorità europea del lavoro QUAL È LO SCOPO DI QUESTA DECISIONE? Essa istituisce il gruppo consultivo europeo responsabile di fornire consulenza e assistenza alla Commissione europea sull’istituzione e sul funzionamento dell’Autorità europea del lavoro (ELA). PUNTI CHIAVE Il 13 marzo 2018 la Commissione ha presentato una proposta per istituire l’ELA. Il suo scopo è quello di promuovere l’equità e la fiducia reciproca nel mercato interno dell’UE assicurando che le norme dell’UE in materia di mobilità dei lavoratori siano applicate in maniera equa, semplice ed efficace. Essa ha 3 obiettivi specifici:aiutare individui e datori di lavoro ad accedere alle informazioni relative ai loro diritti e obblighi nei settori della mobilità dei lavoratori e del coordinamento della sicurezza sociale (norme comuni dell’UE che tutelano i diritti di sicurezza sociale degli individui che si spostano all’interno di UE, Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera) nonché ad accedere ai servizi pertinenti; sostenere la cooperazione tra le autorità nazionali nell’applicazione del diritto dell’UE oltre i confini nazionali, anche semplificando ispezioni congiunte e concertate (come nel caso in cui paesi diversi organizzino ispezioni simultanee); svolgere opera di mediazione e contribuire a risolvere controversie tra autorità nazionali o in casi di perturbazioni del mercato del lavoro (ad esempio nel caso delle ristrutturazioni di imprese) che riguardano più paesi. Tale proposta fa altresì parte dello sviluppo del pilastro europeo dei diritti sociali, che si propone di promuovere condizioni di vita e di lavoro migliori nell’UE. Compiti I compiti principali del gruppo consultivo sono:favorire la cooperazione tra le autorità nazionali e le parti interessate e fornire consulenza alla Commissione sull’istituzione e sul futuro funzionamento dell’ELA;esaminare le questioni generali, le questioni di principio e i problemi di ordine pratico derivanti dall’attuazione della normativa dell’UE sulla mobilità dei lavoratori e sul coordinamento della sicurezza sociale come pure le loro conseguenze sulle attività dell’ELA; discutere e individuare le migliori pratiche ed esempi di cooperazione proficua nel settore della mobilità transfrontaliera dei lavoratori e del coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale con i vicini paesi dell’Associazione europea di libero scambio (EFTA) al fine di sviluppare le attività dell’ELA; individuare le modalità di cooperazione e il contributo degli organismi esistenti, comprese le agenzie decentralizzate dell’UE, finalizzate all’istituzione dell’ELA e a garantirne il buon funzionamento. Composizione I soci del gruppo consultivo europeo sono:un rappresentante di ciascun paese dell’UE; sei rappresentanti delle parti sociali a livello dell’UE che rappresentano su base paritetica i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro; un rappresentante di ciascuna agenzia dell’UE nel settore dell’occupazione e degli affari sociali:Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro,Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale,Fondazione europea per la formazione;Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro. Ai paesi membri dell’EFTA e all’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto può essere concesso uno status di osservatore su invito diretto. All’occorrenza la Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione) può invitare a partecipare esperti con competenze specifiche su un argomento all’ordine del giorno. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? È in vigore dal 15 marzo 2018. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Domande e risposte sull’Autorità europea del lavoro (Commissione europea) La Commissione adotta proposte per un’Autorità europea del lavoro e per l’accesso alla protezione sociale (Commissione europea) Il pilastro europeo dei diritti sociali (Commissione Europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione (UE) 2018/402 della Commissione, del 13 marzo 2018, che istituisce il gruppo consultivo europeo dell’Autorità europea del lavoro (GU L 72 del 15.3.2018, pagg. 20-23). DOCUMENTI CORRELATI Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce l’Autorità europea del lavoro [COM (2018)131 final del 13.3.2018].
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Direttiva 1999/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 1999, concernente l'applicazione delle disposizioni relative all'orario di lavoro della gente di mare a bordo delle navi che fanno scalo nei porti della Comunità Gazzetta ufficiale n. L 014 del 20/01/2000 pag. 0029 - 0035 DIRETTIVA 1999/95/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIOdel 13 dicembre 1999concernente l'applicazione delle disposizioni relative all'orario di lavoro della gente di mare a bordo delle navi che fanno scalo nei porti della ComunitàIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 80, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3),considerando quanto segue:(1) l'azione della Comunità nel settore della politica sociale mira tra l'altro al miglioramento della salute e della sicurezza dei lavoratori nel loro ambiente di lavoro;(2) l'azione della Comunità nel settore dei trasporti marittimi mira tra l'altro al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro della gente di mare a bordo delle navi, alla sicurezza in mare e alla prevenzione dell'inquinamento dovuto ai sinistri marittimi;(3) la conferenza dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), nell'ottantaquattresima sessione tenuta dall'8 al 22 ottobre 1996, ha adottato la "convenzione OIL n. 180" sull'orario di lavoro della gente di mare e sulla composizione dell'equipaggio del 1996, in prosieguo denominata "convenzione OIL n. 180" e il protocollo relativo alla convenzione sulla marina mercantile (norme minime) del 1996, in prosieguo denominato "protocollo della convenzione OIL n. 147";(4) la direttiva 1999/63/CE del Consiglio, del 21 giugno 1999, relativa all'accordo sull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare concluso dall'associazione degli armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei lavoratori dei trasporti dell'Unione europea (FST)(4), adottata a norma dell'articolo 139, paragrafo 2 del trattato, è finalizzata all'attuazione di tale accordo, concluso il 30 settembre 1998, in prosieguo denominato "accordo"; il contenuto dell'accordo rispecchia quello di talune disposizioni della convenzione OIL n. 180; esso si applica al personale navigante a bordo di qualsiasi nave marittima, appartenente ad una compagnia pubblica o privata, iscritta nel registro di uno Stato membro e adibita normalmente ad operazioni commerciali marittime;(5) la presente direttiva è diretta ad applicare a tutte le navi che fanno scalo in un porto della Comunità a prescindere dalla loro bandiera le disposizioni della direttiva 1999/63/CE che si basano su quelle della convenzione OIL n. 180, al fine di individuare e porre fine alle situazioni manifestamente pericolose per la sicurezza o la salute della gente di mare; mentre la direttiva 1999/63/CE comprende requisiti non contemplati nella convenzione OIL n. 180 e non devono pertanto essere applicati a bordo delle navi che non battono bandiera di uno Stato membro;(6) la direttiva 1999/63/CE si applica alla gente di mare a bordo di tutte le navi marittime iscritte nel registro di uno Stato membro; gli Stati membri devono verificare che le navi battenti la loro bandiera rispettino l'insieme delle disposizioni della suddetta direttiva;(7) ai fini della sicurezza, e per evitare distorsioni della concorrenza, gli Stati membri devono poter verificare l'osservanza delle pertinenti disposizioni della direttiva 1999/63/CE da parte di tutte le navi marittime che fanno scalo nei loro porti, a prescindere dallo Stato in cui esse sono immatricolate;(8) in particolare, le navi battenti bandiera di uno Stato che non è parte della convenzione OIL n. 180, né del protocollo della convenzione OIL n. 147, non devono ottenere un trattamento più favorevole di quello riservato alle navi battenti bandiera di uno Stato che è parte della convenzione e del protocollo o di uno dei due;(9) per controllare la corretta applicazione della direttiva 1999/63/CE, gli Stati membri devono svolgere ispezioni a bordo delle navi, in particolare in caso di denuncia del comandante, di un membro dell'equipaggio o di qualsiasi persona od organismo che abbia un interesse legittimo per la sicurezza della nave in servizio, la vita di bordo, le condizioni di lavoro o la prevenzione dell'inquinamento;(10) ai fini della presente direttiva, gli Stati membri possono, ove necessario, designare di propria iniziativa gli ispettori preposti al controllo dello Stato di approdo per l'ispezione delle navi che fanno scalo in un porto della Comunità;(11) l'inosservanza delle disposizioni della direttiva 1999/63/CE può essere comprovata in seguito a una verifica delle condizioni del lavoro a bordo e dei registri in cui sono riportate le ore di lavoro e le ore di riposo oppure quando l'ispettore ha fondati motivi di ritenere che la gente di mare sia eccessivamente affaticata;(12) quando la situazione a bordo della nave risulta manifestamente pericolosa per la sicurezza o la salute, l'autorità competente dello Stato membro nel cui porto la nave ha fatto scalo può dichiararne il fermo fino a eliminazione degli inadempimenti o finché l'equipaggio abbia riposato a sufficienza;(13) poiché la direttiva 1999/63/CE riprende le disposizioni della convenzione OIL n. 180, la verifica del rispetto delle disposizioni di tale direttiva a bordo delle navi iscritte nel registro di un paese terzo può essere effettuata solo dopo l'entrata in vigore della suddetta convenzione,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1Obiettivo e ambito d'applicazione1. Scopo della presente direttiva è istituire un sistema di verifica e di controllo dell'osservanza delle disposizioni della direttiva 1999/63/CE da parte delle navi che fanno scalo nei porti degli Stati membri al fine di migliorare la sicurezza in mare e le condizioni di lavoro, sanitarie e di sicurezza della gente di mare a bordo delle navi.2. Gli Stati membri adottano misure adeguate affinché le navi che non sono registrate nel loro territorio o che non battono la loro bandiera rispettino le clausole da 1 a 12 dell'accordo che figura nell'allegato della direttiva 1999/63/CE.Articolo 2DefinizioniAi fini della presente direttiva valgono le seguenti definizioni:a) "nave": ogni nave marittima, sia essa di proprietà pubblica o privata, impegnata normalmente in operazioni commerciali marittime. I pescherecci non rientrano in questa definizione;b) "autorità competente": l'autorità incaricata dagli Stati membri di svolgere le funzioni contemplate dalla presente direttiva;c) "ispettore": un dipendente pubblico o altra persona debitamente autorizzata dall'autorità competente di uno Stato membro a verificare le condizioni di lavoro a bordo che risponde a tale autorità;d) "reclamo": qualsiasi informazione o rapporto trasmesso da un membro dell'equipaggio, un organismo professionale, un'associazione, un sindacato o, in generale, da chiunque sia interessato alla sicurezza della nave, in particolare alla sicurezza o alla salute dell'equipaggio.Articolo 3Elaborazione di relazioniFatto salvo l'articolo 1, paragrafo 2, qualora uno Stato membro nel cui porto una nave abbia fatto scalo volontario nel normale esercizio delle proprie attività commerciali oppure per ragioni operative, riceva un reclamo da esso non ritenuto manifestamente infondato o acquisisca prova del fatto che la nave non rispetta le norme previste dalla direttiva 99/63/CE, elabora una relazione che invia al governo del paese di registrazione della nave e, allorché un'ispezione effettuata a norma dell'articolo 4 fornisca le prove in merito, tale Stato membro adotta tutte le misure necessarie per fare modificare le condizioni a bordo che risultano manifestamente pericolose per la sicurezza o la salute dell'equipaggio.L'identità della persona che presenta il reclamo non deve essere resa nota al comandante né al proprietario della nave in questione.Articolo 4Ispezione e ispezione più dettagliata1. L'ispettore, quando effettua un'ispezione, per acquisire la prova che la nave non rispetta le prescrizioni della direttiva 1999/63/CE, verifica se:- sia stata elaborata una tabella dell'organizzazione del lavoro a bordo, nella lingua o nelle lingue di lavoro utilizzate sulla nave e in lingua inglese conforme al modello riprodotto nell'allegato I, o ad altro equivalente, e che essa sia affissa a bordo in un luogo di facile accesso;- sia tenuto un registro delle ore di lavoro o di riposo della gente di mare, nella lingua o nelle lingue di lavoro utilizzate a bordo e in lingua inglese conforme al modello riprodotto nell'allegato II o ad altro equivalente, conservato a bordo e debitamente vidimato dall'autorità competente dello Stato in cui la nave è registrata.2. A norma del paragrafo 1, allorché un reclamo sia stato ricevuto o l'ispettore ritenga, in base alle sue osservazioni a bordo, che i lavoratori si trovino in stato di eccessivo affaticamento, egli effettua un'ispezione più dettagliata per determinare se le ore di lavoro prestate o i periodi di riposo iscritti nel registro corrispondano alle norme stabilite dalla direttiva 1999/63/CE nel settore marittimo e se essi siano stati debitamente osservati, tenendo conto di altri registri concernenti il funzionamento della nave.Articolo 5Eliminazione delle irregolarità1. Qualora l'ispezione o l'ispezione più dettagliata rivelino che la nave non è conforme ai requisiti della direttiva 1999/63/CE, lo Stato membro adotta le misure necessarie per far sì che vengano modificate le condizioni a bordo che comportano un pericolo manifesto per la sicurezza o la salute della gente di mare imbarcata. Tali misure possono consistere in un divieto di lasciare il porto fino a che non siano state eliminate le irregolarità constatate o fino a che la gente di mare non si sia sufficientemente riposata.2. Allorché esistano prove evidenti che i membri dell'equipaggio incaricati del primo turno di guardia o dei turni successivi si trova in uno stato di affaticamento eccessivo, lo Stato membro provvede affinché la nave non lasci il porto prima che siano state eliminate le irregolarità constatate o che l'equipaggio si sia sufficientemente riposato.Articolo 6Misure successive1. Nel caso in cui sia stato prescritto ad una nave il fermo in un porto a norma dell'articolo 5, l'autorità competente dello Stato membro informa il comandante, il proprietario o l'armatore della nave, le autorità dello Stato di bandiera o dello Stato di immatricolazione della nave o le autorità consolari, oppure, in mancanza di queste, la rappresentanza diplomatica più vicina di tale Stato dei risultati delle ispezioni di cui all'articolo 4, delle decisioni dell'ispettore o delle eventuali misure correttive richieste.2. In caso di ispezione a norma della presente direttiva occorre evitare nella misura del possibile indebiti ritardi alla nave. Qualora una nave subisca indebiti ritardi, il proprietario o l'armatore ha diritto di richiedere un indennizzo per eventuali perdite o danni subiti. In tutti i casi in cui si faccia valere un ritardo indebito, l'onere della prova incombe al proprietario o all'armatore della nave.Articolo 7Diritto di ricorso1. Il proprietario o l'armatore di una nave o il suo rappresentante in uno Stato membro ha il diritto di ricorrere contro una decisione di fermo adottata dall'autorità competente. Il ricorso non sospende il fermo.2. A tal fine gli Stati membri istituiscono e mantengono in vigore le opportune procedure di ricorso, secondo le rispettive legislazioni nazionali.3. L'autorità competente informa adeguatamente il comandante della nave di cui al paragrafo 1 del diritto di ricorso.Articolo 8Cooperazione tra amministrazioni1. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie per garantire una cooperazione tra le proprie autorità competenti e le autorità competenti degli Stati membri per l'effettiva attuazione della presente direttiva, in condizioni compatibili con quelle previste dall'articolo 14 della direttiva 95/21/CE del Consiglio, del 19 giugno 1995, relativa all'attuazione di norme internazionali per la sicurezza delle navi, la prevenzione dell'inquinamento e le condizioni di vita e di lavoro a bordo, per Ie navi che approdano nei porti comunitari o che navigano nelle acque sotto la giurisdizione degli Stati membri (controllo dello Stato di approdo)(5). Gli Stati membri comunicano alla Commissione le disposizioni adottate.2. Le informazioni relative alle misure adottate a norma degli articoli 4 e 5 sono pubblicate secondo modalità identiche a quelle previste al primo comma dell'articolo 15 della direttiva 95/21/CE.Articolo 9Divieto di trattamento più favorevoleGIi Stati membri devono assicurare che in caso di ispezione di una nave immatricolata o battente bandiera di uno Stato che non è parte della convenzione OIL n. 180, o del protocollo della convenzione OIL n. 147, dopo l'entrata in vigore di detti strumenti il trattamento riservato a tale nave e al suo equipaggio non sia più favorevole di quello riservato ad una nave battente bandiera di uno Stato che è parte della convenzione n. 180 dell'OIL o del protocollo della convenzione OIL n. 147 o di entrambi.Articolo 10Disposizioni finali1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 30 giugno 2002.2. Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui al paragrafo 1, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.3. Gli Stati membri comunicano immediatamente alla Commissione tutte le disposizioni di diritto nazionale da essi adottate nel settore disciplinato dalla presente direttiva. La Commissione informa gli altri Stati membri al riguardo.Articolo 11Navi di Stati terziLe disposizioni della presente direttiva si applicano a navi non iscritte nel registro o non battenti la bandiera di uno Stato membro soltanto dopo l'entrata in vigore della convenzione OIL n. 180 e del protocollo della convenzione OIL n. 147.Articolo 12Entrata in vigoreLa presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 13DestinatariGli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 13 dicembre 1999.Per il Parlamento europeoLa PresidenteN. FONTAINEPer il ConsiglioIl PresidenteS. HASSI(1) GU C 43 del 17.2.1999, pag. 16.(2) GU C 138 del 18.5.1999, pag. 33.(3) Parere del Parlamento europeo del 14 aprile 1999 (GU C 219 del 30.7.1999, pag. 240), posizione comune del Consiglio del 12 luglio 1999 (GU C 249 dell'1.9.1999, pag. 7) e decisione del Parlamento europeo del 4 novembre 1999 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(4) GU L 167 del 2.7.1999, pag. 37.(5) GU L 157 del 7.7.1995, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 98/42/CE (GU L 184 del 27.6.1998, pag. 40).ALLEGATO I>PIC FILE= "L_2000014IT.003202.EPS">>PIC FILE= "L_2000014IT.003301.EPS">ALLEGATO II>PIC FILE= "L_2000014IT.003402.EPS">>PIC FILE= "L_2000014IT.003501.EPS">
Orari di lavoro a bordo delle navi che fanno scalo nei porti comunitari QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA? La presente direttiva mira a proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori marittimi a bordo delle navi che fanno scalo nei porti dell’Unione europea (Unione) e a contrastare le distorsioni della concorrenza da parte degli armatori di paesi terzi. Si prefigge di fornire procedure per verificare e fare rispettare la conformità delle navi che fanno scalo nei porti degli Stati membri dell’Unione, con la direttiva 1999/63/CE (si veda la sintesi), che delinea norme sull’orario di lavoro dei lavoratori marittimi, tra cui i periodi di lavoro e di riposo, ferie retribuite e idoneità al lavoro. PUNTI CHIAVE Gli Stati membri, avvalendosi di ispettori preposti al controllo dello stato di approdo, effettuano verifiche a bordo delle navi che fanno scalo nei loro porti, a prescindere dal paese in cui sono immatricolate. I pescherecci non rientrano nell’ambito della direttiva. Le ispezioni si verificano in particolare in seguito a una denuncia del comandante, di un membro dell’equipaggio o di qualsiasi persona od organizzazione che abbia un interesse legittimo nella sicurezza di funzionamento della nave in servizio, nelle condizioni di vita o di lavoro a bordo o nella prevenzione dell’inquinamento. Le ispezioni stabiliscono se:è affissa una tabella dell’organizzazione del lavoro a bordo in un luogo di facile accesso;sono presenti a bordo i registri delle ore di lavoro e di riposo e sono approvati dall’autorità competente del paese in cui la nave è immatricolata. Se risulta che i lavoratori marittimi siano in stato di eccessivo affaticamento, viene condotta un’ispezione dettagliata per determinare se le ore di lavoro registrate sono conformi alle normative. Per porre rimedio a tutte le condizioni che pongono un evidente pericolo per la sicurezza o la salute, lo Stato membro può vietare alla nave di lasciare il porto fino a quando le carenze non sono state corrette o l’equipaggio non si è riposato. Se a una nave viene vietato di lasciare il porto, il comandante, il proprietario, o un ufficiale del paese di bandiera, del paese di immatricolazione o il rappresentante diplomatico saranno informati della decisione e di eventuali azioni correttive necessarie. Se una nave subisce un indebito ritardo, il proprietario ha diritto di richiedere un indennizzo per eventuali perdite o danni subiti. Al proprietario incombe l’onere della prova, ma anche il diritto di ricorso contro la decisione di fermo. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 20 gennaio 2000 e doveva diventare legge negli Stati membri entro il 30 giugno 2002. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda:Convenzione sul lavoro marittimo, 2006 (Organizzazione internazionale del lavoro). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 1999/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 1999, concernente l’applicazione delle disposizioni relative all’orario di lavoro della gente di mare a bordo delle navi che fanno scalo nei porti della Comunità (GU L 14 del 20.1.2000, pag. 29). DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 2009/13/CE del Consiglio, del 16 febbraio 2009, recante attuazione dell’accordo concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e modifica della direttiva 1999/63/CE (GU L 124 del 20.5.2009, pag. 30). Le successive modifiche alla direttiva 2009/13/CE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
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32008R0181
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REGOLAMENTO (CE) N. 181/2008 DELLA COMMISSIONE del 28 febbraio 2008 che fissa talune misure d'applicazione del regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie della navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (Testo rilevante ai fini del SEE) (Versione codificata) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, visto il regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio, del 29 marzo 1999, relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie della navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (1), in particolare l'articolo 9, paragrafo 3, considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 805/1999 della Commissione, del 16 aprile 1999, che fissa talune misure d'applicazione del regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie della navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (2), è stato modificato in modo sostanziale e a più riprese (3). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale regolamento. (2) In virtù dell'articolo 7 del regolamento (CE) n. 718/1999, la Commissione fissa le modalità pratiche per l'esecuzione della politica di regolazione della capacità delle flotte comunitarie definita da detto regolamento. (3) È opportuno mantenere i tassi di contributi speciali e dei tonnellaggi equivalenti fissati dal regolamento (CEE) n. 1101/89 del Consiglio (4) e dal regolamento (CEE) n. 1102/89 della Commissione (5), che si sono dimostrati efficaci. (4) Per far agire la solidarietà finanziaria tra i fondi della navigazione interna, è opportuno che la Commissione, di concerto con le autorità dei fondi, proceda, all'inizio di ogni anno, alla contabilizzazione delle risorse disponibili nel fondo di riserva e alla perequazione dei conti in caso di una nuova azione di risanamento. (5) Le misure previste dal presente regolamento sono state discusse con gli Stati membri interessati e le organizzazioni rappresentative della navigazione interna a livello comunitario, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento determina l'aliquota dei contributi speciali di cui all'articolo 7 del regolamento (CE) n. 718/1999, i coefficienti del regime «vecchio per nuovo» nonché le modalità pratiche per l'esecuzione della politica di capacità delle flotte comunitarie. Articolo 2 Contributi speciali 1. L'importo dei contributi speciali per i vari tipi e categorie di battelli si situa in una forcella che va dal 70 % al 115 % delle seguenti aliquote: a) battelli da carico secco: i) automotori: 120 EUR/t; ii) Chiatte a spinta: 60 EUR/t; iii) Chiatte rimorchiate: 43 EUR/t; b) navi cisterna: i) automotori: 216 EUR/t; ii) chiatte a spinta: 108 EUR/t; iii) chiatte rimorchiate: 39 EUR/t; c) spintori: 180 EUR/kilowatt con aumento lineare fino a 240 EUR/kilowatt per una forza motrice pari o superiore a 1 000 kW. 2. Per i battelli di portata lorda inferiore a 450 t, le aliquote massime dei contributi speciali di cui al paragrafo 1 sono ridotte del 30 %. Per i battelli di portata lorda da 450 a 650 t, le aliquote massime dei contributi speciali sono ridotte dello 0,15 % per ciascuna tonnellata di portata lorda al di sotto delle 650 tonnellate. Per i battelli di portata lorda da 650 a 1 650 t, le aliquote massime dei contributi speciali subiscono un aumento lineare dal 100 al 115 %; fino ai battelli di portata lorda superiore a 1 650 t restano pari al 115 %. Articolo 3 Tonnellaggio equivalente 1. Quando un proprietario mette in servizio un battello di cui all'articolo 4 del regolamento (CEE) n. 718/1999 e presenta alla demolizione un altro tipo di attrezzature fluviali, il tonnellaggio equivalente da prendere in considerazione è determinato, nell'ambito di ciascuna delle due specie di battelli in appresso indicate, in base ai seguenti coefficienti di valutazione: a) battelli da carico secco: i) automotori di oltre 650 t: 1,00; ii) chiatte a spinta di oltre 650 t: 0,50; iii) chiatte rimorchiate di oltre 650 t: 0,36; b) navi cisterna: i) automotori di oltre 650 t: 1,00; ii) chiatte a spinta di oltre 650 t: 0,50; iii) chiatte rimorchiate di oltre 650 t: 0,18. 2. Per i battelli di portata lorda inferiore a 450 t, i coefficienti di cui al paragrafo 1 sono ridotti del 30 %. Per i battelli di portata lorda da 650 a 450 t, detti coefficienti sono ridotti dello 0,15 % per ciascuna tonnellata di portata lorda al di sotto delle 650 t. Per i battelli di portata lorda da 650 a 1 650 t, i coefficienti subiscono un aumento lineare dal 100 al 115 %. Articolo 4 Coefficienti del regime «Vecchio per nuovo» L'entrata in servizio dei battelli è subordinata alla condizione di cui all'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 718/1999: 1) trattandosi di battelli da carico secco il coefficiente è fissato a 0:1 (rapporto fra il tonnellaggio vecchio e quello nuovo); 2) trattandosi di navi cisterna il coefficiente è fissato a 0:1; 3) trattandosi di spintori, il coefficiente è fissato a 0:1. Articolo 5 Solidarietà finanziaria 1. Per contabilizzare le risorse disponibili nel fondo di riserva e per attuare la solidarietà finanziaria fra i conti dei diversi fondi di cui all'articolo 3, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 718/1999, all'inizio di ogni anno ciascun fondo comunica alla Commissione le seguenti informazioni: a) le entrate del fondo nel corso dell'anno precedente (Rdn) purché queste siano destinate al versamento dei premi di demolizione o a misure previste dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 718/1999; b) gli obblighi finanziari assunti dal fondo nel corso dell'anno precedente e relativi ai premi di demolizione o a misure previste dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 718/1999 (Pn); c) le rimanenze in data 1o gennaio dell'anno precedente, provenienti dalle entrate destinate al versamento dei premi di demolizione o da misure previste dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 718/1999 (Sn). 2. La Commissione determina, in collaborazione con le autorità dei fondi e in base ai dati di cui al paragrafo 1: a) l'importo totale degli obblighi finanziari assunti da tutti i fondi nel corso dell'anno precedente per il versamento di premi di demolizione o per misure previste dall'articolo 8 del regolamento (CE) n. 718/1999 (Pt); b) l'importo totale delle entrate realizzate da tutti i fondi nel corso dell'anno precedente (Rdt); c) la somma dei disavanzi di tutti i fondi al 1o gennaio dell'anno precedente (St); d) gli impegni annui normalizzati (Pnn) dei singoli fondi, calcolati secondo la seguente formula: Pnn = (Pt/(Rdt + St)) × (Rdn + Sn); e) per ciascun fondo, la differenza fra gli impegni annui (Pn) e gli impegni annui normalizzati (Pnn); f) gli importi che ciascun fondo i cui impegni annui siano inferiori agli impegni annui normalizzati (Pn < Pnn) versa a un fondo i cui impegni annui siano superiori agli impegni annui normalizzati (Pn > Pnn). 3. Anteriormente al 1o marzo dell'anno in corso ogni fondo versa agli altri fondi gli importi di cui al la lettera f) del paragrafo 2. Articolo 6 Consultazioni Per tutte le questioni concernenti la politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie e le modifiche del presente regolamento, la Commissione si avvale del parere di un gruppo composto di esperti delle organizzazioni professionali che rappresentano il settore della navigazione interna a livello comunitario e degli Stati membri interessati. Il gruppo è denominato «Gruppo di esperti — Politica di regolazione delle capacità e di promozione delle flotte comunitarie». Articolo 7 Abrogazione Il regolamento (CE) n. 805/1999 è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell’allegato II. Articolo 8 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 28 febbraio 2008. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 90 del 2.4.1999, pag. 1. (2) GU L 102 del 17.4.1999, pag. 64. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 411/2003 (GU L 62 del 6.3.2003, pag. 18). (3) Cfr. allegato I. (4) GU L 116 del 28.4.1989, pag. 25. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 742/98 della Commissione (GU L 103 del 3.4.1998, pag. 3). (5) GU L 116 del 28.4.1989, pag. 30. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 812/1999 (GU L 103 del 20.4.1999, pag. 5). ALLEGATO I Regolamento abrogato ed elenco delle sue modificazioni successive Regolamento (CE) n. 805/1999 della Commissione (GU L 102 del 17.4.1999, pag. 64) Regolamento (CE) n. 1532/2000 della Commissione (GU L 175 del 14.7.2000, pag. 74) Regolamento (CE) n. 997/2001 della Commissione (GU L 139 del 23.5.2001, pag. 11) Regolamento (CE) n. 336/2002 della Commissione (GU L 53 del 23.2.2002, pag. 11) Regolamento (CE) n. 411/2003 della Commissione (GU L 62 del 6.3.2003, pag. 18) ALLEGATO II Tavola di concordanza Regolamento (CE) n. 805/1999 Presente regolamento Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 2, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 2, paragrafo 1, primo trattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera a) Articolo 2, paragrafo 1, primo trattino, primo sottotrattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera a) i) Articolo 2, paragrafo 1, primo trattino, secondo sottotrattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera a) ii) Articolo 2, paragrafo 1, primo trattino, terzo sottotrattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera a) iii) Articolo 2, paragrafo 1, secondo trattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) Articolo 2, paragrafo 1, secondo trattino, primo sottotrattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) i) Articolo 2, paragrafo 1, secondo trattino, secondo sottotrattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) ii) Articolo 2, paragrafo 1, secondo trattino, terzo sottotrattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) iii) Articolo 2, paragrafo 1, terzo trattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera c) Articolo 2, paragrafo 2, primo trattino Articolo 2, paragrafo 2, primo comma Articolo 2, paragrafo 2, secondo trattino Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma Articolo 2, paragrafo 2, terzo trattino Articolo 2, paragrafo 2, terzo comma Articolo 2, paragrafo 3 — Articolo 3, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 3, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 3, paragrafo 1, primo trattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) Articolo 3, paragrafo 1, primo trattino, primo sottotrattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) i) Articolo 3, paragrafo 1, primo trattino, secondo sottotrattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) ii) Articolo 3, paragrafo 1, primo trattino, terzo sottotrattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) iii) Articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera b) Articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino, primo sottotrattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera b) i) Articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino, secondo sottotrattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera b) ii) Articolo 3, paragrafo 1, secondo trattino, terzo sottotrattino Articolo 3, paragrafo 1, lettera b) iii) Articolo 3, paragrafo 2 Articolo 3, paragrafo 2 Articolo 4 Articolo 4 Articolo 5, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 5, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 5, paragrafo 1, primo trattino Articolo 5, paragrafo 1, lettera a) Articolo 5, paragrafo 1, secondo trattino Articolo 5, paragrafo 1, lettera b) Articolo 5, paragrafo 1, terzo trattino Articolo 5, paragrafo 1, lettera c) Articolo 5, paragrafo 2, primo trattino Articolo 5, paragrafo 2, lettera a) Articolo 5, paragrafo 2, secondo trattino Articolo 5, paragrafo 2, lettera b) Articolo 5, paragrafo 2, terzo trattino Articolo 5, paragrafo 2, lettera c) Articolo 5, paragrafo 2, quarto trattino Articolo 5, paragrafo 2, lettera d) Articolo 5, paragrafo 2, quinto trattino Articolo 5, paragrafo 2, lettera e) Articolo 5, paragrafo 2, sesto trattino Articolo 5, paragrafo 2, lettera f) Articolo 5, paragrafo 3 Articolo 5, paragrafo 3 Articolo 6 Articolo 6 Articolo 7 — — Articolo 7 — Articolo 8 — Allegato I — Allegato II
Norme volte a promuovere il trasporto per via navigabile nell’Unione europea QUAL È L’OBIETTIVO DEI REGOLAMENTI? Insieme al regolamento (CE) n. 181/2008 e al regolamento (UE) n. 546/2014, il regolamento (CE) n. 718/1999 stabilisce le norme di regolazione delle capacità delle flotte dell’Unione europea (Unione). I regolamenti intendono incoraggiare lo sviluppo di un trasporto per via navigabile sostenibile e competitivo nell’Unione. PUNTI CHIAVE Regolamento (CE) n. 718/1999Il regolamento riguarda le navi che trasportano merci a fini commerciali e contempla alcune eccezioni, come ad esempio quelle per le navi che operano sul Danubio o adibite esclusivamente al magazzinaggio di merci o al dragaggio. I paesi dell’Unione le cui flotte dispongono di un tonnellaggio superiore a 100 000 tonnellate e con vie navigabili collegate ad altri paesi dell’Unione, sono tenuti a istituire un fondo di navigazione interna (con fondi di riserva separati per battelli da carico secco*, cisterne* e spintori*). Questi fondi dovevano essere amministrati dalle autorità nazionali e dovevano essere utilizzati in due situazioni:nel caso di «grave turbativa del mercato» nel mercato dei trasporti per via navigabile (ai sensi della direttiva 96/75/CE);se richiesti unanimemente dalle organizzazioni che rappresentano il trasporto per via navigabile. Fino all’inizio del 2014, questi fondi di riserva non erano mai stati utilizzati. Il regolamento in origine conteneva un regime «vecchio per nuovo» secondo il quale i proprietari che volevano introdurre un nuovo battello nella flotta dovevano demolire il tonnellaggio del battello precedente oppure versare un contributo. Questa regola fu eliminata dal regolamento (CE) n. 411/2003 [abrogata e sostituita dal regolamento (CE) n. 181/2008 della Commissione — si veda di seguito] e poteva essere ripristinata, accompagnata o meno da misure di risanamento strutturale, solo nel caso di grave turbativa del mercato, come definita nella direttiva 96/75/CE.Regolamento (CE) n. 181/2008 Il regolamento (CE) n. 181/2008 stabilisce le modalità di applicazione del regolamento di esecuzione (CE) n. 718/1999. Determina l’aliquota dei contributi speciali di cui al regolamento (CE) n. 718/1999 (articolo 7), i coefficienti del regime «vecchio per nuovo» nonché le modalità pratiche per l’esecuzione della politica di capacità delle flotte comunitarie. Regolamento di modifica (UE) n. 546/2014 Ai sensi del regolamento (UE) n. 546/2014, l’ambito di applicazione dei provvedimenti disponibili previsti dal regolamento (CE) n. 718/1999 è stato esteso. Tali provvedimenti includono:facilitare (ad esempio fornendo informazioni) ai trasportatori per via navigabile che si ritirano dall’attività il conseguimento del pensionamento anticipato oppure la riqualificazione in un’altra attività economica; organizzare corsi di formazione o di riqualificazione professionale per i lavoratori che lasciano l’attività; migliorare le competenze di navigazione interna e le conoscenze logistiche per salvaguardare lo sviluppo e il futuro della professione; promuovere il raggruppamento dei battellieri-artigiani in cooperative e rafforzare le organizzazioni rappresentative della navigazione interna a livello dell’Unione; incoraggiare l’adeguamento tecnico dei battelli per migliorare le condizioni di lavoro e la sicurezza; stimolare l’innovazione per quanto riguarda i battelli e il miglioramento delle loro prestazioni ambientali; promuovere l’uso dei fondi di riserva nonché di strumenti finanziari quali Orizzonte 2020 e il meccanismo per collegare l’Europa. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO I REGOLAMENTI? Il regolamento (CE) n. 718/1999 è in vigore dal 29 aprile 1999. Il regolamento (CE) n. 181/2008 è in vigore dal 20 marzo 2008. Il regolamento di modifica (UE) n. 546/2014 è in vigore dal 18 giugno 2014. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Vie navigabili interne (Commissione europea). PAROLE CHIAVE Battelli da carico secco: navi che trasportano carichi secchi (ad esempio cereali). Cisterne: navi che trasportano carichi umidi (ad esempio olio). Spintori: navi usate per spingere altre navi, come ad esempio chiatte, ma non per trasportare merci. DOCUMENTI PRINCIPALI Regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio, del 29 marzo 1999, relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie nella navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (GU L 90 del 2.4.1999, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 718/1999 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento (CE) n. 181/2008 della Commissione, del 28 febbraio 2008, che fissa talune misure d’applicazione del regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie della navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (versione codificata) (GU L 56 del 29.2.2008, pag. 8). Regolamento (UE) n. 546/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che modifica il regolamento (CE) n. 718/1999 del Consiglio, relativo a una politica di regolazione delle capacità delle flotte comunitarie nella navigazione interna, al fine di promuovere il trasporto per via navigabile (GU L 163 del 29.5.2014, pag. 15). DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 96/75/CE del Consiglio, del 19 novembre 1996, relativa alle modalità di noleggio e di formazione dei prezzi nel settore dei trasporti nazionali ed internazionali di merci per via navigabile nella Comunità (GU L 304 del 27.11.1996, pag. 12). Si veda la versione consolidata.
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REGOLAMENTO (UE) N. 1260/2012 DEL CONSIGLIO del 17 dicembre 2012 relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria con riferimento al regime di traduzione applicabile IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 118, secondo comma, vista la decisione 2011/167/UE del Consiglio, del 10 marzo 2011, che autorizza una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria (1), vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Parlamento europeo, deliberando secondo la procedura legislativa speciale, considerando quanto segue: (1) A norma della decisione 2011/167/UE, Belgio, Bulgaria, Repubblica ceca, Danimarca, Germania, Estonia, Irlanda, Grecia, Francia, Cipro, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Ungheria, Malta, Paesi Bassi, Austria, Polonia, Portogallo, Romania, Slovenia, Slovacchia, Finlandia, Svezia e Regno Unito («Stati membri partecipanti») sono stati autorizzati a instaurare tra loro una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria. (2) A norma del regolamento (UE) n. 1257/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2012, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria (2), taluni brevetti europei concessi dall’Ufficio europeo dei brevetti («UEB») secondo le norme e le procedure della Convenzione sulla concessione di brevetti europei del 5 ottobre 1973, riveduta il 17 dicembre 1991 e il 29 novembre 2000 («CBE»), dovrebbero, su richiesta del titolare del brevetto, beneficiare dell'effetto unitario negli Stati membri partecipanti. (3) È opportuno che il regime di traduzione per i brevetti europei che beneficiano dell'effetto unitario negli Stati membri partecipanti («brevetto europeo con effetto unitario») sia istituito mediante un regolamento distinto, conformemente all’articolo 118, secondo comma, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea («TFUE»). (4) Conformemente alla decisione 2011/167/UE, il regime di traduzione per i brevetti europei con effetto unitario dovrebbe essere semplice ed efficiente in termini di costi. Esso dovrebbe corrispondere a quello previsto nella proposta di regolamento del Consiglio sul regime di traduzione del brevetto dell’Unione europea, presentata dalla Commissione il 30 giugno 2010, unitamente agli elementi di compromesso proposti dalla presidenza nel novembre 2010 che hanno riscosso un ampio sostegno in seno al Consiglio. (5) Tale regime di traduzione dovrebbe assicurare la certezza del diritto e incentivare l’innovazione e, in particolare, favorire le piccole e medie imprese (PMI). Esso dovrebbe rendere l’accesso al brevetto europeo con effetto unitario e al sistema brevettuale in generale più facile, meno costoso e giuridicamente sicuro. (6) Dal momento che l’UEB è responsabile della concessione di brevetti europei, è opportuno che il regime di traduzione per il brevetto europeo con effetto unitario si basi sulla procedura in vigore presso l’UEB. Tale regime dovrebbe mirare a conseguire il necessario equilibrio tra gli interessi degli operatori economici e il pubblico interesse, in termini di costo del procedimento e di disponibilità delle informazioni tecniche. (7) Fatte salve le disposizioni transitorie, se il fascicolo di un brevetto europeo con effetto unitario è stato pubblicato conformemente all’articolo 14, paragrafo 6, della CBE, non dovrebbe essere necessaria alcuna altra traduzione. L’articolo 14, paragrafo 6, della CBE stabilisce che il fascicolo di un brevetto europeo è pubblicato nella lingua del procedimento presso l'UEB e contiene una traduzione delle rivendicazioni nelle altre due lingue ufficiali dell'UEB. (8) In caso di controversia riguardante un brevetto europeo con effetto unitario, è legittimo esigere che il titolare del brevetto, su richiesta del presunto contraffattore, fornisca una traduzione integrale del brevetto in una lingua ufficiale dello Stato membro partecipante in cui ha avuto luogo la presunta contraffazione o dello Stato membro nel quale è domiciliato il presunto contraffattore. Il titolare del brevetto dovrebbe inoltre fornire, su richiesta del tribunale competente negli Stati membri partecipanti per le controversie riguardanti il brevetto europeo con effetto unitario, una traduzione integrale del brevetto nella lingua utilizzata nel procedimento dinanzi a tale tribunale. Tali traduzioni non dovrebbero essere effettuate mediante mezzi automatici e dovrebbero essere fornite a spese del titolare del brevetto. (9) In caso di controversia concernente una domanda di risarcimento, il tribunale adito dovrebbe prendere in considerazione il fatto che, prima di poter disporre di una traduzione nella sua lingua, il presunto contraffattore può aver agito in buona fede, senza sapere o senza aver avuto motivi ragionevoli per sapere che stava violando il brevetto. Il tribunale competente dovrebbe valutare le circostanze del singolo caso e, inter alia, considerare se il presunto contraffattore sia una PMI che opera solamente a livello locale, la lingua del procedimento dinanzi all’UEB e, durante il periodo transitorio, la traduzione trasmessa unitamente alla richiesta di effetto unitario. (10) Per agevolare l’accesso ai brevetti europei con effetto unitario, in particolare per le PMI, i richiedenti dovrebbero poter depositare la propria domanda di brevetto presso l’UEB in qualsiasi lingua ufficiale dell’Unione. Quale misura complementare, taluni richiedenti che ottengano un brevetto europeo con effetto unitario e che abbiano depositato una domanda di brevetto europeo in una delle lingue ufficiali dell'Unione che non è una lingua ufficiale dell’UEB e che abbiano la residenza o la principale sede di attività in uno Stato membro, dovrebbero ricevere rimborsi supplementari delle spese di traduzione dalla lingua della domanda di brevetto verso la lingua del procedimento dinanzi all’UEB, oltre a quanto attualmente previsto presso l’UEB. Tali rimborsi dovrebbero essere gestiti dall’UEB conformemente all’articolo 9 del regolamento (UE) n. 1257/2012. (11) Al fine di promuovere la disponibilità di informazioni sui brevetti e la divulgazione delle conoscenze tecnologiche, è opportuno disporre prima possibile di traduzioni automatiche delle domande di brevetto e dei fascicoli in tutte le lingue ufficiali dell’Unione. L'UEB è impegnato nello sviluppo di traduzioni automatiche, che sono uno strumento molto importante per migliorare l’accesso alle informazioni sui brevetti e divulgare ampiamente le conoscenze tecnologiche. La disponibilità tempestiva di traduzioni automatiche di alta qualità dei fascicoli e delle domande dei brevetti europei in tutte le lingue ufficiali dell’Unione favorirà tutti gli utenti del sistema brevettuale europeo. La traduzione automatica è un aspetto fondamentale della politica dell'Unione europea. Tali traduzioni automatiche dovrebbero servire unicamente a fini informativi e dovrebbero essere prive di effetti giuridici. (12) Durante il periodo transitorio, prima che sia disponibile un sistema di traduzioni automatiche di alta qualità in tutte le lingue ufficiali dell’Unione, la richiesta di effetto unitario di cui all’articolo 9 del regolamento UE n. 1257/2012 dovrebbe essere accompagnata da una traduzione integrale in inglese del fascicolo del brevetto, se la lingua del procedimento dinanzi all’UEB è il francese o il tedesco, o in una delle lingue ufficiali degli Stati membri che sia una lingua ufficiale dell’Unione, se la lingua del procedimento dinanzi all’UEB è l’inglese. Tali modalità garantirebbero che durante il periodo transitorio tutti i brevetti europei con effetto unitario siano disponibili in inglese, che costituisce la lingua abitualmente utilizzata nel settore della ricerca tecnologica e delle pubblicazioni internazionali. Inoltre, tali modalità garantirebbero che, per i brevetti europei con effetto unitario, siano pubblicate traduzioni in altre lingue ufficiali degli Stati membri partecipanti. Tali traduzioni non dovrebbero essere effettuate con mezzi automatici e la loro elevata qualità dovrebbe contribuire alla formazione dei motori di traduzione da parte dell’UEB. Esse migliorerebbero inoltre la divulgazione delle informazioni sui brevetti. (13) È opportuno che il periodo transitorio termini non appena siano disponibili traduzioni automatiche di alta qualità in tutte le lingue ufficiali dell’Unione, su riserva di una valutazione regolare e oggettiva della qualità da parte di un comitato di esperti indipendenti costituito dagli Stati membri partecipanti nel quadro dell’Organizzazione europea dei brevetti e composto di rappresentanti dell’UEB e degli utenti del sistema brevettuale europeo. Considerato lo stato dello sviluppo tecnologico, non si può considerare che il periodo massimo per lo sviluppo di traduzioni automatiche di alta qualità superi dodici anni. Di conseguenza, il periodo transitorio dovrebbe terminare dodici anni a decorrere dalla data di applicazione del presente regolamento, salvo non sia stato deciso di porre fine a tale periodo anticipatamente. (14) Poiché le disposizioni sostanziali applicabili al brevetto europeo con effetto unitario sono disciplinate dal regolamento (UE) n. 1257/2012 e sono integrate dal regime di traduzione previsto dal presente regolamento, quest’ultimo dovrebbe applicarsi a decorrere dalla stessa data del regolamento (UE) n. 1257/2012. (15) Il presente regolamento non pregiudica le norme che disciplinano il regime linguistico delle istituzioni dell'Unione istituito conformemente all’articolo 342 TFUE e il regolamento n. 1 del Consiglio, del 15 aprile 1958, che stabilisce il regime linguistico della Comunità Economica Europea (3). Il presente regolamento si basa sul regime linguistico dell’UEB e non dovrebbe essere considerato alla stregua di un nuovo regime linguistico specifico per l’Unione, né un precedente volto a creare un regime linguistico limitato in qualsiasi futuro strumento giuridico dell’Unione. (16) Poiché l'obiettivo del presente regolamento, segnatamente la creazione di un regime di traduzione uniforme e semplice per i brevetti europei con effetto unitario, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a motivo della portata e degli effetti del presente regolamento, essere conseguito meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire, se del caso, mediante una cooperazione rafforzata, in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento attua una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria, autorizzata dalla decisione 2011/167/UE in relazione al regime di traduzione applicabile. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento, si intende per: a) «brevetto europeo con effetto unitario», un brevetto europeo che beneficia dell’effetto unitario negli Stati membri partecipanti in virtù del regolamento (UE) n. 1257/2012; b) «lingua del procedimento», la lingua utilizzata nel procedimento dinanzi all’UEB, come definita dall’articolo 14, paragrafo 3, della Convenzione sulla concessione di brevetti europei del 5 ottobre 1973, riveduta il 17 dicembre 1991 e il 29 novembre 2000 («CBE»). Articolo 3 Regime di traduzione per il brevetto europeo con effetto unitario 1. Fatti salvi gli articoli 4 e 6 del presente regolamento, se il fascicolo di un brevetto europeo che beneficia dell'effetto unitario è stato pubblicato conformemente all’articolo 14, paragrafo 6, della CBE, non sono necessarie ulteriori traduzioni. 2. La richiesta di effetto unitario di cui all'articolo 9 del regolamento (UE) n. 1257/2012 è presentata nella lingua del procedimento. Articolo 4 Traduzione in caso di controversia 1. In caso di controversia relativa ad una presunta contraffazione di un brevetto europeo con effetto unitario, il titolare del brevetto fornisce, su richiesta e secondo la scelta di un presunto contraffattore, una traduzione integrale del brevetto europeo con effetto unitario in una lingua ufficiale dello Stato membro partecipante nel quale ha avuto luogo la presunta contraffazione o dello Stato membro nel quale è domiciliato il presunto contraffattore. 2. In caso di controversia riguardante un brevetto europeo con effetto unitario, il titolare del brevetto fornisce nel corso del procedimento giudiziario, su richiesta del tribunale competente negli Stati membri partecipanti per le controversie riguardanti i brevetti europei con effetto unitario, una traduzione integrale del brevetto nella lingua utilizzata nel procedimento dinanzi a tale tribunale. 3. Il costo delle traduzioni di cui ai paragrafi 1 e 2 è a carico del titolare del brevetto. 4. In caso di controversia riguardante una domanda di risarcimento, il tribunale adito valuta e prende in considerazione, in particolare se il presunto contraffattore è una PMI, una persona fisica o un'organizzazione senza fini di lucro, un'università o un'organizzazione pubblica di ricerca, se il presunto contraffattore abbia agito senza sapere o senza avere motivi ragionevoli di sapere che stava violando il brevetto europeo con effetto unitario, prima di poter disporre della traduzione di cui al paragrafo 1. Articolo 5 Gestione di un regime di compensazione 1. Dato che le domande di brevetto europeo possono essere presentate in qualsiasi lingua a norma dell'articolo 14, paragrafo 2, della CBE, gli Stati membri partecipanti, conformemente all’articolo 9 del regolamento (UE) n. 1257/2012, assegnano all’UEB, ai sensi dell’articolo 143 della CBE, il compito di gestire un regime di compensazione per il rimborso di tutti i costi di traduzione entro un massimale per i richiedenti che depositano le domande di brevetto presso l’UEB in una delle lingue ufficiali dell’Unione che non sia una lingua ufficiale dell’UEB. 2. Il regime di compensazione di cui al paragrafo 1 è alimentato dalle tasse di cui all'articolo 11 del regolamento (UE) n. 1257/2012 ed è disponibile unicamente per le PMI, le persone fisiche, le organizzazioni senza fini di lucro, le università e gli istituti pubblici di ricerca che hanno la residenza o la sede principale di attività in uno Stato membro. Articolo 6 Misure transitorie 1. Durante un periodo transitorio che comincia dalla data di applicazione del presente regolamento, la richiesta di effetto unitario di cui all’articolo 9 del regolamento (UE) n. 1257/2012 è presentata unitamente a quanto segue: a) se la lingua del procedimento è il francese o il tedesco, una traduzione integrale in inglese del fascicolo del brevetto europeo; o b) se la lingua del procedimento è l’inglese, una traduzione integrale del fascicolo del brevetto europeo in un'altra lingua ufficiale dell’Unione. 2. Conformemente all’articolo 9 del regolamento (UE) n. 1257/2012, gli Stati membri partecipanti assegnano all’UEB, ai sensi dell’articolo 143 della CBE, il compito di pubblicare le traduzioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo prima possibile dopo la data di presentazione della richiesta di effetto unitario di cui all’articolo 9 del regolamento (UE) n. 1257/2012. Il testo di tali traduzioni è privo di effetti giuridici e serve unicamente a fini informativi. 3. Sei anni dopo la data di applicazione del presente regolamento, e successivamente ogni due anni, un comitato di esperti indipendenti effettua una valutazione oggettiva della disponibilità di traduzioni automatiche di alta qualità delle domande e dei fascicoli di brevetti in tutte le lingue ufficiali dell’Unione, nel quadro del sistema sviluppato dall’UEB. Tale comitato di esperti è istituito dagli Stati membri partecipanti nel quadro dell’Organizzazione europea dei brevetti ed è composto da rappresentanti dell’UEB e delle organizzazioni non governative che rappresentano gli utenti del sistema brevettuale europeo invitate dal consiglio d’amministrazione dell’Organizzazione europea dei brevetti in qualità di osservatori, conformemente all’articolo 30, paragrafo 3, della CBE. 4. Sulla base della prima delle valutazioni di cui al paragrafo 3 del presente articolo, e successivamente ogni due anni sulla base delle valutazioni successive, la Commissione presenta una relazione al Consiglio e, se del caso, formula proposte per porre fine al periodo transitorio. 5. Se non si pone fine al periodo transiorio sulla base di una proposta della Commissione, tale periodo termina dodici anni dopo la data di applicazione del presente regolamento. Articolo 7 Entrata in vigore 1. Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. 2. Esso si applica a decorrere dal 1o gennaio 2014 o dalla data di entrata in vigore dell'accordo su un tribunale unificato dei brevetti, se successiva. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri partecipanti conformemente ai trattati. Fatto a Bruxelles, il 17 dicembre 2012 Per il Consiglio Il presidente S. ALETRARIS (1) GU L 76 del 22.3.2011, pag. 53. (2) Crf. pagina 1 della presente Gazzetta ufficiale. (3) GU 17 del 6.10.1958, pag. 385/58.
Brevetti unitari dell’UE — disposizioni per le traduzioni QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Esso stabilisce le disposizioni relative alla traduzione per i 26 Stati membri che hanno sottoscritto il brevetto europeo con effetto unitario (noto come «brevetto unitario»). PUNTI CHIAVE Per un brevetto unitario pubblicato in una delle tre lingue ufficiali dell’Ufficio europeo dei brevetti (UEB), inglese, francese e tedesco, e per il quale le rivendicazioni sono state tradotte nelle altre due lingue, secondo quanto stabilito dall’art. 14, paragrafo 6 della convenzione sulla concessione di brevetti europei, non è necessaria alcuna altra traduzione nelle lingue ufficiali dell’UE. Il titolare di un brevetto che sospetta una contraffazione del proprio brevetto, deve:fornire, su richiesta e secondo la scelta di del presunto contraffattore, una traduzione integrale del brevetto in una lingua ufficiale dello Stato membro nel quale ha avuto luogo la presunta contraffazione o dello Stato membro nel quale è domiciliato il presunto contraffattore; una traduzione integrale del brevetto nella lingua ufficiale del tribunale in altri Stati membri partecipanti che possono venire coinvolti nei procedimenti legali; sostenere il costo delle traduzioni richieste. Il tribunale incaricato della valutazione dei danni in una controversia, valuta se il presunto contraffattore è:una piccola o media impresa (PMI), una persona fisica o un’organizzazione senza fini di lucro, un’università o un’organizzazione pubblica di ricerca. Deve inoltre valutare se il presunto contraffattore abbia agito non intenzionalmente. Il regime di compensazione:Rimborsa, fino a un determinato massimale, i costi di traduzione per le domande di brevetto depositate in una lingua ufficiale dell’UE diversa da una delle tre lingue ufficiali dell’UEB; è alimentato dalle tasse di rinnovo dei brevetti e dalle sovrattasse per il loro pagamento tardivo; è disponibile unicamente per le PMI, le persone fisiche, le organizzazioni senza fini di lucro, le università e gli istituti pubblici di ricerca che hanno la residenza o la sede principale di attività in uno Stato membro. Le misure transitorie prevedono che nel periodo di sei anni dalla data di applicazione del presente regolamento:le domande di brevetto vengono presentate francese o il tedesco, ne venga fornita una traduzione in inglese e che le domande presentate in inglese vengano tradotte in un’altra lingua ufficiale dell’UE; un comitato di esperti indipendenti, sei anni dopo la data di applicazione del regolamento, e successivamente ogni due anni, valuti la disponibilità di traduzioni automatiche di alta qualità delle domande e dei fascicoli di brevetti; La Commissione europea presenti una relazione ai governi dell’UE sulla base della prima valutazione del comitato e delle successive. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento si applica quattro mesi dopo il deposito del tredicesimo strumento di ratifica dell’accordo su un tribunale unificato dei brevetti (purché esso comprenda i tre stati in cui ha effetto il maggior numero di brevetti europei, cioè Germania, Francia e Regno Unito (1)) presso il Segretariato generale del Consiglio. CONTESTO Decisione 2011/167/UE che autorizza i venticinque Stati membri a utilizzare una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria. La Spagna e l’Italia hanno scelto di non partecipare al programma. La presentazione di un’unica domanda presso l’Ufficio europeo dei brevetti consente di garantire la tutela del brevetto in tutti i ventisei Stati membri. Ciò semplifica le procedure e riduce i costi per i richiedenti che desiderano tutelare le loro invenzioni. Per maggiori informazioni, consultare:Brevetto unitario (Commissione europea) Brevetto unitario e tribunale unificato dei brevetti (Ufficio europeo dei brevetti). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) 1260/2012 del Consiglio, del 17 dicembre 2012, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria con riferimento al regime di traduzione applicabile (GU L 361 del 31.12.2012, pag. 89). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 1257/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2012, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria (GU L 361 del 31.12.2012, pag. 1). Decisione del Consiglio 2011/167/UE, del 10 marzo 2011, che autorizza una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria (GU L 76 del 22.3.2011, pag. 53).
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Direttiva 2003/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità e di sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco (Testo rilevante ai fini del SEE) Gazzetta ufficiale n. L 152 del 20/06/2003 pag. 0016 - 0019 Direttiva 2003/33/CE del Parlamento europeo e del Consigliodel 26 maggio 2003sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità e di sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco(Testo rilevante ai fini del SEE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 47, paragrafo 2 e gli articoli 55 e 95,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale europeo(2),previa consultazione del Comitato delle Regioni,deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3),considerando quanto segue:(1) Sussistono divergenze tra le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità e di sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco. In alcuni casi tale pubblicità e tale sponsorizzazione superano le frontiere degli Stati membri o comportano eventi organizzati a livello internazionale e costituiscono attività alle quali si applica l'articolo 49 del trattato. Le disparità nelle legislazioni nazionali sono tali da creare ostacoli sempre maggiori alla libera circolazione tra gli Stati membri dei prodotti o dei servizi che costituiscono il supporto materiale delle suddette attività di pubblicità e di sponsorizzazione. Alcuni ostacoli sono già stati incontrati nell'ambito della pubblicità a mezzo stampa. Nel caso della sponsorizzazione, le distorsioni delle condizioni di concorrenza possono aumentare e già sono state riscontrate nell'organizzazione di talune manifestazioni culturali o sportive di spicco.(2) Detti ostacoli dovrebbero essere rimossi e, a questo scopo, le norme in materia di pubblicità e sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco dovrebbero essere ravvicinate in casi specifici. Occorre specificare, in particolare, in che misura la pubblicità del tabacco è consentita in determinate categorie di pubblicazioni.(3) L'articolo 95, paragrafo 3, del trattato stabilisce che la Commissione, nelle sue proposte per l'attuazione e il funzionamento del mercato interno in materia di salute, si basi su un livello di protezione elevato. Entro i limiti delle rispettive competenze, anche il Parlamento europeo e il Consiglio perseguono questo obiettivo. La legislazione degli Stati membri da ravvicinare è volta a proteggere la salute pubblica regolamentando la promozione del tabacco, un prodotto che induce assuefazione responsabile ogni anno di oltre mezzo milione di decessi nella Comunità, evitando così una situazione nella quale i giovani, come risultato di questa promozione, inizino a fumare precocemente e diventino dipendenti.(4) La circolazione nel mercato interno di pubblicazioni quali periodici, giornali e riviste è soggetta a numerosi rischi di ostacoli alla libera circolazione come risultato delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri che vietano o regolamentano la pubblicità a favore del tabacco in tali mezzi di comunicazione. Al fine di garantire la libera circolazione nel mercato interno di tutti questi mezzi di comunicazione, occorre pertanto consentire la pubblicità del tabacco soltanto nelle riviste specializzate e nei periodici che non sono destinati al pubblico in genere, come le pubblicazioni destinate esclusivamente ai professionisti del commercio del tabacco e le pubblicazioni stampate e edite e in paesi terzi e non destinate principalmente al mercato comunitario.(5) Le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri riguardanti taluni tipi di sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco con effetti transfrontalieri provocano un notevole rischio di distorsione delle condizioni di concorrenza per quest'attività nell'ambito del mercato interno. Al fine di eliminare queste distorsioni, occorre vietare tale sponsorizzazione solo per le attività o le manifestazioni che producono effetti oltre le frontiere, che altrimenti potrebbe costituire un mezzo per eludere le restrizioni imposte alle forme dirette di pubblicità, senza regolamentare la sponsorizzazione a livello meramente nazionale.(6) L'uso dei servizi della società dell'informazione è un mezzo di pubblicità dei prodotti del tabacco che aumenta con lo sviluppo del consumo e dell'accesso pubblici a tali servizi. Detti servizi come pure le trasmissioni radiofoniche, che possono anche essere diffuse tramite i servizi della società dell'informazione, attraggono in modo particolare e sono facilmente accessibili ai giovani consumatori. La pubblicità a favore del tabacco attraverso entrambi questi mezzi ha, per sua stessa natura, la caratteristica di superare le frontiere e dovrebbe essere regolamentata a livello comunitario.(7) La distribuzione gratuita di prodotti del tabacco è soggetta a restrizioni in vari Stati membri, visto l'alto rischio di creare dipendenza. Si sono verificati casi di distribuzione gratuita nel contesto della sponsorizzazione di manifestazioni con effetti oltre le frontiere, che dovrebbe essere pertanto vietata.(8) Le norme applicabili a livello internazionale alla pubblicità e alla sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco formano oggetto di negoziati per l'elaborazione di una convenzione quadro dell'Organizzazione mondiale della sanità sul controllo del tabacco. Detti negoziati mirano alla definizione di norme internazionali vincolanti, complementari a quelle contenute nella presente direttiva.(9) La Commissione dovrebbe elaborare una relazione sull'attuazione della presente direttiva. Occorrerebbe prevedere disposizioni nei pertinenti programmi comunitari per verificare gli effetti della presente direttiva sulla salute pubblica.(10) Gli Stati membri dovrebbero prevedere misure adeguate ed efficaci per garantire il controllo dell'attuazione delle misure adottate a norma della presente direttiva, conformemente alla relativa normativa nazionale, come indicato nella comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sulla funzione delle sanzioni per l'attuazione della normativa comunitaria nel settore del mercato interno e nella risoluzione del Consiglio, del 29 giugno 1995, sull'applicazione uniforme ed efficace del diritto comunitario e sulle sanzioni applicabili alle violazioni di tale diritto nel settore del mercato interno(4). Tali misure dovrebbero includere disposizioni per l'intervento di persone o organizzazioni aventi un interesse legittimo alla soppressione di attività non conformi alla presente direttiva.(11) Le sanzioni previste dalla presente direttiva dovrebbero lasciare impregiudicate le altre sanzioni o i mezzi di tutela previsti dalle normative nazionali.(12) La presente direttiva disciplina la pubblicità a favore dei prodotti del tabacco nei media diversi dalla televisione, ossia attraverso la stampa e in altre pubblicazioni, nelle trasmissioni radiofoniche e nei servizi della società dell'informazione. Disciplina inoltre la sponsorizzazione, da parte delle industrie del tabacco, di programmi radiofonici e di manifestazioni o attività che coinvolgono più Stati membri, o che hanno luogo in più di uno di essi o che hanno in altro modo effetti transfrontalieri, inclusa la distribuzione gratuita o a prezzi scontati di prodotti del tabacco. Altre forme di pubblicità, come la pubblicità indiretta, e la sponsorizzazione di manifestazioni o attività prive di effetti transfrontalieri esulano dall'ambito d'applicazione della presente direttiva. Fatte salve le disposizioni del trattato, gli Stati membri restano competenti a regolamentare tali questioni come ritengono necessario per garantire la protezione della salute umana.(13) La pubblicità relativa ai medicinali per uso umano è contemplata dalla direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano(5). La pubblicità riguardante i prodotti per indurre la disassuefazione dal tabacco non rientra nell'ambito di applicazione della presente direttiva.(14) La presente direttiva dovrebbe applicarsi fatta salva la direttiva 89/552/CEE del Consiglio, del 3 ottobre 1989, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive(6), che vieta tutte le forme di pubblicità televisiva a favore delle sigarette ed altri prodotti del tabacco. La direttiva 89/552/CEE stabilisce che i programmi televisivi non possono essere sponsorizzati da imprese la cui principale attività sia la lavorazione o la vendita di sigarette e altri prodotti del tabacco, oppure la fornitura di servizi, la cui pubblicità sia vietata dalla direttiva stessa. Anche i teleacquisti dei prodotti del tabacco sono vietati dalla direttiva 89/552/CEE.(15) Il carattere transnazionale della pubblicità è riconosciuto dalla direttiva 84/450/CEE del Consiglio, del 10 settembre 1984, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità ingannevole(7). La direttiva 2001/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2001, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco(8), contiene disposizioni relative all'uso di descrizioni ingannevoli sull'etichettatura dei prodotti del tabacco, delle quali è stato altresì costatato l'effetto transnazionale.(16) La direttiva 98/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 1998, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità e di sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco(9), è stata annullata dalla Corte di giustizia con sentenza nella causa C-376/98, Repubblica federale di Germania contro Parlamento europeo e Consiglio dell'Unione europea(10). I riferimenti alla direttiva 98/43/CE dovrebbero quindi intendersi fatti alla presente direttiva.(17) In base al principio di proporzionalità è necessario e opportuno, per conseguire l'obiettivo fondamentale del corretto funzionamento del mercato interno, stabilire disposizioni in materia di pubblicità e di sponsorizzazione dei prodotti del tabacco. La presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo, a norma dell'articolo 5, terzo comma, del trattato.(18) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti, in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Essa mira in particolare a garantire il rispetto del diritto fondamentale alla libertà di espressione,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1Oggetto e ambito di applicazione1. La presente direttiva è intesa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla pubblicità a favore dei prodotti del tabacco e alla loro promozione:a) attraverso la stampa e altre pubblicazioni stampate;b) nelle trasmissioni radiofoniche;c) nei servizi della società dell'informazione; ed) mediante sponsorizzazione connessa al tabacco, inclusa la distribuzione gratuita di prodotti del tabacco.2. La presente direttiva è intesa a garantire la libera circolazione dei mezzi di comunicazione interessati e dei relativi servizi e ad eliminare gli ostacoli al funzionamento del mercato interno.Articolo 2DefinizioniAi fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:a) "prodotti del tabacco": tutti i prodotti destinati ad essere fumati, fiutati, succhiati o masticati, se costituiti, anche parzialmente, di tabacco;b) "pubblicità": ogni forma di comunicazione commerciale che abbia lo scopo o l'effetto, diretto o indiretto, di promuovere un prodotto del tabacco;c) "sponsorizzazione": qualsiasi forma di contributo pubblico o privato ad un evento, un'attività o una persona che abbia lo scopo o l'effetto, diretto o indiretto, di promuovere un prodotto del tabacco;d) "servizi della società dell'informazione": i servizi di cui all'articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione(11).Articolo 3Pubblicità a mezzo stampa e mediante i servizi della società dell'informazione1. La pubblicità a mezzo stampa e mediante altre pubblicazioni stampate è consentita soltanto nelle pubblicazioni destinate esclusivamente ai professionisti del commercio del tabacco e nelle pubblicazioni stampate e edite in paesi terzi, che non siano principalmente destinate al mercato comunitario.È vietata qualunque altra pubblicità a mezzo stampa e mediante altre pubblicazioni stampate.2. La pubblicità che non è permessa a mezzo stampa e mediante altre pubblicazioni stampate non è consentita nei servizi della società dell'informazione.Articolo 4Pubblicità e sponsorizzazione radiofonica1. Sono vietate tutte le forme di pubblicità radiofonica a favore dei prodotti del tabacco.2. I programmi radiofonici non devono essere sponsorizzati da imprese la cui principale attività sia la fabbricazione o la vendita dei prodotti del tabacco.Articolo 5Sponsorizzazione di eventi1. La sponsorizzazione di eventi o attività che coinvolgano o abbiano luogo in vari Stati membri o che producano in altro modo effetti transfrontalieri è vietata.2. È vietata qualsiasi distribuzione gratuita di prodotti del tabacco nel contesto della sponsorizzazione degli eventi di cui al paragrafo 1 che abbia lo scopo o l'effetto diretto o indiretto di promuovere tali prodotti.Articolo 6RelazioneEntro il 20 giugno 2008, la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo una relazione sull'attuazione della presente direttiva. Detta relazione è corredata di qualsivoglia proposta di modifica della presente direttiva che la Commissione ritenga necessaria.Articolo 7Sanzioni ed esecuzioneGli Stati membri stabiliscono le norme sulle sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate a norma della presente direttiva e adottano tutti i provvedimenti necessari per garantirne l'esecuzione. Le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano dette norme alla Commissione entro la data di cui all'articolo 10 e provvedono poi a notificare immediatamente le eventuali modifiche successive.Dette norme includono disposizioni che garantiscono alle persone o alle organizzazioni, titolari, in forza delle legislazioni nazionali, di un interesse legittimo alla soppressione di una pubblicità, di una sponsorizzazione o di altre attività incompatibili con la presente direttiva, la facoltà di agire in giudizio contro tale pubblicità o sponsorizzazione, ovvero di adire gli organismi amministrativi competenti a pronunciarsi sui ricorsi o ad avviare i procedimenti previsti per legge.Articolo 8Libera circolazione dei prodotti e dei serviziGli Stati membri non vietano né limitano la libera circolazione dei prodotti o dei servizi conformi alla presente direttiva.Articolo 9Riferimenti alla direttiva 98/43/CEI riferimenti alla direttiva 98/43/CE annullata si intendono fatti alla presente direttiva.Articolo 10Attuazione1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 31 luglio 2005. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto nazionale che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 11Entrata in vigoreLa presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Articolo 12DestinatariGli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 26 maggio 2003.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteG. Drys(1) GU C 270 E del 25.9.2001, pag. 97.(2) GU C 36 dell'8.2.2002, pag. 104.(3) Parere del Parlamento europeo del 20 novembre 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 27 marzo 2003.(4) GU C 188 del 22.7.1995, pag. 1.(5) GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67.(6) GU L 298 del 17.10.1989, pag. 23. Direttiva modificata dalla direttiva 97/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 202 del 30.7.1997, pag. 60).(7) GU L 250 del 19.9.1984, pag. 17. Direttiva modificata dalla direttiva 97/55/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 290 del 23.10.1997, pag. 18).(8) GU L 194 del 18.7.2001, pag. 26.(9) GU L 213 del 30.7.1998, pag. 9.(10) [2000] ECR I-8419.(11) GU L 204 del 21.7.1998, pag. 37. Direttiva modificata dalla direttiva 98/48/CE (GU L 217 del 5.8.1998, pag. 18).
Pubblicità e sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco QUAL È LO SCOPO DELLA PRESENTE DIRETTIVA? Essa disciplina la pubblicità * e la promozione del tabacco* a mezzo stampa, alla radio, mediante i servizi della società dell’informazione e la sponsorizzazione legata al tabacco. PUNTI CHIAVE Pubblicità a mezzo stampa e mediante altre pubblicazioni stampate: è vietata se non nelle pubblicazioni destinate esclusivamente ai professionisti del commercio del tabacco e nelle pubblicazioni stampate edite in paesi extra UE e che non siano principalmente destinate al mercato comunitario. Radio: tutte le forme di pubblicità sono vietate. I programmi non possono essere sponsorizzati da società la cui attività principale è la produzione e la vendita di tabacco. Sponsorizzazione: è vietata per tutti gli eventi e le attività che abbiano luogo in più di un paese dell’UE. Il divieto si estende alla distribuzione gratuita di prodotti del tabacco. La legittimità della direttiva è stata confermata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nel dicembre 2006. Nel maggio 2008, la Commissione europea ha pubblicato una relazione sull’attuazione della direttiva. Ulteriori norme per i servizi di media audiovisivi integrano la direttiva, vietando la pubblicità e l’inserimento di prodotti del tabacco in televisione o attraverso servizi a richiesta (ovvero servizi che consentono agli spettatori di guardare un programma che hanno scelto perché disponibile, ad esempio, sul sito internet dell’emittente). Inoltre, una raccomandazione del Consiglio non vincolante invita i governi dell’UE ad adottare diverse misure per limitare la pubblicità nei loro paesi, includendo: il divieto di pratiche promozionali come l’offerta di posaceneri, accendini e sconti sui prezzi; il divieto della pubblicità locale del tabacco su cartelloni pubblicitari, presso punti vendita e nei cinema; la richiesta a produttori, importatori e commercianti su larga scala di fornire informazioni sulla loro spesa per campagne pubblicitarie, di marketing, di sponsorizzazione e di promozione non vietate dalla normativa UE. La direttiva 2014/40/UE ha esteso le norme dell’UE sulla pubblicità e la promozione del tabacco alle sigarette elettroniche. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? È in vigore dal 20 giugno 2003. I paesi dell’UE dovevano recepirla nel proprio diritto nazionale entro il 3 luglio 2005. * TERMINI CHIAVE Pubblicità: ogni forma di comunicazione commerciale che abbia lo scopo o l’effetto, diretto o indiretto, di promuovere un prodotto del tabacco. Prodotti del tabacco: tutti i prodotti destinati ad essere fumati, fiutati, succhiati o masticati, se costituiti, anche parzialmente, di tabacco. ATTO Direttiva 2003/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità e di sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco (GU L 152 del 20.6.2003, pag. 16-19) Successive modifiche e correzioni alla direttiva 2003/33/CE sono state incorporate nel testo originario. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale. ATTI COLLEGATI Direttiva 2010/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2010, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi) (GU L 95 del 15.4.2010, pag. 1-24) Versione consolidata. Direttiva 2014/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati e che abroga la direttiva 2001/37/CE (GU L 127 del 29.4.2014, pag. 1-38) Versione consolidata. Raccomandazione 2003/54/CE del Consiglio, del 2 dicembre 2002, sulla prevenzione del fumo e su iniziative per rafforzare la lotta contro il tabagismo (GU L 22 del 25.1.2003, pag. 31-34)
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Regolamento (CE) n. 1221/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, per quanto riguarda i conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche Gazzetta ufficiale n. L 179 del 09/07/2002 pag. 0001 - 0005 Regolamento (CE) n. 1221/2002 del Parlamento europeo e del Consigliodel 10 giugno 2002per quanto riguarda i conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubblicheIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 285,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere della Banca centrale europea(2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3),considerando quanto segue:(1) Il regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio, del 25 giugno 1996, relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità (SEC 95)(4), costituisce il quadro di riferimento di norme, definizioni, classificazioni e principi contabili comuni per l'elaborazione dei conti degli Stati membri alla luce delle esigenze statistiche della Comunità, al fine di ottenere risultati confrontabili fra Stati membri.(2) La relazione del comitato monetario sulle esigenze informative, approvata dal Consiglio Ecofin del 18 gennaio 1999, ha sottolineato che, per il corretto funzionamento dell'Unione economica e monetaria e del mercato unico, l'effettiva sorveglianza e coordinamento delle politiche economiche costituiscono fattori di primaria importanza, che a loro volta richiedono un sistema completo di informazioni statistiche in grado di fornire ai responsabili politici i dati necessari per la formulazione delle decisioni. Tale relazione ha inoltre sottolineato la necessità di attribuire un'elevata priorità alle statistiche a breve termine della finanza pubblica degli Stati membri, in particolare di quelli che partecipano all'Unione economica e monetaria, e che l'obiettivo è la compilazione di conti trimestrali non finanziari semplificati per il settore delle amministrazioni pubbliche mediante un approccio graduale.(3) È opportuno definire i conti trimestrali semplificati non finanziari delle amministrazioni pubbliche alla luce dell'elenco di categorie del SEC 95 per le entrate e le spese delle amministrazioni definite dal regolamento (CE) n. 1500/2000 della Commissione, del 10 luglio 2000, recante applicazione del regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio per quanto riguarda le spese e le entrate delle amministrazioni(5).(4) Nell'ambito del citato approccio graduale, è stata attribuita la priorità alle imposte, ai contributi sociali effettivi e alle prestazioni sociali diverse dai trasferimenti sociali in natura come categorie che rappresentano attendibili indicatori delle tendenze della finanza pubblica già resi disponibili (prima fase).(5) La trasmissione di tale prima serie di categorie su base trimestrale, dal giugno 2000, in tutti gli Stati membri, costituisce l'oggetto del regolamento (CE) n. 264/2000 della Commissione, del 3 febbraio 2000, relativo all'attuazione del regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio con riferimento alle statistiche congiunturali della finanza pubblica(6).(6) È necessario integrare la prima fase con una seconda serie di categorie al fine di ottenere l'elenco completo delle categorie comprese nelle spese e nelle entrate delle amministrazioni pubbliche.(7) L'attendibilità dei dati trimestrali trasmessi ai sensi del presente regolamento dovrebbe essere verificata per quanto concerne i dati annuali. Una relazione sulla qualità dei dati trimestrali andrebbe quindi effettuata prima della fine del 2005.(8) Gli articoli 2 e 3 del regolamento (CE) n. 2223/96 stabiliscono le condizioni alle quali la Commissione ha facoltà di adottare emendamenti alla metodologia del SEC 95 per chiarirne e migliorarne il contenuto. La compilazione di conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche richiederà risorse addizionali negli Stati membri. La trasmissione di tali dati alla Commissione non può dunque essere soggetta ad una decisione della Commissione stessa.(9) Il comitato del programma statistico (CPS), istituito ai sensi della decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio(7), e il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti (CMFB), istituito ai sensi della decisione 91/115/CEE del Consiglio(8), sono stati consultati a norma dell'articolo 3 delle suddette decisioni,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1ObiettivoL'obiettivo del presente regolamento è la definizione del contenuto dei conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche, nonché la redazione dell'elenco delle categorie del SEC 95 che devono essere trasmesse dagli Stati membri a partire dal 30 giugno 2002, e la specificazione delle principali caratteristiche di tali categorie.Articolo 2Contenuto dei conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubblicheIl contenuto dei conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche è definito in allegato in riferimento ad un elenco di categorie del SEC 95 che costituiscono le spese e le entrate delle amministrazioni pubbliche.Articolo 3Categorie interessate dalla trasmissione dei dati trimestrali1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati trimestrali per le categorie o gruppi di categorie comprese nell'elenco in allegato, ad eccezione delle categorie per le quali i dati devono essere trasmessi ai sensi del regolamento (CE) n. 264/2000.2. I dati trimestrali vengono trasmessi per le seguenti categorie (o gruppi di categorie) di spese ed entrate delle amministrazioni pubbliche:a) Dal lato delle spese:- consumi intermedi (P.2)- investimenti lordi + acquisizioni meno cessioni di attività non finanziarie non prodotte (P.5 + K.2)- investimenti fissi lordi (P.51)- redditi da lavoro dipendente (D.1)- altre imposte sulla produzione (D.29)- contributi erogati (D.3)- redditi da capitale (D.4)- interessi (D.41)- imposte correnti sul reddito, sul patrimonio, ecc. (D.5)- trasferimenti sociali in natura corrispondenti a spese per prodotti forniti alle famiglie attraverso produttori di beni e servizi destinabili alla vendita (D.6311 + D.63121 + D.63131)- altri trasferimenti correnti (D.7)- rettifica per variazione dei diritti netti delle famiglie sulle riserve dei fondi pensione (D.8)- imposte in conto capitale + contributi agli investimenti + altri trasferimenti in conto capitale (D.91 + D.92 + D.99);b) Sul lato delle entrate:- produzione di beni e servizi destinabili alla vendita + produzione di beni e servizi per proprio uso finale + pagamenti per altra produzione di beni e servizi non destinabili alla vendita (P.11 + P.12 + P.131)- altri contributi alla produzione ricevuti (D.39)- redditi da capitale (D.4)- contributi sociali figurativi (D.612)- altri trasferimenti correnti (D.7)- contributi agli investimenti + altri trasferimenti in conto capitale (D.92 + D.99).3. Le transazioni D.41, D.7, D.92 e D.99 vengono consolidate nell'ambito del settore delle amministrazioni pubbliche. Le altre transazioni non vengono consolidate.Articolo 4Compilazione dei dati trimestrali: fonti e metodi1. I dati trimestrali relativi al primo trimestre 2001 e successivi vengono compilati in base alle norme seguenti:a) i dati trimestrali si basano, per quanto possibile, su informazioni dirette provenienti da fonti primarie, allo scopo di ridurre al minimo, per ciascun trimestre, le differenze fra le stime preliminari e quelle finali;b) le informazioni dirette vengono eventualmente integrate da rettifiche finalizzate ad ottenere un grado di copertura completo e da rettifiche concettuali finalizzate ad allineare i dati trimestrali con i concetti del SEC 95;c) i dati trimestrali e i corrispondenti dati annuali devono essere coerenti.2. I dati trimestrali relativi ai trimestri compresi tra il primo del 1999 ed il quarto del 2000 vengono compilati mediante fonti e metodi tali da assicurare la coerenza fra i dati trimestrali e i corrispondenti dati annuali.Articolo 5Scadenze per la trasmissione dei dati trimestrali1. I dati trimestrali di cui all'articolo 3 vengono trasmessi alla Commissione (Eurostat) entro tre mesi dalla fine del trimestre a cui si riferiscono.Le eventuali revisioni dei dati trimestrali relativi ai trimestri precedenti vengono trasmesse contemporaneamente.2. La prima trasmissione di dati trimestrali è costituita dai dati relativi al primo trimestre 2002. Gli Stati membri trasmettono tali dati entro il 30 giugno 2002.Tuttavia, la Commissione ha facoltà di concedere una deroga non superiore a un anno per quanto riguarda la data della prima trasmissione dei dati trimestrali per il primo trimestre 2002 e successivi, nella misura in cui i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti.Articolo 6Trasmissione di dati pregressi1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati trimestrali pregressi per le categorie di cui all'articolo 3 a partire dal primo trimestre del 1999.2. I dati trimestrali relativi ai trimestri dal primo del 1999 al quarto del 2001 vengono trasmessi alla Commissione (Eurostat) entro il 30 giugno 2002.Tuttavia, la Commissione ha facoltà di concedere una deroga non superiore a un anno per quanto riguarda la data della prima trasmissione dei dati trimestrali per il primo trimestre 1999 e successivi, nella misura in cui i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti.Articolo 7Applicazione1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) una descrizione delle fonti e dei metodi utilizzati per la compilazione dei dati trimestrali di cui all'articolo 3 (descrizione iniziale), alla stessa data in cui iniziano la trasmissione dei dati trimestrali conformemente alla scadenza di cui all'articolo 5, paragrafo 2.2. Le eventuali revisioni della descrizione iniziale delle fonti e dei metodi utilizzati per la compilazione dei dati trimestrali vengono trasmessi alla Commissione (Eurostat) quando vengono comunicati i dati riveduti.3. La Commissione (Eurostat) informa i comitati CPS e CMFB sulle fonti e sui metodi utilizzati da ciascuno Stato membro.Articolo 8RelazioneSulla base dei dati trasmessi per le categorie di cui all'articolo 3, e previa consultazione del CPS, la Commissione (Eurostat) trasmette al Parlamento europeo ed al Consiglio, entro il 31 dicembre 2005, una relazione contenente una valutazione dell'attendibilità dei dati trimestrali trasmessi dagli Stati membri.Articolo 9Disposizioni transitorie1. Gli Stati membri che non sono in grado, durante il periodo di transizione di cui al paragrafo 4, di trasmettere i dati trimestrali a partire dal primo trimestre 2001 conformemente alle fonti e ai metodi di cui all'articolo 4, paragrafo 1, e alle scadenze di cui all'articolo 5, paragrafo 1, applicano il paragrafo 2.2. Gli Stati membri di cui al paragrafo 1 trasmettono alla Commissione (Eurostat) le loro "migliori stime trimestrali" (vale a dire, comprendenti tutte le nuove informazioni progressivamente disponibili nel corso del processo di compilazione del sistema dei conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche) conformemente alla scadenza di cui all'articolo 5, paragrafo 1.Essi indicano allo stesso tempo le operazioni che devono essere ancora portate a termine per rispettare le fonti ed i metodi di cui all'articolo 4, paragrafo 1.3. Durante il periodo di transizione di cui al paragrafo 4, la Commissione (Eurostat) esamina il progresso compiuto dagli Stati membri per l'applicazione integrale dell'articolo 4, paragrafo 1.4. Il periodo di transizione inizia a partire dalla data della prima trasmissione di cui all'articolo 5, paragrafo 2, e termina al più tardi il 31 marzo 2005.Articolo 10Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Lussemburgo, addì 10 giugno 2002.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteJ. Piqué I Camps(1) GU C 154 E del 29.5.2001, pag. 300.(2) GU C 131 del 3.5.2001, pag. 6.(3) Parere del Parlamento europeo del 3 luglio 2001 (GU C 65 E del 14.3.2002, pag. 33) e decisione del Consiglio del 7 maggio 2002.(4) GU L 310 del 30.11.1996, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 359/2002 (GU L 58 del 28.2.2002, pag. 1).(5) GU L 172 del 12.7.2000, pag. 3.(6) GU L 29 del 4.2.2000, pag. 4.(7) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47.(8) GU L 59 del 6.3.1991, pag. 19. Decisione modificata da ultimo dalla decisione 96/174/CE (GU L 51 dell'1.3.1996, pag. 48).ALLEGATOCONTENUTO DEI CONTI TRIMESTRALI NON FINANZIARI DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHEI conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche vengono definiti in riferimento all'elenco delle spese e delle entrate delle amministrazioni pubbliche di cui al regolamento (CE) n. 1500/2000 della Commissione.Le spese delle amministrazioni pubbliche comprendono le categorie del SEC 95 riportate dal lato degli impieghi, o nelle variazioni delle attività, o nelle variazioni delle passività e del patrimonio netto della sequenza dei conti delle amministrazioni pubbliche, ad eccezione della categoria D.3, compresa nella sezione delle risorse dei conti delle amministrazioni pubbliche.Le entrate delle amministrazioni pubbliche comprendono le categorie del SEC 95 riportate dal lato delle risorse o nelle variazioni delle passività e del patrimonio netto della sequenza dei conti non finanziari delle amministrazioni pubbliche, ad eccezione della categoria D.39, compresa nel lato degli impieghi dei conti delle amministrazioni pubbliche.Per definizione, la differenza fra entrate delle amministrazioni pubbliche e spese delle amministrazioni pubbliche, ai sensi delle definizioni di cui sopra, costituisce l'accreditamento netto (+)/indebitamento netto (-) del settore delle amministrazioni pubbliche.Le transazioni D.41, D.7, D.92 e D.99 sono consolidate internamente al settore delle amministrazioni pubbliche. Le altre transazioni non sono consolidate.La tabella che segue illustra le categorie del SEC 95 che costituiscono le spese e le entrate delle amministrazioni pubbliche. Le categorie riportate in corsivo costituiscono già oggetto di trasmissione su base trimestrale in virtù del regolamento (CE) n. 264/2000 della Commissione.>SPAZIO PER TABELLA>>SPAZIO PER TABELLA>
Raccolta delle statistiche trimestrali non finanziarie delle amministrazioni da parte dei paesi dell’UE QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Definisce le principali categorie dei conti pubblici non finanziari come stabilite nel SEC 95, i cui dettagli devono essere comunicati dagli istituti statistici dei paesi dell’Unione europea (UE) alla Commissione europea (Eurostat) ogni tre mesi. PUNTI CHIAVE I dati trimestrali riguardano sia le spese che le entrate delle amministrazioni pubbliche. Secondo Eurostat, la pubblica amministrazione è composta da quattro sottosettori: amministrazione centrale; amministrazione statale; amministrazione locale; enti di previdenza sociale. Spese: consumi intermedi*; investimenti lordi*; investimenti fissi lordi*; redditi da lavoro dipendente*; altre imposte sulla produzione; contributi erogati; redditi da capitale; interessi; imposte sul reddito e sul patrimonio; trasferimenti sociali* e di altro tipo forniti alle famiglie; contributi agli investimenti e altri trasferimenti in conto capitale. Entrate: produzione di beni e servizi destinati alla vendita (tutti i prodotti ceduti sul mercato o destinati a essere ceduti sul mercato) e altri pagamenti di tipo amministrativo per la produzione delle amministrazioni pubbliche; imposte: sulla produzione e sulle importazioni, sul reddito e sul capitale, imposte in conto capitale; altri contributi alla produzione; redditi da capitale; contributi sociali effettivi e figurativi (laddove per contributi «figurativi» si intendono i contributi sociali pagati dai datori di lavoro a nome dei loro lavoratori dipendenti); altri trasferimenti correnti; contributi agli investimenti e altri trasferimenti in conto capitale. I primi dati trimestrali trasmessi ai sensi della legislazione riguardavano il primo trimestre 2002. Le disposizioni transitorie sono state precedentemente applicate a partire dall’inizio del 1999. I paesi dell’UE devono: trasmettere i dati entro tre mesi dalla fine del trimestre a cui si riferiscono; informare Eurostat delle fonti e dei metodi utilizzati per la compilazione dei dati. La Commissione deve: informare il comitato del sistema statistico europeo e il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti in merito alle fonti e ai metodi nazionali; presentare una relazione entro il 31 dicembre 2005 contenente una valutazione dell’attendibilità dei dati trimestrali nazionali. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È entrato in vigore il 29 luglio 2002. CONTESTO Il sistema europeo dei conti nazionali e regionali, noto come SEC 95 (sostituito ora dal SEC 2010), raccoglie informazioni comparabili, aggiornate e attendibili sulla struttura e sugli sviluppi delle economie nazionali e regionali nell’UE. * TERMINI CHIAVE Consumi intermedi: un concetto che misura il valore dei beni e dei servizi consumati in quanto fattori dei processi produttivi. Investimenti lordi: il valore complessivo degli investimenti fissi lordi, della variazione delle scorte e delle acquisizioni meno le cessioni di oggetti di valore. Investimenti fissi lordi: acquisizioni di capitali fissi nuovi ed esistenti quali beni, macchinari o attrezzature, spese per il miglioramento fondiario e per la costruzione di edifici. Redditi da lavoro dipendente: il salario lordo complessivo e i contributi sociali dei datori di lavoro pagati dai datori di lavoro ai loro dipendenti per i lavori svolti. Trasferimenti sociali: assistenza sociale da parte di enti pubblici e civici diretta a persone che vivono o che sono in pericolo di cadere in condizioni di povertà. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1221/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, per quanto riguarda i conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche (GU L 179 del 9.7.2002, pag. 1-5) Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1221/2002 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
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DECISIONE (UE) 2016/1841 DEL CONSIGLIO del 5 ottobre 2016 relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea, dell'accordo di Parigi adottato nell'ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 192, paragrafo 1, in combinato disposto con l'articolo 218, paragrafo 6, lettera a), vista la proposta della Commissione europea, vista l'approvazione del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) Nel corso della 21a conferenza delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), tenutasi a Parigi dal 30 novembre al 12 dicembre 2015, è stato adottato il testo di un accordo concernente il rafforzamento della risposta mondiale ai cambiamenti climatici. (2) L'accordo di Parigi è stato firmato il 22 aprile 2016 conformemente alla decisione (UE) 2016/590 (2) del Consiglio. (3) L'accordo di Parigi entrerà in vigore il trentesimo giorno successivo alla data in cui almeno 55 parti dell'UNFCCC, che rappresentino un totale stimato di almeno il 55 % delle emissioni totali di gas a effetto serra, avranno depositato i loro strumenti di ratifica, accettazione, approvazione o adesione. Tra le parti dell'UNFCCC si annoverano l'Unione e i suoi Stati membri sono parti. Nelle sue conclusioni del 18 marzo 2016, il Consiglio europeo ha sottolineato la necessità che l'Unione e i suoi Stati membri concludano l'accordo di Parigi al più presto e in tempo per esserne parti al momento dell'entrata in vigore. (4) L'accordo di Parigi sostituisce l'approccio adottato nell'ambito del protocollo di Kyoto del 1997. (5) L'accordo di Parigi stabilisce, tra l'altro, un obiettivo a lungo termine in linea con l'obiettivo di mantenere l'aumento della temperatura globale ben al di sotto di 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e di proseguire gli sforzi per mantenerlo a 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali. A tal fine, le parti prepareranno, comunicheranno e manterranno i contributi successivi stabiliti a livello nazionale. (6) A partire dal 2023, nel quadro dell'accordo di Parigi, le parti faranno il punto della situazione a livello mondiale ogni cinque anni sulla base delle più recenti conoscenze scientifiche e del grado di attuazione raggiunto fino a quel momento; ciò consentirà di monitorare i progressi e valutare le riduzioni delle emissioni, l'adattamento e il sostegno fornito, fermo restando che ciascun contributo successivo di una parte stabilito a livello nazionale deve rappresentare una progressione rispetto al suo precedente contributo e tradurre la sua più alta ambizione possibile. (7) Un obiettivo vincolante di riduzione interna in tutti i settori economici di almeno il 40 % delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2030, rispetto al 1990, è stato sancito nelle conclusioni del Consiglio europeo del 23 e 24 ottobre 2014 sul quadro 2030 per le politiche dell'energia e del clima. Il l 6 marzo 2015 il Consiglio ha adottato il suddetto obiettivo quale contributo previsto determinato a livello nazionale dell'Unione e dei suoi Stati membri, che come tale è stato comunicato al segretariato dell'UNFCCC. (8) Nella sua comunicazione che accompagna la proposta dell'Unione per la firma dell'accordo di Parigi, la Commissione ha sottolineato che la transizione mondiale verso l'energia pulita richiede mutamenti nei comportamenti di investimento e incentivi nell'intero spettro delle politiche. Per l'Unione è di primaria importanza la creazione di un'Unione dell'energia resiliente, capace di garantire un approvvigionamento energetico sicuro, sostenibile, competitivo e a prezzi ragionevoli ai propri cittadini. Per raggiungere questo obiettivo occorre proseguire con azioni ambiziose per il clima e compiere progressi riguardo ad altri aspetti dell'Unione dell'energia. (9) Il Consiglio ha confermato nelle conclusioni del 18 settembre 2015 l'intenzione dell'Unione e dei suoi Stati membri di agire congiuntamente nel quadro dell'accordo di Parigi e ha accolto con favore l'intenzione della Norvegia e dell'Islanda di partecipare a tale azione congiunta. (10) L'azione congiunta dell'Unione e dei suoi Stati membri sarà concordata a tempo debito e riguarderà il rispettivo livello di emissioni assegnato all'Unione e ai sui Stati membri. (11) L'articolo 4, paragrafo 16, dell'accordo di Parigi stabilisce che il segretariato debba essere informato dell'azione congiunta e anche dei livelli di emissioni attribuiti a ciascuna parte nel periodo considerato. (12) L'accordo di Parigi è conforme agli obiettivi ambientali dell'Unione di cui all'articolo 191 del trattato, vale a dire la salvaguardia, la tutela e il miglioramento della qualità dell'ambiente; la protezione della salute umana; e la promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale e, in particolare, a combattere i cambiamenti climatici. (13) È pertanto opportuno approvare l'accordo di Parigi e la dichiarazione relativa alle competenze a nome dell'Unione, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 L'accordo di Parigi adottato il 12 dicembre 2015 nell'ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici è approvato a nome dell'Unione. Il testo dell'accordo di Parigi è accluso alla presente decisione. La dichiarazione relativa alle competenze, acclusa alla presente decisione, è ugualmente approvata a nome dell'Unione. Articolo 2 Il presidente del Consiglio designa la persona o le persone abilitate a depositare, a nome dell'Unione, lo strumento di ratifica presso il segretario generale delle Nazioni Unite, in conformità dell'articolo 20, paragrafo 1, dell'accordo di Parigi, unitamentealla dichiarazione relativa alle competenze. Articolo 3 1. Gli Stati membri si adoperano per adottare le misure necessarie al fine di procedere al deposito degli strumenti di ratifica simultaneamente all'Unione o successivamente non appena possibile. 2. Gli Stati membri informano la Commissione delle loro decisioni riguardo alla ratifica dell'accordo di Parigi o, a seconda dei casi, della probabile data di espletamento delle procedure necessarie. Articolo 4 La decisione entra in vigore il giorno successivo alla sua adozione. Fatto a Bruxelles, il 5 ottobre 2016 Per il Consiglio Il presidente M. LAJČÁK (1) Approvazione del 4 ottobre 2016. (2) Decisione (UE) 2016/590 del Consiglio, dell'11 aprile 2016, relativa alla firma, a nome dell'Unione europea, dell'accordo di Parigi adottato nell'ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (GU L 103 del 19.4.2016, pag. 1).
Cambiamenti climatici: l’accordo di Parigi ratificato dall’Unione europea QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? La presente decisione del Consiglio dell’Unione europea ratifica l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici a nome di tutti i paesi dell’Unione europea (UE). L’accordo mira a rafforzare la risposta globale alla minaccia dei cambiamenti climatici, limitando il riscaldamento ben al di sotto di 2 oC. PUNTI CHIAVE In base all’accordo, i paesi dell’UE dovranno: raggiungere l’obiettivo a lungo termine di mantenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto di 2 oC, rispetto ai livelli pre-industriali; proseguire gli sforzi per limitare l’aumento a 1,5 oC; predisporre e applicare piani d’azione nazionali (contributi previsti determinati a livello nazionale) per soddisfare tali obiettivi; comunicare reciprocamente e al pubblico i progressi che stanno compiendo rispetto ai loro impegni; dal 2023, fare il punto della situazione a livello globale ogni cinque anni insieme ai partner internazionali, per porsi ulteriori obiettivi sulla base delle evidenze scientifiche e dei risultati conseguiti; adottare misure per gestire l’impatto dei cambiamenti climatici che sono già inevitabili; fornire un supporto pratico e finanziario ai paesi in via di sviluppo, per aiutarli ad adattarsi ai cambiamenti climatici. L’azione dell’UE sui cambiamenti climatici fino ad oggi Nel 2014, i paesi dell’UE si sono posti un obiettivo vincolante di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 40 % entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. Ciò comporterà il passaggio a forme di energia pulita, sostenibile, che devono anche essere competitive e convenienti. L’UE riconosce la necessità di incentivi per incoraggiare gli investimenti necessari in questo settore. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA L’ACCORDO? Esso entra in vigore il 4 novembre 2016 e si applicherà a partire dal 2020. CONTESTO L’accordo rafforza la risposta globale ai cambiamenti climatici delineando le politiche odierne per raggiungere la neutralità climatica entro la fine del secolo. È stato adottato da 195 paesi a Parigi nel dicembre 2015 e sostituisce il protocollo di Kyoto del 1997. Approfondimenti «Accordo di Parigi» sul sito Internet della Commissione europea. DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione (UE) 2016/1841 del Consiglio, del 5 ottobre 2016, relativa alla conclusione, a nome dell’Unione europea, dell’accordo di Parigi adottato nell’ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (GU L 282 del 19.10.2016, pagg. 1-3) Accordo di Parigi (GU L 282 del 19.10.2016, pagg. 4-18)
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RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE del 28 aprile 2010 relativa all'iniziativa di programmazione congiunta nel settore della ricerca «Un'alimentazione sana per una vita sana» (2010/250/UE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 181, paragrafo 2, considerando quanto segue: (1) La salute dei cittadini è essenziale per la crescita e la prosperità dell'Unione. (2) Nell'ultimo trentennio il sovrappeso e l'obesità hanno registrato una crescita spettacolare nella popolazione dell'Unione, in particolare tra i bambini. (3) Si riscontra una tendenza sempre più diffusa, nella popolazione dell'Unione, ad alimentarsi in modo scorretto e a fare poco esercizio fisico. (4) È in aumento l'incidenza di alcune patologie croniche, quali malattie cardiovascolari, ipertensione, diabete di tipo 2, ictus, determinati tipi di cancro, disturbi muscolo-scheletrici e addirittura una serie di disturbi mentali. (5) L'eliminazione dei fattori di rischio comuni connessi allo stile di vita, e in particolare all'alimentazione, consentirebbe di evitare l'80 % delle cardiopatie, degli ictus e dei casi di diabete di tipo 2, nonché il 40 % dei tumori. (6) Nella riunione del 3 dicembre 2009 il Consiglio Competitività ha identificato nella «Salute, dieta e prevenzione delle malattie legate all'alimentazione» (il titolo è stato successivamente modificato in «Un'alimentazione sana per una vita sana») un ambito in cui la programmazione congiunta offrirebbe un valore aggiunto significativo rispetto all’attuale frammentazione della ricerca negli Stati membri. Nelle sue conclusioni il Consiglio ha pertanto riconosciuto la necessità di avviare un’iniziativa di programmazione congiunta in questo settore e ha invitato la Commissione a contribuire alla sua preparazione. Il Consiglio ha altresì ribadito che la programmazione congiunta è un processo condotto dagli Stati membri, affiancati dalla Commissione in veste di facilitatore. (7) La programmazione congiunta della ricerca nel settore dell'alimentazione e della salute consentirebbe di coordinare gli studi sull'impatto dello stile di vita e dell'alimentazione sulla salute, contribuendo in misura significativa alla costruzione di uno Spazio europeo della ricerca pienamente operativo per la prevenzione delle malattie legate all'alimentazione e rafforzando il primato e la competitività delle attività di ricerca svolte in questo campo. (8) Per garantire l’efficacia dei loro sforzi congiunti nel settore dell'alimentazione e della salute, gli Stati membri dovrebbero definire e attuare un'agenda strategica di ricerca basata su un approccio comune in materia di prevenzione delle malattie legate all'alimentazione. (9) Ai fini di una gestione efficace degli interventi congiunti da attuare, è opportuno che gli Stati membri istituiscano una struttura di gestione comune incaricata di stabilire condizioni, regole e procedure comuni per la cooperazione e il coordinamento e di monitorare l’attuazione dell’agenda strategica di ricerca. (10) Per raggiungere gli obiettivi fissati dalla presente raccomandazione, è opportuno che gli Stati membri cooperino con la Commissione per individuare le iniziative che essa potrebbe attuare per assisterli nella definizione e nell’attuazione dell’agenda strategica di ricerca. (11) Per consentire alla Commissione di riferire in proposito al Parlamento europeo e al Consiglio, è opportuno che gli Stati membri trasmettano relazioni periodiche alla Commissione in merito ai progressi compiuti nella programmazione congiunta, HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE: 1) Gli Stati membri sono incoraggiati a sviluppare una visione comune su come la cooperazione e il coordinamento nel settore della ricerca a livello dell'Unione possono migliorare la prevenzione delle malattie legate all'alimentazione. 2) Gli Stati membri sono incoraggiati a definire un’agenda strategica di ricerca che individui necessità e obiettivi di ricerca a medio e lungo termine in materia di prevenzione delle malattie legate all'alimentazione. L'agenda strategica di ricerca dovrebbe includere un piano di attuazione che definisca le priorità e la tempistica e specifichi le azioni, gli strumenti e le risorse necessarie per la sua attuazione. 3) Gli Stati membri sono incoraggiati a includere nell'agenda strategica di ricerca e nel piano di attuazione le azioni seguenti: a) reperire e scambiare informazioni in merito ai programmi nazionali e alle attività di ricerca pertinenti; b) individuare i settori o le attività di ricerca che trarrebbero vantaggio dal coordinamento, da gare d'appalto congiunte o dalla messa in comune delle risorse; c) scambiare informazioni, risorse, buone pratiche, metodi e orientamenti, in particolare nell'ambito di studi di coorte e studi clinici; d) definire la procedura, compresi i criteri di qualità, per le attività di ricerca da realizzare congiuntamente nei settori di cui alla lettera b); e) condividere, quando opportuno, le infrastrutture di ricerca esistenti o sviluppare nuovi strumenti, quali banche dati coordinate, biobanche o modelli per l'estrapolazione di dati all'uomo; f) esportare e divulgare conoscenze, innovazioni e approcci interdisciplinari e garantire un utilizzo efficace dei risultati della ricerca al fine di migliorare la competitività e l'elaborazione delle politiche europee; g) incoraggiare e sostenere una stretta collaborazione tra settore pubblico e privato, nonché l'innovazione aperta tra i vari settori economici; h) mettere in rete i centri esistenti, in particolare quelli specializzati in scienza dei consumi, nutrizione e tecnologie di trasformazione. 4) Gli Stati membri sono incoraggiati a istituire una struttura di gestione comune nel settore della prevenzione delle malattie legate all'alimentazione, incaricata di stabilire condizioni, regole e procedure comuni per la cooperazione e il coordinamento e di monitorare l’attuazione dell’agenda strategica di ricerca. 5) Gli Stati membri sono incoraggiati ad attuare congiuntamente l'agenda strategica di ricerca, in particolare attraverso i rispettivi programmi di ricerca nazionali o altre attività di ricerca a livello nazionale. 6) Gli Stati membri sono incoraggiati a collaborare con la Commissione per individuare le iniziative che essa potrebbe attuare per assisterli nella definizione e nell’attuazione dell’agenda strategica di ricerca e per coordinare i programmi congiunti con altre iniziative dell'Unione in questo settore. 7) Gli Stati membri sono incoraggiati a riferire regolarmente alla Commissione in merito ai progressi compiuti nella presente iniziativa di programmazione congiunta. Fatto a Bruxelles, il 28 aprile 2010. Per la Commissione Máire GEOGHEGAN-QUINN Membro della Commissione
Un'alimentazione sana per una vita sana Di fronte allo sviluppo dell'obesità nell'Unione europea (UE) e delle patologie ad essa collegate, la Commissione europea invita gli Stati membri ad adottare misure comuni per combattere questo fenomeno. ATTO Raccomandazione n. 2010/250/UE della Commissione, del 28 aprile 2010, relativa all'iniziativa di programmazione congiunta nel settore della ricerca «Un'alimentazione sana per una vita sana». SINTESI Attraverso la presente raccomandazione, la Commissione europea invita gli Stati membri a sviluppare e attuare una strategia comune nel settore della prevenzione delle malattie legate all'alimentazione. Quali sono i rischi associati a una cattiva alimentazione ? Il sovrappeso e l'obesità possono portare allo sviluppo di malattie quali: malattie cardiovascolari; ipertensione; diabete di tipo 2; ictus; determinati tipi di cancro; disturbi muscolo-scheletrici; alcuni disturbi mentali. Tuttavia, questi rischi potrebbero essere limitati se le persone adottassero comportamenti sani, soprattutto a livello di alimentazione. Infatti l'eliminazione dei fattori di rischio comuni connessi allo stile di vita consentirebbe di evitare circa l'80 % delle cardiopatie, degli ictus e dei casi di diabete di tipo 2, nonché il 40 % dei tumori. Quali misure gli Stati membri sono esortati ad attuare ? Per garantire che la ricerca nel campo delle malattie correlate all'alimentazione sia più efficace, la Commissione invita gli Stati membri a sviluppare e ad attuare un'agenda strategica di ricerca basata su un approccio comune in materia di prevenzione delle malattie legate all'alimentazione. Tale agenda dovrebbe includere un piano di attuazione che definisca le priorità e la tempistica e specifichi le azioni, gli strumenti e le risorse necessarie per la sua attuazione. In particolare, l'agenda strategica di ricerca e il piano di attuazione devono includere le seguenti azioni: reperire e scambiare informazioni in merito ai programmi nazionali e alle attività di ricerca pertinenti; individuare i settori o le attività di ricerca che trarrebbero vantaggio dal coordinamento, da gare d'appalto congiunte o dalla messa in comune delle risorse; scambiare informazioni, risorse, buone pratiche, metodi e orientamenti, in particolare nell'ambito di studi di coorte e studi clinici; esportare e divulgare conoscenze, innovazioni e approcci interdisciplinari; mettere in rete i centri esistenti specializzati. Gli Stati membri sono incoraggiati a istituire una struttura di gestione comune incaricata di stabilire condizioni, regole e procedure comuni per la cooperazione e il coordinamento. Essi sono altresì tenuti a monitorare l’attuazione dell'agenda strategica di ricerca. Contesto Il sovrappeso e l'obesità sono notevolmente aumentati tra i cittadini dell'Unione europea negli ultimi tre decenni. La tendenza sembra accentuarsi con il tempo. Il Consiglio «Competitività», riunitosi il 3 dicembre 2009, ha riconosciuto la necessità di avviare un'iniziativa di programmazione congiunta che sarà condotta dagli Stati membri e incoraggiata dalla Commissione.
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2003/752/CE: Decisione n. 190, del 18 giugno 2003, concernente le caratteristiche tecniche della tessera europea di assicurazione malattia (Testo rilevante ai fini del SEE e dell'accordo UE/Svizzera.) Gazzetta ufficiale n. L 276 del 27/10/2003 pag. 0004 - 0018 Decisione n. 190del 18 giugno 2003concernente le caratteristiche tecniche della tessera europea di assicurazione malattia(Testo rilevante ai fini del SEE e dell'accordo UE/Svizzera)(2003/752/CE)LA COMMISSIONE AMMINISTRATIVA,vista la decisione n. 189 della commissione amministrativa, del 18 giugno 2003, volta a sostituire la tessera europea d'assicurazione malattia ai moduli necessari all'applicazione dei regolamenti (CEE) n. 1408/71 e (CEE) n. 574/72 del Consiglio per quanto riguarda l'accesso alle cure durante un soggiorno temporaneo in uno Stato membro diverso dallo Stato competente o di residenza,considerando quanto segue:(1) Il rilascio della tessera europea d'assicurazione malattia avviene a cura dell'istituzione dello stato competente o di residenza. Per facilitare l'assunzione a carico ed il rimborso delle cure dispensate sulla base della tessera europea, è necessario che i tre principali soggetti interessati, ovvero gli assicurati, i prestatori di cure e le istituzioni, possano riconoscere agevolmente ed accettare la tessera europea grazie ad un modello unico e a specificazioni uniformi.(2) I dati che dovranno figurare sulla tessera europea d'assicurazione malattia in maniera visibile sono definiti dall'articolo 6 della decisione n. 189 della commissione amministrativa. L'introduzione di una tessera europea d'assicurazione malattia dotata di menzioni scritte è la prima tappa di un processo che sfocerà nella soppressione degli attuali moduli cartacei e nell'utilizzo di un supporto elettronico per accedere alle cure sanitarie in occasione di un soggiorno temporaneo in uno Stato membro diverso dallo Stato competente o di residenza. Tuttavia le istituzioni competenti degli Stati membri che lo desiderassero possono comunque fin dalla prima tappa inserire i dati in questione anche in un supporto elettronico (chip o banda magnetica).(3) Quando circostanze eccezionali impediscono all'interessato di presentare la tessera europea, viene rilasciato un certificato provvisorio sostitutivo in base ad un modello uniforme,DECIDE:Articolo 1Il modello e le specificazioni della tessera europea d'assicurazione malattia sono stabiliti secondo le modalità definite all'allegato 1 della presente decisione.Articolo 2Il modello del certificato provvisorio sostitutivo è stabilito secondo le modalità definite dall'allegato 2 della presente decisione.Articolo 3La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Essa è applicabile a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello della sua pubblicazione.Il presidente della commissione amministrativaTheodora TsotsorouALLEGATO 1DISPOSIZIONI TECNICHE RIGUARDANTI IL MODELLO DI TESSERA EUROPEA D'ASSICURAZIONE MALATTIA1. IntroduzioneConcordemente alle decisioni in materia della commissione amministrativa per la sicurezza sociale dei lavoratori migranti, la tessera europea di assicurazione malattia contiene una serie "basilare" di dati leggibili "a occhio" da utilizzarsi in uno Stato membro diverso dallo Stato membro in cui si è assicurati o residenti, al fine di:- identificare la persona assicurata, l'istituzione competente e la tessera,- dichiarare il diritto ad ottenere cure durante una permanenza temporanea in un altro Stato membro.I modelli riprodotti qui di seguito sono basati sulle caratteristiche tecniche definite nel presente documento; tuttavia essi vanno considerati come esempi puramente indicativi.Illustrazione 1: Esempio per la parte frontale>PIC FILE= "L_2003276IT.000602.TIF">Illustrazione 2: Esempio per il retro>PIC FILE= "L_2003276IT.000603.TIF">Mentre l'ordine dei dati leggibili "a occhio nudo" è identico nei due modelli, ovvero a prescindere dal lato usato dalla tessera europea di assicurazione malattia, sono state definite strutture diverse per i due lati (fronte e retro). Ciò è il risultato del compromesso raggiunto tra il modello unico richiesto per la tessera europea e le differenze strutturali tra i due lati, nello sforzo di mantenere uno stile uniforme tra fronte e retro della tessera.2. Riferimenti normativi>SPAZIO PER TABELLA>3. Specificazioni3.1. DefinizioniLa parte frontale (fronte) è la parte nella quale è inserito l'eventuale microprocessore. La parte posteriore (retro) è la parte nella quale è applicata l'eventuale banda magnetica. Qualora non vi sia né un microprocessore né una banda magnetica, la parte frontale sarà quella in cui saranno presentate le informazioni elencate nel presente documento.3.2. Struttura globaleIl formato della tessera europea di assicurazione malattia è conforme al formato ID-1 (altezza 53,98 mm, larghezza 85,60 mm e spessore 0,76 mm). Tuttavia, qualora la tessera europea di assicurazione malattia assuma la forma di un adesivo da applicare sul retro di una tessera nazionale, il criterio ID-1 relativo allo spessore non è applicabile.3.2.1. Tessera europea di assicurazione malattia: parte frontale della tesseraLo sfondo è diviso in due parti da un'asse verticale che divide la superficie della tessera in due parti, la parte 1 sulla sinistra (larghezza 53 mm) e la parte 2 sulla destra.Si è provveduto a posizionare 4 marcatori tramite una serie di linee guida:- 3 linee guida verticali:a) a 5 mm dal margine sinistro della tessera;b) a 21,5 mm dal margine sinistro della tessera;c) a 1 mm dal margine destro della tessera;- 3 linee guida orizzontali:d) a 2 mm dal margine superiore della tessera;e) a 17 mm dal margine superiore della tessera;f) a 5 mm dal margine inferiore della tessera.a) Tessera senza microprocessore>PIC FILE= "L_2003276IT.000801.TIF">b) Tessera con microprocessore>PIC FILE= "L_2003276IT.000802.TIF">3.2.2. Tessera europea di assicurazione malattia: retro della tesseraLo sfondo è diviso in due parti da un'asse che taglia in due parti uguali la sezione orizzontale della tessera. La parte 1 è la parte superiore, la parte 2 quella inferiore.Si è provveduto a posizionare 5 marcatori tramite una serie di linee guida:- simmetrici:g) a 9 mm dal margine sinistro della tessera;h) al centro della tessera;i) a 9 mm dal margine destro della tessera;- verticali:j) a 3 mm dal margine sinistro della tessera;k) a 3 mm dal margine destro della tessera;- orizzontali:l) al centro della tessera;m) a 2 mm dal margine inferiore della tessera.c) Con banda magnetica>PIC FILE= "L_2003276IT.000901.TIF">d) Senza banda magnetica>PIC FILE= "L_2003276IT.000902.TIF">3.3. Sfondo ed elementi grafici3.3.1. Colori dello sfondoI colori dello sfondo sono disposti come segue(1):- la parte 1 è di colore blu scuro mescolato a porpora(2),- la parte 2 è di un tono grigio/blu(3) con sfumature leggermente più scure dal centro ai margini della tessera,- lo spazio per i dati è composto da strisce bianche da usare come sfondo per ciascuna delle righe individuali destinate ai dati (cfr. qui di seguito).Per la parte 2 e per lo spazio riservato ai dati è stato usato un effetto ombra al fine di creare un effetto rilievo in presenza di luce proveniente dall'angolo superiore sinistro della tessera. Lo spazio libero ha lo stesso colore della parte 2 (senza effetto ombra) o dello spazio dati.3.3.2. Marchio europeoIl marchio europeo è composto dalle stelle europee colorate in bianco:- quando si trova sul fronte della tessera, ha un diametro di 15 mm ed è posizionato verticalmente al di sotto della linea guida "d" nonché orizzontalmente sulla parte 2 dello sfondo,- quando si trova sul retro della carta, esso ha un diametro di 10 mm ed è posizionato simmetricamente lungo l'asse verticale "i" nonché allineato centralmente con lo spazio libero.Si utilizzerà un marchio alternativo per i paesi in cui una tessera europea deve essere rilasciata ma che non sono membri dell'Unione europea.3.3.3. Spazio per datiL'area riservata allo spazio per dati è composta da strisce bianche riservate ai dati (5 se sul fronte e 4 se sul retro) di altezza pari a 4 mm con interspazi di 2 mm:- qualora si trovi sul fronte della tessera, lo spazio per i dati è localizzato centralmente tra le linee guida verticali "b" e "c" e quelle orizzontali "e" ed "f",- qualora si trovi sul retro della tessera, lo spazio per i dati è collocato simmetricamente lungo l'asse verticale "h" e tra le linee guida verticali "j" e "k" nonché al di sopra di quella orizzontale "m".3.3.4. Spazio liberoLo spazio libero è un'area collocata sul retro della tessera europea ed è a disposizione degli Stati membri. Esso può ad esempio essere usato come striscia per la firma o per inserirvi testi, logo o altro. Il contenuto di tale spazio non ha tuttavia valore legale ma un mero valore informativo.Tale spazio è posizionato come segue:- qualora la tessera europea sia "applicata" sul fronte di una tessera, il retro è una zona libera, senza specifiche,- qualora la tessera europea sia "applicata" sul retro di un'altra tessera, uno spazio libero, con nessuna specifica a parte quella relativa alle sue dimensioni, rimane disponibile sul retro della carta (altezza 10 mm e larghezza 52 mm). Esso è collocato simmetricamente lungo l'asse verticale "h" nonché al centro dello spazio disponibile tra la banda magnetica e gli spazi previsti per i dati, e può essere utilizzato dall'autorità che rilascia la tessera per apporre una striscia o un testo,- qualora non vi sia banda magnetica, lo spazio libero è di 20 mm invece che di 10 mm.3.4. Elementi riguardanti dati predefiniti3.4.1. Denominazione della tessera>SPAZIO PER TABELLA>3.4.2. Didascalia>SPAZIO PER TABELLA>3.4.3. Stato che rilascia la tessera>SPAZIO PER TABELLA>3.5. Elementi riguardanti dati personaliGli elementi riguardanti i dati personali hanno le seguenti caratteristiche comuni:- conformità a EN 1387 per quanto riguarda il set di caratteri: alfabeto latino n. 1 (ISO 8859-1),- qualora fosse necessario abbreviare degli elementi a causa dello spazio limitato, ciò deve essere indicato mediante un punto fermo.I dati verranno stampati tramite laser o tramite trasferimento termico, ma comunque non impressi in rilievo.Ciascun elemento dei dati verrà disposto in base alla disposizione seguente:Illustrazione 3: Modello relativo al fronte dello spazio dati>PIC FILE= "L_2003276IT.001201.TIF">Illustrazione 4: Modello relativo al retro dello spazio dati>PIC FILE= "L_2003276IT.001202.TIF">3.5.1. Identificazione del modulo>SPAZIO PER TABELLA>3.5.2. Elementi relativi ai dati riguardanti il titolare della tesseraSi noti che il titolare della tessera può non essere l'assicurato, bensì un beneficiario, in quanto la tessera è individuale.>SPAZIO PER TABELLA>>SPAZIO PER TABELLA>>SPAZIO PER TABELLA>>SPAZIO PER TABELLA>3.5.3. Elementi relativi ai dati riguardanti l'istituzione competente>SPAZIO PER TABELLA>>SPAZIO PER TABELLA>3.5.4. Elementi relativi ai dati riguardanti la tessera>SPAZIO PER TABELLA>>SPAZIO PER TABELLA>3.6. Requisiti di sicurezzaL'autorità che rilascia la tessera conserva la piena responsabilità riguardo a tutte le misure di sicurezza, trovandosi nella posizione migliore per valutare i rischi ed attuare le contromisure del caso.Nei casi in cui sarà collocata sul retro di una tessera nazionale, la tessera europea beneficerà di tutte le misure di sicurezza applicate alla tessera nazionale. Tuttavia, come misura di sicurezza supplementare, si suggerisce di mantenere alcuni dati identici sui due lati della tessera.Qualora venissero giudicati necessari ulteriori accorgimenti di sicurezza (ad esempio, l'inserimento di una fotografia del titolare), essi verranno collocati sull'altra faccia della tessera.(1) I dettagli tecnici sulla disposizione dei colori sono disponibili su richiesta presso la segreteria della commissione amministrativa. Essi saranno forniti in un formato adatto alle pratiche in uso presso il settore tipografico professionale (ad esempio in forma di file Quark Xpress. Sono previsti 4 colori CYMK e tutte le immagini saranno in formato TIFF).(2) I riferimenti CMYK per questo colore sono C78 M65 Y21 K7.(3) I riferimenti CMYK per il grigio sono C33 M21 Y13 K1 e per il blu sono C64 M46 Y16 K2.ALLEGATO 2MODELLO DEL CERTIFICATO PROVVISORIO SOSTITUTIVO DELLA TESSERA EUROPEA D'ASSICURAZIONE MALATTIA1. IntroduzioneIl certificato europeo di assicurazione malattia (qui di seguito denominato "il certificato") può essere rilasciato alla persona assicurata esclusivamente su richiesta e per sostituire provvisoriamente la tessera europea.Il certificato ha il medesimo formato in tutti gli Stati membri e contiene, nello stesso ordine, gli stessi dati della tessera europea di assicurazione malattia (spazi 1-9) nonché i dati necessari per accertare l'origine e la validità del certificato (spazi a-d).2. Modello di certificatoCfr. pagina seguente.>PIC FILE= "L_2003276IT.001801.TIF">
Tessera europea d’assicurazione malattia SINTESI CHE COSA FANNO QUESTE DECISIONI? Introducono una tessera europea d’assicurazione malattia standard in sostituzione dei moduli E111 ed E111B utilizzati in precedenza. Permette ai cittadini che soggiornano temporaneamente in un altro paese dell’Unione europea (UE) di beneficiare di procedure di rimborso semplificate per tutte le prestazioni sanitarie ricevute. PUNTI CHIAVE La tessera viene emessa gratuitamente dall’autorità nazionale competente del titolare, che stabilisce il periodo di validità della tessera stessa. La tessera può essere utilizzata in tutti e 28 i paesi dell’UE, nonché in Islanda, in Liechtenstein, in Norvegia e in Svizzera, alle medesime condizioni applicabili ai cittadini di detti paesi. La tessera garantisce che l’istituzione che presta le cure mediche a un «residente temporaneo» sia rimborsata. Su di essa compaiono il nome, la data di nascita, un numero d’identificazione personale del titolare e i dettagli relativi all’organizzazione che fornisce l’assicurazione sanitaria al titolare. Qualora un assicurato non sia in grado di fornire la tessera, potrà richiedere un certificato sostitutivo provvisorio con validità limitata. La tessera è stata elaborata in base a un formato e specifiche uniformi al fine di assicurarne un riconoscimento agevole da parte del personale medico e delle compagnie di assicurazione. La tessera non costituisce un’alternativa valida all’assicurazione di viaggio e non copre alcuna spesa di assistenza sanitaria privata. CONTESTO Maggiori informazioni: Tessera europea d’assicurazione malattia ATTO 2003/751/CE: decisione n. 189, del 18 giugno 2003, volta a sostituire la tessera europea d’assicurazione malattia ai moduli necessari all’applicazione dei regolamenti (CEE) n. 1408/71 e (CEE) n. 574/72 del Consiglio per quanto riguarda l’accesso alle cure durante un soggiorno temporaneo in uno Stato membro diverso dallo Stato competente o di residenza 2003/752/CE: decisione n. 190, del 18 giugno 2003, concernente le caratteristiche tecniche della tessera europea di assicurazione malattia 2003/753/CE: decisione n. 191, del 18 giugno 2003, relativa alla sostituzione dei moduli E 111 ed E 111 B con la tessera europea d’assicurazione malattia RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea 2003/751/CE: decisione n. 189 18.6.2003 — GU L 276 del 27.10.2003, pagg. 1-3. 2003/752/CE: decisione n. 190 18.6.2003 — GU L 276 del 27.10.2003, pagg. 4-18. 2003/753/CE: decisione n. 191 18.6.2003 — GU L 276 del 27.10.2003, pagg. 19-21.
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DECISIONE N. 585/2014/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 15 maggio 2014 sulla diffusione in tutto il territorio dell'Unione europea di un servizio elettronico di chiamata di emergenza (eCall) interoperabile (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 91, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Ai sensi dell'articolo 3, lettera d), della direttiva 2010/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (3), la predisposizione armonizzata in tutto il territorio dell'Unione europea di un servizio elettronico di chiamata di emergenza (eCall) interoperabile costituisce un'azione prioritaria («azione prioritaria eCall») per l'elaborazione e l'utilizzo di specifiche e norme. (2) Ai sensi degli articoli 6 e 7 della direttiva 2010/40/UE, la Commissione deve adottare atti delegati per quanto riguarda le specifiche necessarie ad assicurare la compatibilità, l'interoperabilità e la continuità per la diffusione e l'utilizzo operativo dei sistemi di trasporto intelligenti («ITS») per le azioni prioritarie. (3) Il regolamento delegato (UE) n. 305/2013 della Commissione (4) stabilisce le specifiche per l'adeguamento dell'infrastruttura dei centri di raccolta delle chiamate di emergenza (PSAP) necessario per ricevere e gestire in modo adeguato le eCall utilizzando il 112, al fine di garantire la compatibilità, l'interoperabilità e la continuità del servizio eCall armonizzato su tutto il territorio dell'Unione europea. (4) Ai sensi della direttiva 2010/40/UE, al più tardi dodici mesi dopo la data di adozione del regolamento delegato (UE) n. 305/2013, la Commissione deve presentare, se del caso, dopo aver effettuato una valutazione di impatto corredata di un'analisi costi-benefici, una proposta al Parlamento europeo e al Consiglio conformemente all'articolo 294 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea per lo sviluppo dell'azione prioritaria eCall conformemente alle specifiche stabilite dal regolamento delegato (UE) n. 305/2013. (5) Ci si aspetta che, riducendo i tempi di risposta dei servizi di pronto intervento, l'introduzione in tutto il territorio dell'Unione del servizio eCall interoperabile permetta di ridurre il numero di vittime e la gravità delle lesioni negli incidenti stradali nell'Unione. Il servizio eCall interoperabile in tutto il territorio dell'Unione dovrebbe inoltre garantire risparmi alla società, migliorando la gestione degli incidenti e riducendo la congestione sulle strade e gli incidenti secondari. (6) Al fine di garantire pienamente la piena funzionalità, la compatibilità, l'interoperabilità, la continuità e la conformità del servizio in tutto il territorio dell'Unione e di ridurre i costi di attuazione per l'Unione europea nel suo insieme, tutti gli Stati membri dovrebbero realizzare l'azione prioritaria eCall conformemente alle specifiche comuni stabilite nel regolamento delegato (UE) n. 305/2013. Ciò non dovrebbe pregiudicare il diritto di ciascuno Stato membro di sviluppare strumenti tecnici aggiuntivi per gestire altre chiamate di emergenza. (7) Gli Stati membri dovrebbero garantire che i dati trasmessi attraverso il servizio eCall in tutto il territorio dell'Unione siano utilizzati esclusivamente al fine di conseguire gli obiettivi della presente decisione. (8) Come ha dimostrato l'esperienza con altri sistemi di chiamate di emergenza, le chiamate eCall attivate manualmente possono comprendere un certo numero di chiamate di richiesta di assistenza. Se necessario, gli Stati membri dovrebbero poter attuare ogni idonea misura tecnica e organizzativa per filtrare tali chiamate di richiesta di assistenza al fine di assicurare che gli PSAP per il servizio eCall gestiscano solo le chiamate di emergenza effettive. (9) Poiché non tutti i cittadini dell'Unione hanno familiarità con l'utilizzo del servizio eCall in tutto il territorio dell'Unione, la sua diffusione dovrebbe essere preceduta da una campagna di sensibilizzazione, sostenuta dalla Commissione, volta a illustrare ai cittadini i vantaggi, le funzionalità e le garanzie in materia di protezione dei dati che caratterizzano il nuovo sistema. Detta campagna dovrebbe aver luogo negli Stati membri e dovrebbe prefiggersi di informare gli utenti su come utilizzare il sistema in modo corretto ed evitare i falsi allarmi. (10) In linea con le raccomandazioni formulate dal gruppo per la tutela delle persone con riguardo al trattamento dei dati personali («Gruppo dell'articolo 29 per la tutela dei dati») nel suo «Documento di lavoro sulle implicazioni in materia di protezione dei dati e rispetto della privacy dell'iniziativa eCall», adottato il 26 settembre 2006, nel predisporre l'infrastruttura per gli PSAP per il servizio eCall, gli Stati membri devono provvedere affinché il trattamento di dati personali nel quadro della gestione delle chiamate eCall rispetti pienamente le norme per la protezione dei dati personali di cui alla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5) nonché alla direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (6). (11) Dato che le eCall sono chiamate d'emergenza, secondo la definizione di cui al regolamento delegato (UE) n. 305/2013, la gestione di tali chiamate dovrebbe essere gratuita per gli utenti del servizio eCall in tutto il territorio dell'Unione. (12) In funzione dell'organizzazione della gestione delle chiamate di emergenza in ciascuno Stato membro, tali chiamate di emergenza possono inizialmente essere ricevute sotto la responsabilità di un'autorità pubblica o di un organismo privato riconosciuto dallo Stato membro interessato. In particolare, le chiamate eCall possono essere trattate in modo diverso, a seconda del tipo di attivazione dell'eCall (manuale o automatico). (13) Conformemente alle procedure nazionali determinate dall'autorità nazionale interessata, i dati possono essere trasmessi a servizi associati, definiti come organismi pubblici o privati riconosciuti dalle autorità nazionali, che svolgono un ruolo nella gestione degli incidenti oggetto di eCall (inclusi operatori stradali e servizi di assistenza), ai quali si applicano le stesse norme sulla tutela della vita privata e la protezione dei dati applicabili ai PSAP per il servizio eCall. (14) Poiché gli obiettivi della presente decisione, vale a dire assicurare la diffusione coordinata e coerente in tutto il territorio dell'Unione europea di un servizio elettronico di chiamata di emergenza (eCall) interoperabile e garantire la piena funzionalità, la compatibilità, l'interoperabilità, la continuità e la conformità del servizio in tutta Europa, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri e/o dal settore privato ma, a motivo della loro portata e dei loro effetti, possono essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. La presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 1. Gli Stati membri sviluppano sul proprio territorio, almeno sei mesi prima della data di applicazione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente i requisiti di omologazione per lo sviluppo del sistema eCall di bordo e che modifica la direttiva 2007/46/CE, e comunque non oltre il 1o ottobre 2017, l' infrastruttura PSAP per il servizio eCall essenziale per ricevere e gestire in modo adeguato tutte le eCall, se necessario filtrando le chiamate non di emergenza, in conformità delle specifiche stabilite dal regolamento delegato (UE) n. 305/2013, al fine di assicurare la piena funzionalità, la compatibilità, l'interoperabilità, la continuità e la conformità in tutto il territorio dell'Unione europea del servizio elettronico di chiamata di emergenza (eCall) interoperabile. 2. Il paragrafo 1 non pregiudica la facoltà di ciascuno Stato membro di organizzare i suoi servizi di pronto intervento nel modo più efficiente sotto il profilo dei costi e più consono alle proprie esigenze, compresa la capacità di respingere le chiamate che non siano di emergenza, in particolare quelle attivate manualmente, che non possano essere gestite dagli PSAP per eCall. Il presente paragrafo e il paragrafo 1 non pregiudicano il diritto di ciascuno Stato membro di consentire ad organismi privati da esso riconosciuti di ricevere e gestire tutte o parte delle chiamate eCall, in conformità alle specifiche stabilite dal regolamento delegato (UE) n. 305/2013. 3. Gli Stati membri provvedono a che i dati trasmessi attraverso il servizio eCall siano utilizzati esclusivamente al fine di conseguire gli obiettivi della presente decisione. Articolo 2 Gli Stati membri assicurano che la gestione delle chiamate eCall sia gratuita per gli utenti del servizio eCall in tutto il territorio dell'Unione. Articolo 3 Entro il 24 dicembre 2015, gli Stati membri presentano una relazione alla Commissione sullo stato di attuazione della decisione stessa. In tali relazioni essi riportano quantomeno l'elenco delle autorità alle quali è affidata la valutazione della conformità del funzionamento dei PSAP per il servizio eCall ai requisiti di cui all'articolo 3 del regolamento delegato (UE) n. 305/2013, l'elenco e la copertura geografica di PSAP per il servizio eCall, la descrizione delle prove di conformità e dei protocolli sulla tutela della vita privata e la protezione dei dati. Articolo 4 Gli Stati membri garantiscono che le chiamate eCall possano essere effettuate da qualsiasi punto del loro rispettivo territorio, purché sia disponibile almeno una rete pubblica di comunicazione mobile senza fili. Articolo 5 La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 6 Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione. Fatto a Bruxelles, il 15 maggio 2014 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente D. KOURKOULAS (1) GU C 341 del 21.11.2013, pag. 47. (2) Posizione del Parlamento europeo del 15 aprile 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio dell'8 maggio 2014. (3) Direttiva 2010/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 luglio 2010, sul quadro generale per la diffusione dei sistemi di trasporto intelligenti nel settore del trasporto stradale e nelle interfacce con altri modi di trasporto (GU L 207 del 6.8.2010, pag. 1). (4) Regolamento delegato (UE) n. 305/2013 della Commissione, del 26 novembre 2012, che integra la direttiva 2010/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la predisposizione armonizzata in tutto il territorio dell'Unione europea di un servizio elettronico di chiamata di emergenza (eCall) interoperabile (GU L 91 del 3.4.2013, pag. 1). (5) Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31). (6) Direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali ed alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche) (GU L 201 del 31.7.2002, pag. 37).
Servizi di emergenza dell’Unione europea: presentazione dell’infrastruttura eCall La presente decisione fa appello ai paesi dell’Unione europea (UE) affinché sviluppino l’infrastruttura eCall (sistema di chiamata d’emergenza a bordo dei veicoli) essenziale per la gestione di tutte le eCall non oltre il 1o ottobre 2017. ATTO Decisione n. 585/2014/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sulla diffusione in tutto il territorio dell’Unione europea di un servizio elettronico di chiamata di emergenza (eCall) interoperabile. SINTESI La presente decisione fa appello ai paesi dell’Unione europea (UE) affinché sviluppino l’infrastruttura eCall (sistema di chiamata d’emergenza a bordo dei veicoli) essenziale per la gestione di tutte le eCall non oltre il 1o ottobre 2017. Nello specifico, la decisione fissa una scadenza per il suo sviluppo ad almeno sei mesi prima della data di applicazione del regolamento relativo ai requisiti di omologazione per lo sviluppo del sistema eCall di bordo (autovetture private e veicoli commerciali leggeri). L’infrastruttura eCall comprende dei call center, o PSAP (centri di raccolta delle chiamate di emergenza), che riceveranno e gestiranno le eCall utilizzando il numero di emergenza europeo 112. La decisione riconosce inoltre il diritto di ciascun paese dell’UE di: organizzare i suoi servizi eCall nel modo più efficiente sotto il profilo dei costi e più consono alle proprie esigenze, compresa la capacità di respingere le chiamate che non siano di emergenza ricevute dai suoi PSAP; consentire ad organismi privati da esso riconosciuti di ricevere e gestire le chiamate eCall. Protezione dei dati e tutela della vita privata I paesi dell’UE devono inoltre garantire che: i dati trasmessi attraverso il servizio eCall siano utilizzati esclusivamente al fine di conseguire gli obiettivi della presente decisione (non siano usati, ad esempio, per tracciare un veicolo al di fuori di situazioni di emergenza); la gestione delle chiamate eCall sia gratuita per gli utenti del servizio in tutto il territorio dell’Unione; entro il 24 dicembre 2015, essi presenteranno una relazione alla Commissione europea sullo stato di attuazione della decisione stessa: ad esempio, un elenco delle autorità alle quali è affidata la valutazione dei PSAP per il servizio eCall, un elenco e la copertura geografica dei PSAP, una descrizione delle prove di conformità e dei protocolli sulla tutela della vita privata e la protezione dei dati; le chiamate eCall possano essere effettuate da qualsiasi punto del loro rispettivo territorio, purché sia disponibile almeno una rete pubblica di comunicazione mobile senza fili. La presente decisione entra in vigore il 23 giugno 2014. Che cos’è eCall? eCall compone automaticamente il 112 in caso di grave incidente stradale e comunica la posizione del veicolo ai servizi di emergenza. Il sistema può anche essere attivato manualmente. Le chiamate eCall dovrebbero velocizzare i tempi di risposta dei servizi di emergenza fino al 60 % nelle zone urbane e fino al 50 % in quelle rurali, salvando centinaia di vite all’anno in Europa. Il servizio ridurrà inoltre la gravità delle lesioni provocate dagli incidenti stradali in decine di migliaia di casi e taglierà i costi legati alla congestione del traffico. Gli incidenti stradali nell’UE hanno provocato 28 000 morti e 1,5 milioni di feriti nel 2012. Per ulteriori informazioni Comunicato stampa Sito Internet dell’agenda digitale Sito Internet della direzione generale per le Imprese e l’industria della Commissione europea Sito Internet della direzione generale della Mobilità e dei trasporti della Commissione europea RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Decisione n. 585/2014/UE 23.6.2014 - GU L 164 del 3.6.2014, pag. 6 ATTI COLLEGATI Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai requisiti di omologazione per lo sviluppo del sistema eCall di bordo e che modifica la direttiva 2007/46/CE [COM(2013) 316 final del 13.6.2013] Raccomandazione 2011/750/UE della Commissione, dell’8 settembre 2011, relativa al sostegno a un servizio eCall su scala UE nelle reti di comunicazione elettronica per la trasmissione da veicoli di chiamate di emergenza basate sul 112 (chiamate eCall) [GU L 303 del 22.11.2011, pag. 46] Regolamento delegato (UE) n. 305/2013 della Commissione, del 26 novembre 2012, che integra la direttiva 2010/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la predisposizione armonizzata in tutto il territorio dell’Unione europea di un servizio elettronico di chiamata di emergenza (eCall) interoperabile [GU L 91 del 3.4.2013, pag. 1]
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Convenzione per la protezione delle Alpi (Convenzione alpina) Gazzetta ufficiale n. L 061 del 12/03/1996 pag. 0032 - 0036 CONVENZIONE per la protezione delle Alpi (Convenzione alpina)LA REPUBBLICA D'AUSTRIA,LA CONFEDERAZIONE ELVETICA,LA REPUBBLICA FRANCESE,LA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA,LA REPUBBLICA ITALIANA,LA REPUBBLICA DI SLOVENIA,IL PRINCIPATO DI LIECHTENSTEIN,nonchéLA COMUNITÀ ECONOMICA EUROPEA,CONSAPEVOLI che le Alpi costituiscono uno dei più grandi spazi naturali continui in Europa, un habitat naturale e uno spazio economico, culturale e ricreativo nel cuore dell'Europa, che si distingue per la sua specifica e multiforme natura, cultura e storia, e al quale hanno parte numerosi popoli e Paesi,RICONOSCENDO che le Alpi costituiscono l'ambiente naturale e lo spazio economico delle popolazioni locali e rivestono inoltre grandissima importanza per le regioni extraalpine, tra l'altro quale area di transito di importanti vie di comunicazione,RICONOSCENDO il fatto che le Alpi costituiscono un indispensabile rifugio e habitat per molte specie animali e vegetali minacciate,CONSAPEVOLI delle grandi differenze esistenti tra i singoli ordinamenti giuridici, gli assetti naturali del territorio, gli insediamenti umani, le attività agricole e forestali, i livelli e le condizioni di sviluppo economico, l'incidenza del traffico, nonché le forme e l'intensità della utilizzazione turistica,CONSIDERANDO che il crescente sfruttamento da parte dell'uomo minaccia l'area alpina e le sue funzioni ecologiche in misura sempre maggiore e che la riparazione dei danni o è impossibile o è possibile soltanto con un grande dispendio di mezzi, costi notevoli e tempi generalmente lunghi,CONVINTI che gli interessi economici debbano essere armonizzati con le esigenze ecologiche,A SEGUITO dei risultati della prima Conferenza delle Alpi dei ministri dell'ambiente tenutasi a Berchtesgaden dal 9 all'11 ottobre 1989,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1 Campo d'applicazione 1. Oggetto della presente convenzione è la regione delle Alpi, com'è descritta e rappresentata nell'allegato.2. Ciascuna parte contraente all'atto del deposito del proprio strumento di ratifica o di accettazione o di approvazione, ovvero in qualsiasi momento successivo, può, tramite una dichiarazione indirizzata alla Repubblica d'Austria in qualità di depositario, estendere l'applicazione della presente convenzione ad ulteriori parti del proprio territorio, qualora ciò sia ritenuto necessario per l'attuazione delle disposizioni della presente convenzione.3. Ogni dichiarazione rilasciata ai sensi del paragrafo 2 può essere revocata per quanto riguarda ciascun territorio in essa citato, tramite una notifica indirizzata al depositario. La revoca ha efficacia dal primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di sei mesi, calcolato a partire dalla data di ricezione della notifica da parte del depositario.Articolo 2 Obblighi generali 1. Le parti contraenti, in ottemperanza ai principi della prevenzione, della cooperazione e della responsabilità di chi causa danni ambientali, assicurano una politica globale per la conservazione e la protezione delle Alpi, tenendo equamente conto degli interessi di tutti i paesi alpini e delle loro regioni alpine, nonché della Comunità economica europea, ed utilizzando le risorse in maniera responsabile e durevole. La cooperazione transfrontaliera a favore dell'area alpina viene intensificata nonché ampliata sul piano geografico e tematico.2. Per il raggiungimento dell'obiettivo di cui al paragrafo 1, le parti contraenti prenderanno misure adeguate in particolare nei seguenti campi:a) Popolazioni e cultura - al fine di rispettare, conservare e promuovere l'identità culturale e sociale delle popolazioni locali, e di assicurarne le risorse vitali di base, in particolare gli insediamenti e lo sviluppo economico compatibili con l'ambiente, nonché al fine di favorire la comprensione reciproca e le relazioni di collaborazione tra le popolazioni alpine ed extraalpine.b) Pianificazione territoriale - al fine di garantire l'utilizzazione contenuta e razionale e lo sviluppo sano ed armonioso dell'intero territorio, tenendo in particolare considerazione i rischi naturali, la prevenzione di utilizzazioni eccessive o insufficienti, nonché il mantenimento o il ripristino di ambienti naturali, mediante l'identificazione e la valutazione complessiva delle esigenze di utilizzazione, la pianificazione integrata e a lungo termine e l'armonizzazione delle misure conseguenti.c) Salvaguardia delle qualità dell'aria - al fine di ridurre drasticamente le emissioni inquinanti e i loro effetti negativi nella regione alpina, nonché le trasmissioni di sostanze inquinanti provenienti dall'esterno, ad un livello che non sia nocivo per l'uomo, la fauna e la flora.d) Difesa del suolo - al fine di ridurre il degrado quantitativo e qualitativo del suolo, in particolare impiegando tecniche di produzione agricola e forestale che rispettino il suolo, utilizzando in misura contenuta suoli e terreno, limitando l'erosione e l'impermeabilizzazione dei suoli.e) Idroeconomia - al fine di conservare o di ristabilire la qualità naturale delle acque e dei sistemi idrici, in particolare salvaguardandone la qualità, realizzando opere idrauliche compatibili con la natura e sfruttando l'energia idrica in modo da tenere parimenti conto degli interessi della popolazione locale e dell'interesse alla conservazione dell'ambiente.f) Protezione della natura e tutela del paesaggio - al fine di proteggere, di tutelare e, se necessario, di ripristinare l'ambiente naturale e il paesaggio, in modo da garantire stabilmente l'efficienza degli ecosistemi, la conservazione della flora e della fauna e dei loro habitat, la capacità rigenerativa e la continuità produttiva delle risorse naturali, nonché la diversità, l'unicità e la bellezza della natura e del paesaggio nel loro insieme.g) Agricoltura di montagna - al fine di assicurare, nell'interesse della collettività, la gestione del paesaggio rurale tradizionale, nonché una agricoltura adeguata ai luoghi e in armonia con l'ambiente, ed al fine di promuoverla tenendo conto delle condizioni economiche più difficoltose.h) Foreste montane - al fine di conservare, rafforzare e ripristinare le funzioni della foresta, in particolare quella protettiva, migliorando la resistenza degli ecosistemi forestali, in particolare attuando una silvicoltura adeguata alla natura e impedendo utilizzazioni che possano danneggiare le foreste, tenendo conto delle condizioni economiche più difficoltose nella regione alpina.i) Turismo e attività di tempo libero - al fine di armonizzare le attività turistiche e del tempo libero con le esigenze ecologiche e sociali, limitando le attività che danneggino l'ambiente e stabilendo, in particolare, zone di rispetto.j) Trasporti - al fine di ridurre gli effetti negativi e i rischi derivanti dal traffico interalpino e transalpino ad un livello che sia tollerabile per l'uomo, la fauna, la flora e il loro habitat, tra l'altro attuando un più consistente trasferimento su rotaia dei trasporti e in particolare del trasporto merci, soprattutto mediante la creazione di infrastrutture adeguate e di incentivi conformi al mercato, senza discriminazione sulla base della nazionalità.k) Energia - al fine di ottenere forme di produzione, distribuzione e utilizzazione dell'energia che rispettino la natura e il paesaggio, e di promuovere misure di risparmio energetico.l) Economia dei rifiuti - al fine di assicurare la raccolta, il riciclaggio e il trattamento dei rifiuti in maniera adeguata alle specifiche esigenze topografiche, geologiche e climatiche dell'area alpina, tenuto conto in particolare della prevenzione della produzione dei rifiuti.3. Le parti contraenti concluderanno protocolli in cui verranno definiti gli aspetti particolari per l'attuazione della presente convenzione.Articolo 3 Ricerca e osservazione sistematica Nei settori di cui all'articolo 2, le parti contraenti convengono:a) di effettuare lavori di ricerca e valutazioni scientifiche collaborando insieme;b) di sviluppare programmi comuni o integrati di osservazione sistematica;c) di armonizzare ricerche ed osservazioni nonché la relativa raccolta dati.Articolo 4 Collaborazione in campo giuridico, scientifico, economico e tecnico 1. Le parti contraenti agevolano e promuovono lo scambio di informazioni di natura giuridica, scientifica, economica e tecnica che siano rilevanti per la presente convenzione.2. Le parti contraenti, al fine della massima considerazione delle esigenze transfrontaliere e regionali, si informano reciprocamente sui previsti provvedimenti di natura giuridica ed economica, dai quali possano derivare conseguenze specifiche per la regione alpina o parte di essa.3. Le parti contraenti collaborano con organizzazioni internazionali, governative o non governative, ove necessario per attuare in modo efficace la presente convenzione e i protocolli dei quali esse sono parti contraenti.4. Le parti contraenti provvedono in modo adeguato ad informare regolarmente l'opinione pubblica sui risultati delle ricerche e osservazioni, nonché sulle misure adottate.5. Gli obblighi derivanti alle parti contraenti della presente convenzione nel campo dell'informazione hanno effetto, fatte salve le leggi nazionali sulla riservatezza. Le informazioni definite riservate debbono essere trattate come tali.Articolo 5 Conferenza delle parti contraenti (Conferenza delle Alpi) 1. I problemi di interesse comune delle parti contraenti e la loro collaborazione formano oggetto di sessioni a scadenze regolari della Conferenza delle parti contraenti (Conferenza delle Alpi).La prima sessione della Conferenza delle Alpi viene convocata da una parte contraente designata di comune accordo, al più tardi un anno dopo l'entrata in vigore della presente convenzione.2. In seguito, le sessioni ordinarie della Conferenza delle Alpi hanno luogo di norma ogni due anni presso la parte contraente che detiene la presidenza. La presidenza e la sede si alternano dopo ogni sessione ordinaria della Conferenza delle Alpi. Entrambe sono stabilite dalla Conferenza delle Alpi.3. La parte contraente che detiene la presidenza propone di volta in volta l'ordine del giorno per la sessione della Conferenza delle Alpi. Ciascuna parte contraente ha il diritto di far inserire punti ulteriori nell'ordine del giorno.4. Le parti contraenti trasmettono alla Conferenza delle Alpi informazioni sulle misure da esse adottate per l'attuazione della presente convenzione e dei protocolli dei quali esse sono parti contraenti, fatte salve le leggi nazionali sulla riservatezza.5. L'Organizzazione delle Nazioni Unite, le sue istituzioni specializzate, il Consiglio d'Europa nonché ogni altri Stato europeo possono partecipare in qualità di osservatori alle sessioni della Conferenza delle Alpi. Lo stesso vale per le comunità transfrontaliere di enti territoriali della regione alpina. La Conferenza delle Alpi può inoltre ammettere come osservatori organizzazioni internazionali non governative che svolgano un'attività in materia.6. Ha luogo una sessione straordinaria della Conferenza delle Alpi ogniqualvolta essa la deliberi oppure qualora, nel periodo tra due sessioni, un terzo delle parti contraenti ne faccia domanda scritta presso la parte contraente che esercita la presidenza.Articolo 6 Compiti della Conferenza delle Alpi La Conferenza delle Alpi esamina lo stato di attuazione della convenzione, nonché dei protocolli con gli allegati e espleta nelle sue sessioni in particolare i seguenti compiti:a) adotta le modifiche della presente convenzione in conformità con la procedura di cui all'articolo 10;b) adotta i protocolli e i loro allegati, nonché le loro modifiche in conformità con la procedura di cui all'articolo 11;c) adotta il proprio regolamento interno;d) prende le necessarie decisioni in materia finanziaria;e) decide la costituzione di gruppi di lavoro ritenuti necessari all'attuazione della convenzione;f) prende atto delle valutazioni derivanti dalle informazioni scientifiche;g) delibera o raccomanda misure per la realizzazione degli obiettivi previsti dagli articoli 3 e 4, stabilisce la forma, l'oggetto e la frequenza della trasmissione delle informazioni da presentare ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 4, e prende atto delle informazioni medesime nonché delle relazioni presentate dai gruppi di lavoro;h) assicura l'espletamento delle necessarie attività di segretariato.Articolo 7 Delibere della Conferenza delle Alpi 1. Salvo quanto stabilito diversamente qui di seguito, la Conferenza delle Alpi delibera per consenso. Riguardo ai compiti indicati all'articolo 6, lettere c), f) e g), qualora risultino esauriti tutti i tentativi di raggiungere il consenso e il presidente ne prenda atto espressamente, si delibera a maggioranza di tre quarti delle parti contraenti presenti e votanti.2. Nella Conferenza delle Alpi ciascuna parte contraente dispone di un voto. La Comunità economica europea esercita il diritto di voto nell'ambito delle proprie competenze, esprimendo un numero di voti corrispondente al numero dei suoi Stati membri che sono parti contraenti della presente convenzione; la Comunità economica europea non esercita il diritto di voto qualora i rispettivi Stati membri esercitino il proprio diritto di voto.Articolo 8 Comitato permanente 1. È istituito quale organo esecutivo il Comitato permanente della Conferenza delle Alpi, formato dai delegati delle parti contraenti.2. Le parti firmatarie che non abbiano ancora ratificato la convenzione partecipano alle sessioni del Comitato permanente con status di osservatori. Lo stesso status può inoltre essere concesso ad ogni paese alpino che non abbia ancora firmato la presente convenzione e ne faccia richiesta.3. Il Comitato permanente adotta il proprio regolamento interno.4. Il Comitato permanente delibera inoltre sulle modalità dell'eventuale partecipazione alle proprie sessioni di rappresentanti di organizzazioni governative e non governative.5. Le parte contraente che presiede la Conferenza delle Alpi assume la presidenza del Comitato permanente.6. Il Comitato permanente espleta in particolare i seguenti compiti:a) esamina le informazioni trasmesse dalle parti contraenti ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 4 per presentarne rapporto alla Conferenza delle Alpi;b) raccoglie e valuta la documentazione relativa all'attuazione della convenzione e dei protocolli con gli allegati, e la sottopone all'esame della Conferenza delle Alpi ai sensi dell'articolo 6;c) riferisce alla Conferenza delle Alpi sull'attuazione delle delibere da essa adottate;d) prepara le sessioni della Conferenza delle Alpi nei loro contenuti, e può proporre punti dell'ordine del giorno nonché ulteriori misure relative all'attuazione della convenzione e dei rispettivi protocolli;e) insedia i gruppi di lavoro per l'elaborazione di protocolli e raccomandazioni ai sensi dell'articolo 6, lettera e) e coordina la loro attività;f) esamina e armonizza i contenuti dei progetti di protocollo in una visione unitaria e li sottopone alla Conferenza delle Alpi;g) propone alla Conferenza delle Alpi misure e raccomandazioni per la realizzazione degli obiettivi contenute nella convenzione e nei protocolli.7. Le delibere nel Comitato permanente vengono adottate in conformità con le disposizioni di cui all'articolo 7.Articolo 9 Segretariato La Conferenza delle Alpi può deliberare per consenso l'istituzione di un segretariato permanente.Articolo 10 Modifiche della convenzione Ciascuna parte può presentare alla parte contraente che presiede la Conferenza delle Alpi proposte di modifica della convenzione. Tali proposte saranno trasmesse dalla parte contraente che presiede la Conferenza delle Alpi alle parti contraenti e alle parti firmatarie almeno sei mesi prima dell'inizio della sessione della Conferenza delle Alpi in cui saranno prese in esame.Le modifiche della convenzione entrano in vigore in conformità con le disposizioni di cui ai paragrafi 2, 3 e 4 dell'articolo 12.Articolo 11 Protocolli e loro modifiche 1. I progetti di protocollo di cui all'articolo 2, paragrafo 3 vengono trasmessi dalla parte che presiede la Conferenza delle Alpi alle parti contraenti e alle parti firmatarie almeno sei mesi prima dell'inizio della sessione della Conferenza delle Alpi che li prenderà in esame.2. I protocolli adottati dalla Conferenza delle Alpi vengono firmati in occasione delle sue sessioni o successivamente presso il depositario. Essi entrano in vigore per quelle parti contraenti che li abbiano ratificati o accettati o approvati. Per l'entrata in vigore di un protocollo sono necessarie almeno tre ratifiche o accettazioni o approvazioni. Gli strumenti suddetti vengono depositati presso la Repubblica d'Austria in qualità di depositario.3. Qualora i protocolli non contengano disposizioni diverse per l'entrata in vigore e per la denuncia, si applicano per analogia le disposizioni degli articoli 10, 13 e 14.4. Per le modifiche dei protocolli si applicano le corrispondenti disposizioni dei paragrafi 1, 2 e 3.Articolo 12 Firma e ratifica 1. La presente convenzione è depositata per la firma presso la Repubblica d'Austria in qualità di depositario, a decorrere dal 7 novembre 1991.2. La convenzione deve essere sottoposta a ratifica o accettazione o approvazione. Gli strumenti di ratifica o di accettazione o approvazione vengono depositati presso il depositario.3. La convenzione entra in vigore tre mesi dopo il giorno in cui tre Stati abbiano espresso la propria adesione alla convenzione in conformità con le disposizioni del paragrafo 2.4. Per ciascuna parte firmataria che esprime successivamente la propria adesione alla convenzione in conformità con le disposizioni del paragrafo 2, la convenzione entra in vigore tre mesi dopo il deposito dello strumento di ratifica o di accettazione o di approvazione.Articolo 13 Denuncia 1. Ciascuna parte contraente può denunciare in qualsiasi momento la presente convenzione mediante una notifica indirizzata al depositario.2. La denuncia avrà effetto il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di sei mesi a partire dalla data di ricevimento della notifica da parte del depositario.Articolo 14 Notifiche Il depositario notifica alle parti contraenti ed alle parti firmatarie:a) gli atti di firma;b) i depositi di strumenti di ratifica o di accettazione o di approvazione;c) la data di entrata in vigore della presente convenzione ai sensi dell'articolo 12;d) le dichiarazioni rilasciate ai sensi dell'articolo 1, paragrafi 2 e 3;e) le notifiche effettuate ai sensi dell'articolo 13 e le date in cui le denunce hanno effetto.In fede di ciò la presente convenzione è stata sottoscritta dai firmatari debitamente autorizzati.Fatto a Salisburgo, il 7 novembre 1991, in lingua francese, italiana, slovena e tedesca, laddove ciascuno dei quattro testi fa ugualmente fede, in un originale depositato presso l'Archivio di Stato Austriaco. Il depositario trasmette copie certificate conformi alle parti firmatarie.
Convenzione per la protezione delle Alpi QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE E DELLA CONVENZIONE? La decisione è relativa alla conclusione della Convenzione sulla protezione delle Alpi (Convenzione alpina), approvata allora per conto della Comunità europea Lo scopo della Convenzione alpina è la tutela a lungo termine dell’ecosistema naturale delle Alpi e lo sviluppo sostenibile della zona, nonché la protezione degli interessi economici dei residenti. I principi guida della Convenzione sono la prevenzione, «chi inquina paga» e la cooperazione transfrontaliera. PUNTI CHIAVE Le parti della convenzione sono Austria, Francia, Germania, Italia, Liechtenstein, Monaco, Slovenia, Svizzera e l’Unione europea (UE). Per raggiungere gli obiettivi della convenzione in maniera efficace, le parti agiscono nei settori della pianificazione territoriale, della protezione della natura e tutela del paesaggio, dell’agricoltura di montagna, delle foreste montane, della difesa del suolo, del turismo e attività di tempo libero, dell’energia, dei trasporti, della salvaguardia della qualità dell’aria, dell’idroeconomia, delle popolazioni e cultura e dell’economia dei rifiuti. La convenzione prevede la redazione e l’adozione di protocolli di attuazione per ciascuno di tali settori, nonché per la risoluzione di controversie fra le parti. Le parti hanno l’obbligo di collaborare nei campi della ricerca e dell’osservazione territoriale, nonché su questioni giuridiche, economiche e tecniche. La Conferenza delle parti contraenti («la Conferenza alpina») si riunisce regolarmente (in linea di principio ogni due anni) per affrontare le questioni di interesse comune per le parti contraenti, per prendere decisioni e formulare raccomandazioni. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LA DECISIONE E LA CONVENZIONE? La decisione è applicata dal 26 febbraio 1996. La convenzione è entrata in vigore, per la Comunità europea, il 14 aprile 1998. DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione 96/191/CE del Consiglio, del 26 febbraio 1996, relativa alla conclusione della Convenzione sulla protezione delle Alpi (Convenzione alpina) (GU L 61 del 12.3.1996, pag. 31) Convenzione per la protezione delle Alpi (Convenzione alpina) (GU L 61 del 12.3.1996, pag. 32-36) DOCUMENTI CORRELATI Decisione 98/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 1997, concernente la conclusione del protocollo di adesione del Principato di Monaco alla convenzione per la protezione delle Alpi (GU L 33 del 7.2.1998, pag. 21) Decisione 2005/923/CE del Consiglio, del 2 dicembre 2005, relativa alla firma, a nome della Comunità europea, del protocollo Difesa del suolo, del protocollo Energia e del protocollo Turismo della Convenzione delle Alpi (GU L 337 del 22.12.2005, pag. 27-28) Decisione 2006/516/CE del Consiglio, del 27 giugno 2006, sulla conclusione, a nome della Comunità europea, del protocollo Difesa del suolo, del protocollo Energia e del protocollo Turismo della Convenzione alpina (GU L 201 del 25.7.2006, pag. 31-33) Decisione 2006/655/CE del Consiglio, del 19 giugno 2006, sull’approvazione, a nome della Comunità europea, del protocollo di attuazione della Convenzione delle Alpi del 1991 nell’ambito dell’agricoltura di montagna (GU L 271 del 30.9.2006, pag. 61-62) Decisione 2007/799/CE del Consiglio, del 12 ottobre 2006, relativa alla firma, a nome della Comunità, del protocollo di attuazione della convenzione alpina nel settore dei trasporti (GU L 323 dell’8.12.2007, pag. 13-14) Decisione 2013/332/UE del Consiglio, del 10 giugno 2013, sulla conclusione, a nome dell’Unione europea, del protocollo di attuazione della convenzione delle Alpi del 1991 nell’ambito dei trasporti (GU L 177 del 28.6.2013, pag. 13)
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REGOLAMENTO (UE) 2017/1563 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 13 settembre 2017 relativo alla scambio transfrontaliero tra l'Unione e i paesi terzi di copie in formato accessibile di determinate opere e di altro materiale protetto da diritto d'autore e da diritti connessi a beneficio delle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 114, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Il trattato di Marrakech volto a facilitare l'accesso alle opere pubblicate per le persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa («trattato di Marrakech») è stato firmato a nome dell'Unione il 30 aprile 2014 (3). Esso impone alle parti contraenti di prevedere eccezioni o limitazioni al diritto d'autore e ai diritti connessi per la realizzazione e la diffusione di copie, in formati accessibili, di determinate opere e di altro materiale protetto, e per lo scambio transfrontaliero di tali copie. (2) I beneficiari del trattato di Marrakech sono le persone non vedenti, le persone che soffrono di una disabilità visiva che non può essere migliorata in modo tale da garantire una funzionalità visiva sostanzialmente equivalente a quella di una persona che non soffre di tale disabilità, le persone che soffrono di disabilità percettive o di lettura, compresa la dislessia o qualsiasi altro disturbo dell'apprendimento che impediscano loro di leggere materiale stampato in misura sostanzialmente equivalente a quella di una persona che non soffre di tali disabilità, e le persone che, a causa di una disabilità fisica, non sono in grado di tenere o di maneggiare un libro oppure di fissare o spostare lo sguardo nella misura che sarebbe normalmente necessaria per leggere, per cui, in conseguenza di tali menomazioni o disabilità, dette persone non sono in grado di leggere le opere stampate in misura sostanzialmente equivalente a quella delle persone che non soffrono di tali menomazioni o disabilità. (3) Le persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa continuano a incontrare numerosi ostacoli nell'accesso ai libri e ad altro materiale stampato che sono protetti dal diritto d'autore e dai diritti connessi. La necessità di rendere disponibile a tali persone un maggior numero di opere e altro materiale protetto in formati accessibili e di migliorarne in modo significativo la circolazione e la diffusione è stata riconosciuta a livello internazionale. (4) Conformemente al parere 3/15 della Corte di giustizia dell'Unione europea (4), le eccezioni o limitazioni, previste dal trattato di Marrakech, al diritto d'autore e ai diritti connessi per la realizzazione e la diffusione di copie in formati accessibili di determinate opere e di altro materiale dovranno essere poste in esecuzione nel quadro dell'ambito armonizzato dalla direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5). Lo stesso vale per i regimi di esportazione e importazione previsti da detto trattato, in quanto essi hanno in definitiva come scopo quello di autorizzare la comunicazione al pubblico o la distribuzione, sul territorio di una parte, di copie in formato accessibile pubblicate nel territorio di un'altra parte senza dover ricevere il consenso dei titolari dei diritti. (5) La direttiva (UE) 2017/1564 del Parlamento europeo e del Consiglio (6) mira ad attuare gli obblighi che l'Unione deve soddisfare ai sensi del trattato di Marrakech in modo armonizzato al fine di migliorare la disponibilità in tutti gli Stati membri dell'Unione di copie in formato accessibile per i beneficiari e la circolazione delle stesse nel mercato interno, e impone agli Stati membri di introdurre un'eccezione obbligatoria a determinati diritti che sono armonizzati dal diritto dell'Unione. Il presente regolamento mira ad attuare gli obblighi previsti dal trattato di Marrakech per quanto riguarda i regimi di esportazione e importazione di copie in formato accessibile a fini non commerciali a vantaggio dei beneficiari tra l'Unione e i paesi terzi che sono parti contraenti del trattato di Marrakech e a stabilire le condizioni per tali esportazioni e importazioni in modo uniforme nel quadro dell'ambito armonizzato dalle direttive 2001/29/CE e (UE) 2017/1564 al fine di garantire che tali misure siano applicate coerentemente in tutto il mercato interno e non pregiudichino l'armonizzazione dei diritti esclusivi e delle eccezioni contenute nelle suddette direttive. (6) Il presente regolamento dovrebbe assicurare che le copie in formato accessibile di libri, compresi gli e-book, riviste, quotidiani, rotocalchi o altre pubblicazioni, notazioni, compresi gli spartiti musicali, e di altro materiale stampato, anche in formato audio, digitale o analogico, realizzate in qualsiasi Stato membro in conformità delle disposizioni nazionali adottate a norma della direttiva (UE) 2017/1564 possano essere distribuite, comunicate o rese disponibili a un beneficiario o a un'entità autorizzata, di cui al trattato di Marrakech, in paesi terzi che sono parti del trattato di Marrakech. I formati accessibili includono, ad esempio, Braille, stampa a grandi caratteri, e-book adattati, audiolibri e trasmissioni radiofoniche. Tenuto conto dell'«obiettivo non commerciale» del trattato di Marrakech (7), la distribuzione, la comunicazione al pubblico o la messa a disposizione al pubblico di copie in formato accessibile per le persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa o le entità autorizzate nel paese terzo dovrebbero essere effettuate unicamente senza scopo di lucro da entità autorizzate stabilite nello Stato membro. (7) Il presente regolamento dovrebbe inoltre consentire l'importazione da un paese terzo delle copie in formato accessibile realizzate in conformità dell'attuazione del trattato di Marrakech e l'accesso a tali copie da parte dei beneficiari nell'Unione e delle entità autorizzate stabilite in uno Stato membro, a fini non commerciali, a beneficio delle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa. Dette copie in formato accessibile dovrebbero poter circolare nel mercato interno alle stesse condizioni delle copie in formato accessibile realizzate nell'Unione in conformità della direttiva (UE) 2017/1564. (8) Al fine di migliorare la disponibilità di copie in formato accessibile e impedire la diffusione non autorizzata di opere o di altro materiale, le entità autorizzate che si occupano della distribuzione, della comunicazione al pubblico o della messa a disposizione al pubblico di copie in formato accessibile dovrebbero rispettare determinati obblighi. Le iniziative degli Stati membri volte a promuovere gli obiettivi del trattato di Marrakech e lo scambio di copie in formato accessibile con i paesi terzi che sono parti di tale trattato nonché a sostenere le entità autorizzate nello scambiare e mettere a disposizione le informazioni dovrebbero essere incoraggiate. Tali iniziative potrebbero comprendere la definizione di orientamenti o migliori prassi in materia di realizzazione e diffusione di copie in formati accessibili in consultazione con i rappresentanti delle entità autorizzate, dei beneficiari e dei titolari di diritti. (9) È fondamentale che qualsiasi trattamento di dati personali effettuato a norma del presente regolamento rispetti i diritti fondamentali, compreso il diritto al rispetto della vita privata e della vita familiare e il diritto alla protezione dei dati di carattere personale sanciti dagli articoli 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea («Carta») ed è assolutamente necessario che tale trattamento sia anche conforme alle direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 95/46/CE (8) e 2002/58/CE (9), che disciplinano il trattamento dei dati personali, come può essere effettuato dalle entità autorizzate nel quadro del presente regolamento e sotto la vigilanza delle autorità competenti degli Stati membri, in particolare le autorità pubbliche indipendenti designate dagli Stati membri. (10) La convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità («CRPD»), di cui l'Unione è parte, garantisce alle persone con disabilità il diritto di accedere alle informazioni e all'istruzione e il diritto di partecipare alla vita culturale, economica e sociale su base di eguaglianza con gli altri. La CRPD impone alle parti aderenti alla convenzione di adottare tutte le misure opportune, in conformità del diritto internazionale, per garantire che le normative che tutelano i diritti di proprietà intellettuale non costituiscano un ostacolo irragionevole o discriminatorio all'accesso ai prodotti culturali da parte delle persone con disabilità. (11) A norma della Carta, è vietata qualsiasi forma di discriminazione, comprese quelle fondate sulla disabilità, e il diritto delle persone con disabilità di beneficiare di misure intese a garantire loro l'autonomia, l'inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità è riconosciuto e rispettato dall'Unione. (12) Poiché l'obiettivo del presente regolamento, vale a dire attuare in modo uniforme gli obblighi ai sensi del trattato di Marrakech per quanto riguarda l'esportazione e l'importazione tra l'Unione e i paesi terzi che sono parti del trattato di Marrakech di copie in formato accessibile di determinate opere o di altro materiale, a fini non commerciali a vantaggio dei beneficiari nonché stabilire le condizioni per tali esportazioni e importazioni, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della sua portata e dei suoi effetti, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (13) Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e i principi sanciti in particolare dalla Carta e dalla CRPD. Esso dovrebbe essere interpretato e applicato conformemente a tali diritti e principi, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto e ambito di applicazione Il presente regolamento stabilisce norme uniformi per lo scambio transfrontaliero di copie in formato accessibile di determinate opere e di altro materiale tra l'Unione e i paesi terzi che sono parti contraenti del trattato di Marrakech senza l'autorizzazione del titolare dei diritti, a beneficio delle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa, nel quadro dell'ambito armonizzato dalle direttive 2001/29/CE e (UE) 2017/1564,.al fine di evitare di mettere a repentaglio l'armonizzazione dei diritti esclusivi e delle eccezioni nel mercato interno. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: 1) «opera o altro materiale», opere sotto forma di libri, riviste, quotidiani, rotocalchi o altri generi di pubblicazioni, notazioni, compresi gli spartiti musicali, e relative illustrazioni, su qualsiasi supporto, anche in formato audio, quali gli audiolibri, e in formato digitale, protette da diritto d'autore o da diritti connessi e pubblicate o altrimenti rese lecitamente accessibili al pubblico; 2) «beneficiario», indipendentemente da altre forme di disabilità, una persona: a) non vedente; b) che soffre di una disabilità visiva che non può essere migliorata in modo tale da garantire una funzionalità visiva sostanzialmente equivalente a quella di una persona che non soffre di tale disabilità e che quindi non è in grado di leggere le opere stampate in misura sostanzialmente equivalente a quella di una persona che non soffre di una tale disabilità; c) che soffre di una disabilità percettiva o di lettura e quindi non è in grado di leggere le opere stampate in misura sostanzialmente equivalente a quella di una persona che non soffre di tale disabilità; o d) che soffre di una disabilità fisica che le impedisce di tenere o di maneggiare un libro oppure di fissare o spostare lo sguardo nella misura che sarebbe normalmente necessaria per leggere; 3) «copia in formato accessibile», copia di un'opera o di altro materiale realizzata in una maniera o formato alternativi che consentano al beneficiario di accedervi, anche consentendo a tale persona di avere accesso in maniera agevole e confortevole come una persona che non ha alcuna delle menomazioni né alcuna delle disabilità di cui al punto 2; 4) «entità autorizzata stabilita in uno Stato membro», un'entità che è autorizzata o riconosciuta da uno Stato membro per fornire ai beneficiari, senza scopo di lucro, istruzione, formazione, possibilità di lettura adattata o accesso alle informazioni. Nella definizione rientrano anche gli enti pubblici o le organizzazioni senza scopo di lucro che forniscono ai beneficiari gli stessi servizi in quanto loro attività primarie, obblighi istituzionali, o come parte delle loro missioni di interesse pubblico. Articolo 3 Esportazione di copie in formato accessibile nei paesi terzi Le entità autorizzate stabilite in uno Stato membro possono distribuire, comunicare o rendere disponibile ai beneficiari o a un'entità autorizzata stabilita in un paese terzo che è parte del trattato di Marrakech una copia in formato accessibile di un'opera o di altro materiale realizzata in conformità della normativa nazionale adottata a norma della direttiva (UE) 2017/1564. Articolo 4 Importazione di copie in formato accessibile dai paesi terzi I beneficiari o le entità autorizzate stabilite in uno Stato membro possono importare o altrimenti ottenere o accedere e quindi utilizzare, conformemente alla normativa nazionale adottata a norma della direttiva (UE) 2017/1564, una copia in formato accessibile di un'opera o di altro materiale che sia stata loro distribuita, comunicata o resa disponibile da un'entità autorizzata in un paese terzo che è parte del trattato di Marrakech. Articolo 5 Obblighi delle entità autorizzate 1. Le entità autorizzate stabilite in uno Stato membro che effettuano le operazioni di cui agli articoli 3 e 4 stabiliscono e seguono le proprie prassi al fine di provvedere a: a) distribuire, comunicare e rendere disponibili le copie in formato accessibile unicamente ai beneficiari o ad altre entità autorizzate; b) adottare opportune misure per prevenire la riproduzione, la distribuzione, la comunicazione al pubblico e la messa a disposizione del pubblico non autorizzate delle copie in formato accessibile; c) prestare la dovuta diligenza nel trattare le opere o altro materiale e le loro copie in formato accessibile e a registrare tutte le operazioni effettuate; d) pubblicare e aggiornare, se del caso sul proprio sito web, o tramite altri canali online o offline, informazioni sul modo in cui esse rispettano gli obblighi di cui alle lettere da a) a c). Le entità autorizzate stabilite in uno Stato membro stabiliscono e seguono le prassi di cui al primo comma nel pieno rispetto delle norme applicabili al trattamento dei dati personali dei beneficiari di cui all'articolo 6. 2. Le entità autorizzate stabilite in uno Stato membro che effettuano le operazioni di cui agli articoli 3 e 4 forniscono le seguenti informazioni in modo accessibile, su richiesta, a qualsiasi beneficiario, altre entità autorizzate o titolari dei diritti: a) l'elenco delle opere o di altro materiale per cui dispongono di copie in formato accessibile e i formati disponibili; e b) il nome e i contatti delle entità autorizzate con le quali hanno avviato lo scambio di copie in formato accessibile a norma degli articoli 3 e 4. Articolo 6 Protezione dei dati personali Il trattamento dei dati personali nel quadro del presente regolamento è effettuato in conformità delle direttive 95/46/CE e 2002/58/CE. Articolo 7 Riesame Entro l'11 ottobre 2023, la Commissione procede a una valutazione del presente regolamento e presenta in una relazione le principali conclusioni al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo, se del caso unitamente a proposte di modifica del presente regolamento. Gli Stati membri forniscono alla Commissione le informazioni necessarie per la preparazione della relazione di valutazione. Articolo 8 Entrata in vigore e applicazione Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Si applica a decorrere dal 12 ottobre 2018. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, il 13 settembre 2017 Per il Parlamento europeo Il presidente A. TAJANI Per il Consiglio Il presidente M. MAASIKAS (1) Parere del 5 luglio 2017 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) . (2) Posizione del Parlamento europeo del 6 luglio 2017 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 17 luglio 2017. (3) Decisione 2014/221/UE del Consiglio, del 14 aprile 2014, relativa alla firma, a nome dell'Unione europea, del trattato di Marrakech volto a facilitare l'accesso alle opere pubblicate per le persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa (GU L 115 del 17.4.2014, pag. 1). (4) Parere della Corte di Giustizia del 14 febbraio 2017, 3/15; ECLI:EU:C:2017:114, punto 112. (5) Direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione (GU L 167 del 22.6.2001, pag. 10). (6) Direttiva (UE) 2017/1564 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 settembre 2017, relativa a taluni utilizzi consentiti di determinate opere e di altro materiale protetto da diritto d'autore e da diritti connessi a beneficio delle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa, e che modifica la direttiva 2001/29/CE sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione (cfr. pag. 6 della presente Gazzetta ufficiale). (7) Parere della Corte di Giustizia del 14 febbraio 2017, 3/15; ECLI:EU:C:2017:114, punto 90. (8) Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31). Tale direttiva sarà abrogata e sostituita, a decorrere dal 25 maggio 2018, dal regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1). (9) Direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche) (GU L 201 del 31.7.2002, pag. 37).
Regolamento sull’attuazione del Trattato di Marrakech nell’UE QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce le norme sul modo in cui opere e altro materiale* in copie in formato accessibile* sono condivisi tra i paesi dell’Unione e i paesi terzi che sono parti contraenti del trattato di Marrakech, a beneficio delle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa, e senza che sia necessario il permesso del detentore del copyright. PUNTI CHIAVE Trattato di Marrakech Il Trattato di Marrakech prevede che le parti contraenti adottino leggi nazionali per promuovere la produzione libraria in formati accessibili, ad esempio, Braille, e-book, audiolibri o stampa a grandi caratteri, destinati alle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa. Tali leggi dovrebbero facilitare la condivisione di questi articoli al di là delle frontiere nazionali senza bisogno dell’autorizzazione del titolare del diritto d’autore. Il trattato è stato firmato nel 2013 e ratificato dall’UE il 1 ottobre 2018. L’Unione è diventata parte del trattato il 1 gennaio 2019. Il presente regolamento Una entità autorizzata* da un paese dell’Unione può mettere a disposizione di beneficiari*, o di entità autorizzate in paesi non-UE che sono parti del trattato, versioni accessibili di libri o di altro materiale consentite dalla direttiva (UE) 2017/1564, direttiva per l’attuazione del trattato di Marrakech nell’UE, e tali oggetti possono anche essere importati e usati da tali persone o entità. Un’entità autorizzata deve:prevenire la riproduzione e la distribuzione non autorizzate al pubblico delle copie in formato accessibile; registrare tutte le operazioni effettuate con le opere e le copie in formato accessibile; pubblicare informazioni sul modo in cui essa rispetta gli obblighi; rispettare le regole di trattamento di dati personali dei beneficiari; fornire le seguenti informazioni in modo accessibile, su richiesta, a qualsiasi beneficiario, altre entità autorizzate o titolari dei diritti:l’elenco delle opere per cui dispongono di copie in formato accessibile e i formati disponibili; ei contatti delle entità autorizzate coinvolte nello scambio di copie in formato accessibile. Revisione Entro l’11 ottobre 2023, la Commissione europea valuterà il funzionamento del regolamento e ne renderà conto al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo, con eventuali proposte di modifica del regolamento. DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? È stato applicato dal 12 ottobre 2018. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Attuazione del Trattato di Marrakech nel diritto dell’UE (Commissione europea) UE aderisce al Trattato di Marrakesh (Servizio europeo per l’azione esterna). TERMINI CHIAVE Opera o altro materiale: opere sotto forma di libri, riviste, quotidiani, rotocalchi o altri generi di pubblicazioni, notazioni, compresi gli spartiti musicali, e relative illustrazioni, su qualsiasi supporto, anche in formato audio, quali gli audiolibri, e in formato digitale, protette da diritto d’autore o da diritti connessi e pubblicate o altrimenti rese lecitamente accessibili al pubblico. Copia in formato accessibile: copia di un’opera o di altro materiale realizzata in una maniera o formato che consenta al beneficiario di accedervi in maniera agevole, come una persona che non abbia alcuna delle menomazioni né disabilità contemplate dal regolamento. Entità autorizzata: un’entità che è autorizzata o riconosciuta da un paese per fornire ai beneficiari, senza scopo di lucro, istruzione, formazione, possibilità di lettura adattata o accesso alle informazioni. Beneficiario: una persona non vedente, che soffre di una disabilità visiva o di una disabilità percettiva o di lettura e quindi non è in grado di leggere le opere stampate in misura equivalente a quella di una persona che non soffre di tale disabilità, o che non è in grado di tenere o di maneggiare un libro oppure di fissare o spostare lo sguardo nella misura che sarebbe normalmente necessaria per leggere. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) 2017/1563 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 settembre 2017, relativo alla scambio transfrontaliero tra l’Unione e i paesi terzi di copie in formato accessibile di determinate opere e di altro materiale protetto da diritto d’autore e da diritti connessi a beneficio delle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa (GU L 242 del 20.9.2017, pag. 1). DOCUMENTI CORRELATI Decisione (UE) 2018/254 del Consiglio, del 15 febbraio 2018, relativa alla conclusione, a nome dell’Unione europea, del Trattato di Marrakech volto a facilitare l’accesso alle opere pubblicate per le persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa (GU L 48 del 21.2.2018, pag. 1). Trattato di Marrakech volto a facilitare l’accesso alle opere pubblicate per le persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa (GU L 48 del 21.2.2018, pag. 3). Direttiva (UE) 2017/1564 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 settembre 2017, relativa a taluni utilizzi consentiti di determinate opere e di altro materiale protetto da diritto d’autore e da diritti connessi a beneficio delle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa, e che modifica la direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (GU L 242 del 20.9.2017, pag. 6). Decisione 2014/221/UE del Consiglio, del 14 aprile 2014, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, del trattato di Marrakech volto a facilitare l’accesso alle opere pubblicate per le persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa (GU L 115 del 17.4.2014, pag. 1).
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Regolamento (CE) n. 1484/95 della Commissione, del 28 giugno 1995, che stabilisce le modalità d'applicazione del regime relativo all'applicazione dei dazi addizionali all'importazione e fissa dazi addizionali all'importazione nei settori delle uova e del pollame nonché per l'ovoalbumina e che abroga il regolamento n. 163/67/CEE Gazzetta ufficiale n. L 145 del 29/06/1995 pag. 0047 - 0051 REGOLAMENTO (CE) N. 1484/95 DELLA COMMISSIONE del 28 giugno 1995 che stabilisce le modalità d'applicazione del regime relativo all'applicazione dei dazi addizionali all'importazione e fissa dazi addizionali all'importazione nei settori delle uova e del pollame nonché per l'ovoalbumina e che abroga il regolamento n. 163/67/CEELA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, visto il regolamento (CEE) n. 2771/75 del Consiglio, del 29 ottobre 1975, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore delle uova (1), modificato da ultimo dall'atto di adesione dell'Austria, della Finlandia e della Svezia e dal regolamento (CE) n. 3290/94 del Consiglio (2), in particolare l'articolo 5, paragrafo 4 e l'articolo 15, visto il regolamento (CEE) n. 2777/75 del Consiglio, del 29 ottobre 1975, relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore del pollame (3), modificato da ultimo dall'atto di adesione dell'Austria, della Finlandia e della Svezia e dal regolamento (CE) n. 3290/94 del Consiglio, in particolare l'articolo 5, paragrafo 4 e l'articolo 15, visto il regolamento (CEE) n. 2783/75 del Consiglio, del 29 ottobre 1975, che instaura un regime comune di scambi per l'ovoalbumina e la lattoalbumina (4), modificato da ultimo dall'atto di adesione dell'Austria, della Finlandia e della Svezia e dal regolamento (CE) n. 3290/94, in particolare l'articolo 3, paragrafo 4 e l'articolo 10, considerando che, a decorrere dal 1° luglio 1995, i regolamenti (CEE) n. 2771/75, (CEE) n. 2777/75 e (CEE) n. 2783/75 assoggettano l'importazione, all'aliquota del dazio previsto nella tariffa doganale comune, di uno o più dei prodotti disciplinati dai suddetti regolamenti al pagamento di un dazio addizionale, se sono soddisfatte alcune condizioni derivanti dall'accordo sull'agricoltura concluso nell'ambito dei negoziati commerciali multilaterali dell'Uruguay Round, tranne qualora le importazioni rischino di perturbare il mercato comunitario o gli effetti siano sproporzionati rispetto all'obiettivo perseguito; che questi dazi all'importazione addizionali possono essere imposti in particolare quando i prezzi all'importazione sono inferiori al prezzo limite; considerando che è quindi necessario stabilire le modalità di applicazione di tale regime per i settori del pollame e delle uova nonché per l'ovoalbumina e pubblicare i rispettivi prezzi limite; considerando che i prezzi all'importazione di cui si deve tener conto per l'imposizione di un dazio all'importazione addizionale dovrebbero essere verificati in base ai prezzi rappresentativi del prodotto di cui trattasi sul mercato mondiale o sul mercato comunitario d'importazione; che è necessario disporre che gli Stati membri trasmettano a intervalli regolari i prezzi delle diverse fasi di commercializzazione per consentire la fissazione dei prezzi rappresentativi e dei dazi addizionali corrispondenti; considerando che l'importatore ha la possibilità di scegliere che il dazio addizionale sia calcolato su una base diversa dal prezzo rappresentativo; che tuttavia in tal caso è opportuno prevedere la costituzione di una cauzione pari all'importo dei dazi addizionali che l'importatore avrebbe pagato se il calcolo fosse stato effettuato sulla base dei prezzi rappresentativi; che la cauzione sarà svincolata se, entro determinati termini, verrà fornita la prova che sono state rispettate le condizioni di smercio della partita; che, nel quadro dei controlli a posteriori, è opportuno precisare che si procede al recupero dei dazi dovuti conformemente all'articolo 220 del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio (5), che istituisce un codice doganale comunitario; che è pertanto ragionevole prevedere che, nel quadro dei vari controlli, i dazi dovuti siano maggiorati di un interesse; considerando che le disposizioni del regolamento n. 163/67/CEE della Commissione, del 26 giugno 1967, che fissa l'importo supplementare applicabile alle importazioni di prodotti avicoli in provenienza dai paesi terzi (6), modificato da ultimo dal regolamento (CEE) n. 3821/92 (7), sono sostituite dalle disposizioni del presente regolamento; che è quindi opportuno abrogare il regolamento suddetto con effetto alla data di entrata in vigore dell'accordo sull'agricoltura dell'Uruguay Round; considerando che il controllo regolare dei dati sui quali è basata la verifica dei prezzi all'importazione per i prodotti dei settori delle uova e del pollame nonché per l'ovoalbumina evidenzia la necessità di sottoporre le importazioni di taluni prodotti ai dazi addizionali, tenendo conto delle variazioni dei prezzi secondo l'origine; che occorre quindi pubblicare i prezzi rappresentativi e i dazi addizionali corrispondenti per tali prodotti; considerando che i dazi addizionali non possono essere in particolare imposti alle importazioni effettuate su contingenti tariffari concessi nel quadro dei negoziati commerciali multilaterali dell'Uruguay Round; considerando che il comitato di gestione per il pollame e le uova non ha espresso un parere entro il termine stabilito dal presidente, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 I dazi all'importazione addizionali di cui all'articolo 5, paragrafo 1 dei regolamenti (CEE) n. 2771/75 e (CEE) n. 2777/75 e all'articolo 3, paragrafo 1 del regolamento (CEE) n. 2783/75, di seguito denominati « dazi addizionali », sono applicati ai prodotti elencati nell'allegato I e originari dei paesi ivi indicati. I corrispondenti prezzi limite di cui all'articolo 5, paragrafo 2 dei regolamenti (CEE) n. 2771/75 e (CEE) n. 2777/75 e all'articolo 3, paragrafo 2 del regolamento (CEE) n. 2783/75 figurano nell'allegato II. Articolo 2 1. I prezzi rappresentativi di cui all'articolo 5, paragrafo 3, secondo comma dei regolamenti (CEE) n. 2771/75 e (CEE) n. 2777/75 e all'articolo 3, paragrafo 3, secondo comma del regolamento (CEE) n. 2783/75 vengono stabiliti regolarmente tenendo conto in particolare: - dei prezzi praticati sui mercati dei paesi terzi, - dei prezzi franco frontiera della Comunità, - dei prezzi praticati nella Comunità nelle diverse fasi di commercializzazione dei prodotti importati. Essi figurano nell'allegato I. 2. Gli Stati membri comunicano ogni lunedì alla Commissione i prezzi di cui al paragrafo 1, terzo trattino per le partite rappresentative dei prodotti elencati nell'allegato II. Articolo 3 1. Per la determinazione del dazio addizionale l'importatore può chiedere che venga applicato il prezzo cif all'importazione della partita considerata, qualora quest'ultimo sia superiore al prezzo rappresentativo applicabile di cui all'articolo 2, paragrfo 1. L'applicazione del prezzo cif all'importazione alla spedizione considerata per la quale è calcolato il dazio addizionale è subordinata alla presentazione alle autorità competenti dello Stato membro, da parte dell'interessato, delle prove seguenti: - il contratto d'acquisto o prova equivalente, - il contratto di assicurazione, - la fattura, - il certificato di origine (se del caso), - il contratto di trasporto, - in caso di trasporto marittimo, la polizza di carico. 2. Nel caso contemplato al paragrafo 1, l'importatore deve costituire la cauzione di cui all'articolo 248 paragrafo 1 del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione (1), pari agli importi dei dazi addizionali che avrebbe pagato se questi ultimi fossero stati calcolati sulla base del prezzo rappresentativo applicabile al prodotto in questione. L'importatore dispone di un mese a decorrere dalla vendita dei prodotti di cui trattasi, entro un termine di quattro mesi dalla data di accettazione della dichiarazione di immissione in libera pratica, per fornire la prova che la partita è stata smerciata in condizioni tali da confermare la realtà dei prezzi di cui al paragrafo 1. In caso di inosservanza di uno dei due termini suddetti la cauzione costituita viene incamerata. Il termine di quattro mesi può essere tuttavia prorogato dall'autorità competente di non oltre tre mesi su richiesta debitamente motivata dell'importatore. La cauzione costituita è svincolata se vengono presentate alle autorità doganali prove adeguate sulle condizioni di smercio. In caso contrario la cauzione viene incamerata a titolo di pagamento dei dazi addizionali. Se in occasione di una verifica le autorità competenti constatano che le disposizioni del presente articolo non sono state rispettate, esse riscuotono i dazi dovuti conformemente all'articolo 220 del regolamento (CEE) n. 2913/92. Per fissare l'importo dei dazi da riscuotere o che rimangono da riscuotere, si tiene conto di un interesse calcolato dalla data di immissione della merce in libera pratica alla data di riscossione. Il tasso di interesse applicato è quello praticato nel diritto nazionale per le operazioni di recupero degli importi dovuti. 3. Se non è stata effettuata la richiesta di cui al paragrafo 1, il prezzo all'importazione da prendere in considerazione per l'imposizione di un dazio addizionale è il prezzo rappresentativo di cui all'articolo 2, paragrafo 1. Articolo 4 1. Qualora la differenza tra il prezzo limite di cui all'articolo 1, paragrafo 2 e il prezzo all'importazione da prendere in considerazione per fissare il dazio addizionale conformemente all'articolo 3, paragrafo 1 o 3 a) sia inferiore o pari al 10 % del prezzo limite, il dazio addizionale è uguale a zero; b) sia superiore al 10 % ma inferiore o pari al 40 % del prezzo limite, il dazio addizionale è uguale al 30 % dell'importo eccedente il 10 %; c) sia superiore al 40 % ma inferiore o pari al 60 % del prezzo limite, il dazio addizionale è uguale al 50 % dell'importo eccedente il 40 %, maggiorato del dazio addizionale di cui alla lettera b); d) sia superiore al 60 % ma inferiore o pari al 75 % del prezzo limite, il dazio addizionale è uguale al 70 % dell'importo eccedente il 60 %, maggiorato dai dazi addizionali di cui alle lettere b) e c); e) sia superiore al 75 % del prezzo limite, il dazio addizionale è pari al 90 % dell'importo eccedente il 75 %, maggiorato dei dazi addizionali di cui alle lettere b), c) e d). 2. I dazi addizionali corrispondenti ai prezzi rappresentativi fissati ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, figurano nell'allegato I. Articolo 5 In caso di necessità la Commissione, su richiesta di uno Stato membro o di sua iniziativa, può modificare l'allegato I. Tuttavia, essa può modificare i prezzi rappresentativi soltanto se variano almeno del 5 % rispetto ai prezzi stabiliti. Articolo 6 I dazi addizionali fissati nell'allegato I non si applicano alle importazioni effettuate ai sensi del regolamento (CE) n. 1431/94 della Commissione (1) e (CE) n. 1474/95 della Commissione (2). Articolo 7 Il regolamento n. 163/67/CEE è abrogato. Articolo 8 Il presente regolamento entra in vigore il 1° luglio 1995. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 28 giugno 1995. Per la Commissione Franz FISCHLER Membro della Commissione ALLEGATO I >SPAZIO PER TABELLA> ALLEGATO II >SPAZIO PER TABELLA>
Dazi all’importazione nei settori delle uova e del pollame QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce norme dettagliate per l’attuazione del regime relativo all’applicazione di dazi addizionali all’importazione e fissa dazi addizionali all’importazione nei settori delle uova e del pollame nonché per l’ovoalbumina. PUNTI CHIAVE Prezzi all’importazione, prezzi rappresentativi e prezzi limite I prezzi all’importazione da considerare quando si impone un dazio addizionale all’importazione si basano sul prezzo di costo, assicurazione e nolo (CIF). Si tratta del prezzo di un bene consegnato alla frontiera del paese importatore, al netto di ogni dazio o altra imposta sulle importazioni e di margini commerciali e di trasporto nel paese, verificato rispetto al prezzo rappresentativo* (di cui all’allegato I) che la Commissione europea determina sulla base dei dati forniti dagli Stati membridell’Unione europea (Unione). I prezzi limite, a cui il dazio addizionale all’importazione diventa esigibile, sono elencati nell’allegato II. Quando il prezzo CIF all’importazione per 100 kg di una spedizione è superiore al prezzo rappresentativo, l’importatore deve presentare alle autorità competenti dello Stato membro almeno le prove seguenti:il contratto di acquisto o documento equivalente; il contratto di assicurazione; la fattura; il certificato d’origine (se del caso); il contratto di trasporto; la polizza di carico (in caso di trasporto marittimo).L’importatore deve anche depositare una cauzione pari alla differenza tra l’importo del dazio addizionale all’importazione calcolato sulla base del prezzo rappresentativo e l’importo del dazio addizionale all’importazione calcolato sulla base del prezzo CIF all’importazione. L’importatore dispone di due mesi a decorrere dalla vendita dei prodotti di cui trattasi, entro un termine di nove mesi (estensibile di ulteriori 3 mesi in casi giustificati) dalla data di accettazione della dichiarazione di immissione in libera pratica, per fornire la prova che la partita è stata smerciata in condizioni tali da confermare la realtà dei prezzi di cui sopra. La cauzione costituita è svincolata se vengono presentate alle autorità doganali prove adeguate sulle condizioni di smercio. In caso contrario la cauzione, compresa di interessi, viene incamerata a titolo di pagamento dei dazi addizionali. Dazio esigibile Se la differenza tra il prezzo limite e il prezzo CIF all’importazione è:1.inferiore o pari al 10 % del prezzo limite, nessun dazio addizionale è esigibile; 2.superiore al 10 % ma inferiore o pari al 40 % del prezzo limite, il dazio addizionale è uguale al 30 % dell’importo eccedente il 10 %; 3.superiore al 40 % ma inferiore o pari al 60 % del prezzo limite, il dazio addizionale è uguale al 50 % dell’importo eccedente il 40 %, maggiorato del dazio addizionale di cui al punto 2; 4.superiore al 60 % ma inferiore o pari al 75 % del prezzo limite, il dazio addizionale è uguale al 70 % dell’importo eccedente il 60 % del prezzo limite, maggiorato dai dazi addizionali di cui al punto 2 e 3; 5.superiore al 75 % del prezzo limite, il dazio addizionale è pari al 90 % dell’importo eccedente il 75 %, maggiorato dei dazi addizionali di cui al punto 2, 3 e 4.Ambito di applicazione I dazi addizionali all’importazione si applicano ai prodotti elencati nell’allegato I del regolamento e originati nei paesi ivi indicati. Se necessario, la Commissione potrà, su richiesta di uno Stato membro o su sua iniziativa, aggiungere o eliminare i paesi di origine o i beni a cui si applicano i dazi addizionali all’importazione nell’allegato I e modificare i prezzi rappresentativi se questi variano almeno del 5 % rispetto ai prezzi stabiliti. Il regolamento abroga il regolamento n. 163/67/CEE. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento è in vigore dal 1° luglio 1995. CONTESTO Si veda anche:Pollame (Commissione europea) Condizioni di importazione nell’Unione per il pollame e i prodotti a base di pollame — scheda informativa (Commissione europea) Uova (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Prezzo rappresentativo. Un prezzo stabilito regolarmente tenendo conto in particolare:- dei prezzi praticati sul mercato dei paesi terzi;- dei prezzi franco frontiera della Comunità;- dei prezzi praticati nella Comunità nelle diverse fasi di commercializzazione dei prodotti importati. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1484/95 della Commissione, del 28 giugno 1995, che stabilisce le modalità d’applicazione del regime relativo all’applicazione dei dazi addizionali all’importazione e fissa dazi addizionali all’importazione nei settori delle uova e del pollame nonché per l’ovoalbumina e che abroga il regolamento n. 163/67/CEE (GU L 145 del 29.6.1995, pag. 47). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1484/95 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 2017/625 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2017, relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari, recante modifica dei regolamenti (CE) n. 999/2001, (CE) n. 396/2005, (CE) n. 1069/2009, (CE) n. 1107/2009, (UE) n. 1151/2012, (UE) n. 652/2014, (UE) 2016/429 e (UE) 2016/2031 del Parlamento europeo e del Consiglio, dei regolamenti (CE) n. 1/2005 e (CE) n. 1099/2009 del Consiglio e delle direttive 98/58/CE, 1999/74/CE, 2007/43/CE, 2008/119/CE e 2008/120/CE del Consiglio, e che abroga i regolamenti (CE) n. 854/2004 e (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 89/608/CEE, 89/662/CEE, 90/425/CEE, 91/496/CEE, 96/23/CE, 96/93/CE e 97/78/CE del Consiglio e la decisione 92/438/CEE del Consiglio (Regolamento sui controlli ufficiali) (GU L 95 del 7.4.2017, pag. 1). Si veda la versione consolidata. Regolamento (UE) n. 2016/429 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, relativo alle malattie animali trasmissibili e che modifica e abroga taluni atti in materia di sanità animale («normativa in materia di sanità animale») (GU L 84 del 31.3.2016, pag. 1). Si veda la versione consolidata. Regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 671). Si veda la versione consolidata.
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Direttiva 2001/114/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, relativa a taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all'alimentazione umana Gazzetta ufficiale n. L 015 del 17/01/2002 pag. 0019 - 0023 Direttiva 2001/114/CE del Consigliodel 20 dicembre 2001relativa a taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all'alimentazione umanaIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),visto il parere del Comitato economico e sociale(3),considerando quanto segue:(1) Occorre semplificare talune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari per tener conto soltanto dei requisiti essenziali ai quali i prodotti contemplati da queste direttive devono conformarsi affinché essi possano circolare liberamente nel mercato interno, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Edimburgo dell'11-12 dicembre 1992, confermate dal Consiglio europeo di Bruxelles del 10-11 dicembre 1993.(2) La direttiva 76/118/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1975, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all'alimentazione umana(4), è stata motivata dal fatto che disparità tra le legislazioni nazionali concernenti taluni tipi di latte conservato potevano creare condizioni di concorrenza sleale con la conseguenza di trarre in inganno il consumatore e avevano quindi un'incidenza diretta sull'instaurazione e il funzionamento del mercato comune.(3) La direttiva 76/118/CEE è stata perciò concepita per definire taluni tipi di latte conservato e per stabilire norme comuni per la composizione, le caratteristiche di fabbricazione e l'etichettatura di detti prodotti, al fine di garantirne la libera circolazione all'interno della Comunità europea.(4) Detta direttiva dovrebbe essere adeguata alla normativa comunitaria generale relativa a tutti i prodotti alimentari, in particolare a quella sull'etichettatura, gli additivi autorizzati, le regole igieniche e le norme sanitarie fissate dalla direttiva 92/46/CEE(5).(5) Per motivi di chiarezza, occorre procedere alla rifusione della direttiva 76/118/CEE in un nuovo testo allo scopo di rendere più accessibili le norme sulle condizioni per la produzione e l'immissione in commercio di taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all'alimentazione umana.(6) Le regole generali sull'etichettatura dei prodotti alimentari, enunciate dalla direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio(6), dovrebbero applicarsi fatte salve talune condizioni.(7) Fatta salva la direttiva 90/496/CEE del Consiglio, del 24 settembre 1990, relativa all'etichettatura nutrizionale dei prodotti alimentari(7), l'aggiunta di vitamine ai prodotti di cui alla presente direttiva è autorizzata in alcuni Stati membri. Tuttavia non si può decidere di estendere tale possibilità a tutta la Comunità. Pertanto gli Stati membri sono liberi di autorizzare o vietare l'aggiunta di vitamine nelle loro produzioni nazionali, garantendo in ogni caso la libera circolazione delle merci all'interno della Comunità, conformemente alle norme e ai principi derivanti dal trattato.(8) Per i prodotti destinati ai lattanti, si applica la direttiva 91/321/CEE, del 14 maggio 1991, sugli alimenti per lattanti e alimenti di proseguimento(8).(9) Secondo i principi di sussidiarietà e di proporzionalità definiti dall'articolo 5 del trattato, l'obiettivo di stabilire definizioni e regole comuni per i prodotti interessati e di allineare le disposizioni alla normativa comunitaria generale sui prodotti alimentari non può essere sufficientemente realizzato dagli Stati membri e può dunque, data la natura della direttiva, essere realizzato meglio a livello comunitario. La presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo.(10) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate in base alla decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(9).(11) Per evitare che si creino nuovi ostacoli alla libera circolazione, occorre che gli Stati membri non adottino, per i prodotti indicati, disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1La presente direttiva si applica ai tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato definiti nell'allegato I.Articolo 2Fatta salva la direttiva 90/496/CEE, gli Stati membri possono autorizzare l'aggiunta di vitamine ai prodotti definiti nell'allegato I.Articolo 3La direttiva 2000/13/CE si applica ai prodotti definiti nell'allegato I alle condizioni seguenti:1) a) Le denominazioni di vendita di cui all'allegato I sono riservate ai prodotti in esso definiti e, salva la lettera b), sono utilizzate nel commercio per designarli.b) In alternativa alle denominazioni di cui alla lettera a), l'allegato II fornisce un elenco di denominazioni specifiche. Esse possono essere usate nella lingua ed alle condizioni ivi specificate.2) L'etichettatura indica la percentuale di grassi del latte espressa in peso in rapporto al prodotto finito, esclusi i prodotti definiti nell'allegato I, punto 1, lettere d) e g) e punto 2, lettera d), nonché la percentuale di estratto secco senza grassi ottenuto dal latte per i prodotti definiti nell'allegato I, punto 1. Questa indicazione figura accanto alla denominazione di vendita.3) Per i prodotti definiti nell'allegato I, punto 2, sull'etichettatura figurano le raccomandazioni concernenti il metodo di diluizione o di ricostituzione, ivi compresa l'indicazione del tenore di grassi del prodotto diluito o ricostituito.4) Nel caso in cui prodotti di peso unitario inferiore a 20 g siano condizionati in un imballaggio esterno, le indicazioni richieste dal presente articolo possono figurare solo su detto imballaggio esterno, ad eccezione della denominazione di vendita di cui al punto 1, lettera a).5) L'etichettatura dei prodotti definiti nell'allegato I, sezione 2 deve indicare che il prodotto "non è un alimento per lattanti minori di 12 mesi".Articolo 4Per i prodotti definiti negli allegati I e II, gli Stati membri non adottano disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva.Articolo 5Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva concernenti i punti citati in seguito sono adottate conformemente alle procedure di regolamentazione di cui all'articolo 6, paragrafo 2:- gli adeguamenti della presente direttiva alle disposizioni comunitarie generali in materia di prodotti alimentari,- gli adeguamenti al progresso tecnico.Articolo 61. La Commissione è assistita dal comitato permanente per i prodotti alimentari (in prosieguo: "il comitato") istituito dall'articolo 1 della decisione 69/414/CEE(10).2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 7La direttiva 76/118/CEE è abrogata a decorrere dal 17 luglio 2003.I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva.Articolo 8Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 17 luglio 2003. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Dette disposizioni sono applicate in modo da:- autorizzare l'immissione in commercio dei prodotti di cui all'allegato I, se conformi alle definizioni e alle norme previste dalla presente direttiva, entro il 17 luglio 2003,- vietare l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva a decorrere dal 17 luglio 2004.Tuttavia, l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva ed etichettati entro il 17 luglio 2004 in conformità della direttiva 76/118/CEE, è autorizzata fino ad esaurimento delle scorte.Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui sopra, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di siffatto riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.Articolo 9La presente direttiva entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 10Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteC. Picqué(1) GU C 231 del 9.8.1996, pag. 20.(2) GU C 279 dell'1.10.1999, pag. 95.(3) GU C 56 del 24.2.1997, pag. 20.(4) GU L 24 del 30.1.1976, pag. 49. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(5) GU L 268 del 14.9.1992, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 94/71/CE (GU L 368 del 31.12.1994, pag. 33).(6) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29.(7) GU L 276 del 6.10.1990, pag. 40.(8) GU L 175 del 4.7.1991, pag. 35. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 1999/50/CE (GU L 139 del 2.6.1999, pag. 29).(9) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(10) GU L 291 del 19.11.1969, pag. 9.ALLEGATO IDENOMINAZIONE E DEFINIZIONE DEI PRODOTTI1. Latte parzialmente disidratatoDesigna il prodotto liquido, con o senza aggiunta di zuccheri, ottenuto direttamente, mediante parziale eliminazione dell'acqua dal latte, dal latte totalmente o parzialmente scremato o da un miscuglio di tali prodotti, eventualmente con aggiunta di panna o di latte totalmente disidratato o di questi due prodotti; nel prodotto finito, l'aggiunta di latte totalmente disidratato non deve eccedere il 25 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.- Tipi di latte concentrato senza aggiunta di zuccheria) Latte concentrato ricco di grassiLatte parzialmente disidratato contenente, in peso, non meno del 15 % di grassi e non meno del 26,5 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.b) Latte concentrato o latte intero concentratoLatte parzialmente disidratato contenente, in peso, non meno del 7,5 % di grassi e non meno del 25 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.c) Latte parzialmente scremato concentratoLatte parzialmente disidratato contenente, in peso, non meno dell'1 % e meno del 7,5 % di grassi e non meno del 20 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.d) Latte scremato concentratoLatte parzialmente disidratato contenente, in peso, non più dell'1 % di grassi e non meno del 20 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.- Tipi di latte concentrato con aggiunta di zuccherie) Latte concentrato zuccherato o latte intero concentrato zuccheratoLatte parzialmente disidratato con aggiunta di saccarosio (zucchero di fabbrica, zucchero bianco o zucchero bianco raffinato) contenente, in peso, non meno dell'8 % di grassi e non meno del 28 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.f) Latte parzialmente scremato concentrato zuccheratoLatte parzialmente disidratato con aggiunta di saccarosio (zucchero di fabbrica, zucchero bianco o zucchero bianco raffinato) contenente, in peso, non meno dell'1 % e meno dell'8 % di grassi e non meno del 24 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.g) Latte scremato concentrato zuccheratoLatte parzialmente disidratato con aggiunta di saccarosio (zucchero di fabbrica, zucchero bianco o zucchero bianco raffinato) contenente, in peso, non più dell'1 % di grassi e non meno del 24 % di estratto secco totale ottenuto dal latte.2. Latte totalmente disidratatoDesigna il prodotto solido ottenuto direttamente mediante eliminazione dell'acqua dal latte, dal latte totalmente o parzialmente scremato, dalla panna o da un miscuglio di tali prodotti e il cui tenore di acqua è inferiore o uguale al 5 % in peso del prodotto finito.a) Latte in polvere ricco di grassi o polvere di latte ricco di grassiLatte disidratato con un tenore minimo di grassi del 42 % in peso.b) Latte in polvere, latte intero in polvere, polvere di latte o polvere di latte interoLatte disidratato con un tenore di grassi pari o superiore al 26 % e inferiore al 42 % in peso.c) Latte parzialmente scremato in polvere o polvere di latte parzialmente scrematoLatte disidratato il cui tenore di grassi è superiore all'1,5 % e inferiore al 26 % in peso.d) Latte scremato in polvere o polvere di latte scrematoLatte disidratato con un tenore massimo di grassi dell'1,5 % in peso.3. Trattamentia) Per la fabbricazione dei prodotti di cui al punto 1, lettere e), f) e g), è autorizzato il trattamento mediante lattosio in quantità aggiuntiva non superiore allo 0,03 % in peso.b) Fatta salva la direttiva 92/46/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1992, che stabilisce le norme sanitarie per la produzione e la commercializzazione di latte crudo, di latte trattato termicamente e di prodotti a base di latte, la conservazione dei prodotti di cui ai punti 1 e 2 si ottiene:- mediante trattamento termico (sterilizzazione, UHT, ecc.), per i prodotti di cui al punto 1, lettere da a) a d),- mediante aggiunta di saccarosio, per i prodotti di cui al punto 1, lettere e), f) e g),- mediante disidratazione, per i prodotti di cui al punto 2.4. Aggiunte autorizzateConformemente all'articolo 2, l'aggiunta di vitamine è autorizzata per i prodotti definiti nel presente allegato, fatta salva la direttiva 90/496/CEE.ALLEGATO IIDENOMINAZIONI SPECIFICHE PER TALUNI PRODOTTI FIGURANTI NELL'ALLEGATO Ia) In lingua inglese l'espressione "evaporated milk" designa il prodotto definito nell'allegato I, punto 1, lettera b) contenente, in peso, non meno del 9 % di grassi e del 31 % di estratto secco totale ottenuto dal latte;b) in lingua francese le espressioni "lait demi-écrémé concentré" e "lait demi-écrémé concentré non sucré", e in lingua spagnola l'espressione "leche evaporada semidesnatada" e in lingua olandese le espressioni "geëvaporeerde halfvolle melk" o "halfvolle koffiemelk", e in lingua inglese l'espressione "evaporated semi-skimmed milk" designano il prodotto definito nell'allegato I, punto 1, lettera c) contenente, in peso, tra il 4 % ed il 4,5 % di grassi e non meno del 24 % di estratto secco totale;c) in lingua danese l'espressione "kondenseret kaffefløde" e in lingua tedesca l'espressione "kondensierte Kaffeesahne" designano il prodotto definito nell'allegato I, punto 1, lettera a);d) in lingua danese l'espressione "flødepulver", in lingua tedesca le espressioni "Rahmpulver" e "Sahnepulver", in lingua francese l'espressione "crème en poudre", in lingua olandese l'espressione "roompoeder", in lingua svedese l'espressione "gräddpulver" e in lingua finlandese l'espressione "kermajauhe" designano il prodotto definito nell'allegato I, punto 2, lettera a);e) in lingua francese l'espressione "lait demi-écrémé concentré sucré", e in lingua spagnola l'espressione "leche condensada semidesnatada" e in lingua olandese l'espressione "gecondenseerde halfvolle melk met suiker" designano il prodotto definito nell'allegato I, punto 1, lettera f) con un tenore di grassi, in peso, compreso tra il 4 % ed il 4,5 % e di estratto secco totale ottenuto dal latte non inferiore al 28 %;f) in lingua francese l'espressione "lait demi-écrémé en poudre" e in lingua olandese l'espressione "halfvolle-melkpoeder" designano il prodotto definito nell'allegato I, punto 2, lettera c) il cui tenore di grassi è compreso tra il 14 % e il 16 %;g) in portoghese l'espressione "leite em pó meio gordo" designa il prodotto definito nell'allegato I, punto 2, lettera c) il cui tenore di grassi è compreso tra il 13 % e il 26 %;h) in lingua olandese l'espressione "koffiemelk" designa il prodotto definito nell'allegato I, punto 1, lettera b);i) in lingua finlandese l'espressione "rasvaton maitojauhe" designa il prodotto definito nell'allegato I, punto 2, lettera d);j) in lingua spagnola l'espressione "leche en polvo semidesnatada" designa il prodotto definito nell'allegato I, punto 2, lettera c) il cui tenore di grassi è compreso tra il 10 % e il 16 %.
Latte conservato Il latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato al consumo umano deve essere conforme alle specifiche disposizioni previste dalla direttiva 2001/114/CE. Tali disposizioni completano le regole generali di etichettatura dei prodotti alimentari previste dal diritto comunitario. ATTO Direttiva 2001/114/CE del Consiglio, del20 dicembre 2001, relativa a taluni tipi di latte conservato parzialmente o totalmente disidratato destinato all'alimentazione umana [Cfr. atto(i) modificativo(i)]. SINTESI Il latte conservato è definito in base alla composizione e ai processi di preparazione, al fine di promuovere un uso commerciale corretto e non fuorviante nelle rispettive denominazioni. Latte conservato I prodotti oggetto della presente direttiva sono: il latte parzialmente disidratato (zuccherato o meno); il latte totalmente disidratato (contenente differenti percentuali di grasso). Inoltre, la direttiva definisce le denominazioni specifiche utilizzate in alcuni paesi e in certe lingue (Cfr. allegato II della direttiva). Etichettatura La presente direttiva stabilisce le disposizioni specifiche per l'etichettatura del latte conservato. Tali disposizioni si applicano fatte salve le norme generali in materia di etichettatura e presentazione dei prodotti alimentari. L'etichettatura del latte conservato deve contenere: la percentuale di grasso (ad eccezione del latte condensato, del latte concentrato scremato e del latte in polvere parzialmente scremato); la percentuale di latte solido non grasso (per i diversi tipi di latte parzialmente disidratato); il metodo di diluizione o di ricostituzione (per il latte in polvere); che il prodotto non è inteso per l'alimentazione dei neonati sotto i dodici mesi (per il latte in polvere). RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2001/114/CE 17.1.2002 17.7.2003 GU L 15 del 17.1.2002 Atto(i) modificativo(i) Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2007/61/CE 7.10.2007 31.8.2008 GU L 258 del 4.10.2007 ATTI COLLEGATI Regolamento (UE) n. 1021/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, recante modifica delle direttive 1999/4/CE e 2000/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e delle direttive 2001/111/CE, 2001/113/CE e 2001/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le competenze da conferire alla Commissione [Gazzetta ufficiale L 287 del 29.10.2013]. Il presente regolamento allinea gli attuali poteri di attuazione della Commissione stabiliti nelle cinque direttive sulla colazione, con il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), specificatamente con l'articolo 290 che consente alla Commissione di adottare atti delegati.
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32015D2071
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DECISIONE (UE) 2015/2071 DEL CONSIGLIO del 10 novembre 2015 che autorizza gli Stati membri a ratificare, nell'interesse dell'Unione europea, il protocollo del 2014 della Convenzione sul lavoro forzato del 1930 dell'Organizzazione internazionale del lavoro in relazione agli articoli da 1 a 4 del protocollo per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria in materia penale IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 82, paragrafo 2, in combinato disposto con l'articolo 218, paragrafo 6, lettera a), punto v), vista la proposta della Commissione europea, vista l'approvazione del Parlamento europeo, considerando quanto segue: (1) L'Unione promuove la ratifica delle convenzioni internazionali sul lavoro classificate dall'Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) come aggiornate, per contribuire agli sforzi dell'Unione volti a promuovere i diritti umani e un lavoro dignitoso per tutti, nonché ad eradicare la tratta degli esseri umani sia all'interno che all'esterno dell'Unione. La protezione dei principi e diritti fondamentali nel lavoro ne costituisce un elemento essenziale. (2) La Convenzione sul lavoro forzato del 1930 dell'Organizzazione internazionale del lavoro, integrata dal protocollo del 2014, è una convenzione fondamentale dell'ILO e riguarda la regolamentazione che richiama norme fondamentali del lavoro. (3) Nella misura in cui il protocollo del 2014 della Convenzione sul lavoro forzato del 1930 dell'Organizzazione internazionale del lavoro («protocollo»), contempla la tutela delle vittime della criminalità di cui all'articolo 82, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), l'Unione ha già adottato norme comuni che disciplinano in ampia misura tale materia, in particolare attraverso la direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (1) e la direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (2). Il protocollo può incidere su tali norme comuni. (4) L'articolo 19, paragrafo 4, della Costituzione dell'ILO, sull'adozione e la ratifica delle convenzioni, si applica per analogia ai protocolli, che sono accordi internazionali vincolanti, soggetti a ratifica e collegati a convenzioni. (5) Poiché solo gli Stati possono essere parti del protocollo, l'Unione non può ratificarlo. (6) Gli Stati membri dovrebbero pertanto essere autorizzati a ratificare il protocollo, agendo congiuntamente nell'interesse dell'Unione, per le parti di competenza dell'Unione a norma dell'articolo 82, paragrafo 2, TFUE. (7) Gli articoli da 1 a 4 del protocollo contengono obblighi riguardanti la normativa dell'Unione relativa alla protezione delle vittime di reato. Tali disposizioni rientrano pertanto nell'ambito di applicazione della parte terza, titolo V, TFUE, in particolare l'articolo 82, paragrafo 2. (8) L'articolo 82, paragrafo 2, TFUE costituisce l'unica base giuridica su cui dovrebbe fondarsi la presente decisione. Il protocollo, in particolare l'articolo 4, fa riferimento anche allo status in materia di soggiorno delle vittime del lavoro forzato od obbligatorio, nella misura in cui ciò è necessario per consentire a tali vittime di disporre di adeguati ed efficaci mezzi di ricorso. Tuttavia, tale obiettivo, che è in relazione all'articolo 79 TFUE, è solo accessorio, mentre gli obiettivi di cui all'articolo 82, paragrafo 2, TFUE sono identificabili quali scopi e componenti preponderanti. (9) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca, allegato al trattato sull'Unione europea e al TFUE, la Danimarca non partecipa all'adozione del presente atto, non è da esso vincolata, né è soggetta alla sua applicazione. (10) Il Regno Unito e l'Irlanda sono vincolati dalla direttiva 2011/36/UE e dalla direttiva 2012/29/UE, e partecipano pertanto all'adozione della presente decisione. (11) Gli Stati membri dovrebbero essere autorizzati a ratificare il protocollo per quanto riguarda le materie relative alla cooperazione giudiziaria in materia penale di cui agli articoli da 1 a 4 del medesimo. Le parti del protocollo che rientrano nella competenza conferita all'Unione diverse dalle parti relative alla cooperazione giudiziaria in materia penale formeranno oggetto di una decisione adottata parallelamente alla presente decisione, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Gli Stati membri sono autorizzati a ratificare il protocollo del 2014 della Convenzione sul lavoro forzato del 1930 dell'Organizzazione internazionale del lavoro, per le parti del protocollo, contenute negli articoli da 1 a 4, che rientrano nella competenza conferita all'Unione europea ai sensi dell'articolo 82, paragrafo 2, TFUE. Articolo 2 Gli Stati membri dovrebbero adottare tutte le misure necessarie a depositare quanto prima, e preferibilmente entro il 31 dicembre 2016, i loro strumenti di ratifica del protocollo presso il direttore generale dell'Ufficio internazionale del lavoro. Articolo 3 Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione. Fatto a Bruxelles, il 10 novembre 2015 Per il Consiglio Il presidente P. GRAMEGNA (1) Direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI (GU L 101 del 15.4.2011, pag. 1). (2) Direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI (GU L 315 del 14.11.2012, pag. 57).
Protocollo dell’Organizzazione internazionale del lavoro sul lavoro forzato: ratifica da parte dei paesi dell’Unione europea SINTESI CHE COSA FANNO LE DECISIONI? Autorizzano i governi dell’Unione europea (UE) a ratificare il protocollo adottato dall’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) nel 2014 e li invitano a farlo entro la fine del 2016. Ciò dà un nuovo impulso alla Convenzione sul lavoro forzato del 1930 dell’ILO per quanto riguarda la prevenzione del ricorso al lavoro forzato, in particolare negli ambiti della tratta di esseri umani, della protezione delle vittime e dell’accesso ai mezzi di ricorso. PUNTI CHIAVE Il protocollo sul lavoro forzato dell’ILO disciplina ambiti di politica sociale e cooperazione giudiziaria in materia penale che rientrano nella competenza dell’UE. In quest’ottica, l’UE non può ratificare il protocollo: solo i singoli paesi dell’UE possono farlo. Le due decisioni autorizzano i governi dell’UE a ratificare il testo, «agendo congiuntamente nell’interesse dell’Unione». La decisione 2015/2037 copre vari settori di politica sociale indicati nel protocollo, come ad esempio il rapporto di lavoro, l’orario di lavoro, il lavoro tramite agenzia interinale e la salute e la sicurezza sul lavoro, già oggetto della legislazione dell’UE. La decisione 2015/2071 disciplina le questioni di materia penale contemplate nel protocollo, come ad esempio la tutela delle vittime della criminalità. L’UE ha già legiferato in questo ambito mediante le direttive sulla lotta alla tratta di esseri umani e sulla protezione delle vittime. Sulla base della sua opzione di opt-out concernente lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, la Danimarca non è vincolata dalla decisione 2015/2071. I paesi che ratificano il protocollo sul lavoro forzato sono tenuti ad elaborare una politica nazionale e un piano d’azione, nonché a impegnarsi in una cooperazione internazionale tesa a reprimere il lavoro forzato, in consultazione con le parti sociali. Essi devono adottare misure volte a prevenire il lavoro forzato, a migliorare la protezione delle vittime e a fornire a queste ultime l’accesso ai vari mezzi di ricorso, compreso il risarcimento. CONTESTO Il lavoro forzato è quel lavoro eseguito in maniera non volontaria e sotto coercizione, universalmente riconosciuto come reato a partire dalla storica Convenzione sul lavoro forzato n. 29 dell’ILO adottata nel 1930. Tuttavia, secondo le stime dell’ILO, in tutto il mondo ben 20,9 milioni di persone sono ancora vittime del lavoro forzato. La vasta maggioranza di esse va ricercata nell’economia privata, in particolare nelle forme della tratta di esseri umani e dello sfruttamento di manodopera. Il protocollo e la raccomandazione sul lavoro forzato, adottate dall’ILO nel 2014, intendono accelerare la lotta globale contro qualsiasi forma di lavoro forzato. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LE DECISIONI? Si applicano a partire dal 12 novembre 2015. I paesi dell’UE devono adottare le misure necessarie per depositare gli strumenti di ratifica entro il 31 dicembre 2016. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare: le norme internazionali sul lavoro forzato sul sito Internet dell’Organizzazione internazionale del lavoro ATTI Decisione (UE) 2015/2037 del Consiglio, del 10 novembre 2015, che autorizza gli Stati membri a ratificare, nell’interesse dell’Unione europea, il protocollo del 2014 della Convenzione sul lavoro forzato del 1930 dell’Organizzazione internazionale del lavoro per quanto riguarda le questioni relative alla politica sociale (GU L 298 del 14.11.2015, pag. 23-24) Decisione (UE) 2015/2071 del Consiglio, del 10 novembre 2015 che autorizza gli Stati membri a ratificare, nell’interesse dell’Unione europea, il protocollo del 2014 della Convenzione sul lavoro forzato del 1930 dell’Organizzazione internazionale del lavoro in relazione agli articoli da 1 a 4 del protocollo per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria in materia penale (GU L 301 del 18.11.2015, pag. 47-48) ATTI COLLEGATI Protocollo del 2014 della Convenzione sul lavoro forzato, 1930
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32003R1059
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Regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, relativo all'istituzione di una classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (NUTS) Gazzetta ufficiale n. L 154 del 21/06/2003 pag. 0001 - 0041 Regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consigliodel 26 maggio 2003relativo all'istituzione di una classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (NUTS)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 285,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale europeo(2),visto il parere del Comitato delle regioni(3),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(4),considerando quanto segue:(1) Gli utenti delle statistiche manifestano una sempre maggiore necessità di armonizzazione, al fine di disporre di dati comparabili in tutta l'Unione europea. Per funzionare, il mercato interno necessita di standard statistici applicabili alla raccolta, alla trasmissione e alla pubblicazione di statistiche nazionali e comunitarie, in modo da fornire a tutti gli operatori del mercato unico dati statistici comparabili. In tale contesto le classificazioni costituiscono uno strumento importante per la rilevazione, la compilazione e la diffusione di statistiche comparabili.(2) Le statistiche regionali sono un elemento fondamentale del sistema statistico europeo. Esse sono utilizzate per molteplici scopi. Per molti anni le statistiche regionali europee sono state rilevate, compilate e diffuse in base a una classificazione regionale comune detta "Nomenclatura delle unità territoriali per la statistica" (in seguito denominata NUTS). È opportuno che tale classificazione regionale sia ora fissata in un quadro giuridico e siano stabilite regole chiare per le sue future modifiche. La classificazione NUTS non dovrebbe precludere l'esistenza di altre suddivisioni e classificazioni.(3) Di conseguenza, tutte le statistiche che gli Stati membri trasmettono alla Commissione, suddivise in unità territoriali, dovrebbero avvalersi della classificazione NUTS, ove opportuno.(4) Per l'analisi e la diffusione la Commissione dovrebbe ricorrere alla classificazione NUTS per tutte le statistiche classificate per unità territoriali, ove opportuno.(5) Per le statistiche regionali sono necessari vari livelli, a seconda della finalità per cui sono elaborate a livello nazionale ed europeo. È quindi opportuno disporre di almeno tre livelli gerarchici di dettaglio nella classificazione regionale europea NUTS. Gli Stati membri potrebbero disporre di ulteriori livelli di dettaglio relativi alla NUTS, nei casi in cui lo ritengano necessario.(6) Le informazioni relative all'attuale composizione territoriale delle regioni NUTS di livello 3 sono necessarie per una corretta gestione della classificazione NUTS e dovrebbero quindi essere trasmesse regolarmente alla Commissione.(7) I criteri oggettivi sono necessari per la definizione delle regioni e al fine di garantire l'imparzialità nella compilazione e nell'uso delle statistiche regionali.(8) Gli utenti delle statistiche regionali dovrebbero disporre di una nomenclatura stabile nel tempo. Per tale motivo la classificazione NUTS non dovrebbe essere modificata troppo spesso. L'esistenza di questo regolamento garantirà una maggiore stabilità delle regole nel tempo.(9) Per garantire la comparabilità delle statistiche regionali, la popolazione delle regioni deve essere di entità comparabile. Per raggiungere tale obiettivo le modifiche della classificazione NUTS dovrebbero rendere la struttura regionale più omogenea in termini di dimensione della popolazione.(10) Deve inoltre essere rispettata l'attuale situazione politica, amministrativa ed istituzionale. Le unità non amministrative devono rispecchiare circostanze economiche, sociali, storiche, culturali, geografiche o ambientali.(11) Occorrerebbe fare riferimento alla definizione di "popolazione" sulla quale si basa la classificazione.(12) La classificazione NUTS è limitata al territorio economico degli Stati membri e non copre completamente il territorio cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea. Il suo utilizzo per scopi comunitari dovrà pertanto essere valutato caso per caso. Il territorio economico di ogni paese, secondo la definizione contenuta nella decisione 91/450/CEE della Commissione(5) comprende anche un territorio extraregionale, costituito da parti del territorio economico che non possono essere annesse ad una determinata regione (spazio aereo, acque territoriali e piattaforma continentale, enclave, in particolare ambasciate, consolati e basi militari, depositi di petrolio, gas naturale, ecc. in acque internazionali, al di fuori della piattaforma continentale, gestiti da unità residenti). La classificazione NUTS deve anche prevedere la possibilità di statistiche per questo territorio extraregionale.(13) Le modifiche della classificazione NUTS saranno apportate dopo aver consultato accuratamente gli Stati membri.(14) Dato che gli obiettivi dell'azione proposta, vale a dire l'armonizzazione delle statistiche regionali, non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può adottare misure conformemente al principio di sussidiarietà di cui all'articolo 5 del trattato. Secondo il principio di proporzionalità di cui a detto articolo, il presente regolamento non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento dei suddetti obiettivi.(15) La classificazione NUTS oggetto del presente regolamento dovrebbe sostituire la "Nomenclatura delle unità territoriali per la statistica (NUTS)" istituita finora dall'Istituto statistico delle Comunità europee in collaborazione con gli istituti statistici nazionali. Di conseguenza, tutti i riferimenti alla "Nomenclatura delle unità territoriali per la statistica (NUTS)" negli atti comunitari andrebbero intesi come riferimenti alla classificazione NUTS oggetto del presente regolamento.(16) Il regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie(6), costituisce il quadro di riferimento per le disposizioni del presente regolamento.(17) Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(7).(18) A norma dell'articolo 3 della decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio(8) è stato consultato il comitato del programma statistico istituito dalla suddetta decisione.HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1Oggetto1. Il presente regolamento mira ad istituire una classificazione statistica comune delle unità territoriali, in seguito denominata "NUTS", al fine di consentire la raccolta, la compilazione e la diffusione di statistiche regionali armonizzate nella Comunità.2. La classificazione NUTS di cui all'allegato I sostituisce la "Nomenclatura delle unità territoriali per la statistica (NUTS)" elaborata dall'Istituto statistico delle Comunità europee in collaborazione con gli istituti statistici nazionali degli Stati membri.Articolo 2Struttura1. La classificazione NUTS suddivide il territorio economico degli Stati membri, come definito dalla decisione 91/450/CEE in unità territoriali. Essa attribuisce a ogni unità territoriale un nome ed un codice specifici.2. La classificazione NUTS è gerarchica. Ogni Stato membro è suddiviso in unità territoriali di livello NUTS 1, ognuna delle quali è suddivisa in unità territoriali di livello NUTS 2, a loro volta suddivise in unità territoriali di livello NUTS 3.3. Tuttavia, una determinata unità territoriale può essere classificata a vari livelli NUTS.4. Allo stesso livello NUTS due unità territoriali diverse nello stesso Stato membro non possono essere identificate dallo stesso nome. Se due unità territoriali in Stati membri diversi hanno lo stesso nome, al nome delle unità territoriali è aggiunto l'identificatore del paese.5. In ogni Stato membro possono sussistere ulteriori livelli gerarchici di dettaglio, decisi dallo Stato membro, che suddividono il livello NUTS 3. Entro due anni dall'entrata in vigore del presente regolamento la Commissione, previa consultazione degli Stati membri, presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una comunicazione sull'opportunità di istituire norme su scala europea per livelli più particolareggiati nella classificazione NUTS.Articolo 3Criteri di classificazione1. Le unità amministrative esistenti all'interno degli Stati membri costituiscono il primo criterio di definizione delle unità territoriali.A tal fine, per "unità amministrativa" si intende una zona geografica in cui un'autorità amministrativa ha la competenza di prendere decisioni amministrative o politiche per tale zona, all'interno del quadro giuridico e istituzionale dello Stato membro.2. Per stabilire in quale livello NUTS debba essere classificata una determinata classe di unità amministrative di uno Stato membro, si considera la dimensione media della classe di unità amministrative dal punto di vista della popolazione facendo riferimento alla tabella seguente:>SPAZIO PER TABELLA>Se la popolazione di un intero Stato membro è inferiore al limite minimo per un determinato livello NUTS, l'intero Stato membro costituisce una unità territoriale NUTS per tale livello.3. Ai fini del presente regolamento, la popolazione di un'unità territoriale comprende le persone che risiedono abitualmente in questa zona.4. Le unità amministrative esistenti utilizzate per la classificazione NUTS sono elencate nell'allegato II. Gli emendamenti dell'allegato II sono adottati secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 7, paragrafo 2.5. Se, per un determinato livello NUTS, nello Stato membro non esistono unità amministrative di dimensione opportuna, in conformità dei criteri elencati nel paragrafo 2, il livello NUTS sarà costituito aggregando un numero adeguato di unità amministrative contigue esistenti di dimensione minore. L'aggregazione terrà conto di pertinenti criteri quali le circostanze geografiche, socioeconomiche, storiche, culturali o ambientali.Le unità risultanti dall'aggregazione sono definite in seguito "unità non amministrative". La dimensione delle unità non amministrative in uno Stato membro per un determinato livello NUTS deve rientrare nei limiti indicati dalla tabella di cui al paragrafo 2.Secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 7, paragrafo 2, singole unità non amministrative possono tuttavia non rientrare nei suddetti limiti in determinate circostanze geografiche, socio-economiche, storiche, culturali o ambientali specialmente nelle isole e nelle regioni ultraperiferiche.Articolo 4Componenti della NUTS1. Entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente regolamento la Commissione pubblica l'elenco dei componenti di ogni unità territoriale NUTS di livello 3, ovvero l'elenco delle unità amministrative più piccole di cui all'allegato III, trasmessole dagli Stati membri.Gli emendamenti dell'allegato III sono adottati secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 7, paragrafo 2.2. Entro il primo semestre di ogni anno gli Stati membri comunicano alla Commissione tutti i cambiamenti dei componenti per l'anno precedente, che possano avere effetti sui confini del livello NUTS 3, rispettando in tal modo il formato elettronico dei dati richiesto dalla Commissione.Articolo 5Emendamenti della NUTS1. Gli Stati membri informano la Commissione di:a) tutte le modifiche intervenute nelle unità amministrative nella misura in cui possano avere effetti sulla classificazione NUTS di cui all'allegato I o sui contenuti degli allegati II e III;b) tutte le altre modifiche a livello nazionale che possano avere effetti sulla classificazione NUTS, secondo i criteri di classificazione di cui all'articolo 3.2. Le modifiche dei confini del livello NUTS 3 dovute a modifiche delle unità amministrative più piccole di cui all'allegato III:a) non sono considerate emendamenti della classificazione NUTS se comportano un trasferimento di popolazione uguale o inferiore all'1 % delle unità territoriali NUTS 3 interessate;b) sono considerate emendamenti della classificazione NUTS, a norma del paragrafo 3 del presente articolo, se comportano un trasferimento di popolazione superiore all'1 % delle unità territoriali NUTS 3 interessate.3. Gli emendamenti della classificazione NUTS per le unità non amministrative di uno Stato membro, come indicato nell'articolo 3, paragrafo 5, possono essere apportati se, al livello NUTS in questione, tale modifica riduce la deviazione media della dimensione in termini di popolazione di tutte le unità territoriali dell'Unione europea.4. Gli emendamenti della classificazione NUTS sono adottati nel secondo semestre dall'anno civile secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 7, paragrafo 2, rispettando un intervallo minimo di tre anni, sulla base dei criteri di cui all'articolo 3. Cionostante, nel caso di una riorganizzazione sostanziale della pertinente struttura amministrativa di uno Stato membro, gli emendamenti della classificazione NUTS possono essere adottati ad intervalli inferiori a tre anni.Le misure di attuazione della Commissione di cui al primo comma entrano in vigore, per quanto attiene alla trasmissione dei dati alla Commissione, il 1o gennaio del secondo anno dopo l'adozione.5. Allorché è apportato un emendamento alla classificazione NUTS, lo Stato membro in questione comunica alla Commissione le serie per la nuova suddivisione regionale, in sostituzione dei dati già trasmessi. L'elenco delle serie e la loro durata sono specificati secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 7, paragrafo 2, tenendo conto della possibilità concreta di fornirle. Tali serie devono essere fornite entro due anni dall'adozione dell'emendamento della classificazione NUTS.Articolo 6GestioneLa Commissione adotta le misure necessarie a garantire una gestione coerente della classificazione NUTS. Tali misure possono includere, in particolare:a) l'elaborazione e l'aggiornamento di note esplicative della NUTS;b) l'analisi di problemi legati derivanti dall'applicazione della NUTS per la classificazione delle unità territoriali degli Stati membri.Articolo 7Procedura1. La Commissione è assistita dal comitato del programma statistico, istituito dall'articolo 1 della decisione 89/382/CEE, Euratom (in seguito denominato "il comitato").2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 8RelazioneTre anni dopo l'entrata in vigore del presente regolamento, la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulla sua applicazione.Articolo 9Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 26 maggio 2003.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteG. Drys(1) GU C 180 E del 26.6.2001, pag. 108(2) GU C 260 del 17.9.2001, pag. 57.(3) GU C 107 del 3.5.2002, pag. 54.(4) Parere del Parlamento europeo del 24 ottobre 2001 (GU C 112 E del 9.5.2002, pag. 146), posizione comune del Consiglio del 9 dicembre 2002 (GU C 32 E dell'11.2.2003, pag. 26) e decisione del Parlamento europeo dell'8 aprile 2003 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(5) GU L 240 del 29.8.1991, pag. 36.(6) GU L 52 del 22.2.1997, pag. 1.(7) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(8) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47.ALLEGATO IClassificazione NUTS (codice - nome)>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO IIUnità amministrative esistentiA livello NUTS 1: per il Belgio "Gewesten/Régions", per la Germania "Länder", per il Portogallo "Continente", Região dos Açores and Região da Madeira, e per il Regno Unito Scozia, Galles, Irlanda del Nord e Government Office Regions of England.A livello NUTS 2: per il Belgio "Provincies/Provinces", per la Germania "Regierungsbezirke", per la Grecia "periferies", per la Spagna "comunidades y ciudades autonomas", per la Francia "régions", per l'Irlanda "regions", per l'Italia "regioni", per i Paesi Bassi "provincies" e per l'Austria "Länder".A livello NUTS 3: per il Belgio "arrondissementen/arrondissements", per la Danimarca "Amtskommuner", per la Germania "Kreise/kreisfreie Städte", per la Grecia "nomoi", per la Spagna "provincias", per la Francia "départements", per l'Irlanda "regional authority regions", per l'Italia "province", per la Svezia "län" e per la Finlandia "maakunnat/Landskapen".ALLEGATO IIIUnità amministrative più piccolePer il Belgio "Gemeenten/Communes", per la Danimarca "Kommuner", per la Germania "Gemeinden", per la Grecia "Demoi/Koinotites", per la Spagna "Municipios", per la Francia "Communes", per l'Irlanda "counties or county boroughs", per l'Italia "Comuni", per il Lussemburgo "Communes", per i Paesi Bassi "Gemeenten", per l'Austria "Gemeinden", per il Portogallo "Freguesias", per la Finlandia "Kunnat/Kommuner", per la Svezia "Kommuner" e per il Regno Unito "Wards".
Classificazione comune delle unità territoriali a fini statistici (NUTS) QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento (CE) n. 1059/2003 definisce le norme per la gestione della nomenclatura delle unità territoriali per la statistica (NUTS), un sistema gerarchico di suddivisione del territorio economico dell’Unione europea (Unione) al fine di raccogliere, sviluppare e armonizzare le statistiche regionali europee, la valutazione dei livelli di ammissibilità ai Fondi strutturali dell’Unione e l’elaborazione delle politiche regionali dell’Unione. Il regolamento contiene inoltre norme per le future modifiche alla classificazione. Ciò per garantire che i dati si riferiscano alla stessa unità regionale per un determinato periodo di tempo. Il concetto è rilevante soprattutto per le serie storiche. È stato modificato diverse volte, tra gli altri, da:regolamenti (CE) n. 1888/2005, (CE) n. 176/2008 e (UE) n. 517/2013 per tener conto dell’adesione dei nuovi Stati membri dell’UE;regolamenti (CE) n. 105/2007, (UE) n. 31/2011, (UE) n. 1319/2013, (UR) n. 868/2014, (UE) 2016/2066 e (UE) 2019/1755 che modificano gli allegati per tenere conto delle modifiche alla classificazione;regolamento di modifica (UE) 2017/2391 che introduce lo statuto giuridico per le tipologie territoriali collegate alla classificazione NUTS (si veda di seguito). PUNTI CHIAVE La gerarchia NUTS Per ciascun paese dell’Unione esistono tre livelli gerarchici di suddivisione regionale che si basa su soglie minime e massime di popolazione, come segue.NUTS 1. Principali regioni socio-economiche, ad esempio i Länder tedeschi, le Gewesten/regioni del Belgio, le macroregioni in Polonia o in Romania. NUTS 2. Regioni di base per l’applicazione delle politiche regionali, ad esempio le province in Belgio o nei Paesi Bassi, i Bundesländer austriaci e le regioni ceche (oblasti). NUTS 3. Piccole regioni per diagnosi specifiche, ad esempio i département francesi, le province bulgare (oblasti), le province italiane.Il terzo livello è una suddivisione del secondo livello, il secondo livello è una suddivisione del primo livello e il primo livello è una suddivisione dei paesi. NUTS non comprende il livello locale (municipale). Se la popolazione di un intero Stato membro è inferiore al limite minimo per un determinato livello NUTS, l’intero paese costituisce una unità territoriale NUTS per tale livello. Criteri di classificazione Le unità amministrative esistenti negli Stati membri costituiscono il primo criterio di definizione di NUTS. Il livello NUTS a cui un livello amministrativo esistente corrisponde è determinato sulla base della dimensione media della popolazione delle sue unità amministrative come segue: Livello Popolazione minima Popolazione massima NUTS 1 3 milioni 7 milioni NUTS 2 800.000 3 milioni NUTS 3 150.000 800.000 Se, per un determinato livello NUTS, nello Stato membro non esistono unità amministrative di dimensione opportuna, tale livello sarà costituito aggregando un numero adeguato di piccole unità amministrative contigue. Le unità aggregate risultanti formano un «livello non-amministrativo» in cui ogni unità non amministrativa deve rientrare nei limiti indicati precedentemente. Le deviazioni si verificano in particolari circostanze geografiche, socioeconomiche, storiche, culturali o ambientali, soprattutto nelle isole e nelle regioni ultraperiferiche. Tipologie territoriali (Tercet) Il regolamento di modifica (UE) 2017/2391 stabilisce un riconoscimento giuridico delle tipologie territoriali ai fini delle statistiche dell’Unione. Ciò consente ai regolamenti sulle statistiche tematiche e alle iniziative politiche di basarsi su tali tipologie per raccogliere statistiche dell’Unione e/o mirare a territori specifici come città, aree urbane, rurali o costiere e regioni nella politica. Il regolamento riguarda le tipologie territoriali esistenti in base al livello NUTS 3 (ad es. la tipologia urbana9-rurale, le regioni metropolitane) o le unità amministrative locali (ad es. il grado di urbanizzazione, le città, le zone costiere). Il regolamento riguarda inoltre il livello di un chilometro quadrato della griglia necessario per calcolare le altre tipologie, basate sulla distribuzione e la densità della popolazione nelle celle della griglia. Stabilisce inoltre le condizioni per l’adozione di atti delegati da parte della Commissione europea, ove opportuno. L’attuale classificazione NUTS, valida dal 1 gennaio 2021, elenca 92 regioni a livello NUTS 1, 242 regioni a livello NUTS 2 e 1166 regioni a livello NUTS 3. Ai sensi dell’atto di esecuzione, il regolamento (CE) n. 11/2008, quando viene apportata una modifica alla classificazione NUTS, lo Stato membro interessato comunica alla Commissione (Eurostat) le serie cronologiche per la nuova ripartizione regionale, al fine di sostituire i dati già trasmessi. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? La decisione è in vigore dal 11 luglio 2003. CONTESTO Dagli anni ’70, per produrre statistiche regionali e valutare i livelli di ammissibilità ai Fondi strutturali dell’Unione sulla base di criteri obiettivi e quantitativi, l’Unione ha sviluppato la classificazione NUTS come sistema unico e coerente per la suddivisione geografica del proprio territorio. Tutti gli Stati membri hanno i propri sistemi di governo e la propria struttura amministrativa, alcuni più centralizzati di altri. Inoltre, essi variano enormemente in termini di popolazione, area di superficie e livelli di sviluppo. NUTS è stata sviluppata da Eurostat considerando proprio tale diversità di circostanze. Per maggiori informazioni consultare:NUTS — Nomenclatura delle unità territoriali per la statistica (Eurostat). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, relativo all’istituzione di una classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (NUTS) (GU L 154, 21.6.2003, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1059/2003 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) 2021/690 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 aprile 2021 che istituisce il programma relativo al mercato interno, alla competitività delle imprese, tra cui le piccole e medie imprese, al settore delle piante, degli animali, degli alimenti e dei mangimi e alle statistiche europee (programma per il mercato unico) e che abroga i regolamenti (UE) n. 99/2013, (UE) n. 1287/2013, (UE) n. 254/2014 e (UE) n. 652/2014 (GU L 153 del 3.5.2021, pag. 1). Si veda la versione consolidata. Decisione di esecuzione (UE) 2021/1130 della Commissione, del 5 luglio 2021, che definisce l’elenco delle regioni ammissibili al finanziamento del Fondo europeo di sviluppo regionale e del Fondo sociale europeo Plus nonché degli Stati membri ammissibili al finanziamento del Fondo di coesione per il periodo 2021-2027 [notificata con il numero C(2021) 4894] (GU L 244 del 9.7.2021, pag. 10).
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32010R1005
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REGOLAMENTO (UE) N. 1005/2010 DELLA COMMISSIONE dell'8 novembre 2010 relativo ai requisiti di omologazione per i dispositivi di rimorchio dei veicoli a motore, che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell'omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (Testo rilevante ai fini del SEE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, visto il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, sui requisiti dell'omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (1), in particolare l'articolo 14, paragrafo 1, lettera a), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 661/2009 è un regolamento particolare ai fini della procedura di omologazione comunitaria prevista dalla direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli («direttiva quadro») (2). (2) Il regolamento (CE) n. 661/2009 abroga la direttiva 77/389/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative ai dispositivi di rimorchio dei veicoli a motore (3). I requisiti stabiliti in tale direttiva vanno riportati nel presente regolamento e, se necessario, modificati per adeguarli all'evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche. (3) Il campo di applicazione del presente regolamento corrisponde a quello della direttiva 77/389/CEE e si limita perciò ai veicoli delle categorie M e N. (4) Il regolamento (CE) n. 661/2009 fissa disposizioni di base sui requisiti di omologazione dei veicoli a motore con riferimento ai dispositivi di rimorchio. È pertanto necessario stabilire le procedure, le prove e i requisiti specifici per tale omologazione. (5) Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato tecnico per i veicoli a motore, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Campo di applicazione Il presente regolamento si applica ai veicoli a motore delle categorie M e N, definiti nell'allegato II della direttiva 2007/46/CE. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: (1) «tipo di veicolo per quanto riguarda i dispositivi di rimorchio»: i veicoli che non differiscono per quanto concerne aspetti essenziali come le caratteristiche dei dispositivi di rimorchio; (2) «dispositivo di rimorchio»: un dispositivo a forma di gancio, occhione o altro, a cui è può essere fissata una fune o barra da traino. Articolo 3 Disposizioni relative all'omologazione CE di un veicolo per quanto riguarda i dispositivi di rimorchio 1. Il costruttore o un suo rappresentante presenta alle autorità competenti in materia di omologazione la domanda di omologazione CE per un veicolo per quanto riguarda i dispositivi di rimorchio. 2. La domanda è redatta secondo il modello della scheda informativa figurante nell'allegato I, parte 1. 3. Se i requisiti pertinenti stabiliti nell'allegato II del presente regolamento sono soddisfatti, l'autorità di omologazione rilascia l'omologazione CE e attribuisce un numero di omologazione in conformità al sistema di numerazione di cui all'allegato VII della direttiva 2007/46/CE. Uno Stato membro non può assegnare lo stesso numero a un altro tipo di veicolo. 4. Ai fini del paragrafo 3, l'autorità di omologazione rilascia il certificato di omologazione CE conforme al modello figurante nell'allegato I, parte 2. Articolo 4 Validità ed estensione delle omologazioni rilasciate a norma della direttiva 77/389/CEE Le autorità nazionali autorizzano la vendita e la messa in circolazione dei veicoli omologati anteriormente alla data di cui all'articolo 13, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 661/2009 e continuano a concedere l'estensione dell'omologazione di tali veicoli in conformità alla direttiva 77/389/CEE. Articolo 5 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, l'8 novembre 2010. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1. (2) GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1. (3) GU L 154 del 13.6.1977, pag. 41. ALLEGATO I Documenti amministrativi per l'omologazione CE dei veicoli a motore per quanto riguarda i dispositivi di rimorchio PARTE 1 Scheda informativa MODELLO Scheda informativa n. … relativa all’omologazione CE di un veicolo a motore per quanto riguarda i dispositivi di rimorchio. Le seguenti informazioni vanno fornite in triplice copia e comprendono un indice. I disegni devono essere forniti in scala adeguata ed essere sufficientemente dettagliati, in formato A4 o in un pieghevole di tale formato. Eventuali fotografie devono contenere sufficienti dettagli. Se i dispositivi, i componenti o le unità tecniche separate di cui alla presente scheda informativa sono controllati elettronicamente, vanno fornite informazioni sul loro funzionamento. 0. GENERALITÀ 0.1. Marca (ragione sociale del costruttore): … 0.2. Tipo: … 0.2.1. Eventuale/i denominazione/i commerciale/i: … 0.3. Mezzi d'identificazione del tipo, se indicati sul veicolo (1): … 0.3.1. Posizione dell'indicazione: … 0.4. Categoria del veicolo (2): … 0.5. Nome e indirizzo del costruttore: … 0.8. Nome e indirizzo dello o degli stabilimenti di montaggio: … 0.9. Nome e indirizzo dell'eventuale rappresentante del costruttore: … 1. CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE GENERALI DEL VEICOLO 1.1. Fotografie e/o disegni di un veicolo rappresentativo: … 2. MASSE E DIMENSIONI (3) (4) 2.8. Massa massima a pieno carico tecnicamente ammissibile dichiarata dal costruttore (5): … 2.11.5. Il veicolo è/non è (6) idoneo a rimorchiare carichi 12. VARIE 12.3. Dispositivo/i di rimorchio 12.3.1. Anteriore: gancio/occhione/altro (6) 12.3.2. Posteriore: gancio/occhione/altro/nessuno (6) 12.3.3. Disegno o fotografia del telaio/parte della carrozzeria del veicolo, che illustri la posizione, la costruzione ed il montaggio del/i dispositivo/i di rimorchio: … Note esplicative PARTE 2 Certificato di omologazione CE MODELLO Formato: A4 (210 × 297 mm) CERTIFICATO DI OMOLOGAZIONE CE Comunicazione concernente: — l'omologazione CE (7) — l'estensione dell'omologazione CE (7) — il rifiuto dell'omologazione CE (7) — la revoca dell'omologazione CE (7) di un tipo di veicolo per quanto riguarda i dispositivi di rimorchio a norma del regolamento (UE) n. 1005/2010, modificato da ultimo dal regolamento (UE) n. …/… (7) Numero di omologazione CE: … Motivo dell'estensione: … SEZIONE I 0.1. Marca (ragione sociale del costruttore): … 0.2. Tipo: … 0.2.1. Eventuale/i denominazione/i commerciale/i: … 0.3. Mezzi d'identificazione del tipo, se indicati sul veicolo (8): … 0.3.1. Posizione dell'indicazione: … 0.4. Categoria del veicolo (9): … 0.5. Nome e indirizzo del costruttore: … 0.8. Nome e indirizzo dello o degli stabilimenti di montaggio: … 0.9. Nome e indirizzo dell'eventuale rappresentante del costruttore: … SEZIONE II 1. Informazioni supplementari: cfr. Addendum. 2. Servizio tecnico incaricato dell'esecuzione delle prove: … 3. Data del verbale di prova: … 4. Numero del verbale di prova: … 5. Eventuali osservazioni: cfr. Addendum. 6. Luogo: … 7. Data: … 8. Firma: … Allegati : Fascicolo di omologazione. Verbale di prova (1) Se i mezzi d'identificazione del tipo contengono caratteri non attinenti alla descrizione dei tipi di veicoli, di componenti o di unità tecniche separate oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono sostituiti nella documentazione dal simbolo «?» (p.es. ABC??123??). (2) Classificato secondo le definizioni figuranti nell'allegato II, parte A, della direttiva 2007/46/CE. (3) Se esiste una versione con cabina normale e una versione con cabina a cuccetta, indicare le dimensioni e le masse per entrambe le versioni. (4) Norma ISO 612: 1978 — Veicoli stradali — Dimensioni degli autoveicoli e dei veicoli rimorchiati — Termini e definizioni. (5) Indicare i valori massimi e minimi di ogni variante. (6) Cancellare la dicitura non pertinente. (7) Cancellare la dicitura non pertinente. (8) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri non attinenti alla descrizione dei tipi di veicoli, componenti o unità tecnica separata oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono sostituiti nella documentazione dal simbolo «?» (p. es. ABC??123??). (9) Secondo le definizioni di cui all'allegato II, sezione A, della direttiva 2007/46/CE. Addendum al certificato di omologazione CE n. … 1. Informazioni supplementari: 1.1. Breve descrizione del tipo di veicolo con riferimento a struttura, dimensioni, linee e materiali: … 1.2. Numero totale e posizione del/i dispositivo/i di rimorchio: … 1.3. Metodo di aggancio al veicolo: … 1.4. Massa massima a pieno carico tecnicamente ammissibile del veicolo (kg): … 2. Dispositivo/i di rimorchio anteriore: gancio/occhione/altro (1) smontabile o non smontabile (1) 3. Dispositivo/i di rimorchio posteriore: gancio/occhione/altro/nessuno (1) smontabile o non smontabile (1) 4. Il veicolo è/non è (1) idoneo a rimorchiare carichi. 5. Osservazioni: … (1) Cancellare la dicitura non pertinente. ALLEGATO II Requisiti dei dispositivi di rimorchio 1. REQUISITI PARTICOLARI 1.1. Numero minimo di dispositivi. 1.1.1. Tutti i veicoli a motore devono essere dotati di un dispositivo di rimorchio montato sulla parte anteriore. 1.1.2. I veicoli della categoria M1 di cui all'allegato II, parte A, della direttiva 2007/46/CE, ad eccezione dei veicoli non idonei a rimorchiare un carico, devono essere dotati di un dispositivo di rimorchio sulla parte posteriore. 1.1.3. Un dispositivo di rimorchio posteriore può essere sostituito da un dispositivo di attacco meccanico, come stabilito dal regolamento n. 55 della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite (UN/ECE) (1), a condizione che siano soddisfatte le prescrizioni del punto 1.2.1. 1.2. Carico e stabilità 1.2.1. Ogni dispositivo di rimorchio montato sul veicolo deve poter sostenere una forza statica di trazione e compressione equivalente ad almeno la metà della massa massima a pieno carico tecnicamente ammissibile del veicolo. 2. PROCEDURA DI PROVA 2.1. I carichi per le prove di trazione e compressione sono applicati separatamente su ciascun dispositivo di rimorchio montato sul veicolo. 2.2. I carichi per le prove sono applicati in senso longitudinale e orizzontale rispetto al veicolo. (1) GU L 373 del 27.12.2006, pag. 50.
Dispositivi di rimorchio dei veicoli a motore QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce le norme relative all’omologazione dei dispositivi di rimorchio* dei veicoli a motore. Il suo scopo consiste nell’adattare i requisiti attuali agli sviluppi delle conoscenze scientifiche e tecniche. Rientra nel quadro di attuazione del regolamento (CE) n. 661/2009 sulla sicurezza generale dei veicoli a motore. PUNTI CHIAVE Tipi di veicoli interessati Il presente regolamento si applica alle categorie di veicoli M e N, ossia:ai veicoli a motore progettati e costruiti per il trasporto di persone ed aventi almeno quattro ruote; ai veicoli a motore progettati e costruiti per il trasporto di merci ed aventi almeno quattro ruote. Requisiti per i dispositivi di rimorchioI costruttori hanno l’obbligo di dotare i veicoli di un dispositivo di rimorchio. Ogni dispositivo di rimorchio montato sul veicolo deve poter sostenere una forza statica di trazione e compressione equivalente ad almeno la metà della massa massima a pieno carico tecnicamente ammissibile del veicolo. Il regolamento fissa inoltre delle procedure di prova per testare il materiale. Norme per l’omologazione UE Il fabbricante del veicolo deve presentare all’autorità di omologazione una domanda di omologazione UE. Tale domanda deve contenere determinate informazioni, nello specifico:la marca del veicolo e il tipo di veicolo; la massa massima a pieno carico tecnicamente ammissibile dichiarata dal costruttore; il disegno o la fotografia del telaio o della parte della carrozzeria del veicolo, che illustri la posizione, la costruzione ed il montaggio del dispositivo di rimorchio. Se l’autorità competente ritiene che il veicolo soddisfi tutti i requisiti relativi ai dispositivi di rimorchio, rilascerà l’omologazione UE e attribuirà un numero di omologazione in conformità alla direttiva 2007/46/CE. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Viene applicato dal 29 novembre 2010. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Direttive e regolamenti sui veicoli a motore, i loro rimorchi, dispositivi e componenti (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Dispositivo di rimorchio: un dispositivo a forma di gancio, occhione o altro, a cui può essere fissata una fune o barra da traino. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 1005/2010 della Commissione, dell’8 novembre 2010, relativo ai requisiti di omologazione per i dispositivi di rimorchio dei veicoli a motore, che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 291 del 9.11.2010, pag. 36). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativo ai requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 661/2009 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (Direttiva quadro) (GU L 263 del 9.10.2007, pgg. 1). Si veda la versione consolidata.
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31997R1255
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Regolamento (CE) n. 1255/97 del Consiglio del 25 giugno 1997 riguardante i criteri comunitari per i punti di sosta e che adatta il ruolino di marcia previsto dall'allegato della direttiva 91/628/CEE Gazzetta ufficiale n. L 174 del 02/07/1997 pag. 0001 - 0006 REGOLAMENTO (CE) N. 1255/97 DEL CONSIGLIO del 25 giugno 1997 riguardante i criteri comunitari per i punti di sosta e che adatta il ruolino di marcia previsto dall'allegato della direttiva 91/628/CEEIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea,vista la direttiva 91/628/CEE del Consiglio, del 19 novembre 1991, relativa alla protezione degli animali durante il trasporto e che modifica le direttive 90/425/CEE e 91/496/CEE (1), in particolare l'articolo 13, paragrafo 2 e l'articolo 14,vista la proposta della Commissione,considerando che, per migliorare il benessere di certe categorie di animali trasportati, la direttiva 91/628/CEE stabilisce prescrizioni riguardanti la durata massima del viaggio, dopo la quale gli animali devono essere scaricati, nutriti e abbeverati e fatti riposare per almeno 24 ore prima di far loro riprendere il viaggio;considerando che tali interruzioni obbligatorie nel trasporto di animali a lunga distanza avvengono nei punti di sosta;considerando che è necessario stabilire criteri applicabili in tutta la Comunità relativamente ai punti di sosta, onde garantire le migliori condizioni di benessere per gli animali che vi soggiornano, nonché prevedere talune disposizioni particolari in materia di polizia sanitaria;considerando che, onde facilitare il controllo del funzionamento dei punti di sosta, nonché dei veicoli e degli animali che li attraversano, è necessario prevedere la tenuta di un registro e occuparsi di alcune altre questioni amministrative;considerando che, per garantire che il viaggio degli animali trasportati prosegua nelle migliori condizioni possibili di benessere, l'autorità competente deve accertare la loro idoneità a proseguire il viaggio;considerando che, in attesa di misure volte alla riscossione di un canone comunitario per le spese determinate dal controllo veterinario per accertare l'idoneità degli animali a proseguire il viaggio, occorre precisare che gli Stati membri hanno la possibilità, nel rispetto delle norme generali del trattato, di mettere tali spese a carico dell'operatore interessato;considerando che, per assicurare l'osservanza di determinate norme applicabili nei punti di sosta, occorre adeguare alle nuove disposizioni il ruolino di marcia di cui al capitolo VIII dell'allegato della direttiva 91/628/CEE;considerando che è importante fissare in primo luogo le norme riguardanti i punti di sosta per solipedi domestici ed animali domestici delle specie bovina, ovina, caprina e suina;considerando che il comitato veterinario scientifico ha raccomandato certi requisiti minimi per i punti di sosta, che sono stati presi in considerazione,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1 1. Il presente regolamento si applica unicamente ai punti di sosta nella Comunità europea che accolgono durante almeno 24 ore solipedi domestici e animali domestici delle specie bovina, ovina, caprina e suina secondo le disposizioni di cui al capitolo VII dell'allegato della direttiva 91/628/CEE e fatte salve le direttive 64/432/CEE (2), 80/213/CEE (3), 85/511/CEE (4), 89/608/CEE (5), 90/425/CEE (6), 90/426/CEE (7), 91/68/CEE (8), 91/496/CEE (9), 92/102/CEE (10) e 93/119/CE (11).2. I punti di sosta di cui al paragrafo 1 devono rispettare i criteri comunitari previsti dal presente regolamento.Articolo 2 Ai fini del presente regolamento si applicano, ove necessario, le definizioni di cui all'articolo 2 delle direttive 64/432/CEE, 90/425/CEE, 91/496/CEE e 91/628/CEE.Articolo 3 1. Gli Stati membri provvedono affinché i punti di sosta siano approvati dall'autorità competente dello Stato membro sul cui territorio si trovano.2. Ai fini della concessione del riconoscimento, l'autorità competente quale definita all'articolo 2, paragrafo 6 della direttiva 90/425/CEE provvede affinché i punti di sosta soddisfino i requisiti di cui all'allegato I del presente regolamento; tali punti di sosta devono inoltre:a) essere situati in una zona non soggetta a divieto o restrizione secondo la pertinente legislazione comunitaria;b) essere posti sotto il controllo di un veterinario ufficiale che vigila in particolare alla osservanza delle disposizioni del presente regolamento;c) funzionare nel rispetto di tutte le disposizioni comunitarie pertinenti in materia di rispetto delle norme di polizia sanitaria, movimento degli animali e protezione degli animali al momento della macellazione;d) essere oggetto di ispezioni regolari per controllare che le condizioni di riconoscimento continuino ad essere soddisfatte.3. L'autorità competente rilascia un numero di riconoscimento a ciascun punto di sosta approvato. Tale riconoscimento può essere limitato ad una o più specie particolari o a alcune categorie di animali e di qualifica sanitaria. L'autorità competente notifica alla Commissione l'elenco dei punti di sosta approvati, nonché gli eventuali aggiornamenti. La Commissione comunica tali informazioni agli Stati membri nell'ambito del comitato veterinario permanente.4. L'autorità competente può sospendere o ritirare il riconoscimento in caso di mancata osservanza del presente articolo o di altre disposizioni appropriate del presente regolamento, oppure in caso di modifica della qualifica sanitaria della zona di ubicazione o di inosservanza delle norme relative al benessere degli animali. Il riconoscimento può essere nuovamente attribuito quando l'autorità competente abbia la garanzia che il punto di sosta soddisfi nuovamente tutte le disposizioni del presente regolamento.Articolo 4 1. I punti di sosta devono essere usati esclusivamente per accogliere, nutrire, abbeverare, far riposare, alloggiare, accudire e inoltrare a destinazione gli animali che vi transitano.2. Tuttavia, in deroga al precedente paragrafo del presente articolo, gli Stati membri possono inoltre riconoscere come punti di sosta i centri di raccolta quali definiti all'articolo 2, lettera o) della direttiva 64/432/CEE, a condizione che, allorché sono utilizzati come punti di sosta:a) soddisfino sia le prescrizioni pertinenti dell'articolo 11 della direttiva 64/432/CEE che le prescrizioni del presente regolamento;b) siano utilizzati esclusivamente per tale attività nel periodo in causa;c) non siano utilizzati per l'acquisto e la vendita degli animali contemplati dal presente regolamento.3. Solo gli animali aventi la stessa qualifica sanitaria certificata caratteristica della specie in causa e per i quali i punti di sosta sono stati approvati, possono essere presenti contemporaneamente nei punti di sosta, onde evitare qualsiasi rischio il compromettere la loro qualifica sanitaria.Articolo 5 Il proprietario o la persona fisica o giuridica che gestisce un punto di sosta è responsabile dell'osservanza delle pertinenti disposizioni del presente regolamento. A tal fine esso è tenuto in particolare:a) ad ammettere unicamente gli animali certificati e identificati secondo le normative comunitarie pertinenti, in particolare per quanto riguarda le disposizioni di cui all'articolo 3, paragrafo 3. A tal fine, egli verifica o fa verificare i documenti sanitari o altri documenti di accompagnamento relativi alle specie o alle categorie interessate e in maniera casuale i marchi di identificazione degli animali;b) a provvedere affinché, fatte salve le disposizioni di cui all'allegato I, parte B, punto 3, gli animali siano tenuti nei punti di sosta nello stesso gruppo che costituiva la partita di origine e che ciascuna partita sia alloggiata in installazioni totalmente separate la cui gestione deve avvenire secondo le istruzioni del veterinario ufficiale, al fine in particolare di evitare qualsiasi contatto che possa compromettere la qualifica sanitaria degli animali;c) a provvedere affinché gli animali che soggiornano nei punti di sosta siano nutriti ed abbeverati al momento opportuno, tenendo conto della specie in questione, ed a disporre a tal fine dei quantitativi adeguati;d) ad accudire gli animali che soggiornano nei punti di sosta e, ove necessario, a prendere tutte le disposizioni per assicurare il benessere degli animali e la conformità ai requisiti di salute animale;e) a rivolgersi, in caso di necessità, ad un veterinario- affinché agli animali che si ammalano o si feriscono durante il periodo in cui sono sotto la sua responsabilità venga prestato il trattamento veterinario opportuno e- affinché, se necessario, l'animale in causa sia macellato immediatamente o abbattuto o gli sia praticata l'eutanasia secondo la direttiva 93/119/CE;f) a utilizzare personale che possieda le attitudini, conoscenze e capacità professionali adeguate e che a tal fine disponga di una formazione specifica acquisita presso l'impresa o presso un organismo di formazione, ovvero vanti un'esperienza pratica equivalente per procedere alla manipolazione degli animali in questione nonché per prestare, se necessario, l'assistenza appropriata a tali animali;g) ad adottare le misure necessarie per garantire che tutti coloro che procedono alla manipolazione degli animali nei punti di sosta rispettino le disposizioni pertinenti in materia di benessere degli animali;h) a iscrivere in un registro o supporto informatico, da conservare e tenere a disposizione dell'autorità competente, per almeno tre anni, i dati di cui all'allegato I, parte C, punto 7;i) a segnalare il più rapidamente possibile all'autorità competente le anomalie riscontrate.Articolo 6 1. Prima della partenza degli animali dal punto di sosta, il veterinario ufficiale o un veterinario designato a tal fine dall'autorità competente conferma sul ruolino di marcia, modificato a tal fine in base all'allegato II, che gli animali sono idonei a continuare il viaggio.Gli Stati membri possono stabilire che le spese sostenute per il suddetto controllo veterinario siano a carico dell'operatore interessato.2. Le norme relative allo scambio di informazioni tra autorità per conformarsi ai requisiti del presente regolamento sono stabilite secondo la procedura di cui all'articolo 6, paragrafo 3 della direttiva 91/628/CEE.Articolo 7 Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Esso si applica a decorrere dal 1° gennaio 1999.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Lussemburgo, addì 25 giugno 1997.Per il ConsiglioIl presidenteJ. VAN AARTSEN(1) GU n. L 340 dell'11. 12. 1991, pag. 17. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 95/29/CE (GU n. L 148 del 30. 6. 1995, pag. 52).(2) GU n. 121 del 29. 7. 1964, pag. 1977/64. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 95/29/CE.(3) GU n. L 47 del 21. 2. 1980, pag. 1.(4) GU n. L 315 del 26. 11. 1985, pag. 11. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(5) GU n. L 351 del 2. 12. 1989, pag. 34.(6) GU n. L 224 del 18. 8. 1990, pag. 29. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 92/118/CEE (GU n. L 62 del 15. 3. 1993, pag. 49).(7) GU n. L 224 del 18. 8. 1990, pag. 42. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(8) GU n. L 46 del 19. 2. 1991, pag. 19. Direttiva modificata da ultimo dalla decisione 94/953/CE (GU n. L 371 del 31. 12. 1994, pag. 14).(9) GU n. L 268 del 24. 9. 1991, pag. 56. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 96/43/CE (GU n. L 162 dell'1. 7. 1996, pag. 1).(10) GU n. L 355 del 5. 12. 1992, pag. 32. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(11) GU n. L 340 del 31. 12. 1993, pag. 21.ALLEGATO I CRITERI COMUNITARI PER I PUNTI DI SOSTA A. MISURE SANITARIE E D'IGIENE 1. Ogni punto di sosta devea) avere le apparecchiature idonee alla pulitura e alla disinfezione di tutti i fabbricati, attrezzature, impianti e veicoli,b) essere costruito con materiali tali da poter essere adeguatamente e facilmente puliti e disinfettati,c) essere pulito e disinfettato prima e dopo ogni utilizzazione secondo le istruzioni del veterinario ufficiale.2. Il responsabile del punto di sosta deve fornire attrezzature pulite e tute di protezione, riservati esclusivamente a chiunque entri nel punto di sosta e mettere a disposizione le apparecchiature idonee alla loro pulitura e disinfezione.3. Le lettiere devono essere rimosse quando una partita di animali viene allontanata da un recinto e dopo esser state pulite e disinfettate secondo quanto previsto dal punto 1, lettera c) sostituite con lettiere fresche.4. I punti di sosta devono essere completamente evacuati dagli animali per un periodo di almeno 24 ore dopo un massimo di sei giorni di utilizzazione e dopo che sono state effettuate le operazioni di pulitura e di disinfezione e prima dell'arrivo di un'altra partita di animali.B. COSTRUZIONE E IMPIANTI 1. Oltre alle disposizioni di cui all'allegato, capitolo 1, parte A, punto 4 della direttiva 91/628/CEE applicabili ai mezzi di trasporto per il carico e lo scarico degli animali, ogni punto di sosta deve disporre di adeguate attrezzature e impianti per il carico e scarico degli animali dai mezzi di trasporto. In particolare le attrezzature e gli impianti devono avere un pavimento antisdrucciolevole e, ove occorra, devono essere muniti di protezioni laterali. Ponti, rampe e passerelle devono essere provvisti di parapetti o altri mezzi di protezione onde impedire che gli animali possano cadere. Le rampe di carico e scarico devono avere la minima inclinazione possibile. I corridoi nei quali passano gli animali devono essere muniti di pavimenti antisdrucciolevoli ed essere concepiti in modo che gli animali non possano ferirsi. È necessario evitare assolutamente che tra il pavimento del veicolo e la rampa o tra la rampa e il pavimento della zona di scarico vi sia un dislivello o un gradino tale da costringere gli animali a saltare o da farli scivolare o inciampare.A decorrere dal 1° luglio 1999 tutti i punti di sosta devono essere costantemente muniti di un numero sufficiente di rampe fisse o mobili costruite e usate in modo che gli animali non debbano salire e scendere per pendenze superiori a 20° durante il carico e lo scarico.2. Tutti gli impianti dei punti di sosta usati per accogliere gli animali devono:a) essere muniti di pavimenti antisdrucciolevoli e concepiti in modo che gli animali non possano ferirsi;b) aver una tettoria ed un'adeguata protezione laterale onde proteggere gli animali da condizioni climatiche avverse;c) disporre di adeguati impianti per tenere, ispezionare, eventualmente esaminare, nutrire e abbeverare gli animali e per conservare i mangimi;d) disporre, secondo la capacità di accoglienza, di ventilazione e drenaggio idonei per la specie di animali accolti;e) disporre di illuminazione naturale o artificiale di intensità sufficiente a consentire l'ispezione di tutti gli animali in qualsiasi momento; se necessario, dovrebbe essere disponibile un'adeguata illuminazione di riserva;f) disporre di apparecchiature per legare gli animali per i quali esista tale necessità; in questo caso gli animali devono essere legati in modo da non soffrire inutilmente e da poter alimentarsi, bere o coricarsi senza difficoltà;g) disporre, in funzione delle specie in questione, di sufficiente spazio per consentire agli animali di coricarsi contemporaneamente e di arrivare agevolmente agli impianti di abbeveraggio e alimentazione;h) avere un'adeguata disponibilità di materiale per lettiere. Tale materiale deve essere sistemato in ciascun recinto in modo da rispettare le esigenze di ciascuna specie o categoria di animali accolti;i) essere costruiti e mantenuti in modo da evitare che gli animali vengano a contatto con oggetti appuntiti o pericolosi oppure con superfici danneggiate che possano causar loro ferite.3. I punti di sosta devono avere adeguati impianti che consentano l'alloggio separato di animali ammalati, feriti o bisognosi di particolari attenzioni.4. Nei punti di sosta devono essere disponibili impianti idonei per tutto il personale che frequenta ed utilizza i locali.5. I punti di sosta devono disporre di sistemi adeguati per il deposito e l'eliminazione di materiali di scarto e per il deposito delle carcasse, in attesa che siano portate via e distrutte a norma della direttiva 90/667/CEE (1).C. MODALITÀ OPERATIVE 1. Gli animali devono essere scaricati al più presto dopo il loro arrivo. Tuttavia in caso di ritardi inevitabili, tenuto conto in particolare delle condizioni climatiche e dei periodi di attesa, occorre assicurare che gli animali beneficino delle migliori condizioni di benessere.2. Durante le operazioni di carico e scarico occorre provvedere affinché gli animali non siano spaventati, eccitati o maltrattati e occorre evitare che siano rovesciati. Gli animali non devono essere sollevati o trascinati per la testa, le corna, le orecchie, le zampe, la coda o il vello, in modo da evitare ferite o sofferenze inutili. Ove occorra, gli animali devono essere guidati individualmente.3. Per gli spostamenti degli animali in tutti gli impianti:a) devono essere previsti dei corridoi per assecondare le loro tendenze gregarie;b) gli strumenti destinati a guidare gli animali devono essere usati soltanto a questo fine e gli strumenti che provocano scariche elettriche devono essere evitati il più possibile; possono comunque essere usati soltanto per i bovini ed i suini adulti che rifiutano di muoversi, a condizione che le scariche non durino più di due secondi, siano adeguatamente intervallate e che gli animali dispongano davanti a loro di spazio sufficiente per muoversi. Le scariche possono essere applicate soltanto ai muscoli posteriori;c) gli animali non devono essere percossi, né subire pressioni su qualsiasi parte sensibile del corpo, in particolare non si deve loro schiacciare, torcere o rompere la coda, né colpire gli occhi. È vietato prenderli a pugni o a calci;d) il personale addetto agli animali nei punti di sosta non deve detenere né usare pungoli o altri strumenti appuntiti. Si possono usare bastoni o altri strumenti per guidare gli animali purché non causino ferite o sofferenze inutili quando entrano in contatto con il corpo dell'animale.4. Gli animali che arrivano dopo essere stati sottoposti a temperature elevate in condizioni di tempo umido devono poter essere rinfrescati al più presto con metodi appropriati.5. Gli animali devono essere nutriti e abbeverati in modo che ogni capo accolto nel punto di sosta possa almeno disporre di un quantitativo sufficiente di acqua pulita e di mangime adeguato per soddisfare le sue esigenze fisiologiche durante il soggiorno e per la prevista durata del viaggio fino al successivo punto di sosta in cui sarà nutrito. I punti di sosta possono accogliere animali con speciali esigenze alimentari quali, ad esempio, i giovani vitelli che hanno bisogno di un alimento liquido, soltanto se adeguatamente attrezzati e provvisti di personale in grado di soddisfare tali esigenze.6. Le condizioni e lo stato degli animali devono essere ispezionati dal personale del punto di sosta al momento dell'arrivo e almeno una volta ogni 12 ore durante il soggiorno nel punto di sosta.7. Il registro di cui all'articolo 5, lettera h) della presente direttiva deve contenere i dati seguenti:a) data e ora di completamento dello scarico e di inizio del ricarico degli animali di ogni partita;b) data e durata del vuoto sanitario di cui alla parte A, punto 4 del presente allegato;c) numero/numeri del certificato sanitario/dei certificati sanitari relativi a ciascuna partita;d) eventuali osservazioni utili sulla salute o sullo stato di benessere degli animali e in particolare:- caratteristiche e numero degli animali trovati morti al momento dello scarico nel punto di sosta o morti durante il soggiorno nello stesso;- caratteristiche e numero degli animali trovati gravemente feriti al momento dello scarico, feritisi durante il soggiorno o che vengono ritenuti non idonei per spostamenti ulteriori;e) nomi e indirizzi del trasportatore e degli autisti e numeri di immatricolazione dei veicoli.(1) GU n. L 363 del 27. 12. 1990, pag. 51. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.
Il benessere degli animali durante il trasporto: norme relative ai punti di sosta SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Stabilisce le norme relative ai punti di sosta in cui gli animali devono riposare per almeno 12 ore durante pause obbligatorie nei viaggi di lunga distanza all’interno dell’Unione europea (UE). Queste regole sono concepite per garantire condizioni ottimali per il loro benessere. PUNTI CHIAVE I punti di sosta devono: trovarsi in luoghi non soggetti a restrizioni di polizia sanitaria; essere posti sotto il controllo di un veterinario ufficiale; essere oggetto di ispezioni regolari almeno due volte all’anno; essere conformi a tutte le norme dell’UE sulla salute degli animali; rispettare dettagliate misure di salute e igiene, criteri di costruzione e regole operative. Tali norme riguardano lo strame, le lettiere, le operazioni di carico e scarico delle attrezzature e il trattamento degli animali durante il loro soggiorno. I punti di sosta vengono utilizzati esclusivamente per accogliere, nutrire, abbeverare, far riposare, alloggiare, accudire e inoltrare a destinazione gli animali che vi transitano. Solo gli animali aventi la stessa qualifica sanitaria certificata possono essere presenti contemporaneamente. L’autorità nazionale competente approva e assegna un numero a ciascun punto di sosta. L’approvazione può essere limitata a determinate specie o categorie di animali e alle loro condizioni di salute. I proprietari dei punti di sosta devono: accettare esclusivamente animali certificati o identificati in base alle normative dell’UE rilevanti; garantire che gli animali vengano accuditi, nutriti e abbeverati secondo necessità; chiamare un veterinario, se necessario, per trattare o inoltrare a destinazione un animale; utilizzare personale che abbia ricevuto una formazione e possieda le competenze professionali adeguate; notificare alle autorità competenti la partenza di una consegna entro un giorno lavorativo; informare l’autorità competente delle irregolarità il prima possibile. Nel caso di gravi violazioni delle norme riguardanti la salute o il benessere degli animali, i paesi dell’UE devono sospendere l’utilizzo di un punto di sosta e devono informare la Commissione europea e gli altri paesi dell’UE in merito. Prima che gli animali lascino il punto di sosta, un veterinario ufficiale deve verificare che siano idonei a proseguire il viaggio. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica a partire dal 1o gennaio 1999. CONTESTO Il trattato di Lisbona, in vigore dal 1o dicembre 2009, riconosce che gli animali sono esseri senzienti. Di conseguenza, le politiche dell’UE devono rispettare tutti i requisiti relativi al loro benessere. L’UE ha adottato normative separate per quanto concerne: il benessere degli animali trasportati all’interno dell’UE; la protezione degli animali durante il trasporto internazionale. Per maggiori informazioni, si veda la pagina «Benessere degli animali: i traguardi più significativi» sul sito Internet della Commissione europea. ATTO Regolamento (CE) n. 1255/97 del Consiglio, del 25 giugno 1997, riguardante i criteri comunitari per i punti di sosta e che adatta il ruolino di marcia previsto dall’allegato della direttiva 91/628/CEE (GU L 174 del 2.7.1997, pagg. 1-6) Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 1255/97 del Consiglio sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. ATTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 1/2005 del Consiglio, del 22 dicembre 2004, sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate che modifica le direttive 64/432/CEE e 93/119/CE e il regolamento (CE) n. 1255/97 (GU L 3 del 5.1.2005, pagg. 1-44) Decisione 2004/544/CE del Consiglio, del 21 giugno 2004, relativa alla firma della Convenzione europea sulla protezione degli animali nei trasporti internazionali (GU L 241 del 13.7.2004, pag. 21)
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Direttiva 90/269/CEE del Consiglio, del 29 maggio 1990, relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute concernenti la movimentazione manuale di carichi che comporta tra l'altro rischi dorso-lombari per i lavoratori (quarta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) Gazzetta ufficiale n. L 156 del 21/06/1990 pag. 0009 - 0013 edizione speciale finlandese: capitolo 5 tomo 4 pag. 0198 edizione speciale svedese/ capitolo 5 tomo 4 pag. 0198 DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 29 maggio 1990 relativa alla prescrizioni minime di sicurezza e di salute concernenti la movimentazione manuale di carichi che comporta tra l'altro rischi dorso-lombari per i lavoratori (quarta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (90/269/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 118 A, vista la proposta della Commissione (1), presentata previa consultazione del comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro, in cooperazione con il Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che l'articolo 118 A del trattato prevede che il Consiglio adotti, mediante direttiva, prescrizioni minime per promuovere il miglioramento in particolare dell'ambiente di lavoro, per garantire un più elevato livello di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori; considerando che, a norma dell'articolo precitato, le direttive evitano di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuri- dici di natura tale da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese; considerando che la comunicazione della Commissione relativa al suo programma in materia di sicurezza, di igiene e di salute sul luogo di lavoro (4) prevede l'adozione di direttive volte a garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori; considerando che il Consiglio, nella risoluzione del 21 dicembre 1987, relativa alla sicurezza, all'igiene e alla tutela della salute sul luogo di lavoro (5), ha preso atto dell'intenzione della Commissione di presentargli a breve termine una direttiva sulla protezione contro i rischi derivanti dal trasporto manuale di carichi pesanti; considerando che il rispetto delle prescrizioni minime atte a garantire un miglior livello di sicurezza e di salute sui luoghi di lavoro costituisce un imperativo per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori; considerando che la presente direttiva è una direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva GU n. C 96 del 17. 4. 1990, pag. 82. 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (6); che di conseguenza le disposizioni di quest'ultima direttiva si applicano pienamente al settore della movimentazione manuale di carichi che comporta tra l'altro rischi dorso-lombari per i lavoratori, fatte salve le disposizioni più vincolanti e/o specifiche contenute nella presente direttiva; considerando che la presente direttiva costituisce un elemento concreto nell'ambito della realizzazione della dimensione sociale del mercato interno; considerando che, a norma della decisione 74/325/CEE (7), la Commissione consulta il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro, ai fini dell'elaborazione di proposte in questo settore, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: SEZIONE I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Oggetto 1. La presente direttiva, che è la quarta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE, stabilisce prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative alla movimentazione manuale di carichi che comporta tra l'altro rischi dorso-lombari per i lavoratori. 2. Le disposizioni della direttiva 89/391/CEE si applicano interamente a tutto il settore di cui al paragrafo 1, fatte salve le disposizioni più vincolanti e/o specifiche contenute nella presente direttiva. Articolo 2 Definizione Ai sensi della presente direttiva, per movimentazione manuale di carichi si intendono le operazioni di trasporto o di sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori, comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico, che per le loro caratteristiche o in conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli comportano tra l'altro rischi dorso-lombari per i lavoratori. SEZIONE II OBBLIGHI DEI DATORI DI LAVORO Articolo 3 Disposizione generale 1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie o ricorre ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori. 2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati o fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale di detti carichi, in base all'allegato I. Articolo 4 Organizzazione dei posti di lavoro Nel caso in cui la necessità di una movimentazione manuale di un carico ad opera del lavoratore non possa essere evitata, il datore di lavoro organizza i posti di lavoro in modo che detta movimentazione sia quanto più possibile sicura e sana e: a) valuta, se possibile in anticipo, le condizioni di sicurezza e di salute presentate dal lavoro in questione e tiene conto in particolare delle caratteristiche del carico, in base all'allegato I; b) si preoccupa di evitare o ridurre tra l'altro i rischi dorso-lombari del lavoratore adottando le misure adeguate e tenendo conto in particolare delle caratteristiche dell'ambiente di lavoro e delle esigenze che tale attività comporta, in base all'allegato I. Articolo 5 Presa in considerazione dell'allegato II Ai fini dell'attuazione dell'articolo 6, paragrafo 3, lettera b) e degli articoli 14 e 15 della direttiva 89/391/CEE, occorre tener conto dell'allegato II. Articolo 6 Informazione e formazione dei lavoratori 1. Fatto salvo l'articolo 10 della direttiva 89/391/CEE, i lavoratori e/o i loro rappresentanti vengono informati di tutte le misure da attuare in applicazione della presente direttiva per la protezione della sicurezza e della salute. I datori di lavoro provvedono affinché i lavoratori e/o i loro rappresentanti ricevano indicazioni generali e, ogniqualvolta sia possibile, informazioni precise: - sul peso di un carico; - sul centro di gravità o sul lato più pesante nel caso in cui il contenuto di un imballaggio abbia una collocazione eccentrica. 2. Fatto salvo l'articolo 12 della direttiva 89/391/CEE, i datori di lavoro provvedono affinché i lavoratori abbiano, inoltre, una formazione adeguata e informazioni precise relative alla movimentazione corretta dei carichi e ai rischi che corrono in particolare se queste attività non vengono eseguite in maniera tecnicamente corretta, tenuto conto degli allegati I e II. Articolo 7 Consultazione e partecipazione dei lavoratori La consultazione e la partecipazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti si svolge conformemente all'articolo 11 della direttiva 89/391/CEE su tutte le questioni che rientrano nell'ambito della presente direttiva, compresi i suoi allegati. SEZIONE III DISPOSIZIONI VARIE Articolo 8 Adattamento degli allegati Gli adattamenti di carattere prettamente tecnico degli allegati I e II in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione delle normative o specifiche internazionali oppure delle conoscenze nel settore della movimentazione manuale dei carichi sono adottati secondo la procedura prevista all'articolo 17 della direttiva 89/391/CEE. Articolo 9 Disposizioni finali 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi il 31 dicembre 1992. Essi ne informano immediatamente la Commissione. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che hanno già adottato o che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. 3. Ogni quattro anni gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione sull'attuazione pratica delle disposizioni della presente direttiva, indicando i punti di vista delle parti sociali. La Commissione ne informa il Parlamento europeo, il Consiglio, il Comitato economico e sociale ed il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro. 4. La Commissione presenta periodicamente al Parlamento europeo, al Consiglio ed al Comitato economico e sociale una relazione sull'attuazione della presente direttiva, tenendo conto dei paragrafi 1, 2 e 3. Articolo 10 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 29 maggio 1990. Per il Consiglio Il Presidente B. AHERN (1) GU n. C 117 del 4. 5. 1988, pag. 8. (2) GU n. C 326 del 19. 12. 1988, pag. 137, e(3) GU n. C 318 del 12. 12. 1988, pag. 37. (4) GU n. C 28 del 3. 2. 1988, pag. 3. (5) GU n. C 28 del 3. 2. 1988, pag. 1.(6) GU n. L 183 del 29. 6. 1989, pag. 1. (7) GU n. L 185 del 9. 7. 1974, pag. 15. ALLEGATO I (*) ELEMENTI DI RIFERIMENTO (Articolo 3, paragrafo 2, articolo 4, lettere a) e b) e articolo 6, paragrafo 2) 1. Caratteristiche del carico La movimentazione manuale di un carico può costituire un rischio tra l'altro dorso-lombare nei casi seguenti: - il carico è troppo pesante o troppo grande; - è ingombrante o difficile da afferrare; - è in equilibrio instabile o il suo contenuto rischia di spostarsi; - è collocato in una posizione tale per cui deve essere tenuto o maneggiato a una certa distanza dal tronco o con una torsione o inclinazione del tronco; - può, a motivo della struttura esterna e/o della consistenza, comportare lesioni per il lavoratore, in particolare in caso di urto. 2. Sforzo fisico richiesto Lo sforzo fisico può presentare un rischio tra l'altro dorso-lombare nei seguenti casi: - è eccessivo; - può essere effettuato soltanto con un movimento di torsione del tronco; - può comportare un movimento brusco del carico; - è compiuto con il corpo in posizione instabile. 3. Caratteristiche dell'ambiente di lavoro Le caratteristiche dell'ambiente di lavoro possono aumentare le possibilità di rischio tra l'altro dorso-lombare nei seguenti casi: - lo spazio libero, in particolare verticale, è insufficiente per lo svolgimento dell'attività richiesta; - il pavimento è ineguale, quindi presenta rischi di inciampo o di scivolamento per le scarpe calzate dal lavoratore; - il posto o l'ambiente di lavoro non consentono al lavoratore la movimentazione manuale di carichi a un'altezza di sicurezza o in buona posizione; - il pavimento o il piano di lavoro presenta dislivelli che implicano la manipolazione del carico a livelli diversi; - il pavimento o il punto d'appoggio sono instabili; - la temperatura, l'umidità o la circolazione dell'aria sono inadeguate. 4. Esigenze connesse all'attività L'attività può comportare un rischio tra l'altro dorso-lombare se comporta una o più delle seguenti esigenze: - sforzi fisici che sollecitano in particolare la colonna vertebrale, troppo frequenti o troppo prolungati; - periodo di riposo fisiologico o di recupero insufficiente; - distanze troppo grandi di sollevamento, di abbassamento o di trasporto; - un ritmo imposto da un processo che non può essere modulato dal lavoratore. (*) Nella prospettiva di un'analisi plurifattoriale possono essere presi contemporaneamente in considerazione vari elementi che figurano negli allegati I e II. ALLEGATO II (*) FATTORI INDIVIDUALI DI RISCHIO (Articolo 5 e articolo 6, paragrafo 2) Il lavoratore può correre un rischio nei seguenti casi: - inidoneità fisica a svolgere il compito in questione; - indumenti, calzature o altri effetti personali inadeguati portati dal lavoratore; - insufficienza o inadeguatezza delle conoscenze o della formazione. (*) Nella prospettiva di un'analisi plurifattoriale possono essere presi contemporaneamente in considerazione vari elementi che figurano negli allegati I e II.
Sicurezza sul lavoro: movimentazione manuale dei carichi L’obiettivo della direttiva è garantire che i lavoratori all’interno dell’Unione europea (UE) siano tutelati dai rischi legati alla movimentazione manuale dei carichi*. ATTO Direttiva 90/269/CEE del Consiglio, del 29 maggio 1990, relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute concernenti la movimentazione manuale di carichi che comporta tra l’altro rischi dorso-lombari per i lavoratori (quarta direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) SINTESI L’obiettivo della direttiva è garantire che i lavoratori all’interno dell’Unione europea (UE) siano tutelati dai rischi legati alla movimentazione manuale dei carichi*. CHE COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA? Stabilisce requisiti di salute e di sicurezza concernenti la movimentazione manuale di carichi, che comporta tra l’altro rischi dorso-lombari per i lavoratori. PUNTI CHIAVE I datori di lavoro dovrebbero fare tutto il possibile per evitare la necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale, il datore di lavoro modifica il modo in cui il lavoro è organizzato o fornisce ai lavoratori i mezzi adeguati per ridurre il rischio, attraverso i seguenti interventi: organizza i posti di lavoro in modo che la movimentazione sia quanto più possibile sicura; valuta, se possibile in anticipo, le condizioni di sicurezza e di salute presentate dal lavoro in questione, in particolare le caratteristiche del carico; si preoccupa di evitare o ridurre i rischi dorso-lombari adottando le misure adeguate e tenendo conto dell’ambiente di lavoro e dell’attività; fornisce ai lavoratori informazioni sul peso e sulla distribuzione del peso di un carico; assicura un’adeguata formazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori riguardante la movimentazione di carichi e i rischi potenziali. Si rischia un infortunio alla schiena se il carico: è troppo pesante o troppo grande; è ingombrante o difficile da afferrare; è in equilibrio instabile o il suo contenuto rischia di spostarsi; è collocato in una posizione tale per cui deve essere tenuto o maneggiato a una certa distanza dal tronco, oppure con una torsione o inclinazione del tronco; può intrinsecamente comportare lesioni per il lavoratore, in particolare in caso di urto. Lo sforzo fisico può presentare un rischio di lesioni se: è eccessivo; può essere effettuato soltanto con un movimento di torsione del tronco; può comportare un movimento brusco del carico; è compiuto con il corpo in posizione instabile. L’ambiente di lavoro può aumentare le possibilità di rischio se: non c’è abbastanza spazio per svolgere l’attività; il pavimento è ineguale, oppure instabile, irregolare o scivoloso; le condizioni del posto di lavoro impediscono la movimentazione di carichi a un’altezza di sicurezza o in buona posizione; la temperatura, l’umidità o la ventilazione sono inadeguate. L’attività può comportare un rischio se prevede: sforzi eccessivi che sollecitano in particolare la colonna vertebrale; periodi di riposo o di recupero insufficienti; distanze di sollevamento, di abbassamento o di trasporto eccessive; un ritmo imposto da un processo che non può essere modulato dal lavoratore. Il lavoratore può correre un rischio se: non è fisicamente idoneo a svolgere il compito; indossa indumenti inadeguati; possiede una conoscenza o una formazione inadeguata. TERMINE CHIAVE * Movimentazione manuale di carichi: ai fini della presente direttiva, si intendono le operazioni di trasporto o di sostegno di un carico, comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o spostare un carico, che comportano tra l’altro rischi dorso-lombari. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA PRESENTE DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 12 giugno 1990. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 90/269/CEE 12.6.1990 31.12.1992 GU L 156 del 21.6.1990, pag. 9-13 Atto modificatore Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 2007/30/CE 28.6.2007 31.12.2012 GU L 165 del 27.6.2007, pag. 21-24
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DECISIONE (UE) 2017/865 DEL CONSIGLIO dell'11 maggio 2017 relativa alla firma, a nome dell'Unione europea, della convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria in materia penale IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 82, paragrafo 2, e l'articolo 83, paragrafo 1, in combinato disposto con l'articolo 218, paragrafo 5, vista la proposta della Commissione europea, considerando quanto segue: (1) L'Unione europea ha partecipato insieme agli Stati membri in qualità di osservatore ai negoziati per la convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica («convenzione»), che è stata adottata dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa il 7 aprile 2011. La convenzione è stata aperta alla firma l'11 maggio 2011. (2) In conformità dell'articolo 75 della convenzione, la convenzione è aperta alla firma dell'Unione. (3) La convenzione istituisce un quadro giuridico completo e multiforme per tutelare le donne contro tutte le forme di violenza. Essa mira a prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e le ragazze e la violenza domestica. La convenzione contempla una vasta gamma di misure, dalla raccolta dei dati e la sensibilizzazione alle misure legali per qualificare come reati diverse forme di violenza contro le donne. Essa comprende misure per la protezione delle vittime e la messa a disposizione di servizi di sostegno, e affronta la dimensione della violenza di genere in materia di asilo e migrazione. La convenzione istituisce uno specifico meccanismo di controllo per garantire l'attuazione efficace delle sue disposizioni a opera delle parti. (4) La firma della convenzione a nome dell'Unione contribuirà alla realizzazione della parità tra uomini e donne in tutti gli ambiti, quale valore e obiettivo fondamentale dell'Unione che quest'ultima deve perseguire in tutte le sue attività, ai sensi degli articoli 2 e 3 del trattato sull'Unione europea (TUE), dell'articolo 8 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE)e dell'articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. La violenza contro le donne è una violazione dei loro diritti umani e una forma estrema di discriminazione, radicata nella disparità fra i generi e che contribuisce a mantenerla e rafforzarla. Impegnandosi ad attuare la convenzione, l'Unione conferma il proprio impegno a combattere la violenza contro le donne nel proprio territorio e a livello globale, e rafforza l'attuale azione politica e il quadro giuridico sostanziale esistente nel settore del diritto di procedura penale che è di particolare importanza per le donne e le ragazze. (5) Sia l'Unione che i suoi Stati membri hanno competenze nei settori contemplati dalla convenzione. (6) È opportuno firmare la convenzione a nome dell'Unione per quanto riguarda le materie ricadenti nella competenza dell'Unione nella misura in cui la convenzione può incidere su norme comuni o modificarne la portata. Ciò riguarda, in particolare, determinate disposizioni della convenzione relative alla cooperazione giudiziaria in materia penale e le disposizioni della convenzione relativa all'asilo e al non respingimento. Gli Stati membri mantengono le rispettive competenze nella misura in cui la convenzione non incide sulle norme comuni o ne modifica la portata. (7) L'Unione ha altresì competenza esclusiva per accettare gli obblighi stabiliti dalla convenzione per quanto riguarda le proprie istituzioni e l'amministrazione pubblica. (8) Poiché la competenza dell'Unione e le competenze degli Stati membri sono interconnesse, l'Unione dovrebbe aderire alla convenzione unitamente ai suoi Stati membri, così da poter adempiere insieme agli obblighi stabiliti dalla convenzione ed esercitare in maniera coerente i diritti loro conferiti. (9) La presente decisione riguarda le disposizioni della convenzione sulla cooperazione giudiziaria in materia penale nella misura in cui tali disposizioni incidono sulle norme comuni o ne modificano la portata. Non riguarda gli articoli 60 e 61 della convenzione, i quali sono oggetto di una distinta decisione del Consiglio relativa alla firma, che sarà adottata in parallelo alla presente decisione. (10) L'Irlanda e il Regno Unito sono vincolati dalle direttive 2011/36/UE (1) e 2011/93/UE (2) del Parlamento europeo e del Consiglio e partecipano quindi all'adozione della presente decisione. (11) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca, allegato al TUE e al TFUE, la Danimarca non partecipa all'adozione della presente decisione, non è da essa vincolata, né è soggetta alla sua applicazione. (12) È opportuno firmare la convenzione, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 È autorizzata, a nome dell'Unione europea, la firma della convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria in materia penale, con riserva della conclusione di tale convenzione (3). Articolo 2 Il presidente del Consiglio è autorizzato a designare la persona o le persone abilitate a firmare la convenzione a nome dell'Unione. Articolo 3 La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Bruxelles, l'11 maggio 2017 Per il Consiglio Il presidente R. GALDES (1) Direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI (GU L 101 del 15.4.2011, pag. 1). (2) Direttiva 2011/93/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, e che sostituisce la decisione quadro 2004/68/GAI del Consiglio (GU L 335 del 17.12.2011, pag. 1). (3) Il testo della convenzione sarà pubblicato unitamente alla decisione sulla sua conclusione.
Adesione dell’Unione europea alla convenzione di Istanbul QUAL È LO SCOPO DELLE DECISIONI? È autorizzata, a nome dell’Unione europea (Unione), la firma della convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul) per quanto riguarda le materie ricadenti nella competenza dell’Unione. Questo è un passo importante per l’Unione nel far parte interamente, insieme agli Stati membri dell’Unione, alla Convenzione di Istanbul. PUNTI CHIAVE Convenzione di Istanbul ricopre materie ricadenti nella competenza dell’Unione e dei suoi Stati membri.L’Unione dovrebbe dunque diventare parte della convenzione insieme agli Stati membri cosicché questi possano ottemperare efficacemente dagli obblighi stabiliti nella convenzione. È opportuno firmare la convenzione a nome dell’Unione per quanto riguarda le materie ricadenti nella competenza dell’Unione nella misura in cui la convenzione può incidere su norme comuni o modificarne la portata. Ciò riguarda, in particolare, determinate disposizioni della convenzione relative alla cooperazione giudiziaria in materia penale e le disposizioni della convenzione relativa all’asilo e al non respingimento (protezione di una persona contro l’espulsione o ritornare in un paese dove ci sarebbe ragione di paura per persecuzione, uno dei componenti essenziali di status di rifugiato e diritto di asilo). A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Esse si applicano dal 9 giugno 2017. CONTESTO La convenzione di Istanbul si è confermato come il regime internazionale del trattato nella prevenzione e la lotto contro la violenza sulle donne* e violenza domestica*. È stata presentata e aperta per la firma nel 2011 ed è entrata in vigore dall’agosto del 2014. È aperta alla firma da parte dell’Unione, il quale ha partecipato insieme agli stati membri come un osservatore nella sua negoziazione. Decisione (UE) 2017/865 e (UE) 2017/866 sono state adottate nel contesto del 2017 , essendo dichiarato dalla Commissione europea come anno incentrato sulle azione per combattere la violenze sulle donne. Per ulteriori informazioni, si veda:Giorno internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne- scheda (Commissione Europea) TERMINI CHIAVE Violenza domestica contro le donne Come definito nella convenzione di Istanbul, atti di violenza di genere (ossia violenza diretta sulla donna, perché identificata come donna, o che influisce sulle donne sproporzionatamente) che producono, o possa produrre danni o sofferenze fisica, psicologica, sessuale ed economica per le donne nonché la minaccia di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà sia nella vita pubblica che nella vita privata. Violenza domestica Come definito nella convenzione di Istanbul, tutti gli atti di violenza fisica, psicologica, sessuale ed economica che si verificano nel contesto domestico o familiare, tra ex o attuale coniuge, o compagni, se non autore di condivisioni o che abbia condiviso la stessa residenza con la vittima. DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione (UE) 2017/865 del Consiglio, dell’11 maggio 2017, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, della convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria in materia penale (GU L 131 del 20.5.2017, pag. 11). Decisione (UE) 2017/866 del Consiglio, dell’11 maggio 2017, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, della convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica per quanto riguarda l’asilo e il non-respingimento (GU L 131 del 20.5.2017, pag. 13). DOCUMENTI CORRELATI Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul), Strasbourg 12 aprile 2011.
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Direttiva 85/374/CEE del Consiglio del 25 luglio 1985 relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati Membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi Gazzetta ufficiale n. L 210 del 07/08/1985 pag. 0029 - 0033 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 6 pag. 0239 edizione speciale spagnola: capitolo 13 tomo 19 pag. 0008 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 6 pag. 0239 edizione speciale portoghese: capitolo 13 tomo 19 pag. 0008 *****DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 25 luglio 1985 relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi (85/374/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che il ravvicinamento delle legislazioni nazionali in materia di responsabilità del produttore per i danni causati dal carattere difettoso dei suoi prodotti è necessario perché le disparità esistenti fra tali legislazioni possono falsare il gioco della concorrenza e pregiudicare la libera circolazione delle merci all'interno del mercato comune determinando disparità nel grado di protezione del consumatore contro i danni causati alla sua salute e ai suoi beni da un prodotto difettoso; considerando che solo la responsabilità del produttore, indipendente dalla sua colpa, costituisce un'adeguata soluzione del problema, specifico di un'epoca caratterizzata dal progresso tecnologico, di una giusta attribuzione dei rischi inerenti alla produzione tecnica moderna; considerando che la responsabilità si applica solo ai beni mobili che sono oggetto di una produzione industriale; che pertanto occorre escludere da detta responabilità i prodotti agricoli e i prodotti della caccia, salvo che siano stati sottoposti ad una trasformazione di carattere industriale che possa provocarne un difetto; che la responsabilità contemplata dalla presente direttiva vale anche per le cose mobili impiegate nei lavori di costruzione d'immobili o incorporate a beni immobili; considerando che ai fini della protezione del consumatore è necessario considerare responsabili tutti i partecipanti al processo produttivo se il prodotto finito o la parte componente o la materia prima da essi fornita sono difettosi: che per lo stesso motivo è necessario che sia impegnata la responsabilità dell'importatore che introduca prodotti nella Comunità europea e quella di chiunque si presenti come produttore apponendo il suo nome, marchio o altro segno distintivo o fornisca un prodotto il cui produttore non possa essere identificato; considerando che, se dello stesso danno sono responsabili più persone, la protezione del consumatore implica che il danneggiato possa chiedere il risarcimento integrale del danno ad uno qualsiasi dei responsabili; considerando che per proteggere il consumatore nella sua integrità fisica e nei suoi beni è necessario che il carattere difettoso di un prodotto sia determinato non già in base alla carenza del prodotto dal punto di vista del suo uso, bensì in base alla mancanza della sicurezza che il grande pubblico può legittimamente attendersi; che questa sicurezza è valutata esludendo qualsiasi uso abusivo del prodotto che nella fattispecie fosse irragionevole; considerando che una giusta ripartizione dei rischi tra il danneggiato e il produttore implica che quest'ultimo possa esimersi dalla responsabilità se prova l'esistenza di alcuni fatti che lo liberano; considerando che la protezione del consumatore esige che la responsabilità del produttore non risenta dell'intervento di altre persone che abbiano contribuito a causare il danno; che tuttavia la colpa concorrente del danneggiato può essere presa in considerazione per ridurre o sopprimere tale responsabilità; considerando che la protezione del consumatore esige il risarcimento dei danni risultanti dalla morte e dalle lesioni personali nonché il risarcimento dei danni materiali; che esso deve tuttavia essere limitato agli oggetti per uso privato o per consumo privato e soggetto a detrazione di uno franchigia di importo fisso, per evitare un eccessivo numero di controversie; che la direttiva non pregiudica il risarcimento del pretium doloris e di altri danni morali eventualmente previsto dalla legge applicabile nella fattispecie; considerando che un termine di prescrizione uniforme dell'azione di risarcimento è nell'interesse sia del danneggiato sia del produttore; considerando che nel corso del tempo i prodotti si deteriorano, le norme di sicurezza diventano più rigorose e le conoscenze tecnologiche e scientifiche migliorano; che non sarebbe perciò equo pretendere che il produttore fosse responsabile, senza limiti di tempo, dei difetti dei suoi prodotti; che la sua responsabilità deve quindi estinguersi dopo un periodo di durata ragionevole, lasciando tuttavia impregiudicate le azioni pendenti; considerando che ai fini di una efficace protezione del consumatore deve essere esclusa la possibilità di derogare con clausola contrattuale alla responsabilità del produttore nei confronti del danneggiato; considerando che secondo i sistemi giuridici degli stati membri il danneggiato può avere diritto al risarcimento in base alla responsabilità contrattuale o ad un titolo fondato sulla responsabilità extracontrattuale diverso da quello previsto dalla presente direttiva; che, nella misura in cui tali disposizioni perseguono anch'esse l'obiettivo di un'efficace protezione dei consumatori, esse non devono essere pregiudicate dalla presente direttiva; che, nella misura in cui una protezione efficace dei consumatori nel settore dei prodotti farmaceutici sia già garantita in uno stato membro anche mediante un regime speciale di responsabilità, devono ugualmente continuare ad essere possibili azioni basate su questo regime; considerando che, nella misura in cui la responsabilità per danni nucleari è già sottoposta in tutti gli stati membri ad adeguate regolamentazioni speciali, è possibile escludere dal campo di applicazione della presente direttiva danni di tale natura; considerando che l'esclusione dei prodotti agricoli e dei prodotti della caccia dal campo d'applicazione della presente direttiva può essere considerata in taluni stati membri, tenuto conto delle esigenze della protezione dei consumatori, come una ingiustificata restrizione di tale protezione; che deve perciò essere possibile ad uno stato membro estendere la responsabilità a questi prodotti; considerando che per analoghe ragioni la possibilità ad un produttore di liberarsi dalla responsabilità se prova che lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento in cui ha messo il prodotto in circolazione non permetteva di scoprire l'esistenza del difetto, può essere considerata in taluni stati membri come una restrizione ingiustificata della protezione dei consumatori; che deve quindi essere possibile ad uno Stato membro mantenere nella sua legislazione o prescrivere con una nuova legislazione l'inammissibilità di tale prova liberatoria; che in caso di nuova legislazione il ricorso a questa deroga deve tuttavia essere subordinato ad una procedura di statu quo comunitaria per aumentare, se possibile, in modo uniforme il grado di protezione della Comunità; considerando che, tenuto conto delle tradizioni giuridiche della maggior parte degli stati membri, non è appropriato stabilire un tetto finanziario alla responsabilità del produttore, indipendente dalla sua colpa; che tuttavia, nella misura in cui esistono tradizioni diverse, sembra possibile ammettere che uno stato membro possa derogare al principio della responsabilità illimitata prescrivendo un limite alla responsabilità globale del produttore per la morte e i danni personali causati da articoli identici che presentino lo stesso difetto, a condizione che tale limite sia fissato ad un livello sufficientemente elevato da garantire un'adeguata protezione dei consumatori e il corretto funzionamento del mercato comune; considerando che l'armonizzazione risultante dalla presente direttiva non può per ora essere totale ma apre la strada verso una maggiore armonizzazione; che è opportuno quindi che al Consiglio siano sottoposte ad intervalli regolari relazioni della Commissione sull'applicazione della presente direttiva, accompagnate eventualmente da proposte appropriate; considerando che a questo proposito è particolarmente importante procedere ad un riesame delle disposizioni della presente direttiva concernenti le deroghe consentite agli stati membri, alla scadenza di un periodo sufficientemente lungo per poter disporre di un'esperienza pratica sugli effetti di tali deroghe sulla protezione dei consumatori e sul funzionamento del mercato comune, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Il produttore è responsbile del danno causato da un difetto del suo prodotto. Articolo 2 Ai fini della presente direttiva, per « prodotto » si intende ogni bene mobile, ad eccezione dei prodotti agricoli naturali e dei prodotti della caccia, anche se forma parte di un altro bene mobile o immobile. Per « prodotti agricoli naturali » si intendono i prodotti del suolo, dell'allevamento e della pesca, ad esclusione dei prodotti che hanno subito una prima trasformazione. Per « prodotto » si intende anche l'elettricità. Articolo 3 1. Il termine « produttore » designa il fabbricante di un prodotto finito, il produttore di una materia prima o il fabbricante di una parte componente, nonché ogni persona che, apponendo il proprio nome, marchi marchio o altro segno distintivo sul prodotto, si presenta come produttore dello stesso. 2. Senza pregiudizio della responsabilità del produttore, chiunque importi un prodotto nella Comunità europea ai fini della vendita, della locazione, del « leasing » o di qualsiasi altra forma di distribuzione nell'ambito della sua attività commerciale, è considerato produttore del medesimo ai sensi della presente direttiva ed è responsabile allo stesso titolo del produttore. 3. Quando non può essere individuato il produttore del prodotto si considera tale ogni fornitore a meno che quest'ultimo comunichi al danneggiato, entro un termine regionevole, l'identità del produttore o della persona che gli ha fornito il prodotto. Le stesse disposizioni si applicano ad un prodotto importato, qualora questo non rechi il nome dell'importatore di cui al paragrafo 2, anche se è indicato il nome del produttore. Articolo 4 Il danneggiato deve provare il danno, il difetto e la connessione causale tra difetto e danno. Articolo 5 Se, in applicazione della presente direttiva, più persone sono responsabili dello stesso danno, esse rispondono in solido, fatte salve le disposizioni nazionali in materia di diritto di rivalsa. Articolo 6 1. Un prodotto è difettoso quando non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere tenuto conto di tutte le circostanze, tra cui: a) la presentazione del prodotto, b) l'uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato, c) il momento della messa in circolazione del prodotto. 2. Un prodotto non può essere considerato difettoso per il solo fatto che un prodotto più perfezionato sia stato messo in circolazione successivamente ad esso. Articolo 7 Il produttore non è responsabile ai sensi della presente direttiva se prova: a) che non ha messo il prodotto in circolazione; b) che, tenuto conto delle circostanze, è lecito ritenere che il difetto che ha causato il danno non esistesse quando l'aveva messo in circolazione o sia sorto successivamente; c) che non ha fabbricato il prodotto per la vendita o qualsiasi altra forma di distribuzione a scopo economico, né l'ha fabbricato o distribuito nel quadro della sua attività professionale; d) che il difetto è dovuto alla conformità del prodotto a regole imperative emanate dai poteri pubblici; e) che lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento in cui ha messo in circolazione il prodotto non permetteva di scoprire l'esistenza del difetto; f) nel caso del produttore di una parte componente, che il difetto è dovuto alla concezione del prodotto in cui è stata incorporata la parte o alle istruzione date dal produttore del prodotto. Articolo 8 1. Fatte salve le disposizioni nazionali in materia di diritto di rivalsa, la responsabilità del produttore non risulta diminuita quando il danno è provocato congiuntamente da un difetto del prodotto e dall'intervento di un terzo. 2. La responsabilità del produttore può essere ridotta o soppressa, tenuto conto di tutte le circostanze, quando il danno è provocato congiuntamente da un difetto del prodotto e per colpa del danneggiato o di una persona di cui il danneggiato è responsabile. Articolo 9 Ai sensi dell'articolo 1, per « danno » si intende: a) il danno causato dalla morte o da lesioni personali, b) il danno o la distruzione di una cosa diversa dal prodotto difettoso, previa detrazione di una franchigia di 500 ECU, purché la cosa i) sia del tipo normalmente destinato all'uso o consumo privato e ii) sia stata utilizzata dal danneggiato principalmente per proprio uso o consumo privato. Il presente articolo lascia impregiudicate le disposizioni nazionali relative ai danni morali. Articolo 10 1. Gli stati membri prevedono nella loro legislazione che l'azione di risarcimento prevista in forza della presente direttiva cade in prescrizione dopo un termine di tre anni a decorrere dalla data in cui il ricorrente ha avuto o avrebbe dovuto aver conoscenza del danno, del difetto e dell'identità del produttore. 2. La presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni degli stati membri che disciplinano la sospensione o l'interruzione della prescrizione. Articolo 11 Gli stati membri prevedono nella loro legislazione che i diritti conferiti al danneggiato in applicazione della presente direttiva si estinguono alla scadenza di dieci anni dalla data in cui il produttore ha messo in circolazione il prodotto che ha causato il danno, a meno che il danneggiato non abbia avviato, durante tale periodo, un procedimento giudiziario contro il produttore. Articolo 12 La responsabilità del produttore derivante dalla presente direttiva non può essere soppressa o limitata, nei confronti del danneggiato, da una clausola esonerativa o limitativa di responsabilità. Articolo 13 La presente direttiva lascia impregiudicati i diritti che il danneggiato può esercitare in base al diritto relativo alla responsabilità contrattuale o extracontrattuale o in base ad un regime speciale di responsabilità esistente al momento della notifica della direttiva. Articolo 14 La presente direttiva non si applica ai danni risultanti da incidenti nucelari e coperti da convenzioni internazionali ratificate dagli stati membri. Articolo 15 1. Ciascuno stato membro può: a) in deroga all'articolo 2, prevedere nella propria legislazione che, ai sensi dell'articolo 1 della presente direttiva, il termine « prodotto » designi anche i prodotti agricoli naturali e i prodotti della caccia; b) in deroga all'articolo 7, lettera e), mantenere o, fatta salva la procedura di cui al paragrafo 2 del presente articolo, prevedere nella propria legislazione che il produttore è responsabile anche se prova che lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento in cui ha messo in circolazione il prodotto non permetteva di scoprire l'esistenza del difetto. 2. Lo stato membro che desideri applicare la misura prevista al paragrafo 1, lettera b), ne comunica il testo alla Commissione, la quale ne informa gli altri stati membri. Lo stato membro interessato sospende l'adozione della misura prevista durante un periodo di nove mesi a decorrere dall'informazione della Commissione e a condizione che quest'ultima non abbia nel frattempo presentato al Consiglio una proposta di modifica della presente direttiva riguardante la materia presa in considerazione. Tuttavia, se entro tre mesi dal giorno in cui ha ricevuto l'informazione la Commissione non comunica allo stato membro interessato l'intenzione di presentare siffatta proposta al Consiglio, tale stato membro può adottare immediatamente la misura prevista. Qualora la Commissione presenti al Consiglio la proposta di modifica della presente direttiva entro il periodo di nove mesi sopra menzionato, lo stato membro sospende l'adozione della misura prevista per un ulteriore periodo di diciotto mesi a decorrere dal giorno della presentazione. 3. Dieci anni dopo la data di notifica della presente direttiva, la Commissione sottopone al Consiglio una relazione sull'incidenza, per quanto attiene alla protezione dei consumatori e al funzionamento del mercato comune, dell'applicazione data dai tribunali all'articolo 7, lettera e), e al paragrafo 1, lettera b), del presente articolo. In base a tale relazione il Consiglio, deliberando su proposta della Commissione alle condizioni previste dall'articolo 100 del trattato, decide se abrogare l'articolo 7, lettera e). Articolo 16 1. Ciascuno stato membro può stabilire che la responsabilità totale del produttore per i danni risultanti dalla morte o da lesioni personali a causa di articoli identici aventi lo stesso difetto sia limitato ad un determinato importo, non inferiore a 70 milioni di ECU. 2. Dieci anni dopo la data di notifica della direttiva, la Commissione sottopone al Consiglio una relazione sull'incidenza, per quanto attiene alla protezione dei consumatori e al funzionamento del mercato comune, dell'applicazione del limite finanziario della responsabilità da parte degli stati membri che hanno fatto uso della facoltà prevista al paragrafo 1. Alla luce di tale relazione, il Consiglio, deliberando su proposta della Commissione alle condizioni previste dall'articolo 100 del trattato, decide se abrogare il paragrafo 1. Articolo 17 La presente direttiva non si applica ai prodotti messi in circolazione prima della data di entrata in vigore delle disposizioni previste dall'articolo 19. Articolo 18 1. Ai sensi della presente direttiva, l'ECU è quella definita dal regolamento (CEE) n. 3180/78 (1), modificato dal regolamento (CEE) n. 2626/84 (2). Il controvalore in moneta nazionale è inizialmente quello applicabile il giorno dell'adozione della presente direttiva. 2. Il Consiglio, su proposta della Commissione procede ogni cinque anni all'esame e, se del caso, alla revisione degli importi della presente direttiva, tenendo conto dell'evoluzione economica e monetaria nella Comunità. Articolo 19 1. Gli stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro un termine di tre anni dalla sua notifica (1) e ne informano immediatamente la Commissione. 2. La procedura di cui all'articolo 15, paragrafo 2, si applica a decorrere dalla notifica della presente direttiva. Articolo 20 Gli stati membri provvedono a comunicare alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 21 La Commissione trasmette ogni cinque anni al Consiglio una relazione sull'applicazione della presente direttiva e gli presenta, se necessario, proposte appropriate. Articolo 22 Gli stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 25 luglio 1985. Per il Consiglio Il Presidente J. POOS (1) GU n. C 241 del 14. 10. 1976, pag. 9 e GU n. C 271 del 26. 10. 1979, pag. 3. (2) GU n. C 127 del 21. 5. 1979, pag. 61. (3) GU n. C 114 del 7. 5. 1979, pag. 15. (1) GU n. L 379 del 30. 12. 1978, pag. 1. (2) GU n. L 247 del 16. 9. 1984, pag. 1. (1) La presente direttiva è stata notificata agli stati membri il 30 luglio 1985.
Prodotti difettosi: responsabilità SINTESI CHE COSA FA LA DIRETTIVA? Stabilisce il principio della responsabilità indipendentemente dalla colpa, applicabile ai produttori europei. Se un prodotto difettoso* provoca danni al consumatore, il produttore può essere responsabile anche senza negligenza o colpa da parte sua. PUNTI CHIAVE Danni coperti La direttiva si applica a danni: — causati dalla morte o da lesioni personali; — causati alla proprietà privata. I paesi dell’Unione europea (UE) possono fissare un limite per la responsabilità totale di un produttore in caso di morte o di lesione personale derivanti da articoli identici aventi lo stesso difetto. Responsabilità Il termine produttore designa: — il produttore di una materia prima, il fabbricante di un prodotto finito o di una parte componente; — l’importatore del prodotto; — qualsiasi persona che appone il proprio nome, marchio o altro segno distintivo sul prodotto; — qualsiasi persona che fornisce un prodotto il cui produttore o importatore non può essere identificato. Qualora due o più persone siano responsabili dello stesso danno, esse risponderanno in solido. Prova del danno Un prodotto è difettoso quando non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere tenuto conto di tutte le circostanze, tra cui: — la presentazione del prodotto; — l’uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato; — il momento della messa in circolazione del prodotto. L’onere della prova spetta alla persona danneggiata. Essa deve dimostrare: — il danno effettivo; — un difetto nel prodotto; — un nesso di causalità tra il danno e il difetto. Tuttavia, essa non deve dimostrare la negligenza o la colpa del produttore o dell’importatore. Esclusione di responsabilità Una serie di fattori può esonerare il produttore dalla responsabilità, nel caso in cui: — non abbia messo in circolazione il prodotto; — il difetto sia comparso dopo che il prodotto è stato messo in circolazione; — il prodotto non sia stato fabbricato per essere venduto o distribuito a scopo di lucro; — il prodotto non sia stato fabbricato o distribuito per qualsiasi scopo nel quadro delle normali operazioni e pratiche della sua attività; — il difetto sia dovuto alla conformità del prodotto rispetto a norme vincolanti emanate da autorità pubbliche; — il difetto di un componente sia stato causato durante la fabbricazione di un prodotto finale. Quando il danneggiato ha colpa, la responsabilità del produttore può essere ridotta. Scadenza della responsabilità — Il danneggiato dispone di tre anni entro i quali chiedere un risarcimento. Il periodo decorre dalla data in cui il danneggiato ha avuto conoscenza del danno, del difetto e dell’identità del produttore. — Il produttore non è più responsabile dopo dieci anni dalla data di immissione sul mercato del prodotto. — Nessuna clausola contrattuale può permettere al produttore di limitare la sua responsabilità in relazione alla persona danneggiata. — Le norme nazionali sulla responsabilità civile sono ancora applicabili. A PARTIRE DA QUANDO ENTRA IN VIGORE LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 30 luglio 1985. I paesi dell’UE dovevano recepirla nella legislazione nazionale entro il 30 luglio 1988. CONTESTO Responsabilità dei prodotti difettosi TERMINI CHIAVE * Prodotto: qualsiasi bene mobile, anche se parte di un altro bene mobile o immobile. Esso include l’elettricità, i prodotti agricoli naturali (prodotti del suolo, dell’allevamento e della pesca, ad esclusione dei prodotti che hanno subito una prima trasformazione, ovvero taglio, spelatura e congelazione di frutta e verdura) e i giochi. ATTO Direttiva 85/374/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1985, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi (GU L 210 del 7.8.1985, pagg. 29-33)
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Decisione del Consiglio del 22 luglio 2003 che istituisce un comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro (Testo rilevante ai fini del SEE) Gazzetta ufficiale n. C 218 del 13/09/2003 pag. 0001 - 0004 Decisione del Consigliodel 22 luglio 2003che istituisce un comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro(2003/C 218/01)(Testo rilevante ai fini del SEE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 202,vista la proposta della Commissione, presentata previa consultazione del comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro,considerando quanto segue:(1) La protezione contro gli infortuni e le malattie professionali fa parte degli obiettivi del trattato.(2) La trasformazione profonda dei metodi di produzione in tutti i settori dell'economia e la diffusione di tecniche e materie pericolose hanno fatto sorgere nuovi problemi per quanto concerne la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro.(3) Occorrerebbe prevedere un organismo permanente con il compito di assistere la Commissione nella preparazione e nell'esecuzione delle attività nei settori della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro, nonché di facilitare la cooperazione tra le amministrazioni nazionali e le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro.(4) Con le decisioni dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di consiglio speciale dei ministri adottate durante la 36a e la 42a sessione del Consiglio, tenutesi rispettivamente il 6 settembre 1956 e il 9 e il 10 maggio 1957, è stato creato un organo permanente per la sicurezza nelle miniere di carbon fossile, il cui mandato è stato definito dalla decisione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di consiglio speciale dei ministri del 9 luglio 1957 relativa al mandato e al regolamento interno dell'organo permanente per la sicurezza nelle miniere di carbon fossile(1) e le cui competenze sono state estese in virtù della decisione 74/326/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1974(2).(5) Peraltro, la decisione 74/325/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1974, che istituisce un comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro(3), aveva anch'essa istituito un analogo organismo permanente competente per l'insieme delle attività economiche, ad esclusione delle industrie estrattive e del settore della protezione sanitaria dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti.(6) Gli importanti cambiamenti che si sono verificati nel corso degli ultimi anni nel mondo del lavoro e che hanno interessato la costruzione europea, soprattutto attraverso l'inserimento di un protocollo sociale nel trattato di Amsterdam, nonché le nuove prospettive che si aprono in virtù del processo di allargamento in corso impongono un riesame critico e costruttivo delle esperienze di concertazione e degli organismi costituiti a tal fine nelle Comunità.(7) Nella comunicazione relativa ad un programma comunitario nel settore della sicurezza, dell'igiene e della tutela della salute sul luogo di lavoro (1996-2000), la Commissione aveva sottolineato l'esigenza di una razionalizzazione del funzionamento dei due comitati consultivi, in particolare il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro e l'organo permanente per la sicurezza e la salubrità nelle miniere di carbon fossile e nelle altre industrie estrattive, da conseguire mediante una loro fusione, la riduzione del numero dei membri e la creazione di un segretariato unico.(8) La comunicazione della Commissione "Adattarsi alle trasformazioni del lavoro e della società: una nuova strategia comunitaria per la salute e la sicurezza 2002-2006" constata del resto che l'efficace attuazione del diritto comunitario richiede una stretta cooperazione tra la Commissione e le amministrazioni degli Stati membri e che tale cooperazione potrebbe risultare più efficace e più semplice se i due comitati consultivi venissero fusi in un unico comitato consultivo.(9) Risulta opportuno mantenere la struttura del comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro, apportando nel contempo gli adeguamenti necessari a migliorarne il funzionamento e definendone chiaramente la natura orizzontale delle sue competenze per contemplare tutti i campi di attività pubblici e privati conformemente alla normativa comunitaria sulla salute e la sicurezza sul luogo di lavoro. Risulta altresì opportuno conservare le competenze e l'esperienza acquisita dall'organo permanente per la sicurezza e la salubrità nelle miniere di carbon fossile e nelle altre industrie estrattive, mediante l'istituzione di gruppi di lavoro permanenti a carattere settoriale nell'ambito del citato comitato consultivo.(10) Tale riforma dovrebbe essere inserita in una nuova decisione che istituisca un comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro quale unica istanza consultiva ed abroghi la decisione 74/325/CEE.(11) Dovrebbero inoltre essere abrogate le decisioni relative alla creazione dell'organo permanente per la sicurezza nelle miniere di carbon fossile, la decisione relativa al mandato e al regolamento interno dell'organo permanente per la sicurezza nelle miniere di carbon fossile, e la decisione 74/326/CEE,DECIDE:Articolo 1È istituito un comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro (in seguito denominato "comitato").Articolo 21. Il comitato ha il compito di assistere la Commissione nella preparazione, nell'esecuzione e nella valutazione delle attività nei settori della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro.Tale compito riguarda i settori di attività pubblici e privati.2. In particolare, il comitato ha il compito di:a) procedere, sulla base delle informazioni messe a sua disposizione, a scambi di opinioni e di esperienze riguardo alle regolamentazioni esistenti o prospettate;b) contribuire all'elaborazione di un'impostazione comune dei problemi inerenti ai settori della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro, nonché alla scelta delle priorità comunitarie e delle misure necessarie alla loro realizzazione;c) richiamare l'attenzione della Commissione sui settori in cui appaiano necessarie l'acquisizione di nuove conoscenze e l'attuazione di adeguate azioni di formazione e di ricerca;d) definire, nell'ambito dei programmi di azione comunitaria:- i criteri e gli obiettivi della lotta contro i rischi di infortuni sul lavoro e i pericoli per la salute nell'azienda;- i metodi che consentano alle aziende e al loro personale di valutare e migliorare il livello di protezione;e) contribuire, unitamente all'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, ad informare le amministrazioni nazionali e le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro in merito alle azioni comunitarie, per facilitarne la cooperazione e favorirne le iniziative volte allo scambio delle esperienze acquisite e alla definizione di codici di buona prassi;f) esprimere un parere sulle proposte di iniziative comunitarie che abbiano un impatto sulla sicurezza e sulla salute sul luogo di lavoro;g) esprimere un parere sul programma annuale e sul programma modulato su quattro anni dell'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro.3. Ai fini dello svolgimento di tali compiti il comitato collabora con gli altri comitati competenti in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro, tra l'altro con il comitato degli ispettori del lavoro ad alto livello e il comitato scientifico per i limiti dell'esposizione professionale agli agenti chimici, soprattutto attraverso lo scambio di informazioni.Articolo 31. Il comitato è composto di tre membri titolari per Stato membro; ciascuno Stato membro dispone di un rappresentante delle amministrazioni nazionali, un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei lavoratori ed un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro.2. Per ogni membro titolare possono essere nominati due membri supplenti.Fatto salvo l'articolo 6, paragrafo 3, il membro supplente assiste alle riunioni del comitato soltanto in caso di impedimento del membro titolare che sostituisce.3. I membri titolari e i supplenti sono nominati dal Consiglio. Gli Stati membri, quando presentano l'elenco dei candidati al Consiglio, si adoperano per garantire che la composizione del comitato rispecchi imparzialmente i vari settori economici interessati e la proporzione di uomini e donne nella popolazione attiva.4. L'elenco dei membri titolari e supplenti è pubblicato dal Consiglio, a titolo informativo, nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Articolo 41. La durata del mandato dei membri titolari e dei membri supplenti è di tre anni. Il mandato è rinnovabile.2. Al termine del mandato i membri titolari ed i membri supplenti rimangono in carica sino a quando non si sia provveduto alla loro sostituzione o al rinnovo del loro mandato.3. Il mandato cessa prima del termine del periodo triennale in caso di dimissioni o quando lo Stato membro interessato notifichi che è stato posto fine al mandato.Il membro è sostituito per la restante durata del mandato secondo la procedura di cui all'articolo 3.Articolo 51. All'interno del comitato sono costituiti tre gruppi d'interesse di cui fanno parte rispettivamente i rappresentanti delle amministrazioni nazionali, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori ed i rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro.2. Ciascun gruppo d'interesse designa al proprio interno un portavoce.3. Ciascun gruppo d'interesse designa un coordinatore che partecipa alle riunioni del comitato, dell'ufficio di presidenza e del gruppo d'interesse.4. Per l'organizzazione dei lavori del comitato viene creato un ufficio di presidenza, composto di due rappresentanti della Commissione, nonché del portavoce e del coordinatore di ciascun gruppo d'interesse.Articolo 61. Il comitato è presieduto dal direttore generale della Commissione responsabile della politica sociale o, in caso di impedimento e a titolo eccezionale, da uno dei direttori della medesima direzione generale da lui designato. Il presidente non partecipa al voto.2. Il comitato si riunisce, su convocazione del presidente, per iniziativa di quest'ultimo o su richiesta di almeno un terzo dei membri.3. Il presidente può, di propria iniziativa, invitare al massimo due esperti a partecipare alle riunioni del comitato.Ogni gruppo d'interesse del comitato può farsi assistere al massimo da due esperti, a condizione che il presidente venga informato almeno tre giorni prima della riunione del comitato.4. Il comitato può istituire gruppi di lavoro presieduti da un suo membro o da un membro supplente. Ciascun gruppo di lavoro è composto di quattro esperti per gruppo d'interesse.Nell'ambito del comitato è istituito un gruppo di lavoro permanente, composto da cinque esperti per ogni gruppo di interesse, con il compito di trattare, su base regolare, questioni relative al settore minerario e alle industrie estrattive.I presidenti di questi gruppi presentano i risultati dei propri lavori, sotto forma di relazioni, nel corso di una riunione del comitato.5. I rappresentanti dei servizi interessati della Commissione partecipano alle riunioni del comitato e dei gruppi di lavoro. Il segretariato è assicurato dai servizi della Commissione.6. Alle riunioni del comitato possono assistere in qualità di osservatori:- il direttore dell'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro;- il direttore della Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro;- un rappresentante per ciascun gruppo d'interesse degli Stati membri dello Spazio economico europeo.7. Previo parere motivato dell'ufficio di presidenza il presidente può autorizzare altri osservatori ad assistere alle riunioni del comitato.Articolo 71. Le deliberazioni del comitato sono valide quando sono presenti due terzi dei membri. Solo i membri del comitato partecipano al voto.2. I pareri del comitato devono essere motivati. Essi sono adottati a maggioranza assoluta dei voti validamente espressi. Sono accompagnati da una nota scritta da cui risultino le opinioni formulate dalla minoranza, quando quest'ultima lo richieda.3. Il comitato si dota di procedure decisionali accelerate per le quali si applicano mutatis mutandis le condizioni stabilite nei paragrafi 1 e 2.Articolo 8Su parere della Commissione il comitato adotta il regolamento interno che detta le modalità pratiche del proprio funzionamento, in particolare quelle concernenti le procedure decisionali accelerate e i meccanismi di cooperazione con gli altri comitati competenti in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro, tra l'altro con il comitato degli ispettori del lavoro ad alto livello e il comitato scientifico per i limiti dell'esposizione professionale agli agenti chimici. Il regolamento interno è trasmesso a titolo informativo al Parlamento europeo e al Consiglio; quest'ultimo ha altresì il diritto di avocazione.Articolo 9Fatto salvo l'articolo 287 del trattato, i membri del comitato sono tenuti a non divulgare le informazioni di cui siano venuti a conoscenza attraverso l'attività del comitato o dei gruppi di lavoro, ogniqualvolta la Commissione li informi che il parere richiesto o il quesito posto verte su una materia di carattere riservato. In tal caso, solo i membri del comitato e i rappresentanti della Commissione possono presenziare alle riunioni.Articolo 10Le decisioni relative alla creazione dell'organo permanente per la sicurezza nelle miniere di carbon fossile, adottate durante la 36a e la 42a sessione del Consiglio, tenutesi rispettivamente il 6 settembre 1956 e il 9 e 10 maggio 1957, la decisione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di consiglio speciale dei ministri del 9 luglio 1957, relativa al mandato e al regolamento interno dell'organo permanente per la sicurezza nelle miniere di carbon fossile, e le decisioni 74/325/CEE e 74/326/CEE sono abrogate.Articolo 11La presente decisione entra in vigore il 1o gennaio 2004.Fatto a Bruxelles, addì 22 luglio 2003.Per il ConsiglioIl PresidenteG. Alemanno(1) GU 57 del 31.8.1957, pag. 487. Decisione modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(2) GU L 185 del 9.7.1974, pag. 18. Decisione modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(3) GU L 185 del 9.7.1974, pag. 15. Decisione modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.
Comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro (ACSH) QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Istituisce il comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro, un organo consultivo tripartito, il cui compito è quello di assistere la Commissione europea nella preparazione e attuazione delle decisioni adottate nel campo della sicurezza e della salute sul luogo di lavoro e di agevolare la cooperazione tra le amministrazioni nazionali, i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro. PUNTI CHIAVE Il comitato, istituito per semplificare il processo di consultazione in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, copre tutti i settori pubblici e privati dell'economia. I suoi compiti principali sono: fornire pareri sulle iniziative dell'Unione europea (EU) in materia di sicurezza e salute (nuova normativa, programmi UE, ecc.); contribuire in modo proattivo a identificare le priorità a livello UE e a definire strategie politiche pertinenti; favorire lo scambio di vedute e di esperienze (interfaccia tra il livello nazionale e UE). Il comitato è composto da tre membri, uno per ciascun paese dell'UE: un rappresentante delle amministrazioni nazionali, un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei lavoratori, un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro, nominati dal Consiglio per un periodo di tre anni. All'interno del comitato sono costituiti tre gruppi d'interesse. Ciascun gruppo d'interesse designa al proprio interno un portavoce e un coordinatore. Il comitato è presieduto dal direttore generale della Commissione responsabile della politica sociale. Si riunisce due volte all'anno in una seduta plenaria. La Commissione (la direzione generale per l'Occupazione, gli affari sociali e l'inclusione) fornisce servizi di segreteria per il comitato. Il modus operandi del comitato è disciplinato dal suo regolamento interno (RI), che il comitato ha adottato il 18 novembre 2004 sulla base di un parere favorevole della Commissione. Il RI definisce inoltre le procedure decisionali da seguire per l'adozione di qualsiasi posizione ufficiale da parte del comitato. Tra le possibili procedure vi sono: la procedura decisionale ordinaria, applicata in occasione delle riunioni plenarie. In questo contesto, un parere o una decisione possono: essere adottati all'unanimità, quando i portavoce dei tre gruppi di interesse sono in completo accordo sulla questione in discussione, essere adottati a maggioranza assoluta dei voti, se non si raggiunge un accordo unanime; la procedura decisionale accelerata, applicata con procedura scritta (è richiesta la maggioranza assoluta). I pareri adottati dal comitato non sono vincolanti per la Commissione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Si applica dal 1o gennaio 2004. CONTESTO Per maggiori informazioni, si veda: «Salute e sicurezza sul lavoro - Comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro» sul sito della Commissione europea. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione del Consiglio del 22 luglio 2003 che istituisce un comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro (2003/C 218/01) (GU C 218 del 13.9.2003, pag. 1–4) DOCUMENTI CORRELATI Parere della Commissione sul progetto di regolamento interno del Comitato consultivo per la sicurezza e la salute sul luogo di lavoro (COM(2004) 756 def.del 17.11.2004)
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32017D2307
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DECISIONE (UE) 2017/2307 DEL CONSIGLIO del 9 ottobre 2017 relativa alla conclusione dell'accordo tra l'Unione europea e la Repubblica del Cile sul commercio di prodotti biologici IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 207, paragrafo 4, primo comma, in combinato disposto con l'articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, lettera a), punto v), e l'articolo 218, paragrafo 7, vista la proposta della Commissione europea, vista l'approvazione del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) A norma della decisione (UE) 2017/436 del Consiglio (2), l'accordo tra l'Unione europea e la Repubblica del Cile sul commercio di prodotti biologici («accordo») è stato firmato il 27 aprile 2017, con riserva della sua conclusione. (2) Nell'accordo l'Unione e la Repubblica del Cile riconoscono l'equivalenza delle rispettive norme in materia di produzione biologica e dei sistemi di controllo relativi ai prodotti biologici. (3) L'accordo intende promuovere il commercio di prodotti biologici, contribuendo allo sviluppo e all'espansione del settore biologico nell'Unione e nella Repubblica del Cile e raggiungendo un elevato livello di rispetto per i principi in materia di produzione biologica, di garanzia dei sistemi di controllo e di integrità dei prodotti biologici. Esso intende altresì promuovere la tutela dei rispettivi marchi biologici dell'Unione e della Repubblica del Cile e rafforzare la cooperazione normativa tra le parti sulle questioni relative alla produzione biologica. (4) Il comitato misto sui prodotti biologici («comitato misto»), istituito a norma dell'articolo 8, paragrafo 1, dell'accordo, tratta determinati aspetti dell'attuazione dell'accordo. In particolare, esso può modificare gli elenchi dei prodotti negli allegati I e II dell'accordo. La Commissione dovrebbe essere autorizzata a rappresentare l'Unione nel comitato misto. (5) La Commissione dovrebbe avere il potere di approvare, a nome dell'Unione, modifiche degli elenchi di prodotti negli allegati I e II dell'accordo, a condizione che informi i rappresentanti degli Stati membri delle modifiche che intende approvare in sede di comitato misto e fornisca ai rappresentanti degli Stati membri tutte le informazioni pertinenti che l'hanno portata a concludere che l'equivalenza possa essere accettata. (6) Inoltre, per consentire una reazione tempestiva laddove le condizioni per l'equivalenza non siano più soddisfatte, la Commissione dovrebbe essere autorizzata a sospendere unilateralmente il riconoscimento dell'equivalenza, a condizione che informi i rappresentanti degli Stati membri prima di farlo. (7) Nel caso in cui i rappresentanti degli Stati membri che costituiscono una minoranza di blocco si oppongano alla posizione presentata dalla Commissione, quest'ultima non dovrebbe essere autorizzata ad approvare modifiche degli elenchi di prodotti negli allegati I e II o a sospendere il riconoscimento dell'equivalenza. In tali casi la Commissione dovrebbe presentare una proposta di decisione del Consiglio a norma dell'articolo 218, paragrafo 9, del trattato. (8) È opportuno approvare l'accordo, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 1. L'accordo tra l'Unione europea e la Repubblica del Cile sul commercio di prodotti biologici è approvato a nome dell'Unione. 2. Il testo dell'accordo è accluso alla presente decisione. Articolo 2 Il presidente del Consiglio procede, a nome dell'Unione, alla notifica prevista all'articolo 15, paragrafo 1, dell'accordo (3). Articolo 3 La Commissione rappresenta l'Unione nel comitato misto. Articolo 4 Le modifiche degli elecnhi di prodotti negli allegati I e II dell'accordo effettuate a norma dell'articolo 8, paragrafo 3, lettera b), dell'accordo sono approvate dalla Commissione a nome dell'Unione. Prima di approvare tali modifiche, la Commissione informa i rappresentanti degli Stati membri circa la posizione anticipata dell'Unione, mettendo a disposizione un documento informativo che stabilisce i risultati della valutazione dell'equivalenza effettuata in merito all'elenco di prodotti nuovo o aggiornato negli allegati I o II, che comprende: a) l'elenco dei prodotti interessati, insieme all'indicazione dei quantitativi previsti per l'esportazione verso l'Unione; b) le norme di produzione applicate ai prodotti interessati nella Repubblica del Cile, con un'indicazione delle modalità con cui le differenze sostanziali rispetto alle pertinenti disposizioni dell'Unione sono state risolte; c) se pertinente, il sistema di controllo nuovo o aggiornato applicato ai prodotti interessati, con un'indicazione delle modalità con cui le differenze sostanziali rispetto alle pertinenti disposizioni dell'Unione sono state risolte; d) qualsiasi altra informazione ritenuta pertinente dalla Commissione. Qualora un numero di rappresenatnti degli Stati membri che rappresenti una minoranza di blocco, a norma dell'articolo 238, paragrafo 3, lettera a), secondo comma, del trattato, si opponga, la Commissione presenta una proposta a norma dell'articolo 218, paragrafo 9, del trattato. Articolo 5 Qualunque decisione dell'Unione di sospendere unilateralmente, a norma dell'articolo 3, paragrafi 4 e 5, dell'accordo, il riconoscimento dell'equivalenza delle disposizioni legislative e regolamentari di cui all'allegato IV dell'accordo, comprese le versioni aggiornate e consolidate di tali disposizioni legislative e regolamentari di cui all'allegato V dell'accordo, è adottata dalla Commissione. Prima di adottare tale decisione, la Commissione informa i rappresentanti degli Stati membri secondo la procedura di cui all'articolo 4 della presente decisione. Articolo 6 La presente decisione entra in vigore il 1o gennaio 2018 Fatto a Lussemburgo, il 9 ottobre 2017 Per il Consiglio Il presidente S. KIISLER (1) Approvazione del 14 settembre (non ancora pubblicata nella Gazzetta Ufficiale) (2) Decisione (UE) 2017/436 del Consiglio, del 6 marzo 2017, relativa alla firma, a nome dell'Unione europea, dell'accordo tra l'Unione europea e la Repubblica del Cile sul commercio di prodotti biologici (GU L 67 del 14.3.2017, pag. 33). (3) La data di entrata in vigore dell'accordo sarà pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea a cura del segretariato generale del Consiglio.
Accordo UE-Cile sul commercio di prodotti biologici QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI? L’accordo intende incoraggiare il commercio di prodotti agricoli e alimentari biologici tra l’UE e il Cile e intende essere di stimolo al settore biologico dell’Unione. Delinea un sistema di cooperazione, scambio di informazioni e risoluzione delle controversie nel settore del commercio di prodotti biologici. Gli alimenti biologici prodotti nell’UE che rientrano nell’ambito dell’accordo possono essere commercializzati in Cile senza controlli aggiuntivi. Lo stesso vale per alcuni prodotti biologici cileni nell’UE. La decisione (UE) 2017/436 sancisce la firma, mentre la decisione (UE) 2017/2307 approva l’accordo a nome dell’UE. PUNTI CHIAVE EquivalenzaPer quanto riguarda la produzione biologica e i sistemi di controllo ad essa associati, l’UE e il Cile riconoscono l’equivalenza (capacità di conseguire gli stessi obiettivi) delle rispettive leggi e regolamenti, nonché dei sistemi di controllo e certificazione. I prodotti interessati sono elencati negli allegati dell’accordo. L’accordo riguarda prodotti dell’UE quali:prodotti vegetali non trasformati,animali vivi,prodotti animali non trasformati (compreso il miele),prodotti di acquacoltura e alghe,prodotti agricoli trasformati per l’uso come mangimi o alimenti (compreso il vino),materiali vegetali di moltiplicazione* esemi per coltivazione. Eventuali modifiche agli elenchi dei prodotti che rientrano nell’ambito di applicazione dell’accordo sono approvate dalla Commissione europea a nome dell’UE dopo aver consultato il Cile e i paesi dell’UE.Importazione ed esportazione Ciascuna parte accetta i prodotti elencati negli allegati dall’altra parte alle seguenti condizioni:le importazioni nell’UE devono rispettare le leggi e i regolamenti del Cile di cui all’allegato IV ed essere accompagnate da un certificato di controllo ai sensi del regolamento (CE) n. 1235/2008, un atto di esecuzione relativo agli accordi per le importazioni di prodotti biologici da paesi «terzi» (extra UE); le esportazioni verso il Cile devono rispettare le leggi e i regolamenti dell’UE di cui all’allegato III ed essere accompagnate da un certificato rilasciato da un’autorità cilena o dell’UE competente ai sensi delle norme stabilite dalla Direzione nazionale del Servizio per l’agricoltura e l’allevamento del Cile.EtichettaturaI prodotti devono rispettare i requisiti legali di etichettatura della parte importatrice e possono esibire il logo dei prodotti biologici dell’UE, del Cile o entrambi. Inoltre, i logo dei prodotti biologici attualmente in uso nell’UE e nel Cile per i loro prodotti sono protetti. Le parti si impegnano a non utilizzare in modo improprio i termini di etichettatura, compresi vocaboli derivati come «bio» ed «eco».Informazioni, relazioni e gestioneLe parti si scambiano relazioni annuali sull’applicazione dell’accordo, che comprendono:informazioni sui tipi e sulle quantità di prodotti biologici esportati nell’ambito dell’accordo;le attività di monitoraggio e supervisione effettuate dalle autorità competenti, i risultati ottenuti e le misure correttive adottate. Con un preavviso di almeno tre mesi, funzionari o esperti dell’altra parte effettuano verifiche tra pari per accertare l’applicazione dei controlli previsti dall’accordo. A un comitato misto sui prodotti biologici, composto da rappresentanti delle parti (cioè il Cile e l’UE), sono attribuite le seguenti responsabilità:gestire dell’accordo;esaminare le richieste per aggiornare o estendere l’elenco dei prodotti che rientrano nell’ambito di applicazione dell’accordo;migliorare la cooperazione in materia di leggi, regolamenti, norme e procedure di valutazione della conformità al fine di accrescere la convergenza;comporre le controversie tra le parti in materia di interpretazione o applicazione dell’accordo. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 1° gennaio 2018. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Commercio di prodotti biologici (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Materiali di moltiplicazione: le parti di piante e tutti i materiali di piante destinati alla selezione, alla riproduzione e alla produzione di piante da frutto, compresi i portainnesto. Fra gli esempi vi sono i bulbi, i rizomi, ecc. DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione (UE) 2017/436 del Consiglio, del 6 marzo 2017, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica del Cile sul commercio di prodotti biologici (GU L 67 del 14.3.2017, pag. 33). Decisione (UE) 2017/2307 del Consiglio, del 9 ottobre 2017, relativa alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica del Cile sul commercio di prodotti biologici (GU L 331 del 14.12.2017, pag. 1). Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica del Cile sul commercio di prodotti biologici (GU L 331 del 14.12.2017, pag. 4). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 1235/2008 della Commissione, dell’8 dicembre 2008, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio per quanto riguarda il regime di importazione di prodotti biologici dai paesi terzi (GU L 334 del 12.12.2008, pag. 25). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1235/2008 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio, del 28 giugno 2007, relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il regolamento (CEE) n. 2092/91 (GU L 189 del 20.7.2007, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
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32002R1606
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Regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, relativo all'applicazione di principi contabili internazionali Gazzetta ufficiale n. L 243 del 11/09/2002 pag. 0001 - 0004 Regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consigliodel 19 luglio 2002relativo all'applicazione di principi contabili internazionaliIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95, paragrafo 1,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3),considerando quanto segue:(1) Il Consiglio europeo di Lisbona del 23-24 marzo 2000 ha sottolineato l'esigenza di accelerare il completamento del mercato interno dei servizi finanziari, ha stabilito la scadenza del 2005 per la messa in atto del piano d'azione per i servizi finanziari della Commissione e ha invitato a prendere misure per migliorare la comparabilità dell'informativa finanziaria pubblicata dalle società i cui titoli sono negoziati in mercati pubblici.(2) Ai fini di un migliore funzionamento del mercato interno, occorre obbligare le società i cui titoli sono negoziati in mercati pubblici ad applicare un insieme unico di principi contabili internazionali di elevata qualità per la redazione dei loro bilanci consolidati. Inoltre, è importante che i principi dell'informativa finanziaria applicati dalle società comunitarie attive nei mercati finanziari siano accettate a livello internazionale e costituiscano principi di carattere veramente globale. Ciò implica una maggiore convergenza dei principi contabili attualmente utilizzati a livello internazionale, con l'obiettivo finale di conseguire un insieme unico di principi contabili su scala mondiale.(3) La direttiva 78/660/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1978, relativa ai conti annuali di taluni tipi di società(4), la direttiva 83/349/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1983, relativa ai conti consolidati(5), la direttiva 86/635/CEE del Consiglio, dell'8 dicembre 1986, relativa ai conti annuali e ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari(6), e la direttiva 91/674/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1991, relativa ai conti annuali e ai conti consolidati delle imprese di assicurazione(7), sono altresì rivolte alle società comunitarie i cui titoli sono negoziati in mercati pubblici. Gli obblighi in materia informativa stabiliti da queste direttive non possono garantire l'elevato livello di trasparenza e comparabilità dell'informativa finanziaria da parte di tutte le società comunitarie i cui titoli sono negoziati in mercati pubblici, che costituisce una condizione necessaria per creare un mercato dei capitali integrato operante in modo efficace, agevole ed efficiente. È quindi necessario integrare il quadro giuridico applicabile alle società i cui titoli sono negoziati in mercati pubblici.(4) Il presente regolamento mira a contribuire ad un funzionamento efficiente, sotto il profilo operativo e dei costi, dei mercati dei capitali. La tutela degli investitori e il mantenimento della fiducia sono anch'essi aspetti importanti del completamento del mercato interno nel settore finanziario. Il presente regolamento rafforza la libertà di movimento dei capitali nel mercato interno e contribuisce a mettere le imprese comunitarie nelle condizioni di competere ad armi pari per l'allocazione delle risorse finanziarie disponibili nei mercati comunitari dei capitali nonché in quelli mondiali.(5) È fondamentale per la competitività dei mercati comunitari dei capitali promuovere la convergenza dei principi seguiti in Europa per redigere i bilanci, introducendo l'uso di principi contabili internazionali che possano essere riconosciuti su scala mondiale, al fine di realizzare operazioni transfrontaliere o di ottenere l'ammissione alla quotazione ovunque nel mondo.(6) Il 13 giugno 2000 la Commissione ha pubblicato la comunicazione "La strategia dell'UE in materia di informativa finanziaria: la via da seguire" nella quale propone che tutte le società comunitarie i cui titoli sono negoziati in mercati pubblici preparino i loro conti consolidati conformemente ad un insieme unico di principi contabili, gli International Accounting Standards (IAS), al più tardi nel 2005.(7) Gli International Accounting Standards (IAS) sono messi a punto dall'International Accounting Standards Committee (IASC), che si propone di sviluppare un unico insieme di principi contabili validi su scala mondiale. Il 1o aprile 2001, oltre alla ristrutturazione dello IASC, il nuovo Consiglio, adottando una delle sue prime decisioni, ha ridenominato lo IASC International Accounting Standards Board (IASB) e, per quanto riguarda i futuri principi contabili internazionali, gli IAS sono stati ridenominati International Financial Reporting Standards (IFRS). L'uso di questi principi contabili, se possibile e a condizione che assicurino un grado elevato di trasparenza e di comparabilità dell'informativa finanziaria nella Comunità, andrebbe reso obbligatorio per tutte le società comunitarie i cui titoli sono negoziati in un mercato pubblico.(8) Le misure necessarie per l'applicazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(8) e tenuto debito conto della dichiarazione rilasciata dalla Commissione al Parlamento europeo il 5 febbraio 2002 sull'attuazione della legislazione relativa ai servizi finanziari.(9) Per adottare un principio contabile internazionale da applicare nella Comunità, è necessario in primo luogo che esso rispetti il requisito di base stabilito dalle direttive del Consiglio sopra menzionate, vale a dire che la sua applicazione comporti un'autentica ed equa visione della posizione finanziaria e delle prestazioni di un'impresa - principio che occorre valutare alla luce delle suddette direttive del Consiglio senza implicare un rigoroso adeguamento a tutte le disposizioni di tali direttive. In secondo luogo, è necessario che, in ossequio alle conclusioni del Consiglio del 17 luglio 2000, il principio contribuisca all'interesse pubblico europeo e, infine, rispetti i criteri fondamentali per quanto riguarda la qualità dell'informazione prevista per le dichiarazioni finanziarie di cui si avvalgono gli utenti.(10) Un comitato tecnico di contabilità provvederà a fornire alla Commissione il supporto e la consulenza tecnica necessari per la valutazione dei principi contabili internazionali.(11) Il meccanismo di omologazione dovrebbe essere in grado di decidere rapidamente in merito ai principi contabili internazionali proposti e costituire altresì una sede di deliberazione, di riflessione e di scambio di informazioni in merito ai principi contabili internazionali per le principali parti interessate, in particolare gli organi di normazione contabile a livello nazionale, le autorità di vigilanza del settore dei valori mobiliari, del settore bancario e delle assicurazioni, le banche centrali compresa la BCE, i contabili e gli utilizzatori e gli estensori dei conti. Il meccanismo dovrebbe favorire un'interpretazione comune dei principi contabili internazionali adottati nella Comunità.(12) Conformemente al principio di proporzionalità, le disposizioni del presente regolamento, che prescrivono alle società i cui titoli sono negoziati in un mercato pubblico di conformarsi ad un insieme unico di principi contabili internazionali, sono necessarie per contribuire all'efficienza, in termini operativi e di costi, dei mercati comunitari dei capitali e quindi per il completamento del mercato interno.(13) Conformemente allo stesso principio, è necessario che, per quanto riguarda i conti annuali, sia data agli Stati membri la facoltà di permettere o di imporre alle società i cui titoli sono negoziati in un mercato pubblico di redigere i conti annuali conformemente ai principi contabili internazionali adottati secondo la procedura stabilita nel presente regolamento. Gli Stati membri possono decidere di estendere tale facoltà o tale obbligo anche ad altre società per quanto riguarda la redazione dei loro conti consolidati e/o dei loro conti annuali.(14) Per facilitare lo scambio di opinioni e consentire agli Stati membri di coordinare le proprie posizioni, la Commissione dovrebbe informare a intervalli regolari il comitato di regolamentazione contabile sui progetti attivi, i documenti oggetto di discussione, i progetti preliminari e le successive proposte di principi contabili emessi dallo IASB e sui relativi lavori tecnici effettuati dal comitato tecnico di contabilità. È altresì importante che il Comitato di regolamentazione contabile sia informato tempestivamente qualora la Commissione intenda non proporre l'adozione di un principio contabile internazionale.(15) Nelle deliberazioni volte a definire le sue posizioni sui documenti pubblicati dallo IASB nel quadro dello sviluppo dei principi contabili internazionali (IFRS e SIC-IFRIC), la Commissione dovrebbe tener conto del fatto che occorrerebbe evitare svantaggi concorrenziali per le società europee che operano sul mercato globale e, nella massima misura possibile, del punto di vista delle delegazioni in seno al comitato di regolamentazione contabile. La Commissione deve essere rappresentata negli organi costituenti dello IASB.(16) Un sistema di esecuzione adeguato e rigoroso è fondamentale al fine di rafforzare la fiducia degli investitori nei mercati finanziari. A norma dell'articolo 10 del trattato, gli Stati membri devono adottare misure adeguate per garantire il rispetto dei principi contabili internazionali. La Commissione deve mantenere il contatto con gli Stati membri, in particolare per il tramite del comitato delle autorità europee di regolamentazione dei valori mobiliari (CAERVM), per stabilire un approccio comune in merito all'applicazione.(17) È inoltre necessario autorizzare gli Stati membri a differire al 2007 l'applicazione di talune disposizioni per le società i cui titoli sono negoziati in un mercato pubblico nella Comunità e in un mercato regolamentato di un paese terzo e che già applicano un altro insieme di principi internazionalmente riconosciuti come base principale dei loro conti consolidati, nonché per le società i cui titoli di debito sono negoziati unicamente in un mercato regolamentato. È nondimeno cruciale che, al più tardi nel 2007, un insieme unico di principi contabili internazionali (IAS) sia applicato a tutte le società comunitarie i cui titoli sono negoziati in un mercato pubblico regolamentato della Comunità.(18) Per consentire agli Stati membri e alle imprese di effettuare gli adeguamenti necessari per rendere possibile l'applicazione dei principi contabili internazionali, è necessario che talune disposizioni del presente regolamento entrino in applicazione solo nel 2005. È opportuno stabilire disposizioni adeguate per la prima applicazione degli IAS da parte delle società, a seguito dell'entrata in vigore del presente regolamento. Tali disposizioni dovrebbero essere stabilite a livello internazionale, onde garantire il riconoscimento sul piano internazionale delle sanzioni adottate,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1ObiettivoIl presente regolamento ha come obiettivo l'adozione e l'utilizzazione di principi contabili internazionali nella Comunità per armonizzare l'informazione finanziaria presentata dalle società di cui all'articolo 4, al fine di garantire un elevato livello di trasparenza e comparabilità dei bilanci e quindi l'efficiente funzionamento del mercato comunitario dei capitali e del mercato interno.Articolo 2DefinizioniAi fini del presente regolamento, si intendono per "principi contabili internazionali" gli International Accounting Standards (IAS), gli International Financial Reporting Standards (IFRS) e le relative Interpretazioni (interpretazioni SIC/IFRIC), le successive modifiche di detti principi e le relative interpretazioni, i principi e le relative interpretazioni che saranno emessi o adottati in futuro dall'International Accounting Standards Board (IASB).Articolo 3Adozione e utilizzo di principi contabili internazionali1. Secondo la procedura di cui all'articolo 6, paragrafo 2, la Commissione decide in merito all'applicabilità di principi contabili internazionali all'interno della Comunità.2. I principi contabili internazionali possono essere adottati solo se:- non sono contrari al principio di cui all'articolo 2, paragrafo 3, della direttiva 78/660/CEE e all'articolo 16, paragrafo 3, della direttiva 83/349/CEE e contribuiscono all'interesse pubblico europeo,- rispondono ai criteri di comprensibilità, pertinenza, affidabilità e comparabilità richiesti dall'informazione finanziaria necessaria per adottare le decisioni economiche e valutare l'idoneità della gestione.3. Al più tardi il 31 dicembre 2002, la Commissione, secondo la procedura di cui all'articolo 6, paragrafo 2, decide in merito all'applicazione nella Comunità dei principi contabili internazionali esistenti al momento dell'entrata in vigore del presente regolamento.4. I principi contabili internazionali adottati sono pubblicati in versione integrale, in ognuna delle lingue ufficiali della Comunità, come regolamento della Commissione, nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 4Conti consolidati delle società i cui titoli sono negoziati in un mercato pubblicoPer ogni esercizio finanziario avente inizio il 1o gennaio 2005, o in data successiva, le società soggette al diritto di uno Stato membro redigono i loro conti consolidati conformemente ai principi contabili internazionali adottati secondo la procedura di cui all'articolo 6, paragrafo 2, qualora, alla data del bilancio, i loro titoli siano ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato di un qualsiasi Stato membro, ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 13, della direttiva 93/22/CEE del Consiglio, del 10 maggio 1993, relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari(9).Articolo 5Opzioni relative ai conti annuali e alle società i cui titoli non sono negoziati in un mercato pubblicoGli Stati membri possono consentire o prescriverea) alle società di cui all'articolo 4, di redigere i loro conti annualib) alle società diverse da quelle di cui all'articolo 4, di redigere i loro conti consolidati e/o i loro conti annualiconformemente ai principi contabili internazionali adottati secondo la procedura di cui all'articolo 6, paragrafo 2.Articolo 6Procedura di comitatologia1. La Commissione è assistita da un comitato di regolamentazione contabile, in seguito denominato "il comitato".2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 7Informativa e coordinamento1. La Commissione mantiene un contatto regolare con il comitato sullo stato dei progetti attivi IASB e su qualsiasi altro documento relativo emesso dallo IASB, al fine di coordinare le posizioni ed agevolare la discussione sull'adozione dei principi che potrebbero derivare da tali progetti e documenti.2. La Commissione comunica debitamente e tempestivamente al comitato quando intende non proporre l'adozione di un principio.Articolo 8ComunicazioneGli Stati membri che adottano misure ai sensi dell'articolo 5 le comunicano immediatamente alla Commissione e agli altri Stati membri.Articolo 9Disposizioni transitorieIn deroga all'articolo 4, gli Stati membri possono disporre che i requisiti di cui a detto articolo siano applicabili unicamente a ogni esercizio finanziario avente inizio nel gennaio 2007, o dopo tale data, alle società:a) i cui soli titoli di debito sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato di un qualsiasi Stato membro, ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 13, della direttiva 93/22/CEE; ob) i cui titoli sono ammessi alla negoziazione pubblica in un paese terzo e che, a tal fine, hanno applicato principi riconosciuti internazionalmente a partire da un esercizio finanziario iniziato prima della data di pubblicazione del presente regolamento nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 10Informazione e riesameLa Commissione esamina l'applicazione del presente regolamento e riferisce in merito al Parlamento europeo e al Consiglio entro il 1o luglio 2007.Articolo 11Entrata in vigoreIl regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 19 luglio 2002.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteT. Pedersen(1) GU C 154 E del 29.5.2001, pag. 285.(2) GU C 260 del 17.9.2001, pag. 86.(3) Parere del Parlamento europeo del 12 marzo 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 7 giugno 2002.(4) GU L 222 del 14.8.1978, pag. 11. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2001/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 283 del 27.10.2001, pag. 28).(5) GU L 193 del 18.7.1983, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2001/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.(6) GU L 372 del 31.12.1986, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2001/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.(7) GU L 374 del 31.12.1991, pag. 7.(8) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(9) GU L 141 dell'11.6.1993, pag. 27. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2000/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 290 del 17.11.2000, pag. 27).
Principi internazionali d’informativa finanziaria (IFRS) QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Esso richiede che le società i cui titoli sono negoziati in un mercato pubblico (cioè società dell’UE che hanno emesso titoli su un mercato regolamentato dell’UE (incluse banche e compagnie assicurative), redigano i loro conti consolidati in conformità con i principi di informativa finanziaria (IFRS)* dal 2005 in poi. L’applicazione di principi contabili comunitari ha contribuito ad aumentare la trasparenza e la comparabilità delle dichiarazioni finanziarie, riducendo il costo della raccolta di capitali per le società. PUNTI CHIAVE I paesi dell’UE hanno la facoltà di permettere o di imporre alle società i cui titoli sono negoziati in un mercato pubblico di redigere i conti annuali conformemente agli IFRS adottati secondo la procedura stabilita nel presente regolamento. Possono inoltre decidere di estendere questo permesso o requisito ad altre società per quanto concerne la preparazione dei loro conti consolidati o conti annuali. Al fine di garantire una supervisione politica appropriata, il regolamento istituisce un nuovo meccanismo UE volto a valutare gli IFRS adottati dall’Organismo internazionale di normalizzazione contabile (IASB), con sede a Londra, per fornire una convalida (approvazione) legale per l’utilizzo all’interno dell’UE. Il regolamento prevede l’istituzione di due organi incaricati di favorire il processo:il comitato di regolamentazione contabile (ARC) presieduto dalla Commissione e composto dai rappresentanti dei paesi dell’UE, decide se convalidare o meno gli IFRS in base alle proposte della Commissione; Il gruppo consultivo per l’informazione finanziaria in Europa (EFRAG) offre supporto e competenze alla Commissione per quanto riguarda la valutazione degli IFRS. Si compone di esperti contabili del settore privato provenienti da vari paesi dell’UE. Il meccanismo di omologazione prevede un processo formato da due livelli:un processo di regolamentazione, in cui l’ARC decide, sulla base della proposta della Commissione, se adottare gli IFRS; un processo tecnico nel quale l’EFRAG offre il supporto e le competenze necessarie per valutare gli IFRS e consigliare la Commissione in merito all’adozione degli IFRS in esame. Il regolamento (CE) n. 1126/2008 identifica i principi contabili internazionali e le relative interpretazioni. Questo regolamento è stato modificato varie volte per includere tutti i principi presentati dall’IASB dal 2008 in poi, comprese alcune revisioni del 2012 relative ai bilanci consolidati e alle informazioni da fornire in merito alle partecipazioni detenute in altre entità. Sul sito web della Commissione viene pubblicata e aggiornata regolarmente una tabella che elenca tutte le modifiche apportate al regolamento n. 1126/2008. Nel mese di giugno 2015, la Commissione europea ha adottato una relazione di valutazione del funzionamento del regolamento. Essa conclude principalmente che gli IFRS hanno contribuito efficacemente ad aumentare l’efficienza dei mercati comunitari dei capitali e a incrementare la trasparenza e la comparabilità delle dichiarazioni finanziarie. Sono state tuttavia individuati alcuni margini di miglioramento, come ad esempio il miglioramento della collaborazione tra gli attori del processo di omologazione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È stato applicato dal sabato 14 settembre 2002. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Informativa finanziaria (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Principi internazionali d’informativa finanziaria: precedentemente noti come Principi contabili internazionali (IAS), Principi internazionali d’informativa finanziaria (IFRS) e le relative interpretazioni (interpretazioni SIC-IFRIC*), successive modifiche di detti principi e le relative interpretazioni, i principi e le relative interpretazioni che saranno emessi o adottati in futuro dall’International Accounting Standards Board (IASB). SIC-IFRIC: il Comitato permanente di interpretazione (SIC) era il predecessore dell’International Financial Reporting Interpretations Committee (IFRIC). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, relativo all’applicazione di principi contabili internazionali (GU L 243 dell’11.9.2002, pagg. 1-4). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1606/2002 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI COLLEGATI Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Valutazione del regolamento (CE) n. 1606/2002, del 19 luglio 2002, relativo all’applicazione di principi contabili internazionali (COM(2015) 301 final del 18.6.2015). Regolamento (CE) n. 1126/2008 della Commissione, del 3 novembre 2008, che adotta taluni principi contabili internazionali conformemente al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 320 del 29.11.2008, pagg. 1-481). Si veda la versione consolidata.
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DECISIONE N. 235/2008/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell’11 marzo 2008 che istituisce il Comitato consultivo europeo per la governanza statistica (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 285, vista la proposta della Commissione, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (1), considerando quanto segue: (1) In ragione della necessità di istituire standard europei sull’indipendenza, sull’integrità e sulla responsabilità delle autorità statistiche nazionali e dell’autorità statistica comunitaria, il comitato del programma statistico, istituito dalla decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio (2), ha approvato all’unanimità il Codice delle statistiche europee (di seguito «il Codice») nel corso della sua riunione del 24 febbraio 2005, come esposto nella raccomandazione della Commissione del 25 maggio 2005 relativa all’indipendenza, all’integrità e alla responsabilità delle autorità statistiche nazionali e dell’autorità statistica comunitaria. (2) Il Codice persegue il duplice obiettivo, da una parte, di accrescere la fiducia nelle autorità statistiche proponendo talune disposizioni istituzionali e organizzative e, dall’altra, di migliorare la qualità delle statistiche da esse prodotte. (3) Nella comunicazione del 25 maggio 2005 al Parlamento europeo e al Consiglio sull’indipendenza, integrità e responsabilità delle autorità statistiche nazionali e dell’autorità statistica comunitaria, la Commissione ha riconosciuto l’utilità di un organismo consultivo esterno che potrebbe svolgere un ruolo attivo di sorveglianza sulle modalità di attuazione del codice da parte del sistema statistico europeo nel suo complesso. Nella sua raccomandazione del 25 maggio 2005, la Commissione ha affermato che intende valutare l’ipotesi di proporre l’istituzione di tale organismo consultivo esterno. (4) L’8 novembre 2005 il Consiglio ha concluso che un nuovo organismo consultivo ad alto livello promuoverebbe l’indipendenza, l’integrità e la responsabilità della Commissione (Eurostat) e, nella valutazione a pari livello dell’attuazione del Codice, del sistema statistico europeo. Il Consiglio ha raccomandato che l’organismo sia composto da un gruppo ridotto di persone indipendenti, nominate in base alla loro competenza. (5) I membri di tale organismo dovrebbero garantire un insieme di competenze ed esperienze complementari fra loro, in quanto persone, ad esempio, provenienti dal mondo accademico e persone che abbiano maturato esperienza professionale a livello nazionale e/o internazionale in campo statistico. (6) L’organismo dovrebbe predisporre per la Commissione (Eurostat) una valutazione sull’attuazione del Codice analoga a quella a pari livello degli istituti nazionali di statistica. (7) Ove opportuno, dovrebbe essere incoraggiato un dialogo sul Codice con il Comitato del programma statistico e con il Comitato consultivo europeo di statistica, istituito con decisione n. 234/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (3), nonché con gli organismi interessati degli Stati membri. (8) È pertanto opportuno istituire un organismo consultivo e definirne i compiti e la struttura, fatto salvo l’articolo 5 del protocollo sullo statuto del sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, DECIDONO: Articolo 1 Comitato consultivo È istituito il Comitato consultivo europeo per la governanza statistica (di seguito «il Comitato»). Lo scopo del Comitato è di fornire una supervisione indipendente del sistema statistico europeo per quanto riguarda l’attuazione del Codice delle statistiche europee (di seguito «il Codice»). Articolo 2 Compiti 1. I compiti del Comitato sono: a) predisporre una relazione annuale per il Parlamento europeo e il Consiglio sull’attuazione del Codice delle statistiche europee per quanto riguarda la Commissione (Eurostat) e trasmettere tale relazione alla Commissione prima di sottoporla al Parlamento europeo e al Consiglio; b) includere in tale relazione annuale una valutazione dell’attuazione del Codice nel sistema statistico europeo nel suo complesso; c) consigliare la Commissione sulle misure appropriate per facilitare l’attuazione del Codice per quanto riguarda la Commissione (Eurostat) e il sistema statistico europeo nel suo complesso; d) consigliare la Commissione (Eurostat) per quanto riguarda la comunicazione del Codice agli utenti e ai fornitori dei dati; e) consigliare la Commissione (Eurostat) e il Comitato del programma statistico per quanto riguarda l’aggiornamento del Codice. 2. Il Comitato può consigliare la Commissione e risponde a quest’ultima sulle questioni che riguardano la fiducia degli utenti nelle statistiche europee, conformemente ai compiti di cui al paragrafo 1. Articolo 3 Composizione del Comitato 1. Il Comitato è costituito da sette membri, compreso il presidente. I membri del Comitato operano in modo autonomo. La Commissione (Eurostat) è rappresentata in qualità di osservatore. 2. I membri del Comitato sono scelti fra gli esperti in possesso di competenze di eccellenza nel settore statistico, svolgono le proprie mansioni a titolo personale e sono scelti per garantire un insieme di competenze ed esperienze complementari fra loro. 3. Previa consultazione della Commissione, il Consiglio sceglie il presidente del Comitato e il Parlamento europeo ne approva la designazione. Il presidente non deve essere membro in carica di un istituto nazionale di statistica o della Commissione né aver ricoperto un siffatto incarico negli ultimi due anni. Previa consultazione della Commissione, il Parlamento europeo e il Consiglio nominano ciascuno tre membri del Comitato. 4. La durata del mandato del presidente e dei membri del Comitato è di tre anni, rinnovabile una volta. 5. Se un membro presenta le dimissioni prima della scadenza del suo mandato, è sostituito da un nuovo membro nominato in conformità del presente articolo con un mandato completo. Articolo 4 Procedure 1. Il Comitato adotta il proprio regolamento interno. Tale regolamento è reso pubblico. 2. La relazione annuale del Comitato di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), è resa pubblica previa presentazione al Parlamento europeo e al Consiglio. Inoltre, il Comitato può decidere di pubblicare qualunque conclusione, conclusione parziale o documento di lavoro, purché i relativi testi siano stati preventivamente trasmessi al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione (Eurostat) e a qualsiasi altro organismo interessato, lasciando un adeguato margine per le osservazioni. 3. Fermo restando l’articolo 287 del trattato, i membri del comitato sono tenuti a non divulgare informazioni cui hanno avuto accesso in ragione delle procedure del Comitato nel caso in cui la Commissione li informi che dette informazioni sono di carattere riservato per giustificati motivi o che rispondere a richieste di pareri o a questioni sollevate comporterebbe la divulgazione di dette informazioni riservate. 4. Il Comitato è assistito da un segretariato, assicurato dalla Commissione, ma che deve operare in modo autonomo. Il segretario è nominato dalla Commissione previa consultazione del Comitato. Il segretario agisce su istruzione del Comitato. 5. Le spese del Comitato sono incluse nelle stime di bilancio della Commissione. Articolo 5 Tre anni dopo l’istituzione del Comitato è effettuata una revisione del suo ruolo e della sua efficacia. Articolo 6 La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Strasburgo, addi 11 marzo 2008. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente J. LENARČIČ (1) Parere del Parlamento europeo del 24 ottobre 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 14 febbraio 2008. (2) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47. (3) Cfr. pagina 13 della presente Gazzetta ufficiale.
Comitato consultivo europeo per la governance statistica QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? La decisione istituisce il Comitato consultivo europeo per la governance statistica, il cui scopo è fornire una panoramica indipendente del sistema statistico europeo. PUNTI CHIAVE Missione Il comitato svolge la sua missione:attraverso una relazione annuale per il Parlamento europeo e il Consiglio sull’attuazione del codice di buone pratiche da parte dell’Ufficio statistico dell’UE (Eurostat); attraverso la valutazione del modo in cui il codice viene attuato nel sistema statistico europeo nel suo insieme, che viene quindi registrato nella relazione annuale; fornendo consigli sull’attuazione del codice da parte di Eurostat e del sistema statistico europeo nel suo insieme; fornendo consigli sulle modalità di distribuzione del codice agli utenti e ai fornitori di dati; fornendo consigli sull’aggiornamento del codice. Il comitato consultivo può anche fornire consigli alla Commissione europea su come costruire la fiducia degli utenti in merito alle statistiche europee. Composizione Il comitato include sette membri indipendenti che sono esperti nel campo delle statistiche. Il Parlamento europeo e il Consiglio nominano ciascuno tre membri dopo aver consultato la Commissione; il loro mandato è di tre anni, e può essere rinnovato una sola volta. Dopo aver consultato la Commissione, il presidente è selezionato dal Consiglio e approvato dal Parlamento. Anche il mandato del presidente è di tre anni, e rinnovabile una sola volta. Il presidente non può essere scelto né tra i membri dell’ufficio statistico nazionale, né tra quelli della Commissione; inoltre non può avere già ricoperto tale incarico negli ultimi due anni. Se un membro si dimette prima della scadenza del suo mandato, il sostituto resta in carica per la durata dell’intero mandato. Eurostat è un membro osservatore del comitato consultivo. Attività Il comitato è assistito da un segretariato indipendente scelto dalla Commissione. Un segretario viene nominato dalla Commissione, dopo una consultazione del comitato. Il pubblico può avere accesso alla relazione annuale sull’attuazione del codice di condotta. Le spese relative all’operato del comitato sono incluse nelle stime di bilancio della Commissione. DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Si applica dal 16 marzo 2008. CONTESTO GENERALE Il Codice di condotta europeo sulle statistiche è stato elaborato nel 2005 dal comitato del programma statistico (ora comitato del sistema statistico europeo). È presentato nella raccomandazione della Commissione del 25 maggio 2005. Il codice definisce gli standard in materia di indipendenza, integrità e responsabilità delle autorità statistiche nazionali e dell’UE. Contribuisce pertanto a migliorare la governance, la qualità dei dati statistici e la fiducia degli utenti nelle autorità interessate. Per ulteriori informazioni, si veda:Comitato consultivo europeo sulla governance statistica (Eurostat). DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione n. 235/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2008, che istituisce il Comitato consultivo europeo per la governance statistica (GU L 73 del 15.3.2008, pag. 17). DOCUMENTI CORRELATI Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’indipendenza, l’integrità e la responsabilità delle autorità statistiche nazionali e comunitarie [COM(2005) 217 final del 25.5.2005]
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2002/494/GAI: Decisione del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa all'istituzione di una rete europea di punti di contatto in materia di persone responsabili di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra Gazzetta ufficiale n. L 167 del 26/06/2002 pag. 0001 - 0002 Decisione del Consigliodel 13 giugno 2002relativa all'istituzione di una rete europea di punti di contatto in materia di persone responsabili di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra(2002/494/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il titolo VI del trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 30 e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera c),vista l'iniziativa del Regno dei Paesi Bassi(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) I Tribunali penali internazionali per la ex-Iugoslavia e per il Rwanda indagano, perseguono e giudicano dal 1995 violazioni delle leggi ed usi di guerra, genocidio e crimini contro l'umanità.(2) Lo statuto di Roma della Corte penale internazionale del 17 luglio 1998 afferma che i crimini più gravi, motivo di allarme per l'intera comunità internazionale, in particolare il genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra, non devono rimanere impuniti e che la loro repressione deve essere efficacemente garantita mediante provvedimenti adottati in ambito nazionale ed attraverso il rafforzamento della cooperazione internazionale.(3) Lo statuto di Roma rammenta che è dovere di ciascuno Stato esercitare la propria giurisdizione penale nei confronti dei responsabili di tali crimini internazionali.(4) Lo statuto di Roma, ai sensi del quale è stata istituita la Corte penale internazionale, sottolinea che essa è complementare alle giurisdizioni penali nazionali.(5) Tutti gli Stati membri dell'Unione europea hanno firmato o ratificato lo statuto di Roma.(6) Le indagini, l'azione penale e lo scambio di informazioni riguardanti il genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra rimangono di competenza delle autorità nazionali, salvo quando il diritto internazionale disponga diversamente.(7) Gli Stati membri sono confrontati a persone implicate in questi crimini, che cercano una via di scampo all'interno delle frontiere dell'Union europea.(8) Il successo di un effettivo accertamento e perseguimento di questi crimini a livello nazionale dipende in larga misura da una collaborazione più stretta tra le diverse autorità che li combattono.(9) È essenziale che le autorità competenti degli Stati parte dello statuto di Roma, compresi gli Stati membri dell'Unione europea, operino in stretta collaborazione in tale contesto.(10) Si favorisce una stretta collaborazione allorché gli Stati membri rendono possibile la comunicazione diretta tra punti di contatto centralizzati, specializzati.(11) Una stretta collaborazione tra tali punti di contatto consente di ottenere un quadro più completo delle persone implicate in tali crimini e degli Stati membri in cui esse sono oggetto di indagine.(12) Gli Stati membri, nella posizione comune 2001/443/PESC del Consiglio, dell'11 giugno 2001, sulla Corte penale internazionale(3), hanno riconosciuto che i crimini che rientrano nella competenza giurisdizionale della Corte penale internazionale sono fonte di preoccupazione per tutti gli Stati membri, i quali sono determinati a cooperare alla prevenzione di detti crimini e a porre termine all'impunità di coloro che li hanno perpetrati.(13) La presente decisione fa salvi i trattati, gli accordi e le normative riguardanti l'assistenza giudiziaria in materia penale tra autorità giudiziarie,DECIDE:Articolo 1Designazione e comunicazione di punti di contatto1. Ciascuno Stato membro designa un punto di contatto per lo scambio di informazioni sulle indagini riguardanti il genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra, quali definiti agli articoli 6, 7 e 8 dello statuto di Roma della Corte penale internazionale del 17 luglio 1998.2. Ciascuno Stato membro notifica al segretariato generale del Consiglio il proprio punto di contatto ai sensi della presente decisione. Il segretariato generale assicura la diffusione di tale comunicazione agli Stati membri, e informa gli stessi di eventuali cambiamenti in tali comunicazioni.Articolo 2Raccolta e scambio di informazioni1. Il compito di ciascun punto di contatto è fornire, previa richiesta, in conformità delle pertinenti intese tra gli Stati membri e della normativa nazionale applicabile, qualsiasi informazione disponibile suscettibile di avere rilevanza nel contesto delle indagini relative ai crimini sopra citati, o ad agevolare la cooperazione con le autorità nazionali competenti.2. Nei limiti imposti dalla normativa nazionale applicabile, i punti di contatto possono scambiarsi informazioni senza bisogno di apposita richiesta.Articolo 3Informazione al Parlamento europeoIl Consiglio informa il Parlamento europeo del funzionamento e dell'efficacia della rete di punti di contatto nell'ambito del dibattito annuale di cui all'articolo 39 del trattato.Articolo 4AttuazioneGli Stati membri assicurano che saranno in grado di cooperare pienamente, in conformità delle disposizioni della presente decisione, al più tardi un anno dopo che la presente decisione ha preso effetto.Articolo 5Decorrenza degli effettiLa presente decisione ha effetto a decorrere dalla data di adozione.Fatto a Lussemburgo, addì 13 giugno 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteM. Rajoy Brey(1) GU C 295 del 20.10.2001, pag. 7.(2) Parere reso il 9 aprile 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 155 del 12.6.2001, pag. 19.
Rete europea per la lotta contro il genocidio SINTESI CHE COSA FA LA DECISIONE? La presente decisione istituisce una rete di punti di contatto nazionali (uno in ogni paese dell’Unione europea) al fine di migliorare la cooperazione riguardo alla lotta contro il genocidio*, i crimini contro l'umanità* e i crimini di guerra*. PUNTI CHIAVE Ogni paese dell’Unione europea (UE) designa punti di contatto nazionali per lo scambio di informazioni sulle indagini relative a tali crimini. Le coordinate dei punti di contatto devono essere comunicate al Segretariato generale del Consiglio dell’UE, che trasmette le informazioni ai punti di contatto nazionali negli altri paesi dell’UE. I punti di contatto devono fornirsi reciprocamente le informazioni nel contesto delle indagini relative ai crimini di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra su richiesta di altri punti di contatto nazionali. Il Consiglio dell’UE informa annualmente il Parlamento europeo sulle attività svolte dalla rete dei punti di contatto. La rete si riunisce due volte l’anno in occasione delle riunioni convocate dalla presidenza del Consiglio dell’UE per coordinare gli sforzi in corso al fine di ricercare e perseguire le persone sospettate di aver commesso o partecipato a genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? La presente decisione è entrata in vigore il 13 giugno 2002. CONTESTO Tutti i paesi dell’UE hanno ratificato lo statuto di Roma del 17 luglio 1998, ai sensi del quale è stata istituita la Corte penale internazionale (CPI) competente a giudicare in materia di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra. Tuttavia, le autorità nazionali sono primariamente responsabili della ricerca e del perseguimento dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra. Pertanto, è necessaria una più stretta cooperazione fra le autorità nazionali per garantire il giusto perseguimento di tali crimini. Rete per la lotta contro il genocidio TERMINI CHIAVE * Genocidio: atti commessi con l’intenzione di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso. * Crimini contro l’umanità : atti commessi come parte di un attacco diffuso e sistematico diretto contro le popolazioni civili. * Crimini di guerra: atti commessi che violano il diritto di guerra (ad esempio, le convenzioni di Ginevra). Alcuni esempi comprendono il maltrattamento di prigionieri di guerra, l’uccisione di ostaggi, o il distruggere deliberatamente città, paesi o villaggi. ATTO Decisione del Consiglio 2002/494/GAI del 13 giugno 2002, relativa all'istituzione di una rete europea di punti di contatto in materia di persone responsabili di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra (GU L 167 del 26.6.2002, pagg. 1-2) ATTI COLLEGATI Decisione 2003/335/GAI del Consiglio, dell’8 maggio 2003, relativa all'accertamento e al perseguimento del genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra (GU L 118 del 14.5.2003, pagg. 12-14)
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Direttiva 1999/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 febbraio 1999 relativa agli estratti di caffè e agli estratti di cicoria Gazzetta ufficiale n. L 066 del 13/03/1999 pag. 0026 - 0029 DIRETTIVA 1999/4/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 22 febbraio 1999 relativa agli estratti di caffè e agli estratti di cicoriaIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 100 A,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Comitato economico e sociale (2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 B del trattato (3), visto il progetto comune approvato l'8 dicembre 1998 dal comitato di conciliazione,considerando che occorre semplificare talune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari per tener conto soltanto dei requisiti essenziali ai quali i prodotti contemplati da queste direttive devono conformarsi affinché possano circolare liberamente nel mercato interno, in base alle conclusioni del Consiglio europeo di Edimburgo dell'11-12 dicembre 1992, confermate da quelle del Consiglio europeo di Bruxelles del 10-11 dicembre 1993;considerando che la direttiva 77/436/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1977, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di estratti di caffè o di cicoria (4), è stata motivata dal fatto che disparità tra le legislazioni nazionali in materia di estratti di caffè e di estratti di cicoria potevano creare condizioni di concorrenza sleale con la conseguenza di indurre in errore il consumatore e avevano quindi un'incidenza diretta sull'instaurazione e il funzionamento del mercato comune;considerando che detta direttiva aveva pertanto l'obiettivo di definire gli estratti di caffè e gli estratti di cicoria, di determinare le sostanze che possono essere aggiunte in fase di fabbricazione e di stabilire norme comuni per il loro condizionamento e la loro etichettatura, nonché di precisare le condizioni alle quali possono essere utilizzate denominazioni particolari per taluni di questi prodotti, al fine di garantire la libera circolazione all'interno della Comunità;considerando che la direttiva 77/436/CEE deve essere adeguata alla normativa comunitaria generale applicabile ai prodotti alimentari, in particolare a quella sull'etichettatura ed i metodi di analisi;considerando che la Commissione prevede di proporre quanto prima e, in ogni caso, entro il 1° luglio 2000, l'inserimento nella direttiva 80/232/CEE (5) di una gamma di pesi nominali dei prodotti definiti dalla presente direttiva;considerando che, a determinate condizioni, devono applicarsi le norme generali sull'etichettatura dei prodotti alimentari, stabilite dalla direttiva 79/112/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1978, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonché la relativa pubblicità (6);considerando che, in applicazione del principio di proporzionalità, la presente direttiva non va al di là di quanto è necessario per il raggiungimento delle sue finalità, a norma dell'articolo 3 B, terzo comma del trattato;considerando che in occasione di futuri adeguamenti della presente direttiva alle disposizioni generali in materia di prodotti alimentari, la Commissione sarà assistita dal Comitato permanente per i prodotti alimentari istituito con la decisione 69/414/CEE (7);considerando che, per evitare che si creino nuovi ostacoli alla libera circolazione, occorre che gli Stati membri non adottino, per i prodotti indicati, disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1 La presente direttiva si applica agli estratti di caffè ed agli estratti di cicoria definiti nell'allegato.La presente direttiva non si applica al «café torrefacto soluble».Articolo 2 La direttiva 79/112/CEE si applica ai prodotti definiti nell'allegato, alle seguenti condizioni:a) Le denominazioni previste nell'allegato sono riservate ai prodotti in esso indicati e devono essere utilizzate nel commercio per designarli. Se del caso, le denominazioni di vendita sono completate dai termini:- «in pasta» o «in forma pastosa» o- «liquido» o «in forma liquida».Tuttavia le denominazioni di vendita possono essere completate dal termine «concentrato»:- nel caso del prodotto definito al punto 1, lettera c) dell'allegato, a condizione che il tenore di sostanza secca ottenuta dal caffè sia superiore al 25 % in peso;- nel caso del prodotto definito al punto 2, lettera c) dell'allegato, a condizione che il tenore di sostanza secca ottenuta dalla cicoria sia superiore al 45 % in peso.b) L'etichettatura reca la dicitura «decaffeinato» per i prodotti definiti al punto 1 dell'allegato il cui tenore di caffeina anidra non sia superiore, in peso, allo 0,3 % della sostanza secca ottenuta dal caffè. Tale dicitura deve figurare nello stesso campo visivo della denominazione di vendita.c) Per i prodotti definiti al punto 1, lettera c) e al punto 2, lettera c) dell'allegato, l'etichettatura reca la dicitura «con . . .» o «conservato con . . .» o «con aggiunta di . . .» o «torrefatto con . . » seguita dal tipo/dai dipi di zucchero utilizzato.Tali diciture devono figurare nello stesso campo visivo della denominazine di vendita.d) Per i prodotti definiti al punto 1, lettere b) e c) dell'allegato, l'etichettatura indica il tenore minimo di sostanza secca ottenuta dal caffè oppure, per i prodotti definiti al punto 2, lettere b) e c) dell'allegato, essa indica il tenore minimo di sostanza secca ottenuta dalla cicoria. Tali tenori sono espressi in percentuale del peso del prodotto finito.Articolo 3 Per i prodotti definiti nell'allegato, gli Stati membri non adottano disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva.Articolo 4 Gli adeguamenti della presente direttiva alle disposizioni comunitarie generali in materia di prodotti alimentati sono decisi secondo la procedura di cui all'articolo 5.Articolo 5 1. La Commissione è assistita dal comitato permanente per i prodotti alimentari, in prosieguo denominato «comitato», composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista dall'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni al comitato, viene attribuita ai voti dei rappresentanti degli Stati membri la ponderazione definita all'articolo precitato. Il Presidente non partecipa alla votazione.La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato.Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.Se il Consiglio non ha deliberato entro tre mesi a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte.Articolo 6 La direttiva 77/436/CEE è abrogata a decorrere dal 13 settembre 2000.I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva.Articolo 7 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 13 settembre 2000. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Dette disposizioni sono applicate in modo da:- autorizzare l'immissione in commercio dei prodotti definiti nell'allegato se conformi alle definizioni e alle norme previste dalla presente direttiva, a decorrere dal 13 settembre 2000;- vietare l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva, a decorrere dal 13 settembre 2001. Tuttavia, l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva, etichettati anteriormente al 13 settembre 2001 a norma della direttiva 77/436/CEE, è autorizzata fino all'esaurimento delle scorte.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da siffatto riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle principali disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 8 La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 9 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 22 febbraio 1999.Per il Parlamento europeoIl PresidenteJ. M. GIL-ROBLESPer il ConsiglioIl PresidenteK.-H. FUNKE(1) GU C 231 del 9. 8. 1996, pag. 24.(2) GU C 56 del 24. 2. 1997, pag. 20.(3) Parere del Parlamento europeo del 23 ottobre 1997 (GU C 339 del 10. 11. 1997, pag. 129), posizione comune del Consiglio del 30 aprile 1998 (GU C 204 del 30. 6. 1998, pag. 25) e decisione del Parlamento europeo del 16 settembre 1998 (GU C 313 del 12. 10. 1998, pag. 90). Decisione del Consiglio del 25 gennaio 1999. Decisione del Parlamento europeo dell'11 febbraio 1999.(4) GU L 172 del 12. 7. 1977, pag. 20. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1985.(5) GU L 51 del 25. 2. 1980, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 87/356/CEE (GU L 192 dell'11. 7. 1978, pag. 48).(6) GU L 33 dell'8. 2. 1979, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 97/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 43 del 14. 2. 1997, pag. 21).(7) GU L 291 del 19. 11. 1969, pag. 9.ALLEGATO DENOMINAZIONI, DEFINIZIONI E CARATTERISTICHE DEI PRODOTTI 1. «Estratto di caffè», «estratto di caffè solubile»., «caffè solubile» o «caffè istantaneo» Designa il prodotto concentrato, ottenuto mediante estrazione dai grani di caffè torrefatti, utilizzando l'acqua come unico agente di estrazione, ad esclusione di qualsiasi procedimento di idrolisi con aggiunta di acido o di base. Oltre alle sostanze insolubili, tecnicamente ineliminabili e gli olii non solubili provenienti dal caffè, esso deve contenere esclusivamente i principi solubili e aromatici del caffè. Gli Stati membri accertano che i metodi utilizzati per la determinazione del tenore di idrati di carbonio liberi e totali dei caffè solubili siano conformi ai paragrafi 1 e 2 dell'allegato della direttiva 85/591/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, concernente l'istituzione di modalità di prelievo dei campioni e di metodi d'analisi comunitari per il controllo dei prodotti destinati all'alimentazione umana (1), e siano omologati o normalizzati o lo diventino quanto prima.Il tenore di sostanza secca ottenuta dal caffè deve essere:a) uguale o superiore al 95 % in peso per l'estratto di caffè;b) compreso tra il 70 e l'85 % in peso per l'estratto di caffè in pasta;c) compreso tra il 15 e il 55 % in peso per l'estratto di caffè liquido.L'estratto di caffè solido o in pasta non deve contenere altre sostanze se non quelle ottenute dall'estrazione del caffè. L'estratto di caffè liquido può contenere zuccheri alimentari, torrefatti o meno, in quantità non eccedente il 12 % in peso.2. «Estratto di cicoria», «cicoria solubile» o «cicoria istantanea» Designa il prodotto concentrato, ottenuto mediante estrazione dalla cicoria torrefatta, utilizzando l'acqua come unico agente di estrazione, ad esclusione di qualsiasi procedimento di idrolisi con aggiunta di acido o di base.Per cicoria si intendono le radici di Cichorium Intybus L., non utilizzate per la produzione di cicoria witloof, opportunamente pulite per essere essiccate e torrefatte in vista della preparazione di bevande.Il tenore di sostanza secca ottenuta dalla cicoria deve essere:a) uguale o superiore al 95 % in peso per l'estratto di cicoria;b) compreso tra il 70 e l'85 % in peso per l'estratto di cicoria in pasta;c) compreso tra il 25 e il 55 % in peso per l'estratto di cicoria liquido.L'estratto di cicoria o in pasta non può contenere quantità eccedenti l'1 % in peso di sostanze non ottenute dalla cicoria.L'estratto di cicoria liquido può contenere zuccheri alimentari, torrefatto o non, in quantità non eccedenti il 35 % in peso.(1) GU L 372 del 31. 12. 1985, pag. 50.
Estratti di caffè e cicoria L'armonizzazione della normativa sul commercio di estratti di caffè ed estratti di cicoria promuove il mercato comune per i prodotti afferenti a questo settore, proteggendo al contempo gli interessi di produttori e consumatori. ATTO Direttiva 1999/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 febbraio 1999, relativa agli estratti di cicoria e agli estratti di caffè [Si vedano gli atti modificatori]. SINTESI La presente direttiva semplifica la normativa, precedentemente disciplinata dalla direttiva 77/436/CEE, relativa agli estratti di caffè e agli estratti di cicoria. Il suo obiettivo è quello di proteggere gli interessi dei consumatori e dei produttori stabilendo regole sulla descrizione, sulla definizione e sulle caratteristiche di questi prodotti. Ambito di applicazione La direttiva concerne i seguenti prodotti: estratto di caffè ed estratto di caffè solubile; caffè solubile o istantaneo (eccetto il caffè solubile da torrefazione); estratto di cicoria; cicoria solubile; cicoria istantanea. Tali prodotti devono rispettare alcuni requisiti minimi di composizione, in particolare per quanto attiene al tenore di materia secca. Etichettatura Gli estratti di caffè e cicoria devono essere etichettati in conformità alle disposizioni di cui alla direttiva 2000/13/CE, che riguarda l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità di prodotti alimentari. Tuttavia, soltanto le descrizioni sopra menzionate possono essere utilizzate nel commercio di questi prodotti, possibilmente accompagnate dalle informazioni concernenti la forma (pastosa, liquida, concentrata, ecc.), eventuali sostanze aggiunte e il tenore di caffeina. È altresì obbligatorio indicare il tenore minimo di materia secca a base di caffè o cicoria in percentuale del peso del prodotto finito. Altre disposizioni Il commercio di estratti di caffè o cicoria in conformità alle disposizioni della presente direttiva non può essere ostacolato da disposizioni nazionali contrastanti. La Commissione deve essere assistita dal Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali nell'applicazione della presente direttiva. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Direttiva 1999/4/CE 13.3.1999 13.9.2000 GU L 66 del 13.3.1999 Atto/i modificatore/i Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Regolamento (CE) n. 1882/2003 20.11.2003 - GU L 284 del 31.10.2003 Regolamento (CE) n. 1137/2008 11.12.2008. - GU L 311 del 21.11.2008 ATTI COLLEGATI Direttiva della Commissione 2002/67/CE del 18 luglio 2002 sull'etichettatura dei prodotti alimentari contenenti chinina e dei prodotti alimentari contenenti caffeina [GU L 191, 19.7.2002]. Regolamento (UE) n. 1021/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013 , recante modifica delle direttive 1999/4/CE e 2000/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e delle direttive 2001/111/CE, 2001/113/CE e 2001/114/CE del Consiglio per quanto riguarda le competenze da conferire alla Commissione Testo rilevante ai fini del SEE [Gazzetta ufficiale L 287 del 29.10.2013]. Il presente regolamento allinea i poteri di attuazione esistenti della Commissione previsti nelle cinque direttive cosiddette prima colazione con il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) e in particolare con l'articolo 290, che consente alla Commissione di adottare atti delegati.
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Raccomandazione del Consiglio, del 2 dicembre 2002, sulla prevenzione del fumo e su iniziative per rafforzare la lotta contro il tabagismo Gazzetta ufficiale n. L 022 del 25/01/2003 pag. 0031 - 0034 Raccomandazione del Consigliodel 2 dicembre 2002sulla prevenzione del fumo e su iniziative per rafforzare la lotta contro il tabagismo(2003/54/CE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 152, paragrafo 4, secondo comma,vista la proposta della Commissione(1),considerando quanto segue:(1) L'articolo 152 del trattato stabilisce che l'azione della Comunità, che deve completare le politiche nazionali, sia volta al miglioramento della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattie e affezioni e all'eliminazione delle fonti di pericolo per la salute umana.(2) La risoluzione del Consiglio e dei ministri della Sanità degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 18 luglio 1989, relativa al divieto di fumare nei luoghi accessibili al pubblico(2), fornisce agli Stati membri orientamenti per la protezione dei non fumatori dal fumo ambientale. In seguito a una relazione della Commissione sulla reazione degli Stati membri a quest'iniziativa(3), la presente raccomandazione intende rafforzare questa protezione e identificare i gruppi particolarmente vulnerabili.(3) La risoluzione del Consiglio, del 26 novembre 1996, sulla riduzione del fumo nella Comunità europea(4) riconosce la necessità di sviluppare un'efficace strategia di lotta contro il consumo di tabacco, comprendente alcuni degli elementi contenuti nella presente raccomandazione.(4) Le conclusioni del Consiglio, del 18 novembre 1999, sulla lotta contro il consumo del tabacco(5) hanno sottolineato la necessità di sviluppare una strategia globale, comprendente alcune misure definite nella presente raccomandazione per la protezione dei minori (norme sulle condizioni di vendita, sulle vendite tramite mezzi elettronici e distributori automatici).(5) La risoluzione del Consiglio, del 29 giugno 2000, sull'azione relativa ai fattori determinanti per la salute(6) ha preso atto del risultato dei dibattiti in sede di conferenza europea sui fattori determinanti per la salute nell'Unione europea, tenutasi a Evora il 15 e 16 marzo 2000, che ha dato particolare risalto, tra l'altro, al tabacco, raccomandando una serie di provvedimenti pratici e mirati per affrontare le sfide in questi settori.(6) Le azioni raccomandate sono necessarie considerati i 500000 decessi connessi al fumo che si registrano annualmente nella Comunità europea e il preoccupante aumento del numero di bambini ed adolescenti dediti al fumo. Fumare danneggia la salute umana, perché i fumatori diventano dipendenti dalla nicotina e sono colpiti da gravi malattie come il cancro ai polmoni e ad altri organi, la cardiopatia ischemica e altre malattie circolatorie e respiratorie come l'enfisema.(7) La prevenzione del tabagismo e la lotta contro il consumo di tabacco sono già obiettivi prioritari delle politiche sanitarie degli Stati membri e della Comunità europea. Tuttavia, il tabagismo rimane la principale causa di mortalità evitabile nell'UE e i progressi nella riduzione del consumo del tabacco e delle conseguenze del fumo sono ancora deludenti. Inoltre, la pubblicità, la distribuzione e le strategie promozionali utilizzate dall'industria del tabacco incentivano il consumo di tabacco, aumentando così il livello già elevato di mortalità e morbilità dovuto al consumo di prodotti del tabacco. Alcune di queste strategie sembrano rivolgersi ai giovani negli anni della crescita, allo scopo di sostituire il gran numero di fumatori che muoiono annualmente. È un dato di fatto che il 60 % dei fumatori iniziano a fumare ad un'età inferiore ai 13 anni e il 90 % prima dei 18 anni.(8) Con il programma "L'Europa contro il cancro"(7), la Comunità europea ha incluso fra i suoi obiettivi il contributo al miglioramento della salute dei suoi cittadini tramite la riduzione del numero di casi di cancro e di altre malattie legate al fumo.(9) La direttiva 2001/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2001, relativa alla lavorazione, presentazione e vendita dei prodotti del tabacco(8) e la proposta di direttiva sulla pubblicità e sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco(9) riguardano la lotta contro il tabagismo nel contesto della realizzazione e del consolidamento del mercato interno e l'eliminazione degli ostacoli al suo buon funzionamento, basandosi su un livello di protezione elevato della salute pubblica.(10) Alcune misure che dovrebbero far parte di una politica globale di lotta contro il tabagismo, come il divieto di pubblicità su tabelloni e manifesti o della pubblicità nei cinema, attualmente non possono essere oggetto di un'armonizzazione nell'ambito delle norme del mercato interno comunitario a livello di singolo provvedimento antitabagismo.(11) Tutti i fatti sopra menzionati dimostrano la necessità di una strategia globale di lotta contro il tabagismo, al fine di ridurre nella Comunità l'incidenza delle malattie dovute al fumo.(12) Nel contesto di una politica globale antitabagismo, è essenziale adottare misure destinate in particolare a ridurre la domanda di prodotti del tabacco da parte dei bambini e degli adolescenti. Queste misure possono comprendere azioni volte a ridurre la fornitura di tabacco a bambini ed adolescenti e a vietare determinate forme di pubblicità, di distribuzione e di strategie promozionali per i prodotti del tabacco, considerando che queste strategie hanno un impatto indiscriminato sui giovani e su altri gruppi di persone.(13) Certe forme di vendita e di distribuzione dei prodotti del tabacco facilitano l'accesso dei bambini e degli adolescenti a questi prodotti e dovrebbero quindi essere regolamentate dagli Stati membri.(14) Dato che i distributori automatici sono visibili sia ai consumatori che ai non consumatori di prodotti del tabacco, essi dovrebbero recare solo la pubblicità strettamente necessaria per indicare i prodotti offerti in vendita.(15) Altre due misure importanti a livello comunitario riguardano la pubblicità e la sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco. La direttiva del 1989 sulla "televisione senza frontiere"(10) vieta qualsiasi forma di pubblicità televisiva per i prodotti del tabacco e stabilisce che i programmi televisivi non possono essere sponsorizzati da persone fisiche o giuridiche la cui attività principale consiste nella produzione o vendita di prodotti del tabacco. L'attuale proposta di direttiva sulla pubblicità e sulla sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco prevede il divieto della pubblicità del tabacco sulla stampa e in altre pubblicazioni, via radio e tramite i servizi della società dell'informazione. Questa proposta prevede anche il divieto di sponsorizzazione, da parte delle industrie del tabacco, di programmi radiofonici e di eventi a cui partecipano o che si svolgono in vari Stati membri o aventi ripercussioni transfrontaliere.(16) La presente raccomandazione tratta di altre forme di pratiche pubblicitarie, commerciali o promozionali utilizzate dall'industria per promuovere il consumo del tabacco, che possono raggiungere indiscriminatamente bambini e adolescenti. Queste pratiche comprendono l'utilizzazione dei marchi per prodotti o servizi diversi dal tabacco ("brand-stretching") e/o per l'abbigliamento ("merchandising"), il ricorso ad articoli promozionali (oggetti comuni come i posacenere, agli accendini, i parasole ed altri oggetti simili) e di campioni di tabacco, l'utilizzazione e la comunicazione di promozioni di vendita (quali sconti, regali, premi o opportunità di partecipare a gare o giochi promozionali), l'uso di tabelloni manifesti e altre tecniche pubblicitarie interne o esterne (come la pubblicità sui distributori automatici di prodotti del tabacco), l'uso della pubblicità a favore del tabacco nei cinema, e qualsiasi altra forma di pubblicità, sponsorizzazione o di pratiche volte a promuovere i prodotti del tabacco direttamente o indirettamente. Di fatto le autorità degli Stati membri dovrebbero adottare disposizioni legislative e/o amministrative destinate specificamente a vietare conformemente alle norme o ai principi costituzionali nazionali, tali attività, che costituiscono mezzi di promozione dei prodotti del tabacco che aggirano i divieti della pubblicità diretta per il tabacco già in vigore per certi media.(17) L'Organizzazione mondiale della sanità e la Banca mondiale raccomandano agli Stati di vietare ogni forma di pubblicità e di promozione del tabacco. Nei casi in cui sono vietate solo certe forme di pubblicità diretta del tabacco, l'industria del tabacco trasferisce frequentemente le sue spese pubblicitarie ad altre strategie di commercializzazione, sponsorizzazione e promozione, utilizzando modi creativi ed indiretti per promuovere i prodotti del tabacco, specialmente tra i giovani. In questo modo può essere limitato l'effetto dei divieti parziali della pubblicità per il consumo di tabacco. Inoltre, la Banca mondiale ha concluso che la pubblicità aumenta il consumo di sigarette e che la normativa che vieta la pubblicità ridurrebbe il consumo se fosse generale e coprisse tutti i media e l'utilizzo di marchi e logotipi. Questa riduzione del consumo di sigarette avrebbe per la salute pubblica effetti immediati a breve e a lungo termine. L'informazione sulla spesa globale dell'industria del tabacco per la promozione dei prodotti del tabacco è quindi una condizione importante per il controllo dell'efficacia delle politiche di lotta contro il tabagismo dal punto di vista della salute pubblica. Quest'informazione permette di determinare se le restrizioni imposte sono aggirate, in particolare dirigendo la spesa verso forme promozionali nuove e non limitate. L'industria del tabacco dovrebbe essere tenuta a dichiarare regolarmente queste spese.(18) A causa dei rischi per la salute derivanti dal fumo passivo, gli Stati membri dovrebbero mirare a proteggere i fumatori e i non fumatori dal fumo ambientale.(19) Gli Stati membri dovrebbero continuare a sviluppare strategie e misure per ridurre la prevalenza del tabagismo, come il rafforzamento dei programmi di educazione sanitaria per migliorare la consapevolezza dei rischi del fumo e altri programmi di prevenzione per scoraggiare l'uso dei prodotti del tabacco.(20) La convenzione quadro dell'Organizzazione mondiale della sanità per la lotta contro il tabagismo attualmente in fase di negoziazione tratta molte questioni toccate nella presente raccomandazione. È importante quindi garantire la coerenza delle misure contenute in questa raccomandazione con gli elementi previsti dalla convenzione quadro attualmente in discussione,RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI:1. di adottare appropriate disposizioni legislative e/o amministrative conformemente alle prassi e alle condizioni nazionali per impedire la vendita di tabacco a bambini ed adolescenti, tra l'altro:a) imponendo l'obbligo per i venditori di prodotti del tabacco di accertare che gli acquirenti abbiano raggiunto l'età prescritta dalla legge nazionale per l'acquisto di tali prodotti, qualora tale limite d'età esista;b) ritirando i prodotti del tabacco dagli espositori self-service nei negozi di vendita al dettaglio;c) limitando l'accesso ai distributori automatici di prodotti del tabacco a luoghi accessibili a persone di età superiore a quella prescritta dalla legge nazionale per l'acquisto dei prodotti del tabacco, ove tale limite esista, oppure regolando in modo altrettanto efficace l'accesso ai prodotti venduti tramite distributori;d) limitando la vendita di tabacco a distanza per la fornitura generale al dettaglio, ad esempio via Internet, agli adulti ricorrendo a mezzi tecnici adeguati;e) vietando la vendita di dolciumi e giocattoli destinati ai bambini e fabbricati con il chiaro intento di conferire al prodotto e/o all'imballaggio l'aspetto di un prodotto del tabacco;f) vietando la vendita di sigarette al pezzo o in pacchetti di meno di 19 pezzi;2. di adottare appropriate disposizioni legislative e/o amministrative per proibire conformemente alle norme o ai principi costituzionali nazionali le seguenti forme di pubblicità e di promozione:a) l'utilizzazione di marchi di tabacco per prodotti o servizi diversi dal tabacco;b) l'utilizzazione di articoli promozionali (posacenere, accendini, parasole, ecc.) e di campioni di tabacco;c) l'utilizzo e la comunicazione di promozioni di vendita quali sconti, regali, premi o opportunità di partecipare a gare o giochi promozionali;d) l'utilizzazione di tabelloni, manifesti e altre tecniche pubblicitarie interne o esterne (come la pubblicità sui distributori automatici di prodotti del tabacco);e) l'utilizzazione della pubblicità nei cinema;f) qualsiasi altra forma di pubblicità, sponsorizzazione o pratiche destinate alla promozione diretta o indiretta dei prodotti del tabacco;3. di adottare appropriate disposizioni, con l'introduzione di norme o di altri metodi conformi alle pratiche e alle condizioni nazionali, per prescrivere a fabbricanti, importatori e commercianti all'ingrosso di prodotti del tabacco e di prodotti e servizi recanti lo stesso marchio dei prodotti del tabacco di fornire agli Stati membri informazioni sulle spese sostenute per la pubblicità, il marketing, le sponsorizzazioni e le campagne di promozione non vietate dalla normativa nazionale o comunitaria;4. di applicare le norme di legge, e/o altre misure efficaci all'appropriato livello governativo o non governativo, conformemente alle prassi e alle condizioni nazionali, che garantiscono una protezione dall'esposizione al fumo di tabacco negli ambienti interni dei luoghi di lavoro, nei luoghi pubblici e sui mezzi di trasporto pubblici. Dovrebbe essere accordata priorità, tra l'altro, ai centri di insegnamento, alle strutture sanitarie e ai luoghi in cui si forniscono servizi ai bambini;5. di continuare a sviluppare strategie e misure per ridurre la prevalenza del tabagismo, come il rafforzamento dell'educazione sanitaria in generale, segnatamente nelle scuole, e dei programmi generali per scoraggiare l'uso iniziale dei prodotti del tabacco e vincere la dipendenza dal tabacco;6. di avvalersi pienamente dei contributi dei giovani alle politiche e alle azioni inerenti alla sanità, segnatamente nel settore dell'informazione, e promuovere attività specifiche avviate, progettate, attuate e valutate dai giovani;7. di adottare ed attuare appropriate misure in materia di prezzi dei prodotti del tabacco al fine di scoraggiare il consumo di tabacco;8. di applicare tutte le procedure necessarie ed appropriate per verificare il rispetto delle misure stabilite nella presente raccomandazione;9. di informare la Commissione ogni due anni dopo la data di adozione della presente raccomandazione sulle azioni intraprese in risposta a questa raccomandazione.INVITA LA COMMISSIONE:1. a seguire e a valutare gli sviluppi e le azioni intraprese negli Stati membri e a livello comunitario;2. a riferire sull'attuazione delle misure proposte, in base alle informazioni fornite dagli Stati membri, entro un anno dalla data di ricevimento delle informazioni trasmesse dagli Stati membri in conformità della presente raccomandazione;3. a esaminare in quale misura le disposizioni di cui alla presente raccomandazione risultano efficaci e a considerare la necessità di ulteriori azioni, in particolare se nel mercato interno dovessero apparire disparità nei settori oggetto della presente raccomandazione.Fatto a Bruxelles, addì 2 dicembre 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteB. Bendtsen(1) Proposta del 18.6.2002 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(2) GU C 189 del 26.7.1989, pag. 1.(3) COM(96) 573 def.(4) GU C 374 dell'11.12.1996, pag. 4.(5) GU C 86 del 24.3.2000, pag. 4.(6) GU C 218 del 31.7.2000, pag. 8.(7) GU L 95 del 16.4.1996, pag. 9.(8) GU L 194 del 18.7.2001, pag. 26.(9) GU C 270 del 25.9.2001, pag. 97.(10) GU L 298 del 17.10.1989, pag. 23.
Prevenzione del fumo SINTESI CHE COSA FA LA RACCOMANDAZIONE? Esorta i paesi dell’Unione europea (UE) ad applicare una serie di disposizioni normative e/o di altra natura al fine di dissuadere le persone, soprattutto i giovani, dall’iniziare a fumare. Tali disposizioni comprendono controlli sulla vendita del tabacco e sulla pubblicità e sponsorizzazione in suo favore. PUNTI CHIAVE Per impedire la vendita di tabacco a bambini ed adolescenti, i paesi dell’UE sono esortati a: imporre ai venditori di prodotti del tabacco l’obbligo di accertare che gli acquirenti non abbiano un’età inferiore a quella prescritta; garantire il ritiro dei prodotti del tabacco dagli espositori self-service nei negozi; limitare l’accesso ai distributori automatici di prodotti del tabacco a persone di età inferiore a quella prescritta; limitare l’accesso alle vendite a distanza, ad esempio via Internet, agli adulti; vietare la vendita di dolciumi e giocattoli destinati ai bambini che abbiano l’aspetto di prodotti del tabacco; vietare la vendita di sigarette al pezzo o in pacchetti di meno di 19 pezzi. Per limitare le attività pubblicitarie e promozionali, i paesi dell’UE sono esortati a proibire l’utilizzazione di: marchi di tabacco per prodotti o servizi diversi dal tabacco; articoli promozionali quali posacenere, accendini, parasole e di campioni di tabacco; sconti, regali, premi o opportunità di partecipare a gare o giochi promozionali legati ai prodotti del tabacco; tabelloni, manifesti e altre forme pubblicitarie interne o esterne che promuovano il tabacco o prodotti correlati; la pubblicità di tabacco o prodotti correlati nei cinema; altre forme di pubblicità e sponsorizzazione diretta o indiretta dei prodotti del tabacco. I paesi dell’UE sono inoltre esortati a: prescrivere a fabbricanti, importatori e commercianti all’ingrosso di fornire loro informazioni sulle spese sostenute per la pubblicità, il marketing, le sponsorizzazioni e le campagne di promozione; intraprendere azioni contro gli effetti del fumo passivo negli ambienti interni dei luoghi di lavoro, nei luoghi pubblici e sui mezzi di trasporto pubblici. Dovrebbe essere accordata priorità ai centri di insegnamento, alle strutture sanitarie e ai luoghi in cui si forniscono servizi ai bambini; continuare a sviluppare strategie per ridurre il tabagismo, soprattutto attraverso l’educazione sanitaria; coinvolgere i giovani nelle attività volte a ridurre il tabagismo; adottare una politica in materia di prezzi al fine di scoraggiare il consumo di tabacco; verificare il rispetto delle misure stabilite; informare la Commissione europea ogni due anni sulle azioni intraprese. La Commissione viene esortata a: seguire e valutare le azioni intraprese; produrre una relazione entro un anno dalla data di ricevimento delle informazioni nazionali; considerare la necessità di ulteriori azioni. La Commissione ha intrapreso diverse iniziative al fine di promuovere la prevenzione del fumo, tra cui campagne, come «Gli ex-fumatori sono irresistibili», e l’eliminazione progressiva di sovvenzioni ai produttori di tabacco. Una normativa vincolante, adottata nel 2003 (direttiva 2003/33/CE) e sostituita nel 2014 (direttiva 2014/40/UE), stabilisce requisiti comunitari relativi alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita del tabacco e dei prodotti correlati, quali le sigarette elettroniche. Nel 2009, un’ulteriore raccomandazione esortava i paesi dell’UE a incrementare le misure volte a tutelare le persone dal fumo passivo sul lavoro, nei luoghi pubblici e sui mezzi di trasporto pubblici. CONTESTO Un quarto (26 %) degli europei fuma. Il fumo è la maggiore causa di morte e malattia evitabile nell’UE, con circa 700 000 decessi correlati al fumo all’anno. Per maggiori informazioni, si veda la pagina sulla politica relativa al tabacco sul sito Internet della Commissione europea. ATTO Raccomandazione del Consiglio, del 2 dicembre 2002, sulla prevenzione del fumo e su iniziative per rafforzare la lotta contro il tabagismo (GU L 22 del 25.1.2003, pag. 31-34) ATTI COLLEGATI Direttiva 2003/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità e di sponsorizzazione a favore dei prodotti del tabacco (GU L 152 del 20.6.2003, pag. 16-19). Le successive modifiche alla direttiva 2003/33/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. Direttiva 2014/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati e che abroga la direttiva 2001/37/CE (GU L 127 del 29.4.2014, pag. 1-38). Si veda la versione consolidata. Raccomandazione del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativa agli ambienti senza fumo (GU C 296 del 5.12.2009, pag. 4-14)
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DECISIONE DELLA COMMISSIONE del 16 giugno 2008 relativa alla creazione di un comitato consultivo per le pari opportunità tra donne e uomini (Versione codificata) (2008/590/CE) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, considerando quanto segue: (1) La decisione 82/43/CEE della Commissione, del 9 dicembre 1981, relativa alla creazione di un comitato consultivo per l’uguaglianza delle possibilità tra le donne e gli uomini (1), è stata modificata in modo sostanziale e a più riprese (2). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale decisione. (2) La parità tra donne e uomini è un elemento irrinunciabile della dignità umana e della democrazia e costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario, delle costituzioni e delle leggi degli Stati membri, nonché delle convenzioni internazionali ed europee. (3) L’attuazione pratica del principio di parità di trattamento tra donne e uomini deve essere stimolata da una migliore collaborazione e da scambi di opinioni e di esperienze tra gli organi che negli Stati membri sono preposti alla promozione delle pari opportunità e la Commissione. (4) La piena attuazione pratica delle direttive, delle raccomandazioni e delle risoluzioni adottate dal Consiglio nel campo delle pari opportunità può essere considerevolmente accelerata mediante il contributo di organi nazionali che dispongano di una rete di informazioni specifiche. (5) L’elaborazione e l’applicazione di misure comunitarie in materia di lavoro delle donne, il miglioramento della situazione delle donne che esercitano attività autonome e agricole e la promozione delle pari opportunità richiedono una stretta collaborazione con gli organi specializzati negli Stati membri. (6) Pertanto è necessario un quadro istituzionalizzato al fine di avere regolari consultazioni con detti organi, DECIDE: Articolo 1 Presso la Commissione è istituito un comitato consultivo per le pari opportunità tra donne e uomini, in appresso denominato il «comitato». Articolo 2 1. Il comitato ha il compito di assistere la Commissione nell’elaborazione e nell’attuazione delle azioni della Comunità intese a promuovere le pari opportunità tra donne e uomini e di favorire lo scambio permanente di esperienze, politiche e prassi pertinenti in materia tra gli Stati membri e tra i vari attori interessati. 2. Per conseguire gli obiettivi di cui al paragrafo 1 il comitato: a) assiste la Commissione nell’elaborazione di strumenti di controllo, di valutazione e di diffusione dei risultati delle misure adottate a livello comunitario per promuovere le pari opportunità; b) contribuisce all’attuazione dei programmi di azione comunitaria in materia, segnatamente procedendo all’esame dei loro risultati e proponendo miglioramenti delle misure adottate; c) contribuisce grazie ai suoi pareri all’elaborazione della relazione annuale della Commissione sui progressi realizzati in materia di pari opportunità tra donne e uomini; d) stimola lo scambio di informazioni sulle misure adottate a tutti i livelli per promuovere le pari opportunità e, se del caso, presenta proposte sul seguito che potrebbe essere dato a dette misure; e) emette pareri o invia relazioni alla Commissione, sia su richiesta di quest’ultima, sia di propria iniziativa, su tutti i problemi pertinenti riguardanti la promozione delle pari opportunità nella Comunità. 3. Le modalità di diffusione dei pareri e delle relazioni del comitato sono determinate di concerto con la Commissione. Essi possono essere oggetto di una pubblicazione sotto forma di allegato alla relazione annuale della Commissione sulle pari opportunità tra uomini e donne. Articolo 3 1. Il comitato è composto da 68 membri: a) un (una) rappresentante per Stato membro dei ministeri o servizi governativi incaricati a livello nazionale di promuovere le pari opportunità tra donne e uomini; questo (questa) rappresentante è designato(a) dal governo di ciascuno Stato membro; b) un (una) rappresentante per Stato membro dei comitati od organismi nazionali creati da un atto ufficiale e incaricati specificamente delle pari opportunità tra donne e uomini a titolo di rappresentanza dei settori interessati. Qualora in uno Stato membro esistano più comitati od organismi che si occupano di questi problemi, la Commissione determina l’organismo che con i suoi obiettivi, la sua struttura, la sua rappresentatività e il suo grado di indipendenza ha la maggiore vocazione a essere rappresentato nel comitato; la partecipazione degli Stati membri che non dispongono di tali comitati verrà esercitata da persone rappresentanti organismi considerati dalla Commissione come esercitanti missioni analoghe. Questo (questa) rappresentante è nominato(a) dalla Commissione su proposta del comitato od organismo nazionale pertinente; c) sette membri rappresentanti le organizzazioni dei datori di lavoro a livello comunitario; d) sette membri rappresentanti le organizzazioni dei lavoratori a livello comunitario. Questi (queste) rappresentanti sono nominati(e) dalla Commissione su proposta delle parti sociali a livello comunitario. 2. Alle riunioni del comitato partecipano in veste di osservatori due rappresentanti della lobby europea delle donne. 3. Possono essere ammessi in veste di osservatori i rappresentanti di organizzazioni internazionali, professionali o associative che ne facciano domanda, debitamente motivata, alla Commissione. Articolo 4 Per ciascuno dei membri del comitato si procede, nelle stesse condizioni stabilite all’articolo 3, alla nomina di un (una) supplente. Fatto salvo l’articolo 7, il (la) supplente non assiste alle riunioni del comitato e non partecipa ai suoi lavori, se non in caso di impedimento del membro che sostituisce. Articolo 5 Il mandato di membro del comitato ha una durata di tre anni. Esso è rinnovabile. Allo scadere dei tre anni, i membri del comitato restano in funzione finché non si sia provveduto alla loro sostituzione o al rinnovo del loro mandato. Il mandato di un membro cessa prima dello scadere dei tre anni o per dimissioni o per cessazione delle attività presso l’organismo che rappresenta o in seguito a decesso. Si può altresì mettere fine al mandato di un membro quando l’organismo che ha presentato la sua candidatura ne chiede la sostituzione. Egli è sostituito per la durata del mandato ancora in corso secondo la procedura di cui all’articolo 4. Le funzioni esercitate non formano oggetto di retribuzione; le spese di viaggio e di soggiorno per le riunioni del comitato e per i gruppi di lavoro istituiti secondo l’articolo 8 sono a carico della Commissione in applicazione delle vigenti norme amministrative. Articolo 6 Il comitato è presieduto da un (una) presidente eletto(a) tra i membri provenienti dagli Stati membri e designati in conformità dell’articolo 3, paragrafo 3, lettere a) e b). Il suo mandato ha la durata di un anno. L’elezione ha luogo a maggioranza dei due terzi dei membri presenti; tuttavia è richiesta a favore almeno la metà del totale dei voti. Due vicepresidenti saranno eletti(e) con la stessa maggioranza e alle stesse condizioni. Essi (esse) hanno il compito di sostituire il (la) presidente in caso di impedimento. I (le) presidenti e vicepresidenti devono provenire da Stati membri diversi. Essi (esse) costituiscono l’ufficio di presidenza del comitato che si riunisce prima di ciascuna riunione del comitato stesso. L’organizzazione del lavoro del comitato è effettuata dalla Commissione in stretto collegamento con il (la) presidente. L’ordine del giorno delle riunioni del comitato è fissato dalla Commissione di concerto con il (la) presidente. Il segretariato del comitato è svolto dall’unità della Commissione competente per le pari opportunità tra donne e uomini. Il resoconto delle riunioni del comitato è redatto dai servizi della Commissione e sottoposto per approvazione al comitato. Articolo 7 Il (la) presidente può invitare a partecipare ai lavori del comitato, in qualità di esperto, qualsiasi persona avente particolare competenza su un argomento iscritto all’ordine del giorno. Gli esperti partecipano ai lavori esclusivamente per il punto che ne ha motivato la presenza. Articolo 8 1. Il comitato può costituire gruppi di lavoro. 2. Per elaborare i suoi pareri, il comitato può chiedere rapporti a un relatore o esperto esterno, secondo modalità da determinare. 3. Uno o più membri del comitato possono partecipare in veste di osservatori alle attività di altri comitati consultivi della Commissione e informarne il comitato. Articolo 9 Le misure prese in applicazione degli articoli 7 e 8, aventi implicazione finanziaria per il bilancio delle Comunità europee, sono soggette all’accordo preliminare della Commissione e devono essere attuate secondo le vigenti norme amministrative. Articolo 10 Il comitato si riunisce nella sede della Commissione su convocazione di quest’ultima. Esso terrà almeno due riunioni all’anno. Articolo 11 Le deliberazioni del comitato vertono sulle domande di parere formulate dalla Commissione o sui pareri che il comitato formula di propria iniziativa. Esse non sono seguite da votazione. Nel chiedere il parere del comitato, la Commissione ha facoltà di fissare il termine entro il quale il parere dovrà essere espresso. Le prese di posizione di ciascuna delle categorie rappresentate figurano in un resoconto delle deliberazioni trasmesso alla Commissione. Qualora il parere richiesto sia espresso all’unanimità dal comitato, questo redige conclusioni comuni che vengono allegate al resoconto. Articolo 12 Fatto salvo l’articolo 287 del trattato, i membri del comitato sono tenuti a non divulgare le informazioni di cui hanno avuto conoscenza tramite i lavori del comitato o dei gruppi di lavoro, qualora la Commissione comunichi loro che un parere o una domanda verte su una materia avente carattere riservato. In tal caso, assistono alle sedute unicamente i membri del comitato e i rappresentanti della Commissione. Articolo 13 La decisione 82/43/CEE è abrogata. I riferimenti alla decisione abrogata si intendono fatti alla presente decisione e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell’allegato II. Fatto a Bruxelles, il 16 giugno 2008. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 20 del 28.1.1982, pag. 35. Decisione modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 1792/06 (GU L 362 del 20.12.2006, pag. 1). (2) Cfr. allegato I. ALLEGATO I Decisione abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive Decisione 82/43/CEE della Commissione (GU L 20 del 28.1.1982, pag. 35) Punto VIII.12 dell’allegato I dell’atto di adesione del 1985 (GU L 302 del 15.11.1985, pag. 209) Punto IV.C dell’allegato I dell’atto di adesione del 1994 (GU C 241 del 29.8.1994, pag. 115) Decisione 95/420/CE della Commissione (GU L 249 del 17.10.1995, pag. 43) Punto 11.4 dell’allegato II dell’atto di adesione del 2003 (GU L 236 del 23.9.2003, pag. 585) Regolamento (CE) n. 1792/2006 della Commissione (GU L 362 del 20.12.2006, pag. 1) Limitatamente al riferimento alla decisione 82/43/CEE fatto nel sesto trattino dell’articolo 1, paragrafo 2 e all’allegato punto 9.1. ALLEGATO II Tavola di concordanza Decisione 82/43/CEE Presente decisione Articoli 1 e 2 Articoli 1 e 2 Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera a) Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera a) Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera b) Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera b) Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera c), primo trattino Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera c) Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera c), secondo trattino Articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera d) Articolo 3, paragrafo 1, secondo comma Articolo 3, paragrafo 1, secondo comma Articolo 3, paragrafi 2 e 3 Articolo 3, paragrafi 2 e 3 Articolo 4, prima frase Articolo 4, primo comma Articolo 4, seconda frase Articolo 4, secondo comma Articoli da 5 a 12 Articoli da 5 a 12 Articolo 13 — — Articolo 13 — Allegato I — Allegato II
Comitato consultivo per le pari opportunità tra donne e uomini SINTESI CHE COSA FA QUESTA DECISIONE? Istituisce un comitato volto a garantire consultazioni e scambi regolari tra gli enti e le istituzioni che promuovono le pari opportunità tra donne e uomini dei paesi dell'UE. PUNTI CHIAVE Il comitato consultivo per le pari opportunità tra donne e uomini ha lo scopo di aiutare la Commissione europea a formulare e attuare misure volte a promuovere le pari opportunità tra donne e uomini. Esso svolge tale compito incoraggiando lo scambio di esperienze, politiche e prassi pertinenti in materia tra i paesi dell'UE e le varie parti interessate. Il comitato è composto di 70 membri con un mandato rinnovabile di durata triennale, fra i quali: un rappresentante di ciascun paese dell'UE di un ministero o servizio governativo incaricato di promuovere le pari opportunità, nominato dal proprio governo; un rappresentante di ciascun paese dell'UE nominato dalla Commissione e scelto fra i membri di un comitato o organismo nazionale incaricato delle pari opportunità, su proposta dell'organizzazione interessata; sette membri rappresentanti le organizzazioni dei datori di lavoro a livello comunitario; sette membri rappresentanti le organizzazioni dei lavoratori a livello comunitario. La lobby europea delle donne è rappresentata alle riunioni del comitato da due membri in veste di osservatori. Possono essere ammessi in veste di osservatori i rappresentanti di organizzazioni internazionali, professionali o associative che ne facciano domanda, debitamente motivata, alla Commissione. Il comitato è presieduto da un presidente e da due vicepresidenti eletti tra i suoi membri; il loro mandato ha la durata di un anno. Il presidente può invitare a partecipare ai lavori del comitato, in qualità di esperto, qualsiasi persona avente particolare competenza su un argomento iscritto all'ordine del giorno. Il comitato si riunisce nella sede della Commissione su convocazione di quest'ultima e tiene almeno due riunioni all'anno. Le discussioni del comitato si basano sulle domande di parere formulate dalla Commissione e sui pareri che il comitato formula di propria iniziativa. Non sono seguite da votazione. CONTESTO La decisione 2008/590/CE della Commissione codifica e abroga la decisione 82/43/CEE, che originariamente istituiva un comitato consultivo per le pari opportunità tra donne e uomini e che è stata modificata varie volte. Per maggiori informazioni, si veda la pagina sulla Parità di genere sul sito Internet della Commissione europea. ATTO Decisione 2008/590/CE della Commissione, del 16 giugno 2008, relativa alla creazione di un comitato consultivo per le pari opportunità tra donne e uomini (versione codificata) (GU L 190 del 18.7.2008, pag. 17-21) Le successive modifiche alla decisione 2008/590/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
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32010D0765
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DECISIONE 2010/765/PESC DEL CONSIGLIO del 2 dicembre 2010 sull’azione dell’UE volta a contrastare il commercio illecito di armi leggere e di piccolo calibro (SALW) per via aerea IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 26, paragrafo 2, considerando quando segue: (1) Il 13 dicembre 2003 il Consiglio ha adottato una strategia europea in materia di sicurezza in cui venivano identificate cinque sfide di fondo cui l’Unione è confrontata: il terrorismo, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, i conflitti regionali, il fallimento dello Stato e la criminalità organizzata. Le conseguenze della fabbricazione, del trasferimento e della circolazione illeciti di armi leggere e di piccolo calibro (SALW) nonché la loro eccessiva accumulazione e la diffusione incontrollata sono cruciali per quattro delle cinque sfide suddette. (2) Il 15-16 dicembre 2005 il Consiglio ha adottato la strategia dell’UE volta a combattere l’accumulazione e il traffico illeciti di armi leggere e di piccolo calibro (SALW) e relative munizioni (la «strategia dell’UE sulle SALW»). La strategia dell’UE sulle SALW promuove lo sviluppo di una politica di lotta attiva contro la rete di traffico illecito di SALW (intermediari e vettori illegali) che utilizzano gli spazi aerei, marittimi e terrestri dell’Unione, mediante l’elaborazione di meccanismi di allarme e di cooperazione. (3) Il piano d’azione della strategia dell’UE sulle SALW sottolinea anche la necessità di migliorare l’impatto delle missioni di gestione delle crisi prevedendo, nel loro mandato, misure che consentano la messa in atto di un controllo delle frontiere (o degli spazi aerei, terrestri e marittimi della zona di conflitto) e il disarmo. (4) A partire dal 2007 il gruppo di lavoro del Consiglio dell’UE «Disarmo globale e controllo degli armamenti» (CODUN) e il Centro di situazione congiunto dell’UE (SITCEN) hanno sviluppato un’iniziativa dell’UE tesa ad ostacolare il traffico illecito di SALW per via aerea, attraverso il miglioramento dello scambio, tra gli Stati membri, di informazioni pertinenti sui vettori aerei sospetti. Per l’istituzione di questo sistema di scambio di informazioni, il CODUN e il SITCEN hanno collaborato con l’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (SIPRI) e con il relativo progetto di valutazione del meccanismo di contrasto del traffico illecito (CIT-MAP). Nell’ambito di tale iniziativa il CODUN ha recentemente deciso di studiare come conferire maggiore operatività ed efficacia a tale iniziativa dell’UE, facendo in modo che le informazioni pertinenti siano aggiornate e trattate con tempestività. (5) Anche altre organizzazioni internazionali e regionali hanno riconosciuto il rischio che incombe sulla sicurezza internazionale a causa del commercio illecito di SALW per via aerea. Nel 2007 il Foro dell’OSCE per la sicurezza e la cooperazione ha tenuto una sessione straordinaria su questo tema e nel 2008 l’assemblea parlamentare dell’OSCE ha adottato una risoluzione in cui si chiedeva il completamento, l’adozione e l’attuazione di una guida dell’OSCE sulle migliori prassi in materia di trasporto aereo illecito di SALW. Analogamente, gli Stati partecipanti all’intesa di Wassenaar hanno adottato nel 2007 le «Migliori pratiche per prevenire i trasferimenti destabilizzanti di SALW tramite trasporto aereo». Inoltre, numerose relazioni del gruppo di esperti del Comitato per le sanzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sull’Africa occidentale e la regione dei Grandi laghi hanno ripetutamente documentato il ruolo centrale svolto dalle società di trasporto merci per via aerea coinvolte nel traffico illecito di SALW. (6) L’azione prevista nella presente decisione non persegue obiettivi connessi con il miglioramento della sicurezza del trasporto aereo, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 1. Al fine di attuare la strategia dell’UE volta a combattere l’accumulazione e il traffico illeciti di SALW e relative munizioni (la «strategia dell’UE sulle SALW»), l’Unione persegue i seguenti obiettivi: a) migliorare gli strumenti e le tecniche a disposizione delle pertinenti missioni di gestione delle crisi, delle autorità internazionali e delle autorità nazionali dei paesi terzi nonché degli Stati membri per effettuare controlli efficaci e mirati sugli aeromobili di trasporto merci sospettati di essere coinvolti nel commercio illecito di SALW per via aerea, all’interno, in provenienza o a destinazione di Stati terzi; b) accrescere la sensibilizzazione e le competenze tecniche del pertinente personale internazionale e nazionale per quanto riguarda le migliori prassi nel campo del monitoraggio, dell’individuazione e dell’analisi della gestione del rischio nei confronti di vettori aerei di merci sospettati di traffico di SALW per via aerea, all’interno, in provenienza o a destinazione di Stati terzi. 2. Per conseguire gli obiettivi di cui al paragrafo 1, l’Unione adotta le seguenti misure: a) sviluppo e test di funzionamento pratico di un prototipo di software dedicato per la gestione del rischio di traffico per via aerea, da mettere a disposizione delle pertinenti missioni di gestione delle crisi e delle autorità internazionali e nazionali, comprendente una banca dati aggiornata regolarmente riguardante, tra l’altro, le compagnie aeree, gli aeromobili, i numeri di immatricolazione e le rotte di trasporto; b) sviluppo e test di funzionamento pratico di un prototipo di sistema sicuro di gestione del rischio e divulgazione di informazioni; c) elaborazione e pubblicazione di un manuale e relativo materiale formativo, nonché prestazione di assistenza tecnica per facilitare l’uso e l’adattamento del prototipo di software e del sistema sicuro di gestione del rischio e dell’informazione, anche attraverso l’organizzazione di seminari regionali destinati a formare le pertinenti missioni di gestione delle crisi e le autorità internazionali e nazionali. Una descrizione particolareggiata del progetto figura nell’allegato. Articolo 2 1. L’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza («AR») è responsabile dell’attuazione della presente decisione. 2. Il SIPRI è incaricato dell’attuazione tecnica dei progetti di cui all’articolo 1, paragrafo 2. 3. Il SIPRI svolge tale compito sotto la responsabilità dell’AR. A tal fine l’AR stabilisce le necessarie modalità con il SIPRI. Articolo 3 1. L’importo di riferimento finanziario per l’attuazione del progetto di cui all’articolo 1, paragrafo 2, è pari a 900 000 EUR. 2. Le spese finanziate con l’importo di cui al paragrafo 1 sono gestite in conformità delle procedure e delle norme applicabili al bilancio generale dell’Unione. 3. La Commissione vigila sulla corretta gestione delle spese di cui al paragrafo 1. A tal fine, essa conclude un accordo di finanziamento con il SIPRI. L’accordo prevede che il SIPRI assicuri la visibilità del contributo dell’UE corrispondente alla sua entità. 4. La Commissione si adopera per concludere l’accordo di finanziamento di cui al paragrafo 3 il più presto possibile dopo l’entrata in vigore della presente decisione. Essa informa il Consiglio sulle eventuali difficoltà di detto processo e sulla data di conclusione dell’accordo di finanziamento. Articolo 4 L’AR riferisce al Consiglio in merito all’attuazione della presente decisione sulla base delle relazioni periodiche bimestrali elaborate dal SIPRI. Tali relazioni costituiscono la base della valutazione effettuata dal Consiglio. La Commissione trasmette informazioni sugli aspetti finanziari dell’attuazione del progetto di cui all’articolo 1, paragrafo 2. Articolo 5 1. La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione. 2. La presente decisione cessa di produrre effetti 24 mesi dopo la data di conclusione dell’accordo di finanziamento di cui all’articolo 3, paragrafo 3, o sei mesi dopo la data di adozione della presente decisione qualora non sia stato concluso un accordo di finanziamento entro tale termine. Articolo 6 La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 2 dicembre 2010. Per il Consiglio Il presidente M. WATHELET ALLEGATO 1. Quadro generale La presente decisione si basa sull’iniziativa del CODUN intesa ad affrontare le minacce poste dal traffico di SALW e di altri merci destabilizzanti per via aerea. Nell’ambito dell’iniziativa del CODUN, la presente decisione si inserisce nel contesto di altri progetti avviati dal Consiglio in collaborazione con il SITCEN, con il Club di Budapest e con il SIPRI. La presente decisione prevede lo sviluppo software, prototipi di sistemi attuativi, programmi di formazione e di sensibilizzazione destinati alle pertinenti missioni di gestione delle crisi, nonché alle autorità internazionali e nazionali allo scopo di migliorare il controllo, l’aggiornamento e la divulgazione delle informazioni relative agli operatori di trasporto aereo di merci sospetti che operano in Africa e a partire da altre regioni. Nell’attuazione della presente decisione è opportuno garantire un buon coordinamento con altri progetti pertinenti finanziati nel quadro dei programmi comunitari e di altre decisioni del Consiglio al fine di rafforzare l’impatto dell’azione dell’Unione nella prevenzione del commercio illecito di SALW. 2. Obiettivi I progetti descritti in appresso riguarderanno tre settori identificati dal CODUN e da altri attori partecipanti all’iniziativa dell’UE volta a contrastare il traffico di SALW per via aerea: a) la necessità di sviluppare un sistema sicuro che fornisca dati aggiornati sulle compagnie e gli aeromobili che abitualmente effettuano doppie iscrizioni dei propri attivi e spostano le loro attività onde eludere l’individuazione; b) la fornitura di software e di una formazione in materia di gestione del rischio onde consentire alle pertinenti missioni di gestione delle crisi e alle autorità internazionali e nazionali di monitorare e di individuare con maggiore efficacia un numero sempre più elevato di operatori di trasporto aereo di merci sospettati di essere coinvolti nel traffico di SALW o nella circolazione di flussi di altre merci destabilizzanti per via aerea; c) l’esigenza di sensibilizzare, offrire formazione e supporto tecnico alle organizzazioni multilaterali, alle missioni, agli organismi regionali e agli Stati in Africa e in altre regioni allo scopo di rafforzarne la capacità di monitorare e individuare i soggetti coinvolti nel traffico di SALW o nella circolazione di altre merci destabilizzanti per via aerea. 3. Descrizione del progetto 3.1. Progetto 1: Ideazione di un pacchetto di software e attuazione di un progetto pilota per il monitoraggio, l’aggiornamento e la divulgazione di informazioni sugli operatori di trasporto aereo di merci sospettati di traffico illecito di SALW 3.1.1. Obiettivo del progetto Il progetto è volto al miglioramento degli strumenti e delle tecniche che le pertinenti missioni di gestione delle crisi, le autorità internazionali e le autorità nazionali dei paesi terzi nonché gli Stati membri hanno a disposizione per effettuare controlli efficaci e mirati sugli aeromobili di trasporto merci sospettati di essere coinvolti nel commercio illecito di SALW per via aerea, all’interno, in provenienza o a destinazione di Stati terzi. 3.1.2. Descrizione del progetto Nel quadro di questo progetto saranno intraprese le seguenti attività: a) sviluppo di un pacchetto software di gestione del rischio di traffico illecito per via aerea destinato alle organizzazioni multilaterali, alle missioni e a determinati paesi terzi; b) sviluppo di un prototipo di sistema integrato sicuro di gestione del rischio e divulgazione delle informazioni; c) test di funzionamento pratico del pacchetto software in consultazione con l’AR e i pertinenti organi del Consiglio; d) test di funzionamento pratico del sistema integrato di divulgazione delle informazioni in consultazione con l’AR e con i pertinenti organi del Consiglio; e) elaborazione di un manuale e di relativo materiale formativo per facilitare l’uso e l’adozione dei sistemi indicati alle lettere a) e b) da parte delle pertinenti missioni di gestione delle crisi, delle autorità internazionali e delle autorità nazionali dei paesi terzi, nonché degli Stati membri; f) presentazione del software definitivo e del corrispondente manuale e materiale formativo in un seminario conclusivo cui verranno invitati a partecipare i soggetti interessati (fino a 80 persone). Il progetto sarà attuato lungo un arco di tempo adeguato che tenga conto della necessità di consultare i vari soggetti interessati e di coordinarsi con essi, sotto il controllo dell’AR. Il progetto sarà attuato in sei fasi. Fase preparatoria Il SIPRI, in consultazione con i pertinenti organi del Consiglio e sotto il controllo dell’AR, svilupperà un pacchetto software, degli strumenti di gestione del rischio, nonché un sistema integrato di divulgazione di informazioni e di dati disaggregati, ricorrendo alle pertinenti opzioni della tecnologia dell’informazione. Fase di inserimento dei dati Ricorrendo unicamente alle informazioni da fonte aperta, il progetto inserirà dati ottenuti dalle pertinenti fonti allo scopo di creare banche dati globali, capaci di fornire informazioni sufficienti che consentano di disporre di strumenti accurati di gestione, individuazione e profilo del rischio. Fase esplorativa Il SIPRI, in consultazione con i pertinenti organi del Consiglio e sotto il controllo dell’AR, procederà ad una valutazione dei vari siti, regioni, organizzazioni e missioni in cui il prototipo di pacchetto che usa dati da fonti aperte potrebbe essere sottoposto al test di funzionamento pratico in condizioni ottimali. Fase di test di funzionamento pratico Il SIPRI, in consultazione con i pertinenti organi del Consiglio e sotto il controllo dell’AR, avvierà una fase di test di funzionamento pratico in collaborazione con i partner identificati nella fase esplorativa. Fase di valutazione e di adattamento A seguito del test di funzionamento pratico, il SIPRI valuterà e adeguerà il software tenendo conto dell’esperienza e degli insegnamenti tratti dalla fase di test di funzionamento pratico. Ne emergerà un prodotto finale che sarà reso disponibile con l’accordo dei vari soggetti interessati. Fase di presentazione La versione definitiva del software e del materiale formativo sarà presentata, in un evento specificamente organizzato, ai soggetti interessati (fino a 80 persone) che hanno partecipato al suo sviluppo e sono stati riconosciuti come utenti finali del software. 3.1.3. Risultati del progetto Il progetto: a) rafforzerà la capacità delle pertinenti missioni di gestione delle crisi, delle autorità internazionali e delle autorità nazionali dei paesi terzi, nonché degli Stati membri di monitorare le attività degli operatori di trasporto aereo di merci sospettati di traffico di SALW per via aerea; b) offrirà gli strumenti e i prototipi di sistemi necessari ad aumentare il numero di divieti di sospette spedizioni illecite di SALW per via aerea da parte delle organizzazioni multilaterali, delle missioni e degli Stati in Africa e in altre regioni; c) potenzierà la capacità degli Stati membri di scambiare informazioni, in condizioni di sicurezza, sugli operatori di trasporto aereo di merci grazie a tecniche di disaggregazione dei dati e ad altri meccanismi di profilazione. 3.1.4. Beneficiari del progetto I beneficiari del progetto saranno il pertinente personale delle missioni di gestione delle crisi e delle autorità nazionali e internazionali. La selezione degli specifici beneficiari che effettueranno il test del pacchetto di prototipo di software terrà conto di variabili quali la presenza sul campo di missioni europee o multilaterali di gestione delle crisi, la necessità di ottimizzare le risorse, la disponibilità di assistenza a livello locale, la volontà politica e la capacità delle autorità locali e nazionali di contrastare il commercio illecito di SALW per via aerea. Il SIPRI proporrà un elenco ristretto di beneficiari che sarà successivamente avallato dall’AR in consultazione con i competenti organi del Consiglio. 3.2. Progetto 2: Rafforzare la consapevolezza sulle prassi di monitoraggio, individuazione e gestione del rischio nei confronti dei vettori aerei di trasporto merci coinvolti nel traffico di SALW per via aerea e nei flussi di altre merci destabilizzanti attraverso pubblicazioni, azioni di formazione e di sensibilizzazione. 3.2.1. Obiettivo del progetto Il progetto è volto ad accrescere la sensibilizzazione e le competenze tecniche del pertinente personale internazionale e nazionale sulle migliori prassi nel campo del monitoraggio, dell’individuazione e dell’analisi della gestione del rischio nei confronti di vettori aerei di trasporto merci sospettati di traffico di SALW per via aerea. 3.2.2. Descrizione del progetto Nel quadro di questo progetto saranno intraprese le seguenti attività: a) elaborazione e pubblicazione di un manuale e di relativo materiale formativo da distribuire a un massimo di 250 persone operanti in organizzazioni multilaterali, in missioni o presso Stati; b) attraverso l’organizzazione di un massimo di tre seminari regionali, formazione e sensibilizzazione di 80-100 membri del personale operanti per specifici servizi o cellule nell’ambito delle missioni di gestione delle crisi, delle autorità internazionali e delle autorità nazionali dei paesi terzi, con un effetto moltiplicatore previsto grazie alla distribuzione di materiale per «formare i formatori»; c) trattamento dei risultati e delle valutazioni derivanti dalle attività di formazione e di sensibilizzazione e, su questa base, sviluppo di un modello di migliori prassi per lo scambio di informazioni su questo tema nell’ambito del competente personale internazionale e nazionale; d) presentazione dei risultati del modello di migliori prassi in un seminario conclusivo cui verranno invitati a partecipare i pertinenti soggetti (fino a 80 persone). 3.2.3. Risultati del progetto Il progetto: a) accrescerà la sensibilizzazione del personale che presta servizio presso organizzazioni multilaterali, missioni e Stati sulle migliori prassi nel settore del monitoraggio, dell’individuazione e dell’analisi della gestione del rischio nei confronti di vettori aerei di trasporto merci sospettati di traffico di SALW per via aerea e di flussi di altre merci destabilizzanti; b) contribuirà ad uniformare le migliori prassi in questo campo attraverso la pubblicazione e la divulgazione di un manuale sulle tecniche di monitoraggio, individuazione e analisi della gestione del rischio; c) guiderà l’istituzione di migliori prassi nel coordinamento delle informazioni attraverso azioni di formazione e di sensibilizzazione per il personale operante per specifici servizi o cellule nell’ambito di organizzazioni multilaterali, missioni o Stati. 3.2.4. Beneficiari del progetto I beneficiari del progetto saranno il pertinente personale delle missioni di gestione delle crisi e delle autorità nazionali e internazionali. La selezione degli specifici beneficiari delle azioni di formazione sarà effettuata sulla base di un elenco ristretto di beneficiari proposto dal SIPRI, che dovrà essere avallato dall’AR in consultazione con i competenti organi del Consiglio. 4. Sedi Le sedi per il test di funzionamento pratico e il seminario conclusivo del progetto 3.1 e per le attività di formazione e di sensibilizzazione e il seminario conclusivo del progetto 3.2, saranno determinate tenendo conto della volontà di ottimizzare le risorse e minimizzare l’impronta di carbonio nonché dell’assistenza disponibile a livello locale. Il SIPRI proporrà un elenco ristretto di sedi raccomandate che dovrà essere avallato dall’AR in consultazione con i competenti organi del Consiglio. 5. Durata La durata totale stimata dei progetti è di 24 mesi. 6. Ente incaricato dell’attuazione L’attuazione tecnica della presente decisione sarà affidata al SIPRI, il quale assicurerà la visibilità del contributo dell’UE e svolgerà tale compito sotto la responsabilità dell’AR. 7. Relazioni Il SIPRI elaborerà relazioni periodiche bimestrali, nonché una relazione dopo il completamento di ciascuna delle attività descritte. Le relazioni dovrebbero essere presentate all’AR non oltre sei settimane dal completamento delle pertinenti attività.
Azione volta a contrastare il commercio illecito di armi leggere Per contribuire alla lotta contro il traffico di armi di piccolo calibro e leggere (SALW) per via aerea, la presente decisione prevede lo sviluppo di software, prototipi di sistemi attuativi e programmi di formazione per il monitoraggio e la divulgazione delle informazioni relative agli operatori di trasporto aereo di merci sospetti. ATTO Decisione 2010/765/PESC del Consiglio, del 2 dicembre 2010, sull'azione dell'UE volta a contrastare il commercio illecito di armi leggere e di piccolo calibro (SALW) per via aerea. SINTESI La presente decisione definisce i progetti dell'Unione europea (UE) volti a contrastare il commercio illecito di armi di piccolo calibro e leggere (SALW) per via aerea, nel quadro dell'attuazione della strategia dell'UE sulle SALW. Questi progetti mirano a rafforzare: gli strumenti e le tecniche utilizzati per effettuare controlli mirati sugli aeromobili di trasporto merci sospettati di essere coinvolti nel commercio illecito di SALW; le competenze tecniche nel campo del monitoraggio, dell’individuazione e dell’analisi della gestione del rischio nei confronti di vettori aerei di merci sospettati di traffico di SALW. Progetto 1: Pacchetto software e sistema informatico per la gestione del rischio di traffico per via aerea Il progetto intende migliorare il monitoraggio degli operatori di trasporto aereo di merci sospetti da parte delle missioni di gestione delle crisi, delle autorità internazionali e nazionali di paesi terzi e paesi dell'UE, il divieto di spedizioni sospette di SALW per via aerea e lo scambio sicuro di informazioni tra i paesi dell'UE sugli operatori di trasporto aereo di merci. Esso consisterà: nello sviluppo di un software di gestione del rischio di traffico per via aerea e di un prototipo di sistema sicuro di gestione del rischio e divulgazione di informazioni; nel test di funzionamento pratico del prototipo di software e del sistema di divulgazione di informazioni; nell'elaborazione e pubblicazione di un manuale e relativo materiale formativo sul prototipo di software e sul sistema di divulgazione delle informazioni; nella presentazione del software, del relativo manuale e materiale formativo nell'ambito di seminari rivolti ai soggetti pertinenti. Progetto 2: Pubblicazioni e formazione nelle pratiche di gestione del rischio di traffico aereo Questo progetto accrescerà la sensibilizzazione del personale pertinente sulle migliori prassi nel settore del monitoraggio, dell'individuazione e dell'analisi della gestione del rischio nei confronti dei vettori aerei di trasporto merci sospettati, contribuirà a uniformare le migliori prassi in questo campo, nonché all'istituzione di migliori prassi nel coordinamento delle informazioni. Le attività da perseguire nell'ambito del progetto consistono: nell'elaborazione e diffusione di un manuale e relativo materiale formativo al personale interessato nelle organizzazioni multilaterali, nelle missioni e agli Stati; nella formazione del pertinente personale delle missioni di gestione delle crisi e delle autorità internazionali e nazionali di paesi terzi attraverso l'organizzazione di seminari regionali; nello sviluppo di un modello per le migliori prassi in materia di scambio di informazioni tra il personale pertinente sulla base dei risultati delle attività di formazione e nella presentazione di questo modello in un seminario rivolto ai soggetti interessati. Attuazione del progetto Sotto la responsabilità dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR), l'Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (SIPRI) è incaricato dell'attuazione tecnica dei progetti. La Commissione concluderà un accordo di finanziamento con il SIPRI, al fine di controllare efficacemente la gestione delle spese destinate all'attuazione dei progetti (9 000 000 EUR). La presente decisione cessa di produrre effetti 24 mesi dopo la data di conclusione dell’accordo di finanziamento, o sei mesi dopo la data della sua adozione qualora non sia stato concluso un accordo di finanziamento entro tale termine. Riferimenti Atto Entrata in vigore Termine ultimo di recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2010/765/PESC 2.12.2010 - GU L 327 dell’11.12.2010 See also Sito del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) sulle armi leggere e di piccolo calibro (SALW) (EN)
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31996R2271
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Regolamento (CE) n. 2271/96 del Consiglio del 22 novembre 1996 relativo alla protezione dagli effetti extraterritoriali derivanti dall'applicazione di una normativa adottata da un paese terzo, e dalle azioni su di essa basate o da essa derivanti Gazzetta ufficiale n. L 309 del 29/11/1996 pag. 0001 - 0006 REGOLAMENTO (CE) N. 2271/96 DEL CONSIGLIO del 22 novembre 1996 relativo alla protezione dagli effetti extraterritoriali derivanti dall'applicazione di una normativa adottata da un paese terzo, e dalle azioni su di essa basate o da essa derivantiIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 73 C, 113 e 235,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Parlamento europeo (1),considerando che fra gli obiettivi della Comunità europea vi è anche quello di contribuire allo sviluppo armonioso del commercio mondiale e alla graduale soppressione delle restrizioni agli scambi internazionali;considerando che la Comunità si sforza di conseguire, nella maggiore misura possibile, l'obiettivo della libera circolazione di capitali tra Stati membri e paesi terzi e l'eliminazione delle restrizioni agli investimenti diretti, inclusi gli investimenti in proprietà immobiliari, allo stabilimento, alla prestazione di servizi finanziari o all'ammissione di valori mobiliari nei mercati finanziari;considerando che un paese terzo ha approvato talune leggi, regolamenti e altri strumenti legislativi con l'intento di disciplinare l'attività di persone fisiche e giuridiche poste sotto la giurisdizione degli Stati membri;considerando che per i loro effetti extraterritoriali tali leggi, regolamenti e altri strumenti legislativi violano il diritto internazionale e ostacolano il conseguimento degli obiettivi sopra menzionati;considerando che tali atti normativi, ivi compresi regolamenti e altri strumenti legislativi, e le azioni su di essi basate o da essi derivanti, incidono o potrebbero incidere sull'ordinamento giuridico costituito e avere effetti negativi sugli interessi della Comunità e sugli interessi delle persone fisiche e giuridiche che esercitano i loro diritti conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea;considerando che, in presenza di tali circostanze eccezionali, è necessario avviare un'azione a livello comunitario per proteggere l'ordinamento giuridico costituito, gli interessi della Comunità e di dette persone, in particolare eliminando, neutralizzando, bloccando o altrimenti contrastando gli effetti della normativa estera interessata;considerando che la richiesta di fornire informazioni in virtù del presente regolamento non impedisce ad uno Stato membro di chiedere informazioni della stessa natura da comunicare alle autorità di tale Stato;considerando che il Consiglio ha adottato l'azione comune 96/668/PESC, del 22 novembre 1996 (2) per garantire che gli Stati membri prendano le misure necessarie per la protezione delle persone fisiche e giuridiche i cui interessi sono lesi dai suddetti atti normativi e azioni su di essi basate, qualora tali interessi non siano tutelati dal presente regolamento;considerando che la Commissione, nell'attuazione del presente regolamento, dovrebbe essere assistita da un comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri;considerando che le azioni previste nel presente regolamento sono necessarie per conseguire gli obiettivi del trattato che istituisce la Comunità europea;considerando che il trattato, per l'adozione di talune disposizioni del presente regolamento, prevede solo l'esercizio dei poteri contemplati dall'articolo 235,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1 Il presente regolamento fornisce protezione e neutralizza gli effetti dell'applicazione extraterritoriale degli atti normativi indicati nell'allegato del presente regolamento, compresi i regolamenti e gli altri strumenti legislativi e delle azioni su di essi basate o da essi derivanti, qualora tale applicazione leda gli interessi delle persone di cui all'articolo 11 che effettuano scambi internazionali e/o movimenti di capitali e attività commerciali connesse tra la Comunità e i paesi terzi.Il Consiglio, deliberando conformemente alle pertinenti disposizioni del trattato e nonostante le disposizioni dell'articolo 7, lettera c), può inserire o sopprimere atti normativi dall'allegato del presente regolamento.Articolo 2 Qualora gli interessi economici e/o finanziari di qualsiasi persona di cui all'articolo 11 siano lesi, direttamente o indirettamente, dagli atti normativi indicati nell'allegato o da azioni su di essi basate o da essi derivanti, tale persona ne informa la Commissione nei 30 giorni successivi alla data in cui le è pervenuta l'informazione; se sono lesi gli interessi di una persona giuridica, tale obbligo incombe ai direttori, dirigenti o altre persone aventi responsabilità direttive (3).A richiesta della Commissione, tale persona fornisce tutte le informazioni pertinenti ai fini del presente regolamento conformemente alla richiesta della Commissione entro 30 giorni dalla data di quest'ultima.Tutte le informazioni sono trasmesse alla Commissione direttamente o tramite le autorità competenti degli Stati membri. Se le informazioni sono trasmesse direttamente alla Commissione, questa ne informa immediatamente le autorità competenti dello Stato membro in cui la persona che ha fornito le informazioni è residente o registrata.Articolo 3 Tutte le informazioni fornite conformemente all'articolo 2 vengono utilizzate soltanto per gli scopi indicati.Le informazioni di carattere riservato o che sono state fornite su base confidenziale sono protette dall'obbligo del segreto professionale. Esse non vengono divulgate dalla Commissione senza l'esplicita autorizzazione della persona che le ha fornite.La Commissione può rivelare tali informazioni qualora obbligata o autorizzata a farlo, in particolare in relazione ad azioni giudiziarie. In questo caso si deve tener conto dell'interesse legittimo della persona interessata a che non siano divulgati i suoi segreti commerciali.Il presente articolo non preclude alla Commissione la possibilità di divulgare informazioni di carattere generale. La divulgazione di tali informazioni non è permessa qualora ciò sia incompatibile con il loro scopo originario.In caso di violazione della riservatezza, il mittente delle informazioni ha il diritto di ottenere, secondo il caso, che siano soppresse, rettificate o non prese in considerazione.Articolo 4 Nessuna sentenza di un tribunale e nessuna decisione di un'autorità amministrativa esterna alla Comunità che, direttamente o indirettamente, renda operative gli atti normativi indicati nell'allegato o azioni su di essi basate o da essi derivanti, è accettata o eseguita in alcun modo.Articolo 5 Nessuna delle persone di cui all'articolo 11 deve rispettare, direttamente o attraverso una consociata o altro intermediario, attivamente o per omissione deliberata, richieste o divieti, comprese le richieste di tribunali stranieri, basate o derivanti, direttamente o indirettamente, dagli atti normativi indicati nell'allegato o da azioni su di essi basate o da essi derivanti.Conformemente alle procedure di cui agli articoli 7 e 8, si può essere autorizzati a rispettare, completamente o in parte, le norme contestate se la loro inosservanza può danneggiare seriamente i propri interessi o quelli della Comunità. I criteri di applicazione della presente disposizione sono fissati secondo la procedura di cui all'articolo 8. Qualora sussistano prove sufficienti che l'inosservanza causerebbe gravi danni ad una persona fisica o giuridica, la Commissione sottopone senza indugio al comitato di cui all'articolo 8 un progetto delle misure adeguate da adottare a norma del presente regolamento.Articolo 6 Qualsiasi persona di cui all articolo 11, impegnata in un'attività di cui all'articolo 1 ha diritto al risarcimento dei danni, comprese le spese giudiziali, ad essa causati dall'applicazione degli atti normativi indicati nell'allegato o da azioni su di essi basate o da essi derivanti.Tale risarcimento può essere ottenuto dalla persona fisica o giuridica o da qualsiasi altra entità che ha causato danni o da qualsiasi persona che agisca per suo conto o altro intermediario.La convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale si applica ai procedimenti avviati ed alle sentenze rese ai sensi del presente articolo. Il risarcimento può essere ottenuto sulla base delle disposizioni delle sezioni da 2 a 6 del titolo II di tale convenzione, nonché, ai sensi dell'articolo 57, paragrafo 3 di tale convenzione, tramite procedimenti giudiziari avviati dinanzi ai tribunali di uno Stato membro in cui tale persona, entità, persona che agisce per suo conto o intermediario detiene dei beni.Fatti salvi altri mezzi disponibili e conformemente alla legislazione applicabile, il risarcimento potrebbe assumere la forma di sequestro e vendita di beni detenuti da tali persone, entità, persone che agiscono per loro conto o altri intermediari nella Comunità, comprese le azioni detenute in una persona giuridica registrata nella Comunità.Articolo 7 Per l'attuazione del presente regolamento la Commissione:a) informa immediatamente ed esaurientemente il Parlamento europeo e il Consiglio sugli effetti degli atti normativi, regolamenti e altri strumenti legislativi e azioni derivanti di cui all'articolo 1, in base alle informazioni ottenute ai sensi del presente regolamento, e prepara in merito periodicamente un'esauriente relazione pubblica;b) concede autorizzazioni alle condizioni stabilite nell'articolo 5, e, nello stabilire il termine entro il quale il comitato deve esprimere il suo parere, tiene interamente conto del termine che le persone soggette ad autorizzazione devono rispettare;c) inserisce o sopprime, se del caso, riferimenti a regolamenti o ad altri strumenti legislativi che derivano da atti normativi indicati nell'allegato e che rientrano nel campo di applicazione del presente regolamento;d) pubblica nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee un avviso sulle sentenze e decisioni a cui si applicano gli articoli 4 e 6;e) pubblica nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee il nome e l'indirizzo delle autorità competenti degli Stati membri cui si fa riferimento nell'articolo 2.Articolo 8 Nell'attuazione del disposto dell'articolo 7, lettere b) e c), la Commissione è assistita da un comitato composto da rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione.Il rappresentante della Commissione presenta al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista dall'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni al comitato, viene attribuita ai voti dei rappresentanti degli Stati membri la ponderazione definita all'articolo precitato. Il presidente non partecipa alla votazione.La Commissione adotta le misure previste se sono conformi al parere del comitato.Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato o, in mancanza di parere, la Commissione presenta senza indugio al Consiglio una proposta relativa alle misure da prendere. Il Consiglio delibera alla maggioranza qualificata.Se al termine di un periodo di due settimane dalla data di presentazione al Consiglio quest'ultimo non ha deliberato, la Commissione adotta le misure proposte.Articolo 9 Ciascuno Stato membro decide le sanzioni da imporre in caso di violazione delle pertinenti disposizioni del presente regolamento. Tali sanzioni devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive.Articolo 10 La Commissione e gli Stati membri si informano reciprocamente sulle misure adottate conformemente al presente regolamento e si scambiano le informazioni connesse.Articolo 11 Il presente regolamento si applica a:1) qualsiasi persona fisica residente nella Comunità (4) e che ha la cittadinanza di uno Stato membro,2) qualsiasi persona giuridica registrata nella Comunità,3) qualsiasi persona fisica o giuridica di cui all'articolo 1, paragrafo 2 del regolamento (CEE) n. 4055/86 (5),4) qualsiasi altra persona fisica residente nella Comunità, fatto salvo il caso in cui tale persona si trovi nel paese di cui ha la cittadinanza,5) qualsiasi altra persona fisica nel territorio della Comunità, compresi le sue acque territoriali e il suo spazio aereo, e a bordo di qualsiasi aeromobile o nave soggetti alla giurisdizione o al controllo di uno Stato membro, nell'esercizio della sua attività professionale.Articolo 12 Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 22 novembre 1996.Per il ConsiglioIl PresidenteS. BARRETT(1) Parere espresso il 25 ottobre 1996 (GU n. C 347 del 18. 11. 1996).(2) Cfr. pagina 7 della presente Gazzetta ufficiale.(3) Le informazioni devono pervenire all'indirizzo seguente: Commissione europea, Direzione generale I, Rue de la Loi/Wetstraat 200, B-1049 Brussels [fax (32-2) 295 65 05].(4) Ai fini del presente regolamento, per «residente nella Comunità» si intende: legalmente stabilito nella Comunità per un periodo di almeno 6 mesi entro il periodo di 12 mesi immediatamente precedente la data in cui, ai sensi del presente regolamento, insorge un obbligo o viene esercitato un diritto.(5) Regolamento (CEE) n. 4055/86 del Consiglio, del 22 dicembre 1986, che applica il principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi tra Stati membri e tra Stati membri e paesi terzi (GU n. L 378 del 31. 12. 1986, pag. 1). Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 3573/90 (GU n. L 353 del 17. 12. 1990, pag. 16).ALLEGATO LEGGI, REGOLAMENTI E ALTRI STRUMENTI LEGISLATIVI (1) di cui all'articolo 1 PAESE: STATI UNITI D'AMERICAATTI LEGISLATIVI1. «National Defense Authorisation Act for Fiscal Year 1993» Title XVII - «Cuban Democracy Act 1992», sections 1704 and 1706Prescrizioni:Le prescrizioni sono consolidate nel titolo I del «Cuban Liberty and Democratic Solidarity Act» del 1996 (vedi in appresso).Possibili pregiudizi per gli interessi dell'UE:Gli obblighi imposti sono ora incorporati nel «Cuban Liberty and Democratic Solidarity Act» del 1996 (vedi in appresso).2. «Cuban Liberty and Democratic Solidarity Act» del 1996Titolo IPrescrizioni:Conformarsi all'embargo economico e finanziario imposto dagli Stati Uniti nei confronti di Cuba, in particolare non esportando negli Stati Uniti beni o servizi di origine cubana o contenenti materiali o beni provenienti da Cuba o direttamente o attraverso paesi terzi, non trattando merci che si trovano o si trovavano precedentemente a Cuba o che sono trasportate da o attraverso Cuba, non riesportando negli Stati Uniti zucchero originario di Cuba senza notifica dell'autorità nazionale competente dell'esportatore e non importando negli Stati Uniti prodotti a base di zucchero senza assicurarsi che non sono prodotti cubani, congelando beni cubani e le operazioni finanziarie con Cuba.Possibili pregiudizi per gli interessi dell'UE:Divieto di caricare o scaricare merci da un'imbarcazione in qualsivoglia luogo degli Stati Uniti o di entrare in un porto statunitense; rifiuto di importare prodotti o servizi originari di Cuba e di importare a Cuba prodotti o servizi originari degli Stati Uniti; blocco di operazioni finanziarie coinvolgenti Cuba.Titolo III e Titolo IVPrescrizioni:Porre fine a «operazioni» («trafficking») con beni precedentemente di proprietà di statunitensi (compresi cubani che hanno ottenuto la cittadinanza degli Stati Uniti) e espropriati dal regime cubano. (Le «operazioni» comprendono: uso, vendita, passaggio di proprietà, controllo, gestione e altre attività a vantaggio di una persona.)Possibili pregiudizi per gli interessi dell'UE:Procedimenti giudiziari negli Stati Uniti, basati su responsabilità venute a esistenza, contro cittadini o società dell'UE coinvolti in «operazioni» («trafficking»), terminantisi con sentenze o decisioni che impongono il pagamento di un indennizzo (multiplo) alla parte statunitense. Rifiuto di ingresso negli Stati Uniti per persone coinvolte in «operazioni» («trafficking»), compresi coniuge, figli minorenni e rappresentanti.3. «Iran and Libya Sanctions Act» del 1996Prescrizioni:Divieto di investire in Iran o Libia un importo superiore a 40 milioni di dollari USA durante un periodo di dodici mesi, che contribuisca in modo diretto e significativo ad accrescere la capacità dell'Iran o della Libia di sviluppare le rispettive risorse petrolifere. (Investimento destinato alla stipulazione d'un contratto per detto sviluppo, a garantire lo stesso, a trarne profitto, o ad acquistare parte della relativa proprietà.)N. B.: Non sono presi in considerazione gli investimenti fatti nel quadro di contratti esistenti prima del 5 agosto 1996.Rispetto dell'embargo nei confronti della Libia decretato dalle risoluzioni 748 (1992) e 883 (1993) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (2).Possibili pregiudizi per gli interessi dell'UE:Misure adottate dal presidente USA per limitare le importazioni negli Stati Uniti o i contratti d'appalto per tale paese; divieto di essere designati come operatore primario o depositario di fondi governativi statunitensi; diniego di accesso a prestiti erogati da enti finanziari statunitensi; restrizioni di esportazione imposte dagli Stati Uniti; rifiuto di assistenza da parte della Export-Import Bank.REGOLAMENTI1. 1 CFR (Code of Federal Regulations) Ch. V (ed. 7-1-95 edition) Part 515 - Cuban Assets Control Regulations, subpart B (Prohibitions), E (Licenses, Authorizations and Statements of Licensing Policy) and G (Penalties)Prescrizioni:I divieti sono consolidati nel titolo I del «Cuban Liberty and Democratic Solidarity Act» del 1996 (vedi sopra). Inoltre sono prescritte licenze e/o autorizzazioni per attività economiche concernenti Cuba.Possibili pregiudizi per gli interessi dell'UE:Sanzioni pecuniarie, confisca, carcerazione in caso di violazione.(1) Ulteriori informazioni quanto alle disposizioni e ai regolamenti di cui sopra possono essere ottenute presso la Commissione europea, Direzione generale I.E.3, rue de la Loi/Wetstraat 200, B-1049 Bruxelles [fax (32-2) 295 65 05].(2) Per l'attuazione di queste risoluzioni vedi il regolamento (CE) n. 3274/93 del Consiglio (GU n. L 295 del 30. 11. 1993, pag. 1).
Effetti della legislazione straniera sugli interessi finanziari dell’UE QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? L’obiettivo del regolamento è di proteggere gli interessi di persone fisiche o giuridiche dagli effetti extraterritoriali di una legislazione adottata da paesi terzi. PUNTI CHIAVE Le leggi coperte dal regolamento sono specificate nell’allegato. La protezione copre:gli scambi internazionali; e/o i movimenti di capitali; e le attività commerciali connesse tra l’Unione europea e i paesi terzi Il regolamento si applica a:persone fisiche residenti nell’Unione e cittadini di un paese dell’Unione; persone giuridiche costituite all’interno dell’Unione; cittadini di paesi membri che si siano stabiliti al di fuori dell’Unione e compagnie di trasporti stabilite al di fuori dell’Unione e controllate da cittadini di uno stato membro (ad es. un cittadino francese che lavori per una compagna di trasporti olandese in un paese non membro), se il loro aeromobile o nave sono registrati in quel paese in accordo con la sua legislazione; persone fisiche residenti nell’Unione, salvo il caso in cui si trovino nel loro paese di cittadinanza; ogni altra persona fisica che si trovi all’interno dell’Unione, incluse le sue acque territoriali e spazio aereo e in qualsiasi aeromobile o nave sotto la giurisdizione o il controllo di un paese membro, nell’esercizio della sua attività professionale. Qualora gli interessi economici e/o finanziari di qualsiasi persona siano lesi da una legislazione straniera, tale persona ne deve informare la Commissione europea entro 30 giorni. I 30 giorni decorrono dalla data in cui questa informazione è pervenuta alla persona.Nessuna sentenza di un tribunale e nessuna decisione di un’autorità amministrativa esterna alla Comunità che, direttamente o indirettamente, renda operativi gli atti normativi indicati nell’allegato (come ad esempio l’«Iran and Libya Sanctions Act» del 1996 degli USA) è accettata o eseguita in alcun modo. Nessuna delle persone cui si riferisce il regolamento deve rispettare richieste o divieti basati o derivanti dagli atti normativi indicati nell’allegato. Tuttavia, si può essere autorizzati a rispettare, completamente o in parte, tali norme o divieti se la loro inosservanza può danneggiare seriamente i propri interessi o quelli della Comunità. Questa autorizzazione viene concessa dalla Commissione, con l’assistenza di un comitato composto da rappresentanti dei paesi membri.I paesi membri determinano le sanzioni da imporre in caso di violazione delle pertinenti disposizioni del regolamento. Modifiche al regolamento Il regolamento (UE) n. 37/2014 dà alla Commissione il potere di adottare atti delegati. Stabilisce inoltre che l’attuazione del regolamento (CE) n. 2271/96 richiede condizioni uniformi per la definizione di criteri intesi ad autorizzare le persone a conformarsi integralmente o in parte a eventuali prescrizioni o divieti, tra cui le ingiunzioni di tribunali stranieri, nei casi in cui la loro inosservanza pregiudicherebbe gravemente i loro interessi o quelli dell’Unione. Tali misure dovrebbero essere adottate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011. (Ruolo dei comitati nelle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione europea). Il regolamento delegato (UE) 2018/1100 modifica l’allegato per tenere conto del fatto che nel maggio 2018 gli Stati Uniti hanno annunciato che non rinunceranno più ad applicare le loro misure restrittive nazionali nei confronti dell’Iran. Alcune di queste misure hanno un’applicazione extraterritoriale e possono avere effetti negativi sugli interessi dell’Unione e sugli interessi delle persone fisiche e giuridiche coinvolte in attività economiche con l’Iran. DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO? È stato applicato a partire dal 29 novembre 1996. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 2271/96 del Consiglio del 22 novembre 1996 relativo alla protezione dagli effetti extraterritoriali derivanti dall’applicazione di una normativa adottata da un paese terzo, e dalle azioni su di essa basate o da essa derivanti (GU L 309 del 29.11.1996, pagg. 1–6). Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 2271/96 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 37/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2014 che modifica alcuni regolamenti in materia di politica commerciale comune per quanto riguarda le procedure di adozione di determinate misure (GU L 18, 21.1.2014, pagg. 1-51). Cfr. la versione consolidata. Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2011 che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55, 28.2.2011, pagg. 13-18).
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DECISIONE DELLA COMMISSIONE del 17 settembre 2012 su Eurostat (2012/504/UE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009, relativo alle statistiche europee (1) definisce il quadro giuridico di base per le statistiche europee. Tale regolamento fa riferimento alla Commissione (Eurostat) come all’autorità statistica dell’Unione responsabile dello sviluppo, della produzione e della diffusione delle statistiche europee. (2) Le statistiche europee sono sviluppate, prodotte e diffuse da Eurostat secondo i principi statistici stabiliti nel trattato sul funzionamento dell’Unione europea e nel regolamento (CE) n. 223/2009, ulteriormente elaborati nel codice delle statistiche europee nella versione riveduta e aggiornata dal comitato del sistema statistico europeo il 28 settembre 2011. (3) Il regolamento (CE) n. 223/2009 dispone anche la tutela dei dati riservati, che devono essere utilizzati esclusivamente a fini statistici. (4) La Commissione si è impegnata a rafforzare la governance statistica nell’UE e a rispettare i principi statistici di cui sopra (2). Questo impegno è stato confermato e ulteriormente sviluppato nella comunicazione del 15 aprile 2011 al Parlamento europeo e al Consiglio intitolata «Rafforzamento della gestione della qualità delle statistiche europee» (3). La presente decisione, inoltre, è da considerare come una riaffermazione dell’impegno della Commissione per promuovere la fiducia nelle statistiche europee sviluppate, prodotte e diffuse da Eurostat. (5) Alcuni recenti sviluppi nell’ambito della governance economica dell’Unione hanno avuto ripercussioni sul settore statistico e vanno pertanto adeguatamente considerati. Riguardano in particolare l’indipendenza delle statistiche quale stabilita nel regolamento (UE) n. 1175/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, che modifica il regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche (4). (6) In questo contesto, i poteri della Commissione in quanto autorità di nomina, preposta a decidere in merito all’assunzione, al trasferimento e al licenziamento del direttore generale di Eurostat, devono essere esercitati, come vuole lo Statuto del personale, tenendo debitamente conto della necessità di garantirne l’indipendenza, l’obiettività e l’efficienza nell’esercizio delle sue responsabilità, e secondo una procedura trasparente basata esclusivamente su criteri professionali. (7) A Eurostat sono state assegnate inoltre funzioni specifiche con il regolamento (CE) n. 479/2009 del Consiglio, del 25 maggio 2009, relativo all’applicazione del protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi, allegato al trattato che istituisce la Comunità europea (5). (8) Inoltre, in conformità alla «comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sul metodo di produzione delle statistiche UE: una visione per il prossimo decennio» (6), Eurostat deve fornire un servizio statistico di alta qualità, anche rafforzando le relazioni con gli organi dell’Unione, al fine di anticipare le esigenze statistiche e aumentare l’uso delle statistiche esistenti. Ciò implica anche un approfondimento della collaborazione con altri servizi della Commissione. (9) Le statistiche devono essere definite con riferimento al regolamento (CE) n. 223/2009. Ai fini della presente decisione è opportuno operare una distinzione tra statistiche europee e altri tipi di statistiche. (10) Spetta ai responsabili politici fissare obiettivi politici e determinare il fabbisogno di informazioni per conseguire tali obiettivi. Queste attività devono pertanto rientrare nel mandato e nelle responsabilità dei servizi della Commissione interessati, mentre Eurostat deve assicurare la programmazione delle attività correlate alle statistiche europee, tenendo conto delle esigenze degli utenti, degli sviluppi delle politiche e della limitatezza delle risorse disponibili. (11) Le attività della Commissione in relazione ad altre statistiche devono essere sottoposte a un esercizio di pianificazione e coordinamento finalizzato a ottenere informazioni consolidate su tali attività. Detto esercizio deve essere gestito da Eurostat e il suo ambito deve essere limitato a tematiche sulle quali esiste un accordo tra i servizi della Commissione interessati ed Eurostat. (12) Le statistiche europee sono definite dal programma statistico europeo e dal corrispondente programma di lavoro annuale. (13) Per ottenere la fiducia del pubblico nelle statistiche europee e promuovere statistiche di alta qualità elaborate, prodotte e diffuse da Eurostat, occorre sviluppare e attuare un processo di certificazione delle statistiche europee. (14) Il direttore generale di Eurostat, che è il responsabile delle statistiche, è chiamato a salvaguardare lo sviluppo, la produzione e la diffusione di statistiche europee di qualità. Fra i suoi compiti deve figurare anche il coordinamento delle attività statistiche della Commissione, al fine di garantirne la qualità e di ridurre al minimo indispensabile l’onere di risposta. Il responsabile delle statistiche, pertanto, deve essere consultato anche sullo sviluppo e sulla produzione di altre statistiche. (15) La coerenza e la comparabilità delle statistiche europee devono essere assicurate da una stretta collaborazione tra Eurostat e gli altri servizi della Commissione nel campo delle attività statistiche e da un opportuno coordinamento di tali attività da parte del responsabile delle statistiche; ciò consentirà di rispondere meglio alle sfide future, in particolare alla necessità di ridurre al minimo indispensabile il disturbo statistico e gli oneri amministrativi. Analogamente, occorre garantire l’accesso alle fonti di dati amministrativi nell’ambito della Commissione in maniera efficiente rispetto ai costi e nella misura necessaria allo sviluppo, alla produzione e alla diffusione delle statistiche europee. (16) Il trattamento di dati personali da parte di Eurostat è disciplinato dal regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (7). Laddove ciò sia utile, inoltre, le statistiche europee prodotte sulla base di dati personali sono disaggregate in base al sesso. (17) È pertanto necessario chiarire e definire più precisamente il ruolo di Eurostat e le responsabilità in seno alla Commissione. (18) La decisione 97/281/CE della Commissione, del 21 aprile 1997, sul ruolo di Eurostat riguardo alla produzione di statistiche comunitarie (8) deve essere abrogata, DECIDE: Articolo 1 Oggetto La presente decisione definisce il ruolo e le responsabilità di Eurostat nell’ambito dell’organizzazione interna della Commissione per quanto riguarda lo sviluppo, la produzione e la diffusione di statistiche. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente decisione si intende per: 1) «statistiche»: le statistiche quali sono definite all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 223/2009; esse possono configurarsi come statistiche europee o altre statistiche; 2) «statistiche europee»: le statistiche di cui all’articolo 1 del regolamento (CE) n. 223/2009, nonché come determinate dal programma di lavoro annuale delle statistiche europee; 3) «altre statistiche»: le statistiche diverse dalle statistiche europee quali sono individuate nell’esercizio di pianificazione e coordinamento di cui all’articolo 5, paragrafo 2. Articolo 3 Eurostat Eurostat è l’autorità statistica dell’Unione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 223/2009. Costituisce un servizio della Commissione, facente capo a un direttore generale. Articolo 4 Principi statistici Eurostat provvede allo sviluppo, alla produzione e alla diffusione di statistiche europee in linea con i principi statistici di indipendenza professionale, imparzialità, obiettività, affidabilità, segreto statistico e favorevole rapporto costi-benefici, quali sono definiti all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 223/2009, e ulteriormente specificati nel codice delle statistiche europee. Articolo 5 Pianificazione e programmazione 1. Le attività correlate alle statistiche europee sono determinate dal programma statistico europeo di cui all’articolo 13 del regolamento (CE) n. 223/2009 e dal programma di lavoro annuale di cui all’articolo 17 dello stesso regolamento. 2. Le attività correlate ad altre statistiche sono oggetto di un esercizio di pianificazione e coordinamento gestito da Eurostat, mediante il quale esse vengono individuate. L’ambito di tale esercizio è limitato a tematiche sulle quali esiste un accordo tra i servizi della Commissione interessati ed Eurostat. 3. Specifici accordi interservizi possono essere stipulati tra Eurostat e gli altri servizi della Commissione in merito a tali attività, incluse le attività riguardanti dati amministrativi. Articolo 6 Compiti di Eurostat 1. Eurostat è responsabile dello sviluppo, della produzione e della diffusione di statistiche europee. A tale fine Eurostat ha in particolare il compito di: a) raccogliere e aggregare le informazioni statistiche necessarie a elaborare statistiche europee; b) sviluppare e promuovere norme, procedure e metodi statistici; c) dirigere il sistema statistico europeo, rafforzare la cooperazione fra i suoi partner e assicurare il suo ruolo guida nel campo delle statistiche ufficiali a livello mondiale; d) collaborare con organizzazioni internazionali e paesi terzi per agevolare la comparabilità delle statistiche europee con le statistiche prodotte in altri sistemi statistici e, se del caso, aiutare paesi terzi a migliorare i loro sistemi statistici. 2. In ottemperanza ai principi statistici, in particolare quelli dell’indipendenza professionale, dell’imparzialità e del segreto statistico, Eurostat garantisce l’accessibilità delle statistiche europee a tutti gli utenti. In proposito Eurostat fornisce le delucidazioni tecniche e il sostegno necessari al corretto utilizzo delle statistiche europee e può servirsi di adeguati canali di comunicazione per la diffusione di comunicati stampa di rilevanza statistica. 3. Eurostat assicura la cooperazione e il dialogo costruttivo periodico con altri servizi della Commissione e, se necessario, con i fornitori dei dati, al fine di tenere conto delle esigenze degli utenti, degli sviluppi delle politiche e di altre iniziative. A questo fine, i servizi della Commissione che sono utenti potenziali di statistiche europee specifiche vengono informati e coinvolti già nelle fasi iniziali dello sviluppo di nuove statistiche o della modifica di statistiche esistenti, anche per comprendere le possibili implicazioni politiche di norme, definizioni e metodi nuovi o modificati. 4. Eurostat coordina lo sviluppo e la produzione di altre statistiche. A tale fine: a) ottimizza l’uso delle informazioni esistenti utilizzabili a fini statistici nell’intento di garantire la qualità delle statistiche e di ridurre al minimo l’onere per i rispondenti; Eurostat invita tutti i servizi della Commissione interessati a contribuire al conseguimento di tale obiettivo; b) viene informato da tutti i servizi della Commissione in merito all’ambito e alle caratteristiche qualitative delle statistiche da essi prodotte, ad eventuali cambiamenti significativi nella metodologia di produzione delle statistiche e a nuove raccolte di dati eventualmente programmate; c) fornisce ad altri servizi della Commissione gli orientamenti, la formazione e i servizi di consulenza necessari allo sviluppo e alla produzione di altre statistiche compatibilmente con la disponibilità delle risorse. Articolo 7 Direttore generale di Eurostat 1. Conformemente al programma statistico europeo e al programma di lavoro annuale, nel campo delle statistiche europee il direttore generale di Eurostat è responsabile unico delle decisioni relative a processi, metodi statistici, norme e procedure ovvero al contenuto e al calendario delle diffusioni statistiche. Nell’adempimento di tali compiti statistici il direttore generale di Eurostat agisce in modo indipendente, senza chiedere istruzioni ad istituzioni o organi dell’Unione, a governi degli Stati membri o a qualsiasi altra istituzione, organismo, ufficio o ente, e senza ricevere istruzioni da essi. 2. Il direttore generale di Eurostat esercita le funzioni di ordinatore per l’esecuzione degli stanziamenti assegnati a Eurostat. Articolo 8 Responsabile delle statistiche 1. Il direttore generale di Eurostat è da considerare il responsabile delle statistiche. 2. Il responsabile delle statistiche espleta i seguenti compiti: a) è responsabile dello sviluppo, della produzione e della diffusione delle statistiche europee in seno alla Commissione; b) è responsabile del coordinamento dello sviluppo e della produzione delle altre statistiche di cui all’articolo 5, paragrafo 2, e all’articolo 6, paragrafo 4; c) rappresenta la Commissione nei consessi statistici internazionali, in particolare al fine di coordinare le attività statistiche delle istituzioni e degli organi dell’Unione di cui all’articolo 6, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 223/2009; d) presiede il comitato del sistema statistico europeo, di cui all’articolo 7 del regolamento (CE) n. 223/2009; e) prepara i programmi di cui all’articolo 5, paragrafo 1, della presente decisione, in stretta collaborazione con altri servizi della Commissione, tenendo conto per quanto possibile delle esigenze degli utenti e di altri sviluppi rilevanti; f) garantisce il collegamento fra il sistema statistico europeo (SSE) e il comitato consultivo europeo per la governance statistica in tutte le questioni relative all’attuazione del codice delle statistiche europee nell’ambito dell’SSE nel suo insieme. 3. Ogni servizio che intenda intraprendere attività che comportino la produzione di statistiche consulta il responsabile delle statistiche nelle fasi iniziali della preparazione di tali attività. Il responsabile delle statistiche può formulare raccomandazioni in proposito. Le iniziative non correlate allo sviluppo, alla produzione e alla diffusione di statistiche europee, in particolare nel caso di specifici accordi interservizi, ricadono completamente sotto la responsabilità del servizio interessato. Articolo 9 Accesso a dati amministrativi 1. Al fine di ridurre l’onere gravante sui rispondenti, Eurostat ha il diritto, nel rispetto delle disposizioni in materia di riservatezza sancite dalla legislazione dell’Unione, di accedere ai dati amministrativi disponibili nell’ambito dei servizi della Commissione e di integrare tali dati con statistiche nella misura in cui essi sono rilevanti ai fini dello sviluppo, della produzione e della diffusione di statistiche europee. 2. Eurostat è consultato in sede di progettazione iniziale, ulteriore sviluppo e soppressione di banche dati e registri amministrativi realizzati e gestiti da altri servizi della Commissione e può prendere parte a tali operazioni nell’intento di agevolare l’ulteriore utilizzo dei dati contenuti in tali registri e tali banche dati per le statistiche europee. A tale scopo Eurostat ha facoltà di proporre attività di standardizzazione dei dati amministrativi rilevanti ai fini della produzione di statistiche europee. 3. Per rafforzare l’efficacia delle disposizioni del presente articolo, ciascun servizio della Commissione è chiamato a garantire che a Eurostat sia concesso, dietro richiesta, l’accesso ai dati amministrativi nella misura necessaria allo sviluppo, alla produzione e alla diffusione di statistiche europee, conformemente alle disposizioni in materia di riservatezza sancite dalla legislazione dell’Unione. Articolo 10 Codice delle statistiche europee 1. Conformemente all’articolo 11 del regolamento (CE) n. 223/2009, le statistiche europee sono sviluppate, prodotte e diffuse da Eurostat secondo le prescrizioni del codice delle statistiche europee nella versione riveduta e aggiornata dal comitato del sistema statistico europeo. 2. Eurostat coinvolge il comitato consultivo europeo per la governance statistica in tutte le azioni concernenti il codice delle statistiche europee conformemente al mandato del comitato. 3. Eurostat controlla l’efficace applicazione del codice delle statistiche europee da parte delle autorità statistiche nazionali. Articolo 11 Garanzia della qualità e certificazione 1. Eurostat garantisce la gestione della qualità delle statistiche europee. A tale fine, e in base ai criteri fissati in materia di qualità, rispondendo alle esigenze degli utenti in fatto di statistiche con diversi profili qualitativi, Eurostat: a) monitora e valuta la qualità dei dati che raccoglie o riceve, nonché redige rapporti sulla qualità delle statistiche europee che diffonde; b) promuove e attua un processo di certificazione delle statistiche europee; c) verifica i dati che ricadono sotto la responsabilità di Eurostat nell’ambito della governance economica rafforzata dell’Unione ed esercita nelle relative procedure tutte le competenze specificatamente conferite a Eurostat. 2. Eurostat mette a punto un quadro per la garanzia della qualità che rifletta le misure in vigore o da adottare al fine di garantire la corretta applicazione del codice delle statistiche europee. Articolo 12 Uso di dati riservati 1. Il direttore generale di Eurostat adotta tutte le misure atte ad assicurare il rispetto del segreto statistico. 2. Conformemente alle disposizioni del capitolo V del regolamento (CE) n. 223/2009, i dati considerati riservati ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 7, del medesimo regolamento, sono accessibili solo ai funzionari e ad altri membri del personale di Eurostat, nonché ad altre persone fisiche che lavorano a contratto per Eurostat, ogniqualvolta tali dati siano necessari per la produzione di statistiche europee e limitatamente al loro ambito di lavoro specifico. 3. Il direttore generale di Eurostat adotta inoltre tutte le misure necessarie per tutelare i dati la cui divulgazione potrebbe arrecare pregiudizio agli interessi dell’Unione o dello Stato membro cui si riferiscono. Articolo 13 Abrogazione La decisione 97/281/CE è abrogata. I riferimenti alla decisione abrogata si intendono fatti alla presente decisione. Fatto a Bruxelles, il 17 settembre 2012 Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 87 del 31.3.2009, pag. 164. (2) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — Indipendenza, integrità e responsabilità delle autorità statistiche nazionali e dell’autorità statistica comunitaria [COM(2005) 217 definitivo]. (3) COM(2011) 211 definitivo. (4) GU L 306 del 23.11.2011, pag. 12. (5) GU L 145 del 10.6.2009, pag. 1. (6) COM(2009) 404 definitivo. (7) GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1. (8) GU L 112 del 29.4.1997, pag. 56.
Eurostat — Ufficio statistico europeo QUAL È LO SCOPO DI QUESTA DECISIONE? Essa chiarisce il ruolo e le responsabilità di Eurostat nell’ambito dell’organizzazione interna della Commissione per quanto riguarda lo sviluppo, la produzione e la diffusione di statistiche. PUNTI CHIAVE Eurostat è parte della Commissione europea ed è presieduto da un direttore generale. Eurostat opera in linea con i seguenti principi statistici, come definiti dal Regolamento (CE) n. 223/2009 e dal codice delle statistiche europee: indipendenza professionale;imparzialità;obiettività;affidabilità;Segreto statistico;efficacia in termini di costi. Eurostat attua il programma statistico europeo e agisce sulla base di programmi di lavoro annuali. I compiti principali di Eurostat sono: raccogliere e aggregare le informazioni statistiche necessarie a elaborare statistiche europee;sviluppare e promuovere norme, procedure e metodi statistici;coordinare il sistema statistico europeo (SSE), rafforzare la cooperazione fra i suoi partner e assicurare il suo ruolo guida nel campo delle statistiche ufficiali a livello mondiale;collaborare con organizzazioni internazionali e paesi terzi e aiutare paesi terzi a migliorare i loro sistemi statistici. Il direttore generale di Eurostat, che è anche il responsabile delle statistiche: è responsabile unico delle decisioni relative a processi, metodi statistici, norme e procedure ovvero al contenuto e al calendario delle diffusioni statistiche. Il direttore generale agisce in modo indipendente, senza chiedere istruzioni a istituzioni o organi dell’Unione, a governi degli Stati membri o a qualsiasi altra organizzazione. Il direttore generale adotta tutte le misure atte ad assicurare il rispetto del segreto statistico;presiede il comitato del sistema statistico europeo, composto da rappresentanti degli Stati membri (degli istituti statistici nazionali) che fornisce gli orientamenti all’SSE sullo sviluppo, la compilazione e la diffusione delle statistiche europee;garantisce inoltre il collegamento fra il comitato del sistema statistico europeo (SSE) e il comitato consultivo europeo per la governance statistica (composto da esperti di statistica indipendenti) in tutte le questioni relative all’attuazione del codice delle statistiche europee. Nel rispetto delle disposizioni in materia di riservatezza dell’UE, Eurostat ha accesso alle fonti di dati amministrativi per ridurre il carico di lavoro per gli intervistati. Eurostat è responsabile della gestione della qualità delle statistiche europee e mette a punto un quadro per la garanzia della qualità al fine di garantire la corretta applicazione del codice delle statistiche europee. Eurostat assicura che le statistiche europee siano accessibili a tutti gli utenti in conformità con i principi statistici, in particolare i principi di indipendenza professionale, imparzialità e segreto statistico. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? È stata applicata dall’8 ottobre 2012. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Eurostat e il sistema statistico europeo (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione della Commissione 2012/504/UE, del 17 settembre 2012 su Eurostat (GU L 251, 18.9.2012, pag. 49).
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DIRETTIVA 2009/35/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 aprile 2009 relativa alle sostanze che possono essere aggiunte ai medicinali ai fini della loro colorazione (rifusione) (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) La direttiva 78/25/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1977, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle sostanze che possono essere aggiunte ai medicinali ai fini della loro colorazione (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). In occasione di nuove modificazioni, è opportuno, per motivi di chiarezza e razionalizzazione, procedere alla rifusione delle disposizioni in questione. (2) Ogni legislazione relativa ai medicinali deve porsi come obiettivo primario la tutela della salute pubblica. Tuttavia, tale scopo deve essere conseguito con mezzi che non ostacolino lo sviluppo dell'industria farmaceutica né gli scambi di medicinali in seno alla Comunità. (3) La direttiva 94/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 giugno 1994, sulle sostanze coloranti destinate a essere utilizzate nei prodotti alimentari (5), ha stabilito un elenco unico delle sostanze coloranti di cui è autorizzato l'impiego nei prodotti alimentari, ma continuano a sussistere disparità tra le legislazioni degli Stati membri relative alla colorazione dei medicinali. (4) Tali disparità contribuiscono a ostacolare gli scambi di medicinali in seno alla Comunità, nonché quelli delle sostanze che possono essere aggiunte a tali prodotti ai fini della loro colorazione. Simili disparità hanno pertanto un'incidenza diretta sul funzionamento del mercato interno. (5) L'esperienza ha dimostrato che non è giustificato, per motivi di salute, il divieto di ricorrere, nella preparazione dei medicinali, a coloranti il cui impiego è autorizzato per la colorazione dei prodotti alimentari e che occorre pertanto far riferimento, per i medicinali, all’allegato I della direttiva 94/36/CE così come all’allegato della direttiva 95/45/CE della Commissione, del 26 luglio 1995, che stabilisce i requisiti di purezza specifici per le sostanze coloranti per uso alimentare (6). (6) Tuttavia occorre evitare, per quanto possibile, perturbazioni di ordine tecnologico ed economico quando negli alimenti e nei medicinali è vietato l'impiego di una sostanza colorante per motivi di tutela della salute pubblica. A tal fine, dovrebbe essere prevista una procedura che instauri una stretta cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione in seno al comitato per l'adeguamento al progresso tecnico delle direttive volte all'eliminazione degli ostacoli tecnici agli scambi nel settore delle sostanze che possono essere aggiunte ai medicinali ai fini della loro colorazione. (7) Le misure necessarie per l'esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (7). (8) In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di modificare il periodo limitato d'utilizzazione per alcuni medicinali. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, completandola con nuovi elementi non essenziali, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE. (9) I nuovi elementi introdotti nella presente direttiva riguardano soltanto le procedure di comitato. Ad essi non deve quindi essere data attuazione nella legislazione degli Stati membri. (10) La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione nel diritto nazionale delle direttive di cui all'allegato I, parte B, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Per la colorazione dei medicinali ad uso umano e veterinario, definiti all’articolo 1 della direttiva 2001/82/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali veterinari (8), e all'articolo 1 della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (9), gli Stati membri autorizzano soltanto le sostanze di cui all'allegato I della direttiva 94/36/CE. Articolo 2 Gli Stati membri adottano tutte le disposizioni necessarie a garantire che le sostanze di cui all'allegato I della direttiva 94/36/CE soddisfino le specifiche generali per pigmenti coloranti di alluminio e i requisiti specifici di cui all'allegato della direttiva 95/45/CE. Articolo 3 I metodi di analisi necessari per il controllo dei requisiti di purezza generali e specifici, adottati ai sensi della prima direttiva 81/712/CEE della Commissione, del 28 luglio 1981, che fissa metodi d'analisi comunitari per il controllo dei criteri di purezza di taluni additivi alimentari (10), sono applicabili anche nell'ambito della presente direttiva. Articolo 4 Qualora sia autorizzata, per un periodo limitato, l'immissione in commercio di prodotti alimentari contenenti una sostanza colorante depennata dall'allegato I della direttiva 94/36/CE, questa disposizione si applica anche ai medicinali. Per quanto riguarda i medicinali, tuttavia, il periodo limitato di utilizzazione può essere modificato dalla Commissione. Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5, paragrafo 2. Articolo 5 1. La Commissione è assistita da un comitato. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l'articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa. Articolo 6 Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 7 La direttiva 78/25/CEE, modificata dagli atti di cui all'allegato I, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale indicati all'allegato I, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all'allegato II. Articolo 8 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 9 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente P. NEČAS (1) GU C 162 del 25.6.2008, pag. 41. (2) Parere del Parlamento europeo del 23 settembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 23 marzo 2009. (3) GU L 11 del 14.1.1978, pag. 18. (4) Cfr. allegato I, parte A. (5) GU L 237 del 10.9.1994, pag. 13. Direttiva abrogata con effetto futuro dal regolamento (CE) n. 1333/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo agli additivi alimentari (GU L 354 del 31.12.2008, pag. 16). (6) GU L 226 del 22.9.1995, pag. 1. Direttiva abrogata con effetto futuro dal regolamento (CE) n. 1333/2008. (7) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (8) GU L 311 del 28.11.2001, pag. 1. (9) GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67. (10) GU L 257 del 10.9.1981, pag. 1. Direttiva abrogata con effetto futuro dal regolamento (CE) n. 1333/2008. ALLEGATO I PARTE A Direttiva abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive (di cui all’articolo 7) Direttiva 78/25/CEE del Consiglio (GU L 11 del 14.1.1978, pag. 18) Atto di adesione del 1979, allegato I, sezione X, punto D (GU L 291 del 19.11.1979, pag. 108) Direttiva 81/464/CEE del Consiglio (GU L 183 del 4.7.1981, pag. 33) Atto di adesione del 1985, allegato I, sezione IX, punto C (GU L 302 del 15.11.1985, pag. 217) Regolamento (CE) n. 807/2003 del Consiglio (GU L 122 del 16.5.2003, pag. 36) limitatamente all’allegato III, punto 25 PARTE B Elenco dei termini di recepimento nel diritto nazionale (di cui all’articolo 7) Direttive Termine di recepimento 78/25/CEE 15 giugno 1979 (1) 81/464/CEE 30 settembre 1981 (1) In base all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 78/25/CEE: «2. Uno Stato membro può tuttavia autorizzare, fino al termine di quattro anni a decorrere dalla notifica della presente direttiva, l'immissione in commercio sul suo territorio di medicinali contenenti sostanze coloranti che non rispondono alle prescrizioni della direttiva, purché esse siano state autorizzate anteriormente all'adozione di quest'ultima». ALLEGATO II Tavola di concordanza Direttiva 78/25/CEE Presente direttiva Articolo 1, primo comma Articolo 1 Articolo 1, secondo comma — Articoli 2 e 3 Articoli 2 e 3 Articolo 4, prima frase Articolo 4, primo paragrafo Articolo 4, seconda frase, prima parte Articolo 4, secondo paragrafo Articolo 4, seconda frase, seconda parte Articolo 4, terzo paragrafo Articolo 5, paragrafo 1, e articolo 6, paragrafi 1 e 2 Articolo 5 Articolo 6, paragrafo 3 — Articolo 7, paragrafi 1, 2 e 3 — Articolo 7, paragrafo 4 Articolo 6 — Articolo 7 — Articolo 8 Articolo 8 Articolo 9 — Allegato I — Allegato II
Colorazione dei medicinali (rifusione) Di fronte al sussistere di disparità tra le legislazioni degli Stati membri relative alla colorazione dei medicinali, la Commissione europea ha ritenuto necessario attuare una rifusione della direttiva 78/25/CEE. È importante non ostacolare lo sviluppo dell’industria farmaceutica e gli scambi di medicinali in seno alla Comunità. ATTO Direttiva 2009/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa alle sostanze che possono essere aggiunte ai medicinali ai fini della loro colorazione (rifusione) (Testo rilevante ai fini del SEE). SINTESI La presente direttiva riguarda le specifiche relative alla colorazione dei medicinali. Per la colorazione dei medicinali ad uso umano e veterinario possono essere utilizzate soltanto le sostanze di cui all’allegato I della direttiva 94/36/CE. Le sostanze di cui all’allegato I devono soddisfare le specifiche generali per pigmenti coloranti di alluminio e i requisiti di purezza specifici di cui all’allegato I della direttiva 95/45/CE. I metodi di analisi necessari per il controllo di tali requisiti sono disciplinati dalla direttiva 81/712/CEE. Qualora sia autorizzata, per un periodo limitato, l’immissione in commercio di prodotti alimentari contenenti una sostanza colorante depennata dall’allegato I della direttiva 94/36/CE, questo periodo di utilizzazione supplementare si applica anche ai medicinali. La Commissione ha tuttavia facoltà di modificare la durata di detto periodo. La Commissione è assistita da un comitato per adattare le direttive ai progressi della tecnica. Il comitato è composto da rappresentanti degli Stati membri ed è presieduto da un rappresentante della Commissione. La presente direttiva abroga la direttiva 78/25/CEE. Riferimenti Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2009/35/CE 20.5.2009 - GU L 109 del 30.4.2009
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